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Dove nascono le prestazioni
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a prima cosa che impara sulla propria pelle chi fa sport è il valore dell’impegno costante. Senza impegno, la prestazione sportiva non solo non cresce ma addirittura non si consolida e in breve tempo tende inesorabilmente a svanire. L’atleta più inesperto sa che l’allenamento continuativo è alla base di tutto, senza il quale non si riesce a far nulla. Il nostro corpo è una macchina sensibilissima, basta poco per azzerare quelle prestazioni che hanno avuto bisogno di mesi d’impegno per essere raggiunte. Si dice che dopo 15 giorni senza la bicicletta, il ciclista perda il 30% del suo stato di forma. Se poi i giorni sono di più e compare anche qualche chilo di troppo, si è quasi costretti a ripartire da capo. Pause ed eccessi alimentari lasciano sempre il segno e quello che prima si riusciva a fare con una certa agilità, adesso costa fatica vera. Lo abbiamo provato tutti: è la legge del nostro corpo che non ammette finzioni. Ma come stanno le cose per il nostro cervello, vale la stessa legge? È ugualmente sensibile? Anch’esso non ammette finzioni? Dopo 15 giorni che non leggiamo qualche buona pagina, è altrettanto chiara la sensazione di perdere il 30% delle nostre capacità intellettive? E se la pausa dai buoni libri, dalla grande arte, dal vero cinema è ancora maggiore, sentiamo di dover ricominciare quasi da capo con la nostra formazione? Negli ultimi 30 anni – dico, trent’anni! – abbiamo avuto migliaia di ore di pessima televisione, milioni di pagine d’infima scrittura, miliardi di parole di squallido giornalismo che hanno azzerato i nostri stimoli culturali, ce ne sentiamo vittime? Abbiamo detto che il nostro corpo è sensibilissimo al disimpegno sportivo, perché non lo dovrebbe essere anche il nostro cervello dal disimpegno culturale? Chi non si allena seriamente, ha il fiatone per fare le scale di casa; chi non stimola il proprio cervello con spunti seri, ha i pensieri confusi e a intermittenza. È così. È naturale che sia così. Ma se con il corpo non si finge, con il cervello è più facile. Si può fingere con gli altri ma soprattutto si può fingere con se stessi. Si finge di saper distinguere tra bellezza e lusso, tra intelligenza e furbizia, tra bontà e mansuetudine; si finge di saper argomentare le proprie opinioni con coerenza e profondità; si finge di essere colti e informati. Ma com’è possibile esserlo davvero, se non si è fatto un lavoro specifico, se si legge robaccia o addirittura non si legge affatto, se è la televisione la principale fonte d’informazione e approfondimento, se, insomma, quell’allenamento vero e duro e continuativo che per il corpo è alla base delle sue prestazioni non lo si fa anche per il cervello? Forse è il caso che la sensibilità con cui interroghiamo il nostro corpo sulle sue prestazioni sportive, la attiviamo anche per il nostro cervello, dato che la risposta è la stessa: esercizio uguale resa, per cui nessun allenamento, fiatone per fare le scale; più buone letture, cervello che gira a mille.
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di Massimo Neresini
er farvi conoscere meglio il Maestro Marco Vigolo mi rifaccio ad una intervista nella quale il Maestro cerca d’introdurci nell’articolato mondo dello “SPORT DA COMBATTIMENTO” la MMA, o Mixed Martial Arts, Arte Marziale cosiddetta “mista” per le sue molteplici implicazioni con altre Arti Marziali e per le sue esperienze dirette di combattimento. Inizialmente si faceva moltissima confusione e soprattutto non si voleva mescolare le Arti Marziali, cosiddette “nobili”, con un qualcosa di non ben definito proveniente dal mondo del combattimento. Così un po’ tutti gli sport da combattimento, ed in particolare quelli che si rifanno alle Arti Marziali orientali, venivano snobbati o considerati “roba da matti” o al meglio “qualcosa per gente violenta e senza scrupoli”. Non sono molti anni che nell’ambiente Italiano delle Arti Marziali e successivamente in quello della nostra Regione e Provincia, in particolare, si sente parlare di una metodologia di combattimento nei cui incontri è tutto permesso… o quasi, e questi si svolgono quasi sempre in una cosiddetta “gabbia”. Come già ho scritto in un articolo specifico di qualche anno fa, penso che sia giusto richiamare ancora l’attenzione dei nostri lettori appassionati delle Arti Marziali sulla storia e le origini delle Mixed Martial Arts “MMA”. Pertanto con il Maestro Vigolo vediamo un po’ di dare una definizione più precisa all’MMA. Il Mixed Material Arts è uno sport da combattimento nel quale si possono usare tecniche di pugno, calcio, ginocchio e gomito con la possibilità di portare il combattimento al suolo continuando la lotta applicando tecniche di leve articolari, soffocamento ed ancora colpi; il combattimento si sviluppa su tre riprese da 5 minuti ciascuna all’interno della cosiddetta “gabbia” che altro non è che un “ring” di forma ottagonale e racchiuso da una “rete”. Nella gabbia ci sono solo i combattenti e l’arbitro.
Continuano gli incontri con i Grandi Maestri delle Arti Marziali, questa è la volta del Maestro Marco Vigolo Da gennaio del 2013 il Maestro Vigolo ha assunto l’importante incarico di Direttore Tecnico Nazionale per questo settore delle Arti Marziali; effettivamente già da febbraio del 2012 la Commissione Tecnica Nazionale aveva annunciato la decisione di affidare al Maestro Vigolo completamente il settore delle MMA FULL. L’importanza di avere ricevuto questo incarico si radica nella stessa Federazione, fondata dal Presidente Ennio Falsoni, unica Federazione in Italia che fa parte del CONI per le discipline Kickboxing, Muaythai, MMA, Shootboxe e Savate. Il Direttore Tecnico Nazionale fino a quel momento era il Maestro Patrizio Rizzoli, pioniere di queste discipline in Italia ed in Europa e Maestro dello stesso Maestro Vigolo, che ha vissuto quindi questo momento quasi come un “passaggio di consegne” da Maestro ad Allievo. Non evento così raro ma nello stesso tempo di grande importanza e riconoscimento del
grande lavoro, di umiltà e di indubbie conoscenze sia tecniche che di insegnamento che il Maestro Vigolo ha dimostrato di saper svolgere in anni di durissimo lavoro ed impegno. Ma come nasce questa Arte Marziale della quale forse il più grande esperto era il famosissimo Maestro di KungFu Bruce Lee che praticamente la fondava senza esserne realmente a conoscenza? Ricordiamo che proprio il grande Maestro Bruce parlava di una “sua tecnica” che raccoglieva “diverse tecniche” per poter essere vincenti e si poneva così la base di un “sistema misto” le cui basi di allenamento possono essere diverse e fondarsi in una Arte specifica ma che deve abbracciare altre tecniche al fine di non sapere solo combattere a terra o tirare calci o pugni ma poter essere talmente flessibile da poter affrontare qualsiasi tipo di combattimento con qualsiasi tipo di atleta proveniente da qualsiasi altra disciplina. Ecco un po’ di storia: novantacinque anni fa il giapponese Mitsuyo Maeda Coma esperto di Tenshin Ryu JuJitsu si recò in Brasile per diffondere la sua Arte insegnando il JuJitsu a due giovani fratelli Carlos ed Helio Gracie. Quest’ultimo di costituzione debole e magra vedendosi il più delle volte, letteralmente, “gettato al suolo” dai compagni di allenamento più robusti e più grossi di lui, sviluppò e perfezionò con un costan-
te allenamento quella parte di JuJitsu che riguardava il combattimento al suolo chiamata “NeWaza”. Passarono così diversi anni nei quali l’ormai “esile combattente” diventò uno dei massimi esperti di questa Arte. Helio Gracie sfidò negli incontri di Valetudo, che all’epoca in Brasile erano già molto radicati, praticanti di Capoeira e Lotta Libera sconfiggendoli ogni qualvolta il combattimento finiva a terra con l’uso di leve alle articolazioni e tecniche di strangolamento. Questo atleta marziale divenne famoso dando origine al metodo “Gracie JiuJitsu” e successivamente al “Brazilian JiuJitsu” oggi conosciuto da tutti i praticanti di Arti Marziali.
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Contemporaneamente in Giappone, nell’istituto Kodokan, tali tecniche (originarie del JuJitsu) vennero “eliminate e non più insegnate” perché ritenute troppo pericolose e quindi poco “commerciali”, inoltre lo svilupparsi del Judo, anche come disciplina olimpica, dettava delle regole e delle tecniche molto rigide e non più propriamente “marziali” ma più, direi, “sportive”. Quindi, quasi per assurdo, è in Sud America che si è visto un rinvigorimento e perfezionamento del JuJitsu e per le tecniche “Ne Waza”, in particolar modo, nel paese del sol levante, dove è nata l’Arte del Jujitsu e poi del Judo si è progressivamente “spenta” la spinta marziale per divenire sempre più azione sportiva come
dettavano le regole “forse più occidentali”. Rorion Gracie primogenito di Helio, nel 1992 vista la fama del padre e la diffusione del “Gracie JiuJitsu” sul territorio carioca decise di espandere il nome della famiglia anche al di fuori del Brasile inventando una sorta di torneo all’interno di una gabbia ottagonale che vedeva diversi campioni nazionali americani di diverse discipline affrontarsi per dimostrare quale fosse la tecnica superiore in combattimento, così si sfidavano il campione di Kickboxing contro quello di Kung Fu, quello di Karate contro il campione di Savate francese ecc. L’evento venne chiamato Ultimate Fighting Championship (UFC) vinto per tre volte di fila dal figlio
minore di Helio, Royce Gracie. Considerando che nel 1992 nessuno conosceva in modo efficace il “combattimento al suolo” i Gracie impostarono la loro lotta nell’afferrare l’avversario, portarlo a terra per sottometterlo quindi con una leva. Quando successivamente anche qualcun altro nel mondo decise di specializzarsi nella lotta a terra, i famosi e ritenuti imbattibili Gracie furono sconfitti. Il giapponese Kazushi Sakuraba batté tutti i Gracie che affrontò nel più grande evento di Mixed Martial Arts del mondo il “Pride Fc” (70.000!!! spettatori dal vivo al Tokio Dome Arena) sfatando definitivamente il mito sull’invincibilità della famiglia e dando definitivamente il “battesimo” all’ MMA.
Ora le MMA sono diffuse in tutto il mondo e la lotta a terra riveste, in questi incontri, la stessa importanza del combattimento con calci, pugni e ginocchiate; l’atleta deve saper far bene tutto, come insegnava il grande Bruce Lee. Il fluire continuo, dal tirare colpi al proiettare l’avversario a terra per poi sottometterlo o colpirlo ancora, costituisce oggi la vera anima del combattente di MMA. Il Maestro Marco Vigolo ha iniziato a 14 anni ad allenarsi nel Sanda (Arte di combattimento del Kung Fu) per poi affrontare altre discipline e disputando diversi combattimenti sia nel Sanda, nel Karate Kyokushin, nella Kickboxing e molto Grappling senza dimenticare la sua intensa storia nel JiuJitsu. La sua storia quindi
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8 è proprio la ricerca della totalità e completezza del combattimento. La Scuola che dirige da molti anni a Spagnago di Cornedo ne è la prova pratica tanto che negli ultimi anni sono molti gli atleti, suoi allievi, che hanno dato lustro e grandi soddisfazioni al Maestro. Ricordiamo i più importanti: due ori ed un argento ai Campionati Assoluti Italiani 2012/2013 ed il titolo Europeo, vinto contro la Russia, quest’anno grazie alla fantastica prestazione dell’allievo Giuseppe Massignani che ha battuto in finale il russo Ibragim Alderov per sottomissione (guillotine choke). Sono molte le punte di diamante della Squadra e come dice il Maestro “la vittoria non è mai proprio del singolo bensì di tutta la squadra, dei compagni di al-
lenamento e di tutto lo staff”. In ogni caso non posso non citare il Campione Europeo Giuseppe Massignani, Francesco Sarullo, Andy Matei, Andrea Bertozzo, il peso massimo Giovanni Pulina ed il giovanissimo Matteo Ruaro che ha esordito questo anno. Gli allenamenti sono durissimi e
tutti sono estremamente compatti per la volontà di arrivare alla “vittoria di squadra”. A breve ci saranno la Coppa del Mondo a Kiev in Ukraina ed i Mondiali a New Dheli in India nel 2014, solo per citare gli avvenimenti più di clamore, inoltre il Maestro Vigolo è l’unico autorizzato ufficialmente a formare la Nazionale di 5 atleti che dovranno combattere nel MMA LEAGUE a Zagabria nel febbraio del prossimo anno. Per questo evento importantissimo nel mondo MMA ci saranno delle borse molto elevate e gli atleti avranno una visibilità incredibile con 16 Nazioni partecipanti e più di 70 televisioni presenti, tanto che possiamo dire che gli incontri di MMA oggi sono in esplosione nel mondo, forse più di qualsiasi altra Arte Marziale conosciuta ed ormai stabile nei propri eventi mondiali. Nella provincia di Vicenza ci sono molte Scuole interessanti e bisogna ricordare che non è possibile insegnare l’MMA in modo mediocre, potresti mettere in pericolo gli allievi se non sono fortemente preparati ed allenati. Bisogna vedere i risultati, inutile parlare e predicare una “verità”, allenamento, completezza di tecniche e grande determinazione. L’allievo principiante inizia con una solida base di preparazione
atletica, con esercizi di resistenza, forza, elasticità ed esplosività per proseguire poi con l’apprendimento vero e proprio delle tecniche per portare i colpi, sapere schivarli e eseguire dei corretti blocchi. La fase di combattimento e lotta prosegue con lo studio delle cadute, delle proiezioni e combattimento al suolo per poi arrivare allo “sparring” vero e proprio ossia alla fase di allenamento con combattimento libero. Così per poter arrivare a conseguire dei buoni risultati ci vogliono anni di intenso lavoro e non la semplice memorizzazione di una serie di tecniche. Le MMA, contrariamente a quanto uno può pensare, possono essere praticate da tutti, indistintamente da sesso ed età, perché, anche se non si andrà a gareggiare direttamente sono una grande realtà nella difesa personale e sappiamo bene oggi quanto questa possa essere utile. Come ho più volte scritto, non si tratta di qualche settimana di esercizi e applicazioni, il processo di apprendimento delle tecniche di difesa è molto lungo e necessita di sacrificio. Bisogna imparare e poi dimenticare, perché solo quando la tecnica è diventata parte integrante del tuo “comportamento” o del tuo “istinto” potrà essere efficace, altrimenti è meglio “scappare”!
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he la Lucania possa stupire, si poteva anche prevedere, Che riuscisse a far volare, forse no. Alla fine di aprile un gruppo del CAI di Valdagno è partito alla volta della Basilicata, pensandosi forse a camminare tra pietraie rinsecchite e curiosità pittoresche, rimpiangendo itinerari di isole e percorsi a ridosso del mare. La prospettiva di un viaggio più culturale che escursionistico non allettava gli sportivi, ma qualcosa ha messo ugualmente in moto le gambe e, una volta arrivati, anche
il cuore. Per pochi giorni ci siamo immersi nella rilassante silenziosa atmosfera dei Sassi di Matera, in quella che oggi al turista è una giocosa stupefacente architettura, ma che in tempi non molto lontani era vita dura da vivere. Come ci ha onestamente raccontato Donato Cascione, accogliendoci nel suo Museo della Civiltà Contadina, dove gli oggetti dicono storie e fatiche. Città un po’ labirinto un po’ presepe, Matera lascia incantati dalla sua quieta bellezza, senza troppo
vanto né clamore. Una città che opera una magica alchimia, facendo rallentare il passo e lo sguardo, disorientando un poco il visitatore, rivelando passaggi insoliti, grandezze insospettabili dietro le superfici apparenti, luoghi inattesi, siano essi un affresco rupestre, una cisterna d’acqua, una casa grotta. Matera è molto più di ciò che si lascia vedere da fuori. Case scavate dall’interno, vani ricavati dalla roccia, un’architettura rovesciata, che va in dentro o va in giù, invece che erigersi.
Così la Murgia Materana, che vista dall’esterno pare solo roccia e campo, e poi scopri che lì c’è una minuscola chiesa, là una nicchia, qui ci ammorbavano la canapa, più giù c’è un pozzo. E nel mezzo dei vigneti, lungo la gravina, mai ci saremmo aspettati un gioiello come la Cripta del peccato originale, una serie di affreschi medievali che commuovono lo sguardo e che nei secoli hanno visto prima uomini poi pecore trovarvi rifugio. Proseguendo il viaggio camminiamo dentro Craco, in un percorso di sicurezza aperto da pochi mesi ai visitatori, elmetti colorati e ombrelli sgargianti sotto la pioggia, in un paese dove da mesi non cade una goccia d’acqua. Craco si è fermato cinquant’anni fa, paese fantasma accoccolato sull’alto della rupe, interamente
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svuotato dei suoi abitanti, per una frana che ne ha minato le fondamenta. Un viaggio nel tempo, anche quello che ci porta poi a Pietrapertosa, una manciata di case addossate e strette una all’altra, che paiono gettate sulle rocce, tutt’uno con esse, senza posto per strade. Qui trovi negozi che ricordi dall’infanzia, di pochi metri quadrati, dove si vende un po’ di tutto, inclusi improvvisati souvenirs. Le persone salutano per strada. C’è ancora qualche signora che veste tutta di nero, fazzoletto compreso, e se ne sta fuori casa la sera a godersi il fresco. Da aprile ad ottobre il paese si riempie di un via vai di persone giovani e di ogni età che rianima le vie. La novità qui è che due Comuni di poche migliaia di anime, uniti da una valle, hanno impor-
tato un brevetto francese e fanno “volare” quasi chiunque da un paese all’altro, appena un minuto di adrenalina pura a 120 km orari, sospesi a 600 metri di altezza, agganciati alla schiena, davanti a sé solo l’aria: il Volo dell’angelo, che ha rimesso in piedi il paese. Si vola a Castelmezzano e, dopo una camminatina, con altro volo si torna a Pietrapertosa. Emozione doppia. Più di 200 voli il nostro giorno, oltre 360 il record giornaliero dello scorso agosto. Sempre gli stessi due Comuni hanno sistemato l’antica via di collegamento pedonale che scende e risale la valle, ideando l’itinerario delle Sette Pietre, comunicanti tra loro via terra e via aria al di fuori delle strade asfaltate, ai piedi delle contorte e armoniose forme delle Dolomiti Lucane. L’emozione del volo è stata anche storia nostra: per i quindici che hanno volato, per quelli che si sono goduti lo spettacolo, per chi ha abbandonato la fretta, e chi si è vissuto desiderate emozioni.
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Dal Cristo Pensante al Cristo degli Abissi attraverso la Val Leogra
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i cammina per se stessi principalmente, ma in talune occasioni si può camminare anche per gli altri. E’ con questa filosofia che lo scorso anno è nato il grande gemellaggio “IL CAMMINO DAL CRISTO PENSANTE AL CRISTO DEGLI ABISSI”, una folta serie di eventi-camminate promosse dagli istruttori della Scuola Italiana Nordic Walking a scopo benefico. “Il cammino” , nato da un’idea di Anna Sessi di Genova, istruttore sinw e di Pino Dellasega, co-fondatore della Scuola Italiana Nordic Walking è partito a giugno dal Parco di Paneveggio e unisce, con ben 34 tappe dislocate in gran parte del centro e nord Italia, due luoghi stupendi: la dimora del Cristo Pensante e S.Fruttuoso di Camogli nel Parco Naturale di Portofino, nelle cui acque è custodito il Cristo degli Abissi. Domenica 21 luglio la val Leogra ha avuto l’onore di ospitare a Torrebelvicino l’unica tappa vicentina di questa festa del camminare e occasione di solidarietà. La tappa ha coinciso con la tradi-
zionale Camminata Panoramica della Val Leogra giunta alla terza edizione e organizzata dalla parrocchia in occasione della sagra paesana, con la collaborazione con la ProLoco, l’asd Piccole Dolomiti Nordic Walking, l’ Arci, il gruppo Alpini , gruppo Fanti e con lo scopo di portare sempre più persone a conoscere e valorizzare il nostro territorio, ricco di sentieri e scorci incantevoli. Quale migliore occasione quindi per invitare nella nostra valle anche gli amici del Cristo Pensante e nella stessa occasione far conoscere “Il cammino …dal Cristo Pensante al Cristo degli Abissi” alla nostra gente? Più di 200 i partecipanti alla camminata che hanno accolto l’invito a scopo benefico per la costruzione di pozzi d’acqua in Malawi. Il ricavato delle offerte di tutte le tappe da giugno a settembre verrà infatti utilizzato per acquistare il materiale per la costruzione di pozzi d’acqua in una delle regioni più povere d’Africa. Il lavoro sarà seguito dall’ istruttore sinw Aldo De Michele che fa parte di Oltreconfine, una Onlus che realizza
importanti progetti per il sostentamento di popolazioni disagiate. Trascorre tre mesi all’anno in Malawi dove aiuta le popolazioni di questi villaggi, non solo procurando l’attrezzatura per costruire i pozzi, ma li installa e insegna loro come utilizzarli. Già di buon mattino camminatori armati di bastoncini , famiglie assonnate e compagnie di amici attendevano l’apertura delle iscrizioni , pronti ad assicurarsi i primi ristori e soprattutto godersi la prima parte del tragitto sotto un inaspettato acquazzone…. Molti gli amici nordic walkers, venuti anche da lontano, che hanno aderito al doppio appuntamento ritmando il passo “ a suon di bacheti”. La maggior parte dei camminatori ha percorso il tragitto dei 15 km anche se il percorso prevedeva in alternativa anelli di 8 e 5 km. Il percorso collinare su terreno vario e panoramico di piste e sentieri, si snoda interamente all’interno del comune di Torrebelvicino con un dislivello massimo di circa 500mt. Partiti dal centro del paese abbiamo velocemente raggiunto il bosco per camminare poi all’ombra di bellissimi faggi e castagni. Attraverso antichi sentieri che un tempo collegavano il paese con le varie contrade ed egregiamen-
di Alessandra Dalle Molle Piccole Dolomiti Nordik Walking te risistemati per l’occasione dagli Alpini abbiamo attraversato le contrade di Casalena, Rizzo, l’incantevole Collareda fino a raggiungere la bellissima frazione di Enna dalla quale si contempla la bellezza della natura che ci circonda. Da lassù , dagli alti prati e pascoli isolati, abbiamo goduto del caldo abbraccio delle Piccole Dolomiti che sovrastano e proteggono la nostra verdissima valle. Al ritorno in paese la festa è continuata presso il tendone della sagra dove i fornitissimi stand gastronomici ci attendevano , pronti a rifocillarci con succulenti pietanze. Un ringraziamento a tutti i partecipanti e in particolar modo a quanti hanno collaborato per rendere questa giornata così speciale. E’ vero…si cammina per se stessi principalmente ma quando si cammina PER e CON gli altri la gioia è veramente piena e il successo è tale…… solo quando viene condiviso!
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Una scuola al top
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L’Asd Meeting Club Valdagno presenta il progetto “Tennis Academy”
’Asd Meeting Club, fondato nel 1982 per la volontà di alcuni appassionati cittadini, volta pagina e riparte da zero dopo aver raggiunto nel 2012 il traguardo dei trent’anni di attività. Il nuovo consiglio direttivo, terminato un breve periodo di rodaggio, si prepara infatti ad affrontare la prossima stagione sfruttando al meglio le potenzialità offerte dalla struttura di via Cornetto.
Progetti. La nuova filosofia che accompagna il Club è quella di dare spazio ai giovani. Lo dimostra il progetto “Tennis Academy” con il quale si punta a trasformare la già rodata scuola tennis in una delle più importanti accademie del territorio. La classica scuola S.A.T., da settembre a maggio, è aperta ai ragazzi di tutti i livelli ed è caratterizzata da una formula di apprendimento molto coinvolgente. La Tennis AcadeMY, invece, è suddivisa in tre fasce di li-
vello ed età, essendo inquadrata nel “SISTEMA ITALIA” creato dalla Federazione Italiana Tennis, che prevede l’insegnamento nei settori MINITENNIS, AVVIAMENTO, PERFEZIONAMENTO. IL MINITENNIS, dai 4 ai 8/10 anni, avrà come obiettivo far apprendere ai bambini i colpi fondamentali del gioco e contemporaneamente sviluppare gli aspetti coordinativi del tennis. In particolare per i più
piccini tali obiettivi verranno perseguiti attraverso graduali e proporzionate situazioni di gioco, dove con racchette, palline e dimensioni di campo adeguate alle misure antropometriche dei ragazzi verranno stimolate al massimo le loro qualità tecniche, fisiche e tattiche. (Frequenza settimanale: 2 volte a settimana; 60 min. tennis + 30 min preparazione fisica). L’AVVIAMENTO, dai 6 ai 10 anni, sarà il necessario passaggio per chi, in possesso di una
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buona tecnica esecutiva, è interessato a qualcosa di più intensivo e con un eventuale futuro risvolto agonistico. In questo corso sarà curato lo sviluppo della tecnica dei colpi fondamentali e l’apprendimento delle nozioni di tattica elementare. (Frequenza settimanale: 2-3 volte a settimana; 60 min.tennis + 30 min preparazione fisica). Il PERFEZIONAMENTO, dai 10 anni in poi, è il programma top riservato a quei ragazzi che dimostrano di possedere un buon bagaglio tecnico e che sono motivati ad intraprendere un percorso di tipo agonistico. Il corso si prefigge il duplice obiettivo del raggiungimento della stabilizzazione tecnica acquisita nelle fasi precedenti e dell’apprendimento degli aspetti tattici volti a completare la formazione tennistica dell’allievo e prepararlo alle gare. Ogni lezione vede la presenza massima di 4 ragazzi in campo con il Maestro. (Frequenza settimanale: 3 volte a settimana, 90 min. tennis + 60 min. Preparazione fisica ). La Tennis Academy vanta uno staff completo e competente ed è diretta dal Maestro Nazionale
F.I.T. Michele Mosele, il quale sarà affiancato dalla istruttrice Cristina Mascella per la parte di minitennis. Inoltre sarà presente un preparatore atletico e un fisioterapista che allenerà gli agonisti durante la settimana seguendo un programma di atletica leggera. Un importante contributo esterno sarà poi dato da Eugenio Menato, che metterà a disposizione il proprio bagaglio tecnico-professionale per avviare le migliori leve alle competizioni agonistiche. Oltre ai tornei interni organizzati periodicamente, infatti, il Meeting Club dà la possibilità ai migliori giovani della scuola tennis di partecipare a tutte le gare individuali e a squadre organizzate dalla F.I.T., seguiti dai propri allenatori, nella speranza concreta di poterli vedere imparare un colpo “alla Federer” o “alla Nadal” e magari, sognando un po’, indossare un giorno la mitica maglia azzurra nella Coppa Davis o Fed Cup. Vita sociale. L’attenzione del Meeting Club non si ferma ai giovani. Per i più grandi, infatti, è prevista la possibilità di sfruttare la struttura per 365 giorni all’anno. Il circolo offre 4 campi da tennis in terra battuta, di cui 2 illuminati artificialmente e coperti da una struttura pressostatica nel periodo invernale. Da maggio a settembre è
attiva la zona piscina immersa in un suggestivo parco floreale. Numerose sono inoltre le attività organizzate durante l’anno, come il torneo nazionale “Città di Valdagno” che nel 2014 raggiungerà la terza edizione, la classica 12 ore di Ferragosto, i gemellaggi, i tornei sociali, le sfilate di moda e le serate di cabaret e intrattenimento. Per gli amanti della buona tavola, è aperto per tutto l’anno il ristorante con la possibilità di cenare nel periodo estivo sulla terrazza panoramica. Campus. Anche in estate, il divertimento non si ferma per i ragazzi, anzi. Da giugno ad agosto, infatti, sarà attivo il campus estivo part-time e fulltime. I ragazzi potranno godere di due mesi di meritato divertimento praticando in maniera sicura innumerevoli sport all’aria aperta quali tennis, ping pong, badminton, calcetto, nuoto etc., con la possibilità di pranzare nella struttura del circolo e di stringere nuove e vere amicizie, attraverso quel contatto umano che purtroppo spesso manca ai giovani d’oggi. Sei pronto? La prima settimana dal 2 al 6 settembre è gratis: il Meeting ti aspetta...per un futuro da campioni! Per informazioni contattare l’Asd Meeting Club allo 0445410535.
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Eugenio alla seconda L’alfiere valdagnese riconquista a distanza di un anno il “Città di Valdagno” DUE. Il leit motiv dell’edizione 2013 del “Città di Valdagno” può essere riassunto in un numero. Due sono infatti le edizioni della manifestazione nazionale (riservata ai giocatori di 3^ cat.); due sono state le gare in programma (il singolare e la novità del doppio); due sono state le vittorie del vincitore, Eugenio Menato. “Il difficile non è vincere, ma rivincere”. La seconda edizione del trofeo laniero vedeva ai nastri di partenza più di 100 giocatori, tra gli 86 iscritti del singolare e le 14 coppie del doppio. La platea dei pretendenti al trono di Menato era molto agguerrita, a cominciare dai padovani Davide Callegari ed Edoardo Sardella, passando per lo zoccolo duro valdagnese formato da Daniele Danzo e Luca Antoniazzi, per terminare con le incognite della linea verde composta dai veronesi Alberto Bianchi, dal trevigiano Daniele Valentino e dal bolzanino di Brunico Alessandro Dapunt. La parte alta del tabellone, presidiata da Menato, offriva ai primi turni gli spunti più interessanti nella vena di Eric Beltramelli, artefice di due belle partite contro Bianchi e Antoniazzi. Nella parte bassa, i timori incussi dallo spauracchio Sardella, bombardiere ancora acerbo, venivano smorzati dalla determinatezza di Callegari. Le semifinali vedevano così opporsi come da pronostico Menato a Beltramelli e Danzo a Callegari. Nella prima, Menato deve aver
pensato alla famosa frase quando, dopo aver subìto un parziale negativo di 6-1 4-1, si trovava nel tie break a dover annullare ben tre match point allo scatenato Beltramelli. Il tennis, si sa, è uno sport psicologico e Beltra, trovandosi a un passo dalla vittoria, è stato bloccato dalla cosidetta “paura di vincere” subendo la rimonta a 7-6 prima che Menato straripasse nel terzo set con il punteggio di 6-0. Stesso discorso nella seconda semifinale dove, dopo due set equilibrati, una palla contestata si è rivelata fatale per la mente di Callegari, ancora poco avezza a gestire le situazioni delicate, che si è sciolto sotto i colpi di Danzo nel set finale conclusosi 6-0. REPLAY. A contendersi il titolo, quindi, erano anche questa volta Eugenio Menato e Daniele Danzo in una finale che costituiva la rivincita della prima edizione. Le premesse volevano un match più incerto del 2012: se Danzo infatti aveva già dimostrato il suo stato di forma una settimana prima ad Arzignano, dove aveva raggiunto la finale, Menato non poteva dire altrettanto trovandosi all’esordio stagionale e per di più con poco allenamento.
Ancora una volta, però, Menato ha manifestato nell’atto conclusivo la sua superiorità psicologica prima che fisica contro il suo avversario concittadino. Si è così assistito ad una partita a senso unico e senza particolari sprazzi di intensità, durata poco più di un’ora e conclusasi con il punteggio di 6-1 6-4. Doppio. Il torneo di doppio, inserito per la prima volta nel programma della manifestazione, è stato disputato con la formula sperimentale della coppia mista di 3^-4^ categoria. Le 14 coppie iscritte hanno dato vita a una competizione simpatica e complementare alla gara principale. La finale ha visto la coppia scledense composta da Mirko Medda e da Antonio Gasparella opposta a quella dei santorsiani Tommaso Dal Santo e Nicolas Scorzato in una partita equilibrata risoltasi ad appannaggio di Dal Santo e Scorzato solamente per 12-10 al super tie break. House “l’indomito”. Nella sezione conclusiva riservata ai quarta categoria, il successo è andato al simpatico scledense Antonio Casa, bravo a superare il sempreverde e ostico Luca Mazzaretto. “House”, entrato in competizione nella prima settimana, ci è rimasto fino all’atto conclu-
sivo, collezionando un totale di 11 partite disputate (tra singolare e doppio) e guadagnandosi l’appellativo di giocatore “più indomito” del torneo. Grazie a questi numeri, al fair play dei giocatori e all’impegno degli organizzatori, la manifestazione - nata l’anno scorso per celebrare i trent’anni del Meeting Club - si sta guadagnando piano piano un posto di rispetto all’interno del panorama vicentino. Oltre alla qualità del gioco espresso, infatti, il torneo è molto apprezzato da giocatori e spettatori per la location suggestiva che fa da contorno ai campi di gioco, oltre che dagli eventi collaterali primo fra tutti la cerimonia di premiazione, quest anno svoltasi ai bordi della piscina con l’intrattenimento musicale di Andrea Ederosi. A fare gli onori di casa all’atto conclusivo, il Consigliere comunale Giancarlo Dani insieme al Consigliere regionale FIT Gianfranco Sanna e al Comandante dei carabinieri di Valdagno Cap. Giacomo Gandolfi. L’appuntamento è per il 2014, in cui si punterà a migliorare ancora il programma arricchendolo con una competizione giovanile riservata ai ragazzi Under 12-14-16.
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Premiazioni
I finalisti del singolo Eugenio Menato e Daniele Danzo
I RISULTATI DELLE FINALI Singolare E. MENATO (3.1, n. 1) b. D. DANZO (3.2, n. 6) 6-1 6-4 Doppio T. DAL SANTO/N. SCORZATO (n. 1) b. M. MEDDA/A. GASPARELLA (n. 2) 4-6 6-4 [12-10] I finalisti del doppio Dal Santo, Scorzato, Gasparella, Medda
Il giudice Arbitro Alberto Arici
Sez. 4^ cat. A. CASA (4.1) b. L. MAZZARETTO (4.1, n. 1) 6-4 6-2 Direttore del torneo Sereno Zarantonello Giudici Arbitro Alberto Arici/Giannantonio Menato Giudice di sedia Rolando Turco
Il cap. Giacomo Gandolfi premia Antonio Casa
Andrea Ederosi con le autorità accorse alla premiazione
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Concluso a Vicenza il terzo campus scolastico sportivo multidisciplinare del CONI
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così sono tre. A fine luglio si è concluso ancora con grande successo l’Educamp 2013 – Scuole aperte per ferie, il progetto del Coni Nazionale e del Ministero della Pubblica Istruzione (MIUR) che il CONI di Vicenza, unica città del Veneto, ha riproposto per il terzo anno consecutivo. Gli “Educamp” sono un campus estivo dedicato allo sport ed alle attività ludico-motorie a carattere formativo fondato sui valori olimpici per giovani di età compresa da 6 a 14 anni. Grazie al Patrocinio del Comune
di Vicenza hanno potuto essere attivate quattro diverse sedi dislocate in vari punti della città. Le attività, settimanali, sono state gestite in modo di dare a tutti la possibilità di accedere ai vari sport sia per chi frequentava tutta la giornata (con pranzo) o solo la mattina. Quest’anno l’Educamp si è articolato su sei settimane di
aperti per ferie di Antonio Rosso foto: archivio “Educamp” – CONI Vicenza attività con inizio subito dopo la fine delle scuole. Al progetto oltre agli sponsor che gli organizzatori ringraziano, hanno collaborato numerose società sportive di pallacanestro, pallavolo, pallamano, rugby, baseball, calcio, hockey, ginnastica artistica, atletica, scherma, integrate da attività ricreative collaterali di dama, ping-pong, calcio balilla, disegno, scacchi una
escursione in gommone (rafting) lungo il Bacchiglione e una visita guidata alla sede dei Vigili del Fuoco. Ciò per rendere le attività proposte adatte anche per i più sedentari e meno inclini ad attività fisica. La partecipazione all’Educamp non essendo legata alla residenza nel comune di Vicenza, ha visto iscritti provenienti anche dall’hinterland vicentino. I bambini ed i ragazzi, divisi in gruppi di circa venti unità e differenziati per fasce di età, sono stati co-
stantemente seguiti da educatori sportivi specializzati in scienze motorie, nonché da tecnici sportivi delle diverse discipline. Lo scopo è, infatti, di far scoprire, attraverso la pratica di varie attività sportive, principi e valori quali la centralità del ragazzo, l’integrazione, la socializzazione, il reciproco rispetto ed un corretto stile di vita. Ciò è stato realizzato grazie ad un approccio educativo finalizzato alla partecipazione attiva nel rispetto delle norme che regolano l’attività di gruppo. Le attività iniziavano il lunedì e si concludevano il venerdì, ogni giorno dalle 8.00 del mattino alle 17.30 del pomeriggio. Molto alto, come in passato, il gradimento dei ragazzi e delle famiglie all’iniziativa, tanto che vi sono state delle lamentele perché sei settimane sono state giudicate troppo poche. Il prossimo anno si spera di riportarle ad otto, come nel 2012, coprendo così tutto luglio. Infine, una considerazione personale. La realtà che i ragazzi si divertano molto, l’ho sperimentata attraverso mio figlio, che ha partecipato con i suoi amici a tutti gli Educamp ed il prossimo anno non avendo più l’età per parteciparvi, vuole ugualmente tornarci, come collaboratore.
Per informazioni: CONI Vicenza, Viale Trento 288 tel 0444 571337 www.conivicenza.it
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er un fotografo o per un cacciatore subacqueo lo scorfano è tra le prede più facili in quanto lo si può avvicinare tanto da poterlo toccare. Ciò lo si deve alla sua indole tranquilla e alla fiducia che ripone nelle spine velenose e nella livrea mimetica essendo uno dei principali campioni in quest’arte. Gli scorfani sono presenti nelle barriere coralline, in tutti i mari tropicali e temperati caldi e si trovano comunemente anche nel Mediterraneo, così come in Alto Adriatico nelle zone rocciose delle “tegnue”. Solo poche specie si sono adattate alla vita nelle acque dolci.
Lo scorfano
di Antonio Rosso foto di Denis Zorzin e Nick Hobgood (Wikipedia) Scorfano è il nome generico, fanno nelle barriere coralline parte della famiglia delle “scorpaenidae” che sono pesci ossei bentonici, la maggior parte dei quali vive su fondali duri. Sono predatori e cacciano pesci, molluschi, crostacei ed altri invertebrati Hanno un aspetto variabile, spesso bizzarro con corpo compresso ai lati, testa grande spesso ornata da appendici e lobi di pelle di varia forma e percorsa da creste ossee. La bocca è ampia e le pinne dorsale e anale sono fornite di forti raggi spinosi. Le spine sono, del resto, presenti un po’ ovunque e quelle della pinna dorsale e degli opercoli possiedono ghiandole velenifere in grado di infliggere
dolorose punture che, nei generi Pterois e Synanceia (acque tropicali), possono avere esito mortale. Presentano una colorazione rossastra o bruna ma spesso hanno anche colori vivaci con livree rosso-arancio screziato di giallo, oppure verde giallo arancio marrone. Da noi raggiungono cinquanta centimetri di lunghezza ma molte specie sono lunghe solo poco più di 10 cm. Il termine scorfano, viene usato per indicare persone di non piacevole aspetto, pensando all’aspetto del pesce, ma va detto che agli scorfani appartiene anche la specie Pterois volitans, (pesce scorpione) che è molto elegante. A basse profondità si rinvengono prevalentemente gli scorfani neri (Scorpaena porcus) e gli scorfanetti (chiamati genericamente così perché non facilmente attribuibili ad una specie
e perché generalmente di piccola taglia), mentre a profondità maggiori s’inizia a rinvenire con facilità lo scorfano rosso (Scorpaena scrofa). Una volta localizzati, sono facili da avvicinare e non vi è nessuna difficolta all’inquadratura a distanza ravvicinata, anche se per coglierne i colori è necessario usare la luce artificiale.
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Uno scorfano di 200 anni di età
Un pescatore di Seattle di nome Henry Liebman ha pescato nelle gelide acque dell’Alaska un rockfish, uno scorfano del nord, dell’apparente età di 200 anni. Per il Department of Fish and Game dello Stato, si tratta del record assoluto di longevita’ per un esemplare di quella specie. A permettere di dedurre l’età del pesce è stata la sua lunghezza, pari a 104 centimetri. La conferma arriverà da analisi di laboratorio. Gli scienziati infatti possono stabilire la longevità di un pesce esaminandone un piccolo osso che si trova nell’orecchio, noto come otolite, che contiene anelli della crescita simili agli anelli annuali d’età che si trovano nei tronchi degli alberi.
- Fonte: http://www.ansa.it/terraegusto/notizie/rubriche/dalmare/2013/07/04/Pescato-Alaska-scorfano-piu-vecchio_8976851. html?idPhoto=1
Lo scorfano in cucina
Lo scorfano, in cucina, lo si trova soprattutto nelle zuppe di pesce. Ricco di spine, e con carne grassa viene considerato un pesce con carni mediocri, tuttavia vi sono moltissime ricette che lo prendono in considerazione. Ecco alcuni suggerimenti. Come antipasto: spuma di scorfano e pesce spada al lime. Come primo: pasta con sugo di scorfano, tortiglioni allo scorfano, mezze maniche e scorfano, linguine con scorfano all’acqua pazza, fusilli allo scorfano e zafferano, lasagne al ragù bianco di scorfano, cavatelli allo scorfano, maccheroni allo scorfano, zuppa di scorfano, zuppetta di purea di scorfano e patate, maccheroni di scorfano e sgombro, trofie al sugo di scorfano ed erbette, trofie al sugo di scorfano, pasta alla chitarra con lo scorfano, ditalini con lo scorfano, strascinati al sugo di scorfano. Come secondo piatto: filetti di scorfano con carciofi, scorfano alla Lipari, bocconcini di scorfano con patate e nocciole, filetto di scorfano farcito, filetto di scorfano ripieno, filetto di scorfano ripieno dall’Alto Adriatico, scorfano con pancetta e zucchine, filetti di scorfano alla pancetta e zucchine, scorfano in crosta di pinoli con bietole, insalata di scorfano con zabaione salato. Per chi volesse dedicarsi a tali ricette il riferimento è il sito internet
http://www.donnamoderna.com/cucina/risultatiricette/(offset)/20/(searchkey)/scorfano
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Non solo piscina
n piscina i Master si differenziano per la categoria legata all’età anagrafica. Poi tra questi c’è un numero, di anno in anno sempre più numeroso, che oltre alla piscina non disdegna di mettersi in competizione e non solo con gli avversari ma anche con se stessi, nelle competizioni in acque libere in mare od in lago dove fatica, freddo ed impossibilità di vedere cosa li “avvolge” sono già ostacoli di per sé impegnativi. Tra questi ci sono quelli che preferiscono le gare brevi di Mezzofondo sul miglio marino piuttosto che nei 2.500 o 3.000 m, quelli attirati dalle gare di Fondo che spaziano tra i 5.000 ed i 10.000 m e poi ci sono i “pazzi” del Granfondo. Nonostante Schio Nuoto Master annoveri in totale una ventina
di Franco Decchino di Agonisti e quindi sia tra le compagini meno numerose nel panorama Master, ebbene anche tra noi ci sono questi “pazzi”. Infatti Sabato 29 Giugno alla “Traverlonga”, gara principe del Circuito dei Laghi 2013 che si è svolta con i 14 Km della Traversata del lago d’Orta, tra i 130 partecipanti, si sono presentati anche 4 rappresentanti di Schio Nuoto S.S.D., Marco Ghezzo, Carlo Menegozzo, Giorgio Prandina e Mirko Spanevello. La manifestazione, che sin dalla prima edizione ha richiamato il meglio tra gli specialisti del Granfondo, caratterizzata da un percorso in linea che ha attraversato tutto il lago da Omegna fino all’arrivo di Gozzano e da una temperatura dell’acqua sui 18°, ha visto gli scledensi, con la loro bella boa di segnalazione saldamente legata al corpo, ottenere i seguenti risultati assoluti:
Mirko Spanevello 8° in 3h25’49” seguito da Giorgio Prandina 9° in 3h25’57” e da Carlo Menegozzo 11° in 3h27’35”. Da segnalare la prestazione di
Marco Ghezzo 87° in 4h39’36”
che, sportivo proveniente da altre discipline ma passato al nuoto master solo da un anno, ha portato comunque a termine con onore una impresa che a molti potrebbe far paura solo a pensarla. Di maggior prestigio i risultati di categoria con :
I primi impegni stagionali hanno dato grosse soddisfazioni ai nuotatori scledensi, il che è di buon auspicio per il proseguo della stagione che li vedrà impegnati nei mari e laghi d’Italia fino alla conclusione del calendario agonistico, il 28 settembre con la mezzofondo di San Michele di Pagana-Rapallo (GE) e con già confermata una nutrita presenza alla 49ª edizione della “Traversata dello Stretto” tra Messina e Reggio Calabria il 4 Agosto. Prossimo appuntamento a Caorle, il fine settimana, con la “Nuotiamo Insieme 2013” valida per il “Circuito Alto Adriatico 2013”.
Oro a Mirko Spanevello nella Categoria anno ’79 ÷ 95.
Argenti a Carlo Menegozzo nella Categoria anno ’79 ÷ 95 ed a Giorgio Prandina 2° nella Categoria anno ’78 ÷ ’74.
Da sin Spanevello, Menegozzo, Prandina e Ghezzo con relative boe di segnalazione.
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le isole della luna Molte meraviglie sfuggono ai ricchi sui “ferri da stiro”: non si vedono dagli yacht grotte incantate, mosaici di roccia, baie da sogno... Mentre con il kayak di mare le isole incoronate si mostrano in tutta la loro stupefacente bellezza
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di Mariano Storti
rulle e prive di vegetazione, le 152 isole Kornati ricordano davvero i paesaggi lunari. E’ un mondo da scoprire affidandosi al kayak, per assaporare fino in fondo un’avventura alla Robinson Crusoe. D’estate, due volte alla settimana, una barca dipinta di rosso fa il giro dell’arcipelago delle Incoronate. Quando la vedono arrivare le donne delle case (poche), racchiuse nelle baie protette dal vento prendono le borse e si avvicinano al molo. E i turisti (pochi anche a ferragosto!) corrono sul molo. Questa barca è il supermercato delle Kornati. Nella stiva ci sono pane fresco, uova, pomodori... Giornali di due giorni prima per chi ha voglia di sapere come va il mondo. Dura la vita dei vacanzieri emuli di Robinson su queste isole spazzate dalla bora o dal maestrale. Poca acqua dolce di origine piovana, raccolta in enormi terrazzi, da prendere al pozzo, luce elettrica prodotta dai pannelli solari, la connessione al cellulare ed ad internet instabile o inesistente. Chi ha scelto di attraversare l’arcipelago da solo e a bordo di un sea kayak di m. 5,27 non è un masochista. Piuttosto ha scelto di vivere con e per il mare. Che qui non è un mare qualsiasi. E’ più pulito, più salato, più vivo. In una parola è
Il kayak: QAJAQ Wiking Lv lunghezza m.5,27 larghezza 0 ,57 Il WIKING è un kayak con grandi capacità di carico, stabile e confortevole per trascorrere molte ore sull’acqua. Nello stesso tempo è un’imbarcazione performante con una elevata direzionalità ed una buona velocità di crociera. Dotato di quattro gavoni e di deriva a scomparsa offre anche una facilità di manovra e di una buona percezione sull’acqua. La versione LV (BASSO VOLUME) ha un volume di carico inferiore rispetto al modello hd (alto volume) ma presenta il vantaggio di offrire, in quanto quasi completamente sommerso, meno presa al vento. Rappresenta quindi un valido compromesso tra prestazioni, capacità di carico. e stabilità soprattutto nelle condizioni di mare più impegnative. La pagaia Sia nel recente periplo di Cherso e Lussino sia nel kayk trip alla Incoronate ho utilizzato una pagaia wing in carbonio e mi sono trovato molto bene: il peso ridotto, meno di 800 g., lo stile di pagaiata basso e la spinta, mi hanno permesso di aumentare la percorrenza giornaliera di 8/ 10 KM. a parità di sforzo, rispetto alla pagaia tradizionale. La pagaia Kajner WING, misura media, ha l’angolo regolabile ed io l’ho posizionato sui 60 gradi per ruotare poco il polso ed evitare fastidiose tendiniti.
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IL MARE. Definire brulle le Konati è un eufemismo: gli alberi sono pochissimi e il paesaggio è veramente lunare. Ma questa pietraia che emerge dal mare racchiude mole storie da raccontare. Descrivere le sfumature di questo mare, le scogliere che precipitano negli abissi delle isole che guardano il mare aperto è quasi impossibile. Il paesaggio è semplicemente superbo e non è un caso che sull’isola di Mana sia stata girato il film l’Odissea: era il palazzo dove Penelope scrutava il mare, nell’attesa di Ulisse. In realtà l’isola di Mana, come tutte le altre che danno vita a questo labirinto, sono di proprietà privata. Mana appartiene, come mi hanno riferito a Kornat,
“la capitale” dell’arcipelago, 10 case e un piccolo market, ad un ubriacone che, quando è sull’isola, lancia dei sassi ai turisti. Li lascia sbarcare solo se gli offrono una bottiglia di vino. LA STORIA. Le 152 isole sono proprietà privata dal 17 secolo, quando gli abitanti di Murter vi si ritirarono per sfuggire ai turchi. Arrivarono con le loro tozze barche da pesca e portarono con sé le capre che sarebbero servite al loro sostentamento quando il mare era troppo grosso. Nelle baie costruirono piccole case di pietra ed aspettarono tempi migliori ma le capre e i furiosi incendi del 1800 desertificarono ulteriormente le già aride Incoronate. Passato il pericolo i fuggitivi e i loro discendenti presero
l’abitudine di trascorrere alcuni mesi sulle isole, come i nostri montanari sulle baite negli alpeggi estivi. Era una vita estrema ed ancora oggi d’inverno l’arcipelago, spazzato dalla bora, è spopolato. Impressionanti sono i muri a secco che recintano il nulla. Il motivo di queste recinzioni non è dovuto a stupidità o avidità, bensì nasce dal calcolo dell’esigua quantità di erba per le capre: si delimita e si protegge dal vento una porzione di territorio che fosse sufficiente al mantenimento di un determinato numero di capi. Navigare a filo d’acqua, a bordo di un kayak, è forse il modo migliore di innamorarsi di questa pietraia in mezzo al mare. Per capirle bisogna perdersi nel
labirinto d’acqua e cercare di indovinare la rotta seguendo le forme di questi scogli dai nomi strani. Ma i kurnatari, abituati alla solitudine, sono anche dei burloni. Lo hanno imparato a loro spese i cartografi mandati dagli Asburgo d’Austria a tracciare la mappa dell’arcipelago. I funzionari imperiali avevano trascorso giorni e giorni ad interrogare, a Murter i vecchi pescatori seduti sul molo. Per un po’ quei vecchi gli avevano dato retta. Poi avevano cominciato a sparale grosse. E così, delle 152 isole, alcune sono ufficialmente battezzate con nomi dell’antica etimologia croata, altre hanno subito una sorte diversa, come Babina Guzica, che significa “Culo della Nonna”... Dopo aver circunavigato Cherso, Lussino, Cnidole ed Unjie nel mese di luglio per un totale di 277 km, in agosto ho pagaia-
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to tra queste mitiche isole Incoronate: Sono partito da Sukosan, 10 km dopo Zara, alle 18 ,rotta verso lo stretto di Zdrelac, che divide Uglian da Pasman. Pernottamento in una profonda baia, a pochi km dal ponte, Il giorno dopo, 42 km. di pagaia, dapprima con una traversata di 9 km. di mare aperto verso la baia Talascia, la porta delle isole della
luna. Il kayak trip è stato più breve,150 km, ma l’immersione nel paesaggio marino si è forse rivelata più intensa. Meteo inclemente solo mercoledì 14, con fatica ho pagaiato al mattino contro la bora e al pomeriggio contro il maestrale: per fortuna nel canale centrale l’onda è poca. Il giorno di ferragosto è stato il mio giorno fortunato: a mezzogiorno dei bolzanini mi hanno invitato a
pranzo e alla sera una famiglia di velisti mi ha offerto la cena a bordo. Ma non è finita, piantata la tenda in un portico, alcuni tedeschi gentilissimi si sono alzati presto al mattino per offrirmi la colazione. Spesso i cattivi e i maleducati si nascondono NEI NON LUOGHI delle spiagge ferragostane. Infine ho voluto allungare l’itinerario costeggiando Pasman. Partito lunedì 11, purtroppo già sabato 17 agosto ero a casa.
Classifico l’itinerario come impegnativo anche perché percorso in solitaria. Logistica: si lascia l’auto in un parcheggio custodito, giorno e notte, nei pressi della marina di Sukosan, il parcheggio costa SOLO 10 KUNE al giorno, cioè 1 euro e 50, alla faccia dell’Italia dei gratta e vinci!
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le isole della luna
photo: Mariano Storti
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vicenza
il falco e la gazzella di Giulio Centomo foto Newspower EOS e Play Full Nikon
Roberto Cunico ed Enrico Zen, due sportivi, due amici, una grande passione in comune: quella per il ciclismo. In questa stagione i due corridori vicentini in forze al Team Beraldo Since 1982 hanno fatto davvero fuoco e fiamme, conquistando pedalata su pedalata un successo dietro l’altro con le fresche vittorie ex aequo all’austriaca Highlander Radmarathon ed allo svizzero Alpen Challenge. Tra una gara e l’altra siamo riusciti a rubar loro qualche battuta.
Una storia su due ruote
Tanto per cominciare diamo le vostre generalità: nome, età, soprannome, passioni e sogno nel cassetto. R: Roberto Cunico, 34 anni, in squadra mi chiamano “il falco”. Le mie passioni sono, nemmeno a dirlo, la bici ed il divertimento. Sogno poi di vivere serenamente e di costruirmi una famiglia non senza dimenticare i bei momenti che sto vivendo oggi. E: Enrico Zen, 27 anni. Mi hanno soprannominato “la gazzella” e le mie passioni sono la bicicletta, lo sport in generale e gli animali da reddito. A casa ho infatti una piccola fattoria con maiali, manze, animali da cortile, ma ancora il sogno che tengo nel cassetto è capire quel che voglio diventare da grande. Come nascono i vostri soprannomi? R: “Il falco” nasce dalla mia abilità in discesa. Quando la strada punta in basso, mi lancio a capofitto e in molte occasioni sono riuscito a fare la differenza proprio così. E: “La gazzella” è uno dei frutti della fantasia del mio fratellone Roberto Cunico che tra tante “cazz...te” ha partorito pure questo. Cos’è per voi il ciclismo? R: Passione, una valvola di sfogo e divertimento. E: Era il mio lavoro, ora è pura passione e amicizia. Quando nasce la vostra passione per le ruote fine? R: Già da piccolo correvo in bici, ma non mi piaceva, mi allenavo contro voglia. Dopo il servizio civile, invece, per cominciare a fare un po’ di attività fisica ho ripreso proprio le ruote fine e da lì non le ho più lasciate. E: A 12 anni, quando il babbo mi portava con sé nei giri domenicali. Sulla vostra bici qual è il rapporto ideale. R: Sempre agile! Non ho un rapporto ideale, basta che le gambe girino bene. E: Sempre e comunque agile. In salita taaaanto agile, 34x29 direi.
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Qual è invece la vostra bici dei sogni? R: Quella che ho già, non ne conosco di migliori... la Beraldo mi ha fatto un telaio su misura che non cambierei con nessun altro marchio. E: Nella mia vita ciclistica ho provato numerose bici, ma come la Beraldo che ho da un anno e mezzo non c’è nessuna. Qual è il successo che vi ha dato di più nella vostra attuale carriera? R: Non è uno solo, ma diciamo che la Sportful Dolomiti Race è stata il coronamento di un sogno, mentre la Nove Colli di Cesenatico si è dimostrata la gara più emozionante e bella. E: Da dilettante la tappa di Cervinia del Giro della Valle d’Aosta 2008. Da granfondista invece la prima, l’anno scorso, all’Alpen Challenge in Svizzera. Me l’ha regalata Roberto, aspettandomi all’ultimo chilometro e dimostrandomi che anche io potevo vincere una granfondo. Così lui ha vinto la propria scommessa su di me. Qual è invece la vostra sconfitta maggiore? R: Non ho nessuna sconfitta, mi diverto ugualmente e sempre... Una piccola delusione può esser stata l’Ötztaler Radmarathon dell’anno scorso, quando una “giornata no” non l’ha fatta
finire come speravo. E: Il mancato rinnovo del contratto da professionista nel 2010. Ora però non esistono più sconfitte. Nelle granfondo la nostra vittoria è il divertimento e qui mi sento di dire che non abbiamo mai perso ancora. Qual è il successo che sognate e che deve ancora venire? R: Ora che ho vinto la Ötztaler Radmarathon dello scorso 25 agosto, l’unico obiettivo che mi rimane da centrare è la Maratona dles Dolomites, poi sarò appagato per sempre! E: Ad essere sincero faccio gran pochi sogni riguardanti la bici. Sarò forse ripetitivo, ma l’unico sogno che ho è di divertirmi. Com’è gareggiare e pedalare insieme? R: Io ed Enrico siamo amici prima di tutto. Pedalare e gareggiare con lui è uno spasso, è il fratello minore che non ho mai avuto. Quante volte mi emoziono quando vince lui!!! Siamo molto legati, diversi caratterialmente e per questo ci completiamo. È stato lo stimolo a continuare ancora! E: In Roberto ho trovato un amico con la “A” maiuscola, uno di quelli che si contano sulle dita di una mano. Siamo prima di tutto amici, poi anche compagni di squadra. La sera si esce assieme, si fa festa assie-
me, si va al mare assieme ed è sempre uno spasso, sia in allenamento che nella vita di tutti i giorni. Chi dei due si sente più leader e chi più gregario? R: Per noi non c’è un leader, ci capiamo al volo quando uno sta meglio dell’altro e ci comportiamo di conseguenza. Ci viene tutto naturale!!! E: Il leader è lui, io il gregario, che domande! I vostri idoli ciclistici sono... R: Non ho un idolo tra i prof, se non il mio amico di sempre, Emanuele Sella. Il mio idolo nel ciclismo in generale è Enrico! E: Marco Pantani e subito dopo Emanuele Sella. Enrico senza Roberto e Roberto senza Enrico, come sarebbero? R: Senza Enrico Roberto sarebbe un giocattolo rotto, non sarebbe più lo stesso, non so se correrei ancora, veramente! Ho trovato una maniera diversa di vivere le gare con lui, mi diverto molto di più ed ho sempre il sorriso. E: Diverso... e non poco. Di certo sarei meno sereno, meno sorridente e poi tante altre cose che io e lui sappiamo. Quale aggettivo si addice di più a vostro parere per commentare alcuni episodi di quest’anno su due ruote:
- Froome che vince il Tour de France R: Stilisticamente inguardabile E: Sorprendente - La neve che fa saltare i tapponi dolomitici al Giro d’Italia R: Fuori stagione E: Indesiderata - Il doping al Giro e i nuovi affondi su Pantani R: Ipocrita E: Ridicoli - Il mondiale granfondo di Trento R: Innovativo E: Incognita - Zen vince il Challenge Giordana R: Scontato ;-) E: Fino all’anno scorso avrei detto impossibile - Cunico trionfa sul Bondone nel pre-mondiale de La Leggendaria Charly Gaul R: Fantastico E: Meritata - Zen e Cunico si qualificano per la finale UWCT 2013 R: Scontatissimo ;-) E: Indifferente A chi dedicate la vostra stagione in sella? R: La dedico a tutte le persone che fanno sì che questa squadra ci sia, ad iniziare da Enrico, poi Mario Beraldo, Roberto Milan e tutti gli sponsor. E: Roberto Cunico, al main sponsor nonché fornitore di bici Mario Beraldo e al ds Roberto Milan. Insomma alla famiglia del Team Beraldo Since 1982.
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schio
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gradino del podio nel mondiale di Mosca, e ha gareggiato ai mondiali 2010 ad Offida nella crono e su strada chiudendo entrambe le gare al 5°posto. In tutto ha vestito per ben 11 volte la maglia azzurra. Lo scorso anno tra le underelite si è tolta la soddisfazione di chiudere in solitaria nella prima semitappa della terza tappa del Trophèe d’Or femminile in Francia nella Vierzon-Gracay e di vincere il Trofeo Alberto VannucciG.P. Valbisenzio. La stagione non è finita (c’è anche un secondo posto in Belgio, e ha indossato per una tappa la maglia giovami al Tour de Rossulont Francia) e la bionda di Cogollo del Cengio, appena rientrata da un periodo in altura a Livigno, non ha nulla da perdere nel campionato mondiale che si correrà in Toscana a fine settembre in un percorso che le si addice. Talvolta il morale può fare la differenza e visto l’impegno e la determinazione, uniti alle doti tecniche ed atletiche che certamente non le mancano e che più volte ha dimostrato di possedere, osare non costa nulla. Vai Susanita!!!
Susanita europea di Enzo Casarotto
l ciclismo femminile spesso onora lo sport ed è foriero di medaglie: una di queste l’ha conquistata come nel ciclismo epico di qualche anno fa, una ventunenne di Cogollo del Cengio che a Olomuc nella Repubblica Ceca nel campionato europeo riservato alle under 23, è andata all’attacco in solitaria quando al traguardo mancavano una cinquantina di km. e con caparbietà ma anche supportata da una grande condizione fisica e soprattutto mentale, è riuscita a guadagnarsi la medaglia d’oro relegando ad un minuto le avversarie regolate allo sprint per l’argento
da Francesca Cauz con l’Ucraina Ganna Solovei a guadagnarsi il podio davanti all’altra ragazza di Edoardo Salvoldi Rossella Ratto. E’ la vicentina Susanna Zorzi da tre anni professionista del pedale che ha esordito nel 2011 con la Gauss RDZ Ormu per poi passare alla MCipollini Giambenini Giordana e attualmente corre con la Faren-Kuota, una formazione ora italiana gestita dal team manager Walter Ricci Petitoni e dai D.S. Fortunato Lacquaniti e Primo Grespan. Tra le giovani ha dimostrato tutto il suo valore conquistando con le juniores 13 vittorie (6 nel primo anno e 7 l’anno seguente) indossando la maglia tricolore sia nella crono che su strada nel 2010 mentre l’anno precedente ( 2009 )ha partecipato con la maglia azzurra al campionato europeo a cronometro (7^) tra le junior salendo poi sul terzo
Susanna Zorzi vince il titolo di campione d’Europa firmando un’impresa epica
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corso istruttori di nordic walking Snowsportsacademy San Marino: la nascita di un grande progetto
a Scuola Italiana Nordic Walking e la sottoscritta, responsabile del gruppo di Nordic Walking Valle del Chiampo dello S.C.CHIAMPO questa estate ha messo le prime fondamenta su un grande progetto che ha l’obiettivo di inserire il nordic walking nella formazione dell’Accademia internazionale di maestri di sci di San Marino. Dall’11 al 13 luglio, sul territorio di Chiampo, si è svolto il primo corso per far diventare i neo e futuri maestri di sci di questa prestigiosa accademia degli istruttori di nordic walking della scuola italiana: un connubio che potrà sicuramente portare a livello professionale questi ‘tecnici sportivi’ a un livello superiore, vivendo lo sport, la montagna e la natura non solo con gli sci e la neve ma anche con
di Marta Carradore
un paio di scarpe da trailrunning e un paio di bastoncini da nordic tutto l’anno. Un ottimo inizio di questa nuova esperienza con il superamento degli esami da parte di tutti i candidati e della loro grande soddisfazione e passione per il nordic walking. Un grazie sincero al Master Trainer Daniele Frigerio per la sua professionalità. a Vito Molignoni responsabile tecnico-coordinativo della Snowsportsacademy, all’hotel La Pieve per l’ospitalità e la disponibilità e a tutti i neo istruttori della Scuola Italiana Nordic Walking e un benvenuto in questa grande e unita famiglia! Ora in programma il prossimo corso sempre sul territorio di Chiampo, per risaltare un comune sempre disponibile ad aprirsi al mondo dello sport, della natura e del benessere.
Summer camp… un’estate a tutto sport
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’idea del Summer Camp è nata da una mia esperienza personale e professionale nell’ambito dell’insegnamento sportivo dei bambini. Girando per molto impianti sportivi ho notato che troppo spesso ai piccoli sportivi vengono proposti sempre i medesimi giochi e esercizi stimolando, così, solo inizialmente la loro curiosità ma poi, giorno dopo giorno, quel gesto atletico, per quanto impegnativo, viene via via metabolizzato diventando un semplice movimento che richiede solo un minimo sforzo fisico per esser svolto e l’entusiasmo velocemente svanisce. Questa mancanza di stimoli è il problema principale che poi, con lo sviluppo fisico e la crescita, porta molti ragazzi ad abbandonare lo sport. Così mi è venuta l’idea di inventare un semplice Centro Estivo nel quale, nel periodo estivo, i bambini potessero imparare ma, soprattutto, provare degli sport nuovi capaci, oltre di muovere il corpo, di far lavorare anche la testa. Un ricco programma che coinvolgeva il nordic walking, l’atletica, la mountain bike, il tennis e l’orienteering. Ogni giorno per me era una sfida proporre queste innovazioni in ambito ludico, ma ogni giorno era un’immensa soddisfazione vedere i tanti bambini con un sorriso stampato in volto mentre giocavano con i bastoncini da nordic facendo le marionette, oppure lanciavano il vortex alto nel cielo, riuscivano a far lo slalom con bici senza toccar neanche un birillo o colpivano senza incertezza la pallina da tennis;
di Marta Carradore per non parlare delle gare di orienteering dove, con carta e bussola, dovevano ritrovare tutti i punti di controllo dispersi nel parco… Un’esperienza a mio parere molto positiva che ha dato l’opportunità a questi giovani ‘pentaalteti’ di conoscere dei nuovi sport e, perché no, magari appassionarsi ad uno di questi facendolo diventare il proprio sport! Un grazie infinito alle tra ragazze che mi hanno aiutata a sviluppare questa attività che senza loro, sarebbe stata impossibile: Lucia, Anna e Giulia e a Fabrizio dei Campi da Calcetto di Chiampo per la concessione dello spazio e della struttura sportiva. Vi aspetto tutti numerosi il prossimo anno!!
Corsi per bambini organizzati con lo S.C.CHIAMPO dal 24 Settembre: CORRERE ALL’ARIA APERTA (settembre/dicembre) stadio Dal Molin di Arzignano mercoledì 18:00 -19:00 NORDIC WALKING ORIENTEERING (ssettembre/novembre) parco Mantovano Arzignano lunedì 16:00-17:00 info: Dott.ssa Marta Carradore 340.5199729 marta.carradore@libero.it
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valdagno
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di Marta Carradore
l 10 luglio a Palazzo Festari di Valdagno si è svolta una serata totalmente dedicata all’arte del cammino, alla scoperta della natura, delle riflessioni e emozione che essa può generare ad ogni passo. La sala era colma di persone attente ad ascoltare gli interessanti interventi dei tre ospiti: la sottoscritta che ha presentato il cammino sotto il punto di vista tecnico aggiungendo, ai semplici movimenti di avanzamento delle gambe anche quelli delle braccia grazie a due bastoncini passando così dal footing al Nordic Walking; successivamente è intervenuto il professore Roberto Pace che ha parlato dell’aspetto naturalistico del cammino presentando il suo libro
‘Un passo dopo l’altro’ dedicato ai trekking del nostro territorio alla scoperta di paesaggi inesplorati e sconosciuti che distano pochi passi dalle nostre case; infine, ultimo ospite della serata l’ex atleta azzurro di sci nordico e orienteering Pino Dellasega che ha portato la sua avventura per la realizzazione del Cristo Pensante delle Dolomiti portando, così, il cammino nella
sua veste interiore, nelle emozioni che si generano nella mente e nel cuore passo dopo passo, spinta dopo spinta. Una serata ricca sotto ogni punto di vista che ha riempito di meraviglia e curiosità i molti presenti tra cui molti appassionati di montagna, istruttori di nordic walking e il gruppo Nordic Walking Valle del Chiampo dello S.C.CHIAMPO che, il successivo
una serata di cammino
Il Gruppo Nordic Walking Valle del Chiampo dello S.C.CHIAMPO organizza dal 24 settembre i seguenti corsi: Corso Base Nordic Walking (4 lezioni) a Arzignano martedì-giovedì dalle 9:00 alle 10:00 Corso Base Nordic Walking (4 lezioni) a Arzignano lunedì-giovedì dalle 18: alle 19:00
Corso Base Nordic Walking (4 lezioni) a S.Pietro Mussolino martedì-giovedì dalle 14:00 alle 15:00 Nordic Walking Training (ottobre/dicembre) lunedì-mercoledì dalle 19:15 alle 20:15 martedì-giovedì dalle 10:15 alle 11:15
Uscite Nordic Walking con ritrovo presso: stadio Dal Molin di Arzignano martedì 19:30, mercoledì 9:00, sabato 8:30 info: Dott.ssa Marta Carradore 340.5199729 marta.carradore@libero.it
21 luglio ha organizzato un long track di nordic walking proprio al Cristo Pensante, questa splendida statua di predazzite di Gesù seduta a pensare sotto la Sua croce posta sulla Sua cattedrale: il monte Castellazzo a Passo Rolle. Oltre cento persone, quel giorno, si sono incamminate a ritmo di nordic walking per vedere dal vivo questo particolare Cristo circondato dalle Dolomiti, percorrendo il trekking del Cristo pensante immersi in un’esplosione dei colori della natura, tra le azalee, le genziane e le violette in fiore. Una giornata meravigliosa, conclusa con un bel pic-nic organizzato dal gruppo nordic walking sui prati di Capanna Cervino e una grande emozione nei cuori di tutti i partecipanti.
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schio di Chiara Guiotto Foto di Paolo Faccin
Il 27 luglio scorso per la prima volta in territorio vicentino a Schio si è tenuta una tappa del Campionato Italiano In Line Alpine Slalom, una disciplina sportiva poco conosciuta che merita di essere sostenuta e valorizzata. Per gli addetti ai lavori si è trattato delle prove generali dei Campionati Europei e forse anche del Mondiale in previsione per l’anno prossimo.
En plein in casa Losio
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entre lo slalom alpino tradizionale vede gli atleti accarezzare la neve ghiacciata delle montagne dotati di sci sciancrati e scarponi, l’in line alpine slalom molto ha in comune con questo sport a parte la tipologia di pendio, l’asfalto e non la pista innevata, e i rollerblade. Per il resto le due discipline sportive si assomigliano molto: l’adrenalina, la rapidità tra una porta e l’altra, la velocità e l’attrezzatura a partire dal caschetto e le protezioni per gomiti, mani e ginocchia. E con altrettanta certezza possiamo affermare che allenarsi durante l’inverno tra i pali snodati dello sci
alpino ad alta quota è un’ottima preparazione per la strada. Nonostante sia uno sport minore ci sono team in particolare nel vicentino che stanno contribuendo nel loro piccolo a farlo crescere. Tra questi spicca senza dubbio la volontà, la costanza e la passione di un ex pattinatore artistico, attualmente allenatore anche della disciplina in line, Daniele Basso dello Skate Art di Schio che, con il patrocinio del Comune di Schio, ha organizzato per la prima volta in territorio vicentino una tappa dei Campionati Italiani. Con questa manifestazione sportiva il suo obiettivo principale era quello di valorizzare uno sport minore come quello dell’in line alpine slalom e dobbiamo dire che Basso è stato in grado di ottenere ciò a cui da tempo aspirava: manifestazione riuscitissima che ha visto schierati al cancelletto di partenza lungo la pista scledense denominata Brolo del Conte 70 atleti provenienti da diverse regioni d’Italia come il Piemonte, l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Trentino e il Veneto. Una trentina le femmine partecipanti a dimostrazione che la disciplina non è prettamente maschile come potrebbe sembrare; e molti i baby atleti: il più giovane è stato Cristian Rondi di soli sei anni. Una pista di 250 metri lungo la quale sono state tracciate 22 porte, con un dislivello medio dell’8%. Il Commissario Tecnico della Nazionale Massimo Losio, nonché tracciatore della prima manche, ha definito la pista scelta per gli Italiani davvero ottimale, sia per la pendenza sia per le peculiarità della strada, larga e ombreggiata. “Caratteristiche ideali -ha sottolineato Losio- per poter organizzare l’anno prossimo anche gli Europei o addirittura il Mondiale”. Protagonisti assoluti della manifestazione sono stati proprio i figli del ct Massimo Losio, Cristian e Massimiliano dell’ASD Pattinatori Bononia, rispettivamente primo e secondo della
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11, under 14, under 17, senior e master, sia maschile che femminile, hanno disputato due manches. “Sono molto soddisfatto dell’esito di questa tappa dei Campionati Italiani -ha commentato Leonardo Zilio Zella, organizzatore dell’intero circuito in line alpine slalomLa tappa ha avuto un grande successo e di certo faremo il possibile per riportare a Schio questa disciplina”. Un arrivederci alle prossime gare del circuito Triveneto in line alpine slalom in programma il primo settembre a Monfalcone in Friuli Venezia Giulia e il 28 e 29 settembre a Feltre con il gran finale. Nonostante le competizioni siano organizzate nel territorio del Triveneto gli atleti provengono da tutte le regioni d’Italia come la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia e persino vi partecipano squadre slovene.
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Lo sport valdagnese Attività e sport in un clic nell’area ex-inceneritore
Il sito web del Comune di Valdagno e la città intera si arricchiscono di un nuovo strumento informatico a misura di sportivo. È infatti on-line il mini-sito “Valdagno si muove”, dedicato alla promozione dell’attività sportiva a tutto tondo. Accedendo all’indirizzo www.comune.valdagno. vi.it, da poco completamente rinnovato e aggiornato, sotto la voce “Città” e quindi “Sport” sarà possibile visitare e consultare questo nuovo strumento di informazione. Le novità all’interno sono numerose e si accompagnano a tante informazioni aggiornate per chi ama l’attività all’aria aperta, ma non solo. Si va dell’elenco completo delle società sportive valdagnesi ad una sezione dedicata ad eventi e progetti messi in campo dal Comune di Valdagno. Tra questi troviamo le ormai note manifestazioni della Festa dello Sport, della Granfondo Liotto e della Trans d’Havet, ma anche il progetto “Valdagno città dell’arrampicata”, la mappatura gps dei sentieri, gli “Amici per la corsa” ed il Bonus sport. La sezione che però risulta più interessante riguarda gli impianti sportivi. Dai campi da calcio, alle falesie per l’arrampicata
sportiva, ogni struttura presente sul territorio comunale, pubblica o privata, è stata mappata e schedata in modo da fornire tutte le notizie utili. Di particolare interesse sono le informazioni che i cittadini potranno trovare sulle modalità per accedere ad ogni struttura: per la prima volta, infatti, sono stati riuniti non solo gli impianti riservati alle società sportive, ma anche tutti quelli aperti all’utilizzo dei singoli o di gruppi informali (come i recenti impianti per il beach volley ed il calcio a 5 realizzati a Ponte dei Nori, nell’area sportiva “Valdagno Sud”). Per consultare in modo preciso l’elenco delle strutture sono state pensate più tipologie di accesso, in particolare con un’indicizzazione a seconda della disciplina sportiva praticata o della tipologia di utilizzatori consentita. www.comune.valdagno.vi.it.
Settembre: l’area exinceneritore chiama a raccolta bambini e famiglie Continua a crescere l’offerta delle attività legate allo sport ed al tempo libero presso l’area Ex-Inceneritore di Valdagno. Grazie alla collaborazione con il Centro Servizi Le Guide, già partner del progetto “Valdagno città dell’arrampicata” insieme al Centro di Arrampicata 7A ed al gruppo “Sogati” del CAI di Valdagno, l’ampia area verde è stata di recente sistemata per offrire un nuovo spazio cittadino adatto alle famiglie ed agli appassionati d’arrampicata. Ne è nato quindi un luogo unico nella zona. Assieme alla parete per l’arrampicata artificiale, il Centro Servizi Le Guide ha installato anche alcuni gonfiabili per bambini, tappeti elastici, una parete rotante di arrampicata ed una parete su corda. Per tutti i fruitori è già attivo inoltre un punto di ristoro con servizi igienici ed un piccolo bar. Per accedere all’area, posta in Zona Industriale di Piana, sono disponibili numerosi parcheggi nei dintorni ed un comodo collegamento
con la pista ciclabile Agno-Guà. A partire dal mese di settembre, inoltre, è stato proposto un ricco calendario di appuntamenti in musica, eventi ludici e proposte per i più piccole e le loro famiglie. Ma l’offerta non finisce qui, perché già nei prossimi mesi l’area si arricchirà ulteriormente grazie all’installazione di un piccolo “parco avventura” con ponte tibetano e altre strutture attrezzate. Il divertimento è quindi assicurato in piena sicurezza e sotto l’occhio vigile del personale qualificato. L’area è aperta tutti i pomeriggi dalle 16.00 alle 20.00; il sabato e la domenica dalle 14.00 alle 20.00. Tra i prossimi appuntamenti, sabato 28 settembre a partire dalle 14.00 continua il divertimento per grandi e piccini. Dalle 20.00 poi, ci sarà l’intrattenimento musicale con i ragazzi di Radio EUreka. Nel weekend del 19 e 20 ottobre, infine, sarà il turno della “Festa delle castagne”. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito www. csleguide.it.
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LAVORAZIONE - PRODUZIONE
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Soliman Isabella (anni 15) categoria Divisione Nazionale “A” Campionessa Italiana FIHP Combinata
Grandi emozioni
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al 15 al 17 luglio 2013 tre atleti dell’Ass.ne Polisportiva Valdagno sez. Pattinaggio Artistico Valdagno Castelgomberto ADP sono stati impegnati con i Campionati Italiani FIHP categoria Divisione Nazionale che si sono svolti a Roccaraso (AQ). Ad attenderli un enorme palazzetto gremito di atleti provenienti da tutta Italia che dopo le selezioni regionali si sono trovati a disputare il Campionato Italiano. Tanti atleti in piena forma, pronti ed agguerriti per aggiudicarsi il podio…. Tosetto Cristina (anni 14) categoria Divisione Nazionale “A” Campionessa Provinciale e Regionale Fihp 2013 , mercoledì 17 luglio ha aperto il tanto atteso Campionato Italiano scendendo in pista come prima concorrente: posizione non sempre favorevole in queste circostanze in cui la tensione è sempre
Sofia Soliman
molto alta e difficile da gestire ma l’atleta Valdagnese si è dimostrata come sempre determinata riuscendo ad eseguire un programma quasi perfetto che le ha permesso di rimanere in testa alla classifica per buona parte della gara. Purtroppo nell’ultimo gruppo di concorrenti Cristina è scivolata al 4° posto con pochi decimi di differenza dalla 2° e 3° classificata…amarezza dunque, dopo l’oro regionale, per Cristina che ha comunque regalato alla società un pur sempre ottimo piazzamento in campo italiano !!! Gara emozionante e sofferta per Soliman Isabella (anni 15) categoria Divisione Nazionale “A” che ha chiuso la giornata di gara scendendo in pista dopo una lunga fila di concorrenti: qualche imperfezione nel suo programma di gara l’ha fatta slittare al 6° posto . Isabella però a differenza di altre atlete aveva una carta importante da giocarsi: la
Francesca Gaia Danzo Bernardi
Tosetto Cristina (anni 14) categoria Divisione Nazionale “A” Campionessa Provinciale e Regionale Fihp 2013
Polisportiva Valdagno prestazioni super COMBINATA classifica data dal punteggio della gara di esercizi obbligatori (svoltisi a Bologna a fine Maggio ) sommata al punteggio della gara di libero…. Ha tenuto tutti con il fiato sospeso ma alla fine è riuscita a salire sul podio mettendo al collo la medaglia d’oro e aggiudicandosi così il tanto sognato titolo di Campionessa Italiana FIHP Combinata!!! L’atleta Consolaro Edoardo (anni 15) categoria Divisione Nazionale A maschile ha conquistato il terzo gradino del podio: medaglia di bronzo super meritata grazie all’esecuzione di un validissimo programma pattinato con la giusta grinta e precisione. Tante suspens per allenatori e atleti ma soprattutto grandi soddisfazioni da questi Campionati Italiani di Roccaraso 2013 che hanno visto il nome di Valdagno Castelgomberto ADP in vetta alle classifiche. Un altro atleta che ha regalato ot-
Erika Parlato
timi piazzamenti ai Campionati Italiani FIHP di Maser TV a fine Giugno 2013 è stato il già Campione Provinciale e Regionale Gasparoni Filippo (anni 12) categoria Allievi “A” che ha ottenuto tre medaglie di bronzo ( esercizi obbligatori, esercizio libero e combinata) dimostrando in tre giornate di gara il suo talento, le sue qualità tecniche ed interpretative che da sempre lo distinguono. Peripolli Chiara cat. Allievi B (anni 13) ha esordito ai Campionati Italiani a fine Giugno 2013 a Maser TV ottenendo il 12° posto negli Esercizi Obbligatori. Ai Campionati Italiani FIHP Esercizi Obbligatori Calderara di Reno (BO) 24-25-26 Maggio 2013 si sono inoltre classificate: Danzo Giulia, Soliman Isabella , Fornasa Sara e Crosara Anna: Danzo Giulia cat. Divisione Nazionale “A”(anni 14) ha sfiorato il podio italiano piazzandosi al 4°
Lorenza D’Andrea
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Consolaro Edoardo (anni 15) categoria Divisione Nazionale A Medaglia di bronzo
valdagno
Gasparoni Filippo (anni 12) categoria Allievi “A” Tre medaglie di bronzo
Il pattinaggio artistico festeggia Soliman Isabella Campionessa Italiana Fihp Combinata 2013 Categoria Divisione Nazionale “A” posto, Soliman Isabella cat. Divisione Nazionale “A” si è classificata a 6° posto, Crosara Anna (anni 17) Cat. Divisione nazionale B” ha conquistato il 6° posto. Successi e podi anche ai Campionati Regionali FIHP 2013 dove gli atleti si sono fatti notare. Sono saliti sul podio: D’Andrea Lorenza (anni 9) Campionessa Regionale Esercizi Obbligatori e bronzo in Combinata cat. Giovanissimi “B” Bernardi Francesca (anni 11) Campionessa Regionale Esercizi Obbligatori cat. Esordienti Regionale Soliman Sofia (anni 10) argento Esercizi Obbligatori cat. Esordienti Regionale Gasparoni Filippo Campione Regionale cat. Allievi A, libero e combinata, Tosetto Cristina Campionessa Regionale cat. Divisione Nazionale A, libero, Soliman Isabella argento al Campionato Regionale cat. Divisione
Anna Crosara
Nazionale A, libero e combinata Consolaro Edoardo argento al Campionato Regionale cat. Divisione Nazionale A, libero. Una magica stagione agonistica 2013 da incorniciare quella della Scuola di Pattinaggio Artistico Valdagno Castelgomberto ADP che si è riconfermata al primo posto nella classifica delle Società vicentine partecipanti ai Campionati Provinciali FIHP 2013 grazie anche agli ottimi risultati ottenuti dagli altri atleti del Gruppo Agonistico: Gemo Giulia ( anni 10) cat. Esordienti A, Refosco Elena( anni 11) cat. Esordienti B , Grigato Claudia (anni 12), Fabbian Valentina (anni 12) cat. Allievi A, Lizza Valentina ( anni 12) e Tataranni Silvia (anni 12) cat. Allievi Regionale, Mantese Martina cat. Divisione Nazionale A
Chiara Peripolli
(anni 15), Soldà Francesca cat. Divisione Nazionale B( anni 16), Consolaro Francesco cat. Jeunesse (anni 17), Saccardo Vittoria cat. Junior (anni 18) Da segnalare inoltre nella categoria GRAN PRIX REGIONALE FIHP 2013 le campionesse: Danzo Gaia (anni 9) Oro negli Esercizi Obbligatori e Combinata cat. Giovanissimi “B” Parlato Erika ( anni 10) Oro negli Esercizi Obbligatori, Libero e Combinata cat. Esordienti “A”
in campo regionale che italiano . Il gruppo Eclipse si è classificato 3° al Trofeo Team Cup 2013, Gruppo Fantasia “Risveglio Delle Zucche” 3^ classificate gara provinciale AICS.
Tutti gli allenatori e i Dirigenti della scuola si ritengono più che soddisfatti dei risultati di questa stagione sportiva che ha visto ogni atleta, anche i più piccoli dei corsi Avviamento e Pre -Agonismo, regalare ottime prestazioni che fanno ben pensare a un continuo crescere del livello tecnico della Nella specialità dei Quartetti gli scuola. atleti del Quartett Ensemble, Crosara Anna, Dal Conte Sofia, I Corsi di pattinaggio artistico Mengato Alice e Colombo Luca, stagione 2013/2014 inizieranno hanno ottenuto il 4° posto ai Cam- dal 01 Ottobre 2013 mentre nel pionati Regionali e un successivo mese di Settembre saranno or9° piazzamento ai Campionati Ita- ganizzate delle prove gratuite liani Fihp di Firenze. Nella catego- con insegnanti qualificate. ria Piccoli Gruppi Fihp il gruppo Per info Ass.ne Polisportiva Parca ha ottenuto il 14° posto sia Valdagno
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vicenza
“Circuito armi e tiro trofeo bailo”
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opo undici edizioni l’associazione Faunambiente in collaborazione con il circolo U.N.C.Z.A. montagne vicentine, ha organizzato anche quest’anno la dodicesima Festa del Cacciatore di Montagna – Gara di Tiro riservata ai cacciatori che utilizzano fucili a canna rigata e che rientra nel circuito Armi e Tiro. La gara si è svolta nei giorni 8 e 9 giugno 2013 in località Lunardelli nello splendido comune di Laghi in un luogo con due suggestivi laghetti e dalle suggestive montagne che lo circondano. Potevano partecipare alla gara tutti i cacciatori muniti di idoneo porto di fucile e assicurazione validi, ogni cacciatore doveva prendere visione e al rispetto del regolamento esposto sul campo dall’organizzazione. Il regolamento era adottato in sintonia alle direttive fissate da Armi e Tiro. Le categorie erano suddivise in: Cacciatori Armi-Tiro, Libera Armi-Tiro, Open Armi-Tiro, Ex Ordinanza e Faunambiente-UnczaFidc. Erano ammesse armi a canna rigata, carabine, combinati e basculanti nei calibri consentiti dall’attuale legislazione sulla detenzione e il porto d’armi. A tutti i partecipanti della categoria Ex Ordinanza era consentito sparare otto colpi su unico barilotto mentre a tutti i partecipanti delle altre categorie era consentito sparare cinque colpi su barilotti numerati dal n° 1 al n° 5, più i tiri di prova su apposito barilotto contrassegnato con la lettera “P” (prova); il tempo massimo a disposizione di tutti i tiratori era di otto minuti e i bersagli erano posti a circa 150 metri dal punto di tiro. Le piazzole di tiro, numerate e coperte, erano costituite da tavoli e tutte le categorie sparavano appoggiandosi su sacchetti di sabbia forniti dall’organizzazione. Il risultato dei centri era misurato a punti. La gara nonostante le condizioni atmosferiche incerte con qualche piovasco, tanto che l’organizzazione ha dovuto sospendere la prova per circa 1 ora , ha avuto un buon successo soprattutto per la massiccia partecipazione dei tiratori provenienti, oltre che dal-
XII festa del cacciatore di montagna gara di tiro con la carabina di Dorino Stocchero la Provincia di Vicenza, anche da altre Province e Regioni. L’edizione ha avuto una perfetta realizzazione grazie all’ottima organizzazione della gara, promossa dal direttivo di Faunambiente, dal circolo UNCZA montagne vicentine e da tutte quelle persone che collaborano e sostengono nel mantenere viva una passione che ha ragione di esistere solo se guidata dalla responsabilità e da una grande attenzione alla gestione dell’ambiente e della fauna selvatica. Le classifiche sono risultate come di seguito elencato: categoria PUNTI TOTALI Cacciatori 1. Revetria Dino 50 con 2 mouche 2. Da Pian Roberto 50 con 2 mouche 3. Lissa Leopoldo 50 con 2 mouche 4. Forner Giorgio 50 con 1 mouche 6. Gaspari Gaetano 50 con 1 mouche 7. Galiazzo Marco 50 con 1 mouche Libera 1. Salvador Francesco 50 con 4 mouche 2. Tescaro Mariliano 50 con 4 mouche 3. Murdocca Vincenzo 50 con 4 mouche 4. Vanzella Francesco 50 con 4 mouche 5. Da Re Alberto 50 con 3 mouche 6. Dal Col Silvano 50 con 3 mouche 7. D’assie Elio 50 con 3 mouche Faunambiente Uncza Selecontr. 1.Stefani Andrea 48 con 0 mouche 2. Pasuello Ivan 48 con 0 mouche 3. Longhi Claudio 48 con 0 mouche 4. Cora’ Francesco 46 con 0 mouche 5. Urbani Diego 46 con 0 mouche 6. Meneguzzo Orfeo 46 con 0 mouche 7. Stefani Giuseppe 46 con 0 mouche Ex Ordinanza 1. Dal Molin Silvio 50 con 5 mouche 2. Tosetto Roberto 50 con 5 mouche 3. Ongaro Mario 50 con 5 mouche 4. Tamiazzo Dario 50 con 5 mouche 5. Bisacco Natalino 50 con 4 mouche 6. D’assie Elio 50 con 4 mouche 7. Fabris Orazio 50 con 3 mouche Open 1. Fusari Massimo 50 con 4 mouche 2. Vanzella Enrico 50 con 4 mouche 3. Tocchio Fausto 50 con 4 mouche 4. Dal Col Silvano 50 con 3 mouche 5. De Marco Luigi 50 con 3 mouche 6. Salvador Francesco 50 con 3 mouche 7. Tescaro Mariliano 50 con 3 mouche
santorso
La carica dei 700
20° Motoincontro dell’Orso, un successo senza precedenti.
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i sono voluti quattro lustri perché il moto incontro dell’Orso del Moto Club di Santorso decollasse e quest’anno i tre giorni all’Oasi Rossi hanno avuto un successo di ampia portata grazie al programma allestito da Stefano Ciscato e dal suo staff che ha saputo cogliere le esigenze di tutti proponendo buona musica unito ad un apprezzato stand gastronomico. Il clou domenica con il motogiro di una sessantina di km. da Santorso a Calvene, poi Salcedo, Lusiana, Asiago, Canove e la pausa presso della Baita Azzurra di Tresché Conca per un ricco gradito ristoro, prima di rientrare a Santorso per chiudere la giornata con un buon piatto tipico da gustare in compagnia. 700 i bikers presenti (350 gli iscritti) con moto d’epoca ed esemplari appena usciti dai concessionari. Ampiamente soddisfatto il presidente del Motoclub orsiano: “Ogni anno diciamo che questo sarà l’ultimo – afferma Stefano Ciscato - poi quando i numeri ci danno ragione e i partecipanti si complimentano per l’organizzazione, i duri mesi di lavoro e i tanti sacrifici si dimenticano e ogni anno ci rimettiamo in gioco grazie anche al contributo di tanti soci e
amici del moto club che in mille maniere si danno da fare affinché tutto funzioni a dovere. Un ringraziamento lo devo a tutti i miei collaboratori e a chi ci ha dato una mano dalla Cantina Colli vicentini, allo Speck di Asiago- Sapori dell’Altopiano, dalla famiglia di Daniele Cornolò della Baita Azzurra di Trescè Conca all’azienda Brazzale di Zanè, dal mitico Mosè “el polastraro” a tutti gli altri nostri sostenitori. Francamente non mi aspettavo un’affluenza del genere: vuol dire che sono tanti gli appassionati che vogliono bene al moto club Santorso”. – Al Motoincontro c’è anche il primo cittadino Pietro Menegozzo: “E’ indubbio che per noi è una manifestazione importantissima e che quest’anno è stata baciata dal bel tempo e quindi si sono visti numeri importanti. Devo un grande senso di riconoscenza verso il Motoclub non solo per questo evento, ma anche perché rispondono ogniqualvolta ne abbiamo bisogno con la loro presenza e con i loro mezzi e quindi un elogio va a tutti e un plauso va anche alla gestione dell’Oasi Rossi sempre attenta e disponibile a questi eventi che dimostra la grande apertura d’animo dei loro soci”. “Devo fare i complimenti a Stefano e a tutti i
suoi collaboratori – esordisce l’assessore allo sport Elena Zavagnin - che con il motoincontro riescono a coinvolgere i paesani e tanti ospiti; Santorso è una realtà viva e con le oltre 50 associazioni riesce a coinvolgere con continuità il territorio, il Moto Club in particolare è attento e attivo perché è composto veramente da brave persone”. Tanti i commenti e tutti positivi quelli raccolti tra i partecipanti arrivati un po’ da tutto il territorio regionale con Lino Zabeo da Dolo salito a Santorso per non perdersi il giro in Altopiano assieme a tanti appassionati della moto, lui che ora 65enne ai motoraduni ha iniziato ad andarci all’età di 14 anni! Presenze da tutto il vicentino (Chiuppano, Velo d’Astico, Valdastico, Torrebelvicino, Schio, da tutti i centri limitrofi); particolarmente toccante quanto ci ha detto il maladense ottantatreenne Rino Novello orefice in pensione presente con la sua Guzzi per gustarsi le tante belle moto: “La Guzzi fa musica” ci dice, la mia passione è per le moto d’epoca, ora nei motoraduni si vedono anche le moto più recenti. Per anni quando ero più giovane ho dovuto rinunciare ai motoraduni per il quieto vivere in famiglia (… se ti fai male chi porta avanti l’attività?), ora che
di Enzo Casarotto
sono in pensione, visto che alla moto voglio bene come a mia moglie, non me ne perdo uno e un paio di giorni la settimana (se non piove!) vado sul Costo e alla Baricatella vedo salire quei bolidi moderni e a tutti dico che la vita è un dono di Dio e li esorto ad andare piano. Io guido dal 1950 (una giardinetta…) e non ho fatto mai un incidente grazie alla fortuna e alla mia testa”. Per Doriano di Velo è un’occasione invece per vedere qualche esemplare che di rado si vede in giro, per altri è un modo per vedere gente allegra, trovarsi tra amici, scambiarsi le idee sul mondo dei motori (per Ringo di Schio, passione vuol dire vedere anche ferma la sua Guzzi…). Sergio da Valdastico, da 20 anni ai motoraduni dice: “E’ un modo per incontrare tanta bella gente e godersi lo spirito della festa” e per un maladense alla sua prima esperienza (che abbiamo colto col panino e la birra in mano) è la libertà perché da quando è in pensione con lo scooter (assieme alla moglie) di manifestazioni come queste, non se ne perderà più nessuna. Appuntamento quindi per tutti al prossimo anno. Il motoincontro dell’Orso a Santorso vi aspetta!!
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psicologia dello sport
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Zona emozioni
Le emozioni influenzano ogni aspetto della nostra vita, performance sportiva compresa. La nostra psicologa ci spiega la teoria della Zona per fare delle nostre emozioni il nostro punto di forza
utti i nostri comportamenti dipendono in maniera diretta dal nostro stato emotivo: pensiamo ad esempio al nostro atteggiamento quando ci sentiamo arrabbiati, siamo più reattivi e scattosi; pensiamo invece a quei momenti in cui ci sentiamo insicuri, il nostro agire sarà decisamente titubante e indeciso. In momenti particolari, le emozioni sono ancor di più protagoniste del nostro comportamento, in quanto esse sono particolarmente sensibili a situazioni fuori dall’ordinario o a eventi stressanti. Tutti noi facilmente possiamo ricordare il repentino cambiamento dello stato emotivo di fronte ad una sorpresa importante, o ad un brutto spavento. Le competizioni sportive sono oggettivamente per tutti eventi estremamente stressanti e, proprio per questo all’interno della psicologia dello sport, le emozioni sono tra gli aspetti più studiati e su cui più si lavora assieme agli atleti o alle squadre. In altre parole, gli stati emotivi sono delle risorse potentissime in grado di conferire caratteristiche specifiche ai vari comportamenti e azioni. Pensiamo per esempio ad un atleta che durante le sessioni di allenamento risulta particolarmente “in forma”, tecnicamente superiore ad altri, e nonostante ciò nel momento della competizione sembra il fantasma di se stesso. Riflettiamo anche su quegli sport, tra i quali lo sci alpino, in cui la gara è composta da due manche: quante volte si vedono atleti che dopo una prima manche scadente, compiono un capolavoro nella seconda? Come spiegare risultati di questo tipo, che il mondo dello
sport ci offre quotidianamente? Solo la componente emotiva può spiegare gli esempi appena descritti. Essa può essere la responsabile di clamorosi insuccessi ma può anche favorire una performance eccellente. Proprio perché le emozioni possono essere risorse potentissime per l’atleta è necessario imparare a riconoscerle a controllarne l’intensità prima e durante la competizione. In particolare bisogna concentrarsi sugli stati emotivi che si provano prima di un evento, in quanto sono particolarmente responsabili nel favorire o nell’ostacolare le prestazioni seguenti. La domanda ora sorge spontanea: qual è, quindi, la condizione emotiva ottimale? Non è così semplice rispondere a questa domanda, infatti non esiste una condizione ottimale valida per tutti, ma tutto è in relazione alla personalità dell’atleta che si ha di fronte. Yuri Hanin, grande psicologo dello sport finlandese, ha proposto una nota teoria detta Zona Individuale di Funzionamento Ottimale (IZOF) che è tra le più condivise in psicologia dello sport. Questa “zona” non sarebbe altro che la combinazione di emozioni sia positive che negative, che favoriscono le prestazioni efficaci e che sono tipiche per ogni individuo. Ad esempio per un atleta la combinazione ottimale potrebbe contenere stati emotivi quali:
agitato, sicuro, irritabile; per un’ altro atleta invece le performance risultano buone quando nel pregara si sente: teso, spaventato ma energico. Dunque sfatiamo il mito che l’agitazione o l’ansia renderà la performance per forza insoddisfacente. Per alcune persone sarà anche così, ma per altri il sentirsi agitati potrà contribuire ad una performance efficace. La combinazione è assolutamente personale, per cui possono essere presenti sia emozioni positive che negative e non stupiamoci, data la complessità dell’essere umano, se si rintracciano stati tra loro contrastanti. Un requisito fondamentale dunque per lavorare sulla Zona Individuale di Funzionamento Ottimale, è il riconoscimento delle varie emozioni. Sembrerebbe una cosa semplice riconoscere e spiegare come ci si sente, eppure non è così; la verità è che gli atleti sanno poco del loro mondo emotivo, e il problema non è solo all’interno del mondo dello sport. Tutti noi, in generale, abbiamo una bassa consapevolezza emotiva. La frenesia imposta della società odierna, fa sì che ci concentriamo poco su come stiamo, cosa proviamo, quali stimoli ci fanno provare determinate emozioni. A volte le viviamo inconsapevolmente e ci influenzano silenziosamente, a volte addirittu-
di Nicole Rubbo, psicologo dello sport ra abbiamo imparato a soffocarle e non farle vedere, perché una “regola non scritta” della nostra società dice che, esprimere la propria emotività è segno di fragilità e motivo di imbarazzo. Non stupisce allora, che quando interroghiamo atleti di vari età, le emozioni che sono in grado di riconoscere e descrivere sono mediamente solo quattro o cinque. Per questi motivi, avere una buona consapevolezza emotiva è tra le prime aree su cui lavorare con gli atleti, solo così avranno la possibilità di conoscere gli strumenti che hanno disposizione per diventare vincenti. E’ come fornirgli il loro personale libretto delle istruzioni. Solo allenatori illuminati lavorano anche sull’aspetto emotivo nel preparare una competizione, mentre nella maggior parte dei casi, agli atleti viene chiesto raramente qual era il loro stato d’animo precedentemente a una performance eccellente o a un clamoroso fallimento. Tutta la parte tecnica e tattica viene analizzata sotto una spietata lente d’ingrandimento, ma poche volte viene semplicemente chiesto di descrivere uno stato d’animo. Eppure se ci pensiamo bene anche l’errore più tecnico durante una gara da dove nasce??? Cari atleti, interrogatevi su quale sia la vostra Zona Individuale di Funzionamento Ottimale e allenatevi a “rientrarci” ogni qual volta è richiesto voi una performance eccellente: solo così sarete padroni di voi stessi e sarete pronti ad affrontare nella maniera migliore la prossima gara. dott.ssa Nicole Rubbo, psicologo dello sport
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Galletti liberi
he spasso risentire la melodia del Guzzi!!! Il Galletto a Thiene è protagonista ormai da sei lustri e anche quest’anno una sessantina di rombanti motori d’epoca accompagnati da altrettante moto, hanno dato vita, con il ritrovo all’Osteria Quattro strade di Thiene e l’organizzazione del “club amici del Galletto Guzzi” del presidente Mario Simonato, ad un moto incontro con il serpentone di moto che nei 60 km. previsti ha sostato davanti il Municipio
di Enzo Casarotto
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A Thiene il “30° memorial Aldo Simonato” un raduno di “Galletti Guzzi”
di Thiene per la foto di rito, ha preso la direzione Chiuppano per salire sulle Bregonze, per poi attraversare Zugliano e chiudere a Lugo con un ricco rinfresco in Villa Godi Malinverni. In tutto 200 motociclisti divertiti e festanti con le famiglie Simonato di Lugo impegnate in prima persona per ricordare il papà (e nonno) Aldo fondatore tanti anni fa a Lugo del Club Amici del Galletto con questa “rimpatriata in allegria” che ogni anno incrementa gli iscritti e gli appassionati con presenze anche da fuori regione.
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adiso r a P l i e o l’infern viso! Il Fulmine all’improv
TDH
3 1 0 2 t e v a Trans D’H
Ottanta chilometri
di Alvin Dotto alvinmarathon.blogspot.it
Ristoro a Campogrosso Si corre nella notte
Pronti 27 Luglio Duemilatredici, Piovene Rocchette ore 1:00 Si parte l’avventura Trans d’Havet ha inizio! I primi 2 km sono un susseguirsi di cavolate e battute che non fanno ridere ma da ubriachi di endorfine da corsa quali siamo, ridiamo a crepapelle, giro d’onore tra le contrà di Piovene, la strada si fa sentiero, erta sulla sinistra, le luci vanno giù e non si scherza più… 1h32m di sauna e salita, nel sottobosco e siamo in vetta al Monte Summano (1296m) i primi 1000m D+ sono volati in un lampo tra l’afa del sottobosco e il mio amico “Fulmine” che ogni tanto mi richiama come il cacciatore richiama il cane quando si perde ad annusare tra i cespugli… ”Aaaalviiin!!!” e io: “Son qua son qua” . A 150 metri dalla vetta, si passa dentro ad un pascolo, le mucche sono un filino adirate, si sentono circondate da Atleti\Alieni puzzolenti con una strana luce in fronte, muggiti di disapprovazione invadono la spettrale e tetra atmosfera di Cima Summano con la sua “crociona” illuminata solo dai led delle lampade frontali, roba da pelle d’oca!!! 200m e inizia il temuto, “Sentiero delle Creste”, ottimo basilaggio, l’organizzazione ha fatto un gran buon lavoro, i punti più esposti, qui, come nel resto del percorso sono oltre che ben segnalati, anche presidiati dagli Alpini. C’è molto traffico, a meno che non si voglia rischiare un volo di 3-400m il sorpasso è sconsigliato, 40 minuti e arriva il primo ristoro, al Colletto grande di Velo (885m)
Bando alle ciance si parte Ripartendo, la strada spiana, si può correre sciolti per un km fino all’attacco del sentiero che sale al Monte Novegno , bevo un sorso ogni 5 minuti dalla riserva idrica nello zaino, salendo ai 1600m, mi volto spesso a scrutare il sentiero delle creste illuminato dalle luci degli atleti, “poesia” sono immagini suggestive che terrò sempre con me. La salita a Busa Novegno viene via facile, io e il mio compagno di avventura Fulmine saliamo regolari senza strappi, dopo 3 ore e 51 di gara, 23km circa, ai 1691m, arriviamo a“Forte Rione”. E’ il primo ristoro provvisto anche di cibo “solido”, personalmente non ho fame, mi bevo un gel alla caffeina per tenermi vigile in discesa, si scende sempre incolonnati ma un po’ più sgranati, giù, fino al Colletto di Posina (1057m) Albeggia, io e il Fulmine siamo precisini, è l’alba e vogliamo fare le cose fatte bene, prendiamo al galoppo la salita del monte omonimo…”Sai, vedremo l’Alba al monte Alba” dissi a mia moglie qualche giorno prima della TDH…”Amore tu l’alba l’hai già persa da un pezzo” mi rispose… che tesoro…! La salita al Monte Alba (1232m) non è così terribile, è carina ma un po’ infida, un sottobosco di faggi ed ex trincee della prima guerra mondiale fatto di dossi che a 50 m dalla vetta ti fanno pensare di essere arrivati alla sommità e invece… subito dopo, ne arriva subito un altro!!! In salita, perdo qualche metro da Fulmine che nel frattempo si è
in discesa a Pian delle Fugazze ripreso dai suoi disturbi intestinali…ho qualche crampo alla pancia… penso sia colpa dei gel e dei sali presi, bevo acqua per diluire il più possibile, sembra funzionare. Arriviamo a Colle Xomo (1058m) dopo 5 ore e 1 minuto di gara, si mangia, si beve, altro gel, in un attimo siamo a Bocchetta Campiglia (1216m), inizia la favolosa “Strada delle 52 Gallerie” (per chi non le conoscesse, cerchi su Wikipedia e pensi che era il 1916 quando hanno fatto quel miracolo di ingegneria militare) il sentiero lo conosco a menadito, Fulmine avanza leggiadro, io lo seguo a 30m di distanza, la luce inebriante dell’alba si diverte a dipingere dei più bei colori le creste e i pinnacoli del Pasubio….fantastico! 1h33’ di camminata, rapida e decisa in un posto da cartolina, se ne va la 52esima galleria, siamo al Rifugio Papa(1929m) Breve “pit stop” per fissare i bastoncini allo zaino e si riparte in discesa, al primo taglio della “Strada degli Eroi” sento pizzicare sotto il piede destro, lascio passare avanti il Fulmine in discesa, in 31 minuti dal Rifugio Papa,
nonostante un piede malconcio planiamo ai 1162m di “Pian delle Fugazze”, altro ristoro, poggio i bastoncini al tavolo e faccio strike abbattendo rispettivamente 4 bottiglie d’acqua e due di coca cola… Mi riposo, mi sistemo con i cerotti il piede malconcio, mi rifocillo per bene, non mi sento nemmeno stanco (ancora) l’adrenalina fa miracoli, il cronometro segna 7h29’ di gara, tempo inimmaginabile alla vigilia. Da Pian delle Fugazze ripartiamo 15 minuti esatti prima del via della 40km, 200m di asfalto e Selletta Nord Ovest (1670m) ci da subito il benvenuto tra i prati e i suoi 2km di sottobosco rabbioso che non mollano mai, con Fulmine li saliamo di buona lena tanto da scollinare ed arrivare a circa un km dal Rifugio Campogrosso(1464m), prima che i primi 3 “Alieni” della 40km ci svernicino di gran classe... 47,5 km, nemmeno 9 ore di gara, finora tutto come da copione, ma il solo nominare il prossimo obiettivo di giornata ci fa smadonnare un po’, ci attende il “Boale dei Fondi”, un cavatappi verso il cielo in direzione “Cima Carega”. Guardando il “Boale” dal basso si notano tante macchioline colorate…”oh guarda quanti turisti seduti sulle rocce che incitano i trailers si poteva pensare” ...da lassù purtroppo il presente è un altro, gente piantata in ogni dove sotto un solleone che sembra bussarti sulla testa, è crisi nera, qualche “perbacco” ci sfugge di bocca… ma non si molla di un cm. Il tempo di un rosario e Bocchetta Fondi (2050m) è conquistata, bocchetta che verrà ribatezzata per l’occasione “Bocchetta Zombie”, all’attacco dell’ultima salita al “Rifugio Fraccaroli” Fulmine filosofeggia e se ne esce con una
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Allo Scalorbi
Campogrosso ’ s square
80 km e non sentirli
Su a Bocchetta Fondi S ì , ci siamo, arrivati per davvero… Il Boale dei Fondi cosa che passerà ai libri di storia, guarda l’orizzonte si schiarisce il petto ed impostatissimo esclama: “La sofferenza è l’ago che tesse la tela della gloria”. Scrosciare di applausi, poesia, “sto correndo un ultratrail con il nuovo poeta maledetto del terzo millennio” penso… Non so con che magia, ma al Rifugio Mario Fraccaroli, probabilmente” attraversando un tunnel di aghi che tessono le tele della gloria”, Arrivo! Prendo 4 bicchieri d’acqua, mi scuso con le volontarie per lo spreco e me le vuoto in testa…. la balla passa in un lampo, il più pensiamo “E’ fatto”. Scendiamo il più allegri possibile verso il “Rifugio Scalorbi” (1767m) a Fulmine avevo detto “dai 10 minuti e siamo giù…” dobbiamo aver avuto molto vento contro, siamo rotolati giù in 30 minuti buoni… Allo ristoro dello Scalorbi, ci togliamo perfino lo zaino, mangio un sacco, tutto buono, buonissimo, a parte i Sali, che son proprio brutti, anche da vedere, qualcuno che ci ha preceduto sul prato dirimpetto al ristoro sta “copando l’oceto”, al momento di ripartire, Fulmine mi fa “oh, cosa dici, li svegliamo?” io… “no no, non esiste, che ne sai che non siano già nel sonno eterno? Non si disturbano i morti” Via, si riparte, i successivi 2 passi Zevola e Lora sono poco più di
Direzione tetto del mondo
Al Rifugio Mario Fraccaroli due cavalcavia rispetto a quello che ci siamo sorbiti finora, sono talmente semplici che: primo, ci par brutto attaccarli con un azione di corsa e secondo, ci accorgiamo di aver lasciato la nostra azione di corsa sul tavolo dell’acqua su al “Rifugio Fraccaroli”, i piedi cominciano a darci molto fastidio, di gambe staremo anche bene ma santo cielo, ogni passo diventa un “ago della sofferenza”... In questi momenti solo la “Perseveranza” ci salva dalla disfatta. (La “perseveranza”... il duro lavoro che si fa dopo aver fatto del duro lavoro) . Passano i m, solo quelli, perché i
km non passano mai, subiamo i primi sorpassi, i piedi peggiorano di km in km,quando arriviamo al ristoro di “Malga Campo Davanti” sono in crisi nera, negli ultimi 10km avremo corso si e no 3km, una tragedia, ci raggiunge anche Ronnie, un amico, Fulmine chiama a casa e spiega che siccome ci stiamo divertendo un sacco, non vogliamo porre fine in fretta ad una giornata così spensierata e pensiamo di tirarla un po’ più lunga, Ronnie rincara la dose, dice, “dai, è una bellissima giornata, è fresco e non fa nemmeno caldo” (mentre calpesta un cadavere) … Siamo all’inferno, 14 km alla fine e non aver la minima idea di come iniziarli, mi incerotto alla bene e meglio le piante dei piedi, Ronnie ha fretta di ripartire, Fulmine anche, li rincorro il più rapidamente possibile, Cima Marana 8km al termine per la questura almeno 20 per noi “sofferenti”, da qui è sola discesa, si salvi chi può, alla fine del bosco un cartello “fuorviante” indica “VALDAGNO”. È fatta, si potrebbe pensare… macchè! Un valdagnese è fuori dall’uscio di casa e fa docce a richiesta “SANTO SUBITO” 2500m all’arrivo, c’è “LA” fontana, colei che ha risollevato le mie sorti lo scorso anno e di sicuro non mancherà di farlo pure questo, chiedo alla signora di vedetta se posso darmi una rinfrescata, mi dice, “Maria Vergine, de sicuro!!!”, mi spoglio a torso nudo e mi immergo di testa
il più a fondo possibile, goduria, na bella rinfrescata, arriva anche Turra altro compagno di squadra, si narra che in discesa abbia combattuto e che abbia vinto, io, lui e Fulmine indossiamo gli abiti da gran cerimonia “Fulminea”, canotta gialla col fulmine, zaino in spalla, la prossima fermata è l’arrivo, prepariamo tutto nei minimi particolari: Capitano Fulmine al centro, mozzi Turra a sinistra e Alvin a dritta, saremo magnifici, tutto pronto ma aihmè, non ho fatto i conti con mio compare Matteo, che all’ultima curva prima del traguardo, mi fa trovare moglie e bambini, li vedo a 100m di distanza, mi sale un groppo alla gola che devo masticare per buttare giù, con un filo di voce dico a Fulmine “Cavolo ho i bambini al traguardo” apriti cielo, è il paradiso all’improvviso, saltano tutti i piani di arrivo in parata, ogni dolore lascia il posto alla gioia, lascio a loro l’arrivo, mi fiondo dai miei pupi, mi vien da piangere tipo irrigatore a spruzzo da giardino ma mi trattengo, lancio i bastoncini ai piedi di mia moglie, mi prendo in braccio i miei tesori e corro gli ultimi 100m tra due ali di gente festante, non corro… volo, l’arrivo in lontananza, il sorriso dei miei bimbi, il tutto, condito dagli incitamenti di amici e sconosciuti che urlano festanti, “attimi che vorresti non finissero mai”, taglio il traguardo, mi complimento con i miei galattici compagni di avventura, Fulmine mi dice: “Vecio… 80 km” mi viene in mente la sua frase dell’anno scorso alla fine del video: “Ragazzi siamo arrivati infondo a sta “cavolo” di Trans d’Havet” E ho pensato, “Sì, ci siamo arrivati per davvero…” 2014 Trans d’havet ” I’ll be there”
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sportivissimo lectures
Il Kora del Kailas
I
Racconto dell’indimenticabile esperienza del “kora”, il giro in senso orario del Kailash la sacra montagna del Tibet, per liberarsi dal karma negativo e purificare il proprio spirito di Bepi Magrin
l Guge era un tempo un regno, una fantastica regione del Tibet occidentale sulla quale domina la montagna più sacra e più venerata dell’Asia intera: il mitico Kailash. Vi si giungeva per piste malcerte, passi ad oltre 5mila metri di altura superando frane, fiumi impetuosi, vincendo tempeste e clima ostile, costeggiando cime invalicabili. Un mondo perso nel suo mirabile abbandono, ma vegliato da santi monasteri e dagli Chorten d’Oro ornati di mille multicolori bandierine di preghiera. Il cuore del Tibet mitico, quello visitato e conosciuto nei suoi profondi misteri da Giuseppe Tucci professore emerito dell’università di Roma e insigne tibetologo. Egli con la sua carovana di cavalli e portatori si era avventurato in quei luoghi misteriosi tornandone carico di preziosi oggetti di culto e dell’arte locale, scambiati con sonanti monete d’argento nei vari villaggi e nei monasteri visitati. Su quest’alea si muove il viaggiatore che coltiva qualche buona lettura come quella del libro tibetano dei morti (Bardo Thòdol) tradotto dallo stesso studioso che vi si era recato nel ’33; sì, perché i viaggi non si possono collezionare o conservare e neppure fotografare perché il tempo di quelle figure immobili e ripetute è una delle forme mortuarie più cru-
deli. Chi va nell’antico Guge però inoltrandosi nei pianori e nelle valli senza fine oltre la città di Shigatze, scopre che il Tibet è essenzialmente un paesaggio mentale un luogo ove la mente vuole uscire dai limiti imposti dai sensi, per valicare le porte della percezione. Religiosità, senso mistico e vaghi misteri accompagnano i mille e mille pellegrini che qui giungono dal Tibet stesso, dal Nepal, dall’India ecc. per compiere il “kora” il giro in senso orario della sacra montagna, la cui formazione ge-
ologica pare sia antecedente il sollevamento ercinico della catena himalajana, dunque antichissima forse come il culto che la circonda. Ed i pellegrini sanno, ne sono assolutamente certi, che il Kora o la Kora del Kailash, libererà chi lo compie del proprio Karma negativo, produrrà una sorta di rinascita, di rigenerazione, purificando lo spirito e la mente delle sue scorie passate. Per questo fin dall’inizio della salita al valico che tocca i 5630 metri di quota, si vedono cumuli di abiti vecchi e nuovi, di stracci colorati di indumenti vari perché un
corpo ed uno spirito rinnovato, devono naturalmente rivestirsi di nuovo, di vita nuova, di cose nuove. Si percorrono dunque gli oltre 50 chilometri del kora in tre tappe con un primo bivacco presso un monastero e il secondo, dopo la faticosa salita del valico, il successivo passaggio presso certi sacri laghetti e la interminabile discesa in un altro accampamento per uomini, donne, cavalli e yak, dove per fortuna la convivenza e la relativa caotica promiscuità è provvisoria e dura dalla sera al mattino. Si ritorna infine a Darchen un villaggio modesto e poco pulito in procinto però di diventare grazie al turismo religioso, una città ricca di traffici e commerci. Segue o precede a seconda delle preferenze, il kora (ovvero la circuambulazione)
del lago Manosarovar, grande specchio azzurro tutto circondato da segni di devozione, da “muri mani”, e da bandierine di preghiera. Qui, mentre si scorgono le bianche cime d’Himalaja si vedranno anche tra rupi sgretolate e scoscese, le grotte, le celle, i ricoveri degli eremiti, luoghi di meditazione e ritiro dove alcuni di questi si rinchiudevano murandosi all’interno e rimanendovi anche per 12 anni consecutivi, per vivere le loro estasi e le loro meditazioni. Solo un piccolo pertugio nel muro, consentiva che qualche pastore del luogo infilasse saltuariamente del cibo, erbe o carne secca per permettere al monaco di sopravvivere. Qui tra questi luoghi, ora disabitati, si ha il senso dell’abbandono, forse la fede comincia a declinare e i conventi popolati di rari monaci sono lasciati in balia di se stessi e di comunità che non hanno né mezzi né la pietà di restaurarli e conservarli. Invece la capitale e le città principali conoscono un progresso straordinario e costante. Nuove strade, nuova ferrovia, nuovi palazzi, nuove fonti energetiche, elettrodotti, antenne, villaggi nuovi ecc. La Cina avanza con la sua sconfi-
nata potenza economica e commerciale. Sotto l’occhio attento della polizia cinese, sotto il suo costante controllo, si muovono i traffici e le masse di cittadini, di turisti, di gente. Siamo al Lhasa, la capitane ed ecco il “Potala”, l’antica residenza monastica del Dalai Lama un luogo che difficilmente lo stesso potrà mai rivedere. Enorme, imponente, dominante la città e le sue competenze. Vi si sale in visita come ad una tappa imprescindibile del turismo di massa. Venti monaci vivono dove un tempo se ne ospitavano almeno 2mila. La città è moderna e accogliente con meravigliosi giardini fioriti e con i vecchi quartieri del commercio, dei mercati e le vie del vivere comune. Vi convivono senza difficoltà buddisti, musulmani, agnostici e atei. Gente sorridente e curiosa, disposta a comunicare ma che il più delle volte non conosce l’inglese e non sa cosa sia l’Italia…troppo lontano quel mondo, troppo diverso. Più oltre il panorama si allarga a dismisura per valli larghissime nelle quali scorre largo il fiume Tsang-po su, fino a perdersi tra le vette ghiacciate più ardue della terra in una lontananza grigia e nebbiosa. Il primo saluto dell’Himalaja è l’invito alle sue solitudini ed ai suoi silenzi. Il viaggiatore vorrebbe perdersi nel fascino ineffabile di queste terre in cui pare quasi che più intensa e profonda sia la vita dello spirito.
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lettere
Automobilisti e ciclisti amore inf inito
Caro Senatore, le racconto la scena: strada statale che dalle Alte Ceccato va a Vicenza. Traffico in tilt, tutti fermi o quasi. Si procede a rilento. Circa a Tavernelle, dopo una ventina di minuti, scopro che è un gruppo di almeno una ventina di ciclisti pensionati a creare l’intoppo. Altra scena, altro racconto, stessa storia. Strada statale da Recoaro a Valdagno, un solo ciclista questa volta, scende veloce più o meno ai 45 chilometri all’ora con punte anche sopra i 50 km/h. Una macchina guidata da una signora anziana non se la sente di superarlo. Dietro a questa c’è un’altra autovettura che a sua volta non riesce a superare la macchina che fa da tappo. Io sono in terza posizione e per varie circostanze nemmeno io posso compiere il doppio sorpasso. Mi “godo” la discesa del ciclista quasi per tutto il tratto RecoaroValdagno. Dico, faccio il rappresentante, lavoro in auto anche se il tempo che trascorro in auto non me lo paga nessuno. Le strade italiane hanno limiti di velocità da fine Seconda guerra mondiale anche quelle poche che sono dritte come la Gasparona o il traforo Valdagno-Schio, dove i 90 km/h sarebbero solo di buon senso. Mi creda tra ciclisti sempre più numerosi che rallentano il già lento traffico e limiti stradali, raggiungere i clienti è diventato sempre più stressante. Possibile che nessuno ci metta rimedio? Saluti, A. M. P.
Tanti auguri!
a Marta Carradore e Gianmarco Zecchin
Potete scrivere al Senatore Alberto Filippi inviando le vostre e-mail a: sportivissimo@mediafactorynet.it Le vostre lettere possono essere lette anche nel sito: albertofilippi.it
Caro agente di commercio, capisco quello che scrivi. Sono spesso in macchina anch’io. Sui limiti di velocità forse sarebbe opportuno intervenire, anche se, come sai, in caso d’incidente frontale tra due macchine l’energia cinetica generata dall’impatto è data dalla somma tra la velocità di una e dell’altra, per cui se entrambe viaggiassero a 70 km/h, l’impatto avverrebbe a 140 km/h, che è una velocità decisamente rilevante. Ritengo che questo sia il cruccio del Legislatore sull’opportunità o meno di aumentare i limiti di velocità a 90 km/h. Per quanto riguarda invece i ciclisti sulla strada, premesso che ho profonda simpatia e stima per i ciclisti pensionati che si tengono in forma e in salute facendo sport, ripeto un concetto che ho già esposto su questo giornale: nelle strade statali o di grande percorrenza, sono i ciclisti che devono sentirsi “ospiti” della strada e come tali non devono intralciare il traffico né starci troppo a lungo; viceversa, in tutte le strade non statali, in quelle di campagna o di collina o di montagna sono gli automobilisti gli “ospiti” e quindi sono loro che devono essere pazienti e cortesi. Se hai ragione tu per i due episodi che racconti, te ne potrei raccontare mille in cui sono gli automobilisti ad aver fatto i prepotenti, suonando senza ragione e con isteria il clacson, stringendo pericolosamente il ciclista sul ciglio, affrontando strade a una sola carreggiata come se vi fosse un solo senso di marcia. Ritengo che sia necessario maturare una corretta consapevolezza da parte di entrambi, automobilisti e ciclisti, sull’andar per strada, sapendo che nessuno dei due ha ragione a priori, non l’automobilista perché lavora e ha fretta, non il ciclista perché non è protetto dal mezzo e se viene investito è lui che ci rimette la pelle. Di principio automobilista e ciclista assumono o perdono la ragione in base alla strada in cui si trovano. Mi sembra tanto semplice. Un saluto, Alberto
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