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I numeri del terzo trimestre risultano in crescita, ma il titolo in Borsa ha perso il 22% in un anno
Telecom Italia, si cerca la scossa Mediobanca e Intesa Sanpaolo incalzano Bernabè. Sperando in fusioni o acquisizioni Matteo Mediola Ad Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, e Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo, la “samba” ballata da Telecom Italia non basta. I due banchieri, che assieme agli spagnoli di Telefonica sono azionisti di riferimento del gruppo tlc, vogliono che il presidente esecutivo Franco Bernabè spinga sull’acceleratore di operazioni straordinarie. Perché? Il bilancio borsistico a un anno di Telecom Italia segna un deludente -22% circa e gli azionisti importanti, raggruppati nel veicolo Telco - di cui Mediobanca e Intesa Sanpaolo detengono complessivamente oltre il 23% hanno già dovuto procedere a ripetute e massicce svalutazioni dei loro rispettivi pacchetti. Basti pensare che con le azioni in carico ancora a 1,85 euro - oltre il doppio delle attuali quotazioni - stanno persino valutando una ricapitalizzazione. Il titolo Telecom rimane stabilmente sotto quota un euro ormai da diversi mesi, avendo toccato il minimo di 0,7015 euro a metà settembre. Di più. La “samba” di Bernabè, che oltre a quelli italiani ha annunciato i risultati trimestrali delle controllate Tim Brasil (utile
Franco Bernabè
+116% a 317 milioni di reais e ricavi a +18,9% a 4,37 miliardi) e Telecom Argentina (ricavi in salita a 13,39 miliardi di dollari argentini ed ebitda a 4,2 miliardi), non contribuisce a dissipare le ombre di una gestione che finora, al di là della necessaria riduzione dei costi, non è stata capace di “deal” strategici di largo respiro. Dopo che la francese Vivendi ha smentito le voci di stampa diffuse nei giorni scorsi, secondo cui la società starebbe lavorando a un progetto per rilevare il 46% della spagnola Telefonica in Telco, che a sua volta possiede il 22% circa di Telecom Italia, appare assai poco probabile una fusione con 3Italia,
posseduta dalla cinese Hutchison Wampoa. Nel mese di settembre alzarono un polverone le parole dello stesso Bernabè, che in sostanza disse: non c’è spazio nel nostro Paese per quattro operatori di telefonia mobile, tre bastano e avanzano. E tutti pensarono a Telecom Italia, Vodafone e Wind, passata dall’egiziana Orascom di Naguib Sawiris ai russi di Vimpelcom. Anche qui, però, a ottobre è arrivato lo stop di Canning Fok, l’imprenditore cinese che da Hong Kong guida le attività mondiali di Hutchison Whampoa: in un’intervista alla stampa, ha sottolineato come non ci sia alcuna intenzione
di vendere la controllata italiana e, anzi, si è chiesto perché mai proprio adesso, quando il mercato punta diritto alla banda larga mobile, dovrebbe mettere in vendita il gruppo. Un’operazione di questo genere, comunque, potrebbe far cambiare opinione non solo agli azionisti piccoli e grandi, ma anche ad alcune case d’investimento che hanno sollevato più di un dubbio sul futuro di Telecom Italia. Bank of America Merrill Lynch, per esempio, in uno studio recente ha mantenuto il giudizio “neutrale” sul titolo, con un prezzo obiettivo a 1,10 euro, prevedendo nel terzo trimestre un calo dei ricavi di Tim del 7,2%. Inoltre, si evidenzia come dopo il downgrade da parte di Moody’s e S&P, conseguente alla bocciatura dell’Italia, Telecom potrebbe soffrire nel 2012 di un’incertezza sul fronte del rating, considerati i 27 miliardi di euro di obbligazioni in essere e visto che per fine 2014 il gruppo, che oggi ha liquidità per 14 miliardi, avrà bisogno di risorse per 26 miliardi. Ancora più severo il giudizio espresso da Goldman Sachs, che ha tagliato il giudizio su Telecom Italia da “neutrale” a “vendere”, diminuendo il prezzo obiettivo a 0,76 euro. La banca americana
non vede margini di una ripresa sul business domestico del mobile, il cui ebitda è sceso del 5% annuo dal 2007, con ricavi che tra quest’anno e il 2013 passeranno da 30,09 a 29,57 miliardi. Goldman Sachs giudica il titolo Telecom Italia una classica “value trap” e sottolinea come il gruppo di Franco Bernabè, pur avendo ridotto i costi del 24% nell’ultimo biennio, oggi non abbia più molti margini per ulteriori contrazioni su questo fronte, limitati comunque a 300-600 milioni nel biennio 2012-2013. Ci sono anche analisti più ottimisti sul futuro di Telecom Italia. Come Deutsche Bank, che ha reiterato il giudizio “buy” con un target price molto ottimistico situato a 1,30 euro, dopo che lo stesso Bernabè ha negato l’esigenza che il gruppo tlc debba varare un aumento di capitale a seguito dell’esborso di 1,26 miliardi sostenuto per rilevare a fine settembre parte delle frequenze 4G. Anche Royal Bank of Scotland, pur riducendo l’obiettivo di prezzo da un euro a 95 centesimi, ha migliorato il giudizio da “mantenere” a “comprare” proprio perché lo sconto del 17% accumulato da Telecom Italia rispetto al settore segnala una buona opportunità di acquisto.
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Intanto la Cina sta facendo di tutto per svincolarsi dall’economia europea e da quella statunitense
Non si ferma la lotta tra euro e dollaro iniziata ad aprile 2011 Gianluigi Cesano* Cosa ha deciso il G20? Niente. A cosa servirà il fondo Efsf così come si è deciso di strutturarlo? A niente. Come si vede le risposte a queste domande sono molto semplici. Ovviamente quello che è in atto è un gioco politico nel quale da un lato la Germania sta cercando di forzare il nostro Paese (e tutti i Pigs) a mettere in campo le riforme strutturali che sono ritenute necessarie per rendere l’economia più competitiva e a rilanciare la crescita, dall’altro, è difficile sostenere che la Germania non sappia i rischi che tutti quanti stiamo correndo continuando a tirare la corda in questo modo. I passi da intraprendere sono due: rendere la Bce prestatore di ultima istanza, - in un contesto nel quale il fondo Efsf non riesce ad assumere le dimensioni sempre più grandi che sarebbero necessarie per contenere la crisi - e contemporaneamente strutturare una road map per mettere in campo le riforme strutturali in area euro che portino ad una vera integrazione comunitaria (fiscale, politi-
CAMBI DELL’EURO Cambio EUR/AUD EUR/CAD EUR/CHF EUR/DKK EUR/GBP EUR/HKD EUR/HUF EUR/JPY EUR/NOK EUR/NZD EUR/PLN EUR/SEK EUR/SGD EUR/USD EUR/ZAR
Chiusura 1,33 (0,59%) 1,40 (-0,22%) 1,22 (-0,16%) 7,44 (-0,02%) 0,86 (-1,97%) 10,67 (-2,89%) 304,60 (0,31%) 107,89 (0,63%) 7,73 (0,56%) 1,74 (0,86%) 4,36 (0,63%) 9,05 (0,30%) 1,74 (-0,85%) 1,38 (-2,50%) 10,85 (-0,78%)
Trend Laterale Laterale Rialzo Ribasso Laterale Laterale Rialzo Laterale Ribasso Laterale Rialzo Ribasso Laterale Laterale Rialzo
Livelli chiave Inizio di rialzo sul superamento di 1,41. Ribasso in caso di discesa sotto 1,30 Inizio di rialzo sul superamento di 1,43. Ribasso in caso di discesa sotto 1,34 Tendenza interrotta sotto 1,21. Inizio di ribasso sotto 1,10 Conclusione del trend in caso di ritorno sopra 7,46. Inizio di rialzo sopra 7,47 Inizio di rialzo sul superamento di 0,89. Ribasso in caso di discesa sotto 0,85 Inizio di rialzo sul superamento di 11,34. Ribasso in caso di discesa sotto 10,24 Tendenza interrotta sotto 284,96. Inizio di ribasso sotto 268,30 Inizio di rialzo sul superamento di 111,94. Ribasso in caso di discesa sotto 100,80 Conclusione del trend in caso di ritorno sopra 7,90. Inizio di rialzo sopra 7,90 Inizio di rialzo sul superamento di 1,78. Ribasso in caso di discesa sotto 1,65 Tendenza interrotta sotto 4,27. Inizio di ribasso sotto 4,12 Conclusione del trend in caso di ritorno sopra 9,35. Inizio di rialzo sopra 9,35 Inizio di rialzo sul superamento di 1,77. Ribasso in caso di discesa sotto 1,67 Inizio di rialzo sul superamento di 1,45. Ribasso in caso di discesa sotto 1,31 Tendenza interrotta sotto 10,51. Inizio di ribasso sotto 9,90 Fonte dati: FIDA - chiusura al 4 novembre 2011
ca, eurobonds, etc...). Il G20 di Cannes è stata un’opportunità perduta, e sicuramente hanno pesato, come al solito, i giochi politici sopra menzionati. In Europa ci attende, come affermiamo da tempo, un futuro recessivo (di fatto siamo già in recessione, i dati macro parlano più che chiaro), ed è difficile ipotizzare che questo non avrà influenze anche sulle altre economie mondiali. Dopo questa indispensabile premessa per fornire un inquadramento dello scenario macroeco-
nomico facciamo notare come il cross euro/dollaro continui ad essere combattuto nel breve periodo, mentre nel medio esiste una trendline moderatamente decrescente che ha avuto origine nell’aprile del 2011 e che lo sta guidando in un percorso di indebolimento. Tecnicamente è stata ritestata, dopo essere stata rotta al ribasso, una trendline crescente che ha avuto origine nel Giugno del 2010. Ovviamente la situazione continua a rimanere ingessata ma, in un ottica di crescita USA in
forte rallentamento ma per il momento in atto, prospettive di ulteriore abbassamento dei tassi in area euro e recessione in area euro è estremamente improbabile che la valuta europea possa rafforzarsi, ragion per cui vediamo l’area resistenziale posta a quota 1,43 come sell-area. Intanto il rallentamento dell’economia mondiale sta spingendo ad acquisti sul dollaro; alcuni cross tra cui Usd/Sek, Usd/Nok stanno mettendo in evidenza un rimbalzo dai minimi toccati qualche giorno fa,
a testimonianza che la moneta statunitense continua ad essere valutata in questo periodo come un bene rifugio. Nelle ultime due settimane risulta sempre più chiara una cosa: il processo di deprezzamento del cambio Usd/Cny inevitabilmente continuerà in quanto la Cina è sempre più obbligata a disimpegnarsi dalla crescita dell’Europa e degli Stati Uniti. *analista finanziario indipendente Studio G2C
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