Sportivissimo Luglio 2019

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Il Martin Pescatore


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editoriale

A

di Luigi borgo

desso una App ci dice dove nel prossimo week end andremo a fare sport. L’attività sportiva che ha riscosso più “mi piace” diventa la nostra scelta. E tutti andremo là. Accade così per le pizzerie, per i ristoranti, per gli hotel. Per i film che guardiamo. Sempre di più affidiamo alle macchine la decisione ultima di quello che facciamo. Le App scelgono per noi, orientano la nostra vita. Accadrà così anche per la marca, la lunghezza e il raggio degli sci che ci metteremo ai piedi. O per la bicicletta o le scarpe da trekking che andremo ad acquistare. Una specifica App confronterà gli attrezzi risultati più performanti per sciatori, ciclisti, runners, che hanno le nostre capacità tecniche, il nostro peso, la nostra altezza, la nostra età e noi non potremo che scegliere ciò che l’App stessa avrà indicato come il migliore. Il consiglio tecnico dell’esperto sarà meno influente dell’indicazione espressa dall’algoritmo dell’App. Gli uomini credono di più all’infallibilità dei computer che all’affidabilità delle ragioni pensate con il proprio cervello. La macchina sta vincendo sull’uomo. Inesorabilmente. Era il 1996 quando cominciò questa storia. Il miglior giocatore al mondo di scacchi, il russo Kasparov, sfidò in una partita uno speciale software sviluppato dall’IBM, che si chiamava Deep Blue. Nel gioco degli scacchi la prima mossa prevede 20 possibilità di scelte diverse; la seconda, già 400. Vinse la macchina, perse Kasparov e con lui tutti noi. Nel 2016 la cosa si ripeté in modo ancora più eclatante. Per 6 giorni, dal 9 al 15 marzo, il super campione del gioco da tavolo Go, il coreano Lee Sedol, sfidò il software AlphaGo. In palio un milione di dollari. Se la prima mossa nel gioco degli scacchi ha 20 possibilità di scelta, nel gioco Go le possibilità sono 361, ma già la seconda mossa ne prevede addirittura 130 mila contro le 400 degli scacchi. Un gioco dalla complessità infinita. Per sfidare Lee gli ingegneri di AlphaGo hanno inserito 30 milioni di partite giocate dai migliori giocatori al mondo di Go. Nei 6 giorni di gara si è verificata una cosa imprevedibile quanto inspiegabile: la macchina ha elaborato strategie che nessun umano aveva mai pensato, vincendo in modo netto, 4 partite su 5. Non è da scemi, quindi, fidarsi delle macchine per elaborare le nostre scelte, anche quelle sportive. Dopotutto già all’inizio del secolo scorso abbiamo imparato a capire che i veicoli a motore, dai motocicli alle auto agli aerei, permettevano spostamenti più veloci e maggiori di quanto offrivano i cavalli, e al trasporto motorizzato ci siamo perfettamente adeguati. Sta accadendo la stessa cosa: anziché macchine per spostarci, abbiamo macchine che ci aiutano a scegliere. Secondo alcuni, però, se si estremizza questo uso della tecnologia informatica, si arriva a capire che in un futuro già prossimo scompariranno tutti i mediatori di conoscenza. Alessandro Baricco in “The Game” ha parlato di “tramonto dei sacerdoti”. Non ci sarà più bisogno di nessuna élite di esperti per scegliere i nostri sci, la nostra bici, le nostre scarpe per correre. Tutto probabile, ma sono certo che nessuna App, mai, potrà sostituire quel sacerdote della tecnica che è il maestro di sport, l’allenatore, il coach, perché una App potrà codificare lo sci perfetto, la bici perfetta, le scarpe perfette, ma nessuna App saprà mai fare quello che sa fare ogni vero maestro di sport: trasmettere ai propri allievi l’infinita passione che c’è in lui per lo sport che fa.

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viaggi

Valdagno - Mare del Nord a pedali

A Dunkerque e ai luoghi delle immani stragi di due guerre mondiali il viaggio dei papaveri rossi.

di Bepi Magrin

P

er inseguire un so- fondo e la lunga lena, con gno a volte occorre la 100 km del Passatore (6 un pizzico di pazzia, volte) la 100 di Montagnama poi, le soddisfazioni e le na (3 vv.) la Marcialonavventure vi assicuro, non ga (16 vv) ecc. segnarono mancheranno. E per i sogni positivamente la mia vita non c’è età, così anche a 71 sportiva, ma la bicicletta anni credo che sia giusto restava l’imprinting origicoltivarli, aggiungendo ma- nario. Ora, passati i 70, si gari quel minimo di espe- vuol tornare ragazzi, dunrienza e razionalità che que la fedele “Bianchi” da permettono di affrontare i strada: macchina perfetta problemi e superare inden- e robusta, caricata del bani le difficoltà. Da giovane gaglio essenziale, mi farà ero dilettante di 3^ con la da compagna, permettenMainetti, poi mi dedicai in- domi di coprire almeno tensamente all’alpinismo, 150 km al giorno senza fala cui pratica rientrava pe- tiche eccessive, ricordanraltro nelle mia professione do però che la bici, è una di guida alpina militare. Il macchina che va ad acqua,

e senza quel carburante, di sicuro si pianta! Allora stavolta si punta in direzione nord, per giungere ai luoghi dove le guerre mondiali hanno lasciato centinaia di cimiteri, tra quelle che prima erano anonime e pacifiche cittadine delle Fiandre come Ypres (oggi chiamata Ieper), Izere, Wuerne, Diksmuide ecc. Proporzioni inaudite ebbero


7 le stragi come quella di Ypres, bombardata per la prima volta dai tedeschi, coi gas vescicanti come l’Yprite (nome legato a quella località) con effetti spaventosi: si parla di 240 mila morti. Più oltre, superando appena il confine francese c’è ancora Dunkerque, città sul mare del nord famosa per essere stata la spiaggia della tragica fuga degli inglesi sotto i bombardamenti e i mitragliamenti aerei tedeschi. I militari fuggivano a bordo di qualsiasi mezzo che galleggiasse, verso

la costa dell’Inghilterra ove era la salvezza. A Ieper, sotto un gigantesco portale di marmo bianco che reca incisi nel marmo 35mila nomi di giovani i cui corpi non furono mai ritrovati, ogni giorno (dico ogni giorno!), alle cinque di sera si tiene una cerimonia con un migliaio di persone, che provengono anche dagli stati vicini, per ricordare i giovani caduti in guerra. Alla fine i presenti lanciano verso le lapidi petali di papavero o mettono coroncine di fiori rossi. Ciò per ricordare

che dall’immane mortifero campo di fango e rovine lasciato dal conflitto, il primo segno di vita, fu il fiorire di un rosso papavero. Un epico film che avevo visto da ragazzo sulla battaglia di Dunkerque, mi era rimasto impresso e il ricordo oggi mi porta qui. Il sogno, nel caso di specie, nasce durante una conversazione con amici viaggiatori, mentre a bordo del “Roket” un piccolo battello, navighiamo quietamente alla volta delle isole Sunderban in tutt’altra parte del mondo. Par-

tito in un giorno di metà maggio (mese quest’anno piovosissimo in Italia) e superati d’amble’ i passi dello Zovo e della Fricca, navigando controvento in “un dio di acqua”calo su Trento e proseguo verso Bolzano non senza fermarmi a consumare un boccone a casa del mio vecchio amico e grande alpinista tedesco Heinz Steinkotter: 81 anni, che abita in una casetta a Campregheri prima di Vattaro. Verrà il giorno dopo col sole, il Brennero e la valle dell’Inn fino a

Kufstein e via per la Germania tra infiniti boschi, campagne villaggi e pale eoliche macinando km e km, per buone ciclabili con tappe in qualche Gasthaus o B&B . Il tempo a nord, a differenza del Bel Paese, se a volte e grigio, non manda piogge e si può procedere senza il fastidio del bagnato. Passo il Reno col piccolo traghetto che qui fa servizio e punto ai Vosgi e all’Alsazia. Quel giorno, erano ormai le 9 di sera e avevo oltre 150 km nel sacco. A quel punto si ha bisogno di mangiare, di

una doccia e di un letto… Fra poco è buio e sono abbastanza stanco, provo ad accomodarmi nel casotto pensile di un cacciatore, ma è troppo stretto per passarvi la notte. Allora decido di continuare. Per fortuna, appena passato il confine francese, trovo un accogliente alberghetto che mi appare come l’Eden, e mi posso finalmente riposare. Come si sa, va bene la fiducia e la costanza ma a volte diciamolo, occorre anche un po’ di…fortuna. Poi i Vosgi con discrete salite e veloci


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discese: Homburg e Metz in Francia. Ora si punta al Belgio, a Bruxelles, prima di piegare a sinistra verso la meta finale che si trova presso il confine ma in territorio francese. Tra quelle case di campagna tutte fatte di mattoni rossi o gialli, regna la pace e anche un po’ di monotonia. Difficile vedere qualcuno cui chiedere una informazione. In più mi si blocca il telefono a perfezionare le mie solitudini, tagliando ogni collegamento. Ma ormai manca poco e non per questo si può fermare la corsa. Mentre in Italia imperversa il maltempo, qui ci sono giornate di sole, e dalla capitale in due tappe sono alla meta. La lunga spiaggia di Dunkerque con

maree chilometriche che si allunga verso le nebbie della “perfida Albione”. Bagnati simbolicamente i piedi in quel mare, si può ora dirigere verso Bruge: la piccola Venezia del Nord animata di turisti che muovono tra chiese e palazzi, canali navigabili e bei ristoranti. Vengono ancora le visite ai detti luoghi di guerra come la gigantesca torre a croce che contiene il Museo di Iezer (L’Isere) davanti alla quale sorgono i ruderi della torre primitiva distrutta con la dinamite dai tedeschi al loro ritorno per la 2^ Guerra Mondiale e dunque ricostruita ancora più grande: 22 piani più quattro,. Si sale con l’ascensore dopo aver

toccato la terrazza panoramica e per ogni piano si visita una sala di Museo. Attorno ad Ypres, oltre cento cimiteri di guerra tenuti in modo perfetto, sono sparsi per la campagna, tra essi il più grande al mondo accoglie i resti di molte migliaia di caduti. Il pensiero di tante giovani vite sacrificate è davvero angosciante, e solo la dolcezza del paesaggio ancora segnato dalle fortificazioni inglesi di Dodegange attenua il pensiero dell’ottusità assurda della guerra. Ma ormai è tempo di rientrare, il tempo a disposizione per questa speciale vacanza ciclistica è finito. Debbo cercare un meccanico che mi smonti la bici e ne faccia un “Ge-


9 päch” perché le ferrovie in Belgio non ne vogliono sapere di caricare una bici. Trovato non senza fatica un meccanico a Ronge vedo con pena demolire la mia Bianchi. Pezzo per pezzo infilata nel pacco (una enorme scatola) dovrà seguirmi su e giù dai treni da un binario all’altro, passando per Bruxelles, Liegi, Maastricht, Aachen, Colonia, Monaco e giù fino a Verona dove un compassionevole amico viene a prendermi per riportarmi a casa. Qui si conclude una avventura da aggiungere al già corposo album dei ricordi..in attesa della prossima…! Sognate gente, sognate…!

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Il Martin Pescatore testo e foto di Luca Scortegagna

Il Martin pescatore è un uccello di piccole dimensioni, in effetti misura dai 15cm ai 20cm. Una delle caratteristiche che rende particolarmente interessante il martin pescatore è la colorazione del piumaggio.

I

l martin si presenta con le piume della zona dorsale di colore azzurro acceso che tendono a diventare più scure sulla testa che mescolandosi tra loro danno uno spettacolare effetto a mosaico. Sotto agli occhi c’è una sfumatura di colore arancio chiaro che gli permette di deviare la luce offrendogli maggior visibilità, fondamentale per la caccia. La vista del martin pescatore è estremamente sviluppata: gli occhi possiedono due fovee connesse fra loro da una fitta rete neuronale e sono in grado di polarizzare la luce, riducendo in questo modo gli


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effetti della riflessione. La retina gli permette di calcolare l’altezza del tuffo e la profondità dell’acqua .Il Martin Pescatore , inoltre, imparano con l’esperienza a compensare il fenomeno della rifrazione rendendo così la pesca più efficiente. All’estremità della sfumatura degli occhi e sotto al becco ci sono delle piume bianche. Il petto è

anch’esso arancio chiaro. Le ali blu a tratti azzurre. Il corpo è corto ma robusto e la testa è leggermente sproporzionata data la presenza del lungo becco affilato. Le zampette sono corte e la coda è particolarmente semplice. Tutto ciò fa di questo bellissimo uccello il pescatore per eccezione, che si è evoluto in modo da fare del

suo corpo un perfetto strumento per pescare. Gli esemplari di sesso maschile si riconoscono dal becco completamente nero, mentre le femmine hanno la caratteristica di avere la mandibola inferiore di colore rosso. Quello che rende il Martin Pescatore unico nel suo genere è la tecnica che usa per trovare il cibo. Questo


12 uccello passa la maggior parte del tempo sulle rive dei fiumi , laghi, o stagni dato che si nutre di piccoli pesciolini , sia adulti che avannotti. All’ inizio della primavera la coppia inizia a costruire uno o più nidi e inizia ad effettuare voli nuziali.I nidi si presentano sotto forma di tunnel che hanno una lunghezza di circa 70 cm e sorgono nei pressi degli argini; i due martin scaveranno a turno. In questo periodo, il becco lungo e affilato, a causa del lavoro svolto, si

accorcerà anche di 1 cm. Vengono effettuate due o più nidificazioni annuali. Durante la fase di accoppiamento il maschio si occuperà di donare del pesce alla femmina per rafforzare i legami di coppia. Il pesce verrà offerto dalla parte della testa per evitare che lei si punga con le squame. La femmina riceve circa una dozzina di pesci al giorno. Dopo 20725 giorni le uova si schiudono. Cieca un mese dopo i piccoli sono in grado di affrontare i primi tuffi in autonomia.


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sport

a l o r a p a l l e d o t a Il signific “allenamento” di Marta Carradore

E’ passato davvero molo tempo dal mio ultimo articolo pubblicato su SportiVissimo; un periodo di tempo che ha visto una mia trasformazione dal punto di vista personale e, soprattutto, professionale.

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uando, a maggio, il direttore Luigi Borgo mi ha proposto di ricominciare a scrivere, per me è stato un grande onore, un ritorno al passato con il vantaggio di poter usufruire di un bagaglio professionale sicuramente un po’ più gonfio e poter, così, pubblicare articoli inerenti al mondo sportivo inserendo una buona componente scientifica e formativa. Oggigiorno l’Attività Sportiva è diventata un elemento quotidiano per moltissime persone: chi la svolge per liberare la mente dallo stress di tutti i giorni, chi per dedicarsi un po’ di tempo, chi per ‘modellare’ il proprio corpo e chi per allenarsi in previsione di un obbiettivo agonistico. Essendo Triatleta e Prepa-

ratore Atletico specializzata in sport di Endurance, ovvero attività di lunga durata, voglio soffermarmi proprio sulla parola ALLENAMENTO. Che cosa vuol dire allenamento? L’ Allenamento è il “processo con il quale si ottiene un miglioramento della prestazione fisica tramite una Preparazione specifica e Metodica.” Proprio in merito a questo, qualche settimana fa fui intervistata da un giornalista di Milano che gestisce un blog sportivo. Ricordo che una mia risposta alla sua domanda: “Cosa ne pensi di tutte queste persone che magari, non giovanissime, iniziano a praticare sport di endurance di massimo impegno fisico e mentale?”, lo spiazzò molto.

“Sono convinta che molte persone decidano di iscriversi a certe gare non tanto per se stessi ma per dimostrare ad altri cosa fanno. Ormai viviamo in un mondo dove l’apparenza, il far vedere, il mettersi in mostra ha preso il sopravvento… non svolgiamo più un’attività per il semplice gusto di farla ma, per molti, per dimostrarla sui canali social, sfidarci su piattaforme sportive, perdendo così tutta l ‘ essenza dell’attività, della passione e dell’emozione che essa può trasmettere. Purtroppo tutto ciò porta le persone ad affrontare quotidianamente allenamenti da ‘professionisti’ senza, però, seguire una corretta metodologia, cadendo nel rischio dell’overreaching ed overtraining.


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Tutto questo per cosa? Per postare una foto o una distanza percorsa, e poi, rendersi conto che l’allenamento richiede impegno, tempo, sacrificio e alcune rinunce. Ci si accorge che quella corsa contro il tempo per raggiungere nel minor tempo possibile un risultato sportivo, ci sta allontanando troppo dalle quotidiane abitudini e così, tutto d’un tratto…si abbandona tutto. La mia visione dello sport e dell’allenamento va in tutt’ altra direzione specialmente quando chi si allena non è un atleta professionista ma una persona che deve conciliare lavoro, famiglia e sport. Per me l’ allenamento è libertà, scrollarsi di dosso tutto, mettere il telefono in silenzioso e partire ascoltando la cadenza dei pas-

si, la spinta delle braccia e delle gambe accompagnate dal battito del cuore che aumenta con l’ aumentare dell’ intensità, guardarsi attorno, respirare a pieni polmoni. Dopo queste riflessioni, voglio riprendere la definizione di Allenamento: l’Allenamento è una preparazione specifica e metodica preparata da un Preparatore Atletico qualificato che ha il compito di portare l’Atleta alla realizzazione dei propri obbiettivi raggiungibili, insegnandogli l’importanza del divertimento e della passione nello sport che pratica mettendo in primo piano la conoscenza di se stessi, dei propri punti di forza e quelli di crescita. Una metodologia soggettiva che deve saper abbracciare a 360° l’Atleta rispettando al 100% la persona e la sua vita extra-sportiva. Da Tecnico posso dire che

l’obbiettivo di un Allenamento è quello di mettere l’ Atleta nelle migliori condizioni fisiche, atletiche e psicologiche per affrontare una competizione, a prescindere dal risultato che potrà ottenere, quando una persona passa sotto l’arco del traguardo con il sorriso, si ha sicuramente fatto centro! Quando ci si appassiona di quello che si fa e si affronta l’Allenamento in modo consapevole, assaporando quando si sente che le gambe ‘girano bene ’e sapendo ‘metterci una pietra sopra’ quando la giornata è no….allora si è giunti all’obbiettivo: allenarsi per se stessi e no per gli altri. Sicuramente in questo modo si ottengono molti più risultati positivi e molti meno debutti esponenziali che cadono velocemente come meteore.


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piccole dolomiti

Quattro giorni di gare nelle Piccole Dolomiti Dal 25 al 28 luglio sui sentieri dell’Alto Vicentino si corrono i Campionati Italiani di Mountain&Trail Running

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uest’anno la Trans d’Havet raduna in un unico grande evento ben quattro gare (Vertical, Trail lungo, Trail corto, Corsa in montagna) ed entra a far parte dei Campionati Italiani Mountain&Trail Running in programma dal 25 al 28 luglio sui sentieri dell’Alto Vicentino, una “special edition” da considerarsi come il test ufficiale del nuovo format che sarà adottato dalla Federazione a partire dai Campionati Mondiali 2021. Si apriranno le danze Giovedì 25 Luglio alle ore 18.30 con la Maistrack Summano Vertical. Un vero Chilometro Verticale, 1000 metri di dislivello positivo sulla direttissima che collega il paese di Santorso alla cima del Monte Summano.


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Si proseguirà Venerdì 26 Luglio a mezzanotte con la partenza della Trans D’Havet Ultra 80k che da Piovene Rocchette attraversa tutte le piccole dolomiti passando per il monte Summano, il Novegno, il monte Alba, la strada delle 52 gallerie del Pasubio, la strada degli Eroi, la selletta di Nord Ovest, il rifugio Fraccaroli a cima Carega, la catena delle Tre Croci, la cima di Marana, e scende infine in piazza Municipio a Valdagno. Il percorso si snoda su una lunghezza di 80km per un dislivello positivo di 5500m.

In programma per Sabato 27 Luglio alle ore 9.00 invece ci sarà la Trans D’Havet Marathon 40k sulla seconda metà del tracciato ultra 80k. Partenza da località malga Fratta presso Pian delle Fugazze, per la selletta di Nord Ovest, il rifugio Fraccaroli a cima Carega, la catena delle Tre Croci, la cima di Marana, e arrivo a Valdagno in piazza Municipio per una lunghezza di 40km e dislivello positivo di 2500m.

Si concluderà poi Domenica 28 Luglio alle ore 9.00 con la Campogrosso Mountain Classic: 2 varianti della corsa in montagna nella specialità in salita. • Recoaro Terme - Campogrosso, Gara Senior e Assoluti FIDAL, lunghezza circa 12,5 km, dislivello positivo circa m 1.200; • Staro - Campogrosso, Gara Junior e Promesse FIDAL, lunghezza circa 6 km, dislivello positivo circa m 750, • Staro - Campogrosso, Gara Open aperta a tutti, lunghezza di circa 8 km e dislivello positivo di circa m 750.

Accanto al team organizzatore Ultrabericus Team ASD più di 600 volontari per garantire le operazioni logistiche e il presidio dei tracciati, in appoggio alle squadre operative della Croce Rossa Italiana, del Soccorso Alpino e della Protezione Civile. Aiuti anche dai colleghi dell’ASD Summano Cobras, dell’ASD Polisportiva Merendaore e del GSA Alpini Vicenza.


sportart

Favorita running Bruno Vendramin, Valdagno



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natura di Dorino Stocchero

I nostri cigni reali Il cigno reale (cygnus olor) è il candido gigante tra gli Anseriformi, grazie al suo maestoso portamento, alle dimensioni (i due metri di apertura alare) e al bianco piumaggio, fin dal Medioevo venne tenuto in massimo onore, quale essere vivente utilizzato come ornamento degli specchi d’acqua dei parchi.

L

a celebre fiaba del brutto anatroccolo è stata ispirata allo scrittore danese Hans Christian Anderson dalla metamorfosi del cigno reale, uno degli uccelli più belli e maestosi che si conoscono: un po’ goffo quando cammina e dal piumaggio grigiastro o bianco sporco da giovane, elegante e quasi scioccante nel suo immacolato candore in età adulta. La maggior diffusione di questa specie si ebbe a partire dal xx secolo per le sempre più diffuse immissioni da

parte dell’uomo e la generale protezione riservata. Le popolazioni dipendenti in qualche modo dall’uomo prosperano comunque con densità di gran lunga maggiori di quelle autenticamente selvatiche, e ciò dipende senza dubbio dalla maggiore disponibilità di

cibo, specialmente nella stagione invernale e dalla ridotta predazione. A ciò si deve la sua attuale distribuzione nell’Europa centrale e nelle isole Britanniche. E’ un uccello migratore, però si può dire che ha le caratteristiche di una specie stanziale, perché molto legato al suo habitat. Il cigno reale è noto anche come “cigno muto” poiché vocalmente silenzioso rispetto ad altri cigni, normalmente emette solo versi gutturali poco udibili simili a gargarismi, raramente percepibili a distanza d a l l’ u o m o . Come molti


21 volatili, il cigno dedica un’assidua cura alla pulizia del suo piumaggio, comprende di rendere idrorepellente il piumaggio stesso, tramite la stesura con il becco e con il collo di una secrezione oleosa prodotta dalla ghiandola uropigea. Il cigno infatti rende le piume su cui è posata idrorepellenti, cosa particolarmente utile nelle stagioni fredde, in quanto ha un’importanza vitale onde evitare di avere un piumaggio inzuppato di acqua. La stesura dell’olio rende le penne maggiormente consistenti e robuste. I cigni sono sostanzialmente erbivori, nutrendosi di piante acquatiche ed erbe nei terreni adiacenti agli specchi d’acqua, così come le foglie della vegetazione limitrofa. Nella stagione riproduttiva le coppie territoriali possono assumere comportamenti aggressivi e utilizzano parate con le ali arcuate. Quando nuota tiene il collo a “S” con il becco rivolto verso il basso, talvolta il piumaggio alare e sollevato in una sorta di conchiglia. La coda è lunga e termina a punta. A seconda dell’affiatamento della coppia, con l’arrivo della primavera, costruiscono il nido con la sovrapposizione a incastro di

I cigni di Recoaro

rami secchi e lo stesso viene guarnito con alcune piume, in modo da creare più soffice la nicchia in cui verranno deposte le uova e renderla adeguatamente confortevole per mantenere il calore corporeo effuso nella cova, per concludersi a maggio/giugno; la femmina depone mediamente 5-7 uova che vengono covate dalla stessa per 36-38 giorni. Le uova sono di colore verde pallido opaco, anche con sfumature grigiastre o bluastre. Mentre la femmina è in cova, il maschio difende il territorio avvicinandosi agli intrusi con posture d’attacco, tenendo le ali semiaperte ed emettendo soffi minacciosi. Il periodo di schiusa è variabile quindi tra maggio e luglio. I pulcini nascono precoci rivestiti di un piumino grigio e si allontanano dal nido dopo 1 giorno. I cigni raggiungono il completo sviluppo della maturità riproduttiva intorno ai 4 anni d’età. Il cigno reale è una specie selvatica la cui eventuale vita in cattività e regolamentata per tutelare il benessere animale essendo la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato. La specie è considerata particolarmente protetta dalla

Direttiva uccelli. Il cigno reale detto anche cigno bianco, è un uccello appartenente alla famiglia degli anatidi. Da sempre simbolo indiscusso di grazia ed eleganza, è caratterizzato da un candido piumaggio completamente bianco, solo il becco negli adulti si presenta colorato di rosso-arancio bordato di nero ai margini e attorno alle narici. Mandibola nera. Pelle nuda alla base del becco, provvisto di un tubercolo frontale di colore nero, molto evidente nei maschi, soprattutto nel periodo degli amori e poco accennato nelle femmine . Zampe nere palmate. Iride bruno-nocciola. Negli immaturi il becco è grigio rosato, nero alla base. Tarsi e piedi grigio tendenti al nero. I giovani sono in grado di volare dopo il quarto mese di vita. Pur suggerendo grazia e leggerezza esso raggiunge i 150 centimetri di lunghezza è un’apertura alare di circa 2 metri. Il loro peso, nel maschio può arrivare ai 10 chilogrammi, la femmina gli 8 chilogrammi. E’ specie monogama (la coppia resta unita per tutta la loro vita). La durata della vita si aggira sui 25 anni.

(La storia)

I

Cigni di Recoaro hanno una loro lunga storia, tanto è vero che sul tetto, facciata ingresso del Municipio è raffigurata una scultura con al centro il simbolo del gallo nell’atto di cantare appoggiato su tre cime e ai suoi lati ci sono 2 cigni reali. Questi stemmi sono presenti in numerose antiche casate nobiliari. I Cigni sono presenti da diversi anni nei 2 laghetti del Parco Comunale Fortuna, nell’ultimo decennio si è avuto anche qualche successo riproduttivo. Ai primi di maggio 2019 nel laghetto superiore

del parco dove era presente una coppia adulta di cigni, veniva trovato il cigno maschio morto con il collo spezzato. Lo stesso veniva consegnato all’istituto zooprofilattico delle Venezie, accompagnato da certificato emesso dal servizio veterinario ULSS 8 Berica per la richiesta di analisi e relativo esame autoptico per stabilire la causa della sua morte, le modalità ed eventualmente i mezzi che l’hanno causata. Dopo alcuni giorni arrivava l’esito, nel quale si riportava il decesso del cigno dovuto sicuramente non per morte


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naturale, ma per lesioni provocate volontariamente. A seguito del fatto erano giunti sul posto, chiamati dal Sindaco Davide Branco, i carabinieri e i carabinieri forestali che hanno svolto e stanno svolgendo le loro indagini, inoltrando nel frattempo alla Procura della Repubblica una segnalazione di reato penale a carico di igno-

ti (…nel 2003 era successo un caso analogo con la morte di un altro cigno maschio, quella volta, su segnalazione di un testimone, era stato identificato il responsabile, segnalato successivamente alle autorità competenti). Dopo 48 ore moriva anche la femmina di cigno, probabilmente di crepacuore, dopo che per quindici anni i due esemplari avevano vissuto fianco a fianco essendo specie monogama. Questa vicenda ha colpito molto l’opinione pubblica recoarese e non solo, dato che ne hanno parlato anche i

notiziari nazionali. Dopo queste vicissitudini, a tal riguardo si è provveduto ad una profonda pulizia del laghetto, grazie al lavoro di personale del comune e volontari, rendendo la struttura più accogliente per l’arrivo di un’altra coppia. Ad un mese dall’accaduto, il Sindaco ha organizzato una giornata di festa con protagonisti i bambini delle scuole elementari dell’istituto comprensivo Floriani, le autorità e soprattutto loro: la nuova coppia di cigni. Ora la coppia del laghetto inferiore (si tratta degli orfani, visto che i genitori sono mancati in modo drammatico) hanno anche un nome dato dai bambini: il maschio viene chiamato “Futuro” e la femmina “Speranza”. La coppia dei nuovi cigni reali adulti, che hanno quattro anni ciascuno e provengono dal padovano, è stata donata dall’Azienda Recoaro, storica realtà industriale del paese e leader nella produzione di acque minerali, che fa parte del gruppo Refresco. I nomi scelti per la nuova coppia sono: per il maschio “Smeraldo”, come l’omonima conca di Recoaro, e la femmina “Ortensia”, il fiore tradizionale del paese presente soprattutto alle Fonti centrali. L’area è stata attrezzata con il posizionamento di due telecamere che puntano gli occhi proprio sugli specchi d’acqua a tutela dei cigni. Oggi, come sorta di Araba Fenice, Recoaro rinasce nelle movenze di questi meravigliosi animali. Le persone resilienti sanno bene che è importante coltivare l’autostima, circondarsi di buoni amici e imparare ad accettare ogni situazione anche quando ci appare scomoda , per poter reagire e poi rialzarsi più forti di prima. Che sia di buon auspicio per il nostro paese.


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Città di Valdagno Assessorato allo Sport

Ciao Mario! Il saluto dei suoi “tùsi” all'icona del Calcio Ponte dei Nori

di Giu-

“Stèghe drìo ai tùsi xovane che i gà tanto tanto bisogno”. Con queste parole Mario De Gerone si è raccomandato di lasciare in buone mani il suo lavoro di tanti anni di calcio vero. All'età di 87 anni Mario “Mola” se n'è andato senza troppa confusione, senza cerimoniali, ma con la semplicità di sempre, in un giorno assolato di luglio. Uno di quelli in cui due tiri in porta non sarebbero stati poi così male sulle note di De Gregori e La leva calcistica della classe '68.

C

lasse 1931, una passione per il grande Torino, De Gerone è stato prima giocatore, vestendo i colori di alcune squadre del sud Italia, Potenza (serie B) e Mola di Bari, per poi approdare alla Virtus Valdagno dopo un passaggio anche in Svizzera. Ed è forse dal nome del team barese che, a quanto si può ricostruire, è nato il suo soprannome. Alcuni, invece, lo avrebbero attribuito al fatto che con il pallone al piede non c'era modo di farglielo mollare. E se anche la spiegazione fosse un'altra, non importa, Marietto rimane un'icona di quel calcio sano che a volte ci rende nostalgici. Quel calcio fatto di palloni rappezzati o calciati allo sfinimento prima di essere cambiati. Quel calcio fatto di campi polverosi, di porte con i pali quadrati e di scope brandite in aria per ristabilire un po' di sana disciplina. Nonostante una vita non certo


semplice, il calcio, quello insegnato prima ancora di quello giocato, è stato sempre il suo rifugio. Alla fine degli Anni '60 si aggregava alla nascente società del Calcio Ponte dei Nori, allora impegnata nei campionati CSI, costruendo quella che oggi è quasi una figura leggendaria. Allenatore, educatore, accompagnatore, tuttofare. Mario “Mola” ha portato avanti il suo insegnamento nel nome dell'accoglienza. In quel calcio che sognava non c'erano distinzioni tra chi poteva permettersi di pagare la quota associativa e chi no, men che meno per il colore della pelle. E così, in quel quartiere a tratti difficile, un tempo bollato come il “Bronx” valdagnese, Mario se ne stava nel suo stanzino sotto la chiesa, in compagnia di una lavatrice sgangherata, una rete di palloni vecchi (perché prima di usare quelli nuovi doveva essere certo che fossero stati calciati fino alla fine), qualche rudimentale materiali per gli allenamenti e là accoglieva i suoi “tùsi”. Le sue tre raccomandazioni sono diventate un mantra nella società oggi guidata dal Presidente Paolo Maule. Scarpette sempre pulite, maglia dentro ai pantaloncini ed educazione, perché “vardè che con l'educasion non se fa mai bruta figura”, ricordava a tutti. Tanti i ragazzini passati sul campo di calcio e tra loro anche qualche stella. Uno tra tutti, Paolo Zanetti, ex nazionale giovanile e ora allenatore ad Ascoli in B, dopo aver giocato anche in serie A e nelle rose del Torino,

Vicenza, Ascoli, Grosseto, Sorrento, Reggiana. Era poi molto fiero del fatto che la società Ponte dei Nori fosse stata una delle prime nella zona a curare un team femminile, arrivato a giocare in serie C1. E quelle ragazze avevano una vera adorazione per lui, nonostante i già tanti impegni gli permettessero di seguirle solo marginalmente. E se De Gregori cantava “un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia”, De Gerone si curava sempre di non far perdere mai ai suoi ragazzi il rispetto. La Coppa Disciplina era per lui il trofeo a cui ambire prima di tutto, un vero riconoscimento di stile dentro e fuori dal campo. “Rimani un Mister di sport e vita” lo ricorda Francesco Zarantonello. “Un pezzo di storia calcistica valdagnese – lo definisce nel suo ricordo Enrico Masiero – […] di un calcio che non si rispecchia più in quello attuale, ma bensì di un calcio romantico, fatto di passione, educazione, rispetto e sacrificio”. Massimo Seidel racconta: “Mi hai insegnato rispetto, fedeltà e altruismo!!! Hai dato tutto a generazioni di ragazzini calciatori senza mai chiedere nulla [...]”. E Alessandro Urbani lo inquadra nella mise che in tanti ricordiamo da sempre: “Mi ricordo ancora quando 20 anni fa ho indossato le mie prime scarpe da calcio con te al mio fianco, eri sempre lo stesso: pantaloncini corti e maglietta, ma soprattutto indossavi il tuo amato berretto del Ponte dei Nori [...]”.

Il Calcio Ponte dei Nori oggi C

i aveva visto lungo Mario credendo in quel vecchio campo di terra a Ponte dei Nori e in quella società che oggi conta 200 atleti, 8 formazioni (dai Primi Calci alla Prima Squadra), una quarantina di allenatori e dirigenti. Nel 2019 è inoltre giunto alla 4^ edizione il Trofeo Amatorial “Mario Mola” che in pochi anni è divenuto un appuntamento in grado di convogliare in campo un totale di 20 squadre e oltre 200 giocatori in una due giorni di sport e divertimento. Per il secondo anno, poi, grazie anche al sostegno del Comune di Valdagno, la società organizza un summer camp di due settimane con 7 animatori. Negli ultimi anni prezioso si è rivelato il contributo del Direttore Sportivo Ezio Lorenzi per la crescita del team e della mentalità, la continua formazione e i contatti con la Federazione. A guidare la società troviamo invece Paolo Maule, dopo il passaggio di testimone da Giuseppe Spiller.


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sub

Biologia subacquea: le murene L

e murene sono pesci ossei molto simili alle anguille ed ai gronghi. Hanno il corpo serpentiforme, non hanno squame e la pelle è rivestita da un abbondante muco. La bocca è fornita di denti ricurvi all’indietro e, caratteristica peculiare, hanno una mandibola e due mascelle. La prima è la mascella esterna, quella più visibile, che cattura e blocca la preda. La seconda, situata all’interno della bocca, viene estratta, quando serve, per ingoiare le prede più voluminose. Sul muso sono evidenti le narici tubolari e le piccole e rotonde aperture branchiali. Gli occhi sono piccoli. La pinna dorsale e quella anale basse e lunghe si uniscono nella pinna codale appuntita. Mancano le pinne pettorali e ventrali ed i raggi che sostengono le pinne sono molli (IGDA Enciclopedia del Mare 1973). Le murene si sviluppano da uova da cui fuoriescono delle larve che successivamente, per metamorfosi, passano allo stadio adulto. Il loro habitat ideale è costituito da fenditure ed anfratti presenti tra le rocce e le ghiaie dove si riparano durante il giorno con la sola testa sporgente. Molto attive di notte, sono voraci carnivori che si nutrono di pesci, crostacei e molluschi. Nel mare Mediterraneo e nell’oceano Atlantico orientale la murena più frequente è la Murena helena, che raggiunge la lunghezza di un metro e mezzo e un peso

di Antonio Rosso

di oltre 10 chili con una colorazione della pelle marmorizzata di marrone e di giallo. Vive nei fondali rocciosi e corallini ad una profondità compresa tra i 10 ed i 50 metri. Altre specie sono diffuse nelle acque tropicali come la multicolore murena nastro blu, indopacifica Se disturbate, le murene possono mordere infettando le ferite con i germi che proliferano tra i residui del cibo e con una blanda tossina presente nel muco boccale. Il morso non è velenoso come molti credono e come si era creduto nell’antichità in quanto la murena non ha ghiandole velenifere. La pericolosità del suo morso consiste, piuttosto, nella capacità dei denti, aguzzi e ricurvi, di provocare ampie ferite. Sono invece presenti nel sangue di questo pesce, così come nell’anguilla e nel grongo, tossine in grado di provocare la distruzione dei globuli rossi. Queste tossine, di natura proteica, sono attive solo se vengono introdotte nel sangue umano, mentre sono innocue se ingerite. In ogni caso le tossine vengono rese inattive dalla cottura. Le murene si pescano prevalentemente nelle ore serali e all’alba. D’estate, si trovano a profondità anche di pochi metri. La maggior parte viene catturata con nasse, lenze e fiocine. Le murene sono, infatti, facile preda dei pescatori subacquei che le colpiscono a colpo sicuro per la loro re-

Murena helena

Murena tigrata


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Murena helena

lativa immobilità. Non altrettanto semplice è il loro recupero a causa della resistenza che oppongono nell’estrazione dalla tana, tanto è vero che molti subacquei si aiutano con un’asta munita di gancio. Molte difficoltà di recupero si hanno anche con l’uso della lenza: la murena inghiotte profondamente l’esca per cui è facile che possa liberarsi segando con i denti il finale. Il ferraggio, inoltre, deve essere deciso ed il recupero immediato: se riesce ad abbarbicarsi con la coda ed il corpo attorno ad un ostacolo difficilmente la murena potrà essere tratta in superficie. La lenza si strapperà o l’amo verrà recuperato con un pezzo di carne o di interiora, ma l’animale non avrà abbandonato la presa. La murena è sempre stata apprezzata per la sua carne, commestibile e gustosa, anche se un po’ grassa. Molto apprezzata sin dall’antichità, veniva servita, in età romana, arrostita o lessa. Era cotta con una salsa a base di sale, pepe, basilico tritato, salvia, cipolla, pinoli, aceto, aglio e menta, se cotta arrosto, oppure condita con una salsa di sale, pepe, basilico tritato, sedano, carote, aceto, olio, aglio, senape e vino bianco d’annata se lessata. Varianti erano il cumino, il finocchietto ed il prezzemolo (F. Uliano, 1985: L’antica Roma a tavola) Per averne sempre a disposizione, i romani le allevavano in peschiere, dette murenari dentro vasche di acqua salata poste in comunicazione con il mare ed erano considerate così pregiate da apparire in numerosi mosaici come quello della villa del Fauno a Pompei. La loro reputazione, del resto, dura ancor oggi; a Ventotene, si celebra ogni anno la sagra della murena e l’ultima si è

Murena a nastro

tenuta il 27-28 aprile di quest’anno. Il fotografo subacqueo, se trova qualche difficoltà a fotografare le murene nella loro estensione, può realizzare facilmente dei primi piani o delle foto a distanza ravvicinata quando sporgono dalle tane o dagli anfratti. Per la loro immobilità si possono usare diaframmi chiusi, in modo da avere un’ampia profondità di campo e non c’è limite all’utilizzo di luci artificiali. E’ bene, comunque, fare attenzione a non disturbarle troppo: un morso è sempre possibile. Nell’immaginario collettivo essendo animali voraci, sono sempre stati assimilati all’aggressività. Perfino nel gioco di carte Yu-GiOh!, in voga tra i giovani, si trova la murena bianca, la murena dell’avidità e la murena perforante. La murena è stata, infine, presa come un modello per le mute subacquee mimetiche. Ne hanno copiato la livrea ed ora, secondo la pubblicità, con queste mute i subacquei sono in grado di integrarsi su gran parte dei fondali, soprattutto su quelli di roccia chiara.

Murena helena

Murena helena


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torrebelvicino di Enzo Casarotto

KTM Torre Bike

Prosegue nel modo migliore la stagione del KTM Torre Bike che anche nell’ultimo fine settimana ha consguito alcuni piazzamenti di rilievo.

S

tavolta le soddisfazioni arrivano dall’ambiente amatoriale che ha disputato la prestigiosa Mediofondo Pinarello ottenendo con l’elite sport Andrea Leonardi un 45esimo posto assoluto che vale il 5° di categoria e con Claudio Leoni (Master 2) che chiude in ottantesima posizione che gli permette di centrare la top 15. Luca Sandonà tra i Master1 chiude al 6° posto la “Pinarello” con il rammarico di aver perso per un soffio l’attimo che poteva valeva la vittoria. Tra gli amatori a Treviso arriva anche un 35esimo posto per Davide Cracco (elite sport) e un 51esimo per Alessandro Piazzon anch’egli della categoria elite sport. Di rilievo anche la prestazione del Master 1 Marco Novello che con il tempo di 12’39” ha vinto la cronoscalata Magrè-RagaAlta località scledense che confina con il territorio turritano a ridosso di Pievebelvicino. Nell’ambiente agonistico tra gli junior su strada Andrea Guerra nel Memorial Dario Piffer organizzato a Lavis (Tn) dall’Asd Cycling C5 ha chiuso nel primo gruppo dei 25. Un buon allenamento in un percorso impegnativo che gli consente di approcciare nel miglior modo possibile l’impegno di sabato che lo vedrà protagonista sulle strade di casa. Nella Dolomitica Bike di Pinzolo terza tappa del circuito trentino di Mtb, nel percorso Marathon di 62 km. con 2600 metri di dislivello, brilla il quinto posto assoluto dell’elite Daniele Lievore che dimostra tutto il suo impegno, la sua passione e determinazione che mette in questo sport. Nella gara vinta da Andrea Righettini (Olympia)

Daniele Lievore ha preceduto Franco Alvarez Adaos l’atleta cileno fino allo scorso anno in forza al Veloce Club Torrebelvicino 1980 griffato KTM Torre Bike e poi rientrato in patria per rilanciare l’attività della Mountain Bike nel suo paese. Prossimi appuntamenti: c’è molta carne al fuoco anche per il prossimo fine settimana. Si parte sabato con la Schio Ossario del Pasubio riservata agli juniores che vedrà Andrea Guerra determinato con tanta voglia di fare bene su una salita che conosce molto bene e che vedrà molti suoi compaesani incitarlo da Torrebelvicino fino ai tornati sopra Valli del Pasubio, in località Ponte Verde e nella parte finale sul Colle Bellavista. Dopo il quarto posto nella recente Sandrigo.Monte Corno il morale del ragazzo e alto e … sognare non costa nulla! Daniele Lievore e Lorenzo Elipanni (quest’ultimo al suo rientro agonistico dopo la maturità) sabato saranno a Lavarone per una cross country eliminator e per domenica gli appuntamenti del KTM Torre Bike sono a Valdobbiadene per la ripresa della Veneto Cup: Oltre e Lievore ed Elipanni nel trevigiano saranno in gara anche cinque esordienti per ritrovare il ritmo gara in previsione dell’appuntamento organizzato dal Veloce Club Torrebelvicino per le categorie giovanili a Cogollo del Cengio previsto per per domenica 14 luglio. I giovanissimi saranno impegnati nel veneziano a Scorzè nel meeting regionale di mtb organizzato dalla Libertas Scorze di Igino Michieletto. La Granfondo Liotto a Vicenza vedrà la presenza degli amatori griffati Veloce Club Torrebelvicino 1980.


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trissino

Hockey Trissino:

mercato chiuso col botto: da Viareggio ecco “O Rei” Ventura. “Mi piace vincere...”

di Nicola Ciatti

Portoghese dalla grandissima esperienza internazionale e dal curriculum invidiabile, uno dei giocatori più forti del campionato italiano, si è appena laureato vice campione d’Italia con la squadra toscana: “Ho scelto Trissino per le ambizioni del club e per l’amicizia che mi lega a Sergio Silva: tifosi trissinesi, vi aspettiamo in massa al Pala Dante” lasciato il Porto, sposa la causa del Barcelos, con cui vince una Coppa Cers nella finale contro il Viareggio, la squadra italiana che lo ingaggiò nel 2017. Nella stagione da poco conclusa ha sfiorato il titolo di campione d’Italia, arrendendosi solo a gara cinque di finale scudetto col Forte dei Marmi.

S

i chiude col botto la campagna di rafforzamento del GS Hockey Trissino in vista della prossima stagione sportiva 2019-2020. E’ ufficiale infatti l’arrivo al Pala Dante di una delle stelle del campionato italiano, un giocatore che ha fatto la storia di questo sport in campo internazionale, il portoghese Reinaldo Ventura! Il suo nome completo è Reinaldo Miguel Da Silva Ventura, è nato a Vila Nova de Gara in Portogallo il 26 maggio del 1978, e nel panorama mondiale dell’hockey su pista è conosciuto come “O Rei”. Il nuovo giocatore bluceleste ha fatto il suo debutto nelle giovani-

li dell’FC Porto all’età di 12 anni, e nel suo percorso di formazione ha giocato in tutti i ruoli (difensore, centro, attaccante), mettendo sempre a segno un importante numero di gol sia con la maglia del Porto che delle varie nazionali lusitane. Con il Porto può ventarsi di aver conquistato la bellezza di 31 titoli, mentre il suo curriculum con la nazionale è ancor più ricco, con la vittoria del Campionato del Mondo nel 2003, con la vittoria del Campionato Europeo nel 2016 e col secondo posto nel Mondiale del 2009. E’ stato il capitano del Portogallo vice campione Europeo nel 2008 e 2010. Dopo aver

LA SCHEDA NOME: Reinaldo Miguel COGNOME: Ventura Da Silva DATA E LUOGO DI NASCITA: Vila Nova de Gara (Portogallo) il 26/05/78 RUOLO: Esterno SOPRANNOME: “O Rei” CURRICULUM SPORTIVO (NEI CLUB): 1990 – 1995 FC Porto (Giovanili) 1995 – 2015 FC Porto 2015 – 2017 OC Barcelos 2017 – 2019 CGC Viareggio 2019 – 2020 GS Hockey Trissino CURRICULUM SPORTIVO (NELLA NAZIONALE) 1997 – 2019 Nazionale Portoghese


31 Reinaldo “O Rei” Ventura, benvenuto! Sei un acquisto ufficiale dell’Hockey Trissino 2019/20: che sensazioni provi nell’aver definito l’accordo con la società? “Sono veramente contento di far parte di questo progetto ambizioso. La società ha messo in piedi una bella squadra. Sono arrivati molti giocatori forti, ora starà a noi creare un gruppo unito e forte. Vogliamo creare una squadra dentro e fuori dal campo, che possa giocarsela alla pari con tutte e provare a vincere qualcosa nella prossima stagione”. Quali sono state le motivazioni che ti hanno portato a scegliere questa soluzione rispetto ad altre opportunità che avevi avuto? “Non posso negarlo; sono da sempre un grandissimo amico di Sergio Silva, e quando mi ha chiamato ho accettato con entusiasmo l’idea di aiutarlo in questa sua esperienza. Ci conosciamo da tanti anni; ho sposato questo progetto perché voglio vincere qualcosa con Sergio, col Trissino e con tutta la città”.

Che idea ti sei fatto della squadra che sta nascendo? “I nomi sono importanti, è ovvio, ma se non c’è il giusto gruppo difficilmente si vince. La società ha fatto un grande lavoro e grandi investimenti: ora sta a noi, dobbiamo lavorare per regalare a tutta Trissino le soddisfazioni che questo ambiente si merita”. Per quei pochi che non ti dovessero ancora conoscere, come descriveresti il Ventura dentro e fuori dal campo? “Siamo due persone completamente diverse! Fuori sono una persona tranquilla, sono un uomo di famiglia e mi piace vivere serenamente la quotidianità coi miei cari. Ma dentro al campo sono un po’ meno tranquillo… mi piace vincere e faccio di tutto per raggiungere gli obiettivi della mia squadra”.

Che messaggio ti senti di lanciare ai tifosi del Trissino per essere presenti in massa al Pala Dante nella prossima stagione? “Da parte nostra cercheremo di dare il massimo ad ogni allenamento e partita per portare in alto il Trissino. Ma non ha senso farlo da soli: abbiamo bisogno di giocare in un Pala Dante pieno. Abbiamo cambiato allenatore e quasi tutta la squadra, abbiamo tanto bisogno dell’aiuto della nostra gente. Insieme possiamo toglierci delle belle soddisfazioni, quindi il mio invito non può che essere quello di starci vicino”.


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cornedo

Cornedo in rosa

Per la prima volta il Giro d’Italia femminile parte da Cornedo. A dare lo start alla tappa è stato il neo sindaco con delega allo sport, Francesco Lanaro. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare questa giornata davvero speciale.

Cornedo nel grande ciclismo… Assolutamente sì. È stata una grande giornata di sport quella che abbiamo vissuto. Erano ben 26 le squadre presenti al via; 130 le atlete provenienti da 35 nazionalità diverse. La corsa a tappe più importante d’Italia è, in realtà, una grande competizione internazionale. Ma non ci sono soltanto le atlete. La carovana del Giro è composta da tantissimi tecnici con le loro ammiraglie, un vero e proprio show nello show. Tutto ripreso dalle telecamere di Rai Sport. Una tappa del Giro è uno straordinario evento di sport con una grande eco mediatica. Come siete riusciti a inserire Cornedo nel Giro? Grazie in particolare a Giuseppe Fortuna di Valfer che ha voluto portare la Grande Corsa a Cornedo e poi grazie all’appoggio fondamentale della Banca San Giorgio Valle dell’Agno del gruppo ICCREA, sponsor del Giro.

Non solo lo start a Cornedo ma una passerella attorno al paese… Con i responsabili della Corsa abbiamo messo a punto un percorso cittadino che prevendeva il via dalla zona Industriale, proprio di fronte alla sede di Valfer. Quindi si è scesi verso Castelgomberto per raggiungere Trissino fino alla “rotatoria del leone”, dalla quale si è risaliti per la destra Agno, passando per il centro di Brogliano e, da lì, arrivare nella zona industriale di Valdagno per poi ridiscendere lungo la statale e rientrare dal viale alberato in Cornedo, dove c’è stata una vera e propria passerella nel centro storico. Tra l’entusiasmo del pubblico… Lungo tutto il percorso molte persone di tutte le età hanno salutato le cicliste. Ma soprattutto in centro c’erano davvero tanti appassionati. Il ciclismo è uno sport magico, sa coin-

volgere la gente come pochi altri sport. A Priabona il premio speciale “Mainetti” La Mainetti è stata un’azienda che ha sempre creduto molto nel ciclismo. E’ nella storia di questo sport e quindi si è voluto intitolare la vittoria del passo di Priabona “Gran Premio Mainetti”. Per questa ragione le cicliste si sono date battaglia fin dall’inizio. La corsa è entrata subito nel vivo. Ospitare una tappa è complesso? Direi di sì. Molte persone vengono coinvolte. S’inizia qualche settimana prima con la messa in ordine delle strade, rattoppando qualche buco per garantire alle cicliste un manto stradale il più omogeneo possibile. Poi nella giornata di gara è fondamentale l’impegno delle forze di Polizia Locale che garantiscono la gestione del traffico lungo le strade attraverso le quali passa


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la corsa, ma anche il dopo corsa comporta un certo impegno. Per esempio, bisogna pensare a ripulire marciapiedi e strade dai rifiuti che inevitabilmente si accumulano in giornate come queste. E dopo questo grande evento, quale futuro sportivo per Cornedo? Ero già, nell’Amministrazione precedente, assessore allo sport e ho voluto, anche da sindaco, mantenere questo incarico perché, in accordo con la mia giunta, desideriamo continuare nell’azione di far crescere lo sport nel nostro comune. Nei precedenti 4 anni abbiamo investito 1 milione di euro in strutture sportive, mettendo in sicurezza tutte le palestre e i vari impianti sportivi. Abbiamo realizzato il nuovo stadio coperto per il pattinaggio e l’hockey. Una tensostruttura a doppia camera che può ospitare fino a 400 persone. Il nostro pattinodromo è tra i più grandi del Veneto, 44 metri in lunghezza per 22 di larghezza. Siete un comune supersportivo. Un dato, che mi fa sempre piacere dire, è che circa il 15% della popolazione non solo pratica sport, ma è iscritto a una delle 25 associazioni sportive affiliate al Coni; è un dato decisamente rilevante, che noi, tuttavia, vorremmo far crescere. E a questo proposito stiamo mettendo in campo una specifica “politica sportiva” che aiuti,

attraverso facilitazioni economiche, detrazioni fiscali il diffondersi della pratica e della cultura dello sport tra i giovani. Nuovi progetti? Investiremo ancora, circa mezzo milione di euro, per lo sport. Tra i vari progetti c’è quello di realizzare il primo campo da calcio in materiale sintetico. Trasformeremo il campo di Spagnago, ora in erba, nel primo campo da calcio della valle in materiale plastico, che garantisce un uso h24 in ogni periodo dell’anno con una manutenzione minima. E quali nuove sfide? Mi piace pensare a Cornedo come centro della vallata. Sarebbe bellissimo realizzare nel territorio del nostro comune un grande palazzetto dello sport intercomunale. L’idea di vallata, lo spirito di vallata è un valore cui credo molto; un valore che dovremmo coltivare. Tutti assieme i nostri comuni possono realizzare grandi cose. Dopotutto la tappa è partita da Cornedo, ma è passata anche attraverso i comuni di Castelgomberto, Trissino, Brogliano, Valdagno.


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laghi

Skylakes 2019 la skyrace nel paese più piccolo del Veneto

G

iunta con successo alla quarta edizione, la Skylakes, che si è corsa a Laghi (VI) il 23 giugno, è diventata una delle gare di corsa in montagna più famose d’Italia, inserita nel circuito “La Sportiva” Era iniziata nel 2014 come una scommessa: organizzare una skyrace nel paese più piccolo del Veneto. In questa edizione il percorso di 21 km e 1550d+, a cavallo tra Trentino e Veneto, è rimasto immutato, così come la scelta di aggiungere alla gara dei “grandi” il MiniTrail per i ragazzi 7-12 anni sulla distanza di 1200 m. La vera novità di questa Skylakes 2019 riguarda pacco gara e quota d’iscrizione. Gli organizzatori hanno scelto di fare un passo indietro e riportare la

Skylakes all’essenziale con un occhio al solidale. “Correre, con una mano sul cuore”. Ogni iscritto aveva la possibilità di scegliere se richiedere il gadget d’iscrizione oppure donare il corrispondente valore in denaro a TEAM FOR CHILDREN ONLUS di VICENZA, una associazione dedita all’aiuto dei bambini malati e di appoggio alle relative famiglie con cui Skylakes ha di recente iniziato a collaborare per la costruzione di una casa vacanze per bambini oncologici. Grazie al buon cuore degli atleti sono riusciti a raccogliere quasi duemila euro.

IL PODIO Maschile:

Femminile:

1. Bacchion Gabriele 02:03:33 2. Antonioli Daniel 02:05:52 3. Andreis Daniele 02:10:50

1. Felderer Annalise 02:35:02 2. Gelpi Paola 02:40:00 3. Rota Daniela 02:42:04


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