Mondiale Trial
Chiampo 2016
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SSIMO
A chi il pomo del campione più campione di tutti?
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editoriale
di Luigi Borgo
oniamoci una di quelle domande assolute e un po’ stupide che gli antichi amavano farsi per dimostrare a loro stessi che avevano capito tutto o quasi degli uomini e della vita: “a chi, oggi, tra gli sportivi, dare il pomo del campione più campione di tutti?” Per i lettori della Gazzetta dello Sport, il campione più rappresentativo di ogni altro è Cassius Clay. Lui, il peso massimo più veloce, più forte, più provocatore della storia del ring, è l’atleta simbolo dei nostri tempi. Perché innovatore e rivoluzionario. Con i suoi pugni seppe rinnovare la boxe e mandare al tappeto il fanatismo raziale della società occidentale. Dopo di lui, il pugilato fu eleganza e potenza; dopo di lui, la società occidentale fu più tollerante e più giusta. Se il 44° presidente degli Stati Uniti è un nero, lo si deve anche a lui. Non c’è dubbio: Mohammad Alì è stato un grandissimo e quello che ha fatto nello sport e nella società sarà ricordato per sempre. Ma Alì e le sue battaglie sono ancora attuali? La battaglia per la tolleranza sociale non è mai finita (nessuna battaglia per il miglioramento è mai finita) ma la nostra società è assai diversa da quella che in mondovisione vide il 30 ottobre del ‘74 l’incontro di kinshasa, Zaire, contro Foreman. Sono decenni che, in America come da noi, i neri non debbono più sedersi negli ultimi sedili degli autobus ma dove trovano posto, Casabianca compresa. Alì quindi è storia ma la nostra domanda, assoluta e stupida, si riferisce all’oggi: chi è nella società attuale il campione simbolo? Ecco, io dico Nico Rosberg! Che è l’esatto contrario di Alì. È Biondo, ha la pelle bianchissima, quasi lattea; è bello più di Di Caprio, cui assomiglia; vive a Montecarlo ed è pieno di soldi, ma soprattutto è un figlio di papà: fa il pilota di Formula Uno come suo padre. Vince ma non ha ancora vinto il titolo mondiale come, invece, ha vinto suo padre. È lui, Nico, il campione dei campioni di oggi, sebbene nella sua vita non ci sia nulla di quella retorica sportiva che, in passato, faceva di un campione, un idolo. Non ci sono le umili origini: Alì era figlio di un pittore da strada. Non c’è la miseria degli avi: Alì aveva sangue di schiavo. Non c’è sofferenza sociale: Alì aveva subito l’emarginazione, il razzismo. Se Nico non avesse fatto il pilota di Formula Uno ma il bamboccione sarebbe stato comunque bello, ricco, monegasco e figlio di un campione del mondo di Formula Uno, mentre se Alì non avesse preso a pugni la società americana, sarebbe stato un nero qualsiasi. Così, quando Alì saliva sul ring, tutto il popolo afroamericano motivava i suoi pugni. Così, quando Nico Rosberg sale in macchina, c’è solo lui e il fantasma del titolo di campione del mondo vinto da suo padre a fargli aprire il gas. Alì lottava per la vittoria e il riscatto di un intero popolo; Nico può solo pareggiare con la sua storia familiare. Nelle sue gesta non c’è nessuna battaglia sociale ma solo tanta comune psicologia. Ed è qui la sua grandezza e la sua attualità di campione che lotta in gara, come noi lavoriamo o studiamo, senza particolari idealismi; che vince e non si sente un dio, che perde e non si sente uno sfigato; che accetta la storia di suo padre senza sentirsi edipicamente in sfida con lui e il suo titolo mondiale; che se ne sbatte di chi lo accusa di essere stato un favorito dal cognome che ha. Nico è il simbolo della nostra società occidentale, benestante, di figli di papà, socialmente evoluta ma psicologicamente sempre alla ricerca della propria emancipazione, destinata a fare i conti con la propria storia non nei termini inebrianti della vittoria e del riscatto ma, nella più rosea delle previsioni, in quelli mediocri del pareggio e del mantenimento. Combattere per continuare a essere quello che si è, come Nico, con serenità e classe, è da numero uno dei nostri tempi.
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chiampo
Chiampo, Trial Championship
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ella Val del Chiampo si svolgerà il 3 e 4 settembre l’ultima prova del Campionato del Mondo di Trial. In palio il titolo iridato. L’ultima prova del Campionato del Mondo Trial 2016 maschile e femminile porterà nella valle del Chiampo i migliori piloti d’Europa e d’oltre Oceano. Sarà una gara combattutissima e molto partecipata vista la vicinanza di un’altra gara importante in ambito mondiale prevista per la settimana successiva, il Trofeo delle Nazioni. Oltre la gara valida come prova di campionato ci sarà anche l’assegnazione del titolo di Campione del Mondo Trial maschile per l’anno in corso. La gara si svolgerà il 3 e 4 settembre ma i giorni precedenti e successivi saranno frenetici. Il flusso di addetti ai lavori, composto da piloti, assistenti, accompagnatori delle case ufficiali, meccanici, giudici, giornalisti, collaboratori vari sarà di circa 500 persone che alloggeranno nella nostra valle per 5-6 giorni. Il pubblico atteso sarà nell’ordine delle 10.000 presenze, prevalentemente nei due giorni di gara ma una buona parte arriverà qualche giorno prima. Il paddock e la logistica di gara sarà nel comune di Chiampo, dove è prevista anche lo start del Mondiale. A San Pietro Mussolino nell’area autorizzata del Moto Club Trial Valchiampo verrà svolta la gara con ben 10 zone delle 12 previste. Il trasferimento di gara che avrà una distanza di circa 10 km andrà a toccare an-
che il comune di Nogarole Vicentino dove verrà allestita una prova indoor in centro paese. A Chiampo inoltre sarà allestita un’area di riscaldamento per i piloti e la zona n° 12 del percorso di gara. Non meno importanti i comuni limitrofi, Crespadoro, Altissimo, Arzignano e Montecchio Maggiore, utili per la gestione della logistica, accoglienza del pubblico ed eventi collaterali antecedenti alla gara. lo scopo principale di questo evento che fa ritorno nel Veneto dopo 27 anni, è quello di promuovere la terra veneta e in particolare la valle del Chiampo e i suoi comuni, facendo conoscere le sue bellezze naturalistiche e le sue eccellenze produttive ed enogastronomiche a tutto il mondo. Attraverso il trial, sport sano e amico della natura, ci sarà l’occasione di sostenere la promozione e l’incrementarne del turismo nel nostro territorio.
Sarà inoltre allestito un villaggio espositivo per la promozione degli sponsor principali, collaboratori e prodotti tipici della zona. Verrà anche allestita un’area per la rassegna stampa pre e dopo gara con i campioni presenti. Sono attesi i grandi nomi del trial mondiale come Tony Bou , Adam Raga , Geroni Fajardo, Albert Cabestani, Casales, Busto’, Grattarola.
Importante anche la collaborazione con le associazioni locali per la gestione di punti ristoro nell’area partenza e lungo il percorso di gara. La manifestazione avrà un partner d’eccezione: la Regione del Veneto e godrà del patrocinio dei comuni
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...Storia del Moto Club...
Programma di gara Mondiale Trial
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dell’Alta Valle del Chiampo. La campagna pubblicitaria e comunicazionale è stata affidata a un team di professionisti che gestirà tutti i canali, dal sito ufficiale alle pagine facebook dedicate, dalla radio alla tv. Partirà in occasione del mondiale un progetto di sensibilizzazione per la guida sicura in collaborazione con le scuole locali, la Federazione Motociclistica Italiana e le associazioni motoristiche locali, denominato TRY-TRIAL con moto elettriche. Membri della Federazione Motociclistica Internazionale (F.I.M.) e della Federazione Motociclistica Italiana ( F.M.I.) formeranno la giuria e garantiranno la buona riuscita dell’evento in collaborazione con il Moto Club Trial Valchiampo.
l nucleo storico dei trialisti vicentini nasce nel 1988 con il Moto Club Trial n Valchiampo. V Primo Prim obiettivo: trovare un’area permanente nen per la pratica autorizzata del Trial. Il solido gruppo di amici, spinti dall’amoso re per p il Trial, individuano nella Valle del Chiampo, l’area ideale per allenarsi e per Chia organizzare delle manifestazioni. Grazie orga alla peculiare forza di volontà dei trialisti, e al beneplacito dei comuni competenti e della Regione Veneto, il sogno diventa presto realtà. L’albo d’oro del Moto Club Trial r Valchiampo conta ormai una moltitudine Valch di esperienze organizzative: una proe va del trofeo delle nazioni nel 2003, una prova del Campionato del Mondo nel 1999, una del Campionato Europeo nel 1996, più di dieci gare del massimo Campionato Italiano, due Campionato italiano Cadetti e altre innumerevoli gare regionali, trofei monomarca e trofei Trial d’epoca G.R.5. Un club apprezzato in tutto il mondo. Molti sono stati i piloti della scuderia, che hanno rappresentato tutte le categorie del Trial italiano e mondiale. Molti hanno fatto parte di squadre ufficiali e sono stati inseriti nelle strutture federali del Team Italia con ottimi risultati in campo internazionale. Più di venti i titoli di Campione Italiano conquistati. Una fucina di giovani piloti e di campioni che, grazie all’area di allenamento di San Pietro Mussolino, trovano le migliori condizioni per potersi esprimere. La ricetta per il successo? Piloti entusiasti, giudici di gara con esperienza internazionale, direttori di gara internazionali, una segreteria competente, soci dinamici e una grande passione per il Trial. Con il 2016 il Moto Club festeggia il 28° anno di affiliazione alla Federazione Motociclistica Italiana e, ancora una volta, gli viene affidato il compito di organizzare l’ultima prova di Campionato del Mondo maschile e femminile.
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GIOVEDI’ 1 SETTEMBRE
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ORE 11:00 - APERTURA PADDOK PILOTI E INIZIO UFFICIALE EVENTO ORE 20:00 - CENA DEI GALA
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VENERDI’ 2 SETTEMBRE
APERTURA BIGLIETTERIA PUNTO INFORMAZIONI CHIAMPO • GIORNATA DEDICATA AI PILOTI PER OPERAZIONI PRELIMINARI E VISIONE TRASFERIMENTO E ZONE DI GARA • POMERIGGIO APERTURA PARCHEGGI CAMPER PUBBLICO • SERA ANIMAZIONE IN PIAZZA A CHIAMPO
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SABATO 3 SETTEMBRE • • • •
APERTURA BIGLIETTERIA ARRIVO PUBBLICO GIORNALIERO DALLE ORE 7:30 - GIORNATA DI GARA DALLE ORE 8:30 ALLE ORE 17:30 - SERA ANIMAZIONE IN PIAZZA A CHIAMPO
DOMENICA 4 SETTEMBRE
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chiampo
Bryna, la bevanda energetica tutta naturale, farà il suo esordio al Mondiale di Trial di Chiampo. Sarà un’occasione irripetibile per conoscere in anteprima il suo sapore unico, le sue proprietà dissetanti, i suoi straordinari effetti rigeneranti ed energetici.
I
l mondiale di Trial di Chiampo passerà alla storia anche per aver fatto da battesimo a Bryna, la bevande energetica tutta naturale, ideata da Edynea, società all’avanguardia nella ricerca e nello sviluppo di integratori alimentari naturali. Bryna potrà essere assaggiata in anteprima proprio ai Mondiali di Chiampo. Piloti e pubblico conosceranno il sapore fresco di Bryna, i suoi effetti rigeneranti ed energetici; conosceranno una bevanda che ha tutti i presupposti per affermarsi tra le migliori bibite del mercato globale. Sarà bello dire: “io c’ero, io l’ho bevuta per primo”. Sportivissimo ha incontrato il dottor Alberto Rumignani, ideatore della ricetta di Bryna e responsabile della ricerca di Edynea, la società che detiene il marchio Bryna. Alberto, come nasce Bryna? L’idea di Bryna nasce qualche anno fa in occasione di un viaggio in Senegal, dove siamo stati piacevolmente sorpresi dall’impiego di un estratto prodotto dai calici dei fiori dell’ibisco per la per preparazione di cocktail freschi e dissetanti, impiegando altri succhi di frutta e spezie. Per noi italiani l’ibisco, meglio conosciuto come karkadè, è sempre e solo stato il filtro da immergere
in acqua calda per la preparazione di un infuso da bere in inverno. Tuttavia, in veste fresca e speziata così come l’abbiamo assaggiato in Africa, è stato capace di sorprendere i nostri sensi. Perché quindi non proporlo anche in Italia? Da dove siete partiti? All’inizio abbiamo approfondito le nostre conoscenze sull’ibisco, scoprendo che la sua bontà non si limita ai nostri sensi, ma si estende a tutto il corpo, essendo fonte di antiossidanti, di vitamine e sali minerali. Aggiunto poi ad altri succhi di frutta o estratti naturali, come d’abitudine in Africa, si esaltano peculiari proprietà. Ecco che nasce la ricerca della formulazione di Bryna: offrire al consumatore un prodotto che sia naturale, salutare e anche energetico. Oggi è decisamente ampia l’offerta di bevande energetiche. Guardando al mercato, le bevande definite energy drink hanno in comune la presenza di composti quali caffeina, taurina, D-
glucurono-gamma-lattone e vitamine del gruppo B, tutte di sintesi e raramente comprendono anche l’impiego di estratti vegetali, per giunta in percentuali molto basse. La ricetta è fondamentalmente costituita da una fonte di energia calorica immediatamente assimilabile (zuccheri semplici), una fonte stimolante del sistema nervoso centrale (caffeina), una sostanza antiossidante e stimolante della crescita neuronale (taurina), una sostanza detossificante e stimolante del sistema immunitario (delta-glucurono-gamma-lattone), vitamine del gruppo B (implicate nel metabolismo dei carboidrati, quindi nella produzione di energia) …e aromi (non naturali!). Il mercato offre questo. Mentre voi… Con Bryna abbiamo pensato di rispondere agli stessi bisogni che i consumatori degli energy drink richiedono ma sfruttando la vitalità e le caratteristiche degli estratti naturali. La caffeina viene apportata in modo naturale da estratti di semi
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di guaranà e foglie di tè, il potenziale antiossidante dall’estratto di calici di fiori di ibisco, ricco di antociani e vitamina C. Quest’ultima fa anche da stimolante del sistema immunitario. L’estratto di maca andina, con le sue proprietà adattogene, completa il quadro della nostra formulazione energetica naturale. E per concludere, gli aromi sono rigorosamente naturali. Bryna è una bevanda dal sapore unico e inimitabile. Bryna, quindi, è l’energy drink tutto naturale. Assolutamente sì. Rigorosamente sì. Per esempio, il bel colore rosso è certamente la prima caratteristica che balza all’occhio di Bryna. Ebbene anch’esso origina da fattori naturali. La presenza degli antociani dell’ibisco, coloranti naturali dotati di proprietà antiossidanti. Ma come funziona un vero energy drink? Bryna, abbiamo detto, è ricca di antiossidanti. Questi sono molecole estremamente utili per il benessere del nostro organismo in quanto proteggono le cellule dai danni del metabolismo respiratorio. Ogni cellula del nostro corpo per essere vitale deve produrre energia. Proprio come un motore, le nostre cellule bruciano il combustibile, gli zuccheri, in pre-
senza di un comburente, l’ossigeno che respiriamo. E proprio come il motore di una macchina, le nostre cellule producono i “gas di scarico”: anidride carbonica, acqua e radicali liberi. Anidride carbonica e acqua sono eliminate attraverso la respirazione e la diuresi. Lo smaltimento dei radicali liberi è più delicato in quanto sono molecole molto reattive e vanno “raffreddate”, rese innocue, prima che possano reagire con altre componenti della cellula, danneggiandole. Efficaci nel placare la reattività di queste molecole, diciamo nel “raffreddare il motore”, vi sono gli antiossidanti. E’ il motivo per cui è raccomandato mangiare molta frutta e verdura, che vengono sempre proposti come serbatoi di vitamine e antiossidanti, utili alla “pulizia” e quindi alla funzionalità del nostro motore cellulare. Il calice del fiore dell’ibisco, contenendo vitamine e antiossidanti, aiuta a mantenere prestante il motore. Questo risulta particolarmente utile in casi di superlavoro fisico o mentale, quando spingiamo sull’acceleratore perché dobbiamo tenere il passo dei ritmi imposti dalla vita. Siamo di corsa non solo sulla pista di atletica o sul tapis-roulant in palestra, ma siamo di corsa anche in ufficio con ritmi frenetici e carichi di stress. In tutti
Ora Edynea ha già pronte per il lancio nelle farmacie tre linee di integratori alimentari per il benessere cardiovascolare, per il mantenimento della linea e il controllo del metabolismo, e per il sostegno quoBryna si presenta in botti- tidiano. glietta d’alluminio… Bryna nasce dall’ibisco e Saranno sempre prodotti questo, nell’antichità, era a base di ibisco? chiamato il fiore dei re pro- Certamente. Abbiamo deprio per le sue straordina- dicato anni allo studio delle rie proprietà. Bryna quindi proprietà dell’ibisco. Siamo è una bibita regale e non tra i massimi conoscitori poteva non vestirsi da regi- al mondo di questa spena. Per questo abbiamo vo- cialissima pianta. In Suluto che non uscisse nella damerica, precisamente in solita lattina, ma in raffina- Paraguay, abbiamo anche te bottigliette di alluminio acquisito una proprietà di da 250 ml con tappo a vite, 400 ettari dove è stato ininel caso si preferisca sor- ziato un attento lavoro di seggiarla portandola con ricerca agronomica per la selezione delle varietà più sé. ricche in componenti nutriCi sarà solo Bryna nella tivi. Quest’anno si è già travostra offerta di prodotti dotto in una prima piccola coltivazione, controllata energetici? No, la messa a punto di dalla semina alla raccolta, Bryna ci ha dato l’opportu- per far fronte alle prime nità di scoprire non solo le produzioni. caratteristiche dell’ibisco, Non solo abbiamo colto i ma anche di accendere un sui benefici nell’aiuto del vivo interesse per tutto il benessere cardiovascolare, mondo vegetale. La natura come antiossidante e diuha proprietà utilissime per retico, ma abbinato a tutta il benessere dell’uomo. Da una serie di altri estratti qui è nata Edynea, società di vegetali è stato possibile ricerca costituita nel 2015 e realizzare delle formulache ha attrezzato a Trissino zioni ad hoc per esigenze dei laboratori all’avanguar- più specifiche e che presto dia per la ricerca e sviluppo troverete in farmacia. di integratori alimentari ed E soprattutto… la ricerca alimenti funzionali. Bryna continua! è stata inconsapevolmente il primo prodotto Edynea. e due i casi il nostro organismo è a pieni giri e deve essere raffreddato per non fondersi. Vitamine e antiossidanti contribuiscono alla sua longevità, per farci fare tanta e tanta strada.
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l centro sorge a Cereda, lungo la strada per Priabona, in una area in mezzo al verde di circa 6.500 mq organizzata in modo da offrire un luogo tranquillo e accogliente, dove poter educare con serenità il proprio cane e dove praticare delle stupende discipline cinofile come l’agility e la rallyobedience, seguiti ed aiutati da istruttori preparati ed esperti. Abbiamo incontrato il presidente del centro cinofilo, Luca Bicego, a cui abbiamo posto alcune domande. * Presidente, cos’è l’Agility? L’agility è una delle discipline cinofilo-sportive che vedono uomo e cane impegnati e coinvolti sia dal punto fisico che da quello emotivo. Il cane deve affrontare una gara ad
ostacoli durante la quale verranno impegnati e valorizzati l’agilità e la capacità di apprendimento dell’animale. Per quanto riguarda il conduttore, l’Agility è un misto di velocità, precisione e comunicazione: chi conduce il cane deve trasmettere con tempestività e chiarezza i messaggi che lo portino a concludere il percorso. Questa meravigliosa disciplina cinofila-sportiva ha
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Il centro di addestramento cinofilo AMICI DEL BLU DOG è stato fondato nel 2001 da un gruppo di amici appassionati di cani e appassionati di tutte quelle discipline cinofile sportive che aiutano a rafforzare e a valorizzare il rapporto con loro.
chiaramente innumerevoli aspetti positivi: l’impostazione di una stretta simbiosi cane-conduttore, lo spirito di collaborazione, di amicizia, di stima reciproca e di allegria che caratterizza chi la pratica. * Che preparazione deve avere il cane? In primis tutti i cani, di razza e non,
13 possono praticare l’agility. Il conduttore deve avere ovviamente una buona base di controllo sul cane, pertanto solitamente si parte da un corso base di minimo 10 lezioni, dopodiché con passione, costanza negli allenamenti e perseveranza si raggiunge in circa 1 anno la sintonia necessaria per poter partecipare alle gare. * Che preparazione deve avere il conduttore? Nessuna in particolare: deve soprattutto imparare a muoversi tra gli ostacoli in modo corretto, noi ricordiamo sempre ai nostri allievi che quando il cane sbaglia al 99,9% è sempre colpa del conduttore. L’agility è praticata indistintamente da uomini, donne e bambini. * Ci parli della rally-obedience: La Rally-Obedience nasce negli Stati Uniti nel 2000 e giunge in Italia solo nel 2010, è quindi una disciplina ancora giovane. È una disciplina alla portata di tutti i binomi e praticata per aumentare il grado di soddisfazione e l’intesa col proprio cane. È una disciplina rivolta
praticamente a tutti, non vi è discriminazione di taglia, sesso, età, appartenenza o meno ad una o all’altra razza. La RallyObedience consiste nello svolgere degli esercizi insieme al cane come indicato sui cartelli posizionati sul campo dall’Istruttore, nel minor tempo possibile con la massima precisione possibile. * Che benefici porta questa disciplina? Chi pratica questa disciplina, sostiene di avere ottenuto più attenzione, maggior serenità, un livello emozionale soddisfacente che viene mantenuto anche nelle situazioni di vita quotidiana e più stima reciproca tra cane e conduttore. Un netto miglioramento nel rapporto che gioca sicuramente un ruolo fondamentale nell’intesa del binomio. * In quanti del centro praticano queste discipline? Il centro conta circa una cinquantina di soci annuali, molti cani e conduttori
sono ancora in preparazione (ne contiamo 5 pronti all’esordio in agility e 2 in rally-o), altri ogni domenica si cimentano nelle gare in queste bellissime discipline ottenendo anche buonissimi risultati come Piera Romere con Melissa ed Elisa Peron con Jack che parteciperanno alle promesse di Rally-o in grado G1 il prossimo Luglio a San Bonifacio (VR), il nostro piccolo Gianluca 12 anni, all’esordio in questa disciplina, che, con due gare all’attivo e due primi posti, si conferma una vera promessa della Rally-o. E poi in agility citiamo ancora Piera Romere con Melissa che tutti gli anni di diritto partecipa alle finali italiane Master di agility a Soliera (MO) e anche
quest’anno è in lizza mentre in Enci si riconferma al livello massimo. La piccola Mimi con Manuela Capretta appena entrata in pensione dopo aver raggiunto il terzo brevetto e le nuove leve Tommy con Luca Bicego e Jack con Elisa Peron che sono ad un passo per il passaggio di categoria dal brevetto 1 al 2.
Amici del Bludog asd Via cracchi Cereda di Cornedo Vic. (VI) tel: 348/2280514
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natura
Il grande minatore di D Dorino i St Stocchero h
I
l tasso, NOME SCIENTIFICO MELES MELES, è un animale tutto da scoprire. Prudente e sospettoso, il tasso delimita il proprio territorio con sostanze odorose. Scava intricatissime tane. Poco funzionali sono gli occhi, ma finissimi sono l’olfatto e l’udito. La femmina, poi, compie una misteriosa “danza” nel periodo degli amori. Il tasso è un carnivoro della famiglia dei mustelidi, forma tozza, dalla corporatura massiccia, con coda e zampe corte e muso affusolato. Adattato a scavare e a condurre gran parte della sua esistenza nella tana che si è realizzato, ha pelo forte, maschera facciale bianco e nera, un fitto mantello grigio, che sembra di setole, il tasso può raggiungere il peso di 10-16 chilogrammi.
Vive nella zona nord dell’Asia, ma è diffuso in tutta Europa, eccetto che in Corsica, Sardegna e Sicilia. La sua vita è quella di un animale solitario, condotta in tane sotterranee che abbandona soltanto la notte, quando esce in cerca di cibo. È considerato onnivoro per la sua capacità di utilizzare un ampio spettro di alimenti vegetali e animali. Il tasso presenta specializzazioni differenti per ambiti geografici, legate alla disponibilità degli alimenti, molto appetiti sono frutta come more, mele, castagne, nocciole, cereali, insetti, lombrichi, anfibi, rettili, piccoli roditori, faggiole, bulbi e ghiande. E’ un’animale plantigrado, poggia l’intera pianta del piede a terra, specie notturna e territoriale: il territorio viene delimitato attraverso segnali olfattivi (feci e secrezioni ghiandolari), utilizza latrine, piccole buche profonde 10-20
cm in cui depone le feci, ai confini del proprio territorio, a scopo di marcatura. Riduce notevolmente la propria attività nel periodo invernale, non va in letargo vero e proprio ma dorme molto, svegliandosi per fare delle escursioni anche sulla neve. In autunno accumula uno spesso strato di grasso che può costituire il 20% del peso totale e viene consumato sino al sopraggiungere della primavera. L’habitat ideale è costituito da boschi misti di latifoglie in un clima mite con molta varietà di prati, campi e zone umide. Evita i suoli pesanti e pantanosi. Con i suoi robusti artigli scava tane su declivi boscosi in zone soleggiate. Le tane devono essere le più comode possibili e, oltre alla cella principale, situata a circa due metri sotto terra, hanno da quattro a otto gallerie disposte radialmente e lunghe anche una decina di metri. Ognu-
schio na di esse viene utilizzata in particolari situazioni di emergenza, una sola viene utilizzata quotidianamente. In alcuni casi, se la vasta cella circolare è situata ad una profondità maggiore, è dotata anche di numerose gallerie di aereazione verticali. Gli occhi e le orecchie sono piccoli; sul muso sono presenti delle brevi “vibrisse” che funzionano da organo del tatto nell’esplorazione di ambienti bui quali anfratti e cavità. Il naso “porcino” è provvisto di muscoli che permettono di chiudere le narici quando l’animale scava le sue gallerie per evitare che particelle di terreno entrino nell’apparato respiratorio. I piedi hanno cinque dita munite di lunghe unghie adatte alla scavo. Le zampe anteriori sono leggermente più grandi delle posteriori. Il tasso vive l’epoca degli amori in estate, preceduti da una curiosa “danza” di corteggiamento effettuata dalla femmina e da acuti richiami da parte del maschio (richiami che sembrano il vagito di un neonato). Dopo l’accoppiamento si verifica un curioso fenomeno, diffuso soltanto in poche specie animali: l’ovulo fecondato, attraverso un periodo di quiescenza, della durata di 4-5 mesi, in seguito al quale si annida nella mucosa uterina della femmina, dà inizio al vero e proprio sviluppo embrionale. Le femmine possono essere coperte da più maschi. Quindi dopo altri 2 mesi di “vera” gestazione, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, nascono i piccoli da 3 a 5 esemplari, con gli occhi chiusi e coperti di un
rado pelame morbido e biancastro. Essi vengono allattati per circa 12 settimane (le mammelle, 3 paia, sono l’unico carattere distintivo tra maschio e femmina). Dopo averli svezzati la madre porta a loro piccoli mammiferi e vermi, in modo da poterli nutrire finché non saranno in grado di uscire dalla tana e procurarsi il cibo da soli. In autunno, a 7-9 mesi d’età, i giovani tassi ormai fisicamente adulti abbandonano il nucleo familiare e intraprendono un’esistenza autonoma, scavando la tana in cui trascorreranno il loro primo inverno: ma la maturità sessuale non sarà raggiunta prima dei due anni di vita. Il tasso è molto presente nella mitologia europea dove la figura di questo animale viene connessa a quella dell’orso per l’aspetto ed è generalmente di buon augurio in quanto legata all’arrivo della bella stagione; compare come animale pacifico, solitario, misterioso e amante della propria dimora, che però rivela dati insospettabili di forza e bontà. Un tempo il tasso era molto importante per l’uomo: nel Medioevo il suo grasso veniva utilizzato per massaggiare ferite e contusioni oltre che contro i reumatismi. La durata della sua vita può raggiungere dai 12 ai 15 anni di età. La specie è protetta ed è presente sia nell’area collinare e montuosa del territorio provinciale, il limite di altitudine solitamente non supera i 1500 metri s.l.m.
di Franco Decchino
Campionati Italiani VV.F Nuoto per Salvamento e Nuoto
R
isultati sempre al massimo livello quelli ottenuti dalla selezione del Comando dei VV.F. di Vicenza alla 28ª edizione del Campionato Italiano VV.F. di Nuoto per Salvamento e 4ª di Nuoto, che ha visto come sede della duplice manifestazione il Palazzo del Nuoto della Città di Torino dal 6 all’8 Maggio 2016. 3° posto Assoluto nel nuoto ed il 4° Assoluto nel nuoto per salvamento i risultati portati a casa dalla rappresentanza del Comando di Vicenza composta da Daniele Carbini, Roberto Decchino, Salvatore Fadda, Matteo e Marco Grigoletto, Adalber-to Marangoni, Antonio Miticocchio, Bruno Preto, Giandomenico Sartori e Diego Zamberlan a gareggiare per i titoli nazionali in palio con 200 atleti provenenti da 23
Comandi di ogni regione d’Italia, sfidandosi sui 50 m dorso, farfalla, rana e stile libero, nei 100 m stile libero e nelle staffette 4 x 50 m misti e 4 x 50 m stile libero per il nuoto e nelle discipline natatorie e di trasporto manichino, 50 m percorso misto, 50 m trasporto manichino, 50 m trasporto manichino con pinne e 50 m trasporto manichino pinne con torpedo, Tetrathlon e nella staffetta a squadre 4 x 25 m trasporto manichino per il nuoto di salvamento. Il Nuoto in generale ed in particolare la disciplina del Nuoto per Salvamento assume per i Vigili del Fuoco un particolare aspetto di formazione professionale, costituendo un momento sportivo collegato direttamente all’attività di soccorso che giornalmente i Vigili del Fuoco sono tenuti a prestare sul territorio nazionale per salvataggi negli specchi d’acqua siano essi marini, lagunari, fluviali o lacustri. Un’attività, quella sportiva, che gli atleti svolgono sempre fuori dall’orario
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16 di lavoro e quando partecipano alle gare nazionali come questa, non hanno remore a doversi pagare di tasca propria, in parte od in toto le spese per trasferte e soggiorno. Nessuno vi rinuncia perché questi momenti rappresentano anch’essi il modo di essere dei Vigili del Fuoco. Il Comando di Vicenza non solo ha come punto di orgoglio la squadra sommozzatori, ma dispone anche di personale altamente preparato nel settore salvamento in acqua. Una preparazione del personale che non solo si manifesta a livelli di eccellenza in caso di interventi ma anche a livello sportivo con una squadra che anche in questi appuntamenti ha sempre dimostrato di essere capace di primeggiare a livello nazionale. A questo proposito un doveroso ringraziamento è quello rivolto da tutta la Squadra Vicentina ai responsabili degli impianti natatori “Le Piscine” di Vicenza, “Aquapolis” di Bassano ed il gruppo
“GIS” per la disponibilità ad offrire gratuitamente lo spazio acqua agli Atleti nel periodo di preparazione alle gare. Passando al lato prettamente sportivo, il Titolo nazionale 2016 di Nuoto è stato vinto dal Comando di Torino, seguito da Cagliari e da Vicenza. Torino ha poi bissato il successo anche nel Nuoto per Salvamento precedendo ancora Cagliari, Genova e Vicenza. Ricordando che la rappresentanza del Comando di Torino, oltre ad aver vinto il Titolo 11 volte nelle ultime 14 edizioni è da sempre tra le prime anche nel Campionato Italiano Nuoto per Salvamento Federale, che Cagliari è stata la vincitrice della precedente edizione, che gli altri Comandi provengono da città
di mare (Cosa che ha una sua importanza in queste specialità) e che tutti questi Comandi che hanno preceduto i berici hanno potuto schierare compagini di oltre 30 elementi contro i ns. 10 portacolori (9 nella 2ª e 3ª giornata), i risultati ottenuti assumono valori ancora più rilevanti. Le posizioni finali del Comando vicentino, nelle classifiche delle 2 specialità del nuoto e del nuoto per salvamento, sono state il frutto di un ricco medagliere composto da 43 medaglie che, in questa intensa tre giorni di nuoto, ha dato nel dettaglio 25 medaglie d’oro, 15 d’ar-gento e 3 di bronzo con 6 Atleti a podio. Questi, per Atleta, i podi dei vicentini: Nella categoria M 35 Roberto Decchino ha ottenuto 3 medaglie d’oro e 2 d’ar-
gento nel salvamento, 3 ori nel nuoto oltre ad 1 oro nella speciale classifica del tetrathlon. Marco Grigoletto negli M 40, 1 oro e 2 argenti nel salvamento, 3 ori nel nuoto ed 1 argento nel tetrathlon. Matteo Grigoletto negli M 30, 2 argenti nel salvamento e 2 argenti ed 1 bronzo nel nuoto. Adalberto Marangoni negli M 65, 1 oro, 2 argenti ed 1 bronzo nel salvamento, 3 ori nel nuoto ed 1 argento nel tetrathlon. Bruno Preto negli M 55, 3 ori nel salvamento, 3 ori nel nuoto ed 1 oro nel tetrathlon. Giandomenico Sartori negli M 55, 1 oro ed 1 bronzo nel salvamento, 1 oro e 2 argenti nel nuoto, sfiorando poi il podio nel tetrathlon con il 4° posto. A completare il bottino berico i podi ottenuti dalle staffette con l’oro della staffetta 4 x 50 m misti nel nuoto ed i 2 argenti nella 4 x 50 m stile libero nel nuoto e nella 4 x 25 m trasporto manichino nel salvamento. Fuori dalla zona podio ma, con risultati utili al punteggio per le classifiche finali, i piazzamenti individuali del M 35 Daniele Carbini, l’M 30 Salvatore Fadda, l’M 30 Antonio Miticocchio e l’M 40 Diego Zamberlan. Per la prossima edizione 2017 dei Campionati non è stata ancora stabilita la sede di svolgimento, anche se molte sono state le candidature presentate a Torino ma, una cosa è certa, sarà sicuramente un’altra occasione per confermare il valore dei portacolori del Comando di Vicenza.
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valdagno
Indian Ocean Golf Trophy 2016 GOLF e beneficenza da Valdagno al Madagascar. A Luca Gheser la prima edizione del Indian Ocean Golf Trophy
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i è conclusa il 17 Aprile 2016 a Nosy Be-Madagascar la prima edizione dell’INDIAN Ocean golf trophy di fronte alle autorità del luogo e alla televisione nazionale malgascia. Il circuito che nel 2015 ha dato vita a più di 20 gare con una finale Italiana ha portato i vincitori a disputare la finale mondiale nell’Isola dei profumi contro avversari provenienti da Madagascar, Francia, Reunion, Belgio, Inghilterra, Sud Africa. L’Italiano Luca Gheser, giocatore del Golf Club Folgaria, si è aggiudicato il massimo titolo e affigge così il proprio nome sulla club house malgascia. Altrettanto bene si sono comportati gli altri Italiani partecipanti con ottimi piazzamenti. I partecipanti al viaggio hanno potuto elogiare oltre al campo davvero affascinante e impegnativo le bellezze dell’Isola e l’ospitalità della popolazione e dell’hotel Vanila hotel & Spa partner della manifestazione assieme all’agenzia viaggi Senebele di Valdagno, attenta e accurata nello scegliere la struttura più adeguata.
I premi sono stati realizzati da un artigiano Valdagnese residente nell’isola dei profumi, concittadino degli organizzatori del circuito che attraverso questo evento sportivo raccolgono fondi per aiutare l’Ospedale di Nosy be. Per questo 2016 è già in
corso la seconda edizione del circuito con 25 gare che avranno la finale Italiana ad Asolo il 21/10/2016 e la finale mondiale a Nosy Be nell’Aprile 2017. Il vincitore trentino dovrà stringere i denti per difendere il titolo conquistato. www.indianoceangolf.wix. com/trophy
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chiampo di Marta Carradore
Triathlon mania
Gruppo Sportivo Alpini Vicenza
I
l triathlon è uno sport multidisciplinare di resistenza nel quale l’atleta deve saper svolgere in sequenza e senza nessuna interruzione una prova di nuoto, disputabile in piscina o in acque libere, di ciclismo su strada o con la mountain bike nelle versione mtb e una di corsa principalmente su strada. Non esiste un percorso standard per ogni gara ma le diverse tipologie di gara del triathlon permettono, grazie alla variazione delle distanze nelle tre frazioni, di essere maggiormente adattabili alle capacità sportive ed atletiche dei diversi concorrenti che devono dimostrare ottime capacità condizionali quali forza e resistenza, ma anche buone capacità coordinative, dovendo esprimere, durante il loro sforzo, gestualità sportive completamente differenti tra loro. La versione più famosa è l’Ironman, con 3800 m. a nuoto, 180 km in bici e la classica maratona di corsa (km. 42,195); ma il triathlon
non è soltanto Ironman: ci sono le versioni Sprint (750m nuoto + 20km bici + 5km corsa), l’Olimpico (1500m nuoto + 40km bici + 10km corsa), il Mezzo Ironman o 70.3 (1900m nuoto + 90km bici + 21km corsa) e molte altre varianti, più o meno ufficiali che lo rendono, così, una disciplina altamente duttile. Il Triathlon è uno sport relativamente giovane, ma che sta prendendo sempre più piede tra gli atleti e le atlete, e non solo tra i più giovani. Un suo punto di forza è dato dalla possibilità di poter variare gli allenamenti, evitando quindi la ripetitività che è insita in altre specialità; il mix di distanze previste, poi, rende questa specialità alla portata di chiunque abbia un minimo allenamento: non è necessario essere un Ironman per definirsi triathleta, così come un runner non è giocoforza solo chi corre la maratona. Sicuramente, però, per chi vuole ottenere buone prestazioni ed affrontare una gara nelle migliori condi-
zioni fisiche è indispensabile svolgere un allenamento mirato dove, oltre ad allenare almeno due volte a settimana ogni singola disciplina, è indispensabile imparare a svolgere il più velocemente possibile i cambi in T1 e T2 (zona di transizione nuoto-bici e bici-corsa) fondamentale per recuperare posizioni preziose nella classifica finale.
Tantissime sono le componenti ludiche e spettacolari in questo sport sia per gli atleti che per gli spettatori; Infatti il triathlon (e le sue varianti) permettono di gareggiare all’aria aperta, in gruppo, molto spesso in contesti paesaggistici splendidi (basta dare un’occhiata al calendario gare della FITRI per rendersi conto delle località che ospitano questi eventi)
ed in tutta sicurezza, visto che i bacini d’acqua sono riservati, le strade e le piste sempre chiuse al traffico e la presenza di personale medico e paramedico garantita. Infine, al termine di una gara c’è sempre la possibilità di socializzare davanti ad un bel piatto di pasta durante i consueti pastaparty. A partire dal 2016, il GSA (Grippo Sportivo Alpini) di Vicenza amplia l’offerta ai propri atleti aderendo an-
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che alla FITRI, Federiazione Italiana Triathlon, con le sue diverse distanze e discipline (Triathlon classico, Duathlon, Acquathlon e Winter Triathlon) proponendo per i propri atleti allenamenti specifici dove tutti gli atleti possono, sotto supporto tecnico, allenarsi al meglio seguendo un programma studiato ad hoc per dare il massimo di sé in questa straordinaria disciplina e creare squadra… fondamentale per appassionarsi, caricarsi a vicenda e, soprattutto, divertirsi… componente fondamentale per ottenere i migliori risultati! Il referente FITRI del GSA è Marco Rodella (marco.rodella68@gmail.com), mentre la Direzione Tecnica è affidata a Marta Carradore (marta.carradore@yahoo.it fb: outdoor training ) laureata in Scienze Motorie, poliedrica atleta che si fa valere nelle specialità del Triathlon, ma anche nello Sci Alpino (di cui è Maestro FISI), nel Nordic Walking (pure qui Maestro SINW). Come per gli altri settori del GSA, la parte medica è affidata alla dott.ssa Rita Rosin (2 donne nello staff: non sia mai detto che il GSA non applica le quote rosa). Già una decina sono gli atleti che hanno deciso di
tesserarsi in questi primi mesi di attività: un numero soddisfacente, visto anche il consistente proliferare di squadre presenti nel vicentino, ma che potrà senz’altro aumentare in futuro. Chi volesse saperne di più, può contattare direttamente Marco Rodella, il direttivo GSA (gsa@anavicenza. it) oppure entrare nel sito della FITRI: www.fitri.it La stagione sta per entrare nel vivo, alcuni dei nostri atleti/e sono già iscritti a gare di livello nazionale ed internazionale e stanno ottenendo ottimi risultati! Cosa aspettate ?? Vi aspettiamo nel Nostro TEAM!!
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storia
foto di A. Rosso, 1° Mar. F. Bellora, archivio Betasom (www.betasom.it)
E
’ il 30 luglio 1916, cento anni fa, quando il sommergibile Giacinto Pullino al comando del tenente di vascello Ubaldo degli Uberti, salpa da Venezia per la sua trentaduesima missione con l’obiettivo di attaccare le navi austroungariche ormeggiate a Fiume. A bordo, come pilota, si trova il parigrado Nazario Sauro. E’ il tramonto, ma per entrare nel Quarnaro conviene passare tra l’isola di Unie e lo scoglio della Galiola, un passaggio sicuro da attacchi nemici, anche se con forti correnti che ne rendono difficoltosa la navigazione. Quel giorno c’è pure nebbia. Alle 00.25 del 31 luglio viene avvistata una sagoma bianca sulla dritta. Ubaldo degli Uberti ferma i motori e manovra per accostare sulla sinistra, quando il sommergibile, spostato dalla corrente, si incaglia sbandando fortemente sul lato sinistro. Si cerca di disincagliarlo per tutta la notte: inutilmente. All’alba, perse le speranze di salvare l’unità, avvistate alcune imbarcazioni nemiche, si decide di distruggere la Bandiera ed i documenti. Si lanciano anche i piccioni viaggiatori. L’equipaggio abbandona, infine, il sommergibile dopo aver aperto falle per allagarlo e averlo danneggiato il più possibile. A secco sulla spiaggia c’è la barca a vela del guardiano del faro. La catturano e prendono il mare cercando di rientrare in Italia. Alle 7.30, l’imbarcazione
Cento anni fa la tragedia di Nazario Sauro a parte 7 o tic ria Ad to La Grande Guerra in al
S’incaglia il sommergibile Pullino. Nazario Sauro, a bordo come pilota, viene catturato e condannato a morte. Il comandante del sommergibile, Ubaldo degli Uberti, morirà a Vicenza ed è sepolto nel Cimitero Monumentale. viene intercettata da due unità austro-ungariche, tra cui una torpediniera, la quale, intimato il fermo con un colpo di cannone, prende prigioniero l’intero equipaggio.
* Nazario Sauro: la fuga, l’arresto e la morte L’incaglio del Pullino sarebbe stato uno dei tanti episodi di guerra, se a bordo del sommergibile non si fosse trovato Nazario Sauro. Egli, conscio del fatto che, essendo cittadino dell’Impero Austro-Ungarico, sarebbe stato giustiziato come traditore, se catturato, parte da solo alle 5.15 diretto verso sud, su di una piccola imbarcazione a remi, con poche provviste ed un’arma,
nel tentativo di raggiungere le coste italiane. Viene fermato qualche ora dopo, riconosciuto e portato a Pola per essere processato per alto tradimento. Del destino, che ha portato Sauro a morte prematura e che ha colpito tanto crudelmente i suoi familiari tra cui la madre e la sorella, le quali, per tentare di salvarlo hanno anche finto di non riconoscerlo, è stato scritto molto, per cui non ci si dilunga. Egli viene giudicato colpevole e condannato a morte. Verrà impiccato alle 19,45 del 10 agosto 1916 e sotterrato di notte, in maniera segreta, in un’area sconsacrata presso il cimitero militare. Al termine del conflitto la Regia Marina, come occupa l’Istria, riesce a sapere il luogo dove è sepolto. Provvede a riesumare la salma e ne dà sepoltura, a Pola, in forma
solenne, il 26 gennaio 1919. Con il passaggio dell’Istria alla ex Jugoslavia, la salma viene rimpatriata e le sue spoglie sono ospitate dal 9 marzo 1947 nel Tempio Votivo del Lido di Venezia. La sua lapide, tra le più grandi, si trova su una delle pareti dell’anello più esterno del piano inferiore. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’oro al valor militare, ma il suo ricordo è così sentito che non c’è città italiana che non abbia una piazza, una scuola, una via intitolata a Nazario Sauro. Nel Vicentino ne troviamo a Valdagno, Trissino, Arzignano, Montecchio Maggiore, Schio, Thiene, Asiago, Bassano del Grappa, Lonigo, Costabissara, per citare solo alcune località. Basta pensare un momento e ognuno di noi assocerà questo nome in almeno una occasione
23 della propria vita. Vicenza gli ha dedicato il ponte pedonale in ferro che attraversa il fiume Bacchiglione. Numerose anche le unità navali a lui intitolate, tra queste il sommergibile Sauro (S 518), che è visitabile a Genova nel porto antico.
* Il recupero del Pullino Ritorniamo al nostro sommergibile, una preda preziosa, che gli austro-ungarici vogliono recuperare. Il giorno stesso della cattura di Sauro, nella serata del 1° agosto il sommergibile viene disincagliato e preso a rimorchio da due pontoni che si dirigono, con la scorta di un cacciatorpediniere e di una torpediniera, verso Pola. Ma i cavi si spezzano e il battello s’inabissa a sole 1,5 miglia dalla Galiola. Sulla via del ritorno, il caccia austro-ungarico Magnet, viene silurato a poppa e danneggiato gravemente dal sommergibile italiano Salpa, inviato in quelle acque proprio per affondare il Pullino. A fine agosto altri due pontoni vengono inviati a recuperare il relitto, con la scorta di numerose torpediniere e con il supporto di bettoline ed imbarcazioni di palombari, la Regia
Marina fa buona guardia. Il sommergibile Argo li attacca con i siluri e ingaggia un combattimento con una torpediniera. Deve ritirarsi ma raggiunge il suo scopo: si rinuncia al recupero ed il relitto rimane sul fondo a 56 metri di profondità Passano tredici anni e la Marina italiana decide di organizzare una spedizione per il recupero del sommergibile che aveva ormai un grande valore simbolico. Vengono approntati pontoni, rimorchiatori, palombari che il 19 settembre 1929 partono da Pola. Individuato il relitto, si decide di imbracarlo con funi a prora e a poppa. I palombari si immergono. Terminata l’operazione alle 19,30 del 20 settembre iniziano le delicate operazioni di sollevamento per portarlo, in orizzontale, ad una quota di 20 metri. Una volta assicurato sotto il pontone, il generale del Genio Navale Boscaro fa fissare sulla parte poppiera del relitto sommerso un’asta, sulla quale viene alzata la Bandiera tricolore. Sono le 22,30: un’alza bandiera singolare e suggestivo sotto la volta stellata, di fronte al Quarnero, mentre all’indirizzo della vedova di Sauro parte il seguente radiogramma: “Dopo tredici
anni la bandiera italiana sventola nuovamente sul sommergibile “Pullino” guidato dallo spirito del Grande Martire”. Quindi il convoglio si mette in navigazione, con molte cerimonie ed alla presenza di varie autorità, fino nel porto di Pola. Qui, nel tentativo di far risalire lo scafo fino alla quota di 10 metri e rendere così possibile la sua immissione in uno dei bacini di carenaggio, uno dei cavi del pontone si spezza e il sommergibile, persi i timoni, affonda su un fondale di trenta metri. L’incidente non sembra grave e si ritiene di poter riprendere i lavori in breve tempo. In realtà passeranno due anni. Le nuove operazioni di ricupero iniziano il 21 febbraio 1931, ostacolate dal vento di bora. Un grande pontone viene rimorchiato sulla sua verticale, ma l’alta incastellatura offre troppa presa al vento, con conseguenti forti oscillazioni. I palombari dopo aver lavorato un’intera giornata, sistemano una seconda imbragatura che permette di dare il via all’operazione di sollevamento dello scafo fino ai 10 metri ed il pontone si rimette in movimento fino davanti al bacino n. 1 del Cantiere Olivi, accolto dal suono delle sirene. Ancora alcuni metri di solleva-
mento, tanto che emerge il periscopio principale e, finalmente, il sommergibile è all’interno. Vuotato il bacino, appare lo scafo in tutta la sua lunghezza coperto da incrostazioni ma pressoché intatto. Si aprono i portelli: l’interno, ancora allagato, appare annerito da una patina d’olio e di nafta, che copre uniformemente ogni cosa; il 4 marzo si inizia ad ispezionarne gli interni e a ripulirli. Scende nello scafo, tra gli altri, il sottotenente di vascello Libero Sauro, figlio di Nazario, con la speranza, ben presto delusa, di trovare qualche cimelio, qualcosa d’interessante. Le condizioni generali, salvo la nera fanghiglia, appaiono soddisfacenti: i locali si presentano in buono stato. L’apparecchio radio, solo ricevente, è distrutto, la cassaforte, intatta, ma vuota. Le stoviglie di cucina sono intatte ma i materassini e gli oggetti di corredo in cuoio sono molto malridotti. Gli strumenti nautici della torretta sono stati messi fuori uso a martellate e così pure le manovre dei tubi di lancio. Se ne deduce che contengano ancora il loro carico, infatti vengono estratti tre siluri; il quarto manca essendo stato lanciato per liberare il tubo e aprire una via di comunicazione col mare. Lo scafo esterno non ha sofferto a seguito dell’incaglio, a parte un punto sommariamente tappato dagli Austriaci ed altri squarci provocati dall’equipaggio italiano per aprire ulteriori vie d’acqua. Ma il Pullino non sembra essere d’accordo del trattamento che gli viene riservato. Il 6 marzo, mentre procede il lavoro di ripulitura, viene
aperto un locale inesplorato. E’ saturo di esalazioni di nafta che, arrivate a contatto di una fiamma libera, esplodono violentemente. Quattro uomini subiscono ustioni di primo e secondo grado. Pensando di essere di fronte ad un incendio si ordina di allagare nuovamente lo scafo. L’11 marzo, riprosciugato l’interno e portati a termine i lavori di emergenza, viene ridata acqua al bacino e il Pullino, reso galleggiante, viene riconsacrato da un cappellano, mentre i marinai presentano le armi. Lo scafo, trasportato in Arsenale, viene ormeggiato al molo carboni, quello stesso sul quale, nel 1916, era sbarcato il suo equipaggio fatto prigioniero. Cosa farne? Viene formulata più di una proposta, ma, alla fine, si decide per la sua demolizione dopo il recupero delle piastre col nome, dell’ancora e della catena, della ruota del timone e della torretta, un pezzo unico fuso in bronzo, la quale viene destinata alla città di Capodistria. Il lavoro di demolizione viene affidato alla ditta Mario Mazzola. Ma il Pullino, evidentemente, ama i fondali e tenta un ultimo disperato tuffo per sfuggire agli uomini. Il 16 luglio, dopo una libecciata in cui si verifica una marea eccezionalmente bassa, lo scafo scende fino a toccare lo zoccolo della
banchina sbandando così tanto da imbarcare acqua: le cime d’ormeggio, entrate in tensione, cedono. E’ fermato dal basso fondale sicché la parte superiore dello scafo resta visibile ad un metro sotto il pelo dell’acqua. Viene rimesso a galla e il 3 ottobre 1931 hanno inizio i lavori di demolizione senza più che si incontrino ostacoli e ponendo così fine alla singolare storia del sommergibile Giacinto Pullino, “cavallo marino scalpitante e indomabile, che invano aveva tentato di starsene rintanato nelle glauche profondità del suo elemento, quasi avesse posseduto una sua volontà incoercibile e un’anima schiva e corrucciata”(Aldo Cherini). La torretta, staccata, viene sistemata su di un basamento di bianca pietra d’Istria nel cortile interno del Ginnasio-Liceo Carlo Combi di Capodistria, città natale di Nazario Sauro, che per un breve periodo lo aveva annoverato tra i suoi alunni. Ma la mala sorte si accanisce anche contro questo monumento. In seguito all’occupazione jugoslava di quei territori, il 5 febbraio 1950 viene prima sfregiato e profanato da un gruppo di manifestanti, poi il 7 settembre 1952 le autorità locali decidono di smantellarne il basamento e di inviare la torretta in fonderia.
* L’ammiraglio Ubaldo degli Uberti a Vicenza Ubaldo degli Uberti, discendente del celebre Farinata, nasce nel 1881. E’ tra i primi Ufficiali sommergibilisti della Regia Marina. Al comando del sommergibile Pullino, viene preso prigioniero nel 1916 alla Galiola con tutto l'equipaggio ed inviato in campo di concentramento. Con la fine delle ostilità riprende il servizio, ma alla fine degli anni '20, si congeda dedicandosi all’attività di scrittore. In questa veste entra in contatto con il poeta americano Ezra Pound, di cui ne traduce le opere. Richiamato in servizio, prima dell’entrata in guerra dell’Italia, con il grado di capitano di vascello, poi contrammiraglio, gli viene affidato l’Ufficio Stampa e Propaganda della Regia Marina. Nel suo incarico di propagandista Degli Uberti ebbe come collaboratore anche
il regista cinematografico Francesco De Robertis, padre del neorealismo italiano, a sua volta ufficiale di Marina, ed il regista Roberto Rossellini. Di fatto degli Uberti per conto della Marina fu il produttore e lo sceneggiatore dei film Alfa Tau, Uomini sul fondo e La nave bianca. Fu inoltre il coordinatore dell’attività dei corrispondenti di guerra, tra cui vi erano giornalisti e scrittori quali Dino Buzzati, Alberto Mondadori, Vero Roberti e Paolo Monelli. Con l'armistizio Degli Uberti sceglie la strada del Nord. Si stabilisce dapprima a Belluno, poi a Vicenza, sede del sottosegretariato della Marina; diviene responsabile della propaganda della Marina della RSI e direttore del bisettimanale Marina repubblicana. Col trasferimento del sottosegretariato a Montecchio Maggiore, si sposta di pochi chilometri. Il 27 aprile si trova a Montecchio, Ufficiale più alto in grado. Convoca tutto il persona-
bici
e-bike
P
le per lasciarlo libero e lui stesso, assieme a un Colonnello commissario, sale in auto alla volta di Vicenza, giudicandola più sicura, Dopo circa un chilometro un posto di blocco tedesco, composto da soldati mongoli, apre il fuoco, non riconoscendo l'autovettura come amica. Il Colonnello rimane ucciso, mentre Degli Uberti ferito e con una mano asportata viene trasferito all'ospedale di Vicenza, dove muore la notte stessa. Per coincidenza, quella notte di fronte all'ospedale berico si trova suo figlio Riccardo, di ritorno dalla Germania e diretto a casa, ma sarà solo dopo alcuni mesi che verrà a sapere che, a pochi metri da lui, c'era suo padre morente. Ora l’ammiraglio riposa al cimitero maggiore di Vicenza, nell’ala dei caduti per la Patria, La tomba si trova nella parte più bassa e risente dell’umidità per cui è in cattive condizioni e con la lastra messa male. Oggi, grazie all’intervento di uno degli autori è stata fatta una pulizia, sostituiti i vecchi
fiori con dei fiordalisi blu e un nastrino tricolore ed inserita, in un supporto trasparente, una sintetica epigrafe con la sua foto. Tuttavia non è solo questo che lega il comandante del Pullino a Vicenza. Per quegli strani percorsi che spesso la vita riserva, un giorno del '44 egli sta passeggiando per Vicenza quando viene colpito dalla vista della facciata della chiesa medievale di S. Lorenzo, a due passi dalla sede del suo settimanale. La facciata ospita quattro tombe trecentesche. Sulla seconda da destra egli nota, con stupore, lo stemma della propria famiglia. Scopre così che vi è sepolto Lapo degli Uberti, anch’egli discendente di Farinata, e morto a Vicenza, esule dalla sua Toscana. La cosa lo colpisce così tanto, che alla prima occasione scrive a Ezra Pound: chissà che anch'io un giorno non debba morire qui, esule ghibellino, portato via da un vento di siepe. Un pensiero che risulterà davvero profetico e che lo stesso poeta rievocherà nel 95° dei suoi Cantos.
remetto che sono possessore di una ebike Neox modello crosser. Senza voler elencare tutti i vantaggi di una e-bike (vantaggi, per altro, gia descritti nell’articolo di Sportivissimo Luglio 2015) vorrei sfatare il concetto che con la bici elettrica non si può far fatica! Se ne può fare pochissima, poca o tanta come con una bici tradizionale! È logico, comunque, che chi sceglie una e-bike opta per le prime soluzioni altrimenti non avrebbe senso avere la batteria e spendere più soldi. 1° dimostrazione: qualunque giro fatto con una bici tradizionale e rifatto poi con una e-bike usando un pò l’auto minimo (si fa un pò meno fatica di una bici normale) e poi un pò senza l’”assistenza” della batteria (si fa un pò più fatica perché in genere una bici elettrica pesa più di una senza batteria). Quindi lo sforzo totale viene “pareggiato”. 2° dimostrazione: immaginiamo una salita lunghissima impossibile da percorrere tutta con la propria massima potenza dall’inizio alla fine. Par-
di: s.f.
tiamo quindi a “tutta birra”. Arriverà il momento (uguale nel tempo per entrambi i casi) che saremo letteralmente scoppiati sia con una bici tradizionale che con una e-bike. La differenza sta che con la seconda avremo percorso più chilometri (grazie all’aiuto della batteria) ma, in entrambi i casi, tutte le nostre energie saranno totalmente esaurite. 3° dimostrazione: Prediamo in “prestito” la formula E=MC2. Se io pedalo con una bici tradizionale, per un’ora, ad una certa velocità e, sempre per un’ora, pedalo con una e-bike ad una velocità superiore (da stabilire) lo sforzo risulta uguale applicando logicamente una determinata percentuale negativa (dovuta alla batteria) nella formula sopra citata. Per concludere vorrei fare un appello di non fare gli “sbruffoni” ai possessori di e-bike ma anche i possessori di bici tradizionali devono capire che le bici elettriche non sono motorini! Viviamo e lasciamo vivere liberi di fare la propria scelta senza tante critiche reciproche.
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trissino
Una cavalcata perfetta
di Stefano Testoni
Dall’argento regionale a quello italiano per consacrarsi poi sul tetto d’Europa in Portogallo il 29 aprile scorso.
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l gruppo New Age del pattinaggio artistico Trissino torna sul tetto d’Europa dopo 13 anni di digiuno, e lo fa col piccolo gruppo già vice campione continentale lo scorso anno e sugli scudi nelle ultime stagioni grazie anche al quarto posto mondiale di CalÏ nel 2015. Tanti allenamenti e tanti sacrifici, in terra berica con Damiano De Felice e a Trieste col coreografo Sandro Guerra. Chilometri in strada e in pista per migliorare e perfezionare una coreografia che ha saputo far emozionare pubblico e giudici. “Luce dentro”, un turbinio di emozioni e adrenalina con una musica perfetta che ha accompagnato i cambi repentini degli atleti griffati New Age Trissino saliti sul tetto europeo a Matosinhos davanti ai connazionali del Roller Team di Roma e del Division Portogruaro (iridati in carica), rispettivamente secondi e terzi. In terra lusitana l’emozione Ë stata tanta, palpabile anche davanti al maxi schermo che ha calamitato amici, tifosi e simpatizzanti trissinesi col fiato sospeso quando il New Age Ë entrato in pista per la sua esibizione europea. Cinque minuti al cardio palma, i ragazzi in pista perfetti in una sinergia da applausi, brividi allo stato puro fino al colpo di scena finale con la luce di quasi 8000 Swarovski illuminati da un led al posto del cuore, quella luce che ha illuminato
tutti. Urla, grida e anche qualche lacrima quando escono i punteggi, tutti abbondantemente sopra il 9.0 con un 9.9 che da la certezza del primo posto momentaneo che di li a poco dopo le esibizioni delle ultime due squadre diventerà certezza assoluta per un urlo liberatorio dal sapore d’oro. “Un traguardo importantissimo che ripaga dei tanti sacrifici fatti dagli atleti, dai tecnici e dalla societ‡ che lavora cercando di mettere nelle condizioni migliori possibili tutti i suoi tesserati nonostante le tante difficoltà” sono parole determinate di un felice presidente Massimiliano Voltolina, numero 1 di un gruppo di dirigenti trissinesi che lavora inces-
santemente per la crescita della disciplina in terra berica e non solo “Ora dobbiamo guardare avanti - continua - a fine ottobre l’ultimo appuntamento stagionale col mondiale a Novara. I ragazzi faranno di tutto per essere al top della forma consapevoli che battere ancora i colleghi italiani non sarà affatto facile, ma al tempo stesso sicuri delle proprie potenzialit‡ che hanno espresso magnificamente in pista nelle gare disputate. A Novara cercheremo la ciliegina sulla torta di una stagione da incorniciare,
siamo sicuri che i ragazzi sapranno ancora emozionarsi ed emozionarci”. E allora, parlando di ragazzi, ecco i nomi dei magnifici campioni d’Europa che al collo si sono messi l’oro prestigioso della rassegna continentale: Chiara Casagrande, Ilaria Cielo, Laura Dal Lago, Lucia Magon, Eleonora e Giorgia Moro, Valentina Pieropan, Laura Randon, Giovanni Rigo, Lisa Rossato, Giulia Savegnago, Filippo Scotton e Silvia Specos.
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montecchio
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Giulietta e Romeo in Bici
omenica 17 Aprile 2016 si è svolta a Montecchio Maggiore l’XC dei Castelli – Trofeo GT Trevisan, terza prova del campionato Veneto Cup e contemporaneamente prima prova del campionato Vi-Cup. L’organizzazione, affidata al Team Corratec Keit di cui Mosè Savegnago è presidente, ha dato il meglio di sé per la buona riuscita del weekend di gara. Al termine della prova l’XC dei Castelli ha suscitato grande interesse ed emozioni da parte di atleti e spettatori, lasciando tra loro il desiderio voler tornare alla prossima edizione. Si è rivelata ottima la scelta di Montecchio Maggiore per la specialità dell’XCo. Partenza dal Municipio per poi procedere in salita attraverso tratti asfaltati e sentieri caratteristici dei colli che portano verso le due rocche, famose per la loro storia letteraria e leggendaria: i Castelli di Giulietta e Romeo. Un percorso caratterizzato da vari sali e scendi, con salite talvolta ripide talvolta più scorrevoli e discese divertenti che però non permettevano agli atleti di abbassare la guardia, impegnati nella guida. Ad aspettare gli atleti in cima al colle è l’ultima discesa, che porta i concorrenti dritti all’arrivo situato sempre al centro della località vicentina, dove ad ogni giro il pubblico applaude ed incita divertito. Alle 9.30 il primo via con gli atleti Master 3-4-5-6 e le categorie femminili. Fin dall’inizio si capisce che sarà giornata di grandi di-
I “Giulietta e Romeo” 2016 sono Serena Calvetti e Domenico Valerio che hanno conquistato la prima edizione del trofeo trevisan, svoltasi a montecchio maggiore. Trionfo del team corratec keit, anche nei risultati degli atleti.
stacchi, con i quasi 300 metri di dislivello che fanno selezione e le discese, oltre che suggestive, selettive il giusto. La prima classifica assoluta a definirsi è quella femminile. Giulietta sale verso la sua rocca e conclude tagliando il traguardo in solitaria. È Serena Calvetti, atleta della società che organizza l’evento, la vincitrice della prima edizione dell’XC dei Castelli, seguita poi da Jessica Pellizzaro e Noemi Pilat che completa il podio femminile agoniste regolando Nicole Tovo.
Nelle master miglior prestazione per Ilaria Savaris, Margherita Coral vincente tra le Junior. Nel primo scaglione di gara 1, Nicola Terrin fa la differenza vincendo con netto vantaggio tra gli M3, lo stesso per Antonio Tasca tra gli M4, Moreno Bianco M5, Livio Paladin M6, Fabrizio Stefani M7. Ore 11.15: è la volta della seconda partenza. Cambiano le categorie, ma non il format di gara. Una coppia Corratec Ketit a fare subito la
selezione, composta da Michele Casagrande e da Domenico Valerio. Alle loro spalle subito “battaglia” e cambi di posizione tra i numerosi e qualificati Under 23. Nel primo passaggio l’inseguimento è guidato da Lorenzo Dal Piva, poi Eddy Zordan, rallentato da un piccolo inconveniente meccanico, sempre tra i primi e miglior under sul traguardo finale Alberto Lenzi. Anche gli Junior, come sempre non scherzano, a condurre la gara fin da subito Matteo Leaso (altro atleta di casa)
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che vincerà la categoria davanti ad Andrea Menichetti in progressione, e un ottimo Tommaso Zarantonello. Davanti, i due Corratec mantengono un sostanzioso vantaggio, sul traguardo in centro a Montecchio Maggiore è Domenico Valerio a spuntarla su Michele Casagrande. Terzo assoluto, l’under Lenzi ma podio elite completato da Nicolò Ferrazzo. I master non stanno a guardare, vincenti con buon margine Mattia Doro tra gli ELMT, Gianni Senter tra gli M1, Pietro Lunardi nella M2. Ultimo start di giornata per le giovanili, ed ancora atleti di casa in evidenza, ma non solo. Nei tre giri, tra gli allievi 2° anno primeggia nel gruppetto che se ne va subito, Aron Rojas, nei primo anno Loris Mazzucco. Uno-due tra le
ragazze allieve per Anastasia Pellizzaro e Maria Zarantonello. Un giro prima hanno concluso gli esordienti, Vittoria tra i secondo anno per Giovanni Meneghin, tra i primo per Stefano Covassin. Un giro per le ragazze esordienti e vince Erica Campagna. Al termine delle prove, nella piazzetta del Municipio di Montecchio Maggiore, il Presidente Mosè Savegnago e l’Assessore Gianluca Peripoli hanno premiato i migliori atleti di categoria concludendo così un evento di successo. L’organizzazione ringrazia i partecipanti, gli sponsor e tutti coloro che hanno contribuito all’ottima riuscita della manifestazione, invitando tutti alla prossima edizione 2017.
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piccole dolomiti
Eterno Pasubio custode di memorie, memorie di un custode di Alberto Bosa
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on erano passate ancora due settimane da quel fatidico 4 novembre 1918, giorno che convenzionalmente poneva fine alla Grande Guerra sul fronte italiano glorificando il sacrificio degli uomini del Regio Esercito, che la sezione del CAI di Schio, anticipando la Sede Centrale, si assumeva spontaneamente l’impegno di tutelare i cimiteri di guerra disseminati nella zona. Fu questa, la prima di una serie di iniziative che andarono sviluppandosi in maniera sempre crescente e che puntavano alla tutela e alla valorizzazione storicoturistica del vicino Monte Pasubio, già baluardo difensivo della 1ª Armata
italiana. Nel 1920, infatti, la stessa sezione, dimostrando di possedere una visione certamente lungimirante e precedendo questa volta le decisioni governative, dichiarò il Pasubio Zona Sacra e promosse una serie di visite della memoria e pellegrinaggi la cui tradizione prosegue ancora oggi con grande partecipazione di autorità e di gente comune. L’ufficialità arrivò nel 1922, quando un Regio Decreto del 29 ottobre (il giorno successivo alla “marcia su Roma”), sanciva la consacrazione della parte sommitale del massiccio montuoso. Il Pasubio, quindi, assieme al Monte Grappa, al San Michele e al Sabotino, avrebbe avuto l’onere
e l’onore di riassumere e di tramandare la storia delle atrocità, delle sofferenze e delle fatiche vissute da centinaia di migliaia di uomini su un fronte di guerra che si era sviluppato per oltre 600 km, dallo Stelvio fino al mare. Un’area di ridotta estensione, dunque, ma simbolo e sintesi di quegli anni in cui si era consumata una delle grandi tragedie della prima guerra mondiale e dove si erano svolte azioni determinanti per le sorti del conflitto. Insomma, un vero e proprio monumento della Patria. La solenne istituzione della Zona Sacra prevedeva la delimitazione della stessa con 30 cippi, tuttora visibili, collocati all’incirca sulla curva di livello dei 2100 m s.l.m. attorno alle posizioni del Palon e del Dente Italiano, sui quali vennero scolpiti, indelebili, i nomi di tutti i reparti italiani che prestarono servizio su quella montagna così carica di simboli e di storia. Il progetto prevedeva an-
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Rifugio A. Papa
che la costruzione di un rifugio militare destinato ad ospitare il custode, i cui lavori vennero condotti sulla cresta del Cogòlo Alto nonostante il parere sfavorevole della locale sezione CAI, che aveva individuato nei pressi dell’odierno rifugio Papa il luogo più adatto. I costi per realizzare l’opera, collocata in una zona disagiata e difficilmente accessibile, furono ingenti e, come il CAI aveva previsto, del tutto inutili poiché il rifugio militare rimase inutilizzato e la Zona Sacra fu oggetto in più occasioni di atti di vandalismo. Questi deplorevoli sviluppi, accompagnati dal degrado naturale di cimeli e manufatti, indussero nei primi anni ‘30 la sezione CAI ad inviare alla Sede Centrale una sorta di appello affinché fossero sensibilizzate le massime autorità competenti verso un intervento urgente di risanamento e di protezione dei luoghi. La proposta del CAI prevedeva di incaricare il gestore del rifugio Papa, un ex combattente, di custodire la Zona Sacra dietro un modesto compenso, e di ricavare all’interno del rifugio militare a Cogòlo Alto un piccolo museo da
utilizzare anche come ricovero per i visitatori in caso di maltempo. Nel frattempo, considerando che le vie d’accesso e d’ascesa andavano degradandosi per mancanza di manutenzione, l’Ente Provinciale per il Turismo di Vicenza si attivò con la certezza che il monte avrebbe presto acquisito un grande valore storico e turistico. Alcuni interventi interessarono allora il rifugio a Porte del Pasubio, dedicato agli eroi dell’omonima montagna. L’edificio, dopo i restauri compiuti anche per mano di diversi reduci della brigata Liguria, venne intitolato alla memoria di Achille Papa, il generale che aveva comandato la stessa brigata Liguria e che aveva trovato la morte sull’Altopiano della Bainsizza nel 1917. Da allora sono passati circa cent’anni e la storia si è incaricata di dare ragione a coloro che si erano prodigati per la salvaguardia di questi luoghi sacri alla memoria.
34 Qui un secolo fa si infrangeva l’illusione di una vittoria vicina, di una guerra celere e poco dolorosa. Qui fu arginata dai soldati italiani - molti dei quali lasciarono la vita tra queste rocce - la Strafexpedition: l’offensiva di primavera austriaca che per poco non determinò il crollo totale delle linee poste a difesa del trentino meridionale. E qui migliaia di giovani in armi dovettero affrontare, oltre ai cannoneggiamenti e alle mine austro-ungariche, uno degli inverni più rigidi e nevosi degli ultimi secoli. Qui altri militari, ingegneri, minatori e zappatori costruivano con sforzi sovrumani ricoveri e trincee, mulattiere e strade tra guglie e rocce dolomitiche, là dove nemmeno gli uccelli osano nidificare. Ma il Pasubio, oggi, non è una mèta conosciuta e pre-
stigiosa solo per il suo indiscusso valore storico. La sua variabilità ambientale e il suo pregio naturalistico, infatti, hanno fatto si che questo rilievo sia stato inserito nelle aree da tutelare a livello comunitario. Si tratta di una rete ecologica europea che costituisce un vero e proprio sistema di aree naturali protette, la cosiddetta Rete Natura 2000 che, grazie all’individuazione dei SIC (Siti di Interesse Comunitario) e delle ZPS (Zone di Protezione Speciale), mira alla conservazione della biodiversità e al mantenimento di specie della fauna e della flora rare o minacciate. I siti e gli ambienti da scoprire in Pasubio, dunque, sono così attrattivi e numerosi che una nuova figura di “custode-guida” viene oggi riproposta.
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laghi g di Dorino Stocchero
XV festa del cacciatore
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opo quattordici edizioni l’associazione Faunambiente in collaborazione con il circolo UNCZA montagne vicentine ha organizzato quest’anno la quindicesima Festa del Cacciatore di Montagna – Gara di Tiro trofeo Deerhunter riservata ai cacciatori che utilizzano fucili a canna rigata e che rientra nel circuito armi e tiro. La gara si è svolta nei giorni 11 e 12 Giugno 2016 in località Lunardelli nello splendido scenario del comune di Laghi in un luogo con due suggestivi laghetti e dalle magnifiche montagne che lo circondano. Erano ammessi alla gara tutti i cacciatori e tiratori muniti di porto d’armi per difesa , tiro a volo e caccia con tassa concessione governativa e assicurazione validi, ogni cacciatore doveva prendere visione e al rispetto del regolamento esposto sul campo dall’organizzazione. Il regolamento era adottato in sintonia alle direttive fissate da armi e tiro. Le categorie erano suddivise in: cacciatori, libera, open, ex ordinanza, varmint-unter e faunambiente-uncza-cacciatori di selezione. Nella categoria armi e tiro Cacciatori, Libera, Open, Ex Ordinanza ,Varmint-Hunter e Faunambiente-Uncza-cacciatori di selezione, erano ammesse le armi standard a canna rigata e le caratteristiche tecniche delle armi dovevano essere le medesime con le quali i fucili e le carabine avevano ottenuto l’inserimento nel Catalogo Nazionale delle Armi. Nella categoria Ex Ordinanza
GARA DI TIRO CON LA CARABINA “Circuito armi e tiro TROFEO DEERHUNTER ” erano ammesse tutte le armi prive di ottica purché di serie, con l’obbligo di essere esclusivamente in configurazione originale come erano in dotazione agli eserciti regolari nazionali ed esteri non oltre l’anno 1945. Lo scatto non doveva essere inferiore a Kg 1,5 e in due tempi. Non era ammessa diottra sul modello Carl Gustaf. I calibri ammessi erano quelli consentiti dall’attuale legislazione sulla detenzione e il porto d’armi (carabine, combinati e basculanti). Le ottiche dovevano avere al massimo otto ingrandimenti con bloccaggio obbligatorio a tale valore per i cannocchiali con ingrandimenti variabili . La posizione di tiro era libera (da seduti o sdraiati), mentre la scelta del numero degli appoggi era a descrizione dell’organizzazione di ogni singola gara. In ogni caso non erano ammessi appoggi proposti dai tiratori. Il peso complessivo dell’insieme arma-ottica-anelli doveva essere minore o uguale a 4.500 grammi (con tolleranza massima ammessa di 100 grammi).Le armi che partecipavano alla categoria Armi e Tiro
Cacciatori dovevano essere prodotte con componenti destinate alla produzione di serie. Non erano ammesse personalizzazioni o modifiche , fatta eccezione per il bedding e l’accuratizzazione dello scatto (che non consista in interventi di aggiunta o sostituzione di parti a eccezione delle molle). A tutti i partecipanti del-
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la categoria Ex Ordinanza era consentito sparare dieci colpi su unico barilotto tenendo conto degli 8 tiri migliori rispetto il centro, a parità di punti, venivano prima conteggiate le mouche e a parità di mouche, per differenziare la classifica si calcolava la distanza del colpo “peggiore “ dei cinque al centro del target: tutti i bersagli con più di 10 colpi venivano annullati. Mentre a tutti i partecipanti delle altre categorie era consentito sparare cinque colpi su barilotti numerati dal n°1 al n°5, più i tiri di prova su apposito barilotto contrassegnato con la lettera “P”; il tempo massimo a disposizione di tutti i tiratori era di otto minuti e i bersagli erano posti a circa 150 metri dal punto di tiro. Le piazzole di tiro, numerate e coperte, erano costituite da tavoli e tutte le categorie sparavano appoggiandosi su sacchetti di sabbia forniti dall’organizzazione. Il risultato dei centri era misurato a punti. Quest’anno oltre alle 16 piazzole predisposte per il tiro in gara su sagoma a 150 metri, sono state preparate: 3 piazzole per il tiro con distanza 25 metri, prova obbligatoria necessaria per l’abilitazione del prelievo della specie cinghiale; 3 piazzole per il tiro con distanza 100 metri, prova obbligatoria necessaria per esercitare la caccia di
selezione sugli altri ungulati di cui è previsto un piano di prelievo. Detta obbligatorietà viene richiesta dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). La gara si è svolta in due giornate il sabato 11 con cattive condizioni atmosferiche, mentre la domenica 12 con tempo variabile abbastanza soleggiato. La manifestazione ha avuto un buon successo anche per la massiccia partecipazione dei tiratori provenienti, oltre che dalla Provincia di Vicenza, anche e sopratutto da altre Province e Regioni. L’edizione ha avuto una perfetta realizzazione grazie all’ottima organizzazione della gara, promossa dai collaboratori di Faunambiente , del circolo uncza montagne vicentine e di tutte quelle persone che collaborano e sostengono nel mantenere viva una passione che ha ragione di esistere solo se guidata dalla responsabilità e da una grande attenzione alla gestione dell’ambiente e della fauna selvatica. Sul campo gara è stato predisposto un ricco stand gastronomico gestito dalla pro loco di Posina. A fine manifestazione i primi cinque tiratori classificati in ogni singola categoria sono stati premiati con ricchi premi.
categoria cacciatori
1. Lissa Leopoldo 2. Sandona’ Renato 3. Volpe Renato 4. Tacchini Stefano 5. D’assie Elio
Punti 50 Con 2 Mouche 13 Mm 12 Mm Punti 50 Con 2 Mouche 15 Mm 12 Mm Punti 50 Con 2 Mouche 16 Mm 12 Mm Punti 50 Con 1 Mouche 14 Mm 10 Mm Punti 50 Con 1 Mouche 15 Mm 13 Mm
categoria libera
1. Tescari Mariliano 2. Dal Pian Roberto 3. Tacchini Stefano 4. Marino Luigi 5. Del Tito Francesco
Punti 50 Con 4 Mouche 5 Mm 9 Mm Punti 50 Con 4 Mouche 7 Mm 4 Mm Punti 50 Con 4 Mouche 7 Mm 5 Mm Punti 50 Con 3 Mouche 7 Mm 5 Mm Punti 50 Con 3 Mouche 9 Mm 5 Mm
categoria faunambiente 1. Piazza Virgilio Punti Totali 50 Con 1 Mouche 2. Lorenz Luciano Punti Totali 50 Con 0 Mouche 16Mm 12 Mm 3. Maran Renato Punti Totali 50 Con 0 Mouche 15 Mm 13 Mm 4. Longhi Claudio Punti Totali 49 Con 2 Mouche 5. Meneguzzo Orfeo Punti Totali 49 Con 0 Mouche categoria ex-ordinanza
1 Filippin Luciano Punti Totali 80 Con 6 Mouche 2. Dalla Riva Mario Punti Totali 80 Con 5 Mouche 3. Camazzola Giuseppe Punti Totali 80 Con 4 Mouche 27Mm 4. Dal Molin Silvio Punti Totali 80 Con 4 Mouche 31Mm 5. Cavedon Giovanni Punti Totali 80 Con 3 Mouche categoria open
1. Vanzella Enrico Punti Totali 50 Con 4 Mouche 2. Tescaro Mariliano Punti Totali 50 Con 3 Mouche 7Mm 5 Mm 3. Damiani Cesare Punti Totali 50 Con 3 Mouche 7Mm 6Mm 4. Dal Col Silvano Punti Totali 50 Con 3 Mouche 13Mm 10Mm 5. Vanzella Francesco Punti Totali 50 Con 2 Mouche categoria Varmint-Hunter 1. Cagol Ivan Punti Totali 50 Con 3 Mouche 2. Del Tito Francesco Punti Totali 50 Con 2 Mouche 3. Piazza Virgilio Punti Totali 50 Con 1 Mouche 9 Mm 10 Mm 4. Puntil Diego Punti Totali 50 Con 1 Mouche 15 Mm 9 Mm 5. Longhi Claudio Punti Totali 49 Con 1 Mouche
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montecchio
Passione cavallo Porte aperte all’Horse Club Boschetto
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ome ogni anno, in questo periodo, domenica 8 Maggio all’Horse Club Boschetto ha preso luogo la festa sociale. Una giornata all’insegna del divertimento ma anche un resoconto di tutto il lavoro svolto con passione e dedizione dagli istruttori e dagli allievi del maneggio. La giornata è iniziata con una bellissima esibizione dove giovani cavalieri e amazzoni si sono esibiti in un’emozionante carosello in sella ai loro bravissimi pony, che con musica e tecnica equestre fuse assieme, hanno fatto
danzare otto cavalli con ritmo e precisione, facendo commuovere parecchie persone! Questo è solo l’inizio… Infatti la mattinata prosegue con le gare dei principianti: emozione e agitazione la fanno da padroni ma alla fine di ogni percorso c’è la gioia di aver portato a termine una grande impresa e la soddisfazione di avercela fatta! Poi un po’ di pausa e si pranza tutti assieme: amici e parenti tutti nel grande giardino adiacente alla Club House, quasi come
un tempo quando tutti si riunivano intorno ai tavoli in quelle splendide giornate di primavera tanto attese per tutto l’inverno. Il pomeriggio riprende con la ripetizione dei caroselli ma poi è il momento dei più esperti che con grinta e tenacia si sfidano nelle varie categorie di salto ostacoli, fino ad arrivare all’ultima categoria denominata “open” dove i pochi cavalieri in grado di parteciparvi sembrano toccare il cielo. Nel frattempo, nel campo adiacente, una grande opportunità per tutti gli ospiti, IL BATTESIMO DELLA SELLA, e così grandi e piccini che mai avevano provato prima, hanno potuto vivere l’ esperienza di salire su un cavallo! Insomma una gran bella giornata e una gran bella festa, dove nulla è lasciato al caso, un’organizzazione perfetta che solo chi con molti anni di esperienza può fare, infatti è nel 1998 che nasce a Brendola la scuderia Boschetto, una piccola ma importante realtà
39 che nel 2010 si trasferisce a Montecchio Maggiore trasformandosi nell’Horse Club Boschetto. Il nome deriva da Tomas Boschetto, il proprietario, uomo a prima vista schivo, ma per chi lo conosce, dal cuore grande e gentile che con tanta passione sta dedicando la sua vita al suo lavoro e al suo maneggio. Nel 2007 arriva Giovanna Ferrari e anche lei decide di dedicare la propria vita ai cavalli. Il connubio è vincente infatti in breve tempo l’Horse Club Boschetto diventa un’importante realtà riconosciuta e premiata dalla Federazione Italiana Sport Equestri. All’avanguardia in termini di servizi, il maneggio vanta un grande e importante PONY CLUB, tutto dedicato ai bambini: scuola pony, pony games, centri estivi a cavallo, feste di compleanno, mattinate in scuderia, piscina, parco giochi e non per ultima una bellissima fattoria con asini, caprette, pecorelle, maialini galline e colombelle. L’atmosfera che si respira all’Horse Club Boschetto è serena, piacevole e rilassante, la natura fa da padrona e gli animali da sovrani, la gentilezza delle persone è sorprendente, la bellezza del posto, la pulizia e la cura degli animali, l’organizzazione delle attività e la qualità degli allievi
di tutte le età non passa di certo inosservata. Tutta questa sintonia armonica tra persone ed animali è il riflesso dei due gestori ed istruttori Tomas e Giovanna che con la loro passione sono riusciti a creare un ambiente magico alla portata di tutti, un ambiente ormai distante da un’equitazione elitaria di derivazione militare dove regole, disciplina e disponibilità economica la facevano da padroni. Giovanna con la sua scuola pony e cavalli mette le basi per diventare dei bravi cavalieri, insegnando con tanta passione a bambini, ragazzi ed adulti a rapportarsi con gli animali. Il suo metodo d’ insegnamento è molto efficace, veloce e divertente e la parola chiave è “SICUREZZA” . Tomas invece dedica le sue giornate a chi, più esperto ha già acquisito coordinazione motoria, sensibilità nella mano e un sistema muscolare forte e completo. Il suo lavoro non ha fine perchè giorno dopo giorno con i suoi allievi va alla ricerca della perfezione e ci si allena per fondere in un unico corpo cavallo e cavaliere. Con lui si parla di tecnica, disciplina e allenamenti ma senza mai mettere in secondo piano le esigenze del nostro grande, unico e insostituibile amico: IL CAVALLO!
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recoaro
L’importanza di chiamarsi CIMBRE “Le dolomiti cimbre”, UN MARCHIO DI CULTURA di Maurizio Paiola foto di Roberta Battaglia e di Daniele Vendramin
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on si sono ancora spenti gli echi della memorabile serata del 27 maggio titolata “Piccole Dolomiti Crescono”, organizzata dalla neonata Associazione Rekubele presso l’Auditorium comunale di Recoaro Terme che, contando sulla presenza in primis di Mauro Corona ed altri ospiti quali Manlio Soldà, Vito Massalongo, Gianni Bisson, Davide Peron ed il suo gruppo musicale (Giovanni Forestan ai fiati, Sandro Filippi al basso, Andrea Ballarin alla chitarra) sul sostegno del Giornale di Vicenza e sul patrocinio del Comune recoarese, ha registrato un “sold out”; e già ci si interroga su come proseguire nellÐoperazione di promozione e di “crescita” di questo splendido territorio montuoso già oggetto di fattiva proposta nell’ambito della serata-evento. Consiglia un vecchio adagio “battere il ferro finché è caldo" ed è questo l'obiettivo che l'Associazione Rekubele intende perseguire, convinta della bontà dell’idea avanzata, un’idea per certi versi singolare ma tendente a costituire la premessa per un nuovo corso, capace di riunire l'interesse di entità pubbliche e private in azioni strutturali, complementari e sinergiche finalizzate al rilancio socio-economico
di questa parte dell’Alto Vicentino. Nel formulare la proposta ci si è dapprima confrontati con una realtà difficile da decifrare se non attraverso considerazioni che nulla di organico e/o organizzato è stato a
gruppi montuosi con il termine Piccole Dolomiti, richiamandosi alle sorelle maggiori, le Dolomiti, in quanto anch’esse costituite da dolomia ma inferiori per altitudine. Una denominazione comparativa
tutt'oggi pensato in termini di tutela e valorizzazione; non sono bastate due Regioni (Veneto e Trentino), tre Provincie (Verona, Vicenza, Trento) e una miriade di Comuni a far nascere azioni concertate e sostenibili a ciò finalizzate. Sono passati novant’anni da quando Francesco Meneghello, nel dar conto nel Bollettino del CAI dell’ottobre 1925 di alcune ascese su queste montagne da parte di scalatori vicentini, denominava tali
quindi che nulla definisce se non la quota altimetrica che relega un interessante e peculiare ambiente ad una dimensione ridotta e poco attrattiva. Non si può rimanere "bocia" per tutta la vita: Rekubele depositando un marchio, caratterizzato da una parte grafica che fa riferimento agli elementi costitutivi e peculiari di questo territorio (prati, coltivi, boschi, cime ed acqua) e dalla scritta Dolomiti Cimbre, ha inteso sostenere una
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indubbia operazione culturale che recupera storia, tradizione e valenza ambientale, riconoscendo a quest’area montana la dignità e l'identità che gli è propria, fornendo nel contempo un utile strumento per le Istituzioni e per gli “addetti ai lavori” per potersi sentire accomunati in operazioni di valorizzazione sotto un unico marchio che guarda ben al di là dei singoli crinali. Oggi più che mai siamo consapevoli del significato intrinseco che un marchio incorpora, in quanto defi-
nisce "chi siamo" attraverso l'espressione di un insieme di valori e attributi codificati nel tempo, tanto da divenire importante “risorsa culturale”: ora cime, vallate, contrade i cui toponimi sono Tunche, Plische, Senebele, Bafelan, Carega, Ristele, Mesule, Gramolon, Luna, Merendaore, Creme e mille ancora, altro non possono che essere ricompresi a pieno titolo nella denominazione DOLOMITI CIMBRE. Una terra di mezzo, collocata tra i 7 Comuni
dell’Altopiano di Asiago e i 13 Comuni del Veronese di riconosciuta appartenenza cimbra, che completano ed avvalorano la connotazione territoriale proposta. Può sembrare banale pensare che il semplice cambio di denominazione da Piccole Dolomiti a Dolomiti Cimbre possa costituire da solo il sicuro strumento di rilancio di queste montagne e relative vallate, tuttavia siamo tutti consapevoli dell’importanza di chiamarsi Ernest.
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sub
Attività sportive remiere
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giugno 2001, ore 10.00, quindici anni fa. E’ sabato e siamo in via Giuriato, a Vicenza. Dodici vogatori, a bordo di una scialuppa si lasciano andare alla corrente del fiume Retrone e fanno forza sui remi. Inizia così il raid remiero In barca a remi da Vicenza - Trieste. Dopo la Vicenza a Trieste discesa dei fiumi Retrone e Bacchiglione l’itinerario prosegue per le vie d’acdi Antonio Rosso e Pino Fabrello qua interne fino a Padofoto di Delfino Sartori va, Venezia, Caorle, Grado, Lignano, Punta Sdobba e il bacchiglione quindi affrontare la traversata del golfo di Trieste fino a Duino ed al porto di Trieste. Il raid, coordinato dall’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, è nato dall’idea di uno degli scriventi, delegato regionale ANMI, di ripercorrere l’analogo percorso compiuto nel lontano la barca 1922, dai soci vicentini della GEI è di verificare, contemporaneamente, lo stato dei fiumi, dei canali e delle lagune attraversate. Nel 1922 la partenza era avvenuta il 1° agosto alle 2.00 di notte. La baleniera Da-
rio, comandata da Mario Dall’osso e Mario Bratto aveva lasciato Borgo Berga per cominciare la discesa, a remi, del Bacchiglione e arrivare a Trieste in undici tappe. Il gruppo degli undici vogatori della società Giovani Esploratori Italiani, aveva inteso vivere questa impresa come un’avventura ed un modo per rendere visibile la loro associazione. Ora la proposta dell’AMNI di ripercorrere lo stesso itinerario è considerata come un modo per non perdere la memoria di questo itinerario che, in un tempo non molto lontano, era una normale via di comunicazione per merci e passeggeri. Le lagune ed i canali erano navigabili e le imbarcazioni risalivano i fiumi trainate da cavalli e da uomini. L’entusiasmo è alle stelle e vengono creati un comitato d’onore ed un comitato tecnico sia a Trieste che a Vicenza, incoraggiando ogni manifestazione collaterale. La stessa Regione Veneto fornisce il suo patrocinio. Il Comitato vicentino inclu-
de il Comune, la Provincia e l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Determinante risulta la collaborazione del Dott. Daniele Andreose, Capo di Gabinetto del Sindaco di Vicenza che si fa carico di coordinare il necessario supporto da parte delle Amministrazioni.
L’imbarcazione e l’equipaggio L’imbarcazione è una scialuppa di salvataggio, dal peso di 800 chilogrammi, messa a disposizione dall’Istituto Tecnico Nautico di Trieste Tomaso di Savoia Duca di Genova. La barca è pesante, difficile da manovrare, ma si guadagna presto il nome di Tenacia così come il suo equipaggio per la costanza nel procedere. Gli uomini della ciurma non sono, infatti, dei provetti vogatori. Vengono da tutta la provincia, chi di mestiere fa l’artigiano, chi l’operaio, chi il pensionato, chi l’imprenditore: ci sono anche due studentesse univer-
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la partenza
Venezia arrivo a Trieste
sitarie. Alcuni il mare lo vedono per la prima volta. L’allenamento si svolge dopo l’orario di lavoro, al lago di Fimon, per un intero mese.
Il raid Dopo la festosa partenza, chi credeva di andare ad una passeggiata deve ricredersi. Giorno dopo giorno, per otto giorni con tappe a Padova, Venezia, Carole, Lignano, Grado, Duino si scoprono le mille insidie del fiume Bacchiglione da anni abbandonato a se stesso, il caos delle imbarcazioni nella laguna di Venezia, la spinta delle correnti nell’attraversamento del Piave, la forza della bora nel tratto da Cortelazzo a Caorle, il moto ondoso a Monfalcone a causa di un fortunale e il calore del sole che brucia i visi, quando non c’è altro. A questo vanno aggiunti gli infortuni come slogature e fratture dovute a cadute in barca che mettono a dura prova tutti, comandante compre-
so il quale, fin dall’inizio, ha navigato con una lussazione ad un polso per una caduta in barca nel superamento di una rapida sul Bacchiglione. E che dire di Giuseppe, con una frattura ad un dito e di Sergio con una distorsione ad una caviglia e dell’addetto stampa Delfino, autore delle foto di questo articolo, acciaccato da un colpo ricevuto alla schiena durante l’attracco per la bora che spazzava via la barca, che non hanno perso un colpo. L’umore rimane sempre buono anche se sono dieci le ore di navigazione in media al giorno. Numerosi i politici che accolgono gli equipaggi. A Venezia fa gli onori di casa il Presidente della regione alla presenza del Sindaco di Vicenza. Ma lungo il percorso sono centinaia le autorità
persone che applaudono con comitati spontanei di benvenuto. La protezione civile di Vicenza, con un mezzo a terra, segue in continuazione il raid, pronta ad intervenire. E’ presente anche un servizio medico ed un servizio di assistenza tecnica per riparazioni; in mare l’assistenza è fornita da una imbarcazione da 10 metri e da un gommone. Si arriva così a Duino dove i canottieri della locale sezione accompagnano la Tenacia fino al molo di Trieste, arrivo che avviene alle 13.00 in punto. E’ lo stesso Sindaco di Vicenza Dott. Enrico Ulvech, accompagnato dal Presidente Na-
Debba, il salto
zionale ANMI, Ammiraglio di Squadra Silverio Titta, a sbarcare con la Bandiera di Vicenza decorata di due medaglie d’oro al V.M. La Bandiera è portata personalmente dal Com.te della spedizione. A riceverla in Capitaneria di Porto è l’Ammiraglio Com.te assieme agli Ufficiali, Sottufficiali e Marinai, schierati in alta uniforme. Attorno, centinaia di persone giunte per applaudire i partecipanti che si sono finalmente potuti dedicare, anch’essi, ai festeggiamenti ed alle libagioni. Lo scopo di accendere un riflettore sui fiumi e canali che da Vicenza portano a Venezia e Trieste e capire lo sede Vicenza
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valdagno stato dei fiumi, soprattutto del Bacchiglione, è stato raggiunto. Oggi sappiamo che il Bacchiglione fino a Padova è ridotto a un corso d’acqua dove detriti, alberi e altri ostacoli spesso ne bloccano in passaggio. Confrontando la documentazione del raid di quindici anni con le conoscenze di oggi, emerge che la situazione del fiume non sembra cambiata: c’é molto da lavorare
Prossimo appuntamento Vicenza - Ravenna Un’impresa sportiva oggi, non è più solo la dimostrazione di una prova di forza o voglia di avventura, ma soprattutto un desiderio di essere partecipi di un evento che possa modificare in meglio quanto ci circonda. Per tale ragione l’ANMI sta cercando di organizzare un raid Vicenza - Ravenna. Altre vie d’acqua e altre città, ma ugualmente ricche di storia. La speranza dei Marinai d’Italia Vicentini è che grazie a imprese sportive come queste, si possa parlare degli ambienti acquei e di diffonderne il rispetto e di non dimenticare mai le nostre antiche vie d’acqua, che sono anche le nostre radici.
I partecipanti
di Carlo Nieddu
Che forza quella squadra
Il gruppo del 2001: Comandante spedizione: Pino Fabrello Aiutante di bordo: Gino Trombetta Giornalista al seguito: Delfino Sartori Cameraman: Claudio Timoniere: Michele Pizzato Equipaggio Delfini: Aldo Basso, Paolo Benati, Angelo Campagnolo, Mariano Cecchetto, Giovanni Comi, Luciano Fabrello, Giovanni Faccin, Mario Fioravanzo, Manrico Fontana, Andrea Guerra, Marco Pozzato, Giancarlo Ramon, Ismaele Rasotto, Giampietro Tasso, Sergio Zoccarato. Equipaggio Piragna: Angelo Baccarin, Walter Forte, Franco Franceschetto, Mario Milan, Gianni Moretto, Alvaro Munaretto, Aureliano Paccagnella, Ruggero Pettinà, Mauro Pettinà, Nevio Ponte, Walter Pozza, Amel Roccagnelle, Barbara Zambra, Nico Ziggiotto. Equipaggio Squali: Orazio Bedin, Paolo Bedin, Cristina Cegalin, Fabio Cucchelli, Giuseppe Fanton, Marco Marchiorato, Lele Miggiano, Claudio Paoletto, Riccardo Repele, Agostino Rossi, Valentino Trevisan, Francesco Trevisan, Nicoletta Zambra, Stefano Zambra.
Il gruppo del 1922: Dario Dall’Osso, Mario Baratto, Romano Munari, Guido Capitanio, Giovanni Borgia, Attilio Tosato, Mario Campedelli, Cesare dal Pozzo, Mario dal Pozzo, Pietro Vettori e Valentino Ceccon.
Strepitosa impresa dell'Hockey Valdagno 1938 Under 20 che conquista il titolo di Vice Campione Italiano della Categoria.
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Nessuno ci credeva” 5 Giugno 2016... una data da ricordare , un trionfo da festeggiare...... Sì perché di trionfo bisogna parlare, quello dei ragazzi dell'Hockey Valdagno 1938 Under 20, che si sono aggiudicati il titolo di Vice Campioni Italiani della Categoria U20. Nello scorso week end a Follonica (Grosseto), si sono assegnanti gli scudetti 2015-2016 Hockey Pista, 300 tra i migliori atleti italiani delle categorie Under13, Under 15, Under 17 e Under 20, il Torneo Nazionale più ambito dai Club D'Italia. A testimoniare la qualità del Torneo è stata la presenza sulle tribune di numerosi dirigenti e allenatori, anche di club della massima serie, alla ricerca di campioni di domani. Torniamo ai ragazzi del Valdagno che gli spetta il Girone più angusto, sembra quasi un girone dantesco più che altro. Devono confrontarsi con squadre forti e capaci come la neo promossa nella massima serie Sabe Correggio, il Forte dei Marmi e per finire L'Azzurra Novara. La prima che incotrano sul cammino è il Correggio di Mister Barbieri, atleti capaci ad attirarti in inganno per poi traghettarti all'inferno ed infilzarti il goal.
I Valdagnesi non ci stanno e da squadra sfavorita compie il miracolo dettando le regole del gioco e vincendo la partita per 3 reti a 2. Lo spirito dei ragazzi è a mille, ancora increduli del meritato risultato si ritirano al Villaggio che li ospitano per rifocillarsi e curarsi le ferite, la battaglia è solo all'inizio. Il mattino seguente si corre subito in farmacia per rifornirsi del necessario alla cura dei crampi... Si fa uso anche di metodi antichi, come impacchi di argilla e sale per smorzare i dolori ai muscoli del guerriero Tommaso Marchesini che assieme ai suoi compagni ha dato anima e cuore per la maglia che indossa. Nessuno ci credeva..... Li attendono un'altra partita, un'altra squadra forte, Il Forte dei Marmi allenata dal pluri decorato e campione Pedro Gil. Il Ct del Valdagno Grigolato Mirco non si lascia intimidire e schiera in campo la corazzata Potemkin; Marchesini Tommaso, Rigon Luca, Guiotto Fabio, Zambon Filippo tra i pali Nieddu Luca. I ragazzi di tanto in tanto vengono sostituiti da Visonà Renato, Spagnolo Davide. Iniziano a saziare la loro fame di goal, vincendo la partita, seppur durissima, per 4 reti a 3. Che dire la tenacia di questi ragazzi, con una partita
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di anticipo si aggiudicano il girone di qualificazione mandando a casa una delle squadre favorite, come il Forte dei Marmi. Il coach esulta ed esorta i giocatori tutti a tirar fuori i denti, ce la possono fare con la loro determinazione. Nessuno ci credeva... Tranne il Mister, Grigolato Mirco che in soli 30 giorni è riuscito a mettere i tasselli al proprio posto per far sì che la squadra fosse al di sopra di ogni aspettativa. Siamo alla semifinale. La partita contro il Novara affina i ragazzi per la partita della semifinale, tra i pali Brentan Andrea in campo Visonà Renato, Marchesini Tommaso, Visonà Christian e Piccoli Nicola. A pochi minuti dalla fine siamo in vantaggio per 3 reti a 1, purtroppo gli astri non sono a nostro favore e per qualche fallo di troppo e un rigore il risultato si ribalta a 4 reti a 3 per il Novara. Nessun problema per i ragazzi, ora la concentrazione è tutta sulla semifinale contro il Bassano di che da lì a poco dovranno incontrare. Un Bassano dai toni accesi con giocatori dalcalibro di Milani, Sgaria ai pali, giovane promessa della nazionale. La partita non gira come dovrebbe e i ragazzi sono sotto di 3 reti a 1. I Valdagnesi non mollano e a 2 minuti e mezzo dalla
fine arriva lo stupendo ed acrobatico goal di Davide Spagnolo che accorcia le distanze. La partita torna in gioco, pensate un po', a 5 secondi dalla fine dei tempi regolari arriva il goal del nostro guerriero Tommaso Marchesini. Si va ai tiri di rigore. Nieddu Luca il portiere Valdagnese protegge la porta a spada tratta e non fa passare nemmeno una pallina, non è così per il povero Bruno Sgaria del Bassano che per ben 3 volte lascia passare i tiri potenti dei nostri. Nel palazzetto dove si è disputata la semifinale si sente un boato, il tifosi del
Valdagno esultano di gioia e festeggiano i loro giocatori. In campo si vedono lacrime e urle di gioia, SIAMO IN FINALEEEE!!!!!!! Nessuno ci credeva... Tranne il coach e a questo punto tutta la squadra... In finale ritroviamo il Sabe Correggio ancora più determinato che mai, i Valdagnesi sono convinti di potercela fare. Purtroppo non è così, dopo 40 minuti di duro gioco da parte di entrambi le squadre la meglio ce l'ha il Correggio che la spunta per 2 reti a 1, goal bellissimo fatto da Rigon Luca che ha rimesso in gioco la partita la quale, però, deteriorata dai falli avversari e mai visti dagli arbitri... altra parttita questa... finisce a svantaggio del Valdagno. Non importa, ragazzi, siete Vice Campioni D'Italia e è un risultato strepitoso e meritato. Bravi tutti: Tommaso Marchesini, “il guerriero”; Zambon Filippo, “lo stratega”; Davide Spagnolo, “il cecchino”; Rigon Luca, Guiotto Fabio, Visonà Renato, Piccoli Nicola, “il Dj del gruppo” ; Visonà Christian, “il filosofo” e “le serrande” Nieddu Luca che assieme a Brentan Andrea ha diffeso la porta... Grazie di cuore ragazzi, abbiamo trascorso dei giorni fantastici, ci avete fatto sognare.. Un grazie al signor Grigolato Mirco “il coach” che ha fatto si' che tutto accadesse , al signor Rigon Flaviano e moglie che ci hanno sopportato nelle lunghe notti di Follonica e a tutti i genitori presenti e a quelli che per motivi di lavoro non sono potuti venire, grazieee!!!! Siete unici..... E nessuno ci credeva.....
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Corso di ginnastica posturale in acqua
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’ una ginnastica mirata a correggere le posizioni sbagliate che tendiamo ad assumere nel quotidiano quando siamo al lavoro, quando ci muoviamo e anche quando siamo in relax. Nel tempo, la postura sbagliata, può provocare una serie di squilibri, scheletrici e muscolari, che possono dare atto ad alcune problematiche. Negli esercizi di GINNASTICA POSTURALE si lavora sulla consapevolezza del proprio corpo. Questa ginnastica diventa così una attività fisica e mentale, dove ogni singolo esercizio deve essere eseguito nella corretta modalità. Il corso di GINNASTICA POSTURALE in acqua calda a 32° esalta tutti i principali obbiettivi che ci interessa raggiungere, in quanto il corpo in acqua lavora “alleggerito”del del suo peso e quindi è molto
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Recoaro Domani circolo tennis… the dream team
’A.S.D. Recoaro Domani, circolo tennis, ha terminato una stagione, a dir poco esaltante, la sua seconda stagione nel campionato provinciale di calcio a cinque AICS, con la vittoria sia della Regular Season che della Final Four, campionato dominato sin dalla prima giornata e che ha visto alla fine la ASD Recoaro Domani vincere ben 21 partite su 22, con un solo pareggio e nessuna sconfitta, cosa che si è ripetuta nelle finali battendo nelle due semifinali il Real Grisignano e liquidando in finale l’Internazionale. La posizione al vertice e la vittoria del campionato dimostrano come la Società abbia saputo operare bene in questi ultimi tempi: Approfitto di questa occasione, sottolinea il Presidente Pretto Francesco, per ringraziare quanti mi sono vicini ed hanno fattivamente collaborato con il sottoscritto per far crescere questa Società. Mi preme sottolineare l’apporto dato da tutti i collaboratori che, a vario
titolo hanno dato il loro contributo, dal responsabile degli impianti sportivi del Circolo Tennis Recoaro, sig. Spagnolo Lelio. al l D.S. sig .Bertoldi Davide e a tutti gli altri che ci hanno lasciato lungo il percorso. I sogni, continua il Presidente Pretto, spesso rimangono tali, ma tutti noi siamo riusciti a trasformarli in realtà, conquistando con merito la vittoria in questo campionato: Una grande soddisfazione per la nostra Società, per un grandissimo risultato ottenuto con tanta buona volontà, tanta passione e un gruppo di ragazzi straordinari condotti da un ottimo allenatore come Pretto Luca ed il suo staff tecnico. Un ringraziamento particolare va al nostro portierone Cappellazzo Federico, che con la sua esperienza ci ha fatto fare quel salto di qualità a cui puntavamo. Un ringraziamento va sicuramente agli altri miei sette gladiatori che hanno portato a termine questa splendida avventura e che sono Ruaro Michele, Branco Federico, Benetti Simone, Benetti Matteo, Zini Gianluca, Parlato Mattia e Frizzo Luna Nicola. Una Società che è cresciuta sia come squadra che come dirigenza,
e che ha permesso di creare un team di qualità umane e tecniche che ha lavorato duramente e con impegno per raggiungere l’obiettivo prefissato. Non abbiamo mai fatto calcoli, abbiamo sempre pensato a dare il massimo, a credere in ciò che stavamo facendo, a sudare con il sorriso, a divertirci durante tutto il campionato… Siamo riusciti a riscrivere la nostra storia, siamo arrivati dove non eravamo mai arrivati, un obiettivo che ci riempie di orgoglio. Ma nulla è dovuto al caso, abbiamo costruito mattone dopo mattone il nostro presente, con lavoro ed umiltà. Tante persone e tanti ragazzi sono passati da noi ed hanno contribuito alla nostra crescita, sia come giocatori che come dirigenti e mi fa sempre piacere ricordarli e ringraziarli, come dobbiamo sempre ringraziare i nostri sponsor e le persone che ci seguono.
La vittoria è stata grande ma ancor più grande è stata l’amicizia che ci ha fatto vincere, e per chi volesse condividere l’amicizia e le prossime avventure in programma per il 2016/2017 può contattare il 3393696315, vi aspettiamo.
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Città di Valdagno Assessorato allo Sport
Trans d’havet alla soglia del primo lustro
di Giulio Centomo Foto Circolo Fotografico Leoniceno
lomiti Il 23 luglio su e giù per le Piccole Do da Piovene Rocchette a Valdagno
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0 o 80? Amletico dubbio che attanaglia centinaia di concorrenti alle prese con l’iscrizione alla Trans d’Havet. La scelta tra un tracciato o l’altro dei due proposti, non sta tanto nel prediligere una gara più corta o una più lunga, ma sta solo nel voler ammirare più a lungo il paesaggio che questa gara offre ogni anno. La grande forza dello sport è quella di creare relazioni. Non solo tra le persone che lo praticano provando sentimenti di sana competizione oppure unione, ma anche tra l’attività fisica stessa e il territorio, la cultura, la storia; è questo lo spirito della Trans d’Havet, che il 23 luglio dà appuntamento a centinaia di runners sulle montagne vicentine per una magica attraversata che dal Monte Summano, corre veloce tra i prati del Monte Novegno e si arrampica sul massiccio del Pasubio, scalando quindi il Monte Cornetto e su ancora fino al Gruppo del Carega, quello delle Tre Croci per lanciare la picchiata vertigi-
nosa sul traguardo di Valdagno, attraversando paesaggi maestosi lungo il fronte della Grande Guerra. Per tanti valdagnesi e vicentini è il trail dell’estate, sapendo calamitare sul suo parterre atleti ed atlete da ogni angolo d’Italia e del mondo. Dall’area village della Lavaredo Ultra Trail, il direttore di gara Enrico Pollini, alle prese con gli ultimi atti della promozione della gara, ha fatto sapere che tutto è ormai pronto. Scomparsa la neve in alto, è stata scatenata la macchina dei controlli e dei tracciatori, che nelle scorse settimane hanno rimesso in sesto qualche passaggio colpito da piccole frane e smottamenti. Confermati, quindi, i due percorsi con un UltraMarathon più lungo e difficoltoso con i suoi 80 km e ben 5.500 mD+, e un Marathon di 40 km e 2.500 mD+. Lungo il percorso due saranno i gpm che premieran-
no i primi concorrenti a transitare con lo special prize intitolato a Oriano Dal Molin, vice-presidente della sezione A.N.A di Vicenza scomparso nel 2014, che verrà assegnato al primo uomo e alla prima donna a timbrare il cartellino al ristoro di Busa Novegno. All’alpinista Cristina Castagna, scomparsa invece nel 2009, è dedicato il premio che verrà assegnato ai primi a toccare la cima Coppi del Rifugio Fraccaroli. L’anteprima della gara, come ormai da tradizione, si terrà giovedì 21 luglio, con la consegna dei primi pettorali e la presentazione dei top runners. Il giorno successivo tappa alla base gara del PalaLido di Valdagno per proseguire con la consegna pettorali e prepararsi alla partenza per la starting line di Piovene Rocchette. Anche quest’anno un apposito servizio di bus navetta accompagnerà i concorrenti al via, che scatterà alla mezzanotte. Sabato mattina all’alba si terranno anche le ultime procedure della gara Marathon con imbarco per Pian
delle Fugazze sempre dal PalaLido e sparo d’inizio alle 9.00. Da qui ci si dovrà precipitare nuovamente a Valdagno perché dalle 10.00 in poi sono previsti già i primi arrivi della lunga. Accanto ad Enrico Pollini e all’Ultrabericus Team ASD, non mancherà il grande spiegamento di forze per assicurare l’assistenza ed il controllo lungo l’intero tracciato della Trans d’Havet grazie a Croce Rossa Italiana, A.N.A. Vicenza, Soccorso Alpino e Speleologico e con il supporto delle sezioni vicentine del Club Alpino Italiano. Alpstation guida anche nel 2016 la cordata di sponsor che sostengono Trand d’Havet, in compagnia di Birra Menabrea, Latterie Vicentine, Oxeego, Olimpico Traslochi, Powerbar, Why Sport e con il supporto di Associazione Polisportiva Valdagno, Valdagno Basket, Consorzio Vicenza è e SpiritoTrail. In palio per i finisher anche 3 punti qualifica validi per l’ambito Ultra Trail du Mont Blanc, in programma il 26 agosto. Tutte le informazioni utili e le indicazioni per procedere alle ultime iscrizioni sono disponibili al sito www.transdhavet.it.
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treschè conca
Un week-end da leoni
di Nicole Rubbo
La 24 ore di calcetto di Treschè Conca: sport e festa infinita
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uando, ben 6 anni fa, una manciata di ragazzi di montagna hanno pensato di organizzare un torneo di calcietto nella formula ventiquattro ore, mai avrebbero creduto che tale torneo, un giorno, sarebbe diventato uno degli appuntamenti calcistici più affermati nel panorama vicentino. E così Treschè Conca, piccolo paesino incantevole dell’Altopiano di Asiago, l’ultimo week-end di giugno è “La Mecca” di calciatori e squadre da tutta la provincia e non solo. Se nelle sue prime edizioni, tale torneo, vedeva protagoniste squadre per lo più altopianesi e limitrofe ora invece, sempre da più distante arrivano squadre che vogliono partecipare e vincere questo accattivante torneo. Il successo è certamente figlio del cospicuo premio per la squadra vincitrice, ben 2.000 euro, grazie al quale il livello tecnico degli attori protagonisti cresce di anno in anno, rendendo un grande evento sportivo questa manifestazione. Piccoli e grandi campioni si sfidano a ripetizione a partire dal sabato pomeriggio sino notte inoltrata così
come la domenica mattina, per lasciare poi spazio nelle ore pomeridiane a quarti di finale, semifinali e finale. L’atmosfera è sempre delle più frizzanti, e non potrebbe essere diversamente quando più di 200 calciatori si radunano per condividere un fine settimana di grande sport e puro divertimento. La sagra paesana del piccolo paese dedicata al santo patrono “San Luigi Gonzaga” che si svolge parallelamente alla “ventiquattro ore” crea il contesto perfetto per tutti gli sportivi presenti, infatti uno stand gastronomico è a disposizione di calciatori e pubblico. Sicuramente un altro punto di forza di questo irrinunciabile torneo è proprio la possibilità di giocare pranzare ma anche dormire, grazie alla area tende, nella medesima location; il risultato è quasi magico: quando mai tanti ragazzi, tanti amici convivono all’insegna del divertimento e della passione calcistica due intere giornate, man-
giando magari uno affianco all’altro, dormendo a pochi metri distanza e sfidandosi come leoni poi in campo. Un grande appuntamento di musica live viene sempre organizzato per il sabato sera grazie alla perfetta collaborazione del comitato organizzatore e della pro-loco paesana, quest’anno a far scatenare calciatori (tra una partita e l’altra s’intende) e simpatizzanti sarà la nota band. Una delle novità del 2016, voluta soprattutto dalle squadre più affezionate, è una grande serata anche il venerdì sera e così grazie al gruppo alpini paesano la festa inizierà un
giorno prima. Questa piccola grande manifestazione ha proprio tutte le carte in regola: grande sport, grande musica, grande divertimento e soprattutto, tanta tantissima gente di cuore che con passione vive ore spensierate, chi in campo, chi negli spalti ma anche chi lavora entro il corposo staff che rende possibile tutto ciò. Che aggiungere ancora se non che Treschè Conca, vi aspetta il…., per farvi divertire e conoscere questa piccola perla alle porte dell’altopiano e se volete saperne di più seguite tutte le news sulla pagina facebook.
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bassano
Milano Sanremo in stile 1930
Di Luca Maria Chenet
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utto cominciò davanti ad una pizza! L’idea c’era, come metterla in gioco, non ancora. Pensa e ripensa, al termine della pizza, il progetto per organizzare qualcosa, che collegasse “ciclisticamente” Milano a Sanremo, con delle biciclette costruite prima del 1930, era abbozzato. È nata così, quella che dopo qualche giorno, è diventata la "Gran Corsa di Primavera da Milano a Sanremo". L'idea base è di Christian Cappelletto di Treviso, che forte di un know-how tecnico acquisito nel corso delle varie edizioni "zero" degli anni precedenti, ha dato un fondamentale impulso alla realizzazione. Oltre al know-how tecnico, ci voleva qualcuno che documentasse fotograficamente, magari in modo
particolare tutto questo. Obiettivo era lasciare un segno, era questo il nostro primario obiettivo! … e qui arriva Andy Pozzobon di Bassano del Grappa, avvocato per hobby, ma fotografo di professione, che con una particolare specializzazione nel mondo del ciclismo ci ha messo del suo. Il terzo elemento sono io, Luca Maria Chenet, che per professione mi occupo di marketing e comunicazione, forte di una cultura organizzativa acquisita alla Scuola Militare Alpina di Aosta e dell’esperienza fatta durante l’organizzazione della cronoscalata Bassano-Monte Grappa nel Giro d’Italia 2014, ho cercato di mettere assieme un po’ di cose. Alla "GRAN CORSA di Primavera da Milano a Sanremo" possono partecipare
solamente cicliste e ciclisti con biciclette costruite prima del 1930, che è un po' lo spartiacque perché è il periodo in cui è stato adottato il cambio per le biciclette. I partecipanti dell’edizione 2016 sono stati 57, di cui ben 14 francesi. Tra gli italiani ne emergono 2 in modo particolare, una è Barbara Roetta di Recoaro, detta l'"Alfonsina Strada" Veneta, per la grinta che ci mette nell'affrontare le sfide sulle due ruote, l'altro è Diego Squarzon di Caltrano, detto anche il "narratore a pedali" per la capacità di cogliere prima e narrare poi, aneddoti e dettagli ciclistici e di costume, che capitano in queste "passeggiate ciclistiche nella storia". I due animano tutti i 330 km percorsi nei 3 gior-
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ni della ÐGRAN CORSA di Primavera da Milano a Sanremo", per gli amanti delle statistiche la media è stata di 28 km/h, e se si pensa che queste "macchine" non hanno il cambio si può dire certamente che non è male!! Vi state chiedendo che cosa è la "GRAN CORSA di Primavera da Milano a Sanremo"? La "Gran Corsa di Primavera da Milano a Sanremo" è una rievocazione storica della mitica gara ciclistica "Milano-Sanremo". La prima edizione si tenne nel lontano 1907 quando un giorno un Signore di nome Tullio Morgagni, parla del percorso a Eugenio Costamagna direttore de La Gazzetta dello Sport, il quale affida ad Armando
Cougnet l’organizzazione della prima edizione. I km erano 281, ed era il 14 aprile 1907. Assistere al passaggio della "Gran Corsa" è un po' come accendere "LA MACCHINA DEL TEMPO”. I partenti nel 1907 erano 62 ne arriveranno solo 33, è una giornata di pioggia e freddo. A Sanremo arriva per primo il francese Lucien Petit Breton, uomo della Bianchi, con una media di 26,206 km/h. Le biciclette di allora erano Peugeot, Alcyon, Legnano, Fiat, Bianchi, Atala, Otav, Christophe, J.B. Louvet, La Française, Maino, Stucchi, Dei, Wolsit, Opel, Wonder, giusto per citare le più importanti. Riprendendo i versi del-
la canzone “Mille Miglia” di Lucio Dalla del 1976, “PARTIVANO DI NOTTE ARRIVAVANO DI SERA”, ed era proprio così. Le “Milano Sanremo” dei primi ‘900, erano la versione ciclistica della “Mille Miglia” che si correva in automobile. Alla “Milano Sanremo” le ruote erano due, ed erano spinte dalla forza umana di quegli incredibili eroi che si chiamavano Petit-Breton, Van Hauewaert, Garrigou, Gerbi, Ganna, Girardengo, Belloni, Brunero, Binda, Cuniolo giusto per citare i più importanti.
Nella “Mille Miglia” i km erano 1600, nella “Milano Sanremo” i km erano quasi 300. Partenza da Milano arrivo a Sanremo, 300 chilometri quasi fatti d'un fiato, dai primi del '900 la distanza non è cambiata, i chilometri sono sempre quelli. La passione per il vintage sta crescendo con numeri importanti a due cifre e prestare un'attenzione particolare al vintage è “come salire su una torre di avvistamento, protetta dalle invasioni barbare del marketing”.
Per maggiori info sfogliare le pagine del sito web www.grancorsa.it, le pagine di Facebook, di Vimeo, di Flickr e di Instagram
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schio
Miniolimpiadi a Schio Alla scuola dell’infanzia SS. Trinità di Schio si respira aria di giochi all’aria aperta con le miniolimpiadi
I
bambini della scuola dell’infanzia SS. Trinità di Schio si sono cimentati anche quest’anno nelle miniolimpiadi approdate alla loro seconda edizione. La scuola ha sempre riservato all’attività motoria particolare attenzione, considerandola come esigenza imprescindibile per la crescita personale e sociale degli alunni, e, come proposta concreta all’integrazione, alla convivenza comune, alla riduzione delle disuguaglianze al fine di far vivere ognuno in armonia con se stesso e con gli altri. Il gioco motorio ha un ruolo fondamentale nel trasformare i bambini in ragazzi responsabili, li aiuta a superare le differenze culturali, linguistiche, religiose, sociali, ideologiche. E’ un mezzo straordinario per allentare la tensione e favorire il dialogo, con effetti positivi sull’inclusione sociale, sull’istruzione e sulla formazione, per una crescita armonica, intelligente e inclusiva. L’evento ha avuto quest’anno lo slogan “schio-rio comunque vada mi diverto io” con un chiaro riferimento alle olimpiadi che si disputeranno a Rio.
I giochi hanno avuto un’inaugurazione di tutto rispetto con la partecipazione non solo delle autorità come l’assessore allo sport aldo munarini e la dirigente scolastica dell’istituto comprensivo schio 3 il tessitore emilia pozza ma anche di guido lanaro che ha raccontato la sua esperienza di sportivo e di attuale allenatore della Sci.Cai.Veneto partecipando alle olimpiadi 2002 in veste di accompagnatore e allenatore di un ragazzo ipovedente gianmaria dal maistro vincendo una medaglia d’argento e nello stesso anno la coppa di specialità slalom. Guido Lanaro ha invitato i bambini a riflettere sull’importanza dell’ attività sportiva e sulle sue varie forme scoprendo che alcune di esse sono svolte abitualmente dai bambini stessi. Nei due giorni successivi i bambini si sono cimentati in sfide che hanno richiamato i giochi olimpici ma anche la tradizione, quelli che si svolgevano per strada nei cortili, nelle piazze e
nei prati ritenuti quindi dalle insegnanti un’opportunità educativa che consente di sperimentare consapevolmente l’attenzione nei confronti dell’altro e delle sue specificità fisiche ed affettive, il valore della cooperazione attiva all’interno di un gruppo di pari, la necessità di rispettare le regole condivise da tutti. I giochi si sono conclusi con le premiazioni di rito e rinnovando l’ appuntamento all’anno prossimo .. All’insegna dell’impegno, della correttezza, del divertimento e di una sana competizione.
di Angela Bassetto
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valdagno
Passione Karate. Passione di famiglia di Giulio Centomo
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hristian e Angelica Sbabo sono due giovanissimi fratelli con una grande passione in comune: il karate. Quando mi accolgono a casa loro per questa intervista, subito mi balzano agli occhi le decine di medaglie, coppe, targhe e attestati che il papà Ruggero e la mamma Michela con cura hanno incorniciato in casa. Per i due genitori i loro piccoli campioni sono motivo di grande orgoglio e, nonostante l'impegno, non smettono di portarli da un angolo all'altro dell'Italia e dell'Europa. Christian, infatti, da pochi mesi è stato convocato nella nazionale azzurra ed è volato fino a Timisoara, in Romania, per dispiutare il Campionato Europeo. Ma andiamo per step e prima conosciamo meglio questi due atleti. Nati a Valdagno e residenti nella frazione di Piana, Christian e Angelica hanno rispettivamente 14 e 10 anni e sono i portacolori del Karate Shin Dojo, società del Maestro Paolo Scapin, tecnico della nazionale azzurra. A pochi passi da casa, fino a qualche tempo fa si svolgevano lezioni di karate all'interno della palestra della scuola elementare ed è proprio qui che Christian un giorno è arrivato per vedere un amico. Il maestro lo nota e gli chiede di provare. Un paio di tecniche spiegate al volo, una, due prove
e poi la scintilla. Christian vede nascere una vera passione e i risultati non tardano ad arrivare. All'età di 8 anni, anche la sorella minore Angelica, ormai fedele tifosa, decide di seguire le sue orme e, abbandonati danza e hip hop, anche lei indossa il kimono e si mette a praticare il karate, nelle due specialità della kata e del kumite. «La kata – mi spiegano – è un insieme di tecniche che vengono eseguite in un preciso ordine secondo tre principi: spirito, forza e tecnica. Nel kumite, invece, le tecniche della kata vengono applicate ad un combattimento contro un avversario reale, con il massimo autocontrollo per avitare ogni forma di contatto.» Christian e Angelica sono due avversari da temere, lo sanno bene i tanti atleti che si sono confrontati con loro sia nelle gare nazionali che in quelle europee e mondiali, dove i due fratelli valdagnesi hanno sbaragliato un po' ogni concorrenza. Con un bottino così grande di successi, però, sono curioso di sapere quali siano le loro vittorie più significative. «Per me – mi racconta Angelica, che al momento è una cintura marrone confermata – il successo a
Conegliano in Coppa Italia, dove sono riuscita a battere una mia amica.» Christian, cintura nera primo dan, le fa eco: «Anche se non si è trattato proprio di una vittoria, ma di un secondo posto, ricordo soprattutto l'argento degli Europei di Londra nel 2014. Sono riuscito ad arrivare dietro ad un amico cintura nera secondo dan che ho sempre ritenuto molto forte. Quel giorno mi ero anche fatto male, ma la voglia di arrivare fino in fondo mi ha fatto uscire una grinta interiore che non mi aspettavo.» Sorride accanto a lui Angelica, che ricorda come quella vittoria cadesse proprio nel giorno del suo compleanno e non c'è dubbio che l'affetto e il sostegno della sorella possano avergli portato anche un po' di sana fortuna. Anno dopo anno, l'impegno si è fatto molto più grande, tanto da dover andare fino a Malo e Costabissara per allenarsi, compito impegnativo anche per papà Ruggero,
che spesso veste i panni di autista. Il supporto dei due genitori è infinito e lo si vede chiaro negli occhi luccicanti di gioia quando parlano dei loro “bimbi”. Ruggero non mi nasconde che il sacrificio è tanto anche per gli accompagnatori, in termini di tempo ed soldi, dazio che pagano un po' tutte le discipline minori, dove i fondi disponibili scarseggiano spesso e volentieri. Ora però, un primo sollievo è arrivato con l'ingresso di Christian in nazionale e il sogno di entrare nei prossimi anni nel gruppo sportivo dei Carabinieri.
Nel frattempo Christian e Angelica continuano a girare l'Europa nel segno della loro passione. Dopo l'Europeo in Romania, adesso è già tempo di concentrarsi sulla tappa del mondiale che si disputerà in Irlanda ad ottobre. I fratelli Sbabo quindi non potranno perdere la concentrazione e dovranno gettarsi a capofitto in palestra a preparare forse un altro successo o, comunque, un altro motivo di orgoglio per i loro primi fan: mamma e papà. In bocca al lupo campioncini!
Ristorante Costa Venerdì e Sabato sera degustazione gnocchi Domenica su prenotazione Via Pellizzari, 2 - Selva di Trissino (VI) - Tel: 0445 960295
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lettere
Potete scrivere inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@sportivissimo.it
Investire nello sport
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aro Direttore,
approfitto dello spazio che Lei gentilmente concede ai lettori, per portare l'attenzione su di un tema a me particolarmente caro e, credo, di attualità. Sono il presidente della Polisportiva G.S. Schio Bike A.S.D. di SCHIO, associazione sportiva dilettantistica, patrocinata dai Vigli del Fuoco di Vicenza, che associa circa un centinaio di atleti e sportivi, attivi nelle discipline del ciclismo e del running. Il nostro obiettivo è la promozione dello sport, inteso come filosofia e stile di vita, momento di incontro, aggregazione e crescita sul piano fisico ed umano. Anche per il 2016 la Polisportiva G.S SCHIO BIKE ha in programma l'organizzazione di un evento assai prestigioso: l'8° CICLOCROSS CITTA' DI SCHIO, competizione che, anche quest'anno, avrà carattere internazionale. I numeri relativi alla manifestazione sono eloquenti: circa 500 atleti provenienti da tutta Europa per l'ultima edizione del 2015, con un'importante partecipazione di pubblico. Anche per l'edizione del 2016, il percorso di gara sarà avvincente e si snoderà su di un tracciato molto vario e ricco di ostacoli naturali (scalinate, curve, discese, ripide e rilanci) che saprà sicuramente divertire il pubblico, esaltando le capacità di guida dei partecipanti. In una parola, tutte le gare saranno emozionanti ed il pubblico non mancherà! L'ambizioso obiettivo che la Polisportiva si è prefisso per il prossimo futuro è quello di portare a Schio il Campionato Italiano di CICLOCROSS ed una tappa della Coppa del Mondo di Specialità: eventi di alto contenuto tecnico agonistico e di visibilità mondiale. Ovviamente riteniamo tale obiettivo perfettamente in linea con quanto, in questi anni,
è stato realizzato dalla nostra G.S. SCHIO BIKE a.s.d. e con i risultati raggiunti. L'organizzazione di gare ed eventi sportivi richiede capacità e conoscenze tecniche che la nostra Polisportiva, in anni di esperienza sul campo, ha senz'altro dimostrato di possedere. In questa nostra attività, per la quale profondiamo tempo e impegno, siamo stati supportati anche dall'Amministrazione Comunale di Schio, alla quale va il nostro sentito ringraziamento. Tuttavia le difficoltà non mancano. Uno dei problemi che rischia di compromettere la riuscita di ogni manifestazione è la limitatezza delle risorse economiche, risorse necessarie ed imprescindibili per la buona realizzazione di un evento sportivo di livello internazionale. Le Polisportive faticano non poco a reperire risorse tramite gli sponsor che, a volte, complice il periodo di crisi economica, si pongono con atteggiamento timido rispetto a qualsiasi richiesta che comporti investimenti ed esborsi finanziari. Ed allora, il messaggio che il mondo dello sport vorrebbe trasmettere agli operatori del mondo economico vuole essere questo: fidatevi dello sport, quello sport sano, che significa condivisione, sacrificio e rispetto delle regole. Proprio da questi valori, che le nostre Polisportive promuovono dalle categorie giovanili fino ai U23/elite, potrebbe ripartire la rinascita di una società nuova, pronta a dare il proprio contributo per una crescita umana ed economica di tutti. Investire nello sport e nei suoi valori significa, quindi, investire in una società fatta da persone migliori, persone che sapranno portare unÐimportante contributo al tessuto sociale ed economico del nostro paese. Ripartiamo quindi dallo sport: credo sia un bene ed un valore aggiunto per tutti.
Edoardo Sadri, Presidente della POLISPORTIVA G.S. SCHIO BIKE RUNNING a.s.d. di SCHIO
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