Soul running#6

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Soul

RUNNING

PERIODICITA’ TRIMESTRALE - NUMERO 6 - GIUGNO/AGOSTO 2013 - Euro 5.00

THE SOUL EXPERIENCE:

SPECIALE PUGLIA by RUN

THE WICKLOW WAY

Tite Togni Augusto Mia Battaglia Fabrizio Bernabei Dino Bonelli Filippo Canetta

Anton Krupicka Fulvio Massa Aurelio Michelangeli Max Russo Angelo Simone


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Sol caliente, cactus giganti, mare cristallino y alla fine una cerveza fria.. questi sono gli ingredienti della Carrera de Baja che si corre ad ottobre, 100 km, in 5 tappe, di puro sabor mexicano...

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Dove: Messico Click: dino bonelli

PORTFOLIO

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Ssssshhhh! Qua è la terra a parlare! Ai trailer lo splendido compito di capire il suo linguaggio. Volcano Trail 2013 by Mandala Tour

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PORTFOLIO

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Dove: isola di stromboli Click: stefano marta


Dove: Apulia Finibus Terrae Trail Febbraio 2013 Click: andrea valsecchi

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“correre di puro piacere attraverso lande magiche dove i limiti non esistono...le Alte Murge�


PORTFOLIO

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Quando capisci che il protagonista non sei più tu, fermati, respira a fondo, contempla. Entra in sintonia con ciò che ti circonda. Pensa. Ricordati che è l’ambiente ad ospitarti, gentilmente ti concede spazio. Ringrazia!

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Dove: wicklow mountain - irlanda Click: the solution davide orlandi


PORTFOLIO

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editoriale

Ti meless Nelle mie elucubrazioni pseudo lavorative, più o meno folli, ho sempre pensato di far uscire prodotti editoriali con un pizzico di non sense al loro interno. Che so….cellophanare pezzi di un tapis roullant tutti i mesi fino a poterselo costruire a casa da soli (sempre che il lettore non si perda un numero). Vai in edicola e chiedi Soul Running. L’edicolante ti risponde con o senza la pedana allegata? Altra idea favolosa: se fossi il titolare di una grande azienda farei le pubblicità animate, tipo… avete presente i libri delle fiabe dei bimbi che quando apri la pagina appare un capolavoro di cartotecnica come un castello, od altro, con le linguette che quando le tiri i personaggi si muovono? Pensate ad una doppia pagina che apri ed appare il traguardo di una gara, con i runner che sprintano, e tu con la linguetta puoi muoverli. Oppure apri il giornale e parte la musica, stile bigliettini di auguri. Musica che diventa la colonna sonora di quel numero. Ecco continuiamo a fantasticare ed immaginiamo 12

che aprendo il vostro numero di Soul Running a questa pagina si iniziasse a diffondere sul tram, a casa vostra, in ufficio o dovunque siate Sign 0’ the Times, Prince from 1987, mille anni fa o ieri, poco importa. Ed è con questa colonna sonora che inizia questo nuovo capitolo di Soul Running. Immaginatela, canticchiatela, fischiettatela e se non la conoscete, beh è una grave lacuna culturale, quindi correte su You Tube e colmatela, e poi via, immergetevi nella lettura di Run&trip in Cuba di due care amiche, Tite e Mia, godetevi le immagini e le poesie in sardo by Bonelli&co, Anton che si racconta dalla cover in poi, Fabrizio Bernabei e Aurelio Michelangeli che vi porteranno a vedere l’alba del trail, Filippo e il suo record nell’arcipelago, Find the Cure ed il loro impegno, il senso di Soul Running per le gare ed ancora la misteriosa Via di Wicklow in Irlanda. Ed infine trentadue magnifiche pagine dedicate alla scoperta di una Puglia davvero inedita! Un numero unico di cui vado particolarmente orgoglioso, un numero maturo di tre anni di storia, un numero ancora acerbo se pensate che per altri infiniti attimi vogliamo continuare a raccontarvi il nostro modo di vedere il trail: Timeless – Limitless Dedicatevi del tempo per questo Soul Running. Leggete un articolo, magari rileggetelo, guardata bene gli scatti che lo completano, riempitevi gli occhi di colore, la testa di parole e il cuore della loro musica e poi uscite a correre senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo, senza tempo. Davide Orlandi


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SOMMARIO

Speciale Puglia By Run Febbraio 2013

Apulia Finibus Terrae Trail

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16 18 20 22

40 48 66 74

RUBRICHE Run for Free - Andrea Pizzi La zanzara - Luca Revelli 35 anni di trail - Fulvio Massa Cover Story - Live Naturally, Run Naturally - Anton Krupicka

OUR FRIENDS Aurelio Michelangeli, Fabrizio Bernabei - Vintage Trai Augusto Mia Battaglia, Tite Togni - Cuba Dino Bonelli - Run & Art in Sardegna Max Russo, Angelo Simone, Filippo Canetta L’arcipelago del Trail

SOUL EXPERIENCES: Speciale Puglia by Run in allegato

26 The Wicklow Way

60 82 86 90

EXTRA Un team Extra Ordinario Il senso di Soul Running per le gare I test di Soul Running Soul Shops


© SCOTT SPORTS SA 2012 PHOTO: MIKE SCHIRF

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INTROSPETTIVA- MENTE

“Getting lost is not a waste of time” Di Andrea Pizzi

perchè esclude tutte le variabili a cui dobbiamo sottostare ogni giorno. La corsa serve anche a questo, è un momento che ci prendiamo

RUN FOR FREE

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per noi e così deve essere, fino in fondo, senza condizionamenti. Lasciamo per una volta alla partenza le abitudini e le sicurezze: basta Da piccoli perdersi è una grande paura, pensate cosa vuol dire per un

con l’essere sempre reperibili, ovunque, basta farci spiare dal satelli-

bambino smarrire la mano della mamma al supermercato. Pian piano

te, sapere sempre dove siamo, a quanto andiamo, quanto dislivello...

che si cresce, specie ai giorni nostri, perdersi diventa via via sem-

troviamo per una volta il tempo per goderci il tempo, non pensiamo

pre più difficile, grazie alla tecnologia diventa davvero impossibile.

a cosa potrebbe succedere, ci sentiremo più sicuri di noi stessi, ci

Eppure una volta ogni tanto può essere anche piacevole. Ovvio, non

lasceremo portare dalle gambe e dal sentiero.

dico di perderci nella giungla tropicale, sarebbe fin troppo...basta poco, anzi basta semplicemente volerlo. Non è necessario correre

Mi è successo una sera di maggio, sopra Bolzano. Una gran voglia di

rischi, è sufficiente trovare un sentiero mai percorso e decidere di

andare e basta, nessuno che mi aspettava, libero di decidere quanto

seguirlo fino alla fine, senza chiedersi dove andrà, senza guardare il

correre e quando decidere di “girare i piedi” e di tornare indietro. Un

tempo che passa e soprattutto spegnendo il Gps. Perdersi consape-

sentiero mai percorso prima, tutto da esplorare, senza riferimenti, solo

volmente, non pensare di rientrare a un certo orario perchè si hanno

ascoltando le proprie sensazioni per amministrare le risorse del corpo.

impegni, perchè qualcuno ci aspetta, perchè dobbiamo correre per un determinato tempo, semplicemente andare e basta, vedere cosa

Bello, ci voleva davvero!

succede, dove si arriva, senza pensare ad altro. Libertà take away, facile e a portata di mano.

Alla fine però non ce l’ho fatta, ho stoppato il cronometro e affamato di informazioni ho guardato quanti metri di dislivello avevo fatto...

Una sorta di ritorno alle origini, all’esplorazione, un’avventura che

schiavo del feed back numerico. Però per quasi due ore me la sono

ognuno di noi può vivere, piccola ma allo stesso tempo importante

proprio goduta!



LA Z

A R A ANZ

Trail Pollution Questa è solo la seconda pagina che riempio di parole, ma mi sembra già trascorso un secolo da quando mi apprestavo a salire le scale per raggiungere la redazione di Soul Running. In questa pagina voglio provare a guardarmi indietro e cercare di capire perché sono arrivato fino a questo punto; sì perché senza volerlo in questi mesi ho profondamente cambiato il mio modo di pensare e vivere il Trail. L’autunno è stato il periodo in cui Davide, Andrea P. e Andrea V. sono entrati nella mia vita e forse è lì che bisogna cercare il ceppo originario della

RUBRICA

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contaminazione SOUL che mi ha pervaso e tuttora sta conquistando parti sempre più importanti del mio cervello malato! A quel tempo li consideravo editori professionisti, estremamente professionisti, ma con una visione e conoscenza del mondo Trail Race a dir poco superficiale, loro mi parlavano di SOUL MAN, di SOUL EXPERIENCE, io di chilometri e dislivelli… Il binomio Soul Running e Distanceplus è perfetto: loro a sognare e raccontare, io a classificare ed analizzare. Però senza accorgermene un virus monocellulare si già era insinuato dentro di me, mentre io cercavo di trasmettere la malattia RACE ai miei nuovi soci non mi rendevo conto che la SOUL POLLUTION già mi procurava qualche linea di febbre... Il mese di Febbraio è stato quello decisivo: 10 giorni a stretto contatto con i SOUL MAN supportati da altri personaggi a dir poco sorprendenti hanno portato la contaminazione ad esplodere in tutta la sua virulenza. È lì che ho iniziato a guardare i numeri per quello che sono, è lì che ho pensato che forse era più importante correre insieme a un gruppo di amici in mezzo agli ulivi innevati, invece di capire perché Kilian Jornet ha impiegato 10’ in meno di Marco Olmo per vincere l’UTMB. Fortunatamente la stagione delle gare di Trail Running è entrata nel vivo, adesso non c’è più tempo per il SOUL bisogna essere RACE! Adesso non è più tempo di sognare e raccontare, è tempo di LIVE RACE! Il virus SOUL POLLUTION ha fatto il suo tempo, gli anticorpi fino a Ottobre dovrebbero garantirmi l’autodifesa, adesso è tempo di RACE POLLUTION e i primi sintomi si sono già manifestati. Il gazebo SUOL RUNNING sta diventando ormai famigliare ai trailers italiani, Davide sta iniziando a disquisire sulle performance agonistiche degli atleti e insieme ad Andrea passa ore a studiare tempi e tabelle di marcia della loro prossima avventura. Adesso sono loro ad avere la febbre, adesso sono loro ad essere stati contaminati dal virus DISTANCEPLUS!



25 ANNI DI TRAIL di Fulvio Massa

Cominciai a praticare la corsa in montagna verso la fine degli anni ‘80, avvicinandomi attraverso un percorso fatto di circostanze e casualità. La corsa in montagna, per l’Italia di quei periodi, era rappresentata dalle gare ufficiali del circuito FIDAL o da gare a carattere locale, tipo le “Martze a Pia’”, ancora oggi molto in voga in Valle d’Aosta, comunque gare che raramente superavano i 10 km di sviluppo, quindi ancora molto distanti dal concetto che attualmente abbiamo del trail running. Tra le tante, si distinguevano alcune corse in salita tipo la “mitica” IvreaMombarone che aveva radici già precedenti alla prima guerra mondiale prima di riprendere con la prima riedizione nel 1977. Altra gara che precorreva i tempi già nel 1988 era “I Sentieri del Re”, organizzata dalla Pro Loco di Entraque e che si sviluppava nel Parco Naturale dell’Argentera su una distanza di circa 22 km e 1700+, presentando un profilo dinamico con alternanze di salite e discese di grande rilievo, cancelli cronometrici e attenzione nei confronti 20

del rispetto per l’ambiente. Fino agli anni ‘90 era difficile reperire del materiale tecnico adeguato e utilizzavamo scarpe, accessori e indumenti derivanti dal podismo, dall’escursionismo o dalla mountain bike, che ci permettevano di correre ma che non rispondevano alle esigenze della disciplina. Le scarpe erano più o meno delle A3 ed erano le stesse utilizzate nelle corse campestri del podismo. Forse la prima vera scarpa da trail messa in commercio fu la Adidas “Los Angeles Trainer”. Sì, proprio quella che ancora oggi si vende nei negozi di calzature e che indossano i ragazzini alla moda; tomaia traspirante in nabuk e nylon a maglie larghe, intersuola di polyair che la rendeva leggerissima e flessibile, e poi una validissima tassellatura della suola che la rendeva grippante e stabile anche sui peggiori terreni; ma la vera innovazione fu la “Vario Shock Absorption System”, in pratica una serie di tasselli a sezione cilindrica inseribili trasversalmente nell’intersuola e che consentivano di differenziare il sistema di ammortizzazione per ottenere le performance migliori. Ho usato spesso, sia in allenamento che in gara, anche scarpe di gomma alte, tipo quelle da escursionismo leggero, anzi ricordo di aver partecipato nel 1998 ad una bellissima gara di 100 km in tre tappe che esigeva, da regolamento, scarpe alte che coprissero la caviglia. Anche il vestiario era improvvisato con le canottiere di raso, le tute in triacetato e l’immancabile k-way per il vento e per la pioggia. Ricordo con nostalgia la canottiera a manica lunga di lana spessa dell’esercito, la così detta “super Pippo” che indossavo sistematicamente nelle fredde giornate invernali. Per le gare lunghe si utilizzavano tradizionali zainetti oppure dei marsupi. Oggi la tecnica ha messo a disposizione materiali leggeri, resistenti, traspiranti, ergonomici, predisposti per la corsa. E’ giusto approfittarne dotandoci di tutto il necessario ma senza l’illusione che una dispendiosa dotazione di materiale tecnico possa sostituire la fatica e la gioia dell’allenamento.


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COVER STORY

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Live Naturally, run Naturally. Minimalista nella vita e nello stile di corsa, icona del vivere in massima libertĂ il trail tra le sue montagne in Colorado


“Ho incominciato a correre nel 1995, avevo 11 anni. A 12 ho corso la mia prima maratona, sono sempre stato attratto dalle lunghe distanze. Dopo il college, nel 2005, mi sono finalmente potuto dedicare alle ultra distanze e, soprattutto, alle lunghe giornate tra le montagne”.

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“Ho scelto uno stile di vita che fosse realmente mio e che mi desse felicità tutti i giorni. Non credo esista un modo “giusto” di vivere, ognuno è differente e ha diversi valori e priorità. Quello che conta per me è la natura e riuscire a trascorrere più tempo possibile correndo tra le montagne: questo è il mio obiettivo”.


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“Trascorrere lunghe giornate correndo in montagna mi ha reso forte ed abituato alle difficoltà. Per questo motivo in gara riesco a gestire ogni imprevisto e ogni dififcoltà, grazie alla motivazione e alla competitività. Questo mix mi permette di affrontate al meglio le gare di ultra distance”.

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“Dicono che il mio passo sia elegante e leggero. Sono convinto sia un dono della natura, sicuramente affinato grazie a migliaia di ore trascorse correndo tra le montagne. Senza dubbio un modo di correre naturale che mi permette tante ore di autonomia”.

“Quando non corro mi trovi a leggere un libro. Scrivo o passo il tempo con gli amici. Mi considero un uomo curioso della vita. Allenarmi per me non è una cosa complicata, non ci sono segreti, si tratta solo di dedizione e costanza, di amore per quello che mi piace fare. Get out for a run every day, and enjoy it!”.


The Wicklow Way

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97 KM STOP 4000 D+ STOP TEMPO DI PERCORRENZA 1600 ANNI...CIRCA! STOP

Irlanda by run tutta da scoprire.


Un contatto e una presentazione del nostro magazine durante la Borsa Internazionale del Turismo, una mail con il possibile itinerario da percorrere, una breve attesa e la conferma definitiva. Questo l’ordine degli eventi che ci hanno portato a correre la nostra prima Soul Experience all’estero. Eventi che si sono susseguiti senza che potessimo rendercene conto veramente dal momento che siamo stati completamente assorbiti dalla lavorazione del nostro annuario dedicato ai prodotti. Una bella sorpresa quindi la preziosa mail di Ornella di Turismo Irlandese, con cui ci ha detto: “Ok, si parte per l’Irlanda!”. Destinazione la catena dei Monti Wicklow, a sud ovest di Dublino. Giusto il tempo per mandare in stampa la Guida e subito a preparare le valigie, una settimana da “zingari” a correre in un posto lontano, un’opportunità da prendere al volo e, per tutti, l’unico modo per provare a staccare dallo stress degli ultimi due mesi. Dove? Lungo l’antica Via di Wicklow, percorsa fin dal settimo secolo dai pellegrini di San Patrizio, su e giù per le valli, i “Glen”, circondati da morbide montagne, al massimo alte 900 metri, dove si alternano il verde dei prati e delle foreste di conifere al bordeaux dell’erica non ancora in fiore. Circa 100 chilometri da percorrere in tre giorni con quasi 4000 metri D+. Il percorso è già tracciato sulla nostra mappa ma la differenza la fa Fred, il “nostro uomo” a Wicklow: Frederic Verdier è il responsabile dell’Ufficio del Turismo della zona e ci consiglia alcune modifiche al nostro tracciato, mantenendone invariato il chilometraggio, in modo tale da vedere i posti più belli ma soprattutto arrivare a Marlay Park, alle porte di Dublino. La nostra Soul Experience, la prima all’estero, diventa così una sorta di viaggio nel tempo, da un antico e sperduto paese “in the middle of nowhere”, Tinahely, fino alla capitale toccando luoghi con una storia millenaria come le rovine di Glendalough.

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PRIMA TAPPA: TINAHELY-GLENDALOUGH

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Forse abbiamo esagerato con la colazione, forse anche con la cena.

sport nazionale. I colori sono ciò che colpisce maggiormente durante

Ma come si fa a tirarsi indietro se ti portano al tavolo delle cose stu-

i primi chilometri, i toni dominanti sono ovviamente il verde in tutte

pende? La prima notte alloggiamo in un b&b che ci ha anche servito

le sue tonalità ma anche l’incredibile rosso dei torrenti. Solo qualche

una cena di prim’ordine, con piatti tradizionali ma sempre ricercati,

giorno dopo, grazie a Fred, scopriremo il motivo di questo colore.

curati...ma soprattutto squisiti. E poi colazione: dolci, macedonia fre-

E’ un continuo saliscendi, non forziamo mai la corsa anche perchè la

sca ma anche un piatto con maiale e salmone affumicati, due tipi di

digestione è ancora lunga...siamo così carichi di energia che le prime

formaggio e uova, un bel pieno! Proprio quello che consigliano prima

4 ore di corsa passano mangiando solo una banana! Stiamo salendo

di affrontare 47 km con quasi 1700 m D+! Ci dirigiamo in macchina

di quota rispetto alla partenza e pian piano i prati lasciano il posto

verso la piazza del paese, start ufficiale del nostro trail: un breve

a grandi foreste di conifere, alberi perfettamente ordinati e con un

tratto asfaltato iniziale e poi la strada diventa un largo sentiero, sem-

sottobosco davvero fitto dove la luce fatica a penetrare e dove tutto

pre perfettamente segnalato, che ci porta a scavalcare la prima valle

è foderato da un muschio su cui ci si potrebbe addormentare, come

della giornata. Morbide colline, dove pascolano pecore e mucche, in

sul migliore dei materassi. Si continua a correre, alternando sulle

gran parte ricoperte di erica che colora il terreno di bordeaux tranne

salite più ripide una camminata veloce: si tratta per lo più di strade

lungo il sentiero che è verde, curato, con l’erba alta quattro dita. Sarà

bianche, nulla di tecnico, l’ideale per prendere confidenza con tutto,

il mio cruccio per tutto il trail: come fa a essere così perfetta? Non

dall’equipaggiamento al clima che è ideale per correre. La condizione

c’è nessuno che la taglia, perchè l’erica non invade la traccia? E’

è buona, le gambe girano ma è tanto che non affrontiamo distanze

erba finta? No. Allora è merito di San Patrizio, ne sono convinto, per

così lunghe e quindi la parola d’ordine è conservarsi.

facilitare il cammino dei suoi pellegrini. Correrci sopra è un piacere,

Rimaniamo per lunghissimi tratti da soli, la via è sempre ben se-

un tappeto verde, quasi un campo da golf...che guarda caso qui è

gnalata e non incotrare nessuno per così tanto tempo, anche ore, è


davvero strano, ci porta in una dimensione molto lontana dalla nostra

dei pellegrini verso l’ultimo passo della giornata.

quotidianità ma dove ci troviamo bene, forse ne avevamo bisogno, gli

Arrivati in quota procediamo costeggiando la cresta su una lunga pas-

unici essere viventi che incontriamo sono dei cervi.

serella in legno, ne incontreremo molte successivamente, fondamen-

Al 32° chilometro, dopo una lunghissima e piacevole discesa, tor-

tali per non camminare nel fango e nell’erba bagnata. È come se la

niamo nella civiltà raggiungendo il pub di Glenmalough, vivamente

terra fosse ricoperta da una spugna che trattiene l’acqua, un manto di

consigliato da Fred: si trova a fianco di un crocevia tra due strade,

muschio zuppo. Si scollina, si torna su un’asciutta strada bianca e si

intorno prati e foreste, se escludiamo dalla vista le auto parcheggiate

scende: gli ultimi sette chilometri sono tutti in discesa verso Glenda-

potremmo tranquillamente dire di trovarci nello stesso posto ma cento

lough che in queste ore è affollata di turisti. Arrivare in fondo valle per

anni prima: edificio, camino, arredamento interno e alcuni personag-

me è stato un brusco ritorno al 21° secolo: ritrovarsi a correre tra la

gi per quanto mi riguarda potrebbero appartenere al secolo scorso.

gente, prestare attenzione a non urtare nessuno dopo più di sei ore di

Un panino, un caffè caldo, rigorosamente americano (ci poteva stare

nulla è stato un po’ destabilizzante. Glendalough con le sue rovine, le

anche una Guinness...) e si riparte, mancano gli ultimi 15 km, c’è da

lapidi in pietra risalenti a prima dell’anno 1000, alcune ormai cadute

scavalcare l’ennesima montagna. Rientriamo nella foresta di fianco a

a terra, è un luogo di grande suggestione, viene quasi da camminare

un ponte “targato” 1830, si riprendere a salire, percorriamo una stra-

in punta di piedi.

da bianca che lungo il fianco della montagna segue una valle dove la vegetazione è quasi inesistente, i prati non sono più verdi, c’è qualche cascata, un paesaggio più scandinavo che irlandese. A un certo punto la traccia devia dalla comoda strada bianca verso destra: un muro con gradoni di roccia messi lì chissà quanti secoli fa per facilitare la salita

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Le rovine di Glendalough: pi첫 di 1600 anni di storia. Qui sono sepolti pellegrini, cavallieri, dame e signori... un angolo di Irlanda da visitare in punta di piedi. Affascinante.

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SECONDA TAPPA: GLENDALOUGH-ENNISKERRY

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Prima ancora che suonasse la sveglia è stata la pioggia battente sulla

fare una piega se ne stanno seduti a fare il loro pic nic...lo spirito

finestra a darci il buongiorno. La pioggia la metti in conto quando sei

outdoor del nord è anche questo, fuori in qualsiasi condizione!

in Irlanda e quindi, dopo una nuova “colazione del campione” ci pre-

Abbandoniamo l’asfalto e continuiamo la salita di nuovo su passerel-

pariamo ad affrontare l’acqua con giacca e pantaloni impermeabili.

le in legno, circondati da fango ed erba zuppa di acqua.

Fa freddino, diciamo anche freddo, i guanti sono consigliati.

Sotto di noi il lago “Lough Tay”: incredibile, una gigantesca pinta di

Si parte subito in salita, come sempre: bosco fangoso, radici scivo-

Guinnes? Acqua nera come la birra e una spiaggia di fine sabbia

lose, per fortuna la pioggia adesso è sempre più leggera, smette nel

bianca che sembra la classica schiuma di questo prodotto simbolo e

giro di una ventina di minuti. Grazie Irlanda! I 47 chilometri del giorno

anima dell’Irlanda. Proprio nei pressi del lago c’è la tenuta dell’antica

prima si sentono nelle gambe e dover subito salire ci consiglia un

famiglia fondatrice dell’antichissmo birrificio, più irlandese di così

inizio tranquillo. Si scollina, scendiamo nel bosco e oltrepassiamo il

non si può! Il vento diventa sempre più forte lungo il crinale, tolgo oc-

fiume fino a incontrare Andrea e l’auto appoggio: lascio i pantaloni

chiali e visiera perchè in più di un’occasione mi stavano volando via,

impermeabili e la giacca pesante, mi metto in assetto running, si

eppure incontriamo tanti trekker su questa lunghissima passerella in

inizia a correre adesso. Si sale consteggiando prima dei pascoli e

legno, perfettamente curata che sale fino alla cima del monte Djouce.

poi l’ennesima foresta, aumenta la quota e il vento spazza le nuvole

Noi invece deviamo sulla destra e incominciamo una lunghissima

e allontana la pioggia. Incontriamo altri trailer, sei per la precisione,

discesa in direzione di Enniskerry, troppo lunga per i miei piedi che

poi di nuovo soli. Si sale ancora di quota e aumenta il vento, rag-

incominciano a farmi male, in particolare il tendine dell’alluce de-

giungiamo il crinale e sulla nostra destra finalmente vediamo il Mare

stro...fino a quel momento tutto era filato liscio. Lascio andare avanti

d’Irlanda. Al 18esimo chilometro raggiungiamo Andrea e facciamo

Davide, prendo il mio ritmo.

una breve sosta-panino cercando di ripararci il più possibile dall’aria,

Dopo una breve e secca risalita con l’ennesimo scollinamento, con-

per fortuna il sole è caldo e al riparo si sta bene.

cludiamo con l’ultima lunga volata verso il basso la nostra seconda

Si riprende in salita, un breve tratto su asfalto molto ripido su cui

tappa affrettando il passo negli ultimi 300 metri prima di rifugiarci

qualche ciclista sale a zig zag per contrastare la pendenza. Incontria-

in macchina sotto un forte acquazzone. Il meteo anche oggi ci ha

mo diversi turisti, d’altra parte oggi è domenica: le montagne intorno

graziato! 29 chilometri e 1200 mt D+ la tabella di marcia di questa

a noi sono brulle, senza alberi, spazzate dal vento, gli irlandesi senza

seconda tappa.


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TERZA TAPPA: ENNISKERRY-DUBLINO Il nostro ritorno alla civiltà è sempre più evidente. Già ieri abbiamo incontrato molti turisti e i tratti di solitudine sono stati sempre meno. Partenza da Enniskerry, questa volta in discesa...solo per poco però. Costeggiamo villette, fattorie e pascoli, corsa piacevole con un continuo 34

saliscendi. Ci saranno una decina di gradi, forse meno, il vento è teso. Dopo aver scaldato i muscoli con i primi chilometri si fa sul serio: nuova foresta e nuova strada bianca in salita, i tratti con il vento contro si fanno impegnativi. Abbandoniamo la strada per un sentiero perfettamente conservato e pulito che diventa roccioso, quasi alpino fino allo scollinamento. Siamo vicini la mare e le nuvole di umidità ci avvolgono, a tratti è quasi nebbia. Un breve tratto pianeggiante su un sentiero largo, bellissimo, che invita alla corsa e continua poi in discesa: mi lascio andare non solo con le gambe ma anche con la testa, mi rilasso come non mi succedeva da tempo, penso a tante cose, a quelle importanti, mi emoziono fino alle lacrime, non so perchè, forse lascio andare tensioni e stress, mi vien voglia di chiamare casa, ma qui non c’è campo, devo rimandare a più tardi. Forse l’incredibile situazione climatica mi ha colpito e distaccato completamente dalla realtà: sole alle spalle che scalda schiena e gambe, vento e minuscole gocce di pioggia di fronte, che mi bagnano e raffreddano...davvero unico, quando mi ricapita una cosa del genere? Dopo l’ultima sosta tecnica con Andrea e l’auto di appoggio si riparte: continua a soffiare il vento e ci manca un altro valico, l’ultimo del nostro trail. Dopo un lungo tratto su asfalto, rigorosamente controvento, in Irlanda quando soffia non scherza, si svolta a destra nel bosco: sentiero ripido, procediamo camminando perchè la stanchezza incomincia a farsi sentire. Entriamo nelle nuvole basse, la vicinanza con il mare si fa sentire: la visibilità è più che buona ma non riusciamo a vedere fin dove vada il sentiero, sembra che porti in cielo, nel nulla. Ma dove siamo finiti? Proseguiamo costeggiando il bosco e poi lungo il dorso della montagna: ai lati solo prati brulli e fangosi, il sentiero è sempre in ottime condizioni e a intervalli regolari solcato da profondi tagli nel terreno, creati con due grosse pietre, che servono per far defluire l’acqua. Alcuni sono alti anche un metro, infilarci una gamba sarebbero guai seri. Finalmente si alzano le nuvole e sotto di noi, scollinando, vediamo Dublino, la nostra meta. Tornano le energie, scompaiono i piccoli fastidi, si scende incontrando di nuovo le prime case e i campi da golf che circondano la capitale. Si ritorna al presente. Incredibile, dopo tre giorni trascorsi nel silenzio dei boschi, sentire nuovamente il rumore di un aereo: un suono al quale siamo più che abituati ma che avevamo completamente dimenticato, del tutto assorbiti dalla wilderness irlandese. Marlay Park, dove si conclude la Wicklow Way, ci incanta per le sue dimensioni, ci siamo quasi persi, proprio sul finale...per fortuna non siamo dovuti arrivare al Phoenix Park di Dublino, il parco cittadino più grande d’Europa...


La Wicklow Way è stata la quarta Soul Experience di Soul Running, la terza alla quale ho partecipato: in Basilicata causa una bandelletta infiammata ho percorso la metà del tragitto, un Basilicata Coast to coast solo a spizzichi e bocconi per me. All’Elba mi sono tagliato fuori con le mie mani, anzi con i miei piedi, procurandomi una brutta distorsione alla caviglia al sesto chilometro dei 100 previsti. In Irlanda mi sono preso una rivincita. Infortuni 2, Andrea 1, adesso voglio il pareggio! LA CONTEA DI WICKLOW IN PILLOLE Il nostro trail si è snodato nell’area boschiva più vasta dell’Irlanda, le Wicklow Mountains, seppur con quote decisamente inferiori, coprono un’area maggiore rispetto a quella del massiccio del Monte Bianco. Un’area molto ricca di acqua e fiumi, le cascate di Powerscourt, che abbiamo visto durante la seconda tappa, sono le più alte d’Irlanda, l’acqua con cui viene storicamente prodotta la mitica Guinnes proviene proprio dalle Wicklow Mountains. Questa catena servì da rifugio ai ribelli che combatterono gli Inglesi, la Military Road, che la Wicklow Way spesso incrocia e segue per brevi tratti, fu costruita dai britannici proprio per traspostare le truppe sulle montagne in cerca dei ribelli. Glendalough sicuramente è stata la località più affascinante che abbiamo incontrato, le sue rovine sono un esempio della “Scholar of Saints” (dal quinto all’ottavo secolo): il monastero fu meta per monaci da tutta Europa così come per i figli dei monaci che venivano fin qui per studiare. Una regione affascinante e con una natura ancora incontaminata e unica, tanto che proprio nell’area di Wicklow sono stati girati molti film come Excalibur, Braveheart, King Arthur...produzioni che hanno utilizzato questi luoghi come naturale scenografia.

Per maggiorni informazioni: www.irlanda.com www.thegatheringireland.com www.visitwicklow.ie

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SOUL ADVICES L’Irlanda che abbiamo conosciuto non è fatta solo di foreste, prati, vento ed emozioni di corsa ma anche, e sopratuttto, di irlandesi. E il primo a dircelo, ancor prima che potessimo scoprirlo da soli, è stato un italiano! Partenza della prima tappa da Tinahely, ore 8,30 di sabato, non c’è in giro praticamente nessuno, mentre stiamo ultimando i preparativi arriva un’auto, scende un uomo che ci chiede: siete italiani? E’ Giovanni, il veterinario del paese (lui si che ha capito tutto...qui ci sono più animali che persone...), originario di Benevento che appena laureato ha deciso di andare all’estero, e a Tinahely si trova benissimo. E’ lui a dirci che il tesoro dell’Irlanda sono gli irlandesi, lo avremmo scoperto presto: tutti incredibilmente gentili, disponibili, incuriositi da quanto stavamo facendo, e sì che l’Irlanda ha passato, e ancora ne paga le conseguenze, un periodo economico non facile, quanto noi. Eppure si vive senza stress, con quello che si ha. Dobbiamo imparare. E pensare che proprio in quei giorni in Italia si decidevano governo e presidente della Repubblica...il pensiero di rimanere anche noi in Irlanda ci ha “stuzzicato” più volte! Il consiglio di Soul Running è di percorrere questo itinerario godendo la natura e i luoghi, l’ospitalità e 36

i pub, luoghi dove non si beve e basta, come spesso si pensa, ma dove si ascolta musica dal vivo ad ogni ora, dove c’è wi-fi gratuito...anche! Lungo la strada come non segnalare il pub di Glenmalure, il Wilderness Lodge, mai nome più azzeccato: in mezzo alla foresta, luogo ideale per un caffè caldo di fianco al caminetto o come B&B. La carne, ovviamente, è ottima: a Glendalough, arrivo della prima tappa e ripartenza della seconda, nella steak house dell’hotel ci si possono togliere delle soddisfazioni! Bevanda ufficiale del trail ovviamente è la birra: rossa o Guinness diventa l’integratore per eccellenza del trailer! DOVE RIPOSARSI LUNGO LA WICKLOW WAY Ottima cucina, squisita ospitalità, wi-fi free...questo quello che abbiamo trovato nelle strutture che ci hanno ospitato durante il nostro trail. Quindi se vi capita di passare da quelle parti questi sono degli ottimi punti di riferimento: Sunindale Country House di Tinahely, vi sentirete come a casa, cena e colazione indimenticabili. Glendalough Hotel, alle porte delle antiche rovine di Glendalough e infine il Summerhill House Hotel di Enniskerry, incantevole cittadina appena sopra il mare: posizionato tra bellissime ville e soprattutto dotato di una Spa, ideale per smaltire le fatiche del lungo trail.


NON SOLO TRAIL, OVVERO MAI PRENDERSI SUL SERIO! Abbiamo percorso 100 km con quasi 4000 mt D+ in tre giorni, un percorso inedito, affascinante, e il nostro partner tecnico è stato The North Face. Wow! Come Jezz Bragg, Sebastien Chaigneau, Lizzy Hawker, Fernanda Maciel e tanti altri runner di primissimo livello che compiono imprese eccezzionali. Per noi è stata una grande soddisfazione, tra di noi abbiamo subito pensato: quando mai ci ricapita di essere sponsorizzati da The North Face? Ben lungi da sentirci dei top runner abbiamo provato a “sdrammatizzare” la situazione portando il nostro equipaggiamento in contesti meno avventurosi ma comunque “very irish”: un campo da golf, sport nazionale, e soprattutto nella sede di una delle associazioni più famose ed esclusive di Dublino, la Grange Artisans Golfing Society, dove ci siamo dedicati a biliardo, freccette e Guinness. Un ringraziamento particolare va a Shane O’Brien, Presidente dell’associazione e caddy master del circolo Grange Golf Club, tra i più importanti d’Irlanda e dove si allena e dove è socio il Capitano delle Ryder Cup. Incredibile cortesia e disponibilità, visti soprattutto gli ambienti in cui abbiamo “fatto irruzione”, da parte di Shane, irlandese d’hoc!

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Correva

5 AGOSTO 1996. COLLELONGO. REGIONE ABRUZZO. QUI NASCE IL TRAIL RUNNING IN L’ITALIA CON LA MITICA ECOMARATONA DEI MARSI. AL MICROFONO A RACCONTARE QUEST’AVVENTURA AI SOUL RUNNERS ALL’ASCOLTO DUE OSPITI D’ECCEZIONE: AURELIO MICHELANGELI E FABRIZIO BERNABEI!

Rubiamo il nome di una fortunata trasmissione Rai per aprire una

la strada e il risultato cronometrico incominciando a correre fuori

finestra sulla storia del trail. Una disciplina che, rapportata ad altri

strada, per il puro piacere di farlo, per stare bene con se stessi e

sport, è molto giovane ma che si è anche sviluppata negli ultimi anni

conoscere persone nuove. Può essere considerato senza dubbio uno

davvero velocemente tanto che le immagini delle prima gare, le “eco

dei pionieri del trail in Italia avendo fondato nel 1998 la IUTA (Italian

vintage.

Ultramarathon e Trail Association), è presidente dell’Associazione Parks

maratone”, di nemmeno vent’anni fa, prendono un sapore decisamente

Trail (che conta più di 50 gare nel centro-sud Italia) e ricopre il ruolo di Manager del Team Tecnica. “Il trail running per chi corre – ci spiega Aurelio – è la risposta all’esigenza sempre più crescente che l’uomo ha di rimanere in contatto con la natura. A differenza di altre discipline

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della corsa, dove il risultato e la prestazione sono gli unici obiettivi, gli

Vintage Trail

elementi fondamentali sono la scoperta del territorio, la salvaguardia dell’ambiente, la conoscenza della cultura e delle tradizioni locali. Il risultato non è più il principale elemento di appagamento o delusione di chi partecipa a un evento di trail”. L’Ecomaratona dei Marsi del 1996 fu una prima edizione organizzata grazie alla collaborazione delle autorità locali, incredibilmente lungimiranti, ma anche grazie alle associazioni locali di cacciatori, Abbiamo deciso di segnare come anno zero per il trail una gara che quest’anno è giunta alla 18esima edizione: l’Ecomaratona dei Marsi a Collelongo. Correva quindi l’anno 1996, Aurelio Michelangeli e l’amico Sergio Rozzi decidono di organizzare una gara nuova, quasi estrema, alle porte del Parco Nazionale d’Abruzzo: l’obiettivo era chiaro, aprire una nuova porta nel mondo della corsa, fare una maratona “estrema” in luoghi unici, far vivere alle persone le sensazioni che si provano a correre in ambiente, incontrare e parlare con le genti del posto, ascoltare le loro storie e conoscere le loro tradizioni...vivere insomma la corsa come un’avventura. Da quel 1996 Aurelio ne ha fatta di strada grazie alla sua passione: da sempre praticante la corsa decise di abbandonare

notoriamente profondi conoscitori dei sentieri, che aiutarono a


l ’anno tracciare il percorso. 300 furoni i volontari coinvolti, 6 volte il numero dei partecipanti che prevedeva la chiusura della starting list a 50 concorrenti, selezionati grazie alla rivista No Limits. Un grande successo tanto che le immagini di gara, con la regia di Carlo Gobbo, furono trasmesse come copertina di chiusura della Domenica Sportiva del 5 maggio 1996. Negli anni la manifestazione è cresciuta sia nel numero dei participanti che in qualità. Già dalla seconda edizione fu inserita una gara più corta da 13 km che diede la possibilità ai tanti appassionati di provare una nuova esperienza. Il percorso non è sempre stato lo stesso, nel corso delle edizioni sono stati apportati piccoli ma sostanziali cambiamenti, uno degli obiettivi dell’organizzazione è sempre stato l’aspetto turistico ancor prima di quello tecnico-agonistico. Si apriva così una nuova era, le ecomaratone incominciarono ad avere

Il vincitore della prima edizione dell’Eco Maratona dei Marsi, il primo Trail italiano: Fabrizio Bernabei

sempre più successo, anche se per parlare di trail bisogna aspettare tre anni dalla prima edizione dei Marsi e il deus ex machina è ancora

italiani di corsa in montagna della stessa categoria. L’unica maratona

Aurelio: “il Trail del Regno Angioino, che si disputò a Cittaducale il

Fabrizio la corre a Carpi, gara valevole come Campionato italiano dove

20 giugno 2009 – racconta Aurelio – fu la prima gara ad utilizzare il

conquista un sesto posto con un personale di 2h19’. “Nel 1996 decisi

termine trail. Faceva parte del Reebok Trail Running Challenge, circuito

di vivere la corsa con uno spirito diverso – racconta Fabrizio – e per

che annoverava anche il primo Ultra trail italiano, il San Remo Devil

questo motivo decisi di iscrivermi all’Ecomaratona dei Marsi.

Trail 30 miles”. Il movimento è cresciuto particolarmente negli ultimi

Una sera leggendo la rivista No Limits vidi il modulo di iscrizione, senza

undici anni, amche grazie alla nascita pochi anni dopo della seconda

pensarci due volte lo compilai. Da quel giorno smisi con le tabelle di

ecomaratona italiana, quella del Ventasso, seguita poi da quella dei Cimbri. “Da lì fu una vera e propria esplosione di eventi e partecipanti – continua Aurelio – portando l’Italia a essere uno dei paesi europei con il maggior numero di gare”. Se l’Ecomaratona del Marsi è la gara “pioniere” per il mondo del trail italiano, altrettanto potremmo dire del vincitore della prima edizione: Fabrizio Bernabei. Classe 1967, originario dell’Appennino modenese ha iniziato a correre proprio in montagna, nelle “strapaesane” tra Modena e Bologna. Passato alla pista ho ottenuto grandi risultati come un terzo posto ai Campionati italiani di Maratonina junior e due argenti agli

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Vintage Trail

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allenamento, la pista, il cronometro...la mia diventò una ricerca di percorsi nella natura e di sensazioni di libertà, sempre ricavati nei pochi spazi che il lavoro mi lasciava. Volevo seguire il mio nuovo istinto, sapere ascoltare la fatica per gestirla nel miglior modo, vivere la corsa come la intendo io”. L’approccio e la preparazione alla gara per Fabrizio furono più che sereni: “arrivai a Collelongo con la mia fidanzata Roberta, oggi mia moglie, a notte fonda e quindi non riuscii a partecipare alla riunione tecnica del pomeriggio. Sono quindi partito senza sapere che a causa della neve il percorso era stato modificato. Al termine della gara Aurelio mi disse che i chilometri totali erano 47, non 42! Ecco perchè gli ultimi 5/6 chilometri li ricordo così faticosi! Mentre correvo in quei boschi avevo sensazioni mai vissute prima: c’era la natura fortissima, c’ero io e la mia fatica, grande compagna di viaggio nelle corse di lunga durata. C’era anche la curiosità di scoprire cosa ci fosse oltre quel bosco, quella montagna...questo credo sia il vero spirito del trail”. Da quel 1996 Fabrizio si dedica al fuori strada in tutte le sue accezioni: nel 1997 corre una maratona alquanto particolare all’interno delle grotte di Frasassi su un percorso da ripetere 23 volte per un totale di 15.686 scalini, nel 1998 prova le piste nel deserto giungendo terzo alla Marathon des Sables, l’anno successivo nella stessa gara invece è secondo (primo italiano ad aver vinto 4 tappe e a essere stato in testa alla classifica generale per 4 giorni). “Dopo un periodo di inattività ho ripreso ad allenarmi lo scorso anno, sempre a sensazione e senza tabelle, sempre e solo fuoristrada. Quest’anno sono tornato ai Marsi e ho fatto secondo, è la mia gara! Questo sport sta diventando una filosofia di vita, un modo più completo di interpretare la corsa e la fatica. Al seguito dei trailer ci sono spesso le famiglie e gli amici, l’ambiente è piacevole, credo che i valori in campo siano di più rispetto a una manifestazione su strada. La corsa in natura, specie in questo periodo, ti riporta in equilibrio”.


Il ristoro a Frochetta Morrea

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Vintage Trail

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Fabrizio Bernabei alla Marathon des Sables


L’equipaggiamento del trail dai Marsi ai giorni nostri. “In quel periodo le aziende non avevano ancora nemmeno pensato a un prodotto dedicato al trail – racconta Fabrizio – ricordo che in gara indossai un paio di scarpe da maratona su strada, short e canotta. Unico accessorio, ancora oggi molto utilizzato nelle gare off road, erano i manicotti per tenere le braccia calde”. Fabrizio, dopo esperienze lavorative in Reebok e Nike attualmente è direttore commerciale di Gartner Sport, distributore per l’Italia di New Balance, brand oltretutto da cui è stato sponsorizzato come atleta nel lontano 1984. “In Italia il trail è uno sport relativamente giovane – spiega Fabrizio – ma non 45

si era mai visto in precedenza una categoria della corsa con uno sviluppo così importante e in così breve tempo. Cresce l’interesse degli appassionati e dei media, il numero di gare e soprattutto l’impegno delle aziende che hanno sviluppato intere linee di scarpe e abbigliamento per il trail”.

Gli organizzatori della prima edizione. In piedi al centro Aurelio Michelangeli


Vintage Trail

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Fabrizio Bernabei all’edizione 2013 dell’Ecomaratona dei Marsi: secondo classificato. La passione non conosce né inizio né fine.


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“Moleskine Cubana APPUNTI, RICORDI, RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI. TITE E MIA CORRONO. CORRONO E GUARDANO, VIVONO, RESPIRANO IL TERRITORIO CHE STANNO ATTRAVERSANDO, CONDIVIDENDOLO CON NOI! 48


“ABBANDONATE I PRECONCETTI, O VOI CHE ENTRATE.”

Di Tite e Mia

20 APRILE - HAVANA Il finestrino del taxi, una Lada del 56 gialla, nera e ruggine, scende obliquo come succedeva una volta. La manovella è dura da muovere, a metà corsa si blocca. Dallo spiraglio entra l’aria umida e calda dei sobborghi intorno all’aeroporto, la stessa aria che imbratta i vetri dell’auto e i sedili in similpelle traforata..... ma il foro è involontario. Sprofondate e incollate in questi sedili appiccicaticci e sfondati iniziamo ad inquadrare così le vie e i palazzi di Havana, cercando una linea interpretativa, una chiave di lettura per tutte le assurde incoerenze che iniziamo a vedere intorno a noi. A distanza di quasi un mese mi esce la definizione che cercavo: non siamo nel 2013, siamo nel 1965 con 48 anni di invecchiamento. Non c’è davvero nulla in giro, bisogna portare con sè quello che serve, anche il tè ad esempio... perfino trovare acqua è difficile. Nei servizi pubblici la carta igienica, quando esiste, viene consegnata personalmente da un addetto, in comodi tagli da 6 o 8 fogli. In compenso si trova Rhum ovunque, in particolare alle stazioni di rifornimento lungo le strade.... In albergo la stanza è rigorosamente non fumatori, ma a Cuba fumano tutti lo stesso. Il posacenere in vetro è un fondo di bottiglia che sembra messo lì apposta per essere rotto, infatti lo rompo spostando una valigia. Cena memorabile a La Guerida, sul set di Fragola e Cioccolato. Lo spettacolo dal terrazzino dove si trova il nostro tavolo è unico, abbiamo Havana sotto di noi. Vista da lì sembra una città che ha appena subito un bombardamento, solo che dalle finestre delle case distrutte e cadenti, dopo l’imbrunire, iniziano ad accendersi le luci... Il tizio del noleggio auto prima di salutarci ci raccomanda di non arrivare a Trinidad tra le 19 e le 20, e di non andarcene tra le 7 e le 8 di mattina. Fatichiamo a capire, si esprime in una lingua incerta di cui abbiamo padronanza parziale (come lui del resto). Sembra comunque che ci stia parlando di un elevato rischio foratura a causa dei granchi, ma ci resta qualche dubbio perché oltre ad avere scarsa padronanza di lingue straniere è anche un pessimo disegnatore... 21 APRILE - HAVANA - TRINIDAD Iniziamo a prendere contatto con le strade cubane, ma l’inizio è fuorviante: l’autovia verso est è una enorme struttura a 4 corsie per senso di marcia per 172 km, 7 auto qualche carro con cavalli e bus. Non esistono neppure aree di servizio, e quando la fame comincia a farsi sentire troviamo fortunatamente un banchetto

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lungo la strada dove per 2 CUC facciamo una fantastica scorpacciata

Non abbiamo molto, ma lei ci ringrazia felice. A circa trenta km

di frutta (banane, mango, guajaba).

da Trinidad capiamo che il disegno dell’addetto del noleggio

L’autostrada finisce e ci aspettano altri 160 km di strada extraurbana,

rappresentava veramente un granchio, non ne avevamo preso uno

le corsie sono solo due ma il traffico continua ad essere minimo e

noi: CANGREJOS, GRANCHI VERI! Alla Garcìa Marquez, in puro stile

ci iniziamo a domandare se chi ci aveva descritto strade impossibili

Realismo Magico, invece di piovere uccelli come in Cent’Anni di

non avesse esagerato. Non esagerava, ma lo scopriremo solo

Solitudine, la strada improvvisamente si trasforma in un tappeto di

qualche giorno dopo. Abbiamo nuovamente fame, con le banane e

corazze arancioni sminuzzate: sono le scie di granchi che dal mare

il mango non si dura molto. Troviamo una madre con due bambini

risalgono la foce del fiume e attraversano la strada. Una strage. I

lungo la strada, hanno in mano un cesto di banane e ce lo vendono

resti di qualche granchio lungo il ciglio della strada ci danno l’idea

per 1 CUC. Sono meravigliose. Sia le banane che loro, intendo....

di quanto enormi possano essere questi esseri, davvero spaventosi.

La madre ci guarda e ci chiede se le regaliamo uno shampoo o del

Nei giorni successivi capiremo meglio che negli orari che ci erano

sapone per la bambina... ci sembra impossibile sentire una domanda

stati segnalati questi enormi granchi si spostano nell’entroterra per

del genere, è quello che succedeva trent’anni fa nei paesi dell’est,

depositare le uova, e questo è il motivo per cui il rischio di foratura

quando si partiva con scorte di calze di nylon da regalare o vendere...

è molto elevato. Ma non è solo questo l’elemento che stupisce:

lasciamo loro quello che possiamo, qualche boccetta a metà, alcuni

l’altro è che non ci troviamo in riva al mare, intorno a noi ci sono

campioncini.

solo montagne e il mare si trova ad almeno 5km...!


22 APRILE – TRINIDAD Ad una settimana esatta dalla maratona di Boston decidiamo che è ora di muovere un po’ le gambe. La nostra insostituibile Lonely Planet suggerisce una breve escursione lì vicino, quindi andiamo in macchina verso il Parco di Topes de Collantes, 15 km a nord di Trinidad. Il sentiero Caburnì scende dai 650 metri di quota fino a 250. Il percorso è bellissimo, una passeggiata sub-tropicale su un tracciato di terra rossa che attraversa la foresta e un affascinante gruppo di formazioni rocciose stratificate. Alla base del sentiero raggiungiamo un’ampia piscina naturale con un’imponente cascata. Il caldo è soffocante e il rinfresco è un vero sollievo, anche se Tite e io sembriamo di due specie diverse: a me basta sciacquarmi viso e braccia per stare bene, Tite invece inizia a fare vasche nella piscina naturale condividendo il piacere con un gruppo di russi schiamazzanti che nel frattempo è arrivato. Il ritorno all’auto è semplice perché la salita è ripida ma corta, tuttavia la temperatura e l’umidità molto elevate innalzano leggermente il grado di difficoltà... almeno fino a quando uno scroscio tropicale non provvede a diminuire istantaneamente di almeno 15° la temperatura nostra e dell’ambiente intorno a noi.

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23 APRILE - TRINIDAD - HOLGUIN Ci attendono poco più di 450 km di strada. I primi 350 sono davvero ottimi, i rimanenti sono davvero pessimi. Attraversiamo molti paesi e paesini dove i mezzi di trasporto più comuni sono le biciclette e i carretti trainati da cavalli o buoi. I carretti hanno le ruote di vecchie auto, così sono più scorrevoli e silenziosi. Progresso. Arriviamo ad Holguin verso le 18, abbiamo appuntamento con Maurizio, un romano amico di amici che ha scelto da tempo di vivere a Cuba insieme alla moglie Eliana e ai figli. Maurizio è preziosissimo per noi perché ci aiuta nella pianificazione della parte più “succosa” del nostro viaggio e ci presenta il suo amico Emigdio, ingenere, ciclista abitualmente accompagnatore di pedalatori tedeschi. Emigdio sarà nostra guida nei successivi quattro giorni e si rivelerà pedina di riferimento fondamentale, oltre che ottimo compagno di viaggio e grande fonte di conoscenza “non filtrata”. 24 APRILE - HOLGUIN - VILLA S.DOMINGO Partiamo da Holguin verso le 12, dopo aver cambiato valuta e fatto il pieno all’auto. Ci attendono circa 120 km ma non sono esattamente come quelli fatti fino a lì: Emigdio siede dietro, nel mezzo, e nel ruolo di navigatore mi aiuta ad individuare le continue insidie della strada: improvvise ed enormi voragini nell’asfalto, ciclisti dall’andatura incerta,


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attraversamenti di mucche, capre e maialini a seguito di scrofe troppo

Il parco è già chiuso ma ci sono ancora le guide con le quali iniziamo

lente per una strada asfaltata (o quasi) e frequentata (anche) da auto.

a valutare le possibilità. Ci accordiamo per partire con la nostra guida

Ci fermiamo per pranzo a Bayamo, dove abbiamo appuntamento con un

(senza non si può andare, la guida è obbligatoria) all’apertura del parco

addetto di agenzia turistica specializzato in escursioni sul Pico Turquino,

e quindi l’appuntamento è per la mattina dopo alle 7:30.

la nostra destinazione. Esistono due sentieri per raggiungere la vetta,

Mentre stiamo prendendo accordi con la guida capo un giovane

uno sale dal mare a Las Cuevas, l’altro parte dal centro della catena

intraprendente inizia a ronzare intorno a noi con occhio interessato.

montuosa, in località Santo Domingo. Noi vorremmo fare il percorso

Ha l’aria sveglia, anche troppo, quindi all’inizio siamo sospettosi e non

completo e parliamo con lui di ciò che abbiamo in mente, ma lui frena

gli diamo molta retta. Non lo sappiamo ancora, ma in realtà questo

i nostri entusiasmi: quello che vogliamo non si può fare, la strada per

Alexis si rivelerà fondamentale: potremmo chiamarlo non il “nostro

raggiungere il mare sul lato opposto del monte è devastata, in ogni caso

uomo all’Havana”, ma il “nostro uomo a Las Cuevas”. Infatti quando

per fare tutto il percorso servono almeno tre giorni e via dicendo.

scopriamo che si tratta del figlio del gestore di una casa particular

Alla fine decidiamo che sembra più sensato raggiungere la base di

sull’altra sponda del torrente gli diamo un po’ di attenzione e cominciamo

S.Domingo e da lì vedere come organizzare l’escursione, e così facciamo.

a parlare con lui: scopriamo che ha capito benissimo cosa vogliamo e

La strada per Santo Domingo è pessima (cominciamo a capire che in

si dichiara disposto a darci una mano, proponendosi come autista per

questa parte dell’isola è una costante), quindi arriviamo verso le 17.

accompagnarci la mattina successiva, con la nostra macchina, al punto

La classica prova di resistenza e forma fisica per un giovane cubano è sempre stata quella di attraversare tutti i “Picos” più alti di Cuba in una volta sola: Pico Joachin, Pico Turquino (1972m), Pico Cuba (1820) e Pico Cardero (1265). Le guide più avventurose come la Lonely Planet preventivano “2 o 3 giorni” per percorrere l’intero percorso dalla montagna (alto de Naranja) al mare (Las Cuevas). Contando e ricontando: 13km +1.800m al Pico Turquino; 11km -2.800m per scendere... ho segnato sulla carta 6 ore. Ce ne abbiamo messe 7 (dalle 8am alle 16pm, con 30+30 minuti di sosta per il nostro amico ciclista ma poco runner).


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di partenza dell’escursione, e quindi per venirci a recuperare dalla parte opposta, appunto a Las Cuevas. Dichiara di conoscere la strada perfettamente, di avere il tempo di fare tutto il giro e di aver già fatto altre volte lo stesso “lavoro”, anche se mai nel corso della stessa giornata. Abbiamo qualche perplessità: in macchina dovremo lasciare le nostre valigie e buona parte della mia attrezzatura fotografica, tuttavia consideriamo che quella è l’unica concreta possibilità che abbiamo per realizzare il nostro progetto originale: compiere l’intera traversata del parco naturale. Quindi incrociamo le dita e ingaggiamo Alexis. 25 APRILE - PICO TURQUINO Start h 8:15 da località “Alto del Naranjo”. Partiamo in gruppo, ma la storia dura poco: la guida rimane subito indietro insieme a due tedeschi rallentati dallo zaino enorme e..... dalla pancia. Emigdio non è un runner ma è abituato a lunghe pedalate in bicicletta ad oltre 30°, soffre un po’ ma rimane indietro solo di qualche minuto; ogni tanto facciamo una pausa fotografica e il nostro selezionato gruppetto si ricompatta. Il primo punto di appoggio si trova a 8km dalla partenza, dopo circa 600 metri di dislivello positivo.


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Il sentiero è molto agevole e curato, tranne nei punti in cui sbagliamo

si era fermato più in basso ad attendere che il tempo passasse...

traccia e ci infiliamo in quella dei muli. Per rendere l’idea della forma

lo perdoniamo istantaneamente appena ci offre quattro meravigliosi

che prende un sentiero tropicale fangoso percorso solo da muli

mango che divoriamo con emozionata avidità. Chissà perché Ottavio ci

basta pensare alla forma del mulo visto da dietro: due zampe esili che

piace subito. Iniziamo quindi la discesa di 11km che ci porterà a Las

sostengono una bella, abbondante e tonda panciona, in pratica un single

Cuevas, per un dislivello negativo che a fine giornata, a forza di salire e

track dove non si riescono ad appoggiare i due piedi, e con due pareti

scendere, registrerà 2.700 metri.

strette che arrivano alla vita... e poi non ci mettono i gradini, ai muli.

Ancora una volta il sentiero è impegnativo per la pendenza e il fondo,

Ci aspetta una sorta di rifugio dove ci hanno promesso cibo e acqua,

ma curatissimo: nei punti più impervi non mancano gli appigli per le

ma è decisamente troppo presto: i nostri rifornimenti sono stati spediti

mani e le zone più ripide sono interamente lavorate a gradoni.

con i suddetti (muli) e devono ancora arrivare. Ci dicono che dobbiamo

Questo rende la discesa forse più lenta e muscolarmente impegnativa,

aspettare ma noi non siamo molto d’accordo.

ma tutto sommato agevole. Nel corso della discesa facciamo due

Si scatena un concitato dibattito radiofonico con la base a valle nel

soste impreviste quanto gradite. La prima arriva una mezz’ora dopo

corso del quale i due addetti continuano a rubarsi di mano il microfono

l’inizio della discesa, quando già l’effetto “mango” inizia ad esaurirsi:

scambiandosi frasi che non capiamo ma che assomigliano molto a

raggiungiamo una baracca dove vivono due sorveglianti che ci offrono

considerazioni poco qualificanti all’indirizzo delle reciproche capacità

zuppa di ceci, crostini di pane e una spettacolare tisana d’erbe di

cerebrali. Non riusciamo a capire se le madri ne restano fuori.

montagna. Sarà la fame, ma è tutto buonissimo. La seconda sosta,

Riusciamo ad ottenere almeno quattro bottigliette d’acqua. Siamo

altrettanto provvidenziale, arriva quando siamo verso quota 500 e il

leggermente preoccupati dalla mancanza di cibo: dopo quello che

caldo si sta facendo sentire da un po’: raggiungiamo una stazione

avevamo pagato per il “servizio” completo (guida + cibo + acqua)

biologica dove una signora e la sua bimba ci offrono un frutto mai visto,

avevamo tralasciato di portare con noi cibo di emergenza, ma mancano

delizioso e dissetante, la Guanàbana.

solamente 4 o 5 km alla vetta e poi sarà tutta discesa; acqua ne

L’arrivo a Las Cuevas è spettacolare, negli ultimi 2 km il caldo diventa

abbiamo a sufficienza, per cui non indugiamo oltre. Lungo la salita

equatoriale ma il sentiero si apre sulla scogliera in un punto in cui il

al Pico Turquino incontriamo per la prima volta una guida in senso

mar dei Caraibi bagna questa zona di Cuba praticamente disabitata. Il

contrario. Sta scendendo ma è affaticato e sudatissimo.

punto di arrivo del sentiero, che si trova in riva al mare, è a sua volta

Ci chiede dov’è la nostra guida e dove stiamo andando. Gli spieghiamo

attrezzato come punto d’appoggio per gli escursionisti, così possiamo

che non vediamo la nostra guida da oltre due ore e che stiamo

finalmente rinfrescarci e dissetarci a dovere. Alexis ovviamente non è

andando a Las Cuevas. Ci guarda stupito, ci chiede se siamo sicuri di

ancora lì, arriva strombazzando circa un’ora dopo, convinto di essere in

voler viaggiare con il buio e se abbiamo le lampade frontali con noi.

largo anticipo. La cosa non ci sorprende: ormai abbiamo capito che ai

Ridiamo, gli diciamo che contiamo di essere giù dopo pranzo e lui

loro occhi eravamo prima pazze e ora marziane. In realtà abbiamo solo

evidentemente ci prende per due pazze.

parametri differenti.

Arriviamo alla cima poco dopo le 13. Ci hanno garantito la presenza dell’altra guida, quella che dovrebbe accompagnarci verso valle, ma

Rientrati a Santiago, dopo un rocambolesco viaggio su altrattanto

ovviamente non c’è nessuno. Purtroppo il cielo è coperto e siamo a

rocambolesche strade lasciamo la nostra guida Alexis e Emigdio ci propone

quota 2.000, siamo nel punto più alto di Cuba, al centro del parco

di fare scalo al Melia, un albergone all’americana. Una struttura imponente

naturale all’interno del quale Fidel si nascose per anni, riorganizzando

e colorata, costruita in un mix di stili in parte caraibico e in parte orientale.

da lì quella rivoluzione destinata a cambiare la storia del Paese.

La struttura è in “ottime condizioni”, ossia invecchiata con un minimo di stile; nella maggior parte dei casi invece le strutture vanno dal decadente

Ci dedichiamo comunque alla celebrazione fotografica del momento,

al degradato, più che invecchiato. Nella grande hall troneggia un annuncio

e aspettiamo i nostri amici. Dopo aver diviso un pezzo di pane arriva

a caratteri cubitali: “ATENCION AL CLIENTE”. Tite e io ridiamo vedendola,

Ottavio, la guida promessa. Pensava di essere in largo anticipo e così

vorremmo aggiungere sotto “POTREBBE ARRABBIARSI”.

55


26 APRILE - SANTIAGO - BARACOA Partiamo alla volta di Baracoa, e tanto per cambiare il viaggio non sarà una passeggiata: sono circa 250km che ci portano prima verso Guantanamo e l’omonima base americana e poi a seguire la Caretera Central de Cuba attraverso una zona montuosa molto spettacolare. Quando arriviamo è ormai buio, e siamo tutti frullati dal numero incalcolabile di curve incontrate negli ultimi 55km. Ci lasciamo prendere dalla pigrizia e accettiamo il consiglio di Emigdio che ci indirizza verso una casa particular di un amico. Anche troppo, particular... E’ troppo tardi per protestare ma la casa è la più brutta in cui ci sia capitato di fermarci, sebbene sia pulita. La mattina dopo mando Emigdio a vedere la nostra stanza: torna mortificato e ci chiede scusa, non pensava fosse così brutta. E se lo dice lui! 27 APRILE - BARACOA E EL YUNQUE Comunque la sosta è breve, perché alle 10 siamo già in macchina: il menu del giorno prevede la terza escursione della nostra scorribanda in terra cubana, la salita a El Yunque. Anche in questo caso la guida è obbligatoria e dovrà essere pagata. Lungo la strada (anche se “strada” 56

è ancora una volta una parola grossa) che ci conduce al punto di partenza Emigdio incontra una guida che già conosce. In verità anche se non l’avesse conosciuta probabilmente non sarebbe cambiato molto: abbiamo già notato che dopo il primo scambio di battute i cubani sembrano sempre amici da una vita, quindi non si capisce mai bene... Tra tutte le guide che ci sono capitate Daniel è quello più bizzarro: gli altri calzavano scarponcini di pelle dall’aspetto vagamente militare, lui invece è attrezzato con un paio di CROCS bianche che sembrano essere parte integrante del suo piede. Inizia la salita baldanzoso, azzardando un’andatura che sembra decisamente troppo sostenuta per la sua pancia. Dopo pochi minuti inizia a rallentare pensando di aver chiarito le posizioni, e infatti sono chiarissime: lo superiamo tutti, con Emigdio che comincia a prenderci gusto e si mette a corricchiare. A metà della salita ci fermiamo ad un meraviglioso baracchino dove per un paio di CUC possiamo godere di tutta la frutta desiderata, tagliata e servita all’istante. Mentre stiamo per ripartire arriva Daniel stravolto, ci chiede un attimo, beve, si stende (accascia) su una panca. Quando gli diciamo che vorremmo ripartire ci guarda perplesso, si batte il petto, e ci dice “il mio cuore, ma lo sapete che ho 48 anni...”. “Che culo, gli rispondiamo, sei più giovane di noi...” A quel punto di arrende: “ok, vi aspetto qui, tanto dovete ripassare perché ll sentiero è questo...”


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Riprendiamo. Emigdio ha deciso simpaticamente di provocarmi, si mette a correre e guadagna qualche metro. Non ho voglia di sfiancarmi e lo lascio andare, ma dopo un po’ il mio spirito agonistico reagisce e vado a riprenderlo. Ormai però ci ho preso gusto e continuo con andatura “da gara” fino alla cima. Da queste parti non sono molto abituati a vedere gente come noi e le reazioni dei pochi che incontro sono decisamente spassose. Compresa quella di Daniel quando torniamo a riprenderlo, non crede che siamo arrivati tutti e tre fino a su, dobbiamo mostrargli le prove fotografiche. La seconda parte dell’escursione è spettacolare: con una camminata di altri 15 minuti, e guadando un torrente in piena con acqua ben oltre la vita (ma deliziosamente calda), raggiungiamo un’imponente cascata e una piscina naturale di dimensioni generose. Un tuffo nell’acqua quasi tiepida, due bracciate e un bagno di sole sdraiate sulle rocce sono un regalo inaspettato e graditissimo. Il trasferimento finale della giornata per una volta non è devastante: sono solo 20km, anche se a 15km/h di media è già un viaggio. Decidiamo di non fermarci per pranzo perché a differenza di quello della sera prima la struttura dove siamo diretti è garantita. Questa volta Emigdio aveva ragione, arriviamo in un piccolo villaggio di proprietà dell’esercito (infatti l’organizzazione è quasi militare) Ai piedi della statua dedicata a José Julian Martì Perz (1853-1905). Filosofo, rivoluzionario e scrittore, pioniere in ogni

composto da bungalow in legno veramente belli, grandi e accoglienti. Siamo alle soglie del parco naturale Alejandro de Humbolt e si vede, la natura è spettacolare, anche se

ambito, Martì allargò il dibattito politi-

il mare turchese è troppo agitato per risultare fruibile. Il “sergente” in servizio ci accoglie gentilmente e

co di Cuba al di là della questione della

decidiamo di tamponare velocemente la fame con un bel piattone di frutta (una vera costante del nostro

schiavitù (abolita nel 1886) a temi come l’indipesenza e, soprattutto, la libertà.

viaggio) e chiedendo la cena per le 18:30. Non c’è problema ovviamente, per le caserme sono orari normali.

La sua prosa, facile da citare e da ricor-

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dare, continua ad essere una forza unificatrice dei cubani di qualunque credo e

28 APRILE - BARACOA - HOLGUIN

religione. Altrettanto apprezzato in tutto

Tanto per cambiare, l’ultimo trasferimento del nostro viaggio sarà ancora massacrante: circa 240km, i primi 45

il mondo ispanico per il suo internazionalismo, che lo avvicina come importanza a

dei quali, fino a Moa, su una strada larga come una provinciale a due corsie, ma con il fondo di una mulattiera

Simon Bolivar. Fu un maestro dell’aforisma

in cattive condizioni. 40km che richiedono oltre due ore di guida fatta di continue deviazioni alla ricerca della

e le sue affermazioni lapidarie sono anco-

traiettoria “migliore”. Quando arriviamo a Holguin abbiamo il tempo di fare sosta nell’albergo più grande della

ra presenti in molti modi di dire attuali.

città, darci una rinfrescata e cenare nel risorante principale, che in realtà è un self service dall’aspetto inquietante (anche l’aspetto del cibo è inquietante, in verità). Completiamo le operazioni del giorno riconsegnando la macchina (con le dita incrociate per la storia della gomma) e prendendo il volo notturno per Havana, dove il giorno dopo avremo modo di dedicarci ad una seconda visita fotografica della città prima di imbarcarci, in serata, nel volo per Milano. Prima di partire per Havana salutiamo Emigdio, che vive ad Holguin e quindi si ferma lì. Lo ringraziamo per tutto, per la compagnia, per la simpatia e per la disponibilità. Aggiungiamo una piccola mancia al suo compenso, e in relazione agli stipendi ufficiali il tutto è un piccolo patrimonio, ma ormai abbiamo capito che esiste un intero universo sommerso fatto di mercati neri e di attività parallele di cui, da fuori, si vede davvero

Passaggi Obbligati per Cuba il primo dal punto di vista “occidentale”, il secondo da un punto di vista “cubano”: Roberto Coracci: A Est dell’Avana, Alberto Eliseo Informe contra mi mismo. Buon viaggio & Keep on Running TITE&MIA

poco. Emigdio è stato anche una preziosa fonte di informazioni, ma per gli tutti approfondimenti del caso (compresa la storia dei granchi) dovremo tornare... ed è così che ci lasciamo con lui, con un caloroso arrivederci.

SCARICA QUI IL VIDEO DI QUESTO VIAGGIO A CURA DI AUGUSTO MIA BATTAGLIA


Feel the difference

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Un team Extra Ordinario “A questi ragazzi chediamo solo una cosa: essere straordinari”. Un’affermazione del genere, sono le parola di Jerome Bernard, Marketing and communication director di Vibram, potrebbe suonare forte ed esagerate ma nasconde lo spirito di un team di persone, ancor prima che atleti, ordinarie e straordinarie allo stesso tempo. Non si tratta di atleti professionisti ma di ragazzi che lavorano, conciliano famiglia e allenamenti con grandi sacrifici e che per questo vivono il trail in un 60

modo molto vicino a quello di tutti noi appassionati. Per l’azienda l’obiettivo del team non


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è vincere a tutti i costi ma portare un’immagine diversa: un team nato per sfida e che adesso è consolidato e coinvolto direttamente nello sviluppo delle suole Vibram nel settore del trail, ragazzi che sono anche consulenti per le aziende che si affidano al brand dell’ottagono giallo per rendere migliori i propri prodotti. “Siamo partiti cinque anni fa da zero” racconta Jerome, “nel trail l’immagine di Vibram era tutta da creare, idem per quanto riguardava i prodotti. Abbiamo contemporaneamente lavorato sul prodotto costruendoci un’immagine, cercando di conoscere e capire il settore. Il team per noi è stato uno strumento per penetrare in questo mondo soprattutto perchè ci siamo costruiti una credibilità. Ora corriamo con i migliori, sappiamo di cosa stiamo parlando, questo è il risultato del lavoro del nostro team”. Vibram ha conquistato una grande voce in capitolo nel trail, lo dimostra il numero e la qualità delle aziende che sempre più si rivolgono all’azienda per completare i propri prodotti con la migliore suola a disposizione, un lavoro in cui i ragazzi del team svolgono sempre un ruolo fondamentale. “Il nostro obiettivo non è l’egemonia ma lavorare con credibilità e bene con le aziende che lavorano bene. Il team è nato come scelta di marketing ma è sempre andato di pari passo con lo sviluppo del prodotto, questo è stato il binomio vincente in questi anni, la strada è ancora lunga ma nei prossimi anni Vibram può diventare leader nel settore del trail”. SÉBASTIEN NAIN - IL TEAM È COME UNA FAMIGLIA Quarant’anni, pompiere professionale di Aix en Provence. Sebastien ha più ruoli all’interno del team, non solo atleta e tester ma collabora alla parte organizzativa ed è anche una sorta di ambassador Vibram in giro per il mondo, specie in occasione di fiere, come succederà il 62

prossimo luglio a Salt Lake City, evento in concomitanza con la Speed Goat, al quale il team parteciperà con alcuni elementi. All’interno del team si sente come in famiglia, i sentimenti predominanti sono la condivisione e il piacere di vivere il gruppo, per lui fare trail diventa un pretesto per viaggiare, una grande passione che condivide con la moglie, forte triatleta. All’inizio dell’anno, calendario alla mano, si dividono le domeniche per conciliare le gare di ciascuno senza dimenticare il loro figlio. Sébastien programma 8-10 gare l’anno per poter essere performante, due gli obiettivi importanti per questo 2013: UTMB e la Diagonale Des Fous sull’Isola de La Réunion, la Speed Goat la correrà in preparazione proprio dell’UTMB.


BEPPE MARAZZI - LA SPIRALE POSITIVA Ingegnere informatico, 39 anni di Sassuolo, sulle colline modenesi. La sua è una storia che sposa davvero il claim del team: fino al 2005, anno che lui stesso definisce come uno spartiacque nella sua vita, non praticava sport, era in sovrappeso (ha confessato di aver visto una volta i 100 kg sulla bilancia) e i suoi esami del sangue erano pieni di asterischi. Mentre la moglie aspettava il suo secondo figlio il medico gli disse: “se vuoi vedere la comunione di tuo figlio devi cambiare vita”. Prese le scarpe da corsa e iniziò a correre, nel pieno mese di agosto, poi inserì anche la bicicletta: le sensazioni miglioravano, i chili diminuivano, era entrato nella “spirale positiva”. Dopo tre anni di progressivo allenamento nel 2008 Beppe si iscrive all’ecomaratona del Ventasso, una delle gare più vecchie d’Italia, scopre il mondo del trail ed emerge in lui quello spirito competitivo che era rimasto latente per anni. Qualche mese dopo è la volta della

NICOLA BASSI

sua prima maratona e poi del Trail della Merla. Tra il 2009 e

E’ il più giovane del gruppo con i suoi 25 anni, esuberante e con una gran

il 2010 partecipa sempre a più gare trovandosi particolar-

voglia di faticare sui trail, per lui più il gioco si fa duro e meglio è. Si è

mente a suo agio sulle lunghe distanze.

forgiato facendo alpinismo dedicandosi soprattutto alle vie classiche che

Ora è 30 kg in meno rispetto a quel lontano 2005, è un

poteva raggiungere in giornata da Casti-

trailer di ottimo livello e quest’anno si metterà alla prova alla

glione delle Stiviere, dove vive.

Lavaredo Ultratrail, al Trail del Malandrino, alla Trans d’Ha-

E’ abituato a essere solo, a faticare in

vet e all’UTMB. Bebbe lavora dalle 9 alle 10 ore al giorno

montagna, con qualsiasi condizione me-

ma riesce a correre sempre in pausa pranzo per circa 10 km

teorologica. Lo scorso anno ha trascor-

per allungare poi le distanze nel week end. La sua “spirale

so più di sei mesi in Argentina percor-

positiva” gli ha fatto cambiare vita ma lo ha portato anche

rendo più di 6000 km in bicicletta sulla

a perdere di vista le cose davvero importanti come la fami-

mitica Ruta 40. Al suo rientro si è con-

glia: “fisicamente ti senti sempre meglio” confessa Beppe,

centrato sulla corsa: “Nell’alpinismo la

“stai bene anche con le persone, ma si corre il rischio di di-

fatica è fine e se stessa, lo si fa per una

ventare egoisti. Bisogna osservare le persone che ci stanno

soddisfazione personale. In una gara di

intorno e capire se sono sulla tua stessa lunghezza d’onda

trail invece si fa fatica per la classifica,

per farti un piacere o perchè ti vogliono bene.

per un riscontro cronometrico, si tratta

Lo scorso anno mi sono accorto che stavo rischiando di

di due cose diametralmenrte opposte.

perdere la mia famiglia, si stava rompendo un gioco, ma l’ho

Quello che ho imparato dall’alpinismo è

capito per tempo e sono riuscito a ritrovare i giusti equilibri.

saper far diventare la difficoltà un punto

Il claim del team lo sento molto tagliato su me stesso, se

di forza, quando si supera il limite, le condizioni sono difficili, e lì che si fa la

non fosse così non ne farei parte. Dò il massimo in gara e

differenza”. Nicola viene dalla camminata, non ha un passato nell’atletica,

in allenamento però so quali sono le priorità, ho capito che

per questo motivo predilige gare lunghe e lente, con gradi dislivelli. Obiettivi

non bisogna mai esagerare”.

per il 2013 sono la Restonica e soprattutto l’UTMB.

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DAVID GATTI - DAL GOLF AL TRAIL David è il più “anziano” del gruppo con i suoi 41 anni, e in un certo modo ne sente anche la responsabilità nei confronti degli altri compagni. Nel mondo del trail invece è molto giovane avendo incominciato a correre solo 4 anni fa, prima il suo sport è stato il golf, disciplina in cui è arrivato alle porte del professionismo. Vive a Grenoble, sposato e con due figli, trascorre molto tempo in viaggio per lavoro occupandosi per conto di Polartec, una delle aziende partner del team, del mercato professionale. E’ sempre stato attratto dagli sport di endurance e nel 2009 accompagnò dei clienti a vedere l’UTMB: questa fu la scintilla che fece avvicinare David alla corsa off road. Subito l’anno successivo, dopo aver concluso la Maratona del Mont Blanc, ha partecipato alla sua prima gara di trail, la CCC. Gli impegni di lavoro lo portano purtroppo per lunghi periodi lontano da casa e dalla possbilità di allenarsi, quando rientra utilizza la corsa per rigenerarsi riconoscendo nella famiglia, e in particolare della moglie che si è anch’essa avvicinata alla corsa, un ruolo determinante per poter conciliare tutto. Non si ritiene al livello degli altri compagni ma lo spirito di gruppo, che spesso va oltre le gare, e poter correre insieme a ragazzi che puntano al risultato per lui rappresenta un grande stimolo e motivazione a tenere duro, anche quando magari la condizione non è ottimale. Finisher nell’edizione 2012, seppur condizionata dal brutto tempo, l’UTMB è per David l’obiettivo della stagione. STEFANO RUZZA - UN OBIETTIVO DIETRO L’ALTRO 64

31 anni da Busto Arsizio (Varese), soccorritore in Croce Rossa, realtà che ha conosciuto nel 2004 durante il servizio civile e che non ha più lasciato: “mi ha permesso di vedere il mondo con un occhio diverso, ho capito che la vita è importante, ho incominciato ad ascoltare il mio corpo che non funzionava più come prima, facevo fatica a fare tutto...la Croce Rossa mi ha fatto cambiare vita”. Stefano da ragazzino ha praticato diversi sport e si è sempre trovato a suo agio correndo o andando in bicicletta. Poi è arrivato il periodo delle lunghe serate trascorse fuori con gli amici, un po’ di sregolatezza fino a quando, proprio durante il servizio civile ha ripreso ad allenarsi e rimettersi in riga. All’inizio con molta fatica ma sempre seguendo un obiettivo: parlando con Stefano questo sostantivo riccorre molto spesso, la sua vita è scandita da obiettivi che si prefigge e per i quali lavora dando il massimo. Obiettivo dopo obiettivo arrivano la prima Stramilano, corsa per scommessa con gli amici, la prima maratona nel 2006 e le prime gare di corsa in fuoristrada. Nel 2009 arriva un periodo di quasi rigetto per la corsa: “mi ero allontanato dagli amici, guardavo solo i tempi di gara, non era più un piacere per me correre”. Una breve parantesi durante la quale recupera un’altra sua passione, la musica. Stefano scrive canzoni e ha pubblicato on line il suo album, “Ingenuità di un eretico”, scritto tra il 2000 e il 2002. Uno dei suoi tanti obiettivi è raccogliere tutte le sue canzoni e pubblicare 7-8 album nei prossimi due anni, conoscendo come affronta i suoi obiettivi potrebbe anche farcela! Riprende a correre regolarmente nel 2010 per correre la 100 Km del Sahara, piazzandosi settimo e avvicinandosi definitivamente al trail. Incomincia ad aumentare le distanze per correre un UTMB, un altro obiettivo che Stefano si è imposto, un nuovo motore per spingerlo a realizzare i suoi sogni dove l’importante non è il traguardo ma la strada che si percorre. Nel 2010 conclude sesto e in rimonta la Valdigne, nel 2011 la svolta con risultati sempre migliori anche se al suo UTMB si è dovuto ritirare al 110° km per una contrattura. Quest’anno ci riproverà per concludere tra i primi 10. Potrebbe forse sembrare un azzardo questo obiettivo ma Stefano conosce se stesso, il suo modo di correre e gli avversari, è una scommessa che potrebbe anche vincere.



ITE BELLU CHI ESTE SU IDERE SOS ATLETAS CURRENDE

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IN SAS VIAS DE FONNE CHI COLORAN SA IDDA DE ALLEGRIA. (Che bello vedere gli atleti correre per le vie di Fonni che colorano il paese di allegria).


Run & Art in Sardegna Un gruppetto di runner che non si conoscono ancora, tutti a sgranchire le gambe in attesa dell’inizio gara previsto per il giorno successivo. Una gara, il Sardinia Trail, in tre tappe perse nel ruvido entroterra sardo.

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Un paese, Fonni, gentilmente addormentato su una collina particolarmente verde. Un primo murales, non lontano dall’hotel Cualbu che ospita i corridori, che suggerisce l’idea al fotografo della gara. Un secondo splendido dipinto che conferma il primo pensiero. Un terzo che da il via alle danze. Uno spirito Soul che unisce gli atleti in una corsa che presto si intreccia con la cultura locale. Il fotografo che li segue e li immortala nei loro gesti atletici e nei loro improvvisati e simpatici siparietti. Un’arte, il Muralismo Culturale, che da anni è entrata a far parte dell’identità dell’anima fonnese. Un gruppetto di runner che con lo stesso piacere di correre e scherzare si compatta a tempo di record. Un pomeriggio di inizio maggio come a Fonni non avevano mai visto, che i runner non avevano mai fatto e che nessuno aveva mai immortalato e quindi pubblicato.


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Paolo Massarenti Giorgio Duranti Roberto Callovini Alberto Rovera Springhetti Thomas Daniela Carpani Springhetti Christian

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AMIGA E’ S’IMPIGNU Fonne, suvra s’istupenda collina Ti ses sezzida coment’una fada Dess’intera Sardigna sa reina Da –e mama natura ses dodada, Sos Montes, Gennargentu e Bruncuspina Ti coronan, cun su Monte Ispada E abba vrisca, pura e cristallina Dae-, S’intragna, ognunu ti dada. Sunu industriosos e ispiccios Sos fizzos chi as vicinu e lontanu Totue lassan de suore istiga. Furros de pane, cun biscottificios, 72

Albergos, Ristorantes as in manu, Ca’e s’impignu ses fidele amiga. Mario Muntone


Condividiamo l’esperienza del Trail running

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L’Amour

Ottobre 2012, Atletica Isola D’Elba e Soul Running si conoscono. Insieme “aprono” un percorso inedito di 100 km da Cavo a Fetovaia. In quell’occasione si parla, si pensa e si progetta. Marzo 2013, Atletica Isola D’Elba e Soul Running concretizzano il primo dei progetti scrivendo ed editando la prima guida in Italia

pensata esclusivamente per i trailers. Dedicata, ovviamente, all’Isola D’Elba.

Aprile 2013, Soul Running torna sul luogo dove è nato l’amore. Il 14 del mese l’Eba Trail tiene a battesimo la nostra prima partecipazione

ufficiale ad una gara con tanto di gazebo, in cambio portiamo un sole meraviglioso che renderà il tutto unico ed indimenticabile!

29 Aprile 2013 Filippo Canetta realizza The Fastest Known sulla GTE – Soul Running è con lui! Maggio 2013, Corro con Max Russo, mi tira il collo per bene, poi, a cena, i progetti proseguono……follow us!

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Questa la cronistoria di un rapporto ormai di grande affetto che ci lega all’Isola toscana.

Qualcosa di unico che sta caratterizzando questo pezzo di Mar Tirreno.

Qualcosa di unico si sta consolidando. E’ un fatto. Questo è.

L’ARCIPELAGO DEL TRAIL Da quando Max e la famiglia Cinini hanno creato l’Elba Trail tanto è cambiato sull’isola. Ci ritroviamo oggi con tanti doni: 2 trail (Elba e Capraia) – 1 percorso di 100 km inedito 1 Guida con oltre 200 km di trail mappati e descritti – 1 record tutto da battere (TFK by Filippo Canetta) e, meraviglia delle meraviglie, tutti possono esserci, provarci! È Vicino! In posti favolosi. Tutti da scoprire anche, e soprattutto, fuori stagione. Davide Orlandi

G NIllN’Isola N U e

ba ILùRbelleintideriell’Isola D’El A d s R i - TRAILrspi 200urkamspdliendida A T co at ELuBida ai n1n1inpgernella n u G di r re 46

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Guida Elba Trail, collana Free Run by Soul Running.

Tutto inizia da questo grande cuore di Mamma/Runner! Grazie! La prima guida interamente dedicata al Trail Running Casa Editrice S.P.M. Publishing Srl - Collana Free Run


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L’Amour

ELBA TRAIL: UN’OCCASIONE E’ difficile raccontare in poche righe l’Elba Trail, quello che agli occhi di

quello che offre in termini di bellezza del percorso, di ospitalità e gratifica-

chi partecipa è uno straordinario mix di sport, vacanza e solidarietà, è il

zione per aver contribuito a far del bene, ha come contropartita tanta fatica,

risultato di una scommessa, di una sfida lanciata sei anni fa, quando dopo

un tracciato a tratti estremamente tecnico, dove bisogna essere preparati,

la scomparsa della trentenne Eleonora Cinini, runner e sciatrice, fummo

concentrati e sopratuttutto non lo si deve mai sottovalutare, pena cocenti

chiamati dalla sua famiglia a collaborare ad un neonato progetto, chiamato

delusioni. Ma negli sguardi di chi si impegna, stringe i denti ed alla fine

EleonoraXvincere. La formula era semplice, ma ambiziosa: organizzare una

raggiunge il lungomare di Marciana Marina, dietro quei volti segnati dalla

serie di eventi sportivi a costo zero per raccogliere fondi da destinare ad

fatica, noi vediamo sempre che si fa largo la gioia e la consapevolezza di

una Onlus, la Amici del Madagascar.

aver compiuto una piccola impresa, di aver portato a termine una delle

Pensammo subito che organizzare la solita gara su strada non avrebbe

gare più dure in Italia, al di là del tempo impiegato, e aver contribuito, ma

dato garanzia di continuità, se non volevamo fermarci ad un’unica edizione.

questo anche con la sola presenza, ad una piccola parte di quella scuola

Sei anni fa non si parlava ancora di trail in Toscana, le gare erano concen-

lontana, in Madagascar. Adesso i calendari sono pieni di gare trail, se ne

trate nel nord: noi avevamo già tutto quello che serviva, la location, i sen-

svolgono ovunque, molte belle, altre più pubblicizzate e “commerciali”, ma

tieri e una buona dose di allegra incoscenza, quindi perchè non provarci?

chi ama i trail e vuol mettersi in gioco, chi vuol assaporare l’essenza di uno

La prima edizione fu un successo, di critica e di pubblico, come si dice, e

spirito sportivo che non sia solo un vago concetto, non può, almeno una

da allora non ci siamo più fermati; in sei anni abbiamo pesantemente con-

volta, non fare l’Elba Trail.

tribuito a raccogliere la maggior parte dei fondi che sono stati impiegati per 76

Di Max Russo

costruire il complesso scolastico nel remoto villaggio di Manakara, in Madagascar. La gara, anno dopo anno, è cresciuta in termini di partecipanti, di qualità, difficoltà e chilometraggio, arrivato ai quasi 60 km di quest’anno. Ogni anno abbiamo lavorato per offrire ai concorrenti un percorso sempre diverso, sempre più bello e fatalmente sempre piu’ selettivo, anche per l’anno prossimo sarà cosi, se toglieremo qualche chilometro potremo magari recuperare dei sentieri perduti, qualche tratto tecnico, duro, che però come sempre saprà ripagare l’impegno e la fatica con gli scorci spettacolari che sa regalare l’Isola. Perchè in fondo l’Elba Trail non è per tutti,


…QUELLI DELLA TENDA…

Capraia Trail: cronaca di una gara da non sottovalutare! di Angelo Simone

Quando Angelo ha accennato al Capraia Wild Trail, gli amici della scarpa A5 hanno pensato che l’occasione di correre in montagna circondati dal mare non poteva essere persa. Sul traghetto il gruppo versiliese con alcune aggiunte “toscane” viene ribattezzato “quelli della tenda”: gli unici a pernottare “into the wild” nel campeggio. L’organizzazione ha offerto ai partecipanti tutti i posti letto disponibili, a prezzo fisso, ma dal momento che il trail è selvaggio…la tenda è stata la nsostra scelta. Il sabato passa tranquillo tra una nuotata, un piatto di crudità di pesce ed il briefing tecnico, preceduto dal “porta e mangia” in cui ogni partecipante offriva qualcosa di tipico della sua zona. “Sarà probabilmente il trail con il peggior terreno che avete mai incontrato, quasi tutto coperto di acqua… non ha niente da invidiare ad una Skyrace”. Con questa minaccia, alle 9 di domenica, si parte, scettici su quanto ci aspetta. Usciti da Capraia Isola, il paese, i tratti in single track sono 77

invasi dall’acqua e sommersi dalla macchia mediterranea che frusta braccia, gambe e viso. Il dislivello non è importante ma il tracciato fin

“Quelli della Tenda”

da subito presenta continui cambi di pendenza che spezzano il ritmo.

-Angelo Simone

Ad alleviare la fatica il paesaggio, solo qua e là un atleta in tenuta

-Riccardo Biagioni

“tecnica”. La scalata al Monte Castello è ripida e corta ma in discesa il

-Claudio Pardini

sentiero, costruito tutto con pietre messe di taglio e umide di muschio,

-Stefano Malfatti

è un attentato alle caviglie e qualcuno ne fa le spese. Gli ultimi chilo-

-Gianni Ferrari

metri attraversano l’aspetto più inquietante dell’isola: la colonia carcera-

-Maurizio “Il treno” Guidi

ria in disuso poi la soddisfazione del traguardo… con le gambe tritate.

-Matteo Braccialini -Licio Torre -Angelo Bertoletti -Carlo Lazzari Mercurialis Polisportiva Viareggio

Al ritorno sul traghetto: -“Allora , questo Trail della Capraia?” -“Bellissimo, il prossimo anno ci si torna…in bicicletta!”


L’Amour

GTE - THE FASTEST KNOWN Di Filippo Canetta Mi affascina sempre di più l’idea di provare a stabilire un tempo di per-

Provo in tutte le direzioni, cominciando da quella più logica, ma tutte le

correnza su un dato percorso, o almeno il tempo più veloce conosciuto

tracce svaniscono nel fitto della vegetazione dopo poche decine di metri.

(Fastest Known Time).

Sto perdendo molto tempo. Consulto convulsamente più volte la cartina che porto con me. Comincio a pensare che, dopotutto quello che ho fatto

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Mi piace correre solo per sapere quanto tempo ci vuole per andare da

per essere qui, la mia avventura non può finire in questo modo. La foschia

un posto a un altro, con le proprie forze o per il piacere di vedere quanto

mi impedisce di avere qualche punto di riferimento sicuro. Così decido di

veloce si possa correre fino all’altro capo di un percorso. Il confronto con

procedere nella direzione più probabile nella speranza di ricongiungermi

gli altri non è importante quanto l’esperienza stessa della scoperta di un

con il sentiero più in basso. Procedo lentamente tra rovi, mirti e rosmarini

luogo, basando la propria corsa solo sulle sensazioni.

che continuano a graffiare le mie gambe nude. Dopo poco la vegetazione

Si corre spinti dalle proprie pulsioni interiori, nessun altro all’esterno se non

diventa alta quanto me, non riesco più nemmeno a vedere se sto andan-

un lontano satellite, invisibile, nello spazio, che registra i nostri movimenti

do nella direzione giusta. Mi rendo conto che non è assolutamente più

e i nostri battiti cardiaci.

possibile procedere. Mi sento perso e cerco di tornare sui miei passi ma

Con questi pensieri in testa, il 29 aprile, sono partito da Cavo per la mia

la vegetazione schiacciata da me nel corso della discesa si è rialzata e si

Traversata Elbana. Ben consapevole che non si trattasse di una gara, che

oppone al mio lento incedere verso la vetta.

non avrei vinto nulla e che non ci sarebbe stato nessun arco di partenza o

Ho un’unica possibilità: risalire e poi ridiscendere da dove sono salito, fino

nastro da tagliare al traguardo, volevo cercare di dare il meglio di me sui

a un bivio che mi porterà sulla strada asfaltata che si ricongiunge con il

sentieri dell’Elba. La Grande Traversata Elbana inizia il suo lungo serpeg-

sentiero della GTE. Quando arrivo al sentiero ho le gambe coperte di san-

giare sui sentieri dell’Isola da una stupenda terrazza sul mare alla fine del

gue e sono passati più di venti minuti che mi sono sembrati un’eternità.

paese di Cavo, da cui la terra ferma sembra così vicina.

Felice di poter riprendere a correre cerco di recuperare dando il massimo

Procedo con buon ritmo, concentrato sul percorso che mi porta sulla vetta

lungo la discesa. Quando finalmente mi riaggancio al percorso stimo di

del monte Grosso. La giornata è molto umida e il vento di Scirocco accu-

aver fatto oltre due chilometri in più, ma la cosa che più mi da fastidio

mula sulla vetta una leggera foschia. Ben presto le mie migliori intenzioni

è quella di aver saltato un pezzo, seppur piccolo, del percorso originario.

subiscono un duro colpo, non riesco a trovare il sentiero per ridiscendere.

La parte centrale del percorso è magnifica. Un sentiero in cresta che passa


prima da Monte Strega, poi da Monte Capannello, con una magnifica vista

Monte Capanne credo sia uno dei più belli mai percorsi in vita mia. Vorrei

sul castello del Volterraio, da Cima del Monte e infine da Monte Castel-

avere ancora sufficiente forza nelle gambe da poter saltare sulle rocce che

lo. Sembra di volare sopra l’Isola, la vista che abbraccia l’intero percorso

lo lastricano. Non appena scollino alle Filicaie, il vento da sud mi investe con

con il mare tutto intorno. Recupero la prima delle bottigliette d’acqua che

tutta la sua forza come a volermi impedire la discesa dalla montagna verso

avevo lasciato sul percorso: vi avevo lasciato attaccato un cartellino con

il mare. Il sentiero che mi porterà a Pomonte non è dei più agevoli e alcuni

scritto che non si trattava di un rifiuto, ma del mio rifornimento, ha funzio-

passaggi a quattro zampe mi costringono a rallentare molto. Per la prima

nato. La mia corsa assume una dimensione più intima e personale adesso:

volta guardo l’orologio. Non sono ancora passate 6 ore, provo a spingere

sono solo, in questa sfida con me stesso, senza riferimenti sul percorso

per raggiungere il mio obiettivo, ma la meta è ancora lontana e fermerò il

o altri concorrenti. Scendo velocemente verso Casa Marchetti attraverso

cronometro a 6 ore e 16 minuti dalla partenza.

una serie di proprietà private che con i loro confini fittizi hanno disgregato

Dopo qualche giorno riguardando la mia traccia GPS, l’unica che volevo

il tracciato originario della GTE costringendomi ad allungare di circa un

e ho lasciato dopo il mio passaggio, in compagna degli amici dell’Atletica

chilometro e mezzo. Poi si torna a salire fino al Monte Orello, dove trovo

Isola d’Elba che ringrazio infinitamente per avermi aiutato, ricostruisco i

la seconda riserva d’acqua. La discesa mi porta quasi sopra Portoferraio

miei errori: ho percorso quattro chilometri in più e ho perso quasi quaranta

dove dopo una veloce rinfrescata all’unica fonte sul percorso si sale nuo-

minuti, mi toccherà tornare per migliorare il mio tempo!

vamente rientrando verso il centro dell’Isola. Fa caldo e comincio a temere l’impegnativa salita al monte Capanne. Invece sarà proprio il caldo, scate-

PS: guardando il Monte Grosso dall’alto con il satellite di Google Maps quel

nando tutti i profumi della macchia mediterranea, ad aiutarmi nel mio lento

sentiero che non sono riuscito a trovare appare chiaramente in tutto il suo

incedere. In questa stagione, grazie anche alle abbondanti piogge, tutto è

splendore in mezzo ad una vegetazione molto rada e bassa. Sorrido, sa-

in fiore. Lavanda, ginestre e cisti costeggiano il sentiero di terra rossa che

pendo quanto fitta e alta sia invece ora. La natura ha fatto il suo corso

sale verso la cima. Il tratto che mi porta velocemente da Monte Perone a

riprendendosi i suoi spazi.

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La pagina Facebook “GRANDE TRAVERSATA ELBANA Speed Records”è a disposizione di tutti. La sfida rimane aperta a chiunque voglia attraversare un’isola meravigliosa con le proprie forze. POCHE SEMPLICI REGOLE: • Sicurezza: ognuno deve essere adeguatamente attrezzati e ben preparato • Rispetto per l’ambiente: si possono lasciare depositi di rifornimento lungo il percorso ma è necessario recuperarli durante o dopo il completamento del vostro tentativo di record. E’ assolutamente vietato lasciare qualsiasi tipo di rifiuto sul percorso, anzi eventuali sopralluoghi potranno essere una buona occasione per contribuire a ripulire e mantenere puliti i sentieri.

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POCHE BUONE NORME: • E’ bene annunciare in anticipo le vostre intenzioni. • Può essere piacevole invitare chiunque a venire a guardare o, meglio ancora, a prendere parte al vostro tentativo. Questo renderà il vostro sforzo più divertente e i tempi più verificabili. • Prendete foto o video durante il vostro record di velocità. Saranno un ottimo souvenir della vostra impresa. • Si consiglia di considerare l’utilizzo di un GPS. • Divertitevi e godete del paesaggio. • Tutti i record sono basati sulla fiducia e la buona fede di chi li realizza.



Il senso di Soul Running per le gare

Le Porte Di Pietra 2013

E via che mi trovo in macchina (tanto per cambiare) diretto a Cantalupo Ligure. Assago - Prima riflessione: ma se non ci fossero le Porte di Pietra quanti saprebbero della sua esistenza? Binasco - Seconda riflessione: perché ci sto andando? E’ così che inizio a pensare al motivo che mi spinge a guidare con le ginocchia in bocca, dato che il gazebo di Soul Running è esageratamente grande (si però è bello…va detto). Casei Gerola - Primo motivo il mio nuovo fidanzato: Luca Revelli. All’amor non si comanda! Come faccio a non vedere ciò in cui lui mette anima e cuore da anni? Castelnuovo Scrivia - Secondo motivo. Ho conosciuto Fulvio Massa. Ho apprezzato il suo modo d’essere. Non può aver creato una cosa brutta. Tortona - Terzo motivo. Devo conoscere Fabio Menino (ormai me lo 82

dicono tutti….mah) Serravalle Scrivia - Quarto motivo. Ho promesso al Luca che farò lo speaker di supporto (ma perché mi vado sempre a ficcare dove non dovrei!?!) Ok sono a Vignole Arquata e non ho ancora trovato un valido motivo razionale per cui io debba andare laggiù. Ma poi finalmente la luce, il temporale si dirada ed io capisco il mio ineluttabile destino che si delinea con chiarezza, davanti ai miei occhi stupiti, il quinto motivo: sono un editore di un book magazine dedicato al trail!! Anzi per la precisione dell’unico book magazine dedicato interamente al trail in vendita in Italia, scusate ma con la fatica che faccio…ci tengo un po’…gran peccato la vanità (chi è senza scagli la prima!!). Mentre guido sulle prime curve della Val Borbera inizio ad aver voglia di confronto. Voglio incontrare i miei lettori, voglio parlare con loro, voglio sapere cosa pensano. Voglio guardarli in faccia, incitarli mentre faticano, salutarli e complimentarmi con loro al traguardo! Momenti di grande stupidità con il microfono in mano con Federica e Fabio a parte, questo ho poi fatto! Poi riparti, ricarichi il “piccolo” gazebo, la macchina si impenna e via, direzione Milano. E poi pensi, rifletti, ricordi.


Ti ricordi che Adeodato è un tuo abbonato, che Michael è un nuovo amico, che Fabio non è poi il diavolo che tanti mi dipingevano (e poi io con i “diavoli” sono sempre andato molto d’accordo!!!), che Simona è coraggiosa, che Elena lo è altrettanto e butta il cuore al di la di tutto ciò fa, che Fulvio ha una splendida famiglia e potrebbe portare le Porte di Pietra alle nozze d’oro, che il tipo di Wedo Sport è un burbero che adoro, che il DJ Frengo ha uno spiccato senso del ritmo e dell’umorismo, che Bruno di Cantalupo è burbero come un piemontese e tirchio come un ligure ed è incredibilmente anche simpatico, che il suo bimbo fa un caffè spettacolare e ci tiene! Poi c’è Sergio che, come dice Filippo, è una persona d’oro, Luciano con cui ormai ci si abbraccia, c’è Gigi che finisce il circuito delle proprie gare, Aldo che dal basket mi risorge come trailers, Klaus Von Hallen, per tutti Fabio, che mi batte in fatto di vanità ma è davvero forte. Andrea che si fa conoscere con lentezza e più si scopre più ne intravedi la purezza, Gli Orsi…..e ho detto tutto, la cuoca che non mi ricordo come si chiama, ma ha una mamma che fa dei dolci da urlo, Luca e ho di nuovo detto tutto! Ecco il senso. Per la cronaca e per i più curiosi/maligni io e Luca ci sposiamo. 12 Maggio 2014 ovviamente a Cantalupo!! Vi aspettiamo tutti!

Fulvio Massa all’arrivo dell’edizione 2013 delle Porte di Pietra con la sua atleta Simona Morbelli, seconda classificata.

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I Run for find the cure, NON scappare! Porte di Pietra 2013, rifornimento del ventesimo chilometro. Andiamo a fare qualche foto all’uscita del bosco, per catturare delle immagine esclusive per Soul Running e per i nostri amici in corsa. Incontri in un prato due ragazzi e scopri una realtà che in tanti troveranno presenti alle gare di quest’anno, una di quelle che si fanno in quattro non per correre, non per organizzare della gare, ma per molto di più. Daniele Sciuto, Silvia Ferraris, Marco Vergano e Francesco Fassone, quattro medici che hanno un volto, un cuore, tanto coraggio e mani preziose, hanno fondato insieme Find The Cure nel 2006, un Comitato No Profit di cooperazione internazionale nato per portare aiuti umanitari e programmi di sviluppo in aree a risorse limitate. Erano in quattro al momento della fondazione, ora sono decine. Con il ricavato di cene, oblazioni, manifestazioni sportive, confezione di bomboniere, panettoni, calendari, libri, magliette, hanno raccolto fondi e aperto scuole, orfanotrofi, ospedali, acquedotti, hanno portato cure ed assistenza in molte aree disagiate dell’India e dell’Africa. “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. I Run non è solo progetti, quelli sono tanti e li trovate tutti descritti sul nuovo sito I Run for FTC http://irunfor.findthecure.it. C’è il Corto Circuito Solidale, il CCS per amici e simpatizzanti. Un insieme di gare caratterizzate da un alto profilo organizzativo e da un forte spirito di solidarietà, che quest’anno alleano le forze per raccogliere fondi per la costruzione di due pozzi nei villaggi desertici di Baghan e Koliflo, in Mali (visita http://irunfor.findthecure.it/gare-2013/ per l’elenco completo di tutte le gare). Ma c’è di più: la raccolta di scarpe e abbigliamento usati con l’obiettivo di organizzare la prima Samburu Trail Marathon, con e per la popolazione Samburu. Un trail che percorrerà gli altipiani e i villaggi di Lodongokowe, nel Kenia del Nord, fino ad ora meta di Medical Camp per Find The Cure, ma che per la prima volta diventeranno teatro di sport, solidarietà, conoscenza e sensibilizzazione. Non importa che tu sia il più forte o il più veloce, I run for Find The Cure vuole il più sorridente, il più generoso, il più solidale, il più coraggioso, quello disposto a prendersi l’impegno di vestire una maglietta carica di valori e correre per strade e sentieri facendosi portavoce di un forte messaggio di sport e solidarietà. I medici di FTC vengono a stretto contatto con la popolazione del posto, ne osservano le condizioni di vita e valutano le necessità primarie alle quali poi tentano di “Trovare la Cura”. Un compito quasi impossibile a volte, ma ci provano e ci insegnano che spesso più scappi da un problema più ti allontani dalla soluzione.


Marco Camandona at tor des geants 2011 ph lorenzo Belfrond

18-21 JULY 2013, SAN CANDIDO - INNICHEN IncontrI con atletI e fotografI. Workshop dI fotografIa e vIdeo. esposIzIonI, corsI, spettacolI, feste...e I mIglIor fIlm d’avventura da tutto Il mondo. QUAttrO gIOrNI DEDICAtI ALL’AvvENtUrA: DA vIvErE, rACCONtArE E CONDIvIDErE.

trAIL rUNNINg EvENtS vENErDì 19 LUgLIO lezione sulla preparazione al mountain running, con marco de gasperi, e corsa non competitiva sui sentieri delle dolomiti a seguire Yoga x runners con tite togni Incontro con pablo criado toca e marco de gasperi: “’l’anima del runner”

IN COLLABOrAzIONE CON

SABAtO 20 LUgLIO segreti e consigli per prepararsi all’ultra trail, con pablo criado toca, e corsa non competitiva sui sentieri delle dolomiti presented by

DOMENICA 21 LUgLIO Yoga x runners con tite togni

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E inoltre workshop di fotografia outdoor avanzato con Damiano Levati, workshop di fotografia con Harald Wisthaler, corso di video mtb con Filme von Draussen, corso di preparazione all’arrampicata, corso di sicurezza outdoor e molto altro. Ogni sera incontri, spettacoli e film. sponsored by

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programma completo su www.adventuremovieawards.com Follow us on


Noene contro gli “shock” del trail La corsa su sterrato, su un terreno quindi più morbido ed elastico se paragonato all’asfalto, potrebbe risultare meno traumatica per le articolazioni e, più in generale, per tutte le strutture tendinee e legamentose. Nonostante ciò non possiamo sottovalutare che la durata di un trail o, ancor di più, di un ultra trail, determinano una sollecitazione molto importante per il nostro corpo proprio per il grande numero di appoggi a terra e le tante ore di corsa. I piedi sono il nostro punto di contatto con il suolo e sicuramente la struttura che maggiormente risente delle vibrazioni, sollecitazioni che si ripercuotono di conseguenza a tutto il corpo determinando affaticamento anche a livello della schiena e in alcuni casi anche di spalle e collo. Le solette Noene nascono proprio per aiutare il runner a contrastare le onde di shock che vengono trasmesse dal piede a tutto il corpo. Nonostante uno spessore davvero ridotto, 1 o 2 mm in base al modello (SP01 e NO2), il particolare materiale con cui sono realizzate permette un’assorbimento pressochè totale delle onde d’urto provenienti da ogni appoggio al suolo che quindi non vengono trasmesse al resto del corpo. I benefici si apprezzano sulle lunghe distanze, anche con scarpe dotate di buon

I TEST DI SOUL RUNNING

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ammortizzamento, così come ha avuto modo di provare sullla sua pelle, anzi sui suoi piedi, la nostra tester Simona Morbelli: “Prima di entrare a far parte del Team Salomon Agisko, non avevo mai usato le solette Noene” - racconta Simona - “in realtà non avevo mai utilizzato nessun tipo di solette convinta che, non avendo particolari problemi, non mi servissero. Avendo l’opportunità di testarle, con mia grandissima sorpresa, mi sono servite al punto che adesso le utilizzo sempre. Le competizioni a cui prendo parte normalmente sono delle Ultra: i chilometri da percorrere sono davvero tanti e già dopo qualche decina risulta difficile non avere i piedi sensibili al terreno soprattutto se tecnico e molto sconnesso. Ho testato sia le NO2 che le SP01 con i diversi modelli di scarpe che ho in dotazioni: avevo timore che le NO2 da 2mm fossero troppo spesse invece ho trovato una soluzione efficace contro l’impatto dei piedi al suolo, soprattutto su terreni sconnessi e sulle lunghe distanze. Il piede è meno affaticato ed il dolore all’alluce valgo, mio problema da tempo, si è notevolmente affievolito. Con le SP01 da 1mm riesco a trovare particolare beneficio su scarpe con l’avampiede più stretto, in discesa spingo meglio proprio perché l’impatto con il terreno è meno traumatico. Queste solette sono utlili anche per prevenire problematiche non ancora sorte e che inevitabilmente possono presentarsi dopo i prolungati stress di un trail”. Per maggiori informazioni www.noene-italia.com


A ognuno la propria Inov8

Di Andrea Pizzi

27 modelli a catalogo dedicati al trail, ognuno diverso e soprattutto ognuno con la sua specificità. Inov8 è un brand che offre al runner un range di scelta davvero incredibile e unico, impossibile non trovare la scarpa giusta per ogni terreno e ogni stile di corsa. Il prodotto è studiato per il Natural Running e grande attenzione viene data al differenziale, contraddistinto dal “baffo” segnato sul tallone: 9 mm, 6 oppure 3 indicati rispettivamente da 3 baffi, 2 o 1, oppure “zero” per chi vuole una scarpa barefoot. Ma non ci si ferma qui: 4 differenti tipi di calzata: Precision, Natural, Endurance e Women’s, per garantire al piede il massimo confort ma soprattutto la miglior performance. Questo vuol dire creare prodotti davvero specifici per il trail! Abbiamo testato per voi 4 modelli 2013, uno dedicato all’Off road e tre invece all’Off trail. Certo perchè Inov8 prevede anche questa specializzazione in base al tipo di terreno su cui andremo a correre: c’è il sentiero ma c’è anche il “fuori-sentiero”! La differenza la si capisce confrontando i diversi disegni delle suole. Per facilitare l’adeguamento a una corsa progressivamente barefoot e naturale siamo partiti da un modello a 2 baffi, la X-Talon 212 per arrivare alla “zero” Bare-grip 200.

X-Talon 212 Modello off-trail con 6 mm di differenziale e calzata Precision. Già prima di indossarla piace, i suoi colori non passano inosservati, bella! I 6 mm di drop si sentono e condizionano, in meglio, la corsa: il passo si fa più corto, si corre in agilità andando a cercare subito la spinta sull’avanpiede. L’ammortizzamento sul tallone è comunque buono, in discesa è davvero precisa, si sente molto il terreno e si controlla ogni appoggio. Suola con disegno molto “aperto”, i tasselli sono distanti e ideali quindi per terreni fangosi, ottima sui sentieri, ancor di più nelle digressioni off trail.

Mudclaw 265 Scarpa per condizioni difficili, pensata per terreni particolarmente morbidi o neve. Un solo baffo, calzata precision e tomaia realizzata in tessuto impermeabile che protegge il piede da fango e acqua. Sorprendente la tenuta quando ci si avventura fuori dal sentiero, soprattutto su erba bagnata, il grip è incredibile. Il disegno della suola la mantiene sempre pulita dal fango e questo garantisce il massimo del grip sempre. La corsa deve essere naturale, così come per gli altri modelli: si lavora di avanpiede, passo ravvicinato e appoggio su tutta la pianta in discesca, tutto sommato non è così difficile ma la differenza la si nota subito, specie in salita. Bare-grip 200 Solo 200 grammi (nella taglia 8UK), differenziale zero e calzata Precision. Una scarpa minimale anche nella scelta dei particolari come le stringhe. L’abbiamo testata per ultima, secondo le indicazioni forniteci da Alberto Penne, il nuovo distributore del brand inglese: la corsa è davvero “natural” con però un grip sorprendente, il terreno si sente tutto sotto i piedi, forse troppo per chi non è abituato e soprattutto quando ci si trova su fondi compatti. Una scarpa che richiede una giusta tecnica di corsa, sicuramente più evolouta rispetto agli altri modelli. Tomaia leggerissima e molto traspirante, praticamente una calza con una suola artigliata. Da provare assolutamente ma anche da utilizzare in allenamento, per chi preferisce comunque correre con scarpe più protettive, per migliorare la tecnica di corsa DISTRIBUTORE PER L’ITALIA - ABC DISTRIBUTION SRL – 0463.422401 – WWW.INOV-8.COM

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I TEST DI SOUL RUNNING

Roclite 243 Scarpa classificata come off-road con calzata Precision e un solo baffo (3 mm) di differenziale, 243 gr nella taglia 8 UK. Leggermente più morbida come tomaia rispetto alla X-Talon, reattiva e con un grip particolarmente indicato a terreni più duri, i tasselli sono infatti meno accentuati e più vicini. Ottima la traspirabilità e l’avvolgimento del piede che permette una grande precisione, specie in discesa dove si tende ad appoggiare sempre tutto il piede e sfruttare pienamente il grip della suola.


Il Trail per tutti Di Andrea Pizzi Kalenji, il brand dedicato al running della grande famiglia Decathlon, grazie alla collaborazione con Thierry Breuil, campione del mondo a squadre di trail nel 2011 e vincitore a Les Templiers nel 2009, presenta una collezione 2013 interamente dedicata al trail che verrà ulteriormente implementata nei prossimi anni. Denominata Kapteren ha nel rapporto qualità/prezzo la sua forza, così come tutti i prodotti della casa francese. Prodotti dedicati a un ampio range di utilizzatori, dai beginners ai frequentatori dei lunghi ultra trail, e sempre alla portata di tutti.

Kapteren XT3 Scarpa studiata per le lunghe percorrenze, non estremamente leggera ma molto protettiva, avvolgente e caratterizzata da un sistema di chiusura davvero efficace, che permette una stretta decisa dei lacci, realizzati in materiale elasticizzato, che poi si adattano perfettamente al piede. Avvolgente grazie a fasce che collegano la chiusura con la suola a cui si aggiunge una sorta di conchiglia per una calzata confortevole e sempre stabile. Poco sensibile la suola alle asperità del terreno ma il grip è notevole sia in discesa che in salita, buon ammortizzamento, ideale per pronatori.

I TEST DI SOUL RUNNING

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Kapteren TR3W Studiata sull’anatomia del piede femminile e dedicata ad allenamenti o gare lunghe. Ottima trazione sull’asciutto e soprattutto molto stabile: come il modello da uomo il sistema Arkstrab controlla la torsione del piede mentre un particolare inserto in EVA, sistema BiPron, limita la pronazione e l’affaticamento. Consigliata a chi cerca una scarpa protettiva, con un’ottima chiusura e stabile a livello del tallone.

T-shirt Kapteren Maglia studiata per offrire il massimo confort con i climi più caldi, tra i migliori capi provati in questo inizio d’anno. Disegno aggressivo e moderno, dotata di pannelli in rete traspirante sui fianchi, abbondanti e utilissimi. Ottimo fitting e particolari inserti in gomma su spalle e schiena per mantenere fermo lo zaino e non rovinare il tessuto della maglia.

Baggy Kapteren Pantaloncino tecnico in materiale resistente ma fresco allo stesso tempo. Dotato di due comode tasche, di cui una con zip, ideali per riporre gel, barrette o l’immancabile cellulare. Comodissima la banda elastica in vita e ben posizionato l’inserto in rete posteriore, facilita davvero l’aerazione. WWW.KALENJI-RUNNING.COM


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La nuova distribuzione di Soul Running Facebook è una splendida finestra sul mondo, sempre aperta....per chi ha orecchie per sentire. Non potevamo rimanere insensibili ai numerosi richiami lanciati dai runners, dai lettori. Da tutti voi che ci seguite sul web. Abbiamo cercato nuove idee e nuove vie per raggiungervi. Approdando direttamente nei vostri luoghi di ritrovo, i luoghi dove tutti noi, runners compulsivi, almeno una volta al mese facciamo un giro: quelli che noi chiamiamo “Soul Shops”. Il problema: per una casa editrice italiana piccola è sempre lo stesso, faccio dei buoni prodotti ma il sistema distributivo è deficitario, poco o nulla monitorabile, insomma OBSOLETO! La soluzione: creare un progetto di distribuzione del nostro magazine attraverso una via “semplice” che possa dar modo ai lettori di trovare Soul Running nei luoghi dove la “passione” si concretizza in acquisto, i punti vendita specializzati running e outdoor. Un’idea nata dal confronto diretto con molti negozianti che subito hanno intuito la potenzialità del progetto a lungo termine aderendo con grande entusiasmo! Ogni prodotto, per quest’anno saranno cinque, sarà disponibile per un minimo di quattro ed un massimo di sei mesi nei punti vendita che troverete elencati nelle pagine seguenti, oltre che in un’apposita sezione del nostro sito www.distanceplus.com. 90

Abbiamo selezionato 104 punti vendita!! 104 “Soul Running House!!! Dove vedrete il nostro display da banco in plexiglass (disegnato dal mitico Andrea “Valsex” Valsecchi, peraltro curatore di questo progetto) avrete la certezza di essere nel paradiso del TRAIL!!! Il progetto è appena iniziato ed entro il Marzo 2015 i Soul Shosp saranno 300 su tutto il territorio nazionale – ovviamente ci troverete anche in edicola e in alcune librerie specializzate, ma per chi ancora non è contento www.spmpublishing.com ve lo farà arrivare direttamente a casa! E’ già attivo un accurato servizio di vendita del singolo prodotto o di abbonamento annuale. Per voi anche vari GADGET GRATUITI (vedi foto) per chi lo sottoscrive, on line e “live” alle gare dove Soul Running è presente!!! RUN FAST!!!

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La location dell’esposizione si è spostata nella piazza centrale, Volkenstein Platz, del Comune di Siusi, splendido paese ai piedi del maestoso Sciliar. Una sistemazione facile da raggiungere e da cui si diramano numerosi sentieri dove i rivenditori invitati e gli amateurs potranno realmente testare scarpe e prodotti messi a loro disposizione dai marchi presenti e ricevere indicazioni e qualsiasi tipo di informazione dagli stessi promoters aziendali. Una formula già attuata con successo nel 2012 e che ha dato ampia soddisfazione ai dealers intervenuti all’evento e agli espositori. Quest’anno la formula rigorosamente B2B dell’anno scorso si ampia permettendo l’accesso anche ad atleti ed amateurs visto la concomitanza con la Sudtirol Ultrarace in svolgimento nella vicina Val Sarentino con partenza e arrivo a Bolzano. Soul Running è orgoglioso di essere organizzatore di questa manifestazione atta a promuovere l’intero movimento del Trail Running e attende a Siusi i suoi lettori e tutti gli appassionati. Keep on running.......!


DA VIVERE IN ALTO ADIGE

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A luglio, l’Alpe di Siusi/Seiser Alm farà nuovamente da palcoscenico al training camp di atleti africani che accompagneranno i partecipanti dell’Alpe di Siusi Running. Da quest’anno la corsa diventerà una mezza maratona e si terrà il 7 luglio 2013 sull’altipiano in provincia di Bolzano (1800-2300 m s.l.m.). Un appuntamento imperdibile per tutti coloro che desiderano correre fianco a fianco delle star dell’Africa. Ospiti e abitanti, professionisti e semplici dilettanti avranno l’opportunità di misurarsi con i migliori maratoneti del mondo. Per informazioni e iscrizione: AlPe Di SiUSi MARketing - tel. 0471 709600 info@alpedisiusi.info - www.alpedisiusi.info

Pacchetti vacanze alPe di SiuSi Running Potrete trascorrere una settimana nell’area vacanze Alpe di Siusi e allenarvi sui percorsi del Running Park nel cuore di un grande patrimonio naturale. www.alpedisiusi.info/offerte

Running Shoe Experience (28 e 29 luglio 2013): per testare in anteprima i nuovi modelli 2014. www.alpedisiusi.info/correre

Natural High-Running nell’area vacanze Alpe di Siusi. 20 tracciati, 11 punti di partenza, 180 chilometri. www.alpedisiusi.info/tracciati

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Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Sta per accadere... non perdere Soul Running di luglio!

Soul Running A cura di: S.P.M. Publishing srl Via F.Sforza 1 – 20122 Milano Direttore Responsabile Marcella Magliucci Art director Chiara Fabbri Redazione Davide Orlandi davide@soulrunning.it Andrea Pizzi andrea@soulrunning.it Marta Villa marta@soulrunning.it

Luca Revelli luca@soulrunning.it andrea valsecchi valsecchi@soulrunning.it Hanno collaborato: Fulvio Massa, Massimo Russo, Filippo Canetta, Aurelio Michelangeli, Fabrizio Bernabei, Tite Togni, Augusto Mia Battaglia, Dino Bonelli, Anton Krupicka. Foto di copertina: Fotografo: Sebas Romero, courtesy of Original Buff S.A. Soggetto: Anton Krupicka Fotografi Dino Bonelli, Riky Felderer, Stefano Marta, Andrea Valsecchi, Augusto Mia Battaglia

Advertising S.P.M. Publishing srl Via F.Sforza 1 – 20122 Milano Stampato in Italia da Grafiche Boffi Srl Viale Monza 51- 20833 Giussano – MB Distribuzione per L’Italia: Pieroni Distribuzione srl Viale Vittorio Veneto 28 – 20124 Milano Registrazione tribunale Milano n. 530 del 25/10/2011

PERIODICITÀ TRIMESTRALE NUMERO 6 - GIUGNO/AGOSTO 2013


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La memorabile spedizione di Jez Bragg in Nuova Zelanda lo ha condotto attraverso l’impressionante Te Araroa Trail da Cape Reinga, estrema propaggine dell’Isola del Nord, fino a Bluff, all’estremità meridionale dell’Isola del Sud. Con oltre 3000 km da percorrere a piedi, è stato fondamentale per lui avere la scarpa giusta. L’andatura naturale e uniforme di Hyper-Track Guide ha aiutato Jez a raggiungere il suo obiettivo: una scarpa da running essenziale, in grado di proteggere il piede dal tallone alla punta.

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