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Tolleranza zero Violenti no, irosi assolutamente sì. I migliori allenatori che ho conosciuto si arrabbiavano di brutto con gli atleti che non li ascoltavano e non s’impegnavano nella ricerca del proprio miglioramento; i migliori direttori di scuola di sci facevano altrettanto con i loro maestri più fannulloni. Erano allenatori e direttori di una bontà infinita, capaci di grandissimi gesti di generosità e di tolleranza, ma quando si arrabbiavano si staccavano le valanghe, crollavano le montagne. Non c’è contraddizione tra ira e bontà, perché il contrario di ira, lo dice Aristotele, è mitezza e questa, sempre secondo il filosofo, non è certamente una virtù: “sarebbe da schiavi sopportare di essere oltraggiati… senza adirarsi con chi si deve e come si deve” (Etica Nicomachea, IV, 1125 b,35). Il contrario di bontà è cattiveria ma questa è un’altra cosa, più sotterranea e silenziosa. Fanno bene quindi gli allenatori ad arrabbiarsi con gli atleti svogliati; fanno bene i direttori di scuola di sci con i maestri che lavorano male, che non sono puntuali, che non s’impegnano come dovrebbero. Eppure ci sono molte anime belle che considerano le parole gridate dell’iracondo di per sé un torto. Pur non entrando in merito alle ragioni della reazione irosa, ne condannano a priori la forma. Chi si arrabbia, sostengono, assume di principio metà del torto, passando dall’eventuale ragione alla colpa sicura. Ebbene, chi la pensa così, non conosce i fondamenti della nostra cultura. Il primo, dico il primo, non il secondo o il terzo o il quarto…, ma il primo documento letterario della nostra tradizione culturale occidentale - tradizione culturale riconosciuta per la sua indiscutibile matrice razionale e non passionale - è l’Iliade di Omero, la cui prima parola, dico la prima, non la seconda o la terza o la quarta…, ma la prima parola è, appunto, ira: “L’ira cantami, dea, l’ira di Achille figlio di Peleo…” Achille è furioso con Agamennone perché gli ha sottratto senza ragione la schiava Briseide. Scrive il filosofo Umberto Curi: “il massacro che Achille fa dei nemici sulla spinta dell’ira è anzi proposto come un comportamento perfino doveroso, e comunque al riparo da ogni condanna morale… L’ira fa parte della personalità dell’eroe e della sua dignità”. Diranno allora le anime belle: Achille è un personaggio di un poema, ci sta la figura dell’iracondo… ecco allora, dopo Aristotele, ovvero la filosofia, e dopo Omero, ovvero la letteratura, un altro, e spero definitivo, esempio: “Entrò quindi Gesù nel Tempio, e ne scacciò tutti quelli che vendevano e compravano nel Tempio, e rovesciò i tavoli dei cambiamonete e i seggi dei venditori di colombe, dicendo loro: sta scritto: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera; ma voi ne avete fatta una spelonca di ladri…” E’ un passo (21,12) del Vangelo di Matteo. Gesù, l’uomo più buono della storia del mondo, colui che per misericordia, cioè per bontà, sacrificherà la sua vita per la salvezza degli uomini, entra come una furia nel Tempio e arrabbiatissimo butta i tavoli in aria, gridando come un pazzo che quella è la sua casa… quello è il nostro sci club, la nostra scuola, la nostra azienda, il nostro giornale, il nostro negozio, la nostra casa, il nostro paese… luoghi d’impegno e di lavoro, non spelonche di ladri, di rammolliti buoni a nulla, d’irresponsabili approfittatori della Sua e nostra bontà. E questa, care anime belle, è parola di Dio, rendiamone grazie a Dio.
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Veneto, terra olimpica
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bbiamo incontrato Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, per parlare insieme a lui della naturale vocazione della nostra terra per lo sport. Luca Zaia è nato a Conegliano, si è diplomato in enologia, studiando il vino dei suoi colli, si è poi laureato in scienze della produzione animale, per approfondire la sua grande passione per i cavalli e per la fauna in generale. E’ stato il più giovane presidente di provincia d’Italia, quindi vice presidente della Regione Veneto e Ministro dell’Agricoltura. Oggi è il decimo presidente della Regione Veneto, con uno dei gradimenti più alti tra tutti i presidenti regionali italiani, perché Luca Zaia ha davvero la sua terra nel cuore.
di Luigi Borgo Presidente, ci dica subito, qual è il suo sport? Sono nato a Conegliano, terra di grandi sportivi. Ne ho praticati alcuni, calcio, sci, ciclismo, ma la mia grande passione è l’equitazione. Cavalcare nel Veneto è un’emozione unica, irripetibile. Il Veneto è una terra di sport e di grandi campioni... La nostra Regione rappresenta una delle più belle realtà nel panorama sportivo italiano, sia per numero di praticanti, sia per la passione e lo spirito d’iniziativa che anima la dirigenza e gli operatori sportivi. Sono migliaia le persone che nelle più diverse discipline sportive dedicano il loro tempo, spesso a puro titolo di volontariato, sul versante organizzativo e promozionale. Ma lo sport nel Veneto esercita un ruolo importante anche per lo sviluppo della società, sia contribuendo alla crescita economica
della Regione, sia favorendo lo sviluppo delle relazioni sociali e il miglioramento delle condizioni psicofisiche individuali. La conferma viene dalla miriade di grandi e piccole manifestazioni che annualmente si svolgono nel nostro territorio. Insieme all’elevato numero di praticanti e alla diffusa presenza di società
sportive, va sottolineato anche il rilevante ruolo economico, rappresentato soprattutto dalle imprese che producono e commercializzano abbigliamento e attrezzature sportive. La Regione è sempre più attiva nel sostenere lo sport, ponendolo al centro della sua identità territoriale. Lo sport in Veneto è una risorsa e un valore primario, non un semplice complemento. Sì, il Veneto è e sarà sempre di più una terra di sport. Abbiamo
censito i nostri impianti offrendo alle Amministrazioni comunali un software per introdurre telematicamente le informazioni riguardanti gli impianti sportivi presenti nel territorio regionale. Il monitoraggio condotto in collaborazione con il CONI individua complessivamente 12.221 spazi sportivi. Tra questi ci sono anche gli impianti sciistici. Un corretto monitoraggio di queste strutture ci permette di valutare in tempo reale lo stato della nostra offerta sia sportiva, sia, nel caso delle piste da sci, turistica. Sono vent’anni che la Regione si impegna attivamente nella promozione e nel sostegno della pratica sportiva con la Legge Regionale n. 12 del 1993 “Norme in materia di sport e tempo libero”, una legge fondamentale che viene tuttavia continuamente aggiornata in conformità alla mutata situazione in cui sono venute a trovarsi le politiche sportive. La crisi economica attuale ha frenato gli investimenti regionali in ambito sportivo? Le linee operative che la Regione si è data anche per il 2013 nel settore dello sport dimostrano un’attenzione che c’è e di un impegno che continuerà a esserci. Pur con le risorse attualmente disponibili, vogliamo continuare in una visione coordinata a sostenere e promuovere lo sport e i suoi valori nel Veneto. Resta invariato rispetto al 2012 lo stanziamento, che ammonta
complessivamente a un milione 200 mila euro. Il piano annuale fa riferimento a due capitoli del bilancio che prevedono 900 mila euro per le azioni regionali finalizzate alla promozione, la diffusione e la pratica dell’attività sportiva e 300 mila euro per i trasferimenti alle Amministrazioni provinciali che vengono assegnati in base alla popolazione residente e all’estensione territoriale. Una quota è anche riservata a sostegno delle spese di partecipazione ai giochi studenteschi organizzati dal Ministero della Pubblica Istruzione dell’Università e della Ricerca (M.I.U.R.) - Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto. Già, la scuola: non trova che vi sia ancora poca cultura sportiva nei nostri istituti rispetto ai college americani e anche a quelli del nord Europa? Per l’anno scolastico 2013-2014, la Regione del Veneto ha riproposto il progetto “Più Sport @ Scuola”, finalizzato a incentivare le attività sportive nelle scuole in collaborazione con gli insegnanti e in sinergia con le federazioni sportive, gli enti di promozione sportiva, le società e le associazioni loro affiliate. Questo progetto è giunto alla decima edizione, forte dei risultati conseguiti e delle esperienze maturate dal 2004 ad oggi. I dati riflettono una notevole partecipazione in tutto il territorio regionale da parte d’istituti sco-
Luca Zaia con Alberto Tomba
8 lastici, studenti, enti pubblici e società sportive con i propri tecnici. Il fondamento è sempre il riconoscimento del valore dello sport quale strumento di formazione della persona, di socializzazione, di benessere individuale e collettivo, di miglioramento degli stili di vita, favorendo la pratica delle attività motorie sportivo-ricreative da parte di tutti. Tuttavia è vero, la cultura dello sport nei nostri istituti non è ancora al livello delle nazioni più avanzate, ma abbiamo intrapreso la strada giusta affinché tutti i nostri figli crescano seguendo gli alti valori dello sport. Presidente, il Veneto è una terra di campioni ed è una terra dove le capacità organizzative sono di primissimo livello, quando ospiteremo una grande manifestazione sportiva? È già da tempo che stiamo lavorando per portare il massimo evento sportivo mondiale, le Olimpiadi, a Venezia. Io sono stato il primo a proporre la candidatura del Veneto per le Olimpiadi 2020. Abbiamo fatto un progetto interessante e bello e per di più low-cost, grazie alla circuitazione degli impianti. Sebbene avessimo il progetto più convincente, abbiamo dovu-
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to fare un passo indietro a favore della candidatura di Roma, come se, in Italia, le Olimpiadi non si potessero fare che nella Capitale. Ora che si sta pensando alla candidatura per l’edizione 2024 dei giochi olimpici, io appoggio la proposta di ricandidare Venezia, mentre Roma deve farsi da parte una volta per tutte, dato che si è già giocata le sue chance e ha perso. Tutt’al più si può pensare a una possibile collaborazione con Milano, una grande operazione congiunta, sfruttando le nostre strutture sportive. Fantastico: Venezia, Olimpiadi del 2024; Cortina, i Mondiali di sci nel 2019! Sarebbe l’inizio di un decennio veneto nel segno dello sport. I Mondiali a Cortina aiuterebbero sicuramente a dimostrare le potenzialità della nostra terra. A Cortina il grande sci darebbe spettacolo nella cornice delle montagne più belle del mondo, le Dolomiti, di cui ben il 70 per cento si trova in Veneto. È un patrimonio naturale unico al mondo come lo è, d’altro canto, il patrimonio artistico-architettonico di Venezia. Proviamo a immaginare la maratona olimpica nel nostro capoluogo, uno spettacolo nello spettacolo, un’emozione
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Il “Gelo” a Valdagno: nozze d’argento di una medaglia d’oro Gelindo Bordin, uno dei più grandi campioni dello sport vicentino, è stato celebrato a Palazzo Festari per il 25.mo anniversario del suo trionfo ai Giochi Olimpici di Seul 1988.
vicino Dorando Pietri nel 1908, che stramazzò al suolo con la vittoria ormai in tasca, e Romeo Bertini nel 1924, che colse l’argento a Parigi. Poi un digiuno di medaglie lungo 64 anni. Il 2 ottobre del 1988 però la medaglia di Gelindo era lì, pronta ad essere colta, nonostante il gibutiano Saleh e il keniano Wakiihuri procedessero con un ritmo esasperato. Certe situazioni vanno
solo andando a letto presto la sera prima, come non si prepara un esame studiando la notte. La vittoria nasce più indietro. Gelindo ha iniziato a preparare l’Olimpiade nel 1987. Nelle dodici settimane che precedettero la gara corse, in ottantaquattro giorni, duemilaseicento chilometri, con una media quindi di oltre trenta chilometri al giorno. Gelindo Bordin con la vittoria
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dei giovani al rispetto delle regole come essenziali allo svolgimento del gioco. Una disciplina in cui l’uguaglianza dei dirittidoveri convive con la libertà di ciascuno di dare il massimo per ottenere la vittoria; una disciplina basata sul merito e sul rispetto, dove si esalta la vittoria, ma si dà riconoscimento anche alla partecipazione. Tutti supremi valori di civiltà. Se oggi siamo IL PALMARÉS 1984 Vittoria alla Maratona di Milano 1986 Oro agli Europei di Stoccarda 1987 Bronzo ai Mondiali di Roma 1988 Vittoria alle Olimpiadi di Seul 1989 Terzo alla Maratona di New York 1990 Vittoria alla Maratona di Boston 1990 Oro agli Europei di Spalato 1990 Vittoria alla Maratona di Venezia
Primato personale 2h 08’ 19” (1990-Boston, ex record italiano)
L
di Eugenio Menato
’arrivo di Gelindo Bordin a Valdagno ha portato la prima neve sulle nostre montagne. Era giusto così, con quel nome di ghiaccio. Eppure giovedì 21 novembre, in sala Soster di palazzo Festari, c’era un calore che si respira quando si riabbracciano i vecchi amici, nei propri luoghi di origine e di sacrificio. “Sulle strade del mio sudore” è nata così, per rendere omaggio a uno dei più grandi campioni vicentini di sempre, dedicandogli una serata che facesse rivivere le emozioni vissute a distanza di 25 anni dal trionfo nella gara più antica e più importante del mondo, la maratona olimpica.
Gelindo Bordin, infatti, il 2 ottobre del 1988 conquistava la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Seul, primo italiano di sempre a vincere la maratona olimpica. Non una gara qualsiasi, ma la gara “regina” delle Olimpiadi (quella che dal ponte di Marathon, in Grecia, aprì la prima edizione dei Giochi moderni nel 1896), nonché la più difficile. La maratona è infatti uno sport duro: ci si allena in strada, si fanno 20, 30, anche 40 km al giorno, con sole, pioggia o vento. Si rischiano gli infortuni, c’è il pericolo di essere investiti. Per di più non ci sono organizzazioni, manager alle spalle, gente che ti lava i panni come in altri sport. Qui si suda, e tanto. Ecco quindi che le strade del maratoneta diventano le strade del suo sudore, della fatica, una fatica che percuote prima il corpo e poi la mente e che misura, tramite il giudice più imparziale ed inflessibile che è il cronometro, il valore di un atleta. Le strade di Gelindo sono quelle di Lumignano, frazione di Longare, paese di campagna, con gente semplice e genuina. Gelindo inizia a fare sport giocando a calcio, come tutti i bambini dell’epoca. Fa il portiere perché
è più alto degli altri e copre meglio la porta. Succede però che un giorno a scuola, nell’ora di ginnastica, il professore di educazione fisica si arrabbia con i suoi alunni perché nessuno di loro ha portato la tuta. Li costringe a correre in jeans, con gli scarponcini invernali, schiaffeggiati dal freddo, in una garetta improvvisata sulla distanza dei due giri di pista. Gelindo vince facilmente e viene pertanto notato e iscritto al gruppo sportivo locale. I primi risultati non tardano a venire: all’età di 14 anni vince il titolo regionale veneto, a 17 anni diventa campione italiano di maratonina a Brescia sulla distanza dei 12 km. “Vai a lavorare” gli urlava la gente che lo vedeva correre a quei tempi. E lui, a lavorare, ci è andato a veramente. A 20 anni contrae un virus che gli toglie l’appetito e lo fa dimagrire fino a 10 chili. Preso dallo sconforto smette di allenarsi e trova impiego come capocantiere in un’impresa edile di Verona. Fuma venti sigarette al giorno, oltre a bere (“quello, sempre...!”). Capisce però che così non poteva andare. Glielo diceva il più saggio dei consiglieri, ossia quella vocina interiore che si chiama istinto e che andrebbe sempre ascoltata. Riprende a
correre, prima e dopo la giornata in cantiere, fino a quando gli allenamenti diventano sempre più inconciliabili con il lavoro e lo costringono a dover affrontare una scelta che mette in palio il destino di una vita. In un bellissimo passaggio del suo libro “La maratona” (ed. Sperling & Kupfer) afferma che “privilegiai la maratona, anche se lasciavo un lavoro sicuro per un’avventura ricca, in quel momento, solo di fascino e che non era in grado di assicurarmi nulla per il mio avvenire. Rischiavo, rischiavo molto, ma fui felice di rischiare. C’era qualcosa di indefinibile e tuttavia di pienamente avvertibile che mi indicava che cosa d’istinto avrei dovuto fare. Diedi retta all’istinto”. Gelindo lascia quindi il lavoro e va a Tirrenia, al centro federale, dove inizia un anno di allenamenti massacranti. In certe fasi arriva a percorrere 280-300 km la settimana: “20 al mattino e 20 al pomeriggio”, spiega sorridendo. In effetti, chi ama il proprio mestiere vive nel lavoro momenti di vero appagamento, seppure affiancati da altri di grande sacrificio. D’altronde, solo così si ottengono i risultati. E così è stato: esordisce nella maratona a Milano nel 1984, vincendo. Trionfa poi agli Europei di Stoccarda nel 1986 e un anno dopo coglie il bronzo ai Mondiali di Roma. Si presenta così ai Giochi Olimpici di Seul nel 1988. Nessun italiano era finora riuscito a vincere la maratona. Ci erano andati
interiorizzate prima di essere vissute e infatti il Gelo dice che “ero preparato e avevo la consapevolezza di poter fare un grande risultato. Naturalmente la vittoria sarebbe dipesa anche da un pizzico di fortuna”... che arriva al 40° km quando prima la sagoma di Wakiihuri e poi quella di Saleh ricompaiono, con in faccia l’espressione di chi ha speso tutto. Gelindo mette la freccia e li sorpassa uno dopo l’altro. C’era ancora un km di sofferenza da percorrere quasi in apnea e poi finalmente il tunnel che porta all’ingresso dello stadio gremito. “Lì ho avuto la sicurezza di avercela fatta, ed è stato il momento più bello.” Scorrono le immagini della vittoria. Gelindo bacia la pista, con le gambe che gli cedono. A filmato concluso, invece, bacia la nostra bella madrina Anna Peretto, prima, e poi riceve il ricordo della serata (realizzato dallo scultore Guasina) dalle mani dell’Assessore allo sport Alessandro Grainer e da Emanuela Perin, presidente di Pro Valdagno. Qual è il segreto della vittoria di Seul? Il segreto è allenarsi e fare fatica, tanta fatica. Gelindo era talmente allenato e tranquillo che la sera prima della gara è andato in discoteca. Allo stesso modo Alberto Tomba, anche lui Olimpionico a Calgary nel 1988, faceva notte fonda prima delle gare. Questo non vuol dire che fare festa la sera prima della gara è bene. E’ però indicativo del fatto che non si vince una gara
di Seul ha avuto il merito di togliere gli italiani dal mito di Dorando Pietri, eroe e martire nel 1908 a Londra (Pietri svenne, disidratato e sfinito, a 200 metri dal traguardo, si rialzò e terminò la gara per primo, ma fu squalificato perchè aiutato a compiere gli ultimi metri dai soccorritori). Ai retori era molto piaciuta la fine rovinosa del panettiere di Carpi, la sua indubitabile parte di affamato ereditario, condannato dalla storia a non vincere mai, e come tale degno di essere compatito (tanto che recentemente è stata girata addirittura una fiction su di lui). Come disse Gianni Brera, invece, non ci eravamo accorti che dietro l’ombra di Pietri venivamo compassionati come quei morti di fame che tutti conoscevano in quegli anni dannati. Anche oggi, in parte è così: se andiamo all’estero siamo identificati come “spaghetti e pizza”, non come “Ferrari”. Questo è un male. E lo continuerà ad essere, se continueremo a proclamarci schiavi di questa situazione come si addice ai goffi masochisti che sanno essere quasi sempre, lacrime al ciglio e moccichino in mano. Se continueremo a lasciare lo sport fuori dalle scuole. Come dice il nostro direttore Luigi Borgo, “lo sport è diventato una sorta di svago per il tempo libero, estromesso dalla nostra formazione culturale. Non si è capito, invece, come esso fosse la sola disciplina capace, attraverso la pratica e il divertimento, di educare la mente
quello che siamo, è perché non abbiamo fatto nostra la lezione dei classici che avevano capito come l’educazione sportiva fosse la via maestra per formare, prima che buoni atleti, buoni cittadini. Se oggi siamo quello che siamo, è perché non abbiamo capito che l’educazione sportiva è, nel profondo, educazione civica, la migliore e la più efficace che si possa perseguire”. Gelindo Bordin oggi è direttore marketing di Diadora e gestisce un business da 100 milioni di euro l’anno. “Lo sport mi ha aiutato molto”, afferma. Come dargli torto. Allora ascoltiamolo quando denuncia chi ha portato i ragazzi di oggi a essere sempre più schiavi degli smartphone e sempre meno delle scarpette da corsa. “Si è smarrito il concetto dello stare assieme, di far crescere i giovani uniti. Oggi i bambini imparano prima a telefonare e poi a camminare”. Scherza (ma non troppo) con Alessandro Grainer, che gli chiede, dati alla mano, se la predominanza degli atleti africani negli ultimi anni sia dovuta ad una loro predisposizione genetica: “Gli africani c’erano anche ai miei tempi, quando vincevamo io, Pizzolato e Poli”. E conclude con un messaggio al Coni: “I premi non sono adeguati. Un ragazzo che punta a vincere le Olimpiadi deve sacrificare 10 anni di lavoro: se poi vince riceve un premio di 140.000 Euro tassati, che vuol dire circa 80.000 Euro netti. Figuriamoci se arriva secondo...
Bisogna mettere premi a sei zeri; quello speso lo si recupera in immagine”. Parola di business man. Gelindo è un uomo buono e generoso, oltre che simpatico. All’Italia ha regalato visibilità e rispetto; a Valdagno una lezione di sport diretta, priva di retoriche, che solo chi ha interpretato la propria carriera con lo spirito autentico della sfida sportiva può trasmettere. A mezzanotte, quando saluta la nostra città per tornare a Montebelluna, lo aspetta un’ora e mezza di strada e una notte di lavoro: “alle 9 della mattina seguente mi attendono all’Università di Padova per parlare di sport, e devo preparare le slides”. Due ore prima gli avevo chiesto cosa volesse dire quando si descriveva come “un maratoneta, figlio di un mulo e di un’autostrada”. Adesso l’ho capito.
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Maistrack, first edition Nel nome la sfida: stanchi mai
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ncora una volta, dopo aver ospitato a fine luglio l’Europeo di Ultratrail, le Prealpi vicentine fanno parlare di sé, ben 147 impavidi atleti il 22 settembre scorso, si sono messi alla prova della “First Edition” della “Maistrack” prima gara in Veneto della specialità “Km Verticale” pensata e fortemente voluta da Matteo Tizian (Fulmine per gli amici), già ideatore a maggio della fortunatissima “Summano race”. Location dell’evento, manco a dirlo, il versante Sud del Monte Summano” 3700 metri da correre a perdifiato con partenza dalla piazza di Santorso e arrivo all’ombra della maestosa croce dei 1296m di cima Summano. 1000m D+ il dislivello complessivo di un percorso con pendenze senza tregua, disegnato per il 75% sul tracciato della conosciuta “Direttissima del Summano” e sorprendente nel restante 25%, ricavato con dei tagli pressoché verticali che in alcuni punti hanno raggiunto pendenze di oltre il 40% sui vecchi Zig Zag della direttissima. Ciliegina sulla torta, il tracciato, nei punti più infimi, è stato corredato di cartelli con messaggi motivazionali veramente di grande effetto che hanno reso l’incedere dei partecipanti ancora più eroico. Vedere gli specialisti delle gare in salita proseguire carponi per alcuni tratti, ha affermato lo stesso Tizian ci ha dato la certezza di aver creato un campo gara davve-
ro impegnativo e selettivo anche per il futuro, alla prima edizione sono stati raggiunti numeri davvero importanti e a giudicare dai commenti dei FINISHER siamo riusciti a rendere indimenticabile anche l’incognita di questa prima edizione. A scrivere per primo il proprio nome nell’albo d’oro della manifestazione è stato lo scledense Marco Dalle Molle di Schio con un tempo di 42:22 mentre per le donne la vincitrice è stata Anna Zilio in poco più di 53 minuti. L’obiettivo per l anno prossimo è quello di riuscir ad entrare in qualche circuito importante che possa dare maggior visibilità alla competizione e possa portare nella nostra zona concorrenti anche da altre regioni e perché no dall’estero. Di sicuro cercheremo di sconvolgere il vostro fisico e la vostra mente, impegnati nella gioiosa fatica, con nuove ed esilaranti sorprese!!! Vuoi dirmi che non vuoi essere dei nostri?? Ti aspetto!
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arissimi lettori in questo articolo vi parlo un po’ dello Shotokan Karate e della Scuola Shotokan Karate Arzignano A.S.D. diretta dal Maestro Arcangelo Gattazzo cintura nera VI DAN. Innanzitutto ve ne parlo perché mi preme segnalarvi questa Disciplina, questa Scuola ed il suo Maestro in quanto racchiudono effettivamente lo spirito dell’insegnamento di una Arte che, sebbene molto conosciuta nel mondo occidentale, ha degli obiettivi che talvolta si scontrano con il nostro modo di trascorrere la vita quasi, perdonatemi il termine, “inconsapevole di quello che abbiamo fatto o avremmo dovuto fare”. Il Karate è ormai conosciuto in gran parte del mondo, ma solamente una piccola minoranza di persone è al corrente dei valori che esso racchiude. Il KARATEDO si può tradurre come “la VIA (do) della MANO (te) VUOTA (kara), dove, in particolare, il “VUOTA” si riferisce allo stato della MENTE. Questa, infatti, deve essere liberata da ogni idea preconcetta, da ogni influenza esterna e così pronta ad agire in ogni situazione nel miglior modo possibile in quanto si trova in uno stato di piena e totale ricettività. Ma cosa significa SHOTOKAN e che storia ha? Lo Stile Shotokan è uno stile di karate, nato dall’incontro di varie arti marziali, codificato dal Maestro Gichin Funakoshi (1868-1957) e da suo figlio, il Maestro Yoshitaka Funakoshi (1906-1945). Il Maestro Gichin Funakoshi è universalmente riconosciuto per aver esportato e diffuso il karate dall’isola di Okinawa all’intero Giappone, anche se alcuni importanti maestri vi insegnavano già il karate da tempo prima. Lo Shotokan è dunque
L’arte della mano vuota uno degli “STILI MODERNI” del karate giapponese. La pratica dello Shotokan è in genere divisa in tre parti: KIHON (i fondamentali), KATA (forme o sequenze di movimenti, ovvero un combattimento reale contro uno o più avversari immaginari) e KUMITE (combattimento). Le tecniche eseguite nel kihon e nei kata sono caratterizzate, in alcuni casi, da posizioni lunghe e profonde, che consentono stabilità, permettono movimenti forti e rinforzano le gambe. Le tecniche del kumite rispecchiano queste posizioni e movimenti al livello base, ma con maggior esperienza diventano più flessibili e fluide. Successivamente vi darò una più dettagliata descrizione di queste parti fondamento dello Stile di Karate Shotokan come mi sono state definite dallo stesso Maestro Gattazzo. Il Maestro Gichin Funakoshi, codificatore di questo Stile tra la fine dell’800 ed inizio ‘900 espose i Venti Principi del Karate (o Niju kun), che costituirono le basi della disciplina. In questi principi, fortemente basati sul bushido e sullo zen, è contenuta la filosofia dello stile Shotokan. Essi contengono nozioni di umiltà, rispetto, compassione, pazienza e calma sia interiore che esteriore. Il Maestro Funakoshi riteneva che attraverso la pratica del karate e l’osservazione di questi principi, il karateka era in grado di migliorarsi. Lo stesso Maestro Funakoshi scrisse: “Lo scopo ultimo del karate non si trova nella vittoria o nella sconfitta, ma nella perfezione del carattere dei partecipanti”. I principi fondamentali sono i seguenti e ve li riporto perché non
di Massimo Neresini
c’è di meglio, quando scrivo di Arti Marziali, che cercare di darvi l’idea che non si devono mai affrontare queste discipline con l’intento di rafforzare il fisico per trasformare la propria aggressività passiva in azioni contro qualcuno, bensì cercare di affrontare bene se stessi e così conseguire un miglioramento: 1- Non dimenticare che il karatedō comincia e finisce con il saluto. 2- Nel karate non esiste iniziativa. 3- Il karate è dalla parte della giustizia. 4- Conosci prima te stesso, poi gli alti. 5- Lo spirito viene prima della tecnica. 6- Libera la mente. 7- La disattenzione è causa di disgrazia. 8- Il karate non si vive solo nel dōjō. 9- Il karate si pratica tutta la vita. 10- Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza. 11- Il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda. 12- Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere. 13- Cambia in funzione del tuo avversario. 14- Nel kumite devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto. 15- Considera mani e piedi come spade. 16- Oltre la porta di casa, puoi trovarti di fronte anche un milione di nemici. 17- La guardia è per i principianti; più avanti si torna alla posizione naturale. 18- I kata vanno eseguiti corret-
tamente; il kumite è altra cosa. 19- Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la velocità, in ogni tecnica. 20- Sii sempre creativo. Ovviamente questi insegnamenti sono ben presenti in molte Arti Marziali, ma ancora una volta segnalarli e farli parte integrante di quello che vorrei trasmettervi per me è fondamentale. Se non abbiamo capito questo e non assorbiamo bene i valori ed i principi delle Arti Marziali e di quello che andiamo ad apprendere, meglio lasciar perdere e perseguire un’altra strada, perché oltre a non essere utili a noi bensì oserei dire pericolosi, sono in diretto contrasto con gli insegnamenti di chi ha voluto trasmettere l’ARTE. Nella prima metà degli anni Sessanta, i responsabili della Japan Karate Association, in primis il maestro Masatoshi Nakayama, decisero che era giunto il momento di portare il “loro” karate nel mondo. A tale scopo inviarono negli Stati Uniti e in Europa alcuni giovani maestri che sarebbero diventati nel tempo pietre miliari del karate internazionale: Hidetaka Nishiyama e Hirokazu Kanazawa negli Usa, Taiji Kase in Francia, Hiroshi Shirai (Maestro del Maestro Gattazzo) in Italia, Keinosuke Enoeda in Inghilterra, Hideo Ochi in Germania. Da questi paesi la diffusione fu capillare, niente fu lasciato al caso: stages, competizioni, seminari e una organizzazione perfetta. Ritorno ancora alle parole del Maestro Gattazzo “il Karate-do tradizionale è una Arte di auto-
difesa che usa solo il corpo nei modi più efficaci. Per questo motivo si utilizzano tecniche di parata, di pugno, di percossa e di calcio combinate con diversi spontaneamente. Attraverso questa Arte l’allievo può ampliare e migliorare le proprie capacità fisiche e mentali. Con la continua ricerca del miglioramento tecnico sopravviene un ampliamento ed una evoluzione di tutte le capacità. L’evoluzione dell’uomo stesso è l’evoluzione della sua coscienza e questa non può evolvere “incoscientemente”; è l’evoluzione della sua volontà e questa non può evolvere “involontariamente”. L’evoluzione dell’uomo è l’evoluzione del suo potere di fare ed il “fare” non può essere il risultato di ciò che accade. Questo è il difficile lavoro nel quale sono impegnati coloro i quali seguono l’insegnamento del Karate-do tradizionale”. Tornando alla pratica di seguito vi illustro come si sviluppa l’apprendimento del Karate. KIHON: questa pratica consiste nell’eseguire singolarmente o in combinazione le varie tecniche che compongono il metodo del Karate, ripetendole più volte al fine di impadronirsi del gesto a tal punto da renderlo automatico. Durante questa pratica oltre che imparare gradualmente e sistematicamente le tecniche e comprenderne i principi, l’allievo impara ad usare correttamente la propria energia, la respirazione ed il funzionamento del proprio corpo.
KATA: il Kata è una serie di parate, contrattacchi, spostamenti che si svolgono secondo ordine, ritmo e coordinazione precisi e simboleggiano un combattimento reale contro più avversari. L’allenamento quotidiano conferisce la calma necessaria non solo per una armoniosa conduzione del Kata ma anche alla gestione della propria vita. Abitua a concentrare lo spirito ed il pensiero su un punto e solo su quello senza disperdere forze ed energie. Nel Kata nulla è superfluo, ogni movimento è stato studiato minuziosamente dai Grandi Maestri che li hanno creati, ognuno con uno scopo ben preciso. KUMITE: il Kumite è il combattimento tra due avversari nel corso del quale si dà pratica applicazione alle tecniche apprese durante l’allenamento formale, abituandosi in tal modo a dare agli stessi movimenti un significato concreto. Il combattimento deve essere affrontato con serenità di spirito, lealtà e correttezza, con la piena convinzione di dover rispettare la capacità tecnica, la dignità personale e l’integrità fisica dell’avversario. Per raggiungere questi risultati si deve profondere il maggior impegno fisico e psichico, mantenere la massima concentrazione ed impiegare tutta la forza e la potenza nell’esecuzione delle tecniche. Questo costituisce una prova di rispetto verso l’avversario, una
dimostrazione che non lo si sottovaluta, rappresenta un impegno di onestà personale poiché nessuna tecnica deve essere portata con l’intenzione di ferire ed è dimostrazione di grande capacità di controllo. La pratica del KATA, KIHON e KUMITE sono adatte a tutte le persone di tutte le fasce di età, ma sono soprattutto i bambini a trarne i più grandi benefici in quanto assumono il rispetto verso i compagni e migliorano rapidamente le capacità fisiche motorie coordinative. Lo staff della Scuola Shotokan Karate di Arzignano è composta da Istruttori molto qualificati e di grande prestigio che voglio ricordare: Presidente e Direttore Tecnico: Maestro Arcangelo Gattazzo, cintura nera 6 dan; Vicepresidente ed Istruttore: Tiberio Girardi, cintura nera 4 dan Istruttore: Giuseppe Zuffelato, cintura nera 4 dan; Istruttore: Udry Boschetti, cintura nera 3 dan; Allenatore: Alessio Renna, cintura nera 1 dan; Allenatore: Hafed Dayem, cintura nera 1 dan; Il Maestro Gattazzo inizia la pratica del Karate nel 1971 presso la Palestra Ren-Bu-Kan di Vicenza sotto la guida del Maestro Pietro Zaupa ed affiliata alla federazione FESIKA fondata dal Maestro Hiroshi Shirai. Successivamente,
quando viene aperta una nuova Palestra di Karate a Montecchio, continua la pratica con il Grande Maestro Maurizio Marangoni, pluricampione mondiale ed europeo nella specialità Kata. Nel 1980 fonda la SHOTOKAN KARATE ARZIGNANO (SKA) iniziando il suo insegnamento ad Arzignano. Nel 1989 la SKA viene affiliata all’associazione FIKTA fondata dal Maestro Hirishi Shirai. Nel 2007 diventa Arbitro Regionale ed infine nel 2013 la stessa FIKTA assegna al Maestro Gattazzo il 6 DAN per “ASSOLUTO IMPEGNO FISICO E SPIRITUALE NELLO STUDIO DEL KARATE-DO” Grazie al Maestro Gattazzo ed al suo staff che con grande impegno non senza a volte enormi sacrifici continuano a trasmettere gli insegnamenti conseguiti con grande fatica. I corsi si tengono presso la Palestra della Scuola Primaria di Via Umbria a San Bortolo di Arzignano nei giorno di Martedí e Giovedí dalle 18:30 alle 21:00, mentre la sede dell’associazione si trova in Via Montecchio 21 Arzignano. Il Maestro lo potete trovare al cell: 348 7743105 o scrivendo a: arcangelogattazzo@libero.it
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abato 21 e domenica 22 settembre la nuova tensostruttura di Maddalene (VI) è stata teatro della prima gara indoor del calendario Fitarco organizzata dalla Compagnia Arcieri Vicenza A.s.d. dopo 13 anni di assenza. Il tiro con l’arco è una disciplina molto particolare dov’è nettamente predominante la tecnica all’attrezzatura. I nostri istruttori iniziano da subito a spiegare a chi si avvicina a questo mondo che non è un arco da tremila euro che fa i punti, ma la passione, la concentrazione, l’auto isolamento e la costanza di allenamento. Si è soliti dire che “Tirare con l’arco sono capaci tutti, tirare bene con l’arco… è un’altra cosa”. Le distanze di tiro variano, per le gare outdoor dette “targa”, a seconda della categoria di appartenenza e del tipo di gara fino ad arrivare ai 90 metri su visuale da 120cm dove l’area del 10 ha un diametro di 12 cm. La distanza olimpica è di 70 metri sempre su targa da 120cm. Le gare indoor si svolgono su distanza fissa per tutti di 18 metri. La compagnia Arcieri Vicenza ha intitolato la competizione “1° Memorial Mario Pizzinato”. Mario Pizzinato è stato il pri-
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A volte ritornano
Tornano le gare di tiro con l’arco a Vicenza dopo 13 anni. mo presidente di questa società che, lasciando un meraviglioso ricordo come persona e arciere olimpico, purtroppo ci ha lasciati prematuramente. Dopo la sua dipartita, l’attività sportiva era diminuita fino al punto che si era in dubbio se continuare a tenere in vita la società stessa. Da qualche anno la compagnia è riuscita a risorgere anche con ottimi risultati arrivando adesso ad avere una sessantina di soci tra i quali circa una trentina di attivi agonisti. Un bel numero data la disciplina sicuramente di nicchia. Per questo motivo la compagnia ha istituito il “1° trofeo Mario Pizzinato” destinato all’arciere che avrebbe ottenuto il punteggio assoluto tra tutti gli archi olimpici in gara indipendentemente da classe e categoria e sesso. Tra i nostri atleti menzioniamo Laura Gnocchi, categoria master femminile arco olimpico, che con una ottima tecnica di tiro vanta un palmares invidiabile con due titoli italiani indoor e uno targa, vari piazzamenti e podi nazionali, due record europei e un record del mondo targa. Simone Guerra, categoria ragazzi maschile arco olimpico che a solo 13 anni ha già inanellato due titoli italiani e un argento individuali e due argenti a squadre alle finali nazionali del “Trofeo
Pinocchio” giochi della gioventù di tiro con l’arco. Il “1° trofeo Mario Pizzinato” se l’è aggiudicato il nostro Simone Guerra che, con uno spettacolare 569 su 600, balza anche al secondo posto provvisorio della ranking nazionale categoria ragazzi. La gara, valida per la qualificazione ai campionati italiani 2014, si è sviluppata su tre turni per dare la possibilità di ospitare oltre 120 atleti provenienti da 27 società del Veneto, Trentino, Emilia. Erano presenti in linea di tiro atleti di tutte le categorie (master, senior, junior, allievi, ragazzi e giovanissimi) e di tutte le specialità (arco nudo, arco olimpico, arco compound) previste dal regolamento Fitarco per le gare indoor. Le gare indoor prevedono la distanza tiro fissa sui 18 metri con visuali che vanno dai 60cm, per i giovanissimi e visual-impared (non vedenti); ai 40cm per tutte le altre categorie e i 40cm su targa tripla, obbligatorio per gli archi compound e facoltativo per gli archi olimpici. Vengono scoccate 60 frecce in venti volée di tre frecce nel tempo massimo di due minuti e quindi il massimo punteggio ottenibile e di 600 punti.
I nostri progetti sono semplici ma di appassionata speranza. Contiamo di aumentare i nostri iscritti soprattutto fra i giovani e di far conoscere questa meravigliosa disciplina a più persone possibile. Per il 2014 prevediamo di poter organizzare sei eventi sportivi e specificatamente quattro gare Hunter-field presso il nostro campo tiro, un 70m olimpicround e un 18m indoor. La compagnia Arcieri Vicenza A.s.d. si ha sede presso Via Biron di Sopra, 98 a Vicenza dove si trova il campo tiro per l’allenamento estivo con piazzole dai 5 ai 90 metri per l’allenamento targa e la scuola di tiro. Abbiamo a disposizione anche 12 piazzole per la specialità Hunter-field o tiro di campagna che sono dislocate sulla collina adiacente al campo stesso. Nel periodo invernale i nostri arcieri si allenano presso la palestra della scuola elementare Zecchetto in via Corelli, 12 a Vicenza. Per info consultare il nostro sito internet www.arcierivicenzaasd.it, scrivere a segreteria@ arcierivicenza-asd.it o contattare il numero 335-450866.
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2° Coppa Alpebike
Edizione bollente della Recoaro – Alpe di Campogrosso
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Recoaro Terme sabato 27 luglio 2013 na ottantina i valorosi iscritti alla seconda edizione della COPPA ALPEBIKE, gara in salita per cicloamatori tesserati specialisti della montagna, egregiamente organizzata da ALPEBIKE RACING dei fratelli Andrea e Lucio Pellichero con il patrocinio dell’AICS delegazione di Vicenza e del Comune di Recoaro Terme. Nonostante il caldo torrido, quasi 40° alla partenza, il gruppo scortato da 4 ammiraglie AUTOVISPER e dai motociclisti della staffetta ufficiale, si è mosso alle 14,30 in direzione Recoaro Terme e Campogrosso. Ad anticipare il gruppo quest’anno ci ha pensato il Magico Tempe alias Simone Temperato. Il funambolico ciclista estremo di Bassano ha tentato la scalata nel suo stile cioè IMPENNATO. E sulla sola ruota posteriore è riuscito a percorrere i 13 km. della durissima provinciale che collega il centro termale all’alpe di Campogrosso
con pendenza media del 9% e punte massime del 18 % nonostante il caldo asfissiante che lo costringeva, cosa mai successa nei suoi tentativi, a rifornirsi d’acqua in corsa, impennato, con una sola mano e senza mai mettere piede a terra. In centro a Recoaro Terme appena passato l’arco di benvenuto allestito dal comune e dalle Guide, aveva inizio la parte agonistica della gara che subito assumeva i caratteri di autentica sfida tra grimpeur locali e non solo visto che la partenza annoverava scalatori provenienti dalle vicine province di Verona, Trento, Treviso, Pordenone e Belluno. Già in località Merendaore, dove le pendenze erano le più aspre, la classifica era ben delineata. A Mezzo Cason Carlo Ferrari junior della Chesini Verona staccava Daniele Bergamo Trentino della Begner Brau, Moreno Vicari Dteam Mainetti e Fabio Ciot Trevisano della Professional Bike e si involava verso il traguardo posto davanti al rifugio Campogrosso all’ombra della mitica Sisilla . Staccati di poco Il
Recoarese Zini Daniel Power Team, Carraro Matteo Colli Berici e Dal Bianco Mauro Cicli de Rossi. Arriveranno nell’ordine a tagliare il traguardo. Nel settore femminile sfida a due tra Miriam Agosti Restena Bike ed Anna Storari Chesini Verona con la prima a prevalere per il secondo anno consecutivo. Si sono aggiudicati pertanto la COPPA ALPEBIKE, ambito trofeo in acciaio inox raffigurante il profilo della Sisilla, perla delle Piccole Dolomiti Vicentine, Ferrari Carlo 1° assoluto con il tempo di scalata di 41’34” 18 ed Agosti Miriam prima donna con il tempo di 58’ 28” 49. Sicuramente la calura di quest’anno ha influito sulle prestazioni degli atleti che hanno fermato le lancette su tempi di 2, 3 minuti più alti rispetto alla scorsa edizione. Degne di nota le eccellenti prestazioni degli atleti locali Zini Daniel Power Team 5° assoluto, Fochesato Marco Calcestruzzi Mascotto 21° assoluto e Cornale Raffaele ALPEBIKE RACING Maestro di Sci Recoarese 24° assoluto. Per quanto
di Andrea Pellichero riguarda i primi di categoria: Junior Ferrari Carlo Chesini Verona, Cadetti Zini Daniel Power Team, Senior Ciot Fabio Professional Bike, Veterani Vicari Moreno Dteam Mainetti , Gentleman Zilio Luciano Sant’anna, Super GenlemanA Ferrari Giovanni ( Papà del vincitore ) Chesini Verona, Super Gentleman B Bertoldo Giovanni Imac. Donne B Agosti Miriam Restena Bike. Un ringraziamento particolare ai supporters DESPAR RECOARO, MINI BAR RECOARO, Rifugio CAMPOGROSSO, ALICOM, AUTOVISPER, DERSUT caffè, BOLZON CORNEDO, CLM lav. meccaniche, SPORTIVISSIMO, FARMANCIA BORGO, FIORERIA SILVANO, PIZZERIA da FRANCO, FIZIK, Rifugio Piccole Dolomiti alla GUARDIA ed ORSATO RICEVIMENTI e BANCHETTI. Un grande plauso a tutti coloro che hanno raggiunto l’ambito traguardo. Arrivederci all’anno prossimo… ALPEBIKE RACING
CALENDARIO DELLE PARTITE INTERNE Sport a Valdagno, non si fermano i lavori
DICEMBRE 2013 PALESTRA SCUOLA MEDIA G. LORA - NOVALE DICEMBRE 2013 PALASPORT G. SOLDA’ DOMENICA 1 Ore 9,30 Under 13 Pall. Vicenza SABATO 7 Ore 17,30 Under 14 Pall. Vicenza DOMENICA 8 Ore 11,30 Under 15 Pol. Montorso SABATO 14 Ore 17,30 Under 17 Araceli Basket MERCOLEDI’ 18 Ore 20,30 1a Divisione Quinto Vicentino SABATO 21 Ore 15,30 Under 13 Rooster Vicenza DOMENICA 22 Ore 11,30 Under 15 Pall. Marostica GENNAIO 2014 SABATO 11 Ore 17,30 Under 17 Basket Creazzo DOMENICA 12 Ore 9,30 Under 14 B. Bassano 1975 MERCOLEDI’ 15 Ore 20,30 1a Divisione 7 Mulini Basket SABATO 18 Ore 15,30 Under 13 B. G. Bassano DOMENICA 19 Ore 11,30 Under 15 Pol. Camisano DOMENICA 26 Ore 9,30 Under 13 Pall. Trissino Ore 11,30 Under 15 B. S. Giuseppe Vi MERCOLEDI’ 29 1a Divisione Pall. Breganze
DICEMBRE 2013 PALESTRA SCUOLA MEDIA G. LORA - NOVALE SABATO 7 Ore 21,00 Serie C Masc. Volley Paese GENNAIO 2014 SABATO 25 Ore 21,00 Serie C Masc.
Portogruaro
Auguri di Buone Feste e di un Anno Nuovo ricco di soddisfazioni
SABATO 7 Ore 18,00 1a Div. Fem. Longare Castegnero SABATO 14 Ore 18,00 1a Div. Fem. Asd Schio PALESTRA DAM MARZOTTO SABATO 7 Ore 16,00 Under 14 Ore 18,00 3a Divisione DOMENICA Ore 11,00 Under 16
A.D. Cornedo Castelgomberto 8 Volley Sottoriva
SABATO 14 Ore 18,00 Under 13 Sovizzo DOMENICA 15 Ore 11.00 Under 16 Fulgor Thiene SABATO 21 Ore 16,00 Under 14 Real Recoaro Ore 18,00 3a Divisione Schio Volley DOMENICA 22 Ore 11,00 Under 16 Volley San Paolo GENNAIO 2014 PALESTRA SCUOLA MEDIA G. LORA NOVALE SABATO 11 Ore 18,00 1a Div. Fem. U.S. Astico SABATO 25 Ore 18,00 1a Div. Fem. ASD S. Croce PALESTRA DAM MARZOTTO SABATO 18 Ore 18,00 Under 13 Trissino Ore 20,30 3a Divisione Fulgor Thiene SABATO 25 Ore 18,00 3a Divisione Pasubio Volley
V
aldagno conferma la propria attenzione al mondo sportivo cittadino ed alle sue strutture. Anche nel 2013 non si sono arrestati interventi e investimenti per far si che gli impianti valdagnesi continuino ad essere fruibili dai cittadini che ogni anno si dedicano ad una qualunque attività sportiva. Il bilancio dell’anno che si sta concludendo vede oltre 70.000 euro spesi per lavori di vario genere. Ma quali sono stati nel dettaglio questi interventi? Si è trattato per lo più di riqualificazioni che tuttavia andavano realizzate per garantirne il completo e sicuro utilizzo da parte di sportivi e società.
Presso i locali dell’ex galoppatoio sono stati completati i lavori che hanno portato alla realizzazione di un nuovo locale spogliatoio al primo piano. Per far ciò si è dovuto anche mettere in sicurezza la scala di accesso al piano superiore e la balaustra che dà sull’esterno. Al primo piano è inoltre stata rifatta la pavimentazione e si è provveduto alla tinteggiatura interna sia della zona di ingresso che degli spogliatoi. A pochi passi dall’ex galoppatoio, altre due strutture sono state oggetto di interventi. Si tratta dei locali del vicino tennis club e del grande Stadio dei Fiori. Presso il tennis club sono stati riqualificati gli spogliatoi con conseguente rifacimento dell’impianto idraulico, delle docce, dei servizi igienici. Per completare il tutto sono stati sostituiti gli infissi sia all’interno che all’esterno ed è stata eseguita la ritinteggiatura degli spazi. A questo punto il Tennis Club ha provveduto a completare alcuni interventi di contorno che hanno riguardato la ripavimentazione e la tinteggiatura della zona ingresso e del
Nel 2013 investiti più di 70.000 euro per le strutture cittadine bar. La stessa società si è fatta carico anche della nuova tinteggiatura esterna sul lato che dà sul cortile di ingresso, mentre il Comune ha eseguito un restauro del portone di ingresso ed ha installato una nuova pensilina. Poco più in là lo Stadio dei Fiori, all’interno del quale si sono disputati tanti match gloriosi per la storia del calcio valdagnese, è stato oggetto di un progetto generale di adeguamento della struttura che dalla stagione 2012-2013 ospita le partite della neonata squadra Trissino Valdagno, militante in serie D. Tra gli interventi realizzati quello più recente ha riguardato il rifacimento dei parapetti delle tribune. Infine, spostandosi più a nord, anche la palestra dell’Istituto Comprensivo di Novale è finita... sotto i ferri. Con un intervento
di Giulio Centomo di manutenzione straordinaria è stata sistemata la pavimentazione del campo da gioco interno, sostituendo parte del parquet danneggiato da alcune infiltrazioni e procedendo alla successiva levigatura e verniciatura. Per quest’ultimo processo molta cura è stata posta anche nella scelta dei prodotti utilizzati, preferendo l’utilizzo di una vernice all’acqua approvata e certificata dalla FIBA – Federazione Internazionale di Basket. In occasione dei lavori si è proceduto anche al posizionamento delle apposite sedi per l’inserimento delle porte per il calcio a 5 e alla fine sono stati tracciati i campi di gioco. L’intervento maggiore è stato eseguito a carico della ditta realizzatrice dell’impermeabilizzazione della copertura dell’edificio che a causa di altri lavori aveva danneggiato la superficie di gioco, mentre il comune ha contribuito per la restante parte. «Con questi nuovi interventi – ha commentato l’assessore allo sport Alessandro Grainer – abbiamo potuto dare risposta anche alle richieste che ci venivano dai cittadini. Va senz’altro sottolineato come la sensibilità dimostrata dalle stesse società sportive interessate dagli interventi abbia rappresentato un prezioso aiuto per noi ed una conferma che il lavoro di squadra alla fine premia sempre.»
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santorso
TA
una stagione super
DA PRAGA A STOCCOLMA IN BICICLET
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di Martina Dogana
N
icola Riosa è un 24enne di Camposampiero con la passione della bicicletta e dell’avventura. La scorsa estate ha pedalato per quasi un mese da solo e con lo stretto necessario in due borse sul portapacchi della bici attraverso il centro e il nord Europa. É partito da Praga per arrivare a Stoccolma, passando per Dresda, Berlino, Amburgo e Copenaghen: 1811 km in tredici tappe, un itinerario scelto per godersi le capitali d’Europa più di tendenza dal punto di vista artistico e del design, ma soprattutto per la cultura di queste nazioni verso la bicicletta. Non è stata un’esperienza semplice visto che non è mai stato un ciclista e la passione per le due ruote è nata da poco. Nicola, ci spieghi il motivo di questo viaggio? Sono un appassionato di imprese estreme e nel mio piccolo volevo emulare gli esploratori moderni, mettendomi alla prova ogni giorno per arrivare alla meta finale. Volevo vivere l’ avventura nel sua forma più essenziale, andando avanti con il minimo indispensabile per apprezzare ciò che la routine della vita quoti-
diana ci fa sminuire: un bicchiere d’ acqua calda tra le mani dopo una notte in tenda nelle fredde foreste svedesi, un piatto di riso e fagioli dopo i tanti km in sella o semplicemente il poter scambiare due parole con un passante dopo qualche giorno di completo silenzio. Raccontaci di più di questa esperienza. Lo scorso 10 agosto sono partito con la mia bicicletta imballata con un aereo per Praga e da qui ho sempre proceduto con la bici, pronto ad adattarmi a qualsiasi tipo di situazione. Ho dormito in ostelli, talvolta ospitato da amici, altre volte da gente del posto, altre volte ancora in tenda nei campeggi o tra i boschi del Nord. Due volte la bici ha causato qualche problema tecnico, velocemente risolto anche dalla cordialità della gente locale che è stata disponibile nel darmi una mano e nell’ospitarmi. Queste esperienze che mi hanno fatto apprezzare le qualità di questo popolo fantastico, persone che hanno un grande rispetto per il prossimo e per l’ ambiente, persone con un grande senso civico, qualità fondamentale per vivere bene all’interno di una società. Ho notato che c’è una pro-
fonda differenza culturale tra l’Italia e l’estero. Nei paesi nordici le persone si spostano in bici anche per andare a lavoro anche se devono pedalare qualche km, cosa qui è quasi impensabile! Sono stato sorpreso dalla cordialità e il calore umano della gente. Mi è capitato che qualche passante incuriosito mi chiedesse dove stessi andando e raccontandogli il mio itinerario e la mia iniziativa mi prendesse in simpatia. Molti mi hanno dato una mano, offrendomi un pasto caldo e un posto dove dormire. Ho notato una differenza con gli italiani nell’approccio col prossimo, noi siamo molto più diffidenti e non diamo fiducia agli estranei, cosa più che comprensibile con i tempi che corrono, ma ritengo che dovremmo comunque dare più ascolto a chi ci troviamo davanti. Sono convinto che gli incontri più improvvisi sono le esperienze più indelebili, utili e formative che possiamo vivere. Che cosa ti ha colpito di più di questo viaggio? Senz’altro la bellezza cristallina e l’atmosfera bohémien che si respira a Praga, la vitalità e l’originalità giovanile delle città tedesche, mi hanno impressionato le falesie danesi, i canali e gli edifici di Copenaghen, mi sono innamorato della civiltà
degli abitanti di Stoccolma. Ciò che mi è rimasto più impresso sono stati i 5 giorni vissuti in Svezia, a stretto contatto con la natura, 5 giorni “into the wild”, senza lavarmi, dormendo in tenda nelle foreste e mangiando quel poco che ogni mattina compravo nei supermercati, per lo più fagioli, muesli, riso, frutta e acqua per la giornata. Sono stati 5 giorni che mi hanno temprato perché mi dovevo ingegnare per risolvere da solo le difficoltà di ogni giorno, al termine dei quali ho realizzato con grande emozione che ce l’avevo fatta: un’impresa folle per i miei amici e conoscenti, ma fantastica per me perché ottenuta con sudore e grande determinazione. Consiglio a tutti di provare a viaggiare da soli perché da un valore aggiunto al viaggio in sé. In Italia non c’è questa cultura del viaggio in solitaria. Per noi viaggiare è sinonimo di vacanze, di periodo di pausa dal lavoro e quindi si tende a viaggiare sempre accompagnati e con annessi tutti i comfort di un soggiorno turistico. Non viviamo il viaggio come momento per ritrovare noi stessi. Il viaggiare di per sé è anche sinonimo di imprevisti
e riuscire ad affrontarli e superarli ti da una grande forza. In Italia si vive per lavorare, purtroppo, all’estero invece si lavora per vivere. È anche vero che da noi non c’è la possibilità come negli altri paesi di prendersi anche un mese di tempo per viaggiare, ma non solo! Tempo da dedicare a noi stessi facendo anche dello sport o escursioni. Di conseguenza saremmo anche più felici. Siamo un popolo infelice, lo dicono le statistiche. Il messaggio che vuole lanciare Nicola alla gente è che il viaggiare è importante, andare in bici è importante. Viaggio e bici sono il connubio di benessere e felicità. Vivere il viaggio da viaggiatori e non da turisti, scegliere mete inesplorate, apprezzare le cose inaspettate e non quelle programmate. Il suo messaggio si rivolge soprattutto ai giovani. Per lui la bicicletta è sinonimo di sorriso e il sorriso è anche l’emblema della sua avventura. Con questo primo viaggio ha dato vita a “BIKE A SMILE” uno slogan simpatico e originale per questa iniziativa di
viaggio e bicicletta. Bike a Smile è diventata una bandiera. Si perché, come ogni esploratore che conquistava la sua meta piantava la sua bandiera, lui la sua bandiera l’ha fatta firmare a tutti coloro che l’ hanno aiutato, che ha conosciuto e con cui ha condiviso questa fantastica esperienza, un ricordo indelebile delle conquiste più importanti del suo viaggio. Non si fermerà qui. Questo giovane avventuriere sta già pensando a delle nuove ed affascinanti mete. Ha creato anche una pagina di Facebook (www.facebook.com/ bike.a.smile) in funzione di “diario di bordo” e per far sì che amici, famigliari e simpatizzanti lo possano sempre seguire. Un’altra particolarità di questa sua impresa è il suo abbigliamento. Ha voluto ricordare la famosa “Eroica” vestendosi con uno stile un po’ retrò rievocando il ciclismo di un tempo, quando la bici era vissuta con una particolare ed entusiasmante passione e con il sorriso sempre sulle labbra, proprio come il suo viaggio. Bike a Smile.”
di Enzo Casarotto
stata una stagione ricca di soddisfazione quella della Bikers For Ever appena conclusa con la tradizionale cena di fine anno; una stagione a 360 gradi con l’impegno nel portare avanti la pratica dello sport in ambito agonisticopromozionale nel settore delle ruote grasse a livello giovanile, ma anche intesa come svago e con qualche attenzione rivolta sociale. Un’annata che ha dato i suoi frutti sviluppando tutti gli aspetti in cui i membri del team hanno speso le loro energie. La novità del 2013 è stata l’apertura di una scuola per l’avviamento alla montain bike tra i giovanissimi. Sono state organizzate due manifestazioni, a livello regionale (la prima ad inizio stagione a Carrè e l’altra per il settore giovanile al Grumo di Santorso) che hanno richiamato grandi numeri di presenze e ha mostrato l’ottima capacità e la qualità tecnico-organizzativa della società. Il Gruppo ha puntato con un discreto successo alla collaborazione con altre associazioni per la promozione della mountain bike e del territorio. Nell’organico della “B4E” ci sono: - I Mini-Bikers: ragazzini, della scuola di mountain bike compresi tra i sei e i dodici anni, accompagnati dai loro genitori; - Bikers-Inside: lo spirito libero del gruppo che interpretano la mountain bike per il proprio piacere personale e come valvola di sfogo. Per loro neve, fango, nebbia o sole cocente non fanno differenza; basta essere in compagnia, con la bici per divertirsi sempre e comunque; - I Racers: ovvero gli amanti della competizione. Sempre agguerriti nei campi di gara, e altrettanto allegri e goliardici al momento di fare festa o per lavorare assieme: - Un gruppo di atleti non vedenti iscritti alla società, con le rispettive guide e familiari. In occasione della cena sociale il gruppo ha festeggiato il de-
La Bikers For Ever vola nel mondo delle ruote grasse. cennale di fondazione dando spazio anche al sociale con la presenza dell’AVIS affiancata al gruppo per la promozione dei più piccoli, dell’AIDO con la proposta di un calendario con le foto scattate durante l’ultima stagione e di Ciclismosicuro.it con cui la società ha realizzato una tazza per raccogliere fondi da devolvere alla “marinaromolionlus.org” onlus a cui fa capo una giovane ciclista professionista ora costretta su una sedia rotelle dopo aver subito un incidente stradale durante un allenamento e che da oltre tre anni s’impegna in favore della ricerca della lesione spinale cronica. Per la stazione 2014 le idee sono ben chiare: ripetere quanto fatto… ma i bikers della Biker For Ever vogliono sempre stupire...
nonni olimpici A Recoaro Terme la prima edizione delle Olimpiadi dei Nonni. La medaglia d’oro 2013 va al dream team della Casa di Riposo di Montebello.
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M
di Gianni Garbin in collaborazione con Sabrina Vigolo Educatrice Parco Fortuna
ercoledì 11 settembre si sono svolte presso le Terme di Recoaro le “Olimpiadi del Nonno”, manifestazione ludico-sportiva, riservata alla Terza Età che ha visto coinvolte l’IPAB Umberto e Alice Tassoni di Cornedo, l’IPAB San Giovanni Battista di Montebello e, organizzatrice dell’evento, la Casa Albergo Parco Fortuna di Recoaro Terme. Ogni struttura è stata rappresentata da dieci atleti, con un’età media di circa 80 anni, che si sono sfidati in diverse discipline, alcune di tipo motorio, come il gioco dei birilli e il tiro al canestro con i cerchi, altre di tipo cognitivo, quali il cruciverba e gli indovinelli. L’evento viene organizzato grazie all’impegno delle varie strutture partecipanti, che gestiscono l’organizzazione e la realizzazione della manifestazione attraverso l’intervento di un’equipè multidisciplinare coordinata da educatori e fisioterapisti. A chi è abituato a leggere da queste pagine di ben altre imprese sportive potrebbe anche fare sorridere ma, in un paese che secondo le statistiche sta “invecchiando” inesorabilmente, l’adattare l’attività motoria e ludica all’età che avanza permette ad una grossa fetta della popolazione di continuare a godere delle emozioni che noi tutti sportivi conosciamo bene: l’impegno e la determinazione, la ricerca di obiettivi e stimoli sempre nuovi, la fatica nel raggiungerli e la soddisfazione della riuscita e della vittoria. Tutti i giochi vengono progettati per essere a misura di carrozzina, e condivisi tra le strutture in modo che gli anziani di ogni squadra possano prepararsi per tempo, con veri e propri allenamenti. L’attività motoria si tra-
sforma in un momento di preparazione alla gara, l’obiettivo dei giochi diventa spinta e motivazione al movimento. Non si gioca più tanto per giocare ma si percepisce un traguardo concreto su cui concentrare i propri sforzi. Le persone non autosufficienti tornano a sperare, si convincono che si può ancora vincere, migliorano la propria coordinazione, hanno più consapevolezza di sè tant’è che capiscono quali sono le discipline per cui sono più portati ed elaborano strategie e tecniche di gioco. In questo modo si migliora la quantità e la qualità della partecipazione ai giochi, che sono un momento importante dei percorsi di socializzazione, animazione e riabilitazione offerti dalle strutture assistenziali. Il giorno della gara è stato quindi l’apice di un percorso durato mesi, un ulteriore momento di confronto e socializzazione con una realtà nuova, in cui l’interesse e la passione per il gioco ha facilitato l’instaurarsi di nuove conoscenze, in un clima sereno e gioviale, che ha accompagnato anche il pranzo, gentilmente offerto dalla Casa Albergo Parco Fortuna, in cui tutti gli atleti hanno potuto abbondantemente reintegrare le energie perse durante la
competizione. Dopo 2 ore di scontri nelle diverse discipline, si è aggiudicata questa sfida l’IPAB San Giovanni Battista di Montebello, che bissa il successo ottenuto nel mese di giugno nel precedente incontro svoltosi a Cornedo Vicentino. A ruota si classifica secondo proprio l’IPAB Tassoni, con la Casa di Riposo di Recoaro a chiudere il podio. La competizione tuttavia risulta ancora aperta in quanto il
9 ottobre, a Montebello, si svolgerà il terzo ed ultimo decisivo incontro. Nell’attesa gli “olimpionici” proseguono la loro preparazione, con una nuova medaglia appesa nella loro camera, tante emozioni e ricordi da raccontare ad amici e parenti e l’idea che lo sport, che forse non hanno potuto conoscere come noi fin da bambini, possa essere importante anche per chi più bambino non è!
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F
di Luigi Borgo
lavio Roda è il presidente della Fisi, la massima istituzione degli sport invernali e lo è diventato dopo un’intera vita con gli sci ai piedi, prima come atleta, poi come maestro e allenatore, quindi come allenatore personale del più grande campione della storia dello sci, Alberto Tomba, poi come direttore tecnico delle squadre nazionali e come responsabile della Scuola Tecnici Federali. Roda non ha saltato un gradino della scala dello sci e oggi si trova, con merito, su quello più alto nell’anno delle olimpiadi invernali di Sochi.
Verso le Olimpiadi Sportivissimo ha incontrato Flavio Roda, il presidente della Fisi, per parlare dello sci italiano e dell’imminente olimpiade invernale di Sochi. • Presidente, la sua esperienza e la sua conoscenza del mondo dello sci italiano e della sua federazione sono il frutto di un’intera vita dedicata allo sci, che bilancio fa di questi suoi anni di gestione al vertice? Non spetta a me trarre bilanci di merito, posso però dirle che io e il mio staff abbiamo lavorato tanto e sempre con il massimo impegno. La Fisi è una federazione molto articolata e complessa e con alcune sue atipicità che a volte rendono più difficile il nostro compito. E’ articolata, se si pensa che si devono gestire 10 discipline olimpiche e 5 non olimpiche con tutti i loro atleti, allenatori, tecnici, fisioterapisti, medici: sono centinaia e centinaia di persone; è una realtà articolata perché essa non cura solo le squadre di vertice ma anche i comitati e gli sci club. La Fisi non
lavora solo sugli atleti di livello più alto ma su tutta la filiera e Futurfisi ne è un esempio; la Fisi inoltre è una realtà complessa perché non è chiamata solo alla gestione delle squadre nazionali ma anche alla formazione dei suoi atleti, di tutti i suoi atleti: noi istruiamo i tecnici che porteranno i nostri giovani nel mondo delle competizioni. Dietro a ogni vittoria di un atleta di qualsiasi categoria c’è sempre il lavoro della Fisi; e poi, dicevo, è una federazione atipica perché ha sede in una città e non in montagna che è il nostro ambiente naturale e questo complica un po’ le cose. • Lei è considerato un presidente dalla forte personalità. Non credo di essere autoritario a priori; tuttavia ci vuole una certa fermezza di carattere per gestire un mondo come il nostro: ma non è niente di speciale, è il
carattere che è sempre servito a tutti quelli che hanno lavorato in montagna. Parole chiare, poca politica e tanto lavoro. • Quali sono i risultati del suo lavoro che maggiormente la gratificano. Siamo riusciti a mettere ordine a questa grande complessità che è la nostra federazione e i benefici sono stati subito evidenti: più efficienza, più fluidità nella gestione delle 15 discipline, più controllo delle spese. Pensi che il nostro bilancio è solo per un quinto coperto dallo Stato mentre per ben quattro quinti dobbiamo pensarci noi. Trovare l’80% dei soldi necessari è una fatica enorme e quando finalmente si trovano, bisogna saperli spenderli al meglio: solo una federazione ben organizzata garantisce questo.
• Avere trovato il budget e saperlo ben spendere è un successo enorme, direi un esempio di gestione virtuosa in questi tempi di spesa pubblica in continua crescita. Sente tuttavia di aver commesso qualche errore? L’errore forse è stato quello di voler essere dappertutto. Dovrei delegare di più. • Capisco: sono errori di generosità tipici di chi lavora con passione. Quando si crede nel profondo in quello che si fa, si dà sempre il massimo e anche di più. • Quindi i soldi per il prossimo appuntamento olimpico ci sono. Sì, ci sono. La Fisi e tutto lo sci italiano hanno ancora una grande immagine e questa sa ancora attrarre importanti marchi che vogliono condividere con noi l’avventura olimpica. La nostra
immagine è positiva e vincente. • Presidente, come giudica il fatto che la Rai non trasmetterà le Olimpiadi di Sochi in diretta? È un gran peccato. Noi facciamo i salti mortali per trovare i soldi per andare a Sochi e cercare di vincere il maggior numero di medaglie possibili affinché la voglia di sciare e di fare sport venga a chiunque, dando un’immagine positiva e vincente dell’Italia, ma non potremo contare sulla copertura della Tv italiana. È evidente che così viene a mancare il gioco di squadra tra una pubblica federazione e una pubblica azienda com’è la Rai. Tuttavia potremo contare su 100 ore in chiaro in cui si potranno vedere i principali eventi olimpici. • La sua visione per il futuro dello sci italiano è di avvicinare il mondo dell’agonismo al mondo dell’insegnamento dello sci e così, assieme, sensibilizzare il mondo degli sciatori in genere verso il piacere e la bellezza di saper sciare bene, è così? Sì. Gli atleti e i maestri sono due grandi realtà che possono trovare un punto di condivisione nell’offrire l’immagine dello sci italiano assieme. Dopotutto ogni atleta ha avuto un maestro che l’ha avviato sugli sci; ogni maestro ha imparato a sciare studiando la tecnica di un atleta. Sono storie intrecciate e tutte nate dalla Fisi. Stiamo studiando una campagna pubblicitaria in cui atleti e maestri siano coprotagonisti in modo che gli sciatori possano cogliere il filo di continuità che lega il mondo dello sci, sentendosi a loro volta parte. • Chi ama lo sci deve amare la Fisi. Senza la Fisi non ci sarebbe stato lo sci italiano come oggi noi lo conosciamo, con la sua storia di grandissimi campioni, con i suoi maestri, con gli stessi sciatori che in media sono tra i migliori sciatori del mondo. La Fisi, nei suoi oltre ottant’anni di attività, non ha mai smesso di sostenere lo sci italiano. È giusto che chi ama sciare, sia riconoscente alla Fisi per tutto quello che ha fatto e continua a fare per questo sport. Grazie, presidente, è stato un piacere. Grazie a tutti gli appassionati dello sci e della montagna invernale.
Una fantastica sequenza fotografica firmata dal nostro Andrea Bauce immortala l’allenamento di Davide Simoncelli sulla pista Agonistica di Folgaria.
schio
Simocelli sull’Agonistica
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Assieme, più forti
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Lo SCI FONDO RECOARO, SCI CLUB 11 e SCI CLUB RECOARO si sono riuniti in un solo sodalizio: lo sci club Recoaro per vincere le sfide della contemporaneità
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di Carlo Scaldaferro
randi novità a Recoaro Terme. La perdurante crisi e la gran voglia di costruire hanno portato ad una decisione importantissima nella Conca di Smeraldo. I tre gruppi sciistici della zona, SCI FONDO RECOARO, SCI CLUB 11 E SCI CLUB RECOARO, sono stati riuniti in uno. E’ nato così il nuovo “SCI CLUB RECOARO”, che si comporrà di due parti distinte: sci alpino e sci nordico. In futuro si progetta di aggiungere le sezioni snowboard e scialpinismo. Saranno curati i settori agonistici, amatoriale e promozionale. La collaborazione darà nuovo slancio ed entusiasmo agli sportivi della vallata e non solo. Grazie anche all’impegno della nuova Amministrazione comunale, si mira ad un salto di qualità che molti aspettano da tempo. Novità in arrivo anche negli impianti di Recoaro Mille con l’estensione dell’innevamento programmato e l’illuminazione dell’anello di sci nordico. È stato eletto presidente il maestro e allenatore di sci fondo, Paolo Storti. Ecco le sue prime parole da presidente: ”non ci interessa creare campioni ma insegnare che lo sport aiuta nella vita di tutti i giorni. Lo sport è un mezzo straordinario che, se usato nel modo giusto, aiuta i nostri giovani a crescere con personalità.” Molto il lavoro da svolgere ma volontà e determinazione non mancano. L’inverno e la neve sono ormai alle porte. Lo SCI CLUB RECOARO è già pronto!
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i manca Oscar Garbin, ci manca quel suo modo speciale di vivere lo sport, così pieno di entusiasmo, di energia, d’impegno. Oscar Garbin è stato uno dei più grandi uomini di sport della nostra valle, una figura prima della montagna sia estiva che invernale: fu tra i fondatori della Sezione del Soccorso Alpino e del CAI di Recoaro Terme, del CRAL Chinotto e dello Sci Club Recoaro, diventando di queste associazioni il punto di riferimento, il promotore instancabile d’infinite iniziative e gare. Per oltre cinquant’anni Oscar Garbin ha dato tutto se stesso allo sport della montagna. Per questo credo che il modo più giusto per ricordarlo sia quello di riconoscergli che egli è stato un Maestro di Sport, che non vuol dire essere un maestro di tecnica sportiva - quelli si chiamano maestri di sci, istruttori di roccia, di alpinismo, di nordic walking. I Maestri di Sport come Oscar non insegnano a sciare o ad arrampicare, insegnano la passione per la montagna, per lo sport in generale. E questo è il magistero più alto, che sta sopra a ogni cosa, perché lo s’insegna solo con l’esempio di una passione davvero forte e autentica. Oscar aveva il dono, rarissimo, di trasmettere l’amore per l’alpinismo e per lo sci che lui stesso provava, e lo fa-
ceva attraverso il suo carisma di leader, attraverso il suo impegno contagioso. Me lo ricordo alla fine degli anni Settanta, quando a Recoaro Mille si sono organizzate le gare di sci più importanti della storia della nostra stazione. Erano Fis femminili. Per una serie di coincidenze di calendario di quell’anno, alle gare di Recoaro parteciparono le più forti atlete della scena internazionale. Le gare prevedevano una discesa libera da Montefalcone e un gigante dal Diciassette. La Conca era perfettamente innevata e il fondo era buono. La gran parte delle atlete era ospite negli alberghi del centro e tutto il paese viveva giorni intensi. L’ufficio gare era stato organizzato presso l’ufficio turistico, allora in via Roma, vicino al Teatro Comunale. Ho un flash di Oscar che attraversa la strada provenendo dal municipio verso l’ufficio gare di cui era stato nominato direttore. Dietro di lui c’era un bel po’ di persone, donne e uomini, che lo seguivano attendendo sue indicazioni e lui parlava, con la gran foga dovuta dal momento, a tutti. Ebbene in quegli istanti si capiva che la cosa più importante del
mondo stava avvenendo proprio lì, a Recoaro, nell’ufficio turistico trasformato per l’occasione in ufficio gare. Per noi ragazzini dello sci club erano giornate magiche, indimenticabili. Vedevamo il nostro presidente impegnatissimo e capivamo che nessuna cosa al mondo era più importante della riuscita di quella gara, che lo sci e tutto il suo mondo erano una cosa seria, sui cui bisognava mettere il massimo dell’impegno perché lui per primo faceva così. E così poi era per ogni gara: anche una qualsiasi edizione dei Campionati Recoaresi diventava la gara più importante di sempre. Solo quando Oscar prendeva in mano la classifica ufficiale e si toglieva gli occhiali e se la metteva quasi davanti al naso per le sue, segretissime, considerazioni finali, la tensione calava e si capiva che tutto era andato bene. Oscar Garbin non è stato un campione di sci, né ha firmato eclatanti imprese alpinistiche ma è
stato un campione tra i più grandi di passione sportiva che ha saputo trasmettere con tutta la generosità del suo carattere a generazioni e generazioni di giovani recoaresi e della nostra valle, facendoli prima avvicinare e poi innamorare per sempre della montagna e dei suoi sport. Questo è stato Oscar Garbin, Maestro di Sport, e persone come Oscar non le dimenticheremo mai. Ho scritto questo articolo per l’agenda del Cai di Recoaro, lo ripubblico su Sportivissimo per avere l’occasione di avviare una riflessione sull’opportunità di dedicare a Oscar Garbin il rifugio di Montefalcone, sublime opera di Giorgio Guasina, altro grande recoarese; il rifugio che oggi ha il nome di Gingerino, diventerebbe rifugio Oscar Garbin. Pensiamoci.
club
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” a t o u q a lt a “ in i n r io due g Carnia e Austria Con il Velo Club Piana in alta
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bianco
ono stati due giorni indimenticabili quelli che hanno vissuto i 24 partecipanti all’uscita organizzata quest’anno dal Veloclub Piana , due giorni a contatto con la natura e le bellezze di un paesaggio ancora incontaminato. L’itinerario abbastanza impegnativo prevedeva percorsi d’alta montagna a cavallo tra Alto Friuli ed Austria con una percorrenza giornaliera di 120/150km. Partiti daValdagno di buon mattino, dopo circa 3 ore di trasferimento, siamo arrivati al nostro campo base: l’hotel Gortani di Arta Terme
vicino a Tolmezzo; una struttura a 4 stelle con centro benessere, piscina,sauna,beauty farm e servizi di primissima qualità. Sistemati i bagagli e dopo i preparativi di rito abbiamo iniziato la nostra avventura ciclistica in sella alle nostre bici e scortati dall’ammiraglia ufficiale del Veloclub condotta anche in questa occasione con maestria dal “mitico” Giampietro. Dopo un riscaldamento di 30 km. su percorso pianeggiante, abbiamo affrontato la Sella di Cereschiatis (1066 s.l.m.) e quindi il passo di
Pramollo a quota 1524 s.l.m. Già in queste prime salite abbiamo avuto modo di saggiare le difficoltà di pedalare in condizioni sicuramente più estreme rispetto a quelle abituali. Il clima era abbastanza freddo e la temperatura non superava i 10 gradi. Fortunatamente una volta entrati in territorio austriaco, dopo la discesa fino ad Hermagor, un provvidenziale ristoro e qualche timido raggio di sole hanno provveduto a reintegrare le energie spese dal gruppo. La seconda parte di tappa prevede-
va uno spostamento lungo la vallata per circa 45 Km in territorio austriaco e con vento contrario fino a giungere ai piedi del Passo Monte Croce Carnico. All’inizio di questa salita gli scalatori del Veloclub Piana davano una dimostrazione di forza salendo lungo le ripide rampe del passo con rapporti “impossibili”. I meno allenati invece giungevano in vetta a mt. 1371 s.l.m. dopo parecchi minuti, felici di aver portato a termine l’impresa. La prima giornata si è conclusa con un’ultima discesa fino ad Arta Terme dove abbiamo avuto modo di provare le delizie del centro benessere e della piscina riscaldata dell’hotel; infine, per chiudere in bellezza, grande abbuffata serale
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per recuperare zuccheri ed energie. Dopo una notte temporalesca ci siamo risvegliati con un’aria “frizzantina”. Le montagne attorno a noi avevano ricevuto una spruzzatina di neve ed il paesaggio era veramente da cartolina. L’itinerario di 120 km. studiato nella zona dell’alta Carnia prevedeva, prima un passaggio per il paese di Sauris, dove si produce il famoso prosciutto e poi un’ascesa a Sella Razzo e Forcella Lavardet a quota 1807 mt.
s.l.m. con tratti in salita con pendenze del 16 -18 %. Una volta giunti al passo abbiamo avuto modo di ammirare le vette dolomitiche imbiancate,dal Friuli al Veneto fino al Trentino, con il sole che illuminava a tratti uno dei paesaggi più belli al mondo. Un ricordo indelebile che rimarrà nella nostra memoria per sempre. Dopo essere discesi lungo la Val Pesarina fino a Comeglians abbiamo affrontato l’ultimo passo della
giornata che attraverso la nota località sciistica di Ravascletto ci ha portati nuovamente nella valle del fiume Tagliamento fino ad Arta Terme. In questa seconda giornata avevamo previsto anche di affrontare la salita del “mitico “ Zoncolan “, ma purtroppo le avverse condizioni atmosferiche ce l’hanno impedito (Zoncolan e Crostis saranno comunque conquistati qualche set-
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timana dopo da una spedizione di scalatori scelti del Velo Club Piana). Abbiamo concluso la seconda giornata con una maxi birra ed il rientro a Valdagno dove, ad aspettarci, c’erano le nostre consorti ed i famigliari ai quali abbiamo raccontato davanti ad una buona pizza questi indimenticabili DUE GIORNI AD ALTA QUOTA.
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Trissino, capitale del pattinaggio artistico
Trissino, capitale del pattinaggio artistico
Il palasport di Trissino è tornato alla ribalta del pattinaggio artistico con la prima edizione dello stage nazionale specialità singolo organizzato dal “Pattinaggio Artistico Trissino” nei giorni 5 e 6 Ottobre.
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’iniziativa ha visto in pista molti atleti veneti ma anche rappresentative di altre regioni e i tecnici Gabriele Quirini e Michele
Terruzzi, che assieme agli allenatori presenti, si sono adoperati per gli interventi in pista focalizzati nell’apprendimento di salti e trottole. Andrea Barbieri, plurimedagliato mondiale, e Fe-
derico Fiorini hanno supportato gli atleti nella preparazione sia dei salti senza pattini per migliorarne la posizione e l’elevazione, sia nella preparazione atletica. Un occhio di riguardo è
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stato dato anche alla ginnastica artistica attività propedeutica alla specialità del pattinaggio artistico. Questa esperienza è stata preziosa per tutti, in quanto ha dato la possibilità di apprende-
re gli ultimi aggiornamenti in vista della prossima stagione agonistica, e si è resa possibile grazie anche alla collaborazione e il patrocinio del Comune di Trissino, in particolare il Sinda-
co Claudio Rancan, l’assessore allo sport Renzo Malfermo, la Cassa Rurale ed Artigiana di Brendola filiale di Trissino, l’Istituto Comprensivo Statale “A. Fogazzaro”, la ditta Pietro Fio-
rentini di Arcugnano. Un particolare ringraziamento va a tutti i genitori volontari che sempre sono attivi e presenti nelle iniziative societarie. Si ringraziano infine per la col-
laborazione Pro Loco di Trissino, Crestan F.lli, EMI, IMT, Tecnofit, La Campionessa sport, ristorante/pizzeria bar Sport, bar da Muda.
H.C. Asiago Old Bears “vecchie glorie”
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Il Presidente H.C.Asiago Old Bears Rigoni Fabio Nappa a passione continua anche dopo la carriera agonistica come del resto in moltissimi sport, e l’associazione h.C. Asiago vecchi orsi nasce da un idea di alcuni vecchi giocatori, e non solo, che per almeno un decennio hanno varcato i ghiacci di tutta italia, dal piu’ famoso giocatore italiano, lucio topatich a un famoso campione dello sci alpino, che si e’ aggregato per passione, fabrizio tescari, e naturalmente non possiamo dimenticare il ns. Sindaco andrea gios , senza nulla togliere agli altri, ben 30 giocatori che ruotano nella squadra. L’attivita’ si svolge allo stadio del ghiaccio di asiago,ci si allena ogni lunedi e si partecipa a dei mini tornei con altre compagini dei mitici anni 80,
anni in cui l’hockey italiano trovo’ l’apice del suo livello. Ricordo uno degli eventi che la ns. Associazione gia’ da tre anni organizza ad ottobre , il memorial “guido giamolo” torneo a quattro squadre molto sentito da parte nostra, a ricordo di guido tessari grande giocatore mancato prematuramente all’eta’ di 53 anni ns. Compagno di squadra
.Per non dilungarmi cito in fine un appuntamento molto importante che si svolgera’ sabato 14 dicembre, a cura dell’associazione aido asiago che compie 40 anni,i seguenti incontri,alle ore 15,30 presso la sala dei quadri del comune di asiago incontro sul tema“trapianto renale: la donazione da vivente” presieduta dal prof. Dott. Ronco usl
6 vicenza e il suo staff.. Alle 20,30 “ la partita del donatore” allo stadio del ghiaccio di asiago , tra h.C. Asiago 1935 serie a e le vecchie glorie h.C.Asiago old bears, disputera’ l’incontro anche il prof. Dottor ronco che milito’ nelle giovanili dell’asiago, un’appuntamento all’insegna dello sport e della salute…non mancate….
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Davide go
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DAVIDE PELLIZZARO è un giovane talento del nostro cross, ecco la sua storia
AVIDE PELLIZZARO è un giovane talento del nostro cross, ecco la sua storia Davide, 14 anni appena compiuti, vive a Valdagno con i genitori (Donato e Tiziana) e la sorella Giulia e fin da piccolo si è appassionato alle moto da fuoristrada in miniatura facendo le prime esperienze nel prato della
nonna. Poi, all’età di 7 anni, ha iniziato a fare le sue prime gare nel minicross divertendosi un sacco, conoscendo tanti amici e ottenendo dei buoni risultati. Un giorno di 2 anni fa, il patron della Gaerne, Gianni Gazzola, al quale va un ringraziamento, chiede a Davide di passare alla disciplina del minienduro per partecipare a tutto il Campionato Italiano e Triveneto.
“Abbiamo iniziato questa nuova avventura facendo delle gare con viaggi impegnativi, sia economicamente che di tempo, in giro per l’Italia (anche in Sicilia)”. In questi ultimi anni Davide è via via cresciuto fino ad arrivare quest’anno ad aggiudicarsi il titolo triveneto minienduro classe 85 cc. e al 4° posto del Campionato Italiano sempre classe 85. E’ stato inoltre convocato a rappresentare il Veneto al Trofeo delle Regioni Minienduro, che si è svolto a Rapolano Terme (SI) il 21/10/2013, nella squadra “Veneto B”, perché non ancora ristabilito dopo l’infortunio accaduto un mese prima a Gemona del Friuli; 2 squadre
nel podio: il Veneto B che si aggiudica il 3° posto, mentre la squadra “Veneto A” si aggiudica il 1° posto del Trofeo delle Regioni Minienduro 2013. Ora, terminata l’avventura con i mini, Davide deve cambiare categoria passando a correre con i più grandi e sicuramente l’anno prossimo sarà un anno di apprendistato, essendo queste gare molto più lunghe e difficili, ma molto emozionato per questa nuova sfida. “Volevo ringraziare, per tutti i sacrifici che fanno, i miei genitori e mia sorella, che mi seguono e sostengono sempre. Un saluto a tutti quelli che mi conoscono e gas….”.
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a p o r u E ’ d e r y Mik e Michele Cervellin è campion classe europeo di supercross della tori 250 davanti a 20.000 spetta
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di Nicole Rubbo
he bello è quando lo stadio è pieno e la musica riempe il cielo!!! C’è da scommetele Certere che il nostro Mich famoso vellin canticchiava il ssando pa ritornello di Jovanotti iera a nd per primo sotto la ba arena le scacchi, nell’incredibi dell’Eicma di Milano. mo apIn questo importantissi ato dal puntamento, accompagn onati ssi boato di 20.000 appa envic delle due ruote il pilota e ion mp tino, si è laureato Ca lla de oss Europeo di supercr classe 250 cc (SX2). è proQuesto incredibile titolo ta di tor prio la ciliegina sulla i il att inf , una stagione perfetta da , no pa 17enne pilota di Chiup nHo m 6 stagioni in forza al tea e y log no da Martin Racing Tech to vin ha al motoclub Recoaro, italiano anche il campionato motocross 2013. rtati a La doppietta di titoli po ano ine tol casa da Michele sot 250 a nd come lui e la sua Ho nitec i da CRF, cucita su misura a un no ma ci del team Martin, for i ias als qu coppia imbattibile su terreno e specialità.
ovo alla Il nostro pilota non è nu Michele gloria della vittoria, per olore, questo è il terzo titolo tric particoquesto ha però un valore due stalare, perché viene dopo ferengioni drammatiche e di sof vemente za, che lo hanno visto gra rambe le infortunato, prima ad ent . gambe, poi ad una spalla , la sua ata en sfr e on ssi La sua pa e una grande forza di volontà sempre famiglia alle spalle che o hanno lo ha sostenuto e aiutat come fatto in modo che tornasse . prima e più forte di prima menti mo di no pie rno Un rito un’ottidifficili e di sacrifici ma letica, ma preparazione fisico-at sionaseguita con grande profes Remo lità dal suo preparatore di guiLongin, e la possibilità o eccedare un mezzo meccanic hanno zionalmente performante cente. composto la formula vin s, una Ma torniamo al supercros ti, pratidisciplina per specialis A dove cata soprattutto negli US o certo. le strutture non mancan ross è In Italia invece il superc accessiuna realtà molto meno o pobile, le manifestazioni son siofes che e solo di livello pro fic dif ile nistico e diventa perciò
questa avvicinarsi e allenarsi in disciplina. stato Fin da inizio stagione era Michemesso in preventivo da riodo di le e il suo team un pe ercross, specializzazione nel sup cedenza dando però sempre pre Motoal campionato Italiano di lo. tito cross dove si puntava la raglta Come da copione una vo tivo iet giunto l’ambizioso ob eraop stagionale è scattata “l’ è to mo zione supercross”. La e ch sti eri stata adattata alle caratt tiset he del caso e dopo qualc cifico, spe to en am en all di mana
nella pista bresciana de i fratelli Luca e Angelo Pellegri ni, migliori specialisti nazio nali nel campo, Michele si è pre sentato a Milano per partecip are al campionato Europeo. I test davano il pilota vic entino in buona forma e la sca ramanzia è stata maestra. Du rante le giornate milanesi im portante è stata anche la presen za della mental coach Rubbo Ni cole che ha saputo mantenere gli equilibri giusti e potenziare al meglio il contesto attorno al pil ota. Il campione in carica lo svizzero Kilian Auberson si è pre sentato all’appuntamento deciso a bissare la performance 2012, forte anche di una buona stagio ne negli USA. Pure il francese Jeremy
Chaveau aveva le idee chiare, però entrambi non han no considerato “il signor nessun o, che quel giorno ha deciso di diventare qualcuno”. E questo porta il nome di Michele Cervellin . La mente non può ora ch e viaggiare verso gli obiet tivi del 2014 che lo vedranno im pegnato nelle tappe del cam pionato italiano di supercross, in quello europeo di motocross e non si può escludere di vederlo gareggiare addirittura in qualc he gara del campionato mondial e. L’indiscutibile talento vic entino è infatti già al lavoro sul la preparazione atletica in vis ta della prossima stagione che è proprio dietro l’angolo. L’appuntamento per tutti è per il mese di febbraio 2014 agli Internazionali d’I talia di Motocross, dove imma giniamo già, che il nostro Michele avrà qualcosa da dire!! ! Che altro... in bocca al lup o piccolo grande Miky!!!
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Ottimi risultati nel motocross d’epoca per i piloti vicentini
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l Campionato Italiano Motocross d’epoca FMI ha visto salire sul podio delle cinque gare disputate molti piloti veneti nelle diverse categorie. Nei crossodromi di Cremona, Savignano sul Panaro, Carpi, Cingoli e Castiglione del Lago si sono svolte le prove in due manche, con una partecipazione totale di quasi 200 piloti. Partendo dalla cilindrata 50cc nella classe F1 si sono piazzati, rispettivamente, al secondo, terzo e quarto posto assoluto Claudio Rabito, Maurizio D’Ambrosi e Alfredo Talin, tutti vicentini. Nella classe E3 (125cc 1980/82) Massimo Signorin, nonostante le due vittorie stagionali, si è piazzato solo al terzo posto a causa di sfortunati problemi tecnici, mentre Giancarlo Cervato è al quarto posto della stessa classe. Nella categoria regina con le moto più vecchie (fino al 1973), troviamo il secondo posto di Mirco Borsato nella A2 (piloti over 60 fino a 67 anni) ed un magnifico primo posto di Massimo Trollo nella A1 (piloti over 50 fino a 59), che con la sua BSA 500cc quattro tempi è salito sul gradino più alto del podio per ben quattro volte!
campione triveneto e secondo nella 250cc del campionato italiano UISP nel 2012 un infortunio ha interrotto la catena di successi ma gli ha comunque consentito di piazzarsi all’11° posto Il palmarès di Massimo Trollo è alla gara internazionale di Farleigh Castle in Inghilterra veramente ragguardevole: 2008 campione italiano 125cc e La scommessa di quest’anno di correre con una moto che ha terzo posto nella 250cc 2009 campione italiano 125cc e scritto la storia del motocross internazionale, l’inglese BSA, secondo posto nella 250cc ma che per Massimo presenta2010 campione italiano 125cc 2011 campione italiano 125cc va la scommessa di un motore
4 tempi e un telaio decisamente “all’antica”, l’ha visto prevalere in una classe di 14 piloti già esperti di questo tipo di moto. Per la prossima stagione di campionato italiano, ci aspettiamo il ritorno in una delle gloriose piste del vicentino: probabilmente Recoaro, o Fara o Albettone, potranno infatti ospitare una delle gare. Vi aspettiamo quindi ad essere spettatori di questa disciplina agonistica con i connotati decisamente storici!
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Pasticcio in goccia d’oro dell’altopiano Ravioli con zucca in crema di radicchio trevigiano tardivo
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Spuma di agrumi & mentuccia
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l Vespa Club Chiampo nasce nel 2011 da un gruppo di amici appassionati delle due ruote. Fin da subito il club ha promosso e organizzato numerevoli eventi, passando dai classici raduni, alle gite domenicali per arrivare a compiere dei veri e propri tour in Italia e all’estero alla scoperta dei passi e luoghi più belli e famosi come lo Stelvio, il Cadore con Cortina, il Lago di Misurina e tanti altre bellissime tappe sempre in sella all’intramontabile Vespa. Tanto ciclo escursionismo ma anche tanta adrenalina e agonismo grazie alla sezione Race del Vespa Club dove, in gare di gimkana, si sfidano a velocità, curve e precisione la categoria Vespe e Scooter Piaggio. Una squadra dai grandi risultati che nel 2011 ha portato a casa la vittoria del Campionato Italiano a squadre, la Coppa Italia a squadre e il titolo della categoria Promo della Coppa Italia dell’atleta Benetti Alessandro, il più giovane campione di sempre della gimkana vespa. Ricca di ottimi risultati anche la stagione 2012 grazie ai quali il Vespa Club ha potuto organizza-
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In tavola Borgoletto bio, Valpolicella bio 2010 Acqua minerale naturale e frizzante Recoaro
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re una tappa del Campionato Italiano proprio nella piazza principale del comune di Chiampo. Un evento di grandissimo successo che sarà ripetuto nella stagione 2014. Un anno sicuramente indimenticabile è questo ormai giundi due giorni ma che ha visto to al termine…un 2013 a dir Molon Roberto finire con un otpoco strepitoso dove il club timo 8° posto su più di 300 parsi è imposto a livello nazionatecipanti. le nelle gare di gimkana con Il Vespa Club partecipa a molquattro titoli su quattro catete manifestazioni locali come la gorie della Coppa Italia con Festa delle Ciliegie dove il club i primi posti di Molon Roespone le sue insostituibili vespe berto nella cat. Expert, di nel proprio stand. Pieropan Tommaso nella Inoltre, quest’anno, in occasione cat. Promo, di Begnozzi del Mese del Marmo festeggiato Riccardo nella cat. Px (venel comune di Chiampo dal 20 setspa larga) e, infine, con la tembre al 20 ottobre, il Vespa Club, vittoria nella cat. Squadre. in collaborazione con il consorzio Tante altre vittorie del marmisti, ha accompagnato a bordo Campionato Italiano handelle due ruote i visitatori tra i vari no arricchito questa inmarmifici, rappresentati da un blocdimenticabile stagione co di marmo con un smile disegnato, dove, oltre a tante gare, alla scoperta della lavorazione del non è da dimenticare marmo locale. la partecipazione alla Il nuovo anno è già ricco di tantissi“1000km storica” partita me occasioni ed eventi che vanno dalda Mantova per passare la tappa di Coppa Italia in programma per Trento, Treviso, Raa Chiampo per il mese di giugno, alla venna, Firenze, Parma e partecipazione al “Vespa Word Days Mantova percorsa sotto 2014” di Mantova; dal raduno monuna pioggia insistente diale della vespa dove si prevedono
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migliaia di partecipanti alle immancabili ferie in vespa di quattro-cinque giorni ad agosto….e tanto altro ancora che il Vespa Club sta organizzando durante le riunioni svolte il primo giovedì del mese presso il bar Vignaga a Chiampo: punto d’incontro del club dove chiunque può partecipare e iscriversi. Un grazie va sicuramente a tutti i soci e sostenitori che in questi tre anni si sono prodigati ad aiutare il club a crescere: in primis il presidente Dal Grande Roberto, Alias e “Bobo” che per caparbietà, impegno e altruismo, hanno saputo trascinare in questi anni tanti appassionati delle due storiche ruote verso un 2014 sempre più ricco e avvincente.
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i è svolta domenica 27 ottobre 2013 a Rivarolo Mantovano la seconda edizione del Campionato Italiano individuale e di società C.S.I. di corsa su strada. Circa 400 atleti, tra cui 17 tesserati per l’Associazione Dilettantistica Polisportiva Valdagno, si sono dati battaglia nelle rispettive categorie. I Valdagnesi si sono ben comportati a livello individuale conquistando ben tre titoli italiani e un secondo posto. Questi i nuovi Campioni Italiani: Zamperetti Andrea nella categoria esordienti, Barattini Francesco nella categoria ragazzi e Urbani Maria nella categoria Veterane. A Pulido Patricia è andato l’argento nella categoria Amatori A. Oltre a questi bellissimi risultati e alle ottime prestazioni dei giovani atleti (Barattini Giulia, Fontana marco, Piccoli Gabriele, Fornasa Jordan, Zaltieri Erik, Cocco Mirko, Cocco Luca, Boccadamo Simone, Lora Francesco, Molon Samuele) la Polisportiva Valdagno festeggia anche la medaglia d’argento a livello di società in campo giovanile. Uno storico risultato
che porta ulteriore entusiasmo nell’ambiente valligiano dopo una stagione molto ricca di soddisfazioni, sia per i successi dei singoli atleti che a livello di squadra. Questi sono i principali risultati raggiunti nella stagione agonistica 2013: Gennaio: Cocco Luca viene premiato alla festa dell’atletica veneta come migliore atleta della categoria ragazzi dell’anno 2012 e Koukou Moillet per il record provinciale di categoria nei 60m piani; Marzo: a Tezze sul Brenta al Campionato Regionale C.S.I. di corsa campestre la squadra si classifica al 3° posto di società; Aprile: Urbani Maria (categoria Veterane) vince l’argento al Campionato Italiano di corsa campestre C.S.I. Svoltosi ad Aqui Terme(AL); Maggio: a Quantin (BL) Cocco Mirko (Categoria Cadetti) vince il titolo regionale FIDAL di corsa in montagna; a Creazzo Pulido Patricia (Categoria Amatori A) vince il titolo regionale C.S.I. su pista sui 3000m e Zamperetti Andrea (Categoria Esordienti) vince nei 600m; Settembre: ai Campionati Italia-
ni C.S.I. su pista svoltisi a Belluno la Polisportiva conquista tre titoli individuali e due medaglie di bronzo grazie a Cocco Mirko (oro nei 2000m cadetti), Pellizzari Paolo (oro nei 5000m junior), Barattini Francesco (bronzo nel lancio del vortex), Celotto Elena (bronzo nel salto in alto) e Urbani Maria (oro nei 3000m veterane). Gli atleti della categoria master della Polisportiva Valdagno hanno inoltre preso parte al Grand Prix Strade d’Italia classificandosi al 10° posto tra più di 200 società partecipanti. A livello individuale Urbani Maria ha vinto nella sua categoria questo Grand Prix. L’attività agonistica della sezione atletica della Polisportiva Valdagno è praticamente divisa in due periodi: da Novembre a Marzo si disputano prevalentemente competizioni di corsa campestre mentre da aprile a ottobre si svolgono le gare su pista e su strada. Gli allenamenti si svolgono tre giorni alla settimana (lunedì, mercoledì e venerdì) dalle 18 alle 19.30 presso il Campo Sportivo di Valdagno e, nel periodo invernale, viene utilizzata anche
la palestra del Palazzetto dello Sport. Tre allenatori guidano gli allenamenti: Longhi Flaviano (istruttore FIDAL), Menti Nicola (laureato in Scienze Motorie) e Marco Canistri. A livello dirigenziale Simonelli Ivano presiede da più di 15 anni il consiglio della sezione atletica dell’Associazione Dilettantistica Polisportiva Valdagno. La società è iscritta al C.S.I. per tutte le categorie, dagli esordienti ai veterani, mentre per la FIDAL nella prossima stagione 2014 oltre alle categorie Amatori Master (oltre i 23 anni) verranno iscritte anche le categorie giovanili dagli esordienti ai cadetti. Il gruppo è composto da circa 100 atleti, tra cui 25 master. La Polisportiva Valdagno è attiva anche come organizzatrice di manifestazioni. Nel 2013 ha organizzato tre gare su pista del Campionato Provinciale giovanile FIDAL e C.S.I. presso la pista di atletica del campo sportivo di Valdagno, oltre alla gara podistica “Friday Night Run”di 10km lungo la ciclabile in occasione della Festa dello Sport lo scorso Settembre.
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Nicole tra le grandi Nicole Dal Santo ha corso il Mondiale di ciclismo a Firenze, un’emozione infinita di Enzo Casarotto “L’emozione di partecipare ad un mondiale è indescrivibile.. il clima teso, l’organizzazione ottima e la voglia di sorprendere hanno reso questi tre giorni i più belli della mia vita! Il risultato non è arrivato però posso essere contenta perché almeno ci ho provato ed ero presente. Un grazie va a tutte quelle persone che venerdì mattina erano ai bordi delle strade e urlavano il mio nome dandomi la forza di pedalare, ma anche a quelle che da casa credevano in me. Un grazie poi a coloro che invece non credevano nelle mie possibilità perché mi hanno stimolato giorno dopo giorno a fare sempre meglio. Il mio obiettivo l’ho raggiunto pienamente: mondiali Firenze io c’ero. Ora si pensa a staccare un po’ e poi si ricomincia a pedalare. Ormai da 13 anni faccio ciclismo ma ogni volta che salgo in sella è un’emozione sempre diversa e fantastica!”
È
questa la migliore presentazione per Nicole Dal Santo una ragazza di 18 anni che nello sport è riuscita a distinguersi e grazie alla sua determinazione è riuscita a raggiungere il massimo. Per lei le due ruote sono state le compagne di viaggio nella sua adolescenza e in questo cammino tra l’altro, ha ottenuto la maglia tricolore nel ciclocross con le allieve nel 2010 e tra le junior ha ottenuto la vittoria a Biancade (TV) e in Friuli a Valvasone, gara che l’ha vista primeggiare sia nel 2012 che quest’anno. Nel vanta con le junior la partecipacammino con la maglia azzurra zione all’europeo olandese del 2012 e in quest’ultima annata ha corso sia il campionato europeo strada in Repubblica Ceca sia il mondiale sulle strade toscane di Fiesole e Firenze nel settembre scorso. Per una ragazza di questa età, concludere l’attività giovanile è uno stimolo non
indifferente per cercare anche in futuro di ottenere il massimo anche se il periodo non è dei più felici per quanto riguarda le opportunità che le società professionistiche possono offrire alle atlete all’esordio nella categoria. Naturalmente a fronte di questi risultati è tutto il ciclismo berico ad averne beneficio e Nicole è sicuramente stata un esempio da imitare sotto l’aspetto anche dell’impegno e della determinazione; il tutto favorito dalla disponibilità che la sua famiglia le ha offerto nel corso di que-
ste 13 indimenticabili stagioni di ciclismo giovanile in cui ha gareggiato per la Scuola di ciclismo Piovene Rocchette Cicli Rampon, la CMB di San Vito di Leguzzano e tra le allieve e le junior ha corso con la padovana Vecchia Fontana. Nonostante la frequentazione del Liceo della Comunicazione che le richiede un notevole impegno, è riuscita a condividere nel migliore dei modi la sua attività sportiva e anche per questo Nicole Dal Santo è da citare come un esempio positivo come dimostrano i premi che l’amministrazione comunale di Zanè le ha riservato nel corso degli anni.
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Bassano campione d’Italia
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bassano
si hanno sconfitto Domenica 8 dicembre a Rovereto i gialloros nella finale scudetto i romani dell’Aniene
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VALDAGNO PALALIDO 5 gennaio 2014 ore 18.00
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di Eugenio Menato
ra il 1922 quando il Tennis Club Parioli di Roma, il club più titolato d’Italia, si impose nella prima edizione del campionato italiano a squadre di tennis. Domenica 8 dicembre 2013, dopo oltre 90 anni di storia, la serie A1 ha visto finalmente trionfare una squadra vicentina. La Società Tennis Bassano, infatti, ha battuto come da pronostico i romani del Canottieri Aniene nella finale andata in scena al Palazzetto dello sport di Rovereto. Un campionato da sempre stregato per le formazioni vicentine. Lo sa bene Luca Costalonga, capitano dello squadrone del CT Palladio Vicenza, che nel 1998, nonostante annoverasse tra le proprie fila la formazione quasi al completo della nazionale finalista di Coppa Davis (Gaudenzi, Furlan, Nargiso) non riuscì a conquistare lo scudetto. Anche la storia bassanese è co-
munque stata, tra tante gioie ed esperienze importanti, ricca di delusioni. Un’avventura partita da lontano, da una remota Serie C, con gli stessi capitani in panchina: Marco Moretto e Marco Fioravanzo. Da allora, tre final four e una finale, ogni volta mancate con sconfitte brucianti e a volte clamorose. Come quella del 2007 contro Capri, persa per 7-6 al terzo al doppio di spareggio. Oppure come le altre due sconfitte in semifinale contro il Castellazzo Tennis Club di Parma, entrambe maturate al termine di match tiratissimi. La vittoria del 2013 è stata pertanto una sorta di liberazione per Marco Moretto, che nelle sue prime parole del post partita è esploso in un “E’ da tanto che aspettavamo questo momento!”. Che il 2013 fosse l’anno buono lo si era però capito fin dall’inizio del campionato. Il cammino verso la finale si è rivelato infatti una cavalcata incoraggiante e priva di intoppi. Soprattutto nei
playoff, dominati prima contro il Circolo Canottieri Casale e poi in semifinale contro il plurititolato Tennis Crema (6-0 all’andata e 2-0 al ritorno). Anche in finale, la società bassanese partiva nettamente favorita, potendo schierare la formazione al completo composta dal n. 2 d’Italia Andreas Seppi, il n. 4 Paolo Lorenzi, l’olandese n. 100 Atp Jesse Huta Galung e l’esperto Marco Crugnola, oltre alla riserva Alessio Di Mauro (ex top 100 Atp) e ai due giovani del vivaio Francesco Salviato e Tommaso Gabrieli. Inoltre, la superficie rapida di Rovereto (che ha ospitato per il quinto anno consevutivo le finali di campionato) meglio si addiceva alle caratteristiche dei giallorossi. Il Canottieri Aniene del patron Giovanni Malagò, presidente del CONI, dal canto suo vantava un quartetto di tutto rispetto, già campione d’Italia nel 2010, composto da Potito Starace, Simone Vagnozzi, Flavio Cipolla e Vincenzo Santopadre. Gioca-
tori meno talentuosi ma molto combattenti e, soprattutto, molto motivati, elemento determinante in un campionato dove soldi ne girano pochi, spettatori ancora meno e punti Atp ... nessuno. I singolari si sono rivelati oltremodo combattuti. Quattro match molto equilibrati, soprattutto quelli di Seppi e Lorenzi. Proprio quest ultimo ha regalato il punto della vittoria a Bassano ed è stato giusto così, dato che Paolino è anche la bandiera della squadra essendo tesserato da 10 anni per la società. La conclusione della serie A1 manda in archivio l’anno tennistico 2013. Appuntamento per il 2014 con un campionato a squadre che si preannuncia tecnicamente modesto e ancora meno spettacolare, specialmente a causa dei sempre più restrittivi regolamenti. Di questo importerà sicuramente poco ai bassanesi, che per un po’ di tempo potranno festeggiare a suon di grappe. Come dargliene torto, dopotutto: uno scudetto è pur sempre uno scudetto.
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vicenza
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Speciale Antartide Immersioni scientifiche sotto i ghiacci
di Antonio Rosso
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lla fine di ottobre con l’apertura della base italiana, la Stazione Mario Zucchelli, ha preso l’avvio la XXIX campagna antartica estiva 2013-2014. Quello che gran parte dei subacquei vicentini ignora è che oltre agli studi geofisici della superficie ghiacciata e dell’atmosfera, alla base si svolgono regolari attività di ricerca nelle acque antartiche con campagne in immersione. Le ricerche sono sono promosse nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA). Il Consiglio Nazionale delle Ricerche svolge le attività di programmazione e coordinamento scientifico, mentre l’attuazione delle spedizioni, le azioni tecnico-logistiche e la responsabilità dell’organizzazione nelle zone operative sono affidate all’ENEA (l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Il finanziamento è del Ministero per l’istruzione, l’università e la ricerca. Benché le prime immersioni condotte da italiani risalgano ad una spedizione della Mares nel
foto: Crediti Fototeca Programma Nazionale di Ricerche in Antartide foto subacquee e sul pack: Roberto Palozzi PNRAXXVII 1974, è con la costruzione della base nella baia di Terra Nova nel 1986 (II Spedizione) che l’Italia inizia regolari attività subacquee. Lo scopo è lo studio e la documentazione della biologia e dell’ecologia dell’ambiente marino antartico: un universo parallelo sorprendentemente ricco di vita che si contrappone al più severo e ben più povero, in biodiversità, ambiente subaereo. Immergersi in Antartide comporta un’organizzazione meticolosa ed ogni immersione va preventivamente e dettagliatamente pianificata. Le acque, -1,88°C, hanno la più bassa temperatura di tutte le acque marine del pianeta, per cui la scelta dei materiali e degli equipaggiamenti è particolarmente accurata. Le problematiche maggiori si riscontrano nel corretto funzionamento delle attrezzature deputate a fornire il gas respirabile e nell’efficace isolamento termico del sommozzatore (Mute, guanti, erogatori, GAV) Nonostante il freddo intensissimo, la maggioranza dei sub preferisce utilizzare la maschera tradizionale per la sua praticità rispetto al granfacciale. Il granfacciale, con la braga telefonica,
è impiegato solo quando è richiesto il contatto vocale. Per l’aria vengono usati i bibombola con un ulteriore bombolino da 1,5 litri per il gas di compensazione per la muta stagna, caricato quando possibile, ad Argon, un gas con caratteristiche coibentanti molto superiori all’aria e che garantisce un notevole incremento del comfort termico del subacqueo. Oltre agli accessori standard, si usano le cesoie subacquee e una luce lampeggiante per facilitare l’individuazione del sub. La scarsità di pesci ed invertebrati velenosi e/o urticanti fa sì che le minacce di origine zoologica ai subacquei possano derivare quasi esclusivamente dal comportamento aggressivo di alcune specie di mammiferi marini. Gli animali potenzialmente pericolosi per le attività subacquee, anche semplicemente di snorkeling, sono rappresentati dai Leoni e dagli Elefanti marini, da alcune foche, soprattutto la foca Leopardo e dalle Orche. La presenza di queste ultime porta alla cancellazione dell’immersione. I maschi delle otarie e delle foche, durante la stagione riproduttiva, stabiliscono i loro territori sulle spiagge e li difendono con grande aggressività, anche in acqua. Le immersioni vanno, quindi, evitate in prossimità delle coste di fronte alle colonie riproduttive. Durante il resto dell’anno le otarie ed in misura minore le foche,
sono estremamente curiose e giocose. Diverso discorso per la foca leopardo che è generalmente solitaria e silenziosa e viene avvistata solo quando decide di avvicinarsi. Nel 2003 l’attacco di questo mammifero è stato la causa dell’unico incidente mortale, in acqua, causato da un animale. La vittima, una ricercatrice inglese, stava effettuando attività di snorkeling e la causa della morte è stato l’annegamento: la foca leopardo, infatti, la ha trascinata sott’acqua (il computer al polso segnava -70 metri) mostrando un comportamento mai registrato. E’ necessario, anche, far attenzione alla foca di Weddell che difende i territori subacquei ed i fori di accesso all’acqua da cui dipende la sua esistenza. Per questa ragione è comune vedere una o più foche impossessarsi dei fori aperti dai ricercatori per le immersioni. Nella maggior parte dei casi questo comportamento non crea problemi ma si sono, comunque verificati incidenti, peraltro mai gravi, dovuti alla concomitante presenza nel foro sia dei sommozzatori che di una foca. È fondamentale ricordare che le morsicature dei mammiferi marini, al di là dei danni provocati nei tessuti lacerati, sono dei veicoli di gravissime infezioni ed è obbligatorio intervenire con un’adeguata e tempestiva profilassi antibatterica, anche in caso di ferite superficiali ed in apparenza innocue.
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piccole dolomiti
Alpinista per vocazione
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di Dorino Stocchero
l camoscio è un animale adattato alla vita di montagna soprattutto di alta quota, ha polmoni e cuore molto sviluppati, ossa e tendini forti, arti robusti. Durante il periodo bellico, Prima e Seconda guerra mondiale, sembrava sull’orlo dell’estinzione; ora invece è in forte ripresa. L’uomo fin da circa 3000 anni fa ha pesantemente alterato la natura delle Alpi, intervenendo sull’habitat del camoscio alpino con estesi tagli boschivi per creare pascoli e aree agricole. Per ragioni di profitto economico, le foreste miste sono state spesso eliminate e trasformate in abetaie, mentre la pressione turistica è andata aumentando con sempre maggiore rapidità, con conseguenze non favorevoli alla fauna di montagna. Vallate molto antropizzate limitano oggi i movimenti degli animali selvatici, mentre in passato un’errata forma di caccia ha causato l’estinzione dei grossi predatori (orso, lince, lupo) e la
Il camoscio alpino è uno straordinario abitante delle nostre montagne con capacità alpinistiche di altissimo livello e con una tempra sportiva da grande campione locale rarefazione anche di ungulati (lo stambecco è stato sul punto di scomparire nei primi decenni del secolo scorso). In questo paesaggio alpino così diverso da quello originario il camoscio ha saputo adattarsi e non soltanto sopravvivere ma addirittura prosperare, soprattutto negli ultimi decenni, anche per merito di istituzioni di zone protette e parchi naturali raggiungendo oggi la rispettabile entità di 700.000 camosci in Europa di cui ben 150.000 nelle Alpi Italiane. Il segreto di questo eccezionale recupero numerico consiste probabilmente nella flessibilità biologica del camoscio che prospera tanto alle altitudini superiori, fino a 3000 metri, quanto alle quote più basse (700-1500 metri), in aree densamente boscate. Il camoscio è un selvatico che,
pur sopravvivendo occasionalmente anche alle quote inferiori, è soprattutto adattato alla vita in alta quota. Il medesimo può raggiungere in corsa la velocità di oltre 50 chilometri orari; ha zoccoli con margini duri e taglienti in grado di fornire all’animale un solido punto di appoggio contro le asperità delle rocce e nel ghiaccio; la suola plantare dello zoccolo è invece più elastica, gommosa, per consentirgli un’ottima aderenza alle superfici rocciose. Da vero “alpinista” anche sulla neve il camoscio si trova a proprio agio, grazie appunto agli zoccoli costituiti da dita divaricabili che funzionano come una buona racchetta.
Questo mammifero di incredibile agilità e robustezza, possiede un cuore molto sviluppato (fin oltre 400 grammi di peso, contro i 280 grammi di quello umano), in grado di tollerare senza danno 200 battiti cardiaci al minuto, mentre il sangue contiene 12-13 milioni di globuli rossi per millimetro (contro i 4-5 milioni di quello umano). I polmoni poi sono più sviluppati di quelli degli artiodattili (numero di dita pari) di comparabili dimensioni fisiche. I tendini delle zampe sono robustissimi e le ossa degli arti ben spesse, capaci di sopportare le violente sollecitazioni che la vita in montagna comporta. Le femmine adulte di camoscio tendono assieme ai piccoli, ai giovani e ai maschi immaturi a frequentare le praterie d’altitudine durante i mesi estivi e autunnali, per poi spostarsi in basso nelle aree di svernamento fino a coprire anche qualche chilometro di distanza, mentre i maschi adulti eseguono spostamenti più o meno rilevanti , in genere di diversi chilometri fino a stabilizzarsi in un’area. Sono proprio questi maschi nomadi che
garantiscono il rimescolamento genetico delle popolazioni a tutto beneficio del vigore e della salute di questa sottospecie. Se, infatti, tanto i maschi quanto le femmine di un branco tendessero a rimanere nell’area natale, i ripetuti accoppiamenti tra consanguinei potrebbero far emergere tare ereditarie negative che non contribuirebbero certamente alla prosperità di quella popolazione. Così, invece, l’apporto di sangue nuovo operato dai maschi riproduttori nati presso altri branchi svolge l’utilissima funzione di prevenire questa possibilità. In effetti, i camosci alpini, con il loro bellissimo mantello invernale nero, dalle candide macchie frontali golari e anali, sono uno degli abitanti più emblematici delle nostre Alpi. Il peso corporeo varia in base al sesso e alla qualità della popolazione, ma di regola oscilla tra i 30 e i 45 chilogrammi nella sottospecie alpina. Il periodo degli amori, preceduto da combattimenti tra i maschi, si protrae da metà novembre a metà dicembre e le femmine dopo una gestazione di 25-27 settimane, partoriscono in maggio un piccolo, raramente due, che vengono allattati per circa 6 mesi, raggiunge la maturità sessuale verso il primo anno e mezzo, e può vivere fino a 15-20 anni.
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valdagno
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Valdagno-Roma 2013
di Flavio Zerbato
bbene sì, l’obiettivo 2013 per il VELO CLUB PIANA è raggiungere la capitale con le nostre te. Dopo mesi di clet bici te ama azione e risolti nizz orga rata accu logistici, meri lem prob ni alcu coledì 3 luglio ritrovo al mattino presto per 17 arditi ciclisti/e e per Guido (con consorte) che “piloterà” con maestria l’ammiraglia del Velo club. Si sapeva che la prima tappa sarebbe stata un valido test per il soprasella perché 260km di “pura pianura” non sono, anche psicologicamente, uno scherzo. Dopo una sosta caffè a Montagnana procediamo spediti , fortunatamente favoriti da una giornata dalla temperatura piacevole, attraverso la Pianura Padana e lungo l’argine del Po verso Ferrara. L’attraversamento della città non presenta particolari problemi visto che questa è la “città della bicicletta” ma il tratto successivo verso Ravenna è un lungo rettilineo di 18km che mette a dura prova la resistenza psicologica dei pedalatori. La sosta per il pranzo è ad Argenta, quando abbiamo superato metà della tappa, ed è particolarmente
piacevole perché il nostro autista si accorda per una pasta veloce al Golf Club di Argenta che sembra essere un’isola felice in mezzo alla pianura. Tra green, bunker, mazze e palline c’è quasi quasi la tentazione di passare ad uno sport sicuramente meno faticoso. La ripartenza è sempre problematica ma le gambe iniziano a girare subito anche se il sole alle due del pomeriggio picchia sui caschetti. Si procede su stradine di campagna e solo grazie ad una perfetta pianificazione del percorso riusciamo a districarci tra incroci e svolte che sembrano tutti uguali. Alle 17,30 arriviamo nel paesino di Borello a sud di Cesena e destinazione finale della prima giornata di viaggio: doccia, relax, aperitivo, cena abbondante e niente dopo cena perché in zona non c’è praticamente nulla di interessante per fare un po’ di festa. Una pioggerella notturna ha portato un po’ di frescura e quindi al mattino c’è una certa voglia di salire in bici anche perché oggi il panorama sarà attrasicuramente migliore, con ini enn versiamo gli App vera nell destinazione Assisi de Umbria! La strada procede sotto le ruote e la salita verso Verghereto quasi non si sente,
solamente qualche inconveniente tecnico subito risolto. Verso Bagno di Romagna con uno scatto perentorio el Tecia (alias Maurizio Tecchio),scalatore di rango , lascia il gruppo per la fuga solitaria. Peccato che, nella foga, vada a scollinare il passo dei Mandrioli che è il passo sbagliato. Avvisato mezzo telefono deve ridiscendere e risalire fino al valico di Montecoronaro dove lo aspettiamo tra gli sfottò generali: non tenterà più fughe solitarie. La discesa verso la valle del Tevere è molto panoramica, attraversiamo il borgo di Sansepolcro, San Giustino e quindi sosta pranzo e visita parenti a Città di Castello dove abita Giuliana Zerbato e famiglia, sorella del Vicepresidente del Club Flavio. Mossa da compassione ci prepara un mega rinfresco in giardino particolarmente apprezzato dall’orda di ciclisti affamati e assetati. La strada verso Perugia, anche se piuttosto sconnessa, scorre veloce ; un gruppo di ciclisti locali supera il gruppo a velocità sostenuta innescando una serie di scatti ai 45km/h; dopo 2km non c’è più traccia degli indigeni provocatori. Cominciamo a intravedere da lontano la “pelata” del Monte Subasio e il paesaggio è particolarmente piacevole , manca solamente il dentino di S.Egidio;
Viaggio a Roma in bicicletta: 17 ciclisti del Velo Club Piana compiono l’impresa in tre giorni 500mt. al 15% spezzano l’idillio e ci portano ormai in prossimità di Assisi. Il rettilineo che porta alla città Francescana procura sensazioni mistiche probabilmente perché è controvento: San Francesco, in compagnia di tutti i Santi, si può vedere chiaramente!- Un nutrito gruppo di arditi dà fondo alle ultime energie e tenta il gpm fino alla rocca perdendosi nei meandri delle viuzze cittadine che presentano pendenze da Zoncolan. Ci aspetta una serata con i fiocchi con visita by night alla meravigliosa cittadina dopo scarpinata (sempre in salita!) lungo la famosa mattonata che porta dalla pianura alla Basilica di S.Francesco. Ultimo giorno di viaggio e le premesse fanno già pensare che sarà una giornata limpida ma calda. Raggiungiamo subito al mattino la Basilica per le foto di rito ed un’occhiata discreta all’interno (l’abbigliamento ciclistico non è gradito dai custodi) per apprezzare le meravigliose pareti affrescate da
Giotto, poi via verso Bevagna e i Monti Martani –ma chi l’ha detto che la via per Roma è tutta in discesa?!-. La tappa è tutto un saliscendi con tratti anche lunghi di salita con pendenze che invitano a mantenere il rapportone fino a quando le gambe non reclamano: Massa Martana, S.Gemini, Narni sono le cittadine che attraversiamo prima della sosta pranzo in una trattoria caratteristica che compare, come un miraggio, in cima all’ennesima salita dopo 120km quando il termometro segna 37°! Un piatto di pasta ci sta proprio tutto! La sosta si prolunga più del dovuto e quindi allunghiamo il passo lungo la Flaminia verso la città eterna, i mangia e bevi
sono continui e invitano, i più in forma tra noi, a continui rilanci nell’andatura con l’accordo di attendere il gruppo ai punti di riunione prestabiliti. Per noi, ciclisti di provincia, l’arrivo a Roma costituisce un problema che abbiamo brillantemente risolto grazie all’amico Marcello presidente dei colleghi pedalatori romani della Turbike. La sua guida ci consente di entrare in città per vie traverse e di raggiungere, senza intoppi e con una grande emozione, Piazza S.Pietro. Sono le 18,07 di venerdì 5 luglio e ci sembra impossibile - l’altro ieri eravamo a Valdagno e adesso…!! E’ ora di parcheggiare la bici e passare, con una rapida trasfor-
mazione, da ciclisti a turisti; ci aspettano un sabato e domenica intensi a spasso per la città, un tour tra le bellezze romane che, a dire la verità, meriterebbero almeno una settimana per essere apprezzate tutte. Serata del sabato con cena in una tipica trattoria romana e, per i più festaioli, “movida del lungotevere!!” Poi ,la domenica a mezzogiorno, Angelus di Papa Francesco in San Pietro come degna conclusione del nostro viaggio prima di rientrare a Valdagno questa volta… in treno. Un grazie particolare alle nostre ragazze: Franca, Fedora, Maddalena e Sonia perché in più di un’occasione hanno dimostrato chi è il “sesso forte”; al vicepre-
sidente Flavio, mente organizzativa del viaggio; a Guido e Floria rispettivamente driver e supporto medico in corsa; a Giuliano in qualità di Presidente; a Marcello con tutti gli amici della Turbike e a tutti i componenti del gruppo: quelli che hanno brontolato perché sempre davanti e quelli che hanno brontolato perché sempre dietro, quelli che hanno sofferto in silenzio, quelli dal posteriore dolente e quelli con i piedi gonfi , quelli dalle gambe dure e quelli dalle gambe che girano, insomma… Grazie a tutti e appuntamento al 2014 per una nuova avventura!!
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colli berici
Golf passion
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Un trofeo per i 20 anni di attività dei “Grifoni” al Golf Club Colli Berici a Brendola.
di Antonio Rosso
iornata importante sabato 26 ottobre al Golf Club di Brendola. Si è svolto, infatti in questo giorno, al Golf Club Colli Berici, il Trofeo organizzato dal gruppo “I Grifoni “ per festeggiare i loro primi 20 anni di attività. I Grifoni sono nati nel 1993 quando alcuni amici si sono riuniti per parlare, giocare al Golf e, perchè no, trovarsi anche a tavola assieme. Un gruppo formato da appassionati di Arzignano e di Valdagno che già al primo anno partecipano al torneo nel Royal Dublin
Golf Club in Irlanda, un campo a soli sette chilometri dal centro di Dublino. Uno dei campi da golf più belli d’Irlanda situato su di un’isola nella baia di Dublino alla quale si accede attraverso un famoso ponte di legno. Dopo questo inizio ogni anno saranno raggiunte le più note mete del golf, partecipando a tornei in Italia ed in Europa. Anche se, a onor del vero, negli ultimi anni è stata maggiormente privilegiata l’Italia. Per festeggiare i 20 anni, il presidente Agostino Bevilacqua ed il segretario Gianni Celadon hanno organizzato al Golf Club di Brendola, un trofeo, anzi, no,
due: uno, il “Trofeo Grifoni 20 anni” per i Grifoni, l’altro “ Trofeo Amici dei Grifoni” per gli amici, lungo il percorso bianco da 18 buche. Sabato, appuntamento alle ore 8.30 per il primo gruppo di partecipanti alla piazzola di partenza. Giornata pessima, nubi basse con visibilità inferiore ai 50 metri. Ogni tanto, una schiarita, per cui alle ore 9.30, si parte ugualmente. Un gruppo avrà visibilità per 50 metri, o meno, il successivo ne avrà per oltre cento e cinquanta; gara difficile, probabilmente falsata, ma condotta da tutti i 49 concorrenti con entusiasmo, voglia di giocare e
piacere di stare assieme. Al termine del percorso la giuria ha elaborato le classifiche. Per i Grifoni nella 1a categoria, al netto, ha prevalso Lorenzo Lorenzi, mentre al lordo Roberto Pietrobuoni. Per gli “Amici dei Grifoni” nella prima categoria, 1° classificato, al netto Paolo Gasparini, nella seconda categoria 1°, al netto Patrizio Pivetta. Per i Grifoni, nella seconda categoria, 1°, al netto, Carlo Verza; 1° lady, Giovanna Mettifogo; 1° senior, Maurizio Verlato. Alla sera, cena al Golf Club con consegna di targhe, premi ai vincitori e appuntamento ai venticinque anni.
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motivational
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i siete mai presi la briga di guardare quante volte viene citata la parola “motivazione” nei titoli delle riviste sportive? Io sì, e vi assicuro che si parla veramente molto di motivazione nello sport. Non bisogna essere psicologi dello sport per capire il perché; per fare una metafora la motivazione può essere concepita come il carburante che alimenta il motore dell’atleta. E’ colei che spinge ad allenarsi duramente, a fare sacrifici e superare gli infortuni e le delusioni. In psicologia è stata veramente un oggetto d’indagine privilegiato: molti, moltissimi psicologi se ne sono interessati producendo un corpus importante di conoscenze su cos’è e come funziona. Tanto interesse è sicuramente dovuto al fatto che può essere considerata la determinante fondamentale del comportamento umano, ovvero “il perché faccio questa cosa e non quella”. Quando aprite il frigorifero, quando chiamate un amico o un familiare, quando scegliete dove andare in vacanza, alla base di tutto c’e’ una motivazione. Anche tu che stai leggendo queste righe stai di certo soddisfacendo un qualche bisogno. Proprio perché la motivazione è il carburante dell’atleta, andiamo ora a vederla più da vicino. Quali sono le motivazioni che spingono un a persona a fare sport? I principali fattori motivazionali rintracciati sono sei, in dettaglio una persona fa sport:
1) PER COMPETERE 2) PER ACQUISIRE E MIGLIORARE LE PROPRIE ABILITA’ 3) PER SENTIRSI IN FORMA 4) PER FAR PARTE DI UNA SQUADRA 5) PER STARE CON GLI AMICI E FARSENE DI NUOVI 6) PER DIVERTIRSI E “SCARICARE” ENERGIA.
Chiariamoci: non è che una persona fa sport per uno e uno solamente di questi fattori, anzi probabilmente quella persona fa sport un po’ per tutti i 6 motivi riportati, tuttavia ci sono sempre un paio di fattori molto più determinanti di altri. Vi siete mai chiesti perché voi o vostro figlio o il vostro atleta fa sport? Vi assicuro che non è una cosa marginale, bensì fondamentale, specialmente se parliamo di bambini e fanciulli!Capire quali sono i fattori maggiormente determinanti, sarà fondamentale per capire le priorità di quell’atleta e soprattutto per gestire le sue e le nostre aspettative. Facciamo un esempio: pensiamo ad un giovane giocatore di calcio, che ama fare quello sport perché si sente parte di una squadra (motivo 4) e durante gli allenamenti si diverte e si sfoga (motivo 6): forse ha poco senso spronarlo e polemizzare sul fatto che non è sempre titolare, perché probabilmente al giovane calciatore interessa relativamente poco. Analogamente colui che fa sport per stare con gli amici e socializzare (motivo 5) forse non ha tra le sue priorità quella di migliorare il suo record entro l’anno. In altre parole cerchiamo di essere coerenti con le motivazioni del piccolo atleta e comportiamoci di conseguenza usando il buon senso. Guardiamo da vicino ora coloro che fanno sport per competere. La prima cosa da tenere a mente è che la motivazione è individuale, è intimamente personale, “nasce da dentro”, ed è frutto principalmente della personalità dell’atleta e delle esperienze che ha vissuto e che lo hanno formato. In altre parole l’atleta non è un’entità passiva a cui posso infondere motivazione ex-novo. Qual’è allora la strada giusta da imboccare con coloro che amano competere? La strada giusta è aiutare l’atleta a orientare in maniera funzionale la propria motivazione in modo tale che possa dare il meglio di sé nella performance. Impara-
di Nicole Rubbo re a elaborare obiettivi corretti e motivanti è una strategia che il psicologia dello sport è nota come GOAL SETTING THEORY, uno strumento potentissimo a disposizione dell’atleta. Consideriamo due grandi categorie di obiettivi: obiettivi di risultato e obiettivi di performance. I primi interpretano il successo solo in relazione al risultato, obiettivi di questo tipo sono ad esempio: vincere, arrivare sul podio, o qualificarsi per i playoff. Prefiggersi obiettivi di questo tipo comporta non avere il controllo diretto da parte dell’atleta o del team dato che intervengono fattori incontrollabili come le prestazioni degli avversari. Al contrario gli obiettivi di performance si focalizzano sul compito, ad esempio: giocare scambi più veloci, sciare più avanzati o controllare la respirazione. Un’atleta che si prefigge obiettivi di questo tipo vive in maniera meno stressante la prestazione perché ha il pieno controllo su ciò che dovrà fare. Tuttavia molti, troppi, atleti non vengono aiutati in questi importanti e delicatissimi passaggi, sarebbe fondamentale invece che, l’intero “entourage”, ovvero tutti coloro che gravitano attorno all’atleta, fossero consci di quali sono i meccanismi mentali importanti per approcciarsi alla competizione. Anzi spesso sono proprio i genitori, gli allenatori e i tifosi a dare il via a una serie di pensieri, aspettative e obiettivi completamente disfunzionali. Tutto ciò non può che ripercuotersi sull’atleta che anziché avere un contesto che lo aiuta nell’esprimersi al meglio, lo carica di pesi ulteriori. In gara l’atleta è solo ma gli adulti che lo circondano e lo accompagnano nella sua vita agonistica hanno un potere e un’influenza potentissima, quindi la domanda che dobbiamo farci è: sto facendo del mio meglio per dare al mio atleta ciò che gli serve?
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lettere
Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it Le vostre lettere possono essere lette anche nel sito: albertofilippi.it
Quanto vale una medaglia d’oro? Caro Senatore,
Cordialità, Guido Pagon.
Carissima Guido, sono pienamente d’accordo con te e con Bordin: a parte il calcio, gli altri sport non hanno un corretto corrispondente economico. Ed è facilmente dimostrabile: un giovane che vuole tentare di vincere quello che ha vinto Bordin, deve correre almeno fino ai venti, venticinque anni tutti i giorni. Sono quindi 10, 15 anni di vita passata a fare chilometri e chilometri a piedi, centinaia di chilometri alla settimana. E poi deve condurre una vita sana e controllata: tutto ciò significa sottoporsi a sacrifici e a tante rinunce. Se poi arriva a vincere, ma questo non è detto, una medaglia d’oro, porta a casa 140 mila euro lorde che sono nette poco più di 70 mila euro. Ebbene, se fosse andato a lavorare in fabbrica, in dieci anni a 1000 euro al mese, i soldi sarebbero stati 120 mila, più tfr, più ferie pagate, più Inps versato. Soldi sicuri mentre la medaglia d’oro è solo un’ipotesi e soprattutto è l’ipotesi più alta. Un giovane con il talento della corsa e un po’ di cervello fa quattro conti: meglio correre la domenica e vincere le gare di provincia e vivere bene che tentare di entrare nella storia dello sport e poi trovarsi alla soglia dei trent’anni a doversi riorganizzare la vita da zero. Bordin dice: chi rischia così tanto, se poi ce la fa a vincere, cioè essere il più forte tra i più forti del mondo, deve poter avere l’opportunità di cambiare radicalmente la sua condizione economica, deve cioè godersi il suo successo come un vero vittorioso che nella vita ha già dato e che adesso può vivere anche senza dover più lavorare. C’è poi da aggiungere che è certamente più morale dare 5 milioni di euro a un atleta che vince una medaglia d’oro dopo una vita di sport ai massimi livelli che darli a un fortunatissimo acquirente di un biglietto dell’ennesima lotteria di capodanno che se li porta a casa senza alcun merito. Se tutti gli sport avessero il giusto riconoscimento economico, molti di più sarebbero i talenti che si metterebbero in gioco e tante di più sarebbero le vittorie azzurre. Buon Natale a te e a tutti i lettori di Sportivissimo, Alberto
SANTORSO
SCHIO
Via Lazio
sono andato all’incontro con Gelindo Bordin, organizzato a Valdagno, 25 anni dopo la vittoria nella maratona olimpica di Seul. È stata una bella serata, ricca di argomenti: Bordin è stato un grande atleta e oggi è un manager di successo. Tra le tante cose interessanti che ha detto, mi ha colpito questa: di fronte al continuo calo di presenze di giovani nell’atletica italiana e quindi al continuo calo dei risultati degli Azzurri nelle massime competizioni, Bordin proponeva di dare non poche migliaia di euro al vincitore di un titolo olimpico, sono circa 140.000 mila euro lorde, quindi tra tasse varie circa 50.000 euro netti, ma una cifra assai più alta, tipo 5 milioni di euro! Perché solo così, ha detto Bordin, si può riportare i giovani a investire la loro vita nello sport professionistico che non sia il calcio, e poi, sulla scia dei migliori, educare un’intera nazione allo sport. Io sono d’accordo, lei cosa ne pensa?
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