Speleologia n. 74 - giugno 2016

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PROGETTI I fossili, talvolta delicatissimi, che sporgono dalle superfici della grotta richiedono una grande attenzione da parte degli speleologi. Cercare di asportare, o anche solo sfiorare, reperti come questo – un gasteropode su un ramo di corallo in una cavità bergamasca – ne causerebbe l’inevitabile distruzione. (Foto Francesco Merisio)

Il Progetto Speleopaleo In Lombardia un moderno database

raccoglie le testimonianze del passato

Luana AIMAR & Nicola CASTELNUOVO

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requentando il mondo ipogeo capita abbastanza frequentemente di osservare fossili: nella maggior parte dei casi si tratta di reperti di scarsa importanza, tuttavia talvolta possono essere molto significativi per la ricostruzione della storia locale. La documentazione paleontologica è incompleta: per sua natura un fossile si forma in un ambiente anossico, a bassa energia e con un elevato tasso di sedimentazione, caratteristiche che, nella maggioranza dei casi, si possono trovare in ambienti come paludi, laghi e zone di sedimentazione costiera. Gli organismi che vivono in questi habitat o nelle sue vicinanze hanno quindi buone possibilità di fossilizzarsi, mentre quelli di ambienti prettamente terrestri, dove prevalgono i fenomeni di erosione, si conservano solo in condizioni del tutto eccezionali. Le grotte sono uno dei pochi ambienti terrestri in cui i processi di deposizione talora prevalgono su quelli di erosione, e i fossili in esse conservati possono rappresentare delle importanti finestre che consentono di indagare e ricostruire il passato di biocenosi che altrimenti avrebbero avuto scarse o nulle possibilità di conservarsi fino ai nostri giorni. L’altro lato della medaglia tuttavia è rappresentato dal fatto che le grotte sono ambienti poco visibili e non accessibili per la maggior parte delle persone; quindi i fossili in esse contenuti spesso non sono mai stati studiati da esperti

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che in alcuni casi non sospettano nemmeno l’esistenza di certi “cimiteri di ossa” o “strati di mortalità di massa” che invece sono ben noti alla comunità speleologica. In Lombardia fino ad oggi sono state esplorate e catastate oltre 4600 cavità, concentrate soprattutto nella fascia prealpina: molte di queste contengono reperti fossili che sono stati segnalati, fotografati e documentati da ricercatori specializzati o, nella maggior parte dei casi, dagli speleologi che fanno attività nell’area. La mole di documentazione prodotta, tuttavia, fino a pochi anni fa era dispersa nei bollettini dei gruppi speleologici, nelle pubblicazioni specializzate di Musei e Università o semplicemente… negli archivi e nella memo-

Carta tratta dal database del Progetto Speleopaleo. I cerchietti gialli indicano la posizione delle cavità nel territorio lombardo; gli asterischi rossi evidenziano in particolare le grotte note in cui sono stati ritrovati resti fossili umani o tracce della passata frequentazione antropica. (Elaborazione grafica di Paola Tognini)

www.speleologiassi.it/74-speleopaleo

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