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SSIMO
Il grigio della scuola e i colori dello sport
L
e Giornate dello Sport a scuola sono state un disastro. Fallite nel 99% dei casi. E le ragioni di ciò sono mille e una. Mille, insignificanti, ragioni di natura organizzativa, logistica, economica, di responsabilità, eccetera eccetera e una, sostanziale, di tipo culturale: il mondo della scuola continua a sentire il mondo dello sport come opposto a sé e, senza pietà, lo boicotta. Perché la scuola è impegno mentre lo sport è svago; perché la scuola è istruzione mentre lo sport è ignoranza; perché la scuola sta in alto mentre lo sport sta in basso nella scala delle categorie umane. Di conseguenza lo sport è il nemico della scuola. Ebbene noi continueremo a sostenere il contrario, dandone incontrovertibili prove. Per il bene dello sport ma soprattutto per il bene della scuola, che in questo momento, a dirci la verità, sta messa ben peggio dello sport e dallo sport potrebbe ricevere un aiuto decisivo sia nelle grandi quanto nelle piccole questioni. Come quella di far capire ai giovani - grande questione da sempre irrisolta - che a scuola si va non perché si è obbligati, ma perché, come nello sport, a scuola ci si migliora, si diventa più forti e vincenti. Lo sport potrebbe offrire al grigio mondo scolastico il colore dell’impegno che diverte, del sacrificio che dà soddisfazione, della fatica che diventa gioia. Ma anche - piccola questione - lo sport potrebbe essere d’aiuto a gestire il fenomeno del bullismo. Nella scuola ci sono i bulli che nello sport non ci sono. Chiediamoci il perché. Perché nelle aule dei nostri figli ci sono ragazzi di 3, 4 anni più vecchi, pluribocciati, che passano le loro ore scolastiche da teppistelli con la sigaretta in bocca, minacciando, estorcendo libri, quaderni e qualche euro ai loro compagni più giovani, mentre nelle varie squadre sportive questo non accade? La risposta non è difficile. Lo sport non permette quello che la scuola permette. Sul piano delle regole ma soprattutto su quello delle prestazioni. Un bullo che fuma, che non s’impegna, non ha resistenza, né forza. Basta nulla per metterlo di fronte ai suoi limiti. Per contenerne l’esuberanza. Per ridimensionare il suo stesso bullismo. Nello sport, se mai, è il bravo a fare il gradasso con i compagni o i rivali, ma nello sport non si è mai bravi per sempre. Ho conosciuto campioni del mondo con un’umiltà fuori del comune. Quando gliene chiedevo ragione, tutti mi hanno dato la stessa risposta: nella carriera di un atleta sono sempre di più le sconfitte delle vittorie. E le sconfitte educano a non credersi i migliori di tutti, anche quando, un certo giorno, si è stati i migliori al mondo. I bulli non appartengono allo sport, al massimo s’infilano in qualche tifoseria. La scuola dovrebbe avviare i suoi discoli alla pratica sportiva. Più uno è indisciplinato, più ore di sport dovrebbe fare e a più gare dovrebbe partecipare. Il confronto vero con se stessi e con gli altri smonta chiunque. Il prossimo anno proporremo le Giornate dello Sport per i bulli, per aiutare la scuola, sempreché si faccia aiutare.
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parapendio
30 anni di Parapendio
foto e testi di Gabriele Bagnoli
Questo anno il parapendio compie 30 anni. Nel lontano 1987 piloti pionieri cominciarono a fare i primi voli. Io sono uno di loro.
Q
uesto anno il parapendio compie 30 anni. Nel lontano 1987 i primi piloti pionieri cominciarono a fare i primi voli. Io sono uno di loro. Si cominciarono a trovare le prime vele (noi le chiamiamo così) paracaduti da lancio modificati, veri e propri prototipi, alcune ditte cominciarono la produzione, il primo lo comprammo per corrispondenza dalla Francia. Si iniziò così senza corsi o scuole senza libri o manuali, all’avventura: si prendeva lo zainetto a piedi su in montagna e ci si buttava. Tempi fantastici ma molto pericolosi. Non avevamo paura, sapevamo poco o nulla sul volo e sulla meteorologia, tutto era istinto puro, ma era troppo bello volare, era come una droga. La frase di Leonardo da Vinci riassume perfettamente la sensazione che allora, noi pionieri, provammo: “Una volta che avrete impa-
rato a Volare, camminerete sulla terra guardando il cielo perché è là che siete stati ed è là che vorrete tornare”. Fu così infatti. Il parapendio divenne presto uno sport riconosciuto, seguito e amato. Si sviluppò un mercato florido, nacquero aziende spe-
cializzate, si cominciarono a progettare mezzi nuovi per migliorare le prestazioni, si aprirono molte scuole, che promossero corsi, che pubblicarono libri. Nel giro di pochi anni il Parapendio ebbe uno straordinario sviluppo, sia come performance di volo che di sicurezza. Nel 1989 l’azienda Italiana Paradelta di Parma vince il primo Campionato del Mondo con il Pilota Carlo della Rosa. Da allora sono passati tanti anni, la tecnologia di un parapendio, i materiali usati, la progettazione sono sempre più di alto livello, oggi ci sono
“vele” per ogni livello: si parte dalle più facili e sicure, idonee per chi deve imparare, fino a quelle da competizione con prestazioni incredibili. Ora con i moderni parapendii si possono realizzare voli di molti chilometri sfruttando le correnti ascensionali che si creano lungo i pendii dei monti. È un volo vero a vela, senza motore, ecologico, che sfrutta solo il vento e il sole. L’antico sogno di volare dell’uomo oggi è una realtà. L’Italia con tutte le sue montagne è uno dei posti più belli per il volo. Dalle splendide Dolomiti alle bellissime e ge-
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nerose Prealpi, agli Appennini, alle Isole, si può volare in tutti i cieli d’Italia. Ci sono Club di volo ovunque. Siamo una grande famiglia di appassionati che volano ovunque nel mondo, anche se è l’Europa il luogo in cui è iniziato questo sport e dove ancora volano i pionieri del Parapendio. La pericolosità di questo sport è tutta rapportata alle decisioni del pilota: di prendere
o meno il volo con condizioni meteorologiche ottimali, scegliendo o meno il mezzo adeguato alle sue capacità. Usando la testa e facendo le cose giuste, il Parapendio è uno sport meno pericoloso di tanti altri. Se siete attratti dal volo, iscrivetevi ad una scuola e non vi sarà difficile realizzare il sogno di andare a spasso per i cieli della nostra bella Italia.
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grandi viaggi
Spedizione in Dancalia
L
’Etiopia era un tempo parte integrante dell’A.O.I. (Africa orientale Italiana) fu anzi con la entrata del discusso generale Pietro Badoglio in Addis Abeba il 5 maggio 1936, che a Roma si poté dichiarare la Fondazione dell’Impero. Eppure sono molto pochi gli italiani che conoscono questo variegato paese del Corno d’Africa: un paese ricco di razze, lingue, culture diverse, che, anche dal punto di vista ambientale, non finisce di stupire e sorprendere i pochi visitatori. Il nostro viaggio, della durata di quasi un mese, pre-
la spedizione in Dancalia
di Bepi Magrin
vedeva in un primo tempo la visita delle regioni a sud della capitale fino ai confini di Sudan e del Kenja, dove vivono tribù selvagge che conservano tradizioni secolari delle quali in Europa spesso si crede non esista più traccia. La seconda parte del viaggio, con partecipazione estesa ad una dozzina di viaggiatori, prevedeva invece l’esplorazione dei deserti e dei vulcani della Dancalia, territori di singolarità incredibile situati a quota inferiore di 150 metri al livello del mare, e dove anche in gennaio, abbiamo riscontrato temperature di oltre 40 gradi. La Dancalia è un grande bacino vulcanico abitato dalla popolazione Afar, ritenuto uno dei luoghi più spettacolari del pianeta. Sono luoghi privi di servizi (deserti di lava e di sale) ove bisogna munirsi
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Deserto di sale
Nel lago di Arbaminch
etnia hamer
di speciali permessi per la vicinanza del confine eritreo, per cui è richiesta una scorta militare che dia garanzia di tutela assoluta dei visitatori. Questi ultimi devono sapersi adattare a sistemazioni spartane, al caldo, alla sete, ma il loro impegno sarà largamente compensato dal piacere di esplorare una delle aree più affascinanti del mondo, dove la natura si rivela nella propria primordiale potenza. Con la nostra spedizione abbiamo raggiunto dopo lungo viaggio nella savana, nel deserto di sale e su una pista straordinariamente accidentata tra i massi lavici, un piccolo villaggio di capanne dal quale con una marcia di circa 10 km, si saliva il vulcano Erta Ale. Qui, nella direttrice della Rift Valley, la crosta terrestre è la più sottile della terra e la lava erompe con frequenza dai
etnia hamer
Deserto di sale
Caldera Erta Ale
Scorte armate in Dancalia
10 numerosi crateri bollenti che costellano la zona. La caldera del vulcano più noto è sempre in ebollizione e lo spettacolo che ci ha offerto nella notte di capodanno, era quello di strepitosi fuochi d’artificio –in questo caso del tutto naturali- che nell’oscurità della notte illuminavano l’atmosfera.
Dallol Ancor più suggestivi ad una trentina di km più a nord, sono i colori del Dallol, una ampia zona di gayser che si aprono sulla piana salina con formazioni cristalline tali da dare il più incredibile degli spettacoli cromatici che si possano vedere al mondo. Dalle vicinanze, nel piatto deserto di sale, i lavoratori Afar, che estraggono le lastre di sale con un rito perpetuato nei millenni, caricano i loro dromedari che, in lunghissime file trasportano nel biancore accecante del deserto, i loro gravosi carichi, per andare, con una marcia di due tre giorni, a risalire il canyon di Saba su e su, fino agli Altipiani dove finalmente troveranno qualche filo d’erba per sfamarsi. Sul verdeggiante altipiano, che nella seconda metà degli anni ’30, fu teatro della invasione militare italiana dell’antico impero etiope, effettuata con manovre a tenaglia e largo uso di gas velenosi dalle Armate di Rodolfo Graziani (dalla Somalia) e del generale Pietro Badoglio (dall’Eritrea), si scopre la culla di antiche tradizioni religiose: scavate nella roccia sopra altissime pareti, si potranno raggiungere le antiche chiese rupestri ancora conservate e vigilate da anziani anacoreti. Vi si mantengono vive le tradizioni religiose copte, con reperti storici ed artistici particolarmente interessanti.
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I mursi (cannibali!)
Nella regione del Tigray, dopo Makallé, sono da visitare le chiese di Gheralta, avvistando le Ambe che furono teatro del conflitto italo-etiopico: Amba Aradam, Amba Alagi, ecc. spostandosi poi, per strade sterrate a Lalibela, dove la nostra spedizione ha potuto assistere al Natale copto a Lalibela
Guerrieri della razza Afar
grande evento religioso del Natale copto: il Leddet (6/7 gennaio) quando tra quelle chiese profondamente scavate nella roccia locale, e realizzate sull’analogo modello delle chiese di Gerusalemme, si radunano migliaia di pellegrini qui convenuti anche da grandi distanze.
Lungo il rimanente percorso verso la capitale, dopo i disagi del deserto, si potranno apprezzare le comodità di buoni lodge spesso gestiti da italo-etiopi; discrete strade costruite in epoca coloniale ed oggi asfaltate, permettono di percorrere le grandi distanze con valichi di
Gost city nel Dallol
montagna ad oltre 3mila metri. In definitiva: un paese da conoscere e da gustare nei suoi colori nella sua umanità e nelle sue infinite varietà di tradizione e di antiche culture.
Cerimonia natalizia a Lalibela
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caldogno
Un cuore e due guantoni
E
’ lui, lo stesso Luca Rigoldi, che dichiara di essere nato sportivo: fin da giovanissimo si distingue in varie discipline, dalla corsa campestre, al Karate, dove arriva senza fatica a conquistare la cintura nera, passando anche per il mondo del calcio. Ma tutto ciò lo annoiava, mentre dentro di lui si faceva spazio la passione per il pugilato. A 14 anni si avvicina così alla Queensberry Boxe di Vicenza, nonostante le resistenze dei genitori, poco propensi a vedere il figlio prender pugni tra le 16 corde; tanto che la madre, spaventata da tutti gli stereotipi di violenza che girano attorno alla Nobile Arte, prega l’allora allenatore del giovane pugile, Alessandro Santamaria, di non far combattere il ragazzo fino alla maggiore età. Ma il talento e la passione di Luca hanno la meglio: il 26 settembre 2009, a 16 anni, Luca combatte il suo primo incontro da pugile dilettante. E da quel momento, non è
13 di Camilla Tartaria
mai più sceso dal ring. Anzi, è salito sempre più in alto! In circa 6 anni si susseguono ben 49 incontri, di cui 30 vedono il Campione Vicentino vincente. Questi sono stati anche gli anni delle prime grandissime soddisfazioni, che portano Luca a combattere fuori dai confini nazionali: da Parigi all’Inghilterra, da Amburgo alla mitica Gleason’s Gym di New York, tempio della boxe d’oltreoceano, entrata nell’immaginario collettivo per film come “Toro Scatenato” e “Million Dollar
Classe ’93, 57 chili di muscoli e passione, 49 match da dilettante, 14 da professionista con 12 vittorie, di cui 5 per ko: questi i numeri di Luca Rigoldi, il pugile professionista originario di Caldogno (VI), che dopo aver conquistato il Titolo Italiano Supergallo punta dritto al Titolo dell’Unione Europea. Baby”, dove sono passati campioni come Sugar Ray Robinson, Rocky Marciano, George Foreman, Muhammed Alì e Mike Tyson. Ma al giovane pugile dal cuore d’oro ancora non basta: vuole diventare un professionista, fare del pugilato la sua vita. E così, a febbraio del 2015, toglie caschetto e maglietta ed esordisce da professionista: l’escalation di successi è formidabile. Combatte ben 10 incontri in un solo anno, arrivando all’oggi ad avere all’attivo 14 match da professionista, di cui 12 conclusi con il braccio alzato e addirittura 5 incontri terminati anzitempo per ko! Poi una battuta d’arresto, il match sbagliato, quello che avrebbe potuto fermare una carriera iniziata così brillantemente. Era il 18 marzo 2016 quando in casa, sotto l’occhio di centinaia di tifosi, Luca veniva sconfitto ai punti dal campano Vittorio Parriniello che, forte soprattutto della sua esperienza, anche olimpionica, manteneva il
Titolo Italiano. Ma per chi, come Luca, crede fortemente che “lavoro e costanza premiano sempre” una sconfitta è soltanto il punto da cui ripartire: Luca stringe denti e guantoni e ricomincia ad allenarsi più intensamente che mai, sempre sotto l’occhio attento del Maestro Gino Freo (Boxe Piovese) e il 10 dicembre 2016 sul ring di Montichiari (BS) ritenta il colpo, sfidando il Lombardo Iuliano Gallo. Questa volta nessun cedimento, nessun errore: Luca conquista il Titolo Italiano Supergallo, combattendo quello che è stato definito dall’autorevole rivista di settore Boxeringweb il miglior match del 2016. Appena il tempo di ammirare la sua nuova cintura, però, che Luca inizia già a pensare al gradino successivo. L’occasione non tarda ad arrivare: è già in programma per il 20 maggio 2017, presso il Palazzetto dello Sport di Vicenza, l’incontro per l’assegnazione del Titolo
dell’Unione Europea. Una sorta di diabolico déjà vù. Sì, perché a sfidarsi tra le 16 corde saranno nuovamente il Nostro Campione e Vittorio Parriniello, in un match che ha tutte le carte in regola per regalare un grandissimo spettacolo a tutti gli appassionati. Ma il pugilato non è solo soddisfazioni e gloria e Luca lo sa bene. In Italia da tempo la Nobile Arte non trova grande spazio. Così bisogna darsi da fare per inseguire i propri sogni: Luca passa le sue giornate tra allenamenti, corsi di avvicinamento alla boxe, che tiene anche nelle scuole della Provincia, ore di insegnamento presso la Queensberry Boxe Vicenza e momenti di solidarietà, partecipando anche a progetti pilota che coinvolgono giovani affetti da autismo, sindrome di Asperger e morbo di Parkinson. Tutto nello sforzo di tenersi ben lontano dallo stereotipo del pugile violento, anzi; prima di qualsiasi altra cosa dentro ai guantoni
14 c’è il suo grande cuore. Quello stesso cuore che lo porta, con il supporto del Luca Rigoldi Fan’s Club, ad organizzare serate ed iniziative benefiche per la fondazione “Città della Speranza” o l’Associazione “Mani e Cuore”. Oltre ai numerosi risultati sportivi, Luca ha il merito di aver allontanato la visione comune del pugilato dalle idee
di violenza e ghettizzazione che lo marchiavano: lui, animatore dell’ACR e responsabile dei gruppi parrocchiali, lui che riesce a muovere pullman di sostenitori che lo seguono ad ogni incontro, lui che non muove un passo senza la pazientissima fidanzata Valentina, lui che niente alcool e niente feste, solo riso in bianco, patate lesse e tisane, lui che si allena con la volontà e la costanza di uno sportivo esperto nonostante la giovane età, ora sta per affrontare una grandissima sfida: il Titolo dell’Unione Europea potrà essere una svolta eccezionale per la sua carriera, che lo proietterebbe tra i primi cinque pugili europei nella propria categoria di peso, ma anche una grande soddisfazione per tutti coloro che gli sono stati accanto in questi anni ed un grande smacco per chi crede, ancora oggi, che pugilato faccia rima con violenza.
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trail running
Una meta, un sueño Cronache dalla TRANSGRANCANARIA, la corsa tra foresta, vulcano e mare nelle Isole Canarie di Mirko Cocco
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o speaker, vestito con uno stile da cowboy moderno, prende la parola ed inizia ad incitare gli atleti. “È veramente un tipo strano” penso, ancora di più quando comincia a saltare infervorato davanti a noi che scalpitiamo. Manca sempre meno. Un rapper canta un pezzo scritto appositamente per l’evento. Il ritmo è veramente stimolante e siamo tutti un po’ esaltati. All’esterno delle transenne, due ali di folla che incita e applaude. Non è una gara, è una grande festa. Questa è la Transgrancanaria. Una volta all’anno l’isola di Gran Canaria si anima con questo evento che, oltre ad essere di importanza mondiale, è la celebrazione del trail, della natura e della solidarietà. Più di 3000 atleti giunti da varie parti mondo si sono divisi tra i vari format di gara, che comprendono oltre alla classica (125km e 8000m D+), la Trans 360° (265km con 16500m D+), la Advanced (80km 4200m D+), e la Maratòn (42km 1200m D+) in aggiunta poi a gare di contorno
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come la Starter e la Family di 30 e 17km. Il percorso della classica attraversava l’intera isola da nord a sud, transitando per la cima più alta di Gran Canaria, il Pico de Las Nieves (1949m) e il simbolo di questa terra, il Roque Nublo, due monoliti di roccia vulcanica dal profilo inconfondibile. Per me, che negli anni passati seguivo questa gara con il sogno un giorno di partecipare, la proposta del mio presidente di prendere parte a questa avventura è giunta come un’occasione da prendere al volo. Ho deciso quindi di gareggiare nella Maratòn (ho 19 anni e provengo da gare molto più corte) come mio “battesimo” sulla distanza maratona.
La gara Partenza il 24 febbraio da El Garañon, al centro dell’isola. Capisco subito che il sole e il caldo immaginati sono da dimenticare: pioggia, vento e nebbia fitta avvolgono il Pico sopra di noi. Ci sono 4 gradi. Siamo quasi in mille dietro la start line. Gli spagnoli sono un po-
polo di gente calorosa e simpatica e qui a Gran Canaria il trail è quasi uno stile di vita. Non mancano pacche sulle spalle né parole di incitamento da parte degli spettatori. È bello vedere questa sorta di legame tra pubblico e atleti. I primi partono veramente forte, sembra quasi una campestre e invece mancano 42km all’arrivo. Il percorso si fa subito selvaggio, addentrandosi tra i folti arbusti di una foresta di pini. In breve transitiamo per il Pico de Las Nieves; sono tra i primi dieci. Penso di correre troppo forte, ma è discesa e non faccio fatica. La nebbia si dirada e permette di gettare lo sguardo sulle profonde valli rosse in basso e il blu dell’oceano. Corro sulla roccia vulcanica che nel tempo ha assunto delle forme inimitabili. In breve passo per San Bartolomeo de Tunte, dove tra le basse case bianche gli abitanti si affacciano agli usci per applaudire e tifare noi che corriamo. Gente semplice e tranquilla, con un gran sorriso. Dopo poco scompare ogni traccia umana e rimango solo sul lungo sentiero che scende verso il bacino di Ayagaures. Cerco di mantenere un ritmo alto per staccare i miei avver-
sari; si è fatto molto più caldo nel frattempo. Al termine dell’ultima salita inizio ad accusare la fatica e la fame. Il percorso si dirige in un lungo barranco (ovvero dell strette valli), tra i ciottoli e le canne alte. Mi balza in testa l’idea di ritirarmi, ma non voglio assolutamente mollare, anche perché dovrei comunque raggiungere il prossimo ristoro. Finalmente arrivo al ristoro, mi sembra di essere uno zombie: “Beh, visto che sono arrivato fino a qui, potrei anche andare fino all’arrivo”. Trovo un amico che mi accompagna per qualche metro. Maspalomas: ormai sono arrivato, ultima curva a
destra e vedo il traguardo: una grande folla di spettatori, musica, birra! Lo speaker-cowboy mi batte il cinque e mi rendo conto di essere stato in grado di realizzare uno dei miei sogni. Guardo il tabellone: 3h25’04’’, decimo classificato. Una delle cose più belle che penso quando si parla di trail è proprio l’arrivo: si è accolti come eroi, portare a termine il “viaggio” dà una grande soddisfazione e si può far nascere dei sogni in altre persone. E forse è anche per questo che corro.
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Tapis roulant Il termine “tapis roulant” indica uno fra i più diffusi strumenti per il fitness, utilizzato sia in strutture pubbliche (palestre, centri fitness, aree wellness di hotel, centri benessere, club, scuole) che nelle abitazioni, grazie alle sue ridotte dimensioni, alla grande efficacia e ai suoi costi accessibili a una larga platea di persone.
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l tapis roulant offre il grande vantaggio di poter correre o camminare, a passo veloce o lento secondo le proprie possibilità, anche in caso di brutto tempo, di troppo freddo o di troppo caldo per uscire di casa e quando con il buio andare per le strade può essere pericoloso. Perciò, sempre più persone anche in Italia considerano il tapis-roulant un prezioso ed indispensabile accessorio domestico che contribuisce al benessere in senso lato, quasi come il frigorifero o il televisore. Gli indiscutibili benefici che derivano da un suo uso regolare, secondo le differenti possibilità fisiche e gli obiettivi di ciascuno, si possono così riassumere sinteticamente: tonificazione dei muscoli delle gambe e dei glutei, miglioramento della circolazione sanguigna, mantenimento dello stato di efficienza di cuore e polmoni, riduzione degli accumuli di grasso
conseguenti a errata alimentazione o a carenza di attività fisica, allenamento per attività agonistiche La grande versalità dei moderni tapis roulant, che permettono di essere adattati a proprie esigenze di sforzo, di velocità e d’inclinazione del piano, li rende indicati anche per contribuire alla salute degli anziani e delle persone obese per fattori metabolici. Dunque, il tapis roulant è senza dubbio uno strumento utilissimo per tutta la famiglia, se non addirittura indispensabile. Però, come tutte le macchine, anch’esso richiede una manutenzione, che non implica alcun gravoso impegno e che, invece, risulta facile, veloce ed economica se gli si dedica un minimo di attenzione e si usano i prodotti giusti. La principale attività della manutenzione è rappresentata dalla lubrificazione del piano di corsa, cioè della piattaforma (di solito è in legno o vetroresina) su
cui scorre il tappeto, detto anche nastro di corsa (in materiale gommoso), che va eseguita esclusivamente con appositi prodotti. Una regolare lubrificazione produce i seguenti reali vantaggi: 1) il nastro e il motore elettrico durano di più, evitando costose sostituzioni, 2) si risparmia sul consumo di energia elettrica, 3) si riduce il rumore dello sfregamento del nastro sulla pedana, 4) si corre in modo più uniforme e costante, 5) i dati degli strumenti elettronici della consolle diventano precisi e attendibili. L’intervallo di lubrificazione dipende moltissimo dall’uso che viene fatto del tapis roulant, cioè dalla velocità media della camminata o della corsa dell’utilizzatore, in quanto l’usura del lubrificante è determinata dalla frizione e dal calore generato dalla velocità di scorrimento e dello sforzo del nastro sulla piattaforma (quanto è maggiore il
peso dell’utilizzatore, tanto maggiore è lo sforzo). Per maggiori dettagli si veda http://www.fullgym.it Quanto a prodotti specifici, è importante che i lubrificanti che vengono utilizzati per il tapis roulant siano stati studiati in modo da sviluppare sì un’adeguata lubrificazione del piano di corsa, ma contemporaneamente anche da preservare la giusta morbidezza ed elasticità del nastro. Lo stato dell’arte di questo settore è rappresentato dai lubrificanti che Sport Performer srl di Valdagno pone sul mercato con il marchio FULLGYM (per maggiori dettagli vedere www.fullgym.it), confermando e rafforzando la vocazione imprenditoriale della nostra regione, sempre attenta a cogliere le esigenze dei consumatori per darvi risposte innovative ed efficienti. A tale proposito, vale ricordare che Sport Performer produce e distribuisce le
19 note scioline SOLDA’, apprezzate dagli atleti di tutto il mondo, le cui radici affondano nella partecipazione dell’indimenticabile atleta recoarese Gino Soldà alle Olimpiadi Invernali di Lake Placid, USA, del 1932. Continuando la vocazione all’innovazione con la quale sono nate le scioline Soldà, i lubrificanti FULLGYM combinano in modo originale ed innovativo le eccellenti proprietà lubrificanti delle Polialfaolefine (della famiglia degli Oli Sintetici) verso i materiali rigidi con le ottime proprietà di “nutrimento” degli Alcani a catena lunga (della vasta famiglia dei Derivati Minerali) verso i materiali elastici. Questa combinazione rende unici e insuperabili i lubrificanti per tapis roulant FULLGYM, grazie alla formula esclusiva di Sport
Performer che è frutto di decenni di esperienza nella produzione di scioline e liquidi speciali, dove la salvaguardia delle prerogative tecniche degli attrezzi è altrettanto importante della performance. Un aspetto che da ultimo, ma non in ordine d’importanza, va senz’altro citato è costituito dalla totale assenza nei lubrificanti FULLGYM di sostanze chimiche nocive alla salute e all’Ambiente, le quali, con lo stress termo-dinamico del rotolamento del tappeto sulla piattaforma, possono andare in circolo nell’aria e nell’Ambiente sotto forma di invisibili, quanto dannose, micro-particelle. E’ questo uno dei punti cardine della filosofia imprenditoriale di Sport Performer, che dovrebbe essere tenuto nella massima con-
siderazione da tutti, sia da coloro che usano gli attrezzi in ambienti pubblici, sia da coloro che li utilizzano nella propria abitazione. Anche le scioline SOLDA’ hanno, fra i primissimi al mondo, abolito l’utilizzo di sostanze perfluorurate PFOA, che negli ultimi anni alcuni studi scientifici hanno indicato essere critiche per l’Ambiente. Nella gamma FULLGYM sono presenti anche altri innovativi e specifici prodotti studiati per la pulizia, la protezione e l’igienizzazione, che rispondono egregiamente ai bisogni degli utilizzatori di tapis roulant e di attrezzi fitness in genere, sia in ambito professionale (palestre, centri fitness, ecc.) che privato. Da un punto di vista squisitamente economico, si dimostra ancora una volta che lo
Sport, inteso in senso ampio anche come Benessere della persona, rappresenta un fattore estremamente dinamico, importante e propulsivo del nostro tessuto industriale, con generali ricadute positive anche sull’Ambiente. Per questo, sia sempre più che benvenuta ogni iniziativa come FULLGYM. Nella vallata dell’Agno i prodotti FULLGYM - sono promossi da Didatec (tel. 0445 480257, email: info@didatec.com) - si trovano in vendita presso il negozio NB1 Sport di Nicola Belluzzo, Via Monte Ortigara 20, Cornedo Vicentino (distributore anche degli attrezzi fitness Johnson, tel. 0445 430270) - vengono utilizzati dal Tecnico-Manutentore Sig. John Fin, tel. 338 7989585, email: john-fin@alice.it
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valdagno
Campioni provinciali Trionfo degli atleti del pattinaggio artistico della Polisportiva Valdagno nei campionati provinciali di Sandrigo
GIOCHI GIOVANILI VENETI F.I.H.P SEMIFINALE CASTELGOMBERTO 1-2 APRILE 2017
A.P.D. VALDAGNO PATTINAGGIO ARTISTICO 1^ BEVILACQUA GIULIA 2^PERETTO JENNIFER CAT. “C” RAGAZZI
3^ CLASSIFICATA STRAINOV MARIA SOLE CAT. “B” GIOVANI
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QUALIFICATE ALLA FINALE DANZO CHIARA GIRARDELLO SOFIA MEMA KEISSI PELLIZZARI LUDOVICA DALL’AMICO CATERINA PERIN CAMILLA GARDELLIN STELLA OTTIMI PIAZZAMENTI MARCHETTO REBECCA ZENERE MIA DALL’AMICO CECILIA ZULPO FRANCESCA BALDRANI SOFIA URBANI MELISSA
saltante inizio di stagione per gli atleti agonisti del pattinaggio Artistico della Polisportiva Valdagno: nei mesi di febbraio e marzo ai CAMPIONATI PROVINCIALI FIHP svoltisi a Sandrigo, su 13 Atleti partecipanti , nelle varie categorie sono stati ottenuti ben “7” TITOLI di Campioni Provinciali, “2” medaglie d’argento ed una di bronzo. Un’affermazione importante, questa di Sandrigo per il Pattinaggio della Polisportiva, che ha premiato in pieno il talento dei suoi giovani atleti e l’assoluta dedizione della loro allenatrice Stefania, che con grande
2^ CLASSIFICATA CALLEGARI BENEDETTA CATEGORIA “A”
passione ha fatto crescere, anno dopo anno le prestazioni dei suoi giovani campioni. Un plauso ed un grande merito anche alle allenatrici Massignani Marisa, Lisa Rossato, a Francesca Nizzero, Luca Colombo, Antoniazzi Sandra, Soliman Isabella e Luna Denise, che collaborano con passione e grande entusiasmo per la crescita della scuola: ai Giochi Giovanili Veneti fihp svoltisi a Castelgomberto 1 e 2 aprile le nuove piccole allieve hanno ottenuto nelle rispettive categorie l’oro, argento e bronzo e ottimi risultati per le altre partecipanti. Complimenti a tutti dal presidente Vencato Vittorio e da tutto il Consiglio Direttivo anche per i prossimi Campionati Regionali fihp e italiani!!!!!!
CAMPIONATO PROVINCIALE F.I.H.P 2017 SANDRICO (VI) A.P.D. VALDAGNO PATTINAGGIO ARTISTICO
OTTIMI RISULTATI ZARANTONELLO
CAMPIONESSA PROVINCIALE
CAMMISULI ELEONORA 2^ DAL LAGO CAMILLA
3^ CLASSIFICATA GRIGATO CLAUDIA
CAMPI0NESSA PROVINCIALE
CAMPIONESSA PROVINCIALE
TOSETTO CRISTINA
DANZO GIULIA
CAMPI0NESSA PROVINCIALE
CAMPIONESSA PROVINCIALE
BEDIN ELISABETTA
PERIPOLLI CHIARA
CAMPIONESSA PROVINCIALE
BERNARDI FRANCESCA
CAMPIONESSA PROVINCIALE
REFOSCO ELENA
FRANCESCA PARLATO ERIKA CONTRO EMMA
2° CLASSIFICATO GASPARONI FILIPPO
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pattinaggio
Qualificazione mondiale New Age
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eggio Emilia, 16-19 marzo 2017. Si sono conclusi da poco i campionati Nazionali di pattinaggio artistico specialità Gruppi Spettacolo e Sincronizzato e per il
Trissino, Thiene e Cornedo ai mondiali con il gruppo New Age, che ottiene la doppia qualifica per i World Roller Games in Cina
gruppo New Age si preparano già i passaporti per la Cina. 2° classificato nella categoria Piccoli Gruppi con “Le stagioni della Vita” e 3° classificato nella cate-
di Camilla Dalle Carbonare
Grande Gruppo New Age
23 goria Grandi Gruppi con “Lo stagista” . Due medaglie arrivate con tanto sacrificio e tanti, tantissimi allenamenti. Da circa quattro anni infatti il New Age ha rinnovato quasi completamente il gruppo atleti facendo spazio alle nuove generazioni di Trissino, Thiene e Cornedo Vicentino . Accanto ai “veterani “ ci sono i nuovi inserimenti ovvero quegli atleti che da piccolissimi sognavano di essere come i loro idoli ed ora sono al loro fianco per condividere questa avventura mondiale dall’altra parte della terra . Allenatori assieme ai loro allievi. Una sinergia che sta facendo sognare tutta la provincia di Vicenza. Precisamente, a Nanchino tra fine Agosto e Settembre si svolgeranno i campionati del Mondo di tutti gli sport Rotellistici aderenti alla federazione FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici, ex FIHP) e il nuovo New Age sarà uno dei protagonisti made in italy.
Non è la prima volta che la qualifica per il mondiale arriva con le due le specialità più impegnative e spettacolari ma la soddisfazione di questo 2017 sta proprio nel risultato ottenuto con le due nuove formazioni guidate e allenate da Damiano De Felice e Giovanni Rigo che con la loro decennale esperienza hanno portato questi 40 atleti a livelli internazionali. Per la categoria Piccoli Gruppi con “le stagioni della vita” scenderanno in pista Laura Randon, Lucia Magon, Eleonora e Giorgia Moro, Sofia Diquigiovanni, Laura Dal Lago, Giovanni Rigo, Lisa Rossato Giulia Savegnago e Filippo Scotton iscritti con la società di Trissino e Marini Valentina del Thiene. Un esibizione che ha incantato giudici e spettatori al Palabigi di Reggio Emilia e che ha regalato quella medaglia d’argento che ha permesso a questi undici atleti di qualificarsi sia per i pros-
Piccolo Gruppo
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Piccolo gruppo divisione nazionale Sintesy
simi Campionati Europei di Moulilleron Le Captif (Francia) sia per i Campionati Mondiali (Cina) Per la categoria Grandi Gruppi invece saranno 29 gli atleti del New Age che partiranno per il continente giallo. Da TRISSINO: Greta Bassanese, Giorgia Bertoldo, Linda Bicego, Martina Ceolato, Ilaria Cielo, Irene Dalle Mese, Blanca Andrea Guarti, Isabel Sambin E Benedetta Visona’. Da CORNEDO: Alessia Zamperetti, Lisa Vencato, Giada Soccombi, Angela Novello, Arianna Cariolato. Da THIENE: Isabel Bedin, Silvia Bergamin, Silvia Busa, Carollo Camilla, Giulia Chioccarello, Maria Carolina Correa Perez, Giulia dal Pra’, Giorgio e
Giuliana Passuello, Martina Romano, Altea Stedile, Arianna e Michela Tessaro, Elena Tessarolo e Francesca Zavagnin. Supportati come sempre dagli encomiabili costumisti, truccatori e accompagnatori e dai collaboratori più impegnati , con il pezzo “lo stagista”, che racconta la storia dell’ apprendista stregone, famosissimo film d’animazione della Walt Disney, gli atleti vicentini cercheranno di incantare sia giudici che pubblico d’oltre continente. Il piccolo gruppo divisione nazionale Sintesy frutto di un‘altra strettissima collaborazione tra Thiene e Trissino. Con il disco di gara “questione di sguardi” si è aggiudicato la me-
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daglia di bronzo al Campionato regionale svoltosi a Conegliano e un meritatissimo 6° posto al Campionato Italiano di Reggio Emilia. Allenate da Marini Valentina, con la supervisione di Damiano De Felice e la collaborazione di Lara Balasso e Silvia Busa il gruppo delle giovani atlete thienesi stanno crescendo atleticamente oltre ogni aspettativa. Atlete del Piccolo Gruppo “SINTESY”: Isabel Bedin, Camilla Carollo, Giulia Chioccarello, Maria Carolina Correa Perez, Francesca Gallo, Zuleika Munari, Giorgio e Giuliana Passuello, Martina Romano, Elena Tessarolo, Sara Ivaldi ( Thiene) E Martina Ceolato (Trissino).
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schio
La Classicissima del Pasubio La Schio-Ossario del Pasubio spegne 80 candeline e apre agli èlite
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randi novità sono state annunciate dall’Asd Ciclismo Val Leogra, il gruppo organizzatore della Schio-Ossario del Pasubio, per l’80° edizione della storica gara ciclistica della Val Leogra. Si correrà sabato 24 giugno e non in luglio come di consueto, e rispetto agli ultimi due anni in cui ha riaperto i battenti vedrà al via non solo atleti Under23, ma anche gli èlite. Diverse novità quindi per celebrare la edizione numero 80 della classicissima vicentina, che può annoverare tra i vincitori degli anni scorsi nomi del calibro di Julio Perez Cuapio, Leonardo Piepoli, Gilberto Simoni e Fabrizio Settembrini. Il gruppo organizzatore che nel 2015 ha ripreso in mano la Schio-Ossario dopo tre anni di assenza della gara dal panorama italiano (mentre si era corsa quasi ininterrottamente dal lontano 1932) viene invece confermato. Alla guida sarà il Presidente Roberto Bagattin, figlio di uno dei fondatori della manifestazione, co-
di Federico Pozzer foto di Euro Grotto Photografer
27 sta dove è posto l’Ossario del Pasubio, monumento che conserva i resti dei caduti della prima guerra mondiale, in questi anni al centro di numerose celebrazioni in chiave Centenario della Grande Guerra. “L’Asd Val Leogra si prepara quindi per un’edizione che si annuncia ricca e appassionante in vista di un possibile grande evento nel 2018 – ha aggiunto il presidente di Asd Ciclismo Val Leogra Roberto Bagattin – e lo fa raddoppiando il suo impegno: nel sabato che precede la Schio-Ossario organizzeremo anche una gimkana per giovanissimi nel centro di Schio, grazie anche all’interessamento dell’assessore allo Sport di Schio Aldo Munarini e all’appoggio di Asd Ciclismo Thiene e del gruppo Schio Bike”.
adiuvato dall’esperto direttore di gara Sergio Bernardi e da un consolidato e giovane gruppo di lavoro nato negli ultimi due anni. Con l’apertura agli atleti èlite, che sarebbero ciclisti con più di 23 anni, professionisti o dilettanti, il parterre di ciclisti sarà quindi più sostanzioso degli ultimi anni. Una scelta fatta per lanciare la volata ad un’altra importante novità che potrebbe riguardare la prossima edizione della Schio-Ossario. “Il gruppo organizzatore infatti è a lavoro per colorare di rosa le strade dell’Alto Vicentino e della Val Leogra – ha confidato con una punta di emozione Sergio Bernardi - facendo ritornare su queste strade il Giro d’Italia riservato ai Dilettanti,
di cui la Schio-Ossario potrebbe l’anno prossimo diventare una delle tappe”. Rimane invariato il percorso con la formula testata la scorsa edizione, che ha visto la vittoria del colombiano Sosa Cuervo, con due circuiti di avvicinamento alla salita finale. Il primo, completamente pianeggiante con ritrovo e partenza dal Tennis Club di Schio, toccherà il territorio comunale di Schio e Santorso; il secondo invece sarà ondulato e vedrà la carovana transitare più volte tra il centro di Schio e quello della frazione di Poleo. Finite le tornate pianeggianti gli atleti si accingeranno alla salita finale di 22 chilometri, che li porterà a tagliare il traguardo del Colle Bellavi-
Fede2000
Federica Brignone, Campionessa italiana di gigante
sportart
Lo Sci-Club 2000 di Mason Vicent ino è stato l’organizza Campionati Italiani assoluti di Scitore dei Alpino
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natura
Il Merlo Acquaiolo di Dorino Stocchero
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a prima impressione che si ha nell’osservare un torrente in montagna è quella di meraviglia per la forza e la vivacità delle sue correnti, in cui l’acqua turbinosa evoca l’immagine potente di energia. I ruscelli, con le pareti di roccia, sono gli ambienti più difficili del territorio alpino. Guadare un ruscello dalle acque impetuose a volte può essere difficile come salire una liscia parete di roccia. Lo spostamento verso valle dell’intera massa d’acqua, a una velocità che spesso raggiunge i 2-3 metri al secondo e su un fondo quasi sempre accidentato, costituisce davvero un ambiente pericoloso e insidioso non solo per l’uomo ma anche per tutti gli animali che vivono la montagna. Quegli organismi che vivono nelle acque dei torrenti alpini hanno dovuto superare il “grande esame” della scuola dell’evoluzione, modificando, pena l’estinzione, la loro struttura corporea.
Essi si presentano dalla forma quasi piatta, per riuscire a vincere la forte corrente e i loro organi hanno particolari uncini o ventose che permette loro di ancorarsi sul fondo del ruscello, dove si “rivestono” di sassi per diventare così più pesanti e dominare la corrente. Questi organismi possono essere visti nelle “zone morte” del torrente, dove l’acqua ristagna, oppure a valle di un sasso o al riparo di un’ansa della sponda. Ci vuole molta attenzione per riuscire a rendersi conto di quanta vita ci sia in questo ambiente ostile e difficile. I corsi d’acqua sono fra le note più suggestive del paesaggio delle vallate alpine, a volte essi erompono con violenza dalle bocche delle fronti glaciali, altre volte scaturiscono da polle sorgentizie nascoste nel cupo dei boschi, nella luminosità dei prati e dei pascoli per confluire al fondo delle valli. Alle quote più elevate i corsi d’acqua montani pre-
Il merlo acquaiolo, assiduo frequentatore delle acque dell’Agno, è un uccello straordinario, dotato di una eccezionale capacità di muoversi nell’acque vorticose dei torrenti alpini, dove riesce a immergersi aiutandosi con movimenti equilibratori della coda e delle ali. I piccoli prima ancora di imparare a volare sono già capaci di tuffarsi.
31 sentano ancora un regime marcatamente irregolare con piene primaverili e abbondanza di acqua durante l’estate, cui si contrappone una notevole riduzione in autunno. Le acque scorrevoli, in modo dolce e tumultuoso a seconda del grado di pendenza della linea di fondovalle, sono l’elemento caratterizzante degli ambienti torrentizi dove la vegetazione, che normalmente gioca un ruolo fondamentale nella fisionomia del paesaggio, sembra assumere un’importanza del tutto subordinata. La copertura vegetale è spesso instabile. Nella maggior parte dei casi essa è limitata ad alghe e licheni che tappezzano le rocce irrorate dai flutti. Negli anfratti e fra i massi lambiti solo saltuariamente si annidano piante che esigono una notevole umidità atmosferica, ma che sono in grado di fiorire e di fruttificare anche in condizioni di scarsa luce e di temperature relativamente basse.
In queste acque si può ammirare la straordinaria potenza della trota che risale la vorticosa corrente e talvolta perfino il salto di una cascata, ma anche la bellezza del merlo acquaiolo che nella sua battuta di caccia subacquea per cercarsi il cibo riesce a immergersi come nessun altro volatile è in grado di fare. Esso è “il re” delle acque correnti montane. Il merlo acquaiolo è ben diffuso su tutto l’arco alpino ed è comune in genere tra il settore prealpino. Di medie dimensioni, dal corpo arrotondato, con collo breve e coda corta, di colore completamente bruno-rossiccio, più scuro sulle ali che usa come remi, con la gola e il petto bianchi molto evidenti, questo uccello è uno straordinario esempio della capacità evolutiva del regno animale. Dalle ottime capacità di volo è riuscito a dotarsi di eccellenti qualità acquatiche. Sa tuffarsi, nuotare e immergersi come quasi un vero pesce.
Vive lungo i torrenti con acque fresche, limpide e non inquinate, prediligendo quelle a rapido scorrimento, poco profonde e ben ossigenate. Questo piccolo uccello abilissimo sott’acqua, si nutre, non solo immergendosi ma anche camminandovi dentro, mentre si sostiene sul fondo con le forti zampe. Cerca gli insetti con il becco, grazie ai movimenti repentini dello stesso e della lingua, può catturare più prede durante la stessa immersione. Nidificano attorno alla corrente, o anche dietro a cascate, volando at-
traverso gli spruzzi di esse per arrivare alla nidiata. Depositano 4-5 uova che si schiudono in 16 giorni, i giovani lasciano il nido entro le tre settimane di vita. Migratore parziale, in inverno il merlo acquaiolo abbandona i tratti alti e ghiacciati dei torrenti alpini per spostarsi nei corsi d’acqua di pianura. Il volo sempre basso sull’acqua è diretto o a zigzag tra le rocce e gli ostacoli emergenti. E’ una specie particolarmente protetta ed è ben visibile nel nostro fiume Agno.
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Regina di Salto di Federico Pozzer
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alaindoor Ancona, sabato 18 febbraio. Campionati italiani assoluti indoor di atletica leggera. Sono le 15.10 circa quando Elena Vallortigara, 25enne atleta scledense in forza al gruppo sportivo Carabinieri, rimane l’unica in gara nel concorso del salto in alto. Ha appena saltato la misura di 1 metro e 87, laureandosi per la prima ho ben presto capito che volta nella sua carriera il salto in alto era la mia campionessa italiana as- strada”. soluta. Assieme all’amore per il E’ una vittoria dal peso salto in alto precoci sono specifico molto alto per la stati anche i grandi risulbionda atleta scledense, tati ottenuti a livello gioarruolata da quasi sette vanile. Nel 2006, quando anni nel Corpo Forestale faceva la prima superiore, dello Stato, ora divenuto Elena ha saltato la quota parte dell’Arma dei Cara- di 1 metro e 85. Una misubinieri. Un successo che ra praticamente impossisarebbe potuto arrivare bile per una ragazza appemolto prima per Elena, ta- na 15enne, che le è valsa lento cristallino purtroppo il record italiano categoria martoriato dagli infortuni. cadette e la miglior preLa Vallortigara infatti ha stazione mondiale della lasciato intravvedere già categoria per quell’anno. da piccola di avere una In quel momento su di lei grande stoffa per il salto hanno iniziato ad accenin alto. “La passione per dersi i riflettori dell’atletil’atletica è iniziata pre- ca di alto livello, che ben sto, ho cominciato quando presto hanno iniziato a ilavevo otto anni - dice – la luminarla come la nuova mia prima allenatrice, enfant prodige del salto in Erika Sella, mi ha avviato alto femminile. a diverse discipline, ma Nel 2007 si classifica ter-
Elena Vallortigara è la campionessa del salto in alto italiano
33 za ai campionati mondiali allievi di Ostrava, in Repubblica Ceca, e vince l’European Youth Olympic Festival a Belgrado. Nel 2008 cambia guida tecnica e si affida all’ex atleta azzurra Silvia Dalla Piana, e nel 2009 si piazza quarta ai campionati europei di Novi Sad. Parabola ascendente che raggiunge il suo apice nel 2010, l’anno della vera e propria consacrazione nell’atletica dei grandi. Elena infatti conquista il terzo posto ai campionati mondiali juniores di Moncton (Canada), saltando 1 metro e 89. Non sarà tuttavia la sua misura migliore, visto che nello stesso anno riesce a valicare la vertiginosa quota di 1 metro e 91, record italiano di categoria.
Sulla scia delle prestazioni ottenute Elena viene convocata per la prima volta a rappresentare l’Italia in una competizione internazionale a livello assoluto, dopo aver conqui-
stato nelle categorie gio- diventando a tutti gli efvanili complessivamente fetti un’atleta professionista. Da quel momento, sette titoli italiani. tuttavia, inizia un lungo Lo stesso anno la scle- e difficile periodo per la dense viene arruolata dal bionda vicentina. Divergruppo sportivo Forestale, si infortuni ed operazioni alle caviglie ne bloccano la crescita, impedendole di essere competitiva a livello internazionale. Cambia diversi allenatori per trovare il giusto feeling che però tarda ad arrivare, fino all’estate scorsa. “Mi sono trasferita a Siena – prosegue Elena – e ho trovato l’ambiente ed il tecnico giusti. Sensazioni che non provavo da anni, che mi hanno permesso di rimettere a posto tutti i pezzi”. Il risultato di questa rinascita è la grande vittoria agli assoluti di Ancora di questo febbraio, che la proiettano nuovamente al top della specialità in Italia. E adesso, con l’approssimarsi della stagione all’aperto, viene il bello. Elena è pronta a tornare a volare, riprendendo i discorsi col metro e 91 interrotti qualche anno fa.
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Agno Trail la gara di corsa in montagna organizzata da Facerunners
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ull’onda dell’entusiasmo, arrivata dalla buona riuscita della Notturna Valdagnese WHY Sport svoltasi nell’autunno scorso, il gruppo Facerunners ha preso coraggio e si è impegnato nella creazione di un altro evento. Volendone creare uno che si differenziasse dalla solita corsa, ha trovato ispirazione in un luogo suggestivo ed affascinante di Valdagno: il parco “La Favorita”. Per quei pochi che non conoscessero questo luogo, è bene farne una breve presentazione. E’ il principale parco di Valdagno per estensione ed è stato voluto, verso la fine degli anni Venti, da Gaetano Marzotto. L’idea originaria era di costruire, al centro di esso nella
parte più elevata, una villa con adiacente la foresteria. Questo progetto non fu mai concluso a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale; a testimonianza di questo ne abbiamo traccia ancora oggi per effetto delle fondamenta della villa ancora presenti e visibili nel parco. Dal 2000 il parco fu dato in gestione all’amministrazione comunale di Valdagno che diede inizio ad un’opera di riqualificazione. Nel 2008 i lavori furono portati a termine e l’area fu riaperta al pubblico. Di notevole interesse è la biodiversità della flora, voluta ancora dalla famiglia Marzotto, e presente tutt’oggi. Per l’ importanza storica, geografica e naturalistica, di questo luogo è nato
il desiderio di creare un evento che avesse il fulcro centrale in questo stupendo parco. Così ebbe origine ed iniziò a svilupparsi il progetto di un trail, che desse la possibilità di scoprire il fascino delle colline che sovrastano la vallata dell’Agno, ma allo stesso tempo, consentisse di sfruttare a pieno lo splendore di questo carismatico luogo di Valdagno. Da questo desiderio è nato “AGNO TRAIL”. E’ stato ideato su due distanze, per dare la possibilità a più concorrenti di avvicinarsi a questa nuova gara; uno di 18 Km con un dislivello di 800 mt./D+ ed uno di 33 Km con dislivello di 1700 mt./D+. Entrambi i percorsi si sviluppano sulle colline che dividono la vallata dell’Agno dalla
vallata del Leogra. Partendo dal Parco la Favorita di Valdagno, il percorso più lungo si sviluppa verso la zona nord salendo su queste colline, fino ad arrivare al suo punto più alto situato sul monte Scandolara (960 mt). Per arrivarci ci sono circa 15 Km di saliscendi, che rappresentano la parte più impegnativa del percorso. Arrivati su questa altura, il sentiero si sviluppa su tutta la dorsale che separa le due vallate arrivando sino nel comune di Monte di Malo nella zona denominata Roccolo Rossato. Da li si scende per ritornare al Parco la Favorita dove si trova l’arrivo della gara. Il percorso più breve calca una parte dell itinerario di quello lungo. Arrivando in località Rossati (zona
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36 sopra Valdagno), si trova un bivio che prosegue verso la località Mucchione (zona Fosse di Novale). Per un breve tratto i due percorsi si incontrano nuovamente, per poi ridividersi in zona Chiesa del Mucchione. Li, per un percorso diverso, si scende fino ad arrivare al Parco la Favorita, dove si trova l’arrivo. Entrambi i percorsi si snodano al 90% su terreno sterrato, tra mulattiere e sentieri “single track”. La giornata di gara, proposta per il 21 maggio 2017, vuole essere, oltre che un ritrovo per amanti di questo genere di corse, anche un evento per la cittadinanza. Per questo motivo il gruppo Facerunners si è impegnato nel portare più attrazioni possibili. A coloro che volessero consumare una giornata spensierata nel parco La Favorita, il gruppo di runners sta organizzando la presenza di punti di ristoro enogastronomici e stand attrezzati dagli esercenti commerciali della vallata. Inoltre sono riusciti a strappare una data al gruppo musicale “DIVERTIDA”. Nel pomeriggio faranno un concerto per allietare chi volesse unirsi ai festeggiamenti dell’evento. Per tutti questi motivi e per molto altro in fase di studio, l’associazione Facerunners aspetterà tutti
coloro che volessero essere presenti il giorno 21 maggio 2017. Il programma prevede, in linea di massima: la partenza della 33 Km alle ore 9.00 del mattino; si prevede l’arrivo dei primi atleti verso le ore 12.00. la partenza della 18 Km alle 9.30 del mattino; l’arrivo dei primi concorrenti è stato calcolato per le 10.45. le premiazioni avranno inizio per le 14.00 alle ore 15.00 inizierà il concerto dei Divertida. E’ doveroso ringraziare tutti coloro che si stanno prodigando per la buona riuscita dell’evento, tra essi: gli sponsor, il comune di Valdagno, i volontari e le associazioni alpini della vallata dell’ Agno.
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valdagno
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In memoria di Gino Soldà, 110 cum laude
l ricordo di una persona cara che non è più su questa Terra può fare male, anche se manca da tanti anni. La forza del ricordo stesso, però, vuol dire vita. Oggi siamo qui per commemorare il grande Gino Soldà. Io non l’ho mai incontrato di persona ma vorrei parlarvi di come l’ho conosciuto, avvicinandomi alla sua famiglia. In una fredda domenica sera d’autunno del 2011, mi capitò sottomano una rivista che fino ad allora non conoscevo: SportiVIssimo, con la “VI” maiuscola! Avendo di fronte un periodico “nostrano” che si occupava di vari sport, pensai: “Finalmente non si parla solo di calcio!” Fui subito attratto dal titolo dell’editoriale: “La morte di Gino Soldà”. “E chi è questo Gino Soldà?
Qualcosa dentro di me mi dice di averlo già sentito…” L’articolo di Luigi Borgo si legge tutto d’un fiato ed è scritto con ammirazione, nostalgia e deferenza: sentimenti tanto dovuti quanto spontanei che chiunque proverebbe nel ricordare una Leggenda. Tanto più se si tratta di una Leggenda conosciuta di persona. Apprezzo molto le parole di Luigi perché non evocano le imprese sportive del protagonista - il suo curriculum è reperibile in varie opere a lui dedicate - ma si soffermano sul lato umano di un grande uomo che, per questa Valle e soprattutto per queste montagne, è più vivo che mai. L’editoriale, al pari della meravigliosa biografia scritta da Tommaso Magalotti, comincia dall’8 novembre 1989, l’ultimo giorno di vita di Gino, indubbiamente uno
Il discorso tenuto da Enrico Munaron in occasione dell’intitolazione del parco “Marzottini” a Gino Soldà a cento e dieci anni dalla nascita, 11 marzo 2017 di Enrico Munaron
39 Manlio, con pazienza, sta rispondendo alla mia domanda ma sappiamo benissimo entrambi che una vita non basterebbe. C’è però una frase di Livanos che può esserci d’aiuto, almeno per quanto riguarda le doti sportive di Gino. Nonostante molti personaggi illustri come Messner, Rébuffat e Bonatti abbiano espresso ogni sorta di amdegli atleti più forti e completi che lo sport abbia avuto la fortuna di conoscere. Inutile dire che quell’editoriale provocò in me un certo trambusto… Chi era veramente questo personaggio, nato nel paese dei miei nonni paterni? Premetto che non credo alle coincidenze, né di date, né di incontri. Credo piuttosto che esista qualcosa di ben preciso che, ad un certo punto della nostra vita, ci spinge a conoscere persone, fatti o luoghi che fanno già parte del destino di ognuno di noi. Infatti, a quei tempi frequentavo l’Università a Vicenza dove, proprio in quei giorni, vidi un manifesto di una serata intitolata “La Montagna Veneta”, nella quale sarebbero state premiate 3 tesi di laurea inerenti a quel tema. Al centro della locandina, una foto di tanti anni prima ritraeva il volto di un giovane dall’espressione tanto enigmatica quanto profonda, che indossava una camicia bianca e portava una corda di canapa sulle spalle. Non so spiegare il perché, ma appena lessi il nome di quel ragazzo non fui affatto sorpreso. Il testo sotto all’immagine diceva: “CON LA STRAORDINARIA PRIMA REPLICA DELLA VIDEOLETTURA SU TESTO
DI GINO SOLDA’ COL FIATO CORTO” Ricordo bene quella meravigliosa serata. La lettura del racconto di Gino dell’apertura della Sud-Ovest alla Marmolada fu affidata a Tiberio Bicego. Nessuno più di lui, col suo timbro inconfondibile, avrebbe saputo raccontare quell’avventura, al punto che pareva di viverla legati alla corda di Gino e di Umberto Conforto. A fine serata gli comunicai le mie emozioni… E ricordo che non mi avvicinai a Manlio perché non lo volevo disturbare e perché, al momento, mi sentivo soddisfatto con quello che avevo appena sentito… Ma il pensiero di quella serata, nei giorni e nei mesi a venire, si fece sempre più forte… Finché divenne insopportabile. E così, un giorno contattai le figlie di Manlio, chiedendo loro se fosse stato possibile rice-
vere qualche foto del nonno via mail, visto che in internet non trovavo abbastanza materiale. La loro risposta non tardò ad arrivare, e andò ben oltre le mie aspettative: “Abbiamo parlato di te a mio papà, il quale sarebbe felice di conoscerti e di mostrarti i nostri ricordi, oltre al piccolo museo dei cimeli del nonno presente nella fabbrica delle scioline”. Piccolo è una parola, perché non ho mai visto così tante coppe tutte assieme ma, a parte questo, sono fiero di essere diventato amico della famiglia Soldà. Quali altre persone mi avrebbero trattato come fanno loro? In breve tempo, mi hanno fatto sentire parte di questa famiglia, come se li conoscessi da sempre… E pensare che ero un perfetto sconosciuto, entrato in punta di piedi per chiedere: “Chi è Gino Soldà?” E’ già qualche anno che
mirazione per lui, questa per me è la frase più bella che gli sia mai stata dedicata. “Pensai che gente così arrampica come altri respirano, e a vederli arrampicare quasi si dubita di essere stati capaci di respirare.” Quando mi chiedo chi è per me Gino Soldà, penso subito al ritratto che preferisco in assoluto. La sua ultima foto, scattata da Adriano Tomba il 23 settembre 1989. Dentro ai suoi occhi, sembra che tutta la sua vita mi scorra davanti. Vedo Gino che risale l’Agno d’inverno coi calzoni corti, che scala il Baffelan col fratellino di 6 anni, e insieme ne hanno 23, vedo il Gino delle Olimpiadi e del sesto grado, vedo Gino imprenditore, che fonda la prima ditta di scioline in Italia, oggi famosa in tutto il Mondo, lo vedo poi vincere le gare
40 trovato nella biblioteca di Zané [Gino Soldà e il suo tempo]. “Gino morì a Recoaro, come si è detto, l’8 novembre 1989. Per una strana coincidenza di date, esattamente lo stesso giorno, due secoli prima, un enorme pezzo di montagna non troppo distante dalle “sue” pareti si era staccato appena sotto le rocce del Fumante ed era precipitato a valle provocando danni e molta paura, ma senza tuttavia causare vittime tra gli abitanti delle contrade a ridosso del monte. Un evento, quello della grande frana del Rotolon, che fu registrato in numerosi documenti dell’epoca e che da allora in poi rappresentò una nuova e impegnativa sfida, riaffacciatasi a più riprese anche negli anni e nei secoli successivi, fra gli uomini e la montagna. Una data e una sfida. Fino a quel giorno lui, Gino Soldà, le sfide con la monConcludo con alcune righe tagna le aveva vinte tutte.” tratte da un libro che ho di sci, con uno sci più lungo dell’altro, e fare il salto dal trampolino con gli sci da fondo, vedo Gino guida alpina e rifugista, che difende la sua gente, e che disarma un militare tedesco con la sola forza delle sue parole, poi vedo Gino partigiano che accompagna ebrei e Alleati in fuga verso la Svizzera, rischiando la sua vita, senza volere nulla in cambio, dopo la guerra lo vedo protagonista sul K2, e più tardi che continua ad arrampicare ed a sciare per sola passione, vincendo i Campionati del Mondo di categoria over 70, vedo Gino che corre sempre, anche quando non potrebbe per via dell’età, ma a lui non importa, vedo Gino che è stato marito, padre e nonno affettuoso… Fino alla fine dei suoi giorni.
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equitazione
Un pony per amico Il pony è un simpatico cavallo di piccole dimensioni e pertanto adatto ai bambini. E’ di carattere allegro e si diverte a giocare con loro. Buffo, paziente, robusto e resistente, è un affettuoso compagno di giochi che aiuta a crescere nel rispetto delle regole, delle persone e degli animali
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olti genitori, si trovano a dover esaudire la richiesta dei propri figli di essere portati a cavallo, altri vorrebbero che i propri figli andassero a cavallo, ma la maggior parte di loro non solo non sono cavalieri ma non hanno alcuna familiarità con questo animale e con il suo ambiente. Come fare dunque per orientarsi in questo mondo sconosciuto? La risposta più scontata è anche la più corretta: rivolgersi a dei professionisti.
bambini ci hanno dimostrato che “I GIOCHI CON I PONY” rappresentano la risposta ideale ai loro bisogni: sono una scuola guida divertente per l’acquisizione dei riflessi necessari per sentirsi sicuri in sella, per sviluppare coordinazione motoria, un sistema muscolare forte e completo e permettono inoltre di acquisire una particolare sensibilità nella mano e una grande forza caratteriale, una scuola di equitazione efficace quindi per diventare dei buoni cavalieri.
A noi è affidato il compito iniziale di guidare bambini e ragazzi nella ricerca della relazione con l’animale e alla conoscenza fisica e caratteriale dello stesso. Per fare ciò occorre ricordarsi che tutto ciò che riguarda i bambini va affrontato con estrema precauzione, sempre rispettando il loro profilo psicologico. Solamente un approccio professionale e competente può far nascere in questi ragazzi, il desiderio di diventare cavalieri. Tanti anni di studi e di esperienza hanno guidato lo staff dell’Horse Club Boschetto verso un sistema ideale per l’avvicinamento dei nostri piccoli allievi all’equitazione. Con il passare degli anni i
Infatti, aver adottato negli anni un metodo didattico pedagogico moderno, che tenga in considerazione, ai fini della riuscita nell’apprendimento, l’inportanza del fattore piacere-successo è quello che ci permette d’avere una scuola che soddisfa tutte le esigenze dei nostri giovani cavalieri. Il nostro metodo d’insegnamento prevede, infatti, che attraverso il gioco vengano gettate le fondamenta per una futura equitazione agonistica. Gli aspetti fondamentali che vengono stimolati nei bambini sono la vivacità nello spirito, la confidenza con l’animale, la capacità motoria, lo spirito di squadra, la resistenza fisica,
il senso del movimento, la concentrazione e la capacità di gestire lo stress. La gestione della traiettoria e il controllo della velocità non restano concetti astratti. Consente inoltre, avendo costruito un solido rapporto con gli animali, senza trascurare l’empatia e la socialità, di mantenere viva una passione che permette ai ragazzi di fare attività fisica all’aria aperta e di costruire solide amicizie in un ambiente sano e protetto. Nell’immaginario comune il pony è considerato una “cosa da bambini”, qualcosa che addirittura in molti casi, è riservato solamente ai piccolissimi, per noi non c’è nulla di più sbagliato in questa idea. I nostri piccoli cavalli si fanno amici anche dei più grandi. Il doppio pony, infatti, per la sua struttura robusta e il suo cuore generoso, si presta a diventare un buon compagno anche degli adulti. Diciamo quindi che se nei bambini il pony aiuta a creare uno schema psicomotorio equestre, negli adulti può invece aiutare a togliere quegli schemi prefissati, quelle paure, quelle ansie che grazie alle sue modeste dimensione risultano nettamente attenuate.
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Città di Valdagno Assessorato allo Sport
La primavera valdagnese è nel segno delle ruote f ine: torna la GF WHY SPORT Tornano a girare le ruote fine in terra valdagnese, dove tutto è ormai pronto per una nuova edizione della Granfondo Why Sport, in programma il prossimo 28 maggio con arrivo e partenza da Piazza Cavour.
di Giulio Centomo
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ue saranno i percorsi proposti per quella che sarà la quarta tappa su otto del rinomato circuito Alè Challenge: un mediofondo di 98 km e 2.000 m di dislivello ed un granfondo di 130 km e un dislivello che sale a 2.900 m. In avvio di gara si sgamba verso Recoaro Terme per far girare i muscoli e predisporli al meglio alla prima salita, alla volta di Passo Xon. Si scende a Valli del Pasubio per svoltare in direzione del Pian delle Fugazze con una pendenza costante che conduce fino a località Ponte Verde, quindi freccia a destra e su fino ancora puntando al valico di Passo Xomo. A questo punto una lunga discesa conduce fino a Santa Caterina, da cui si stacca ancora una salita fino al Cerbaro, 2,9 km con pendenze che variano dall’8% al 10%. Attraversato l’abitato di San Rocco, siamo ancora sul Tretto, sopra
Schio, ci si lancia in picchiata fino a Santorso per concedersi una decina di chilometri in piena pianura dove far girare le gambe e montare i rapporti per far filare la bici. Giunti a San Vito di Leguzzano si torna con il naso all’insù sulla classica scalata di Monte Magrè. La salita è molto dolce con i suoi 4 km di lunghezza e pendenze medie del 5% fino a Monte di Malo. Una nuova discesa ci porta a questo punto su Priabona, poi a Brogliano per imboccare la destra Agno fino a Cornedo Vicentino. Quando il contachilometri segnerà una distanza di 85 km percorsi, si incontrerà anche il bivio dei due tracciati. Il mediofondo proseguirà su Valdagno scalando l’ultima asperità di giornata, la salita del Castello, con discesa in località Vegri su di un fondo sistemato da qualche mese che potrebbe permettere ai più abili discesisti di guadagnare metri preziosi o di farsi sotto pericolosamente ad eventuali fuggitivi. Si
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sbuca nuovamente sulla Provinciale 246, ma in direzione opposta rispetto ai primi chilometri di gare percorsi e si lancia la volata sul traguardo di Piazza Cavour. Per il percorso lungo gli impegni non saranno invece finiti, perché si dovrà salire fino alla frazione cornedese di Quargnenta e montare sulla dorsale che conduce a Nogarole Vicentino. La discesa tecnica fino a Chiampo sarà tutta da amministrare al meglio, dosando velocità e frenate con sapienza. Si conclude a San Pietro Mussolino per rimettersi a scalare verso Altissimo e località Cocco di Castelvecchio. In questo tratto i primi 8 km potrebbero essere decisivi per tentare qualche fuga, sebbene più impegnativi sul fronte delle pendenze, che non scenderanno al di sotto del 7%. Nella seconda tranche, invece, la salita si addolcisce, prima di lasciare il posto ad una lunga discesa fino a Valdagno, passando per le contrade collinari di Biceghi e Vegri e concludere in bellezza, magari con le braccia al cielo, sotto la bandiera a scacchi di Piazza Cavour. «Siamo felici di poter ospitare una nuova edizione della Granfondo Why Sport Città di Valdagno – è il commento del sindaco di Valdagno, Giancarlo Acerbi, anche lui sul parterre dell’edizione 2016 - ci aspettiamo una grande partecipazione visto anche l’inserimento nel circuito Alè Challenge, tra i più prestigiosi e frequentati
d’Italia. Per Valdagno è quindi una nuova occasione per promuovere lo sport e uno stile di vita sano e attivo, accogliendo in città tanti atleti che arriveranno un po’ da tutta Italia e anche dall’estero.» Chi non si fosse ancora assicurato un posto in griglia di partenza potrà approfittare del prezzo agevolato di 35 euro, bloccato fino al prossimo 24 maggio. Nelle ultime giornate si salirà invece a 45 euro. Cuore della manifestazione sarà il quartiere di Oltreagno, dove i concorrenti attesi sul parterre potranno trovare un’ampia dotazione di parcheggi, oltre che i locali adibiti al ritiro pettorali e alle ultime iscrizioni, bagni e docce, non senza dimenticare il tradizionale spazio per il pasta party finale sotto il grande tendone che sarà allestito in zona arrivo. Info: www.granfondowhysport.it
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Panda Raid di Enrico Tessaro
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enuti a conoscenza di questo evento benefico da un amico, quest’anno per la prima volta in questa avventura, insieme ad altri 320 equipaggi provenienti da tutta europa, eravamo al via io (Enrico Tessaro) classe 1984 e residente a Schio insieme a Niccolò Zuccato residente a Santorso classe 1982, siamo amici nella vita ed equipaggio fisso sulle auto da rally. Il tutto grazie ad un aiuto ed una stretta collaborazione con Jteam, sodalizio sportivo di Bassano del Grappa, protagonista sia nel mondo dei motori che in quello del ciclismo, da sempre attento ai giovani ed al sociale, presente ancora una volta in aiuto del prossimo. Il primo Marzo siamo partiti dall’alto vicentino in direzione Madrid sulla nostra Fiat Panda 4x4, una ventenne risistemata e adattata, comperata appositamente per il Raid dove il regolamento impone l’utilizzo solo di questo tipo di vettura. Da Madrid la partenza ufficiale sabato 4 marzo dove è partita la vera avventura che aveva come meta d’arrivo Marachek il giorno 11 marzo. Durante il raid abbiamo toccato vari posti sperduti del Marocco dove abbiamo consegnato materiale scolastico e beni di prima necessita direttamente ai bambini. Privi di ogni confort, avevamo un campo mobile allestito alla sera dall’organizzazione dell’evento dove ogni equipaggio montava la propria tenda e procedeva con i controlli di routine sull’auto e, se necessario, alla sostituzione
dei componenti danneggiati durante il giorno. Io e Niccolò abbiamo consegnato materiale scolastico raccolto in collaborazione con la scuola di S.Ulderico del Tretto, dove abbiamo organizzato, prima della partenza, un piccolo incontro con i bambini, è stato realizzato da loro stessi un adeviso con il calco della propria mano con il nome al centro, tutte le manine sono state attaccate sul panda dai bambini stessi come saluto simbolico verso i bimbi del Marocco. Il percorso ed i posti visitati sono stati magnifici da lasciare senza fiato, ma la cosa più emozionante è stato vedere il sorriso dei bambini in cambio di veramente poco come una penna od un quaderno. Abbiamo incontrato bambini che si trovavano a due passi dal deserto in mezzo al nulla dove la domanda che sorgeva spontanea era cosa fanno qui in mezzo al nulla? Eppure un piccolo gesto nei loro confronti era uno splendido sorriso regalato a me e Niccolo. Questa esperienza ha segnato il nostro modo di vedere le cose soprattutto in una civiltà come la nostra dove sono andati persi i significati ed i valori di gesti di piccolo conto.
Un evento nato per il sociale con l’obiettivo di aiutare i bambini meno fortunati del Marocco, un viaggio di oltre 4.000 km, 7 tappe da Madrid a Marachek, un’esperienza unica che unisce persone da tutta Europa. Amicizia, sacrificio e aiuto comune sono alla base di questo Raid che ha consegnato materiale e beni di prima necessità ai bambini delle zone più disagiate del Marocco.
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Chiropratica: dolore cervicale e vertigini Il dolore cervicale o cervicalgia e le vertigini sono problemi molto diffusi nella popolazione e possono comportare delle limitazioni per la persona sia in ambito professionale che sociale.
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e domande che molto spesso ci vengono poste sono: Quali sono le cause del dolore cervicale e delle vertigini? Può la chiropratica risolvere questi problemi? Le cause scatenanti il dolore cervicale sono numerose ed eterogenee. Nella maggioranza dei casi l’insorgenza avviene nel tempo, lentamente o in maniera brusca e repentina dopo un semplice movimento. Può essere un dolore locale, diffuso alle spalle e/o ci può essere il coinvolgimento degli arti superiori. A volte ci sono altri sintomi associati quali mal di testa, vertigini, nausea, vomito e acufeni. Come dicevamo le cause posso essere: sedentarietà, postura errata nel lavoro, sport traumatici, traumi generali, incidenti che causano il colpo di frusta, artrosi alla colonna, modificazione delle curva fisiologica cervicale, problemi alla masticazione e sublussazioni alla colonna. Le vertigini molto spesso si presentano su pazienti con problemi cervicali.
La vertigine è una distorsione della percezione sensoriale dell’individuo. Viene descritta come perdita dell’equilibrio (vertigine soggettiva) o di vedere il mondo che gira intorno a sé e che ruota vorticosamente (vertigine oggettiva). Le vertigini posso derivare da molteplici cause: malfunzionamento dell’apparato neurologico, gastrointestinale o vascolare, patologie dell’orecchio interno (labirintite, Ménière), patologie del sistema nervoso (neurite vestibolare) e molto spesso le vertigini sono collegate ad un problema della colonna cervicale ossia a sublussazioni specialmente del tratto C0-C1-C2 (tratto cervicale superiore). A volte le vertigini sono accompagnate da altri sintomi quali nausea, vomito, forte sudorazione, disturbi visivi, confusione mentale. Noi di “LIFE CHIROPRATICA” attraverso il nostro innovativo metodo “Global Chiropractic Approach” ricerchiamo l’origine e la causa del dolore cervicale e dei sintomi associati valutando/analizzando il pa-
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ziente in maniera globale: posizioni e posture errate, traumi, cadute, incidenti avvenuti anche molti anni fa, malocclusioni dentali, mancanza di esercizio fisico, regime alimentare disordinato con conseguente sovrappeso, cattiva gestione dello stress emotivo. In pratica si va alla ricerca dei tre tipi di stress fisico, chimico ed emotivo che causano la sublussazione vertebrale. Ma vediamo in dettaglio la SUBLUSSAZIONE VERTEBRALE La sublussazione vertebrale è un mal-allineamento su uno o più piani dello spazio di una o più vertebre rispetto a quella superiore o a quella inferiore. Questo disallineamento crea una pressione “anomala” sulle radice nervose uscenti dalla colonna alterando la trasmissione del segnale neurologico. Le sublussazioni vertebrali, compromettono per primo
la funzionalità del sistema nervoso creando un mal-funzionamento degli organi e successivamente compromettono anche la funzione del disco intervertebrale creando dolori diffusi alla colonna (cervicali, dorsali, lombari, sciatica, parestesie), artrosi e problematiche/scompensi posturali. Siamo sicuri che con il nostro innovativo metodo “Global Chiropractic Approach” possiamo intervenire in parecchie delle cause sopraelencate, in particolar modo sulle sublussazioni vertebrali. Aggiustando la colonna ripristiniamo il corretto funzionamento neurologico e aiutiamo il ripristino delle corrette curve spinali. Inoltre, educando il paziente nella gestione dei vari tipi di stress, risolviamo velocemente e in maniera definitiva questi fastidiosi problemi.
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storia
Il forzamento della baia di Buccari La Grande Guerra in alto Adriatico - 11a parte Febbraio 1918: la “Beffa di Buccari”, tre Mas forzano la baia e silurano le unità navali presenti. A luglio davanti a Caorle viene affondato il sommergibile austroungarico U20. di Antonio Rosso foto www.betasom.it Danilo Pellegrini
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opo l’incursione su Trieste del dicembre 2017, conclusasi con l’affondamento della corazzata Wien, il comando italiano decide un’ulteriore azione nella baia di Buccari. Le condizioni meteo ne fanno spostare la data alla notte tra il 10 e l’11 febbraio. L’operazione, al comando del Capitano di Fregata Costanzo Ciano, prevede tre gruppi navali. Al primo gruppo, composto da un esploratore e da cinque cacciatorpediniere, va il compito di ancorarsi a Porto Levante, pronto ad intervenire a comando. Al secondo, formato da tre cacciatorpediniere, spetta il traino dei MAS dal porto di Venezia fino a 20 miglia a ponente dell’isola di Sansego, dove cede il rimorchio alle torpediniere per andare a posizionarsi a 50 miglia da Ancona in modo da for-
nire assistenza nel rientro. Al terzo gruppo, composto dalle tre torpediniere spetta il rimorchio finale dei MAS fino quasi alla punta interna dell’isola di Cherso. Due sommergibili, infine, si posizionano in agguato: l’F5 a 15 miglia a ponente di Pola, e l’F3 a 15 miglia a sud di Capo Promontore. I MAS portano i numeri 94, 95 e 96. Su quest’ultimo, al comando del Capitano di Corvetta Luigi Rizzo, si trova anche Gabriele d’Annunzio come marinaio volontario. Dal rapporto del caccia Animoso: « Partiti da Venezia alle 10:45 il rimorchio durò fino alle 18:15, quando i cavi di rimorchio furono passati alle torpediniere ». Alle 22:00 del 10 febbraio, i tre MAS, sganciati anche dal traino delle torpediniere, iniziano il loro solitario e pericoloso attraversamento del canale di Faresina.
l’itinerario Venezia-Buccari- Ancona compiuto dai Mas
Incredibilmente, la batteria di Porto Re non li scorge, e, giunti ad un miglio dalla costa, attivano i motori elettrici per la fase finale. Giungono, così, alle 0:35 all’imboccatura della baia di Buccari senza incontrare ostruzioni. In baia tre piroscafi da carico e uno passeggeri. Alle 01:20 lanciano i siluri; il MAS 95 lancia un siluro contro l’albero di trinchetto e un siluro, al centro, sotto il fumaiolo, del piroscafo che chiamiamo con il n. 4; il MAS 94 lancia un siluro al centro del piroscafo n. 2 e al centro del piroscafo n.3, mentre il MAS 96 lancia due siluri al fumaiolo del piroscafo n.1, di cui solo uno esplode ma senza creare danni. Allo scoppio l’allarme è immediato ed i MAS prendono la via del rientro. Un’azione incredibile, basta guardare una carta geografica per capire in quali spazi
ristretti si deve manovrare. Proprio per tale audacia, i MAS riescono a riguadagnare il largo passando davanti ai posti di vedetta austriaci che non credendo possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, non reagiscono con le armi, ritenendole naviglio austriaco. I MAS giungono indisturbati al punto di riunione prestabilito e rientrano ad Ancona alle 7:45 dell’11 febbraio. Nella parte più interna della baia, frattanto, tre bottiglie, sigillate con i colori italiani e lasciate su galleggianti, con un messaggio scritto da D’Annunzio all’interno, fanno riflettere gli austro-ungarici. Leggiamolo: « In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuo-
51 co a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto - il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro - è venuto con loro a beffarsi della taglia » Da ciò, l’appellativo all’azione, di “beffa di Buccari”. Risultati materiali, nessuno. Le navi, protette da reti anti-siluro, non riportano alcun danno. Tuttavia l’azione fa emergere una mancanza di coordinamento nel sistema di vigilanza costiero austriaco con numerose lacune difensive. L’impresa costringe gli austro-ungarici ad un ulteriore impegno di energie in nuovi sistemi difensivi e di vigilanza ed ha una pesante influenza negativa sul morale. In Italia, per contro, l’impresa ha una grande risonanza, in una fase della guerra in cui gli aspetti psicologici stanno acquistando sempre più importanza. Gabriele D’Annunzio ha un ruolo principale in questo. Il messaggio lasciato nelle tre bottiglie viene, infatti, diffuso al fronte e contribuisce a risollevare il morale dell’esercito impegnato sul Piave, morale che raggiunge il punto più alto dopo l’impresa del 9 agosto, con il famoso volo su Vienna con la squadriglia “Serenissima” ed il lancio di volantini che invitano gli austriaci alla resa. A ricordo della beffa di Buccari, a Venezia, nel 1918, davanti alla chiesa del Redentore, alla Giudecca, viene posto un cippo con un pilo per l’alza bandiera, tuttora visibile davanti alla fermata del vaporetto, nel punto da cui i motoscafi sono partiti per la loro missione.
Il relitto del sommergibile austroungarico U20
L’U20 viene affondato al largo di Caorle, tra Grado e Lignano, il 4 luglio 1918 tra le 22.30 e le 24.00 ad opera del sommergibile italiano F12. l’U20 tornava da una perlustrazione nel golfo di Venezia, l’F 12 sembra che fosse all’inizio della propria missione. Alcune fonti dicono che l’F12 inseguì l’U20 prima in immersione e poi in emersione, silurandolo alla fine grazie alla velocità superiore. Altre fonti dicono che l’U20 si stava attardando a caricare le batterie (aveva un solo motore) quando è stato sorpreso dall’F 12. Non ci furono superstiti ed il relitto scese sul fondo dell’Adriatico. Particolare interessante, il comandante T.V. Marenco di Moriondo Alberto informa Venezia dell’avvenuto siluramento a mezzo di un piccione viaggiatore. Per tale affondamento gli viene assegnata la Medaglia d’Argento al Valore Militare con la motivazione: “Avvistato un sommergibile nemico con rapida e sicura manovra lo attaccava e lo affondava “ (Alto Adriatico, notte del 4 luglio 1918) - (D.L.21 luglio 1918). l’U20 era un battello del tipo HAVMANDEN modificato, una classe costruita dalla Whitehead di Fiume per la marina danese prima della guerra e che comprendeva i numeri dal 20 al 23. Tutte unità poco maneggevoli e con frequenti noie alle macchine. Lasciamo ora parlare Daniele Pellegrini, subacqueo professionista, divulgatore e studioso di relitti: “ il sommergibile venne individuato e recuperato nel luglio 1962 dall’impresa dei palombari Sponza e Zuberti. Conobbi, o meglio, andai in cerca di Nini Sponza, profugo rovi-
Uno dei tre MAS partecipanti all’azione
Il cippo che ricorda a Venezia l’impresa I protagonisti
Il testo originale del messaggio lasciato nelle bottiglie
52 U20 dopo il recupero
gnese, nella fumosa osteria, tutt’uno con l’abitazione, da lui gestita in zona portuale a Grado, .....). Mi fece dono di alcune foto e negativi relativi al recupero, fotografai in quell’occasione alcuni reperti tra cui l’orologio dell’U 20, restaurato e perfettamente funzionante.” Non ci sono foto subacquee del relitto che, recuperato, viene totalmente smantellato, ad eccezione della torretta che Spongia dona al Heeregeschichtiches Museum di Vienna, Museo di storia Militare, noto anche come Museo dell’Arsenale dove è ancor oggi esposta. Ma, parla ancora Pellegrini, “... il suo grande merito è un altro: quello di aver reso possibile e totalmente a suo carico, il rientro in Patria per la solenne tumulazione dei resti dei componenti l’equipaggio. Al momento della mia visita la Marine Verband austriaca gli aveva da poco consegnato una toccante pergamena, di cui conosceva solo a grandi linee il contenuto. Lo tradussi dal tedesco: erano trascorsi 26 anni dai fatti ma si commosse vivamente. Del resto ... il significato ... è ... eloquente.” Pregiatissimo Capitano Domenico Sponza, le ultime parole della Preghiera del Marinaio sono le seguenti: “ BENEDICI O SIGNORE, TUTTI COLORO CHE NON FECERO RITORNO ”. La maggior parte degli equipaggi affondati nei loro sommergibili, nel corso delle guerre, ha trovato la sua ultima tomba nelle proprie navi in qualche remota parte del vasto oceano. Noi che siamo sopravvissuti ed in modo particolare noi reduci sommergibilisti, ricordiamo i camerati morti sugli altari e sui monumenti che abbiamo eretto a loro memoria per le generazioni di oggi e
per quelle future. Dobbiamo alla Sua iniziativa, carissimo Capitano Sponza e ci sentiamo vincolati da una profonda stima e gratitudine a Lei, che non solamente ha riportato alla luce lo scafo del sommergibile U. 20 della Imperial - Regia Marina Austroungarica, ma che ha anche provveduto ad assicurare l’ultimo riposo ai 17 sommergibilisti deceduti nell’affondamento del loro battello ed al loro trasporto presso il Cimitero Militare di Wiener Neustadt. Se ci è stato consentito di tumulare questo piccolo gruppo di sommergibilisti in un sepolcro degno di questo nome, in questa città, vicina a Vienna, questo è dovuto esclusivamente alla Sua pietà ed alla Sua nobiltà d’animo. Considerando che il Suo operato è già stato ripetutamente ricordato e fortemente apprezzato nella letteratura riferentesi alla Marina Austroungarica, desideriamo affermare anche noi, membri della Österreicher Marine Verband, che la Sua opera non sarà mai dimenticata dalla nostra associazione. In considerazione dei Suoi elevati sentimenti e dei Suoi meriti nel riguardo verso i sommergibilisti caduti, la presidenza della nostra associazione le conferisce l’insegna d’onore della nostra Unione. Abbiamo pertanto incaricato il nostro socio Dr. Erwin Schatz di rimetterle personalmente questo attestato, in occasione del suo prossimo soggiorno a Grado. Nel ringraziarla nuovamente, desideriamo porgerle l’espressione della nostra massima stima. Vienna, 08.04.1988 MARINE VERBAND
U20 relitto
U20 recupero
Torretta, oggi al Museo di Vienna
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valdagno
Binomio sport e vista l’Oculista Dr. Angelo Pietropan a tu per tu con la triatleta vicentina Martina Dogana
N
ello sport tutto il corpo è impegnato per dare una prestazione soddisfacente, che sarà massima e prestigiosa in chi, come l’atleta che intervisterò, ha fatto dello sport la sua professione, mentre sarà limitata ma comunque salutare in chi, come il sottoscritto, si impegna a r i b u t ta re la pallina da tennis
o a scendere con gli sci senza cadere, gustandosi il panorama. Scherzi a parte, lo sport fa bene a tutti, comunque lo si pratichi, purché ognuno abbia il senso dei propri limiti e soddisfi le proprie esigenze. E nel praticare lo sport un ruolo fondamentale lo esercita la vista, che ci orienta nello spazio, ci fa calcolare le distanze, ci avvisa degli ostacoli, ci mostra l’obiettivo, ci fa vedere chi ci è davanti e chi ci sta dietro, mantiene l’equilibrio e la postura, percepisce il movi-
mento, mette a fuoco nelle condizioni ambientali più disparate, etc. Certo cosa diversa è mirare ad un obiettivo (ad esempio il tiro con l’arco) o correre tenendo d’occhio la pista o evitare un ostacolo. In ogni caso, è utile fare affidamento ad una buona vista!
da sull’occhio “sano” per cercare di recuperare…e un pò mi prendevano in giro!
Con enorme piacere ho avuto l’onore di fare due chiacchiere con Martina Dogana, triatleta italiana con un palmares che tutti invidiano, anche chi sportivo non lo è. Solare, entusiasta e con una grande passione per lo sport che rappresenta la sua ragione di vita! Atleta da 10 e lode ma, e lo diciamo con il sorriso, con un lieve difetto di vista che però non le impedisce di svolgere a livello professionistico la sua attività sportiva.
Hai mai pensato ad una correzione chirurgica? Non ancora, il mio oculista mi ha sempre consigliato di aspettare fino a che questo difetto non mi crei problemi o dolori, es. emicranie.
Hai mai avuto l’impressione che ti mancasse il senso della profondita’ o della visione in rilievo? No, probabilmente perché non ho un difetto grave.
Usi lenti a contatto? Mai, nonostante da un occhio mi manchino 2-3 diottrie.
Ti è mai capitato di avere un piccolo trauma o congiuntivite all’occhio buono, tale da farti usare solo l’occhio più debole? Sì, frequentando molto le Il tuo difetto di vista mo- piscine mi è successo, ma noculare ti ha mai creato non mi ha mai causato problemi o senso di infe- forti problemi. riorità? Forse da piccolina, quando dovevo por- In quale disciplina (corsa, tare gli occhiali con una nuoto, bike) ti ha creato lente oscurata o una ben- più problemi? In nessuna.
54 la correzione sull’occhio debole potresti migliorare le tue performance sportive? Lo sai Angelo, non ci ho mai pensato e Quando non gareggi, usi devo dire che mi hai dato occhiali? No. Finché an- una bella idea, ci provo davo a scuola e studiavo quanto prima!!! all’Università usavo gli occhiali, anche per guardare la tv, ora non li uso mai L’incontro con Martina ci (forse perché non studio ha dimostrato come un più!!). difetto di vista, pur lieve, creava un certo imbarazzo Conosci atleti con difetti ma non tale da impedire lo di vista peggiori del tuo? svolgimento di un’attività Cosa pensi degli atleti sportiva. Se però Martina ipovedenti? Conosco tanti avesse praticato un’attiviatleti che portano gli oc- tà lavorativa diversa (che chiali e tanti che si sono includeva, ad esempio, fatti operare. Rispetto l’uso continuo del pc) si molto gli atleti ipovedenti sarebbe resa conto che che sono capaci di presta- usare gli occhiali avrebbe zioni di livello assoluto. creato maggior comfort e minor stanchezza visiva. Non possiamo definiIn questi anni l’occhio de- re Martina una paziente bole ha recuperato il vi- modello!!! Il suo fisico sus come l’altro? superallenato e in ottima No, non ho recuperato al salute, la sua vita all’aria 100%. L’occhio è ancora aperta e il suo carattere miope. volitivo hanno, di fatto, superato il suo piccolo hanNon pensi che se usassi dicap visivo. Forse in bici da strada dovrei provare ad usare una lente a contatto per una visione più precisa.
Mi permetto comunque di consigliare a Martina (e penso che anche il suo oculista sarebbe d’accordo) di riprendere l’uso degli occhiali quando è impegnata nella lettura o al pc o quando guida in situa-
VIA DELL’INDUSTRIA, 41 - ARZIGNANO (VI)
TEL. 0444671460
zioni di scarsa luminosità o quando si reca a teatro o a qualche conferenza con proiezione di diapositive. Starà sicuramente meglio, più riposata e pronta a nuovi traguardi sportivi.
Oculista Dr. Angelo Pietropan
schio
Americani a tartufo
S
ono già un paio di anni che insieme all’amico Mauro, chef della Trattoria all’Angelo, organizziamo giornate full immersion sul tartufo. L’idea è stata di unire due attività che già ognuno di noi due svolgeva in modo indipendente. Mauro organizza presso il suo ristorante già da parecchi anni corsi di cucina, proponendo come protagonisti degli ingredienti di stagione. Io da diversi anni addestro cani per la cerca del tartufo, nel tempo mi sono reso conto che istruendo anche gli aspiranti tartufai il successo è garantito; per questo propongo delle uscite didattiche alla cerca del prezioso fungo. Abbiamo quindi unito le due cose, ovvero, uscita didattica alla cerca del tartufo con corso di cucina e pranzo, naturalmente a base di tartufo fresco. Posso dire con grande orgoglio che in Italia non esiste nessuno che ci supera per la qualità del servizio. La più grande soddisfazione e di avere una partecipazione continuativa di americani, che come è noto sono tra i clienti più esigenti. Quel sabato il ritrovo e stato al solito posto e alla medesima ora, ovvero alle 9 del mattino a San Rocco del Tretto. Essendo vicino casa mi son fatto trovare già pronto nel luogo dell ‘ appuntamento, gli americani
a cura di Real Summano e Mauro di Trattoria all’Angelo
sono arrivati puntualmente 5 minuti prima, appena scesi dalle loro auto ci presentiamo, e faccio conoscere a tutti Nelly, la mia Labrador, Mauro parla un eccellente inglese, anzi americano, quindi fa da interprete. Prima di incamminarci, faccio un breve excursus sulle nove varietà di tartufo che si possono raccogliere in Italia, spiegando che nell’attuale stagione (autunno) avremo potuto incontrare in questa zona , due varietà, l’estivo e il mesenterico. Dopo i primi 10 minuti di didattica imbocchiamo un sentiero in salita, dove o si cammina o si parla, il fiato corto non ti permette di fare entrambe le cose contemporaneamente, per fortuna in un paio di minuti si interseca un secondo sentiero con andamento dolce,inoltre si esce dal fitto e si possono ammirare le creste del monte Summano. Appena li si trova un boschetto di ironwood, ovvero carpino, adatto alla crescita del mesenterico, i risultati non si fanno attendere, Nelly si fa guidare dal suo naso e non appena entrata da una zampata e con delicatezza prende tra le fauci un piccolo tartufo, e me lo porge nella mano. Lo stupore tra gli Americani è stato tale che ho sentito scrosciare un’applauso, tre bimbi, due ragazzine e un maschietto da quel momento sono diventati l’ombra
di Nelly, che imperterrita continuava nel suo lavoro. Ho approfittato dell’aiuto dei ragazzi per livellare il terreno dove il cane forava spiegando l’importanza di chiudere le buche. Nel girovagare, raccogliendo tartufi, dispensando nozioni sulla biologia del tartufo, e raccontando un po’ di storia del Tretto, ad un certo punto ho chiamato a raccolta il gruppetto di Americani, facendo notare che a lato del sentiero si notava il luccichio della bava di una lumaca. Ebbene la lumaca e molto ghiotta di tartufo, riesce a raggiungerlo fino a 2/3 centimetri di profondità, praticando nel terreno un forellino di 3 millimetri. Dopo avergli spiegato questo, ho chiamato Nelly, che appena arrivata ha appoggiato il naso proprio li, e scavando a due zampe in pochi secondi ha portato ala luce un pezzo da 100 grammi. Secondo applauso, troppa roba non ne sono abituato. Non appena il tartufo ha finito di fare il giro dei nasi, spiego che normalmente ogni organismo (micelio) di tartufo porta la sua pezzatura, quindi i tartufi grossi si trovano sempre insieme, e talvolta i tartufi grossi se non sono troppo profondi possono essere percepiti al tatto. Mentre lo spiegavo la bimba più sveglia era già inginocchiata a terra e con le mani tastava il terreno nei dintorni della forata appena ricoperta. Ad un tratto la vedo scavare con le mani al medesimo modo di Nelly. Incredibile, il secondo pezzo da 100, stava per arrivare il terzo applauso, ma con destrezza estraggo dalla tasca un pezzo di würstel e lo offro in premio alla bimba come si usa fare con i cani. L’applauso si è tramutato in una gran risata. Calmati gli animi, con garbo spiego che una
volta individuata la presenza del tartufo è necessario farlo scavare al cane. Infatti per quanto grosso un tartufo puó essere immaturo, il cane lo cava solo se ne sente l’aroma avendo così la garanzia di maturità raggiunta. Comunque da un successivo controllo olfattivo fortunatamente quel pezzo era maturo. A questo punto dopo due ore di puro divertimento, siamo tornati verso le auto per avviarci al ristorante, dove ad accoglierci c’è Bari la collaboratrice della Trattoria all’Angelo, nonchè consorte di Mauro. Ognuno trova un camice con il proprio nome, Mauro assegna ad ognuno delle mansioni , rendendoli compartecipi alla creazione di un menu con protagonisti Sua Maestà Tuber aestivum e Tuber Mesentericum. Alle 14 e trenta attorno al tavolo si vedono delle persone sparapanzate con l’aria soddisfatta, i piatti di fronte a loro sono puliti, come appena lavati. Secondo me li devono aver leccati. P.S. La stessa cosa accade anche ai clienti Italiani.... Real summano oltre che di tartufi si occupa anche di allevamento e pensione cani. Trattoria all’angelo oltre che di corsi di cucina propone un menu basato sulle stagione con specialità: di Veg, pesce o carne www. trattoria-allangelo.it tel 0445 651181.
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asiago
La corsa del trenino 2017 lancia la nuova staffetta I
La Sportiva 7 Comuni torna in pista per una nuova edizione dell’ormai tradizionale Corsa del Trenino, che giunge quest’anno a spegnere 12 candeline. Appuntamento quindi il prossimo 11 giugno con il tracciato classico di 22 km che si snoda da Cogollo del Cengio ad Asiago. A questo si aggiunge però anche una gradita novità: debutterà infatti la nuova gara a staffetta con cambio a Treschè Conca.
l raggruppamento sulla starting line è fissato nei pressi degli impianti sportivi di Cogollo del Cengio in attesa dello sparo d’inizio previsto alle 9.00. Da qui si partirà subito a tutta per la prima frazione di gara che propone l’impegnativa ascesa verso il bivio per Forte Corbin. Un totale di 10 km dove si concentrerà la quasi totalità del dislivello della gara. Si sale verso il primo ristoro di Ponte di Campiello (km 7), proseguendo quindi alla volta di Malga Ronchetto (km 10, 1.180 m slm), dove di fatto la gara scollina per fare il suo ingresso tra i saliscendi dell’Altopiano. Una rapida discesa conduce a questo punto a Treschè Conca, dove è anche previsto il passaggio del testimone della staffetta. Da qui il tracciato si addolcisce e lascia spazio alla seconda parte di gara, più corribile, che transita per Cesuna e Canove prima di chiudere sotto la bandiera a scacchi nel piazzale della stazione di Asiago. E se nella gara integrale i concorrenti dovranno calibrare al meglio il dispendio energetico nelle due diverse sezioni del percorso, per non arrivare allo scollinamento con le gambe impallate e non riuscire così a far girare i muscoli sul falso piano che punta veloce su Asiago, nella staffetta
di Giulio Centomo
la strategia da adottare è già chiara: la prima parte si addice agli scalatori puri, mentre nella seconda servirà schierare un velocista doc. Per iscirversi sono tre le modalità disponibili: on-line attraverso il sito Enter-Now oppure con bonifico direttamente a Sportiva 7 Comuni, ma anche negli otto punti iscrizioni distributi in tutta la provincia, da Vicenza ad Asiago, passando per Zanè, Isola Vicentina, Schio, Bassano del Grappa e Cassola. I botteghini potrebbero chiudere in anticipo se verrà raggiunto il sold out, fissato a 500 concorrenti nella classica di 22 km e in 150 coppie per la nuova staffetta. La 12.a Corsa del Trenino sarà poi gara jolly del circuito Vicentia Running, a una settimana di distanza dalla 10 Miglia dell’Aurora, in calendario il 3 giugno e distanziata di soli 3 giorni dall’appuntamento con A tutta birra del 14 giugno. Tutte le informazioni e gli aggiornamenti sono disponibili all’indirizzo www. lacorsadeltrenino.it e sulla pagina Facebook La corsa del trenino. La 12.a Corsa del Trenino ringrazia per la collaborazione le amministrazioni comunali di Cogollo del Cengio, Roana e Asiago, il nuovo main sponsor New Balance, la Vaca Mora degu-stazione di Cogollo del Cengio, Puro Sport, Banca Alto Vicentino, Centro Medico Bios, Frigo Valentino, Unipol SAI Asiago, Pastificio Sgambaro, Rigoni di Asiago, Zuccato, Ercole Tempo Libero, Lissa Fonti Posina, Supermercati Migross, Dolciaria Loison e Zamberlan.
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cross country
di Alice Concato
Il talento di Renato Renato Cortiana è il campione italiano d’inverno del crosscountry 2017
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i può dire che tutto sia partito nel 2010, ci racconta Renato Cortiana, il neo campione italiano d’inverno del Cross-Country, quando per gioco sono salito sulla mountain-bike. Qualche allenamento si alternava ad alcune granfondo amatoriali. Ho ottenuto qualche piazzamento e ho scoperto che questo sport mi piaceva davvero, così, finito l’anno, volevo provare a fare più seriamente. Mi sono iscritto nella società “bike pro” per cominciare una stagione con l’appoggio di un team dilettantistico. La sfortuna ha voluto che mi fermassi due anni a causa di una forte tendinite al ginocchio. Dopo il consulto e le terapie di vari specialisti, il dott. Claudio Zorzi nell’ospedale di Negrar (VR) ha saputo rimettermi sopra la sella e ridarmi la serenità che l’infortunio mi aveva portato via da tempo.
Finalmente nel 2013 riparto da dove avevo interrotto, con la bike pro; inizialmente ho fatto molta fatica a riprendere gli allenamenti e tornare ad essere competitivo, dopo tanto tempo lontano dalle competizioni. Quell’anno ho conosciuto la disciplina olimpica del cross-country. Devo dire che queste care mi hanno affascinato da subito, avevo trovato lo sport giusto. Ho ottenuto qualche podio ed anche alcune vittorie. Dall’anno successivo, per comodità, decido di iscrivermi in società della mia zona. Grazie all’aiuto di Andrea, che con la sua attività “broccardo cicli” mi ha messo nelle migliori condizioni per correre, sono riuscito a collezionare sempre più vittorie ed a maturare sportivamente anche a livello internazionale, fino a
portarmi ad entrare in un top team. Nel 2017 infatti c’è stata la svolta, sono entrato nella Pavan free bike, una delle maggiori società dilettantistiche della mountain-bike. La tranquillità che mi ha donato la società, la costanza, che ha saputo darmi il preparatore, impegno e sacrifici, mi hanno portato sul gradino più alto del podio il 5 marzo a Verona. La gara è stata un crescendo di sensazioni e mi sento soddisfatto in pieno. Sono felice di aver contraccambiato la mia nuova squadra con questa vittoria, devo ringraziare tutto il team per il supporto che mi ha permesso di poter rendere al meglio, siamo proprio un bel gruppo. Per me è speciale aver vinto la prima corsa con Pavan free bike, un gruppo in cui mi sento molto bene. Alla
prima corsa dell’anno tutti vogliono vincere ed io ho forzato fin da subito per poi vedere chi veramente avesse le chance per la vittoria finale. Quando sono rimasto da solo ho calato il ritmo e mi ha raggiunto Carmelo Di Pasquale con cui in un restringimento del percorso ci siamo involontariamente toccati. Nel contatto mi è scesa la catena e mi ha superato anche un altro avversario. Ho dovuto rimboccarmi le maniche e iniziare la rimonta verso la testa della corsa, nella foga finale Carmelo ha avuto la stesso inconveniente che mi aveva costretto alla rimonta e così sono andato a tutta fino al traguardo. Tutti gli atleti più forti ambiscono alla maglia di campione italiano d’inverno, ma quest’anno l’ho vinta io.
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vita sana
a cura del Centro Salute e Movimento: Morena Costa, psicologa
Stress VS Salute e Movimento
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i può dire che la parola stress sia diventata parte integrante del vocabolario universale di ognuno di noi fin dai primi anni di vita, mai come oggi il riferimento a tale stato psicofisico ha assunto connotazioni negative. Non tutti sanno però che lo stress fu definito nel 1936 come la risposta funzionale con cui l’organismo risponde a uno stimolo più o meno violento (stressor) di qualsiasi natura. In pratica quando il cervello valuta che una situazione possa essere pericolosa per la nostra incolumità psicofisica, mette in atto dei meccanismi di difesa specifici; lo stress è l’insieme di questi meccanismi. Talvolta, quindi, lo stress può essere dovuto a una situazione scatenante positiva, come ad esempio il cosiddetto stress da partenza per le vacanze, o da matrimonio. Tutti noi però usiamo abitualmente la parola stress associandola ad eventi o situazioni negative legate al lavoro, allo studio, alla salute o a particolari momenti difficili della nostra vita (lutto, divorzio, ….). Un organismo umano o animale sottoposto a stress protratto va incontro ad un lento e progressivo logoramento psicofisico, creando sintomi e stati di malessere importanti. Oggi è inevitabile associare
lo stress alle attuali condizioni di vita, che obbligano tutti noi a una continua ristrutturazione e messa in discussione delle certezze e delle sicurezze acquisite precedentemente (lavoro, garanzie economiche, ritmi, aspettative esterne, …), con importanti ripercussioni per il nostro equilibrio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che nel 2020 la depressione sarà la più diffusa al mondo tra le malattie mentali e in generale la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. Con un aumento esponenziale di consumo di psicofarmaci di tipo ansiolitico e antidepressivo. Come far fronte a tutto ciò? È sicuramente importante stimolare quelli che possono essere definiti i fattori protettivi contro lo stress. Così come ci copriamo quando fa freddo, nello stesso modo dobbiamo cercare di trovare il modo di proteggere il nostro benessere psicofisico dallo stress prolungato. Spesso non possiamo agire efficacemente verso l’esterno (es. non sempre possiamo cambiare lavoro), quindi è meglio cercare di agire su noi stessi per salvaguardare il nostro benessere. A tal proposito ritengo importante introdurre il ruolo delle endorfine; il termine significa “morfine endogene”, cioè morfine prodotte dal nostro
organismo: in altri termini le “droghe buone” prodotte da nostro corpo in determinate situazioni. Hanno proprietà analgesiche che le rendono più potenti persino della morfina e ci lasciano una sensazione di benessere e di piacere, grande antidoto allo stress! Queste sostanze che produciamo naturalmente fanno parte di antichi meccanismi di sopravvivenza, che ci hanno permesso di continuare a lottare anche quando siamo sotto stress. Generalmente queste sostanze vengono rilasciate in seguito ad una forte emozione (ad es nascita di un figlio) o grazie a un allenamento intenso. Ecco che compare il ruolo e l’importanza dell’attività fisica come strategia e fattore protettivo contro lo stress delle difficoltà quotidiane. Ci sono diverse ipotesi circa il ruolo positivo dell’esercizio fisico nel tamponare gli effetti del carico emotivo: - Un primo aspetto da prendere in considerazione è che lo stress tende a produrre nella persona un aumento del “disco rotto nella testa”, ovvero dei pensieri negativi ricorrenti che tendono ad aumentare l’ansia e le emozioni negative. L’attività fisica extra-lavorativa fornisce un’importante fonte di distrazione che funge da deterrente contro l’ansia, i pensieri negativi finanche la depressione. - Le lotte attuali si svolgono più a livello mentale e psicologico che fisico. La nostra risposta è comun-
que una risposta fisica data dall’accumulo di tensione muscolare, che permane nel nostro organismo procurando danni alla salute se non adeguatamente scaricata. Un sano e graduale esercizio fisico permette di scaricare dolcemente la tensione muscolare. Ma attenzione, se non graduale e costante, può diventare causa di altro stress (indolenzimento, accumulo di acido lattico, contratture muscolari ecc….) - prenderci cura di noi stessi e concederci del tempo aiuta a riflettere, a osservare i problemi da angolature diverse e quindi a essere più creativi nella ricerca di possibili soluzioni. Infine vi propongo alcuni semplici e pratici consigli per poter diventare “schiavi di buone abitudini” e mettere in pratica l’antica satira del poeta Giovenale “Mens sana in corpore sano” (Satire, X, 356) considerata in chiave moderna. Consiglio di: - scegliere un’attività fisica che ci piace, si fa molta meno fatica a praticarla regolarmente; - decidere se siamo predisposti maggiormente ad attività in compagnia o in solitudine; - modificare ogni tanto il l’attività stessa per evitare la monotonia e noia; - tener presente che l’attività fisica sana è quella graduale, costante e adatta alle nostre capacità. BUON ….SALUTE E MOVIMENTO…..
i r o t u b i r t s i Veneto D
a, tutta la vallata nz ce Vi di a ci in ov Pr lla e ci riamo in gran parte de pe O . ni an rmatici e logistici ch 20 fo e in i tr ol em st da si e di or tt ti se ta l do o Siamo ne tte le operazioni inMontebello,…… Siam tu , e po ch m ia an , Ch no , zi no az na ag ig m rz tivo dell’agno, A se alle normative olo distributore e rela ba ng si in al e, e in tr ch ol ac m ire st lle ge de ne permettono di entiva e la sanificazio ev pr e on zi en . ut an m evoluti e diversificati no dispensabili per la so i at zz ili ut i no gamento da HACCP. I sistemi di pa il distributore. e ar ov pr di tà ili ib ss Po
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