BIOGRAFIE
Dopo 60 anni di grotte se ne è andato Mario Gherbaz (1943-2016) S
crivere la biografia di una persona è un compito non facile – raccogliere materiale e documenti, scremarli, trovare un filo logico su cui ricostruire la vita del soggetto in questione – ma che può avere un risvolto affascinante. Affascinante perché costringe ad immergersi nella storia della persona che si descrive e del tempo in cui viveva. Non è così per Mario Gherbaz, per tutti Marietto (anche quando il tredicenne che andava nelle grotte del Carso era ormai diventato un uomo), un amico con cui, dopo un lungo tirocinio al GEST, nell’estate 1961 ho iniziato la mia attività nella Boegan. Un amico rimasto tale anche quando, dopo alcuni decenni passati assieme a scavare nelle grotte del Carso, gli orari di lavoro, gli impegni famigliari, i vari problemi che la vita appioppa con prodigalità senza guardare in faccia nessuno,
ci permettevano di vedersi soltanto in speleo occasioni particolari. Non è così perché questa non è una biografia – per quella ci saranno il luogo e il tempo opportuni – ma un ricordo, e scriverlo ha solo risvolti tristi. Marietto aveva un carattere dominante e il gruppetto di giovani della Commissione Grotte di quegli anni – Peppe Baldo, Mario Battiston, lo scrivente, Tullio Piemontese… – era praticamente guidato da lui: su sua iniziativa nel settembre 1962 vennero intrapresi gli scavi in una grotta presso Fernetti – il Piccolo Fernetti, 3914 VG – che in cinque mesi di lavoro venne portata dai 60 metri iniziali agli attuali 164. Sull’albo sociale Marietto aveva appiccicato un foglio da disegno quadrettato con sopra lo spaccato della grotta, che aggiornava ogni lunedì con i nuovi tratti rilevati il giorno
prima; a fianco del disegno erano segnati dei livelli in bianco: -70, -90, -100, -150… con l’indicazione dei beveraggi offerti dagli altri soci al raggiungimento di quelle quote. La descrizione di questo abisso, che lui ha voluto dedicare alla memoria del giovane grottista della XXX Ottobre Mauro Colognatti, apparirà, a sua firma, sulla rivista Alpi Giulie qualche anno dopo. 1956-2016: sessant’anni di grotta sono tanti, le esplorazioni, le iniziative che intraprese e portò a termine sono un’infinità. Per l’elenco delle grotte da lui esplorate e rilevate, dei suoi scritti, delle innovazioni tecniche degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, mezza rivista non basterebbe. Ora che non c’è più ognuno lo ricorderà a seconda del momento o del luogo in cui lo ha incrociato: per qualcuno sarà lo ieratico officiante del Gran Pampel
MARIO GHERBAZ classe 1943
M
arietto non ce l’ha fatta…..una telefonata che mi lascia senza fiato mentre le lacrime mi bagnano faccia e barba, probabilmente la causa della sua morte mi pare assurda, fosse successo in grotta o montagna sarebbe stata accettata con meno rabbia, ma un incidente stradale non per colpa sua!! Parlare di Gherbaz è parlare della Speleologia non solo triestina, ma italiana per almeno 50 anni, durante i quali ha dimostrato le grandi doti di esploratore, ricercatore ed organizzatore oltre che una carica umana aperta e schietta, e un carattere alle volte spigoloso. Non possiamo poi dimenticare il lavoro di Marietto all’interno del Soccorso Speleologico dal Congresso del 1969 sino ad oggi. Come esploratore è impegnato fin dagli anni ’60 nelle grotte del Carso, sul Pollino (Calabria) all’Abisso Bifurto, in Sicilia alle “Stufe di San Calogero”, fu il primo a superare la famosa “fessura” della Spluga della Preta permettendo la continuazione delle esplorazioni. Personalmente non posso dimenticare il suo apporto durante le operazioni di soccorso al Buco del Castello in Val Brembana (1966), Mario riuscì a raggiungerci, dopo che era sceso Ribaldone, e portare il cavo telefonico e il sacco medicinali. Negli anni ’70 ci troviamo in campi speleologici sul massiccio del Canin, dove lavoriamo nell’Abisso Gortani e in altre cavità. Durante una discesa in Gortani, Mario viene colpito ad una gamba da una lastra di roccia, entriamo subito ed assieme agli amici triestini organizziamo il recupero dopo aver immobilizzato la gamba con bende pneumatiche. Nel recupero nel P. 84 è lui che ci dice come armare meglio, usciamo e scendiamo al Rifugio Gilberti che è sera dove ci aspetta una bevuta colossale….
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Speleologia 74 giugno 2016
Nell’ambito del Soccorso abbiamo lavorato assieme per anni, partecipando a Congressi Nazionali ed Internazionali come in Ungheria (1983) dove illustrammo il recupero con contrappeso ed altre tecniche, a dimostrazione della validità del Soccorso Speleologico in Italia Ai primi anni’80 aprì in centro a Trieste un negozio di attrezzature speleologiche ed alpinistiche, era nata AVVENTURA che divenne un punto di incontro tra speleologi, alpinisti,escursionisti. Su di una parete attrezzata era possibile provare scarpette e scarponi, le corde permettevano di testare imbraghi ed altre attrezzature; poi c’era un caminetto in fondo al salone corredato di ottime bottiglie di vino….purtroppo la crisi economica ha costretto alla chiusura e la cosa lo aveva veramente amareggiato. Fu sua l’idea e la progettazione dell’Universore, un attrezzo che doveva servire sia come discensore che come bloccante in risalita, alcuni screzi col fabbricante hanno affossato il tutto. Innumerevoli gli incontri Casola, Bora 2000, Castelnuovo Garfagnana e tanti altri alla fine dei quali era d’obbligo la festa col Gran Pampel e Marietto era insuperabile nella coreografia. Un paio di volte, in questi ultimi anni, capitando a Trieste, una città che avrò sempre nel cuore, mi ha portato a fare un giro in barca per il golfo. Addio Marietto amico da una vita, amico per la vita, gli amici sarai sempre un riferimento, con nostalgia mi riguardo il Calendario Speleo pensando a momenti indimenticabili in grotta, in montagna ed in osteria. Adesso alziamo i bicchieri perché “xe un dèla Comission” Lelo PAVANELLO