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La big society di Cameron siamo noi
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di Luigi Borgo
avid Cameron, il primo ministro inglese, si è innamorato della formula con cui - un tempo, forse, più che oggi – le associazioni dilettantistiche sportive facevano diventare grande lo sport Azzurro. Una formula geniale che gli inglesi hanno studiato a fondo e che noi abbiamo praticato da sempre senza capire, nel profondo, che cosa stavamo facendo, al punto che oggi la stiamo stupidamente guastando. Cameron e i laburisti inglesi hanno chiamato il principio che sta alla base delle nostre Associazioni Sportive Dilettantistiche “Big Society” e ne hanno fatto il centro del loro programma elettorale; noi che praticavamo da sempre questo principio con un indubbio successo, non abbiamo mai pensato di darci un nome, né abbiamo mai provato a capire che cosa fosse davvero e perché funzionasse. Cameron dice: le libere organizzazioni civiche, le associazioni no-profit riescono a dare servizi sociali migliori di quanto non faccia il sistema statale, perché riescono a fare di più con meno risorse, con meno sprechi, con più efficienza. In altre parole, per Cameron, le Onlus hanno dimostrato nel campo sociale, culturale e sportivo di funzionare meglio degli enti statali, e quindi, conclude Cameron, esse dovranno essere il fondamento da cui partire per il welfare del futuro. Lo Stato quindi si faccia da parte e lasci fare alla libera iniziativa di una società civile, appunto la Big Society, che è generosa, di alta idealità, davvero capace e onesta tanto che ha dimostrato di saper ottenere successi grandiosi in tutti i campi in cui si è cimentata: dal mondo della disabilità al recupero dalla tossicodipendenza, dalla protezione civile al sostegno alle famiglie disagiate, dagli incontri culturali all’avviamento dei giovani allo sport. Le associazioni no profit hanno fatto miracoli, ribadisce Cameron, dove lo Stato ha fallito e generato debiti. Ebbene, in Italia lo sport ha sempre funzionato così. Con presidenti, consiglieri, soci sostenitori… tutti assolutamente volontari e no-profit che hanno speso prima l’anima e poi qualche soldo, sempre comunque loro, perché gli italiani divenissero un popolo di sportivi e di campioni. Mai nessuna associazione sportiva ha sostenuto la sua attività con i soldi dello Stato ma, al contrario, ha dato soldi allo Stato attraverso il tesseramento federale. E nessuno se ne è mai lamentato. Anzi, tutti hanno accettato che lo Stato Italiano, preso dalle sue mille e più gravose incombenze, avesse delegato la formazione, l’educazione e la pratica sportiva dei suoi giovani e meno giovani cittadini alla libera buona volontà delle persone che animano le associazioni dilettantistiche. Se allora gli italiani oggi sono un popolo di sportivi (che vuol dire un popolo di gente che si tiene in forma, che quindi conduce una vita sana e perciò non pesa eccessivamente sul sistema sanitario nazionale; che ha una certa educazione al rispetto delle regole del gioco, del leale confronto agonistico, declinabile, per il bene di tutti, anche nella vita di ogni giorno) non è per merito delle 2 ore settimanali di educazione fisica della scuola pubblica né per merito della diffusione della cultura sportiva da parte della tv di Stato, che non ha nemmeno trasmesso le ultime Olimpiadi invernali, ma perché abbiamo avuto migliaia e migliaia di persone che hanno speso il loro tempo libero per educarci alla passione sportiva con generosità, slancio e tanta buona volontà senza prendersi mai il becco di un quattrino. Allora più che Big Society inglese, questo è il tessuto della nostra storia sociale, culturale e sportiva nazionale. Oggi in Italia sono quasi cinque milioni coloro che s’impegnano nel volontariato e tra questi molti sono nello sport. Gente di valore, gente meravigliosa che sente di dover fare quello che fa non per denaro ma perché è bene farlo. Gli inglesi l’hanno chiamata Big Society non solo perché sono tanti, ma soprattutto perché è grande – BIG - la loro visione della vita. Nello scorso numero di Sportivissimo ci eravamo fatti promotori di intitolare il rifugio di Montefalcone, oggi superficialmente chiamato “Gingerino”, a Oscar Garbin che più di tutti è stato, nella nostra valle, un esempio della Big Society: non l’avevamo detto a sproposito. Non insisteremmo, se non credessimo nel valore civico di quella intitolazione che è stata compresa e condivisa da tutti i maggior protagonisti della nostra montagna e sulla quale l’Amministrazione del Comune di Recoaro non ha, per ora, dato una risposta, che, qualunque fosse, vorremmo pubblicare su questo giornale. Insomma, ce lo stanno dicendo anche gli inglesi: è giunto il tempo che lo Stato convenga su chi ha fatto e sa fare meglio di quanto l’organizzazione statale ha saputo e sa fare; è giusto che lo Stato riconosca il valore della Big Society, dei suoi protagonisti e che ne ricordi con gratitudine l’opera passata e ne faciliti, nel presente, il compito… anche questo è essere Stato.
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Cap. Pil. - 2° Gregario Destro È il secondo velivolo alla destra del capoformazione, le sue manovre acrobatiche peculiari sono il “Ventaglio”, il “Doppio tonneau” e il “4 e 5 a posto”, tutti effettuati con rotazione a destra. Nell’ultimo passaggio con i fumi colorati è il secondo velivolo a destra con la fumata verde.
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Vigilio Gheser LUOGO/DATA DI NASCITA: Trento, 9 settembre 1978 PROFILO DI CARRIERA: Entra in Accademia Aeronautica nel 2001 con il 120° corso A.U.P.C. REPARTI DI PROVENIENZA: 132º Gruppo del 51º Stormo e 101º Gruppo del 32º Stormo POSIZIONI RICOPERTE: Pony 9 ABILITAZIONE SU VELIVOLI: SF260, MB339A, MB339CD, AMX, AMX-T ORE DI VOLO: 1.850
COMBINAZIONE DA VOLO DI TRASFERIMENTO. Durante i voli di trasferimento i piloti indossano una particolare combinazione da volo composta dal giubbino di salvataggio “Secumar”, in dotazione a tutti i Reparti operativi della Forza Armata, caratterizzato da un supplementare equipaggiamento di emergenza.
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SciVolare di Luigi Borgo
Incontro con il capitano Vigilio Gheser, maestro di sci e componente del mitico gruppo delle “Frecce Tricolori”. Conosco il capitano Gheser da quando era un atleta dello Ski Team Altopiani e si allenava per andare forte con gli sci e noi lo chiamavamo “Vigi”; poi l’ho visto allenarsi per diventare maestro di sci, come suo padre e come sono ben 4 dei suoi 6 fra-
telli. I Gheser di Lavarone amano la montagna e hanno lo sci nel sangue. Vigilio è diventato maestro di sci giovanissimo, appena compiuti i 18 anni, però aveva anche un’altra grande passione. Lo affascinava il mondo del volo, degli aerei. La sua nuova sfida
fu allora di diventare un pilota dall’aeronautica militare e per realizzare il suo sogno ricordo che ha cominciato ad allenarsi per superare il selettivo test d’ingresso che prevedeva prove scritte e orali di cultura e tutta una serie di test sulle capacità fisico-atletiche
dell’aspirante pilota. È vero che per alcuni test attitudinali essere un bravo sciatore ti ha aiutato? Senza dubbio lo sci ha sviluppato in me un forte senso di equilibrio, la capacità di risolvere “conflitti” decisionali in condizioni di scar-
so comfort e di prendere scelte in tempistiche brevi, sviluppando l’istinto di agire ad “alte velocità”. Nell’iter di selezione e negli esami affrontati per entrare in Aeronautica e per diventare pilota militare ci sono prove per testare equilibrio, gestione dello stress ed emotività; credo che effettivamente mi abbia aiutato essere uno sciatore; lo sci è uno sport estremamente formativo sia a livello caratteriale che fisico. Cosa altro ti ha dato? Mi ha insegnato a stringere i den-
ti, a sognare sempre qualcosa di più grande a cui aspirare, ad essere preciso, veloce e allo stesso tempo pratico. Nello sci come in volo velocità, precisione e fermezza sono doti fondamentali. La tua formazione sportiva ti ha aiutato a diventare un pilota delle Frecce? Il mio sogno era di diventare un pilota militare e, successivamente un pilota delle Frecce Tricolori. Lo sport ti aiuta a credere nei tuoi sogni qualsiasi siano, e ti insegna che solo attraverso un serio e continuo allenamento c’è la
possibilità di raggiungerli. Nello sport nessuno ha vinto senza impegno, e questo lo si capisce fin da piccoli; è stata un’ottima scuola di vita. Raccontaci la tua carriera, dopo il test di selezione…. Sono entrato in Accademia Aeronautica a Pozzuoli, dove ho seguito il Corso Piloti di Complemento, che prevedeva lo studio per circa 5 mesi di varie materie a carattere aeronautico, ma soprattutto l’indottrinamento militare che poi mi ha accompagnato per tutto l’iter previsto.
Poi subito alle scuole di volo, 3 mesi a Latina, 2 anni e mezzo a Lecce, dove ho volato sul primo jet (MB339), 7 mesi a Foggia per imparare il lavoro specifico su quel tipo di velivolo da caccia e poi sono stato trasferito a Treviso per 4 anni da pilota all’interno di uno dei Gruppi di Volo. Quindi sono tornato ad Amendola, in provincia di Foggia per 3 anni come istruttore su velivolo AMX e infine nel 2011 ho avuto la fortuna di provare le selezioni piloti per le Frecce Tricolori e … eccomi qui
Hai partecipato a qualche missione di pace… Ho avuto la fortuna di operare nel territorio afghano a protezione delle forze alleate e in favore della popolazione locale, portando a casa un’esperienza indimenticabile, soprattutto a livello umano, toccando con mano tutto il supporto che l’Italia e le altre Nazioni della NATO danno ad una Nazione bisognosa come l’Afghanistan. Come sei arrivato alle Frecce? Rincorrendo un sogno passo dopo passo e non stancandomi mai di inseguirlo nemmeno nei momenti di difficoltà. Cosa significa essere un pilota delle Frecce Tricolori? Due sono gli aspetti, che a parere mio, caratterizzano un pilota delle Frecce Tricolori: l’attività di volo militare, ma anche l’importante responsabilità di rappresentare la professionalità e i valori dell’intera Aeronautica Militare. Come pilota mi sento di dire che non è cambiato nulla rispetto al reparto in cui prestavo servizio prima; ogni giorno impieghi le tue risorse fino in fondo per fare il lavoro con la massima sicurezza, ricercando di dare sempre il massimo proprio come fanno tutti gli equipaggi dell’Aeronautica Militare. Da “rappresentante” di Forza Armata sento un po’ il peso della responsabilità, ma alle spalle ho tutto il supporto del perso-
nale che giornalmente ci aiuta a svolgere i compiti istituzionali, rendendo gli impegni meno gravosi, un po’ come essere nella Nazionale di calcio…non sei mai solo!!! Quanto vi allenate a terra e in volo? La preparazione sta alla base di tutto, fatta di quotidiani addestramenti in volo, preceduti da importanti fasi anche a terra; proprio questo addestramento ricevuto ci permette di compiere manovre acrobatiche che personalmente ritengo eccezionali; è infatti grazie agli istruttori e a 50 anni di storia che giornalmente andiamo in volo e impariamo ad “emozionare”. Tutti i giorni quindi necessitiamo di sviluppare e mantenere le nostre abilità. Vista la particolare attività e l’esposizione a manovre che comportano accelerazioni, è inoltre necessario mantenere una forma fisica adeguata; personalmente mi alleno 3-4 volte a settimana per circa un’ora al giorno. Come è la tua giornata da pilota? Sveglia e colazione immancabile; alle 8.00 al lavoro: breve briefing preparativo alla giornata, a seguire briefing pre-volo e poi via in volo per mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti. Dopo ogni atterraggio c’è un debriefing e la visione del filmato del volo, che ci permette di avere un feedback da cui partire per il
volo successivo…poi solitamente mi reco in ufficio per un’ora durante la quale svolgo compiti di pianificazione. Pausa pranzo e dopo un caffè, un nuovo ciclo con briefing, volo, de-briefing e filmato….a questo punto o termino il lavoro in ufficio oppure vado in palestra ad allenarmi, attività che però prin-
Riesci ancora a sciare? Assolutamente sì, e ogni volta mi dà una gioia immensa! È più bello sciare o volare? Direi che un’attività completa l’altra. Nel lavoro difficilmente riesco a divertirmi nel senso “puro” del termine, vista la quantità di “pensieri”, parametri da control-
cipalmente svolgo a casa! Voi delle Frecce girate il mondo per le vostre esibizioni, quante sono all’anno? Qual è la più emozionante? Effettuiamo circa 25 uscite a stagione (maggio-settembre); principalmente voliamo sopra l’Italia, ma siamo presenti in varie tappe in Europa. Per me la più emozionante è stata in Austria; volare in mezzo alle montagne, è stata un’emozione indimenticabile; spero di avere in futuro la fortuna di eseguire un sorvolo sopra le nostre montagne.
lare, sensazioni da gestire, ruoli da giocare e manovre da compiere…è però soddisfazione allo stato puro scendere e riconoscere nei filmati di aver svolto il lavoro come l’Aeronautica Militare si aspetta da te. Invece lo sci è emozione pura, sfiorare la neve, sentirti leggero e in controllo della situazione nonostante la velocità, ammirare le montagne e sentire nella gola e sulle guance il pizzicorino dell’aria gelida … IMPAGABILE!!! ASSOLUTAMENTE IMPAGABILE!!!
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on fosse per la location tipicamente alpina e la botta di neve che c’è tutt’attorno si direbbe di essere caduti nel passato, proiettati in una di quelle mitiche partenze automobilistiche tipo Le Mans. Quelle in cui i piloti se ne stavano su di un lato della pista e i bolidi su quello opposto. All’abbassamento della bandiera (francese) i tipi correvano per salire a bordo delle proprie vetture, accendevano subito il motore e via a tutto gas con il piede pigiato sull’acceleratore. Qui più o meno
è la stessa cosa: i concorrenti sono lì fermi, allineati e trattandosi invece di una gara sciistica, i loro sci sono posti ad una cinquantina di metri dalla start line. Dunque le modalità strizzano fortemente l’occhio al mondo motoristico o a quello della mountain bike. Le chiamano “gare inferno” queste manifestazioni dal carattere battagliero, divise fra la competizione e la garantita spettacolarità. Forse non proprio spericolato a tali livelli, il Red Bull Discesa libera di Folgaria, organizzato sulla pista Coston dell’altipiano dei Fiorentini, è certamente adre-
nalinico e divertente! Questo sia per gli stessi partecipanti che per i fortunati spettatori. I riders, attratti come le mosche per via dell’atmosfera particolarmente cool a suon di watt e sound, si possono iscrivere anche poco prima dell’ inizio e non devono per forza essere dei guru dello sci. Rimane però sottointesa una certa abilità sciatoria, meglio non avventurarsi con le posture da benginners altrimenti son .... lasciamo perdere. Cosicché anche qui si parte di corsa, ma con gli scarponi nei piedi ovviamente! Il che è come viaggiare in auto con
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tutte le gomme forate e una roulotte a traino. I soli 50 metri da zavorrati si rivelano ben presto una micidiale maratona e qualcuno arriva a far scattare gli attacchi quasi bisognoso di defibrillatore. I primi, diversamente, piombano come falchi e si buttano a capofitto in una libera da bere tutta d’un fiato proprio come la lattina del main sponsor che li aspetta oltrepassato il traguardo. Una volta partiti qui si balla grosso! Si sfreccia ad alta velocità uno vicino all’altro: tutti assieme, con pochissime porte lungo il tracciato, forse cinque o sei, praticamente
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la discesa libera sugli altipiani
si va dritti fino alla fine. Atleti e similari vengono sparati in una rosa di proiettili umani come fossero esplosi da una fucilata, anzi ben quattro fucilate. Tre batterie, ognuna composta da una quarantina di scalpitanti concorrenti, per poi approdare all’ultimo match race tanto atteso. Una finale straspettacolare come da copione: i migliori, gli sfidanti, passano sotto il gonfiabile del finish (non il detersivo!) in un turbine di neve, una specie di tsunami talmente grosso da togliere visibilità e ossigeno nel parterre. Pochi quelli che vedono distintamente l’arrivo.
Al termine delle prove tutti contenti o quasi. Gli invincibili, per non dire altro, giunti sulla lama dei millesimi di ritardo, scaricano il loro disappunto assestando calci agli sci che non ne volevano proprio sapere di scorrere alla velocità dell’iperspazio, perché... Beh, perché troppo larghi, perché twin tips, ecc. Crederci? Più veritiera la nutrita gamma di consigli, sul genere di farsi gli affari propri, decisamente impronunciabili. I saggi, quelli che parlano poco e la sanno sempre lunga, altresì, sembrano confidare in una futura edizione con una buona mano
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di sciolinatura preventiva e magari anche uno skiman al seguito. Gli sconfitti dichiarati, giunti a tagliare il traguardo con tempi misurabili dall’era del bronzo a quella del paleolitico - essendo tutto sommato sempre una libera - si sono adattati bene alla life style della festa: spaparanzati al sole ad immedesimare quelle figure da simil naufraghi. Sì, sì, questo, per via di quelle poltrone gelatinose, fantozziane! Quelle che non sai mai da che parte t’afflosci. Però, bisogna dire, imperturbabili nei loro strong drink ad ascoltare musica a palla.
Oltremodo coinvolti a suggellare una delle manifestazioni più interessanti dell’intera stagione invernale. Comunque, un primo, un secondo e un terzo sul podio si sono succeduti, eccome! Sia nel sesso forte che in quello più forte. Risate, divertimento al cubo e tanta action, ma la cosa era chiara fin dal principio anche a chi, da qui, è “passato tanto per passare”. Chi avesse tagliato il traguardo per primo avrebbe vinto!
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ltre 1000 i partecipanti calamitati sul via lo scorso 15 marzo per lanciarsi lungo 65 paesagkm di pura adrenalina e rto e ape no han gi mozzafiato che te nan sci ffa l’a nel chiuso i giochi nel ri, no Sig dei cornice di Piazza cuore di Vicenza. to tra i Alla vigilia erano di cer e non azi ob acr o favoriti e le lor stato È . ere end att si sono lasciate am Te del no sta il caso del valdo e lo val Ca ano Salomon, Giuli Fe ina ent vic ” della “scheggia il Tra ion tat lps (A derica Boifava l’edizioTeam), re e regina del passo è o lor Il . ne targata 2014 uidare liq per sto stato quello giu spettra D+ m 00 al meglio i 25 track gle sin su gi tacolari passag in za, lez bel a rar e panorami di lli Co i tra i end isc un magico sal Berici. l’atPochi chilometri e subito va tte me si pit teso Fulvio Da lotal ra, a fare l’andatu nato da Rabensteiner e Cavallo. Andrea Moretton, campione 2013 in casa Ultrabericus invece controllava un pochino poco dietro.
Ultrabericus Trail si fa... in quattro. Sono state infatti 4 le edizioni portate a termine con successo dall’ormai rodato staff dell’Ultrabericus Team Asd, sotto l’occhio vigile del direttore di gara Enrico Pollini. A Giuliano Cavallo e Federica Boifava il titolo di re e regina del Ultrabericus trail 2014.
Al primo ristoro Modavanti, retton sgasava e balzava ma Can, ma nt fro da perfetto ciavano vallo e Dapit non gli las si mete go lar il certo prendere tira un ad e car tevano a gio a e molla, alternandosi all tme e sa cor testa della tendo le basi per un primo runners. vantaggio dal resto dei tti non Go olo Pa ò Tra questi per care da era affatto deciso a gio il mova dia stu e comprimario si sotto. mento migliore per far arrivava ore gli mi Il momento
15
Classifica maschile Giuliano Cavallo (Team Salomon) 1 ) Andrea Moretton (Alpstation Trail Team 2 Race) Paolo Gotti (Team New Balance/Altitude 3 Bolzano) Alexander Rabensteiner (Skinfit Team 4 Fabio Pergher (Vicenza Marathon) 5
9
Davide Cheraz (Ct Salomon) Andrea Rebeschi Marco Franzini (Atl. Paratico) Alessandro Gottardo (Asd San Rocco)
10
Marco Turri (G.P. Turristi)
6 7 8
sull’ascesa all’eremo di San Donato dove proprio Gotti pigiava sull’acceleratore e per primo si faceva “bippare” al rilievo cronometrico, nell’ordine davanti a Dapit, Cavallo, Moretton e Massarenti. Giuliano Cavallo aveva però ancora molto da dire e in men che non si dica si prendeva e teneva ben stretta la leadership involandosi solo soletto al passaggio sotto le colonne di Piazza dei Signori. Con il vantaggio del valdostano che veniva ad ogni chilometro incrementato, dietro Dapit, Gotti e Moretton non potevano far altro che contendersi i due posti rimanenti sul podio. Ma al ristoro di San Gottardo la fatica per Dapit era divenuta insopportabile tanto da costringerlo ad ammainare la bandiera e ritirarsi. Sul finale le carte ormai erano in tavola e con Cavallo che infilava un nuovo successo all’Ultrabericus dopo quello firmato nel 2011, Moretton metteva al collo un meritato argento e Gotti chiudeva di bronzo. Nella gara rosa non c’è stata davvero storia per l’atleta di casa, Federica Boifava, che ha ingranato senza fallire tutte le marce del suo grintoso motore. Si è messa al comando della gara fin dalle prime battute e non ha mai mollato l’osso. Sulla sua scia ci hanno comunque provato Lisa Borzani e Yulia Baykova che hanno tenuto testa fin sulla finish line, fermando rispettivamente il cronometro a 7:00:21 e 7:03:05. Ma a rendere ancora più memorabile la giornata della vicentina doc è stato il sigillo sul nuovo record femminile di gara con il tempo di 6:25:31, strappando il primato a Patrizia Pensa con un tempo migliorato di oltre mezz’ora. Accanto alla gara maestra è stato grande spettacolo anche nella staffetta Twin Team Lui&Lei dove ad imporsi è stata la coppia formata da Lara Mustat e Gianluca Cola (Forte di Bard Baroli Pro), sul duo Lucchini – Carca-
5:54:00 5:59:09 6:07:24 6:09:44 6:10:39 6:17:35 6:18:26 6:22:47 6:24:23 6:24:35
no (Isa e Gae) e Lucchi – Montecalvo (G.S. Gabbi Team New Balance). Per la cronaca a soli pochi secondi dallo scoccare delle 23.00, con il pettorale 961 è stato il piemontese Renato Scarrone (Asd Azalai) il last finisher dell’edizione 2014, totalizzando un tempo finale di 12:59:30, poco più di 7 ore dopo il taglio del nastro da parte di Cavallo (tempo finale 5:54:00). Con lui all’appello finale hanno risposto in totale 847 atleti e 57 coppie, numeri che hanno fatto dell’Ultrabericus il trail più partecipato del panorama nazionale. Dietro le quinte hanno lavorato 300 volontari, tra cui i gruppi A.N.A. e Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana, il gruppo Radioamatori Palladio e ancora i gruppi podistici e le Pro Loco del territorio. Non sono mancati i patrocini della Provincia di Vicenza e dei Comuni di Vicenza, Arcugnano, Brendola, Zovencedo, Grancona, San Germano dei Berici, Villaga, Barabarano, Mossano, Nanto e Castegnero, oltre ai preziosi sponsor Sportler e Dynafit ed i partners Le Piramidi, Menabrea, Lissa, La Piazzetta, Il Cursore, Elektra, Reset Allestimenti e Gruppo Servizi d’Impresa. L’Ultrabericus Trail 2014 è stata anche la premiere del Vicenza Ultratrail Challange, il cui testimone ora passerà il 3 maggio alla 100 e Lode di Villaverla (VI), per chiudere in grande spolvero il 26 luglio nel segno della Trans d’Havet da Piovene Rocchette a Valdagno (VI). Grandi infine sono state le manifestazioni di solidarietà con l’adesione della competizione al Corto Circuito Solidarietà ed al calendario I Run for Find the Cure. Bella anche la presenza delle donne di Noi Corriamo in Rosa per... che da tempo portano avanti una raccolta fondi in favore di un centro di maternità in Camerun. Info: www.ultrabericus.it
Classifica Twin Team
Classifica donne 1
Federica Boifava (Alpstation Trail Team)
6:25:31
1
5:57:00
2
Lisa Borzani (Team Vibram - Amatori Atletica Chirignano)
Lara Mustat – Gianluca Cola (Forte di Bard Baroli Pro)
7:00:21
2
Gaetano Carcano – Isabella Lucchini
6:05:58
3
Yulia Baykova (Asd Trail-Running)
7:03:06
3
6:07:54
4
Maja Peperko (Tekaski Forum)
7:18:27
Nicola Montecalvo – Lucchi Silvia (G.S. Gabbi Bologna)
5
Francesca Mai
7:37:28
4
Cecilia Mora – Paolo Pajaro (Amatori Atletica Chirignano)
6:17:00
6
Hana Smisovska (Osa Valmadrera)
7:39:41
7
Cristiana Follador
7:43:06
5
Giuliana Arrigoni – Marco Colombo (Team Tecnica)
6:26:57
8
Katja Kegl (Tektonik)
7:49:49
6
7:39:41
9
Sara Spoladore (G.S. Schio Bike Valli Sport)
7:55:16
Andrea Furlani – Caterina Maria Saccardo (G.S. Schio Bike Valli Sport);
10
Sonia Scalabrin (Vicenza Marathon)
8:15:21
7
Fabrizio Amadio – Mirella Pergola (Asd Venice Marathon Club)
6:50:40
8
Flavio Michelon – Jane Lambert (Insubria Sky Team)
7:01:20
9.
Nicola Gavazzi – Ombretta Zanett
7:03:53;
Cappellotto – Tiziana Scorzato 10. Luigi (Asd Terzo Tempo)
7:06:11
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le tartarughe marine
di Antonio Rosso foto di Stefano Scortegagna e archivio Wikipedia
Disegno delle Testudines tratta da Kunstformer der Natur di Ernst Haeckel, 1904
vicenza
L
’incontro di un subacqueo con una tartaruga marina nelle acque dell’alto Adriatico è un evento relativamente poco frequente. In realtà quest’area rappresenta, soprattutto per la tartaruga comune (Caretta caretta) una zona prediletta poiché le acque sono basse e ricche di cibo. I siti di deposizione sono concentrati nel mar ionico in Calabria per cui le tartarughe che qui si trovano vanno e vengono migrando in continuazione tra lo Ionio e l’Adriatico. Molte vi rimangono anche per tutto l’anno. Non è sbagliato dire che l’Adriatico contribuisce a ri-
fornire di individui la popolazione che poi va ad abitare in tutto il Mediterraneo. Le tartarughe appartengono all’ordine Testudines, una classificazione effettuata nel 1758 dal famoso naturalista Linneo. Generalmente il termine “tartaruga” si usa solo per le specie acquatiche marine mentre con il termine “testuggine” si indicano le specie terrestri. Tra le più antiche creature terrestri, sono rettili con un guscio protettivo molto duro detto carapace ed una piastra piatta di chiusura in basso. Le specie marine hanno gli arti trasformati in pinne e posti in posizione laterale, adattati alla vita acquatica. Quelli posteriori sono larghi, a forma di spatola e le femmine li usano per scavare i nidi nella sabbia Omnivore, prevalentemente car-
nivore, sono tra le poche specie che si nutrono anche di meduse. Depongono le uova nelle spiagge sabbiose in buche a forma di fiasco. Possono essere di varie dimensioni da pochi centimetri a quasi tre metri e possono pesare oltre 500 chilogrammi. In Adriatico mediamente hanno lunghezze di circa mezzo metro con gli adulti che raggiungono 75 centimetri. A parte lo squalo il loro unico predatore è l’uomo. Al giorno d’oggi le tartarughe sono state dichiarate specie protette e la loro sopravvivenza è a rischio; per alcune specie il punto di estinzione è molto vicino, e non più perché cacciate per usi commerciali, ma a causa dell’inquinamento delle acque, dell’uso indiscriminate di reti a strascico, dell’aumento delle imbarcazioni che con le eliche provocano loro ferite mortali e, soprattutto, per la mancanza di luoghi di riproduzione adatti essendo state quasi tutte le spiagge, da loro usate per deporre le uova, dedicate alla balneazione. Alcuni dati su cui riflettere: in Adriatico le reti a strascico catturano da 7.000 a 10.000 tartarughe all’anno a cui si devono aggiungere quelle prese dalle reti da po-
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sta fino a 4.000 individui, ma con mortalità superiore, mentre le reti di superficie ne catturano “solo” poche centinaia. Sono distribuite in tutti i mari del mondo. Nel Mediterraneo si trovano tre delle sette specie; in Adriatico troviamo praticamente solo la citata tartaruga comune e, saltuariamente, la tartaruga verde Grazie alle ghiandole poste nella cavità orbitale possono eliminare i sali in eccesso che introducono nel loro organismo dall’acqua di mare, che bevono e dalla dieta alimentare. Per quanto riguarda la respirazione questa avviene tramite polmoni per cui devono risalire in superficie per respirare. Sono molto più veloci rispetto alle loro sorelle terrestri riuscendo a raggiungere in acqua gli 8 km/h contro i 100 m/h delle specie terrestri. Chi desidera fotografare le tartarughe marine non ha bisogno di particolari attrezzature. Tuttavia non è un soggetto facile. Una volta individuata è necessario esser cauti, ma veloci per arrivare a poterla cogliere frontalmente e leggermente dal basso, in modo da soddisfare la regola di mettere a fuoco gli occhi del soggetto. L’uso di almeno una sorgente luce artificiale aiuta a disporre di un diaframma chiuso per una maggiore profondità di campo ed un tempo di posa sufficiente ad evitare il mosso. Per avere buone foto è necessario disporre anche di acque limpide, per cui le foto più nitide si ottengono nelle acque dei mari tropicali nelle aree coralline.
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Nine9, la dea
recoaro terme
È nata “nine9” la super bici firmata Massimo Cocco
M
artedì 25 marzo a Recoaro Terme, alla presenza del sindaco Giovanni Ceola, nei locali della pizzeria “da Franco”, Massimo Cocco ha presentato “nine9”, la nuovissima gamma di biciclette da lui ideata. Come è stato detto nel corso della serata al folto pubblico di appassionati presenti, “nine9” è una bicicletta di alto livello, con caratteristiche tecniche prestazionali di grande rilievo, capaci di soddisfare le esigenze di chi vive il ciclismo con il massimo impegno. “nine9” è una bicicletta che Massimo Cocco realizza su misura, offrendo una vasta serie di personalizzazioni. “Il ciclismo”, ha detto Massimo durante la presentazione, “è la mia passione e aver firmato una bicicletta con un marchio mio è un sogno che si è avverato. Ho scelto di produrre “nine9” dopo aver testato i vari telai per mesi e mesi e solo dopo esserne stato totalmente soddisfatto, anzi entusiasmato, ho deciso di compiere il grande passo. Certo, non sono momenti particolarmente facili, questi, per iniziare un’avventura imprenditoriale, ma il ciclismo è il mio mestiere, la mia passione e sono convinto che “nine9” mi darà grandi soddisfazioni”.
Per avere informazioni tecniche su “nine9”, potete rivolgervi a Massimo nel suo punto vendita di Valdagno in via Rio.
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valdagno-nepal
Il trekking dell’Annapurna
S
di Bepi Magrin
e volete conoscere qualcosa di questo affascinante e misterioso, se pur piccolo paese che è il Nepal, dove convivono pacificamente più religioni e oltre ottanta razze diverse, in un contesto ambientale tra i più suggestivi al mondo, tra panorami straordinari e grandi biodiversità, allora, ponetevi nell’ordine di idee di compiere questo bellissimo trekking, che è alla portata di qualsiasi escursionista e che non comporta disagi o incognite particolari. La regione dell’Annapurna è vasta e interessante, e vi ci potete addentrare con camminate tranquille lungo sentieri molto frequentati da escursionisti provenienti da tutto il mondo. Posso consigliare la stagione a cavallo tra l’autunno e l’inverno oppure quella primaverile quando le fioriture degli alberi di rododendro offrono spettacoli “pirotecnici” dal punto di vista cromatico. In quei lassi di tempo il clima è generalmente buono e non piovoso, inoltre, assicuro che ogni
villaggio offre insieme alla squisita cordialità degli abitanti, lodge puliti e dignitosi a prezzi convenienti. Il cosiddetto “Santuario” dell’Annapurna: monte che è tra i più temibili giganti della terra, si chiama così perché l’anfiteatro di pareti altissime, di ghiacci pensili, di nevi eterne che vi circonda una volta giunti lassù ha una imponenza ed una bellezza tali da togliere veramente il fiato, come se foste entrati proprio in una specie di enorme santuario della natura e della bellezza; a togliervelo (il fiato) del resto contribuisce già la quota di oltre 4mila metri che si deve raggiungere per entrare nel detto santuario. Ma la varietà degli ecosistemi che traverserete partendo dalla giungla, passando poi per le risaie dei villaggi o per i coltivi di miglio, di frumento, orzo, boffit, e proseguendo per bananeti, orti con marijuana (qui considerata pianta curativa) foreste di aghifoglie, di bamboo, e alberi esotici con strane ghiande o pigne mai viste, non cesserà di sorprendere o meravigliare. Carovane di cavalli o di muli si incrociano frequentemente, sono il raccordo logistico dei villaggi con le
lontane strade di fondovalle dove possono giungere gli automezzi che durante il trekking certamente non potrete vedere. Giungerete così, tra il verde dei coltivi e dei boschi, superando lunghi ponti di corda metallica su gole profonde dove gorgoglia l’acqua vorticosa che viene dai ghiacciai, per scalinate interminabili di pietra e tortuosi sentieri, su fino al campo base dell’Annapurna, un villaggio di baracche che accoglie quelli che vogliono e possono superare quest’ultimo approdo di civiltà per spingersi verso l’alto ed inseguire i propri sogni. Non potrà mancare una sveglia antelucana per salire alla collina di Phoon Hill di dove si gode l’ineffabile spettacolo del sorgere del sole su cime come quella del Dhaulagiri, dell’Annapurna e del Machapuckare (Coda di pesce) una specie di Cervino gigante, con pareti di estrema arditezza ed esteticamente incantevole che vi resterà negli occhi e nel cuore da quel momento e per sempre. Per questo e altri viaggi accompagnati da chi scrive info: www. amitaba.net
grazie ragazzi Un’idea di sport locale che ha partorito una favola. È stato infatti all’interno del Centro Sport Valdagno che si è sviluppato un progetto da sogno con la sezione hockey su pista che appena nato ha ottenuto la promozione dalla A2 all’A1. “Alla fine la soddisfazione è grande –spiega Stefano Garbin, presidente del CSV. Un ringraziamento va ai giocatori, all’allenatore e ai tecnici, e a tutti coloro che ci hanno creduto.
HOCKEY SU PISTA – S ERIE A2 Valdagno Po
Quadri e rosa Presidente Vice Consigliere Allenatore Vice Preparatore atletico Fisioterapista Consulente tecnico Accomp. Ufficiale Meccanico
rdenone Hockey ACD
Roberto Fanton Rosanna Emma Cazz ola Michele Tiso Luca Chiarello Giorgio Casarotto Lorenzo Pieropan Chiara Danieli Roberto Zonta Luigi Angelo Toniazzo
Mauro Antoniazzi Valdagno, via S. Crist oforo 2 Campo di gara: PalaLido (1500) via A. Volta, 4 Mail: Sede legale:
Wen:
valdagnopordenonehoc key@gmail.com www.csvaldagno.it
PORTIERI Nicola Comin (’80) Matteo Trento (’89) DIFENSORI Pietro Pranovi (’81) Alberto Bertoldi (’89) Matteo Zarantonello (’8 2) Giorgio Casarotto (’8 2) Andrea Cornale (’82) ESTERNI Michele Panizza (’76) ATTACCANTI Alberto Peripolli (’86) Matteo Pace (’83) Nicola Retis (’93) Andrea Brendolin (’94)
Quel sogno chiamato A1
U
di Giannino Danieli n bacino che ha partorito una favola. E’ stato infatti all’interno del Centro Sport Valdagno che si è sviluppato un progetto da sogno con la sezione hockey su pista che appena nato ha ottenuto la promozione dalla A2 all’A1. “Alla fine la soddisfazione è grande –spiega Stefano Garbin, presidente del CSV-. Un ringraziamento va ai giocatori, all’allenatore e ai tecnici, e a tutti coloro che ci hanno creduto. Non sono stati momenti facili sebbene il trend sia stato impressionante: due sconfitte ed un pareggio. Una squadra che all’inizio era per certi versi “invisibile”, visto che prima nessuno aveva pensato a questi giocatori. Noi li abbiamo chiamati, uniti, e dato fiducia e loro ci hanno ripagato con un ottimo hockey e con un senso di responsabilità che non è mai mancato. Facile adesso sentirsi dire che ’era ovvio essere promossi in A1’. Un anno fa chiunque poteva imbastire una rosa del genere: lo abbiamo fatto noi con un buon connubio di economicità e qualità dei giocatori. E comunque ha vinto il gruppo, non solo dei giocatori ma di tutto lo staff del CSV ed intendo anche i genitori delle “Under 10”, del pattinaggio ed i volontari. Loro non hanno mai smesso di sostenere i ragazzi in pista e anche nella vita quotidiana: il vero modello vincente che spero resti nel tempo. Abbiamo ricevuto i complimenti e l’affetto
inaspettato di alcuni giocatori ed allenatori delle squadre del campionato di A1, tramite telefonate e messaggi a me e ai ragazzi. E’ una dimostrazione palese che questa A2 è stata seguita e che siamo stati osservati con attenzione e rispetto”. Al settimo cielo il presidente del-
guente va alla mossa strategica di gennaio. “La scelta di portare qui Panizza è stata giusta. Ha portato peso e grande esperienza. E’ uno che non molla mai”. Lungo la strada e in particolare quando mancavano quattro partite alla fine e il CSV aveva un solo punto di vantaggio non è mancato all’ester-no chi ha speso gratuitamente ironia e cattivi pensieri. “Li abbiamo ripagati con fatti concreti. In altri termini abbiamo conquistato l’A1 con una giornata di anticipo –prosegue Fanton-. Era la sezione hockey su difficile psicologicamente essere pista del CSV. “Sul mio profilo primi per tutto il campionato, di Facebook ho scritto solamente ma siamo riusciti a mantenere una frase: ‘Grazie a tutti quelli il vertice dalla prima all’ultima che ci hanno creduto’ –ricorda giornata. E questo nonostante un Roberto Fanton-. Dentro di me mare di problemi per infortuni. comunque fin dall’inizio ero Ammetto che a volte è affiorata convinto che questa squadra la tensione, ma c’è stata pure la potesse farcela”. Il pensiero seforza di reagire. Così è successo
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di quanto aveva per batterci. Ma il nostro gruppo è sempre stato coeso ed ha sempre dimostrato di voler lavorare con impegno”. Gli esperti del settore sostengono che il portiere vale almeno il 60% delle fortune di una squadra. “In realtà questo campionato è stato sofferto più del previsto –afferma l’estremo Nicola Comin-. Alla fine comunque la soddisfazione è maggiore. Abbiamo dimostrato gran carattere. E’ vero che a volte le difficoltà ce le siamo create, ma quel che conta è il risultato finale”. Se Comin e Trento si sono rivelati dei Fort Knox c’era però bisogno di chi fungesse da cannoni contro le difese avversarie. Il CSV ne ha proposti due. Accanto a Brendolin un bomber doc valdagnese. “Questa promozione è stata una gioia immensa, ma anche un po’ inaspettata –spiega Alberto Peripolli-. Non pensavo di farcela quando siamo andati incontro alle sconfitte di Sandrigo e Pieve e al pareggio con il Montecchio Precalcino. Credetemi, quest’andopo la no era più facile salvarsi in A1 sconche essere promossi in A2! Abfitta di biamo disputato durante la stamisura gione amichevoli con Bassano, (6-5) a Breganze e Trissino e sono state Pieve che tutte tirate. I maggiori problemi ed esistono pure tre squadre ha ridotto a una sola in A2 li abbiamo incontrati con giovanili con un totale di 50 lunghezza il nostro vantaggio”. avversari che erano schierati a giocatori. La promozione del A Fanton vengono ancora i zona”. brividi pensando a quanto poteva CSV porta da quattro a cinque In quest’anno d’oro c’è un degno la presenza di squadre vicentine rappresentante nel quartetto dei succedere nel derby a Thiene. nella massima divisione. “A 50” dalla fine eravamo in non valdagnesi. “Quando sono “Abbiamo onorato gli obiettivi vantaggio 4-3 –rammenta-. I arrivato a gennaio la squadra –conclude il presidente Roberlocali usufruirono di un penalty aveva un buon margine di punti to Fanton- e siamo felici per i che però finì sul palo. Se fosse di vantaggio –ricorda Michele giocatori tutti convinti di questo Panizza-. Pensavo che sarebbe stato pari per noi sarebbe finito il campionato e lo avrebbe vinto progetto. In testa il capitano Pra- stato tutto facile, ma tutte le novi che era fermo da tre anni”. il Pieve. Ho pensato subito che partite seguenti hanno richiesto Eccolo allora il capitano, un vero un impegno enorme. Il successo allora evidentemente si trattava simbolo biancoceleste. “E’ stato finale è però giustificato anche di un segnale che questo era il un anno più difficile di quanto nostro anno!”. dal fatto che la società in fase di mi potessi immaginare –sotSolo gli U15 del CSV giocano programmazione ha puntato su tolinea Pietro Pranovi-. Ogni a Pordenone. A Valdagno è giocatori forti. Logico quindi che avversario che incontravamo stato avviato invece un corso ci fossero ambizioni di promovoleva a tutti i costi spendere più zione”. di pattinaggio con 20 elementi
Il CSV è già nella storia
valdagno di Giannino Danieli
Il 2013 si rivelerà una pagina fondamentale nella storia dello sport valdagnese. Viene costituito il CSV (Centro Sport Valdagno) società multidisciplinare che ha come mission lo sviluppo dello sport nella Vallata dell’Agno in tutte le sue forme, dalla organizzazione di eventi, alla formazione di atleti ed istruttori, alla promozione di attività sportive dilettantistiche, all’organizzazione e partecipazione a manifestazioni nazionali e internazionali, allo sviluppo e sostegno di iniziative, servizi e attività culturali, sportive e ricreative attinenti allo sport e a tutto ciò che permette di crescere, divertirsi, stare con gli altri e vivere in salute. Ai vertici c’è Stefano Garbin. Ai vertici della società di A1 di hockey intanto si verifica una frattura. Quella parte di dirigenti che non ne fa più parte e che ha concetti differenti, ma che ha dato tanto alla disciplina, animata da una grande passione progetta la nascita di una associazione hockeistica con una filosofia ben diversa. Creare un gruppo recuperando elementi valdagnesi finiti in altre società, altri ancora che magari non hanno avuto molto spazio per giocare, ma anche chi aveva già da tempo appeso i pattini al chiodo pur avendo ancora l’hockey nel sangue. Contemporaneamente il pensiero è andato alla formazione di un settore giovanile calibrato su condizioni di favore per le famiglie. I primi contatti con i giocatori e le risposte assai entusiastiche hanno convinto che si poteva tentare un progetto ambizioso,
qualcosa di più che una partenza dalla serie B. Il CSV lo ha sposato subito perché coincideva perfettamente con la sua filosofia. Ma come arrivare ad una categoria superiore? Lo spiraglio si è aperto quando nella categoria cadetta il Pordenone 2004 non è stato più in grado di proseguire l’attività. Il CSV si è fatto avanti e la società friulana ha depositato in LNH e FIHP le deliberazioni della propria assemblea straordinaria nel corso della quale erano state apportate le modifiche con la nuova denominazione sociale “Valdagno Pordenone Hockey ASD” con sede legale e sociale in via San Cristoforo 2 a Valdagno. E’ nata così la sezione hockey pista del CSV, costituita il 24 aprile 2013, che ha iniziato l’attività ufficiale il 10 settembre 2013. Significativo il fatto della scelta delle maglie. Con unanime consenso è stata adottata quella indossata dal Valdagno nato nel 1938, sfondo celeste e banda trasversale bianca.
Cronaca di una stagione fantastica
I
l CSV Valdagno è stato promosso nella massima divisione di hockey pista con una giornata di anticipo sulla fine della stagione. E’ una bella favola che profuma di miracolo. Gli esperti del settore al via lo davano quello con le maggiori credenziali nel ristretto lotto di papabili alla promozione (Pieve 010, Scandiano, Vercelli, Sandrigo, Roller Bassano). Via via il gruppo si è sfoltito fino a riservare chance solo a CSV e Pieve 010. Il verdetto definitivo è arrivato alla penultima giornata (il CSV era in testa con un solo punto di vantaggio sul Pieve) quando il team valdagnese s’è imposto sul Vercelli (10-3) mentre quello cremonese è uscito sconfitto (3-2) da Castiglione determinando un margine di -4 incolmabile.
presto, Lì è stata scritta una inedita pa- Il gruppo si è cementato acgina storica per l’hockey valda- i vari componenti hanno lavoro gnese perché non ha mai avuto cettato un impegnativo e i frutti due formazioni contemporanea- con notevole sacrificio state mente in A1 (era successo solo si sono visti perché sono stagio superate nel corso della in A2). 50’ A L’identità valdagnese del grup- ne non poche difficoltà. alcuni po è forte data la presenza di dalla fine della stagione chiaben sei elementi. Ma gli inseri- numeri parlavano molto meno il menti da altre società del Vicen- ro: 15 vittorie (due in in più il tino per completare l’orga-nico Pieve), 2 pareggi (due Ancosi sono integrati ad hoc. A parti- Pieve) e solo 2 sconfitte. A2 re dall’es-tremo Matteo Trento ra attacco più prolifico della Vercelli che in passato aveva fatto da con 133 gol (secondo il quali vice a Cunegatti, per passare a con 92), più di metà dei lli Casarotto che in precedenza era segnati dalla coppia Peripo podio stato giocatore/allenatore nel (40)-Brendolin (38). Sul (seThiene, quindi alle stelle sandri- pure i due estremi Comin 33 con censi Brendolin e Retis. Il tocco condo fra i meno battuti (terdi grande esperienza lo ha dato gol subiti in 600’) e Trento l’ultimo arrivo dal mercatino, zo con 19 gol subiti in 300’). quel Michele Panizza che aveva già contribuito a fare grande Bassano.
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Telemark, ritorno alle origini
di Chiara Guiotto
Senso di libertà, condivisione e amore per la montagna: tre ingredienti che rappresentano la massima espressione del telemark, disciplina antica inventata a metà del 1800 e comunemente considerata come l’inizio dello sci come sport. Prima della nascita del telemark risultava molto difficile per uno sciatore curvare e frenare, ci si aiutava molto spesso con lunghi bastoni e di conseguenza fino a quel momento li lo sci era uno strumento utilizzato solo per gli spostamenti in pianura. Con la nascita sulle nevi della Norvegia del telemark, tecnica sciistica detta anche “sci a tallone libero”, allo sciatore erano concessi facili cambi di direzione e si aprirono così le porte alla discesa e alla velocità.
Per maggiori informazioni sui corsi, le uscite e gli incontri in sede visitare il sito www.sciclubmarzotto.it alla pagina “Telemark” oppure contattare Nicola Fongaro 392 4161576 nicola.fongaro@ulss5.it
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onostante la tecnica sia completamente opposta a quella dello sci alpino visto il tallone libero e il peso sulla gamba interna in fase di curva, grazie all’aiuto dell’alpenstock o dei bastoncini tradizionali, il gruppo di telemarkisti SNEA ha trovato casa nella vallata dell’Agno diventando ufficialmente parte attiva dello Sci Club Marzotto, storica e nota società sportiva valdagnese di sci alpino fondata nel lontano 1925: è stata inaugurata una sezione dedicata a tutti coloro che coltivano la passione per il telemark e vorrebbero condividerla con altri sportivi. Attrezzature, personale competente a disposizione e tanta voglia di praticare un’attività, prima di tutto ludica, con amici e sportivi. E’ recentissima la fusione con il Marzotto del gruppo SNEA, che per chi non lo sapesse significa neve in cimbro: una ventina di telemarkisti, giovani e meno giovani, più uomini che donne. Una fusione quella con il Marzotto che ha come intento quello di promuovere a sportivi della vallata e non solo questa disciplina che a detta di molti è davvero affascinante e trainante. Fondatore del gruppo SNEA e persona di riferimento presso lo Sci Club Marzotto è Nicola Fongaro, che circa cinque anni fa ha messo da parte lo sci alpino a livello agonistico per dedicarsi al telemark: Claudio Citroni, maestro e suo carissimo amico, gli ha trasmesso la vera passione per questa disciplina e oggi, nonostante continui a praticare lo sci alpino ma solo come Soccorso Piste del gruppo Orsa Maggiore Vallarsa, Nicola “mastica” solo telemark! Suo ski-man fidatissimo Nicola Belluzzo che con passione gli prepara lamine e sciolina ad ogni raduno o gara importante. La domanda che tutti potrebbero porsi è: “Per praticare telemark occorre saper sciare o conoscere qualche disciplina sportiva in particolare?”
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santorso Ebbene chiunque può avvicinarsi a questo sport, a qualsiasi età e saper sciare non facilita molto l’apprendimento. Nonostante il telemark nasca come sport più amatoriale, forse molti non sanno che esistono anche le gare di gigante: simile ai tracciati dello sci alpino con la differenze che dopo circa otto porte l’atleta deve effettuare un salto e atterrare in telemark. Prima di tagliare il traguardo il giro di dama e arrivo in passo spinta come lo sci di fondo. Progetti futuri I progetti in cantiere per la stagione 2014-2015 del gruppo SNEA sono numerosissimi: “Innanzitutto la sede allo Stadio dei Fiori -precisa Fongaro- sarà il punto di riferimento e luogo di ritrovo per tutti i telemarkisti una volta alla settimana per confrontarsi e proporre nuove attività. Inoltre tutti i week end organizzeremo uscite e corsi sia per principianti sia per chi ha già dimestichezza con il telemark”. Teatro di uscite, allenamenti e corsi saranno Recoaro Mille e Polsa di Brentonico grazie alla disponibilità del maestro Davide Vitella. Per chi volesse approcciare al telemark, senza alcuna esperienza, la prima lezione sarà gratuita. I raduni Cuore pulsante del telemark per i veri appassionati sono i raduni che durante l’anno sono parecchi e prevedono sempre un’affluenza importante di sportivi.
L’avvio di stagione è normalmente celebrato sulle nevi della Val Senales e ad Hintertux, per poi spostarsi a Moena, in Folgaria e a Polsa. “Mi piacerebbe tanto -prosegue Nicola Fongaro- riuscire ad organizzare un bellissimo raduno anche sulle nostre montagne di casa a Recoaro Mille perché il pendio è favorevole e il panorama non ha nulla a che invidiare con altre località più distanti”. E’ appena passata la 20° edizione del raduno mondiale a Livigno, l’International Telemark Festival dal 29 marzo al 5 aprile scorso: una settimana di gare anche per bambini, rivisitazioni storiche e condivisione della passione per la montagna con uscite in neve fresca quindi con l’ausilio delle pelli per le risalite. Si pensi che hanno partecipato 2500 persone, addirittura sono giunti telemarkisti dalla Norvegia! Attrezzatura del telemarkista scarponi da telemark simili a quelli dello sci alpinista sci da gara come quelli da sci alpino però con attacco telemark sci da neve fresca con doppia punta e più larghi per facilitare il galleggiamento (circa 15 cm in punta e sulle code, e circa 10 cm nella parte centrale) alpenstock (bastone da montagna dei nostri nonni) o bastoncini tradizionali La tecnica moderna Il telemark di una volta consiste nello spostamento dello sci a valle in avanti per effettuare la curva con l’aiuto del bastone, la successiva derapata e il peso sulla gamba interna. Il telemark di oggi mantiene le caratteristiche originarie con il tallone libero ma cerca di eseguire la curva in maggior conduzione diminuendo la derapata.
Sempre loro due È questo il motto che accompagna la duplice vittoria ottenuta, anche quest’anno, da Giuseppe Zavagnin di Santorso e Perla la sua “compagna” a quattro zampe nel campionato Provinciale A.C.V. – CONFAVI VICENZA per cani da ferma, giunto alla 13° edizione. Giuseppe Zavagnin e la sua setter inglese Perla hanno vinto nella categoria cacciatori inglesi.
Già dalle prime gare del torneo i piazzamenti del binomio vincente si sono dimostrati di valore anche se bisogna dire che il titolo è stato sofferto per l’alto livello espresso anche dagli amici avversari e dei loro cani. Una vittoria quest’anno portata a casa sul filo del rasoio, con un distacco di solo un punto dal secondo in classifica. Giuseppe Zavagnin quest’anno bissa il successo dopo la vittoria nella prova Provinciale A.C.V .– CONFAVI per cani da ferma con sparo, tenutosi nel mese di maggio a Montecchio Maggiore, prova questa che ha messo a dura prova i concorrenti per le difficoltà del campo di gara; la vittoria di Zavagnin è arrivata grazie all’esperienza accumulata negli anni e si può dire che questo è stato il “fiore all’occhiello” dell’intera annata.
Giuseppe Zavagnin torna a salire sul gradino più alto del podio con la sua fedele “Perla”. “Squadra che vince non si cambia!” Dopo le gare la premiazione dei vari campionati si è svolta durante la Fiera “Hunting Show” di Vicenza dell’ 8, 9 e 10 febbraio 2014, nello stand A.C.V.– CONFAVI. Nell’occasione spiccavano i trofei di Giuseppe e Perla oltre a quelli che lo stesso ha vinto con l’ Epagneul Breton Onda, classificatosi terzo in entrambi i campionati. Questo è uno sport di famiglia e a continuare la tradizione ci pensa il figlio Stefano che agli esordi ha vinto il trofeo del secondo classificato, nella prova Provinciale A.C.V. – CONFAVI con sparo, con l’altra setter inglese “Ambra”. Nonostante “Perla” abbia raggiunto l’età di 11 anni, non smette di stupire e casomai, Giuseppe ha l’altro asso da calare al momento opportuno: la giovane “Onda”, che gli ha finora fatto guadagnare anche il terzo posto al “21° Trofeo Beccaccia d’Oro” con la speranza che lui possa continuare la tradizione vincente sommando altre soddisfazioni e vittorie a quelle ottenute con i due setter “Perla” e “Ambra”.
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valdagno
A Valdagno, sabato 3 e domenica 4 maggio, ci sarà il 5° workshop con il maestro Chen Zhonghua Taiji Quan stile Chen metodo pratico Hong
A
nche quest’anno siamo riusciti ad organizzare a Valdagno un fantastico Workshop, il quinto, di Taijiquan stile Chen Metodo Pratico Hong con il Maestro Chen Zhonghua e promosso dalla Scuola Italia PoonZè Team diretta dal Maestro Giuseppe Bon. Il mio desiderio è quello di trasmettere, anche solamente a qualcuno questa grande passione proprio perché è così che tutto tende a focalizzarsi in un unico obbiettivo dove le nostre aspettative possono crescere e l’emozione di un traguardo raggiunto ci rapisce e ci fa sentire vivi e concreti in un tempo che non si esaurisce mai anche se sembra svanire così rapidamente. Per me questa passione è il Taijiquan: così condividere con Maestri e Allievi l’emozione di incontrare nuovamente uno dei Grandi Maestri di questa Arte diventa un
di Massimo Neresini
H M A ST E R C
qualcosa di indescrivibile. Così si avviano i nostri giorni di intenso allenamento ed approfondimento dello stile direttamente con il Maestro Chen Zhonghua, il Maestro Pavel Codl, il Maestro Bon Giuseppe, ed Istruttori della sua Scuola, intensi e pregni di sofisticati movimenti così efficaci da sembrare “finti” in cui direzione, allineamento della struttura del corpo, angolo di azione e tempo fanno da padroni. Abbiamo imparato nel corso degli anni a capire quanto formidabile sia questo stile sia dal punto di vista della salute che della difesa personale tanto da riuscire a capire o meglio a percepire che il Taijiquan, conosciuto più nel mondo occidentale come una serie di movimenti solo coreografici, sia invece una vera e propria Arte Marziale di una energia talmente grande che raramente ho potuto vedere e assaporare mar-
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Il Maestro è qui
zialità più forte. Il problema sta nella applicazione corretta dei movimenti che devono essere assolutamente precisi e diventare una forma di abitudine; questo può accadere solo se diventano il risultato di un costante e continuo esercizio giornaliero altrimenti come dice il Maestro Chen “l’acqua che porto ad ebollizione si raffredda e per riportarla ad ebollizione devo ricominciare continuamente a riscaldare senza fine e senza un soddisfacente risultato”. Si deve “rovesciare il cielo” come dicono in Cina. Il mondo della tradizione cinese fissa tutto “yang” il cielo e tutto “yin” la terra; noi siamo tra il cielo e la terra e veniamo considerati yin fino alle spalle, che fanno da divisori, e yang sopra. Così le braccia e le mani sono yang come la testa… e muoviamo costantemente questi arti per “fare” qualcosa. Allora “rovesciare il cielo” significa non fare che minimi movimenti con le mani e muovere invece le gambe e i piedi. Inizialmente sembra di essere un po’ dei “robot”, ed è anche quello che viene percepito da fuori; l’essere così lontani dallo stile Yang così morbido nei suoi movimenti ma totalmente inefficace come Arte Marziale porta indubbiamente a non riconoscere questo stile come parte del Taijiquan, ma questo è il Metodo Pratico del Grande Maestro Hong Junsheng che ha ricevuto l’approvazione direttamente dal Grande Maestro Chen Fake (indubbiamente tra i più Grandi Maestri di Taijiquan della storia) si devono togliere e pulire le forme e le applicazioni da tutta una serie di movimenti del corpo che non servono all’efficacia della lotta. Posso capire che ai non esperti questo metodo può apparire come una distorsione del Taijiquan, purtroppo per loro (quelli che non vogliono capire) invece è proprio il sistema che si avvicina di più alla tradizione di Arte Marziale Cinese, niente altro che uno stile molto energetico e potente di combattimento che impiega, con forte vantaggio, la meccanica interna del corpo per portare colpi sfruttando tutte le parti del corpo stesso, in particolare le mani, i piedi, i gomiti, le spalle, le ginocchia e le anche. D’altro canto sta proprio anche nella tradizionale storia della nascita mitologica del Taijiquan l’essenza della lotta:
la sfida tra una gru, equilibrio e velocità, e un serpente, energia interna e direzione. Non vi sembra così logico che sia proprio una lotta… di più vi ricordo che in lingua cinese il praticare Taijiquan si dice “Dà” che significa “picchiare”. Ecco come togliendo fiocchi colorati e plastiche da una catena non si riesce più a riconoscere la “vera catena” cioè quella che da ragione alla sua struttura. Quello che uno vedeva erano gli anelli di questa catena che smontati uno alla volta volevano essere studiati e assorbiti per poi fare la catena ancora più resistente. Il Maestro Chen Zhonghua, allievo diretto della grande ed unica Scuola di stile Chen, Maestro di 19ma generazione dello Stile Chen sotto la guida diretta del Grande Maestro Hong Junsheng ci raccoglie spesso attorno ad una lavagna dove cerca di spiegare, in un modo semplice le applicazioni del Metodo e l’essenza del Taijiquan come se fossero l’estratto di un libro di fisica e meccanica del corpo. Continuo ad essere impressionato nel vedere in azione il Maestro Chen che ti atterra o ti respinge con una facilità che ti fa sembrare ridicolo. Ancora peggio penso ad un estraneo che ci osserva e pensa “tanto si sono messi d’accordo…”, beh gli direi vieni e prova a vedere quanto è vero che più sei grosso e più fai rumore quando cadi! Usare l’energia dell’avversario in un modo così semplice e seguire degli insegnamenti così essenziali ma così potenti ci entusiasma sempre di più, poi sapere che siamo in pochi a perseguire questo obiettivo e non essere parte di una grande “ruota commerciale” ma di una “élite” dell’Arte Marziale ci da uno stimolo sempre più grande. “L’agire è il non agire”, uno dei principi del Taoismo viene così ad essere dimostrato in pratica ed il Maestro Chen Zhonghua sembra essere assolutamente fermo mentre la sua energia travolge e respinge chiunque gli si oppone. Il Maestro Chen Zhonghua, con l’aiuto della sua semplicità e chiarezza, riesce a trasmettere, ad insegnare e a guidare gli allievi verso mete che sembrano impossibili, attraverso percorsi duri, a volte, difficili da capire. “Imparare non si finirà mai perché l’Arte non ha limiti” diceva il
Grande Maestro Chen Fake e non c’è messaggio migliore da portare con sé in “saccoccia”. Voglio ancora sottolineare che il taiji è Yin e Yang, movimento e non-movimento, questi sono i principi fondamentali del Taijiquan e sono i pilastri dello Stile Chen Metodo Pratico insegnati dal Maestro Chen Zhonghua e dalla Scuola Italia Poon-Zè Team del Maestro Bon. Se non c’è Yin e Yang non c’è Taiji e questi non sono due “cose” separate, ma la fine di una unica “cosa”; l’allenamento di Taiji serve proprio a rafforzare l’abilità a separare Yin e Yang, per raggiungere questo obiettivo si deve trovare un punto in cui nulla si muove. Questo punto è il cosiddetto WUJI (punto di partenza o punto vuoto del Taiji) e senza questo punto non esiste la separazione di Yin e Yang e quindi non esiste nemmeno il Taiji. Il primo ed essenziale principio
nel metodo pratico è quindi che non ci si deve muovere ed agitare. Faccio un esempio per capire questo concetto: pensate di giocare a bigliardo e di voler colpire con la stecca la palla; riuscireste a farlo se la stecca si muovesse continuamente o peggio se fosse molla, assolutamente no! La stecca deve essere ben ferma e rigida per trasmettere la energia del movimento nel colpire la palla. Così perché l’energia possa essere trasmessa ci deve essere un punto in cui è tutto molto fermo e stabile altrimenti tutto viene perduto. Chiedete ad un ciclista se può pensare di andare in bicicletta con i pedali e gli ingranaggi di trasmissione non perfettamente fermi ed allineati, pensate a tutto lasco e con i pedali che saltano e si muovono come una molla… beh quel ciclista cambierebbe sport.
Così i primi allenamenti dello stile Chen metodo pratico sono i cosiddetti “fondamenti” ed allenano la abilità a separare Yin e Yang senza muovere il centro… è come pedalare con il “perno fisso” mentre noi eravamo abituati a “spedalare con tutto che si muoveva”. Ci si allena così a fare continuamente “cerchi positivi” e “cerchi negativi” che sono il vero fondamento dell’arte del Taijiquan… pensate che ci sono molti praticanti e Maestri di questa Arte che non sanno neppure cosa sono! Sì è imbarazzante dirlo ma è proprio così. E’ vero c’è spazio per tutti e tutto così c’è spazio anche per i “guru” di questa Arte che insegnano e trascinano molti allevi verso una strada che sarebbe meglio non chiamare
Ci puoi trovare su facebook “Bon Giuseppe”; cell. 328-7304862; e-mail: giuseppebon56@htomail.com Palestre: Axel di Vicenza, New Gym di Schio e Progetto Musica di Valdagno
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à mai on finir
a limiti
perch
non h é l’Arte
Taijiquan, forse nemmeno Taiji, bensì una specie di restyling danzante di quello che era una vera Arte Marziale.
Chi fosse interessato a vedere e parlare con la Scuola e con il
Maestro Chen Zhonghua ci può trovare il 3 e 4 Maggio al Palalido di Valdagno per uno stage internazionale
dalle 8:00 alle 12:00 e dalle 14:30 alle 18:00.
Š Ray Giubilo - Tennis photographer ty, Ltd
Un raggio di Giubilo
vicenza
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A tu per tu con Ray Giubilo, uno dei più grandi fotografi di tennis del mondo
© Ray Giubilo - Tennis photographer ty, Ltd
di Eugenio Menato
Per gli addetti del tennis è un pun to di riferimento. Per i lettori delle riviste sportive, una pres enza costante. Ray Giubilo da quasi trent’anni svol ge la professione di fotografo ed oggi è uno dei reporter tennistici più conosciuti e apprezzati a livello mondiale. I suo i lavori sono stati esposti in tutto il mondo e nelle gallerie più prestigiose come la Proud Gallery di Londra, la US Ope n Gallery di New York e il Foro Italico di Roma. Le sue foto , mai banali, sanno regalare all’osservatore le emozioni che si respirano nei grandi eventi: da alcune di esse sembrano uscire i “Come on!” o i “Vamos!” urlati dai grandi cam pioni.
Rafael Nadal, ai quali hai dedicato due tuoi libri. A livello fotogenico, chi dei Nato ad Adelaide e cresciudue la spunta secondo te? to a Trieste, il reporter italoDal punto di vista fotografiaustraliano ha avuto per anni co preferisco Nadal perché pianta stabile a Vicenza, per è più vario e più divertente poi fare ritorno a Sydney da fotografare. Ma se potesdove tutt’ora risiede. Ray si scegliere di giocare come inizia la professione prouno dei due direi senz’altro prio in Australia, lavorando Federer: a mio parere è il miper un’agenzia pubblicitaria glior giocatore di tennis che ed esponendo i propri lavoio abbia mai visto dal vivo. ri sulle ampie vetrate di un Nel circuito professionistimagazzino adattato a studio co c’è stato un incremento fotografico. I primi scatti dei tornei giocati sulle suavvengono nel settore della perfici cosiddette veloci. moda ma la sua propensione Pensi che ciò possa essere per la fotografia di movimendovuto anche ad un fattore to ben presto gli porta a conotele-fotogenico? scere l’ambiente dello sport. Non credo sia un fattore di L’occasione giusta arriva migliore qualità visiva. Direi nel 1989 quando Ray viene piuttosto che l’interesse teleincaricato di seguire per un visivo si sia spostato sui tormagazine italiano gli Austranei di superficie veloce solo lian Open, uno dei quattro per un fattore economico. tornei di tennis più imporI Paesi dove si gioca printanti del mondo. cipalmente sull’hard court Da allora e per oltre vent’ansono gli Stati Uniti, il Canani, Giubilo ha fatto più volte da, l’Australia e la Cina, che il giro del pianeta colleziogodono di una situazione nando come fotografo uffieconomica molto migliore ciale quasi 200 eventi di tendell’Europa. Lì si è potuto nis, tra cui oltre 80 tornei del investire parecchio sul tenGrande Slam e due edizioni nis creando delle strutture dei Giochi olimpici. Tutt’ogultra moderne e funzionali in gi pubblica regolarmente grado di ospitare e intrattesulle migliori riviste specianere molto pubblico. Di conlizzate italiane ed estere. seguenza sono stati attratti Tra il Master 1000 di Miami sponsor e organizzati tornei e l’incontro di Coppa Davis importanti in città che prima tra Italia e Gran Bretagna non avevano un evento di indi Napoli, Ray ha trovato il teresse internazionale. tempo per un paio di battute. Che potenzialità offre oggi Sotto il tuo obiettivo sono la fotografia a livello di svipassati i più grandi camluppo tecnico dei colpi? pioni degli ultimi trent’anOggi con le macchine fotoni, tra cui Roger Federer e grafiche moderne riusciamo
© Ray Giubilo - Tennis photographer ty, Ltd
a scattare fino a 12 fotogrammi al secondo in alta definizione e fino a 30 fotogrammi al secondo in bassa definizione. Queste micro-sequenze sono utilissime nell’insegnamento di un colpo perché danno la possibilità di studiare tutte le fasi dell’esecuzione aiutando a correggere gli errori che senza l’aiuto fotografico sarebbero difficili da rilevare. Per anni hai vissuto a Vicenza, che legame conservi tutt’ora con la nostra città? Vicenza come Trieste resta sempre un punto di riferimento per me, e durante la stagione europea del circuito Atp ci passo spesso tra un torneo e l’altro. E’ una città con un’ottima tradizione tennistica nella quale ho stretto molte amicizie attraverso il tennis. Inoltre qui ho il mio coach di tennis preferito. Vicenza ha un fascino nascosto, per apprezzarla bisogna averci vissuto. Ci racconti un aneddoto della tua lunga carriera? E’ una domanda difficile perché ne avrei tanti da raccontare e tanti che non posso raccontare per rispetto della privacy di certi giocatori/trici. Uno che mi viene in mente è il giorno in cui ho fotografato George Bush Sr. mentre giocava a tennis. Era il 1995 e stavo seguendo per la federazione australiana un incontro di Coppa Davis tra Australia e Francia a
Sydney nel leggendario circolo di White City. Alla fine dell’incontro, dopo aver fatto una foto di gruppo della squadra australiana insieme al capitano John Newcombe e al coach Tony Roche, Newcombe mi chiese se fossi stato libero il giorno seguente perché lui e Roche avrebbero giocato un doppio con George Bush Sr e il nipote e avevano bisogno di un fotografo. Chiaramente accettai e il giorno dopo mi ripresentai a White City all’ora stabilita. Il circolo era vuoto: c’erano solo gli uomini della sicurezza americani che dopo avermi chiesto i documenti e ispezionato la borsa delle macchine mi autorizzarono a scattare le foto in esclusiva all’ex Presidente degli Stati Uniti. Dopo un po’ di attesa arrivò una limousine scortata da una decina di moto della polizia dalla quale scese Bush vestito da tennis. Mi presentai, scambiai un paio di parole e cominciai a fotografare la partita. Durante il match scorsi una persona appostata su un albero e allora feci un cenno agli agenti della sicurezza: improvvisamente l’albero venne circondato da una ventina di body guards con walkie talkie, i quali “fecero scendere” l’uomo che si rivelò essere un fotografo a caccia di uno scoop. La partita fu interrotta per un paio di minuti… il tempo di portare via questo signore terrorizzato. Dopodiché tutto riprese come prima. Alla fine dell’incontro mi
misi a fare le foto di rito quando a un certo momento Bush mi disse “Vieni Ray, facciamo una foto insieme”. Io piuttosto timido gli risposi “Certo Mr. President” e lui di rimbalzo “Quale Presidente! Chiamami George, siamo tra tennisti!”. Poi ridendo mi sussurrò: “Mi hai quasi salvato la vita”. Un fotografo deve trovarsi sempre nel punto giusto al momento giusto e i tuoi scatti ne sono la più ampia dimostrazione. C’è tuttavia uno scatto che rimpiangi di non essere riuscito a cogliere? Negli anni ho visto tanti scatti bellissimi fatti da colleghi che avrei voluto fare io. Ma non rimpiango nulla perché la fortuna gira, prima o dopo c’è sempre una volta in cui sei tu ad essere nel punto giusto al momento giusto. C’è una foto alla quale sei particolarmente affezionato e che possiamo ritrovare nei tuoi libri? Ci sono due foto nel libro Tennis Match alle quali sono affezionato perché sono le prime foto importanti che ho scattato. Una è un salto di Pete Sampras a Wimbledon nel 1996 che è poi diventato un poster storico delle racchette Wilson; l’altra è una foto di Venus Williams che ho scattato dal tetto del centrale di Melbourne nel 1998: un’immagine molto grafica con Venus che sembra avere una gamba sola proiettata attraverso una grande ombra sul campo.
Ray Giubilo in carriera ha immortalato i più grandi campioni di tennis cogliendone i minimi dettagli umani, sportivi e tecnici. I suoi scatti più belli sono raccolti nei libri di fotografie “Tennis Match”, “Rafael Nadal. Il Re della Terra”, “Roger Federer. Il n. 1 di sempre” e “Le ragazze del tennis”, che non possono mancare nelle librerie degli appassionati. Tutti i volumi sono editi da Hoepli e sono acquistabili sul sito www.hoepli.it
uni c Imi ca
Unichimica srl Via Roma, 292 36040 Torri di Quartesolo (Vl) e-mail: info@unichimica.it - http://www.unichimica.it
Due turbo diritti di Eugenio Menato, Foto di Ray Giubilo
Federer
Il diritto dello svizzero è il classico colpo “da manuale”. Roger è uno dei pochi top players ad utilizzare ancora un’impugnatura eastern, che gli permette di giocare con molta versatilità e varietà alternando bordate di 150 km/h a smorzate millimetriche. Fase di caricamento (immagini 1 e 2): Roger carica la gamba destra e crea ampiezza con quella sinistra. Questo gli consentirà una maggiore rotazione del busto in 1
fase di spinta e una migliore stabilità. Il braccio sinistro disteso (che qui ricorda il movimento di Agassi) prima accompagna l’apertura e poi si allunga in avanti alla ricerca del punto di impatto ottimale. Immagine 3: la testa della racchetta “scende” sotto alla palla per accumulare energia cinetica. Le gambe si distendono con un timing perfetto in prossimità del momento d’impatto. 2
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Immagine 4: la fase di esecuzione avviene in open stance, ossia con gambe e busto parallele alla rete. Il braccio destro è completamente disteso mentre quello sinistro si blocca per favorire lo swing. Le gambe sono scariche e quasi librano dal terreno. Immagine 5: la testa rimane ferma anche dopo l’impatto per garantire allo svizzero il massimo equilibrio. In questa fase avviene il blocco delle anche, fondamen4
tale per evitare un’eccessiva rotazione del busto che causerebbe la dispersione della spinta. Immagine 6: Il finale avviene in maniera classica, con il braccio destro che ruota attorno al busto terminando la propria corsa sotto la spalla sinistra. La pallina è già lontana, a riprova della forza esplosiva e della velocità di esecuzione del colpo.
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vicenza
a confronto
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Nadal
Il dritto mancino dello spagnolo è un colpo “devastante”. Giocato con rotazioni esasperate che sfiorano i 5.000 giri al minuto, esso è in grado di imprimere alla palla un “peso” difficile da controllare. Nadal a differenza di Federer utilizza un’apertura molto alta, con l’impugnatura aperta e spostata verso la western (immagine 1). Immagine 2: Nadal è ancora distante dalla palla ed è costretto a 6
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rinunciare alla classica posizione in open stance cui siamo abituati a vederlo. La palla sta passando e Rafa per giocarla deve arretrare col busto e “uncinare” l’attrezzo con un’apertura vistosa del polso (l’angolo braccio-racchetta è di circa 90°). La gamba sinistra è sovraccaricata (una delle ragioni per le quali lo spagnolo in passato ha sofferto di problemi al ginocchio). L’arretramento del busto è bilanciato dal braccio destro, che rimane legger2
mente alzato e sempre davanti al corpo (un errore sarebbe farlo arretrare). Immagine 3: l’impatto è inevitabilmente arretrato. Nonostante questo lo spagnolo riesce a distendere il braccio, che passa a una velocità impressionante. L’equilibrio precario del colpo viene ristabilito dopo l’impatto grazie al blocco del bacino e al movimento della spalla davanti al corpo (immagine 4), anche se solitamente i piedi sono meglio 3
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appoggiati a terra per dare forza. Nelle immagini 5 e 6 ritroviamo il tratto più originale del colpo: il finale “a spazzola”. Il braccio dopo l’impatto prosegue la sua corsa in avanti per poi arretrare e salire rapidamente. Questo gesto è “unico” e difficile da imitare. Nadal ci riesce perché ha una forza micidiale (notare il bicipite), ma tecnicamente non è corretto. Lo stesso spagnolo, infatti, quando può chiude il colpo in maniera tradizionale. 5
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e C a i a l es o r rt e o C à t n o B
Bar
Vecchia osteria con enoteca e il piacere di stare assieme. È il luogo della movida valdagnese, aperitivi, buon vino Tutti i giorni una serata diversa.
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spitzgar lake party! Il “salto della pozza” sbarca a Recoaro 1000
Thomas Griffani
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di Eugenio Menato
i gare pazze ne sono state organizzate tante a Recoaro 1000, ma una cosa del genere non si era mai vista dalle nostre parti. Spitzgar lake Party, ossia la “prova speciale di attraversamento del lago con sci – o altri mezzi – con rincorsa dalla pista Senebele” ha infervorato gli animi in una calda e assolata domenica di marzo sulla conca di Recoaro Mille. Questo particolare tipo di prova, che consiste nel superare planando una pozza d’acqua, ha preso vita una decina di anni fa in Alto Adige, precisamente a Plan de Corones, dove un gruppetto di Pusteresi tentò di oltrepassare una piccola pozza formatasi in primavera con lo
scioglimento della neve. Da allora, il “Locknfescht” – questo è il nome originale - si è sparso in altre località rinomate come Livigno e Bormio ma mai, da quello che risulta, è stato esportato nella nostra provincia. L’idea è passata invece nella testa dei ragazzi della Conca d’Oro i quali, facendo buon viso al cattivo gioco di un inverno mai così mite, hanno pensato che l’acqua del bacino destinata all’innevamento artificiale potesse venire riutilizzata, viste le alte temperature, per una prova davvero originale. Una decina gli improvvisati stuntmen che si sono esibiti nel pendio liquido-nevoso del Senebele. A fare da apripista è toccato al
Alberto Storti
temerario Stefano Lora, che apripista lo è stato nel senso letterario della parola in quanto, dopo aver superato lo specchio d’acqua a una velocità folle, ha oltrepassato la corsia di rallentamento aprendo in due la folla assiepata nel retro vasca. Tutti salvi. E’ così venuto il turno degli altri neofiti del water ski recoarese che in sequenza hanno sorvolato più o meno indenni l’insidioso passaggio acquatico lungo 14 metri. Non sono però mancate le cadute, la più eclatante delle quali ha coinvolto il giovane Marco Parlato, incappato in uno spettacolare tuffo nel quale ha rimediato una lussazione alla spalla. A chiudere il giro di esibizioni è stato Raffaele Cornale, che ha
Giovanni Carta
tenuto fede al suo soprannome “Burrasca” cimentandosi nella prova in jeans e guadagnandosi per questo l’ovazione del pubblico. La manifestazione è stata organizzata dalla Cooperativa Conca d’Oro ma vanno ringraziati per il loro contributo Raffaele Sport Noleggio Sci, il Rifugio Gingerino, il Rifugio Valdagno e il Bar Castiglieri, ai quali va inoltre fatto un plauso particolare per l’impegno profuso in una stagione invernale davvero sfortunata. L’appuntamento è per l’anno prossimo con la seconda edizione nella quale si preannuncia uno “Spitzgar Lake” dalle misure raddoppiate. Preparate i costumi, ci sarà da divertirsi.
Stefano Consolaro
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cornedo
La sede più bella Inaugurata la nuova sede del gruppo ciclistico Cornedo: la chiesetta di San Rocco
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a un anno correva assieme alle specialissime del G.C.Cornedo l’idea di dare ai propri iscritti una sede propria. Dopo anni di condivisioni con altre realtà associative nei locali messi a disposizione dal Comune, che ringraziamo, finalmente parte l’ambizioso progetto di ristrutturazione dell’edificio storico del 1630: la Chiesetta di S. Rocco alle porte di Cornedo. Questo è stato possibile grazie al consenso e alla collaborazione della parrocchia che gentilmente ha condiviso l’istanza di poter vedere la propria struttura con una dignità che meritava. L’individuazione di questo locale crea certamente anche dal profilo logistico la posizione ideale per farsi conoscere ancora di più. Tanti sono gli appassionati della valle dell’agno, ma tanti sono anche i ciclisti che da tutta la provincia ne transitano proprio davanti. Sarà grazie anche all’informazione della bacheca posta quasi come un segnale sulla parete del campanile, che avranno modo di conoscere le opportunità, le iniziative e i percorsi settimanali. Il lavoro svolto ha sicuramente portato anche delle preoccupazioni e inceppi burocratici; ricordiamo quanto sia stato difficoltoso l’avvio delle pratiche per poter avere energia elettrica e idrica, cose fondamentali. Concordata la disponibilità con alcuni soci volenterosi, il gruppo di lavoro parte con entusiasmo, passione e spirito di vera amicizia. La ristrutturazione si avvia in una precisa direzione: mantenere la
di Andrea Zamperetti foto Luigi Mecenero struttura con gusto per cui era, con l’aggiunta dell’elemento d’arredo di stampo ciclistico. Oggi è una realtà che crea orgoglio non solo per chi ha tirato la volata, come si dice in gergo ciclistico, ma anche per la grande soddisfazione e per i complimenti ricevuti da tutti e in particolare dagli iscritti. La cosa sembra essere finita, ma non lo è … per l’anno prossimo c’ è già la volontà di una seconda trance, la sistemazione del campanile e dell’altare principale. Non solo, auspichiamo anche che possa farsi avanti la possibilità di una sistemazione anche esterna, cosa che porterebbe sicuramente avere valore aggiuntivo per tutto il paese. Attendiamo segnali … noi ci contiamo! Nelle nostre disponibilità siamo pronti a partecipare e a contribuire. Concludiamo nel dire che il gruppo ciclistico Cornedo, cosciente della validità storica, artistica e religiosa, si impegna ad occupare questa struttura con il massimo rispetto e con molta educazione, cose al fondamento della sua realtà associativa pronta anche al volontariato. Comunichiamo anche che la sede è aperta ogni mercoledì sera dalle ore 20,30 sia agli iscritti che non con lo scopo di essere di aggregazione e condivisione per questo meraviglioso sport. Grazie ancora a tutti e… vi aspettiamo in sede.
Gli animali e le stagioni
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di Dorino Stocchero
vimento di rivoluzione della L’avvicendarsi delle stagioni, causato dal mo nno, determina variazioni ll’a de so cor l ne go luo ha che e, sol al o orn terra int precipitazioni, la temperatura climatiche che riguardano in particolare le lla luce e dell’oscurità de a rat du lla de e ion iaz var la è cio o; od eri e il fotop arsi a queste nuove condizioni. giornaliere, per cui gli animali devono adatt
an mano che dal l’eq uat ore si procede verso i poli, l’inclinazione dei raggi solari rispetto alla superficie della terra aumenta e, di conseguenza, la quantità di calore che essi forniscono all’aria e al terreno per unità di superficie è progressivamente inferiore. Anche il maggior strato d’aria che i raggi devono attraversare a causa della loro inclinazione contribuisce , ovviamente, a farne diminuire il potere calorico. In relazione a ciò la temperatura diviene gradualmente più rigida man mano che si va verso i poli. Analoghe condizioni di rigidità climatica si realizzano sulle montagne alle diverse latitudini, ma in questo caso è dovuto all’altitudine, in quanto la temperatura dell’atmosfera si abbas-
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piccole dolomiti
gio e della pelliccia. In questi casi l’isolamento termico è favorito non solo dai peli o dall e penne e piume in quansa progressivamente salendo to tali, ma dall’aria che essi alle alte quote. Nonostante la trattengono. Assai importante straordinaria capacità di adatsono pure la forma del corpo tamento di animali e vegetali, l’inizio che la durata dell’ie la sua dimensione, dato che al di sopra e al di sotto di cerbern azione sono variabili a la dispersione termica si atti valori di temperatura la vita seco nda della specie: alcuni tua in rapporto inverso tra la non può sussistere. Nell’amanim ali già in autunno iniziasupe rficie del corpo e il suo bito di tali valori la vita si no l’ibe rnaz ione per effetto volu me. Inoltre la dispersioesprime con organismi che di svar iati stim ne oli ambientali, del calore è inversamente dispongono di adattamenti quali l’abbassamento della proporzionale alla mole corperfettamente armonici alle temperatura nella tarda estate porea, per cui più l’animale condizioni climatiche, anche o la diminuzione della quantiè grosso, minore è la disperle più estreme. I livelli di spetà, varietà e qualità degli amsion e del calore e quindi più cializzazione acquisiti, frutto bien ti; altri alla fine dell’auelev ata è la resistenza alla della selezione naturale, sono tunn o, dopo aver accumulato rigid ità del clima. Ciò spiega in ordine strutturale, comuna sufficiente quantità di la ragione dell’ingente mole portamentale e fisiologico. gras so che verrà utilizzato di molti animali che vivono Questi ultimi comprendono per la sopr avvivenza nell’innell e regioni artiche (es. Orso il cosiddetto ciclo stagionale, vern o. Nei mammiferi l’iberBian co). Un sistema altrettanin base al quale un animanazi one, più nota con il nome to efficace per proteggersi dal le svolge le sue attività in di letar go, per fred assumere le cado e quello di rifugiarsi rapporto ai diversi periodi ratte risti che di in un sonno parnidi sotterranei o semplidell’anno . Rientrano tra le atticolarmente profondo, come cemente sotto alla coltre netività stagionali i vari aspetti nel caso dell’orso, del tasso, vosa. Qui gli animali trovano delle funzioni riproduttive, di alcuni pipistrelli, durante il un microambiente favorevole come il corteggiamento, la niqual e la temperatura corporea sia per la diminuita dispersiodificazione, la cura della proè quas i normale ma è minore ne termica per irraggiamento le: esse hanno luogo in concola freq uenza cardiaca. Il sonsia per l’ottima protezione del mitanza della buona stagione, no nel cors o dell’inverno è invent o, che accentua la dispero comunque in tempi tali che terro tto a inte sion rvalli irregolari e termica e il conseguenla prole possa iniziare la sua e gli anim ali oltre te raffreddamento dell’orgaa muoversi esistenza nella stagione più all’interno della tana dove si nismo. favorevole. L’adattamento sono rifugiati, possono comDurante il periodo invernale più importante per un’effipier e spostamenti all’esterno. quan do le condizioni amcace protezione dalle basse In altre specie (ghiro e marbien tali sono sfavorevoli, temperature è costituito da un mot ta) si realizza un letargo mol ti organismi animali divalido sistema di isolamento prof ond o con una notevole veng ono inattivi, e tale petermico del corpo, che può reridu zion e della temperatura riod o di inattività viene detto alizzarsi attraverso uno spescorp orea fino iber a 10° / 5° granazione. Per trascorrere so pannicolo di grasso. Una di cent igra di ques e in certi casi to periodo essi si rifutale condizione raggiunge il fino a 2° grad gian i centigradi, un o in luoghi riparati dove massimo sviluppo nelle speirrig idim ento la di temperatura non scende al tutta la mucie che vivono in mare (pinscolatura, una netta riduziodi sotto di quella di congelaguini, cetacei, ecc). Un simile ne degli atti respiratori e dei mento dei liquidi organici e isolamento si ottiene in molti batt iti cardiaci. In questi casi dov e il grado di umidità reanimali attraverso la particoil letar go può durare senza lativ a rimane costante. Sia lare costituzione del piumag-
interruzioni per alcuni mesi. Alcuni animali abbandonano l’ambiente in cui vivono nei periodi dell’anno il cui il clima è sfavorevole alla loro esistenza, compiendo periodiche migrazioni stagionali. Secondo la direzione e dell’estensione dello spostamento si distinguono tre tipi di migrazione stagionali: latitudinali, quelle che si compiono lungo i meridiani da nord a sud, altitudinali da zone d’alta quota (quartieri estivi) a zone vallive (quartieri invernali) e locali, come ad esempio quelle di molti insetti dalle parti aree delle piante al terreno dove svernano. Il fenomeno delle migrazioni, assai imponenti negli uccelli, caratterizza anche alcune specie di mammiferi sia marini (balene e foche), sia volatori (pipistrelli), sia terrestri. Tra questi ultimi basti ricordare molti erbivori della savana africani (antilopi) o delle praterie nordamericane (bisonti), la cui migrazioni stagionali alla ricerca di pascoli da sfruttare assumono carattere di grande spettacolarità. In altri casi il fenomeno si presenta con minore imponenza, come nel caso di camosci, stambecchi e cervi che dalle alte quote delle montagne dove trascorrono il periodo estivo si spostano in inverno fino ai fondovalle.
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chiampo
Domenica 6 aprile si è svolto il primo Long Track del 2014 del gruppo Nordic Walking S.C.CHIAMPO con destinazione Manerba del Garda
lungo il lago f iorito
L
’ idea di camminare con i nostri bastoncini sul lago nasce all’ uomo GPS, l’istruttore sinw Luca Frigo, che in una delle sue uscite all’alba, ha percorso questo fantastico tragitto in occasione di una permanenza per un corso di specializzazione della Scuola Italiana. Io e Gianmarco, entrambi istruttori del gruppo, ci siamo pienamente fidati di lui dato il grande entusiasmo per i luoghi visti e sapendo che, a parte qualche “Falso Piano”(a volte proprio falso!), di Luca sui giri non ce n’è per nessuno. Così abbiamo deciso di svolgere questo primo Long Track al Lago, con lo sfondo del Baldo ancora pieno di neve, con la fioritura e il verde che contrasta l’azzurro del lago. La data è venuta obbligatoria dato l’aprile pasquale...6 aprile... La pubblicità esce verso metà marzo e subito il riscontro è positivo, e le conferme iniziano ad arrivare... 1 … 3 ... 7… 13 … 26 … 40 … 50 … 58…72...72!!! 72 walkers è stato il numero con cui abbiamo affrontato il no-
di Marta Carradore
stro percorso...52 in pullman più il piccolissimo Edoardo nel suo ovetto...e 20 in auto...RECORD dopo il Long del Cristo Pensante dello scorso anno. Siamo arrivati a Manerba verso le 8:45 e, dopo aver degustato la veloce colazione e fatto un piccolo ripasso sulla tecnica base, abbiamo calzato i nostri bastoncini e siamo partiti; con noi anche la nostra amica Novella che poi, assieme al suo staff, ci accoglierà nel suo agriturismo “Le Filande” per il pranzo. Pronti, partenza e via e dopo 100m abbiamo svoltato subito per una via laterale che ci ha portato in un batter d’occhio, attraverso un suggestivo sentiero, sopra il lago, in cresta alla scogliera. La luce mattutina un po’ velava la costa opposta e il Baldo, ma allo stesso tempo creava un’ atmosfera magica...Scatto di qua scatto di là, e intanto il gruppone di walkers ,avanzando, andava ad occupare gran parte della scogliera...un grande serpentone seguiva il percorso in fila indiana verso la “vetta” finale...di tanto in tanto qualche walkers usciva dalla scia
per cercare uno scorcio da immortalare, poi si rimetteva in fila fino alla prossima pausa...Arrivati sotto la grande croce che sovrasta l’ isola dei Conigli, ci organizziamo per la foto di gruppo e poi attacchiamo decisi l’ ultima salita.
Scendiamo leggermente e poi ecco l’ ultimo strappo deciso... respiro profondo e via su fino la cima...il panorama da qui sopra e fantastico e anche, il salame-paneprosciutto e peperoni portati dal nostro walker Massimo sono fantastici e tutto il gruppo festeggia questa fantastica giornata. Sostiamo un’oretta in questo posto meraviglioso e poi ripartiamo per la discesa che ci porterà al punto di partenza e al nostro agriturismo... alle 12:30 ci siamo e, dopo esserci sciacquati in velocità, baciati da
uno splendido sole pranziamo... il cibo, a buffet, è squisito e il bis vien automatico...dolce-caffè poi qualche gavettone nel giardino e via che si riparte con i bastoncini verso la riva al lago per fare qualche passo con i piedi in acqua e sulla sabbia nera. Alle 16:15, dopo un bel gelato, siamo tutti pronti per il ritorno, entusiasti della magnifica giornata tanto da consigliare questo posto ad amici e parenti per una futura uscita al lago.
Un grazie particolare va a Novella per averci ospitato nel suo agriturismo “La Filanda”, alle nostre amiche Istruttrici Federica e Donatella per aver partecipato alla nostra uscita.. e, infine, un grazie grande grande a tutti i partecipanti che ci hanno fatto vivere una SUPER GIORNATA!!!! GRAZIE Vi aspettiamo al prossimo Long Track domenica 11 maggio destinazione Comacchio e al corso di orienteering il 25 maggio in Lessinia!!!!
Nordic Walking Sci Club Chiampo organizza:
Il Cammino di Santiago de Compostela INFORMAZIONI MARTA CARRADORE: 340 5199729 marta.carradore@libero.it PER ISCRIZIONI ARIANNA CARRADORE: 349 6355528 auranbysalieriviaggi@yahoo.com
FRATELLI CAMPOSILVAN SNC DISTRIBUZIONE BEVANDE
Vai sempre a tutta birra
VIA BELLA VENEZIA 52 36076 - RECOARO MILLE - VICENZA TEL 0445 75044 - FAX 0445 75438 E- MAIL: CAMPOSILVAN@TIN.IT
Il dominio del Falco
Alla 16.a edizione della GF Liotto grande prova per il Team Beraldo. Cunico primo e Bertuola secondo Terzo posto nella granfondo per Tiziano Lombardi. Il medio va a Viglione su Pontalto e Moro 133 km tutti d’un fiato quelli sbaragliati da Claudia Gentili che mette in fila Ciuffini e Ilmer Mediofondo in rosa che segna il tris di successi per la Schartmueller su Gazzini e Tollin
N
di A.F.
ella Domenica delle Palme valdagnese (VI) sono risuonati gli applausi del folto pubblico assiepato attorno al traguardo della 16.a Granfondo Liotto, gara di prestigio per le ruote fine che quest’oggi ha visto il falco vicentino Roberto Cunico (Asd Team Beraldo) gettarsi in picchiata sulla finish line. Ad inseguirlo sul podio c’era il neo compagno di team Alessandro Bertuola, secondo, e Tiziano Lombardi (Mg K Vis Lgl Gobbi), terzo. Ancora un successo in carriera anche per la romana, ma pratese d’adozione, Claudia Gentili (Team Ale Cipollini Galassia) che nel “lungo” femminile ha sbaragliato la concorrenza rappresentata da Chiara Ciuffini, che ha chiuso ad appena 2” dalla vincitrice, e Marina Ilmer, entrambe in forze alla Gobbi Mgk Vis Lgl. Lo spettacolo non è mancato neppure lungo i 103 km del mediofondo che hanno visto spiccare tra tutti il leone
monregalese (abitante del comune cuneese di Mondovì ndr) Leonardo Viglione (Asd Team Ucsa), abile ad avere la meglio nella volata finale a sei su Andrea Pontalto (Ads New Line Rovolon) e Giampaolo Moro (Rhodigium Team Asd) e quindi i vari Tecchio, Spiazzi, Fochesato e Dazzi. Tracciati riveduti quelli della GF Liotto 2014, che fin dalla vigilia avevano promesso viste a dir poco mozzafiato, fattore che deve senz’altro aver incuriosito i 2000 pedalatori che questa mattina erano sul parterre di Piazza Cavour a Valdagno. Allo sparo d’inizio la carovana si è lanciata sull’ormai consueta risalita del tratto terminale della Valle dell’Agno in direzione di Recoaro Terme e quindi della prima asperità di giornata, la salita a Passo Xon. Sui tornanti sopra la cittadina termale Giuseppe Corsello ha cercato l’allungo, mettendosi dietro il resto dei concorrenti ancora compattati in gruppo. L’uomo del Gianluca Faenza Team costruiva così un piccolo van-
taggio, mentre alle sue spalle in 13 provavano a tenergli testa, missione che riusciva insieme all’intero gruppone verso l’ingresso nell’abitato di Schio. Pochi chilometri e questa volta, annusando i primi metri della salita di Monte Magrè, era il corridore di casa, Roberto Cunico, a sgasare per cercare di vedere chi gli si sarebbe gettato dietro. Rotti gli indugi, dal gruppone si staccavano anche il trevigiano Bertuola e l’asso austriaco delle granfondo, Steinkeller. Giunti allo scollinamento i due, insieme ad una decina di altri concorrenti, riacciuffavano Cunico. Nel frattempo sulla testa si faceva vedere anche un altro uomo del Team Beraldo, Carlo Muraro, che con Cunico metteva le proprie ruote per primo in fondo alla discesa di Monte di Malo. Nelle retrovie si iniziava poi a farsi notare anche Tiziano Lombardi. Con Cunico e Muraro davanti, i segugi sulla loro scia non lasciano passare troppo tempo prima di rifarsi sotto, trainati in particolare dallo stesso Lombardi e da Andrea Pontalto. Chilometro dopo chilometro la testa della corsa si gonfiava e sulle pendenze di Torreselle al comando erano
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valdagno
poco più di una decina tra cui i vari Kairelis, Pontalto, Poeta, Bertuola, Lombardi, Miorin, Muraro e con Cunico che per qualche istante scivolava in posizione leggermente arretrata. Al nuovo scollinamento ancora le ruote delle Beraldo erano davanti, ma questa volta con Bertuola che si tirava dietro un paio di colleghi tentando l’allungo. Ben presto tuttavia si riformava un capannello di corridori in vetta alla gara e così ricompattati si procedeva alla volta di Monteviale. A Sovizzo era Marco Canella a voler andare in avanscoperta e dietro gli si gettavano il valdagnese Fochesato e Corsello. Poco dopo sulle propaggini dell’impennata di Vigo, new entry sul percorso della GF Liotto, anche Casalatina e Tecchio cercavano di stare agganciati al fanalino di coda della testa. Sui 73 km era proprio l’autoctono Fochesato a scandire il ritmo e a spingere sui pedali, ma dietro si rifacevano sotto in più di 15 con gli immancabili Cunico, Bertuola, Kairelis e soci. Giunti a Castelgomberto anche Tecchio provava a fare il gioco del tira e molla e si gettava in avanti, subito imitato da Morrone che al bivio dei due tracciati metteva la freccia a sinistra e proseguiva sul “lungo” in buona compagnia. Dietro di lui infatti svoltavano anche Hornetz, Steinkeller, Muraro, Kairelis, Cunico, Bertuola e ancora Pinton, di poco più indietro. Sui gradoni che salgono al valico di Santa Caterina Cunico balzava davanti e non lasciava più nulla di intentato. Nel frattempo il “medio” lanciava l’ascesa finale a località Castello con i vari Viglione, Pontalto, Moro, Tecchio, Spiazzi, Fochesato and co. tutti ravvicinati. La situazione non cambiava nemmeno
nei metri finali e la vittoria si giocava in gran volata con il cuneese Viglione a dare il colpo di reni vincente, infilando nell’ordine Pontalto e Moro. L’attenzione si spostava a quel punto sulle donne del medio dove l’altoatesina Schartmueller non deludeva le aspettative e dopo una gara in solitaria fissava un margine di oltre 6’ sulla inseguitrice Serena Gazzini e di oltre 14’ sulla terza di giornata, Laura Tollin. Radiocorsa tornava allora sulle battute finali del granfondo dove un plotone di 13 corridori faceva capolino a Castelvecchio, prima di gettarsi in discesa verso Valdagno. Cunico e Bertuola governavano bene la discesa ben sapendo che il dente di località Castello sarebbe stato il segnale per dare l’accelerata decisiva. Detto, fatto. Cunico si portava alla guida a quasi 25” dal terzetto di inseguitori composto da Bertuola, Miorin e LomGRANFONDO MASCHILE 1 CUNICO ROBERTO 2 BERTUOLA ALESSANDRO 3 LOMBARDI TIZIANO 4 MIORIN DEVIS 5 KAIRELIS DAINIUS 6 BORDIGNON MATTEO 7 STEINKELLER KLAUS 8 MINUZZO PAOLO 9 MORRONE MARCO 10 MURARO CARLO
bardi, scollinava e nella discesa finale cavalcava in solitaria volando ad ali spiegate sul traguardo. Bertuola spingeva a sua volta e con un ritardo di 21” chiudeva secondo, mentre Lombardi si doveva accontentare della terza posizione, attardato di 32”. Con le flower ceremony che si susseguivano sul palco, all’appello mancava a quel punto solo la granfondo in rosa. Dopo aver viaggiato appaiate per tutta la gara, sul rettilineo finale erano la bionda Claudia Gentili e la mora Chiara Ciuffini a decidersi la vittoria con la ragazza in maglia giallo flou del team Alè Cipollini Galassia ad avere la meglio. Terza chiudeva sotto l’arco valdagnese anche Marina Ilmer a 30” dalla vetta. Sul fronte dell’Alè Challenge va così in archivio anche gara 2, dopo la première della scorsa settimana in quel di Cervia. L’appuntamento è per il prossimo 27 aprile, quando
ASD TEAM BERALDO GREENPAPER TEAM BERALDO GREENPAPER MG.K VIS LGL GOBBI DEDACCIAI VELO CLUB MAGGI 1906 ASD MG.K VIS LGL GOBBI DEDACCIAI ASD71SPORTTEAM TEAM CORRATEC IMST LEGEND MICHE LGL CANNONDALE GOBBI FSA ASD TEAM BERALDO GREENPAPER
03:45:52 03:46:13 03:46:24 03:47:04 03:47:31 03:47:53 03:47:53 03:48:41 03:49:03 03:49:03
si tornerà in sella a Marostica (VI) nel segno delle GF fi’zi:k. A chiusura della manifestazione ci hanno pensato le parole di due vip come Matteo Marzotto e Claudio Pasqualin a confermare un nuovo successo sportivo messo a segno dai fratelli Liotto, da sempre abili organizzatori di questa granfondo che prende il nome proprio dall’azienda di famiglia, una garanzia tutta vicentina per il pianeta delle due ruote. Info: www.granfondoliotto.it
GRANFONDO FEMMINILE 1 GENTILI CLAUDIA 2 CIUFFINI CHIARA 3 ILMER MARINA 4 BENEDET ELISA 5 GALLO VALENTINA 6 BEE GLORIA 7 ROMANELLO PATRIZIA 8 CINEL TANIA 9 LAMBRUGO CRISTINA 10 CHECCHI ELISABETTA
TEAM ALE CIPOLLINI GALASSIA GOBBI MGK VIS LGL MORELIFEENERGY GOBBI MGK VIS LGL MORELIFEENERGY ASD TEAM RANA TAGLIARO AR TEAM ARMISTIZIO HARD SERVICE A.S.D. PEDALE FELTRINO T.B.H ASD FONDRIEST FACTORY TEAM ASD.CYCLING TEAM ROSA' CHIMINELL GOBBI MGK VIS LGL MORELIFEENERGY LA PEDIVELLA
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apnea a Schio di Antonio Rosso foto di Antonio Rosso e archivio Apnea Futura
Appuntamento importante per l’apnea domenica 30 marzo nelle Piscine Comunali di Schio con l’VIII Trofeo Veneto.
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i è svolto l’VIII Trofeo Veneto di apnea, gara di qualificazione nazionale open di apnea dinamica con e senza attrezzi e gara di apnea statica. Trofeo valevole come Campionato Provinciale di Vicenza e Campionato Regionale Veneto, gara riconosciuta dalla Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee (FIPSAS) del CONI. La manifestazione è organizzata dall’associazione sportiva vicentina Apnea Futura, il cui motore è il presidente Alessandro Stella, già atleta a livello nazionale, coadiuvato da un team capace e di collaudata esperienza, composto, quando necessario, dagli stessi atleti. Questo Trofeo Veneto è rimasta l’unica gara subacquea che viene svolta nel vicentino dopo la sospensione del Trofeo Ettore Modesti di Tiro al Bersaglio subacqueo che era organizzato, sempre a Schio, dal Centro Subacqueo Nord Italia. Partito come gara regionale, il Trofeo Veneto si è sempre più evoluto fino a diventare una classica manifestazione inserita nel calendario nazionale. Quest’anno l’attività è stata estesa anche all’apnea statica, le cui prove sono state effettuate alla mattina, lasciando al pomeriggio l’esecuzione delle gare dinamiche. In totale 90 prove con 71 partecipanti provenienti da18 società, molti dei quali hanno gareggiato in più discipline. Per il Veneto sono state in gara, oltre la già citata Apnea Futura di Vicenza, le società Metamauco ed il Club Sommozzatori di Padova ed il Club Sub Scaligero di Verona.
A livello regionale gli atleti vicentini si sono comportati con onore vincendo il titolo regionale di Apnea dinamica senza attrezzi (cioè a rana, senza pinne) con Paola Negrini ed i titoli regionali di Apnea Statica femminile e maschile rispettivamente con Jennifer Joy Goble e Stefano Correale. Altissimo il livello nelle gare per le selezioni nazionali, per la partecipazione di atleti di livello internazionale e nazionale. Nell’apnea statica maschile ha vinto GIULIANO MARCHI dell’Ata Sub Levico con un’apnea di 7’17”, secondo GASPARE BATTAGLIA del Tresse Diving Club di Saronno con 7’2”, terzo LUCIANO MORELLI delle Rane Nere di Trento con 6’9”. Primo tra i vicentini STEFANO CORREALE (ottavo con 4’46”). In campo femminile prima JENNIFER JOY Goble di Apnea Futura con 4’16”, seconda MARTINA GARDENER del Bolzano Sub con 2’39”. Restando in campo femminile, nell’apnea dinamica senza attrezzature (a rana) categoria elite, tutto il podio ha migliorato i propri primati personali, una gara appassionante sul filo di pochi metri. Prima CINZIA BETTELLA (Bolzano sub con m 85,86), seconda la vicentina PAOLA NEGRINI con m 85,86, terza FRANCESCA MINATI (Rane Nere Trento con m 82,40). In campo maschile, nella stessa specialità, l’inossidabile MICHE TOMASI, che gareggia con i colori delle Rane
Nere di Trento e già detentore di record mondiali e medaglie d’oro, conquista il primo posto con m 161,60, secondo MAURO STEFANELLO (Club Sommozzatori PD) con m 117,14 e terzo ALESSANDRO UBER (Ata sub Levico) con m 102,89. Nell’Apnea Dinamica con attrezzi, monopinna, categoria elite maschile, primo ALDO STRADIOTTI (Rane Nere TN e già medaglia di bronzo agli europei del 2008) con m 210,24, secondo MICHELE FUCARINI (Tresse Diving Saronno) con m 205, primato personale, terzo EMANUEL BERENGON (Club Sommozzatori PD) con m 193,30, primato personale. Ottavo il vicentino STEFANO CORREALE con m 141,26, primato personale anche per lui. Nella gara elite femminile della stessa disciplina (DYN), dominio del Club Sommozzatori Padova con MICHAELA RAVAZZOLO, prima con m 149,65, nuovo primato personale ed esordio nella top ten nazionale, seguita da MONICA BERTON che si è fermato a m 77,60. Nell’apnea dinamica bipinne, elite maschile, primo assoluto SCABURRI EMILIANO (Asti Blu Subacquea) con m 146,10, secondo LIONELLO MARCHIORI (Ciuca Sub Bergamo) con m 134,88, terzo GASPARE BATTAGLIA (Tresse Diving) con m. 125,0. La piscina di Schio, chiamata scherzosamente “la vasca dei record” quest’anno non ha consegnato primati assoluti, tuttavia numerosi sono stati i miglioramenti personali, confermando che l’atmosfera serena e rilassata che si respira a Schio aiuta moltissimo in questa disciplina, stemperando la tensione delle gare, che gli atleti conducono, in ogni categoria, al limite delle loro possibilità. Ottima, come sempre, l’organizzazione e fluido lo svolgimento delle varie prove, grazie all’efficace coordinamento di Alessandro Stella e dello staff di Apnea Futura con i due gruppi dei giudici di gara, i quali non si sono risparmiati in nulla. Il prossimo anno ci sarà il nono appuntamento, ma già si parla di come festeggiare il decennale, magari con qualche oro grazie alla crescita in questo biennio dei più giovani atleti vicentini, in particolare Luca dalla Pria, attualmente in seconda categoria e dell’esordiente Alex Savio.
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Luca all’Ironman Luca Cozza, un nuovo Ironman Vicentino si qualifica per la finale delle Hawaii al primo tentativo
L
uca Cozza è un ragazzo di Vicenza che da poco si è innamorato del triathlon dopo aver praticato per anni la pallanuoto a livello agonistico e tanti altri sport per divertimento. Il suo esordio nella triplice è avvenuto nell’estate 2013 nell’Olimpico di Sirmione, poi altri due olimpici e uno sprint a squadre prima del grande passo dell’Ironman. Dopo un intenso inverno di allenamenti, pur con qualche difficoltà logistica causata dal meteo avverso, lo scorso 6 aprile ha infatti partecipato al suo primo Ironman a Port Elizabeth, in Sudafrica, conquistando il primo posto di categoria che lo ha qualificato per la finale mondiale a Kona-Hawaii del prossimo 11 ottobre. Il racconto della sua gara concentra tutte le emozioni che solo chi pratica sport di fatica può capire fino in fondo. Ecco le sue parole a pochi giorni dal sua impresa: “È difficile riassumere in una manciata di parole quello che può vivere una persona c h e affronta un Ironman perché una gara di questo tipo è composta da tanti, tantissimi mesi di preparazione, dalla vicinanza di molte persone che ti accompagnano fino al traguardo, da tutte le emozioni (non sempre positive) che nascono ogni giorno fino a quella più intensa al momento della start. Ricordo ancora chiaramente la sensazione che provavo alla partenza quando, quasi senza respiro, avvolto dall’ alba africana, con i piedi che stringevano la sabbia del bagnasciuga, lo sparo di un cannone dichiarava l’inizio di quel lungo viaggio dentro me stesso. Sono partito con la terza batteria per nuotare nell’Oceano Indiano. Il mare non era particolarmente mosso, ma fin da subito si ho dovuto lottare contro una forte corrente contraria. Per tutta la durata della prova, nonostante sia rimasto in testa al gruppo, il mio unico obiettivo era quello di ricercare la fluidità del movimento e il minor
di Martina Dogana dispendio di energie possibile. La gara dura è iniziata dopo la prima transizione, cioè nella frazione di ciclismo. La bicicletta è stata per tutti una prova di forza e resistenza oltre le aspettative. Il dislivello totale era vicino ai 1900 metri ma il vero protagonista è stato il vento che, soprattutto nella suggestiva strada che costeggia l’Oceano Indiano fino al centro di Port Elizabeth, ha fatto registrare già dal primo giro un gran numero di ritiri. L’organizzazione ha confermato che le raffiche avevano un velocità superiore ai 50 km/h. Forse la consapevolezza di aver condotto una buona prova nonostante le condizioni, forse l’aver sentito da alcuni spettatori di essere riuscito a pedalare fino al primo posto della mia categoria, forse l’indescrivibile sensazione che solo 180 km tra le verdi terre sud africane possono regalare, mi facevano sentire bene, non mi sentivo troppo stanco quando ho iniziato a correre. Invece alla prima salita della maratona, solo al terzo km, il sole africano mi ha presentato il conto: le gambe non spingevano più, avevo freddo e sentivo i brividi e un po’ di nausea. Ma il lavoro svolto con il mio coach Fabio Vedana era stato troppo, non potevo fermarmi proprio adesso. Il tifo di amici e parenti arrivava troppo forte, era impossibile ritirarmi e ho continuato ad avanzare nonostante la sofferenza. Alla fine il cronometro si è fermato con più di 45 minuti di ritardo rispetto al tempo che mi ero imposto, rispetto alla prestazione che era nelle possibilità della mia testa e delle mie gambe. Il rammarico di aver mancato l’obiettivo cronometrico ha avuto poco spazio tra i miei pensieri. Sono al traguardo, l’Ironman è finito. Le prime telefonate dall’Italia hanno interrotto sul nascere qualsiasi forma di rimpianto per la prestazione in maratona comunicandomi che ero riuscito a mantenere la prima posizione di categoria e che avevo lasciato alle mie spalle 2226 concorrenti! Mi riusciva più difficile credere a quelle parole che continuare a camminare verso la tenda dei massaggi. Ce l’avevo
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vicenza
Gitando in moto Grande successo della Federazione Motociclistica Italiana, sezione di Vicenza, alla terza edizione di Gitando.All, che si è tenuta alla FIERA DI VICENZA
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fatta dopo aver nuotato per 59 minuti, pedalato per 5 ore e 47 minuti e corso per 3 ore e 54 minuti, cioè un totale di 10 ore 42 minuti e 24 secondi. La mattina dopo avevo al collo la collana di fiori che rappresenta la qualifica al mitico campionato del mondo Ironman di Kona, Hawaii. E qualche ora dopo ero in piedi sul gradino più alto del podio di categoria, applaudito da una gremita sala di atleti e spettatori. Il mio sogno si era avverato! Ed è solo il mio primo Ironman, è solo l’inizio!” Il ricordo di questa gara e di questo viaggio in Sudafrica rimarrà per sempre indelebile. Ora Luca, dopo il giusto e meritato riposo, sta già programmando il lavoro per arrivare in forma al prossimo appuntamento: Kona, 11 Ottobre 2014. I suoi ringraziamenti vanno a GaraItalia e PippoWheels e alle società Triathlon Vicenza, Atletica Vicentina, Associazione ciclistica Colli Berici. Ogni chilometro della sua splendida performance è invece dedicato a tutti gli amici e parenti che gli hanno permesso tutto questo e in particolare alla sorella Giulia.
ei giorni 3,4,5 e 6 aprile 2014, in fiera di Vicenza si è svolta la 3^ edizione di “Ginotevole afflusso con .All” tando di pubblico che ione cipaz e parte e interesgrand strato ha dimo scere le cono e ire scopr se nello ni e razio Fede delle tà attivi varie ive. sport ni ciazio Asso delle
Grande è stato quest’anno l’afflusso delle scolaresche, oltre ad essere presenti in numero superiore allo scorso anno, il passaggio agli stand e le molteplici attività promosse dalle organizzazioni sportive che in collaborazione con il Comune di Vicenza, Assessorato allo sport e formazione, del M.I.U.R., del CONI point di Vicenza, hanno
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fatto sì che a questo importante evento fossero presenti le scuole primarie, secondarie e superiori di Vicenza e provincia. Non poteva mancare la presenza della F.M.I. (Federazione Motociclistica Italiana) delegazione di Vicenza, dove il Referente Emiliano Barban ha organizzato uno spazio dove si è parlato e realizzato per i giovani utenti momenti e test per la Sicurezza Stradale a 360°. Il gruppo Sicurstrada Veneto del Dipartimento Educazione Stradale della Federmoto, coordinato da Luigino Faraon e dai
formatori abilitati, ha gestito nei tre giorni il numerosissimo pubblico accorso per l’occasione in fiera. Nelle giornate di giovedì, venerdì e sabato i ragazzi delle scuole primarie secondarie e superiori di Vicenza e provincia hanno potuto provare il simulatore di moto e toccare con mano vari tipi di protezione individuale (paraschiena con le indicazioni degli assorbimenti d’urto, stivali sezionati e caschi, fra i quali, qualcuno con i segni evidenti di impatti e incidenti ecc.). Particolare interesse l’esercita-
zione con i computer per il test sulla valutazione individuale dei tempi di reazione del campo visivo con un programma computerizzato realizzato dall’Università di Padova e l’Assessorato alle Politiche Sanitarie della Regione Veneto. Un questionario finale è stato sottoposto ai ragazzi presenti sulle conoscenze in termine di sicurezza stradale, che ha completato l’azione di informazione e sensibilizzazione nell’ avvicinamento dei ragazzi e degli adulti al mondo delle due ruote motorizzate. La F.M.I. vicentina presieduta da Emiliano Barban ha voluto non solo parlare di sicurezza, ma ha anche dato la possibilità di far provare ai ragazzi dai 5 anni in su delle motorette da trial, previa firma di consenso dei genitori su apposito modulo. Proprio vicino al gazebo della FMI, in una zona appositamente attrezzata con transenne, messe a disposizione da SportVI, i tecnici guidati da Moreno Piazza del moto club Trial Valchiampo di S. Pietro Mussolino, noto in Italia per aver sfornato moltissimi campioni a livello nazionale, ha messo a disposizione le proprie moto elettriche realizzate dalla Beta, facendo realizzare un sogno a moltissimi bambini e ragazzi: quello di poter provare e correre con una moto in sicurezza, regalando un momento da ricordare ed a tutti i partecipanti un gadget finale. Un ringraziamento particolare da parte del Pres.te Prov.le della FMI Emiliano Barban per l’importante aiuto dato per la buona riuscita della manifestazione, al Gruppo Sicurstrada Veneto guidato da Luigino, ai formatori Cristina Longhin e Lucio Agnoletti ed a Dario Corà e Graziano Adami.
valdagno
Tutti pazzi per Sportivissimo Elena Donazzan, in visita alla Tipografia Danzo, ha espresso parole di elogio per la nostra rivista
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ercoledì 16 aprile abbiamo avuto il piacere di avere come ospite Elena Donazzan, assessore al Lavoro, Istruzione e Formazione della Regione Veneto, che, nel segno dell’amicizia, ha visitato la nostra attività imprenditoriale. L’Assessore ha avuto modo di conoscere la Tipografia Danzo, la casa editrice Mediafactory e Sportivissimo. È stato un incontro piacevole e incoraggiante, da cui l’Assessore ha tratto motivo per scrivere un bel testo che ha pubblicato sul suo sito, www.donazzan.it: “Hanno investito e stanno investendo nella loro tipografia, hanno fatto formazione sui macchinari nuovi trovando la disponibilità dei propri collaboratori il sabato e la domenica. Grande qualità del lavoro e dinamismo con una visione di tipografia evoluta con propria capacità di editare e di realizzare grafica e testi. Belli i libri sulla storia di alcune prestigiose aziende, perché noi veneti siamo bravi a produrre, ma dobbiamo migliorare molto sulla comunicazione. Azienda con una età media giovane ed una coppia al comando motivata e complementare, un bell’esempio di marito e moglie affiatati anche sul lavoro.” Elena Donazzan
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montebello
Traforti vince tutto
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Grande soddisfazione per i colori del tiro a volo Nuovo Borgo di Montebello Vicentino con Arturo Traforti super star ai campionati Veneto e Triveneto
tupenda affermazione del capitano e responsabile della formazione di tiratori del piattello specialità skeet, Arturo Traforti. Il tiratore Valdagnese, dopo il secondo posto di due anni fa’ e il quarto dello scorso anno, si è aggiudicato il titolo di campione triveneto assoluto di piattello skeet, specialità che ha visto la friulana di Campoformido Chiara Cainero (prima volta nella storia olimpica di una atleta del gentil sesso) vincere la medaglia
d’oro olimpica in quel di Pechino. Il suddetto campionato si articolava al meglio delle tre prove. Dopo un buon 47/50 a Udine e un altrettanto lusinghiero 47/50 a Ponso (PD) il Traforti si attestava a quota 94 su 100 in 4° posizione provvisoria alle spalle di un terzetto di tiratori a quota 95/100. Tra questi l’ottimo fucile di cat. eccellenza, il friulano Stefano Benet, vincitore del campo italiano 1° cat. 2013 (finirà la competizione a quota 139/150).
Nella terza e ultima prova valevole come finale campionato regionale e campionato Triveneto assoluto svoltasi in data 16/02/14 proprio a Montebello Vicentino sfatando il detto che non si è mai profeti in patria, il nostro skeettista sfoderava una prestazione a dir poco maiuscola sbaragliando tutti gli avversari aggiudicandosi gara, titolo regionale di categoria e campionato triveneto assoluto
con due serie di gara senza errori. Il conseguente 50 su 50 lo portava a un punteggio totale di 144 su 150 e lasciava il 2° in classifica a quattro piattelli di distanza. Vivi complimenti al nostro stagionato ma sempre valido alfiere per il proseguo della stagione a partire dalla finale del campionato italiano a Montecatini nel mese di marzo.
Segnaliamo inoltre la bella vittoria nel campo regionale di 3° categoria del cornedese Stefano Bertuso con 86 piattelli rotti su 100 ed il 3° posto nella medesima dello scledense Pietro De Santi.
A dare ulteriore lustro alla competizione ha gareggiato il campionato mondiale junior e vicecampione mondiale senior di percorso di caccia in pedana il pesarese Marco Battisti e con lui la campionessa mondiale lady della stessa specialità Martina Marusso, attuali gestori del tiro a volo Nuovo Borgo i quali, pur non essendo specialisti nello skeet, si sono piazzati fra le parti alte della classifica.
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Motivazione e perseveranza
Dott.ssa Rubbo Nicole PSICOLOGO DELLO SPORT riceve a: Asiago (VI), Cassola (VI) & Vicenza Phone: 3494507987 mail: nicole.rubbo@libero.it
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“La mia migliore motivazione è sempre venuta dalla gioia pura di correre e di gareggiare, è lo stesso brivido che ho come fossi un bambino di 10 anni. Avete mai conosciuto un bambino di 10 anni nauseato da quello che fa? Bisogna trovare la propria motivazione iniziale (..). Questo è il segreto della perseveranza.” di Nicole Rubbo
raduzione traballante a parte, queste parole appartengono al notissimo Michael Johnson, uno dei più vincenti quattrocentisti di tutti i tempi. Ho scelto questo passaggio, dell’indiscusso campione, per il suo contenuto estremamente semplice e profondo e che introduce due temi sostanziali. Il grande Micheal parla di motivazione e di perseveranza, e tutti noi sportivi sappiamo quanto questi due concetti siano le colonne portanti di ogni grande campione. Spesso, infatti, ci si chiede perché molti talenti si perdano, perché certi atleti invece perseverano più di altri o perché sportivi mediocri si impegnino e fatichino sempre e nonostante tutto. La risposta a domande di questo tipo la troviamo, ancora una volta, andando a guardare da vicino l’approccio motivazionale di una persona: gli atleti, come tutti noi anche nelle attività più banali e quotidiane, possono essere motivati estrinsecamente o intrinsecamente. La definizione afferma che, si è mossi
da motivazione intrinseca quando si agisce in un determinato modo in funzione di rinforzi esterni. Cosa sono i rinforzi? Sono i premi e le punizioni, ad esempio l’ottenimento di vantaggi e riconoscimenti oppure l’evitare conseguenze spiacevoli. Siano essi di natura materiale o psicologica, sono comunque un qualcosa che parte dall’esterno della persona. Per capirci è motivato estrinsecamente, ad esempio, il calciatore che si impegna per avere “di più” in termini economici dalla società, così come la ballerina che si impegna per evitare punizioni. Quando si parla di motivazione intrinseca si intende, invece, un impulso interiore ad essere competenti ed autodeterminati, a gestire i propri compiti ed arrivare al successo. E’ un tipo di motivazione che parte dall’interno dell’individuo, il quale si impegna in un’attività perché la trova stimolante e gratificante, e prova soddisfazione nel sentirsi sempre più competente. Se la distin-
zione tra motivazione intrinseca o estrinseca risulta semplice da capire, non è poi così altrettanto semplice, di fronte agli atleti, capire con quale dei due approcci motivazionali affrontano allenamenti e competizioni. E’ importante sottolineare che, quelle qui presentate, sono due posizioni estreme, sarà dunque facile trovare atleti che racchiudono entrambi i tipi di spinta, collocandosi entro un continuum che parte da un tipo di motivazione per giungere all’altro. Qual è allora la spinta motivazionale giusta, e come si può agire per favorirla? Sicuramente il mix migliore prevede una consistente dose di motivazione intrinseca, supportata dall’ambizione di ottenere ricompense estrinseche. Ciò si può ottenere attraverso un lavoro accorto e ragionato su più fronti: ad esempio con piccoli accorgimenti nella strutturazione degli allenamenti, nelle modalità comunicative di genitori e allenatori, spesso anche solo rendendo consapevole l’atleta. Con un percorso mirato e personalizzato, possiamo dunque, apportare grossi miglioramenti e mettere l’atleta nella condizione di “dare tutto”. Chiedersi che tipo di motivazione vi sia nell’anima dello sportivo, diventa dunque un’analisi fondamentale per gli allenatori che quotidianamente cercano di “tirare fuori il meglio” dal proprio allievo, ma anche per i genitori, che tanto investono per il proprio figlio.
Ma non possiamo fermarci qui, un altro concetto legato alla sfera motivazionale, che sta alla base della perseveranza, è quello di “Locus of control”. Tale espressione è traducibile in “luogo del controllo” e si riferisce alle credenze di una persona circa il controllo degli eventi della propria vita. In particolare, coloro che credono di poter avere una certa dose di controllo sulla propria vita e che sentono che grazie ai loro sforzi, impegno e capacità possono determinare quanto accade loro, sono definite persone con un locus of control interno. Altresì persone che percepiscono di non aver alcun controllo e che credono che gli eventi siano determinati da forze esterne come la fortuna, la sorte e l’influenza di altre persone significative e potenti sono definite persone con un locus of control esterno. Cosa c’entra tutto questo con noi sportivi? Beh, vi assicuro che indagare il locus di un’atleta e lavorare su di esso, significa modificare completamente l’atteggiamento dell’atleta nei confronti di allenamenti e competizioni. Spesso lavoro con atleti o squadre per spostare il locus of control internamente, perché è ampiamente dimostrato, e sono fortemente convinta, che questo processo apra la strada per la perseveranza. Pensare di poter controllare gli eventi ti conduce ad essere poco arrendevole e molto determinato nel cercare di raggiungere obiettivi e mete. L’atleta, quindi, si sentirà maggiormente responsabile delle sue azioni, attribuirà il risultato ottenuto al proprio operato, sarà colui che arriverà per primo e andrà via per ultimo, sarà colui che supererà i propri limiti perché sarà colui che mollerà mai. Per diventare campioni ci vuole la giusta motivazione e grande perseveranza come dice Johnson, sono l’essenza pura di colui che vuole vincere e di colui che vuole diventare qualcuno. Il mio consiglio è quello di accompagnare l’atleta alla scoperta di come è fatto e di quali sono le proprie credenze perché solo partendo dalla consapevolezza di se stessi si può intraprendere un percorso di miglioramento.
Aikido: i 40 anni del maestro Aldo Gonzato Sichidan (7°dan)
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ra il lontano 1973 quando il giovane cornedese Aldo Gonzato cominciava ad interessarsi alle arti marziali e con il compianto Giampietro Savegnago rimaneva affascinato dall’ Aikido, ancora poco conosciuto
Il 22 e il 23 marzo al PalaDeGasperi di Cornedo l’incontro internazionale di Aikido a lui dedicato. e praticato in Italia. Aikido, cioè Ai: armonia; Ki: energia e il Do giapponese come il “Tao” cinese: la via, il percorso per raggiungere il “SATORI”, l’illuminazione. L’arte marziale è complessa. Non si tratta solamente di applicare tecniche e leve articolari, o di ef-
armi (jo-bastone e bokken-spada di legno) risalgono al Medioevo giapponese dei Samurai. Dopo alcuni anni conosce il maestro Horikazu Kobayashi, uno degli allievi diretti di O’Sensei Morihei Ueshiba, il fondatore. Negli anni ottanta è ospitato più volte in Giappone e nel 1989 a Osaka gli viene da lui conferito il 5° dan. Lo stesso Kobayashi gli suggerisce il nome di AiWaKan Aikido Ryu per la sua scuola che
fettuare proiezioni e cadute libere: l’Aikido è ricerca di una coscienza fisica e mentale del proprio io, della disciplina, dell’etica e della consapevolezza di sé stessi. Le origini, soprattutto quelle cerimoniali e rituali, sono antiche mentre le tecniche a mani nude e la pratica con le
prende vita nel 1992 (www.aiwakanaikido.it). Ed arriviamo al weekend del 22 e 23 marzo di quest’anno in cui oltre 300 amici hanno voluto festeggiare con lui il traguardo dei 40 anni di attività. Lo stage, suddiviso in tre parti (più una per i giovani praticanti), ha visto l’alternarsi sull’enorme tatami del PalaDeGasperi di alcuni dei più importanti maestri italiani ed europei tra cui Livio Zulpo, An-
tonio Albanese, Paolo Tessaro, Nuccio Iuculano, Orazio Cavallaro, Czempik Reinhard dalla Germania, Yves Flon dal Belgio, Lucienne Berenger e Jean Francois Riondet dalla Francia. Il risultato finale è stato un evento unico, una kermesse di prestigio per ringraziare il maestro Gonzato di tanti anni di qualità e di stile nella divulgazione della cultura tradizionale giapponese e dell’Aikido in particolare.
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lettere
Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it Le vostre lettere possono essere lette anche nel sito: albertofilippi.it
Lo sport insegna anche quando si perde Ciao Alberto, ho apprezzato il gesto di Stefano Domenicali di dare le dimissioni da direttore sportivo della Ferrari dopo i poco convincenti risultati della Rossa nei primi gran premi di quest’anno. Anche in questa circostanza Domenicali si è dimostrato un signore dello sport, educato, rispettoso, leale… Essersi oggi assunto tutte le responsabilità dei scarsi risultati di una macchina “obbligata a vincere” tutte le gare a cui partecipa, è un gesto che lo distingue e che gli fa onore. Lo sport e i suoi veri campioni insegnano anche quando perdono, non crede? Mario B.
Caro Mario, hai ragione, ma Stefano Domenicali non deve essere considerato un perdente. La sua carriera al muretto della Ferrari è stata di assoluto rilievo. Nel 2007, appena prese le redini da Jean Todt di una Ferrari che aveva vinto tutto con Schumacher, ha subito conquistato il titolo costruttori e sfiorato con Massa il Mondiale, sfuggito, come ricorderai, all’ultima curva del GP del Brasile.
Poi nel 2010 e 2012 la storia si è ripetuta con Fernando Alonso, quando anche lui ha perso il titolo all’ultima gara. Sconfitte che pesano quelle che si maturano sotto l’ultima bandiera a scacchi di un campionato comunque guidato da leader. Ogni anno in Formula Uno cambiano i regolamenti e le macchine, dovendo essere adattate alle nuove regole, sono sempre diverse. Quest’anno c’era grande attesa con l’arrivo di Kimi Raikkonen, che con Alonso, forma una squadra di campioni del mondo. Purtroppo la F14T ha mostrato grossi limiti di velocità rispetto alle Mercedes che si sono sostituite alle Red Bull nel dominare i gran premi. Per una Ferrari che è chiamata a vincere ovunque corra, questo scarto dal leader non è stato più accettabile e qualcosa si è dovuto cambiare. Stefano Domenicali ha capito che doveva essere lui ad assumersi le responsabilità di questi piazzamenti a metà classifica che non fanno certamente onore alla casa automobilistica più vincente di tutti nella storia della Formula Uno, e così ha lasciato. Ma non ha lasciato da perdente, ha lasciato da sportivo. Sicuramente lo rivedremo su qualche altro muretto a lottare per la vittoria. Sportivissimamente, Alberto.
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