Dal pensiero al libro stampato: appunti sul rapporto tra autore e grafico nella creazione del libro

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Dal pensiero al libro stampato Appunti sul rapporto tra autore e grafico nella creazione del libro

Tesi di Laurea in Disegno Industriale Politecnico di Bari A.A. 2019/2020 Studentessa Relatore Correlatore

Stefania D'Eri Michele Colonna Enzo Ruta

Composto in Vollkorn di Friedrich Althausen e Scala Sans Pro di Martin Majoor Finito di stampare il presso Grafica & Stampa a Luglio 2020 Le immagini presenti in questo libro rispondono alla pratica del fair use essendo finalizzate al commento storico critico e all’insegnamento.


Sommario

9 Introduzione

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59 62

2.1

67 70 78 80 85 93 93 94

2.2

101 111 111 112 116

2.5 2.6

1. Le forme del libro

17 21 25 25 26 27 28 29 33 33 37 37 38 41 47 47

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1.1 1.2 1.3

1.4 1.5

1.6

Prima del libro Tavolette Rotolo 1.3.1  Papiro 1.3.2  Pergamena 1.3.3  Bambù 1.3.4  Carta 1.3.5  Il rotolo oggi Il foglio piegato 1.4.1  La foglia di palma L’utilizzo del filo 1.5.1  La cera 1.5.2  La carta 1.5.3  Libri slegati La dimensione digitale 1.6.1  L’ipertesto

2. Lettura e scrittura

2.3 2.4

Gli albori della scrittura 2.1.1  Archetipi innati e civilità preistoriche La lettura ad alta voce 2.2.1  La forma delle lettere 2.2.2  Majakovskij 2.6.4  Marinetti Lettura privata La scrittura a mano 2.4.1  Gli appunti 2.4.2  Il manoscritto oggi: la manualistica L’avvento della tipografia La scrittura su tastiera 2.6.1  Linotype 2.6.2  La macchina da scrivere 2.6.3  Text editor, word processor, TEX


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123 123 131 132

3. Le tecnologie di pubblicazionedel libro 3.1 3.2

135 136 138 163 164 165 171

3.3

Il libro manoscritto 3.1.1  autore o scrittore Il libro stampato 3.2.1  Lo sviluppo del mercato librario 3.2.2  Il rapporto con l’editore 3.2.3  La stampa e il concetto di copia 3.2.4  Sperimentazioni in prosa Il libro digitale 3.3.1  Pubblicare 3.3.2  La stampa on demand e la vanity press 3.3.3  L’affidabilità del mezzo

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4. Interviste

181 193

4.1 Intervista a Miles Okazaki 4.2 Chiacchierata epistolare con Giovanni Lussu

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Conclusioni

205

Bibliografia

209 Ringraziamenti

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Indice spazio tempo 1 LA FORMA DEL LIBRO p.13

2 SCRITTURA p.57

1.1 Prima del libro p.17

2.1 Gli albori della scrittura p.59

1.2 Tavolette p.21 1.3 Rotolo p.25 1.4 Foglio piegato p.33 1.5 L’utilizzo del filo p.37

2.4 Scrittura a mano p.93

2.5 L’avvento della tipografia p.101

2.6 La scrittura su tastiera p.111 1.6 La dimensione digitale p.47

6


2 LETTURA p.57

3 LE TECNOLOGIE DI PUBBLICAZIONE DEL LIBRO p.119

2.2 Lettura ad alta voce p.67

2.3 Lettura privata p.85

3.1 Il libro manoscritto p.123

3.2 Il libro stampato p.131

1455 - Stampa a caratteri mobili

3.3 Il libro digitale p.163



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Introduzione

L’ennesimo libro che parla di libri, eppure si è scelto di farlo lo stesso. Come una sorta di quaderno. Si parla di creazione del libro, poichè non penso solo alla scrittura o alla pubblicazione, ma al processo che nasce dalla decisione di pubblicare, passa attraverso la scrittura ed è costantemente progetto. Inizialmente si era pensato di creare le basi per un workshop per autori, che li sensibilizzasse alla scrittura nello spazio bidimensionale, e alla concezione tridimensionale del libro. A causa delle restrizioni dovute alla pandemia di quest’anno e anche alla lunghezza del percorso di ricerca, non prevista, questa possibilità è stata per un attimo sostituita dall’idea di un eserciziario per autori. Anche questa idea è stata poi abbandonata perchè non permette un dialogo, necessario per una fase sperimentale come questa. Prendo quindi in considerazione questi tre aspetti, in forma di appunti, di spunti che andrebbero approfonditi in altro luogo e che, anche per poca disponibilità di mezzi non ci è stato possibile approfondire. Ci sembra interessante fare luce sulle diverse forme della scrittura per interrogarci sul cosa il libro possa essere. Esistono: ҺҺ ҺҺ ҺҺ ҺҺ ҺҺ ҺҺ ҺҺ

libri di narrativa libri di poesia libri di teatro libri di manualistica libri di illustrazione libri di teatro ...

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Questo presupposto va tenuto a mente sempre durante la lettura di questo libro, poiché qui non si avrà lo spazio da dedicare a ciascuno la relativa importanza, ma questa distinzione è necessaria poiché determina un diverso tipo di scrittura, quindi di lettura, di pubblico e infine una forma fisica del libro che sia coerente con questi presupposti precedenti. La ricerca si volge anche al passato perché credo che rintracciare le origini di alcuni concetti che circoscriviamo con le parole, come la parola libro in primis, sia utile a chiarire il ruolo che hanno ancora oggi. Questa tesi è un progetto fine a sè stesso, che serve forse più all’autore per chiarire a sè stesso il suo indirizzo di progetto nei mesi a venire, e a chi con lei si interfaccerà. Si parla di progetto, che è un po’ come parlare di musica, che come diceva saggiamente un grande uomo del nostro secolo, Frank Zappa, è come danzare di architettura.

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Sono un ricercatore. Getto la sonda. Non ho punti di vista pregiudiziali. Non mi attengo a un’unica posizione. Finchè uno, nella nostra cultura, rimane nella stessa posizione, è il bene accetto. Ma appena si mette a camminare in lungo e in largo e comincia a superare i limiti fissati, è un delinquente, bisogna arrestarlo. L'esploratore è un essere assolutamente illogico. Non conosce mai il momento in cui sta per fare qualche scoperta straordinaria. E la logica è un termine privo di significato se lo si applica all’esploratore. Se avesse voluto essere logico con se stesso avrebbe cominciato col restare a casa sua. [...] Io dialogo con i media, mi getto alla ventura nell’esplorazione. Io non spiego nulla. Esploro. McLuhan, Marshal, Gamaleri, Giampiero, Introduzione alla seconda edizione italiana, La Galassia di Gutemberg, Roma, Armando, 2011

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1. Le forme del libro Il libro è il suo testo, che può essere di sole immagini, ed è insieme anche il suo supporto. Dobbiamo pensare a questo quando vogliamo progettare un libro. Guardare ai supporti del testo ci può far chiedere quali siano i suoi limiti.

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GRECIA

MESOPOTAMIA

Forma ⋅ codex scrittura ⋅ latina strumento scrittura ⋅ stilus a doppia punta

forma ⋅ tavoletta scrittura ⋅ cuneiforme strumento scrittura ⋅ bastoncino in legno

illustrazioni di Amaranth Borsuk

EGITTO ⋅ 2700 a.C.

forma ⋅ rotolo scrittura ⋅ geroglifica strumento scrittura ⋅ pennello

3000 a.C.

argilla papiro bambù cera foglia di palma pergamena carta

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Le forme del libro

2000 a.C.

1000 a.C.


CINA ⋅ 95 a.C. jiance

CINA ⋅ 868 d.C. pothī

forma ⋅ rotolo scrittura ⋅ ideogrammi strumento scrittura ⋅ spatola a setole rigide

forma ⋅ fisarmonica scrittura ⋅ ideogrammi strumento scrittura ⋅ spatola a setole rigide

INDIA / CINA ⋅ 200 a.C. sutra

forma ⋅ stab binding scrittura ⋅ ideogrammi strumento scrittura ⋅ pennello

0

stampa 848 1000

stampa a caratteri mobili 1455

2000

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1.1

Prima del libro

In questo capitolo ci occuperemo del libro dal punto di vista delle sue dimensioni fisiche. Vedremo come prima di quello che chiamiamo libro ci sono stati diversi supporti alla scrittura. Le forme di alcuni di questi supporti sono tornate nel tempo con qualche differenza.

Libro è una parola che viene utilizzata già da Plauto nel 191 a.C. nel Pseudolus. Deriva dal latino liber, che indica la parte interna della corteccia di un albero.

Ci sembra d’obbligo parlare di cosa ha preceduto il libro a cui siamo abituati, innanzitutto perchè il principio con cui indaghiamo su questo tema è piuttosto cronologico, e poi perchè rintracciare le origini di un fenomeno ci aiuta a chiarire precisamente di cosa si tratta. La concezione di libro come unione di scrittura e suo supporto deriverebbe forse dal fatto che la scrittura ha cambiato poco i connotati col passare dei secoli, mentre il suo supporto è mutato tantissimo. Per questo motivo ci risulta difficile chiamare tavolette, rotoli, fogli piegati e sfusi «libri». In queste pagine tenteremo di sfuggire da questa definizione e affronteremo il tema del supporto della scrittura, con un occhio attento a come influisca sul testo, sulla sua lettura e quindi sul libro nella sua totalità.

Prima del libro

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Le forme del libro


Prima del libro

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1.2

Tavolette

Uno dei primissimi tipi di supporto pervenutici sono le tavolette di argilla, appartenenti alla cultura mesopotamica. La scrittura esisteva già da tempo, per lo più su pietra. Fu probabilmente l’esigenza di documentare il commercio e serrare patti tra mercante e cliente a generare per causa la creazione di supporti mobili e portatili per la scrittura. Uno dei primi supporti era la bulla, che non aveva forma piatta, bensì sferica. Le bullae contenevano dei token, rappresentati anche all’esterno del contenitore, il cui scopo era tenere conto di cifre e somme per gli affari. Per documentare legge, commercio, religione subentra la figura dello scriba, visto come trascrittore piuttosto che autore del testo. Gli scribi inserivano segni speciali per separare le parole, e per indicare che è una parola era un nome. Avevano un sistema disegni che determinava il campo semantico di una parola. Questi sistemi sono interessanti perché non servivano alla pronuncia ma solo il significato (parola con pronuncia uguale ma diverso significato). Non era raro trovare indicazioni che definivano la struttura del brano scritto, come ad esempio linee a dividere le sezioni, facilmente realizzabili imprimendo l’intero stilo sulla tavoletta, oppure il nome dello scriba, o dell’autore, così come il titolo, generalmente il primo rigo del testo, e il primo rigo del testo nella tavoletta successiva. I documenti più lunghi infatti, che necessitavano di più spazio per essere scritti, erano diluiti in più tavolette, e l’unico filo a collegarle era proprio questa piccola indicazione verbale.

p.59

p.26

Tavolette

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Nippur EtĂ Paleobabilonese, ca. 1780 a.C, argilla cotta, Coll. Pontificio Istituto Biblico, Roma

Le forme del libro

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Tavolette

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1.3

Rotolo

1.3.1  PAPIRO Nel frattempo nella civiltà egizia il supporto più utilizzato per la scrittura nasceva dal materiale più comune nella valle del Nilo: le foglie di papiro. Il foglio di papiro era leggero, e la sua materia prima era molto reperibile in quelle zone, tanto che fu impiegato per quasi quattro millenni!

Un libro dei morti risalente ca. al 990-970 a.C.

Per preparare un foglio di papiro, le foglie venivano aperte intrecciate secondo le due direzioni perpendicolari e impastate con dell’amido. Per scrivere gli egizi utilizzavano una penna sottile e flessibile di origine vegetale, che permetteva alle pennellate di apparire uniformi, sia che fossero dall’alto verso il basso o viceversa. un inchiostro a base acquosa, il cui pigmento era derivato dal carbone nel caso del colore nero e dal ferro ossidato nel caso del colore rosso; questo ultimo era utilizzato per scrivere indicazioni importanti come numeri di riferimento, indicazioni di sezione o parole degne di nota. Queste indicazioni erano soprattutto una indicazione alla lettura, un sistema di orientamento interno al documento, che serviva al lettore a rievocare precisi pezzi di discorso. Una importante innovazione che la scrittura ad inchiostro introduce rispetto a quella incisa è la sua reversibilità: il foglio poteva infatti venir grattato con l’ausilio di una piccola lama, fino a rimuovere la superficie superiore scritta. Il rotolo aveva un senso di piega ed era difficile scrivere dall’altro lato; quando questo accadeva non si trattava della continuazione dello stesso documento, ma spesso di un secondo utilizzo del rotolo a posteriori. Le uniche indicazioni scritte all’esterno del rotolo erano generalmente

Rotolo

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Rubricazione deriva dal latino rubrica che indicava la terra di colore rosso e per metonimia il colore rosso stesso). Queste indicazioni si riferivano a passaggi importanti, titoli, fine delle sezioni …

il titolo, ossia ancora una volta le prime lettere del testo e l’autore. Non era rara, neanche in questo caso quella che oggi chiameremmo rubricazione, termine che dal XIV secolo designa la pratica di disseminare per il testo indicazioni di colore rosso. L’uso del papiro si diffuse anche in antica Grecia ed era il medium preferito da molti pensatori.

Perfino quando autori di prosa come Platone cominciarono a scrivere per un pubblico di lettori, anziché uditori e spettatori, il carattere orale dell’antica scrittura continuò a esercitare la sua influenza. Fu forse per questa ragione che greci e romani si accontentarono del rotolo di papiro, più adatto alla lettura ad alta voce, che alla consultazione e allo studio silenziosi. Bolter, Jay David, Lo spazio dello scrivere, Milano, Vita e Pensiero, 2010

1.3.2  PERGAMENA Le fonti sono discordi riguardo l’avvento della pergamena, che generalmente viene fatto coincidere col II sec a.C., mentre alcuni esempi precedenti potrebbero risalire al decimo secolo o, secondo altre fonti, addirittura al sedicesimo! Deve il suo nome alla città di Pergamo in Asia Minore, dove veniva prodotta, a partire dalla pelle animale, che veniva scuoiata e trattata fino ad arrivare ad un foglio liscio ed elastico. Rispetto al papiro permetteva la scrittura su entrambi i lati, vista la sua opacità, ma soprattutto una scrittura più fluida vista la sua superficie liscia. Un’altra importante novità era la sua facilità di produzione in diverse zone del globo, poiché la materia prime era certamente più reperibile del papiro a libello globale.

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Le forme del libro


Così come accadeva nel papiro, la pergamena era usata in rotoli, detti volumen, ma il testo veniva diviso in colonne, il che sottolinea una probabile attenzione alla leggibilità del testo, che sarebbe stato difficile da seguire con gli occhi per righe troppo lunghe. Nonostante le colonne l’accesso al testo era sempre sequenziale. Spesso chi leggeva, teneva il rotolo con due mani, una ad aprire il rotolo e l’altra chiuderlo, tanto che era possibile leggere poche righe alla volta. Un accesso di questo tipo ci ricorda quello più comune oggi negli e-book.

Volumen deriva dal latino volvere, che significa avvolgere

1.3.3  BAMBÙ Nel frattempo in Cina la materia prima più utilizzata poichè più reperibile è il bambù, che vienetagliati a strisce e lasciate essiccare. Il rotolo di bambù mette subito in evidenza il concetto di grana, intesto come senso di piega del foglio.Si poteva cancellare grattando via la superficie del bambù. Per via della forma del bambù si iniziò a scrivere in direzione verticale: le strisce infatti venivano scritte una ad una, una dopo l’altra, e cucite solo dopo. Lo scriba, che utilizzava la mano destra, poteva quindi disporre le strisce già scritte alla sua sinistra in attesa che queste si asciughino, e quelle ancora da scrivere alla sua destra. Si pensa che l’origine di alcuni ideogrammi sia stata fortemente influenzata dalla direzione verticale della scrittura, tanto che in origine il carattere per la parola cavallo, era un pittogramma che rappresentava l’animale come se camminasse in verticale. Anche in questo caso era comune che gli scribi inserissero degli elementi per l’orientamento della lettura, come numeri di striscia, titolo, colophon.

Un manoscritto su seta risalente al 200 a.C.

Rotolo

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Rotolo di manoscritti in bambù (1904-05) di Mindoro, Filippine, incisi testi di canzoni in dialetto Hanunóo Mangyan e scritti in Tagbanua. Il rotolo va letto verticalmente dal basso verso l’alto.

Si trattava, per via della leggerezza del bambù, di un materiale estremamente portatile, che solo la seta fino a quel momento poteva battere in questa caratteristica, tuttavia non popolare per via della sua preziosità. La fine dell’era del bambù si lega alla comparsa della carta, che faceva capolino già dal III secolo a.C., ma che trovò presentazione ufficiale solo nel 105 a.C., per mano di un eununco di nome Cai Lun, sempre in Cina. Era originariamente prodotta a partire da fibre di canapa, di gelso, reti per la pesca e stracci, in sospensione in acqua. Il materiale veniva poi sollevato tramite un telaio a grana fina, lasciatto essiccare e sbiancato. L’innovazione particolare consisteva nel fatto che, a differenza del suo predecessore ligneo, la carta non aveva senso di fibra, e quindi senso di piegatura, rendendolo un materiale più versatile, non solo per applicazioni alla scrittura.

1.3.4  CARTA La carta raggiunge l’occidente solo nel 751 d.C., tramite il mono arabo. Le fonti attestano infatti che alcuni soldati musulmani rapirono un gruppo di marinai cinesi, e restarono affascinati dal modo in cui prendevano nota e scrivevano. Iniziò così la produzione della carta nel mondo arabo, che rimpiazzò totalmente il papiro durante il l’ottavo e il nono secolo. Il diffondersi di un materiale così economico come supporto alla scrittura, in un epoca in cui questa era già il mezzo prediletto per la diffusione delle idee, non può che generare un meraviglioso vorticare di testi e saperi, che inevitabilmente porteranno il mondo arabo a costellarsi di scoperte e nuovi punti di vista. L’ingresso in Europa avviene solo intorno al 1100, tramite la Spagna e poi l’Italia.

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Le forme del libro


1.3.5  IL ROTOLO OGGI Nonostante non sia il tipo di supporto più utilizzato per la pubblicazione dei libri oggi, ci sono oggi libri stampati su rotolo. Nelle pagine successive vi sono delle foto del libro di Alison Knowles dal titolo The Bean Rolls. Si tratta di una scatolina di latta che contiene sedici rotoli e alcuni fagioli. The Bean Rolls può essere definito un libro d’artista, in cui le pagine non sono tenute insieme da del filo ma da un nesso puramente logico e concettuale, e dove l’operazione sulla forma del libro è forse più vistosa del testo verbale. È un libro in cui l’autore ha progettato il libro nella sua totalità, come spesso accade nel settore dei cosiddetti libri d’artista, dove però spesso i contenuti sono visivi e non solo appartengono a nessun sistema di scrittura riconoscibile e spiegabile, ma proprio solo dell’artista.

p.30

Il contenuto dei sedici rotoli di Bean Rolls di Alison Knowles. Il testo, comprese le immagini, è progettato per adeguarsi alla lettura su rotolo. I rotoli raccolgono informazioni trovate da diverse fonti sul tema del fagiolo, appunto. I rotoli sono poi legati con un elastico da ufficio e raccolti in una scatoletta di fagioli secchi. L’autrice utilizzava questo libro per delle performance, in cui alcuni attori leggevano i rotoli, tagliando parti del rotolo e passandole ad altri attori, che avevano quindi il ruolo di determinare la fine della pagina ideale. Questo libro fa parte della serie di opere del collettivo Fluxus, una rete di artisti sparsi per ilglobo. Famose sono le «scatole Fluxus», contenenti mateiali di diverse entità, collegate da un filo comune. A noi interessa invece concentrarci sul libro più in generale: anche il libro prodotto in serie più ampia rientra nel nostro campo di interesse.

Rotolo

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Alison Knowles, The Bean Rolls, 1963, Fluxus I 13 rotoli distesi

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Le forme del libro


Rotolo

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1.4

Il foglio piegato

1.4.1  LA FOGLIA DI PALMA Mentre il bambù è ancora popolare, la terra tra India e Cina è florida di un altro materiale: la foglia di palma. Sono tantissimi i testi scritti su questo materiale, tramite l’incisione tipo puntasecca, ossia la foglia viene incisa con il disegno desiderato, sopra viene spalmato l’inchiostro che penetra all’interno dei solchi, mentre tutto l’inchiostro in eccesso viene successivamente rimosso. Queste foglie incise venivano poi sovrapposte una all’altra, e una volta praticato uno o più fori che li trapassasse tutti, veniva fatto passare un cordino a tenerle tutte legate. Questo allora forse lo chiameremmo un libro, ma ci appare chiaro come il confine tra i supporti al testo precedenti sia lieve, e come ognuno di questi sia una evoluzione del precedente, una trasformazione lenta che ha alla base l’esigenza di depositare una informazione e di poterla trasportare.

Libro dei morti del sacerdote di Horus, Imhotep, ca. 332 A.C.,

In Cina la versatilità e la malleabilità della carta generò un passaggio importante: quello dal rotolo alla piega. In effetti si tratta di una grande comodità di trasporto, che permette al supporto di non creparsi. Ma ancora più importante forse è il contributo che questo sistema dà al processo di lettura, che d’ora in poi non è più sequenziale, ma è possibile intercettare una parte di testo senza scorrerlo tutto dall’inizio. Di questo cambiamento ci interessa sottolineare come lo scorrere tra le pagine nel passato non fosse una caratteristica tanto importante, visto che il testo veniva recitato pubblicamente, dall’inizio alla fine; questo aspetto si rende necessario dal momento in cui la lettura inizia a diventare privata, come vedremo più avanti.

Il foglio piegato

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Esempi di pieghevoli, schema tratto da Bookbinding: A Comprehensive Guide to Folding, Sewing, & Binding edito da Princeton Architectural Press

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Le forme del libro


La parola liber sarà utilizzata solo a partire dal XIII secolo, ma l’oggetto a cui ci riferiamo è in qualche maniera simile ad un libro. Il foglio, con le sue pieghe nette e scandite non può passare in secondo piano rispetto al testo che accoglie: essi scorrono contemporaneamente sotto gli occhi e le dita del lettore. Di fatto la catalogazione dei documenti storici nei secoli non ha sempre reso giustizia al supporto del testo, risultando così gravitare attorno ad una visione che contrappone su due livelli differenti il testo dal suo supporto. E le cause vanno rintracciate proprio nella relativamente lenta variazione delle lingue rispetto al mutare del supporto. Navigare attraverso il tempo ci aiuta a renderci conto di come la scrittura abbia influito sul linguaggio, e sul pensiero, inserendo entrambi nella dimensione del visivo e del tattile. Pensare alla scrittura in questa dimensione può forse aprire nuovi spunti anche per la scrittura che oggi chiamiamo creativa. Ed inizia in questo momento la trascrizione su diversi supporti di diversi testi, un esempio illustre è il Corano. Per cui in qualche misura il prodotto di cui stiamo parlando ha già alcune caratteristiche del libro, ossia un oggetto che contiene un testo, che sia letterario o puramente visivo. Prima solamente letterario.

Il foglio piegato

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1.5

L’utilizzo del filo

1.5.1  LA CERA Contemporaneamente alla più costosa pergamena, i Greci e Romani avevano adottato un altro supporto alla scrittura, la tavoletta cerata, chiamata spesso pugilare . Si trattava di una o più tavolette di legno o in tempi più recenti pelle, coperte di cera, che veniva incisa per mezzo di uno stilus, ossia un bacchetta di metallo o legno a doppia punta: una parte per incidere e l’altra per «cancellare», cioè grattare via la cera per eventuali correzioni. Nel caso in cui fosse necessario tenere unite più tavolette, queste venivano legate attraverso un laccio in pelle, e quelle interne cerate da entrambi i lati.

Pugilare deriva dal latino pugnus, ad indicare che potevano essere impugnate per l’appunto con una sola mano.

La caratteristica più importante di questo tipo di supporto dal nostro punto di vista è la netta divisione tra le pagine, che pone le basi per lo sviluppo dei codex, la forma di libro, a questo punto possiamo dirlo, che più è simile a quella che oggi comunemente immaginiamo. Il passaggio dalle tavolette cerate alla carta passa attraverso la pergamena. In effetti si attesta che durante il primo secolo i Romani iniziarono a coprire di cera fogli di pergamena, anziché di legno. Spesso questi pugilares erano utilizzati per scrivere versioni provvisorie di testi che venivano scritti successivamente su papiro. La pergamena stesa, di superficie grande quanto il manto dell’animale, veniva tagliata in rettangolo e piegata tante volte quanto necessario, in base al formato scelto. I formati erano chiamati per l’appunto folio, quarto e octavo, relativamente al numero di piege fatte sul foglio originario.

L’utilizzo del filo

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Bianca

Volta

Schema del foglio di stampa, prima della rifilatura

La scelta del formato oggi è fatta spesso dall’editore, ma ci auguriamo che avvenga fatta quasi dapprincipio dall’autore, in base al tipo di esperienza di lettura che ci si prefigura, al tipo di contenuto, se ci sono grandi illustrazioni...

1.5.2  LA CARTA Nel 868 in Cina appare un testo tutt’oggi studiatissimo: è realizzato in carta, ed è stampato. Si tratta del Sutra del Diamante. Ad oggi si ritiene che questo sia il testo a stampa più antico mai ritrovato. È realizzato con la tecnica dell’incisione su legno, o xilografia, che permetteva l’impressione di più pagine contemporaneamente, visto che era stampato su un una superficie cartacea continua. Il processo è poi relativamente semplice: incisione, inchiostratura, impressione e può essere realizzato da una sola persona, un beneficio non da poco se si considera che la più recente stampa a caratteri mobili avrebbe richiesto l’impiego di manodopera specializzata per funzioni molto specifiche. Tuttavia la stampa sulla sottile carta impiegata dai cinesi era visibile dall’altro lato del foglio, tanto da rendere impossibile l’incisione su entrambe le facciate.

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Le forme del libro


Qualunque cosa essi facciano, gli autori non scrivono libri. I libri non sono affatto scritti. Sono confezionati da scribi e altri artigiani, operai e altri tecnici, stampatrici e altri macchinari. R. Stoddard , Morphology and the Book from an American Perspective, 1990

L’utilizzo del filo

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A questo limite va forse fatta risalire la rilegatura cosiddetta a farfalla, ossia realizzata a partire da fogli stampati da un solo lato, piegati nella loro metà impilati e incollati lungo il lato delle pieghe. Questo portava lo svantaggio di avere una coppia di pagine vuote ogni due pagine scritte, interrompendo il flusso di lettura. Per ovviare a questo inconveniente, gli stampatori iniziarono a piegare i fogli nel senso opposto, ossia con le due facce stampate verso l’esterno. I fogli venivano allora impilati in questa maniera a formare un blocchetto, a cui venivano praticati dei fori lungo il suo spessore, e fatto passare un filo attraverso questi. Si tratta di quella che oggi chiamiamo rilegatura alla giapponese. Dobbiamo però aspettare il quarto secolo per vedere le prime forme di codices, ossia fogli di papiro o pergamena sovrapposti e cuciti lungo la loro metà, lungo la quale vengono piegati. Gli anglosassoni chiamano questo tipo di rilegatura saddle stitch, ossia rilegatura a sella, che prende il nome dal macchinario utilizzato oggigiorno per posare i fogli prima di cucirli.

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Le forme del libro

Marazzini, 1986

Pluteo: esempio di un pluteo: sopra il leggio, sotto lo spazio per custodire gli altri volumi

I codices si diffusero soprattutto nell’ambiente eclesiastico, si pensi all’ordine Benedettino, che spesso colleghiamo alla frase «ora et labora». Nella realtà la regola benedettina prevedeva anche un periodo di lettura giornaliera, ed era comunque comune che i monaci portassero con loro un libro di preghiere durante i lor pellegrinaggi. Questi libri erano spesso redatti da monaci scribi, in un luogo creato ad hoc per questo scopo nel monastero: lo scriptorium. Per la scrittura di alcuni testi, gli scribi necessitavano di accedere ad altre fonti, altri libri, custoditi anch’essi in librerie monastiche. Questi enormi tomi, frutto di lavoro di mani esperti, che scrivevano, correggevano, miniavano, rilegavano, erano consultabili solo in loco. Erano infatti spesso legati con delle catene a degli scaffali detti plutei, ossia armadi che fungevano anche da leggii.


1.5.3  LIBRI SLEGATI Così come le tavolette di cera erano legate solo dal nesso logico del discorso e da nessun altro mezzo fisico, alcuni autori si sono mossi in questa direzione. Un esempio di questi è The Unfortunates di Bryan Stanley Johnson, edito dalla editrice di fumetti americana Pantheon. Il libro racconta dell’incontro dell’autore con un suo amico morto in giovane età di cancro. La storia è raccontata attraverso i ricordi dell’amico, che sono frammentati. In questo modo la trama si svincola in maniera non canonica: il lettore ha un potere attivo, e non subisce il libro, ne diventa attore, ma non autore. Verrrebbe infatti spontaneo pensare che il lettore agisca come autore del libro, visto che ne decide ordine della trama, ma il suo ruolo è di giocatore. L’autore infatti crea il sistema-libro, che comprende tutte le possibili trame, che sono già state scritte.

Titolo Autore Grafico Anno

The Unfortunates B.S. Johnson ? 1969

A questo proposito ci sembra che questo modo di vedere al libro, ossia come un sistema di possibili letture, sia simile alla visione del cybertesto che fornvia Aspen Aarseth nel suo saggio Cybertext. Perspectives on Ergodic Literature.

Un cybertesto è una macchina per la produzione di varietà d’espressione. [...] Un cybertesto è un mondo-gioco o un gioco-mondo. Aarseth, Espen J., Cybertext. Perspectives on Ergodic Literature, Baltimore, Johns Hopkins Press, 1997

L’utilizzo del filo

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di Composition 42La riedizione Le forme del libro n.1 da parte di Visual Editions


Ci addentriamo in un universo che si lega al concetto di combinazione e al concetto di gioco, e di enigma. Alcuni lavori simili sono Composizione n.1 di Marc Saporta. Si tratta di un libro in scatola, dove le pagine sono slegate, un po’ come succedeva intorno al primo millennio a.C., quando i libri venivano stampati e rilegati solo successivamente. La questione della lettura non lineare interroga la questione del libro, di ciò che lo rende tale: in mancanza di un filo legante, e di un filo logico, o per meglio dire una successione logica. Recentemente è stata pubblicata da parte della casa editrice Visual Editions una versione digitale per iPad, che permette la lettura delle pagine secondo un ordine randomico.

Titolo Autore Grafico Anno

Composition n.1 Marc Saporta ? 1962

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Le forme del libro


L’utilizzo del filo

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Le forme del libro


1.6

La dimensione digitale

1.6.1  L’IPERTESTO Abbiamo già visto come nel passato i testi fossero corredati di note, di glosse, che davano la possibilità al lettore di leggere il testo in maniera non lineare, passando alla lettura del lemma non conosciuto anche interrompendo il flusso di lettura del testo principale. Questa non linearità del flusso di lettura del testo è ampliata dalle possibilità della dimensione digitale, poichè non si tratta più di un discorso, ma di un sistema di discorsi. In effetti il testo nella dimensione digitale permette di svolgere più trame di lettura, in maniera estremamente complessa, molto di più di quanto potrebbe fare un testo cartaceo, anche nel caso di un libro-gioco. Le possibilità dell’ipertesto vengono indagate secondo due direzioni principali: ҺҺ la letteratura scientifica ҺҺ la narrativa sperimentale Nel primo caso l’ipertesto si dimostra particolarmente utile per approfondire più argomenti all’interno di una sola ricerca. Pensiamo a Wikipedia: possiamo iniziare la nostra ricerca da una voce, attaverso un iperlink passare ad un’altra voce ed arrivare ad un argomento sempre più specifico o affine a quello che cercavamo.

La dimensione digitale

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Nel caso della narrativa sperimentale, il cybertesto apre nuove possibilità per quanto riguarda le storie la cui trama dipende dal lettore: i l libro diventa un sistema di libri. A questo riguardo l’autore americano Espen Aarseth scrive un saggio intitolato Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature, dove affronta il tema del testo leggibile a più percorsi e definisce il concetto di cybertesto che

non si limita allo studio della testualità computerizzata (o «elettronica»); sarebbe un limite arbitrario e non storico, forse paragonabile a uno studio della letteratura che riconosce solo i testi in forma cartacea. [...] Durante il processo cybertestuale l’utente avrà effettuato una sequenza semiotica, e questo movimento selettivo è un’opera di costruzione fisica di cui i vari i concetti di «lettura» non tengono conto. Questo fenomeno lo chiamo ergodico, utilizzando un termine mutuato dalla fisica che deriva dalle parole greche ergon e hodos, che significano «lavoro» e «sentiero». In letteratura ergodica, è necessario uno sforzo non banale per consentire al lettore di attraversare il testo. Se la letteratura ergodica deve avere un senso come concetto, ci deve essere anche una letteratura nonergodica, dove lo sforzo di attraversare il testo è banale, senza responsabilità extranoematiche poste sul lettore ad eccezione (ad esempio) del movimento degli occhi e del periodico o arbitrario voltare le pagine. Aarseth, Espen, Cybertext: Perspectives on Ergodic Literature, Baltimora, Johns Hopkins University Press, 1997, pag.1

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Le forme del libro


Il libro che ho scritto, e che ora state leggendo, ci ha già presi, uno dopo l’altro, nella sua trappola. Ha conformato così bene il mio testo che adesso non sapete più se leggete un testo o un libro. Melot, Michel e Taffin, Nicolas, Libro, ,Milano, Sylvestre Bonnard, 2006

La dimensione digitale

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Uno dei più celebri cybertesti è Patchwork Girl di Shelley Jackson. Si tratta di uno dei primi romanzi ipertestuali.

Patchwork in inglese è il tipo di pratica del cucito che permette di creare manufatti tramite la cucitura di divesi tipi di stoffe con colori e fantasie diverse. Allude al corpo composto di vari pezzi da assemblare della ragazza.

Patchwork Girl racconta la storia attraverso le illustrazioni di parti di un corpo femminile che sono cucite insieme attraverso il testo e l’immagine. È chiara la citazione del mostro di Mary Shelley, Frankenstein. L’obiettivo del romanzo non è solo quello difar ricostruire la struttura della Patchwork Girl nel suo insieme, ma anche di rattoppare tutti i pezzi di storia che servono a creare una struttura unitaria. Ogni segmento conduce lungo un percorso che porta la storia in più direzioni attraverso varie parole di collegamento e immagini. Jackson usa immagini ricorrenti del cimitero per invitare continuamente il lettore a resuscitare il mostro di Mary Shelley. Nell’originale di Mary Shelley, Victor Frankenstein inizia la creazione di una compagna femminile per il suo mostro, ma distrugge il secondo sforzo prima del completamento. Nella versione di Jackson, il mostro femminile è completato da Mary Shelley stessa. La donna e la sua creazione diventano amanti; la creatura poi viaggia in America, dove insegue una serie di avventure prima di disintegrarsi dopo 175 anni di vita. L’uso dell’ipertesto da parte di Jackson «ci permette di riconoscere il grado in cui le qualità del collage - in particolare quelle di appropriazione, assemblaggio, concatenazione e l’offuscamento di limiti, spigoli e confini caratterizzano gran parte del nostro modo di concepire il genere e l’identità». In questo caso la disposizione spaziale non richiede solo di un grafico, ma di un programmatore, ossai chi meglio conosce lo spazio virtuale. Infatti questo spazio non è tridimensionale di derivazione cartesiana come siamo abituati a concepirlo. I collegamenti ipertestuali, i link, non si sviluppano in uno spazio tangibile, ma esistono sottoforma di codice e quindi di comdando, e vengono poi esplicitati da una interfaccia grafica. Il nuovo autore di ipertesto quindi necessita non solo di progettare bene la scrittura della storia, ma anche le sue suggestioni visive, la struttura

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Le forme del libro


narrativa come un sistema di storie, e l’interfaccia. Per fare questo il lavoro deve essere svolto da quattro punti di vista: di struttura, di scrittura verbale e di programmazione e di esperienza di interfaccia. Ci sembra possibile che questi compiti siano svolti non da una sola persona ma da un gruppo, che dovrà lavorae in simbiosi poichè l’interfaccia di un simile romanzo influisce forse ancora più dell’interfaccia libro cartaceo, perchè la dimensione digitale permette sperimentazioni su molti più livelli, attraverso l’utilizzo di codici. D’altronde anche chi scrive la struttura e chi si occupa del codice dovranno lavorare in simbiosi e se necessario cambiare insieme il percorso da seguire, poichè dall’una e dall’altra parte arriveranno forse stimoli utili al progetto.

Titolo Patchwork Girl Autore Shelley Jackson Designer ? Anno 1995

Uno screenshot da Patchwork Girl di Shelley Jackson

La dimensione digitale

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Le forme del libro


La dimensione digitale

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Schermata di avvio delromanzo di Joanna Walsh


p.45

Titolo Autore Illustr. Anno

Seed Joanna Walsh Charlotte Hicks 2017

eBook è un formato digitale di libro che in genere è compatibile con un eBook reader, un tablet che utilizza una tecnologia, detta e-ink, che imita la scrittura ad inchiostro e non emette radiazione lumiosa

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Le forme del libro

Seed di Joanna Walsh è invece un esempio di un libro ipertestuale più moderno. Esce nel 2017 per Editions At Play con la casa editrice Visual Editions, la stessa che ha riedito il libro spaginato di Marc Saporta. La particolarità di questo romanzo è che si può leggere nella sua interezza, oppure scegliere la trama che si desidera, che dal punto di vista grafico è espressa da una linea colorata nel diagramma generale, rappresentato nella pagina precedente. L’interfaccia è poi particolarmente curata: accoglie il lettore lo schema di tutte le possibili parti di storia da leggere, collegate da trame di colori diversi. Ogni parte di storia, composta da poche pagine che contengono una ventina di righe di testo molto brevi, è segnalata da una pianta, con relativa illustrazione. Tutto questo fa della lettura del libro un’esperienza immersiva, in cui il lettore è trasportato da un capitolo all’altro. Seed inoltre a differenza del libro precedente è stato pubblicato online su una piattaforma dedicata, accessibile liberamenete da qualsiasi computer o smartphone, il che lo allontana ancora di più da un modello di pubblicazione che prevede la vendita del libro con il suo supporto, analogamente a quanto succede con gli ebook, leggibili da un supporto unico acquistabile separatamente.


Dovremmo tenere a mente che non esiste testo fuori dal supporto fisico che lo offre per la lettura (o ascolto) o fuori dalla circostanza in cui è letto o ascoltato). Gli autori non scrivono libri: scrivono testi che diventano oggetti scritti, manoscritti, iscrizioni, stampe o, oggi, materiali in un file. Cavallo, Guglielmo e Chartier, Roger, Storia della lettura nel mondo occidentale, Bari, Laterza, 2009

Sketch per la progettazione di Seed di Joanna Walsh

La dimensione digitale

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2. Lettura e scrittura Uno dei tre elementi che è alla base della definizione di libro è il suo contenuto testuale, che può essere verbale o puramente visivo. Guardare indietro alla scrittura e alla lettura nel passato può aiutarci a mettere in luce alcune caratteristiche che oggi diamo per assodate.

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2.1

Gli albori della scrittura

Il libro di cui si parlerà in questo capitolo è quello che indichiamo per antonomasia, ossia il suo contenuto testuale. Questo testo è il frutto di un sistema di scrittura, e in queste righe si tenterà di mostrare, guardando agli esempi del passato, come la scrittura possa assumere diverse forme, che includono anche l’immagine. Frutiger, 1996

L’origine della scrittura va rintracciata nei pittogrammi, che spesso però erano solo immagini realizzate per la celebrazione di una caccia ben riuscita. In effetti prima della scrittura vi era il linguaggio, che coinvolge tutti i sensi: la vista, l’udito il tatto, l’olfatto, il gusto. Oggi stesso quando parliamo ci serviamo spesso di gesti, di movimenti e ancora altro. Si pensa che i disegni sulle pareti, tra le prime forme di scrittura pervenute fino a noi siano una estensione del linguaggio, così come ogni invenzione tecnica, e che fossero spesso associate ad un accompagnamento di suoni e di gesti che spiegassero il significato.

Questa modalità di espressione complementare ha portato gradualmente all’impiego degli stessi segni in associazione con le medesime dichiarazioni. In quel momento le figure divennero un scrittura: un sistema, cioè che fissa pensiero e parola in maniera tale da permetterne la rilettura illimitatamente nel tempo. Frutiger, Adrian, Segni & simboli, Viterbo, Stampa Alternativa & graffiti, 1994

Gli albori della scrittura

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sistema alfabetico

ideogrammi

parola pronunciata

parola pronunciata

suono

significato

codifica alfabetica

pittogramma

parola scritta Si collega perciò la scrittura alla nascita di un sistema di comunicazione verbale o pre-verbale, fatto di sillabe, parole o frasi. Si rintracciano in particolare due tipi di evoluzione della scrittura: una figurativa che ha avuto origine dai pittogrammi, diventati poi stilizzati, e una alfabetica, che nasce dalla registrazione del suono delle parole, che per questo motivo si compone di molti meno caratteri rispetto la precedente, ma non perde ogni legame visivo e icononografico con la parola. Non solo quindi la scrittura non incorpora generalmente le componenti del discorso parlato come tono di voce, ritmo, gestualità, espressioni facciali, in particolare la scrittura alfabetica si basa sul suono della parola senza attraversarne il concetto, motivo per cui perde di grande carica simbolica. Bisogna poi pensare che, come già abbiamo detto, il linguaggio agli albori era composto non solo di suoni, ma probabilmente anche di gesti, di contatti, di impulsi olfattivi, come mutuato dal mondo animale. Pensiamo alla gestualità, al tono di voce, ai tempi e i ritmi del parlato. E al contrario, pensiamo a come la scrittura abbia influito sulla lingua parlata, all’uso che facciamo di espressioni del tipo «tra virgolette», oppure «sottolineare».

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Lettura e scrittura


discorso parlato

tono e ritmo

corpo

parole

discorso scritto

scrittura

verbale

figurativa

iconica

alfabetica

Gli albori della scrittura

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Con pensieri intendiamo genericamente idee che precedono l’organizzazione logica, che avvenga per parole o per immagini precise. In questo senso l’idea può anche essere sonora o musicale.

Oggi ad esempio diamo per scontato che la forma, l’immagine delle nostre parole sia quella scritta o verbale, e cioè che la pagina stampata sia la messa in bella copia di quello che diciamo. Ma questa visione fa ruotare tutto attorno alla scrittura e toglie forse l’attenzione dalla parola stessa, e ancora di più dal concetto stesso. Il nostro proposito è quello di tornare a pensare nell’ottica per cui la scrittura non è l’immagine fedele della parola pronunciata o pensata, così come le parole sono una delle traduzioni dei nostri pensieri, uno degli strumenti per organizzarli.

2.1.1  ARCHETIPI INNATI E CIVILITÀ PREISTORICHE Gli studiosi del linguaggio pensano che alcune associazioni, che alcune immagini siano subconsce e comuni a tutta l’umanità. Allo stesso modo in cui Platone faceva dire a Cratilo che

una forza maggiore dell’umana pose i primi nomi alle cose, cosicchè è necessario che questi nomi siano giusti. Cratilo, 438b-c, trad. di L.Minio-Paluello

Alcuni studiosi affermano che il linguaggio alfabetico sia «naturale» poichè consolidatosi negli anni. Ora non ci interessa inserirci in una dialettica tra il naturale e l’acquisito, piuttosto ci preme porre luce sulle possibilità che la scrittura ha, e per farlo intendiamo andare al fondo della questione, confrontando il modello alafabetico con altri modelli contemporaei e non. Non si vuole valorizzare un sistema piuttosto che un altro, piuttosto fare delle considerazioni che speriamo stimolino una riflessione riguardo l’utilizzo della parola scritta.

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Lettura e scrittura


La scrittura lineare è radicata in un passato di scrittura non lineare, [...] in un scrittura che compone i simboli in modo pluridimensionale; al suo interno il significato non è soggetto alla successione, all’ordine di un tempo logico o all’irreversibile temporalità del suono. Jacques Derrida, Della Grammatologia, Jaca Book, Milano 1969

Le parole che il lettore vede non sono le parole che egli sentirà. James Joyce, Finnegan’s Wake

Sviluppo dei caratteri cinesi secondo Adrian Frutiger

Gli albori della scrittura

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input visivo

analisi visiva

lessico visivo di entrata

identificazione lettere

conversione grafema-fonema

sistema semantico

lessico fonologico di uscita comprensione sistema articolatorio

pronuncia

via sub-lessicale via diretta via lessicale tutte le vie

Schema del modello a tre vie di Crowder e Wagner secondo Luciano Perondi (Sinsemie, 2012)

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Lettura e scrittura


Secondo Marshall McLuhan viviamo un epoca che ci sta facendo ritornare ad una coscienza di villaggio globale, dopo centinaia di anni di civiltà letterata e puramente visiva. McLuhan parla infatti di una civiltà della vista a confronto con le civiltà primitive che basavano la conoscenza sul senso dell’udito. La civiltà della vista ha avuto il ruolo di creare il grande malinteso per cui le parole pronunciate sono indissolubili da quelle scritte, attraverso la creazione di un alfabeto fonetico, che sopraggiunge alla scrittura per pittogrammi e ideogrammi. Quest’ultma infatti non tenta di emulare precisamente la lingua parlata, obiettivo che comunque non riesce neanche all’alfabeto fonetico. La scrittura per ideogrammi segna dei significati chiave su cui ruota il discorso parlato.

p.130

La civiltà occidentale diventa quindi civiltà della vista, mentre la civiltà ebraica resta una civiltà dell’udito, tanto che Dio non è rappresentabile o visualizzabile. La civiltà occidentale invece si basa sul principio per cui se Dio si è fatto carne attraverso Gesù, è allora rappresentabile, tanto che le nostre chiese sono piene di immagini, a differenza di quelle ebraiche o anche musulmane. McLuhan vede due civiltà basate sulle capacità sensoriali. Riccardo Falcinelli invece amplia questo concetto aggiungendo che non vi è un sentire senza fare.

Le pratiche artistiche e artigianali hanno sempre comportato un uso specifico del corpo nello spazio: non c’è mai stato un guardare senza un fare. Falcinelli, Riccardo, Guardare, pensare, progettare, Viterbo, Stampa Alternativa & Graffiti, 2011

In questo senso si potrebbe tracciare una storia dell’uomo basata su una storia delle capacità percettive, relative sempre al fare pratico dell’uomo.

Gli albori della scrittura

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2.2

La lettura ad alta voce

Seguendo il filo dell’evoluzione della scrittura alfabetica passiamo al mondo latino. Bisogna pensare che l’esperienza di lettura nel passato era diversa, cioè eseguita sempre ad alta voce. Questa visione è comprensibile se si pensa al mondo greco, in cui il rendere pubblico un discorso consisteva non nella diffusione di un testo, ma nella recita da parte di un oratore. Quindi la parola era direttamente associata al suono e alla sua condivisione. Cicerone ad esempio rimprovera a Socrate di aver provocato la frattura tra mente e cuore.

Tra i quali fu il migliore, egli che per testimonianza di tutti gli eruditi ed a giudizio di tutta la Grecia con saggezza, acutezza, eleganza e sottigliezza, ed anche nell’eloquenza, nella varietà, nella quantità, risultò facilmente il primo di tutti in qualunque campo del sapere egli si fosse dedicato [...] Platone consegnò all’immortalità, con i suoi scritti, l’ingegno ed i vari discorsi di lui, non avendo, lo stesso Socrate, lasciato alcuno scritto. Da qui appare quella rottura, per così dire, di lingua e di cuore, veramente assurda, inutile e da criticare, che alcuni insegnano ad essere saggi, altri a parlare. Infatti, essendo discesa da Socrate una moltitudine, per il fatto che dalle sue discussioni varie e diverse e diffuse in ogni parte (della Grecia) l’uno aveva preso una cosa, l’altro un’altra, vi sono disseminate quasi delle famiglie discordanti tra loro e molto divise e su livelli differenti (di cultura); tuttavia tutti questi filosofi vogliono essere chiamati e considerati socratici. Cicerone, De Oratore III, XVI, 59

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Socrate si trovò in effetti in un periodo di mezzo tra uno puramente orale e quello visivo e letterario. Nel Fedro di Platone è Socrate a parlare, e si mostra scettico nei confronti della scrittura perché secondo lui atrofizzava la capacità di memoria, importante caratteristica dell’arte oratoria, e lasciava un’ambiguità pericolosa incombente sul testo scritto, dando il compito interpretativo della pronuncia direttamente al lettore stesso. E ancora affermava che il testo:

una volta che sia messo in iscritto, ogni discorso arriva alle mani di tutti, tanto di chi l’intende tanto di chi non ci ha nulla a che fare; né sa a chi gli convenga parlare e a chi no. Prevaricato ed offeso oltre ragione esso ha sempre bisogno che il padre gli venga in aiuto, perché esso da solo non può difendersi né aiutarsi Platone, Fedro, 275c-e

Il testo è quindi destinato a rimanere legato al suo autore da un cordone che è la sua unica speranza di vita, poiché solo l’autore può presentarlo al mondo nella maniera più simile a come è stato concepito. L’autorità dell’autore che enuncia il suo discorso renderebbe puro il suo intento. D’altro canto il testo mediato dall’interpretazione che è la lettura potrebbe, se non far comprendere l’idea pura, stimolarne un’altra, per non parlare della possibilità del testo scritto di arrivare con molta più facilità della parola agli estremi del mondo. Un discorso letto avrà forse meno «aura» di un discorso assistito o partecipato, ma genera delle conseguenze diverse e talvolta positive e probabilmente inevitabili per il corso evolutivo dell’uomo. Così reagivano le grandi menti del tempo all’avvento di una tecnologia che avrebbe potuto essere pericolosa se utilizzata in certe maniere: corsi e ricorsi storici.

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Lettura e scrittura


Ci trasportiamo a distanza di secoli in un convento, il luogo dove i frati amanuensi copiavano lettera per lettera i manoscritti. In convento i frati si dedicavano alla lettura, che avveniva ad alta voce, in modo che i frati potessero condividere di quell’esperienza di lettura, oppure sotto voce se la scena si svolgeva in uno scriptorium. La lettura condivisa mette in luce ancora una volta un legame con il passato: la cultura è un fatto comunitario, e se ne fa esperienza grazie alla condivisione. Il convento, nei primi secoli d.C, è il luogo della cultura per eccellenza, ma anche un luogo esclusivo. Infatti i frati erano tra i pochi ad avere accesso alla cultura per mezzo dei libri e della tradizione orale, tra di loro non tutti erano capaci di leggere.

Lo scriptorium è il luogo dove i frati ricopiavano i manoscritti. Al suo interno vi erano in genere: calligrafi copisti correttori miniatori rubricatori alluminatori legatori

La lettura ad alta voce

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Anche per questo motivo l’esperienza di lettura diventava un atto di condivisione. Alcuni testi che ancora oggi sono legati alla fonetica sono quelli poetici, mentre quelli teatrali sono legati alla pronuncia più precisamente. In questi casi infatti è stato più frequente trovare esempi di sperimentazioni tipografiche.

2.2.1  LA FORMA DELLE LETTERE Già a partire dal 1400 vi fu un crescente interesse per la forma delle lettere stampate, che differivano per provenienza geografica e tradizione. Erbard Ratdolt ad esempio, che troveremo qui citato per la sua versione degli Elementi di Euclide, pubblicò nel 1468 un campionario di caratteri, probabilmente il primo catalogo mai realizzato.

I pittori italiani del ‘400 si interessarono appassionatamente alle lettere. I maestri del ‘500 – Michelangelo e Tiziano soprattutto – erano molto più interessati al movimento la torsione. Erano attenti alla massa che si torce, che si muove e alle superfici burrascose, e all’agile prodezza della lettura, non alle forme calme e leggibili che attendono eternamente di essere lette. Le lettere insegnate dai calligrafi dal ‘500 – Arrighi, Tagliente, Palatino – sono impregnate dello stesso eccesso di energia, non riescono a stare ferme. Non solo gli artisti ma anche critici d’arte si interessavano in quegli anni alle lettere, e molti erano alla ricerca del graal geometrico: una spiegazione platonica ed eterna della forma delle lettere romane. Chappel, Warren e Bringhurst, Robert, Breve Storia della parola stampata, Milano, Sylvestre Bonnard, 2004

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Lettura e scrittura

Chappell, Bringhurst, 2004

Già verso il ‘500 l’interesse per le lettere si fa più concreto e tanti artisti iniziano a dare un nuovo significato alle lettere, legandole al pensiero a loro contemporaneo.


Lo studio della forma delle lettere stampate si muove da anni in direzione della sua leggibilità, ma è stato toccato negli anni da questioni che vanno oltre le esigenze fisiologiche di lettura, ma che persegue questioni di principio compositivo. Se la forma della lettera può esprimere, questa espressione può essere controllata e utilizzata nel progetto. È quello che succede ad esempio nel caso de La cantatrice chauve di Eugene Ionesco composto con il tipografo francese Robert Massin. Nel libro, che raffigura un testo teatrale, le battute sono composte in caratteri diversi associati ai diversi personaggi. La scelta avviene per affinità del carattere tipografico con l’immaginario visivo associato al personaggio. Si tratta di una scelta soggettiva che espone Massin ad un ruolo autoriale ben evidente. Le pagine non

Titolo Autore Grafico Anno

La cantatrice chauve Eugéne Ionesco Robert Massin 1964

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hanno uno schema visivo univoco, ma gli elementi si dispongono nello spazio in base alla narrazione. Le parole, nello specifico, sono allargate, ristrette, deformate, scorrono liberamente nello spazio bianco della pagina e hanno la funzione di evocare il tono di voce, le caratteristiche del personaggio, oltre che di fornire una informazione verbale.

p.41

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Il libro di Ionesco e Massin è al limite tra una sceneggiatura teatrale e una graphic novel. Si dà il caso che molti libri in cui avviene una sperimentazione con il testo nello spazio siano editi da case editrici di fumetti e graphic novel. Un esempio è The Unfortunates dello scrittore americano Bryan Stanley Johnson di cui parliamo nel capitolo sulla forma del libro.


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Una doppia pagina da La cantatrice chauve di Ionesco e Massin

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Alcune pagine assomigliano di piĂš ad un classico dialogo scritto, altre , attraverso la grandezza del corpo tipografico e delle immagini, suggeriscono la geografia della scena e il punto di vista su un particolare personaggio. La disposizione del testo nella quinta doppia pagina qui accanto ad esempio suggerisce un ritmo del dialogo serrato. Foto da typogabor.com 76

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2.2.2  MAJAKOVSKIJ Dopo qualche centinaia di anni dalla Bibbia a 42 linee, nel regime sovietico la propaganda è affidata oltre che alla radio anche alla stampa. In quel periodo il centro del costruttivismo russo era a Berlino, dove El Lisitskij, artista costruttivista russo aveva esposto nel 1922. Majakoskij, presente sulla scena berlinese, incontra l’artista e gli propone di partecipare alla creazione di un libro di poesie, che uscirà nel 1923 col titolo Per la voce.

Titolo Per la voce Autore Vladimir Majakovskij Grafico El Lisitskij Anno 1923

p.80

Il libro, composto solo attraverso caratteri tipografici in legno, è pensato per essere letto ad alta voce. Si tratta per la maggior parte di composizioni riguardanti gli splendori politici dell’epoca. La scrittura tenta di distaccarsi dalla tipografia lineare, e si fa talvolta immagine. Il testo, verbale e iconico, è stampato in due colori, rosso e nero, e ha richiesto per l’epoca un impegno non indifferente. Spesso infatti i due colori si sovrappongono, effetto producibile stampando i due colori in momenti separati, con un dispiego di forze e danaro non indifferente. Lo stesso tipo di diffivoltà tecnica affrontata quasi certamente da Filippo Tommaso Marinetti un decennio prima. Qualche nota sulla forma tridimensionale del libro: si propone come una rubrica, stampata su cartone di alta grammatura, dove su ogni linguetta vi è il nome della composizione poetica. In questo modo, nell’oratoria della poesia, sarà facile rintracciare il componimento che si sceglie di interpretare.

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2.6.4  MARINETTI In Italia contemporaneamente a Majakoski e Lisitskij, Filippo Tommaso Marinetti inizia la sua avventura con le Edizioni futuriste di «Poesia».

Titolo Zang Tumb Tumb Autore F.T. Marinetti TIPOGR. ? Anno 1913

In quel periodo gli artisti futuristi dipingevano sui temi urbani e modernisti, gli scrittori cercavano di sviluppare un linguaggio adeguato a quella che percepivano come la velocità e la crudeltà del primo Novecento. Stabilirono nuovi generi, il più significativo dei quali era la libertà condizionale («parole in libertà»), detta anche poesia di parole libere. Era una poesia liberata dai vincoli della tipografia lineare e della sintassi e ortografia convenzionale. Una fusione ancora più evidente tra immagine e tipografia la si crea con i dipinti paroliberi, che integrano tipografia e immagine attraverso il collage e la pittura.

Il manifesto del Futurismo letterario Distruzione della sintassiimmaginazione senza fili-parole in libertà del 1913 esprimeva la volontà di Marinetti di un linguaggio spoglio di aggettivi e avverbi, con verbi all’infinito, segni matematici e accoppiamenti di parole usati per trasmettere informazioni in modo più economico e audace. Nell’opera che proponiamo questa snellezza del linguaggio è esplicitata dall’uso delle onomatopee scritte tramite l’utilizzo di una tipografia altamente espressiva, che registrano il suono e ne suggeriscono l’intensità attraverso la dimensione dei caratteri. Nonostante il poeta abbia composto da solo la pagina, è quasi indubbio che abbia collaborato con il tipografo in fase di stampa, che quasi certamente avrà visto degli scogli tecnici da superare, poichè le composizioni non lineari risultano difficili da comporre su telaio, visto che creano degli spazi bianchi, che corrispondono ad una serie di caratteri di piombo non stampanti, posti in modo da tenere ferma la composizione, con un gioco di forze e resistenze.

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2.3

Lettura privata

Il passaggio decisivo alla lettura privata avviene grazie al contributo delle Accademie, intorno al sesto secolo. La scrittura nel frattempo ha subito delle modificazioni che hanno reso la lettura dei testi più agevole: subentrano solo ora gli spazi fra le parole, intorno all’anno 675, anno fino a cui vigeva la cosiddetta scriptio continua, ossia la scrittura senza spazi tra le parole. Leggere più agevolmente portò probabilmente alla lettura silenziosa, processo per cui l’assimilazione dell’input visivo avviene per vie puramente mentali. Vi sono ancora dubbi sul funzionamento del processo di lettura, ma una delle ipotesi più consolidate è quella del modello a due vie, una sublessicale, e una semantica. A questa se ne potrebbe aggiungere una terza, detta via diretta, che associa l’input visivo ad una immediata risposta di pronuncia. La via sub-lessicale (o fonologica) attraversa una fase di conversione dei grafemi in fonemi, e ci permette quindi di leggere parole a noi sconosciute. La via semantica invece associa all’input visivo della parola il suo significato, e permette una lettura più rapida poichè corre dritta verso la comprensione della parola, senza filtri di interpretazione fonologica. Questa via è quella utilizzata dai lettori più esperti ed è spesso associata ad una lettura silenziosa, visto che non richiede una

p.64

Un esempio di scriptio continua, incisa su pietra in capitali quadrate

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traduzione fonologica. Questo è il motivo per cui i bambini che imparano a leggere secondo un sistema alfabetico devono assolutamente iniziare a leggere ad alta voce. La lettura privata dunque sembrerebbe essere avvenuta fluidamente, in un processo originato dall’esigenza di registrare un discorso. Nel mondo occidentale il discorso è stato registrato a partire dal suo suono e non dal suo significato, attraverso un sistema alfabetico basato appunto sull’aspetto sonoro. Per questa ragione la lettura è dovuta passare attraverso la pronuncia, per poi arrivare alla lettura silenziosa, ossia fare il percorso inverso a quello che la parola parlata ha fatto per diventare scritta, come in un processo di registrazione e riproduzione. p.64

Come abbiamo accennato prima, il tipo di lettura più rapida è quello che avviene per via semantica, e che arriva direttamente alla comprensione senza passare attraverso la codifica fonologica. Diversamente accade per la lettura di sistemi di scrittura non fonologici, dove la via prediletta è quella lessicale, ossia la risposta all’impulso visivo iniziale non passa attraverso la conversione del grafema in suono, ma raggiunge direttamente il sistema semantico e non necessita quindi della pronuncia, poiché è diretta la comprensione. Dal punto di vista sociale la lettura privata modifica radicalmente il modo in cui ci si rapporta al testo, visto che ora il legame con l’oggetto libro è ancora più forte.

La stampa gradualmente rese inutile la lettura ad alta voce e accelerò l’atto del leggere fino al punto in cui il lettore potè sentirsi «nelle mani» del suo autore. McLuhan, Marshall, La galassia Gutenberg, Roma, Armando Editore, 2011, p. 228

Da questo momento in poi infatti le Accademie si fornirono di servizi di copia, rilegatura, vendita e prestito di libri, che spesso venivano portati in università, e utilizzati durante gli insegnamenti. Si nota infatti che l’impaginazione di alcuni

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testi, che fino a quel momento consisteva di due colonne giustificate di testo per pagina, fosse progettata in modo da lasciare spazio per gli appunti. Nelle pagine precedenti sono rappresentate due facciate da un testo per l’insegnamento della retorica e della dialettica utilizzato nell’abazia di San Gallo. I testi vennero copiati intorno alla fine del sec. IX e nel sec. X e contengono numerose glosse in latino e antico tedesco così come molte glosse stese con uno stilo risalenti ai sec. X fino al XII. A seguire altre due facciate da un testo universitario del Collegio di Navarra a Parigi risalente al XVI secolo. Sono qui ben visibili i margini ampii su cui prendere appunti, che sono lasciati a sinistra del riquadro di testo su entrambe le pagine, in maniera asimmetrica rispetto al contrario del manoscritto precedente. Il margine costante su ogni pagina suggerisce una similitudine con i quaderni, fatti di fogli sfusi rilegati in un secondo momento. Su questo tema della forma del libro ci soffermeremo nel terzo capitolo.

p.149

p.13

Si nota come in entrambi i manoscritti non sia presente sillabazione e il margine di entrambi i riquadri di testo sia frastagliato, lasciando intendere che la sillabazione non sia che una esigenza della stampa piuttosto formale, che si oppone alla naturale composizione del testo. I pacchetti di testo giustificati erano già utilizzati da tempo, ancor aprima dell’avvento della stamapa a caratteri mobili, ma non era prevista sillabazione. Questa fu introdotta solo dopo la stampa, e sembrerebbe essere un sintomo della visione del testo come una catena di letterine accostate una dopo l’altra, tralasciando ancora una volta di cui la scrittura non può non farsi carico, come la facilità di lettura del testo.

Lettura privata

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Testo manoscritto, utilizzato per l’insegnamento della retorica nell’Abazia di San Gallo, Svizzera IX sec.

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Testo universitario manoscritto utilizzato al Collegio di Navarra a Parigi XVI sec.

Lettura privata

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[...] Scrivere a mano ci obbliga a comporre mentalmente la frase prima di scriverla. Grazie alla resistenza della carta e della penna, fa sì che si rallenti e si pensi. Molti scrittori, anche se abituati a scrivere al computer, a volte preferirebbero anche imprimere le lettere su una tavoletta di argilla, solo per poter pensare con maggiore calma. È vero che i bambini scriveranno sempre di più su computer e cellulari. Tuttavia, l’umanità ha imparato a riscoprire come sport e piaceri estetici molte cose che la civiltà aveva eliminato come inutili. La gente non viaggia più a cavallo, ma alcuni vanno in una scuola di equitazione; esistono gli yacht a motore, ma molti si dedicano alla vera vela come i fenici di 3.000 anni fa;

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Lettura e scrittura


ci sono tunnel e ferrovie, ma molti si divertono ancora a camminare o a scalare i passi alpini; la gente colleziona francobolli anche nell’era della posta elettronica; gli eserciti vanno in guerra con i kalashnikov, ma si tengono anche tornei di scherma pacifici. Umberto Eco, The forgotten art of handwriting, su The guardian, 21 settembre 2009

Umberto Eco, Schema della biblioteca per Il nome della Rosa, schizzo a pennino

Lettura privata

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2.4

La scrittura a mano

2.4.1  GLI APPUNTI Parlando del tema di questi quaderni, ossia «dal pensiero alla scrittura» ci sembra opportuno parlare di come la scrittura si rapporti al pensiero. Prendere appunti è essenziale alla fase di prescrittura del libro, e in particolare la scrittura a mano si presta ad assecondare una fase in cui il pensiero non è ben formato, poichè consiste in una attività manuale, quasi artigianale. La scrittura a mano poi, a differenza di quella su tastiera, permette di utilizzare lo spazio della pagina liberamente. Ad esempio una linea di testo potrebbe iniziare rettilinea, poi curvarsi, spezzarsi, processo che difficilmente verrebbe davanti ad una tastiera. Per questo motivo la scrittura a mano diventa un mezzo insostituibile per la scrittura, e definitivo per la forma finale del libro.

p.94

Per attestare che la scrittura lineare della stampa non è che frutto di una esigenza tecnica ci basta guardare pagine di appunti. Nella pagina seguente proponiamo un esempio illustre, in cui Dostoevskij prepara la stesura del suo romanzo Delitto e castigo, attraverso una serie di appunti presi in maniera apparentemente disordinata, in cui disegni e scrittura dialogano armonicamente sulla pagina.

La scrittura a mano

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Appunti di Fëdor Dostoevskij per il suo romanzo «Delitto e castigo»

2.4.2  IL MANOSCRITTO OGGI: LA MANUALISTICA Oggi scriviamo a mano per prendere appunti. Alcuni taccuini di appunti famosi sono particolarmente rilevanti per la loro organizzazione, tanto da apparire come veri e propri libri in forma finita. Presentiamo qui un esempio di questi: la Pictorial Guide to the Lakland Fells di Alfred Wainwright. La guida, divisa in sette libri scritti nel corso di tredici anni, tra il 1955 e il 1966, è stata pubblicata per stampa anastatica. Il layout di ogni pagina è progettato intorno alle illustrazioni attentamente annotate dall’autore, tanto che ogni pagina risulta diversa dalle altre nella composizione. Questo modo di comporre la pagina, basato sulle immagini, è particolarmente utile nel caso di

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Lettura e scrittura


Una doppia pagina da ÂŤA Pictorial Guide to the Lakeland FellsÂť di Alfred Wainwright, 1955-

La scrittura a mano

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impaginati che hanno bisogno di schemi visivi, come accade in saggi tecnici. Nel caso specifico della guida di Wainwright il layout fluido è perfettamente concorde con la natura di manoscritto, che non ha pretese di assomigliare ad un testo stampato, ben definito nella sua griglia di impaginazione. L’unica pretesa di libro sono i titoli correnti in alto e i margini che non sempre vengono rispettati, come si vede nella foto a lato.

Titolo Autore Anno

Un altro libro pensato, scritto e pubblicato a mano è il Music Notation Primer di Glen Rosecrans, pubblicato nel 1976. Si tratta di un manuale per la calligrafia musicale. Sembrerebbe che questo manuale sia nato dall’esigenza di raccogliere gli appunti che Rosecrans passava ai suoi studenti, o in ogni caso per raccogliere spunti che nel tempo ha trovato e ha messo in ordine. Questo ci fa ragionare anche sul principio che sta alla base della creazione di un lbro, ossia la volontà di renderlo pubblico, e di pensare al testo in funzione dei propri lettori.

A Pictorial Guide to the Lakeland Fells Alfred Wainwright 1955-1966

Anche in questo caso non vi è bisogno di griglia, perchè il contenuto è già organizzato in modo coerente. Si nota ancora che un certo ritmo e coerenza sono ottenuti grazie alla ripetizione della stessa grandezza di corpo dei titoli e delle descrizioni, in modo, oltre che dalla posizione dei titoli stessi, che si ripete identica per ogni capitolo. Una nota dolente potrebbe essere originata proprio dalla fallibilità della scrittura a mano che può sembrare a primo impatto non uniforme e dare alla pagina un aspetto poco organizzato.

Titolo A Music Notation Primer Autore Glen Rosecrans Anno 1976 p.116

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Lettura e scrittura

Si nota inoltre che i libri scritti completamente a mano sono spesso manuali o libri che hanno figure, la cui scrittura risulta più agevole se svolta in uno spazio che permette la scrittura contemporanea di schemi e testo verbale. Simile a questo approccio vi è la composizione in TeX, che vedremo nei prossimi paragrafi.


La scrittura a mano

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Una serie di doppie facciate dal Music Notation Primer di Glen Rosencrans. Tutte le pagine sono scritte a mano, tranne la copertina

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Lettura e scrittura


La scrittura a mano

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2.5

L’avvento della tipografia

La stampa segna una differenza sostanziale tra il mondo della scrittura a mano e quello della stampa: il libro inizia la sua ascesa a prodotto, e allontana l’aspetto artigianale dalla produzione del libro. Questa differenza di audience modifica anche il contenuto del testo. A proposito di questo McLuhan dice:

Allo stesso modo per cui un brano musicale scritto per pochi strumenti ha un tono e un tempo diversi da un altro brano concepito per le grandi sale, così avvenne anche per i libri. La stampa ha ampliato la «sala» ove si svolge la rappresentazione dell’autore fino al punto da modificare tutti gli aspetti stilistici dell’opera letteraria. McLuhan, Marshall, La galassia Gutenberg, Roma, Armando Editore, 2011, p. 167

Risulta chiaro come nella scrittura a mano il confine tra immagine e scrittura inizi a sfumare, vista la presenza di schemi e disegni, organizzati liberamente nello spazio della pagina. Con l’avvento della stampa molti libri manoscritti vengono tradotti a stampa: si tratta delle editiones principes. In questo passaggio può capitare che ci sia un gap nella traduzione da un mezzo all’altro. In questo caso il libro cambia forma: i suoi contenuti cambiano disposizione nello spazio, vengono utilizzati colori diversi, oppure non utilizzati affatto. In questo caso è necessario che avvenga una interazione tra

Una editio princeps è la prima edizione a stampa di un libro, precedentemente tramandato per copia manoscritta. È sempre nella lingua originale e mai una traduzione.

L’avvento della tipografia

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l’autore e il tipografo compositore, un pre-designer, che ha il compito di configurare la pagina graficamente. A seguire il confronto tra un esemplare manoscritto del Fasciculus Temporum di Werner Rolewinck risalente circa al 1471 e una sua versione stampata nel 1484 a Venezia dal celebre stampatore Erhard Ratdolt. Si tratta di un testo molto interessante perchè presenta una fascia temporale al centro della doppia pagina, costante su ogni facciata. Le due versioni successive vedono il apssaggio prima ad una forma meno complessa del diagramma centrale, pur conservando i colori. Nella successiva versione invece, sono anche i colori a sparire e la fascia centrale quasi non si riconosce rispetto alla totalità della pagina, ma è invece più visibile una organizzazione fatta su assi precisamente allineati.

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Una stamperia in una xilografia del 1568. A sinistra un "estrattore" rimuove un foglio dalla pressa, il "battitore" inchiostra le forme e un compositore imposta i caratteri.

L’avvento della tipografia

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1471, manoscritto

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Venezia, Erhard Ratdolt, 28 Maggio 1484

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L’avvento della tipografia

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Venezia, Erhard Ratdolt, 24 novembre 1480

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L’avvento della tipografia

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2.6

La scrittura su tastiera

2.6.1  LINOTYPE Prima dell’Ottocento la composizione della pagina veniva fatta a mano da un compositore che dispone all’interno di un telaio i caratteri.

Nell’ultimo quarto dell’Ottocento fecero la loro comparsa due macchinai per la composizione meccanica: la linotype e la monotype. Entrambe le macchine compongono testo corrente, ma la linotype fonde i caratteri riga per riga in lingotti di piombo, la monotype fonde le singole lettere e le assembla in una riga. La linotype consente bozze meno care, ma la monotype riduce i costi delle correzioni. Chappell, Warren e Bringhurst, Robert, Breve storia della parola stampata, Milano, Sylvestre Bonnard, 2004

La novità della linotype consiste nella possibilità di essere adoperata da un solo operatore che tramite un meccanismo a tastiera fa in modo che la macchina richiami le singole matrici tipografiche. La composizione con linotype rendeva più agile la composizione lineare , il che lascia presagire che la progettazione della pagina secondo regole compositive bidimensionali inizierà pian piano a scomparire, almeno per le pagine di bozza.

La scrittura su tastiera

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2.6.2  LA MACCHINA DA SCRIVERE L’introduzione della macchina da scrivere avvicina lo scrittore alla scrittura tipografica, senza dover necessariamente passare per quella a mano, ma lo allontana da una disposizione libera degli elementi nello spazio. A questo approccio puramente lineare molti artisti e designer si opposero, tentando di sperimentare nella direzione opposta, ossia dell’uso dello spazio bidimensionale in maniera libera dalla sequenzialità della scrittura a macchina, nonostante la scrittura rimanesse effettivamente lineare. In questo modo le opere prodotte erano in qualche misura discretizzate, in modo simile al processo di tessitura su telaio.

Bayamus Stefan Themerson 1949

Per quanto riguarda le traduzioni di poesie vi è un elemento caratterizzante della poesia stessa, ossia la sua indissolubilità con la sua pronuncia. La musicalità di una poesia in francese differirà da quella di una poesia italiana

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Lettura e scrittura

LUSSU, 2005

Titolo Autore Anno

Eppure una delle più famose sperimentazioni sulla nonlinearità è quella del polacco Stefan Themerson, che nel suo Bayamus utilizza l’espediente della giustificazione interna verticale in forma autoriale, ossia scrivendo e concependo l’opera secondo le due dimensioni cartesiane del foglio ideale. Themerson aveva già avuto modo di mettere in pratica la sua maniera di giustificare il testo nelle traduzioni di poesie. Pare che una volta trasferitosi a Londra iniziò a tradurre le sue stesse poesie in inglese, scontrandosi con lo scoglio della fonetica. I traduttori conosceranno meglio di noi la difficoltà del tradurre in maniera fedele discorsi appartenenti a lingue e culture diverse, poiché è necessario conoscere il contesto del brano che si traduce, e quello della lingua e della cultura in cui va tradotto: un’espressione apparentemente innocua in una lingua può avere significati fraintendibili in altre. Pensiamo alle traduzioni dei titoli di film, stampati a caratteri cubitali su poster di smisurate dimensioni: bisogna prestare particolare attenzione al messaggio che questi danno.


Interpretazione semantica di una poesia del poeta cinese Li Po

La scrittura su tastiera

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banalmente per la gamma di suoni che le due lingue hanno. Trovatosi a confrontarsi con questo scoglio, Themerson decise di

invece di titillare le loro colonne vertebrali e di tentare di eccitare i centri del piacere dei loro cervelli con il liberare le parole del proprio peso semantico e di lasciarle sciolte sui loro timpani, io aumentavo questo peso, spargendolo su un più ampio spettro cognitivo e affettivo . Themerson in Lussu, Giovanni, Teatri di poesie semantica su Progetto grafico 4/5, Febbraio 2005

p.113

La giustificazione interna verticale di Themerson consiste nel descrivere una parola in maniera avulsa da contesto, riferendola al lettore per come la definirebbe un dizionario. Si tratta quindi di rendere una parola con una stringa di parole, che Themerson dispone in un pacchetto di testo, in cui l’interruzione di riga è dettata solo dal senso della frase, secondo questo schema: definizione di questa parola

parola

parola

parola

parola

Parliamo di traduzioni semantiche in un capitolo chiamato «La macchina da scrivere» poichè lo strumento utilizzato da Themerson per la scrittura era proprio questo. La macchina da scrivere si prestava facilmente alla giustificazione interna verticale. Infatti poichè la macchina da scrive funziona in maniera matriciale, era particolarmente facile allinere verticalmente il testo: dopo la scrittura di una parola basta andare a capo e premere l’esatto numero di spazi bianchi riga dopo riga. Nel caso ci sia mossi verso il basso per la definizione, per ritornare sulla riga basterà ruotare il rullo del carrello della macchina di tante tacche quanto serve.

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Lettura e scrittura


Warde, s.d.

L’azione di Themerson è piuttosto autoriale, ossia imprime un solco importante per la definizione del manufatto testuale. La tipografia di Themerson non è «invisibile» come quella di Beatrice Warde, secondo cui il designer deve stare al «contenuto» del libro come il calice di cristallo al vino, ossia assecondando il processo di fruizione di ciò che è per l’appunto «contenuto».

Contentuto qui è inteso come in genere si intenderebbe il testo verbale, la serie di parole. Siamo però coscienti che questo contenuto non abbia una netta divisione con il suo contenitore, ma entrambi si assorbono l’uno nell’altro.

Beatrice Warde aveva il tocco popolare ed era capace di fare collegamenti col mondo dell’educazione alla stampa e del mercato in generale. Kinross, Robin, Modern Typography, an essay in critical history, London, Hyohen Press, 2004, [traduzione dell’autrice]

Probabilmente sarebbe il caso di approfondire proprio questa questione radicale, basilare: il rapporto che la resa grafica, intesa come la restituzione tramite tratti nello spazio del reale, ha con il testo. Utilizzando metafore squisitamente visive, si tratta di un calice solido che accoglie un liquido?Si tratta di una tabella che accoglie dei dati?

Testo è qui inteso come frutto della scrittura, che può avvenire anche per immagini

La scrittura su tastiera

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2.6.3  TEXT EDITOR, WORD PROCESSOR, TEX L’avvio ad un tipo di editoria ancora più diffusa e capillare è stato velocizzato sicuramente dall’apporto dei text editor, ossia quei software per la scrittura digitale. Funzionano proprio come una macchina da scrivere, con la differenza che è ora possibile cancellare e sostituire parti di discorso facilmente. Ulteriore passo avanti lo si ha con i word processor, che danno anche la possibilità di revisioanare il testo, lasciando traccia delle correzioni, una sorta di ritorno al passato. In più i word processor hanno anche a disposizione un vocabolario, che permette al software di trovare errori di ortografia e segnalarli all’utente. Nella composizione di testi scientifici, è comune che gli autori, ossia ricercatori, scrivano i propri testi attraverso software come LaTex, che permettono di inserire testo e tabelle dallo stesso software. L’autore si occupa del testo e della struttura, e facilmente a posteriori può organizzare visivamente le informazioni, scegliere i caratteri in modo da controllare precisamente l’esito dell’opera.

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Lettura e scrittura



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3. Le tecnologie di pubblicazione del libro Il primo passo per la creazione di un libro non è nella sua scrittura, ma la volontà di renderlo pubblico. L’editore ha un grande contributo sul libro, e la pubblicazione stessa influsice sulla sua ricezione. Per questo motivo indaghiamo sulla pubblicazione nel passato e nelle varie forme del presente.

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Dante, Inferno e Purgatorio, Codex Guarneri , prima metà del XIV secolo , Cologny, Fondation Martin Bodmer, Cod. Bodmer 55, f. 1v, – (https://www.e-codices.ch/it/list/one/fmb/cb-0055)

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Le tecnologie di pubblicazione del libro


Vediamo rappresentata qui a fianco una pagina del Codex Guarnieri, un libro manoscritto nel 1323, due anni dopo la morte di Dante, che contiene Inferno e Purgatorio della Commedia di Dante. Le glosse in corrispondenza del rigo del vocabolo a cui si riferiscono ci fanno riflettere sul fatto che le note a piè di pagina sono forse nate da una esigenza produttiva legata alla stampa, poichè rientrano all’interno del rettangolo di gabbia che è più facile da comporre.

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3.1

Il libro manoscritto

Cavallo et al. 1995

Abbiamo già detto che da questo momento in poi il libro diventa consultabile in modo non lineare. In effetti non era raro che gli scrittori del medioevo facessero ricorso ad auctoritates¸ cioè citazioni o passi della Bibbia o dei Padri della Chiesa che servivano ad argomentare le loro tesi. Si avvertì quindi l’esigenza di scorrere velocemente tra le pagine dei volumi, di consultare il libro. Le citazioni divennero graficamente distinte dal testo corrente. Nell’antichità e nel basso medioevo, quando i testi erano composti oralmente, gli autori si aspettavano un lettore che leggesse le sue parole pronunciandole, ma dal XIC secolo si impose la lettura silenziosa, e così anche la prospettiva dell’autore cambiò. Tra il XIII e il XIV secolo fu introdotta l’abitudine di suddividere i testi classici in sezioni, per facilitare la lettura, che da questo momento ha bisogno di un sistema di orientamento assolutamente visivo. Furono introdotte nuove maniere di dividere i capitoli, tavole alfabetiche per soggetto, titoli correnti, maiuscole miniate, segni di paragrafo colorati, sistema di note concatenate con relativi diagrammi che ne spiegano il sistema di corrispondenze.

3.1.1  AUTORE O SCRITTORE Nell’era medioevale era pratica comunque quella della dettatura, tanto che nelle Università le lezioni venivano tenute con il metodo del dictamen, ossia della dettatura, in modo da fornire agli studenti un testo ausiliario allo studio. Ma un’altra è la ragione principale di questa pratica, e cioè il costo della copia era esoso, e in quel modo tutti gli studenti

Il libro manoscritto

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del medesimo corso avrebbero potuto avere una copia dello stesso libro. In effetti gli autori stessi iniziarono a scrivere in un’ottica leggermente diversa dai loro predecessori: era comune che i testi scritti a partire dal XIII secolo presentassero molti riferimenti interni incrociati, così come riferimenti esterni. È infatti in questo momento che l’autore inizia a dedicarsi alla scrittura diretta, che invece prima avveniva grazie alla mediazioni degli scribi, a cui l’autore dettava le parole. Non solo il processo di dettatura era in alcuni casi meno florido poiché impediva all’autore di fare collegamenti tramite la visualizzazione dei suoi appunti e degli scritti delle pagine precedenti, difficili da memorizzare, ma era anche più soggetto ad errori di ripetizione o errata formulazione dei periodi, si pensi a quelli più lunghi il cui schema logico è complesso, come quello appena concluso. Questo legame con la formulazione orale, la scrittura lo tenne ancora per secoli dopo l’invenzione della stampa.

L’ «io» della narrativa medievale più che un punto di vista fisso forniva immediatezza di effetto. Allo stesso modo gli scrittori medievali usavano le costruzioni grammaticali e la sintassi, non in relazione alla sequenzialità degli eventi nel tempo o nello spazio, ma per segnare momenti di accentuazione. McLuhan, Marshall, Galassia Gutenberg, Roma, Armando Editore, 2011, p. 245

Ne risulta come il concetto di «punto di vista» autoriale fosse sconosciuto allora. È interessante tracciare una linea del tempo della condizione di autore, termine oggi abbastanza univoco, ma che sarebbe risultato forse ambiguo agli albori del libro, poiché ci aiuta a non dare per scontate alcune categorie di uso comune, in modo da indagarne i confini. La stesura di un libro in questa fase è legata moltissimo agli amanuensi, ai bibliotecari e ai legatori, visto che ogni libro

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Le tecnologie di pubblicazione del libro


Scheda bibliografica in Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco, Bompiani, 1977

Il libro manoscritto

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Scheda con argomenti utilizzate per la scrittura di questo testo

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Le tecnologie di pubblicazione del libro


era un volume unico e spesso fatto di frammenti di altri libri, raccolti insieme secondo la volontà dei primi e dei secondi, che avevano evidentemente un atteggiamento autoriale, più o meno conscio. Spesso questi volumi riportavano in copertina solo il nome del primo autore che appariva nella raccolta e aveva solo lo scopo di indicare di che volume si trattasse. Ci rendiamo meglio conto forse di come il valore del libro fosse molto diverso dal nostro, e molto più orientato alla sua dimensione fisica, tanto che si poteva distinguere chi scrivesse il libro da chi lo componeva. Un lettore medioevale a confronto con un testo, riteneva quel testo non come il frutto del pensiero di un autore, oppure un punto di vista come riterremmo noi oggi, ma come la consapevolezza acquisita da qualcuno prima di lui, un pezzo di conoscenza ormai considerata come acquisita. L’autore sparisce, una condizione simile a quella auspicata da Michel Foucalt qualche secolo dopo.

Speravo in un testo che si sarebbe intessuto di se stesso, senza alcun riferimento percepibile a colui che sono e che attualmente parla: io che ho cercato sempre di far estendere attraverso le parole altre (anche le meglio datate e situate, le più legate alla posizione del parlante) un discorso senza soggetto, avrei voluto sentirmi attraversato da un tale linguaggio; avrei voluto essere l’invisibile supporto di un testo che non avrebbe avuto nome. Foucalt, Michel, Introduzione alla prima versione dell’Archeologia del sapere, 1966, edita in francia da L’Herne, traduzione di Francesco Bellusci, pubblicata in italia per la prima volta su doppiozero.it

Da catalizzatore per il passaggio dalla dettatura alla scrittura diretta potrebbe essere stata la scrittura corsiva, utilizzata esclusivamente su carta e pergamena dove la penna scorreva più fluida e non sulle tavolette di cera. La velocità di scrittura di rese compatibile con l’attività intellettuale poiché rendeva il lavoro di scrittura meno laborioso.

p.26

Il libro manoscritto

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Una delle conseguenze del passaggio alla scrittura diretta era il nuovo rapporto intimo che l’autore poteva avere col suo testo: egli poteva infatti manipolare egli stesso i suoi appunti, vedere il suo manoscritto come un tutto, sviluppare relazioni interne, e solo successivamente, quando ne era sicuro, mandare la sua copia madre ad uno scriptorium. Lo scriptorium si popolava di diverse figure: l’autore, lo scriba, il compilatore e il commentatore.

Ci sono quattro modi di fare un libro. Alcuni scrivono parole altrui, senza aggiungere o cambiare alcunché virgola e chi fa questo lo scriba (scriptor). Altri scrivono parole altrui e aggiungono qualcosa, però non di proprio. Chi fa questo è un compilatore (compilator). Poi ci sono quelli che scrivono sia così altrui sia proprio, ma il materiale altrui predomina è quello proprio è aggiunto come in allegato a scopo di chiarimento. Chi fa questo si definisce commentatore (commentator), non autore. Chi invece scrive sia cose che vengono da lui stesso sia cose da altri, riportando il materiale altrui allo scopo di confermare il proprio, questa è da chiamare autore (auctor). san Bonaventura da Bagnoreggio, Proemio al Commentarium in libris sententiarum

La scrittura del libro avveniva con tempi molto allungati rispetto ai nostri: lo scrittore dopo aver concepito il piano di un’opera, raccoglieva il materiale, poi i libri su argomenti affini, prendeva nota degli argomenti interessanti che teneva organizzati in modo da poterli utilizzare al momento giusto, e se nei testi consultati trovava titoli che potevano interessargli faceva ricerche per trovarli, e mandava richieste ad altre abazie per poterseli procurare. Quest’ultimo era un processo che poteva durare a lungo.

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Le tecnologie di pubblicazione del libro


Nella sua totalità questo processo non è molto dissimile a quello che seguirebbe oggi un autore accorto. Non è dissimile dal processo che Umberto Eco consiglia di utilizzare per scrivere una tesi di laurea, così come non è dissimile dal processo di scrittura del libro che tenete tra le mani, o che leggete su schermo, ma i tempi si sono notevolmente resi brevi, soprattutto grazie all’apporto dell’editoria digitale, capace di diffondersi ancora più velocemente di quella stampata.

p.125

Il libro manoscritto

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Borsuk, 2018

3.2

Il libro stampato

Il libro ora assume una dimensione molto più personale, e diventa al contempo una merce. Gli stampatori iniziano a imprimere sul frontespizio del libro il loro marchio, che nel frattempo è diventato il logo ce riconosciamo come quello della casa editrice. In questo stesso periodo i libri iniziano a comprendere sistemi che facilitano la rilegatura da parte del legatore, che spesso avveniva in separata sede rispetto alla stampa. È il caso di titoli correnti, indici, e maniculae. Questi segni erano inizialmente disegnati dagli studiosi sui loro libri per tenere il segno ma anche per lasciare un personale segno sul libro. In questo periodo si sviluppano anche i commonplace books. Un esempio storico è Lo Zibaldone di pensieri di Giacomo Leopardi, termine con cui generalmente ci si riferiva a questo tipo di quaderni in Italia. Ci interessa analizzare alcuni di questi libri perché costituiscono una libera resa in forma grafica degli appunti di autori abituati alla scrittura manuale ma al contempo vicini ai nostri contemporanei per l’attitudine a cercare i diversi punti di vista, per creare magari una propria visione.

I commonplace books erano libri in cui lo studioso raccoglieva le citazioni che lo avevano colpito, corredandole di commenti e organizzandole per argomento

Il libro stampato

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Pubblicità di uno scriba tedesco del sedicesimo secolo

3.2.1  LO SVILUPPO DEL MERCATO LIBRARIO I libri sono ormai prodotti in serie, è possibile trovare copie multiple di una stessa edizione su uno scaffale di una libreria. In questo periodo si sviluppano le prefazioni, i maschi degli stampatori, gli indici per argomento ed altre caratteristiche formali del libro di oggi.

I libri non sono frutto di partenogenesi. Per realizzarli, imprenditori e mercanti ingaggiavano istruivano copisti, compositori e miniatori. E coloro i quali dominavano il mercato dell’editoria avevano anch’essi molto a che fare con l’identità e l’aspetto fisico dei libri letti dal pubblico umanista. Grafton, Anthony, L’umanista come lettore, in Storia della lettura nel mondo occidentale,Bari, Laterza, 1995, pag.211

Inizia a delinearsi il profilo di un mercato che pensa alla produzione in serie, dal XIV secolo infatti molti stampatori iniziarono a produrre libri in grandi numeri e non su

132

Le tecnologie di pubblicazione del libro


Cavallo et al. 1995

richiesta, come era successo fino a quel momento, in modo da riempire gli scaffali delle librerie che rifornivano. La produzione dei libri nel periodo del manoscritto era infatti affidata agli scribi e poi passata ai legatori, in base ad un ordine formulato dal cliente. Nel periodo della stampa invece la produzione avveniva per mano di tecnici in grado di operare con i macchinari di stampa. Spesso questi corrispondevano con i cartolai, che mettevano anche in commercio le opere stesse. Successivamente toccò agli stampatori stessi vendere le opere, che spesso pubblicizzavano le loro opere anche per proteggerle da versioni di stamperie avversarie.

p.132

Attraverso la trasformazione formale materiale della loro presentazione, che modifica formato organizzazione nella pagina, suddivisione del testo e illustrazione, i testi possono guadagnare nuovi pubblici, più ampli e meno colti, e ricevere nuovi significati, lontani da quello voluto dall’autore ho costruito dai loro primi lettori. Chartier, Roger, Letture e lettori «popolari» dal rinascimento al settecento, in Storia della lettura nel mondo occidentale,Bari, Laterza, 1995, pag.329

Già dal XIV secolo, nel mondo occidentale la scrittura avviene spesso in lingua volgare, e questo avvicina molto il pubblico meno colto alla lettura. Un esempio di prodotto di consumo letterario possono essere i cosiddetti chapbooks inglesi, poiché costituiti da sequenze brevi di brani, immagini che aiutano a contestualizzare e memorizzare il testo. In Spagna vi è un corrispettivo simile ai chapbooks, chiamati pliegos, che hanno un formato tascabile, e si adattano al regime di produzione di piccole aziende.

Il libro stampato

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I libri tascabili iniziano i lettori al concetto di libreria portatile, immagine che oggi ci risulta ancora più forte se pensiamo ai lettori di e-book.

I codices possono essere posseduti e posti sugli scaffali di una libreria privata come segno del proprio intelletto. Possono essere avvolti in sovracoperte per poteggerli (o nasconderli). Possono essere passati di persona in persona come gesto d’amore o simbolo di grande affinità. Pensiamo a noi stessi mentre spariamo nei libri, per emergere solo qualche ora dopo, cambiati da ciò che abbiamo letto. Borsuk, Amaranth, The book, Cambridge, Massachussetts, MIT Press, 2018

Tutti questi aspetti sono relativi sia al formato che al tipo di pubblico tanto che in tempi moderni i tascabili definiscono generalmente una collana a sè stante nel catalogo di una casa editrice.

Il formato tascabile, dunque oggi non è più principalmente un formato, ma un vasto insieme o una nebulosa di collane – poichè chi dice «tascabile» dice sempre «collana». Genette, Gérard, Seuils, 1987, Parigi, Éditions du Seuil, 1987 (tr. it. di Camilla Maria Cederna, Soglie - I dintorni del testo, Milano, Einaudi, 1989, p.22)

Dunque il termine tascabile allude a due ambiti: quello economico poichè sarebbe sinonimo di una edizione meno costosa di altre, ma anche paratestuale perchè significa una riedizione, e quindi rientra nella categoria della ricezione del libro.

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Le tecnologie di pubblicazione del libro


3.2.2  IL RAPPORTO CON L’EDITORE Alla nascita della stampa l’editore coincideva con lo stampatore. Oggi l’editore si circonda di altre figure che lo aiutano in vari compiti come: ҺҺ la ricerca di manoscritti ҺҺ la lettura preliminare dei manoscritti ҺҺ la correzione ortografica ҺҺ l’editing contenutistico

Mcluhan, 2011

ҺҺ l’editing grafico Gli scrittori acquistano nell’epoca della stampa una nuova concezione di fama letteraria o di paternità intellettuale, poiché ora l’appartenenza di un’opera ad un autore è innegabile. Nella fase del manoscritto infatti gli studiosi non si preoccupavano eccessivamente dell’esatta identità degli autori, né gli autori stessi avevano sempre la cura di palesare la loro identità nelle loro opere. Ma grazie all’avvento del nuovo sistema di produzione del libro, questa ambiguità si rese impossibile.

Con editing grafico si intende qui che l’organizzazione nello spazio del testo consegnato dall’autore. In questi casi il grado di autorialità del grafico è minimo rispetto al grafico che collabora con l’autore nella fase di scrittura

L’autore riacquisisce la paternità della sua opera così come la fama, come frutto di un sistema orientato al consumatore, a cui interessa determinare l’autore del suo libro anche per accertarsi dell’autenticità del suo acquisto. La velocità di copia che la stampa forniva combinata con la crescente alfabetizzazione permise di ampliare il pubblico a cui l’autore si rivolgeva, che fino all’epoca del manoscritto era costituito solo da altri intellettuali.

Il libro stampato

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3.2.3  LA STAMPA E IL CONCETTO DI COPIA Fino all’età del manoscritto copiare e diffondere un’opera era considerato normale se non addirittura valoroso, mentre con l’avvento della stampa la stessa azione avrebbe avuto un significato criminoso, poiché in questo periodo la circolazione dei testi stringe il legame con l’aspetto economico. Le stamperie iniziano a fiorire di brevi testi in prosa, pensati unicamente con lo scopo di divertire il proprio pubblico: sono i prodromi di una letteratura di consumo e gli editori iniziano ad imporre il loro marchio, per dichiarare l’autenticità del proprio lavoro. C’è da aggiungere che nonostante la scrittura avesse visto la luce da centinaia di anni, ancora poche erano le regole di grammatica e ortografia. Oggi infatti siamo ben capaci di individuare i più semplici errori grammaticali, ma proprio questa nozione di errore grammaticale non era così vivida in un’epoca di lingue fluide, in rapida trasformazione, soprattutto a causa dei contatti con le altre popolazioni, una diversità di lingue di cui spesso anche una sola nazione si componeva. Data questa scarsità di regole era comune che le stesse opere fossero scritte secondo convenzioni linguistiche leggermente diverse.

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Le tecnologie di pubblicazione del libro


SCRITTURA

Prescrittura Autore Stesura Traduttore

PROPOSTA IN CASA EDITRICE

Agente letterario Editor (book scout)

PUBBLICAZIONE

Incontro con l’editore Direttore editoriale Curatore editoriale Direttore di collana Consulente editoriale Editing Designer Curatore editoriale Direttore di collana Editor o curatore di bozze Produzione Direttore di produzione Tecnici di produzione Tipografo compositore

DISTRIBUZIONE

LETTURA RICEZIONE SOPRAVVIVENZA

Distributore Promotore Pubblicitario Libraio

Lettore Critico letterario Critica social

Il libro stampato

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3.2.4  SPERIMENTAZIONI IN PROSA

La sua idea di libro era ancora basata sul modello tradizionale, ed egli desiderava ardentemente trovare l’ordine più adatto ai concetti che vi erano esposti. Sia Wittgenstein sia Barthes respinsero l’argomentazione lineare, ma non la forma fisica, l’aspetto e la consistenza del libro stampato. Il lettore prende i loro libri, li apre alla prima pagina e li legge nel modo tradizionale. Alcuni autori poststrutturalisti hanno spinto la loro critica fino alla sostanza tipografica del libro, creando «antilibri» che disorganizzano la tradizionale idea di come un libro dovrebbe apparire e funzionare. Bolter, Jay D., Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesto e la rimediazione della stampa, Milano, Vita e Pensiero, 2002

p.141

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Glas del filosofo francese Jacques Derrida uscito nel 1974 invece si propone diverso nella sua struttura grafica: ogni pagina è divisa in due colonne scritte con caratteri di diverso corpo e di cui quella sinistra propone brani di Hegel e quella di destra offre osservazioni sul pensiero di Jean Genet, scrittore francese. Entrambi i testi sono corredati da note, che interferiscono con il riquadro di testo, come si vede in foto. In questo caso Derrida utilizza le note, che spesso hanno ruolo marginale commento rispetto al testo di

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Bolter, 2010, pag 146

Alcuni tra gli autori a organizzare la scrittura in maniera non lineare erano Roland Barthes e il filosofo austriaco Wittgenstein. Quest’ultimo sostiene che i suoi pensieri si paralizzavano se tentava di dare loro una qualunque direzione, e che invece i suoi scritti apparissero spesso come schizzi di paesaggio, in maniera disordinata. Tuttavia l’idea di libro che sia Wittgenstein che Barthes avevano era legata a quella tradizionale, ossia dal punto di vista fisico i loro libri si collocano senza dare nell’occhio nella scia di molti dei loro predecessori. Riguardo Wittgenstein, Bolter scrive:


riferimento, in maniera assolutamente autoriale. Nella sua forma Glas assomiglia molto ad uno zibaldone in forma stampata, poichè contiene citazioni da brani diversi, ma commentate, e disposte in una maniera graficamente significante. La critica associa alla disposizione spaziale del testo alcuni elementi simbolici, oltre che relativi all’esperienza di lettura. In ogni caso la disposizione del testo è stata chiaramente concepita o decisa dall’autore, poichè è necessaria alla lettura di tre testi simultaneamente: quello di Genet, quello di Hegel e quello dell’autore stesso, ossia le note. George P. Landow, tra i primi teorici dell’ipertesto, che approfondiremo nel capitolo seguente, definisce il libro di Derrida appunto «ipertestuale», la cui lettura può avvenire in maniera non lineare, ma secondo percorsi diversi scelti dal lettore stesso.

Titolo Glas Autore Jacques Derrida Grafico Anno 1974

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Commenti su Hegel carattere graziato

Note In carattere bastone a corpo piĂš piccolo Si incastonano nella gabbia, e scorrono sempre sulla sinstra

Commenti su Genet carattere graziato a corpo maggiore

Spesso la narrazione ha un ritmo scandito da alcuni interrogativi, in entrambi i discorsi, che anche graficamente segnano una vuoto, un bianco

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Un altro esempio è Love and the Mess we’re in di Stephen Marche e Andrew Stevens edito da Gasperau Press. Andrew Stevens incarna una figura non comune al giorno d’oggi: è l’editore e stampatore, e si occupa anche della composizione della pagina.

Titolo Love and the Mess We’re In Autore Stephan Marche Grafico Andrew Stevens Illustr. Jack McMaster Anno 2012

p.138

Il libro appare composto dall’auotre, Stephen Marche e impaginato succesivamente da Stevens, in modo che non si discosti troppo dalla volontà dell’autore. Sul blog della casa editrice, lo stampatore pubblica questa serie di due foto con questa didascalia: «A sinistra: lo ‘schizzo dell’autore di una pagina in Love and the Mess We’re In. A destra: La realizzazione del bozzetto dell’autore da parte del tipografo.» In una piccola casa editrice come questa, la relazione tra autore e le altre figure che intercorrono nel progetto e creazione del libro è molto più stretta. In questo caso specifico l’editore è anche stampatore e tipografo, per cui oltre a decidere una serie di questioni legate al peritesto editoriale, svolge anche un’azione di editing del testo. Il libro comprende una mappa della metropolitana di New York alterata. Sul blog della casa editrice è raccontato che un grafico ha preparato la base della mappa e poi l’editoretipografo ha inserito i nomi. In questo caso l’autore ha solo commissionato la creazione della mappa, probabilmente lasciando alle due figure solo uno schizzo. Ne risulta che il loro contributo sia molto autoriale poiché l’autore ha delegato una gran parte della progettazione e creazione della mappa a loro.

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A sinitra la bozza dell’autore, a destra la versione del compositore. Le poche correzioni effettuate sono: rendendere l’ellisse iniziale un cerchio perfetto, lasciare uno spazio bianco tra il cerchio centrale e quello esterno, rimuovere il cerchio che non aveva funzione strutturale, ridurre l’interlinea in modo da rafforzare la percezione di un cerchio pieno. Allo stesso tempo la pagina è resa più equilibrata dal punto di vsita compositivo, manipolando le dimensioni e le distanze degli elementi.

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Le tecnologie di pubblicazione del libro fonte: rosettatype.com


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La mappa della Metropolitana di New York rielaborata, inserita all’interno del libro 148

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La copertina del libro, come la sovracoperta è stata progettata dall’editore e tipografo e stampata in offset con inchiostro dorato Il libro stampato

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A seguire The Telephone Book di Avital Ronnel del 1989, che sfrutta il mezzo della pagina cartacea e i suoi tempi per parla e suggerire l’atmosfera frammentata della conversazione telefonica. Riportiamo a lato l’introduzione al libro, tradotta in italiano. Per ripordurre gli influssi di energia, le interruzioni, le chiamate multiple sono utilizzati diversi stratagemmi che vedremo nelle pagine successive.

Titolo The Telephone Book Autore Avital Ronell Designer Richard Eckersley Tipogr. Michael Jensen Anno 1989

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Si tratta di una simulazione che tenta di stimolare la codifica sonora degli elementi. Nel libro infatti si alternano testo verbale e immagini. Si noti che qui ad affiancare l’autrice, che viene nell’introduzione nominata come «centralino», ossia come progettista della trama si direbbe, ci sono altre due figure che appaiono con i nomi di «designer» e «compositore». Ci sarebbe da pensare allora che nel primo caso si tratti di progettazione del libro nella sua totalità, magari anche con il consiglio di alcune scelte grafiche e tipografiche che abbiano influito sull’esito dei racconti. Nel secondo invece il compositore si sarà occupato nello specifico di impaginare e comporre letteralmente la pagina, disponendo gli elementi tipografici nello spazio, secondo pesi e dimensioni che ha ritenuto più consone, anche relativamente al progetto del libro.

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Un manuale d’uso

Attenzione: The Thelephone Book vi resisterà. Occupandosi di una logica e con il topos del centralino, il libro innesca la destabilizzazione del destinatario. La vostra missione, se scegliete di accettarla, è quella di imparare a leggere con le orecchie. Oltre ad ascoltare il telefono, vi viene chiesto di sintonizzare le vostre orecchie sulle frequenze dei rumori, sulla codifica, sulle riserve gonfiate di indeterminatezza casuale – in una parola, ci si aspetta che rimaniate aperti alle scariche statiche e alle interferenze che occuperanno queste linee. Abbiamo tentato di installare un quadro elettrico che, facendo vibrare una corrente continua di elettricità, riproduce anche gli effetti dello scrambling. All’inizio si può trovare il modo in cui il libro funziona inquietante, ma abbiamo dovuto rompere la sua logica tipograficamente. Come l’impulso elettrico, è inondato di segnali. Per aprire la stretta sovranità del Libro, abbiamo finto il silenzio e la disconnessione, sospendendo la tranquilla cadenza dei paragrafi e delle divisioni convenzionali. A cimici indicate, la schizofrenia si accende, inceppando il centralino, fratturando una semantica latente con chiamate multiple. Si diventa sensibili all’accensione e allo spegnimento delle voci intermittenti. Il nostro problema era come mantenere un centralino aperto, quello che disturba un testo normalmente funzionante dotato di adeguati ammortizzatori. Rispondete come al telefono, perché la chiamata del telefono è incessante e incessante. Quando si riaggancia, non scompare, ma va in remissione. Questo costituisce il suo Dasein. Non c’è un interruttore di spegnimento per la tecnologia. Ricordate: Quando sei al telefono, c’è sempre un flusso elettronico, anche quando questo flusso non è segnato. The Thelephone Book rilascia l’effetto di un flusso elettronico-libidatorio usando la tipografia per segnare l’inizio degli enunciati. Dal momento che siete sempre reperibili, avete già imparato a sopportare l’interruzione e il click. Gli operatori testuali sono stati. Richard Eckersley (Design) Michael Jensen (Compositore) Avital Ronell (Centralino)


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Alcune pagine dal libro di Avital Ronnel, in cui è chiara l’interazione tra testo e spazio della pagina, e tra testo e immagini

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Un libro ormai celebre è The medium is the Massage di Marhal McLuhan e Quentin Fiore. Il progetto del libro fu abbiato da Quentin Fiore, che pensò al titolo poichè una frase molto utilizzata da McLuhan. Poi per evitare che fosse un clichè il termine message fu mutato in massage creando un gioco di parole voluto. Altre fonti parlano invece di un errore nel tipografo in fase di stampa.

Titolo The Medium is the Massage Autore Marshall McLuhan Grafico Quentin Fiore Produtt. Jerome Agel Anno 1967

Il libro porta il sottotilo di «An Inventory of Effects». Abbiamo già visto infatti qual è la posizione di McLuhan riguardo le tecnologie, ossia che esse siano estensioni di alcune nostre azioni legate alla percezione. Questo libro è una visualizzazione di quei concetti. Il Medium è il Massaggio dimostra i modi in cui i media tradizionali sono estensioni dei sensi umani; essi ci fondano sulla fisicità, ma espandono la nostra capacità di percepire il nostro mondo fino a un punto impossibile senza di essi. Queste estensioni della percezione contribuiscono alla teoria di McLuhan del villaggio globale, che porterebbe l’umanità a tutto tondo a un analogo industriale della mentalità tribale. Fiore, all’epoca un importante grafico e consulente di comunicazione, compose l’illustrazione visiva di questi effetti realizzati da Jerome Agel. Il lettore sperimenta un ripetuto spostamento dei registri analitici, dalla «lettura» del testo verbale alla «scansione» dei facsimili fotografici, che rafforza l’argomentazione di McLuhan in questo libro: ogni medium mainstream produce un diverso «massaggio» o «effetto» sul sensorio umano.

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La doppia pagina riporta la dicitura “the book”, nelle pagine seguenti “is an extention of the eye”, secondo la teoria di McLuhan che vede le tecnologie come estensioni dei sensi


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3.3

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La carta e i pixel sembrano essere diventati l’uno complementare all’altro; La stampa è sempre più il medium eletto a preservare la quintessenza del web. L’editore del materiale stampato è quindi il curatore, il filtro umano, colui che decide cosa dovrebbe essere «salvato» su un medium stabile, e cosa dovrebbe essere lasciato come fosse una sorta d messaggio in bottiglia gettato nelle acque di internet. La pagina stampata, pertanto, incarnando, un senso di compiutezza e suggerendo una fruizione rilassata, consente al lettore di fermarsi, riflettere, prendere appunti senza dover dipendere dall’elettricità. E la carta è usata anche per preservare una parte sostanziale della cultura digitale, non legata all’hardware o al software, interpretando in new-media dalla prospettiva tecnologica di un vecchio medium. Ludovico, Alessandro, Post-digital Print, Bari, Caratteri Mobili, 2012, pag. 43

Una delle più grandi differenze che apporta il sistema di editoria digitale rispetto all’editoria stampata, consiste non tanto nella lettura del prodotto-libro, quanto nella sua scrittura. Gli editor di testo fanno la loro comparsa intorno agli anni ‘70 e offrono finalmente a chi li utilizza la possibilità di cancellare il testo scritto, in ogni suo punto.

Il libro digitale

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Questo mette in luce una differenza dell’approccio alla scrittura. Da questo momento in poi, e soprattutto con l’avvento del giornalismo e del blogging online, varrà, o inizierà a valere il principio per cui «What you see is what you get», si riferisce a

tutti quei sistemi di scrittura che mostrano in tempo reale la formattazione e il layout senza dover ricorrere a sintassi o codici particolari. JACOPO POMPILII, Medium, PG28, Autunno 2015

3.3.1  PUBBLICARE

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L’impatto che ha avuto l’editoria digitale è coinciso con l’allargare la libertà d’espressione e avvicinare molti più individui alla pubblicazione, che nel frattempo è anche meno dispendiosa. La parola pubblicare oggi può cambiare facilmente significato a seconda che si parli di un contesto editoriale o di quello dei social media. In effetti il concetto base è lo stesso, parliamo del rendere pubblico. Rendere pubblico un discorso nell’antica Grecia corrispondeva alla performance verbale, poi è consistito nella copia dello stesso discorso in forma manoscritta, poi nella diffusione e commercializzazione su larga scala dello stesso testo stampato e ora può riferirsi anche ad un breve messaggio, spesso una personalissima opinione, pubblicato su uno spazio personale.

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3.3.2  LA STAMPA ON DEMAND E LA VANITY PRESS Un’altra grande innovazione direttamente legata alla stampa digitale è la stampa on-demand. Un libro ora può essere prodotto anche in piccole quantità senza perderne il guadagno, così molte case editrici hanno adottato questo sistema, che permette di tenere nel proprio catalogo un numero grandissimo di opere senza possedere delle copie fisiche, ma dando la possibilità a chi le richiede di ordinarne una copia all’occorrenza. Come risultato della facilità di riproducibilità dei libri, sempre più persone iniziano a produrre libri a proprie spese. Sono i cosiddetti editori A.P.S. di cui parla Eco nel suo Pendolo di Foucalt. Il fenomeno della vanity press non è nuovo: nel 1893 sul quotidiano americano «Newark Dailiy Advocate» Nym Crinckle scriveva:

L’editoria a proprie spese sinonimo di vanity press, prevede che l’autore finanzi la pubblicazione del suo stesso libro

oggi ogni persona di buona educazione e di mente infaticabile scrive un libro punto di regola si tratta di un libro superficiale ma che gonfia l’orgoglio e in indica la infaticabilità cerebrale che cerca di dare espressione di se stessa punto siamo arrivati ad una condizione in cui ci sono più libri di quanto il mondo ne possa leggere. [...] Allo stesso tempo non ci saranno molti libri stampati ma saranno discussi di più. Crinckle, Nym, Predictions for 1993, Newark Dailiy Advocate, 1893

Possiamo però dire che grazie ai recenti progressi nel campo della stampa produrre un libro risulta essere più facile e richiede un capitale minore di investimento. Questo significa che i libri stampati sono oggi molti di più di quelli che Crinkle forse si aspettava. D’altro canto ci sono molti libri pubblicati, ma non stampati. Uno dei più grandi fenomeni che incentiva la pubblicazione a proprie spese è Kindle Direct Publishing, servizio fornito da Amazon, che permette la pubblicazione di un libro in

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formato digitale o cartaceo a tutti, ma con un tasso che si attesta intorno al 10%. Ad esempio un libro di 200 pagine in bianco e nero che abbia come prezzo di listino una quindicina euro, includerebbe sei euro di royalties per Amazon. L’autore deve solo inviare un file formato Word o Pages, il corrispettivo per Mac, e una copertina. Quest’ultima poi può essere creata direttamente con uno strumento fornito da Amazon, che fornisce anche dei calcolatori per i prezzi di stampa e le royalties. Per quanto riguarda l’impianto grafico del libro, si può scegliere tra 16 formati di gabbie di testo predefinite. Dopo questa scelta si potrà eventualmente scaricare un file Word che riporta una struttura base del libro, in cui sono presenti: ҺҺ frontespizio ҺҺ colophon ҺҺ dedica ҺҺ pagina bianca ҺҺ sommario ҺҺ ringraziamenti ҺҺ capitoli ҺҺ informazioni sull’autore

Paratesto è tutto ciò che correda il testo principale in un libro, ossia: frontespizio, colophon, indice, ringraziamenti, risvolti, descrizione dell’autore...

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Ci risulta chiaro come questo documento non definisca solo una impostazione grafica del testo, ma anche una struttura di tutto il libro, di tutto il paratesto.

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frontespizio

colophon

dedica

pagina bianca

sommario

ringraziamenti

Lo schema pre-impaginato fornito da Amazon per i futuri autori di testo da autofinanziarsi

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Nel suo celeberrimo saggio Soglie, Gérard Genette parla di tutto ciò che correda il testo letterario, ossia di paratesto, che può essere schematizzato in peritesto e epitesto, rispettivamente ciò che sta intorno al testo e a distanzqa dal testo. Nell’introduzione l’autore scrive

L’opera letteraria è, interamente o essenzialmente, costituita da un testo, vale a dire (definizione minima) da una serie più o meno lunga di enunciati verbali più o meno provvisti di significato. Questo testo, però, si presenta raramente nella sua nudità, senza il rinforzo e l’accompagnamento di un certo numero di produzioni, esse stesse verbali o non verbali, come un nome d’autore, un titolo, una prefazione, delle illustrazioni, delle quali non sempre è chiaro se debbano essere considerate o meno come appartenenti ad esso, ma che comunque lo contornano e lo prolungano, per presentarlo, appunto, nel senso corrente del termine, ma anche nel suo senso più forte: per renderlo presente, per assicurare la sua presenza nel mondo, la sua ricezione e il suo consumo, in forma, oggi almeno, di libro. Genette, Gérard, Seuils, 1987, Parigi, Éditions du Seuil, 1987 (tr. it. di Camilla Maria Cederna, Soglie - I dintorni del testo, Milano, Einaudi, 1989)

Nel nostro caso un testo non è necessariamente verbale, ma è generato a partire da un sistema di scrittura, che può dare vita ad un testo lineare, un testo organizzato nello spazio in maniera sistematica (es. illustrazioni e glosse sempre sui margini come in questo libro), oppure un testo apparentemente più libero da ripetizioni come il testo di Ionesco, che pure è scritto in modo che ogni personaggio abbia la propria impostazione grafica, ma nella sua scrittura vi è stato chiaramente più spazio per l’interpretazione autoriale ed espressiva di questo spazio.

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Schema dei dintorni del testo secondo GĂŠnette

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sguardie ... intertitoli note

prefazione

titolo carta dediche epigrafi

tipografia carta copertina colophon

paratesto relativo all’autore

nome dell’autore

paratesto

formato

paratesto editoriale

testo

LIBRO

autocommenti tardivi

interviste conversazioni risposte pubbliche

epitesto editoriale

epitesto pubblico

paratesto

epitesto privato

confidenze orali diari intimi avantesti

corrispondenze

epitesto


Influenze intellettuali

Influenze politiche legali religiose PUBBLICAZIONE

SOPRAVVIVENZA

RICEZIONE

Comportamento sociale e gusto

Modello della vita del libro e le sue influenze secondo Adams e Barker

FABBRICAZIONE

DISTRIBUZIONE

Pressioni commerciali

Ci risulta chiaro che i dintorni del libro influiscono sul libro inteso come fenomeno più ampio, che è determinato in maniera indissolubile dalle logiche di pubblicazione che lo riguardano. Data l’importanza che il contesto editoriale ha sul libro Thomas R. Adams e Nicolas Barker nel loro saggio A New Model for the Study of the Book affermano che:

La decisione di pubblicare, non la creazione di un testo, è, dunque, il primo passo nella creazione di un libro. Thomas R. Adams, Nicolas Barker, «A New Model for the Study of the Book», in A Potencie of Life: Books in Society: The Clark Lectures 1986–1987, The British Library, London, 1993, ( in Lorusso, Silvio, Di cosa parliamo quando parliamo di pubblicare, su Progetto Grafico n.28, 2015)

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3.3.3  L’AFFIDABILITÀ DEL MEZZO

Ludovico, 2014

Da quando è stata inventata la scrittura i pensatori si interrogano sulla registrazione della memoria, sulle sue conseguenze sulla capacità di memoria dell’uomo, e ancora sulla sua conseguente sapienza o conoscenza. Fino a qualche decennio fa ci si interrogava piuttosto sull’affdabilità del medium digitale rispetto quello cartaceo. Questa dialettica si trova espressa spesso in manifestazioni artistiche. È il caso di Agrippa, un libro di William Gibson e Dennis Ashbaugh, il primo un autore, il secondo un artista visivo. Il libro, edito in versione cartacea e digitale, opera sul tema dell’affidabilità dei mezzi di registrazione delle informazioni, e sulla memoria. Agrippa, prodotto in serie limitatissima nel 1992, è stato definito da un giornalista del New York Times, Jonas Gerald, come

Titolo Autore Grafico Anno

Agrippa William Gibson Dennis Ashnaugh 1992

progettato per sfidare le nozioni convenzionali sui libri e sull’arte, mentre estrae denaro dai collezionisti di entrambi. Jonas, Gerald, The Disappearing $2,000 Book su The New York Times, 29 agosto 1993

Se prendessimo in mano la versione cartacea e la aprissimo, noteremmo che col passare dei minuti le pagine inizieranno a prendere un colore scuro, che finirà a mangiare l’intera pagina. La carta infatti è fotosensibile, e dopo pochi minuti, necessari per la lettura della pagina, si colora definitivamente. Lo stesso meccanismo della scoparsa è stato usato per la versione digitale su floppy disk, che impedisce al lettore di tornare indietro sulle pagine appena lette, poichè autodistrutte nel momento un cui si è cambiato pagina.

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Foto di Kevin Begos Jr

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L’artista Jesse England crea una copia di back-up del libro di Orwell 1984, per farlo fotocopia l’intero e-book reader e lo rilega. Il risultato è che la «copia sicura» è un libro cartaceo.

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4. Interviste Per corredare la ricerca si è voluto avere un riscontro concreto da parte di chi ha lavorato con i libri. Seguono due interviste ad un autore ed un grafico, che ha operato anche come autore.

ďťż

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Interviste


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4.1

Intervista a Miles Okazaki

È comune che un musicista pubblichi un metodo, specie se è anche didatta. Non succede spesso che un musicista progetti e impagini il suo libro, com'è invece il caso di Miles Okazaki e il suo Fundamentals of guitar. Okazaki è un chitarrista jazz americano molto conosciuto nell'ambiente jazzistico ed è anche professore di chitarra jazz alla University of Michigan. Nel 2015 pubblica «Fundamentals of guitar – a workbook for beginning, intermediate, or advanced students», che si colloca alla fine di anni di studi della musica e in particolare del suo strumento. Per scoprire di più sul processo di ideazione e di creazione di questo libro ci siamo rivolti diretramente a lui. A primo impatto questo libro si propone molto diverso dai manuali di chitarra più comuni, poiché la copertina è quasi completamente bianca, dove spicca una illustrazione dell'autore, si tratta di niente di più che uno schema tecnico, ma che evoca indubbiamente lo strumento a corda e che colpisce per la sua estrema essenzialità e iconicità. Ritroveremo infatti questa illustrazione all'interno del libro utilizzata per mappare le proporzioni armoniche della corda, ossia le divisioni della stessa in numeri interi, utili alla produzione di suono tramite alcune tecniche specifiche. La chitarra è uno strumento fortemente visivo, poichè a differenza degli stumenti a fiato ad esempio, che richiedono una consapevolezza del suono ancora prima che venga emesso, permette di emettere quel suono toccando e pizzicando la corda, associando visivamente quel suono ad una posizione sulla tastiera della chitarra.

Intervista a Miles Okazaki

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Appunti dell'autore: ognuna delle dodici note è inserita all'interno di un cerchio

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Interviste


Appunti dell'autore: l'ispirazione per organizzare i concetti deriva spesso dall'osservazione di fenomeni di cui l'autore prende nota attraverso schizzi. In questo caso la divisione metrica della battuta è visualizzata come un muretto in cui ci sono dei vuoti, sopra una immagine visivamente simile di un muretto a secco, tipico del paesaggio pugliese

Intervista a Miles Okazaki

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Quando un chitarrista inizia a studiare infatti, spesso impara a leggere delle tablature, come quella qui sotto. Si tratta di un sistema di scrittura che prescinde dalla notazione ritmica e associa le note da produrre al tasto da premere precisamente. Ogni nota è espressa quindi una indicazione topologica, una istruzione, piuttosto che da un simbolo, come sul pentagramma.

È molto comune infatti che il giovane chitarrista non legga il pentagramma e si affidi alle tablature, oppure a sistemi di visualizzazione propri. Okazaki dapprincipio trova un suo sistema di visualizzazione delle note, disposte su un cerchio.

Ho usato questi sistemi per anni, in realtà da prima di imparare a leggere la musica. Pensavo che i suoni potessero essere collocati in cerchio, dato che si Il sistema di visualizzazione proposto da Okazaki è coerente ma non unitario: ogni argomento viene visualizzato in maniera astratta oppure relativamente alla tastiera della chitarra, e corredato da brevi righe di testo a spiegare gli schemi.

Non esiste una struttura coerente o un principio organizzativo, oltre a cercare di trovare il modo più elegante per visualizzare i dati in ogni caso particolare. Gli chiediamo poi alcune domande che riguardano la produzione del libro, e ci risponde che non ha avuto alcun designer ad affiancarlo ma ha realizzato tutto su Adobe Illustrator. Continua dicendo che i suoi genitori sono artisti visivi e che quindi ha un background in quel campo.

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Interviste


Il libro inoltre presenta una rilegatura non comune ai manuali musicali ma molto più utilizzata nei libri di spartiti, ossia la rilegatura a spirale. Riguardo il progetto del libro Okazaki ci rivela che:

È stata una piccola battaglia con la casa editrice. […] L'unica cosa su cui ho potuto insistere per il prodotto fisico è stato un legame a spirale, ma a quanto pare in Europa non lo usano. La rilegatura a spirale in effetti è particolarmente comoda per la lettura su leggio, poichè il libro può rimanere aperto, può essere piegato su sè stesso, lasciando spazio sul leggio per eventuali altri spartiti, e poi risulta semplice da fotocopiare, pratica comune tra tutti i musicisti. La spirale in plastica inoltre conferisce al libro un aspetto meno imponente, e lo fa assomigliare ad un quaderno. Non è un caso infatti che all'interno ci siano pagine dedicate agli appunti, con schemi da riempire. Sfogliando le prime pagine ci si rende conto poi che lo spazio per le note è appositamente mappato sull'indice del libro, che nella sua totalità presenta pagine per illustrazioni, concetti, esercizi e note.

p.188

Il libro inoltre non è uscito in versione digitale per scelta dell'autore che racconta inoltre che:

Non volevo versioni elettroniche, ma anche quelle sono state pubblicate. Ho realizzato la copertina e ho fatto tutto il layout, la composizione, il design e la grafica. L'unica cosa che Mel Bay ha fatto è stato mettere il loro logo sulla copertina e sul frontespizio. Il libro di Miles Okazaki è effettivamente disponibile sul catalogo della Mel Bay, la casa editrice, al prezzo di venti dollari, ossia solo cinque in meno della copia fisica, tanto che parrebbe più opportuno ordinare la versione cartacea,

Intervista a Miles Okazaki

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rispettando la volontà dell'autore. Mel Bay pubblica da anni libri di didattica per strumenti, diversissimi tra di loro. Sul loro catalogo è possibile sfogliare i libri per data di uscita, tanto che vi sono due sezioni una dedicata ai libri prodotti negli utlimi trenta giorni e l'altra per quelli negli ultimi sessanta. Nella prima sezione, dei trenta giorni, sono disponibili ben sette libri quando lo consultiamo, nel mese di Giugno. Questo breve scambio ci fa riflettere sui sistemi di scrittura, sull'elemento visivo nell'organizzazione dei dati e sul problema editoriale che si frappone tra il libro e la sua pubblicazione. La divisione in tipologie di argomento ad esempio, e il conseguente indice, non sono idee grafiche, ma idee organizzative che si riflettono nell'organizzazione grafica delle informazioni. Questa sintonia tra informazione da comunicare e visualizzazione è l'auspicio che facciamo al libro avvenire, che può avvenire facilmente nel caso in cui l'autore coincide con il grafico, oppure, come ci auguriamo, nel caso in cui le due figure dialoghino attivamente e attentamente.

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Interviste


Intervista a Miles Okazaki

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indice

Illustrazioni

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Interviste

Concetti


Tipi di argomento

Capitoli

Esercizi

Note

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Fin dalla sua pubblicazione molti batteristi mi hanno chiesto come sono stato ispirato a scrivere Progressive Steps to Syncopation per il batterista moderno. Insegnavo batteria alla Hartnett Music School situata al 1585 di Broadway a NYC. Tenevo 85 lezioni di mezz'ora a settimana e avevo circa 55 studenti (alcuni seguivano due lezioni a settimana. Ho insegnato dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 14:00 e dalle 18:00 alle 22:00. In ogni lezione di mezz'ora ascoltavo l'ultima lezione degli studenti e poi scrivevo, dimostravo, spiegavo e suonavo con loro nella loro nuova lezione. Poiché non riuscivo a trovare libri sulla sincope, ogni lezione doveva essere scritta individualmente. Quando tornavo a casa la sera, mi facevano male le mani e le braccia perché dovevo scrivere così tanto. Fu allora che decisi di scrivere le lezioni a mano su carta, che scrivevo tutte le sere da mezzanotte alle 4:00 del mattino, fino a quando non mi feci 190

Interviste


stampare un totale di 60 pagine. Avevo 200 copie, il che mi permise di consegnare qualsiasi pagina fosse necessaria a uno studente, senza dover più scrivere ogni volta ogni lezione. Sono stato attento a proteggere il mio lavoro originale dal plagio, fino a quando non ho ricevuto un copyright ufficiale dal Bureau of Copyrights di Washington DC. L'ho fatto pubblicare nel 1958 e da allora il libro è stato venduto molto bene. Grazie a molti insegnanti e batteristi è oggi uno dei libri di batteria più popolari mai scritti. Ted Reed, Prefazione a Progressive Steps to Syncopation for the Modern Drummer, Los Angeles, Alfred Music, 1996

Intervista a Miles Okazaki

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Illustrazioni di Giovanni Lussu per «Unità proletaria» per un numero del 1981


4.2

Chiacchierata epistolare con Giovanni Lussu

Giovanni Lussu si occupa di grafica da ormai una quarantina d’anni. Oltre ad esercitare la professione di grafico, ha anche scritto e ricercato molto. Durante la scrittura di questa tesi abbiamo sentito la necessità di confrontarci con la realtà, per non rimanere ingabbiati nella ricerca fine a sé stessa. Abbiamo chiesto quindi a Lussu, oltre ad alcuni spunti sulla ricerca, alcuni episodi significativi nella sua carriera di grafico, che lo ha visto tra le tante esperienze a lavoro con Carocci editore e Stampa Alternativa. Durante l’esperienza in Carocci, durata quasi trent’anni, Lussu ha avuto modo di occuparsi non solo di copertine ma anche di questioni che andrebbero oltre la grafica, ma hanno a che fare con l’impostazine di scrittura di un testo. Ci scrive infatti che in una

riunione-fiume di due giorni con i redattori, nei primi anni della mia collaborazione con la casa editrice, nella quale sono state fissate le norme redazionali sino ad allora un po’ incerte; forse non sono riuscito a far passare proprio tutto, ma senz’altro il rapporto tra parentesi e virgolette da una parte e punteggiatura dall’altra, che tanto mi sta a cuore, e svariate altre questioni (e ricordo qui, incidentalmente, che fu Benedetto Croce, quando Laterza cominciò a pubblicarne i libri, a fissare le norme redazionali della casa editrice).

Chiacchierata epistolare con Giovanni Lussu

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Risulta quindi chiaro che alcune regole tipografiche come corretta disposizione della punteggiatura non sono di competenza esclusiva del grafico, anzi, se mai lo diventano in assenza di una correzione preventiva. Infatti la «buona composizione» non segue solo norme di percezione visiva e di composizione della parola, del rigo o della pagima, ma innanzitutto segue una buona impostazione della scrittura.

È indipensabile prima di tutto un approccio maturo alla scrittura, della quale la tipografia è la più ovvia determinazione progettuale. Lussu, Giovanni, Miele dalla rupe: considerazioni di un grafico indolente, su Progetto Grafico 21, aprile-maggio 2012

Dopo ci confrontiamo su una tematica di impostazione del lavoro di grafico. Visto che, abbiamo capito, la figura di grafico non è una sola ma sono tante, o meglio tanti possono occuparsi dell’organizazzione grafica del testo, compreso l’autore stesso, che formazione deve avere il grafico? Anche alla luce dell’intervista fatta a Miles Okazaki, abbiamo avuto conferma che la capacità di gestione della pagina non è che gestione del testo dal punto di vista visivo, e anche una educazione di base può portare a questo risultato.

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Lussu ci parla di un articolo dal tono provocatorio che esce sulla rivista Progetto Grafico nel 2012. Dopo questo articolo a Lussu non è più stato chiesto di collaborare alla rivista.

Progetto Grafico è è la rivista internazionale di grafica edita da Aiap, Associazione italiana design della comunicazione visiva., fondata nel 2003

Per il resto, se si implica la presenza di qualche entità che abbia l’esigenza di comunicare in modo ragionevolmente inambiguo messaggi ai quali il grafico sia chiamato a dare forma, non è possibile prescindere dalla scrittura; o diciamo pure, più riduttivamente, dalla tipografia, per quel che riguarda la maggior parte della grafica (stampati e pagine web). Ma le nozioni di tipografia indispensabili negli usi correnti sono in realtà veramente poche (anche se perlopiù si ignorano anche quelle), perché si tratta soltanto di ordinare e nominare oggetti visivi ben noti dall’esperienza quotidiana ben diverso, è chiaro, è l’approfondimento. Lussu, Giovanni, Miele dalla rupe: considerazioni di un grafico indolente, su Progetto Grafico 21, aprile-maggio 2012

Ecco che emerge il tema della traduzione, della visione che l’operazione del grafico sia sostanzialmente di traduzione alle richieste che il committente fa. Questa visione relegherebbe il grafico ad una operazione poco autoriale, e forse è quello che in alcuni casi è più necessario, ossia a volte all’autore di un testo servirebbe un’aiuto piuttosto tecnico, che abbia a che fare con la facilità di lettura, alcune accortezze che rendano il libro facilmente leggibile, consultabile o navigabile.

Chiacchierata epistolare con Giovanni Lussu

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In questo senso si può rintracciare una scala di esigenze grafiche, che abbia alla base almeno una coerenza grafica con l’organizzazione del testo. Ancora nello stesso articolo Lussu continua.

È innegabile però che esistano reali, e stringenti, esigenze di comunicazione. Non certo all’interno del sistema delle merci, dove vige un criterio tautologico inerziale, vale a dire che si fa sempre ciò che si vuole, e si vuole sempre ciò che si fa; e certo neanche in tutti quegli ambiti dove la grafica ha ruoli più banali e quotidiani, oppure più decorativi, che per carità vanno benissimo, ma sarebbe magari auspicabile fossero svolti più spesso direttamente dagli stessi interessati, piuttosto che da un’apposita categoria. [...] Ci sarebbero allora dei prodotti della grafica che sono creati in tutto e per tutto dai grafici stessi, e altri che arrivano da commissioni, in cui i tentativi di rendere autoriale il proprio gesto risultano maldestri. Lussu, Giovanni, Miele dalla rupe: considerazioni di un grafico indolente, su Progetto Grafico 21, aprile-maggio 2012

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Conclusioni

Ci sembra che al termine di questa ricerca ricca di utili divagazioni, le conclusioni siano sostanzialmente queste: ҺҺ La forma del libro, anche il suo materiale modificano la percezione di quello che è e la sua lettura, e influsiscono sui «dintorni» del libro. ҺҺ Un libro è fatto da un autore, e non da uno scrittore. Questo autore è una figura, che tiene le redini di un progetto editoriale: quello del suo libro. ҺҺ Un autore non lavora quasi mai da solo, poichè anche se il libro fosse progettato interamente da lui, la sua pubblicazione lo esporrebbe ad un pubblico diverso e la sua ricezione cambierebbe, modificando quindi anche il valore dell’opera. ҺҺ Poiché il libro è frutto di una partenogenesi compartecipata, la sua paternità è sempre divisa tra le varie figure che concorrono nel processo editoriale, e queste non sono solo autore e grafico, ma in genere molte altre, dipendentemente dalla grandezza della casa editrice e dell’edizione in particolare.

p.127

p.170

p.137

ҺҺ L’autore non ha bisogno nè di editing grafico, nè di aiuto nella composizione della pagina, quando possiede delle buone abitudini alla scrittura e una capacità di gestire la scrittura nello spazio della pagina, non affidandosi necessariamente dalla linearità. ҺҺ La ‘grafica autoriale’ meriterebbe un suo spazio, dove il grafico è riconosciuto come autore o co-autore, come avviene in molti degli esempi mostrati in queste pagine.

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grafica autoriale

editing grafico

libro d’artista

testo lineare

testo con immagini o schemi

libri di fotografia o illustrazione

letteratura sperimentale

Vogliamo chiarire che l’intervento del grafico non è relativo al tipo di libro di cui si occupa, quindi un libro estremamente sperimentale potrebbe aver richiesto un intervento del grafico lieve, ed un libro all’apparenza semplice potrebbe aver richiesto un intervento massiccio da parte del grafico, che spesso organizza i contenuti in maniera visibile e visiva. In questo schema tentiamo di visualizzare alcuni tipi di testo con due progettualità che qui chiamiamo editing grafico e grafica autoriale. Questi due termini indicano non quanto è stato impegnativo il progetto da parte del grafico, ma quanto ha contribuito a definire le qualità del libro. Ad esempio un libro inserito in una collana richiede un intervento autoriale minore rispetto ad un libro fuori collana, così come un testo print ready. D’altra parte un libro dalle eccelse qualità grafiche potrebbe non aver visto l’ombra di un grafico, poichè l’autore è già capace di visualizzare le informazioni nello spazio.

200


intervento lieve

ready to print

intervento forte

testo disorganizzato

A proposito di questo, Giovanni Lussu nel suo articolo «Miele dalla rupe» uscito su Progetto Grafico nel 2012 scrive:

A guardarsi intorno, si tenderebbe a catalogare la grafica corrente, la grafica delle cose facili, in due grandi depositi: da una parte le cose delle quali, se non ci fossero i grafici a farle, non si sentirebbe alcun bisogno; e dall’altra quelle che potrebbero fare tutti (tutti quelli, ovviamente, interessati a farle). Lussu, Giovanni, Miele dalla rupe, Tratto da Progetto Grafico, Numero 21, Edizioni Aiap, Milano, Luglio 2012; pagg. 20-21

Allora esisterebbe una soglia che divide i compiti di revisione grafica, ossia «quello che potrebbero fare tutti», e i lavori «da grafici», che nascono da una esigenza forse autoriale. Dove si colloca allora il grafico?

201


tempo

libri con schemi e immagini

1471

Werner Rolewinck, Fascicolus Temporum, Venezia

1610

Galileo Galilei, Sidereus Nuncius, Venezia

p.102

letteratura sperimentale

1759

Laurence Sterne, Vita e opinioni di Tristram Shandy, Londra

1989

Avital Ronnel, The Telephone Book, Nebraska

Gibson - Ashbaugh, Agrippa, New York

p.171

Alfred Wainwright, A pictorial Guide to the Lakeland Fells, London p.94

1913

1923

p.80

p.79

1970

1969

F. T. Marinetti, Zang Tumb Tumb, Milano

Fuller - Fiore, I seem to be a Verb, New York

Majakovski Lisitskij, Per la voce, Berlino

B.S. Johnson, The Unfortunates, New York p.43

p.156

1992

1955

1995

Shelley Jackson, Patchwork Girl, Massachussets

2000

Marc Danielewski, Casa di Foglie, New York

p.50

Alcuni libri esemplari per questa ricerca. Non tutti sono stati inclusi in questo libro, e sono indicati con la pagina di riferimento Si rimanda agli altri per ulteriori ricerche. Le linee sottili tratteggiate indicano sottocategorie di approfondimento.

202

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1976

Glen Rosecrans, A Music Notation Primer, Santa Cruz

1976

David Macaulay, Underground, Boston

2008

Torquemada, Cain’s Jawbone, Londra

Miles Okazaki, Fundamentals of Guitar, Missouri p.181

p.96

1934

2015

Sander Bais, A very special Guide to Relativity, Amsterdam

1949

Stefan Themerson, Bayamus, Londra

1963

Julio Cortazar, Il gioco del mondo, New York

p.112

1967

1964

1964

p.162

p.76

p.43

2005

2010

2012

Marshal McLuhan, The Medium is the Massage, Londra

Salvador Plascencia, People of Paper, San Francisco

Ionesco, La cantatrice chauve, Parigi

Johnathan Safran, Tree of Code, Londra

Marc Saporta, Composition n.1, Parigi

Stephen Marche, Love and the Mess We’re in, Canada p.144

2017 voce/pronuncia

Joanna Walsh, Seed, Londra

rilegatura/aspetto fisico

p.54

203


204




Bibliografia

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G

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W

207



Ringraziamenti

A mamma e papà che mi hanno sempre sostenuta nelle mie idee a volte lontane dalle loro. A mamma per la sua frizzantezza che mi ha gentilmente tramandato, e a papà per l’avermi fatto giocare insieme a disegnare, con i trasferibili e tutto il resto. Ad Antonio che se non fosse stato fratello maggiore io non sarei stata sorella minore, e conseguentemente in costante ricerca di evasione dalle regole. Il nonno che ha donato a noi tutti una estrema perseveranza (talvolta testardaggine). A Sire, Ivan, Rachele che in questo ultimo anno mi sono stati più vicini, nonostante le distanze, stimolandomi e supportandomi nonostante i momenti più neri. A Vittorio, che da bravo maschio siculo anche sta volta ha trovato il modo di fare sentire la sua presenza (dritto nella tesi). Ai ragazzi di Via Sardegna, con cui dispiace di non aver passato altro tempo insieme. Siamo in attesa del pono ... Alle due personalità che si sono sottoposte alle domande di una curiosa e impertinente studentessa: Miles Okazaki, una divinità Giovanni Lussu, una grandissima fonte di ispirazione e motivazione A Michele Colonna che ha sopportato i miei teatrini a revisione, che mi ha dato fiducia e che è riuscito ad essere uomo terreno e mentore, elegantemente. A Enzo Ruta che nonostante le impossibilità ci è stato vicino dall’inizio di questo percorso, e che ha avuto il grande ruolo di equilibrare le affermazioni dell’algido Colonna. Chiedo scusa per gli errori tipografici, gli scherzetti da grafici, ma fininalmente e finita. Spero






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