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SPORTI
SSIMO
Magazine mensile di sport distribuito gratuitamente bianco
Casa editrice Mediafactory srl via Monte Ortigara, 83 Cornedo Vicentino (VI) Stampa Tipografia Danzo srl Via Monte Ortigara, 83 Cornedo Vicentino Sportivissimo: Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Vicenza il 21 dicembre 2005 n. 1124 Direttore responsabile Luigi Borgo Redazione Paola Dal Bosco Andrea Cornale Direzione commerciale Laura Danzo Segreteria Giuliana Lucato
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Il Grande Stile
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editoriale 3
di Luigi Borgo
no dei contributi di Hemingway all’umanità è di aver spiegato che cos’è lo stile. Lo stile non inteso come l’insieme dei caratteri che determinano una persona o una cosa o un certo modo di praticare uno sport – ciascuna persona, si sa, ha i propri e tutti sono in grado di definirlo: snob, dark, freak, beat, city, chic, radical, conformist, eccetera, eccetera… come ogni cosa: classica, moderna, minimal… come ogni modo di fare uno sport: stile spazzaneve, cristiania, agonistico… - ma Hemingway ci ha spiegato che cos’è lo stile nel suo senso più alto, il Grande Stile, quello che è sinonimo di eleganza, di classe; quello che è distinzione da chi proprio non ce l’ha, da chi è volgare; quello stile che è pura, irresistibile seduzione perché in esso vediamo e riconosciamo il meglio della nostra specie. E - cosa a me cara - Hemingway ha trovato questa prodigiosa definizione cercando di spiegare uno sport, uno sport forse un po’ anomalo: la Corrida. Che lo sport sia una fonte inesauribile di pensiero e non solo mera pratica fisica; che esso sia un modo preferenziale per capire la vita e i nostri limiti, e non solo i limiti fisici ma dell’essere uomini in generale è quello che vado dicendo da anni. Hemingway definì la corrida “grazia sotto pressione”. Per lui i movimenti danzanti del torero al cospetto della furia assassina del toro erano “grace under pressure”. Ovvero bellezza, eleganza, stile. Dove i più fuggirebbero, vinti dalla insostenibile pressione mentale di essere infilzati a morte dalle corna del toro, il torero compie la sua danza elegante. Hemingway ci dice che mantenere la grazia nella difficoltà della situazione è avere stile. Tutti i campioni dello sport hanno questa capacità. Riescono a celare il loro sforzo sotto velo di armonia. Cioè sanno fare cose incredibili come se fossero cose da poco. Fatica, paura, fragilità, stanchezza sono vinte in un gesto composto, misurato, degno. Questo è l’uomo nella sua massima espressione di umanità. Dallo sport alla vita il passo è breve. I minatori cileni sono riusciti a non impazzire dopo 69 giorni sepolti vivi nel buio e nel fango, dividendosi il pochissimo tonno e il pochissimo latte che avevano. Quando affondò il sommergibile Kursk, il capitano scriveva nel suo diario: “moriremo, ma senza disperarci”. Voleva dirci che stavano vivendo quelle loro ultime ore da campioni della nostra specie. Ecco, a volte si pensa che il campione sportivo sia amato perché è un vincente in una società in cui tutti vogliono vincere. Che piaccia, perché, come vincente, è un divo, va in televisione, ha soldi, donne, successo; ha una vita super. Ma il campione è un campione perché prima di tutto è capace di “grace under pressure”, non per altro. Se non fosse capace di ciò, non sarebbe un campione e non avrebbe, quindi, tutto quello che consegue al suo esserlo… fama, soldi, successo… Sta qui la confusione di oggi: ci fanno ammiriare un campione non per il suo talento, ma per i suoi talenti; ce lo fanno ammirare non perché sa mantenere la grazia sotto la più incredibile delle pressioni, ma perché ha denaro e successo. E, nella nostra vita sportiva e non, andiamo a imitare ciò e non il suo Grande Stile.
il talento di Matteo Brunello
Brunello Jr., detto “lupin”, è il nuovo talento del rally italiano. Vicentino di Schio, figlio di Demitri, già campione di rally, Matteo si è segnalato uno tra i più forti giovani rallista d’Italia a suon di risultati che hanno dell’incredibile.
A
ppena compiuti 20 anni e Matteo Brunello è già ai vertici del Campionato Italiano Rally. Nel corso del 2010 ha disputato tutti i Rally più importanti d’ Italia a bordo della Ford Fiesta R2 del team Motus Ford Italia in compagnia dell’esperto navigatore comasco Michele Ferrara. La prima gara è stata il Rally 1000 Miglia a Brescia, un traguardo sofferto per problemi al corpo farfallato nel motore della Fiesta. Seconda gara, Rally dell’ Adriatico ad Ancona su fondo sterrato, fondo particolarmente favorevole a Matteo, dove chiude con un ottima seconda posizione di R2. Terza gara a Lecce per il Rally del Salento dove una foratura compromette il risultato e Matteo si deve accontentare di un secondo posto in R2, dietro al
compagno di squadra, il piacentino Elia Bossalini. Pausa estiva e poi a Udine ai primi di settembre per il Rally Alpi Orientali, dove la rottura di un semiasse compromette la gara a una sola prova speciale dalla fine costringendo Matteo al ritiro. Nel frattempo, sempre con l’appoggio della scuderia bassanese Hawk Racing Club, Matteo partecipa al Rally Circuito di Cremona e al Rally di Asti, gare valide per la selezione al Trofeo Fiesta R2 zona nord, dove egli le vince entrambe, conquistando di diritto le due finali. Il proseguo della stagione ha in calendario gare importanti e Matteo Brunello inizia a guidare sempre più forte la Ford Fiesta: lo dimostra la vittoria di R2 che arriva al Rally di Sanremo, gara dura dove sono passati i migliori piloti del mondiale Rally e dove riesce a tenersi dietro il forte in-
rally
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glese Harry Hunt, fresco vincitore del trofeo Ford Fiesta R2 nel Wrc mondiale Rally. Due settimane dopo, altro risultato strepitoso al Rally Costa Smeralda, gara su terra in cui Matteo chiude con un 12° assoluto e con un 2° nella categoria 2 ruote motrici, dietro Andrea Sandrin con Clio S1.600. L’ultima gara, valida per il Cir, si è disputata la settimana scorsa, il Rally di ACI Como, dove Matteo, pur avendo avuto problemi ai freni per tutta la gara, è riuscito a ottenere un secondo posto in R2, dietro Alex Vittalini con Citroen C2 e un 3° assoluto di junior. Con il Rally di Como si chiude il Campionato Italiano Rally vinto da Andreucci su Peugeot S2000, il Campionato Italiano Rally Junior vinto da Andrea Albertini con Renault Clio R3, dove Matteo Brunello si classificato primo tra le R2 e 5° assoluto nel Cir Junior 2010. La stagione però non è ancora finita, i prossimi appuntamenti sono le 2 finali valide per la Coppa Italia Rally, Trofeo Fiesta R2, che disputeranno una a Piacenza e l’altra ad Enna, in Sicilia, alla fine di novembre. La ACI CSAI, visti gli ottimi risultati, ha convocato Matteo tra i sei piloti italiani più promettenti del 2010 a frequentare, nei primi giorni di novembre, il super corso Rally che si svolgerà a Vallelunga Roma, presso la scuola federale.
Biografia Matteo Brunello è nato a Schio il 12 agosto 1990, figlio d’arte, il padre Brunello Demitri è stato vincitore di 5 trofei monomarca nei Rally con auto diverse. Sotto lo sguardo attento di papà Demitri, Matteo inizia fin da piccolo coi i Kart: il primo volante lo impugna a 6 anni e a 8 inizia le prime gare di Kart con ottimi risultati fin da subito. Poi comincia a correre nel Campionato Italiano neve-ghiaccio e nel 2009 avviene il debutto nei Rally, a Como nel Cir con Peugeot 106 Kit. Quest’inverno vince l’under 23 nel trofeo Rally Ronde su terra Pirelli Race Day, Dosso 5. Poi è la volta del Campionato Italiano Rally Junior supportato da Ford Italia, BFGoodrich con Ford Fiesta R2 del team Motus, campionato in cui Matteo ottiene la Vittoria in R2 e il 5° assoluto nel Cir Junior 2010.
Matteo Brunello Cosa ne pensi della stagione 2010?
E’ un anno fantastico. Stiamo correndo moltissimo tra Cir Junior, Trofeo Ford e altre gare, e questo mi dà la possibilità di fare molta esperienza e di migliorarmi gara dopo gara. Come va la Ford Fiesta e il Motus Team? La Fiesta è super, molto competitiva e bella. Ha un ottimo rapporto costo e prestazioni, per un giovane è una macchina ideale. Il Team Motus quest’anno è cresciuto molto, offrendoci sempre un’auto performante in tutte le gare. Ottime anche le gomme, le BFGoodrige. Programmi 2011? Il mio obiettivo è quello di correre nel Mondiale WRC Accademy, speriamo di trovare il budget necessario.
Matteo Matteo con Vittorio Caneva con il padre
Ringraziamenti: Ringrazio prima di tutti mio papà, lo staff della Motus, Ford Italia, il mio navigatore Michele Ferrara, Vittorio Caneva, BFGoodrige, la Scuderia Hawk Racing Club, Max Prighel, Alberto Zambelli, gli sponsor, Erreffe immagini e gli amici che ci hanno sostenuto.
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un merluzzo pescato in apnea merluzzo atlantico Gadus Morhua
rono ad apprezzarlo, sia per la sua bontà gastronomica che per le sue caratteristiche di cibo a lunga conservazione molto utile nei viaggi di mare e di terra, oltre che per la caratteristica di essere un “cibo magro”, tanto da divenire uno dei piatti consigliati negli oltre 200 giorni di magro fissati dal concilio di Trento. Nel vicentino ciò diede luogo alla ricetta nota come “bacalà alla vicentina”, mentre a Venezia il baccalà fu preferito “mantecato”. Oggi Røst è una cittadina di circa 700 abitanti nella contea di Nordland in Norvegia, situata al largo dell’estremità sud occidentale dell’arcipelago delle Lofoten a 115 km a nord del Circolo Polare Artico. Comprende 365 tra isole, isolette e scogli e dista 100 chilometri dalla terraferma. Røst è sempre stata riconoscente al Querini, tant’e vero che in occasione del cinquecentesimo anniversario del naufragio (1932), ha eret-
to in sua memoria, un cippo e, successivamente, in onore di Sandrigo ha chiamato un’isola Sandrigoya; in cambio Sandrigo ha dedicato a Røst una piazza. Ogni anno milioni di merluzzi migrano in questa zona dall’area artica del mare di Barents per andare a riprodursi. Poiché alle Lofoten arrivano le ultime propaggini della corrente del golfo gli inverni sono miti e le estati fresche. Assieme al vento che soffia implacabile si ha il clima ideale per la produzione di pesce essiccato. Røst vive di questa attività. Da gennaio ad aprile una grande quantità di merluzzi appena pescati sono portati a riva e appesi all’aperto, senza testa, per essere trasformati in modo naturale, dal vento, in stoccafissi. Ovviamente per i subacquei locali e norvegesi, la pesca al merluzzo è molto comune e non mancano prede interessanti. Il merluzzo atlantico, tuttavia,
subacquei nelle fredde acque norvegesi
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ell’ultima settimana di settembre di ogni anno si tiene a Sandrigo la tradizionale Sagra del Baccalà. Fin qui nulla di diverso da altre sagre. La cosa diviene interessante quando si scopre che Sandrigo è gemellata dal 2001 con l’isola norvegese di Røst e che questo gemellaggio trova la sua ragione di essere nel fatto che nel 1432 alle Lofoten naufragò una spedizione guidata dal patrizio veneziano Pietro Querini in viaggio da Creta alle Fiandre con un carico di vino malvasia. Soccorso dalla popolazione di Røst, rimase molto colpito dal merluzzo che veniva essiccato all’aria tanto che lo portò con sé al ritorno e ne fece una relazione Consiglio dei Pregadi (Senato) di Venezia. Questa economica alternativa al pesce fresco godette di un grande successo ed i veneziani impara-
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il merluzzo atlantico Gadus Morhua
“Bacalà” alla vicentina, dalla Norvegia con sapore
subacquei nelle fredde acque norvegesi
pesca in apnea
di Antonio Rosso Le foto sono prese da internet su segnalazione dei subacquei di Røst
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non va confuso con il merluzzo mediterraneo. Sono due specie diverse con dimensioni ed aspetto differente. Il primo è il Gadus morhua, che arriva fino a due metri con oltre 50 kg di peso, mentre il secondo è il “merluccius merluccius”, altrimenti detto nasello, le cui dimensioni arrivano, da noi, al massimo agli 80 centimetri ed è grigio dorsalmente e bianco ventralmente e privo di barbiglio. Il Gadus, invece, ha colorazione più scura e presenta alcune macchie sul dorso e sui fianchi. Pur essendo un animale che vive al largo in grandi branchi, la pesca in apnea viene effettuata sotto costa. Le acque sono fredde, la temperatura in estate arriva ai 13°C. I fondali sono rocciosi e nudi, ma anche ricchi di alghe giganti, granchi, merluzzi, stelle marine, anemoni e meduse. Le immersioni vanno da maggio a settembre con visibilità di 8-12 metri. Alle Lofoten, in più, basta andare a sole 6 miglia al largo per trovare fondali oceanici ed incontrare orche, balenottere e i maschi di capodoglio in quanto le femmine rimangono alle Azzorre o alle Canarie. I subacquei norvegesi, incontrati a Sandrigo nei biennali scambi culturali tra le due cittadine, sono stati anche concordi a ritenere che l’immersione con le orche che si nutrono dei banchi di aringhe sia un’esperienza che non si dimentica più. Per concludere, la pesca è libera e i diving sono attrezzati per ogni tipo d’immersione.
Non tutti sanno che
Stoccafisso identifica il merluzzo intero, privo della testa ed essiccato all’aria.
subacquei nelle fredde acque norvegesi
Le isole attorno a Røst
La relazione del Querini al senato veneziano «Per tre mesi all’anno, cioè dal giugno al settembre, non vi tramonta il sole, e nei mesi opposti è quasi sempre notte.
Dal 20 novembre al 20 febbraio la notte è continua, durando ventuna ora, sebbene resti sempre visibile la luna; dal 20 maggio al 20 agosto invece si vede sempre il
Baccalà sono i filetti di merluzzo messi sotto sale: nel triveneto, tuttavia, con questo termine viene chiamato anche
sole o almeno il suo bagliore…
gli isolani, un centinaio di pescatori, si dimostrano molto benevoli et servitiali, desiderosi di compiacere più per amore che per sperar alcun servitio o dono all’incontro…vivevano in una dozzina di case rotonde, con aperture circolari in alto, che coprono con pelli di pesce; loro unica risorsa è il pesce che portano a vendere a Bergen. (...) Prendono fra l’anno innu-
il merluzzo essiccato. Il “bacalà” alla vicentina avrebbe dovuto, più propriamente, chiamarsi “stoccafisso alla vicenti-
merabili quantità di pesci (...): l’una, ch’è in maggior anzi incomparabil quantità, sono chiamati stocfisi. (...) I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come legno. Quando si vogliono mangiare li battono col roverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongono butiro e specie per darli sapore: ed è grande e inestimabil mercanzia per quel mare d’Alemagna. (...). » Pietro Querini
na”… ma credo che nessuno ora si sognerebbe di chiamarlo così, con buona pace dei linguisti.
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viaggio al termine della terra
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Suguta Valley – Kenya
n luogo primordiale di incomparabile bellezza, ma altrettanto inospitale e inaccessibile. Una terra riarsa da un sole inesorabile che giorno dopo giorno, per migliaia d’anni, ha trasformato un primitivo lago in un deserto tra i più infuocati della Terra, lasciando un enorme avvallamento sprofondato di oltre 100 metri rispetto al livello delle acque che formano l’attuale lago Turkana, in Kenya, nel cuore del Grande Rift Africano. L’idea di organizzare una spedizione in quel remoto angolo del globo si era insediata nei miei pensieri. Come un tarlo mi rimu-
... così andiamo avanti, con il calore che cresce sempre più spaventoso in questo caos magmatico. L’aria è torrida, incandescente. Immancabile arriva anche il vento ...
di Antonio Biral ginava nella mente. Non mi dava pace. Via via si trasformava in un progetto, in una sfida. Una sfida raccolta anche dai miei compagni a loro volta contagiati dalla mia esaltazione. Per mesi mi ero impegnato a cercare qualche cosa che documentasse quella sperduta area geografica, ma nulla, neppure una testimonianza. Solo poche righe nelle guide più specializzate sul Kenya definivano la Suguta così: ”Una valle infernale chiusa su tre lati da desertiche montagne di lava, continuamente spazzata da violente tempeste di sabbia. Un luogo incredibilmente torrido e secco dove la temperatura media dell’anno è di 55 gradi e la pioggia arriva, forse, una volta ogni
pesta Si profila una tem di sabbia
sta
Cammelli nella tempe
dieci anni. Regno solo di serpenti e scorpioni”. Sapevamo che una volta partiti non avremmo avuto nessun collegamento con il mondo esterno, che dovevamo farcela da soli. Che nessuno, anche in caso di estrema necessità, avrebbe potuto aiutarci. Uno stato d’animo ben diverso da chi sa di partire sapendo che all’occorrenza qualcuno verrà in soccorso. Una delle tante incognite era il superamento della barriera vulcanica che separa la Suguta dal lago Turkana, un gigantesco sbarramento che si eleva oltre i 1100 metri. Non sapevamo se i cammelli sarebbero stati in grado di salire i pendii di quelle catastrofiche montagne di lava. Potevamo azzardarci da soli? Come avremmo fatto per trasportare il materiale, seppur minimo, e l’acqua, sapendo che solo il fabbisogno giornaliero per sopravvivere a quelle temperature è di almeno 7 litri per ciascuno? Interrogativi le cui soluzioni erano state rinviate a quando ci saremmo trovati sul posto! Solo lì potevamo decidere il da farsi. La spedizione, sette uomini e tre donne, il 26 febbraio 1993 si inoltrò con una carovana di cammelli e attraversò l’intera valle da sud a nord. Oltrepassò la barriera vulca-
viaggi 11
... una terra riarsa da un sole inesorabile che giorno dopo giorno, per migliaia d’anni, ha trasformato un primitivo lago in un deserto tra i più infuocati della Terra ...
nica del Teleki, raggiunse il lago Turkana e, dopo una marcia di 200 km e mille vicissitudini, trovò salvezza all’oasi di Loyangalani. (stralcio dal libro Suguta Valley di Antonio Biral – Campanotto Editore) (…) Così andiamo avanti, con il calore che cresce sempre più spaventoso in questo caos magmatico. L’aria è torrida, incandescente. Immancabile arriva anche il vento ad aumentare le sofferenze: infuocato come se uscisse dalla bocca spalancata di un forno e violento da rendere difficile mantenersi in equilibrio. In queste condizioni estreme non riusciamo a fronteggiare la rapida disidratazione. Cerchiamo di proteggerci il più possibile coprendoci ogni parte del corpo, il volto innanzitutto, per catturare quel po’ di umidità emanata dal respiro per poterla nuovamente respirare intrappolata nei tessuti. Di acqua ormai ce né rimasta ben poca, praticamente nulla. Solo qualche sorso sul fondo delle borracce. Incuranti l’uno dell’altro, procediamo secondo i propri
ana
Donne Turk 12
limiti nel tentativo di raggiungere al più presto il fondo valle, di arrivare laggiù dove si vedono piccole macchie verdognole punteggiare la nera superficie. Alle 11,40 giungo tra quelle chiazze che sono delle misere acacie mezze rinsecchite e mi getto sotto cercando riparo dal micidiale sole. Distrutto, rimango steso nella parvenza d’ombra, che di più gli striminziti arbusti non danno, indifferente a spine e sassi che mi bucano la schiena. Brucio dalla sete. La gola è in fiamme. La lingua gonfia, incollata al palato nella densa appiccicosa saliva, mi farebbe bere una tanica d’acqua tutta d’un fiato, ma lo sconforto mi assale quando avverto che la borraccia non ha peso. Che risuona come vuota. Malgrado l’estremo bisogno, mi limito a un solo sorso nell’illusione che almeno un altro ne sia rimasto, per una volta ancora. L’ultima! Stordito, con i capillari delle narici che sanguinano, le labbra screpolate e la pelle raggrinzita come se avessi trascorso quarant’anni nello spazio di poche ore, resto in attesa di vedere arrivare i miei compagni. Non passa molto, e vedo Giorgio, che mi seguiva a qualche centinaio di metri, venire verso di me per poi stramazzare a terra sfinito, sconvolto, al limite delle possibilità fisiche come lo sono io del resto. In silenzio, senza proferire parola, perché anche questo diventa difficile e faticoso, rimaniamo inermi e inebetiti nel tremendo calore. Nel frattempo stanno arrivando gli altri. Sbandati, distanti l’uno dall’altro, si dirigono verso i primi cespugli e vi si gettano sotto, anche ai più piccoli, pur che qualcosa li nasconda dall’ossessionante sole. Cerco di attirare la loro attenzione gridando e sventolando la camicia nel torrido vento che continua a prosciugarci. Solo Alberto e Ross, che sono i più vicini, ci notano e vengono verso di noi. Gli altri, distanti e controvento, non ci vedono e non ci sentono. Le borracce sono state prosciugate fino all’ultima goccia, anche dell’umidità. Il respiro è affannoso come di chi è sull’orlo del crollo. La mente vacilla. Vinti dalla stanchezza ci ributtiamo a terra e rimaniamo lì: come e dove siamo ceduti, in uno scenario di morte.
Solo quando la calura comincia ad attenuarsi e dopo aver smaltito un po’ l’affaticamento, tentiamo di muoverci alla ricerca dei compagni. A stento riusciamo a organizzarci, sia per lo stato di confusione mentale che per la spossatezza. Sono i sintomi della disidratazione che è già in atto. Abbiamo assolutamente bisogno d’acqua per rimanere vivi. Dobbiamo muoverci, trovare riparo
... mi assilla il pensiero che qualcuno possa mancare, che, non visto, sparpagliati com’eravamo, sia rimasto bloccato sulla barriera nell’impossibilità di muoversi, come una slogatura, un colpo di calore, o per la caduta in un crepaccio ... dall’ardente sole che ci sta letteralmente cuocendo. Tra spine e sassi ci dirigiamo verso una parete basaltica che vediamo a ovest, a poche centinaia di metri. Lì forse troveremo una striscia d’ombra, ed è così. Pensiamo che anche gli altri, dopo un precario riparo sotto i primi cespugli, decidano di rifugiarsi sotto il costone lavico. Speriamo di trovarli. Tutti! Mi assilla il pensiero che qualcuno possa mancare, che, non visto, sparpagliati com’eravamo, sia rimasto bloccato sulla barriera nell’impossibilità di muoversi, come una slogatura, un colpo di calore, o per la caduta in un crepaccio. Pensando a questo, non so quale decisione prenderei: se andare alla ricerca risalendo i pendii di quell’infernale montagna senza
re o u c nel uta a i c ug ar In m della S Un turbinio di sabbia ci investe
ventata
ro Una distesa d’argilla ar
anche Il Lago Turkana detto eso colore Mare di Giada per l’int
nemmeno una goccia d’acqua? Senza aspettare la carovana? Se riconsidero la situazione oggi, dopo anni, credo che non sarebbe stata una buona idea risalire per cercare qualcuno che fosse rimasto lassù, perché molto probabilmente lo avrei trovato già morto, ma sicuramente lo sarei stato io ancora prima di trovarlo.
Andando avanti, costeggiando il fronte lavico, dopo trecento metri vediamo qualcosa di colorato sventolare appeso a un ramo. Non può che segnalare il punto dove si trovano gli altri. La fortuna vuole che ci ritroviamo tutti, “sani e salvi”, questo mi solleva dall’incubo che mi stava dannando.
Non troviamo risposte agli interrogativi sul perché la carovana non sia ancora arrivata, quali possano essere le ragioni di tanto ritardo. Lo chiediamo a Joseph, perché assieme a Idi aveva scelto il percorso alternativo al nostro. Aveva stimato che i cammelli sarebbero giunti sul luogo, dove avevamo previsto di incontrarci, pressappoco tra le due e le tre del pomeriggio, ma neanche lui sa spiegarsi le cause. Manca poco ormai alle diciotto quando Joseph prende la decisione di andare alla ricerca di Idi e dei suoi uomini. Prima di lasciarlo andare gli diamo un paio di batterie di scorta per la lampada, di acqua nemmeno ne parliamo perché non ce né una goccia in tutte le borracce, e credo che anche la sua sia completamente a secco. Ci salutiamo con un “in bocca al lupo” raccomandandogli l’impossibile, e restiamo a fissare la sua figura che si allontana costeggiando il pendio in direzione est. Lo vediamo sparire tra le ondulazioni del terreno e poi ricomparire fino a perdersi definitivamente. Nell’imminente oscurità che sta per calare e avvolgere tutto, amplificando la solitudine e il silenzio in questo deserto in cui il tempo non ha senso, rimaniamo con gli occhi fissi negli occhi scambiandoci sguardi senza parole, mentre i pensieri annebbiati calcolano le ore che possiamo ancora resistere, vivere! Come ultima soluzione alla sete ricupero le mie misere urine nella borraccia. Avevo sentito raccontare vicende di questo genere in storie di sopravvivenza su fatti di guerra, su catastrofi, ma mai avrei pensato di dovermi trovare in simili situazioni. Pur sapendo che l’urina ha lo stesso effetto dell’acqua di mare, quello di aumentare la sete perché non fa che sottrarre acqua dal corpo, non di aggiungerne, lo faccio lo stesso (…)
Antonio Biral, detto il Cobra
come arrivare ...
escursionismo
sul monte Cornetto
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di F.S. Foto di Riccardo Corà
aggiunto il Passo Pian delle Fugazze (sopra il paese di Valli del Pasubio) si parcheggia l’auto. Il nostro sentiero (e5 ex 45) inizia nei pressi della pista di sci alpino attualmente chiusa. Dopo un grande bosco di faggi si arriva alla selletta nord/ovest (cartelli) dalla quale proseguiamo verso destra incontrando, poco dopo, un altro bivio (cartelli) dove continueremo verso sinistra incontrando, poi, alcune gallerie (la torica elettrica può essere utile ma non indispensabile) e alcuni tratti esposti attrezzati con catena (bambini e inesperti devono essere assicurati da persone competenti). Arrivati in cima alla dorsale incontreremo il sentiero d’arroccamento del Cornetto (cartelli) che andrà percorso verso sinistra arrivando così a un altro bivio dove, sulla sinistra, una paretina di roccia attrezzata con catena (solita precauzione con bambini e inesperti) altre alla quale, a un bivio (cartelli) verso sinistra, in breve si raggiungerà la nostra vetta (croce). Ritorno: poco sotto la croce (cartelli) non prendere a destra verso la sopracitata catena ma, verso sinistra per raggiungere così la selletta nord/ovest e, da qui, come la salita. N.B.: i tratti con catena e anche i tratti senza diventano particolarmente insidiosi anche con poca neve.
o n a i p o t l A ’ l l u s i c i b in
L’Associazione Malattie Rare Mauro Baschiorotto per la 13a volta pedala sull’Altopiano di Asiago per il consueto appuntamento stagionale di agosto.
L
a “carovana gialla” è partita dal Consorzio dei Caseifici di Asiago e transitando per il centro città, la zona dell’aeroporto, passando per Gallio, e Canove ha concluso a Roana la passeggiata in bici di 25 km. dove la carovana, forte di un
Baschirotto i partecipanti
del 2010
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centinaio di fedelissimi, era attesa da Fabrizio Rebeschini presidente della Pro Loco di Roana. Grazie alla locale Protezione civile e alle forze del territorio, l’evento ha avuto un esito estremamente positivo e palpabile alla fine è
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stata la soddisfazione di tutti i partecipanti che durante il ristoro (e l’immancabile foto) si sono scambiati le proprie impressioni dandosi un sicuro appuntamento per l’edizione del 2011. L’Associazione” Mauro Baschirotto” ha il suo campo d’azione nella ricerca delle malattie rare e nella sede di Longare i suoi ricercatori
Baschirotto a Gall
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Ilario da Ferrara
Baschirotto l’uscita da Gallio
indirizzano le loro attenzioni laddove la medicina tradizionale (case farmaceutiche) non trovano “interessante ” l’investimento sulle malattie rare che non offrirebbe loro proventi e profitti sicuri. Il connubio tra l’Associazione “Mauro Baschirotto” con Giuseppe vero trascinatore, e il territorio dell’Altopiano si è consolidato nel tempo grazie ad “Angela” una bimba di Roana affetta appunto da una malattia rara e che ha trovato nell’Associazione vicentina l’unico interlocutore per le sue tematiche. Ora Angela non c’è più ma mamma Sofia, papà Andrea Genovese con l’altro figlio Davide e nonno Giuseppe, hanno testimoniato con la loro presenza la vicinanza a Giuseppe Baschirotto e al suo gruppo. “E’ stata l’unica Associazione che ci seguiva – afferma il papà di Angela - perché non sapevamo dove buttare la testa se non rivolgerci a
I coniugi Baschiro
tto con i familiari
di Angela
Baschirotto tra i presenti anche Claudio Pasqualin
loro, la mia famiglia è riconoscente e lo sarà sempre per l’impegno dell’Associazione che opera nella ricerca genetica. In particolare qui a Roana (anche l’Olimpionico Enrico Fabris è un testimonial della Baschirotto n.d.r.) si conoscono bene queste problematiche e la gente è stata molto vicina alla mia famiglia”. Dello stesso avviso anche il presidente della Pro Loco Fabrizio Rebeschini: “Quando pensiamo alle malattie rare pensiamo siano delle cose che capitano agli altri, ma qui a Roana abbiamo avuto una bambina di nome Angela che era poi considerata la bambina di tutti, che aveva un sorriso stupendo: ora Angela ci ha lasciato per questa forma di malattia che ancora non si riesce a curare; penso che Roana sia in prima linea per questo messaggio che vogliamo lanciare per la ricerca e noi c’impegneremo sempre e saremo sempre disponibili ad ospitare questo tipo di manifestazione e per contribuire alla ricerca”. “E’ la quarta volta che partecipo – esordisce Ilario di Ferrara- sono qui in villeggiatura a Canove, ho ol-
tre ottanta anni ma questa pedata non me la perdo finché la salute mi assiste: è una cosa bella poter aiutare l’Associazione Baschirotto”. Presente anche un produttore di vini del trevigiano e precisamente dal Combai. Si chiama Diego Stefani e per trovare fondi per l’Associazione, ha in mente di etichettare una partita di vini della sua preziosa produzione (fa dal Verdiso al Prosecco, ma anche un rosso chiamato “Cinquecento” perché il vitigno di produzione si trova a quella quota…). “E’ un’idea che parte dal cuore – dice – io mi sento fortunato e bisogna aiutare quelli che purtroppo non lo sono”. Per chi è curioso, lo trovate nell’Osteria dal Contadin che da 130 anni è gestita dalla sua famiglia: oltre al vino e al cibo, si possono ascoltare dalla sua voce, un centinaio di poesie musicate che Diego vanta nel suo repertorio. Con il ricavato delle serate musicali, aiuta invece lo sviluppo rurale nel lontano Benin. … A proposito: non perdete neppure la Festa della birra di Roana il 9 ottobre con i rappresentanti bavaresi e la festa di Santa Giustina il 10, con polenta e osei in piazza organizzata sempre dalla Pro Loco di Fabrizio Rebeschini.
A PRAGA e ritorno
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ncora noi, ciclisti del Team ASD Calcestruzzi Mascotto, ex Rowan Elettronica, lasciamo il segno in campo cicloturistico per la nuova “avventura” conclusasi il 31 di agosto nella nuovissima Cittadella dello Sport a Caldogno (Vicenza). Il Direttivo ha lavorato al progetto per almeno un mese, riuscendo a predisporre un itinerario che in otto giorni avrebbe portato la ventina di coraggiosi su piste inedite, raggiungendo ed attraversando città e paesi mai prima visitati. Noi atleti del prestigioso sodalizio sopra citato, assistiti da validi ed esperti accompagnatori con due mezzi di supporto, ci siamo fatti una bella scorpacciata di chilometri per attraversare le quattro Nazioni della comunità Europea e tornare a Caldogno, da dove siamo partiti il mattino del 24. Sedi delle nostre tappe sono state le città di Bressanone, di Salisburgo, di Linz e di Praga nei primi quattro giorni. Al viaggio hanno partecipato alcuni familiari dei ciclisti che con il pullman
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Un favoloso tour attraversando l’Italia, l’Austria, la Repubblica Ceca e la Slovenia
partendo di buon mattino il 26, si sono uniti ai pedalatori nel pomeriggio del terzo giorno per la prevista doverosa visita di gruppo al Campo di concentramento e sterminio di Mauthausen, nei pressi di Linz; devo dire che i bambini, nel frangente, hanno dimostrato una commovente partecipazione lasciandoci sorpresi ed ammirati, e una riflessione spontanea ci porta a considerare quanti meriti vadano attribuiti a famiglie sane di principi e di comportamenti! Se le prime tre tappe sono state assai impegnative per le ore di sella e per i dislivelli, la quarta, Linz-Praga, ha segnato il nostro record in quanto a km percorsi, arrivando a ben 260, lunghezza mai raggiunta nelle precedenti avventure, complicata per di più dalla pioggia e da ben 2500 m di dislivello, ma la splendida Praga ha meritato tale sacrificio. Ci gustiamo la visita alla città il mattino seguente, scortati da una bravissima guida, che ci segue pure nel trasferimento a Plzen per la visita all’azienda produttrice di birra Pilsner, accompagnandoci nel percorso di produzione ed al
museo che ne raccoglie la storia. Il riposo atletico prosegue con il trasferimento a Lubiana che ci vede ancora uniti ai familiari, cenare assieme in allegria e riposare nel consueto ottimo Hotel che l’agenzia Caliba ci ha prenotato così come per tutte le altre “stazioni“. Lunedì 30, dopo i saluti mattutini, ci separiamo, puntando su Trieste. Raggiungiamo la città proprio mentre il mare improvvisamente si imbroncia e ci costringe a saltare il ristoro ed a percorrere gli ultimi 30 km frustati da pioggia e vento. Mentre i turisti puntano su Vicenza, noi andiamo a riporre le divise inzuppate sulle finestre dell’Hotel a Ronchi dei Legionari, d’un tratto baciati da un bel sole di tramonto. In questa quinta tappa di 155 km, percorsa su piacevoli saliscendi, dobbiamo registrare ben due cadute distinte con un ciclista ferito al volto e due bici leggermente danneggiate. Accompagnati dal sole puntiamo verso casa il martedì, nella sesta tappa tutta pianeggiante di 200 km, e sotto scorta di una pattuglia dei Vigili entriamo ben allineati alla Cittadella dello Sport
di Caldogno fra gli applausi dei familiari e del Sindaco Marcello Vezzaro, finendo tutti assieme nel tendone della festa paesana a goderci “pignate” di meritata fresca e spumeggiante birra. Grande soddisfazione in tutto il “clan” per questa nuova perla che si aggiunge al nostro curricolo atletico, consentendoci di ostentare fierezza e orgoglio nell’ambiente ciclistico Vicentino. Un grazie a tutti dallo scrivente e partecipante Mariano Stefani. Hanno partecipato i ciclisti: Amadei Cesare, Bertoldo Bruno, Bicego Vittorio, Boesso Modesto, Carolo Andrea, Cadaldini Agostino, Caldieraro Patrizia, Clavello Alberto, Conzato Mansueto, Corradin Gianpietro, Dal Martello Giovanni, Fogliato Graziano, Gasparet Nereo, Mascotto Federico, Novello Paolo, Sanson Walter, Sanvido Roberto, Spiller Giancarlo, Stefani Mariano, Toniolo Gianniù; e gli accompagnatori: Biasia Anna e Bruno-Bortolozzo Renato-Nardello Fidenzio.
Triathlon Danger Camp
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al 15 al 22 agosto si è svolto a Paderno del Grappa in provincia di Treviso il primo Triathlon Danger Camp, uno stage di una settimana per bambini e ragazzi e ragazze all’insegna di nuoto-bici-corsa. L’idea è stata portata avanti da Glenda Antico ed Eros Venezian, tecnici della Rari Nantes Marostica, con l’aiuto di José Brborich. Una quindicina di ragazzi sono stati ospiti dell’Istituto Filippini di Paderno del Grappa dove hanno potuto alloggiare e utilizzare le strutture sportive in particolar modo la piscina coperta e la pista di atletica. Gli obiettivi del Camp erano quelli di riunire ragazzi provenienti da diverse società affinché potessero allenarsi e confrontarsi con i propri coetanei così come fanno i “grandi” del triathlon quando partecipano a raduni di preparazione, oltre ad offrire anche ai loro tecnici un momento di confronto e scambio di esperienze. Oltre agli aspetti puramente legati ai gesti tecnici di nuoto, bici e corsa (i ragazzi hanno potuto anche usufruire delle riprese subac-
di Martina Dogana
quee in piscina!) e agli allenamenti specifici, tipo i combinati bici+corsa, si è cercato anche di potenziare la loro motivazione di fare triathlon e sport in generale attraverso due incontri con “pro” della disciplina: io e il
Splendida e ripetibile esperienza di un camp tutto dedicato al trianthlon a Paderno del Grappa.
mestrino Alberto Casadei. Io ho portato la mia esperienza di “lunghista” e le domande più frequenti sono state la gestione degli allenamenti lunghi e soprattutto delle crisi in gara, oltre che l’alimentazione e il recupero nelle gare lunghe. Poi sul campo abbiamo fatto un allenamento di corsa di fartlek, cambi di ritmo. Alberto, atleta dell’olimpico delle Fiamme Oro, ha parlato invece degli allenamenti più corti e veloci sia nel nuoto che nella corsa fornendo anche degli esempi di allenamento. La settimana è terminata con la partecipazione dei ragazzi alla gara di San Marino dove hanno potuto raccogliere i frutti dell’intensa settimana di lavoro. Che dire...aspettiamo l’estate 2011 per ripetere l’esperienza! Intanto è nata una pagina DangerCamp anche su facebook!
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iportare lo sport alle origini. Un obiettivo chiaro quanto ambizioso; un sogno che pareva irrealizzabile, considerando le gravi carenze di strutture sportive del nostro Comune. Come le case si costruiscono a partire dalle fondamenta, anche questa rivoluzione non poteva che iniziare dal basso, dallo sport amatoriale, dallo sport che si fa per “stare insieme”. A Recoaro Terme, queste premesse si sono concretizzate in un progetto che richiama nel nome le sue nobili intenzioni: l’Associazione Sportiva Dilettantistica Real Recoaro. Le difficoltà di creare dal nulla una società sportiva si sono rivelate un ostacolo di poco conto di fronte all’entusiasmo e alla forza di volontà di un gruppo animato da grandi obiettivi. “ Sono anni che seguo lo sport locale, – racconta il Presidente Francesco Pretto – e ho potuto notare un crescente malcontento, soprattutto tra i più giovani. L’immagine dello sport professionistico pare ormai definitivamente corrotta dai continui scandali e polemiche che stanno allontanando questo sport dalla sua vera essenza. Purtroppo, negli ultimi tempi ho potuto constatare come questi vizi stessero intaccando anche le serie dilettantistiche e confrontandomi con altre persone dell’ambiente abbiamo riscontrato da più parti questo disagio e abbiamo deciso di darci da fare. La risposta è stata fondare una
sempre più sport sempre più real di Francesco Pretto società che fosse amatoriale nel vero senso della parola, cioè formata da staff e atleti uniti semplicemente da un grande amore per lo sport.” Da questo sogno genuino e forse un po’ matto non è nata solo una società sportiva, ma prima di tutto un’Associazione che è esordita circa tre anni fa, prima con il calcio amatoriale per poi diventare una realtà importante del volley ed è con soddisfazione che comunichiamo che il Gruppo Marciatori Amici della Natura di Recoaro Terme, dal 09 Agosto 2010 è confluito nell’A.S.D. Real Recoaro, al fine di renderlo più importante ed efficiente. Programma dell’associazione è partecipare con il proprio gruppo a varie marce non competitive, proposte dal calendario Regionale e provinciale F.I.A.S.P. di Vicenza, in varie località sia Provinciali che Regionali, gruppo che ha avuto nella domenica 08 agosto la soddisfazione di avere dei numeri importanti nella 4^ marcia “Le Contrà di Recoaro Terme” e che per il prossimo anno
Il Gruppo Marciatori Amici della Natura di Recoaro Terme è confluito nell’A.S.D. Real Recoaro al fine di dare vita a un sodalizio sempre più importante ed efficiente. sarà organizzata il 14 agosto, da parte di questa Associazione. Per evidenziare l’importanza di questa manifestazione basti pensare al numero dei partecipanti, 2001, per la precisione, che per Recoaro Terme non è poco.
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Chiunque fosse interessato ad aderire al nostro gruppo marciatori può contattare il sig. Antonio Lovato, responsabile del settore marce e tempo libero tel.0445780213 (ore serali) o il presidente sig. Francesco Pretto al n. 3393696315. Con questa nuova realtà si può certamente affermare che il Real Recoaro è diventata senza dubbio una delle più importanti realtà sportive di Recoaro Terme e spero fortemente che questa convinzione venga fatta propria da tutti quelli che sono veramente intenzionati a darci una mano per la crescita di questa Associazione. Credo che in questi tre anni siano stati fatti passi da gigante, sia per quanto riguarda l’attività sportiva sia per l’aggregazione dimostrata dal gruppo in attività extra sportive, e questo è un risultato che non può non rendere orgoglioso chiunque appartenga o simpatizzi Real Recoaro. Sono iniziati già gli allenamenti ed iscrizioni per tutte le classi di età, per la stagione 2010/2011, del settore VOLLEY, chi volesse unirsi a noi in questa avventura può contattare il sig. Francesco Pretto al n. 3393696315 o il sig. Davide Stocchero al n. 3287529460. Chiunque abbia proposte serie di collaborazione può contattare il numero 3393696315, oppure recarsi presso la nostra sede in via Vittorio Emanuele.
SuperIsello La ISELLO Hockey Valdagno ha iniziato la nuova stagione in modo esaltante
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ue grossi crucci compensati in buona parte da un fine-inizio stagione davvero esaltante. La Isello Vernici Valdagno aveva chiuso il campionato 2009/2010 con il primo scudetto dei suoi 72 anni di vita e s’era presentata al via della nuova stagione con il Tricolore cucito sulle maglie e la pesante responsabilità di difendere il titolo di Campioni d’Italia appena conquistato. Lì, a rendere difficile il compito, sono intervenuti i movimenti della campagna perché c’era da
di Giannino Danieli foto di Federico Pedron
supplire alle partenze del tecnico Jorge Valverde e a quelle di due importanti pedine come il difensore Davide Motaran (poi finito nelle fila del CGC Viareggio) e dell’attaccante Osvaldo Raed (tornato a giocare nella Liga spagnola). Inoltre c’era da provvedere alla parziale indisponibilità del forte difensore Pietro Pranovi a causa dei problemi di lavoro. Compito quindi certamente non facile quello della società biancoceleste di ricomporre le fila e ricostruire un organico che non solo f o s s e all’altezza di quello della stagione precedente ma potesse avere caratteristiche tali da mantenere il passo in Campionato e fare ancora meglio in Eurolega. La rico-
struzione è partita con l’arrivo del nuovo tecnico Gaetano Marozin, reduce non solo dalle due brillanti esperienze di Trissino e Breganze, ma pure da una medaglia d’argento conquistata con la Nazionale Under 20 agli Europei. Il primo tassello fortemente voluto è stato il difensore Juan Travassino, colonna della Nazionale Senior, prelevato dal CGC Viareggio. In seconda battuta sono state assicurate le prestazioni dell’attaccante Valerio Antezza. Mancava, però, un altro elemento di peso per il settore difensivo. Le attenzioni erano state indirizzate su Michele Panizza del Roller Bassano, ma è diventata una storia infinita prima della felice conclusione. Si parlava all’inizio di due grossi crucci. Ebbene sono cosa proprio del via della nuova stagione ufficiale perché a mettere i bastoni fra le ruote sono stati gli infortuni che hanno messo in stand by Michele Panizza e Valerio Antezza. Il primo a causa di problemi muscolari e il secondo a causa di uno s tra pp o hanno giocato solo brevi scampoli di partita. Situazione quindi di emergenza per Gaetano
Marozin fin dal momento di affrontare il primo impe- gno ufficiale della stagione, la finalissima di Supercoppa al PalaLido contro il Follonica. Il prestigioso trofeo è diventato realtà (5-3) con i sigilli di Travasino (immediato il suo inserimento nel gruppo con personalità da leader), Nicolia (due gol e uno stato di forma stellare), Tataranni (tor- nato a essere un cobra) e Rigo (condizione davvero eccezionale), oltre ad una prestazione formidabile del collettivo. “Siamo solo al 30 per cento della condizione -aveva commentato il tecnico Marozin-, ma un grande elogio lo meritano tutti per l’impegno già palesato”. Una parte di meriti che va pure estesa al neo preparatore atletico Ramanzin fedele collaboratore di Marozin nelle esperienze trissinesi e breganzesi. E’ stata emergenza pure al via della Coppa Italia fin dal concentramento dei quarti che la società biancoceleste si è assicurata al PalaLido. In successione la Isello si è liberata di Castiglione (9-0) e Asd Modena (13-1). Nel match decisivo contro un Bassano54 pariquota, la Isello s’è im- posta 6-3 con timbri d i Tr a v a s i n o , Tataranni (3) e Rigo. Così è stato conquistato l’accesso alla semifinale. La società biancoceleste, vincendo la concorrenza con il Lodi alle buste per offerta libera, ancora una volta è diventata sede ospitante. Fiducia ripagata in pieno perché il team di Marozin
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s’è v i a via liberato del Follonica (7-2), del Pordenone (10-3) e, in un accesissimo scontro, anche del super Lodi (4-3, doppietta di Nicolia e reti di Rigo più Tataranni) approdando di diritto alla finalissima di Coppa Italia con il CGC Viareggio. L’andata era in programma in Toscana martedì 26 ottobre, ritorno al PalaLido martedì 23 novembre. Nel frattempo è partita pure la stagione della massima divisione con una serie di sorpren-
denti risultati per merito proprio delle neo promosse Pordenone e Prato. La Isello Vernici ha debuttato invece di fronte al pubblico amico contro il Breganze degli ex Cocco e Garcia. Tempi maturi per un inserimento graduale di Panizza e Antezza. A pieno
organico potrà essere una Isello Vernici in grado di recitare da protagonista sia in Italia che Europa.
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nuovo nome passione di sempre
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o Sci Club Val Leogra Piccole Dolomiti è una associazione sportiva di Torrebelvicino sorta nel 1998 che ha come obiettivo principale lo sviluppo dello sci alpino sia a livello agonistico che ludico per i bambini delle scuole elementari e medie. Nell’ultima stagione lo sci club ha raggiunto la ragguardevole quota di circa centocinquanta iscritti, molti dei quali bambini e ragazzi che hanno frequentato i nostri corsi. Nell’ultima stagione inverna-
Lo Sci Club Val Leogra Piccole Dolomiti ha cambiato il proprio nome in Piccole Dolomiti Ski Team: nuovo nome ma lo spirito e la passione sono quelle di sempre
le la nostra squadra agonistica, formata da 25 bambini/ragazzi, allenata dai maestri di sci Guido Antonio Lanaro e Andrea Menegolli della scuola di sci Tonezza Fiorentini e da Fredi Ottl della Scuola Sci Lavarone (TN), ha raggiunto ottimi risultati sia nel circuito FISI che FIE. Dalla prossima stagione ci saranno importanti novità, non ovviamente nello staff tecnico che è già stato confermato, ma nell’organizzazione in genere del team, a partire dalla sua denominazione, che sarà “Piccole Dolomiti Ski Team”: un’associazione affiliata
al C.O.N.I. e alla F.I.S.I. che darà sempre più importanza alla formazione agonistica dei suoi giovani atleti. Inoltre lo Ski Team manterrà il suo forte impegno nell’organizzare i corsi di propaganda allo sci alpino del sabato e della domenica e il corso di avviamento all’agonismo. Organizzeremo anche corsi di snowboard e di sci nordico, il tutto in quel clima di serietà e professionalità, di divertimento e tanta passione per la montagna e lo sci che ha sempre contraddistinto il nostro club.
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vigili in verticale
Grande successo, sportivo e di pubblico, nei Campionati Italiani di arrampicata per Vigili del Fuoco, tenuti per il secondo anno consecutivo al PalasoldĂ di Valdagno
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di Giulio Centomo
econdo anno per il Campionato Nazionale di Arrampicata Sportiva Vigili del Fuoco e seconda edizione svoltasi con successo presso la struttura indoor “Sandri e Menti” del Palasoldà di Valdagno. Gara al via venerdì 24 settembre, alla presenza del Prefetto di Vicenza, Dott. Melchiorre Fallica; del Sindaco del Comune di Valdagno, Alberto Neri; dell’Assessore allo Sport, Alessandro Grainer e del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Vicenza, Ing. Paolo Maurizi. 70 gli atleti in gara, suddivisi in quattro categorie per età più una femminile. Prove di qualificazione venerdì pomeriggio e sabato mattina sulle vie tracciate da Leonardo Di Marino, guida alpina e tracciatore di fama internazionale, e concorrenti che hanno dimostrato fin da subito le proprie qualità. Tra di loro diversi i volti noti a cui si sono aggiunti
nuovi partecipanti. Lo scorso anno, ricordiamo, diversi atleti non avevano preso parte alla gara perché impegnati nel terribile terremoto de L’Aquila. Ai numerosi vigili del fuoco impiegati in Abruzzo è andato anche quest’anno l’applauso di tutti i presenti per il difficile lavoro svolto seppur sempre con grande umanità e massimo impegno. Doveroso anche il ricordo dei vigili morti in quell’occasione. Come previsto lo spettacolo è stato assicurato. Agilità, passaggi di estrema difficoltà e anche qualche caduta hanno strappato i continui applausi del pubblico. Grande apporto alla manifestazione è stato dato poi dal gruppo “I Sogati” della sezione CAI di Valdagno, che hanno garantito l’assicurazione durante la salita dei concorrenti. Contro ogni previsione, invece, si è dimostrato il tempo meterologico. Il weekend baciato dal sole ha permesso il consueto allestimento del piazzale davanti al palazzetto dello sport con l’esposizione di mezzi e attrezzature che hanno incuriosito sia grandi che
Severino Scassa, primo as
soluto
piccini. Per questi ultimi, poi, è stato organizzato un percorso di agilità per piccoli pompieri, tra allarmi, ostacoli, casette in fiamme e bersagli da colpire con un getto d’acqua. Alla fine la consegna a tutti di un diploma, con i complimenti dei vigili del distaccamento di Schio che hanno coordinato le attività all’esterno. Indimenticabile anche l’aiuto degli sponsor e del Gruppo Alpini, sezione di Castello, responsabili degli approvvigionamenti durante la due giorni di gare. Al suono di “Alè, alè”, come usano incitarsi tra loro i climbers, tutti gli atleti hanno tirato fuori il meglio, sudandosi un posto nella classifica finale. Alla fine il titolo di campione italiano 2010 è andato a Severino Scassa (Cuneo), seguito da Paolo Munari (Belluno), vincitore della passata edizione, e dal vicentino Gianni Bisson. Nella classifica a squadre sul gradino più alto del podio si è riconfermato per il secondo anno consecutivo il comando di Vicenza, secondo posto per Aosta e medaglia di bronzo al comando di Cagliari. Gli atleti vicentini hanno firmato poi piazzamenti di tutto rispetto nelle classifiche di categoria. Tra i giovani (18-26 anni) medaglia d’oro per Michele Santagiuliana; terzo posto per Matteo Formentini nella categoria 27-35; stesso piazzamento per Massimiliano Barbieri nella categoria 36-44 e infine vittoria di Gianni Bisson nella categoria 45-53. Domenica 26 settembre, infine, atleti e non si sono ritrovati all’Alpe di Campogrosso per una mattinata di arrampicata sulla splendida parete della Sisilla, coordinata da Gianni Bisson, che si è conclusa con un ricco pranzo presso il rifugio di Campogrosso.
Gianni Bisson, terzo
assoluto
Munari Scassa Bisson
Bisson magic
O
ttobre magico per Gianni Bisson, guida alpina, maestro di sci e collaboratore di Sportivissimo. Vince con gran classe la sua categoria ai Campionati Italiani Vigili del Fuoco, conquistando anche un eccellente terzo posto assoluto, con una serie di salite perfette; nello stesso giorno delle finali viene anche premiato con il prestigioso titolo di “Stelle delle Piccole Dolomiti”, premio giunto alla settima edizione, promosso dal CAI di Recoaro Terme, per onorare i più
forti alpinisti nazionali sia di ieri che di oggi; e, sempre nel mese di ottobre, è diventato papà della piccola e bellissima Anna, nata mercoledì 6. A Gianni e alla mamma Susanna Fantini le nostre più sincere felicitazioni.
il motore di Federico ciclismo
Federico Zurlo ha dimostrato di avere un “motore” da fuoriserie, chiudendo la stagione tra gli allievi con 14 vittorie su strada e 16 nel ciclocross.
È
lui il ragazzo emergente della provincia ciclistica di Vicenza . Il sedicenne di Casoni di Tezze sul Brenta accasato nel Postumia 73 Dino Liviero del D.S. Tiziano Pastro (Gemin lo segue nel cross), al suo secondo anno da allievo ha sbaragliato il campo conquistando nell’arco della stagione 14 successi su strada e 16 nel ciclocross specialità in cui detiene anche la maglia tricolore vinta a gennaio all’Idroscalo di Milano. E’ anche titolare di cinque maglie vinte negli challenge del cross e su strada compresa la prestigiosa maglia finale del Comunità Montana del Brenta 2010. La sua più bella vittoria è senz’altro la Coppa d’Oro di Borgo Valsugana. – Fedrico la domanda è d’obbligo: come si fa a non montarsi la testa? “Credo non sia un mio problema, secondo me penso che non lo sarà mai”. – Quali sono le sue caratteristiche? “Sono un corridore completo, vado bene a cronometro, (secondo agli italiani e nel Veneto), in pista vado, in salita anche, in volata mi difendo, sono un passista veloce”. - E’ un ragazzo che di stoffa ne ha ma dipende anche dal “motore”. “Il motore finora c’è, spero di fare tante vittorie; ho anche tanto margine di miglioramento perché allenamenti non ne faccio tanti, anzi forse troppo pochi ma quando si vince con così pochi, va bene lo stesso”. - Le qualità ci sono ma Federico fa la vita da corridore? “Adesso secondo me è ancora presto, da junior bisogna incominciare a farla, il prossimo anno si vedrà, cambieranno tante cose, dalle gare più lunghe , ad un lotto di concorrenti più preparati, ci vorrà più recupero e in più, se ci credi e ci tieni devi per forza limitare le esagerazioni e restare nei limiti”. – Finora di chi si è fidato? “Ho i direttori sportivi che mi consigliano poi è la mia testa che comanda ogni cosa che faccio e cerco di capire da solo quali sono le cose giuste e sbagliate: faccio di testa mia molte cose e spero di fare bene”. – Per la sua scelta sportiva ha un ruolo importante anche la famiglia? “Ho iniziato a correre in bici per caso grazie ad un amico di famiglia che aveva la squadra e da li ho iniziato: per la verità prima avevo giocato al calcio
di Enzo Casarotto per una settimana ma non mi piaceva. La famiglia c’è sempre e devo solo ringraziarli; è importante l’apporto della famiglia in più mio papà fa il meccanico e mi controlla la bici ed è sempre disponibile”. – Essendo così vincente i suoi avversari sono invidiosi? “Può anche essere ma in gruppo sono amico di tutti e anche con i miei compagni di squadra c’è molta stima e assieme formiamo una bella squadra e lo dimostrano anche i loro risultati: Saviano e Baggetto vincitori grazie al gioco di squadra”. – E’ giunto il momento di passare tra gli juniores: come sarà? “Affronto questa nuova categoria con tanta carica e spero di essere subito competitivo già dal primo anno; ho tanta voglia di fare bene e credo che ciò giochi a mio favore perché con un chilometraggio superiore credo di potermi esprimere ad alto livelli e i confronti d’ora in poi, saranno tra veri corridori ormai formati”. – Qual è il suo immediato futuro? “Farò la pista solo come preparazione per la strada, il cross lo voglio fare e ho già parlato con la squadra, inizierò gradualmente pianificando gli appuntamenti anche con il Commissario tecnico della nazionale Fausto Scotti e più avanti si deciderà la mia stagione che sarà in funzione dei gradi appuntamenti a livello internazionale” . – Quale specialità preferisce? “A me piace fare il cross e la strada e per ora la società mi da l’opportunità di fare entrambe le specialità, poi da dilettante vedremo, per ora sarò impegnato su entrambi i fronti”. – Qual’é il suo sogno nel cassetto? “Ogni corridore mira al passaggio tra i professionisti e credo che questo sia anche il mio grande sogno che spero di realizzare a tempo debito; bisognerà vedere la mia crescita sportiva e se andrò sempre forte…”. - Cosa le rimane dopo l’attività giovanile? “Tanti bei ricordi, da giovanissimo perdevo pochi colpi, poi la stagione più bella è stata con gli allievi dove ho vinto tanto ma anche gli anni con la Bicisport Linda sono da ricordare”. Per finire a chi va il suo ringraziamento? “Alla mia famiglia, a tutti i direttori sportivi alla squadra che si è messa a mia diposizione, devo ringraziare tutti, anche la Postumia e tutti quelli che mi hanno fin qui seguito”.
Sedicenne di Casoni di Tezze sul Brenta accasato nel Postumia 73 Dino Liviero del D.S. Tiziano Pastro (Gemin lo segue nel cross)
rugby
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vai cosĂŹ
di Giulio Centomo
Parte sotto i migliori auspici la stagione 2010/11 per le formazioni del Rugby Alto Vicentino
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n weekend soleggiato, quello del 9 e 10 ottobre, segna il buon esordio delle formazioni del Rugby Alto Vicentino nella stagione 2010/2011. Archiviati i campionati dello scorso anno con un bilancio di tutto rispetto, la nuova stagione ha preso il via con un’intensa attività di preparazione fin dal mese di settembre per giovanili e seniores. In casa Seniores cambio di direzione con l’arrivo dei nuovi tecnici padovani Filippo Vittadello e Paolo
Piovan, decisi a lavorare duramente per quello che vorrebbe essere l’anno d’oro del XV nero arancio. Esordio in trasferta per la prima squadra sul terreno di Bolzano contro il Sud Tirolo. I vicentini mostrano fin da subito un buon gioco, impatti vincenti e spostamenti veloci di palla. Gli avversari vengono subito assediati nella propria metà campo, pressione e buona difesa lasciano poco spazio per incursioni pericolose. Nonostante tutto però i nero arancio faticano a concretizzare e devono trascorrere almeno venti minuti prima della prima
marcatura. Due sole mete nel primo tempo non soddisfano appieno coach Vittadello. Qualche rimprovero sembra però dare i suoi frutti e in apertura di seconda ripresa in pochi minuti si susseguono ben tre mete. La partita si conclude sul 40 a 3 per il Rugby Alto Vicentino. Il Sud Tirolo riesce a collezionare solo un calcio piazzato, ma anche per loro il campionato è solamente agli inizi e a bordo campo non possono mancare i reciproci auguri per la stagione, in attesa della rivincita sul campo di Valdagno. A condire il bottino del weekend arriva la vitto-
ria netta della formazione U16 sul Trento per 84 a 0 e dell’U18 che, sul campo casalingo di Tiene, batte il Valpolicella per 31 a 5. Soddisfazione per i dirigenti ed i tecnici delle due giovanili che vedono già i primi buoni auspici per i rispettivi campionati. Come da copione per tutti a fine partita appuntamento con il terzo tempo, scambio di battute e consigli in attesa dell’inizio di una nuova settimana di allenamenti.
piovene cycling show
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a grande scuola di ciclismo Piovene Rocchette cicli Rampon, gestita dal presidente cavalier Antonio Cannata, con la proloco di Piovene Rocchette, coordinata dal presidente Duilio Lievore e l’Amministrazione comunale, guidata dal sindaco Maurizio Colman, sono stati gli impeccabili organizzatori di una serata speciale: una gara di ciclismo in notturna svolta nel centro di Piovene in una cornice di pubblico e di intrattenimento davvero unica. E’ stata una manifestazione perfetta, riuscitissima a detta di tutti, e questo grazie a una eccellente collaborazione dei tre enti promotori, dove tutti hanno lavorato sodo con “tanti fatti e poche ciaccole”. “Questo è lo spirito di Piovene”, dice il sindaco Colamn: “noi crediamo nello sport, nei suoi valori, nella sua capacità di aggregazione. L’impegno per lo sport di questa Amministrazione è massimo: abbiamo, per esempio, realizzato un muro mobile per lo squash che ha una grande versatilità e permette di avvicinare a questa fantastica disciplina molte persone, giovani e meno giovani”. La gara è stata un vero e proprio show ciclistico che ha acceso gli animi dei tantissimi spettatori. Protagonisti sono stati gli atleti della bici da corsa maschile e femminile. Difficilmente ragazze e ragazzi gareggiano assieme e questo ha dato un ulteriore spunto di spettacolo alla kermesse. In gara le ragazze e i ragazzi hanno dimostrato grande abilità e destrezza con il proprio mezzo. La piazza, illuminata a giorno, è stata la scena di continui scatti, sorpassi, fughe: gli atleti sfrecciavano a tutta con le lucette rinfrangenti “tipo pesca”, coloratissime, applicate alle loro ruote. L’effetto è stato di uno scintillio di luci davvero suggestivo. I piccolini incitavano i fratelli maggiori a dare il meglio, accompagnati da un battito di mani leggero come uno sbattere di ali di farfalla o come la pioggerellina marzolina. La Piazza della Vittoria era tutta transennata da una staccionata rivestita dagli striscioni colorati degli sponsor vicini allo sport e ai giovani. Già al mattino si era messa in moto la macchina lavorativa con a capo squadra Remigio, Tiziano, Flavio e Giorgio che in breve tempo sono riusciti a transennare tutto il circuito di 500 metri da ripetere più volte dagli atleti delle varie catego-
A Piovene Rocchette c’è una triumvirato che funziona: ottima la sinergia tra il sindaco, Maurizio Colman, il presidente della Proloco, Duilio Liovere, e il presidente della Scuola di ciclismo, Antonio Cannata, nell’organizzazione di una grande serata nel segno del ciclismo
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di Donatella Brunello
La lettera con cui il presidente Gandini si congratula con il presidente cavalier Antonio Cannata per l’ottima riuscita della manifestazione e per il grande lavoro che tutta la scuola di Piovene fa nella promozione del ciclismo provinciale.
rie. In gara c’era “la crema” dello sport ciclistico, dato che la partecipazione era su invito. Alle 19 è iniziata la gara con i giovanissimi g5. I ragazzi della scuola ciclismo Piovene Rocchette allenati dal Ds Serman ingegner Paolo che li ha fatti schierare sulla linea di partenza. I ragazzi hanno sfoggiato una livrea speciale, realizzata proprio per l’occasione: un body aderentissimo bianco candido come fiocchi di neve, bordati con la fascia tricolore. A Roma al meeting nazionale giovanissimi si sono classificati con orgoglio al quinto posto e la maglia ricordava questo importante successo: quando con il cuore in gola hanno pedalato nello stadio dei Marmi. In quell’occasione si è avuta riprova dell’ottima preparazione del ds Paolo e della grande esperienza del buon Remigio. Prima della gara il presidente Antonio ha gentilmente invitato a salire sul palco la splendida Tatiana Guderzo, campionessa mondiale in carica, che ha brillantemente interagito con il pubblico e ha rivolto frasi di entusiasmo a tutti i partecipanti, complimentandosi con loro per gli ottimi risultati ottenuti, in particolar modo con chi ha conquistato il titolo di campione italiano, regionale e provinciale. Ha rivolto parole e sorrisi contagiosi. In seguito viene invitata e ospitata sul palco la bella Greta Zocche, campionessa italiana di ciclismo, atleta della Gas team, che dall’alto controllava “con occhio vigile” le ragazze pronte al via. Le ha seguite per tutta la manifestazione, compresa la premiazione. Ha salutato calorosamente, poi, tutte le atlete e il pubblico. Tra gli spettatori si è notata la figura di Francesco Ferrigato, padre del professionista Andrea, che a sua volta è padre di Leonardo. Poi c’era Donadello che scherzava con gli atleti. Il presidente ha ringraziato tutti i partecipanti e anche coloro che per vari motivi non sono riusciti a gareggiare. Ha salutato il pubblico e ringraziato tutti i suoi collaboratori, rivolgendo un saluto particolare al primo presidente della Scuola di ciclismo, il signor Franco Bonato, chiamandolo affettuosamente “il nostro ragazzo novantenne”. Un caloroso saluto è stato rivolto anche al signor Sergio Binchetto, campione mondiale e olimpionico a Roma nel 1960 su pista. Ha ringraziato per l’ottima organizzazione il gruppo della Proloco, l’Amministrazione comunale, le Forze dell’Ordine, gli amici e tutti i simpatizzanti. Agli atleti ha rivolto un caloroso arrivederci alla prossima edizione. La serata si è conclusa con la foto ufficiale dei giovanissimi della Scuola ciclismo Piovene Rocchette. Infine il cavalier Antonio Cannata, il sindaco Maurizio Colman, il presidente Duilio Lievore e la campionessa Greta Zocche hanno dato un premio speciale alle tre atlete che sono state forgiate nella scuola Ciclismo Piovene e che si sono particolarmente distinte nel corso della stagione: Eleonora Zordan, Nicole Dal Santo e Maria Vittoria Sperotto. A loro è stato dato un omaggio floreale accompagnato da un gadget con una dedica personalizzata. La bella festa si è conclusa con la promessa della mitica Tatiana Guderzo di ritornare, sì, a Piovene ma non più come madrina, ma come atleta, visto l’ottima riuscita della manifestazione proprio sul piano agonistico oltre che dello spettacolo e dell’intrattenimento.
una vita nello Sci Cai Schio
Guido Lanaro è stato sciatore, atleta, maestro e allenatore dello Sci Cai Schio: nell’anno del centenario del sodalizio giallorosso l’abbiamo incontrato per sentire dalla sua voce un pezzo di storia dello sci scledense.
Guido Lanaro
iate prime sc
Lino Lanarole al Pian del Fugazze Guido è portat a monte sulle o spalle di papà Li no
Lo Sci Cai Schio compie 100 anni ed entra di diritto tra i nomi nobili della storia dello sci italiano e non solo italiano. Sono poco più di una dozzina le associazioni sciistiche centenarie e questo dà grande lustro al sodalizio scledense. Ebbene, per qualcosa meno di metà di questi 100 anni è stato indiscusso protagonista Guido Lanaro, sciatore e forte atleta prima, maestro e allenatore poi. Come maestro Guido Lanaro è da 30 anni l’anima dello Sci Doposcuola, i corsi ideati da Danilo Cavion per l’avviamento allo sci che hanno avuto uno straordinario successo per la formula con cui sono tenuti e che di fatto sono stati la culla per moltissimi sciatori di Schio e dei paesi limitrofi, mentre, come allenatore, è da altrettanti anni guru dei giovani talenti della sua città.
G
uido, raccontaci lo Sci Cai Schio visto da dentro.
Lo Sci Cai è il mio sci club da sempre. Ho la tessera n° 45, una tessera di cartone color arancio, che conservo ancora. Ricordo che quando me l’hanno data, ho pensato: “questa è la patente dello sci!” Averla o non averla, era come dire essere o non essere un bravo sciatore”.
Come sei arrivato a sciare?
E’ stato mio padre ad avvicinarmi alla montagna. In estate si andava a camminare; d’inverno a sciare. Mio padre era un buon scalatore e un bravo sciatore. La sua passione è diventata la mia. Ho ricordi indelebili con lui sui campi di sci. Mi portava a Pian delle Fugazze nel Prà delle Oche oppure a Tre-
Guido L Dall’Amanaro e Sand tra i t ico che esibisro ce uno sci rofei anche rotto
sche Conca a bordo della sua Fiat 600. Al tempo non c’era ancora lo skilift e lui mi portava a monte sulle spalle. La stagione sciistica era molto lunga, perché si cominciava a “respirare” lo sci andando a mettere a posto la pista nei mesi autunnali. Si saliva alla mattina presto con rastrelli e picconi per togliere i sassi. Poi si andava a funghi nei boschi. E si smetteva a maggio inoltrato, perché le ultime sciate le facevamo sul Pasubio, da Cima Palon fino alla chiesetta oppure
sul versante nord dei Forni Alti. Spesso c’era la nebbia e allora mio padre Lino con gli altri responsabili dello Sci Cai delimitava la pista con una serie di bandierine perché non ci perdessimo. Ovviamente si andava su a piedi.
Quanti anni avevi?
Ho iniziato a sciare nel 1962, quando avevo 6 anni. Ho fatto la prima gara sociale nel 1964. I Campionati Sociali erano una gara molto sentita. La si faceva solitamente al Pian delle Fugazze e le premiazioni si tenevano presso la Colonia Alpina dalla Ida. Ricordo pomeriggi fantastici passati a giocare fuori dalla colonia a fare trincee nei cumoli enormi di neve. Tra i miei compagni di club c’era
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elle al Pian d a r a g Guido in metà anni ‘60 Fugazze
Primi pass i sotto lo sguardo attento di papà Lino
sci
te in quei primi anni Settanta era il trofeo Bini che si teneva a Folgaria ed era un gigante, mentre lo slalom si faceva al Madarello ad Asiago con pali di nocciolo piantati con l’ausilio di un palo di ferro (levarin). Quando il gruppo divenne più grande abbiamo avuto come allenatore prima Derio Fraccaro di Asiago e sciavamo all’Ekar, poi Aldo Forer di Folgaria e quindi Carlo Pianalto di Recoaro. Nel periodo dei morti facevamo anche un paio di giorni in Marmolada.
I tuoi risultati più importanti?
Ho vinto i Casta, Campionati Italiani Truppe Alpine, a Campo Felice, 1977. Ho un sesto posto assoluto in una QN alle Melette e un 38 assoluto nel Gigantissimo della Marmolada. Questi ed altri risultati mi diedero la seconda categoria, che significava fare l’esame da maestro senza l’obbligo della preselezione.
di 0 compagna La mitica 60erte sciistiche 1000 trasf Sandro Dall’Amico, che anche lui è diventato poi maestro e allenatore dello Sci Cai. La mia prima gara Fisi fu a Lavarone sul Tablat. A quel tempo avevo i miei miti sciistici che non erano, però, i grandi nomi dello sci italiano che nessuno conosceva, ma i forti sciatori locali, tra tutti: Roberto Bronca, Emilio Zamberlan, Guido Fragiacomo e poi uno sciatore speciale dal nome austriaco, Hans, che si era trasferito a Piovene, ma che io non ho mai visto, di cui si diceva che facesse dritto, cioè senza neanche una curva, il canalone del Cornetto, la Streif di casa nostra.
E poi?
Un po’ alla volta si creò un gruppo di giovani che voleva darci dentro con l’agonismo. Oltre a Sandro Dall’Amico e a me, prima si unirono Antonio Parma, Carlo Joan e successivamente Sandro e Barbara Gori, Sandro Lotto, Cristina Smiderle, Anna Tonicello, Antonio Pilotto, Diego Cavion. Il nostro primo maestro fu Beppe Liovere di Schio. Ci portava al Bondone. Partivamo con la sua 850 coupé: non so come facevamo a starci in quattro con sci e borse. Le uscite al Bondone furono le mie prime trasferte di due giorni. La gara più importan-
Sop in ang ra e sotto ol G Fugaz azione, Pian uido z dell e, S Per la crona an Giorgio. e ca in entr ambe , vincitore le gar e
Sandro Lotto
Dani Gavasso
Carlo Joan
Toni Pilotto
Sandro Gori
Quando Sandro Dall’Amico ed io siamo diventati maestri, lo Sci Cai ci ha chiesto subito di essere noi gli allenatori della squadra. Tutti i soci si autotassarono e si acquistò un furgone 238 Fiat con cui si andava a fare gare e allenamenti. Nello stesso tempo Danilo Cavion che aveva ideato i corsi di SCI DOPOSCUOLA mi incaricò di portarli avanti e di svilupparli. Ci furono anni prodigiosi. Ricordo che quattro volte la settimana partiva un pullman da Schio verso i campi di sci. Sono migliaia i giovani scledensi che in questi 30 anni si sono avvicinati allo sci, si sono innamorati di questo sport e della montagna invernale grazie allo SCI DOPOSCUOLA organizzati dallo Sci Cai.
Barbara Gori
Allora, il maestro Guido…
Guido Lanaro
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Hai passato una vita sugli sci! Sì, lo sci è sempre stato al centro della mia vita. Nel 1976 ho aperto anche un negozio di articoli sportivi, La Guida, che ho tenuto per vent’anni, continuando sempre a sciare, come sto facendo ancora adesso e sempre sotto l’egida dello Sci Cai Schio.
Pian delle Fug az partenza di uze, gara di slalona m
no ione in u z a in o e Guid special slalom
Organizzato dallo SCI CAI SCHIO e CARVING CLUB SCHIO A.S.
e in collaborazione con il CLUB ALPINO ITALIANO
con il patrocinio del COMUNE DI SCHIO
SNOW BOARD DOPOSCUOLA 30 EDIZIONE 2010/11 F.I.S.I. F.I.E. C.O.N.I.
Città di Schio
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VENERDì pomeriggio dalle ore 15.00 alle 17.00 (6 settimane con inizio 14-01-11)
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13.40 P.le Acqui - 13.45 Santorso (Elettronica Lago) 13.55 Favorita - a seguire Piovene - Arsiero.
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Designati dallo SCI CAI SCHIO seguiranno gli allievi sia nel pullman che sulla pista.
N.B.:
I bambini di 4-5 anni devono essere accompagnati da un familiare.
GENNAIO - FEBBRAIO 2011:
SABATO
Nei giorni 15-22-29 GENNAIO, 5-12-19 FEBBRAIO 2011 dalle ore 11.00 alle 13.00 Sabato 26 Febbraio gara di fine corso a Malga Rivetta ore 11.00
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uomo animale natura
Protezione della fauna e creazione dei suoi ambienti
O
di Dorino Stocchero
gni ambiente naturale come il bosco, il prato, il lago e il fiume costituisce un ecosistema, vale a dire un sistema ecologico in cui ogni essere vivente è utile agli altri e riceve vantaggio dagli altri, tutto questo in perfetto equilibrio. Il sole che è la fonte primaria della vita unisce fra loro le varie parti. Tutti gli organismi hanno bisogno di un costante rifornimento di cibo, quindi la relazione che lega fra loro i diversi elementi di un ambiente è quella naturale. Nel corso dei secoli l’uomo, amministrando, ha creato un’ area di colture tanto decantata che almeno i più anziani tra noi ricordano come un mo-
saico di prati e campi con siepi e boschetti in mezzo ai pascoli. Molto diffuse erano le superfici sfruttate in modo intensivo dalle malghe adibite all’alpeggio. Questo terreno agrario era caratterizzato non solo da una grande varietà di quadri paesaggistici ma anche da una ricchezza di ambienti diversi e con il passare del tempo animali e piante si sono insediati in prati , campi, siepi, cespugli, nei vigneti e nei
frutteti. Dall’inizio dell’era dell’industrializzazione le condizioni di vita degli animali selvatici, che vivono allo stato naturale e delle piante delle aree coltivate, sono cambiate profondamente e questa volta non a loro vantaggio. Con l’estendersi degli insediamenti, del traffico e con la tendenza all’intensificazione della produzione agricola lo spazio
della vita della fauna e della flora è sempre stato ridotto. La macchina tecnologica per incrementare la quantità e la varietà delle produzioni ha studiato dei prodotti idonei alla fertilizzazione come il concime, gli erbicidi e gli antiparassitari comportando però un mutamento del paesaggio agrario, infatti il mosaico di ambienti di dimensioni ridotte non riuscì più conciliarsi con le
esigenze della meccanizzazione e dell’agricoltura moderna. I paesaggi d’alta quota e i pascoli le cui forze naturali si sono opposte più a lungo alla tecnologia, negli ultimi decenni sono state danneggiati dalle infrastrutture del turismo invernale. La cosa indispensabile per il ripristino ambientale del terreno nella zona alpina, date le condi-
caccia
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zioni di degrado attuali, è l’intervento con mezzi particolari adatti ai pendii scoscesi per tagliare i mughi a macchia di leopardo collegandoli con dei corridoi per fare in modo che la selvaggina si sposti pedinando. Tale profondo mutamento delle aree coltivate ha portato a una retrocessione preoccupante delle specie vegetali e animali. Nessuno 30/40 anni fa riteneva
possibile che una pozza d’ alpeggio piena di rane, un prato di farfalle o un ciglio di un sentiero ricco di fiori sarebbero diventati una cosa rara. I rospi e le rane per raggiungere i luoghi di deposizione delle uova spesso devono attraversare strade con traffico molto intenso, quindi molte di loro rimangono travolte dai mezzi in transito e anche uccelli, ricci, volpi, tassi, lepri, an-
fibi, caprioli e cervi sono vittime frequenti del traffico. Il riccio, ad esempio, non può sapere che avvolgersi a palla di fronte ad un’auto in arrivo è proprio una reazione d’istinto sbagliata. Le perdite si possono ridurre nelle strade laddove dei cartelli stradali (anche luminosi) indicano il probabile passaggio della selvaggina e dove le recinzioni delimitano le nuove strade dai boschi confinanti.
Molti volatili selvatici inoltre muoiono sbattendo contro i fili delle linee elettriche di alta tensione. Pertanto ciò che deve essere fatto con priorità è la protezione e la cura degli ambienti mantenendo i biotopi ed è molto importante dove i medesimi hanno perso il loro valore bonificarli e sostituire quelli andati perduti con biotopi di nuova creazione.
La serie di elementi naturali che sono utili alla fauna va dall’albero isolato alla scarpata ricoperta di siepi, il tutto in funzione della tutela delle specie. La finalità e la conservazione di tutto ciò serve anche per l’esistenza e lo sviluppo degli animali: acque pulite, aria pura, sufficiente possibilità di procurarsi il cibo, ambienti in cui possono muoversi e nascondersi, zone tranquille e luoghi per una riproduzione indisturbata. L’escursionista che decide di fare una passeggiata e cerca distensione nella natura deve sempre rendersi conto che la selvaggina reagisce in modo molto sensibile all’azione dell’uomo, soprattutto all’epoca degli
amori e successivamente della riproduzione, per questo motivo bisogna sempre attenersi a percorrere sentieri segnalati. Gli agricoltori dovrebbero sempre avere degli accorgimenti nel controllare i prati prima di essere falciati per evitare che i cuccioli di capriolo, le covate di fagiano e di starna vengano risparmiati dalle affilatissime lame delle falciatrice e delle rotanti. Negli ultimi tempi, grazie anche alla sensibilizzazione fatta tramite la stampa e la televisione, i cuccioli di capriolo non vengono raccolti anche se apparentemente abbandonati, evitando così di compromettere la loro esistenza.
sentieri ritrovati
il sentiero che racconta 39
Il Sentiero del Partigiano e della Resistenza a Recoaro Terme: da Fonte Abelina fino a Campodavanti. di Sabina Bollori,
U
“L’interesse naturalistico del sentiero si unisce quindi a quello dell’itinerario storico, ideato su iniziativa di alcune donne e realizzato con la collaborazione degli abitanti del luogo”
Vice Presidente Sezione CAI di Recoaro
n’ulteriore proposta di antiche vie da parte di associazioni e iniziative del territorio è Il Sentiero del Partigiano e della Resistenza, che da località Fonte Abelina di Recoaro sale fino a Campodavanti, sulla Catena delle Tre Croci. Si tratta di un sentiero largo, per la maggior parte una mulattiera, prevalentemente boschivo e ricco di vegetazione fino al Chempele. Diventa in alcuni tratti ripido, ma qualche fatica è presto ripagata. Un sentiero bello anche solo da un punto di vista naturalistico e ambientale. Così sarebbe, se non fosse per l’iniziativa di tabellarlo, di segnare i luoghi, raccontare storie, scrivere nomi, di uomini, di donne. Dare ai luoghi un significato. Uno tra molti magari, non l’unico, ma certo non indifferente. L’interesse naturalistico del sentiero si unisce quindi a quello dell’itinerario storico, ideato su iniziativa di alcune donne e realizzato con la collaborazione degli abitanti del luogo. E’ un sentiero che racconta. Come in molti altri luoghi della resistenza partigiana che oggi sono segnalati in montagna, non si tratta di sedi stanziali, zone di grandi operazioni belliche. A differenza delle opere della Prima guerra mondiale che tanto hanno segnato paesaggio e territorio, i luoghi della resistenza sono luoghi di transito,
40 fuga, riparo temporaneo. Anche qui la montagna dava rifugio, costituiva l’ambiente ideale, proprio per le sue caratteristiche di luogo impervio, di dispersione abitativa e difficoltà nelle comunicazioni. L’importanza di questa via era data dal collegamento tra la vallata dell’Agno, la valle del Chiampo e il veronese. Da Fonte Abelina, dove c’era una fermata del treno, passando per le contrade Parente, Caile, Marchi, si aveva accesso al gruppo montuoso del Peserico. I boschi e le poche contrade proteggevano una via di transito periferica, rispetto alle maggiori direttrici di insediamento e viabilità dell’alta valle. Essa favoriva i rifornimenti e i collegamenti necessari al gruppo partigiano di Malga Campetto, insediato ai primi di gennaio del 1944. Dai Marchi o dai Prè i partigiani potevano salire per malga Giochele o malga Pizzegoro fino al Campetto e alla malga Campodavanti di sotto. Qui il gruppo nel maggio del 1944 diede origine alle formazioni garibaldine della Trentesima Brigata d’Assalto Garemi, in seguito protagonista della Lotta di liberazione in un vasto territorio dal Lago di Garda al Brenta. Il Sentiero del Partigiano e della Resistenza (SPR) inizia a Fonte Abelina a 389 m, quasi di fronte alla casa di Giuseppe D’Ambros “Marco”, che assieme al valdagnese Pietro Tovo “Piero Stella” fondò e diresse il movimento partigiano nell’alta valle dell’Agno. Nella casa di Marco, che reca oggi una targa posta dall’ANPI, furono ospitate persone attive nella resistenza partigiana recoarese e valdagnese. L’itinerario termina a Malga Campodavanti a quota 1541 m, ma è fattibile anche in parti, particolarmente la più bassa, con la possibilità di chiudere ad anello lungo la variante di rientro che passa sotto l’arrivo della cabinovia a Recoaro Mille e scende ai Prè. Il sentiero, realizzato con la collaborazione dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, Sezione di Recoaro, dell’Amministrazione comunale di Recoaro Terme e del CAI di Recoaro, è ben segnalato e corredato di tabelle illustrative lungo il percorso.
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ciclismo 42
Il bilancio delle due ruote vicentine del 2010 nel ricordo di Thomas Casarotto
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di Enzo Casarotto. Foto di Lino Sartore.
uella appena conclusa è stata una stagione in chiaro-scuro per quello che si è visto in provincia di Vicenza. Nulla da eccepire per quanto riguarda l’attività dei giovani fino alla categoria esordienti; tra gli allievi ad eccezione di Andrea Borso (Marostica) e Massimo Greselin (Cavi Carraro), non ci sono stati ragazzi in grado di primeggiare e di mettersi in evidenza. Un capitolo a parte lo merita senz’altro il talentuoso allievo Federico Zurlo, il sedicenne di Casoni di Tezze sul Brenta con casacca Postumia 73 Dino Liviero che nel corso della stagione ha vinto la bellezza di 14 gare su strada e 16 nel ciclocross (maglia tricolore compresa). Tra gli junior i soli Giacomo Gallio (Sandrigosport) nella prima parte di stagione, Andrea Zordan (accasato con la padovana Work Service Brenta), Giacomo Berlato (FDB Car Diesel V.C. Schio 1902) e il padovano Stefano Tonin (con maglia marosticense della Mito Sport), hanno saputo tenere alto il livello del ciclismo locale. Il 2010 ha portato anche una grossa soddisfazione personale a Carlo Merenti il Ds. che quest’anno ha visto ben tre atleti che ha allenato, disputare il mondiale (Berlato ad Offida, Battaglin e Pozzato in Australia). Tra le attività provinciali di rilievo c’è stato il meeting Rosa, lo scalatore d’oro con premiazione il 13 novembre a Rossano Veneto alle 15,00 in Villa Navarrini-Caffo, il Gran premio Comunità Montana del Brenta, la finale della Coppa Italia giovanile di Mtb e qualche tappa del Giro del Veneto delle piste oltre a tutte le gare valevoli per l’assegnazione delle maglie provinciali in tutte le categorie e le specialità. Come sempre sono state le donne a dare le maggiori soddisfazioni al mondo berico delle due ruote: tra le allieve Nicole Dal Santo (Cmb Cycle Women) ha vinto il tricolore del cross, Michela Pavin (Cmb) quello dell’inseguimento su pista mentre l’immensa Susanna Zorzi tra le juniores ha indossato la maglia tricolore su strada e a cronometro conquistando anche un quinto posto nella prova in linea dell’Europeo ripetendo lo stesso piazzamento al mondiale di Offida. Tra le elite le vicentine Tatiana Guderzo, Luisa Tamanini ed Elena Berlato hanno portato al successo mondiale Giorgia Bronzini e la stessa Berlato si è classificata al decimo posto nel recente Giro donne (con la Guderzo sul terzo gradino del podio). E’ stato anche l’anno in cui il ciclismo ha visto la prematura scomparsa di una promessa scledense di soli 19 anni, Thomas Casarotto dilettante del secondo anno che ha perso al vita in gara nel corso della penultima tappa del recente Giro internazionale del Friuli. E’ per questo che bisogna interrogarsi e fare di più anche per quanto concerne il capitolo sicurezza affinché questi incidenti vengano limitati al massimo e in merito già qualcosa si muove, ma di questo, parleremo a tempo debito. Intanto ci sembra doveroso e giusto ricordare il saluto di Ania Casarotto al fratello, pronunciato durante la partecipata e commovente cerimonia religiosa per Thomas.
Thomas Casarotto
“Ehi Thomas, eccomi qua a scriverti. A scriverti una lettera che non avrei mai voluto. Ci hai insegnato a non mollare mai. Che la vita è un dono, è gioia, è una lotta continua. Hai dato al mondo intero il meglio di te, e non ti dimenticheremo mai. Sarai sempre con noi, ogni giorno e ci regalerai ancora tanti sorrisi. Quei tanti sorrisi che ci strappavi con la tua semplicità e la tua umiltà. A te che bastava poco per divertirti. Un giro in vespa, una serata tranquilla a scherzare con gli amici. Te che hai inseguito in bici i tuoi sogni con tenacia. Hai saputo farci emozionare, ed essere sempre fieri di te. Come lo siamo ora! Continua a darci tanta della tua forza, continua ad essere il nostro piccolo-grande raggio di sole! Un dolce bacio portato dal vento fin lassù. Ti voglio tanto bene. Ania Cos’altro aggiungere se non il ringraziamento ad Ania e alla sua famiglia per la dignità con cui hanno affrontato la perdita del fratello e figlio: un ragazzo umile, serio, responsabile e meraviglioso come Thomas. Ora sta a noi fare di più e metterci in gioco sul piano dell’informazione per far capire a chi transita sulle strade in occasione delle gare ciclistiche che il tutto è regolamentato dall’articolo 9 del Codice della strada che ai più risulta del tutto sconosciuto. Questo anche per non dimenticare Thomas.
i t n u p tre o l e i c l sotto i
basket 45
otto di Enzo Casar RO ER IF D O C to Fo lvador. di Alessio Sa
Il Famila Schio : stecca la prima al Taranto la Supercoppa Italiana
010-11 2 a il m a F o p p u il gr
a la capitana Bett
Nadalin
Liron Cohen
Chiara Pastore
I
l Famila Beretta Wuber stellare, costruito da Marcello Moro Cestaro e dal direttore generale Paolo De Angelis per ben figurare anche in Euroleague, ha iniziato la stagione a Taranto con il primo impegno ufficiale agonistico del 2010-2011, perdendo contro la Cras Taranto che ha così vinto per 75-72 la supercoppa Italiana aprendo la bacheca del PalaMazzola per la terza volta nella sua storia. Come da previsione per la finale di Supercoppa, la formazione di Sandro Orlando si è affidata alle singole giocatrici e non al collettivo a causa dell’arrivo tardivo in riva al Leogra delle straniere giunte solo qualche giorno prima della prima sfida stagionale. Il riscatto per Moro e compagne è arrivato puntuale e come da pronostico con la qualificazione alla finale four di Coppa Italia (che si disputerà nel secondo fine settimana di marzo 2011) ai danni della Pool Comense (battuta per 71-52) e del Napoli Pozzuoli (9944). Le altre qualificate per la finale di Coppa Italia con il Famila detentore del trofeo 2010, sono il
Laura Macchi
Faenza, il Venezia e a sorpresa l’Umbertide che ha superato la corazzata Taranto 64-56 sul campo delle joniche. Per Schio quindi, l’esclusione di Taranto è davvero una buona notizia. Sono iniziate anche le fatiche di un campionato a dodici squadre con l’Opening day di Cinisello Balsamo e anche l’Euroleague ha espresso le prime vere emozioni per un Beretta Famila Schio costruito per sognare anche nel Continente. Si va ad iniziare quindi con un organico di tutto rispetto e una squadra veramente talentuosa completata con l’arrivo di Elena Paparazzo (lo scorso anno in laguna con Nadalin) per sostitu-
Raffaella Masciadri
Maja Erkic
Liron Cohen
Laura Macchi
Mc. Carville
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ire una capricciosa Kathrin Ress costretta ad emigrare a Las Palmas per giocare a basket dopo il suo rifiuto di incontrare la società. Di ciò i tifosi di Schio se ne ricorderanno a lungo. A proposito di tifosi, un augurio di buon lavoro va ad Antonella Nardello che ha assunto la carica di presidente del Famila Fans club, il gruppo di tifosi arancioni rinnovato e motivato che seguirà la squadra in questa stagione che sarà intensa (di scuro) e ricca di soddisfazioni (questo lo speriamo tutti) per il presidente Mario Cestaro per il suo staff e per le “meravigliose e potenti ragazze” in arancione .
Yacoubou
Raffaella Masciadri
Nadalin
Laura Macchi
MIXED MARTIAL ARTS: origini e storia di un’arte poco conosciuta
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i riporto il sunto di una intervista al Maestro Marco Vigolo che vuole parlarci di MMA, delle origini di questa Arte Marziale cosiddetta “mista” per le sue molteplici implicazioni con altre Arti Marziali e delle sue esperienze dirette di combattimento. Da pochissimo tempo nell’ambiente Italiano delle Arti Marziali e successivamente in quello della nostra Provincia e Regione, in particolare, si sente “vociare” di una metodologia di combattimento nei cui incontri è tutto permesso… o quasi. Inizialmente le voci di spogliatoio parlavano di un metodo Brasiliano chiamato “Valetudo” dove i contendenti si affrontavano all’interno di gabbie senza regole e senza protezione alcuna… “E’gente che ha fame e che non ha nulla da perdere!”… si diceva, quasi con disprezzo nei confronti delle Arti “più nobili”. Penso che sia giunto il momento di fare un po’ di chiarezza sulla storia e le origini delle Mixed Martial Arts “MMA”. Novantacinque anni fa il giapponese Mitsuyo Maeda Coma esperto di Tenshin Ryu JuJitsu e membro dell’istituto Kodokan di Tokyo (la sede e l’Associazione fondata dal creatore del Judo M° Jigoro Kano) si recò in Brasile per diffondere la sua Arte nello stato di Parà, dove insegnò
le origini il JuJitsu a due giovani fratelli Carlos ed Helio Gracie. Quest’ultimo di costituzione debole e magra vedendosi il più delle volte, letteralmente, “gettato al suolo” dai compagni di allenamento più robusti e più grossi di lui, sviluppò e perfezionò con un costante allenamento quella parte di JuJitsu che riguardava il combattimento al suolo chiamata “NeWaza”. Passarono così diversi anni nei quali l’ormai “esile combattente” diventò uno dei massimi esperti di questa Arte. Helio Gracie sfidò negli incontri di Valetudo, che all’epoca in Brasile erano già molto radicati, praticanti di Capoeira e Lotta Libera (Luta Livre, molto simile a quella più nota Arte Olimpica ma ben più combattiva per la maggior quantità di prese ammesse), sconfiggendoli ogni qualvolta il combattimento finiva a terra con l’uso di leve alle articolazioni e tecniche di strangolamento. Da questi eventi questo atleta marziale divenne famoso dando origine al metodo “Gracie JiuJitsu” e successivamente al “Brazilian JiuJitsu” oggi conosciuto da tutti i praticanti di Arti Marziali. Da notare che contemporaneamente in Giappone nell’istituto Kodokan tali tecniche (originarie del JuJitsu) vennero “elimi-
nate e non più insegnate” perché ritenute troppo pericolose e quindi poco “commerciali”, inoltre lo svilupparsi del Judo come disciplina olimpica dettava delle regole e delle tecniche molto rigide e non più propriamente “marziali” ma più direi “sportive”. Quindi, quasi per assurdo, è in Sud America che si è visto un rinvigorimento e perfezionamento del JuJitsu e per le tecniche “Ne Waza”, in particolar modo, nel paese del sol levante, dove è nata l’Arte del Jujitsu e poi del Judo si è progressivamente “spenta” la spinta marziale per divenire sempre più azione sportiva come dettavano le regole “forse più occidentali”. Rorion Gracie primogenito di Helio, nel 1992 vista la fama del padre e la diffusione del “Gracie JiuJitsu” sul territorio carioca decise di espandere il nome della famiglia anche al di fuori del Brasile inventando una sorta di torneo all’interno di una gabbia ottagonale che vedeva diversi campioni nazionali americani di diverse discipline affrontarsi per dimostrare quale fosse la tecnica superiore in combattimento, così si sfidavano il campione di Kickboxing contro quello di Kung Fu, quello di Karate contro
il campione di Savate francese ecc. L’evento venne chiamato Ultimate Fighting Championship (UFC) vinto per tre volte di fila dal figlio minore di Helio, Royce Gracie. Consideriamo che nel 1992 nessuno conosceva in modo efficace il “combattimento al suolo” i Gracie impostavano la loro lotta nell’afferrare l’avversario, portarlo a terra per sottometterlo quindi con una leva. Quando successivamente anche qualcun altro nel mondo decise di specializzarsi nella lotta a terra, i famosi e ritenuti imbattibili Gracie furono sconfitti. Il giapponese Kazushi Sakuraba battè tutti i Gracie che affrontò (Royce, Royler e Renzo) nel più grande evento di Mixed Martial Arts del mondo il Pride Fc (70.000!!! spettatori dal vivo al Tokio Dome Arena) sfatando definitivamente il mito sull’invincibilità della famiglia. Ora le MMA sono diffuse in tutto il mondo e la lotta a terra riveste, in questi incontri, la stessa importanza del combattimento con calci, pugni e ginocchiate; l’atleta deve saper far bene tutto!!! Il fluire continuo dal tirare colpi al proiettare l’avversario a terra per poi sottometterlo o
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colpirlo ancora costituisce oggi il vero combattente di MMA pronto al combattere a 360°. Personalmente ho iniziato la mia pratica nelle Arti Marziali a quattordici anni con il Sanda cinese (calci pugni e proiezioni) disputando alcuni incontri fino all’età di vent’anni. Indagando e combattendo successivamente anche in altri stili per poi approdare nel 1998 nella Scuola di JuJitsu del M° Rizzoli (mio attuale Maestro e fonte di immenso insegnamento!). Dal 2000 al 2006 ho disputato più di venti incontri di Submission (lotta totale) salendo sempre sul podio. In questi sport se non sei allenato “a dovere” con un professionista serio e coscienzioso, non perdi “la partita”… ma finisci spesso in ospedale. Per cui la mia scelta è sempre stata ”allenati con i migliori e impara dai migliori”, per me stesso e per i miei allievi. Da tre anni studio e mi alleno con un amico, Zelg Galesic, Croato e grande campione di MMA con vittorie importantissime ottenute in tutto il circuito mondiale. Ogni tre mesi ci vediamo e ci alleniamo assieme anche in Italia dove lo accompagno e organizzo stage aperti a tutti gli amanti di questa durissima disciplina. Zelg è un atleta professionista di MMA a livello mondiale, considerato il quarto uomo più forte al mondo nei 93kg. Ha vinto tre titoli mondiali di Taekwondo e un titolo internazionale WAKO di Kickboxing. Campione del Cage Rage inglese (MMA) e dell’Hero’s Korea (MMA) ha partecipato a due edizioni del PRIDE FC e a
di Massimo Neresini questa Arte che ricordo essersi anche sviluppata e conosciuta per merito del grande Bruce Lee. Nella mia scuola si impara JuJitsu, quello vero ed efficace della Scuola Octopus e ci si allena professionalmente nelle MIXED MARTIAL ARTS su questa base e seguiti da una Scuola di veri Campioni. Ricordo a tutti gli appassionati di Jujitsu che presso la Palestra Comunale di Priabona, Malo (VI) Domenica 7 Novembre dalle ore 10 alle ore 13 ci sarà uno stage organizzato dal Maestro Marco Vigolo sulla SHOOTBOXE (disciplina riconosciuta dal CONI) con la guida del Maestro Rizzoli. Lo stage è aperto a tutti istruttori, allievi e amanti della disciplina. Questo stage è sponsorizzato dal negozio di arti marziali “LA VIA DELLA SPADA” di Colognola ai Colli (VR) di Adriano Longo Tel/Fax: +39 045 615 27 13 Cel. +39 3492733629 cinque del DREAM in Giappone affrontando anche il famoso Kazushi Sakuraba. Dall’anno scorso rappresento, con umiltà e per suo volere diretto, la sua Scuola Trojan e il suo nome in Italia… senza mai perdere di vista minimamente il mio stile il JuJitsu. Infine per quanto riguarda questa Arte di combattimento vediamo come si sviluppano e la Scuola di avvio e di base di vari grandi combattenti: i Gracie combattono MMA e praticano alla base il JuJitsu, Randi Couture combatte MMA e pratica di base la Lotta Greco Romana, Fedor Emelianenko combatte MMA e pratica da una vita il Sambo russo, Zelg
Galesic combatte MMA con una qualifica di 4°dan Taekwondo alle spalle!! Ho citato solo i migliori al mondo dimostrandovi quanto lavoro e scuole di base ci sono. Diffidate da chi dice di essere istruttore o maestro di MMA! Non è di certo semplice e bisogna essere seguiti da veri e propri professionisti. Alla base ci deve essere una pratica di anni in un Arte Marziale o in uno sport da combattimento. Le MMA si sviluppano SU uno stile di base, e non su “un insieme abbozzato approssimativo di tecniche”. Tutto il resto è e rimarrà solo business, forse portando un atleta verso la strada del “farsi male” più che su quella di aspirare a diventare un vero combattente di
Per info: Maestro Marco Vigolo DTR Shootboxe FIKBMS Unico esponente e responsabile tecnico Nazionale del Trojan Free Fighter’s (Z.Galesic MMA) Cell.3358451834 teamvigolo@ libero.it www.martialworld.net www.shootboxeberica.it Grazie a tutti e quello che dice il Maestro e amico Marco Vigolo è sicuramente da me ampiamente appoggiato in quanto ritengo che la base di una Scuola e di un Maestro (S e M assolutamente maiuscole) siano il fondamento di un corretto apprendimento… poi viene la Tua voglia di apprendere e praticare con umiltà e costanza.
lettere
Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it
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Tutti diventano sportivi Caro Senatore, ho un problema: mio figlio Filippo a 15 anni non vuole più fare sport. Nessuno sport. Faceva calcio, era bravo. Ha cominciato prima a lamentarsi dell’allenatore, poi dei compagni di squadra, alla fine è arrivato a dire che il calcio stesso gli “fa schifo”. Evidentemente sono tutte scuse. E’ lui che non vuole più giocare. Sua madre ed io gli abbiamo chiesto se vuole fare qualche altro sport; ci siamo detti disponibili ad iscriverlo a qualsiasi altra attività sportiva. Ma niente, non gli piace niente. A me dispiace moltissimo: avessi potuto io avere la possibilità di imparare bene a fare uno sport! Secondo lei, senatore, dovrei insistere oppure rassegnarmi a veder mio figlio crescere senza sport? Un cordiale saluto, Armando F.
Carissimo Armando, abbi pazienza! Nessuno vive senza sport. Prima o poi Filippo ritornerà al calcio oppure troverà il suo sport. A 15 anni è comprensibile essere un po’ confusi. Capisco, tuttavia, il tuo rammarico: avere le possibilità di diventare un bravo calciatore e non sfruttarle è un peccato; capisco anche il tuo timore: avere 15 anni ed essere, o meglio fare un po’ il pigro non è impiegare al meglio le infinite energie della gioventù. Ma, credimi, è un periodo breve, e passerà. L’unica cosa che mi sento di consigliarti è di non insistere con le parole ma, piuttosto, di dargli un esempio. Non dirgli: “dai, fa un po’ di sport!” ma di farlo tu e magari coinvolgi anche tua moglie. Se Filippo vede che i suoi genitori sono legati a una passione sportiva e che, facendola, stanno meglio, si divertono, sono più sereni, più sani, più belli, è probabile che scatti anche in lui il desiderio di mettersi a fare un po’ di sport. Con simpatia, Alberto.
Auguroni!!!
Alla nostra Chiara Guiotto e a Pietro Pranovi Sportivissimi sposi
Le vostre lettere possono essere lette anche nel sito: albertofilippi.it
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