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4 Kenny Burrell Reid Miles 1956 USA Blue Note
JAZZ COVERS
Tipologia lettura libro, monografia Autore Joaquim Paulo, Julius Wiedemann Editore Taschen Luogo di edizione Colonia, Germania Data 2008 Numero di pagine 552 pagine, 2 volumi
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Il libro è edito da Taschen, casa editrice specializzata in libri d’arte e coffee-table books. Esattamente come questi, Jazz Covers è di dimensioni molto grandi, 29,3 × 29,3, le stesse di una copertina per 33 giri. Il pregio di avere un libro di dimensioni così grandi è quello di poter ammirare le copertine nel dettaglio, che in questo caso sono anche stampate in ottima qualità su carta pregiata.
Un’altra caratteristica dei coffee-table books è quella di avere molte più immagini in relazione al testo, e questo libro rispetta anche questa somiglianza. I testi, se pur pochi, sono comunque interessanti e preziosi ai fini della ricerca, visto che si tratta per la maggior parte di interviste inedite con i protagonisti del settore della musica jazz, che coprono o hanno coperto ruoli diversi: designer, editori discografici, commercianti di dischi, collezionisti etc. In questi testi si trovano le testimonianze di chi ha vissuto l’epoca della nascita e del pieno sviluppo del jazz. Il libro infatti può essere considerato un archivio selezionato di copertine jazz che vanno dagli anni ‘40 agli anni ‘80. Questo limite è soprassedibile visto che la quantità di elaborati grafici messa a disposizione dei lettori è ampissima.
A corredare le copertine ci sono sempre delle schede precisissime che elencano informazioni tecniche come nome dell’artista e dell’album, direttore artistico, fotografo, illustratore, anno, etichetta e altro. Ogni tanto tra le immagini si trovano anche citazioni di protagonisti della scena e brevi testi scritti dall’autore, Joaquim Paulo, che raccontano alcuni retroscena dietro le copertine.
Joaquim Paulo è un consulente per le etichette discografiche e le radio in Portogallo. È un collezionista di vinili e per aggiungerli alla sua collezione ha visitato Londra, Parigi, New York, San Paolo; le sue parole esprimono l’entusiasmo del collezionista pur fornendo informazioni storiche precise.
Ad affiancare l’autore vi è Julius Wiedemann nel ruolo di editor. Wiedeman è stato l’editor di gran parte dei libri Taschen sul design e il suo ruolo è quello di organizzare le informazioni che fornisce l’autore: creare un indice, lo storytelling, l’indirizzo della ricerca e mediare con l’editore, Benedict Taschen.
Il contenuto del libro è simile a quello che si troverebbe in riviste specializzate sulla musica o sulla grafica, ma con il pregio di avere circa 500 pagine in più per parlarne e per illustrare graficamente i contenuti. In più l’assenza di un grandissimo comparto testuale viene compensata da una grande meticolosità nel riportare le informazioni su ogni singolo disco, in questo modo è facile continuare la ricerca autonomamente oppure semplicemente citare in maniera precisa le fonti. Inoltre a queste due figure si deve il lavoro di selezione di copertine, che si potrebbero trovare tutte quante in ordine sparso su un grande archivio digitale dedicato come discogs. com: questi album sono precisamente classificabili come album di jazz e non si generi limitrofi, sintomo del fatto che chi li ha scelti li ha anche ascoltati. Questa distinzione potrebbe sembrare eccessivamente pignola, ma non lo risulterà se si pensa che generi limitrofi al jazz come il soul hanno una immaginario visivo chiaramente diverso da quello del jazz: il primo genere è legato a tematiche voluttuose e le sonorità sono spesso più ritmate tanto da renderlo un genere perfetto da ballare. Allo stesso modo le copertine di jazz sono più diversificate da quelle dei dischi di musica soul che generalmente esprimono le caratteristiche elencate attraverso la rappresentazione di figure umane, in special modo femminili, e l’utilizzo di colori saturati e tipografia eccentrica . Per questi motivi la casa editrice ha dedicato diversi volumi ai diversi generi musicali.
Inoltre detto questo la scelta di circoscrivere le copertine a pochi decenni, dagli anni ‘40 agli ‘8o come si è detto, risulta ulteriormente giustificabile dal cambio di immaginario visivo che ha subito il jazz dopo questi anni, quando ha perso i connotati che lo legavano al bebop, e all’hard bop e si è frammentato in un ventaglio di sonorità diverse, pur provenienti dalla stessa tradizione legata alle strutture armoniche e all’improvvisazione.
CREPAX A 33 GIRI
Tipologia lettura libro, monografia Autore Antonio Crepax Editore Vololibero Luogo di edizione Milano Data 2020
Solo un anno fa l’editore Vololibero, che da diversi anni si dedica anche ai temi musicali, pubblica la monografia crepax a 33 giri: si tratta di una raccolta quasi completa delle copertine disegnate dal fumettista e illustratore agli albori della sua carriera. Si tratta di un lavoro ultraspecifico, su una piccola parte del lavoro dell’autore sconosciuta ai più, motivo per cui il libro è uscito solo nel 2020, nonostante la fama di Crepax. Un altro motivo per la tarda uscita è la mole di copertine da recuperare è catalogare: 277. Il libro però è anche frutto di una lunga attività di catalogazione che ha inizio nel 2013 con la creazione dell’Archivio Crepax da parte del figlio Antonio e tutta la famiglia Crepax, che ha l’obiettivo di organizzare mostre oltre che di raccogliere e catalogare tutta l’attività dell’artista.
Il libro si propone come un archivio di copertine curato dal figlio dell’autore, Antonio Crepax, che ha selezionato le copertine e le ha organizzate. Crepax è anche l’autore dei pochi testi che raccordano le sezioni del libro, che sono generalmente dedicate ad un singolo genere musicale. Anche in questo caso, come nell’edizione Taschen di cui si è parlato prima il volume propone un comparto grafico molto più ampio di quello testuale, che si trova principalmente all’inizio di ogni sezione ma anche tra le pagine, a commentare qualche lavoro in particolare. Come vediamo la scelta di dividere i lavori in base al genere del disco è un sistema utilizzato spesso, visto che in primo luogo la musica in un album richiede di essere rappresentato con diversi tipi di immagini in base al tipo di sonorità e temi che affronta; in secondo luogo, come già si è detto ogni genere ha con il tempo attirato a sé un immaginario visivo che diventa fondamentale nel momento della vendita di un album. È per questo motivo che le copertine di Crepax sono così diverse tra di loro in base al genere: le copertine di jazz dichiarano apertamente di appartenere a quel genere, perchè si conformano alla sua estetica internazionale.
Un’altra similitudine con il libro edito da Taschen è la scelta del formato, 29,3 cm × 29,3 cm, come quello delle cover dei 33 giri e capace di rendere onore alle immagini che possono essere riprodotte in grandi dimensioni.
L’ultima delle sezioni è dedicata ad un album a cui Guido Crepax si è dedicato particolarmente tanto che ne ha creato non solo la copertina ma tutto il progetto grafico, definendo da quel momento anche l’identità visiva del suo gruppo musicale progressive: l’album è Nuda dei Garybaldi. Nell’ambiente del progressive rock l’aspetto visivo ha da sempre giocato un ruolo fondamentale ponendosi come una delle sfaccettature di un concetto che si manifesta parallelamente tramite musica ed immagine.
Una preziosità di questa edizione è la presenza di un testo del fratello di Guido Crepax che racconta la storia dell’artista da un punto di vista inedito, mettendo in luce dei punti di vicinanza tra alcune delle sue inclinazioni e dei dati famigliari, come il sentimento comune che legava tutta la famiglia alla musica. Nonostante i testi siano interessanti e anche inediti, come è anche il caso dell’intervista ad uno dei membri dei Garybaldi, c’è una piccolissima mancanza nelle didascalie, che non riportano l’anno di uscita del disco.
Si tratta di una fonte di informazioni insostituibile per tracciare una storia delle copertine in Italia, per mole e qualità dei contenuti.
La casa editrice Vololibero è una delle poche in Italia che si è occupata di copertine di dischi. Nel 2018 era uscito un volume a cura di Roberto Angelino intitolato cover story, che offre una panoramica interessante sul panorama delle cover italiane a partire dagli anni ‘60 fino ai giorni nostri. La lettura di questo testo insieme a quello su Crepax sono state fondamentali per inquadrare il panorama italiano prima di focalizzarsi sul settore del jazz.
Crepax a 33 giri interno del libro,
2020, Vololibero, a cura di Antonio Crepax
WINDFALL LIGHT: THE VISUAL LANGUAGE OF ECM
Tipologia lettura libro, monografia Curatore Lars Müller Editore Edition of Contemporary Music/ Lars Müller Luogo di edizione Zurigo Data 2009 Numero di pagine 446
Nel 2010 esce questo volume co-prodotto dalla casa editrice Lars Müller e dalla casa discografica ECM, che ne illustra la storia delle copertine.
Il libro si compone di più di 400 pagine occupate maggiormente dall’intero catalogo di album organizzato in ordine cronologico di uscita. Per ogni album sono riportati in ordine: copertina, collana di appartenenza, numero di catalogo, fotografo, artista musicale e nome dell’album.
All’inizio del libro ci sono una serie di interventi di giornalisti ed esperti del settore grafico e musicale, interessanti per tracciare un contesto intorno alla ECM e anche per conoscere l’opinione di chi ha visto queste copertine per decenni. Il primo intervento è del giornalista Thomas Steinfeld (When Twilight Comes), che racconta molti dettagli sulle storie dietro le copertine, oltre che dare un personale commento del fenomeno ECM sia dal punto di vista musicale che grafico. Il secondo saggio è quello della studiosa Katharina Epprecht dal titolo Transmedial Images, che lavora sul campo semiotico, sulla base dei concetti teorici di Gottfried Boehm, che affronta il tema dello sguardo e dell’immaginazione, affermando che l’esperienza di conoscenza tramite il senso della vista non può essere distaccata dalla percezione e dall’esperienza estetica che si fa degli oggetti, sia d’arte che quotidiani. In questa visione Epprecht colloca il suo pensiero personale sulle copertine della ECM: come tutte le copertine sono oggetti transmediali, perché rappresentano la musica attraverso un medium diverso, quello fotografico, illustrativo o tipografico. Ma la novità sta nella
Sleeves of Desire libro,
1996, ECM/Lars Müller, a cura di Lars Müller raffinatezza con cui vengono disposte le metafore dal sonoro al visivo in modo che ci sia un “inaspettato cambiamento di significato”, producendo quello che Boehm chiamerebbe un’accrescimento dell’essere, una produzione di senso che si aggiunge a quella propria della musica, e crea un oggetto d’arte ibrido tra visivo e musicale. L’intervento successivo è del compositore norvegese Ketil Bjørnstad che ha inciso con la ECM diverse decine di dischi, e racconta del suo rapporto con l’editore Manfred Eicher, in maniera intima e dettagliata. L’ultimo intervento è quello di Lars Müller, curatore del volume e direttore della omonima casa editrice specializzata in libri d’arte, design e architettura, con un’attenzione particolare allo scenario svizzero, per la quale il libro è pubblicato. Il suo saggio può essere considerato come una nota all’edizione, in cui si mette in evidenza il perché dell’esigenza di rinnovare un catalogo sulla casa discografica, e sul ruolo che questa ha nel panorama musicale mondiale, non solo nel campo del jazz.
Si tratta di un lavoro che arriva dopo quattordici anni dall’uscita di un altro volume dedicato alle copertine della ECM intitolato sleeves of desire (1996), che contiene tutte le copertine dalla nascita della casa editrice (1969) fino a quell’anno. Questo volume esce dopo circa trent’anni dalla nascita della ECM, e che costituisce il tentativo di rendere merito al lavoro che è stato fatto da grafici artisti e fotografi, e cristallizza e spiega quello che nel mondo del jazz era ben chiaro, ossia il lavoro di scelta grafica dietro le copertine. Il nuovo volume integra il precedente catalogo del ‘96 con le nuove copertine, uscite dal 1996 al 2010.
Windfall light interno del libro,
2009, ECM/Lars Müller, a cura di Lars Müller consultato in Biblioteca IUAV
Le copertine dei due volumi sono estremamente simili: il colore è un leggerissimo celeste, la tipografia è composta in Akzidenz Grotesk, il nome del libro è scritto all’interno di un quadrato in rilievo, e fa eco con le copertine di cui si parla all’interno.
Le ultime pagine sono occupate da un indice per artisti musicali e un elenco di biografie di designer, fotografi e artisti che hanno collaborato con la ECM sin dalla sua nascita, particolarmente utile ai fini di ricerca.
Nonostante la presenza degli interventi si sente la mancanza di un approfondimento sui direttori artistici che si sono succeduti nei decenni e anche sul rapporto che hanno avuto con il direttore della casa discografica Manfred Eicher, per comprendere meglio da chi dipendessero alcune scelte grafiche, e con più precisione quali fossero i presupposti alla base della linea grafica presa con decisione già a partire dai primi decenni da parte della casa discografica.
Gran parte del libro è composta come un catalogo, impaginato in una griglia di 3x4 elementi per pagina.
Graphis: Record Covers copertina
1974, The Graphis Press a cura di Walter Herdeg consultato in Biblioteca IUAV
GRAPHIS: RECORD COVERS
Tipologia lettura libro, monografia Curatore Walter Herdeg Editore The Graphis Press Luogo di edizione Zurigo Data 1974 Numero di pagine 192
Graphis è una casa editrice fondata da Walter Herdeg e Walter Amstutz a Zurigo nel 1944. Inizia da subito la pubblicazione di un periodico omonimo specializzato nel design grafico. Il primo numero comprendeva articoli sulla pubblicità ma anche due articoli sulle stampe d’arte, sintomo dell’interesse multidisciplinare di questa rivista. Nel 1984 Martin Pedersen compra la casa editrice e la trasferisce a New York. Inizia a pubblicare gli annuali, dove si riuniscono i migliori lavori dell’anno divisi per ambito di lavoro. Questi numeri furono di fondamentale importanza in quegli anni perché aprivano il dibattito sul design grafico in un panorama internazionale.
Il testo consultato appartiene al periodo precedente al trasferimento a New York, ed è una monografia sul tema delle copertine di dischi. Il sottotitolo è particolarmente significativo: “The evolution of graphics reflected inrecord packaging”. I lavori infatti sono ordinati in modo cronologico e raggruppati in capitoli in base al genere musicale: si parte con la musica classica e si arriva fino al rock, con una incursione nel mondo della musica giapponese.
Anche questo libro è di formato quadrato, più piccolo di quello della custodia di un 33 giri, ma per la prima volta sulla copertina è incollato uno strato di vinile solcato, e una etichetta rotonda al centro che mima quelle dei dischi in vinile. Su questa etichetta sono riportati il titolo dell’opera, l’editore e il curatore. Il retro è speculare al fronte ma viene riportato anche il sottotitolo, in lingua inglese, francese e tedesca. Le versioni multilingue sono molto comuni nelle pubblicazioni svizzere, non solo nei libri ma anche nelle riviste. Il layout del libro rispecchia perfettamente i precetti della griglia di
Müller-Brockman, che aveva iniziato a diffondersi già qualche decennio prima dell’uscita del libro.
Tra tutti i libri consultati questo libro è quello che presenta la migliore architettura dei contenuti, e si presenta non solo come un catalogo, ma come un atlante all’interno dei capitoli stesso, visto che le copertine sono avvicinate in base a delle rime o assonanze visive, a delle caratteristiche in comune tra più opere anche di diversi autori o case editrici. Questa disposizione fa emergere spesso l’omogeneità di colori e forme all’interno dello stesso genere, regola a cui il jazz e poche altre correnti fanno eccezione.
Prima di ogni capitolo e all’inizio del volume si possono leggere alcuni testi di studiosi, artisti e designer che si sono occupati del design delle copertine.
Non tutte le pagine sono stampate a colori, ma di contro c’è una grande ricchezza nelle informazioni per ogni copertina: sono riportati sempre il nome del designer, dell’autore dell’artwork, il numero del catalogo, della casa discografica e dell’artista. Spesso alcune copertine sono analizzate singolarmente dal curatore e si trovano piccoli stralci di testo disposti tra le immagini nella griglia.
All’inizio del volume vi è un inedito testo dell’art director Bob Cato che sull’approccio del saggio e sulle copertine jazz afferma che:
È stato fatto un leggero ricalco della storia grafica dell’arte e del design degli album jazz. Il jazz ha sempre avuto il suo potere e la sua magia, e qui al designer/fotografo/artista viene offerta una rara opportunità di accoppiare i suoi poteri con la magia del jazz.
Graphis si propone come una voce autorevole nel campo del design che quasi tra le prime punta i riflettori sul tema delle copertine dei dischi. Negli anni successivi altre riviste di design approfondiranno il tema, come il britannico Eye Magazine fondato da Rick Poynor, che nel suo primo numero del 1990 inserisce un articolo sulle copertine della Blue Note. Si tratta quindi di un primato importante, che apre la strada ad una serie, ancora non troppo lunga di saggi critici su questo campo della grafica.
Graphis: Record Covers interno del libro, una doppia pagina del capitolo sul jazz
1974, The Graphis Press a cura di Walter Herdeg consultato in Biblioteca IUAV