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I Federica Mingolla, climber La Sportiva

UNA COSCIENZA CHIAMATA "PAURA"

Federica Mingolla racconta la sua esperienza con la sensazione del vuoto come compagna di cordata. È lei l’ospite del secondo appuntamento con La Sportiva Meet Up

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di Sara Canali

Sono quattro gli appuntamenti organizzati da La Sportiva che fanno parte del nuovo format dedicato agli appassionati del mondo indoor climbing. Il brand ha infatti lanciato La Sportiva Meet Up, ovvero un circuito di giornate formative che vedono la partecipazione di grandi atleti del team, con l’obiettivo di comunicare temi che spaziano dalla prevenzione contro gli infortuni fino ai consigli sui migliori metodi di approccio ai boulder. Le giornate sono organizzate in collaborazione con Urban Wall Milano e vedono la presenza di un pubblico tra le 20 e 60 persone a ogni evento. Il progetto è veicolato principalmente tramite i canali di comunicazione della palestra e sarà successivamente replicato su altri centri in altri stati. Mercoledì 9 marzo è stata la volta di Jacopo Larcher mentre il 6 aprile la protagonista dell’incontro è stata Federica Mingolla. Il 18 maggio invece sarà il turno di Marcello Bombardi. Con Federica, alpinista torinese, classe 1994, i temi affrontati sono stati i primi di cordata, la riduzione dei rischi e il materiale base per l'arrampicata. Ma in particolare, la fortissima climber ci ha raccontato la sua esperienza con una componente fondamentale dell’andare in montagna: la paura. Attraverso il racconto di aneddoti legati alla sua crescita personale e sportiva, la raccolta delle impressioni dell’audience sul loro rapporto con la verticalità e il senso di vuoto, il Meet up ha voluto affrontare il tema del “volo” in parete tradotto poi in una prova pratica sulle prese della palestra meneghina. Ecco cosa ci ha raccontato sull’argomento.

Ciao Federica, tu di cosa hai paura? La paura è un'emozione che ti accompagna. All’inizio avevo paura della paura. Non riuscivo a spingermi mai in là, non volevo provare la sensazione di cadere in parete per non perdere il controllo. Il mio allenatore mi diceva di provare a fare dei “voli” per farne esperienza e per imparare a fidarmi della corda e di chi mi faceva sicura. Ma non riuscivo a lasciarmi andare. Finché mi disse che ogni volta che avrei detto "blocca'' mi avrebbe dato una manciata di corda. Non avevo altra scelta: o fare tanti metri di caduta o assecondare il suo volere e cadere. Dopo averlo fatto la prima volta mi sono sbloccata e ho così capito che la sensazione di vuoto non è così orribile e che si può riuscire a gestire.

E cosa è cambiato? Ho iniziato così a fidarmi troppo del mio cadere e della mancanza di paura che ho cominciato a fare voli sempre più lunghi e su protezioni veloci anche quando non le mettevo molto bene. Ma mi accorsi che dovevo trovare una via di mezzo. Come hai trovato l’equilibrio? Crescendo! Ero troppo immatura quando ho cominciato ad andare in montagna. Con l’esperienza ho capito che in alcuni punti si può cadere e in altri no. E che la paura lavora come fosse la nostra coscienza che ci parla costantemente. Quindi è una questione di scelta? Di valutazione più che altro: valutare l’itinerario e scegliere se e come affrontare il rischio. È veramente una questione di esperienza. Sono convinta che sia fondamentale avere paura, è la compagna necessaria con cui bisogna sempre confrontarci perché è sano temere per la propria vita. Dovremmo preoccuparci se non fosse così, se al contrario cominciassimo a non preoccuparci più di niente e a fidarci troppo di noi stessi e della nostra attrezzatura. La paura deve esserci, ed è importante imparare a gestirla. Se non ha modo di esistere, la superi, se invece persiste, bisogna valutare il motivo che la provoca. Come altro sei cambiata? Come qualsiasi persona che si evolve. Sono passata da amare l’arrampicata come gesto sulla parete indoor, per poi uscire all’aria aperta fino a raggiungere l’estasi in alta montagna, un posto che amo con tutto il cuore. Questa evoluzione è ancora in atto e sta ancora avvenendo. E l'evoluzione sportiva ha rispecchiato quella della mia personalità. In che senso? Da piccola ero impulsiva e senza freni, come tutti i bambini che non hanno ancora avuto esperienze negative. Crescendo ci si scontra con la realtà, con i propri traumi e quelli delle persone che purtroppo se ne vanno e allora impari ad ascoltare la tua paura. Sono felice ora di essere più matura perché, se non lo fossi, sarei più incosciente. Mi piace moltissimo la montagna, e poterla scalare è per me vivere la mia passione nell’ambiente che mi fa sentire a casa. Oggi vivo l’arrampicata sportiva come un allenamento anche se, a volte, è ancora in grado di darmi tanto.

Federica Mingolla

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