IL JAZZ IN COPERTINA Un’analisi di 8 copertine jazz tra il XX e il XI secolo
Stefania D’Eri Corso di Storia della Comunicazione Università IUAV di Venezia
Docente: Fiorella Bulegato
A.A.2021/22
1
SOMMARIO
2
casi studio
designer
anno
1
I primi esemplari
Ignoto
1910-1930 Italia
La voce del padrone
#illustrazione
15
2
Smash Songs Hits
Alex Steinweiss
1945
USA
Columbia
#fotografia
23
3
Mambo for Cats
Jim Flora
1955
USA
RCA Victor
#illustrazione
#lettering
33
4
Kenny Burrell
Reid Miles
1956
USA
Blue Note
#illustrazione
#tipografia
41
5
The Gerry Mulligan Sextet
Guido Crepax 1956
Italia
La voce del padrone
#illustrazione
#lettering
49
6
Underground
John Berg
1968
USA
Columbia
#fotografia
7
Noir
Altan
1992
Francia, Italia
Label Bleu
#illustrazione
8
Life Goes On
Sascha Kleis
2020
Germania, Italia
ECM
#fotografia
il jazz in copertina
luogo
etichetta
medium
immagine
#tipografia
#lettering
#tipografia
pagina
57
63
69
3
SOMMARIO
4
schede letture
tipologia lettura
editore
autore/curatore
luogo di edizione
data
1
Jazz Covers
libro/monografia
Taschen
Joaquim Paulo, Julius Wiedemann
Colonia, Germania
2008
81
2
Crepax a 33 giri
libro/monografia
Vololibero
Antonio Crepax
Milano, Italia
2020
85
3
Windfall Light: libro/monografia The Visual Language of ECM
Edition of Contemporary Music/ Lars Müller
Lars Müller
Zurigo, Svizzera
2009
89
4
Graphis: Record Covers
libro/monografia
The Graphis Press
Walter Herdeg
Zurigo, Svizzera
1974
93
5
Alex Steinweiss: the Inventor of the Modern Album Cover
libro/monografia
Taschen
Steven Heller, Kevin Reagan
Colonia, Germania
2015
97
il jazz in copertina
immagine
pagina
appendice
pagina
Biografie
101
Bibliografia
105
Indice dei nomi
107
5
#illustrazione
#illustrazione
1920
1940
1947
1952
#lettering
#tipografia
1955
1956
1956 Lo schema mostra tutti i dischi presenti nel saggio, disposti sulla linea del tempo (diagonale) e collegati ai quattro procedimenti mediali: in alto e in basso quelli relativi alle immagini (illustrazione e fotografia) e a destra e sinistra quelli relativi alle lettere (lettering e tipografia).
1956
1956
1958
1962
1962
1963
#fotografia
#fotografia
#illustrazione
#illustrazione
1964
1968
1968
1970
#lettering
#tipografia
1972
1977
1992
2007
2008
2015
2020
2021
2021
#fotografia
#fotografia
INTRODUZIONE Da più di un centinaio di anni diversi professionisti nel campo della grafica si sono specializzati nell’ambito delle copertine di album musicali, eppure la loro storia è tutt’ora poco conosciuta. Questa ricerca è stata svolta per porre l’attenzione su questo ambito e soprattutto sui suoi protagonisti, i designer. Lo studio delle cover è peculiare perché da una parte confina con le arti figurative e l’illustrazione, in cui il designer ha grande spazio di espressione personale, e dall’altra con la musica. La vicinanza con il campo delle arti figurative si noterà a partire dalle biografie dei protagonisti coinvolti, che sono spesso ex allievi di scuole d’arte, in un periodo in cui l’insegnamento del design non era ancora molto diffuso. I designer di questi artefatti erano spesso esperti di calligrafia oltre che di illustrazione. Il jazz ha percorso tutto il secolo scorso e continua a percorrere il nostro, ed è quindi un campo ristretto ma abbastanza vasto per poter procedere con l’analisi di un pezzo di storia della grafica. Le figure che vedremo avranno approcci diversi, alcuni più decisivi di altri. Sin dagli anni ’40 ad esempio alcune case discografiche specializzate nel jazz come la Blue Note usufruiscono di professionisti della grafica per definire uno stile omogeneo per tutte le loro pubblicazioni, di un art director. Si può affermare che nell’ambito del jazz, prima che in altri generi, la grafica abbia dato un grande apporto alla diffusione della musica, attraverso l’immagine, uno strumento che durante il XX secolo acquisiva sempre maggior potenza.
negozio di dischi 1943 © Reagan et al., 2015
In questi anni i negozi di dischi mostravano le copertine frontalmente e conservavano le copie dei dischi nello scaffale sotto, come si fa nei negozi di scarpe.
Alcuni esperti di marketing discografico mettono in dubbio la saggezza di portare il design degli album jazz nello stesso contesto delle altre confezioni musicali, sostenendo che le vendite di jazz sono dipese per molti anni da un pubblico limitato ma regolare che si è abituato a un certo look prevedibile per i loro album [...]. Altri rispondono che il design di qualità aiuterà a costruire il nuovo pubblico consapevole di cui il jazz ha bisogno se vuole sopravvivere.. (Herdeg, 1974, p.60)
Introduzione
11
Ogni copertina poi contribuisce alla creazione di un immaginario visivo e simbolico intorno all’artista. Mario Convertino, designer italiano artefice di svariate decine di cover memorabili, parla del ruolo della copertina nella definizione dell’immagine complessiva dell’artista musicale: La costruzione del personaggio si riversa anche nella copertina che ormai è diventata un semplice passaggio di un meccanismo complesso. Tu proponi un personaggio attraverso i media, lo definisci e poi lo ritrovi, come una conferma, anche nella copertina. In questi casi la copertina è un passaggio importante ma non decisivo; si dipende dall’immagine che è già passata attraverso gli altri media. Forse è addirittura sbagliato chiedersi quanto conta la copertina nella resa commerciale di un disco [...] oggi è più adeguato chiedersi quanto fa vendere in più l’immagine complessiva creata intorno a un personaggio. (Berni et al., 1982, p.12) L’ulteriore aspetto interessante della copertina dell’album musicale è la sua posizione ibrida tra prodotto pubblicitario e elaborato artistico: da un lato si avvicina al mondo dei prodotti di consumo e per tanto segue le mode, dall’altro lato invece coinvolge il mondo dell’arte cosiddetta “pura”, tanto che anche alcuni artisti del calibro di Andy Warhol e Salvador Dalì hanno contribuito alla creazione di cover di album. Per analizzare bene che peso hanno questi fattori verrà fornito un breve contesto storico e musicale durante i capitoli. Quando possibile si noteranno delle correlazioni con altri esponenti della grafica di quei tempi, e dove non è possibile si procederà con l’analisi dell’artefatto e l’esposizione della biografia del designer, dell’illustratore o del fotografo che ha realizzato il lavoro. Infine vale la pena di porre l’attenzione anche sul packaging, che concorre a formare un prodotto visivo capace di esprimere il contenuto dell’album musicale. Questo involucro non solo deve rispondere a esigenze tecniche e produttive, ma deve anche produrre senso nella totalità del progetto musicale. Poiché il jazz è un genere che nasce in America, la maggior parte delle figure che hanno inciso nella storia di questa branca sono statunitensi, ma sono rintracciabili alcune figure che anche nel nostro ambito nazionale hanno contribuito a svolgere delle innovazioni. Anche le fonti sono per la maggior parte internazionali e sono state reperite in gran parte in biblioteca, oppure comprate. Generalmente i testi più utili sono stati trovati all’interno di saggi più estesi all’argomento musicale in generale.
12
il jazz in copertina
Di fondamentale importanza è stato l’utilizzo di un catalogo digitale di dischi (discogs.com), dove è stato possibile cercare gli album in base all’anno, al designer e alla casa discografica e ricavare altre informazioni dettagliati sui designer, gli illustratori i fotografi e via di seguito. Non è stato tuttavia possibile rintracciare gli stampatori di nessun disco. Si è scelto di utilizzare un sistema di taggatura basato sul medium, o per meglio dire del procedimento utilizzato per ogni cover, che sia utile per poterle mappare e acquisire un vocabolario visivo, con l’obiettivo finale di fornire uno strumento per chi si approccia al progetto di cover in prima persona. Alla fine del lavoro è stata inserita un’appendice che si compone, oltre che della bibliografia, di un indice dei nomi e di un elenco di biografie di artisti e designer italiani e stranieri, utile come punto di partenza per ulteriori approfondimenti in merito.
bibliografia Berni, I., Gentile, E., Tonti, A., & Radio popolare (Milan, Italy) (A c. Di). (1982). Cover & cover: Grafica a 33 giri. Ripartizione cultura e spettacolo : Mazzotta. Herdeg, W. (A c. Di). (1974). Graphis record covers: The evolution of graphics reflected in record packaging. Paulo, J., & Wiedemann, J. (2012). Jazz covers. Taschen.
Introduzione
13
I PRIMI ESEMPLARI Tipologia artefatto Album 78 giri Artista vari Luogo e data Italia, 1910—1930 Progetto grafico ignoti Casa discografica La Voce del Padrone
Per avere un quadro chiaro del valore delle copertine dei dischi occorre chiedersi qual era il valore di questi dischi, e come sono nati. All’inizio del XX secolo ascoltare la musica registrata era un lusso riservato a pochissimi. Il debutto della musica registrata avvenne nei bar e nei locali provvisti di apparecchi a gettoni simili ai futuri juke-box. Prima del disco gli ascoltatori da casa si servivano di cilindri fonografici, un’invenzione risalente al 1878 per mano di Thomas Edison. La nuova invenzione ebbe una grande risonanza mondiale nel ventennio successivo alla sua messa sul mercato, sempre in quegli anni. Il nuovo supporto non solo era utile per le registrazioni musicali, ma anche per raccogliere testimonianze sonore di ogni tipo: le voci delle tribù native americane, racconti a voce. In questo periodo viene fondata la Columbia Records, che rimarrà fino ai giorni nostri uno dei colossi della registrazione musicale. I rulli potevano essere di materiali diversi: inizialmente di carta ricoperta di cera, poi in celluloide. Il packaging ante litteram era composto da un tubo di cartone che riportava solo l’identificazione della casa produttrice, mentre il numero identificativo della registrazione e il suo titolo erano solitamente riportati all’interno, su una fascetta di carta che avvolgeva il cilindro. Alla fine del 1800 venne istituito uno standard di dimensioni per i cilindri, che favorì la loro produzione seriale. È l’inizio di una rapida scalata verso la diffusione di massa dei medium fonografici. In questo momento le case produttrici di cilindri iniziavano ad investire sulle etichette da applicare sui tubi. Alla fine del XIX secolo vengono introdotti i dischi in gommalacca, che sostituiranno i cilindri nel giro di poco più di un decennio. Questo nuovo supporto aveva i pregi di essere più leggero, più economico e di capienza maggiore: arrivava a riprodurre fino a cinque minuti di registrazione, a fronte dei
bustine per 78 giri fronte e retro formato 25x25 cm progetto di ignoti, 1935 ca., commissionato da La voce del padrone #illustrazione
14
#tipografia
il jazz in copertina
I primi esemplari
15
prima dell’astuccio: le bustine in carta
tre del cilindro. Per tutti questi motivi la richiesta aumentò e la sua espansione crebbe in maniera ancora più veloce rispetto al suo antenato. Un altro grande pregio per i collezionisti e per la distribuzione consisteva nel suo ridotto volume, che permetteva quindi di accatastare un grande numero di dischi risparmiando volume prezioso.
Si prendono in esempio alcune bustine di carta che proteggevano i dischi de “La voce del padrone”, riportate all’inizio del capitolo. La prima bustina rappresenta sul lato frontale un personaggio d’opera (“I Pagliacci”) e una valigetta con un grammofono, mentre sul retro è riportata una donna, apparentemente una cantante e al suo fianco alcuni musicisti d’orchestra. In questo modo la copertina può essere usata per due generi diversi. Riguardo lo stile illustrativo si accoda a quello realistico più in voga all’epoca, così come la scelta della tipografia ricalca quella in uso durante gli anni ‘30 e il regime fascista, priva di ogni decorativismo. Sul fondo della composizione è disegnato un disco, spesso presente in questo
La grafica dei dischi Anche in Italia il disco in gommalacca, o 78 giri ebbe grande diffusione. Durante gli anni ‘20 iniziò per opera di Rodolfo de Angelis, autore e cantante molto in voga ai tempi, l’iniziativa della “Discoteca di Stato”. Si trattava di una raccolta di registrazioni con lo scopo di conservarle per la memoria futura. I nuovi dischi non si distinguevano particolarmente per il loro comparto grafico che era piuttosto banale, ma analizziamone comunque le caratteristiche per comprendere meglio la storia che vi è dietro le moderne copertine. Durante questi anni, in Italia così come nel resto del mondo le case produttrici di dischi erano le stesse che producevano apparecchi fonografici. Quindi il logo della marca era l’unico elemento visivo che serviva a individuare la registrazione, e per tanto l’unico garante della sua qualità. La poca pubblicità esistente veniva realizzata attraverso l’uso di poster o libretti illustrativi che accompagnavano gli album (Berni et al., 1982). In questo periodo iconici erano i marchi: un esempio tra i tanti era il cane Nipper del logo della casa discografica “La voce del Padrone”. Un logo, questo, che costituisce una attentissima prova di cura dell’immagine da parte dell’etichetta britannica, importata in Italia con il nome tradotto. Il packaging dei dischi a quei tempi si componeva di bustine di carta, che poichè non riportavano informazioni sul contenuto del disco, erano intercambiabili: al centro infatti erano bucate e lasciavano intravedere l’etichetta applicata su disco stesso, dove erano segnate le informazioni basilari come il titolo, il compositore, l’esecutore e l’anno. Nel 1985 la mostra Fonografica, organizzata dalla Discoteca di Stato a Milano, esponeva il panorama discografico italiano a partire dal 1900, attraverso rulli e dischi in gommalacca completi di involucri illustrati.
16
il jazz in copertina
Fonografo Veritas poster pubblicitario XX secolo © mumbo.it
Ecco un esempio di poster pubblicitario risalente all’inizio del XX secolo. Tipica di questi tempi è la composizione con diversi caratteri, corpi, e pesi. La pubblicità era volta all’acquisto dei mezzi e dei supporti di ascolto più che al contenuto di ogni album, proprio perché dal punto di vista commerciale era più vincente puntare sulla novità della modalità di ascolto che sul contenuto musicale. I primi esemplari
17
→ etichetta discografica La forza del destino progetto di ignoti, commissionato da Columbia Records
→
etichette discografiche 1904—1935, progetto di ignoti, commissionato da His Master’s Voice
I miei sogni etichetta discografica 1951, progetto di ignoti, commissionato da La voce del padrone
tipo di composizioni. In alcuni casi le etichette stampate avevano spazi vuoti che venivano riempiti a penna. Nel secondo caso la composizione è meno fitta, ci sono pochi elementi che conducono all’imaginario visivo della musica orchestrale impegnata. Questa volta oltre alle illustrazioni ci sono indicazioni più precise sul contenuto del disco: la prima riporta “opere complete, romanze e brani d’epoca, operette, arie antinche, e melodie”, mentre la seconda “concerti, intermezzi, sinfonie, sonate”. Nell’ultimo caso invece abbiamo una diversità di contenuto: sul fronte la pubblicità delle puntine prodotte dalla stessa casa discografica, con tanto di illustrazione delle stesse e dei materiali disponibili; sul retro invece una generica illustrazione di un sipario con delle silhouette rappresentati vari personaggi dell’opera. In alto al centro anzichè trovare il titolo dell’opera nello specifico, troviamo le parole generiche “opere complete”. L’aggettivo si rende necessario perchè la capacità di questi dischi era molto limitata, e non permetteva certo di ospitare due o più ore di opera su un disco solo. Tutte queste composizioni hanno in comune una cosa: il logo della casa discografica e il nome scritto a grandi caratteri, a dimostrazione
18
il jazz in copertina
I primi esemplari
19
del fatto che la marca era l’unica garanzia di qualità del disco, in un epoca in cui le aziende che producevano dischi e apparecchi per l’ascolto e la registrazione erano molto poche. Un ultima nota va fatta sulle etichette applicate direttamente sul disco. Sono qui presenti le informazioni principali e anche una dicitura che reduargisce dal plagio.
bibliografia
Angelino, R. (2018). Cover story: Le più belle copertine dei dischi italiani. Vololibero. Berni, I., Gentile, E., Tonti, A., & Radio popolare (Milan, Italy) (A c. Di). (1982). Cover & cover: Grafica a 33 giri. Ripartizione cultura e spettacolo : Mazzotta. Rossetti, R., Cronia, V., & Modugno, M. (A c. Di). (1985). Fono-grafica: Rassegna delle copertine discografiche dagli albori dell’era del disco ai giorni nostri (L 893). Ministero per i Beni CUlturali e Ambientali.
Columbia Literary Series packaging a valigetta per 12 vinili 78 giri progetto di ignoti, 1953, commissionato da Columbia Records
20
I primi esemplari
21
SMASH SONGS HITS Smash Songs Hits compilation 33 giri, formato 30,5x30,5 cm 1940 progetto di Alex Steinweiss, commissionato da Columbia Records #fotografia
Tipologia artefatto
Album 78 giri
Artista
Richard Rogers & Lorenz Hart
Luogo e data
Stati Uniti, 1940
Progetto grafico
Alex Steinweiss
Casa discografica
Columbia Records, Washington DC, USA
#tipografia
Come in Italia anche all’estero le confezioni dei dischi in gommalacca e in vinile erano composte di pochi elementi che facevano tutto fuorché presentare il contenuto del supporto. Durante gli anni ‘40 la pratica di acquistare vinili iniziò a diventare più diffusa grazie all’introduzione sul mercato dei 78 giri, che facilitarono l’accesso dei meno abbienti all’ascolto della musica in casa. A questo crescente aumento della produzione, che si verifica in tutti i campi industriali corrisponde un cambio di direzione delle discipline pubblicitarie che si devono adeguare alle oscillazioni delle vendite e alle logiche di mercato. Se l’Europa reagisce alla produzione in serie con il Modernismo, gli Stati Uniti in questo periodo seguono principalmente con ritardo i precetti del britannico William Morris. Nel campo della grafica invece, assistiamo durante gli anni ‘4o un revival della calligrafia per mano di Edward Johnston. D’altro canto in America la formazione in ambito grafico era in molti casi legata alle arti illustrative, per tanto anche la conseguente produzione lo era: poster, copertine di libri e cartelloni si compongono in gran parte di calligrafia e illustrazione. La formazione di Alex Steinweiss però si discosta leggermente da quella più comune in America.
chi era alex steinweiss Alex Steinweiss è figlio di emigrati europei arrivati negli Stati Uniti in gioventù. Dopo il liceo frequenta un corso avanzato di arte tenuto dal polacco Leon Friend, che aveva un background “non artistico” ma capace di ispirare efficacemente i suoi allievi. Friend insegnava principalmente design grafico, e in questo corso Steinweiss si specializza in calligrafia. Le prime esperienze lavorative di Steinweiss iniziano con la Art Squad, composta dagli alunni della classe di Friend.
22
il jazz in copertina
Smash Songs Hits
23
Ne facevano parte art director, fotografi, storici dell’arte, e studiosi. Questo fu questo passaggio importantissimo nella sua formazione di “artista commerciale”, così come il corso in pubblicità seguito sempre negli stessi anni. Una sua grande ispirazione era l’illustratore surrealista Boris Artzybasheff, che gli fu insegnante e da cui imparò a relazionarsi con le persone nel suo mestiere (Reagan et al., 2015). Inizia a lavorare per il grafico pubblicista viennese Joseph Binder, ma dopo poco inizia la carriera da freelancer. Siamo in un periodo di crescente ottimismo e molti designer credono di poter fare la differenza con il loro lavoro: portare prodotti di qualità ma prodotti in serie. Alex Steinweiss tra i tanti fu sicuramente influenzato da questo ottimismo che lo spinse verso un terreno fino ad allora inesplorato:
Smash Songs Hits retro del packaging 1940, progetto di Alex Steinweiss, commissionato da Columbia Records, © discogs.com
“[Le copertine] erano così scialbe, così poco attraenti, che ho convinto i dirigenti a lasciarmene disegnare qualcuna.” (steinweiss in Newelt, s.d., t.d.a) Un’altra sua grande influenza fu quella dell’Art Deco, che aveva corrispondenze sia con il Modernismo, per via dell’essenzialità dei disegni e sia con l’Art Nouveau, per le forme che richiamavano gli elementi botanici. In questo clima modernista l’artista commerciale si sentiva a suo agio, visto che i manifesti realisti realizzati dai pittori iniziavano a raggiungere livelli altissimi di dettaglio: serviva una via d’uscita e questa via d’uscita fu l’illustrazione espressionista. Nel 1938 Alex Steinweiss inizia a lavorare come art director per la casa discografica Columbia e a partire dal 1940 avvia una prolifica produzione di copertine per 78 giri, per la maggior parte di musica classica, dato che il jazz in questo periodo non aveva larga diffusione perché ritenuta musica di nicchia suonata principalmente da artisti di colore. Steinweiss era uno dei primi ad essere considerato un professionista del design, o meglio dell’arte commerciale, ed in effetti la sua innovazione più grande può essere considerata il frutto di una esigenza commerciale e tecnica. La prima copertina progettata da Steinweiss fu quella per una raccolta di brani, smash Songs Hits, di Rogers & Hart, popolari compositori negli Stati Uniti degli anni ‘30 e ‘40. L’obiettivo di Steinweiss all’epoca era di restituire dignità alle opere musicali che la Columbia vendeva. Questa operazione secondo Steinweiss avrebbe anche avuto come effetto l’aumento delle vendite del prodotto, che si sarebbe reso più appetibile. In effetti la Sinfonia n.3 di Beethoven uscita negli anni seguenti
24
il jazz in copertina
Smash Songs Hits interno del packaging 1940, progetto di Alex Steinweiss commissionato da Columbia Records © discogs.com
Smash Songs Hits
25
e con la copertina progettata dallo stesso Steinweiss ebbe un incremento delle vendite dell’895% rispetto alla versione con il packaging (Spice, 2016). Rispetto la sua formazione, il periodo in cui lavorò con Joseph Binder lo influenzò sicuramente nell’utilizzo di tinte piatte e simboli. Steinweiss infatti aveva un approccio concettuale: piuttosto che rappresentare il ritratto dell’artista in copertina preferiva utilizzare una serie di elementi simbolici che avrebbero stimolato l’interesse de pubblico. A proposito del suo approccio alla composizione Steinweiss afferma che: “In approaching a cover-design problem, I try to avoid any direct interpretation of musical values, since I believe that no artist has the right to interpret one art form in terms of another, and to forsce his personal interpretation upon innocent pubblic. Rather I try by means of color, form, texture, and letterforms, to project the mood of the music; or perhaps, by symbolization, to project an impression from the composer’s life or background.” (steinweiss in Reagan et al., 2015) Il suo procedimento prevedeva l’accostamento di forme geometriche alle foto, che realizzava sovrapponendo le prime alle seconde prima di svilupparle. La sua innovazione fu accolta positivamente anche dagli addetti ai lavori; il direttore artistico della Decca Records Burt Goldblatt affermò: “Long-playing records were just starting to come out at that time, and, the covers were very crude. I remember I was very impressed with Alex Steinweiss, not about the content of what was on the cover, that didn’t impress me. He did photograms, where you lay objects on photo paper and you develop it.” (Goldblatt in Paulo & Wiedemann, 2012, p.83)
la prima copertina moderna Per la copertina di Smash Songs Hits fu utilizzata una foto di un cartellone presente fuori da un teatro di New York. Steinweiss convinse il cartellonista a cambiare le lettere sull’insegna per qualche istante necessario a realizzare lo scatto. Aggiunse poi gli elementi grafici di colore rosso che richiamavano l’interno del vinile. Questi ultimi si resero necessari a comunicare il contenuto della busta, visto che una copertina completamente illustrata era una novità per il pubblico. Altro elemento di novità è l’utilizzo della fotografia nell’ambito delle copertine, che sostituiva l’illustrazione, e
26
il jazz in copertina
in questo caso specifico anche la calligrafia e la tipografia. Probabilmente la scelta di un mezzo moderno è dovuta sia alla sua formazione ibrida e non puramente di illustratore, ma anche alla sua volontà di rompere gli schemi e di irrompere sul mercato in maniera clamorosa, in modo da creare stupore e interesse nei possibili acquirenti di dischi. L’elaborato grafico, in ultimo luogo, utilizza solo due colori per la stampa: il nero e il rosso, in modo da contenere i costi di produzione.
La nuova sfida: il packaging Nel 1948 Steinweiss deve affrontare un’altra sfida: progettare un packaging per i nuovi long playing. Questi dischi, in vinile, erano (e sono) dotati di microsolchi, e impilarli avrebbe causato il danneggiamento degli stessi. Fu chiesto quindi a Steiweiss, che nel frattempo era diventato un collaboratore esterno della Columbia, di progettare un nuovo packaging che proteggesse il disco. Provò inizialmente ad alterare il vecchio imballaggio, detto “tombstone” che ricordava molto un libro: due strati di cartoncino tenuti insieme da una cerniera su cui era attaccata una piccola custodia di carta. Infine progettò al suo posto quello che chiamava il “Recortainer”, composto da una scatola e delle bustine di carta tenute insieme da un perno di plastica incollato alla scatola. Trovò un costruttore che fece per lui anche dei prototipi ma il progetto si rivelò fallimentare perché il perno causava diversi problemi. Il progetto successivo contemplava invece la presenza di custodie di carta incollate su una costa spillata alla scatola con delle graffette. Questo progetto fu quello vincente per la Columbia. Questa però non fu l’unica difficoltà tecnica che Steinweiss dovette affrontare: a Bridgeport nel Connecticut dove si trovava l’omonima casa discografica, non c’erano fonderie o rivenditori di caratteri tipografici, motivo per cui finì per utilizzare la calligrafia nella maggior parte delle sue composizioni. La sua personale scrittura diventò poi un suo marchio di fabbrica tanto che negli anni ‘50 la depositò sotto forma di carattere tipografico alla Photo-Lettering Inc. con il nome di Steinweiss Scrawl. Un’altra difficoltà tecnica era quella della stampa a colori, dato che gli stampatori di Bridgeport erano abituati a stampare solo in bianco e nero; Steinweiss allora progettò gli artefatti in modo che i colori fossero disposti ad aree nette di colori a tinta piatta.
Smash Songs Hits
27
“tombstone” packaging per 78 giri 1920s–1948 © Reagan et al., 2015
28
Durante il XX secolo i 78 giri erano venduti in confezioni di più dischi, visto che uno solo poteva contenere al massimo cinque minuti di registrazione. Queste confezioni assomigliavano a degli album fotografici rilegati in pelle con il logo della casa discografica impresso o stampato sopra.
il jazz in copertina
“recortainer” packaging per 78 giri 1920s–1948 progetto di Alex Steinweiss, commissionato da Columbia Records © Reagan et al., 2015
Il primo disco con il nuovo sistema messo a punto da Alex Steinweiss fu annunciato con questo disco: al suo interno vi si trovava un foglietto di forma circolare con su scritte le sue peculiarità tra cui quella di “eliminare il maneggiamento del disco”, “evitare di raccogliere polvere”, “entrare nelle normali librerie”, “evitare di tagliarsi con la carta”.
Smash Songs Hits
29
bibliografia Newelt, J. (s.d.). Alex Steinweiss. ADC • Global Awards & Club. Recuperato 5 settembre 2021, da http://adcglobal.org/hall-of-fame/ alex-steinweiss/ Paulo, J., & Wiedemann, J. (2012). Jazz covers. Taschen. Reagan, K., Steinweiss, A., & Heller, S. (2015). Alex Steinweiss: The inventor of the modern album cover. Taschen. Spice, A. (2016, marzo 3). The interplay of photography and vinyl explored in new exhibition. The Vinyl Factory. http://thevinylfactory. com/news/total-records-photography-vinyl-exhibition-winterthur/ ALEX STEINWEISS LP Record / Album COVER ART & Sleeve Design— Artists/Designers for the Remington Music Label. (s.d.). Remington. Recuperato 11 maggio 2021, da http://www.soundfountain.org/rem/ remcovart.html Heller, S. (2010). Reputations: Alex Steinweiss. Eye Magazine, 19(79),19.
Steinweiss Scrawl pagina tratta dallo specimen progetto del carattere e dello specimen di Alex Steinweiss 1947 © Daily Type Specimen
30
il jazz in copertina
Smash Songs Hits
31
MAMBO FOR CATS Tipologia artefatto Mambo for Cats compilation 33 giri, formato 30,5x30,5 cm 1955 progetto di Jim Flora, commissionato da Columbia Records #illustrazione
Album 33 giri
Artista Vari (Compilation)
#lettering
Luogo e data
UA, 1955
Progetto grafico
Jim Flora
Casa discografica
RCA Victor
Nel campo del design delle copertine di dischi si sono affacciati per lo più designer ma anche molti illustratori: uno tra i più degni di menzione è Jim Flora.
chi era jim flora Nasce nel 1914 in Ohio e frequenta l’Accademia di Belle Arti e in quegli anni partecipa alla Little Man Preess, una piccola casa editrice indipendente per cui realizza illustrazioni. All’età di ventotto anni, nel 1942, affianca Alex Steinweiss nel reparto visivo della Columbia Records, con il compito però di disegnare non copertine ma annunci pubblicitari, manifesti per le nuove uscite, e altro materiale di pubblicità. L’anno successivo Flora diventa direttore artistico della Columbia, dato che Alex Steinweiss in quell’anno entra nella marina militare. Mentre la maggior parte dei dischi jazz utilizzava la combinazione di tipografia e illustrazione realistica o fotgrafia, lo stile di Flora lo rese particolarmente adatto all’illustrazione di copertine al limite di questo genere musicale. L’esempio secondo noi più eloquente è la copertina per Mambo for Cats, una compilation di brani, alcuni provenienti dal repertorio jazz, ma interpretati secondo gli arrangiamenti tipici di questo altro stile di musica. Il titolo utilizza la parola “cat” che oltre a significare “gatto” si utilizzava gergalmente nell’ambiente jazzistico per indicare musicisti di grande spessore; in questo contesto “for cats” può essere anche tradotto come “strabiliante”, o al limite “da ballare”. Sul retro del vinile si legge infatti:
32
il jazz in copertina
Mambo for Cats
33
Questa è la roba giusta per tutti voi jazzisti - mambo per This is the righteous stuff for all you jazzbos – mambo for cats – and, gatti - e, amico, se non sei un gatto che salta, dondola e urla man, if you’re not a jumpin’, rockin’, screamin’ cat by the time this quando questo disco finisce, non c’è speranza - sei morto. record ends, there’s just no hope – you’re dead. Sono già undici anni che Flora disegna copertine di album, la prima fu quella per un disco di musica popolare americana uscito nel 1944 per la Columbia. Rispetto ai primi dischi questo disco presenta una maggiore maturità del tratto e soprattutto della composizione, che mantiene una sua coerenza tra il lettering e l’illustrazione, un marchio di fabbrica per Flora.
Bix And Tram: A Hot Jazz Classic 33 giri, formato 30,5x30,5 cm 1947 progetto di Jim Flora, commissionato da Columbia Records #illustrazione
nel corso della sua carriera ha avuto modo di sperimentare molto non solo con la musica ma anche con la sua identità a livello visivo: nei costumi, nella grafica dei dischi… Il tipo di lavoro di Flora è molto autoriale se comparato a quello dei designer che abbiamo visto precedentemente, che si occupano di mettere insieme fotografie e caratteri tipografici esistenti secondo il loro personale giudizio. Jim Flora non solo compone la sua copertina in termini di lettering e illustrazione, ma la disegna come un artefatto completo in cui tutti gli elementi dialogano senza soluzione di continuità.
#lettering
lo stile di flora Nel caso di Mambo for Cats il disegno di illustrazione e lettere è fatto principalmente di linee curve che racchiudono all’interno aree colorate di tre tinte diverse, rosso, blu e nero. Questi colori si alternano scanditi da linee rette e spezzate. Le lettere sono disegnate senza grazie e lo spessore delle aste è pari al più piccolo tratto utilizzato per l’illustrazione, e questa coerenza contribuisce in grande modo a creare l’uniformità e la coerenza di cui si è parlato. A differenza delle altre cover jazz questa riempie tutto lo spazio disponibile, non lasciando che qualche piccolo spazio bianco panna, quasi affetta da orror vacui. Si tratta però di un’altra caratteristica dello stile di Flora, specialmente degli anni più maturi. Un esempio della tendenza al riempire lo si ha in Rialto, una tempera realizzata nel 1950: sopra lo sfondo scuro, ma costituito da ritagli di colori diversi, si stagliano una serie di figure di palazzi molto vicine tra di loro, e all’interno delle quali si muovono una serie di figure umane, estremamente stilizzate. Lo stile di Flora si presta particolarmente al jazz e alla musica molto espressiva perchè è al contempo colorato, legato alla rappresentazione oggettiva ma con un buon grado di astrazione, tanto che si riescono a decifrare i contorni delle figure umane ma i cui tratti sono esagerati e semplificati. Un’altra caratteristica comune a tutte le copertine disegnate da Flora è la presenza della sua firma, generalmente solo “Flora”, a delineare che si tratta di opere dal carattere unico, come opere d’arte. Alcuni disegni di Flora sono poi stati usati postumi la sua morte per copertine di dischi, principalmente jazz, in particolare per album del musicista sperimentale Sun Ra, che
34
il jazz in copertina
Mambo for Cats
35
Rialto tempera su cartone 1950 Jim Flora
36
il jazz in copertina
Mambo for Cats
37
Whirled Chamber Music CD, formato 13x11 cm 2007 Quartet San Francisco disegni di Jim Flora, commissionato da Albany Music #illustrazione
At the Pin-Inn 8-8-88 album digitale 2015 Sun ra & his Arkestra disegni di Jim Flora, adattati da Irwin Chusid commissionato da Enterplanetary Koncepts #illustrazione
38
#lettering
bibliografia Giromini, F. (2020, novembre 22). Finalmente in Italia il libro di James Flora | Artribune. https://www.artribune.com/editoria/2020/11/librojames-flora/ Jim Flora Archive. (s.d.). https://www.jimflora.com/
#lettering
il jazz in copertina
Mambo for Cats
39
KENNY BURRELL Tipologia artefatto
Kenny Burrell Kenny Burrell, Blue Note, 1956, progetto di Reid Miles illustraz. di Andy Warhol #illustrazione
Album 33 giri
Artista Kenny Burrell Luogo e data
Stati Uniti, 1956
Progetto grafico
Andy Wahol, Reid Miles
Casa discografica
Blue Note Records
#tipografia
Durante gli anni ‘50 in America il design grafico trovava applicazione sempre più vasta: nelle pubblicità, nel packaging, sulle riviste; già nel ‘28 l’Americano William Addison Dwiggins pubblicava Layout in advertising, aprendo il dibattito in questo campo (Kinross, 2010). Così anche i designer di copertine trovano più occupazione e tramite le case discografiche iniziano ad entrare in diretto contatto con i musicisti, spesso partecipando ai concerti o alle sedute di registrazione, alla pari dei fotografi. La partecipazione assidua e la conoscenza della musica erano alla base della loro ricerca visiva. In alcuni casi il rapporto tra designer e artista musicale diventava particolarmente vicino come nel caso del pianista Bud Powell e del grafico Burt Goldblatt, tanto che Powell dedicherà al designer un brano, Burt Covers Bud. “Mingus once said to me, something I feel very good about: You know, Burt. I like you. You come into a session, you take pictures. I never even know that you’re there.” And that was the most flattering thing that he ever said.”(Goldblatt in Paulo & Wiedemann, 2012, vol.I, p.172) Le case discografiche più attive nel campo del jazz in questi anni sono due: la più antica Columbia Records, e la neonata Blue Note Records, che si specializza da subito sul genere musicale. Mentre per la prima incidevano artisti già di grande fama come Frank Sinatra, Sarah Vaughan per la Blue Note iniziano ad incidere artisti meno conosciuti. Il vero decollo per la Blue Note avviene a partire dall’incisione dei primi dischi di Dizzy Gillespie e Charlie Parker, che sanciscono l’avvento di quello che poi verrà chiamato bebop.
40
il jazz in copertina
Kenny Burrell
41
A Night at Birdland, vol.2 33 giri, formato 30,5x30,5 cm Art Blakey, Blue Note 1522, 1956, progetto di Reid Miles uno dei rari esempi di illustrazione #illustrazione #lettering
#tipografia
#fotografia
chi era reid miles A segnare la storia della casa discografica non ci sono solo gli album incisi, ma anche le copertine disegnate da Reid Miles che inizia la sua carriera nel campo della grafica editoriale, per il magazine Esquire e nel 1955. All’età di ventotto anni viene notato dal fotografo Francis Wolff, fondatore assieme ad Alfred Lion della Blue Note. All’epoca la casa discografica aveva già compiuto sedici anni e a capo del comparto grafico vi era John Hermansader. Miles inizia a lavorare al suo fianco per poi prendere il suo posto di direttore artistico un anno dopo. Le scelte grafiche di Miles risentono molto di quelle di Hermansader e si possono considerare uno sviluppo della grafica del suo maestro.
Durante i primi anni la direzione di Reid Miles dà spazio alle illustrazioni, anche di grandi autori come Andy Warhol. A partire dagli anni ‘60 la tipograia prende molto più spazio e le illustrazioni vengono completamente soppiantate dalle fotografie di Francis Wolff, che negli anni si era specializzato
nel ritratto, in particolar modo dei musicisti sul palco. La copertina in analisi fa parte dell’elenco di queste eccezioni, ed è caratterizzata dall’uso dell’illustrazione: si tratta della copertina per il disco omonimo di Kenny Burrell uscito nel 1956. A differenza della stragrande maggioranza delle cover progettate da Reid Miles, questa è stata affidata in gran parte ad un illustratore d’eccezione: Andy Warhol. La collaborazione con un artista celebre da parte di una giovane casa editrice è una mossa che aiuta entrambe le parti a crescere: la casa discografica stampa un disco che acquista grande valore economico quasi alla pari di una stampa dell’artista, e fa in modo di rivolgersi
il jazz in copertina
Kenny Burrell
la direzione artistica di reid miles: lo stile grafico e le eccezioni
42
i caratteri tipografici nelle copertine Blue Note © Fonts in Use
43
graphic form. In the best of these covers, the ensemble of image and test is greater than the sum of its parts. (Kinross, 1990)
Count Basie compilation 33 giri, formato 30,5x30,5 cm 1955 progetto di Andy Warhol, commissionato da Blue Note Records #illustrazione
#tipografia
Monk (Reissue) compilation 33 giri, formato 30,5x30,5 cm Thelonious Monk, Prestige 7053, 1958, progetto di Andy Warhol, Julia Warhola lettering di Andy Warhol #tipografia
#lettering
ad un pubblico sempre più selezionato. Dall’altra parte Warhol ha l’occasione per applicarsi ad un lavoro commerciale e che quindi si colloca in linea con la sua ricerca artistica. Dopo questo primo esperimento con la creazione di illustrazioni per copertine di album musicali Andy Warhol sarà chiamato a collaborare altre sei volte con la Blue Note, per poi aprirsi a generi diversi dal jazz a partire dalla fine degli anni ‘60. A questo periodo appartengono le sue due più celebri copertine: quella per i Velvet Underground nel loro The Velvet Underground & Nico e quella per i Rolling Stones Sticky Fingers, innovativa per l’uso della cerniera zip applicata direttamente sulla cover. Ad accomunare questa copertina con le altre disegnate sotto la guida artistica di Reid Miles ci sono tre aspetti: la scelta dei colori, la tipografia e l’essenzialità della composizione. Ogni copertina infatti viene stampata generalmente in due colori, salvo in pochi casi in cui ne vengono usati tre. Si può dire che il marchio di fabbrica di Reid Miles sia l’uso della fotografia in bianco e nero, virata su una tinta piatta, che generalmente è un colore molto saturato. Lo studioso Robin Kinross parla del trattamento e dell’uso delle fotografie nell’opera di Miles, facendo notare che è proprio l’insieme della tipografia e dell’immagine che definiscono il suo stile “grafico”: Applied to photographs, the term ‘graphic’ implies clearly defined marks, a contrast of light and dark tones and a willingness to leave undisturbed large areas of space or single tone. But in Blue Note, these qualities apply also to the treatment of photographs within the whole and to type, which becomes another element to be configured meaningfully into
44
il jazz in copertina
Un altro aspetto del lavoro di Miles è l’utilizzo dei colori: la palette è ristretta e, oltre che definire un alfabeto cromatico, permette di ridimensionare i costi di stampa visto che la produzione era economica (Kinross, 1990) e mette in luce l’approccio da designer industriale di Miles. Lo stratagemma della fotografia virata verrà utilizzato poi da molte altre case discografiche di musica jazz, un esempio tra tutti è la Prestige. In secondo luogo Miles non utilizza quasi mai la calligrafia o il lettering, ma la tipografia, in particolare i caratteri sono generalmente tra i capisaldi della tipografia: alcuni di quelli più usati sono il Franklin e il News Gothic di Fuller Benton, il Caslon, il Bodoni nel peso Ultra e il Clarendon. Si nota come la scelta non si basi sulla presenza e sulla tipologia di grazie, né tantomeno su una comune derivazione dei caratteri, piuttosto sulla capacità di integrarsi con l’immagine che accompagnano, che si tratti di una foto o di una illustrazione. L’unica eccezione all’uso della tipografia la fanno le piccole scritte calligrafiche che accompagnano le illustrazioni in alcune copertine, come quella per il disco di Art Blakey riportata nelle pagine precedenti. L’uso della calligrafia verrà ripreso da Warhol stesso in una copertina che disegnerà per la casa discografica Prestige, concorrente della Blue Note; questa copertina ha tutte le caratteristiche di una copertina di Reid Miles, compreso l’uso della tipografia e degli spazi bianchi, sintomo che il suo stile aveva iniziato ad influire in generale sul design delle copertine. Una cifra stilistica di Miles è la sperimentazione nell’utilizzo della tipografia, che come si vede in queste pagine è composta in corpi molto alti, combinata con corpi di dimensioni più piccole, ruotata, e in questo modo in dialogo con la fotografia e con la musica che rappresenta ed esprime. L’ultima osservazione, quella più soggettiva, è quella sull’essenzialità della composizione, che generalmente si compone di una sola foto talvolta ritagliata da riquadri geometrici accompagnata da tipografia. Anche nel caso dell’illustrazione di Warhol la composizione resta semplice, dato che si limita a rappresentare l’artista, senza riferimenti concettuali. Inoltre l’illustrazione di Warhol, creata tramite l’utilizzo di un metodo espressivo a lui caro, quello della blotted line, si presta bene alla stampa in offset perché usa principalmente le tinte piatte e pochi grigi riprodotti tramite l’uso di retini. Generalmente tutte e tre queste caratteristiche sembrano affini agli usi grafici più diffusi nell’America di quegli
Kenny Burrell
45
In ´n´ Out Joe Henderson, Blue Note 4166, 1964, progetto di Reid Miles foto di Francis Wolff #tipografia
46
#fotografia
anni, che citando Kinross erano caratterizzate da una “vivace cultura fotografica e di una buona scorta di caratteri tipografici nelle tipografie e nelle case di riproduzione – soprattutto dei sans serif americani” (Kinross, 1990). A partire dagli anni ‘60 le collaborazioni con Warhol terminano e lo stile delle copertine di Reid Miles inizia a predere una forma sempre più definita. In questi anni la scena hard-bop inizia ad esaurirsi e nascono altri linguaggi come il free jazz. Per contro molti artisti pubblicano lavori di più facile ascolto con altre etichette, vendendo moltissime copie con altre etichette. Alfred Lion invece cerca ancora di selezionare i lavori che pubblicherà in base al loro valore artistico: le pubblicazioni di questo periodo si discostano dallo stile che caratterizzava l’etichetta e forse anche per questo non riscuotono il successo sperato. Qualche anno dopo l’etichetta viene acquistata dalla Liberty Records e nel 1967, in seguito ad una discesa vertiginosa
il jazz in copertina
Una Mas Kenny Dorham, Blue Note 4127, 1963, progetto di Reid Miles foto di Francis Wolff #tipografia
#fotografia
delle vendite, Alfred Lion lascia la Blue Note che fallisce dopo qualche anno.
Bibliografia Kinross, R. (1990, Autumn). Cool, clear, collected. Eye Magazine, vol.1(1). https://www.eyemagazine.com/feature/article/cool-clear-collected Kinross, R. (2010). Modern typography: An essay in critical history (2. ed., reprinted with minor corrections). Hyphen Press. Paulo, J., & Wiedemann, J. (2012). Jazz covers. Taschen.
Kenny Burrell
47
THE GERRY MULLIGAN SEXTET Tipologia artefatto
Album 33 giri
Artista Gerry Mulligan Luogo e data
Italia, 1956
Progetto grafico
Guido Crepax
Casa discografica
La Voce del Padrone
All’inizio degli anni ‘50 l’Italia risentiva ancora dei postumi della Seconda Guerra Mondiale, e soprattutto tra i giovani venivano a diffondersi prodotti e musica americani. La casa discografica La Voce del Padrone iniziava una timida pubblicazione di alcuni brani jazz attraverso compilation.
il primo guido crepax A Milano in quegli anni vivevano i fratelli Franco e Guido Crepax, figli di Gilberto Crepas, primo violoncello nell’orchestra della Fenice di Venezia e poi della Scala di Milano. In questo periodo Franco Crepax, fratello di Guido, musicista, lavorava alla casa discografica La Voce del Padrone e sperava di sbarcare il lunario con la vendita dei suoi dischi. Il fratello ventenne aveva già un tratto maturo per la sua età così Franco chiede a Guido di provare a disegnare le copertine dei suoi dischi, incoraggiato dal fatto che in America le cover riuscivano a far lievitare le vendite dello stesso disco. (Crepax, 2020) Così Guido Crepax inizia a lavorare per la casa discografica. La sua prima copertina fu quella per una raccolta di brani di Fats Waller. Era infatti molto comune che i dischi in Italia arrivassero molto tempo dopo la loro uscita in America e spesso pubblicarli integralmente, con la loro copertina originale, e su supporto di buona qualità costava molto alle case discografiche, Per questo motivo si diffusero le compilation e i packaging economici. Queste confezioni, a differenza di quelle americane, erano stampate su carta più sottile, non plastificata per
48
il jazz in copertina
ThE Gerry Mulligan Sextet
49
Fats Navarro compilation su 33 giri, formato 30,5x30,5 cm Maggio 1990, Musica Jazz, progetto di Guido Crepax copertina, primi esemplari fatti a mano cartoncino nero, tempera anni ‘50 disegni di Guido Crepax © Crepax, 2020
50
contenere i costi, dato il poco seguito che aveva la musica jazz rispetto al resto della proposta musicale italiana. L’avventura professionale di Guido Crepax inizia quindi sulla scia dei maestri americani che lavoravano in quegli anni. Nei primi lavori di Crepax infatti si può notare una certa influenza dello stile di Ben Shan e del suo allievo David Stone Martin. Essendo cresciuto da un padre musicista, Crepax ha da subito contatti con la musica, e sin da giovane inizia ad ascoltare ed apprezzare la musica jazz. Le sue prime copertine sono infatti i disegni a tempera che fa sulle buste nere dei raccoglitori dei dischi 78 giri, dove rappresenta i musicisti nell’atto di suonare, oppure composizioni astratte e coloratissime, che spiccano sullo sfondo nero. Anche se gran parte delle copertine di Crepax sono dedicate al jazz, va menzionato il suo lavoro con le copertine di audiolibri, un fenomeno inaspettatamente antico se si pensa alla ripresa che hanno avuto nei recenti anni. Una delle particolarità di Crepax è la sua flessibilità di stile: in questi audiolibri non si trova una tecnica o un approccio comune ai soggetti disegnati, nonostante il mezzo prediletto resti l’inchiostro, usato a pennino o con il pennello. È interessante notare invece come le copertine per gli album jazz seguano tutte uno stile coerente, molto simile a quello di Stone Martin, come abbiamo detto. Come lui, Crepax utilizza molto le figure umane, spesso ritratte mentre suonano. A differenza di Stone Martin però, Crepax usa macchie nere molto grandi e tratti d’inchiostro dai contorni molto più frastagliati, ottenuti con il
il jazz in copertina
Bud Powell compilation su CD, formato 13x11 cm Maggio 1993, Musica Jazz, progetto di Guido Crepax
Cootie Williams: Echoes of Harlem compilation su CD, formato 13x11 cm Febbraio 1995, Musica Jazz, progetto di Guido Crepax
pennello secco, che creano atmosfere più introspettive e meno artificiali. Unica eccezione allo stile minimalista che accosta pennellate nere a campiture colorate la fanno le copertine disegnate per la storica rivista Musica Jazz: in queste copertine, realizzate quando Crepax aveva già dato vita al personaggio di Valentina, le pennellate sono colorate, probabilmente realizzate a guazzo, e sono delimitate da sottilissime linee di inchiostro nero. Per questa analisi si è presa a campione la copertina per la compilation di brani del sassofonista Gerry Mulligan, uscita in Italia per l’etichetta Mercury, di proprietà della Columbia. Come si è detto la maggior parte dei dischi di jazz che venivano pubblicati in Italia erano raccolte di brani dei più famosi musicisti statunitensi. e questa non fa differenza. Per un copertinista il lavoro su un album canonico piuttosto che su una compilation è più complesso e anche più gratificante, dato che si deve comunicare o visualizzare l’essenza della musica al suo interno. Una raccolta al contrario non contiene nessun fil rouge a collegare i brani, ma l’unico elemento legante è la paternità dell’autore, motivo per cui le copertine di compilation mostrano quasi sempre l’artista in primo piano. Crepax negli anni disegnerà diverse volt set di copertine in raccolta. Il primo esempio è la collana Oggi Jazz, che costituisce il suo primo lavoro per La Voce del Padrone. Nel disco di Mulligan, Crepax ha dovuto affrontare la sfida del progetto di una serie di copertine per una compilation in più volumi. Ogni volume è uscito separatamente e quindi si doveva presentare
ThE Gerry Mulligan Sextet
51
come un lavoro a sé stante, piuttosto che parte di un lavoro più grosso. La soluzione di Crepax consiste in un disegno ad inchiostro uguale su tutti i volumi, su cui sono sovrapposte delle macchie di colore, diverso per ogni disco. Questo è un escamotage che Crepax utilizza più volte per creare un set di copertine differenti ma figlie della stessa matrice, dato che per creare le varianti basta sostituire il colore che va nelle matrici colorate. Un altro elemento di raffinatezza nella copertina è il lettering dedicato al nome del gruppo, che utilizza gli stessi spessori di linea dei tratti ad inchiostro nel disegno e quindi entra in perfetta armonia con l’illustrazione. Come si è già detto, il disegno di Crepax quasi non innova rispetto a quello dei colleghi americani se non nel tratto del disegno (più spigoloso in Crepax) e il tipo di soggetti (più variegati in Stone Martin). C’è da dire tuttavia che queste sono le primissime copertine per Crepax, che all’epoca era poco più che ventenne, e che avrebbe avuto poi una grandissima crescita artistica. La collaborazione di fumettisti con gli artisti musicali è diventata poi più frequente soprattutto nel panorama jazzistico; alcuni dei più importanti fumettisti come Andrea Pazienza e Altan hanno creato copertine rispettivamente per gruppi di rock alternativo e per il trombettista Enrico Rava, come vedremo più avanti. A proposito della sua collaborazione con Rava e su Guido Crepax, Altan scrive: “Sono amico del trombettista Enrico Rava da molto tempo e ho sempre ascoltato il jazz, perché quella è la musica che alimenta il ritmo e i pensieri mentre lavoro. Fare copertine di dischi non era il mio mestiere e non lo è diventato, ma quando Enrico mi ha chiamato, ho accettato volentieri... Mi è piaciuto lavorare a quell’Lp... il jazz lo ascolto senza metodo, dischi vecchi e nuovi, che sento un po’ alla rinfusa: è così da quando, ragazzo, vivevo a Bologna, dove passavano molti artisti e si andava ai concerti il più possibile. Era anche il tempo dei primi dischi e ricordo certe copertine di Crepax, magnifiche, che influenzarono e aiutarono il gusto di molti.” (Altan in Crepax, 2020, p.9)
bibliografia Crepax, A. (A c. Di). (2020). Crepax a 33 giri.
52
il jazz in copertina
Paris Concert 33 giri, formato 30,5x30,5 cm di Gerry Mulligan; 1956, Music, disegno di Guido Crepax
Collates 33 giri, formato 30,5x30,5 cm di Roy Elridge; 1952, Mercury, disegno di David Stone Martin
ThE Gerry Mulligan Sextet
53
La Pipa 33 giri, genere pop, formato 30,5x30,5 cm di Fiorenzo Batacchi, 1962, The Red Label, disegno di Guido Crepax #illustrazione
Scétate 33 giri, formato 30,5x30,5 cm di Peppino di Capri; 1962, Carish, disegno di Guido Crepax #illustrazione
54
#tipografia
Mentre le copertine per i dischi di jazz sono molto simili ai lavori di David Stone Martin e di Burt Goldblatt (il primo direttore artistico per la Mercury, il secondo per la Decca), quindi caratterizzate da linee di inchiostro che rappresentano i musicisti in movimento, e macchie di colore, quelle disegnate per album appartenenti ad altri generi si differenziano no per medium ma soggetti e composizione: spesso Crepax rappresenta oggetti o particolari di scene per gli audiolibri e personaggi in costume per la musica classica. Nelle copertine per la musica pop notiamo già l’interesse per le figure femminili, che troverà il suo culmine col personaggio di Valentina.
il jazz in copertina
#tipografia
Lorca, Compianto per Ignazio 33 giri, audiolibro, formato 30,5x30,5 cm s.d., Istituto Internazionale Del Disco, disegno di Guido Crepax #illustrazione
#tipografia
ThE Gerry Mulligan Sextet
55
UNDERGROUND Tipologia artefatto
Underground 33 giri, formato 30,5x30,5 cm 1968 progetto di John Berg, commissionato da Columbia Records #fotografia
Album 33 giri
Artista Thelonious Monk Luogo e data
USA, 1968
Progetto grafico
John Berg, Richard Mantel
Casa discografica
Columbia
#tipografia
Nel 1968 avevano luogo i fermenti dei movimenti di liberazione sessuale e contemporaneamente sul fronte musicale nascevano nuovi generi musicali che mescolavano sonorità e ritmi da diversi contesti. È in questi anni che hanno successo i primi gruppi psichedelici, che si caratterizzano non solo per le sonorità elettriche e oniriche, ma per la stessa direzione di ricerca nell’aspetto grafico. Anche nel campo del jazz vi sono delle sperimentazioni ma si muovono in direzioni diverse da quelle della psichedelia, che caratterizza soprattutto la musica rock. Nello stesso anno Miles Davis pubblica Miles in the Sky, con la copertina coloratissima di Victor Atkins, un disco che sperimenta con le sonorità elettriche, una strada praticata da pochi jazzisti oltre Davis in questi anni. Altri musicisti invece sperimentano con quello che verrà poi chiamato fusion, che combina diverse sonorità, specialmente esotiche rispetto a quelle più ascoltate americane. A questa categoria appartengono le copertine dei Weather Report, gruppo in cui suonava anche il già citato Miles Davis, da sempre un pioniere sia nel campo musicale sia di riflesso nel nostro campo, quello delle copertine. Un altro tra i pionieri è Thelonious Monk, incompreso da molti all’epoca del suo debutto, per la percussività del suo pianismo e i suoni stridenti che descrivono un personaggio artistico caratterizzato da una grande ironia e un grande senso di autocoscienza. Monk infatti è ben cosciente che essere artista musicale nel suo tempo significa anche creare attorno a sé un personaggio, in modo da far parlare di sé e creare contemporaneamente una narrazione e un prodotto più vendibile. Tutti i dischi di Thelonious Monk sono caratterizzati da una cura per l’aspetto visivo, che il musicista dedicava senz’altro anche a sé stesso dato che aveva ormai negli anni messo a punto una propria divisa, una costume di scena, che si costituiva di
56
il jazz in copertina
Underground
57
cappellino di lana, pizzetto appuntito e di tanto in tanto un paio di occhiali da sole. Per lui John Berg disegna diverse copertine. Iniziò a lavorare alla Columbia Records nel 1961 come assistente dell’art director Bob Cato. Subentrò come direttore artistico nel 1965 quando Cato fu promosso a vicepresidente del dipartimento creativo. Divenne poi direttore creativo e vicepresidente della Columbia/ CBS Records fino al 1985. Ha lasciato un’eredità che include alcune delle più famose copertine di album della storia della musica, più di 5000 in totale. Il lavoro che abbiamo scelto mette in evidenza un approccio che privilegia l’elaborazione di un concetto altro rispetto alla musica, e che si adatti alle esigenze di ogni album Infatti il lavoro di John Berg non è chiaramente riconoscibile per lo stile, piuttosto per il suo carattere eclettico. Underground è un disco che dal titolo dichiara una certa atmosfera, che viene ricalcata nell’aspetto visivo, quindi in copertina. In un’intervista per AIGA John Berg racconta alcuni retroscena della creazione della copertina: “Un progetto con i fotografi Steve Horn e Norman Griner, il titolo dell’album veniva da un movimento jazz attuale, che ho trasformato in una versione della metropolitana antinazista francese della seconda guerra mondiale. Fu costruito un intero set e la scena era piena di comparse in costume. A quei tempi non c’erano problemi di budget. A proposito, ho vinto un Grammy per quella copertina. (John Berg in Nini, 2017)
58
ritratto di Thelonious Monk foto analogica, autore sconosciuto
ambientata in un bunker francese di resistenza anti-nazista. La scelta della tipografia è in linea con l’immaginario militare poiché imita lo stencil. Si nota dunque che un altro contributo che l’art director dà è quello di connotare anche politicamente l’immagine, collocandola contemporaneamente in un contesto onirico ma estremamente reale perché legato ai conflitti e alla resistenza della seconda guerra mondiale.
bibliografia
Il processo di Berg parte da un livello alto di astrazione, non interpreta la musica attraverso la rappresentazione di elementi in rapporto diretto con il titolo dell’album, o con il genere di riferimento o con il musicista o i musicisti (Mambo for Cats ne è un esempio, così come il ritratto di Count Basie realizzato da Warhol); sposta invece il piano del significato per creare un’opera parallela a quella musicale, ma che ne arricchisca il significato. Questo sarà un approccio sempre più praticato, soprattutto negli ambiti di sperimentazione artistica più spinta. John Berg infatti progetta alcune delle copertine più oniriche della storia della musica jazz. Questo approccio è tipico dell’art director, una figura che si andava definendo a partire dagli anni ‘30 (Kinross, 2010, p.134). La composizione della copertina è organizzata in modo da concentrare l’attenzione al centro; Monk guarda in camera e si distacca dall’azione del suonare il piano, rendendo la composizione un fotogramma di una messa in scena teatrale,
Herdeg, W. (A c. Di). (1974). Graphis record covers: The evolution of graphics reflected in record packaging.
il jazz in copertina
Underground
Kinross, R. (2010). Modern typography: An essay in critical history (2. ed., reprinted with minor corrections). Hyphen Press. Nini, P. (2017, ottobre 30). Across the Graphic Universe: An Interview with John Berg. AIGA. https://web.archive.org/web/20131024102643/ http://www.aiga.org/across-the-graphic-universe-an-interview-withjohn-berg/
59
Bitches Brew 33 giri, formato 30,5x30,5 cm di Miles Davis, 1970 Columbia, progetto di John Berg, disegno di Mati Klarwein #illustrazione
Miles in the Sky 33 giri, formato 30,5x30,5 cm di Miles Davis, 1968 Columbia, disegno di Victor Atkins #illustrazione
60
#tipografia
#tipografia
Tra gli anni ‘60 e ‘70 la Columbia era diventata una delle più attive case discografiche a livello mondiale. In questo periodo sono state prodotte molte copertine sotto la direzione di John Berg, tra cui questa per Miles Davis, che entrava nel suo periodo psichedelico. Il disegno è stato realizzato dal pittore statunitense Victor Atkins, che lavora per strisce di colori molto saturati. Due anni dopo avvierà la collaborazione con l’artista tedesco Mati Klarwein, che produrrà la copertina coloratissima per Bitches Brew, sempre sotto la direzione artistica di John Berg.
il jazz in copertina
Underground
61
NOIR Noir CD, formato12x12 cm 1992 progetto di Cristophe Remy, disegno di Altan, commissionato da Label Bleu #illustrazione
Tipologia artefatto
CD
Artista Enrico Rava Luogo e data
Francia, 1992
Progetto grafico
Christophe Rémy
Disegni Altan Casa discografica
Label Bleu
#lettering
Durante gli anni ‘90 la situazione del jazz in Italia era variegata. Uno degli artisti più attivi e apprezzati è il trombettista Enrico Rava. Le mode relative al graphic design interferiscono poco con il campo delle copertine jazz, che si rivolgono ad una nicchia sempre più limitata. Noir è il secondo lavoro che vede Francesco Tullio-Altan cimentarsi con il disegno di copertine per album musicali. La prima volta disegnò per lo stesso artista musicale, Enrico Rava, la copertina per String Band, uscito nel 1984. Questa seconda collaborazione si distingue dalla prima però, perchè l’intervento del fumettista si estende oltre al disegno della copertina: Altan disegna anche una inedita storia a fumetti di 46 pagine che inserisce nel libretto. In un’intervista per un quotidiano locale il musicista Enrico Rava riferisce alcune parole sull’incontro tra i due: Conobbi Altan prima che fosse Altan, quando andava in spedizione nella giungla brasiliana. Nel ’96 incisi “Rava Noir”, e Altan disegnò una stupenda storia con me protagonista. (Attardi, 2019) Non è la prima volta che il mondo dei fumetti si avvicina a quello della discografia, abbiamo già parlato di Guido Crepax, che non è il solo in questo filone. Diversi fumettisti italiani infatti si sono cimentati con la creazione di storie ad hoc per degli album musicali, inserite nel libretto. È proprio questo il caso dell’album in questione: si tratta di una produzione francese ma sia gli artisti musicali che l’autore della copertina e della storia a fumetti sono italiani. È utile notare che la produzione non sia italiana perché questo tipo di album ibridi tra musica e fumetto non è frequente nella scena nazionale, mentre la scena francese ha una lunga tradizione
62
il jazz in copertina
Noir
63
Noir libretto di CD, formato 13x11 cm 1992 disegni di Altan, commissionato da Label Bleu, © Istituto Centrale per i Beni Sonori e Auditivi
fumettistica. Il lavoro dell’art director della casa discografica, Cristophe Remy, è limitato alla supervisione. La copertina rappresenta il musicista Enrico Rava circondato da alcune figure femminili, personaggi secondari nella storia a fumetti. Al centro della copertina il cognome del leader della band (Rava) e il nome dell’album tra virgolette, scritti a mano in linea con lo stile di disegno utilizzato dal fumettista. In basso a destra la firma dell’autore della tavola. La storia si ambienta in una non precisata metropoli americana e i protagonisti sono Enrico Rava e la sua band. Il noir è legato all’assassinio di una donna nel locale jazz dove suonano i musicisti. Le tracce musicali dell’album sono in precisa relazione temporale con la storia a fumetti, e orchestrano ogni passaggio della trama, dal risveglio alle 3 di mattina, fino al processo per l’uccisione della vittima. La musica e l’aspetto visivo sono indissolubili: Noir non è solo un album musicale o solo un fumetto, ma l’unione delle due cose. Già dagli anni ‘40 i musicisti, soprattutto nell’ambito del progressive rock, avevano iniziato a produrre album che ruotavano attorno ad una storia o a un nucleo tematico: questi erano detti proprio “concept album”, e spesso la componente visiva è ugualmente curata rispetto a quella musicale. (When
64
il jazz in copertina
Una doppia pagina della storia a fumetti contenuta nel fumetto.. Nella tavola a sinistra si vedono tutti i componenti del gruppo, in ordine: Giovanni Maier al contrabbasso, Roberto Cecchetto alla chitarra, Umberto Trombetta alla batteria, Enrico Rava alla tromba e Domenico Caliri alla seconda chitarra. Di particolare interesse è l’utilizzo della fascia bianca sotto ogni tavola: in questo spazio vengono indicati non solo i nomi dei musicisti come in questo caso, ma altre indicazioni musicali, come i nomi dei brani suonati. Nella tavola a pagina successiva si può notare un esempio di questo utilizzo, combinato con l’utilizzo dello spartito della composizione vera e propria.
Noir
65
Pop Went Epic, 2016). Quest’attenzione all’aspetto grafico inizia ad arrivare nel mondo della musica jazz soprattutto dopo le avanguardie degli anni ‘60, quando non era più considerata musica mainstream, e soprattutto fuori dagli USA dove il fatto di non avere una lunga tradizione ha facilitato il tentativi di innovazione e sperimentazione. La storia sarà poi adattata ad un cortometraggio, utilizzato in una performance ibrida di musica live e proiezione, eseguita a Tivoli nel 2010 (Liperi, 2010).
Noir libretto di CD, formato 13x11 cm, particolare di una tavola 1992 disegni di Altan, commissionato da Label Bleu, © Istituto Centrale per i Beni Sonori e Auditivi
bibliografia Attardi, G. (2019, agosto 16). Enrico Rava racconta: «I miei 80 anni in jazz. Oggi se rinascessi farei il rapper». Sicilian Post. https://www. sicilianpost.it/enrico-rava-racconta-i-miei-80-anni-in-jazz-oggi-serinascessi-farei-il-rapper/ Crepax, G. (2020). Crepax a 33 giri. Liperi, F. (2010, luglio 12). Enrico Rava Con Altan il jazz diventa a fumetti—La Repubblica.it. Archivio - la Repubblica.it. https://ricerca. repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/07/12/enrico-ravacon-altan-il-jazz-diventa.html When Pop Went Epic: The Crazy World of the Concept Album Documentary 2016. (2016, maggio 7). BBC. https://www.youtube.com/ watch?v=JO96V-pxTR4
66
il jazz in copertina
Noir
67
LIFE GOES ON Life Goes On CD, formato12x12 cm 2021 progetto di Sascha Kleis, commissionato da ECM Records #fotografia
Tipologia artefatto
CD
Artista
Carla Bley, Andy Sheppard, Steve Swallow
Luogo e data
Germania, Italia, 2020
Progetto grafico
Sascha Kleis / Caterina Di Perri (foto)
Casa discografica
ECM
#tipografia
Mentre negli Stati Uniti l’avanguardia jazzistica si muoveva contaminandosi con altre correnti provenienti dai luoghi più lontani del globo (si pensi alla musica africana o asiatica), in Europa, avvenivano miscele di diverso tipo, spesso tra musica jazz e classica, di cui il vecchio continente ha una lunga tradizione. Oggi il sound tipico del cosidetto jazz europeo è associato a quello dell’etichetta tedesca ECM. Il suo direttore artistico Manfred Eicher è responsabile inflessibile della scelta dei dischi da pubblicare, tanto che per molti artisti registrare con lui diventa un traguardo estremamente importante. Il lavoro di selezione di Eicher comprende anche l’aspetto visivo delle pubblicazioni ECM, che sin dalla nascita dell’etichetta sono caratterizzate da sobrietà ed eleganza, che si traducono nell’uso di fotografie astratte o di paesaggi e tipografia modernista. Per descrivere queste copertine, il giornalista tedesco Thomas Steinfeld sostiene che: Anche se ci sono figure umane in queste immagini, queste sembrano interamente preoccupate da loro stesse. Non dando retta a nessuno che guarda queste immagini, queste seguono una coreografia il cui significato è interamente nascosto. Lo sguardo in queste immagini non corrisponde a nessuna prospettiva, le cose mostrate non si offrono come un punto di vista. Ognuna di queste immagine ha senso per sé stessa, come un oggetto per la fotocamera forse, ma non come soggetto per la riflessione di qualcuno. [...] In molte di queste immagini sembra che la fotocamera segua un movimento repentino, e non danno indizi sullo scopo di questo movimento. (Steinfeld, T in Müller, 2009)
68
il jazz in copertina
Life Goes On
69
In the Light CD, formato 13x11 cm di Keith Jarret, 1972, ECM, progetto di Barbara Wojirsch foto di Georgyves Braunschweig Rabo De Nube CD, formato 13x11 cm di Charles Lloyd Quartet, 2008, ECM, progetto di Sascha Kleis foto di Dorothy Darr #fotografia
70
#tipografia
il passaggio al cd La casa discografica, fondata nel 1969 ha dovuto affrontare il passaggio di formato dal vinile al CD, mantenendo lo stile grafico uniforme. Nonostante il tentativo sia riuscito brillantemente è possibile rintracciare alcune differenze tra il periodo del vinile e quello successivo: le prime copertine mostrano un approccio simile a quello dei poster (Steinfeld, T in Müller, 2009), dove la tipografia è sovrapposta all’immagine, quasi sempre composta in Akzidenz Grotesk, l’antenato dell’Helvetica, è vi si può rintracciare un punto focale, assente nelle copertine sucessive. In molti casi ci sono immagini dipinte o illustrate, oppure solo tipografia o lettering, sempre in accordo con la tradizione modernista europea. Le copertine successive invece presentano un layout ben visibile, dove spesso la tipografia e le immagini occupano spazi diversi e definiti dagli sfondi. Questa è una scelta precisa che Barbara Wojirsch dice guidata dalla volontà di mostrare interamente la foto scelta, nella sua integrità (Shaughnessy et al., 1995). Anche nel caso della copertina di Life Goes On, scelta come caso studio, si rileva la presenza di una fascia Il soggetto è proprio la compositrice Carla Bley, ritratta dalla fotografa toscana Caterina Di Perri, in un momento che sembra surreale, mentre guarda uno spartito sospeso in aria. La copertina dell’album di Carla Bley in esame è una delle eccezioni alla regola che vede solo foto astratte sui dischi ECM. Accade poco spesso che vengano utilizzati ritratti degli artisti ma secondo
il jazz in copertina
#fotografia
#tipografia
Camerata Zürich CD, formato 13x11 cm di Leoš Janáček, 2021, ECM, progetto di Sascha Kleis foto di Nadia F. Romanini #fotografia
#tipografia
Edizione speciale CD, formato 13x11 cm di Enrico Rava, 2021, ECM, progetto di Sascha Kleis foto di Cees van de Veen* #fotografia
#tipografia
Steinfeld anche queste foto sono caratterizzate da una simile distanza, dagli stessi alti standard estetici dei paesaggi o dei disegni astratti. Secondo Lars Müller la strada grafica intrapresa da Eicher ha lo scopo di far resistere queste copertine al rumore visivo che contraddistingue i nostri tempi, e ritiene inoltre che le persone ritratte, spesso in gruppo, non sono rappresentate in quanto persone, ma in quanto esseri, in quanto “momenti ravvisati nel continuum dell’azione” (Müller & ECM Records, 2009). Una particolare cura non solo è data alla copertina ma al libretto nella custodia degli album, che oltre alla lista delle tracce e dei dettagli su ognuna, racchiude foto e diversi testi dell’autore o di altre personalità sul lavoro dell’artista.
il comparto grafico di ECM Sin dalla nascita della casa discografica, la direttrice artistica è stata Barbara Wojirsch. Inizialmente è affiancata dal marito Burkhart Wojirsch che muore però nel 1970. Dieter Rehm si aggiunge nel 1978 e sarà decisivo per lo spostamento in direzione della fotografia. In un articolo uscito per Eye Magazine nel 1995 dal titolo Think of your ears as eyes, Rehm loda Eicher per lasciare loro molta libertà d’azione. Nello stesso articolo lo studioso Shaughnessy afferma che il lavoro di Wojirsch e Rehm aderisce alle regole di una corporate identity ma parte da presupposti artistici, e non da priorità commerciali. L’idea di Wojirsch e Rehm è quella di restituire le caratteristiche della musica attraverso il medium visivo, e dal momento che la musica nei dischi ECM è caratterizzata da un ricercato minimalismo dei suoni e da una algida calma, anche le immagini restituiscono queste caratteristiche.
Life Goes On
71
Con Anima booklet contenuto nel CD, formato 13x11 cm di Tigran Manurian, 2020 ECM, progetto di Sascha Kleis, foto di Minas Lourian, Roberto Masotti, Ulrike Patow
Staircase 33 giri, formato 30,5x30,5 cm di Keith Jarret, 1977 ECM, progetto di Barbara Wojirsch, foto di Franco Fontana #fotografia
72
#tipografia
Il legame della ECM con l’Italia è segnato da collaborazioni con artisti musicali, fotografi e luoghi del nostro Paese. Uno dei fotografi che ha collaborato con la casa discografica agli inizi è il fotografo modenese Franco Fontana, i cui scatti sono tutti realizzati in Italia, e fanno ricorso a geometrie ricavate dalla sovrapposizione di elementi naturali o architettonici su diversi piani prospettici. Il risultato è una serie di composizioni astratte che utilizzano elementi figurativi, cioè una costante delle foto utilizzate da ECM. Un’altra fotografa che ha iniziato a collaborare con l’etichetta in tempi più recenti e che tutt’ora vi collabora è Caterina Di Perri, che ha prodotto decine di scatti.
il jazz in copertina
Life Goes On
73
bibliografia Müller, L., & ECM Records (A c. Di). (2009). Windfall light: The visual language of ECM. Lars Müller. Shaughnessy, A., Rehm, D., & Wojirsch, B. (1995). Think of your ears as eyes. Eye Magazine, 4(16). https://www.eyemagazine.com/feature/ article/think-of-your-ears-as-eyes Shaughnessy, A., Rehm, D., Wojirsch, B., & Kleis, S. (2010, Summer). One man brand? Eye Magazine, 19(76). https://www.eyemagazine.com/ feature/article/one-man-brand
Allestimento della mostra ECM-A Cultural Archeology, 2012, Fotografia di Wilfied Petzi. © Haus der Kunst, Monaco.
74
il jazz in copertina
Life Goes On
75
Una serie di copertine jazz di diverse case discografiche italiane ed europee che sono state influenzate dall'estetica della ECM. La presenza dei paesaggi, spesso resi irriconoscibili da movimenti della fotocamera, da zoom ravvicinati.
76
L’altra caratteristica comune è l’uso della tipografia, spesso su fasce bianche all’esterno della foto. Si nota spesso l’utilizzo del maiuscolo. il jazz in copertina
Life Goes On
77
SCHEDE LETTURE
78
il jazz in copertina
Life Goes On
79
JAZZ COVERS Tipologia lettura
libro, monografia
Autore
Joaquim Paulo, Julius Wiedemann
Editore
Taschen
Luogo di edizione
Colonia, Germania
Data 2008 Numero di pagine
552 pagine, 2 volumi
Il libro è edito da Taschen, casa editrice specializzata in libri d’arte e coffee-table books. Esattamente come questi, Jazz Covers è di dimensioni molto grandi, 29,3 × 29,3, le stesse di una copertina per 33 giri. Il pregio di avere un libro di dimensioni così grandi è quello di poter ammirare le copertine nel dettaglio, che in questo caso sono anche stampate in ottima qualità su carta pregiata. Un’altra caratteristica dei coffee-table books è quella di avere molte più immagini in relazione al testo, e questo libro rispetta anche questa somiglianza. I testi, se pur pochi, sono comunque interessanti e preziosi ai fini della ricerca, visto che si tratta per la maggior parte di interviste inedite con i protagonisti del settore della musica jazz, che coprono o hanno coperto ruoli diversi: designer, editori discografici, commercianti di dischi, collezionisti etc. In questi testi si trovano le testimonianze di chi ha vissuto l’epoca della nascita e del pieno sviluppo del jazz. Il libro infatti può essere considerato un archivio selezionato di copertine jazz che vanno dagli anni ‘40 agli anni ‘80. Questo limite è soprassedibile visto che la quantità di elaborati grafici messa a disposizione dei lettori è ampissima. A corredare le copertine ci sono sempre delle schede precisissime che elencano informazioni tecniche come nome dell’artista e dell’album, direttore artistico, fotografo, illustratore, anno, etichetta e altro. Ogni tanto tra le immagini si trovano anche citazioni di protagonisti della scena e brevi testi scritti dall’autore, Joaquim Paulo, che raccontano alcuni retroscena dietro le copertine. Joaquim Paulo è un consulente per le etichette discografiche e le radio in Portogallo. È un collezionista di vinili e per aggiungerli alla sua collezione ha visitato Londra, Parigi, New York, San Paolo; le sue parole esprimono l’entusiasmo del collezionista pur fornendo informazioni storiche precise.
80
schede letture
Jazz Covers
81
Ad affiancare l’autore vi è Julius Wiedemann nel ruolo di editor. Wiedeman è stato l’editor di gran parte dei libri Taschen sul design e il suo ruolo è quello di organizzare le informazioni che fornisce l’autore: creare un indice, lo storytelling, l’indirizzo della ricerca e mediare con l’editore, Benedict Taschen. Il contenuto del libro è simile a quello che si troverebbe in riviste specializzate sulla musica o sulla grafica, ma con il pregio di avere circa 500 pagine in più per parlarne e per illustrare graficamente i contenuti. In più l’assenza di un grandissimo comparto testuale viene compensata da una grande meticolosità nel riportare le informazioni su ogni singolo disco, in questo modo è facile continuare la ricerca autonomamente oppure semplicemente citare in maniera precisa le fonti. Inoltre a queste due figure si deve il lavoro di selezione di copertine, che si potrebbero trovare tutte quante in ordine sparso su un grande archivio digitale dedicato come discogs. com: questi album sono precisamente classificabili come album di jazz e non si generi limitrofi, sintomo del fatto che chi li ha scelti li ha anche ascoltati. Questa distinzione potrebbe sembrare eccessivamente pignola, ma non lo risulterà se si pensa che generi limitrofi al jazz come il soul hanno una immaginario visivo chiaramente diverso da quello del jazz: il primo genere è legato a tematiche voluttuose e le sonorità sono spesso più ritmate tanto da renderlo un genere perfetto da ballare. Allo stesso modo le copertine di jazz sono più diversificate da quelle dei dischi di musica soul che generalmente esprimono le caratteristiche elencate attraverso la rappresentazione di figure umane, in special modo femminili, e l’utilizzo di colori saturati e tipografia eccentrica . Per questi motivi la casa editrice ha dedicato diversi volumi ai diversi generi musicali. Inoltre detto questo la scelta di circoscrivere le copertine a pochi decenni, dagli anni ‘40 agli ‘8o come si è detto, risulta ulteriormente giustificabile dal cambio di immaginario visivo che ha subito il jazz dopo questi anni, quando ha perso i connotati che lo legavano al bebop, e all’hard bop e si è frammentato in un ventaglio di sonorità diverse, pur provenienti dalla stessa tradizione legata alle strutture armoniche e all’improvvisazione.
82
schede letture
Jazz Covers
83
CREPAX A 33 GIRI Tipologia lettura
libro, monografia
Autore Antonio Crepax Editore
Vololibero
Luogo di edizione
Milano
Data 2020
Solo un anno fa l’editore Vololibero, che da diversi anni si dedica anche ai temi musicali, pubblica la monografia Crepax a 33 giri: si tratta di una raccolta quasi completa delle copertine disegnate dal fumettista e illustratore agli albori della sua carriera. Si tratta di un lavoro ultraspecifico, su una piccola parte del lavoro dell’autore sconosciuta ai più, motivo per cui il libro è uscito solo nel 2020, nonostante la fama di Crepax. Un altro motivo per la tarda uscita è la mole di copertine da recuperare è catalogare: 277. Il libro però è anche frutto di una lunga attività di catalogazione che ha inizio nel 2013 con la creazione dell’Archivio Crepax da parte del figlio Antonio e tutta la famiglia Crepax, che ha l’obiettivo di organizzare mostre oltre che di raccogliere e catalogare tutta l’attività dell’artista. Il libro si propone come un archivio di copertine curato dal figlio dell’autore, Antonio Crepax, che ha selezionato le copertine e le ha organizzate. Crepax è anche l’autore dei pochi testi che raccordano le sezioni del libro, che sono generalmente dedicate ad un singolo genere musicale. Anche in questo caso, come nell’edizione Taschen di cui si è parlato prima il volume propone un comparto grafico molto più ampio di quello testuale, che si trova principalmente all’inizio di ogni sezione ma anche tra le pagine, a commentare qualche lavoro in particolare. Come vediamo la scelta di dividere i lavori in base al genere del disco è un sistema utilizzato spesso, visto che in primo luogo la musica in un album richiede di essere rappresentato con diversi tipi di immagini in base al tipo di sonorità e temi che affronta; in secondo luogo, come già si è detto ogni genere ha con il tempo attirato a sé un immaginario visivo che diventa fondamentale nel momento della vendita di un album. È per questo motivo che le copertine di Crepax sono così diverse tra di loro in base al genere: le copertine di jazz dichiarano apertamente di appartenere a quel genere, perchè si conformano alla sua estetica internazionale.
84
schede letture
Crepax a 33 giri
85
Un’altra similitudine con il libro edito da Taschen è la scelta del formato, 29,3 cm × 29,3 cm, come quello delle cover dei 33 giri e capace di rendere onore alle immagini che possono essere riprodotte in grandi dimensioni. L’ultima delle sezioni è dedicata ad un album a cui Guido Crepax si è dedicato particolarmente tanto che ne ha creato non solo la copertina ma tutto il progetto grafico, definendo da quel momento anche l’identità visiva del suo gruppo musicale progressive: l’album è Nuda dei Garybaldi. Nell’ambiente del progressive rock l’aspetto visivo ha da sempre giocato un ruolo fondamentale ponendosi come una delle sfaccettature di un concetto che si manifesta parallelamente tramite musica ed immagine. Una preziosità di questa edizione è la presenza di un testo del fratello di Guido Crepax che racconta la storia dell’artista da un punto di vista inedito, mettendo in luce dei punti di vicinanza tra alcune delle sue inclinazioni e dei dati famigliari, come il sentimento comune che legava tutta la famiglia alla musica. Nonostante i testi siano interessanti e anche inediti, come è anche il caso dell’intervista ad uno dei membri dei Garybaldi, c’è una piccolissima mancanza nelle didascalie, che non riportano l’anno di uscita del disco. Si tratta di una fonte di informazioni insostituibile per tracciare una storia delle copertine in Italia, per mole e qualità dei contenuti. La casa editrice Vololibero è una delle poche in Italia che si è occupata di copertine di dischi. Nel 2018 era uscito un volume a cura di Roberto Angelino intitolato cover story, che offre una panoramica interessante sul panorama delle cover italiane a partire dagli anni ‘60 fino ai giorni nostri. La lettura di questo testo insieme a quello su Crepax sono state fondamentali per inquadrare il panorama italiano prima di focalizzarsi sul settore del jazz.
86
schede letture
Crepax a 33 giri interno del libro, 2020, Vololibero, a cura di Antonio Crepax
Crepax a 33 giri
87
WINDFALL LIGHT: THE VISUAL LANGUAGE OF ECM Tipologia lettura
libro, monografia
Curatore Lars Müller Editore Edition of Contemporary Music/ Lars Müller Luogo di edizione Zurigo Data 2009 Numero di pagine
446
Nel 2010 esce questo volume co-prodotto dalla casa editrice Lars Müller e dalla casa discografica ECM, che ne illustra la storia delle copertine. Il libro si compone di più di 400 pagine occupate maggiormente dall’intero catalogo di album organizzato in ordine cronologico di uscita. Per ogni album sono riportati in ordine: copertina, collana di appartenenza, numero di catalogo, fotografo, artista musicale e nome dell’album. All’inizio del libro ci sono una serie di interventi di giornalisti ed esperti del settore grafico e musicale, interessanti per tracciare un contesto intorno alla ECM e anche per conoscere l’opinione di chi ha visto queste copertine per decenni. Il primo intervento è del giornalista Thomas Steinfeld (When Twilight Comes), che racconta molti dettagli sulle storie dietro le copertine, oltre che dare un personale commento del fenomeno ECM sia dal punto di vista musicale che grafico. Il secondo saggio è quello della studiosa Katharina Epprecht dal titolo Transmedial Images, che lavora sul campo semiotico, sulla base dei concetti teorici di Gottfried Boehm, che affronta il tema dello sguardo e dell’immaginazione, affermando che l’esperienza di conoscenza tramite il senso della vista non può essere distaccata dalla percezione e dall’esperienza estetica che si fa degli oggetti, sia d’arte che quotidiani. In questa visione Epprecht colloca il suo pensiero personale sulle copertine della ECM: come tutte le copertine sono oggetti transmediali, perché rappresentano la musica attraverso un medium diverso, quello fotografico, illustrativo o tipografico. Ma la novità sta nella
88
schede letture
Windfall Light: The Visual Language of ECM
89
Sleeves of Desire libro, 1996, ECM/Lars Müller, a cura di Lars Müller
raffinatezza con cui vengono disposte le metafore dal sonoro al visivo in modo che ci sia un “inaspettato cambiamento di significato”, producendo quello che Boehm chiamerebbe un’accrescimento dell’essere, una produzione di senso che si aggiunge a quella propria della musica, e crea un oggetto d’arte ibrido tra visivo e musicale. L’intervento successivo è del compositore norvegese Ketil Bjørnstad che ha inciso con la ECM diverse decine di dischi, e racconta del suo rapporto con l’editore Manfred Eicher, in maniera intima e dettagliata. L’ultimo intervento è quello di Lars Müller, curatore del volume e direttore della omonima casa editrice specializzata in libri d’arte, design e architettura, con un’attenzione particolare allo scenario svizzero, per la quale il libro è pubblicato. Il suo saggio può essere considerato come una nota all’edizione, in cui si mette in evidenza il perché dell’esigenza di rinnovare un catalogo sulla casa discografica, e sul ruolo che questa ha nel panorama musicale mondiale, non solo nel campo del jazz. Si tratta di un lavoro che arriva dopo quattordici anni dall’uscita di un altro volume dedicato alle copertine della ECM intitolato Sleeves of Desire (1996), che contiene tutte le copertine dalla nascita della casa editrice (1969) fino a quell’anno. Questo volume esce dopo circa trent’anni dalla nascita della ECM, e che costituisce il tentativo di rendere merito al lavoro che è stato fatto da grafici artisti e fotografi, e cristallizza e spiega quello che nel mondo del jazz era ben chiaro, ossia il lavoro di scelta grafica dietro le copertine. Il nuovo volume integra il precedente catalogo del ‘96 con le nuove copertine, uscite dal 1996 al 2010.
90
schede letture
Windfall light interno del libro, 2009, ECM/Lars Müller, a cura di Lars Müller consultato in Biblioteca IUAV
Le copertine dei due volumi sono estremamente simili: il colore è un leggerissimo celeste, la tipografia è composta in Akzidenz Grotesk, il nome del libro è scritto all’interno di un quadrato in rilievo, e fa eco con le copertine di cui si parla all’interno. Le ultime pagine sono occupate da un indice per artisti musicali e un elenco di biografie di designer, fotografi e artisti che hanno collaborato con la ECM sin dalla sua nascita, particolarmente utile ai fini di ricerca. Nonostante la presenza degli interventi si sente la mancanza di un approfondimento sui direttori artistici che si sono succeduti nei decenni e anche sul rapporto che hanno avuto con il direttore della casa discografica Manfred Eicher, per comprendere meglio da chi dipendessero alcune scelte grafiche, e con più precisione quali fossero i presupposti alla base della linea grafica presa con decisione già a partire dai primi decenni da parte della casa discografica.
Gran parte del libro è composta come un catalogo, impaginato in una griglia di 3x4 elementi per pagina.
Windfall Light:The Visual Language of ECM
91
GRAPHIS: RECORD COVERS Graphis: Record Covers copertina 1974, The Graphis Press a cura di Walter Herdeg consultato in Biblioteca IUAV
Tipologia lettura
libro, monografia
Curatore Walter Herdeg Editore
The Graphis Press
Luogo di edizione
Zurigo
Data 1974 Numero di pagine
192
Graphis è una casa editrice fondata da Walter Herdeg e Walter Amstutz a Zurigo nel 1944. Inizia da subito la pubblicazione di un periodico omonimo specializzato nel design grafico. Il primo numero comprendeva articoli sulla pubblicità ma anche due articoli sulle stampe d’arte, sintomo dell’interesse multidisciplinare di questa rivista. Nel 1984 Martin Pedersen compra la casa editrice e la trasferisce a New York. Inizia a pubblicare gli Annuali, dove si riuniscono i migliori lavori dell’anno divisi per ambito di lavoro. Questi numeri furono di fondamentale importanza in quegli anni perché aprivano il dibattito sul design grafico in un panorama internazionale. Il testo consultato appartiene al periodo precedente al trasferimento a New York, ed è una monografia sul tema delle copertine di dischi. Il sottotitolo è particolarmente significativo: “The evolution of graphics reflected inrecord packaging”. I lavori infatti sono ordinati in modo cronologico e raggruppati in capitoli in base al genere musicale: si parte con la musica classica e si arriva fino al rock, con una incursione nel mondo della musica giapponese. Anche questo libro è di formato quadrato, più piccolo di quello della custodia di un 33 giri, ma per la prima volta sulla copertina è incollato uno strato di vinile solcato, e una etichetta rotonda al centro che mima quelle dei dischi in vinile. Su questa etichetta sono riportati il titolo dell’opera, l’editore e il curatore. Il retro è speculare al fronte ma viene riportato anche il sottotitolo, in lingua inglese, francese e tedesca. Le versioni multilingue sono molto comuni nelle pubblicazioni svizzere, non solo nei libri ma anche nelle riviste. Il layout del libro rispecchia perfettamente i precetti della griglia di
92
schede letture
Graphis: Record Covers
93
Müller-Brockman, che aveva iniziato a diffondersi già qualche decennio prima dell’uscita del libro. Tra tutti i libri consultati questo libro è quello che presenta la migliore architettura dei contenuti, e si presenta non solo come un catalogo, ma come un atlante all’interno dei capitoli stesso, visto che le copertine sono avvicinate in base a delle rime o assonanze visive, a delle caratteristiche in comune tra più opere anche di diversi autori o case editrici. Questa disposizione fa emergere spesso l’omogeneità di colori e forme all’interno dello stesso genere, regola a cui il jazz e poche altre correnti fanno eccezione. Prima di ogni capitolo e all’inizio del volume si possono leggere alcuni testi di studiosi, artisti e designer che si sono occupati del design delle copertine. Non tutte le pagine sono stampate a colori, ma di contro c’è una grande ricchezza nelle informazioni per ogni copertina: sono riportati sempre il nome del designer, dell’autore dell’artwork, il numero del catalogo, della casa discografica e dell’artista. Spesso alcune copertine sono analizzate singolarmente dal curatore e si trovano piccoli stralci di testo disposti tra le immagini nella griglia. All’inizio del volume vi è un inedito testo dell’art director Bob Cato che sull’approccio del saggio e sulle copertine jazz afferma che: È stato fatto un leggero ricalco della storia grafica dell’arte e del design degli album jazz. Il jazz ha sempre avuto il suo potere e la sua magia, e qui al designer/fotografo/artista viene offerta una rara opportunità di accoppiare i suoi poteri con la magia del jazz.
Graphis: Record Covers interno del libro, una doppia pagina del capitolo sul jazz 1974, The Graphis Press a cura di Walter Herdeg consultato in Biblioteca IUAV
Graphis si propone come una voce autorevole nel campo del design che quasi tra le prime punta i riflettori sul tema delle copertine dei dischi. Negli anni successivi altre riviste di design approfondiranno il tema, come il britannico Eye Magazine fondato da Rick Poynor, che nel suo primo numero del 1990 inserisce un articolo sulle copertine della Blue Note. Si tratta quindi di un primato importante, che apre la strada ad una serie, ancora non troppo lunga di saggi critici su questo campo della grafica.
94
schede letture
Graphis: Record Covers
95
ALEX STEINWEISS: THE INVENTOR OF THE MODERN ALBUM COVER Tipologia lettura
libro, monografia
Curatore
Steven Heller, Kevin Reagan
Editore
Taschen
Luogo di edizione
Colonia
Data 2015 Numero di pagine
552 pagine
Questa monografia è il secondo libro edito da Taschen consultato per questa ricerca. A differenza del primo, Jazz covers, questo volume si compone di un comparto testuale molto maggiore, che è stato di fondamentale importanza per la ricostruzione della vita di Alex Steinweiss. Alex Steinweiss, nato a New York nel 1917, figlio di immigrati europei, è considerato l’inventore della copertina d’album moderna. Prima del 1940, quando realizza la copertina per la compilation Smash Songs Hits del duo di compositori americani Rodgers & Hart, i dischi erano venduti in confezioni di cartone anonime o provviste di una sola etichetta che riportava il nome della casa discografica. Ma il valore di Steinweiss nel panorama del design grafico internazionale non è solo dato dall’impatto che ha avuto nel mondo discografico, ma anche dal calibro degli altri lavori grafici svolti al di fuori di esso. Il libro è organizzato secondo le fasi cronologiche della vita di Steinweiss: la prima parte è occupata da una lunga premessa che spiega il perché della necessità di pubblicare una monografia su Steinweiss, i motivi per cui la sua figura è importante nel mondo del design e del mondo discografico, e infine la sua biografia dettagliata. Di fianco a queste parole appaiono immagini di diversa natura: tavole finite, bozzetti, foto di Steinweiss in varie fasi della sua vita.
96
schede letture
Alex Steinweiss: the Inventor of the Modern Album Cover
97
La parte subito successiva si concentra sull’evento che più lo ha reso celebre, ossia la creazione di quella che verrà definita la prima copertina di album della storia. Dopo la parte discorsiva subentra una sezione di sole copertine, una per ogni singola pagina, che si susseguono in ordine cronologico. Questo libro infatti, esattamente come l’altro della stessa casa editrice, è principalmente un catalogo, e la lettura privilegiata è quella non-lineare. Ma il pregio di questa monografia è senz’altro la sua precisione nel racconto della vita di Steinweiss. I curatori sono il ricercatore Steven Heller, anche insegnante alla MFA Design di Breda nei Paesi Bassi, e il designer Kevin Reagan, che ha lavorato per decenni nell’industria musicale e producendo decine di copertine. La combinazione di due figure eterogenee ha permesso di creare un volume dettagliato e omogeneo. Nel 2000 Steven Heller pubblica per la Princeton Architectural Press una prima monografia, For the Record: The Life and Work of Alex Steinweiss, scritta insieme a Jennifer McKnight-Trontz. Nel 2010 pubblica su Eye magazine (n.76, vol. 19) un’intervista a Steinweiss realizzata dieci anni prima in occasione della pubblicazione del primo volume, a testimoniare che la principale fonte per la redazione del libro è stata orale e di primo livello. Il volume si rivolge ad un pubblico ampio, e la scrittura è scorrevole. La biografia di Steinweiss è raccontata come una storia, ed è arricchita di tavole e informazioni alla fine di ogni capitolo. Nonostante la versione consultata sia quella economica e in formato tascabile, Taschen ha in catalogo una versione di pregio, di grandi dimensioni (39,6 x 33 cm) e con rilegatura a filo refe e custodia in cartone telato. Spesso infatti la Taschen pubblica i suoi volumi in coppia: una versione coffee table, che ha un prezzo decisamente superiore; una versione tascabile, ma con copertina rigida, utile per la lettura quotidiana e per lo studio. Si tratta di un volume importante perché oltre che approfondire la vita e le opere di un solo importante autore, offre anche la visione di uno spaccato di società attraverso il punto di vista delle case discografiche. Durante la lettura si vedrà come le esigenze del pubblico abbiano influito sulle richieste di mercato e conseguentemente sulle scelte che le case discografiche, in quanto aziende hanno fatto per rispondervi.
98
schede letture
Alex Steinweiss: the Inventor of the Modern Album Cover interno del libro, 2015, Taschen, a cura di Steven Heller, Kevin Reagan
Alex Steinweiss:the Inventor of the Modern Album Cover
99
BIOGRAFIE Designer e artisti italiani Mario Convertino (Studio Convertino) (1948-1996) Illustratore e grafico italiano, ha lavorato nell’industria musicale dalla seconda metà degli anni ‘60, creando diverse copertine per dischi 33 giri. Negli anni ‘70 collabora anche con lo studio Hipgnosis di Londra, famosa per le copertine dei Pink Floyd, Led Zeppelin, Genesis, Wings. Il suo Studio Convertino è stato tra i primi in Italia a sperimentare nel campo della videografica. Franco Fontana (1933) Fotografo italiano che lavora con i paesaggi, utilizzando i contorni e i colori per creare forme astratte, che si dissociano dalla rappresentazione realistica. Alcune delle sue fotografie sono state utilizzate dalla casa discografica ECM per creare delle copertine. Paolo De Francesco (...–...) Graphic designer, lavora principalmente per la Atlantic, Warner e Universal. Caterina di Perri (...–...) Fotografa per ECM e ha sede a Siena. Claudio Gobbi (1949) Designer e art director italiano. Nel periodo 197480 è stato responsabile dell’ufficio Immagine e Comunicazione della Polygram Deutsche Grammophon. Ha realizzato copertine nell’ambito della musica leggera, per artisti come Antonello Venditti, Angelo Branduardi, Eugenio Finardi. Gian Carlo Greguoli Realizza le copertine per la EPM Musique tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80. Francesco Logoluso (...–...) Art Director RCA Italiana dal 1963 al 1988. Roberto Masotti (1947) Fotografo, designer di formazione. Molte delle sue foto sono diventate copertine per dischi ECM. Realizza molti ritratti di musicisti jazz internazionali, anche questi spesso inseriti nei libretti dei CD della ECM. Mimmo Mellino (...–...) Illustratore, negli anni ‘70 e ‘80 disegna le copertine del gruppo prog Il Banco del Mutuo Soccorso. Francesco Messina (1951) Designer e musicista. A partire dagli anni ‘80 ha collaborato a lungo con Franco Battiato e con Alice, creando per loro decine di copertine con il suo Polystudio. È attualmente docente di Design della Comunicazione allo IUAV. Cesare Monti (1946) Artista e fotografo, lavora per diverso tempo a Londra durante gli anni ‘60 per poi tornare in Italia a lavorare con sua moglie, Wanda Spinello. Ha lavorato con: Cramps, PolyGram, RCA, CBS, Emi, Ascolto, Ultima Spiaggia, Sony. Ora lavora insieme a Franco Bolelli e Franco Bifo Berardi, due
100
schede letture
Biografie
101
gruppi di ricerca sulla comunicazione poetica: “Ario” (da cui è nata una rivista omonima) e “DNA”. Gianni Ronco (...–...) Pittore e illustratore, lavora principalmente ad aerografo. Ha illustrato la maggior parte delle copertine di Mina. Gianni Sassi (1938–1993) Produttore discografico, imprenditore, fotografo e grafico. Nel 1979 progetta ed edita Alfabeta, rivista di letteratura che pubblicherà 114 numeri. Nell’ottobre 1982 nasce La Gola, mensile di gastronomia. Mario Scardala (...–...) Durante gli anni ‘70 lavora alla RCA Italiana e progetta le copertine di Lucio Dalla, Renato Zero, PFM, Antonello Venditti. Edoardo Sivelli (...–...) Progetta le primissime cover per Franco Battiato, oltre che per gli Area. Wanda Spinello (1949) Pittrice, sin dagli anni ‘70 inizia una lunga collaborazione con il marito, Cesare Monti, con cui disegnerà decine di copertine per dischi italiani, tra cui quelli della PFM. Sergio Pappalettera (1961) Dirige, insieme a Patrizia Ferrante, lo studio Studio Prodesign a Milano. Insieme hanno progettato copertine soprattutto nell’ambito del pop. Luciano Tallarini (...–...) Grafico italiano che ha lavorato soprattutto nel campo della musica pop. Ha realizzato copertine di dischi per Mina Ornella Vanoni, Milva, Patty Pravo, Loredana Bertè, Gabriella Ferri, Pooh, Fabrizio De Andrè, Vasco Rossi. Stefano Steo Zacchi (...–...) Attivo sin dagli anni ‘80, attualmente dirige lo studio Showbiz a Bologna, e ha disegnato le copertine di Zucchero Fornaciari, Giorgia, Biagio Antonacci, Gianni Morandi.
Designer e artisti stranieri Boris Artzybasheff (1899–1965) Illustratore americano di orgine russa, l cui stile aveva grandi influenze surrealiste. Durante tutta la sua carriera ha lavorato per diverse riviste americane, come Life, Fortune e Time. I suoi soggetti preferiti sono macchine antropomorfe, che svolgono mansioni alienanti. Fu di grande ispirazione per Victor Atkins (...–...) Pittore, scultore e scrittore americano. Durante gli anni ‘60 e ‘70 ha lavorato a poche copertine di album per piccole etichette, fatta eccezione per la cover di Miles in the Sky, uscito per Columbia Records. John Berg (1932–2015) Storico direttore artistico della Columbia Records a partire dal 1961.Per le sue copertine ha vinto 4 Grammy per la migliore cover ed è stato nominato 26 volte. Il suo approccio non ha definito uno stile preciso ma prediligeva adattarsi all’esigenze dell’album. Joseph Binder (1898–1972) Artista e designer austriaco. Nel 1927 avvia a Praga il suo studio Design Austria, specializzato in pubblicità. Nel 1934 si trasferisce a New York. Sotto la sua direzione lavorò Alex Steinweiss negli anni ‘40. Bob Cato (1923–1999) Designer e fotografo americano che ha lavorato alla Columbia Records come direttore artistico a partire dal 1959. È stato allievo di László Moholy-Nagy a Chicago.Gran parte delle sue copertine sono di album jazz ma crea anche le copertine di Simon & Garfunkel, Janis Joplin ... Jim Flora (1914–1998) Illustratore americano, lavora dagli anni ‘50 alla Columbia Records. Tra gli anni ‘40 e’70 fu illustratore di libri per bambini. Il suo stile è caratterizzato dall’uso delle tinte piatte e dei confini netti, oltre che dei soggetti umani spesso caricaturizzati. Leon Friend (1902–...) Insegnante statunitense di origine polacca alla Abraham Lincoln High School di New York dal 1930. Il suo studio a New York fu uno dei primi a introdurre la visione europea negli Stati Uniti, e concentrato sull’idea che gli studenti dovessero imparare al loro ritmo. Fonda la “Art Squad” per aiutare gli studenti ad entrare nel mondo reale dopo l’università. Burt Goldblatt (1924–2006) Art director, designer e fotografo americano contemporaneo di Alex Steinweiss, particolarmente attivo negli anni ‘50, ‘60 e ‘70. Aveva un’indirizzo stilistico ben preciso, che consiste nell’utilizzo di figure umane disegnate a china che dialogavano con geometrie colorate sovrapposte. John Hermansader (1915–2005) Pittore, designer americano. Il centro del suo lavoro è stato alla Blue Note, per la quale ha progettato le prime copertine, prima che Reid Miles lo sostituisse alla
102
schede letture
Biografie
103
direzione artistica. Mati Klarwein (1932–2002) Pittore tedesco naturalizzato francese. Ha illustrato le celebri copertine di Bitches Brew di Miles Davis e le diverse copertine per gli Earth Wind & Fire, Jimi Hendrix e Santana. Il suo stileè surrealista e lavora con colori ipersaturati e figure umane trasfigurate, immerse in mondi naturali e onirici allo stesso tempo. Sascha Kleis (1932–2002) Direttore artistico della casa discografica tedesca ECM dalla sua nascita. Dagli esordi definisce uno stile che renderà iconica la ECM. Reid Miles (1927–1993) Storico direttore artistico della Blue Note dal 1956. Attraverso la collaborazione con il fotografo Francis Wolff, e la sperimentazione con i colori e la tipografia, crea uno stile uniforme per la casa discografica, raggiungendo un equilibrio tra la coesione tr ale varie pubblicazioni e l’espressione del contenuto di ogni disco.
BIBLIOGRAFIA
Angelino, R. (2018). Cover story: Le più belle copertine dei dischi italiani. Vololibero. Berni, I., Gentile, E., Tonti, A., & Radio popolare (Milan, Italy) (A c. Di). (1982). Cover & cover: Grafica a 33 giri. Ripartizione cultura e spettacolo : Mazzotta.
Dieter Rhem (1947)Fotografo tedesco che lavora per la ECM. Il suo metodo prevede l’utilizzo dei negativi per creare effetti surreali, soprattutto cromaticamente.
Bezzi, P., & Gàbici, F. (A c. Di). (1988). Il disco e la sua copertina: Stili e mode musicali negli anni ’50 e ’60. Essegi.
Cal Schenkels (1947) È un illustratore statunitense che ha lavorato nel campo delle copertine degli album, in particolare rock. Collaborò a lungo con Frank Zappa, creando alcune delle sue copertine più famose.
Cromey, F., Callingham, G., & Marsh, G. (A c. Di). (1991). Blue note: The album cover art. Chronicle Books.
Alex Steinweiss (1917 –2011) Considerato l’inventore della copertina di album moderna. Rivoluziona non solo l’approccio delle case discografiche alla copertina, ma rivoluziona anche il packaging, rendendolo più leggero e facile da maneggiare. David Stone Martin (1913 –1992) Arista e designer statunitense, contemporaneo di Steinweiss e Goldblatt, lavora principalmente come designer di copertine per la Mercury. Il suo stile è simile a quello di Goldblat, ossia utilizza le figure umane contrapposte a forme geometriche colorate.
Herdeg, W. (A c. Di). (1974). Graphis record covers: The evolution of graphics reflected in record packaging. Müller, L., & ECM Records (A c. Di). (2009). Windfall light: The visual language of ECM. Lars Müller. Rossetti, R., Cronia, V., & Modugno, M. (A c. Di). (1985). Fono-grafica: Rassegna delle copertine discografiche dagli albori dell’era del disco ai giorni nostri. Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
Barbara Wojirsch (... –...) Designer grafica tedesca, lavora per la ECM. Nel 1978 riceve una nomination ai Grammy per il miglior packaging con l’album Non Fiction di Steve Kuhn.
104
schede letture
bibliografia
105
INDICE DEI NOMI A Alex Steinweiss • 3, 5, 23, 24, 25, 27, 28, 29, 33, 95 Andy Warhol • 10, 40, 42, 43, 44, 100 B Barbara Wojirsch • 66, 100 Ben Shan • 50 Bob Cato • 59 Boris Artzybasheff • 24 Burt Goldblatt • 28, 41, 54 C Caterina Di Perri • 63, 66 Christophe Rémy • 71 D David Stone Martin • 50, 54 F Francis Wolff • 41, 42, 46, 47 Franco Fontana • 66 G Guido Crepax • 3, 49, 50, 52, 54, 55, 71, 84 J Jim Flora • 3, 32, 33, 34, 35, 36, 38, 39 John Berg • 3, 56, 57, 58, 59, 60, 61 John Hermansader • 42 Joseph Binder • 24, 28 L
106
schede letture
indice dei nomi
107
Leon Friend • 23 M Mati Klarwein • 58, 61, 100 N Norman Griner • 59 R Reid Miles • 3, 41, 42, 44, 45, 46, 47, 100 S Sascha Kleis • 3, 63, 64 Steve Horn • 59 V Victor Atkins • 57, 58 W William Morris • 23
108
schede letture
indice dei nomi
109
110
schede letture