Stile Italiano Cultura nel Mondo

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STILE

L’universo di

I TA L I A N 8

ANNO III. N.8

22 DICEMBRE - 22 MARZO

Il Mantovano Volante Un angolo di riviera Hallo Mr Sax

Raffaello. Il restauro Tutti i libri dell’Aquila L’universo di Battiato La Porta del Paradiso

Milano romana Una vita d’amore. Rita Gallé L’ostracizzazione nell’antica Grecia Mostre&Eventi News

CULTURA NEL MONDO

Arte & Scienza

Tazio Nuvolari. Il Mantovano Volante Bordighera. Un angolo di riviera Mario Marzi. Hallo Mr Sax

Raffaello

Da Romano. La passione in tavola

Il restauro

La reggia di Caserta. Nel regno di Napoli Una vita d’amore. Rita Gallé

90008 >

Nel regno di Napoli

2009

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - 70% - DCB Milano Tassa Pagata/Taxe Perceu/Ordinario

La passione in tavola

stile ITALIANO

Ciak... si mangia

La Porta del Paradiso

Tutti i libri dell’Aquila

Euro 10,00 USD 20,00

trimestrale / NUMERO

8

2009

9 77 197 2 4 560 03

Sommario

CULTURA NEL MONDO

ISSN 1972456X

Editoriale

Battiato


Il Figlio Ho parlato a lungo di te O terra, madre mia. Mi sono avvicinato alle spighe di grano Per osservarle più da vicino. Rimasi a lungo Con lo sguardo assorto E con il cuore. Ho parlato tanto Ai miei amici della tua bellezza: l’ho chiamata amore.

Però ora Desidero vivere diversamente La tua bellezza, La nostra bellezza: più da vicino, in modo più sottile. Vorrei viverla da dentro E non da spettatore.

Oggi me ne andrò, ti saluto madre mia. Non oltre rimarrò, come uomo, In seno alle leggi della tua vita. Oggi mi librerò oltre, Nella libertà Più estesa, Ove io risiedo Come padre e come figlio. Sono nato in te Madre mia, sono un tuo figlio di Betlemme e da oggi vivrò nel “noli me tangere”.

Tratto da La baia di Ieranto, di Francesco Rolla 1

STILE ITALIANO / N. 8-2009

Ho detto: “ è diffusa in ogni dove,

nel giallo dei girasole, nel collo del cigno, nel volo dei delfini, e nei vostri cuori”. Ho detto: “ questa è la grande fede”.

Editoriale

Cari lettori, in questa pagina non troverete il mio solito editoriale ma un piccolo e sentito dono, una poesia di buon augurio per le sante feste intitolata Il Figlio di Francesco Rolla. Queste sante Feste hanno tanto bisogno di amore, anche, e soprattutto, per coloro che non si rendono conto che amare, avere rispetto di se stessi e degli altri è l’unica via che porta l’essere umano a elevarsi, a evolversi, in un mondo sempre di più ricco di differenti etnie, con le quali dobbiamo imparare a convivere. Non importa qual è il Dio di ognuno, quello che conta è l’energia che il divino in ognuno di noi trasmette perché parla sempre e solo di amore, di compassione, di tolleranza, di fratellanza e di comprensione. Dal profondo del cuore a voi e alle vostre famiglie auguro un nuovo anno pieno di Amore. A ngela Giannini Pagani Donadelli


Sommario N.8 / 2009

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Editoriale

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Sommario

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Il Mantovano Volante

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Un angolo di riviera

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Hallo Mr Sax

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Ciak... si mangia

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La passione in tavola

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Nel regno di Napoli

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Raffaello. Il restauro

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Tutti i libri dell’Aquila

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L’universo di Battiato

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La Porta del Paradiso

100

Arte & Scienza

106

Milano romana

116

Una vita d’amore. Rita Gallé

128

L’ostracizzazione nell’antica Grecia

132

Mostre&Eventi

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News

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STILE ITALIANO / N. 8-2009

1 4 In copertina: Lorenzo Ghiberti, Storie di Mosè, Porta del Paradiso, Battistero di Firenze 2


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Il Mantovano

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Tazio Nuvolari, una leggenda sulle due e quattro ruote, un uomo capace di mandare in delirio le folle, un padre di famiglia che ha perso entrambi i figli giovanissimi, l’amore per la velocità, l’amicizia con Enzo Ferrari. Ora una mostra fotografica, anche di suoi scatti, lo celebra a Palazzo Te

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A CURA DELLA REDAZIONE DI STILE ITALIANO FOTO DI © STUDIO ESSECI

“Sorridi. Dai sorridi, alza la mano nel saluto militare, bravo così…” – potrebbe essere queste le parole che accompagnarono la foto di Alberto ritratto da quel padre che per tutti era il “Mantovano Volante”: Tazio Nuvolari. Le sue immagini, i suoi scatti intimi e familiari si ritrovano oggi alla mostra di Palazzo Te che celebra l’uomo e anche il grande campione. Normalmente, chi riesce a eseguire una certa azione nel minor tempo possibile guadagna un titolo: “il più veloce”. Tazio Nuvolari, storico campione del motociclismo e dell’automobilismo, per ottenerlo ci ha impiegato una vita. O meglio, ha messo in gioco la sua intera vita per sfidare la velocità. Una sfida continua con se stesso da quando a 20 anni, mentre stava prestando servizio militare come autiere, finì fuori strada e il superiore gli consigliò di lasciar perdere: “L’automobile non fa per te”. Eppure, quando il 10 aprile 1950 disputò la sua ultima gara, la corsa in salita Palermo-Monte Pellegrino, all’età di 57 anni, vinse, piazzandosi primo nella classe e quinto assoluto. Una folla di colleghi, di avversari, di ammiratori, i titoli dei giornali e i manifesti, le chiacchiere nei bar e nei circoli sportivi, l’invidia degli stranieri. Tutti guardavano Nuvolari e nessuno lo vedeva, troppo rapido. Di più: mentre da ogni angolo possibile, con ogni mezzo immaginabile, infinite paia di occhi cercavano il contatto di una frazione di secondo con la scia di “Nivola”, lui, da solo, li fermava tutti “in un batter d’occhio” con la macchina fotografica. Tazio SCATTI FAMILIARI In queste immagini alcuni scatti di Tazio Nuvolari. Nuvolari sposò, con rito civile, nel 1917 Carolina Perina da cui ebbe due figli, Giorgio e Alberto. Nel 1937 l’imprevisto si manifestò anche nella vita domestica: Nuvolari era in viaggio verso l’America per disputare la

Coppa Vanderbilt. Gli fu comunicata, mentre si trovava in mezzo all’oceano, la morte del primogenito appena diciottenne. Fu in quest’occasione che Nuvolari decise di prendere in mano la macchina fotografica, per non lasciarla più. Collezionò moltissime immagini del secondo figlio, della moglie e scatti di gare... 7


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STILE ITALIANO / N. 8-2009

STILE ITALIANO / N. 8-2009

Un angolo di riviera

Nell’estremo Ponente Ligure artisti, musicisti, botanici, storici, appassionati da tutto il mondo cercano antica bellezza, fascino, seduzione, avvolti dal tepore del dolcissimo clima di Bordighera, dove uno sbalorditivo museo all’aria aperta ospita oltre 3200 specie di piante grasse provenienti dai cinque continenti. Immersi nella vegetazione rigogliosa, tra leggende di corsari e storie di santi, gli alberi di Natale sono palme, cactus ed eucalipti

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STILE ITALIANO / N. 8-2009

STILE ITALIANO / N. 8-2009

Un angolo di riviera

Nell’estremo Ponente Ligure artisti, musicisti, botanici, storici, appassionati da tutto il mondo cercano antica bellezza, fascino, seduzione, avvolti dal tepore del dolcissimo clima di Bordighera, dove uno sbalorditivo museo all’aria aperta ospita oltre 3200 specie di piante grasse provenienti dai cinque continenti. Immersi nella vegetazione rigogliosa, tra leggende di corsari e storie di santi, gli alberi di Natale sono palme, cactus ed eucalipti

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A CURA DI GIULIA BRUNO FOTO © BARTH PALLANCA

D’ 14

vità delle piante grasse tanto apprezzate dalla nascente borghesia commerciale europea, decise, nel 1910, di mettersi in proprio, fondando lo stabilimento “Orticolo Floreale B. Pallanca”. Scelta coraggiosa e lungimirante, quella di Bartolomeo, di coltivare e commercializzare cactacee, quando l’economia del luogo si basava sul fiore reciso. L’idea vincente risultò essere la ricerca e la raccolta di rari esemplari di succulente da acclimatare all’aria aperta. Fu un successo, che offuscò l’uso ormai consolidato della coltivazione delle piante grasse in serra. Bartolomeo e suo figlio Giacomo scelsero, per l’esperimento, l’assolato pendio dell’antico vulcano Monte Nero, racchiuso fra Punta Migliarese e la spiaggia Bagnabraghe, al confine orientale della cittadina di Bordighera, allora in espansione. Esposizione in riva al mare, caratteristiche geologiche favorevoli, temperatura di 2-3 gradi superiore al già mite clima del posto, fecero del luogo il rifugio ideale per le cactacee e le succulente

STILE ITALIANO / N. 8-2009

STILE ITALIANO / N. 8-2009

D’inverno fa freddo, tira vento e la nebbia ovatta la vita. Siamo in molti a sognare i mari del sud, eppure non sempre è necessario attraversare mezzo mondo per veder realizzato questo desiderio. A due ore da Milano e mezz’ora dall’aeroporto di Nizza, fra San Remo e Montecarlo, circondata da palmeti centenari, Bordighera si affaccia assolata e ospitale sul mare blu cobalto. In un clima che non conosce inverno, fra alberghi di fine Ottocento e aristocratiche ville nascoste da Bougainvillea e Hibiscus fioriti tutto l’anno, sorge, a picco sul mare, il “Giardino Esotico Pallanca”. Alla fine del XIX secolo Giacomo Pallanca, giardiniere bordigotto che coltivava olive nella vicina Airole, decise di collaborare con il botanico tedesco Ludwig Winter, artefice in quegli anni di meravigliosi parchi della Riviera e della Costa Azzurra. Il figlio Bartolomeo (1884), seguendo le orme paterne, si appassionò alla coltura delle piante tropicali importate da esotici paesi, e, affascinato dalla no-

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A CURA DI GIULIA BRUNO FOTO © BARTH PALLANCA

D’ 14

vità delle piante grasse tanto apprezzate dalla nascente borghesia commerciale europea, decise, nel 1910, di mettersi in proprio, fondando lo stabilimento “Orticolo Floreale B. Pallanca”. Scelta coraggiosa e lungimirante, quella di Bartolomeo, di coltivare e commercializzare cactacee, quando l’economia del luogo si basava sul fiore reciso. L’idea vincente risultò essere la ricerca e la raccolta di rari esemplari di succulente da acclimatare all’aria aperta. Fu un successo, che offuscò l’uso ormai consolidato della coltivazione delle piante grasse in serra. Bartolomeo e suo figlio Giacomo scelsero, per l’esperimento, l’assolato pendio dell’antico vulcano Monte Nero, racchiuso fra Punta Migliarese e la spiaggia Bagnabraghe, al confine orientale della cittadina di Bordighera, allora in espansione. Esposizione in riva al mare, caratteristiche geologiche favorevoli, temperatura di 2-3 gradi superiore al già mite clima del posto, fecero del luogo il rifugio ideale per le cactacee e le succulente

STILE ITALIANO / N. 8-2009

STILE ITALIANO / N. 8-2009

D’inverno fa freddo, tira vento e la nebbia ovatta la vita. Siamo in molti a sognare i mari del sud, eppure non sempre è necessario attraversare mezzo mondo per veder realizzato questo desiderio. A due ore da Milano e mezz’ora dall’aeroporto di Nizza, fra San Remo e Montecarlo, circondata da palmeti centenari, Bordighera si affaccia assolata e ospitale sul mare blu cobalto. In un clima che non conosce inverno, fra alberghi di fine Ottocento e aristocratiche ville nascoste da Bougainvillea e Hibiscus fioriti tutto l’anno, sorge, a picco sul mare, il “Giardino Esotico Pallanca”. Alla fine del XIX secolo Giacomo Pallanca, giardiniere bordigotto che coltivava olive nella vicina Airole, decise di collaborare con il botanico tedesco Ludwig Winter, artefice in quegli anni di meravigliosi parchi della Riviera e della Costa Azzurra. Il figlio Bartolomeo (1884), seguendo le orme paterne, si appassionò alla coltura delle piante tropicali importate da esotici paesi, e, affascinato dalla no-

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Hallo

MrSax

“Graffiante, travolgente, crepuscolare, viscerale, morbido, setoso, ammiccante, sensuale, intrigante...” parliamo del saxofono con uno dei più grandi interpreti internazionali: Mario Marzi

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INTERVISTA A MARIO MARZI A CURA DI ROSSELLA ROSCIANO FOTO © MARIO MARZI

“Hallo Mr Sax” è anche il nome di un ensemble musicale di saxofoni e un percussionista diretti dal maestro Marzi

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“Mi piacerebbe dire che con il sax è stato amore a primo ascolto, sentendo un disco jazz... E invece ho iniziato a studiarlo quasi per caso, per stare vicino ai miei compagni di calcetto che suonavano nella banda del paese... Con il tempo ho scoperto che mi veniva bene”. Parole che non ti aspetti da un saxofonista come Mario Marzi: solista con le più prestigiose orchestre sinfoniche e con una ventennale collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano e con l’orchestra Filarmonica della Scala. Parlare con Mario Marzi è un’esperienza quanto meno particolare, sarà perché nel suo modo di presentarsi sembra quasi schivo, sarà per quell’espressione un po’ così, tra il divertito e l’ironico, sarà che oltre al sax c’è molto altro: gli amici, la cucina, la sua terra – la Romagna – e ovviamente la musica, così importante nella sua vita e che allo stesso tempo descrive quasi sullo sfondo. Mario Marzi ha appena pubblicato un volume sulla “pipa di nichel” (Il saxofono, edito dalla Zecchini), come è anche conosciuto lo strumento e sarà questo lo spunto per la nostra conversazione: il sax dalla sua invenzione a oggi, il sax e le donne, il sax da strumento di “strada” a strumento colto, lui e il sax... Lirico, graffiante, travolgente, crepuscolare, viscerale, morbido, setoso, ammiccante, sensuale, intrigante... stiamo parlando del sax e queste sono solo alcune delle sensazioni che il saxofono riesce a trasmettere, un insieme di emozioni che ci avvolgono e che lo rendono unico. “Uno strumento musicale che non ha avuto mai vita facile, presentato per la prima

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Ciak... si

mangia Ricca, celebre, gustosa e “sugosa” ma soprattutto per tutti i palati… questa la grande avventura della pasta nel mondo della Settima Arte

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GRANDI STAR Dean Martin, di origine italiana, vero nome Dino Crocetti, ha spesso fatto provare piatti di pasta nostrana ai suoi colleghi. Qui lo vediamo nel 1965 in un momento di relax fuori dal set di I 4 figli di Katie Elder con l’amico e coprotagonista John Wayne

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A CURA DI SERGIO GIUFFRIDA FOTO © 2009 ARCHIVIO I.M.T. E DOCTORMACRO

Pasta e Cinema? Ma mi faccia il piacere! Probabilmente così avrebbe risposto mangiando un ricco piatto di spaghetti l’indimenticabile Totò, principe della risata che, da napoletano verace, di pasta se intendeva, eccome! Sì, perché con licenza poetica, il cinema è la “pasta” di ogni spettatore, ingrediente essenziale del gusto e della fantasia non solo italiano, ma di tutte le età e condizioni sociali … Vediamo di approfondire questo legame enogastronomico e magico al tempo stesso. C’è una sorta di ideale file rouge che lega l’italianissimo prodotto della pasta dai melodrammi “napoletani” dei De Filippo alle commedie “romane” di Alberto Sordi fino a quelle più recenti come Spaghetti a mezzanotte per giungere infine agli importanti camei che la pasta riveste nel recente Baaria (2009) di Giuseppe Tornatore, in corsa per gli Oscar. La pasta da sempre è catalizzatore di fortissime quanto singolari alchimie emozionali. Da un lato, specie nei periodi sociali più disperati e “bui” dalla grande depressione americana ai grandi conflitti mondiali di cui un esemplare dopoguerra di fame e desiderio è ben rappresentato dal neorealismo italiano e non solo… basti ricordare l’intenso e drammatico Accattone (1961) di Pierpaolo Pasolini – è l’oggetto del desiderio che spettatori affamati sublimano sul grande schermo non potendo saziarsene nel quotidiano. Dall’altro diventa status symbol di una nuova visione del progressivo, grande cambiamento del gusto del palato… al cinema ma anche nel privato con star, starlette, produttori e

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SEMPRE E SOLO PASTA Due grandi del nostro cinema (sopra): Gina Lollobrigida, la “Lollo” e Vittorio Gassman, 1964 Da sinistra Una vita difficile è un film del 1961 diretto da Dino Risi rotagonisti

Alberto Sordi e Lea Massari. Un film che propone un ruolo atipico per Sordi quello di un ex partigiano idealista

Stefania Sandrelli con un “bel” piatto di pasta, la grande attrice italiana ha lavorato con registi famosi quali Germi, Bertolucci, Scola, Monicelli, Salce, Muccino 27


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La passione in tavola

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Romano e Franca, nel loro ristorante di Viareggio, propongono deliziosi e gustosissimi “frittini”, antipasti da sogno, “sorpresine” fuori Carta, quasi delle magie per sorprendere sempre i propri ospiti

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A CURA DI PAOLO ANDREA METTEL FOTO © LORENZO RATTI, VINCENZO LONATI

N Nel dedalo delle strade vicine al porto di Viareggio fa bella mostra di sé il ristorante Romano. Il locale è stato completamente rinnovato nel 2001: vetri azzurrati, smerigliati, lavorati splendidamente e colorati a riprendere gli elementi di fuoco, terra, aria e acqua, mentre nell’ingresso risaltano subito sculture di Igor Mitoraj. Romano rappresenta una delle migliori realtà nell’ambito dell’alta cucina di qualità. Il mattino dell’appuntamento sono stato invitato da Romano al quotidiano “pellegrinaggio” in cerca della materia prima del ristorante: il pesce che domina sovrano la splendida Carte. Per la verità quella della mattina è la prima parte dell’avventura di ogni giorno in quanto ce ne sarà un’altra nel pomeriggio e quella finale la sera con le ultime cale di scampi e gamberi. Arriviamo al canale di Burlamacca dove, sulle barche in fila, si stanno terminando i consueti lavori di fine pescata con la sistemazione di reti e tramagli, mentre il pesce rimane riparato sotto coperta. Brevi parole e occhiate d’intesa sono sufficienti a Romano per capire al volo come andrà la “sua” pesca. Guardo gli uomini sulle barche con i volti sagomati dal vento,dal sole e dalla salsedine; mi pare di conoscerli da

sempre, esattamente uguali a quelli incontrati in Sardegna o a Santa Margherita Ligure oppure a Favignana. La loro lotta quotidiana, sempre identica a qualsiasi latitudine, si esaurisce tra il sogno (le reti calate) e il bisogno (le reti issate a bordo) con risultati alterni o contrastanti e con il mare giudice e padrone assoluto. Un linguaggio determinato e sicuro con accento tosco-versiliese si contrappone a quello garbato e ironico di Romano in missione per portare all’esigente chef di cucina, ovvero alla sua gentilissima moglie, la signora Franca Checchi, le soglioline o le cicale che faranno parte, insieme ad altri pesci, di un piatto eccelso: “Fantasia di pesce crudo secondo il pescato”. Mi rendo conto che Romano si muove a scacchiera dentro la sua Carta. Ai primi acquisti forse non lo si realizza subito, ma poi viene in mente proprio la Carta e tutto diventa chiaro e conseguente. Ecco che arrivano le “trigliozze” ma anche le mini triglie destinate ai deliziosi e gustosissimi “frittini” che allietano antipasti da sogno. Per capire bene Romano al mercato ci si deve perciò ricordare quantomeno le voci principali della Carta. Ogni fermata significa aver acquistato la materia prima


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L’opera più grande del Vanvitelli, la Reggia di Caserta, si erge imponente in una vallata con alle spalle il Vesuvio, quasi in un contrasto stridente con le piccole case della città, un “macigno” creato in mezzo alla piana, in un “gioco” delle parti dove gli unici volumi in rilievo sono uno naturale, il vulcano, e uno artificiale, la Reggia

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A CURA DI FRANCESCO ROLLA FOTO © SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI, PAESAGGISTICI, STORICI, ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI PER LE PROVINCE DI CASERTA E BENEVENTO

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N Nella cornice di una Napoli fine Settecento nasce l’idea e il progetto della Reggia di Caserta. Ma Napoli come doveva essere in quel tempo? Mi viene in mente la descrizione di una Partenope dai colori pastello con tre giovani signori che dai Paesi Bassi giungono in Campania per fare visita a un celebre guantaio, padre di due figlie “ugualmente alte, impettite, belle e insopportabilmente mute”, di un blocco interiore pare si tratti, d’una algidità dell’anima, evidente soprattutto nella maggiore, Elmina, che subito fa innamorare di sé il più giovane degli ospiti, l’artista squattrinato, il quale tuttavia ottiene inaspettatamente il consenso alle nozze e la sposa... Inizia così Il cardillo addolorato di Anna Maria Ortese, un pretesto per fare un passo indietro nel Settecento europeo e vedere con occhi differenti il capoluogo campano. Scopriamo così che nel XVIII secolo Napoli era la città più popolosa d’Europa, un centro economico e culturale di enorme importanza, ed era, soprattutto, la splendida capitale barocca, amica delle arti, dei commerci, delle scienze dei prìncipi, non a caso scelta dai regnanti Borbonici come

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residenza. In quel secolo lontano, dove, nell’educazione di ogni giovane di buona famiglia, c’era un viaggio nel Bel Paese, a quei tempi, dicevamo, viaggiatori da ogni parte d’Europa, artisti, letterati, pittori giungevano nella città affacciata sul golfo. Per queste ragioni, oltre che per la sua bellezza, fu preferita dai re Borboni come dimora, anche se capitale amministrativa del regno rimaneva, a tutti gli effetti, Madrid. Napoli era anche la città dei monacielli e degli spiritelli che vivevano nel sottosuolo di Partenope, che sul corpo ibrido e femminile di una antica sirena nasce e giace; era, e forse è ancora oggi, il luogo del caos e dell’irrazionalità. Situata su un terreno geologicamente instabile, tra distruzione (il Vesuvio) e bellezza (il golfo), la città viveva e vive nei contrasti, dove sacro e profano, sublime e grottesco, vita e morte, natura e cultura, storia e mito si intrecciano. In questo mondo sospeso dobbiamo interpretare la nascita della Reggia di Caserta; infatti, quando nel 1750 Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, chiese il progetto di una nuova residenza a Luigi Vanvitelli, aveva in mente, probabilmente, di dare alla sua “capitale” quella


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Alcuni accorgimenti, realmente geniali, danno alla scala un dinamismo architettonico che ben si accorda, per contrasto, alle forme piĂš ufficiali delle pareti e dei prospetti della reggia. Gli archi angolari fanno da elemento di unione tra le direttrici longitudinali e trasversali: essi sono trattati attraverso nervature che ne accentuano il dinamismo, la tensione compositiva, oltre che conferire agli elementi leggerezza ed eleganza. Gli archi aprono quindi scorci in diagonale verso le corti interne, permettendo una visione sempre dinamica dello spazio: è questo un risultato voluto dall’architetto che ha studiato lo spazio in questi elementi, non solo dal punto di vista volumetrico-compositivo, ma anche e sopratutto prospettico, rifacendosi cosi agli insegnamenti avuti dai dipinti del padre

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Ritorna al suo antico splendore il capolavoro del maestro di Urbino: lo Sposalizio della Vergine, dopo il restauro durato un anno. Tecniche innovative e studi approfonditi per dare nuova luce a quest’opera conservata alla Pinacoteca di Brera di Milano

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Il restauro


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INTERVISTA A PAOLA BORGHESE A CURA DI ANGELA PAGANI FOTO © SOPRINTENDENZA PER IL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO PER LE PROVINCE DI MILANO, BERGAMO, COMO, LECCO, LODI, PAVIA, SONDRIO, VARESE E ARCHIVIO I.M.T. SRL - MILANO

“R “Ricordo ancora quando ho deciso di fare la restauratrice: avevo solo 6 anni e vivevo a Parigi con i miei genitori e il papà mi portava a visitare i musei”. Al solo pensiero gli occhi di Paola Borghese si velano di commozione, Paola è una donna elegante nei gesti e nelle parole ed è anche la restauratrice che incontriamo alla Pinacoteca di Brera per parlare dello Sposalizio della Vergine di Raffaello. Certamente una donna che mette cuore e passione nel suo lavoro, infatti è stata uno dei tre restauratori della Soprintendenza, insieme ad Andrea Carini e Sara Scatragli, che sotto la direzione di Matteo Ceriana ed Emanuela Daffra, hanno operato per il restauro dello Sposalizio della Vergine, un lavoro durato un anno e ora – il dipinto che ammiriamo in Brera nella sala insieme alla Madonna con Bambino e Santi di Piero della Francesca e al Cristo alla colonna del Bramante – ha colori caldi e armo-

nici, nella sua splendida cornice neoclassica in foglia d’oro. Paola Borghese ci accompagna nelle nuove sale della Pinacoteca, riallestita e rinnovata per il bicentenario. “Siamo molto orgogliosi del lavoro svolto” – sottolinea la restauratrice mentre ci conduce verso lo Sposalizio passando tra i lavori di Lorenzo Lotto, le opere di Scuola emiliana e il restauro del gesso del Napoleone di Antonio Canova – “la pinacoteca ha festeggiato ben 200 anni il 15 agosto e abbiamo ricevuto oltre 12 mila visitatori”. Passando tra questi capolavori che quasi “ubriacano” la nostra mente per tanta bellezza, comprendiamo cosa vuol dire la “Sindrome di Stendhal”, gli occhi non sanno dove posarsi e si rimane senza fiato. “Brera” – ci spiega Paola Borghese – “È la galleria dei capolavori della scuola veneta (Mantegna, Bellini, Tiziano, Veronese, Canaletto, Tintoretto ecc), di quella lombarda

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Tutti i libri dell’Aquila

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Oltre cinquanta volumi del XVII e del XVIII secolo con legatura in pergamena sono stati “salvati” dai volontari e dai ricercatori dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario: tecniche, idee e soluzioni innovative per aiutare la conservazione del nostro patrimonio culturale anche nelle grandi emergenze

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A CURA DI ARMIDA BATORI FOTO © ICPAL - ISTITUTO CENTRALE PER IL RESTAURO E LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARCHIVISTICO E LIBRARIO

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L La storia del restauro documentale in Italia mostra significative impennate in corrispondenza di calamità naturali e disastri, tanto che è possibile affermare che lo sviluppo della coscienza e della pratica conservativa, per quanto concerne libri e documenti, abbia trovato impulso dalle emergenze che ci si è trovati ad affrontare. L’incendio della Biblioteca Nazionale di Torino del 1904, il secondo conflitto mondiale o l’alluvione di Firenze del 1966 hanno, infatti, rappresentato momenti di riflessione sull’avvio di uno studio sulle cause e sulle conseguenze di varie calamità, che ha coinvolto e continua a impegnare i diversi paesi in un’attività di prevenzione ispirata alla collaborazione internazionale. In particolare l’inondazione dell’Arno ha rappresentato un momento cruciale nella storia del restauro librario sia per aver imposto in maniera drammatica alla comunità internazionale l’urgenza del recupero di un materiale diverso dalle opere d’arte, sia perché ha rappresentato una opportunità unica per gli addetti ai lavori che tra gli “angeli del fango” accorsero a Firenze e che ebbero modo di misurare le reazioni dei materiali e la qualità delle tecniche di legatura, osservando gli uni e le altre sui documenti grafici sottoposti a condizioni estreme, ampiamente rappresentati dalle centinaia di migliaia di volumi danneggiati. Quesiti e riflessioni che

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hanno gettato le basi per un nuovo dibattito sui temi della conservazione e del restauro librario, così come si è andato configurando in maniera sempre più consapevole negli ultimi quaranta anni. L’ultimo evento disastroso che ha colpito il centro Italia, il terremoto del 6 aprile scorso, che ha avuto come epicentro la zona dell’Aquila, in Abruzzo, ha provocato crolli e lesioni agli edifici di tutta l’area interessata e molte sono state le persone intrappolate tra le macerie. Tra i danni in città ricordiamo l’Università distrutta, parte dell’Ospedale crollata, il Palazzo della Prefettura, che ospitava l’Archivio di Stato, collassato, le due sedi della Biblioteca Provinciale gravemente lesionate come la maggior parte degli edifici pubblici e privati. Com’è noto la Protezione civile ha attivato tempestivamente la macchina dei soccorsi verso la popolazione e per la verifica e la messa in sicurezza delle strutture pericolanti. Anche l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario (ICPAL) si è mobilitato per “salvare” i materiali coinvolti, anche se, nella maggior parte dei casi, è stato a lungo impossibile accedere a libri e documenti per il pericolo di crolli che rendeva inagibili gli stabili o quello che di essi ancora rimaneva in piedi.


TRATTAMENTI SPECIFICI Alcune tecniche usate nei laboratori dell’ICPAL: lavaggio delle carte, risarcimento delle lacune e spolveratura interna di un volume http://www.icpal.beniculturali.it/

grandi numeri allo scopo di evitare lo sviluppo di microrganismi sulle superfici umidificate quando risulta problematico un tempestivo intervento di recupero. In questo caso la situazione generale non ha permesso di intervenire entro le prime 48 ore, come sarebbe auspicabile, e a pochi giorni dal sisma i 52 volumi sono stati fotografati, imbustati e quindi congelati in un freezer, all’interno delle cucine della Scuola Superiore per Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito, nei dintorni de L’Aquila. Dopo un primo sopralluogo guidato abbiamo preso contatti con la Bofrost, azienda specializzata in produzione e distribuzione di alimenti surgelati e il 22 maggio, con la collaborazione dei volontari della Protezione civile, i volumi sono stati trasferiti dalle cucine della Scuola della Guardia di Finanza all’interno del freezer mobile e quindi trasportati nella sede della Bofrost a Roma. Qui le due casse contenenti il materiale sono state inserite nel deposito, a una temperatura di circa -20°, dove tuttora sono custodite, in attesa del successivo trattamento, che sarà oggetto di una ricerca promossa dall’ICPAL. Per i volumi congelati infatti si può prevedere un trattamento di asciugatura rapida che in caso di materiale moderno prende in considerazione la liofilizzazione e

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A maggio scorso in qualità di direttore dell’ICPAL, sono stata contattata da Maurizio Fallace, direttore generale per i beni librari e gli istituti culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a proposito dei volumi della Biblioteca del Convento di Santa Chiara dell’Aquila, ove si trova una comunità di Frati Cappuccini. A seguito del crollo di un’ala della biblioteca del convento, a pochi giorni dal sisma, il personale volontario di Lega Ambiente aveva provveduto a portare via dal luogo tutto il patrimonio librario. I volumi raccolti dalle macerie erano stati inseriti in cassette di plastica schedate, fotografate e per la maggior parte trasportate in altri conventi dell’ordine sia in Abruzzo sia nel Lazio. Il fatto che nei primissimi giorni dopo il terremoto tutta l’area sia stata interessata da precipitazioni atmosferiche ha ovviamente peggiorato le condizioni complessive dei volumi, già compromesse dagli effetti della scossa tellurica. I volontari che effettuavano il recupero si sono trovati di fronte, tra l’altro, a 52 volumi del XVII e del XVIII secolo con legatura in pergamena, che si erano bagnati in maniera vistosa. Una restauratrice di beni documentali presente nel gruppo ha suggerito di mettere in atto una procedura individuata in questi casi: il congelamento dei documenti. Si tratta di una operazione indicata solitamente per i

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L’universo di

Battiato Tutto l’universo obbedisce all’amore/ come puoi tenere nascosto un amore/ Ed è così/ che ci trattiene nelle sue catene/ tutto l’universo obbedisce all’amore/

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Come possiamo/ tenere nascosta la nostra intesa/ ed è in certi sguardi/ che si nasconde l’infinito/

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Franco Battiato è un cantautore, regista, pittore e scrittore italiano. Personalità eclettica, Battiato è una delle voci più influenti del panorama artistico/musicale italiano. Nel suo percorso musicale ha toccato differenti stili dalla musica sperimentale, all’avanguardia colta, dall’opera lirica, alla musica etnica, dal progressiv rock alla musica leggera. Si avvale della collaborazione di grandi personaggi come il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro. Non solo la musica, ma anche i testi di Battiato riflettono i suoi molteplici interessi, tra i quali l’esoterismo, la filosofia e la meditazione orientale 72


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INTERVISTA A FRANCO BATTIATO A CURA DI FRANCESCO ROLLA FOTO DI GIOVANNI CANITANO OPERE DI FRANCO BATTIATO

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stesso capita spesso anche se tenti di attraversare le strisce pedonali. È questo malcostume che sottintende egoismo diffuso”. Tutto vero. Ma credo che la sua frase avesse un’accezione più ampia, un rimando ad altro… “Il riferimento ultimo è sicuramente più alto, ma lì non voglio entrare perché si parla di amore a un livello superiore, non certo umano”. Con calma insisto, vorrei conoscere questo significato profondo. Nella vita esiste una danza segreta e magnifica tra le cose alla quale non sempre e non tutti prestano attenzione. Si chiama “sincronicità” e diviene sempre più evidente man mano che l’uomo presta attenzione alla vita, al suo modo di esprimersi, al mondo intorno. Molti chiamano questa danza “caos”, o coincidenze senza alcun senso, ma questi sono semplicemente uomini distratti. Ero a largo delle isole della Toscana in ottobre. C’era una luce piena e non faceva caldo perché il sole era già distante e il mare si stendeva piatto. La nostra barca era l’unica e la nostra scia era la sola a segnare quel mare assolutamente a riposo. Incrociammo due piccole farfalle gialle che stavano attraversando quella immensa distesa di acqua con le più esili ali. Non solo volavano, ma volteggiavano, e volteggiavano come se non vi fosse alcun sforzo da parte loro in quel viaggio, estenuante credo, come se fosse più importante perdersi dietro ai propri colori. Poi incontrammo una testuggine che sembrava dormisse, tanto se la prendeva comoda e infine, la corsa e i salti angelici di tre delfini che ci rincorsero e superarono per giocare con la prua della nostra barca. E tutto questo alla fine di ottobre quando la luce è oro e il silenzio nel mare eterno. Sono poi tornato a casa e accendendo lo stereo la prima canzone che ho ascoltato è stata: “Tutto l’universo obbedisce all’amore”, ecco, semplicemente, cosa intendo con sincronicità. Racconto tutto questo a Franco Battiato e lui con un piccolo sorriso fa segno di sì con la testa, come a voler intendere: “Capisco, capisco”. Ma non dice nulla. E così ribatto: “Va bene ho capito che rimaniamo a questo livello e non voliamo più in alto”. Franco ride, e sinceramente a me è valso più che una

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Caserta. Un caldo e assolato pomeriggio di luglio. Mi accoglie con quella sua espressione intensa e la gentilezza d’altri tempi dei siciliani. Mi regala una conversazione in cui la musica è solo un pretesto e uno spunto per riflettere insieme, per cercare di capire un po’ di più la divina umanità di un uomo, dal surreale al reale, in una leggera e armoniosa danza dei pensieri. Franco Battiato, poeta, autore teatrale, pittore e ovviamente cantautore, mi sa anche ascoltare. Con lei so che potrò affrontare qualsiasi argomento, dal semplice gelato fino alle costellazioni e agli argomenti più alti. Franco Battiato sorride e sussurra: “Si può parlare quasi di ogni cosa e del gelato senza latte”. Ecco la risposta ironica che cercavo, che mi permette di iniziare il confronto con l’uomo e non certo una semplice intervista. Inizio a chiedergli del titolo di una delle canzoni del suo ultimo album “Tutto l’universo obbedisce all’amore”, una frase molto bella, in sé e per sé, ma ancor più intensa perché Battiato la dice dopo quarant’anni di carriera. Trovo semplificazione in questo, alleggerimento: ed è lo stato d’animo, credo, a cui tendono alcuni uomini. Mi può parlare di questo procedimento di semplificazione? “Partirei da una frase che ho letto oggi in una rivista. Un’attrice spagnola afferma: ‘Basta con il buonismo, voglio far la cattiva’. La prima cosa che mi verrebbe da chiederle è: perché? Perché, in un mondo in cui vi è una cattiveria e un egoismo diffuso, pensi a rivestire tale ruolo? Quando proprio ora ti devi prendere la responsabilità di dire: ‘Io un ruolo del genere non lo interpreto’. Così l’elemento dell’amore potrebbe significare semplicemente avere rispetto per le persone. E sarebbe già qualcosa dato che alcuni non si accorgono di darti una gomitata quando sali su un autobus, è come se esistessero solo loro. Opposto a questo modo di essere, credo vi sia l’amore, come lo possiamo intendere in senso ampio. Vi è poi una maleducazione diffusa, mi pare che oggi in pochi aprano la porta come gesto di cortesia o lascino passare gli altri, è più facile che ti scaraventino di lato, lo

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Lorenzo Ghiberti lavorò più di vent’anni, dal 1425 al 1452, per realizzare quella che Michelangelo definì la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze

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A CURA DELLA REDAZIONE FOTO © ARCHIVIO I.M.T. SRL - MILANO

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Fu Michelangelo a definirla “Porta del Paradiso” per la sua bellezza. Dovendo illustrare le storie dell’Antico Testamento, l’Arte Calimala si affidò alla consulenza esegetica dell’imanista Leonardo Bruni, a quel tempo cancelliere della Repubblica fiorentina. Il Bruni aveva pensato a una porta simile alle altre due, divisa in ventotto formelle, venti delle quali dedicate a un episodio biblico ciascuna, mentre nelle restanti otto, figure di profeti. Il Bruni, in una lettera a Niccolò da Uzzano, sottolinea l’importanza che l’opera da compiersi sia affidata a un grande artista, “che sia bene istrutto di ciascuna istoria, si che si posa ben mettere e le persone e gli atti occorrenti, e che habbia del gentile, si che le sappia bene ornare...” e che le venti storie siano “illustri” e “significanti”: “Illustri chiamo quelle che possono bene pascere l’occhio con varietà di disegno, significanti chiamo quelle che habbiano importanza degna di memoria”. Solo un orafo-scultore avrebbe potuto rendere delle storie tanto complesse in così poco spazio. Così la realizzazione della Porta est fu affidata a Lorenzo Ghiberti senza bisogno di un concorso dato lo splendido risultato della nord. La firma del Ghiberti, LORENTII CIONIS DE GHIBERTIS, è incisa sopra la quarta formella del battente sinistro (dall’alto). Anche per la realizzazione di questa porta lo scultore impiegò più di venti anni, dal 1425 al 1452. I lavori all’intelaiatura iniziarono solo nel 1429. Nel 1447 erano già fuse le dieci formelle e pronte per le rifiniture a cesello. La Porta venne subito collocata a est, spostando quella con le storie di Gesù a Nord. Il Ghiberti, libero da ogni vincolo esecutivo, volle rompere con la tradizione e creareuna porta del tutto nuova, “rinascimentale”: la divise in sole dieci grandi formelle quadrangolari, circondate da figurine di personaggi biblici e sibille, cui sono alternate testine ideali, tra cui qualche ritratto contemporaneo; negli angoli estremi di ogni battente, le cornici mostrano quattro figure semi sdraiate, come divinità fluviali pagane, dimostrando l’attenzione del Ghiberti per l’antico: si tratta di Adamo, Eva, Noè e sua moglie. La semplificazione dell’intelaiatura non corrispose a quella del contenuto, dato che in ogni formella vengono concentrati vari episodi di una stessa storia, spesso senza un ordine narrativo preciso. Certamente Ghiberti contava sul fatto che gli episodi rappresentati e la loro successione temporale erano ben noti ai suoi contemporanei.


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Storie di Noè Alla fine del diluvio l’arca a forma di piramide si ferma sul monte Ararat e la famiglia di Noè, insieme agli animali, ne discende. Immediatamente il patriarca, in primo piano all’estrema destra, offre un sacrificio di ringraziamento, e Dio, alla destra del monte, gli parla dall’arcobaleno, simbolo del patto di alleanza stabilita qui per la prima volta tra l’uomo e Dio. In forza della promessa divina di non distruggere più la terra con l’acqua, Noè pianta una vigna e in primo piano a sinistra lo vediamo steso sotto la pergola, nudo e ubriaco del vino da lui stesso prodotto. Il figlio Cam, al centro, mancando di rispetto riferisce ai fratelli l’episodio, mentre questi due Jafet e Sem, cammindando all’indietro nascondono la nudità del padre allargando i mantelli.

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Storie di Abramo La narrazione prosegue sull’altro battente con la storia di Abramo. A sinistra in basso, Abramo accoglie tre angeli sotto il terebinto di Mamre, invitandoli a mettersi a tavola. Nella porta della tenda, sua moglie Sara, ascoltando, esprime il suo dubbio che il figlio promesso dagli angeli possa essere concepito, vista l’età avanzata della coppia. A destra, sulla cima del monte, Abramo qualche anno dopo sta per uccidere il figlio – Isacco – credendo di fare la volontà di Dio, ma un angelo ferma il coltello alzato per il colpo mortale. È curioso notare come, a distanza di trent’anni dal concorso del 1401, Ghiberti abbia preferito ispirarsi alla formella dell’amico e concorrente Brunelleschi, anziché alla propria, nel raffigurare il sacrificio di Isacco, che si presenta come una splendida figura classicheggiante inginocchiata. Eccezionale sfoggio di maestria prospettica (e anche d’ironia) è l’asino in primo piano a destra, visto posteriormente che si abbevera alla fonte accanto ai servi di Abramo.

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Alla scoperta di un “gioiello” nel cuore di Milano, un museo unico al mondo per l’accertamento dell’autenticità nell’arte, con un laboratorio interno e collezioni permanenti di arte africana, mobili, ceramiche

A CURA DI ANGELA GIANNINI FOTO © MUSEO ARTE E SCIENZA

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Che bella sorpresa! In pieno centro a Milano a due passi dal Castello Sforzesco, ho scoperto un “gioiello”: il Museo d’Arte e Scienza-fondazione Gottfried Matthaes. Palazzo Bonacossa nasconde un luogo magico per l’atmosfera creata, per gli allestimenti precisi e puntuali, per le molteplici connessioni nate da una didattica rara. Un museo interattivo in cui il visitatore – senza alcuna limitazione – può guardare e toccare le opere in esposizione per conoscerne e comprenderne tutti gli aspetti facendo un viaggio nella conoscenza a 360°. Il museo non si limita a presentare collezioni straordinarie di arte africana, di maioliche, di ceramiche e di mobilio; ma al suo interno vi è un laboratorio altamente qualificato per il riconoscimento dei falsi e per le valutazioni. Un’idea nata grazie al fondatore Gottfried Matthaes, tedesco naturalizzato italiano, professore di fisica e collezionista, che ha messo a disposizione di tutti le tante opere ereditate dagli zii collezionisti, artisti e fondatori di una scuola d’arte a Dresda. Matthaes ha studiato le sue opere basandosi sui principi della fisica e trovando nelle sue approfondite ricerche svariate metodologie per distinguere i falsi dai pezzi originali. Oggi il laboratorio interno al museo garantisce l’autenticità di opere e collezioni, aiutando tutti coloro che necessitano di una perizia attenta e scrupolosa. Così le sale del museo sono allestite con postazioni di prova dove si possono eseguire i test per riconoscere e distinguere l’autentico e il falso. Il Museo d’Arte e Scienza dovrebbe essere preso come riferimento da molti altri enti culturali, al suo interno tutto si può toccare e guardare da vicino, nulla è “sotto vetro”. Questa è cultura, questo è trasferimento di conoscenza,


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A CURA DI MANUELA ROSSI FOTO © DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTI DELLA LOMBARDIA

Alla scoperta di un itinerario tra gli antichi edifici romani del centro storico del capoluogo lombardo: il circo, l’anfiteatro, le mura massimiane, il teatro. Un percorso in una Milano insolita

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Milano è come una bella e discreta signora e difficilmente ci si “innamora” del capoluogo lombardo a “prima vista”. Milano si nasconde, quasi schiva, bisogna cercarne i dettagli e i luoghi affascinanti e solo allora se ne rimane colpiti. Girovagando per la città, anche senza una guida, si possono scorgere tre differenti cinta murarie erette a protezione di Milano nel corso dei secoli: una di epoca romana, una medioevale e una spagnola. Di tutte e tre le cinte rimangono solo poche tracce, le mura hanno subito il medesimo destino di gran parte degli edifici storici di una città che ha avuto, e ha tuttora, la peculiarità di ricostruirsi riutilizzando i materiali del suo passato storico. Le tracce sono tuttavia ben impresse nell’impianto urbanistico, tanto che ancora oggi si parla di “cerchia dei Navigli” per definire la parte della città compresa entro la fossa interna, antistante le mura medioevali e riscoperto fra le due guerre mondiali e di “circonvallazione delle mura spagnole” per definire le strade costruite dove si trovava la cinta muraria dell’epoca spagnola. La prima cinta muraria della città, risalente all’incirca all’epoca in cui Milano venne elevata al rango di municipium (49 a.C.), anche se venne, probabilmente, edificata sotto il principato di Ottaviano Augusto. La cinta romana era di forma quadrangolare (circa 700 m per lato) orientata da nord-est a sud-ovest con un lato smussato nella parte occidentale. Alle estremità del cardo e del decumano si aprivano le porte che oggi sono chiamate: Romana (piazza Missori), Ticinese (al Carrobbio), Vercellina (Santa Maria alla Porta), Porta Orientale (o Argentea) in via San Paolo, con altre due porte a nord, dette Jovia (o Giovia) (in fondo a via San Giovanni sul Muro) e Cumana (o Comacina o, ancora, Comensis) (in fondo a

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“...quando penso alla Sicilia non è un pensiero, è un’emozione che affiora da ricordi quasi impossibili da tradurre in immagini, è una magia che ha contorni di sole, luce e colore che pervade e penetra, è libertà di sentimento, libertà che vibra nelle ali dei gabbiani, nei loro tuffi acrobatici, negli odori portati dal vento, nei colori della terra” Rita Gallé

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Una vita d’amore

Rita Gallé A CURA DI ANGELA PAGANI TESTO CRITICO ROLANDO BELLINI - ACCADEMIA BELLE ARTI DI BRERA, MILANO FOTO © ARCHIVIO I.M.T. SRL - MILANO OPERE DI RITA GALLÉ

“confessavamo con gli alberi”: il carrubo lei, i pini io. Ritornando a quel giorno speciale in cui la incontrai, mi ricordo che ne avevo già sentito parlare da Sebastiano Grasso ancora oggi responsabile delle pagine dell’arte del “Corriere della Sera”. Sebastiano era un amico sincero sia di Rita sia di suo marito Giorgio Upiglio, stampatore di fama internazionale, ma non fu lui a portarmi da Rita, la incontrai perché un pittore argentino, Angelo Foong, aveva necessità di vendere delle sue opere e così andammo da Rita Gallé e grazie a lei, Angelo ebbe la fortuna di lavorare con Upiglio realizzando una cartella di acqueforti: una di queste fu poi inserita nel libro – Mirabilia – edito dalla libreria Bocca. Ecco chi era Rita Gallè. Molti la conoscono come grande artista, ma pochi di fatto sanno che è, è stata, e sarà sempre una “piccola grande persona”, ed è di questa persona che io mi sono “innamorata” e vorrei che altri ne condividessero fino in fondo il mio sentire. Rita è stata un’icona, una “creatura” speciale in un mondo dove sembra che solo l’“apparenza” sia fondamentale. Rita rompe il modo opportunistico di fare di molti e ha insegnato a essere sempre pronti a un gesto di generosità, a un sorriso, a una carezza, a essere disponibili nell’ascoltare il prossimo, a dare per il piacere di donare. Questo atteggiamento verso la vita: “è l’amore incondizionato e senza egoismo” – così dice Rita – “un modo di vivere, la chiave di volta per questo terzo millennio dove la sofferenza, il razzismo e l’intolleranza riempiono la nostra vita e quella di milioni di persone”.

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UNA “CREATURA” CHIAMATA RITÙ Esistono delle giornate nella vita di ognuno che, con il trascorrere del tempo, si rivelano speciali. Quando ho incontrato Rita è sicuramente stata una giornata speciale. La ricordo con una nitidezza che cancella il tempo, nonostante siano trascorsi più di venti anni. A quei tempi Rita aveva la galleria di via Amedeo a Milano, “Gallerita”, un luogo “magico” dove ci si dava appuntamento per vedere Rita, per incontrare un amico, magari comune. Erano gli anni ottanta e a Milano, in quel periodo, tutto sembrava possibile, c’è chi la ricorda come la “Milano da bere”, in realtà era la Milano della voglia di fare, di costruire, di confrontarsi, di mettersi alla prova, di lavorare. Nell’atelier di Rita Gallé, parlare, progettare, sognare e, perché no, illudersi, era un modo di far passare il tempo: artisti famosi e meno, erano accolti da Rita – tutti nello stesso modo – con un grande e solare sorriso, che nasceva dal suo cuore e dal suo straordinario istinto. Per Rita le persone erano tutte da comprendere, mai da ignorare o trattare con distacco. E il successo non ha mai cambiato il suo atteggiamento verso il prossimo, Rita è sempre stata disponibile, con tutti, senza eccezioni. Il cuore e la spontaneità, unita a volte all’impazienza, ci hanno accomunato per tutti i lunghi anni della nostra amicizia. Ma la cosa che mi fa essere qui a parlare di Rita Gallé è un sentimento profondo che ci ha sempre unito: la stessa curiosità nei confronti della vita. Una curiosità che tutte e due ci portiamo nel nostro animo fin da quando eravamo bambine, io toscana e lei siciliana, ci

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I RICORDI DI RITA Quando Rita ricorda la sua infanzia inizia sempre così: “Sono l’ultima di quattro figlie. In realtà ce n’era una quinta che è morta con la mamma al momento del parto. Sì, eravamo cinque figlie femmine… E sono quasi convinta che da allora sia iniziata la mia vera vita, non sempre facile. Nonostante questo sono stata una bambina molto gaia, vivace e intelligente…” Dopo la morte della madre, il padre, a capo del genio civile di Palermo, affidò le figlie ad alcuni conoscenti perché, sempre in viaggio, da solo non riusciva a occuparsene. La “piccola” cresceva vivacissima, con una grazia particolare e viveva con zia Rosa, proprietaria terriera, vedova, tornata in Sicilia dopo anni in America. È la zia ad aver educato Rita in maniera rigorosa: “Mi voleva molto bene, nonostante la sua severità. Era innamorata pazza di me, per la mia dolcezza, la mia vivacità. Deve aver intuito che ero una bambina con molta fantasia, mi accompagnava spesso al pozzo dove con l’acqua e la creta giocavo a fare dei bambolotti. In un certo senso è stata la mia prima forma d’arte... Giocavo molto da sola e non avendo la mamma lo diventavo io, almeno per le bambole!”. “Ricordo che da Palermo, in estate, andavo a Menfi e lì mi rifugiavo sotto un grande albero che mi accoglieva. Mi nascondevo con una bambola di pezza che portavo sempre con me, parlavo con l’albero e la bambola e magari passava un contadino che diceva ‘Ritù che fai?’ e io rispondevo: ‘Niente, sto parlando con Milano’. Non si sa con chi realmente parlassi a Milano... certo non sapevo pronunciare New York, ma Milano era il mio primo, fondamentale, riferimento... ‘Dov’è la tua bambola?’ – mi prendeva in giro il contadino, ‘A Milano’ rispondevo. è stata la città dei miei sogni senza conoscerla perché mi affascinava la parola Milano. Quando ero triste parlavo con il carrubo che aveva vicino delle rocce grandissime, tra le quali era possibile intrufolarsi e sotto quelle rocce ho sempre trovato qualcosa”. Tutte le creazioni di Rita nascono da un momento di grande amore, da emozioni forti, percezioni, intuizioni, profumi, gioie e anche dispiaceri. Oggi guardo e vedo nelle creazioni di Rita Gallé la sua infanzia, la sua mente, il suo


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L’ostracizzazione nell’antica

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“...Diremo che non ci sarebbe da meravigliarsi se i guardiani fossero molto felici anche in queste condizioni; tuttavia noi non fondiamo la città allo scopo di rendere straordinariamente felice una classe del popolo, ma allo scopo di rendere il più possibile felice l'intera città...” Platone, Repubblica, libro IV

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I legami culturali tra il “bel paese” e l’antica Grecia sono profondi e radicati. Gli intraprendenti abitanti dell’Ellade, ben prima del sorgere di Roma, hanno fondato numerose colonie nell’Italia meridionale e hanno grandemente contribuito a sviluppare la nostra penisola culturalmente, politicamente ed economicamente. Gli antichi Romani ammettevano del resto con grande rispetto, e anche con un certo orgoglio, che molti vocaboli del loro sintetico e assertivo idioma traevano origine proprio dal greco. Lo stile italiano, nell’accezione più virtuosa del termine, ha probabilmente radici più solide di quanto si potrebbe superficialmente pensare nella concezione della vita dell’età classica. Chiunque conservi vaghe reminescenze della storia di quell’epoca ricorda pertanto con ammirazione le gesta compiute dagli antichi Greci. L’invenzione della democrazia, della filosofia e forse anche della scienza si devono infatti al loro acuto ingegno. Quei lontani e sapienti uomini distinguevano infatti con lodevole precisione tra doxa e episteme. Ovvero tra la semplice opinione sui fatti e la conoscenza oggettiva delle cose comprovata dall’esperienza. La loro caratteristica culturale preminente rimane nondimeno la passione per la speculazione intellettuale, non solamente su come interpretare il mistero del creato ma anche su quali dovrebbero essere le opportune relazioni sociali tra concittadini e i corretti rapporti politici fra gli stati. Per quegli antichi sapienti, nobili concetti come giusto, utile e onesto non erano affatto delle astratte parole. Platone, indubitabile amante del sapere, afferma nella Repubblica, niente affatto a caso, che solamente i più meritevoli fra gli individui dovrebbero essere

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FUTURISMO - MODA - DESIGN. LA RICOSTRUZIONE FUTURISTA DELL’UNIVERSO QUOTIDIANO GORIZIA, MUSEI PROVINCIALI - FINO AL 1 MAGGIO 2010 Se l’abito non fa il monaco, certo fa il Futurista. Ne era ben convinto Giacomo Balla: “si pensa e si agisce come si veste”, scrisse nel suo Manifesto per il vestito antineutrale del 1914. Così si demolirono la simmetria delle giacche, il nero e il marrone d’ordinanza, via libera a panciotti che diventarono un tripudio di colori. La cravatta, aboliti i nodi scorsoi “da impiccato”, diventò oggetto di un apposito Manifesto futurista sulla cravatta italiana. Alla moda e alla “Ricostruzione futurista dell’universo quotidiano”, i Musei Provinciali di Gorizia dedicano una originalissima esposizione curata da Raffaella Sgubin e Carla Cerutti, che sarà allestita al Museo della Moda e delle Arti Applicate dei Musei Provinciali. Informazioni: Musei Provinciali di Gorizia • tel. 0481 547541 o 0481 547499 • e-mail: musei@provincia.gorizia.it

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Due ombrellini parasole del 1926 circa, tarsia in panno

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FIORI. NATURA E SIMBOLO DAL SEICENTO A VAN GOGH FORLÌ, MUSEI SAN DOMENICO DAL 24 GENNAIO AL 20 GIUGNO 2010 I capolavori di Caravaggio, Cagnacci, Gentileschi, Dolci e di altri grandi pittori che hanno eccezionalmente dipinto quadri di fiori, ma anche lo straordinario caso di Rembrandt nello strepitoso ritratto della moglie come Flora, saranno in mostra a Forlì insieme ad autori dell’Ottocento e del Novecento come Appiani, Runge, Hayez, Delacroix e Courbet, Bazille e Fantin-Latour, Manet e Monet, Cézanne e Renoir, De Nittis, Boldini e Zandomeneghi, Böcklin e Klimt, Van Gogh e Previati. Opere che nascondono tutta la magia della natura e dei simboli in loro nascosti. Informazioni: Studio ESSECI • Sergio Campagnolo • tel. 049.663499 • e-mail: info@studioesseci.net Complesso dei Musei di San Domenico • Piazza Guido da Montefeltro • 47100 Forlì (Emilia Romagna) • tel. 0543 712 659 Sopra Lawrence Alma-Tadema, A summer offering (particolare), olio su tavola, Museum of Fine Arts, Brigham Young University, Provo, Utah, USA

BURRI E FONTANA. MATERIA E SPAZIO CATANIA, FONDAZIONE PUGLISI COSENTINO PALAZZO VALLE DAL 15 NOVEMBRE 2009 AL 14 MARZO 2010 Nuovo appuntamento a Palazzo Valle: di scena saranno “Burri e Fontana – Materia e Spazio”. Per realizzare la più essenziale esposizione che sia mai stata dedicata al confronto tra i due titani dell’arte italiana del Novecento. L’evento ha la particolarità di proporre, vis a vis, i capolavori dei due maestri, opere attentamente selezionate per documentare un arco temporale che vede entrambi impegnati con vigore nell’affermazione delle due distinte poetiche: il primato della materia per Burri e la concezione spaziale per Fontana. Informazioni: Fondazione Puglisi Cosentino • Palazzo Valle, via Vittorio Emanuele 122 • tel. + 39 095 7152228 • e-mail: info@fondazionepuglisicosentino.it • sito: www.fondazionepuglisicosentino.it

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Natura 1959-1960

Sotto Francesco Paolo Michetti, Fanciulla abruzzese (particolare)

Alberto Burri, Catrame, 1949


News

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VIDEOMUSEUM Si è tenuto lo scorso 25 novembre il convegno Videomuseum a Palazzo Litta a Milano. Tema dell’incontro: “Il video d’arte e il museo: acquisizione, conservazione, diffusione” per una nuova gestione e fruizione dei musei italiani alla luce della nuova era dell’informazione e della conoscenza di questo terzo millennio. Il convegno è stato organizzato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia con sede a Milano e ha visto

la partecipazione di registi, giornalisti, direttori di musei, presidenti di fondazioni ecc. Tra i relatori nella giornata di mercoledì 25 novembre anche il direttore di “Stile Italiano”: Angela Giannini Pagani Donadelli, regista cine-televisiva, con un profondo knowhow nella diffusione dei contenuti museali e delle opere d’arte tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie e dei nuovi media Informazioni www.lombardia.beniculturali.it www.imt-brainjuice.com


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ARTE GENOVA Dal 26 febbraio al 1 marzo, presso il complesso fieristico di Genova verrà ospitata la Mostra Mercato dedicata all’Arte Moderna e Contemporanea, giunta alla VI edizione grazie all’impegno e alla professionalità della NEF. Genova, città detta “la Superba” è stata eletta sito Unesco nel 2006. Il porto antico simboleggia la fusione armonica delle due anime del capoluogo ligure: gli antichi palazzi della Ripa Maris si accostano ai moderni progetti di Renzo Piano, genovese, ultimo di una lunga lista di celebri nomi come Cristoforo

Colombo, Giuseppe Mazzini e Nicolò Paganini. Più di 90 gallerie tra le più quotate saranno ospitate da Arte Genova opere di alto livello e rappresentative dei più noti movimenti artistici illustreranno un percorso che spazierà dall’Espressionismo al Surrealismo, dal Futurismo al Dadaismo, dal Cubismo all’Astrattismo fino a giungere allo Spazialismo, all’Arte Concettuale e alla Pop Art, pur non tralasciando l’Arte Povera, la Transavanguardia e tutte le manifestazioni più attuali dell’Arte Contemporanea; ampio spazio sarà dato agli artisti emergenti e alle manifestazioni più innovative dell’Arte, in particolare alla fotografia e alla videoarte. Afro, Arman, Baj, Balla, Burri, Carrà, Chagall, Christo, De Chirico, De Pisis, Fontana, Guttuso, Hartung, Klee, Magritte, Matta, Morandi, Picasso, Rosai, Rotella, Schifano, Sironi, Tamburi e Warhol: questi e molti altri saranno gli artisti presenti.

Informazioni: L’anteprima della mostra avrà luogo giovedì 25 febbraio alle ore 18.00 presso il padiglione B della fiera di Genova. Apertura al pubblico: Venerdì, Sabato, Domenica ore 10 – 20. Lunedì ore 10 – 13. www.artegenova.org

STILE ITALIANO / N. 8-2009

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L’universo di

I TA L I A N 8

ANNO III. N.8

22 DICEMBRE - 22 MARZO

Il Mantovano Volante Un angolo di riviera Hallo Mr Sax

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Raffaello

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Il restauro

La reggia di Caserta. Nel regno di Napoli Una vita d’amore. Rita Gallé

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trimestrale / NUMERO

8

2009

9 77 197 2 4 560 03

Sommario

CULTURA NEL MONDO

ISSN 1972456X

Editoriale

Battiato


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