Design
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A.A. 2017/18
Progettazione grafica – docente M. De Orazi Dipartimento di Progettazione e Arti applicate Corso di Diploma Accademico di Primo Livello in Grafica Editoriale Accademia di Belle Arti di Roma Silvia Pesci – classe 1998
Index contenuto lavori grafici con studio e relazione; riassunti del libro*
programmi utilizzati Adobe Illustrator, Adobe Photoshop
stampa digitale, laser
dispense di studio *Guardare Pensare Progettare, Riccardo Falcinelli; Punto linea superficie, Vasilij Kandinskij; AZ Project, Dario Russo & Pasquale Volpe; Il libro del graphic design - 50 maestri da cui trarre ispirazione, Stevel Heller & Gail Anderson. supporti digitale, carta, cartoncino, digipak
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progettazione grafica
docente m. de orazi
01 02 basic design pag. 5
composizione tipografica pag. 11
03
04
05
06
07
*
silhouette fobia pag. 21
collana editoriale pag. 31
ritratto alterato pag. 23
composizione silhouette pag.17
digipak pag.27
“guardare pensare progettare” summary pag. 35
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D E S I G N
In seguito allo studio del saggio sull’arte “Punto linea superficie” del pittore Vasilij Vasil’evič Kandinskij sono state realizate queste tavole. Il libro di testo mette per iscritto le teorie degli elementi fondamentali della pittura, e quindi della grafica. L’artista, insieme al contemporaneo Kazimir Severinovič Malevič, contribuisce alla nascita del Suprematismo, movimento che predilige l’utilizzo di forme geometriche nella composizione visiva. Lo scopo delle tavole consiste nello studio della composizione visiva nella ricerca dell’armonia dello spazio per mezzo di rettangoli, cerchi, triangoli e linee, comprese le aree di foglio prive di elementi. Ogni spazio creato è risultato di un’accorta e studiata disposizione.
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Ci sono cellule chiamate on-off sensibili alle linee di contorno delle cose e cellle end-stop sensibili agli angoli, spigoli e linee interrotte (Capitolo 2) Lo studio del movimento oculare ha rilevato che i bambini preferiscono figure curve e solide a quelle spigolose (Capitolo 4) Si devono a Max Wertheimer alcune regole generali, note come regole di raggruppamento percettivo, che descrivono le caratteristiche con cui il cervello estrae dalla scena gli elementi importanti. Regola della buona forma, secondo cui la struttura percepita è sempre la più semplice. In tedesco si chiama prägnanz, come a dire “pregnanza di significato”: la mente cerca figure stabili, regolari. Regola numero due: prossimità. Gli elementi vicini sono interpretati come in relazione tra loro. Se guardo il mondo, le parti che compongono una cosa variano gradualmente, sono simili e si muovono insieme. Guardando la scena è molto probabile che i pezzi che sono vicini appartengano a una stessa “cosa”.
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Graficamente è quindi buona norma tener conto che cose vicine sono più in relazione di cose meno vicine. Regola del destino comune: se gli elementi sono in movimento, vengono raggruppati percettivamente quelli con uno spostamento coerente (Capitolo 6). Lo spazio significa attraverso la disposizione dei pezzi e, mentre in orizzontale possiamo spostarci potenzialmente ovunque, la verticalità pone dei limiti. A questo si aggiunga che abbiamo due occhi affiancati, e quindi il nostro scrutare si esercita soprattutto orizzontalmente. L’orizzontale significa il concreto e il percorribile. Il verticale è l’astratto e l’ascensionale. L’orizzontale è qualcosa che esiste: la terra con le cose. L’orizzontalità stabilisce così rapporti paritari tra le cose. La verticalità stabilisce gerarchie. Nel famoso “Colpisci i bianchi con il cuneo rosso” di El Lisitskij, leggiamo lo spazio avendo avuto esperienza di oggetti appuntiti e di quello che possono provocare, così una campitura di colore in un dipinto astratto ci pare più pesante se posta nella parte più bassa, oppure uno strappo o una cucitura su tela più sembrarci “doloroso” (Capitolo 8).
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COMPOSIZIONE TIPOGRAFICA
Le tavole sono state progettate per di creare composizioni tipografiche che creino un gioco di spazi, dinamicità, movimento, equilibrio e armonia, caratteristiche date dall’unione degli elementi stessi, dalla fusione nello sfondo o dal posizionamenti dei caratteri tipografici stessi che permette la creazione di nuovi spazi e forme geometriche. Il font utilizzato è Helvetica Bold, la dimensione variabile.
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Ci sono cellule chiamate on-off sensibili alle linee di contorno delle cose e cellule end-stop sensibili agli angoli, spigoli e linee interrotte (Capitolo 2). In natura il cervello elabora linee di contorno anche dove non esistono. A questo proposito, famoso è il triangolo di Kanizsa nel quale pur non essendoci vediamo un triangolo bianco poggiato su tre cerchi neri. La teoria di Kanizsa è in linea con la psicologia della Gestalt, secondo cui noi vediamo le cose come un insieme e non come la somma di parti; i contorni illusori sarebbero quindi la naturale tendenza della mente a comprendere le forme chiudendole (Capitolo 9). Lo studio del movimento oculare ha rivelato che i bambini preferiscono figure curve e solide a quelle spigolose (Capitolo 4). Si devono a Max Wertheimer alcune regole generali, note come regole di raggruppamento percettivo, che descrivono le caratteristiche con cui il cervello estrae dalla scena gli elementi importanti. Regola della buona forma, secondo cui la struttura percepita è sempre la più semplice, la mente cerca figure stabili, regolari. Regola numero due: prossimità: elementi vicini sono interpretati come in relazione fra loro. I pezzi che sono vicini appartengono a una stessa cosa.
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Le cose vicine sono più in relazione di cose meno vicine. Regola del destino comune: se gli elementi sono in movimento, vengono raggruppati percettivamente quelli con uno spostamento coerente. Regola della buona continuità: gli elementi sono percepiti come appartenenti a un insieme coerente e continuo. Regola rapporto figura-sfondo: nel mondo reale il cervello è quasi sempre in grado di segrefare la figura dal fondo senza confonderle. In generale una forma piccola è figura, una grande è sfondo. Per individuare una figura di certo conta il fatto che si tratti di un’area più piccola posta su un’area più grande, ma conta soprattutto che il cervello vi veda una figura riconoscibile, altrimenti la scarterebbe (Capitolo 6). Gli indiriz pittorici: l’occlusione, ovvero se una forma ne copre un’altra inferiamo che quella che copre sta davanti. La grandezza relativa fra le cose, cioè il fatto che le forme più grandi stanno generalmente più avanti rispetto a quelle più piccole. La posizione in altezza rispetto all’orizzonte: se su un foglio bianco disegno un pallino in basso e uno in alto, quello in alto sembra più lontano, se poi lo faccio più piccolo l’illusione è aumentata. (Capitolo 8)
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COMPOSIZIONE SILHOUETTE
Le tavole sono state progettate con lo scopo di unire il basic design e la composizione tipografica a silhouette raffiguranti figure umane. All’interno di queste forme si nota come siano le forme semplici, le linee e i caratteri tipografici a dare vita alla silhouette, attraverso un gioco creato dall’occhio, che pur non vedendone la sagoma intera riesce a percepirne la presenza. In natura il cervello elabora linee di contorno anche dove non esistono.
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SILHOUETTE F
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La silhouette è stata progettata per rappresentare una fobia dal punto di vista grafico: la cleisiofobia. Per realizzarla sono stati individuati atteggiamenti o sensazioni tipici della fobia: la posizione rannicchiata e il senso di soffocamento, rappresentato simbolicamente da un tappo che non permette all’aria di arrivare al cervello. Il colore azzurro gioca sulla freddezza e sul suo ruolo di colore simbolo dell’acqua, che scorre nei polmoni per rendere l’idea di soffocamento e, non riuscendo a defluire dal naso tappato, sfocia in incontinenza, atteggiamento tipico di chi prova estremamente paura. In seguito la silhouette viene incastrata nel buco di una serratura, come fosse all’interno di una stanza chiusa. Le urine colano nella cornice della serratura entrandone a far parte con lo scopo di enfatizzare l’apice della fobia e la chiusura del soggetto colpito all’interno di un circolo vizioso.
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R I T R A T T O A L T E R A T O
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di creare un’immagine che si fondesse con la grafica per il mezzo di una composizione tipografica, integrando e facendo interagire elementi grafci con la fotografia. I caratteri tipografici si fondono completamente con l’immagine e creano uno sgretolamento di alcune parti della fotografia che conferiscono un aspetto dinamico all’immagine.
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Nel cervello sono presenti aree diverse per vedere cose diverse: i volti e le cose sono elaborati da aree distinte. Una famosa figura stabile come il vaso di rubin evidenzia che la “scelta” tra le due figure (visi o vaso?) implicherebbe uno slittamento neuronale tra aree diverse di riconoscimento. Secondo Semir Zeki, questa ambigua indeterminatezza sarebbe particolarmente afascinante per il cervello (Capitolo 6). Il cervello scompone e lavora in parallelo, e non tutte le cose guardate sono uguali. Come nel caso dei neuroni specchio, che sovrintendono un programma preciso nel riconoscere le azioni altrui, così esistono programmi dedicati al riconoscimento dei volti, delle mani, dello spazio aperto e di quello chiuso, del movimento biologico e, sembrerebbe, dei ragni e dei serpenti.
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A quanto pare per i volti ci sono due moduli, uno per riconoscerli di fronte e uno di profilo: queste aree specializzate quindi si attivano solo se nel loro campo recettivo cade una sagoma sufficientemente inquadrata. Avere un’area del cervello dedicata al riconoscimento delle facce fa sì che nella comunicazione di massa queste siano considerate facilmente parlanti, e se ne fa così un uso massiccio: non c’è rivista che non abbia in copertina una faccia che ci guarda, e gli uomini del marketing sostengono che per vendere bisogna mettere facce in copertina (Capitolo 7).
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DIGIPAK CD
Definizione del problema e le sue componenti Progettazione e realizzazione di un digipak per un CD musicale (26 x 26 cm), restylig del visual del packaging del disco al suo interno e del logo del gruppo musicale. Il singolo scelto è Charlie fa surf dei Baustelle, un gruppo musicale indie rock italiano formatosi nel 1996 a Montepulciano (Toscana). Deve essere applicata una grafica che rispecchi lo stile del gruppo e che si adatti alle differenti parti del digipak.
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Raccolta dei dati Il testo parla di ribellione adolescenziale nei confronti del mondo adulto, quindi lo scopo è stato quello di mantenere il concetto di ribellione nel visual della copertina. Il messaggio viene sottolineato dallo stile indie del gruppo. Il tema è quindi la ribellione. Le copertine rimandano alla figura di Charlie su una tavola da surf, simbolo del singolo, che emerge dall’acqua sulla cresta dell’onda.
Analisi dei dati Per la realizzazione di questo digipak sono stati analizzati album musicali del gruppo stesso e dello stesso genere per mettere a confronto il punto di vista di altri grafici e entrare nell’immaginario collettivo del genere musicale. In seguito all’analisi e a un’accurata ricerca per immagini del brano in questione, si è deciso di adottare uno stile minimal per gusto personale ma aderente al simbolo del singolo per seguire il tema della canzone.
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Creatività I colori utilizzati per la realizzazione del digipak sono volutamente simili a quelli dell’album originale, con un’abbondanza di azzurro, per sottolineare l’ampiezza del mare contro cui la sagoma di Charlie sulla cresta dell’onda, più blu, si scontra. Il logo originale è creato scegliendo un font che non si discostasse nello stile da quelli precedentemente utilizzati dal gruppo. Il font utilizzato per il logo della band è Regencie Light, per il bodycopy della volta e dell’interno sinistro è stato scelto TraditionellSans-Bold.
28,6 cm
legenda: margine pag. a vivo
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C O L L A N A EDITORIALE
Definizione del problema e le sue componenti Creazione di una collana editoriale immaginaria e realizzazione di tre relative copertine. Il nome scelto è ELAZ Editori, dove ELAZ è l’acronimo di Editoria Letteraria (dalla) A (alla) Z. La casa editrice si interessa di libri di letteratura, principalmente di classici. Deve essere applicata una grafica che rispecchi il prodotto, antico ma elegante.
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Raccolta dei dati L’idea è di sfruttare la linea elegante dello stile art-noveau con il concetto di classico. Per questo motivo l’analisi verte sul panorama dei manifesti liberty, in particolare Alfons Mucha, uno dei principali esponenti. L’Art Nouveau, noto anche come stile floreale, stile Liberty o arte nuova, fu un movimento artistico e filosofico attivo nei decenni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento e che influenzò tutte le arti. Il forte processo industriale e seriale caratterizzante quegli anni ha dato la spinta alla nascita dell’Art Nouveau, sviluppatasi in risposta ad una necessità di rivalutare e ripristinare il mestiere dell’artigiano e dell’estetica dei prodotti non in serie.
Analisi dei dati Nel campo pittorico l’Art Nouveau assume le seguenti caratteristiche: linee geometriche di sfondo che inquadrano il soggetto e grazie alle curve rendono morbida la composizione; bidimensionalità; valenza del colore; tonalità calde. L’equilibrio formale è dato dalla complementarità tra la rigidità della cornice e la sinuosità delle forme del disegno. Lo spessore aumentato serve a mettere in evidenza il soggetto e a rendere la figura nel complesso più perfetta all’occhio; la scritta spesso asseconda la linea. Il tema floreale, dove presente, si ripercuote sia sullo sfondo che sul soggetto femminile.
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Creatività Essendo la figura principale realizzata con penna a inchiostro su carta e poi scannerizzato e ultimato con Photoshop, la ricerca si basa sul pattern di sfondo adatto e sul font che si avvicini il più possibile allo stile Liberty. Per riferimento sono state utilizzate rispettivamente le seguenti immagini: un’illustrazione originale del libro che ritrae il personaggio di Alice di Lewis Carroll e la versione Disney di Alice nel Paese delle Meraviglie, dove i colori utilizzati per la protagonista della copertina saranno simili a quelli del cartone animato ma rivisitati in una chiave più calda; il poster del film tratto dal romanzo Il grande Gatsby e una fotografia di donna stile anni ‘20, utili per inquadrare il mood dell’illustrazione e il vestiario del soggetto della copertina; un’illustrazione liberty con al centro un occhio, riutilizzato nella copertina in quanto simbolo chiave del libro, e un’illustrazione di uomini in giacca e cravatta che sembrava ad occhio adatta per cogliere il range di colori relativo al vestiaro del protagonista del libro 1984. Mortal Kombat Mythologies sarà il font utilizzato per il titolo del libro e il nome dell’autore nelle tre copertine, a varie grandezze e ampiezze. Il font scelto invece per il nome della collana è MORVA, che, in quanto serif, rimanda ad un concetto di antiquato e artigianale.
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Guardare, Pensare, Progettare
01 l’occhio
02 il cervello
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L’occhio si muove molto più di quanto siamo consapevoli ed è costituito da diverse parti: il bulbo ocular eche si trova nella cavità orbitale ed è formato da una parte interna ed una parte visibile all’esterno; l’iride costituita da striature colorate, uniche per ciascun individuo composta da piccoli muscoli che si distendono e si contraggono aprendo e chiudendo la pupilla. Essa regola la quantità di luce che entra nell’occhio. Dietro alla pupilla si trova il cristallino che rende l’immagine nitida mettendo a fuoco la luce. La sclera è la parte bianca dell’occhio, ma solo nell’essere umano, mentre nel regno animale varia di specie in specie ed è importante per la definizione della direzione dello sguardo, aspetto fondamentale della comunicazione interpersonale. L’occhio si muove molto più di quanto siamo consapevoli ed è costituito da diverse parti: il bulbo ocular eche si trova nella cavità orbitale ed è formato da una parte interna ed una parte visibile all’esterno; l’iride costituita da striature colorate, uniche per ciascun individuo composta da piccoli muscoli che si distendono e si contraggono aprendo e chiudendo la pupilla. Essa regola la quantità di luce che entra nell’occhio. Dietro alla pupilla si trova il cristallino che rende l’immagine nitida mettendo a fuoco la luce. La sclera è la parte bianca dell’occhio, ma solo nell’essere umano, mentre nel regno animale varia di specie in specie ed è importante per la definizione della direzione dello sguardo, aspetto fondamentale della comunicazione interpersonale.
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03 mimesis
04 iniziare a vedere
05 guardare gli altri, capire gli altri
Il cervello è costruito per individuare i contorni ed è anche per questo che siamo in grado di cogliere la somiglianza tra un disegno al tratto e la cosa raffigurata. I disegni lineari rispetto ad una fotografia sono più facili da riconoscere poiché sopprimono tutte le informazioni tonali dando alla retina un’immagine più chiara e semplificata. In natura il cervello elabora linee di contorno anche dove non esistono. A questo proposito, famoso è il triangolo di Kanizsa nel quale pur non essendoci vediamo un triangolo bianco poggiato su tre cerchi neri. La teoria di Kanizsa è in linea con la psicologia della gestalt, secondo cui noi vediamo le cose come un insieme e non come la somma di parti; i contorni illusori sarebbero quindi la naturale tenenza della mente a comprendere le forme chiudendole.
Il sistema visivo si forma nei primi mesi di vita grazie all’interazione con l’ambiente esterno seguendo un programma genetico di sviluppo con tappe prestabilite. Lo studio del movimento oculare ha rivelato che i bambini preferiscono figure curve e solide a quelle spigolose. Per studiare il senso di profondità dei neonati è stato condotto un esperimento attraverso l’ausilio di una lastra di vetro praticabile, sotto cui c’è un dislivello di qualche metro che i bambini si rifiutavano di attraversare poiché creava lo strapiombo visivo. Da ciò si è evinto che la percezione della profondità è già operante grazie alla parallasse, cioè la percezione del movimento del fondo in base all’angolo di spostamento dell’occhio. Una scoperta sorprendente fatta nel macaco è che nella corteccia frontale nota come F5, i neuroni non codificano i movimenti singoli e isolati, ma atti motori completi. Paradossalmente il cervello umano capisce benissimo le macchine e i meccanismi ma fa fatica a comprendere i processi organici. Individuare neuroni che codificano atti completi è stata la prova che il movimento biologico non va scomposto e ricondotto a generici “neuroni del movimento”. Giacomo Rizzolati ha fatto una scoperta difficilmente sopravvalutabile: analizzando una scimmia sono stati individuati dei neuroni F5 che rispondono sia quando la scimmia effettua un’azione sia quando guarda un’altra scimmia effettuare la stessa azione. La stessa azione è quindi presente nell’uomo e si vede che per fare e per vedere sono in atto gli stessi programmi motori. Questi neuroni a specchio ci ricordano il brain imaging, il quale ci dice che un’area è coinvolta in una funzione, ma non quanto importante sia per la funzione in questione. Adam Smith e Maurice Merleau-Pounty parla-
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-vano già da tempo di questi neuroni collegandoli ad un’esperienza parallela. Deducendo quindi che la mimesis e la catarasi, con il linguaggio di duemila anni fa, ponevano le basi di una teoria della mente come l’unica cosa davvero importante. E soprattutto, dicendo “quello” sono “io”, che l’uomo conosce.
06 teorie della percezione visiva
07 vedere le facce
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La percezione è una relazione ed è quindi soggettiva e oggettiva allo stesso tempo. Gli stimoli sensoriali nascono da fattori fisici e della biologia ma il rosso, il salato o il caldo non sono in natura, nascono infatti dai sensi. La percezione è una costruzione del cervello guidata da continui feedback con l’esterno, capaci di rassicurarci la stabilità delle cose. Secondo Kant i sensi ci forniscono i dati, ma è la mente che li mette in ordine con una serie di parametri propri: lo spazio, il tempo e le categorie. Si devono a Max Wertheimer alcune regole generali, note come regole di raggruppamento percettivo, che descrivono le caratteristiche con cui il cervello estrae dalla scena gli elementi importanti. Nel cervello ci sono aree diverse per vedere cose diverse: i volti e le cose sono elaborati da aree distinte e anche questo complica la questione dell’inferenza. Una famosa figura stabile come il vaso di Rubin evidenzia che “la scelta” tra le due figure (visi o vaso?) implicherebbe lo slittamento neuronale tra aree diverse di riconoscimento. Secondo Semir Zeki, questa ambigua indeterminatezza sarebbe particolarmente affascinante per il cervello.
Il cervello scompone e lavora in parallelo, e non tutte le cose guardate sono uguali. Come nel caso dei neuroni specchio, che sovrintendono un programma preciso nel riconoscere le azioni altrui, così esistono programmi dedicati al riconoscimento dei volti, delle mani, dello spazio aperto e di quello chiuso, del movimento biologico e, sembrerebbe, dei ragni e dei serpenti. A quanto pare per i volti ci sono due moduli, uno per riconoscerli di fronte e uno di profilo: queste aree specializzate quindi si attivano solo se nel loro campo recettivo cade una sagoma sufficientemente inquadrata. Avere un’area del cervello dedicata al riconoscimento delle facce fa sì che nella comunicazione di massa queste siano considerate facilmente parlanti.
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08 vedere lo spazio figurativo
09 vedere e nominare il colore
10 vedere il grigio
Lo spazio significa attraverso la disposizione dei pezzi e, mentre in orizzontale possiamo spostarci potenzialmente ovunque, la verticalità pone dei limiti. A questo si aggiunga che abbiamo due occhi affiancati e quindi il nostro scrutare si esercita soprattutto orizzontalmente. L’orizzontale significa il concreto e il percorribile. Il verticale è l’astratto e l’ascensionale. L’orizzontale è qualcosa che esiste: la terra con le cose. L’orizzontalità stabilisce così rapporti paritari tra le cose, la verticalità stabilisce gerarchie. Vedere la simmetria, il pari, il doppio, il due ha a che fare con la predisposizione per il numero e per la geometria, e rimanda alle capacità di maneggiare mentalmente gli oggetti, e di operare rotazioni, riflessioni e traslazioni. Gli indizi pittorici: l’occlusione, ovvero se una forma ne copre un’altra inferiamo che quella che copre sta davanti; la grandezza relativa tra le cose, cioè il fatto che le forme più grandi stiano generalmente più avanti rispetto a quelle più piccole. La posizione in altezza rispetto all’orizzonte: se su un foglio bianco disegno un pallino in basso e uno in alto, quello in alto sembra più lontano, se poi lo faccio pure più piccolo l’illusione è aumentata.
Se affianco due colori questi si influenzando a vicenda, e se sono complementari si potenziano. Fissando una superficie divisa in due campiture, da un lato verde e dall’altro rossa, se le due tinte sono equiluminose dopo un po’ i confini del percetto verde e di quello rosso tendono a sfumare. Il classico cerchio cromatico di Itten per i pittori è un adattamento ai primari di stampa. Si tratta solo di un modello teorico e dialogico, in realtà l’interazione chimica tra i pigmenti delle belle arti non permette di ottenere colori secondari brillanti, c’è quindi bisogno di almeno una ventina di tubetti per coprire una gamma cromatica decente.
Ogni superficie percepita ha una pecisa riflettenza, ovvero la quantità di luce che questa riflette. Oggetti di riflettenza sotto il 10% ci appaiono neri. La riflettenza apparente (percepita) è detta chiarezza, o più colloquialmente luminosità. Il nero e il grigio non sono dunque per il cervello rappresentazioni dell’assenza di luce, ma vengono costruiti quando la quantità di luce riflessa dall’oggetto è inferiore alla quantità media delle regioni circostanti.
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11 disegnare
12 grafica, scrittura, lettura
13 vedere il movimento e la sua casualità
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Nel linguaggio comune quando si dice saper disegnare si intende disegnare “figurativamente”. La differenza tra disegnare e scarabocchiare è molto meno marcata di quanto le pratiche a scrivere cui siamo stati educati mettano in evidenza. Il piacere che i bambini traggono dalle varie attività grafiche è duplice: da un lato c’è un piacere fisico conseguenza dello stesso atto motorio; a questo si associa il piacere di lasciare delle tracce, di modificare la tessitura delle superfici: se un pennarello non scrive i bambini di tre anni si stufano presto, come si rifiutano di disegnare nell’aria. Una buona composizione tipografica è cruciale, la riga non dovrebbe superare le 80 battute, altrimenti ci impone di muovere la testa. Anche nella lettura la visione parafoveale ha un ruolo importante nel fornire indicazioni alle saccadi, cioè l’occhio già salta a quello che leggerà un attimo dopo e si comincia a fare un’idea dell’insieme. Gli studi in materia distinguono tra visibilità e leggibilità: visibilità è il grado per cui un testo può essere individuato con sufficiente chiarezza, contrasto, illuminazione; la leggibilità riguarda invece la facilità di lettura e il grado di affaticamento. Conta molto l’illuminazione, conta il contrasto col supporto e il tipo di carta, contano le dimensioni del carattere e la spaziatura tra riga e riga e tra parola e parola. Un carattere come il Verdana, progettato per essere altamente leggibile a monitor, è spesso usato per testi stampati su supporti opachi. In ogni caso il carattere è solo una parte del problema, e la scelta è spesso secondaria ai fini della leggibilità, quello che conta è come un testo è impaginato. Non bisognerebbe infatti essere interessati solo alla parte nera del testo, parametri come l’altezza delle aste o la forma di un occhiello contano solo in relazione ai rapporti che instaurano con l’interlinea, con la lunghezza della riga, col bianco della pagina, con le qualità del supporto usato; lo spazio tra le lettere, tra le parole, tra le righe gioca un ruolo significativo nella lettura, spesso più della font usata.
Le immagini sulla retina sono in continuo movimento, ma come fa il cervello a capire cosa si sta davvero muovendo e cosa si sta semplicemente spostando nel flusso retinico? Il meccanismo è tanto perfetto da essere invisibile: il cervello sottrae all’immagine retinica il movimento relativo agli occhi e al nostro spostamento, del resto entrambi i movimenti sono inviati dal cervello che non ha problemi a isolarli in perfetto sincrono, e così il mondo non si muove quando muoviamo gli occhi.
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14 guardare, pensare, progettare
15 epilogo
Hume sosteneva che nel movimento di due corpi è impossibile vedere uno di questi movimento che causa l’altro, si può percepire la successione non la causazione. Alber Michotte contesta l’affermazione di Hume e sostiene che quello che vediamo è esattamente la causalità, perché il movimento interpretato quasi sempre come nesso di causa ed effetto. Per dimostrarlo Michotte costruì uno strumento semplice e ingengoso. Il meccanismo è il seguente: su un cerchio rotante sono disegnate due bande, una verde e una gialla, come si vede nella figura, il disco è fatto ruotare dietro uno schermo con una fessura che ne fa intravedere solo un pezzetto: al ruotare del disco vedrò due quadratini colorati verde e giallo che si muovono all’interno della fessura: qui non appena il giallo si avvicina al verde, il verde si sposta. Quello che vediamo è appunto il giallo che si avvicina, tocca il verde e il verde si sposta, come se il giallo gli avesse impresso una dinamica, come se lo avesse spinto. Per vedere basta avere gli occhi aperti. Guardare significa prestare attenzione, osservare in testa una qualche volontà. Guardare consapevolmente è già pensare; e pensare consapevolmente è già progettare. Guardare, pensare e progettare sono così aspetti senza soluzione di continuità tra loro. Sono un’endiatri: tre concetti in uno. Artisti e designer sono però d’accordo su un punto: la centralità della creatività. Ma che cos’è la creatività? Sembrerebbe una imprecisata e spontanea capacità che si fa beffe degli altri e dello studio, esclusivamente impegnata e sprimere se stessa. Chi rivendica questa ingengua libertà non si rende conto di quanto è schiavo di valori convenzionali e muffiti, pretendere una libertà di espressione svincolata da tutto, rivela solo quanto si subiscano certi piccoli luoghi comuni sull’arte e sulla scienza. L’unico principio progettuale è diventato così la spontaneità. Questa si contrappone allo studio che imprigionerebbe il talento primigenio. Ma nessun talento è diventato meno brillante studiando, ragionando o argomentando le proprie intuizioni. Guardare, pensare, progettare sono oggi attività talmente articolate e diverse, che è impossibile tenerle dentro un’unica visione interpretativa. Siamo partiti dicendo di voler ridefinire i principi della progettazione, ma questi principi si sono rivelati dei nodi da sbrogliare. I problemi della conoscenza visiva sono un arabesco in cui fisiologia ed estetica, biologia e storia, scienza e scienze umane vanno considerate sinotticamente. Per guardare, pensare e progettare, bisogna anzitutto porsi nuove domande.
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