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La filiera della stampa nella bufera dei rincari

La corsa dei prezzi delle materie prime, dalla carta agli inchiostri, alle lastre e soprattutto i maxi rincari della bolletta energetica, che non si è arrestata con la ripresa autunnale, sta colpendo tutta l’industria manifatturiera italiana.

di Achille Perego

La situazione sta volgendo al peggio: la bufera dei rincari sta colpendo pesantemente anche le aziende grafiche che, come gli editori o le catene della Gdo, si trovano anche nella situazione critica di dover fronteggiare i ritardi degli approvvigionamenti. In primis proprio quelli della carta, a partire da quella da giornale, che rischiano di frenare la ripartenza delle commesse dopo la gelata provocata dalla pandemia.

Un’emergenza che coinvolge tutta la filiera

Una vera e propria “tegola”, come la definisce Emilio Albertini, presidente di Assografici e alla guida dell’omonimo gruppo, caduta sulla ripresa dell’industria della stampa. Ma l’abbinata caro-materie prime e offerta non in grado di soddisfare la domanda, riguarda tutta la filiera, compresa la logistica e gli imballaggi, con la forte richiesta spinta dal boom degli acquisti online a causa dell’emergenza Covid e quindi dei lockdown. Una situazione che sta creando un vero e proprio allarme per le scatole di cartone. Del resto molte delle cartiere in tutto il mondo hanno chiuso per più o meno tempo durante la pandemia e nonostante gli impianti siano tornati quasi tutti in attività stanno ancora cercando di smaltire tutti gli ordini in arretrato. Nel frattempo, le abitudini di acquisto dei consumatori sono state – secondo molti – permanentemente alterate dalla pandemia portando a un aumento vertiginoso dell’ecommerce. A complicare ulteriormente la situazione sul fronte del packaging ci si è messa un’estate torrida e gli incendi – soprattutto negli Usa – che hanno messo fuori uso diverse centrali elettriche per giorni. Senza 63

energia, le raffinerie non erano in grado di produrre la plastica utilizzata per i materiali da imballaggio. Questo ha dato inizio a una reazione a catena che ha portato produttori e spedizionieri a fare più affidamento su altri prodotti come, appunto, il cartone. “Abbiamo assistito a un aumento del 50% del prezzo di quasi tutti i tipi di materiali che sono fondamentali per le spedizioni, sia a livello di prodotto finito che a livello di materie prime”, ha spiegato Vipul Shah, portavoce di Next Trucking, una startup di tecnologia logistica che opera negli Stati Uniti e in Europa. E l'industria del packaging “è in una situazione simile”.

La sofferenza delle PMI

Colossi delle spedizioni come Amazon sono in grado di garantirsi le forniture necessarie alle loro esigenze in virtù delle loro dimensioni e degli enormi contratti prioritari o di esclusività che stipulano con i fornitori di imballaggi. Il resto del mondo è soggetto a prezzi più alti e scorte limitate. “Qualcuno come Amazon sarà ovviamente in prima linea per ottenere la propria quota di prodotto, mentre le piccole imprese si trovano in fondo alla fila. Non hanno la capacità di assorbire questi costi con la stessa facilità”, ha continuato Shah. “Saranno le piccole e medie imprese a rimanere sempre più bloccate o dovranno pagare prezzi esorbitanti”. In pratica un po’ quel che sta accadendo anche per le Pmi grafiche. E quindi gli stampatori che una volta si potevano considerare forti, oggi, per dirla con Giuseppe Casali, amministratore delegato di Tecnostampa e Rotopress (Pigini Group di Loreto), “sono un po’ come ‘birilli’ stretti a monte dagli enormi rincari delle materie prime e dell’energia mentre a valle da clienti come la Gdo o i grandi editori. Grandi realtà sempre alla ricerca del miglior prezzo delle commesse o poco disposti ad accogliere gli aumenti richiesti dalla situazione del mercato”. Adeguamenti dei listini per i quali tutto il comparto delle aziende grafiche, per non lavorare in perdita, dovrebbe muoversi compatto. Anche se non sempre è così e c’è chi accetta di far girare le macchine perdendo redditività. E mettendo quindi a rischio la sopravvivenza delle imprese. “Per cui, – ricorda sempre Albertini – l’allarme su possibili nuove casi di crisi, o addirittura chiusure, esiste”. dal 15 al 40% rincaro prezzi di lastre, colle e inchiostri + 60-70% aumento dei prezzi della cellulosa + 300%

rincaro del gas da gennaio 2021

Gli effetti sulle aziende grafiche

Stige di San Mauro Torinese, storica azienda grafica che già si trovava in una situazione molto precaria, rischia di uscire di scena lasciando senza lavoro oltre settanta famiglie e privando il Piemonte dell’ennesima impresa del settore, dopo la fine della lunga storia di Canale di Borgaro Torinese, per cui solo la parte rotooffset è rimasta in attività, acquisita da Elcograf del gruppo Pozzoni. Stige, ultranovantenne azienda di stampa della famiglia Martano, attiva nel settore dei libri, del commercialepubblicitario e dei volantoni per la Gdo, ha infatti attivato nelle scorse settimane – come riportato da Stampamedia.net – la procedura per la messa in liquidazione in bonis. Decisione sofferta e comunicata ai sindacati di categoria. Il percorso potrebbe portare nei prossimi mesi alla liquidazione della società e, conseguentemente, all’apertura della cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività per gli attuali 77 dipendenti che rimarrebbero senza impiego oppure all’intervento di un ‘cavaliere bianco’ in grado di salvarla. “Quel che è certo – ha spiegato Giorgio Martano – ad aver dato il colpo finale alle prospettive della Stige è stato il fortissimo rincaro delle materie prime (carta, inchiostri, energia) che hanno eroso la marginalità e reso difficile competere su un mercato dove ci si dà battaglia riducendo i prezzi delle commesse con chi è disposto anche a stampare in perdita”.

L’aumento dei costi di produzione non riguarda solo la materia prima carta ma anche inchiostri, colle, lastre, con rincari dal 15 al 40%. Ma a pesare ancora di più sui conti economici delle aziende grafiche sono i fortissimi aumenti di energia elettrica e gas, la forza motrice per far girare le macchine.

La situazione dei rincari della carta

Il caro-carta emerge anche dall’ultima relazione di Assocarta che rappresenta il settore italiano delle cartiere diventato il terzo produttore europeo di carte e cartoni. Se nei primi sette mesi del 2021 la produzione è aumentata del 12% rispetto allo stesso periodo del 2020, il fatturato è cresciuto del 18,5%. Un incremento maggiore dovuto anche alla crescita dei prezzi della carta conseguenza della corsa delle quotazioni delle materie prime fibrose impiegate nella produzione cartaria italiana. La quasi totale dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di cellulosa, rileva il report di Assocarta, “costituisce un elemento di grande debolezza e incertezza per l’industria nazionale”. La recente fase “di accentuati, continui apprezzamenti, iniziata a ottobre 2020 per le fibre lunghe e a gennaio 2021 per le corte – prosegue lo studio di Assocarta – ha portato le quotazioni su livelli mai toccati in precedenza”. Da giugno la fibra lunga (Nbsk) è arrivata a 1350 dollari la tonnellata e la corta a 1140 con aumenti del 60-70% rispetto ai valori di pre-rincari di fine 2020. Rincari dovuti a un mercato europeo in tensione (nonostante il recente crollo dei sostenuti livelli della domanda asiatica, soprattutto cinese, della prima metà dell’anno) per un’offerta insufficiente a soddisfare la domanda che resta solida. E permangono e si accentuano, sempre secondo Assocarta, i problemi legati alla disponibilità della materia prima e ai costi del sistema logistico. E la minor disponibilità di materia prima non poteva non produrre i fortissimi rincari delle quotazioni della carta da riciclare con le qualità miste e di quelle per ondulatori che hanno toccato livelli record (155 e 170 euro a tonnellata) con aumenti attorno al 150%.

Carta, ma anche inchiostri, colle, energia...

“Aumenti riscontrati dalle aziende grafiche a partire – spiega Paolo Bandecchi, alla guida, con i figli, di Rotolito – dalla carta da giornale il cui prezzo è più che raddoppiato”. Ma l’emergenza riguarda ancora di più gli approvvigionamenti con richieste di aumenti improvvisi prima di firmare i contratti (anche di 50 euro a tonnellata) e per i quali, se non si è grandi e forti finanziariamente, si rischia di non poter vedere evasi gli ordini. “La caccia alla carta, che ormai riguarda tutto il settore, dagli editori alle catene dei supermercati e, ovviamente gli stessi stampatori, e che sta portando – avverte Andrea Lorato, direttore generale di Poligrafici Il Borgo (gruppo Amodei) – ad accorgimenti come la riduzione delle fogliazioni e delle grammature, ma sotto certi livelli (si pensi ai libri e al limite dei 70 grammi) non si può andare”. “L’aumento dei costi di produzione, però, non riguarda solo la materia prima carta – aggiungono Bandecchi e Lorato – ma anche inchiostri, colle, lastre, con rincari dal 15 al 40%”. Ma a pesare ancora di più sui conti economici, come rilevano anche dal quartier generale di Elcograf, sono i fortissimi aumenti di energia elettrica e gas, la forza motrice per far girare le macchine. Soprattutto le rotative che sono quelle che in questa fase sono più colpite dai rincari rispetto alle macchine piane dove, anche nel rapporto con i clienti, esistono maggiori margini per adeguare il prezzo delle commesse. Ma come possono reagire gli stampatori a questa nuova e difficile situazione di mercato che rischia di compromettere una ripresa che per tutti, seppure con differenti visioni (meglio i libri delle riviste e dei cataloghi, per esempio, e una tenuta dei volantoni della Gdo), è comunque in atto?

Per sopravvivere e restare sul mercato, per le aziende grafiche sembra esserci un’unica strada: adeguare i prezzi delle commesse. Con incrementi dei prezzi di stampa tra il 15 e il 20% necessari a salvaguardare le marginalità.

Le conseguenze del caro-energia

Il boom dei costi energetici rischia di spingere alcune realtà industriali di molti settori a sospendere le produzioni, pur in presenza di ordinativi dall’Italia e dall’estero. E quello che vale per ceramica e plastica, vale anche per la carta, dove con questi prezzi dell’energia si produce sottocosto. Anche qui il rischio stop è concreto. Ma, in realtà, non c’è settore che non ne risenta. Al prossimo aggiornamento delle bollette elettriche, il 1° gennaio, la scossa sarà fortissima. Ma il rincaro è immediato per le aziende e i grandi consumatori che comprano la corrente con contratti industriali. Gme, il Gestore dei mercati energetici, per le forniture del 24 novembre è 289,27 euro per mille chilowattora, cioè 28,9 centesimi al chilowattora, il prezzo medio più alto da quando, nel 2004, esiste il mercato dei chilowattora. Per quanto riguarda l’industria grafica, Assografici e sindacati avrebbero deciso di muoversi insieme – anche con la consapevolezza che difficoltà delle imprese significa ripercussione sull’occupazione con l’aumento del ricorso a cassa integrazione, ammortizzatori sociali e prepensionamenti se non addirittura a vere e proprie chiusure dell’attività – e per questo sarebbe in preparazione una lettera da inviare al governo nella quale chiedere una serie di interventi a sostegno del settore, partendo dalla riduzione delle accise sulla bolletta energetica. Quindi un intervento ben più incisivo e corposo rispetto a quei 2 miliardi per ora previsti nell’ultima Legge di Bilancio per ridurre nel 2022 e per tutti (famiglie e imprese) gli aumenti già annunciati delle tariffe dell’elettricità. Anche perché sul fronte del risparmio energetico e dell’autoproduzione di energia elettrica in casa, con impianti fotovoltaici e cogenerazione (che negli ultimi vent’anni per esempio ha incrementato l’efficienza energetica delle cartiere del 20%) a partire dai grandi gruppi come Rotolito e Pozzoni, il più è già stato fatto. “E spazi per investire ancora, anche per la riduzione degli incentivi fiscali – ricorda Albertini – oggi se ne vedono meno mentre anche sul fronte della cogenerazione i maxi rincari delle quotazioni del gas ha reso oggi meno competitiva e conveniente questa scelta con ritorni sull’investimento non più a due o tre anni ma almeno a sette-otto”. E proprio l’aumento dei prezzi del gas, con rincari da gennaio fino al 300%, secondo alcuni rumor, avrebbe portato qualche grande cartiera a ipotizzare persino l’eventualità di un fermo macchine per qualche mese per non essere costretta a produrre in perdita.

Soluzione: aumentare i prezzi

Per sopravvivere e restare sul mercato, quindi, per le aziende grafiche sembra esserci un’unica strada: adeguare i prezzi delle commesse. Un trend che dovrebbe vedere – anche se non è così – tutto il settore compatto. Ma che comunque è già iniziato. Con richieste di adeguamento dei prezzi di stampa tra il 15 e il 20% per mantenere la marginalità e non far girare le macchine perdendo soldi e compromettendo quindi i bilanci delle aziende. Ma il mercato, con il via questo autunno alla campagna di incremento dei listini da parte degli stampatori, sarà disposto ad accettare gli aumenti? “Se non vengono recepiti – chiosa Casali – siamo pronti a non firmare o rinnovare i contratti di stampa”. Con la conseguenza quindi di ridurre i giri macchina perché è meglio tenere una macchina ferma che lavorare in perdita.

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