Portfolio di laurea IUAV di Stefano Toniato

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PORTFOLIO DI LAUREA

TONIATO STEFANO - 266972 Università IUAV di Venezia - Facoltà di Architettura Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura Anno Accademico 2012-2013



a Silvia



Stefano Toniato

nato a Ci adella il 15/07/1987, vive e risiede a ualmente a Fontaniva (PD) CONTATTI stefano.toniato@alice.it Stefano Toniato FORMAZIONE 27/03/2014 Laureaì in Scienze dell’Archite ura di primo livello conseguito presso l’Università IUAV di Venezia 03/08/2013 Seminario “L’Aquila 2013: monitoraggio topografico dei monumen ” presso L’Aquila. 2006 Diploma di Geometra indirizzo “CINQUE” conseguito presso l’is tuto tecnico statale G. Girardi di Ci adella CAPACITA’ E COMPETENZE PERSONALI Madrelingua: ITALIANA altre lingue: INGLESE B1 O ma conoscenza di programmi di grafica e disegno ve oriale quali Autodesk Autocad e Adobe Illustrator, programmi di ges one immagini quale Adobe Photoshop, programmi di modellazione 3D quali Google SketchUp e 3D studio, motori di renderizzazione quale Vray, programmi di acquisizione 3D e ges one point cloud quali RDF, Agiso Photoscan, iWitness e Pointool, programmi per la correzione delle distorsioni o che quale PtLens. O ma conoscenza del pacche o Office e i più comuni browser internet. Capacità di u lizzo di strumentazione professionale. A ualmente a vo per l’associazione UPD onlus dedicata alla cooperazione internazionale.


IUAV

Istituto Universitario di Architettura di Venezia Facolta’ di Architettura Portfolio di Laurea corso di Laurea in Scienze dell’Architettura (ClaSa) D.M. n. 509/1999

autore

Stefano Toniato matr. 266972

contatti

stefano.toniato@alice.it © Marzo 2014 tutte le immagini e fotografie, salvo diversa indicazione sono di esclusiva proprietà dell’autore

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indice strumenti Disegno dell’architettura

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Rilievo dell’architettura

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Caratteri tipologici e distributivi degli edifici

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Rilievo Strumentale

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prof. V. Lucchese prof. C. Balisteri Prof. G. Biasi

Prof. F. Guerra

conoscenze

Storia dell’architettura contemporanea

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Progettazione sistemi costruttivi

53

Fondamenti di Architettura del Paesaggio

63

prof. M. Bonaiti prof. V. Tatano Prof. F. Benati

progetto Progettazione architettonica 1

69

Architettura degli interni

85

Progettazione architettonica 2

97

corso di Restauro

117

Progettazione urbanistica 1

135

Progettazione archietettonica e urbana

143

Progettazione urbanistica 2

167

prof. M. Manzelle prof. C. Eusepi

Prof. B. Albrecth Prof. N. Pirazzoli Prof. B. Dolcetta

Prof. A. Ferlenga

Prof. C. Baratucci



“Voglio vedere le cose, non mi fido che di questo. Le metto qui davanti a me sulla carta, per poterle vedere. Voglio vedere, e per questo disegno. Posso vedere un’immagine solo se la disegno.” CARLO SCARPA


STRUMENTI

DISEGNO DELL’ARCHITETTURA Prof. Vincenzo Lucchese Arch. Dario Zanverdiani

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QUADRONI 6 x 30 x 40 più antichi, fatti a mano

APPUNTI DI ARCHITETTURA VENEZIA DISEGNATA

ALTINELLE 5 x 10 x 20 mattone antico di recupero proveniente dalla terraferma, come Altino. argilla di impasto non lagunare

Scopo del corso era di trasmettere gli “strumenti” necessari per una corretta descrizione, sia a livello bidimensionale che tridimensionale, del manufatto architettonico nel proprio contesto, insieme alle norme ed alle convenzioni grafiche per una lettura univoca dello stesso ed una conseguente, consapevole e fedele restituzione grafica delle architetture prese in esame. Per parlare di architettura è innanzitutto necessario “farsi la mano”. Come scriveva Carlo Scarpa: “Posso vedere un’immagine solo se la disegno” così vale anche e soprattutto per le archietture. Non esiste modo migliore per descrivere un’architettura che disegnarla. Disegnando, comprendo. Questo è il mantra che ha guidato il percorso svolto durante questo corso. E “Percorso” è una parola particolarmente adatta per descrivere quel che è stato fatto. Infatti l’elaborato prodotto alla fine del corso è stata la redazione di un “taccuino di viaggio” nel quale approfondire tramite il disegno personale le opere con cui ci siamo confrontati o le “situazioni architettoniche incontrate esplorando quella che definiamo Venezia Minore, ovvero quelle ”case di tutti”, vero tessuto connettivo della Grande Venezia. Analizzandone le varie tipologie e i particolari costruttivi storici, per creare un background di conoscenze in grado di fornire gli strumenti necessari per il progettare. Veniva poi asseganto ad ognuno un’argomento da approfondire. Come uno zoom nella veduta prospettica del De Barbari, (insostituibile istantanea della venezia del 1500) ho analizzato il palazzo Trevisan con i suoi giardini, un racconto del giardino tipo veneziano.

appunti di architettura

MATTONI

MATTONE POSTERIORE 6,5 x 13 x 26 costante dal XIV sec.

MURATURE - ORDINAMENTO RUSTICO dal trattato del Serlio

Prima tipologia di pietre rustiche, realizzate con pezzi di pietra abbozzate grossolanamente

Tipologie posteriori furono, la liscia levigata, a spigolo rozza e diamantata liscia

successive variazioni del bugnato diamantato come, diamantata a tavola piana e la stessa con maggior rilievo

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STRUMENTI

PATERE E SCUOLE GRANDI Non è raro trovare sui muri di molte architetture di Venezia dischi di pietra scolpiti, “patere”, rimandanti alle confraternite che le hanno edificate. Queste confraternite prendevano il nome di “scuole”. Le prime, per il loro splendore e magnificenza degli edifici costruiti erano secondo il Sansovino, sei. 1

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Santa Maria della Carità 1260

San Giovanni Evangelista 1261

Santa Maria della Misericordia 1261

4

5

San Rocco 1478

San Marco 1261

6

San Teodoro 1250

COMIGNOLI VENEZIANI “Il focolare da riscaldamento non esce mai in facciata, solo quello da cucina, con la piramide tronca.”

comignolo di Cà dario laterizio non intonacato

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comignolo di Cà dario laterizio intonacato

comignolo di palazzetto vicino all’accademia - intonaco in cocciopesto


archi romanici

I ordine: Arco romanico- bizantino detto a ferro di cavallo o sella Periodo: 1100 - 1200

II ordine: evoluzione del I ordine, con l’aggiunta di una cuspide all’extradosso Periodo: metà 1200

III ordine: evoluzione del II ordine, aggiunta della cuspide nell’intradosso Periodo: fine 1200

V ordine: Arco Gotico inflesso arco a due centri con inflessione Periodo: 1350 - fine 1400

VI ordine: Arco Gotico fiorito stile Veneziano per eccellenza prospetto nord - scala 1:100 Periodo: 1400 in poi

appunti di architettura

ORDINI DEGLI ARCHI VENEZIANI secondo J. Ruskyn

archi gotici

IV ordine: Arco trilobato sicuramente il più utilizzato a Venezia Periodo: 1300 - 1500

DISEGNO DI TRAFORI COMPOSITI secondo J. Ruskyn

Proporzioni: quadrato di base ABCD AE = BF = AL = BC/2 = 2HC BH = HL

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STRUMENTI 13

APPUNTI SUL GIARDINO VENEZIANO

ELEMENTI CARATTERIZZANTI

Nella simbologia, il Giardino viene definito come la fine del percorso che dalla “foresta sacra” attraverso il “boschetto sacro” porta appunto al giardino, cioè ad un aporzione di natura organizzata e curata in modo artificiale che non è più ostile all’uomo. A cui il simbolismo appunto atttribuisca valore positivo. Il “giardino del paradiso” rimanda al creatore che assegnò ai primi uomini un luogo ben curato e esente da pericoli. In estremo oriente il giardino è da sempre inteso come una perfetta imitazione dell’armonia cosmica. “Nel giardino il corso delle stagioni giunge a compimento in forme particolarmente ordinate e chiare. La vita in tutte la sua ricchezza di sfumature sfumature si manifesta in modo “meraviglioso”. Il muro di cinta trattiene le forze interne che fioriscono e la porta può essere trovata solo dopo aver fatto tutti il giro del muro.” E’ un’immagine particolarmente significativa soprattutto quando è possibile reperire nel giardino dell’anima, come in quello del paradiso, una fontana e un albero, significanti, l’abero e la sorgente della vita.

RECINTO

Opera fondamentale dell’horto conclusus, resta ma perde il suo valore nel rinascimento, quando il giardino, dove poteva, veniva ampliato.

PORTA

L’accesso principale e privilegiato è sempre quello di acqua, in asse con l’androne, aperto centralmente al giardino.

PAVIMENTAZ.

La natura simboleggiata.

PORTICO

Elemento di fusione tra spazio architettonico e spazio naturale. Dal rinascimento usato anche negli interni e nei giardini.

CORTILE

Alternativa al giadino, deriva direttamente dai chiostri e horti conclusi medievali. il pozzo al centro è anche metafora della “fonte salutis” Il cortile è il preludio del giardino.

residenza Trevisan alla giudecca impianto ‘300 finito nel ’700 lottizzazione gotica (part. veduta de Barbari)


appunti di architettura

RACCOLTA DI VERE DA POZZO disegno dal vivo

PARTICOLARE IMPOSTA TRIFORA

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STRUMENTI

RILIEVO DELL’ARCHITETTURA prof. Corrado Balistreri prof. Vincenzo Lucchese Arch. Dario Zanverdiani gruppo di lavoro - Canetti Eleonora - Sartori Stefano - Teo Monica - Toniato Stefano - Zheng Chengxun

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Quasi a corollario del corso precedente, di Disegno dell’architettura, questo corso mirava a svolgere un’indagine più profonda dell’organismo architettonico, per coglierne tutti i valori. Da quelli formali, dimensionali, a quelli percettivi e storico costruttivi. Oggetto del nostro lavoro è infatti la cappella Corner nella chiesa dei SS: Apostoli in Cannaregio a Venezia, e il prospicente palazzo Corner. Con questa esperienza il rilievo diventa processo conoscitivo profondo. Non puramente geometrico ma soprattutto storico, per comprendere come l’oggetto architettonico alla nostra attenzione, ha raggiunto quello stato. Capire il come prima del cosa. La nostra ricerca parte dunque dallo scopo per cui sono stati edificati questi due manufatti.

CHIESA DEI SS APOSTOLI La chiesa dei Santi Apostoli di Cristo è un edificio religioso situato nel sestriere di Cannaregio. Sorge nell'omonimo campo all'inizio della Strada Nova. La leggenda, narrata dallo storico Flaminio Corner, racconta che venne eretta da San Magno, vescovo di Oderzo originario forse di Altino, che in estasi vide i dodici apostoli che gli ordinavano di costruire una chiesa a loro dedicata nel punto in cui avesse visto dodici gru.

Certamente questa zona di Venezia fu tra le prime ad essere colonizzate e si ritiene che una chiesa, provvista di portico, vigna e campo santo, esistesse già nel IX secolo, in linea con le tipologie di chiese simili a quelle di torcello, ma l'unico dato certo è che nel 1549 la chiesa subì una totale ricostruzione. La data di aggiunta della cappella però è ancora incerta in quanto non sono stati rinvenuti documenti o atti che identifichino una data certa. Sappiamo solo che l’opera fu affiada al Codussi. La datazione più antica la otteniamo da un documento della scuola dei dodici apostoli, il 1499, lo stesso anno della mappa del De Barbari, in cui si chiedono 4 sepulture interne alla chiesa e adiacenti alla cappella. Nel 1575 la chiesa venne ricostruita quasi completamente: vennero riutilizzati i muri portanti e salvati parte degli affreschi trecenteschi e la cappella Corner. Incaricato dell'opera fu Alessandro Vittoria.

i corner ai ss. apostoli

I CORNER AI SS. APOSTOLI CAPPELLA CORNER e PALAZZO CORNER

Quando nel 1489 Caterina Corner, regina di Cipro, donò i suoi possedimenti alla Repubblica di Venezia portò con sé la salma di Sant'Ametisto, santo cipriota e la fece tumulare nella chiesa, tanto cara ai suoi antenati. Lei stessa venne deposta ai Santi Apostoli, quando morì il 10 luglio 1510, per doja di stomaco.

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STRUMENTI

. Nel 1575 però, quando la chiesa venne riedificata, anche il suo corpo venne spostato, malgrado la sua volontà di riposare nella chiesa dei Santi Apostoli. Oggi riposa ancora nella chiesa di San Salvador. L'interno è costituito da una navata unica a doppio ordine di pilastri. Subito sulla destra l'altare con la pala Cristo fra gli Apostoli di Sebastiano Santi, 1828 circa, segue la quattrocentesca cappella Corner, con marmi e decorazioni molto pregiati ospitano le salme e i monumenti funebri, di Marco e Giorgio Corner, rispettivamente padre e figlio di Caterina Corner. Bellissimo l'altare con la Comunione di Santa Lucia di Giambattista Tiepolo, circa del 1748. Nelle due cappelle laterali si sono salvati, anche se in condizioni non ottimali, gli affreschi trecenteschi. Sulla parete a destra della cappella maggiore è conservato il bassorilievo marmoreo di San Sebastiano di Tullio Lombardo. Sul lato sinistro pale di Gaspare Diziani e di Domenico Maggiotto. Tra di esse il pulpito e il fonte battesimale. Sul comparto centrale del soffitto le opere di Fabio Canal, Comunione degli Apostoli e Esaltazione dell'Eucarestia, VII secolo. Il campanile è del 1672 ma venne finito da Andrea Tirali nel XVIII secolo, che progettò la cella campanaria e la cuspide. Dalle armonise e belle proporzioni che tanto piacquero al Canaletto.

FONTI ICONOGRAFICHE

Confrontro tra il quadro del Canaletto del campo dei SS Apostoli e la stessa veduta realizzata con collage fotografico ai giorni nostri. Evidenti, oltre alla falsa prospettiva dell’artista, le importanti modificazioni subite dalla chiesa. come il rifacimento della cupola della cappella.

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campo dei SS. Apostoli, estratto dela veduta prospettica di J. De Barbari


i corner ai ss apostoli

RILIEVO DELLA CAPPELLA CORNARO alla chiesa dei SS Apostoli facciata sud

45cm

310cm

45cm

costruzione in mattone posteriore 6,5 x 13 x 26

PANORAMICA DEL PAVIMENTO dell’interno della cappella

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STRUMENTI

A

A

pianta della cappella cornaro - scala 1:50

sezione AA - scala 1:50

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particolare colonna interna disegno di Monica Teo


i corner ai ss apostoli

RILIEVO DELLA FACCIATA DEL PALAZZO CORNARO

schema PT

fotopiano della facciata

ridisegno faccaita su base fotopiano

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STRUMENTI

CARATTERI TIPOLOGICI e distributivi degli edifici Prof. Giuseppe Biasi

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ESHERICK HOUSE L. I. KAHN Situata nella Chestnut Hill di philadelphia, a circa 10 min dal centro e 90 min da manhattan, l'esherick house ha ricevuto il distinto premio di edificio di riferimento dall'american institute of architecture. Fu commissionata nel 1959 da Margaret Esherick, nipote del famoso scultore wharton esherick. Progettata per una signora single, la casa presenta una concezione semplice, con vano scala centrale, un soggiorno a doppia altezza e un caminetto. L’articolazione delle finestre e l’ingresso simmetrico rimandano a concetti precedentemente impigati da Kahn nella progettazione di edifici pubblici, istituzionali e civili, nei quali le diverse aperture presenti nelle facciate conferiscono monumentalità alla composizione. Le finestre sono in parte a filo con le facciate, in parte arretrate in profondità nel volume dell’edificio.

esherick house

progettista Louis I. Kahn oggetto Esherick house indirizzo Chestnut Hill, Pennsylvania anno 1959 -1961

La pianta di Esherick house rivela muri spessi nei quali sono state ricavate scaffalature oppure finestre arretrate, a filo con le pareti ingterne. I blocchi di calcestruzzo con cui è costruita la casa sono stati rivestiti di stucco per ottenere una superficie uniforme, che da luogo a un’elegante combinazione con i telai in legno scuro della finestratura a filo. La pianta è impostata su di una sequenza di quattro ambiti dalle dimensioni precise accostati e integrati in una rigida geometria generata dalla scomposizione di un rettangolo aureo. Si ritorna così ad una classificazione degli spazi impostata da Kahn, ambienti stretti che contengono spazi serventi (collegamenti e servizi) e quelli ampi che contengono gli spazi serviti (gli usi specifici nell’edificio).

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STRUMENTI

RIDISEGNO/ANALISI

A

A

PRO

piano terra - scala 1:100

A

primo piano - scala 1:100

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A

PRO


esherick house A

OSPETTO SUD PROSPETTO SUD

prospetto sud - scala 1:100

prospetto nord - scala 1:100

OSPETTO NORD

sezione AA - scala 1:100

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STRUMENTI

RIDISEGNO/ANALISI

prospetto est - scala 1:100

PROSPETTO EST

prospetto ovest - scala 1:100

DISTRIBUZIONE

primo piano

piano terra cucina/servizi

salotto doppia

sala da pranzo

scale

zona notte

ingresso / terrazzo

bagno

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esherick house

GEOMETRIA

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STRUMENTI

RILIEVO STRUMENTALE prof. Francesco Guerra gruppo di lavoro - Bellussi Luca - Dabrowski Marcin - Toniato Stefano

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Nel rilievo attuale il ruolo dei dati tridimensionali comunemente chiamati "nuvole di punti" è fondamentale. Durante questo corso abbiamo esplorato la possibilità di acquisire questa tipologia di dati non solo attraverso strumenti laser scanning, ma anche attraverso una tecnica ben più consolidata come la fotogrammetria. Il sempre più spinto progredire tecnologico mette a disposizione strumenti di presa, macchine fotografiche sempre più performanti, quindi in grado di fornire risultati apprezzabili a fronte di costi sempre più contenuti. Con queste premesse il trattamento delle nuvole di punti e le rappresentazioni che da queste seguono possono essere quindi trattate come questioni indipendenti dall'acquisizione. Il corso ha quindi affrontato dapprima le tematiche riguardanti la teoria della misura e la teoria degli errori per poi dedicarsi alla fotogrammtria digitale, approfondendone l’operatività. La presa, l'orientamento e la restituzione. Restituzione multimmagine. Prese fotografiche digitali. Trattamento delle immagini digitali. Utilizzo di software fotogrammetrici. Per poi giungere al Laser-scanning : principi di funzionamento. Tecniche di acquisizione e di registrazione. Trattamento dei dati. Integrazione con la fotogrammetria digitale. Infine come elaborato d’esame, si è messo in pratica ciò che durante il corso abbiamo imparato a conoscere, rilevando l’intero ghetto nuovo. Ad ogni gruppo di lavoro è stata assegnata una porzione da rilevare integrando la tecnica laser scanning con la fotogrammetria.

point cloud: ghetto nuovo

POINT CLOUD ACQUISIZIONE, TRATTAMENTO, RAPPRESENTAZIONE

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STRUMENTI

RILIEVO DEL GHETTO NUOVO L’obiettivo di questa esercitazione è stato quello di ottenere una descrizione particolareggiata delle facciate degli edifici prospicienti il campo del Ghetto vecchio e nuovo di Venezia per arricchire il processo di conoscenza e valorizzazione dei beni architettonici. È possibile infatti utilizzare le di milioni di punti misurati sulle facciate sia per ottenere modelli digitali consultabili. Questo è possibile integrando alla tecnica di rilevazione diretta del Laser scan quella della Fotogrammetria con camere non metriche. Ad una fase di rilievo in loco con lo strumento laser ha seguito un rilievo fotogrammetrico. L’insieme dei dati così raccolti è stato messo in relazione attraverso dei punti fiduciali comuni. Queste tecniche di rilievo ci hanno permesso di produrre i disegni architettonico e i fotopiani delle facciate in oggetto. Dobbiamo però sottolineare il fatto che in sede di restituzione, abbiamo riscontrato delle discrepanze, talvolta anche notevoli, tra le immagini raddrizzate attraverso il software di foto raddrizzamento RDF e le stesse ottenute attraverso la proiezione ortogonale della nuvola di punti estratta con Pointools. Questo è attribuibile al fatto che la tecnica del foto raddrizzamento è limitata a oggetti “assimilabili a piani” mentre la realtà Veneziana si presenta con superfici di facciata talvolta anche molto ondulate. A causa poi di una diffusa rumorosità della nuvola, sono stati quindi prodotti raddrizzamenti “errati” sebbene i residui di calcolo siano sotto la tolleranza e quindi accettabili.

RADDRIZZAMENTO E RIDISEGNO FACCIATA D2

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legenda organizzazione facciacciate da rilevare

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cofronto dati trattati con RDF e rilevati da laser scan


I dati prodotti dal laser scan sono già georeferenziati e si tratta solo di doverli integrare al rilievo effettuato con la fotogrammetria, estraendo le coordinate per il raddrizzamento delle foto attraverso RDF. I dati sono stati trattati con il programma pointools generando inoltre ortofoto e profili come di seguito.

point cloud: ghetto nuovo

TRATTAMENTO DATI LASER SCAN

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STRUMENTI

FOTOPIANO ELABORATO facciate A B C

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point cloud: ghetto nuovo

DISEGNO AL TRATTO su base dati rilievo prodotti facciate A B C

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STRUMENTI

FOTOPIANO ELABORATO facciate D E

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point cloud: ghetto nuovo

DISEGNO AL TRATTO su base dati rilievo prodotti facciate A B C

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“Il vero architetto sa distinguere e giudicare fra ciò che è bello, ciò che è vecchio e ciò che è soltanto vecchio, e non pensa né a una avventata distruzione del bello, né a copiare ciò che già esiste, e neanche al purtroppo tanto di moda “addobbo” di una città: gli è estranea qualsiasi sfrenatezza architettonica.” OTTO WAGNER


CONOSCENZE

STORIA DELL’ARCHITETTURA contemporanea Prof. Maria Bonaiti

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vienna fin de siécle

VIENNA FIN DE SIECLE VIENNA, LUOGO DELLA CRISI Al termine della prima guerra mondiale, Maurice Ravel perpetuò ne La Valse la morte violenta del mondo ottocentesco. Il Valzer, simbolo della gaia Vienna, divenne nelle mani del compostore una frenetica danse macabre. Questo monumento in chiave grottesca fungerà da introduzione per affrontare il tema di una rilettura delle trasformazioni nella Vienna fin-de-siècle e in particolar modo del significato che ha avuto la realizzazione della rinstrasse. Ma per far questo non possiamo non soffermarci sulla situazione socio-politica che vigeva in quel periodo a Vienna o meglio ancora nei rapporti intercorrenti fra politica e psiche, ma soprattutto con la loro influenza nel plasmare il mondo. La parabola musicale raveliana della crisi culturale moderna, poneva il problema, come era esattamente percepito dall’intelligentsia viennese dell’epoca, del come mai il loro mondo era caduto in preda al caos. Questa crisi, come scrive Carl Schorske, poneva anche un altro problema. Che tipo di uomo era quello che si apprestava a vacare la porta del nuovo secolo? L’uomo del vecchio secolo doveva lasciare il passo ad un nuovo tipo di uomo, si doveva passare dall’uomo logico e razionale, che attraverso il dominio scientifico sulla natura e l’autocontrollo morale aveva il dovere di fondare una società giusta, all’uomo psicologico, creatura assai più completa, ma anche più pericolosa e fervida. Un uomo compenetrato di tutto. Il liberalismo austriaco aveva conosciuto la sua stagione eroica in coincidenza con la lotta all’aristocrazia e all’assolutismo dell’età barocca. Ma in effetti, a portare i liberali al potere non era stata la loro coesione interna, bensì la caduta dell’ancien règime ad opera dei nemici esterni e del fallimento interno. Si può quindi dire che i liberali si trovarono semplicemente il potere in mano. E questa borghesia, ben diversa da quella francese o inglese, non affermandosi distruggendo o fondendosi con l’aristocrazia, dimostra tutta la sua debolezza come “classe” restando di fatto subordinata, e profondamente leale, all’imperatore. Visto come un remoto, quanto indispensabile, padre fondatore. La borghesia austriaca, radicata a una cultura liberale poggiante sulla legge e sulla ragione, veniva così a confrontarsi con una cultura aristocratica di più antica data, fatta di grazia e di edonismo. E i due elementi non potevano che dar luogo ad un composto oltremodo instabile.

Tutta questa instabilità viene inevitabilmente trasmessa all’architettura, di quel periodo. Per mezzo di un riassetto urbano che imita in proporzioni minori quello della Parigi di Napoleone III, i dirigenti liberali tentarono di tracciare la propria strada nella storia, cercarono di disegnarsi un pedigree innalzando edifici grandiosi ispirandosi al gotico, al rinascimento, al barocco del loro stesso passato.

LA RINGSTRASSE Dopo i moti rivoluzionari del 1848, come abbiamo visto, ascende al potere la borghesia liberale, introducendo l’inevitabile contrasto a seguito del passaggio dal regime assolutistico alla monarchia costituzionale. Ma nello stesso periodo assistiamo alla straordinaria crescita della città, vista come centro motore dell’impero asburgico. La popolazione infatti raddoppia nei trent’anni successivi al 1840, raggiungendo gli 850.000 abitanti nel 1870, e crescendo ancora fino ai 1.643.000 del 1900. I liberali che erano al governo accentrarono una parte dei loto sforzi più fruttuosi nella realizzazione di un’opera essenzialmente tecnica e antidrammatica, volta a far si che la città affrontasse in termini di relativa sicurezza l’impatto con la rapida crescita della popolazione. Il Danubio venne incanalato per proteggere la città dalle inondazioni che l’avevano funestata per secoli. Negli anni sessanta un équipe di esperti dotò la capitale di un perfetto acquedotto. Un rigido sistema d’igiene pubblica valse a bandire le epidemie più gravi. Nella sua fase espansionistica si può comunque dire che Vienna sia rimasta fedele al culto degli spazi liberi, legato alla tradizione barocca. Parchi costruiti non solo in funzione di un rapporto geometrico rappresentativo, ma altresì in termini organicopsicologico. “I parchi,” diceva il borgomastro Kajetan Felder, “sono i polmoni della megalopoli.” Ma la peculiarità urbanistica per la quale Vienna divenna famosa, la creazione di unità abitative a basso costo e la pianificazione dello spazio urbano in chiave sociale, nell’era della ringstrasse era del tutto assente. Il piano regolatore della Ringstrasse fu sottoposto alla supervisione dei professionisti e degli abbienti, dal momento che la strada era stata concepita e disegnata essenzialmente a loro glorificazione, e con l’intento di dargli un’adeguata sistemazione logistica.

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CONOSCENZE

La pianificazione pubblica era basata su un sistema ortogonale indifferenziato, con un criterio di controllo limitato all’altezza degli edifici e alla larghezza delle strade. Alla Ringstrasse non presiedeva un prinicpio utilitaristico, bens’ una proiezione auto culturale. Il termine usato più spesso, infatti, per designare il grandioso programma edilizio degli anni sessanta dell’800, non era “rinnovo” o “ristrutturazione” ma bensì Verschönerung des Stadtblides, ossia, “abbellimento dell’aspetto cittadino”. Il loro maestoso edificato lungo la ringstrasse di Vienna, con i suoi monumenti e i suoi palazzi privati, ci fornisce un indice iconografico della forma mentis del liberalismo austriaco nella sua fase ascendente.

La rivoluzione del 1848, se da un verso chiedeva a gran voce l’utilizzazione civile del Glacis , lo spazio tra le mura interne dell’Altstadt e la città “nuova”, la Vororte, dall’altro ne sottolineava con maggior forza l’importanza strategica. Per la vecchia classe dirigente, ancorata all’idea di nobiltà, era chiaro che il nemico in questione non era più un invasore straniero, ma un popolo in rivolta. Ma sul finire degli anni ’50 le esigenze d’ordine economico si rivelarono più forti delle preoccupazioni controrivoluzionarie. Il 20 dicembre 1857, l’imperatore Francesco Giuseppe annunciava formalmente il suo intento di adibire le aree militari del Glacis a uso civile, e istitui una commissione per l’espansione cittadina con l’incarico di pianificarne

Vienna 1844, prima dell’abbattimento delle mura dell’Altstadt

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e realizzarne la trasformazione. In realtà, nel corso dei primi tre anni, (1857-1860) l’assegnazione delle aree, espresse ancora i valori di un neo assolutismo dinastico. La prima opera fu infatti una grande chiesa, la Votivekirche (1856-1879); opera di Camillo Sitte, “un grande monumento al patriottismo e alla devozione del popolo austriaco alla Casa imperiale”. Ma l’esercito sebbene sconfitto nella difesa delle mura e delle aree militari ad esse annesse, godette di un trattamento di favore. Allo scopo di completare quella serie di “dispositivi anti-insurrezionali”.

Vennero infatti costruiti, in vicinanza delle stazioni ferroviarie un arsenale e due caserme. Infine l’esercito lasciò la sua impronta sulla ringstrasse nella sua qualità di arteria di grande traffico. Fu così che considerazioni di natura militare, unite alle aspirazioni dei civili, confluirono nella realizzazione di un viale maestoso che conferì alla ringstrasse vuoi il suo tracciato circolare, vuoi il suo carattere monumentale. Tuttavia nel decennio successivo al decreto imperiale del 1857, l’esercito, sconfitto in Piemonte nel 1859 e in Prussia più duramente nel 1866, cessò di essere una voce decisiva nel consiglio di stato e i liberali si


Sul ring non dovevano dominare palazzi imperiali, presidi e chiese, ma centri del potere costituzionale e cenacoli dell’alta cultura. Sebbene le proporzioni e la grandiosità del Ring suggeriscano il perdurare della concezione barocca, la concezione spaziale che ne ispirava il progetto era del tutto nuova e originale. Per gli urbanisti barocchi, infatti, lo spazio veniva inteso come l’alveo ambientale destinato a esaltare gli edifici che in esso trovavano posto. Mentre gli urbanisti della Ringstrasse per contro invertirono praticamente il procedimento barocco, usando gli edifici a esaltazione dello spazio orizzontale. Organizzando ogni cosa in funzione di un largo viale centrale, senza rigore architettonico e senza destinazione apparente.

vienna fin de siécle

trovarono ad essere al timone. Di conseguenza anche il progetto della Ringstrasse si modificò nella sostanza e nel significato soprattutto, dovendo esprimere ora gli ideali e i valori di una Pax liberalis. Era quindi inevitabile che il contrasto con la vecchia Inner Stadt e l’area del Ring risultasse enfatizzato, in quanto luogo dell’espressione politica. Sotto il profilo architettonico infatti, la Inner Stadt era dominata dai simboli del primo e del secondo stato. La Hofburgh, residenza barocca dell’imperatore, gli eleganti palazzi dell’aristocrazia, la cattedrale gotica di Santo Stefano e uno stuolo di chiese più piccole disseminate lungo strade anguste. Nella Ringstrasse invece, il terzo stato celebrava architettonicamente il trionfo del Recht costituzionale sulla Macht imperiale.

Prospetto planimetrico del piano regolatore della Ringstrasse, 1860

Il piano regolatore del 1859, sopprimeva ogni visuale prospettica per porre l’accento al ritmo circolare. Di conseguenza il Ring staccava di netto il vecchio centro con i sobborghi esterni. Le strade che provenienti dai sobborghi, che s’inoltrano nel ring, confluiscono nella corrente circolare senza attraversarla. In pratica, ciò che era stata una fascia di isolamento militare si trasformò in una fascia di isolamento sociale. Il grande viale centrale e circolare, non mette affatto a fuoco i grandi edifici rappresentativi della borghesia, anzi le singole costruzioni risultano autonomamente orientate verso l’asse stradale, che funge da unico

principio di coerenza organizzativa. Centri alterni di interesse spaziale si situano in reciproca correlazione, ma non direttamente, bensì confrontandosi individualmente con la grande arteria circolare, che guida il passante da un edificio all’altro, come da un aspetto della vita all’altro.

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CONOSCENZE

Il cosiddetto quartiere del Rathaus, composto da Rathaus, Università, Burgtheatre e Reichsrat, è un vero e proprio quadrilatero di Recht e di kultur. I quattro edifici pubblici che sorgono in quest’area incarnano, come una sorta di rosa dei venti, i valori del sistema liberale. Il governo parlamentare nel Reichsrat, l’autonomia municipale nel Rathaus, l’insegnamento superiore nell’Università e l’arte drammatica nel Burgtheatre. Ognuno di questi edifici fu costruito nello stile storico giudicato più acconcio alle sue funzioni. Aumentando drasticamente lo stridere della composizione finale. La Vienna liberale innalzò il suo Rathaus in un glorioso stile gotico, allo scopo di evocare le sue lontane origini di libero comune medievale.

Il Burgtheatre chiamato ad ospitare quella che nella tradizione austriaca era la regina delle arti, fu realizzato secondo i canoni stilistici del primo barocco, onde commemorare l’era in cui per la prima volta il teatro aveva unito l’ecclesiastico, il cortigiano e il cittadino nella comune passione per le arti estetiche. Venne appositamente chiamato Gustav Klimt per abbellirne il soffitto. L’Università poi, in stile rinascimentale, ovviamente, emblema inequivocabile della cultura liberale. Nella sua qualità di cittadella del razionalismo laico, fu l’ultima a ottenere il riconoscimento dalle irriducibili forze conservatrici. Così come fu la prima a soffrire l’insorgere del nuovo diritto populistico e antisemita.

Un tratto della Ringstrasse, da sinistra: Parlamento, Rathause, Università, Burgtheatre – 1888

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Infatti per lungo tempo visse all’ombra del ruolo avuto durante i moti del ’48. Fu il borgomastro Kajetan Felder a uscire da quel punto morto istituendo una commissione composta da tre archietti, con l’incarico di disegnare la planimetria, e stabilire l’ubicazione sull’ex campo di marte, dell’università, del parlamento e del Rathaus, in questo modo nel 1870 con l’entusiasmante appoggio della giunta cittadina, Felder ottenne il benestare imperiale. Come già detto lo stile scelto per l’università fu appunto il rinascimentale, onde proclamare l’affiliazione tra la moderna cultura

cultura razionalista e la rinascita del pensiero laico, dopo la lunga notte di superstizione medievale. Il progetto venne affidato a Heinrich Ferstel, che si recò in Italia per studiare, dove nacquero, le grandi università. Si recò a Padova, a Genova, a Roma e a Bologna. E tornando in patria ebbe modo di appurare che: “Tutti stupiscono al cospetto dello stile delle università Italiane e di conseguenza non v’è dubbio che se riusciremo a superarle, ci acquisteremo gloria imperitura.” Fu così che il rinascimento ebbe partita vinta.


quella posizione di dominio sull’ambiente circostante, troppo vasto, cui aveva aspirato il suo architetto. Lo spettacolare dispiegamento di edifici monumentali lungo la ringstrasse nasconde facilmente il fatto che buona parte dell’area edificata è occupata da grandi case d’abitazione. L’ingenuità della commissione per l’espansione cittadina consistette appunto nel favorire il settore privato per creare la base finanziaria indispensabile alla costruzione degli edifici pubblici. La struttura residenziale di base era ala casa ad appartamenti. Alto da quattro a sei piano, raramente l’immobile-tipo risultava composto da più di sedici unità abitative. Il modello formale per questo genere di costruzioni era offerto dall’Adelspalais (palazzo aristocratico) dell’età barocca,

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Tuttavia, l’edificio più imponente nel quadrilatero è sicuramente il Reichsrat, il parlamento. Ad opera dell’architetto danese, Theophil Hansen che scelse come “stile di rivestimento” il greco classico. Hansen, era convinto che le nobili e classiche linee di quello stile, avrebbero prodotto con impeto irresistibile un effetto edificante e idealizzante. L’edificio prospetta sulla Ringstrasse in posizione primaria e non si badò certo a spese per procacciarsi i materiali più costosi. Hansen disegnò l’opera con l’intento di suscitare ogni possibile illusione di altezza, situando l’ingresso al secondo piano, dietro un grandioso pronao octastilo, e costruì una duplice rampa curva che dal piano stradale portava i veicoli davanti l’entrata. Ma nonostante tutto ciò, il tempio del Recht non assicurava

Planimetria del quadrilatero con evidenziato il largo viale della Ringstrasse.

tanto da diventare nel linguaggio comune un Mietpalast (palazzo d’affitto). Nel corso dell’ottocento, gradatamente la vita urbana andò separando la casa dal lavoro, l’abitazione dal negozio o dall’ufficio, come era stato da sempre. Per cui se da un lato quello pseudo palazzo che era il Mietpalast, vedeva ancora associati gli spazi ad uso commerciale con le abitazioni, per contro raramente gli inquilini erano i gestori di quegli spazi commerciali. Quando i pianificatori della Ringstrasse si dedicarono al problema delle strutture residenziali, più d’uno vi colse l’occasione per porre rimedio al problema della dispersione urbana, cercando di far vivere i residenti in spazi superconcentrati. Un opuscolo circolante al tempo poneva il quesito, Come bisogna costruire Vienna? Nel quale veniva supportata la causa della costruzione unifamiliare. Autori di tale opuscolo erano Rudolf Von Eitelberger e Heinrich Ferstel. Entrambi imbevuti di storicismo romantico, e come molti liberali dell’epoca, anglofili, si prodigarono per la causa della semi-detached house inglese, proponendo che quel modello venisse adottato per lo sviluppo edilizio della Ringstrasse. Ma sebbene in contraddizione con la cuasa inglese essi proponevano una casa-tipo, provvista di ufficio o magazzino al pian terreno, l’abitazione per la famiglia a primo piano

e gli alloggi della servitù o i laboratori ai piani superiori. In più per le famiglie borghesi più moderne, con i laboratori o negozi ben distanti da casa, Eitelberger e Ferstel, proponevano una casa composta da singoli appartamenti, opgnuno dei quali avrebbe occupato un piano. La cosiddetta Beamtenhaus. Nelle decisioni operative dei pianificatori tuttavia, la casa d’impronta inglese o di tipo nobiliare non prevalse. Non soddisfaceva né la volontà di occupare al massimo le aree edificabili, né il desiderio di esternare i simboli dello status aristocratico. Il borghese di nuovo conio infatti, aspirava a essere non tanto un patrizio, bensì un “nobiluomo”, se non nei suoi valori intrinseci, perlomeno esteriormente. La decisione di cedere il terreno a lotti, rispecchiava la non volontà di minuta frantumazione delle aree, e gran parte degli stabili furono concepiti come strutture abitative plurifamiliari, il cui carattere “aristocratico” era affidato esclusivamente alle facciate. Mentre il pianterreno, a grosse bugne, era destinato alle attività commerciali, il secondo piano denominato Nobelstock (piano nobile) ospitava uno o due spaziosi appartamenti, il terzo piano a volte riproduceva la pianta del piano inferiore, altre volte veniva frazionato in appartamenti più piccoli.

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CONOSCENZE

Nella prima fase della Ringstrasse, 1861 – 1865, la grande richiesta di abitazioni destinate a famiglie di ceto a medio reddito, alimentò la tendenza a realizzare appartamenti piuttosto piccoli e uniformi, ai quali corrispondeva una certa classicità monocorde delle facciate, come si può notare nel Kärneter Ring. Nella seconda fase edilizia, 1868 – 1873, la differenziazione prevalse sia all’esterno che all’interno. Nella Reichsratsstrasse, gli architetti realizzarono le planimetrie dei singoli piani, ingegnandosi di collocare il maggior numero di appartamenti in modo perpendicolare alla strada, in modo da posizionare il maggior numero possibile delle ambite finestre in facciata, alzando in questo modo il reddito. Scaloni imponenti e grandiosi vestiboli divennero peculiarità favorite. Ma nelle case d’abitazione che presentavano marcate differenziazioni verticali poteva accadere che lo scalone si fermasse al piano nobile, mentre il resto dei piani era servito da scale più modeste. Non mancarono comunque soluzioni degne di nota come il Gruppenzinshaus disegnato da Hansen, che ideando una specie di condominio, coprì l’intero lotto edificabile con un edificato architettonicamente omogeneo. Ma che, concepito come otto unità ben distinte permetteva l’alienazione separata,

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Kärneter Ring, - 1905

quindi alti guadagni, ma avendo ogni unità abitativa ingressi identici, garantiva una grandeur ad ogni singolo proprietario. Nell’ambito della media borghesia residente nella Ringstrasse, gli industriali tessili costituivano la comunità più numerosa di proprietari residenti, che occupassero un’area definita. Infatti se le manifatture avevano sede prevalentemente in provincia, gli organi direttivi e i piccoli artigiani restavano accentrati nella capitale. L’antico quartiere dei fabbricanti di tessuti rinchiuso nella inner stadt si riversò quasi interamente nel settore nord-orientale della Ringstrasse, che diventò il nuovo quartiere dei “tessili”. Qui gli industriali senza badare a qualsiasi indicazione architettonica, costruirono case nelle quali accentrarono abitazione e sede di lavoro, in conformità all’uso tradizionale. Al piano terra erano disposti i locali dell’azienda, mentre al piano nobile risiedeva la famiglia del proprietario mentre i piani superiori quando non erano utilizzati per ulteriori uffici o come magazzini, venivano dati in affitto. Nel 1912, la Ringstrasse poteva dirsi virtualmente completa e il predominarvi del Mietpalast a destinazione residenziale era del pari un fatto compiuto. Dei 478 edifici privati della Ringstrasse soltanto 72 erano nelle mani di proprietari consociati,

Gruppenzinshaus – 1870


Il quartiere del Rathaus quindi, esprimeva il senso di dignità opulenta cui aspirava l’élite dell’era lioberale. I suoi edifici residenziali offrivano una degna cornice ai grandiosi edifici pubblici che, con la loro fiduciosa dogmaticità dimostrativa, costituivano i gioielli del liberale Ring viennese.

Reichsratstrasse – primi del ‘900

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e di questi solamente 27 esercitavano le loro attività lavorative nelle case di loro proprietà. Anche sotto questo aspetto, lo sviluppo urbanistico del Ring si rivelava per un’espressione dell’era individualistica. Gran parte della Ringstrasse esprimeva una fluida commistione di ceto aristocratico e di alta borghesia. Percorrendo la strada in senso orario infatti, dalla Scharzenbergplatz, simbolo dell’aristocrazia, on direzione del teatro dell’opera, subentrava il “secondo stato”, quel miscuglio di aristocrazia della cultura, di rendita e di élite burocratico-commerciale. Procedendo poi verso la zona dei musei e dell’università, il quartiere del Rathaus, si era di fronte ai più solidi pilastri sociali dell’ascendente liberalismo. Superando poi la zona della Votivkirche, si raggiungeva la zona dei “tessili” come detto prima, in cui trovava luogo la borsa valori. Particolare attenzione merita la Reichsratstrasse che corre alle spalle del parlamento di Hansen e conduce al Reichsrat, sembra quasi essere una risposta borghese all’antica, aristocratica Herrengasse che sboccava nella piazza antistante l’Hofburg. La Reichsratstrasse offre un’immagine compatta di strada prettamente residenziale. In contrasto quasi con la Ringstrasse, che sminuisce gli edifici. Qui gli architetti dando prova del loro valore hanno dissimulato la funzione commerciale delle case situando negozi e uffici al pianterreno, ma con estrema discrezione, dando luogo ad un effetto di rara eleganza.

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PLANIMETRIA DELLA ZONA DEL RING nella sua configuarzione finale

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IL DIBATTITO ARCHITETTONICO NELLA VIENNA FIN DE SIECLE Otto Wagner e Camillo Sitte a confronto

PREFAZIONE Il diba to archite onico viennese di fine o ocento vide apparire numerosi scri dei più famosi professionis del se ore, di storici dell’arte e di ingegneri sanitari dedi alla pianificazione urbanis ca. In un momento di grandi trasformazioni, nel passaggio da ci à a metropoli, Vienna divenne il caso simbolo della problema cità che le nuove esigenze sociali ed economiche ponevano nei confron della conservazione urbana e della tradizione s lis ca. Andiamo quindi a fare un confronto tra tre dei libri più illustri pubblica in quel periodo. Der städtebau nach seinen künstlerischen Grunds.ätzen di Camillo Si e, nella sua terza edizione del 1901, Moderne Architekture, nella prima edizione del 1897 e Die Groszstad del 1910, entrambi di O o Wagner. Se Camillo Si e, nel suo libro, so olineava l’importanza del fa ore este co nella proge azione urbana e invitava gli archite a creare ci à a misura d’uomo, O o Wagner, pochi anni dopo, in Moderne Architektur, accentuava il cara ere funzionale, proclamando la necessità di uno “s le u le” per la vita moderna delle grandi masse. Analizziamo i tes nelle loro più recen versioni Italiane. Una volta descri a la genesi di queste due opere, si darà conto dei loro contenu confrontando le posizioni dei due autori sui grandi temi intorno ai quali si incentrava all’epoca la riflessione, quali il ruolo dell’archite o, il rapporto tra archite ura ed ingegneria, il giudizio sulle trasformazioni urbanis che della zona della Ringstrasse e l’elaborazione di nuove proposte per la ci à di Vienna.

DER STÄDTEBAU NACH SEINEN KÜNSTLERISCHEN GRUNDS.ÄTZEN – terza ed. 1901 I mo vi che hanno portato Si e ad occuparsi di urbanis ca e comporre un’opera come Der städtebau nach seinen künstlerischen Grunds.ätzen sono molteplici. Innanzi tu o si deve prestare a enzione alla sua formazione, avvenuta seguendo gli insegnamen di Eitelberger e Von Ferstel. Di Heinrich von Ferstel si ricorda in par colare uno scri o del 1877, Memorandum sullo sviluppo futuro di Vienna nel quale si so olineava l’importanza della proge azione di piazze e spazi pubblici, deplorando l’indifferenza contemporanea alla monumentalità e alla bellezza. Cara eri peculiari, secondo egli, della ci à medievale. Il tema della bellezza, intrinseca alla ci à medievale, viene ampiamente tra ato nel libro di Si e. Tu avia fino ad allora Si e non aveva dedicato grande a enzione all’urbanis ca, dis nguendosi come proge sta

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in campo ecclesias co invece. Il periodo tra il 1875 e il 1883 lo vede distante da Vienna per impegni lavora vi, tenendolo conseguentemente distante anche dal diba to sull’espansione ci adina che in quegli anni, grazie all’abba mento delle mura, si teneva. Al rientro, Si e si interessò delle nuove realizzazioni e delle teorie elaborate in materia di pianificazione, prima curando nel 1885 una mostra sull’urbanis ca secondo Go ried Semper, poi pubblicando una serie di ar coli su singoli problemi viennesi, in par colare sulla collocazione dei monumen . Seguendo, forse il discorso iniziato circa 30 anni prima dal barone von Czoernig, primo presidente della commissione centrale per lo studio e la conservazione delle costruzioni monumentali, il quale affermava appunto che “i monumen formano con il luogo dove sono sta edifica un insieme indissociabile e non possono essere strappa da essi senza che questo compor la loro distruzione parziale o completa.” Si e aveva sicuramente le o il tra ato di Baumeister del 1866 che considera la ci à sopra u o come prodo o della cività industriale, competenza di economis ed ingegneri. Tu avia mentre l’opera di Baumeister, dal tono pre amente da manuale e ado ato dai politecnici tedeschi viene ricordato come uno scri o pre amente tecnico, il libro di Si e si pone a svolgere una funzione instauratrice piochè non si occupa tanto di trasformare la ci à esistente, quanto di creare quella nuova, tenendo conto dei valori funzionali ed este ci. È dall’esperienza dell’osservazione dire a di pizze, castelli e altre archite ure italiane e tedesche che nasce la scelta delle immagini presentate in Der städtebau nach seinen künstlerischen Grunds.ätzen, raffiguran per la maggior parte vedute prospe che di famose strade e spazi urbani dall’an chità al periodoo barocco, oppure planimetrie di piazze. Si e inoltre si richiama esplicitamente al De archite ura di Vitruvio riguardo la conformazione delle ci à greche e romane, l’esposizione ai ven , il conce o di simmetria. Infine, senza mai nominarlo, fa riferimento al De re aedificatoria di Leon Ba sta Alber , condividendone le idee in materia dei cara eri determinan la bellezza di una ci à, de ata dalla disposizione di strade, piazze e edifici e dalla proporzione tra edifici e loro piazze an stan . Per Si e gli argomen desun da fon classiche non servono a dare solo una dignità umanis ca alle teorie urbanis che, ma forniscono supporto per la soluzione dei problemi a uali. La ci à moderna, secondo Si e, può e deve nascere da una riflessione sui fondamen este ci rintracciabili nella storia e riproducibili se non nelle forme ornamentali, nei ben più rilevan principi della pianificazione. La sfida principale del suo tempo era la sintesi tra arte e tecnica, tra bellezza e funzionalità, e Si e si impegna a richiamare l’a enzione dei suoi contemporanei

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e dei posteri proprio su ques temi a raverso il suo libro, dove esprime una ferma condanna al tecnicizzarsi dell’urbanis ca, richiamando una pari considerazione tra problemi ar s ci e funzionali. Oppone alla di atura dell’urbanis ca amministra va la possibilità di una creazione o ges one dello spazio qualita vamente elevate. Proponendo nel concreto l’is tuzione di concorsi specifici e l’affidamento della proge azione agli archite . Grazie anche all’osservazione degli interven di Haussmann a Parigi, alla le ura del tra ato di Baumeister dove si suggeriva l’isolamento degli an chi edifici e in ul ma le realizzazioni della Ringstrasse con la collocazione enfa ca dei monumen nelle grandi piazze, Si e può meditare sulla relazione tra pieni e vuo nella piante della ci à. Egli individua la sorgente della bellezza delle an che ci à nel loro essere un organismo unitario. Non dalla rigidità geometrica, ma dall’empirica coordinazione degli interven architettonici ed urbanis ci successivi a perseverare la compiutezza dello spazio. Alla mancanza di forma della ci à contemporanea Si e oppone una proge azione improntata ai principi della composizione. Tra i mo vi portan delle teorie di Si e si deve so olineare proprio la dimensione visiva della ci à. Rilevando in esse un’influenza degli studi di Hermann Märtens (Op schen maas für den städtebau 1890 ) sulla relazione tra costruzione e spazio circostante a seconda del po di percezione che si vuole indurre nell’osservatore. È molto probabile che Si e sia rimasto colpito dalla loro le ura, deducendo dai meccanismi della visione, comuni agli an chi ed ai moderni, le leggi este che della proge azione urbana. Le più importan conseguenze del tributo alla percezione ambientale saranno nell’opera di Si e la preferenza per gli spazi chiusi, abbracciabili dallo spe atore con un unico sguardo, ammira strade stre e e piazze chiuse, definendo tu o ciò “pi oresco”. Inteso però non come a ributo roman co, ma come qualità emergente nell’insieme armonico di archite ure. A raverso la presentazione di alcuni esempi storici, Si e suggerisce agli urbanis contemporanei di ricavare regole composi ve per il presente, richiamando l’a enzione sulla “Stadtgestaltung”, il proge o urbano, per una proge azione tridimensionale in base ai principi visivi. Ricordiamo però, che il discorso di Si e è sia este co che e co: egli si oppone alla perdita di forma della ci à, ma anche alla disgregazione sociale e culturale della comunità ci adina. Si e registra i cambiamen nella mentalità e nei comportamen degli abitan de a dal mutare dell’ambiente umano e coglie anche la dimensione temporale del rapporto ci adino/spazio nelle diverse impressioni suscitate in lui dal percorso giornaliero in un centro. Si e compie con nui passaggi dall’analisi razionale alla valutazione este ca e concede largo spazio all’apprezzamento della bellezza delle ci à del passato condannando la trascuratezza dei nuovio interven urbanis ci.


Le due immagini, la ci à presente e quella an ca, si scontrano nel testo con una corrispondenza di uno a mol . Se nella prima parte di Der städtebau, alle dozzine di realtà an che la ci à moderna vi si oppone come referente unico, inversamente, nella seconda parte, la ci à moderna è a sua volta dispersa in una molteplicità di esempi mentre la ci à an ca diventa un’en tà unica. Nei primi capitoli quindi si presenta uno studio sulle an che sistemazioni, poi si parla dell’urbanis ca contemporanea e nell’ul ma parte si propone l’applicazione dei principi e co – spaziali an chi alla ci à moderna. Der städtebau nach seinen künstlerischen Grunds.ätzen conobbe un successo insperato dallo stesso autore ed ebbe una seconda edizione, in verità una ristampa, nel giugno 1889, a distanza di un mese dalla prima edizione del maggio 1889. Tra il 1900 e il 1901 apparve la terza edizione e nel 1909, postuma, la quarta, ristampata dai figli nel 1921 – 1922. Il testo fu trado o in varie lingue, a volte con notevoli cambiamen e tagli: in francese nel 1092, in russo nel 1925, in spagnolo nel 1926, in inglese nel 1945 e in italiano solo nel 1953.

MODERNE ARCHITEKTUR – Prima ed. 1895 Moderne Architektur viene presentato da Wagner come un libro di testo per i suoi allievi. Trovandosi infa in una posizione di rilievo , come quella di professore ordinario, egli ebbe il coraggio di andare contro la tradizione dell’Accademia e di proclamare, in un testo dida co, nuovi principi su cui fondare l’archite ura. Anche per questo la cri ca ha considerato Moderne Architektur quasi un manifesto dell’archite ura del XX secolo. La prima edizione del libro, la cui prefazione è firmata nell’o obre 1895, venne pubblicata pochi mesi dopo, dopo che Wagner si era già confrontato con la stesura del piano regolatore di Vienna e stava a endendo la costruzione delle stazioni della metropolitana. Il testo rispecchia un’a enzione complessiva all’archite ura e all’urbanis ca, individuando nell’intera ci à il campo d’intervento del proge sta moderno. Non si pensa solo alla costruzione dei singoli edifici in sé, ma ad una nuova sfida a scala urbana, la traduzione in forme archie oniche di quella nuova realtà sociale ed economica che è la grande ci à in espansione. Wagner scrive che la metropoli è in assoluto la più moderna delle creazioni e vive l’impegno di rispondere ai suoi nuovi problemi con fedeltà allo spirito del tempo. Tra i precursori o comunque tra i riferimen delle idee di Wagner possiamo certamente individuare Go ried Semper, per il riconoscimento di cara eris che di funzionalità all’arte e di espressività ar s ca propria dei materiali e delle tecniche costru ve, e Alois Riegl per la teoria della creazione ar s ca come volontà espressiva degli ideali di un’epoca. Riguardo poi alla relazione con la do rina di Semper, da ques espressa in Der S l, si rileva una sicura a enzione da parte di Wagner,

tes moniata dalle sue stesse parole, ed un superamento di tali teorie. Wagner valorizzava fortemente l’idea della forma edilizia come base della forma ar s ca, dello s le co,e risultato dei nuovi materiali e delle necessità nate dai mutamen sociali. Dell’archite ura come creazione indipendente dall’imitazione della natura e legata alla capacità demiurgica, ossia la potenza creatrice e l’intelligenza ordinatrice, del proge sta nel rispondere alle esigenze della vita moderna. All’archite o viennese si deve inoltre riconoscere il merito di aver aperto la strada la strada verso l’unità di ideale e reale, di arte e tecnica, di bellezza e funzionalità. Tentando di instaurare una relazione tra la concezione del mondo, la Weltanschauung tedesca, di una determinata epoca ed il volere ar s co che so ende le inevitabili mutazioni s lis che. Che sono viste alterna vamente come il prodo o di un “ideale di bellezza” differente (Riegl) oppure come un “progresso” coincidente con l’avanzamento tecnologico (Semper). L’arte nasce dalla crea vità individuale, dall’ideale di bellezza che l’archite o esprime a nome della colle vità. Mentre Riegl derivava con sicurezza il Kunstgeist, lo spirito ar s co, dai valori nazionali, Wagner, negando il rapporto determinis co nazione-forma, afferma che è il tempo, più che il luogo, a indicare all’ar sta le modalità di espressione. Wagner condanna l’eccle smo del XIX secolo poiché lo sviluppo sociale e la frene ca evoluzione della ci à tra o ocento e novecento impongono una fra ura con gli s li del passato. L’archite ura di Wagner vuole essere espressione della modernità. Un conce o di “modernità” che si riassume in un’iden ficazione tra arte e funzione, tra s le e u lità e tra bellezza e adesione alle necessità contemporanee. Nella prefazione alla seconda edizione, datata 1898, Wagner parla dell’incomprensione da parte di mol colleghi e della consolazione datagli dal sorgere del movimento della Sezession. Nel 1902 esce la terza edizione e nel 1914 appare la terza, dal tolo Die Baukunst unserer Zeit, nella quale al posto di “archite ura” si sos tuisce il termine “arte del costruire”.

DIE GROSZSTADT – 1910 Quando nel 1894 pubblicò la sua relazione sul proprio proge o di piano regolatore per Vienna, che trovò ulteriori sviluppi tra il 1910 e il 1911, Wagner decise di stendere un nuovo scri o sulla ci à, dal tolo Die Groszstadt: eine Studie über diese. nel 1911. Anche se Wagner sos ene di non riferirsi ad una ci à in par colare, è so nteso che il modello esposto possa andare a cos tuire una soluzione per l’espansione di Vienna. Egli infa non formula proposte rela ve ai centri ci adini, ma si sofferma soprattu o sugli ampliamen , i nuovi quar eri, i sobborghi. Tu avia non manca di riservare alcune cri che ad Haussmann, agli storicis che avevano realizzato gli edifici sull’area della Ringstrasse e forse anche a Si e, affermando che “Il vero archite o sa dis nguere

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e giudicare fra ciò che è bello, ciò che è vecchio e ciò che è soltanto vecchio, e non pensa né a una avventata distruzione del bello, né a copiare ciò che già esiste, e neanche al purtroppo tanto di moda “addobbo” di una ci à: gli è estranea qualsiasi sfrenatezza archite onica.” Il testo di Wagner è diviso in tre paragrafi, L’immagine urbana, il piano regolatore e gli aspe economici. Inoltre aggiunge una pianta del XXII distre o di Vienna con una prospe va del suo centro. L’archite ura del XX secolo è per Wagner indissolubilmente legata all’urbanis ca. Ogni proge o deve essere correlato ad un’idea di ci à complessiva, la metropoli può essere l’opera d’arte totale, in cui si incarna la modernità. Wagner immagina una “Vienna metropoli” dai grandi numeri e delle grandi masse. Respinge l’ipotesi della ci àgiardino a favore di una pianificazione rigorosa di distre dota di tu i comfort e servizi. In cui ogni distre o è collegato da strade e metropolitane al centro ci à e accogliendo un massimo di 150.000 abitan e formando di conseguenza “un gruppo di piccole ci à disposte a orno al centro”. Grande a enzione è riservata anche ai tempi di spostamento e alla ges one del traffico, Wagner propone strade mul livello e “assicurando un traffico veloce e facendo in modo che si possa svolgere un costante traffico zonale e un costante traffico pendolare nelle strade radiali, in modo che un punto qualsiasi della ci à possa essere raggiunto cambiando mezzo una sola volta.” La Groszstadt dal punto di vista economico non è una ci à utopica, ma il fru o dell’osservazione obie va dei meccanismi della rendita immobiliare ed il tenta vo posi vamente con chiare e precise indicazioni agli amministratori locali. Wagner infine conclude Die Groszstadt con qualche cenno alle nuove pologie edilizie, privilegiando l’abitazione mul piano e i grandi blocchi edilizi, dichiarando superate le ville e e le unifamiliari. La metropoli di Wagner, nega un rapporto con la tradizione definendosi come momento di una nuova nascita dell’arte, in opposizione alla ri-nascita storicis ca. Per Wagner la “grande ci à” ha in sé i valori este ci che la rendono la forma ideale in cui la cultura XX secolo saprà esprimere il meglio. Ma la Groszstadt non è soltanto l’espressione della conciliazione di esigenze sociali e aspe economici, ma assurge a simbolo dell’archite ura del nuovo secolo, condensando progresso tecnologico, bellezza, razionalità e arte. Con Die Groszstadt Wagner fornisce for s moli alle generazioni future di archite , ponendo defini vamente l’idea di metropoli al centro dell’a vità teorica e proge uale, con echi che si rintracciano nei tes e nei manifes reda dai più importan esponen dell’archite ura del novecento.

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CAMILLO SITTE E OTTO WAGNER: un confronto sulla Ringstrasse La le ura di Der Städtebau nach seinen künstlerischen Grundsätzen, di Moderne architekture e di Die Groszstadt perme e un confronto tra le idee dei due autori riguardo ai grandi temi del diba to archite onico di fine o ocento. Sia Si e che Wagner esprimono nei loro scri una valutazione sull’operato dei proge s della Ringstrasse e degli edifici che vi si affacciano, offrendo il loro contributo alla definizione di un’urbanis ca di qualità auspicando un ruolo primario per gli archite nella creazione della ci à moderna, spesso affidata solo ad amministratori e tecnici. Un impulso determinante alla redazione dei libri di Si e e Wagner è stato certamente l’assistere dei due archite alle grandi trasformazioni della ci à di Vienna. Le cri che espresse in Der Städtebau nach seinen künstlerischen Grundsätzen sono mirate all’immagine complessiva della Ringstrasse e degli interven i alcuni quar eri del centro di Vienna, mentre quelle esposte in Moderne architekture sono rivolte allo “s le” dei singoli edifici. Si e si scaglia contro la creazione di spazi vuo davanai palazzi più importan e contro l’apertura di enormi viali, per ragioni este che, psicologiche e pra che. Egli afferma infa che il ci adino che si trovi a percorrere ques spazi percepisce sensazioni spicevoli, mancanza di legami e proporzioni tra se e ciò che lo circonda. Inoltre strade troppo larghe e piazze aperte con l’unione di molte vie, risultano pericolose da a raversare. Si e invoca l’adozione di criteri prospe ci e proporzionali nel determinare le dimensioni di una piazza e la disposizione di edifici e strade d’accesso. Un centro storico non deccve essere alterato nei suoi equilibri e gli ampliamen moderni devono tener conto di criteri este ci, oltre che funzionali. Per questo Si e propone un proprio proge o per la sistemazione di tre piazze, a orno alla Vo vekirche, di quelle tra Burgtheater e Rathause, dell’università e del palazzo di gius zia. Inserendovi logge, colonna e aiuole, inquadrando gli edifici in visuali determinate e gradevoli. Questo piano merita par colare apprezzamento perché avrebbe avuto il pregio di dare ad ogni edificio un’area defini vamente controllata da esso, rafforzando la sua personalità. Queste sono invero istanze comuni a Wagner, per quanto riguarda il desiderio di unità nello s le archite onico, da raggiungere con nuove forme adeguate alla nuova era. Ma l’archite ura dei palazzi sulla Rinstrasse era un’archite ura “in s le”, creata da proge s che spesso concepivano for discrepanze tra stru ura ed aspe o della costruzione, l’una affidata ai nuovi materiali, l’atro scelto tra forme ed ornamen di tu e le epoche. Wagner rifiuta il decora vismo, l’imitazione di mo vi colleziona dai giovani archite nei loro taccuini di viaggio. Il rapporto di Wagner con lo storicismo del Ring è bene espresso da Hermann Bahr: “O o Wagner è l’an tesi della Rinstrasse di Vienna.”


LA CITTÀ MODERNA Due visioni a confronto Dall’analisi degli scri di Si e e Wagner si rileva che sul tema centrale di queste opere, la ci à, si riscontrano significa vi elemen di concordia tra i due autori così come altre anto for contrapposizioni su alcuni aspe . Non si può estremizzare ar ficiosamente il confronto tra un’immagine reazionaria di Si e ed una rivoluzionaria di Wagner, tra una ci à este camente gradevole ed una funzionale. Il testo di Si e è interamene dedito a proporre, nella formulazione dei piani regolatori delle ci à moderne, l’adozione di soluzioni ar s che derivabili dai principi so ntesi alla formazione dei centri storici e delle ci à più an che. So olineando al contempo, la necessità che la ci à sia contemporaneamente dotata delle posi ve conquiste in campo sanitario, ambientale e pra co nonché di una bellezza composi va. È necessario comprendere che il richiamo alla ci à an ca non prevede effe pi oreschi a ficiosi ed irregolarità forzate e sterili. Si tra a essenzialmente di cogliere i principi este ci fondamentali di quest’ul ma e di saper riconoscere simili potenzialità nella pianificazione contemporanea. Si e infa scriveva: “Le esemplari creazioni dei maestri d’altri tempi devono restare vive, ma non a raverso un’imitazione senz’anima. Occorre esaminare quello che c’è d’essenziale in quelle opere e ada arlo, in modo significa vo, alle condizioni moderne.” Anche secondo Wagner si deve vigilare sulle scelte meramente burocra che degli amministratori e sulla mediocrità delle proposte degli uffici tecnici, proponendo un piano regolatore per l’espansione che irreggimen il trascurato mondo delle periferie con razionalità e validità tecnica ed este ca. Wagner acce a con realismo le tendenze economiche in a o e in un certo modo riprende Si e invitandolo a tenerne conto. Entrambi gli archite si interessano al tema della percezione della ci à, sia so o il profilo visivo, sia so o quello psicologico. Si e e Wagner lamentano una perdita di riferimen e una difficoltà ad iden ficarsi con lo spazio ci adino come conseguenza delle moderne trasformazioni. Si e accusa coloro che hanno creato viali e piazze sovradimensiona a causa della loro incapacità di ges re il rapporto tra pieni e vuo , conducendo a una disgregazione sociale e alla rinuncia della missione educatrice e patrio ca dell’arte urbana. Wagner, invece, è un sostenitore della grandiosità come nuova monumentalità in cui si esprime la società moderna. Ma anche lui me e in guardia dall’anonimato in cui rischiano di cadere le periferie e i quar eri di recente costruzione, dove mancavano completamente i segni della vita pubblica e della cultura. Tra le riflessioni sulla sociologia urbana e sulla psicologia dei contemporanei il giudizio di Si e è nega vo, in quanto percepisce che la tendenza all’isolamento e all’individualismo sta prendendo purtroppo il soppravvento nella vita moderna. Wagner invece,

Wagner invece, distante da tali ragionamen e ci, ri ene semplicemente naturale che tale tendenza sia assecondata dall’archite ura. Perciò Si e si richiama a modelli comunitari quali la polis greca o il comune medievale, mentre Wagner auspica una ci à totalmente nuova e rispondente ai desideri della società contemporanea. Entrambi gli archite partono da un rifiuto dell’urbanis ca senza anima, ma tengono in diversa considerazione alcuni aspe ed esprimono proposte basate su riferimen oppos . Si nota infa una predilezione di Si e per i problemi della piazza mentre per Wagner quelli della strada. L’uno strenuo difensore della strada curva e dei traccia irregolari, mentre l’altro sostenitore della linea re a e degli incroci perpendicolari. Entrambi concordano nel deplorare i grandi viali albera (i Buolevards di Haussmann), ma Si e perché essi offuscano i monumen , mentre per Wagner perché isolano un quar ere dall’altro. Il primo inoltre sos ene una distribuzione del verde in piccoli girdini condominiali o in par delle piazze, il secondo invece è per i grandi parchi pubblici. Si e difende l’asimmetria e la varietà di costruzioni e traccia viari, Wagner ha il culto della simmetria. Entrambi gli archite concordano comunque nel proteggere la disposizione dei centri storici. Si e scrive: “Il ca vo gusto del nostro tempo maltra a anche le opere degli an chi maestri non tenendo conto che esse furono concepite per essere inserite in un certo contesto e non sopportano quindi di essere isolate poiché perderebbero tu a la loro efficacia.” Wagner gli fa eco dal suo libro: “L’isolamento delle ca edrali, riproposto con tanto zelo negli ul mi tempi, è assolutamente da evitare. Tu i tenta vi del genere svol sinora si sono risol in un fiasco.” Si e e Wagner, in sostanza, concordano sia sul rispetto dei centri storici, sia sull’u lità di unire bellezza e u lità nelle aree costruite ex novo. Per Si e, la bellezza nasce dalla varietà e dall’a enzione al de aglio, dall’armonia tra piccoli spazi chiusi ed edifici proporziona , da canoni sempiterni rilevabili in esempi storici e riproponibili in forme nuove. Per Wagner la bellezza di un nuovo quar ere sorge dall’uniformità, dalla regolarità, da una moderna monumentalità di grandi spazi e edifici, dall’in mo legame tra archite ura e cultura contemporanea. I due grandi archite , uni nel preservare l’arte del passato, cercando uno sviluppo per l’archite ura, che rispe i principi di este cità e funzionalità, manifestano il volto di una società in crisi. Una società che, alla fine del XIX secolo, di fronte a for cambiamen poli ci ed economici, si poneva di fronte alle scelte del presente cercando rifugio nei valori del passato o acce ando senza indugi la sfida della novità del futuro. Si e ne incarna la prima tendenza, Wagner la seconda. La loro ci à ideale esprime in un caso la con nuità, nell’altro la fra ura con la storia.

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L’ARCHITETTO Secondo Carl Schorske, Si e è “pervenuto alla sua posizione di teorico della ci à moderna non in veste di “pianificatore” urbano, ma come assertore entusias co delle ar applicate derivate da a vità ar gianali. Il suo tra ato è in tolato in effe La costruzione urbana (Der Städtebau) anziché la pianificazione urbana, ponendo l’accento sull’azione concreta del “costruire” dando risalto alla sua formazione ar gianale.” La figura dell’archite o, secondo Si e, è quella di un creatore partecipe ed appassionato alla sua opera che pra ci, un ar sta che sa riversare la sua umanità e spiritualità nello spazio urbano. Anche Wagner, ado ando il tolo Die Baukunst unser Zeit, per la quarta edizione del suo libro, pone l’accento proprio su L’arte del costruire, e una concezione dell’archite o come colui che dà forma e bellezza all’edificio. Sia Si e che Wagner deplorano una proge azione semplicemente u litaris ca che sia priva di criteri este ci. Lo “s le u le” proposto da Wagner è un impulso a “rivitalizzare la funzione este ca dell’archite o ponendo quest’ul mo a sevizio dell’u lità concepita come un bene”, ben dis nto da un uso passivo e meccanico della tecnica. La figura dell’archite o è un tema molto caro a Wagner, una professione da valorizzare per la sua par colarità di riunire in sé idealismo e realismo, di avere gli strumen per la realizzazione delll’opera d’arte totale del XX secolo, la metropoli moderna. Si e e Wagner come mol loro colleghi contemporanei, affrontano con preoccupazione il tema dell’industrializzazione dell’edilizia. Il bersaglio delle cri che più accese da parte dei due autori è l’avere rido o l’urbanis ca ad una ques one esclusivamente tecnica e la polemica si dirige sia contro gli amministratori ci adini che contro la categoria degli ingegneri. Scrive infa Wagner: “Noi archite -ar s siamo tra gli ul mi a voler togliere qualcosa all’ingegnere o a sprezzarne il valore, ma da quando esiste il mondo e finchè esisterà, soltanto l’archie o-ar sta ha potuto e potrà costruire come non l’ha mai potuto fare né mai potrà farlo il non-ar sta, cioè l’ingegnere.” Si e gli fa eco: “La verità è che nessuno si occupa più dell’urbanis ca in quanto arte e che la si considera unicamente come un problema tecnico.” Si e e Wagner tentano di sanare la fra ura fra arte e costruzione della ci à, riconducendo la guida delle trasformazioni urbane all’archite o, che per adempiere con competenza a queste nuove sfide, deve possedere una solida formazione. Entrambi formulano suggerimen in proposito, sia invocando criteri sele vi per l’accesso alla professione, proponendo esempi concre a cui ispirarsi. Su questo punto però, le divergenze tra i due si fanno incolmabili: Si e mostra un for ssimo interesse per i viaggi in Italia e nelle ci à storiche di tu a Europa. Wagner, in Moderne Architektur,

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condanna il Grand Tour come raccolta di mo vi ornamentali da riproporre e piu osto consiglia al giovane archite o di “visitare le grandi ci à e i luoghi dove il lusso moderno è di casa, affinando in tal modo la conoscenza delle esigenze dell’uomo moderno.” Lo stato o il comune infine non dovranno lasciare le decisioni in mano ad un gruppo di tecnici ed amministratori, ma inserire degli archite nelle commissioni che giudicheranno i lavori presenta dai proge s . Concludendo, l’Archite o e l’Urbanista secondo Si e e Wagner coniuga in sé arte e tecnica e definisce la sua iden tà in opposizione all’ingegnere, dotato soltanto di pragma smo esecu vo. Questa ques one è tu ora della massima importanza. Poiché, quando si sospe a l’inconciliabilità in una sola figura delle competenze necessarie, me endo in dubbio la possibilità per l’archite o contemporaneo di poter svolgere al meglio il compito di esteta e tecnico, si rinuncia ad includere l’a vità costru va nel novero delle ar .

“I primi anni di guerra, 1915-18 riuscirono quasi da subito a disilludere le menti che credevano possibile una pace eternamente durevole. Che le buone maniere della società bastassero a garantire una qualche morale. O l’ancora più ridicola convinzione che l’educazione militare forgiasse persone pacifiche! ”


CONCLUSIONI Al termine di questo confronto tra i due grandi maestri dell’urbanis ca del secolo passato, a raverso la rile ura dei loro più significa vi scri , emerge l’importanza del loro contributo teorico alla definizione dell’urbanis ca come arte e all’interpretazione del ruolo dell’archite o nella società moderna. Si e tenta di fondare l’urbanis ca su principi ar s ci in un periodo in cui essa è relegata a disciplina tecnica e riesce con il suo libro a s molare una profonda riflessione sulla proge azione urbana. A lui va il merito di aver impedito demolizioni e trasformazioni incontrollate nei centri storici europei, rivalutando l’eredità culturale e materiale delle ci à del passato. Si e insegna agli urbanis il valore della storia e propone di ricavare da esempi an chi, medievali o barocchi le linee guida per una proge azione che unisca bellezza e senso di appartenenza alla comunità. Si dovrà riconoscere a Si e il merito del conferimento di una dimensione este ca all’intervento urbano. La fortuna di Der städtebau nach seinen künstlerischen Grunds.ätzen dimostra l’importanza dei problemi, ancora a ualissimi, affronta da Si e. Anche Wagner in Moderne architektur affronta questa riflessione, giungendo alla conclusione che, essa non può sorgere né sull’imitazione degli s li del passato, né su principi di mero soddisfacimento dei bisogni abita vi, rinunciando ad un suo essere arte. Gli scri di Wagner definiscono la nascita di uno “s le u le” in cui funzione, stru ura e materiali da costruzione, determinino naturalmente le apparenze degli edifici e la forma della ci à, in un’integrazione tra tecnica ed arte. Wagner affida all’archite o il ruolo di creatore di un’opera d’arte totale, la ci à moderna, poiché l’incremento rapidissimo della popolazione nelle grandi capitali e nei centri industriali pone la sfida della pianificazione e della costruzione di interi nuovi quar eri ed il connesso problema dei collegamen . Questa nuova proge azione a scala urbana impone un’a enzione alle relazioni tra le nuove aree edificate ed il centro. Wagner, proge ando la metropolitana di Vienna, si spinge oltre e nei suoi scri , propone soluzioni avveniris che in merito ai mezzi di trasporto e alle comunicazioni. Tali idee troveranno sviluppo nel Manifesto dell’archite ura futurista elaborato nel 1914 da Antonio Sant’Elia, individuando come cara eris ca della metropoli moderna il suo essere uno spazio della circolazione. Il Futurismo italiano ed altre corren archite oniche di inizio Novecento infa , saranno debitrici a Wagner anche del forte sostegno all’impiego dei nuovi materiali da costruzione e alla liberalizzazione dell’archite ura moderna dai retaggi e dagli omaggi s lis ci. Parafrasando Carl Schorke nessun luogo come Vienna esprime meglio quella crisi latente che strisciava in tu a Europa in quel periodo. Ed è sulle note de La Valse che vogliamo concludere questo breve saggio.

Una composizione del musicista Maurice Ravel, che al termine della prima guerra mondiale, volle perpetuare la morte violenta del mondo o ocentesco. Il Valzer, simbolo quasi ancestrale della gaia Vienna, divenne nelle mani del compositore una frene ca danse macabre. Cogliamo quindi l’occasione per affrontare una riflessione su quel periodo così dramma co. Dramma co in quel senso di dramma che esprime Gordon Cullen nel suo libro Townscape, una dramma cità percepibile nell’osservate un paesaggio ci adino. Una dramma ca spinta verso un cambiamento. Rifle amo dunque su quei primi anni del ‘900, in cui in Europa sembrava stesse nascendo uno “s le nuovo”, che avrebbe superato in audacia ed innovazione il grande Rinascimento. Un vero linguaggio umano. Un nuovo futuro, così ci viene presentato da Paul Scheerbart nel suo libro L’Archite ura di vetro, pubblicato nel 1914. Ma le barbarie delle due guerre mondiali costrinsero questa “visione” dapprima a essere accantonata, e poi del tu o dimen cata. Come le intere generazioni (di solda ) ge ate via ad ammazzarsi a vicenda. A confrontarsi, se non a riconoscersi, in quella bes alità umana che si impegnò così tanto nell’impedire a questo nuovo s le di evolvere, se non rinnovare l’archite ura europea! Archite ura che, ormai era evidente, sarebbe di sicuro diventata mondiale! Mondiale, nel senso sano del termine. Forse sarebbe riuscita a rimanere arte e non svendersi ad una follia di uniformità chiamata “globalizzazione”. I primi anni di guerra, 1915-18 riuscirono quasi da subito a disilludere le men che credevano possibile una pace eternamente durevole. Che le buone maniere della società bastassero a garan re una qualche morale o l’ancora più ridicola convinzione che l’educazione militare forgiasse persone pacifiche! Tale perdita di fiducia ha forzato una nuova archite ura. Stroncando di fa o su nascere “L’ul mo s le”.

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PROGETTAZIONE di SISTEMI COSTRUTTIVI Prof. Valeria Tatano Gruppo di lavoro: - Saroni Anna - Teo Monica - Toniato Stefano

“ME NE STO QUI, POSSO ESSERE.”

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BAGNI TERMALI DI VALS PETER ZUMTHOR

norme che è indispensabile conoscere per passare da dendo la conoscenza delle tecnologie oggi disponibili. zazione dei bagni termali comunali a Vals, Svizzera.

un’intervento contestuale all’opera. Nella valle di Vals, nei Grigioni, a oltre 1200 m di pressi della sorgente, si trova il villaggio di Vals, un nastro di legno disposte lungo il fiume Valserrhein. Nei pressi della sorgente si trovava un tempo un nuovo complesso termale intorno al 1960, quando

Questo secondo complesso è a sua volta diventato

pendenza, nell’angolo sud-ovest dell’area occupata dall’hotel esistente. volume di pietra, coperto d’erba, incastrato nella Peter Zumthor comune di Vals lasciare emergere ciò che, in relazione al tema, appariva più importante: esprimere un intenso rapporto con l’energia primigenia e la geologia del paesaggio montuoso e con la sua imponente topografia. ci faceva piacere pensare che, l’edificio potesse dare l’impressione di essere più vecchio della costruzione che gli sta accanto. Una presenza senza tempo.

Jurg Buchli, Casanova + Blumenthal AG Meierhans + Parthner AG cronologia 1994/96 - realizzazione dimensioni 1750 mq di superficie coperta

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ANALISI DELL’OPERA “Montagna, pietra, acqua. Costruire nella pietra, costruire con la pietra, costruire dentro la montagna, ricavare dalla montagna, essere dentro la parole? Ponendoci questa domanda abbiamo preso forma.” Con queste parole Peter Zumthor introdue il percorso intrapreso con il gruppo di lavoro che ha portato alla genesi di quest’opera.

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alle terme, e finendo in cavità sempre più grandi che conducono alla parte anteriore, alla luce del giorno e alla vista panoramica. Qui lo spazio esterno penetra nell'edificio. Il magnifico paesaggio del pendio della valle di immensi, entra prepotentemente all'interno.

“Immagino una cava alpina in cui l’istante si congela e i massi tratti dalla montagana, appena abozzati sono rimasti lì immobili. I più grossi, appena tolti sono ancora addossati alla parete, e i più piccoli e curati si preparano a partire...” P. Zumthor

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L’ACQUA TERMALE Da milioni di anni, le acque si raccolgono nell'ardesia profondamente nello strato della dolomite e infine, dalla profondità di 1000 metri, tornano alla luce ai piedi del Piz Aul. L'acqua scaturisce alla temperatura di 30°C ed è l'unica fonte termale dei Grigioni. Le acque affluiscono a circa 90 metri di profondità. La vena d'acqua è avvolta in uno strato triassico, un fenomeno che si può osservare nella regione della Valle di Vals e della Lumnezia.

LA QUARZITE DI VALS L'uomo ha sempre avuto un rapporto profondo con la pietra sin dalla preistoria. Ad essa affidava quello che doveva superare e vincere la prova tempo. Pietra è sinonimo di "Sempre". Vivere con la pietra è stata la

sono state coperte da lastre di pietra per secoli. Oggi l'estrazione e la lavorazione della roccia sono un'im-

gie (senza le quali non ci sarebbe sviluppo) è ancora sponda sinistra della vallata, dai 20 ai 30 metri sopra il fondovalle, sull'area dello stabilimento alberghiero e balneare. La captazione principale, la nuova trivellazione del 1980, si trova a sud dell'Hotel Therme in un moderno chiosco dell'acqua minerale. Proprietario

lire con certezza che la mineralizzazione si verifica

In termini petrografici, la quarzite di Vals è un cosidtrama decisamente fine-venata. La roccia è molto età originale si aggira, probabilmente, sui 250 milioni di anni. In seguito all'orogenesi Alpina (50 milioni di

dolomite bianca granulosa, gesso, marmo bianco con ardesie grigie.

lazione del quarzo e cristalli di feldspato.

Osservato dall'esterno, l'edificio appare come un con precisione lì dove questa "pietra" imponente si panche di pietra e dei vani porta sono state calcolate pietra diventa la facciata. E questa "pietra" è costruita con pietre. Una serie

È facile osservarlo facendo scorrere lo sguardo tra

in una cava di pietra che si trova poco distante nella

strato appoggia sull'altro. Anche le aperture e le fughe per l'impermeabilizzazione delle vasche e dei

dell'intero edificio.

tura composita. Questa costruzione a muro, che si ispira ai vecchi muri di sostegno delle strade di monta-

della depurazione, le bocche di ingresso e uscita aria, l'isolamento termico, la rete di linee delle fughe -

dell'unione della massa di pietra oppure da essere

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STRUTTURA telaio in acciaio sabbiato trattato con vernice ferromicacea

Quindi, alla fine dei lavori di costruzione grezza, l'edificio risultava già quasi pronto. Le terme com-

vetro sabbiato ESG 15mm sostenuto da angolari metallici

calcestruzzo 48 cm

vetrocamera riscaldato 4 - 12 - 2/4

membrana impermeabilizzante 3 mm pannello in EPS 14 cm

profilo elastico in gomma

drenaggio 2 cm

isolante Hartpapier profili metallici di protezione

ghiaia 8/13 3 - 13 cm tessuto TNT

piastra “Wedi” - 2 cm

humus 12 cm

le armature dei corrimano e delle barre in bronzo poste volutamente come decorazione, oppure i

fascia di dilatazione

prato

sistema per il riscaldamento anticondensa del vetro

diverse vasche e canali. Il calcestruzzo, questo materiale sassoso, colato in stampi di compensato liscio per le superfici morbide come velluto, proviene da Ilanz. I circa 3000 metri cubi di gneiss di Vals, per la prima volta usato in una costruzione di queste dimensioni come materiale edile portante e determinante la funziodiverse qualità superficiali a seconda delle esigenmato, segato, sabbiato, levigato, lucidato.

particolare giunti di copertura 1:20

Il vetro blu lo chiamiamo "Vetro di Murano". Proviene dalla Spagna.

3,4 cm 6,6 cm 5,0 cm

fascia in acciaio sabbiato trattato con vernice ferromicacea collante 4 mm giunto in silicone 4 mm pannello in EPS 10 cm isolante in fibra di cellulosa telaio in acciaio tipo inox PT AISI 316 L vetrocamera 10 - 12 - 6

particolare chiusure verticali 1:20

5,0 cm 3,4 cm 6,6 cm solaio in calcestruzzo pannello isolante in polistirene membrana impermeabilizzante

6,6 cm

drenaggio 2 cm ghiaia 8/13 3 - 13 cm tessuto TNT humus 12 cm Scossalina metallica

3,4 cm 5,0 cm particolare attacco del tetto 1:20

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Planimetria Secondo livello - scala 1:100

Planimetria Primo livello - scala 1:100

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prospetto est - scala 1:100

sezione CC - scala 1:100

sezione AA - scala 1:100

prospetto nord - scala 1:100

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FUNZIONE PELLE E PIETRA

primaria esperienza del bagnarsi, rilassarsi nell'ac-

ed essenziale."

IL PERCORSO DELL’ACQUA

grotta calda

grotta fredda

cone il fuoco che si nasconde nella roccia. funge da "calidarium" acqua 42°c

estremamente tonificante. da affrontare senza esitazioni. acqua 14°c

grotta della sorgente l'acqua come sgorga dalla montagna. non trattata, non riscaldata. 29,7°c

pietra della doccia

getti d'acqua come una cascata. solo te l'acqua e la pietra. (temperatura regolabile)

piscina interna

lo spazio chiuso. la luce che vi entra è estremamente controllata. acqua 32°c

grotta dei fiori un bagno tra i petali dei fiori. acqua 33°c

vasca esterna

pietra della fonte

pietra della musica

una piscina scoperta. condizionata dal luogo e dall'ambiente. un'atmosfera aperta. una vista sulle montagne. acqua 30/36°c

acqua dalle pregiate qualità minerali. acqua potabile.

un angolo dove provare a percepire il suono dello spazio e le vibrazioni della pietra.

TEMPERATURE

35°C - pietra della musica

32°C - piscina interna 30°C - piscina esterna

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IL PERCORSO DELLA BELLEZZA servizi

spogliatoi

sala make-up DEPOSITO

servizi per disabili

solarium

sala del personale spazio riposo particolare giunti di copertura 1:20

spazio riposo

docce

spazio riposo

massaggi

cisterne per l'acqua

vasca idroterapia sala inalazioni D D

cucina

D

fisioterapia

massaggi spazio riposo

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bagni di fango

massaggi lettino ortopedico


PROPOSTA DI INTERVENTO LA LUCE DELLE MONTAGNE La montagna è roccia. Dentro la montagna perciò è buio. Ma dalla montagna scaturisce l’acqua termale. L’acqua termale è scaldata dal calore primigenio, dal fuoco. Questo fuoco che scalda l’acqua è anchesso dentro la montagna. Il fuoco è luce, è la prima luce. Si può quindi dire che nella montagna di Vals, dentro, nella profondità, si nasconde la Luce.

linea con l’idea originaria di Zumthor, si compone della raneo di ingresso, con una parete realizzata in lastre di -

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ARCHITETTURA del PAESAGGIO Prof. Francesca Benati

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IL PROGETTO DEL PAESAGGIO Durante questo corso, come studen , abbiamo avuto modo di confrontarci con le opere dei più grandi paesaggis contemporanei. A raverso lo studio delle loro opere compiute, come anche a raverso i loro scri e insegnamen . Figure come quelle di Carl Theodore Sorensen, Gilles Clement e sopra u o Pietro Porcinai. In par colare di Carl Theodore Sorensen è stato approfondito il saggio da lui reda o nel 1968 sul volume Tilegnet Mogens Koch. Da tolo L’uomo e la natura spunto poi per una riflessione personale sui medesimi temi riferi al paesaggio ogge o del nostro vivere. E’ stato quindi prodo o un breve saggio personale, che ripor amo di seguito.

SEGNI LONTANI di Stefano Toniato Quell’enorme massa scura affiorante dall’erba l’aveva sempre in morito. Aveva la stessa imponenza di una nave arenata. In effe , ne aveva tu e le sembianze: un vecchio forte, come una carcassa di ferro inabissata. Costruito tra i pascoli del passo tan anni prima, quando sembrava sensato, se non inevitabile, blindare le montagne. Una nave arenata con i suoi antri e le sue caverne, che ora aveva un nome, un’età, un senso. Era stato suo nonno a incamminarsi per primo verso il forte Busa Verle, lasciando Bruno e la Luciana a finire il pranzo con la famiglia, in quell’avvallamento naturale. E lui ovviamente gli era corso dietro. Così il nonno gli aveva spiegato cos’era in realtà quell’ammasso di pietre con tan fori. Innanzitu o, non si tra ava di pietra, ma di cemento corazzato: era tu o ciò che restava di un grande forte Austroungarico. Cosa più curiosa ancora, non era affa o “arenato”, sprofondato o scavato nella terra, ma “interrato” volontariamente come protezione dalle cannonate provenien dalla montagna. Una protezione, a ben vedere, inu le.

Quindi le montagne tan anni prima “sparavano”? Ma no, non erano certo le montagne a sparare. Fu sempre il nonno a spiegargli che anche su quella cima lì in fondo, dalla parte loro opposta dell’al piano, c’era un forte. Italiano stavolta, e sempre distru o. Con un misto tra stupore e curiosità con nuò a seguire il nonno lungo il sen ero che, partendo dal forte, li avrebbe presto condo in breve tempo al picco sovrastante. A pochi metri dalla cima, quello che a rò la sua a enzione fu il terreno su cui si trovavano. Diverso da quello conosciuto, non la solita pietra cosparsa di qualche arbusto o pino mugo. Qui tu o era frana. Iniziò ad arrampicarsi e quasi a fa ca arrivò fin sopra a quell’ammasso di sassi, quando qualcosa lo bloccò. Tra le pietre c’era una stanza. Sì, non c’era dubbio, si tra ava proprio di una stanza. Con tanto di pavimento, pare e “finestre”. Werk Spitz Verle. Ecco, ora anche quelle rovine avevano un nome, un’età, un senso. Sulla destra c’era un corridoio. Lo percorse tu o e dopo una breve rampa di scale si ritrovò in cima a quelle rovine. Da lì, il mondo. So o di lui si apriva l’immensa conca della Val Sugana. Laggiù, quasi mille metri più in basso, c’era una sorta di striscia grigia con dei pun ni che “lentamente” si muovevano: la strada statale. E le due macchie scure laggiù? Due laghi. Il fondo valle sembrava disegnato per quanto ni di apparivano i singoli edifici. Ogni casa, strada, costruzione si dis ngueva perfe amente. Dunque era quello il territorio dall’alto. Appariva chiara la dis nzione tra ci à e montagna. Tra ciò che è costruito e ciò che è ancora naturale. Alla parola “naturale” gli venne is n vo girarsi verso l’altopiano alle sue spalle, da dove erano par e dove il resto della famiglia stava ancora campeggiando. Un enorme bosco li separava dalla grande radura del passo di Vezzena. “Che fortuna!” – pensò - “che l’uomo non abbia costruito anche qui.

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Avrebbe sicuramente rovinato lo spe acolo che la natura sa creare in così tanto tempo”. Il nonno si avvicinò e, intuendo i pensieri del nipote, gli chiese se pensasse che tu a quell’immensità fosse opera della natura.

Non c’era più nulla da scoprire, si tra ava di ri-scoprire. Come quando il sole in una giornata grigia trova uno spiraglio e si infiltra. E tu sbarri gli occhi. E vedi. E c’è così tanto da vedere. Ma allora cos’è naturale?

“Cosa c’è di più naturale del bosco di montagna e del pascolo con le vacche?” - rispose. La reazione del vecchio lo lasciò sconcertato. Nulla di quel che vedeva era opera della natura. Il grande mare di alberi scuri, i boschi, le radure…tu o, quasi cent’anni prima, nel giro di pochi mesi era pressoché scomparso so o al fuoco dei bombardamen . I pini mughi venivano strappaper essere brucia e mantenere in vita un monumento bes ale e umano. E gli avvallamen e l’effe o unico che sapevano creare, di movimento e pace, non erano doline. Era l’impronta dell’arroganza dell’uomo. Solo grazie alla buona volontà dei guardia-boschi e di qualche buon’anima tu o quel mondo era stato “rianimato”. Ad un tra o, al ragazzo, quella realtà così grande, tu a da scoprire, non sembrò più una cosa “nuova”.

Esso esiste solo perché esiste l’uomo che se ne può rendere conto. Paesaggio è un conce o umano”.

Il nonno si avvicinò e con una mano chiamò a sè il nipote, allontanandolo dalla zona dissestata.

In quel momento, poco distante da loro, un albero, morto da tempo, ma rimasto tenacemente ancora in piedi, si schiantò a terra, abba endo due o tre giovani pecci e sollevando buona parte del suolo a orno. Il ragazzo si fermò ad osservare la scena e gli fu chiaro.

«Vedi, Mario, se quell’albero fosse stato tagliato dai boscaioli quando andava tagliato, non avrebbe fa o tu ques danni crollando a terra e tu vedres un bellissimo bosco inta o».

Non c’era alcuna differenza, a livello di trasformazione dell’ambiente, tra quell’albero caduto “naturalmente” e la stessa cosa fa a dall’uomo. Se non avesse visto la scena non avrebbe potuto dire di chi fosse la “volontà” dietro quell’evento. E forse, dopotu o, la volontà era proprio la stessa.

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“Tu o questo È natura”, gli disse il nonno. Tan si confondono nel credere che naturale sia solo “qualcosa di non modificato dall’intervento umano.” L’uomo nel suo sogno di onnipotenza vuole negare persino di far parte di questo mondo. Ma lui è forse la più perfe a ed imperfe a creazione, agghiacciante e meravigliosa di questa natura. E dell’uomo è il potere e quindi il dovere di prendersene cura. Dicendo queste parole il vecchio, che aveva preso a scendere, indicava il bosco sempre più vicino. “Ques alberi, sono come le bes e. Vanno cura . Un bosco ha bisogno dell’uomo per vivere e respirare. L’uomo non è uscito dall’acqua, ma dai boschi. Senza l’uomo che ripulisce e ges sce, il bosco muore. Si auto soffoca. Le montagne diventerebbero ammassi di sassi, la vita se ne andrebbe e il paesaggio, che tanto ci sta a cuore, non esisterebbe più. Ma non nel senso che scomparirebbe, no. Semplicemente verrebbe a mancare il senso stesso di paesaggio.

RIDISEGNO Infine come esercitazione grafica è sato richiesto il ridisegno del parco di villa Pisani a Strà a seguito di un uscita conosci va del parco e degli annessi.


ridisegno del parco di villa Pisani nella sua conformazione attuale

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PETER ZUMTHOR

rogett

“In una società che celebra il superfluo, l’archiettura può, nel proprio ambito, opporre resistenza. Ribellarsi alla dissipazione gratuita di forme e significati e parlare il propio linguaggio. In un’epoca in cui la cultura della creazione è avvilita e la bellezza è arbitraria, pensare architettura è fare resistenza”


PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 1

PROGETTO

prof. Maura Manzelle

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sacca fisola: rebuilt

SACCA FISOLA: rebuilt NUOVA RESIDENZA STUDENTESCA Sacca Fisola nasce artificialmente alla metà degli anni sessanta. In pieno boom economico italiano. Era la ricostruzione e che potesse piacere o no uno dei tanti «quartieri operai» ghetto del nostro Paese. Si tratta di un'isola collegata alla Giudecca da un ponte e amministrativamente fa parte del comune di Venezia. Al 16 giugno 2011 contava 1458 abitanti. Ricavata per interramento di una barena preesistente non presenta monumenti o edifici di particolare rilievo architettonico. Infatti, l'espressione dialettale "far saca" indica proprio il deposito di materiale in uno specchio d'acqua. Quest'isola era infatti, insieme ad altre in laguna, adibita alla discarica dei fanghi e dei materiali di risulta prodotti dalla città. Alla fine del Cinquecento il processo di costruzione del suolo su cui edificare la Venezia si era in gran parte concluso, ma la fase di espansione non si fermò e interessò le zone periferiche fino raggiungere le zone piu' esterne della laguna. Le sacche come la punta di Sant'Antonio, dove venivano scaricati i fanghi prodotti durante la costruzione dell'Arsenale, Sant'Elena, le Fondamenta nuove, Sant'Alvise, Santa Lucia, Sant'Andrea della Zirada, Santa Chiara, Santa Marta, molte zone della Giudecca e Sacca Fisola appunto, ma anche quelle presenti nelle isole diventano prima terreni agricoli e poi vengono destinate a suolo pronto per l'edificazione o all'insediamento di nuove industrie o attività sociali e sanitarie. Dal 1969 inoltre la zona ha ospitato un inceneritore attivo fino al 1984, oggi demolito.

70


PROGETTO Il progetto prevede la realizzazione di una residenza studentesca con annesi i relativi servizi, quali una biblioteca e sala studio, un mini market, un punto ristoro e spazi commerciali. La residenza studentesca si compone di 16 alloggi, per un totae di 26 posti letto. Il complesso si organizza in due edifici che si relazionano con l’impianto preesistente di Sacca Fisola, riorganizzandone il margine sud orientale, creando un nuovo campo tra l’edificio residenziale posto in asse Nord/Sud e la biblioteca che chiude questo nuovo spazio a Nord. Un’accordo sistema di accessi permette la fruizione di questo spazio non ai soli ospiti della nuova struttura ma a tutti gli abitanti di Sacca Fisola. Il nuovo campo è infatti predisposto per ospitare mercati settimanali e/o eventi che possano coinvolgere gli abitanti.

71

Promuovendo cioè quelle relazioni che possano portare ad una nuova considerazione di Sacca Fisola quale polo residenziale e non appendice dormitorio di Venezia città. Dal nuovo campo, per chi non se ne fosse accorto, si può ammirare un incantevole laguna sud.

principale percorso per raggiungere l’area d’intervento direttrici pedonali principali dell’isola principali vie d’acqua


sacca fisola: rebuilt SCHEMA COMPOSITIVO ALLOGGI E STUDIO CONTROLLO SOLARE

DUPLEX

09:00

SCHEMA COMPOSITIVO ALLOGGI DUPLEX

SIMPLEX

16:00

72 SCHEMA COMPOSITIVO


PROGETTO

PLANIMETRIE ALLOGGI TIPO - DUPLEX 3 POSTI

A

A

4 5

1

2

3

Piano terra Duplex - scala 1:100

A

A

6

7

7

8

7

Primo piano Duplex - scala 1:100

73

PIANO TERRA DUPLEX

PRIMO PIANO DUPLEX

1 - soggiorno 2 - cucina 3 - ingresso 4 - bagno 5 - terrazzo

6 - distribuzione 7 - camera singola 8 - bagno


sacca fisola: rebuilt

SPACCATO ASSONOMETRICO IN SEZIONE AA

spazi serviti spazi serventi

74


PROGETTO

PLANIMETRIE ALLOGGI TIPO - DUPLEX 3 POSTI

2 5

4

1

3

A

A

Piano terra Duplex - scala 1:100

8

9 7

6

A

A

75

7

PIANO TERRA DUPLEX

PRIMO PIANO DUPLEX

1 - soggiorno/cucina 2 - cucina 3 - ingresso 4 - bagno 5 - terrazzo

6 - distribuzione 7 - camera singola 8 - camera doppia 9 - bagno

Primo piano Duplex - scala 1:100


sacca fisola: rebuilt

SPACCATO ASSONOMETRICO IN SEZIONE AA

spazi serviti spazi serventi

76


PROGETTO

A

A

PLANIMETRIE ALLOGGI TIPO - SIMPLEX

3 4

1

2

A

A

Piano terra Simplex - scala 1:100

5

Piano soppalcato - scala 1:100

SIMPLEX 1 - soggiorno/cucina 2 - ingresso 3 - bagno 4 - terrazzo 5 - zona notte

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sacca fisola: rebuilt

SPACCATO ASSONOMETRICO IN SEZIONE AA

78


B

A

LOCALE MACCHINE ASCENSORE

LOCALE MACCHINE ASCENSORE

SPAZIO COMMERCIALE 84 mq

SPAZIO COMMERCIALE 230 mq

C.T.

11.40

INGRESSO

INGRESSO ALLOGGI

INGRESSO MENSA

INGRESSO AULA STUDIO

LOCALE MACCHINE ASCENSORE deposito Sup utile sup minima per occupante sup percorsi sup utile posti a sedere possibili

ZONA PRANZO

-

140 mq 1.6 mq ~40 mq 100 mq 60

33.01

ZONA PREPARAZIONE CIBO 30 mq LOCALI TECNICI

11.20

ZONA DISTRIBUZIONE CIBO

piano terra - scala 1:5000 PLANIMETRIA LIVELLO TERRA

A

B

PROGETTO

possibilità di attracco per imbarcazioni

79

54.40

PLANIMETRIE GENERALE COMPLESSO -

possibilità di attracco


A

B

salette insonorizzate per studio di gruppo

primo piano - scala 1:5000

sacca fisola: rebuilt

PLANIMETRIA PRIMO LIVELLO

A

B

PLANIMETRIE GENERALE COMPLESSO -

80


81

B

A

B

A

secondo piano - scala 1:5000

PLANIMETRIA SECONDO LIVELLO

PROGETTO

PLANIMETRIE GENERALE COMPLESSO -


sacca fisola: rebuilt

A A

PLANIMETRIA TERZO LIVELLO

B

terzo piano - scala 1:5000

B

PLANIMETRIE GENERALE COMPLESSO -

82


83

PROGETTO


sacca fisola: rebuilt prospetto sud

SEZIONE AA

sezione - AA

SEZIONE AA

sezione - BB

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ARCHITETTURA DEGLI INTERNI Prof. Maria Bonaiti Gruppo di lavoro: - Fronterrè Dolma - Zanet Margherita - Toniato Stefano

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1908

IL POSTO DELLE FRAGOLE SMULTRONSTÄLLET DOVE:

Alta montagna. Altitudine intorno ai 2000 m. Il sito è stato teatro di scontri durante il primo conflitto mondiale e di questi avvenimenti il territorio ne mostra chiaramente i segni. Il contesto è dominato dalle rovine di un forte austroungarico.

CHI:

Per chiunque senta il bisogno di raccogliersi per riposarsi o meditare, ritrovando se stesso.

QUANDO:

Preferibilmente da maggio fino alle prime nevi.

Il posto delle fragole prima ancora di essere un luogo è una condizione. Da ben prima del noto film di Bergman, “Smultonstallen”, nella lingua svedese indica un luogo interiore in cui ognuno di noi si chiude quando tu o fuori non fa per lui, o ha più bisogno di ricaricarsi. Si tra a di una condizione di “resistenza” al mondo cao co, non più “umano”. Un modo per non cedere, da cui tornare pron per affrontare di nuovo la vita.

86

1402 - Passo Vezzena


ANALISI DEL LUOGO Il luogo scelto per la realizzazione della nostra opera è il versante sud della cima del monte Vezzena. La Cima Vezzena (1.908 m s.l.m. - de a anche Pizzo di Levico) è una montagna dell'Altopiano di Asiago nelle Prealpi Vicen ne. Si presenta oggi come una superficie pressochè regolare, generalmente compa a dal punto di vista della stabilità. Nonostante gli avvenimen bellici, infa , non ha mai dato a o a fenomeni di po franoso. Presenta un o mo orientamento dal punto di vista dell’esposizione solare ed favorito da una buona ven lazione sia nel periodo es vo che in quello invernale. L’unico vero problema riguarda l’approvvigionamento idrico. Infa l’unico modo per garan re una minima riserva d’acqua è quello di realizzare delle cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Espediente questo già u lizzato dai costru ori del forte sovrastante. In alterna va si può ricorrere ad un sistema di pompagio per step al metrici. Garan rebbe una maggiore quantà d’acqua, ma risulterebbe oltremodo costoso ed impa ante per l’ambiente. Di seguito ripor amo l’analisi ambientale da noi effe uata.

ANALISI AMBIENTALE INSOLAZIONE ANNUA:

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Il proge o richiesto tra ava la realizzazione di un edificio dalle forme ben delimitate, dalle quali non si poteva uscire se non per un 20% del volume totale. In questo modo però ci veniva lasciata la massima libertà di definizione della funzione, dello scopo e della posizione. Abbiamo quindi scelto come luogo la cima di una montagna. Perchè è difficile da raggiungere. Perchè lì in cima è l’ambiente a comandare, non puoi arrogar il potere di fare ciò che vuoi. La montagna è luogo di silenzio. E nel silenzio anche la minima nota stonata si sente. Già, in un mondo cao co come quello che abbiamo costruito non siamo più in grado di ascoltare il silenzio. Ci guardavamo a orno e vedevamo soltanto persone di fre a. Esami, revisioni, scadenze varie, si correva persino per non fare tardi all’appuntamento per rilassarsi! E poi? E poi inevitabilmente l’uomo si perde. Non trova più la sua strada. Si guarda intorno ma non vi sono altro che incombenze che come massi gli franano addosso. Cerca una via, ma non sa più leggere le stelle. Vuole scappare, ma si ritrova a correre in cerchio. DIREZIONE PREVALENTE DEI VENTI:

Non è correndo che si raggiungono i luoghi, specialmente quelli interiori. Il posto delle fragole è un “luogo” pensato non per una figura precisa, non esiste un unico des natario/proprietario. Perchè si tra a di un posto u lizzabile da chiunque ne senta il bisogno. Come le montagne che non hanno proprietari ma sono di tu e di chiunque abbia la volontà di arrivarci in cima.

periodo es vo periodo invernale

PRECIPITAZIONI: media annua: 1460 mm

media annua: 199,5 cm

“In una società che celebra il successo, l’architettura può opporre RESISTENZA. Ribellarsi alla DISSIPAZIONE gratuita di forme e significati e parlare il proprio LINGUAGGIO.” P. Zumthor 88


MODULO

RIFERIMENTI

villa Vals - Christiam Muller

Roden Crater - James Turrel

Restauro del forte Belvedere - F. Collotti

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IL PROGETTO Una volta definito l’ogge o della nostra ricerca proge uale abbiamo iniziato a lavorare sulla forma. Il modulo a noi assegnato era una sorta di ovale dall’altezza variabile. Una volta sovrapposta alla planimetria del luogo ci è subito saltato all’occhio come questa forma suggerisse l’idea della “buca”. Dopo diverse prove di orientamento la direzione in linea con l’al metria è apparsa la soluzione che offriva maggiori potenzialità.

Decisa la disposizione, occorreva entrarci. La filosofia del viaggio come percorso anche interiore è sempre stato un tema di grande interesse per noi, abbiamo quindi voluto integrare l’opera con il contesto non solo fisico del luogo, ma anche con quello interiore di chi a questo luogo intende giungere. In pra ca “il posto delle fragole“ non è il fine del percorso. Ne è tappa intermedia. Quindi da lasciare inevitabilmente. Non si tra a di un posto dove soggiornare per lunghi periodi. Ci stai finche ne hai bisogno, finchè non sarai in grado di riprendere la tua strada. Che porterà oltre. Analogamente al percorso interiore di chi vi giunge, il lungo tunnel d’ingresso è una parabola discendente nell’oscurità e nell’oppressione dello stato d’animo. Esso si fa infa sempre più stre o e “soffocante”. Ma alla fine c’è una luce, un suggerimento a non lasciasi andare, e un’apertura, sulla destra, non visibile nell’avvicinamento. Simbolo questo che qualche volta è necessario cambiare la propria strada, provare a “spostarsi un pò in là” e scoprire che magari la strada che credevamo senza uscita in realtà ce l’ha, anche se non la vediamo subito. Una volta entra troviamo subito le alcove dove riposare dalla fa ca fisica. E in ques ambien confortevoli rigenerarci come in un bozzolo. Lo spazio è minimo. La passerella sospesa in COR TEN, vero filo condu ore del percorso ci porta poi al livello terra dove trovano posto i servizi e vi è il salone dove da aperture mirate entra gradualmente l’ambiente esterno. Dalla grande parete vetrata, aperta sul cor le di roccia, è sempre bene in vista il sen ero di COR TEN rosso, e la scala che ci riporta a monte. Alla strada.

90


studio per i sostegni della vetrata

studio per la chiusura della vetrata

studio per scala esterna e “percorso� di COR-TEN

91

uscita a monte


1.74

0.95

7.17

0.96

pianta primo livello (entrata) - SCALA 1:100

pianta livello terra - SCALA 1:100

92


sezione AA - SCALA 1:100

93


planimetria primo livello con sviluppo tunnel di ingresso - SCALA 1:100

Cemento

COR TEN

Legno

I MATERIALI Cemento, Ferro, legno. materiali che possiedono una forza primigenia, che sanno ricordare all’uomo la sua dimensione.

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PLASTICI DI STUDIO

95


Plastico di progetto - scala 1:20

96


PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 2

PROGETTO

prof. Benno Albrecth

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plan obus: algeri 1931

PLAN OBUS: Algeri 1931 NUOVI QUARTIERI RESIDENZIALI Dopo Parigi, Algeri è di sicuro la città più studiata da Le Corbusier, ma anche la più corteggiata. Il piano di Algeri non nasce solo dal ricordo della FIAT-Lingotto, dalle città lineari e dagli acquedotti romani, ma deriva probabilmente dai caratteri della scrittura araba. Sta di fatto che solo vaghe connotazioni funzionali possono essere sottese sia al lungo viadotto che si snoda parallelo al mare, sia al “cluster” di renders ricurvi di forte imperatore, collegati alla città degli affari del porto da un altro viadotto rettilineo. Le Corbusier si ostinerà a produrre piani e varianti successive per Algeri dal 1931 al 1942: ogni volta le sue proposte sono più contratte. Si ridurranno alla fine ad un solo grattacielo. La storia di una sconfitta dal punto di vista prettamente economico. La storia di un lungo e paziente laboratorio di idee architettoniche dal punto di vista di Le Corbusier.

È a ridosso del grande viadotto costiero che trova posto questa nostra idea progettuale. Un nuovo insediamento residenziale che si dovrà quindi relazionare con l’ingombrante preesistenza del grande viadotto. Quest’opera non è stata certo realizzata, tuttavia l’intento di questo nostro esercizio è appunto quello di doversi mettere in relazione con un oggetto architettonico di dimensioni considerevoli. Non ci sono stati imposti vincoli particolari, ma la semplice richiesta di progettare un nuovo insediamento per un centinaio di persone. Dopo aver studiato attentamente la situazione, dando per costruito il grande viadotto “residenziale” da 180000 abitanti, ci siamo concentrati sulle problematiche che ad esso connesse. Abbiamo quindi deciso di porci in una posizione dichiaratamente “staccata” da questa ingombrante preesistenza. Privilegiando un approccio meno invasivo per l’ambiente della costa. Il nostro progetto parte dal desiderio di garantire a tutti la medesima privacy. Ispirandoci alla tradizionale abitazione algerina, abbiamo proposto una serie di agglomerati composti ognuno da 5 unità abitative, divise tra loro da altri muri perimetrali, ma tuttavia racchiuse in compatti blocchi di 14 x 46 m disposti a scalare lungo il pendio. In modo tale da garantire ad ogni blocco la stessa vista sul mediterraneo. Per questo motivo, sul muro perimetrale verso il mare di ogni unità abitativa, è presente un’ampia finestra che offre alle persone una magnifica vista sul grande mare, preservando al contempo la privacy degli altri abitanti. Infatti in sede di progetto abbiamo prestato attenzione alla disposizione reciproca di questi blocchi edilizi. Sfruttando infatti la naturale pendenza del declivio, abbiamo posto ogni blocco ad una distanza tale che chiunque si affacci dalla grande finestra, non possa in alcun modo vedere chi stia nell’abitazione di sotto.

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PROGETTO

Tale attenzione è stata usata anche per la realizzazione degli accessi dalla strada, è previsto un dispositivo atto ad impedire a chi giunge dalla strada di vedere oltre la soglia. Si tratta di un muretto posto subito oltre la porta che impedisce una visione diretta all’interno dell’unità. Ogni blocco è composto da 5 unità abitative. Due unità da 45 mq, predisposte per 2 inquilini; due altre unità da 80 mq, predisposte per accogliere 4 inquilini e infine un’unità da 95 mq per 5 inquilini. In totale ogni blocco edilizio accoglie un totale di 11 abitanti. Ogni insediamento è composto di 9 blocchi, per un totale complessivo di 99 abitanti. Ogni insediamento prevede altresì la presenza dei principali servizi collettivi quali negozi, parcheggi e trasporti. Questi insediamenti sono infatti collegati alla grande autostrada costiera attraverso apposite bretelle stradali, terminanti ai piedi del declivio dove trovano posto i parcheggi comuni, le attività commerciali e la nuova fermata della linea metropolitana. Il vantaggio di questa sistemazione è l’espandibilità attraverso la ripetizione della stessa lungo le direttrici individuate in fase di progetto. I collegamenti all’interno dell’insediamento, dai parcheggi alle singole abitazioni, sono garantiti da percorsi ciclo-pedonali dedicati.

SCHIZZI DI PROGETTO

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ANALISI ALGERI TEMPERATURE MEDIE

PRECIPITAZIONI


plan obus: algeri 1931

SCHEMA COMPOSITIVO DELL’IMPIANTO E POSSIBILI DIRETTRICI DI ESPANSIONE

a

im

tt ari

am

ad

tr tos

au

LEGENDA - lotti residenziali - assi percorsi pedonali - assi percorsi ciclo-pedonali - viabilità secondiaria scala 1:3000

- direzione possibile espansione

100


IMPIANTO DI QUARTIERE

101


PLANIMETRIA ALLOGGIO 45 mq

PIANO TERRA - scala 1:200

COPERTURA - scala 1:200

102


PROGETTO

PLANIMETRIA ALLOGGIO 80 mq

0,4 1 0,2 2,3

2

0,4

5,35

0,4 8,65

2,65

0,8

3,1 0,2

1,1

0,1

2,9 2,3

1,7

3,15 1

1,35

3,05

1,1 0,4

2,9 0,1

5 0,4

0,2 14,59 14,3

PIANO TERRA - scala 1:200

1,6

0,1 4

3,7

1 5,35

0,1

1,05

2 1,5

3,15

3,2

0,1 0,4

5,25

PRIMO PIANO - scala 1:200

103


plan obus: algeri 1931

PLANIMETRIA ALLOGGIO 95 mq

0,2 1,4 3,1 0,4 2

11,6 0,4

3,1 1,4 0,2

PIANO TERRA - scala 1:200

0,4 3,55 3,25 3,2 1,6

PRIMO PIANO - scala 1:200

104


D

A A

A

PROGETTO

E

A

B

B

B

B

C

PROSPETTO SUD

C

C

scala 1:200

D

E

PLANIMETRIA PIANO TERRA PLANIMETRIA COMPOSIZIONE DEL LOTTO COMPOSIZIO

PROSPETTO SUD

C

105

D

E

PLANIMETRIA GENERALE PIANO TERRA


plan obus: algeri 1931

PLANIMETRIA GENERALE PRIMO PIANO E

D

E

D

A

A

B

B

C

C

scala 1:200

106


B

C

D

A

D

E

C

PROSPETTO SUD

E

B

scala 1:200

PLANIMETRIA COMPERTURA COMPOSIZIONE DEL LOTTO

107

A

PROGETTO

PLANIMETRIA GENERALE COPERTURA


plan obus: algeri 1931 prospetto est - scala 1:200

prospetto ovest - scala 1:200 PROSPETTO EST

sezione CC - scala 1:200

PROSPETTO OVEST

sezione AA - scala 1:200

SEZIONE AA

SEZIONE CC

sezione BB

108


109

PROGETTO


plan obus: algeri 1931

PROSPETTO SUD PROSPETTO SUD

prospetto sud - scala 1:150

sezione EE - scala 1:150

110


111

PROGETTO


plan obus: algeri 1931

PROSPETTO NORDPROSPETTO N

prospetto nord - scala 1:200

SEZIONE DD

SEZIONE DD

sezione DD - scala 1:150

112


PROGETTO

ASSONOMETRIA ISOMETRICA

105


scala 1:200

106

plan obus: algeri 1931


115

PROGETTO


116

plan obus: algeri 1931


CORSO DI RESTAURO Prof. Nullo Pirazzoli In collaborazione con: - Canetti Eleonora

118


appunti per un restauro COMPESSO DI

SANTA MARIA DEI SERVI IN VENEZIA Il proge o di restauro del complesso di S. Maria dei Servi di Venezia affronta la tema ca del “fare architettura” avendo come ogge o una costruzione che si può definire storica. Non dunque un puro intervento conserva vo che non consen rebbe la presa di coscienza dei “valori” che un’opera storica porta in sè come “testo”. Ignorando ques contenu , non è possibile agire con consapevolezza, che significa, comprendere culturalmente quel “testo” e saperlo analizzare. A raverso tu i possibili strumen (dal metro, alla ricerca delle fon storiche), per campi d’indagine (dai materiali alle stru ure, dagli spazi, ai colori). Con rispe o nei confron di ciò che è, per il fa o stesso che esiste e richiede da noi una cura, un soccorso, un miglioramento delle sue condizioni. Alla luce di queste considerazioni abbiamo iniziato ad avvicinarci al complesso, svolgendo un completo studio della situazione a uale e un’approfondita analisi storica, con lo scopo di comprenderne lo stato di fa o.

DESCRIZIONE DEL COMPLESSO L'isola in cui è ospitato il complesso è vaste dimensioni e composizione quasi regolare: il rio della Misericordia a nord, di Ca' Grimani e Ca' Moro a est, dei Servi a sud, che è una prosecuzione del rio di Santa Fosca e, infine, dei Servi a ovest, che è la prosecuzione del rio di san Marcuola. Questa parte della ci à ebbe unitarietà solo nel XIV secolo, quando grossi interven di bonifica definirono le diverse isole. Il monastero dei Servi di Maria occupava più di tre quar dell'isola, aveva un'estensione di quasi 11000 metri quadra , e oltre alla grande chiesa, cappella dei Lucchesi e scuola dell'annunziata, era completo di tu i luoghi pici di un grande monastero. L'accesso all'isola avveniva dal ponte de' Servi, mentre si accedeva alla fondamenta da sud. Dal ponte dei Servi si accedeva al campo dal quale, allungandosi fino all’estremità opposta, sorgeva uno degli edifici del convento, l’unica parte sopravissuta alla distruzione e recuperata dalla Marovich e dal Canal per la sede del nuovo Is tuto.

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Proseguendo in campo de’ Servi, seguendo il muro che delimitava l’area conventuale vera e propria, vi era la porta che introduceva al cenobio ed alla scuola dei barbieri, sovrastata da un bassorilievo con la croce. Entra si trova uno spazio aperto munito di pozzo e delimitato a est da un edificio nel quale, probabilmente, era posto il refe orio dei fra . Oltrepassato l’edificio si entrava nel chiostro centrale circondato da un colonnato che si estendeva su qua ro la e al centro del quale sorgeva un altro pozzo a raccolta che è tu ora funzionante, elencato nell’inventario dei pozzi di pubblica ragione dipenden dal Magistrato dei Provveditori di Comun nel 1795. Il chiostro era pavimentato con tavole e a quadri di co o e nel por cato erano murate numerose lastre tombali tra le quali spiccava quella di Giovanni d’Avanzo, primo benefa ore dei Servi e che dai fra era ritenuto il Fondatore del Monastero. Fra le lapidi esposte all’interno della chiesa e quelle collocate nel chiostro, il cicogna ne elenca duecentodiciasse e. Oltre questo primo chiostro proseguendo si trovava il secondo chiostro, anch’esso munito di pozzo, dopo il quale si estendeva l’orto del monastero che giungeva fino al rio di Ca’Grimani e di Ca’Moro a est. Lungo il rio della Misericordia si allineava l’edificio conventuale, del quale rimangono ancora delle finestre murate. Completava l’isola verso sud-est la proprietà dei Grimani, con il maestoso edificio costruito nel primo decennio del ‘500 e affrescato dal Giorgione o dal Tiziano, del quale rimane ben poco di originale nella costruzione più recente: il piano terreno.

ANALISI DELLA VEDUTA PROSPETTICA DEL DE’BARBARI La pianta prospe ca della ci à di Venezia fu disegnata da Jacopo de’Barbari nel 1500. Il Convento de’ Servi di Maria è edificato interamente. La grande chiesa è sormontata dalla cupola qua rocentesca con il burio forato da piccole aperture; fu consacrata appena nove anni prima della pubblicazione della xilografia.

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CRONOLOGIA ESSENZIALE 1254 Papa Alessandro IV concede ai Servi di Maria di erigere i loro monasteri, autorizzando i fra a costruire oratori con campana e cimitero. 1304 Papa Benede o XI autorizza defini vamente la cos tuzione dell'ordine. 1314 L'Ordine mendicante dei Servi di Maria è introdo o a Venezia dal frate Francesco da Siena, ospite dei Camaldolesi di San Ma a di Murano. 16 giugno 1316 Francesco da Siena o ene il permesso di costruire la prima chiesa. 1330 Effe vo inizio della costruzione del tempio denominato Li Servi in San Marcilian, poiché la sede parrocchiale era la chiesa di San Marziale Vescovo. 9 dicembre 1353 un Decreto del Senato concede ai fra la costruzione del Ponte de' Servi. 1492 realizzazione del pozzo nel chiostro centrale con l’ordine della Repubblica di farlo usufruire anche al popolo. Fu ricostruito nel 1862-63. 1731 La chiesa viene in gran parte ristru urata. Se embre 1769 un grave incendio devasta il monastero. 17 giugno 1806 il demanio invia la no fica del sequestro. 17 giugno 1806 il demanio invia la no fica del sequestro. 28 marzo 1814 demolizione delle par ritenute rovinose.


1854 Demolizione del ponte che giungeva all’isola di fronte al Portale di San Pellegrino. 1859 Acquisto dell'isola da parte del Canal e della Madre Anna Maria Marovich 1987 Lavori di riordino interno della cappella del Volto Santo.

L’INTERNO DELLA CHIESA Oltre il portale centrale, l’interno della chiesa si presentava di slanciata imponenza. Simile per archite ura alle grandi chiese coeve, come si è già de o, si differenziava perché cos tuito da un’unica grande navata culminante con tre cappelle absidali e divisa al suo centro da un grande coro. Al centro era stato costruito un coro che copriva lo spazio che conduceva alla cappella del Volto Santo e la porta laterale di San Pellegrino. Nel 1731 la chiesa venne in buona parte ristru urata, si demolì il divisorio, ul mo resto del primi vo coro i cui materiali furono riu lizza per i nuovi altari e abbellimen . La perizia demaniale di s ma reda a nel 1811 a mo vo dell’avvenuta soppressione napoleonica delle chiese e dei monasteri, riferisce anche di diciasse e colonne di marmo di ordine ionico che, collegate in alto da un cornicione, abbellivano le pare tu o intorno. La chiesa aveva dimensioni di 60 x 217 piedi vene (metri 20,86 x 75,45). Collocato sulla parete sinistra al termine del coro il monumento al Doge Andrea Vendramin si estendeva per oltre nove metri, perciò si è collocata in quel punto la porta che conduceva dal chiostro alla chiesa.

L’INCENDIO DELL’ISOLA E LA SOPPRESSIONE NAPOLEONICA La no e fra il 16 e il 17 se embre 1769 un furioso incendio devastò il complesso conventuale dei Servi di Santa Maria, seminando distruzione e rovina. Il fuoco si estese prima al dormitorio, poi alla libreria, alla Scuola dei Tintori, al refe orio e lungo tu gli altri edifici fino alle mura della chiesa. Le fiamme salirono lungo il campanile e intaccarono rapidamente il te o della chiesa, poi poco a poco gli interni. Non furono comunque gli incendi del 1769 e del 1789 a provocare la perdita dei luoghi. L’opera di devastazione di numerose chiese e monasteri in Venezia iniziava con gli edi napoleonici del 1806 e del 1810.

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Già nel 1797, tre giorni dopo la caduta della Serenissima, il 15 maggio Venezia veniva invasa dalle truppe francesi che saccheggiarono la ci à. Il successivo 17 o obre veniva s pulato il tra ato di Campoformio col quale Napoleone cedeva Venezia all’Austria; col successivo tra ato di Presburgo Venezia tornava so o il dominio francese e so o l’autorità di Napoleone, imperatore di Francia e Sovrano del nuovo Regno Italico. Il 19 gennaio 1806 le truppe francesi rientrarono in ci à. Il territorio del Regno di’Italia fu diviso in se e dipar men con capitale Milano, Venezia divenne capoluogo del dipar mento dell’Adria co. Nel corso dell’anno e nel 1810 la ci à fu ogge o di razzie selvagge. Vennero così soppressi, col pretesto di un nuovo asse o, quaranta parrocchie, trecento antacinque confraternite, quarantase e monasteri, quarantotto chiese di monasteri, delle quali ven se e vennero demolite e tra queste il Convento Maggiore dei Servi di Santa Maria in contrada san Marcilian. Il 17 giugno 1806 viene inviata la no fica ufficiale del sequestro e si pongono i sigilli sull’archivio del monastero, situato nella loggia del secondo piano dirimpe o alla porta d’ingresso del dormitorio, vicino alla libreria. Il 13 giugno 1810 vengono chiusi a chiave e sigilla la chiesa, la sacres a, la libreria e la cappella del Volto Santo. Dopo un’accurata s ma dei beni, la chiesa fu offerta come sede parrocchiale al parroco di san Marziale, ma quest’ul mo la rifiutò probabilmente per gli oneri che avrebbe comportato il mantenimento di un edificio così grande. Poco alla volta vennero vendu i beni e i nuovi proprietari decisero di trasformare in cavallerizza la cappella dell’Addolorata. Furono smantella il chiostro, tolte le vere da pozzo, vendute le tre campane, rubate le lastre di piombo che ricoprivano la cupola e il ca no absidale. I 3428 volumi della libreria, che era stata ricostruita dopo l’incendio del 1769, vengono in buona parte dispersi e trasporta altrove. Il 24 agosto 1812 , in seguito al Dispaccio Governavo del 5 agosto 1811, la proprietà passa alla Cassa di Ammor zzazione di Monte Napoleone

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e nel gennaio 1814 Virgilio Brocchi di Padova inizia una tra a va con il Demanio per l’acquisto dell’area. In questo momento, dunque, gli edifici erano ancora ere , anche se svuota di tu o ciò che un tempo contenevano. Sarà infa da quest’anno che inizierà l’abba mento sistema co delle an che fabbriche per riciclarne i materiali che le cos tuivano Con licenza del 28 marzo 1814 viene autorizzata la demolizione delle par ritenute rovinose, tu avia i nuovi proprietari cominciano la demolizione generalizzata, seminando macerie ovunque. Tu a l’isola diviene una vera e propria cava. Nonostante il ricavato di queste vendite, i proprietari non riuscirono a sanare i debi accumula in seguito all’acquisto dell’area e il 20 o obre 1826 i beni vennero pignora . Fu così abba uto tu o ciò che aveva cos tuito il Convento Maggiore dei Servi di Maria, ad eccezione di parte del lungo edificio che si allinea sul rio della Misericordia che nel 1844 verrà affi ato e rido o a casa di abitazione e magazzini per tre famiglie. L’accesso dalla fondamenta della Misericordia avveniva a raverso un ponte ligneo dello della Cavallerizza costruito sul rio e successivamente demolito. Nel 1859 gli affi uari divennero cinque. Il primo giugno del 1846, in seguito all’a vazione del Catasto Austriaco che sos tuì quello Napoleonico, i beni vengono nuovamente censi e descri . È interessante notare sia la differenza di rappresentazione dell’isola nelle due mappe, sia la descrizione effe uata dai due Catas : i luoghi, infa , furono devasta dalle demolizioni. Nell’elencazione non appare l’oratorio di san Filippo Neri (ex scuola dell’Annunziata) evidenziata con la le era F nella mappa austriaca.

LA NASCITA DEL NUOVO ISTITUTO Il 27 aprile 1859, in seguito ad un’asta pubblica, Anna Maria Marovich acquistò l’intera area. In poco tempo quasi tu o il complesso fu demolito, tanto che nel 1821 il Municipio in mava di bloccare i lavori. I luoghi rimasero nello stesso stato fino al 1859, quando la Marovich e il Canal proge arono la rinascita dei luoghi, per ospitarvi le ragazza dimesse dalle carceri veneziane.


Quando Anna Marovich giunse nell’isola dei Servi la trovò in uno stato desolante, con le colonne dei chiostri tamponate per evitare crolli. Il 29 luglio 1862 la contessa Loredana Morosini donerà alla Marovich la proprietà confinante ad est della Cappella del Volto Santo, nel cui sito verrà ere a la cappella dell’Addolorata. La chiusura del ponte dei Servi, pericolante, aveva generato problemi di pubblica sicurezza nel campo, divenuto luogo di malaffare. Si rese necessaria, per far fronte a ciò, l’erezione di un muro di cinta per proteggere ques luoghi. Inizialmente ci fu grande sdegno da parte delle is tuzioni, poiché si privava la ci à della vista di quelle splendide rovine.

Le nuove fabbriche dell’is tuto sorsero in parte sulle fondamenta preesisten , per non sprecare nulla. Furono demolite le tredici arcate del cor le centrale e in luogo di esse ne furono messe sei di maggiore dimensione. Il cor le centrale fu pavimentato in masegni e il pozzo fu completamente ricostruito. Si ridisegnò il cor le centrale, gran parte delle fondazioni della parte sinistra della chiesa servirono per elevare nuove murature. Nel 1865, di fronte alla Cappella del Volto Santo, fu elevato un modesto edificio per ospitare il cappellano dell’Is tuto ed una foresteria per gli eventuali ospi .

LE MODIFICHE DEL COMPLESSO ATTRVERSO LA CARTOGRAFIA STORICA

1697

1830

Mappa del CORONELLI

1809

catasto AUSTRIACO

1970

catasto NAPOLEONICO

mappa curata da BALISTERI-TRINCANATO (su base catastale)

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RILIEVO DELLO STATO ATTUALE

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TAV ! - rilievo per trilaterazione semplice dell’ex campo dei servi e del cortile centrale del complesso

TAV 2 - rilievo per trilaterazione semplice dell’ex campo dei servi

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RILIEVO DELLO STATO ATTUALE

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TAV 3 - Fotopiano Sez AA

TAV 3 - ridisegno Sez AA

TAV 4 - ridisegno Sez BB

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DESTINAZIONI D’USO COMPLESSIVE ATTUALI

piano terra

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primo piano

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PORPOSTA PROGETTUALE Con queste parole un grande scri ore e viaggiatore riusciva a descrivere quella par colare cara eris ca, quel par colare “stato d’animo”, che è ciò che rende Venezia tale, che la dis ngue dalle altre ci à. Venezia, questo ”grande ar ficio” è tu a da scoprire. Per farlo però bisogna cercare di uscire da quel flusso e riflusso che dalla stazione va dalla stazione a San Marco e ritorno. Solo così si può scoprire qualcosa di “intrigante”. Bisogna appunto fare come l’acqua, che visita ogni angolo segreto della ci à uscendone poi a raverso dei percorsi prestabili , o inventandosene, se necessario, di nuovi.

“...ci sono a Venezia [...] luoghi magici e nascosti. [...] in queste corti segrete, si aprono porte [...] che conducono sempre in posti bellissimi e in altre storie.” H. Pratt

È sulla base di queste considerazioni che l’idea di proge o ha preso corpo. Non con immagini, come sovente, ma con la volontà di suscitare quelle stesse sensazioni ed emozioni, che si venivano a creare leggendo tali parole e girovagando per Venezia. Scoprendo cor inaspe ate. Vas ssime nel contrasto con la stre a calle che ivi ci ha condo . La sorprese di trovarsi a proprio agio in luoghi in mi, incavi nello spazio comune. La sorpresa quindi, della scoperta. Una serie di piccoli interven , che non modifichino sostanzialmente gli spazi che si sono venu a creare col tempo e le sovrapposizioni di ambien e spazi. Sviluppandone semplicemente le potenzialità.

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studio per la nuova biblioteca ai Servi

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PROGETTO

DESTINAZIONI D’USO COMPLESSIVE DI PROGETTO

LEGENDA aree destinate allo studentato aree destinate all’ostello aree destinate alla scuola materna aree destinate al convento aree destinate alla biblioteca aree commerciali aree per lo sport verde pubblicioi e semiprivato percorsi su aree pubbliche proposta di progetto - piano terra

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percorsi su aree private


restauro s. m. ai servi LEGENDA aree destinate allo studentato aree destinate all’ostello aree destinate alla scuola materna aree destinate al convento aree destinate alla biblioteca aree commerciali proposta di progetto - primo piano

aree per lo sport

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PROGETTO

NUOVA BIBLIOTECA AI SERVI

A

STRUTTURA FRANGISOLE

ACCETTAZIONE

DEPOSITO/ ARCHIVIO BIBLIOTECA

ACCESSO A CONSULTAZIONE LETTURA

INGRESSO

EMEROTECA

IMPIANTI TECNICI PORTICATO PUBBLICO

WC PERSONALE

A proposta di progetto - piano terra - scala 1:200

N

A

proposta di progetto - primo piano - scala 1:200

N

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ACCESSO AL CORTILE

A


restauro s. m. ai servi proposta di progetto - sezione AA - scala 1:100

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URBANISTICA 1 prof. Bruno Dolcetta

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IL TRIVIO - Col San Martino RIQUALIFICAZIONE DEL CENTRO STORICO Col San Mar no è una frazione del comune di Farra di Soligo, un paese della provincia di Treviso. Localizzato lungo il torrente Raboso, addossandosi alle pendici delle colline che delimitano a nord il Quar er del Piave. A sud della frazione si estendono i palù, formazioni paludose piche del Trevigiano. A Col San Mar no si organizza sin dal 1966 la Mostra Interprovinciale del Prosecco D.O.C. di Col San Mar no, una delle più importan manifestazioni legate alla promozione del vino Prosecco. CENNI STORICI Le origini della Pieve di “Santa Maria in Silva di Col S. Mar no” si perdono nella no e dei tempi, certamente però, essendo sede di una Pieve che porta il tolo mariano, è an chissima come tu e le altre del Quar er del Piave. Col S mar no è senza dubbio di origine medioevale. Situato in una gola naturale, ai piedi delle prealpi venete, in una posizione geograficamente prote a e strategica per i commerci tra le popolazioni delle prealpi e le gen della piana della marca. Limitatato a nord dalle montagne e dalle colline(che hanno rifugiato i par giani nella seconda guerra mondiale) e a sud dal territorio del Quar er del Piave con appunto il fiume Piave e il montello. Come si puo notare dalle mappe, Col S. Mar no nasce e si sviluppa da borgate medioevali: canal vecchio, fontana, posmon e giussin; che si sono collegate tra loro con l'aumentare della popolazione e la costruzione di nuove case, perme endo cosi che i confini tra le borgate si intrecciassero in modo da rendere

irriconoscibili gli originali limi medioevali, creando l'a uale conformazione di Col S. Mar no. Il paesaggio circostante al contrario non è stato profondamente trasformato, più che altro, nelle serie di cambiamen ,si è manifestata una certa volonta di adeguamento alla conformazione naturale del luogo. Inizialmente, prima della costruzione del tra o di strada provinciale tangente il centro storico, la via princiapale era quella di origine medioevale. In questo proge o è nostra intenzione salvaguardare questa an co “asse” comunale, intervenendo in questo an co trivio, in modo che i tre ver ci possano ricollegarsi con la nuova viabilità moderna in modo piu sicuro e scorrevole. La soluzione da noi scelta è quella di lavorare sulla viabilità e sui flussi di traffico. Partendo dal presupposto che ogni “centro” è tale poichè in grado di a rarre le persone con qualità di vita, comodità e fruibilità. condizioni queste, indispensabili, che però non è possibile forzare. Occorre laciare che un territorio si sviluppi in modo autonomo. Con la pianificazione noi andiamo a favorire le condizioni perchè ciò avvenga. Gli obbie vi “STEP” da raggiungere per realizzare questo nostro intento sono: - eliminare le problema cità che non favoriscono lo scorrimento del traffico di a raversamento. - allontanamento del traffico pesante dal centro - individuazione di una zona centrale da a rezzare affinchè possa essere individuata come punto di riferimento per l’area di Col San Mar no a raverso restrizioni per il traffico. Ques obbie vi sono sta affronta a raverso un’approfondito studio del territorio e della sua evoluzione.

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EVOLUZIONE DEL NUCLEO ABITATO ATTRAVERSO LA CARTOGRAFIA STORICA

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ANALISI DEL TERRITORIO DESTINAZIONE D’USO SUOLO

- vigneti

- zone boschive

DENSITA’ DEL COSTRUITO

- edifici di interesse storico

VIABILITA’ ESISTENTE

- viabilità territoriale/ attraversamento

- viabilità locale


PROGETTO DI SISTEMAZIONE DELLA VvIA STORICA scala grafica 1:2000

PAVIMENTAZIONI In fase di proge o si sono scelte due par colari pologie di pavimentazione, tali che potessero assorbire le for irregolarità del tracciato e le marcate pendenze, res tuendo al contempo omogeneità al tracciato stesso. Come materiale si è scelto di u lizzare il porfido nelle due varian , a smolleri e in lastre. LASTRE DI PORFIDO

SMOLLERI IN PORFIDO

Riservata esclusivamente al transito pedonale, questa pavimentazione, grazie alla propria scabrosità, offre o me qualità an sdrusciolo.

Riservata al transito degli autoveicoli, questa pavimentazione, di natura ada a a sopportare il peso di veicoli a motore, offre buona aderenza per gli pneuma ci anche in condizioni di elevata pendenza.

0,5 0,6 0,35


O


PARTICOLARE SISTEMA RACCOLTA E SCOLO ACQUE Smolleri in porfido Soletta in cls con rete elettrosaldata o 8/20 Strato di stabilizzante

Pavimentazione pedonale in lastre di porfido Strato incollante Strato di pendenza Soletta in cls con rete elettrosaldata o 8/20 Strato di stabilizzante

Elemento di raccolta e scolo acque di scorrimento con raccordo a sistema fognario Chiusino con funzione di scolina in pietra bianca di Vicenza Canaletta in cls prefabbricata per raccolta e scolo acque bianche Strato di cls magro


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PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA E URBANA prof. Alberto Ferlenga

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AMBITO DI MONTE ORTIGARA PROPOSTA DI PROGETTO per uno spazio espositivo e una struttura ricettiva Nell'ormai piena consapevolezza che tu a la storia dell'uomo sia non solo storia di tes ma anche di contes , di luoghi fisici che sono il supporto e la condizione ineliminabile dei grandi episodi del tempo e dello spazio, la memoria della grande guerra rappresenta, sul territorio degli al piani vicen ni, un tessuto di forme e di opere ancora straordinariamente leggibili, che una volta riscoperte e valorizzate cos tuiscono un codice interpreta vo per le vicende storiche del nostro tempo.In ques luoghi siamo di fronte ad uno dei più interessan esempi di simbiosi fra natura e storia. Anzi è proprio quell'evento che ne ha fortemente e indissolubilmente connotato tale natura, incorporandola defini vamente nella storia.In ques luoghi, forse più che altrove, la natura è stata trasformata dagli uomini divenendo storia. Un territorio storico dunque, uno spazio di sedimentazioni e presenze nel quale una nuova forma di organizzazione, che leghi quel passato al nostro presente, può rendere più percepibili i valori e le ricchezze della conoscenza. La memoria e il suo futuro, la salvaguardia delle sue tes monianze nel contesto originario sta diventando un valore primario per sviluppare metodologie della conservazione nella prospe va di una completa riconsiderazione dell'ambiente storico come spazio geografico e umano. Parliamo di una realtà storica tes mone per l'uomo nelle vicende che lo hanno coinvolto.

“L’0rtigara è un monte nudo, bisogna vederlo quanto è nudo, per credere. La natura avrà gettato le basi, ma poi dovevano anche esserselo lavorato coi cannoni, sasso per sasso. C’erano camminamenti e postazioni, in una specie di frana generale del monte.” L. Zanzotto - PICCOLI MAESTRI

quota 1760 PIAZZALE LOZZE zona monumentale dell’Ortigara comune di Asiago

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CIMA CALDIERA caposaldo Italiano effettivi 300.000 uomini 1600 pezzi

CIMA ORTIGARA caposaldo Austro- ungarico effettivi 100.000 uomini - 500 pezzi

quota 2105 ORTIGARA

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quota 1933 BAITO ORTIGARA

quota 1760 PIAZZALE LOZZE


Un paesaggio che a raverso quelle vicende si fa cultura e ne riceve un senso. Per ciò questo ambiente così fortemente intriso delle tes monianze materiali della grande guerra può divenire qualcosa di più di una forma visibile, perché è cos tuito per rappresentare una forma mentale, una rete di figure e significa originari. L'organizzazione di un proge o di recupero ambientale e culturale delle aree sugli altopiani vicenni, ancor oggi fortemente interessate dalla presenza fisica della memoria della grande guerra, deve infa passare necessariamente a raverso approfondimen conosci vi della natura e della storia del territorio. Per poter arrivare alla comprensione del rapporto che la presenza militare ha instaurato con questo territorio delle trasformazioni dire e o indire e determinatesi, delle ragioni storiche e delle specifiche conformazioni dell'ambiente. Concentrandoci sul significato del termine “tutela a va” comprendiamo che non c'è conservazione senza un intelligente riu lizzo. Senza dunque l'inserimento del bene nelle ragioni e nelle risposte del bisogno di conoscenza e corre a informazione, proprie del vivere contemporaneo. E pur nella consapevolezza di trovarci in mol casi in presenza di un patrimonio certamente sedimentato nell'ambiente ma sofferente di uno stato di degrado progressivo esercitato in primis dall'azione del tempo, ma anche dall'uomo, siamo però persuasi che ogni cosa che ci capi di incontrare percorrendo le nostre montagne (quali un forte, una trincea, una postazione, un monumento..) ed ogni accadimento in ques luoghi avvenuto (una ba aglia, un rifornimento, una diserzione..) siano indissolubilmente lega . Così tanto fusi insieme da cos tuire il segno, la traccia, la memoria del passato. Che poi la tutela e la valorizzazione di queste tracce aiu no gli uomini a vivere meglio, non è ancora defini vamente dimostrato ma poiché esistono, vanno perlomeno comprese e spiegate. La diversità di questo territorio è dunque un patrimonio irriproducibile. La scomparsa delle opere custodite in esso è una perdita secca e irreparabile per la memoria e l'iden tà stessa dei territori che le contengono. La conservazione di questa diversità deve essere un obbie vo strategico per qualsiasi poli ca culturale e richiedere strumen ges onali ad essa esplicitamente dedica .

Le esperienze di importan interven di recupero, ora divenu modelli per una museologia storica, assun da noi a riferimento per le scelte proge uali, come l'Historial de la grande guerre de Péronne in Francia, il museo Carinziano di Kötschach-Mauthen, il Kobariškj Musej di Capore o e il museo della Grande Guerra sul Lagazuoi a Cor na D'Ampezzo, rappresentano ambi e proposte che grazie a un sapere competente e appassionato hanno saputo valorizzare e sopra u o “comunicare” la realtà complessa e spesso fragile di questa categoria di beni culturali. In quest'o ca prende corpo la nostra idea di proge o. Si tra a di spazi che si vanno a relazionare in maniera organica con l'ambiente nel quale si inseriscono. In questo caso non abbiamo preesistenze importan con le quali confrontarci certo, ma il fronte era vicino. Non tanto, tu avia, da influenzare dramma camente ques luoghi, come è avvenuto per il vicino monte Or gara. Il sogge o del nostro intervento è un piazzale. Uno spiazzo il cui appella vo di “piazzale” suona appunto già strano in un contesto, questo naturale e quasi selvaggio. Ciò ci suggerisce che esso fosse considerato “per nenza” militare, zona logis ca, esclusa dalla naturalità, punto di appoggio per “par re”. È in questo che sta la modifica, la conversione a zona di manovra, l'urbanizzazione funzionale. Il nostro proposito è quindi una riconversione alla naturalità, per quanto possibile in simili luoghi, considera dalla retorica “consacra col sangue”… ma in verità “banalmente” martoria dalla tragedia umana. Andremo ad agire solo ove necessario, mantenendo però ben delineate memoria e presente. Sul fronte nord del piazzale troveranno posto le stru ure rice ve che in tal modo potranno beneficiare della migliore insolazione, per contro nel fronte sud troverà dimora lo spazio esposi vo. Proponendosi come un “percorso”, uno spunto riflessivo per ciò che ci a ende una volta intrapreso il sen ero alla “quota” del monte, per non cedere nuovamente alla retorica e vederlo solo come tributo all'eroismo non ascoltando il messaggio che a raverso le pietre viene lanciato a noi figli, la consapevolezza della bes alità dei padri.

quota 1559 VAL SCURA strada militare di arroccamento

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ROCCE AFFIORANTI

IL SISTEMA COSTRUTTIVO DELLA MUATURA IN C.A.

ESTRATTO DAL LIBRO “I PICCOLI MAESTRI” Lassù, per la prima volta in vita nostra, ci siamo sen veramente liberi, e quel paesaggio s’è associato per sempre con la nostra idea della libertà. In mol modi è un paesaggio ada o a questa associazione: intanto è un altopiano, uno zoccolo alto, e tu i rilievi sono sopra questo zoccolo, ben stacca dalla pianura, eleva , isola . Questo si sen va fortemente lassù: eravamo sopra l’Italia, arrocca . Poi, su questa pia aforma c’è una gran ricchezza di forme specifiche; non è affa o uno zoccolo informe, è un mondo organico, con le sue montagne, e le sue piccole pianure, e le groppe boscose; un mondo alzato tra i mille e i duemila metri, simile a questo in cui viviamo normalmente, ma vuoto, ni do, lucente. La forma più pica, specie nel centro dell’al piano, là dove eravamo noi, sono i piccoli circhi, i teatri naturali in cui la roccia tende a modellarsi; certo ci sarà qualche buon mo vo geologico, ad ogni modo è così. Ce ne sono tan , alcuni minuscoli, alcuni imponen , ma sempre di misura umana, come teatri an chi, in Sicilia o in Grecia. C’è pascolo magro, la roccia è li so o disposta in lastre ampie, e a ogni momento affiora; i diruppe si a eggiano in semicerchio a orno alle piccole cavee; le lastre sovrapposte si slabbrano in blocchi regolari, simulando gradi, scalinate, piedistalli, pezzi di colonne cadute; sei in un teatro di pietra grigio perla e grigio rosa. In ques spazi forma , anche i ges , i passi acquisiscono forma, cioè una relazione ordinata e armonica con essi; pare che il mondo non contenga soltanto, ma guardi. Era come trovarsi fra le rovine di una ci à abbandonata: le distanze erano percorribili, ci si sen va a proprio agio, e insieme un po’ eccita ; era proprio una ci à, enorme, vuota e sconosciuta, ma tu a umana. È lassù che ci siamo sen liberi, e non è meraviglia che ques circhi, ques boschi,queste rocce fiorite ci siano passa dentro, come modi della coscienza, e ci sembrino ancora il paesaggio più incantevole che conosciamo.

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1

2

3

4 12 10 8 8

= 38 cm


VEDERE SENZA ESSERE VISTI

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PLANIMETRIA GENERALE - scala 1:5000

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PLANIMETRIA GENERALE LIVELLO TERRA quota +2.50m scala 1:5000

PLANIMETRIA LIVELLO SEMINTERRATO quota +0.30m - scala 1:5000

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PLANIMETRIA GENERALE PRIMO LIVELLO quota +5.50m scala 1:5000

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CAMMINARE

PLANIMETRIA LIVELLO TERRA PERCORSO ESPOSITIVO scala 1:2000

ATTRAVERSO LA MEMORIA VERSO UNA COSCIENZA

PASSERELLA COPERTA -

UNA DIREZIONE OBBLIGATA

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Si tratta di un percorso obbligato, metafora dell’entrata in guerra. Per chi la guerra la deve fare e non era al sicuro dietro una cartina. Si riesce ancora a vedere all’esterno.

INIZIO PERCORSO ESPOSITIVO Ingresso /Biglietteria, Deposito bagali, Accoglienza

DIREZIONE PERCORSO DI VISITA

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PASSERELLA COPERTA -

MODULO COMPOSITIVO

La passerella coperta che collega la biglie eria con il percorso museale vero e proprio, intende porsi non solo come elemento funzionale puro e semplice, ma come metafora e suggerimento di le ura del percorso stesso. Completamente rives ta di una serie di pannelli trafora in COR-TEN vuole trasme ere la sensazione di oppressione e di mancanza di alterna ve, se non quella di proseguire, che dovevano provare i solda durante l’avvicinamento al fronte. L’intero percorso museale altro non è che un disposi o a o a suscitare emozioni più che una mera esposizione di cimeli avvol dalla retorica. Questa composizione si genera a par re da 6 modli base opportunamente dispos .

A B C A’ B’ C’

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PLANIMETRIA PRIMO LIVELLO PERCORSO ESPOSITIVO - segue scala 1:2000

IL PERCORSO RIPRENDE AL LIVELLO TERRA

SALA 2 -

IL NEMICO

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In questa sala viene presentato il campo di battaglia all’alba del 10 giugno 1916. Una grande cartina su untavolo in centro alla sala. Ma attorno, come figuranti, dei pannelli, ritraggono il “nemico”, l’altro uomo. Con le sue paure, i suoi desideri, i suoi bisogni. Non così diverso. Finestra aperta in direzione cima Ortigara.

SALA 1 -

IL FRONTE

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Cosa significa “essere” al fronte? In questa sala vengono esposte le condizioni di vita di chi stava in trincea. Corredi di “uso quotidiano” niente a cui la naja ti possa preparare. Dal basso si possosno sentir, come da lontano, i suoini della battaglia, ancora lontana. Finestra aperta in direzione cima Caldiera.

PASSERELLA COPERTA ALTA

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L’ultimo sguardo a ciò che ci si lascia dietro prima di buttarsi nella “macchina” della guerra. Dall’alto, sopra il piazzale, si ride e si scherza mentre si va in guerra con i compagni. Tranquilla incoscienza.

IL PERCORSO RIPRENDE DAL LIVELLO TERRA

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PLANIMETRIA LIVELLO TERRA PERCORSO ESPOSITIVO - segue scala 1:2000

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USCITA

ACCESSO ALLE AULE DIDATTICHE E SERVIZI Qui termina il percorso espositivo, questo “viaggio” attraverso la memoria trasmessa. Il visitatore viene investito dalla luce. Attorno a se, le guide metalliche, sempre presenti fin’ora, si sfaldano e scompaiono pian piano. Lo stesso cemento si frantuma. Si ritorna al presente, restano solo le rocce e gli abeti.

SALA 4 -

COSA RIMANE

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In questa sala incontriamo i testimoni che ci hanno raccontato la guerra attraverso i loro scritti. Memoria di testi.

IL MESSAGGIO DI ACHILLE

SALA 3 -

L’ATTACCO

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Il momento di correre. Non importa dove, non importa verso cosa, non è sono concetti importanti. Devi solo correre. Correre. E pensare solo a te stesso. Ma così non arrivi da nessuna parte. E allora? In questa sala, priva di finestre e posta al livello più basso e profondo, con l’ausilio di proiettori e casse audio, si vuole trasmettere un’idea dello stordimento e della confusione del momento in cui o l’uomo rinnega la sua umanità o la consolida. L’attacco.

IL PERCORSO RIPRENDE DAL PRIMO LIVELLO

“Niente per me vale la vita: non i tesori che la città di Ilio possiede; non le ricchezze, che dietro la soglia di pietra, racchiude il tempio di Apollo [...] si possono rubare buoi e pecore, si possono acquistare tripodi e cavalli dalle fulve criniere; ma la vita dell’uomo non ritorna indietro, non si può rapire o riprendere, quando ha passato la barriera dei denti.” ACHILLE, iliade

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RIFUGIO E PUNTO RISTORO

planimetria generale scala 1:500

planimetria primo piano scala 1:500

planimetria piano terra scala 1:500

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propspetto sud scala 1:200

propspetto ovest scala 1:200

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PROSPETTI E SEZIONI

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propspetto nord scala 1:250

sezione 1 scala 1:250

sezione 2 scala 1:250

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PROGETTAZIONE URBANISTICA prof. Chiara Barattucci

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STRA - restauro sociale RIGENERARE GLI SPAZI D’INCONTRO Stra è il secondo comune più occidentale della Provincia di Venezia, inserito nella Riviera del Brenta. Dista 38 km dal Capoluogo, ma i tempi di collegamento sono prossimi ad un'ora. Padova è ad appena 21 km di distanza e i tempi di collegamento sono rido ad un terzo rispe o a quelli con Venezia. I Comuni confinan sono: Dolo ad Est, Fiesso d'Ar co e Vigonza a Nord, Noventa Padovana ad Ovest, Fossò e Vigonovo a Sud. Il territorio è lambito dal Naviglio del Brenta, importante arteria fluviale del Veneto centroorientale. CENNI STORICI Stra deriva il suo nome di dalla parola la na "strata" (strada lastricata). In origine la denominazione faceva riferimento in modo esclusivo al territorio di San Pietro, ma fu poi a ribuita anche al capoluogo che così perse l'originario Fossolovara (Fossa dei lupi). Il territorio era a raversato dalla celebre strada militare Emilia-Al nate, costruita dal console Marco Aurelio Lepido per congiungere Padova ad Al no e Aquileia. All'epoca romana Stra fu paese prevalentemente agricolo e pastorale. Durante il medioevo subì gravi danni dalle varie incursioni barbariche, poi dal XVI secolo, legata alla storia di Padova, fu travolta dalle innumerevoli guerre tra Padova e Venezia, sopra u o per mo vi di confine, diri sul Brenta, di deviazioni sul fiume. Cadde per breve tempo so o il dominio di Ezzelino da Romano, finché con il tra ato fra Venezia e i Viscon , passò so o la signoria di Milano, alla quale la so rassero i padovani condo da Francesco da Carrara.

Nel XVI secolo, dopo la guerra de a di Cambrai, Stra divenne territorio veneziano e tranquillo soggiorno della nobiltà della Serenissima. EVOLUZIONE STORICA Il paesaggio stratese di cui godiamo oggi è stato creato con un a o di vera e propria chirurgia ambientale dai Veneziani, assieme ad altri accorgimen di tecnica idraulica per impedire al fiume di scaricare fanghiglia e sabbie nell’habitat lagunare fino a trasformarlo in un deserto. I magistra alle Acque hanno deviato il corso del fiume, dire amente a mare, consentendo il fluire pacifico del ramo “magro” verso Venezia e la nascita del turismo d’area. Questa “stabilità idraulica” ha cos tuito una vera rivoluzione culturale per l’ambiente brentano che ha cominciato a subire importan mutamen . Il paesaggio rurale, sta co a orno alle ville è stato violentemente scosso dallo sviluppo delle a vità calzaturiere all’inizio del 1900 e in par colare dal boom del secondo dopoguerra che ha seminato fabbriche lungo tu a la Riviera. Si nota da questo momento in poi un'accelerazione nello sviluppo insedia vo del territorio comunale. L'edilizia popolare degli anni '60 plasma i centri di Stra e San Pietro, dove sorgono caseggia di tre-qua ro piani. La ricchezza dell'area fa sì che a queste con nuino ad affiancarsi abitazioni monofamiliari e ville e a schiera. La campagna con nua ad essere popolata per tu o il XX secolo, ma si assiste ad un progressivo abbandono della stessa, accelerato dalla crisi che ha colpito il se ore calzaturiero negli anni Novanta.

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EVOLUZIONE DEL TERRITORIO attraverso la cartografia storica I.G.M.

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ANALISI DEL TERRITORIO IDROGRAFIA Il tra o in pianura del fiume Brenta inizia a Bassano, e lungo il suo corso viene alimentato dalle risorgive planiziali e dal Muson dei Sassi. Nei pressi di Padova il fiume si divide nel ramo orientale – la Riviera del Brenta (costellata di ville), che sfocia in laguna presso Fusina – e in quello occidentale che sfocia a sud di Chioggia. Il canale del Brenta da sempre è una via commerciale molto frequentata. Con la “diversione” verso Chioggia, del corso più violento del Brenta, si è consen to il fluire pacifico del ramo “magro” verso Venezia e la nascita del turismo d’area. Questa “stabilità idraulica” ha cos tuito una vera rivoluzione culturale per l'ambiente brentano che ha cominciato a subire importan mutamen . Naturale prolungamento del Canal Grande, il Fiume Brenta è da sempre l'a ore principale del territorio tra Padova e Venezia. Il "Naviglio del Brenta", il vecchio alveo del fiume Brenta, inizia il suo percorso a Stra e sfocia a Fusina nella laguna di Venezia. La via navigabile fu abbandonata dai commerci negli anni '80 del secolo scorso con l'u lizzo dei grossi mezzi di trasporto su strada. Oggi il Naviglio resta un canale di primario interesse turis co. La vegetazione riparia si preserva lungo il canale Tergola-Veraro

e su pochi tra del Naviglio, poiché le sponde meridionali dello stesso sono ricoperte esclusivamente dal manto erboso. Un filare di platani pianta di recente costeggia la riva dalla parte del Comune di Stra. Tra esso si possono di tanto in tanto rinvenire anche par colari specie arboree, come il pioppo bianco (Populus alba), il pioppo nero (Populus nigra), il salice bianco (Salix alba) e l'ontano bianco (Alnus incana).. Nei pun in cui la corrente rallenta la sua corsa, si evidenzia la presenza, dovuta alla maggior presenza di azoto nel terreno, anche di piante di sambuco (Sambucus nigra) e di rovi (Rubus). Tra le specie erbacee si possono facilmente rinvenire l'olmaria (Filipendula ulmaria), il giaggiolo giallo (Iris pseudacorus), il campanellino (Leucojum vernum), la Carex remota, la matricale (Stachys silva ca), la calta palustre (Caltha palustris). Un'altra specie cara eris ca, anche se assai rara, è la felce palustre (Thelypteris palustris). In alcuni pun si notano delle cemen ficazioni all'altezza del le o navigabile, in par colare in corrispondenza degli approdi e dove la strada si avvicina di più all'acqua. Altri rinforzi sono visibili in corrispondenza dei pon e delle anse del Naviglio.

VERANO

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RISORSE TURISTICHE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA Nel comunde di Strà sono presen tre stru ure alberghiere e qua ro Bed and Breackfast. Numerosi sono i ristoran , le tra orie e gli agriturismi con una varietà di ambien che vanno dalla pologia a conduzione familiare al lusso. LE VILLE Le Ville sono la principale a razione di questo territorio: villa Rossi è una costruzione del tardo 1500, realizzata da Vincenzo Scamozzi su disegno di Andrea Palladio, rimaneggiata in periodo neoclassico dall'archite o veneziano Giuseppe Jappelli. Villa Pisani, de a anche la Nazionale, è uno dei più celebri esempi di villa veneta: venne costruita nel 1721 per opera di Gerolamo Frigimelica e Francesco Maria Pre per il doge Alvise Pisani. La sua monumentalità ha fa o sì che la villa fosse più volte scelta come residenza o come sede per incontri tra monarchi e capi di stato o di governo; villa Pisani ha ospitato tra gli altri anche Napoleone Bonaparte nel 1807 che la acquistò per il viceré d'Italia Eugène de Beauharnais, lo zar Alessandro I e Vi orio Emanuele II; nel 1934 fu scelta come sede del primo ver ce tra Adolf Hitler e Benito Mussolini.

FESTE E SAGRE Un patrimonio di folclore e di religiosità popolare sono le feste di paese, tornate a raen anche per le generazioni più giovani e i turis . Se le fiere, le sagre, i carnevali, le mostre a tema si svolgono durante tu o l’anno, secondo un calendario an co, il nuovo non manca, anzi si può dire che cos tuisca la quinta stagione della Riviera. Così non va dimencato che ogni anno la Venice Marathon parte dalla Riviera per arrivare a Venezia, e che in se embre lungo il filo della corrente del Brenta, in occasione della festa “Riviera Fiorita”, sfilano le meravigliose barche della Regata storica di Venezia che si esibiscono in parata.

Villa Pisani è famosa inoltre per il suo labirinto di siepi di bosso, uno dei tre labirin in siepe sopravissu fino ad oggi in Italia.

va segnalata perché mol luoghi si trasformano in scena per fare teatro di tradizione e concer ma anche arte circense e teatro di strada, balle o e musica etnica. Nelle sere d’estate, ogni anno, le ville per prime ospitano il “fresco” no urno, ma è l’intera Riviera che, in realtà, si trasforma in ven teatri diversi, dallo straordinario spazio scenico della Villa nazionale di Stra alle stanze affrescate di Villa Foscarini Rossi.

I BATTELLI Nel periodo da Marzo ad O obre, sono a vi i ba elli turis ci, che svolgono escursioni lungo, il fiume, con la possibilità di ammirare le an che ville, la vegetazione lussureggiante delle rive e di scoprire la fauna autoctona. IL PAESAGGIO AGRARIO La Riviera è la parte baricentrica di un territorio di an ca vocazione agricola, dove la campagna col vata a grandi riquadri di biade o di fru e , di granoturco e di vigne è intersecata da stradine alberate, canali e fossa . È rimasto il gusto an co per le siepi - piccoli ecosistemi fol e ronzan di vita animale - e, come segnali di un percorso

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preferenziale, spuntano agli incroci i capitelli devozionali. L’ambiente agreste è completato e vivacizzato da isolate case gen lizie e rus che, da macchie arbus ve, da bosche di pioppi, piccole fabbriche e or .

ALTRE ATTRAZIONI Fra luglio e agosto la Riviera del Brenta fa il pieno di spe acoli: un fes val la cui originalità


RISORSE PER L’INDUSTRIA E L’AGRICOLTURA Verso la fine del secolo scorso lungo le rive del Brenta rinasceva l'Arte della calzatura impostata su nuovi criteri di tecnica e di organizzazione. All’interno del diba to sulle performance economiche del Nord Est italiano, il sistema calzaturiero della Riviera del Brenta occupa una posizione di assoluto rilievo e proprio per questo è stato ogge o di numerosi studi e ricerche di cara ere economico che si sono però sofferma sul periodo dell’“esplosione distre uale”. Il processo che portò allo sviluppo del distre o calzaturiero della Riviera del Brenta prese avvio nelle arretrate condizioni economiche e sociali dell’area a fine O ocento, grazie alla presenza di una tradizione ar giana e al pionierismo di Luigi Voltan. Nelle plaghe tra Venezia e Padova, l’agricoltura rappresentava per mol l’unica possibilità di mantenersi sulle soglie della sopravvivenza, dato che le poche a vità ar gianali e commerciali rimaste sopravvivevano stentatamente dopo il declino di Venezia quale centro propulsore delle a vità e dei traffici. La possibilità di reperire manodopera abbondante ed a basso costo avrebbe cos tuito per mol anni un fa ore importante per lo sviluppo del se ore calzaturiero il cui radicamento nell’area della Riviera risen comunque molto della vicinanza delle ci à di Venezia e di Padova. Oggi, quella che era stata la principale forza industriale di Stra deve fare i con con la crisi e con la concorrenza dei paesi asia ci. Permane tu avia l'impeto propulsivo della moda e la riconosciuta qualità delle produzioni, so olineata dalla creazione di un museo della calzatura proprio nel comune. A dar lavoro agli abitan di Stra sono però anche le numerosissime aziende della cintura a orno a Padova e il polo chimico di Marghera. Il se ore terziario sposta quo dianamente il 16% della popolazione verso i centri di Padova e Mestre. Complessivamente circa i tre quar della popolazione compiono regolari spostamen verso l'esterno per recarsi al lavoro. L'agricoltura offre lavoro sopra u o in determinate stagioni, quando le campagne di Stra a rano lavoratori anche stagionali per la raccolta di ortaggi e fru a. Le aziende agricole sono il principale polo di a razione in tal senso, ma una minima parte della produzione rimane a ualmente in loco per la vendita sulla piazza e nei merca locali. Per quanto riguarda le opportunità offerte dal se ore turis co si rivela un ne o taglio dell'organico negli ul mi anni. I dipenden del se ore sono concentra sopra u o nelle a vità di ristorazione, alle quali si affiancano con prospe ve occupazionali minori il sistema delle ville, gli agriturismi che propongono escursioni di cara ere ambientale e infine l'azienda che si occupa della navigazione turis ca lungo il naviglio.

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SOPRALLUOGHI EFFETTUATI OSSERVAZIONI SUL PRIMO SOPRALLUOGO Durante il primo sopralluogo abbiamo voluto indagare personalmente le problema che evidenziate dall'Assessore ai traspor nel corso dell'intervista che ci ha concesso. La prima tappa della nostra analisi ci ha condo all'incrocio ci adino tra la strada regionale e la provinciale, punto nevralgico della ques one del traffico che assilla il centro urbano. Nel corso di qua ro successive osservazioni, compiute a par re dalle 10 del ma no fino alle 16 del pomeriggio, abbiamo potuto verificare la costante e incessante confusione generata dal passaggio delle auto. I pun di picco si sono verifica nel pomeriggio e all'orario di uscita dalle scuole. La situazione si aggrava notevolmente quando i grandi r si imme ono nella circolazione, creando rallentamen dovu alla loro mole e alla difficoltà di svolta in corrispondenza dei raccordi e delle curve più stre e. La circolazione è regolata anche da impian semaforici, ma ques non agevolano gli a raversamen dei pedoni, che devono comunque far fronte al passaggio di una delle due corren di traffico. Il passo successivo è stato l'analisi delle piste ciclabili esisten . Abbiamo verificato immediatamente la scarsità dei traccia realmente realizza . Ques sono apparentemente privi di logica, poiché compaiono come episodi sporadici in un territorio privo di qualunque rete di mobilità ciclabile e comportano solo, come grave conseguenza, il restringimento della carreggiata stradale. Il manto stradale spesso è dissestato lungo i margini della pista e i cordoli che la delimitano si presentano più come un pericoloso ostacolo alla mobilità che come barriera di protezione. Paradossalmente alcuni di ques percorsi terminano a ridosso di segnali stradali o lampioni per l'illuminazione pubblica, generando situazioni di grave rischio per i ciclis . Le strade interne, abbastanza tranquille, perme ono il transito alle bicicle e, ma questa mobilità si interrompe bruscamente laddove si interseca il traffico delle principali arterie stradali. I marciapiedi sono molto più cura e adeguatamente prote in corrispondenza delle svolte stradali. Permangono difficoltà per i pedoni in corrispondenza degli a raversamen pedonali, indica dalla segnale ca orizzontale, ma non adeguatamente prote da un sistema di lanterne semaforiche.

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OSSERVAZIONI SUL SECONDO SOPRALLUOGO Durante il secondo sopralluogo abbiamo analizzato la situazione del paesaggio agrario di Strà. Avendo compiuto la visita durante il periodo tardo autunnale non è stato possibile apprezzare la varietà delle colture, ma si individuano comunque le des nazioni dei vari terreni. I vigne coprono una parte molto rido a dei suoli e si tra a perlopiù di produzioni appartenen a priva o alle piccole aziende agricole. Gli alberi da fru o, localizza in appezzamen di terreno di alcuni e ari sono parte integrante dei terreni degli agriturismi e delle aziende agricole. Gli alberi presen sono gli stessi ovunque: si contano numerosi i meli e meno frequentemente si notano peri e peschi. Tenendo conto della rotazione delle culture e ascoltando il parere dei residen , si evince che la maggior parte della produzione agricola dei terreni è da riferire a granaglie comuni come il granoturco e il frumento. Non mancano gli allevamen di bovini, localizza a una certa distanza dalle strade asfaltate del comune: ques si localizzano lontano dai corsi d'acqua e sono raggiungibili mediante strade concesse ai priva o di proprietà comunale ma non asfaltate. OSSERVAZIONI SUL TERZO SOPRALLUOGO Il terzo sopralluogo ha avuto lo scopo di chiarire le potenzialità e le cri cità di alcuni pun del territorio. Per quanto riguarda il centro di Strà si evidenziano le problema che maggiori, connesse al degrado dell'area del mercato. A orno alla piazza, u lizzata come parcheggio, i negozi sono quasi tu chiusi. Sul lato lungo si staglia un lungo muro che delimità la proprietà privata di una villa e un'area di produzione industriale; su uno dei la cor si notano i campe del patronato, chiusi anteriormente da una banale rete di metallo e plas ca e delimita sullo sfondo dall'abside della chiesa. Sul lato opposto dell'edificio sacro compare la sagoma del municipio, edificio molto trascurato, che si innalza su por ci che dovrebbero offrire alloggio ad a vità commerciali. In realtà anche in questo punto si notano serrande abbassate e le vetrine impolverate di alcune sedi di par to. Nel resto del territorio non si evidenziano par colari emergenze edilizie, se non per gli edifici rurali abbandona e dirocca che punteggiano le campagne Le nuove ville e sono un valore aggiunto per il Comune, quasi ovunque visibili in o mo stato. Gli aspe più cri ci per quanto riguarda l'edilizia residenziale sono da conne ere al fa o che alcune palazzine insistonosulle strade trafficate, rendendo poco vivibili gli alloggi. Unica area problema ca appare la via Santa Marta, considerata pericolosa a causa della forte componente di immigra nigeriani, giun qui dopo lo sfra o di via Anelli a Padova.

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SISTEMA AMBIENTALE

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AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

AREA DI VALORE AGRICOLO-PRODUTTIVO

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SISTEMA DELLA VIABILITA’

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STRADA REG. 11 - collegamento con Vigonza e Fiesso

fermate autobus di linea

STRADA PROVINCIALE - principale via di comunicazione

percorso autobus di linea

STRADE COMUNALI di distribuzione

piste ciclabili esistenti

CANALI NAVIGABILI

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SISTEMA INSEDIATIVO

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VILLETTE

EDIFICI IN STATO DI ABBANDONO

STABILIMENTI PRODUTTIVI

EDIFICI SCOLASTICI

EDIFICI MISTI RESIDENZIALE-COMMERCIALE

EDIFICI STORICI

CONDOMINI

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ANALISI POTENZIALITA’ E CRITICITA’

villa pisani

potenzialità

scuole

criticità

naviglio

parcheggi

Le proposte di proge o che qui presen amo rispondono allo sviluppo e al rinnovamento delle aree prese in esame: - la piazza del comune di Stra; - la piazza della frazione di S.Pietro. Allo stato a uale l'area di Stra risulta essere priva di un importante polo d'a razione; infa la zona è circondata da edifici residenziali con spazi commerciali al piano terra inu lizza . Essendo la piazza situata sul retro della Chiesa, in un'area quasi esclusivamente ad uso residenziale, risulta priva della des nazione a cui dovrebbe fare riferimento la piazza: luogo pubblico in cui sostare... Abbiamo così individuato Piazza "Capitano O orino Tombolan Fava" come fulcro, inteso come filtro di scambi relazionali e di funzioni viste come prolungamento delle a vità quo diane, con l'interesse ad agire anche nelle aree limitrofe che portano alla riqualificazione. Si è pensato alla totale riqualificazione coincidente con uno spazio pubblico adibito a verde a rezzato e inglobato con un percorso ciclo-pedonale. Per quanto riguarda la frazione di San Pietrop, la zona presenta una forte cara erizzazione di po residenziale. Si tra a di una dimensione ambigua, nelle immediate vicinanze al centro di Stra e al confine con una vasta zona agricola. Il verde è quasi unucamente di po privato e la viabilità è quasi esclusivamente su gomma.

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POTENZIALITA’ Allo stato a uale la piazza ha bisogno dell'intera riqualificazione con la possibilità di un'area che abbia al suo interno vari pun di aggregazione: dallo spazio des nato ai giochi per bambini, allo spazio dedicato ad a vità tranquille e ar s che come leggere, dipingere, giocare a carte ecc... Inoltre si è pensato alla riorganizzazione delle aree limitrofe des nate al paesaggio pedonale dove si va ad effe uare una ripar ta suddivisione tra la zona degli esercizi commerciali, la pista pedonale e la parte aggiunta ex-novo della pista ciclabile. Si è cercato di studiare percorsi ciclabili e/o pedonali che me ano in comunicazione tra loro tu e le aree della piazza e di creare un collegamento fortemente sen to tra luoghi interni al comune stesso, vedi la Piazza di S.Pietro; che altrimen resterebbero isola . CRITICITA’ La funzione a uale cos tuita dalla piazza è quella di parcheggio. Una zona in cui non compaiono mol esercizi commerciali e ricrea vi, ad esclusione di un bar e uno studio medico. Vi è anche la totale assenza di alterna ve des nazioni d'uso in quanto quella di parcheggio me e in difficoltà le possibili ralazioni tra luoghi e persone che l'area potrebbe offrire. La maggior parte dei ci adini e delle persone che giungono da fuori comune per lavoro iden ficano la piazza solo come parcheggio e non luogo di aggregazione del comune. Questo impedisce anche la possibilità di muoversi in maniera sicura e tranquilla.


AZIONI DI PROGETTO

potenzialità criticità parcheggi villa pisani

fermate telebus

scuole

linee telebus principali

naviglio

linee telebus possibili

RELAZIONI TRA LE AREE

PIAZZA STRA’

RELAZIONI DI FUNZIONI

Giochi bambini Attività ludiche

Pista ciclabile Training

Connettività Transito Sosta

Attività di lettura PIAZZA SAN PIETRO

Cafè

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MASTERPLAN DI PROGETTO

LEGENDA percorso ciclabile di progetto percorso ciclabile esistente fermate TELEBUS di progetto confini comunali corsi d’acqua verde pubblico esistente villa pisani verde pubblico di progetto verde ad uso privato campi sportivi esistenti aree pubbliche pavimentate destinate a PARCHEGGIO ESISTENTI aree pubbliche pavimentate destinate a PARCHEGGIO DI PROGETTO viabilità di servizio di progetto zone di sosta del percorso ciclabile di progetto edifici di interesse storico edifici ad uso scolastico

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1


sezione AA

verde pubblico

sede stradale

percorso pedonale

percorso ciclo/pedonale

percorso ciclo/ pedonale

verde pubblico

3

2

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PROGETTAZIONE DI DETTAGLIO AREA D’INTERVENTO 1 piazza Ottorino Tombolan Fava

LEGENDA pavimentazione sottoportico

noce

prato

acero

pedana in legno attrezzata e rialzata H 1m

tiglio

pista ciclabile

siepe di bosso

edifici esistenti

vaso h 1 m

edifici di progetto: prefabbricati in legno 3m x 3m x 2,7m

chiosco

edifici esistenti destinati a cambio d’uso pavimentazione in porfido pavimentazione in lastre di trachite

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telebus parcheggio furgoni per giorni mercato


PROGETTAZIONE DI DETTAGLIO AREA D’INTERVENTO 2 piazza S. Pietro

sezione BB

sezione CC

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primo anno Cara eri pologici e distribu vi degli edifici prof. G. Biasi Disegno dell’archite ura prof. V. Lucchese Fondamen di informa ca prof. C. Patowitch Fondamen e applicazioni di geometria descri va prof. G. D’Acunto Lingua Inglese prof. J. Millerchip Matema ca prof. R. Manfrin Proge azione Archite onica 1 prof. M. Manzelle Proge azione di elemen costru vi prof. P. Michiele o Is tuzioni di storia dell’archite ura prof. C. Bedon Storia dell’archite ura contemporanea prof. M. Bonai

secondo anno Meccanica stru urale 1 prof. A. Cecchi Meccanica stru urale 2 prof. A. Cecchi Proge azione archite onica 2 prof. B. Albrecth Georisorse minerarie e applicazioni prof. L. Lazzarini


Proge azione di sistemi costru vi prof. V. Tatano Rilievo dell’archite ura prof. C. Balisteri Tecnica del controllo ambientale prof. L. Schibuola Urbanis cca prof. B. Dolce a

terzo anno Archite ura degli interni prof. C. Eusepi Proge azione archite onica e urbana prof. A. Ferlenga Proge azione urbanis ca 1 prof. C. Baratucci Restauro prof. N. Pirazzoli WAVe 11 e 12 redazione WAVe Rilievo strumentale prof. F. Guerra Fondamen di archite ura del paesaggio prof. F. Bena Arte e archite ura greca e romana 2 prof. G. Bordignon Es mo prof. R. Lioce Traspor urbani e metropolitani prof. A. Cappelli





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