Monica Tavarner
La bambina di carta
LIBRO + CD
Ad Alice mia
Proprietà letteraria riservata Monica Tavarner, La bambina di carta © 2009 Disegni di copertina di Monica Tavarner Prodotto da Spazio Sputnik Grafica e impaginazione: Mirko Visentin www.spaziosputnik.it Finito di stampare nel mese di ottobre 2009 presso Laser Copy Center di Peschiera Borromeo (MI) per conto di MiMiSol Edizioni – www.mimisol.it
Monica Tavarner
La bambina di carta LIBRO + CD
www.monicatavarner.it
I
l sibilo del vento s’infrangeva sul vetro della finestra mentre la pioggia scendeva piano piano, zampettando sul tetto in punta di piedi. Un lampo attraversò la finestra facendo entrare nella stanza le ombre del giardino ed illuminando un vecchio quadro appeso alla parete. Nel quadro c’era una bambina di carta, ritagliata da chissà quale mano gentile che le aveva dato la vita, l’aveva creata, le aveva dato una forma ed assegnato un luogo dove vivere. La bambina di carta dormiva nel suo lettino caldo di carta, quando arrivò il temporale. Un rombo lontano trafisse la notte, facendo tremare il mondo, ma la bimba scambiò la voce del tuono per le fusa di un gatto ed il sibilo del vento per una ninna 7
nanna, perchĂŠ stava dormendo, e stringendo il suo caro orsacchiotto tra le braccia sognava: sognava la sua mamma.
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n piccolo uccellino dalle piume di rame si posò sul davanzale e cominciò a strillare forte, allungando il collo e frugando con lo sguardo fra le ombre della stanza. – C’è nessuno qui? La bimba balzò giù dal letto arruffata sporgendosi un poco per vedere meglio. – Ci sono io – rispose agitando le braccia per farsi scorgere. Per quanto l’uccellino si sforzasse, non riuscì ad intuire alcun movimento nella stanza. Così, quando la vocina lo pregò di accomodarsi, fece no con la testa perché la mamma gli aveva vietato di entrare nelle case degli umani e quella voce senza corpo poteva essere una trappola! 9
Stava quasi per andarsene quando la bimba lo implorò di alzare lo sguardo verso il quadro. L’uccellino finalmente la scorse e subito dimenticò gli avvertimenti della sua mamma decidendosi ad entrare nella stanza per volare da lei. Uno di fronte all’altra, separati dal vetro che proteggeva il disegno, si guardarono a lungo, poi si sorrisero e subito nacque una grande amicizia.
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ippy attendeva trepido sul ramo più vicino alla casa dell’umana. Attendeva che s’aprisse la finestra! Allora entrava guardingo nel salone e trascorreva ogni momento parlando e cantando con l’amica di carta. – Canta ancora! – le chiedeva l’uccellino incantato dalla bella voce dell’amica. Così la bimba cantava e Cippy si tratteneva ancora un poco in quella casa ed il tempo trascorreva veloce e la mamma di Cippy attendeva il suo piccolo invano. Un giorno, dopo aver atteso fino al tramontar del sole, la mamma di Cippy lasciò il nido per andare a cercarlo. Il suo richiamo insistente giunse subito all’udito dell’uccellino, che si rabbuiò pen11
sieroso: chissà che sfuriata, la mamma, se l’avesse visto uscire dalla finestra di quella casa proibita. – È la mia mamma! – disse dispiaciuto. – Devo proprio andare! Spiccò il volo e si portò sul davanzale, rivolto al giardino, rivolto alla sua mamma. Quando lo vide, lei lo rimproverò con lo sguardo ma subito si raddolcì e svelta se lo portò via. La bimba li osservò a lungo, mentre si allontanavano insieme. Poi, rimasta improvvisamente sola, si coricò silenziosa nel suo lettino caldo.
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ra lì, nel suo lettino, a giocare assorta con le orecchie dell’orsacchiotto preferito mentre lo sguardo vagava nel buio catturando pensieri come farfalle: Cippy... la sua mamma... quel suo dolce richiamo... il volo che li univa in una somiglianza straordinaria mentre si allontanavano insieme. Mentre la notte posava ancora una volta il suo manto sul mondo, la bimba scese svelta dal suo lettino caldo, rimboccò le coperte al suo caro orsacchiotto e gli disse piano: – Ora dormi. Tornerò presto con la mamma! Andava nel mondo degli umani! Diede un ultimo sguardo alla sua stanzetta e poi, con fare deciso, cercò un’apertura nel quadro, vi s’infilò e si lasciò cadere. 13
Scendeva dolce dentro il buio della notte, assaporando il silenzio nella grande casa, volteggiando leggera fra le braccia dell’aria e addormentandosi esausta nel caldo giaciglio che questa le porgeva.
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u un allegro cinguettio a svegliarla. La bimba si ritrovò nel giardino, e sorpresa restò ad osservare a lungo la distesa verde che si estendeva davanti al suo sguardo: come aveva fatto ad arrivare fin lì? Si voltò a guardare la casa e riconobbe chiaramente la finestra spalancata da cui probabilmente era volata fuori, mentre dormiva. Oltre la finestra, c’era il vecchio quadro appeso alla parete con dentro un orsacchiotto spelacchiato e solo. Non dimenticava, la piccola, il motivo del suo viaggio, ma quel giardino era così luminoso, e colorato, e profumato di fiori, e caldo di sole, che non poté fare a meno di avventurarsi nella sua fitta trama. Sbatté le 15
piccole braccia di carta, come ali, imitando il suo amico del cuore, e cominciò a volare, leggera leggera, appena sopra i fili d’erba, appena sopra i fiori. La brezza del mattino accompagnò su un fil di fiato quel piccolo pezzetto di carta, dalla voce di bimba. Rideva, la bimba, di una piccola risata innocente, volando sul giardino e conquistando il cuore di tutti i suoi abitanti.
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opo molto tempo, affaticata da quel volo e dalle tante emozioni, la bimba si posò esausta sopra un fiore dallo stelo lungo. Da lì riusciva a vedere l’intero giardino ed in fondo, ormai lontanissima, la casa dell’umana, la sua casa. Il fiore ondeggiava dolce, mosso dall’aria, e sembrava quasi invitarla a cantare. Chissà dov’era Cippy. Chissà se poteva udire quel canto che improvviso le usciva dalla bocca. Il caso volle che Vento passasse di lì proprio in quel momento. Appena udì quel canto meraviglioso, si avvicinò arrogante, spazzando via ogni cosa e si fermò di fronte a lei fissandola insistente. – Chi sei? – le chiese severo. 17
La bimba lo salutò educata e si presentò per bene. Anche Vento si presentò, sforzandosi d’essere cordiale e le chiese, senza troppi giri di parole, di cantare per la sua padrona, la potente e temibile Tempesta. – Se canterai per lei, potrà esaudire ogni tuo desiderio! – concluse. La bimba non sapeva che fare. In fondo doveva solo cantare, cosa poteva accadere? E poi Tempesta: lei poteva esaudire i desideri. Ecco perché la bambina di carta accettò di andare con Vento e di cantare per la sua padrona. – Verrò con te! – gli rispose annuendo. Allora Vento l’afferrò stringendola forte, e la portò via con sé. 18
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opo un lungo viaggio, Vento arrivò ad un ghiacciaio e s’infilò in una grotta di cristallo. Lì, attendeva Tempesta, la sua padrona. Tempesta, a forma di piccola stella, tintinnava ad ogni respiro perché le punte acuminate e taglienti che spuntavano dal suo corpo erano fatte di cristallo. La bimba fissava quei cristalli tremuli che riflettevano bagliori iridescenti e quasi avrebbe voluto allungare una mano per toccarli se non fosse stata imbrigliata fra le dita di Vento. Ad un cenno di Tempesta, il fedele aprì le mani liberando e porgendole la piccola. – Mia Signora, questa bambina canterà 19
per voi se esaudirete un suo desiderio! – le disse solenne. La bimba, finalmente libera, dispiegò le braccia stropicciate come una farfalla ed iniziò a svolazzare nella grotta, gorgheggiando felice. – Sei coraggiosa, Bambina. Tutti hanno paura di me. Tu non ne hai? – chiese Tempesta, e la terra rabbrividì, a quelle parole, perché la padrona di Vento faceva tremare il mondo con la sua voce. – No – rispose lei, continuando a volteggiare distratta. – Dev’essere grande il tuo desiderio per averti spinta fin qui! Canterai per me? – chiese ancora. La bimba finalmente si posò a terra. 20
– Sì – rispose, perché aveva un sogno nel cuore e fremeva per realizzarlo.
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empesta s’avvicinò a Vento e gli disse qualcosa all’orecchio. Poi, con un cenno del capo ed una complice occhiata, lo esortò ad andare. Vento si allontanò svelto mentre la bimba si guardava attorno curiosa. Cominciava a sentire freddo. L’umidità di quel luogo aggrediva il suo corpo di carta. Tremava mentre Tempesta, muta, la scrutava. Quando tornò, Vento le porse un calice di cristallo e le chiese di cantarci dentro. – Ma prima esprimi il tuo desiderio, che Tempesta possa ascoltarlo e chiedere consiglio alle Forze! La bambina di carta intrecciò le mani sul petto e chiuse gli occhi. 22
– Desidero... – disse ispirata – ... trovare la mia mamma! Poi iniziò a cantare, ed il calice si riempì di note e voce. I suoni che le uscivano dalla bocca venivano catturati da una forza oscura, senza forma, e bloccati nel fondo di una coppa incantata.
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ccola! La voce della bambina di carta: fluttuante e vaporosa dentro un calice di cristallo. Tempesta si tuffò nella coppa, avida, ingorda, ne bevve il contenuto tutto d’un fiato e subito la sua voce si fece morbida e dolce, proprio come quella della bambina di carta. Anche la voce della bimba mutò, diventando aspra e roca come quella di Tempesta. La piccola, con aria innocente, interrogava con lo sguardo i due complici mentre intuiva in silenzio, capiva il tradimento, comprendeva la sua sventura. – Non esiste una mamma per te, bambina! – esclamò Tempesta che assaporava la sua nuova voce adempiendo alla falsa pro24
messa. – Chi ti ha disegnata ha sicuramente pensato che non ne avessi bisogno! – Poi le voltò le spalle e saltò sulla groppa di Vento che imboccò l’uscita e se ne volò via. La bimba rimase lì, delusa, tradita, con la sua sola innocenza, ad attendere un destino che si era scelta, per un sogno forse più grande di lei. Dal profondo, lacrime di carta si riversarono nei suoi occhi e la pioggia cominciò a cadere sopra la grotta e dentro l’anima della bambina di carta.
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i poteva udire da lontano. Un pianto disperato, un grido. Dalla grotta usciva amplificato, come se non fosse uno solo ma tanti. Brezza si disse che quel pianto non poteva essere di Tempesta. Certo, la voce era la sua, ma la tristezza no. Per questo decise di andare a vedere cosa stava accadendo. Abbandonò il giardino e seguì quel pianto fino a giungere ai piedi di un ghiacciaio, dove una grotta s’apriva sprigionando un profondo lamento. Brezza seguì quel pianto tuffandosi nell’apertura offerta dal ghiacciaio e trovò la piccola e la riconobbe. La bambina di carta aveva pianto tutte le lacrime e consumato gli occhi. Infreddolita ed inzuppata d’acqua, si lasciò accarezzare 26
da quella creatura già incontrata nel giardino, ma non riuscì a rispondere al sorriso che questa le offriva. Brezza iniziò a soffiarle aria sul volto, sul vestito di carta, sulle mani, sui piedini. Quando la bimba fu completamente asciutta, la prese con delicatezza e, accarezzandole la testa con il tocco gentile di chi sa tante cose, volò via.
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apeva, la bimba, che ogni suono emesso dalla sua bocca, ogni mugolio, ogni sospiro, ogni fiato ed ogni silenzio non le appartenevano più. Una voce orribile usciva dalle sue labbra! La bambina di carta non avrebbe mai più parlato, mai più cantato! Ma poco a poco il ghiacciaio, la neve, il freddo, svanirono sotto di loro cedendo il posto ai fiori, i prati, le foreste, i suoni della terra. E senza rendersene conto la sua bocca parlò: una parola incerta, due, un’altra ancora ed ecco che il discorso prese forma. In pochi minuti la bimba raccontò la sua sventura a Brezza. – Sei davvero una bambina fortunata! – esclamò inaspettatamente la nuova amica. Infatti, le spiegò, invece di provare a do28
minarla, Tempesta aveva preferito disfarsi della propria voce. Ma quella voce non aveva nulla di sbagliato. Se non funzionava era solo colpa di Tempesta, troppo impulsiva e irascibile per poter tentare di controllare i suoni che le uscivano dalla bocca. – Non esiste voce più bella che quella della natura! – concluse. Quindi la esortò a sperimentare quella nuova voce, che non era poi così orribile, dopotutto, bastava saperla controllare... un po’ d’aggiustamenti nei bassi, un po’ di sintonizzazione negli acuti... un po’ d’equilibrio mentale, ed ecco fatto! La sua nuova voce era anche più bella di quella vecchia. Ora la bimba era pronta per tornare a casa. 29
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aria sfiorava il volto della bimba accoccolata esausta fra le braccia di Brezza. Dormiva appena, di un tiepido sonno ristoratore dopo aver lottato con se stessa e domato la sua nuova voce. Dormiva e sognava. Sapeva, la bimba, che lì, in quel sogno, l’avrebbe incontrata. Eccola infatti, col suo sorriso dolce e le carezze gentili. – Sei davvero la mia mamma? – le chiese socchiudendo gli occhi. – Chiedilo al tuo cuore, amore, lui non può mentire! Devo andare ora. Proteggi i tuoi sogni, tesoro, non permettere a nessuno di portarteli via! – disse. Poi svanì. – Fermatevi! – tuonò una voce alle loro spalle. 30
Quell’ordine obbligò la bimba ad uscire dal suo torpore. Si aggrappò a Brezza e si guardò attorno sorpresa: erano ancora in volo. Sotto di loro c’era il fiore dallo stelo lungo ed in fondo, lontanissima, la casa dell’umana, la sua casa. Alle loro spalle qualcuno le inseguiva. – Fermatevi! – ordinò di nuovo quella voce. Un tintinnio familiare risvegliò la memoria della bambina di carta che riconobbe Vento e Tempesta. La voce di Vento rompeva l’aria, mentre correva veloce verso di loro portando con sé Tempesta e tutti i suoi servitori. Dietro di loro le nubi si ammassavano oscurando il cielo come mai si era visto prima.
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iamo tornati nella grotta, ma tu non c’eri più. Tuttavia non è stato difficile rintracciarti: è stato sufficiente seguire la tua voce! – disse Vento raggiungendola. – Che cosa volete? – chiese la bambina di carta. – Volevo restituirti la voce, bambina – continuò nervosa Tempesta. – Cosa? – chiese stupita la bimba. – No grazie, quella nuova mi piace di più! Tempesta non poteva credere alle sue orecchie: la voce della bimba era stupenda... come diavolo aveva fatto? Questo pensiero unito al rifiuto inaspettato la fece andare su tutte le furie. La rabbia le accecava la mente e dalla bocca le uscì un 32
rantolio. Le parole le sfuggivano in alto e in basso senza controllo. – Pioggia, precipita. Grandine, trafiggi. Nubi, tuonate. Fulmini, bruciate! – gracchiò.
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no scroscio di risate improvviso interruppe il silenzio sordo che circondava il mondo. – Pioggia, precipita. Grandine, trafiggi. Nubi, tuonate. Fulmini, bruciate! – ripeté per la seconda volta. I servitori di Tempesta non potevano obbedire agli ordini, perché erano troppo impegnati a ridere di lei e della sua nuova voce. Era, infatti, così ridicola che non riusciva ad accendere in loro la rabbia necessaria per scagliarli contro la bambina di carta. Allora la padrona si trovò costretta ad agire da sola. Si strappò di dosso, ad una ad una, le punte acuminate e le scagliò contro la bimba, trafiggendola. 34
I cristalli conficcati nel corpicino della piccola, la resero improvvisamente più pesante e Brezza non fu più in grado di sorreggerla. La bimba scivolò dalle sue mani, trapassandole come se improvvisamente Brezza fosse diventata un fantasma, e cominciò a cadere, cadere, sprofondando in uno strano torpore. Ma subito si riprese. Raccolse tutte le sue forze e con la voce terribile di Tempesta ordinò alla pioggia di piangere, alle nubi di tuonare forte, alla grandine di trafiggere, ai fulmini di bruciare, ed a tutti di scagliarsi contro Tempesta, e fu così convincente che questi s’infiammarono e si abbatterono sulla loro padrona, incapaci di arrestare il loro istinto distruttivo e obbligandola a fuggire. Un 35
momento dopo la bambina di carta aveva perso i sensi.
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uccellino di rame si dibatté duramente liberandosi dalla presa della sua mamma. Volò verso Brezza, che se ne stava lì, a fissare la piccola senza poter fare nulla. Prese al volo la bimba nel suo becco e svelto attraversò il giardino, oltrepassando nuovamente il confine proibito. Entrò impacciato nella casa dell’umana e si posò sul freddo pavimento cinguettando a piena voce. Finalmente l’umana di casa, una vecchina mezza sorda, si precipitò nella stanza. – Ma questa è la mia bambina di carta! – esclamò sorpresa, non appena raccolse il pezzetto di carta che Cippy le indicava con insistenza e ne riconobbe la bimba che lei stessa aveva disegnato e ritagliato molti 37
anni prima. Mentre la rigirava con estrema delicatezza e sapienza fra le mani, cercando di sfilare le punte di cristallo impigliate nel vestito, udì una vocina vaga e triste. – Mamma! Ma chi era? Da dove proveniva? La vecchina si guardò attorno sorpresa senza riuscire a scorgere nessuno, a parte Cippy, che restava lì a guardarla attento mentre lei curava la bambina. – Sai, uccellino caro – gli disse mentre riponeva la bimba, ancora priva di sensi, dentro il quadro – adesso come allora ho la sensazione che manchi qualcosa in questo disegno! Ma proprio non riesco a capire cosa. – Mamma! – piagnucolò di nuovo la 38
bimba, mentre la vecchina indugiava nel suo mondo dai suoni ovattati.
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a bambina di carta non ne voleva proprio sapere di svegliarsi. Continuava a dormire, rigirandosi nel lettino e sorridendo di tanto in tanto. Quando finalmente riprese i sensi pensò di aver sognato, invece tutto era accaduto veramente. Si guardò attorno e subito riconobbe la sua stanza. Il suo orsacchiotto preferito era ancora accanto a lei. Lo prese e lo strinse forte a sé mentre i suoi occhi luccicavano tristi. Improvvisamente udì un respiro alle sue spalle. Si voltò. Lei era lì. Era come l’aveva sempre sognata. Con un balzo si gettò fra le sue braccia. – Mamma – riuscì a dire. – Amore – riuscì a rispondere lei. Entrambe piangevano lacrime di carta, 40
lacrime di gioia, mentre gli sguardi velati si frugavano, cercando di riconoscere ciò che già conoscevano attraverso i loro sogni.
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Ringraziamenti Ringrazio mia sorella Michela e mio marito Gian Paolo, che hanno letto pazientemente tutte le versioni di questa fiaba, nell’attesa di quella definitiva, dandomi preziosi consigli. Ringrazio Serena per il suo supporto morale ed i suggerimenti da vera esperta e Rudj, che mi ha spronata a cercare le soluzioni dentro me stessa. Ringrazio Domenico Santaniello, Paolo Vendramin, Valentino Favotto, Nicola Fazzini e Gian Paolo Todaro, che hanno accettato di intraprendere questo viaggio per la parte musicale. Infine ringrazio Silvia Nanni che ha prestato la sua preziosa voce per rendere vivo questo racconto.
Questo libro è stato composto in Bodoni (versione Bauer), disegnato dall’incisore, fonditore e tipografo Giovanbattista Bodoni, direttore della Stamperia Palatina di Parma, negli anni ’60 del Settecento. Il Bodoni è la massima espressione del neoclassicismo tipografico – che ha tra i suoi antecedenti i caratteri dell’inglese Baskerville – e può essere considerato il carattere italiano per eccellenza.
LA BAMBINA DI CARTA (CD) 1. La pioggia e ’l sonno (parte 1 e 2) | 2. Cippy l’uccellino | 3. La bambina di carta | 4. Lento viaggio | 5. Il canto degli uccelli | 6. Vento | 7. Tempesta | 8. Brezza | 9. Il ritorno | 10. Ninna-a. Silvia Nanni
voce narrante
Monica Tavarner
voce
Nicola Fazzini
sax alto
Valentino Favotto
pianoforte
Gian Paolo Todaro
chitarra
Domenico Santaniello
contrabbasso
Paolo Vendramin
batteria
Testi, composizioni e arrangiamenti di Monica Tavarner. Registrato e mixato nell’agosto 2008 da Gian Paolo Todaro presso il TGP Recording studio. Disegno in copertina di Monica Tavarner. Layout di Mirko Visentin. Prodotto da Gian Paolo Todaro.
Monica Tavarner
La bambina di carta
– Dev’essere grande il tuo desiderio per averti spinta fin qui! Canterai per me? – chiese ancora.
La bimba finalmente si posò a terra. – Sì – rispose, perché aveva un sogno nel cuore e fremeva per realizzarlo.