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SSIMO SPORTI
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il sogno di un museo dello sci
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editoriale 3
di luigi Borgo
n anno fa, più o meno, in una tavolata di maestri di sci è venuta fuori l’idea di fare un museo dello sci, e di farlo proprio qui da noi. I maestri ispiratori erano Carlo Pianalto da Recoaro, Guido Lanaro e Guido Antonio Lanaro da Schio, Claudio Berti, Lorenzo Visonà e io da Valdagno e, come dicevo, eravamo a tavola al Verena, dove ci trovavamo per il corso di aggiornamento che facciamo ogni tre anni. Si parlava di vecchi sci, di vecchi attacchi, di vecchi scarponi che avevano animato i nostri sogni di giovani sciatori. Lo sci degli anni Settanta, in specie lo sci del quadriennio che va dai mondiali di Sapporo,1972, al parallelo della Val Gardena,1976, è stato l’età dell’oro dello sci. Tutti volevano sciare; si sciava d’inverno e d’estate; si sciava nelle piccole stazioni che diventavano grandi; nelle grandi che diventavano comprensori. I maestri indossavano le divise con lo sponsor Alitalia e portavano gli occhiali a specchio: mai nessun professionista dello sport ha avuto altrettanto glamour come il maestro di sci di quel tempo; mai sci più belli sono stati prodotti come in quel decennio: i Rossignol strato 102, serigrafia amaranto con scritta in oro e soletta azzurra-ciano, i Persenico Formidable, poi Formula Uno e Numero Uno, blu da gigante, rosso da slalom; e ancora i Rossignol Roc (gigante) e St 650 (slalom), prima rossi e blu e poi arancioni e neri; gli Spalding Alfa 450 Squadra Corse, verdi su campo bianco, belli quanto quelli successivi su campo nero e con un tocco qui e là di bluette; i mitici Fischer C4; i Dynastar Omeglass con la scritta rossa-blu, enorme come va adesso; i Dynamic VR 17; i Maxel; i Roy Ski…; e poi gli attacchi: i Salomon 555 oro; il Look Nevada N17; il Marker a molle nere, che erano quelle da gara, il Cober, il primo a usare la plastica…; e gli scarponi: i Caber Squadra Corse, il Grinta; Il Garmont rosso con le fasce in acciaio; il Lange con la plastica a buccia d’arancio, il Sintesi della Dolomite, grigio con gambaletto nero… oh abbiamo continuato per un bel po’ fino a quando il discorso ha perso quel tono da amarcord con cui era iniziato e si è fatto serio, costruttivo. In Italia ci sono un paio di musei dello sci, in Europa ce ne sono di prestigiosi tra tutti quello di Oslo che si vanta di essere la culla dello sci, quando ancora si chiamava Kristiania, e quello, davvero meraviglioso, di St. Anton con gli sci originali di Hannes Schneider e di Michael von Grunigen. Un museo nasce quando c’è qualcosa da raccogliere, alcuni primati da registrare e da non dimenticare. Il fatto, ci siamo detti, che abbiamo uno degli Sci Club più antichi d’Italia, lo Sci Cai Schio, fondato nel 1910, è cosa rilevante (il primo fu lo sci club Torino, nato appena nove anni prima, 1901, il 27° della storia degli sci club, inizia-
ta nel 1861 con la fondazione in Norvegia del Trysil Skytter og Skiloforening); e così l’avere la più antica fabbrica di scioline, le Scioline Soldà, 1934, con sede prima a Recoaro e poi a Valdagno; e quel Giuseppe Zamberlan di Schio che è stato il primo a inventare quella specie di raspa per sci da cui Bortoli da Thiene avrà l’intuizione geniale di realizzare il primo ferma sci, il padre del moderno ski stopper. Dopo la fine della guerra, Angelo Raumer produceva sci nella sua casa di Schio e da oltre quarant’anni a Novale di Valdagno si costruiscono gli sci Belluzzo, una passione per la produzione degli sci che continua nel vicentino ancora oggi con gli stessi sci Belluzzo e con i Kastelaar, gli unici sci tutti rigorosamente in legno, che si fanno a Vicenza. Aldo Soldà è stato probabilmente il primo skiman d’Italia, quando partiva da Recoaro in moto almeno un mese e mezzo prima dell’inizio della stagione sciistica al Sestriere, perché durante il viaggio si fermava a pescare nei più bei fiumi del nord per poi vendere il suo pescato ai locandieri che incontrava lungo il percorso in modo da pagarsi benzina, vitto e alloggio. Un personaggio incredibile, uno spirito beat che meriterebbe di per sé, di essere raccontato e ricordato. E poi Gino Soldà, il primo maestro di sci del vicentino e tra i primissimi d’Italia, e Luciano Cadinetti, indimenticabile numero 10 del Collegio Veneto; e Italo Soldà che è stato il primo sciatore a compiere il salto mortale con gli sci, oltre a essere autore di un manuale tecnico. Infine, la prima antologia letteraria sullo sci e il primo romanzo tutto sullo sci sono miei. Dimenticherò sicuramente qualcuno o qualcosa, ma questo è già sufficiente per ribadire la conclusione a cui quel giorno al Verena eravamo giunti: le nostre valli hanno espresso una cultura sciistica importante, attorno alla quale si potrebbe istituire il nucleo di un piccolo museo tutto dedicato allo sci, soprattutto allo sci agonistico. E’ passato un anno e non ne abbiamo più parlato: per fare un museo ci vogliono soldi, spazi, persone che si dedichino in modo continuativo. C’è stato subito chiaro che non c’erano le condizioni tecniche per realizzare un’istituzione di questo genere, ma resta comunque il fatto che il triangolo Recoaro-Valdagno-Schio è stato una piccola importante culla dello sci italiano. E questo non va dimenticato. Se, quindi, un museo rimane un sogno irrealizzabile, perché non dare seguito alla nostra storia di terra che ha fatto molto per lo sci, organizzando, una volta l’anno, e magari a turno tra Schio, Valdagno e Recoaro, una grande conferenza di livello mondiale sullo sci? Il nostro passato ci dà tutta l’autorità morale per farla e per farla bene.
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più swing per tutti
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Presto realtà la nuova Golf Academy del Golf Club di Asiago. Un’iniziativa destinata a richiamare molti nuovi appassionati e a creare interessanti sinergie tra sport e turismo.
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randi novità dalle parti di Via Meltar. Archiviata l’approvazione del progetto preliminare, sta per prendere il via l’importante piano di interventi volti all’ampliamento ed alla riqualificazione del Golf Club. L’attuale circuito a 18 buche, considerato tra i campi da gioco di montagna più belli d’Europa, si prepara infatti ad ospitare una innovativa Golf Academy. Si tratta, in sostanza, di una scuola di golf avente strutture dedicate, che andrà ad affiancarsi alla dotazione impiantistica in essere e che sarà finalizzata alla formazione specializzata dei golfisti, siano questi neofiti, principianti o esperti. Il progetto, maturato inizialmente sull’esigenza di
di Sergio Vellar potenziare gli standard qualitativi ed i servizi offerti da un circuito che nell’ultimo decennio ha raddoppiato il numero delle presenza giungendo quasi a saturazione, punta anche a dare una risposta soddisfacente a quanti ricercano pacchetti vacanza in grado di abbinare sport e turismo. In campo golfistico si è assistito infatti in anni recenti al crescente fenomeno delle golf clinic. Cioè vacanze-stage, di durata compresa solitamente tra i tre ed i sei giorni, in cui al soggiorno in una determinata località turistica si legano delle sessioni di apprendimento full immersion per imparare le basi della disciplina sportiva o per perfezionare l’armamentario di colpi già precedentemente acquisito. Esperienze simili già in essere confermano che strutture
del genere godono di una forte attrattiva tra i neofiti, ma anche tra coloro che già giocano a golf e desiderano allenarsi per conseguire miglioramenti nella pratica sportiva. E’ dunque lecito attendersi che la nuova Golf Academy possa farsi volano per un ulteriore sviluppo dei flussi turistici di matrice sportiva verso Altopiano, con generalizzate ripercussioni positive per tutto il comparto turistico asiaghese e dei comuni circostanti. Vediamo quali sono, in sintesi, le novità che interesseranno Golf Club. Anzitutto verrà predisposto un nuovo campo pratica, destinato a diventare il fulcro della futura Scuola Golf, dove gli
g golf
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allievi potranno provare tutti i tipi di tiri previsti in questo sport. Il campo, che nei suoi 220 metri di lunghezza conterà in tutto 28 postazioni di cui 6 coperte, sarà dotato di macchinari per la ripresa e la successiva visualizzazione del gesto sportivo, un’opportunità preziosa per facilitare ed ottimizzare l’apprendimento della tecnica. A parte, saranno inoltre realizzate quattro nuove buche che vanno ad aggiungersi alle diciotto già esistenti; qui i giocatori alle prime armi potranno finalmente entrare nel vivo del gioco impugnando legni, ferri e putter per cimentarsi con swing, drive, approcci e put sino a mettere la palla in buca nel green. Da notare che l’accesso a queste quattro buche sarà possibile senza l’obbligo di tesseramento alla Federazione Italiana Golf e senza dover superare gli esami teorici e pratici normalmente richiesti per l’attribuzione dell’handicap (hcp). Ecco che, con qualità ed innovazione, anche accessibilità si pone tra le parole chiave di questo progetto. La scelta è in perfetta sintonia con una più generale strategia federale volta a dissipare la comune immagine del golf come sport elitario. Va ricordato infatti che dal 2007 la Federazione Italiana Golf ha accolto il tesseramento
libero: ciò significa che, diversamente da quanto valeva sino a pochi anni fa, per iniziare a giocare a golf non è necessario essere iscritti a un determinato circolo, ma è sufficiente avere la tessera federale. Assecondando il grande sviluppo del golf a livello amatoriale, il provvedimento intende favorire l’avvicinamento di nuovi sportivi a questo splendido gioco. A breve,
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ad Asiago, sarà possibile cogliere questa opportunità in un circuito golfistico unico nel suo genere: buche che si snodano tra imponenti boschi di abeti e vaste praterie, scoiattoli che timidamente fanno capolino tra gli alberi, scorci di panorami mozzafiato tutt’intorno… tutto nel programma del nuovo Presidente Irene Gemmo.
sentieri ritrovati
alpinismo 7
Sabina Bollori, vice presidente della sezione Cai di Recoaro, firma una nuova rubrica di Sportivissimo, “Sentieri”, attraverso la quale scopriremo i percorsi naturali più belli e interessanti delle nostre montagne: iniziamo con “Il sentiero Rodecche”.
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er definizione un sentiero è un percorso naturale tracciato dal passaggio ripetuto di uomini e animali. E’ il segno che i nostri piedi lasciano sulla terra. I sentieri a basse e medie quote sono le vie di maggior rilievo culturale e sociale, ideali e facilmente accessibili per molte persone. Una miniera di conoscenze per l’ambiente in cui viviamo. La riproposta di antiche vie da parte di associazioni e iniziative del territorio è una buona occasione per solcare itinerari
di Sabina Bollori escursionistici meno conosciuti, ma che proprio per questo custodiscono un fascino particolare. E’ il caso del sentiero Rodecche, che dalle Montagnole di Recoaro Mille sale alla Catena Tre Croci. Questo sentiero, inselvatichito nel corso degli anni a causa della scarsa frequentazione, è stato ripulito nel 2009 grazie alla collaborazione tra la Sezione CAI di Recoaro e i Cacciatori del Comprensorio n°1 oaro T. e della Riserva Alpina di Recoaro
Il Rodecche è una via diretta di salita dalla località Anghebe sulle Montagnole a Campodavanti sulla Catena delle Tre Croci. Il sentiero porta ancora qualche vecchio segnavia biancorosso del CAI, ma è attualmente dismesso e non indicato sulle cartine topografiche come sentiero segnalato. Ora che è stato ripulito è tuttavia percorribile senza difficoltà. Per salire alla località dell’Anghebe la via più semplice è lasciare l’auto presso la Gabiola o le Casare Asnicar (1003 m), raggiungere a piedi Malga Morando e da lì proseguire prendendo la stradina proprio di fronte all’ingresso della malga. Giunti in località Anghebe, per trovare l’imbocco del sentiero Rodecche, bisogna dirigersi a sud della Malga Anghebe (quota 1160 m) percorrendo il prato fino al limitare del bosco. Non ci sono cartelli, ma il tracciato è visibile quando la vegetazione non è troppo alta. Il sentiero sale molto ripido nella prima parte, e diventa più dolce man mano che si raggiunge il Passo Rodecche (1608 m), sul crinale della Catena delle Tre Croci. Da qui lo sguardo si affaccia sulla valle del Chiampo, proprio sopra Malga Campodavanti. Da qui si può proseguire per Bocchetta delle Gabellele in direzione del passo Ristele e della Lora, oppure dirigersi verso il Campetto e Cima Marana, lungo il noto itinerario delle Montagnole alte. Un circuito interessante, anche partendo di pomeriggio e impiegando un giorno e m mezzo, può prevedere invece la discesa aattraverso Malga delle Manze, poco sotto M Malga Campodavanti, fino al rifugio Bertagnoli alla Piatta (1262 m), su sentiero inizialmente non segnalato, ma chiaramente individuabile nei pressi della malga, che poi si innesta nel sentiero n. 233.
8 Pernottando al Bertagnoli, il giorno seguente si può risalire al Passo della Scagina (1548 m), superare la Malga Fraselle di Sotto (1475 m), e dirigersi al Monte Terrazzo (1876 m). Dal rifugio Bertagnoli, per chi possiede adeguata esperienza, è anche possibile accedere alla recentemente rinnovata via ferrata Angelo Viali, che conduce al Monte Gramolon, 1814 m. Sono zone poco frequentate, silenziose, da cui si espandono bei panorami lungo gli spartiacque delle valli. Il sentiero che collega Malga Fraselle di Sotto a Malga Terrazzo (1546 m) si tiene in quota attraversando quieti boschi e faggete, mentre le praterie regalano paesaggi verdissimi, dalle linee pulite ed essenziali. Uscendo dal bosco la vista si apre sulla Val d’Illasi e la Lessinia orientale. Dal Monte Terrazzo si può tornare sulle Montagnole scendendo per il Passo Ristele o per il Passo delle Tre Croci, e ricollegarsi al punto di partenza. Molto spesso l’attenzione verso la montagna va alla alte quote, all’impresa alpinistica o sportiva. Ma un pensiero della montagna e della cultura di cui essa è portatrice andrebbe rivolto prima di tutto ai luoghi dove gli uomini hanno transitato, vissuto, e dove oggi ancora vivono, e vorrebbero lavorare. Moltissimi sentieri, che costituivano antiche vie di percorrenza, potrebbero essere recuperati e valorizzati, mentre oggi sono invasi dai rovi, tornati ad essere bosco. I sentieri mantenuti percorribili, non solo valorizzano il patrimonio culturale di un ambiente ma costituiscono anche uno strumento attivo di tutela del territorio stesso, che richiede la collaborazione e il rispetto di tutti. Pensare nuovi itinerari, recuperando la rete sentieristica esistente, vuol dire anche aprire nuove conoscenze, e nuove opportunità di camminare.
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il vajo del Pino G
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di F.S. Foto di Riccardo Corà
uardando il sottogruppo dei Forni Alti con i suoi numerosi vaj, quello del Pino è situato nell’estrema destra. Il percorso presenta anche numerosi brevi e facili saltini rocciosi che, comunque, non vanno sottovalutati se non si possie-
de un minimo di esperienza alpinistica. Si consiglia, quindi, di salire solo con il meteo sicuro, in numero ridotto e, almeno, con il caschetto da roccia, tenendo anche presente che l’itinerario richiede una discreta preparazione fisica.
La salita si può dividere in 3 parti: 1. Il canalino iniziale, con facili passaggi alpinistici. 2. Il largo ed erboso boale centrale, problematico in caso di nebbia. 3. Il vajo del Pino vero e proprio, con facili passaggi alpinistici.
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Un itinerario sul Monte Pasubio – sottogruppo dei Forni Alti - che quasi tutti i frequentatori delle Piccole Dolomiti conoscono per nome, ma che pochi hanno percorso
escursionismo
Da Valli del Pasubio si raggiunge località Ponte Verde da dove, sulla destra, si prende la deviazione per Xomo/Posina. Poco dopo si arriva al bivio (strada bianca a sinistra) che porta al sentiero di Val Fontana d’Oro; si parcheggia l’auto per incamminarsi lungo la suddetta stradina bianca che, al bivio, va percorsa verso destra (sbarra di ferro) fino quasi alla sua fine. Si raggiunge così, prima di una ripida salita e successiva baita, un piccolo spiazzo dal quale inizia la prima parte di salita.
Il canalino iniziale non va percorso interamente: una deviazione a sinistra e priva di difficoltà alpinistiche ci permetterà di raggiungere il boale centrale che va risalito sino al colletto finale usufruendo solo dei vari canalini sassosi privi di difficoltà alpinistiche e dei soli pendii erbosi con pendenze accettabili. Raggiunto il sopracitato colletto finale si noterà un evidente sentiero ben battuto dai camosci che, in traversata, ci porterà a una forcella, da dove, davanti a noi, si noterà lo stretto vajo del Pino da non con-
fondere con quello ghiaioso sulla destra. Il vajo del Pino sbuca sulla strada delle 52 gallerie (qui serve la torcia elettrica) che, percorso verso sinistra, ci porterà al bivio del sentiero di Val Fontana d’Oro lungo il quale scenderemo direttamente all’auto. Un’ultima raccomandazione: se al seguito ci sono persone inesperte al responsabile del gruppo viene consigliato di portare l’idonea attrezzatura alpinistica tenendo anche presente che, in loco, non ci sono protezioni già infisse.
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di Massimo Reniero
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escursionismo
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scheda personale e curriculum di Giustino Altobelli Nato a Messina il 23 / 9/ 61 coniugato con Rosaria Diplomato I.S.E.F. Allenatore nazionale dal 1990
er chi frequenta il Palacampagnola e segue il basket scledense la figura di Giustino Altobelli è arcinota ma oggi vogliamo conoscerlo meglio perché solo così si evidenzia il valore della persona e l’umanità che lo contraddistingue. - Lei nel basket è sinonimo di dedizione, impegno, di tanta qualità e professionalità in un lavoro lontano dai riflettori, ma in realtà, chi è Giustino Altobelli che 15 anni fa ha tralasciato l’insegnamento nel costante precariato per dedicarsi a tutto tondo al basket? “Giustino è uno innamorato del basket che ha una passione immensa per la palla a spicchi: se questa di allenatore non fosse stata la mia professione, lo avrei fatto
comunque nel tempo libero; l’idea di fare l’ insegnante di educazione fisica e quello di insegnare il basket ai ragazzini è una cosa che avevo dentro, poi quello che doveva essere un hobby è diventato un lavoro e se poi quello che ti piace fare diventa il tuo lavoro, penso che ciò sia il massimo. Mi ritengo fortunato il poter lavorare a così alto livello perché se faccio un passo indietro e penso da dove sono partito, di strada ne ho fatta tanta. Agli esordi, immaginarmi in una situazione del genere non era possibile, è chiaro che quando inizi pensi di arrivare a certi risultati e averli raggiunti, per me è motivo d’orgoglio”. -Il suo ruolo la vede interprete un po’ defilato, solo chi ha il piacere di conoscer-
1983 1984 dal ‘88/89 al ‘93/94
di Enzo Casarotto
1995 1996
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Alla guida di formazioni senior femminili. Porta la Liberi Sportivi Messina/ pol. G. Rescifina dalla serie C alla A2 femm. Guida l’Amatori Messina in C1 maschile
dal 96/97 al 02/03
Giustino Altobelli: l’uomo della palla a spicchi
Inizio carriera con settore giovanili
Inizia la carriera di assistente in A1 femminile
dal 03/04 fino ad oggi
Curriculum:
È assistente del Famila Schio e dal 2008 è il responsabile tecnico settore giovanile Famila Schio
Palmares 4 Scudetti
1 Priolo, 3 Schio
2 Coppa Italia
Schio
Supercoppe italiane
Schio
1 Europe cup
Schio
2 Promozioni
Nei campionati minori
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la, può apprezzare le sue indubbie qualità morali e umane unite ad una grande professionalità ed esperienza nel settore sportivo, soffre una mancanza di visibilità nei suoi confronti? “Intanto quando uno fa questo lavoro, lo fa perché gli piace e comunque lavorare ad altissimi livelli come sto facendo, mi da comunque una visibilità: è normale che il ruolo che sto facendo non è proprio “di primo piano” però per chi ha l’occhio attento, e ai molti tifosi e tanti addetti ai lavori questo non sfugge: ricopro questo ruolo affinché i risultati della società per cui lavoro siano sempre il massimo, qualche volta succede, altre volte no, ma in me c’è la consapevolezza che quello che faccio ogni giorno, lo faccio a vantaggio della società e di chi crede in me e di chi crede che il mio lavoro sia importante”. – C’è stato importante anche l’incontro con Rosaria (la moglie) che ha creduto in quello a cui si è dedicato. “Si, Rosaria ha creduto in me nel momento in cui ha deciso di sposarmi; l’aver fatto una scelta così importante ha aumentato il valore della sua scelta, anche perché se per me è scontato il dover operare lontano da casa, fare il ruolo della moglie di chi lavora lontana dai legami della propria terra non è facile. Ho sempre in mente una frase di Piero Pasini che a Schio conoscete bene, e che fa così: -fare la moglie di un giocatore è difficile, fare la moglie di un allenatore è impossibile- per cui questo la dice lunga sul fatto che una persona come mia moglie al mio fianco mi da la forza per continuare in questa idea”. – 15 anno di A1 e dii pprofessionismo di cui 8 a Schio, questo too ru ruolo uol olo lo la soddisfa o le sta stretto? A quando passo uaando il ppa pass s successivo, con-
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siderata anche la sua tanta esperienza? “E’ una domanda lecita perché comunque sono un caso anomalo nel basket femminile è chiaro chiedersi se succederà e casomai il perché non è ancora successo; io non ho mai considerato il ruolo di assistente come una figura di secondo piano anche se è ovvio che la visibilità dell’allenatore capo è tutt’altra cosa, però fare questo lavoro ai massimi livelli e fatto in un certo modo da tanta soddisfazione. Se e quando (con la ovvia e naturale ambizione che esiste penso in tutti), qualcosa succederà, è chiaro che dev’essere un’opportunità importante perché lasciare una panchina importante come Schio anche se come assistente, deve essere valida … ammesso che debba lasciare Schio!” – C’è qualche rimpianto? “Non ho nessun rimpianto perché tutte le scelte che ho fatto nella vita, sono state scelte che si fanno al momento e considerando il momento; sono scelte che rifarei e i risultati mi hanno dato ragione, il fatto magari di fare un ruolo così per tanto tempo, a qualcuno può sembrare strano. Sinceramente mi piacerebbe riprovare a fare il capo allenatore (perché ho iniziato facendo quello), però la cosa non mi pesa e non mi è mai pesata, aspetto serenamente un’eventuale chiamata o una eventuale opportunità da allenatore capo in A1 ma senza nessun tipo di fretta o di stress benché ho ormai… una certa età”. – Cosa farà Giustino da grande? “Se me lo avesse chiesto qualche anno fa… avrei risposto che mi piacerebbe vincere uno scudetto , ma ora che di
scudetti ne ho vinti quattro, devo dire che sono una persona fortunata perché faccio quello che mi piace e raggiungo anche risultati importanti. Da grande? E’ vero che dipende anche da me ma in questo ambiente, spesso dipende molto dagli altri, se ci sarà qualcuno che mi darà una seria opportunità per un progetto diverso ne sarò felice”. – Schio è un’isola felice sportivamente parlando, ma come sta il basket femminile? “Male perché per tanti anni non si è lavorato nel settore giovanile come si doveva e qui voglio fare una parentesi essendo all’inizio anche del mio terzo anno nel ruolo di responsabile tecnico del settore giovanile all’interno del Famila; credo che l’unica strada per migliorare il movimento sia quello di lavorare con le giovani per crearsi una prospettiva per un futuro migliore. Abbiamo quattro straniere in ogni squadra: bisogna tornare un po’ indietro e investire sulle nostre giovani”. - In conclusione un grazie a… “Un grazie a tanti e senza metterli in ordine… alla mia famiglia, a mia moglie, a Cestaro che da otto anni mi onora di fare parte di questa società, ai tifosi che mi fanno sentire a casa tutti i giorni e a Nicoletta (Caselin) che mi ha coinvolto in questo progetto con le giovani e con la quale stiamo cercando di costruire qualcosa d’importante con gli istruttori e con le ragazze”.
ok Famila Il Famila Schio 2010-2011 sarà la squadra da battere: in soli 210 giorni, una cinquantina le gare ufficiali disputate La stagione del Famila, dopo la mancata qualificazione delle azzurre di Giampietro Ticchi all’europeo di Polonia 2011 e con la nazionale costretta all’Additional Round di Maggio prossimo, è iniziata l’8 settembre con i test fisici (assenti Ress e le tre straniere Isabelle Yacoubou, Liron Choen e Janel McCarville). Dopo le quattro amichevoli in programma, la stagione ufficiale parte il 12 ottobre con al Supercoppa Italiana in programma a Taranto, poi il 15-16-17 a Schio si gioca la qualificazione alla final four di coppa
Italia (con Pozzuoli e Como); la prima giornata dell’80esimo campionato di A1 si gioca a Cinisello Balsamo il 23-24 con il Famila ad aprire le danze per la stagione 2010-2011 con il Priolo dell’ex Santino Coppa. Il 28 è previsto l’esordio in Eurolega con la gara interna BerettaBrno e poi via via tutti gli altri impegni in alternanza tra coppa e campionato. Oltre alle straniere e al nuovo acquisto Jenifer Nadalin, tra il popolo del Famila c’è curiosità sulle attuali condizioni di Laura Macchi dopo il lungo stop dovu-
to ad infortunio. “Sono cinque mesi che aspetto di ripartire, sono molto contenta perché ho recuperato appieno, sono stati cinque mesi molto lunghi, molto noiosi, e a dire la verità, passare tanto tempo così senza fare niente non mi era mai successo, è stata un’estate lunga che mi è servita per capire un po’ di cose soprattutto su me stessa e quindi adesso inizio quest’anno con un sorriso in meno e una convinzione in più, questa è la cosa che mi preoccupa di più perché non vorrei che fosse che sto invecchiando” . –Il
di Enzo Casarotto Famila è una grossa realtà del basket femminile e quindi non si discute. “La squadra è stata costruita per vincere: è innegabile questa cosa per cui quest’anno voglio vedere chi si lamenta di questa squadra perché secondo me più di così il Presidente non poteva fare anzi, lo ringrazio ufficialmente perché l’avere messo a disposizione una squadra del genere è un bello stimolo fin dai primi giorni”. E se lo dice Laura Macchi… la piazza di Schio non può che gioire e stare vicino fin da subito, vicina alle loro beniamine.
hockey
A un soff io dal podio
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Europei under 17. L’Italia è quarta dietro alle corazzate Spagna, Portogallo e Inghilterra. Cinque i vicentini selezionati da Paolo De Rinaldis.
di Enzo Casarotto
opo il lungo ritiro estivo ospiti degli impianti sportivi di Tonezza del Cimone e dell’Albergo Bucaneve, la nazionale italiana under 17 di hockey a rotelle, ha partecipato ai campionati europei di categoria che si sono svolti dal 30 agosto al 5 settembre a Northapton in Inghilterra. La formazione azzurra del tecnico Paolo De Rinaldis con Roberto Tiezzo il suo secondo e Carlo Piccolo allenatore dei portieri, ha ottenuto il quarto posto perdendo la finale di consolazione per 0-2 contro i padroni di casa in un clima da stadio. Il bilancio della rappresentativa under 17 è comunque positivo, senza l’uomo faro e basando tutto il sul collettivo, nelle sei giornate tra qualificazioni e fasi finali, ha proposto un gioco piacevole e tatticamente superlativo, con forse l’unico neo per aver patito un calo soprattutto mentale nella finale di consolazione. Tra i dieci convocati per questo impegno, 5 sono i vicentini selezionati: Andrea Bigarella (Sandrigo), Fabio Manfrin (Sandrigo), Giovanni Bordignon (Bassano54), Daniele Faedo (Valdagno), Davide Dalla Giustina (Thiene) che assieme a Savino De Palo (Giovinazzo), Andrea Beato (Modena), Dario Nardomarino (Giovinazzo), Ciro Martino (Eboli) e Alessandro Verona (Viareggio) hanno maturato un’esperienza meravigliosa che potrà essere utile per la loro maturazione personale e sportiva. Il cammino degli azzurri e’ iniziato tre vittorie: contro la Germania per 4-3, l’Austria sconfitta per 120, e contro la Svizzera battuta per 3-2. Nell’ultima gara del girone di qualificazione l’Italia, contro la corazzata Portoghese, subisce la prima sconfitta per 0-3. In semifinale gli azzurrini incrociano
i bastoni contro la fortissima Spagna che conferma la supremazia della scuola iberica, battendo gli azzurri per 4-1.La finale per il 3° e 4° posto, come detto vede l’Inghilterra agire in contropiede con l’Italia che fa la partita ma in come tutti gli sport, ha ragione chi segna e quindi è l’Inghilterra che vince (2-0) lasciando l’amaro in
bocca ai ragazzi di De Rinaldis. Al clan azzurro rimane comunque la soddisfazione di aver giocato alla pari con formazioni tradizionalmente più quotate anche se una medaglia era nel mirino del clan azzurro. Alla fine la Spagna batte il Portogallo per 5-2 con l’Inghilterra che sale sul terzo gradino del podio.
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Gianmaria Collicelli e Roberto Decchino alla “Traversata dello Stretto” per ricordare Mauro Calligaris. di Franco Decchino
stata la 46ª edizione della “TRAVERSATA DELLO STRETTO” quella svoltasi domenica 8 Agosto da Punta Faro (ME) a Villa San Giovanni (RC) sulla distanza di 5,2 Km e dove si sono confrontati i 90 atleti (45 Agonisti ed altrettanti Master) selezionati dal Comitato Orga-nizzatore per i pochissimi posti disponibili. La competizione, che ha avuto origine il 5 settembre del 1954, nell’arco di qualche anno coinvolse i migliori specialisti riscuotendo insieme alla Capri-Napoli un enorme successo e diventando così una delle classiche nazionali nella specialità del fondo.
Qualcuno, all’esordio di questa gara, molto prosaicamente scrisse : “… il cimento sportivo del nuoto dentro una vasca, nobile e bello per quanto possa essere, non è come lo stesso cimento nel mezzo delle acque del mare”. E qui, nello “Scilla e Cariddi” di omerica memoria, diventa mitico e si tinge di “eroico” nel senso, appunto, mitologico. Perché è una competizione non solo con altri esseri umani ma, anche con le forze della natura, con gli dei ed i “mostri” del mare. Mostri veri o immaginari, esterni e materiali od interni e psicologici che siano. I vortici e le correnti, il freddo e l’affanno, veri e tangibili quanto terribili e la barriera psico-logica del blu profondo, intenso e sconfinato dove perfino la spada del sole d’agosto si perde e scompare sotto il nuotatore, in una piscina senza fondo. Un baratro d’acqua di 200 e più metri, una grande superficie di un enorme volume in cui il nuotatore è solo un puntino sperduto. Un blu profondo dal quale la fantasia e lo stress possono far emergere spaventevoli, im-maginari mostri e di cui molti non sopportano di già la sola idea. Unico aiuto, unico ausilio, riferimento, guida, nel mezzo di questo “blu niente”, la barca che li precede, che fa da “apripista” e la perizia del barcaiolo che la conduce, la sua conoscen-za dei varchi, dei versi, della perigliosità, dei “viottoli liquidi” che si aprono e si chiudono nel turbolento fluire delle acque q dello Stretto.
Questo è il campo di gara di questi “eroi”, questo è il loro valore, anche di chi arriva ultimo. Perché mai come in questo cimento vale il detto decubertiano “l’importante è partecipare”. Onore a costoro che possono dichiarare con orgoglio che un giorno della loro vita, con mezzi propri, attraversarono lo Stretto del mito….” A poter dire “c’ero anch’io” anche 2 rappresentanti di Famila Schio Nuoto: Gianmaria Collicelli e Roberto Decchino. In molte occasioni i due si sono confrontati con teste di serie e nazionali della specialità, ma quest’occasione ha un qualcosa in più, questa volta “si fa sul serio” perché ci si deve confrontare oltre che con il meglio del meglio del nuoto di fondo italiano, tra cui 4 atleti del G.S. Fiamme Oro di Roma, anche con quanto sopra ben descritto da questo anonimo nuotatore … e cioè freddo, onde, vortici, correnti, meduse e chi più ne ha più ne metta. Alla fine, certificato dal cronometraggio elettronico Gianmaria Collicelli è giunto 54° Assoluto con i tempo di 56’29” e Roberto Decchino 58° con i cro-nometro bloccato a 59’22”. Nella classifica Agonisti Senior valida per il Campionato Nazionale di Fondo, si sono piazzati rispettivamente al 10° ed 11° posto. I due scledensi sono stati fortemente penalizzati dai due loro barchini ‘d’appoggio (estratti a sorte) che per loro hanno scelto traiettorie poco fruttuose che hanno costretto entrambi i portacolori della Famila Schio Nuoto a ritornare su una boa con la perdita di minuti preziosi che alla fine hanno compromesso p il buon avvio di entrambi (nei primi
1200 metri viaggiavano entro i primi 10). Lo slogan della Traversata dello Stretto è: “QUESTA NON E’ UNA GARA E’ UN’EMOZIONE” nella gara internazionale di nuoto di fondo più famosa al mondo. L’avvenimento sportivo ha coinciso col 10° anniversario dalla scomparsa del loro ex allenatore, Mauro Calligaris, scomparso l’8 agosto di 10 anni fa in un incidente stradale mentre con i suoi atleti si recava ai Campionati Italiani Estivi a Genova. Calligaris è una persona rimasta sempre nel cuore di tutti gli atleti del Famila Schio Nuoto ma, ancor di più, di quei ragazzi come i ns. 2 portacolori che l’hanno avuto come allenatore ed amico. Per l’occasione, si sono presentati al via indossando una maglietta ricordo del loro ex Al-lenatore, rappresentato in un simpatico disegno eseguito dai suoi ragazzi subito dopo la tragedia e di cui l’originale è custodito gelosamente dal gruppo degli ex. Per la cronaca, la gara è stata vinta da Marco Buccioni che ha percorso la distanza di 5,2 Km. in 44’24’’. Il rappresentante delle Fiamme Oro Roma ha preceduto, allo sprint, i giovanissimi Daniele Pipia (Swim Power di Bagheria PA) e Claudio Polizzi (Athon di Augusta SR) conIl reggino Andrea Attinà (Paideia Nuoto di Reggio Calabria) al quarto posto.Tra le donne ha primeggiato Valeria Corvino (Match Ball di Siracusa) in 48’22’’.
le azzurre
ciclismo 14
Michela Pavin e Nicole Dal Santo sono state le porta colori italiane nei Campionati europei.
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ei giorni 28, 29, 30 di giulla gno a Essingen, Germania, si ate sono svolti i Campionati europei n o D ciclismo per le categorie allieve pridi mo edisecondo anno. Sette le atlete scelte dalla Federazione italiana, dopo un attento esame di tutta la stagione ciclistica, in cui bisognava essersi distinte per aver conseguito un buon numero di vittorie e di piazzamenti. Il gruppo azzurro era composta da Michela Pavin e Nicole Dal Santo, entrambe della CMB Cycle Woman, Anna Zita Striker dell’Artuso Avantec Lievore Detersivi, Francesca Pattaro del U.S. Scuola Ciclismo Vo, Nicole Nussembaumer del team Banca Popolare Adriana Bolzano, Asja Paladin del G.S. Young Team Arcade e Marica Bugatti dell’Alto Adige. Michela Pavin e Nicole Dal Santo fanno parte della CMB Cycle Woman di San Vito, la squadra gestita dal presidente Mario Dalla Guarda e allenata da Claudio Turcato, Franco Eberle e Giuseppe Dal Maistro. Sostenitore e sponsor è Carlo Baciliero della CMB. Nicole Dal Santo si è classificata 16° nella prova a cronometro, disputatasi il venerdì; 8° su strada, il sabato, e 11° la domenica nella gara in linea. Michela Pavin
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si è aggiudicata il 4° posto assoluto, risultato ottenuto sommando il punteggio dei piazzamenti conseguiti nei tre giorni di gara, dove Michela è arrivata 3° su strada, 6° in linea e 10° a cronometro. La competizione è stata ad altissimo livello, molte le atlete in gara provenienti da varie nazioni europee. Ha vinto la medaglia d’oro la Germania, l’argento l’Italia e il bronzo la Danimarca. Ogni nazione era rappresentata da 6 atlete. Per l’Italia il gruppo era composto da 7 ragazze, perciò una di loro ha corso per un punteggio a sé, vale per Michela Pavin. Essingen, la località di gara, è una piccola cittadina molto graziosa vicino a Aalen, che si è rilevata un eccellente campo di gara. Le azzurre hanno dimostrato un’ottima preparazione e in particolare Michela e Nicole che si sono presentate all’appuntamento europeo preparate sia fisicamente che tecnicamente. Un altro aspetto importante è la grande condivisione che il team azzurro ha avuto nella tre giorni europea: le ragazze sono state bene assieme, si sono rispettate, aiutate, consigliate in ogni momento, dalla gara, agli allenamenti, allo stare insieme in albergo, un’esperienza umana e sportiva da non dimenticare, emozionante. Che le farà crescere internamente. Sono ragazze molto carine “con i piedi per terra e la testa non tra le nuvole ma sulle spalle”, come si dice. Sono orgogliose di aver rappresentato la livrea azzurra, l’Italia. Hanno dato il meglio di loro stesse e adesso conservano (sotto nafta-
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lina) la tuta da gara italiana nella viva speranza di poter ripetere l’esperienza nei prossimi anni. Ottima è stata l’organizzazione della FCI, che si è dimostrata una delle Federazioni più preparate e valide a livello europeo. Nicole e Michela sono appagate dalla bella esperienza vissuta, hanno rappresentato una grande squadra azzurra, in cui non c’era rivalità di colori di maglia sebbene le atlete provenissero da squadre diverse: tutte sono state le porta colori dell’Italia – verde la tenacia – bianco l’amicizia – rosso la solidarietà. Questa è la forza dello sport: mettere vicino, nell’esperienza di una gara importantissima, ragazze di varie città del nord Italia e scoprire che sono intelligenti e meravigliosamente abili nella strategia di gara, malgrado le caratteristiche individuali non siano sempre affini. Ecco, è da qui, dal cercare tutte assieme un risultato, vincendo innanzitutto i propri personalismi, che si forma il carattere di un vero campione e le nostre azzurre. nell’Europeo di Essingen, ci hanno dimostrato di saper pedalare da grandi campionesse.
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di Giulio Centomo Foto di Michele Lorenzi e Massimo Forchini
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Il Capitano Dario Rigo La dirigenza Presidente
Repele Dino Dario
Vice Presidente
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Direttore sportivo
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Consigliere
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Responsabile marketing
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Dirigente
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L’allenatore Gaetano Marozin Nato a
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21/01/1971
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La societĂ Hockey Marzotto Valdagno per la stagione 2010/2011
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augura alla squadra agli sponsor e a tutti i tifosi un buon campionato.
notizie dai campioni d’Italia U 200
n titolo tricolore da difendere, il primo nei settantadue anni di vita del club biancoceleste, e pure un tentativo continentale per migliorare quella Final Six (quest’anno sarà invece una Final Eight) conquistata l’anno scorso in Eurolega. Sono questi i due obiettivi principali della Isello Vernici Valdagno che per la stagione prossima potrà esibire sulle maglie lo scudetto. Il cammino della Isello Vernici Valdagno, neo Campione d’Italia, è già iniziato con la rituale consegna di maglie e materiali, poi con la prima sseduta di atletica. Assenti giustificati i portieri Oviedo e Vallortigara, che si sono aggregati al gruppo lunedì 23 agosto, data del primo raduno ufficiale.). Mancava pure il neo acquisto Juan Travasino impegnato con la Nazionale Senior in preparazione agli Europei di Wuppertal (l’ex viareggino si riunirà ai nuovi compagni soltanto a metà settembre). Ha risposto invece puntuale al primo appello l’altro neo acquisto biancoceleste, Valerio Antezza. Il forte attaccante ex Bassano54 è apparso in ottime condizioni fisiche e carico di stimoli. Il team biancoceleste ha già messo alle spalle più di due settimane di lavoro tra pista di atletica, palestra e pista. Con questo programma si andrà avanti fino ad oltre metà settembre. Poi, da mercoledì 22, è prevista una tre giorni di ritiro precampionato in Versilia. Finito il rodaggio verrà servito, martedì 28, il primo piatto succulento della stagione con la finalissima al PalaLido della Supercoppa tra la Isello Vernici Valdagno (neo Campione d’Italia) e il Follonica (detentore della Coppa Italia). E’ un remake assolutamente stimolante della finalissima scudetto, che la Isello conquistò proprio in gara4 al Capannino. Ad ottobre, per tre giorni a partire da venerdì 1, le qualificazioni per la Coppa Italia.
MAROZIN NUOVO TIMONIERE DELLA ISELLO Il testimone della guida tecnica alla Isello Vernici è passato da Jorge Valverde (che ha portato alla conquista dello scudetto) a Gaetano Marozin. Sicuramente una eredità pesante, che comunque il neo tecnico ha accettato con serenità e tanta voglia di fare bene. Se un cambio doveva esserci sulla panchina della Isello, allora Marozin appare davvero l’uomo giusto. In tanti anni di carriera il suo stile non è mutato di una virgola: equilibrio psicologico invidiabile, scevro da sbalzi di umore con un self control doc, modo di proporsi signorile, una spiccata tendenza ai rapporti interpersonali, volontà di comprendere prima l’aspetto umano di un singolo e poi correggere l’atleta. Così abbiamo ritrovato Gaetano Marozin anche nelle recentissime brillanti
Isello pronta per una nuova grande stagione
i nuovi due acquisti Valerio Antezza e Juanluis Travaseno di Giannino Danieli esperienze di Trissino e Breganze. -Fra pochi giorni anche Travasino si riunirà al nuovo gruppo. Che notizie le sono giunte? “Juan sta lavorando davvero forte in azzurro –ha commentato il neo tecnico Gaetano Marozin-, quindi al suo rientro troverò un giocatore già preparato”. Ha risposto invece puntuale al primo appello l’al-tro neo acquisto biancoceleste, Valerio Antezza. Il forte attaccante ex Bassano54 è apparso in ottime condizioni fisiche e carico di stimoli. -Come vanno intesi i primi due giorni di ripresa dei lavori prima del raduno ufficiale in programma lunedì? “Sono stati utili per preparare i test –ha spiegato Marozin-. Intendo fare il punto oggettivo sulle condizioni dei giocatori per poi procedere ad un lavoro personalizzato. L’obiettivo è di raggiungere condizioni ottimali senza rischiare infortuni. Al carico pesante si arriverà con gradualità”. -Al suo seguito ha voluto una figura particolare per impostare il lavoro nel migliore dei modi... “Ho infatti piena fiducia nel preparatore atletico Ramanzin. Si tratta di un perfezionista. Ha collaborato con me per tanti anni ottenendo positivi responsi sia a Trissino che a Breganze”. -Che impressioni ha ricavato dopo il primo impatto con questo nuovo gruppo di lavoro? “Mi sono intanto trovato in un ambiente sereno. I ragazzi sono consapevoli della loro forza. Tutti i componenti del gruppo hanno assicurato disponibilità nel lavoro. L’impressione è molto positiva”. -Già a Trissino era riuscito a formare un gruppo di spessore che contese fino all’ultimo al Valdagno il quarto posto. L’anno scorso si è addirittura superato con il Breganze fino a portare il Valdagno alla gara cinque di semifinale. Sotto la sua gestione si sono visti un Cocco rinato e un Garcia trasformato oltre a giovani come Berto e Ghirardello dotati di grande personalità. Cose tuttaltro che casuali, ma frutto evidente di una certa filosofia di lavoro. Che parte manterrà anche a Valdagno? “Sicuramente spenderò anche tanto tempo per parlare e dialogare con i giocatori”.
IL NUOVO ASSETTO DELLA DIFESA Se n’è andato definitivamente (al CGC Viareggio) il forte difensore Davide Motaran, l’anno scorso protagonista di un finale di stagione in crescendo fino a risultare determinante in gara4 di finale scudetto a Follonica. C’è poi la posizione anomala di Pietro Pranovi che non potrà essere a disposizione a tempo pieno per motivi di lavoro ma soltanto nei casi di assoluta emergenza. Sono quindi tre gli effettivi difensori a disposizione di Marozin: il capitano Dario Rigo, Eddy Randon e il neo acquisto Juan Travasino. Un numero sicuramente insufficiente per reggere i pesi di un Campionato dove difendere il Tricolore è un obbligo e quelli di un’Eurolega dove mantenere la nomea di squadra rivelazione. La società biancoceleste per allestire l’attuale organico è andata incontro a grossi sacrifici, ma un quarto difensore più che un lusso sarebbe una vera e propria necessità. Le speranze sono allora puntate sulla sensibilità di qualche appassionato che capisca il problema e sia disposto a contribuire con una spesa che non sarebbe eccessiva.
IL NUOVO ASSETTO DELL’ATTACCO Non c’è più il funambolo Osvaldo Raed, un giocatore completo che sapeva fare grandi cose in avanti e pure difendere, simbolo di un moto perpetuo. Al suo posto è arrivato dal Bassano54 Valerio Antezza che certamente non ha caratteristiche uguali a Raed, ma comunque un tasso tecnico di tutto rilievo. Gli saranno a fianco altri due attaccanti come Carlos Nicolia (per lui un biennale, forse l’operazione più difficile portata a termine dalla Isello) e Massimo Tataranni (l’anno scorso vincitore della Stecca d’Oro). Nel caso del reparto offensivo tre attaccanti di quel livello potrebbero anche bastare, una situazione completamente diversa da quella che riguarda il settore arretrato.
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arti marziali
l’arte della flessibilità fujisan judo schio M
a cura di Massimo Neresini
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olti di noi che frequentano da anni palestre e scuole di Arti Marziali conoscono il Judo come una delle più importanti attività legate all’arte del combattere ed in particolare della lotta sul tatami. Questa Arte si fonda sugli insegnamenti di un Grande Maestro giapponese, Jigoro Kano, che sviluppa il Judo (“Ju” flessibilità, “Do” via) dal più antico e duro JuJitsu per fondare una disciplina più idonea alle attività dell’uomo moderno (tanto che il Judo in poco tempo viene praticato in tutto il mondo e diventa disciplina olimpica), senza però eliminare quel fondamento di rigorosità, applicazione e rispetto che sono principio di tutte le Arti Marziali con la “maiuscola”. La stagione del FujiSan sta per riprendere in pieno la propria attività sulla scia della scorsa
stagione estremamente positiva. Non sono mancate le soddisfazioni per i Maestri Francesco Lovato e Massimo Pettinà. Questo anno gli atleti hanno affrontato gare ufficiali, anche a livello internazionale, mettendo a frutto gli insegnamenti dei Maestri e degli allenatori Michele Dal Cortivo e Davide Frabbis. La stagione agonistica, cominciata con la partecipazione di una sola atleta alla sua prima gara internazionale a Vittorio Veneto, ha dimostrato la grande grinta, impegno e tenacia dell’atleta scledense Zermilian Elena che si è qualificata al 5° posto, un ottimo esordio, così come al Trofeo Regionale di Bassano. Al Trofeo Città Murata di Cittadella si conquistano tre podi: un 2° e 3° posto nella categoria fino a 40 kg di Stella Giorgia e Lagni Anna e un 2° posto nella categoria fino a 57 kg di Lagni Davide ed un 3° di Lagni Andrea nella categoria fino a 55 kg. La scorsa stagione agonistica si conclude con l’eccellente prestazione di due atleti, Sella Daniela e Lagni Alberto, che alla loro prima esperienza di gara vincono al trofeo internazionale di Kata di Pordenone con una eccezionale esibizione in coppia. Il Judo dimostra di essere uno sport sano che crea amicizia, fiducia e rispetto del compagno e dell’avversario. Uno sport meraviglioso sia nella pratica del combattimento che nella esecuzione dei Kata. Anche un piccolo Dojo come il nostro di Schio si propone di dare grandi soddisfazioni agli atleti che partecipano con passione a questa disciplina. Il Judo insegna il rispetto dell’avversario e la sua pratica richiede disciplina e comportamento leale elevando lo spirito e accrescendo l’energia vitale dei praticanti.
Ricordo che la Scuola FujiSan Judo Schio la trovate presso: Palestra Scuole Elementari Strasseggiare (Via Strasseggiare Schio) zona Sant’Angelo Tel. 349 5700383 e 329 9719288 RICORDO CHE DA QUESTO ANNO INIZIERANNO ANCHE I CORSI DI AIKIDO, ALTRA GRANDE ARTE MARZIALE
Calendario: martedì 1° turno per ragazzi dalle 18.00 alle 19.00 dai 5 agli 11 anni martedì 2° turno per atleti dalle 19.00 alle 20.30 dai 12 ai 99 anni martedì 3° turno aikido per dalle 20.30 alle 21.30 adulti venerdì 1° turno per ragazzi dalle 18.30 alle 19.30 dai 5 agli 11 anni venerdì 2° turno per atleti dalle 19.30 alle 20.45 dai 12 ai 99 anni venerdì 3° turno aikido dalle 20.45 alle 22.00 per adulti
Percorrere la via che porta alla cedevolezza ed alla flessibilità è difficile, ma il premio che ricevi percorrendola è grande… il mio augurio a tutti è di iniziare questo magnifico viaggio di vita.
PROSSIMO ARRIVO IN ITALIA DI ZELG GALESIC ALLA SCUOLA DEL MAESTRO MARCO VIGOLO CHE E’ UNICO RESPONSABILE PER L’ITALIA DELLA SCUOLA INTERNAZIONALE DI MMA “TROJAN FREE FIGHTERS”. SE VOLETE PREPARARVI AL COMBATTIMENTO NON PUO’ ESSERCI DI MEGLIO. CONTATTATE IL MAESTRO MARCO VIGOLO PER MIGLIORI INFO: Maestro Marco Vigolo DTR Shootboxe FIKBMS Unico esponente e responsabile tecnico Nazionale del “Trojan Free Fighters” (Z.Galesic MMA) Cell.3358451834 teamvigolo@libero.it www. martialworld.net www.shootboxeberica.it
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la forza di Michela di Enzo Casarotto
uando la tenacia e la passione superano ogni difficoltà accade anche questo! Michela Pavin, una biondina di San Vito di Leguzzano, dal sorriso coinvolgente accasata con la Cmb Cycle Women, ha vinto la maglia tricolore nella specialità dell’inseguimento individuale su pista delle allieve a Mori. Lo scorso anno Michela ha rischiato di appendere la bici al chiodo per un problema fisico poi risolto con un’operazione al cuore e quest’anno, dopo la tanta rabbia accumulata nell’anno d’inattività, ha dimostrato a tutti, anche ai più scettici tutto il suo valore agonistico ma soprattutto ha dimostrato a se stessa che tutto si può fare con l’impegno, la costanza, la determinazione e con tanta passione. Per lei la bici è una cosa importante che la fa divertire e che le permette di stare bene. La sua partecipazione alla prova dell’inseguimento è stata quasi una scommessa con il tecnico regionale Sergio Bianchetto (che con Cipriano Chemello guida il team Veneto) perché la sedicenne, del tutto profana anche nelle prove contro il tempo, per preparare la gara tricolore ha corso prima degli italiani, la distanza in due sole occasioni. Per la verità in pista ci sa fare perché quest’anno a livello regionale ha primeggiato nella corsa a punti ed è giunta 2^ nella velocità e 3^ nel Keirin nella “vernice” di Bassano del Grappa riconfermandosi a Pescantina dove ha vinto la velocità. Su strada, dopo i due secondi posti ai campionati italiani con le esordienti 1° anno e secondo anno, quest’anno con le allieve è salita sul terzo gradino del podio nella gara vinta dalla Stricker. “Sono felicissima - dichiara Michela – non mi aspettavo di andare così forte in questa specialità che conosco da poco; quando ho capito che sono andata in finale con il terzo tempo di qualificazione, in finale ho inserire il turbo… ed è andata bene. Dedico questa maglia tricolore al mio direttore sportivo Claudio Turcato al quale auguro una pronta guarigione, alla mia famiglia, alle mie compagne di squadra a Giuseppe Dal Santo, Beppe Maistro, Franco Eberle e ai tecnici regionali Bianchetto e Chemello che hanno creduto in me”. Sulle ali dell’entusiasmo per la conquista della maglia tricolore, Michela Pavin si è imposta su strada nella gara di Granella di Tezze sul Brenta conquistando anche la maglia di campionessa provinciale delle allieve ed incrementando il suo vantaggio nella classifica del Meeting Rosa prima della conclusiva gara di Nove. Michela ha iniziato col Veloce club Schio 1902 fino ai giovanissimi G5 per passare ai Giovani ciclisti Santorso (G6); dalle esordienti corre con la Cmb Cycle Women di Mario Dalla Guarda e di Carlo Baciliero. Non si contano le vittorie nei giovanissimi e con le esordienti. Lo scorso anno come detto, stagione da dimenticare e pronto riscatto quest’anno con la vittoria di Granella, tre secondi posti, un terzo posto su strada oltre all’attività su pista che gli ha regalato altrettante soddisfazioni. Quest’anno ha vestito la maglia della nazionale in Germania ottenendo un sesto posto su strada e conquistando nella “generale” dei 3 giorni il 4° posto assoluto.
Ordine d’ar individuale allie rivo Inseguimento ve del campi Italiano di Mori onato 2010 1 Michela Pavin Cmb Cy cle Women 2’49 ”277 2 Ilaria Bonomi Val d’Illa si 2’49”707 3 Natasha Grillo Winner Team
2’51”077
Michela Pavin vince il titolo italiano d’inseguimento individuale su pista, dopo che lo scorso anno era stata costretta a sospendere l’attività agonistica per un problema fisico
Mtb a Torrebelvicino C
on la 5^ prova di Cross Country giovanile 1° Trofeo Zanebet, riservato alle 8 categorie degli esordienti e allievi del 1° e del 2° anno maschili e femminile a Torrebelvicino con l’organizzazione del Veloce club Torrebelvicino Vallortigara (che festeggia così il trentennale dalla sua fondazione) si è conclusa la Coppa Italia di mtb (le altre quattro prove si sono disputate a Genova, Erice (Tp), Anagni (Fr) e a St. Lorentz (Bz), con la Lombardia che bissa il successo del 2004 e 2008 e del 2009 vincendo anche quest’anno davanti al Comitato provinciale di Bolzano e al Piemonte. Bene anche il Veneto che chiude al quinto posto preceduto dalla Valle D’Aosta. Il Veloce club Torrebelvicino Vallortigara di Massimo Zuccato ne è uscito a pieni voti
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Nella prova di Coppa Italia di cross country giovanile la Lombardia si riconferma dominatrice; bene il Veneto che sale al quinto posto. di Enzo Casarotto
e con i complimenti di tutti da questo impegno organizzativo. Al via 177 atleti (tutti presenti i campioni italiani in carica) in rappresentanza di tutta la penisola con 15 regioni in gara e tante società iscritte individualmente. Bene i tre turritani selezionati con il Veneto da Walter Vendramin giunti al 5° posto con Jessica Pellizzaro (sfortunata perché caduta alla fine del primo giro) tra le allieve del 2° anno, 23esimo e 24esimo rispettivamente Luca Tagliapietra e Andrea Moro tra gli esordienti 1° anno, 24° anche Andrea Dotto tra gli esordienti del 2° e con Mattia Cestonaro (24°) e Filippo Bettanin (20°) nelle due categorie degli allievi. Complimenti sono arrivati dal responsabile nazionale del settore fuoristrada della FCI Renato Reidmuller che ha
così commentato: “Sotto l’aspetto tecnico e organizzativo è andato tutto bene, qui a Torre per la giornata finale della Coppa Italia si è vista una grande organizzazione e un servizio impeccabile pertanto siamo contenti; per quanto riguarda la parte agonistica si è riconfermata la Lombardia e subito dietro Bolzano rispecchiando i valori in campo. Il movimento qui in alta Italia porta quasi duecento concorrenti al via e ciò sta a significare che il movimento è costante; a seguito della riunione con le società, per il futuro, c’è la proposta da valutare a livello di commissione tecnica l’inserimento nella formazione di Coppa, oltre ad una donna un’altra obbligatoriamente esordiente. E’ stata una Coppa Italia che merita, sull’arco delle 5 tappe un 8 e ½ - 9
per non dare un bel 10; la Federazione ha messo un bell’importo per la premiazione finale che verrà distribuito ai Comitati regionali e come Commmissione tecnica ci abbiamo creduto. Complimenti sono arrivati anche dal delegato Regionale FCI del settore Flavio Furlanetto: “L’organizzazione è stata ottima, sono contento per la partecipazione che ha gratificato gli organizzatori e per il Veneto che in questi ultimi anni sta svolgendo un buon lavoro. Il percorso mi è piaciuto moltissimo: è tecnico e anche fisico con quella salita lunga; un percorso spettacolare”, dal presidente regionale F.C.I. Bruno Capuzzo e da Stefano Retis il delegato provinciale della F.C.I. di Vicenza del fuoristrada e del settore donne.
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di Enzo Casarotto
ui Susanna: Alla diciottenne Susanna Zorzi più volte abbiamo dato spazio ma come non mai stavolta al bivio tra l’attività giovanile e il passaggio nel ciclismo che conta, questo spazio lo merita davvero. La bionda di Cogollo del Cengio il mese scorso è giunta quinta al mondiale strada di Offida ed ha ripetuto il piazzamento sia nella crono dell’europeo di Ankara sia nel mondiale crono disputato sempre ad Offida. E’ titolare della maglia di campionessa triveneta e ha vinto il bracciale del cronoman. Indossando altresì la maglia di campionessa italiana della strada e della cronometro Susanna Zorzi portacolori dell’Artuso Lievore Breganze, ha fin qui totalizzato con le junior la bellezza di 14 convocazioni in maglia azzurra giungendo seconda tra le giovani in Spagna nell’Emakumeen Bira.“Susanna quest’anno si è comportata molto bene e direi oltre le aspettative nella prova a cronometro mondiale – sostiene il responsabile tecnico azzurro Edoardo Salvoldi – dove ha confermato il piazzamento ottenuto ai campionati europei ma sicuramente quello del mondiale di Offida è di una qualità superiore perché ovviamente il livello delle avversarie era più qualificato e il percorso molto più impegnativo. Nel mondiale strada Susanna ha contribuito al secondo posto della Ratto e ha avuto, a qualche chilometro dalla fine la possibilità di provare a vincere il mondiale, poi ai -2,5 km. ha tentato l’ultimo attacco ma gli
è andata male, mettendosi al servizio di Rossella Ratto; nel finale le energie erano poche ma dobbiamo anche dare merito alla francese Ferrand Prevot che è stata brava. Susanna è innanzitutto una brava ragazza che capisce le dinamiche di gruppo nelle quali si è inserita molto bene e da quando è in nazionale le abbiamo fatto fare esperienze importanti come una gara a tappe in Spagna e noi la troviamo pronta a tutti gli effetti per affrontare la categoria elite già dal prossimo anno”. Dopo il Mondiale ha vinto a Rogno nel bergamasco una crono internazionale, il 6° Trofeo Davide Fardelli battendo Rossella Ratto la vice campionessa del mondo strada e Giulia Ronchi della Cristoforetti di Anaune firmando il suo sesto sigillo stagionale (4 su strada a Vada, Vangile, Mereto di Tomba e a Riese Pio X in occasione della prova tricolore e due a cronometro a Rogno e il tricolore crono di Mogliano Veneto) ha ottenuta anche numerosi piazzamenti tra le prime 5. A giorni firmerà il trasferimento con una formazione under e correrà a tempo pieno, scuola permettendo, con la maturità in Ragioneria al Pasini di Schio prevista per quest’anno. Qui Giacomo. Per il diciottenne maladense Giacomo Berlato accasato con il V.C.Schio 1902 Car Diesel fino a fine stagione nella categoria juniores, le soddisfazioni non sono state pari a quelle di Susanna però la sua costanza di rendimento (due vittorie nella Brescia-Montemagno e a Bolano nella seconda tappa del Lunigiana) ed il fatto che già dallo scorso anno è sotto osservazione dai Ct. Collinelli e De Candido, lo hanno portato a gareggiare nel mondiale
Susanna Zorzi e Giacomo Berlato: due vicentini al mondiale di Offida 2010.
juniores di Offida. Berlato nel fine stagione si è preso qualche rivincita e il “Giro della Lunigiana” per lui è stata la gara che lo ha fatto risalire fino al sesto posto del ranking nazionale degli juniores e ciò grazie alla vittoria ottenuta a Bolano, al secondo posto il giorno dopo nel Lunigiana, alla maglia di scalatore e al terzo posto nella classifica generale sempre del Lunigiana 2010. “Correre un Mondiale tra gli juniores è motivo di soddisfazione – afferma Berlato - e non nego che al mondiale ci ho creduto; ho avuto poi la sfortuna di cadere a 25 chilometri dall’arrivo quando ero in fuga con un francese, un australiano, un russo e un polacco, e quindi c’è un po’ di rammarico ricordando il mondiale”. – Cosa si porta in dote alla fine dell’attività giovanile? “Ho imparato a correre e ad evitare di scattare sempre e spesso a vuoto come facevo tra gli allievi; ora so leggere meglio le gare evitando di sprecare utili energie che servono nel finale. Sono migliorato anche sotto l’aspetto dell’alimentazione, ora più mirata”. – A cosa punti? “A far bene; di sicuro ci sarà il primo periodo di ambientamento con l’adattamento a percorsi e gare nettamente più lunghe ed impegnative, poi dopo la scuola, spero di ritagliarmi uno spazio importante anche tra i dilettanti. Se posso, vorrei ringraziare il Veloce club Schio, la società che mi ha dato la possibilità di essere arrivato a questi risultati: sono stati 12 anni con tante soddisfazioni e tanta crescita, un grazie anche a tutti i tecnici che mi hanno seguito”. La sua stagione: due vittorie, quattro secondi posti, tre terzi posti per un totale di 19 piazzamenti entro i 10.
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Il nome degli uccelli di Dorino Stocchero
utti gli animali sono stati catalogati dagli zoologi secondo un metodo che attribuisce a ciascuna specie un nome scientifico composto da due parole latine. La prima parola indica il nome del “genere” a cui l’animale viene assegnato mentre la seconda è quella della “specie”. Il sistema di classificazione tiene quindi conto del fatto che le specie si distinguono tra loro per alcuni aspetti mentre si rassomigliano per altri. Sulla base di vari livelli di affinità degli animali è stata realizzata, secondo una precisa gerarchia , una serie di categorie sistematiche, pertanto quando diverse specie presentano caratteristiche di somiglianza vengono riunite insieme in un unico “genere”, un gruppo di generi imparentati viene inserito in un’unica “famiglia”, le famiglie conformi sono comprese in un “ordine” e gli ordini affini sono compresi in una “classe”. Gli uccelli sono vertebrati a sangue caldo con arti anteriori trasformati in ali, il loro corpo è rivestito di penne e la struttura generale del corpo è tale da consentire la funzione del volo. Le penne sono senza dubbio la caratteristica più evidente degli uccelli e rappresentano l’elemento principale a cui essi devono la capacità di volare, sebbene altre strutture, come ossa con cavità ripiene di aria e l’apparato respiratorio provvisto di sacchi aerei, concorrano a realizzare tale funzione. Gli ordini che raggruppano le specie di uccelli sono: anseriformi, caradriformi, columbiformi, galliformi, gruiformi e passeriformi. Gli anseriformi sono uccelli caratterizzati da un becco di forma appiattita con margini dentellati, le zampe hanno tre dita anteriori congiunte da una membrana ed una posteriore posta più in alto. A questo ordine appartiene la famiglia degli anatidi
Dorino Stocchero ci spiega come vengono classificati e nominati gli uccelli (germano reale, alzavola, codone, canapiglia, fischione e mestolone). I caradriformi a cui appartengono le famiglie dei caradridi e dei scolopacidi hanno occhi grandi e tarsi allungati. I caradridi (pavoncella) hanno un tipico becco corto mentre gli scolopacidi (beccaccia, beccaccino, combattente e frullino) hanno becchi molto lunghi. Alla famiglia dei columbiformi appartengono il colombaccio e la tortora, essi sono uccelli dal becco corto che possiedono una membrana di pelle rigonfia a livello delle narici. I galliformi comprendono uccelli con tipiche zampe da razzolatore e con becco forte, appartengono a questo genere due famiglie: i tetraonidi e i fasianidi. I tetraonidi sono galliformi tipici rappresentanti della fauna alpina (fagiano di monte, pernice bianca, francolino di monte e gallo cedrone) che si sono adattati a vivere nei nevosi ambienti alpini oltre al limite superiore della vegetazione arborea. La caratteristica principale di questa famiglia è quella di avere le narici e i tarsi protetti da piume. D’inverno sulle dita delle zampe si sviluppano delle escrescenze cornee che aumentano la superficie di appoggio facilitando l’animale negli spostamenti sulla neve e le loro unghie si irrobustiscono fungendo da “ramponi”. La famiglia dei fasianidi comprende invece specie accomunate dalla caratteristica di avere i tarsi, le dita e le narici prive di piume (coturnice, quaglia, starna, fagiano e pernice rossa). I gruiformi sono uccelli nei quali troviamo un insieme eterogeneo di fa-
miglie, tra queste quella dei rallidi, uccelli che hanno becco allungato, ali corte e sagoma tondeggiante (folaga, gallinella d’acqua e porciglione). L’ordine dei passeriformi comprende un numero molto vasto di famiglie e specie (alaudidi, corvidi , sturnidi e turdidi) con le caratteristiche più varie sia dal punto morfologico sia per il comportamento e le abitudini. Gli alaudidi comprendono cappellaccia, tottavilla e allodola, sono uccelli piccoli e buoni volatori che trascorrono gran parte del loro tempo a terra dove ricercano il cibo (granaglie e insetti). Gli sturnidi sono uccelli robusti di dimensioni medio-piccole e dal becco appuntito che si adattano a qualsiasi terreno. I turdidi hanno dimensioni simili agli sturnidi e sono volatili che frequentano gli ambienti più vari. A questa famiglia appartengono il merlo, la cesena e il tordo. Infine i corvidi sono i più grandi tra i passeriformi, hanno una struttura robusta dotata di un forte becco, sono uccelli rustici, ma molto intelligenti.
pattinaggio nagggio
skiroll sk
skiroll camp2010
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Confermata la superiorità anchee a livello europeo della coppiaa Jeunesse di pattinaggio artisticoo Eleonora Moro - Alessandroo si Amadesi
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i è svolto dal 31 agosto al 04 settembre 2010 a Novara aa ar ara nell’ ambito di una serie di manifestazioni sportive attuate at ate dal comune, “Novara è sport “, il Campionato europeo di di pattinaggio artistico a rotelle per la categoria Jeunesse .NuNuNumerosa la partecipazione del pubblico che ha sostenuto gli gli atleti della nazionale italiana e non solo durante tutte le gare are ar re con un tifo quasi da stadio. Molte le rappresentative di atleti eti ti provenienti da ben 11 nazioni europee (fra cui anche Israeaeae ele) che hanno saputo ben figurare nelle varie specia- litàà . Per le Coppie Artistico categoria Jeunesse molte erano le aspettative per la coppia Eleonora Moro - Alessandro Amadesi che veniva presentata come portabandiera della squadra italiana per questa specialità. Anche questa volta la lotta per il primo e secondo posto è stata con la coppia Giulia Pascolini - Luca Lucaroni secondi classificati ai Campionati italiani . Ma già dopo il programma corto la coppia Moro- Amadesi era già in vantaggio con una preferenza di tre giudici su cinque . Si respirava un’ aria molto tesa prima del programma lungo che avrebbe decretato la coppia vincitrice perché gli atleti sapevano che i margini di errori erano minimi per entrambe le coppie ma alla fine i giudici (quattro su cinque ) hanno decretato la vittoria della coppia Moro - Amadesi con punteggi anche di 8.9 e 8.7 (il massimo è 10 ) . Per quest’ anno le attività agonistiche della coppia sono finite (alle competizioni mondiali partecipano solo le cat. Yunior e Senior). Un grande ringraziamento a Eleonora e Alessandro per il lustro che hanno dato alla città di Schio alla provincia di Vicenza e a tutto lo sport italiano. Un caloroso ringraziamento anche a tutti coloro che hanno reso possibile questo straordinario successo: dagli allenatori ai genitori, a tutti i simpatizzanti di questo sport che sono sempre stati loro vicini. Un in bocca al lupo ad Eleonora e ad Alessandro per la prossima stagione agonistica e per i loro impegni scolastici. AUGURI !!!!!!!
di Carlo Scaldaferro
i è svolto dal 30 luglio al primo agosto lo skiroll Camp 2010 organizzato dall’Accademia Ski Skett. Teatro dell’evento è stata la pista di Rapy Verrayes (Aosta). Istruttori la coppia Anna Rosa e Valerio Theodule, che hanno seguito in modo impeccabile ogni singolo partecipante indicando tutti i dettagli per migliorare tecnica “sciistica” e livello prestazionale, sia nello “stile” classico che skating. L’organizzatore, Carlo Crestani, ha messo a disposizione tutta la gamma di skiroll “SKI SKETT” . In molti ne hanno approfittato per provare i nuovi prodotti specialistici da skating, classico e fuori strada. Hanno partecipato 14 persone provenienti da Italia e Svizzera. Quest’ultimi, appartenenti al Club Sci fondo Ginevra. Il meteo è stato eccellente e tre splendide giornate di sole hanno caratterizzato a manifestazione. In occasione del “Camp”, si è disputata anche la gara di Triathlon organizzata dallo Skiroll Club Comunità Montana Monte Cervino. I concorrenti hanno dato battaglia nelle tre specialità di skiroll, corsa a piedi e mountain bike. Nutrita la partecipazione.
Da segnalare il quarto posto di categoria per il trio composto da Valerio Theodule, Maria Grazia Forti e Carlo Scaldaferro (gli ultimi due partecipanti al Camp). Prossimo appuntamento con l’Accademia il Camp nella nuova pista di Dobbiaco (BZ), pre-sumibilmente all’inizio del prossimo ottobre.
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di Chiara Guiotto
niti dalla passione per lo spinning, un gruppo di amici della valle dell’Agno anche quest’anno ha realizzato un impresa sportiva davvero interessante. Non si è mica al Giro d’Italia, nemmeno alle corse dilettantistiche, semplicemente ad un
evento sportivo del tutto amatoriale in cui la bici da strada ne è stata protagonista per ben 7 giorni filati. 16 amici si sono dati appuntamento anche quest’anno per il loro mini giro d’Italia: la partenza lo scorso 19 giugno da Novara, l’arrivo ad Aosta il 26 passando per la Svizzera e la Francia per un totale di oltre 700 Km in 7 giorni. E’ dal 2004 che ogni anno scelgono percorsi diversi: dalla Sardegna, alla Basilicata, alla Toscana, come pure il Trentino. Quest’anno si sono mossi verso il confine per raggiungere alcune importanti località svizzere e francesi famose per le loro vette impegnative. Partendo da Novara hanno raggiunto per primo il Lago Maggiore per poi entrare in Svizzera e scalare il passo Novena che con i suoi 2478 m di altezza è il passo più alto della Svizzera. Ma la terza tappa è stata segnata da una vetta altrettanto importante, il Grimselpass, 2165 m, dopo di che una lunga e meritata discesa fino a Interlaken. La quarta tappa, lunga ben 119 Km, ha visto come protagonisti il meraviglioso lago di Thun, che il gruppo ha costeggiato per 16 Km, e l’insidiosa ascesa al passo di Col du Pillon a 1546 m dalla cui cima il team ha goduto di una affascinante vista della montagna Oldenhorn e del massiccio di Les Diablerets. Ad inaugurare il quinto giorno in sella alla bici da corsa un bellissimo tratto lungo il fiume Rodano fino alla splendida località di Martigny la cui bellezza è stata assaporata ancora una volta appena raggiunto il Col de La Forclaz perché regalava una vista incredibile sulle località svizzere sottostanti. Entrati in Francia il gruppo ha raggiunto la famosa località di Chamonix dove si è permesso una breve sosta per visitare la cittadina francese ai piedi del Monte Bianco. Arrivo a Notre Dame de Bellecombe dopo
senza confini
In bici dall’Italia alla Svizzera all’Italia: l’avventura sportiva di 16 ciclisti che il contachilometri segnava 113 Km. La fatica ormai cominciava a farsi sentire nei 16 atleti ma nessuno ha mai pensato di abbandonare l’impresa, anzi. Lo spirito di gruppo e la loro coesione sono stai i
loro punti di forza e nonostante ogni tappa avesse uno o più valichi particolarmente impegnativi, il gruppo è sempre rimasto unito e compatto fino all’arrivo ad Aosta. Ma arriviamo alla tappa più impegnativa, la sesta. Dal colle di Les Saisies, 1650 m, a Beaufort per poi iniziare una salita lunga addirittura 20 km con una pendenza media del 6% raggiungendo il valico di Cormet de Roselend, 1968 m. Una lunga discesa per tirare il fiato un attimo ma non troppo visto che ad aspettare il gruppo c’era la salita del Piccolo San Bernardo che gli ha portati a raggiungere i 2188 m di altezza. Tappa davvero faticosa, 3130 metri di dislivello realizzati in circa 8 ore arrivando a La Thuile. Ultima tappa, una passerella fino ad Aosta, orgogliosi tutti quanti di aver compiuto un impresa sportiva notevole. Gli atleti si sono concessi un solo giorno di riposo il 22 giugno a Interlaken e ne hanno perciò approfittato per raggiungere lo Jungfrau a bordo del famoso trenino e godersi uno splendido paesaggio innevato. Assistiti da un furgone guidato da due autisti nonché amici del gruppo, che li hanno sempre seguiti fin da Novara, il team composto da 16 atleti dai 30 ai 66 anni ogni giorno partiva in gruppo e solamente le salite, quelle più ripide, erano libere. Le zone pianeggianti e gli arrivi erano invece sempre fatti in gruppo. Le soste non mancavano per un semplice spuntino e un break rigenerante prima di salire nuovamente in bici. Sì perché non si è trattato di una competizione bensì di una lunga pedalata in compagnia. Splendida la terza tappa che tutto il gruppo si ricorderà con molta gioia visto che raggiunti i 2165
metri di altezza del Grimselpass hanno incontrato uno splendido paesaggio innevato; non è da tutti durante un mese estivo poter pedalare sotto una bellissima nevicata di soffici fiocchi bianchi. “Un’altra bellissima tappa è stata quella da Notre Dame de Bellecombe a
La Thuile - ha commentato l’organizzatore della gita Mario Savegnago - Non ho mai incontrato come lungo questo tragitto dedicato interamente ai ciclisti così tante indicazioni sul percorso, sulle difficoltà e sulle possibile varianti. A dimostrazione di quanto anche la Francia dia importanza allo sport praticato all’aria aperta e di quanto ci tenga a dare ai turisti buoni servizi. Abbiamo perfino costeggiato il Monte Bianco: che spettacolo!” Ad affiancare Savegnago, organizzatore tutti gli anni dei 7 giorni di bicicletta full time, l’amico di sempre Mario Peruzzi anche lui di Cornedo Vicentino. Mentre Savegnago decise il percorso, i chilometri giornalieri e gli hotel dove pernottare durante tutta la settimana, Peruzzi invece realizzò il garibaldino per tutti i partecipanti contenente la mappa stradale, le altimetrie e le caratteristiche specifiche di ciascuna tappa. Il gruppo formatosi nel 2004 e che in questi anni è cresciuto parecchio sicuramente grazie anche al passaparola di molti appassionati della bici da strada riscontra da anni molto interesse. Una passione quella per le due ruote che ogni anno fa riunire questo gruppo di amici: la voglia di raggiungere posti nuovi e vette impegnative. Di certo finché c’è questa coesione di gruppo esistono tutti i presupposti per ripetere l’iniziativa sportiva tutti gli anni a venire. “Per il momento non c’è nulla di confermato - ha dichiarato Mario Savegnago - ma in mente abbiamo già l’itinerario dell’anno prossimo”.
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Affioramenti rocciosi in alto Adriatico:
le “tegnùe”
di Antonio Rosso foto: Museo Storia Naturale di Venezia e ARPAV
rendo lo spunto dalla presentazione del volume “Le tegnùe dell’Alto Adriatico” promosso dal Museo di Storia Naturale di Venezia, il cui direttore, Luca Mizzan è un biologo subacqueo e dall’ARPAV per iniziare a parlare delle aree rocciose che si trovano a varie distanze e profondità dal litorale veneto. Affioramenti ben noti ai subacquei, ma sconosciuti ai più. Generalmente siamo, infatti, portati a pensare che l’Adriatico settentrionale sia un mare poco interessante, caratterizzato com’è da fondali prevalentemente sabbiosi e fangosi. Invece, tra le sabbie del fondale, oltre ai numerosi relitti, spuntano irregolarmente dei particolari affioramenti rocciosi detti “tegnùe”, che un po’ come oasi in mezzo al deserto, ospitano degli straordinari ecosistemi ricchi di vita. Da secoli i pescatori ne conoscevano l’esistenza in quanto su questi affioramenti si impigliavano le reti che spesso venivano anche perse. Proprio per questo sono state chiamate “tegnùe”, voce dialettale che indica un qualcosa che trattiene o è trattenuto, dal verbo tenere. Da un lato essi temevano queste zone, ma dall’altra le ricercavano e ne custodivano la posizione in quanto aree estremamente pescose, in cui potevano trovare specie pregiate che non si pescavano altrove. Le dimensioni degli affioramenti possono essere molto diversi variando da pochi metri a diverse migliaia di metri quadrati, con elevazioni dal fondale che vanno da pochi decimetri nelle formazioni basse e tabulari fino ad alcuni metri in quelle più alte, spesso localizzate a maggiori profondità. Ma, come hanno avuto origine? Le teorie scientifiche oggi concordano che tutte le “tegnùe” si possono ricondurre essenzialmente a tre diverse tipologie. Rocce sedimentarie clastiche, formate per cementazione carbonatica di sabbie o detrito organogeno, frammenti di molluschi, probabilmente legata a fenomeni di variazione del livello marino in epoche geologicamente recenti, denominate comunemente beachrocks. Si presentano spesso con l’aspetto di lastre sub orizzontali che emergono dal fondo per spessori variabili e con inclinazione di norma molto lieve. Rocce sedimentarie di depo-
Città sommerse Fin dalla loro scoperta queste zone hanno dato luogo e storie e legende. Nel 1782 l’abate Giuseppe Olivi nella sua opera “Zoologia Adriatica” scriveva della “ ….. elevazione di qualche masso calcareo nudo durissimo, il quale sorge isolato dal fondo molle. Tali eminenze, dette volgarmente Tegnùe, conosciute ed aborrirte dai nostri pescatori ….. esistono dirimpetto a Maran, a Caorle, ai Tre Porti, ….soprattutto dirimpetto a Malamocco ed a Chioggia, e dal volgo sono creduti residui di due antiche Città sprofondate per una impetuosa inondazione dal mare” Oggi possiamo confermare che non vi sono tracce di rovine e che, come già rilevava l’Olivi, sono solo credenze.
sito chimico, la cui genesi sarebbe legata all’emersione di gas metano dal fondo ed alla reazione di questo con l’acqua marina, con l’innesco di un processo che può determinare la precipitazione di carbonati con cementazione dei sedimenti Rocce organogene, con strutture prodotte dall’azione di organismi costruttori, vegetali ed animali, il cui scheletro calcareo stratificandosi ha formato strutture di notevole spessore. Un tale processo porta a morfologie varie ed irregolari, con formazioni ricche di porosità, anfratti e cavità dovute alla diversa velocità ed irregolarità di accrescimento dei vari organismi costruttori. Per i più curiosi, questi sono costituiti essenzialmente da alghe calcaree, briozoi, serpulidi e cnidari incrostanti. Le “tegnùe” organogene sono state chiamate anche “reef” e paragonate alle strutture coralline dei mari tropicali. In realtà la formazione delle nostre “tegnùe”, anche se simile, non dipende da processi foto-sintetici come avviene per i coralli i quali hanno bisogno di acque calde e limpide. In diversi casi le formazioni organogene possono svilupparsi sopra strutture di natura sedimentaria, ricoprendole con più strati, allo stesso modo in cui possono colonizzare substrati artificiali di origine antropica. Un esempio per tutti il relitto romano di Caorle ricoperto e sigillato da uno spesso strato di alghe calcaree.
Il volume è in distribuzione gratuita La pubblicazione, di grande formato e illustrata con grafici, foto e disegni, esone in modo scientifico, ma accessibile i risultati delle ricerche svolte in questi anno dal Museo di Storia Naturale e da ARPAV sulle “tegnùe”, ambienti marini ancora poco conosciuti situati al largo dei nostri litorali. Il volume, 203 pagine formato 21x30 cm con 8 tavole a colori formato 50x70 è disponibile, per Enti, Istituzioni e professionisti del settore, previa richiesta, presso il Museo di Storia Naturale (tel. 041 2750206 fax 041 721000; nat.mus.ve@ fmcvenezia.it) ed ARPAV – Settore Acque (tel. 049 8767632 fax 049 8767586; oaa@ arpa.veneto.it)
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lettere
Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it
natura a confronto 2 Carissimo senatore Alberto,
non ho potuto fare a meno di risponderle! Le avevo scritto la mia lettera sperando di essere capita almeno da lei “nella maniera giusta” anticipavo, e vedo invece che così non è stato! Mi dispiace anche di vedere mettere tutto su un piano di torto o ragione, addirittura tirando in ballo milioni di persone morte a causa di una manciata di pazzi fanatici, la mia era una semplicissima lettera che cercava di far vedere l’altra faccia della medaglia, senza discriminare assolutamente nessuno. Ognuno è libero di andare dove vuole, ma rendendosi conto anche degli inconvenienti che potrebbe trovare, per il suo bene. Le persone si sono allontanate dalle loro radici? E’ un fattore culturale e di sensibilità soprattutto, ci vuole poco a fare due passi in un prato o in un bosco, ma si preferiscono i centri commerciali, le discoteche, fare shopping, navigare ore e ore in internet ecc. Non amo complicare le cose, semmai il contrario, sono una persona semplice, ma per me non è difficile risponderle neanche su cose orribili come la guerra, di chi ha avuto torto o ragione, senza dubbio alcuno le dico che mai e poi mai si dovevano sganciare le atomiche, come non si dovevano sterminare milioni di ebrei, milioni di tedeschi, di italiani, di giapponesi, di uomini che tante volte non sapevano neanche perché combattevano, di vecchi, donne e bambini. Penso che si sarebbero dovuti eliminare soltanto i responsabili di questi orrori prima che arrivassero a tanto. Purtroppo l’uomo non impara mai dai propri sbagli, ma continua a ripeterli, tutta la storia dell’umanità lo dimostra. Stiamoci attenti perché alla prossima non ci sarà futuro per nessuno! Mio padre a 19 anni era militare e c’era la guerra, fu messo davanti a una scelta, stare col regime e salvarsi o al contrario rischiare la vita. Non ebbe esitazione e non scelse il regime per comodità o paura, scelse quello che credeva fosse giusto. Lo deportarono su un treno piombato in un campo di concentramento in Germania, lo liberarono i russi alla fine della guerra, pesava 40 kg. Di quello che ha passato ne ha parlato pochissimo, forse certi traumi non
li ha mai superati, ma non ho mai sentito una volta parole di vendetta, né contro i tedeschi, né per i giapponesi, né di torto o ragione, aveva capito che tutti erano vittima di una ideologia criminale. Non si lava sangue con altro sangue innocente! Noi al suo posto come ci saremmo comportati? Dovremmo tutti imparare da uomini come mio padre, e ce ne furono tanti per fortuna, che hanno avuto il coraggio di scelte per il bene di tutti, anche se in palio c’era la vita, la propria vita! Uomini semplici, non filosofi, ma ai miei occhi splendidi eroi e veri uomini. E concludo con l’amaro commento di mio padre dopo aver letto la lettera che le avevo scritto. “Figlia, hai cantato una bella canzone nel deserto!” E temo che anche questa volta abbia ragione, forse avevo chiesto la luna. Un saluto sincero da Loredana Ronchi.
Cara Loredana,
scrivendo la risposta alla tua prima lettera, in effetti, mi ero chiesto se l’esempio dei due filosofi potesse, come auspicavo, far capire il mio pensiero o, al contrario, generare, come in effetti è accaduto, fraintendimenti, per cui il primo errore è mio. Cerco, quindi, di porvi rimedio, lasciando stare i filosofi e tanto più le guerre. Il punto è: chi teme di essere aggredito dai cani randagi, non può più passeggiare per le nostre colline? La signora Luigina, che mi scriveva sulla sua paura nel passare a piedi attraverso certe frazioni per i grossi cani liberi che le venivano in contro, deve davvero rinunciare alla sua passione e rinchiudersi in palestra? Io ho risposto che era un suo diritto godersi in serenità le sue passeggiate, mentre era un dovere dei proprietari dei cani essere responsabili della loro condotta (e citavo le leggi in materia), ma davo ragione anche a te, quando ci invitavi tutti a conoscere di più la natura, di avvicinarci di più a essa proprio per vincere le nostre paure, scoprendo che tra noi e la natura, tra noi e il cane randagio non c’è ragione di timore. Un cordiale saluto, Alberto.
Le vostre lettere possono essere lette anche nel sito: albertofilippi.it
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