18 gennaio - Motosprint 3

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GP LEGENDS Terzo fascicolo, Wayne Rainey

GP L egends

3 18/24 gennaio 2011 Settimanale Anno XXXIV Fascicolo 1704

Wayne RAINEY DAKAR A Coma il rally in Sudamerica SUPERSPORTIVE 600 Perché non si vendono più LA PROVA Honda CB1300S ABS

COME CAMBIA LA DUCATI

Preziosi: “Dimentichiamoci Stoner e pensiamo a cosa vuole Rossi”

L’era di Vale

Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 46/2004) art.1, c.1, DCB Bologna PTE CONT. 5,00 Euro - Canton Ticino 8,00 Chf

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10–13 Marzo 2011

Sommario numero 3/2010

1LA POSTA Lettere di Stefano Saragoni Officina di Massimo Clarke

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1PADDOCK

Velocità, cross, enduro, trial, minimoto, speedway, supermoto

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1IN PISTA

MotoGP La Ducati Desmosedici GP11 presentata da Filippo Preziosi Superbike Test Kawasaki a Sepang, in Malesia Storie Dario Marchetti. All’inferno e ritorno

16 22 26

1FUORISTRADA

Dakar Commenti, cronache, classifiche, foto dal rally in Sudamerica, vinto da Coma Supercross USA La seconda prova a Phoenix (Arizona) Sportitalia I campionati regionali

30 38 42

1SU STRADA

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Contromano di Marco Masetti Polvere di stelle di Luigi Rivola Donne e motori di Laura Cattaneo Via col vento di Giovanni Carlo Nuzzo

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Prova novità Honda CB1300S ABS Inchiesta La crisi delle 600 supersportive Attualità La produzione, le leggi, le novità Motolandia Turismo, viaggi, epoca Made in Abbigliamento e accessori

Terzo fascicolo WAYNE RAINEY

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Direttore responsabile STEFANO SARAGONI 051.6227.232 s.saragoni@motosprint.it Redazione DARIO BALLARDINI 051.6227.234 d.ballardini@motosprint.it ENRICO BORGHI 051.6227.294 e.borghi@motosprint.it GIANCARLO GIANNOBILE 051.6227.231 g.giannobile@motosprint.it MARISA IMBROGNO 051.6227.203 m.imbrogno@motosprint.it RICCARDO PIERGENTILI 051.6227.360 r.piergentili@motosprint.it LUCIA VOLTAN 051.6227.321 l.voltan@motosprint.it Grafici grafici_ms@motosprint.it LUCA LAZAZZERA 051.6227.251 CRISTIAN TROMBA 051.6227.393 IGLIS BACCHI 051.6227.293 LUIGI RAIMONDI 051.6227.252 VANNI ROMAGNOLI 051.6227.420 Segreteria di redazione CINZIA STAFFA 051.6227.204 motosprint@motosprint.it Archivio CLAUDIO GIROTTI 051.6227.341 GIUSEPPE RIMONDI MAX MATTIOLI

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Lettere

di Stefano Saragoni posta@motosprint.it

HO NOSTALGIA DI RESTI TRA NOI Tre anni fa, ci lasciava Patrignani

Da tre anni siamo rimasti orfani della rubrica “Resti tra noi”, puntualmente scritta in punta di penna da quel grande giornalista che era Roberto Patrignani. Sarebbe bello vederlo ricordato sulle nostre pagine, magari con la pubblicazione di un suo “inedito”. Luigi Brignoli - Milano

MARZIA e Franco Patrignani, figli di Roberto, mi hanno recapitato proprio in questi giorni una poesia scritta dal nostro indimenticato pilota, viaggiatore, scrittore. Un cameo con cui celebriamo i tre anni dalla sua scomparsa.

RICORDI

Come, è lontano quel giorno quando il rumore era musica, il fumo sorgente d’incantesimo, l’odore dell’olio di ricino, acre profumo che inebriava i sensi. Nomi acclamati, metalli lucenti, fermento. L’ala di un pericolo sconosciuto a sfiorarti i capelli. Il gorgo di una impossibile avventura tanto incredibile a pochi passi da casa. Come avevo vissuto senza vedere e sapere? Ora il bel rombo è un sibilo. Il fumo s’aggrappa alla gola. L’odore è insolente di sintesi. La gran giostra del paddock ridicolizza il patetico spiazzo da paese. Vorrei essere altrove ma rispondo ai saluti. Lontano ma dove? Sulla sabbia dell’isola? Fra gli aghi dei pini? No. A quell’appuntamento lontano dove il rumore era vibrazione dolcissima, il fumo azzurra magia, l’olio bruciato, incenso di antri profondi. Ma ormai in quella piazza deserta c’è solo un ragazzo magrino. Vorrei tanto abbracciarlo. Correndo lo chiamo. Si volta e sussulto: ha il volto di un vecchio avvizzito. Roberto Patrignani motosprint

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SCELTE CROMATICHE QUEL GIALLO È UN’OSSESSIONE ROSSI e la Rossa: matrimonio facile? Cromaticamente sicuramente no. Ero molto incuriosito dalla livrea dell’accoppiata Made in Italy e appena disponibili le immagini mi sono precipitato a soddisfare la mia curiosità. Il rosso e bianco della Ducati e di alcuni suoi sponsor da coniugare con il giallo e il nero di Valentino e il blu di un altro sponsor… Compito arduo... Valentino è sempre stato molto attento, quasi maniacale nel curare il look suo e della sua moto e finora dobbiamo ammettere che ci è sempre riuscito alla grande. È riuscito sempre a personalizzare le sue tute e le sue moto con qualsiasi sponsor, ma questa volta no. Partiamo dalla moto: bastava il suo bel 46 giallo davanti e la Ducati era a posto. Il giallo, che ormai anche i cordoli sanno che è il suo colore, è stato inserito ovunque: una fascetta persino sul telaio per non parlare del contorno della sella che sembra un bidet. Ma il peggio arriva vedendo la tuta: semplicemente impressionanti le gambe che interrompo-

no la livrea bianca e rossa per lasciar spazio al giallo/nero del sole e della luna: a vederlo in piedi sembra che abbia degli shorts con una calzamaglia gialla e nera sotto. Il giallo è riuscito a riempire la parte interna della gobba e nemmeno i guanti sono sfuggiti alla colorazione. Non contento, Vale si è fatto mettere due strisce, ovviamente gialle, che partono da sotto l’ascella e salgono verso il centro della schiena. Più che una simpatia sembra un’ossessione! Il casco giallo e nero sarebbe stato più che sufficiente e la parte inferiore della tuta poteva rimanere bianca e rossa fino in fondo con il sole e la luna su fondo bianco. E dire che il Made in Italy fa scuola nel mondo in quanto a stile... Beh, almeno in pista lo identificheremo subito. Lucio Cavalieri

ROSSI IN SUPERBIKE CHISSÀ SE DIRÀ “OBBEDISCO” ANCHE se non potrà combaciare con i festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia, Valentino Rossi dovrebbe andare a conquistare la Superbike. Per diversi buoni motivi: 1. La “camicia rossa” l’ha messa quest’anno. 2. I mille torneranno l’anno prossimo in MotoGP e ci vuol poco a farli diventare 1200 (Perchè Rossi ha più seguaci di Garibaldi). 3. Invece di partire dallo scoglio di Quarto via mare potrebbe partire dal box di Tavullia prendendo l’autostrada. 4. Ferito ad una gamba già lo è... 5. Nino Bixio/Max Biaggi (notare l’assonanza provocata dalle X) ha già fatto da luogotenente in avanscoperta... Valentino diventerebbe così il nuovo eroe dei due mondi. La speranza è che un giorno Del Torchio glielo proponga e lui risponda “Obbedisco”. Roberto

SPENCER FREDDIE VINSE CON LA DUCATI NON RIESCO a non dilungarmi di qualche riga per farvi i complimenti, perché è anche seguendovi da ormai 25 anni che la passione per il mondo delle due ruote mi ha regalato emozioni fortissime. E ringrazio mio fratello perché quando ancora ero un bambino mi mise in mano le prime copie di Motosprint spalancandomi le porte su un mondo fantastico, scatenando una passione che poi abbiamo condiviso sino ad oggi. Ma arriviamo al punto... Abbiamo gioito nel vedere lo speciale su Freddie Spencer pubblicato sull ultimo numero del 2010. Io e mio fratello siamo sempre stati dei super fan di Fast Freddie! A questo proposito... se ci possiamo permettere... vorremmo farvi notare come nella storia di Spencer vi siate dimenticati di menzionare la vittoria (non vorremmo sbagliare) nel 1995 in America nella Superbike AMA in sella a una Ducati!

Poco di rilevante, in quanto poi sparì nell’oblio... Ma secondo noi fan italiani di Freddie sarebbe stato giusto menzionare quel successo. Questa non vuole assolutamente essere una critica, ma un appunto di lettori appassionati. Lorenzo e Giampaolo Genova

ASSOLUTAMENTE vero. Nel 1995 Spencer ottenne l’ultima vittoria della sua travagliata carriera nel Campionato AMA Superbike, in sella alla Ducati “Fast by Ferracci”.

UN FREDDIE SPENCER UN PO’ SOVRAPPESO OTTENNE LA SUA ULTIMA VITTORIA NEL CAMPIONATO AMA SUPERBIKE IN SELLA ALLA DUCATI FERRACCI NEL 1995, DIECI ANNI DOPO LA MITICA ACCOPPIATA DELL’85, ANNO IN CUI VINSE I MONDIALI 500 E 250.

ROSSI NON VALE IL RITARDO È DA MOLTO tempo che volevo scrivervi ma per un motivo o per l’altro ho sempre rinunciato e comunque avrei perso sicuramente la mia personalissima battaglia. È martedì mattina, e come da molti anni tutti i martedì mattina sono solito andare in edicola a comprare una copia di Motosprint (in vacanza ho atteso anche il venerdì per avere la mia copia del vostro settimanale, e nell’agosto 2008 mi sono recato oltreoceano, e per un mese e ho delegato un amico a comprare regolarmente Motosprint al posto mio). Ma questo martedì sono impossibilitato ad uscire di casa, così chiamo un amico e mi faccio portare la sospirata copia di Motosprint, dopo un’astinenza che si potrae dalle vacanze natalizie. L’amico arriva a casa con in mano l’ultimo numero del 2010 e non capisce la mia delusione... Una domanda mi sporge spontanea: vuoi vedere che posticipano l’uscita di un giorno per pubblicare le prime parole di Rossi da pilota Ducati? e magari metterlo in copertina con la divisa della mitica casa di Borgo Panigale? Il mio dubbio ha trovato conferma oggi, che è mercoledì, quando sono andato in edicola: naturalmente le mie previsioni si sono avverate. E ora sono deluso, perché va bene che Rossi, a vostro giudizio, è il più grande pilota dell’era moderna, ma neanche la vittoria in MotoGP della Ducati nel 2007 dopo quasi mezzo secolo dall’ultima vittoria e tantomeno la vittoria del primo pilota italiano nel Mondiale Superbike (con l’Aprilia) ha avuto in voi una reazione paragonabile a quella che avete avuto in questa occasione. Rossi è proprio una gallina dalle uova d’oro! Cagnone

TUTTO avremmo pensato, ritardando l’uscita per non “bucare” la prima intervista di Rossi da pilota Ducati, meno che di scontentare qualcuno. Invece ci siamo riusciti... Per la cronaca, per il titolo vinto dalla Ducati nel 2007, così come per quello di Biaggi quest’anno, non c’è stato bisogno di posticipare l’uscita. Lo ha richiesto invece il “round” USA Superbike quest’anno, perché si è corso lunedì notte (ora italiana). E anche in quel caso siamo usciti con un giorno di ritardo. motosprint

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Officina

di Massimo Clarke massimo.clarke@virgilio.it

FORZA D’INERZIA

LA KTM RC8 R NON È COSÌ STRANA L’albero a gomito è tradizionale

motori Yamaha, nei quali la distanza angolare tra i perni di biella è di 270°; le fasi utili allora si susseguono ogni 270°… 450°… 270°… È evidente, quindi, che quando i cilindri sono paralleli, a determinare la “spaziatura” delle fasi utili è la disposizione delle manovelle. Per i motori a V, come visto, la situazione è diversa e la distanza tra gli “scoppi” è determinata dall’angolo tra i due cilindri.

HO DI RECENTE analizzato le foto dell’albero motore della KTM RC8 R, che, se non sbaglio, ha utilizzato soluzioni inedite per costruire il pezzo. Nei motori a quattro tempi, infatti, gli scoppi avvengono ogni due giri dell’albero motore, però non sono certo che quello della RC8 R garantisca un funzionamento di questo tipo? Mi sbaglio? Se invece dovessi avere ragione, che vantaggi comporta la soluzione scelta dalla Casa austriaca? Alessandro Guidotti Pisa

QUELLO della KTM RC8 R non è un albero a gomito particolare. È uguale a quello degli altri bicilindrici a V, eccezion fatta per quei pochi che hanno il perno di manovella diviso in due parti (una per ogni biella), opportunamente sfalsate. Quest’ultima soluzione (tipica dei motori Honda con i cilindri a V di 52°) viene impiegata per abbattere le vibrazioni moleste, e non per ottenere una determinata distanza angolare tra le fasi utili. Negli altri bicilindrici a V vi è un unico perno di manovella sul quale lavorano affiancate le due bielle (nei bicilindrici Harley raffreddati ad aria, per la verità, si impiega uno schema biella interna/biella esterna). Se l’angolo tra i cilindri è di 90°, le forze d’inerzia del primo ordine sono equilibrate. Siccome le FORZE D’INERZIA DEL SECONDO ORDINE non danno origine a vibrazioni fastidiose, non si adotta alcun equilibratore dinamico. Negli altri casi in genere si impiega un albero motosprint

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SECONDO QUELLA DEL DOVUTE NO SO ORDINE AZIONE CHE ALLA INCLIN E (DURANTE SUM LA BIELLA AS DELL’ALBERO NE LA ROTAZIO QUALE A GOMITI), LA ONI CE AC LERAZI DETERMINA I ND UI Q E , DEL PISTONE GIUNGONO AG SI E CH FORZE, VUTE AL SOLO A QUELLE DO VERTICALE TO SPOSTAMEN A DI MANOVELL DEL PERNO

BIELLE IN ACCIAIO LE LEGE MIGLIORI PER REALIZZARLE SOPRA, L’ALBERO MOTORE DELLA KTM RC8 R, CHE MONTA UN V2 DI 75°, NEL QUALE GLI SCOPPI SI SUSSEGUONO DI 285°... 435°... 285°... NEI BICILINDRICI A V LA DISTANZA CHE SEPARA LE FASI UTILI VARIA A SECONDA DELL’ANGOLO COMPRESO TRA I CILINDRI, MENTRE NEI BICILINDRICI IN LINEA, CAMBIA A SECONDA DELLA DISPOSIZIONE DELLE MANOVELLE.

ausiliario di equilibratura. La distanza che separa le fasi utili varia a seconda dell’architettura del motore, ovvero dell’angolo tra i due cilindri. Se esso è di 75°, gli “scoppi” si susseguono ogni 285°… 435°… 285°…. Se invece l’angolo è di 60°, le fasi utili sono distanziate una dall’altra di 300°… 420°… 300°… Scendendo a 45°, la sequenza diventa 315°… 405°… 315°…. Dunque, al diminuire dell’angolo la situazione migliora, sotto questo aspetto, anche se rimane ancora molto lontana dalla uniformità che si ottiene con le manovelle allineate (ossia a 360°) dei bicilindrici paralleli (nei quali la V si riduce a

zero!). Quando l’angolo tra i cilindri è di 90°, le fasi utili si susseguono ogni 270°…4 50°… 270°… Nel caso dei bicilindrici Honda a V di 52°, la distanza angolare tra i perni di manovella è di 76° e gli “scoppi” sono distanziati di 232°… 488°… 232°… Nei bicilindrici paralleli, sempre con riferimento ai motori a quattro tempi, se i perni di manovella sono a 360°, le fasi utili sono distanziate uniformemente, e risultano separate di 360°… 360°… Se i perni di manovella sono a 180°, gli “scoppi” si susseguono ogni 180°… 540°… 180°… C’è poi un altro caso, ed è quello di alcuni

SONO alle prese con due studi, uno sulle bielle in titanio, per il quale sono riuscito a trovare tutte le informazioni che mi interessavano, un altro, invece, riguarda le bielle in acciaio, con il quale sto incontrando maggiori difficoltà. Potrebbe cortesemente segnalarmi i tipi di acciaio più comuni utilizzati per costruire questo componente e le relative caratteristiche termiche e meccaniche? Giovanni Corsi

QUASI tutte le bielle in titanio sono realizzate con la lega Ti 6Al 4V, che è di gran lunga la più impiegata in campo meccanico. Ha ottime caratteristiche complessive e si presta bene sia alla realizzazione di parti ottenute dalla lastra o dalla barra mediante lavorazione meccanica, che di parti ottenute per forgiatura. La resistenza a trazione può arrivare a 1100 N/mm2 e anche

qualcosa di più. Tenga presente, in fase di progetto, che il modulo elastico è notevolmente inferiore, rispetto a quello dell’acciaio (i valori sono rispettivamente dell’ordine di 110 GPa e di 210 GPa). E non dimentichi che questo materiale ha una notevole tendenza all’ingranamento il che rende necessario il ricorso ad adatti riporti superficiali in corrispondenza degli spallamenti. Per quanto riguarda gli acciai, la scelta è davvero notevole, anche se si restringe in una misura notevole quando si tratta di realizzare bielle destinate a motori molto sollecitati. Assai noto è l’acciaio contraddistinto dalla sigla UNI 40 Cr Mo4, che dopo trattamento di bonifica raggiunge una resistenza a trazione di 950 – 1100 N/mm2 e una durezza di 280 – 320 punti Brinell. Decisamente classico, in quanto impiegato in numerosi motori di alte prestazioni che hanno davvero fatto la storia (lo usava, tra l’altro, l’Alfa Romeo per la mitica Giulia degli anni Sessanta), è l’eccellente 38 Ni Cr Mo4, corrispondente (circa) al SAE/AISI 9840. Viene impiegato dopo una bonifica che ne porta la resistenza a trazione a circa 1000 N/mm2 e la durezza a 280-305 punti Brinell. Questo acciaio contiene lo 0,38% di carbonio, lo 0,90 % di nichel, lo 0,80 % di cromo e lo 0,20 % di molibdeno. Viene forgiato a 900 – 1100 °C. La tempra si effettua in olio, a 830 – 860 °C e il rinvenimento a 560 – 640 °C. L’ALLUNGAMENTO è del 13 – 14 %. Un altro materiale estrema-

O ALLUNGAMENTAL E RCENTU SI ESPRIME IN PE SSIMA E INDICA LA MA DEFORMAZIONE Ò ALE PU CHE UN MATERI DI ARRIVARE SUBIRE PRIMA VERO A ROTTURA, OV TÀ ILI TT DU A SU LA

mente valido è l’acciaio 30 Ni Cr Mo12, che dopo trattamento raggiunge una resistenza a trazione di 1100 N/mm2. Ottimo è anche il 34 Ni Cr Mo16, utilizzato ad esempio dalla MV Agusta per le bielle della sua F4 1000 S, che dopo trattamento può raggiungere una resistenza a trazione di oltre 1200 N/mm2. Le famose bielle Carrillo, come quelle di vari altri specialisti in parti speciali, sono realizzate con il formidabile acciaio SAE 4340, corrispondente al nostro 40 Ni Cr Mo7. Questo materiale contiene lo 0,4 % di carbonio, l’1,80 % di nichel, lo 0,80 % di cromo e lo 0,25 % di molibdeno. Il trattamento di bonifica (che come noto è costituito dalla tempra seguita dal rinvenimento) ne porta la resistenza a trazione a oltre 1100 N/mm2. Le temperature di tempra (che si effettua in olio) e di rinvenimento sono analoghe a quelle viste per il 38 Ni Cr Mo4. L’allungamento è del 12%. Una versione ulteriormente migliorata del SAE 4340, la VAR 300-M, contiene anche l’1,70 % di silicio e lo 0,07% di vanadio. Per aumentare la resistenza a fatica, le bielle destinate a motori di elevata potenza specifica vengono sottoposte, dopo le lavorazioni, a una pallinatura controllata. Spesso vengono prescritti 13 gradi Almen e l’impiego di sferule del diametro di 0,6 mm. Non capisco per quale ragione lei voglia conoscere le caratteristiche termiche (calore specifico, coefficiente di dilatazione, conduttività); sono praticamente le stesse per tutti gli acciai impiegati per realizzare organi meccanici e, nel caso specifico, non hanno alcuna importanza. Al punto che non vengono neanche riportate nei cataloghi, nelle tabelle e nei manuali tecnici delle aziende che forniscono questi materiali.

NASCITA E SVILUPPO DEL CAMBIO HO LETTO tempo un articolo, o forse era la risposta ad una lettera tecnica, nel quale si parlava di cambio con presa diretta, nettamente diverso da quello in cascata, che se non sbaglio oggi è il solo ad essere impiegato. Vorrei sapere quale differenza c’è tra i due tipi di cambi e perché quello con presa diretta non si usa più. Enzo Catalano Palermo

LE MOTO sono nate senza cambio. In quelle prodotte nei primissimi anni del XX secolo, l’albero a gomito era collegato direttamente alla ruota posteriore da una cinghia di trasmissione. Poi sono stati realizzati i primi cambi, che di norma erano alloggiati in una “scatola” separata e venivano montati dietro al motore, al quale erano collegati da una catena, organo che non invertiva il senso di rotazione (come fanno invece le trasmissioni primarie a coppia di ingranaggi); di conseguenza, l’albero di entrata del cambio girava nello stesso senso dell’albero a gomito. Se quest’ultimo girava in avanti (come avveniva di solito), per farlo ruotare nello stesso senso, il pignone della trasmissione finale veniva montato su un manicotto di uscita coassiale con l’albero di entrata. Quando si innestava la marcia più alta, grazie ad appositi denti frontali il manicotto veniva reso solidale con l’albero; il rapporto di trasmissione era allora 1:1 ed il cambio era “in presa diretta”. Questo schema è stato mantenuto nel tempo, mentre per le altre marce il sistema ad ingranaggi scorrevoli è stato sostituito poi con quello ad ingranaggi sempre in presa e denti frontali (ricavati in appositi manicotti scorrevoli o nei fianchi degli ingranaggi stessi). Le altre marce venivano innestate grazie ad un albero secondario dotato di alcuni ingranaggi, dei quali uno era sempre in presa con una ruota dentata montata sul manicotto di uscita e provvedeva a trasmettere il moto al pignone della trasmissione finale. Gli altri ingranaggi dell’albero secondario ricevevano il moto, a turno (a seconda della marcia) da quelli dell’albero di entrata (ovvero primario). Le marce venivano innestate rendendo solidale volta per volta un ingranaggio folle con il proprio albero, proprio come nei cambi in cascata. Il diffondersi dei motori con cambio in blocco e trasmissione primaria ad ingranaggi ha portato al graduale abbandono dei cambi con presa diretta, fino al loro definitivo abbandono. Le ultime moto che li hanno impiegati (con l’esclusione delle Harley Davidson raffreddate ad aria e di quei veri e propri fossili viventi dei monocilindrici Enfield) sono state, per quanto ne so, le grosse Laverda 750 bicilindriche e 1000/1200 tricilindriche, che avevano la trasmissione primaria a catena, e le Ducati bicilindriche con distribuzione comandata da alberelli e coppie coniche (750 GT e SS, 900 SS, Darmah, MHR), nelle quali l’albero a gomito girava all’indietro. motosprint

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Paddock A cura di Lucia Voltan

Con Suzuki nel British Superbike DOPO alcune stagioni pesantemente condizionate dagli infortuni, nelle quali ha collezionato la bellezza di 22 interventi chirurgici, John Hopkins (nella foto) ha deciso di rimettersi in gioco. Lo farà nel campionato britannico di Superbike, nella squadra ufficiale Suzuki, ovvero la marca con la quale ha disputato gran parte della sua carriera. Una carriera promettente, con diverse stagioni in MotoGP, poi Mondiale Superbike, fino al ritorno in America, lo scorso anno, sempre con la Suzuki nel campionato AMA SBK. E anche qui, dopo poco, è stato costretto a fermarsi per via del polso che, fratturato più volte, rischiava di bloccare per sempre la sua carriera di pilota. Ora il ventisettenne californiano, ma di origine inglese, ci riprova in Inghilterra. «Un pilota come lui, che è salito anche sul podio in MotoGP, ha tutti i numeri per puntare al titolo - ha detto il suo nuovo team manager alla Crescent Suzuki, Jack Valentine - per far poi ripartire la sua carriera a livello internazionale». È ITALIANO IL MIGLIOR GP DEL MONDIALE ENDURO Una giuria, capitanata dal promotore del Mondiale Enduro Alain Blanchard, ha stilato un’interessante classifica relativa alla stagione 2010. L’Italia fa una bella figura con tre vittorie: miglior GP, migliore prova di cross e speciale prologo. Migliore speciale estrema: Francia. Migliore prova in linea: Polonia. Miglior paddock: Turchia. GP con maggiore presenza di pubblico: Francia. Pilota più spettacolare: Antoine Meo. La sala stampa top è in Grecia.

SPEEDWAY

ITALIANI IN ARGENTINA IN ARGENTINA si disputa un campionato internazionale di speedway, cui partecipano anche italiani. Quest’anno ci sono Carpanese, Franchetti e Seren. Attualmente il più avanti in classifica è Franchetti, quinto, mentre Carpanese è tredicesimo e Seren ventiduesimo. Il campionato si dovrebbe concludere a metà febbraio, ma il programma, causa maltempo, procede a rilento. motosprint

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SUPERVISORE FMI

RINALDI CURA LA SICUREZZA DOPO aver deciso tre anni fa di ritirarsi dalle competizioni, Mario Rinaldi (sotto) non è riuscito a rimanere lontano dal mondo dell’enduro. Il quattro volte iridato è il nuovo responsabile FMI dei percorsi dei campionati enduro Under, Senior e Major. Grande conoscitore delle problematiche del fuoristrada, Rinaldi non dovrà solo supervisionare i percorsi e le prove speciali, ma soprattutto curare gli aspetti legati alla sicurezza delle gare.

«Il nome di mio figlio, Leon Alexander, non è un omaggio né ad Haslam né a Barros. Sono solo due bei nomi» Max Biaggi La Gazzetta dello Sport TEST A CARTAGENA PER SAVADORI E IANNUZZO Test a Cartagena per i piloti del Team Lorenzini by Leoni. Sul circuito spagnolo c’erano Vittorio Iannuzzo («Ottimo il feeling con la “verdona”») che correrà il Mondiale Supersport, e Lorenzo Savadori, ex della 125 che quast’anno esordirà su una 4 tempi in Coppa del Mondo Stock 1000. «Ha avuto bisogno di una giornata per adattarsi al peso e alla potenza di questa moto, ma ha finito in crescendo» ha detto di Savadori il suo nuovo team manager, Vanni Lorenzini.

TROFEO DUNLOP CUP, ECCO LE NUOVE DATE Nuove date per il trofeo Dunlop Cup Coppa FIM. Ecco il calendario completo di quest’anno: 17 aprile, Mugello; 29 maggio, Magione; 17 luglio, Varano; 28 agosto, Mugello; 2 ottobre, Vallelunga. Per tutte le informazioni, l’organizzatore è TuttoMotoRacing (328-2205291 Vittoria 328-2205294). TORNA IL TROFEO SPORT MOTORALLY Confermato anche per quest’anno il Trofeo Sport nell’ambito del campionato italiano Motorally. Tutti i tesserati Sport potranno partecipare alle singole gare di campionato, indipendentemente dalla regione di appartenenza, superando il criterio interregionale previsto invece per le altre specialità. Al Trofeo saranno ammessi solo coloro che non si siano mai classificati nei primi tre posti (di classe o assoluti), di qualsiasi campionato italiano, nelle specialità enduro e motorally. Il costo dell’iscrizione è di 40 euro. Al vincitore di ogni singola giornata di gara sarà concessa la facoltà di “trasformare”, senza sovrapprezzo, la Tessera Sport in licenza nazionale agonistica. L’ITALIANO SUPERMOTO FINISCE IL 4 SETTEMBRE Cambio di data per il campionato italiano Supermoto. L’ultima gara della stagione resta a Castelletto di Branduzzo, ma viene anticipata dal 25 al 4 settembre. LO SPEEDWAY PERDE LA SUA VOCE STORICA, IVANO VANZAN Il mondo dello speedway ha preso la sua voce storica, Ivano Vanzan, colpito da un tumore. Vanzan aveva ricoperto la carica di CT azzurro nel periodo d’oro della pista ovale italiana, poi con la sua voce accattivante (era stato anche cantante) aveva iniziato a fare lo speaker. Con il suo ritmo incalzante rendeva spettacolare anche la più anonima delle manche.

IN BREVE

HOPKINS CORRE IN INGHILTERRA

NUOVO SITO PER L’ELETTRICA DA COMPETIZIONE CRP L’azienda modenese che la costruisce ha voluto un nuovo sito dedicato alla eCRP all’indirizzo www.ecrp.eu, nel quale è possibile reperire tutte le informazioni relative al progetto moto elettrica.

HELL’S GATE UN PERCORSO più corto da ripetere sei volte anziché quattro, quindi più passaggi nelle zone estreme: è una delle novità della Hell’s Gate, gare di enduro estremo che quest’anno si disputa il 12 febbraio, sempre al “Ciocco”, in Toscana. Per quanto riguarda i piloti, KTM ha già confermato la presenza dei suoi, capitanati dallo specialista polacco Taddy Blazusiak (sotto), che tenterà il tris dopo le vittorie del 2008 e del 2009; e poi ci sarà Andreas Lettenbichler con la Husqvarna, e l’americano Cody Webb, trialista e specialista delle gare estreme, ora in forza alla Beta.

PAPÀ E... CITTADINO

BUON MOMENTO PER GRESINI È DECISAMENTE un buon periodo per Fausto Gresini. Con tanto di cerimonia pubblica, ha ricevuto la cittadinanza onoraria di San Clemente, paese del riminese dove l’ex campione del mondo, da anni team manager in MotoGP, ha stabilito la sede della sua struttura tecnica. E non mancano le soddisfazioni nella sfera privata, con la nascita, l’11 gennaio, di una bella bambina, Agnese. Congratulazioni!

SU KAWASAKI

CAIANI IN COPPA DEL MONDO THOMAS Caiani, svizzero, 22 anni, correrà la Coppa del Mondo Stock 1000 sotto le insegne del Team BWG Racing Kawasaki. Oltre che nel campionato italiano, Caiani ha corso in Spagna e in Germania; è reduce da un grave infortunio, la frattura del bacino. «Un pilota svizzero non ha grandi opportunità - ha raccontato Caiani - finalmente una grande occasione».

IN TRE STATI USA

A LEZIONE DA SCHWANTZ TRE piste, in tre diversi stati: è questa la novità dei corsi di guida della Schwantz School. Ai due circuiti Barber Mortsports Park (Alabama) e Indianapolis Motor Speedway (Indiana) quest’anno si è aggiunto il Road Atlanta, in Georgia. I corsi che hanno come insegnante l’americano ex campione del mondo durano ognuno due giorni e costano 1999 dollari (se si vuole noleggiare la moto, Honda o Suzuki) oppure, con la propria moto, 1799. Date e tutte le altre informazioni al sito www.schwantzschool.com.

RACALMUTO E BINETTO

MEDITERRANEO UNA GARA IN PIÙ

IL TROFEO del Mediterraneo, opportunità per i piloti del Sud Italia, passa da 5 a 6 prove, tre a Racalmuto e altrettante a Binetto. Confermate le classi: 125, 600, Naked, Open e scooter (più Gruppo 4 e 5 per le moto d’epoca). CORSO DI GUIDA A VALENCIA CON TROY BAYLISS UN CORSO DI GUIDA CON ISTRUTTORE TROY BAYLISS SI TERRÀ A VALENCIA, IL PROSSIMO 8 FEBBRAIO. UNA GIORNATA IN PISTA E LA SERA A CENA CON IL CAMPIONE (INFO: 335-6343240).

CAMPIONATO ITALIANO

SPADARO PASSA IN STOCK 1000 DOPO una stagione nel CIV Stock 600, Andrea Spadaro passa alla Stock 1000, in sella alla Honda, sempre con il Team Nuova M2 Racing. Affiancherà il pilota più esperto del paddock CIV, il sessantenne Enzo Chiapello.

MOTORALLY DAY IL 30 GENNAIO A BOLOGNA IL MOTORALLY DAY, GIORNATA DI PRESENTAZIONE DELLA NUOVA STAGIONE DEI CAMPIONATI ITALIANI E DI PREMIAZIONE DEI CAMPIONI, SI SVOLGERÀ A BOLOGNA, IL PROSSIMO 30 GENNAIO, ALL’HOTEL SAVOIA COUNTRY HOUSE. LA SVEZIA AFFIDA A ERIKSSON I GIOVANI DELL’ENDURO RITIRATOSI DAL CAMPIONATO MONDIALE NEL 2009, ANDERS ERIKSSON CURERÀ IL SETTORE GIOVANILE DELL’ENDURO SVEDESE. SETTE VOLTE CAMPIONE DEL MONDO, ERIKSSON HA RAGGIUNTO UN ACCORDO CON LA SUA FEDERAZIONE PER PREPARARE CINQUE GIOVANI CHE PARTECIPERANNO AL PROSSIMO MONDIALE ENDURO JUNIOR. ERIKSSON DOVREBBE ANCHE ESSERE PRESENTE DIRETTAMENTE AD ALCUNI GRAN PREMI. BASTIANELLI AL CIV 125 IN SELLA ALLA FRIBA GIANLUCA BASTIANELLI DISPUTERÀ LA PROSSIMA STAGIONE NEL CAMPIONATO ITALIANO CLASSE 125 IN SELLA ALL’ARTIGIANALE MOTO FRIBA. IL DICIOTTENNE PILOTA ROMAGNOLO È REDUCE DA UNA STAGIONE IN COPPA ITALIA. MICHEL FABRIZIO MULTATO, MA SOLO PER SCHERZO UNA SETTIMANA DI VACANZA IN TRENTINO PER MICHEL FABRIZIO E LA SUA FAMIGLIA. L’AMMINISTRAZIONE MUNICIPALE DI TRENTO HA ORGANIZZATO PER LUI UNA GOLIARDATA: UNA FINTA MULTA PER... ECCESSO DI VELOCITÀ.

ITALIANO MOTORALLY. PARTENZA ANTICIPATA La prima prova del campionato italiano Motorally, inizialmente prevista per il 20 marzo a Rapolano Terme (SI) , viene anticipata al 13 marzo, stessa località, stesso organizzatore. motosprint

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Paddock IDENTIKIT

FORET, IL RITORNO FRANCESCO COCCO 1

TEAM VALENTI

MIRCO GRITTI IN SUZUKI CON l’ingaggio di Mirco Gritti (nella foto) si apre il nuovo corso nell’enduro per le Suzuki del distributore Valenti. Compagno di squadra di Gritti, figlio del campione Alessandro, il giovane francese Mickael Metge, vice campione europeo 2010. Gritti guiderà la nuova RMZ 450 4T, mentre Metge la 250 4T. Il programma prevede la partecipazione agli Assoluti d’Italia, all’Europeo e, come wild card, ad alcuni GP del Mondiale. A guidare la nuova struttura del team Suzuki Valenti Enduro sarà Fabrizio Ceccotti, con la supervisione diretta di Enzo Valenti. A Gritti e Metge si aggiungerà un terzo pilota, un giovane under 23.

CRISPINO E MASCOLO IN COPPA ITALIA MICHELE CRISPINO E TOMMASO MASCOLO DISPUTERANNO LA COPPA ITALIA 125 SOTTO LE INSEGNE DEL TEAM TONY PIZZO RACING, MENTRE NEL TROFEO HONDA LA SQUADRA SCHIERERÀ CIRO PIZZO.

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MICHELE MAGNONI SALE SULLA BMW STESSA SQUADRA, IL BARU RACING TEAM, E NUOVA MOTO, LA BMW, PER MICHELE MAGNONI. TERZO ALLA COPPA DEL MONDO STOCK 1000, QUEST’ANNO MAGNONI SI CONCENTRERÀ SUL CAMPIONATO ITALIANO (STOCK 1000), LIMITANDO L’INPEGNO INTERNAZIONALE ALLE WILD CARD NELLE TAPPE ITALIANE. «ABBIAMO PROVATO A TROVARE IL BUDGET PER PARTECIPARE ALLA SUPERBIKE MA SENZA SUCCESSO» HA RACCONTATO IL PILOTA, FELICE PERÒ DELLA SUA NUOVA AVVENTURA PERCHÉ HO LA MOTO PIÙ COMPETITIVA DEL LOTTO».

Brutto momento per i giovani della velocità italiana. Tu hai corso qualche gara anche in Spagna. Cosa hanno gli spagnoli più dei nostri? Senz’altro vita più facile. Dico la prima cosa che mi viene in mente: io, che ho 15 anni, posso girare in pista praticamente solo il giovedì prima della gara, nelle libere legate all’evento. Altrimenti, nella stragrande maggioranza dei circuiti italiani entri solo dai 16 anni in poi, anzi, spesso bisogna essere maggiorenni.

Conforti torna al CIV LUCA CONFORTI E IL TEAM ALTHEA HANNO DEFINITO IL PROGRAMMA PER QUEST’ANNO, CHE VEDE IL PILOTA, IN SELLA ALLA DUCATI, AL CAMPIONATO ITALIANO SUPERBIKE. «OVVIAMENTE SPERAVO DI FARE IL MONDIALE, ANCHE PERCHÉ HO GIÀ 35 ANNI - HA DETTO IL PILOTA - MA SONO UGUALMENTE CONTENTO. IL MIO OBIETTIVO? VINCERE IL TITOLO. E PASSARE L’ANNO PROSSIMO IN PIANTA STABILE ALLA SCENA INTERNAZIONALE». NEL 2010 CONFORTI HA CONCLUSO QUARTO IL CAMPIONATO ITALIANO SUPERBIKE.

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L’anno scorso ti sei portato a casa la Dunlop Cup, con 4 gare (su 5) vinte. Niente male come prima stagione con la 600. Niente male davvero. Tutta la stagione è stata piuttosto soddisfacente, soprattutto considerando che venivo da un anno in 125 e non avevo alcuna esperienza di moto quattro tempi. Anche al campionato italiano mi sono tolto qualche soddisfazione, qualche punticino l’ho portato a casa, ma sono caduto troppe volte. E pazienza, tutta esperienza. Poi l’europeo, dove ho potuto fare solo le ultime tre gare perché ho compiuto i 15 anni - età minima per le gare internazionali - ad agosto. Miglior risultato un nono posto in Francia, non male come base di partenza.

Quest’anno si ripete. Obiettivi? Sì, ancora CIV e campionato europeo, stessa classe. È quasi sicuro, diciamo che manca solo la firma. L’obiettivo è finire la stagione nei primi cinque. So che posso farcela, anche se la gente forte non manca. Il più temibile? Dino Lombardi, secondo me. È molto forte e ha esperienza, ma so che posso tenergli testa. Vedremo...

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A lunga scadenza, che obiettivo ti sei dato? Dopo qualche gara in 125 ho capito che stavo crescendo troppo per avere un futuro in questa classe: sono già un metro e 73. Dunque il passaggio ai quattro tempi è stato naturale. E subito ho cominciato a sognare in grande: Moto2 e poi MotoGP.

Il bello comincia adesso. FEBBRAIO 2011

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SPORT DOVE NASCE LA DUCATI DI ROSSI

INMOTO

NATO A

SFIDA SUPERBIKE Aprilia RSV4 APRC BMW S 1000 RR Ducati 1198 SP KTM RC8 R 1190 MV Agusta F4

ALATRI (FR) ETÀ

PIANETA RETRÒ Look di ieri, tecnica di oggi per 8 proposte old style

PRIMO PIANO Kawasaki Z 750 R Suzuki GSX-R 600

15 ANNI HA VINTO

DUNLOP CUP 600 (2010)

ELABORAZIONE GRAFICA IN MOTO

IL TEAM Ten Kate ha ufficializzato il secondo pilota della Supersport. A fianco del francese Florian Marino, ci sarà il connazionale Fabien Foret, che torna quindi nella squadra olandese. «È bellissimo tornare a correre per Ten Kate - ha spiegato Foret - io ho le stesse motivazioni del 2002, anno in cui mi aggiudicai il Mondiale. Mi sto allenando ogni giorno. L’obiettivo nella squadra migliore del campionato non può essere che vincere».

QUEST’ANNO

EUROPEO E ITALIANO STOCK 600

PROVE, TECNICA, SPORT, TURISMO. INMOTO si rinnova. Per darti una rivista ancora più completa, bella da vedere, piacevole da leggere. Vivi la tua passione insieme a noi.

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PRESENTA

MA QUANTO È BELLA LA NUOVA DESMOSEDICI! È sempre una Ducati, dunque più “selvaggia” delle giapponesi. Ma l’evoluzione è incredibile

di Marco Masetti fagnigol@yahoo.it

LA DUCATI DI VALENTINO ROSSI SI DISTINGUE PER L’INCONFONDIBILE 46 E QUALCHE “PENNELLATA” DI GIALLO, DA QUELLA PIÙ TRADIZIONALE DI NICKY HAYDEN (NEL CLASSICO ROSSO PIÙ BIANCO) TARGATA 69.

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LA GUARDO, è davvero bella. Con quella bellezza che hanno le moto da corsa, fatta di funzione, non di deliri stilistici più o meno azzeccati di un designer. Il che vuol dire che se ci sono uscite d’aria in stile squalo sui fianchi, è perché la natura (con lo squalo che è una specie animale molto antica ed efficiente) prima, e la F. 1 poi, hanno detto che la soluzione era giusta. Perfetta no, perché nelle corse, nella sfida evolutiva che vede impegnati i creatori, ovvero i progettisti, la perfezione è sempre costituita dal prossimo passo, dalla moto che non è stata ancora fatta. Non esistono scelte definitive, non esiste la perfezione, al massimo c’è l’abilità nell’interpretare al meglio i dettami di un regolamento tecnico. Non esiste la perfezione: probabilmente ci sono ingegneri che saprebbero tirare fuori il doppio dei cavalli da un motore di 800 cm3 rispetto a quelli che corrono in MotoGP. Il problema è che bisogna rispettare i consumi, quindi il motore ha a disposizione un quantitativo X di carburante, non un goccio di più.

Naturalmente l’ispirazione arriva dalla nuova Desmosedici, ultima arrivata del reparto corse di Borgo Panigale. Le ho viste tutte, presentare e correre, vincere e fallire, come è naturale che sia. Nel lavoro di giornalista c’è questa componente tremenda: vediamo le moto nascere, crescere, morire. Il destino è quello comune a quello di tante soubrette, stelline, escortine: prima ci si scanna per avere la prima immagine anche rubata, dopo non la vuoi nemmeno se te la regalano. Le gare (come la vita notturna) sono logoranti, corrodono, fanno fuori il potenziale delle persone e delle macchine in tempi brevissimi. Mondi spietati, affascinanti ma spietati. Però bisogna sapere resistere a queste emozioni e cercare di ragionare, merce rara al giorno d’oggi, ma sempre apprezzata, molto più di quel che si pensa… La GP11 è davvero bella e c’è il sospetto che l’arrivo di Rossi, perfezionista e feticista della moto, abbia spinto il costruttore a lavorare al massimo. E il risultato è notevolissimo: la Ducati è curata anche nei dettagli e questa è una notizia. Me la ricordo benissimo (e la potete vedere da vicino al Museo Ducati) la prima Ducati MotoGP, quella dell’eroica stagione 2003. Quella della prima vittoria con Loris Capirossi dopo sole sei gare dall’esordio. Era davvero una moto primordiale, artigianale, letteralmente fatta a mano. Certo, dentro c’era tecnologia da vendere, ma vista da fuori, era, per noi ipercritici, “fatta con il badile”. Che non è un’offesa: anche la prima Yamaha MotoGP, per non parlare della Kawasaki che sembrava un carro armato, erano davvero grezze. Creare dal nulla un oggetto perfetto riesce, ma solo qualche volta, solo alla Honda… Vedere quella Desmosedici e quella di oggi fa davvero impressione e fa capire gli sforzi fatti dalla Casa per migliorare sempre. Ovvio, resterà sempre una Ducati, qualcosa di un po’ più selvaggio rispetto alle giapponesi, ma l’evoluzione è stata incredibile. Eppure ci sono cose che restano immutabili e nei secoli fedeli, come gli appartenenti all’Arma. Il capo progetto che è sempre Filippo Preziosi, uno con il quale puoi parlare di moto a 360 gradi (merce sempre più rara) e un pilota italiano a cercare il successo. Nel 2003 c’era Loris Capirossi, oggi Valentino Rossi. Buon segno, il bomber è sempre italiano, fateci caso, ma nel motociclismo che conta i “brasiliani” siamo noi.

GLI I L I B A C I T N E INDIM HUNT, VILLENEUVE, PETERSON, CLARK E SENNA UNA COLLANA DAVVERO LEGGENDARIA SU 5 PILOTI-MITO CHE HANNO LASCIATO UN SEGNO INDELEBILE IN F.1. SEMPRE NEL CUORE DEGLI APPASSIONATI. AUTOSPRINT SVELA SEGRETI E RETROSCENA

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OGNI SETTI MANA SU AUTOSP RINT NEL MESE DI GENNAIO


polvere di stelle

IN EDICOLA IL NUMERO DOPPIO DI GENNAIO/FEBBRAIO

TANTO PER COMINCIARE TORNIAMO ALLE ORIGINI Una curiosa retrospettiva sui fatti importanti accaduti negli anni “11” dei secoli passati

di Luigi Rivola lurivola@tin.it

UNA DELLE PRIME CORSE MOTOCICLISTICHE CHE SI SONO DISPUTATE SUL CIRCUITO DI INDIANAPOLIS, INAUGURATO NEL 1911.

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IN ALLEGATO Il DVD Vundes Vun Van a Man. Un bellissimo documentario sul Tourist Touris Trophy

LA PRIMA puntata di questa rubrica è dedicata a una retrospettiva sui fatti importanti accaduti negli anni “11” dei secoli passati. Cominciamo quindi dal 1711, trecento anni fa, che sono molto meno di quanto istintivamente pensiate. Basti riflettere secondo una teoria che mi è cara: io la chiamo “teoria dei nonni” e consiste nel mettere in fila i nonni di famiglia e scoprire dove si arriva, procedendo all’indietro, in brevissimo tempo. Ad esempio, mio nonno era del 1889 (e ha tenuto in braccio i miei primi due figli); suo nonno era nato attorno al 1830; il nonno di suo nonno, verso il 1770 e quello prima circa nel 1710. Come vedete, è bastato mettere quattro nonni in fila e 300 anni sono già coperti. Torniamo dunque alla nostra restrospettiva. Nel 1711, l’inglese Thomas Newcomen, padre riconosciuto della rivoluzione industriale, di professione fabbro, scienziato e predicatore, portò a termine il suo primo efficiente motore a vapore, che l’anno dopo cominciò ad operare efficacemente aspirando l’acqua dalle miniere.

Dal motore di Newcomen derivò, quasi sessant’anni più tardi, il motore di Watt, che a sua volta fornì l’unità motrice alla prima locomotiva, la Rocket di Stephenson, e alle prime motociclette a vapore realizzate da Roper negli USA e da Perreaux in Francia attorno al 1870. In quello stesso 1711, il 18 maggio, a Dubrovnik, allora nell’impero Austro-Ungarico, nacque Ruder Josip Boškovic, matematico, astronomo, filosofo e gesuita che per primo enunciò la teoria atomica. Che cosa c’entra con le moto? Chi ama la storia sa che nulla, o quasi, si può escludere a priori in termini di progresso: navi e sommergibili atomici ci sono già da parecchio tempo e probabilmente arriveranno anche le moto. Balziamo avanti di 100 anni e atterriamo nel 1811. Il 30 marzo nacque a Gottingen, in Germania, Robert Wilhelm Eberhard Bunsen, chimico insigne, che produsse invenzioni in molti campi legati alle sue conoscenze, e fra queste la “Pila di Bunsen”, che fu usata su tutti i primi motori endotermici con accensione elettrica. 1911, pieno boom della motorizzazione: l’automobile, l’aeroplano e la motocicletta sono le meraviglie del momento: i fortunati proprietari di questi mezzi amano esibirli in manifestazioni pubbliche e gare di ogni genere. Per dare regole uniformi allo sport motociclistico, tra il 29 aprile e il 31 maggio 1911 a Milano vennero gettate le basi di quella che sarebbe diventata la Federazione Motociclistica Italiana. Il 31 maggio è anche la data del varo del Titanic: la nostra FMI ha avuto sorte migliore... Il giorno prima, in America, era stato inaugurato l’autodromo di Indianapolis e, sempre in America, il 24 settembre nacque Ed Kretz, grande pilota della Indian negli Anni ’30 e ’40, passato alla storia per aver vinto la prima 200 Miglia di Daytona nel 1937. Ancora, nel 1911 a Pesaro una vedova decise di vendere alcune sue proprietà per dar vita a un’iniziativa che potesse dare lavoro ai suoi sei figli. Questi si chiamavano Giuseppe, Francesco, Giovanni, Filippo, Domenico e Antonio. Il cognome? Benelli. Tutto cominciò da un’officina per la riparazione dei motori altrui. Poi, nel 1919, fu pronto il primo propulsore costruito in proprio e nel 1921 fu presentata la prima motocicletta col Leone sul serbatoio. Celebreremo questo centenario approfondendo la storia di quella che – anche se oggi è di proprietà cinese – è stata senz’altro una delle più importanti marche motociclistiche italiane nel mondo.

A SOLI

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INSERTO SUPERPROVA Aprilia RSV4 APRC SE Dorsoduro ABS ATC MISTERBIKE Da questo numero la nostra serie a fumetti


MotoGP Team Ducati 2011 di Stefano Saragoni - Foto Milagro

VALENTINO ROSSI GUARDA LA SUA DESMOSEDICI SULLA NEVE DELLE ALPI. ALLE SPALLE HANNO LE DOLOMITI DEL BRENTA. DAVANTI A LORO C’È IL RITORNO IN PISTA A INIZIO FEBBRAIO.

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Dopo l’epoca eroica di Capirossi e il Mondiale con Stoner, la Ducati apre un nuovo capitolo della sua storia, sportiva e non solo. Nel segno di Rossi

L’ ' era di Vale

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Filippo Preziosi

MotoGP Team Ducati 2011

RICOMINCIO DA ROSSI Questa Desmosedici è lo “step zero”; da qui cominceremo ad evolverci. Con l’aiuto di Valentino

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«La Desmosedici 2011 che vedete è la “step zero”. È molto bella… e le caratteristiche sono quelle più o meno viste a Valencia. Da qui partiamo per evolverci». Cosa è cambiato, dal 2010? «Il motore ha una curva di coppia più piatta e più favorevole, ma la modifica più appariscente riguarda l’aerodinamica: lo scopo della nuova carenatura è migliorare la velocità massima e ridurre i consumi. Ma anche ridurre il più possibile la tendenza all’impennata». Abbiamo parlato di “step zero”. Cosa dobbiamo aspettarci da quelli successivi? «Le modifiche in cantiere riguardano un po’ tutta la moto. Telaio con diverse rigidezze flessionali e torsionali in frenata, forcellone con diverse caratteristiche di rigidezza, forcella con idraulica 2011 ma con foderi da 42 mm (invece di 48). Oltre a questo lavoriamo sul controllo dell’impennata e traction control. Abbiamo moltissima carne al fuoco, e un numero di test limitati. Cercheremo di fornire al team ufficiale solo il materiale più funzionale. Per questo saremo a Jerez dal 17 al 19 gennaio per tre giorni in pista con due team sviluppo; insieme a Battaini ci sarà Guareschi, che si è prestato a fare questo lavoro. Lavorando su telaio, forcellone, forcella, possiamo ottenere un feeling diverso nell’entrata in curva. Con Stoner ci abbiamo lavorato e nelle ultime sei gare del 2010 abbiamo vinto tre volte. Ma ogni pilota ha il suo stile, e oggi dobbiamo dimenticarci di Casey e pensare alle richieste di Valentino». Rossi ha parlato della Ducati come un vero prototipo, se paragonata alle giapponesi, definite moto di serie trasformate in MotoGP. «È un bellissimo complimento. Qualsiasi motociclista del mondo vorrebbe guidare un prototipo… Guardando le moto giapponesi si vede che dal punto concettuale non sono molto lontane dalle moto di serie, in particolare per quanto

riguarda il telaio. La Ducati ha scelto le competizioni per sperimentare nuove soluzioni. Noi sperimentiamo cose diverse perché questa è la nostra missione. Forniamo a Ducati Motor delle idee che poi loro decideranno se considerare interessanti nel futuro per il prodotto di serie. E poi la Ducati è un’azienda piccola, copiare quello che fanno gli altri non sarebbe una soluzione vincente. I fatti tante volte ci hanno dato ragione; è vero che spesso facendo cose nuove non si hanno risultati positivi, ma sperimentare è importante e noi lo facciamo. La Ducati è un prototipo e credo rimarrà tale. Ma lo scopo è sempre ridurre il tempo sul giro, quindi faremo tutto il necessario sulla moto per essere veloci e vincenti». Rossi ha chiesto di cambiarla, di renderla più guidabile. «La moto deve cambiare, ma questo è nella natura delle corse. In Ducati ci sono 70 ingegneri che lavorano tutto il giorno per cambiare la moto. Questo è il nostro lavoro. Valentino vuole una moto più guidabile: qualcuno ha preso questa cosa come uno snaturamento della nostra moto, ma non è così. Fuori dall’azienda la realtà si vede in modo un po’ particolare. In Ducati sappiamo bene che la bicilindrica è una moto eccezionale in strada e in pista, ma che in MotoGP non è competitiva con questo regolamento. Così abbiamo fatto il V4, ma ci siamo tenuti il “desmo”, abbiamo vinto il mondiale con il telaio a traliccio e poi siamo passati a quello in carbonio. Ducati ha dimostrato la capacità di cambiare quando è necessario. Quindi non c’è limite concettuale ai cambiamenti se servono ad ottenere una moto più competitiva. Per vincere si può anche fare un compromesso, se il tempo sul giro più alto è accompagnato da una facilità di guida che ti porta ad essere primo alla fine della gara. C’è una grandissima apertura a qualsiasi soluzione tecnica che ci permetta di andare forte».

ANCHE L’AERODINAMICA È STATA EVOLUTA. IL FLAP LATERALE SERVE PER AUMENTARE LA STABILITÀ E RIDURRE LA TENDENZA ALL’IMPENNAMENTO.

Pochi test precampionato, la spalla di Rossi ancora lontana dalla guarigione. Quanto peserà tutto questo sulla stagione della Ducati? «Sicuramente per come è organizzato il campionato, con pochi test dove sicuramente Rossi non sarà al cento per cento, un impatto ci sarà. Cercheremo di fare del nostro meglio. Sicuramente dovremo centellinare il lavoro che faremo con Valentino, che se potrà scendere in pista potrà farlo in modo limitato. Saremo costretti ad utilizzarlo solo per qualche uscita per avere un giudizio chirurgico su alcune soluzioni. Avremmo invece bisogno di farlo lavorare tanto, ma non è possibile». Guardiamo oltre questo campionato, al ritorno del mille. «Per il 2012 la moto è stata disegnata, abbiamo ordinato i pezzi. Parliamo di una moto che dal punto di vista filosofico è simile a quella di oggi. Durante il campionato 2011 potranno esserci “step “di sviluppo che introdurremo direttamente sulla GP12. Quando sarà pronta la faremo provare ai collaudatori e poi ai piloti ufficiali. Sarà utile farlo il prima possibile, per poi eventualmente modificare il progetto in caso di necessità. I limiti del consumo ci porteranno a fare ulteriori sperimentazioni sul fronte della cilindrata, un fattore importante, che nessun costruttore per il momento vuole rivelare».

C’È SINTONIA

MADONNA DI CAMPIGLIO - La filosofia di Valentino Rossi è perfettamente in linea con quella di Gabriele Del Torchio, Presidente di Ducati Motor Holding. «Ducati non rinuncerà al proprio DNA, però dobbiamo saperlo interpretare. Le nostre nuove moto devono essere sportive, potenti, ma anche guidabili». Come piace a Valentino... «Per noi l’impegno nella MotoGP significa individuare le soluzioni più ardite, più tecnologiche, per poi trasferirle sulle moto di serie». Gli sponsor non vi mancano. «La nostra azienda non ha la caratura di Yamaha e Honda. È grazie agli sponsor che è stato possibile avere Rossi». Che risvolti vi aspettate, sul fronte delle vendite, dall’arrivo di Rossi? «Non lo abbiamo quantificato. Però il motociclismo italiano non ha mai avuto un connubio di nomi così importanti. Succede proprio all’inizio di un triennio che ci vedrà concentrati sulla crescita sia nei mercati tradizionali che in quelli emergenti, e sul rafforzamento della struttura economico-finanziaria. Vogliamo garantire ai ducatisti prodotti “premium” e nei programmi ci sono almeno due moto nuove e un modello completamente nuovo all’anno».

Gabriele Del Torchio

MADONNA M DI C CAMPIGLIO - Per toglierlo al reparto togl corse, dove si lavora cors senza sosta in vista del sen test dei primi di tes febbraio in Malesia, feb serviva un’occasione ser eccezionale. Filippo ecc Preziosi (sotto) l’ha Pr trovata nella tro presentazione della pr Desmosedici GP11 a De Madonna di M Campiglio. Qui il C direttore generale e d tecnico di Ducati te Corse ha parlato di C nuovo di Valentino Rossi. «Ci sono cose che mi aspettavo, come la capacità di analizzare nel dettaglio e descrivere il comportamento della moto, che è un valore assoluto, perché la moto è un veicolo complesso e la sua dinamica è difficile da capire, misurare, assimilare. L’uomo dà al tecnico, all’ingegnere, informazioni delle quali non si può fare a meno; indicazioni preziose. Avere un pilota che sa analizzare tutti gli aspetti fondamentali della moto è cruciale. E Rossi è questo tipo di pilota. La cosa che più mi ha impressionato è la sua capacità di generare un clima positivo intorno a sé. Pensavo potesse avere atteggiamento diverso, invece è sempre molto positivo. Quando una modifica non produce un miglioramento sulla moto, riesce sempre a trasmetterne il lato positivo. Il livello di elettricità che c’è in Ducati in questo momento è una cosa che Rossi ha contribuito fortemente a creare. E poi c’è la disponibilità ad effettuare prove specifiche, analisi di dettaglio. È un genio della comunicazione, ha la battuta pronta, non lo immaginavo così dedito alle cose più noiose». Parliamo della moto.

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Claudio Domenicali

MotoGP Team Ducati 2011

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I ROSSI P R UN PAIO DI GIORN PE H HA RESISTITO, DI METTERE POI LA TENTAZIONE P PIEDI AI D AR BO OW SN LO L VENTO HA AVUTO IL SOPRAV ALLA FINE SULLA PRUDENZA. E SFIDA HA ANCHE CORSO LA RT. KA I N CO CIO IAC GH SUL BENE. O ST PO RIS HA LA SPALLA

DALLE CORSE ALLA STRADA Rossi contribuirà a sviluppare i prodotti di serie

MADONNA DI CAMPIGLIO - La Ducati si gioca molto, nella stagione che partirà a marzo in Qatar. L’arrivo di Valentino Rossi ha moltiplicato le attenzioni sulla “Rossa” e anche le aspettative. Claudio Domenicali (nel riquadro, in alto) che è uomo di corse prima ancora che Direttore Generale di Ducati Motor Hol Holding, lo ha capito ben bene. «Il 2011 è un anno di gra grandi cambiamenti, es estremamente im importante. Apre la te terza fase del nostro pr progetto MotoGP. Siamo pa partiti nel 2003 e fino ad og oggi ci sono state due g grandi ere: la prima, eeroica, con Loris Capirossi che ci ha porta portato a pensare di poter i i ad d ottenere tt il risultato. i riuscire Perché dopo sole sei gare, Loris ci ha dato la vittoria del primo GP; poi c’è stata la fase Stoner, quella che ci ha dato il titolo; oggi parte la fase Rossi. Avere Valentino in squadra ci porta come obiettivo vincere, ma non solo. Partiamo dalla considerazione di quanto è importante la ricerca fatta nella MotoGP per il prodotto di serie. Nel mondiale facciamo sperimentazione avanzata senza sapere con certezza se le soluzioni che adottiamo avranno uno sviluppo sul prodotto di serie. La capacità di Valentino di portare al limite la moto, ma anche di dare indicazioni preziose per lo sviluppo ci porterà a capire meglio la moto e migliorare la capacità progettuale, così da realizzare moto sempre migliori anche per gli appassionati». Dalla pista alla strada, con la benedizione del campione del mondo? «La possibilità di far provare a Rossi le moto che stiamo sviluppando, è una grande occasione di crescita. Possibile per concomitanza di tre obiettivi: 1. L’azienda va bene. Nonostante il mercato abbia registrato un ulteriore calo, per un totale del 50 per cento in tre anni, noi siamo cresciuti del 5 per cento. 2. L’azionista supporta il progetto MotoGP. 3. Abbiamo il supporto degli sponsor, che hanno creduto in maniera

determinante nel nostro progetto nonostante le difficoltà del mercato. Già nella 1198 sono state mutuate catatteristiche delle MotoGP e nella nuova generazione di supersportive, che presto presenteremo, vedremo questo legame tra corse e prodotto più che in passato. Il numero di motori limitato e la limitata capacità del serbatoio ci ha portato a migliorare l’affidabilità e a tenere basso il consumo. Temi obbligatori

che rendono le corse un laboratorio funzionale al prodotto». Vedremo un V4 anche nella produzione di serie? «V4 di produzione? Mai dire mai. Abbiamo davanti un foglio bianco e vogliamo pensare a moto affascinanti per il futuro. V2 o V4, vedremo. Tutto quello che facciamo oggi vedrà la luce, e quindi corrispondenza nel prodotto di serie, tra qualche anno. Oggi si pensa al futuro dell’azienda tra 4/5 ani. Per noi avere oggi il pilota più titolato al mondo è un’opportunità straordinaria. Valentino vuole in qualche modo dare il suo contributo ai prodotti che pensiamo oggi, e penso che una moto sportiva provata da un “collaudatore” come lui, sia una moto eccezionale».

DUCATI MARLBORO TEAM Alessandro Cicognani Vittoriano Guareschi Massimo Bartolini Amedeo Costa Davide Baraldini

Direttore Progetto MotoGP Team Manager Responsabile Tecnico Pista MotoGP Team Coordinator Magazziniere e ricambi

VALENTINO ROSSI Capo Tecnico Ingegnere di pista Ingegnere elettronico Meccanico Meccanico Meccanico Meccanico Meccanico Crew Coordinator

Jeremy Burgess Matteo Flamigni Gabriele Conti Alex Briggs Bernard Ansiau Brenth Stephens Gary Coleman Mark Elder Roberto Brivio LA FOTO UFFICIALE DEL TEAM DUCATI 2011. IN PISTA ROSSI E HAYDEN SARANNO RICONOSCIBILI NON SOLO DALLO STILE DI GUIDA MA ANCHE DAI COLORI: SULLA DESMOSEDICI DI ROSSI CI SONO INSERTI IN GIALLO.

NICKY HAYDEN Juan Martínez Roberto Bonazzi José Manuel Cazeaux Davide Manfredi Massimo Mirano Pedro Calvet Caralt Lorenzo Canestrari Luca Romano Emanuele Mazzini

Capo Tecnico Ingegnere di pista Ingegnere elettronico Capo Meccanico Meccanico Meccanico Meccanico Meccanico Crew Coordinator

ALONSO VS ROSSI

La sfidasi farà VI RICORDATE LA SFIDA CHE ROSSI AVEVA LANCIATO AD ALONSO, ALCUNI ANNI FA? PARE CHE SI FARÀ ALLA FINE DI QUESTA STAGIONE, SECONDO QUANTO HA DICHIARATO IL PILOTA SPAGNOLO DELLA FERRARI, ANCHE LUI A MADONNA DI CAMPIGLIO: «IN QUESTI GIORNI IO E VALENTINO ABBIAMO SORRISO LEGGENDO QUELLO CHE SCRIVEVANO I GIORNALI SULLA NOSTRA RIVALITÀ SULL’EVENTUALE SFIDA CON DIVERSI TIPI DI MEZZI A MOTORE. COSÌ CI SIAMO MESSI D’ACCORDO PER FARLA: È UNA SORPRESA CHE STIAMO PREPARANDO PER DICEMBRE. SARÀ UNA SFIDA A 2, 4, MAGARI ANCHE A 6 RUOTE... DIPENDE DA QUELLO CHE TROVEREMO».

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Superbike Test Kawasaki a Sepang di Paolo Gozzi

Solo pochi giri e l’australiano ha ceduto al dolore. Salterà i test di Portimao. Primo “assaggio” per Rolfo

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EPANG - La Kawasaki c’è, Chris Vermeulen non ancora. L’australiano, fuori causa da luglio scorso per una grave lesione ai legamenti del ginocchio destro operato due volte, ha fatto solo pochi giri nel test di Sepang, appena sufficienti per rendersi conto del potenziale della nuovissima ZX-10R ufficiale. «Sapevo che non sarei riuscito a girare per tutti i quattro giorni programmati perché ancora non riesco a piegare completamente il ginocchio - ha spiegato l’ex iridato della Supersport - Ma è stato comunque molto importante esserci, avevo bisogno di riprendere anche se per poco contatto con la moto, con la velocità e capire quanto manca per tornare a posto». Al termine del breve provino, Vermeulen è tornato in Australia per completare il recupero. Pilota e squadra hanno deciso di saltare la prossima uscita di test Infront a Portimao, dal 26 al 28 gennaio, dove ci saranno anche tutte le altre formazioni, BMW esclusa. In questa occasione la Kawasaki tornerà al lavoro con Sykes e Lascorz che completano la formazione ufficiale 2011. «Saltando Portimao avrò più tempo per completare la riabilitazione, non sarebbe servito a molto andare in Portogallo perché ancora non sono in grado di spingere al limite la ZX-10R e indirizzare l’ultima fase di sviluppo, la più delicata, nella direzione giusta. Ho preferito prendere un mese di tempo in più per mettermi a posto definitivamente. Ci rivediamo a Phillip Island». Sul tracciato di casa la Superbike sosterrà l’ultimo test (21-22 febbraio), quattro giorni prima della gara d’apertura del Mondiale 2011. «Pochi giri mi sono stati sufficienti per rendermi conto del potenziale della moto, che è ottimo. La ZX-10R è una MotoGP

adattata alla strada, il motore è fantastico e anche la ciclistica mi ha dato belle sensazioni. Il progetto è promettente». Subito fuori causa il top rider, il plotone di ingegneri giapponesi sbarcati in Malesia direttamente dal reparto corse di Akashi si è concentrato su Tom Sykes e Joan Lascorz, che a sua volta è reduce da un grave infortunio rimediato al via della Supersport di Silverstone, nell’agosto scorso. Sono state provate varie configurazioni di motore: da alcuni mesi la Kawasaki ha ripreso in mano lo sviluppo che in passato era affidato alla engineering francese Akira. Sykes ha provato anche varie, differenti quote di bilanciamento e parecchie soluzioni per la ciclistica ottenendo il miglior tempo in 2’04”: «Che il motore andasse forte lo avevamo già verificato nelle uscite precedenti (svolte a Magny Cours, Almeria, Alcaniz, Cartagena e Valencia, ndr) qui abbiamo fatto un gran passo avanti modificando la distribuzione dei pesi e altri parametri della ciclistica. Adesso la moto si adatta perfettamente al mio stile di guida e ho l’impressione che siamo sulla strada giusta. Peccato che la pioggia abbia sensibilmente ridotto il tempo a disposizione, specie l’ultimo giorno. Ma torniamo in Europa davvero soddisfatti». Lascorz, alla prima uscita in SBK, e ancora non al meglio fisicamente, ha girato qualche decimo più lento del britannico. Entrambi si sono prodotti in parecchie uscite sulla distanza tenendo un ritmo sul 2’05”. Sepang non fa parte del calendario Superbike e non ci sono riferimenti. Il record della MotoGP appartiene a Casey Stoner (Ducati, 2009) in 2’02”108 e girare due secondi più piano con la derivata di serie su una pista così veloce non pare affatto male.

Vermeulen torna a casa

LA KAWASAKI ha portato in Malesia anche il team satellite gestito da Lucio e Donato Pedercini. È stata la prima volta sulla ZX-10R per Roberto Rolfo, raggiunto all’ultimo momento dall’ungherese Gabor Talmacsi, che non ha ancora ritrovato posto in Moto2. L’avventura dell’ex iridato della 125 sulla Superbike però sembra già arrivata al capolinea. «Talmacsi non si è trovato bene una moto molto più pesante e potente di quelle che ha sempre guidato (125, 250 e Moto2 ndr) e non mi è sembrato molto convinto della prospettiva che gli abbiamo offerto - ha spiegato Lucio Pedercini. - Ci parleremo nei prossimi giorni ma ho impressione che dovremo tornare sul mercato». Per Roberto Rolfo, che torna in Superbike dopo le esperienze con Ducati Caracchi e Honda ufficiale, è stato un debutto più faticoso del previsto. Il motorista Donato Pedercini non ha avuto il tempo necessario per mettersi al lavoro, per cui Rolfo ha utilizzato motori praticamente in configurazione Stock. Inoltre, è arrivata con due giorni di ritardo la spedizione che conteneva il forcellone realizzato a tempo record dalla Febur («Lo abbiamo potuto utilizzare solo nelle ultime uscite, peraltro avversate dai copiosi temporali di questa zona. Il miglioramento è stato sensibile»). Rolfo ha percorso oltre 1200 chilometri con miglior passaggio in 2’06. «Lo ha fatto con gomme stradali e quando era ormai spossato fisicamente, per cui siamo rimasti veramente soddisfatti - confida Pedercini - Non siamo molto lontani dalle ufficiali e siamo convinti di poter colmare il divario già nella prossima uscita di Portimao». Dove la squadra mantovana spera di poter portare anche il secondo pilota che però è ancora da trovare. Pedercini ha fatto girare anche i tre ragazzi che correranno con la Kawasaki ufficiale la Coppa del Mondo Stock: Marco Bussolotti, l’australiano Brian Staring e l’argentino Leandro Mercado che si sono alternati sull’unica ZX-10R disponibile. A FIANCO, TECNICI KAWASAKI-PEDERCINI NEL BOX DI SEPANG. NELLE DUE FOTO IN ALTO, ROBERTO ROLFO. A SINISTRA, IL TORINESE È CON GABOR TALMACSI, CHE HA PROVATO LA KAWASAKI (MA NON SI È TROVATO TANTO BENE...). motosprint

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Superbike News

BMW Italia e Honda Ten Kate allo scoperto

LA GRANDE OCCASIONE DI BADOVINI

LA BMW Italia ha presentato a Monza la squadra per il Mondiale Superbike 2011 lunedi 17 gennaio, quando questo numero di Motosprint raggiungeva le edicole. Dopo aver dominato la Superstock (nove vittorie e un secondo posto in dieci gare!) l’importatore italiano ha ottenuto il pieno appoggio tecnico della Casa madre per il grande salto nella top class. La formazione è ben assortita: c’è Ayrton Badovini, 24 anni, mattatore della Stock, e l’esperto James Toseland, 30 anni, due volte iridato (con Ducati e Honda) a caccia di riscatto dopo le delusioni con Yamaha prima in MotoGP e, lo scorso anno, in Superbike. Il giorno successivo è stata la volta della Honda Ten Kate, che punta sull’astro nascente Jonathan Rea e sul rilancio di Ruben Xaus, reduce da due anni neri in BMW. La presentazione si è svolta a Londra, presso la sede della Castrol, gigante dei lubrificanti che torna in Superbike con Honda Europa per rinverdire i fasti dell’epoca d’oro dei tre titoli conquistati da John Kocinski con la RC45 nel 1997 e, successivamente, da Colin Edwards nel 2000 e nel 2002 in sella alla VTR-SPW bicilindrica. La livrea, che vedrete sul prossimo numero, richiama quella di un tempo: adesso tocca a Rea e Xaus non far rimpiangere il passato. DOPO LA STAGIONE D’ORO IN STOCK 1000, AYRTON BADOVINI (86) NON VEDEVA L’ORA CHE LA BMW LO PROMUOVESSE IN SUPERBIKE. ACCANTO A LUI, NELLA SQUADRA ITALIANA, JAMES TOSELAND.

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Ducati Liberty in Spagna

BLITZ DI SMRZ E GUINTOLI SYLVAIN Guintoli e Jakub Smrz, i due piloti del Team Effenbert-Liberty Racing, hanno effettuato le prime due giornate di test in vista del Mondiale Superbike al circuito di Guadix (Granada, Spagna) il 12-13 gennaio. Sulla carta dovevano essere due giornate piene di lavoro, in realtà il primo giorno se n’è andato per metà causa freddo e nebbia. Complessivamente, i piloti hanno potuto percorrere comunque 700 chilometri. Guintoli (ex Suzuki) ha preso confidenza con la Ducati e Smrz ha testato i componenti elettronici di cui le Ducati da lui pilotate nei campionati precedenti non disponevano. Unanime, alla fine, il coro di approvazione. Guintoli: «Ottima impressione della moto e del team. Ho provato grande piacere a tornare su due ruote dopo l’operazione chirurgica e guidare la Ducati è stato emozionante». Smrz: «Ci siamo concentrati soprattutto su diversi settaggi e sull’elettronica, diversa rispetto a quella della moto che avevo a disposizione l’anno scorso».


Storie

di Dario Marchetti - foto Bardi

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ISTO CHE state leggendo questo pezzo, sono ancora vivo. Visto che fra tre ore vedrò un’amica, abbiamo la conferma che l’incidente non ha avuto le brutte conseguenze che si temevano. Oggi sembra ovvio. Ma se vado indietro con la memoria a quel 20 giugno, di ovvio non c’è niente. «Dobbiamo operarla subito signor Marchetti» recita metallica una voce con forte accento dell’Est Europa. Sdraiato su un lettino dell’ospedale di Rijeka vedo i ferri arrugginiti che sbucano dal soffitto malandato. Ho male dappertutto, però ricordo bene: era il secondo giro di una gara Superbike, correvo ma ero lì soprattutto per seguire il gentleman rider Giulo Gallazzi. In fondo al rettilineo un pilota è caduto davanti a me, sono uscito di pista per evitarlo ma la moto si è bloccata di colpo nella ghiaia e ancora adesso non abbiamo capito perché: avevo fatto tutto bene accelerando per non piantarmi ma non è servito. E se anche capissimo, cosa cambia? È stato come urtare un muro: la moto si è inchiodata, sono volato via e ho picchiato duro. Non faccio le cose a metà, io: 8 fratture scomposte tra branchia ischeopubale, acetabolo, osso sacro e pube sfondato con una diastasi – cioè la distanza tra le ossa rotte – di quasi 4 centimetri, nervo toracico rotto e lesioni con interessamento midollare in C3 e C5, che sono le vertebre, e poi rischi di emorragie interne. È come se fossi caduto da una terrazza, e non era quella del piano terra. Vogliono operarmi d’urgenza, ma farlo lì, in un ospedale che sembra un film di guerra... «Sedatemi e organizziamo il trasporto,

MARCHETTI DAL LETTO DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI BOLOGNA ALLA DUCATI 1198 CON CUI HA VINTO NELLA 200 MIGLIA DEL MUGELLO, CATEGORIA 1000. DEVE AIUTARSI TENENDO IL BRACCIO DESTRO IN MODO INNATURALE.

All’inferno All’ inferno e ritorno r Dal tunnel dell’ospedale alla vittoria, quattro mesi da brivido. Rischi, dolore e testardaggine. E non è finita. In gara contro il parere dei medici

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AL CENTRO DEL PODIO PER LA VITTORIA NELLA 200 MIGLIA DEL MUGELLO CLASSE 1000, ASSIEME A GIULIO GALLAZZI (A SINISTRA) E GIANNI DE MATTEIS (A DESTRA). LA GARA SI È CORSA A SQUADRE CON FORMULA A STAFFETTA.

preferisco fare tutto in Italia» chiedo deciso al primario. «Se non interveniamo subito – risponde paziente – probabilmente in Italia lei non ci arriva». Più convincente di un venditore di pentole, anche se in una struttura così fatiscente non sono sicuro di poterci arrivare egualmente, a domani... Così invoco i miei santi: sono sempre più debole ma faccio chiamare al telefono il dottor Costa, il dottor Corbascio e la dottoressa Sangiorgi che analizzano le mie radiografie e si consultano a distanza con i croati. L’intervento si fa, immediatamente. Siamo in un ospedale che è un ex bunker ma i chirurghi di là sono bravi e va tutto bene. Mi hanno salvato la vita

L’AVVENTURA CONTINUA MA È PRESTO per rilassarsi, l’intervento non era risolutivo: serviva solo per rendermi trasportabile e scongiurare le emorragie. Quattro fissatori esterni, cioè quattro perni che mi escono dalla pancia con sopra una specie di comodino di tralicci metallici. E dovrò essere operato di nuovo, subito. Meno male che quelli del mio team sono fantastici e mi organizzano il trasporto in Italia con un jet ambulanza privato (14.600 Euro). Un sogno. Infatti sono troppo grave e il medico di bordo non si assume la responsabilità: abbiamo già pagato ma mi rifiutano il trasporto. Ho perso un giorno, tra dolori pazzeschi e con il morale non proprio alle stelle, soprattutto dopo che sono morti due dei miei compagni di stanza. Mi rassicura la presenza degli amici rimasti con me: Gianfranco Pisetta e Valter Cussigh, ex piloti, e Wiktoria Ziaja, che era venuta per farmi da umbrella girl, non mi doveva niente e invece è rimasta ad assistermi giorno e notte. Riescono ad organizzarmi un altro jet ambulanza e questa volta funziona, il giorno dopo sono a Bologna e mi operano.

ZOPPO E IMPOTENTE A CHI? «È STATO un intervento complesso ma è riuscito – mi dice bonario il professor Pascarella dopo l’operazione –. Il recuperò sarà lunghissimo ma ci sarà. Però bisogna vedere fino a che punto: restano forti rischi di rimanere zoppo e impotente». Gelo. Zoppo sarebbe sopportabile, il resto no. Non mi vergogno di dire che ho pianto, come non avveniva più da quando era mancato mio padre.

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Storie

L’INCIDENTE è stato devastante, ho perso 14 chili, mi affatico subito, se cammino non riesco a parlare al cellulare senza andare in affanno. Mi sembra di essere invecchiato di 15 anni e ho dovuto rifare il guardaroba perché ho perso una taglia di pantaloni, e sopra anche due. motosprint

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PENSIERO STUPENDO

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Il Mondiale MX1- MX2 2010

Supplemento al n. 1/2 di Motosprint

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IL 7 NOVEMBRE il rientro in gara, nella 200 Miglia del Mugello, una corsa a squadre, a staffetta. Con la destra non riesco a sollevare una bottiglia d’acqua, ma ho sfiorato quello che mi ero prefisso come obiettivo minimo, scendere sotto il tempo di 2 minuti. Fatico troppo e ci sono curve come l’Arrabbiata 1 dove la moto sembra pesare 400 chili! Alla esse Biondetti addirittura sono costretto a chiudere il gas per impostare la seconda... Ma sono riuscito a fare tutto il mio turno mantenendo la posizione lasciatami da Gianni De Matteis e passando a Giulio Gallazzi l’onore-onere di terminare la gara. Abbiamo vinto la nostra categoria. E non potete capire che significato abbia per me quella coppa. E adesso Daytona! Voglio esserci, la squadra di Tim Robinson mi aspetta per la gara AMA Superbike dell’11-12 marzo e voglio continuare a lavorare sodo per la riabilitazione. Non dovrei più correre, il mio collo è arrivato al capolinea e potrebbe non reggere ulteriori traumi; per non parlare della spalla, se cado potrei avere complicazioni serie. Ma preferisco rischiare. Vivo di emozioni e quelle che provo correndo sono uniche. Senza, che vita sarebbe?

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ECCO WIKTORIA ZIAJA, LA RAGAZZA DI CUI SI PARLA NEL TESTO: ERA A RIJEKA COME UMBRELLA GIRL E SI È TROVATA A FARE L’INFERMIERA. PER IL RITORNO AL MUGELLO HA RICOPERTO ENTRAMBI I RUOLI. FIN TROPPO FACILE DIRE CHE LE BUONE CURE ACCELERANO LA RIPRESA.

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Eppure per certi versi questa esperienza è stata positiva: mi ha reso più forte e determinato, ed anche più sensibile e umano. Tornare in sella è stato ed è terapeutico: sposo la teoria di Claudio Costa il quale mi dice che potrei guarire. La scienza non mi dà troppe possibilità ma volere è potere ed il corpo umano è una macchina incredibilmente perfetta che compensa dove c’è una mancanza. Lo vedo quando guido la moto e modifico progressivamente il mio stile di guida in base alle nuove esigenze, con una infinità di piccoli accorgimenti: nella prima uscita di inizio settembre ad Adria giravo in 1’23, un mese dopo ho tolto 3”. Mi aiuta una pellicola antiscivolo sui fianchi del serbatoio: stringendo le ginocchia mi ancoro e devo forzare meno sulle braccia in frenata.

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Invece il Cielo è stato buono con me, sono stato accontentato: zoppico leggermente ma ciò cui tenevo di più è tornato perfettamente a posto. Però fino a quando non ho avuto segnali positivi, la paura è stata più dolorosa delle fratture, che pure non scherzavano... Avrei avuto un’estate piena di impegni, da una gara di campionato AMA in America con Ducshop, la squadra che mi aveva schierato a Daytona, a un bel programma vacanze; sono passato da barche e mare tra Montecarlo e Saint Tropez ad ambulanze e ospedali. Le belle ragazze che avevo attorno sono svanite come neve nel Sahara, altre le ho cancellate io perché erano belle solo di fuori. L’incidente è stato utile per capire chi mi vuole veramente bene. Tanti, per fortuna. Dà una carica incredibile sentirseli accanto; aggiungete entusiasmo e fisioterapia e così all’inizio di settembre guidavo già la moto, quando avrei dovuto iniziare a camminare senza stampelle verso fine ottobre! Però sembrava che non dovessi più correre perché nel frattempo era maturata una bella opportunità di lavoro nel team Xerox Ducati Superbike, e per quella sarebbe valsa la pena appendere il casco al chiodo. Invece la Ducati ha deciso di chiudere con la SBK ed è stato come se affondasse la nave di cui eri appena stato nominato capitano! E allora si corre! Credo di esser stato un paziente... impaziente ma a inizio settembre ero in sella, ad Adria: una emozione incredibile. Anche se col nervo toracico rotto mi si sono atrofizzati alcuni muscoli non più innervati, la scapola destra esce come se spiegassi un’ala e dà molto fastidio, l’omero lavora fuori posto, la spalla non è stabile ed ho perso tanta forza con notevoli limitazioni di mobilità. Gli specialisti sono pessimisti, un luminare in campo neurologico mi ha diagnosticato una invalidità del 100% e nessuna speranza di ripresa! «Niente moto e anche lo scooter potrebbe esser pericoloso viste le tue condizioni». Gli ho risposto che sto già provando in pista e seppur con difficoltà miglioro sempre: entro fine anno voglio rientrare in gara. «Non dica stupidaggini» sbotta. «Non le dica lei!». E me ne vado.


Rally Dakar

di Edoardo Bauer - foto Milagro/DPPI

MARC COMA NELLA SECONDA PARTE DELLA DAKAR, SULLA STRADA CHE HA RIPORTATO I CONCORRENTI NELLA CAPITALE ARGENTINA, NON SI È LIMITATO A CONTROLLARE GLI AVVERSARI. HA INFATTI VINTO ALTRE TRE TAPPE.

Implacabile Marc Coma non commette errori. Veloce, concentrato perfetto nella strategia, vince la sua terza Dakar e pareggia i conti con Cyril Despres

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UENOS AIRES - Appena riesce a liberarsi dalla morsa dei giornalisti, Marc Coma abbraccia il suo scudiero Joan Pedrero e assieme sventolano la bandiera catalana. Sorride Marc, scarica finalmente la tensione che dal primo gennaio non lo ha abbandonato un attimo. Dopo le vittorie del 2006 e 2009 è riuscito a far sua anche la Dakar 2011, riportando in parità, 3-3, il confronto che dal 2005, lo vede contrapposto al compagno di Marca Cyril Despres. Chi dei due è il più forte? Impossibile a dirsi, soprattutto dopo averli visti ancora una volta in azione giorno dopo giorno alla Dakar. Grandi piloti, due professionisti che lavorano tutto l’anno per raccogliere i frutti in quindici giorni di sfida intensa, appassionante, in un’avventura che sembra non finire mai, che logora fisico e nervi giorno dopo giorno, ma che nella sua spietatezza ti conquista, ti fa innamorare, diventa una dolce ossessione: la Dakar! Il catalano ha vinto perché ha sbagliato poco o nulla, questo è il verdetto finale. Solo una caduta con una leggera ferita

alla mano e il radiatore danneggiato, uno di quei piccoli inconvenienti che possono da soli farti perdere tutto, ma Coma non si è scomposto neanche in quell’occasione, ha riparato il radiatore con l’apposita pasta e da quel momento ha “deciso” di non sbagliare più. Ha corso con furbizia, con un po’ di opportunismo e con una strategia perfetta. Cosa che non ha fatto invece Cyril Despres, il grande sconfitto. Una penalità presa per una leggerezza, qualche errore di navigazione, un problema con la mousse. Basta questo per perdere la Dakar, ma i due eterni rivali hanno rispettato i pronostici della vigilia, fugato tutti i dubbi su chi si sarebbe giocato la vittoria nei 9600 chilometri di tracciato. Francisco Lopez con l’Aprilia è stato l’unico in grado di contrastare efficacemente il monopolio KTM che, anche con la nuova 450, non si è ancora arrestato: la serie ininterrotta di vittorie della Casa austriaca dura dal 2001. Lopez è ormai una realtà, tant’è che è già corteggiato dalla KTM, la bicilindrica di Noale possiamo dire

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Rally Dakar

sia a un buon 50% del proprio sviluppo; ora i tecnici dovranno rimboccarsi le maniche e mettersi subito al lavoro per la Dakar 2012. Anche se Lopez ha perso il terzo posto a venti chilometri dall’arrivo dell’ultima speciale, il podio è moralmente suo e persino Helder Rodrigues, che si è trovato inaspettatamente in mano un risultato insperato, era più dispiaciuto per il cileno

che contento per sé. Il portoghese è l’altro pilota che, dopo anni di gavetta, sembra ormai maturo e pronto a lottare con gli imprendibili Coma e Despres. GLI ALTRI piloti “ufficiali” di casa BMW e Yamaha hanno ottenuto ottimi risultati parziali, vittorie di tappa, ma non hanno mai dato l’impressione di potersi inserire nella lotta per il primato.

SPRES CYRIL DE HO VINTO R A K A D 1 «IN 1 O SALITO N O S E E T 3 VOL PODIO. L U S 8 E ULLA ALTR N O H N O QUINDI N RARMI» OVE DA RIMPR A DESPRES QUESTA VOLTA IL NUMERO 2 NON È SERVITO. A CONDIZIONARLO UNA PENALITÀ DI 10’ PER UN BANALE ERRORE. LOPEZ (3) HA DOVUTO CEDERE IL TERZO POSTO A RODRIGUES (4) PER UN GUASTO A 20 KM DALL’ARRIVO DELL’ULTIMA TAPPA.

E veniamo ai “nostri”: solo 8 dei 17 partiti hanno visto il traguardo di Buenos Aires, in perfetta “media Dakar”. Migliore del lotto è stato Alex Zanotti che, nonostante una gara in salita da subito, problemi di ogni genere e una caduta che lo ha limitato nelle ultime tappe, ha ottenuto la tretatreesima posizione finale. Peggio dello scorso anno quando fu diciottesimo assoluto, ma anche quest’anno gli va riconosciuto il merito di non aver mai mollato. Filippo Ciotti, “dakariano per caso”, non solo ha finito il suo primo rally internazionale in 58^ posizione, ma con la debuttante Rieju ha addirittura vinto la classe Marathon. Più di così un pilota non potrebbe sognare… Franco Picco, da Antofagasta in poi, ha “perso” i clienti che accudiva ed ha potuto fare la sua gara. Il tosto vicentino, nonostante un rischio gomma nel finale, è 77° al traguardo, proprio davanti a Fabrizio Mugnaioli e Silvia Giannetti. Gara fotocopia dello scorso anno, la loro. Una Dakar in coppia, con la tosta tabaccaia maremmana e l’ancor più tosto Mugnaioli che con il loro passo (o meglio con quello di Silvia) avrebbero forse fatto due Dakar di fila. Claudio Pederzoli e Daniele Carmignani, due amici che si sono organizzati assieme: entrambi alla terza Dakar, per la prima volta hanno visto il podio finale, pur tra mille sofferenze che negli ultimi giorni li facevano arrivare a notte fonda a fine tappa. E infine Camelia Liparoti, nona tra i dodici quad arrivati al termine.

Hanno detto Marc Coma PIÙ DURA DELLO SCORSO ANNO LA TERZA vittoria alla Dakar, forse la più netta, nonostante un distacco non enorme, è stata conquistata con la consapevolezza di non aver sbagliato niente. «Questa vittoria è il risultato di un anno di lavoro. La Dakar 2011 è stata dura, molto dura, forse più dello scorso anno. Si finiva una tappa difficile e il giorno dopo era ancora peggio. Per questo è stato necessario mantenere una concentrazione costante, mai un attimo di rilassamento. In tredici tappe l’errore è sempre in agguato, ma grazie alla mia squadra tutto è girato per il verso giusto». Per finire un ringraziamento particolare: «Giò Sala è stato la mia guida in queste due settimane, mi ha trasmesso tranquillità e mi ha dato tanti consigli».

Cyril Despres SEMPRE COSTRETTO A RINCORRERE IL FRANCESE è deluso, ma cerca di nasconderlo: «Un secondo posto che ovviamente non mi soddisfa, soprattutto perché non ho avuto la possibilità di lottare unicamente sul piano sportivo. Preparo la Dakar per nove mesi ed ovviamente l’unico obiettivo è la vittoria. D’accordo, anche il secondo posto ci può stare, in 11 partecipazioni sono salito otto volte sul podio e ho vinto tre volte, quindi non ho nulla da rimproverarmi». La penalizzazione di dieci minuti non la manda giù: «si è trattato di un fatto extrasportivo, che ha ovviamente condizionato il resto della gara, fatto cambiare le strategie, mi ha costretto sempre a rincorrere ed in queste condizioni vorresti che le speciali fossero sempre più lunghe, mentre quando sei in testa non vedi l’ora che la gara finisca».

Alex Zanotti IN MEZZO A MURI DI POLVERE È STATO il migliore dei nostri, trentatreesimo al traguardo. «Al contrario dello scorso anno ero consapevole di quello che mi aspettava, ma è stata durissima ugualmente, forse più della scorsa edizione. La mia gara è iniziata subito in salita, con i problemi al serbatoio posteriore che mi hanno fatto perdere tantissimo tempo alla ricerca di benzina in giro per mezza Argentina. Questo ha condizionato tutte le altre tappe, partendo indietro, dopo i quad, ho viaggiato costantemente in mezzo a veri muri di polvere». Poi è arrivata la caduta, problemi con gli strumenti: «tutta la seconda parte della gara ho dovuto lottare contro il dolore, un po’ come lo scorso anno. Ce l’ho fatta anche questa volta, alla Dakar, quando le cose iniziano a mettersi male, è durissima risalire la china». motosprint

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Rally Dakar

GIOVANNI SALA Team Manager Coma

STESSA GARA DIVERSE EMOZIONI In Africa è un’altra avventura

GIORNO PER GIORNO Sei tappe per tornare a Buenos Aires LUNEDÌ 10 GENNAIO TAPPA 8 Antofagasta - Copiapò Speciale 508 km – Trasferimento 268 km POTEVANO succedere tante cose in questa tappa molto lunga, di fatto non accade nulla, o quasi. Despres raggiunge Lopez, apre un po’ la strada, poi lascia avanti il cileno, poi torna in testa. Da lontano Marc Coma li pedina come un’ombra, strategia perfetta ma che fa affermare al francese… “I succhiaruote esistono nel ciclismo, non devono esserci nei raid”… i due sono sempre più “amici”. Coma vince così anche questa tappa davanti a Despres e Lopez, si limano solo un po’ i distacchi mentre Rodrigues è sempre quarto davanti a Faria e Ullevalseter in recupero. A Zanotti smettono di funzionare gli strumenti e nella polvere degli altri piloti cade e si infortuna una spalla. All’arrivo, dolorante, è comunque 32° e migliore degli italiani. Picco è 41°, Ciotti 69°, mentre Carmignani e Pederzoli si aiutano con la benzina arrivando un po’ in ritardo al bivacco. Verhoeven cambia il motore in speciale all’arrivo di Andrea Mayer, la ex motociclista e attuale compagna di Peterhansel, in gara alla guida di un camion di assistenza veloce della BMW X-Raid. Il giorno prima aveva abbandonato Ivan Boano, troppo forte il dolore per la frattura alla testa dell’omero e un legamento IL PRIMO DEGLI “ITALICI” È STATO IL SAMMARINESE ZANOTTI (27), 33° CON L’APRILIA. 56° POSTO PER CIOTTI (62) CON LA RIEJU. IL BELGA VERHOEVEN (16) CON LA BMW HA VINTO L’ULTIMA TAPPA. motosprint

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rotto. Ha subito preso la via di casa, mentre il padre Roberto continua, dato che ha portato a termine tutte le Dakar a cui ha partecipato non vuole mollare neppure ora che fa l’assistente del figlio. Anche Antonio Cabini si era ritirato il giorno prima per un guasto rientrando al bivacco in elicottero. MARTEDÌ 11 GENNAIO TAPPA 9 Copiapò - Copiapò Speciale 235 km – Trasferimento 35 km UNA BOUCLE attorno a Copiapò, un po’ di piste tra le miniere e poi tante dune. Per le moto partenza in linea per i primi dieci, gli altri a gruppi di venti. Tanto spettacolo ma poca suspance, con i migliori impegnati più a controllarsi che a cercare il distacco. A un certo punto in nove sbaglia-

no strada, solo Helder Rodriguez è su quella buona, ma la prima vittoria del portoghese sfuma a pochi chilometri dall’arrivo con la benzina terminata. La giornata va all’americano Jonah Street, partito nel terzo gruppo. In classifica non cambia quasi nulla, si delinea solo l’ordine di partenza della temibile tappa del giorno dopo. Problemi di benzina anche per Alex Zanotti, oltretutto dolorante alla spalla per la caduta del giorno prima. Franco Picco tra le dune è il migliore degli italiani, 44°. Oggi è finita la Dakar di Giovanni Stefani. Arrivato al bivacco di Copiapò alle 8 del mattino, dopo aver dormito un po’ accanto alla moto, è subito ripartito per la speciale del giorno, ma è stato fermato dai medici a un CP, che lo hanno ritenuto non in condizione di continuare.

MERCOLEDÌ 12 GENNAIO TAPPA 10 Copiapò - Chilechito Speciale 176 km – Trasferimento 686 km UNA delle tappe più attese della Dakar 2011. Lo scorso anno le dune di Fiambala, arroventate dal sole, erano state il promo scoglio importante, nella terza tappa. Quest’anno aspettano i piloti al ritorno in Argentina. Prima, le Ande da attraversare al Paso de San Francisco, 4850 metri dove sembra di essere sul tetto del Mondo, e dove gira la testa per la bellezza degli scenari e per l’aria rarefatta. Temperature vicine allo zero. 500 chilometri così, poi la speciale con una calore infernale, 40 gradi. E le premesse di una giornata interessante vengono rispettate, ma a goderne è il solo Marc Coma. Despres perde minuti in un errore di navigazione, Lopez per un problema alla pompa della benzina, risolto grazie all’aiuto del suo scudiero Farres. Coma è implacabile e al traguardo rifila quasi 10’ a Despres e ben 21 a Lopez, preceduto anche da Faria e dal sorprendente sloveno Stanovnik. Rodrigues prova ancora il colpaccio, è primo a lungo, ma come il giorno prima non riesce a coronare il suo attacco e arriva a 27 minuti da Coma. Il catalano è sempre più solo in vetta, con Despres a 18’ e Lopez a 45. Zanotti, migliore della ormai sparuta pattuglia azzurra, è 37°, mentre Franco Picco, che sulle dune non ha nulla da imparare, è 49°. Continua bene Ciotti, debuttante in un rally internazionale (e che rally!), 57° al traguardo. GIOVEDÌ 13 GENNAIO TAPPA 11 Chilecito - San Juan Speciale 622 km – Trasferimento 164 km TAPPA che costeggia la Cordigliera Andina verso sud, ridotta di 90 chilometri a causa delle piogge che hanno rovinato il terreno. Dai 622 si è passati così a 530. Ancora caldo torrido. Cyril Despres va

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BUENOS AIRES – Nel mondo del fuoristrada Giovanni Sala ha rivestito quasi ogni tipo di ruolo, ma quello del team manager alla Dakar gli mancava. Ha accolto con entusiasmo la proposta del Team 1forAll, quello di Coma. Soddisfatto del lavoro fatto? «Il ruolo è interessante, mi piace, impari tante cose che quando sei pilota non pensi nemmeno possano esistere. Più o meno mi aspettavo un lavoro di questo tipo, quello che ignoravo è che passi da momenti noiosi a momenti frenetici dove devi saltare come un grillo, come la mattina prima che il pilota parta o alla sera». Nella quarta tappa sembrava che Despres avesse saltato un waypoint. Sei anche un suo amico e uomo KTM, è stata una situazione imbarazzante? «Sono consapevole di essere in una situazione dove non puoi essere amico di tutti. Dovevo fare gli interessi del team e allo stesso tempo di KTM. Non è facile, sei tra due fuochi, per fortuna c’è Alex Doringer che sovrintende al lavoro di tutti e le decisioni importanti spettano a lui... Anche con gli uomini di Despres, che condividevano con noi l’area di assistenza, non c’era rapporto, eravamo come dei separati in casa. Non è bello, piuttosto sarebbe meno imbarazzante che fossero state due strutture separate, come nel 2010». Come ti sembra questa Dakar in confronto a quelle corse in Africa? «Molto diversa, luoghi magnifici anche qui, ma il solo fatto che le assistenze si muovono su strade asfaltate e non su piste, rende tutto meno “poetico”. Per fare un esempio un giorno Pedrero ha perso l’evidenziatore e nel pomeriggio ero già al centro commerciale a comperarlo. In Africa avresti fatto il resto della gara senza. Anche la grande presenza di pubblico nelle speciali rende il Sudamerica molto diverso. Direi

che la Dakar qui privilegia l’aspetto competitivo rispetto all’avventura, in Africa era il contrario. Qui non ho quelle sensazioni di qualcosa che ti entra nel cuore e ci rimane». Il giudizio sulla limitazione a 450? «Per me è una buona scelta: le moto sono più leggere e quindi meno pericolose. Per KTM è un discorso interessante, la nuova sfida è partita a febbra-

GIOVANNI SALA, AL CENTRO, TRA I “SUOI” PILOTI COMA E PEDRERO, A DESTRA.

io e abbiamo lavorato molto duramente per essere pronti per la Dakar. Dall’altro lato non penso che sia servita così tanto a coinvolgere le Case. Oltre a KTM e Aprilia, gli altri marchi non sono impegnati ufficialmente. Vedremo se nei prossimi anni cambierà qualcosa». In che modo hai aiutato Coma? «Marc è stato fantastico, non ha perso un attimo la concentrazione, non ha fatto un errore. Queste cose le raggiungi solo con un meticoloso lavoro di preparazione. Ho cercato di aiutarlo solo quando vedevo che ne aveva bisogno, altrimenti lo lasciavo solo. Mi ha impressionato la meticolosità con cui prepara il road book, si accorge al volo degli errori, secondo me se lo impara a memoria! Questa è la sua forza». motosprint

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Rally Dakar

Pillole

all’attacco, ma dal chilometro 178 il miglior tempo è di Chaleco Lopez. Dopo il rifornimento cambiano i giochi: Despres spinge a fondo, raggiunge e supera Coma, mentre Lopez molla la presa vedendo che non riesce a fare la differenza. La tappa va così al francese, la sua seconda vittoria quest’anno, davanti a Coma e Lopez. Dietro a Rodrigues, quarto, l’ottimo Alain Duclos, il franco/maliano dell’Aprilia che se non fosse per le 6 ore di penalità del primo giorno, starebbe lottando per la top five. Alex Zanotti è 37°, Picco poche posizioni dietro e Ciotti 59°. Il duo Mugnaioli/Giannetti tiene duro cosi come Carmignani e Pederzoli, anche se ormai arrivare di notte al bivacco è diventata una costante. VENERDÌ 14 GENNAIO TAPPA 12 San Juan - Cordoba Speciale 555 km – Trasferimento 123 km LA SPECIALE più lunga, resa ancora più infida dai terreni fangosi. Per Despres è l’ultima possibilità e il francese non si fa pregare e parte all’attacco. Cerca di mettere sotto pressione Coma, forse ricordando la Dakar del 2007 quando indusse il catalano all’errore: si schiantò contro un albero nel tentativo di rimediare a un errore di navigazione. Ma questa volta il catalano è implacabile, concentrato, perfetto. Recupera lo svantaggio di due minuti e mezzo che aveva a metà tappa, anche a causa di un problema alla mousse per Despres e va a vincere la sua quinta speciale davanti al francese, mettendo di fatto fine al duello che ha animato le giornate precedenti. Zanotti, con la spalla sempre più dolorante e in perenne lotta contro la polvere è 33°, mentre Picco se la cava dopo aver distrutto mousse e copertone. Lega tutto con fascette e filo spinato, poi trova un locale e gli acquista il copertone con camera d’aria della sua Suzuki. PeNELLA NONA TAPPA, CAPIAPÒ - CAPIAPÒ I CONCORRENTI SONO PARTITI IN LINEA, SOPRA. STEFANI (109) È STATO FERMATO DAI SANITARI POCO DOPO IL VIA. motosprint

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derzoli ha una giornata difficile avendo rotto il supporto della strumentazione poco dopo il via. Con l’aiuto dell’amico Carmignani riesce a finire. SABATO 15 GENNAIO TAPPA 13 Cordoba - Buenos Aires Speciale 181 km – Trasferimento 645 km SULLA carta l’ultima formalità, 181 chilometri di speciale senza alcuna difficoltà. Ma la dura legge della Dakar è sempre in agguato e si abbatte su Lopez che a 20 chilometri dall’arrivo rompe il link della sospensione posteriore. Tutti i piloti Aprilia sono attorno a lui per sistemare la moto, Farres gli dà la sua ruota, un quad e Duclos lo trainano. Il terzo posto è perso, Helder Rodrigues festeggia con molta misura. Nella speciale si scatena Verhoeven che regala a BMW la seconda vittoria di tappa. Coma e Despres sono quinto e quarto, possono finalmente sfogare la tensione.. Sorrisi scavati nei volti impolverati e provati dalla fatica per tutti i piloti al traguardo, compresi i nostri sette eroi: Zanotti, Picco, Ciotti, Giannetti, Mugnaioli, Pederzoli, Carmignani, Liparoti. La gioia di salire sul Podio di Buenos Aires, acclamati dalla folla del pubblico argentino che ha invaso La Rural, non ha prezzo.

PILOTI AL TRAGUARDO La Dakar deve gran parte della propria fama alla lunghezza e alla durezza del percorso. Due settimane pazzesche, dove non si dorme, si guida per ore e giorno dopo giorno si accumula stanchezza fisica e mentale. Quest’anno al traguardo di Buenos Aires sono arrivate 94 moto sulle 170 partite. 12 quad sui 30 che hanno lasciato Buenos Aires il 1° gennaio. Complessivamente 204 veicoli sui 407 partiti dalla capitale argentina. Dei 17 italiani al via, solo 8 hanno avuto la gioia di salire sul palco finale. KTM DOMINA, APRILIA C’È Delle 13 tappe della Dakar 2011, 8 sono andate alla KTM (5 Coma, 3 Despres), 2 a Yamaha (Rodrigues e Street) e BMW (Goncalves e Verhoeven), 1 ad Aprilia (Lopez). Sul fronte tecnico la Casa austriaca è riuscita in meno di un anno a travasare le propria, enorme esperienza nella nuova 450, diventata immediatamente la moto da battere. Aprilia si è confermata l’antagonista più pericolosa, brillando soprattutto per l’affidabilità del suo bicilindrico. Basti pensare che a Lopez non è stato cambiato il motore neppure nella giornata di riposo, ma solo dopo la tappa successiva. Delle tredici moto di Noale al via, cinque ufficiali e otto “clienti” nessuna è uscita di scena per problemi meccanici e tutti i piloti privati hanno fatto l’intera gara senza mai cambiare motore. MINATORI IN VISITA AL BIVACCO Il bivacco di Copiapò ha ricevuto la visita di 13 dei 33 minatori rimasti intrappolati per 68 giorni nella tristemente famosa miniera d’oro, non lontana dal bivacco allestito sulla strada che loro percorrono quotidianamente per andare al lavoro e alcuni lo scorso anno si erano fermati per seguire la Dakar. Nel bivacco era poi messa in bella mostra la capsula “Fenix”, 53 cm di diametro, usata per liberarli dalla grotta a 622 metri sotto terra.

PER CAMELIA LIPAROTI LA SODDISFAZIONE DI ARRIVARE IN FONDO, DECIMA NEI QUAD. LA VITTORIA È ANDATA AD ALEJANDRO PATRONELLI (A DESTRA).

Coma vince tre tappe

Generale MOTO

OTTAVA TAPPA 1. Coma (KTM) in 6h05’02”; 2. Despres (KTM) a 1’55”; 3. Lopez (Aprilia) a 4’21”; 4. Rodrigues (Yamaha) a 8’38”; 5. Ullevalseter (KTM) a 25’03”; 6. Faria (KTM) a 29’06”; 7. Duclos (Aprilia) a 36’10”; 8. De Azevedo (KTM) a 38’41”; 9. Pedrero (KTM) a 42’28”; 10. Cody (Honda) a 43’27”; 11. Gouet (Honda) a 45’20”; 12. Stanovnik (KTM) a 46’11”; 13. Visser (KTM) a 46’18”; 14. Knuiman (KTM) a 47’17”; 15. F. Prohens (Honda) a 50’45”; 16. Jakes (Yamaha) a 50’51”; 17. Czachor (KTM) a 52’05”; 18. Casteu (Sherco) a 52’48”; 19. Smith (Honda) a 55’43”; 20. J. Prohens (Honda) a 59’24”; 32. Zanotti (Aprilia) a 1’23’35”; 49. Picco (Yamaha) a 1h55’59”; 69. Ciotti (Rieju) a 3’02’33”; 86. Giannetti (KTM) a 4h23’28”; 87. Mugnaioli (KTM) a 4h23’29”; 90. Carmignani (Honda) a 4h58’15”; 92. Pederzoli (Yamaha) a 5h06’17”.

NONA TAPPA 1. Street (Yamaha) in 3h06’56”; 2. Verhoeven (BMW) a 3’38”; 3. Casteu (Sherco) a 3’40”; 4. Guell (Aprilia) a 4’30”; 5. Viladoms (Yamaha) a 5’46”; 6. Gouet (Honda) a 6’02”; 7. Despres (KTM) a 6’03”; 8. Ullevalseter (KTM) a 6’59”; 9. Coma (KTM) a 7’08”; 10. Lopez (Aprilia) a 7’53”; 11. Duclos (Aprilia) a 8’12”; 12. Pedrero (KTM) a 8’51”; 13. De Azevedo (KTM) a 9’15”; 14. Salvatierra (Honda) a 9’33”; 15. Jakes (Yamaha) a 9’40”; 16. Czachor (KTM) a 11’13”; 17. Knuiman (KTM) a 11’40”; 18. Bethys (Honda) a 12’11”; 19. Pizzolito (Honda) a 12’19”; 20. Visser (KTM) a 12’22”; 44. Picco (Yamaha) a 33’17”; 49. Zanotti (Aprilia) a 39’52”; 69. Pederzoli (Yamaha) a 1h15’07”; 77. Ciotti (Rieju) a 1’28’46”; 81. Carmignani (Honda) a 1h44’08”; 88. Giannetti (KTM) a 2h58’09”; 87. Mugnaioli (KTM) a 2h58’09”.

DECIMA TAPPA 1. Coma (KTM) in 3h06’35”; 2. Despress (KTM) a 9’56”; 3. Faria (KTM) a 13’22”; 4. Stanovnik (KTM) a 21’26”; 5. Lopez (Aprilia) a 21’43”; 6. Knuiman (KTM) a 22’11”; 7. Pizzolito (Honda) a 22’16”; 8. Pedrero (KTM) a 24’40”; 9. Duclos (Aprilia) a 26’56”; 10. Rodrigues (Yamaha) a 27’46”; 11. De Azevedo (KTM) a 28’11”; 12. Verhoeven (BMW) a 30’04”; 13. Ullevalseter (KTM) a 34’22”; 14. Gyenes (KTM) a 37’28”; 15. Gouet (Honda) a 37’43”; 16. Pisano (Honda) a 38’00”; 17. Naumov (Honda) a 40’02”; 18. Smith (Honda) a 41’05”; 19. Visser (KTM) a 41’07”; 20. Farres (Aprilia) a 41’16”; 37. Zanotti (Aprilia) a 1h13’54”; 49. Picco (Yamaha) a 1h29’54”; 58. Ciotti (Rieju) a 2h00’38”; 74. Giannetti (KTM) a 3h08’45”; 75. Mugnaioli (KTM) a 3h08’49”; 88. Pederzoli (Yamaha) a 4h27’42”; 91. Carmignani (Honda) a 4h47’45”.

UNDICESIMA TAPPA 1. Despress (KTM) in 4h33’13”; 2. Coma (KTM) a 2’11”; 3. Lopez (Aprilia) a 6’19”; 4. Rodrigues (Yamaha) a 7’44”; 5. Duclos (Aprilia) a 10’03”; 6. Verhoeven (BMW) a 14’02”; 7. Cody (Honda) a 15’17”; 8. De Azevedo (KTM) a 15’36”; 9. Pedrero (KTM) a 15’42”; 10. Viladoms (Yamaha) a 17’08”; 11. Faria (KTM) a 17’15”; 12. Ullevalseter (KTM) a 23’17”; 13. Knuiman (KTM) a 25’47”; 14. Serradori (Honda) a 28’11”; 15. Stanovnik (KTM) a 30’09”; 16. Visser (KTM) a 32’29”; 17. Smith (Honda) a 34’56”; 18. Street (Yamaha) a 34’57”; 19. Czachor (KTM) a 35’33”; 20. Pizzolito (Honda) a 38’34”; 37. Zanotti (Aprilia) a 1h01’05”; 41. Picco (Yamaha) a 1h05’52”; 59. Ciotti (Rieju) a 1h33’24”; 77. Pederzoli (Yamaha) a 2h34’28”; 80. Mugnaioli (KTM) a 2h54’37”; 81. Giannetti (KTM) a 2h55’08”; 82. Carmignani (Honda) a 3h04’30”.

1. Coma (KTM) in 3h25’00”; 2. Despres (KTM) a 15’04”; 3. Rodrigues (Yamaha) a 1h40’20”; 4. Lopez (Aprilia) a 2h09’45”; 5. Pedrero (KTM) a 3h07’03”; 6. Ullevalseter (KTM) a 3h32’56”; 7. De Azevedo (KTM) a 3h59’38”; 8. Faria (KTM) a 4h13’01”; 9. Cody (Honda) a 4h52’10”; 10. Czachor (KTM) a 6h13’41”; 11. Stanovnik (KTM) a 6h31’49”; 12. Street (Yamaha) a 6h41’15”; 13. Gouet (Honda) a 7h11’24”; 14. Viladoms (Yamaha) a 7h12’07”; 15. Verhoeven (BMW) a 7h22’52”; 16. Dabrowski (KTM) a 7h26’40”; 17. Gyenes (KTM) a 7h46’14”; 18. Pizzolito (Honda) a 7h58’21”; 19. Pellicer (Yamaha) a 8h06’43”; 20. Serradori (Honda) a 8h45’36”; 21. F. Prohens (Honda) a 8h52’44”; 22. Knuiman (KTM) a 8h55’46”; 23. Oliveira (Yamaha) a 9h19’38”; 24. Bethys (Honda) a 9h54’17”; 25. Pisano (Honda) a 10h47’54”; 26. J. Prohens (Honda) a 11h13’42”; 27. Verhoestraete (Aprilia) a 11h55’24”; 28. Farres (Aprilia) a 12h14’08”; 29. Da Costa (Yamaha) a 12h27’53”; 30. Bianchi (BMW) a 12h58’47”; 31. Pabiska (Yamaha) a 12h59’59”; 32. J. Smith (Honda) a 13h14’57”; 33. Zanotti (Aprilia) a 13h15’16”; 34. Matoska (KTM) a 13h17’51”; 35. Liefhebber (KTM) a 13h25’11”; 36. Salvatierra (Honda) a 13h33’11”; 37. Arredondo (KTM) a 13h36’30”; 38. Waldschmidt (KTM) a 14h25’01”; 39. Sanz (Honda) a 14h54’18”; 40. Casale (Yamaha) a 14h55’02”; 41. Arcarons (Honda) a 15h00’15”; 42. Guindani (Yamaha) a 15h27’07”; 43. Rodriguez (Honda) a 15h44’04”; 44. Caballero (KTM) a 16h15’00”; 45. Pulenta (Yamaha) a 16h18’07”; 46. Gimeno (Aprilia) a 16h38’15”; 47. Payen (KTM) a 18h19’45”; 48. Busin (Yamaha) a 18h42’57”; 49. Coet (Yamaha) a 18h48’20”; 50. Schroder (KTM) a 19h01’47”; 51. Hintenaus (KTM) a 19h25’56”; 52. Oliveira (Yamaha) a 20h09’52”; 53. Mota (Yamaha) a 20h57’18”; 54. Menard (Yamaha) a 22h53’39”; 55. Puertas (KTM) a 23h23’17”; 56. Ciotti (Rieju) a 23h43’54”; 57. Butuza (KTM); 58. Gabari (Yamaha); 59. E. Smith (KTM); 60. Cavelius (KTM); 61. Saghmeister (KTM); 62. Vesely (KTM); 63. Merkit (KTM); 64. Pol (Honda); 65. Pascual (Jincheng); 66. Javier (Yamaha); 67. Casteu (Sherco); 68. Visser (KTM); 69. Su (Jincheng); 70. Pavey (BMW); 71. Rodriguez (Honda); 72. Guyomarch (KTM); 73. Kofman (Aprilia); 74. e Groot (Yamaha); 75. Naumov (Honda); 76. Duclos (Aprilia); 77. Picco (Yamaha); 78. Mugnaioli (KTM); 79. Giannetti (KTM); 80. Bonnardel (KTM); 81. Ellens (Honda); 82. Patti (Yamaha); 83. Seel (KTM); 84. Sulem (KTM); 85. Pederzoli (Yamaha); 86. Tampaxis (Sherco); 87. Theuriot (KTM); 88. Carmignani (Honda); 89. Califano (KTM); 90. Pritulyak (Honda); 91. Vellutino (KTM); 92. Santos (Honda); 93. Garcia (BMW); 94. Gomez (BMW).

QUAD 1. Patronelli (Yamaha) in 15h49’47”; 2. Halpern (Yamaha) a 59’53”; 3. Laskawiec (Yamaha) a 6h17’38”; 4. Declerck (Polaris) a 6h18’30”; 5. Copetti (Yamaha) a 7h14’59”; 6. Santamarina (Honda) a 11h00’07”; 7. Maffei (Yamaha) a 18h01’11”; 8. Mazzucco (Can-Am); 9. Liparoti (Yamaha); 10. Lopez (Can-Am).

LAIA SANZ, DAL TRIAL ALLA DAKAR Laia Sanz, la venticinquenne 10 volte campionessa mondiale di trial femminile, è arrivata in fondo alla sua prima Dakar e decisamente con merito: al termine è stata 39° e vincitrice della categoria femminile. Dietro a lei l’olandese Mirjam Pol 64°, la nostra Silvia Giannetti, 79°, e la vincitrice 2010, la svedese Annie Seel, 83°.

DODICESIMA TAPPA

IL PRIMATO QUAD RESTA IN FAMIGLIA La successione tra i quad è stata tutta interna alla famiglia Patronelli. Dopo la vittoria di Marcos lo scorso anno, questa volta è toccato al fratello maggiore Alejandro. Alle sue spalle, un altro argentino, Sebastian Halpern e il polacco Laskaviec. La nostra Camelia Liparoti è arrivata in fondo anche questa volta, concludendo al 9° posto sui 12 quad all’arrivo.

TREDICESIMA TAPPA

1. Al-Attiyah-Gottschalk (Volkswagen) in 21h16’16”; 2. De Villiers-Von Zitzewitz (Volkswagen) a 49’41”; 3. Sainz-Cruz (Volkswagen) a 1h20’38”; 3. Peterhansel-Cottret (BMW) a 1h43’48”; 5. Holowczyc-Fortin (BMW) a 4h11’21”; 6. Miller-Pitchford (Volkswagen) a 4h54’42”; 7. Dos SantosFiuza (BMW) a 6h50’07”; 8. Lavieille-Polato (Nissan) a 7h57’18”; 9. Spinelli-Haddad (Mitsubishi) a 8h23’37”; 10. Kahle-Schuenemann (SMG) a 15h11’56”.

1. Verhoeven (BMW) in 1h25’07”; 2. Rodrigues (Yamaha) a 5”; 3. De Azevedo (KTM) a 19”; 4. Despress (KTM) a 44”; 5. Coma (KTM) a 2’16”; 6. Knuiman (KTM) a 2’47”; 7. Pedrero (KTM) a 3’05”; 8. Ullevalseter (KTM) a 3’51”; 9. Czachor (KTM) a 4’38”; 10. Stanovnik (KTM) a 5’16”; 11. Visser (KTM) a 5’48”; 12. Dabrowski (KTM) a 5’49”; 13. Street (Yamaha) a 6’31”; 14. Cody (Honda) a 7’15”; 15. Salvatierra (Honda) a 7’18”; 16. Faria (KTM) a 8’34”; 17. Pellicer (Yamaha) a 8’49”; 18. Serradori (Honda) a 8’51”; 19. Matoska (KTM) a 8’53”; 20. Da Costa (Yamaha) a 9’01”; 40. Picco (Yamaha) a 15’19”; 60. Pederzoli (Yamaha) a 24’38”; 64. Zanotti (Aprilia) a 26’11”; 65. Ciotti (Rieju) a 27’41”; 73. Giannetti (KTM) a 32’47”; 84. Carmignani (Honda) a 46’30.

1. Chagin-Savostin-Shaysultanov (Kamaz) in 28’54”; 2. Kabirov-Belyaev-Mokeev (Kamaz) a 30’04”; 3. Mardeev-Demyanenko-Mardeev (Kamaz) a 5h44’56”; 4. Echter-Ruf-Klein (Man) a 5h45’37”; 5. Vila-Torrallardona-Van Eerd (Iveco) a 7h16’01”; 6. Van Vliet-Bruynkens-Der Kinderen (Man) a 10h42’03”; 7. Duisters-Geusens-Van Melis (Iveco) a 1h35’06”.

1. Coma (KTM) in 6h42’42”; 2. Despress (KTM) a 37”; 3. Rodrigues (Yamaha) a 7’21”; 4. Lopez (Aprilia) a 10’03”; 5. Faria (KTM) a 16’57”; 6. Verhoeven (BMW) a 20’29”; 7. Pedrero (KTM) a 23’19”; 8. Cody (Honda) a 23’45”; 9. Ullevalseter (KTM) a 33’36”; 10. Bethys (Honda) a 33’56”; 11. De Azevedo (KTM) a 37’04”; 12. Smith (Honda) a 39’06”; 13. Farres (Aprilia) a 39’53”; 14. Street (Yamaha) a 46’30”; 15. Stanovnik (KTM) a 50’51”; 16. Czachor (KTM) a 52’13”; 17. Salvatierra (Honda) a 53’37”; 18. Pizzolito (Honda) a 56’11”; 19. Gouet (Honda) a 57’44”; 20. Pellicer (Yamaha) a 58’38”; 32. Zanotti (Aprilia) a 1h33’29”; 64. Ciotti (Rieju) a 3h35’01”; 75. Giannetti (KTM) a 4h36’53”; 76. Mugnaioli (KTM) a 4h37’18”; 78. Picco (Yamaha) a 5h03’19”; 89. Carmignani (Honda) a 12h17’18”; 90. Pederzoli (Yamaha) a 12h17’18”.

AUTO

CAMION

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Supercross USA Phoenix

di Stefano Taglioni

ART JAMES STEW O ND VA O TR STA RI LA SUA GUIDA . O E IL SUO RITM RA CO AN È N NO DEI SUOI AL LIVELLO IGLIORI, M TI MOMEN RANDO MA STA LAVO RE. RA PE CU RE R PE A LO CONFERM LA VITTORIA RIVATA AR A PHOENIX, O DI PO IL PO DO . M EI AH DI AN

L’ex numero uno sembra fare sul serio: parte in testa, non sbaglia nulla e domina su Villopoto. Dungey ancora in difficoltà

P

HOENIX - “Bentornato Bubba!”: é il suo meccanico, Oscar Wirdeman, a gridargli questa frase nel casco, mentre lo abbraccia a fine gara. Sì, bentornato alla vittoria. Il fenomeno del cross degli anni 2000, nato in Florida non saliva sul gradino più alto del podio da un anno, cioè da Anaheim I, la prova d’apertura della passata stagione. Ora che James Stewart Jr. è tornato, sono dolori per tutti. E’ a posto fisicamente, non ci sono dubbi, e soprattutto sembra motivato come non mai a riprendersi il ruolo di miglior pilota di motocross del pianeta. Come ad Anaheim, la scorsa settimana, Stewart anche nel Chase Field di Phoenix (tutto esaurito!) in ogni sessione disputata ha dato una netta impressione di gran velocità e ottima condizione fisica e mentale, e se, come in questa occasione, gli riesce anche l’holeshot, allora è difficile fermarlo. Ma ha ancora mostrato qualche sbavatura, che lo rende vulnerabile: dopo il miglior tempo nelle qualifiche era nettamente in testa nella sua semifinale ed è scivolato nella curva a destra prima del rettilineo di partenza, finendo la manche terzo dietro a Reed e Stroupe. E anche nella vittoria del ‘main event’, pur se netta, avendo dominato sin dal via, non è riuscito a nascondere qualche piccolo errore ed imprecisione. Insomma il solito Stewart, di cui non ci si può sempre fidare nell’ottica di una stagione lunga 17 prove e racchiusa in poco più di quattro mesi, anche se almeno in questa fase iniziale è sembrato molto “easy” e tranquillo, segno che dopo la lunga assenza è rientrato senza alcuna pressione ambientale. Ha ritrovato le motivazioni giuste, deve sicuramente ancora lavorare sulla concentrazione e la continuità, fermo restando che i suoi “picchi” di velocità sono difficili da gestire nell’arco dei venti giri di una finale. A Phoenix Bubba ha trovato comunque un avversario capace di lottare al suo livello: Ryan Villopoto. Il “rosso”, vincitore ad Anaheim, dopo sette giorni ci regala ancora una prestazione eccellente, confermandosi

Stewart fa di nuovo paura

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motosprint

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Supercross USA Phoenix

Hanno detto JamesStewart PERFETTO IN PARTENZA «È BELLO tornare a vincere: sarà anche banale, ma questa è una sensazione fantastica da ritrovare. Ad Anaheim ho avuto problemi al via e ho dovuto rimontare, stavolta volevo fortemente l’holeshot e ho preparato la partenza alla perfezione. Dedico questa vittoria al mio team».

RyanVillopoto HO SBAGLIATO IO «ALCUNI tratti di questa pista erano difficili, si poteva sbagliare con facilità. Nella finale ero alle spalle di Stewart ed ho cercato di pressarlo per indurlo all’errore. Invece sono stato io a sbagliare... Comunque il secondo posto va molto bene, anche perché mi permette di restare leader in classifica».

TreyCanard RISULTATO INCREDIBILE

LITE COSTA OVEST

«PER ME salire sul podio insieme a questi piloti è un gran risultato. Anzi, è incredibile! Anche perché qui a Phoenix mi è spesso andata male. Adesso devo migliorare la mia guida perché il feeling non è ancora al 100%».

motosprint

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IN PILLOLE protagonista al vertice. Vince la sua semifinale davanti a Short e Tedesco. Un gran “Villo”, consistente e molto determinato. Forse anche troppo: nella finale, dopo aver passato Windham ha cercato di attaccare Stewart, per vincere. Ha forzato ed è scivolato, nel nono giro, ma ha terminato la gara comunque in seconda posizione ed è tuttora è il leader del campionato. Ha sfoggiato carattere, e nel suo tentativo di riagganciare il fuggitivo Stewart ha dimostrato di poter viaggiare al suo stesso passo. Anzi, anche se per poco, il miglior giro della finale è stato il suo, e se fosse anche riuscito nell’impresa di scavalcarlo gli avrebbe inferto un bel colpo in ottica campionato. Per ora Bubba e Ryan sembrano un livello sopra gli altri. Le prime due gare della stagione sono state abbastanza diverse, anche perché si sono corse su terreni piuttosto differente, ma non sono state particolarmente selettive: chi è scattato in testa ha vinto (senza considerare l’holeshot di Tedesco ad Anaheim). Questa volta il terzo incomodo sul podio è stato Trey Canard, sempre più convincente con la 450 e sicuramente in crescita: sembra candidato a potersi inserire in quella che sembra una lotta a due. Il quarto posto è stato conquistato da Reed. L’australiano non ha brillato, come tempi in qualifica, ma ha vinto la sua semifinale e ha corso una buona finale, con grande grinta. In più ha avuto la meglio, a suon di spallate, su Ryan Dungey. E proprio il campione in carica sembra quello in maggiore difficoltà. Gli manca un secondo buono rispetto ai primi e il suo regno è già a rischio, anche se un quinto posto non si può certo buttare. Sono sempre fuori dalle posizioni che contano le KTM 350 ufficiali. Settimo Short mentre Mike Alessi, caduto nella semifinale, ha fallito la “Last chance” ed è rimasto fuori dalla finale.

HANSEN FA IL BIS NELLA LITES PHOENIX – Dopo il primo successo ad Anaheim, è arrivato subito il bis a Phoenix per Josh Hansen. Il ventiseienne californiano sembra così definitivamente consacrato ai vertici della Lites, dopo qualche stagione non al livello del suo talento. Anche su questa pista ha lasciato pazientemente sfogare gli avversari per metà gara e poi è passato in testa, stavolta favorito da una scivolata del suo compagno di squadra Tickle, che ha concluso secondo dopo un duello con Morais, terzo. Solo sesto Rattray, in flessione nel finale di gara, mentre Ken Roczen è stato protagoniste di due brutte

cadute (senza conseguenze fisiche): la prima nella semifinale, la seconda nella finale (cui è acceduto vincendo la last chance) nel tratto sabbioso. Per lui zero punti, ma ha dimostrato di poter lottare con i primi segnando il secondo miglior tempo nelle prove cronometrate. Bene Ivo Monticelli, rientrato nei quaranta qualificati (32° tempo) ma sfortunato: nella semifinale era partito forte ed era nei dieci, poi gli è caduto un pilota davanti ed ha commesso qualche errore, finendo tredicesimo. Nella Last Chance è caduto nel primo giro.

A PHOENIX LA PISTA È CORTA. E COPERTA LA PISTA del Chase Field di Phoenix, stadio di casa per gli Arizona Diamondbacks della Major League di Baseball, si può considerare tra i tracciati più ‘piccoli’ della stagione indoor, comunque il giro si percorre in circa 50 secondi per i migliori. Il fondo in questa edizione si è rivelato piuttosto insidioso, meno compatto dello standard, forse anche a causa della copertura dello stadio (che è comunque apribile) che non ha permesso alla terra di asciugarsi del tutto. La pista è poi caratterizzata da un tratto (un centinaio di metri) dal fondo sabbioso, dove al passaggio delle moto si sono scavate buche e canali. Le tribune possono ospitare 38000 spettatori. REED (22) HA VINTO IL CONFRONTO CON DUNGEY (1) PIAZZANDOSI IN QUARTA POSIZIONE. CONTINUA IL MOMENTO POSITIVO DI CANARD (41): QUESTA VOLTA È STATO TERZO. VILLOPOTO (2) INVECE È STATO SECONDO E COSÌ HA CONSERVATO LA PRIMA POSIZIONE IN CAMPIONATO.

La Yamaha torna alla vittoria SUPERCROSS USA A PHOENIX: 1. Stewart (Yamaha); 2. Villopoto (Kawasaki); 3. Canard (Honda); 4. Reed (Honda); 5. Dungey (Suzuki); 6. Brayton (Yamaha); 7. Short (KTM); 8. Metcalfe (Suzuki); 9. Chisholm (Yamaha); 10. Regal (Yamaha); 11. Millsaps (Yamaha); 12. Wey (Yamaha); 13. Peick (Yamaha); 14. Tedesco (Kawasaki); 15. Blose (Kawasaki); 16. Hahn (Yamaha); 17. Clark (Honda); 18. J. Alessi (Yamaha); 19. Windham (Honda); 20. Stroupe (Yamaha). IN CAMPIONATO: 1. Villopoto 47; 2. Stewart 45; 3. Dungey 38; 4. Canard 38; 5. Reed 34; 6. Metcalfe 26; 7. Short 25; 8. Chisholm 22; 9. Tedesco 21; 10. Brayton 20; 11. Regal 19; 12. Wey 18; 13. Windham 17; 14. Grant 12; 15. Millsaps 12; 16. Blose 10; 17. Peick 8; 18. M. Alessi 7; 19. Thomas 6; 20. Hahn 6; 21. Clark 4; 22. J. Alessi 3; 23. Boni 3; 24. Stroupe 1.

LITES A PHOENIX: 1. Hansen (Kawasaki); 2. Tickle (Kawasaki); 3. Morais (Suzuki); 4. Seely (Honda); 5. Tomac (Honda); 6. Rattray (Kawasaki); 7. Decotis (Honda); 8. Baker (Honda); 9. Davalos (Suzuki); 10. Cunningham (Yamaha); 11. Canada (Kawasaki); 12. Evans (Kawasaki); 13. Rutherford (Kawasaki); 14. Balbi (Kawasaki); 15. Paluzzi (Yamaha); 16. Hinson (KTM); 17. Marmont (KTM); 18. Champion (Kawasaki); 19. Roczen (KTM); 20. Craig (Honda). IN CAMPIONATO: 1. Hansen 50; 2. Tickle 44; 3. Morais 35; 4. Rattray 35; 5. Seely 34; 6. Davalos 30; 7. Tomac 27; 8. Baker 26; 9. Cunningham 19; 10. Paluzzi 18; 11. Evans 18; 12. Balbi 17; 13. Roczen 16; 14. Decotis 14; 15. Rutherford 13; 16. Marmont 11; 17. Canada 10; 18. Gilmore 6; 19. Hinson 5; 20. Bright 4; 21. Champion 3; 22. Tedder 3; 23. Craig 3; 24. Ingalls 1.

PROSSIMA PROVA 22 gennaio - Los Angeles (California)

Leclassifiche

CENTRALINA ITALIANA SULLA YAMAHA DI STEWART Nel successo di Stewart c’è un pizzico di tecnologia tricolore. La centralina che gestisce il motore del campione è dell’italiana GET. Si tratta dell’ultima evoluzione, siglata GPA, che ha esordito dopo una fase di sviluppo proprio nel Supercross USA, e si caratterizza per la possibilità di un controllo dinamico della potenza lavorando sull’iniezione. Migliora l’erogazione e la gestione della potenza e della trazione. La GPA è utilizzata anche da Reed e dai piloti Kawasaki Pro Circuit. IL FRANCESE SOUBEYRAS E LA SUA “DUE TEMPI” RITORNANO NEL WEEK-END C’era puntuale la sua moto ad attenderlo, nel box del Team Motoconcepts, la Yamaha 250 2T, unica due tempi iscritta. Ma il francese Cedric Soubeyras durante uno dei primi allenamenti USA, sulla pista di Milestone, è caduto infortunandosi ad entrambi i gomiti e il suo esordio è rinviato: dovrebbe esserci sabato a Los Angeles (Dodger Stadium) e poi fare altre quattro prove del campionato SX. motosprint

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Sportitalia I resoconti regionali

QUI, DOVE I PICCOLI CRESCONO BENE Emilia RomagnaCross SETTE gare - su dieci previste - è il bottino del motocross regionale emiliano-romagnolo 2010. Una stagione condizionata dal maltempo che ha reso impossibile disputare gli appuntamenti di San Marino, Salsomaggiore e Marradi. I risultati di classe hanno visto nella 125 la vittoria nell’assoluta e nella Under 17 di Michele Marchelli, che ha preceduto in entrambe le categorie Tommaso De Pietri e Michael Mantovani: tutti piloti che l’anno prima erano impegnati nel minicross classe Senior. Nella MX2 l’esperto Simone Debbi si è imposto nell’assoluta, precedendo Davide Violi e Marco Aldini, in netta crescita nelle ultime gare stagionali. Tra gli under 17, Simone Furlotti ha avuto la meglio sui gemelli Marco e Mattia Roncaglia. MX1 ad appannaggio di Luca Righi su Mirco Tincani e Riccardo Avanzolini. Nella MX1 è stata introdotta una speciale classifica per i 2 tempi, nella quale Mirco Bazzani ha avuto la meglio su Luca Sangiorgi e Marco Rivi. La MX4, riservata ai piloti nati dal 1970 in poi, ha visto la vittoria di Gianluca Ravaglia, che ha concluso a pari punti con il fratello Marco dopo una grande lotta; terzo Graziano Gardini. Nella 125 MX4 Cristian Baschieri non ha avuto problemi a battere Giovanni Buonpensiere e Alessandro Mazzotti, mentre nella Over Sergio Zardi ha preceduto Eros Canovi e Fabrizio Cozza. Nel minicross, Andrea Zanotti si è imposto su Kevin Cattani e Filippo Magnani tra i cadetti; miglior debuttante si è rivelato Alessandro Manucci davanti a Riccardo Nicoli e Niccolò Folli. Tra gli junior la classifica ha visto in progressione Thomas Marini, Alessio Agosti e Riccardo Righini, mentre tra i Senior Michele Sanchini si è imposto su Edoardo Bersanelli. motosprint

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Classifiche CLASSE 125: 1. Marchelli (KTM) p. 2420; 2. De Pietri 2140; 3. Mantovani 1500; 4. Bergonzani 1210; 5. Andrini 1200; 6. Tamagnini 1130; 7. Bisi 875; 8. Lolli 870; 9. Bonci 869; 10. Toccaceli 847; 11. Naldoni 707; 12. Scaramagli 635; 13. Credi 584; 14. Ansaloni 573; 15. Tondin 550; 16. Bartolini 500; 17. Ferrini 462; 18. Tamburini 412; 19. Mazzotti 380; 20. Favalli 305; 21. Comastri 292; 22. Dalle Vacche 278; 23. Ceccoli 265; 24. Magnani 260; 25. Bassi 254; 26. Palazzolo 250; 27. Sanchini 242; 28. Lolli 205; 29. Marengoni 193; 30. Mussi 160; 31. Piatesi 151; 32. Cortecchia 142; 33. Burroni 140; 34. Gozzoli 138; 35. Riccardi 135; 36. Orlandi 128; 37. Mengozzi 123; 38. Salaroli 121; 39. Bertuccioli 77; 40. Giunta 66; 41. Balestri 66. CLASSE 125 UNDER 17: 1. Marchelli (KTM) p. 2420; 2. De Pietri 2140; 3. Mantovani 1500; 4. Bergonzani 1210; 5. Andrini 1200; 6. Tamagnini 1130; 7. Bisi 875; 8. Lolli 870; 9. Bonci 869; 10. Toccaceli 847; 11. Naldoni 707; 12. Ferrini 462; 13. Tamburini 412; 14. Favalli 305; 15. Ceccoli 265; 16. Riccardi 135; 17. Orlandi 128; 18. Bertuccioli 77; 19. Giunta 66. MX1: 1. Righi (Honda) p. 2200; 2. Tincani 1660; 3. Avanzolini 1470; 4. Ercoletti 1440; 5. Ghidini 1435; 6. Fossi 1295; 7. Marzocchi 1160; 8. Miani 1054; 9. Bazzani 942; 10. Benedini 912; 11. Valentini 912; 12. Orsi 731; 13. Buscaroli 633; 14. Comastri 632; 15. Sangiorgi 626; 16. Rivi 603; 17. Dalla Valle 512; 18. Barisio 497; 19. Malavasi 443; 20. Cattabiani 404; 21. Papetti 398; 22. Bortolotti 389; 23. Ferrini 382; 24. Casadei 367; 25. Fusconi 366; 26. Pilato 313; 27. Vallicelli 313; 28. Fiaccadori 304; 29. Gualtieri 260; 30. Bandieri 232; 31. Capisani 231; 32. Buscherini 197; 33. Zanzi 167; 34. Fiorentini 159; 35. Belloi 141; 36. Tomiozzo 136; 37. Ceci 129; 38. Sensini 125; 39. Gardini 124; 40. Gherli 122; 41. Auletta 60; 42. Bertolini 55. MX1 2 TEMPI: 1. Bazzani (Yamaha) p. 942; 2. Sangiorgi 626; 3. Rivi 603; 4. Dalla Valle 512; 5. Papetti 398; 6. Bortolotti 389; 7. Ferrini 382; 8. Pilato 313; 9. Capisani 231; 10. Sensini 125; 11. Gardini 124; 12. Gherli 122; 13. Auletta 60. MX2: 1. Debbi (Husqvarna) p. 2260; 2. Violi 2245; 3. Aldini 1832; 4. Parini 1703; 5. Furlotti 1674; 6. Faccioli 1490; 7. Roncaglia Marco 1414; 8. Roncaglia Mattia 1305; 9. Dalla Libera 1242; 10. Casa 1035; 11. Coppellotti 964; 12. Chiletti 933; 13. Ferrari 927; 14. Sozzi 834; 15. Gatti 833; 16. Sarti 766; 17. Naldoni 757; 18. Montanari 730; 19. Mecagni 696; 20. Zambon 646; 21. Guatteri 612; 22. Franceschini 604; 23. Ciampi 567; 24. Morara 556; 25. Furlotti 556; 26. Placci 527; 27. Regalli 524; 28. Valestri 510; 29. Petruziello 498; 30. Ceroni 488; 31. Rossi 485; 32. Mattana 482; 33. Bergonzani 471; 34. Salati 470; 35. Tondelli 443; 36. Tamagnini 395; 37. Gilli 392; 38. Martini 391; 39. Adani 371; 40. Ferrari 365; 41. Cavina 346; 42. Ferrari 342; 43. Fontana 303; 44. Morellini 300; 45. Manupiello 299; 46. Marchetti 297; 47. Zonti 283; 48. Iacomini 280; 49. Pavirani 273; 50. Campani 242; 51. Piatesi 235; 52. Tondelli 234; 53. Malpassi 226; 54. Pasi 222; 55. Mussi 215; 56. Baraldi 198; 57. Lolli 193; 58. Bombardi 193; 59.

Rondanini 186; 60. Merli 184; 61. Bassoli 155; 62. Jotti 153; 63. Ghizzoni 151; 64. Maurizi 147; 65. Tassinari 134; 66. Favalli 134; 67. Boattini 132; 68. Rossi 130; 69. Fontanesi 123; 70. Bertuzzi 121; 71. Fattori 118; 72. Pellicioni 112; 73. Tadolini 102; 74. Tagliatini 95; 75. Neri 86; 76. Zanetti 83; 77. Dovizioso 64; 78. Ciocci 62; 79. Tassinari 61; 80. Rossi 60; 81. Montefiori 59; 82. Mazzotti 59; 83. Spattini 57; 84. Bacchelli 55; 85. Sforzini 54; 86. Marzocchi 52; 87. Silingardi 50; 88. Fabbrini 46; 89. Biondi 43. MX2 UNDER 17: 1. Furlotti (Suzuki) p. 1674; 2. Roncaglia Marco 1414; 3. Roncaglia Mattia 1305; 4. Chiletti 933; 5. Sozzi 834; 6. Gatti 833; 7. Zambon 646; 8. Guatteri 612; 9. Furlotti 556; 10. Regalli 524; 11. Ceroni 488; 12. Rossi 485; 13. Mattana 482; 14. Cavina 346; 15. Ferrari 342; 16. Malpassi 226; 17. Bassoli 155; 18. Favalli 134; 19. Fontanesi 123; 20. Fattori 118; 21. Neri 86; 22. Montefiori 59; 23. Mazzotti 59; 24. Spattini 57; 25. Biondi 43. MX4 125: 1. Baschieri p. 2280; 2. Buon-

TRIS DI CAMPIONI DEL MOTOCROSS EMILIANO ROMAGNOLO. LUCA RIGHI (162), SIMONE FURLOTTI (95) E SIMONE DEBBI (119).

PROMOSSI E TANTE PROMESSE LiguriaCross OTTO gare in calendario, sette disputate e una annullata per maltempo, una media di partecipanti intorno ai 130 iscritti a gara, con punte di 200 a inizio stagione: sono questi i numeri che hanno decretato il successo del campionato ligure cross 2010. Iniziamo l’analisi partendo dalla più piccola cilindrata, la 65 e le sue due categorie: nella Debuttanti Pietro Tommasi è il miglior minicrossista con 10 vittorie su 12; sul podio Riccardo Spataro e Nicolò Ferraris. Nella Cadetti Nicolò Armellino strappa per venti punti il titolo a Tomas Ragadini, terzo incomodo Mario Tamai.

Nella classe 85 c’è stata concorrenza: nella Junior Pietro Secco ha fatto fatica a precedere Amedeo Grillo, forte di 5 vittorie; nella Senior Federico Mantero ha vinto il suo ultimo titolo da minicrossista. La categoria Cadetti ha espresso belle promesse: Fabio De Luca ha dominato metà campionato, precedendo Emanuele Oliveri e Matteo Mori. In MX1 ha dominato Damiano Criscione, tra gli esperti Senior Giovanni Terrile forte di 8 vittorie su 14, ha vinto la sua battaglia con il collega di club Luigi Meirana. Bella stagione quella di Igor

pensiere 1990; 3. Mazzotti 1840; 4. Tondini 1760; 5. Focaccia 1110; 6. Stefanini 937; 7. Nosari 930; 8. Nanni 805; 9. Ruozzi 630; 10. Stacchezzini 582; 11. Affanni 424; 12. Gallingani 380; 13. Beaupain 375; 14. Fantini 340; 15. Rinaldi 310; 16. Mussi 280; 17. Rossi 257; 18. Tampieri 220; 19. Lombardo 180; 20. Miani 175; 21. Zannoni 157; 22. Serri 157. MX4 OPEN: 1. Ravaglia G. (Suzuki) p. 2720; 2. Ravaglia M. 2720; 3. Gardini 1670; 4. Merzari 1420; 5. Ballati 1150; 6. Pini 1060; 7. Castellari 1030; 8. Casali 981; 9. Bortolotti 905; 10. Stazzone 878; 11. Gatti 724; 12. Salsi 700; 13. Miani 500; 14. Coruzzi 380; 15. Pedalino 170; 16. Capicchioni 140; 17. Donelli 120; 18. Bucci 85. MX4 OVER: 1. Zardi (Yamaha) p. 2460; 2. Canovi 1780; 3. Cozza 1760; 4. Magli 1590; 5. Dovizioso 1330; 6. Patacini 1260; 7. Sforacchi 1072; 8. Giuliani 920; 9. Papetti 814; 10. Degli Esposti 670; 11. Olivieri 520; 12. Rossi 440; 13. Curti 380; 14. Donati 250; 15. Billo 175; 16. Cristofani 80. MINICROSS DEBUTTANTI: 1. Manucci p. 144; 2. Nicoli 140; 3. Folli 118; 4. Malagola 110; 5. Melandri 93; 6. Cacchi 90; 7. Maiolani 74; 8. Fossi 72; 9. Balladini 68; 10. Monteleone 64; 11. Serra 54; 12. Zanichelli 49; 13. Ricci 47. CADETTI: 1. Zanotti p.150; 2. Cattani 128; 3. Magnani 127; 4. Bragazzi 99; 5. Gorini 79; 6. Monica 34. JUNIOR: 1. Marini p. 197; 2. Agosti 179; 3. Righini 158; 4. Bertozzi 153; 5. Santandrea 139; 6. Munari 132; 7. Pavan 130; 8. Cassiani 63; 9. Anderlini 51; 10. Bottazzin 29; 11. Binotti 27; 12. Vinera 34. SENIOR: 1. Sanchini p. 185; 2. Bersanelli 184; 3. Cantergiani 177; 4. Longo 154; 5. Francucci 140; 6. Gruppioni 123; 7. Trevisan 110; 8. Conti 81; 9. Conte 83; 10. Murtas 60; 11. Montini 25.

Marino, leader della Junior MX2, classe numerosissima, forte di 5 vittorie ha prevalso su Alessio La Valle. Gianfranco Fallabrino è stato infine il migliore dei numerosi Senior. m.m.

Classifiche CADETTI: 1. De Luca p. 2551; 2. Oliveri 1793; 3. Mori 1630; 4. Oliva 1487; 5. Ferretti 1417; 6. Testone 1223; 7. Garzoglio 1014; 8. Favaretto 993; 9. Andrei 976; 10. Porcile 809; 11. Mulé 799; 12. Trucchi 761; 13. Barbieri 757; 14. Viglino 732; 15. Magnini 685; 16. Serventi 624; 17. Bossi 576; 18. Raiteri 543; 19. Di Maria 539; 20. Rovelli 500; 21. Ruello 468; 22. Scali 420; 23. Damiano 400; 24. Vittani 386; 25. Cimiotti 352; 26. Giordano 335; 27. Campalati 310; 28. Viglino 306; 29. Geremia 286; 30. Franco 251; 31. Bonetto 220; 32. Casaretto 205; 33. Martini 190; 34. Claudi 170; 35. Guardone 170; 36. Delree 56. JUNIOR MX1: 1. Criscione p. 3220; 2. Smeraldo 2170; 3. Ciriale 1920; 4. Burlando 1384; 5. De Petrini 1370; 6. Accinelli 1110; 7. Bosio 1100; 8. Sartore 1080; 9. Stilo 1002; 10. Mescia 960; 11. Caltabiano 955; 12. Caringella 830; 13. Carlini 597; 14. Campanella 480; 15. Iorno 354; 16. Nunez 316; 17. Vassallo 195; 18. Magnani 195; 19. Iannelli 144. MX2: 1. Marino p. 2800; 2. La Valle 2487; 3. De Faveri 2060; 4. Pollara 2053; 5. Tesco-

SI FA LARGO SARA RIVERA LiguriaTrial QUATTRO prove in tutto per il campionato ligure di trial e meno numeroso del solito il numero dei partecipanti, ben 40 piloti sono soci del MC della Superba su 51 classificati! E per quanto riguarda i campioni, partiamo dal percorso “blu”, riservato ai migliori, i TR2, categoria conquistata dal pilota del MC della Superba Enrico Baghino, che ha vinto il testa a testa con Federico Rembado (Loano). Nel percorso “verde” TR3, miglior prestazione per Christian Valeri, mentre Raffaele Adamo facilmente si è assicurato la TR3 Over 30. Nel percorso giallo TR4 si è imposto Valerio Scarato, mentre Fran-

ni 1750; 6. Bertagna 1237; 7. Robotti 1141; 8. Faggio 1093; 9. Rebora 1090; 10. Introvigne 964; 11. De Ferrari 904; 12. Bazzurro 889; 13. Parodi 879; 14. Piccardo 858; 15. Andolfi 850; 16. Managlia 835; 17. Oda 829; 18. Faraone 816; 19. Moretti 723; 20. Fiorato 684; 21. Sturla 676; 22. Caltabiano 586; 23. Parodi 584; 24. Carlini 501; 25. Ciarlo 500; 26. Rollero 493; 27. Ferraris 479; 28. Robotti 351; 29. Galli 328; 30. Cecere 280; 31. Lagomarsino 276; 32. Bottaro 253; 33. Carbonini 238; 34. Folchi 230; 35. Caltabiano 230; 36. Coppola 196; 37. Benini 138; 38. Sturla 133; 39. Iorno 106; 40. Olivero 106; 41. Barbagallo 64; 42. Garbino 63; 43. Passalacqua 56. SENIOR MX1: 1. Terrile p. 2940; 2. Meirana 2030; 3. Giacomini 1932; 4. Paganini 1910; 5. Paparella 1890; 6. Calcopietro 1034; 7. Zunino Rino 910; 8. Zunino Roberto 875; 9. Campanella 866; 10. Savoca 705; 11. Parisella 640; 12. Oliva 595; 13. Rogai 584; 14. Ceccarelli 549; 15. Iorno 507; 16. Traverso 460; 17. Perlongo 443; 18. Roncallo 390; 19. De Paoli 200; 20. Casalino 146; 21. Bussadori 130; 22. Tesconi 120; 23. Lattuada 68. MX2: 1. Fallabrino p. 2850; 2. Di Mario 2570; 3. Genta 1760; 4. Andrei 1607; 5. Brescia 1574; 6. Carlini 1556; 7. Bisso 1489; 8. Pisani 1215; 9. Filippi 959; 10. Valdisserra 702; 11. Carozzo 674; 12. Portoghese 607; 13. Berardi 534; 14. Savio 524; 15. Zunino 478; 16. Martini 457; 17. Della Casa 438; 18. Medini 304; 19. Mendrano 301; 20. Casalino 281; 21. Bassi 278; 22. Molinari 240; 23. Sarri 177; 24. La Valle 170; 25. Lucchini 147; 26. Ascone 80. MINI 65

co Pesce, con due vittorie, è il miglior (TR4) Over 40. Brava Sara Rivera che, con tre vittorie, torna a vincere la categoria riservata alle ragazze. Marco Marcellino

Classifiche

TR2: 1. Baghino p. 72; 2. Rembado 70; 3. Ferrando 56; 4. Donaggio 54; 5. Balbo 41; (tutti su Gas Gas). TR3: 1. Valeri (Beta) p. 80; 2. Biggio 47; 3. Battistini 34; 4. Bruno 30; 5. Perotto 15 (tutti gli altri su Gas Gas). TR3 - OVER 30: 1. Adamo p. 80; 2. Lazzaroni (Beta) 64; 3. Ferrando 60; 4. Sciri 41; 5. Martini 31; 6. Di Franco (Beta) 30; 7. Donaggio 22; 8. Moretto 15; 9. Cocco 10 (tutti gli altri su Gas Gas). TR3 - 125: 1. Ansaloni (Beta) p. 60; 2. Scicolone (Beta) 17. FEMMINILE: 1. Rivera (Beta) p. 77; 2. Porcu (Gas Gas) 66; 3. Balducchi (Beta) 20.

TR4: 1. Scarato (Beta) p. 80; 2. Arata (Beta) 17. TR4 - OVER 40: 1. Pesce (Beta) p. 72; 2. Comiotto (Gas Gas) 62; 3. Battistini (Beta) 46; 4. Molinaro (Beta) 37; 5. Regoli (Sherco) 22; 6. Filetti (Gas Gas) 20; 7. Cocco (Gas Gas) 17; 8. Maggi (Beta) 13. TR5: 1. Parodi (Gas Gas) p. 20. TR5 - OVER 40: 1. Castellotti (Beta) p. 74; 2. Botta (Gas Gas) 40. JUNIORES A: 1. Donaggio (Gas Gas) 60. B1: 1. Ricci (Beta) 40. B2: 1. Parodi (Beta) 57; 2. Delucchi (Beta) 20. C2: 1. Giglione p. 65; 2. Castagnola 63; 3. Ansaloni 63; 4. Strocchio 41; 5. Strocchio 41; 6. Delucchi 20; 7. Parodi 17; 8. Torre 13 (tutti su Beta). D: 1. Moretto p. 74; 2. Grattarola 74; 3. Botta 60 (tutti su Gas Gas).

DEBUTTANTI: 1. Tommasi p. 2880; 2. Spataro 2410; 3. Ferraris 1670; 4. Gandolfi 1650; 5. Messina 1110; 6. Biolcati 780; 7. Barbagallo 460; 8. Savio 330; 9. Panfili 210. CADETTI: 1. Armellino p. 2480; 2. Ragadini 2460; 3. Tamai 2085; 4. Palma 1160; 5. Oliveri 1072; 6. Gentoso 970; 7. Pileio E. 910; 8. Genta 810; 9. Pileio S. 600; 10. Germano 270; 11. Viale 195; 12. Parisella 170; 13. Borsese 165; 14. Molinelli 154. MINI 85 JUNIOR: 1. Secco p. 2290; 2. Grillo 2240; 3. Chierico 2020; 4. Vezzetti 1530; 5. La Scala 1490; 6. Berruto 910; 7. Lessi 600; 8. Ravera 500; 9. Pileio E. 500; 10. Molinelli 210. SENIOR: 1. Mantero p. 2600; 2. Serventi 2080; 3. Borghi 2000; 4. Viglino 2000.

CAMPIONI LIGURI: DAMIANO CRISCIONE (5) PRIMO NELLA MX1 E FEDERICO MANTERO (78), CHE SI È IMPOSTO NEL MINICROSS. IN ALTO, LA CAMPIONESSA DEL TRIAL, SARA RIVERA.

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Prova novità Honda CB1300S ABS di Marco Comellini - foto Delta

Retró gusto A

VETE voglia di guidare una moto dal sapore retró senza dover soffrire vibrazioni, comfort e frenata d’altri tempi? La CB1300S fa per voi! Ha così tanto fascino, così tanta classe che verrebbe voglia di cavalcarla indossando un abito elegante. Invece… invece è gennaio e fa freddo, quindi l’abbigliamento tecnico è decisamente più indicato. Anche perché bastano pochi metri per accorgersi, con una certa sorpresa, che la protezione offerta dall’ampio cupolino è al di sotto delle aspettative. Nessun problema per la pressione dell’aria che colpisce il casco in autostrada, ma le spalle e parte del torace sono insidiati da spifferi. La CB1300S si riscatta offrendo un’ottima abitabilità: la sella è ampia, comodissima, e la posizione di pedane e manubrio garantisce un’ottima sistemazione a conducenti di taglie molto diverse. Inoltre la seduta è ad un’altezza che permette di mettere saldamente a terra il piede anche a chi non supera il metro e settantacinque. Anche il passeggero gode di un’ottima seduta e di una coppia di solidi appigli ai quali ancorarsi. Non avrebbe guastato un po’ più di spazio per le gambe, ma siamo comunque lontani dall’avere le “ginocchia in bocca”. PER QUANTO non siano paragonabili a quelle delle moto anni Ottanta, qualche vibrazione comunque c’è, sul serbatoio ai regimi transitori. Un difetto strano, in quanto su pedane e manubrio non si avverte nessun fastidio degno di nota. Chi invece è inattaccabile da tutti i punti di vista, è il grosso propulsore. Il quattro cilindri della CB1300 ha un’elasticità incredibile che unita al tiro disponibile fin dai bassissimi regimi fanno dimenticare il cambio: ci sono cinque rapporti ma ne potrebbero bastare tre. La prima marcia si può tralasciare, dato che si riesce a partire in seconda, senza insistere con la frizione, anche quando si è in salita; in quinta è possibile spalancare l’acceleratore con la lancetta del contagiri ancora al di sotto della tacca dei 1000 giri e sentire la CB1300S distendersi progressivamente

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DATI DICHIA RATI Prezzo 11

.690 euro f.c. Potenza 1 14 CV (84 a 7750 gir kW) i/’ Coppia 11 ,8 kgm (11 6 Nm) a 6000 gir i/’ Peso in o.d .m. 271 kg Colori bian co/rosso

Le sensazioni di una moto anni Ottanta, ma senza i difetti. Il motore ha un tiro entusiasmante

Il vecchio eil nuovo

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L’ASPETTO È QUELLO DI UNA MOTO DEGLI ANNI OTTANTA MA CI SONO DIVERSI DETTAGLI MOLTO PIÙ MODERNI. AD ESEMPIO LA FORCELLA, CHE È CONVENZIONALE MA PUÒ ESSERE REGOLATA NEL FRENO IN ESTENSIONE E NEL PRECARICO.

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Prova novità Honda CB1300S ABS IDENTIKIT 1MOTORE

LA TECNICA senza mai strattonare. È un’erogazione perfetta per andare a passeggio gustando ciò che si incontra lungo la strada. Altrettanto impeccabile il comportamento dell’impianto frenante: potenza e modulabilità sono perfette sia all’avantreno che al retrotreno, quest’ultimo addirittura stupisce per la sensibilità che trasmette. Dunque l’ABS - di serie - viene chiamato in causa raramente, comunque è ottimamente tarato e interviene efficacemente solo quando serve. Anche le sospensioni sono al top: ottime per digerire gli acciottolati urbani e non far pesare a schiena e polsi i dossi rallentatori o le buche cittadine. Ma sono perfette anche per la gita fuoriporta: nella guida sportiva sulle strade tortuose non risultano eccessivamente morbide né rendono la moto ciondolona. I due ammortizzatori funzionano egregiamente e non fanno rimpiangere una più moderna sospensione monoammortizzatore. Solo se si aggrediscono le curve ritardando le frenate, il peso della CB1300S inizia a far soffrire la forcella, così come se nell’affrontare i curvoni veloci si incappa in pronunciati avvallamenti, si innesca un lieve ondeggiamento. In città la CB1300S è maneggevole e comoda come uno scooterone di grossa taglia, caratterizzata da una ottima capacità di sterzata; le manovre col piede a terra e la maneggevolezza non sono condizionate dal notevole peso della moto. Ad aumentare la praticità ci sono due vani portaoggetti anteriori dove riporre gli og-

QUELLA FACCIA UN PO’ COSÌ

Tutto all’insegna dell’anima classica

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1TRASMISSIONE

Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio a comando idraulico. Cambio a 5 marce.

1CICLISTICA

Telaio doppia culla chiusa in tubi d’acciaio. Sospensioni: anteriore forcella convenzionale con steli di 43 mm Ø, regolabile nel precarico e nel freno in estensione, corsa ruota 120 mm; posteriore forcellone oscillante in alluminio con due ammortizzatori regolabili nel precarico e nel freno in estensione, corsa ruota 116 mm. Freni a intervento combinato: anteriore 2 dischi di 310 mm Ø, pinze a 3 pistoncini; posteriore 1 disco di 256 mm Ø, pinza a 1 pistoncino. Pneumatici: anteriore 120/70 ZR17” M/C(58 W), posteriore 180/55 ZR17” M/C(73 W).

1DIMENSIONI

getti (quello sinistro protetto da serratura) e un vano sottosella che può ospitare comodamente una tuta antiacqua. La strumentazione, di tipo analogicodigitale, è incentrata su due quadranti in stile retró; seppur priva di fronzoli offre tutte le informazioni necessarie, livello carburante compreso, ed è completata da uno schermo LCD.

L’ARIA GENERALE È RETRÓ MA LA FUNZIONALITÀ È MODERNA: I COMANDI AL MANUBRIO HANNO UN DISEGNO ATTUALE E SOPRATTUTTO HANNO TUTTI I PULSANTI AL POSTO GIUSTO. C’È ANCHE IL LAMPEGGIO DI EMERGENZA.

LA CB1300S richiama la gloriosa CB 900 Bol d’Or, e proprio in ossequio alla sua ispirazione classica ripropone la datata soluzione della coppia di ammortizzatori posteriori in luogo del singolo ammortizzatore centrale. Le due unità Showa hanno il serbatoio del gas esterno, le ghiere per regolare il precarico delle molle ed offrono la possibilità di regolare il freno idraulico in estensione. Anche la forcella, con steli di 43 mm Ø, è di tipo tradizionale e non a steli rovesciati; può essere regolata nel

OLE IN POCHE PAR

LA CB1300S HA IL LOOK DI UNA MOTO ANNI OTTANTA E IN QUALCHE MODO RICHIAMA LA GLORIOSA CB 900 BOL D’OR. DISEGNO CLASSICO PER IL CRUSCOTTO CON DUE QUADRANTI ANALOGICI MA C’È ANCHE LO SCHERMO LCD. L’IMPIANTO FRENANTE È DOTATO DI ABS E SISTEMA DI INTERVENTO COMBINATO.

Quattro cilindri in linea, 4T, raffreddato a liquido. Cilindrata 1284,4 cm3. Alesaggio e corsa 78 x 67,2 mm. Compressione 9,6:1. Distribuzione DOHC, 4 valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica PGMFI, corpi farfallati 36 mm Ø. Lubrificazione a carter umido. Avviamento elettrico.

CI PIACE Erogazione Comfort Frenata

E NON CI PIAC a ars sc e n o zi te Pro l serbatoio Vibrazioni a eggero Pedane pass

Interasse 1510 mm; lunghezza 2200 mm; larghezza 795 mm; altezza 1205 mm; sella 780 mm; luce a terra 725 mm. Inclinazione cannotto 25°. Avancorsa 99 mm. Serbatoio: 21 litri (di cui 4,5 litri riserva).

freno in estensione e nel precarico molla. Il telaio è in tubi di acciaio con struttura a doppia culla, per il forcellone è stata scelta la lega d’alluminio ed è stata realizzata un’imponente struttura scatolata per conseguire una buona rigidezza. L’impianto frenante è dotato di ABS combinato che garantisce la frenata “integrale” azionando il solo freno posteriore, e la leva del comando anteriore è regolabile nella distanza dalla manopola, così come lo è quella della frizione, il cui comando è idraulico. Il motore è un 4 cilindri in linea raffreddato a liquido con misure di alesaggio e corsa 78 x 67,2 mm, per una cilindrata totale di 1284 cm3. La distribuzione è bialbero. Vengono dichiarate una potenza di 84 kW (114 CV) a 7750 giri ed una coppia di 116 Nm (11,8 kgm) a 6000 giri. Il rapporto di compressione è di 9,6:1 e l’alimentazione è ad iniezione elettronica. Il peso in ordine di marcia raggiunge i 271 kg ed il serbatoio carburante arriva a contenere fino a 21 litri di benzina per garantire una buona autonomia di viaggio. motosprint

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Inchiesta Supersport: chi ha sbagliato? di Riccardo Piergentili

LA CBR 600 F SPORT RAPPRESENTAVA UN OTTIMO COMPROMESSO TRA COMFORT E SPORTIVITÀ. ERA LA GEMELLA DELLA VERSIONE F. NEL 2003 HONDA IMMATRICOLÒ BEN 8805 MOTO, SOMMANDO LE DUE VERSIONI.

a r e b i l a t u d a C I

I perché dell’ascesa e del declino delle sportive di media cilindrata. Erano le più richieste ed oggi rischiano addirittura l’estinzione

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L GIOCATTOLO si è rotto ed ora non sembra più esserci nessuno in grado di ripararlo. La categoria supersport, che fino a pochi anni fa rappresentava una delle maggiori fonti di guadagno delle Case, è ormai prossima all’estinzione, inevitabile, se non si cambieranno le carte in tavola. Il vero problema è che in un mercato dove il panico regna sovrano, apparentemente nessuno ha una vera strategia: alcuni (Kawasaki e Yamaha) stanno affrontando la crisi rallentando lo sviluppo dei modelli e riducendo gli investimenti, altri (Suzuki) continuano a lavorare come se nulla fosse successo, accettando una

forte riduzione degli obiettivi di vendita, altri ancora (Honda) hanno affiancato alle estreme supersport un modello più facile da guidare e meno costoso. Infine c’è anche chi ha coraggiosamente deciso di realizzare un modello tutto nuovo, andando decisamente controcorrente (MV Agusta). Insomma la barca sta affondando ed ognuno sta cercando una scialuppa di salvataggio per restare a galla, aspettando di salire sulla prossima nave cargo, che però, non si sa se e quando passerà. Per analizzare meglio perché è accaduto tutto questo e quali saranno gli sviluppi della vicenda, abbiamo cercato di capire quali sono stati gli sbagli e quali potrebbero essere le soluzioni ai problemi, chiedendo anche il parere dei costruttori.

Quello che sta accadendo ha dell’incredibile, almeno in apparenza. Le supersportive di media cilindrata, infatti, sono per anni state il sogno dei giovanissimi, ma anche dei motociclisti esperti, quelli che preferivano la maneggevolezza alla potenza. In Italia la moto sportiva è sempre stata il sogno di tutti i centauri, il punto di arrivo della carriera motociclistica, il mezzo per provare emozioni forti, quelle che differenziano la moto da un semplice mezzo di trasporto. Per questi motivi, le case hanno sempre investito tanto sulle moto sportive, utilizzandole anche come laboratori dove far debuttare soluzioni tecniche innovative, prima sperimentate solo nelle corse. Ecco, questa è probabilmente stata la prima causa dell’inesorabile declino delle supersport, che anno dopo anno sono diventate sempre più leggere, po-

NEL 2006 YAMAHA PRESENTÒ LA R6, UNA MOTO MOLTO ESTREMA, PENSATA PER L’USO IN PISTA ED EQUIPAGGIATA CON UN MOTORE CAPACE DI SUPERARE FACILMENTE I 15.000 GIRI/’. IL SUO LIMITE ERA LA SCARSA PREDISPOSIZIONE ALL’USO SU STRADA.

tenti e compatte, ma anche più costose. Le race replica sono senza dubbio le più affascinanti, ma la storia degli ultimi anni ha dimostrato che non sono quelle che alla fine gli utenti comprano, soprattutto quando i soldi in tasca scarseggiano e la versatilità del veicolo ha la precedenza sulle prestazioni. In realtà un indice che si stava entrando in un vicolo cieco c’era già. Nel 2003, infatti, Honda immatricolò ben 8805 CBR 600 F/F Sport. Nel 2004, la versione RR, che somigliava tantissimo alla plurititolata RC211V da MotoGP guidata da Valentino Rossi, si fermò a quota 4461 immatricolazioni. Quello stesso anno la CBR 600 F/F Sport, considerata vecchia ed obsoleta, raggiunse comunque le 3359 immatricolazioni, vincendo tutti gli scontri diretti con le sportive di Ducati, Kawasaki, Suzuki e Yamaha. Cosa vuol dire questo? Che molti motociclisti che decidono di acquistare una

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Inchiesta Supersport: chi ha sbagliato?

Vito Cicchetti Direttore Generale Honda Italia Industriale sportiva 600, sognano la moto estrema, ma alla fine comprano un prodotto versatile e dal buon rapporto qualità prezzo. Purtroppo all’epoca il meccanismo di autodistruzione era ormai innescato, perché i colossi giapponesi si davano battaglia nel Mondiale Supersport, la rincorsa alle prestazioni aveva tagliato fuori dal mercato le moto meno potenti e più pesanti e con esse numerosi utenti, che hanno trovato nelle naked e nelle maxi enduro stradali la loro ancora di salvezza. QUESTI segmenti emergenti hanno lentamente, ma inesorabilmente, “rubato” clienti al segmento delle supersport, sempre più adatte all’uso in circuito, inadeguate e difficili da gestire su strada, per mancanza di coppia ai medi regimi e per colpa di posizioni di guida a dir poco scomode. Inoltre, tanti, dopo la necessaria gavetta, hanno deciso di abbandonare la sportiva “media” per salire in sella ad una “maxi”. Il ricambio generazionale, però, non c’è stato, perché da quando la potenza delle sportive di 125 cm3 è stata limitata a 11 kW, i giovanissimi hanno smesso di sognarle e comprarle, appassionandosi alla categoria delle naked, comode, agili, versatili e potenti esattamente quanto le mitiche Aprilia RS e Cagiva Mito, in grado di emozionare come una volta solo da ferme. In estrema sintesi, sono questi i fattori che hanno portato la categoria supersport dalle stelle alle stalle. La loro velocissima evoluzione, per assurdo, ha rappresentato l’inizio della fine. Perché andare in moto è un piacere, non un lavoro e molti hanno deciso che non aveva più senso spendere oltre 10.000 euro per acquistare delle supersport progettate per piloti fantini ed equipaggiate con motori che danno il loro meglio solo al di sopra dei 10.000 giri. Molto meglio una naked, non necessariamente meno performante, adatta anche all’uso di tutti i giorni ed ormai considerata da tanti più alla moda di una supersportiva. Il mondo sta cambiando molto in fretta e con esso il mercato. Forse i costruttori lo hanno capito troppo tardi ed ora stanno correndo ai ripari. Nei prossimi due anni capiremo se questo basterà a salvare la gloriosa razza delle supersport. motosprint

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IL FUTURO È LA F

L’era delle race replica 600 è finita ANNO nuovo, ricetta vecchia. Nel 2011 la scelta più coraggiosa l’ha fatta la Honda, che non punterà più sulla CBR 600 RR, ma su una rinnovata versione F, mai dimenticata dagli appassionati. Nel 2003 Honda immatricolò 8805 CBR 600 F. Nel 2004, il primo anno di commercializzazione della CBR 600 RR, le immatricolazioni si fermarono a quota 4461. Ben 4344 utenti non vollero salire su una sportiva così estrema. Questo dato non vi fece riflettere? «Analisi assolutamente corretta. Quel dato venne analizzato a lungo... All’epoca il problema era che tutte le Case stavano realizzando delle sportive 600 estreme, quindi era impossibile continuare a puntare sulla CBR 600 F. Era necessario costruire qualcosa in grado di competere con le migliori moto della categoria. È per questo motivo che nacque la CBR 600 RR». Quello che è stato fatto ha però determinato l’inizio della fine delle sportive di media cilindrata, quindi, i costruttori non fecero le scelte giuste... «In un certo senso è così. Per realizzare delle sportive 600 molto leggere e potenti è stato necessario investire molto ed i prezzi delle moto sono inevitabilmente lievitati. Pertanto molti hanno preferito acquistare una 1000 ed altri non si sono più trovati a loro agio in sella a dei veicoli difficili da gestire e con i quali rispettare il codice della strada era diventato frustrante. Inoltre chi ha una moto sportiva non passa inosservato, neppure agli occhi delle forze dell’ordine... Qualche anno fa le 600 supersport erano delle vere entry level. Oggi, invece, costano troppo per essere considerate delle moto con cui iniziare una carriera motociclistica, ma non hanno nemmeno l’immagine e le prestazioni di una 1000». È per questo che le vendite delle maxi sportive sono calate meno rispetto a quelle delle supersport? «Sì, perché le maxi sportive rappresentano ancora un sogno. Le supersport probabilmente no. Inoltre con una sportiva 1000, anche non avendo eccellenti capacità di guida, ci si diverte e si riesce ad andare

NEL 2009, IL CROLLO ANALIZZANDO i dati di vendita del ministero dei trasporti, che l’ANCMA ci ha gentilmente messo a disposizione, risulta evidente che le sportive di 600 cm3 dell’ultima generazione, sono sempre state moto destinate soprattutto a degli appassionati. Nel 2003, infatti, Honda immatricolò ben 8805 CBR 600 F/F Sport. L’erede di questo fantastico modello, la CBR 600 RR non è mai riuscita a superare le 4461 immatricolazioni (anno 2004). Dal 2003 ad oggi, nessuna Supersport race replica è riuscita ad infrangere il muro delle 5000 immatricolazioni annue e l’arrivo della crisi economica ha tagliato le gambe a quello che era considerato uno dei settori più importanti. La nave è affondata nel 2009, anno in cui solo la Yamaha R6 ha superato le 1000 immatricolazioni (1107). Nel 2010, sommando le vendite di tutti i costruttori si contano 2162 immatricolazioni, poco meno delle moto vendute dalla sola Honda nel 2008 (2296)...

ANNO 2003

forte, godendosi la coppia del motore. Con una sportiva 600, invece, bisogna avere delle buoni doti di guida per divertirsi e dimostrare di essere dei buoni piloti. Ecco un altro motivo per cui tanti hanno scelto le naked, più facili e versatili». Quindi Honda non investirà ancora per migliorare la CBR 600 RR? «Le sportive 600 hanno raggiunto un livello prestazionale incredibile. Per migliorarle di poco, garantendo anche la dovuta affidabilità, sarebbe necessario investire tantissimo. Inoltre i clienti che vogliono quel tipo di moto non esistono più. Insomma il gioco non vale più la candela». Se alcuni mercati emergenti, come ad esempio il Brasile, dovessero iniziare a chiedere le moto sportive di media cilindrata, il futuro di questa categoria potrebbe cambiare? «È vero, in Brasile si stanno vendendo moto di media cilindrata, anche delle 750, però, dato che là le strade non sono in ottime condizioni, le sportive vengono acquistate quasi esclusivamente da chi frequenta i circuiti, ovvero una nicchia di utenti. Pertanto non credo che nel breve e medio periodo questi mercati possano diventare l’ancora di salvezza delle sportive 600». Quanto vale oggi il mercato europeo della CBR 600 RR? «Circa 2500 immatricolazioni». Vi aspettate che la CBR 600 F farà di meglio? «Speriamo che arrivi a 5000 immatricolazioni. Sarebbe un ottimo risultato e significherebbe che il cliente della sportiva 600 esiste ancora».

ANNO 2007

Ducati 748 (tutte le versioni) Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F/F Sport Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R Suzuki GSX-R 600 Yamaha YZF 600 R Thundercat Yamaha YZF-R6

Moto immatricolate

Ducati 748 (tutte le versioni) Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F/F Sport Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R/RR Suzuki GSX-R 600 Triumph Daytona 600/650 Yamaha YZF 600 R Thundercat Yamaha YZF-R6

23 1146 3359 4461 2323 2307 18 37 2558

ANNO 2006

ANNO 2004 Ducati 748 (tutte le versioni) Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F/F Sport Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R Suzuki GSX-R 600 Triumph TT e Daytona 600/650 Yamaha YZF 600 R Thundercat Yamaha YZF-R6

ANNO 2005

193 802 8805 25 3307 1547 82 4544

Ducati 748 (tutte le versioni) Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F/F Sport Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R/RR Suzuki GSX-R 600 Triumph Daytona 600/650/675 Yamaha YZF-R6

14 699 1185 4423 3852 1458 9 2 2202

6 508 952 2794 2589 2673 281 4324

Ducati 748 (tutte le versioni) Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F/F Sport Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R/RR Suzuki GSX-R 600 Triumph Daytona 600/650/675 Yamaha YZF-R6

7 185 138 3136 2022 2067 394 2793

ANNO 2008 Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R/RR Suzuki GSX-R 600 Triumph Daytona 675 Yamaha YZF-R6

28 1 2295 1158 1416 225 2157

ANNO 2009 Ducati 749 (tutte le versioni) Honda CBR 600 F Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R/RR Suzuki GSX-R 600 Triumph Daytona 675 Yamaha YZF-R6

7 1 987 815 529 150 1107

ANNO 2010 Honda CBR 600 F Honda CBR 600 RR Kawasaki ZX-6R/RR Suzuki GSX-R 600 Triumph Daytona 675 Yamaha YZF-R6

3 502 616 411 75 555

Sergio Vicarelli Direttore Kawasaki Italia

STRATEGIE SBAGLIATE Moto fantastiche ma... utenti insoddisfatti KAWASAKI per ora ha preferito restare alla finestra, cercando di capire che fine farà il mercato delle sportive 600. Vedremo mai una nuova ZX-6R? «Probabilmente vedremo un altro modello sportivo di 600 cm3, il cui sviluppo era iniziato prima della crisi economica, poi non so cosa accadrà». Intende dire che Kawasaki potrebbe addirittura smettere di produrre la Ninja 600? «No, però, per esempio, potrebbero arrivare delle Ninja depotenziate ed opportunamente riviste per risultare più versatili...».

I costruttori hanno sbagliato strategia, dal 2004 ad oggi. Concorda? «Sì. Lo sviluppo dei veicoli deve andare di pari passo con le richieste del mercato. Con le sportive 600 questa regola non è stata rispettata. La competizione tra le varie Case e la rincorsa alla leadership prestazionale nelle competizioni hanno consentito di realizzare delle moto fantastiche dal punto di vista tecnologico, moto che, però, non sono state in grado di soddisfare quei clienti che volevano un mezzo versatile e non troppo costoso, anziché una ricca moto da corsa omologata per l’uso stradale». motosprint

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Inchiesta Supersport: chi ha sbagliato?

Claudio Castiglioni Presidente MV Agusta Motorcycle

Enrico Pellegrino Ex Direttore Generale Yamaha Motor Italia

LA CRISI DURERÀ A LUNGO

Le sportive 1000 vennero svendute

Il mercato delle 600 cambierà radicalmente volto QUASI Tutti stanno “scappando” dal settore supersport. Claudio Castiglioni e la MV Agusta, come spesso accade, stanno invece andando controcorrente, ultimando i lavori sulla F3, una tricilindrica di 675 cm3 che dovrebbe debuttare nel 2012. Perché avete deciso di mettere in produzione una supersport in un momento così difficile per questo segmento? «Apparentemente sembra una pazzia, in realtà non lo è. In passato le supersport avevano un prezzo piuttosto contenuto e delle buone prestazioni. Terreno fertile per i giapponesi, che sono bravissimi a costruire delle buone moto da vendere a prezzi popolari. Noi non abbiamo la forza di farlo e non ci interessa neanche. Il nostro obiettivo, infatti, è costruire prodotti esclusivi, tecnologicamente all’avanguardia, che però hanno un costo superiore alla media. Oggi i prezzi delle supersport sono lievitati, le vendite sono calate e gli utenti che continuano ad acquistare questi prodotti hanno il palato raffinato e vogliono qualcosa di speciale. E per questo che abbiamo deciso di costruire la F3. Daremo a questi utenti qualcosa di esclusivo a 11.500 euro, il prezzo di una competitor giapponese». Però se il segmento supersport dovesse collassare avreste fatto un investimento sbagliato... «Non credo che accadrà. Ho analizzato a lungo la situazione italiana ed europea del mercato e credo che il terremoto sia terminato. Fino a pochi anni fa in Germania si vendevano 300.000 moto, oggi non si va oltre le 50.000 immatricolazioni! Veniamo da anni di vacche grasse, ci siamo abituati troppo bene ed ora il mercato si è assestato e rimarrà così a lungo. Negli anni ‘50 successe un fatto simile, se ci pensa bene». Quindi le vendite non torneranno a crescere tanto presto? «Chi pensa che ci sarà una ripresa motosprint

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nel breve periodo, si sbaglia di grosso. Non credo che ci saranno ulteriori cali, ma la dimensione del mercato europeo è questa e tale rimarrà, per un bel po’. Pertanto, per sviluppare i modelli futuri bisognerà tenere conto di quello che è successo, senza illudersi. Il futuro, in Europa, sarà questo. Chi ha disponibilità economiche comprerà moto esclusive e costose. La cosiddetta “classe media”, quella che include anche il segmento delle sportive di media cilindrata, diventerà una nicchia ed aumenteranno le vendite delle moto economiche». All’estero, invece, cosa sta accadendo? «In Brasile, Corea, Taiwan e Sud Africa il mercato crescerà moltissimo. In quei Paesi i più abbienti ora comprano orologi, ma quando si diffonderanno le moto acquisteranno anche quelle. Credo che in questi Paesi si immatricoleranno molte naked, anche di grossa cilindrata. La sportiva rimarrà una moto di nicchia e pertanto dovrà essere un oggetto di culto, non un semplice mezzo di trasporto».

La crisi economica è l’unica responsabile della decadenza delle sportive 600? «Assolutamente no. Parte della colpa è dei costruttori, che non sono riusciti a capire le reali esigenze degli utenti, senza dimenticare le istituzioni...». Che cosa intende dire? «Che il metodo con cui vengono concesse le patenti è ridicolo. Nessun ragazzo che entra in possesso della patente A sa realmente guidare una moto, perché nessuno gli ha spiegato bene come farlo! È un argomento che mi fa arrabbiare, perché per risolvere il problema le istituzioni lavorano solo abbassando i limiti di velocità. Non dico che sia sbagliato, però bisognerebbe soprattutto migliorare le condizioni dell’asfalto, la sicurezza ed insegnare ai giovani a guidare la moto rispettando gli altri e le regole. In questo modo la gente non vedrebbe più la moto come un pericolo, ma come un mezzo in grado di regalare emozioni».

TUTTO INIZIÒ NEL 2008...

DA DICEMBRE 2010 Enrico Pellegrino è il direttore generale di Peugeot Motocycles Italia, però ha svolto per anni lo stesso ruolo in Yamaha, la Casa che ha costruito la sportiva 600 più estrema, la R6. Tra il 2008 ed il 2010 il mercato delle supersport è crollato. Chi ha sbagliato? «Non c’è un solo colpevole. Nel 2008 i concessionari, per liberarsi delle maxisportive invendute, fecero degli sconti incredibili. Una mille costava quasi come una 600. Il resto è storia...». Ci sono altri colpevoli? «Le lobby assicurative, collegate ai grandi gruppi bancari. Neppure i vertici del mondo auto possono nulla contro di loro... Fuguriamoci quelli delle moto!

Non c’è concorrenza ed i prezzi lievitano. Infatti, se un nuovo gruppo assicurativo volesse entrare in Italia, dovrebbe allineare i prezzi a quelli della concorrenza. Gli utenti, quindi, pagano polizze assicurative molto salate, tanto che a volte rinunciano anche all’acquisto del veicolo». L’abolizione del fornitore unico di motori in Moto 2 potrebbe dare un nuovo slancio allo sviluppo delle sportive 600? «Non credo. Le vendite attuali, in Europa e nel mondo non giustificano più lo sviluppo di sportive 600 troppo raffinate. Qualcuno potrebbe pensare di investire nell’immagine, ma la Moto 2 non è ancora una vetrina così importante».

Vittorio Savini Direttore Commerciale moto Suzuki

POCHI MA BUONI

Le 600? Solo per appassionati NEL 2010 nessuno ha commercializzato una sportiva 600 inedita. Nel 2011 l’unica supersport nuova, pensata per l’uso in pista, sarà la GSX-R 600. Una scelta coraggiosa o c’è la paura di cambiare perché la situazione del mercato è incerta? «Oggi è davvero difficile capire quanto e dove investire, però Suzuki ha deciso di affrontare la crisi cambiando la strategia commerciale e l’approccio con i concessionari, continuando ad evolvere anche i modelli supersport di media cilindrata». State investendo in un mercato che è in caduta libera... «Noi crediamo che non ci saranno ulteriori scosse di assestamento. Il peggio dovrebbe essere passato». Da cosa deriva questa sua certezza? «La necessità di ottenere determinati obiettivi di vendita ha incentivato l’utilizzo dei finanziamenti ed ha costretto i concessionari a vendere le moto con forti sconti. Per questo motivo il mercato è stato drogato per anni,

nel senso che gli utenti erano molto incentivati a comprare e lo facevano anche se non ne avevano un reale bisogno. L’arrivo della crisi ha ridimensionato il mercato, che ha preso la sua forma definitiva. Bisogna farsene una ragione, evitando di porsi obiettivi di vendita troppo ambiziosi». Come spiega che altri segmenti di mercato, come ad esempio quello delle maxi enduro stradali, hanno avvertito meno la crisi economica? «In passato c’erano degli utenti che, oltre allo scooter, avevano una moto stradale

adatta all’uso di tutti i giorni ed anche la sportiva da usare in pista. Oggi quegli utenti hanno un solo veicolo, al massimo due ed hanno rinunciato alla sportiva, probabilmente a causa della sua scarsa versatilità». La moto sportiva di media cilindrata, quindi, era un lusso che oggi moltissimi utenti non si possono più permettere. Come mai, quindi, Suzuki ha deciso di realizzare una nuova GSX-R 600? «Perché per noi le GSX-R, sia 600 , sia la 1000, devono rimanere all’apice della scala gerarchica. Suzuki continuerà a puntare sulle sportive, anche quelle di media cilindrata. Il mercato delle supersport infatti, si è ridimensionato e gli utenti che oggi acquistano una sportiva 600 sono degli appassionati molto esigenti. Ecco perché noi abbiamo deciso di continuare a sviluppare la GSX-R 600, che sarà l’unica vera sportiva 600 nel 2011». Quindi, se il mercato non subirà un’ulteriore contrazione, Suzuki continuerà a puntare sulle supersport, ridimensionando gli obiettivi di vendita e gli investimenti, ma senza cambiare radicalmente i modelli? «Esattamente. Perché per noi le sportive rappresentano ancora il sogno di molti motociclisti, anche di quelli che alla fine acquistano modelli meno estremi e più versatili. Questi utenti, in futuro, potrebbero anche tornare in sella ad una sportiva e non necessariamente sceglieranno una 1000». motosprint

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Attualità a cura di Dario Ballardini

LA PISTA DI IMOLA CAMBIA GLI EQUILIBRI

MOTOR BIKE EXPO SHOW DOVE E QUANDO Fiera di Verona, viale del Lavoro 8, 37135 Verona Nei giorni 21-22-23 gennaio, dalle ore 9 alle 19.

Motor Bike Expo Show 21-23 gennaio RITORNA il Motor Bike Expo Show, per gli amici “Salone di Verona”, ed è proprio la scossa che ci voleva. Un’iniezione di passione per smuovere un inverno addormentato dal maltempo e dalla pausa imposta per regolamento alla MotoGP. Tre giorni a tutto motore che riempiranno i locali della Fiera di Verona nel prossimo week-end, dal 21 al 23, e che non saranno una banale ripetizione del Salone di Milano ma propongono motivi di interesse validissimi anche per chi già ha visitato l’EICMA. A Verona saranno rappresentati quasi tutti i marchi, in forma diretta o tramite grossi concessionari supportati dalla Casa, e naturalmente verranno esposte tutte le novità 2011, ma ci sarà anche qualcosa in più di quanto già visto a novembre. La Diavel ancora non è dai rivenditori ma la Ducati ne ha già pronta un’ulteriore versione, la tenebrosa Black Diamond che finora si è vista solo sui giornali e a Verona comparirà in pubblico per la prima volta; ci saranno anche un paio di Royal Enfield, la Joker e la Bullet Ultra Classic, due versioni realizzate per il mercato italiano, e ci saranno le Norton del nuovo corso, le Commando 961 che si richiamano alla tradizione ma sono completamente nuove e da poco tempo vengono importate in Italia da Motocicli Speciali di Cremona. motosprint

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Se non vi basta ci saranno anche degli inediti assoluti: la Vyrus presenterà a Verona una Moto 2 sulla quale viene mantenuto il riserbo. La ciclistica è realizzata sugli originalissimi schemi della Casa riminese, con la sospensione anteriore a braccio oscillante, e il motore è Honda CBR 600 RR, ma tutto il resto verrà svelato solo a Verona. È destinata alle corse ma è già iniziata la produzione in pre-serie della versione stradale, consegne a marzo 2011. Mantiene il segreto anche la Headbanger, produttrice di custom originalissimi; il costruttore milanese aveva già mostrato all’EICMA i quattro modelli della gamma 2011 ma ad essi ne aggiungerà un quinto, che svelerà venerdì 21. Infine l’iniziativa della SF 750 Breganze Motociclette Italiane, un gruppo di appassionati che ha realizzato una moto ispirata alla gloriosa Laverda 750 e spinta dall’ultimo motore Laverda, il 747 cm3; il nome non può essere usato perché il marchio è di proprietà del Gruppo Piaggio ma i richiami sono fortissimi. Il prototipo era all’EICMA e sarà a Verona, l’intenzione è realizzarne una prima serie di 40-50 esemplari che – stando alle prime impressioni – sembrano destinati ad andare a ruba. Da non perdere anche le realizzazioni di Alberto Fasciani, sti-

lista delle calzature di lusso: esporrà una moto da speedway e una da flat track realizzate sotto la supervisione di Alberto Narduzzi, la prima “semplicemente” vestita di pelle,la seconda realizzata ex novo e spinta da un motore TM 450, e suscettibile di una derivazione ad uso stradale. E poi numerose realizzazioni del mondo custom, tantissime special, e nelle aree esterne spettacoli, esibizioni di stunt riding, prove di veicoli, le selezioni della MiniGP School, dimostrazioni. Sono stati sfiorati i 100.000 visitatori l’anno scorso: quest’anno ci sono tutti gli elementi per sfondare il muro. IL SALONE DI VERONA È ORMAI UN APPUNTAMENTO CLASSICO PER GLI APPASSIONATI: 90.000 VISITATORI NEL 2009, NEL 2010 È STATO SFIORATO IL TETTO DEI 100.000.

QUANTO È GRANDE IL SALONE DI VERONA Verranno utilizzati 7 padiglioni per un totale di 72.000 m2 di area espositiva coperta. Altri 35.000 m2 saranno dedicati agli show esterni con 7 aree per esibizioni e test di guida. È prevista una zona parcheggio moto all’interno del quartiere fieristico. COME ARRIVARE IN AUTO, IN TRENO, DALL’AEROPORTO In auto: la Fiera di Verona è di fianco all’autostrada. Chi proviene dalla A22 del Brennero deve uscire al casello di Verona Nord; chi proviene dalla A4 MilanoVenezia deve uscire a Verona Sud. Sul perimetro della fiera ci sono numerosi parcheggi, i principali sono i parcheggi ex mercato ortofrutticolo, magazzini generali, re Teodorico e il multipiano. In treno: bisogna scendere alla stazione ferroviaria di Verona Porta Nuova. Da lì autobus Linea 21 (scendere alla fermata di via Agricoltura), oppure Linee 61 e 83 (scendere alla fermata di Viale del Lavoro). In aereo: dall’aeroporto ci vogliono una decina di minuti e circa 16 euro in taxi.

IN BREVE DAL SALONE

NOVITÀ IN FIERA A VERONA

BIGLIETTI: QUANTO COSTANO E DOVE SI COMPRANO L’ingresso al Motor Bike Expo Show costa 16 euro (intero) e vale un solo accesso: non sono previsti biglietti validi per più ingressi o più giornate. Sono acquistabili direttamente alle casse della Fiera di Verona oppure in prevendita nel circuito Ticketone.

Al Con.Ami la maggioranza delle quote SEGUENDO il percorso già annunciato da tempo, l’assemblea dei soci di Formula Imola, struttura che ha in gestione l’autodromo di Imola, ha approvato il nuovo assetto della società. Ora la maggioranza è nelle mani del Con. Ami (Consorzio Azienda Multiservizi Intercomunale) che è passato dal 20 al 57% delle quote, mentre il restante 43% resta a Motorsport Eventi. Il nuovo assetto societario è stato determinato attraverso l’aumento di capitale operato dai soci: si è passati da 1,25 a 5 milioni di euro. Al vertice del consiglio

di amministrazione è stato confermato presidente Uberto Selvatico Estense, nel ruolo di vice presidente con poteri esecutivi è

stato inserito Valentino Pischedda, per conto di Con.Ami; confermato pure Walter Sciacca, amministratore delegato.

LE MOTO vanno a gonfie vele, a giudicare dal comunicato diramato dalla Casa d’aste britannica Bonhams (www. bonhams.com/motorcycles): oltre 1200 moto vendute per un giro d’affari di 5,6 milioni di sterline (più di 6,7 milioni di euro). La cifra più alta è stata pagata per una Brough Superior SS100 del 1938 (nella foto), battuta per 157.700 sterline (189.700 euro).

KLIMAMOBILITY A BOLZANO

IL 2010 finisce male per quanto riguarda le immatricolazioni, specchio di una crisi che va ben oltre i confini del motociclismo: a dicembre solo 6781 veicoli immatricolati con un calo del 47% rispetto al 2009. È un mese che pesa solo per il 2,2% sul totale, ma anche nel bilancio annuo non c’è da stare allegri: nel 2010 in totale sono state effettuate 307.045 immatricolazioni tra moto e scooter, rispetto al 2009 significa -24,2%, suddivisi in -27,7% per gli scooter (in totale 213.456 unità) e -14,5% per le moto (93.589). Fanno eccezione le moto oltre 1000 cm3 che con 24.556 unità segnano +10,1%, e le 800-1000 cm3 in leggero rialzo (+1%) con 23.039 pezzi. In crollo 600 (9938, -41,6%), 750 (20.545, -30,4%) e 125 (7635, -18,7%). Quanto ai segmenti, le naked vanno male (32.070, -28,7%) ma restano la fetta più grossa; male anche le sportive (11.038, -26,9%), stabili supermotard (8373, -3,3%) ed enduro stradali (23.906, -0,9%); crescono le turistiche (+24,3%) ma sono solo 6665 pezzi. Tra gli scooter i meno in difficoltà sono i 300-500 (80.123, -13,5%); nelle altre fasce cali attorno al 30%. Immatricolazioni 2010 Honda 55.200 Piaggio 51.321 Yamaha 39.948 Kymco 33.713 BMW 14.457 Aprilia 14.248 Suzuki 13.571 SYM 11.012 Kawasaki 9807 Ducati 8862 altre 54.906 Totale 307.045

COME TIRANO LE MOTO D’EPOCA!

22-24 SETTEMBRE 2011

IMMATRICOLAZIONI... POLARI

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

ASTE A GONFIE VELE

I modelli più venduti del 2010 Ciclomotori 2010 Honda SH 300 13.957 1. Piaggio 25.874 Honda SH 150 10.661 2. Aprilia 13.065 Honda SH 125 10.088 3. Kymco 9035 Piaggio Beverly 300 Tourer 9932 4. Yamaha 7653 Yamaha X-Max 250 9692 5. Malaguti 7384 Yamaha TMax 500 8663 6. SYM 3254 Piaggio Liberty 125 RST 7361 7. Garelli 3201 Piaggio Vespa GTS 300 Super 7047 8. Peugeot 3111 Kymco Agility 125 R16 6534 9. Honda 1772 Piaggio Beverly 300 6239 10. Gilera 1709 altri Il più venduto di dicembre 9863 Honda SH 150 Totale 402 85.921

LA FIERA di Bolzano ha presentato Klimamobility, il salone dedicato alla mobilità sostenibile. L’evento si terrà dal 22 al 24 settembre a Bolzano. Verranno esposti veicoli elettrici a 2, 3 e 4 ruote, attrezzature e macchinari per la ricarica dei mezzi, sistemi di trazione e tutto ciò che riguarda le prospettive della mobilità ecologica.

145 PUNTI VENDITA

PEUGEOT IN CINA CON 5 SCOOTER ANCHE Peugeot Motocycles guarda alla Cina ed ha aperto il primo dei suoi negozi monomarca a Nanjing, nella provincia di Shanghai. È prevista la distribuzione di 5 modelli di scooter: Kisbee 80, Vocus 110, Vivacity 125, Tourace 150 e Satelis 500, tutti costruiti nello stabilimento di Jinan, a parte il più grosso. Il programma del marchio francese per la Cina prevede 145 punti di vendita suddivisi in 9 province. motosprint

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Motolandia

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PROMESSE DA... MOTOCICLISTA VA BENE, prometto che nel 2011 ricomincerò a correre o ad andare in bicicletta. Però non da subito, che prima devo fare un bambino a febbraio, poi mi devo riprendere, poi ricomincio a correre o ad andare in bicicletta, lo prometto. Prometto anche che, quanto a fare il nuovo bambino a febbraio, sarò un po’ meno agitata di quanto lo sono stata per Cecilia, anche se su questa promessa non posso giurarci. Prometto che farò pulizia nel computer, eliminerò tutte le mail inutili, le newsletter di cui non mi frega niente e i documenti ormai marci e che appena il computer sarà pulito, perfetto e leggero come una piuma, lo terrò così ogni giorno, prima che diventi una nuova discarica neanche a marzo. Stessa cosa per la casa, ma lì mi sa che sarà più dura, essa è grande, noi tutti siamo dei discreti casinari, ce ne sarà uno in più e persino Sally il cane non riesce a tenere i suoi peli - gli stessi che la rendono uno dei più bei cani del circondario, ammettiamolo - a posto. Quanto a Sally, prometto che la spazzolerò più spesso, diciamo una volta alla settimana. Prometto che da subito andrò a letto più presto la sera. La smetterò di addormentarmi sul divano durante qualunque film per poi svegliarmi in piena notte tutta ingrugnata, infilarmi a letto con il sonno ormai perduto per poi leggere fino ad ore impossibili e disperarmi al suono della sveglia delle sette con il primo pensiero del giorno: stasera vado a dormire prima. Ecco, chiunque si trovasse dalla parti del mio divano e mi cogliesse addormentata a mezzanotte invece che a letto è autorizzato a rinfacciarmi questa promessa. Giuro che non mi offendo. Prometto di smetterla di credermi una super donna e di chiedere aiuto quando penso di averne bisogno, magari anche un attimo prima di crollare. Sono circondata da persone che non si tirano mai indietro e che mi vogliono bene e che me lo dicono sempre, insomma chiedere aiuto non significa certo essere degli sfigati, e poi anche se fosse? Prometto che mi metterò d’impegno per rivedere alcune cose del mio lavoro che non mi piacciono per niente. Prometto che non mi lascerò spaventare dalle nuove occasioni, anzi le prenderò al volo, come fossero ali di un aquilone che mi porta lontano. Prometto solennemente che sarò più leggera, meno esigente con chi mi sta intorno, più tollerante e pure un po’ più accomodante. Prometto che berrò più acqua, proverò ad iscrivermi ad un corso di yoga, che mangerò meno cioccolato, che mi dipingerò le unghie dei piedi con colori allegri, che mi comprerò qualche vestito a fiorellini piccoli e azzurri e che butterò via almeno 10 magliette vecchie. Prometto che mi metterò qualche gonna in più e qualche jeans in meno e che mi comprerò una collana con appesa una cosa stupida, tipo una rana. E infine, prometto di smetterla con le promesse da motociclista – che sono come quelle da marinaio se non peggio – e pure di smetterla di sentirmi in colpa come se avessi ammazzato qualcuno se non riuscirò a mantenerne almeno una. Ma sì pazienza, sarà un buon anno per tutti, amici miei. Laura Cattaneo

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MotoTrip in Umbria TERNI - Un’atmosfera scoppiettante ha caratterizzato l’8 e il 9 gennaio, il 26° MotoTrip. Sempre generoso il saluto tributato dalla città dell’acciaio alla prima uscita dell’anno su due ruote non competitiva, nata come una gita fuori porta tra amici e divenuta un evento irrinunciabile per molti. Più di mille motociclisti, giunti un po’ da tutta la penisola, si sono schierati al via pronti ad affrontare i rigori dell’inverno, rimanendo invece piacevolmente coinvolti da temperature quasi primaverili. Tra i presenti anche qualche volto noto, come Roberto Locatelli, nel 2000 campione del mondo della classe 125 in sella all’Aprilia. Accanto a degustazioni di prodotti tipici umbri, momenti d’intrattenimento ed espositivi quali la

struttura impiegata per l’Hospitality dall’Aprilia nel Mondiale SBK. A costituire la colonna vertebrale del MotoTrip, la passione per le due ruote e dello stare insieme dei partecipanti e gli itinerari differenziati per moto da enduro, di circa 100 km con varianti “hard”, da trial e strada. Gradito ritorno del VintageTrip, un percorso di 60 km dedicato alle moto da regolarità che ormai hanno qualche decennio sulle spalle. Per gli organizzatori, il Moto Club Racing Terni e l’Associazione MotoTrip, l’edizione 2011 segna la “versione 2” dell’appuntamento, accolto nel novero delle manifestazioni ufficiali della FMI, inserite nel progetto Hobby Sport. Giovanni Battista De Nisi

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LA FELICITÀ DI ESSERE LIBERI IN OCCASIONE dell’anniversario della liberazione di Auschwitz (27 gennaio 1945), permettetevi stavolta, amici e fratelli di moto, di sottoporre alla vostra curiosità un pezzo bellissimo e divertente di Primo Levi, scrittore che sto rileggendo in questi giorni, tratto dal suo celebre libro autobiografico “La Tregua”. Dove appunto narra le vicende della propria liberazione dalla terribile prigionia, in seguito allo sfondamento del fronte orientale da parte dell’esercito russo. “L’ispettore – racconta Levi – fece la sua prima ispezione (alle cucine del campo di concentramento n.d.r.) con molta dignità e serietà, prendendo appunti su un libretto. Era un capitano ebreo sulla trentina, lunghissimo e dinoccolato, con un bel volto ascetico da Don Chisciotte. Ma il secondo giorno aveva scovato chissà dove una motocicletta, e fu folgorato da un così ardente amore, che da allora in poi non furono più visti disgiunti mai. La cerimonia della ispezione divenne un pubblico spettacolo, a cui assistevano sempre più numerosi i borghesi di Katowice. L’ispettore arrivava verso le undici come una tromba d’aria: frenava di colpo con stridore orribile, e facendo perno sulla ruota anteriore faceva sbandare quella posteriore di un quarto di cerchio. Senza arrestarsi, puntava verso la cucina a testa bassa, come un toro che carichi; superava i due gradini con paurosi sobbalzi; descriveva due 8 frettolosi, con tutto lo scappamento aperto, intorno alle pentole; volava nuovamente gli scalini all’ingiù, salutava militarmente il pubblico con un sorriso radioso, si curvava sul manubrio, e spariva in una nuvola di fumo glauco e di fracasso. Il gioco andò liscio per varie settimane; poi, un giorno non si vide né motocicletta né capitano. Questo stava in ospedale, con una gamba rotta; quella era nelle mani amorevoli di un cenacolo di aficionados italiani. Ma furono rivisti ben presto in circolazione; il capitano aveva fatto adattare una mensolina al telaio, e vi teneva appoggiata la gamba ingessata, in posizione orizzontale. Il suo viso dal nobile pallore era atteggiato a felicità estatica; così combinato, riprese con impeto appena ridotto le sue quotidiane ispezioni”. Per me è un racconto eccezionale, non vi pare? Lo è in assoluto, per l’ironia e la freschezza dell’aneddoto, pur in uno scenario di orrori della memoria come quello del campo di concentramento di Auschwitz. Ma lo è soprattutto per chi è motociclista praticante e può condividere nel profondo i comportamenti di questo scapestrato capitano russo, bizzarri per tutti, normalissimi per noi. Pare infatti quasi di vederlo, impegnato nelle sue gimkane quotidiane, con la scusa ufficiale di eseguire ordini militari. Felice di fare la “tromba d’aria” nonostante tutto, anche con una gamba rotta, purchè in moto, all’indomani tragico di una sporchissima guerra di massa costata 50 milioni di esseri umani. Perché ognuno di noi, quando è in moto, può testimoniare col suo stesso entusiasmo e voglia di vivere il diritto di tutti di essere liberi e rispettati per quello che sono. Cerchiamo di ricordarcene sempre, per piacere. Grazie. Giovanni Carlo Nuzzo - gcn@gcnw.it

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Mondiale - Campionato indoor X-Trial a Marsiglia (Francia) Palasport, seconda prova Espace Loisirs srl, Quartier Boade, 04330 Senez France, tel. +33 4 92 34 22 94, fax +33 4 92 34 26 82, email boade@ wanadoo.fr

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Wayne Rainey è nato a Downey, in California, il 23 ottobre 1960. Sotto, è in sella alla Yamaha 500 del Team Roberts durante la sua ultima stagione, quella 1993.

Tre titoli consecutivi in 500 poi l’incidente che ha chiuso nel modo più amaro la sua storia di campione

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Campione triste

UELLA di Wayne Rainey è una storia senza lieto fine. Dove non c’è addio alle corse per età o per scelta, dove non ci sono discorsi e pacche sulle spalle ma lacrime sì, e dolore, vero, intenso, inconsolabile. Una storia impietosa, dove il campione viene strappato brutalmente allo sport e l’uomo alla vita che ama per affrontarne una sconosciuta, difficile e sofferta; senza più moto, con tanti ostacoli da superare, con una inguaribile nostalgia in fondo al cuore. Domenica 5 settembre 1993, a Misano Adriatico si corre il GP Italia e Wayne Rainey ha l’occasione per consolidare il proprio vantaggio in classifica su Kevin Schwantz, a cui due settimane prima ha strappato il primato nella classifica iridata vincendo a Brno il GP Repubblica Ceca. Il pilota della Suzuki ha un polso malconcio, lui invece sta bene. Gli sembra quasi impossibile avere raddrizzato un campionato in cui si è sentito troppo solo, abbandonato dalla Yamaha che alle sue domande di aiuto ha risposto semplicemente inviando ricambi, mai niente di nuovo, mai un segno tangibile di complicità, di impegno. Come se dopo tre titoli fosse inevitabile vincerne un quarto, come se i giapponesi si fossero convinti che lui li avrebbe comunque tirati fuori dai guai. È stato lui ad abituarli così. Con quella sua capacità di guidare qualsiasi moto gli abbiano messo nelle mani portandola al limite senza essere troppo esigente con la messa a punto. Certo, l’avrebbe voluta più scorrevole, più stabile, più maneggevole, e soprattutto più potente, perché i cavalli, a chi sa domarli, non bastano mai, ma la sua guida composta risultava comunque terri-

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GP Legends Wayne RAINEY

Q Quando d d debuttò b ttò nell M Mondiale, di l nell 1984 1984, con lla Y Yamaha h 250 250, Rainey non sembrava quel fenomeno che poi si è rivelato con la 500: sopra è in azione, sotto è tra Kenny Roberts e Kel Carruthers. bilmente efficace. Nessun avvitamento sulla sella, pochi funambolismi, massima concretezza e la sensibilità per spingere forte al via della gara, quando le gomme sono ancora fredde e i rischi di sbagliare più alti. Una dote preziosa. È in questi momenti che spesso è stato capace di prendersi un piccolo vantaggio, di mettersi nella condizione di poter gestire la corsa, di controllarla, con quel suo essere “consistent” che è esclusiva dei grandi campioni.

1988

1984

Domenica 5 settembre 1993 è una bella giornata di fine estate, di prima mattina file di auto percorrono la statale adriatica in fila indiana, snobbando i cartelli che indicano il mare. Puntano verso il circuito, verso una giornata che vuol essere di gare, di spettacolo, di festa. Wayne è già sveglio quando le 125 scaldano i motori per entrare in pista. Ha avuto tutto per sé il letto del motor home. La moglie Shae, compagna di vita e di corse, questa volta è rimasta a casa col piccolo Rex Wayne, che non ha ancora un anno. Sono insieme da una vita, lui e Shae. Nel salotto di casa una foto li ritrae giovanissimi, vestiti come ai tempi del Far West. Hanno entrambi capelli lunghi e biondi e il sorriso un po’ forzato di quando si aspetta che il fotografo si decida a scattare. Sono una bella coppia, molto affiatata, meravigliosamente normale. Sono arrivati in Europa nel 1988, lui per trovare una propria dimensione nel Mondiale GP classe 500 dopo un primo tentativo andato male con la 250 quando forse era troppo giovane e impreparato, lei per stargli vicino e conoscere usi, costumi, bellezze dei Paesi che avrebbero attraversato. Alla loro prima stagione lontano da casa si sono spostati di circuito in circuito con il motor home, per scelta, lanciati in un viaggio di nozze senza fretta e scadenze, con sole tappe obbligate quelle stabilite dal calendario delle gare. Una vittoria a Donington, in Inghilterra, due secondi e quattro terzi posti, il bilancio finale di un campionato positivo oltre le aspettative, chiuso al terzo posto, staccato di una sessantina di punti da Eddie Lawson, veterano della Yamaha, campione del mondo per la terza volta.

Rainey avrebbe voluto dare l’assalto al record di Spencer, vincitore di 500 e 250 nella stessa stagione ADESSO il numero uno è sulla sua carenatura. È lì da tre stagioni: da quando lo ha conquistato nel 1990 nessuno è più riuscito a portarglielo via. Fino a qualche settimana prima sembrava destinato a passare nelle mani di Kevin Schwantz, ma poi il pilota della Suzuki è stato travolto da Doohan a Donington e si è rialzato con un polso fratturato. Così la situazione si è rovesciata, con Wayne al comando della classifica e Kevin ad inseguire, con inevitabile affanno. Un’altra vittoria, dopo quella di Brno, consoliderebbe il quadro generale, e lo avvicinerebbe al quarto trionfo consecutivo. La gara si mette bene. Lui davanti, Ca-

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Il 1988 segna il trasferimento di Rainey in Europa: eccolo posare con il team manager Roberts e il suo compagno dell’epoca, Kevin Magee. Sotto, Rainey continua l’avvicinamento alla vetta della mezzo litro: nel 1989 sarà secondo, poi dal 1990 diventerà campione.

1989

Rainey in cifre Anno Classe

1984

GP disputati

Pole position

Moto

Punti

Posizione in campionato

1984

250

12

0

0

1

1

Yamaha

29

8

1988

500

15

1

2

4

1

Yamaha

189

3

1989

500

15

3

4

6

4

Yamaha

210

2

1990

500

15

7

5

2

3

Yamaha

255

1

1991

500

14

6

4

3

6

Yamaha

233

1

1992

500

12

3

4

1

0

Yamaha

140

1

1993

500

12

4

3

2

1

Yamaha

214

2

95

24

22

19

16

-

1270

-

TOTALE

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GP Legends Wayne RAINEY

1990 dalora dietro, Schwantz più staccato. La curva Misano, che oggi dopo l’allungamento del tracciato e l’inversione del senso di marcia immette sul rettilineo d’arrivo, nel ’93 era la prima curva, nella quale buttarsi dentro subito dopo essersi attaccati ai freni per una frenata che lasciava spazio al sorpasso. È qui che all’inizio del decimo giro Rainey ha vissuto i suoi ultimi istanti da pilota. Nei suoi ricordi c’è la moto che perde aderenza scappandogli via da sotto, c’è l’amara sensazione di avere esagerato, di avere spinto troppo; ci sono il suo rimbalzare sull’asfalto e il ruzzolare con la moto a fianco fin sulla ghiaia, e quella maledetta scarica di corrente che lo attraversa, una vampata di fuoco, poi più niente. Silenzio, buio, luce accecante, secondi interminabili. Cercando di decifrare l’affannarsi dei soccorritori, Rainey prendeva coscienza dell’impossibilità di alzarsi sulle gambe, di non riuscire a comandarle, di non sentirle più. Pochi minuti di volo in elicottero, tutti gli esami del caso, e in ospedale è arrivata la conferma della diagnosi fatta in circuito dal Dottor Claudio Costa, il medico dei piloti: frattura e lussazione della sesta vertebra dorsale, con paralisi degli arti inferiori. Il Rainey pilota era perduto per sempre. WAYNE aveva in mente di dare l’assalto al primato di Freddie Spencer, il solo pilota ad avere vinto nella stessa stagione il titolo di 500 e 250; sentiva di potercela fare e sentiva il bisogno di nuovi stimoli, dopo

Il 1990 è l’anno della consacrazione: Rainey succede a Lawson, suo connazionale e compagno di squadra. Sotto, foto ricordo di una stagione memorabile per il Team Roberts, che vinse anche in 250 con Kocinski.

essersi confermato a più riprese al vertice della classe regina. Gli sarebbe piaciuto tornare a correre nella quarto di litro e far vedere che se dieci anni prima aveva lasciato poche sparute tracce nella categoria, era solo la conseguenza di una serie di circostanze sfortunate e non perché non era all’altezza della situazione… Tutto era cominciato con una proposta di Kenny Roberts: «Vuoi venire con me in Europa?» gli aveva chiesto a fine 1983 dopo avere preso la decisione di lasciare la pista ma non le corse. Quell’anno “King” Kenny aveva lottato fino all’ultimo centimetro di pista con Freddie Spencer, cercando di portare a casa il quarto titolo nella 500, senza riuscirci. Subito dopo avere metabolizzzto la sconfitta aveva cominciato a mettere insieme i pezzi di quella che sarebbe diventata la sua squadra. Wayne invece si era aggiudicato il campionato AMA Superbike in sella alla Kawasaki, traguardo che la Casa giapponese celebrò mettendo la parola fine al proprio impegno nella serie, lasciandolo senza troppe alternative. Prendere armi e bagagli ed andare alla scoperta del mondo dove Roberts era diventato “il marziano” gli era sembrata una soluzione accettabile. Invece nel passaggio dalla Superbike americana alla 250 mondiale tutto si era rivelato maledettamente difficile. Misurarsi con problemi di moto e di gomme non lo aveva certo aiutato a trovare la propria dimensione in un mondo così lontano dal suo, e a dispetto della vittoria alla 100 Miglia di Daytona,

che era apparsa un buon viatico per la sua partenza verso l’ignoto, i risultati arrivarono con il contagocce. Un solo podio, terzo a Misano dopo una bella rincorsa nella gara vinta da Fausto Ricci, che come lui era in sella a una Yamaha TZ. FATTE le dovute considerazioni sul senso della sua presenza al Mondiale GP, riprendere la strada di casa gli era apparso inevitabile, tantopiù che la Honda gli aveva offerto una moto per tornare in Superbike, dove aveva già vinto nel 1983 e dove avrebbe fatto il bis nel 1987. In fondo in California, dove è nato e cresciuto, Rainey stava proprio bene. Come tanti suoi connazionali aveva avuto la prima moto quando era bambino e ben presto si era trovato a correre qualche gara. Alla prima ricorda di essersela fatta sotto per l’emozione… ma anche di essere arrivato a un passo dall’accarezzare il podio. Presto arrivò anche la vittoria e visti i buoni risultati il divertimento divenne sport a tutti gli effetti e lo portò a misurarsi nel campionato di dirt track, specialità alla quale il giovane Wayne si dedicò con passione fino a quando la Kawasaki, che lo aveva voluto nella propria squadra ufficiale, non gli propose un test in pista. Il risultato fu sorprendente e gli valse la partecipazione al campionato del 1982, dove si fece subito valere, ottenendo un sorprendente terzo posto alle spalle di Lawson e Baldwin. Il preludio al titolo dell’anno seguente.

1991

Anche il 1991 è una stagione trionfale: Rainey vince sei gare e sale sul podio ben tredici volte, dominando la stagione.

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1991 1990 La passione di Wayne era il dirt track. Poi la Kawasaki nell’81 gli fece provare una Superbike. Fu amore a prima vista

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GP Legends Wayne RAINEY

1992

1992

La stagione ‘92 segna il terzo trionfo in 500 500, ma non mancano i momenti difficili: sopra, la caduta nelle prove del GP Germania. Sotto, Rainey in gara davanti a Doohan (2) e Schwantz (34). TORNANDO in Superbike con la squadra Honda USA, nel 1985 Rainey riassaporò il gusto della vittoria, ma soltanto in un paio di gare. L’anno seguente una penalizzazione gli impedì di giocarsela alla pari con Fred Merkel, ma poi è riuscito a riprendersi la tabella di numero uno nel 1987. Come era successo quattro anni prima, Kenny Roberts tornò a chiedergli di seguirlo in Europa. Questa volta i tempi erano maturi. Perché c’era una moto che sentiva più adatta a lui, la 500, perché la squadra stava guadagnando esperienza e peso, ma ancora di più perché quella di attraversare di nuovo l’Oceano questa volta era una scelta, non una necessità dettata dagli eventi. Sul fronte Honda la sua voglia di Gran Premi si era scontrata con un secco no: lo volevano negli Stati Uniti a

1992

difendere il suo numero uno e avevano già assegnato le proprie NSR 500 a Gardner, Yatsushiro, Mackenzie e Chili. Così, per la seconda volta, Roberts si sentì rispondere sì. Il debutto di Rainey in 500 ci ha fatto capire perché Roberts abbia tanto insistito per averlo in squadra, preferendolo ad un pilota di carisma come Randy Mamola, personaggio a tutto tondo che però in carriera non è riuscito a superare la barriera del secondo posto in campionato, collezionandone ben quattro, alle spalle di quattro piloti diversi. Kenny puntava al titolo ed anche a fare della sua squadra il team di riferimento della Yamaha. Avrebbe avuto entrambe le cose. E Wayne lo avrebbe aiutato ad ottenerle. Tra il vecchio campione e il suo nuovo pilota c’era un rapporto di stima reciproca destinato a consolidarsi nel tempo. Rainey era presenza fissa al ranch di Modesto, dove si allenava insieme a quello che per tutti gli americani arrivati in Europa negli anni Ottanta è stato il maestro, l’esempio da seguire. Avere guidato in più di una occasione la Honda 500 a tre cilindri nel campionato nazionale faceva sì che non fosse un vero e proprio esordiente nella classe regina. E Roberts non aveva alcun dubbio sul fatto che sarebbe stato in grado di arrivare ai vertici della categoria. Dopo due sole gare era in pole position a Laguna Seca, e alla quarta, a Jerez, aveva ormai la vittoria in pugno quando l’improvviso tracollo delle gomme lo costrinse a lasciare strada a Lawson. Doveva passare ancora qualche mese, ma ci sarebbe stato anche un successo da festeggiare, arrivato nel GP Gran Bretagna a Donington.

Il debutto di Rainey in 500 ci ha fatto capire perché Roberts lo abbia voluto al Mondiale

1993 CON QUEL campionato finito al terzo posto, Rainey si è meritato rispetto e considerazione, ma solo l’anno successivo si è capito che aveva davvero talento e carattere per salire fino al vertice e rimanerci. Con Eddie Lawson passato a sorpresa alla Honda, nella squadra di Erv Kanemoto, dopo la bellezza di tre titoli in cinque stagioni con la Yamaha, Wayne è riuscito a non farlo rimpiangere, affrontandolo in una esaltante sfida all’ultimo punto, dove una caduta nella gara decisiva, in Svezia, ha fatto sì che fosse Eddie ad avere la meglio. Ma ormai il titolo era nell’aria e Wayne non si spaventò quando gli proposero di avere al proprio fianco proprio Lawson, in rotta con la Honda. Il 1990 fu un anno di cambiamenti importanti per il Team Roberts, guadagnatosi sul campo i galloni di prima squadra Yamaha, superando nella considerazione dei giapponesi il team di Giacomo Agostini, che dopo il tradimento di Lawson aveva tentato il rilancio di Spen-

1993

LA GRANDE CORSA FINISCE A MISANO La vita di Wayne Rainey è cambiata in modo traumatico il 5 settembre 1993, a causa della caduta che gli ha provocato la paralisi delle gambe. Rainey (in alto davanti a Luca Cadalora, suo compagno dell’epoca) ha lasciato da numero uno: era il campione in carica (e stava avviandosi alla conquista del quarto titolo consecutivo) ed era in testa alla corsa.

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GP Legends Wayne RAINEY

cer, impresa affascinante quanto rischiosa, rivelatasi un clamoroso insuccesso. Sulle carenature i colori bianco rossi della Marlboro presero il posto di quelli Lucky Strike ed arrivarono le gomme Michelin a portare la costanza di rendimento della quale si sentiva la mancanza. Presto lo squadrone si trovò “dimezzato” per l’infortunio sofferto da Lawson nelle prove del secondo GP stagionale; quell’incidente cancellò ogni possibile dubbio sulle gerarchie in squadra, e con sette vittorie Rainey conquistò il primo dei suoi tre titoli consecutivi. NEL 1991 le vittorie di tappa al suo attivo sono sei, e anche qui il titolo arriva in anticipo. È un bene, perché nella sessione di prove libere che precede di una settimana il GP Malesia a Shah Alam, ultima prova del campionato, Rainey si frattura malamente il femore destro. Tornerà in moto soltanto l’anno successivo, sulla stessa pista, dopo essersi sottoposto ad un intervento chirurgico e ad una lunga riabilitazione. È questo il primo infortunio importante della sua carriera, al quale reagisce lavorando duramente per recuperare la miglior condizione fisica possibile. Nel suo inverno non ci sono sport, allenamento, divertimento, soltanto esercizi di rieducazione. Una sofferenza, per lui che dà grande peso alla preparazione fisica e appena riesce a camminare senza più incertezze si rimette a correre a piedi, a dispetto di dolorose fitte al ginocchio, solo per dimostrare a se stesso di essere ancora in grado di farlo. Il campionato 1992 comincia in salita per i postumi dell’incidente e anche perché Doohan e la sua Honda sembrano imbattibili. L’australiano domina le prime quattro gare, prima di cedere a Schwantz al Mugello. A Barcellona tocca a lui a strappargli il successo allo sprint, ma Doohan torna alla vittoria in Germania. Rainey invece finisce di nuovo KO. Niente di drammatico, ma un ruzzolone in prova lascia il segno. Wayne stringe i denti e parte per la gara, però deve fermarsi. Il dolore è più forte degli anestetici. In Olanda, due settimane dopo, gli mostrano il filmato del botto di Hockenheim. Lo guarda con attenzione, a velocità normale e al ralenty, poi chiede all’operatore di non scomodarsi più se in futuro dovesse avere altri video del genere. Certe immagini fanno male. È giù di morale e ancora

Personaggi che hanno diviso la carriera sportiva di Rainey: da sinistra in alto, Wayne in quad con passeggeri Kurtis Roberts bambino e un giovanissimo Edwards; intervistato da Barry Sheene e sul podio con Doohan e Schwantz. Sotto è nel box come team manager di Sete Gibernau.

così ammaccato da decidere di prendere la strada di casa dopo le prime prove. Una volta atterrato negli Stati Uniti saprà dell’incidente che dopo la sua partenza ha messo KO Doohan, una frattura di tibia e perone operata di fretta e male all’ospedale di Assen, con complicazioni post operatorie di cui Doohan porta evidenti i segni oggi più di ieri, e che gli sono costate insieme al titolo la possibilità di reggersi saldamente sulle gambe. Il suo vantaggio era tale e tanto che fino all’ultimo GP ha tenuto il comando della classifica anche senza poter scendere in pista, ma cercare una disperata difesa del suo primato tornando in sella con una gamba in condizioni terribili non gli ha permesso di arginare il recupero di Rainey, confermatosi numero uno nonostante le problematiche tecniche, quelle fisiche e la poco entusiastica convivenza con Kocinski, cui Roberts a fine stagione ha deciso di mettere fine, scegliendo di alleggerire la squadra dalla sua ingombrante presenza, considerato che la sintonia con lui era arrivata all’osso, mentre con Rainey le cose andavano a meraviglia sotto tutti i punti di vista. Perché Wayne è sempre stato un ragazzo senza paturnie, generoso, che non si è mai sentito personaggio e non si è mai atteggiato come tale. L’incidente di Misano lo ha indurito, facendoci conoscere la sua parte più oscura quando ha provato a ritornare nel mondo che era stato suo ma non sentiva più come tale. Lì ha capito di non poter essere un buon team manager, perché non riusciva ad avere il necessario distacco, perché valutava i suoi piloti in un impossibile confronto con quello che era stato. Così ha lasciato, rifugiandosi nella sua Monterey, insieme a Shae che sa dargli coraggio nei giorni più duri e Rex Wayne che si è fatto ragazzo.

Prima di lasciare gli Stati Uniti Rainey ha corso nel dirt track e con le Superbike. La sua carriera nei GP è legata alla Yamaha, ma negli USA ha corso con Kawasaki e Honda (sopra).

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GP Legends Wayne RAINEY

di Mat Oxley

D

Wayne Rainey oggi (sopra e a sinistra) e ai tempi della sua gloria sportiva (a destra). Da pochi mesi abita in una nuova casa, sempre vicino alla pista di Laguna Seca, più adatta alle sue esigenze.

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Era il re della 500, poi ha perso tutto. E dopo 18 anni vissuti sulla sedia a rotelle non si sente ancora in pari col destino

orgo oglio Gloria e orgoglio

OPO aver lasciato l’odore dell’Oceano Pacifico, all’altezza della cittadina di Monterey, a due passi dal circuito di Laguna Seca, bisogna spostarsi sulle colline, attraversare un bosco e infine superare il controllo elettronico, per poter accedere alla nuova residenza di Wayne Rainey. Un’area esclusiva e prestigiosa, da cui in lontananza si vedono le onde dell’Oceano, e che ha in Clint Eastwood l’unico vicino. La villa di Wayne Rainey si estende solo in piano, a causa di ciò che accadde nel pomeriggio del 5 settembre 1993 a Misano. Cadendo, il californiano non perse solo la possibilità di conquistare il suo quarto titolo consecutivo nella 500: quando la sua Yamaha gli volò addosso gli provocò infatti la rottura della spina dorsale e nulla fu più come prima. Oggi Rainey sembra avere finalmente un buon rapporto con la sedia a rotelle, e sembra perfettamente acclimatato a questo tipo di vita. Eppure ancora adesso, cioè a quasi 18 anni di distanza, dà l’idea di essere un gigante ancorato al terreno da un guinzaglio troppo potente. Un moderno Sansone privato dei capelli. Ma la forza che rese Wayne Rainey il pilota che era, è ancora intatta. In tutti questi anni Wayne ha rivissuto migliaia di volte quel pomeriggio del 1993, così oggi non ha alcun problema a parlarne, anche se certe emozioni forti trapelano ancora. «Sono paraplegico a causa delle fratture alle vertebre T6 e T7, non sento niente dalla vita in giù. Non ho più muscoli, non ho alcuna sensazione. In fondo, questo è persino peggio del fatto che non posso camminare. Il giorno dell’incidente non è stata solo l’ultima volta in cui ho guidato una moto: è stato anche l’ultimo giorno in cui io sono stato un uomo indipendente. Quel giorno mi è stato portato via tutto. Faccio un esempio: se c’è una perdita in un tubo, devo chiamare qualcuno che la metta a posto. Io odio questa mia impossibilità di fare le cose da solo, anche le più semplici. Questa cosa mi fa diventare matto. E questo è uno degli aspetti in cui ho dovuto affrontare una certa maturazione: ho dovuto imparare ad essere paziente». Subito dopo l’infortunio, Wayne si trovò a gestire una sua squadra schierata nella 250: si pensò che gli sarebbe stato utile restare nell’ambiente di cui era sempre stato protagonista; e che sarebbe stato importante dargli qualcosa da fare, qualcosa per cui continuare ad impegnarsi giorno dopo giorno. Venne fondato il Team Marlboro Rainey, ma

non funzionò: questo nuovo lavoro cominciò subito a mettere in pericolo il suo benessere, sia a livello psicologico che fisico. «Ho fatto molta fatica ad adattarmi: da una parte cercavo di accettare questa mia nuova vita, dall’altra ero ancora troppo ancorato a quella precedente. E in quel ruolo, il proprietario di un team, mi sentivo strano e per nulla a mio agio». Lottò per due anni con questa sua condizione che non gli piaceva, e a chi lo incontrava nel paddock appariva evidente questo suo malessere interiore: «non ero felice, nel fare quello che dovevo fare, e il mio fisico soffriva molto nel mio tentativo di non mollare. Inoltre, a parte i miei enormi problemi, la situazione ad un certo punto diventò molto difficile anche per mia moglie Shae». Rainey si tormentò a lungo, per la situazione in cui si era ritrovato, anche se conosceva il rischio che correva svolgendo un mestiere così pieno di pericoli. «Ci ho sempre pensato, quando gareggiavo. Ed è sempre stato il mio maggiore incubo, così come penso che lo sia per ogni pilota. Vedevo spesso dei ragazzi in sedia a rotelle, quando andavo alle gare, e vidi finire in questo modo anche Gary Cowan, nel 1990 (era un pilota del Team Roberts 250). E la cosa buffa, se così si può dire, è che ho sempre detto tra me e me: io non voglio finire in quel modo, non voglio finire su una sedia a rotelle…». AD UN CERTO punto Rainey decise di chiudere la sua squadra e quindi spezzò ogni legame con la sua vecchia vita. Tornò in California per iniziare una nuova esistenza. «Appena ho mollato tutto mi sono sentito improvvisamente felice; non avrei mai pensato che sarebbe potuto accadere, perché le corse erano state tutta la mia vita. Quando ho salutato il paddock mi sono sentito molto sollevato per il fatto che non avrei dovuto più affrontarlo. E ancora adesso, se ci penso, avverto la stessa bella sensazione che avvertii all’epoca». Ma Rainey non può cancellare la parte più bella della sua esistenza: «mi manca, il non essere più pilota: ci sono giorni in cui non so cosa darei per poterlo fare di nuovo. Così come vorrei fare mille altre cose. Ma del resto, sono come ogni altro uomo: ho le mie debolezze, affronto le mie battaglie, lotto per sopravvivere alle vicende della vita. A causa del mio problema fisico, la mia di fatto è tutta una lotta. Spesso ripenso a quanto era

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Però vedevo che Wayne era contento e allora non ho mai detto nulla». Grazie alla passione di Lawson per questo genere di corse, Wayne ha piano piano riscoperto il suo spirito agonistico: «ad un certo punto mi sentivo frustrato, visto che non riuscivo ad essere abbastanza veloce. Mi innervosivo perché volevo aumentare sempre le mie prestazioni e non riuscivo ad adattarmi al fatto che in fondo avrebbe dovuto trattarsi solo di uscite con gli amici, per divertirsi. Ma io mi divertivo solo se andavo forte, se no mi arrabbiavo. Ora le nostre uscite sono rare, anche se Eddie sarebbe molto contento se riuscisse a riportarmi in pista; anche perché in quel caso ritroverebbe qualcuno con cui battagliare».

facile la mia vita, prima; poi però torno alla realtà e realizzo che questa è la mia situazione e in questa io devo stare. Bisogna andare avanti, certo. Prendi quello che arriva, e vai avanti. Non lo so, forse potrebbe persino andarmi peggio di così. Nessuno può sapere cosa accadrà domani, così è meglio vivere alla giornata. E io, ogni giorno, prego il Signore per quello che mi è rimasto». Wayne adesso vive una vita tranquilla, insieme alla moglie Shae e al figlio Rex che è ormai un adolescente. «Di fatto, io sono un pensionato. A livello finanziario non ho problemi. Non posso permettermi di andare a comprare aerei e barche, ma in ogni caso non ho mai avuto passioni di quel genere. Negli ultimi quattro anni mi sono occupato di investimenti e ho seguito la realizzazione della mia nuova casa. E poi, mi sono messo a dare una mano ad un’azienda che si occupa delle riparazioni delle sedie a rotelle che poi vengono spedite nel Terzo Mondo. Potrei persino essere più occupato, se lo volessi, solo che io non voglio dover prendere degli aerei. E poi adesso mio figlio Rex mi tiene piuttosto impegnato». Rex è nato solo 11 mesi prima dell’incidente di suo padre e adesso sta organizzandosi per iniziare a frequentare l’università. Sia papà Wayne che mamma Shae sono contenti per il fatto che Rex non abbia mai mostrato interesse per la carriera di pilota. «Probabilmente se non avessi avuto l’incidente prima o poi io e lui ci saremmo ritrovati a girare insieme in qualche pista di dirt track. Una volta l’ho portato a girare nel ranch di Kenny Roberts ma Rex non si è mai

appassionato e non ha mai voluto nemmeno provare a gareggiare: è troppo preso dal baseball». Wayne invece è molto impegnato nel mantenere la migliore forma fisica. Fa molti esercizi con una “tre ruote” che si aziona con le braccia, inoltre si diverte con i kart. Ma non sono giocattoli: hanno i motori da 90 CV della TZ250 da Gran Premio. Questi kart li costruiscono suo padre, Sandy, e il suo ex rivale Eddie Lawson. «Eddie venne da me quando avevo iniziato da appena un paio di settimana la riabilitazione, dopo l’incidente. Era da due anni che non parlavamo con tranquillità. Lui ad un certo punto mi ha detto: dobbiamo trovare il modo di riportarti in pista, in una qualche maniera. Non sapevo che cosa aspettarmi, ma mi piacque l’idea di rimettermi il casco in testa, e devo dire che quella esperienza fu molto bella. Quello che Eddie ha fatto, è stato meraviglioso anche per mio padre. Adesso vanno a correre insieme e appena smettono mi chiama Eddie, che magari è incazzato perché il kart non va abbastanza forte; e poi mi chiama mio padre, che se la prende perché deve mettersi a lavorare per farlo andare sempre di più. Io mi metto a ridere, ma è molto bello che loro due siano ancora impegnati in questo genere di cose». Shae non fu entusiasta, per la decisione di suo marito di correre con il kart: «pensavo agli eventuali problemi – spiega lei –. Insomma, in caso di incidente, se il kart si fosse rovesciato o se avesse preso fuoco, come avrebbe fatto Wayne a scappare da quella situazione, visto che non poteva muoversi?

MA I DUE ex compagni di squadra, e rivali di tante battaglie, riescono ancora a condividere la passione per le corse. Lo fanno commentando le gare della MotoGP, che guardano attraverso la TV satellitare, meravigliandosi ogni volta per via dei cambiamenti che sta facendo questo sport. Ed essendo uomini che hanno trascorso l’intera carriera perfezionando il collegamento tra cervello, mano destra e parte posteriore della moto, si trovano d’accordo sul fatto che la tecnologia è diventata troppo influente sulle moto di oggi.

«Le gare di oggi non mi esaltano come lo facevano una volta. E poi, quando ho sentito i piloti della 250 che dopo essere saliti sulla MotoGP dicevano che questa moto è più facile, ho iniziato a pensare che c’è qualcosa che non va. Detesto sentire queste frasi, pensando alla classe regina: insomma, suona male». Però, anche se le leggende americane della 500 condividono l’astio per il traction control, non possono negare che la tecnologia abbia reso le moto più sicure di un tempo: «su questo sono completamente d’accordo. Anche io voglio che un pilota sia ancora in grado di stare in piedi, quando finisce la carriera. Anche io voglio che le moto non siano così violente da provocare danni gravi. Io sono uno di quelli che ha vissuto l’era dei piloti che si facevano molto male (io stesso ne porto le conseguenze...) e non voglio che si torni indietro». In giro per la casa di Wayne Rainey non ci sono foto, trofei, gli oggetti delle corse: il riaffiorare di certi ricordi fa ancora male. Tutti gli oggetti di Wayne sono stati raccolti in una stanza che si trova vicino alla zona della cucina: «la gente ci si infila pensando che sia il bagno!» dice lui, ridendo, ben sapendo che quella stanza è una vera e propria area celebrativa dei suoi trionfi ed è una stanza immacolata. Ci sono trofei, fotografie, accessori,

tute e caschi; e anche due Yamaha YZR 500 con cui Wayne ha vinto. Però non ama che si facciano troppe fotografie in quel luogo, perché non vuole apparire uno che ostenta le sue vittorie. Del resto, da pilota era un grande lavoratore con la mentalità di chi non molla mai: «forse avrei dovuto prendere le corse con meno orgoglio. Una delle cose che mi piacciono di Rossi è che lui non lascia mai prevalere l’orgoglio quando parla dei suoi avversari: si complimenta con loro, se l’hanno battuto; da l’idea di voler piacere ai suoi avversari. Io non sono mai riuscito ad essere così. Nella mia epoca, noi americani eravamo troppo orgogliosi: quando venivamo battuti, non volevamo mai ammettere che qualcun altro era stato più veloce. L’era di Rainey, Lawson, Schwantz, Doohan, era l’epoca dei pistoleri ombrosi e cattivi: gente che si batteva in sella alle violente 500 due tempi da 200 CV, lottando su piste che erano spesso orribilmente pericolose. E nonostante questo, nessuno di loro era disposto a tirarsi indietro. Probabilmente non ci sarà più un’epoca come quella. E la cosa strana è che nemmeno Rainey, in fondo, è sicuro se questa sia una buona o una cattiva notizia.

«Nella mia epoca noi americani eravamo troppo orgogliosi: quando venivamo battuti non volevamo ammettere che qualcun altro era stato più veloce»

La stanza dei ricordi di Wayne Rainey è ordinata come un museo: fra tute, caschi e trofei ci sono anche due delle Yamaha 500 con cui ha conquistato il titolo mondiale. In alto, la foto ritrae Rainey con due dei suoi leggendari connazionali: Lawson e Schwantz. Insieme, accumulano ben 8 titoli nella 500.

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