Sportivissimo

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RISTORANTE da ROBERTO Appuntamenti enogastronomici per il mese di novembre: Venerdì 06 ore 20,30 FESTEGGIAMO il vino NOVELLO degustazione prodotti tipici locali in abbinamento al vino nuovo del 2009 (su prenotazione).

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degustazione prodotti tipici dell’entroterra isolano in abbinamento ai vini locali (su prenotazione).

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editoriale

Fenomeno master

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di Luigi Borgo

a quando ci sono gli atleti Master, trentenni, quarantenni e su, su mi ronza nelle orecchie la frase di Benedetto Croce che dice: “a 18 anni tutti scrivono poesie, poi chi continua a farlo o è un poeta o è un cretino”. Anche l’agonismo ha una sua età ideale, dopodiché può diventare ridicolo. E a questo proposito Nabokov faceva notare che tra il lato cosmico e il lato comico delle cose, la differenza è data da una sibilante, la stessa, guarda talvolta il caso, che se tolta dalla parola ‘master’, ci riporta di filato nell’atroce verità della frase di Croce: a 30 e più anni chi fa ancora gare o è un campione o è un eterno mammone. Da quando io stesso sono Master, trovare una via di uscita da questo impietoso giudizio è uno dei miei principali crucci. Ci perdevo le notti, si fa per dire, fino a quando non ho trovato la soluzione. Va recuperata, ritengo, la distinzione tra ‘sport’ e ‘gioco’, che non è per niente una distinzione così evidente. Sono infatti sport lo sci, l’atletica, il basket e tanti altri che rientrano nelle discipline dei Giochi Olimpici mentre sono giochi il golf o gli scacchi che invece non ne fanno parte. Certamente, sport e gioco sono il dono di due civiltà nel loro massimo splendore, la Grecia Classica e l’Inghilterra del Commonwealth: alla prima dobbiamo gli sport dell’atletica e i Giochi Olimpici, alla seconda il gioco del golf e lo sport dello sci alpino. La storia non ci aiuta a distinguere tra ‘sport’ e ‘gioco’. E chi dice che

sia la presenza o meno della fatica o il suo effetto umano, il sudore, il possibile discriminante, deve fare i conti con il tennis, chiamato gioco ma considerato sport. La conclusione è che la distinzione originaria, se c’era, ha perso oggi di significato, e così scopriamo che ogni disciplina è al tempo stesso sport e gioco. Allora potremmo chiamare sport la pratica dello sci, del calcio, del ciclismo, etc. nella sua espressione giovanile e massima; e gioco lo sci, il calcio, il ciclismo, etc. in età master. Le logiche e lo spirito sottointeso sarebbero perfette anche per un pignolo come Croce. Dove, infatti, nello sci, nel calcio, nel ciclismo sportivo l’agonismo è ragione di vita, amletica lotta tra essere e non essere campione, dove a ogni curva, a ogni calcio, pedalata corrisponde un progetto e un grande sogno di futuro, nello sci, nel calcio, nel ciclismo come gioco la competizione è semplice divertimento, sfida gioiosa tra amici appassionati, svago e sfogo da un mondo del lavoro sempre più psicopatico e snervante. Con questa distinzione, ogni possibile schizofrenia master verrebbe a cadere. Nessun vecchietto con la coppa in mano potrebbe fare la figuraccia di atteggiarsi come il nuovo Tomba, il nuovo Pelè, il nuovo Saronni. Non glielo sarebbe permesso a priori. Perché, ecco il punto che Croce non potrebbe non condividere, chi conosce i propri limiti, dal mito delfico in poi, non è certo un cretino

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Direttore responsabile Luigi Centomo Direttore editoriale Luigi Borgo Redattore capo Filippo Pavan Redazione Paola Dal Bosco, Andrea Cornale, Vania Danzo. Web master Nicola Anzoni Redazione tecnica alpinismo Luigi Centomo arco Carlo Carli arti marziali Massimo Neresini atletica Ivanoe Simonelli avventura Franco Spanevello basket Filippo Pavan benessere Alessandro Grainer boulder Nicola Anzoni caccia e pesca Dorino Stocchero calcio Alessandro Grainer calcio a 5 Nicola Ciatti

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Tatiana mondiale

D

agli archivi della gara: …Al km 107 le migliori venti sono tutte in fila dietro alla Guderzo, la corsa probabilmente si deciderà da qui a poco. Parte infatti decisa la Villumsen, poco prima della campana dell’ultimo giro: resiste al comando qualche chilometro con poco vantaggio, poi sulla salita di Acqua Fresca prende in mano la situazione nuovamente Tatiana Guderzo, che attacca decisa e fa il vuoto. La raggiungono solo Cantele, Vos e l’americana Armstrong, le altre a oltre dieci secondi. In discesa l’attacco della

di Enzo Casarotto Foto di Euro Grotto

Guderzo fa male, molto male. Tatiana resta sola al comando e si avvicina prepotentemente al traguardo. Ai meno due la Guderzo ha 18” e le inseguitrici non la vedono più, con la Vos che però continua ad inseguire con decisione e la Cantele splendida stopper. Tatiana Guderzo sale meritatamente sul tetto del Mondo!!! “Sicuramente una splendida impresa che ci rimarrà nel cuore con l’entusiasmo e l’emozione che ci ha trasmesso; una corsa vinta da cittadina di Marostica, vinta a scacchi con molta freddezza e una bella squadra ben gestita dal commissario tecnico Dino Salvoldi con Noemi Cantele sua compagna di squadra sacrificata per l’interesse del risultato e Tatiana che ha fatto un’impresa unica perché veramente ha saputo dosare le sue forze, ha saputo interpretare bene la corsa, scattare al momento giusto; veramente una bellissima giornata, una strategia fantastica e un talento straordinario com’è Tatiana che ormai ci sta abituando sempre più a risultati più importanti e dopo una medaglia all’ultima Olimpiade, sicuramente questo mondiale che è solo il terzo nella storia dei mondiali al femminile conquistato dall’Italia…questo per dire il valore di quest’impresa”. Con immenso piacere anche “Sportivissimo”, iniziando dall’intervista che ci ha consesso il presidente federale della bici Renato Di Rocco, si prepara a raccontarvi l’ennesima impresa dello sport vicentino. La protagonista è Tatiana Guderzo, una venticinquenne di Marostica che nel ciclismo femminile in Svizzera sul circuito di Mendrisio, nell’ultimo week end di settembre, ha sbaragliato il campo giungendo in solitaria dopo 3 ore 33’ 25” vestendo così la maglia iridata del 2009 nella specialità corsa su strada Elite. Questa intervista per me riveste un particolare significato perché da tempo seguo le vicende sportive di Tatiana e apprestandomi ad

La nuova Campionessa del Mondo di ciclismo su strada è la venticinquenne marosticense Tatiana Guderzo, che ha tagliato in solitudine il traguardo di Mendrisio, davanti a Marianne Vos e all’azzurra Noemi Cantele. Il nostro Enzo Casarotto l’ha incontrata in esclusiva per un’intervista davvero mondiale.


Gude’s history Tatina Guderzo ha iniziato a pedalare a sette anni con il Città di Marostica, trascinata dallo zio, con il mitico D.S. Giancarlo Santini, poi è passata ai Giovani Ciclisti Santorso; ha corso quindi con la Cycle Women e anche con il Torrebelvicino di Daniro Lattenero (assieme a Loriana Livore). Poi con il Latisana, diventato successivamente Cicli Zanella (con Simonetto) e da qui in poi sono iniziati i cinque anni con la Top Girl di Rigato. Con questa società da junior ha vinto nel 2002 il primo dei tre titoli italiani a cronometro. Ha corso una stagione in Olanda all’AA Drink Service, società dell’olimpionica e attuale recordman sull’ora Van Mooresel. Dopo quest’esperienza è rientrata in Italia con la Gauss RDZ di Luisianna Pegoraro e in quell’anno è iniziata la collaborazione anche con le Fiamme Azzurre. È storia di oggi il doppio tesseramento ad inizio stagione (2009) ancora con le Fiamme Azzurre e con la Gauss che gli ha creato più di un fastidio con la situazione che si è sbloccata a fine giugno con il passaggio al Gruppo Sportivo Michele Fanini Record Rox del d.s. Alfonso Mottola e del patron Brunello Fanini oltre che a quello delle Fiamme Azzurre (del d.s. Cristiano Valoppi). I suoi risultati più eclatanti in questi 18 anni d’attività, a parte l’attività giovanile, sono l’Europeo Crono Under 21, il terzo posto al Mondiale Elite di Verona nel 2002, il bronzo olimpico di Pechino 2008 e la maglia iridata conquistata a Mendrisio poche settimane fa. Nel 2009, prima del Mondiale, si è imposta al Giro del Friuli e alla tappa di Volterra del Giro di Toscana in cui ha indossato per due tappe il simbolo del primato (poi quinta nella generale); si è piazzata settima al Giro d’Italia anche se affrontato con una sommaria preparazione. È giunta quinta al campionato italiano su strada vinto dalla sua compagna di squadra Monia Baccaile grazie anche al gioco di squadra di Tatiana. Altri piazzamenti nelle dieci in Spagna, prima del capolavoro Mondiale!

incontrarla dopo questa straordinaria impresa sono un po’ a disagio perché il mio compito è quello di farvi conoscere realmente chi è Tatiana senza cadere nella retorica. Alla prima domanda tutto diventa più facile e la “normalità” di Tatiana unita al suo sorriso mette subito le cose a posto. - Da dove partiamo? Qual è la tua sensazione? – Ti dirò, non mi è caduto il mondo addosso avendo vissuto l’esperienza della medaglia olimpica di Pechino, pertanto questi primi momenti in cui sono rientrata a casa, li sto vivendo nella normalità e con la massima serenità possibile anche se in verità i telefoni squillano in continuazione”. – Ti va se facciamo un passo indietro… una stagione che se non fosse per queste soddisfazioni finali, sarebbe da dimenticare. “È proprio così! Quest’anno mi sono tesserata con le Fiamme Azzurre e con la Gauss RDZ e per la questione della diversa sponsorizzazione delle bici dei due team, ho dovuto rimanere a guardare senza correre fino a Giugno potendo in quel periodo partecipare solo alle gare nazionali del 25 aprile e del 1° maggio, (cosa che peraltro è successa anche alla Tagliaferro e alla Baccaile). – Posso immaginare come hai trascorso quel periodo… “Rabbia tanta, voglia di smettere altrettanta, sono arrivata molto vicina al ritiro perché non riuscivo ad accettare il fatto del mio stop soprattutto perché se capita questo ad un’atleta di livello internazionale, cosa potrebbe capitare a chi pratica questo sport solamente per passione? Ho considerato a mie spese che c’è un punto fermo in cui nessuno aiuta le atlete e per questo mi è difficile pensare che lo sport della bici tra le donne possa crescere. Nessuno mi ha aiutato e se non fosse per come la mia famiglia mi è stata vicina, e mi ha aiutata, di sicuro non saremmo qui a festeggiare un trionfo sportivo. I miei mi hanno vista demotivata, piangere; hanno capito la mia volontà di voler smettere, e mi hanno sempre invitata a correre per me e a tralasciare tutto quello che mi succedeva di negativo attorno. Mi hanno invitato a reagire per dimostrare prima a me stessa che anche stavolta ce l’avrei fatta. Oltre ai miei cari, ho avuto anche un massaggiatore ed un preparatore atletico che mi sono stati particolarmente vicino ”. - È uscita la tua determinazione, la tua grinta ed il tuo carattere e hai ripreso la preparazione… “…che ho modificato perché in un primo tempo prevedeva un primo picco di forma per il Giro d’Italia, mentre al Giro sono arrivata con sole cinque gare sulle gambe, e quindi è diventato il banco di allenamento per l’altro appuntamento: il Mondiale; il Giro mi ha fatto conquistare la selezione per la maglia nazionale”. – Con la Nazionale invece è andato tutto per il verso giusto. “Si, con Salvoldi è sempre andato tutto per il verso giusto, lui ha sempre tenuto conto delle mie qualità e avevo la certezza della maglia azzurra agli inizi di agosto e dopo il “Friuli” ho avuto la tranquillità per cercare la forma migliore per l’appuntamento top della stagione”. – Per avvicinare il Mondiale Strada c’è stata anche la parentesi della cronometro. “L’esperienza della Crono Mondiale è stato un episodio simpatico, è stata più un’insistenza del tecnico; non ero preparata e non volevo farla, l’abbiamo presa come una rifinitura per dare l’ultimo allenamento serio “alla gamba” prima dell’obiettivo fina-

ciclismo

le”. - Poi il Mondiale Strada… “Ancora una volta la spedizione femminile è riuscita a portare a casa le medaglie grazie al gruppo. Una nazionale che non aveva una regista vera e propria se la intendiamo come il “Bettini” tra i maschi, diciamo che in gara ero io che cercavo di tenere la tranquillità e ciò mi veniva anche con facilità perché tutte seguivano”. – Ma la gara è l’apoteosi di una preparazione importante e meticolosa in cui non mancano neppure i momenti di “stacco”. “Si, il pagliaccio del gruppo ero io, penso per una questione di carattere, per la mia voglia di sdrammatizzare sempre, anche se c’era poco da sdrammatizzare perché eravamo tutte tranquille perché la condizione c’era e la conferma per me di stare bene è venuta dopo il giro di Toscana e per Noemi la medaglia nella crono ha suggellato di fatto la sua grande forma. Non c’era bisogno di conferme! Si poteva correre con tranquillità. – Una vittoria di spessore come un Mondiale non viene per caso, dietro le quinte c’è tanta professionalità, tanta passione. “All’arrivo mi sono sentita in obbligo di ringraziare proprio chi sta dietro le quinte, un popolo che non viene mai nominato ma che è sempre presente (i meccanici Marino FusarPoli e Frugeri, Raniero e Luciano i massaggiatori, poi Paolo Santagalli ed il tecnico Edoardo Salvoldi), tutti pronti a lavorare per il gruppo con la consapevolezza di sapere che hai atlete ad alto livello che ti stimolano a fare sempre il massimo e anche loro con le loro risate e con il loro buonumore, hanno fatto la loro parte da protagonisti”. - La cosa più difficile è stata l’attesa del via. “No, assolutamente, l’ultima battuta penso di averla fatta mentre lo start stava contando gli ultimi secondi prima dello sparo. Non dovevo fare lo sbaglio di Varese in cui mi sentivo tutta la responsabilità addosso, c’era però la consapevolezza di aver fatto tutto al meglio per preparare in tutti i dettagli


una gara importante come un Mondiale, l’unico “giramento di scatole” è venuto dall’incertezza del meteo con la strada bagnata, poi quando Noemi Cantele mi ha detto: Tati, appena partiamo non pioverà più... tutto si è messo a posto” – E in gara? “Dovevo stare tranquilla con la consapevolezza che nel finale potevo stare con le prime avendo tutte le carte in regola per ben figurare”. – Ce la racconti? “L’obiettivo della nazionale italiana era quello di far fuori più gente possibile prima dell’ultima salita e di fare quindi selezione, si sapeva che l’America, che aveva una squadra forte, voleva fare la stessa cosa e quindi ci siamo “alleate” grazie ad un tacito accordo. La fuga di Noemi a metà del settimo giro non era stata prevista ma non è stata neppure una fuga reale fatta di sacrificio perché si è solamente trovata davanti e tramite radiolina ci tenevamo in contatto ma senza tanta convinzione che fosse quello l’episodio decisivo. A tavolino avevamo deciso che quando mancava un giro e mezzo, proprio io dovevo iniziare la scrematura e proprio per isolare la Vos e cercare di togliere dal gruppo principale le ruote veloci”. – In quei momenti quali erano i pensieri di Tatiana? “Semplicemente la consapevolezza che dovevo essere lì davanti per rispettarmi come atleta e per rispettare tutti quei sacrifici che avevo fatto prima. Non dovevo farmi prendere dal panico e dovevo mantenere la massima attenzione e la massima concentrazione, dovevo essere al 100% ”. – Poi… “Ho fatto selezione nel pezzo più duro della salita, poi siamo rimaste in quattro con Noemi che ha fatto un tentativo non troppo convincente e sono ripartita subito dopo sapendo di avere dietro una Cantele che poteva dare fastidio ad una Vos e ad una Armstrons, non tanto a livello fisico ma soprattutto a livello mentale con una presenza di una maglia azzurra che dava garanzie. Da lì in poi il mio obiettivo era

di arrivare nella migliore condizione possibile per affrontare l’ultima salita al meglio. Il mio attacco più importante è stato solo una questione d’istinto, non ho pensato ad altro, quando sono partita e mi sono trovata fuori con i 50-60 metri di vantaggio, è stato puro istinto e li ho avuto un paio di secondi di dubbio: ma! forse è troppo presto… poi mi è venuta in mente la Bastinelli che due anni fa aveva fatto gli ultimi 18 km da sola, e mi sono detta: se c’è riuscita lei, perché non potevo farlo io e da lì in poi non ho più pensato a niente scendendo con il mio passo e tutto il resto è venuto da sé”. – Il capolavoro è firmato, ora cosa cambia dopo aver concretizzato il sogno? “Credo non cambi molto né per me né per la mia famiglia; sono riuscita ad allenarli; dall’oro europeo nella crono under 21, all’argento di Zolder e a quello di Verona, dalla medaglia di Pechino alle telefonate e tutto il resto di questo post mondiale, sostanzialmente non cambiano molto le cose. Per adesso non è cambiata la vita, sono emozioni che ho già provato, spero di non fare gli stessi errori che ho fatto negli anni scorsi, stare con la gente sicuramente sì, stando attenta però a non ingrassare come ho fatto negli ultimi anni…”. - Un grazie a chi lo devi? “Prima di tutto alla mia famiglia che mi ha visto piangere con tutte le volte che si sono sentiti dire: mollo, basta, non ne posso più, lasciatemi stare… loro mi sono sempre re-

Ordine d’arrivo del Mondiale Donne Elite di Mendrisio 2009: 1

Tatiana Guderzo (Italia)

3h 33’25”

2

Marianne Vos (Olanda)

a 19”

3

Noemi Cantele (Italia)

4

Kristin Armstrong (Usa)

5

Diana Ziliute (Lituania)

6

Judith Arndt (Germania)

7

Erinne Willock (Canada)

8

Nicole Brandli (Svizzera)

9

Grace Verberbeke (Belgio)

10 Catherine Cheatley (Nuova Zelanda)

a 1’07”


almente stati vicino. Un grazie va anche alle poche reali persone che c’erano nei miei momenti difficili e che hanno condiviso con me e che credevano nel mio sogno; a queste persone ho voluto trasmettere esclusivamente il mio grazie chiamandole telefonicamente (e sono quelle persone che si distinguono di molto da tutte quelle che mi hanno chiamato… e che in questi miei primi 25 anni ho imparato a conoscere anche molto bene). – Ora qual è il tuo prossimo obiettivo? “Rimanere la solita Tatiana che ha una maglia da onorare in positivo e che s’impegna a far conoscere il ciclismo femminile e a farlo crescere in modo pulito a “pane e Nutella” come da sempre sostengo essendo io una golosona”. – C’è anche un altro impegno da proseguire con la Fidas provinciale. “Sono orgogliosa di essere testimonial di questo gruppo, lo sarò sempre e questo è un mio premio; sono io che sono onorata di poter mettere la mia immagine in questo gruppo, è anche questa una sfida perché anche questa è un’altra gara che sto portando avanti, quindi ringrazio loro per avermi dato quest’ulteriore opportunità e cercherò di fare il possibile nel mio piccolo per portare questa testimonianza sensibilizzando più giovani possibili”. - Abbiamo finito, ma quali sono gli aggettivi che più ti contraddistinguono? “Orgogliosa, testarda, sorridente, golosa e soprattutto molto critica con me stessa”. - A proposito meglio “Tati” o meglio “Kani”? “Ma, fondamentalmente tutti e due ma io sono anche la “Gude”. Da sportivi quindi dobbiamo un GRAZIE di cuore a Tatiana perché alla luce di quanto emerso, se Tatiana Guderzo non ci avesse messo del suo, dopo le delusioni d’inizio stagione, lo sport nazionale ed il movimento del ciclismo difficilmente avrebbe potuto gioire per questa bella vittoria. Con la “Gude” c’è un “testimone attendibile” in più di questo magnifico sport. GRAZIE “Tati”!

La Famiglia. Tatiana vive a Marostica assieme a mamma Bertilla e a papà Renzo, al fratello minore Daniel e alla sorella Vania praticante avvocato in uno studio di Bassano del Grappa. Da quasi un anno è aggregato alla famiglia anche Diego, il bel (e invidiato) fidanzato di Tatiana, un giovane di Tezze sul Brenta. In famiglia c’è anche “Kami” il cagnolino immancabile “mascotte”.


attraversando

Spagna e Portogallo

I

di Mariano Stefani

mpareggiabile il Presidente del Sodalizio sportivo Rowan nel preparare a favore dei propri iscritti un tale ardito programma sportivo. Modesto Boesso in questa occasione ha indossato i panni di ideatore, promotore, organizzatore, accompagnatore e corridore, dedicando all’iniziativa tutta la sua inesauribile energia e riuscendo a concludere l’intera avventura con pieno successo. Coadiuvato da altri responsabili, ha tenuto per 15 giorni le redini di una “carovana” di instancabili ciclisti che in 11 tappe hanno percorso 2000 km, sorbendosene per i necessari trasferimenti, altri 3000 in pullman. « La comitiva composta da una trentina di atleti e da un quintetto di accompagnatori a sostegno, parte il 21 agosto alla volta di Valls, località non lontana da Barcellona. Diciassette ore di pullman non bastano a frenare l’entusiasmo della prima tappa pedalata del dì appresso, che prevede l’attraversamento inizialmente orizzontale della penisola Iberica. Dopo 220 km planiamo su Zaragoza concludendo nella splendida piazza de la Seo, attigua alla imponente Catedral de San Salvador. Domenica 23 agosto inizia con la foto di


gruppo e successivo avvio sotto scorta occasionale della polizia locale, che ci accompagna fuori città, introducendoci nel percorso previsto. Si sale dolcemente fino a quota 1000 e si comincia un impegnativo su e giù fino al traguardo di Soria, dopo aver attraversato Alagon, Borja e Tarazona. Il sole cocente e il discreto dislivello totale mettono a dura prova la muscolatura già provata dalla tappa precedente, ma dopo circa sette ore di sella, chiudiamo con un bagno ristoratore in hotel. La terza è una tappa desertica percorsa sempre in quota e gli scenari ricordano quelli dei più famosi western films. Percorriamo tre Province per giungere dopo 213 km a Valladolid attraverso distese sconfinate di secco totale, dove anche le gole dei ciclisti hanno reclamato scorte supplementari di liquidi. E’ la tappa che ogni ciclista del gruppo ha considerato come un’impresa viste le condizioni climatiche, con temperature costanti fra i 35 e i 40 gradi. Ci ripaga la città con il suo centrale magnifico parco di Campo Grande, le vicine Plaza Zorrilla, Plaza De Colon, Plaza de Espana e gli splendidi monumenti circostanti, da tutti apprezzati nella passeggiata serale. Altri 210 km sono previsti nel tracciato della 4° tappa che in direzione sud-ovest attraverso stupendi luoghi come Canizal, Salamanca la cui Basilica si erge in bella vista e Aldeuela, ci porta a Ciudad Rodrigo, all’interno delle cui mura medioevali sta il nostro hotel, ma soprattutto la Torre de la Catedral e Plaza Mayor dalle stupende fattezze architettoniche. Puntiamo al Portogallo nella 5° tappa, raggiungendo la frontera dopo un’ottantina di km percorsi per dolci saliscendi dalle aperte vedute, immergendoci poi fra ampie distese di querce da sughero ed attraversando piccoli abitati dalle povere condizioni, dove stride il confronto in tema di benessere, con la confinante Spagna. La meta della giornata è la dignitosa cittadina di Castelo Branco, sulla cui “ colina” è situato l’hotel che ci ospita, e dal quale godiamo di una veduta panoramica a 360°. Abbiamo pedalato ormai, oltre mille km e ci accingiamo giovedì 27 a partire per Fatima, obiettivo primo del nostro ciclopellegrinaggio; qualche saggia informazione sul tragitto giornaliero ci impone di ridisegnare il tracciato, ed è grazie ad un appassionato ciclista del posto, se possiamo completare la tappa superando isolati borghi nascosti fra sperduti monti; risolviamo il problema ristoro grazie alla intraprendenza del capitano Boesso che ci porta tutti al ristorante di un paesotto montano a 65 km da Fatima. Nel pomeriggio ci riuniamo sulla piazza antistante la Chiesa della Santissima Trinità, indossando la divisa ciclistica d’occasione per la foto memoria e quindi individualmente per onorare la località Sacra, ognuno con la propria sensibilità o fede. Ci ritroviamo il giorno dopo di buon mattino, nuovamente nel Luogo Sacro per assistere alla S. Messa celebrata in lingua italiana nella Cappella dell’Apparizione. Già in mattinata ci avviamo in bicicletta sulla rotta di Aveiro. La sterzata secca a Nord ci porta a Figueira da Roz dove scorgiamo per la prima volta l’oceano Atlantico alla nostra sinistra. E’ la tappa meno difficile, soli 152 km che pedaliamo in estrema distensione entrando nella mari-

nara città di Aveiro, alcuni scorci architettonici della quale ricordano la ben più famosa e bella Venezia. Sabato 29 agosto ci aspetta tutt’altra musica, dato che la traccia del percorso ci indica circa 200 km; noi riusciamo anche a complicarcela nell’attraversamento della importante ed estesa città di Porto, dove il gruppo si perde formando due nuclei che procederanno per ore su tracce diverse seguite ad istinto: c’è chi va per mare e gode di panorami oceanici incantevoli, e chi per terra accompagnati da ex professionista incontrato fuori città. Al ristoro di Vila do Conde ci ritroviamo uniti e proseguiamo fino alla meta di Valenca do Minho, passando per Viana do Castelo e seguendo il delta del Rio Minho. La domenica è festa e le nostre bici, nella nona tappa consecutiva, chiedono rispetto, possono permettersi un tragitto breve e noi molto responsabilmente percorriamo soli 110 km per giungere a Santiago de Compostela. Il percorso ondulato è molto piacevole ma non è una passeggiata, ed il gruppo giunge frazionato evidenziando qualche stanchezza giustificabilissima. Personalmente sono preso da commozione ben prima di varcare le porte della città; sento il bisogno di isolarmi e lasciarmi pervadere da emozioni provate solo giungendo a Lourdes nel tour ciclistico del 2006. Altri amici e compagni di viaggio vivono simili impressioni ed entrando con la bici nella piazza della stupenda Cattedrale ci sentiamo avvolgere da benessere fisico e spirituale fortissimo, stupefacente. Ci confrontiamo con i pellegrini che hanno chiuso il loro Camino e che a centinaia si muovono fra la “Catedral” stessa e l’ antistante famosissima “ plaza del Obradoiro“; ci sembra di vivere le medesime loro sensazioni. Felici, torniamo sul posto anche dopo cena per vivere la particolare atmosfera serale, e ci rimaniamo fino a tardi. I due giorni successivi sono massacranti nel tragitto di trasferimento in pullman, il lunedì nella zona di San Sebastian, poi nell’attraversamento della Francia il martedì fino a Varazze in Liguria, dove troviamo un alloggio unico per indecenza, ma tant’è, per una volta!! Le due tappe successive percorse in Italia sono facili e piacevoli e mentre la prima ci porta a Collecchio attraverso il valico del Bocco, la seconda di 195 km, salutando Parma, Mantova, Nogara di Verona e San Bonifacio, ci avvia al rientro nella bella Caldogno. Attraversiamo Vicenza sotto scorta della Stradale che ci precede lungo i viali Verona, Milano e Roma introducendoci per Corso Palladio e tenendoci schierati ordinatamente per tutto il centro storico. Pedaliamo gli ultimissimi km vestiti puntualmente della divisa d’occasione, felici di concludere in un quasi trionfo il nostro bellissimo tour 2009 Spagna-Portogallo-Italia. Fra gli applausi e gli abbracci di familiari e amici varchiamo il traguardo finale posto sotto il Campanile della Chiesa Caledognense, trasferendoci quindi nel giardino della Villa Palladiana per il rinfresco di rito con il Sindaco Marcello Vezzaro, che ci onora dei migliori complimenti per l’ambizioso obiettivo raggiunto». L’ ASD Rowan Elettronica con sede a Caldogno, attraverso i suoi responsabili, annovera quest’ultima impresa fra le cose più importanti organizzate a beneficio dei

ciclismo

propri iscritti nella quasi trentennale vita sociale, ringrazia quanti hanno collaborato in qualsiasi modo al progetto e, forte del risultato ottenuto, annuncia fin d’ora che continuerà a proporre nuove iniziative negli anni a venire, senza dimenticare i consueti programmi ciclistici stagionali che vanno da marzo a novembre.

I PARTECIPANTI AL TOUR: Accompagnatori: Stefano autista pullman, Mariano autista furgone, Renato coordinatore viaggio, Marusca vivandiera, Bruna turista. Ciclisti: Modesto presidente, Mariano vice, Graziano segretario, Attilio, Federico, Alberto, Maurizio, Giorgio, Giuliano, Agostino, Antonio, Gianpaolo, Giovanni, Bruno, Franco, Antonio, Luigi, Walter, Giancarlo, Giuseppe, Gianpietro, Gianni, Bruno, Nereo, Paolo, Andrea, Valter.


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Difficile,

calcio A5

ma non impossibile Obiettivo salvezza per la Star Deco Cornedo che si riaffaccia sul campionato di Serie C1. Inizio difficile per la squadra del neo tecnico Stefani, ma le prospettive sono rosee per un gruppo nuovo che vuole fortemente restare nella categoria.

V

di Nicola Ciatti

uol regalarsi un altro anno importante la Star Deco Cornedo, che dopo diverse stagioni torna ad essere protagonista nel massimo campionato regionale di calcio a 5, la Serie C1. Dopo la promozione centrata lo scorso anno grazie ai play off, la società bluamaranto ha profondamente rinnovato la squadra per farla trovare pronta al grande salto. E’ infatti molto evidente la differenza dei valori tra la Serie C2 e la Serie C1, forse rappresenta il gradino più grande tra tutte le categorie. Il gruppo della promozione è molto cambiato: sono rimasti elementi storici come il capitano Roberto Michelin, il portiere Giacomo Ceranto, i giovani Nicola Savegnago, Luca Zattera e Appiah Collins, i coriacei Alberto Bari, Leonardo Bertinato e Diego D’Alessandro. I nuovi arrivi sono il portiere Loris Urbani, ex Montecchio al pari di Stefan Kokorovic, Fabio Bruttomesso e Davide Dall’Osto, mentre dal Sudamerica è arrivato Ernesto Ramada. Insomma, diversi innesti di valore assoluto per il nuovo allenatore Cristian Stefani. E’ cambiata anche la guida tecnica, con Mauro Gonzato che dopo la promozione ha deciso di sedersi dietro la scrivania assumendo il ruolo di presidente. Il neo tecnico bluamaranto, Stefani, ha alle spalle una grande esperienza maturata sulla panchina del Montecchio, dove ha portato la squadra a sfiorare i play off per la promozione in Serie A2. E’ bene chiarire fin d’ora che il cammino che aspetta al varco il Cornedo quest’anno sarà più che mai difficile ed irto di ostacoli. Sì, perché sarà naturale pagare un po’ lo scotto del salto di categoria, in Serie C1 non puoi permetterti il minimo errore. Nelle prime due giornate di campionato i bluamaranto hanno collezionato due sconfitte: 1-4 in casa con la Fenice e 6-3 a Chioggia contro gli All Blacks. Ma guai a far scattare allarmismi o ad aprire inutili processi: la squadra sta piano piano oliando i meccanismi di un gioco completamente diverso dal passato, molto più spregiudicato e spettacolare. In entrambi i casi la sconfitta è apparsa eccessiva, vista la mole di gioco espressa e le innumerevoli azioni da gol create. Quel che è certo è che ci vorrà ancora un po’ di tempo prima di vedere la squadra compatta e coesa, visto l’elevato numero di giocatori nuovi da amalgamare col gruppo storico. Ma il lavoro pagherà, e questa squadra dimostrerà presto di avere tutti i mezzi per puntare a quello che il suo obiettivo stagionale, la salvezza. Restare in Serie C1, infatti, è ciò che la società ha chiesto a tecnico e giocatori, e siamo sicuri che il gruppo ha tutte le qualità per arrivarci quanto prima


Golf

veneto di Alberto Filippi

L

a tradizione vuole che nella pratica del Golf si ricorra alla lingua inglese, un po’ come in Vaticano si usa il latino. Noi, però, abbiamo fatto un’eccezione. Volendo valorizzare la nostra bella lingua veneta, abbiamo premiato i vincitori del torneo di golf nell’idioma dei padri. Qualcuno potrà pensare che sia stata una cosa un po’ blasfema per il mondo golfistico, ma non lo è stata proprio. Noi siamo la nostra lingua e lo siamo anche quando pratichiamo uno sport che ha origini diverse dalle nostre. Ho avuto, infatti, tanti attestati di stima, quando in una bellissima domenica, il 20 settembre, presso il Golf Club di Vicenza a Creazzo, i vincitori delle varie categorie del torneo Unichimica di golf sono stati premiati, appunto, in lingua veneta. È un torneo, questo, che ormai ha diversi anni e che la mia azienda sponsorizza e organizza. Ma in questa edizione c’è stata una novità: sostituire le parole anglosassoni al momento della consegna dei premi, con quelle di lingua veneta. Mi spiego: i termini anglosassoni che caratterizzano la provenienza e l’uso al momento delle premiazioni di questo sport, sono stati cambiati simpaticamente con vocaboli della nostra lingua. E così, quando Paola Gonzato è andata a ritirare il premio, comunemente dato alla ‘prima lady’, è stata premiata come ‘prima siora’; egualmente il giovane Paolo Cuomo, vinceva il ‘primo bocia’ andando così a sostituire l’anglosassone ‘primo junior’ e cosi di seguito, tra applausi e divertimento di tutti; il primo senior è stato sostituito dal ‘primo vecio’ e il ‘primo lord’ dal ‘con ‘el mejo’’’. A seguire, anche i tre premi di categoria sono stati indicati come ‘el piu’ bravo de prima’, ‘el piu’ bravo de seconda’, ‘el piu’ bravo de terza’. La competizione, su 18 buche, ha visto la partecipazione di golfisti e appassionati, in una bellissima giornata di fine estate. C’è stato anche un premio di ‘’simpatia’’ a due golfisti in camicia colore verde.

golf Nel golf non solo l’inglese, ma anche la lingua veneta. Iniziativa del senatore Alberto Filippi


Pronti via

Un Famila Schio rinnovato ai nastri di partenza per la sua 36^ stagione. Alla presentazione della squadra, il presidentissimo Marcello Cestaro, il presidente federale ed ex campione di basket, Dino Meneghin, e la neo campionessa del mondo di ciclismo, di Enzo Casarotto Tatiana Guderzo. Foto di Euro Grotto.

I

l Teatro Astra di Schio ospita il Famila Basket femminile Schio per la presentazione ufficiale a pochi giorni dall’inizio del torneo 2009-2010 e davanti alla sala gremita si respira un’aria familiare nonostante questa sia la prima volta in assoluto che il presidente Marcello Cestaro decida di effettuare l’anteprima stagionale nel cuore della città. Inizia la stagione n. 36 del basket femminile Schio; il cuore Famila batte già nei molti tifosi entusiasti per l’operato della società in sede di mercato che invece di cercare atlete dai nomi altisonanti, ha preferito far vestire la casacca arancione a ragazze affidabili ed esperte che di sicuro non faranno rimpiangere le scelte del recente passato. La ciliegina sulla torta è rappresentata dal rientro a Schio di Berny Ngoyisa. Al suo fianco sotto le plance (attendendo il totale recupero fisico di Ress) la congolese classe 1982 avrà l’olandese Marlous Nieuwveen e sul perimetro l’esperta Audrey Suaret giunta da Taranto. La società vuole valorizzare l’americana Marissa Coleman, una 22enne di cui si parla un gran bene e in proiezione futura il mercato arancione ha portato in riva al Leogra anche la giovane Ilaria Zanoni (ex Parma) e anche la maladense Ma-


nuela Ramon è rientrata alla casa madre. Moro, Pastore, Masciadri, Macchi, Ress e Nicole Antibe sono le riconfermate. Anche lo staff tecnico e dirigenziale è rimasto invariato con il solo avvicendamento di Paolo de Angelis ad occupare l’incarico di direttore generale al posto di Claudio Bagnoli. Il torneo di A1 (quest’anno a sole 12 squadre) è iniziato a metà ottobre con le sfide di Priolo, Umbertide e Sesto San Giovanni ma il Beretta Famila ha esordito il 29 ottobre a Pecs in Eurolega e anche la massima manifestazione continentale è uno degli obiettivi del team allenato dal duo Orlando-Altobelli (con l’intento perlomeno di fare meglio dell’ultima apparizione). Tornando alla serata di presentazione, i protagonisti sono stati il presidente della Federbasket Dino Meneghin, la campionessa mondiale di ciclismo elite Tatiana Guderzo (e bronzo olimpico sempre su strada a Pechino 2008), Federico Buffa giornalista di Sky che assieme ad Anna Rigon ha presentato la serata. Dopo il saluto degli ospiti sono sfilate tutte le rappresentative del settore giovanile del FamilaKinder+Sport compresa la rappresentativa under 15 di Marina Pirani, unica formazione veneta a conquistare il tricolore giovanile negli sport di squadra. Dopo l’intrattenimento cabarettistico del gruppo locale “Brusajachete”, sono state accolte con un’ovazione le ragazze e lo staff della prima squadra che il presidente Marcello Cestaro ha presentato personalmente. Tanti gli ospiti presenti, dai massimi dirigenti del Coni provinciale e regionale, a ben tre consiglieri nazionali della Fip e da altrettanti consiglieri comunali scledensi che con il Sindaco Luigi Dalla Via si auspicano che la stagione del Famila sia ricca di soddisfazioni per la prima squadra ma anche per le 400 ragazzine del settore giovanile. “Il Famila è la storia – esordisce nel suo intervento il presidente federale Dino Meneghin - costruita negli anni con la passione, con grandi capacità e competenza, tutto supportato da una grande presenza di pubblico che ha dato una spinta ai vari presidenti che hanno investito e un grazie va rivolto anche agli sponsor. Diciamo che è una storia che non finisce adesso per fortuna, questa sera c’è stata anche la presentazione delle giovanili ed è stata una cosa fantastica, qui si vedeva la storia che appar-

basket

teneva alle immagini proiettate ed il futuro che si vedeva qui sul palcoscenico e questo fa ben sperare me che sono presidente della Federazione da pochissimo ma penso che dia una grande soddisfazione al pubblico che era qui questa sera e che andrà a vedere le campionesse di quest’anno ma soprattutto le giovani”. – Un basket femminile in crescita. “ Quest’anno ho seguito un po’ di più il basket femminile e mi ha sorpreso moltissimo per la tecnica, per la fisicità delle giocatrici e per la velocità del gioco e quindi il movimento ha fatto passi da gigante rispetto ai miei tempi e questo sta a significare che comunque c’è una grande passione e soprattutto c’è un grandissimo lavoro degli allenatori e stasera abbiamo visto giocatrici conclamate come la prima squadra e tutte le giovanile che devono guardare le più brave, cercare d’imparare i segreti ma soprattutto allenarsi. Schio ha la fortuna di aver coinvolto nel suo progetto marchi importanti per quanto riguarda lo sport giovanile: è un messaggio chiarissimo a tutte le altre aziende ad investire sui giovani; solamente “investendo” sui giovani si può sperare di avere prima di tutto risultati sportivi in futuro. E’ questo un modo giovane, fresco e soprattutto molto intelligente d’insegnare ai ragazzi come si sta al mondo, lo sport aiuta a crescere moltissimo”.


100

eventi

di questi anni,

Contea

“La Contea” di Montorso festeggia quarantanni di sport, di successi, di amicizia.

N

e ha fatta di strada “La Contea” di Montorso da quando alcuni amici, quarant’anni fa, in una sera tiepida di maggio del 1968 hanno messo come si dice “le ganbe sỏto la tola” in una trattoria di Ponte Cocco e, corroborati da un buon bicchiere di Durello, hanno dato vita all’A.C.Montorso e nominato il primo presidente Gianluigi Lora. Sì, “Associazione Calcio Montorso”, perché questo è stato il nome imposto alla novella squadra formata da undici giovanotti frementi di dimostrare finalmente il loro valore. Non c’era ancora il campo sportivo e già la squadra esordiente, iscritta alla FIGC, partecipava al suo primo campionato di calcio di Terza Categoria giocando le prime partite al “Dal Molin” di Arzignano. Nel 1976, dopo un campionato condotto quasi sempre in testa alla classifica, con la formazione composta dai giocatori Zanni, Belluzzi, Rossi, Bastianello, Selmo I, Cailotto, Curti I, Curti II, Cielo, Selmo II e Tamiozzo, l’A.C.Montorso sbaraglia fuori casa il Toniolo (0 -3), conquista la Seconda Categoria. Retrocede in Terza qualche anno dopo. “I giocatori non prendevano una lira, soltanto qualche pizza a fine partita offerta dall’amico generoso di turno” ricorda Antonio Ladu, uno dei fondatori, che è stato fino al 1984 anche l’allenatore e l’anima della squadra. Segue un periodo di alti e bassi, la squadra ritorna in Seconda Categoria e si scontra con formazioni di lunga esperienza, deve spostarsi a Montorio, S.Martino, Casaleone, Tregnago, Lonigo, Soave, Oppeano, Poiana, S. Bonifacio… Il Veronese sembra essere diventato il suo territorio di caccia. Nel 1989 - le spese erano molte e non si navigava certo nell’oro - si decise la fusione con l’A.C. Zermeghedo. La nuova società assume un’altra denominazione e, a seguito di un sondaggio effettuato presso gli alunni delle quarte e quinte dei due paesi, diventa “Polisportiva La Contea”. “Questo nome ricalca la storia dei due paesi e li accomuna: entrambi, infatti, sono stati territori lungamente di proprietà dei Conti Da Porto a Montorso e Regaù a Zermeghedo.” Le iniziative che la nuova società intraprende sono numerose: oltre al calcio - circa un’ottantina di ragazzi dei due paesi svolgono

attività calcistica - si dà nuovo impulso al gioco della pallavolo e del basket, che piano piano si affermano nei campionati in campo provinciale. La squadra femminile di pallavolo disputa il campionato di 2° Divisione; i cadetti del basket si affermano come il primo team della provincia e lotta per un’affermazione regionale. Si rinnovano e si ampliano le strutture dei campi sportivi con la costruzione di nuovi spogliatoi sia nel campo comunale di Montorso sia

in quello di Zermeghedo. Inoltre, grazie a un contributo della “Calpeda”, la palestra di Montorso può disporre finalmente di un prezioso tabellone elettronico segnapunti. Nel 2002, coronando un sogno a lungo coltivato, “La Contea” è promossa con merito in 1° Categoria, e disputa il campionato 2003 – 2004 accompagnata dall’entusiasmo dei suoi tifosi. Attualmente, “La Contea”, ritornata in 2° Categoria, si afferma come una compagine di tutto rispetto.



L europe a Fimon

D

regata

di Piergiorgio Xodo

omenica 20 settembre 2009 al Lago di Fimon in comune di Arcugnano, si è corsa la 5° Regata valida per il Campionato di Vela 2009, inoltre c’è stato il raduno nazionale della classe Fiv derive 10 piedi autocostruite. Alla regata conclusiva, hanno partecipato 27 equipaggi. Il via è scattato alle 14.35, percorso a bastone da nord a sud per due giri di circa 5 Km, venti moderati e deboli prevalenti NE; tempo soleggiato. La regata è stata spettacolare, e ha messo in evidenza tecniche e sensibilità molteplici. I bordi spesso tra secche vegetali costituite dalle piante acquatiche infestanti il lago e con i refoli altalenanti, hanno messo a dura prova le scelte di rotta dei concorrenti. Dopo 1 ora e 11 minuti in tempo reale concludeva la gara il 470 di Claudio Pilati e Valentino Magaraggia seguiti a 35 secondi dal 470 di Fabrizio Zarantonello e Federico Frison. La vittoria in tempo compensato è andata all’Europe di Filippo Riva. Bellissimi da vedersi ed anche competitivi i dieci piedi. Il primo concludeva in 1 ora e 27 primi con Roberto Prina sul Dinghy 87, secondo Roberto Ciminale con il Pram Sissy. La regata conclusiva del Campionato del lago di Fimon con l’aggiudicazione della coppa si terrà il 18 Settembre 2009. Nella giornata verrà anche assegnato il trofeo” Aldo Fioravanti” alla barca più veloce, inoltre il Trofeo per i bambini sugli Optimist e ancora un trofeo al vincitore delle regate di Match Race sui Tridente.

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escursioni

Il sentierello Escursionismo tutto l’anno

P

di F.S. foto di Riccardo Corà

remessa: logicamente l’escursionismo estivo nelle nostre Piccole Dolomiti come altrove, non comporta tutti quei problemi (rischio di valanghe, eventuali scivoloni, necessità di avere abbigliamento tecnico e un’attrezzatura specifica) che, invece, sono propri della sua versione invernale; ne consegue, pertanto, che l’escursionismo in assenza di neve sia quello di massa. Per la maggior parte degli escursionisti, allora, il periodo invernale viene considerato di “riposo”. Ed è un peccato. Perché non riscoprire invece altri itinerari, a quote più basse, dove la neve è presente solo per brevissimi periodi? Uno di questi percorsi, assolutamente interessante sotto l’aspetto paesaggistico, è quello del “Sentierello” sul monte Civillina (948 M.S.M.). Relazione: dal paese di S. Quirico ci si porta prima alla contrada Cappellazzi e poi in quella dei Retassene dove, sulla sinistra, c’è un piccolo parcheggio e l’inizio del nostro sentiero segnalato da un cartel-

lo. Una volta imboccato il “Sentierello”, la cima del monte Civillina verrà raggiunta senza alcuna possibilità di errore vista l’evidenza del sentiero. Dalla cima si può scendere lungo la mulattiera o, me-

glio ancora, per un altro bel sentiero (in direzione est) che ci condurrà al rifugio Fonte Civillina e da qui, lungo la strada, al parcheggio.


La Torre Dimenticata

escursionismo testo e foto di Lorenzo Sgreva

1938) proprio sull’altro versante, rivolto verso Bocchetta Fondi, e non avevo mai sentito parlare di altre vie più moderne. Settembre 2009

TORRE MOSCA 1834 m Lorenzo Sgreva e Stefano Zordan tracciano una nuova via sulla parete est

È

difficile, percorrendo il frequentato sentiero per Bocchetta Fondi, non posare almeno una volta lo sguardo sul versante sud-est di Cima Mosca. Sotto la detritica e mugosa vetta, una serie di articolati e verticali pilastri scendono fino ai ghiaioni, arrivando a poche decine di metri dal sentiero. In realtà, la Torre Mosca sorge da un canalone indipendente e poco visibile parallelo al Boale Fondi che si chiama Boale Mosca, e ha il suo massimo sviluppo in corrispondenza della parete est, dove presenta anche la sua conformazione più caratteristica. Nella parte bassa una fascia di pilastrini e cana-

li interrompendosi su una cengia detritica creano una specie di zoccolo, mentre sopra la cengia si staglia il vero corpo della Torre Mosca, un monolitico pilastro dalle forme arrotondate, privo di imperfezioni: nessuna cengietta, tetto, fessura o diedro, solo sul lato destro un caratteristico camino rompe la parete sui 2/3 della larghezza creando un pilastro minore che è diviso anche in alto, una ventina di metri sotto la cima, da una forcella. Per quanto riguarda la storia della “Torre”, sapevo che era stato tracciato un solo itinerario (Parete sud-sud-est; O. Menato, F. dal Prà e Gianna Cego, 14 agosto

Il penultimo week-end del mese, ero in giro col mio cane per dare un’occhiata ad alcune guglie e torri dimenticate nella zona del Nodo Centrale del Carega, le mie mire erano altre, quando la mia attenzione, come altre volte, cascò sulla Torre Mosca. Non so spiegare perchè, ma questa volta la vidi con occhi diversi... Quel caratteristico camino mi sembrava troppo evidente per non essere stato ancora salito eppure non avevo trovato nessun riscontro di precedenti ascensioni. Decisi che l’unico modo per saperlo era di andare a vedere. Osservando con il binocolo, vidi anche un paio di punti in cui la roccia non sembrava male, per superare lo zoccolo... Insomma era nato un progetto! La settimana successiva, quotidianamente i miei pensieri ritornarono a quella “visione” e una sera ne parlai con Stefano Zordan, al quale illustrai il progetto con alcune foto dettagliate. Stefano senza nessuna difficoltà condivise immediatamente l’idea e decidemmo di andare il sabato successivo a provare... Il progetto era già diventato una linea di scalata, materialmente sulla foto e alpinisticamente nelle nostre menti... Sabato il tempo non fu buono ma domenica partimmo, per una giornata all’insegna delle incognite... pensai. La giornata, invece, ci riservò, come sempre in montagna, delle scoperte e delle emozioni inaspettate e uniche. Lo zoccolo risultò più lungo del previsto, ma dopo un breve inizio friabile scoprimmo che un camino, stretto e profondo ma con ottima roccia, stava nascosto fra le pieghe della parete e con due lunghezze di corda ci permetteva di arrivare direttamente alla cengia. Il tiro attraverso un canale nella cengia risultò estremamente friabile ma facile e a due ore circa dall’attacco eravamo già sotto il caratteristico camino. Non avevamo trovato chiodi o altri segni di precedenti scalate fino a quel momento, e questo ci dava forza per continuare, coscienti ora di essere nel pieno di una vera pagina di alpinismo esplorativo. Ma il camino che ci si mostrava davanti allo stesso tempo ci faceva capire il perché... Qui la roccia non era molto buona, le pareti ai lati erano completamente verticali e una delle fessure sul fondo si allargava notevolmente fino a formare uno strettissimo camino a sè, che poi si richiudeva diventando una fessura quasi strapiombante. Lì in qualche modo bisognava sicuramente uscire e traversare in parete sul fondo del camino principale, in alto forse largo un paio di metri. Così, poi, riuscimmo a passare, solo che


tutto si rivelò più lungo del previsto. Stefano fu costretto ad approntare una sosta intermedia in una nicchia del camino interno e io con la seconda lunghezza uscii dai camini, e per un facile canalino raggiunsi la selleta terminale, prima dell’ultimo tiro. La difficoltà superate erano di V+ nella prima lunghezza del camino e VI- nella seconda. Ma non era finita, un muretto strapiombante celava ancora un diedrino che portava sullo spigolo della cima; Stefano partì spedito, ormai erano le 16 circa, superò così il passo più difficile della via (VI, nessun chiodo sul muretto), e per una fessurina e una facile placca, guadagnò la cima. Anche se respirammo l’aria di vittoria già all’uscita del camino, fu l’arrivo sui dolci pendi del Mosca a darci la consapevolezza di aver fatto allo stesso tempo una cosa, allo stesso tempo, grande e semplice. Tutto era andato nel migliore dei modi: la freschezza di un progetto nato solo una settimana prima, la sua realizzazione, la relativa velocità (in sei ore e mezza avevamo arrampicato e attrezzato più o meno duecentocinquanta metri di sviluppo), le difficoltà superate, e l’effettiva prima salita di questo versante della “Torre” dimenticata... Caratteristiche della via: via diretta per camini della parete est, dislivello 220 m, sviluppo 250 m, difficoltà VI, tempo impiegato dai primi salitori 6 ore e mezza, totale chiodi usati e lasciati 28 (comprese le soste). Relazione, racconto e foto prossimamente su www.artemontagna.com.


moto cross

A scuola di Cross Vi presentiamo la Massignani Racing School e i suoi talentuosi “allievi”: Enrico Dal Vecchio, Pierfilippo Bertuzzo, Roberto Dalla Bona, Giulio Vigolo, Damiano Asnicar, Simone Ceola, Simone Cracco e Davide Culpo che in sella alle loro Yamaha hanno idee ben chiare: diventare i più forti crossisti d’Italia.

O

di Chiara Guiotto

tto giovani atleti molto talentuosi, una passione incontenibile per le due ruote, un manager che fino a ieri gareggiava ad alti livelli ed una serie di risultati che finora nessun team vicentino aveva mai raggiunto. E’ questa la ricetta vincente della Massignani Racing School, un team composto da professionisti e dilettanti della motocross che, ad un anno dalla sua nascita, oggi festeggia un’importante stagione i cui numerosi sacrifici sono stati coronati da successi e traguardi prestigiosi. Abbiamo incontrato la colonna portante della squadra vicentina il manager Massimiliano Massignani colui che ha saputo trasferire la sua passione e anni di esperienza di pilota nella sua attuale figura di tecnico e allenatore. “Sono molto soddisfatto del mio team - dice Max -: abbiamo raggiunto gli obiettivi prefissati ad inizio stagione e abbiamo tutte le carte in regola per fare altrettanto, se non di più, anche l’anno prossimo”. Il progetto vincente della Massignani Racing School è partito proprio da lui, dalla passione di Massimiliano Massignani che per anni ha corso ad alti livelli vincendo addirittura due Campionati Italiani e piazzandosi molto bene in numerosi Campionati Europei. “Grazie al sostegno di mio padre e di mia moglie - ha dichiarato il manager vicentino - ho dato vita ad una scuola che da tempo avevo in cantiere e che ora sono riuscito a realizzare con successo”. Il team quest’anno ha disputato numerose gare, dalle più amatoriali a quelle professionistiche, addirittura i Campionati Italiani e alcune prove degli Europei ai quali soprattutto due atleti hanno mostrato doti eccellenti raggiungendo ottimi piazzamenti. Stiamo parlando di Enrico Dal Vecchio, secondo al Campionato Italiano Under 18


e primo al Campionato Triveneto Top Drive, che in alcune prove dell’Europeo si è piazzato nei primi quindici; e Pierfilippo Bertuzzo, attualmente quarto nel Campionato Italiano elite, che ad alcune gare degli Europei si è distinto piazzandosi nei primi dieci classificati. Sì perché il Campionato Europeo è composto da 16 gare e il team quest’anno ne ha disputate addirittura cinque, in Italia, in Slovenia, in Croazia, in Francia e in Germania, a dimostrazione dell’impegno di una squadra che punta davvero in alto. Si sa che uno sport come la motocross disputata ad alti livelli comporta un forte investimento da parte del team e degli sponsor. Quanto può costare una stagione per due piloti che desiderano partecipare al Campionato Europeo? “Il costo si aggira intorno ai 150 mila euro - afferma il Tecnico Federale Massignani -. Una cifra impegnativa lo so, ma se la messa in palio è alta si tratta di un investimento che vale la pena di fare”. I piloti della Massignani Racing School hanno un’età compresa tra i 15 e i 25 anni, alcuni vivono nella vallata, altri provengono da fuori provincia; alcuni vanno a scuola, altri sono dei professionisti per cui dedicano le loro giornate all’allenamento mirato e specifico che vede l’atleta impegnato anche nella preparazione atletica. Di mattina l’attività fisica ed aerobica, di pomeriggio tre ore di allenamento in moto: tutto questo ogni giorno. Un programma intenso che vede coinvolto un team di persone a completa disposizione dei singoli ragazzi che hanno la possibilità di poter dimostrare ciò che valgono anche grazie a delle persone di supporto che valorizzano ciascun atleta. Sto parlando di Renzo Bisinella, il responsabile meccanico, Mirco Battilana e Gianni Massignani che rappresentano un aiuto importante dal punto di vista tecnico e meccanico. “Nonostante numerosi infortuni, quello di Giulio Vigolo alla

TRE ZETATRE ACCESSORI ZETA ACCESSORI srl srl ACCESSORI ACCESSORI PER CONFEZIONI PER CONFEZIONI INCISIONI AL INCISIONI LASER AL LASER VIA MONTE CENGIO, VIA MONTE 3 CENGIO, 3 36073 CORNEDO 36073 VICENTINO CORNEDO (VI)VICENTINO (VI) TEL. 0445 952340 TEL. 0445 952340


vigilia del Campionato Italiano, quello di Dalla Bona seguito fortunatamente da una rapida guarigione, ma in particolare quello di Damiano Asnicar che ad inizio anno ha compromesso l’intera stagione a causa della rottura di scafoide, gomito e clavicola, gli obiettivi stagionali sono stati pienamente raggiunti da tutti i ragazzi precisa Massimiliano”. Gestire un gruppo di giovani atleti non è cosa semplice si sa. Quali sono le tue maggiori difficoltà di manager? “La cosa più impegnativa è riuscire ad entrare nei diversi caratteri dei piloti, cercare l’armonia di gruppo e capire i problemi di tutti. Prima viene la persona, poi viene l’atleta”. Quali sono i progetti futuri della Massignani Racing School? “Il primo grande impegno è sicuramente quello di creare le migliori condizioni per partecipare con l’intero team a tutte le gare del Campionato Italiano che sono sei; inoltre - afferma Massignani - abbiamo l’intenzione di lanciare piloti professionisti come Dal Vecchio e Bertuzzo a tutte le 16 competizioni del Campionato Europeo. Forti dell’esperienza fatta in collaborazione con il Moto Club di Brogliano con cui quest’anno abbiamo organizzato corsi per i più piccoli, in programma sempre per la prossima stagione c’è la scuola di Mini Cross per i bambini dai sei ai dodici anni”. Sentirete parlare spesso di questi giovani atleti della Massignani Racing School: atleticamente molto preparati, dotati di forti capacità tecniche, chi con più o meno esperienza accumulata negli anni, ma tutti in egual modo mossi da una passione sfrenata per la motocross.


Giovanni Dani,

ciclismo

giudice saggio

L

di Enzo Casarotto Foto di Euro Grotto

o sport ha tante sfaccettature, si può giocare, guardare ma si può essere protagonisti anche nel giudicarlo. La strada scelta da Giovanni Dani è proprio quest’ultima. Dal lontano 1975 si è appassionato al ciclismo e dopo il corso per giudice di gara, ha svolto quest’attività ininterrottamente per ben 34 stagioni sportive con la sezione di Vicenza e in ambito regionale. I suoi trascorsi nello sport parlano di attività minore col pallone (è andato in prova al Vicenza ai tempi di Campana…) ma la sua passione primaria è sempre stata il ciclismo. Prima come direttore sportivo negli anni ’70 con la Glicot società di Castelgomberto ai tempi degli indimenticati Cenghialta, Donadello, Colpo, Lino Cornale ed il velocista plurivittorioso Silvano Doro. Si è dedicato poi all’attività di giudice di gara nella quale ha sempre svolto il ruolo di giudice d’arrivo. Dani abita a Montecchio Maggiore con la moglie Franca e le due figlie Fiorella e Francesca. Tanti sarebbero gli episodi da raccontare, da quelli più eclatanti riguardanti le varie vicissitudini di corsa al rapporto instaurato con le categorie dei piccoli ciclisti. Giovanni Dani si è sempre contraddistinto tra gli addetti ai lavori per le sue doti umane e per pacatezza con cui si esprime nel suo delicato ruolo: è anche sempre stato tra i più attenti a non scavalcare le altrui competenze. Anche per lui, ma senza rimpianti, è giunto ora il momento di smettere, di lasciare il posto ai più giovani; ora si occuperà di fare il nonno a tempo pieno. – Dopo questa longeva attività di giudice di gara, molti sarebbero gli episodi da raccontare… “Intanto premetto che l’attività di giudice del ciclismo – esordisce l’interessato - per me è sempre stato un hobby che mi ha permesso di rimanere a contatto con lo sport che più amo, chiudo l’attività con l’unico rammarico di non essere stato inserito nei quadri nazionali cosa che peraltro ho dovuto sempre rifiutare per proseguire con la mia attività lavorativa nel ramo della distribuzione di bevande calde e di prodotti automatici. Parlando di episodi: tanti anni fa, a Torri di Quartesolo in una delle mie prime uscite, con la supervisione di un allora giovane Gianfranco Parise, avevo l’incarico di verificare l’arrivo dei primi quindici e nell’occasione, con la vittoria di Federico Ghiotto sono riuscito nell’intento registrando con precisione tutti i primi quindici della volata. Tra lo sbalordimento generale, e dopo aver ricevuto i complimenti di Parise, è iniziata una bella carriera che mi ha dato moltissime soddisfazioni. Questa attività mi ha fatto conoscere atleti poi approdati al pro-

fessionismo (per citarne qualcuno Moser, Bugno, Armando Lora e più recentemente i pro dei tempi di Cenghialta, Ferigato, Cunego tanto per citare i nostrani . Ricordo con piacere anche la prima vittoria dell’amico Fabio Baldato da esordiente ottenuta in casa sua a Brendola e con questo episodio, solo per questione di spazio, non mi dilungo oltre”. - Un ruolo delicato quello di giudice di gara ma anche una possibilità d’insegnare ai ragazzini a crescere, a rispettare le regole... “Con il passare degli anni, e acquisita l’esperienza necessaria, mi sono adoperato anche per far crescere l’ambiente e soprattutto i ragazzini che di anno in anno hanno continuato ad ottenere ottimi risultati ma soprattutto accettando anche i miei consigli, sono diventati ragazzi educati impegnandosi a loro volta a continuare ad insegnare questo sport”. – Tanti ricordi, tante gare, tante cose da raccontare… ma cosa resta dopo questa lunga attività? “La consapevolezza di aver svolto il mio ruolo senza favoritismi, sen-

za cadere in contraddizioni e soprattutto la grossa soddisfazione di aver seguito ai massimi livelli lo sport per me più interessante. Una delle soddisfazioni che mi rimangono è la stima che ancora oggi mi lega a tanti ragazzi conosciuti nelle gare e che attualmente mi chiamano per condividere ricordi del passato e ciò non lo nascondo, mi fa ringiovanire”. Tra l’altro grazie alla sua professionalità, il Comitato Regionale Veneto della Federciclo gli ha assegnato il premio “Gorla” un riconoscimento che contraddistingue i giudici più preparati. Ma Giovanni Dani non si è fermato qui: nel 2008 ha seguito in carovana il Giro d’Italia dei professionisti grazie all’amicizia che lo lega al vulcanico ed appassionato Lino Diquigiovanni attuale anima del ciclismo professionistico vicentino. A nome dei tantissimi corridori e dirigenti che ti hanno incontrato nel corso delle tua longeva carriera, un grazie per come hai saputo interpretare il tuo non facile ruolo nel mondo delle due ruote.


hockey

Valori sportivi La Isello Vernici è il nuovo main sponsor dell’Hockey Città di Valdagno

A

zienda leader nella produzione di prodotti chimici per la rifinitura della pelle, la Isello Vernici con sede e produzione a Brentola è il nuovo sponsor dell’Hockey Città di Valdagno. Una scelta, quella di diventare lo sponsor principale della squadra valdagnese, che si è maturata negli anni, una ventina circa, in cui la Isello Vernici ha sempre fatto parte del pool dei sostenitori del team valdagnese e che adesso, però, si è concretizzata con la firma del team che per la stagione 2009-2010 si chiamerà Hockey Isello Vernici Città di Valdagno. “Da anni” – dice Corrado Isello fondatore e proprietario dell’omonima azienda – “seguiamo e sosteniamo l’Hockey Valdagno. E’ una squadra che ha dato tanto alla nostra città, facendo crescere attorno ad essa un vero entusiasmo sportivo e tanti, davvero tanti giovani atleti. Il lavoro del presidente Dino Repele e del suo staff è stato grandioso. E a me, quanto a mio nipote Alessandro, non fa che piacere aver partecipato a scrivere questa bella pagina di sport valdagnese e non solo valdagnese”. Per Corrado Isello il senso della sponsorizzazione va al di là dell’investimento pubblicitario, che indubbiamente c’è e che innegabilmente darà i suoi frutti. Il senso vero della sponsorizzazione è un investimento di tipo sociale. “Lo sport”, dice, “fa crescere bene i giovani e come imprenditori dobbiamo fare tutto il possibile affinché la cultura sportiva sia parte integrante della formazione giovanile. Noi abbiamo sponsorizzato l’Hockey Valdagno perché ha un’eccellente prima squadra che sa essere d’esempio per tutte le altre 10 squadre giovanili, 120 giovani giocatori, che militano attorno ad essa. Nel recente mondiale under 20, in cui la nostra nazionale è arrivata al quarto posto, ben 3 giocatori sui 10 convocati erano del vivaio biancoceleste, e questo

significa molto per chi come noi crede ai benefici del binomio sport/giovani”. La Isello Vernici e la Lyra, l’altra azienda di famiglia guidata dal nipote Alesssandro Isello, sono impegnate, infatti, in altre sponsorizzazioni sportive. “Crediamo che l’imprenditoria debba aiutare la politica nella crescita di una società migliore, e lo sport, come diceva mio zio, è la via maestra”, ribadisce Alessandro. Anche il presidente Dino Repele si dice soddisfatto per l’accordo raggiunto: “con Corrado Isello e con il nipote Alessandro c’è vera amicizia. Sono nostri sponsor da 20 anni e in tempi come questi, in cui tutte le aziende, cercando di limitare i costi, ta-

gliano drasticamente le sponsorizzazioni sportive, l’essere diventati main sponsor dell’Hockey Valdagno ci fa capire quanto la Isello Cornici e la Lyra siano vicine alla nostra società e quanto i principi etici-sportivi di Corrado e di Alessandro siano autentici e profondi. Il loro è stato un sforzo importante, che gli dà un grande merito e un grande onore. A nome di tutto l’Hockey biancoceleste non posso, per ora, che ringraziarli a parole, anche se il mio desiderio più grande sarebbe proprio di ringraziarli con la conquista di un titolo che è quello che ancora manca per coronare una grande storia di sport come la nostra”.


Super stagione

super MCR Team

Dopo una stagione così, è bello fermarsi un po’ e godersi i risultati conquistati

S

tagione gare 2009 pit bike motard conclusa… e alla grande per il MCR Team che ora può “gongolare” per i risultati ottenuti. In ambito regionale ci siamo aggiudicati entrambi i titoli in palio: Francesco Furlan nella categoria MB Rookies e Edoardo Santoro nella MB Export sono i campioni del campionato Triveneto FMI che si è concluso sul bel tracciato ricavato nella zona adiacente alla pista di Adria (RO) dove si è disputata una gara molto battagliata. Il campionato Italiano FMI si è concluso invece il 9 ottobre presso la pista 7 Laghi di Castelletto di Branduzzo che ha attirato un’ottima affluenza di piloti da tutta Italia, peccato non aver potuto sperimentare ancora il nuovissimo tratto di “sterrato asfaltato” del circuito che forse molti piloti sarebbero stati curiosi di provare..sarà per la prossima volta. Nella categoria Boy Motard (riservata ai giovani piloti fino 14 anni) Gianmaria Castagna ha disputato due bellissime manche piazzandosi in seconda posizione e restando anche in testa a tutti per alcuni giri in gara 2, dimostrando di aver acquisito la sicurezza e la grinta che, ci auguriamo, gli permetteranno di continuare la sua carriera di pilota. Nel trofeo Mobster Chellenge Simone Valentini ha primeggiato in entrambe le manche riconfermando il titolo di campione italiano già matematicamente ottenuto alla scorsa gara; buona la giornata di gara anche di Francesco Furlan, Stefano Gennaro e Nicolas Benetti. Nella Stok Amatori, dove anche Edoardo Santoro si era già aggiudicato il titolo italiano con una gara di anticipo, dopo delle qualifiche un po’ sfortunate che lo vedevano partire in ottava posizione, la grinta e la competitività richiamate dall’atmosfera della gara hanno portato due terzi posti alle spalle dei velocissimi Federico Piccinato e Daniela Gatti. MCR Team conclude quindi la stagione 2009 orgoglioso dei risultati ottenuti grazie all’impegno e al lavoro di tutti i suoi piloti e del suo staff che sentitamente ringrazia. Nel periodo invernale saremo impegnati in manifestazioni e fiere tra cui Moto e Motori di Vicenza il 21 e 22 novembre e Motor Bike Expo di Verona il 15,16 e 17 gennaio e ci terremo ovviamente in allenamento per la prossima stagione.

moto


Krav Maga

ovvero l’arte della difesa personale

È

di Massimo Neresini

ancora grazie all’infaticabile Maestro Marco Vigolo che vengo coinvolto in uno stage da lui organizzato presso la palestra Moving Center di Spagnago (VI), dove insegna, per conoscere finalmente il Maestro Diego Brugnolo, che tanto ho sentito nominare e l’Arte Marziale che insegna, il Krav Maga. Ma facciamo un piccolo passo indietro… che cos’è il Krav Maga e come si inserisce nel mondo, ormai vastissimo, delle Arti Marziali. In ebraico significa “combattimento con contatto”, sì perché stiamo parlando di un’Arte Marziale non più di origine orientale ma piuttosto di formazione più occidentale. Il Krav Maga è un sistema di difesa personale e di combattimento per eccellenza. Trae le sue origini dalle vicende di un popolo, quello israeliano, che, sottoposto a minaccia costante, ha saputo concentrare il meglio di sé alla ricerca della “difesa e protezione personale”. Creato, sviluppato e codificato dal M° Emrich “IMI” Lichtenfeld negli anni ’40 in Israele, approda negli USA nei primi anni ’80, e nel 1994 il M° Claudio Artusi, grande esperto di Arti Marziali, presenta per la prima volta il Krav Maga in Italia. Nasce così la FIKM (Federazione Italiana krav Maga) che nel 2000 istruisce i primi insegnanti ufficiali riconosciuti dallo Stato di Israele. Il Krav Maga è attualmente una delle tecniche di difesa personale più popolari e riconosciute al mondo. Ciò è indubbiamente dovuto alla incredibile reputazione delle forze speciali israeliane, per efficacia e tempismo, e dal fatto che è di facile apprendimento e applicazione. In Israele il Krav Maga è diffuso ovunque, praticato da uomini, donne e bambini di tutte le età. È stato integrato nel programma di molte scuole, dalle elementari alle superiori. Il Krav Maga fu ideato per essere un sistema di lotta e difesa e non uno sport vero e proprio, d’altro canto quasi tutte le Arti Marziali nascono con lo scopo della difesa e del combattimento per dominare uno o più avversari. Agli allievi viene insegnato a mirare alle parti più vulnerabili del corpo e a continuare l’attacco fino a neutralizzare la minaccia. Non ci sono competizioni né forme, niente altro che preparazione e addestramento con la finalità di giungere rapidamente al suo vero obiettivo originale, quello di essere un sistema di difesa personale altamente efficace! Le forze speciali israeliane e la polizia utilizzano varianti specifiche di Krav Maga (Krav Maga Police e Krav Maga Military). Inoltre determinati gruppi incaricati della salvaguardia della legalità e dell’ordine pubblico, come FBI o SWAT o Corpi Militari d’Elite europei e nordamericani, hanno incluso il Krav Maga nei loro programmi di addestramento. Per la sua reale efficacia nell’insegnamento dei colpi e delle tecni-

arti marziali


che di difesa, che potrebbero essere necessarie nella vita quotidiana, è stato adattato anche alle persone comuni di ogni età e sesso (programma specifico di Krav Maga Civile) o ai bambini (programma di Krav Maga Kids) e poi come abbiamo detto ai diversi corpi di polizia ed esercito. Così durante i corsi si insegna che oggetti comuni quali un ombrello, la cintura, la borsa, o le chiavi, ecc. possono diventare delle formidabili armi di difesa contro aggressioni. La conoscenza dei punti più sensibili del corpo e della psicologia dell’avversario e più specificatamente dell’aggressore (sia che si trovi ad agire da solo che con altri o che sia armato o no) è parte fondamentale dell’apprendimento del Krav Maga, al fine di essere un vero sistema specifico e finalizzato alla propria sicurezza e difesa. Mi sembra che i corsi di autodifesa coinvolgano molto i lettori; d’altro canto oggi sempre più spesso accendendo la televisione o quando si apre un giornale, appare immediatamente l’immagine o la descrizione di una aggressione, che molte volte purtroppo finisce molto male. È vero che l’eccesso poi di autodifesa può portare a gravi conseguenze penali, anche questi casi appaiono in televisione spesso (ricordo l’orefice aggredito e pestato che però riesce a divincolarsi e con la sua arma uccide uno dei banditi… beh è ancora sotto processo per eccesso di legittima autodifesa), scusate ma in che mondo viviamo, sembra che i banditi molte volte siano più protetti delle persone per bene. Non mi addentrerò nelle spiegazioni delle tecniche che potrebbero apparire semplici nella loro esecuzione, tengo solamente a sottolineare alcuni aspetti fondamentali dei quali prego il lettore tenga consapevolmente conto. Anche il Krav Maga, sebbene molto più diretto nel suo obiettivo di altri sistemi di autodifesa, non può essere escluso dal fatto che tutte le tecniche di difesa personale sono il frutto di un continuo e lungo apprendimento, molto spesso estremamente faticoso; sicuramente le tecniche non possono essere apprese in quattro lezioni, né dopo una semplice lettura di un articolo su di una rivista per quanto specializzata, né guardando un cd; siate quindi consapevoli che lo scopo di questo articolo è esclusivamente quello di farvi conoscere un‘Arte Marziale che ha come scopo e obiettivo unico quello di applicare tecniche per la difesa personale. Come ho già scritto più volte, ma non finirò mai di dirlo, non c’è di

peggio che credersi forti e invincibili solo perché si ha frequentato un breve corso di difesa personale o tanto peggio perché si è letto qualcosa. Con il Maestro Marco Vigolo e con il Maestro Diego Brugnolo, provenienti da combattimenti agonistici spesso molto duri di Boxe o Kick Boxing e di Ju Jitsu Submission, ci si trova a discutere alla fine dello stage e una frase è sunto di tutti i discorsi: “serve un duro allenamento fintantoché le tecniche apprese diventino automatismo e istinto”. Ancora aggiungerei che un allenamento e un praticare con troppa disinvoltura in una “specie di ambiente allegro” non porta a niente, se l’intenzione è quella di assimilare tecniche di difesa personale. Rendiamoci conto che vogliamo apprendere come difenderci da una aggressione e questa non avverrà mai in un ambiente dove tutti sono contenti e si ride e scherza. Il Maestro Diego Brugnolo è nato in Belgio da genitori italiani nel 1960 ed è da sempre un gran sportivo. La Boxe per Lui è subito una grande passione che si trasforma anche in buoni risultati con il 2° posto ai Giochi della Gioventù a Roma e poi risultati veri nel circuito Veneto. Successivamente si allena nel Power Lifting e Body Building arrivando a vincere il Titolo Italiano ed avere la selezione per gli Europei. La vera passione per il Krav Maga nasce per caso nel 1997 frequentando un corso di difesa personale organizzato dall’IBSSA (International Bodyguard & Security Services Association) dove conosce il Maestro Claudio Artusi (suo attuale Maestro) e Philipe Kaddouce che è il primo Istruttore Italiano di Krav Maga e mi dice: “ho aperto finalmente gli occhi su quello che vuol dire vera difesa personale in strada”. Oggi appartiene alla FIKM (Federazione Italiana Krav Maga) con la qualifica di Istruttore di 2° livello dal 2004 e ha partecipato a diversi stage in Italia e all’estero. Ringrazio ancora il Maestro Diego Brugnolo per avermi fatto conoscere questa Arte Marziale davvero molto efficace e che dimostra di essere diretta all’obiettivo “Difesa Personale”. Un mio grande “GRAZIE” ancora al Maestro Marco Vigolo che da qualche anno collabora direttamente con me per la stesura di diversi articoli che ritengo vi abbiano fatto conoscere qualcosa in più del mondo delle Arti Marziali. Apprendere è sempre faticoso… ma il risultato è per questo di grande soddisfazione.


moto

storia di Nicola

Nicola Gasparre dallo sci alle mini moto, storia di un ragazzo che al suo esordio conquista il titolo di Campione di Romagna e sale sul terzo gradino del Campionato Italiano, dietro ai big della categoria; storia di un ragazzo che promette davvero bene raccontata da un tifoso speciale quanto imparziale, suo papà Raffaele.

70 100 48

Motore

1 2 3

Pilota

Telaio

Numero gara

CAMPIONATO EMILlA·ROMAGNA MINIMOTO &MINIMOTARD CLASSIFICA GENERALE CLASSE Senior A Posizione

Società di appartenenza

GASPARRE NICOLA DM BZM GALLIANO-CAYMAN ZANOLLI ARVIN DM BZM GALLIANO PARK ALTOÈ MATTEO ZPF ZPF GALLIANO PARK

1 2 3

70 100 70

LEONESSI GIULIO ZANOLLI ARVIN GASPARRE NICOLA

Motore

Pilota

Telaio

TROFEO ITALIA MINIMOTO 2009 CLASSIFICA GENERALE CLASSE Senior A Numero gara

ell’anno 2006 Nicola sciava con il Sci Club Recoaro con discreti risultati in slalom speciale, quando, un pomeriggio di quel inverno, si presentò a casa lo zio Moreno - che doveva fare un regalo a Nicola - per invitarlo ad andare con lui a comperare quanto desiderava. Dopo un paio di ore, Nicola rientrò a casa con lo zio e un grosso scatolone, dove all’interno c’era una minimoto cinese (di quelle che si vedono in giro nei supermercati). Bene, tutto è iniziato da lì. Per Nicola è stato subito un colpo di fulmine. Infatti, dopo averci preso un po’ di mano, Nicola esprimeva il desiderio di andare in pista per provare la Mini e confrontarsi con altri giovani piloti. Dopo un po’ di tempo che si girava prevalentemente nel Kartodromo di Arzignano, alcune persone che frequentavano da più tempo l’ambiente dei motori e quindi ne sapevano ben più di me, mi dissero che secondo loro Nicola aveva delle discrete doti, facendomi notare che, se avesse avuto una minimoto professionale italiana, sarebbe andato molto più forte di quanto già non andasse. Quell’ anno Nicola era ancora uno sciatore impegnato nello Sci Club e io avevo già comperato 3 paia di sci, per cui investire anche nel mondo del motociclismo non mi sembrava proprio il momento. Ma, evidentemente, Nicola esprimeva più se stesso sulle due ruote che sui due sci e, un giorno, mi disse chiaramente quale era la sua preferenza. Sinceramente non me l’aspettavo. L’ambiente in cui viviamo, Recoaro, è decisamente più orientato allo sci che alle minimoto. Non me l’aspettavo anche perché Nicola era abbastanza bravo con gli sci. Trascorso l’inverno e la successiva primavera, Nicola continuava a martellarmi la

Posizione

N

di Raffaele Gasparre

Società di appartenenza

DM POL-BZ LATINA DM BZM GALLIANO PARK DM BZM GALLIANO-CAYMAN


testa con il chiedermi di portarlo a correre con la minimoto, sempre la “cinesina” regalata dallo zio Moreno che giro dopo giro, e sempre a tutto gas, cominciava ad avere qualche problema. Allora ne abbiamo parlato in famiglia, cioè con sua mamma, e, a dir la verità, ne abbiamo discusso parecchio. Per farla breve nel Natale del 2007 gli abbiamo regalato una minimoto italiana. E qui comincia il secondo tempo di questa storia. Con la minimoto italiana è tutto diverso. Altra resa in pista, altre velocità, tutto un’altro pianeta: molte cadute, molte disarcionate, ma anche notevolissimi miglioramenti. All’inizio dell’anno 2008 Nicola ha espresso il desiderio di voler gareggiare sul serio. Si è iscritto a due trofei, il primo, quello del Persico, che si disputa in provincia di Ferrara, dove si è classificato alla fine 7° fra 30 concorrenti molti dei quali titolati, e il secondo, quello del circuito di Torre di Mosto a Venezia che ha dominato alla grande. All’inizio di quest’anno, la musica non cambia. Nicola vuole correre e così si iscrive al campionato UISP romagnolo, perché uno triveneto di questa specialità non esiste, e anche perché quello romagnolo è il più titolato. Gli prometto di farlo partecipare se i suoi risultati scolastici sono soddisfacenti. Nicola si impegna a scuola con profitto e io e la mamma manteniamo la promessa, dicendogli che se fosse arrivato nei primi 7 del Campionato Emilia Romagna gli avremmo regalato un casco nuovo. Lui non solo ha vinto il Campionato Romagnolo, ma ha conquistato di diritto la partecipazio-

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ne al Campionato Italiano. In tutto una ventina di gare, tra il Lazio, l’Emilia, la Lombardia, tutte regioni in cui la passione per le minimoto è davvero coinvolgente. Gara dopo gara i risultati non sono mai venuti meno. Nicola alla fine ha vinto il titolo in EMILIA ROMAGNA ed è giunto terzo nel CAMPIONATO ITALIANO, dietro a piloti assolutamente titolati, basti pensare che chi ha vinto il Campionato Italiano è da 6 anni che lo corre mentre il secondo è un certo Arvin Zanolli di Rovereto, già campione di sci di altissimo livello e, oggi, maestro di sci. Niente male per Nicola alla sua prima esperienza con la minimoto tra i big.


Il Rugby conquista

rugby

anche la Val Chiampo

Ai blocchi di partenza della stagione 2009/2010 di serie C c’è anche la nuova formazione nata tra Chiampo ed Arzignano, l’A.S.D. Valchiampo Rugby.

O

di Giulio Centomo

rmai è ufficiale. Il rugby ha messo salde radici anche nel vicentino. Agli albori c’erano state le prime esperienze di Vicenza e Bassano, gli anni del Gingerino Recoaro e la gloriosa epopea del Titanus Thiene arrivato fino alla serie A2. E proprio da quelle esperienze si è giunti ai giorni nostri ed alle società nuove che, accanto alle storiche Vicenza e Bassano rimaste in attività, hanno portato nuova linfa vitale a questo sport in tutta la provincia. Qualche anno fa aveva iniziato la sua carriera il Valdagno Rugby, divenuto lo scorso anno Rugby Alto Vicentino, ma nella stagione 2009/2010 ai blocchi di partenza ci sarà anche una new entry. Si tratta dell’A.S.D. Valchiampo Rugby. Abbiamo scambiato qualche battuta con la dirigenza fresca di nomina. Innanzitutto chi siete e dove svolgete le vostre attività? L’A.S.D. Valchiampo Rugby ha sede ad Arzignano ed e’ affiliata alla Polisportiva Arzignano. Ci alleniamo all’interno del Parco dello Sport di Arzignano accanto allo Stadio “Dal Molin”. Non avendo ancora un campo nostro per questa stagione disputeremo le partite casalinghe sul campo “A. Gobbato” di Vicenza. La prima squadra, che conta 45 tesserati seniores più una decina di persone dello staff tecnico-dirigenziale, sarà guidata in questo esordio da Mauro Sandon, già allenatore della squadra femminile del Rangers Vicenza, affiancato da Nicola Bordin che rivestirà anche il ruolo di vice-presidente. Presidente è stato eletto Claudio Giordino, già ex Rangers e per alcuni anni giocatore a Valdagno. Come nasce questa esperienza? La nostra squadra nasce già nell’autunno 2007 da un gruppo di amici residenti tra Chiampo ed Arzignano, accomunati dalla passione per la palla ovale e che si ritrovava al parco di Arzignano ad allenarsi quasi per scherzo. In poco tempo siamo arrivati ad essere circa una trentina, grazie anche al grande aiuto ed alla collaborazione degli amici di Valdagno e Vicenza. A luglio viene fondata ufficialmente la società e per tutta la scorsa stagione l’attività si

è intensificata con varie partite amichevoli e tornei. Abbiamo anche intrapreso il lavoro di propaganda nelle scuole con appuntamenti extra scolastici ed un bel torneo primaverile di minirugby allo stadio di Chiampo. Eccoci quindi pronti al grande passo ed alla partecipazione al Campionato Triveneto di serie C. Siete all’esordio in serie C, alcuni commenti su questa stagione alle porte, quali sono i vostri obiettivi e sogni? C’è grande emozione e attesa per l’inizio della stagione, soprattutto per chi ha creduto fin dall’inizio in questo gruppo.

Siamo dispiaciuti per il mancato derby con il Rugby Alto Vicentino a causa della diversa collocazione nei gironi di campionato. Ovviamente siamo consapevoli che sarà molto dura, il Girone Est è senz’altro molto competitivo. Scenderemo comunque in campo con la massima convinzione, ma più che guardare ai risultati quest’anno sarà importante fare esperienza, cercare di mantenere numeroso il gruppo e far scendere in campo molti giovani per gettare delle basi solide per il futuro. Le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare. Il vostro sarà


un girone impegnativo se non altro per le trasferte lontane, credete che questo possa influire sull’andamento del campionato? Siamo rimasti sicuramente sorpresi del nostro inserimento nel Girone Est. Oltre ad avere, a detta di molti, un livello tecnico leggermente più alto, il disagio più grosso sarà sicuramente quello delle trasferte lontane, sia in termini di logistica che in termini economici. Tuttavia sono scelte del Comitato Interregionale che dobbiamo accettare e senza problemi affronteremo la stagione con lo stesso grande entusiasmo! Come vi siete preparati in questi anni, ma soprattutto negli ultimi mesi per l’avvio del campionato? Gli ultimi mesi sono stati molto impegnativi per lo staff dirigenziale per preparare al meglio la stagione. Il salto all’attività ufficiale comporta dei grandi sforzi per poter rispettare tutti gli obblighi e le scadenze previste dal regolamento, ma ormai tutto è pronto e la squadra si sta allenando duramente in campo. Non vediamo l’ora di iniziare! Mi permetto una provocazione: Valchiampo, R.A.V. e Vicenza, tre realtà molto vicine geograficamente, da cosa viene la scelta di iscrivere comunque la vostra formazione pur sapendo che il rischio di “fughe di giocatori” presso le vicine società è alto? Il fatto che ci siano tre realtà rugbistiche così vicine penso sia da vedere come la più grande vittoria per tutti gli appassionati di questo sport, penso che fino a pochi anni fa sarebbe risultato impensabile. Da quando siamo partiti già vari ragazzi sono passati tra le fila del R.A.V. o dei Rangers e questo per noi, se da una parte ci ha privato magari di ottimi elementi, dall’altra è

stato di certo motivo di soddisfazione, a testimonianza del buon lavoro svolto. Ora che anche noi siamo in ballo sarà più difficile che dei giocatori lascino il gruppo comunque numeroso e ben affiatato. L’interscambio di giocatori potrà continuare, sia in entrata che in uscita, ma non credo ci saranno problemi visto gli ottimi rapporti tra le società e visto che finalmente ci si trova a lavorare con un bacino ampio di praticanti che a nostro avviso è solo destinato ad allargarsi. Come intendete promuovere la vostra nuova società? La nostra società si è sempre data molto da fare per dare visibilità al nostro sport in vallata, anche non disponendo di una struttura di gioco idonea abbiamo organizzato diversi tornei, amichevoli nonché feste a tema presso locali amici in occasione delle partite della nazionale. Tutti possono tenersi informati sui nostri appuntamenti anche visitando la nostra sezione sul sito www.polisportivarzignano.it. Essendo il nostro primo obbiettivo quello di divulgare la pratica del Rugby nella Valle del Chiampo un punto fondamentale è quello di partire fin da subito con i giovani. Già dall’anno scorso partecipiamo al progetto “Scuola Rugby Palladio” facendo molta propaganda nelle scuole. Da quest’anno partiremo con l’attività ufficiale di minirugby U10 e U12 con due allenamenti settimanali (Lunedi’ e Mercoledi’ dalle 18,30 alle 20,00 al Campo del Mattarello in centro ad Arzignano) con l’intenzione di partecipare da subito ai vari Concentramenti CIV. Non resta che augurarvi un grande in bocca al lupo per questo esordio e chissà che i vostri sostenitori possano aumentare sempre più.

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il censimento

caccia

dei popolamenti selvatici

C

di Dorino Stocchero

onoscere esattamente dove sono distribuite e che dimensioni hanno le popolazioni selvatiche fornisce un preciso quadro dello status delle specie presenti. Il censimento è una rilevazione statistica diretta ad accertare l’entità e le condizioni di un popolamento di selvatici in un dato momento ed in una unità di superficie preventivamente stabilita.

La conoscenza della consistenza di una popolazione di ungulati, identificati da capriolo, cervo, daino, camoscio, muflone, stambecco e cinghiale, è un dato di base imprescindibile per la conservazione e la gestione della specie.

Con il censimento diretto si vuole determinare con buona approssimazione la quantità degli animali presenti nel momento dell’operazione nei luoghi oggetto di rilevazione. Censire una popolazione significa pertanto determinare con precisione il numero dei suoi individui e la loro ripartizione per sesso e classe d’età e sapere lo stato di salute della stessa. Esistono vari metodi per effettuare i censimenti degli ungulati ed ognuno di questi si presta a determinare la consistenza numerica delle specie in relazione anche alle caratteristiche dell’ambiente e della stagione di rilevazione. I metodi più importanti sono: a) il metodo diretto o tradizionale, che consiste nella conta visiva dei capi effettuata da appostamenti


predeterminati e sulla base di percorsi campione; b) il metodo indiretto o “di Lincoln”, che consiste nel marcare il maggior numero di animali possibile e metterli in proporzione nell’arco degli anni con i soggetti non marcati mettendo in evidenza la differenza tra i due dati; c) il metodo della conta sulla neve, utilizzato per quelle specie ed in quelle zone ove ciò sia possibile, che consiste nel rilevare la quantità di orme lasciate sulla neve suddivise per grandezza e da ciò risalire al numero dei soggetti che hanno lasciato quelle orme; d) il metodo indiretto o “consistenza minima”, che consiste nel determinare il numero certo, il minimo, dei capi presenti in un determinato territorio prima degli abbattimenti, partendo dalla valutazione dell’età media dei soggetti che viene rilevata nelle annuali mostre dei trofei. La popolazione minima certa presente prima degli abbattimenti si ottiene moltiplicando l’età media per il numero dei capi abbattuti. Questa formula è stata elaborata dalla scienza statistica applicata alla dinamica delle popolazioni dei selvatici ed alle verifiche subite e ha dimostrato la propria validità tanto da entrare come metodo pratico, veloce e con buoni margini di affidabilità per la determinazione dei popolamenti; e) il metodo indiretto “dell’indice chilometrico di abbondanza”, che consiste nel contare, in un percorso determinato scelto come campione ma ben rappresentativo delle zone da censire, gli animali e rapportarlo a tutto il resto del comprensorio; f) il metodo dell’incremento utile annuo,

valido per il capriolo, che consiste nella conta primaverile dei caprioli nati l’anno precedente e moltiplicare per sei questo dato per risalire alla popolazione complessiva (il moltiplicatore sei risulta da questa base approssimativa: due femmine adulte con due piccoli ciascuna più due maschi adulti a cui vanno sottratte le perdite naturali). Nel censimento è indispensabile usare un unico metodo e riproporlo omogeneamente nel tempo in modo da poter trarre utili confronti, pertanto il territorio da censire va ripartito in zone e ciascuna zona deve essere affidata ad un osservatore fidato che deve effettuare i rilievi su


più uscite in un periodo propizio per l’osservazione. Va tenuto anche presente che soggetti di diverse specie, sesso e classi d’età hanno abitudini e comportamenti diversi, quindi per poter censire questi animali è necessario effettuare osservazioni mirate in ore e periodi appropriati. La legge quadro n°157/92 recita nell’articolo 10: “le Regioni devono prevedere i criteri di programmazione basati sulla conoscenza faunistica, da conseguirsi anche mediante modalità omogenee di rilevazione e di censimento”. Per effettuare un censimento occorre essere dotati di un binocolo con ingrandimenti consigliati “7x42” e di un cannocchiale (lungo) con ingrandimento minimo “30x75”.

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sub

Un relitto

nella storia Il naufragio del Quintino Sella, la tragedia navale più grande accaduta in Adriatico nel Secondo conflitto mondiale: Antonio Rosso ce ne ricostruisce la storia e ci illustra com’è oggi, a 66 anni da quel tragico giorno, il cacciatorpediniere italiano. di Antonio Rosso

I

l nome di Quintino Sella compare in molte strade dei nostri centri urbani. Per fare un esempio, lo si trova a Brendola, a Montecchio Maggiore e a Vicenza. Tecnico, politico, sportivo, di ricca famiglia d’industriali, nacque nel 1927 a Mosso, vicino a Biella città dove morirà nel 1884. Ingegnere idraulico, studioso e docente di mineralogia, fu ministro delle finanze nei governi Rattazzi, La Marmora e Lanza e fu tra i principali sostenitori di portare a Roma la capitale. Appassionato di alpinismo, fu il fondatore nel 1863 del Club Alpino Italiano. Per i subacquei ed i marinai d’Italia, il Quintino Sella è un cacciatorpediniere di 1480 tonnellate di stazza lorda, lungo 85 metri e largo 8,5, costruito nel 1926 nei cantieri Pattison di Napoli che faceva parte di una classe di 4 unità, Sella, Crispi, Ricasoli e Nicotera. Nell’estate del 1943 il Sella si trovava all’Arsenale di Venezia per urgenti riparazioni alle caldaie. Tre giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre, la nave, obbedendo agli ordini, salpò imbarcando quanti più marinai possibile per consegnarsi, come da clausole armistiziali, agli Alleati. Il senso del dovere

Foto di Stefano Demin (Club Subacqueo San Marco) e Aniano Scardicchia (AMNI Mestre)

non portò fortuna all’unità che nel tragico pomeriggio dell’11 settembre, salpata dal porto di Venezia, fu silurata a sole 11 miglia al largo da una, delle due cacciatorpediniere germaniche che l’attendevano, a bandiera ammainata, nascoste dietro due motonavi italiane: il Leopardi e il Quarnerolo. In Adriatico fu la più grande tragedia navale del secondo conflitto mondiale. Nessuno poté mai affermare con precisione quante persone morirono quel giorno. Se si va a leggere i quotidiani dell’epoca, non si trova una sola riga di tale disastro. Le esigenze belliche non permettevano la divulgazione di certe notizie. Le salme recuperate furono 240. La fretta di salpare aveva spinto il comandante ad imbarcare quanti più uomini possibile, riservandosi di fare un elenco durante la navigazione. Dopo un tentativo di recupero, fallito, nel 1956 che ha portato allo smantellamento della plancia, il relitto fu riscoperto nel 1972 con la santa Barbara ancora piena di munizioni cosicché la poppa fu fatta brillare ben due volte dagli artificieri della marina


per eliminare il carico che trasportava. A distanza di 45 anni è stata, poi, colmata anche la lacuna del ricordo. Domenica 11 settembre 1988, è stato reso l’omaggio ai caduti dell’unità, con una cerimonia grazie alla partecipazione della Marina Militare e del Club subacqueo San Marco di Venezia che hanno deposto in immersione sul relitto una croce ed una corona di fiori, mentre il picchetto armato della marina, in superficie, rendeva gli onori e suonava il silenzio. Il relitto si presenta diviso in due parti. La poppa ed il settore centrale sono il troncone più grande che conviene visitare per primo, anche se meno conservato della prua. Si presentano con le fiancate sventrate dai numerosi lavori di bonifica e poggiano sul fondale aprendo come un’ostrica la sala macchine. Nella plancia di comando, collassata su se stessa e non più riconoscibile, si trovano le attrezzature più interessanti: casse con i caricatori delle mitragliatrici, sirene degli allarmi, lampade di segnalazione. Alzando lo sguardo, ci si trova di fronte alle due enormi caldaie, contornate da quattro turbine, che permettevano al cacciatorpediniere di sviluppare la ragguardevole velocità di 35 nodi. In senso orario si può vedere tutta la fiancata di dritta con molti oblò ancora in posto e i due tubi lanciasiluri, con i sistemi di puntamento ed i volantini ancora al loro posto; infine, i due grandi cannoni di poppa ancora integri e tristemente puntati verso il basso. Continuando sul lato di sinistra, all’ombra dei cannoni, si trovano alcune bombe di profondità (sembrano dei normali barili metallici) e l’interessante mitragliera Breda 37/54 del 1939. Più avanti, appoggiata sul fondo, puntata verso il largo, una mitragliatrice, col suo caricatore. A circa 150 metri, verso nord dalla poppa, troviamo la prua coricata sulla sabbia sul lato di sinistra. Più piccola, meno ricca di oggetti, ha lo scafo relativamente integro. Colpisce il cannoncino binato, spesso coperto da reti, che nel momento dell’affondamento, era girato verso sinistra con una canna carica, dimostrando un tentativo di difesa ed il tagliamare affilato come un rasoio. Nella parte centrale si possono notare l’ancora, incastrata sotto la prua, il verricello e alcune bitte. Per concludere, un invito. Questa è un’immersione in un relitto carico di tragedia e della nostra storia bellica; immergiamoci con raccoglimento ed un particolare senso di rispetto.

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arrampicata

Super pompieri

I

di Chiara Guiotto

ncentivare e sostenere le attività sportive agonistiche è un must del Comando Nazionale dei Vigili del Fuoco. Nella fattispecie l’Ufficio per le attività sportive che ha sede a Roma tra i numerosi compiti che si prepone di svolgere annualmente, ha quello importante di organizzare le attività sportive agonistiche ed amatoriali, dirigere le rappresentative ufficiali nelle discipline sportive riconosciute e, in sinergia con i Comandi Provinciali VV.F., organizzare le varie manifestazioni sportive. E’ con molto onore che la città di Valdagno ha ospitato la prima edizione del Campionato Italiano di arrampicata sportiva dei Vigili del Fuoco sabato 10 e domenica 11 ottobre scorsi, una manifestazione agonistica promossa per l’appunto dall’Ufficio per le Attività Sportive dei VV.F., organizzata materialmente dal gruppo Sportivo del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Vicenza con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Valdagno. Una due giorni di esibizioni, gare e sfide fisiche hanno messo a dura prova i singoli pompieri che hanno mostrato doti atletiche notevoli e garantito uno show a dir poco competitivo e coinvolgente. Teatro della manifestazione il Palazzetto Gino Soldà di Valdagno dotato di un’ampia palestra di roccia che ha ospitato 40 arrampicatori provenienti da diversi Comandi Provinciali d’Italia, addirittura quello di Roma e Ascoli Piceno, e che a loro volta sono stati suddivisi per categorie, dalla A alla F a seconda dell’età. In seguito alle qualificazioni disputate sabato pomeriggio durante le quali ciascun atleta aveva la possibilità di arrampicare su sette itinerari di diversa difficoltà, dal 5a al 7b e il punteggio acquisito corrispondeva al valore delle prese effettuate, la domenica mattina è stata dedicata alle finali per categoria e alla finalissima assoluta. Undici atleti finalisti hanno osato arrampicare un itinerario di grado 7c, un tracciato assai complesso soprattutto nella seconda parte della parete dove oltre alle evidenti difficoltà tecniche, subentravano anche insidie fisiche. Una giuria rappresentata dal Presidente della Commissione Tecnica Nazionale delle Guide Alpine Italiane, Andrea Sarchi, ha svolto un attento lavoro di supervisione degli atleti in gara assieme al Responsabile Gara Andrea Formentini, Sostituto Direttore Antincendio; a completare la rosa organizzativa ufficiale il noto tracciatore Leonardo Di Marino, i responsabili della gestione software Alessandro Toldo e Michele Talevi, l’apporto tecnico del gruppo del Cai “I Sogati”, gestori per di più della palestra, e per finire venti vigili del Fuoco coordinati dal Capo del distaccamento di Schio, Mauro Fanton, e dal Caposquadra

Al via il 1° Campionato Italiano di arrampicata sportiva dei Vigili del Fuoco: è trionfo per i pompieri locali. Il Comando Provinciale di Vicenza schiera 8 arrampicatori, tra i quali il giovanissimo Michele Santagiuliana conquista un ottimo secondo posto assoluto. È vicentino anche il titolo per Comandi.

Istruttore, Armando Battistin. Ma veniamo alla gara tanto attesa: ad aggiudicarsi il titolo assoluto di Campione Italiano dei Vigili del Fuoco è il bellunese Paolo Munari, seguito dal più giovane atleta del Comando di Vicenza, nonché volontario della sezione di Recoaro Terme, il ventunenne Michele Santagiuliana. Terzo classificato Francesco Franz del Comando di Pordenone. Un peccato per il recoarese Gianni Bisson che si è fatto sfuggire il podio forse preso dall’emozione di gareggiare in casa. Veste i colori bianchi e rossi anche il podio per Comandi: con tre primi posti di categoria ed un secondo in classifica assoluta, il Comando provinciale di Vicenza si è aggiudicato il gradino più alto del podio, seguito dal Comando di Aosta e di Pordenone. “Normalmente dei Vigili del Fuoco si parla poco - afferma l’Assessore allo Sport di Valdagno il professor Alessandro Grainer – ma il loro è un lavoro che meriterebbe maggiore visibilità all’interno di un paese. Ecco che la manifestazione di oggi è servita per metterli in risalto anche attraverso altre discipline atletiche come l’arrampicata sportiva. E’ stata un’ottima opportunità anche per Valdagno -prosegue Grainer - che ha avuto l’onore di proporre ai cittadini e agli amanti dello sport que-

sta particolare attività agonistica praticata qui oggi così ad alto livello”. Presenti alla fase finale del Campionato Italiano anche l’ingegner Paolo Marini, Comandante dei Vigili del Fuoco della Provincia di Vicenza, e il Dirigente nazionale dell’ufficio per le attività sportive il professor Fabrizio Santangelo: “Un grazie alla città di Valdagno e al Comando dei Vigili del Fuoco di Vicenza per l’ottima riuscita di questa manifestazione che sarà mio desiderio riproporre anche l’anno prossimo. Il paese è dotato di un impianto sportivo davvero considerevole - prosegue Santangelo - per cui non escludo che in futuro possano essere disputati proprio qui anche Campionati Italiani di altre discipline sportive come l’atletica e la corsa podistica”. Mentre all’interno del Palasoldà si disputava la gara di arrampicata, all’esterno i mezzi dei vigili del fuoco hanno coinvolto il pubblico presente soprattutto con attività rivolte ai più piccoli: è stato organizzato infatti un percorso di agilità per i bambini ai quali è stato poi consegnato il diploma del piccolo pompiere. Inoltre all’entrata della palestra assieme ad una serie di attrezzature specifiche da lavoro, è stata esposta una mostra fotografica per rendere visibile a tutti il lavoro importante e significativo dei vigili del fuoco.


Martina non molla mai

triathlon

Nella finalissima delle Hawaii del Ford Ironman World Championship, Martina Dogana centra, malgrado la giornata storta, un ottimo 31° posto: lei dice di non essere soddisfatta, ma la tenacia e la grinta sono sempre da super campionessa, leggere per credere.

P

di Martina Dogana

ortato a casa anche questo 31° posto al Ford Ironman World Championship! La gara non è andata come speravo! Era andato tutto per il meglio, avevo perfino dormito bene quasi tutta la notte ed ero tranquilla e motivata, consapevole di essermi allenata nel migliore dei modi. Alla partenza ovviamente l’adrenalina è salita, ma sono partita bene, mettendomi nel gruppo di Edith. Purtroppo ho preso tante botte anche dopo la partenza e dopo circa un km un ragazzo mi è letteralmente passato sopra costringendomi a fermarmi e precludendomi quindi la possibilità di nuotare con il secondo gruppo delle donne (davanti la battistrada Zelenkova dava filo da torcere anche agli uomini più forti). Sono rimasta con altri tre ma la nostra velocità si abbassava sempre più nei confronti del gruppo. Sono uscita dall’acqua in 1h05m con tanto ritardo dalle migliori. Non mi sono certo persa d’animo e ho cominciato a pedalare cercando di spingere forte, ma subito ho capito che non avevo una grande giornata perchè faticavo tanto per tenere il ritmo alto. Al giro di boa di Hawi, il punto più lontano dalla zona cambio, ho incrociato una ad una tutte le avversarie a partire dalla Wellington che stava andando più di una moto. Dopo 120 km circa si è alzato un fortissimo vento contrario, ad aumentare la fatica. Non si andava avanti, bisognava continuare a pedalare anche in discesa e mi sono svuotata parecchio. Dopo 5h 38 finalmente sono arrivata alla zona cambio molto più stanca del previsto, ma, tutto sommato, pronta a dare ancora il meglio di me nella maratona

finale per cercare di recuperare qualche posizione nella mia frazione preferita. È stato un modo per reagire, dentro di me avevo tanta rabbia perché l’aver lavorato tanto per mesi e avere la giornata storta in gara non è proprio piacevole. Così a testa bassa ho pensato solo a correre al meglio, nonostante la temperatura continuasse a salire e la fatica fosse davvero tanta. Molte delle mie avversarie si sono fermate, io invece ho continuato a spingere fino all’ultimo metro arrivando praticamente in volata con due ragazze americane. Ho recuperato tante posizioni fino alla 24°e sono arrivata stremata, per la prima volta in tanti anni che gareggio mi hanno portato direttamente in tenda medica perché ero disidratata. È stata senz’altro un’esperienza di quelle da cui s’impara tanto, ci si conosce ancora più in profondità e in cui la testa conta molto più delle gambe. Per questo sono fiera di aver finito la gara e di essere anche quest’anno FINISHER all’Ironman delle Hawaii! Ringrazio tutti quanti - a partire da Mirco – mi hanno incitato dal bordo strada; tutti quanti mi hanno inviato messaggi di in bocca al lupo; tutti quelli che hanno passato un sabato notte davanti al pc per tifare virtualmente e tutti quelli che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza pur sapendo che non sono pienamente soddisfatta del mio risultato. Come tanti di voi mi hanno scritto, è da questa gara che si parte per costruire la prossima stagione, per crescere ancora e diventare più forte! Vi ringrazio davvero tanto, è bello avere delle persone così! Aloha

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Successo nordico

Al Prunno di Asiago si sono svolti i Campionati Italiani di Orienteering. Ottima l’affermazione degli atleti trentini e altoatesini.

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di Paolo Mutterle

’orienteering si conferma uno sport per gli uomini del Nord. Anche in mountain bike. Prendete i recenti campionati italiani della disciplina organizzati dell’Erebus Vicenza nei boschi intorno al Prunno di Asiago: ben 16 titoli (su 22) hanno preso le strade di Trentino e Alto Adige, province che hanno confermato la consueta supremazia nazionale in questo sport nato in Scandinavia. Biker trentini più forti anche degli incidenti meccanici, come hanno dimostrato le vittorie nella categoria Elite maschile del solandro Luca Dallavalle, rallentato nell’ultima parte di gara da un guasto al cambio, e tra i master del perginese Giorgio Paoli, che sulla strada verso l’ultima lanterna ha letteralmente spezzato in due il telaio contro un sasso. Alla bici è andata male, a lui decisamente meglio: ha tagliato vittorioso il traguardo correndo con la mountain bike in spalla. I campioni valligiani hanno conquistato ben otto ori nelle dodici categorie di gara individuali e altrettanti nella prova a staffetta. La due giorni tricolore sull’Altopiano di Asiago è iniziata sabato 26 settembre nello splendido scenario del Prunno con la prova a squadre, come sempre spettacolare e combattuta. È la giornata dei fratelli della Val di Sole, Luca e Roberto Dallavalle, che hanno regalato al Monte Giner l’oro nella massima categoria maschile M21. Dalla Valsugana, pochi chilometri più a


sud, arrivano invece le nuove campionesse italiane a staffetta tra le donne: si tratta di Milena Cipriani e Giuliana Zoppè. L’azzurro Luca Dallavalle non ha tradito neppure il giorno successivo; ha mantenuto la leadership “navigando” sicuro tra i sentieri e le carrarecce di Kaberlaba e Val Magnaboschi lanterna dopo lanterna, riuscendo a gestire il vantaggio nelle tratte finali nonostante i problemi al cambio. Mai in discussione invece la vittoria di Laura Scaravonati tra le donne. La forte biker della forestale, un passato da nazionale di corsa orientamento prima di darsi alle due ruote, ha comandato la gara negli intertempi dal primo all’ultimo punto, chiudendo con un buon margine sulle rivali. E i vicentini dov’erano? Assenti i biker Erebus, impegnati nell’organizzazione, ci si attendeva una lotta per una medaglia nella staffetta master 35 tra Misquilenses e Panda Marostica, ma entrambe le squadre sono incappate in una squalifica. Quattro medaglie - ma nessuna del metallo più prezioso - è il bilancio degli atleti berici. Il giovane misquilese Riccardo Rossetto è giunto terzo in M20 conquistando anche la maglia di campione veneto. Per la società di Mussolente un altro bronzo è arrivato in M55 con Giuseppe Chemello e un argento in M45 con Virgilio Scalabrin. Secondo gradino del podio anche per il marosticense Giovanni Crestani nella categoria M35. Rimane una certezza: i boschi altopianesi, che tante volte in passato hanno ospitato gare internazionali con bussola e cartina, si sono rivelati adatti anche alla versione dell’orienteering su ruote grasse.

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‘ Valdagno ancora citta Resoconto di un weekend ricco di attività con grande successo di pubblico

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a tutto sport!

di Giulio Centomo

abato 10 e Domenica 11 ottobre Valdagno si è animata di sport a tutto tondo, grandi manifestazioni e grande affluenza di curiosi e appassionati. Strutture sportive messe alla prova con grande successo e soddisfazione da un weekend fitto di impegni per le realtà sportive della città. La società del Valdagno Basket ha ospitato gli atleti della cittadina di Arad (Romania) con cui da anni porta avanti un gemellaggio sul campo e fuori. Uno scambio che ha visto coinvolte tutte le realtà sportive consorziate di Valdagno, Schio e Malo, nel segno del basket giocato, ma anche dell’interculturalità e del sano sport che ancora è vivo tra questi atleti. Presso il nuovo Palalido si è tenuto invece il Trofeo delle province venete di pattinaggio a rotelle. Con lo stage della nazionale italiana di poche settimane fa e grazie ad un evento di questa portata Valdagno dimostra di imporsi anche in questa disciplina come uno tra i bacini di attrazione di realtà importanti nonché culla di nuovi talenti. Si è concluso sempre nel weekend il primo corso di nordic walking, una disciplina nuova, ma che tanto successo ha riscosso in vallata. Boom di iscrizioni in questa prima edizione del corso. Sono stati infatti 60 i partecipanti, ma il 24 ottobre è già pronta a partire la seconda edizione in quattro lezioni che si terranno presso il Parco “La Favorita” il sabato pomeriggio (per info Stefano Orsato 335.8087400). Per l’ultima lezione sono arrivati a Valdagno anche i Master Instructor trentini che si sono esibiti in un biathlon con camminata e tiro con carabina ripreso e trasmesso in diretta sul web. Campo da rugby valdagnese impegnato in una due giorni di partite e tornei a dir poco spettacolare. Sabato sera U18 del Rugby Alto Vicentino impegnata nel primo incontro di campionato per gironi di merito contro il Venezia Mestre Junior. Domenica mattina invece nel segno della Emerson Cup. Seconda edizione che ha visto più di 130 atleti tra minirugby e propaganda, dall’U10 fino all’U14. Giornata conclusa con successo dalla prima giornata di campionato per la formazione Senior del R.A.V. che si è imposta con un secco 57 - 0 sugli avversari del Lendinara Rugby. Per finire, ma di certo non ultimo per importanza il primo Campionato Nazionale di Arrampicata Sportiva Vigili del Fuoco. Mezzi, strutture e attrezzature in esposizione, percorso di agilità per i più piccini e mostra fotografica sugli interventi per il terremoto d’Abruzzo. La gara ha visto

disputarsi una fase di qualificazioni per categoria nella giornata di sabato, mentre domenica ha visto le finali e la finalissima. Tra le nostre soddisfazioni il secondo posto nella classifica generale per il giovane Michele Santagiuliana, volontario presso il distaccamento di Recoaro Terme. Nelle finali per categoria sul podio salgono anche altri due recoaresi conosciuti sul panorama dell’arrampicata, Gianni Bisson e Susanna Fantini, oltre al già nominato Santagiuliana. Al primo posto della classifica per comandi si impone il Comando Provinciale di Vicenza. Prove di notevole difficoltà a cui i circa 40

atleti partecipanti si sono sottoposti mettendo in mostra grandi abilità e prese a dir poco spettacolari. Dopo un weekend così fitto di impegni l’Amministrazione e l’Assessorato allo Sport valdagnesi si augurano di poter continuare su questo percorso tracciato, favorendo l’emergere delle realtà locali e soprattutto la promozione dello sport e di uno stile di vita attivo e sano, ben lontano da aberrazioni quali doping ed episodi di violenza legati a manifestazioni sportive. C’è solo da augurarsi che si possa bissare più e più volte questa maratona sportiva dato il notevole successo di pubblico riscontrato.


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c era

una

volta...

C

di Paolo Agosti

’è qualcosa di nuovo… anzi di antico... il telemark, in effetti quel vecchio modo di curvare e di sciare, oggi, si ripropone con veste nuova, con una grinta diversa da alcuni anni fa. All’inizio quando gli appassionati di questo modo di sciare si proposero, ebbero non poche difficoltà ad ottenere consensi sia da parte della gente che dalla parte commerciale o d’immagine, per ottenere dei risultati che fossero anche “numeri”. Non è che oggi sia molto diverso, ma sta evolvendo, cambiando. Come? Con meno folclore. All’inizio se ad un raduno non andavi con le “braghe alla zuava”…… ovvero se non usavi un’immagine retrò non eri “in”. Oggi invece il Telemark si sta proponendo come un’alternativa piacevole, comoda, attuale e a 360 gradi, ovvero completa. Lo sci è ciò che ti serve per quel giorno: carvato, extra largo, doppie punte o leggero per neve battuta, fresca, pipe, escursione o sci alpino. Duttile e diverso come il telemarker, anche l’abbigliamento si è adeguato, addio pantaloni in panno o altro, ma capi comodi e tecnici, attuali e alla moda, molto vicini allo stile spensierato e grintoso degli snowboarders, con cui abbiamo molte affinità. Il top o la massima espressione della sciata in telemark, è la neve fresca, il fuori pista, qui questa disciplina dà il meglio di sé stessa. Questo perché la facilità di trovare i giusti equilibri, aiutati dalla tecnica del piede a valle più avanzato, dalla maggiore capacità di ottenere una centralità dei pesi sugli sci e poter così giocare sull’equilibrio, ci permette una maggiore sicurezza nell’affrontare in qualsiasi momento il pendio. Inoltre, ed è vero, questo gesto tecnico che ci permette di sciare muovendoci come in una danza, manifesta un’armoniosità e un’eleganza interiore. La qualità e non più la quantità, ecco cosa conta nel telemark; il gesto tecnico prevede uno sforzo fisico diverso che nello sci alpino, specialmente nell’approccio e nelle prime uscite. I muscoli delle gambe vengono chiamati ad uno sforzo maggiore,

telemark


mentre le ginocchia, che sembrerebbero dover patire di più, viceversa, sono meno sottoposte a stress. Non dimentichiamo il più importante attrezzo: l’attacco! Ce ne sono molti modelli nel mercato, la maggior parte sono le famose ganasce molto simili ai vecchi attacchi di un tempo, forse andranno anch’essi sostituiti e già qualcosa c’è, ma al momento sono quelli che si stanno usando e che costano relativamente poco. Poi gli scarponi, molto tecnici, spariti quelli in cuoio ora abbiamo una vasta scelta per ogni esigenza dall’agonistico al superleggero per il tele alpinismo. Una precisazione: per il tele alpinismo, una delle migliori espressioni di questa tecnica, ci sono attacchi che permettono la risalita con grande facilità, avendo uno snodo di quasi 140-150° onde facilitare l’inversione in salita in massima pendenza. Il circuito del telemark cresce e vive nei momenti dei raduni; qui la banda dei telemarkisti si ritrova, si confronta e si diverte, provare per credere... Dopo di che ognuno nelle proprie valli e montagne a fare quello che piace di più. Mi ricordo che una sera, durante un raduno Luca Gasparini ebbe a dire ”E’ sera e sono felice della mia giornata, ma non capisco

chi o cosa mi da questa sensazione… Ho cominciato la giornata con lo snow, ho fatto lezione con gli sci e poi nel pomeriggio un giro con il fondo, verso sera due curve in telemark… non capisco quali di queste discipline mi ha dato questa emozione…. sì la neve!” Ecco in sintesi ciò che ci deve dare emozione, non c’entra con cosa la viviamo, sci alpino, fondo, telemark, o quant’altro, è la neve il bianco manto che ci interessa. Sono pertanto a dirvi che il telemark è un modo di viverla diverso, forse nuovo per le sue proposte attuali, le complete possibilità che si hanno con lo stesso attrezzo, che è forse l’unico che ci permette di essere escursionisti, sci alpinisti, agonisti e più di tutto LIBERI di fare ciò che più ci piace: SCIARE. In conclusione è difficile dire a qualcuno, in particolar modo a coloro che già si divertono e vivono il Bianco Mondo dello sci a loro modo, che c’è qualcosa di nuovo anzi... solo se volete provare ci siamo e se avete bisogno di sapere e vedere www. telmarktribe.com e dà lì in poi basta che NEVE scenda. Buone curve a tutti. Info: caffelatte1950@libero.it.



lettere Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it

Sport e valori identiatari

Un comitato per Venezia Olimpica di Alberto Filippi

Caro Senatore,

Gentile Riccardo,

è possibile, secondo lei, promuovere i valori culturali e identitari di un territorio attraverso lo sport?

Guardi, lei mi ha fatto una domanda che, neanche a farlo apposta, ha una duplice risposta: ne sono assolutamente convinto fautore e tant’è che proprio nei giorni scorsi, presso il negozio di bici ‘’Maddalena’’ ad Arcugnano, nella mia provincia vicentina, ho acquistato, per me e la mia fidanzata due mountain bike della Obea, una fabbrica basca che ha una sua squadra di talenti nel ciclismo. Ho scelto questa marca per una ragione semplice: con la squadra di ciclismo e il marchio della propria terra basca, promuove anche attraverso lo sport, la cultura, i valori, le tradizioni e le identità di un popolo, quello basco, che, all’interno dello Stato spagnolo, rischierebbe di scomparire. Dunque, andando oltre a quello che è il semplice risultato sportivo esiste anche un riconoscimento e una caratterizzazione lodevole da parte dell’Obea che è riuscita a schierarsi senza paure e ritorsioni commerciali inviando messaggi, tramite appunto la marca di biciclette e la squadra di ciclismo, che hanno al loro interno dei valori importanti e che fortemente condivido. Sì, caro Riccardo, lo sport è una via maestra sia per la promozione dei nostri valori culturali sia per l’affermazione dei nostri valori identitari. E noi sportivi vicentini dobbiamo puntare sempre di più nella valorizzazione degli uni quanto degli altri come promozione e conservazione della nostra grande terra. Ecco che la tua lettera ci suggerisce un’idea molto bella. Attraverso il nostro giornale, possiamo costituire un comitato per Venezia, il Veneto tutto, quale sede delle Olimpiadi del 2020. Tutti coloro che hanno un pensiero per sostenere la candidatura del Veneto potranno esprimerlo su queste pagine, anche semplicemente mettendo il loro nome e cognome. Sarà la nostra battaglia per il Veneto, per la nostra grande tradizione sportiva e in genere culturale.

Con stima, Riccardo Galvasin.

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Con amicizia, Alberto Filippi.

Olimpiadi del 2020 Invia una e-mail per aderire al Comitato: un articolo, una foto, un pensiero, solo il tuo nome e cognome per sostenere

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Un romanzo avvincente e divertente, di grande energia inventiva sulla nostra epoca dell’everyman special one, dei tutti campioni nello sport e tutti geni nel lavoro, ma tutti perdenti nell’arte di vivere. «Nel mondo dello sci Luigi Borgo è da tempo una delle penne più ispirate e interessanti: un suo romanzo è un avvenimento per tutti gli appassionati dello sci e non solo per essi». Marco Di Marco direttore di Sciare Magazine

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ottobre 2009 ore 17,30 presso lo stand di Sciare 2009 31 Presentazione del libro IL RE DELLA NEVE

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