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La gestione del rischio idraulico
Alessandro Mita(1), Cristiano Lanni(1), Silvia Isacco(1) ambiente&territorio
LA GESTIONE
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DEL RISCHIO IDRAULICO
STATO DELL’ARTE E SCENARI FUTURI NELLA RETE STRADALE ANAS
Era il 1992 quando alla Conferenza di Rio l’ONU decise di istituire la Giornata Mondiale dell’Acqua, come momento di riflessione e impegno da parte di tutte le Nazioni per la salvaguardia, l’equa distribuzione e la gestione della risorsa idrica. Il 22 Marzo di ogni anno, anche in Italia, vengono organizzati incontri e Convegni con i diversi attori che si trovano ad avere a che fare con il tema “acqua”: Autorità di Distretto Idrografico, ARPA, Regioni e Gestori delle infrastrutture. ANAS, in qualità di Gestore della rete viaria nazionale, si trova a gestire le criticità connesse alle intersezioni tra l’infrastruttura viaria, necessaria per connettere il Paese, e il reticolo idrografico in un territorio idrogeologicamente sensibile come quello italiano. Partendo dal contributo presentato in occasione della 27a Giornata Mondiale dell’Acqua, il presente articolo riporta un breve inquadramento della rete stradale ANAS in contesti di aree idraulicamente vulnerabili e illustra il caso dell’alluvione avvenuta in Sardegna nel 2013 quale esempio di evento idrogeologico estremo e di gestione dell’emergenza nelle fasi di ricostruzione e riadeguamento post-evento. Si illustrano poi le misure e gli approcci che - nelle diverse fasi che caratterizzano la vita di un’opera (dal concepimento all’esercizio della strada) - vengono usualmente adottati per la gestione del rischio idraulico (misure di prevenzione, protezione e gestione in fase di esercizio). Infine, si analizzano in maniera concettuale le possibili ripercussioni dovute agli effetti dei cambiamenti climatici sulle opere idrauliche esistenti e di nuova realizzazione a servizio della strada, le strategie per la definizione delle criticità idrauliche a scala di rete nazionale e la loro comparazione al fine di stabilire le priorità per l’adeguamento della rete stradale ANAS.
LA RETE STRADALE ANAS NEL CONTESTO DELLE AREE A VULNERABILITÀ IDRAULICA
ANAS gestisce circa 30.000 km di rete stradale (strade statali, autostrade, svincoli e strade di servizio) sull’intero territorio nazionale (fatta eccezione per il Trentino Alto Adige). Tale capillare rete infrastrutturale attraversa un territorio che, considerate le sue caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche, è naturalmente predisposto a fenomeni di dissesto quali frane e alluvioni. Lo strumento più aggiornato che a scala nazionale consente di identificare le aree a rischio alluvionale è il PGRA (Piani di gestione del rischio di alluvioni), sviluppato per applicazioni di protezione civile in attuazione alla “Direttiva quadro sulle acque” 20047/60/CE. Il PGRA identifica le aree di potenziale alluvionamento e definisce tre scenari di pericolosità (bassa-media-alta) che fanno riferimento ai tempi di ritorno dell’evento di piena, ovverosia al numero di anni in cui, mediamente, un evento alluvionale di data intensità viene eguagliato o superato [1]. Le Figure 1A e 1B riportano la sovrapposizione del grafo stradale ANAS con le aree a diversa pericolosità idraulica, come individuate dai PGRA. Il 14% della rete stradale rientra in territorio potenzialmente critico [2]. Un dato non allarmante di per sé (per esempio, laddove è previsto l’attraversamento di un fiume è imprescindibile il passaggio in
1A e 1B. L’incrocio tra il grafo stradale ANAS e le aree a pericolosità idraulica (Mosaicatura ISPRA)
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area a pericolosità idraulica), ma che rende l’idea di come spesso la progettazione e la gestione dell’infrastruttura non possa prescindere dall’analisi e dalla gestione del rischio idraulico. In effetti nelle ultime due decadi, l’attenzione al tema della sicurezza delle infrastrutture e del territorio da esse attraversato, rispetto al rischio idraulico, è sensibilmente aumentata; a riprova di ciò si è assistito ad una sempre più approfondita definizione dei vincoli normativi connessi alla realizzazione di nuove infrastrutture e a una più dettagliata conoscenza dei fenomeni di alluvionamento, che hanno portato ad una sostanziale modifica, con un approccio molto più cautelativo, dei parametri di pianificazione e progettazione delle opere in ambito di aree esondabili. I fenomeni idraulici che provocano criticità sull’esercizio della infrastruttura viaria possono essere di diversa natura (precipitazioni sulla piattaforma, fenomeni di versante, interazione delle piene con le opere di attraversamento del reticolo idraulico, esondazione dei corsi d’acqua) e, similmente, possono presentare differenti livelli di magnitudo, frequenza e conseguenze in termini di danno potenziale atteso (Figura 2). Un esempio imponente e drammatico di ciò che significa l’interazione tra rete stradale ed eventi idraulici estremi è dato dall’alluvione in Sardegna del Novembre 2013. La regione fu duramente colpita da alluvioni “improvvise” (flash floods), che causarono 19 vittime (la maggior parte ad Olbia) e l’interruzione di diverse strade statali e provinciali. La precipitazione cumulata nella giornata di lunedì 18 Novembre 2013 raggiunse, in alcune zone, i 400 mm (un valore eccezionale, se si considera che l’altezza di pioggia cumulata in un anno per le zone colpite è mediamente di 600÷650 mm). Nelle zone più colpite (Ogliastra, Gallura e Medio Campidano) si sono registrati valori cumulati di precipitazione mensile superiori a quattro volte le medie stagionali (Figura 3). All’evento del 18 Novembre è stato attribuito un tempo di ritorno superiore ai 200 anni. Gli interventi per la ricostruzione e il ripristino delle opere hanno richiesto un investimento economico di oltre 50 milioni di Euro, con un piano di attuazione (coordinato dal Commissario Delegato per il ripristino della viabilità, l’allora Presidente dell’ANAS) che ha impegnato circa due anni di lavoro tra progettazione e realizzazione degli interventi.
3. I valori cumulati mensili di precipitazione registrati nel mese di Novembre 2013 (ARPAS Regione Sardegna) [3]
2. La tipologia di eventi idraulici avversi, processi e possibili conseguenze sulla sicurezza della strada
VULNERABILITÀ IDRAULICA
4A e 4B. La ricostruzione dell’attraversamento sul Rio Orvani sulla S.P. 73 “Bitti-Sologo”. L’opera, costituita prima dell’alluvione da due tubi in lamiera ondulata di 6 m di diametro (4A), è stata riprogettata e sostituita da un viadotto di 55 m di luce (4B)
5A e 5B. Il ponte di Oloè, sulla S.P. 46, a poche ore dal cedimento della spalla (5A) e dopo qualche giorno (5B)
Un evento estremo e con danni estesi come quello in esame ha generato una profonda riflessione sulle modalità di ricostruzione delle opere (che in molti casi si sono rilevate idraulicamente non compatibili rispetto alle attuali Normative vigenti) e gestione del rischio idraulico: l’opera danneggiata può essere completamente demolita e ricostruita dimensionandola con riferimento ai vigenti criteri di compatibilità idraulica (come nel caso dell’attraversamento della S.P. 73 Bitti-Sologo (NU) sul Rio Orvani, Figura 4A e 4B), oppure può essere ripristinata senza modificare la geometria originaria, accettando la possibilità di gestire, con misure non strutturali, un rischio idraulico residuo che garantisca comunque la necessaria sicurezza in esercizio per l’utente della strada. Esemplificativo di questo secondo caso è l’intervento di ripristino del ponte Oloè sul fiume Cedrino (Figure 5A e 5B) sito lungo la S.P. 46, in provincia di Nuoro. Poiché i danni della piena interessarono il rilevato di approccio alla spalla mentre la struttura del ponte rimase integra, valutazioni riguardanti i tempi di ripristino del collegamento viario (unitamente ai vincoli di disponibilità finanziaria) indirizzarono l’intervento verso il ripristino dei rilevati (integrati con massicce protezioni in scogliere cementate). Si decise di mantenere la preesistente geometria del ponte, seppur valutata non pienamente rispondente alle Norme di compatibilità idraulica vigenti. Ad integrazione del sistema, venne concordato con gli Enti competenti un opportuno sistema di monitoraggio con diverse soglie di allertamento connesse ai livelli idrici segnalati da un sensore (idrometro ad ultrasuoni) installato sul ponte, con eventuale chiusura della strada al superamento dell’ultimo livello di allertamento.
La gestione del rischio idraulico si attua attraverso l’applicazione di misure relative alla prevenzione, protezione e gestione del rischio (in fase di esercizio). È un processo, questo, che si esplica nelle diverse fasi di concepimento e di esercizio della strada. In fase di progettazione di una nuova opera, la gestione del rischio idraulico si attua prevalentemente attraverso strumenti di prevenzione e protezione. In particolare, la definizione della soluzione progettuale di tracciato - che deriva dall’analisi di potenziali alternative progettuali - viene sviluppata anche cercando, per quanto possibile, di evitare l’attraversamento di aree di pericolosità idraulica così come individuate nei Piani stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) e i PGRA vigenti. La realizzazione di nuove infrastrutture a rete dichiarate essenziali è ad ogni modo generalmente ammessa all’interno delle aree di pericolosità idraulica, a patto però che queste risultino non altrimenti localizzabili (laddove rientrassero in aree ad alta pericolosità) e idraulicamente compatibili. Per fissare i criteri di compatibilità idraulica, occorre ricomporre un quadro sinottico delle Normative vigenti che, direttamente o indirettamente, impongono metodi e/o parametri di riferimento per le verifiche dei fenomeni di natura idraulica (e.g., franco idraulico, erosione, scalzamento, trasporto solido). Tra queste Norme risultano, oltre alle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC del 2018), anche tutte le Normative connesse alla pianificazione di bacino (Norme Tecniche di Attuazione dei PAI o PGRA, linee guida, raccomandazioni, ecc.).
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6. Esempio di misura di protezione con scogliera in massi cementati di un rilevato posto in area esondabile
In linea generale, lo studio di compatibilità idraulica serve a garantire che la presenza della nuova infrastruttura stradale non vada ad alterare le condizioni di assetto idraulico ante-operam e, in particolare: (a) non modifichi i fenomeni idraulici naturali e le caratteristiche di particolare rilevanza naturale dell’ecosistema fluviale che possono aver luogo nelle aree di esondazione, (b) non costituisca significativo ostacolo al deflusso e (c) non limiti in modo significativo la capacità di laminazione dei deflussi che proseguono verso valle. ANAS si avvale inoltre di particolari indirizzi cui conformare la definizione dei criteri di compatibilità idraulica delle opere, che vengono delineati attraverso il riconoscimento delle caratteristiche infrastrutturali e prestazionali della rete stradale in gestione: 1) perseguire un livello di sicurezza idraulica delle infrastrutture omogeneo su tutto il territorio nazionale; 2) perseguire un impatto sull’assetto idraulico del territorio minimo e uniforme su tutto il territorio nazionale; 3) perseguire un’equa corrispondenza tra l’importanza dell’infrastruttura (intrinseca od estrinseca) e il livello di sicurezza idraulica da assentire all’opera; 4) perseguire il migliore adattamento delle opere alle caratteristiche connesse all’assetto idraulico del territorio e delle infrastrutture correlate. Laddove non risulti dunque possibile evitare l’attraversamento di aree di potenziale alluvionamento, la gestione del rischio idraulico in fase di progettazione e realizzazione dell’opera contempla la realizzazione di opere strutturali (misure di protezione attive o passive) che garantiscano la sicurezza idraulica dell’infrastruttura e degli elementi che la compongono e, al contempo, non alterino la sicurezza idraulica del territorio (Figura 6). La gestione del rischio idraulico in fase di esercizio avviene attraverso procedure codificate di sorveglianza da parte del Personale operativo su strada delle Unità Compartimentali e, in taluni casi, attraverso il monitoraggio delle variabili idrometriche e la definizione di soglie di allertamento concordate con i soggetti istituzionali coinvolti ed integrate nei piani di protezione civile. In particolare, nel momento in cui si identifica una situazione critica, le sale operative compartimentali allertano la sala situazioni nazionale, che costituisce l’anello di congiunzione tra ANAS, Ministero dell’Interno e Protezione Civile.
LA GESTIONE DEL RISCHIO IDRAULICO: SCENARI FUTURI IN UN CONTESTO DI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Il dimensionamento delle opere idrauliche è comunemente riferito ad uno o più valori di “forzante di progetto”. Ad esempio, nel caso di un attraversamento idraulico (e.g., ponte, tombino idraulico) una delle forzanti di progetto è rappresentata dal tirante idraulico che - in concomitanza con lo sviluppo di una piena di prefissato tempo di ritorno TR (solitamente assunto pari a 200 anni) - viene a instaurarsi in corrispondenza della sezione immediatamente a monte di quella dell’attraversamento. La somma del tirante idraulico e di un predefinito “margine o fattore di sicurezza” SF (per esempio, le NTC indicano un franco idraulico minimo di 1,5 m tra il pelo libero dell’acqua e l’intradosso del ponte) definisce in una qualche misura la “Capacità idraulica” C dell’opera. Il concetto è schematicamente rappresentato in Figura 7A. Il punto rosso (Capacità C) divide dunque il campo di quelli possibili in due, in uno dei quali l’opera svolge la sua funzione con pienezza di risultati, mentre nell’altro la sua efficienza si riduce a misura che l’evento (i.e., forzante) si scosti da quello di riferimento. L’ipotesi di progetto è pertanto quella che i valori di forzante e capacità restino immutati per l’intera vita utile dell’opera (Figura 7B). In altre parole, si ipotizza che l’attività di manutenzione sia in grado di garantire nel tempo la funzionalità, le caratteristiche di qualità e l’efficienza dell’opera idraulica (C costante), e implicitamente si dà credito all’ipotesi di stazionarietà degli eventi climatici (F costante). Un incremento di frequenza e/o intensità degli eventi estremi determinato dai cambiamenti climatici potrebbe però tradursi in un relativo incremento della forzante idraulica presa a riferimento per il dimensionamento dell’opera [4]. Ciò, di riflesso, produrrebbe una tendenziale riduzione del margine di sicurezza SF dell’opera, fino a un suo ipotetico annullamento e relativo sottodimensionamento nei confronti dello scenario di riferimento (Figura 7C). Se il discorso appena fatto vale per le opere di nuova progettazione - per le quali, dunque, un possibile approccio potrebbe essere quello di valutare il livello di resilienza prestazionale dell’opera idraulica, ossia la capacità della stessa di conservare la totale efficienza anche se sottoposta a sollecitazione diverse (e in particolare più gravose) dal valore originario della forzante di progetto - il tema è di ancora maggior interesse per il patrimonio delle opere idrauliche esistenti a servizio dell’infrastruttura stradale. I diversi puntini rossi di Figura 7D nel quadrante sinistro del grafico indicano in maniera schematica i livelli di capacità idraulica delle opere esistenti. Per tutta una serie di ragioni (e.g., “obsolescenza normativa” dell’opera, mutamenti dei regimi idrologici, ecc.), molte delle opere esistenti risulterebbero oggi non conformi rispetto agli attuali indirizzi normativi. Per le opere esistenti, dunque, le domande cui il Gestore della strada è chiamato a dare risposta sono le seguenti: 1. quali opere andrebbero adeguate al fine di renderle compatibili rispetto ai più recenti indirizzi normativi e agli effetti di un clima che cambia? 2. come andrebbero definite le priorità di intervento, anche in relazione agli effetti che un’eventuale interruzione di una strada statale può determinare sul contesto ambientale, economico e sociale del territorio attraversato? In questo senso, ANAS ha adottato un modello di Road Asset Management (RAM), inserito nel piano investimenti 2016-2020,
per soddisfare le esigenze strategiche di gestione e manutenzione del patrimonio infrastrutturale stradale, attraverso una pianificazione a lungo termine, e per assicurare il raggiungimento delle prestazioni richieste nel modo più efficiente possibile e sostenibile. Sommariamente, il modello RAM consiste nello: • stabilire un inventario completo di tutta la rete stradale e degli elementi che lo compongono (asset); • fornire una fotografia delle attuali condizioni/ performance delle diverse tratte stradali; • definire per ogni tratta stradale gli obiettivi minimi di qualità e prestazionali, anche in relazione a futuri scenari di esercizio (e.g., domanda futura di traffico, modifiche delle variabili ambientali quali, ad esempio, i regimi di precipitazione e portata dei corsi d’acqua); • definire i bisogni di manutenzione (straordinaria) e relativi costi per ogni tratta stradale al fine del raggiungimento degli obiettivi minimi di qualità e prestazionali; • definire le priorità di intervento in relazione al budget disponibile; • impostare scenari di finanziamento per la manutenzione regolare e tempestiva e per l’adeguamento del patrimonio. Ai fini della valutazione dei bisogni manutentivi della strada e gli scenari per definire le priorità di intervento, il modello RAM si compone di una serie di modelli verticali che definiscono i “bisogni” manutentivi della strada con riferimento a diversi asset (pavimentazioni, opere d’arte, viadotti e gallerie, segnaletica, ecc.) e tematismi (rischio idrogeologico, rischio sismico, aspetti geotecnici e strutturali, sicurezza stradale, ecc.). I risultati e le valutazioni ottenute dai modelli verticali vengono poi intrecciati e analizzati mediante l’ausilio di un modello orizzontale che funge da strumento di supporto per la definizione e l’ottimizzazione degli scenari d’intervento manutentivo. In particolare, la valutazione sul rischio idraulico su una determinata tratta stradale si ottiene combinando la pericolosità idraulica (definita sulla base di frequenza di accadimento, intensità - ottenuta dalla combinazione dei tiranti e velocità nelle zone di esondazione - e durata di specifici scenari idraulici presi a riferimento) con la vulnerabilità dell’opera (intrinseca ed estrinseca) e le possibili conseguenze (costi diretti e indiretti) sulla sicurezza per l’utente della strada e sul contesto ambientale, economico e sociale del territorio attraversato. La Figura 2 riassume sinteticamente i criteri sopra esposti. A parità di pericolo idraulico, ad esempio, viene considerato prioritario intervenire su una tratta stradale caratterizzata da un elevato volume di traffico e una bassa ridondanza di rete stradale alternativa da utilizzarsi nel caso di eventuale interruzione della circolazione sulla tratta in questione; analogamente, l’“importanza” della strada (e.g., una strada in prossimità di strutture ospedaliere) e la valenza economica, ambientale e paesaggistica del territorio attraversato sono elementi che rendono prioritario l’intervento su una tratta stradale piuttosto che su un’altra. Per le tratte stradali ritenute non prioritarie, o laddove comunque se ne rinvenisse l’esigenza o l’opportunità (per esempio, presenza di ridondanza della rete stradale), la gestione del rischio idraulico potrebbe avvenire attraverso misure non strutturali basate sull’installazione di strumenti e sensori per il monitoraggio delle variabili idrauliche (e.g., livelli idraulici in corrispondenza degli attraversamenti, intensità di precipitazione sulla piattaforma stradale) e di soglie
8. Gli elementi di sintesi per la definizione del rischio idraulico di una tratta stradale 7. Lo schema concettuale del rapporto tra forzante di progetto e capacità idraulica di un’opera in un contesto di cambiamenti climatici
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per la definizione di procedure di allertamento e gestione del traffico sulla viabilità alternativa. Tali misure non strutturali andrebbero ad integrarsi nel sistema della Smart Road [5] e, in particolare, nel sistema informativo meteo stradale “Road Weather Information System” (RWIS, Figura 9). RWIS è una sorta di stazione meteorologica in rete finalizzata a stimare in tempo reale le variabili potenzialmente in grado di innalzare il livello di rischio della circolazione stradale. Le misure effettuate dai sensori IoT (Internet of Things)1 sui parametri ambientali permetteranno di acquisire informazioni previsionali ed avvisare l’utente attraverso messaggistica di allerta, nonché di mobilitare le squadre cantoniere o di protezione civile in tempi brevi ed aumentare i livelli di sicurezza. Un ulteriore aiuto tecnologico arriva dall’utilizzo dei droni che, accoppiati alle informazioni da sensori, potranno essere usati sia in fase di emergenza (ad esempio per tracciare l’evoluzione di un’inondazione e produrre mappature in real-time), sia in fase di studio post evento per una migliore comprensione delle dinamiche e dell’estensione dei fenomeni avvenuti.
CONCLUSIONI
In occasione delle celebrazioni per la 27a Giornata Mondiale dell’Acqua si è svolto a Torino il Convegno “Il rischio alluvionale in un clima, in un territorio e in una società che cambiano”. Il tema scelto per la giornata di Torino ne ha preso in considerazione uno di grande attualità: la gestione dei cambiamenti climatici. Sebbene non sia sempre possibile evidenziare statisticamente un tendenza chiara ed univoca delle evoluzioni del clima, gli eventi che ci si trova a fronteggiare sono comunque diversi e apparentemente più frequenti rispetto a quanto verificatosi in passato. Questo discorso ad ampio spettro implica la necessità di definire un approccio diverso alla gestione dell’elemento acqua, sia da un punto di vista della gestione della risorsa idrica, sia da un punto di vista della gestione del rischio idraulico con piene che si manifestano con frequenza e intensità diverse da quanto desumibile dalle serie storiche di precipitazioni e portate nei corsi d’acqua. Nel presente articolo sono stati illustrati gli scenari attuali e i possibili indirizzi futuri (anche alla luce degli effetti dei cambiamenti climatici) relativi alla gestione del rischio idraulico sulla rete stradale ANAS. Quali opere andrebbero adeguate al fine di renderle compatibili rispetto ai più recenti indirizzi normativi e agli effetti di un clima che cambia? Come andrebbero definite le priorità di intervento, anche in relazione agli effetti che un’eventuale interruzione di una strada statale può determinare sul contesto ambientale, economico e sociale del territorio attraversato?
9. Il sistema di monitoraggio meteorologico per le infrastrutture Smart Road Il modello di Road Asset Management (RAM) - messo a punto dalla Direzione Operation e Coordinamento Territoriale di ANAS - sembra fornire le dovute risposte, attraverso l’adozione di un approccio sistematico che mira a soddisfare le esigenze strategiche per la gestione e manutenzione del patrimonio infrastrutturale stradale tramite una pianificazione a lungo termine e una più efficiente allocazione delle risorse disponibili. In tale contesto, particolare attenzione va rivolta ai sistemi di gestione e monitoraggio. Uno sguardo al futuro non può inoltre tralasciare l’applicazione delle tecnologie Smart Road come strumento di gestione del rischio idraulico residuo. n (1) Direzione Progettazione e Realizzazione Lavori di ANAS SpA
Ringraziamenti
Gli Autori desiderano ringraziare la Direzione Operation, in particolare Fulvio Maria Soccodato, Angelo Nacci e Andrea Gala per il supporto e la documentazione fornita. Bibliografia [1]. “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio”, ISPRA, Rapporto 2018, https://www.assiteca.it/wp-content/uploads/2018/09/. [2]. “Generazione di un modello e definizione di un quadro conoscitivo preliminare della vulnerabilità di carattere idrogeologica della rete ANAS in prossimità delle opere d’arte”, ANAS SpA. [3]. Analisi dell’evento meteorologico del 18 Novembre 2013, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Sardegna ARPAS, http://www.sar.sardegna.it/pubblicazioni/miscellanea. [4]. WATer management for road authorities in the face of climate CHange (WATCH), CEDR Transnational Road Research Programme (20152018), https://www.cedr.eu/. [5]. “Smart Road - La strada all’avanguardia che corre con il progresso”, 1 Con Internet of Things si indica un insieme di tecnologie che permettono Quaderno tecnico a cura della Direzione Operation e Coordinamento di collegare a Internet qualunque tipo di apparato. Lo scopo di questo tipo Territoriale Infrastruttura Tecnologica e Impianti ANAS SpA, Novemdi soluzioni è sostanzialmente quello di monitorare, controllare e trasferire bre 2018. informazioni per poi svolgere azioni conseguenti.