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editoriale 5 Nel nobile segno del volontariato solidarietà 8 Se questo è un bambino 10 I Pacht Adams italiani 12 Sportello immigrazione 14 Visto che splendida giornata? 16 L’orgoglio di Asola 18 Un’esperienza unica 20 Io ci sto 24 Operazione Mato Grosso 25 Destinazione Macapà 28 Olimpadi speciali 30 Liberi dai pregiudizi il quadrato 34 Grazie a tutti 40 Concorso fotografico 43 Matefitness 44 Quattro giorni a Praga 46 Il pulp-cinema di Tarantino 50 Occhio alla guida krisis 52 Banca etica. Contro la speculazione teatro 54 “Santa Giovanna dei macelli” scritti corsari 57 Scrivere che passione società 58 Megaupload: error 404 cinema 60 And the oscar goes to... chine 62 Cur vadis? svago 67 I giochi di Fxp 68 Prof si nasce ipse dixit 70 Entrambe le tre cose 71 Aforismi e dintorni l’oroscopo 72 Lepre, maiale o drago?
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nel nobile segno del volontariato
3 milioni di operatori, 4,3% del Pil. Un’attività non solo meritovele ma anche utile all’economia del paese
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eggo da Wikipedia: “Il volontariato è un’attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali che possono essere di solidarietà, di assistenza sociale e sanitaria, di giustizia sociale, di altruismo o di qualsiasi altra natura. Nasce dalla spontanea volontà dei cittadini di fronte a problemi non risolti, o non affrontati, o mal gestiti dallo Stato e dal mercato”. E la mia attenzione viene attratta da quest’ultima frase: “… di fronte a problemi non risolti, o mal gestiti dallo Stato”. E dunque si agisce come un infermiere, si interviene laddove c’è una frattura, un vuoto, un falli-
mento. Penso quindi ai grandi volontari che hanno disegnato una storia più compassionevole dell’umanità, da Madre Teresa in giù. Ma mi piace pensare al momento magico in cui il nostro giardino non ci basta più, e decidiamo di scavalcare le agende impegnatissime, le giornate frenetiche e donare un pezzettino di sé agli altri. Non importa il campo, il luogo, la grandeur del gesto. È in quell’attimo donante il senso della vita. Lo Stato ne può solo guadagnare, a tutti i livelli: secondo le statistiche ufficiali sono 3 milioni le persone che si dedicano all’altro, ma avranno preso in considerazione chi non è iscritto ad alcuna associazione eppure trova il modo di “dare una mano”? Ho recentemente letto su Famiglia Cristiana che il volontariato muove il 4,3% del Pil: lo ha calcolato la Unicredit Foundation con Ipsos. Numeri impressionanti, stimati per difetto secondo il settimanale. Eppoi mi guardo attorno, e sento che c’è anche un volontariato di cui si abusa. Non richiesto e non dovuto. Di chi lavora, e lo fa, suo malgrado, gratis. Conosco operatori sociali che lavorano in cooperative che si occupano di reinserire nella società ragazzi “recidivati”,
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come si dice in gergo. Cioè minori, ma non solo, appena usciti dal carcere. Devono mostrare loro, concretamente, che un’altra strada è possibile rispetto alla delinquenza. Creare ponti con datori di lavoro, che diano loro una possibilità, con le scuole, che li facciano sentire accolti, con la famiglia, che tengano a bada le amicizie pericolose. Deborah, una di queste valenti operatrici sociali, per 18 mesi non è stata pagata dal comune presso il quale il suo essenziale servizio è stato svolto. Scherzava dicendo: “Sono una volontaria ma non volontariamente”. A parte che mi chiedo dove trovasse la voglia di scherzare – e questo testimonia una straordinaria forza d’animo -, il suo è solo un esempio di come lo Stato abbia frainteso, a oggi, alcuni ruoli nella società. Come abbia delegato degli importanti segmenti di intervento sociale senza prendersi cura dei suoi “infermieri” disseminati sul territorio. Spesso chi lavora in questi settori è considerato solo un “volontario più specializzato”. Ma non è così, sono professionisti con curricula di tutto rispetto. Ma al di là del caso limite, andrebbe formato e valorizzato il volontariato che
“mette una pezza” sulle fallaci azioni dello Stato. Andrebbe riconosciuto come tale e incasellato in un determinato posto nella scala sociale, non solo perché meritevole ma anche fondamentale, come la ricerca Ipsos ci ha illustrato, all’economia del Paese. Buona lettura con Fxp, alla scoperta di tutte le sfaccettature di questo variegato, complesso, e fondamentale mondo del volontariato.
Stefania Divertito (Direttore responsabile) (s_divertito@hotmail.com)
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se questo è un bambino... Il grido del povero sale fino a Dio, ma non arriva alle orecchie dell’uomo a cura di Tunazzina ISHRAT (IIIAs)
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i sente sempre più spesso parlare di miseria e povertà. I ricchi oggi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri. Non è una nuova notizia, è un fatto che affligge il nostro pianeta da decenni. Nel mondo ogni anno muoiono di fame dai 5 ai 20 milioni di persone, di cui la maggior parte sono, naturalmente, bambini. Bambini senza tetto, senza cibo, senza vestiti, senza istruzione, senza nulla, bambini che lottano ogni giorno per sopravvivere. Non si trovano solo in Africa, Asia, America Latina, ma anche in alcune zone dell’Europa e America Settentrionale, ormai i bambini poveri popolano tutto il
mondo. Fame, malnutrizione, mancanza di servizi sanitari, crisi economiche, carestie, guerre: sono queste le principali cause della loro povertà. Secondo le statistiche sono circa 2 milioni i bambini affamati, 150 milioni sono sfruttati, 70 milioni sono analfabeti. Le cifre parlano da sole: sono troppi i bambini che vivono in un mondo di miseria dove la parola “felicità” non esiste. Fonti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite dicono che ogni giorno 4.400 bambini sotto i cinque anni muoiono a causa dell’acqua inquinata e delle fognature. Infatti, il numero dei bambini che muoiono di diarrea ogni anno, è cinque volte su-
periore rispetto a quello dei bambini che muoiono di HIV Aids. Oggi 700 milioni di persone vivono sotto la soglia di “stress per l’acqua”, ma questa cifra è destinata a salire a 3 miliardi nel 2025, specialmente in alcune zone dell’Asia e dell’Africa. Non solo vivono in condizioni precarie ma non hanno nemmeno l’accesso all’istruzione che potrebbe aiutarli in futuro. Sono circa 870 milioni le persone analfabete nel mondo, di cui 140 son solo bambini. Questi ultimi vorrebbero andare a scuola, vorrebbero imparare a scrivere, a leggere, a raccontare ai grandi le nuove conoscenze apprese a scuola. Una delle grandi iniziative per difendere i diritti dell’infanzia è ”La Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia”, una normativa internazionale che esprime un largo consenso su quali siano gli obblighi degli Stati e della comunità internazionale nei confronti dell’infanzia e codifica e sviluppa in maniera significativa le norme internazionali applicabili ai bambini (diritto alla vita, al benessere,
all’istruzione, ecc.). Tutti i paesi del mondo (eccetto Somalia e Stati Uniti hanno ratificato tale Convenzione. Molte organizzazioni come Unicef, Onu, Fao, Oms aiutano da anni milioni e milioni di bambini nel mondo a vivere una vita migliore, offrendo loro un posto dove dormire, cibo, cure mediche e anche l’istruzione. Sono molti oggi a ricevere aiuto eppure il numero dei bambini disgraziati è ancora notevole, evidentemente il numero dei sostenitori, degli aiutanti è ancora inferiore rispetto ai bisognosi.
Noi oggi appena vediamo una foto, un video, una pubblicità riguardante i bambini bisognosi ci sentiamo toccati emotivamente, proviamo tristezza, notiamo la loro sofferenza, ma ci limitiamo soltanto a riconoscere la loro tragica vita, nulla più. Eppure siamo consapevoli del fatto che un nostro aiuto, un nostro gesto potrebbe in qualche modo cambiare qualcosa nella vita di un bambino e invece no, non prendiamo nessuna iniziativa, forse perché non è una realtà che ci circonda, forse perché non capiamo an-
cora cosa si provi veramente a non avere niente. Forse perché “il grido del povero sale fino a Dio, ma non arriva alle orecchie dell’uomo”. (Lamennais) Se è vero che ogni bambino ha il diritto di vivere sano, se è vero che ogni bambino ammalato ha il diritto a essere aiutato e assistito, se è vero che ogni bambino ha il diritto all’istruzione, perché ancora oggi nel ventunesimo secolo non tutti i bambini del mondo hanno la possibilità di godere di tali diritti? Eppure “il fanciullo merita il massimo rispetto”(Giovenale).
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i pacht adams italiani Quando il sorriso diventa terapia
a cura di Francesca GROSSI e Benedetta RAVAGNA (IVAs) L’uomo ha sempre riso. Ridere specialmente nelle situazioni più critiche e disperate libera tutta una serie di mediatori e neurotrasmettitori endorfinici che possono capovolgere in modo emotivo la più drammatica delle situazioni. Ridere ci fa stare bene, ci rende attivi e ci colma di energia; l’umore migliora e ci sentiamo più positivi nei confronti del futuro e delle persone che ci circondano e tutto questo può essere confermato da chiunque. Ma che il sorriso potesse diventare veramente una terapia utile per accelerare il processo di guarigione anche delle patologie più gravi, è una convinzione piuttosto recente. Secondo alcuni studiosi, tutti noi nasciamo con una naturale ten-
denza verso il gioco ed il divertimento in generale, ma purtroppo, quando si diventa adulti, questa naturale inclinazione viene sostituita spesso e volentieri da ansia, depressione e paura anche se fortunatamente questi nuovi umori il più delle volte non riescono a sopprimere completamente il nostro potenziale creativo. Ridere cambia l’atteggiamento mentale. La mappa che ognuno attraverso traumi e dolori si è formata nelle mente, attraverso il riso e la positività muta colore, dimensione, suono. È per questo che nell’ambito delle nuove terapie coadiuvanti è nata la clown-terapia. Con questo termi-
ne si definisce un nuovo tipo di terapia medica alternativa che studia le proprietà benefiche del sorriso, del pensiero positivo e, quindi, le relazione tra il fenomeno del ridere e la salute. La clownterapia, o comico- terapia, nasce nel 1970 per opera di Hunter “Patch” Adams, medico statunitense che fondò il Gesundheit institute, un ospedale con sede in Virginia, nel quale le cure venivano offerte gratuitamente sulla base della compassione e dell’amicizia. Questa struttura ospedaliera iniziò la propria attività con un progetto pilota basato sull’uso del sorriso come strumento integrante ed efficace della terapia medica. Il successo di questa terapia alternativa venne riscon-
trato velocemente e con il passare degli anni questa venne utilizzata, oltre che nei reparti pediatrici, anche nelle case di riposo, negli ospedali in zone di guerra, nelle comunità e nelle carceri. Dopo la scoperta di Adams, ora si può dimostrare scientificamente che il riso ha funzioni benefiche al corpo, alla mente e all’intelletto, grazie alla riduzione dell’ormone dello stress e, inoltre, favorisce l’aumento delle difese immunitarie, del livello delle endorfine, del controllo del dolore e della quantità di ossigeno nel sangue. Coloro che svolgono questo lavoro sono un gruppo di operatori socio-professionali che applicano la conoscenza della Gelotologia (dal greco gelos = riso e logos = scienza), disci-
plina che studia in modo metodico la risata, il buon umore e il pensiero positivo rispetto alle loro potenzialità terapeutiche e della Psicoimmunologia nei contesti di disagio. Questi operatori si definiscono clown dottori, questo perché non sono dottori a tutti gli effetti in quanto il loro compito non è quello di fare diagnosi e compilare cartelle cliniche ma quello di fare da guida e sostegno affinchè la malattia non diventi sopraffazione e quello di sdrammatizzare le pratiche sanitarie, mutare le emozioni negative verso il sorriso, la speranza e la gioia. Questi “dottori”, con il loro camice per così dire trasgressivo, effettuano in genere un giro di visite nelle stanze, instaurando con i pazien-
ti un rapporto diretto, o come si suol dire, faccia a faccia. Lavorano sempre in coppia e la compagnia di questa permette la creazione e il consolidamento dei rapporti che vengono instaurati tra i malati, i familiari e il personale sanitario. I dottori e i volontari che scelgono questo tipo di terapia, operano in stretto contatto con l’equipe ospedaliera e, nonostante il loro aiuto assicuri un netto miglioramento della qualità della vita, in molte strutture la loro presenza viene rifiutata. In Italia la comico terapia è stata introdotta nel 1997 nell’ospedale Myer di Firenze grazie al direttore artistico del progetto, il russo Vlad Olshansky, con il fratello Yury. Oggi circa 3000 clown che prestano volontariato nelle 44 associazioni VIP (viviamo in positivo), la prima delle quali è nata a Torino il 15 febbraio 1997, e che oggi si sono diffuse in tutta Italia. Nel 2002 una di queste associazioni iniziò la sua attività all’ospedale civile di Brescia, dove dal giovedì alla domenica 70 clown si dividono tra i vari reparti dell’ ospedale civile, ospedale della Vallecamonica di Esine e l’ospedale di Cremona.
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sportello immigrazione Accogliere, ascoltare, accompagnare a cura di Marketa HULITOUA
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ono sicura che almeno qualcuno di voi si sarà chiesto che cosa sia questo sportello. Che cosa fa di preciso questa signora bionda ogni terzo mercoledì del mese presso la nostra scuola? Cercherò allora di spiegarvi di che cosa mi occupo. Il compito principale di uno sportello è accogliere, ascoltare ed accompagnare tutti coloro che sono interessati in modo diretto o indiretto all’immigrazione. In particolare, mi occupo di sciogliere i nodi che riguardano la richiesta di permesso di soggiorno, così come di tutti i tipi di rinnovo di permesso. Offro anche supporto per il disbrigo delle pratiche per i ricongiungimenti familiari, fornisco le informazioni utili per le richieste di vari visti per i viaggi all’estero - sia per motivi di studio che per motivi di turismo. Allo sportello vi potete rivolgere se a casa avete una badante che vi aiuta con i nonni, se ad esempio i vostri genitori hanno bisogno di informazioni su come regolarizzare la propria assunzione. La
mia figura può essere utile anche a voi se avete bisogno di un aiuto per ottenere il riconoscimento di titoli di studio conseguiti all’estero; ma anche se siete interessati a conoscere i vari tipi di servizi presenti sul vostro territorio - come per esempio l’Informagiovani, le agenzie di lavoro, le varie iniziative culturali o corsi di formazione organizzati in Provincia di Mantova (mediatore culturale, hostess culturale ecc). Dalle informazioni che sono riuscita a raccogliere è emerso, da parte vostra, un sentimento di paura del futuro. Vi portate dentro delle preoccupazioni - preoccupazioni che nascono anche da quello di cui sentite parlare a casa - ma non riuscite ancora a spiegarvele bene. È normale che sia così. Tutti ne abbiamo. In ogni caso,
dovete cominciare ad affrontarle. Alcuni prima degli altri. Per cui vi dico, non state nascosti nel vostro banco pieni di dubbi e paure. Se c’è qualcuno che vi aiuta, i dubbi e le paure possono essere attenuati o risolti. Sappiate che io sono qui anche per chi ha bisogno di chiarirsi le idee sulle tematiche dell’identità e della cittadinanza. Mi piacerebbe far sentire la vostra voce (positiva o critica) sui temi che riguardano il razzismo, la diversità, sul come diventare un cittadino plurale, su cosa vogliono dire secondo voi la multiculturalità o l’intercultura delle quali sentite così tanto parlare. Mi piacerebbe che uscisse qualche proposta su una attività inter-culturale che vorreste proporre per condividere “il vostro essere i futuri cittadini del mondo”. Allora, vi siete un po’ incuriositi? Vi aspetto ogni terzo mercoledì del mese dalle 11 alle 14 in aula video o in aula 31, fino al mese di giugno. Dopo, potete trovarmi ogni mercoledì mattina in comune ad Asola.
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visto che splendida giornata? L’impegno dell’Istituto Falcone nel sociale a cura di Azra HASANI (VAitc)
“Sono le nostre piccole e grandi opere di bene, che ci rendono fieri di noi stessi, dando un senso alla nostra esistenza. Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano” (William Shakespeare)
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l nostro Istituto da sempre si impegna ad operare nel campo della solidarietà. Il professor Mauro Gandolfi, docente di Italiano e Storia nel corso A dell’ Istituto Tecnico Commerciale, decise di intraprendere un progetto interno all’Istituto e sostenuto dai suoi alunni. Tale progetto fin dall’inizio consisteva nella vendita di stelle di Natale in occasione della festività.
Essendo egli un professore del corso A, tale progetto è da sempre guidato dalla classe quinta A dell’Istituto, con il prezioso aiuto di altri allievi che si mostrano disponibili. Il ricavato veniva interamente devoluto all’ “Associazione ARCA” la quale si occupava dell’assistenza dei ragazzi in difficoltà nella provincia di Mantova. Visto il successo dell’ini-
ziativa e l’entusiasmo da sempre dimostrato dai ragazzi, questi stessi decisero di affiancare alla vendita di stelle di Natale anche quella di torte, le quali sarebbero state prodotte dai ragazzi o dai genitori grazie al loro spirito solidale. L’idea negli anni assunse un esito sempre più soddisfacente, tale da portare i ragazzi ad espandere la loro idea dell’aiuto al prossimo, verso coloro che mostrano difficoltà a sopravvivere: i bambini del Sud del Mondo. Ogni anno, da allora, il ricavato va destinato a diversi Paesi come Uganda, Bolivia e infine Burundi; lo scopo principale di tale donazione va ricercato nella volontà di diffondere la scolarizzazione in questa povertà in cui la sopravvivenza preclude la libertà e l’infanzia non esiste. Negli ultimi anni, infatti, tali fondi sono stati destinati soprattutto al
sostegno di due ragazzi del Burundi a cui cerchiamo di dare la possibilità di studiare, curarsi e vivere in modo dignitoso. L’energia che ogni anno viene rivolta a tale progetto, deriva anche dalla consapevolezza che gli allievi hanno acquisito nel tempo delle precarie condizioni di esistenza di ragazzi come noi, la cui vita è costituita essenzialmente dalla stanchezza del lavoro manuale e dalla piccola porzione di pasto che questi possono permet-
tersi. Questo è stato possibile poiché molti ragazzi che si dedicano al volontariato sono venuti a trovare gli studenti della nostra scuola, testimoniando con immagini le loro esperienze della fame che colpisce l’uomo sulla nostra Terra. L’importanza della solidarietà e lo spirito che spinge le persone ad aiutare l’altro emerge soprattutto dal frutto appagante che nasce da questo progetto e dalla benevolenza dei genitori che anche in occasio-
ne dei colloqui apprezzano il lavoro dei ragazzi e aiutano il prossimo. Chi sente proprio lo spirito solidale non lo perde nemmeno in momenti come questi in cui tutto è più difficile, riflettere è più facile e capire è straziante. “Visto che splendida giornata?” lo dice chi ogni giorno fa qualcosa per se stesso, ma anche per l’altro e invita chi gli sta intorno alla speranza e all’apprezzamento dell’umiltà che il dono della vita ogni giorno appaga.
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l’orgoglio di asola Dare soltanto per il piacere di farlo a cura di Ruth Decarli (VBs)
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ccoli. I miei bambini. Ormai chi mi conosce sa che li chiamo così. E che quando li nomino mi si illuminano gli occhi. Li ho incontrati soltanto a novembre e non sono angeli pacifici e taciturni caduti dal cielo, eppure posso affermare senza esitazioni che mi hanno cambiato la vita. Tutto è cominciato per caso: tre anni di chitarra, il mio insegnante Don Daniele (Baloo) – noto agli asolani – mi propone di aiutarlo a tenere un gruppo di ragazzi, con molta esitazione (ero timidis-
sima) accetto – tanto è solo per un’ora alla settimana, c’è don Daniele che mi aiuta, se non riesco poi posso mollare. In quel momento non sapevo che mi aspettava una delle avventure più importanti della mia vita. L’ho scoperto in seguito quando, sorprendendo anche me stessa, ho continuato da sola. L’entusiasmo non mi è mai mancato, anzi nel corso del tempo è cresciuto, tanto che non c’è verifica o interrogazione, da preparare per il giorno seguente, che possa ren-
dermi nervosa in quel pomeriggio che dà senso a tutta la settimana. Ogni anno le iscrizioni sono cresciute sempre di più, dai 10 bambini che avevo quattro anni fa sono passata ai 21 di quest’anno. Per fortuna Ida e Alessia, le mie aiutanti preziosissime, non mancano mai ad una lezione anzi, nonostante gli impegni, si fermano a suonare con me dopo la nostra per così dire “giornata di lavoro”. Ora non è soltanto una bella esperienza, ma è parte di me. È lì che mi sono realizzata e grazie all’impegno e anche alle difficoltà sono cresciuta. Non sempre è facile tenere tanti bambini (la cui età in media è 10 anni) tutti insieme: devi tenere sempre sottocontrollo la situazione, aiutare chi fa più fatica, riprendere chi non si impegna abbastanza, chi si distrae, soppesare tutte le parole che usi e soprattutto spronare ognuno di loro sempre e comunque. Non è un gioco. E quando li vedi chiacchierare mentre parli, usare il cellulare, urlare e all’ennesimo richiamo ti chiedi perché
non si possano più usare i ceci li ammiri crescere con e senza chitarra. Per me che non sono la “maestra” più paziente della Terra questa è la più grande soddisfazione. Il sorriso che hanno quando varchi la soglia dell’oratorio, la voglia incessante di imparare e la soddisfazione che leggi sul loro viso ti riempiono fino a scoppiare. Grazie a questa possibilità che mi viene data (ringrazio don Riccardo, Michele e Giuseppe di cuore) ho potuto capire ciò che conta veramente e devo ammettere che quello
che ho ricevuto e imparato in questi anni supera di gran lunga ciò che ho trasmesso ed insegnato. E non è una frase fatta, ma quello che dico lo provo ogni volta che entro in quel salone dell’oratorio in cui, quasi per magia, senti suonare le chitarre senza che tu abbia aperto bocca. Dare soltanto per il piacere di farlo. Questo è il mio motto. Perché il volontariato è un dono prezioso per sé e per gli altri. In questo caso è necessario sovvertire la legge del “penso al guadagno e poi a tutto il re-
sto” e mettersi alla prova. Di volontariato ce n’è ovunque in questo grande paese ed Asola ne deve essere orgogliosa. Protezione civile, laboratori e corsi di ogni genere in oratorio, avis, scoute, equo e solidale, mato grosso, biblioteca, ospedale e associazioni che in questo momento mi sfuggono o non conosco. Cosa si può pretendere di più? Spegnete computer e televisione anche solo per un’ora a settimana e date un contributo a trasformare la giornata di qualcuno e la vostra. Basta poco.
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un’esperienza unica
Ho dato tanto, ma ho ricevuto molto di più a cura di Emanuela BOTTURI (ex studentessa)
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ono passati ormai due anni da quando sono rientrata in Italia da Wantiguera, un piccolo villaggio appartenente alla Repubblica Centro Africana che, per la sua posizione, potrebbe essere a buon diritto definita come “il cuore dell’Africa”. Eppure non passa giorno in cui la mia mente non torni ai fantastici momenti trascorsi in quel luogo, ai bellissimi colori e alle magnifiche persone che ho potuto conoscere. Le condizioni della popolazione locale si presentano tuttora molto difficili: malattie per noi curabili come
la malaria e la lebbra mietono vittime senza sosta, mentre la mortalità infantile si attesta tra le più alte al mondo; la fuga dalle campagne ha comportato il rapido sviluppo dei maggiori centri urbani, senza però apportare alcuna miglioria alla qualità della vita; il preoccupante analfabetismo, di cui ancora soffre più della metà della popolazione, rappresenta una piaga notevole che impedisce la costituzione di una buona classe dirigente. Ciò che mi ha spinto a fare un’esperienza così forte è stato il desiderio di sentirmi umile, di aiutare con-
cretamente, attraverso le mie conoscenze ostetriche, coloro che ne hanno veramente bisogno. Ho vissuto questa avventura al fianco di suor Teresina, suor Nazarena e suor Liliana (tre “forze della natura” originarie di Massa Carrara e facenti parte della Congregazione delle Suore del Lieto Messaggio) e con suor Sylva, giovane donna originaria di Wantiguera e maestra presso la scuola elementare del villaggio. Lavoravo presso un Dispensario (ovvero un ospedale privo di sale operatorie) e mi occupavo di svolgere visite mediche e
L’autrice dell’articolo con le suore della missione
controlli soprattutto a donne gravide e bambini. Inizialmente affiancavo un’ ostetrica Africana di nome Brigitte, ma una volta superati i primi momenti mi sono trovata a lavorare da sola, anche perché durante gli ultimi giorni della mia permanenza, Brigitte ha partorito una bellissima bambina. Il problema fondamentale era la lingua, poiché la gente del villaggio parla il Sango e non il francese: fortunatamente, in ambulatorio avevo un simpatico ragazzo che si preoccupava di tradurre quello che dicevo, creando siparietti spesso molto divertenti.
Potrei stare qui a descrivere numerosi aneddoti di quel che mi è capitato di vivere in questo periodo, ma ciò che più mi preme è ricordare quelle perso-
ne che, pur non avendomi dato nulla di materiale, mi hanno accolta fin da subito a braccia aperte come una di loro, facendomi sentire una ragazza “ricca” tutte le volte che medicavo una ferita, assistevo a un parto o semplicemente donavo una caramella a un bambino. Non hanno mai avuto nessun pregiudizio, nonostante la mia pelle chiara, i capelli biondi, le scarpe che indossavo e la lingua che parlavo. Mi sono sentita sempre a mio agio, libera di essere me stessa al cento per cento, e ora posso dire davvero: “la belle vie, l’Afrique c’est chic!”.
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io ci sto
Lezioni di italiano e “umanità” a cura di Luisa GATTA (ex studentessa)
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orse non tutti sanno che nelle campagne sconfinate del foggiano esiste un villaggio africano: il Ghetto. I suoi abitanti arrivano ogni estate per fare quello che ormai quasi nessuno vuole più fare: la raccolta stagionale dei pomodori. In questi territori i proprietari terrieri italiani scelgono un caporale, generalmente africano, che ha il compito di trovare forza lavoro che faccia giornata di raccolta. Tutte le mattine, all’alba, passa con un furgoncino per prendere i lavoratori e portarli al campo, dove dovranno lavorare fino al
tardo pomeriggio. I lavoratori vengono pagati a cottimo (non “a ore”, ma in base a quante casse di pomodori riescono a riempire), retribuzione illegale in Italia! Ma non solo, le casse di pomodori, che hanno dimensioni di 1 m per 300 Kg di peso, una volta riempite completamente a mano, vengono pagate 3,50€ al lavoratore, mentre 5 € (compreso il trasporto col pulmino al campo) se li tiene il caporale, che però non lavora, ma sprona i lavoratori a fare più in fretta. La raccolta avviene dall’alba fino al tardo pomeriggio, sotto il cocente sole pugliese. E ov-
viamente non esiste “la pausa pranzo”, non conviene, non ci si può certo permettere di perdere tempo prezioso: c’è tanto da fare, e il guadagno sarebbe ancora più misero! E nonostante queste condizioni, gli abitanti del ghetto pregano per poter essere fra i “fortunati” caricati ogni mattina dal caporale per poter lavorare e portare così a casa qualche soldo per mangiare. A casa..., a questi lavoratori non viene data una casa come dovrebbe fare il datore di lavoro, ma si sono comunque attrezzati. Si sono costruiti baracche con oggetti di fortuna come lamiera, cartoni
Sembra un villaggio africano, ma in realtà siamo in Italia , nella campagna foggiana: Il ghetto
e pannelli di legno; alcune case hanno le reti a molla dei materassi come finestre. Il villaggio è attrezzato: ci sono bar, ristoranti, negozi, moschee e bordelli: dove purtroppo la prostituzione è un fenomeno molto diffuso e gestito dalla criminalità organizzata. In questo contesto si inserisce il campo di lavoro “Io ci Sto”, fondato dai padri Scalabriniani. Il progetto nasce con la duplice finalità di dare la possibilità ai giovani di fare l’esperienza dell’incontro con l’altro, del servizio ai più poveri, di partecipazione attiva in una società sempre più multiculturale, oltre che offrire ai migranti stagionali un’occasione di scambio con i giovani italiani, di alfabetizzazione e di orientamento alle istituzioni
e servizi che nascono in loro supporto. “Io ci Sto” è organizzato ogni estate dall’ultima domenica di luglio alla prima di settembre. Tutti i ragazzi possono iscriversi semplicemente inserendo il proprio nominativo sul sito, scegliendo la settimana preferita tra le sei. Il gruppo che si viene a formare è quindi composto dai giovani provenienti da tutta Italia che hanno dato disponibilità per lo stesso periodo, e che si impareranno a conoscere nel corso della settimana. Il campo lavoro è in autogestione, quindi prevede il pieno coinvolgimento dei partecipanti nelle attività quotidiane (preparare da mangiare, lavare, pulire le stanze...). È stata un’occasione preziosa anche il solo condividere
spazi e momenti di crescita con gli altri ragazzi del gruppo, opinioni ed impressioni di quest’avventura sconvolgente, quasi da ricreare un clima familiare, eterogeneo e affiatato. La nostra mattinata viene dedicata alla formazione e conoscenza delle dinamiche territoriali: l’immigrazione, i servizi, il fenomeno in continua crescita della prostituzione... Ma è nel pomeriggio che si entra nel cuore del nostro compito: le lezioni di italiano per gli immigrati. Con il nostro furgoncino partiamo alla volta delle campagne foggiane. Una volta raggiunto il Ghetto allestiamo la nostra scuola: 4 pali per sostenere un telo che ripari dal sole, 2 lavagne, qualche tavolo e sedia. Alcuni di noi si occupano
L’autrice dell’articolo (a sinistra) durante una pausa delle lezioni
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dei bambini del villaggio: andiamo a prenderli a casa e li facciamo giocare. La prima sensazione appena arrivata al ghetto è stata di incertezza ed inadeguatezza, ma subito, inoltrandomi nelle vie sterrate del villaggio, i volti sereni degli abitanti, ma soprattutto le corse dei bambini che mi corrono in braccio senza avermi mai visto, mi danno il benvenuto, il coraggio e la voglia di darmi da fare. Preparare le lezioni su modello didattico e il più proficuo possibile preoccupa molto noi membri del gruppo, ma ben presto ci rendiamo conto che tutti i nostri preparativi non sono necessari: serve solo la nostra fantasia. La mia lezione cult è sull’alfabeto e sul disegno di un corpo umano per imparare tutte le parti corporee. Poi dipende
I volontari di IO CI STO mentre intrattengono i bambini del campo
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dalla preparazione di chi arrivava, alcuni conoscono solo poche parole, ma altri già sanno leggere e scrivere e chiedono di poter imparare la grammatica e le parole più difficili. Le lezioni sono soprattutto un’occasione per parlare con loro e conoscere la loro storia. Ascoltandoli apprendiamo che molti arrivano dal nord Italia e sono scesi per fare la stagione, altri seguono le raccolte stagionali (dalla Sicilia per le arance, all’Umbria per le olive, al Trentino per le mele...), parecchi hanno lasciato le famiglie in Africa in cerca di un riscatto, alcuni sono rifugiati politici. In Africa erano fotografi, insegnanti, informatici... ma con l’ammirevole umiltà di sapersi adeguare anche ai lavori più modesti, ai quali io stessa probabilmente difficil-
mente mi accosterei. Mi fa pensare quante volte capita di giudicare negativamente questi immigrati per l’aspetto umile e trasandato, spesso senza pensare e chiedere chi erano e cosa hanno vissuto, creando una barriera di diffidente superiorità. Ben presto ci accorgiamo che non è tanto quello che diamo noi, ma quanto riceviamo ogni giorno da loro. Non solo ci danno testimonianza di ciò che hanno passato, facendoci aprire gli occhi sulla realtà che molte persone oggi sono costrette a vivere, ma soprattutto di una grande forza d’animo. È incredibile vedere la volontà con la quale questi lavoratori, dopo più di 10 ore di lavoro, vengono ad imparare alla nostra scuola. Emerge la loro voglia di apprendere e di riscattarsi, ed instancabili ti chiedono di continuare a spiegare anche quando oramai è buio, anche fino alle 9 di sera. Sono davvero tante, indescrivibili e contrastanti le sensazioni, compresse in questa sola settimana, nella mia estate 2011. Emozioni forti ed impagabili che di rado si ha la fortuna di provare. Una vacanza diversa, forse non di puro relax, ma che consiglio col cuore a tutti.
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operazione mato grosso
destinazione macapà
a cura di Eleonora GRAZIOLI (IVAss)
a cura di Angelo BADINELLI (ex studente)
In Brasile come volontario
Poche parole e tanti fatti
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Operazione Mato Grosso (O.M.G) nasce nel 1967 quando Padre Ugo De Censi, salesiano valtellinese, commosso dai bisogni di un confratello missionario, propone ad una ventina di giovani di partire per andare ad aiutarlo; così partirono per 4 mesi alla volta di Poxoreo, nella regione del Mato Grosso, in Brasile. Racconta P.Ugo: “Ho detto ai ragazzi dell’oratorio: andiamo in missione invece di fare il campo in Formazza, andiamo in missione! E’ stato come mettere un fiammifero in mezzo alla benzina. Vvww.....tutti così !!! Prima spedizione 24 ragazzi ...venivano da tutte le parti. Così è partita questa nuova avventura. Vedi: i ragazzi hanno bisogno di avventure. Senza l’avventura tu non ce la fai...” Come un benefico contagio l’entusiasmo di quei giovani si propagò a numerosi coetanei che decisero di impegnarsi nell’aiuto concreto ai più poveri. Sono nati così, in Italia, numerosi gruppi di ragazzi che lavorano per raccogliere i fondi necessari a sostenere le missio-
ni che nel frattempo sono nate anche in Perù, Ecuador e Bolivia, oltre che in Brasile, e si sono moltiplicate seguendo i continui bisogni della gente. L’OMG quindi è un vasto movimento di ragazzi che cercano di vivere la carità mettendo a disposizione il loro tempo libero e un po’ di fatica al servizio di chi è stato meno fortunato, non tanto a parole ma con i fatti. Uno di questi gruppi c’è anche qui ad Asola: siamo circa 13 ragazzi di Asola e dintorni. Ci troviamo a lavorare uno o due pomeriggi e
sere a settimana, dopo gli impegni scolastici o lavorativi; si sta insieme, ci si conosce, ci si diverte e si cerca di condividere qualcosa di bello. Concretamente facciamo i lavori più svariati: sgomberi, giardinaggi, imbiancature, dipingiamo ringhiere, raccogliamo ferro ecc.; l’intero ricavato lo mandiamo nelle nostre missioni in America Latina dove ci sono volontari dell’OMG che vivono lì, alcuni solo per un periodo, altri per tutta la vita. È un modo per aiutare chi non ha nemmeno da mangiare sporcandoci le mani e regalando un po’ del nostro lavoro insieme ad altri ragazzi. Oltre ad incontrarci durante la settimana ci sono dei campi di lavoro che vengono organizzati dai vari gruppi che ci sono in Italia durante i fine settimana nel periodo scolastico e della durata di una settimana nel periodo estivo. Se qualcuno fosse interessato a venire a darci una mano può chiamarci. ELEONORA 3342720400 LORENA 3403083392 LORENZO 3294074531
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l maggior quesito che ora riguarda il mondo del volontariato è molto semplice: ma gli aiuti arrivano a destinazione? A volte capita di scoprire false associazioni che, spacciandosi per umanitarie, fregano persone facendo credere a queste di aiutare i bisognosi, dimostrandosi in realtà delle vere e proprie truffe. Infatti, finché non tocchiamo con mano questo universo fatto di solidarietà (naturalmente quella vera) difficilmente ci fidiamo di esso. Nell’estate della post-maturità ho quindi deciso di
partecipare ad un viaggio in Brasile, non per andare in spiaggia a Rio o altri posti simili, ma per aiutare una scuola agricola e i bambini e ragazzi che ne fanno parte. Là, io e altri volontari, abbiamo pitturato alcune case della scuola, una parte della scuola stessa e terminato la chiesa, verniciato panche e piastrelle, scrostato e ridipinto le aiuole nonostante le fastidiosissime formiche rosse. Abbiamo svolto anche altri lavori manuali a favore della scuola. Il lavoro mi ha nobilitato, in quanto mi sono sentito veramente utile. Infat-
Il gruppo dei volontari a Macapà. l’autore dell’articolo: l’ultimo in piedi a destra
ti tutti noi siamo utili, ma non indispensabili. Siamo come l’oceano perché se dall’oceano togliamo una goccia, l’oceano non sarà più oceano. Se ognuno di noi dà il meglio di sé per compiere del bene, allora saremo finalmente utili a qualcosa e qualcuno. Nei giorni di volontariato, quindi, il nostro “io” passa in secondo piano poiché al primo posto ci sono coloro che hanno bisogno. E questo è successo anche a Macapà. Giunto a destinazione, ho visto una cittadina di circa 500.000 abitanti, capoluogo della regione dell’ Amapà. Questa
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zona, caratterizzata dalla presenza della foresta amazzonica e dal Rio delle Amazzoni, è una delle zone più povere dell’intero Brasile. Presenta disoccupazioni, situazioni economiche pessime, arretratezza delle infrastrutture e altre carenze di varia natura. Naturalmente la zona ha anche locali per i ricchi, però questi sono ridotti ad un’élite: sono pochissimi in confronto a quelli che vivono nella difficoltà, nella povertà e nella miseria. Spiegare a puntino la mia esperienza non avrebbe tanto senso. In queste poche parole voglio raccontarvi quello che per me è stato significativo e mi ha colpito nel fondo della coscienza. Innanzitutto la ”Escola agricola Padre Joao Piamarta” ha come “capo” un prete fantastico: padre Eusebio. Quello che colpisce di lui è il carattere. Sprigiona, infatti, una serenità travolgente ed è una vera e propria forza della natura. Crede fortemente in quello che fa e trova sempre parole adatte a rincuorare qualcuno, soprattutto noi italiani, che non siamo abituati a vedere scene di desolazione e miseria. Non è aiutato soltanto da noi poveri mortali. Fortunatamente Qualcuno da lassù lo aiuta (… così spero!).
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Un’altra cosa molto bella sono i ragazzi e i bambini. La scuola ne ospita circa cinquecentotrenta, trenta dei quali fanno parte del convitto. Per noi andare a scuola è normalissimo. Anzi, a volte vogliamo chiuderle e si sale sui tetti non facendo così il giusto dovere. Lì, andare a scuola, significa avere, oltre che l’istruzione, anche un pasto al giorno. Gli alunni provengono da situazioni familiari disastrose: genitori in prigione, violenti, menefreghisti nei confronti della famiglia. Spesso non hanno neanche i vestiti, figuriamoci il cibo. La scuola offre loro gratuitamente un pasto quotidiano, abbigliamento e il materiale scolastico. Inoltre sono contenti di varcare la porta dell’istruzione cercando, così, di costruirsi un futuro. Durante l’esperienza, noi amici di Macapà abbiamo anche visitato una comunità in mezzo alla foresta, che da tre anni non riceveva l’Eucarestia. L’accoglienza e la semplicità di quelle persone ci hanno lasciato sbalorditi. Ci hanno accolti come dei veri fratelli, come dei veri amici che non si vedono da anni. La loro casa era la nostra. La semplicità si è manifestata nei bambini. Due di loro, non avendo un
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aquilone serio, non si sono disperati e messi a piangere. Hanno preso un filo e dei sacchetti di plastica e … questo è un … aquilone. E poi hanno corso liberi e hanno giocato felici. “L’essenziale è invisibile agli occhi” diceva il Piccolo Principe, ma non agli occhi di bambini. Naturalmente coloro che sono andati a Macapà non sono i più belli, i più bravi o i più furbi (anzi ci sono tantissime altre associazioni che meritano davvero un grandissimo applauso, prima fra tutti l’”Associazione operazione Matogroso”). La maggior parte degli aiuti viene dall’Italia, e precisamente da quelli che conoscono l’iniziativa. Ecco perché si effettuano adozioni a distanza (io ho un fratello all’Equatore), si organizzano lotterie, si vendono calendari ripercorrendo l’esperienza svolta. Visto che gli aiuti arrivano a destinazione, un’opera di bene è sempre gradita ed è sempre bella. Dimenticavo. Un’ultima cosa che mi sono portato nella zaino del ritorno è stato il sorriso della persone, dei ragazzi e bambini che ti facevano capire che eri ben accetto. Sorrisi che dimostrano che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
L’Associazione “Amici di Macapà” spegne undici candeline
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ra le numerose attività che sono nate all’istituto Bonsignori di Remedello, ce n’è una che ha raggiunto l’altro capo del mondo : da undici anni, infatti, un gruppo di giovani volontari organizza numerose iniziative a favore della scuola agricola di Macapà, città brasiliana situata sulle sponde del Rio delle Amazzoni. A Macapà sono presenti i padri piamartini, che da tredici anni gestiscono una scuola in cui vengono accolti 500 ragazzi . Padre Eusebio, responsabile della struttura, insieme ad alcuni collaboratori garantisce istruzione, due pasti giornalieri e quell’affetto che spesso manca nelle famiglie dei bambini che frequentano la “casa de hospitalidade II” (é questo il nome esatto della scuola). Tutti i mesi di Agosto un gruppo di giovani parte da Remedello con destinazione Macapà per un’espe-
rienza di volontariato in cui il tempo delle vacanze si trasforma in lavoro concreto per la scuola: vengono tinteggiate le aule, svolte le manutenzioni ordinarie della struttura e, cosa ben più importante, c’è la possibilità di vivere un periodo della propria vita a contatto con persone materialmente povere che sanno però donare il meglio di quello che hanno. è questo con ogni probabilità il segreto che negli anni ha contribuito a dar vita all’associazione “Amici di Macapà ONLUS”, un gruppo di volontari molto giovani (l’età media è di 26 anni!) che si attivano concretamente in Italia per raccogliere i fondi necessari al sostentamento della scuola brasiliana. Si organizzano catering, si vendono calendari, articoli natalizi e pasquali, si partecipa a giornate missionarie, si preparano lotterie e si organizzano eventi di ogni genere a sostegno dell’associazione.
Come si può aiutare concretamente la scuola di Macapà? Le modalità sono molte. Il mese di volontariato è solo una breve esperienza che dà la carica ai volontari, una volta rientrati in Italia, per promuovere i progetti tra parenti e amici. Ognuno può contribuire attraverso: Adozioni a distanza : 200 Euro annuali che garantiscono ad un bambino due pasti giornalieri, i sussidi scolastici ed il servizio scuolabus Bomboniere solidali: una forma diversa per ricordare gli eventi ( matrimoni, comunioni, cresime , battesimi) destinando quanto viene speso per l’acquisto della tradizionale bomboniera ai bambini di macapà 5 x 1000 : é possibile destinare gratuitamente il 5 x 1000 dell’imposta sul reddito all’associazione Amici di Macapà Onlus (C.F. 9401240177) Erogazioni liberali: tutte le offerte in denaro destinate all’ associazione possono fruire della detrazione dall’Irpef nella misura del 19% Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito www. bonsignori.com nella sezione “missione di Macapà” o rivolgendosi direttamente alla segreteria dell’Istituto Bonsignori in via Cappellazzi, 5 a Remedello (BS)
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olimpiadi speciali
Un’esperienza che mi ha cambiato la vita a cura di Federica SCAGLIONI (IICri) “Trent’anni fa dicevano che non eravate in grado di correre i 100mt. Oggi, voi correte la maratona. Trent’anni fa, dicevano che dovevate rimanere chiusi negli istituti. Oggi siete di fronte alle televisioni di tutto il mondo. Trent’anni fa, dicevano che non potevate dare un valido contributo all’umanità. Oggi, voi riunite sullo stesso terreno dello sport nazioni che sono in guerra...” Eunice Kennedy (Shriver Giugno’99 , North Carolina)
L’autrice dell’articolo
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lisa, mia zia, ha 30 anni ed è una ragazza affetta da sindrome di down. Grazie a lei, ho conosciuto Special Olympics. Special Olympics è un programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per quasi 3.700.000 persone (10.000 in Italia), ragazzi ed adulti, con disabilità intellettiva ed è adottato nel mondo da 180 Paesi. Attraverso questi giochi viene premiato l’impegno più che il risultato infatti il motto degli atleti è: “Che io possa vincere. Ma se non ci riuscissi, che io possa tentare con tutte le
mie forze”. Tre anni fa, quando avevo 13 anni, ho fatto la mia prima esperienza con Special Olympics. Era un interregionale di tennis, tenutosi a Breganze, in provincia di Vicenza e poiché pratico questo sport, facevo la partner di un atleta con disabilità nel torneo di tennis unificato. Si chiama Bruno e quest’anno compie 51 anni. Era nella categoria B, ovvero di medio livello, e devo ammettere che nonostante la sua età, è molto agile e davvero bravo. Siamo arrivati al secondo posto ed era davvero felice. Nel 2010 ho partecipa-
to ai nazionali di Monza, manifestazione sportiva che coinvolgeva 1500 Atleti, 500 Dirigenti Tecnici, 100 Giudici e Arbitri, 1000 Volontari e 2000 Familiari. In quell’occasione oltre ad aver fatto la partner ho fatto anche la raccattapalle perché essendomi presentata come volontaria ero disponibile per qualsiasi evenienza, tipo servizio pasti e intrattenimento serale. Il ragazzo che giocava con me si chiama Daniele. Anche lui, seppur non più giovanissimo è molto bravo. Siamo arrivati primi. Abbiamo preso entrambi la medaglia d’oro e lui, con la mamma che lo ha sostenuto tutto il tempo e in tutte le partite, era felicissimo ed entrambi mi hanno fatto tanti complimenti. Durante tutta la settimana della durata dei giochi, ho conosciuto delle bellissime persone, disabili e non, e soprattutto anche dei ragazzi texani. Erano solo tre atleti, bravissimi aggiungerei, che sono arrivati con altre 15 persone, amici, parenti e allenatori. L’anno scorso ho partecipato ancora ai nazionali,
ma questa volta si sono tenuti a La Spezia. Purtroppo il tempo non è stato dalla parte dei ragazzi, infatti ha piovuto sempre e l’organizzazione era davvero pessima, quindi i tornei di doppio unificato non sono stati realizzati. I ragazzi però, nonostante tutto e pienamente coscienti di ciò che stava accadendo, ovvero mancanza di campi da tennis coperti, e molti volontari demotivati, hanno mostrato l’entusiasmo di sempre perché per loro riuscire nello sport è un grande traguardo. Alla fine, inaspettatamente, gli organizzatori hanno ritenuto di premiare me e mia sorella Vittoria, con due medaglie d’oro, per l’impegno costante in tutti i cinque giorni della durata dei giochi. In quell’occasione ho incontrato di nuovo i ragazzi di Breganze: Francesco, Giacomo, Enrico, Riccardo e Matteo. Ognuno di loro ha la propria disabilità che però nel rapporto interpersonale non è significativa. Sono dei ragazzi molto profondi e molto gentili nei confronti di tutti. I primi due sono affetti da sindrome di down; Enrico e Matteo, dopo un’operazione al cervello, hanno subito dei danni psico-motori e non riescono a muovere tutte le parti del corpo pienamente; quando guardi Riccardo invece, ti chiedi perché è qui nelle vesti di atleta e non di partner. Lui non parla ma è bellissimo e soprattutto bravissimo a giocare a tennis. Si è ag-
giudicato la medaglia d’oro dopo un duro scontro con Gianluca. Gianluca l’ho conosciuto a La Spezia. È un ragazzo che ha la parte sinistra del corpo paralizzata. Lui riesce a fare una battuta perfetta alzando la pallina e a schiacciarla con un braccio solo e riesce a sorridere anche quando sbaglia. Se lo vedeste, pensereste anche voi che la forza di volontà supera ogni difficoltà (anche se ognuno di noi dovrebbe già saperlo). Quest’anno parteciperò ad altri eventi. Uno si terrà a Mantova il 5 e il 6 Maggio presso il circolo Canottieri Mincio. È un evento organizzato da mia mamma e dalla presidente della polisportiva Andes H di Mantova, siete tutti invitati a venire, anche un solo giorno, per conoscere l’entusiasmo con cui questi atleti speciali affrontano i giochi che li vedono ogni volta protagonisti. Se tra tutti voi c’è qualcuno che volesse fare il volontario o il partner è il benvenuto. Il secondo evento si terrà a Biella dal 18 al 24 giugno, dove quest’anno si svolgeranno i nazionali. In queste occasioni, cioè per i nazionali che si tengono una volta all’anno, non c’è soltanto la disciplina del tennis ma anche molte altre: atletica, nuoto, basket, bocce, bowling, calcio a 5, canottaggio, equitazione, ginnastica artistica, ginnastica ritmica e golf. In questo articolo vi ho raccontato la mia esperien-
za personale. Non l’ho fatto per mettermi in mostra, ma per far capire a tutti voi che questi ragazzi non sono così lontani da noi, che non sono così estranei, che non sono così felici. Lo diventano se tutti noi stiamo loro vicini e se gli facciamo capire che non c’è differenza. Che tutti, anche se alcuni portano gli occhiali, se fanno fatica a parlare, se hanno gli occhi un po’ a mandorla, siamo uguali. Se ne avete l’occasione, vi consiglio vivamente di partecipare perché queste sono esperienze che cambiano la vita. Ho iniziato tre anni fa e intendo continuare finchè ne ho la possibilità, finchè alla maggior parte delle persone è arrivato il messaggio. Il far del bene dà una gioia interiore così grande che non se ne può fare a meno. Questi atleti sanno riconoscere chi gli vuole bene e chi no. Però loro, al contrario, vogliono bene a tutti. Con questo concludo tutto ciò che avevo da dirvi. Spero che almeno a qualcuno sia venuta voglia di provare a fare queste meravigliose esperienze. “SE UNO SOGNA DA SOLO È SOLO UN SOGNO, SE MOLTI SOGNANO INSIEME È L’INIZIO DI UNA NUOVA REALTA’”(questo è il motto del volontario) (per avere informazioni più dettagliate consultate il sito: www.specialolympics.it)
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liberi dai pregiudizi
Una stimolante riflessione con domenico sui concetti di IO e TU a cura di Serena MARALDO (IICri)
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BUNTU. Se uno sente questa parola si domanda: che cosa significa “UBUNTU”? È una parola della lingua bantu (usata in Sudafrica) grazie alla quale i sudafricani sono riusciti a superare l’apartheid, cioè la differenza tra bianchi e neri. Di fondo UBUNTU sarebbe un sistema operativo libero, ma questa parola significa molto di più. I ragazzi della 1CRI e 2CRI l’hanno scoperto giovedì 23 febbraio grazie all’ incontro con Domenico, un missionario di ventinove anni della comunità missionaria di Lonato del Garda. Un ragazzo molto giovane ma che porta con sé un bagaglio di esperienze molto significative, infatti è vissuto per un anno in Perù a contatto con poveri e bisognosi. Un incontro molto interessante legato al tema del razzismo che ha fatto riflet-
tere non soltanto sugli altri ma anche su se stessi. Il missionario ha coinvolto i ragazzi fin dal principio, iniziando con l’ascolto di una canzone di Jovanotti “La linea d’ombra”. In questa canzone si parla di responsabilità attraverso l’immagine di una nave che va verso una direzione, ma serve un comandante per guidarla. In questo caso la nave sarebbe la nostra vita durante la quale, prima o poi, arriva il giorno in cui bisogna prendere una decisione e scegliere una strada da percorrere. Scegliere quello che si vuole essere e decidere in cosa si vuole credere e pensare. Bisogna iniziare a relazionarsi con l’io interiore. È questo quello che Domenico è venuto a spiegare: ci sono due persone l’”IO” e il “TU”. L’”IO” rappresenta noi stessi, la nostra personalità e come siamo fatti e il “TU”
tutto quello che è diverso da noi che non è come noi. Serve un equilibrio tra queste due persone perché se non ci sono le giuste relazioni questo porta alle discriminazioni e alle guerre. Il missionario in un secondo momento ha proiettato delle frasi molto toccanti tratte dal libro “American Notes” di Charles Dickens in cui l’autore denuncia la disparità dell’”IO” e del “TU” presente in America. Questo scrittore prese delle frasi tratte da degli annunci pubblicitari e ne fece un montaggio perché si pensava che l’America fosse il paese della democrazia e della libertà ma era solo la facciata, in realtà era presente la schiavitù. A questo punto Domenico ha chiesto agli studenti se erano disposti a mettersi in gioco, a ragionare, a guardarsi nel profondo per dover affrontare qualcosa in cui ci vuole impegno e non superficialità. I ragazzi hanno accettato volentieri la sfida. Si sono analizzati di più i concetti di “IO” e “TU”. Il relatore ha consegnato a tutti un foglio con tre spazi bianchi e tre semplici parole: ieri, oggi e domani e ha formulato la seguente domanda: chi siete? Chi sono io?
Guardare dentro se stessi non è facile e talvolta si ha paura. Questo per far capire che la prima persona con cui ci si deve relazionare siamo noi: dobbiamo scoprire il nostro mondo interiore per stare bene con noi stessi e non essere arrabbiati con il mondo. Analizzando il concetto di “TU”, Domenico ha fatto capire agli studenti che nel mondo di oggi si tende a “etichettare” le persone e questo è la base del razzismo. È necessario abbandonare questi schemi e imparare a relazionarsi con gli altri alla pari, senza giudicare, perché noi europei siamo abituati a governare il mondo.
La nostra è una delle tante culture al mondo non la cultura. Noi siamo superiori a tutti e a tutto e questo succede perché imponiamo l’”IO” sugli altri e non c’è più la giusta relazione con il “TU”, con il diverso. L’altro è sempre esistito, partendo dai barbari al tempo dei romani e dei greci fino al mondo d’oggi. Nel corso della storia ha assunto vari nomi e oggi è conosciuto come immigrato, straniero o extra-comunitario. Ma se pensiamo a cosa diffondono i mass media si scopre che gli immigrati sono sempre clandestini, che ci si commuove solo quan-
do sono morti o soli, ma si sente anche che“l’Italia sta per essere invasa”. Gli europei, soprattutto gli italiani, sono sempre prevenuti e si sentono superiori, ma bisogna essere aperti di cuore e di testa. Fare agli altri ciò che si vorrebbe che gli altri facessero a noi. È questo ciò che significa realmente UBUNTU, un azione che posso fare nei confronti dell’altro ed è questo quello che Domenico è venuto a insegnare agli studenti. I ragazzi hanno apprezzato molto l’incontro scoprendo un nuovo modo di pensare e di vedere il mondo.
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grazie a tutti
Il FALCONEXPRESS sul podio più alto a livello nazionale a cura di Michele ROMANI (VAs)
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bbene sì, dopo tanta fatica e tanti sforzi per far ripartire, migliorandolo, il nostro giornalino scolastico, FXP, inaspettatamenteme siamo stati felicemente coinvolti nella nomination Miglior Giornalino d’Istituto sul Web del concorso annuale indetto dal’Associazione Alboscuole. Associazione fondata da Ettore Cristiani, l’attua-
le presidente, circa nove anni fa con l’obiettivo di premiare ed incentivare le iniziative studentesche sia culturali che sportive in modo da permettere ai progetti degli alunni di elementari, medie e superiori di perseguire queste iniziative formative e allo stesso tempo divertenti. Quindi Alboscuole di anno in anno ha vagliato una quantità sem-
La delegazione del Falcone insieme a Carmen LANDOLFI (responsabile Alboscuole) e Ettore CRISTIANI (Presidente e fondatore di Alboscuole)
pre maggiore di redazioni scolastiche arrivando quest’anno a scegliere 2000 giornalini italiani sui 6000 circa esaminati e a nominarne 100 per la premiazione finale: così inizia la nostra “avventura”, con un invito a partecipare a questa manifestazione tenutasi a Chianciano Terme in provincia di Siena che ci ha molto sorpreso poichè non ci aspettavamo di essere seguiti a livello nazionale. Ed ecco venerdì 20 aprile
io, Francesco, Benedetta, Marko e il professor Fabrizio Copertino ci siamo messi in viaggio di buon ora e siamo giunti a destinazione poco prima di pranzo, con un accoglienza calorosa e molto organizzata che ci ha portato (oltre a noi c’erano altre centinaia di studenti e docenti) al nostro hotel. La manifestazione è iniziata nel primo pomeriggio con molti spettacoli sia di studenti premiati nelle varie categorie che di personaggi televisivi come il comico Mister Lui che ci ha regalato vari momenti di ilarità grazie alle sue gag. Contestualmente si è svolta la nomination delle redazioni che devo ammettere inizialmente ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca e poche speranze di vittoria vista la grande quantità di concorrenti (comunque tra i candidati c’eravamo anche noi). La sera, dopo il ballo di gala, è iniziato il fatidico momento: il presentatore ha nominato uno per uno i vincitori delle varie categorie e arrivati alla sezione dei Giornalini sul Web siamo stati colti da forte emozione nel sentire pronunciare “FalconExpress”. Ecco forse mi sono dilungato troppo nel racconto,
forse ho descritto dettagli irrilevanti, ma ho sentito di doverlo fare perchè FXP tra le tante iniziative proposte dalla nostra scuola a cui ho aderito è sicuramente tra quelle che più ha segnato il mio percorso formativo e la mia crescita come studente e cittadino, e venire premiati ha riempito di orgoglio e soddisfazione sia me che i miei colleghi. Ora noi siamo in quinta, ci diplomeremo (o almeno lo speriamo) ma abbiamo deciso di comune accordo di collaborare con FXP anche nei prossimi anni. Ma di certo non penserete che ci vogliamo prendere tutti i meriti, anzi è proprio grazie agli studenti, ai professori e alla Dirigenza che ci hanno sostenuto fin dall’inizio e LA MOTIVAZIONE DEL PREMIO Più che un giornale di istituto è un’autentica rivista, curata e realizzata utilizzando programmi e tecniche professionali. Un lavoro che coinvolge anche ex studenti della scuola, pronti a dare il loro contributo per un prodotto che abbina, come pochi, l’eccellenza grafica con la validità dei contenuti, dove l’economia, la situazione mondiale e la passione per la musica occupano un posto di rilievo.
che hanno contribuito attivamente che siamo arrivati così in alto. Ma non dimentichiamo certo tutti gli altri: lettori, sponsor, istituzioni. Quindi questo premio lo condividiamo con tutti voi falconiani e dunque ora inizio la mia lista di ringraziamenti che ovviamente è abbastanza lunga: inanzitutto il professor Copertino che ci ha sempre sostenuto e guidato in questi anni, la Redazione che è sempre stata attiva e partecipe, gli studenti e i docenti che hanno contribuito con i loro articoli e le loro produzioni, gli sponsor e la Provincia di Mantova senza i quali non avremmo avuto i fondi necessari per proseguire, tutto il personale scolastico e la segreteria, i docenti che hanno fondato, ormai sei anni or sono, la nostra testata (Antonio Cirigliano - ex Direttore responsabile - e Carla Lampredi) e infine ovviamente un particolare e caloroso ringraziamento alla nostra Dirigente Giovanna Di Re che fin dall’inizio ci ha sostenuto attivamente credendo nel nostro progetto. Merita, inoltre, una menzione particolare il nostro nuovo Direttore responsabile, Stefania Divertito, che, nonostante i suoi tanti impegni, ci aiuta ad
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ogni numero con i suoi preziosi consigli e con la sua indiscussa professionalità . Ecco credo sia tutto e mi scuso, anticipatamente, se ho dimenticato qualcuno. Ora, concludo consigliando a tutti voi studenti di aderire a iniziative di questo tipo perchè veramente regalano emozioni ed esperienze uniche e utili per la vostra formazione e per la vostra crescita come persone e come cittadini coscienti e responsabili. Un saluto dalla Redazione in viaggio.
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concorso fotografico La classifica del secondo concorso
a cura di Silvia TONINI (VBs) e Enrico TONINELLI (VAs)
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ari lettori, ecco a voi le foto del secondo giro del concorso fotografico bandito dal nostro giornalino d’istituto. Il tema “albe & tramonti” ha riscosso un grande successo, abbiamo ricevuto infatti il triplo delle foto spedite per il numero precedente. Per evitare alcuni disguidi avvenuti ricordiamo a chi volesse partecipare di in-
viare una e una sola foto. Il tema per il prossimo giornalino sarà “street photography” (per avere un’idea date un’occhiata a google immagini, le foto sono generalmente in bianco e nero). Le foto vanno inviate entro il 15 maggio a redazionefxp@iisfalcone.gov. it con le seguenti informazioni: -Nome cognome e classe -Data e luogo dello scatto
-Titolo della foto Con la speranza di una consistente partecipazione vi salutiamo augurandovi la massima ispirazione possibile. N.B. Ricordiamo ancora una volta che la foto deve essere ESCLUSIVA, ovvero su internet non deve trovarsi una foto simile a quella inviata, pena il rifiuto della stessa.
ex aequo
Martina PIACENTINI (ICri) Il tramonto sul mare è sempre uno spettacolo da ammirare (San Gregorio nel Salento - 12 luglio 2010)
Aurora ZALTIERI Sulla fine del giorno il ragno riposa
Tommaso D’ANGELO Il buongiorno si vede dal mattino
Lucia TONELLI Il tramonto è un’emozionante attesa, l’alba una splendida sorpresa
- 4 ottobre 2009)
Chiara SALVADORI Un raggio di buio
Nicolò LINI L’alba di un nuovo giorno
Giulia GATTA (VBitc) Dettaglio al tramonto(Acquafredda - Mn
Greta GASTALDI (VBitc) Il colore dei grattacieli (New York - 26 luglio 2011)
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matefitness
Chi l’ha mai detto che si va in palestra solo per allenare il corpo? a cura di Cinzia CAPELLI e Alice GHIROLDI (IICri)
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Francesca TEBALDINI (IVAitc) Walking on a dream (Riviera adriatica - 2 agosto 2011)
vete mai pensato a cosa possa significare l’espressione “pensiero laterale”? Oppure avete mai pensato di allenare la mente in modo divertente come si fa con i muscoli quando si va in palestra? Con MateFitness si può! Alcune classi di questo istituto l’hanno verificato loro stesse partecipando a questo progetto con la funzione di diffondere la cultura della matematica nella sua più ampia accezione, risolvendo problemi matematici di ogni tipo seguendo una procedura differente, basata sul gioco e sull’applicazione pratica di concetti teorici. Insieme a Laura, una “personal brain-trainer”, gli alunni hanno risolto indovinelli e rompicapi; tanti piccoli science centers (palestre della mente) sono dislocati in tutto il territorio nazionale, crescono e si evolvono sempre più. MateFitness inoltre partecipa, con le proprie attività, ai più importanti festival culturali e scientifici italiani, poiché ha vinto nel 2008 un importante riconoscimento, il Parksmania Award per la miglior iniziativa didattica dell’an-
no, in collaborazione con l’Acquario di Genova. Si è notato un notevole interesse da parte degli alunni nel mettersi in gioco e sfidare se stessi. I giochi proposti sono davvero divertenti e a volte mettono a dura prova le abilità dei ragazzi e… anche degli insegnanti! Ad esempio voi riuscireste senza staccare le mani da una corda a creare un nodo al centro di essa?
Grazie al pensiero laterale qualcuno dei ragazzi c’è riuscito. Con questo tipo di giochi si sono potute ripassare in linea generale anche conoscenze matematiche. Ricordiamo inoltre che il MateFitness ha sede a Genova ed è attivo dalla primavera 2006, in collaborazione con la Facoltà di Scienze M.F.N. dell’Università degli Studi di Genova, con Genova Palazzo Ducale e con il contributo dell’Associazione Festival della Scienza. E ora tocca a voi mettervi in gioco! “Come fate a mettere 9 arance in 4 casse (contenitori) in modo che ce ne sia un numero dispari diverso in ogni cassa?” Se pensate di aver trovato la soluzione, consultate il sito www.matefitness.it alla sezione Giochi.
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quattro giorni a Praga
Il momento dell’anno scolastico più atteso da ogni studente a cura di Cazamir Bianca (IVBitc)
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l 21 marzo una sessantina di studenti si è svegliata di buon’ora, forse dopo non aver nemmeno chiuso occhio tutta notte, per partire per il viaggio d’istruzione; il momento dell’anno scolastico più atteso da ogni ragazzo. Accompagnati dalle docenti Bolzoni, Mantovani, Agazzi, Pancera e Fornari, con la preziosa guida di un’ex alunna del Falcone, Irene Falchetti, le classi 4^B ITC, 5^B ITC, 4^BS e 5^BS hanno lasciato Asola con destinazione Praga. Dopo due brevi soste, il gruppo è arrivato nel pomeriggio a Mauthausen, in Alta
Austria, per visitare il tristemente noto campo di sterminio nazista. Osservare dall’alto della cava di pietre del campo la scala della morte, quasi con un senso d’impotenza: forse, l’esperienza più toccante dell’intero viaggio. Per non parlare del ritrovarsi all’interno delle gelide baracche in cui i deportati venivano ammassati, nelle stanze in cui stremati trovavano la morte, di fronte ai forni crematori. Tutto ciò suscita brividi che valgono però la pena essere provati per non dimenticare, in memoria di tutte le vittime della follia umana. Terminata la visita, il viaggio è ripreso,
seppur con l’inevitabile pizzico di malinconia che la visione del lager lascia dentro di sé. Malinconia attenuata con il passare del tempo dalla stanchezza che iniziava a farsi sentire, dopo ore di viaggio. Finalmente intorno alle 21 l’arrivo in hotel, l’assegnazione delle stanze e la tanto attesa seppur deludente cena. Una notte di sonno ed una ricca colazione sono state fondamentali per affrontare una nuova ed impegnativa quanto entusiasmante giornata. Il gruppo ha visitato in mattinata l’affascinante quartiere Ebraico di Josefov, tra cui la Sinagoga ed il cimitero.
Praga di notte
Il campo di concentramento di Mauthausen Lasciati liberi per qualche ora, i ragazzi si sono dedicati, in seguito al pranzo, allo shopping di souvenir, prendendo d’assalto bancarelle, negozi e l’immancabile Hard Rock Cafè. Ricompostosi, il gruppo si è recato nel pomeriggio in Piazza Venceslao, considerata per la somiglianza con la nota strada parigina, gli Champs-Élysée di Praga. Doveroso ricordare, trovandosi qui, il significativo gesto di protesta contro la repressione sovietica compiuto da Jan Palach, studente che dandosi fuoco ha dato il via alla cosiddetta Primavera di Praga. Non facendo in tempo a tornare in hotel per la cena, il gruppo è rimasto in città concedendosi un happy hour lungo le rive della Moldava, fiume che attraversa la capitale. Recandosi poi al Teatro Metro, i ragazzi hanno assisti-
to all’esilarante e coinvolgente spettacolo serale “Life is Life”, i cui protagonisti non sempre erano ben visibili agli occhi del pubblico per ragioni di scenografia. Finita la rappresentazione, il gruppo ha cenato in un locale tipico ed è poi tornato, esausto dall’intensa giornata, in hotel. Dopo un’altra notte passata a dormire come ghiri e un’altra sostanziosa colazione, l’itinerario è proseguito nella mattinata successiva dapprima con la visita al Castello, considerato la maggior fortezza medievale del mondo. È continuato poi con la visita alla Cattedrale di San Vito, il cui fascino suscitato è proporzionale alla sua grandezza, ed il passaggio per il suggestivo Vicolo D’Oro. Giunti lungo il ponte di San Carlo, i ragazzi si sono nuovamente separati per il
pranzo e poi dedicati alla seconda parte degli acquisti. Ritrovatosi in Piazza Venceslao, il gruppo si è spostato nella Piazza della Città Vecchia per assistere allo scocco delle 17 di fronte all’Orologio Astronomico; spettacolo imperdibile dato da un meccanismo che ad ogni scoccare dell’ora mette in movimento le figure dei dodici apostoli. Dopo l’ultima ora di “libertà” in giro per la città, la comitiva ha fatto rientro in albergo dove, a cena, ha avuto modo di scoprire anche la parte a 4* dell’hotel, quel lusso che ben poco caratterizzava l’ala in cui i ragazzi alloggiavano. Questi hanno poi trascorso la serata, anzi, la nottata, in compagnia, tra una risata ed il rammarico che quell’esperienza fosse ormai giunta alla conclusione. Il giorno dopo, infatti, le classi sono ripartite per l’Italia, giungendo ad Asola in serata dopo un altro estenuante viaggio. Probabilmente i momenti scolastici migliori sono questi, non tanto perchè non si è alle prese con compiti, interrogazioni o verifiche, quanto perché, stando a contatto 24 ore su 24, ci si impara a conoscere un po’ meglio e si vivono assieme esperienze che rimarranno per sempre impresse nella mente di tutti.
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il pulp-cinema di tarantino
ne altre. Questo porterà ad una tipica non linearità nelle sue sceneggiature lasciando spesso dei punti di non ritorno e delle questioni non concluse. Tale caratteristica è ben visibile in uno dei suoi primi film intitolato “Reservoir Dogs” tradotto poi in italiano con “Le iene”, la storia di una rapina organizzata da un gruppo di gangster fra i quali si nasconde un infiltrato. Proprio a causa di questo personaggio, il colpo non và a segno e molti dei rapinatori rimangono feriti se non addirittura uccisi. La novità sta nella grande irrazionalità del regista nel raccontare la trama in quanto egli decide in modo del tutto arbitrario cosa raccontare e cosa meno. In questo modo ci vengono narrati gli antefatti di solo tre dei personaggi, la trama non segue un ordine cronologico e quella che dovrebbe essere la parte centrale del film, ovvero la rapina, non ci viene mai mostrata. Tarantino vuole così far capire che un regista non è obbligato a costruire il film come da tradizione. Una tale concezione del mondo è tipica della cultura post-moderna che destrutturava l’universo classico per poi ricostruirlo dandogli letture diverse. Si uniscono in un unico campo le idee classiche e le idee moderne, tutto contribuisce alla creazione di un unico ge-
Uno stile fuori dagli schemi, che costringe ad un approccio ermeneutico a cura di Sara MORENI e Martina RAMPONI (IVAs)
Anche per quest’anno il nostro istituto organizza il corso di cinema, tenuto dall’esperto prof. Matteo MOLINARI. Stavolta il corso è incentrato sul regista americano Quentin TARANTINO, inventore del gener Pulp; un regista fuori dagli schemi, controverso e che, nei suoi film, lascia spazio ad infinite interpretazioni e suggestioni. Ci parlano di Ciò le nostre brave inviate.
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l 27 Marzo 1963 in una cittadina del Tennessee , Noxville, nasce il regista Quentin Tarantino. I giovani genitori, lei poco più che quindicenne lui diciottenne di origini italiane, scelgono per il figlio il nome del protagonista di un serial televisivo quasi a presagire il suo attaccamento alla
cultura POP. Qualche anno dopo la nascita di Tarantino i genitori si separano e la madre si risposa con un uomo appassionato di cinema e televisione che lo inizia a questo mondo. Un’altra figura importante per la vita del regista è anche il terzo marito della madre che gli trasmette la sua grande passione per la
musica, componente importante della sua futura cinematografia. Agli inizi degli anni ’70, un giovane Tarantino inizia a lavorare in un negozio di videocassette a noleggio. Oltre che per la storia del cinema, la registrazione dei film su videocassetta, segna una svolta importante anche per la vita del regista
il quale può ampliare la sua conoscenza spaziando dal cinema d’autore a quello più commerciale e comincia a delineare una sua personale idea di regia. Attraverso le videocassette, infatti, aveva la possibilità di destrutturare la trama del film a suo piacimento mettendo in pausa, rivedendo alcune scene e anticipando-
nere ma è l’artista, come anche Tarantino nei suoi film, a decidere cosa mostrare. Uno dei maggiori successi del regista è “Pulp Fiction”, presentato a Cannes nel 1994 e vincitore della Palma d’oro come miglior film. Il titolo significa letteralmente “polpa di finzione” infatti il film contiene di tutto e ogni cosa viene inglobata e interpretata in modo soggettivo, sia dal regista che dagli spettatori. Ed è così che Tarantino, capendo che ormai nella cultura pop degli anni ’60 tutto si trasforma in comunicazione, inserisce nel suo film una vasta gamma di linguaggi da quello pubblicitario a quello scurrile fino ad allora mai usato nel cinema. In Pulp Fiction il regista crea una parvenza di normalità tramite il “rimpolpamento” di tutta la cultura pop ma, allo stesso tempo, la mette in discussione dall’interno in modo da indurre negli spettatori un atteggiamento critico rispetto all’epoca e a ciò che veniva presentato attraverso i vari canali di comunicazione. Nel 1995 Quentin Tarantino collabora con altri tre registi (Allison Anders, Alexandre Rockwell e Robert Rodriguez) alla realizzazione del quarto episodio del film “Four Rooms”, il racconto di una serie di sventurate situazioni nel quale
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il fattorino di un hotel di Los Angeles si ritrova nel corso di una sola notte. Tale episodio è esemplificativo in quanto Tarantino esegue una parodia di se stesso presentandosi come il più famoso regista di Hollywood e poiché riprende un film di Hitchcock destinato alla televisione e intitolato “Nodo alla gola”. Interessanti sono il continuo riferimento nel corso della storia allo champagne Crystal, presentato come in una sorta di stacco pubblicitario, e la citazione di alcuni fatti di cronaca di quel tempo (come il caso del signor Bobbit). Inoltre il regista, attraverso la scena del taglio del dito, sublima la violenza nell’ironia e nella comicità e anticipa la sua vi-
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sione del corpo mutilato e ricostruito che sarà poi centrale nella realizzazione di “Kill Bill”. Tale film esce in due volumi, il primo nell’autunno del 2003 e il secondo nella primavera del 2004 e racconta la storia di una spietata donna (Uma Thurman) in cerca di vendetta. L’ultimo lavoro di Tarantino risale al 2009. Si tratta del film “Bastardi senza gloria”, una fantastoria che narra della morte di Hitler per mano di una ragazza ebrea in cerca di riscatto. Nella trama ritroviamo la concezione del tutto post-moderna del regista che riprende un fatto realmente accaduto, lo ricostruisce e lo presenta in modo da indurre un ipotetico spettatore che non conosce la vera
storia a credere che il film mostri la realtà. Questa scelta è sempre una critica all’uomo che, per essere libero, non deve accettare passivamente tutto ciò che gli viene presentato. In risposta alla critica di un cinema troppo violento, Tarantino afferma che la violenza è una sua componente del tutto estetica , la quale dà la possibilità di reinventare in chiave iperrealista il corpo umano. Quello di Tarantino, insomma, è un cinema interessante e colmo di varie interpretazioni e allo stesso tempo fuori da ogni schema, spesso comico e divertente ma che induce comunque ad una riflessione, a volte persino inconsapevole.
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occhio alla guida!
Come la nostra scuola partecipa ai progetti per i giovani sulla sicurezza stradale. a cura di Enrico TONINELLI (VAs)
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ercoledì 30 novembre noi classi quinte abbiamo partecipato all’incontro organizzato dalla Polizia stradale in collaborazione con Goodyear, dedicato all’educazione stradale. Il progetto Sicuri insieme. Goodyear per l’educazione stradale gode del patrocinio del Ministero dell’Interno e del Dipartimento della Gioventù finalizzato a generare consapevolezza sull’importanza della responsabilità alla guida. Svoltosi dalle 12.15 alle 14.00, l’incontro, era presieduto da tre rappresentanti della polizia stradale di Mantova che hanno illustrato il progetto dividendolo in due parti: la prima consisteva in un pretest con domande similpatente, poi corrette insieme, mentre nella seconda parte abbiamo visionato e
commentato un video della durata di un’ora e mezza il cui contenuto, principalmente basato su dati e statistiche riguardanti le conseguenze della mancata osservazione del codice della strada, è stato arricchito dalle testimonianze dei vigili che hanno presentato il progetto. Nonostante ci si potesse aspettare un’iniziativa tutt’altro che nuova l’incontro si è dimostrato utile ed istruttivo. La visione inoltre di immagini riguardanti incidenti stradali ha sensibilizzato ulteriormente noi ragazzi perchè la differenza tra vedere e sentir dire, specialmente parlando di disgrazie umane come quelle raccontate, è certamente notevole. La nostra scuola si è dimostrata ancora una volta attiva nell’ambito della prevenzione e nell’informazione
per quanto riguarda la sicurezza stradale. Già l’anno scorso era stato organizzato un incontro simile con la partecipazione dell’Avis unita alla testimonianza di Angela Giò Ferrari, dottoressa del reparto di neurologia dell’ospedale civile di Brescia e scrittrice del libro “Graffiti dell’anima” una raccolta di scritte lasciate su un muro dell’ospedale civile dove vengono raccontate le emozioni di ragazzi giovanissimi, i quali passano anche tutta la notte accampati in ospedale per avere notizie sul loro amico che ha fatto un incidente grave e che combatte contro la morte, e purtroppo a volte perde. L’incontro con la dottoressa si era dimostrato coinvolgente anche dal punto di vista emotivo, mentre quello avvenuto lo scorso Novembre più tecnico e informativo. Entrambi comunque hanno affrontato il problema non indifferente degli incidenti stradali, o più specificatamente delle “stragi del sabato sera” causa principale di morte di giovani tra 20 e 25 anni. Sperando che altre scuole agiscano in questa direzione, voi, mi raccomando, occhio alla guida!
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banca etica. contro la speculazione Incontro con i soci della Banca Etica
A cura di Veronica BERTANI, Simona KARUNATHAS, Jothiga KUGATHAS, Francesca PASQUALOTTO (IVBitc)
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ià nel 2008 la grande crisi si cominciò a sentire attraverso il fallimento di una grande banca statunitense e oggi è ancora molto sentita. Infatti i prezzi e i tassi sono aumentati e lo spread è in continua variazione. Un grande problema contemporaneo è il timore del fallimento della Grecia. Questo paese fa parte dei cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) e ciò che è successo ha comportato gravi danni al sistema economico di tutti i paesi europei. Inoltre, gran parte della ricchezza si è tramutata in speculazione. Alcuni operatori finanziari hanno acquistato i credit default swap, noti come assicurazioni sul fatto che la Grecia dovesse fallire e che fosse a rischio. Oltre a questo gli speculatori hanno infamato tale nazione sino al punto di raggiungere il loro obiettivo e ottenendo con questa operazione guadagni rilevanti. Nel mondo 1500 mila miliardi di dollari è la quantità di denaro mossa an-
nualmente dalla finanza, attraverso la quale ci sarebbe la possibilità di sostenere più di venti pianeti su tutto l’universo. È il gioco sporco dei “casinò finanziari” che attraverso lo sfruttamento di paradisi fiscali e attraverso la creazione dei mercati paralleli poco trasparenti, contribuisce ad alimentare la crisi nel
mondo , rendendo le Banche sempre più deboli e inaffidabili. La finanza dovrebbe effettuare considerazioni più ampie di interesse collettivo, proprio come sostiene “Banca Etica”, un’attività imprenditoriale utile per la società che non punta solo al guadagno personale ma bensì ad un commercio eco solidale attraverso un comportamento responsabile anche nei confronti della collettività. Infatti oggi 13 banche etiche di diversi paesi del mondo sono dedite alla
sostenibilità servendo oltre sette milioni di clienti in più di venti paesi nel mondo. In Italia Banca Etica è la testimonianza che è possibile una finanza che dia credito a modelli di sviluppo umano compiendo scelte concrete come la promozione di finanziamenti in risorse rinnovabili piuttosto che in non rinnovabili ed altri comportamenti. Perciò anche il cittadino per contribuire a un migliore sviluppo economico deve prendere coscienza di questi fatti ed utilizzare il proprio denaro nel modo più efficace possibile, ponendo anche domande a istituti di credito e ad intermediari finanziari. Come e dove sono impiegati i nostri risparmi? Quanto influenziamo il circolo della speculazione? Salvaguardiamo l’interesse collettivo? Queste, solitamente, sono domande che nella realtà non vengono poste, ma necessarie per rendere più trasparente l’operato dei soggetti bancari.
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“santa giovanna dei macelli” Un Ronconi inaspettato, sulla via della disillusione. a cura di Francesca SAVIOLA (VAs)
Il maestro Luca RONCONI mentre dirige gli attori
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erché non ho mai messo in scena Brecht? Non certo perché lo considerassi un modello con il quale era impossibile confrontarsi. Il motivo, casomai, è da ricercarsi nel fatto che era dato per acquisito un canone intoccabile con cui le sue opere dovevano essere messe in scena. Brecht è un classico del teatro ma soprattutto è
un grande autore. Per questo ho ritenuto che sia arrivato il momento di affrontarlo attraverso una sorta di tradimento, liberandolo cioè dalle volontà, per così dire, testamentarie. Quindi, sia chiaro, non rispetterò l’ortodossia”. Luca Ronconi esordisce in questo modo parlando di “Santa Giovanna dei Macelli”, con la convinzione di aver messo in
scena un testo, che per sua natura, è capace di entrare nell’animo dello spettatore dei giorni nostri. Un Brecht così vivo e attuale che non può non richiamare le faccende di cronaca del nostro presente. “Santa Giovanna dei Macelli” è da tutti ricordato come uno dei più grandi kolossal teatrali diretto da Giorgio Strehler durante gli anni ’70, e pertanto il paragone tra i due sarebbe risultato inevitabile. Ma fin dalle prime scene si può notare il netto distacco che separa i due registi, proprio a causa dell’atteggiamento che Ronconi attua nei confronti del testo. La sua scelta è chiarissima: ha deciso di rappresentarlo per il contesto storico-sociale sovrapponibile e paragonabile a quello attuale e per la curiosità che l’incontro tra Mauler e Giovanna Dark (i due personaggi principali del dramma ndr.), due figure diametralmente opposte. Luca Ronconi non ne vuole sapere di dramma didattico del primo Brecht, o di teatro epico volto a cre-
mento puntigliosamente dimostrativo, Ronconi sfronda molto la vicenda, la rende - per quanto possibile – più asciutta, meno macchinosa. La sua regia riesce soprattutto a mettere in luce una certa impressionante attualità del testo, che colpisce il pubblico di oggi per le incredibili affinità fra la crisi di ieri e quella Un momento dello spettacolo che stiamo vivendo. are nel pubblico il tipico In questo modo apriamo straniamento: punta alla gli occhi non solo davanverità delle relazioni inti al sipario, ma alla sua terpersonali. Al contrario Chicago, un paesaggio di Strehler, che ne dilapost-Andy Warhol, che tava a dismisura l’anda-
ci mostra la cruda realtà. L’interrogarsi sui meccanismi dell’economia, su quel capitale onnipotente che ormai è arrivato a schiacciare e distruggere i piccoli operai e soprattutto la comprensione finale riguardo l’utopia della giustizia incondizionata. La Grande Depressione del ‘29 si riduce alla nostra quotidianità, questa è la cosa più sconcertante, come se ne facesse parte o fosse proprio una ripetizione di tale crisi. La riflessione sull’analisi sociale si protrae per molto tempo nel corso del-
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lo spettacolo e ci appare chiaro che quella effettuata da Brecht in modo così esemplare e con estrema lucidità è la sintesi del suo genio. “Santa Giovanna dei Macelli” tratta dei limiti della bontà, dell’impossibilità di realizzarla pienamente e dell’inutilità della sua pratica che possiamo riscontrare nella società di oggi. Giovanna Dark è la nostra eroina senza tempo, che sacrifica la propria vita per donarla agli altri, coloro che sono ai margini della società poiché proprio da essa sono stati portati alla miseria estenuante. Ma Giovanna non viene compresa, e fallisce nella sua missione annullando così la sua unica opportunità per sostenere concretamente la causa degli operai; morirà quasi da martire, forse a ricordare la vicenda della Pulcelle d’Orléans, a causa di una grave polmonite sommersa da una fitta nevicata invocando invano, per l’ennesima volta, la necessità di un intervento nella società. Diametralmente opposto a Giovanna, si pone lo spietato capitalista Mauler che è pur sempre convinto di perseguire una propria stramba concezione della bontà: piange sulla sorte degli ani-
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mali macellati, e sviene quando si trova davanti agli occhi la misera condizione degli operai delle sue fabbriche, da lui stesso ridotti alla fame con manovre affaristiche sfrenate. Ma, a differenza di Giovanna, riesce sempre a trasformare i suoi cedimenti emotivi da sconfitte in vittorie, ricavandone una fonte di guadagno. È emblematico il modo in cui viene strumentalizzata la fine della donna: lei, l’oppositrice dei ricchi, verrà da essi celebrata, elevata alla gloria degli altari. La scena è contrassegnata da una gru sulla sinistra in cui si ergono tutte le figure del potere; infatti essa rappresenta proprio il “potere sociale“, il potere esercitato nella forza della propria autorità convenzionale, un‘autorità che alla fine diventa oggetto di stupidità. Giovanna salirà sulla gru solo al momento della morte, quando gli imprenditori la osanneranno per decretarla ironicamente santa. Gli uomini di affari sono simbolicamente tutti racchiusi dentro dei barattoli di carne in scatola - sono proprietari di fabbriche di questi oggetti: hanno perso ormai la loro umanità, non sono soltanto uomini che pensano ai
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loro prodotti, ma lo sono materialmente diventati: mostrano una vera e propria reificazione dell’uomo nel mondo capitalistico. Ronconi affronta il testo brechtiano in modo non convenzionale né didascalico, sottoponendolo – parole sue – a una sorta di “operazione drenaggio” per asciugare il tutto e al tempo stesso a una “verifica sul suo grado di attualità”. La contaminazione e la fusione dei registri e dei generi massmediatici, permette a Ronconi di ampliare gli orizzonti passando dai filmati proiettati dal taglio espressionista alla ripresa del melodramma nelle musiche. Viene fatto trasparire un principalmente l’aspetto pessimistico e sarcastico del testo, offrendo allo spettatore una lettura che mette in primo piano una visione disincantata delle ideologie, della lotta di classe, del mondo. Una società in cui l’azione dell’individuo si pone prima rispetto all’aspetto ideologico, che risulta inutile o superfluo se l’obbiettivo è un cambiamento radicale. Un tentativo teatrale di riflessione su quello che ci sta accadendo, con un invito all’azione, che forse può essere più fruttifero di qualunque altra iniziativa.
scrivere che passione!
Non aspettate neanche un secondo per macchiare il foglio bianco con i vostri pensieri a cura di Francesca ESPOSITO (IIAs)
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ersonalmente non penso di essermi mai dedicata alla scrittura, né di aver mai riempito un quaderno di pagine e pagine sui miei pensieri, le mie riflessioni, le mie convinzioni. Ma a volte scrivere rilassa la mente, è come se instaurassi tra te e il foglio bianco che hai davanti un legame speciale, perché ogni minima parola rimane impressa con l’inchiostro sulla carta e nessuno può cancellarla. A mio parere la letteratura è come un dipinto, ci vogliono i colori giusti per creare sulla tela, in questo caso un foglio, un vero e proprio capolavoro. E un’altra cosa importante è che quando si ha
un’idea di un racconto, la trama di una storia, la prosa di una poesia, non bisogna aspettare neanche un secondo, l’inchiostro della biro deve macchiare la pagina con tutti i pensieri relativi a quel racconto, quella storia o quella poesia, perché non si sa mai che possano diventare dei veri e propri “capolavori d’arte”. La letteratura tuttavia è cultura, è essenzialmente lo studio della storia di una determinata lingua e di coloro che l’hanno arricchita con magnifiche composizioni poetiche, romanzi, testi e l’hanno resa famosa. A mio parere “scrivere” non è solo un verbo, non è solo una parola o un’azione che si
compie abitualmente, è una vera e propria passione, che va coltivata e preservata, raffinata e migliorata e quando si ha il coraggio, può essere resa pubblica e quindi condivisa con altre persone. Questo è un passatempo molto diverso da come lo può essere la pallavolo, il calcio e altri giochi di squadra, perché quando scrivi lo fai solo per te stesso, per una tua soddisfazione personale, per rileggere poi i racconti scritti in precedenza e inventarne altri, migliori e più belli non tanto per essere dei perfezionisti ma solo per portare avanti questa passione tenendo in mente una sola parola “scrivere”.
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megaupload: error 404
Il complotto delle case discografiche dietro la chiusura di Megaupload a cura di Enrico TONINELLI e William BONAZZOLI (VAs)
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l 19 Gennaio 2012 il mondo di 150 milioni di utenti internet è cambiato per sempre, il 4% di tutto il traffico internet mondiale ha perso il proprio punto di riferimento, 50 milioni di persone da quel giorno hanno perso le proprie certezze. Tutto questo a causa del DOJ (United States Department of Justice) che, sotto la spinta delle maggiori case discografiche americane RIAA e MPAA, ha chiuso per sempre Megaupload. Le principali accuse mosse contro i siti creati da Kim “Dotcom” Schmitz sono quelle di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, al riciclaggio e alla violazione del diritto d’autore. Il sito di file hosting consentiva di caricare su server sparsi in tutto il mondo qualsiasi tipo di file (dalle foto di famiglia alla discografia completa del proprio artista preferito) e fino a questo punto niente di illegale, vero? Il problema sorge quando ciò che hai caricato può essere sca-
ricato da chiunque venga in possesso di un semplice link. Questo effettivamente violava il diritto di copyright, ma quanti siti di questo genere sono tuttora attivi al mondo? Perché è stato chiuso proprio Megaupload invece di altri siti altrettanto famosi come Mediafire, Hotfile, Filesonic, Rapidshare etc…? La risposta è una sola: MEGABOX, Dan dan daaan. Infatti Megaupload era solo uno dei 9 siti ideati da Kim Dotcom, i suoi fratelli erano Megavideo (simile a youtube ma con possibilità di caricare video
molto più lunghi), Megapix (servizio di condivisione immagini), Megalive (permetteva di creare e di trasmettere un programma in diretta attraverso la propria webcam), Megaclick (servizio pubblicitario che agiva sugli altri mega siti), Megaporn, Megarotic (per questi ultimi il servizio offerto è abbastanza intuitivo), Megaworld (da cui si poteva accedere a tutti gli altri siti) e Megastuff, e tutti hanno subito la stessa sorte. E Megabox? Megabox doveva ancora essere dato in pasto al grande pubblico, ma già un milione di persone avevano provato la versione beta e ne erano rimaste ampliamente soddisfatte: potevano scaricare musica gratis e legalmente. L’idea di base di Megabox era proprio questa: legalizzare la distribuzione gratuita della musica pagando agli artisti con ciò che avrebbe ricavato dall’affitto di spazi pubblicitari al suo interno. L’artista avrebbe così guada-
Kim Schmitz. Creatore di Megaupload gnato il 90% sulla propria canzone scaricata e non il misero 5-10% che giunge dalla vendita degli album. Questo avrebbe garantito maggiori guadagni e maggiore notorietà specialmente agli artisti emergenti. Un sogno troppo bello per essere vero. Un sistema così innovativo e veloce avrebbe messo in crisi l’ormai obsoleto sistema di diffusione controllato dalle case discografiche. Che non potevano accettare tutto questo, assolutamente no. Dobbiamo ammettere che si tratta solo di un’ipotesi, anche se ampliamente diffusa nel web, ma appare perfettamente logica. Se già il solo Megaupload era riuscito a provocare danni per 500 milioni di dollari sfruttando la condivisione di materiale pirata, i danni provocati da Megabox sarebbero stati enormemente maggiori. Un’altra argomentazione a favore di questa ipo-
tesi viene dalla cosidetta Mega Song. Si tratta di una canzone realizzata con la partecipazione di artisti e personaggi famosi quali Will.i.am, P Diddy, Kanye West, Chris Brown, Jamie Foxx, Kim Kardashian, Lil John, The Game, Floyd Mayweather, Serena Williams e Ciara. Qui sorge spontanea la domanda: ma com’è possibile che dei cantanti di fama internazionale decidano di cantare una canzone per uno di quei siti che hanno limitato i loro guadagni? Forse volevano sponsorizzare un fratello di quello che sarebbe stato Megabox, ovvero, la loro nuova fonte di guadagno, sicuramente più redditizia di quella basata sulle case discografiche. La storia di Mega Song è finita con una censura su youtube della Universal che si è giustificata dicendo che la maggior parte degli artisti è sotto suo contratto e quindi la Mega Song non poteva essere
trasmessa. Sito parallelo di Megabox sarebbe stato Megamovie, che avrebbe offerto film in streaming gratis, pagando gli autori esattamente come con Megabox sfruttando così Megakey (ovvero il pagamento degli autori attraverso i ricavati pubblicitari). Nonostante tutto questo l’eredità di Megaupload non è andata perduta; dei fan del famoso gruppo di hacker “Anonymous” hanno deciso di rendere omaggio al vecchio sito creando “Anonyupload” (questa volta in Russia per evitare problemi con le case discografiche), un sito che offre un servizio del tutto simile a quello offerto a Megaupload, senza alcuno scopo di lucro, ma semplicemente per protesta contro i soprusi dei potenti. Ancora una volta si è verificata la solita storia, nonostante Internet sia pieno di illegalità, tra le quali lo stesso Megaupload, se usato per fini illegali, quando stava per nascere qualcosa di veramente buono, utile e legale, la solita lobby “si è sentita in dovere” di fermarla e tutto questo è molto triste. E intanto Kim “Dotcom” Schmitz si farà 50 anni di carcere, per aver cercato di migliorare il mondo.
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and the oscar goes to…
Gli Accademy Awards e il silenzio di un film muto a cura di Giulia TONINELLI (IAs)
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nche quest’anno (84esima edizione della notte più stellare di tutte) milioni di persone, appassionati o meno, si sono piazzati davanti al loro televisore per assistere a quella magica notte che ogni anno fa scalpore nel mondo dello spettacolo. Ma quest’anno tutti sono rimasti zitti. Eh già, perché la polemica comincia da questo. Il silenzio di un film muto che conquista una serata magica, il silenzio del film: The Artist. Ben cinque statuette, quelle più importanti, sono infatti andate a persone che nessuno conosceva e che di un tratto sono diventate protagoniste del tappeto rosso degli Academy Awards. Ma non si sente soltanto il loro nome in quella notte stellata, sul palco salgono anche due italiani: Ferretti e Lo schiavo, che dedicano il premio all’amata Italia. E ancora cinque statuette, forse un po’ meno acclamate ma pur sempre importanti, vanno al film Hugo Cabret, e poi Paradiso Amaro, L’arte di Vincere, War Horse, The Iron
Lady, The help… Tutti vincono qualcosa, ma rimane un po’ l’amaro in bocca a chi non ha trionfato come avrebbe voluto. Allora ci pensa un fenomenale Billy Crystal, comico e attore, a presentare la serata facendo scappare a tutti una risata (soprattutto nel video in cui bacia George Clooney). Ma arriviamo al culmine della serata, e sale sul palco un signore che conosce bene l’emozione di vincere un premio come quello che sta per consegnare. L’ elegantissimo Colin Firth, vincitore come miglior attore nel 2011, ha il compito di consegnare l’Aca-
demy alla miglior attrice in gara, e ancora una volta, vince la bravissima Meryl Streep che nella sua lunga carriera ha raccolto ben diciassette nomination e tre statuette. Poi, un’altra stellina di Holliwood, la piccola Natalie Portman consegna emozionata il premio all’attore dell’anno. Ma la difficoltà di questa edizione per la bella Natalie sta nel pronunciare correttamente il nome di una persona di cui non sapeva l’esistenza, di cui quasi nessuno sapeva l’esistenza. E invece? Jean Dujardin, attore francese non che protagonista di The Artist, vince la sua statuetta facendosi largo tra attori con grandi carriere alle spalle come Bred Pitt, George Clooney e Gary Oldman. Ma tutta la storia degli Oscar gira intorno alla notte del 26 Febbraio 2012. Alle spalle ci sono ben ottantaquattro edizioni a partire dal 1929 in poi. Ogni anno sono tante le stranezze da ricordare, dalla ridicola camminata sulle poltrone di Roberto Benigni alla commuovente consegna
dell’oscar postumo al giovane Heath Ledger al record assoluto di nomination prese in una carriera (ben quarantasette per il compositore John Williams). Molte sono le curiosità e i primati che circonda-
no quest’ evento, ma tra mille contestazioni e pesanti polemiche su questa serata, che ogni anno affollano i giornali e le riviste, c’è solo una cosa da fare. Una cosa che quest’anno sono riusciti a fare i protagonisti di
un bellissimo film. Restare in silenzio. E guardare un buon film. Giudicare, con la propria testa possibilmente, se è piaciuto o no, assegnando il proprio Oscar personale al film dell’anno. Al film della vita.
ADESSO AL CINEMA: THE ARTIST Un film di Michel Hazanavicius con Jean Dujardin e Bérénice Bejo. Il film The Artist ha inizio a Hollywood nel 1927. Georges Valentin è un famoso divo del cinema muto. La vita sembra perfetta per lui finché l’avvento dei film sonori e la sua difficoltà nell’adattarsi lo condannerà all’oblio. Peppy Miller, giovane comparsa, sta invece per esssere lanciata nel firmamento delle star.
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i giochi di fxp
Per un momento di relax tra una verifica e un’interrogazione a cura di Giulia BELLINI e Giuditta LANZI (IIIAs)
y rt y r a w ax l q l f z a z s s crucipuzzle
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Anello Aneto Base Carro Casa Charme Collo Emilia Erba Fazzoletto Filo Formaggio Gruppo Isola Lavoro Luce Mare Materasso
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Trova i numerik che
lettere e numeri… corrispondono alle lettere: ABCB - DEFC = GAFB : + DH x AB = IEI ---------------------------------GGE + DEBB = DHDG
punti e segmenti… I punti che vedete in figura sono disposti lungo una griglia ortogonale. Il problema consiste nel coprire questi nove punti con quattro segmenti di retta senza mai staccare la penna dal foglio.
Mesi Numero Oasi Onda Pirata Posto Praga Prisma Retata Scuola Serpe Serra Sole Stirpe Sugo Tema Topo Torero
k
illusione ottica...
Fissate per una ventina di secondi il punto nero al centro di questa immagine. Dovreste provare la sensazione che l’ombreggiatura scompaia pian piano per lasciare spazio soltanto al puntino nero! Ciò accade perché quando guardiamo una scena l’occhio non cattura tutti i particolari compresi nel campo visivo ma soltanto quelli relativi ad un’area ristretta che sarebbe quella attorno al punto che stiamo fissando.
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Le soluzioni dello scorso numero
profsi nasce Individua il tuo insegnante tra questi innocenti pargoli a cura di Cristina AGAZZI (Matematica e Fisica)
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ccoci giunti alla seconda edizione di questa simpatica rubrica. Allora come è andata? Avete individuato i vostri insegnanti? Se avete ancora qualche dubbio nessuna paura, nella pagina affianco le soluzioni. Provate ora, facendo affidamento a tutto il vostro spirito di osservazione e alla vostra capacità di intuizione, ad indovinare anche questa nuova serie di insegnanti. Buon divertimento!
prof.ssa Alessandra GIULIANI Scienze motorie
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prof.ssa Cristina AGAZZI Matematica e Fisica
prof. Ruggero REMAFORTE Arte e Disegno
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prof.ssa Paola SACCALANI Scienze sociali
prof.ssa Giancarla SOMENZI Inglese
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entrambe le tre cose
aforismi e dintorni
I lapsus e gli svarioni più divertenti nati tra i banchi di scuola
a cura di Eliana FASANI, Arianna GHIDESI, Lucrezia GHIDESI, Corinne INGLESE (VAss)
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apita spesso, nelle innumerevoli mattinate scolastiche, che docenti, studenti, personale Ata ecc. si rendano protagonisti di situazioni esilaranti, magari con un lapsus, uno svarione o un motto di spirito. Perciò abbiamo deciso di inaugurare questa rubrica, ideata e curata da alcune studentesse delle Scienze sociali ed invitiamo, anzi, tut-
Ogni spesso a) Perché rumoreggiate? b) Ci ha chiesto perché amoreggiamo?
ti gli studenti ad attivarsi per farci pervenire le frasi scherzose che emergono durante le lezioni, i viaggi di istruzione e in qualsiasi altro momento della vita scolastica. La Redazione, dal canto suo, s’impegna a vagliare ogni citazione e a scartare quelle che per qualsiasi ragione vengono giudicate inopportune.
Approfittiamo di quest’ora che ci è piovuta dal cielo A forza di ripeterlo ho perso la struttura sintattica
non rispondeva! Lo so di svarionare parecchio! Come si dice: tanti ma buoni!
Ho sentito il mio eco…
Predisponiamoci con l’animo
Scusate la cacofonia! … Mannaggia, vi ho fatto ridere!
Sono stata molto cauta e ambigua
Non so se minimo due, ma almeno due sicuro.
Il discorso della finestra lo riapriamo
Sto tremando come il terremoto di ieri!
È una ragazza sarda che viene proprio dalla Sardegna
Aspettare si aspetta dal dottore… e non è neanche piacevole!
I ragazzi tra i 18 e i 65 anni
Una cerimonia di tipo cerimoniale
Sciogliere le trecce alle giraffe
Non è uno spermatozoo, è una P!
Facciamo una cena a luce di candela
Dovrà prevedere una cosa non prevista Vi do una dritta, scusate la parola volgare La finiamo a tarallucci e vino a) Qui ci sono le griglie (di valutazione)… b) Allora io porto le braciole!
Ho il biforcamento delle dita… Mi sembra di essere un salumiere… È un discorso nebuloso
Per calunnie calunniose
Sembrate delle galline che ruzzolano (razzolano)
È scappato Scappaticci (ex professore di storia)
Glielo dici nel momento di passaggio (cambio dell’ora)
Era Tonio l’amante di Renzo e Lucia era una donna del popolo
Senti Dio che chiama: “Abramo, Abramo!” … Ma ho detto Abramo? Ah, ecco perché Adamo
È facile come picchiare un tedesco ubriaco Via Caccole Pignole
Mi frusto ogni giorno per questa cosa… Smussiamo gli angoli a una moneta Il secondultimo giorno (il penultimo giorno) Entrambe le tre cose (la Guida durante il viaggio di istruzione) La casalinghitudine
Le citazioni più belle ed eloquenti, scelte per voi da FXP a cura della REDAZIONE
Soltanto il bene che è ancora in noi può aiutarci a conseguire il meglio che ci manca. (Johann Pestalozzi) Chi può fare il bene e non lo fa, quello commette peccato. (Johann Pestalozzi) Il bene non è nella grandezza, ma la grandezza nel bene. (Zenone d’Elea) Inopi Beneficium bis dat, qui dat celeriter (Publilio Sirio) Si può fare una grande malvagità. ma un’opera buona non si può farla altro che piccola. (Lev Tolstoj) L’aiuto prestato ai deboli non val tanto quanto il sostentarli dipoi. (William Shakespeare) La carità equivale all’insieme di tutti i precetti. (Sant’Agostino) La carità che non costa niente il cielo l’ignora. (Honoré de Balzac) Un maiale soccorso vale un mondo sgozzato. (Victor Hugo)
Rallegratevi con i lieti e piengete con chi piange. (San Paolo) E ha natura sì malvagia e ria, / che mai non empie la bramosa voglia, / e dopo ‘l pasto ha più fame che pria. (Dante Alighieri) Guai a voi che aggiungete casa a casa e unite campo a campo / sino a non lasciar posto agli altri. (Isaia 5,8) Un bambino è la forma più perfetta di un essere umano. (Vladimir Nabokov) Dove sono i bambini c’è un’età dell’oro. (Novalis) Il lusso, la spensieratezza e lo spettacolo consueto della ricchezza fanno quei ragazzi così belli, che si direbbero di una pasta diversa da quella dei figli della mediocrità e della povertà. (Charles Baudelaire)
La cosa più mirabile del mondo, dice un certo filosofo, è un uomo buono che lotta contro l’avversità; ma c’è una cosa anche più mirabile: un uomo buono che viene a soccorrerlo. (Oliver Goldsmith) In questo mondo bisogna essere un po’ troppo buoni per essere buoni abbastanza. (Pierre de Marivaux) Fidarsi della bontà altrui è una prova non piccola della propria bontà. (Montaigne) Nulla può far danno a un uomo buono, né in vita né dopo la morte. (Socrate) La bontà è l’unico investimento che non fallisce mai. (Hanry David Thoreau)
Maxima debetur puero reverentia. (Giovenale)
La compassione è la più importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera. (Fedor Dostoevskij)
Chi non ha vera grandezza d’animo non può avere bontà; può avere soltanto bonomia. (Nicolas de Chamfort)
Tu, o compassione, sei la sola virtù! tutte le altre sono virtù usuraie. (Ugo Foscolo)
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lepre, maiale o drago?
Scopri il tuo segno zodiacale secondo l’oroscopo cinese a cura di Elisa MILANI e Noemi VOLPI (IIIAs)
L’
astrologia cinese è divisa in 12 segni zodiacali che riportano il nome di un animale. A differenza dell’oroscopo adottato in Occidente, che deriva dalla storia greca, ad ogni segno zodiacale viene attribuito un anno. La mitologia riferisce che il Buddha, avendo coscienza che la morte si stava approssimando, rivolse a tutti gli animali della terra un appello affinchè si radunassero attorno a Lui; invece solamente 12 di essi si recarono a rendergli l’ultimo saluto. Come ricompensa, per il loro attaccamento, stabilì di dare a ciascuna fase lunare il nome di ognuno di loro in modo tale da farli essere al di sopra della morte. Svelto e astuto il Topo precedette tutti
TOPO BUFALO TIGRE LEPRE DRAGO SERPENTE CAVALLO CAPRA SCIMMIA GALLO CANE MAIALE
1948 1949 1950 1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959
1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971
e fu il primo a presentarsi dal Buddha, il secondo, intelligente e razionale, fu il Bufalo, seguito a ruota dalla coraggiosa Tigre e dalla tranquilla Lepre. Per quinto si presentò il Drago che aveva dietro di sé il Serpente, considerato un fratello minore del precedente. Settimo fu il prestante Cavallo, seguito dalla signorile Capra. Immediatamente sopraggiunse la furba Scimmia, seguita dal Gallo con i suoi accesi e sgargianti colori, naturalmente non poteva far mancare la sua presenza il sempre fedele Cane e, per concludere, favorito dalla sorte, il Maiale, che per soli pochi istanti riuscì a porgere il proprio saluto al Buddha già pronto per il Grande Passo. 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983
1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019
Le persone nate sotto il segno del TOPO possiedono un innato fascino. Hanno la capacità di mantenere i nervi saldi in qualsiasi situazione, anche in quelle più difficili. Un difetto potrebbe essere quello di non lasciare troppo spazio al prossimo.
I nati sotto il segno del CAVALLO hanno un carattere allegro ed estroverso che li rende simpatici e amanti della vita sociale. Hanno buone capacità negli affari, sono intuitivi e riescono a cogliere al volo i pensieri degli altri. Un loro difetto può essere proprio il fatto che amano chiacchierare, forse un po’ troppo.
I nati sotto il segno del BUFALO sono dotate di moltissima pazienza. Ispirano una gran fiducia nel prossimo. Sono metodici e molto precisi e detestano essere disturbati quando sono concentrati su un lavoro. Un difetto potrebbe essere quello di andare su tutte le furie quando raggiungono il limite della sopportazione.
I nati sotto il segno della CAPRA sono persone dotate di un’innata eleganza. Sono molto creativi e portati per le arti. Sono anche molto generosi verso il prossimo, senza aspettarsi in cambio nulla. Se non riescono a raggiungere subito i loro intenti si possono facilmente scoraggiare e intristire e questo potrebbe essere un loro difetto.
Le persone nate sotto il segno della TIGRE sono dotati di un temperamento esplosivo. Impetuosi e coraggiosi si gettano senza pensarci troppo in qualsiasi impresa, che qualche volta può rivelarsi fallimentare. Sono sensibili, inclini al pensiero profondo, capaci di grande comprensione verso il prossimo. Tra i loro difetti è l’umore incostante.
Le persone nate sotto il segno della SCIMMIA sono considerate dei geni stravaganti. Inventivi e imprevedibili sono incapaci di abbandonarsi all’ozio. Dotate di intelligenza sono molto abili e flessibili. Un loro difetto potrebbe essere quello di avere poco autocontrollo.
Le persone nate sotto il segno della LEPRE sono considerate di molto talento. Sono altruisti e questo li rende molto graditi al prossimo. Sono ambiziosi e si esprimono con chiarezza. Danno molta importanza alla famiglia. Dimostrano notevole capacità negli affari. Il loro difetto potrebbe essere un po’ di innato pessimismo da cui sono spesso afflitti.
Le persone nate sotto il segno del GALLO sono dotate di un grande senso del pratico e della concretezza.Non amano i giri di parole e preferiscono essere diretti con il prossimo. Hanno un’intelligenza acuta e uno spiccato senso degli affari. Amano avere pochi e fidati amici. Possono essere perfezionisti all’eccesso, un po’ egoisti e inclini a vendicarsi quando ritengono di avere subito un torto
Le persone nate sotto il segno del DRAGO godono di buona salute e dispongono di grandi energie. Sono dotati di grande intelligenza, tenaci e determinati a perseguire il loro obiettivo. Per questa ragione possono essere anche testardi, impulsivi e incapaci di accettare le inevitabili sconfitte.
I nati sotto l’anno del CANE sono leali e hanno forti principi di onestà. Posseggono un profondo senso della correttezza. Sono estremamente discreti. Ispirano la fiducia, raccogliendo confidenze e dispensando validi consigli. Talvolta possono essere anche egoisti a causa della loro introversione e spesso vengono accusati di non esser brillanti.
I nati sotto il segno del SERPENTE posseggono un’innata abilità diplomatica che li rende capaci di uscire con eleganza da qualunque situazione. Amano essere al centro dell’attenzione anche se sono inclini a parlare poco. Possiedono una grande saggezza e sono generosi. Il loro difetto potrebbe essere quello di peccare per mancanza di umiltà.
I nati sotto il segno del MAIALE sono inizialmente un po’ bruschi con il prossimo, fino a quando non viene conquistata la loro fiducia. Diventano allora galanti, cortesi, gentili verso il prossimo. Non arretrano mai e sono dotati di grande coraggio. Sono cavallereschi, leali ed onesti. Hanno grande capacità di concentrazione.
FXP - Falcone express anno V - numero 3 - maggio 2012 Organo di stampa ufficiale dell’Istituto “Giovanni FALCONE” via Saccole Pignole, 3 - 46041 Asola (Mn) tel. 0376.710423 - 710318 / fax 0376.710425 e-mail: redazionefxp@iisfalcone.gov.it blog: falconexpress.altervista.org Reg. Trib: di Mantova n. 2292/07 del 17/05/2007 Dirigente scolastico: Gianna DI RE Direttore responsabile Stefania DIVERTITO Vicedirettore Fabrizio COPERTINO Direttore editoriale Benedetta TURCATO Direttore blog Joned SARWAR Direttore marketing Francesco PASINI Vicedirettore marketing Marta PARENTI Redazione Stefania DIVERTITO Fabrizio COPERTINO Agnese BOLZONI Francesco PASINI Michele ROMANI Joned SARWAR Rossana VILLELLA Enrico TONINELLI Benedetta TURCATO Rapporto con il territorio e con le Istituzioni Michele ROMANI Grafica Letizia DOSSENA Gianluca GORINI Davide SORESINA Web Designer Stefano SOLAZZI Fotografia Alice FERRO
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