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opo i primi due mesi di scuola della sua vita, sono tentato di dare a mio figlio il Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels, affinché lo porti alle sue maestre per farglielo leggere. Ha sei anni, fa il tempo pieno, cioè 8 ore al giorno, e porta i compiti a casa con l’invito esplicito di essere seguito dai genitori. Quindi sono 8 ore più gli straordinari suoi e nostri, che quando arriviamo a casa le nostre otto ore, quando va bene, le abbiamo già fatte. Tirando giù dallo scaffale il vecchio Manifesto di Marx e Engles, vorrei fare osservare che qui, nel civile Occidente, sono passati quasi 150 anni da quel famoso 1° maggio di Chicago in cui abbiamo diviso le nostre giornate in tre parti uguali: 8 ore per dormire; 8 ore per lavorare; 8 ore per il tempo libero, definizione, quest’ultima di “tempo libero”, invero un po’ generosa, perché in questo spazio temporale dobbiamo fare tutto quello che non facciamo quando dormiamo e quando lavoriamo/ andiamo a scuola, che è veramente una gran cifra di cose, affatto “libere”: dal cambiare l’acqua ai pesci rossi all’andare dal dentista, per esempio. Non vale, quindi, dire: “ma si tratta di pochi minuti”. Fare i compiti per casa dopo 8 ore o nel week end di biblico suggerimento al riposo, è comunque un impegno, e lungo o breve che sia, è un impegno che invade con la prepotenza dell’obbligatorietà il nostro tempo già di per sé poco libero. Ok, me la sto prendendo per poco, una manciata di minuti, ma il punto non è da poco. Qui, ci si sta dimenticando che i padri della Modernità, dividendo la giornata in tre parti uguali, hanno
voluto dirci che dormire, lavorare e disporre di tempo libero sono tre momenti ugualmente fondamentali per la vita degli uomini. Ci hanno saggiamente spiegato che non si è uomini ma bestie, non solo se non ci si riposa il dovuto, non solo se non si ha un lavoro dignitoso, ma si è bestie anche se non si ha il giusto tempo libero per curare e far crescere i nostri individuali interessi attraverso i quali si forma la nostra personalità. Una lezione che incredibilmente abbiamo dimenticato. “Non capisco gli uomini occidentali”, ha scritto il Dalai Lama, “si ammalano per fare soldi e poi spendono soldi per curarsi”. Potremmo aggiungere: non capisco le scuole occidentali che sovraccaricano di ore di studio gli studenti di sei, dodici, diciotto anni, per, poi, vederli abbandonare perfino il corso di laurea breve e, cosa gravissima, smettere per sempre di leggere (in Europa siamo al penultimo posto in percentuali di laureati; siamo gli ultimi in numero di libri letti in un anno). Non capisco lo sport occidentale il quale è alla ricerca spasmodica del risultato fin dai suoi atleti più giovani, per, poi, vederli smettere prima dei quindici anni. (Una statistica del Coni mostra come sia una percentuale insignificante quella di chi ha vinto da ragazzo i Giochi della Gioventù e da grande ha partecipato a un’Olimpiade. Consideriamo, inoltre, che oggi a fare sport sono i pensionati che da giovani ne facevano poco - erano altri tempi - e si stanno prendendo una bella rivincita, vivendo alla grande e in salute la loro maturità; chiediamoci se così sarà anche per i nostri ragazzi, dopo che li avremo stancati da piccoli). In altre parole, la contraddizione è questa: lavoriamo per fare più sol-
di Luigi Borgo
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di possibili e pagare i mutui, e non per fare quei soldi necessari per vivere bene; studiamo per prendere voti e fare i genietti a scuola, e non per capire e, soprattutto, per appassionarci alla comprensione colta del mondo; facciamo sport per vincere la gara della parrocchia e sognare di essere campioni, non per educarci a crescere in una vita sana. Certo, in questa logica assurda, i genitori sono chiamati a fare la loro parte. Ufficialmente e necessariamente chiamati a fare la loro parte, dato che così fan tutti; dato che così bisogna fare per avere un figlio genietto a sei anni. Nemmeno Mozart, che però era davvero un genio, sarebbe stato così precoce senza il padre Leopold; nemmeno Leopardi, senza il padre Monaldo. Ma, ahinoi, sia Wolfgang sia Giacomo morirono infelicissimi sotto i quarant’anni, cioè prematuramente, come qui si vuole dimostrare. Ovvero, se da piccoli fossero stati lasciati in pace, avrebbero fatto le stesse cose che hanno fatto - erano geni! - ma le avrebbero realizzate in una vita più lunga e più serena. E questo vale per i campioncini dello sport che hanno sempre due coach, quello della squadra e il proprio papà. Insomma, siamo così irresponsabilmente sciocchi da lessarci il cervello prima ancora di capire che abbiamo un cervello fantastico da far funzionare; da logorarci il corpo e lo spirito sportivo prima ancora di scoprire che abbiamo un corpo e una predisposizione mentale a fare sport che ci potranno far vivere attivi e in salute per il resto della nostra vita. Se prossimamente mi vedete con gli striscioni davanti alla scuola di mio figlio con su scritto “IL TROPPO E’ NEMICO DEL BENE”, adesso sapete perché.
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obiettivi più importanti della stagione 2010 erano il campionato Italiano e l’europeo di settembre di mtb riservato agli under 40 sulle 24 ore. Il 29enne valligiano non ha sbagliato nulla ed in meno di un mese è riuscito a cogliere i due successi più importanti della sua carriera. Nella gara tricolore di 24 ore in mtb, disputata il 4 e 5 settembre in Val Rendena in un percorso molto impegnativo dal punto di vista altimetrico il longilineo Paolo Aste ha pedalato per 508 km staccando il secondo Tiziano Valduga di ben 106 Km. Ma se vincere è difficile ripetersi lo è ancora di più ed è infatti a Roma che Aste ha compiuto l’impresa, quasi un miracolo: nella stupenda cornice del Parco degli Acquedotti il ragazzone ha percorso ben 622 km. staccando di 75 km. il secondo arrivato Armando Coccia (per lui 547 km.).
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mtb
Una prova maiuscola perché, disputata in un percorso reso difficile dalle pessime condizioni del fondo sterrato, in cui Paolo ha pedalato per 24 ore alla media finale che sfiora i 26 Km/h. La gara in realtà non ha mai avuto storia in quanto dopo appena 8 ore di gara Aste aveva già 45’di vantaggio pari a 22 km. sugli inseguitori. Nonostante una vittoria ormai scontata, Paolo, come sa fare in queste occasioni, è rimasto sempre concentrato e durante tutta la notte ha continuato a pedalare senza sosta lungo il tracciato non illuminato, reso ancora più insidioso dall’oscurità. Solamente negl’ultimi metri, ormai in vista dell’arrivo previsto per le ore 12 della domenica, la sua determinazione ha lasciato spazio alla gioia per aver portato a termine una grande impresa. Stanco e allo stesso tempo felicissimo per la conquista del campionato europeo delle 24 ore in mtb, da vero dominatore, nell’intervista del dopo gara ha dedicato la sua vittoria al ciclista scledense Thomas Casarotto ringraziando altresì a stagione conclusa, dopo aver vinto praticamente tutto, il proprio team Essegi2, la Linskey che gli ha creato la bici su misura grazie all’amico Claudio Sartori ed infine lo staff che lo ha supportato durante le competizioni e nella trasferta romana: Fabio Menegotto, Carlo Corrà, Giovanni Taldo e Savio”. Ricordiamo che nel 2010 Paolo Aste aveva conquistato il quinto posto assoluto alla Race Around Slovenia nell’Ultracycling di Coppa del Mondo, all’esordio nella specialità, in una gara di ben 1230 km. con un dislivello che ha sfiorato i 20.000 metri preludio questo all’impresa che il coriaceo e determinato Paolo Aste sta preparando “per la leggenda” che nel 2011 lo vedrà tra i protagonisti nella la Raam americana Coast to Coast del giugno prossimo.
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abato 25 settembre scorso, l’ultra-maratoneta Corrado Buzzolan, classe 1964, ha terminato con successo la SPARTATHLON, la corsa a piedi di 246 Km che parte da Atene e arriva a Sparta, terminando nella 71esima posizione. Ha dovuto correre svelto e senza soste, visto che lungo il percorso ha dovuto passare ben 74 punti di controllo, dei cancelli ad eliminazione che rendono a maggior ragione estrema l’impresa. L’ammissione a questa gara impone già un curriculum di tutto rispetto, con tempi eccellenti su precedenti ultra maratone, conferendo a questa gara un elevato livello qualitativo e tecnico. 350 partecipanti da tutte le nazioni, 220 ritirati e 130 finiscers. La Spartathlon, è una gara estrema che nasce per commemorare la grande impresa storica del messaggero/corridore greco Filippide che percorse appunto il tragitto Atene/Sparta per chiedere aiuto contro i persiani. Corrado in 34 ore 23 minuti ha terminato la sua gara che per la lunghezza del percorso, le temperature elevate e il dislivello è considerata la più dura al mondo. In questo tipo di prestazione la vittoria non si misura nella posizione di arrivo, ma dall’arrivo stesso. Quindi complimenti a tutti gli atleti finiscers e al vincitore Cudin Ivan, il friulano, che, col tempo eccezionale di 23 ore ha tagliato il traguardo di questa edizione.
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da sinistra: Ivan Cudin vincitore Corrado Buzzolan, f iniscer,elo Nucifora, f iniscer Spartathlon 2010, Carm
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Perché Spartathlon? Soprattutto una sfida ed anche un ’impegno con i miei figli. Nella vita è molto importante rispettare gli impegni presi e dare l’esempio ai propri figli, ciò è stato sicuramente uno stimolo per portare a termine tale gara. Che allenamento e gare ha fatto per prepararsi all’evento? Per l’allenamento non seguo specifiche tabelle, anche perché per gare così particolari non ce ne sono. Conduco una vita salutare, curo l’alimentazione, non faccio solo corsa ma vado anche in palestra (QuiFit di Schio), a fare trekking in montagna, gioco a basket e la sera/notte vado a passeggiare con la mia cagnetta Clara. Ho partecipato a varie gare nel corso degli ultimi anni, non solo di lunga durata ma anche in montagna che mi sono state comunque molto utili. L’anno scorso ho partecipato alla 9 Colli, di 200 Km che mi ha permesso di qualificarmi per la Spartathlon. Come ha trovato l’accoglienza e l’organizzazione ad Atene? L’accoglienza è stata molto calorosa soprattutto da parte degli atleti provenienti da tutti i continenti; l’organizzazione è stata perfetta. Ma è bello soprattutto il clima che si respira, sia prima, durante che dopo la gara. Cosa c’è di storico in questa gara? Il percorso rievoca quello percorso da Filippide che è partito da Atene ed è andato a Sparta per chiedere aiuto in seguito all’invasione dei Persiani. Le difficoltà che ha trovato lungo il percorso? Le difficoltà tante: il caldo di giorno, pioggia, freddo e sonno di notte, momenti durissimi durante la salita al 160 km ad un monte con 900 metri di dislivello. Ultima crisi al km 200 per mancanza di energie a seguito di una insufficienza alimentare. Quest’anno ha vinto (per la prima volta) un italiano, cosa pensa degli atleti italiani? Sono nate delle amicizie? Per la prima volta in questa competizione ha vinto un italiano, Ivan Cudin. E’ stata una vittoria importante sia per l’ottimo tempo (poco più di 23,00 ore) sia perché ricorre-
va il 2.500 anno dal fatto commemorativo. Cudin, oltre ad essere un grandissimo atleta, primatista italiano nella 24 ore di corsa con il record di 261 km percorsi in 24 ore, è una bravissima persona, che mi ha favorevolmente colpito per la sua modestia. Sebbene sia una gara competitiva, l’obiettivo dei partecipanti, tranne per i primi che puntavano al podio, era quello di arrivare al traguardo; conseguentemente si cercava di aiutarci reciprocamente. Io sono stato fortunato, e gli ultimi 60 km li ho percorsi in compagnia di Carmelo Nucifora, persona caratteristica che mi è stato di grande aiuto. Da questo sta nascendo una stimata amicizia.
E la famiglia e amici? Un ringraziamento particolare va alla mia famiglia che sono i miei primi fans. Poi ringrazio gli amici e conoscenti che hanno seguito l’evento e mi hanno accolto calorosamente all’arrivo da Sparta.
Sue considerazioni personali: è stata una grande gioia. L’emozione dell’arrivo è qualcosa di indescrivibile, che ripaga di tutti i sacrifici fatti prima e durante la gara. A livello sportivo è stato seguito? Devo molto al mio preparatore atletico Antonio Pasqualotto di Puro Sport di Zanè il quale mi ha portato alla competizione in condizioni di forma ottimali. Prossime mete? Mi piacerebbe fare una 24 ore su pista, una gara molto particolare che non ho mai fatto, ma che richiede una forte volontà mentale.
Più testa o più fisico? Il fisico ci vuole senza dubbio, senza un’adeguata preparazione fisica non si possono portare a termine queste competizioni; la testa è indubbiamente molto importante soprattutto nell’affrontare le varie difficoltà che si incontrano. Direi che ci vuole soprattutto una forte motivazione per riuscirci.
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il “folpo” indovino
Chi non ha sentito parlare di Paul, il polpo tedesco che ha indovinato tutte le partite dei mondiali del Sud Africa? Il nostro super esperto di waterword, Momento della scelta Antonio Rosso, ci dà della squadra vincente nuove notizie al riguardo.
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di Antonio Rosso foto di Denis Zorzin
uò l’ambiente subacqueo unirsi al mondo del calcio? Difficile, diremmo tutti. Eppure negli ultimi campionati mondiali di calcio in Sud Africa è stato possibile. Chi non ha sentito parlare di Paul, il polpo che ha centrato i risultati delle partite della Germania comprese le sconfitte con Serbia e Spagna e ha indovinato pure la finale tra Spagna e Olanda. Il polpo ha sempre indicato la squadra vincente scegliendo tra due piccole scatole, ognuna delle quali aveva un’ostrica e la bandiera delle nazionali in campo, quella della squadra che avrebbe vinto. Chissà come dovevano sentirsi quel fior fiore di professionisti (molto superstiziosi) a giocare con un risultato già scritto: perdenti. Materia da psicanalisi. Ora il nostro polpo è morto il 26 ottobre nella sua vasca, all’acquario Sealife di Oberthausen, in Germania, dove era custodito. Cause naturali, in cattività il polpo raramente vive più di un anno. Da vivo era diventato una leggenda. Nessuna mascotte creata a tavolino aveva mai raggiunto la sua celebrità. Aveva pure ricevuto la cittadinanza onoraria di O Carballiño, paese della Galizia, in Spagna, noto per la sagra del polpo che si tiene ogni anno in agosto. Ora sembra assicurata anche la sua notorietà futura: ci sono delle applicazioni software per i-phone e google android, che servono ad aiutare gli incerti a prendere la giusta decisione ed in Cina è già uscito il film “Chi ha as-
Il polpo in poche righe Non tutti sanno che Polpo è un termine generico che indica due generi: Ozoena e Octopus. Il primo comprende i moscardini che hanno una sola fila di ventose e non va confuso con il secondo, l’octopus o polpo comune, chiamato anche piovra che di file di ventose ne ha due. Occhio in pescheria. Per contro non va utilizzato il termine “polipo”, anche se alcuni lo usano. Tanto per capirci i polipi sono dei piccoli animali della famiglia dei cnidari, che vivono in colonie come le gorgonie. Hanno piccoli tentacoli colorati, contribuiscono alla costruzione delle barriere coralline e non hanno nulla a che vedere con i nostri polpi. Le ricette che troviamo in internet digitando “polipetti” non dovrebbero comparire. Il diminutivo di polpo è “polpetto” e non “polipetto” che come abbiamo visto identifica un altro animale. Nel dubbio aiutiamoci con il dialetto: “folpetti”, è chiarissimo.
sassinato il polpo Paul?” fiction ambientata nel mondo delle scommesse. In ogni caso è già stato sostituito da Paul II immesso il 3 novembre nella stessa vasca del suo predecessore, con tanto di conferenza stampa. Lo spettacolo deve continuare. Che il polpo fosse particolarmente intelligente è sempre stato riconosciuto a livello scientifico, ora si vuole proporre che sia pure indovino. Mi sia consentito dubitare. Per i subacquei il polpo è sem-
È un mollusco della classe dei Cefalopodi con il corpo a forma di sacco e otto lunghi tentacoli forniti di ventose. Ha la caratteristica di avere tre cuori e la capacità di cambiare colore molto velocemente e con grande precisione mimetica. Al centro degli otto tentacoli, sulla parte inferiore dell’animale si trova la bocca che termina con un becco corneo utilizzato per rompere i gusci delle conchiglie e il carapace dei crostacei di cui si nutre. Si sposta velocemente espellendo con forza l’acqua attraverso un sifone, che viene utilizzato anche per l’emissione dell’inchiostro nero usato in funzione difensiva per confondere i predatori.
pre stato un animale particolare, ottimo da mettere in pentola, ma soprattutto intelligente, curioso e giocherellone. Pure gli archeologi subacquei non hanno disdegnato di utilizzare le sue capacità, andando a rovistare nelle sue tane per trovare gli indizi di qualche relitto
avendo egli la caratteristica di portarsi in tana, frammenti di conchiglie, di pietre o di anfore antiche … per proteggersi e mimetizzarsi. Il fotografo subacqueo ha solo l’imbarazzo della scelta nelle inquadrature. Possibili sia fo-
tografie a distanza ravvicinata quando si trova in tana o è appoggiato su qualche substrato, oppure foto a figura intera mentre si muove spingendosi in avanti con il suo getto d’acqua. Lo si trova a basse profondità; per avvicinarlo è necessario muoversi lentamente, e, in ogni caso, nelle foto è preferibile usare la luce artificiale. Spesso il polpo si lascia andare ad affettuosità e si può giocare con lui, toccarlo, accarezzarlo sulla testa, farsi prendere dai suoi tentacoli. Alla fine, dopo una decina di minuti di gioco, quando si stanca e pigramente ci lascia, voglio vedere chi ha il coraggio di prenderlo e portarselo a tavola, soprattutto ora che ci può venire il sospetto che riesca a capire con chi ha a che fare e che fine lo aspetta. Meglio la fotografia.
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Viero Campione 12
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tagione fantastica per il vicentino Paolo Viero, anno 1982, nel Campionato Italiano Velocità Fuoristrada, che si aggiudica il trofeo “Energie Alternative 2010”, con il suo Proto Sc Tdi classe B2, ottimamente preparato dalla ditta di famiglia JA Service Car di Santorso, un proto che monta con un motore Wv 1.900 tdi dalla potenza di circa 210 cavalli, con il quale il nostro forte pilota è stato vincitore anche della edizione 2009. Questi prototipi corrono normalmente su piste estremante impegnative perché si tratta di piste nate e riservate per lo svolgimento del Mondiale di motocross e, quindi, hanno tutta una serie di caratteristiche che poco si addicono alle quattro ruote, tuttavia le infinite insidie danno una grande spettacolarità alle competizioni, dove passaggi al limite, impennate, curve su due ruote sono di norma per questi prototipi e per i loro driver. Il pubblico è sempre entusiasta e partecipa numeroso ai vari appuntamenti gestiti dall’Asso Fuoristrada di Roberto Maculan. Dopo un campionato combattutissimo, Paolo Viero è riuscito a imporsi solo nell’ ultima gara, svoltasi sull’insidiosa pista di Faenza dove il nostro pilota ha tenuto dietro il suo diretto avversario il riminese, Andrea Lorenzetti, con Proto 3.000 tdi, dopo tutta una stagione in cui si sono dati sportivamente battaglia in un continuo alternarsi al vertice della classifica. Una vittoria, quindi, importantissima quanto
di Demitri Brunello
sofferta, ma conquistata con merito e caparbietà che va ad incoronare tutti gli sforzi sostenuti dalla Jolly Team. Su questo punto Paolo desidera, da queste pagine, ringraziare papà Gelindo e tutto lo staff della Service Car di Santorso e i tanti amici che l’anno seguito e sostenuto durante la stagione sportiva. Categoria Bio diesel, dicevamo, è una categoria a cui possono partecipare autoveicoli alimentati con un combustibile ecologico, derivato da alghe e resti alimentari, quali bucce di arancia e mais, quindi un carburante assolutamente non inquinante, ma, altresì, estremamente performante in prototipi come questi. (Il non utilizzo di questi carburanti nell’uso non sportivo si deve principalmente al loro alto costo di produzione e quindi di vendita). Per la prossima stagione la squadra Jolly Team ha in cantiere un nuovo proto per Paolo sempre Bio Diesel ma con motore 3.000 con cui punterà a conquistare il Titolo assoluto di CIVT.
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Tezze racing
l via si sono dati appuntamento 230 ciclisti. La bandiera dello starter è stata alzata dal giudice di gara FCI alle ore 16,00. La cittadina era presa dall’euforia della gara del mattino, dove si è sentito a gran distanza il “ruggito del leone” Federico, campione Italiano di ciclicross in carica e grande campione di pista (pisteer)atleta di casa. Federico ha superato tutti ed è riuscito con una grande strategia a compiere la sua volata, anticipando di poco Luca. Sia Federico che Luca sono due allievi che dimostrano di essere dei fuori-classe, simpatici, che sanno interagire con i compagni delle rispettive squadre e con gli avversari. Federico si distingue per la sua criniera cangiante (per scaramanzia o per moda) usa colorarsi il ciuffo in vari colori, Luca, invece, ha il passo elegante della “gazzella”. Ricordo Luca al G6 al me-
eting delle Badie a Treviso dove ha dimostrato al pubblico la sua grande tenacia; in una prova di mtb si era creato uno spalla-spalla con Andrea per fare a gara per “tagliare” il “filo del traguardo” per primo, gara da brivido, con gli spettatori tutti eccitati e con l’adrenalina “palpabile a vista d’occhio”. Domenica pomeriggio gli appassionati di ciclismo sono rimasti affascinati nel notare l’impegno e il credere nell’agonismo dei ragazzi; sembra impossibile che così giovani siano determinati e preparati per gareggiare. Man mano che aumentavano le categorie, aumentavano i giri del percorso: il circuito pianeggiante si snodava per una distanza di km 1,200 metri. A metà gara, mentre transitavano i G5, si è notata la forza di “Pippo”, Filippo, uscire a tutta da una curva; il gruppo era compatto e mentre il giovane atleta si prestava alla manovra di imboccare la seguente curva a “esse”, il gruppo “inferocito” lo stringeva. Non
A Tezze sul Brenta si è disputata una gara riservata ai giovanissimi, ottimamente organizzata dal gruppo Bici Sport Linda. di Donatella Brunello trovando quindi spazio, è stato sfiorato e toccato da altri atleti, che purtroppo lo hanno fatto cadere. Filippo allora non si è fatto scoraggiare dal malcapitato incidente, subito rialzatosi, ha imbracciato la bici e, dopo aver fatto un veloce controllo al mezzo, a gara ormai compromessa, è passato vicino alla giuria, dove si è accorto della presenza del genitore e del presidente della squadra, e incitato da loro e dal pubblico, con grande abilità ha cambiato rapporto, si è alzato sui pedali e ha reagito da autentico campione, rimettendosi in gara. Al giro di boa successivo, Pippo era affiancato da Mattia, suo compagno di squadra. I due si erano portati nelle prime posizioni. Con un grande talento gestivano la gara e, pedalata dopo pedalata, se la sentivano sempre più loro. Sembravano due “leopardi”, erano in simbiosi perfetta; ottima la strategia di gara per entrambi. La prova è stata vinta dal “leopardo” Thomas, grande ciclista della Bicisport Lin-
da che ha avuto la meglio in volata. Merita un applauso il signor Franco Tessarollo, padre di un ciclista giovanissimo della Bicisport Linda e nell’occasione speaker della manifestazione. Il signor Franco è una persona altamente preparata, dalla buona dizione, che ha saputo trattenere il pubblico attento. Dimostrandosi ben documentato, ha rivolto parole di conforto per tutti i ragazzini, soprattutto per coloro che non hanno vinto. Egli ha spiegato l’importanza di partecipare, di divertirsi, di misurarsi con gli altri siano essi compagni di sport, di gioco, di scuola, di partite a palla. Non ha fatto distinzione di forza o di bravura. Ha fatto notare, anche, che in gara c’erano delle new entry chiedendo applausi di incitamento a tutto il pubblico proprio per loro, coinvolgendo pure i rappresentanti delle forze dell’ordine, intervenute sul luogo per garantire lo svolgersi in sicurezza di tutta la manifestazione. Nulla è fuggito al
signor Francesco Cecchin, vice presidente dell’FCI provinciale e presidente del gruppo Bicisport Linda. Con il suo mezzo (una due ruote bordeaux) era attento a tutto. Ha accompagnato i baby ciclisti alla partenza, per aspettarli, poi, alla prima curva situata a 50 m dalla partenza e, quindi, li precedeva come apripista per accertarsi che il percorso fosse sgombro da mezzi a quattro ruote e fosse ben libera la visibilità dei ciclisti. Alle ore 18 si sono tutti radunati in piazza davanti al municipio per le premiazioni, dove sono stati premiati tutti gli atleti fino ai primi cinque di ogni categoria maschile e femminile e i gruppi partecipanti. Le famiglie si sono allegramente salutate e si sono date appuntamento alla domenica seguente sui nuovi percorsi agonistici. In conclusione si può affermare che è stata, questa, un’altra giornata di grande ciclismo e di grande educazione a crescere nei valori dello sport.
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Il pattinaggio artistico, sport e musica; conosciamo i nostri campioni.
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l pattinaggio è uno degli sport minori particolarmente consigliato ai bambini in età pre-scolare e scolare, infatti sviluppa senso dell’equilibrio e la gestione del corpo attraverso il gioco; la socializzazione con i compagni è affiancata da una profonda fiducia in se stessi e nelle proprie capacità; la struttura fisica cresce armoniosa perché nell’attività sono interessate tutte le fasce muscolari in modo mai pesante; spesso le lezioni sono integrate da psicomotricità e riscaldamento con o senza pattini. Lo sport, prima che competizione è socializzazione, stare insieme nel rispetto delle regole comuni, cercando di dare a tutti la possibilità di esprimersi, ognuno secondo le proprie capacità. Il pattinaggio è, un mix di ballo e sport... naturalmente a ritmo di musica in coppia o singoli offre molte soddisfazioni, innanzitutto i costumi che da soli offrono uno
spettacolo meraviglioso: brillii di luce, e poi i pattini che sembrano volare su piste qualche volta anche non adatte...con tanta grazia... anche la persona più goffa con un paio di pattini è elegantissima. La musica poi spinge a fare il meglio possibile. Ciò non toglie che chi vuole affrontare le sfide e l’agonismo delle competizioni, trovi nelle società competenza, supporto, questo è quello che capita ad atleti della nostra provincia che dopo tantissimi sacrifici , allenamenti dispendiosi, supporti dei famigliari,con merito si sono conquistati un posto nella nazionale italiana non dimenticando che il Veneto è la regione più forte al mondo, e se chiedete ad un qualsiasi pattinatore quale campione vorresti diventare sicuramente non menzionerà i soliti noti Ronaldigno, Ballotelli e compagnia ma il suo sogno sarà assomigliare a Riva o Tania Romano pluri campioni mondiali sconosciuti a tutti i media . Alice Rodighiero 16 anni è da a Breganze. Pratica lo sport del pattinaggio artistico a rotelle nella società del paese. A4 anni mette i pattini e da allora non ha più smesso. In nazionale da quest’anno dopo gli ottimi risultati ai campionati italiani , di lei dice: “Per essere ad un buon livello ho dovuto intensificare gli allenamenti , fare parecchi chilometri per essere seguita da altri tecnici. Certo i sacrifici che ho fatto e che sto facendo per questo sport sono molti, però li faccio volentieri perché pattinare mi piace tantissimo e mi sto rendendo conto che tutto serve anche se subito non si notano i miglioramenti, con il tempo iniziano ad arrivare le soddisfazioni, quelle più sudate e che maggiormente ti stimolano. E’ per questo che non mi sono mai persa d’animo e non mi sono mai arresa anche dopo anni di continue delusioni dovute anche ad un infortunio al menisco. IL pattinaggio è un grande impegno e riuscire a conciliare scuola e sport richiede molta organizzazione, saper impegnare il tempo e non sprecarlo”. Eleonora Moro forte atleta singolista abita a Schio, gareggia in tutte le specialità grazia eleganza e fortissimo temperamento la contraddistinguono. Da anni è sempre tra le prime atlete in regione e oggi è in nazionale italiana in coppia con Amadesi A. Coppia di re-
pattinaggio 15
alice rodighiero giovanni rigo
rodighiero alice
cente formazione, pattinano assieme da ottobre dell’anno scorso ma hanno già un curriculum ottimo: campioni provinciali, regionali, italiani FIHP e UISP e ai recenti campionati europei sono saliti sul gradino più alto del podio. Inoltre hanno vinto il trofeo internazionale “Barbieri”, il trofeo internazionale città di Oderzo e il trofeo internazionale “Pieris”. Eleonora Moro è iscritta alla società New Skate Bassano(vi) e Alessandro Amadesi è iscritto alla società Pontevecchio di Bologna,di coppia vengono allenati da Maria Rita Zenobi e si allenano a Bologna. Lasciamo immaginare i sacrifici ed il tempo ed i costi dedicati per raggiungere questi traguardi . Saccardo Vittoria atleta solare, fisico statuario della nostra città, Valdagno, è allenata e seguita con costanza dall’allenatrice Stefania Intelvi. Fin dagli inizi si distingue sia a livello provinciale che regionale, è la prima atleta valdagnese femminile singolista della provincia a far parte della nazionale italiana nella categoria cadetti, quest’anno ha conquistato ottimi piazzamenti sia a livello di trofei internazionali sia in tutte le gare disputate, nonostante il cambio di categoria è giunta ottava ai campionati italiani fihp di Bormio ed è stata riconvocata in nazionale. Non servono presentazioni per Giovanni Rigo da anni sempre ai vertici della specialità come singolista che con i gruppi. Pluricampione, da anni è uno tra i più forti pattinatori azzurri. Con tutti i sacrifici fatti purtroppo è conosciuto solo nell’ambiente rollistico . Ecco, vi abbiamo raccontato chi sono le promesse del pattinaggio nazionale, i nostri campioni di costanza, di sacrifici e di tenacia sotto il cui esempio tanti altri giovani pattinatori stanno crescendo.
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eleonora moro
alice e vittoria podio trofeo internazionale f ilippini eleonora moro
al centro ali
ce e vittoria
saccardo vittoria
f inale di stagione Dopo avere annullato per due domeniche consecutive le regate di fine stagione a re causa del cattivo tempo, sabato 30 ottob si sono lasciati gli ormeggi per un’altra entusiasmante giornata di gare.
T
empo buono e vento da nordest, grecale, a 5 nodi, sabato 30 ottobre: finalmente Fimon ha potuto ospitare le regate di fine stagione. Ben 15 gli equipaggi iscritti, molti reduci dalla mitica Barcolana di Trieste dove la LEGA NAVALE ITALIANA è sempre l’associazione più numerosa. Tanta voglia di regatare e di chiudere al meglio la stagione velica vicentina. Ecco la cronaca delle regate e i vincitori. Alle 13.00 parte il Match Race dei finalisti della classe Tridente , gara bellissima di tecnica e astuzia, che alla fine delle due regate a bastone sulla rotta “boa Nord – bricola di Capo di Buona Speranza” assegna il primo posto all’equipaggio De Toni Micael e Saral/Perina Claudio davanti a Pilati Claudio/ Magaraggia Valentino/Angela Ceolato . Alle 14.50 i suoni del corno danno il via alla 6° regata finale valida per l’assegnazione del
vincitore del 4° Campionato del lago di Fimon, in contemporanea con la regata degli optimist riservata ai ragazzi fino ai 13 anni per l’assegnazione della Coppa “Memorial Nini” messa in palio dallo sponsor Wall StreetI Institute di Claudio Cagnin, inoltre per l’aggiudicazione del Trofeo “Memorial Aldo Fioravanti” alla barca più veloce del lago. La regata sul percorso “boa Nord – boa Capo Horn” è avvincente e spettacolare. I risultati assegnano la Coppa Memorial Nini a Silvan Andrea, il trofeo Memorial Aldo Fioravanti all’equipaggio “De Toni M. - Perina C.” vincitori della regata con la deriva 470 , mentre il Campionato del lago di Fimon 2010 va all’equipaggio “Pilati C, - Magaraggia V.”con la deriva 470 e le coppe offert dal Coni Provinciale. Le premiazioni con la presenza del Vicepresidente del Coni Emiliano Barban onorano tutti i partecipanti e fanno ber sperare per la vela vicentina.
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vela
g n i k l a w n e gre
nordic ic walking 18
L
di Arturo
Cuel
a camminata nordica se praticata in un posto very ok è ancora più bella, per questo motivo l’Associazione Nordic Walking Vicenza ha organizzato una 2 giorni di full immersion nella rinomata Lavarone. Un luogo dotato di un’ampia scelta di percorsi attrezzati che si è dimostrato perfetto per soddisfare la voglia di outdoor & fitness. Sotto la guida degli istruttori della scuola italiana si è tenuta una parte didattica per apprendere la corretta postura e gli elementi basilari di questa moderna disciplina. Uno sport che sembrerebbe scontato, ma che invece, per coinvolgere il maggior numero di muscoli possibile, è bene imparare attraverso la giusta tecnica. Aperto a tutte le età, dai giovanissimi agli over eighty, ha il vantaggio di costare pochissimo: per praticarlo non serve saccheggiare il salvadanaio dei nipotini, bastano pochi “dollari” per acquistare due bastoncini - non quelli da trekking! – e via, più veloci della luce! Potete lasciare mantello e maschera da superman nell’armadio, infatti la dipendenza d’adrenalina è una faccenda sconosciuta, ma non per questo si è lenti, anzi, la sgambettata nordica è svelta e dinamica. La fatica si mantiene sempre nei limiti del piacere, mai si arriva allo stato di sfinimento delle forze. Il maggior consumo di calorie è garantito, così l’appagamento personale e il benessere fisico che ne deriva. Ispirato al passo alternato dello sci di fondo, lo si può praticare durante tutto l’anno e ovunque: appena fuori dalla porta di casa, lungo il marciapiede, sugli argini dei fiumi o nei parchi della città. Meglio evitare le zone non proprio inclini per filosofia: vedi le aree del petrolchimico, le tangenziali o incollati a sniffare gli scarichi delle automobili. Comunque sia, ci sono molti posti per poterlo fare, basta qualche uscita e le location si scovano facil-mente. E’ rilassante e farlo in compagnia di un gruppo come questo è divertentissimo! Si conoscono un sacco di nuovi amici e per di più la socializzazione avviene
avarone per il L i d o n ia ip lt ’a ll su giorni Riuscitissima due nza, aria purissima e magico verde e Nordic Walking Vic
strada facendo, tanto le pulsazioni si mantengono basse come in una semplice passeggiata. Qui sull’altipiano, grazie alla salubrità dell’aria, lo sprint è diverso, c’è un turbo in ognuno dei partecipanti. Per chi è abituato a vivere dove regnano le polveri sottili è un po’ come inghiottire un intero tubetto di Saila menta, vuoi mettere... Nel frattempo, qualcuno si è intrattenuto con il Gymstick, una delle molteplici varianti con
i bastoni, assolutamente consigliato quando fuori dalla porta il tempo è brutto. Nel tour della giornata i walker passano accanto ad una delle sette fortezze della cintura corazzata dell’ex confine austroungarico: forte Gschwent o comunemente chiamato Forte Belvedere. Il sentiero prosegue e sembra conformato appositamente per interiorizzare uno stato d’animo difficilmente assimilabile in altre situazioni: i primi colori autunnali e il silenzio del bosco diventano una vera beatitudine. Diamo un po’ di numeri: un passo ed una spinta, 1000 passi sono milmil le spinte e questa è la vera riri velazione del Nordic Wa l k i n g ! Per eguaegua gliare gli
stessi benefici sarebbero necessarie molte ore di palestra, vi sembra poco? Alla fine della exit, quando ormai i bastoncini mostrano i primi segni di “surriscaldamento” ci sono la piscina e le mani esperte delle massaggiatrici del recente centro wellness, campo base di questo speciale fine settimana. La mattina del giorno dopo, ben coccolati e riposati, si è pronti per un percorso alternativo. E’ il turno del numero 4, il giro del Tomazol. Nove chilometri e seicento metri di wilderness puro, uno sterrato affascinante. Così il lungo serpente di liberi camminatori sfila ordinato fra gli antichi muretti confinari. “Si spinge ragazzi! E’ un must, lo dovete proprio fare se desiderate conseguire quel movimento completo ed elegante ”. Il tracciato s’addentra nelle frazioncine composte da poche case e sbuca alla vista del suggestivo omonimo lago alpino. Un giro attorno al bacino lacustre in cui Sigmund Freud - il padre indiscusso della psicoanalisi - amava concedersi elucubrazioni mentali. “Ma no, cosa vediamo, fermatelo!” In ogni compagnia che si rispetti c’è sempre chi mette i puntini sulle i, ma questo è troppo! Il tipo, nell’improbabile tentativo d’impersonare il grande Sigmund, si è messo a fare 2 conti: in due ore e vettisetteminuti abbiamo fatto 3450 passi con altrettante spinte ed un consumo calorico di x fratto ypsilon che facendo la radice quadra... No comment! Desiderate saperne di più: www. nordicwalkingvicenza.com
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omenica 10 ottobre a Cles (TN) ai Campionati Italiani Giovanili Fidal il team del Veneto ha vinto l’oro nella staffetta 4x100m categoria cadette (nate nel 1995 e 1996) stabilendo il nuovo primato italiano con 48”03. Tra le quattro staffettiste c’era anche Greta Fornasa, quattordicenne valdagnese tesserata per la Polisportiva Valdagno che frequenta il primo anno del Liceo delle Scienze Umane. Lei era la seconda staffettista e soprattutto la più giovane delle quattro. Le altre ragazze erano Martina Favaretto di Mestre, Cadette Herrera di Verona e Ottavia Cestonaro di Vicenza, quindi due vicentine nel quartetto più forte d’Italia! Greta ci racconta che le quattro atlete si conoscevano già dai precedenti ritiri svolti nel Centro Coni di Schio dove avevano svolto tanti allenamenti soprattutto sui cambi, momento cruciale di ogni staffetta. Sapevano di essere forti e di poter vincere il titolo italiano, ma non si aspettavano di battere anche il record e ovviamente la soddisfazione e l’emozione è stata molto grande. Ma Greta non è di molte parole, della sua gara dice di essere molto contenta, ma non aggiunge molto di più, pensa già agli allenamenti per i prossimi appuntamenti. D’altra parte di gare ne ha già fatte tante e a casa ha un sacco di coppe e medaglie che la mamma Antonella ci mostra orgogliosa insieme alle tante foto scattate sul campo dal papà Roberto. Oltre a questo titolo italiano nel 2010 è arrivata terza ai regionali sugli 80m e sui 300m oltre ad aver vinto i titoli CSI sempre sugli 80m e sui 300m. Nella prossima stagione Greta sarà al suo secondo anno nella categoria cadette e, quindi, vuole migliorarsi. Il suo sogno è partecipare a qualche gara indoor già da quest’inverno, ma ci vuole la convocazione e dunque bisogna lavorare sodo. Così si allena tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, seguita da Marco Canistri e con la compagnia degli altri ragazzi della sezione atletica della Polisportiva, alternando agli esercizi specifici per la corsa e la velocità anche qualche seduta in palestra. Quest’inverno parteciperà, come ha già fatto nelle scorse stagioni, anche a qualche campestre, specialità dove è stata “scoperta” in prima media dal professore di educazione fisica che l’ha convinta a lasciare la pallavolo e dedicarsi all’atletica. I veri obiettivi per il 2011 sono, oltre che il sogno di qualche gara indoor nazionale, gli appuntamenti su pista della prossima primavera ed estate...corri Greta corri!!
atletica 20
greta d’oro
Greta Fornasa, atleta di Valdagno, assieme alla vicentina Ottavia Cestonaro e alla veronese Cadette Herrara e alla mestrina Martina Favaretto, conquista l’oro e fa segnare il nuovo primato italiano nella staffetta 4X100
Hotel Bucaneve Tonezza
Novità: - A 10 minuti dall’albergo 90 km di piste - Skibus gratuito per gli impianti - Gratis bimbi fino a 9 anni - Noleggio a prezzi scontati - Scuola di Sci - Veglione con musica dal vivo
Ottima cucina i con piatti tipic fatti in casa
del Cimone (VI) - Contrà Via, 1 - 36040 - tel 0445 749059 Hotel Bucaneve Tonezza fax 0445 749332 bucaneve@goldnet.it - www.goldnet.it/bucaneve
foto e testo di Roberta Maria Dalla Vecchia e Alberto Alba
MOSTRA 100 ANNI SCI CAI:
Centenario 21
un successo aspettato
Si è appena concluso con entusiasmo l’evento che ha festeggiato e mostrato cento anni di storia dello sci a Schio Foto varie dell’inaugurazione della mostra
Squadra che vince non si cambia!
Un evento pianificato, elaborato e aspettato da almeno due anni, quello conclusasi il 14 novembre e che ha coivolto i volontari dello SCI CAI con il loro presidente Alessandro Gori. Una squadra che ha lavorato bene, in simbiosi, che è riuscita a trasmettere l’entusiasmo e l’amore per questo sport anche all’interno del Palazzo Fogazzaro e poi fuori ai visitatori che sono stati tanti, tantissimi, oltre ogni previsione. Ora lo Sci Cai li aspetta sulle piste innevate che già si trovano sulle nostre montagne. Sono aperte le iscrizioni ai corsi di sci di fondo per adulti e bambini e ai corsi di Scidoposcuola di sci alpino e snowboard, ogni mercoledì fino al 15 dicembre, dalle 21.00 presso la sede provvisoria dello SCI CAI, in via Del Ponte, 4 a Schio. La mostra è stata inaugurata dalle maggiori autorità e visitata dalla campionessa olimpionica STEFANIA BELMONDO che ha voluto salutare la città di Schio incontrando i ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado.
Intervista ad Enrico Pretto dello Sci Cai. Quanto vi ha impegnato l’allestimento della mostra?
Enrico Pretto e Stefania Belmondo il messaggio da Stefania Belmondo che, rientrata in Piemonte dopo la fantastica giornata trascorsa con i ragazzi di Schio, ci ringrazia per gli spunti raccolti durante la visita alla mostra. Le piacerebbe, infatti, realizzare un museo dedicato alle sue imprese sportive, nel ventennale della prima vittoria olimpica.
Che cos’è per lei il FONDO?
Tranquillità, silenzio e la possibilità di ammirare la natura mentre percorro piste immerse tra boschi e radure delle nostre montagne. Amo sentire il rumore degli sci che scorrono sulla neve, nei pomeriggi invernali, quando il sole sta tramontando. La consapevolezza che nulla ti viene regalato; l’improvvisazione non fa parte di questo sport. Solo con impegno, dedizione, serietà, onestà e tanta fatica puoi raggiungere i risultati che ti sei prefisso. Amicizia e tanto lavoro per gli altri. Grazie ad gruppo speciale, con cui ho avuto la fortuna di collaborare, abbiamo raggiunto risultati esaltanti quanto insperati e la mostra è solo l’ultimo di questi.
Il FONDO…una scuola di vita
L’allestimento vero è proprio è durato una settimana e devo dire che è stato anche divertente e gratificante. La parte più impegnativa invece è stata studiarne la realizzazione, raccogliere e selezionare il materiale, scegliere foto e documenti, elaborare i testi. Per oltre sei mesi, tutto il tempo libero è stato assorbito dalla mostra. Nella mia testa il 15 novembre, data di fine lavori, era il limite oltre il quale rinviare qualsiasi altra attività. La famiglia ed i figli, sono le persone che hanno subito maggiormente questa situazione e a cui va il maggior merito. Da quanto tempo è stata pianificata? L’idea è nata oltre due anni fa, ma come tutte le cose, quando c’è tempo, e si è impegnati su altri fronti, i mesi “volano” via. Il progetto definitivo, approvato all’inizio della scorsa stagione invernale, quindi un anno fa, ha visto il maggior impegno concentrarsi, dalla fine dell’inverno 2010.
La soddisfazione maggiore?
Non saprei… sono molte…essere riusciti nell’impresa, perché tale è stata per noi volontari inesperti…e, mentre la mostra prendeva forma, vederla più bella di come me la immaginavo. L’incredibile afflusso di visitatori e tra questi osservare chi si emozionava e chi riconosceva nelle foto amici e conoscenti. Aver riassaporato, tra i volontari impegnati, lo spirito ed il clima che ci ha accomunato in passato nell’organizzazione di Befanalaf e 12 Ore. Ricevere
INFO PER I CORSI DI SCI DI FONDO: Massimo Dalla Costa: 0445-530031 (ore ufficio) alberto.lb@libero.it
Telefono sede CAI: 0445 525755 Cell. 338 6656945 www.scicaischio.it
2010
sentieri 22
viaggio nel Quaternario Sul Massiccio del Grappa per la Val Goccia alla scoperta di una forra di 2 milioni di anni fa
I
di Sabina Bollori
n questo numero ci spostiamo nella zona del Grappa, per salire lungo la Val Goccia fino alla località di Magnola, seguendo una mulattiera che parte da Cismon del Grappa. Il piccolo abitato di Cismon è collocato lungo la Valsugana, a un’altitudine di 201 m. Il luogo di partenza dell’itinerario è nella piazza del paese, a sinistra del municipio, attraversando un portico che contiene alcune indicazioni e tabelle esplicative. Questa zona, conosciuta anche come via per Col Bonato, costituiva il percorso Austro Ungarico per far arrivare sul fronte rinforzi, viveri e munizioni nel periodo tra il novembre 1917 e l’ottobre del 1918. Lungo il percorso si trovano fortificazioni e opere belliche, e un cippo che segnala l’intervento dell’Ottava Compagnia Minatori. Ma gli aspetti più interessanti sono certamente quelli ambientali. La Val Goccia attraversa un sito di elevata valenza geologica e geomorfologica riconosciuto dalla Regione Veneto quale geosito. Un geosito è un bene naturale non rinnovabile. Con questo termine si intendono luoghi naturali considerati beni geologici di un territorio, perché di particolare interesse per la loro forma o singolarità, che costituiscono un patrimonio paesaggistico e un contributo alla conoscenza della storia geologica di una regione. Si tratta di un ambiente di forra, fino all’altitudine di circa 650 m, forgiato da un processo genetico che risale al Quaternario. Le rocce sono calcari grigi e dolomia principale. L’itinerario, indicato dai segnavia biancorossi del CAI con il numero 20, sale la mulattiera che affianca la forra, lastricato e facilmente individuabile per tutto il percorso. Porre attenzione in caso di umidità e terreno bagnato perché diventa molto scivoloso. Un percorso breve, fattibile in due ore e con circa 200 m di dislivello, si può compiere salendo fino alla singolare coppia di capitelli uniti da un tetto, a quota 490 m, e da lì scendere girando ad anello attorno alla Guglia della Gusella, una splendida lancia di pietra che si staglia dalle pareti circostanti. Proseguendo invece in salita si raggiunge la località Fogher, 652 m, e poco dopo il bivio per la Val Cesilla e il Monte Grappa, a sinistra, e per Magnola a destra. Prendendo quest’ultima direzione e seguendo i segnavia del CAI si può raggiungere la località Magnola, a quota 1270 m, con un itinerario complessivo di circa tre ore di salita e 1000 m di dislivello da Cismon. Dopo il bivio per la Val Cesilla, il sentiero prosegue nella faggeta facendosi più ripido, ma mai con pendenze eccessive. Per gli escursionisti esperti si può valutare di salire invece a Magnola da Cismon per la Val dei Ponti, che richiede attenzione in alcuni punti, e scendere per la Val Goccia. La mulattiera della Val Goccia, contemporanea pare alla trecentesca Calà del Sasso, è stata per secoli la via d’accesso principale alla montagna degli abitanti di Cismon e del fondovalle, in assenza di alternative agli insuperabili bastioni rocciosi che sovrastano la zona. Poco sopra i 1000 m vi erano terreni coltivati, attività di alpeggio, e anche alcune abitazioni permanenti, che richiedevano continui spostamenti tra la montagna e il fondovalle. La costruzione della mulattiera in un ambiente così severo è sorprendente. Essa richiese grandi fatiche e lavoro umano, e ancor oggi è perfettamente funzionante. Fortificata e riassestata per le esigenze militari, è dotata di parapetti ricavati da vecchie rotaie ferroviarie risalenti al periodo bellico. Seguendo il sentiero si sbuca dal bosco quasi all’altezza di Magnola, da dove si può ammirare un bel panorama sul Grappa e la catena del Lagorai. Interessante l’aspetto degli insediamenti umani stagionali e semipermanenti, dove si rileva la presenza degli oramai scomparsi casoni a fojaroi, dimore temporanee estive caratterizzate dalla copertura del tetto con frasche e ramaglie di faggio.
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una città tutta di sport
Tante congratulazioni anche da parte dell’Amministrazione Comunale a Greta Fornasa, giovane atleta valdagnese al suo esordio, vincitrice del titolo italiano nella staffetta 4x100 - categoria cadetti, e nuova detentrice del primato italiano di categoria. Un grande in bocca al lupo per i successi futuri.
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VALDAGNO
C
di Giulio Centomo
olorata, pratica, ricca di informazioni. Questa la mappa pubblicata nel numero di ottobre del notiziario amministrativo Valdagno News e tutta dedicata agli impianti sportivi della città. Città di sport e di sportivi, che promuove l’attività fisica in tutte le sue forme, questa è Valdagno con la sua ampia offerta di impianti e spazi per praticare diverse discipline, dal calcio alla pallavolo, dal basket all’hockey, dal rugby all’arrampicata sportiva e molto altro ancora. Sono moltissimi i valdagnesi che accedono ogni giorno alle strutture sportive della città, ma quel che mancava era uno strumento pratico per avere le informazioni di base, per sapere a chi rivolgersi per un impianto piuttosto che per un altro. Ecco allora la scelta dell’Assessorato allo Sport di predisporre una mappa in cui fosse possibile individuare le diverse strutture ed avere, al tempo stesso, un riferimento per richiedere eventuali informazioni relative all’utilizzo, all’accesso, ai costi e così via. Da questa mappa emerge la grande presenza di spazi riservati all’attività fisica a tutti i livelli. Non solo quindi campi da gioco o palazzetti, ma anche piastre polifunzionali, le palestre scolastiche, la pista ciclabile, la nuova area fitness del parco La Favorita. Sono circa una cinquantina i punti individuati sulla mappa, suddivisi per disciplina o per tipologia di impianto, corredati di informazioni sulla proprietà, privata o comunale, e sui contatti di riferimento. L’Assessorato allo Sport ha più volte ribadito come l’importanza del benessere psicofisico passi anche attraverso la disponibilità di spazi e strutture in cui praticare sport e svolgere un’attività fisica. A Valdagno, in diverse occasioni, si è scelto quindi di uscire appositamente dalle strutture convenzionali per invadere spazi alternativi o nuovi, perché la gente capisca che non ci sono solo palestre e campi da calcio. La mappa degli impianti sportivi di Valdagno è contenuta nel numero di ottobre del notiziario Valdagno News, distribuito in tutte le case. Alcune copie sono ancora disponibili presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune di Valdagno. Buono sport a tutti.
CAMPI DA CALCIO COMUNALI: INFO: UFFICIO SPORT 1A - Castello 1B - Piana 1C - Maglio - Filatura 1D - Campotamaso 1E - S.Quirico – Villa 1F - Ponte dei Nori 1G - Stadio dei Fiori 1H - Polisportivo 1 I - Maglio – ex CFP
VALDAGNO, CITT DI SPORT E SPORT 14G
9A
2D
2 CAMPI DA CALCIO NON COMUNALI: 2A - S.Quirico – Proprietà: privata Info: Parrocchia 0445.473024 2B - Vegri – Proprietà: privata/Info: 0445.411534 2C - Cerealto – Proprietà: privata Info: G.S. Cerealto 339.2543755 2D- Castelvecchio – Proprietà: privata Info: G.S. Castelvecchio 0445.970082 2E - Piana – Proprietà: privata Info: Parrocchia 0445.430012 2F - Novale – Proprietà: privata/Info: 333.6423381 1
6 PISTA ATLETICA: 6A - Palazzetto dello sport - Proprietà: Comune (in gestione alla società Hockey Valdagno) Info: 0445.408991 - 338.1691250 www.hockeyvaldagno.it
7 CAMPO DA RUGBY: 7A- Palazzetto dello sport - Proprietà: Comune (in gestione alla società Hockey Valdagno) Info: 0445.408991 - 338.1691250 www.hockeyvaldagno.it
3C 2C
8 BEACH VOLLEY: 8A - Ponte dei Nori – Proprietà: Comune (in gestione) Info: 339.8884885
3 CAMPI TENNIS: 3A - Tennis Club Valdagno - Proprietà: Comune (in gestione al Tennis Club Marzotto) Info: 0445.410525 3B - Meeting Club - Proprietà: privata Info: 0445.410535 3C - Cerealto - Proprietà: privata Info: G.S. Cerealto 0445.970140
9 PALESTRE ROCCIA: 9A - Castelvecchio – Proprietà: privata (accesso libero) Info: CAI Valdagno 0445.407201 www.caivaldagno.it 9B -Bergamini – Proprietà: privata (accesso libero) 9C -Palasoldà (indoor) – Proprietà: Provincia di Vicenza (in aftto al Comune e gestita dal GRV “I Sogati”) Info: CAI Valdagno 0445.407201 www.caivaldagno.it
4 PISCINE: 4A - Piscina coperta - Proprietà: privata Info: Centro Nuoto Valdagno 0445.412978 www.nuotovicenza.it
10H 10D 2E 1B
5 PALAZZETTI - IMPIANTI POLISPORTIVI COPERTI: 5A - Ex galoppatoio Proprietà: Comune (in gestione alla società Valdagno Basket) Info: Uff. Sport SPORT OSPITATI: CALCIO A 5, BASKET, PALLAVOLO, PATTINAGGIO 5B - Palalido - Proprietà: Comune (in gestione alla società Hockey Valdagno)/Info: 0445.408991 - 338.1691250 www.hockeyvaldagno.it SPORT OSPITATI: BASKET, PALLAVOLO, CALCIO A 5, PATTINAGGIO, HOCKEY A ROTELLE 5C - Palasoldà - Proprietà: Provincia di Vicenza (in aftto al Comune e gestito da Sporting Alto Vicentino) Info: Uff. Sport SPORT OSPITATI: BASKET, PALLAVOLO 5D - Pista Lido - Proprietà: privato/Info: Uff. Sport SPORT OSPITATI: PATTINAGGIO, HOCKEY A ROTELLE.
Senza titolo-1 1
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1F
Lo sport valdagnese in mappa
TÀ RTIVI
Nota di lettura
Valdagno “città dello sport e degli sportivi” offre una vasta scelta di impianti e spazi per praticare diverse discipline, dall’hockey al rugby, dal beach-volley all’arrampicata. Nella mappa che trovate qui sotto sono riportate tutte le strutture sportive, comunali e non, con l’intento
di fornire una panoramica più completa possibile. Per ogni impianto troverete indicati la proprietà, la gestione ed i contatti a cui è possibile rivolgersi per avere ulteriori informazioni inerenti l’utilizzo, l’accesso, i costi, ecc. Accanto alle strutture comunali, per motivi di spazio, si è deciso di non riportare ogni volta i riferimenti, ma di indicarli qui di seguito.
Ogni informazione necessaria è fornita dall’Ufcio Sport, situato in P.zza del Comune, 8 al 2° piano, tel. 0445.428222/33, e-mail scuola_sport@comune.valdagno.vi.it. Attraverso la legenda è poi possibile individuare facilmente la presenza delle diverse discipline sportive in città e la dislocazione degli impianti di riferimento.
VALDAGNO
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14 I 1A
• LA MAPPA••
2A 10E 2B
1D
1C 1
1I
10 PALESTRE 10A - Scuola elementare Ponte dei Nori Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10B - Scuola elementare Borne Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10C - Scuola Media Garbin Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10D - Scuola elementare di Piana Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10E - Scuola elementare di S.Quirico Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10F - Scuola Media di Novale Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10G - Liceo “G.G. Trissino” Proprietà: Comune/Info: Uff. Sport 10H - IPSIA “Luzzatti” Proprietà: Provincia/Info: Uff. Sport
14H
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10G 4A 14C
5A
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11A 5B
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SALA SCHERMA: 11A - Palalido - Proprietà: Comune (in gestione alla società Hockey Valdagno) Info: 0445.408991 - 338.1691250 www.hockeyvaldagno.it
14F
16A 10F 2F
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10C 1G 3A 15A
12A - PISTA CICLABILE
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5D
1H 5C 8A
10B
6A
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14E
PIASTRE POLIFUNZIONALI COMUNALI: 14A - Ponte dei Nori 14B- Belore 14C - Oratorio S.Clemente 14D - Patronato 14E- Campassi 14F - Novale 14G - Castelvecchio 14H - Maglio di Sopra 14 I - S.Quirico
13 1 13A - BOCCIODROMO Proprietà: privata Info: Società Bocciola Marzotto 0445.412012
1 15 15A - AREA FITNESS FFAVORITA Proprietà: Comune (accesso libero)
16 16A - SKATE PARK Proprietà: privata (accesso libero)
4-10-2010 11:01:11
Stagione da incorniciare
ciclismo 27
l’Artuso Lievore detersivi Avantec Breganze chiude con 32 vittorie e con una squadra di ben 30 atlete
3 vittorie su strada
STRICKER ANNA ZITA
Allieve Campionessa italiana strada; Campionessa triveneto strada; 9 Vittorie su strada; convocata in azzurro e 2^ classificata in Germania. 3 vittorie su strada e numerosi piazzamenti su strada; 1^ alla 3 giorni in pista; campionessa regionale velocità pista.
1 vittoria su strada
ZORZI SUSANNA Esordienti 1 vittoria su strada; Campionessa provinciale su strada 1° anno esordienti Trento. 3 vittorie e 1^ alla 3 giorni in pista. Campionessa provinciale strada su strada 2° anno esordienti.
Campionessa provinciale esordienti su strada 1° anno Vicenza.
STRICKER ANNA ZITA
VIECELI GATTO VIVIANA LARA
2^ campionati italiani cronometro e 4^ su strada. 5 vittorie su strada econvocazione in azzurro per europei e mondiali su strada e cronometro.
GIANNATI TOSIN RIZZOLO ALESSIA MARTINA ALESSIA
ZORZI SUSANNA
Campionessa italiana juniores strada; campionessa italiana a cronometro e 7 vittorie su strada; convocazione in azzurro per europei e mondiali cronometro e strada. 5^ cronometro campionati europei e 5^ campionati mondiali su strada.
GROTTO SILVIA
ono 30 le ragazze che hanno corso nel 2010 in maglia Artuso Lievore detersivi Avantec Ciclo Club ‘96 e anche quest’anno il team di Giorgio Pigato ha raccolto tante soddisfazioni con le 9 allieve, le 9 juniores (1 under 20) con le 11esordienti più volte sul podio in tutte le categorie. La società ha raccolto ben 32 vittorie su strada e anche in pista si è fatta valere. Il team di Breganze che quest’anno ha visto il rientro di Luigi Lievore tra gli sponsor, ha vinto il tricolore strada juniores con Susanna Zorzi che si è ripetuta vincendo anche il titolo italiano della cronometro. Tra le allieve è stata la bolzanina Anna Zita Stricker la più vincente: ha imitato la Zorzi vincendo il titolo italiano strada. Nel palmares del 2010 non si contano le maglie trivenete, regionali e provinciali vinte dalle ragazze tesserate col Breganze anche se con più affiliazioni. Per Susanna Zorzi, Viviana Gatto, Anna Zita Stricker sono giunte anche le convocazioni in maglia azzurra con la Zorzi ottima quinta al mondiale strada e all’europeo crono. Lo staff è composto da Massimo Cisotto (Junior) con Stefano e Paola Rigon mentre nell’ammiraglia delle allieve e delle esordienti hanno operato Lisa Lievore, Mario Vezzaro, Marco Filippi, Luigino Segato, Oreste Fraccaro, Loris Paladin, Mara Guerra che hanno fatto altrettanto bene raccogliendo in queste due categorie la bellezza di 17 vittorie e tanti piazzamenti. La società Artuso Lievore detersivi si pone quindi come il gruppo sportivo faro del movimento nazionale giovanile del ciclismo femminile e ha festeggiato con la solita mentalità vincente ma anche rivolta all’educazione delle ragazze, il suo decennale di attività. In questi 10 anni, tra le altre numerose affermazioni non si possono dimenticare: la vittoria del campionato italiano su strada donne esordienti nel 2004 con la vittoria nell’ambitissima “Coppa Rosa” e nell’anno seguente, la
ZARAMELLA CRISTINA
S
di Enzo Casarotto
I risultati del 2010 juniores
convocazione e la partecipazione di nostre atlete Junior ai campionati europei su strada e pista. Nel 2008 si ricordano i 3 titoli italiani vinti (1 su strada e 2 su pista) nella categoria junior e il 2009 è ricordato grazie al 3° posto di Susanna Zorzi ai mondiali juniores di Mosca. Nell’ambiente, tutti lavorano gratuitamente e forse sarà anche per questo che si respira un’aria di spensieratezza e si raggiungono i risultati importanti ottenuti comunque senza stress e tensioni palpabili al contrario in altri ambienti sportivi.
1 vittoria su strada; Campionessa provinciale su strada 1° anno esordienti Trento.
TOSIN MARTINA
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3 vittorie e 1^ alla 3 giorni in pista. Campionessa provinciale strada su strada 2° anno esordienti.
GIANNATI ALESSIA
RIZZOLO ALESSIA
Esordienti
Campionessa provinciale esordienti su strada 1° anno Vicenza.
Così il Breganze Ciclo Club ’96 fino al decennale: Palmares società artuso lievore detersivi avantec breganze anni precedenti. Vittorie su strada anno 2009
N° 13 + 3° posto ai mondiali junior 3 titoli regionali 3 titoli provinciali
VALTERMO
Vittorie su strada anno 2008
N° 11 + Convoc.europei 3 titoli provinciali
Vittorie su strada anno 2007
n° 22 + Convoc.europei e mondiali 3 titoli italiani 1 triveneto 4 regionali 1 provinciale
Vittorie su strada anno 2006
n° 18 + Convoc.mondaili 1 regionale 2 provinciali
Vittorie su strada anno 2005
n° 17 + convoc. mondiale europei 1 triveneto 2 regionali 2 provinciali
Vittorie su strada anno 2004
n° 13 1 triveneto 1 regionale 2 provinciali
Vittorie su strada anno 2003
n° 18 1 italiano 2 regionali 1 provinciale
Vittorie su strada anno 2002
n° 12 + 1 triveneto 1 regionale 1 provinciale
Vittorie su strada anno 2001
n° 3 + 1 regionale 1 provinciale
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la caccia del futuro
La fauna selvatica, caccia o protezione? disaccordo o armonia?
L
a legge considera la fauna selvatica oggetto di tutela, la specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di libertà naturale nel territorio nazionale (articolo 2 della legge quadro n°157/92). Ma tra i mammiferi esclude le talpe , i ratti, i topi propriamente detti e le arvicole che vengono così privati di quella protezione totale o parziale accordata alla fauna selvatica. Per il prelievo o la cattura di tali specie non occorre quindi nessuna licenza ed è consentita in ogni momento dell’anno con l’impiego di mezzi più idonei. Con questo provvedimento il legislatore ha inteso permettere un controllo il quanto più possibile efficace contro animali la cui dannosità nei confronti dell’agricoltura, della selvicoltura è particolarmente gravosa. Altri gruppi di animali come rettili, insetti e anfibi non beneficiano di alcuna tutela pur svolgendo un ruolo fondamentale nell’economia della natura e nel suo equilibrio. Quindi la complessità di affrontare il problema di una regolamentazione per tutte le specie animali in un testo unico legislativo e la mancanza di interesse venatorio che esse rivestono, giustifica la scelta del legislatore. E’ compito della Regione a legiferare leggi regionali che permettono di affrontare in modo particolare l’applicazione di norme di tutela per tali popolazioni animali nei confronti delle quali sussistono problemi di conservazione. Inoltre occorre ricordare che non rientrano nel contesto delle specie oggetto di tutela ai sensi della legge in questione gli animali domestici , cioè soggetti che ritornano spontaneamente anche se lasciati liberi, nei loro ricoveri apprestati dall’uomo per cui sono individui ad un diritto di proprietà privata. La caccia o protezione della
di Dorino Stocchero natura, disaccordo o armonia è un tema in cui negli ultimi anni si interessa in misura sempre crescente l’opinione pubblica. I rappresentanti dei singoli settori (tutela della natura, degli animali, del paesaggio e della caccia) spesso tengono conto delle proprie esigenze e cercano di soddisfarle senza curarsi dei problemi degli altri settori. L’uomo in base alle innumerevoli esigenze sfrutta sempre più il territorio riducendo lo spazio vitale degli animali viventi alla vita libera. Pertanto il progresso, l’inquinamento, l’industrializzazione crescente e i danni di condizioni di vita naturali della società umana da un lato e il crescente bisogno di vacanza da parte della popolazione dall’altra presuppongono senza dubbio una maggior necessità di protezione, conservazione e salvaguardia di ambiente naturale. La caccia si viene a trovare di fronte allo stesso problema, quindi la protezione della selvaggina non è pensabile a prescindere dalla salvaguardia dello spazio vitale. Per cui la caccia deve essere vista come azione regolatrice con prelievi selettivi dopo avere rilevato la consistenza ottimale degli animali, per poter garantire in futuro un patrimonio faunistico sano, vista l’assenza di predatori naturali che possono garantirne l’equilibrio. Tutela della natura ed esercizio razionale della caccia, conforme alle moderne conoscenze scientifiche, non devono escludersi ma integrarsi. Tra cacciatori e mondo ambientalista esistono sicuramente opinioni e punti di vista divergenti sulla caccia e sulla sua legittimità. Questo non deve essere un ostacolo insuperabile al raggiungimento congiunto di un obiettivo comune, quello della conservazione e della salvaguardia di un patrimonio faunistico e di un ambiente naturale sano. Questo difficile compito non può essere realizzato
caccia 29
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isolatamente da una parte o dall’altra. Purtroppo molte persone sanno ben poco del vigente sistema di caccia, dell’esercizio di caccia, della sua conduzione, delle diverse misure di tutela degli organi relativi. Il fronte di coloro che sono favorevoli e di coloro che sono contrari alla caccia sembra irrigidirsi sempre di più. Il pericolo dell’incomprensione è grande dal momento che la caccia comporta il prelievo degli animali e penetra quindi nella dimensione etica dell’uomo. Per alcuni la caccia è un retaggio di strutture feudali , per altri una specie di attività sportiva, per altri ancora l’abuso della forza contro la selvaggina indifesa. Come il nostro rapporto con gli animali cada nell’ambiguità morale lo dimostra anche l’impegno di migliaia di essi come cavie per provare la loro resistenza ai veleni. Un’altra forma di sfruttamento umano è inoltre il commerciare e tenere animali per puro piacere. Le possibilità future di vita degli animali selvatici viventi allo stato naturale sono condizionate non solo dalla caccia, ma anzitutto dal modo di sfruttamento della natura e dell’ambiente, sia i problemi essenziali della tutela della natura sia quelli della caccia rientrano nei compiti dell’ecologia. Tutela della natura e caccia in disaccordo o caccia in armonia con la tutela della natura: questo è il tema che dobbiamo al più presto con serenità affrontare.
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il Monte Scandolara
escursionismo 31
Un altro itinerario a bassa quota percorribile, quindi, quasi tutto l’anno senza particolari problemi di innevamento.
R
aggiunto il Passo dello Zovo in auto sopra il paese di Novale a Valdagno, ci si incammina lungo la strada bianca in direzione “Civillina”. Dopo circa 300 mt. un bivio, a sinistra, sale verso la “zona sorgenti” dove, poco dopo, sulla sinistra inizia il nostro sentiero che ci porterà a una grande pineta percorsa da una stradina bianca. Alla fine della pineta sbucheremo in una zona prativa da cui, leggermente a sinistra e in alto, noteremo un “ripetitore”. Scollineremo lasciando sulla sinistra il “ripetitore” incontrando così un’altra stradina bianca che percorreremo in salita. Tale stradina si trasformerà poi in un sentiero che ci condurrà sul filo dello “Spigolo Grosso” da dove un sentiero (che non va percorso) scende lungo lo stesso. La cima (949 m.s.m) si trova a una trentina di metri più in alto, mentre, davanti a noi scende un sentiero verso il Col di Colombo da dove, verso destra, una strada bianca ci porterà all’auto.
di F. S. foto di Riccardo Corà
NB: L’escursione può anche essere fatta nel senso inverso: dal paese di San Quirico, passando per le contrade Capellazzi e Retassene, portarsi in auto al Col di Colombo.
a i c a n e t a l l e d a i r La vitto
È
di Giulio Centomo
lavota tutte le società della pal uno scudetto che rappresenllo vinto, lo scorso 12 settembre, que e nalo AICS del Vicentino minile di Vicenza alle gar tta” “lo dalla squadra Under 16 fem una po Do o. dor bia o Sab zionali disputate a Lignanforte formazione di Bologna, fidurata tre anni contro la cesso delle Vicentine che con un nalmente è arrivato il suc di Campione Italiano 2010. Una a casa il titolo secco 3-1 hanno portato e per gli allenatori e le società di Vicenza che ion faz dis sod a ssim ndi e agguerrito, questo gra gruppo davvero compatto sono riusciti a formare unallenamenti iniziati a marzo e conclusisi solo il grazie anche agli intensi za per l’appuntamento nazionale. giorno prima della parten una schiera di genitori e amici che hanno i e tre i giorni della A seguito di questo gruppo azzetto di Lignano per tutt gremito le tribune del palgioia finale che ha visto ripagati tutti gli sforzi. manifestazione, fino alla e qualsiasi aspettativa, ma che ha dimostrato entino per formare un Una vittoria che va ben oltr le diverse società del Vic come sia possibile unire in rappresentanza non solo di una città, ma di gruppo unito e di qualità ssimo merito va riconosciuto anche alla diriun’intera provincia. Grandidei due allenatori, Marco Zanatta e Marta Begenza di Elvira Otturini e sabile nazionale del settore pallavolo AICS, netti. Walter Busato, respon gioia di tutto il team vicentino durante la di consegnare alle ha poi condiviso la grande è spettato il gradito compito premiazione finale. A lui Nella stessa categoria Under 16 Femminile ragazze la meritata coppa.posto conquistato dalla Pallavolo Arzignano, va poi segnalato il quartocategoria nel 2010. La società Vicentina AICS Campione Provinciale di iudicata, dopo aver vinto il titolo di Campione PVO Montebello si è agg o posto alle Nazionali nella categoria Misto, Provinciale, anche il terz en femminile va registrato il sesto posto del to nelle fasi Rementre nella categoria Op vinciale e secondo assolu un grandissimo Pro e ion mp Ca già , sto Co re ura G.S. gione non si può che aug gionali. E per la nuova sta campionesse! tre nos alle in bocca al lupo
, Dopo una sfida durata anni le ragazze della Pallavolo AICS Vicenza conquistano il titolo di Campioni d’Italia
volley
ciclismo 32
memorie di un Ds
Giuliano Bernardele, il mitico direttore sportivo di tanti campioni, dopo 36 anni, scende dall’ammiraglia
L
di Enzo Casarotto
a passione è tanta ma dopo 36 anni di gare sull’ammiraglia, anche per il 73enne Giuliano Bernardele è giunto il momento di scendere dall’ammiraglia e di seguire il ciclismo dal bordo della strada o per tv. Con il 2010 Bernardele ha concluso l’attività di direttore sportivo con la Postumia 73 Dino Liviero. Dal 1974 in tanti anni, ha prestato la sua preziosa opera anche con il G.S. Vigili Urbani di Vicenza, il V.C. Vicenza Campagnolo, il V.C. Bassano 1892, la Lievore Detersivi, il Ristorante Munaron di Vedelago, la Mantovani, il Caneva, l’A.S.M.Automazioni, il gruppo dei fratelli Tozzo a Montecchio Maggiore, l’U.C. Schio 2000, l’Utensilnord Palladio Schio. Da ciclista professionista in 5 anni d’attività (ha corso con la Torpado, l’Atala, la San Pellegrino e il G.S. Hattilon-Coin del gruppo Montedison) ha accumulato 4 vittorie salendo nel 1961 sul terzo gradino del podio nel campionato italiano strada vinto da Sabadin davanti a Pambianco. Con le giovanili ha vestito le maglie del V.C. Campagnolo, Lanerossi/V.c. Schio 1902 e dei Magazzini Coin di Mestre ottenendo in tutto una cinquantina di successi. Per raccontare le sue vicende sportive ci vorrebbe tempo; in poche righe si può solo sintetizzare la sua positiva esperienza da preparatore. “E’ stato un lungo periodo – esordisce Bernardele - in cui il ciclismo è cambiato molto; agli inizi in bici ci salivano tutti, il traffico era minore e i metodi d’allenamento e anche i ragazzi erano diversi: molto più votati al sacrificio e alla voglia di emergere; c’era più impegno, ora è tutto più tecnico, scientifico e codificato. Anche le gare una volta erano più impegnative e selettive, ora anche se c’è salita arrivano tutti in volata, i corridori di oggi non hanno più il coraggio di fare, di rischiare, tutti aspettano che si muovano per prime le altre squadre: è tutto diverso rispetto al passato, tante società impostano la loro stagione in funzione delle capacità di un solo corridore (molte volte solo veloce) ma nelle giovanili non deve essere così; così facendo, le società prendono
tra i dilettanti solo chi vince e gli altri non trovano ingaggi pur essendo corridori più completi e come spesso avviene, i giovani velocisti tra i pro, vengono messi da parte e relegati a corse minori. Ai miei tempi anch’io ho vinto corse dopo 100 km. di fuga, quel ciclismo non c’è davvero più,
una volta si arrivava tutti e a tutti i costi”. – E’ giunto il momento dell’abbandono! “In questi anni ho visto tanti ragazzi che anche grazie allo sport si sono formati e sono cresciuti moralmente sani e si sono preparati ad affrontare la vita nel modo giusto e credo che questo sia la cosa più importante al di là delle tante soddisfazioni
che ci sono state. Per quanto mi riguarda, anch’io ho dato tanto, a livello di consigli e sono stato anche fortunato perché nelle mie squadre ho sempre voluto ragazzi “educati” e mai esigenti e prepotenti. Ho cercato d’insegnare loro il mestiere di corridore e di crescere pian piano con la fortuna che parecchi di loro sono riusciti a sfondare anche nel professionismo e ciò mi ha ripagato dei tanti sacrifici che si devono sopportare per ottenere altrettante soddisfazioni”. – Qualche nome? “ Fabio Baldato, Emanuele Sella, Alessandro Ballan, Carlo Corrà, Matteo Priamo, Andrea Pasqualon, per finire con Marco Canola (pro nel 2012). - E’ stato anche il d.s. di quel magnifico ragazzo di nome Thomas Casarotto. -E le società? “Ricordo anni magnifici con la Campagnolo, la Postumia, ma dove sono stato le metterei tutte allo stesso livello. Tutti i presidenti stanno faticando al momento attuale a tirare avanti con pochi sponsor e tante difficoltà”. – Si chiude un libro. “Devo ringraziare il ciclismo per quello che mi ha dato, mi piacerebbe che il ciclismo fosse più rispettato e che i dirigenti federali mantenessero le promesse che fanno senza farle cadere poco dopo, ai corridori vorrei dire che solo col sacrificio e gli allenamenti si riesce a primeggiare e spero che gli sponsor diventino più umani non finalizzando la loro presenza solo in funzione dei risultati e che tenessero conto che il fattore umano e la crescita formativa di questi giovani è l’unica cosa che conta”.
le nostre Dolomiti
P
biblioteca
er gli sportivi che amano la montagna, il volume foto fotografico, Piccole Dolomiti, di Dino Sassi e Andrea Bauce con testi di Roberto Chiej Gamacchio è un libro davvero prezioso, che non può mancare sugli scaffali delle loro biblioteche alpine. In modo davvero straordinario, Sassi e Bauce hanno fotografato le Piccole Dolomiti dalla Catena delle Tre Croci a quella del Fumante a quella del Cherle a quella del Sengio Alto. Ne è uscito un libro splendido, godibilissimo, ricco di foto suggestive che ritraggono “in grande” la bellezza di quelle che il nobile vicentino Francesco Caldogno aveva nominato, nella sua relazione del 1598, “Alpi Vicentine”, anziché “Prealpi Vicentine”, nome meno appropriato, più modesto e anche più recente. Che le nostre Dolomiti siano “Piccole” solo nel nome, lo fa notare giustamente anche Sassi nella prefazione, così come lo fa intendere il puntuale testo di Gamacchio. Un discorso a parte, invece, lo merita il lavoro di Andrea Bauce, ottimo fotografo e grande appassionato di montagna. In ogni suo scatto egli sa farci vedere e sentire la sua lunga frequentazione di questi scenari, il suo profondo interesse, la sua viva conoscenza di questi luoghi. Per lo sportivo, in specie per chi sale sulle montagne, per chi le scala, le foto di Bauce sono foto speciali, ricche di significato e di emozioni, perché egli è tra i pochi a saper ritrarre la montagna non con l’occhio incantato di chi le contempla, ma di chi le osserva, le studia per scovarne i dettagli, le particolarità, le difficoltà di reali o immaginarie vie di ascesa. E’ un vedere diverso, questo, inteso, competente, di sfida e di rispetto per la vetta che si vorrebbe raggiungere, e che fa di ogni pagina di questo volume una visione davvero appassionante.
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un tour lungo 26 anni 34
di Donatella Brunello
Il Ciclo Club Novale Valtermo supera il quarto di secolo e si racconta: vita e imprese di un team
E
ra il 1984 quando nasceva il gruppo ciclistico Novale. Ad animare l’iniziativa furono alcuni amici - Bruno e Dino Lovato, Lino Massignani, Giuliano Prebianca, Andrea Guiotto, Gino Cerato - che da tempo pedalavano in compagnia senza, tuttavia, essere parte di una squadra. Così pensarono di dare vita a un team e a organizzare un’attività ciclistica vera e propria. Dalla passione per la bici e dall’amicizia nasce, quindi, il Ciclo Club di Novale e le cose vanno
bene da subito: si trova la sede, il gruppo inizia a crescere, entra un primo importante sponsor, la Valtermo, che in seguito aggiungerà il proprio nome a quello del gruppo novalese, trasformandolo in Ciclo Club Novale Valtermo. Ma soprattutto entrano giovani ciclisti di livello, come Omero Castagna, Fabio Pace, Damiano Ronchi, Donatella Brunello, Elena Zen, Giorgio Massignani, Daniele Corà, Adriano Vencato, Mario Colombina, Paolo Ravazzolo, Maurizio Pellichero, Antonio Acampora, Emanuele Fra-
di Donatella Brunello piume, Vittorio Caneva e tanti altri che si distingueranno non solo nelle corse, ma che diventeranno importanti riferimenti per le attività sportive e ricreative del sodalizio. Si programmano quindi gite, allenamenti, semplici uscite domenicali sia per le bici da corsa sia per le mountain bike. E poi le gare. Tante, alcune memorabili, come l’organizzazione di due competizioni di altissimo livello valevoli per il titolo di Campione Italiano MTB Rally oppure di livello decisamente più
amatoriale come quella con l’arrivo a Quargnenta, dove per premio c’era una fresca fetta d’anguria. In questi ventisei anni di attività il club è sempre stato un grande protagonista della vita ciclistica nella valle dell’Agno e oggi sono circa cento gli iscritti. Affianco allo sponsor storico, ce ne è uno nuovo, la casa di moda francese, Vionnet, e soprattutto c’è il logo della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica che mostra l’impegno del team verso le grandi sfide umanitarie.
ciclismo 35
Giuliano Prebianca
Giuliano Prebianca è il presidente del club, a lui abbiamo posto alcune domande: Giuliano, raccontaci alcune tappe di questo vostro fantastico “tour”? Dopo il 1984, l’anno di nascita, è importante il 1987, l’anno in cui entriamo nell’Udace, ovvero l’anno in cui cominciamo a partecipare alle gare come squadra. La passione per le competizioni cresce e dopo un paio di anni ci affiliamo anche alla FCI, di cui facciamo ancora parte. Ma è nel 1990 che il club conosce un importante incremento di attività. In Italia si sta imponendo il fenomeno della mountain bike e noi decidiamo di specializzarci in questa nuova disciplina. Facciamo una squadra che si rivelerà presto essere tra le più forti. Sono moltissimi quelli che corrono con la nostra maglia. A un certo punto, si accorge di noi anche la Scapin, una delle più rinomate aziende produttrici di biciclette. Il gruppo diventa “Scapin Valtermo Ciclo Club Novale”. E’, questo, il periodo di maggiore attività del club? Sì, i nostri atleti partecipano a tutte le maggiori manifestazione sportive con un successo sempre maggiore. Nella Mtb crescono atleti forti che si distinguono in molte competizioni. Sono Omero Castagna, Fabio Pace, Damiano Ronchi,
Giorgio Massignani, Paolo Ravazzolo, Maurizio Pellichero, il quale indosserà la maglia di Campione Veneto Mtb, Antonio Acampora, campione veneto junior Mtb rally, specialità alla quale il Club partecipa organizzando anche due gare del Campionato Italiano MTB Rally, ed Elena Zen, seconda alla Rampitour Italia nel 2001 e sempre ben classificata nelle gare nazionali. Solo MTB? No, il vecchio amore per la bici da corsa non tramonta mai e si fa risentire nel 2000, quando si ricomincia a correre nelle Granfondo, dove emergono due ciclisti di talento, Vittorio Caneva e Emanuele Frapiume. Oggi, il club segue con lo stesso impegno entrambe le discipline, dando spazio ai giovani emergenti, tra i quali spiccano Ludovico Prebianca, Dario e Sergio Reniero. Un’attività tutta centrata sull’agonismo? Non proprio, fin dall’inizio abbiamo praticato anche il cicloturismo, dall’escursioni organizzate dal nostro indimenticabile fondatore Lino Massignani, scomparso recentemente e che abbiamo ricordato proprio con una fantastica e commovente pedalata sui Berici, alle gite di più giorni fuori dal Veneto sia in Mtb sia in bici da strada. Negli anni siamo stati nella Maremma toscana,
Lino Massignani all’Isola d’Elba. La partecipazione dei soci è sempre molto numerosa. E poi, con l’intento di avvicinare più persone alla pratica di questo meraviglioso sport, organizziamo anche pedalate di gruppo alle quali tutti, anche i meno esperti, possono partecipare. Inoltre quasi tutte le mattine e sempre il sabato e la domenica un gruppo di nostri atleti si trova per una seduta di alle-
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namento. Si fanno assieme giri di un centinaio circa di chilometri dove, però, c’è sempre un improvvisato gran premio della montagna in cui darsi battaglia… Ciclo Club Novale e la Ricerca sulla Fibrosi Cistica? Nella nostra maglia c’è il logo della Fonda-
zione per la ricerca contro la fibrosi cistica. E’ una cosa importante, verso la quale tutto il club sente di volersi impegnare, e così, per quanto possibile, contribuire al grande lavoro del nostro socio Matteo Marzotto, fondatore e vice presidente dell’Onlus, nel sostenere la ricerca.
Giuliano, 26 anni dopo, l’anima del Ciclo Club Novale è quella di sempre… Abbiamo cominciato nel segno dell’amicizia in bici e abbiamo sempre continuato così: è il nostro spirito, questo, fare sport, impegnarci come atleti, pedalando in amicizia. Continueremo ancora così.
A
nche questo anno il Maestro Giuseppe Bon della Scuola ASD Italia Poon Ze’ Team di Vicenza, per preparare lo stage di aprile con il Maestro Chen Zhonghua che si terrà a Valdagno come lo scorso anno, fa le valigie e via, prima in Cina, per approfondire le tecniche di TaiJiQuan stile Chen Metodo pratico Hong, proprio a casa del Grande Maestro Chen, dove non manca una visita al Tempio di Shaolin in cui i ricordi dei duri allenamenti e delle divise impregnate di sudore sono sempre presenti, poi via di nuovo dall’altra parte del globo, ancora in Canada, ma questa volta a Toronto per uno stage di una settimana con il Maestro, stage organizzato dagli amici canadesi e dove anch’io partecipo con il solito “giovanile” entusiasmo. Questa volta mi gira la testa ma il Maestro Bon è imprevedibile e per chi lo conosce bene questo non può essere solo che l’inizio. Il giro del mondo nel nome del Taijiquan e di uno stile che condensa nella sua efficacia tutto il significato di Arte Marziale di questa disciplina che ai più sembra solamente una specie di Yoga in movimento ma che in realtà altro non è che puro distillato di Arte Marziale, è avventura affascinante ed estremamente istruttiva. Sapete cosa significa TaiJiQuan? Già, vi ho detto che si tratta di uno degli stili cosidetti “interni” del Kung Fu; ma cosa significa veramente tutto questo, stile esterno, interno? Significa che non si tratta più di curare la “forza”, cioè quella capacità motoria che permette di vincere una resistenza o di opporvisi tramite lo sviluppo di tensione da parte della muscolatura, espressione di una crescita, talvolta smisurata, della massa muscolare, ma di “energia”, cioè la reale capacità di agire e di compiere un lavoro, dove la massa muscolare non serve a molto mentre imparare ad allineare il corpo, l’allungamento e la direzione diventano il fondamento. Alla fine, detta in parole molto semplici, un proiettile non ha niente di massa muscolare e nemmeno è tanto grosso ma contiene una grande energia che può distruggere ed abbattere anche un animale estremamente più grande e più forte. E TaiJiQuan allora che vuol dire? Beh, tradotto letteralmente dal cinese significa “la lotta” o “il pugno” (Quan) della “suprema” (Tai) “polarità” o “abilità” (Ji); direi che la stessa parola (Quan) mette in evidenza come questa Arte sia effettivamente un’Arte Marziale, molte Scuole e Maestri in effetti che praticano esclusivamente alcuni stili, come lo Yang, derivati dalla pratica antica hanno “forzatamente” tolto il “Quan” e parlano solo di “TaiJi”, dal mio punto di vista, però, perdendo quello che era il vero significato ed indirizzo dell’Arte, senza peraltro togliere nulla all’aspetto della pratica, efficace come metodo
arti marziali
a n g o s bi esciare il cielo v o r 37
Il Maestro Bon sulla Muraglia Cinese
Dalla Cina al Canada a scuola dei più grandi Maestri di TAIJI QUAN STILE CHEN con un interprete d’eccezione, il Maestro vicentino Giuseppe Bon di Massimo Neresini per la cura della salute e della vigoria interna e, perché no, anche della bellezza dei movimenti artistici dove l’espressione della elasticità e del controllo sono massimi. Voglio svelare un’altra “chicca” di cinese per i soli appassionati di questa Arte Marziale; sapete come si dice “faccio Tai Chi Chuan…
“ in lingua cinese? Beh, si dice “Wo da Taijiquan…” e significa io “meno o picchio” con il Tasijiquan. Invece per il Kung Fu o Gong Fu (scusate la mancanza degli accenti, che sarebbero essenziali) si dice “Wo Lian Gong Fu…” che proprio ha il significato di “io pratico il Kung Fu…” come se fosse
una particolare ginnastica. Come è strano il “mondo”! Noi occidentali utilizziamo esattamente il contrario per indicare “che faccio Taijiquan o Kung Fu…”. D’altro canto, se qualcuno di noi ha una pur modesta conoscenza della lingua e cultura cinese, è proprio questo che si deve
nastero di Shaolin, Cina
Il Maestro Bon e Valentina Faccin nel Mo
Il Maestro Chen Zhonghua con gli allievi durante lo stage di Toronto aspettare e cioè una più profonda e comunque diversa visione delle cose, così della natura, degli eventi e dell’uomo. Ma veniamo al “giro del mondo nel nome del Taijiquan”. Ad Agosto il Maestro Bon con una sua allieva, Valentina Faccin, è partito per la Cina, per riprendere gli allenamenti direttamente a “casa” del Maestro Chen Zhonghua: esperienza sempre molto emozionante. Un’altra allieva del Maestro Bon, Silvia Scolaro, che lavora a Beijing li accoglie all’aeroporto e si adopera da supporto per l’organizzazione dei vari spostamenti. Il mattino a Beijing, racconta il Maestro Bon, “lo passiamo nei parchi a “praticare” insieme a un gran numero di altri cinesi, sempre stupiti nel vedere un gruppo di occidentali che praticano questa loro grande Arte”. Dopo circa una settimana di adattamento a Pechi-
no, si parte finalmente alla volta del Daqingshan, una località montana dove il Maestro Chen Zhonghua ospita ogni anno molti Maestri e allievi da ogni parte del Mondo per l’addestramento comune e avanzare nella pratica della “lotta” il “Tue Shou” o “mani che spingono” come viene tradotto in lingua italiana. “Dopo varie peripezie in auto, in balia del solito scatenato autista cinese, che delle norme stradali sa ben poco o forse “se ne frega” (ma in Cina funziona così), siamo stati accolti calorosamente dal Maestro Chen con uno specialissimo pranzo della vera cucina locale”. Dal mattino successivo, come usuale per il Maestro Chen, pratica intensa ad ogni ora del giorno, con ripetizioni della forma base “YiLu”, tecniche di combattimento del Tue Shou e applicazioni varie del metodo Hong, respirando parte della filoso-
fia e dell’essenza taoista della quale il Maestro Chen è grande cultore. “Abbiamo incontrato molti altri discepoli e praticanti, alcuni dei quali avevamo già conosciuto nello stage dello scorso anno in Canada, avendo anche l’onore di conoscere altri vecchi Maestri, discepoli diretti del Grande Maestro Hong Yunshen”. Da lì, con rammarico ma con la consapevolezza di un rincontro a breve, si parte per il mitico Monastero di Shaolin, dove si allenano i Monaci guerrieri. Per il Maestro Bon è la terza volta in 20 anni che ritorna in questo magico luogo, purtroppo ormai trasformato in una scenografica meta turistica, ma per lui il significato è sempre quello di “un ritorno a casa”. “Mi è bastato chiudere gli occhi per qualche istante per intraprendere il viaggio spirituale alla ricerca dell’anima dell’Arte Marziale e della Meditazione Chan (Zen)” ci
sussurra il Maestro Bon. “Anche qui l’accoglienza è grande e continui sono gli scambi con altri visitatori, che, vedendoci in allenamento, chiedono di praticare e posare con noi”. Moltissimi giovani praticanti delle varie discipline Marziali del Kung Fu, dallo Shaolin Chuan al Tang Lang Chuan al Pa Kwa Zhang al TaiJiQuan si alternano in spettacolari e durissimi allenamenti. “Arriva purtroppo il tempo dei saluti e ritorniamo a Beijing con il trenino cinese, che, nonostante le aspettative, era veramente ben organizzato. Abbiamo passato gli ultimi giorni da semplici turisti, ma con nel cuore uno spirito speciale, quello di chi sa anche vivere ed apprezzare la cultura di questo immenso paese, visitando la Grande Muraglia ed altre mete caratteristiche. Non potevamo però che finire il nostro viaggio in Cina come osservatori di uno speciale evento di Arti Marziali, il “Combat Games”, competizione mondiale di tutte le discipline marziali e sport da combattimento, al dire il vero un po’ deludenti dopo aver assistito e conosciuto personalmente le capacità del Maestro Chen Zhonghua. Parto dalla Cina verso l’Italia per ripartire di nuovo con il mio allievo Massimo Neresini alla volta del Canada per ributtarmi in picchiata negli allenamenti dello stile Chen Metodo pratico Hong ed il Tue Shou”. E così è, in effetti, non passano che pochi giorni che ci ritroviamo a volare verso il Canada come lo scorso anno. La meta questa volta, però, è diversa, Toronto; diversa solo geograficamente, perché lo spirito, l’applicazione, la volontà e… è la stessa. Dopo un breve giro turistico di due giorni nei dintorni di questa grande città estremamente pulita ed accogliente, dove si respira lo spirito canadese di “libertà” e l’immancabile stupore davanti alle imponenti cascate del Niagara con un giro in elicottero sopra “the Great Gorge” (il grande gorgo) che ti fa capire quanto sei piccolo davanti alla natura, ci ricondensiamo in palestra con amici canadesi ed il Maestro Chen. Duri giorni di grande lavoro e “messa a punto” di tecniche di combattimento e della forma YiLu che raccoglie lo spirito e l’essenza di questo stile molto marziale. Spendo ancora qualche parola sul Maestro Chen che merita un grandissimo rispetto da tutti noi per i suoi continui sforzi nel farci “capire” come, per combattere nello stile Chen, bisogna “rovesciare il cielo” come dicono i Maestri cinesi. Cerco di spiegarvi prima questo concetto che ritengo molto importante per capire il senso ed i movimenti di questo stile: la terra (grande Yin) il cielo (grande Yang) ed in mezzo l’uomo… ma dove “metaforicamente” finisce la terra ed inizia il cielo nel considerare l’uomo, beh si dice che le braccia, dalle spalle alle mani, e la testa facciano parte del cielo mentre tronco e gambe fino ai piedi appartengano alla terra. Ora pensiamo a come usualmente ci
Il Maestro Bon nel Monastero di Shaolin, Cina muoviamo, agitiamo le mani, muoviamo le braccia e la testa mentre il tronco ed i piedi sono fermi… nello stile Chen Metodo Pratico Hong dobbiamo abituarci al contrario e cioè: mani e braccia ferme, e piedi e gambe che si muovono… ecco abbiamo “rovesciato il cielo”. Il Maestro Chen Zhonghua è allievo diretto della grande ed unica Scuola di stile Chen, Maestro di 19ma generazione dello Stile Chen sotto la guida diretta del Grande Maestro Hong Junsheng e Maestro di 2° generazione di Hunyuantaiji, allievo ancora oggi del Grande Maestro Feng Zhiqiang. Il Maestro sarà ancora presente con noi in Aprile a Valdagno per il secondo Stage Italiano di TaiJiQuan Stile Chen metodo Hong. Il percorso continua inesorabile, senza fine, alla ricerca ed all’approfondimento di questo incredibile STILE; siamo consapevoli delle difficoltà, dei sacrifici che co-
Il nostro Massimo Neresini con il Maestro Bon alle cascate del Niagara
stantemente ci aspettano, del non mollare mai, ma come ho già ricordato abbiamo di fronte il nostro Maestro, il Maestro Giuseppe Bon, il quale è lui, per primo, ad essere sempre pronto ad accettare nuove sfide… allora perché dovremmo mollare noi che abbiamo così tanto da imparare? Poi questa esperienza in Canada, in un ambiente meraviglioso, con compagni eccellenti ed il superlativo Maestro Chen Zhonghua pronto a stupirti continuamente e ad insegnarti, mattone dopo mattone, come costruire attorno e dentro di te un po’ di Taiji, sarà indimenticabile… e, spero non l’ultima, visto che gli amici canadesi già ci hanno rivolto l’invito per il prossimo anno. Ancora grazie al Maestro Chen Zhonghua per come continua inesorabilmente a farci assaporare la raffinata Arte Suprema del Taijiquan stile Chen ed al nostro Maestro Giuseppe Bon per tutto quello che continua ad insegnarci e poi… perché siete proprio Maestri con la “M” maiuscola. Il TaiJiQuan stile Chen Metodo Pratico Hong lo potete trovare esclusivamente presso le Palestre dove insegna il Maestro Giuseppe Bon, Diretto Discepolo del Maestro Chen Zhonghua. A.S.D. Italia poon-zè team del Maestro Giuseppe Bon info: www. poon-ze.it . cell. 328 7304862 – Facebook attivo per contatti Grazie a tutti e imparate continuamente senza pensare mai di essere arrivati o di aver finito… mi abituo a pensare che il pensiero, “la strada”, è circolare e che, così, non ha mai fine.
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tracking infuocato Sossusvlei, Namibia, un tracking nel grande caldo africano
I
di Chiara Guiotto
l termometro dell’auto segnava 38 gradi, l’aria esterna era irrespirabile ed erano solamente le 9:30 del mattino. Così si è presentato ai nostri occhi e soprattutto alla nostra pelle l’entrata al Sossusvlei. E’ il 28 ottobre e ci troviamo in Namibia, sopra il Sud Africa, esattamente nella parte occidentale che è costituita da un mare di sabbia formato principalmente da dune color albicocca cui si alternano depressioni asciutte. Sossusvlei è per l’appunto la più famosa di queste depressioni. Qui si ergono dune alte fino a 300 metri, tra le più alte del mondo. Questo posto per molti aspetti incantato fa parte di un’immensa distesa di ben 32.000 Km quadrati fatti di zone desertiche, aride, rilievi montuosi, pianure asciutte e maestose dune sabbiose che prende il nome di Namib Desert. Siamo arrivati al gate di Sesriem, luogo di ritrovo di numerosi escursionisti amanti del deserto, di buon mattino intorno alle 6:30 leggermente in anticipo rispetto all’apertura del parco trepidanti al solo pensiero di ciò che stavamo andando a scoprire. Permesso ottenuto, scorta di acqua, cibo e benzina avvenuta: tutto era pronto. 65 Km di auto all’interno di un vero e proprio mare di sabbia rossa, uno spettacolo per i nostri occhi davvero incredibile e mai accaduto prima. Colpiti da uno stupore costante abbiamo raggiunto il cuore del deserto del Namib in un paio d’ore considerando le numerose tappe di sosta effettuate spesso e volentieri per osservare il paesaggio quasi indescrivibile a parole. Da qui solamente i fuoristrada potevano proseguire e percorrere gli ultimi 4 km fino a Sossusvlei Pan. E’ proprio da qui che è iniziato il nostro tracking,
rifiutando di percorre l’ultimo tratto a bordo delle jeep a disposizione dei turisti, e lasciandoci trasportare dal fascino incontaminato di questa sabbia terribilmente rossa che sprigionava un caldo secco insopportabile. Zaino in spalla e scorta di acqua adeguata considerate le temperature davvero torride e l’assenza di ombra per il resto della mattinata che si prospettava impegnativa. Sotto certi aspetti camminare sul deserto è come percorrere un sentiero di montagna completamente innevato: si sprofonda in continuazione e di conseguenza la fatica è maggiore. Qui le
ciaspe non sarebbero andate poi così male! Si cercava come di stare a galla, non della neve, ma questa volta sopra questo infinito manto sabbioso. Una sensazione davvero strana, mai provata. Se in alta quota di tanto in tanto si ha il piacere di ascoltare il canto di qualche animale, qui nel deserto purtroppo gli animali sono gran pochi considerate le temperature elevate e l’assenza di acqua e di anche una piccolissima parte di vegetazione. Circa tre ore di cammino ci sono servite per raggiungere il cuore del deserto rosso e poter andare ad ammirare le dune più alte e più
interessanti della Namibia. Anche se la temperatura salì forse solamente di qualche grado, la percezione che avevamo era diversa: sembravano più di quaranta gradi ma questo perché il nostro corpo si era surriscaldato troppo, in più la fatica fisica e muscolare ha contribuito ad innalzare la temperatura corporea. Sossusvlei è un enorme pozza circondata da dune rosse che si ergono fino a 300 metri di altezza. Considerato il periodo era priva d’acqua. Con l’arrivo della stagione delle piogge, da fine novembre, il mare di sabbia si trasformerà e il fango lascerà il
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posto a piccoli laghetti azzurro-verdi circondati da vegetazione e qualche uccello amante della sabbia come gli struzzi. Il paesaggio che si è mostrato ai nostri occhi ci ha lasciati senza parole ancora una volta: stanchi dalla fatica e dal caldo penetrante, abbiamo raggiunto un luogo che fino a quel momento avevamo solo visto in alcune pellicole cinematografiche. Nel bel mezzo delle dune più alte una depressione bianca, simile ad un laghetto. Però in questa pozza non c’era acqua, nemmeno sabbia, bensì del fango talmente secco da sembrare cemento. Questa
distesa secca e arida che contrastava con la sabbia rossa circostante era di colore bianco-grigio, una colorazione quasi innaturale considerando la reale colorazione del fango, per lo meno del fango italiano! A rendere ancora più incredibile e affascinante questo posto riscoperto dopo ore di cammino, la presenza di numerosi arbusti morti. Ecco svelato il nome di questo luogo, Dead Vlei dal nome degli alberi o resti di alberi morti che sono presenti sul suolo bianco e secco di questo posto. Un vero e proprio paesaggio da cartolina che cambiava in continuazione: modellate dal ven-
to, le dune circostanti assumevano forme diverse, mentre i colori mutavano nell’arco di mezza giornata a seconda della luce. Difatti ben stampati nella nostra mente avevamo i colori del deserto del primo mattino quando il sole era da poco spuntato e realizzava delle ombre giganti e affascinanti. Poi mano a mano che le ore del giorno trascorrevano e il sole cresceva, le ombre divenivano più piccole e le luci cambiavano. L’acqua ormai scarseggiava e la stanchezza era tanta ma lo spettacolo a cui stavamo assistendo in quel momento ci faceva dimenticare il
caldo, la sete e la stanchezza. Il tutto era condito da un silenzio perfetto di tanto in tanto disturbato dal rumore delle dune in movimento, un rumore per certi versi inquietante. Si perché quando la sabbia si sposta il suono che emette è simile al rumore di un motore. La sensazione è stata quella di udire da un momento degli aeroplani sopraggiungere. Impensabile come sensazione ma in quel momento reale. E ancora più sorprendente è scoprire che non si trattava di aerei bensì dell’anima del deserto in continuo movimento.
l’uomo U in più
IDENTIKIT DI MICHELE PANIZZA
di Giannino Danieli
Michele Panizza è nato a Marostica il 2 agosto 1976. Ha calzato i pattini a 6 anni ed ha iniziato la carriera nelle fila del Bassano, dove è rimasto per un lungo periodo prima di trasferirsi, per una stagione, nel Breganze. Da qui Panizza ha fatto ritorno nel Bassano e nelle ultime due stagioni, prima di approdare alla Isello Vernici, è stato una colonna portante del Roller. Di ruolo difensore, ha fatto il suo debutto con il gol in biancoceleste alla quarta giornata nella trasferta vincente (8-2) a Pordenone.
n uomo magari di poche parole ma sempre estremamente concreto, un atleta perennemente grintoso e assai determinato. Eccolo qui, in sintesi, il personaggio Michele Panizza, l’ultimo acquisto della Isello Vernici Valdagno. Dopo la partenza di Marco Motaran e l’impossibilità di fare presenza fissa da parte di Pietro Pranovi, per motivi di lavoro e del recente matrimonio, la società biancoceleste si era trovata di fronte al delicato problema di mettere la quarta tessera al settore difensivo accanto al capitano Rigo, Travasino e Randon. E’ iniziata così la corte a Panizza, fortemente voluto anche dal tecnico Marozin, una autentica telenovela conclusasi con un lieto fine. -Panizza, ci parli un po’ del suo carattere. “E’ vero, sono un po’ introverso. In effetti non mi apro tanto. In altri termini non faccio mai il primo passo quando c’è da stabilire un contatto. Ma è anche vero che sono un po’ timido”. -E’ un tratto che si trascina anche in pista? “In pista è t u t t a
un’altra cosa, lì diventa fondamentale la perfetta intesa con i compagni e la volontà di imporsi sugli avversari. Allora, quando gioco, sono più spavaldo”. -Dopo le avances della Isello il suo arrivo a Valdagno è stato tutt’altro che immediato… “Avevo un’attività in Bassano che mi teneva impegnato sette giorni su sette. Non c’entravano quindi per niente problemi di campanilismo. Se ero un po’ restio a prendere una decisione era dovuto al fatto del tanto tempo che avrebbe assorbito al mio lavoro questo rientro nell’hockey. Poi h o trovato l’accor-do con mio fratello, quindi con il tecnico Marozin. La Isello, fra l’altro, è stata l’unica società che mi ha dato la possibilità di continuare. Era un treno che non potevo perdere. Qui poi ci sono grandi giocatori e possibilità di partecipare a competizioni ad altissimo livello togliendosi davvero tantissime soddisfazioni”. -Provi a fare un confronto fra l’ambiente bassanese e quello valdagnese. “Quello della Roller rifletteva i problemi di un team dove attorno a due pedine esperte ruotava un gran numero di giovani.
Nel Bassano54, invece, la professionalità era molto marcata. Qui a Valdagno ho trovato dei dirigenti appassionati e un pubblico davvero molto caldo”. -Allora la sua è stata una decisione azzeccata? “Sì, perché qui a Valdagno ho trovato ciò che mi aspettavo. I giocatori, poi, li conoscevo tutti. E del tecnico Marozin ho sentito sempre parlare bene. Sono quindi felice della mia scelta. L’unica cosa che mi ha seccato è stato quel piccolo infortunio che ho avuto, ma il peggio è ormai alle spalle”. -Alle spalle ha già l’esperienza in Supercoppa, in Coppa Italia e delle prime partite nel massimo campionato. S’è fatto un’idea dove può arrivare questa Isello nella corrente stagione? “Vedo una squadra che può lottare su tutti i fronti. La Isello potrà recitare da protagonista nella lotta per lo scudetto. A breve ci sarà garadue, decisiva, al PalaLido per la finale di Coppa Italia con il Viareggio. Potevamo fare il blitz già in garauno, ma siamo stati penalizzati da due gol arrivati solo a causa della malasorte. In casa potremo farcela, il CGC non ci è superiore anche se forse è un po’ più smaliziato. Ecco, forse qualche gap esiste soltanto per quanto concerne l’Eurolega”. -Che cosa si aspetta da questa stagione? “Mi auspico di riuscire a dare fino in fondo il massimo contributo. Poi di creare un solido vincolo con tutti i miei nuovi compagni e di guadagnarmi la fiducia di tutti i supporter biancocelesti. E, non per ultimo, di contribuire ad allargare il palmares della Isello. Spero che il sogno diventi realtà”.
hockey 43
PANIZZA: “SPERO D’ALLARGARE IL PALMARES DI ISELLO”
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e r p m e s i d e n io s s a p nuovo nome
Lo Sci Club Val Leogra Piccole Dolomiti ha cambiato il proprio nome in Piccole Dolomiti Ski Team: nuovo nome ma lo spirito e la passione sono quelle di sempre
T
utto è iniziato nel 1998, quando a Torrebelvicino un gruppo di amici, guidato dall’esperto maestro di sci Guido Antonio Lanaro, fonda lo Sci Club Val Leogra Piccole Dolomiti, una associazione sportiva con l’obiettivo principale di promuovere e far crescere lo sci alpino sia a livello agonistico che ludico per i bambini delle scuole elementari e medie. Da allora stagioni sempre più belle e intense si sono inanellate nel segno dello sci, della montagna, del divertimento. Il gruppo è cresciuto e nell’ultima stagione lo sci club ha raggiunto la ragguardevole quota di circa centocinquanta iscritti, molti dei quali bambini e ragazzi che hanno frequentato i nostri corsi. Nell’ultima stagione invernale la nostra squadra agonistica, formata da 25 bambini/ragazzi, allenata dai maestri di sci Guido Antonio Lanaro e Andrea Menegolli della scuola di sci Tonezza Fiorentini e da Fredi Ottl della Scuola Sci Lavarone (TN), ha raggiunto ottimi risultati sia nel circuito FISI che FIE. Uno gruppo, quindi, che non smette di crescere e, infatti, anche nella prossima stagione le novità sono importanti a partire dalla sua denominazione, che sarà “Piccole Dolomiti Ski Team”: un’associazione affiliata al C.O.N.I. e alla F.I.S.I. che darà sempre più importanza alla formazione agonistica dei suoi giovani atleti. Inoltre lo Ski Team ha incrementato il suo già forte impegno nell’organizzare i corsi di propaganda allo sci alpino del sabato e della domenica e il corso di avviamento all’agonismo; quelli di snowboard e di sci nordico, sempre in quel clima di serietà e professionalità, di divertimento e tanta passione per la montagna e lo sci che ha sempre contraddistinto il nostro club.
PICCOLESKI TEAM DOLOMITI
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L’Usa, ovvero l’Unione Sportiva Asiago Sci, gran fucina di atleti.
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iamo prossimi all’inverno e l’Unione Sportiva Asiago Sci ha ricominciato a pieno regime le proprie attività sia nello sci alpino sia nel fondo sia nel salto, dopo un’estate trascorsa nei ghiacciai per preparare al meglio la stagione entrante. Tanto entusiasmo e tanta voglia di fare e di crescere si sono già visti in questo inizio di stagione con la presentazione dei fittissimi programmi per tutte le categorie e per tutte le tre discipline. Gli staff tecnici sono quelli dello
entrante, l’Unione Sportiva Asiago offre un ricco programma di allenamenti per tutti coloro che vogliono fare agonismo, ma anche per coloro che vogliono avvicinarsi in modo soft all’agonismo. La formula che si propone è ben collaudata e ha sempre dato grandi soddisfazioni sia al club sia ai giovanissimi che si sono innamorati dello sci diventando, poi, ottimi atleti. L’Usa, infatti, nei suoi quasi novant’anni di attività è sempre stata, come lo è tutt’ora, una straordinaria fucina di campioni. Sono davvero molti gli atleti cresciuti nell’Usa che sono arrivati ad essere campioni
scorso anno, solo con alcuni strategici cambi di ruolo nello sci alpino. “L’attività estiva”, dice Alberto Bonomo, allenatore della categoria giovani dello sci alpino, “è stata positiva e proficua: abbiamo lavorato tanto e principalmente nel ghiacciaio di Hintertux, dove ho visto, nel corso delle varie uscite, netti miglioramenti in tutti i ragazzi della squadra e, quello che mi piace di più, ho notato un gruppo sempre affiatato, che s’impegna e che vuole crescere”. Ma è tutto il club a stare bene. Infatti, non solo i giovani hanno partecipato all’attività in ghiacciaio ma anche gli atleti delle categorie inferiori. Per la stagione
di primissimo livello. Ieri come oggi, nelle squadre Azzurre e in quelle altrettanto prestigiose del Comitato Veneto hanno militato e militano atleti che si sono formati nell’Unione Asiago Sci, atleti sia dello sci alpino sia del fondo sia del salto. Un successo che nasce dalla filosofia Usa secondo cui il buon atleta si forma con una crescita graduale che gli permetta di dotarsi di solide basi tecniche, in un ambiente vivace, stimolante e sano che sappia trasmettergli un’autentica passione per lo sci e per la montagna, dove la pratica agonistica sia, sì, impegno ma anche divertimento e piacere di fare “curve perfette”.
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sci
USA, SKI FORCE ONE
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a CAPITANA è conosciuta così al Palacampagnola: tutti le vogliono bene e lei con la sua umiltà, la tanta grinta e la determinazione che la contraddistingue risponde con una regia impeccabile e con altrettanto efficaci “bombe” che sanno fare la differenza. E’ indispensabile negli equilibri della squadra e quando manca, (vedi nella gara interna con Como) lo si vede. Ma parliamo di lei che gentilmente e affabilmente si è prestata al nostro taccuino. – Betta, dove vuole arrivare, le 500 partite ormai sono un traguardo che appartiene alla storia? “Non so vedremo, facciamo una partita per volta, ho sempre vissuto così; il resto si vedrà … e pensare che neppure sapevo che era arriva a 500 partite: è stata una gradita mega-sorpresa”. - E’ difficile dire basta quando si gioca col Famila. “Sono stata in tanti posti dove sono stata bene, qua è un’altra cosa, sento “mia” la maglia “il palazzetto”, sono legata da questa città tanto da aver comprato casa e da aver preso qui la residenza: il mio futuro è qui. Il presidente mi ha dato la possibilità qui di vincere e vincere tanto e non smetterò mai di ringraziarlo e fondamentalmente anche i tifosi mi hanno sempre sostenuto e ancora adesso mi aiutano tantissimo e sento il loro amore nei miei confronti”. – Cosa farà dopo: farà compagnia a Nico e si metterà ad allenare? “No, Nico è molto più brava di me, penso anche di non essere portata nell’allenare, mentre ero a Messina sono riuscita a laurearmi e se posso, apro una parentesi per consigliare alle giovani di mettere lo studio nelle loro cose primarie perché prima o poi il basket finisce a prescindere da come lo si interpreta e dove ti potrà portare e quindi, tornando a me, in passato ho fatto degli stage all’interno dell’azienda del presidente che mi ha dato modo di dare un’occhiata anche al mondo reale all’interno della sua azienda e non so, ora vivo giorno per giorno e non so cosa mi riserverà il futuro, in questo momento sono molto serena e vivo il presente che per me parla ancora di basket e sono molto contenta
Betta Moro, “la Capitana”, festeggia le 500 partite in serie A in 19 anni di attività
di Enzo Casarotto Foto di Alessio Salvador per Foto Codiferro.
di giocare in una squadra così forte e sento la maturità di una persona che a 35 anni ha ancora la possibilità di giocare in una grande squadra” . – Quali sono i presupposti per i quali ha raggiunto le 500 partite? “Nella mia vita ho seguito un sogno e ogni anno ce n’era uno diverso; fin da piccola avrei voluto giocare in serie A, poi giocare in una squadra un po’ più forte, poi ancora più forte, poi di provare a vincere qualcosa e mi sono sempre messa in gioco con piccoli-grandi sogni che mi hanno aiutato a catalizzare le energie in una determinata direzione. Ho sempre lavorato molto sia a livello di allenamenti che nel modo di vivere perché noi lavoriamo con il nostro corpo e quindi è inutile che ci prendiamo in giro: ho sempre cercato di condurre una vita abbastanza regolare anche se non sono una “santa” e faccio le mie cose però, è molto importante anche questo (apro un’altra parentesi e se dovessi dare qualche consiglio alle giovani mi sento di dire loro di lavorare in palestra anche più di quello che vi dicono i vostri allenatori, sentirvi mai appagate poi la determinazione , la voglia di arrivare e di emergere, sono fatti fondamentali, se poi ci sono anche il talento… i centimetri sono cose in più perché anch’io sotto questo profilo sono “normodotata” eppure sono qui dopo una lunga carriera fatta di tante soddisfazioni, si può arrivare lo stesso”. – Si ritiene più fortunata oppure il sacrificio è stato maggiore di quanto raccolto? “Sono stata fortunata ad avere dei genitori che mi hanno permesso di andare fuori di casa a 14 anni (e stiamo parlando di 20 anni fa), e di andare a Cesena in un Collage, mi hanno seguito e mi hanno permesso di fare le mie scelte liberamente e anche delle cose sbagliando e questa è stata una fortuna e se anche ho rinunciato a delle cose che sicuramente ho dovuto rinunciare, mi ritengo assolutamente molto fortunata”. – Se oggi dovessi appendere la maglia assieme a quella di Nico al Palacampagnola e il presidente decidesse di ritirare il suo numero, quali ricordi le rimarrebbero del mondo del basket? “A livello
sportivo le cose che vinci sono quelle che ti rimangono di più anche se devo essere sincera, nella mia carriera ho avuto due infortuni d i cui uno molto grave e quella parentesi seppur dolorosa, è stata una svolta in positivo nella mia carriera. A livello cestistico ricordo anche la velocità in cui si passa dalle “stelle alle stalle” senza appello; la cosa difficile nello sport è mantener un equilibrio perché bastano due partite di fila per cui i tifosi possano cambiare idea sul tuo conto. Sotto il profilo umano ricordo con piacere le persone come Nicoletta Caselin, Anna Pozzan, Lorenza Arnetoli e tante altre che sono passate anche di qui: gente importante che mi ha accompagnato e che ancora adesso mi rimane nel cuore, Nicoletta soprattutto”. – E’ soddisfatta al di dentro Betta del suo modo di essere? “In questo momento storico della mia vita sono molto serena anche come donna e sono altresì soddisfatta un po’ di tutto quello che mi gira attorno e di conseguenza anche quello che faccio in campo segue a ruota tutto ciò. Sono molto felice di come sono adesso e sto molto bene con me stessa”. – E’ tempo dei ringraziamenti: una parte importante viene dalla sua famiglia a cui è legata molto e lo si nota. “Papà Rossano e mamma Anna hanno avuto due ruoli differenti: lui mi è stato molto vicino dal punto di vista sportivo e lei sotto quello umano. Entrambi mi hanno seguito di pari passo: se avessi potuto scegliere non sarei riuscita a trovare due genitori migliori di quelli che ho. La vita mi ha assegnato i migliori genitori che potessi avere e se sono così è merito loro perché i valori si trasmettono soprattutto in famiglia: tra l’altro sono anche belli”. – E nel mondo del basket? “Un grazie, …e l’ho sempre detto
(escludendo gli attuali) va a Stefano Tomei, poi il Presidente anche se è scontato (tra le righe: se io giocassi ad Alcamo direi lo stesso Marcello Cestaro… ): lui è una persona che in trent’anno ha investito soldi, passione ecc. ecc. con una signorilità rara e non è che abbia sempre vinto; è stato anche deriso senza fare una piega e ha sempre continuato per la sua strada investendo anche nei settori giovanili: è una persona speciale nel basket e al di fuori e mi ritengo fortunata conoscerlo così da vicino. Poi un capitolo a parte lo meritano i tifosi di Schio: io sono una persona passionale e loro in sette anni mi hanno spronato nel modo giusto e perciò non finirò mai di ringraziarli e spero finché giocherò di non deluderli, per me questa è la cosa più importante ”. – Ma chi è Betta Moro? “Si vede? Io sono così! Magari chi mi conosce fuori dal campo un po’ si sconvolge perché la grinta che ho nel gioco, lascia posto ad una persona solare, socievole, con gli alti e bassi di tutte le persone normali. Nella vita mi piace vivere con passione le cose, anche quelle fuori dal campo; sto facendo una vita bella e quindi la vivo con le possibilità che ho e non voglio perdere di vista quello che Dio quotidianamente mi dà la possibilità di gustare e più passa il tempo, più sono cosciente della fortuna che ho di vivere con della gente bella vicino, anche se ho un sogno nel cassetto: mi piacerebbe fare una famiglia, un figlio e trovare l’uomo giusto per costruire e realizzare con lui questo sogno. E’ il sogno di ogni donna e in questo momento è questo il mio sogno ma prima, finché avrò voglia di giocare, sopportatemi ancora un po’, fino alla partita … che mi cambierà la vita: l’ultima quella perfetta che mi aprirà gli occhi di un altro mondo da vivere come questo giorno per giorno, con sincerità e passione per la vita”.
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lettere
Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it
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Se non si faceva nulla, si vinceva Caro Senatore, certo, perdere nello sport ci sta, ma perdere come ha perso la Ferrari per un errore così grossolano, è davvero incredibile. Perché il paradosso è che, se non si faceva nulla, si vinceva. Quando mai nello sport accade questo? Com’è possibile che una delle migliori squadre sportive del mondo possa cadere nell’errore così assurdo di provocare la propria sconfitta? Certo, adesso noi, modesti dirigenti di piccoli club, per ogni nostro errore siamo sempre perdonabili, non crede? Con stima, Alberto Fossa. Caro Alberto, la delusione è stata grandissima. La vittoria della Ferrari era attesa da tutti per come si era maturata nel corso della seconda parte del Mondiale: una vittoria non della macchina ma proprio dell’intera squadra, che, gran premio dopo gran premio, era arrivata a una sola gara dalla fine ad essere in testa. E poi
Le vostre lettere possono essere lette anche nel sito: albertofilippi.it
Alonso, pilota sanguigno come piace a noi, è stato sempre all’altezza. La vittoria della Ferrari sarebbe stata la vittoria della tenacia e del credere in se stessi di tutto un gruppo, dal pilota all’ingegnere al meccanico. Invece, proprio sul più bello, quando bastava, come dici tu, fare la propria gara, come Button, e arrivare terzi o anche quarti, ecco l’erroraccio, assurdo perché commesso da chi fino a quel momento era stato impeccabile; quasi buffo, per come si è caduti nella trappola di un team come la Red Bull, che fino a quel momento non aveva dimostrato di essere tanto sottile nelle sue strategie. Morale? Per vincere ci vuole un lungo impegno, tanto lavoro, gran fiducia in se stessi, infinita tenacia e un bel po’ d’intelligenza. Per perdere basta una valutazione sbagliata. Basta un niente. Un momento “da oco”, come diciamo noi vicentini. Hanno scritto che questo è lo sport. No, credo che questa sia la vita, e per questo bisogna capire che vincere è sempre dura per tutti e che tutti possono sempre sbagliare. Accade anche ai migliori del mondo! Se si sa questo, non ci si deve mai scoraggiare quando sbagliamo, ma, anzi, dobbiamo avere sempre la determinazione di saper ricominciare da capo Un caro saluto, Alberto
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