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1945 USA Columbia
Count Basie compilation 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
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1955 progetto di Andy Warhol, commissionato da Blue Note Records
#illustrazione #tipografia
Monk (Reissue) compilation 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
Thelonious Monk, Prestige 7053, 1958, progetto di Andy Warhol, Julia Warhola lettering di Andy Warhol
#tipografia #lettering ad un pubblico sempre più selezionato. Dall’altra parte Warhol ha l’occasione per applicarsi ad un lavoro commerciale e che quindi si colloca in linea con la sua ricerca artistica.
Dopo questo primo esperimento con la creazione di illustrazioni per copertine di album musicali Andy Warhol sarà chiamato a collaborare altre sei volte con la Blue Note, per poi aprirsi a generi diversi dal jazz a partire dalla fine degli anni ‘60. A questo periodo appartengono le sue due più celebri copertine: quella per i Velvet Underground nel loro the velvet underground & nico e quella per i Rolling Stones sticky fingers, innovativa per l’uso della cerniera zip applicata direttamente sulla cover.
Ad accomunare questa copertina con le altre disegnate sotto la guida artistica di Reid Miles ci sono tre aspetti: la scelta dei colori, la tipografia e l’essenzialità della composizione. Ogni copertina infatti viene stampata generalmente in due colori, salvo in pochi casi in cui ne vengono usati tre. Si può dire che il marchio di fabbrica di Reid Miles sia l’uso della fotografia in bianco e nero, virata su una tinta piatta, che generalmente è un colore molto saturato.
Lo studioso Robin Kinross parla del trattamento e dell’uso delle fotografie nell’opera di Miles, facendo notare che è proprio l’insieme della tipografia e dell’immagine che definiscono il suo stile “grafico”:
Applied to photographs, the term ‘graphic’ implies clearly defined marks, a contrast of light and dark tones and a willingness to leave undisturbed large areas of space or single tone. But in Blue Note, these qualities apply also to the treatment of photographs within the whole and to type, which becomes another element to be configured meaningfully into graphic form. In the best of these covers, the ensemble of image and test is greater than the sum of its parts. (Kinross, 1990)
Un altro aspetto del lavoro di Miles è l’utilizzo dei colori: la palette è ristretta e, oltre che definire un alfabeto cromatico, permette di ridimensionare i costi di stampa visto che la produzione era economica (kinross, 1990) e mette in luce l’approccio da designer industriale di Miles.
Lo stratagemma della fotografia virata verrà utilizzato poi da molte altre case discografiche di musica jazz, un esempio tra tutti è la Prestige. In secondo luogo Miles non utilizza quasi mai la calligrafia o il lettering, ma la tipografia, in particolare i caratteri sono generalmente tra i capisaldi della tipografia: alcuni di quelli più usati sono il Franklin e il News Gothic di Fuller Benton, il Caslon, il Bodoni nel peso Ultra e il Clarendon. Si nota come la scelta non si basi sulla presenza e sulla tipologia di grazie, né tantomeno su una comune derivazione dei caratteri, piuttosto sulla capacità di integrarsi con l’immagine che accompagnano, che si tratti di una foto o di una illustrazione.
L’unica eccezione all’uso della tipografia la fanno le piccole scritte calligrafiche che accompagnano le illustrazioni in alcune copertine, come quella per il disco di Art Blakey riportata nelle pagine precedenti. L’uso della calligrafia verrà ripreso da Warhol stesso in una copertina che disegnerà per la casa discografica Prestige, concorrente della Blue Note; questa copertina ha tutte le caratteristiche di una copertina di Reid Miles, compreso l’uso della tipografia e degli spazi bianchi, sintomo che il suo stile aveva iniziato ad influire in generale sul design delle copertine.
Una cifra stilistica di Miles è la sperimentazione nell’utilizzo della tipografia, che come si vede in queste pagine è composta in corpi molto alti, combinata con corpi di dimensioni più piccole, ruotata, e in questo modo in dialogo con la fotografia e con la musica che rappresenta ed esprime.
L’ultima osservazione, quella più soggettiva, è quella sull’essenzialità della composizione, che generalmente si compone di una sola foto talvolta ritagliata da riquadri geometrici accompagnata da tipografia. Anche nel caso dell’illustrazione di Warhol la composizione resta semplice, dato che si limita a rappresentare l’artista, senza riferimenti concettuali. Inoltre l’illustrazione di Warhol, creata tramite l’utilizzo di un metodo espressivo a lui caro, quello della blotted line, si presta bene alla stampa in offset perché usa principalmente le tinte piatte e pochi grigi riprodotti tramite l’uso di retini. Generalmente tutte e tre queste caratteristiche sembrano affini agli usi grafici più diffusi nell’America di quegli
In ´n´ Out
Joe Henderson, Blue Note 4166, 1964, progetto di Reid Miles foto di Francis Wolff
#tipografia #fotografia anni, che citando Kinross erano caratterizzate da una “vivace cultura fotografica e di una buona scorta di caratteri tipografici nelle tipografie e nelle case di riproduzione – soprattutto dei sans serif americani” (kinross, 1990).
A partire dagli anni ‘60 le collaborazioni con Warhol terminano e lo stile delle copertine di Reid Miles inizia a predere una forma sempre più definita. In questi anni la scena hard-bop inizia ad esaurirsi e nascono altri linguaggi come il free jazz. Per contro molti artisti pubblicano lavori di più facile ascolto con altre etichette, vendendo moltissime copie con altre etichette. Alfred Lion invece cerca ancora di selezionare i lavori che pubblicherà in base al loro valore artistico: le pubblicazioni di questo periodo si discostano dallo stile che caratterizzava l’etichetta e forse anche per questo non riscuotono il successo sperato. Qualche anno dopo l’etichetta viene acquistata dalla Liberty Records e nel 1967, in seguito ad una discesa vertiginosa
Una Mas
Kenny Dorham, Blue Note 4127, 1963, progetto di Reid Miles foto di Francis Wolff
#tipografia #fotografia delle vendite, Alfred Lion lascia la Blue Note che fallisce dopo qualche anno.
bibliografia
Kinross, R. (1990, Autumn). Cool, clear, collected. Eye Magazine, vol.1(1). https://www.eyemagazine.com/feature/article/cool-clear-collected
Kinross, R. (2010). Modern typography: An essay in critical history (2. ed., reprinted with minor corrections). Hyphen Press.
Paulo, J., & Wiedemann, J. (2012). Jazz covers. Taschen.
THE GERRY MULLIGAN SEXTET
Tipologia artefatto Album 33 giri Artista Gerry Mulligan Luogo e data Italia, 1956 Progetto grafico Guido Crepax Casa discografica La Voce del Padrone
All’inizio degli anni ‘50 l’Italia risentiva ancora dei postumi della Seconda Guerra Mondiale, e soprattutto tra i giovani venivano a diffondersi prodotti e musica americani. La casa discografica La Voce del Padrone iniziava una timida pubblicazione di alcuni brani jazz attraverso compilation.
il primo guido crepax
A Milano in quegli anni vivevano i fratelli Franco e Guido Crepax, figli di Gilberto Crepas, primo violoncello nell’orchestra della Fenice di Venezia e poi della Scala di Milano. In questo periodo Franco Crepax, fratello di Guido, musicista, lavorava alla casa discografica La Voce del Padrone e sperava di sbarcare il lunario con la vendita dei suoi dischi. Il fratello ventenne aveva già un tratto maturo per la sua età così Franco chiede a Guido di provare a disegnare le copertine dei suoi dischi, incoraggiato dal fatto che in America le cover riuscivano a far lievitare le vendite dello stesso disco. (crepax, 2020)
Così Guido Crepax inizia a lavorare per la casa discografica. La sua prima copertina fu quella per una raccolta di brani di Fats Waller. Era infatti molto comune che i dischi in Italia arrivassero molto tempo dopo la loro uscita in America e spesso pubblicarli integralmente, con la loro copertina originale, e su supporto di buona qualità costava molto alle case discografiche, Per questo motivo si diffusero le compilation e i packaging economici. Queste confezioni, a differenza di quelle americane, erano stampate su carta più sottile, non plastificata per
copertina, primi esemplari fatti a mano cartoncino nero, tempera
anni ‘50 disegni di Guido Crepax © Crepax, 2020 contenere i costi, dato il poco seguito che aveva la musica jazz rispetto al resto della proposta musicale italiana.
L’avventura professionale di Guido Crepax inizia quindi sulla scia dei maestri americani che lavoravano in quegli anni. Nei primi lavori di Crepax infatti si può notare una certa influenza dello stile di Ben Shan e del suo allievo David Stone Martin.
Essendo cresciuto da un padre musicista, Crepax ha da subito contatti con la musica, e sin da giovane inizia ad ascoltare ed apprezzare la musica jazz. Le sue prime copertine sono infatti i disegni a tempera che fa sulle buste nere dei raccoglitori dei dischi 78 giri, dove rappresenta i musicisti nell’atto di suonare, oppure composizioni astratte e coloratissime, che spiccano sullo sfondo nero.
Anche se gran parte delle copertine di Crepax sono dedicate al jazz, va menzionato il suo lavoro con le copertine di audiolibri, un fenomeno inaspettatamente antico se si pensa alla ripresa che hanno avuto nei recenti anni. Una delle particolarità di Crepax è la sua flessibilità di stile: in questi audiolibri non si trova una tecnica o un approccio comune ai soggetti disegnati, nonostante il mezzo prediletto resti l’inchiostro, usato a pennino o con il pennello. È interessante notare invece come le copertine per gli album jazz seguano tutte uno stile coerente, molto simile a quello di Stone Martin, come abbiamo detto. Come lui, Crepax utilizza molto le figure umane, spesso ritratte mentre suonano. A differenza di Stone Martin però, Crepax usa macchie nere molto grandi e tratti d’inchiostro dai contorni molto più frastagliati, ottenuti con il
Fats Navarro compilation su 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
Maggio 1990, Musica Jazz, progetto di Guido Crepax
Bud Powell compilation su CD, formato 13x11 cm
Maggio 1993, Musica Jazz, progetto di Guido Crepax
Cootie Williams: Echoes of Harlem compilation su CD, formato 13x11 cm
Febbraio 1995, Musica Jazz, progetto di Guido Crepax
pennello secco, che creano atmosfere più introspettive e meno artificiali.
Unica eccezione allo stile minimalista che accosta pennellate nere a campiture colorate la fanno le copertine disegnate per la storica rivista Musica Jazz: in queste copertine, realizzate quando Crepax aveva già dato vita al personaggio di Valentina, le pennellate sono colorate, probabilmente realizzate a guazzo, e sono delimitate da sottilissime linee di inchiostro nero.
Per questa analisi si è presa a campione la copertina per la compilation di brani del sassofonista Gerry Mulligan, uscita in Italia per l’etichetta Mercury, di proprietà della Columbia. Come si è detto la maggior parte dei dischi di jazz che venivano pubblicati in Italia erano raccolte di brani dei più famosi musicisti statunitensi. e questa non fa differenza. Per un copertinista il lavoro su un album canonico piuttosto che su una compilation è più complesso e anche più gratificante, dato che si deve comunicare o visualizzare l’essenza della musica al suo interno. Una raccolta al contrario non contiene nessun fil rouge a collegare i brani, ma l’unico elemento legante è la paternità dell’autore, motivo per cui le copertine di compilation mostrano quasi sempre l’artista in primo piano.
Crepax negli anni disegnerà diverse volt set di copertine in raccolta. Il primo esempio è la collana Oggi Jazz, che costituisce il suo primo lavoro per La Voce del Padrone. Nel disco di Mulligan, Crepax ha dovuto affrontare la sfida del progetto di una serie di copertine per una compilation in più volumi. Ogni volume è uscito separatamente e quindi si doveva presentare
come un lavoro a sé stante, piuttosto che parte di un lavoro più grosso. La soluzione di Crepax consiste in un disegno ad inchiostro uguale su tutti i volumi, su cui sono sovrapposte delle macchie di colore, diverso per ogni disco. Questo è un escamotage che Crepax utilizza più volte per creare un set di copertine differenti ma figlie della stessa matrice, dato che per creare le varianti basta sostituire il colore che va nelle matrici colorate. Un altro elemento di raffinatezza nella copertina è il lettering dedicato al nome del gruppo, che utilizza gli stessi spessori di linea dei tratti ad inchiostro nel disegno e quindi entra in perfetta armonia con l’illustrazione.
Come si è già detto, il disegno di Crepax quasi non innova rispetto a quello dei colleghi americani se non nel tratto del disegno (più spigoloso in Crepax) e il tipo di soggetti (più variegati in Stone Martin). C’è da dire tuttavia che queste sono le primissime copertine per Crepax, che all’epoca era poco più che ventenne, e che avrebbe avuto poi una grandissima crescita artistica.
La collaborazione di fumettisti con gli artisti musicali è diventata poi più frequente soprattutto nel panorama jazzistico; alcuni dei più importanti fumettisti come Andrea Pazienza e Altan hanno creato copertine rispettivamente per gruppi di rock alternativo e per il trombettista Enrico Rava, come vedremo più avanti. A proposito della sua collaborazione con Rava e su Guido Crepax, Altan scrive:
“Sono amico del trombettista Enrico Rava da molto tempo e ho sempre ascoltato il jazz, perché quella è la musica che alimenta il ritmo e i pensieri mentre lavoro. Fare copertine di dischi non era il mio mestiere e non lo è diventato, ma quando Enrico mi ha chiamato, ho accettato volentieri... Mi è piaciuto lavorare a quell’lp... il jazz lo ascolto senza metodo, dischi vecchi e nuovi, che sento un po’ alla rinfusa: è così da quando, ragazzo, vivevo a Bologna, dove passavano molti artisti e si andava ai concerti il più possibile. Era anche il tempo dei primi dischi e ricordo certe copertine di Crepax, magnifiche, che influenzarono e aiutarono il gusto di molti.” (altan in Crepax, 2020, p.9)
bibliografia
Crepax, A. (A c. Di). (2020). Crepax a 33 giri.
Paris Concert 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
di Gerry Mulligan; 1956, Music, disegno di Guido Crepax
Collates 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
di Roy Elridge; 1952, Mercury, disegno di David Stone Martin
Scétate 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
di Peppino di Capri; 1962, Carish, disegno di Guido Crepax
#illustrazione #tipografia Mentre le copertine per i dischi di jazz sono molto simili ai lavori di David Stone Martin e di Burt Goldblatt (il primo direttore artistico per la Mercury, il secondo per la Decca), quindi caratterizzate da linee di inchiostro che rappresentano i musicisti in movimento, e macchie di colore, quelle disegnate per album appartenenti ad altri generi si differenziano no per medium ma soggetti e composizione: spesso Crepax rappresenta oggetti o particolari di scene per gli audiolibri e personaggi in costume per la musica classica. Nelle copertine per la musica pop notiamo già l’interesse per le figure femminili, che troverà il suo culmine col personaggio di Valentina.
La Pipa 33 giri, genere pop, formato 30,5x30,5 cm
di Fiorenzo Batacchi, 1962, The Red Label, disegno di Guido Crepax
#illustrazione #tipografia
Lorca, Compianto per Ignazio 33 giri, audiolibro, formato 30,5x30,5 cm
s.d., Istituto Internazionale Del Disco, disegno di Guido Crepax
#illustrazione #tipografia
Underground 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
1968 progetto di John Berg, commissionato da Columbia Records
#fotografia #tipografia
UNDERGROUND
Tipologia artefatto Album 33 giri Artista Thelonious Monk Luogo e data USA, 1968 Progetto grafico John Berg, Richard Mantel Casa discografica Columbia
Nel 1968 avevano luogo i fermenti dei movimenti di liberazione sessuale e contemporaneamente sul fronte musicale nascevano nuovi generi musicali che mescolavano sonorità e ritmi da diversi contesti. È in questi anni che hanno successo i primi gruppi psichedelici, che si caratterizzano non solo per le sonorità elettriche e oniriche, ma per la stessa direzione di ricerca nell’aspetto grafico. Anche nel campo del jazz vi sono delle sperimentazioni ma si muovono in direzioni diverse da quelle della psichedelia, che caratterizza soprattutto la musica rock. Nello stesso anno Miles Davis pubblica Miles in the Sky, con la copertina coloratissima di Victor Atkins, un disco che sperimenta con le sonorità elettriche, una strada praticata da pochi jazzisti oltre Davis in questi anni. Altri musicisti invece sperimentano con quello che verrà poi chiamato fusion, che combina diverse sonorità, specialmente esotiche rispetto a quelle più ascoltate americane. A questa categoria appartengono le copertine dei Weather Report, gruppo in cui suonava anche il già citato Miles Davis, da sempre un pioniere sia nel campo musicale sia di riflesso nel nostro campo, quello delle copertine.
Un altro tra i pionieri è Thelonious Monk, incompreso da molti all’epoca del suo debutto, per la percussività del suo pianismo e i suoni stridenti che descrivono un personaggio artistico caratterizzato da una grande ironia e un grande senso di autocoscienza. Monk infatti è ben cosciente che essere artista musicale nel suo tempo significa anche creare attorno a sé un personaggio, in modo da far parlare di sé e creare contemporaneamente una narrazione e un prodotto più vendibile.
Tutti i dischi di Thelonious Monk sono caratterizzati da una cura per l’aspetto visivo, che il musicista dedicava senz’altro anche a sé stesso dato che aveva ormai negli anni messo a punto una propria divisa, una costume di scena, che si costituiva di
cappellino di lana, pizzetto appuntito e di tanto in tanto un paio di occhiali da sole.
Per lui John Berg disegna diverse copertine. Iniziò a lavorare alla Columbia Records nel 1961 come assistente dell’art director Bob Cato. Subentrò come direttore artistico nel 1965 quando Cato fu promosso a vicepresidente del dipartimento creativo. Divenne poi direttore creativo e vicepresidente della Columbia/ CBS Records fino al 1985. Ha lasciato un’eredità che include alcune delle più famose copertine di album della storia della musica, più di 5000 in totale.
Il lavoro che abbiamo scelto mette in evidenza un approccio che privilegia l’elaborazione di un concetto altro rispetto alla musica, e che si adatti alle esigenze di ogni album Infatti il lavoro di John Berg non è chiaramente riconoscibile per lo stile, piuttosto per il suo carattere eclettico.
Underground è un disco che dal titolo dichiara una certa atmosfera, che viene ricalcata nell’aspetto visivo, quindi in copertina. In un’intervista per AIGA John Berg racconta alcuni retroscena della creazione della copertina:
“Un progetto con i fotografi Steve Horn e Norman Griner, il titolo dell’album veniva da un movimento jazz attuale, che ho trasformato in una versione della metropolitana antinazista francese della seconda guerra mondiale. Fu costruito un intero set e la scena era piena di comparse in costume. A quei tempi non c’erano problemi di budget. A proposito, ho vinto un Grammy per quella copertina. (JoHn Berg in nini, 2017)
Il processo di Berg parte da un livello alto di astrazione, non interpreta la musica attraverso la rappresentazione di elementi in rapporto diretto con il titolo dell’album, o con il genere di riferimento o con il musicista o i musicisti (Mambo for Cats ne è un esempio, così come il ritratto di Count Basie realizzato da Warhol); sposta invece il piano del significato per creare un’opera parallela a quella musicale, ma che ne arricchisca il significato. Questo sarà un approccio sempre più praticato, soprattutto negli ambiti di sperimentazione artistica più spinta. John Berg infatti progetta alcune delle copertine più oniriche della storia della musica jazz. Questo approccio è tipico dell’art director, una figura che si andava definendo a partire dagli anni ‘30 (kinross, 2010, p.134).
La composizione della copertina è organizzata in modo da concentrare l’attenzione al centro; Monk guarda in camera e si distacca dall’azione del suonare il piano, rendendo la composizione un fotogramma di una messa in scena teatrale,
ritratto di Thelonious Monk foto analogica,
autore sconosciuto ambientata in un bunker francese di resistenza anti-nazista. La scelta della tipografia è in linea con l’immaginario militare poiché imita lo stencil. Si nota dunque che un altro contributo che l’art director dà è quello di connotare anche politicamente l’immagine, collocandola contemporaneamente in un contesto onirico ma estremamente reale perché legato ai conflitti e alla resistenza della seconda guerra mondiale.
bibliografia
Herdeg, W. (A c. Di). (1974). Graphis record covers: The evolution of graphics reflected in record packaging.
Kinross, R. (2010). Modern typography: An essay in critical history (2. ed., reprinted with minor corrections). Hyphen Press.
Nini, P. (2017, ottobre 30). Across the Graphic Universe: An Interview with John Berg. AIGA. https://web.archive.org/web/20131024102643/ http://www.aiga.org/across-the-graphic-universe-an-interview-withjohn-berg/
Miles in the Sky 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
di Miles Davis, 1968 Columbia, disegno di Victor Atkins
#illustrazione #tipografia Tra gli anni ‘60 e ‘70 la Columbia era diventata una delle più attive case discografiche a livello mondiale. In questo periodo sono state prodotte molte copertine sotto la direzione di John Berg, tra cui questa per Miles Davis, che entrava nel suo periodo psichedelico. Il disegno è stato realizzato dal pittore statunitense Victor Atkins, che lavora per strisce di colori molto saturati. Due anni dopo avvierà la collaborazione con l’artista tedesco Mati Klarwein, che produrrà la copertina coloratissima per Bitches Brew, sempre sotto la direzione artistica di John Berg.
Bitches Brew 33 giri, formato 30,5x30,5 cm
di Miles Davis, 1970 Columbia, progetto di John Berg, disegno di Mati Klarwein
#illustrazione #tipografia
Noir CD, formato12x12 cm
1992 progetto di Cristophe Remy, disegno di Altan, commissionato da Label Bleu
#illustrazione #lettering
NOIR
Tipologia artefatto CD Artista Enrico Rava Luogo e data Francia, 1992 Progetto grafico Christophe Rémy Disegni Altan Casa discografica Label Bleu
Durante gli anni ‘90 la situazione del jazz in Italia era variegata. Uno degli artisti più attivi e apprezzati è il trombettista Enrico Rava. Le mode relative al graphic design interferiscono poco con il campo delle copertine jazz, che si rivolgono ad una nicchia sempre più limitata.
Noir è il secondo lavoro che vede Francesco Tullio-Altan cimentarsi con il disegno di copertine per album musicali. La prima volta disegnò per lo stesso artista musicale, Enrico Rava, la copertina per string band, uscito nel 1984. Questa seconda collaborazione si distingue dalla prima però, perchè l’intervento del fumettista si estende oltre al disegno della copertina: Altan disegna anche una inedita storia a fumetti di 46 pagine che inserisce nel libretto. In un’intervista per un quotidiano locale il musicista Enrico Rava riferisce alcune parole sull’incontro tra i due:
Conobbi Altan prima che fosse Altan, quando andava in spedizione nella giungla brasiliana. Nel ’96 incisi “Rava Noir”, e Altan disegnò una stupenda storia con me protagonista. (attardi, 2019)
Non è la prima volta che il mondo dei fumetti si avvicina a quello della discografia, abbiamo già parlato di Guido Crepax, che non è il solo in questo filone. Diversi fumettisti italiani infatti si sono cimentati con la creazione di storie ad hoc per degli album musicali, inserite nel libretto.
È proprio questo il caso dell’album in questione: si tratta di una produzione francese ma sia gli artisti musicali che l’autore della copertina e della storia a fumetti sono italiani. È utile notare che la produzione non sia italiana perché questo tipo di album ibridi tra musica e fumetto non è frequente nella scena nazionale, mentre la scena francese ha una lunga tradizione