Stralci & Spunti Epitome e raccolta antologica VOLUME I° 1
Indice degli Autori in calce: le parole sottolineate indicano l’opera da cui è tratta la citazione E’ questa la loro più fragile dignità. Durano (le farfalle) un solo giorno (poco più o poco meno). La loro fortuna sta nel non saperlo. Eschilo, Prometeo
Napoleone sceglieva i portaordini con un solo criterio: si assicurava che fossero completamente stupidi, o quasi ; affidava loro le indicazioni strategiche da far pervenire ai suoi valorosi generali, sul campo di battaglia. Ma prima si assicurava che le avessero capite. Se le aveva capite lui, allora era sicuro: le avrebbero capite anche i suoi Marescialli, carichi di medaglie e di memorie. Beniamino Placido, Tre Divertimenti, pag. 12
Spissis indigna theatris, scripta pudet recitare et nugis addere pondus. Mi vergogno recitare davanti ad un grande pubblico scritti poco meritevoli, di dare importanza a delle povere cose. Horatio, I° libris, XIX epistola Ars longa, vita brevis L’arte é lunga, la vita breve.
Ippocrate
Bene qui latuit, bene vixit. Colui che visse ben nascosto, visse bene.
Ovidio, Tristia III°, 4,25
Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur. Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia anche le più grandi rovinano.
Sallustio
Exigua est virtus praestare silentia rebus, at contra gravi set culpa tacendo loqui. E’ una piccola virtù il saper mantenere il silenzio sulle cose, ma é invece una grave colpa il parlare di quelle cose che dovevano esser taciute. Ovidio, Ars Amatoria, 11,603
2
Festina lente Affrettati lentamente.
Augusto
Non multa sed multum Non molte cose ma molto (bene).
Quintiliano
Peras imposuit Iuppiter nobis duas Giove ci diede due bisacce.
Phaedrus, Fabulae 4, 10: De vitiis hominum
Apprenez d’abord la concentrazion sans effort; transformez le travail en jeu; faites que tout joug que vous avez accepté soit doux, et que tout fardeau que vous portez soit léger !
Imparate innanzitutto la concentrazione senza sforzo; trasformate il lavoro in gioco; Il giogo che avete accettato sia dolce e che tutti i pesi che portate siano leggeri Anonimo, Le 22 arcanes majeurs du Tarot, ed. Flammarion (Questo Autore anonimo in realtà è Valentin Tomberg, russo che scappò in Inghilterra per motivi ideologici, visse di stenti e di traduzioni, scrisse quest’immane opera in francese sostenendo che fosse l’unica lingua degna di esprimere certi concetti. Bisognerebbe fargli un monumento, all’umiltà)
Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando.
Proverbio
Rara avis in terris. Uccello raro sulla terra.
Giovenale, Satire, VI, 165
Stultorum infinitus est numerus. Il numero degli stolti é infinito.
Ecclesiaste, I°, 15
Timeo hominem unius libri. Temo l’uomo di un solo libro.
Tommaso d’ Aquino
3
L’amicizia é un contratto fra due persone virtuose. Voltaire Si parva licet componere magis Se si può confrontare il piccolo con il grande
Virgilio, Georgiche
Qui non zelat non amat Chi non é geloso non ama.
Sant’ Agostino
Alium silere quod voles, prime sile. Ciò che vuoi che un altro taccia, taccilo per primo.
Seneca
Fortuna vitrea est, tum, quum splendet, frangitur La fortuna é di vetro, ma, come splende si rompe
I pacifisti incoraggiano i più forti ad abusare della loro potenza, e indeboliscono il più debole. André Frossard
La morale é come la pelle dei coglioni, si tira da tutte le parti.
Enzo Biagi
Bisogna, ogni tanto, guardare il destino negli occhi.
Pensare é facile, agire é difficile, agire secondo pensiero é scomodo.
Goethe
Non tutti i massoni sono farabutti, ma tutti i farabutti sono massoni
Felice Cavallotti
Imparare significa scoprire quello che già sai, fare significa dimostrare che lo sai insegnare ma anche ricordare agli altri che sanno bene quanto te. Richard Boch, Il gabbiano di J. Livingston SETTE E’ da parecchio tempo che nel corso delle mie letture annotavo i riferimenti al numero SETTE : questa mia curiosità è nata a livello di inconscio in quanto non ho percezione e memoria di un mio interesse specifico, mirato a questo argomento.
4
Quando la sommatoria delle nozioni e dei punti di riferimento fu abbastanza cospicua mi piacque l’idea di darle un senso compiuto e di coordinare i molti argomenti onde poterne fare un lavoro organico. Per non disperdere al cento per cento tutto il lavoro precedente, tratteggerò il numero SETTE solo sotto alcuni aspetti. Darò velocemente nozioni sul perché gli uomini antichi (e perché non i moderni?) abbiano concentrato la loro attenzione sul numero SETTE in particolare: esistono infatti numeri a cui, fin dalla più remota antichità viene attribuito un potere misterioso, quasi magico, come 3 e 33; oppure che compaiono con una frequenza straordinaria in ogni occasione della vita quotidiana e nei più svariati campi dello scibile, quasi che l’ uomo avesse una atavica predilezione per essi, come 7, 12, 24, 72, 144, 360 e derivati o che compaiono misteriosamente nei cicli cosmici di varie mitologie come 432, 2160, 6480 e così via. Sembra che questi numeri abbiano avuto una importanza formidabile nel pensiero scientifico, religioso e filosofico antico. Ma perché proprio questi e non altri? Perchè viene loro riconosciuto un rango del tutto speciale nell’insieme infinito dei numeri? Qual’è il loro significato? Chi, come, quando e perché glielo ha attribuito? Che questi numeri abbiano una qualche relazione con avvenimenti di carattere astronomico sembra per lo meno probabile; ma non è credibile che la loro origine sia da ricercarsi, come alcuni suggeriscono, in fenomeni astrali, quali ad esempio, la precessione degli equinozi, di scarsa rilevanza pratica e la cui conoscenza presuppone mezzi tecnici e matematici e interessi scientifici che nessuna delle società antiche a noi note pare abbia posseduto. Un fenomeno quale la “precessione degli equinozi” presuppone una accurata e scientificamente corretta osservazione pluri secolare con rilevazioni scritte e documentate. Se l’ origine di tali numeri è nei movimenti astronomici, si deve trattare di fenomeni macroscopici, rilevabile dalla semplice osservazione del cielo, senza strumenti e mezzi matematici sofisticati; ma soprattutto di fenomeni rilevanti ai fini comportamentali. Essi cioè devono essere stati scoperti quando l’ uomo incominciò per la prima volta ad osservare il firmamento ed a servirsi del movimento degli astri per un qualche suo uso pratico nell’esistenza quotidiana. La ciclicità della Luna è però un intervallo di tempo troppo lungo per gli usi di tutti i giorni, specie per esseri che non sapevano contare oltre le dita delle proprie mani, per cui la prima unità di misura del tempo ad entrare nell’uso comune dovette essere il “quarto di Luna” corrispondente a 7 giorni (da cui settimana)
E così non è e non può essere del tutto casuale che il SETTE lo si riscontri nelle seguenti fattispecie: i 7 pianeti, i 7 petali della rosa, le 7 corde della lira, i 7 colori dell’arcobaleno, le 7 note musicali, le 7 stelle dell’ Orsa Minore e Maggiore, le 7 porte di Gerusalemme, i 7 orifizi del corpo umano e così via ... Uno degli elementi della mia ricerca è stato l’ebraismo: sotto l’aspetto Kabbalistico nonché una attenta analisi dell’ Apocalisse. Nella Kabbala, come a tutti è noto, vi sono alcune scuole o dottrine sefirotiche: la più interessante è quella che segue ( Enciclopedia delle Religioni, ed, Einaudi, vol. V pag. 956):
SEPHER YESIRAH ... attenendoci alle indicazioni generali del testo, le lettere creatrici appaiono suddivise in tre gruppi: 1 le cosiddette Tre Madri, Alef, Mem, Scim che sono semi di tutte le altre lettere e contengono perciò, parzialmente in sé, tutti gli altri ordini di realtà create. Tuttavia queste Tre Madri producono anche la triade Aria-Acqua-Fuoco.
2 le SETTE DOPPIE dell’alfabeto ebraico, che sembrano costituire i fonemi, in forza dei quali lo spazio, come condizione sefirotica preliminare, diviene sfera dominata dal dinamismo dei pianeti e del cielo visibile. Le SETTE
5
DOPPIE promuovono un ritmo creativo fondamentale che si esplica nei 7 pianeti, nei 7 giorni della settimana, nei 7 orifizi del corpo umano, nei 7 cieli, nelle 7 terre elementari, ect. Per questo Egli ha amato il settenario sotto tutti i cieli (IV 6 e 15) 3 le DODICI LETTERE SEMPLICI dell’alfabeto ebraico ...
APOCALISSE Libro, oserei dire libriccino se mi riferissi alla sua mole, di una intensità e di una profondità senza precedenti (tale a me pare) Ebbene, il numero SETTE vi appare 56 volte. Non a caso 56 è il prodotto 7 x 8. Ne parlerò oltre. Le cose elencate con il numero SETTE sono:
le 7 chiese 4 volte i 7 spiriti 4 volte i 7 candelieri 4 volte le 7 stelle 5 volte le 7 lampade 1 volta i 7 sigilli 3 volte le 7 corna 1 volta i 7 occhi 1 volta i 7 angeli 8 volte le 7 trombe 2 volte i 7 tuoni 3 volte le 7 teste 5 volte i 7 diademi 4 volte le 7 piaghe 4 volte le 7 coppe 3 volte le 7 ampolle 1 volta i 7 monti 1 volta i 7 re 2 volte
6
E’ casuale tutto ciò ?
DANTE Ne “la Divina Commedia” appare 24 volte la parola SETTE : ma due volte la si deve intendere come “setta religiosa” per cui il numero SETTE appare 22 volte. Ebbene chi ha letto Guenon: “L’esoterismo di Dante” ed. Athanor, vede che l’abbinamento 7 e 22 è tutt’altro che casuale. Infatti 7 é parte di quelle coppie di numeri (7 e 22, 3 e 9, 515 e 666) che dimostrano e permettono una chiave di lettura esoterica della Divina Commedia . Dice infatti Guenon : “quanto al numero SETTE che troviamo particolarmente nel Purgatorio, tutte le tradizioni si accordano a considerarlo ugualmente come “numero sacro” e non crediamo utile enumerare qui tutte le applicazioni alle quali dà luogo; ricorderemo soltanto, come una delle principali, la considerazione dei 7 pianeti, che serve di base ad una moltitudine di corrispondenze analogiche (ne abbiamo visto un esempio a proposito dell 7 arti liberali) . Il numero 22 è legato a 7 per il rapporto, che è l’espressione approssimativa del rapporto della circonferenza al diametro, sicché l’insieme di questi due numeri rappresenta il cerchio, che è la figura più preferita da Dante come per i Pitagorici (e tutte le divisioni di ognuno dei tre mondi hanno questa figura circolare) .. Ebbene è casuale che il numero SETTE sia espresso 22 volte nella Divina Commedia? E che Guenon questo non l’avesse scopertomi gratificò non poco. Ed ecco dove compare il numero SETTE : Inferno: IV 107,110 ; VIII 97; XIV 68; XIX 109 Purgatorio: I 82; VIII 134; IX 112; X 59; XII 39; XXII 87; XXIX 43,77,145 XXXII 18, 98; XXXIII 13, 109 Paradiso : VI 41, 138; XIV 76; XVIII 88; XXII 134, 148
Qui è significativo citare alcuni specifici riferimenti:
Inferno IV 107, Limbo Venimmo al piè di un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte mura, difeso d’intorno di un bel fiumicello. Questo passammo come terra dura;
7
per sette porte entrai con questi savi Inferno VII 97 Città di Dite caro duca mio, che più di sette volte m’ hai sicurtà renduta, e tratto d’alto periglio che incontro mi stette.
Inferno XIX 106 Invettive di Dite Di voi, pastor, s’accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra le acqua puttanneggiar co’ regi a lui fu vista; quella che con sette teste nacque, e dalle dieci corna ebbe argomento, fin che virtute al suo marito piacque.
Inferno XXII 100 Malebranche Ma stien le malebranche un poco in cesso si’ ch’e’ non teman della lor vendette; ed io, sedendo in questo loco stesso, per un ch’io son, ne farò venir sette, quando sufolerò, com’è nostro uso di fare allor che fuori alcun si mette
Purgatorio IX 112 Angelo Portiere Sette P sulla fronte mi descrisse col puntone della spada, e “Fa che lavi, quando s’è dentro, queste piaghe” disse cenere o terra che secca si cavi d’un color fora col suo vestimento:
8
e da sotto di quel trasse due chiavi: L’una era d’or e l’altra era d’argento
Purgatorio XXIX 43 sette candelabri Esodo XXV, Numeri VIII Apocalisse I 12,20 ;IV 5 Poco più oltre, sette alberi d’oro falsava nel parere il lungo tratto dl mezzo ch’era ancor tra noi e loro
TAROCCHI Un se pur breve, telegrafico accenno al numero SETTE nei tarocchi: significative sono anche le unioni degli arcani maggiori dei Tarocchi che formano il SETTE. Sette con quattro e tre è la coppia Imperatore - Imperatrice, il Padre e la Madre, la perfezione del manifestato, l’interno e l’esterno del potere temporale, la somma armoniosa dei quattro Elementi e dei tre Principi della Scienza Segreta. In compenso, la coppia della Spiritualità, Papa - Papessa, dà anche essa per somma sette, ma con cinque e due. Quanto all’arcano SETTE, espressione di queste due unioni, non ci stupirà che sia quella del Carro, segno di compimento. Ma di queste plurime combinazioni sarebbe forse troppo lungo e fuori luogo parlare
Citerò, per chiudere, uno dei tanti libri che ho letto questa estate: si tratta del PIRQUE ABOTH che è una raccolta della saggezza dell’antico ebraismo pre- cristiano, perlopiù incentrato su autori arabi e o orientali Dice infatti una di queste massime, che ancora una volta non casualmente è incentrata sul numero SETTE, e cito:
Sette cose caratterizzano l’ignorante dal sapiente. Il sapiente non parla mai davanti a chi gli è superiore in scienza ed in età; non entra nei discorsi degli altri; non precipita a rispondere ma domanda; risponde, ascolta e aggiunge; domanda a proposito e risponde in regola; tratta ordinatamente i vari argomenti; di quel che non sa, dice di non sapere e rende omaggio alla verità.
9
Le caratteristiche opposte sono dell’ ignorante. VARIE Il sette è l’ unico numero della decade che è senza madre ed è vergine, e cioè fanciullo e vergine; e per questa ragione era paragonato e consacrato a Minerva, figlia di Giove ma non di Giunone, perché nata balzando armata di tutto punto dal cervello di Giove. Pallade Atena ed il numero sette hanno entrambi la prerogativa della verginità e della immacolata concezione. Se pensiamo che Minerva era notoriamente la dea della Sapienza il senso di questo simbolo si delinea abbastanza chiaro: la Sapienza divina non appartiene al mondo della generazione: essa è trascendente, olimpica, umanamente inconcepibile
SETTENTRIONE dal latino Septentriones, i sette buoi da trebbia dell’ Orsa Maggiore “che noi siamo soliti chiamare i Sette Buoi” nella Traduzione che Cicerone in De natura deorum, 2, 41, 105 dà di Arato. Giancarlo Roggero suggerisce le sette petizioni del Padre Nostro
Cuneo, marzo 1989 -------------------------------------------------------------------------------Quando si smette di immaginare come la verità deve essere é possibile apprendere qual é la verità. Addio, disse la volpe, ecco il mio segreto: è molto semplice, non si vede bene che con il cuore. L’essenziale é invisibile agli occhi. Antoine de Saint Exupery, Il Piccolo Principe In fondo é proprio questo il significato del venire al mondo da un certo punto di vista iniziatico, secondo cui l’individuo passa, nel suo iter verso il mondo, attraverso quattro stadi contraddistinti dagli elementi Fuoco, Acqua, Aria e Terra: mentre l’uomo che si inoltra sulla via della auto-realizzazione deve in primo luogo soggiacere a una “esperienza di morte” e quindi ripartire dalla Terra per raggiungere infine, dopo le prove dell’ Aria e dell’Acqua, ossia il non-dimensionale, il Regno del Dragone, l’ Uno Eterno., il Fuoco. Emilio Servadio, pref. a “Qualcuno é tornato” di
Paola Giovetti
Se piglierai il piacere, sappi che lui à dirieto a sé chi ti porgerà tribolazioni e pentimento. Leonardo, Oxford Library
Non si volge chi a stella é fisso Leonardo Cod. Atl. 4 r.b.
Chi tempo à e tempo aspetta, perde l’amico e danari non ha mai.
10
Leonardo Cod Atl. 4
Chi é asino é e cerbio esser si crede……
Leonardo Cod.Atl. 71 v.a.
L’età che vola discorre nascostamente e inganna altrui, e niuna cosa é più veloce che gli anni, e chi semina virtù fama raccoglie. Leonardo Cod.Atl. 71 v.a.
Sì come una giornata ben spesa dà lieto dormire, così una vita ben usata dà lieto morire. Leonardo, Manoscr. Trivulziano 27r
L’acqua che tocchi dei fiumi é l’ultima di quella che andò, e la prima di quella che viene; così il tempo presente. \
Leonardo, Man. Trivulziano, 35 v.
Il mal pensiero é invidia over ingratitudine. Leonardo Oxford Library 2 v.
Aristotele nel terzo dell’ Etica: l’uomo é degno di lode o di vituperio solo in quelle cose che sono in sua potestà di fare o di non fare. Leonardo Cod.Atl. 289 v.c.
Si come il ferro s’ arugunisce senza esercizio e l’acqua si putrefa, o nel freddo s’addiaccia, così lo ‘ngegno senza esercizio si guasta. Leonardo, Cod.Atl. 289
Quando fortuna vien, prendila (a) man salva; dinanzi dico, perché direto é calva Leonardo, Cod.Atl. 289
Questo per ispirienza é provato che chi non si fida mai sarà ingannato Leonardo, Cod. Atl. 344 r.b. Sì come il mangiar senza voglia si converte in fastidioso nutrimento, così lo studio senza desiderio guasta la memoria con il non ritenere cosa ch’ ella pigli.
11
Leonardo Cod. Windsor 12349 r
Chi vuol esser ricco ‘n un dì, morrà impiccato in un anno. Leonardo Cod. Windsor 12351 r.
Le stanze over abitazione piccole racìan l ‘ngegno e le grandi lo sviano Leonardo Cod. Atl: 96 r.
Chi perde il tempo e virtù non acquista, quanto più pensa, l’animo si rattrista. Leonardo, Cod. Windsor, 12349 r.
Virtù non ha ni potrebbe avere chi lascia onore per acquistar avere. Leonardo, Cod. Windsor
La somma felicità sarà somma cagione dell’infelicità e la perfezion della sapienza cagion di stoltizia. Leonardo, Cod. Atl. 39 v.c.
Ecce una cosa che quando più se n’ à bisogno, più di rifiuta: e questo é il consiglio, mal volentieri ascoltato da chi à più bisogno, cioé dagl’ ignoranti. Eccì che quanto più se n’ à paura e più la fuggi, più te l’ avicini, e questo é la miseria, che quanto più la fuggi più ti fai misero e sanza riposo. Leonardo, Cod. Atl. 80 v.a.
Raro cade chi ben cammina. Leonardo
Male (fai) se laldi e peggio istù riprendi la cosa, quando bene tu nolla ‘ntendi. Tristo é quel discepolo che non avanza il maestro. Leonardo, Cod. Forster III° 66 v.
12
Fuggi quello studio del quale la resultante opera more insieme coll’ operante d’essa. Leonardo, Cod. Forster, 55 r.
Cosa bella mortal passa e non dura. Leonardo, Cod. Forster 72 r.
Eccì alcuni che altro che transito di cibo e aumentatori di sterco e riempitori di destri (=cessi) chiamar si debbono, perché per loro altro nel mondo appare, alcuna virtù in opera si mette, perché di loro altro che pieni e destri non resta. Leonardo, Cod. Forster II° 41 v.
Il ragno, credendo di trovar requie nella buca della chiave, trova la morte. Leonardo, Cod. Atl. 299 v.b.
Il lume é foco ingordo sopra la candela; questa bruciando, se consuma. Leonardo, Cod. Forster III°, 21 r.
Il vino consumato dall’ imbraco, esso vino col bevitor si vendica. Leonardo, Cod. Forster III°, 21 r.
IL pesante ferro si riduce in tanta sottilità mediante la lima, che piccol vento poi lo porta via. Leonardo, Cod. Forster III°, 47 r.v.
Fu detto a uno che si levassi dal letto, perché già era levato il sole; e lui rispose: se io avessi a fare tanto viaggio e faccende quanto lui, ancora io sarei già levato. E però, avendo a fare sì poco cammino, ancora no’ mi vò levare. Leonardo, Cod. Forster II° 31 r.
Busia: la talpa à gli occhi molto piccioli e sempre stà sotto terra e tanto vive quanto essa stà occulta; e come viene alla luce subito more, perché si fa nota: così la busia. Leonardo, Cod. Atl. 9 v.
13
Nessuna cosa é da temere quanto la sozza fama. Leonardo, Cod. Atl. 40 r.
Moderanza raffrena tutti i vizi: l’ermellino prima vol morire che ‘mbrattarsi. Leonardo, Cod. Atl. 48 v.
Il voto nasce quando la speranza more. Leonardo, Cod. Atl. 48 v.
La ‘nvidia offende con la finta fama, cioé col detrarre, la qual cosa spaventa la vertù Leonardo, Cod. Atl. 60 v.
La scienza é il capitano e la pratica son i soldati. Leonardo Cod. I 130 r.
Impedimento non mi piega, ogni impedimento é distrutto dal rigore, non uscir dal solco. Non si volta chi a stella é fisso. L’ edera é di lunga vita. Leonardo Cod. Windsor, 12282 r.v.
La verità sola fu figliola del tempo. Leonardo, Cod. M 58 v.
Tanto sia larga la strada, quanto é la universale altezza delle case.
14
Leonardo, Cod. B 36 r. Orazio: Iddio ci vende tutti li beni per prezzo di fatica. Leonardo Quaderni Anat. C V 24v Delli omini, che quanto più invecchiano, più si fanno avari che, avendoci a star poco, dovrebbero farsi liberali. Leonardo, Cod. Atl. 370 r.
In ogni punto si po’ fare divisione in due emisferi. Li omini tutti scambieranno emisfero immediate. Leonardo, Cod. Atl. 370 r.a bis
Sì come ogni regno diviso é disfatto, così ogni ‘gegno diviso in diversi studi si confonde e si indebolisce. Leonardo, Cod. Arundel, 180 v.
Acquista cose nella tua gioventù che ristori il danno della vecchiaia: e se tu intendi la vecchiezza avere per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento. Leonardo, Cod. Atl. 112 r.a.
Nessun effetto é in natura sanza ragione; intendi la ragione e non ti bisogna esperienza.. Leonardo, Cod. Atl. 147 r.a.
Nessuna azione naturale si può abbreviare. Ogni azione naturale é generata dalla natura nel più breve modo che trovar si possa. Leonardo, Cod. Atl. 112 v.a.
Non abbreviatori, ma obliatori si dé dire a quelli che abrevian tali opere quali son queste. Leonardo, Cod.Anatomia C I°4r
Alli ambiziosi, che non si contentano del benefizio della vita né delle bellezze del mondo, é dato per penitenza che lor medesimi strazino essa vita, e che non possegghino la utilità e bellezza del mondo. Leonardo, Cod. Atl. 91 v.a.
15
Se tu sarai solo sarai tutto tuo. Leonardo Lege, lege, lege et relege; labora et elabora ora (vel cogita) et invenies Pericle Maruzzi
La depressione é, prima di tutto, una perdita del senso del futuro.
Binswanger
Non é uno spettacolo strano quello della folla quando si riflette che ciascuno ha il suo destino? De Musset, Racconti
Il frate risponde come l’abate canta. Proverbio
Ogni bisogno é un padrone, ogni abitudine una catena Montaigne, Saggi D’altronde, in ogni tradizione pre-cristiana il cero, la cui materia nasce dall’ ape, simbolo del Logos, era considerato acceso l’emblema della presenza invisibile della divinità che donava la conoscenza, purificava, vivificava, proteggeva. A.Cattabiani , Il Calendario
L’ acqua é uno dei simboli fondamentali dell’esperienza religiosa dell’umanità. Le acque infatti figurano la fonte e l’origine dell’esistenza, sono la sostanza primordiale da dove nascono da tutte le forme ed alle quali esse tornano per regressione o cataclisma. L’immersione nell’acqua dice Mircea Eliade, simboleggia la regressione nel pre-formale, la rigenerazione totale, la nuova nascita, perché l’immersione equivale ad una dissoluzione delle forme, a una reintegrazione nel mondo indifferenziato della pre-esistenza. E l’uscita dalle acque ripete il gesto cosmogonico della manifestazione formale. Il contatto con l’acqua implica sempre rigenerazione; da una parte perché la dissoluzione é
16
seguita da una “nuova nascita”, e dall’altra perché l’immersione fertilizza ed aumenta il potenziale di vita e creazione. L’acqua conferisce una “nuova nascita” per mezzo del rituale magico, guarisce con il rituale iniziatici, garantisce la rinascita dopo la morte con i rituali funebri (……..) Anche nell’ebraismo le acque avevano la stessa funzione : “vi aspergerò con l’acqua pura e sarete purificati” dice il Signore tramite il profeta Ezechiele ; “io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli: vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” Alfredo Cattabiani, Il Calendario
Con la resurrezione il Cristo sorge: “il giorno nuovo” che i Padri della Chiesa hanno chiamato “l’ottavo giorno” perché in essi confluiscono e trovano compimento i sette giorni della creazione. L’ottavo é d’altronde in ogni tradizione il numero dell’equilibrio cosmico, della mediazione fra il quadrato e il cerchio, fra la Terra ed il Cielo. (………) Gli alberi della cuccagna delle nostre fiere altro non erano che il simbolo dell’ Albero Cosmico, le cui fronde si trovano al di là del visibile, nel non manifestato, analogo alla scala di Giacobbe, asse del mondo grazie al quale si può giungere alla comunione divina. Ma di questo simbolismo pochi erano , e sono, coscienti (…………) Il simbolismo della rosa si adatta perfettamente alla Pentecoste poiché il fiore ha evocato soprattutto il simbolo dell’Unità che si manifesta con i suoi archetipi, i petali, informando il creato: “nella visione centrale della rosa –osserva Elemir Zolla in Archetipi- la coccarda dei petali si presta a simboleggiare la gamma degli archetipi la cui convergenza sull’ Unità é anche simboleggiata dall’abbagliante turbine d’un mare di luce o di fiamme, ovvero da un incastro di sfere concentriche rotanti” (………..) Il Sole che comincia a rivolgersi verso il sud dello zodiaco e a calare sull’ orizzonte simboleggerebbe dunque il Battista, detto anche nel folklore “Giovanni che piange”. Se ci spostiamo nel periodo solstiziale invernale troviamo il 27 dicembre la solennità di San Giovanni l’Evangelista, detto anche “Giovanni che ride”. Dunque i due Giovanni sono collegati ai solstizi, sebbene l’ Eangelista sia ricordato non all’ottavo, ma al sesto giorno delle calende perché non lo si poteva festeggiare a Natale. (…………) Réné Guénon sostiene che la festa di Giano era celebrata a Roma dai Collegia Fabrorum ai due solstizi: le feste sarebbero poi diventate quelle dei due Giovanni per la somiglianza, anche, fonetica fra Janus e Johannes (…………) Come si é già accennato, il solstizio d’estate era simboleggiato nella astrologia caldea, che ha poi informato l’Occidente, dal matrimonio del Sole con la Luna: mezzogiorno del cosmo dove i due astri, uniti nelle nozze, spargono le loro energie nell’opulenza dei frutti tra il frinire delle solari cicale e del canto lunare dei grilli. (…………) Sotto il segno del Leone –dopo aver oltrepassato la costellazione del Cane Maggiore, di cui fa parte la stella Sirio—il Sole entra nella sua sede, il regno del Leone, protetto secondo l’astrologia antica da Giove e Cibele. E’ il tempo della canicola con cui gli Egizi facevano cominciare l’’anno: Anubis, il Cane, aveva ritrovato Osiride smembrato da Seth proprio in questi giorni, quando il Nilo straripava fertilizzando le terre del Delta per la prossima seminagione. Anche i Greci vi aprivano l’anno, “ il mese era sacro ad Atena (dea dell’Aria, ora appunto tramutante, secondo Diodoro; e dea della danza, del moto regolato, secondo Platone, che inaugura perciò ogni misura del tempo” (…………) Il Vangelo Armeno dell’Infanzia narra che quando la gravidanza di Anna fu di 210 giorni, cioé di sette mesi, “improvvisamente Anna alla settima ora mise al mondo la sua santa bambina, il ventunesimo giorno del mese di elul, che é l’8 settembre”. Il numero 7, come il suo multiplo 21, non é casuale ma ha un significato connesso al suo simbolismo. Il 7 infatti, che corrisponde all’ultimo giorno della Creazione nel Genesi, indica un ciclo compiuto e un rinnovamento positivo; simboleggia la pienezza del tempo. Il 21 a sua volta é la cifra della perfezione per eccellenza, 3x7, e degli attributi della Sapienza, “riflesso della Luce perenne, specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà” come dice il libro della Sapienza dell’Antico Testamento. (………….) In quei giorni di freddo autunno i Celti portavano nei cimiteri fiori a profusione –forse secchi, forse coltivati in serreper alludere all’aldilà come paradiso. Usavano anche accatastare teschi perché si pensava che il morto appartenesse, per un certo tempo, ad entrambi i regni. (……..)
17
I Romani onoravano gli antenati durante i Parentalia che duravano dal 13 al 21 febbraio. Le cerimonie consistevano nella prentatio cumulorum, che indicavano un servizio funebre alle tombe. Si offrivano sul sepolcro familiare corone di fiori, viole sparse, farina di farro con un grano di sale, pane inzuppato nel vino: parva petitunt Manes, i Mani si accontentavano di poco, scriveva Ovidio. Alfredo Cattabiani, Il Calendario (per chi gradisce questi argomenti quest’opera è davvero un pozzo senza fine: interessanti le correlazioni temporali e tematiche. Davvero un buon lavoro. (ascoltavo sempre alla radio questo Autore)
Versetto del Qohélet (7,3) :--Il dolore é meglio del riso- tradotto nella King James: -sorrow is better than laughter- G. Ceronetti, l’ occhiale malinconico Una simile Saffo a cui non ride il “mattutin albor” é un gallo a cui é penoso e maligno il risveglio e che sin dal primo mattino si affretta ad avvertire i mortali che altro male comincia, un gallo che rinnega se stesso come simbolo luminoso e soccorrevole, doppiato da una voce disperata. Nel “crépuscole du matin”, anche il gallo parigino di Baudelaire fornisce l’immagine di un capovolgimento assoluto dell’ idea orientale del gallo: il suo canto é addirittura associato, nell’alchimia analogica, al singhiozzo ed allo sbocco di sangue. Ma in un paesaggio urbano nordico impastato di brume e di fumo, anche un gallo cosmico diventa tubercolotico e canta con il fazzoletto al becco, senza gioia per chi lo sente. (…………) Almeno, dove ancora siano dei galli lasciati cantare, in grandi ergastoli per polli di allevamento sono muti, mute le stravolte città dove ci hanno incatenati, muti i tristi depositi urbani dove ci siamo appollaiati in compagnia di oscure Furie silenziose. Dove i galli non cantano, la tenebra resta attaccata al giorno (…………) Sappiamo bene di essere tutti un fiato senza speranza, eppure siamo tutti galli che cantano, a un momento dato, una lode rituale che non andrà perduta. Guido Ceronetti, Il Gallo Cosmico
(parlando di Abelardo) melius uri quam nubere Parlando dei luoghi persi, camera, treno, altare, cimitero, per lo più centrati –nel mezzo del cammin-, mai troppo presto perché la giovinezza é solo barbarie, salgono da una semplice trepidazione di organi che ignorano di essere spade ed unghioni, veleni e paracleti, a caricature grandiose dell’ Assoluto, a intrecci di mani che emanano dal loro dolore quasi calore di sigizie cosmiche. G. Ceronetti, La pace di Abelardo
La preghiera innanzitutto é lode, laus Dei, non rogatio, non supplica, non richiesta di favori e di soccorso. Un poco di accattonaggio orante é sopravissuto; la lode, grande liberatrice, é morta. (…………..)Lo stare in basso é lo stato proprio dell’uomo, la nostra configurazione morale in quanto enti naturati, “tombés de la vulve des méres” : se la preghiera é detta innalzarsi, é perché non potrebbe scendere al di sotto della bassura di un uomo. Dunque “dal profondo ( della mia abbiezione, della mia degradazione, della mia caduta sempre più cadente) io chiamo te, Signore” Qui alla pulverulenta orientalità del testo canonico si affianca bene, memorando momento mori, la soccorrevole voce della Chiesa d’Occidente “de profundis clamavi ad te, Domine” (……….) Ah, l’uomo che prega non é necessariamente migliore dell’ uomo che non prega! Ma ha uno sfogo, ha nel corpo un foro in più; non é poco, perché meno fori abbiamo, più c’é ristagno di gas crimini. (………….) Ed ecco, per ‘ar’ar, la nanità
18
del ginepro, la tapinità del debole, la repentina energia sonora, la potenza significante di “ vacuus”: svuotato, vuoto, esausto, indigente, privo, deserto, desolato, nudo G. Ceronetti, Morte della preghiera
Il matrimonio deve incessantemente combattere un mostro che divora tutto: l’abitudine. Honoré de Balzac, Fisiologia del Matrimonio
A nuovi affari, nuovi consigli.
proverbio francese
Ove il lupo trova un agnello, ne cerca uno novello.
proverbio francese
Non si arriva mai sulle grandi cime, se non quando si sappia dove si và. Fenquiers, Dizionario degli Eletti
Volete giudicare un uomo? Guardate i suoi amici
Fenelon, Lettere sulla Religione
Noi saremmo migliori amici a vicenda, se sapessimo quanto poco tempo ci resta per amarci Pirmez, Fogliame
Tutti gli uomini cercano la pace dell’anima: ma non la cercano dov’é. Fenelon, Lettere sulla Religione
Con l’audacia si può intraprendere, non compiere.
Napoléon
Quante persone si fanno astratte per sembrar profonde? La maggior parte dei termini astratti son ombre che nascondono vuoti. . Joubert, Pensieri e Corrispondenze
L’uomo pio e l’uomo ateo parlano sempre di religione; il primo perché l’ama, il secondo perché la teme. Fenquiers, Dizionario degli Eletti
19
Ogni atto commesso é una tratta sul gran pagatore sconosciuto.
V.Hugo, l’Uomo che ride
Vivere senza agire, é vivere come la pianta, é vegetare. L’attività, diretta dalla volontà, é insita alla natura umana. Vivere, é far uso dei nostri organi, dei nostri sensi, delle nostre facoltà, di tutte le parti di noi stessi, che ci danno il senso dell’esistenza. L’uomo che é vissuto di più, non é colui che ha contato più anni, ma colui che ha più sentito la vita. J.J.Rousseau, Pensieri e Massime
L’ avarizia perde tutto, volendo tutto prendere.
La Fontaine, Le Galline dall’uovo d’oro
Il supplizio dell’avaro sarebbe veder l’uso che gli eredi faranno del suo denaro. Tremblay, Manuale del Moralista
Il povero ha la speranza d’uscir dalla miseria; ma l’avaro si immerge sempre più nella sua. Sanyal-Dubay
La vita dell’avaro é una commedia della quale si applaude solo la scena finale. Sanyal-Dubay
L’ignoranza dell’avvenire é il più grande beneficio che gli dei hanno elargito agli uomini: senza di essa noi rimarremmo insensibili ai beni presenti in attesa di mali futuri. Marivaux, Dizionario degli Eletti
Una buona azione é una lezione insolente per tutti coloro che non hanno il coraggio di farle Chateaubriand
Le nostre migliori azioni ci farebbero talora vergogna, se si sapesse la causa che ce l’ha ispirate. Mabire
20
Ogni volta che fondasi un calcolo su una buona azione, il calcolo fallisce M.me de Stael
Ma io lo giuro per colui che ha trasmesso alla nostra anima la tetractys nella quale si trovano la sorgente e la radice dell’eterna natura. giuramento pitagorico
Quanto al numero 7 siamo potuti pervenire ad esso soltanto con l’estensione del tratracordo alla gamma e mediante la considerazione dei numeri piramidali a base decagonale. Non esiste un triangolo rettangolo che abbia per ipotenusa 7 né che abbia 7 come quadrato dell’ipotenusa e la stessa cosa succede con il numero 11. . Sacri
Arturo
Reghini,
I
Numeri
La stessa differenza che c’é fra la lattuga e Dante, é che la lattuga é quasi sempre importante. Cesare Marchi
Guardo un passero che becchetta in una merda fresca. Straordinario come é facile campare, per un passero. Henry Miller, Il Tropico del Cancro
Si é osservato (legge di ….) che gli astri sono in movimento espansivo, verso l’esterno, ad una velocità crescente. Il vero problema é quando raggiungeranno la velocità di 20miliardi di km/ora= velocità della luce perché a quel punto non li si vedranno più. Ovvero qualche astro potrebbe piombarci addosso senza che noi lo vediamo. Bagnavino, astrofisica di Firenze, Radiorai2 ore 6 *Qualcuno che sorride quando le cose vanno male , pensa a chi dare la colpa. *I quarantanni sono quell’età in cui ci si sente finalmente giovani: ma é troppo tardi. *Ai bimbi buoni la dolce Euchessina (leggero purgante). E a quelli cattivi? Che spingano. *Mi son sempre chiesto: chi va a costruire quadrati sulla ipotenusa? *Non discutere mai con un idiota: la gente non potrebbe notare la differenza. *Sapete perché i generali sono così imbecilli? Perché li scelgono fra i colonnelli. *Volare é utile, atterrare necessario. *Il paradiso lo preferisco per il clima, l’inferno per la compagnia
21
*Un’assicurazione sulla vita é qualcosa che rende un pover’ uomo sempre più povero per tutta la vita, così può morire ricco * Gino & Michele, Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, ed Einaudi
Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati.
Bertold Brecht
**E’ il destino dei capi: quando sono fortunati tutti obbediscono loro ciecamente, quando sono sfortunati tutti li giudicano; quando arride il successo é facile comandare, e nessuno si chiede se alla guida ci sia prudenza o fortuna. pag. 179 **Che se si aspettasse sempre una riunione completa di circostanze favorevoli non si intraprenderebbe mai nulla; bisogna incominciare; ché non c’é impresa in cui tutto sia favorevole, e che in tutti i progetti umani ha la sua parte il caso; che, infine, la regola non fa il successo, ma il successo la regola, e che se egli fosse riuscito con mosse nuove, dal nuovo successo sarebbero stati tratti nuovi principi. pag. 160
**Egli si convince che l’unica forma di prudenza per lui possibile sta nell’audacia: che tutte le imprese temerarie somigliano agli errori, che é sempre rischioso incominciare, ma che é spesso vantaggioso concludere. pag.156
**Porteneux credette a quella falsa notizia; giacché, in fatto di disgrazie, la sfortuna é credula pag.478 **
Philippe Paul de Ségur, Storia di Napoleone e dell’Armata nel 1812, Ist.Geog.De Agost.
Et quoi de plus indéfinnisable, de plus incertain que les transmissions héréditaire? Jacques Bainville, Napoleon
Io considero qui il concetto di saggezza della vita in senso del tutto immanente, in quello cioé dell’arte di passare la vita in modo possibilmente piacevole e felice….. Un’esistenza felice, potrebbe definirsi come quella che, dopo un esame freddo e maturo, dovrebbe essere decisamente preferibile al non essere. Shopenhauer, Aforismi per la saggezza di vivere
L’uomo può essere aiutato dal di fuori assai meno di quanto non si creda Shopenhauer, Aforismi per la saggezza di vivere
Il saggio non é colui che si isola in una pretesa perfezione, ma che vive in mezzo agli altri realizzando un grado di accordo e di simpatia umana che lo renda equilibrato e sereno.
22
Nicola Abbagnano
Il pregiudizio: una forza negativa che incatena il progresso ed offusca la luce della ragione. Per il pregiudizio la realtà non conta. La realtà viene accettata solo se non si oppone al pregiudizio, se appare confermarlo. Se lo smentisce , se lo nega, allora viene denunciata come falsa illusione. Delfo Del Bino Perfino i superflui si sentono importanti quando sono vicini a morire.
Nietzshe
La morte é lo scopo della nostra vita. Se essa ci spaventa, come possiamo procedere di un solo passo nel nostro cammino? Pre-meditare la morte é pre-meditare la libertà. Colui che ha appreso a morire, ha disimparato a servire. Montaigne
Vi fu un tempo in cui ogni scienza era scienza di Dio: ora, invece, si sa tutto fuorché di Dio….. Vi fu un tempo in cui lo spirito non aveva tregua nella ricerca di Dio e disprezzava ogni altro interesse: il tempo presente si risparmia questa fatica e non si addolora per il fatto che non sa nulla di Dio. Hegel, Lezioni di filosofia della religione
Aveva l’orgoglio del mestiere, una grande dignità, si sentiva appagato ogni volta che si alzava il sipario. Lo rimpiango perché era un amico, perché era buono, perché rappresenta, nella mia memoria, la stagione delle speranze. Allora volevamo cambiare il mondo, anche con i nostri giornali, con gli spettacoli. Da quello che vedo, non ci siamo riusciti. Enzo Biagi parlando di Andrea Mattuzzi Se non il fascismo, che cosa? A volte nell’ Italia del 1991 si ragiona come in guerra, durante un bombardamento, il cratere di una bomba appare più sicuro, se ne é caduta una, lì non ne cadrà un’altra. Dunque il fascismo no, il suo cratere é ancora aperto.Ma che cosa allora? Leggo, ascolto, interrogo ma non trovo uno che se la senta di prevedere e di motivarlo eppure tutti sappiamo che qualcosa sta per succedere. L’ hanno capito fra i primi i ladri di governo e di partito, hanno accelerato il loro furto, le malversazioni, rubano a testa bassa incuranti che tutti sappiano che rubano. Li accusano sui giornali, in Parlamento, nelle relazioni dei Carabinieri, e loro moltiplicano colombiane e olimpiadi, autostrade, superstrade, casse del mezzogiorno Giorgio Bocca, l’Espresso del 17.11.1991 Morto Destrorsi, ricevette il regno il figlio Ferone che non fece alcuna spedizione militare, ma cui capitò di diventare cieco. Avvenne così: il fiume era salito moltissimo, fino a diciotto cubiti, e quando invase i campi, essendo sorto il vento, divenne tempestoso; allora il re, dicono, con empia insolenza prese una lancia e la scagliò fra i gorghi del fiume: immediatamente gli venne male agli occhi e diventò cieco. Rimase tale per dieci anni, all’undicesimo anno gli giunse da Buto un oracolo: il tempo del castigo era passato ed egli avrebbe visto di nuovo se si fosse lavato gli occhi con l’ orina di una donna che avesse avuto contatti solo con suo marito, e non avesse conosciuto altri uomini. Egli provò per primo con sua moglie, ma non riacquistò la vista, ed allora provò man mano con tutte; quando ci vide di nuovo raccolse le
23
donne con cui aveva fatto la prova, tranne quella con la cui orina era guarito, in un’unica città che ora si chiama Eritrobolo, e le fece bruciare tutte, assieme alla città. Erodoto, Storie libro II°,111 (avrà avito gli occhi ben cisposi a furia di lavarseli con l’urina, povero Ferone) Queste son le norme che essi seguono (i Persiani); prendono le decisioni più serie quando sono ubriachi; quello che hanno stabilito viene loro sottoposto il giorno dopo, quando sono sobri, dal padrone di casa presso il quale si trovano a consiglio: se li soddisfa anche da sobri le eseguono, altrimenti le lascian perdere. Se però hanno preso la prima soluzione da sobri, si ubriacano e ci ripensano sopra. Erodoto, Storie, libro I°, 133 Quando si incontrano per strada (i Persiani) si può riconoscere se sono di pari condizione: infatti, in questo caso, invece di rivolgersi la parola, si baciano sulla bocca: se invece uno é di poco inferiore all’altro, si bacian sulle guance, e se é di condizione sociale molto più bassa, si mette in ginocchio davanti all’altro. Erodoto, Storie, libro I°, 134
Dopo il valore in battaglia, la bravura di un uomo si manifesta per loro (i Persiani) nel vantare il maggior numero di figli: ogni anno, all’uomo più prolifico, il re manda dei doni, perché pensano che quanto più si é numerosi, tanto più si é forti. Dai cinque ai vent’anni, ai ragazzi si insegnano solo tre cose: cavalcare, tirar d’arco ed essere sinceri. Prima dei cinque anni il bambino vive con le donne e non é ammesso alla vista del padre, affinché, se muore durante l’infanzia, questi non ne abbia dolore. Erodoto, Storie, libro I°, 136
La più saggia delle loro abitudini (dei babilonesi) …….: una volta all’anno, in ogni villaggio, tutte le fanciulle in età da marito vengono riunite in un sol luogo ed intorno ad esse stà una folla di uomini. Un banditore si mette accanto ad esse, e le mette in vendita, una alla volta, cominciando dalla più bella di tutte e poi, quando questa viene comprata con parecchio oro, passando alla più bella dopo di lei. La vendita viene fatta a scopo di matrimonio e tutti i celibi benestanti gareggiano fra di loro per comprar la più bella; i popolani celibi invece non si curano dell’aspetto e si prendono le ragazze più brutte e del denaro…… questo denaro viene ricavato dalla vendita delle più belle, le quali, così, fan sposare quelle più brutte e le storpie. Non si può dare la propria figlia a chi si vuole, né comprare una ragazza e portarla con sé senza un mallevadore; bisogna invece presentare persone che garantiscano che la si sposerà davvero…. Questa era la loro usanza migliore ma ora non la si osserva più….. spingono le loro figlie a prostituirsi. Erodoto, Storie, libro I°, 196
La seconda per saggezza delle loro abitudini é quella di portare i malati in piazza: non avendo medici, si avvicinano ai malati e se qualcuno ha avuto una malattia simile, o ha visto qualcuno con quella malattia, gli dà consigli in proposito…..Non é possibile passar via in silenzio senza chiedere al malato cos’ha……. I morti vengono seppelliti nel miele; i lamenti funebri sono simili a quelli egiziani….. La loro usanza più vergognosa é la seguente: tutte le donne indigene devono, una volta nella loro vita, sedersi nel tempio di Afrodite per unirsi con uno straniero. Una volta che una donna si siede lì non se ne torna a casa prima che uno straniero le abbia buttato del denaro sulle ginocchia e le si sia unito, fuori dal tempio. Buttando loro il denaro si deve dire: “invoco su di te la dea Militta”…..
24
Finito l’incontro se ne torna a casa dopo aver dato soddisfazione alla dea, e da allora in poi non c’é somma, per quanto grande, con cui si possa avere. Quelle che son di bell’aspetto e di statura adeguata se ne vanno presto, mentre quelle brutte rimangono parecchio tempo: alcune restano anche tre o quattro anni. Erodoto, Storie, libro I°, 197, 198 199
Ecco le loro usanze: ognuno sposa una donna, però ne usano in comune; sono i Massageti infatti che fanno così, e non gli Sciiti, come dicono gli Elleni. Se un uomo massageto ha voglia di una donna, appende la faretra davanti al suo carro e le si unisce serenamente. L’ unico termine della vita che conoscono é questo: quando uno é diventato molto vecchio, i parenti si riuniscono e lo sacrificano con del bestiame, lo fanno bollire e ne mangiano le carni; questo lo considerano il colmo della felicità, mentre se uno muore di malattia non lo mangiano, ma lo nascondono sotto terra, considerando una disgrazia il fatto che non sia giunto ad essere sacrificato. Non seminano ma vivono dell’allevamento e della pesca: nell’ Arasse ci sono pesci in abbondanza; bevono latte. Degli dei venerano solo il Sole, cui offrono in sacrificio cavalli; il significato di tale sacrificio é che al più veloce degli dei viene offerto il più veloce degli esseri mortali. Erodoto, Storie, libro I°, 216
Nelle compagnie dei benestanti, alla fine del pranzo, un uomo porta in giro un cadavere di legno in una bara, imitato alla perfezione nella forma e nel colore, grande per lo più un cubito o due e lo mostra ad ogni convitato dicendo: “Guardalo, bevi e godi, che da morto sarai così”. Ciò si fa nei banchetti. (fra gli egiziani) Erodoto, Storie, libro II°, 78
La medicina é suddivisa in questo modo, che ognuno é medico per una sola malattia, non per molte. Dappertutto é pieno di medici: alcuni sono medici per gli occhi, altri per il capo, per i denti, per il ventre, altri per le malattie invisibili. (presso gli Egiziani)……… Le mogli dei notabili però, quando muoiono, non vengono date subito ad imbalsamare, e neppure tutte le donne molto belle e piuttosto importanti; esse vengono consegnate per l’imbalsamazione dopo tre o quattro giorni. Ciò viene fatto perché gli imbalsamatori non le violentino; si dice infatti che sia stato sorpreso uno, denunciato da un compagno di lavoro, mentre violentava un cadavere fresco di donna. Erodoto, Storie, libro II°, 84, 89
Altri Indi, abitanti ad Est, sono nomadi e mangiano carne cruda; si chiamano Padei e i loro costumi si dice siano questi: quando uno di loro si ammala, uomo o donna, se é un uomo gli uomini più intimi conoscenti lo uccidono, affermando che la malattia lo sciupa e la carne gli si rovina; quello conclama che non é ammalato, ma loro non gli danno retta, lo uccidono e se lo mangiano. Se l’ammalato é una donna, le donne che più le sono legate fanno altrettanto come gli uomini. Se uno poi arriva alla vecchiaia, lo sacrificano e lo mangiano: ma non sono molti ad arrivare a questo punto perché chiunque si ammala prima viene ucciso……. Tutti questi Indi che ho elencato si accoppiano all’aperto come le bestie, ed hanno tutti uguale il colore della pelle, simile a quello degli Etiopi; anche lo sperma con cui fecondano le loro donne non é bianco come quello degli altri uomini, ma nero come la loro pelle. Erodoto, Storie, libro III°, 99, 101
25
Gli Androfagi hanno i costumi più selvaggi fra tutti gli uomini, non esercitano la giustizia né hanno leggi; sono nomadi, portano vestiti simili a quelli sciiti, hanno una loro lingua particolare e sono gli unici fra questi popoli ad essere antropofagi. Erodoto, Storie, libro IV°, 106 I Maculi si uniscono alle donne in pubblico, che non abitano assieme, ma si accoppiano come gli animali. Quando il figlio di una donna é cresciuto, gli uomini si adunano insieme entro tre mesi e il ragazzo viene considerato figlio di colui che gli assomiglia. Erodoto, Storie, libro IV°, 180 Tra di essi, dei Geti che si reputano immortali ho già riferito gli usi; quanto ai Transi, si comportano per tutto il resto come gli altri Traci, ma hanno la seguente usanza riguardo alla nascita e alla morte: i parenti si siedono intorno al neonato e lo compiangono per tutti i mali che dovrà passare dal momento che é nato, ed enumerano tutte le sventure umane; chi muore invece viene seppellito allegramente scherzando e col commento che se ne stà ora in completa felicità, libero da tutta una serie di mali. Erodoto, Storie, libro V°, 4 Quelli che abitano oltre i Crestanei hanno l’usanza di avere ognuno molte mogli; quando uno muore, tra il vivo interesse degli amici sorge una gran contesa tra le mogli per stabilire chi di esse é stata amata di più dal marito; chi viene scelta a tale onore, fra le lodi degli uomini e delle donne viene uccisa dal suo parente più prossimo sulla tomba e viene poi sepolta con il marito; le altre invece si affliggono grandemente perché per loro é questa una grandissima vergogna. Erodoto, Storie, libro V°, 5
Usanza degli altri Traci é quella di vendere i figli perché siano esportati, inoltre essi non sorvegliano le ragazze, ma le lasciano giacere con gli uomini che vogliono, sorvegliando invece severamente le mogli che si comprano dai genitori a gran prezzo. Erodoto, Storie, libro V°, 6
L’intelligente ama istruirsi, lo stupido istruire.
Anton Ceckov
La bellezza esiste soltanto nella mente che la contempla, e ogni mente percepisce una diversa bellezza. David Hume
Era bella come la moglie di un altro.
Paul Morand
Quando le candele sono spente tutte le donne sono belle.
Plutarco
26
La bellezza é il dono di Dio.
Aristotele
La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni; ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza. Albert Camus In generale, quando una cosa diventa utile, cessa di esser bella.
Théophile Gautier
Che cos’é la bellezza? Una convenzione, una moneta che ha corso solo in un dato tempo e in un dato luogo. Henrik Ibsen
Anche il bello deve morire.
Friedrich Schiller
La bellezza é un regno che dura poco.
Socrate
***Amour, divine flamme, amour, triste fumée.
***Ho già vissuto troppo, contengo troppi ricordi, somiglio sempre di più a una valigia che non si chiude.
***Il panico che mi coglie se appena mi capita di non sentirmi infelice.
***Disce quod a domino nomine servus habet il servo porta il nome del proprio padrone.
***Così é vero che nella vita sociale come nella fisiologica, lo scalatore che mette il piede sulla vetta di una montagna, se muove un passo, é per discendere.
***Motus in fine velocior
***Fata volentem ducunt, nolentem trahunt Guida chi lo segue il Fato, e chi rilutta lo trascina con forza
*** Luigi Baccolo, vita di Casanova
27
Claudicat ingenium, delirat lingua, (labat) mens. Lo spirito zoppica, la lingua s’inceppa, la mente si annebbia. Tito Lucrezio Tacito, De rerum natura, III°, 453
Arcana pubblicata vilescunt: et gratia prophanata amittunt. Ergo: ne margaritas obice porcis, seu asinus substerne rosas. Le cose segrete rese pubbliche sviliscono: e la grazia profanata sfiorisce. Perciò: non gettare le perle ai porci né stendi un tappeto di rose all’asino. Johan Valentin Andreae, Le nozze chimiche dei Rosacroce
O come quelli che vivono soli con un cane, gli parlano tutto il giorno, all’inizio si sforzano di comprendere la sua logica, poi pretendono che lui comprenda la loro, prima lo scoprono timido, poi geloso, poi permaloso, infine passano il tempo a fargli dispetti e scenate di gelosia, quando son sicuri che lui sia diventato come loro, loro sono diventati come lui e quando sono fieri di averlo umanizzato , di fatto si son rincoglioniti. Umberto Eco, Il Pendolo di Foucault
In tutta la mia attività non ho mai avuto un paziente necrotizzato dal suo proprio divorzio: la causa del malessere era sempre il divorzio dell’ altro. Umberto Eco, Il Pendolo di Foucault
Gino & Michele- Matteo Molinari Le Formiche Ultimo Atto Baldini & Gastoldi Ed.
Sapete che cosa significa rientrare in casa e trovare una donna che vi dà un po’ di amore, un po’ di affetto e un po’ di tenerezza? Che siete entrati nella casa sbagliata. Henny Youngman
Le merde che si incontrano a volte si pestano e a volte si salutano
. Eros Drusiani
Quando ero piccolo tutti mi chiedevano cosa vuoi fare da grande. Gli altri rispondevano il dottore,il tranviere, l’astronauta..... Io dicevo : la testa di cazzo. Sono l’unico che ce l’ha fatta. Paolo Rossi
28
Quando vedi cosa sposano certe ragazze, ti rendi conto di quanto debbono odiare la necessità di lavorare per mantenersi. Helen Rowland
Il vino è nemico dell’ uomo. Chi fugge davanti al nemico è un vigliacco.
Anonimo Veneto
La donna è stato il secondo errore di Dio.
Friedrich Nietzche
La coppia è un insieme di tre persone di cui una è temporaneamente assente.
D. Riondino
Era il tipo di donna che si incontra una sola volta nella vita. Se sei proprio sfigato, due. Daniele Panebarco
Un uomo è andato dal dottore che gli ha dato sei mesi di vita. Ma l’uomo non era in grado di pagare, così il medico gli ha dato altri sei mesi. Milton Berle
Ci sono donne che preferiscono non far soffrire molti uomini contemporaneamente e che preferiscono concentrarsi su uno solo: sono le donne fedeli. Alfred Capus
Tyson condannato, Kennedy assolto. Il confine fra stupro ed atto sessuale è chiaro, a volte nero. Ellekappa
Tu vai alle “Nozze di Figaro”? No me la cavo con un telegramma.
Anonimo
Le lacrime delle donne sono solo sudore degli occhi.
Giovenale
Se i tuoi occhi ti fanno male dopo aver bevuto il caffè, tira fuori il cucchiaino dalla tazza. Norm Crosby
La differenza fra un intellettuale ed un operaio? L’operaio si lava le mani prima di pisciare e l’intellettuale dopo. Jacques Prèvert
Danno ancora uno stupido film di fantascienza inglese. Si capisce perché tutti i marziani hanno l’ombrello. Henny Youngman
29
Mio padre era talmente distratto che, quando andai da lui per dirgli che ero incinta, mi rispose: “Sei sicura che sia tuo”? Anonimo
Formigoni lotta contro i preservativi perché ha paura di soffocare.
Paolo Hendel
Se ogni volta che ci si reincarna si evolve, che cosa era nella vita precedente Gigi Marzullo? Fabio Fazio Penso, quindi sono. E non faccio un cazzo.
Altan
Il Canada è utile solo perché mi fornisce le pellicce.
Madame de Pompadour
Il Monumento (lirica) : Vorrei si costruisse un monumento/ al Cavalier Silvio Berlusconi/ Per vederlo sorridere contento / Mentre gli cagan in testa i piccioni. Eros Drusiani
Se sei muto ridi con gli occhi, se sei cieco ridi con la bocca. Se sei muto e cieco, c’è ben poco da ridere. Freak Antoni
Lo Stato ha trovato il modo di risolvere il problema della mafia. Privatizzandola.
Pier Loche
Esiste un legame fra depressione e cancro? E’ scientificamente dimostrato: su 100 persone che vengono a sapere di avere un cancro, 95 smettono di ridere. Lia Celi.
A volte, portando a Lourdes un film muto, si mette a parlare. Romano Bertola Tutti nella vita hanno la stessa quantità di ghiaccio:però il ricco d’estate ed il povero d’inverno. Fabio Fazio
Sii gentile con le persone che incontri salendo, perché sono le stesse che incontrerai scendendo. Jimmy Durante
30
Ascoltando le donne in confessione i preti sono contenti di non essere sposati.
A. Salcrou
Dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch’io.
M. Marchesi
Mia moglie ed io siamo stati felici per vent’anni. Poi ci siamo sposati.
Roadney Dangerf
Vi siete mai accorti di una cosa strana? Chiunque guidi più lentamente di voi è un coglione, e chiunque vada più veloce è un imbecille. George Carlin
Berlusconi è così convinto che con i soldi si può tutto che, quando và a pescare, come esca usa la American Express. Gino & Michele
Quanto si potrà incazzare una formica che dopo due chilometri si accorgesse di aver sbagliato strada? Fabio Fazio
Le streghe hanno finito di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle.
R. Dangerfield
La vecchiaia è bella. Peccato che duri poco.
Gianni Brera
Gli animali non sono così stupidi come si crede: non hanno dottori né avvocati.
L.Doquier
Se i tuoi genitori non hanno avuto figli ci sono buone possibilità che non ne avrai neanche tu
Quando ho perso il mio fucile, l’esercito mi ha fatto pagare 85 dollari. Ecco perché nella marina il capitano affonda con tutta la nave. Dick Gregory
Non prendertela se ti considerano mezzo scemo; si vede che ti conoscono solo a metà.
Tiziano Sclavi
Il suo parrucchino lo faceva sembrare venti anni più scemo.
Bill Dana
31
“Lei è un coglione”. “Maledizione un’altra fuga di notizie”
Altan
Era un paese così piccolo che non avevano neanche lo scemo del villaggio. Dovevano fare i turni. Billy Holliday Esistono due mestieri che si possono fare con poca esperienza: Uno è la prostituzione e l’altro il giornalismo sportivo. Troppo spesso diventano la stessa cosa. Howard Cosell
Ho preso così tante medicine che ogni volta che tossisco guarisco qualcuno.
Anonimo
Dove siamo arrivati. Ieri due teppisti hanno scippato con la Vespa una vecchietta trascinandola al suolo. Per fortuna un passante ha estratto la sua Magnum e li ha uccisi. Massimo Bucchi
Le donne si dividono in tre categorie: le puttane, le stronze e le rompiballe. La puttana la dà a tutti. La stronza la dà a tutti meno che a te. La rompiballe la dà a te, solo a te, sempre a te.
Confessione di un padre : “mio figlio è il primo della classe, entrando”.
Gino Patroni
Mia madre cucinava così male che la nostra pattumiera aveva l’ulcera.
Mario Zecca
Il sogno della democrazia è di innalzare il proletariato al livello di stupidità che ha già raggiunto la borghesia. Gustave Flaubert
A Craxi, quando vede un socialista magro, prende un groppo alla gola e si domanda: “Dove ho sbagliato?” Gino & Michele
Un tempo il giornalismo toglieva uomini alle lettere; oggi, il ché è più grave, ne dà.
A.Campanile
Chi trova un amico trova un tesoro; chi trova un tesoro se ne fotte dell’amico.
Ivan della Mea
32
In Inghilterra è primavera. L’ anno scorso l’ho mancata: ero in bagno.
Michael Flanders
Bisogna tenersi in forma. Mia nonna, all’età di sessant’anni, ha cominciato a farsi 5 miglia a piedi ogni giorno. Adesso ha 97 anni e non sappiamo dove sia arrivata. Ellen Degeneris
Se le mogli fossero buone, Dio ne avrebbe una.
Anonimo
Più stanno a sinistra, più abitano in centro.
Federico Bini
II fine giustifica i mezzi, il rozzo se ne sbatte i coglioni.
Maurizio Sangalli
Chi sa fare la musica la fa, chi la sa fare meno la insegna, chi la sa fare ancora meno la organizza, chi la sa fare così così la critica. Luciano Pavarotti
Se un giorno non studio, me ne accorgo io; se non studio per due giorni, se ne accorge il pubblico. Niccolò Paganini
Se il danaro crescesse sugli alberi, a me toccherebbe un bonsai.
Boris Makarescko
Sto cercando disperatamente di capire perché i piloti Kamikaze si mettessero i caschi in testa.
Come ogni idiota vorrebbe essere saggio, così ogni donna vorrebbe essere uomo.
T.Tasso
L’amore più grande è quello che, svegli al mattino ti dice :”Hai scorreggiato meno, questa notte” Nanni Greco
Craxi e Berlusconi sono come Re Mida: tutto quello che toccano diventa loro.
Altan
Anche le tangenti, nel loro piccolo, si incassano.
Comix
33
Cinquant’anni ! La vecchiaia per i giovani, la giovinezza per i vecchi.
William Powell
“Tesoro, ho vinto un miliardo al totocalcio ! Presto prepara la valigia. “ “Fantastico, e cosa ci metto dentro , roba d’estate o d’inverno?” “Mettici tutto che vuoi e vai fuori dalle balle”
Anonimo
Era talmente brutta che davanti alla finestra c’era un guardone che dormiva.
M.Zucca
E’ inutile che le chiamate mutande, se poi non ve le cambiate mai.
Anonimo
Il cuore è come una puttana. Quando smette di battere è finita.
Anatoli Balsz
Grazie, ho trascorso una serata magnifica, ma non era questa.
Groucho Marx
Nessuno arrossisce al buio.
Benj Whichote
In California non buttano la spazzatura: la trasformano in show televisivi.
W Allen
Che la montagna sia meno inquinata del mare è dimostrato dal fatto che è difficile trovare dei delfini morti
Vissero felici perché costava meno.
Leo Longanesi
Molte cose della vita, e fra esse le più importanti, si fanno e si possono fare solo gratis. L’ amore, l’amicizia, la fedeltà, la lealtà, il coraggio, l’umorismo sono beni essenziali, ma incalcolabili. Non possiamo rivolgerci a sportello alcuno per cambiare un gesto di affetto o per riscuoterne gli interessi. Claudio Magris, Corsera, 22 dic. 1999
34
Porsi una domanda é un atto dell’intelletto; affrontare un problema invece coinvolge tutta la persona. Una domanda scaturisce dalla sete di conoscere, ed esige una risposta; un problema riflette uno stato di perplessità, o di disagio, e postula non una risposta ma una soluzione. Nessun problema autentico scaturisce da mera curiosità. Habraham Joshua Heschel, Chi é l’ Uomo?
Quindi per me l’ubbidienza non é affatto un valore, né la disubbidienza é un demerito. L’unico valore é la tua consapevolezza. A partire da quella, é bene ubbidire; e a partire da quella é bene anche disubbidire. Bhagwan Shree Rajnees, Philosophia Perennis
Vi sono due modi per conoscere. Uno é restare distaccato, un semplice osservatore freddo, estraneo, non coinvolto: é il metodo scientifico. L’altra via é la mistica: diventare un partecipante appassionatamente coinvolto, che non resta freddo e distaccato; si coinvolge e si impegna e non resta in attesa, sulla difensiva, fa un salto, un salto di qualità. Ci vuole fegato, ci vuole coraggio. Ed il più grande coraggio possibile é abbandonare ciò che si conosce per l’ignoto. Bhagwan Shree Rajnees, Philosophia Perennis
Aspice caelum ut agricola Guarda il cielo come fa il contadino Cartiglio sulla meridiana di Don Emanuel, bastardo di Savoia,
Gina Lagorio
La nostra pecca fatale, o peccato originale, é di aver potenziato le “armi artificiali” anziché quelle naturali. Alla nostra specie mancano perciò le inibizioni istintive che impediscono ai “predatori professionisti” di uccidere i loro simili. Konrad Lorenz, citato da Bruce Chatwin in La via dei Canti
La tradizione esoterica afferma, al contrario, che gli iniziati egiziani avevano tre sistemi per esprimere il loro pensiero. A tale scopo si servivano di tre differenti specie di caratteri, ma non di tre diversi idiomi, come si sarebbe portati a credere. La stessa parola prendeva, a loro piacimento, il senso proprio, il senso figurato e geroglifico: tale era la genialità della loro lingua. Eraclito ha perfettamente espresso la differenza di questi tre stili designandoli con gli epiteti di parlante, significante ed occultante. I due primi, vale a dire quelli che consistevano nel considerare le parole nel senso proprio o figurato potevano svelare il loro significato anche solo oralmente ma il terzo, non potendo assumere la sua forma geroglifica che a mezzo di caratteri mediante i quali la parola era composta, esisteva unicamente per gli occhi e si impiegava solamente per iscritto. Le nostre lingue moderne non offrono tale triplice possibilità di impiego. I libri ermetici egiziani, come quelli di Mosé iniziato ai loro misteri sacerdotali scrisse, furono redatti con arte infinita valendosi contemporaneamente di questi tre sistemi. Le frasi che contenevano erano quasi sempre costituite in modo da presentare tre significati, ciò spiega la ragione per la quale nessuna traduzione letterale può rispecchiare fedelmente il pensiero di chi le ha ideate.
35
Il triplice velo posto da Mosé, per preservare la verità racchiusa nella sua cosmogonia, sarà rimosso solo il giorno in cui conosceremo il significato geroglifico di ogni singola lettera che compone il Sepher Beraeshit ed é per il meglio che sia così in quanto, nello stato evolutivo in cui siamo giunti, troppi pericoli potrebbero derivare da tale conoscenza. Donato Piantanida, La Chiave Perduta, ed. Brancato
A proposito del segreto iniziatico e del necessario velo dogmatico San Clemente così conclude: “i misteri della fede non devono essere divulgati…. É necessario circondare di mistero la saggezza espressa”. San Clemente, Omelie VII in levitico
Se noi ci atteniamo alla lettera e vogliamo interpretare quanto é scritto nella legge, come fanno i giudei ed il popolo minuto, io arrossirei nel constatare che Dio é l’autore di queste leggi, molto migliori mi sembrerebbero allora e molto più ragionevoli quelle degli uomini. Origene
Sventura all’uomo che altro non scorge nella Torah (=legge) che un racconto favoloso e delle parole usuali. In effetti se essa non contenesse altro che ciò, noi saremmo capaci, anche oggi, di comporre una Torah ben altrimenti degna di ammirazione. Ogni parola della Torah racchiude un senso elevato ed un senso sublime….. i non iniziati scorgono solo il rivestimento ( o il racconto) della Torah, non sanno nulla di più, non percepiscono cosa ella cela… Sventura a colui che confonde questo rivestimento con la Torah. Sépher ha Zohar, III, fol. 1 v. 526
E’ ragionevole ipotizzare che nell’universo esistono due tipi fondamentali di geometria che possono venire classificati nel modo seguente: 1 Geometria statica 2 Geometria dinamica Possiamo inoltre intendere per geometria statica quella che non richiede i numeri Pi (3,14….) e Phi (1,618….) per determinare le sue dimensioni e gli elementi dei volumi. La geometria dinamica é invece quella che richiede Pi e Phi per determinare le sue dimensioni e volumi. Gli antichi filosofi credevano che l’antico universo fosse riempito da quella che loro chiamavano “rete cosmica”. Ogni singola rete di questa rete era un cubo; infatti il cubo é la forma più perfetta ed equilibrata che si possa ottenere dalla geometria dinamica. Henry C. Monteith
Solvitur ambulando Camminando si risolve
scuola medica salernitana
36
Coloro che hanno analizzato l’irrequietezza del modo più convincente erano spesso, per una ragione o l’altra, uomini costretti all’ immobilità: Pascal dai disturbi di stomaco e dalle emicranie, Baudelaire dalle droghe, San Giovanni della Croce dalle sbarre della sua cella. Ci sono critici francesi pronti ad acclamare in Proust, l’eremita della stanza foderata di sughero, il più grande viaggiatore della letteratura. Bruce Chatwin, La Via dei Canti Che ci faccio qui?
Rimbaud, in una lettera dall’Etiopia
To live in one land, is captivitie To run all countries, a wild rohnery Vivere in un unico paese é prigionia, scorazzare in tutti i paesi, un esaltante vagabondaggio. Donne, Elegie
La luna é soltanto un buco nell’ oscenità del mondo
Goffredo Parise
La luna é l’occhio della telecamera di Dio.
Milan Kundera
La vita é un ospedale in cui ogni ammalato é posseduto dal desiderio di cambiar letto. Uno vorrebbe soffrire accanto alla stufa, l’altro crede che guarirebbe se stesse vicino alla finestra. A me sembra che sarei felice dove non sono, e la questione di cambiar dimora é tema di un dialogo incessante con la mia anima. Baudelaire, Any where out of the world
D’altra parte il fatto che la Grande Piramide venne costruita in modo da implicare la “quadratura del cerchio” e la “cubatura della sfera” significa che gli antichi cercavano di dirci che la forma statica deve venire trasformata nella forma dinamica. La piramide può venire facilmente trasformata in un cono, il cubo in una sfera. Peter Tompknis, Secret of the Great Pyramid
Gli intellettuali non esistono più. Sono stati sostituiti dai politologi e dal “perfidus genus” dei professori di diritto costituzionale. Gianni Baget Bozzo, Panorama 01.02.1996
Mille lire investite in generali nel 1945 valevano 12.000 agli albori del boom economico, 50.000 nel 1975, 900.000 nel 1985, oltre 2milioni nel 1989. Il tasso annuo di capitalizzazione fra il 1900 e il 1988 é stato del 17.98 a prezzi correnti e del 7.34% a prezzi costanti: un record mai uguagliato da nessuno. Giancarlo Mazzuca, Il Leone di Trieste, 1990
37
Il debito pubblico era (fonte Banca d’Italia) di 458milamiliardi contro un PIL di 633milamiliardi nel 1983, raggiunge nel 1990 la cifra di 1milione318milamiliardi superando il PIL che si attesta a 1milione312milamiliardi. Alla fine del 1994 il debito pubblico supera i 2milioni di miliardi, ma il Ministro del Bilancio Giancarlo Paglierini afferma che, tenuto conto dei debiti pensionistici, “la cifra và almeno raddoppiata” Giancarlo Galli, Il Padrone dei Padroni, Garzanti, 1995
E’ facile agli scienziati –dai fisici ai biologi agli economisti- rispondere con sussiego a quelle domande formulate spesso ingenuamente e goffamente, sciorinare tutti i rimedi previsti, elencare le misure di sicurezza, ignote all’uomo della strada, spiegare come e perché è assai improbabile che una centrale nucleare salti per aria. Ma quelle rassicurazioni sovente supponenti rischiano di esser assai poco scientifiche e di diventare un oppiaceo, che ottunde l’attenzione razionale alla realtà. E’ legittimo difendere nel complesso il nucleare, ma è irragionevole e dogmatico negarne le possibili implicazioni terribili, come se paventare che possa succedere un disastro fosse solo frutto di ignoranza. Claudio Magris, Corsera, 13 nov. 2002
-----------------------------------------Fascicolo D
DANTE ALIGHIERI Alcuni riferimenti numerici E lo cielo del Sole si può comparare a l'Arismetrica per due proprietadi: l'una si è che del suo lume tutte l'altre stelle s'informano; l'altra si è che l'occhio nol può mirare. E queste due proprietadi sono ne l'Arismetrica: ché del suo lume tutte s'illuminano le scienze, però che li loro subietti sono tutti sotto alcuno numero considerati, e ne le considerazioni di quelli sempre con numero si procede CONVIVIO, II, XIII Ex quo duo quae sunt artis in cantione satis <sufficienter> tractavimus, nunc de tertio videtur esse tractandum, videlicet de numero carminum et sillabarum. Ea primo secundum totam stantiam videre oportet aliquid; deinde secundum partes eius videbimus. (altro mio lavoro su Dante: contato tutto, versi , sillabe…..)
DE VULGARI ELOQUENTIA Libro II, capitolo XIV E partele per tre gerarchie, che è a dire tre principati santi o vero divini, e ciascuna gerarchia ha tre ordini; sì che nove ordini di creature spirituali la Chiesa tiene e afferma. Lo primo è quello de li Angeli, lo secondo de li Arcangeli, lo terzo de li Troni; e questi tre ordini fanno la prima gerarchia: non prima quanto a nobilitade, non a creazione (ché più sono l'altre nobili e tutte furono insieme create), ma prima quanto al nostro salire a loro altezza. Poi sono le Dominazioni; appresso le Virtuti; poi li Principati: e questi fanno la seconda gerarchia. Sopra questi sono le Potestati e li Cherubini, e sopra tutti sono li Serafini: e questi fanno la terza gerarchia CONVIVIO Trattato II capitolo V
38
Ancora, questo mio volgare fu introduttore di me ne la via di scienza, che è ultima perfezione, in quanto con esso io entrai ne lo latino e con esso mi fu mostrato: lo quale latino poi mi fu via a più innanzi andare. E così è palese, e per me conosciuto, esso essere stato a me grandissimo benefattore. CONVIVIO Trattato I capitolo XIII Anche, è stato meco d'uno medesimo studio, e ciò posso così mostrare. Ciascuna cosa studia naturalmente a la sua conservazione: onde, se lo volgare per sé studiare potesse, studierebbe a quella; e quella sarebbe acconciare sé a più stabilitade, e più stabilitade non potrebbe avere che in legar sé con numero e con rime. E questo medesimo studio è stato mio, sì come tanto è palese che non dimanda testimonianza. Per che uno medesimo studio è stato lo suo e 'l mio; per che di questa concordia l'amistà è confermata e accresciuta. CONVIVIO Trattato I capit. XIII Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono. VITA NOVA II Dico che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore, quanto da la mia parte, sì mi venne una volontade di volere ricordare lo nome di quella gentilissima ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e spezialmente del nome di questa gentile donna. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola (=epistola) sotto forma di serventese ( componimento dell’antica poesia provenzale), la quale io non scriverò: e non n'avrei fatto menzione, se non per dire quello che, componendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne. VITA NOVA ,Capitolo VI Io dico che, secondo l'usanza d'Arabia, l'anima sua nobilissima si partio ne la prima ora del nono giorno del mese; e secondo l'usanza di Siria, ella si partio nel nono mese de l'anno, però che lo primo mese è ivi Tisirin primo, lo quale a noi è Ottobre; e secondo l'usanza nostra, ella si partio in quello anno de la nostra indizione, cioè de li anni Domini, in cui lo perfetto numero nove volte era compiuto in quello centinaio nel quale in questo mondo ella fue posta, ed ella fue de li cristiani del terzodecimo centinaio. Perché questo numero fosse in tanto amico di lei, questa potrebbe essere una ragione: con ciò sia cosa che, secondo Tolomeo e secondo la cristiana veritade, nove siano li cieli che si muovono, e, secondo comune oppinione astrologa, li detti cieli adoperino qua giuso secondo la loro abitudine insieme, questo numero fue amico di lei per dare ad intendere che ne la sua generazione tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente s'aveano insieme. Questa è una ragione di ciò; ma più sottilmente pensando, e secondo la infallibile veritade, questo numero fue ella medesima; per similitudine dico, e ciò intendo così. Lo numero del tre è la radice del nove, però che, sanza numero altro alcuno, per se medesimo fa nove, sì come vedemo manifestamente che tre via tre fa nove. Dunque se lo tre è fattore per se medesimo del nove, e lo fattore per se medesimo de li miracoli è tre, cioè Padre e Figlio e Spirito Santo, li quali sono tre e uno, questa donna fue accompagnata da questo numero del nove a dare ad intendere ch'ella era uno nove, cioè uno miracolo, la cui radice, cioè del miracolo, è solamente la mirabile Trinitade. Forse ancora per più sottile persona si vederebbe in ciò più sottile ragione; ma questa è quella ch'io ne veggio, e che più mi piace. VITA NOVA XXIX
1 Poscia che l'accoglienze oneste e liete 2 furo iterate tre e quattro volte,
39
Purgatorio, VII, 2 Sordello incontra Virgilio Onde avemo di Platone, del quale ottimamente si può dire che fosse naturato e per la sua perfezione e per la fisionomia che di lui prese Socrate quando prima lo vide, che esso vivette ottantuno anno, secondo che testimonia Tullio in quello De Senectute. E io credo che se Cristo fosse stato non crucifisso, e fosse vivuto lo spazio che la sua vita poteva secondo natura trapassare, elli sarebbe a li ottantuno anno di mortale corpo in etternale transmutato. Convivio Trattato IV cap. XXIV 97 non per sapere il numero in che enno 98 li motor di qua sù, o se necesse 99 con contingente mai necesse fenno; 100 non si est dare primum motum esse, 101 o se del mezzo cerchio far si puote 102 triangol sì ch'un retto non avesse. Paradiso XIII Salomone
118 Qual è colui ch'adocchia e s'argomenta 119 di vedere eclissar lo sole un poco, 120 che, per veder, non vedente diventa; 121 tal mi fec'io a quell'ultimo foco 122 mentre che detto fu: «Perché t'abbagli 123 per veder cosa che qui non ha loco? 124 In terra è terra il mio corpo, e saragli 125 tanto con li altri, che 'l numero nostro 126 con l'etterno proposito s'agguagli. Paradiso XXV San Giovanni
127 qual è colui che tace e dicer vole, 128 mi trasse Beatrice, e disse: «Mira 129 quanto è 'l convento de le bianche stole! Paradiso, canto XXX Rosa celeste
40
37 io, che al divino da l'umano, 38 a l'etterno dal tempo era venuto, Paradiso, canto XXXI stupore, Firenze antica
85 Nel suo profondo vidi che s'interna 86 legato con amore in un volume, 87 ciò che per l'universo si squaderna: 88 sustanze e accidenti e lor costume, Paradiso, canto XXXIII Divinità 13 «O cara piota mia che sì t'insusi, 14 che, come veggion le terrene menti 15 non capere in triangol due ottusi, 16 così vedi le cose contingenti Paradiso, Canto XVII dominio sul futuro
37 «La contingenza, che fuor del quaderno 38 de la vostra matera non si stende, 39 tutta è dipinta nel cospetto etterno: Paradiso, Canto XVII onniscenza di Dio
88 Mostrarsi dunque in cinque volte sette 89 vocali e consonanti; e io notai 90 le parti sì, come mi parver dette. 91 "DILIGITE IUSTITIAM", primai 92 fur verbo e nome di tutto 'l dipinto; 93 "QUI IUDICATIS TERRAM", fur sezzai. 94 Poscia ne l'emme del vocabol quinto
41
95 rimasero ordinate; sì che Giove 96 pareva argento lì d'oro distinto. 97 E vidi scendere altre luci dove 98 era il colmo de l'emme, e lì quetarsi Paradiso, Canto XVIII lettere misteriose non dico che vegna questo spirito, cioè questo pensiero, dal loro cielo in tutto, ma da la loro stella. La quale per la nobilità de li suoi movitori è di tanta vertute, che ne le nostre anime e ne le altre nostre cose ha grandissima podestade, non ostante che essa ci sia lontana, qual volta più c'è presso, cento sessanta sette volte tanto quanto è, e più, al mezzo de la terra, che ci ha di spazio tremilia dugento cinquanta miglia. E questa è la litterale esposizione de la prima parte de la canzone. CONVIVIO, Trattato II, capitolo VI 106 Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo 107 iscoglio non si può, però che giace 108 tutto spezzato al fondo l'arco sesto. 109 E se l'andare avante pur vi piace, 110 andatevene su per questa grotta; 111 presso è un altro scoglio che via face. 112 Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta, 113 mille dugento con sessanta sei 114 anni compié che qui la via fu rotta.
INFERNO XXI (bugie di Malacoda)
Non stimo il banchiere Cuccia perché ha portato nel cuore dell’economia italiana la peggiore cultura della peggiore Sicilia, quella che divide il mondo in amici ed in nemici: i primi da appoggiare ad ogni costo e ad ogni prezzo, i secondi da distruggere con ogni mezzo. Marco Vitale, La Voce, 26.04.1994
Nell’antica chiesa cristiana esistevano due tipi di pellegrinaggio: il “peregrinare per Dio” (ambulare pro Deo), secondo l’esempio di Cristo e del Padre Abramo, che, abbandonata la città di Ur, andò a vivere in una tenda, e il “pellegrinaggio di penitenza”: chi si era macchiato di “enormi delitti” (peccata enormia) doveva, applicando un tariffario stabilito,
42
andare a mendicare per il mondo, con cappello, borsa, bastone e segno di riconoscimento, e guadagnarsi la salvezza per strada. L’idea che camminare dissolvesse i peccati di violenza risale a Caino, alle peregrinazioni che gli furono imposte per espiare l’assassinio del fratello. Bruce Chatwin, le Vie dei Canti, gli Adelphi, 1995
Nomas in greco significa pascolo e il “nomade” é un capo o un anziano del clan che presiede alla distribuzione dei pascoli. Perciò “nomas” assunse il significato di “legge”, “equa ripartizione” , “ciò che é concesso per consuetudine”, la base quindi di tutta la legge occidentale,. Il verbo “nemein”= pascolare, pascere, disporre o spargere, ha sin dai tempi di Omero un secondo significato: distribuire, ripartire, dispensare, riferito soprattutto a terra, onori, carni o bevande. “Nemesis” significa “moneta corrente”: da qui numismatica…………… Richard Lee ha calcolato che un bambino boscimano prima di incominciare a camminare con le sue gambe, viene portato dai genitori per 7.500 km. Siccome durante questa fase ritmica continua a dare un nome alle cose del suo territorio, é impossibile che non diventi un poeta …………. Proust, con maggior perspicacia di ogni altro scrittore, si ricorda che “l’andare a spasso” dell’infanzia forma il materiale grezzo della nostra intelligenza. ………….. Come regola biologica generale, le specie migratorie sono meno aggressive di quelle sedentarie. C’é una ragione ovvia che sia così: la migrazione, come il pellegrinaggio, é di per se stessa il duro cammino: un itinerario livellatore, in cui i più forti sopravvivono e gli altri cadono lungo la strada Bruce Chatwin, La Via dei Canti
Se si dovesse rispondere genericamente alla domanda “cosa mangiano i carnivori?” la risposta sarebbe molto semplice: “quello che trovano” Griff Ewer, I Carnivori ------------------------------------------------PENSIERI ecco, datti pace
1 Pensando che ormai ti è possibile uscir di vita: così devi compiere ogni tua opera, dire ogni tua parola, formulare ogni pensiero ......Indubbiamente morte e vita, fama ed oscurità, dolore e piacere, ricchezze e povertà, tutto ciò in modo eguale tocca così ai buoni che ai cattivi, in quanto non sono cose né belle né brutte. Dunque non sono neppure beni o mali.
2 Il tempo dell’umana vita è un punto; la sua materiale sostanza , un perenne fluire; la sensazione, tenebra; la compagine di tutto l’organismo, immancabile corruzione; il principio vitale, l’aggirarsi di una trottola; la fortuna non si può indagare; la gloria, cieca. Diciamo in breve, le funzioni dell’organismo sono un fiume; quelle dell’anima, sogno e vanità; ed è guerra la vita, viaggio di un pellegrino; oblio la voce dei posteri. E adesso, a che cosa ti puoi affidare? Ad una sola cosa; ad un’unica cosa : la filosofia. E questa cosa ti permetterà di conservare l’interiore dèmone ( =anima)senza violenza o danno; signore dei piaceri; capace di agire senza intraprendere nulla a caso; Immune da
43
menzogna e da simulazione; libero dal bisogno che altri faccia o no qualche cosa. Ancora, questo demone, dovrà accettare gli eventi e tutto quello che gli capita, convinto che tutto viene di là, da un luogo misterioso donde egli pure un giorno è venuto. Ancora e soprattutto questo dèmone attende la morte con sereno pensiero, convinto che si tratta di una semplice cosa: dissoluzione degli elementi che compongono ciascun essere vivente. E se per questi elementi presi singolarmente non c’è terrore nel fatto che ciascuno singolarmente trapassa senza posa da uno all’altro, per quale motivo si dovrà temere una trasformazione e una dissoluzione che si compia per tutti in una sola volta? Del resto, è un fatto che si compie secondo natura; e nulla è male secondo natura.
3 Non agire mai contro il tuo volere; e nemmeno agisci senza proporti quale meta un bene comune, senza opportuna ponderazione; né, d’altra parte, dubitoso o incerto. Così pure, eccessiva ricercatezza di parola non dia ornamento al tuo pensiero, e neppure troppi discorsi e neppure troppe occupazioni. .... Conclusione: eretto in piedi convien d’essere; e non eretto per cura altrui.
4 E adesso butta tutte queste cose; trattieni queste poche soltanto; e ancora ricordati che ciascuno vive questo istante che è presente; tutto il resto è vita trascorsa o incerta. In conseguenza piccolo è il tempo in cui vive ciascuno; piccolo il ristretto angolo della terra ove ciascuno continua a vivere. ......
5 Alcuni cercano luoghi solitari, dimore fra i campi, sulle rive dei mari, sui monti; anche tu eri solito desiderare queste cose; Ma tutto ciò è stoltezza vera e propria, in quanto è possibile ritirarsi in sé stesso in ogni istante, quando si desidera. Oh! In nessun luogo più che nell’anima sua con maggior tranquillità, con più facilità, un uomo può ritirarsi; soprattutto poi chi abbia dentro sì pregiate cose che solo uno sguardo ivi rivolto dona la pace del cuore. E con questa pace voglio intendere disposizione d’ordine perfetto. In conseguenza, elargisci a te stesso continuamente questo luogo di ritiro e rinnova la tua vita. Inoltre siano brevi ed elementari quelle verità contemplative, sufficienti per chiudere al primo incontro la reggia tutta e per rimandarti ben lieto a quelle pregiate cose alle quali fai ritorno... Ecco, datti pace. .. Da oggi in poi devi ricordare che c’è un piccolo podere, una piccola villa di campagna, pronto rifugio al tuo dolore; podere e villa che hanno un nome: <INTERIORITA’ tua>. E soprattutto non ci sia affanno in te; Nessuna agitazione; ma libero devi essere; ma le cose devi guardarle virilmente, da uomo, da cittadino, da destinato alla morte. E a tua disposizione ci sono due verità alle quali potrai volgere intento sguardo. La prima è questa: le cose non arrivano a toccare l’anima; bensì rimangono fuori come sono; il turbamento proviene solo dall’interiore valutazione. La seconda: tutte queste cose che vedi, quanto rapidamente si mutano e più non sono! Del resto, pensa ininterrottamente di quanto mutazioni tu stesso ormai sei stato testimonio; la vita è opinione..
6 Pensa un po’, per esempio, ai tempi di Vespasiano; vedrai tutte queste cose: gente che si sposa, che alleva figli, s’ammala, muore, fa la guerra, fa festa, fa il mercante, il contadino; gente che adula, che presume di sé, tende insidie, sospetta, fa voti perché altri muoia; mormora per ciò che avviene, ama, raccoglie tesori, agogna il consolato ed il regno. E intanto la loro vita è del tutto cancellata. Adesso passa ai tempi di Traiano. Un’altra volta le stesse cose, tutte. E anche quella vita è morta..... E ricorda quando attendi a qualche operazione, tieni conto che ciascuna ha un proprio valore e che si deve attendere alle singole cose secondo un proporzionato grado di valore. In tal modo non avrai motivo di rincrescimento se non ti sarai occupato più di quanto conviene di cose da poco.
44
7 Il mondo è come un unico vivente, dotato di un corpo e pure di un’anima unica: questo devi ininterrottamente considerare. Così pure per qual modo le cose universe siano distribuite tutte sì da produrre un’unica sensazione: quella del mondo. Inoltre per qual modo secondo un unico impulso ogni cosa agisca; come tutte vengono ad essere concausa di tutte le altre; da ultimo devi scoprire il misterioso filo con cui si procede a formare il tessuto e quale il concatenamento. 8 Quanto accade è così abituale e familiare come in primavera la rosa e in estate il raccolto. E, bada, di questo tipo sono il morbo, la morte, la maldicenza, l’insidia, e tutte quelle cose che portano dolori e gioie agli stolti. 9 Non ti preoccupare se ti tocca compiere il tuo dovere e intanto freddo o caldo ti tormentano; se la testa ti cade pesante di sonno o se invece hai dormito a sufficienza; se mala voce ti accompagna oppure coro di lodi; se stai affrontando pericolo di morte o se sei in qualche altra condizione diversa. Del resto anche questa è una delle azioni che la vita seco comporta, questa appunto, quest’azione per cui si viene a morire. Anche in punto di morte basta dunque che ben si disponga dell’istante presente. 10 Se contemporaneamente tu avessi matrigna e madre, certo onoreresti la prima, ma in ogni caso la via ti sarebbe aperta ininterrottamente verso la madre Ecco, questa condizione si verifica né più né meno per la vita di corte e per la filosofia. Come nel caso precedente, ritorna spesso e trova pace nel seno di costei. Per suo merito le cose della prima ti appaiono sopportabili e tu steso sopportabile in quella vita. 11 Prendere senza illusioni, lasciare senza difficoltà. 12 Se provi dolore per qualcosa che è fuori di te, non questo fatto singolo precisamente ti turba, bensì il giudizio che tu vieni facendo su quello. E dipende da te cancellar senz’altro questo giudizio. D’altra parte, se si tratta di cosa proveniente dalla tua interiore condizione, e questo ti porta dolore, certo nulla impedisce di rettificare il corrispondente giudizio. Facciamo un caso analogo: tu provi un senso di dolore perchè non riesci a fare una certa cosa; e questa per te aveva tutte le apparenze di essere cosa buona; perché allora, piuttosto di buttarti in braccio al dolore, non ti accingi all’opera? <E ma vi si oppone conto una cosa più forte>. Allora non devi soffrire; non è in tuo potere la causa che ti impedisce di agire <Si ma non vale la pena di continuare la vita, se questa impresa non viene attuata>. Allora puoi partire, tranquillo lascia questa vita (non vedi che anche chi trova modo di agire, muore lo stesso?), tranquillo e benigno verso tutto ciò che pur ti ha recato impedimento. 13 Gli uomini sono nati uno per l’altro; conseguenza: o li rendi migliori con insegnamento, oppure sopportali. MARCO AURELIO --Colloqui con se stesso – traduzione di F. Lulli, Rizzoli, Milano, 1953 --------------------------------------------------------------------------------Che cosa possiamo farci? Abbiamo la Grande Irrequietezza nel sangue. Nostro padre ci ha insegnato che la vita é un lungo viaggio in cui i più deboli vengono abbandonati al loro destino. Un eschimese a Ramundsen
Tutti gli animali, insetti, uccelli, mammiferi, delfini, pesci e balene megattere, hanno un sistema di navigazione detto “triangolazione”. I misteri della struttura innata della frase postulata da Cromsky diventano semplicissimi, se si pensano come triangolazione umana: soggetto, oggetto, verbo
45
Non c’é nulla in basso senza benedizioni, non c’é nulla in alto senza menzogna. Gatto Tronchi, Viaggio nella magia
Colleoni sapeva di averne tre e sapeva che gli altri lo sapevano: però non ha mai pensato che tutti gli altri fossero degli eunuchi. Enzo Biagi parlando di Craxi,1994 Non fraternizzare con l’uomo collerico e non insistere a conversare con lui. Amenope, 1113-14 e Proverbi 22,24 IGNORAMUS ATQUE IGNORABIMUS
1. l’essenza della materia e della forza 2. l’origine del movimento 3. l’origine della vita 4. la finalità degli esseri viventi 5. l’origine della sensazione 6. l’origine del pensiero e della lingua 7. il libero arbitrio Du Bois-Raymond fisiologo tedesco (estratto da Méditationes dur les Arcanes Majeurs du Tarot di Valentin Tromberg +1973 e citato in G. Wachsmuth, Le Forze Plasmatrici eteriche).
Huc properat coelos optat Qui cernere apertos Nec removet votum sencita Dura pium Semper difficili quaerentur Summa labore Artam semper habet vita Beata viam
46
Qui cammina spedito/colui che desidera vedere i cieli aperti/l’austero impegno non é di ostacolo/al santo proposito/Le grandiose cose richiedono/sempre ardua fatica/la vita beata ha sempre la via stretta. Porta d’accesso allo “studium trappisti” cistercensi di Monastero Vasco
Il cielo non conosce ira pari all’amore che si trasforma in odio, né l’inferno una furia pari a una donna respinta. William Congreve, The Morning Bridi
Non si poteva essere celibe impunemente….. Atene e Sparta ci danno buona testimonianza di ciò con le accuse che vi introdussero contro questo delitto: nella prima vi era l’accusa di agamia o celibato; nell’altra si aggiunsero le accuse anco di opsigamia e cacogamia, cioé di coloro che si accasavano tardi o prendevano donna inferma. (Julius Pollux in Onomastic. I, 8, cap. 6) Giovanni Fabbroni, sec. XVII°
L’imbecille cadendo di schiena si sbuccia il naso. Proverbio yddish
Dio non gioca a dadi Einstein
Hoc erat in votis. targa marmorea su pilastro casa a Saorge, vicino alla chiesa romanica
-----------------------------------------------------------Al Signor Sindaco di La Brigue
Da molto tempo frequento e visito (non meno di 20-30 volte all’ anno) Notre Dame des Fontaines ed ho attentamente analizzato e studiato il ciclo pittorico dell’ interno scoprendo cose interessanti rispetto al pregevole lavoro di P. Benoit Avena.
47
Da un po di tempo sto valutando e studiando il sito dall’ esterno pur non essendo uno studioso di pittura né di architettura1.
Sarei molto felice di conoscere una presunta datazione dei vari tipi di muratura in quanto se l’ imponente muraglione con i 7 archi (1 sullo schizzo) pare essere il più antico, il tamponamento degli archi controterra (2 sullo schizzo) è difforme e più recente, segue forse, il corpo dell’ attuale abside (4 sullo schizzo) , poi il corpo 3 cioè la sacrestia, poi la fabbrica 5 certamente anteriore al 1492 ed in ultimo l’ aggetto 6.
Da sempre mi pare assurdo ed illogico che l’ immane opera muraria (1 sullo schizzo) abbia solo avuto lo scopo di sostenere il sedime del sagrato della modesta, per dimensioni, chiesetta 4 perché la proporzione è verosimilmente di 50 a 1. Se la necessità fosse stata quella di dotare il sito di un sagrato sarebbe stato significativamente più agevole e rapido scavare ed asportare il ghiaione ad est dell’ attuale sedime stradale anche perché sul lato nord-est di 4 c’ è uno stipite, forse la porta di accesso.
Premetto ancora una considerazione di carattere storico riconosciuta da tutti gli Autori 2 : l’ espansione del cristianesimo ha annegato e ricoperto fisicamente i luoghi di culto “pagani” distruggendo tutte le vestigia esistenti e dedicando i nuovi costrutti pertinenti ad acqua o sorgenti alla Madonna = Madre= geo = acqua = vita = fertilità ; ciò non di meno il culto popolare e la tradizione hanno sempre conservato ancestralmente la forza, il significato ed il simbolismo originario.
IPOTESI
E se il sito su cui sorge Notre Dame des Fontaines fosse stato un luogo di culto ipogeo ? E se sottostante all’ attuale sagrato ci fosse una cavità3 il cui sbocco fosse stato nella parte più bassa del muro sottostante al terzo ed al quarto arco da cui fuoriescono due delle sette sorgenti ? 7 sullo schizzo.
Mi rendo conto che questa ipotesi è molto velleitaria : esiste però un metodo non costoso e non distruttivo per vericare ciò : una trapanazione (di pochi centimetri di diametro) da effettuare sul sagrato lungo l’ asse mediano chiesa-cancello nord ed ortogonale al quarto arco sottostante con introduzione di una telecamera ed in alternativa l’uso di un ecosodaglio.
Sono lieto di sottopporre questa ipotesi al vaglio della competente Autorità Francese per il tramite dell’ Ufficio del Turismo di La Brigue e chiaramente vorrei essere tenuto al corrente del Loro parere.
48
Se quanto sopra ipotizzato fosse convalidato si tratterrebbe di una importante scoperta in quanto ci sarebbe la certezza della mancata manomissione umana da oltre 5 secoli e darebbe un senso ed una giustificazione alla grandiosità dell’ opera : avrebbe anche un significato la difficile ed impegnativa costruzione dei 7 archi o come ornamento della “facciata” del tempio ovvero come lucernari della sottostante cavità ovvero come accesso al luogo sacro..
Molto cordialmente saluto. Borgo San Dalmazzo, 10 ottobre 1999 (foto)
…Alcuni é vero predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti. Questi lo fanno per amore, sapendo che sono stato posto per la difesa del Vangelo; quelli invece predicano il Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene. Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene. Paolo, Lettera ai Filippesi, I°,12-20
Le vedove più giovani (meno di 60 anni) non accettarle perché, non appena vengono prese da desideri indegni di Cristo, vogliono spossarsi di nuovo e si attirano così un giudizio di condanna per aver trascurato la loro prima fede. Inoltre, trovandosi senza far niente, imparano a girare qua e la per le case e sono non soltanto oziose ma pettegole e curiose, parlando di ciò che non conviene Paolo a Timoteo, V°, 3-15
La gente prima nega una cosa, poi la svilisce, poi decide che si sapeva già da tempo. W. Humbolt
Le idee nuove sono sempre state considerate, nel loro tempo, come delle follie dagli uomini cosiddetti “sensati”, ma da parte nostra siamo convinti che, se sulla terra fossero sempre e solo esistiti gli uomini “sensati”, saremmo ancora all’età della pietra. André Pochan fisico e matematico sec. XVII° (questa massima, con la precedente, l’ho scritta decine di volte agli interlocutori cui proponevo le mie idee/metodologie: invano, acqua fresca ovvero saranno di così difficile comprensione?)
Scientia et potentia in idea coincident.
Francis Bacon
Fra tutte le cose sta bene la mediocrità.
meridiana in facciata chiesa di S.Anna di Bellino
L’ Imperatore Francesco Giuseppe, scrive Joseph Roth ne “la marcia di Radetzky”, nostalgica e struggente epopea dell’ impero absburgico, non amava le guerre, perché sapeva che “si perdono”. Il saggio e vegliardo imperatore sapeva
49
dunque che tutti perdono la guerra, anche chi alla fine si crede vittorioso. Il volto della guerra è la sconfitta; alla sera che cala su ogni battaglia si addice il Miserere e non il Te Deum. A scrivere queste parole non era un pacifista amante dei cortei, assemblee e digiuni bensì un soldato che aveva fedelmente combattuto per la sua patria e per il suo imperatore nella prima guerra mondiale , che amava le bandiere e l’odore di sego delle caserme.
….La giusta critica alla politica di Bush sembra talora distorta in una dissennata equidistanza fra Bush e Saddam, come fosse la stessa cosa essere cittadini statunitensi e sudditi o schiavi del regime di Baghdad. La guerra in Iraq è un errore disastroso non perché Saddam Hussein , vivo o morto che sia, meriti rispetto, ma perché non si può bombardare Palermo per eliminare i delinquenti mafiosi, Perché altri Paesi, magari alleati dell’ Occidente, hanno regimi altrettanto scigurati quanto quello ora agonizzante in Iraq, perché nessuno Stato può ergersi a giudice e a poliziotto del mondo e soprattutto perché non è lecito esser apprendisti stregoni e mettere in moto un processo che potrebbe provocare inimmaginabili reazioni a catena, pericolo per l’attuale equilibrio del mondo. Chi comanda, democraticamente o tirannicamente, è spesso giulivamente e ottusamente convinto di tenere sotto controllo il gioco cui da inizio. Lo erano i governanti del ’14, ancora dopo l’attentato di Sarajevo, persuasi che tutto si sarebbe risolto con qualche guerriciola locale e incapaci di pensare che stavano mettendo in movimento un macello immane. Claudio Magris, Corsera 22 marzo 2003
Se guardo dietro, il mondo potrebbe essere tutto mio g.f. 31.03.2001 Iscrizione muraria su intonaco chiesa di Santa Maria di Morinesio (che imbecille!)
Gli uomini di scientia sono pieni di mille malinconici humori.L. Fioravanti, Specchio di Scientia Universale
LES CHANSONS LES PLUS COURTES L’oiseau qui chante dans ma tete et me répète que tu m’aime et me répète que tu m’ aimes l’oiseau au fastidieux réfrain je le tuerai démain matin autore ignoto (Jacques Prévert?) fotocopia trovata in un libro che ho imprestato
Il matrimonio é la causa principale del divorzio.
Boris Makaresko
Les vins de Sauigny sont vins nourissants, théologiques et morbifuges Portale del castello di Savigny (Bourgogne)
50
Mortus adhuc loquitur Lapide sulla chiesa di St. Jean de Maurienne, per un prete che lì stette 40 anni
Aujourd’hui mal, demain pire. Lapide fatta scrivere da Geoffroy le Bel (ou Plantagenet), conte di Anjou e Duc de Normandie, marito a 14 anni di Matilde figlia di Henry I° d’Angleterre e vedova di Henry V° Imperator Allemagnae ( e lo credo, imbecille)
Hodie malum, sed cras pejus.
Seneca, citato da Jean de Salisbury in Dragmation II°, I, 16-17
Bernard de Chartres disait que nous sommes comme des nains juchés sur les epaules des géants, de telle sorte que nous poussions voir plus des choses et de éloignés qu’ en voyaient ces derniers. Et cela, non point parce que notre vue sarait puissante ou notre faille avantageuse, mais parce que nous sommes portés et exhaussées par la haute statue des géants. Jean de Salisbury parlando di Bernard in Metalogicon, III°,4
A’ Chartres, on appréciait ce mot de Mabroce: _--Lorque notre pensée, s’élévant, va de nous vers des dieux, le premier degree d’ immaterialité qu’elle rencontre, ce sont le nombres—……… Le deuxiéme type de génération permet a Thierry d’exprimer le dogme trinitarie en language pythagoricien. Edouard Jaeauneau, L’ age d’or des écoles de Chartres,
TRIVIUM: gramatica, rethorica, dialectica QUADRIVIUM: aritmetica, musica, geometria, astronomia.
De meme qu’il y a sept artes liberaux, il y a sept espéces d’art mécaniques dans le Trivium : tissage, armement, navigation,; Quadrivium: agriculture, chasse, médecine, théatre. Così come ci sono sette arti liberali, ci sono 7 specie di arte meccanica; nel Trivium: tessitura, armamento, navigazione; nel Quadrivium: agricoltura, caccia, medicina, teatro.
51
Dans les quéstions relative à la foi catholique et à la morale, il n’est pas permis de contredire Béde ni aucuns des Saints Péres….. mais si, en matiére de philosophie, ils commettent quelques erreurs, il est permis de souténir une opinion differente. Car, il sont plus grands que nous, c’étaient néaummoin des hommes. Nelle questioni relative alla fede cattolica ed alla morale, non è permesso di contraddire Beda né alcuno dei Santi Padri…. Ma se in materia di filosofia essi commettono qualche errore, è lecito sostenere una opinione contraria. Questo perché essi sono più grandi di noi, ma pur sempre degli uomini Dragmation du Maitre Guillaume de Conches
En vérité, le Portail Royal (de Chartres) tout entier est un hymne à l’ armonie du mond crée par Dieu: armonie entre la Sagesse antique et la Révélation chrétienne, entre l’ Ancien et le Nouveau Testament, entre les sciences du language (trivium) et celles de nature (quadrivium). Pour Thierry de Chartres –nous avons conjoint comme par une alliance matrimoniale trivium et quadrivium pour l’accroissement de la noble nation des philosophes. In verità il Portail Royal è tutt’intero un inno all’armonia del mondo creato da Dio: armonia fra la saggezza antica e la Rivelazione cristiana, fra l’antico ed il nuovo testamento, fra le scienze del linguaggio (trivium) e quelle della natura (quadrivium). Per Thierry di Chartres noi abbiamo congiunto come con una alleanza matrimoniale trivium e quadrivium per l’accrescimento della nobile stirpe dei filosofi. (foto)
Io vado e vengo ogni giorno E tu te ne vai senza ritorno.
meridiana sulla piazza di St. Etienne de Tinée
Generali e medici entrano in paradiso attraverso la porta dei fornitori.
Tristan Bernard
--Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) piglianculo e i quaquaraquà....
Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi chè mi contenterei l’ umanità si fermasse ai mezz’uomini..... E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse cose dei grandi.... E ancora più in giù: i piglianculo che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo--. Leonardo Sciascia Il giorno della civetta Ed. Einaudi, 1961 --------------------------------------------------------------
52
07.07.2001 giro in scooter a Prelà (sopra San Maurizio di Imperia), fraz. Revelli: chiesa-oratorio dedicata a San Bernardo Revelli, santo, vescovo di Albenga, nato nel 829 e morto nel 900. Attigua casa natale con lapide: Benedictum Pervusta ex Revellorum Terrae an. 829 coelo an. 900 Sacra triduana laetitia 5-6-7- julii 1901 sanctum ingauni episcopum grata devota patria voluti
Devant a ce rocher passerent (davanti a questa roccia passarono) Les soldats d’ Annibale 218 a.J.C. Les legiones romaines de Julius Caesar 51 a.J.C. Le chevalier Baillard 1515 Le duc des Lesdiguieres 1578 Le mar. Bellegarde 1579 Le duc de Berwich 1712 L’enfant de Espagne Philippe 1743 Lapide bronzea dall’altra parte del Colle dell’ Agnello: la prima grande pietra sulla sinistra che si incontra fra i pascoli
Je ne veux pas aiguisier ma plume et tout simplement vous dis: voeux pour le 15.706iéme “dies Natalis“ et que votre Ange soit tout puissant. Non voglio aguzzare la mia penna e con molta semplicità ti faccio auguri per il 15.706° giorno natale, e che il tuo Angelo sia (onnipotente) presente (potente cioè vicino) Auguri a Anna di Cannes
C’est difficile dir mal de lui mais c’est plus difficile en bien parler. E’ difficile dir male di lui ma è ancor più difficile parlarne bene. Libro su R. Steiner
53
Balle, megaballe, statistiche.
Mark Twain
Torvaque oculos sub fronte minaces Occhio torvo sotto fronte minacciosa.
Silio Italico parlando di Annibale
Amarsi significa guardare nella stessa direzione.
Antoine de Saint Exupery
Era uno che per sembrare un genio avrebbe dovuto essere completamente diverso.
Beppe Viola
Sono dei bambini, disse Einstein,(parlando degli americani) a volte graziosi, a volte scapestrati. E’ male quando incominciano a giocare con i fiammiferi, farebbero meglio ad insistere con i cubetti. Sanno dimenticare in fretta . Enzo Biagi, l’Espresso del 27.09.01
Natura nihil agit frustra.
Thomas Browe, Religio Medici
Quando un uomo porta dei fiori a sua moglie senza motivo, un motivo c’é.
Molly McGee
Non é positivo esser migliore del peggiore.
Seneca
Oggi sono più famoso: faccio più cilecca con donne più belle.
Woody Allen
Si può senz’altro affermare che nulla di grande al mondo sia mai stato compiuto senza motivazione. Georg Wilhem Hegel riportato da Phil Cuneo
Osare: il progresso si ottiene solo così. Victor Hugo riportato da
I consumatori sono statistica.
54
Phil Cuneo
I clienti persone.
Stanly Markus
Non é il grande che supera il piccolo, ma il veloce il lento.
Heinz Peter Halek
L’illusione definitiva é la convinzione di aver perso tutte le illusioni.
Stanislwaw J. Lec
Troveremo un modo o lo creeremo.
attribuito ad Annibale
Abilità politica é la capacità di prevedere che cosa accadrà domani, la settimana prossima, il mese prossimo, l’anno prossimo. E, in seguito, avere la capacità di spiegare perché non é accaduto. Winston Churchill riportato da Phil Cuneo 25.01.2001
Gestire un cambiamento é come ballare la samba: due passi avanti, uno di fianco, uno indietro.Severino Salvemini
Carissimo Luca, (mio nipotino, di 3 mesi)
ieri sono partito alle 14.30 in macchina ed alle 15 ero ai piedi della Bisalta ed avevo un po’ di rammarico perché aspettavo due importanti telefonate: mi son però detto che, se pur importanti, lunedì non avrebbero perso valore alcuno. Tre ore di cammino e sono arrivato in punta in tempo per l’equinozio d’ autunno (non stò a spiegarti più di tanto il senso ed il significato che questo fenomeno ha per me) La Bis- Alta , che quando sarai un po’ più grandicello imparerai a conoscere dalla finestra della tua camera, è una montagnola di soli 2231 mt che si spinge dentro la pianura (dodici km. da Cuneo, 22 da Mondovì, 10 da Borgo; incredibile ho sentito due volte la sirena di una ambulanza) ed ha una visibilità di 360° di panorama mozzafiato: a partire dalla Alpi Liguri, alle Marittime, alle Cozie con il Mon Viso, al gruppo del Rosa a nord e più in là ancora il Bernina; ad est pareva di vedere il mare (da lì in effetti si vede, ma bisognerebbe scorgere una nave per averne la certezza). In basso tutti i paesi, paesini, frazioni che ben conosco. E il tramonto?
Per farla breve: ho intensamente ed intimamente amato tutto e tutti: le montagne, i boschi, le miriadi di persone che lì sotto si arrabbattavano, gli animali tutti. Ma più importante ancora è stata la percezione chiara ed evidente (ed è stata la prima volta) che Dio mi ha amato.
Penso che questo sia stato il giorno più bello della mia vita.
55
Mi son seduto per sbocconcellare qualcosa e non so come e perché mi son ricordato di te: ed allora mi sono alzato e girato verso ovest e ti ho abbracciato. Perché ti dico questo? Semplicemente perché è successo.
Al ritorno, la prima parte che è più brutta e rocciosa e ripida l’ho percorsa alla luce naturale, per fortuna. Mi è successo all’ improvviso, a metà strada, di sentire come una fucilata alla mia destra, vicinissima; butto la lampada, alzo il bastone e grido: era una enorme scrofa che aveva mosso gli zoccoli sul ghiaione seguita da tre cinghialetti, neanche tanto piccoli. Ti assicuro che ho proceduto spedito guardandomi bene ben alle spalle.
Ma l’altro spettacolo, che non ricordavo di aver mai visto con pari intensità è stato il cielo stellato: ho fatto 4 o 5 tappe per rimirarlo bene (anche perché le gambe facevano giacomo-giacomo) ed ho anche pensato che avrei potuto portarmi il PC con un magnifico CD di stelle ma ho valutato che, a prescindere dalla fatica di portarlo a spasso, era meglio così, al naturale: il Gran Carro stava sdraiato a est e sembrava appunto ad una sdraio in attesa dell’alba, il mio amato Orione era basso sull’ orizzonte ed ancora tutto di schimbescio, la Via Lattea immensa ed imponente era violata da almeno due satelliti artificiali.
Fine.
Sappi comunque che ieri sera hai ricevuto un fortissimo abbraccio virtuale: ma l’energia che sprigiona dai sentimenti è cosa ben reale.
Sabato 23 settembre 2000 -----------------------------------------
Nessuno sa il massimo che può raggiungere.
Arturo Toscanini
Chi non vuol navigare finché non sia passato ogni pericolo non deve mai prendere il mare.
Thomas Fuller
L'ambizione é la morte del pensiero.
Ludwig Wittgenstein (filosofo austriaco, 1889-1951).
L'ambizione é sempre priva di scrupoli.
Oscar Wilde , 1854-1900), Aforismi.
Loda i grandi poderi, ma coltivane uno piccolo.
Publio Virgilio Marone (, 70-19 a.C.), Georgiche.
Sognate e mirate sempre più in alto di quello che ritenete alla vostra portata. Non cercate solo di superare i vostri
56
contemporanei o i vostri predecessori. Cercate, piuttosto, di superare voi stessi. William Faulkner (, 1897-1962), Sartoris.
L'origine di tutti i peccati é il senso di inferiorità - detto altresì ambizione. Cesare Pavese (, 1908-1950), Il mestiere di vivere. Il potere dà alla testa anche a chi non lo possiede, ma in questo caso la sbornia svanisce in fretta. (scrittore austro-bulgaro, 1905-1994), La provincia dell'uomo.
Elias Canetti
Non bisogna rovinare il bene presente col desiderio di ciò che non si ha, ma occorre riflettere che anche ciò che si ha lo si é desiderato. Niente basta a chi non basta ciò che é sufficiente. La scontentezza dell'anima porta l'uomo a desideri eccessivi. Epicuro (, 341-270 a.C.), Sentenze Vaticane. L'ambizione non s'accorda affatto con la bontà; s'accorda con l'orgoglio, con l'astuzia, con la crudeltà. Leone Tolstoj(, 1828-1910), Il regno di Dio é in voi. Nessuno é obbligato a correre sulla via del successo. Nulli necesse est felicitatem cursu sequi. Lucio Anneo Seneca (, 4 a.C.-65 dC), Lettere a Lucillio
Meglio l’ira del leone, che l’amicizia delle iene.
Proverbio abissino
Le grandi vele non sono adatte alle piccole barche.
Properzio
Il carattere è la metà del destino.
Confucio
Se vuoi bere alla sorgente devi andare controcorrente.
Garcia Lorca
Non consentire alla lingua di oltrepassare il pensiero.
A. Cechov
Minus habens: Che ha meno. É un ’espressione biblica, usata da Daniele nell’interpretare a Baldassarre le tre misteriose parole: Mane, thecel, phares, per significargli che nella bilancia della giustizia divina il suo peso era scarso; nel significato corrente vuol dire persona tocca nel cervello, poco intelligente.
57
Ci voleva un ragioniere per quel posto e l’ebbe un ballerino.
Pierre Auguste Beaumarchais
Coraggio, il meglio é passato.
Ennio Flaiano
Ho visto un film di uno che rimaneva aggrappato a una antica ipotesi e restava intrappolato. Quindi é sempre meglio avere più soluzioni. Ciriaco De Mita, rif. Da Phil Cuneo, 31.01.2001
MATTINA SOLDATI M’illumino D'immenso.
Giuseppe Ungaretti
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.
Giuseppe Ungaretti
Pecunia non olet: I soldi non hanno odore. Con l'intento di aumentare gli introiti l' imperatore Vespasiano inventò quei piccoli monumenti che portano appunto il suo nome stabilendo una tassa per chi li usava ed una contravvenzione per chi non li usava, ed al figlio Tito, puritano e pieno di scrupoli, che protestava, mettendogli sotto il naso una manciata di sesterzi chiese: puzzano ? Ha anche mille altri significati del tipo i soldini frutto di rapina o usura…, ect
Pecuniae obediunt omnia: Tutto obbedisce al denaro. (Ecclesiaste, X, 19). É una verità dolorosa, ma innegabile. É il credo di buona parte dell’umanità.
Pecunia fidens: Confidando nel denaro. (Cornelio Nepote, Lisandro, III). É la solita teoria dell’onnipotenza del danaro, che talvolta diventa un vero culto.
58
Pede poena claudo: Il castigo (arriva) con piede zoppicante
Orazio libro III, Ode II v. 32).
La maturità consiste nel sapersi mettere nei panni di un altro.
Radiorai1 02.11.02001 ore 10.45
Meglio tacere e passare per idiota che parlare e dissipare ogni dubbio.
Abraham Lincoln
Cura ut valeas.
Pierluigi Cocito, nelle sue lettere
Gli amici vanno e vengono, i nemici si accumulano.
Nessun uomo é così occupato da non aver il tempo di raccontare a tutti quanto e come sia impegnato. Robert Leinke
La vita non è un sogno: Sveglia!
Garcia Lorca
Epitaffio sulla tomba di un malato d’insonnia: “sono guarito”.
Gola sazia rispetta il miele.
Proverbi, 27,7
Nessuna ricchezza può saziare l’avaro.
Sir. 14,9
Un colpo di frusta produce un livido, un colpo di lingua rompe le ossa.
Siracide 28,17
Chi balla indossando un vestito preso in prestito si diverte poco.
proverbio della Nigeria
L’uomo non può prendere due sentieri per volta.
Proverbio del Mali
59
Alcuni credono che il genio sia ereditario; gli altri non hanno bambini. Marcel Achard
Quando si é vecchi? Quando i ricordi diventano più forti delle speranze. John Barrymore
Chi é vecchio? Lo é chi non ha lo spirito della sua età, ma ne ha tutti gli inconvenienti. Voltaire
Si può nascere vecchi e morire giovani.
Jean Cocteau
Il legame del matrimonio é così pesante che si deve essere in due per portarlo, meglio in tre Alexandre Dumas, pére
Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non abbiamo tutti lo stesso orizzonte. Konrad Adenauer
Per trovare il senso della vita non c’é niente di meglio che morire.
Enriquez Jardiel Porcela
All’età di 50anni un uomo ha la faccia che si merita.
George Orwell
Vivi come se dovessi morire domani Impara come se dovessi vivere per sempre.
Mahatma Gandhi
Il divertimento é inesauribile, la serietà no.
Johan Friedrik Richter 1763-1825
Ama tutti, credi a pochi e non far del male a nessuno.
William Shakespeare 1564-1616
Un matrimonio é raramente ragionevole, ma un divorzio lo é sempre: ci si conosce già. Sacha Guitry
60
Culmine vertiginosamente sacro. Cartiglio alla base dell’ultimo pilastro a destra della V° chiesa della Sacra di San Michele costruito sull’ultimo spezzone di roccia del Monte Pirchiriano; cartiglio falso e postumo perché ce n’era un altro:-terribilis est locus iste-
La differenza fra un genio e uno stupido é che il genio ha dei limiti.
Terribilis est locus iste Genesi,
Giacobbe, chiesa di Rennes le Chateau
ma anche a St. Michel a Tenda nella cappella a sinistra dell’altare dove fu compiuto un omicidio: sulla pietra tombale era stato scolpito il nome di colui che avrebbe avvelenato il Conte: il sospettato si recò di notte a scolpire (pardon, manomettere) l’iscrizione, ma fu trovato ucciso il mattino successivo: così si amministrava la giustizia nel 1500 senza tanti processi (e ricorsi). Nella stessa cappella c’è una lapide in memoria di un Savoia, definito semplicemente Batard: le cose bisogna chiamarle con il loro nome, o no?
Una dinastia espulsa al suo ritorno non perdona mai.
Napoleone, Massime, aforismi, pensieri
Le persone che non hanno mai tempo, non ottengono grandi risultati. Georg Christoph Lichtenberg
Certus an, incertus quando, maxime dubius vel ambiguus quomodo. a Francesca di Mantova
Noi confidiamo in Dio, tutti gli altri pagano in contanti.
anonimo
Sono maschio, ma non esercito.
Dario Vergassola, scrittore
Naturalmente io non sono un ingenuo e scuso il dottore di vedere nella mia vita stessa una manifestazione di malattia. La vita assomiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha i giornalieri miglioramenti e peggioramenti. A differenza delle altre malattie, la vita é sempre mortale. Non sopporta cure: sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati…………. Qualunque sforzo di darci la salute é vano……. Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa degli ordigni fuori del suo corpo e se c’é stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.
61
Italo Svevo, La Coscienza di Zeno, ultima pagina
Amate quello che non udrete due volte.
Marcel Jousse
Oh! Bocche di fango e di malvagità, acide verginità ammuffite, zitellone avide e meschine………. Venivano a confessare l’irrimediabile: lui le aveva rotto i sigilli, divorato il frutto, bisognava che si sposassero…..
Vossignoria faccia il piacere di arrotolarsi la lingua in bocca e di non sparlare di mio marito, che non son venuta qui per ascoltare i suoi insulti……..(cap. XII)
…quanto più puttane da giovani, tanto più rispettabili nella vecchiaia. E’ diventata vergine e rudere in un sol colpo……..(cap. II parte terza) Jorke Amado, Dona Flor e i suoi due mariti
Una mezza verità è una bugia intera.
Proverbio arabo
Ave Hospes ! Non solum janua, sed et cor, Domini mei, patet tibi Salve ospite! Non solo la porta ma anche il cuore del mio padrone ti si apra Pierluigi Cocito: fatta incidere su pietra verde, da apporre alla nuova casina (foto)
Ave, sed magis vale. Salve, ancor più stai bene.
Pierluigi Cocito
Appunti sul viaggio nel labirinto di Chartres 21.giugno 2mila2 --ci si incontra e ci si perde --la forza di iniziare di nuovo dopo un tornante
62
--la vita é un dono / dovere --il labirinto é un vortice all’ingiù, un cadere nel baratro --il cammino é sempre solitario --il cammino é amore ma é fatica, sottomissione alle regole, vincolo a con-vivere con tutti gli altri: ma é un costruire, procedere --il cammino é molto spesso disturbato da un organo, un pazzo, uno strano, un fatto naturale (meteo e non): ciò inibisce, rallenta, uccide il cammino --quando sembra tutto liscio e facile e veloce non é detto che sia meglio: viene meno la concentrazione.
La mort is coumo lou calabrun dal sero. La morte é come il crepuscolo serale.
Coumboscuro, San Jan 2mila2
Il pigro è il fratello maggiore del mendicante.
Proverbio russo
Venduta la coscienza, puoi commerciare di tutto.
Proverbio arabo.
Tutti si nasce piangendo e nessuno muore ridendo.
Gli amici falsi sono come i fagioli: parlano dietro.
Dove tuona un fatto, ha prima lampeggiato un’idea.
Anche il bue dell’ Imperatore ha due sole corna.
Le cose lunghe diventano serpi.
Donne, affari, tarocchi, non son roba da sciocchi.
Malaccorto chi si fida di una donna che non rida.
63
Nous serions ingrat si, en déposant la plume, nous omettions de remercier les bibliothecaires….. preface Memoires Societé Archéologique Eure et Loir
Multipli, prolungati e reiterati inturgidimenti ti augura…… Multipli, prolungati e reiterati orgasmi ti augura……. Biglietto di auguri
*****Lettera di Filippo il Bello al Papa Bonifacio: Philippe, pour la grace de Dieu roi des Francais, à Boniface, prétendu souverain pontife, peu ou point de salut. Que Votre Supreme Démence sache que dans le temporel nous ne sommes soumis à persone. (Filippo, per la grazia di Dio Re dei Francesi, a Bonifacio, preteso sovrano pontefice, poco o nulla di salute, che la Vostra Suprema Demenza sappia che nel temporale noi non siamo sottomessi ad alcuno) Risposta di Papa Bonifacio: je vous déposérai comme un petit garcon (Io vi deporrò come un garzone) (e lo scomunica)
*****Il est interessant de citer quelques articles des status secrets dus au mysterieux maitre Roncelin: --Sachez que Dieu ne fait point de difference entre les personnes, Chretiens, Juifs, Grecs, Romains, Francs ou Bulgare, parce que tout homme qui prie Dieu est sauvé- art 5 deuxieme partie --Parce que le Fils de Marie et de Joseph a été saint, libre de tout péché et crucifié, nous le venerons en Dieu; mais le bois de la croix, nous le ténons pour le signe de la bete dont il est question dans l’ Apocalypse. – art. 20 --L’ ignorance est la source de beaucoup d’erreurs, nul ne sera admis parmi les Elus s’il ne connait au moins le Trivium et le Quadrivium. – art.9
D’autres articles ancore insistent sur l’ obligation du secret, qui figure dejà sur la Regle official: --si un frére s’oublie, soit par légéreté, soit par bavardage, et fait connaitre le plus petit partie de statut secrets ou de ce qu’on fait dans les chapitres nocturnes, qu’il soit puni selon la grandeur de sa faute. Si vous interroge en justice sur les usages, lois, status et enterprises secretes de l’ Ordre, résistez a cette tyrannie en niant et en jurant de votre ignorance. Art.29 --Les status secrets ne seront traduits dans aucune langue vulgaire et ne seront jamais mis entre le mains des fréres. – art.16
Cette recomandation laisse donc supposer l’existance du secrets “au second degree” vraisemblement confiés à des documents chiffrés qui, les archives du Temple ayant disparu, n’ont encore jamais été rétrouvé.
64
Quant aux Assassins, homologues et amis musulmanes des Templiers, ils avaient organise le Tarouc, corporation des constructeurs dans le nom desquelles plusieurs auteurs ont cru discerner l’origine du jeu du tarot et don’t les members, à l’issue d’une initiation mal connue, apprenaient des techniques architecturales datant de la vielle Egypte.
Quant a l’ octogone, don’t l’interet est nulle en architecture militaire, il avait pour les Templiers un valeur symbolique éminente puisq’il est la figure géométrique determiné par la croix pattée, embleme de l’ Ordre.
L’art. 8 des status secrets recomande d’ailleurs: --Là ou vous construirez de grans batiments, faites des signes de reconnaissance.
Può essere interessante qualche articolo degli statuti segreti (dei Templari) dovuti al misterioso Maestro Roncelin: Sappiate che Dio non fà alcuna differenza fra le persone, cristiani, giudei, greci, romani, franchi o bulgari perché ogni uomo che prega Dio è salvato (art.5 seconda parte) --Perché il Figlio di Maria e Giuseppe è stato santo, mondo da tutti i peccati e crocifisso, noi lo veneriamo in Dio; ma il legno della croce noi lo teniamo come segno della bestia di cui parla l’ Apocalisse –art.20 --L’ignoranza è la fonte di molti errori e nessuno sarà ammesso fra gli Eletti se egli non conosce almeno il trivium e il quadrivium. Art.9 Altri articoli insistono ancora sull’obbligo del segreto, che già figura nella Regola ufficiale; --Se un Fratello si dimentica, sia per leggerezza sia per balordaggine dell’obbligo al silenzio e fa conoscere la più piccola parte degli statuti segreti o di quello che si compie nei capitoli notturni, ch’egli sia punito in funzione della gravità del suo errore. Se siete interrogati in giustizia sugli usi, le leggi, gli statuti e le opere segrete dell’ Ordine, resistete a questa forzatura negando e giurando circa la vostra ignoranza. --Gli statuti segreti non saranno tradotti in alcuna lingua volgare e non saranno messi a disposizione dei Fratelli.— art.16 Questa raccomandazione suppone l’esistenza del segreto “al secondo grado” verosimilmente affidata a documenti cifrati che, essendo spariti gli archivi del Tempio, non sono mai stati trovati. Quanto agli Assassini, omologhi ed amici musulmani dei Templari, essi avevano realizzato il Tarouc, corporazione dei costruttori nel nome della quale molti autori hanno creduto di individuare l’origine del gioco dei tarocchi (ipotetico cifrario segreto) i cui membri, in forza di una iniziazione mal conosciuta, apprendevano delle tecniche architettoniche provenienti dall’antico Egitto. Quanto all’ottagono, il cui interesse è nullo in architettura militare, aveva per i Templari un valore simbolico molto forte poiché è la figura geometrica che determina la Croix patté, emblema dell’ Ordine. L’art. 8 degli statuti segreti raccomanda d’altronde: -Là dove voi costruirete dei grandi edifici, fate dei segni di riconoscimento—
Les art. 7 et 9 récommandent en effet:
65
--Ayez dans vos maisons de lieux de réunion vaste et cachés auxquelles on accédéra par des couloirs souterrains pour que les fréres puissent se rendre aux réunoins sans risques d’ etre inquietés…. Il est interdit dans les maisons où tous le fréres ne sont pas des Elus de travailler certaines matiéres par la science philosophique et donc de trasmuter les metaux vils dans les lieux cachés et en secret.
L’adoration d’une image –en forme d’une tete d’homme à la grande barbe- et ont réprochait aux Templiers de la présenter comme –l’image du vrai Dieu, du seul auquel on doit croireOr en language d’ oc, Baphomet désignait Mahomet.
En l’an 1003 la chrétienté perdait son chef et la France son premier pape en la personne de Gerbert d’ Aurillac, couronné 4 ans plus tot sous le nom de Sylvestre II…. La legende assure que Gerbert (quand etais étudiant au Couvent d’ Auvergne) s’echappe en Espagne. Ce qui attire là bas le jeune défroqué, c’est la soif d’un savoir interdit: les Arabes, dit-on, ont la clef de bien de secrets…. Seul un viex savante arabe conservait sur lui la supériorité, car il possédait un livre sur les nombres, intituled Abacum, et qui lui donnait un pouvoir magique. Gerbert seduit la fille du veillard et, grace à sa complicità, le deroba sous l’oreillr de son maitre. Avec l’ Ars Subtilissima Arithmeticae, la Geometrie, le Livre du jeu des Eches et le monumental Traité des Poids et Mesures, il figure dans son bibliotheque parmi les deux douzaines d’ouvrage mathematiques genieux que nous a laissés Gerbert d’ Aurillac, auquel l’ Occident doit aussi l’introduction de chiffres arabes, base de la numeration decimale,….
Gli art. 7 e 9 raccomandano in effetti: --Abbiate nelle vostre Mansioni (o Commanderie) dei luoghi di riunione vasti ed interrati ai quali si accederà per camminamenti sotterranei affinché i Frati possano andare alle riunioni senza rischi di essere disturbati… E’ proibito nelle mansioni in cui tutti i Frati non siano degli Eletti, di trattare certe materie di scienza filosofica e quindi di trasmutare i metalli vili in locali nascosti ed in segreto. L’adorazione di una immagine –sotto forma d’una testa d’uomo con una enorme barba- e si attribuisce ai Templari di presentarla come l’immagine del vero Dio, del solo in cui dover credere. Ora in linguaggio d’ oc Bafometto designa Maometto. Nell’anno 1003 la cristianità perse il suo capo e la Francia il suo primo Papa nella persona di Gerbert d’ Aurillac, incoronato 4 anni prima con il nome di SilvestroII°….. La leggenda assicura che Gerberto, quando era studente al Convento d’ Auvergne) fuggì in Spagna. Ciò che attirò colà il giovane spoglio (dell’abito monacale), è la sete di un sapere proibito: gli Arabi, si dice, hanno la chiave di molti segreti. … Solo un vecchio saggio arabo conservava sul suo corpo il segreto , perché possedeva un libro sui numeri, intitolato Abacum, che gli donava un potere magico. Gerbert sedusse la figlia del vegliardo e, grazie alla sua complicità, lo rubò sotto il cuscino del suo maestro. Con l’ Arte Sublime dell’Aritmetica, la Geometria, il Libro del Gioco degli Scacchi, ed i monumentale Trattato dei Pesi e delle Misure, figura nella sua biblioteca fra le due dozzine di opere ingeniose di matematica che ci ha lasciato Gerbert d’ Aurillac, al quale l’occidente deve anche l’introduzione delle cifre arabe, base della numerazione decimale….
L’example le plus étrange est celui du fameux “carré magique” SATOR AREPO TENET OPERA
66
ROTAS Che si trova in: 1 medaglia delle rovine di Pompei; 2 Bibbia Latina del 822; 3 manoscritto Greco del XII° secolo conservato nella Bib. Nazionale de Paris; 4 in Italia alla Pieve Iersagni vicino a Cremona; 5 convento Santa Maria Maddalena a Verona; 6 in Francia la chiesa Sain Laurent a Rochemaure; 7 le chateau de Jarnac; 8 in Spagna a Saint Jacques de Compostele. On suppose qu’il s’agit d’une clef de déchiffrement. (circa il carré magique c’è un prezioso studio di Agnés-Hélène Grange sul n. 407 di Atlantis, 2001)
***** Gérard de Séde, Les Templiers sont parmi nous, Ed. J’ai lu,1962 (questo autore/giornalista non é assolutamente apprezzato ma avrà solo sparato cazzate?)
Au Moyen Age, le genre humain n’a rien pensé d’important qu’il ne l’ ait écrit en pierre. Nel Medio Evo gli uomini non hanno concepito nulla di importante se non scrivendolo nella pietra Victo Hugo
De tous les actes, le plus complet est celui de costruire. Paul Valery
QUISQUIS ADES TU MORTE CADES STA, RESPICE, PLORA SUM QUOD ERIS, MODICUM CINERIS PRO ME PRECOR, ORA Qui que tu sois, passant, tu morras; arrete toi, examine et pleure; je suis ce que tu seras: de la pauvre ceindre; veuille prier pour moi. Chiunque tu sia, passante, morrai; fermati, pensaci e piangi; io sono ciò che tu sarai, della povera cenere; voglia tu pregare per me. Chiesa di Gisors (foto)
FAY MAINTENAT CE QUE VOUDRA AVOIR FAIT QUAND TU TE MOURRAS Fai adesso ciò che avrai voluto fare quando morrai (?) Chiesa di Gisors
67
La France, dans ses frontiéres naturelles, a la forme d’un crystal hexagonal dont cinq sommets sur siz sont géographiques. La Francia, nelle sue frontiere naturali, ha la forma di un cristallo esagonale i cui 5 vertici su 6 sono geografici (naturali) Pierre Plantard
Le triangle hérmetique des “trois tetes” Il triangolo ermetico delle 3 teste JARNAC, la porte de Saint Jacques; la porta di san Giacomo MONTREVEL (à est de Lyon, pres d’ARS) l’antre de la Mort l’antro della morte GISORS la porte du royaume de la Reine Blanche la porta del regno della Regina Bianca
Les diverses proportions de l’art de batir qui permettent de pénétrer au trésor symbolique de l’ édifice. En 1188, les membres de l’ ORMUS s’installerent à Saint Jean Le Blanc, dans le Pieuré de Mont Sion. Le diverse proporzioni dell’arte del costruire che permettono di penetrare nel Tesoro simbolico dell’ edificio. Nel 1188 i membri dell’ Ormus si installarono a san Giovanni in Bianco, nel Priorato del Monte Sion (questa è una boutade) Pierre Plantard
Nel 1640, fr. Mattia, mentre era guardiano del convento dei Cappuccini di Asti, per gli strapazzi sopportati sino allora durante il settennio immediatamente precedente nell’insegnamento delle scienze umane e divine, ad un certo momento non poté reggere e cadde in una diuturna malattia….. P.Zefferino Signetto di Tonengo OFM, I Frati delle Missioni e della Peste.
Il cinema é la coscienza del mondo. Prof. Altamura Fac. Cinematogr Tor Vergata Rai1 09.12.02 (che scienza!)
da gigi ai Compagni cacciati dal Bonelli nel 1965
Nel corso della cena di ieri sera avrei voluto chiedere la parola per manifestare un sentimento ma, stante l’argomento, il clima non era dei più adatti. Lo scrivo approfittando della cortesia del Beppe che, bontà Sua, spedisce le vostre foto. Nella parte alta di Saluzzo poco lontano dal superbo campanile di Città c’è la chiesa di San Giovanni di un bel romanico: in facciata è effigiato un San Cristoforo e non si può non vedere un ardito ed armonioso campanile sormontato da un gallo segnavento (esempio rarissimo in Italia usuale invece in Francia)
68
Bello l’ interno (un po’ sovraccaricato da alcuni altari barocchi) ma eccelsa l’abside in pietra verde di Acceglio lavorata in cesellature simili al traforo (pregevole un capitello raffigurante un occhialuto), per non parlare dell’ altare ligneo. Attiguo alla chiesa un chiostro un po’ malandato dà accesso al refettorio ed alla sala capitolare (notevoli gli stipiti della porta). In quest’ ultima un marmoreo monumento funebre alla memoria di Cavassa sull’ archivolto porta la scritta: “SAPIENTIS VITA EST MEDITATIO MORTIS =la vita del sapiente (saggio) è la meditazione della morte” Da più di trent’anni cerco ogni occasione per visitare quel luogo e, prendendo lo spunto da ciò, vorrei leggessi questo brano:
La più grave di tutte è il soffocamento e la più dolce è il bacio della morte. Novecentotre specie di morte sono state create nel mondo. Il soffocamento è simile ad una spina in una palla di lana tosata, che la lacera indietro. Altri dicono che è simile all’ acqua che turbina all’ingresso di un canale. Il bacio della morte è come togliere un capello dal latte. Il processo della morte viene descritto in questa maniera: --Quando viene la fine dell’uomo per uscire dal mondo, l’angelo della morte appare per prenderne l’ anima. L’anima è come una vena piena di sangue, ed ha delle venuzze che sono distribuite in tutto il corpo. L’angelo della morte prende l’ estremità di questa vena e la toglie. Dal corpo del giusto la toglie con dolcezza, come si toglie un capello dal latte, dal corpo dl malvagio, invece, turbinando come acque all’ imbocco di un canale o, secondo altri dicono, come togliere una spina da una palla di lana, che lacera indietro.-- fonte : Torah
Personalmente pensando ad Alberto ritengo che l’ Angelo Dumah abbia voluto prenderLo “come si toglie un capello dal latte”, poiché era un giusto. Nel corso degli anni i nostri incontri erano stati radi, sporadici e casuali. Lo vidi l’ ultima volta l’inverno scorso sotto i portici del liceo : stava andando all’ ospedale per la chemio e gli offrii un passaggio in macchina. Al Suo rifiuto lo accompagnai a piedi ed ebbe modo di raccontarmi le Sue disavventure; mi stupì la serenità ed il distacco con cui ne parlava e di come, con naturalezza, continuasse a lavorare. Quando poco dopo partecipai al funerale seppi che una banale influenza se L’ era portato via e immediatamente collegai l’ evento al “togliere un capello dal latte”. E’ questo il mio ricordo di Alberto. 10 giugno 2003 --------------------------------------------------------------------S.V.B.E.E.V. Si vales, bene est, ego valeo.
incipit delle lettere
Cicerone,
69
La crescita é direttamente proporzionale alle promesse fatte, il profitto (successo) é inversamente proporzionale alle promesse mantenute. John Peers -------------------------------------------------------------------------PENSIERI di Blaise Pascal
*305 Non mi si dica che io non abbia detto nulla di nuovo; l’ordine del discorso é nuovo; quando si gioca a palla, é la medesima palla quella con cui giocano l’uno e l’altro, ma uno la piazza meglio.
*370 Tutti gli uomini cercano di essere felici; ciò é senza eccezioni; quantunque impieghino mezzi diversi, essi tendono a questo fine. E’ il motivo di tutte le azioni di tutti gli uomini, compresi quelli che vanno ad impiccarsi.
*46 Non bisogna affatto distrarre lo spirito, se non per farlo riposare, ma quando é opportuno, per riposarlo per quanto é necessario e non altrimenti; poiché ciò che fà riposare fuori proposito, stanca; e ciò che stanca fuor di proposito fa riposare, perché si lascia il tutto.
*205 Un uomo passò la vita senza annoiarsi giocando ogni giorno un po’ di denaro. Dategli ogni mattina la somma che può guadagnare ogni giorno, a patto che non la giochi più: lo rendete infelice. Forse si dirà che egli cerca lo svago nel gioco e non il guadagno. Fatelo dunque giocare per niente, non ci prenderà gusto e si annoierà.
*208 Tutti i grandi divertimenti sono pericolosi per la vita cristiana: ma fra quanti ne ha inventati il mondo, non v’é n’é nessuno che sia più da temere che la commedia. E’ una rappresentazione così naturale e così delicata delle passioni, che la sommuove e le fa nascere nel nostro cuore, e soprattutto quella dell’amore; in modo particolare quando lo rappresenta molto casto ed onesto……..
*23 quelli che hanno l’abitudine di giudicare con il sentimento, non capiscono nulla delle cose di ragionamento, perché pretendono di capire subito a prima vista e non hanno l’abitudine di ricercare i principii. Mentre gli altri al contrario che hanno l’abitudine di ragionare partendo dai principii, non capiscono nulla delle cose del sentimento, perché cercano principii e non li possono scorgere con un colpo d’occhio.
*24 Il sentimento appartiene al giudizio come le scienze appartengono all’intelletto.
*92 ….i sensi ingannano la ragione con false apparenze; e questo strano tranello che essi (i sensi) tendono all’anima, essi la ricevono da questa a loro volta; essa se ne vendica. Le passioni dell’anima turbano i sensi, e procurano ad essi false impressioni. Essi mentono e si ingannano a gara.
70
*93 La memoria é necessaria per tutte le operazioni della ragione.
*104 L’immaginazione non può rendere savi gli stolti; ma li rende felici, a dispetto della ragione la quale non può rendere i propri amici che miserabili, l’una coprendoli di gloria, l’altra di vergogna.
*317 La guerra interna della ragione contro le passioni ha fatto sì che quelli che hanno voluto avere la pace si sono divisi in due sette. Gli uni hanno voluto rinunciare alle passioni e diventare déi; gli altri hanno voluto rinunciare alla ragione e diventare bestie brute. Ma non ci sono riusciti né gli uni né gli altri: e la ragione rimane sempre ad accusare la bassezza e l’ingiustizia delle passioni e a turbare il riposo di coloro che vi si abbandonano; e le passioni sono sempre vive in coloro che vogliono rinunciarvi.
*672 Bisogna servirsi delle passioni come schiavi e, lasciando ad esse il loro alimento, impedire che l’anima si lasci prendere da esse; perché, quando le passioni sono le padrone, sono vizi ed allora nutrono l’anima del loro alimento, e l’anima se ne nutre e se ne avvelena.
*327 L’estrema intelligenza é accusata di follia, come l’estrema deficienza. Solo la mediocrità é bene. E’ la maggioranza che ha stabilito questo, e censura chiunque se ne allontana verso non importa quale estremo……
*84 Noi non avvertiamo né l’estremo caldo né l’estremo freddo. Le qualità eccessive ci sono avverse e non sono percepibili: non le sentiamo più, le soffriamo. Troppa giovinezza e troppa vecchiaia impacciano lo spirito, troppa e troppo poca istruzione…..
*210 L’uomo é manifestamente fatto per pensare; in questo stà tutta la sua dignità; e tutto il suo valore e tutto il suo dovere stanno nel pensare come si deve. Ora, l’ordine proprio del pensiero consiste nel cominciare da sé, dal proprio autore e dal proprio fine.
*255 L’uomo é grande perché si riconosce miserabile. Un albero non si riconosce miserabile. Si é quindi miserabili in quanto ci si riconosce miserabili: ma é esser grandi riconoscere che si é miserabili.
*314 L’uomo sa di essere miserabile; egli é dunque miserabile, perché lo é; ma é ben grande perché lo sa.
*369 L’uomo non é né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuole fare l’angelo sia la bestia.
*466 L’ultimo passo della ragione sta nel riconoscere che vi é una infinità di cose che la sorpassano.
71
*98 Il caso dà i pensieri, e il caso li porta via; non c’é arte né per conservare né per acquisire. Pensiero sfuggito, lo volevo scrivere; scrivo invece che mi é sfuggito.
*265 Canna pensante – Non é nello spazio che io devo cercare la mia dignità, ma nel retto esercizio del mio pensiero. Non avrei alcuna superiorità, possedendo della terra. Con lo spazio, l’universo mi comprende e mi inghiotte come un punto; con il pensiero, io lo comprendo.
*296 Le cose più insensate del mondo diventano, a causa della dissennatezza degli uomini, le più ragionevoli. Cosa c’é di meno ragionevole che scegliere, per governare uno Stato il primogenito di una Regina? Non si sceglie per governare un vascello quello fra i passeggeri che appartiene alla miglior casata: questa norma sarebbe ridicola ed ingiusta.
*297 La potenza del Re é fondata sulla ragione e sulla follia del popolo, ma molto più sulla follia. La cosa più grande ed importante del mondo ha per fondamento la debolezza, e tale fondamento é ammirevole certo, perché non vi é nulla di più sicuro di questo, che il popolo sia debole.
*247 La concupiscenza e la forza sono le fonti di tutte le nostre azioni; la concupiscenza genera quelle volontarie; la forza le involontarie.
*343 Affinché la passione non nuoccia, facciamo come se ci restassero otto giorni di vita.
*397 Io credo solo nelle storie i cui testimoni sono pronti a farsi sgozzare.
*305 Quanto vantaggiosa é la nobiltà; già a 18 anni pone un uomo in posizione elevata, lo rende riconosciuto e rispettato quando un altro potrebbe riuscire a meritarlo ai 50 anni! Sono trent’anni guadagnati, senza fatica.
*319 La grandezza ha bisogno di esser lasciata, per esser sentita. La continuità disgusta in ogni cosa; il freddo é gradevole in vista dello scaldarsi, eccetera.
*335 Quell’ adagiarsi nell’ignoranza é una cosa mostruosa di cui occorre far sentire la stravaganza e la stoltezza a coloro che vi trascorrono la vita, mettendola bene dinanzi agli occhi, per confonderli con la considerazione della loro stoltezza. Ecco infatti come ragionano gli uomini, quando scelgono di vivere nell’ignoranza: “io non so” dicono…..
72
*443 Sento che avrei potuto anche non esistere: infatti l’io consiste nel mio pensiero; dunque io che penso non sarei affatto esistito, se mia madre fosse stata uccisa prima che io fossi generato. Dunque io non sono un essere necessario. Non sono neppure eterno, né infinito ma vedo bene che vi é nella natura un essere necessario, eterno ed infinito.
*791 Le due ragioni contrarie. Bisogna iniziare da queste: senza ciò non si comprende nulla, e tutto é eretico; e pure, al termine di ogni verità, bisogna aggiungere che si ricordi della verità opposta.
*792 I deboli sono persone che conoscono la verità, ma che la difendono solo quando il loro interesse vi coincide; ma, al di fuori di questo, l’abbandonano.
*24 La “finezza” é propria del giudizio, la “geometria” dello spirito.
*40 E’ necessario che di uno non si possa dire: “è matematico”, “é predicatore”, “é eloquente”, ma “é un uomo onesto” Solo questa qualità universale mi piace.
*793 La verità si é oscurata in questo tempo, e la menzogna si é così rinsaldata che, se non si ama la verità, non si é capaci di riconoscerla.
*33 Tutte le false bellezze, che noi deprechiamo in Cicerone, trovano ammiratori, in gran numero.
*485 La gente comune ha la capacità di non pensare a quello a cui non vuol pensare.
*32 Odio allo stesso modo il buffone e il tronfio: non ci si farebbe amici né dell’uno né dell’altro.
*130 La vita umana non é che una continua illusione; non si fa che ingannarsi ed adularsi a vicenda. Nessuno parla di noi in nostra presenza come ne parla in nostra assenza.
*131 Sono sicuro che se tutti gli uomini sapessero ciò che si dicono gli uni degli altri, non si troverebbero nel mondo 4 amici.
*180 Il naso di Cleopatra: se fosse stato più corto, tutta la faccia della terra sarebbe mutata.
73
*104 La giustizia e la verità sono due punte così sottili, che i nostri strumenti sono così ottusi per raggiungerle con esattezza. Se ce la fanno ne smussano la punta e si appoggiano tutt’ intorno, più sul falso che sul vero.
*251 Tutto ciò che urta la verità o la carità é male: ecco il vero principio.
*461 Bisogna avere queste tre qualità: scettico, geometra, cristiano. Scettico, geometra, cristiano: dubbio, sicurezza, sottomissione.
*671 Il giusto non prende nulla per sé dal mondo, né gli applausi del mondo; ma soltanto le sue passioni, delle quali si serve da padrone, dicendo all’una “và” e all’altra “vieni”. Le sue passioni così dominate sono virtù.
*698 Ci sono tre ordini di cose: la carne , l’intelletto, la volontà. I carnali sono i ricchi, i re: hanno per oggetto il corpo. I desiderosi di sapere e i dotti: hanno per oggetto lo spirito. I saggi: hanno per oggetto la giustizia. Nelle cose della carne domina propriamente la concupiscenza; nelle cose intellettuali propriamente la curiosità; nella saggezza propriamente l’orgoglio.
*719 Meglio non digiunare ed essere umiliato che digiunare e provarne compiacimento. Fariseo, pubblicano.
*821 La maggioranza é la via migliore, perché é visibile e ha la forza di farsi ubbidire; tuttavia é l’opinione dei meno capaci.
*21 Bisogna vedere le cose tutte di un colpo al primo sguardo, e non già in un processo di ragionamenti, almeno fino a un certo grado.
*88 Quando considero la breve durata della mia vita, assorbita nell’eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che vedo e riempio, inabissato nella infinità immensità degli spazi che ignoro e che mi ignorano , io mi spavento e stupisco di vedermi qui piuttosto che là, perché non vi motivo di qui al posto di là, perché ora piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo? Per ordine e per opera di chi mi é stato destinato questo luogo e questo tempo?
*89 Perché la mia conoscenza é limitata? La mia statura? La mia durata di cent’anni invece che mille? Quale motivo ha avuto la natura di darmela in tale misura e di scegliere questo momento invece di un altro, fra gli infiniti numeri non essendoci maggior ragione di scegliere l’uno più che l’altro, dato che nessuno attira più di un altro?
74
*438 Conosci dunque o superbo, quale paradosso sei a te stesso. Umiliati, ragione impotente; taci natura imbecille: imparate che l’uomo supera infinitamente l’uomo: apprendi dal tuo maestro la tua vera condizione, che ignori. Ascolta Dio.
*130 E’ senza dubbio un male essere pieni di difetti; ma é un male maggiore l’esserne pieni e non volerli riconoscere, poiché significa aggiungervi un altro difetto, quello di una illusione volontaria. Noi non vogliamo che gli altri ci ingannino, non riteniamo giusto che essi vogliano essere stimati da noi, più di quanto meritano; non é quindi nemmeno giusto neppure che noi li inganniamo e che pretendiamo che essi ci stimino più di quanto non meritiamo.
*187 Pochi parlano dell’umiltà con umiltà; pochi di castità con la castità. Non siamo che menzogna, doppiezza, contrarietà, e ci nascondiamo e camuffiamo a noi stessi.
*262 Il calcolatore produce effetti che si avvicinano al pensiero più di tutto quanto facciano gli animali; ma esso non fa nulla che possa far dire che abbia una volontà, come gli animali.
*277 Le bestie non si ammirano: un cavallo non ammira il suo compagno; non é che non ci sia fra loro emulazione nella corsa, ma questo rimane senza conseguenze; infatti, arrivati in scuderia, il più pesante e il più malfatto non cede la propria avena all’altro, come gli uomini pretendono si faccia con loro. * Blaise Pascal, +1658, Pensieri ---------------------------------------------------------------
La condizione di un matrimonio vantaggioso é sì auspicabile agli occhi del mondo, ma é vile e pregiudizievole agli occhi di Dio. Pascal, lettera alla sorella Gilberte
Si fa anche qualche violenza a se stessi per evitare certi vizi. Pascal colloquio con Mr. De Saci
I gradini che ci portano alla conoscenza della verità sono la definizione, l’assioma e la prova; perché in un primo tempo noi concepiamo l’idea di una cosa; in seguito diamo un nome a questa idea, cioé la definiamo; e infine cerchiamo se questa cosa é vera o falsa. Pascal, lettera a Le Pailleur, febbraio 1648
Quando l’istruzione precedeva il battesimo, tutti erano istruiti; ma ora che il battesimo precede l’istruzione, l’insegnamento che era necessario per il sacramento é diventato volontario, in seguito negletto e, infine, quasi abolito. Pascal , Confronto fra i cristiani dei primi tempi e oggi
75
C’é un’eloquenza del silenzio che penetra più di quanto la parola non saprebbe fare. Pascal, Discorso sulle passioni dell’amore
Qualche volta si credono vere delle cose, soltanto perché le si dicono con eloquenza. Pascal, Colloquio con Mr. De Saci.
Mentre egli parlava il comandante corinzio Adimanto di Ocito gli disse: -- Temistocle, nelle gare, chi si muove per primo viene frustato—Egli per scusarsi rispose: --Però chi resta indietro non riceve la corona-- Erodoto, Storie, libro VIII°, 59
A Francoforte nel 1798 stese le seguenti osservazioni sul gioco delle carte : --La propensione al gioco delle carte è uno dei tratti caratteristici del nostro tempo. Intelletto e passione sono le facoltà dell’anima che vi agiscono. Quello ricerca le regole e come giudizio le applica ad ogni momento. Da ciò deriva che persone profondamente ragionevoli e dotate di brillante immaginazione siano spesso cattivi giocatori e non solo perché non riescono a prendere interesse al gioco , ma anche perché spesso il loro giudizio non è esercitato nell’applicazione di regole nella vita quotidiana….— Karl Rosenkranz, Vita di Hegel, Oscar Mondatori, 1966
Avarizia
Ho conosciuto un vecchio Ricco, ma avaro: avaro ad un punto tale Che guarda li quatrini ne lo specchio Pe’ vede raddoppiato er capitale
Allora dice: --Quelli li do via Perché ci faccio beneficenza; ma questi me li tengo pe’ prudenza— E li ripone ne la scrivania. Trilussa, Li sette peccati
76
La lumaca
La Lumachella de la Vanagloria, ch’era strisciata sopra un obbelisco, guardò la bava e disse: --Già capisco che lascerò un’impronta ne la Storia Trilussa, Giove e le bestie, 1932.
La virtù, come il corvo, predilige le rovine. Anatole France, La rosticceria
Le virtù si perdono nell'interesse, come i fiumi nel mare. Francois de la Rochefoucauld. Riflessioni morali
Nella vita ci sono tre cose davvero insopportabili: il caffè freddo, lo champagne tiepido e le donne troppo calde. Orson Welles
Oserei esprime qui la più grande, la più importante, la più utile regola di qualsiasi forma di educazione: è di non guadagnare del tempo, ma di perderlo. Jean Jacques Rousseau, Emile ou de l'education
Il tennis ed il ping pong sono molto simili: solo che nel tennis si tengono i piedi sul tavolo. Colouche
La nostra testa è rotonda per permettere ai pensieri di cambiare direzione. Francis Picabia
-Meglio una testa ben fatta che molto piena-. Montaigne dimostra con ciò che una giovane (ragazza) riesce meglio nella vita uscendo dal parrucchiere che uscendo dalla Normale. Claude Robert, le Humour vert.
77
Ho capito finalmente perché gli Inglesi preferiscono il the: arrivo proprio adesso dal gustare il loro caffé. Pierre-Jean Vaillard
A teatro una sola domanda: -Si baceranno?-. Se si baciano è una commedia, se non si baciano è un dramma. Marcel Pagnol
Servire un principe è come dormire con una tigre.
Proverbio cinese
L'uomo che entra nella toilette della sua donna o è un filosofo o è un imbecille. Honoré de Balzac, Fisiologia del matrimonio
La tolleranza? Ci sono delle case per ciò.
Paul Claudel
Quanti crimini sono stati commessi solo perché il loro autore non poteva sopportare di avere torto. Albert Camus
Il Tour de France? Dei drogati su delle biciclette che si fanno applaudire dagli alcolizzati.
Francoise Giroud
Il turismo è una industria che trasporta la gente che si troverebbero molto meglio a casa propria, in luoghi che sarebbero meglio senza essi. Jean Misterl
Non c'è che Dio che possa, senza pericolo, essere onnipossente.
Alexis de Toqueville
Una lunga esperienza mi ha insegnato che in Inghilterra nessuno va a teatro senza avere una bella bronchite. James Agate
Ci sono tre cose che mi stupiscono e quattro che non posso capire: la traccia dell'aquila nel cielo, la traccia del serpente sulla roccia, la traccia della nave in mezzo al mare e la traccia dell'uomo quand'è vicino a una giovane ragazza. Proverbi, XXX, 18-19 La nostra vita è un libro che si scrive da solo. Noi siamo i personaggi del romanzo che non sempre capiscono bene cosa vuole l'autore. Julien Green, Giornale
78
La prima metà della vita la si passa a desiderare la seconda. La seconda a rimpiangere la prima. Alphonse Karr
Ci sono tre età della vita: la giovinezza, la maturità e quella in cui vi dicono che avete una buona cera. Mons. Marty
Una tradizione incomincia una prima volta.
Proverbio africano
L'usuraio si occupa di voi al presente, impresta al condizionale, vi rovina al futuro.
Joseph Addison
Le traduzioni sono come le donne: quando sono belle non sono fedeli e quando sono fedeli non sono belle. Edmond Jaloux
Ciò che c'è di rilassante nella tragedia è che finisce sempre male.
Henri Monnier
Quando i treni deragliano, quello che mi fa pena sono i morti di prima classe.
Salvador Dalì
I trattati, guardate bene, sono come le giovani donne e come le rose: durano quanto durano. Charles de Gaulle
Signora, dice il dottore, suo marito ha bisogno di riposo. Ho prescritto un tranquillante sulla ricetta. Lei ne prenderà quattro compresse al giorno. George Bernard Shaw
Epoca di scelte, che doveva determinare l’avvenire per dei secoli, epoca di entusiasmo, di patriottismo bruciante –e qualche volta di chiaroveggenza—tale fu l’epoca in cui visse ed agì Eschilo, il creatore della tragedia, colui che, secondo noi, portò la tragedia ad un vertice di perfezione che non poteva essere superata. George Méautis, Eschyle et la Trilogie, ed. Grasset, 1936
Eschilo si dominerà, anche se con sforzo, ma, fin dalle prime parole, egli si erge con tutta la sua taglia in un’affermazione splendida dove si vede tutta la sicurezza del genio, la consapevolezza di appartenere ad un mondo superiore, quella stessa sicurezza che permise a Michelangelo –cui bisogna sempre ricorrere per capire Eschilo- di cancellare alla Sistina, i dipinti dei suoi predecessori, e a tener testa a quest’altra forza, Giulio II. George Méautis, Eschyle et la Trilogie, ed. Grasset, 1936
79
Il più bello dei mari É quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli Non é ancora cresciuto. Il più bello dei nostri giorni Non li abbiamo ancora vissuti. E quello Che vorrei dirti di più bello Non te l’ho ancora detto.
Nazim Hilcmet, Il più bello dei mari
C’est un erreur ne pas croire. E’ un errore non credere Et un faute de tout croire. E uno sbaglio credere tutto.\
Fernand de Rojas
L’anima del seguace di falsità é buona per il fuoco dell’inferno ed é come la grandine, per l’onore che tende all’alto; la sua falsità ha la coda corta come quella della vacca che, lanciatasi in corsa nel bosco con i tafani che l’inseguivano, già alla terza puntura non poté più vendicarsi. Eshenbach, Parzival, libro I°,6
Lot di Norvegia, pigro alla menzogna, ma pronto a gesta gloriose. Eshenbach, Parzival, libro I°,66 Di lettere io non mi intendo: ce n’é abbastanza che battono questa strada. La mia storia va avanti senza tenersi ai libri. Piuttosto che se parlasse come di un libro, vorrei essere nudo e sedere così nel bagno, senza lenzuolo. Eshenbach, Parzival, libri II°, 116
Io sono come la corda e non come l’arco. La corda é un’immagine. Ora a voi sembra pronto l’arco; ma é più la corda che scocca la freccia. Se vi ho detto bene, a una storia diritta, che piace anche alla gente che ascolta, somiglia la corda. Se uno si mette a farvi lunghi giri di parole, quello vuole certamente condurvi fuori di strada. Chi osserva la corda tesa di un arco, vede subito quanto é diritta la sua via, a meno che non sia tirata a far angolo perché scocchi il colpo. Eshenbach, Parzival, libro V°, 241
Madonna Amore, com’é che fate lieto il triste e la gioia dura sì breve?
80
Libro VI°, 291
Nasuta come un cane, due zanne le uscivan davanti alla bocca, lunghe più di una spanna; delle sopracciglia aveva fatto due trecce fermate col nastro sopra la fronte; la mia cortesia, per seguire verità, ha passato il segno a dir così di una dama; ma non ve n’é un’altra che abbia a lamentarsi di me per tale cosa, Cundie aveva orecchie come di orso, il suo viso era, a vedersi, villoso, non certo quale la brama amore di amico. Nella mano portava una sferza dalle nappe di seta il cui manico era un solo rubino; alle mani, la graziosa donzella, aveva la pelle come di scimmia e le unghie non davvero trasparenti; la mia storia dice che le stavano come le grinfie al leone. Per suo amore ben raramente, credo, si faceva tenzone. Eshenbach, Parzival, libro VI°, 314
Tale pena fu sempre per voi il combattere, che ogni volta vi metteste a fuggire. Ma sapete fare anche dell’altro: se vi sia da buttarsi nella mischia, voi vi voltate a scappare come una donna. Un re che si tenga al vostro consiglio é un re la cui corona sta di traverso sul capo. Eshenbach, Parzival, livro VIII°, 417
Mentre l’animo basso é pieno di odio e di invidia, l’uomo virtuoso, al contrario, gioisce se il pregio del suo amico sta saldo e l’onta si fugge lontana da lui. Gawan, l’eroe senza odio né falsità, non fu mai immemore della fede che s’addice ad un uomo; e non era cosa strana il vederlo favorito dalla fortuna. Eshenbach, Parzival, libro XIII°, 676
Tam omnibus ignoscere crudelitas quam nulli.
Seneca, De Clementia, proemio
La vita é una bisogna straniera, tutti ne parlano male.
G. Ceronetti, cartiglio a Caraglio
Imparate ad esser sempre perdenti.
G. Ceronetti, cartiglio a Caraglio
Mi son calata Nel dubbio più profondo ././././ e proprio laggiù ho trovato gli affitti più bassi e convenienti ././././ ci vivo con un prete che adora il calcio: tra breve
81
l’ AIDS ci ucciderà ma prima vogliamo vedere il Prado.
G.Ceronetti, cartiglio a Caraglio
: -----------------------------------------------------------Elias Canetti(1905-1994), La Tortura delle Mosche, Adelphi, 1993 (Davvero ghiotto questo libro, esilarante e profondo)
pag.11 Gli sarebbe piaciuto venire al mondo in tutte le epoche, di continuo, e ogni volta, preferibilmente, per sempre. pag.11 Degli uomini che amiamo sappiamo tante cose, eppure non le teniamo per vere pag.12 Molti di noi, paghi del fatto che Dio é tanto buono, si trasformano in grandissimi farabutti. Esigeva da se stesso tutte le solite cose, ma in una lingua straniera. E’ difficile amare le persone perdenti, a meno che non si veda come la loro prudenza rende sbagliato ogni cosa. Pag.14 Sperava, non visto da Dio, di vivere a lungo. Le lacune del sapere migrano. Diventare immortale é più difficile per l’avaro che per chiunque altro. E’ talmente cattivo che le sue orecchie temono la sua lingua. Chi conosce troppe poche persone, conosce ben presto solo demoni.
Pag.15 Il risultato non é che la minima parte dell’esperienza. E’ talmente altezzoso che a Dio vorrebbe sempre regalare qualcosa.
Pag.16 Solo recitando la propria infelicità si può superarla. Il futuro é sempre falso: subisce troppo il nostro influsso. Pronuncia la parola “oro” come se l’avesse rubato. L’uomo si piace soprattutto quando, con fanatismo cieco si fa sostenitore di qualcuno
82
Pag.18 Chi ha imparato abbastanza, non ha imparato niente.
Pag.19 Quello é intelligente come un giornale: sa tutto. Ciò che sa cambia ogni giorno Valuta le donne secondo la felicità e gli uomini secondo l’infelicità di cui sono capaci
Pag.21 Fa collezione di capi espiatori per distribuire con maggior felicità i loro fardelli.
In ogni frase inserisce almeno una parola stravagante, tratta da una lingua sconosciuta a lui come agli astanti, e tutti si fanno l’un l’altro cenni di intesa.
Pag.22 L’odio ha un suo peculiare battito cardiaco. Un essere amorfo non può tramutarsi.
Pag.22 E’ infelice se per un giorno non ha avuto niente da contare.
Pag.23 E’ facile essere ragionevoli se non si ama nessuno, nemmeno se stessi. Da quando le streghe non rischiano più niente, son diventate innocue.
Pag.24 Tutto, una volta successo, va avanti nella storia liscio come l’olio. Non bisogna giudicare i filosofi in base al criterio se oggi come oggi hanno ragione o no. Di tutte queste cose veniamo a conoscenza solo perché non ce ne importa nulla.
Pag.26 Dio ha commesso un lapsus quando ha creato l’uomo.
Pag.27 Ce la mette tutta per far perdere alla gente quelli che sono i suoi stessi vizi. La morte non tace su nulla. L’uomo sui quaranta é assalito da una voglia disperata di dettar legge. Succede sempre quello che vuole lui, ma a distanza di 4-5 anni, quando da tempo vuole qualcos’altro
83
Il poeta vive di esagerazioni e si fa conoscere attraverso fraintendimenti. Da quando la terra é diventata un globo, ogni pezzente può tenerlo in una mano. Come tutto suona convincente, purché se ne sappia poco.
Pag.37 La cosa più brutta: un pavone avaro. Gli uomini fuggono da chi dice sempre le stesse cose. Ma se uno le dice con sufficiente arroganza, da costui si lasciano dominare. Per quanti secoli si andrà ancora a saccheggiare Platone! E’ così serio, sarebbe capace di aprire un contenzioso con un lombrico. Lei litiga perché poi piange molto; lui litiga perché poi si sente un toro. Così a lungo ci fissiamo su noi stessi che alla fine non conosciamo più i punti cardinali.
Pag.44 Lei non può rinunciare a niente: se uno le dà la mano, indietro non torna nulla Si sceglie un Dio sordo, così nelle sue preghiere può chiedergli quello che vuole e gli pare. L’avvenire gli piace sin troppo, ma non gli serve a niente. E’ troppo anziano per venire al mondo un’altra volta. Dovremmo costringerci a smetter di pensare per diversi anni in modo da consentire a tutte le retroguardie e le parti rimaste indietro della nostra persona di raggiungere il reparto avanzato. Lascia stare i veri nemici, quei noiosi, inventane piuttosto degli altri. Spesso ci ammaliamo gravemente per trasformarci in qualcun altro e poi quando guariamo restiamo delusi. Enormi tasche, come le borse delle signore, per ogni sorta di peccati. Una persona che sa talmente tante lingue che risponde sempre in quella sbagliata. Una testa rimasta a galla gli diede la forza di raccontare. Pag.54 Uno sciopero, di formiche. La più profonda mortificazione dei ricchi: poter comprare tutto: ed alla fine credono che sia davvero tutto Pag.57 E se le parole delle lingue più diverse avessero un loro legame segreto? Un paese nel quale per un certo periodo ogni donna presta servizio come cameriera e ogni uomo come cane. Dio ha sbagliato strada. Adesso da ogni parte lo richiamano indietro, tutti insieme Ogni uomo ne fa tante di parole, ma sono ben poche quelle che gli appartengono.
84
Dovunque egli arrivi, si mette a sedere subito e tira fuori dalla valigia la propria superiorità. La sordità é la più grande fortuna per chi parla troppo: il quale, allora, smette di sentirsi. Possibile che mai, neanche per un momento, si possa vivere senza sentirci costretti ad esecrare qualcuno? Il misantropo: fa la fame per otto giorni e poi mangia da solo. Pag.70 Ladri che ti lusingano: dicono cose magnifiche su tutto ciò che in quel momento ti trovano in tasca. Pag.71 Di che cosa si é capaci e di che cosa no? Lui é capace di non alzare un dito se tutti muoiono di fame, ma non può uccidere nessuno. Pag.73 La pulsazione di Dio in noi: l’angoscia L’interesse per i premi, come se fossero per noi un punto fermo. Qui gli amici più cari per accomiatarsi si porgono premi anziché darsi la mano: tanto a me, tanto a te, e quanto più preciso é lo scambio tanto più forte é l’amicizia Gli unici esseri umani che trovo noiosi sono i parenti. Queste famiglie! Tutte eguali, eppure ciascuna corifera di sé. Magnifico fare il pazzo, se si é intelligenti. Ogni volta che non ha niente da dire nomina Dio. Non ha nessuno cui chiedere grazia: orgoglio del miscredente. Non può inginocchiarsi davanti a nessuno: la sua croce. Il prezzo più alto si paga per l’orgoglio: beato il verme che non ce l’ha. Tu ti sei talmente dilatato che non riesci a dominare la massa dei tuoi pensieri, eppure insisti nel non volerli ammansire. Sei davvero incantevole, dice lui qualche volta, ma lì non c’é nessuno a cui lo stà dicendo. Non dimenticare che per alcune persone tu sei un cretino, esattamente come lo é per te il più cretino degli uomini. Gradi della disperazione: non ricordarsi di nulla, ricordarsi qualcosa, ricordare tutto. I matrimoni di interesse sarebbero i più felici: in tal caso rinuncio alla felicità. Vorrei diventare così vecchio da non essere più tormentato dal pensiero di tutto ciò che non ho appreso. Pag.98 Se un uomo ha molti amici, é segno che il suo intelletto é debole. Il giusto si modifica 40 volte al giorno, mentre l’ipocrita rimane per 40 anni nella stessa posizione. Pag.113 Apre bocca solo in vista di qualche vantaggio. Non ritratta niente. Il suo orgoglio stà in questo niente. La vecchiaia é una diminuzione solo per chi non se la merita. Uno si merita la vecchiaia solo se non si tira indietro, se non và in pensione, o se ci và soltanto per poi passare ad un compito particolarmente severo ed impegnativo. Tutta la cattiveria che tu hai nei tuoi pensieri vai appioppando agli altri: da dove ti arriva? Pag.146 Pensatore di preposizioni.
85
E’ vero che moltissime cose le abbiamo dimenticare. Ma quante ne sono cresciute al loro posto e hanno riempito i vuoti? E’ questa la cosa interessante nella storia di una vita. La molteplicità che non si compone di unità é confusione. L’unità che non si assoggetta alla molteplicità é tirannide. Pag.152 Il sapere, aumentando, cambia la sua forma. Non esiste crescita uniforme nel vero sapere. Tutti gli autentici balzi avvengono di lato, come scarti di cavallo. Ciò che continua a crescere in maniera lineare e prevedibile non ha importanza. Decisivo é il sapere ricurvo, e, in special modo, quello laterale. Com’é ridicolo che uno voglia essere amato e si conosca. ---------------------------------------------------------------------
PSALMUS 31,5 Nolite fieri sicut equus et mulus quibus non est intelléctus. In camo et freno maxillas eorum costringe Qui non appoximant ad te. Non vogliate essere come il cavallo ed il mulo nei quali non c’è intelligenza.Stringi con morso e briglie le mascelle di quei (cavalli) che non ti avvicinano.
PSALMUS 89, 9-10 Anni nostri sicut in àranea meditabuntur: dies annorum nostrorum in ipsis, septuaginta anni. Si autem in potentatibus, octoginta anni: et amplius eorum, labor et dolor. Quoniam supervenit mansuetudo Et corripiemur. I nostri anni saranno considerati come tela di ragno. I giorni dei nostri anni sono 70 in tutto, e per i più robusti 80 ed il di più è affanno e dolore perché sopravviene la debolezza e siam portati via (saremo corrotti).
PSALMUS 29, 6 Ad vésperum demoràbitur fletus Et ad matutinum laetitia.
86
A sera alberga il pianto e al mattino allegrezza
PSALMUS 36, 16 Melius est modicum justo, super divitias peccatorum multas. Meglio il poco del giusto che le molte ricchezze del peccatore
Art got – argot =linguaggio segreto del gotico=linguaggio dei passeri. Vintila Horia
Liber ad milites templi – De laude novae militia San Bernardo, atto costituente dei Templari sostituisce alla secularis militia cioé bellatores, cioé soggetti a mercede, i cavalieri-monaci. Davanti allo spettacolo della corruzione che offrivano all’inizio del secolo XII° i bellatores cioé la “secularis militia”, col suo fasto, i suoi tornei, la sua eleganza, la sua lussuria, San Bernardo propone un modello nuovo, quello del guerriero sensibile, modesto, laborioso, colto, intelligente, mistico, destinato a salvare la sua anima mediante il martirio lottando su due fronti, quello interiore e quello esteriore che un cavaliere/monaco avrebbe sempre tenuto in vista; é questa la novità templare presentata da San Bernardo. ………… ( ma quanti bellatores abbiamo oggi? Solo yacht, auto, fighette, festini, sniffate, etc)
L’idea dunque di un Re del Mondo, capace di governare uno Stato Universale, appartenne ai Templari; ed era di provenienza gnostica e di origine “solare”, posto che i Templari si inseriscono, a quel che dice Atienza, in una antica tradizione di questo tipo che nulla ha a che vedere con il Cristianesimo. (la vera ragione, giuste queste, è, come si evincerà oltre leggendo sui Templari che la Francia e l’ Occidente in genere erano infestate da presunti cavalieri, in realtà rapinatori e grassatori, che impedivano addirittura al Re di uscire oltre 12 miglia da Parigi se non con una imponente scorta. In altri termini l’idea di Bernardo fu quella di toglierli dai piedi, offrire loro un obiettivo ideale, far sfogare altrove la violenza, la lussuria, l’ingordigia del bottino: la nostra storiografia ignora le nefaste gesta di questi eroi in tutti i paesi balcanici, in Macedonia per non sottacere il sacco di Costantinopoli. (Baudolino di U. Eco docet) ( Sulle reale ed effettive cause della fine dei Templari, commenterò oltre). Vintila Horia, Metapolitica 3/83
Dopo aver passato nove anni fra quelle rovine (del Tempio di Salomone) i Templari, guidati da Ugo di Payens (molto controversa la terra di origine di costui: qualcuno la attribuisce a Mondovì con il cognome Pagano o Paganellio, Péan, Peano) tornano in Europa, utilizzando il segreto della costruzione delle strade, fondazione di commende, creazione di un nuovo sistema economico, edificazione delle cattedrali; ma essi hanno altresì contatti con l’ordine cavalleresco islamico, parallelo in campo avverso a quello cristiano. Al di sotto della battaglia, le élites s’incontrano in Terra Santa e riconoscono reciprocamente la loro similitudine. E’ la chiave esoterica dell’Ordine. Vintila Horia, Metapolitica 3/83
L’idea di Bernardo di Chiaravalle, come in modo sussidiario quella dei Templari, fu di costituire un Ordine che fosse realmente il germe di una casta dei guardiani della tradizione e della Terra Santa che andava ben al di là degli stretti
87
confini della Gerusalemme delle Tre Religioni; casta che restasse integrata da tutte quelle enclaves in cui il sapere umano aveva lasciato segno o traccia della sua esistenza e della sua presenza, conglobando misteri che avrebbero dovuto essere protetti e conservati ad ogni costo. J.G. Atienza La Mistica solar de los Templairos, 1983, pag 113
Il Tempio manteneva il suo mistero iniziatico e, possedendolo, penetrava in un mondo proibito, difficilmente scusabile da parte dei ristretti schemi della politica cristiana medievale. La sua sorte dipendeva dal modo di operare attorno a sé senza sollevare il benché minimo sospetto; e intanto preparare il terreno per creare un mondo nuovo, differente, basato su ciò che la Tradizione arcaica era andata lasciando, pur se zoppo e deteriorato, nelle forme religiose imperanti; per far sorgere, al momento opportuno, il sole di un mondo nel quale i valori trascendenti accedessero per diritto proprio, in ogni modo, al dominio sui popoli della terra conosciuta. In primo luogo i Templari presero contatto in Gerusalemme con conoscenze che si riferivano al mondo quale prima era della venuta del Cristo. Quello spazio, posto fra la Grecia e l’ Egitto, era stato fecondato dal punto di vista spirituale da insegnamenti che provenivano dai templi faraonici, dalla gnosi, dalla filosofia ateniese e poi da quella alessandrina, dalla eredità di Ermete Trismegisto come da quella di Mosé, suo imitatore, e della nuova chiave celeste rinvenuta da Maometto. Ciò che suggerisce ad Atienza l’idea di una presenza templare nel tentativo anticattolico dei Catari, nel polemico svolgimento del dramma albigese, da cui anche la loro controversia con i Domenicani e la loro tragica rivalità. Vintila Horia, Metapolitica 3/83 (Infatti i Templari non parteciparono affatto a questa “crociata” , (erano numerosi, molto numerosi in quelle lande) guidata e condotta da un Re di Francia poi fatto santo, tanto così per gradire. La questione è molto controversa ma della massima importanza).
La creazione a medio e lungo termine, di un nuovo ordine mondiale sociologico-spirituale di segno messianico e solare, fondata sulla gnosi estratta dai culti e dalle forme religiose che precedettero lo sbocciare del Cristianesimo in oriente e in occidente. J.G. Atienza, pag.226
Nomina sunt omina.
San Bernardo fu definito: -primus inter pares, primis non impar-
Natura si sequemur ducem, numquam aberrabimus Seguendo le indicazioni della natura non sbaglieremo mai. Cicerone
Intelligenti pauca.
La scienza dice quello che noi possiamo sapere, ma quello che possiamo sapere é poco. E se dimentichiamo ciò che non possiamo sapere, diventiamo insensibili ad una qualità di cose di altissima importanza. Bertrand Russel (molto, molto importante)
88
Han dimostrato la loro solidarietà con una solerzia “che il dimandar precorre”
“legere” vale “raccogliere”. “intellegere” vale “intus legere” (unire dentro,legare ciò che si è raccolto, intuire, scavare a fondo, entrarci con i piedi, immergersi); Etimologia S. Tommaso e Dante
Non dovrebbe dirsi Lectura Dantis ma, Intellectio Dantis
* Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
Ora la dottrina sapienziale di Dante da lui stesso definita salomonica, pitagorica e platonica- richiede, per trovarla e seguirla, una preparazione specifica su 5 ordini di conoscenze: a) le Scritture Divine b) la Metafisica o Gnosi (ricapitolata nel Platonismo) c) la Teologia , sia speculativa sia mistica d) le Scienze Cosmologiche tradizionali (massime l’ Aritmologia, l’ Astrologia, l’ Alchimia, la Simbologia Ermetica e) la Tradizione mitologica * Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
Rabbi Isachar Baer ha scritto “tutte le parole di testi sacri hanno una doppia faccia; l’una esterna che dà alla bocca il sapore del miele, l’altra nascosta é superiore e dà l’unzione dell’ olio di santità.
* Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
* “allegoria” da allà e agòreno significa manifestare con la parola cose diverse da quelle che si intendono comunemente: si tratta di una finzione letteraria, di un artificio retorico. “simbolo” da syn (insieme) e ballo (getto, pongo) indica invece una proiezione verticale di là e sopra l’esperienza comune, una riunione o sintesi fra 2 cose. Il vero senso spirituale é quello “analogico” anà-ago= spingo in alto; significa simbolico, ascendente, sublime. * Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
89
12.10.2003 Che strano!Stamane sono uscito prima delle 7, notte fonda, per verificare il tempo (mitunà) e per mettere un po di briciole di pane in un posto in cui i gatti non volino sulle piume degli uccellini e sento un rumore ripetuto contro la plastica di un lampione stradale ancora acceso: era un pettirosso che compiva brevi voli da un vicino ramo. Che strano! Mi son chiesto se potesse essere una farfalla gigante, ma era proprio un uccelletto che faceva la prima colazione con gli insetti attratti dalla luce: è proprio vero che bisogna studiarle tutte per sopravvivere, ma anche svegliarsi presto la mattina.
*Nell’epoca di Dante c’é l’intreccio di almeno 7 correnti spirituali: (che combinazione: 7) 1 il Gioachinismo (l’apocalittica giovannéa) 2 il Francescanesimo 3 il Templarismo (l’irradiazione gaelica di S. Bernardo) 4 l’ Ermetismo Alchemico (dall’ Egitto al Marocco, alla Spagna) 5 il Sufismo (dalla Persia alla Siria, all’ Africa all’ Andalusia) 6 il Qabbalismo Profetico (Abraham Abulafia. Nel 1240 soggiornò in Italia) 7 il Vedantesimo (si fonde con il neo-platonismo cristiano di Eriugena, di Alberto Magno e di Eckart * Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
Ecco la ricostruzione simbolica di una Realtà visibile/invisibile, unitaria e settenaria simultaneamente, costituito da un centro Sacro e da 7 concentrici cerchi: profeti muti 1 Veggenti Giov. l’Evang- Prete Gianni profeti 2 Testimoni Nicola Flamel, Basilio Valentino 3 Viaggiatori Conte di St. Germain, Cagliostro esortatori 4 Sapienti profeti 5 Ispirati Gioacchino da Fiore, Lullo, Dante. scriventi 6 Illuminati Alberto M., Tritemio,Moro,Flud profeti operanti 7 Edotti ( i primi tre cerchi sono Adepti, gli ultimi tre gli Iniziati) * Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
90
Secondo Robert Fludd i collegi rosacrociani dall’Asia all’Africa all’Europa sarebbero 9 : Oudh Luck.now ai piedi dell’Himalaya =Berares =Buddismo Trevancore India, vicino a Salem Bassora Caldea/Persia =Sufismo medievale Piramidi La Mecca Fez Marocco (ci sono andati Francesco, Antonio da Padova, R.Lullo) Parnaso Monte Athos Lucania Pitagora e gli Eleati * Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
La formula fondamentale degli Alchimisti é una estensione della massima benedettina
“Ora, lege, lege, lege, relege, labora et invenies (Oratorio+Laboratorio)
I magi venivano dagli Orienti e Matteo II, 15 “dall’Egitto ho chiamato mio figlio” * Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
Nel Seicento la Chiesa Anglicana dopo l’entrata in vigore nel 1550 del Prayer Book ruppe la catena iniziatica che legava quel sacerdozio agli Apostoli…… Ricorsero alla Chiesa Ortodossa che ordinò ex novo alcuni vescovi anglicani onde potessero trasmettere l’iniziazione
Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982
91
Dicono i grandi asceti dello Yoga-tantrico , nell’India e soprattutto nel Tibet: “che bisogno abbiamo della donna esterna se abbiamo quella interna?” Ecco il grande mistero dell’ Androgine che ha affaticato Platone e Dante, Leonardo e Goethe. Dunque esistono in terra per l’uomo due donne: la Donna interna e la Donna esterna. Rossetti ne parla continuamente e lo delucida benissimo. Ma bisogna salire più su. Esiste nell’ Universo la Donna Superna o cosmica il cui simbolo é, in certi aspetti, Iside-Maria Ed esiste in Dio stesso la Donna Eterna. Silvano Pannunzio, Metapolitica n°1 del 25.03.1982 Tuttavia, dal momento che nell’ambiente della Manifestazione cosmica ogni azione suscita una reazione e quindi nulla rimane impunito, anche questi popoli dovranno a suo tempo saldare il conto delle violenze e delle atrocità………… Paolo Longhi, Metapolitica n° 3, 1985
Filocalia = la finezza del pensiero la si ottiene con la lettura accurata
Le vitrail vrai est un verre de couleur, l’autre, couleur sur verre….. Croyez que ce n’est pas sans rayon que, seul de tous les metiers, celui du verrier était autorisé aux nobles sans que déchéance s’ensuivit. C’est que l’art du vitrail n’était pas alors un métier mais application du Grand Ouvre. La vetrata vera è un vetro di colore,l’altra, colore sul vetro……Credete che non è senza ragione che, solo fra tutti i mestieri, quello del vetraio era autorizzato ai nobili senza farli decadere (nota mia: se un nobile avesse intrapreso una qualsiasi attività manuale, sarebbe stato privato delle prerogative nobiliari ) Gli è che allora l’arte del vetraio non era un mestiere ma applicazione della Grande Opera. Louis Charpentier, Les Cahiers du Chene d’Or n°8 del 15.10.1963
Cette pénétration de l’essence des choses doit etre précédée de l’abandon de l’ étude des sciences prophanes, éphéméres et fragmentaires, qui s’oppose au dévellopement de la vrai vie interieure. Aussitot aprés l’ initiation qui apprend à surmonter l’ éparpillement d’ esprit et des dispersions negative, le Maitre “chance de place les lumiéres ” c’est à dire met en oeuvre un ryte qui a pour but de faire passer de la “vision opaque” à la “vision lumineuse”. Ce “passage” s’exprime également pour l’ expression “perdre la droite” qui correspond à la “seconde naissance” de l’ initié et à l’acquisition d’un nom nouveau: passer de dextra versum a sinistra versum, faire passer de la droite à la gauche, c’est créer en soi meme la circulation interieure des principe et leur “rotation interne”. Questa approfondita analisi dell’essenza delle cose deve essere preceduta dall’abbandono dello studio delle scienze profane, effimere e frammentarie, in quanto si oppongono allo sviluppo della vera via interiore. Così come dopo l’iniziazione che insegna a sopravanzare lo sparigliare dello spirito e le dispersioni negative, il Maestro “cambia il posizionamento delle luci”( è noto che cambiando il posizionamento della fonte di luce, cambia la visione, la percezione e la profondità dell’oggetto osservato) mette cioè in opera un rito il cui scopo e quello di far passare dalla visione opaca alla visione luminosa. Si dice di questo passaggio “perdere la destra” che corrisponde alla ri-nascita dell’iniziato con l’assunzione di un nome nuovo (il Papa + certi monaci); passare dal movimento destrorso a quello sinistrorso, far passare da destra a sinistra, significa creare in se stesso la circolazione interna dei principi e la loro rotazione interna.
92
(Ma ci sono ben altre conseguenze: suggerisco a chiunque voglia eseguire l’esperimento, di tappare un lavandino o vasca, far defluire l’acqua, e poi rimuovere il tappo (può essere utile buttare alcune prese di caffè macinato o di farina, a seconda del colore del fondo) ed osservare il movimento o, meglio, il verso che assume l’acqua nell’ uscire; ripetere magari 2 o 3 volte la cosa, anche in lavandini diversi, onde avere la certezza univoca del fatto. Porsi la domanda del motivo per cui succede sempre ciò. Darsi, se possibile una spiegazione. Ne consegue il benessere fisico ma anche l’equilibrio psichico/intellettivo. Ciò acclarato peritarsi di girare sempre in quel verso ed impedire , per esempio, ad un bambino di salire su una giostra che giri in senso contrario)
Lucine Carny parlando di Gustav Meyrink, autore ceco di Golem, Les Cahiers du chene d’Or,1963
La più parte delle donne oneste sono dei tesori nascosti e che sono in sicurezza perchè non le si cerca. Francois de la Rochefoucauld, Massime
Una bella donna piace agli occhi, una donna buona piace al cuore; la prima è un gioiello, la seconda un tesoro. Napoleone
Chi crede alla sua donna si sbaglia, chi non ci crede è fregato.
Proverbio francese
Non fare caso al biancore del turbante: può darsi che il sapone sia stato acquistato a credito. Proverbio turco
L'usuraio è colui che vi impresta uno straccio e vuole in restituzione due tappeti.
Aurélien Scholl
Al grido funebre si mescola il vagito che spinge il nuovo nato ad aggrapparsi alla sponda della luce. Lucrezio, De rerum naturae
La ferocità è la caratteristica del toro e di altri vegetariani.
George Bernard Shaw
Il 17 giugno 1940, nessuno sapeva che uno, nominato Charles de Gaulle, avrebbe parlato il 18. Alessandro Sanguinetti
Verità è il nome che i più forti danno alle loro opinioni.
Alphonse Karr
93
Chi pianta (semina) la virtù non dimentichi di arrossire sovente.
Chou King
Egli possiede tutte le virtù che detesto e nessun vizio che ammiro. Winston Churcill, a proposito di Stafford Cripps
La virtù è la media di due vizi e a metà strada dei due.
Seneca, Lettere
Quando vi state annoiando, cambiate per prima cosa gli abiti, potrebbero servire al secondo marito di vostra moglie. Proverbio inglese
Le donne vivono più a lungo degli uomini, soprattutto quando sono vedove.
George Clemenceau
La Vittoria ha cento padri ma la sconfitta è orfana. John F. Kennedy, dopo il disastro della Baia dei Porci
La vita è la prima parte della morte.
Jean Cocteau
La vita esige un'equa dose di imbecillità.
Joseph Delteil
La vita è una forma di malattia sessualmente trasmissibile.
Petr Skabanech
In Africa, un vecchio che muore, è una biblioteca che brucia.
Amadou Hampaté Ba
Presso i vecchi tutto è vizio; i suoi amori, se ancora ne ha, delle fantasie; le sue ambizioni se ha ancora certe ridicole idee; le sue lacrime se si lamenta; e, più frequentemente, se ride, è il riso di Satana. Jacques Chardonne
La vecchiaia indebolisce tutti i nostri sensi. Il vecchio possiede tutto, ma gli manca in tutto qualche cosa. Democrito
94
La zitella è la vedova di un celibe.
Jacques Grello
L'altro giorno ho incontrato un amico: era talmente cambiato che non l'ho riconosciuto. Tristan Bernard
Non onorare la vecchiaia, è demolire la casa in cui si va a coricarsi alla sera.
Alphonse Karr
Ch'io sappia ci sono solo due cose che mi agevolano la vecchiaia: il vino e una amante. Felix Lopez de Vega, Il Cavaliere di Olmedo
E' meravigliosa la vecchiaia... peccato finisca così male.
Francois Mauriac
La vecchiaia arriva bruscamente, come la neve. Un mattino, al risveglio, vedi che tutto è bianco. Jules Renard, Il Giornale
Invecchiare è ancora l'unico mezzo, che io sappia, per vivere molto ancora.
Charles Augustin Sainte-Beuve
La vecchiaia è la sola malattia di cui non ci si aspetta la guarigione.
Orson Welles, Citizen kane
Una signora, nel corso di una cena, dichiarò: -Io, quando sarò vecchia, mi suicideròAllora , Forain, nel silenzio: -Fuoco!-.
Perchè il vino faccia bene alle donne, bisogna che siano gli uomini a berlo.
Saggezza lionnese
C'è troppo vino in questo mondo per celebrare la messa, ma non ce n'è abbastanza per far girare i mulini. Dunque, bisogna berlo. Grimod de la Reynière
95
Quando si può usare la violenza, non c'è nessuna necessità dei processi.
Tucidite
VITRIOL Visita Interiorem Terrae Rectificando Invenies Operae Lapidem Visita l'interno della Terra e distillando troverai la pietra d'opera (discendi al fondo di te stesso per scoprire e rettificate la pietra nascosta) Iscrizione che si trova in tutte le camere di meditazione massonica
Studiate come doveste vivere in eterno. Vivete come doveste morire domani. San Isidoro di Siviglia (attribuito anche a Ghandi)
La gente mette nella propria automobile tanto amor proprio quanta benzina.
Pierre Daninos
Ladro, quando ci si imbatte in ciò che ancora non è stato perso.
Colouche
Chi ruba poco e rischia poco si chiama ladro, chi ruba poco e rischia molto si chiama bandito, chi ruba molto e rischia proprio niente si chiama finanziere.
José Mallorqui
La vita dell'uomo dipende dalla sua volontà; senza volontà la vita sarà lasciata al caso. Confucio
A chi mi chiede spiegazione dei miei viaggi, generalmente rispondo che so bene ciò che fuggo, ma non cosa cerco. Michel de Montaigne, Saggi
A cosa serve viaggiare se te la porti con te?, E' l'anima che bisogna cambiare, non il clima. Seneca, Lettera a Lucilio
Non posso sopportare Wagner a grandi dosi, perché mi viene voglia di invadere la Polonia.
96
--------------------------------------------------------Autore ignoto, Le gratte -cul de Chartres (strano questo libro: manca la casa editrice, stampato nel 1993. Nel frontespizio si dice “ Gratte-cul: fruit du rosier, et plus particulièrement , du églantier =rosa canina, di macchia)
Ce Livre t’enseignera les Methamorphes par les quelles passe l’ Ame sous l’effet de la Lumiere (derniére incantation du Livre des Morts) . Avant de dire la Vérité, prepare un cheval sellé, à fin de t’en fuir aussitot aprés, de peur que l’on te tue. Prepara un cavallo sellato prima di dire la verità, ad evitare d’esser ucciso.
(Radice quadrata di 5 +1 diviso 2 = Phi = Nombre d’Or
La piramide per base 44 avrà un’altezza di 28 e lo spigolo di 36
L’ Arche, c’est les nombres, les mesures, les lois. Mieux le Nombre, la Mesure, la Loi. L’ Arca è i numeri, le misure, le leggi. Meglio il Numero, la Misura, la Legge Archa Cederis (una famosa scultura su un pilastro esterno della porta Nord di Chartres la cui interpretazione é molto, molto controversa,( ho alcune foto) = Hic arca re.des= qui l’arca di fatto é ai due terzi (foto)
La raison exacte est que les Templiers etaient dévenu des rivaux dangereux pour les banquiers, preteurs et usuriers juifs. La ragione esatta è che i Templari erano divenuti dei pericolosi rivali dei banchieri, dei prestasoldi e degli usurai ebrei
97
Avec les nombres, on raisonne toujours juste. Avec les chiffres, on raisonne faux. Le Nombres sont les Maitres des chiffres Con i Numeri si ragione sempre giusto, con le cifre si ragiona sbagliato. I Numeri sono i Capitani delle cifre
Thot: le Visibile est ce que tu vois Le Invisible est ce que tu sais Le Caché est ce que tu sens Thot: Il Visibile è ciò che tu vedi, l’ Invisibile è ciò che tu conosci,sai, l’ Occulto è ciò che senti, percepisci
Série de coincidences ou coincidences en série
L’homme est devise par le nombre d’or. De la tete au nombril, il mesure 1; du nombril aux pieds=Phi= 1,618…….. L’uomo è segnato dal numero d’ Oro. Dalla testa al bottone della pancia misura 1, dall’ombelico ai piedi = 1.618…… = Phi (nota mia: ma anche infinite altre implicazioni sull’essere umano, sulla proliferazione umana ed animale, sulle piante, nel regno minerale, nel susseguirsi dei fatti fisici e metereologici, e per esser esemplificativi, il rapporto fra i due lati della carta A4, A5, A6 , ect) Esistono alcuni libri davvero interessanti sul Numero d’ Oro
La véritable maison de Dieu est la maison des Nombres. Les Templiers ne croyaient pas que celui qui avait été crucifié etait Dieu ou son Fils. La vera dimora di Dio è la casa dei numeri. I Templari non credevano che il crocefisso fosse Dio o suo figlio
---------------------------COMPITI DELLE VACANZE
98
Relazione del viaggio a Chartres 2003
17.06 ore 15 partenza per Albenga (tanta acqua nel finale) ore 17 caricato scooter su camion frigo, pieno a ¾. Autista arguto e simpatico: mi ha spiegato i mille congegni tipo 16 marcie automatiche, regolatore di velocità, disco orario e trucchi; parlava con il baracchino con tutti i colleghi che incontrava. Tipo un po’ megalomane (si sarebbe fatto l’ Estrada quando esercitava il mestiere a Granata, ma, a suo parere,era molto meglio la madre) ma in realtà soggetto concreto e nella norma. Intorno alle 21 lo invito a cena in autostrada: secco rifiuto in quanto, a suo dire, i francesi sono dei maiali,(confermerò al 100% alla fine); si ferma ad un parcheggio, apre i due cassoni sotto il pianale e salta fuori una cucina completa di luce, acqua, 3 fornelli a gas, cassetti, posate, bicchieri incartati, pezze e pezzuole da cucina, sedie, tavolino e quant’altro. Prepara un pasta-fagioli davvero eccellente, il vino era un po’ della mutua. Ripreso il viaggio e alle 3 in punto era ai Mercati Generali di Tolosa e qui ci salutiamo.
18.06 ore 4 sulla piazza principale di Tolosa, davvero bella ed imponente, Place de Capitole. Strano, ho incontrato un gruppo di ragazzi sui 12-14 anni con il volto dipinto strano, davvero strano , alcuni in bicicletta vestiti in modo elegante che andavano a lavorare, spazzini, prima apertura di edicole di giornali, di bar neanche parlarne. Girato in lungo e in largo per la città davvero bella comprese 2 cattedrali romaniche un po’ sporche e maltenute. 0re 6 Uscito da Tolosa ho finalmente incontrato un locale per routiers dove il traffico più grande era intorno alle docce ed ai cessi : preso 2 caffè (schifosi, come sempre) e cercato di dormicchiare, senza risultato. Ore 10.30 SOUILLAC Abbatiale Sainte Marie. Bella, incredibile, imponente con delle sculture sia interne e che esterne davvero notevoli. Capitelli incredibili, lavori di traforo su pietra. Pala d’altare in legno con rappresentazioni su 15 riquadri oltre al centrale. Cripta con molti sarcofagi. Che imponenza!
Ore 12 LIMOGES bella cittadina molto pulita e sobria: Saint Michel des Lions, imponente e superba, St Loup nonché Saint- Marziale, i soliti legionari ivi convertitosi e poi diventati vescovi: che combinazione! Ore 16.30 dopo non poco peregrinare trovo una Chambre d’Hote in una casa pulita dove la padrona un po’ in carne ma bellina e graziosa mi copre di attenzioni con bevande fresche: mi appisolo in giardino su una sdraio ed al risveglio me la trovo attenta e premurosa: mi son detto che nella notte mi avrebbe scopato, visto che il marito era in viaggio Ore 19.00 cena sulla bella piazza di POITIERS: gran bella gioventù. Mangiato da cane in una presunta pizzeria, ma il personale era napoletano vfc. Ritorno dalla belloccia per dormire e fatto una pluccata fino al mattino. Vado in bagno e mi trovo il marito che si sbarbava.
19.06 ore 9.00 LIGUGE’ alle porte di Poitiers (fra l’altro c’è una residenza universitaria enorme, di alcuni km. di lato). Abbazia bellissima: risale a St. Martin che faceva il soldato a Amiens ma all’età di 40 anni, stanco delle fatiche della
99
guarnigione, arriva a Poitiers per conoscere il vescovo St. Hilaire e da esso riceve l’ordine di costruire nel 360 un’ abbazia (la prima della storia). Và poi a fare il leggendario vescovo a Tours. La chiesa ha solo i muri perimetrali antichi perché la volta ed i lucernari sono in cemento armato, orrido. Attigua c’è una chiesa romanica con cripta.
Ore 10.30 POITIERS: gran bella cittadina. Visitato N.D. la Grande, molto, molto bella in romanico, molte sculture in facciata: vi si venera N.D. des Clèes perché i canonici avevano venduto la città agli inglesi assedianti ma il mattino dopo non si trovavano le chiavi della città: allora i pretacci con gli emissari inglesi entrano nella chiesa e trovano le chiavi nelle mani della Madonna: cadono a terra stecchiti e tolgono l’assedio ( ma ci andranno almeno altre 20 volte a saccheggiare) Visitato la cattedrale di Saint-Pierre, molto bella ed imponente con un organo incredibile. Visitato anche St. Porcaire, il Palazzo di Giustizia, l’Hotel de Ville , che bello, ed il Battistero di St. Jean.
Ore 13.00 ANGERS, bella cittadina antica ma la cattedrale era chiusa perché preparavano le riprese televisive di un concerto d’organo. Un vero peccato perché era davvero bella.
Ore 16.00 LE MANS città abbastanza grande con un Palazzo di Giustizia modernissimo ma bello. L’antica rocca fortificata ( in modo massiccio verso il mare = inglesi) ha una cattedrale (St Julien) gotica davvero bella e sobria, con vetrate (le poche rimaste) molto belle, il coro enorme con degli scranni imponenti, un organo fantastico (stava suonando) una sacrestia incredibile per dimensioni e mobili (qui molti quadri). Sullo spigolo esterno ovest è adagiato un menhir enorme nel cui incavo bisogna mettere la mano. Sulla piazzetta antistante alcune costruzioni di una bellezza incredibile, la Maison Tourelle, sede dei canonici, ed il vescovado.
Ore 18.00 CHARTES. 28 Km. prima, arrivando da Le Mans, la strada risale da una lunga valle ad un altipiano ed improvvisamente appare la sagoma della Cattedrale. Preso alloggio e cenato (finalmente bene) con il Portail Royale negli occhi in un magnifico tramonto. (alcune scene dei miei commensali: un barotto con la camicia della festa accoglie l’amichetta in un tripudio di gioia e di rossore: la fighetta si fa sempre più intraprendente….; lì vicino un signore sui 50, molto elegante e compito, educato, sobrio, incomincia a parlare da solo, a prendere appunti, a innervosirsi, a incazzarsi: poverini entrambi, miserie della vita.
20 giugno ore 9.00 CHARTRES, tutto il giorno a girovagare dentro e fuori alla cattedrale salvo 1 panino, alcune sigarette e visita a due librai. Annotato: --il rosone del Portail Royale è disassato di 50-70 cm. a nord rispetto alla porta centrale ed alla cuspide fra i 2 campanili (però nell’interno è giusto) --la piramide ottagonale (?) sopra il campanile sud è inclinata a nord cioè il filo a piombo dalla cuspide cade fuori dalla base. --il rosone non è a piombo ma piscia in fuori di parecchio (però all’interno è quasi giusto). --la facciata ovest è disassata di parecchio. Sul marciapiede antistante hanno murato una placca di acciaio inox (cm. 30x60)con due simboli e la scritta:
100
1625 Km. (nota mia: mille miglia?) chemin de Saint-Jacques de Compostela
Sull’esplanade a est della cattedrale è murata una placca di acciaio di mt. 2 x 4,5 con una strana incisione ed antistante, a terra c’è un cerchio di diametro cm.100 con la scritta :
“je ne savais pas que c’etait si simple de faire son devoir quand on est en dangers. (non sapevo che fosse così facile fare il proprio dovere quando il pericolo incombe ) 15 juin 1940 Jean Moulin
Mancano le tre vetrate centrali dell’abside e sfalsa TUTTO (troppa luce diretta)
Pilastro Nord de la Viergè o des Initièes pilastro esterno dell’ Arca (finalmente restaurato) (foto) Primo costolone: un angelo conduce un bue (?)(manca la testa) che tira un carro con l’ Arca aperta (escono 2 tavole congiunte ed un contenitore sferico) sul cui esterno sono raffigurati dei ratti ed altre cose. Sotto c’è la scritta: “ :ARChA CEDERIS: “ Secondo costolone: due soggetti frugano nell’arca ormai vuota: 1 soggetto la tiene alta con le braccia distese (strano, c’è una piccola figura umana aggrappata alla veste) e 4 soggetti alla sua destra muoiono o stanno morendo. Scritta sottostante (lettura da sx a dx ovvero strano perché la scena soprastante ha un altro verso) :hic . AMITITUR. T ARhA. CEDERIS: Su un testo intitolato Le gratte-cul de Chartres di cui non è indicato l’Autore sta scritta questa interpretazione: poiché l’Arca è i numeri, le misure e le leggi, ARCHA CEDERIS stà per “qui l’Arca è di fatto ai due terzi” e da lì sviluppa una serie di proiezioni matematiche e geometriche con misure e angolazioni ben precise che partono dalla base de la Vierge du Pilier fino all’opposta vetrata de Notre-Dame de la Belle Verriére, al seno allattante. Sostiene poi che il Visibile è ciò che tu vedi, l’Invisibile è quello che tu sai, il Nascosto è ciò che tu senti. Ma, dovrò dedicare parecchio tempo a questo testo.
Ore 12.00 ho percorso il Labirinto ma ci son riuscito solo al terzo tentativo in quanto non riuscivo a concentrarmi (che strano) (la sera prima alle 19,30 mi hanno sbattuto fuori perché un gruppo di tedeschi aveva affittato la cattedrale nonché il Labirinto e c’erano facce strane, strumenti strani: ma, potenza del denaro e flebilità dei preti).
Analizzato con calma l’insieme”labirinto”. Le curve son tutte di un pezzo solo: 16 sull’asse est-ovest e 12 sull’asse nord-sud
101
I dentelli esterni sono 112 (strano: altri autori parlano di 113, ma li ho più volte contati e l’errore di 1 è basilare, per via dei divisori) e le pietre scolpite in curva sono 10 con 4 dentelli, 1 con 5, 15 con 3, 9 con 2 e 4 con 1 Le dalle esterne al cerchio centrale, bipartite, sono 7 così come la doppia decorazione floreale che le congiunge mentre alla fine del cammino ivi sfociante ci sono 2 pietre triangolari con un lato ricurvo
21.06 ore 9.30 DREUX cattedrale gotica a 1 solo campanile (l’altro incompiuto), portale tutto scalpellinato; grande rosone disassato di parecchio (oltre 1 mt. a dx), bella statua di Michele, bello l’organo.
ore 11.00 GISORS (foto): gran casino per arrivarci perché il problema è evitare Parigi, ma ci son andato spinto da 2 libri: di un certo Gèrard de Sede che racconta di un giardiniere del castello che di notte ha scavato un pozzo di 30 mt ed uno spostamento di 6 mt. Per accedere in una cripta molto grande e con pregevolissimi marmi in cui avrebbe trovato una trentina di enormi sacelli ritenendo che ivi fosse stato nascosto il Tesoro dei Templari: finì licenziato, la moglie lo mollò, fini pazzo e poi porcaro nella tenuta di Gérard de Sede che ne avrebbe raccolto la testimonianza. L’altro testo di tale Louis Charpentier (di cui ho alcuni altri testi seri) sostiene che il Donjon centrale sarebbe una duna artificiale a forma di croce celtica e coprirebbe un enorme dolmen molto antico Adesso il sito è costituito da una enorme cinta con alcune casupole inserite, l’altura centrale davvero notevole sulla quale c’è un’altra cinta al cui interno svetta abbastanza alta una costruzione ottagonale. Ho rivolto una domanda al personaggio addetto all’ufficio, mi ha sbattuto fuori di malo modo, ha chiuso l’ufficio e se n’è andato. Mah, vfc Molto, molto bella la cattedrale, soprattutto nell’interno . Ore 12.45 BEAUVAIS Eglise Saint-Etienne, romanico cadente, chiusa e Cattedrale Saint-Pierre, gotico, molto, molto bella, chiusa. Vfc
Ore 14.00 AMIENS bella, bella, bella sarà più alta di Chartres? Sarà più bella di Chartres? Facciata pulita, bella, bella, ma davvero bella. All’interno poche vetrate residuali per cui troppo luminosa. Nel coro stalli magnifici. Il tutto un po’ troppo decorato, molte cappelle laterali (alcune in ottimo barocco, ma lì stonano) troppo elaborate e ridondanti, inferriate magnifiche. Il Labirinto è troppo moderno con i marmi tagliati troppo bene, come al solito non visibile perché ricoperto di sedie (ma quando mai saranno tutte occupate?) molto bello lo stemma centrale. Reliquia del cranio del Battista (?). Molti ottimi quadri nelle cappelle laterali. Davvero maestosa, pulpito monumentale, organo sul portail principale (W) enorme e con un suono incredibile. Troppe sepolture.(ma c’è un angioletto piangente davvero bello).
Azioni di disturbo: --sulla scalinata principale stavano provando per il concerto della sera con un casino e fracasso incredibile (in tutta la Francia quello era il giorno della musica ed ogni sperduto paesino aveva il manifesto della festa serale così come tutti annunciavano per la sera del 24 il falò di San Giovanni) --nel coeur stavano preparando un matrimonio sontuoso: due cantanti si accordavano con l’organo lontanissimo (ma il casino veniva da fuori e copriva le voci) tutti i maschietti in tight con foulard fucsia sulla camicia fermato da gioiello, gran ex fighe con cappelli enormi e mises incredibili; delle uniche 2 belle donne incontrate una la portava alta e l’altra cui avevo fatto cenno DI NOIA con la mano mi ha risposto con un’occhiata come per dire che sarebbe fuggita con me in scooter: peccato, ma il suo abbigliamento sconsigliava vivamente ciò; e poi come l’avremmo messa con il casco?
102
Non son stato lì ad aspettare la Sposa e fatti i miei tre giri di attenta ispezione, ne son fuggito, anche perché in funzione del concerto si vedevano certe facce……
Ore 16.15 SAINT-QUENTIN, non fermato: imponente cattedrale gotica sull’altura con contrapposta enorme torre. Latitudine 49° 52”
Ore 17.00 LAON. Sembra Fossano, l’unica città su una vera protuberanza , visibile da molto lontano Chiesa gotica con 4 campanili traforati + campanile a piramide sul coeur. Non visitata
Prima ed ultima picia sul margine di un bosco e per tutti questi km. su strada normale….per noi suona strano;.prima ed ultima pattuglia della Gendarmeria affaccendata attorno a un furgone scassato.
Ore 18.00 REIMS Cattedrale fantastica intestata a N.D. e a Saint-Remige. Bella, bella, bella, bellissima molto pulita e sobria. Poche vetrate residue (1 però, molto bella, è di Marc Chagall) Il rosone centrale della facciata è molto basso, il coro molto semplice ma elegante, altare maggiore essenziale, organo non molto grande, 5+5 lampadari nella navata , no altari laterali, solo 1 nell’abside, magnifico crocefisso marmoreo e gruppo scultorio de la Pietà, fantastico portale ligneo all’interno della facciata N, numero 3 pulpiti, incredibile l’esterno dell’abside, sulla guglia centrale c’è un angelo. Attiguo c’è il Palazzo Tau, sede dell’arcivescovado, in rinascimentale molto puro. Anche qui c’era il concerto sulla scalinata principale. (foto)
Ore 19.30 CHALON de Champagne, non visitata, cercavo da dormire, vfc
Ore 20.00 ARCIS sur AUBE trenta km prima di Troyes (tutti quelli cui domandavo informazioni, forse il difetto di pronuncia, mi guardavano brutto). Villaggio del c. con case ed alberghi fatiscenti, in cartone, mangiato da cani e dormito peggio. In compenso la sede del Comune è una magnifica palazzina rinascimentale nel centro di un parco con residui ruderi di castello.
22 giugno ore 9.00 ABBAZIA DI PONTIGNY 20 km a nord di Auxerre. Fantastica, pulita, essenziale, nuda. Il coro è chiuso da una boiserie (tutte le chiese importanti, fino a una certa data, erano dotate di un JUBE’ cioè un recinto che rendeva non visibile l’altare: il popolo assisteva al di là e solo al Vangelo il lettore saliva sul jubé per effettuare la dizione, in latino) che comprende 2 altari esterni con incisioni enormi di croci templari (ma siamo 300 anni dopo, mah!) ed un magnifico e sobrio coro, un bell’altare marmoreo e , nell’abside, un aereo altare con 4 angeli che sorreggono un’ arca. Lì è sepolto Saint-Edme (+1170) (troppo bella la storia di questo Santo)
103
Bello l’organo, il nartece, il chiostro
Ore 10.15 AUXERRE Chiesa di San Pietro, su precedente abbazia del VI sec., facciata strana del 1658 e campanile del 1536
Ore 10.40 ESCOLIVES-SAINT-CAMILLE sito archeologico gallo-romano molto ben restaurato con tre piscine. La tipa che mi guidava non mi mollava, ma non avevo ancora deciso che avrei ancora avuto tanta strada così da fare: è li che ho deciso che non avrei più cenato in Francia: semplicemente schifoso, aveva ragione il camionista Cosimo a farsi pasta-fagioli.
Ore 14.30 MONTREVEL a 15 km da Bourg en Bresse: bellino il campanile, chiesto alla fighetta del distributore se ivi risiedessero dei Revelli, ma non ha capito un c. Caldo bestiale.
Ore 16.30 ABBAYE HAUTECOMBE, non ci fossi mai andato, è in culo ai lupi, ho perso 2 ore. Comunque molto bella ma super affollata, con guide petulanti, con luci che si accendono al passaggio.
Ore 19.45 COL CENIS mt 2088 s.l.m. finalmente fresco, ma poi giù acqua, vfc ho dovuto scendere ai 10 all’ora sotto un acquazzone infinito.
Ore 21.00 AVIGLIANA ho sbagliato tre volte strada: da Giaveno tornavo sempre lì finchè ho beccato il colle di Cumiana, telefonino scarico, GPS impazzito, minacciava di nuovo acqua, stanchezza evidente e quindi pericolo. Finalmente sbarco al bivio di Cumiana dove un ottimo piatto di ravioli e un bicchiere di vino (+ un altro) con mezz’oraccia di sosta ho fatto la pace con tutti.
Concludendo, arrivo a casa un po’ prima di mezzanotte con km 2.570 (+ 800 in camion) percorsi, di cui 870 nell’ultima giornata stanco ma felice come una pasqua perché non ho visto un solo incidente, lo scooter è andato come una palla di fucile, non ho incontrato né ciucchi né pazzi, non ho avuto il piacere della compagnia, ma tant’è non ho imposto né subito nulla. Lode e gloria a Dio --------------------------------------------
C’est le privilége du vrai génie, et surtout du Génie qui ouvre nul carriére, de faire impunément des grandes fautes Arthur Schopenhauer, frontespizio di Critica della filosofia kantiana
104
Il mio sogno di te non é finito. Eugenio Montale
Veritatem, philosophia quaerit, teologia invenit, religio possidet. La filosofia si interroga, la teologia trova, la religione possiede la verità.
Giovanni Pico
Se bocca prende e cul rende, si salutano le medicine e chi le vende. Paola Rog, Milano
Eravamo in tre a spasso con Palazzeschi, la malinconia si era aggiunta. Soffici
Uno solo per me vale diecimila, se é il migliore. Eraclito
Il modo più sicuro per essere felici é fingere di esserlo autore russo, Rai1 ore 18.50, 15.12.2003
CELLE FOTOVOLTAICHE
Stante l’entrata in vigore della nuova norma del Codice della Strada che impone in determinati percorsi l’accensione dei fari anabbaglianti durante il giorno e le inevitabili polemiche in ordine al maggior consumo di carburante ( +1,5-2 %) la cui conseguenza è un ulteriore inquinamento atmosferico, si è ipotizzato di porre rimedio nel seguente modo:
__ installazione sul tettuccio dell’automezzo di una struttura fissa avente una superficie piana sulla quale installare opportunamente delle celle fotovoltaiche. L’energia elettrica prodotta viene immessa nel circuito del mezzo attraverso una qualsiasi apparecchiatura elettrica (per es. le luci di cortesia) e può essere integrata da un piccolo amperometro ovvero da una serie di led luminosi in modo da indicare in ogni momento l’apporto energetico.
105
__ integrare eventualmente questo strumento con una antenna per la ricezione del segnale radio spesso e volentieri, ora, non soddisfacente.
__ opportuno studio del design per mascherare lo strumento come uno spoiler aerodinamico (per es. lo spoiler della Crysler Old assolutamente invisibile).
__ confezionamento del tutto in un kit che non necessariamente implichi l’intervento di un elettrauto per il montaggio.
__ n. 2 lampadine anabbaglianti + n. 2 luci targa + n. 2 luci di posizione posteriore comportano un consumo di 8,5 amp. Per compensare ciò è indispensabile una superficie fotovoltaica di 0,3 mq.
15 settembre 2003 spedito a cani e porci: ma chi se ne frega dell’inquinamento, del risparmio energetico, del petrolio? ------------------------------------------------------------------------------
Molti, per una errata educazione, o vogliono fare tutto da sé o lasciarlo fare tutto a Dio. In genere i primi si trovano fra gli atei, i secondi fra i cristiani: peccano entrambi di presunzione. Albino Reale, Visione dello Spirito Santo, 22.08.1993
Il sacro é vedere le cose con gli occhi di Dio.
Thomas Merton
Il suono é vibrazione.
Il suono é fra la parola e la luce. filosofi del primo medioevo
La Messa é una congiunzione cosmica.
card. Balthasar
Banale liturgia sociale (la Messa moderna). Gesualino Alvi
106
L’ultimo a non accorgersene (del potere mediatico) é Bush, leader terzomondista, arrivato per sbaglio a governare un Paese ad alto tasso di sviluppo. U.Eco su Repubblica 09.01.2004
Estetica = est etica
Mingere cum bombis, res saluberrima lombis. Pisciare con scorregge é una cosa molto salutare per i reni. Sc. Medica Salernitana
A corte ho imparato 4 cose: se stai accanto a grandi uomini diventi grande anche tu; i grandi uomini sono in realtà molto piccoli; il potere é tutto e non c’é ragione per cui un giorno non possa prenderlo tu, almeno in parte. Umberto Eco, Baudolino, 2000
Non ho mai sospettato che tu sia un uomo virtuoso, Ardzrouni.
Umberto Eco, Baudolino, 2000
Calma, anche la fretta richiede del tempo, disse il Boidi.
Umberto Eco, Baudolino, 2000
Voi barbari latini e alemanni non conoscete le regole della civiltà di noi romani. Dovete sapere che nei nostri mercati, di primo acchito, voi non vorreste comperare nulla perché chiedono troppo, e se pagate subito quello che chiedono non é che vi prendono per allocchi, perché sapevano già che lo siete, ma ci rimangono male loro, perché la gioia del mercante é contrattare. Dunque offrite due monete quando ve ne chiedono dieci, loro scenderanno a sette, voi offrite tre e loro scenderanno a cinque, voi restate su tre, sino a che loro non cederanno piangendo e giurando che finiranno sul lastrico con tutta la loro famiglia. A quel punto comprate pure, ma sappiate che la merce vale 1 moneta. Umberto Eco, Baudolino, 2000
Ho poi appreso che il vero amore prende dimora nel triclinio del cuore, e lì trova quiete, attento ai propri nobili segreti, e raramente torna nella camera dell’immaginazione. Per questo non riesce a riprodurre la forma corporale dell’amante assente. E’ solo l’amore di fornicazione, che non entra mai nei penetrali del cuore, e si nutre solo di fantasie voluttuose, che riesce a riprodurre tali immagini. Umberto Eco, Baudolino, 2000
SCOUT: sono dei bambini vestiti da cretini, comandati da cretini vestiti da bambini.
G.B. Shaw
--Io ho l’amore della ragione, non il fanatismo- rispose Brotteaux -la ragione ci guida ed illumina; quando ne avrete fatto una divinità, essa vi accecherà e vi consiglierà dei delitti-. Anatole France, Gli dei hanno sete
107
Ma lo stesso, se io fossi il vostro presidente (del tribunale), farei come Bridole (personaggio del Pantagruel di Rabelais), mi rimetterei al responso dei dadi. In materia di giustizia é ancora la cosa più sicura. Anatole France, Gli dei hanno sete
Credo di aver captato nei decenni qualche indizio su che cos’é l’amicizia: una relazione forte, anzi fortissima che si fonda su una mutualità di percezioni, sentimenti e pensieri, fondata a sua volta su una simmetria equivoca o, forse meglio, su un ostinato, inconfessabile malinteso: che il tuo amico sia migliore di te, quantunque manifestamente così stupido da pensare che tu sia migliore di lui. L’addio a Cesare Garboli di Vittorio Sermonti, Repubblica 14.04.2004
Conserva legna per aprile, amerai stare vicino al fuoco. 21.04.2004
Charme de prunelles, tourments des coeurs, lumiére de l’ ésprit, je ne baise point la poussiére de vos pieds, parce que vous ne marchez guére, ou que vous marcez sur de tapis d’Iran ou sur des roses. Voltaire, Zadig ou la Destinée, epitre dedicatorie à le Sultan Sheera par Sadi
La ligne est la douziéme parti du pouce.
Voltaire, Zadig ou la Destinée, nota 44 a pag 16
--Etoiles de justice, abimes de science, miroir de vérité, qui avez la pesanteur du plomb, la dureté du fer, l’eclat du diamant, et beaucoup d’ affinité avec l’or— Stelle di giustizia, abissi di scienza, specchio della verità; siete grevi come il piombo, duri come il ferro, lo spacco di un diamante, e molte affinità con l’oro. Voltaire, Zadig ou la Destinée,rif. ad allocuzione ai giudici
Toujours de plaisir n’est pas du plaisir. Sempre piacere non è del piacere
Le services rendu restent souvent dans l’ antichambre, et les soupcons entrent dans le cabinet, selon la sentence de Zoroastre. Voltaire, Zadig ou la Destinée,
108
Perché la filosofia é l’arte di formulare lucidamente problemi, e filosofo é chi sa inventarsi ragioni per dubitare dell’evidente. Perché nell’ oceano della filosofia si pesca meglio con la rete del dubbio. . Franco Volpi, parlando di Cacciari
PSALMUS 139 Acuérunt linguas suas sicut serpentis * venenum aspidum sub labiis eòrum.
In un cimitero attiguo alla chiesa romanica di Revermont, Saone, (foto) tomba molto decorata con foto di ragazza giovane ed inciso su libro di pietra: -Il y avait encore tout de page a tourner, hela trop tot le livre s’est fermé-
Omnia ferunt, ultima necat. Tutte le ore feriscono, l’ultima ti secca.
meridiana a Moulines, Queyras, 27.06.2004
Menhirs: c’étaient des pierres de fécondité car elles accumulaient des proprietés fécondantes de la terre et du ciel….. Que l’on ne s’y trompe pas, il s’agissait de pierres utilitaires “fonctionelles”… les dolmen est pierre de religion…. souffle l’esprit. Menhirs: erano delle pietre di fecondità perchè esse accumulano le proprietà fecondanti della terra e del cielo…. Non ci si sbagli, si tratta di pietre utilitarie, funzionali….. I dolmen sono pietre religiose….. l’afflato dello spirito… Louis Charpentier, Les Mystéres de la Cattedrale de Chartres, pag. 25
Saint Bernard s’ explique trés nettement dans sa fameuse letter a Pierre le Venerable: --L’art n’est que un moyen, utile seulement aux simples et aux ignorants, inutile et meme nuisible aux sages et aux parfait. En consequence, les moines doivent laisser aux pasteurs du people le soin de cultiver l’architecture san Bernardo è molto preciso nella famosa lettera a Pietro il Venerabile: “l’arte non è che uno strumento, utile solamente ai semplici ed agli ignoranti, inutile e risibile per i saggi ed i perfetti. Di conseguenza, i monaci devono lasciare ai pastori del popolo il vezzo di praticare l’architettura. Louis Charpentier, Les Mystéres de la Cattedrale de Chartres, pag. 25
La corde des Druides à 13 noeuds (12 segments) (nota mia: ampia dimostrazione geometrica dell’utilizzo di questa corda per costruire sul piano, ma anche nei volumi qualsiasi schema o disegno,perfino il pentagono che, com’è noto è di difficile esecuzione) Louis Gross, Formes et nombres sacrés, 2004
109
PSALMUS 21, 7 Ego autem sum vermis, et non homo* opprobrium hòminum, et abjectio plebes. Omnes vidéntes derisérunt me: * locùti sunt làbiis , et movérunt caput
Se la spanna (dita distese di una mano) vale 20 cm. Il palmo (4 dita unite) vale 7.64 cm (20:Phi al quadrato) la spalma (5 dita unite) vale 12.36 cm, (20:Phi) Il piede vale 32.36cm. (20.Phi) Il cubito dal gomito al dito medio vale 52.36 cm.(20.Phi al quadrato Louis Gross, Formes et nombres sacrés, 2004 (cioé tutti soggiagiono al Nombre d’ Or)
L’harmonie est la concordance des vibrations et des rythmes, l’accord entre les parties d’un tout, la proportion, la beauté, la stabilité, l’equilibre, l’ordre, l’unité. Dans chaque domaine, elle est régie par des lois. L’armonia è la concordanza delle vibrazioni e dei ritmi, l’accordo fra le componenti di un tutto,la proporzione, la bellezza, la stabilità, l’equilibrio, l’ordine, l’unità. In ogni ambito è la norma della legge Louis Gross, Formes et nombres sacrés
La loi d’ harmonie est une de lois fondamentales de l’ univers: ce qui se ressemble s’assemble. Entre autres termes, c’est l’accord ou l’ égalité entre les proportions des différentes parties du tout qui conduit à l’ harmonie. La legge d’ armonia è una delle leggi fondamentali dell’universo: ciò che si raccoglie si assembla (amalgama). In altri termini è l’accordo o l’uguaglianza fra le proporzioni delle diverse parti di un tutto che conduce all’armonia. Louis Gross, Formes et nombres sacrés
Dall’entrata in vigore della moneta Euro, consapevole delle problematiche (che poi si sono puntualmente presentate) ho lavorato intensamente ad un progetto moderno e funzionale per risolvere queste esigenze. Ho fatto approntare uno studio di fattibilità informatica, ho raccolto pareri legali, fiscali, tributari, fatto eseguire un’analisi di mercato e verificato altri mille altri potenziali risvolti. Son partito quindi all’attacco di almeno 50 enti e realtà economiche per prospettare questa soluzione. Indubbiamente ho sbagliato tutto, dall’impostazione in avanti ma soprattutto poiché è in lotta contro il regime bancario. Non ho trovato alcuno che apprezzasse ciò. Gli è che il concetto della GRATUITA’ non entra in orecchie abituate a spremere fino all’inverosimile nel nome del profitto a tutti i costi (non escludendo la rapina) Pazienza.
110
Progetto “FaciliTer”
“impostazione strutturale del servizio”
E’ un Servizio che utilizza normali apparecchi di telefonia mobile per trasferire valori monetari da un telefonino ad un altro riducendo od incrementando il credito esistente .
La peculiarità è che la transazione NON SARA’ MAI onerosa per l’ Utente finale.4
I ricavi sono determinati da un aggio (prelevato in automatico) sulle transazioni a favore del Beneficiario finale (l’accreditato) (il bar, ad es): Il “bar” ha un aggio positivo sulle “ricariche” che effettua ai propri clienti (incassando contante, riducendo cioè il credito nei confronti di FaciliTer).
Nel caso il “bar” funga da tramite per il pagamento di utenze, bollette, canoni, fatture, etc., NON ha costi5 in quanto saranno a carico del Beneficiario finale (Enel, Aem, Agip, Telecom, etc.) ed occorrerà indurre questi Enti/Società a praticare uno sconto automatico6 a favore dell’ Utente che sceglie questo mezzo di pagamento. Per fare ciò è sufficiente che la fattura/bolletta contenga un codice a barre leggibile da qualsiasi “cassa” dotata di un lettore di codici (tutte). Di ben diversa portata sarà l’incasso di premi assicurativi 7 ed infine, buon ultimo, tutti i pagamenti erariali e fiscali nonché quelli alla Pubblica Amministrazione. L’obiettivo finale è quello di trasformare FaciliTer in Gestore di una linea telefonica satellitare perché ciò renderà possibile l’estensione del Servizio in tutta l’area dell’ Euro ma soprattutto perché implicherà la diretta gestione delle masse monetarie anticipate : a questo punto si trasformerà in Banca FaciliTer) con servizi assolutamente innovativi (già delineati).
Ma questa Banca dovrà essere abissalmente diversa dalla banca convenzionale.
1. ad eccezione degli oneri contrattuali (eventuali) con il proprio Gestore; cosa peraltro da escludere perché il n° FaciliTer è un numero verde.
2. Ma avraà il beneficio (aggio aggiuntivo) della probabile “ricarica” 3. In quanto non sostengono le spese di incasso fisse pari a circa 3 euro
111
4. I costi sostenuti dalle Compagnie, di converso quindi gli sconti praticabili alla Clientela, variano dall’ 8 al 24% ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Pour les rosicruciens, qui sont pragmatiques, il ne sert à rien chercher à expliquer ce qu’est Dieu. Comment la goutte d’eau peut-elle connaitre l’océan qui la contient? Ils pensent simplement que: --Dieu est une Intelligence universelle qui a pensé, manifesté et ordonné la Création selon des lois immuables et parfaites-- …………… --C’est un point se mouvant partout d’une vitesse infinie: car il est en tout lieu et est tout entier en chaque endroit-…… --Dieu est un cercle dont le centre est partout et la circonférence nulle part— Per i rosacroce, che son pragmatici, non serve tentar di spiegare ciò che è Dio. Come la goccia d’acqua può riconoscere l’oceano che la contiene? Essi pensano semplicemente che: -Dio è una Intelligenza universale che ha concepito, manifestato ed ordinato la Creazione secondo leggi immutabili e perfette……- E’ un punto che si muove nel vuoto ad una velocità infinita: perché è in tutti i luoghi, in qualsiasi anfratto ….. - Dio è un cerchio il cui centro è dappertutto e la cui circonferenza non esiste. Louis Gross, Formes et nombres sacrés
Ex linguis gentes, non ex gentibus linguae exortae sunt. Dalle lingua si formano i popoli, non dai popoli le lingue. Isidoro di Siviglia
Il certificato di nascita del volgare: Concilio di Tours del 813 : Et ut ad easdem omelias quisque aoerte transferre studia in rusticum romanum linguam aut hiotiscam quod facilius cuncti possint intellegere quae dicuntur E che si studi di tradurre comprensibilmente le medesime omelie nella lingua romana rustica o nella tedesca, affinché più facilmente tutti possano intendere quello che vien detto.
Sono lemmi di origine longobarda: Scolca= posto di osservazione ; fara= nucleo di spedizione; sala= residenza padronale; gualdo=bosco; faggio= terreno cintato; staffoli= cippo di confine; guancia, zanna, zazzera, ciuffo, schiena, milza, stinco, palla, panca, scranna, spranga, padella, stecco, bara, spaccare, spiedo, brodo, zuppa;
112
Così come i nomi: Alberto, Aldo, Alfredo, Alighiero, Bernardo, Bruno, Carlo, Corrado, Federico, Franco, Goffredo,, Guglielmo, Guido, Lamberto, Ludovico, Manfredo, Riccardo, Rinaldo, Roberto, Umberto.
Sono di origine Gota e Visigota: guardia, stalla, anca, roba, rubare, balla, banca, albergo (rifugio dell’esercito), schiatta, arredare, corredare, spola, guercio, schietto.
Sono di origine Franca: Bianco, guerra, bosco, galoppare, guardare, abbandonare, buttare, troppo, senno, orgoglio, feudo, barone, giardino.
Sono di origine bizantina: Catanzaro= città, pianura vicina al dirupo; Gallipoli= città bella; Calmiera= buon giorno; Gerace= sparviero; Nicastro= città nuova; Politi= cittadino; Spanò= sbarbato; Macrì= lungo; Calò= bello; Privitera= moglie del prete Zio, ganascia, lastrico, galea, gondola, molo, fanale, falò, invidia, basilico, liquirizia, anguria, tegame, catasto, polizza, rischio, anagrafe.
Sono di origine araba (anche persiano e indiano) : arsenale, dogana, fondaco, magazzino, tariffa, ammiraglio, carovana, scirocco, libeccio, arancia, limone, carciofo, spinaci, cotone, zucchero, zafferano, zero, cifra, alchimia, alambicco, zenit, nadir, ragazzo, azzurro, cremisi, facchino, tazza, scacchi, materasso, tafferuglio, divano Jean Markale, I Celti, oscar mondatori
------------------------------------------CHARTRES 2mila4
Venerdì 18 giugno ore 13.15 --partenza da Borgo fino al Moncenisio (senza storia salvo il forte vento contrario) --bella la fortezza a Val Cenis
113
--Chambery : mi son perso --direzione Bourg en Bresse, boschi fantastici e il Rodano già enorme e placido, tale da sembrare un lago in qualche punto. Cena a Druillat e cuccia a St. Martin le Mont in una casa in pietra con il giardino molto ben curato (enorme recinto per 3 asini; nella rimessa alcuni calessi; i cartelli indicavano per il 30 giugno la festa degli asini (peccato che sia già via…)
Sabato 19 giugno ore 9.00 --Bourg en Bresse, bella cittadina, la chiesa tutta impacchettata --Macon, niente di bello --Abbaye de 7 Fonts; proprietà enorme tutta cintata; la chiesa è stata distrutta per cui ci sono solo i muri perimetrali con un soffitto piatto ed anonimo; non meno di 50 monaci domenicani salmodiavano: strano il rituale delle campane in quanto la corda pendeva in mezzo alla navata e chi suonava faceva strani riti.(foto) --Moulins, visto solo la cattedrale attorniata da un enorme parco (sculture) Pioggerellina (foto) --Revermont , chiesa romanica bellissima con annesso cimitero molto ben tenuto (curiosa la tomba di una ragazza giovane morta da poco) (foto) --Nevers, che bella città! La cattedrale non ha facciata, cioè ha 2 absidi. Niente meno che 6 matrimoni: solo con un pass si accedeva alla piazza su cui sorge un magnifico palazzo dei Gonzaga con vista sulla Loira (5 nozze) Il sesto matrimonio in cattedrale con pazzeschi preparativi: 3 gruppi di suonatori, coro, 2 cantanti soliste che provavano fuori, mises incredibili, stupide, ridicole. (foto, molte) -- verso Giens: preso la pioggia: ricoverato sotto una tettoia di attrezzi agricoli di una tenuta pazzesca (parco de Ladocette) in mezzo ad enormi vigneti --Orleans: saltato perché piovigginava e perché più volte visitato, senza entusiasmo. --Germigny de Près: chiesa romanica carolingia: nel 843 sede di un concilio. Piccola ma molto graziosa, tutta addobbata perché era appena finito un matrimonio (gli invitati erano nel parco attiguo con facce molto tristi); bella Madonna lignea e bello il voltino dell’abside con mosaici fini in oro. (foto) Nel giro di 50 km 2 centrali termonucleari (foto) --Chartres, località Le Temple a 15 km verso Chateaudun: mangiato bene e dormito in una camera non bella, ma ero stanco.
Domenica 20 giugno ore 9, Cattedrale. Il tempo di chiudere la moto che sulla scalinata della porta est un gruppo fotografico di 40 ciclisti (solo 2 donne) che parlavano italiano: partivano per la Normandia, i castelli della Loira e ritorno a Chartres, originari di Vicenza. Acquistato alcuni libri (ci metterò almeno 6 mesi a succhiarmeli). Girato in lungo e in largo: solenne pontificale con organo e coro (alla fine l’organista ha eseguito un concerto magnifico) Mancano molte vetrate (sfalsate tutte le luci) e ci sono molti ponteggi sia interni che esterni.
114
Visitato la cripta con il mio amico originario di Piacenza. Cena di fronte al Portail Royal, freddo becco Lunedì 21 giugno ore 9 Chartres. Il labirinto era libero con una non enorme coda, però non progrediva per cui lasciato perdere. L’organo disturbava con accordi assurdi ed operai montavano ponteggi lasciando cadere rumorosi attrezzi. Imponente scavo nella grande piazza sottostante all’acropoli: vorrebbero fare un parcheggio sotterraneo ma ci sono imponenti resti archeologici. (sito web visitabile 24h su 24) Orleans: saltato, pioggerellina Bourges: visitato in lungo e in largo, compreso il Palazzo Coeur. (tutte cose già viste ma pur sempre ammirevoli) Noirlac: imponente abbazia non più officiata ma molto ben restaurata condotta da ragazzi (una ragazzina indossava il saio bianco, il cicerone un po’ troppo gasato gesticolava troppo e per parlare a 10 persone saliva sui piedistalli… declamando) --verso Clermond Ferrand: mi son perso per 150 km attraversando foreste enormi, villaggi disabitati, traffico zero --Clermond Ferrand: cercato di entrare ma vista l’ora (18) ho desistito --Pont di Chat : pioggia decisa: trovato un pessimo albergo, davvero squallido, vomitevole, ma cavolo, come pioveva.
Martedì 22 giugno --Ravel: villaggio parecchio fuori rotta con bel castello --Boulien: fuori rotta; abbazia molto male in arnese in puro romanica, spersa nei boschi,. Sembrava disabitata ma guardando dal buco del portale visto 6 monaci salmodianti. Attigua casa più recente molto malandata --Thiers bella cittadina a mezza costa; percorso poi circa 100 km sotto l’acqua per una strada di montagna. --St. Etienne: girato parecchio per cercare qualcosa di bello: c’è solo un residuato di mura medievali. Gendarmi merdosi e baristi sprezzanti. Uscendo ho sbagliato strada per cui son risalito sino a Vienne --Vienne: bella molto bella; molto importante ai tempi dei romani con grandi vestigia: anfiteatro, terme, enorme stadio per la corsa dei cavalli. Nel 1308 un concilio ha stabilito la fine dei templari --Le Vilhain (fuori strada) piccolo villaggio con bellissima chiesa romanica + menhir: una placca parla del Chemin de Compostele. (foto) --Tournon: pranzo (si fa per dire) attraversato il Rodano su un ponte pedonale: sede di un importante collegio (1536) ed imponenti palazzi; riattraversando il Rodano ho incontrato un 40enne dall’aspetto sveglio cui ho chiesto quale fosse il livello massimo dl fiume e la profondità: mi ha risposto che alla municipalità …….; mandato a stendere e salutato dicendo che di Annibale… neanche a parlare (pare sia passato proprio da lì, e pensare che mi son fermato apposta) (foto) --Valence: saltato
115
--Crest: bella cittadina in Drome, tutta vigneti, traffico un po’ intenso --Die: città molto antica con il centro pedonale affollato ma simpatico, alcuni etilici --Gap : città molto grande e nevrotica (ore 18) (nessuna indicazione per il colle di Larche). Delusione nel vedere che la distanza per casa era ancora di 154 km. --Beguda: finalmente una cena comme il faut
COMMENTI
La benzina “super” si continua a vendere in tutte le stazioni di servizio, alla faccia dell’ U.E.
La benzina costa da 1.05 a 1.21 : dipende da come cade la goccia
I cinquantini non hanno targa
Per i cinquantini il casco è un optional
Non ho incontrato 1 solo scooter
Non ho incontrato 1 solo gendarme (salvo quello a St. Etienne, ma era un municipale)
Non ho incontrato 1 sola bici
Non ho incontrato 1 sola moto (salvo domenica a Chartres, circa 20, ferme)
Scuole: aprono alle 7 di mattino (Pont du Chat) e chiudono dopo le 18 (Gap)
Auto con i fari accesi: gnanca a parlene
Cessi e cucine dei ristoranti: spararsi un colpo.
Non c’è un maschio over 35 anni che guidi: l’alcolismo distruggerà la Francia.
Km 970 all’andata, 1080 al ritorno, sul posto 60-70
Sui tralicci elettrici intorno alle città, grandi striscioni con “EdF 17% de plus” ------------------------------------------
Il profitto non sempre é un utile, specie quando frutto di rapina. 10.10.2004 mio
116
Meglio il poco con giustizia che la ricchezza con ingiustizia. Meglio é praticare l’elemosina che mettere da parte oro. Tobia, 12,8
PSALMUS 24 Confundantur omnes iniqua agens, supervàcue, Delicta juventùtis meae, et ignorantias meas ne memineris.
PSALMUS 38, 5 Locutus sum in lingua mea: notum fac mihi, Domine, finem meum, et numerum dierum meorum quis est: ut sciam quid desit mihi. Ecce mensurabile posuisti dies meos: et substantia mea tamquam nihilum ante te. Verutamen in imagine pertransit homo: sed et frustra conturbatur. Thesaurizat: et ignorat cui congregabit ea. Dissi con la mia lingua: Signore fammi conoscere il mio fine e qual sia il numero dei miei giorni, affinché io sappia quanto mi avanza. Ecco , a corta misura tu hai ridotto i miei giorni; l’esser mio é nulla dinanzi a me. Per certo ogni uomo vivente é una vanità. Per certo l’uomo passa come un’ombra e di più invano si conturba. Ammassa tesori: e non sa per chi egli mette da parte.
I CELTI Nella triscele (valore ternario del nome di Brau) ritroviamo la doppia spirale involutiva – evolutiva che caratterizza, nel sistema cinese, lo yin e lo yang, il altri termini l’ io ed il non io, alla quale si é aggiunta una terza spirale, quella che gli alchimisti chiamano il fuoco segreto, pure verosimilmente triplice, e forza coesiva per eccellenza. Hegel enuncia questa stessa triade con i termini tesi, antitesi e sintesi.
…………….. Inoltre, ciò che di primo acchito pare quasi assurdo, c’é il problema del vino…… Sappiamo che numerose testimonianze d’antichi autori (i ricchi bevono quello venuto d’Italia e da Marsiglia, e lo bevono assolutamente puro (Ateneo, IV,9), “satolli di carni e di vini di cui si ingozzano con avidità” Tito Livio, V, 44. (Confronta anche Diodoro e Strabone), che i Galli avevano una passione esagerata per le bevande generose e in particolare per il vino, il miglior inebriante, che in allora non poteva essere prodotto altrove che nei paesi mediterranei.
………………… Chiunque può presentarsi al Re, per chiedergli un dono; il Re non può rifiutare, e acconsente, senza nemmeno sapere che cosa gli chiederanno. Insomma, i Gaeli hanno voluto che il re fosse il benefattore del tuah, fosse all’altrui servizio e non uno sfruttatore del potere. L’idea é bellissima, ma ha dato l’avvio all’indebolimento progressivo dell’autorità. Quanto all’ ospitante, ereditando l’incarico di nutrire i membri della tuah, egli diventa quasi un secondo re, un re sostentatore, rispettato come simbolo dell’ospitalità sacra, sempre viva presso i Celti. All’incirca sullo stesso piano dell’ospitante si trovano il vescovo e l’abate in epoca cristiana, il druido nei tempi pagani.
117
……………… Nel folclore del Leicestershire troviamo una certa Black Annis specie di strega antropofaga, custode dei morti. La città di Puy, prima di far derivare il suo nome da podium, era chiamata Anicium, cioé la città di Ana, ciò che non manca di un qualche nesso con il culto immemorabile della Madonna Nera. Ana regna sui morti, e il suo popolo si chiama in Bretagna, anaon (i trapassati)……. Il culto ufficiale di Sant’Anna conobbe il suo sviluppo solo nel XIV° secolo. In ogni modo Sant’Anna non é nominata né nelle Sacre Scritture, né dai Padri della Chiesa nei primi tre secoli…. Figurò nel calendario nel 1382 e la sua festa fu decretata solo nel 1584.
……………. Era un modo per attirare l’attenzione su un personaggio la cui esistenza non era comprovata ma che, essendo la madre della Madonna, rimaneva in ambiente cristiano. C’era inoltre la volontà evidente di far coincidere la madre della Vergine con Ana, la dea, il cui ricordo era destinato a protrarsi nelle campagne isolate della Bassa Bretagna.
…………… Il termine balma (grotta) é passato in lingua occitana, come combe= conca, creux o cross =cavità, breuil= boschetto. Jean Markale, I Celti, oscar mondatori
Se pensi di fare una cosa, anche se in teoria sembra impossibile, spesso ci riesci. Se invece pensi di non poterla fare non ci riuscirai mai, perché non ci proverai nemmeno. Adam Fawer, Improbabile
Nessuna dottrina é così falsa da non contenere qualche verità… nessuna discussione tanto frivola da non poter trarre da essa qualche insegnamento. Pietro Abelardo
Noi abbiamo bisogno di una nuova estetica, di una nuova filosofia della religione, anche di una nuova etica. Un’etica senza profitto, un’estetica senza illusioni, una dogmatica senza superstizione. Ernst Block
Togliendosi sempre più la veduta dell’unità di pensiero, vi é da temere, sopra ogni cosa, che si offuschi anche il senso dei valori, da cui dipende la direzione del progresso e quindi l’avvenire della scienza. Federico Enriques
Si può sempre essere certi che l’ America farà la cosa giusta, dopo aver provato a fare tutte quelle sbagliate. attribuito a Winston Churchill, Repubblica 04.01.2005
Anch’io, quindi, mi aspetto di essere denunciato da qualcuno di quelli che ho nominato e di essere inchiodato ad un palo, per esempio ad opera di Crescente,il filopsofo, che ama il mormorio delle calunnie. Nota 11 pag. 257: Giustino gioca con i termini greci; Crescente non é degno di esser chiamato “filosofo” cioé “amante della sapienza” , perché é un “filopsofo” cioé “amante delle chiacchere” e un “filocompo” cioé “amante delle mormorazioni” I due termini dispregiativi sono creati da Giustino ah hominem: ma questa schiatta continua a rigenerarsi, eccome.
118
Giustino, Seconda Apologia, 3, 1
Guardatevi pertanto da un vano mormorare, preservate la lingua dalla maldicenza, perché neppure una parola segreta sarà senza effetto, una bocca menzognera uccide l’anima. Non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Sapienza, 1, 11
La sapienza é radiosa ed indefettibile, facilmente é contemplata da chi la ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene per farsi conoscere quanti la desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di essa é perfezione di saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni. Sapienza, 6, 12
Non mi accompagnerò con l’invidia che consuma, poiché essa non ha nulla in comune con la sapienza. Sapienza, 6, 23
Ho dunque deciso di prenderla a compagna della mia vita, sapendo che mi sarà consigliera di bene. Sapienza, 8, 9
Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi é solo: se cade non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre se due dormono insieme, si possono riscaldare: ma uno solo come fa a riscaldarsi? Qoélet, 4, 9
Un buon nome é preferibile all’unguento profumato e il giorno della morte al giorno della nascita. E’ meglio andare in una casa in pianto che andare in una casa in festa; poiché quella é la fine di ogni uomo e chi vive ci rifletterà....E’ preferibile la mestizia al riso, perché sotto un triste aspetto il cuore é felice. Il cuore dei saggi é in una casa a lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa....Meglio ascoltare il rimprovero dei saggi che ascoltare il canto degli stolti: perché com’é il crepitio dei pruni sotto la pentola, tale é il riso degli stolti. Ma anche questo é vanità. Qoélet, 7, 1-6
Non c’é infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi. Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, per non sentire che il tuo servo ha detto male di te, perché il tuo cuore sa che anche tu hai detto male degli altri. Tutto questo io l’ho esaminato con sapienza e ho detto: “Voglio esser saggio!” ma la sapienza é lontana da me.! Ciò che é stato é lontano e profondo: chi lo può raggiungere? Mi son applicato di nuovo a conoscere e indagare e cercare la sapienza e il perché delle cose e a conoscere che la malvagità é follia e la stoltezza pazzia. Trovo che più amara della morte é la donna, la quale é tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi é gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso.
119
Vedi, io ho scoperto questo, dice Qoélet, confrontando una a una tutte le cose, per trovarne la ragione. Quello che io cerco ancora e non ho trovato é questo: Un uomo su mille l’ho trovato: ma una donna fra tutte non l’ho trovata. Qoélet, 7, 20-28
Amo tutto ciò che non si può comprare. Anna di Ferrara
-------------------------------------------------------------Egregio Signor Presidente Comunità Montana Valle Susa,
apprendo dal giornale delle 37 sedute di altrettanti consigli comunali svoltisi sabato scorso in piazza Castello a Torino. E' assurdo che non diano retta a una così eclatante manifestazione di volontà popolare: ma tant'è loro devono far passare una linea ferroviaria e dove capita capita. A meno che non salti fuori una alternativa più razionale e più economica.
Conosco bene la Valle Susa ed altrettanto la Maurienne e non è certo da Montmélian che il percorso verso Lione diventa piano, agevole e quindi poco oneroso. Inoltre, se non sbaglio, la finalità della tratta ferroviaria non è certo quella di congiungere Torino con Lione bensì di istituire l'asse Est/Ovest, rapportare cioè i paesi balcanici con la penisola iberica.
Ed ecco la soluzione alternativa: ora a 4 km. a monte della cittadina di Robilante si esegua un unico tunnel che sbocchi nella piana sovrastante Ventimiglia della lunghezza inferiore ai 45 km. con partenza ai 750 mt. s.l.m. ed arrivo a 100 mt. s.l.m. ovvero con una pendenza dell' 1,3% E' in progettazione il raddoppio della ferrovia Centallo-Cuneo per cui aggiungere un terzo binario non dovrebbe essere eccessivamente oneroso mentre da Cuneo a Robilante esiste un unico binario. Inoltre, se non sbaglio, giace inutilizzato uno scalo ferroviario di recente costruzione a monte di Ventimiglia.
Le differenze in termini economici, funzionali e di impatto ambientale sono del tutto evidenti.
Le auguro Signor Presidente di riuscire nell'intento di evitare la tratta ferroviaria Torino/Lione.
I migliori saluti Le giungano con molta stima da
120
2005.
gigi revel,
P.S. altro discorso sarà quello di ottenere i co-finanziamenti francesi ma tant'è nel 1948 si sono appropriati della Val Roja? L'alternativa dell'alternativa sarebbe allora di dirottare l'uscita del tunnel a Sospel, ancor più vicino ----------------------------------------------------------------
La biblioteca é il luogo dove i morti aprono gli occhi ai vivi.
Sul frontespizio della Biblioteca di Murcia.
----------------------------------La mitologia celtica metteva anche in evidenza l’esistenza di un druido primordiale. Dio incarnato nel Cristo veniva allora a corrispondere per i celti con questa figura di un mondo che per loro si confondeva necessariamente con l’istituzione druidica, senza la quale era impossibile immaginare anche la società celtica. Se si conviene poi sul fatto che la liturgia, quale che essa sia, é una drammaturgia destinata a mettere gli uomini all’unisono con il divino nel corso di una azione che non ha inizio né fine, si possono concepire gli esseri umani come partecipanti all’opera divina. In fondo é la dottrina del cristianesimo. Ma verosimilmente é anche quello che trasmettevano i druidi ai loro allievi; nel cuore della foresta, nel corso di un ventennale di insegnamento. E se gli umani erano invitati a partecipare al dramma cosmico attraverso liturgie appropriate che simboleggiavano le azioni efficaci che ciascuno doveva intraprendere, voleva dire che “Dio ha bisogno degli uomini”. Cioé che Dio non é ma diviene, in un divenire che per essere conforme all’idea di Dio doveva necessariamente essere eterno. Da ciò la straordinaria dinamica di riti e credenze e la celebrazione del culto in piena natura, in una radura o colle. La natura non era mai assente dal dramma cosmico e questo slancio dinamico é rivelatore del pensiero religioso dei celti che si ritrova esaltato al sommo grado nella Cattedrale di Chartres. ……… Questo era il messaggio di Chartres: di conoscenza suprema anzitutto, che sola permette di lanciare verso l’avvenire l’azione generatrice senza la quale nulla può compiersi. Con questo scopo preciso, i costruttori della Cattedrale di Chartres hanno proiettato verso il cielo le linee architettoniche di forze che sorgono dalle tenebre della “grotta”. Il Puits Fort collega così la superficie della terra al sottosuolo più profondo e misterioso: quella delle acque primordiali sulle quali spirava lo spirito di Dio. Dio si é manifestato nella materia improntandone le vie, come testimonia la Vergine dagli occhi chiusi. Quando aprirà gli occhi, il mondo sarà forse quello che i profeti ed i i Druidi del tempo antico avevano scorto negli astri, un mondo che non conoscerà più violenza, né odio, né ingiustizia, né morte.
121
“Si può dire che la rappresentazione di Wagner a Bayreuth sia poca cosa rispetto alla celebrazione di una messa solenne nella Cattedrale di Chartres” sono parole di Marcel Proust che sottolineano dell’importanza di questo luogo, centro di un mondo a venire. E si é tentati di aggiungere che gli slanci profetici del Parsival non sono nulla rispetto al prodigio che brilla da millenni dalle profondità della grotta dove si trova l’immagine eternamente creatrice della Virgo Paritura. Jean Markale, Il mistero dei Druidi- Il culto della Vergine e della Madonna Nera di Chartres .(molto, molto interessante questo Autore: è chiaro e , a differenza di tanti altri fantasiosi ed incasinati, stà con i piedi per terra e cita le fonti)
Solvitur acris hiems grata vice veris et Favoni. Si scioglie il rigido inverso per il gradito ritorno della primavera e del Favonio.
L’utopia dei deboli é la paura dei forti.
Horatio, Carmen 1, 4
Ezio Tarantelli
PSALMUS 48,13 Et homo, cum in honore esset, non intellexit: comparatus est jumentis insipiéntibus, et similis factus est illis. E l’uomo, mentre era in onore, non lo ha compreso; é stato paragonato ai giumenti senza ragione, ed é diventato simile ad essi
PSALMUS 61, 11 Nolite sperare in iniquitate, et rapìnas nolite concupìscere: divitiae si àffluant, nolite cor apponete Non vogliate confidare nell’iniquità e non amate le rapine: se le ricchezze vengono in abbondanza, non ponete in esse il vostro cuore.
L’efficienza del trasporto pubblico é un gargarismo da comizi, non occorre Nostradamus per profetizzare l’imminente rivolta dei cittadini a colpo di denunce e boicottaggi. Massimo Granellini, La Stampa, 18.04.2005
Egregio Signor Sindaco della Città di Torino,
122
immagino l'angoscia che Le provoca il problema del traffico cittadino in ordine all'inquinamento prodotto dalle auto (e dai mezzi pubblici) in funzione degli scarni strumenti a Sua disposizione. Le offro e regalo una soluzione semplice, semplice, addirittura elementare.
E' noto che i bus elettrici non funzionano poichè di ridotta autonomia: ebbene, è sufficiente dotare i bus di un piccolo rimorchio avente come carico le opportune batterie; di notte esse si accumulano (a costi ridotti) e nel corso del lavoro quotidiano è sufficiente sostituire il rimorchietto ad un capolinea (dove si ricaricano) . Elementare? Anche nei vecchi mezzi si può sostituire il motore diesel con uno elettrico evitando così spese faraoniche.
Ma ciò non basta: le nostre città non sono state concepite per le auto ed allora sic et simpliciter bisogna inibirne l'utilizzo: bisogna rendere il trasporto pubblico gratuito, disporre adeguati parcheggi alle entrate in città, potenziare le linee intersecanti il centro.
Pensi Signor Sindaco al risparmio che ne conseguirebbe in termini di vigili urbani, parcheggi differenziati, costi amministrativi per i controlli e relative multe, consumo di carburante ,il tutto con beneficio finale sull'inquinamento e soprattutto, la salute dei Cittadini (e relativi oneri sociali e sanitari); se poi, come ha fatto l'anno scorso con successo il Comune di Cuneo, si attrezza un parco di biciclette a disposizione....
La metto in guardia dall'affidare il riscontro della stessa a centri studi troppo sofisticati. L' idea è semplice, è elementare, è attuabile in termini funzionali ed economici.
I migliori saluti Le giungano con molta stima da
Borgo S.D., 21 marzo 2005 gigi revel
P.S.1 non ho mai visto un bus effettuare una manovra in retromarcia. P.S.2 il maggior onere per le casse comunali onde rendere gratuito il pedaggio è infinitamente minori dei costi evitati P.S.3 la Città è davvero vivibile dai pedoni, dai ciclisti, dai bambini, anche in termini acustici.
Questa lettera ha ricevuto una risposta interlocutoria, ante poubelle, tant’è che non è più successo nulla, viva ---------------------------------------------------------------------------------------
Il denaro può comprare una casa ma non il focolare.
123
Può comprare un letto ma non il sonno. Può comprare un orologio ma non il tempo. Può comprare un libro ma non la conoscenza e la saggezza. Può comprare una posizione ma non il rispetto. Può pagare il dottore ma non la salute. Può comprare il sesso ma non l’amore. Gianfranco Ravasi, L’Avvenire, 01.01.2005
Homoethica o Homo-Ethica Vir-ethico FaciliTer Virethica Argentaria 29.05.2005, mio
Cacciaguida pur conoscendo la domanda che Dante intende fargli, vuole sentirgliela formulare:
…… la voce tua sicura, balda e lieta suoni la volontà, suoni ‘l disìo a che la mia risposta é già decreta. Dante, Paradiso XV, 64
Con somma dissimulazione tenevano nascosto nelle proprie viscere un così grande male, e ciò non senza ragione; certe malattie, infatti, vanno curate senza che gli ammalati le conoscano; visto che molti di essi muoiono proprio per averle apprese. Seneca, De brevitate vita, XVIII°, 6
Ma é proprio tanto piacere morire in piena attività? Eppure i più la pensano così, smaniano di lavorare anche quando non ne hanno più la capacità, lottano contro la debolezza fisica e ritengono insopportabile la vecchiaia solo perché li mette in disparte. La legge non richiama alle armi i cittadini che abbiano più di 50 anni, non convoca per le sedute i senatori dopo i 60 anni, ma gli uomini hanno maggior difficoltà a mettersi in riposo da se stessi che non per la legge. Seneca, De brevitate vita, Xx°, 4 ----------------------------------------------------------
Egregio Dottor x, ( di Trenitalia)
124
Le invio a parte il “pezzo” di Gramellini apparso su La Stampa di oggi; costui tiene da anni la rubrica con notevole successo in quanto ha la capacità di tradurre in poche righe quello che ognuno di noi intuisce e riconosce come il proprio pensiero. I tempi stanno cambiando con una velocità impressionante: sono sempre più frequenti i percettori di una notizia, per es. politica (di qualsiasi parte) che non ridano in faccia a coloro che essi vedono ed avvertono epidermicamente quali imbonitori, parolai, filopsofi. Nella stessa fattispecie ricade il giusto, bello (e ritengo in buona fede) servizio di annunci vocali che Trenitalia fornisce agli Utenti: viene però percepito con derisione.
Ebbene, bisogna cambiare radicalmente registro, bisogna smettere di apprezzare il Cliente solo in quanto consumatore, bisogna guardarlo negli occhi in quanto persona, bisogna parlare direttamente al suo intelletto con termini ed atti che immediatamente percepisca utili e profittevoli, in termini reali e concreti. L’alternativa è il dileggio, anzi la crocifissione. Per dirla con Epicuro: --bisogna non fingere di filosofare ma filosofare sul serio; non ci occorre infatti apparire sani, ma esserlo veramente—
Per venire al concreto e per essere propositivo (cioè non un blaterante del malcontento) il successo di Google è dovuto alla contrapposizione con la micragnosa politica di vendita dell’intollerato (ma necessario) Bill Gates. Quello che ho cercato di far passare con FaciliTer è il concetto di gratuità cioè il voler allentare il nodo scorsoio che le banche e le società di servizio ci hanno posto al collo, il voler cavalcare il nuovo che galoppa. E per dirla con André Pochan ( fisico e medico del XVII sec.): --Le idee nuove sono sempre state considerate, nel loro tempo, come delle follie dagli uomini cosiddetti “sensati”, ma da parte nostra siamo convinti che se sulla terra fossero solo esistiti gli uomini “sensati” saremmo ancora all’età della pietra.—
In concreto: ho ascoltato per radio l’altra sera una Donna (responsabile?) di Codacos (?) circa il concetto di rimborsare con 1 km gratuito ogni minuto di ritardo del treno. Costei aizzava (ed è facile, perbacco) la moltitudine inca22osa e discettava sui criteri di rimborso, tutti farraginosi e troppo burocratici. Ebbene, ammesso che assumiate il concetto del rimborso, con FaciliTer sarebbe davvero facile (stante l’equazione 1 minuto=1 km = x costo kilometrico del biglietto) perché con 1 SMS il Cliente verrebbe immediatamente accreditato dell’importo convenuto. Ho riferito questo fatto per spiegare l’inversione del ruolo da lepre braccata dal cane a lepre che si trastulla con il cane e dorme nella stessa cuccia.
Attenzione dottor x. : tutto quanto sin qui detto non Le sembri un mio giocare “pro domo mea” perché ritengo di avere una autonomia e correttezza e oggettività intellettuale leggermente superiore al mero criterio mercantilistico del businness Come altrettanto devo precisare che con FaciliTer non intendevo né intendo insegnare a Trenitalia come gestire la realtà industriale del trasporto su rotaia: molto più semplicemente offrire una secondaria modalità per incassare un po’ più dei soldini dovuti per il servizio prestato: in proiezione anche come finanziare in modo pulito e meno oneroso i propri investimenti con uno strumento simpatico e profittevole agli Investitori/Passeggeri in netto contrasto con la torbida pratica del sistema banca tradizionale.
125
Cambio argomento: il giorno 13 gennaio nel corso della Sua brevissima assenza all’incontro di Roma, ho rammostrato all’ ing. M. il GPS che uso da anni sullo scooter sottolineando l’estrema utilità di tale apparecchio in quanto indica la distanza ai bivi/caselli, alle stazioni di rifornimento ed altre 1.000 utili indicazioni. Il dotare le vostre motrici di tale strumento sarebbe estremamente utile in termini di sicurezza per i Macchinisti, ma anche per i passeggeri, in casi di nebbia fitta, acquazzone, anomali condizioni o semplicemente perdita della nozione di ubicazione. L’ ing. M. ha obiettato che non garantisce nulla nel caso il Macchinista si addormenti: vero, anzi verissimo. Però con un investimento modesto ( 600 euro, costo al pubblico) e con la redazione di una mappa ferroviaria avrebbe non solo una intrinseca utiltà ma assolverebbe anche in termini positivi a quella vera immagine da trasmettere all’ Utenza (ed anche questa osservazione non è casuale: nel viaggio di ritorno in auto da Caselle la sera del 13 gennaio mi son trovato tutto solo in una nebbia fittissima e, nonostante conosca quella strada come le mie tasche, ho messo in funzione il piccolo apparecchio GPS ed ho benedetto la sua utilità.
Non traggo conclusioni né nulla sollecito, solo aggiungo i più cordiali saluti.
23.02.2005 gigi revel
P.S. 1 quando avrà letto sin qui, rilegga Gramellini, e lo interpreterà diversamente P.S. 2 allego anche un’altra cosuccia, tanto così per sorridere un po’. P.S. 3 se nei prossimi giorni dovesse scrivermi indirizzi per cortesia a … perché sto cambiando dominio (non ho capito nulla ma sento odore di…problemi). ---------------------------------------------
Nihil, mihi videtur infelicius eo cum nihil nunquam eventi adversi. Non c’é nulla di più infelice che una felicità senza disgrazia. Seneca, De Providentia, III, 3
Pensi che Socrate sia stato trattato male da Dio, quando bevve, come se fosse un filtro per l’immortalità, il veleno fornitogli dallo Stato e disputò sulla morte sino a che questa non lo ghermì? Che male gliene venne quando il sangue gli si gelò, e diffondendosi il freddo poco a poco, la vita gli si spense nelle vene? Quanto più invidiabile é lui di fronte a chi si beve nettari prelibati dentro coppe ingemmate, mentre magari un giovane lascivo, rotto ad ogni libidine, evirato o di sesso ambiguo, gli versa neve disciolta da un calice dorato? Uomini siffatti vomiteranno tutto ciò che hanno bevuto, sentendone il più totale disgusto nel rigurgito della loro bile, mentre Socrate bevve lieto e tranquillo il suo veleno. Seneca, De Providentia, III, 12
126
“Misero te iudico, quod numquam fuisti miser. Transiti sine adversario vitam; nemo sciet quid potueris,” ne tu quidam ipse” opus est enim ad notitiam sui esperimento: quid quisque posset nisi tentando non didicit.
“Ti giudico infelice perché non sei mai stato infelice” così gli direi “hai passato la vita intera senza mai misurarti con qualcuno o qualcosa che ti contrastasse. Nessuno potrà mai sapere quanto vali in realtà, nemmeno te stesso. Per conoscersi infatti bisogna dar prova di sé, le proprie forze non di apprendono se non sperimentandole. , De Providentia, IV°, 3
Undem possum scire quantum adversus paupertatem tibi animi sit, si divitiis diffluis? Se nuoti nella ricchezza non posso sapere di quanta forza d’animo tu disponga per affrontare la povertà. Seneca, De Providentia,IV°, 5
Fugite delicias, fugite eneruantem felicitatem qua animi permadescunt et, nisi aliquid intervenit quod humanae sortis admoneat, marcent velut perpetua ebrietate sopiti. Quem specularia semper ab adflatu vindicaverunt, cuius pedes inter fomenta subinde mutata tepuerunt, cuius cenationes subditus et parietibus circumfusus calor temperavit, hunc levis aura non sine periculo stringet. Chi tiene sempre chiusi i vetri delle finestre perché non passi un filo d’aria, chi si ripara i piedi dal freddo con pannicelli o scaldini rinnovati continuamente e pranza in sale riscaldate da tubature che passano sulle pareti o sotto il pavimento, é fatale che si ammali al minimo soffio di vento. Come ogni eccesso nuoce, così anche una smodata felicità é dannosissima; fa infatti girare la testa, evoca alla mente fantasie strane, frammette una diffusa nebbia fra il falso ed il vero. Meglio sopportare una infelicità senza fine sostenuti dalla virtù, piuttosto che schiattare fra infiniti e sfrenati piaceri. Meglio morire di fame che di indigestioni. Seneca, De Providentia, IV°, 9
“Iunge dato currus! Hic quibus deterrei me putas incitor. Libet illic stare, ubi Sol ipse trepidat. Humilis et inertis est tuta sectari: per alta virus it” Aggioga il carro (citazione da un’opera di Icaro). Ciò che dici per spaventarmi mi eccita ancora di più. Voglio salire là, dove lo stesso Sole si sgomenta. Lasciamo ai pigri ed ai vili le vie piane e sicure; i valorosi salgono alle vette. Seneca, De Providentia, V°, 5
Sive fauces nodus elisit, sive spiramentum aqua praeclusit, sive in caput lapsos subiacentis soli duritia comminuit, sive haustus ignis cursum animae remeantis interscidit, quidquid est, properat. Ecquid erubescitis? quod tam cito fit timetis diu!' Che un cappio vi strozzi la gola, che vi soffochi l'acqua, vi si fracassi la testa sopra la dura terra o il fumo di un incendio vi blocchi il ritmo del respiro, in qualunque modo la morte si affretta verso di voi. Ed é vergogna temere per tutto il corso della vita ciò che si compie in un fiat". Seneca, De Providentia, epilogo
---------------------------------------------------
127
Egregio Signor SINDACO della Città di Cuneo
oggetto: Funivia ecologica
Ai primi di aprile La Guida pubblicò una mia lettera con la quale ipotizzavo la costruzione sull’estremità a valle del nuovo ponte della Est-Ovest di un treno-vagone-cabina che collegasse il Carle all’ Ospedale Santa Croce/Stazione ferroviaria con doppio utilizzo per le esigenze sanitarie e l’ utenza pubblica.
L’evoluzione concettuale di ciò è la seguente: una funivia di circa 9 chilometri con sole 3 fermate che partendo dal Carle (possibilità di parcheggi enorme) avendo come sostegno il ponte raggiunga l’ Ospedale/Stazione (1° fermata), proseguisse sul lungo Stura fino alla Stazione Gesso (2° fermata) per poi percorrere il Gesso fino al nuovo ponte prima di piegare verso Piazza d’Armi (3° fermata)(parcheggio potenzialmente abbondante, scambio fra auto e bus) per finire al Carle, il tutto percorso in pochi minuti e senza barriere di tipo architettonico. A circa 200 anni dalla demolizione della cinta muraria ad opera di Napoleone, si ripristinerebbe un isolamento al traffico veicolare ottenendo una soluzione definitiva al problema dell’inquinamento atmosferico perché, inibito l’ingresso in città ai mezzi motorizzati dalle 7 alle 19 (salvo pagamento di un pedaggio) e rendendo gratuito l’utilizzo della funivia e dei bus urbani, si otterrebbero le seguenti conseguenze: 1 fine dell’inquinamento atmosferico 2 esclusiva a livello mondiale di una città pedonalizzata e conseguenti ricadute. 3 vantaggi notevoli in ordine al risparmio di carburanti. 4 sicurezza assoluta in quanto con 3 telecamere le Forze dell’ Ordine visualizzerebbero tutti coloro che accedono o escono dalla città (fine delle rapine e dei vigilantes). 5 enormi benefici al commercio “interno” perché se è vera e libera la fuoruscita in auto per accedere ai supermercati periferici, l’ingresso in città prima delle 19 diverrebbe oneroso e pregiudizievole. 6 abolizione dei bus sempre vuoti che dalle frazioni raggiungono il centro. 7 città vivibile, godibile, salubre, invasa dalle biciclette.
Preciso che non ho alcun interesse personale e professionale per una simile soluzione ma la ritengo che i tempi siano maturi per un cambiamento di rotta. Cordialmente La saluta 02.02.2005 gigi revel
128
P.S.1 accennai questa soluzione verbalmente all’ Assessore Allario ma lo vidi perplesso. P.S.2 se la Santa protettrice dei Vigili Urbani è S. Rotonda, bisognerebbe derubricarla a favore di S.Funivia. P.S.3 mi rendo conto che l’adozione di un simile provvedimento presuppone una grande dose di coraggio ma se i benefici dei cittadini fossero superiori alle oggettive negatività sotto gli occhi di tutti, forse varrebbe la penna di affrontare un pubblico (e acceso) dibattito P.S.4 ritengo che i costi di progettazione potrebbero essere a carico delle aziende esecutrici dell’opera , il tutto in tempi ridotti (resta da optare per un percorso di basso profilo a ridosso delle rive ovvero agevolare anche la vista panoramica della città) P.S.5 i finanziamenti (anche a fondo perduto) sarebbero facilmente reperibili ed il mancato incasso dei pedaggi dei bus e dei parcheggi, sarebbero ampiamente compensati dalla “qualità di vita” derivante alla cittadinanza
SOREN KIERKEGAARD 1813-1850? AUT-AUT
Tu ti rivolgi al tempo futuro, perché l’azione é essenzialmente futura. Dici: “posso fare questo e quello, ma qualsiasi cosa io faccia, é sempre ugualmente male, ergo, non faccio nulla”. La filosofia si rivolge al tempo passato, a tutta la storia mondiale vissuta, mostra come i momenti discorsivi si riuniscano in una unità più alta. Essa media e continua a mediare, ma mi pare che non risponda affatto a ciò che chiedo io; poiché la mia domanda riguarda il futuro
Il filosofo si avventa con tanta fretta nel passato che, come un poeta disse di un antiquario, solo le code del suo abito sono rimaste nel presente.
Qui sta la difficoltà; pure credo che essa in parte sia dovuta al fatto che si confondono fra loro due sfere, quella del pensiero e quella della libertà. Per il pensiero il contrario non esiste; una cosa trapassa nell’altra per poi ricollegarsi in una unità più alta. Per la libertà il contrario esiste: poiché essa esclude ed accoglie. Io non scambio affatto il liberum arbitrium con la vera libertà positiva.
Se il mio figlioletto fosse adesso nell’età di potermi comprendere e fosse giunta la mia ultima ora, gli direi: non ti lascio né sostante né titoli né onori; ma so dove giace un tesoro che ti può fare più ricco di ogni cosa al mondo, e questo tesoro ti appartiene e di esso non devi ringraziare me: questo tesoro é sepolto nel tuo interno, é un Aut-Aut che rende gli uomini più grandi degli angeli. pag.52
Ciò che allora appare col mio Aut-Aut é l’etica. Perciò non si può ancora parlare della scelta di qualche cosa, non si può ancora parlare della realtà di ciò che é stato scelto, ma della realtà dello scegliere. Questo pertanto é il fatto decisivo. pag.54
129
Eppure si tratta di una scelta, anzi di una scelta assoluta: poiché solo scegliendo in modo assoluto si può scegliere l’etica. pag.53
Cos’é l’estetica nell’uomo e cos’é l’etica? A ciò risponderò: l’estetica nell’uomo é ciò per cui egli spontaneamente é quello che é; l’etica é quello per cui diventa quello che diventa. pag.54
Sei spiritoso, ironico, buon osservatore, dialettico, esperto nei piaceri, sai calcolare il momento, la tua vita si disfa in una serie incoerente di episodi senza che tu possa spiegarla. Se uno vuole imparare l’arte di godere é giustissimo che vada da te, ma se desidera comprendere la sua vita, non si rivolge alla persona adatta. pag.55
Abbastanza sovente si incontrano delle fanciulle e dei giovani che per un breve tempo puntano sulla loro bellezza, ma ben presto essa li tradisce. pag.57
Ecco, per questo il suo occhio é così cupo che nessuno può sopportarne la vista, il suo sguardo tanto lampeggiante che spaventa, perché dietro all’occhio sta in agguato l’anima come un’oscurità. Questo é il famoso “sguardo dell’ Imperatore” e tutto il mondo trema davanti ad esso; eppure il suo esser più intimo é angoscia. pag.63
Cos’é dunque la malinconia? E’ l’isterismo dello spirito. Giunge un momento nella vita di un uomo in cui l’immediatezza diventa quasi matura e in cui lo spirito esige una forma superiore nella quale afferrare se stesso come spirito ……. La personalità vuole diventare cosciente di sé nel suo eterno valore. Se questo non accade, se il movimento si ferma e viene represso, subentra la malinconia. Chi ha dolori e preoccupazioni sa perché perché é triste e preoccupato. Se si domanda ad un malinconico quale ragione egli abbia per essere così, cosa gli pesa, risponderà che non lo sa, che non lo può spiegare. In questo consiste lo sconfinato orizzonte della malinconia. Questa risposta é giustissima poiché non appena egli conosce il perché, la malinconia é dissipata mentre il dolore di chi soffre non cessa se conosce perché soffre. pag.66
Sei come un moribondo, muori ogni giorno, non nel senso profondo e grave che ha questa parola; piuttosto si direbbe che la vita ha perso per te la sua realtà.
….Io ho un solo amico, é l’eco: e perché mio amico? Perché io amo il mio dolore e l’eco non me lo toglie. Io ho solo un confidente, é il silenzio della notte. E perché é mio confidente? Perché il silenzio tace.
…..Cos’é la giovinezza? Un sogno Cos’é l’amore? Il contenuto di un sogno. pag.72
“Vuoi considerarti nel mondo come un creditore che non é stato pagato, piuttosto che annullare questa esigenza” eppure ogni orgoglio umano non é che una fragile certezza pag.82
130
La scelta qui rende i due movimenti dialettici in una volta: quello che vien scelto non esiste e viene creato dalla scelta; quello che vien scelto esiste, altrimenti non sarebbe una scelta …. Cos’é mai l’uomo senza Amore? Ma vi sono molte qualità di amore: amo mio padre diversamente da mia madre, mia moglie diversamente ancora ed ogni diverso amore ha una sua espressione; ma vi é anche un amore con il quale amo Dio, e questo ha una espressione solo nella lingua: il pentimento. Se non l’amo così non lo amo in modo assoluto con tutto il mio essere profondo. Ogni amore diverso per l’assoluto é un malinteso. pag.93
Non si conviene amare una fanciulla come se fosse la propria madre, e la propria madre come fosse una fanciulla. Ogni amore ha la sua particolarità e la sua espressione é il pentimento. pag.95
Questo é il motivo profondo per cui io dicevo e continuo a dire che l’ Aut-Aut fra la vita estetica e la vita etica non é un dilemma perfetto, perché solo un termine può venir scelto e l’altro sorge dal fatto di non poter scegliere. Con questa scelta scelgo non fra il bene ed il male, ma scelgo il bene, ma mentre scelgo il bene, scelgo eo ipso tra la scelta fra il bene ed il male. La scelta originaria é sempre presente in ogni scelta susseguente. pag.96
Non vedo affatto che il mondo per questo debba sprofondarsi nello scetticismo, perché la differenza fra il bene ed il male rimane sempre…….. Non viene nemmeno tolta la differenza fra il bene ed il male; perché io dubito sia mai esistito un uomo che abbia sostenuto che é un dovere fare il male. Che egli facesse il male é un’altra cosa, ma nello stesso tempo cercava di far credere a se stesso ed agli altri che era bene. pag.143
Tu dici: “Innegabilmente Prometeo e Epimeteo erano molto intelligenti, ma é incomprensibile che mentre rifornivano gli uomini tanto abbondantemente, non sia venuto loro in mente di fornirli di denaro” (mia nota su Epimeteo: prende in sposa Pandora, la prima donna, che aveva molte virtù e doti ma era anche molto infida: aveva una giara contenente tutti i guai: quando l’aprì….. restò solo la speranza, ultima a uscire. Di Prometeo basti ricordare il regalo del fuoco). pag.158
Perciò si può dire che la sua vita (della donna) é più felice di quella dell’uomo, perché colui che spiega una cosa sarà più perfetto di colui che va in cerca di una spiegazione. La donna spiega le cose finite, l’uomo va a caccia di quelle infinite. Così deve essere, e ognuno ha il suo dolore; la donna partorisce con dolore, ma l’uomo concepisce le idee con dolore; la donna non conosce il terrore del dubbio o le pene della disperazione, essa non sta al di fuori delle idee, ma le riceve di seconda mano. Ma siccome la donna così spiega la finitezza, essa é la vita più profonda dell’uomo….. Ecco perché odio quelle terribili chiacchiere sulla emancipazione della donna. Dio non permetta che ciò avvenga mai. Soren Kierkegaard, Aut Aut pag.192
Lettera inviata al Centro Studi del Touring Club in data 28.04.2005 )
131
------------------------------------------------
Complimenti, complimenti per l' ottima idea di diffondere tramite Repubblica i Vostri preziosi volumi: dispongo di 8 testi (raccolti sulle bancherelle) del 1916 e Vi assicuro che la consultazione è altrettanto gustosa.
Nel recente volume relativo al Piemonte, noto una anomalia o, meglio, un macroscopico errore. Non vado a citare Strabone nè Eschilo ma Polibio che per primo valicò le Alpi e le descrisse: certo rimase colpito dal Monviso (a proposito siete al corrente di una nefasta iniziativa che vorrebbe illuminarlo per 7 sere nel prossimo anno in occasione delle altrettanto nefaste Olimpiadi onde renderlo visibile da Torino?) Polibio non percorse le terre oltre il saluzzese in quanto paludose e, forse, prive di interesse per cui determinò nel Po, il fiume più lungo d' Italia. Ciò non è vero ed è facilmente riscontrabile con un sommario esame di una carta geografica. Il fiume più lungo è la Stura di Demonte e, in subordine, il Tanaro. Ed è per questo che mi rivolgo a Voi perchè accertiate la fondatezza di questa mia tesi.. Vi lascio agli studi…….. manifestando la mia stima. Cordialmente. gigi revel -------------------------------------------------------------------------------------
Avevo visto un’ America arrogante, ottusa, tutto concentrata su se stessa, tronfia del suo potere, della sua ricchezza, senza alcuna comprensione o curiosità per il resto del mondo. Ero stato colpito dal diffuso senso di superiorità, dalla convinzione di essere unici e forti, di credersi la civiltà definitiva. Il tutto senza autoironia. Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, 2002
------------------------------------------------------------Egregio Professor Prodi,
pensavo in questi giorni alle difficoltà con le quali affrontate il non facile compito di redigere un Programma che incontri l’attenzione e la fiducia degli Elettori: ed allora, con grande modestia, mi permetto di formulare alcune indicazioni.
132
1. Debito Pubblico La situazione economica langue, il contesto internazionale di certo non è favorevole, le risorse sono quelle che sono, tutti cercano di chiamarsi fuori per non pagare le imposte, i capitali fuoriescono. Esistono in Italia enormi capitali assolutamente improduttivi, frutto del tradimento dei dettati statutari, i cui proventi vengono gestiti da “califfi” (iperpagati) e distribuiti con criteri clientelari, quindi opinabili, a favore di enti pubblici, semipubblici, privati che pur sempre devono inginocchiarsi con il cappello in mano per ottenere l’elemosina. Ebbene tutto ciò è assolutamente empio dal punto di vista etico ed addirittura vergognoso nella misura in cui costoro si fanno pagare per adempiere l’incombenza. (1) FONDAZIONI BANCARIE. Tutte quelle Fondazioni nel cui statuto originario era contemplato il concetto di mutualità, agevolazione del risparmio, soccorso pubblico, carità, beneficenza, aderenza al territorio, socialità, etc. siano indotti a devolvere, ope legis, il proprio patrimonio finanziario ai Comuni e , se avanza, alle Province ed alle Regioni con il criterio proporzionale del luogo in cui la “raccolta” è stata effettuata nell’anno 2004 e con la specifica finalità di estinguere le posizioni passive di questi Enti in ordine ai mutui ed alle altre forme di debito. Gli utili degli anni successivi verranno trasferiti con gli stessi criteri. Si riduce così sensibilmente il Debito Pubblico (2) Si rendono disponibili le risorse finanziarie destinate al pagamento dei mutui creando così un volano di investimenti socialmente utili all’ Ente locale, incoraggiando la ripresa. Si rende giustizia e si adempiono le finalità statutarie. Di fatto il sistema bancario è un freno all’economia nazionale. (3)
2. Sanità Pubblica Ho lavorato due anni al Progetto Salute Rével Système facendo indagini circa le esigenze dei Pazienti, controllando la metodica nonché i flussi dei dati, i compiti, le incombenze dei singoli operatori; ho interpellato e proposto il costrutto alla Sanità della Regione Piemonte e poi a quella della Valle d’ Aosta (ma ho capito che i disegni erano diversi) e nell’ ottobre scorso a Roma al Ministero dell’ Innovazione. Si tratta in sostanza dell’esame di tutte le vicissitudini di un Paziente che ricorre al proprio Medico, poi alla farmacia per il ritiro delle prescrizioni, al Medico specialista, all’ Ospedale per l’ipotetico intervento chirurgico, al pagamento dei vari tickets con presentazione di una fattura mensile, addirittura al mezzo di pagamento (con il telefonino = FacilTer) : la moderna tecnologia informatica permette di razionalizzare (e non complicare) tutto il processo. Buon ultimo, la consegna al domicilio del Paziente dei farmaci , nelle dosi appropriate, a cura, se del caso, di un dispensario pubblico. Tale metodologia comporta un minor onere del 13-14% a favore della Sanità ed un miglior servizio al Paziente. (4)
3. (anche perché 2 non è bello) Retrocessione di risorse finanziarie dallo Stato 133
agli Enti locali: si ponga la regola che tale retrocessione interviene in misura proporzionale alla percentuale dei votanti nelle singole Regioni-Province-Comuni . (5)
Accetti i più cordiali saluti.
21 aprile 2005 -gigi revel
-----------------------nota 1 esiste poi il concetto di “giubileo”: nella tradizione ebraica si verificava al 7° “anno sabbatico” e si lasciavano incolti i campi, si liberavano gli schiavi ebrei, si cancellavano i debiti, e la proprietà fondiaria ritornava al titolare precedente. In ambito cristiano con Bonifacio VIII nel 1300 venne ripristinato e cambiò connotazione cioè fu una remissione generale dei peccati da “acquistarsi” con il pellegrinaggio sulla tomba degli apostoli ma anche con opportune oblazioni (ma con Celestino V (quello del gran rifiuto) assunse altre caratteristiche ben più radicali, tant’è che fu indotto a dimettersi). E’ ormai certo che esiste un errore nel computo degli anni (5-6) nel periodo storico cristiano. Saremmo quindi adesso nell’anno 2000 e perché non celebrare un bel “giubileo” ricordando Celestino V ? nota 2 ho dei dati, ma non la certezza delle entità per cui lascio a Lei il piacevole calcolo. nota 3 per inciso: il San Paolo di Torino, in un 2004 non certo felice, ha aumentato gli utili del 43%. nota 4 potrei allegare alcuni o tutti gli elaborati, ma senza un opportuno corollario sarebbero di vana interpretazione. nota 5 è facile piangere solo e sempre senza peritarsi di adempiere ad un proprio Diritto/Dovere, quello del voto.
--------------------------------------------------------
…. E poiché all’interno di ogni organizzazione il potere,il comando e la direzione, non furono mai affidati ai filosofi, ai profeti, agli indagatori delle verità superiori e a tutti quelli che sono posseduti dallo spirito di libertà; l’umanità ebbe sempre, e sempre rischia di avere, ciò che di questo é l’inevitabile conseguenza: l’urto e la guerra . Sossio Gianetta, pref al De Bello Gallico
Questo anno (1554) il mese di luglio li 15, 16, 17, 18 dì non potean le genti far camino per il gran calor: grande abbondanza di boleti. Cronaca dal 1484 al 1570 di Dalmazzo Grasso, ed.1871
1570. L’anno presente essendo mandati per la comunità nostra Dalmacio Fenoglio et Biaso Pasquero a Turino per ambasciatori per il litigio contra la Rocha Sparviera et Tagliola per causa del finagio, oltre la solicitudine dii negotio soprascritto, supplicando al ser.mo duca nostro Emanuel Filiberto ottennero da S.A. gratia speciale di tenir doi fere franche, cioé luna a san Giorgio con tre giorni seguenti, e laltra a san Dalmatio il quinto di dicembre con altri tre dì feriali et seguenti perpetuamente. Cronaca dal 1484 al 1570 di Dalmazzo Grasso, ed.1871
134
---------------------------------------------------------------------Anonimo, Via col vento in Vaticano, ed. Kaos, 1999
L’onore sta al color rosso (dei vescovi) come lo strabico al suo asse parallelo. Zelus domus tuae comedit te = lo zelo della tua casa ti brucia. Anche un orologio rotto segna l’ora (esatta) due volte al giorno. Il buon Dio gli ha fatto la testa, ma accortosi che era venuta male, l’ha surrogata di capelli. Un ciclotimico sottosegretario, soggetto a sbalzi di temperatura euforica o depressiva da renderlo incontenibile e fastidioso, era conosciuto dentro l’ufficio Vaticano (ma anche fuori) per la sua venalità verso ogni sorta di corruzione. Ogni uomo, come i metalli, ha una propria temperatura di fusione, raggiunta la quale diventa corruttibile. La sapienza di questo mondo, secondo San Gregorio Magno, sta nel coprire con astuzia i propri sentimenti, nel velare il pensiero con le parole, nel mostrare vero il falso e falso il vero….. Scrisse Bacone: --Gli uomini credono che le loro menti dominino la lingua; ma avviene che é la lingua a governare le loro menti--.
Ma come ai pappagalli la lingua serve da suono e non da idea, va di moda in curia vaticana che chi sa menar le lingue, non importa se e come pensate, fa carriera.
Mario Rizzi, il cui nome si leggeva già nella lista dei prelati massoni nel 1978: infido, untuoso, cobra, conciliante all’occorrenza, dai facili pettegolezzi fino alle calunnie più spietate. Da poco nella cordata romagnola, mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, intimo di Silvestrini, é stato fatto Nunzio d’Italia, il che vuol dire facilitargli le nomine vescovili in favore dei suoi sodali, e trombare invece quelle degli avversari. Renato Bruni servì e si servì della cordata romagnola per un ventennio, ……. Fino a sostituirsi, durante l’interregno di tre cardinali, perfetti psicolabili, fragili, imbecilli di un importante dicastero di curia. L’insulto della sclerosi s’affaccia più spesso a far capolino nella pompa magna del sacro collegio cardinalizio scegliendo quelle eminenze più adatte a far rima baciata con le rispettive demenze. Investitura ottenuta (di Mario Rizzi) per merito dell’ on. Bettino Craxi, filo-massone socialista, con il quale aveva lavorato a metter su il famoso Sconcordato del 1984 fra Vaticano e Italia, firmato giusto prima che da transfuga il poco onorevole Cracchese prendesse il largo con precipitosa fuga e stabile dimora nel forte tunisino di Hammameth. Il cacio cadde regolarmente sui maccheroni proprio nel momento in cui stavano per scuocersi. L’inceppo burocratico permise alla provvidenza di bussare una prima volta con Giovanni Paolo I°, papa Luciani sorridente, morto al 33° giorno di pontificato: fu morte naturale? ……. La curia prendeva atto volentieri della improvvisa morte del Vice-Pontefice Jean Villot. Anche per lui, maghi e veggenti si domandarono se fu vero morbo quello che in breve lo stecchì
135
In Vaticano, a ogni cambio di vertice, si assiste a composizioni e scomposizioni di effimeri agglomerati di famiglia: ben consce che là di stabile c’é soltanto il provvisorio e di affidabile l’inganno. E l’effimero, diceva Catone, é caro anche a pagarlo un soldo. Sicché la morte del pontefice polacco (questo libro é edito nel 1999 e invece morì nel 2005) ormai infermo si abbina a suprema speranza, cui si appende l’attesa di un radicale mutamento futuro. Secondo Aristotele, la speranza é un sogno fatto da svegli. Qualcuno ha detto che due soltanto sono le categorie che hanno bisogno di protettori per andare avanti sulla propria strada: le belle di notte in attesa di ingaggio sui marciapiedi, e i monsignori in attesa di far carriera in Vaticano. Alcuni greci chiesero a Filippo e a Tommaso una raccomandazione per essere presentati a Gesù: da ciò i curiali deducono l’origine divina della raccomandazione. Mediante uno di questi giochi sporchi era arrivato un prelato statunitense a occupare un posto primario in curia, proprio là dove si modellano i vasellami vescovili. Nei pochi anni trascorsi in quel dicastero, fece parlare per uno strano disbrigo, a suo dire, di certe pratiche di lavoro notturno, fatto in compagnia di qualche bel giovane, chiusi in quel dicastero fino a tarda ora (poi vescovo in patria e cardinale). Forsan et haec olim meminisse iuvabit. Gioverà ricordare queste cose in seguito. (Virgilio)
… il cardinale mangia la foglia… dopo aver raccolto alcuni voti da certi prelati informatori ai quali lui dettava la mente per le risposte da dare. Tra di loro i carrieristi ed i protettori interagiscono di concerto, sapendo come aggiustarsi la soma fra il dare e l’avere. Si sa: se tra due si confida, in tre si commenta. Dato che la memoria, quando funziona al presente, fa da specchio retrovisore proiettando il passato nel futuro. Per un quarantennio al seguito di vari Papi, il prelato piacentino da semplice cerimoniere…. Si vantava di esser nobile, ma in verità di nobile aveva solo l’eccessiva flautulenza con colpo sempre in canna echeggiante sotto le affrescate volte raffaellesche, i cui reagenti fitofisici ancora deteriorano i celebri dipinti di quelle logge, dai volti ancora disgustati. Un vero show, nel 1994, fra l’ego di porpora e l’allora presidente del consiglio, l’onorevole cattolico Silvio Berlusconi. L’incontro fra le due altezze é stato caloroso. Nessun rossore dell’augusto porporato stringendo la mano al premier reduce da affiliazione massonica, creatore di tre reti televisive che esercitano il lavaggio delle menti e l’intorpidimento della morale, ricco di miliardi opachi e di chiari guai giudiziari, autoproclamatosi l’ Unto del Signore e forse per questo dotato di due famiglie e di due mogli…
Lucifero era un Angelo, mise la cresta e divenne tenebroso. Ghiko ha notato che l’orgoglio é lo splendore della stupidità. Secondo Padre Pio, l’amor proprio, figlio primogenito della superbia, é più ambizioso e superbo e malizioso della madre. Persino un pagano imperatore, Marco Aurelio Antonino, aveva così apostrofato questi potenti imbecilli: -Ecco, come essi sono: mangiano, dormono, defecano come gli altri, ma una volta pastori di umani greggi, eccoli a fare i difficili per far discendere rimbrotti alla loro altezza. Un istante prima erano schiavi di passioni senza numero; ancora qualche minuto e saranno di nuovo in pari condizioni precedenti……………… I segreti sui collaboratori di curia, specialmente se calunniosi, vengono con rigore taciuti soltanto all’ interessato; tutti gli altri invece possono facilmente venirne a conoscenza, riferito a uno alla volta, come conchiglia che a intermittenza svela il suo interno, divaricando le valve a richiesta del sollecitante.
136
Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone a favore di una ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia. Esodo, 23, 1-2
Ci viene incontro ancora San Bernardo a far da maestro: --Vorrei che tu (Eugenio III, suo confratello e discepolo) stabilissi come regola generale di ritenere sospetto chiunque abbia paura di dire pubblicamente ciò che sussurra all’orecchio; se poi rifiutasse di ripeterlo davanti a tutti, consideralo alla stregua di un calunniatore, non di accusatore--.
Conscientia est quaedam pellicola mollis, quae restringi ac dilatari potest in infinitum.
La legge per gli amici si interpreta, per gli indifesi si applica (nota mia: già attribuito a G. Giolitti)
ANONIMO, Via col vento in Vaticano, ed, Kaos, 1999 (dello stesso gruppo di Autori perché pare fossero 5 di cui uno nel frattempo deceduto, è stato edito, sempre da Kaos, nel 2001, I Millenari, Fumo di Satana in Vaticano, altrettanto bello e ricco di notizie e particolari, a volte davvero esilaranti (o preoccupanti?) )
Lettera a Beppe, 11.05.2005
Stamattina molto prima dell'alba ho ascoltato, come sempre, una breve trasmissione che richiama gli accadimenti del giorno. E' tutto oggi che ci penso. Il fatto è questo: il 12 maggio 1851 avviene a Roma una rivolta contro i fumatori a cura dei liberali (quelli di allora) che contestavano allo stato pontificio l'indebito arricchimento con il monopolio del tabacco.(Il contesto storico è quello successivo alla breve repubblica del Mazzini).
Dopo molte e varie analisi l' Autorità vietò il fumo (ma anche e soprattutto quello che da noi si chiamava cicchè, cioè masticare il tabacco) all'interno di San Pietro, anche perchè con lo scatarramento si rovinavano i preziosi marmi e poi il popolo era indotto ad uscire spesso e volentieri disturbando le funzioni.
Ma i Medici raccomandavano vivamente il consumo del tabacco perchè estremamente utile e giovevole. Un gran casino, come al solito.
137
morale della favola: ben guardarsi da quello che dicono i Medici: tirano a rafa, ma anche dai preti che gira che ti rigira fanno sempre quello che loro conviene (oportet)
gigi ----------------------------------------------------------------------------
Naturalia non sunt numquam turpia
….quam primum intellegere posset, utrum apud eos pudor atque officium an timor valeret ….per sapere al più presto se in loro potevano di più l’onore e il dovere o la paura (rif. Ariovisto) J. Caesar, De Bello Gallico, liber I°, 40
Et quod fere libenter homines id quod volunt credunt. Il fatto che generalmente credono volentieri a ciò che desiderano (rif. ai Veneti) J. Caesar, De Bello Gallico, liber III°, 18
Omnia enim plerumque, quae absunt, vehementius hominum mentes perturbant. Ed invero tutto ciò che non si vede turba in genere assai più fortemente l’animo umano (rif. a Vercingetorice a Alesia) J. Caesar, De Bello Gallico, liber VII, 84
Quod cum cotidie fiere tac iam consuetudine diligentia minueretur, quod plerumque accidit diuturnitate. Ciò avveniva ogni giorno, e già per l’abitudine scemava lo scrupolo, come a lungo andare suole generalmente accadere. (rif. ai Bellovaci) J. Caesar, De Bello Gallico, liber VIII°, 12
Lettera a Mauro, 12.06.2005
Caro Mauro,
138
che gran bella lettera mi hai scritto. L’ho letta davvero con piacere e mi rammarico del fatto che tu sia adesso così lontano per cui non possiamo confrontarci. O scontrarci!? Concordo sul senso generale del tuo discorso e su moltissimi dei particolari espressi. Cerco di risponderti. Premesso che ritengo di essere personalmente una entità qualsiasi (al pari dell’ultima formichina che in Patagonia si sbatte per sopravvivere) nel contesto generale dell’economia dell’ Universo. Con ciò non posso influire né poco né tanto su chi con protervia induce le nostre esistenze a subire le più abbiette e mirabolanti umiliazioni. Cerco però, almeno, di non nuocere: mi perito di non far mai del male ad alcuno ( se posso far del bene non guasta); evito di farmi imbonire dai cosiddetti mass media (credimi: la rimozione fisica della Tv che ho fatto 10 anni fa è assolutamente appagante); non partecipo a spettacoli ma nemmeno leggo libri intrisi di violenza, sangue, inganni, stupri, (questo per non nutrire scorrettamente il mio equilibrio); butto solo più l’occhio, alla veloce, sui giornali; mi sono autoescluso da molte altre “convenzioni sociali” assurde e dispersive e, come sai, non partecipo a partiti, associazioni, club, sodalizi, tifoserie, conventicole, spettacoli, manifestazioni, chiese affollate, circoli, centri studi e simili amenità: non ho più voglia di sentir parlare, pardon, blaterare. Ma ciò ha provocato il mio esser orso (o il contrario? Mah) Tolto al mattino presto quando vado a vedere Mammina e mi adopero in qualche piccola cortesia ai vecchietti (credimi che basta un sorriso ed un battuta per svegliarli dal torpore) (a proposito: una signora che accompagno tutte le mattine a fare 20 passi, non di più, mi dice che non ha dormito, che è ciucca, mi invita sempre a pranzo a casa sua ma soprattutto alla fine mi benedice: che bello) dopodiché vado a prendermi un caffè per vedere il giornale e poi mi ritiro, magari fino al mattino successivo. Però nel mio piccolo qualcosa cerco di fare: --per intanto lo scaldarsi a legna implica che 90 q.li annui me li sbologno 14 volte (sì ho verificato, 14) (gli altri vanno in palestra…) ma recupero la cenere che setaccio, la faccio bollire sulla stufa, la colo nei contenitori delle uova, la espongo al sole perché asciughi. Risultato? Un ottimo detersivo per i piatti e per la biancheria. --da quest’anno recupero l’erba e la metto a macerare per 3-4 giorni poi la comprimo e quindi metto le piastrelle al sole : proverò quest’inverno a metterle nella stufa stante il principio che l’energia ricevuta per crescere debba essere restituita (gran lavoro ma è un peccato buttare cioè sprecare; ti riferirò) --ho deciso da alcuni anni che i capelli tagliati, così come le unghie, debbano essere bruciati o interrati (a proposito: ho cambiato barbiere perché non riuscivo a togliergli il vizio di calzarmi la giacca: che fastidio). --divido le urine dalle feci con notevoli benefici: ti dirò poi. --cerco, in sintesi, di essere non empio. Mi chiedi come sto: quella vecchia annosa vicenda della causa che avevo intentato a quella banca volge al termine cioè la sentenza è imminente: gli avvocati sostengono che essendosi rifiutata la giudice di ascoltare i miei testimoni…. marca male; sta a vedere che da cacciatore divento preda, non sarebbe il caso di stupirsi, ma però…. Quindi il mio umore è allineato alla vicenda.
Riprendo il tuo ragionamento sullo stato attuale generale: d’accordo su tutto ma sottolinerei il più grande dei problemi che è il lavoro pubblico: già Napoleone si lamentava di non poter controllare i ministeriali ed è noto che con uno sguardo degradava un generale ed era un duro: con loro impotente; ma anche per Mussolini l’inizio del declino è attribuibile ai ministeriali restii a cambiare. Non ricordo quale fu il partito accanito oppositore delle Regioni: ricordo però che ci furono 4-5 crisi di governo. Ma hai percezione delle entità e della massa che gazzabuglia e mesta sulle nostre teste? Ma poi hanno ancora fatto le comunità montane e giù consigli di amministrazione, addetti, preposti, affabulatori, imboscati, sperimentatori: nessuno di costoro si rende però conto di vivere di pubblica sussistenza, anzi si
139
lamenta. Bisognerebbe che i pubblici dipendenti facessero l’anno sabbatico (ma star fermi a pensare, non a masturbare) ed al rientro cambiassero ruolo e sede…. Ma già, dimenticavo di dirti che ho scritto alcune lettere (magari te le inoltro) ma vigliacco se uno, dico 1, risponde: a parte l’educazione… stai a vedere che un giorno o l’altro mi ricoverano. Il tutto condito dalle fantasiose disposizioni comunitarie: manca solo un regolamento per ingiungerti il senso (verticale o laterale) del nettarti il sedere. L’ Europa non ha anima, non ha idealità, non ha obiettivi., non produce nulla per cui credere. In buona sostanza: c’è l’intima volontà di nulla cambiare, semmai correggere, aggiustare, integrare, emendare, rivedere cioè, detto in altri termini, per correggere un muro un po storto aggiungere in tempi successivi strati di intonaco, sempre di più, snaturando la struttura: fin che vien giù e, tutto questo, stante l’inerzia e la resistenza del cosiddetto pubblico impiego; ci son gli strumenti ma, …, perché mai cambiare? Bon, mi son stancato. Grazie della lettera Mauro: aspetto due o tre giorni e poi ti telefono; alle 20.30 va bene? Ciao Bello, dimmi qualcosa dei tuoi figli
2005.
gigi
P.S. quest’anno non vado a Chartres: mi manca l’animus nonché la vis P.S. rileggendo mi son accorto che ho dato la stura ad una rancorosa risposta: mi rincresce perché è proprio quello che cerco di evitare, per non compromettere la bile….. Ti do invece una bella notizia: avendo riletto il De Bello Gallico (lo leggo prima in latino a voce alta, che sonorità, e poi in traduzione). Ebbene, mi è giunta vaghezza di verificare su una carta geografica i percorsi di Cesare nell’ottavo anno di Gallia (52 a.C) per poi percorrerli in scooter (anche perché per ben 2 volte arriva a Chartres). Trovo enormi difficoltà nonostante abbia fatto una fotocopia su lucido di un atlante storico che ho. L’unica cosa che combacia sono i fiumi. Pensa che l’ubicazione di Alesia è molto controversa: avevo molti anni fa visitato un sito sull’autostrada a sud di Beaune, clamorosamente falso, cioè in una landa pianeggiante mentre il testo parla di una alta rupe al di sotto della quale sgorgava l’unica fonte della città assediata (si vede che facendo gli espropri per la costruzione dell’autostrada si son trovati una proprietà diversamente non utilizzabile….) Aiutami, se vuoi, in questa ricerca: così ce ne partiamo insieme.
Les mythes sont les vehicules de grandes vérités qui valent la peine d’etre recherchées. I miti sono i trasportatori di grandi verità che meritano d’essere ricercate. Platone
La mythologie a pour caractére essentiel d’attirer le divin sur la terre, d’abolir, en fait, toute distance entre l’immortel et le mortel. La mitologia ha per caratteristica essenziale di attirare il divino sulla terra, di abolire di fatto, la distanza fra l’immortale ed il mortale. Pierre Grimal, Larousse 1963
140
Compétition et coopération sont le deux poles des équilibres de la vie, l’un ne pouvant exister sans l’autre Competizione e cooperazione sono i due poli dell’equilibrio della vita, l’uno non potendo sopravvivere senza l’altro. Jean Marie Pelt, Les plantes, amour, ……
Il y a des lieux qui tirent l’ame de sa léthargie, des lieux envéloppés, baignés des mystéres, élus de toute éternité pour etre le siege de l’émotion religeuse….. Il y a des lieux où souffle l’exprit….. Vi sono luoghi che traggono l’anima dal letargo, dei luoghi sviluppati, intrisi di misteri, eletti da sempre per essere la sede delle emozioni religiose,…. Vi son luoghi in cui emana lo spirito. Maurice Barrés
Il sapere si divide e si moltiplica gratis (a proposito di internet)
Radiorai1 ore 11.45 del 01.09.2005
Toutes les epoques ont leurs lacune et leurs erreurs. Si l’on me démandait quel est le default majeur de la notre, je répondrais que c’est la confusion et le renversement des valeurs. Tutte le epoche hanno le proprie lacune ed errori. Se mi si domandasse qual è il maggior limite della nostra, direi che è la confusione ed il ribaltamento dei valori. Jean Guitton, (filosofo cattolico, attiguo alla scuola di Theillard de Chardin).
Paradosso di Luigi Sertorio (fisico all’ Università di Torino) Quanto pesa la tua auto? Quanti chilometri fa con un litro? Quanto pesi? E un autobus vuoto? (in funzione di ciò ho cambiato auto) Radiorai2, Trame, sett. 2005
La paura deriva dall’assenza di leggi a garanzia della vita e della proprietà dei sudditi e dall’illimitata arbitrarietà di un sol uomo…. La paura infatti paralizza gli animi e induce all’obbedienza passiva, alla diffidenza reciproca, alla chiusura in se stessi ed alla degradazione di ogni legame personale. La “virtù politica” repubblicana esige, al contrario, l’autonomia e l’eguaglianza di ogni cittadino, liberamente disposto a sacrificare la propria vita in favore del bene comune e dell'impersonabilità della legge. L’onore, ossia l’influenza determinante dell’opinione altrui sull’autostima dei singoli, regge infine gli stati monarchici, dove il sovrano mantiene il rispetto per le disuguaglianze ereditarie e regola la gara per l’incessante redistribuzione del prestigio, dei favori, delle ricchezze. Remo Bodei, La Paura, Il Sole 07.08.05
La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù é il sapere più nobile. Aristotele
141
Verum scire est scire per causas Aristotele
La morte sorride a tutti; l’uomo non può far altro che sorriderle, di rimando.
Marco Aurelio
Non devi adoperarti perché gli avvenimenti seguano il tuo desiderio, ma desiderarli così come avvengono, e la tua vita scorrerà serena. Epitteto
Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana e non sono sicuro della prima. Albert Einstein
“Quanto manca alla vetta?” . “Tu Sali e non pensarci”
F.W. Nietzche
E’ comune difetto degli omini, non far conto, nella bonaccia, della tempesta.
.N.Macchiavelli
Gli uomini non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno risolto, per vivere felici, di non pensarci. B. Pascal
C’é nelle cose umane una marea che, colta al flusso, mena alla fortuna: perduta, l’intero viaggio della nostra vita si arena su fondali di miserie. W. Shakespeare, Giulio Cesare
La morte non va temuta perché quando ci siamo noi non c’é lei, e quando c’é lei, non ci siamo noi. Epicuro
Non vivo ut edam, sed ut vivam.
Quintiliano
Il dubbio non é piacevole, ma la certezza é ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono. Voltaire
NAPOLEONE, Aforismi
142
In guerra, come in amore, per venire a termine bisogna avvicinarsi Il buon esito di un coup de main dipende assolutamente da un nonnulla. Un uomo di Stato non dovrebbe mai introdurre una donna nel suo gabinetto. La moltitudine che mi guarda con ammirazione farebbe lo stesso se mi vedesse salire sul patibolo. La fortuna è una donna: se voi la lasciate sfuggire oggi, non crediate di ritrovarla domani. Non vi è nulla di più tirannico di un governo che vuol sembrare paterno. Gli uomini sono rari. Io do un ordine, o taccio. La sola vittoria contro l’amore è la fuga. Molti uomini sono colpevoli soltanto per esser deboli con le loro donne. Per il progetto della civiltà europea, ci vorrebbe un grande sistema federativo. Le donne devono occuparsi solo delle faccende domestiche. Guai a chi si lascia governare dalla moglie; non è più nulla. Bisogna saper vincere il nostro cattivo umore. Gli uomini generalmente non sono altro che fanciulli adulti. Bisogna sempre lasciar passar la notte sulle ingiurie del giorno innanzi. Quando uno è solo cammina più speditamente. Nulla è più pericoloso che lusingare il popolo. Se non ottiene quanto desidera, si sente defraudato; se gli si resiste, grida al tradimento. L’immaginazione governa il mondo. La menzogna passa, la volontà resta. La divisione del lavoro porta alla perfezione nell’attività meccanica, ma è funesta e negativa nella creazione mentale. Che calamità la mia caduta! Ero riuscito a chiudere la bufera in un otre: le baionette straniere lo hanno squarciato. Omero è poeta, oratore, storico, legislatore, geografo, teologo: è l’enciclopedia del suo tempo. Ammettere il divorzio solo in caso di adulterio provato significa escluderlo. E’ difficile conoscere gli uomini: per non sbagliare conviene giudicarli solo dalle azioni. Dirò di più: solo dalle azioni di un momento e solo per quel momento. Noi occidentali non capiamo nulla: abbiamo fatto malissimo a elevare le donne quasi al nostro livello. I popoli orientali sono stati più intelligenti e giusti dichiarando che esse sono esclusiva proprietà dell’uomo. I preti ripetono continuamente che il loro regno non è di questo mondo, e si impadroniscono di tutto ciò che è a loro tiro. Il Papa è il capo di questa religione celeste ma si occupa soltanto di quella terrena.
143
Le migliori istituzioni diventano cattive quando la morale non le sostiene e quando i rappresentanti agiscono solo per egoismo, orgoglio, insolenza. Caterina II era una donna fatta per comandare e degna di avere la barba sotto il mento. I monaci formerebbero il migliore dei corpi insegnanti, se fosse possibile dominarli e sottrarli a un capo straniero. Nonostante la poesia, tutte le descrizioni dell’incendio di Troia non eguagliano la realtà di quello di Mosca. Era letteralmente un oceano di fuoco Il destino è stato più forte di me. La libertà moderna è essenzialmente morale. E’ più difficile di quanto non si pensi parlare a molte persone senza dir loro nulla. Con gli esperti non è facile ottenere la semplicità. Spesso sono state fatte cose balorde al solo scopo di volermi servire o compiacere. Bisogna non vedere, ma quando si è visto, è necessario saper punire. L’amore per il denaro è il più grave pericolo per la moralità. I costumi degli inglesi sono più rovinati dei loro patrimoni. C’è una grande differenza fra l’azione incerta degli uomini e il procedere franco e sicuro della natura. Mai sono stato padrone delle mie azioni; non sono mai stato completamente me stesso. Ho sempre governato il mondo secondo le circostanze. Per gli stomaci vuoti non esistono né obbedienza né timore. I ministeri sono dei lebbrosari: nessuno sfugge al contagio. Gli onesti possono aspirare ai posti ministeriali ma non ne verranno fuori senza esserne contaminati. Il tempo è la sola cosa che non sia in mio potere. Perché le idee moderne non dovrebbero vincere? Anche chi le osteggia ne viene influenzato. La verità storica è una favola convenzionale. Napoléon (Jacques Godechot ha fatto giustamente notare che dal 1792 al 1815 Napoleone fu –salvo un periodo di 14 mesi a cavallo del 1802-3, e di altri 11 mesi quando venne relegato all’ Elba- sempre impegnato in imprese belliche. Mi viene in mente che Napoleone attraversando il valico del Cenis disse al monaco che presidiava l’ ostello: --Tu sei l’unico religioso rimasto in tutto il mio impero, resterai l’unico—(imbecille non sapeva che la sua fortuna sarebbe durata meno di 20 anni mentre il clero sarebbe rifiorito, eccome.) Esattamente mille anni prima Carlo Magno, passando anche lui per quel colle, aveva elogiato i monaci.
144
Se un uomo parte con delle certezze finirà con i dubbi; ma se si accontenta di iniziare con qualche dubbio, arriverà alla fine con qualche certezza. Francis Bacon
Etiam capillus habet umbram suam.
Pubilio Siro
Per vivere soli bisogna essere o un animale o un dio, dice Aristotele. Manca il terzo caso: bisogna essere l’uno e l’altro, cioé un filosofo. F.W. Nietzche
Audaces fortuna iuvat.
Virgilio
Dio ci ha dato due orecchie ma una sola bocca proprio per ascoltare il doppio , ma dire la metà. Epitteto
Non vorrei mai morire per le mie idee, perché potrebbero essere sbagliate.
Bertrand Russel
Non é il mondan romore altro ch’un fiato di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato.
Dante Purgatorio, XI
Non esistono fatti, ma solo interpretazioni.
F.W. Nietzche
Quanto più ci alziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.
F.W. Nietzche
Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta.
F.W. Nietsche
Nessuno é così favorito da non avere accanto a sé, al momento della morte, qualcuno che gioisca del triste evento. Marco Aurelio Antonino
La gente esige la libertà di parola per compensare la libertà di pensiero, che invece rifugge.
145
Soren Kierkegaard
La filosofia non é un tempio, ma un cantiere
Georges Canguilhem
Intendo ut credam, credo ut intellegam.
Sant’Agostino
Non é vero che abbiamo poco tempo: la verità che ne perdiamo molto.
Seneca
Nascentes morimur.
Manilio
Liberate i vostri animi, o mortali, alleviate gli affanni, svuotate la vita di tanti, inutili lamenti. I fati reggono il mondo, tutto é determinato da leggi precise, e le lunghe età sono segnate da vicende prestabilite. Nascendo moriamo [nascentes morimur] e la fine dipende dall’inizio". Manilio IV, 12-16
"E come é suddiviso il popolo nelle grandi città, ove i senatori occupano il posto più elevato e il più vicino a questo i cavalieri, e tu potresti vedere i cittadini seguire i cavalieri e il volgo senza qualità i cittadini e poi la folla senza nome, così anche nell’universo c'é una forma di stato fatta dalla natura, che ha creato nel cielo una città". Manilio
Chi potrebbe conoscere il cielo se non per dono del cielo, e trovare Dio, se non chi partecipa della divinità? E questa vastità della volta che si estende senza fine, e le danze degli astri e i fiammeggianti tetti del cielo, e l’eterno conflitto dei pianeti contrapposti alle stelle, chi potrebbe discernere e racchiudere nell’angusto petto, se la natura non avesse dato alla mente occhi così potenti e non avesse rivolto a sé un’intelligenza ad essa affine, e non avesse ispirato un compito così alto, e non venisse dal cielo ciò che ci chiama al cielo, per partecipare ai sacri riti?" Manilio 115-125
Non men che saver, dubbiar m’aggrada.
Dante, Inferno, XI
Chi non conosce la verità é soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, é un malfattore. Bertold Brecht
L’uomo é un dio marcito.
J.P. Sartre
146
Spesso le idee si accendono una con l’altra, come scintille elettriche.
Engels
Occhio per occhio….. e il mondo diventa cieco.
Gandhi
Ché perder tempo a chi più sa, più spiace
DantePurg., IV, 9
La bellezza é la più bella raccomandazione, per una donna.
Aristotele
Le idee buone non cascano dal cielo .
Antonio Labriola
Est modus in rebus.
Horatio
Non é irreligioso chi nega gli dei del volgo, ma chi le idee del volgo applica agli dei.
Epicuro
Diffidate di un filosofo che sa di sapere.
Norberto Bobbio
Il problema dell’umanità é che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. Bertrand Russel
Il falso é suscettibile di una infinità di combinazioni, ma la verità ha un solo modo d’essere.
J.J. Rousseau
Est proprium stultitiae aliorum vitia cernere, oblivisci suorum.
Cicerone
Ci sono persone che sanno tutto, e purtroppo é tutto quello che sanno.
O. Wilde
Impara tutto, vedrai poi che nulla é superfluo.
Ugo di San Vittore
147
L’arte é magia liberata dalla menzogna di essere verità.
Adorno, Minima Moralia
Anche sul trono più elevato del mondo si é pur sempre seduti sul proprio sedere.
Montaigne
E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.
Einstein
Chi pensa é immortale, chi non pensa muore.
Averroé
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.
Seneca
La prossima guerra mondiale sarà combattuta a suon di pietre.
Einstein
Il pensare é uno dei massimi piaceri concessi al genere umano.
Nietzche
La Chiesa é esattamente ciò contro cui Gesù predicò e contro cui insegnò ai suoi discepoli a combattere. Nietzche
Ricordati che il miglior medico é la natura: guarisce i due terzi delle malattie e non parla male dei colleghi. Galeno
Un giorno le macchine risolveranno tutti i problemi, ma mai nessuna di esse saprà porne uno.
Einstein
Il giusto altro non é che l’utile del più forte.
Trasimaco
Forse oggi l’obiettivo principale non é di scoprire cosa siamo, ma piuttosto rifiutare ciò che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare. M. Foucault
Pensare significa oltrepassare.
E. Block, Il principio speranza
148
I filosofi non spuntano dal terreno come i funghi. Essi sono il prodotto del loro tempo. K.. Marx, Gazzetta Renana, 1842
Et valde hic liber habetur necessarius. E fortemente si ritenga necessario questo libro Thierry (maitre e poi chancelier della Scuola di Chartres) scritto in calce ad un libro di misurazioni agrarie
Le utopie non sono altro che verità premature.
A. Delamartine
-Seul le silence est grand: tout le reste est faiblesse.
Alfred de Vigny da”I destini “
Dante nel Convivio (I,xi,15) riferendosi al Brunetto ed alla sua opera Tresor, fa un’aspra polemica per l’uso della lingua francese: espressione della vanagloria di chi, presumendo di riscuotere l’ammirazione altrui, esibisce la propria conoscenza di una lingua straniera, esaltandola sopra quella materna. 15. La terza setta contra nostro volgare si fa per cupiditate di vanagloria. Sono molti che per ritrarre cose poste in altrui lingua e commendare quella, credono più essere ammirati che ritraendo quelle de la sua. E sanza dubbio non é sanza loda d’ingegno apprendere bene la lingua strana; ma biasimevole é commendare quella oltre a la verità, per farsi glorioso di tale acquisto.
PSALMUS 118 E’ il più lungo di tutti e si compone di 22 (guarda che combinazione!) strofe e 176 versetti. Ogni strofa inizia con una diversa lettera dell’alfabeto ebraico per cui si pensa fosse stato un abbecedario per imparare a leggere ma anche per l’elencazione dei principi della dottrina. Dieci volte viene citata la Legge di Dio con termini diversi: 1Thorah= legge; 2 Derek= via; 3 Mispatin = giudizi; 4 Eduth= testimonianza; 5 Piqqudin = statuti, comandi; 6 Huqqim= decreti; 7 Mizvoth= precetti; 8 ‘Emunah= verità; 9 Imrah= sermone; 10 Deber= eloquio. Si incontra anche 22 volte il nome di Iahveh.
PSALMUS 139 Tàbescere me fecit zelus meus quia obliti sunt verba tua inimici mei. Il mio zelo mi consumò perché i miei nemici hanno dimenticato le tue parole.
La Vita Nova scritta da Dante sotto i trent’anni (1294-1295) vuole essere la narrazione di una epifania amorosa , condotta sul filo di un autobiografismo psicologico…..a nove anni il protagonista incontra per la prima volta una fanciulla anch’essa di nove anni (il 9 inaugura la presenza nell’opera di una simbologia mistica dei numeri) che tutti chiamano Beatrice, cioé, secondo la radice etimologica del nome, “suscitatrice di beatitudine” (beatitudinis artifex), e
149
non potrebbe chiamarla altrimenti, stando al principio per cui nomina sunt consequentia rerum; dai sintomi che avverte, tipici dell’innamoramento (tremore, stupefazione, angoscia), egli sa che da quel momento ciò che è Amore . Dopo altri 9 anni egli incontrerà nuovamente Beatrice. …. Un giorno l’innamorato é preso da una “dolorosa infermitade” che gli dà “per nove dì amarissima pena”; nel delirio, affiorano pensieri ed immagini, che sembrano presagire e preannunciare la morte di Beatrice (accompagnata da catastrofi naturali, simili a quelle che seguirono la morte del Cristo) e la sua ascesa al Paradiso. Di lì a poco il presentimento si avvera e Beatrice muore “nel nono giorno del mese”(secondo il calendario arabo), “ nel nono mese dell’anno”(secondo il calendario siriano), nella nona decade del secolo (secondo il calendario cristiano e cioé l’8 giugno 1290. Achille Tartaro, Dante Alighieri
(ai tempi di Ingegaldus cioé del vescovo Aimeric 888-896) I chierici che redigevano le carte prendevano il titolo di chanchelier, e noi sappiamo che essi erano allo stesso tempo i grandi maestri della gioventù levitica. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.17
(formula che si adoperava per chiudere un manoscritto nel X° sec.) Si quis eum furaverit vel folium inciderit, damnationem perpetuam accipiat vel maledictionem istam deleverit cum Anna et Caypha et Dathan et Abiron quem in deserto terra absorbuit, in isto presenti seculo et in futuro. Fiat, fiat, amen. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.20
(al tempo dei cancellieri Hildegaire e Evrard II, cioé prima di Fulbert, cioé intorno al 986) Si aggiungeva la Cancelleria ad altre dignità sia perché non produceva una prebenda particolare, sia perché i titolari esercitavano una alta sorveglianza sui maestri che ivi insegnavano. (nota mia: la responsabilità e la dignità più alta abbinata alla carica di Chancelier era la detenzione dello sceau cioé del sigillo (anzi ce n’erano due,uno piccolo e uno grande) Il sigillo veniva conservato in una cassapanca della cancelleria (attuale sacrestia della cattedrale) ed erano necessarie 2 chiavi per aprire la cassapanca. Con il sigillo siglavano e confermavano tutti gli atti e gli scritti in uscita (previa archiviazione e catalogazione di una copia) e di fatto conferiva ufficialità al documento. Questa funzione comportava un giudizio di merito sul testo da chiunque scritto. Si imprimevano anche i documenti in entrata (bolle, corrispondenza sacra e profana) che veniva trattenuta negli archivi salvo redazione di una o più copie che venivano inoltrate a chi di dovere. Venivano anche redatte le ordinanze del Capitolo, messe nelle mani degli ufficiali perché le eseguissero (sfratti, ammende, punizioni, scomuniche, passaggi di proprietà, etc. Tutte queste mansioni erano svolte da amanuensi (perlopiù chierici) molto scarsamente remunerati) Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.31
Citiamo un tratto particolare concernente Foucher. Nella carta che dettò lui stesso per Saint-Evroul, cita i suoi figli e la sua moglie Alpes; egli era dunque sposato, come il prevosto Ive, suo contemporaneo, senza dubbio prima di essere nominato canonico, ciò che prova che i laici in questa epoca frequentano anche le nostre scuole chartriane. Pag.70
Quanto alla logica applicata ai sistemi ed alle idee, lo si trova negli autori molto istruiti. Non si é certi che si avesse fra le mani il Timeo di Platone tradotto da Calcidius, ma Fulbert dichiarava Platone, supérieur à tout les autres penseurs de
150
l’antiquité, e Bérenger lo chiamava la “perle de la philosophie”. Si aveva simpatia per i Neoplatonici, quali Denys l’ Aéropagite, Scot Erigéne e Boéce nella Consolazione della Filosofia. Ad attenersi agli autori seguiti, si giudicherebbe che la scuola chartriana era aristotelica nel metodo e platonica nello spirito e nelle idee. Pag.118
(molto, molto interessante a pag. 237 dove si dimostra che studiando e praticando Boezio nell’ Eptateuchon si estrasse la numerazione decimale (e non dagli arabi, come comunemente si pensa) ed in particolare il numero Zero)
Medicina. Terminiamo questo studio sulle scienze fisiche e specialmente la Medicina. Questa, che era una delle specialità della scuola chartriana era ben lungi dall’essere abbandonata (ai tempi di Fulbert) a Chartres. Oltre ai trattati del secolo precedente, si possedevano i tre libri De Arte Medica del medico Alessandro con 342 ricette medicali e poi una raccolta di cui conserviamo 2 esemplari. Il primo comprende l’ Isagoge Johannicii, gli Aphorisme d’ Hippocrate, il libro di Filarete De Pulsibus, quello di Théophile De Urines ed infine la Théorica di Costantino l’Africano. Il secondo raccoglie i Commentarii, quasi tutto di Galeno, con i Commentarii dello stesso autore su Pronostics d’ Hippocrate ed in più la Théorie di Costantino l’Africano. Questi due manoscritti si assomigliano talmente che sembrano essere degli antichi manuali di medicina. Come Fulbert, Saint-Ive era medico: --Se noi pensiamo che la vostra malattia possa essere guarita- scrive Saint’Ive- noi vi offriremo volentieri le soulangement della medicinaAbbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.240
Colpo d’occhio generale sugli autori del sistema filosofico- Segnaliamo prima di tutto un fatto rimarcabile. L’ Eptateuchon, nei suoi 14 trattati di dialettica, comprende, oltre ai Commentari di Boezio e di Cicerone, tutti i libri dell’ Organum di Aristotele. Fulbert nell’ XI secolo, possedeva i due primi, le Categorie e l’ Interpretazione, ma non conosceva gli ultimi, ciò a dire l’ Analitico, i Topici ed i Sofisti. M.M. Jourdan, Cousin e Hareau che hanno studiato questa questione, hanno stabilito che nel 1136 Abélard e tutte le scuole latine li ignoravano ancora. Dopo questi sapienti Gilbert de la Porre sarà il primo a citarli nel 1154 e sarà seguito da Richard il Vescovo, Othon de Friesingue et Jean de Salisbury, nel 1159. ….. Non avendo ancora la Métaphisique et la Physique di Aristotele che appariranno più tardi, i chartriani raccolsero loro Metafisica e Cosmologia fra gli scritti della scuola platonica: essi avevano precisamente quelli di questa scuola che vertono su queste materie. Essi erano dunque filosofi cristiani ma soprattutto discepoli di Aristotele per il metodo e di Platone per la dottrina. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.244
Jean de Salisbury seguiva nelle sue grandi teorie ontologiche sulla natura degli esseri ed il loro rapporto con Dio, cercando di armonizzarle con la dottrina cristiana. Egli ci offre una specifica incisiva delle sue concezioni nel passaggio in cui mostra l’analogia del Timeo con il Vangelo: -Platone, dice, divideva le cose in due categorie: quelle che sono e quelle che non sono, ma sembrano essere. Queste ultime sono le cose temporali, ombra delle cose spirituali e passanti così veloci che si può dire appena che siano. Le altre cose, di cui é proprio parlare di essere, sono le cose intellegibili, che non cambiano: sole, dopo l’essenza suprema, esse meritano d’essere designate per il verbo essere. Queste cose veramente esistenti, le divideva a loro volta in tre categorie, ch’egli diceva essere i principi delle cose: Dio, la Materia e l’ Idea, che per loro natura sono immutabili. Dio é assolutamente immobile. Questi altri due principi lo sono anche; ma qualche volta essi si trasformano reciprocamente. ……. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.249
151
Bernard de Chartres e i suoi accoliti hanno impiegato molta pena per mettere d’accordo Aristotele con Platone; ma io penso siano venuti troppo tardi e che essi hanno lavorato vanamente per riconciliare dei morti che tutta la loro vita si son contraddetti. ….. I suoi discepoli, Bernard de Tours e Thierry de Chartres, più o meno coscientemente, saranno dei Panteisti. Grazie a lui, grazie ad essi, la Scuola di Chartres diventerà la principale cittadella del Realismo e del Panteismo. …… Questo si esplicita ancora di più nel paragrafo in cui Thierry tratta della generazione dell’ Unità. Non contento di affermare la sua presenza negli esseri, spiega come l’ Unità si produca da se stessa: --Per produrre, essa deve moltiplicarsi dapprima con se stessa, poi con un numero differente da se stessa. Moltiplicata per essa stessa, produce una Ugualità di essa stessa, perché l’unità moltiplicata per l’ unità é uguale all’ unità, e questa unità così prodotta, é il Verbum.Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.257
Section III –Les “Magistri”—In questa seconda metà del sec. XII°, il titolo di “Maitre” incomincia a moltiplicarsi. Tuttavia, come lo evidenzia l’ Histoire Litteraire, lungi dall’essere puramente onorifico, designa coloro che presero la loro maitrise nelle Università. La Maitrise era anche la licenza di insegnare. Noi possiamo dunque, in tutta fiducia, considerare come dei professori la gran parte di coloro che, nel nostro cartolario, aggiungono questo titolo al loro nome………
8. Maitre Jean du Coin (Johannes de Cuneo) indicato in una carta del 1188 (Cart. de N.D., I,187) e nel Necrologio (Cart. de N.D. III, 210) in questi termini: Et magisteri Johannes de Cuneo, concanonicus noster et diaconus, hujius santae ecclesiae servitio devotus et assiduus: egli aveva come fratello maitre Robert du Coindu-Mur, de Cuneo-Muri. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.286
A San Pietro (di Chartres) , il movimento intellettuale creato dalle lettere di San Bernardo (quello di Clairvaux) e dei regolamenti di Eudes di Lévéville non si erano interrotti. Un monaco redasse la Vita di san Guildin e un altro denominato Hilduard, era l’architetto, ammirabile di arditezza e di sicurezza, della basilica così graziosa che noi abbiamo sotto gli occhi (non avevo mai visto citazione alcuna dell’Autore della costruzione della Cattedrale, in nessun testo). Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.301
Fuori da Chartres, vi erano pure uomini di studio……. Ci fu il celebre Gui, predicatore della Crociata, pellegrino di Gerusalemme ed organizzatore della guerra contro gli Albigesi. Suo nipote, Pierre, monaco di Vaux-de-Cernay, ha fatto la storia di questa guerra; diceva di suo zio che era un personaggio –nobil di famiglia, ma molto più nobile per la scienza e la virtù, e che, anche dopo esser stato fatto vescovo di Carcassone fu elogiato come il primo ed il maestro dei predicatori-. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.302
Bernard de Chartres : --Malgrado l’abbaiare dei cani ed il grugnire dei maiali, dice con energia, sempre imiterò gli (autori) antichi: essi saranno la mia grande occupazione e, tanto che potrò, il sole non mi troverà mai sazio. Noi siamo come dei nani issati sulle spalle dei giganti, che vedono, grazie ad essi, più lontano di essi stessi, dacché attaccandoci ai libri degli antichi, noi resuscitiamo e rinnoviamo i loro pensieri più eleganti che il tempo o la paralisi degli uomini avevano abolito e reso come morti.--- Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.311
152
Section II—Les Eleves de grandes écoles et des Facultés. Dés 1225 à 1250 3 Maitre Robert du Coin du Mur (de Cuneo-Muri) fratello di Jean. Canonico di San Maurizio, ufficiale e canonico della cattedrale, questo Robert era istruito ed aveva studiato sì lungamente che aveva una cattedra di Decreti a Parigi: vir eleganter eruditus, qui tanto tempore studuit quod cathedram ascendit honorifice Parisius regendi in decretis. Lo si vede in molti “vidimus”, rilasciati da lui come ufficiale: fondò fra le altre cose, nel 1239, l’anniversario dei suoi parenti (Cart de N.D. III,29) Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.334
----------------------------------------------------------à la Rèdaction de la Societé Archéologique d’Eure et Loir 1, rue Jehan Pocquet 28000 CHARTRES
Objet: Tome XI LES ECOLES DE CHARTRES AU MOYEN AGE par l’Abbé Clerval,1895
Je suis en train de lire pour la deuxième fois le texte surnommé que Vous avez édité: professionnelment je ne me occupe pas d’ histoire mais je suis très passioné et en outre j’aime beaucoup la Ville de Chartres et surtout sa Cathédrale et tous les annés je vien pour quelques jours chez Vous et je vais à rechercher, entre autres choses, de livres et textes concernates Votre belle Ville.
A page 286 on parle du Maitre Jean de Coin (Joannes de Cuneo) et de son frére Maitre Robert du Coin-du Mur ( de Cuneo –Muri) et puisque ma ville native c’est Cuneo et puisque la date de fondation de cette ville est incertaine, mais on fait remonter au 1198; la rèférance du texte est à l’an 1188, je Vous prie de me comuniquer, s’il vous plait, ou se trove l’archive cité dans les notes, et si est possible y accéder, (Cart. De N.-D. , I , 187 et III, 210) pour vérifier dans le
153
contexte l’ origine de 2 pérsonnages puisque c’est pas correcte, selon moi, la traduction du latin au francais de Cuneo avec Coin.
Si un Votre Rédacteur puisse fair ce controle, je lui rémercierais infinitement.
Molta stima accompagni i migliori saluti di
22.08.2005 gigi revel
Il 30 agosto 2007, dopo una ricerca su internet, ho spedito la stessa mail alla Mediateca di Chartres. Ed il giorno dopo ho ricevuto la risposta che segue; la cosa più straordinaria è che 4 giorni dopo ricevo per posta un fascicolo completo di parecchi documenti portanti la fotocopia del frontespizio del libro e i riferimenti nelle varie pagine con evidenzazione dei brani pertinenti. Davvero incredibile.
----- Original Message ----> Sent: Friday, August 31, 2007 10:45 AM Subject: Les Ecoles de Chartres
Bonjour Monsieur Julien Barthe m'a transmis votre demande. Après recherche, il semble que Maître Jean du Coin doive son nom à la rue du "Coin-du-mur" (Cuneo-Muri) à Chartres et non à la localité en Italie. Nous avons les textes édités des cartulaires. nous vous envoyons ce jour les photocopies et de la documentation. N'hésitez pas à nous contacter pour toute demande de recherche complémentaire. Bien cordialement. Christine Biancarelli / Louis Pettinotti Espace Patrimoine Médiathèque l'Apostrophe 1 Boulevard Maurice-Viollette 28000 Chartres 02-37-23-42-03 02-37-23-42-04
154
Michel Scot. Questo personaggio aveva studiato ad Oxford ed a Parigi: egli tradusse dall’arabo i Trattati di Fisica di Aristotele. Protetto da Onorio III nel 1224, da Gregorio IX nel 1227, amico di Etienne de Provins al quale invia il De Caelo et Mundo, finisce per essere chierico di Federico II dal 1240 al 1250. Nel 1226 lo si trova in Scozia presso il re Edoardo, e lo si segue assai bene sino alla morte nel 1294. Si ignora ciò che divenne dal 1250 al 1286. Si congettura che egli sia ritornato al suo paese; ma come sarà rimasto così tanto tempo sconosciuto? La verità é che egli si tenne durante questo intervallo presso il conte Jean e la contessa Matilde ( di Chartres). Costei lo scelse nel 1252 come arbitro nella sua controversia con il Capitolo: magistrum Michaelem Cornubiensem clericum nostrum dictum Scotum. Lei lo chiama maitre Michel de Cornouialle, …… Si sa che egli tradusse e commentò delle opere di alchimia, d’astrologia, che egli scrisse sulla cosmologia, che spiegò la Sphére de Sacro Bosco a Federico II. Ma il suo grande titolo di gloria é la traduzione dall’arabo de l’ Histoire des animaux ed altri trattati fisici di Aristotele. Questi lavori lo fecero ritenere un mago e Dante lo inserirà come tale nel suo poema. E’ molto interessante constatare la presenza a Chartres d’un tale uomo. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.351
L’opera più interessante di Pierre de Roissy é il suo Manuale De Mysteriis Ecclesiae ovvero Speculum Ecclesiae. Inedito, meriterebbe di essere pubblicato: perché é un trattato completo degli uffici della Chiesa , alla moda di Jean Beleth e più tardi di Guillaume Durand. –Volendo-dice lui- soddisfare ai desideri di certe persone , noi ci proponiamo di spiegare semplicemente i misteri delle cerimonie che si fanno nella Chiesa, e noi dividiamo questo opuscolo in tre parti. Dapprima noi diremo che significato ha ogni parte della chiesa materiale, ciò a dire il monumento ed il contenuto; secondariamente, ciò che c’é di mistico nei ministri della Chiesa. In terzo luogo parleremo dell’ufficio ecclesiastico tanto nel suo insieme che nei dettagli. E siccome si avrà in questo volume tutto sotto mano, si può veramente chiamare un “manuale”— Si trova in queste tre parti, a volte chiare e succinte, molti dettagli precisi e curiosi. Il simbolismo é meno ricercato che in Guillaume Durand ed i fatti sono anche abbondanti come in Beleth. Così , nella prima parte, si tratta successivamente dei tetti, delle cortine (?) , delle fondamenta, dei muri, delle pietre da taglio, del cemento, delle finestre, delle colonne, delle porte, dei bordeaux (assicelle?), del pulpito, dei dorsalia (in latino=schiena, dorso, trave?), dell’altare e delle sue nappe, dei gradini, delle torri, delle campane, della loro varietà e forma, del loro suono, del loro battente, della sua corroire (foro fra i vari piani per la corda del campanile ?) e della sua corda, del gallo, ed infine della cerimonia di dedicazione. La seconda parte tratta della tonsura, degli ordini minori e maggiori, dei differenti paramenti sacri, pontificali, episcopali e sacerdotali. La terza parte riprende dall’inizio ciascuna parte dell’officio quotidiano, Mattutini, Lodi, piccole Ore, Vespri, Compieta nonché la Messa che é spiegata con dettaglio. L’opera si chiude lungamente per il Proprio dei Tempi, De hiis quae pertinent ad singola tempora, dove sono rapportate tutte le cerimonie proprie di ciascuna festa. Noi non disperiamo pubblicare questa opera con i sermoni che la precedono: noi ne abbiamo copia. Si ha un’altra opera in prosa di questo periodo: é la Raccolta dei miracoli di Notre Dame de Chartres, scritta durante la ricostruzione della cattedrale nel 1194 …… Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.354
Il Maitre di Sant’Andrea non avendo voluto conformarsi a questa decisione fu scomunicato e messo all’ ammenda ; dovette impegnarsi davanti al Capitolo ed al Cancelliere a pagare questa ammenda, perché era stato ed era ancora scomunicato su istanza del Cancelliere. Di più: egli promette che per l’avvenire non insegnerà più ai suoi giovani allievi, a partire dal giorno in cui cominceranno a sapere il loro Donato o le sue parti ed in seguito li condurrà alle grandi scuole di Chartres.. Questi due testi ci spiegano chiaramente l’organizzazione delle piccole scuole: esse saranno subordinate alle grandi nel loro programma: esse sono sorvegliate dal Capitolo e dal Cancelliere…… (Molto interessante questo passaggio: le piccole scuole rette dai parroci (14 nella città di Chartres ma molto diffuse nelle campagne) cercavano di assumere una maggior importanza. Il Donato citato é un autore latino : nella precedente
155
esposizione molto dettagliata ed articolata (con citazioni delle materie, dei testi impiegati, dei tempi e delle modalità di insegnamento, il Donato era propedeutico e di introduzione al Trivium e al Quadrivium, ciò a dire le scuole minori dovevano insegnare a leggere e a far di conto, come le nostre elementari e non avventurarsi oltre). Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.359
Nel 1326 si ritornò su questo argomento e si ripeté che il maestro della scuola era obbligato a tenere, nel coro, la parte destra, e che pagherà 6 denari di ammenda quando mancherà alle feste delle 9 lezioni (al Mattutino) e 3 denari quando sarà assente alle feste a 3 lezioni. …… Nel 1351 gli si accordò 8 soldi di grazia speciale per la sua assistenza al Mattutino. (anche questo passaggio é interessante perché dimostra che cercavano di evitare la frequenza degli uffici (occhio: non tutti i maestri erano chierici, cioé consacrati) ma non solo, che erano pagati con un gettone quando presenziavamo. A questo punto la Scuola era già in piena decadenza a vantaggio di Parigi.) Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.369
Nel 1309, 1313, 1317, Jean de Boves, legum doctor: rimpiazza l’ufficiale del vescovo (F.97,129v) Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.373
Nel 1364 si decise di ritenere anche per residente il canonico che, essendo alle scuole, potrebbe andare e venire dalle scuole a Chartres, e assistere anche in parti agli offizi. Nel 1332 si dichiarò che la residenza e lo stage potevano farsi non solamente nelle Università, presso i Domenicani ed i Francescani ma anche presso gli Agostiniani e i Carmelitani. Ma in qualsiasi luogo si facessero, il Capitolo esigeva sempre delle attestazioni di studio e dei certificati di presenza rilasciati dai Rettori dell’ Università, i Guardiani dei conventi, gli ufficiali ed i canonici. (nota mia: la Scuola di Chartres non esisteva più. La causa principale é stata determinata dall’avvento del Domenicani che curavano le città tralasciando le campagne; dalla grande pratica dello studio del Diritto che permetteva una attività professionale profana (avvocati, giudici, addetti alle cancellerie dei nobili,come échevin cioé giudice che sostituisce il conte nell’amministrazione della giustizia etc.) ma ancor più dall’avvento negli insegnamenti di Aristotele al posto di Platone. Non senza gravi difficoltà in quanto almeno due Concilii dichiararono incompatibile con il cristianesimo l’aristotelismo: ci volle San Tommaso a trasfondere nel cristianesimo tale dottrina. Ed é appunto qui che finì il cristianesimo con la visione del trascendente.) Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.390
L’uno di essi, Jean Breton, nipote di Robert d’Etampes, essendo stato perseguitato per la sua vita disordinata, il Capitolo lo richiamò fuori, lo mise in prigione e poi lo consegnò al procuratore dell’Università……. Non se ne tenne conto, perché non era stato provato che lui avesse richiesto licenza di studiare Diritto canonico e che era stato considerato come curato vagabondo e non come vero studente. Nel contempo rivestiva indegnamente il suo ufficio di prete andandosene a traverso le piazze e le strade. Abbé A. Clerval, Les Ecoles de Chartres au Moyen-age, pag.391
156
Nota in seconda pagina del volume Giurisprudenza del Codice Civile compilata dall’ Avvocato Cristoforo Mantelli, vol. I, Alessandria presso Luigi Guidetti Tipografo-Librajo, 1839 : Quest’ Opera é posta sotto la guarentia della Legge, e delle Regie Patenti 28 febbraio 1826 essendosi adempiuto quant’esse prescrivono; volendo quindi il Compilatore goderne i dritti e i privilegi, dichiara contraffatti tutti gli esemplari che non saranno muniti della di lui firma (chic, infatti la mia copia non è firmata)
Nelle Preces Feriales che una moltitudine di preti (ma non solo) quotidianamente recitano nelle Laudes : Dòmine , salvum fac regem * Et exàudi nos in die, qua invocavérimus te. Signore, salvo fa il re (tradotto anche: governanti) * ed esaudisci noi, nel giorno in cui ti invocheremo. Ho notato che il secondo verbo é al futuro ciò sta a dire che un giorno qualsiasi si potrebbe esprimere questo desiderio . E cosa aspettano?
(nel capitolo: Il divorzio dell’arte dalla Bellezza)
….sembra che il trauma causato dall’apparizione ed i progressi rapidi della fotografia sia stata la prima causa del cambiamento che ha conosciuto la pittura dopo la fine del XIX° secolo. Tutto ciò che era la rappresentazione del reale: il ritratto, il paesaggio le pitture di genere, la natura morta, la pittura di animali, l’illustrazione scientifica, etc. é stata brutalmente trasformata: con una semplice camera oscura chiunque poteva produrre delle rappresentazioni del reale con una perfetta fedeltà. Ora questa rappresentazione del reale aveva progressivamente soppiantato quella dell’invisibile e del divino in seguito al declino della religione a partire dalla fine del 1700. La pittura volse con più predilezione verso ciò che la fotografia non poteva rappresentare: le ricostruzioni storiche, la veglia, il fantastico, il simbolismo, il surrealismo o l’astrazione. Continuare a imitare la natura utilizzando le tecniche ed i procedimenti tradizionali divenne una prospettiva insopportabile a molti. La seconda causa sarà stata all’inizio del XX° secolo, l’irruzione nella cultura occidentale dell’arte africana –per il canale del colonialismo in Europa e della schiavitù negli Stati Uniti- e che, non rispondendo per niente ai canoni occidentali allora in vigore, ha fatto progressivamente esplodere le regole convenzionali della pittura, della scultura e, soprattutto, della musica. Si conosce bene in Francia l’influenza –diretta o indiretta- dell’arte africana su Apollinaire, Picasso e Derain, e tutti i loro seguaci. Negli Stati Uniti il jazz doveva metamorfizzare la musica introducendo ciò che si é convenuto chiamare beat (questa parola, beat, servirà anche a designare tutta una generazione di scrittori americani di cui Jack Kérouac fu il capofila e la cui influenza sulla letteratura, la musica ed i costumi sarà davvero considerabile) ciò a dire il battimento ritmico dei tamburi, derivato da quello dei tam-tam (é raro poter ascoltare una qualsiasi canzone contemporanea senza percepire in secondo piano il martellamento continuo di una batteria). Per conseguenza la danza ha subito una mutazione: i movimenti delicati e continui son diventati sincopati e convulsivi. La danza cosiddetta da sala ha finito per convertirsi in un attorcigliamento brutale, solitario ed improvvisato di tutto il corpo. Quanto alla musica cosiddetta “classica”, é divenuta una disciplina fossilizzata non più di quanto ne sia più spessa, essa é sempre più o meno- ma soprattutto più nessuno ne compone, o almeno, nessuno ne é al corrente. Non mi si riprenda sul senso di queste argomentazioni: esse non implicano assolutamente che l’arte negra, il jazz o l’arte informale siano senza valore, ciò sarebbe un controsenso totale perché é evidente che si può mettere al loro attivo numerose opere d’arte di grande bellezza; essa non cerca altro di spiegare come l’arte ha smesso la via di ciò che una volta era il suo ambito riconosciuto e la sua ragione d’essere. La missione dell’arte dall’Antichità era stata la rappresentazione del divino ed in seguito la decorazione : dopo più di due secoli di ascesa dell’ateismo, o dell’indifferenza religiosa, ha progressivamente scisso l’arte dalla tradizione cristiana che fu per molto tempo l’ispiratrice di innumerevoli capolavori di cui la Chiesa era la principale commissionaria.
157
In reazione contro lo sviluppo dell’industrializzazione e la laidezza che l’accompagna, prese a svilupparsi soprattutto in Inghilterra questa concezione molto fin de siécle dell’ “art pour l’art” Questa alta idea che l’artista faceva di se stesso e della sua missione testimonia anche il salire dell’individualismo e della più grande autonomia dell’artista nei confronti della società. L’artista degno di questo nome deve esprimere il suo genio, solo questo importa. ….. Christian Ficat, Le sens de la beauté- Atlantis, 10/2001
Lo stupido dice quel che sa; il sapiente sa quel che dice. detto giudaico
Cena del 11.10.2005. Acquistato domenica 1100 grammi di fagioli borlotti e, opportunamente snudati, (ma quanto costano visto che il 60-65% va a finire in concimaia?), messi a mollo per 14 ore, posti a cuocere per circa 2 ore a fuoco lento, lento. Nel primo pomeriggio predisposto il taglio di 5 cipolle, aglio, alcune patate novelle tagliuzzate, olio e messo sulla stufa a piciurlare a fuoco piccolo, piccolo, praticamente tutta la notte. Aggiunto 2 manciate di carote filiformi, rosmarino, rametto di finocchio, foglie di sedano e gli agognati fagioli. Messo in tavola cartone tipo pizza e piazzato il tegame in coccio: assunto il tutto con cucchiaione in legno rivolgendo deferente pensiero a Bud Spencer: l’unica differenza è che mi bevevo un ottimo dolcetto… Visto che praticamente son diventato vegetariano (abolita da tempo la trancia di salmone saltata sulla piastra della stufa) ma qualcuno mi aveva insinuato il dubbio che deficitassero le proteine, utilizzerò l’acqua della bollitura dei fagioli per farmi un bel risotto (+manciata di fagioli). Ma il dolcetto dovrà irrancidire? Giammai
Guardavo il palazzo delle Nazioni Unite e pensavo a quante parole e quante menzogne, a quanto sperma e quante lacrime venivano versate nell’inutile tentativo di gestire una umanità che non può esser gestita perché il solo principio che domina è quello dell’ingordigia… Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
Quello era il cuore di pietra del dilagante, disperante materialismo che sta cambiando l’umanità, quella era la capitale di quel nuovo, tirannico impero verso il quale tutti veniamo spinti, di cui tutti stiamo diventando sudditi, ……… l’impero della globalizzazione. Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
La minaccia è costante e gli avvocati sono diventati lo spauracchio di ogni legame: d’amicizia, d’amore, di collaborazione, di fiducia. Un nuovo, americanissimo modo di far soldi è denunciare una grande azienda per discriminazione razziale, il proprio capo per molestie sessuali, il proprio amante per stupro, il proprio medico per negligenza. Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
158
La cosa strana è che l’uomo moderno studia, impara, si impratichisce con migliaia di cose, ma non impara niente sul morire. Anzi, evita in tutti i modi di parlarne …… davvero uno strano mondo il nostro: abbiamo le levatrici che ci aiutano a nascere, ma non abbiamo ormai più nessuno che ci aiuti, ci insegni a morire. Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
Ogni giorno ci sono nuove storie di massacri, ingiustizie, torture ma ci si fa appena caso. Siamo sopraffatti. Pensiamo di non poterci fare nulla e così tutti diventiamo sempre più complici dei crimini: l’indifferenza. Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
E’ l’Occidente il mio mondo? Nella spinta laica ed iconoclasta verso un’idea tutta materiale della libertà individuale, abbiamo combattuto una lunga tradizione, abbiamo ridicolizzato ogni credo, eliminato ogni rituale, togliendo con questo il mistero, cioè la poesia, della nostra esistenza Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
--In Oriente questo è stato da sempre il senso della conoscenza. Era così anche da voi, in Occidente. Ma solo fino a Michelangelo. Da allora la vostra scienza ha voluto capire il mondo solo per usarlo a fini esclusivamente materiali e lì vi siete persi. …. Questa è la ragione del progresso assolutamente squilibrato dell’Occidente e causa del vostro decadimento spirituale--. (non concordo sui tempi indicati dal personaggio citato dall’ Autore; il punto di svolta è stato la fine della Scuola di Chartres, cioè non oltre il 1200) Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
Secondo lui le religioni sono di due tipi: quelle aggressive e missionarie, come il cristianesimo e l’islam; e le religioni che non cercano di fare proseliti, come l’ebraismo, lo zoroastrismo e lo stesso induismo. Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, Ed. Longanesi, 2004
La vie s’écoule comme un rendez-vous d’amour, à pleine gorgée bouvons à la source irrisée.
159
Novalis, scritto da Laurence su un tovagliolo del ristorante
Poiché come infinitamente l’iperbole si avvicina all’asintoto, così infinitamente l’uomo che vivendo voglia la sua vita s’avvicina alla linea retta della giustizia; e come per piccola che sia la distanza di un punto dell’iperbole all’asintoto, infinitamente deve prolungarsi la curva per giungere al contatto. Angela Michelis, Carlo Michelstaedter il coraggio dll’impossibile, ed. Città Nuova, 1997
Proprio in quell’istante si mosse qualcosa lassù, un po’ di polvere, sempre più polvere, un enorme polverone sfilava lungo il canalino e tendeva ad allargarsi. –Ora non saremmo più là--. Dalla cima alla base una enorme frana aveva spazzato il canale e dopo un po’ arrivò, attutito, preceduto da un sibilo, il boato. Rossi se n’era andato. Renato Massucco, Anime di vetro, ed. Nuova Ed. Italiana, 1997
La maggior parte delle mie paure, circa i mali fisici, riguarda i medici e le loro cure, non la malattia……… Cedere a un colpo di sonno in una biblioteca è una gran vergogna. Mi capita sempre più spesso. Ci vado sempre meno e ci resto poco, perché la testa non mi caschi sui libri. Ormai imparo quasi tutto per strada. La lettura fatta in autobus è quella che mi profitta di più. Guido Ceronetti, Pensieri del tè, Adelphi, 1987
Gli ecclesiastici devono vivere, almeno esteriormente, una vita esemplare.. Io so che essi non possono essere tutti canonizzati, sono uomini, ma essi devono verso se stessi e verso la società, avere un comportamento che non dia luogo a pubblico scandalo. Francesco Dalmazzo Vasco, Suite du contrat social, 1733-
Una turba di subalterni, che con i loro rispettivi principali profittavano nell’amministrazione, fece sempre sentire il tuono del biasimo e della imprecazione contro un’opera che toglieva loro dei criminosi profitti…. I preti, che godevano benefizi fondati in rendite pubbliche o legati di fisse responsioni annue, fecero parimenti sentire le loro lagnanze…… Poiché il ceto ministeriale, sempre troppo numeroso da per tutto ed ingrossato dai suoi satelliti, acquista molto della sua considerazione ed influenza nel disordine, nella confusione e nell’imbarazzo della cosa pubblica: dove trovano pascolo e soggetto il favore, il dispetto, l’arbitrio e tutte le operazioni tenebrose che agevolmente si intraprendono; dove i vincoli di un regime regolamentario sottopongono alla dipendenza di una autorità capricciosa le operazioni dell’industria e gli interessi dei cittadini. Francesco Maria Gianni,1728-1821, Costituzione immaginata da Pietro Leopoldo.
160
Le forze plasmatrici eteriche sono dunque una specie di ponte fra la essenza ed il fenomeno, ed insieme anche il ponte fra il non spaziale ed lo spaziale. Poiché solamente quando principiano ad agire, sorge l’uno accanto all’altro e uno dopo l’altro, cioè lo spazio ed il tempo. G. Wachsmuth, Nel cosmo nella terra nell’uomo, (senza casa ed. e senza data ?)
Possono gli uomini deridermi per la mia franca dichiarazione: Sì, ho rubato i vasi d’oro degli Egiziani per foggiarne un santuario al mio Dio, lontano, lontano dai confini dell’Egitto. Se voi mi perdonate ne sono lieto: se voi vi incollerite debbo sopportarlo. Sia così! Io getto il dado e scrivo un libro, sia esso per il presente sia esso per la posterità, per me è lo stesso! Dovesse anche attendere cent’anni il suo lettore, Dio stesso ha atteso millenni il suo interprete. Giovanni Kepler. Harmonices Mundi
I presenti restarono sbalorditi, e Demetrio disse che era una cosa persino ridicola partire da tali piccolezze per indagare un problema della massima importanza. Non si tratta di “ dipingere un leone partendo dagli artigli” come dice Alceo: qui addirittura rivoluzionare tutto l’universo e distruggere le basi della matematica per la fiamma di un lumino. Plutarco, il Tramonto degli oracoli
Noi riteniamo che l’ E non sia per se stesso diverso dalle altre lettere nel significato, nell’aspetto e nella pronuncia, ma che esso meriti il posto d’onore come simbolo del cinque, il numero grande e sovrano nell’ordine universale, da cui i sapienti hanno preso il verbo che significa contare. Plutarco , l’ E di Delfi
Fa che sempre nel tuo mangiare servi tanta temperanza, che l’appetito e la fame non sieno del tutto spenti; e così nel bere, si che sempre ti rimanga alquanta sete. Non dormire mai tanto quanto l’occhio vuole; non ti posare mai tanto, che tu allievi in tutto la stanchezza, ma sempre tieni attediato il tuo corpo di fame, di sete, di sonno, e di tedj corporali; e sempre lo tieni occupato in quelle virtù, che più gli paiano malagevoli, e non ti lasciare mai adempiare neuna sua volontà, né cosa che troppo gli piaccia. Girolamo da Siena, 1130-1420, Adiutorio
Che farei come ieri come oggi Guardando dal mio oblò se non sono solo A errare e girare lontano da ogni vita In uno spazio burattino Senza voci tra le voci Rinchiuse con me.
161
Samuel Beckett, Poesie, trad. Wilcook, 1992
Se una voce dal gorgo tremendo Dolce e amica mi liberò E quanto restava di sensi puerili Con l’eco di giorni più lieti ingannò, io maledico quel che ora mi lega tra lusinghe e imbrogli l’anima e in questo antro di patimenti la sequestra fra incanti e fantasmi. Maledetto per primo l’alto sentire di sé Di che la mente se stessa imprigiona, maledetto il luccichio delle apparenze che i nostri sensi abbaglia! Goethe, Faust, verso 1582 ss.gg
Ma che! Bellezza di donna non significa Niente, è spesso una immagine astratta. Posso lodare solo la creatura Che felice di vivere sgorga alla gioia. Sta beata di sé bellezza. Ma la grazia fa irresistibile. Goethe, Faust, verso 7399 ss.gg
Negli anni ottanta di questo secolo il mondo fu colpito da una epidemia: una malattia chiamata AIDS, che si trasmetteva al contatto amoroso e, nei primi tempi, mieteva vittime soprattutto fra gli omosessuali. Per opporsi ai fanatici che vedevano nell’epidemia un giusto castigo divino ed evitavano i malati come fossero appestati, gli spiriti tolleranti manifestavano loro solidarietà e cercavano di dimostrare che frequentandoli non si correva alcun rischio.
162
Milan Kundera, La lentezza, Adelphi, 1999 (mia nota a margine: nel 1990 al mattino andavo sovente ad un vespasiano attiguo al parcheggio di Mondovì; un graffitaro aveva scritto: --l’ AIDS l’è ‘l diserbant di cupiu- mia nota in calce al libro: --che libro hai fatto Kundera!. D’altronde uno che scriva un libro all’anno è un droghiere della penna, non un poeta. Peccato. A meno che l’editore nostrano non sforni senza posa, tralasciando la qualità)
Non può bere né cogliere i penduli frutti L’infelice Tantalo, benché il desiderio lo prema. Questa è la sorte del ricco che tra le dovizie Di tutto teme e a bocca asciutta rimane Infatti mi accorsi che non bisogna credere molto ai propri progetti, perché la fortuna fa a modo suo. Petronio Arbitro, il Satiricon,XVI, trad. Piero Chiara
ON FRAPPE
Qui est là Personne C’est simplement mon coeur qui bat Qui bat très fort A cause de toi Mais au dehors La petite main de bronze sur la porte de bois Ne bouge pas Ne remue pas Ne remue pas seulement le petit bout du doigt.
BUSSANO Chi è / nessuno/ è solo il mio cuore che batte/ che batte forte forte/ per te/ ma fuori/ la manina di bronzo della porta in legno/non si muove/ non si agita/non muove nemmeno la punta del dito. Jacques Prévert
163
--pensava di venire e invece se ne andò— Lapide posta sulla tomba di un vecchietto morto facendo sesso. Radiorai2 02.12.05
--Italico nacque, morì francese-- (mal francese = sifilide) Beffarda lapide incisa dopo la morte di Papa Bonifacio VIII (1294-1303) subito rimossa. Della famiglia Castani fu eletto vivente ancora il Papa Celestino V (quello del gran rifiuto, ma nessuno dice che aveva in animo di indire l’anno sabbatico ed il relativo giubileo con la remissione di tutti i debiti e la devoluzione del patrimonio ecclesiastico ai poveri, da qui il gran rifiuto o, meglio, lo cacciarono) e smantellò tutto il suo operato. Nella biografia ufficiale dei Papi è detto: --Egli fu di eccezionale abilità ma con grande arroganza e durezza, una insaziabile avidità in favore della sua famiglia e un grande disprezzo verso gli uomini, temuto e odiato, non ebbe neppure un amico—Sta di certo che fu gran trombatore e morì di sifilide. Radiorai2 02.12.05
Il mondo, caro Giovinda, non è imperfetto o impegnato in una lunga via verso la perfezione; no, è perfetto in ogni istante, ogni peccato porta in sé già la grazia, tutti i bambini portano in sé già la vecchiezza, tutti i lattanti la morte, tutti i morenti la vita eterna. Hermann Hesse, Siddharta, Adelfi 1973
--Questa –disse giocherellando- è una pietra e forse, entro un determinato tempo sarà terra e da terra diventerà pianta, o bestia, o uomo. Bene: un tempo io avrei detto: “questa pietra è soltanto una pietra, non val niente, appartiene al mondo di Maya: ma poiché forse nel cerchio delle trasformazioni può anche diventare uomo o spirito, per questo io attribuisco a lei un pregio” Così avrei pensato un tempo. Ma invece oggi penso: questa pietra è pietra, ed è anche animale, è anche dio, è anche Buddha, io l’amo e l’onoro non perché un giorno o l’altro possa diventare questo o quello, ma perché essa è , ed è sempre stata, tutto— Hermann Hesse, Siddharta, Adelfi 1973
Queste sono cose, e le cose si possono amare. Ma le parole non le posso amare. Ecco perché le dottrine non contano nulla per me: non sono né dure né molli, non hanno colore, non hanno spigoli, non hanno odori, non hanno sapore, non hanno null’altro che parole. Forse è questo che impedisce di trovare la pace: le troppe parole. Poiché anche liberazione e virtù anche samara e nirvana sono mere parole, Govinda. Non c’è nessuna cosa che sia il nirvana, esiste solo la parola nirvana. Hermann Hesse, Siddharta, Adelfi 1973
Per tutti coloro che mirano ad emergere sugli altri esseri viventi, è conveniente applicarsi con il massimo impegno al fine di non trascorrere la vita senza lasciare memoria di sé, a guisa di bestie che la natura ha formato prone a terra e dedite unicamente alla preoccupazione del cibo…. La parte spirituale la condividiamo con la divinità, quella corporale con gli animali. E quindi mi pare più retto cercare la gloria più con l’intelligenza che con la forza. La vita è breve ma vien resa più lunga dal ricordo che di noi lasciamo. Sallustio, La congiura di Catilina, incipit
164
Il suo giovane corpo (di Lucio Catilina) resisteva alla fame, al freddo, alle notti in bianco più di quanto ognuno potrebbe credere. Temerario, strisciante (subdolus) , mutevole, era bugiardo, era dissimulatore, desiderava la roba altrui, sprecava le sue cose acceso da cupidigia. Era sufficientemente eloquente, ma privo di cultura. Il suo animo smodato smaniava sempre, insaziabile, di conquistare vette irraggiungibili, smodate, altissime…. Sallustio, La congiura di Catilina, V
Già da ragazzo, Catilina aveva commesso azioni vergognose. Aveva sedotto una nobile vergine, una vestale e si era reso responsabile di altri atti simili contrari al diritto ed alle consuetudini religiose; fu preso, poi, dalla passione per una certa Amelio Orestilla, della quale non c’era alcun uomo onesto che abbia trovato alcun pregio tranne la bellezza; ma questa donna era assai indecisa sulle nozze; infatti aveva timore del figlio di Catilina, ormai adulto. Allora –e sembra cosa certa- lo stesso Catilina rimosse queste difficoltà, per le sue sciagurate nozze, con l’uccisione del proprio figlio. Sallustio, La congiura di Catilina, XV
Difatti il suo animo sciagurato, inviso agli uomini, e agli dei, non poteva trovare pace né durante la veglia né durante il riposo, il rimorso sconvolgeva la sua mente squilibrata; il volto esangue, gli occhi torvi, il passo ora svelto, ora lento, aveva il volto e l’aspetto simile ad uno squilibrato. I giovani che aveva adescato, poi li istruiva su i molti modi di commettere turpi crimini; prestarsi come falsi testimoni, contraffare le firme, non tenere il alcun conto la fiducia, i risparmi, i rischi: dopo aver offuscato la loro onorabilità ed il loro pudore, li incaricava di delitti ancora peggiori. Sallustio, La congiura di Catilina, XVI
Ubi intendet ingenium, valet; si libido possidet, ea dominatur, animus nihil valet. Quando tu tendi l’ingegno come un arco, esso dispiega la sua forza; se la passione ti possiede, esso fa da padrone e l’anima si svigorisce. Sallustio, La congiura di Catilina, LI
Siano pur essi -se questa è la moda attuale-- prodighi del denaro degli alleati, siano pur clementi verso chi ruba il pubblico denaro, ma non sia consentito loro di dissanguarci fino in fondo; ma non sia consentito loro, mentre usano clemenza per pochi sciagurati, di mandare in galera tutti gli onesti cittadini. Sallustio, La congiura di Catilina, LII
165
Al contrario fra noi vige il lusso e l’avarizia; il debito pubblico e l’opulenza privata. Teniamo in gran conto la ricchezza e pratichiamo l’ozio. Tra il giusto e l’empio non c’è differenza (inter bonos et malos discrimen nullum) ; la bramosia di consenso e prestigio domina ogni istituto dello Stato. E questo non fa meraviglia; infatti voi stessi prendete decisioni separatamente, e ciascuno per proprio tornaconto. Sallustio, La congiura di Catilina, LII
Nutrice: Finalmente addio. Ma messere, che razza di impertinente è quello? Romeo : E’ un gentiluomo, balia, cui piace ascoltarsi e che dice più parole in un minuto di quante ne starebbe a sentire in un mese. Shakespeare, Romeo e Giulietta, atto II
Giulietta: la fantasia, quanto più è ricca di fatti e non di parole, può vantarsi della sua sostanza. Più che del suo ornamento. Shakespeare, Romeo e Giulietta, atto II
Capuleto: E’ tanto, tanto tardi che fra poco si potrà dire che è presto. Shakespeare, Romeo e Giulietta, atto IV
Insomma efficacissime armi di difesa contro la vecchiaia sono, cari Scipione e Lelio le arti e l’esercizio delle virtù che coltivate in ogni età, quando si è vissuto a lungo e intensamente danno frutti meravigliosi. \ \ Cicero, De Senectute, III, 9
--Per opera mia, Quinto Fabio, hai riconquistato Taranto!— Lui replicò dicendo: --Certo, se tu non l’avessi persa, io non l’avrei riconquistata— Cicero, De Senectute, IV, 11
E quindi quando rifletto su di me, trovo quattro cause per cui la vecchiaia appare infelice: la prima è che distoglie dalla vita attiva, la seconda è che rende il corpo sempre più debole, la terza è che priva il vecchio di quasi tutti i piaceri, la quarta è che non è molto lontana dalla morte. Di tutte queste cause, se volete, vediamo quanto ciascuna sia importante e quanto sia giusta…. Cicero, De Senectute, V, 15
Il corso della vita è immutabile e la strada della natura è una sola, e semplice, a ciascuna fase della vita è stata data la sua opportunità in modo che la debolezza dei bambini, l’irruenza dei giovani, la serietà dell’età di mezzo e la maturità della vecchiaia abbiano ciascuna le sua caratteristica naturale, che deve essere apprezzata a suo tempo.
166
Cicero, De Senectute , X, 33
--Non ci sono più forze nella vecchiaia!-- Ma neppure sono richieste forze nella vecchiaia. E infatti la nostra età è scevra per via delle leggi e delle consuetudini, da quegli obblighi, che non si possono ottemperare senza la forza fisica. Cosicché non siamo più costretti non solo a fare ciò che possiamo, ma neppure quello che potremmo fare. Cicero, De Senectute , XI, 33
E non bisogna solo sovvenire al corpo, e molto ancor più alla mente ed allo spirito. Perché anche questi, se non ci metti l’olio come al lume, si vanno spegnendo con la vecchiaia, Il corpo, con gli sforzi fisici, si infiacchisce, mentre lo spirito, tenendolo in esercizio, si alleggerisce. Cicero, De Senectute , XI, 36 Bene rispose Sofocle, avendogli chiesto un tale, quando ormai era aggravato dall’età, se ancora facesse uso dei piaceri di Venere: --Gli dei mi proteggano, disse, davvero volentieri sono scappato da questi come da un padrone rustico e furioso!— Cicero, De Senectute ,XIV, 47
Non sono i capelli bianchi, non sono le rughe, che possono conferire su due piedi l’autorevolezza, ma è l’età antecedente, vissuta onorevolmente, che coglie i frutti finali dell’ascendente sugli altri….. Ma il giovane può sperare di vivere a lungo, cosa che non può sperare il vecchio. Lo spera scioccamente: che c’è infatti di più stolto che prendere il certo per l’incerto, il falso per il vero? Cicero, De Senectute ,XIX, 68
Pitagora dice che è vietato senza l’ordine del comandante supremo, cioè Dio, disertare il proprio presidio, il posto di guardia della vita. Cicero, De Senectute ,XX, 73
--Ah disgraziato!—proruppe Socrate – Che cosa credi ottenere baciando una bella persona? Non capisci che da uomo libero che sei ti ridurresti a servo? Ti conviene forse spendere per soddisfare piaceri dannosi? E non finirai per essere troppo occupato per dedicarti a qualche affare buono e onesto? Non sarai costretto a dedicarti a faccende di cui nemmeno un pazzo si occuperebbe?— Gli rispose Senofonte: --Oh Socrate che forza immensa attribuisci ad un bacio!— --E te ne meravigli –rispose Socrate—Non sai che le labbra più piccole di un obolo straziano gli uomini con dolori smisurati e li fanno uscire di senno, non appena si avvicinano ad una bocca?— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro I, III
Considerando che la temperanza è senza dubbio una virtù molto importante nell’uomo, cerchiamo di verificare se Socrate, parlandone, sapeva trarre qualche profitto morale per i suoi ascoltatori. Se noi dovessimo entrare in guerra , e perciò eleggere un condottiero, grazie alla cui opera trarci in salvo e ridurre in prigionia il nemico, sceglieremmo forse
167
un uomo incapace a resistere alle tentazioni della gola, del vino, del piacere della carne, del sonno e della fatica? Come potremmo pensare che un uomo siffatto possa proteggere noi e la nostra vita? Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro I, V
Credo che sia degno di Socrate che io ricordi la sua disputa con il sofista Antifonte. Costui infatti, con l’intenzione di allontanare da lui le persone che seguivano i suoi insegnamenti, avvicinatosi a lui, così gli si rivolse: --Io pensavo, o Socrate, che i filosofi dovessero essere i più felici di tutti gli uomini, ma, osservandoti, mi sembra che la tua sapienza non sia per te cagione della felicità, perché conduci un’esistenza che nessun schiavo accetterebbe gli fosse imposta dal suo padrone. Mangi cibo e bevi sostanze modestissime, indossi sempre lo stesso umilissimo vestito, sia d’estate che d’inverno, e te ne vai in giro scalzo e senza tunica. Non accetti mai denaro, bene che rende felice chi lo riceve, e fa sì che ne sia giovato il passato viva sereno e spensierato. Siccome i maestri delle arti, farai di coloro che ti imitano i tuoi discepoli, non farai altro che ammaestrare alla miseria.— Gli rispose Socrate: -- Forse tu pensi che io viva come un disgraziato, tanto che, piuttosto di fare la mia stessa vita, preferiresti morire. Cerchiamo dunque di capire cosa non funzionerebbe nella mia esistenza: infatti, mentre chi riceve denaro per l’opera che presta deve per questo fine portarla a termine, io, che non accetto compenso alcuno per ciò che faccio, sono del tutto libero di decidere di non conversare con chi non mi va. E forse perché ne valuti la genuinità e il valore energetico del cibo di cui mi nutro ti sembra troppo modesto? ….. Non sai che chi mangia con il massimo piacere ha meno bisogno della pietanza? …… Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro I, VI
….tanto che Esiodo scrive nella sua opera: --Facile è scegliere l’ignavia, perché piana è la strada che ad essa conduce e vicina la sua dimora. Ma di fronte alla virtù gli dei immortali hanno posto il sudore, e la via da percorrere per raggiungerla è lunga ed irta, e all’inizio è davvero aspro il cammino: chi però giunge alla meta trova semplice la virtù, per quanto difficile essa sia— Della stessa verità da testimonianza Epicarpo dicendo: --Gli dei ci vendono i beni a prezzo di grandi fatiche—e anche – O tu infingardo, non cercare le morbidezze, affinché tu non abbia a sperimentarne le durezze— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro II, I
Gli rispose Socrate: ---Io penso che sia degno di esserti amico un uomo che sappia essere temperante nel riguardo dei piaceri che si percepiscono attraverso il corpo, che rispetti i giuramenti, che sia sereno nella contrattazione, attento a non essere di meno ad alcuno, pronto a ricambiare il bene ricevuto e a essere utile a chi abbia bisogno di lui.-Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libroII, VI
Gli rispose Socrate: -- Conosci l’incanto con cui le sirene ammaliarono Odisseo, secondo il racconto di Omero? Prende le mosse così: “Vieni da noi o famosissimo Odisseo, tu che sei la gloria eccelsa del popolo Acheo”— --Servendosi di questo incanto –commentò Critobulo—le sirene pensavano forse che le loro vittime non si sarebbero mai più allontanati da loro?— --Non si tratta di questo –spiegò Socrate – Il fatto è che le sirene si servivano dell’incantesimo con quegli uomini che, essendo molto virtuosi, bramavano alla gloria— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro II, VI
168
--Occorre fare delle distinzioni –rispose Socrate- Gli uomini portano dentro di sé sia la bontà che la cattiveria. La prima perché l’uno ha bisogno dell’altro e allora l’uno prova comprensione per l’altro ed allora mettono insieme le fatiche, facendo sì che entrambi ne traggano vantaggio e, rendendosi conto di questo, provino gratitudine l’uno per l’altro; la seconda perché giudicano buone e piacevoli le stesse cose e per queste combattono e, trovandosi poi in disaccordo, si scontrano.— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro II, VI
Infatti nei giochi ginnici, se i ginnasti più bravi unissero le loro forze contro i meno capaci, uscirebbero sempre vittoriosi dagli scontri e si acchiapperebbero tutti i premi di volta in volta messi in palio. Si da il caso però che ciò non sia lecito nei giochi ginnici, ma, al contrario, lo sia nella politica: in questo ambito gli uomini migliori detengono i primi posti, nessuno ostacola l’altro in ciò che tende al bene della città, e ciascuno si allea con chi crede possa essergli utile per giovare alla cittadinanza , perché è cosa buona che nelle faccende pubbliche ciascuno cooperi con i colleghi, considerandoli compagni e collaboratori, anziché avversari …….. Ti raccomando, Critobulo, di stare tranquillo e di sforzarti di essere sempre un uomo valoroso. Una volta diventatolo, cerca sempre di stringere amicizia con gli altri uomini onesti, certo che io, dal momento che nutro un sincero affetto per te, non mancherò di aiutarti nella ricerca di uomini degni della tua amicizia. Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro II, VI
Socrate disse (ad Aristarco che era andato a chiedere un prestito): --Perché non racconti loro la favola del cane ? Si narra infatti che quando, nei tempi lontani le bestie sapevano parlare, la pecora disse al pastore : --Tu ti comporti in maniera strana, perché a noi, che ti forniamo lana, agnelli e formaggio dai solo quello che noi per nostro conto prendiamo dalla terra, mentre al cane, che non ti da nulla di tutto ciò, concedi parte del cibo di cui tu stesso ti nutri— Udendo la pecora parlare in tale modo il cane disse: --Così è perché sono io a proteggervi, affinché gli uomini non vi rubino e i lupi non vi sbranino. Se io non mi prendessi cura di voi, state pur certe che non pascolereste nemmeno per la paura di morire—Così si narra che le pecore finirono con il trovarsi d’accordo sulla assegnazione del posto di onore al cane. A chi ti critica dirai che, alla stessa stregua del cane, tu fai la guardia alle donne della sua casa e ti prendi cura di loro e grazie a te esse non soffrono offese da alcuno, e lavorano alacremente senza correre nessun pericolo--. Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro II, VII
A Eutero che era costretto a prostituirsi per procurarsi di che vivere, Socrate suggerì : --Rifletti allora perché, quando sarai vecchio, e avrai bisogno di denaro, nessuno vorrà dartene in cambio delle fatiche del tuo corpo— --Tu dici la verità—ammise Eutero --Ti suggerisco di intraprendere – rispose Socrate –di intraprendere un’attività che tu possa condurre anche da vecchio. Potresti, ad esempio, lavorare per un uomo molto ricco, che abbia bisogno di qualcuno che si prenda cura dei suoi affari, che presieda ai lavori e che ne raccolga i frutti, ….— -- Oh! Socrate, il fatto è che io mal sopporto la schiavitù— --Ma che dici –esclamò Socrate – guarda coloro che presiedono alle città e si occupano degli affari pubblici. Costoro non si considerano affatto schiavi, dal momento che, anzi, sono guardati da tutti come persone libere— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libroII, VIII
169
Infine è certamente bene che egli sappia mettere in ordine il suo esercito, perché una grande differenza passa fra un esercito ordinato ed uno disordinato: le pietre, i mattoni, le tegole, i legni buttati in terra in modo disordinato non servono a niente; al contrario quando i materiali che non marciscono, come ad esempio pietre e tegole, vengono collocati in ordine nelle parti alte e basse della casa in costruzione, quando al centro vengono utilizzati mattoni e legni, si ottiene una costruzione di valore, una vera e propria casa. Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro III, I
E Socrate: --Dimmi, Eutidemo, non sei mai stato a Delfi?— Gli rispose: --Due volte— --Hai notato che da qualche parte del tempio sta scritto “Conosci te stesso”?—domandò Socrate , al che Eutidemo che certo aveva notato quella sentenza. Continuò Socrate : --E dunque, ti sei dimenticato di quel monito o, al contrario, ci hai riflettuto e ci hai pensato e ti sei sforzato di conoscere te stesso, chi tu sei veramente?— --Non mi ci sono applicato affatto –ammise Eutidemo- perché ritenevo di conoscermi molto bene, non potendo conoscere tutto il resto se non conoscessi innanzitutto me stesso— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro IV, II
--Allora –prese a spiegare Eutidemo- povero è colui che non ha denaro sufficiente per acquistare i beni necessari, mentre ricco è chi possiede più soldi del necessario— Disse Socrate: --Non hai mai pensato che ad alcuni che possiedono poco questo poco basta, e per di più, al momento che lo spendono bene, riescono a comprarsi qualcosa in più dello stretto necessario, mentre capita sovente che chi ha molto non sia soddisfatto di ciò che possiede?— Commentò Eutidemo: --Mi sembra di capire che, secondo il tuo pensiero, l’uomo schiavo dei piaceri sensuali non possiede alcuna virtù— Eslamò Socrate: --Che differenza mai ci potrà essere fra un uomo intemperante ed una bestia priva di intelletto? In che cosa si distingue dalla bestia uno che non si preoccupa di raggiungere la virtù, affaccendato alla ricerca dei piaceri immediati? Solamente gli uomini temperanti sono in grado di riflettere sulle cose più alte e di distinguerle, con i ragionamenti e con i fatti, secondo i propri generi, scegliendo le buone ed astenendosi dalle malvagie— Senofonte, Detti memorabili di Socrate, libro IV, V
Credeva ai suoi figli, sulla parola, che l’America era il paese di Dio, New York la città dei miracoli e l’inglese la lingua più bella. Gli americani erano sani, le americane erano belle, lo sport importante, il tempo prezioso, la povertà un vizio, la ricchezza era un merito, la virtù un successo a metà, la fiducia in se stessi un successo completo, il ballo igienico, lo schettinare un dovere, la beneficenza un investimento di capitali, l’anarchismo un delitto, gli scioperanti i nemici dell’umanità, i sovversivi gli alleati del diavolo, le macchine moderne una benedizione del cielo, Edison il più grande genio. Joseph Roth, Giobbe, Adelfi, 1977
170
Il pensiero balenava furtivo nella testa di Mendel. Deborah dormiva tranquilla, mezzo scoperta, un largo sorriso sulla larga faccia,. Che m’importa di lei? Pensava Mendel. Perché viviamo ancora insieme? Il nostro piacere è finito, i nostri figli sono grandi e sistemati, che ci faccio io con lei? Mangio quello che ha cucinato! Sta scritto che non è bene che l’uomo sia solo, e perciò viviamo insieme. Da tempo ormai vivevano insieme, ora si trattava di vedere chi sarebbe morto primo. Probabilmente io, pensò Mendel. Lei è sana ed ha pochi pensieri. Continua sempre a nascondere i denari sotto una qualche asse del pavimento. Non sa che è peccato, che lo nasconda pure. Joseph Roth, Giobbe, Adelfi, 1977
PROVERBI ARABI
*Fai del bene e gettalo nel mare. *Verrà il giorno in cui i furbi saranno schiacciati come l’aglio. *Una sola mano non può applaudire. *L’ignorante è nemico di se stesso. *Non si può cavar farina da un sacco di carbone. *L’occhio vede, ma la mano non può raggiungerlo. *La ferita inferta da un fratello fa più male di quella del nemico. *Dietro un uomo “grande” c’è sempre una donna. *Il miglior discorso è quello che, con poche parole, riesce ad essere ad essere significativo. *Imparare un mestiere, se non ti arricchisce, ti fa vivere più a lungo. *Il catrame del mio paese è meglio del miele del paese degli altri. *Chi vuole il miele deve sopportare le punture delle api.
Marco Tullio Cicerone, Laelius de Amicizia Da parte mia posso soltanto esortarvi ad anteporre l’amicizia a tutte le cose umane: nulla è tanto adatto alla natura umana e tanto conforme sia alla cattiva che alla buona sorte…. Prima di tutto penso che non possa esistere amicizia se non fra i buoni. V,17 Per questo i concittadini sono preferiti agli stranieri, i parenti agli estranei. Con questi la natura stessa ha generato l’amicizia, ma non è molto salda. L’amicizia supera in questo caso la parentela: nella parentela l’affetto si può eliminare; infatti, tolto l’affetto, viene meno l’amicizia stessa, la parentela rimane. VI, 21
171
L’amicizia non è niente altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza e l’affetto; davvero non so se, eccettuata la sapienza, sia mai stato dato all’uomo dagli déi immortali niente di meglio di essa. Alcuni le preferiscono la ricchezza, altri la buona salute, altri la potenza, altri gli onori e molti anche i piaceri. Quest’ultima si addice alle bestie mentre quelle altre sono vane ed incerte. VI, 21 L’amicizia fra simili uomini offre tanti vantaggi, quanti a stento posso dire. Prima di tutto come può esserci “vita vitale” come dice Ennio, quella che non trova rifugio nel reciproco affetto di un amico? Cosa c’è di più dolce che avere qualcuno con cui si osi parlare di tutto come con se stessi?..L’amicizia invece, racchiude in sé moltissime cose. Dovunque ti rivolga è pronta; non è esclusa da nessun luogo; non è mai inopportuna, non è mai noiosa. VI, 22 Certo, spesso si ricevono vantaggi anche da quelli che si coltivano e si onorano, per l’urgenza del momento simulando l’amicizia. Ma nell’amicizia non c’è niente di falso, niente di simulato e, tutto ciò che vi è , è vero e spontaneo. VIII, 26 Comunque sia, l’amore si rafforza sia per il beneficio ricevuto, sia per l’attaccamento provato, sia per la sopraggiunta intimità; quando queste cose si aggiungono al primo impulso dell’animo e dell’amore, arde uno straordinario grande affetto. Se alcuni pensano che esso nasca dalla debolezza perché ci sia qualcuno attraverso cui ottenere ciò che si desidera, questi concedono all’amicizia un’origine molto umile e , per così dire, per niente nobile. IX, 29 Se l’interesse, infatti, cementasse le amicizie, questo, cambiando, le distruggerebbe. Ma poiché la natura non si può cambiare, per questo le vere amicizie sono eterne. IX, 31 Ascoltate , ottimi uomini, le cose che molto spesso si discutevano fra me e Scipione sull’amicizia. Lui affermava che, in realtà, niente è più difficile di un’amicizia che duri sino all’ultimo giorno di vita. Spesso accade infatti che la stessa cosa non convenga ad entrambi gli amici, oppure che non si abbiano le stesse opinioni in politica; spesso, diceva, cambiano anche i costumi degli uomini, ora per le avversità, ora per l’avanzare dell’età. E, a sostegno di ciò, prendeva esempi dalla fanciullezza, perché spesso i più grandi amori dei fanciulli vengono deposti insieme alla toga pretesta (praetexta) X, 33 Sia stabilita questa legge nell’amicizia. Non chiediamo cose disonorevoli e non facciamole, se richiesti. E’ una vergognosa scusa, infatti, per niente accettabile, come per tutte le altre mancanze, se qualcuno confessi di aver agito contro lo Stato a causa di un amico. XII, 40 Si sancisca, dunque, come prima legge dell’amicizia, questa: chiediamo agli amici cose oneste, facciamo cose oneste a causa degli amici, non aspettiamo neppure di essere pregati: ci sia sempre prontezza e non ci sia, invece, esitazione; ma abbiamo il coraggio di dire liberamente il nostro consiglio. Abbia moltissimo peso, nell’amicizia, l’autorità degli amici che ci spingono al bene e questa venga usata per ammonire non solo apertamente, ma anche aspramente se sarà il caso, e si obbedisca ad essa. XIII, 44 L’amicizia, dunque, non è stata una conseguenza dell’interesse, ma l’interesse dell’amicizia….Infatti non solo la Fortuna è cieca, ma spesso rende ciechi anche quelli che ha abbracciato; così si lasciano trasportare dal disprezzo e dalla superbia e niente può diventare più insopportabile di un uomo sciocco, ma fortunato. Si può vedere anche questo: quelli che prima erano di carattere accomodante , cambiano per il potere, per l’autorità, per la fortuna; disprezzano le antiche amicizie e si abbandonano alle nuove. XVI, 54 Ma lui –spesso ritorno a Scipione perché ogni suo discorso riguardava l’amicizia- si lamentava che di ogni cosa gli uomini fossero più attenti. Diceva che ognuno è in grado di dire quante capre e pecore abbia; inoltre, nel procurarsi quelle, gli uomini pongono ogni attenzione, ma sono poco attenti nello scegliere gli amici e non hanno qualche indizio o segno da cui possano giudicare quelli che sono adatti alle amicizia.Si devono scegliere, dunque, uomini saldi, costanti e stabili; ma di questo genere di individui vi è grande penuria. XVII, 62 Si vede spesso quanto alcuni siano volubili anche di fronte a poco denaro; altri, invece, che una piccola somma non ha fatto vacillare, si rivelano di fronte ad una grande. XVII, 64 Nasce a questo punto una questione alquante difficile: se talora amici nuovi, degni di amicizia, siano da anteporre ai vecchi, come di solito ai cavalli un po vecchi preferiamo i nuovi. Dubbio indegno di un uomo! Non si deve provare sazietà delle amicizie come come delle altre cose….Ma è importantissimo nell’amicizia ritenersi pari a chi è inferiore. XVII, 69
172
L’adulazione genera amici, la verità odio. XXIIII, 89 E’ ben detto da Catone, come molte altre volte : “Verso alcuni si rendono più benemeriti gli aspri nemici che quegli amici che sembrano dolci: quelli dicono spesso la verità, questi mai” XXV, 90
E che dire del nostro desiderio di conoscere ed imparare sempre qualcosa, negli studi in cui, lontani dagli occhi della gente, abbiamo consumato tutto il nostro tempo libero. XXVII, 104 ------------------------------------------------------------------------------- Marco Tullio Cicerone, Laelius de Amicizia
Ma finalmente venne pure quel giorno benedetto della grande nuova, che Napoleone non era più nostro padrone e che eravamo o stavamo per tornar liberi ed indipendenti! Chi non ha veduto Torino quel giorno non sa che cosa sia l’allegrezza di un popolo portata al delirio. Non lo dico senza rammarico, perché nessuno sente più di me la gratitudine che dobbiamo alla casa di Napoleone! Nessuno più di me conosce il valore di ogni stilla di quel generoso sangue francese che venne bevuto dalla terra italiana e ne operò la redenzione Massimo d’Azeglio, I miei ricordi, cap. IX, Rizzoli 1956
Ai giudici che, in Milano, nel 1630 condannarono a supplizi atrocissimi alcuni accusati d’aver propagata la peste con certi ritrovati sciocchi non men che orribili, parve di aver fatto una cosa talmente degna di memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta ai supplizi, la demolizione della casa d’uno di quegli sventurati, decretarono in più, che in quello spazio s’innalzasse una colonna, la quale dovesse chiamarsi infame, con un’iscrizione che dovesse tramandarsi ai posteri la notizia dell’attentato e della pena. In ciò non s’ingannarono: quel giudizio fu veramente memorabile.
1. Manzoni, Storia della colonna infame, incipit
Sappia vostra grazia, signor mio, che in nome di Dio e sulla mia coscienza, tutte quelle che abitiamo in questa casa siamo vergini, eccettuata la mia signora; e che io, sebbene dimostri cinquantanni ne ho giusti trenta; solo che le fatiche fanno sembrare gli anni più di quel che sono, ma ciò nonostante, sono intatta come il giorno in cui son nata….. stando dunque così le cose, non sarebbe giusto che, per ascoltare tre o quattro canzoni, si corresse il rischio di perder tanta verginità… E se vostra grazia viene con delle sane intenzioni, le deve costar poco il giurare, perchè il buon pagatore non lesina le garanzie. Cervantes, Il geloso d’Estremadura, Mursia, 1971
I ladri di privato ladrocinio passano la vita in ceppi ed in catene; i ladri del pubblico denaro nella porpora e nell’oro. Catone, frammento di orazione, 60
Io non posseggo grandi fabbricati, non ho vasi preziosi, non ho tessuti preziosi né schiavi o schiave di gran costo; se ho qualcosa da poter usare ne uso; se non l’ho ne faccio senza Per quel che sta in me, ciascuno può usare e godere il suo. Catone, frammento 174
173
Sii buon soldato, buon tutore, sii parimenti giudice incorruttibile. E se mai sarai citato come testimonio in una causa incerta o dubbia, anche se Falaride ti comandasse di mentire e spaventandoti con il suo toro, t’imponesse di spergiurare, ritieni somma vergogna anteporre la vita all’onore, e per salvare la vita perdere la ragione stessa del vivere. Chi è degno di morire è già morto, anche se a pranzo mangia cento ostriche di Gauro e Cosmo lo immerge in tutti i suoi profumi. Giovenale, Satire, VIII, 79-86
Si sol silet sileo Qui potest capire capiat. Se tace il sole sto quieto (nascosto) Capisca chi può capire. meridiana a Place St. Michel a Sospelle
Tu mi chiedi da dove provengano simili mostruosità e da che fonte derivino? La povertà e la semplicità della vita facevano una volta caste le donne latine; la casa modesta le teneva lontane dai vizi, e , la fatica, i sonni brevi, le mani rovinate ed indurite dalla lana etrusca; e infine il fatto che Annibale fosse vicino alle porte e il marito di guardia sulla torre Collina. Ora noi sopportiamo i mali di una lunga pace; più feroce della guerra, il lusso è piombato su noi a vendicare il mondo conquistato. Nessun crimine manca, nessuna libidine, da quando la povertà romana è scomparsa. Sui nostri colli sono venute a confluire Sibari, Rodi e Mileto, e , sfacciata ed incoronata Taranto, madida dei suoi vini. Il denaro ha introdotto da noi i primi vizi osceni, i costumi stranieri: le molli ricchezze hanno corrotto il nostro tempo con il vergognoso lusso. Giovenale, Satire, VI, 284-298
La vera questione da porsi (a proposito della costruzione della Cattedrale di Chartres) è la provenienza di questo improvviso entusiasmo che ha coinvolto in pochissimo tempo tutta una nazione ed i paesi vicini. Bisogna innanzitutto prendere atto che l’irruzione di questo nuovo stile costituisce una delle manifestazioni visibili in un ambito ancora più vasto. L’epoca in effetti è stata segnata per uno dei fenomeni della società di cui la Storia è solo eccezionalmente coinvolta. Ne consegue che la risposta alla precedente domanda include di primo acchito, come è stato illustrato all’inizio di questa opera, di cercare di immergersi nell’epoca. In un modo più approfondito che farebbe un semplice storico o anche un erudito. Perché una cosa è relazionare fedelmente gli avvenimenti, i modi di vivere, i costumi e descriverne le abitudini. Un altro modo totalmente differente, che include la precedente ma che si rivela più fruttuosa per la comprensione, è d’impregnarsi della cultura, delle credenze e dei modi di pensare. E’ per questa strada, rapidamente qui percorsa, che è opportuno collocare le prime cattedrali gotiche in un contesto spirituale, umano, culturale, sociale, economico e tecnico. ……… Jean Francois Bougard, La cattedrale dei numeri, ed. Mosaique, 2002
Per lo studio della cattedrale di Amiens, dedicata a Notre Dame, ci siamo serviti del pendolo e dell’antenna, materiale poco scientifico di certo, ma molto rivelatore. In effetti, riteniamo improbabile che tutto l’armamentario elettronico perfezionato possa vibrare con il divino…. (alla faccia: con quei due strumenti ha scritto un volume zeppo di formule e rapporti geometrici) Patrick Darcheville, Dalla pietra alle stelle. Ed. Guy, 1992
A Chartres, al fianco meridionale del campanile vecchio, una scultura intriga il visitatore moderno. Rappresenta un asino –l’asino che veglia- che tiene fra i suoi grossi zoccoli uno strumento musicale, di cui è evidente che lui non saprà far uscire nota alcuna. Sarà una fantasia burlesca, concessione fatta dal clero medievale al gusto popolare? Non
174
sbagliatevi. Se la povera bestia potesse parlare, parlerebbe in greco: -Sei tu onos lyras?- direbbe al turista esterrefatto. Siccome il visitatore moderno non capisce questo linguaggio, il pellegrino colto del dodicesimo secolo lo comprendeva facilmente ( Roman de Thèbes et de Troie) Egli aveva letto queste parole in Boezio ed in Marziano Capella. Sapeva di una fiaba di Fedro con il titolo –L’asino con la lira- … Siamo pronti a ricevere il messaggio di Chartres? Incessabilmente, dopo secoli, non cessa di porre ai pellegrini ed ai visitatori la stessa questione: -Sei tu l’asino con la lira?- , altrimenti detto: il monumento che tu vedi è come una lira, pronta a vibrare sotto le tue dita. Saprai tu estrarre la segreta armonia? Ovvero sarai tu, come me, che, avendo trovato una lira, sarai incapace di gioirne? L’età dell’oro delle scuole di Chartres, Edouard Jeauneau, ed, Houvet, 2000
Fra gli insegnamenti antichi più apprezzati a Chartres figuravano le sette arti liberali. Nell’antico Egitto ed all’inizio della storia della Grecia, le arti erano state coltivate in quanto tappe preliminari ad un grado superiore di apprendimento e di iniziazione, ma il loro studio approfondito risultò nascosto e protetto fino all’inizio del IV secolo. E’ in quest’epoca che Martianus Capella, nato nei pressi di Cartagine, nell’Africa del nord, compose su questo soggetto i primi scritti, che sono anche i più completi. Raccontando sotto forma immaginativa lo sposalizio di Mercurio con la Filologia, l’opera del Capella ci presenta le Arti come degli esseri spirituali femminei, rivestiti di panni fluidi, portanti i loro attributi ed esprimenti in termini poetici e precisi la natura delle loro attribuzioni. …. L’ esposizione allegorica di Martianus Capella sul “trivium” grammatica, retorica, dialettica e sul “quadrivium” aritmetica, geometria, musica e astronomia, è pressocchè sconosciuta ai nostri giorni. Ma nel Medio Evo, era generalmente ben conosciuto dagli eruditi e dagli studenti ed aveva un preciso posto nelle biblioteche dei monasteri e delle cattedrali. Alla Scuola di Chartres, divenne la base del programma, dopo aver conosciuto un’espansione ed una evoluzione sensibile….. Al di sopra del portale destro del Portail Royal della cattedrale, che fu compiuto nel 1145, si trovano le prime rappresentazioni scultoree delle sette arti liberali. Al centro, figura una replica in pietra della Vergine Nera assisa in trono che tiene un Infante sulle ginocchia (questa vergine che era nella cripta, è quella con gli occhi chiusi, che aspetta di aprirli…) Al di sopra si trova la rappresentazione della nascita del Bambin Gesù e l’adorazione dei pastori. Attorno a questi personaggi centrali appaiono le sette figure femminee delle sette arti liberali e, al di sopra di ciascuna una personalità storica che avrebbe fondato l’arte in questione: Donato sopra la Grammatica, Aristotele sopra la Dialettica, Cicerone sopra la Retorica, Pitagora sopra la Musica e l’Aritmetica, Euclide sopra la Geometria e Tolomeo sopra l’ Astronomia. René Querido, L’ età d’oro di Chartres, ed de Montagne, Quèbec
Se si tenta di leggere letteralmente la storia su questo portale di destra rispetto al Royal, ci si trova immediatamente di fronte ad un problema, perché le sette arti liberali non sono associate generalmente alle immagini del Vangelo. Si trova una spiegazione in quanto l’iconografia di Chartres veicola talvolta un messaggio più profondo, più esoterico. Lo si può leggere come un insieme di indicazioni relative le tappe da seguire su un cammino di evoluzione spirituale. Per i Maestri di Chartres , le sette arti liberali sono essenziali. Studiarle costituisce un cammino verso la disciplina interiore e la formazione di facoltà spirituali. Per i Maestri di Chartres, l’ uomo è un essere complesso. Agli occhi di Jean Scot Erugine, può essere considerato un essere triplice. Può essere considerato una individualità, un essere duplice, quadruplo, settuplo, ovvero costituito da 12 parti. Per quanto la triplicità, egli è un corpo, un’anima, uno spirito. In quanto un essere composto da 12 parti, egli è, al suo interno, l’espressione dello zodiaco intero. I Maestri di Chartres mettono l’accento sulla settuplicità dell’uomo, perché questo concerne la sua anima. Insegnano che l’anima dell’uomo è influenzata dall’attività dei sette pianeti. ……. René Querido, L’ età d’oro di Chartres, ed de Montagne, Quèbec
Jean de Salisbury attribuisce a Bernardo: -Un pensiero umile, l’amore allo studio, una vita tranquilla, la ricerca silenziosa, la povertà, una terra straniera, queste sono, quando si studia, le chiavi che aprono le porte onde rischiarare la notte dell’ignoranza— \ \ \ \René Querido, L’ età d’oro di Chartres, ed de Montagne, Quèbec
175
Tradizionalmente la prima manifestazione della costruzione di un tempio è l’erezione della “colonna” nel centro sacro. Questa colonna che in seguito scompare, è in senso figurato la relazione che intercorre fra terra e cielo, mentre in realtà, è simbolo dell’interdipendenza fra stelle e sole. Non bisogna confondere la “colonna del Tempio” con le colonne di cui si tratta nella costruzione del tempio di Salomone. La colonna è la prima manifestazione del tempio, nato dalla terra; il primo rapporto fra il luogo ed il cielo che gira intorno a questo luogo. L’erezione di un tempio, cristiano o no, rimane sotto molti aspetti misteriosa. L’altezza della colonna di “base” aveva una importanza capitale nel senso che, con il gioco delle ombre solari, indicava delle dimensioni i cui rapporti erano la proiezione di quelli esistenti fra i corpi celesti; che è la legge stessa dei ritmi che regolano la vita. Le quattro stagioni giocavano un ruolo preponderante in quanto segnavano tre limiti, con la proiezione dell’ombra, nel tempo dei sue solstizi e dei due equinozi. Triplice cinta nella quale si svolge, in quel luogo la vita della terra. ….. Louis Charpentier, I misteri della cattedrale di Chartres, ed. Arcana
…..Dunque; indegnità disprezzo per i cittadini, manipolazione di denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione con la Cia, uso illecito di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia, Bologna (in quanto colpevole incapacità di punirne gli esecutori) ; distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità nella degradazione antropologica degli italiani (responsabilità questa, aggravata dalla sua totale inconsapevolezza), responsabilità della condizione, come si usa dire, paurosa, delle scuole, degli ospedali e di ogni opera pubblica primaria, responsabilità dell’abbandono “selvaggio” delle campagne, responsabilità dell’esplosione “selvaggia” della cultura di massa e dei mass-media, responsabilità della stupidità delittuosa della televisione, responsabilità del decadimento della Chiesa, e infine, oltre a tutto il resto, magari anche la distribuzione borbonica di cariche pubbliche ad adulatori. Ecco l’elenco….. l’elenco “morale”, dei reati commessi da coloro che hanno governato l’ Italia negli ultimi trent’anni, e specie negli ultimi dieci (anni): reati che dovrebbero trascinare almeno una dozzina di potenti democristiani sul banco degli imputati, in un regolare processo penale, simile, per la precisione, a quello celebrato contro Papadopulos e gli altri Colonnelli. Perché insisto a ripetere “specie negli ultimi dieci anni”? Perché è appunto negli ultimi dieci anni che un modo di governare non solo tipico, ma direi, naturale, di tutta la storia italiana dall’unità in poi, si è configurato come un reato o come una serie di reati, ………. Pier Paolo Pasolini, Il Corriere della Sera, 24 agosto 1975
Scire, Potere, Audere, Tacere (Sapere, Potere, Osare, Tacere) La Natura non apre a tutti indistintamente, la porta del santuario. In queste pagine il profano scoprirà forse, le prove di una scienza vera e positiva. Noi potremmo lusingarci peraltro nel convertirla, perché noi non ignoriamo quanto i pregiudizi sono tenaci, quanto è grande la forza della prevenzione. Il discepolo ne avrà più profitto a condizione, tuttavia, se non dimentica affatto le opere dei vecchi Filosofi, che egli studia con cura e a fondo i testi classici finchè non abbia acquisito abbastanza chiaroveggenza per discernere i punti oscuri del manuale operativo….. Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, epilogo
I mercanti, in una cristianità frammentata in numerose monetazioni, creano ben presto fra loro un gruppo di specialisti della moneta: i cambiatori, che diventeranno i banchieri, sostituendo in questo ruolo sia i monasteri, istituti di credito
176
sufficienti ai deboli bisogni dell’Alto Medioevo, sia gli ebrei, ormai confinati al ruolo di prestatori al consumo, cioè “usurai” proprio anche di un numero crescenti di mercanti cristiani. Mondo del denaro, la città lo diventa anche del mercato del lavoro in cui il salariato non cessa di diffondersi. Centro economico, la città lo è anche del potere. Accanto e, talvolta, contro i poteri tradizionali del vescovo e del signore, spesso fusi nella stessa persona, un gruppo di uomini nuovi, i cittadini o borghesi, conquista “libertà”, cioè privilegi sempre più estesi. Senza rimettere in causa i fondamenti economici e politici del sistema feudale, vi introducono una variante, creatrice di libertà, “l’aria della città rende liberi” e di uguaglianza (il giuramento civico, il giuramento comunale che unisce degli eguali aventi diritto), in cui la disuguaglianza che discende dal gioco economico e sociale non è fondata sulla nascita, il sangue, ma sulla fortuna immobiliare e mobiliare, la proprietà del suolo e degli immobili urbani, di censi e rendite, del denaro. Jacques Le Goff, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza, 2003
Soprattutto, risulta essenziale la lotta contro ciò che viene designato come nicolaismo. La lotta contro l’incontinenza dei chierici non rappresenta solo un progresso morale e spirituale.. Proibendo il matrimonio ed il concubinato al primo dei tre ordini definiti, a partire dall’ XI secolo, dallo schema tripartito in oratores, bellatores e laboratores, cioè coloro che pregano, combattono e lavorano, la Chiesa separa radicalmente i chierici dai laici con la frontiera della sessualità. Jacques Le Gof, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza, 2003
Le loro elucubrazioni escatologiche eretiche procedettero da Gioacchino da Fiore e non da Francesco. Ma ciò che che soprattutto lo trattenne fu la determinazione fondamentale, ripetuta senza posa al di là di ogni pressione, di restare a qualunque prezzo (e sarà in effetti un caro prezzo), lui e i suoi frati, nella Chiesa. Perché? Indubbiamente non voleva spezzare quell’unità, quella comunità cui tanto teneva. Ma soprattutto a causa del suo bisogno viscerale dei sacramenti mentre quasi tutte le eresie medievali sono contro i sacramenti. Jacques Le Gof, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza, 2003 Ricordiamo le parole esatte di Alano da Lilla alla fine del XII secolo: --L’autorità ha un naso di cera, si può piegarlo in diversi sensi—(Auctoritas cereum nasum habet, id est diversum potest flecti sensum). Jacques Le Gof, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza, 2003
Inoltre Francesco, dopo aver messo in guardia i fratelli contro il possesso dell’oggetto maledetto per eccellenza, la pecunia, aggiunge che in caso di necessità devono mendicare il denaro, sicut alii pauperes,. Quindi il privilegio riconosciuto da Francesco a queste tre categorie evidenzia quali siano per lui i tre grandi mali, i tre principali poli repulsivi della società: La scienza, il potere, la ricchezza. Jacques Le Gof, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza, 2003
Il piacere del mondo si manifesta ancora più nettamente nel comportamento gioioso. Anche in questo caso vi è un avvicinamento fra religiosi e laici: mentre ancora il modello monastico faceva del monaco uno specialista delle lacrime -is qui luget-, al contrario, abbondano i testi che mostrano Francesco Hilaris, hilari vultu. Jacques Le Gof, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza,
177
L’ascesa sociale, ecco il grande peccato sociale, e i suoi due trampolini, il denaro e la cultura, devono essere assolutamente evitati se non nella stretta misura in cui in cui l’uno è necessario al sostentamento e l’altro alla salvezza. Jacques Le Gof, San Francesco d’Assisi, ed. Laterza, 2003
Quelle di Sindona sono le “banche di gruppo”, nell’accezione peggiore. Le captive banks, come vengono definite dagli economisti anglosassoni: banche che hanno interessenze in società, e viceversa. La violazione delle regole amministrative e contabili, del codice civile, della legge bancaria è sistematica: come le operazioni in cambi non contabilizzate per somme enormi, le contabilità “nere”, eufemisticamente definite riservate, le irregolarità nelle segnalazioni alla Banca d’Italia, la violazione delle norme sui fidi e sulla riserva obbligatoria.“Alto grado di rischio dell’attivo, alta propensione alla speculazione, raccolta crescente, ma onerosa e volatile, gravi violazioni delle norme del codice civile e penale, irregolarità amministrative sono dal punto di vista puramente tecnico le caratteristiche fondamentali delle due banche”. Corrado Stajano, Un eroe borghese, ed. Einaudi, 1991
Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede, e vivere con integrità e non con astuzia, ciascuno lo intende: non di manco si vede per esperienza ne’ nostri tempi, quelli principi aver fatto gran cose che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con l’astuzia aggirare e’ cervelli delli uomini: et alla fine hanno superato quelli che si son fondati in sulla lealtà. Nicolò Macchiavelli, Il principe. Ed Einaudi, 1962
Mi era difficile staccarmi da lei. Mi accompagnò sino alla porta e la baciai nel vano della porta aperta, perché Schmitz e sua moglie là di fronte potessero vedere. Ci osservarono con gli occhi sbarrati come dei pesci che scoprono con improvvisa sorpresa di aver già inghiottito l’amo da un pezzo. Heinrich Boll, Opinioni di un clown, A. Mondadori, 1965 (Che bello questo pezzo e che brava la traduttrice Amina Pandolci: il protagonista ha passato la prima notte d’amore a casa di Anna (bella l’immagine del lavaggio delle lenzuola all’alba in quanto era talmente povera che non aveva il cambio) il tutto in un ambiente di forte ostilità fra protestanti e cattolici. Hanno finito da poco la lettura su radiorai3 di ampi stralci del testo)
…. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, specialmente messor lo frate Sole, lo qual’è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te Altissimo, porta significatione
Laudato sì, mi’ Signore per sora Luna e le stelle:
178
in celu l’ài formate clorite et preziose et belle.
Francesco d’Assisi
DIOGENE
E prima di porre piede nella sua scuola, non sarà mal fatto, cred’io, il sapere che razza d’uomo egli sia. Se diamo fede a Laerzio e a Massimo Tirio, seguiti dal Bruckero, dallo Stanleio e dal Buonafede, noi troviamo Diogene nella sua giovinezza un falsificatore di monete. Un filosofo la cui vita comincia con azioni da forca, non pare di certo un preludio di buon augurio per la virtù. Ma s’ella è vera quella sentenza del filosofo di Ginevra, che il più grande miracolo della virtù consiste nell’abbandono del vizio, noi vedremo l’onestà di Diogene così bene redenta con buone azioni consecutive, che le sue virtù ci riusciranno tanto più splendide, quanto fu maggiore il costo che gli costarono.
……Caduto una volta in mano a’ pirati , e domandato quale arte ei sapesse, rispose: “L’arte mia è di comandare agli uomini liberi: se trovi qualcuno che abbisogni di padrone, digli che mi comperi”. E vedendo in questo mezzo passare un uomo di Corinto, nominato Xeniade, stendendo il dito, disse ai suoi venditori: “Vendetemi a colui là, perché gli bisogna un padrone che lo governi”; Xeniade lo comperò, e meravigliato dell’altezza d’animo del suo schiavo, non solo lo manomise (manumisit=affrancare), ma affidandogli l’educazione de’ suoi figlioli :”Ricevi –disse- questi miei figlioli e comanda” Al quale ufficio seppe il cinico pedagogo soddisfare mirabilmente.
…..Andando Diogene un giorno da Corinto ad Atene, si avvenne in un tale che faceva la stessa strada; e non come un curioso che studiasi di sapere indiscreto li fatti altrui, ma come un benevolo medico che cerca ammalati per risanarli, lo dimandò del suo andare e della sua condizione. --Vado a Delfo - rispode l’altro – a consultare l’ Oracolo per certe mie bisogna particolari, e fo soletto il cammino perché il furfante mio servo mi ha piantato per via; e consultato l’Oracolo, penso di ritornarmene tosto a Corinto per farne ricerca e punirlo— --Sei tu pazzo –ripigliò Diogene- che ardisci di presentarti alla Divinità con in testa il pensiero della vendetta? Inoltre, a che cercare questo tuo servo? Non hai tu detto ch’egli è un tristarello?— --Anzi tristissimo—riprese l’incognito. --Può darsi ancora -soggiunse il filosofo- ch’egli ti abbia lasciato, perché ti stima un cattivo padrone. E non vedi tu dunque che sei matto, perché mentre il tuo servo fugge da te stimandoti un uomo di malaffare, e temendo che un giorno o l’altro non gliene venga malanno, e tu sciocco lo vuoi ancora, tenendolo per ribaldo?— --Tu parli bene –disse l’incognito- ma mi è duro il patir quest’ingiuria, e non potermene vendicare, perché io ti giuro sull’onore mio, ch’io non l’offesi per nulla; anzi che lo ho sempre trattato assai dolcemente, dispensandolo da ogni basso servizio e lasciandolo quasi sempre ozioso del tutto— E Diogene: --Lo hai lasciato nell’ozio e osi dire che non l’hai offeso in nulla? E quale oltraggio più grave che il farlo morire in seno all’ignavia, e non coltivarlo con qualche onesta e utile disciplina? Non sai tu che l’ozio è la ruina dell’animo, e che un uomo non educato è un uomo affatto perduto? Ben dunque egli fece, se accorgendosi la tua colpevole condiscendenza lo mandava in ruina, si è sottratto a tanta ingiuria fuggendoti, avanti con il mangiare e il bere e con il non fare mai niente tu finissi di disertarlo— --E che dunque vuoi tu che io faccia non avendo altro servo che questo?— --E che faresti, balordo, se non avendo altri sandali, che quelli che porti al piede, te li sentissi dar dolore e molestia? Per certo te n’andresti a piè nudo. Fai conto che il tuo servo sia il sandalo che ti fa male. Ringrazia Dio che t’è scappato dal piede per se medesimo, e vattene scalzo— --Ma caro Diogene, io mi sono un pover’uomo; e se ho da passarmela senza schiavo, mi piace piuttosto di venderlo, e trarne un qualche profitto—
179
--Venderlo? E non ti vergogni di pur pensarlo? Primieramente tu verresti a gabbare il suo compratore, vendendogli per confessione tua proprio una cattiva lana, che non vale niente. In secondo luogo, giusta la legge, chiunque venda una difettosa mercanzia, è tenuto a ripigliarsela: e allora che profitto ne caverai? E dato anche che tu impunemente il potessi, non ti fa egli paura il denaro che ne trarresti? Chi t’assicura che, cadendo in mano a qualche venditore gabbamondo, non ti avvenga di comprare uno schiavo assai più tristo del primo? Forse ancora potresti in peggior uso impiegare questo denaro: e il denaro, credimi, figliuol mio, è un assai pericoloso possedimento, e reca più danni a’ mortali, che la tranquilla ed innocua povertà. (Pecunia enim, bone vir, praeceps est et lubrica, ex eaquae maiores gignuntur calamitates, quam ex tranquilla et onesta paupertate) Fa dunque senno, fratello mio, e un grano di sapienza ti farà miglior servigio che tutti gli schiavi di questa terra— --Ebbene, Diogene, tu mi hai persuaso, e io ti obbligo la mia parola di non pensarci più sopra, purchè la fortuna non mi mandi quello sciagurato fra i piedi— --Vale a dire, buon uomo, che tu non anderai più in cerca di un mal educato cavallo, il quale ti ha già regalato di calci e di morsi: ma se il caso tel mandasse sulla via, tu allora gli ti accosterai perché finisca di fracassarti. E con questo criterio, con questa bellissima conoscenza di te medesimo, tu te ne vai a consultare l’ Oracolo. Ma io ti so dire che non è atto ad intendere la volontà degli dei chi mal conosce se stesso. E bada che la Divinità scrutatrice dei cuori non ti faccia pentire del tuo viaggio-- ….. Vincenti Monti, Diogenes, convertit Io. Baptista Gandinus, Latinitas, ed. Marzorati, 1960 -----------------------------------------------------------------------------
In Roma, come ciascun sa, poi che i re furon cacciati, nacque la disunione intra i nobili e la plebe, e con quella fino alla rovina sua si mantenne; così fece Atene, così tutte l’ altre repubbliche che in quelli tempi fiorirono. Ma di Firenze in prima si divisono intra loro i nobili, di poi i nobili ed il popolo, e in ultimo il popolo e la plebe; e molte volte occorse che una di queste parti, rimasta superiore, si divise in due: dalle quali divisione ne nacquero tante morti, tanti esilii, tante destruzioni di famiglie, quante mai ne nascessero in alcuna città della quale io abbia memoria. Nicolai Maclavelli, Historjis Florentinis, convertit Io.Ba. Gandinus - Latinitas, ed. Marzorati, 1960
Il buon senso è la cosa, tra tutte, meglio ripartita; chè ciascuno pensa d’esserne così ben fornito, che anche coloro che sono i più difficili da contentare di ogni altra cosa, di questa non sono soliti desiderare più di quanto non abbiano. Su questo punto non è verosimile che tutti si ingannino; anzi ciò attesta che la facoltà di ben giudicare e di distinguere il vero dal falso –che è propriamente ciò che si chiama buon senso o ragione- è per natura eguale in tutti gli uomini; attesta ancora che la diversità delle nostre opinioni non viene dall’essere gli uni più ragionevoli dagli altri, ma dal condurre i nostri pensieri per diverse vie e non dal considerare le medesime cose. Perché non basta aver per buona l’intelligenza: ciò che più importa è che sia bene applicata. Le più grandi anime sono capaci così di più grandi vizi come delle più grandi virtù; e coloro che pur camminando molto lentamente, possono avanzare, se seguono sempre la via diritta, assai più di quelli che corrono e se n’allontanano. Renati des Cartes, Dissertio de Metodo, convertit J. Bap. Pighi Latinitas, ed. Marzorati, 1960
Scrivere bene è insieme ben pensare, ben sentire e ben esprimere, è possedere nello stesso tempo spirito e anima e gusto. Lo stile suppone l’unione e l’esercizio di tutte le facoltà intellettuali; le idee sole ne formano la sostanza, e l’armonia delle parole è accessoria e non dipende che dalla sensibilità degli organi.... Il sublime non può trovarsi che nei grandi argomenti. La poesia, la storia e la filosofia hanno tutte il medesimo oggetto e, grandissimo, l’uomo e la Natura. La filosofia descrive e ritrae la Natura. La poesia la dipinge e l’adorna; inoltre dipinge gli uomini, li ingrandisce, ingigantisce, crea gli eroi e gli dèi. La storia non esprime che l’uomo, e lo esprime qual è.
180
Georgii Buffon, De ratione dicendi, convertit J. Bap. Pighi,, Latinitas, ed. Marzorati, 1960
Io non vorrei vivere in un altro secolo e aver lavorato per un altro secolo. S’è cittadini del tempo, come cittadini di uno stato; e se si trova sconveniente, anzi illecito, escludersi dai costumi e dalle abitudini della cerchia in cui si vive, perché dovrebbe essere minore il dovere, nella scelta della propria attività, di far sì che s’oda anche una voce del bisogno e del gusto del proprio secolo?
…..Ma adesso signoreggia il bisogno (das Bedurfnis) e piega la decaduta umanità sotto il suo tirannico giogo. L’ utilità (der Nutzen) è il grande idolo dell’epoca, a cui tutte le forze devono rendere servigio, e tutti gli ingegni omaggio. Su questa rozza bilancia il merito spirituale dell’arte non ha peso, ed essa, privata d’ogni incoraggiamento, sparisce nel rumoroso mercato del secolo. Anche lo spirito della ricerca filosofica strappa all’immaginazione una provincia dopo l’altra, e i confini dell’arte tanto più si restringono, quanto più la scienza allarga i suoi limiti.
….Ella è dunque d’accordo con me, e il contenuto delle mie precedenti lettere. L’ha persuasa, che l’uomo può allontanarsi dalla sua destinazione seguendo due vie opposte: che la nostra epoca procede realmente su due false strade, e qui è diventata preda della bestialità, là del rilassamento e del pervertimento. La bellezza deve ricondurla sulla retta via da questa duplice aberrazione. Ma come può la cultura estetica portare rimedio a due opposti difetti e riunire in se due qualità contraddittorie? Può mettere in ceppi la natura dell’uomo selvaggio e metterla in libertà nell’uomo imbarbarito? Può tendere ed insieme rilassare? E se non produce realmente uno o l’altro effetto, come ci si può ragionevolmente attendere da essa un risultato così grande, qual è l’educazione dell’umanità? , Shiller, Epistolicae Quaestiones, convertit J. Bap. Pighi, Latinitas, ed. Marzorati, 1960
Mansuete mie donne, per quel che mi paia, questo dì d’oggi è stato dato a re e a soldani e a così fatta gente; e perciò, acciò che io troppo da voi discosti, vò ragionar d’un marchese, non cosa magnifica, ma una matta bestialità come che bene gline seguisse alla fine. La quale io non consiglio alcuno che segua, perciò gran peccato fu a costui ben n’avvenisse. Già è gran tempo, fu tra Marchesi di Saluzzo il maggior della casa un giovin chiamato Gualtieri. Il quale essendo senza moglie e senza figlioli, in niuna altra cosa il suo tempo spendea che in uccellare e in cacciare , né di prender moglie né di avere figliuoli alcun pensier avea: di che egli era a reputar molto savio. …….. Giovanni Boccaccio, Novella decima della giornata decima del Decameron (Che bella scoperta questa novella e come è ben articolata e descritta….)
economia = oikos (dimora) + nomia (regolamento, governo)
Slow Food = Lente cena (vocat)
181
…….. E andando nel sole che abbaglia Sentire con triste meraviglia Com’è tutta la vita e il suo travaglio In questo seguitare una muraglia Che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Eugenio Montale, Meriggiare
Le stalle di Augia. Augia, re dell’ Elide, era figlio di Elio e in greggi e mandrie era certo l’uomo più ricco della terra. Euristeo ordinò a Eracle di andare a pulire le stalle di Augia e di compiere il suo lavoro in un giorno solo. Le stalle erano coperte da uno strato di sterco molto alto ed il puzzo aveva fatto scoppiare una pestilenza nel Peloponneso. Eracle si recò da Augia e gli propose di ripulirgli le stalle entro il calar del sole in cambio di una decima parte del suo bestiame; Augia accettò e chiamò a testimone Fileo, suo figlio maggiore. Eracle aprì due brecce nelle mura della stalla, deviò il corso del fiume Alfeo in modo che le sue acque invadessero le stalle e spazzassero via tutto il sudiciume e così, prima che calasse il sole, gli ovili e la vallata furono ripuliti. Anche il territorio era risanato, ma Augia rifiutò di onorare il patto perché Eracle aveva in realtà lavorato per ordine di Eristeo. Fileo, adirato per la disonestà del padre, lo criticò e per questo venne esiliato. Durante il ritorno Eracle si intrattenne alla corte di Dessameno, re di Oleno, e salvò sua figlia Mnesimache dall’assalto del centauro Eurizione. Al ritorno si accorse di essere stato doppiamente beffato, poiché avendo tentato di guadagnare degli armenti per se, Euristeo si sentì autorizzato a non considerare valida quella fatica. Più tardi Eracle tornò in Elide e dopo molte difficoltà conquistò il paese, uccise Augia, e diede il trono a Fileo. Considerazioni: a) più uno è ricco più è rifaldo o cerca cavilli; b)ma costui era anche un bel porco con l’aggravante pelandronite; c) già nella mitologia greca il sudiciume era abbinato alla peste; d) per fortuna non esisteva l’ ARPA (l’Arpa esisteva ma non nel senso attuale) perché ‘sto fiume….; e)Augia non sente ragioni e non esita ad esiliare il primogenito, complimenti; f) Euristeo, ricco di una cultura burocratizzata non riconosce valida la prova, evviva; g) alla fine prevale la vera giustizia anche perché quell’imbecille di Augia, nella cecità della propria avarizia, non aveva valutato la forza fisica di Eracle/Ercole; h) l’ingegno è prevalso sull’insipienza.
Da una serie di trasmissioni su Radiorai3 illustranti la figura di Darwin (chè, non so perché mi stava antipatico) ho appreso che il viaggio quinquiennale che ha dato origine a tutte le sue scoperte e, quindi teorie, aveva uno scopo militare cioè analizzare geograficamente le aree del sud-america: il battello aveva un equipaggio di 73 persone e comprendeva, oltre all’autoritario comandante, i vari ufficiali e membri dell’equipaggio ma anche cartografi, ufficiali del regio esercito, scrittori e… appunto Darwin. Il soggetto era anti-colonialista, anti-schiavistae propugnava una maggior dignità della donna (siamo a metà ‘800 in epoca vittoriana, che fegato!) ed era sfuggito alle mira del padre che voleva farlo ecclesiastico, per via della sicurezza e tranquillità della vita!!!!. Dopo un litigio con il comandante, che era stanco di imbarcare minerali, fossili, reperti ed altre amenità , per lui, cazzate, fu lasciato a terra per circa un mese sulla costa orientale dell’Argentina in mezzo ad una scarsa popolazione quasi primitiva. Interessante l’annotazione sul diario personale dopo questa esperienza: -che stronze le donne inglesi-.
182
SOTTO ESAMI 20 giugno 1965
Nasce il fior Dalla nuda terra. Soffia il vento Dalle scure montagne. Turba il pensiero La profonda notte.
Sâ&#x20AC;&#x2122;alza il sol Dal lontano oriente. Si corica stanco Chi lavora.
SIBELIUS 8 dicembre 1965
Sibelius, poeta del silenzio, delle lunghe passeggiate in distese illimitate di fiori, di piante.
Quanto somigli a me,
183
povero peregrino, triste cĂ ntore cui niente soddisfa.
Eppur ogni tanto ti scuoti, sembri ribellarti al duro del carcere meschino fardello.
Pur riesci a librarti in armonie degne e feconde.
Rapido corri ad agguantar momenti fugaci ed estroversi, lâ&#x20AC;&#x2122;uomo vedi e benigno lâ&#x20AC;&#x2122;immortali.
A me non capita,
184
troppo cieco vado nelle tenebre brancolando
Stamane (23.01.06) prima dell’alba ho sentito su Radiorai2 un servizio circa il nuovo film di Woody Allen (non ne ho mai visto uno). I protagonisti sono inglesi e bevono, bevono, bevono, il padre la madre, il figlio e la figlia. E’ stato riferito del promettente segretario quarantenne del partito liberale che è stato cacciato perché alcoolista, ancorché lui giuri di essersi emendato. Il servizio è poi proseguito con un incidente diplomatico successo recentemente in Cile dove un ministro inglese, in visita di stato, avrebbe chiesto ad una Signora in abito lungo se desiderava ballare con lui. La risposta è stata: 1- questa non è una balera; 2-la musica che sente è l’inno ufficiale del Cile; 3- io sono l’ Arcivescovo di Lima. Non siamo più alla frutta, ma al pusacaffè, la nostra civiltà deve andarne fiera.
FEUERBACH La religione è l’infanzia dell’umanità; il bambino vede il proprio essere, l’uomo, fuori da sé, ossia oggettiva il proprio essere in un altro uomo. Perciò il progresso storico delle religioni consiste appunto nel considerare in un secondo tempo come soggettivo e “umano” ciò che le prime religioni consideravano come oggettivo ed adoravano come dio. Le prime religioni sono idolatrie per le religioni posteriori; queste riconoscono che l’uomo ha adorato il proprio essere senza saperlo.
…..Per ciò che riguarda gli “attributi”, ossia le determinazioni o qualificazioni di Dio, ciò viene ammesso senza esitazione, ma in nessun modo lo si vuole ammettere relativamente al “soggetto”, ossia all’ente che sta alla base di questi attributi. Chi nega il soggetto è considerato empio, ateo; gli attributi invece si possono impunemente negare; ma ciò che è privo di ogni qualificazione, di ogni attributo non ha su di me alcun effetto, e ciò che non ha alcun effetto non ha per neppure esistenza. Annullare gli attributi equivale ad annullare l’essere stesso.
….Se l’amore, la bontà, la personalità sono qualificazioni umane, lo è pure il soggetto delle medesime, il soggetto che tu ad esse presupponi, ed allora anche l’esistenza di Dio, anche la fede nell’esistenza di un qualsiasi dio è un antropomorfismo, una proiezione assolutamente umana. Donde sai che la fede in un qualsiasi dio non è il frutto del limite dell’intelligenza umana? Forse esseri superiori all’uomo –tu stesso ne ammetti- sono in se stessi così beati, così d’accordo con la loro natura, da non sentire il dissidio fra loro stessi ed un essere superiore. Conoscere Dio e non essere se stessi Dio, conoscere la beatitudine e non goderla, è una disarmonia, una infelicità.
…Tu credi che l’amore sia un attributo di Dio perché tu stesso ami, credi che Dio sia un essere sapiente e buono perché consideri bontà ed intelligenza le tue migliori qualità; credi che Dio esista, che egli dunque sia un soggetto, un essere – ciò che esiste è un essere , venga poi definito e caratterizzato come sostanza o come persona o in qualsiasi altro modoperché tu stesso esisti, perché tu stesso sei un essere. Non conosci un bene umano maggiore dell’amare, dell’essere buono e sapiente , come non conosci una felicità maggiore dell’esistere; infatti la coscienza di ogni bene, di ogni felicità è in te connessa alla coscienza dell’esistenza.
…Necessariamente perciò per ogni religione, la certezza dell’esistenza di Dio è immediata; infatti cosi spontaneamente, così necessariamente come un greco era un greco, altrettanto necessariamente greci erano i loro dei, ed altrettanto necessariamente era per lui certa la loro esistenza. L. Feuerbach, L’essenza del cristianesimo, ed. Feltrinelli, Milano, 1960
185
Le perfezioni di Dio sono le perfezioni della nostra anima, ma Egli le possiede senza limiti…. Noi possediamo una qualche facoltà, una qualche conoscenza, un qualche bene, ma tutto ciò è in Dio perfetto. Leibnitz, Essais de Théodicée, preface
Il “caso” è la Provvidenza degli imbecilli.
Leon Bloy
Il caso? E’ Dio che passeggia in incognito. \
Einstein
Basta che esista un solo giusto, perché il mondo meriti di essere creato. Talmud
Tutto ciò che contraddistingue l’anima umana appartiene anche all’essere divino. Tutto ciò che è escluso da Dio, non appartiene nemmeno alle qualificazioni essenziali dell’anima. San Gregorio di Nissa, De anima, Lipsia ,1837
Di tutte le scienze la più meravigliosa e la più importante è la conoscenza di sé, perché chi conosce se stesso conoscerà anche Dio. Clemente d’Alessandria, Pedagogia, I. III
Se vuoi fare un investimento a 1 anno, semina il riso Se vuoi fare un investimento a 10 anni, pianta un albero Se vuoi fare un investimento a 100 anni, istruisci i bambini .
Proverbio cinese
Senescimus dum fugit hora. Invecchiamo mentre l'ora fugge, passa Iscrizione su meridiana a Casa Cavassa a Saluzzo
Vuoi qualcuno a cui poter parlare ex novo di tutti quelli che hai amato, vuoi proclamare la loro gloria. Sì, è meraviglioso, è irresistibile: proclamare la gloria. Felice il poeta dei salmi. Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
186
Religioni che credono al proprio declino. I loro seguaci diminuiscono continuamente, finchè ne rimangono solo quattro, come avviene per i Jaina. Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
Da quando è felice in amore gli succede più raramente di dire “Dio” Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
Come si diverte la larva quando io racconto di un’altra larva. Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
Qualcosa di più preciso sulla natura dell’invenzione. Credo che tutto dipenda sempre dal punto da cui si parte. Esistono quelli che si potrebbero chiamare germi dell’invenzione, io li conosco e so che sono irresistibili. Ma non posso dire che questi germi siano diversi in ogni essere umano o se esista qualcosa come una provvista generale di germi dell’invenzione che spingono ciascuno, in ogni parte del mondo, a raccontare. E’ importante trovar credito. Ma per essere creduti bisogna essere i primi a credere a ciò che si inventa. Si può benissimo sapere che si sta inventando, e tuttavia ci si crede. Il movimento di espansione in cui ci si sente coinvolti dev’essere autentico, come un altro modo di respirare: se è autentico, si crede a ciò che si produce. Per trovare credito, il racconto deve innanzitutto suscitare stupore, solo ciò che merita stupore viene creduto. Tutto ciò che è ovvio non si presta ad essere raccontato; poiché non desta stupore non viene creduto. Questo punto è molto importante, e si tratta in primo luogo di percepire che cosa suscita stupore. Entra in gioco l’emozione, appunto l’emozione dello stupore. Lo si può vedere in tutta chiarezza nei bambini che ascoltano le fiabe. Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
Inventare è una delle mie inclinazioni più naturali: è ora che io cerchi di precisare che cosa comporta. Non c’è nulla che paralizzi l’inventore quanto la presenza di qualcuno che continua a domandare: -Ma è proprio vero?- La domanda si riferisce al mondo chiuso dell’ascoltatore, il quale non vuole allontanarsene, per paura, e si tiene stretto alle proprie budella. L’inventore non sopporta, non sopporterebbe per nessuna ragione al mondo, quelli che non vogliono mai dimenticare le proprie budella. Li evita come la peste. Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
E’ uno che ha un occhio dietro, un occhio davanti, e vede con entrambi la stessa cosa (il diffidente) Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996
Chi dà da mangiare alle tigri deve guardarsi dal portare animali vivi, per via della rabbia che si scatena nelle tigri all’atto dell’uccisione; bisogna guardarsi dal portare animali ancora interi , per via della rabbia che si scatena nelle tigri all’atto dello squartamento. Bisogna sfamarle al momento giusto per prevenire la loro rabbia. Chuang-tsu, IV, 3
187
Ce que j’aime du voyage, c’est l’ étonnement au retour.
Stendhal
Le idee fisse sono come i crampi ai piedi, bisogna camminarci sù.
Kiekegaard
L’americano si è fatto del lavoro, dato per castigo, un vanto ed una gloria. Beniamino Franklin ha corretto Mosé.
Riccardo Bacchelli, 52 pensieri, Strapaese, 1928
Il sedere si serve del rotolo come il potere del popolo.
Omnes ferunt
tutte feriscono
Ultima necat
ultima ti secca.
Pasquinata
Meridiana a Moulines Val Queyras
Mercurio è il pianeta più vicino al sole e non si allontana da esso per più di 28 gradi circa, cosicché è visibile soltanto prima del sorgere o poco dopo il tramonto del sole, quando le condizioni di luce sono crepuscolari. L’osservazione diretta dell’astro risulta difficile anche se si hanno le coordinate esatte e si sa quindi dove cercarlo. CUORE. Una macchina perfetta che pulsa al ritmo di 75 battiti al minuto, 4.500 all’ora, 108.000 al giorno e tre miliardi di volte nel corso di una vita. Ad ogni battito muove 7 centilitri di sangue, in pratica 7.500 litri al giorno, spinti in una ragnatela di vasi sanguigni lunga complessivamente 100 mila chilometri. Alla fine di una vita di lavoro duro il cuore avrà spostato 450 tonnellate di sangue generando ogni giorno un’energia sufficiente ad un camion per percorrere oltre 35 chilometri. La velocità di spostamento all’interno del sistema circolatorio è di 2 chilometri all’ora. Il cuore di un neonato pesa 20 grammi e dopo 20 anni aumenta il suo peso fino a 340 grammi; nel bambino di 1 anno ha 75 battiti al minuto, mentre in un adulto di 70 (sotto sforzo anche 200/min.). Frate Indovino, luglio 2006
La creazione nascosta. Sta all’uomo rivelare tale principio motore che la fantasia mitica ha chiamato Verbo, Parola, Soffio. Questo è infatti l’oggetto di ogni mito. Tramite i miti gli uomini rivelano alla creazione ciò che nel profondo lo anima.. Questa proiezione dello spirito umano nella natura nasce dalla certezza che il Verbo nascosto nella materia è lo stesso che si trova nell’intimo dello spirito umano. Così, ogni rivelazione sull’energia segreta della natura diventa la rivelazione della nostra essenza. Burckhardt T, Alchimie, Basel, 1974
Il Ghaya, manuale di magia pratica composto di materiali orientali ed ellenistici, venne tradotto in spagnolo alla corte di Alfonso X e ne sono noti una ventina di manoscritti latini con il titolo Picatrix, “il reverendo padre Picatrix rettore della Facoltà Diabologica”, come lo chiama Rabelais. Questo manuale insegna ad evocare le potenze celesti rendendosele favorevoli, recitando formule di preghiera ed invocazione, e prescrive gli strumenti da usare: le immagini di Giove Venere, Saturno e Marte che incise su pietra captano le influenze delle corrispondenti divinità. Le gemme recanti l’effigie degli dei non avevano mai smesso di essere usate, come abbiamo visto, come amuleti o talismani; gli dei avevano trovato rifugio nei lapidari.
188
Seznec J. , La survivance des dieux antiques, Paris, 1978
E la conversazione, scivolando dalle elevate teorie sulla tenerezza, finì per addentarsi nel giardino fiorito delle sconcezze raffinate. Guy de Maupassant, Bel-Ami, ed. Fabbri, 1968
Gli si rivelava tutta diversa da come l’aveva immaginata; cercava di sedurlo con vezzi puerili, con delle fanciullaggini amorose ridicole per la sua età.. Essendo rimasta fino ad allora rigorosamente onesta, vergine di cuore, chiusa ad ogni sentimento, ignara di ogni sensualità, ed era stato come se, di colpo, in quella donna posata, la cui quarantina tranquilla pareva un pallido autunno dopo una frigida estate, fosse esplosa una sorte di primavera tardiva, piena di fiorellini mal cresciuti e di germogli intristiti, curioso sboccio di un amore di fanciulla, di un amore fuori stagione, ardente ed ingenuo, fatto di slanci imprevedibili e di gridolini da sedicenne, di moine imbarazzanti, di graziette già vecchie senza essere mai state giovani. Era capace di scrivergli dieci lettere in un giorno, lettere stupendamente folli, scritto in uno stile bizzarro, poetico e ridicolo, ornato come quelli degli Indiani, pieno di nomi di animali e di uccelli. (descrizione di M.me Walter). Guy de Maupassant, Bel-Ami, ed. Fabbri, 1968
La vita senza musica è insalubre.
Friedrich Nietzsche
Ritorna te stesso, concentrati in te stesso, circoscrivi la tua anima con gli stessi limiti che la natura ti ha imposto: nutriti della tua sostanza, allontanati dalle cose che non ti daranno mai felicità. E’ tuo soltanto ciò che dipende da te: ma non è tua né la fragile pentola di coccio in cui scaldi l’acqua né tuo figlio mortale che hai generato. Dunque rinuncia a tutto quanto ti è estraneo. Mangia poco, bevi poco, evita le donne, non giudicare gli altri, non alzare la voce, non ridere in modo esagerato, non andare agli spettacoli, abolisci ciò che ti nasconde. Rinuncia soprattutto alle rappresentazioni ed ai desideri, che intrecci continuamente nella tua mente oziosa. Ti resteranno pochi stecchi: ma tu non possiedi e non potrai mai possedere altro.…….. (oltre) Non cercare di fare in modo che ciò che accade accada come tu desideri, ma desidera che ciò che accade accada come accade. Epitteto (schiavo di un liberto di Nerone), Manuale, ed. Einaudi 2006
Difficile est satiram non scribere.
Giovenale, Satire, I 1, v.30
Ut quique compentissimus et ludibrio est, ita solutissimae linguae est Uno ha lingua tanto più sciolta, quanto più è disprezzato e messo lui stesso in ludibrio. Seneca, Della costanza del saggio, 11,3
Chiedete al sole se nel suo corso illumini qualcosa di più ignobile di un filosofo , oscurantista e servile. Sono da annoverare fra gli oscurantisti tutti i gesuiti ed in realtà tutti i preti di ogni risma. Arthur Schopenhauer, Dell’onore secondo la follia, Aggiunta
189
On peut assez longtemps chez notre espèce, Fermer la porte à la raison. Mais dès qu’elle entre avec adresse, Elle reste dans la maison, En bientot elle en est maitresse. Si può per lungo tempo, nella nostra specie, / Sbarrare la porta alla ragione. / Ma appena entra in casa con destrezza, / Più non ne esce, / E presto la fa da padrona. Voltaire, lettera a Saurin del 10 novembre 1770
Massima n. 1 L’onore è l’opinione che gli altri hanno di noi cioè l’opinione generale di coloro che sanno di noi; più precisamente è l’opinione generale che coloro che ci conoscono hanno del nostro valore sotto un qualche aspetto che va preso in seria considerazione, e che determina i diversi generi dell’onore. In questo senso si può definire l’onore come il rappresentante del nostro valore nei pensieri altrui.
Massima n.3 A prima vista ciò che determina l’opinione generale che gli altri hanno di noi, cioè l’onore, non è la nostra vera natura, ma quella apparente; è la vera solo nella misura in cui quella apparente coincide con essa. L’onore e il valore che esso rappresenta sono quindi due cose diverse: uno può perdere il proprio onore senza aver perduto il proprio valore e viceversa. Arthur Schopenhauer, Dell’onore e della verità.
Akrasìa = debolezza del volere, spinge a compiere scelte contrarie a ciò che riteniamo essere un bene per noi (vedi il fumo e l’incapacità a contrastarlo, per me) Aristotele
Puto, aeque qui in odoribus iacet ortuus est quam qui rapitur unco; otium sine letteris mors est et hominis vivi sepoltura. Per me quando uno è morto, sia che giaccia imbalsamato fra essenze odorose, sia che venga trascinato via con l’uncino dal boia, è la stessa cosa; e il riposo senza studi è la morte, è la sepoltura di un uomo vivente. Seneca, Lettera 82 a Lucilio
Est et horum, Lucili, quae appellamus media grande discrimen. Non enim sic mors indifferens est quomodo utrum capillos pares (an inpares) habeas; mors inter illa est quae mala quidam non sunt, tamen habent mali speciem. Ma, o Lucilio, anche fra queste cose che chiamiamo medie ci sono grandi differenze. Infatti la morte non è indifferente nella stessa misura in cui è indifferente avere i capelli in numero pari (o dispari). La morte è fra quelle cose che, pur non essendo male, ne hanno l’aspetto. Seneca, Lettera 82 a Lucilio
190
Plures enim pudore peccandi quam bona voluntate prohibitis abstinent. Sono più gli uomini che si astengono dalle azioni proibite per vergogna che per una volontà onesta. Seneca, Lettera 83 a Lucilio
Sunt autem, ut existimo necessariae, primum ne sim me uno contentus, deinde ut, cum ab aliis quaesita cognovero, tum et de inventis iudicem et cogitem de inveniendis. Alit lectio ingegnum et studio fatigatum, non sine studio tamen,reficit. Nec scrivere tantum, nec tantum legere debemus: altera res contristabit vires et exhauriet (de stilo dico), altera solvet et diluet. Invicem hoc et illo commeandum est et alterum altero temperandum, ut quicquid lectionem collectum est stilus redigat in corpus. Apes, ut aiunt, debemus imitari quae vagantur…. Credo che la lettura mi sia necessaria, anzitutto perché mi impedisce di essere pago delle mie meditazioni, poi perché mi fa conoscere le indagini altrui, permettendomi di valutare i risultati e di integrarli con l’apporto del mio pensiero. La lettura alimenta l’ingegno e lo ristora, quando è affaticato dallo studio, con una occupazione meno gravosa. Ma non dobbiamo limitare la nostra attività né esclusivamente allo scrivere né alla sola lettura. Nel primo caso le forze si esauriscono, di penna, dico; nell’altro possono rilassarsi troppo. Dobbiamo invece alternare le due occupazioni e integrarle scambievolmente, in modo che le cognizioni acquisite leggendo, messe sulla carta, formino un tutto organico. Imitiamo, come si dice, le api… Seneca, Lettera 84 a Lucilio Facciamo lo stesso con quel cibo che alimenta il nostro spirito: quando l’abbiamo ingerito, non lasciamolo qual’è, affinché non ci resti estraneo. Dobbiamo digerirlo: altrimenti non si trasformerà in energie intellettuali, ma in un peso per la memoria. Prendiamo questo cibo come si conviene, e assimiliamolo in modo che, da elementi disparati, si formi una cosa sola, proprio come numeri diversi fra di loro si confondono in una unica somma. Facciamo anche noi così: il contributo di altri autori scompaia, assimilato nel prodotto del nostro ingegno. Seneca, Lettera 84 a Lucilio Chi è prudente è anche temperante; chi è temperante è anche coerente; chi è coerente è imperturbabile ed è esente da tristezza; chi è esente da tristezza è felice: dunque chi è prudente è felice e la prudenza basta per raggiungere la felicità. ……Quello che è male nuoce: quello che nuoce rende l’ uomo peggiore; il dolore e la povertà non rendono l’ uomo peggiore, dunque non sono mali. ….. Il saggio ha l’arte di domare i mali: il dolore, la povertà, l’ignominia, il carcere, l’esilio, mostri spaventosi per tutti, davanti al saggio si fanno mansueti. Vale.c.s. lettera 85 Quante persone non si vergognano di rubare, e quante altre si vantano di essere adultere! Chi commette una piccola colpa cade sotto i rigori della legge, ma i grandi colpevoli hanno l’onore del trionfo…… Così dal male non può nascere il bene, come un fico non nasce da un olivo; il frutto deve corrispondere al seme. Le cose buone non possono imbastardire. Come l’onestà non può nascere dal suo contrario, così neppure il bene dal male, essendo il bene e l’onestà l’identica cosa. c.s. Lettera 87 Non ho tempo per ascoltare se le tempeste sbatterono Ulisse fra l’ Italia e la Sicilia o, poiché in uno spazio così ristretto non avrebbe potuto fare un così lungo viaggio, se egli vagò oltre i limiti del mondo conosciuto; le vere tempeste sono quelle che agitano la nostra anima ogni giorno e le vere disavventure di Ulisse sono quelle a cui ci spingono le nostre passioni perverse. Anche noi incontreremo gli allettamenti ingannevoli della bellezza e l’ostilità dei nemici: qui mostri ferocissimi assetati di sangue umano; là carezzevoli voci femminili; e, oltre ancora, naufragi e tante varietà di mali. ……..Passiamo al campo musicale: tu mi insegni come voci acute e gravi si armonizzino, e come corde che rendono un suono diverso producono un accordo perfetto; fa piuttosto che il tuo animo sia in armonia con se stesso e i miei propositi siano in perfetto accordo fra loro . Tu mi insegni quali sono i suoni lamentosi: insegnami piuttosto a non lamentarsi delle avversità. Il geometra mi insegna a misurare i latifondi, ma farebbe meglio ad insegnarmi qual’ è la giusta misura sufficiente per un uomo. Egli mi insegna a fare i conti, usando le dita al servizio dell’avarizia, ma dovrebbe insegnarmi che questi calcoli non servono a nulla e che il ricco, che ha tali redditi da stancare i contabili, non è per questo più felice; non gli giovano tutti i beni che possiede, ed egli sarebbe veramente infelice se dovesse contare da sé le sue entrate.…..Ci sono arti che servono all’educazione dei giovani: esse hanno qualche analogia con le arti liberali propriamente dette, e sono chiamate dai Greci encicliche ( grammatica, musica, geometria, aritmetica, retorica, dialettica) e dai nostri “arti liberali”. In realtà, le sole arti liberali, anzi, per essere più precisi, le sole arti libere, sono quelle che hanno per oggetto la virtù..…..La virtù non si caccia nei cantucci: come ogni cosa grande, ha bisogno di spazio libero. Sgombriamo l’ animo, perché esso resti completamente a sua disposizione. Seneca c.s. lettera 88
191
E’ evidente la differenza fra l’avarizia ed il denaro: l’una desidera e l’altro è desiderato (cum illa cupiat, haec concupiscatur)..... Lo stesso rapporto c’è fra la filosofia e la saggezza: quest’ultima è l’effetto e il premio di quella. La filosofia va verso la meta, la saggezza è la meta verso cui si va.….Resta la logica con le sue classificazioni: ogni discorso o è continuo o è formato da un dialogo fra chi interroga e chi risponde: il primo fu chiamato dai Greci retorica; il secondo, dialettica. La retorica ha cura delle parole nel loro significato, sia nell’ordine in cui sono disposte La dialettica si divide in due parti: i pensieri e le parole; cioè le idee che vengono espresse ed i vocaboli con cui vengono espresse.….Ben poche, di tante ostriche fatte venire così da lontano, scorreranno giù per codesto esofago insaziabile. Disgraziati! Non capite che la vostra avidità supera la capienza del vostro ventre? Seneca, Lettera 89 a Lucilio
Abitavano tranquilli sotto umili capanne; le canne costituivano il tetto di uomini liberi. Ora, sotto il marmo e l’oro, abita un popolo di schiavi.…Vuoi sapere a quali ricerche e a quali invenzioni si è dedicato il saggio? Anzitutto ha rivolto la sua indagine alla verità ed alla natura, che egli guarda non come gli altri animali, con occhi tardi a scorgere il soprannaturale. Poi ha ricercato la legge della vita nei rapporti con tutte le cose, insegnando non solo a conoscere gli dèi, ma anche a seguirne la volontà ed accettare gli eventi della vita come un loro comando.; …. Ma parlo di quella filosofia che non considera bene se non ciò che è onesto e non cede agli adescamenti degli uomini e della fortuna, e il cui pregio sta nel non lasciarsi corrompere per nessun prezzo. Seneca, Lettera 90 a Lucilio
Eleganter Demetrius noster solet dicere eodem loco sibi esse voces imperitorum quo ventre redditos crepitus. Il nostro Demetrio paragona con arguzia le parole degli ignoranti a quei rumori che escono dagli intestini. Seneca, Lettera 91 a Lucilio
… e mettiti fra coloro che sono torturati da una donna dopo aver tanto pregato per sposarla; o che si trovano male nelle ricchezze acquistate dopo immense fatiche; o che sono crucciati dagli onori ottenuti non senza astuzie e sacrifici; fra tutti quelli, insomma, che sono stati causa del loro male. Seneca, Lettera 95 a Lucilio
Quando diciamo che uno merita la lode, non intendiamo che gli uomini pronunzino a suo riguardo belle parole, ma lo giudicano favorevolmente.. Dunque, è lode anche quella di chi una opinione favorevole su un galantuomo e lo loda nel suo intimo, anche se non esprime il suo giudizio. La lode, ripeto, è nell’animo di chi la concepisce, non nelle parole, che servono solo a portarla a conoscenza di tutti. Un’opinione lusinghiera è una lode (…)Ecco, poi, la differenza fra il buon nome e la gloria: la gloria risulta del giudizio di molti; il buon nome da quello dei galantuomini. Seneca, Lettera 102 a Lucilio.
Si racconta che Socrate, poiché un tale si lamentava di non aver nessuna utilità dai viaggi, gli disse: “E’ naturale che sia così; tu viaggi in compagnia di te stesso”. Oh, quanto gioverebbe a talune persone se potessero allontanarsi da sé! In realtà sono oppresse da se stesse, si angustiano, si danneggiano, si sgomentano. Che giova attraversare i mari e andare di città in città? Se vuoi sfuggire ai mali che ti assillano, non devi andare in un altro luogo; devi essere un altro uomo Immagina di essere andato ad Atene o Rodi: scegli una città a tuo piacere. Che importa quali siano le usanze del luogo? Tu vi porti le tue. Se per te il denaro è un bene, sarai torturato dalla povertà peggiore di tutte, la povertà immaginaria. Infatti, per quanto denaro tu abbia, se qualcuno possiede più di te, crederai che sia stato tolto a te tutto quello che l’altro ha di più.( …..)Se sei saggio, concilia fra loro questi due sentimenti: non sperare senza disperazione; non disperare senza qualche speranza. Seneca, Lettera 104 a Lucilio
192
“Molte cose mancano all’indigente, ma all’avaro manca tutto”. “L’avaro, duro con tutti è intrattabile con tutti”. A tale versi quello spettatore, che è l’avarizia personificata, applaude e gode a vedere scherniti i suoi vizi. Seneca, Lettera 108 a Lucilio
Non possiamo lagnarci che di stessi: mentre la natura ci ha nascosto gli strumenti della nostra rovina per impedircene l’uso, noi li abbiamo portati alla luce. Abbiamo assoggettato l’anima al piacere, asservimento che è all’origine di tutti i mali; l’abbiamo abbandonata al desiderio di popolarità e di successo e a tutti gli altri idoli ugualmente vani e inconsistenti. Che cosa ti consiglierò dunque, in questo stato di cose? Niente di nuovo, poiché non si tratta di trovare rimedi per nuove malattie: innanzitutto devi distinguere da te il necessario dal superfluo. Il necessario ti si presenta dappertutto a portata di mano; mentre il superfluo richiede una ricerca incessante e faticosa. Non c’è motivo che tu ti vanti troppo di essere arrivato al disprezzo di letti dorati o di oggetti in pietra preziosa: che virtù c’è a disprezzare il superfluo? Potrai essere soddisfatto di te quando riuscirai a disprezzare il necessario. (…) Ti piace vedere imbanditi animali terrestri e marini; questi ultimi tanto più gustosi quanto più ti giungono freschi: gli altri, alimentati a lungo e ingrassati artificialmente, quasi si sciolgono per il grasso che non possono più contenere. Ma, per Bacco, queste vivande procurate con tante fatiche e servite con tante varietà di condimenti, una volta entrate nello stomaco, si confonderanno tutte in un amalgama immondo. Vuoi disprezzare ogni cibo ricercato? Guarda dove va a finire. Seneca, Lettera 110 a Lucilio
In realtà, Erasmo, più ancora che al rinnovamento della teologia, pure necessario e da perseguire, mirava piuttosto all’interiore rinnovamento spirituale di ogni cristiano: e, dunque, alla philosophia Christi che doveva essere la guida di una religiosità fondata sull’esempio del Cristo e sulla charitas paolina, semplice ed estranea alle pompe rituali e alle imponenti costruzioni dogmatiche. Di questa sua fede l’espressione più compiuta resta l’opera che lo designò come il riformatore che sperava di mutare le sorti della Chiesa, con la fiducia certo utopistica che le istituzioni ed i poteri ecclesiali fossero ancora riformabili ed accettassero i suoi consigli: l’ Enchiridion militis cristiani. Cesare Vasoli, Il Sole 3 sett. 2006-11-16 Dopo l’ Algeria delle tribù, appena percorsa, Tartarino di Tarascona conobbe allora un’altra Algeria, non meno grottesca e formidabile, l’ Algeria delle città, litigiosa ed avvocatesca. Conobbe il mestolo giudiziario che intruglia in fondo ai caffè, la bohème dei legulei, gli scartafacci che puzzano di assenzio, le cravatte bianche macchiettate di champoreau; conobbe gli usceri, i difensori, i galoppini, tutte quelle cavallette della carta bollata, affamate e magre, che ti mangiano il colono fino alla suola delle scarpe e te lo lasciano scartocciato come una pianta di granaturco. Alphonse Daudet, Le prodigiose avvenure di Tartarino di Tarascona, cap. VI
Amici miei non disprezziamo nessuno. Il disprezzo è l’arma degli arrampicatori sociali, dei vanesi, delle donne brutte e degli sciocchi, la maschera dietro cui si cela la nullità, qualche volta la viltà, e che dispensa dall’avere spirito, giudizio, bontà. Tutti i gobbi sono sprezzanti; tutti i nasi storti si arricciano e si sdegnano quando incontrano un naso dritto. Alphonse Daudet, Tartarino sulle Alpi, cap. I
193
A Ugo, soldato di Cristo e Maestro della Milizia di Cristo, Bernardo di Chiaravalle, abate solo di nome, augura di combattere una buon lotta. ……………….. Ho rimandato alquanto la risposta, non perché la richiesta sembrasse inaccettabile, ma perché il consenso non fosse condannato come superficiale e precipitoso se da imprudente avessi ritenuto di poter fare una cosa che si poteva far meglio, e se avessi reso per causa mia meno utile una cosa necessaria. S. Bernardi Clarae-Vallensisi, De laude nova milizia, in opera omnia
Abbandoniamo la città ma non con l’intenzione di ritornarvi (……) Bisogna sradicare i motivi di preoccupazione, spezzare gli uncini che ci trattengono, tagliare i ponti alle nostre spalle, affinché non rimanga speranza alcuna di fuggire e di ritornare. (….) Alzati, vieni, affrettati: abbandoniamo la città ai mercanti, agli avvocati, ai sensali, agli usurai, agli appaltatori, ai notai, ai medici: abbandoniamola ai profumieri, ai beccai, ai cuochi, ai fornai e ai salcicciai agli alchimisti, ai lavandai, ai fabbri, ai tessitori; abbandoniamola agli architetti, agli scultori, ai pittori, ai mimi, ai danzatori, ai musicanti, ai ciarlatani, ai mezzani, ai ladri, ai forestieri, agl’imbroglioni; abbandoniamola agli incantatori, agli adulteri, ai parassiti, agli scioperati mangioni che con l’olfatto sempre all’erta captano l’odore del mercato, e questa è la loro unica felicità, a questo anelano: chè sui monti non sentono l’odore di grasso, e privarsi delle cose cui sono abituati e che piacciono è per loro un supplizio. Lasciamoli stare, non sono della nostra razza. Lascia che i ricchi contino i loro denari, servendosi per questo dell’aiuto dell’artitmetica. F. Petrarca, De vita solitaria, II. XV, trad. di A. Bufano
Ascoltino, ripeto, tutti gli aristotelici, e giacché la Grecia è sorda alle nostre parole, ascoltino quelli che si trovano in tutt’Italia, in Francia e nella litigiosa Parigi, nella rumorosa strada della Paglia (rue du Fouarre, sede dell’ Università). Ho letto, se non erro, tutte le opere morali di Aristotele, certe altre le ho sentite esporre, e prima che fosse messa a nudo tutta la mia ignoranza, sembrava che ne capissi qualcosa. Da quelle opere me ne tornai forse più dotto, ma non migliore, come pur sarebbe stato conveniente, e spesso tra me, e talvolta anche con gli altri, mi lagno che nella realtà non si verifichi ciò che nel primo libro dell’Etica quel filosofo premette: che cioè egli vuole insegnare quella parte della filosofia non per aumentare il nostro sapere, ma per farci buoni. In realtà mi accorgo che egli ha definito con acutezza la virtù, e l’ha egregiamente suddivisa, trattando degli attributi che sono propri sia del vizio che della virtù. Dopo aver imparato tutto questo, io so un po più di quel che sapevo, ma l’animo è rimasto quello che era e la volontà è la medesima, e il medesimo sono io. In realtà altro è sapere e altro è amare; altro è comprendere e altro è volere. Egli insegna, non lo contesto, che cos’è la virtù; ma la sua lezione non possiede –o ne possiede pochissimi- quegli sproni, quei caldi appelli che spingono l’anima e la infiamma ad amare la virtù e ad aborrire il vizio. F. Petrarca, De suis ipsius et ultorum ignorantia, trad. di P.G. Ricci
C’è una cima più alta di tutte, che i montanari chiamano “il Figliuolo”; perché non so dirti: se non forse per ironia, come talora si fa: sembra infatti il padre di tutti i monti vicini. Sulla sua cima c’è un piccolo pianoro e qui, stanchi, riposammo. E dal momento che tu hai ascoltato gli affannosi pensieri, che mi sono saliti al cuore mentre salivo, ascolta, padre mio, anche il resto e spendi, ti prego, una sola delle tue ore e a leggere la mia avventura di un sol giorno. Dapprima colpito da quell’aria insolitamente leggera e da quello spettacolo grandioso, rimasi come istupidito. Mi volgo d’attorno: le nuvole mi erano sotto i piedi e già mi divennero meno incredibili l’ Athos e l’ Olimpo nel vedere con i miei occhi, su un monte meno celebrato, quanto avevo letto ed udito di essi. Volgo lo sguardo verso le regioni italiane, laddove più inclina il mio cuore; ed ecco le Alpi gelide e nevose, per le quali un giorno passò quel feroce nemico del nome di Roma rompendone, come dicono, le rocce con l’aceto, mi parvero, pur così lontane, vicine. Lo confesso: ho sospirato verso quel cielo d’Italia che scorgevo con l’anima più che con gli occhi e mi invase un desiderio bruciante di rivedere l’amico e la patria (…) Gioivo dei miei progressi, piangevo sulle mie imperfezioni, commiseravo la comune instabilità delle azioni umane; e già mi pareva di aver dimenticato il luogo dove mi trovavo ed il perché vi ero venuto, quando, lasciate queste riflessioni che altrove sarebbero state più opportune, mi volgo indietro, verso occidente, per
194
guardare ed ammirare ciò che ero venuto a vedere: m’ero accorto infatti, stupito, che era ormai tempo di levarsi, che già il sole declinava e l’ombra del monte s’allungava. I Pirenei che sono il luogo di confine fra la Spagna e la Francia, non si vedono di qui, e non credo per qualche ostacolo che vi si frapponga, ma solo per la debolezza della nostra vista; a destra, molto nitidamente, si scorgevano invece i monti della provincia di Lione, a sinistra il mare di Marsiglia e quello che batte Acque Morte, lontano alcuni giorni di cammino; quanto al Rodano, era sotto i nostri occhi. Mentre ammiravo questo spettacolo in ogni suo aspetto ed ora pensavo a cose terrene e ora, invece, come avevo fatto con il corpo, levavo più in alto l’anima, credetti giusto dare uno sguardo alle Confessioni di Sant’Agostino. ….. F. Petrarca, L’ascesa al Monte Ventoso, Lettere Famigliari, IV, 1, trad. di Ugo Dotti
La formula “riunirsi al proprio ka” per esprimere il concetto di morte ha portato gli egittologi a false interpretazioni su cui non è il caso di tornare. L’espressione significa semplicemente che, per intervento della morte, questa funzione vitale dell’individuo è stata interrotta, ed i riti hanno per l’appunto la funzione di renderla al legittimo detentore. La morte è la separazione fra il ka e l’uomo, vale a dire la privazione della forza vitale. Quest’ultima espressione è senza dubbio più idonea ad esprimere il concetto ka: è la vitalità di un essere, la sua facoltà di eseguire gli atti della vita. La parola è spesso usata al plurale per designare i cibi, che permettono di mantenere in vita il corpo. Una volta accettata questa definizione di ka, non deve stupire il fatto che anche gli dei lo posseggano, poiché la vitalità è una delle loro funzioni principali. Per gli dei tuttavia, esiste una differenziazione fra le varie manifestazioni di vitalità; vengono loro attribuiti fino a quattordici ka come la forza, la potenza, il dominio, l’alimentazione, l’onore, lo splendore, la fama, l’influenza, il comando, la capacità di vedere, la capacità di sentire, la conoscenza,, cercando di tradurre in questi termini, per quanto possibile, i rispettivi concetti egiziani. Mees D., Génie, ange set deons, sources orientales, Paris, 1971
L’assenza della sessualità fra queste manifestazioni di vitalità è spiegabile con il fatto che le sue funzioni riguardano più la specie che non l’individuo; per questo motivo gli egiziani le hanno accordato una posizione particolare rappresentandola con l’ ombra, se l’interpretazione proposta è corretta. Accanto ai quattordici ka divini, ne esistono quattro che esprimono il complesso delle gioie terrestri: beni in abbondanza, lunga vita, una bella sepoltura e una degna discendenza. Il ka ha dunque una doppia natura, a volte attiva, a volte passiva. Esso esprime la vita stessa , uno scambio di attività contro nutrimento. Ecco perché durante la vita il ka non può essere distinto da chi lo possiede. Dopo la morte, esso assume una importanza fondamentale, poiché deve esprimere la vitalità di cui il cadavere non da più nessun segno. Affermare che i morti hanno un ka significa in un certo senso negare la morte stessa. Philippe Derchain, professore Univ. Colonia
--Nessuno possiede tante arti quanto Apollo. Nel suo bagagliaio ci sono l’arciere e l’aedo, poiché l’arco è un suo bene, e il canto anche. A lui si richiamano profetesse ed indovini; e da Febo anche i medici conoscono la scienza di ritardare la morte. Febo noi lo invochiamo anche come pastore… Sui passi di Febo si traccia la cinta della città; Febo si diletta nella fondazione, e la sua mano ne costruisce le fondamenta— Callimaco, Inno ad Apollo, 40-55
Parlerò di lui, non lo dimenticherò, Apollo che colpisce lontano, i cui passi nella dimora di Zeus fanno tremare gli dei: tutti si alzano dai loro seggi al suo arrivo, quando tende il suo arco sfolgorante. Soltanto Latona rimane vicina a Zeus che ama la folgore, ella allenta la corda e chiude la faretra , poi, prendendo con le sue mani dalla robusta spalla del dio, va ad attaccare l’arco ad un chiodo d’oro, contro la colonna dov’è assiso suo padre; e conduce Apollo a prendere posto su un trono. Allora il padre offre il nettare a suo figlio e l’accoglie con una coppa d’oro; in seguito le altre divinità si
195
siedono; in quel momento la nobile Latona è felice di aver partorito un figlio robusto che sa portare l’arco . Callimaco, Inno ad Apollo, 1-9
Scuotitore della terra, tu diresti che la mia mente è insana se ingaggiassi una guerra contro di te per dei poveri umani, simili alle foglie, che ora vivono in pieno fulgore, mangiando il frutto della terra, ora si consumano e cadono come un nulla… Omero, Iliade XXI, 462-6
Se l’intelligenza di Atena è tecnica, la tecné di Dedalo è concettuale. Anche Monosse per provare l’artigiano, non propone una prova manuale, ma un test di capacità intellettuale. E’ forse per questo motivo che la civiltà greca risolve una delle maggiori sue contraddizioni. Essa è essenzialmente la civiltà dell’artigiano, la maggior parte delle sue creazioni sono opera di coloro che Omero chiama “demiurghi”, ma gli accorda solo un posto subalterno nella società, sul piano delle riflessione teorica, essa sottovaluta il lavoratore manuale. Tuttavia, diventando eroe della leggenda, l’artigiano si riabilita grazie alla propria métis. Francois Frontisi, College de France
-----------------------------------------------------------------------------------------Altrove appaiono le immagini della Roma nascente: il Lupercale ed Enea che sta per offrire sacrifici ai Penati, altrove ancora la dea Roma e Tellus che tiene fra le braccia due bambini, circondata da due Horae. Così, tutto tendeva, attraverso il tramite di una arte greca romanizzata, a celebrare la maestà romana: tutta la società romana era presente, dal fondatore Enea fino al rappresentante della dinastia Giulia, poiché Augusto attirava tutti gli sguardi come garanzia ed auspicio di prosperità. In effetti i romani dovevano alla Pace, o meglio alla Pace Augusta, la loro prosperità: e ad Augusto essi esprimevano la loro gratitudine, come il poeta che, circa alla stessa epoca, così si rivolgeva al principe: Lucem redde tuae, dux bone, patriae (Orazio, Odi, 4, 5, 5)
II) Il clero gallico Scomparso quasi completamente in conseguenza alla romanizzazione della Gallia, il clero gallico ci è noto attraverso testi insufficienti e talvolta fra loro in contraddizione. I druidi sono attestati solo in Gallia e in Gran Bretagna (così come, solo attraverso le loro sopravvivenze, in Irlanda). Questo nome celtico può essere spiegato in due modi: “i sapientissimi”, i “sacerdoti (?) della quercia”. Si tratta della classe superiore del clero, organizzata in una sorta di confraternita con potere giudiziario e con una importantissima funzione civile: responsabili in particolare dell’educazione dei figli dell’aristocrazia, detentori dei segreti della scienza e probabilmente del calendario, consiglieri dei re e poi degli oligarchi, avevano quasi certamente, grazie alle tradizionali relazioni con i confratelli insulari, un’influenza e un ruolo nei vari paesi celtici, di cui erano anche ambasciatori. In Gallia presiedevano ai sacrifici umani. Al di sotto e a fianco dei druidi, senza che sia possibile stabilire una gerarchia certa, si conoscono altre tre categorie di personaggi che avevano più o meno a che fare con la religione. Gli uates (termine gallico, corrispondente a quello latino di “vati” sono responsabili della divinazione e sono quindi investiti di grande potere, tanto più che certi autori attribuiscono loro le stesse caratteristiche religiose dei druidi e la conoscenza della “fisica”. I bardi sono i poeti ufficiali, autori, cantori e recitatori di inni e testi epici; conoscono con precisione e probabilmente vengono aggiornati gli alberi genealogici delle famiglie principesche. I druidi avevano pure i loro bardi, così come i principi e i capi in guerra. Più direttamente incaricato del servizio al culto, se il suo nome fa fede, è l’ antistes templi presso i galli boi italiani, o i gutuater “padre della preghiera”, uno dei subalterni (non se ne conoscono altri) nel clero gallico e gallo-romano. Infine, esistevano delle streghe o sacerdotesse, in particolare in un’isola della
196
Loira e nell’isola di Sein. Sotto l’impero romano sopravvivranno delle druidesse, che predicevano la buona e la cattiva sorte.
III) I sacrifici Di alcuni sacrifici praticati nella Gallia preromana, siamo informati da testi latini e greci e da qualche monumento od oggetto figurato. Sono quasi tutti sacrifici umani, che i romani rimproveravano con energia ai Galli e che Tiberio ( 1437) proibì ufficialmente. Sono parimenti attestati nell’isola di Bretagna, nella seconda età del I sec. (Tacito, Annali XIV, 29-30; Dione Cassio, LXII, 9 e 11). Cesare menziona i seguenti sacrifici: a Marte i galli “offrono all’inizio di una battaglia, tutto ciò che avranno conquistato; una volta vincitori, immolano il bottino vivo e stipano il resto in un luogo”. (De bello Gallico, VI, 17). Tra i galli si vedono quelli che son colpiti da gravi malattie, quelli che vivono tra battaglie e pericoli, immolare o fare voto di immolare esseri umani a guisa di vittime. Ricorrono, per questi sacrifici, al ministero dei druidi. Pensano che soltanto riscattando la vita di un uomo con quella di un altro sia possibile placare gli dei immortali; alcuni sacrifici di questo tipo sono di istituzione pubblica. Certi popoli hanno enormi manichini fatti di vimini intrecciati che riempiono di uomini vivi. Poi si appicca il fuoco e gli uomini periscono fra le fiamme. (Ibidem VI, 16). Lucano, all’epoca di Nerone (Farsaglia I, 444-446) ricorda “coloro (fra i popoli della Gallia) che soddisfano con sangue detestabile il feroce Teutates, il ripugnante Esus sui suoi crudeli roghi, e Taransi dagli altari non meno inumani di quello della Diana scitica”. Si tratta di tre dei fra i più importanti della Gallia, scelti per le loro richieste sanguinarie.
IV I cerimoniali dei culti divini. I galli, dice Posidonio (Ateneo IV, 36), pregano i loro dei prosternandosi e girandosi verso destra. Olino il Vecchio descrive la raccolta di vischio di quercia così come la praticavano i druidi (prima della loro soppressione da parte di Tiberio). “Essi preparano secondo i riti, ai piedi dell’albero, un festino religioso e portano due tori bianchi le cui corna sono legate, in quel momento, per la prima volta. Un sacerdote, vestito di bianco, sale sull’albero, taglia il vischio con un falcetto d’oro e lo prende sopra un saio bianco. Immolano poi le vittime….” (Plinio, Storia naturale XVI, 95, 250-1). Sempre Plinio fa riferimento anche alle precauzioni da prendere per la raccolta del selago (felce?) e del saolus (primulacee= pianta spontanea in zona umida. Erbacee perenni con fiori bianchi); l’uno con la mano destra passata nell’apertura sinistra della tunica, l’altro con la mano sinistra e a digiuno. Il calendario gallico, così come lo conosciamo, inciso su bronzo dalla tavola di Coligny (Ain), che risale al massimo al primo sec. d.C., era lunisolare: lunare (i celti calcolavano il tempo, come dice Cesare, per notti, non per giorni) ma adattato al ciclo solare con intercalazioni. …. La divinazione è attestata presso i galli: dal volo degli uccelli e dalle interiora delle vittime, così come presso altri popoli, ma anche dal modo in cui cadeva il corpo della vittima, durante i sacrifici umani, dalle sue convulsioni e dal colare del suo sangue (Diodoro V, 31, 3 e Strabone IV, 4). All’epoca dell’indipendenza gallica i luoghi di culto erano ancora, spesso, all’aperto. Lucano, un secolo dopo la conquista, fornirà qualche precisazione a posteriori su queste radure sacre: c’era vicino a Marsiglia “un bosco sacro che, da tempi remoti, non era mai stato profanato e che circondava con i suoi rami intricati un’area tenebrosa e ombre gelide, impenetrabili al sole (…) Un’acqua abbondante cade da fonti nere e tristi, statue informi di dei si innalzano sui tronchi tagliati (…) La popolazione non si avvicina a questo luogo per esercitarvi il proprio rito: lo hanno ceduto agli dei. Questa foresta, foltissima, si trovava in mezzo a montagne spoglie (Farsaglia III, 399-428). Paul-Marie Duval, Univ. Clermond-Ferrand, prof. al Collége de France
Claude Lévi-Strauss dice che nulla è simile all’ideologia più del mito quando diventa politica.
197
Questa testimonianza da parte degli dei sulle proprie imprese è al centro dei commentari di Evemero nel Sacro Racconto ( hierà anagraphé) titolo accorto, dove il sostantivo ricorda che si tratta principalmente di una “iscrizione”. Nulla è sopravvissuto dell’opera, ma alcuni autori greci , soprattutto Diodoro Siculo, ne parlano. Inoltre, il poeta romano Ennio la tradusse (o la adattò) in latino, e il cristiano Lattanzio ha conservato frammenti di questa traduzione, il cui titolo era probabilmente Sacra Historia. Tanto basta per farci un’idea sommaria della teologia di Evemero. L’idea dominante è collegata con l’iscrizione del tempio di Zeus; si tratta del fatto che gli dei della mitologia sarebbero stati all’origine degli uomini, divinizzati post mortem come riconoscimento degli eminenti servigi resi all’umanità. Come dice ancora Lattanzio ( De ira dei II, 7-8) = testim. XV N = testim. 5 V) “E’ fuor di dubbio che tutti coloro i quali sono oggetto di culto in qualità di dei furono un tempo uomini, e che i primi e più importanti di essi furono re; che tuttavia in ragione del coraggio con cui avevano bene servito il genere umano furono gratificati di onori divini dopo la loro morte; ovvero che in seguito ai benefici e alle invenzioni di cui avevano abbellito la vita degli uomini, si assicurarono un ricordo perpetuo: chi può ignorarlo? (…) Depositari di questi insegnamenti sono soprattutto Evemero e il nostro Ennio”. Jean Pépin, direttore di ricerche presso il Centre National de la ricerche scientifique
A proposito di Dioniso. La vittima sacrificale, prelevata fra animali domestici e messa a morte senza apparente violenza, dopo aver ottenuto il suo consenso, viene divisa in due: le ossa e il grasso, affidate alle fiamme, vengono consumati con aromi per gli Immortali che non conoscono né la fame né la morte, e si nutrono di profumi ed aromi, mentre gli uomini, votati alla morte, ed alla voracità, si spartiscono le viscere cotte allo spiedo e i pezzetti di carne sanguinolenta bolliti nel paiolo. Mentre gli animali selvatici si divorano fra di loro sconsideratamente, gli uomini, carnivori e capaci di padroneggiare il fuoco, misurano, in ogni occasione di sacrificio di tale tipo, la distanza che li separa dalle potenze divine nel momento stesso in cui si stabilisce la comunicazione con esse. Marcel Detienne, dirett. Ricerche Ecole des Hautes Etudes
E’ anche ciò che ha voluto inferire Ermete nella sua Tavola di Smeraldo: quod est inferius, est sicut quod est superius; et converso ad perpetrando miraculose rei unius. E Rabbi Josepf, figlio di Carnitol, nelle sue Porte della Giustizia (Cant. VII, 5) : “il fondamento di tutti gli edifici inferiori è fissato là in alto; e il tetto o vertice quaggiù, come un albero capovolto. Sicché l’uomo non è che un albero spirituale piantato nel paradiso delle delizie, che è la terra dei viventi, tramite le radici dei capelli secondo quello che è scritto nei Cantici, 7 “ Comae capitis tui sicut purpura Regis iuncta canalibus”. Francois Secret, dir. Ecole pratique des Hautes Etudes Con Aristofane e Socrate, gli elogi di Eros assumono tutto un altro carattere. Mentre i quattro discorsi appena ricordati si inseriscono in un processo di interpretazione e quindi di trasformazione degli insegnamenti della teologia tradizionale su Eros, i due elogi pronunciati da questi personaggi ci fanno penetrare in campi religiosi abbastanza diversi. Anzi, non soltanto la base teologica, ma anche la composizione letteraria del discorso di Aristofane ( Convito, 189a, 193d) si distinguono da quella degli altri discorsi del Convito. Infatti Aristofane, invece di descrivere la natura di Eros, mostrando poi quali benefici derivino da siffatta natura, vuol piuttosto rivelare la potenza del dio, l’unico in grado di snidare quel male la cui guarigione costituisce per la specie umana la massima felicità. A tale scopo, egli descrive lo stato anteriore della specie umana e spiega l’origine di questo male che la affligge. Ecco dunque com’era, secondo Aristofane, l’antica natura umana per quanto riguarda il sesso, la forma, l’origine. L’antica natura umana comprendeva tre generi: il maschio, l’androgino, la femmina. In realtà ciascuno di questi esseri umani, che avevano forma ovoidale, era doppio. Aveva quattro mani, quattro piedi, quattro visi disposti uno dalla parte opposta dell’altra e, soprattutto, due sessi su quella che attualmente costituisce la parte posteriore dell’essere umano. Nel caso del maschio, questi due sessi erano maschili, in quello della femmina erano femminili. Del resto l’aspetto circolare di questi esseri indicava la loro origine: il maschio era un rampollo del sole; la femmina della terra e l’androgino della luna, che si trova in una posizione intermedia fra il sole –in rapporto al quale è una specie di terra- e la terra, in rapporto alla quale è una specie di sole. Sfortunatamente questi esseri umani si rivoltarono contro gli dei, alla maniera dei Giganti Efialte e Oto, che vollero scalare il cielo. Così, per castigarli, Zeus decide di tagliarli a metà, come si taglia un uovo con il filo. Fatto ciò Zeus si rivolge ad Apollo perché suturi la ferita aperta di cui l’ombelico costituisce attualmente l’ultima cicatrice. Questo castigo, tuttavia, porta il genere umano direttamente alla sua rovina. Infatti ogni metà cerca di ritrovare la sua metà complementare con un tale ardore e una tale costanza che si lascia morire di sfinimento. Ecco perché Zeus interviene nuovamente, trasportando il sesso delle due metà sulla loro parte anteriore. In tal modo si rende possibile una
198
unione sessuale intermittente che, permettendo ad ogni essere umano di ritrovare la propria metà complementare, gli lascerà il tempo di attendere a cure differenti, soprattutto quelle, assolutamente essenziali, che costituiscono la nutrizione e la riproduzione. Luc Brisson, Centre National Recherche scientifique
ESUS. Dio gallico, il cui nome è iscritto e la cui immagine é scolpita a bassorilievo su una delle facce del pilastro dedicato a Giove dai Nautae Parisiaci, i barcaioli di Leteia, la città dei Parisii, sotto Tiberio (14-37). Il dio, con un vestito corto da lavoro, sta per abbattere un albero con una roncola dalla larga lama; un grosso ramo, già quasi del tutto staccato dal tronco, pende verso terra. Sul pannello seguente, è rappresentato, dietro un grosso albero, il Tauros Trigaranus, il Toro dalle tre gru, con questi uccelli sulla groppa.. Su una stele gallo-romana rinvenuta a Treviri, i due episodi sono sono fusi in uno solo. (…) Il nome di Esus, celtico e non latinizzato, è di etimologia incerta. E’ imparentato a un nome indoeuropeo del divino, esisar-, che significa il dio (?). O al latino Herus “il padrone, il buon padrone”? La radice era diffusa, in tutti i casi, nell’onomastica celtica d’occidente. Etnici e toponimi: gli Esuvii, popolo della gallia occidentale, secondo Cesare; Aesica, stazione del limes in Gran Bretagna; gli Esubiani, popolo delle Alpi Marittime. (…) (da cui Vésubie ?) Czarnowski S. L’arbre d’Esus, le taureau aux trois grues et les cultes de voies d’eau, Revue Celtique, 42, 1925
Quicquid facies, respice ad mortem. Qualunque sia la cosa che fai, volgi il pensiero alla morte.
An dives omnes quaerimus, nemo an bonus. Non quare et unde, qui habeas tantum rogant. Ubique tanti quisque, quantum habuit, fuit. Quid habere nobis turpe sit quaeris? Nihil.
Tutti vogliono sapere se uno é ricco, nessuno se é onesto. Si chiede solo quanti siano i suoi possessi e non già perché e come li ha ottenuti. Da per tutto l’uomo vale quanto possiede. Vuoi sapere quale possesso per noi è vergognoso? Nulla. Euripide, tragedie
Un malinteso principio di cooperazione aveva stabilito che a ben condire l’insalata ci vuole un avaro per l’aceto, un giusto per il sale e uno strambo per l’olio (si sapeva che olio, aceto, pepe e sale fan saporito pure uno stivale)…L’avaro è come il porco, è buono dopo morto. Alla fine si rinunciava di solito a condire l’insalata perché intanto la fame è il miglior condimento. … Inoltre si sapeva che un po di vino lo stomaco assesta ma il troppo rovina stomaco e testa, che il vino rende lieti ma fa svelare i segreti e che disgrazie ed osteria fanno la stessa via, e quindi si evitavano gli incontri conviviali. … Quando avevano la sventura di sposare un marito amorevole erano sottoposte a continue punizioni corporali perché chi ama bene castiga bene ( (amor senza baruffa fa la muffa), e le nubili non potevano neanche sperare di trovare un marito anziano meno focoso perché se ai sessanta sei vicino lascia le donne e scegli il vino. …Come saggiamente commenta l’autore anonimo di questo libello, nel criticare l’eccessiva fiducia nei proverbi, la saggezza del passato non nutre l’affamato, tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, e il troppo stroppia. Il Legislatore pensava che da cosa nascesse cosa, ma dal frutto si conosce l’albero e tutti i nodi vengono al pettine Se tutto è bene quel che finisce bene, e chi la dura la vince, è di converso male quel che finisce male e chi è causa del suo male pianga se stesso perché chi nasce afflitto muore sconsolato, chi semina sulla sabbia raccoglie solo rabbia e chi semina vento raccoglie tempesta. Un bel giorno dura poco. … Averlo saputo prima, che ogni legno ha il suo tarlo e ogni medaglia il suo rovescio. Ma del
199
senno di poi sono piene le fosse e finché l’uomo ha i denti in bocca non sa mai cosa gli tocca.. … E questo vale anche per l’anonimo del tempo che fu. … Chi muore giace e chi vive si da pace. Io ho riferito quello che ho letto, e ambasciator non porta pena. U. Eco, Vivere secondo i proverbi, La Repubblica 20 dic. 2006
E’ ragionevole che ogni famiglia, anche modesta, aspiri al possesso della radio, che la tiene in contatto con il mondo, che consente audizioni musicali elevatrici, con minimo costo e senza danno per l’adempimento dei doveri famigliari. Ma la radio fu altresì frutto della rabbia sentita del demonio che è in noi contro lo spirito di critica il quale conduce gli uomini a ribellarsi contro la ripetizione, contro l’ordinario, contro ciò che tutti dicono e pensano; e quel giorno l’uomodemonio inventò questo che può diventare strumento perfettissimo di rimbecillimento dell’umanità quando cada in mano a chi se ne serva a scopo di propaganda. Propaganda orale e vocale , insinuante, quotidiana, mille volte più efficace della propaganda scritta o stampata. … Il passaggio dalla radio che allieta ed istruisce e fa dimenticare i dolori, alla radio che è causa di rimbecillimento della umanità è graduale. Chi sa premunirsi dall’andare oltre il punto critico dell’uso della radio? Luigi Einaudi, Lezioni di politica sociale, Einaudi 1964, pag. 312
Quando le ricchezze non sono che il frutto della conquista, quando non è il sudore dell’agricoltore, dell’artiere, del mercadante, che le richiama, le ricchezze debbono necessariamente corrompere i popoli, fomentare l’ozio ed accelerare la rovina delle nazioni… Le ricchezze esorbitanti di alcuni cittadini, e l’ozio di alcuni altri suppongono l’infelicità e la miseria della maggior parte. Questa parzialità civile è contraria al bene pubblico. Uno Stato non si può dire ricco e felice che in un solo caso, allorché ogni cittadino con un lavoro discreto di alcune ore può comodamente supplire ai suoi bisogni ed a quelli della sua famiglia. (Filangeri Gaetano 1752-1788)
Più volte nell’opera di Genovesi troviamo affermazioni, circa il ruolo della virtù, di esplicito sapore aristotelico: “Niuno uomo potrebbe operare altrimenti che per la sua felicità: sarebbe un uomo meno uomo” Luigino Bruni, L’economia la felicità gli altri, ed. Città Nuova, 2004
I “Beni Relazionali” In quanto segue vorrei delineare una possibile spiegazione del paradosso della felicità ricorrendo al concetto di bene relazionale. Questa categoria è stata introdotta dal dibattito teorico quasi contemporanea da parte di quattro autori, la filosofa Martha Nussbann (1985), il sociologo Pierpaolo Donati (1986) e gli economisti Benedetto Gui (1987) e Carole Uhlaner (1989). Gui definiva i beni relazionali “biens, non materiels, qui ne sont pas cepedant pas des services qui se consomment individuellement, mais sont liés aux relations impersonnelles (…) bien que nous pourrions définir “rélationnels””. (…) Alla luce del discorso appena fatto, e senza pretendere di conciliare le diverse posizioni sui beni relazionali che abbiamo appena esposte, individuerei le caratteristiche-base di un bene relazionale nelle seguenti:
1. Identità: l’identità delle singole persone coinvolte è un ingrediente fondamentale (…) 200
2. Reciprocità: perché beni fatti di relazione essi possono essere goduti solo nella reciprocità; sono beni di reciprocità (…)
3. Simultaneità: a differenza dei normali beni di mercato, siano essi privati o pubblici, dove la produzione è tecnicamente e logicamente distinta dal consumo, i beni relazionali si producano e si consumano simultaneamente. (…)
4. Motivazioni: nelle relazioni di reciprocità genuine la motivazione che è dietro il comportamento è una componente essenziale. (…)
5. Fatto emergente: il bene relazionale “emerge” all’interno di una relazione. (…) 6. Gratuità: una caratteristica sintetica dei beni relazionali è la gratuità, nel senso che il bene relazionale è tale se la relazione non è “usata” per altro, se è vissuta in quanto bene in sé, se nasce da motivazioni intrinseche. (…)
7. Bene: infine, un altro modo sintetico per dire cosa sia un bene relazionale è insistere sul sostantivo: esso è un bene e non una merce, ha cioè un valore (perché soddisfa un bisogno) ma non ha un prezzo di mercato in quanto gratuito. Luigino Bruni, Felicità e libertà, Guerini ed. , 2006
---Il “misticismo” è il tentativo di raggiungere una comunicazione diretta con la divinità e di avere un’intuizione immediata del trascendente: esso è dunque un atteggiamento personale e soggettivo, basato su di un’esperienza interna. Da un punto di vista linguistico “misticismo” deriva da iniziato ed ha la stessa radice di mistero e mistificazione. I tre concetti condividono i caratteri dell’oscurità, dell'enigmaticità e dell’inesplicabilità, che hanno storicamente opposto la via mistica a quella razionale, sia in Oriente che in Occidente. Da un punto di vista psicologico l’esperienza del trascendente si configura come una negazione del mondo esterno e un’uscita da esso mediante un illusorio appagamento di desideri primordiali. L’esperienza del trascendente è dunque tipica di coloro che hanno un senso della realtà poco sviluppato e mostrano invece un esagerato interesse per la propria soggettività: in una parola, l’adolescente é lo psicotico. Sia questi che il mistico non disdegnano l’uso di tecniche ausiliare che mirano a raggiungere l’uscita dal mondo con altri mezzi, quali la droga e il sesso (basta ricordare, a questo proposito, il soma vedico o la manna ebraica e le pratiche tantriche). Da un punto di vista fisiologico, lo scopo ultimo del misticismo è il raggiungimento dell’estasi: il misticismo è dunque una sublimazione della libido e del principio di piacere, coinvolge il sistema viscerale e l’ Es, produce gioia e letterali orgasmi, e si può considerare come la fase fallica della religione. La “ritualità” è il tentativo di ottenere un controllo del naturale attraverso il soprannaturale, mediante tecniche mirate ad ingraziarsi le forze spirituali che si immaginano preposte al funzionamento del mondo. Essa è una forma di superstizione, che differisce dalla magia soltanto perché non cerca di controllare gli eventi naturali in maniera diretta e si affida invece ad intermediari spirituali. Da un punto di vista psicologico l’attività rituale si configura come una rimozione del mondo interno, attraverso la ripetizione di azioni formali e stereotipate. Essa è dunque tipica di coloro che hanno un senso della realtà troppo sviluppato, a scapito della propria soggettività: in una parola, l’uomo maturo e il nevrotico. Anzi, ritualità e nevrosi ossessiva non sono che due facce di una stessa medaglia: per dirla con Freud, la ritualità religiosa è la manifestazione di una nevrosi collettiva, e la nevrosi individuale è l’espressione rituale di una religione personale. Da un punto di vista fisiologico la ritualità si estrinseca attraverso la coazione a ripetere, si manifesta come una disfunzione dell’attività, coinvolge il sistema muscolare e l’ Io, produce ansia e sensi di colpa, e si può considerare come la fase anale della religione. Piergiorgio Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza, ed. Einaudi,1999 (nota mia: costui farebbe bene a parlare di cose che conosce, non di concetti scopiazzati da vari ambiti culturali; che sia un bravo matematico non sono in grado di giudicare, ma per il resto piscia un po' troppo lungo, è un novello enciclopedico)
201
Le verità superficiali sono quelle la cui negazione è contraddittoria; le verità profonde quelle la cui negazione è ancora una verità. Bohr Niels, fisico danese, 1885-1962
Attribuito alla “terza via” elaborata da Norberto Bobbio :a destra c’è l’errore del liberalismo agnostico o conservatore, che porta alla libertà senza giustizia. A sinistra c’è l’errore del collettivismo autoritario, che porta alla giustizia senza libertà. Ralf Dahrenforf, Erasmiani, Laterza, 2007
Bisogna vivere come si pensa, per non finire a pensare come si è vissuto
Il pensiero è una freccia, il sentimento un cerchio.
Paul Bourget (1852-1935) Il tribuno
Marina Cvetaeva, 1892-1941
Psalmus 61,13 Qiua tu reddes uniquique juxta sua. Perché tu renderai a ciascuno secondo le sue opere
Si tratta di ciò che Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, teorizzatore della complessità, definisce il “quadrimotore” che spinge il “vascello spaziale della Terra”: quattro motori connessi gli uni agli altri che conducono una “marcia cieca e sempre più accelerata”. Si tratta di scienza, tecnica, industria, ed economia capitalista. E’ un quadrimotore invasivo e pervasivo che non si è fermato al manufatto e ai beni di consumo, ma è entrato come fattore culturale nella vita quotidiana degli uomini. Il quadrimotore ha imposto una specie di regime totalitario dove la tecnica e l’economia prendono il sopravvento. … Carlo Petrini, Buono, pulito e giusto. Struzzi Einaudi, 2007
La salute è la vita nel silenzio degli organi: lo stato di salute corrisponde ad una sorta di inconsapevolezza.
Amiamo la tua pace, non la tua maschera. Non è bello il tuo volto di guerriero. Sei bella e immensa, o Nord America! Vieni da umile culla, come una lavandaia, lungo i tuoi fiumi, bianca. Radicata, incompresa, la dolcezza è la tua pace di favo.
Pablo Neruda, Poesie, 1965
202
Quadretto domestico.
La madre fa la calzetta Il figlio fa la guerra Trova tutto ciò naturale la madre E il padre cosa fa il padre? Fa affari lui Sua moglie fa la calzetta Suo figlio la guerra Lui affari Trova tutto ciò naturale il padre E il figlio e il figlio Cosa trova mai il figlio? Non trova nulla assolutamente nulla il figlio Il figlio sua madre fa la calzetta suo padre affari lui la guerra Quando avrà finito la guerra Farà affari con il padre La guerra continua la madre continua fa la calzetta lei Il padre continua gli affari lui Il figlio resta ucciso non continua più Padre e madre si recano al cimitero Trovano tutto ciò naturale padre e madre La vita continua con la calzetta la guerra gli affari Gli affari la guerra la calzetta la guerra Gli affari la guerra la calzetta la guerra Gli affari gli affari gli affari La vita e il figlio sottoterra.
Jacques Prévert
203
Giustizia distributiva
Il sovrano Ha bisogni di cento milioni per la prossima guerriciola e pretende dal Gran Consiglio duecentoventi milioni per difendere la pace a sud
Ma i suoi consiglieri Lo conoscono benissimo E gli dimostrano Che la sua difesa della pace è guerra E per punirlo Autorizzano solo una spesa Di cento milioni E non un soldo in piÚ .
Erich Fried, E quel che è, 1988
Epigrafe
I pini mercenari del vivaio Sono cresciuti fronzuti e generosi
204
Sopra la fossa Dei quarantacinque fucilati.
Non stele non marmo non bronzo Vale questo pomposo Delubro di verde tedesco Sotto il sole mediterraneo.
Sandro Sinigaglia, La camera gurgandina., 1979
Cartolina postale
Ti scrivo da sotto la tenda Sul finire di un giorno d’estate Moritura abbagliante Nel pallore celeste La vampa di una cannonata Si dissolve prima di essere stata.
Guillaume Apollinaire
La “ opinione pubblica” è la più viziosa delle prostitute.
Honoré de Balzac
Il qualcosa che non va è il conformismo diffuso, l’ovvio dei popoli, il velluto di ipocrisia collettiva che sembra avere coperto con una specie di indiscusso canone artistico, intellettuale e spettacolare l’ Italia contemporanea, in ragione della quale tutti sono d’accordo con tutti, e nessuno obietta mai niente. E’ il regime ferreo degli infallibili, che inibisce qualsiasi critica. In privato si parla male di tutti, e si fanno sghignazzate sui grandi capolavori che vengono proposti dai mass media e sui protagonisti santificati dallo stereotipo; in pubblico, e cioè sui mass media e nelle occasioni ufficiali, ci si guarda bene dall’incrinare anche solo con un graffio il luogo comune e l’oleografia. Edmondo Berselli, Venerati Maestri, ed. Mondatori, 2006
Se i fatti dicono il contrario, allora bisogna alterare i fatti. Così la storia si riscrive di continuo. Questa quotidiana falsificazione del passato, intrapresa e condotta dal Ministero della Verità, è necessaria alla stabilità del regime.
205
George Orwell, 1984, (1903-1950)
La vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità.
“En Italie il n’y a d’honnetes que le statues” incipit di Roma Andalusa di
Francois-Réné de Chateaubriand
Luigi Olivero, ed. ? , 1942
(Mario Rigoni Stern:) “Allora capisco il mio limite. Conoscerlo è fondamentale per un uomo. E il limite appare sempre di primavera. La primavera ha un odore preciso, definito, umido, fresco, vitale. Quel profumo ti promette che la vita continua anche se tu te ne vai; e questo è meraviglioso” Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti, ed. Feltrinelli, 2007
IL VANGELO DI FILIPPO 1- Un Ebreo crea un Ebreo, e questo è chiamato “proselito”. Ma un proselito non crea un proselito. (Coloro che sono nella) Verità sono come quelli e creano degli altri; (ai secondi invece) è sufficiente entrare nell’esistenza. 2- Lo schiavo aspira soltanto ad essere libero, ma non aspira alle ricchezze del padrone. Il figlio invece non è soltanto figlio, ma si attribuisce l’eredita del padre . 3- Coloro che ereditano da un morto sono essi stessi morti ed ereditano cose morte. Coloro che ereditano da chi è vivo sono essi stessi vivi ed ereditano le cose vive e le cose morte. Coloro che sono morti non ereditano nulla. Come potrebbe, infatti, ereditare un morto? Ma se colui che è morto eredita da chi è vivo, egli non morirà; anzi, il morto vivrà di nuovo. 16- Gli arconti pensavano che fosse per la loro potenza e la loro volontà che gli uomini facevano tutto ciò che facevano, ma lo Spirito Santo preparava per essi ogni cosa in segreto, come egli voleva. Fu seminata dappertutto la Verità, quella che esiste sin dal principio, e molti la videro mentre era seminata, ma pochi sono quelli che la vedono quando viene raccolta. 22- Nessuno nasconde un oggetto prezioso in un recipiente di grande valore, ma spesso tesori incalcolabili sono posti in un recipiente del valore di un asse. Così è per l’anima: essa è un oggetto prezioso ed è venuta a trovarsi in un corpo spregevole. 51- I vasi di vetro e i vasi di terracotta sono fabbricati per mezzo del fuoco. Ma i vasi di vetro, se si rompono, vengono modellati di nuovo, perché provengono da un soffio. I vasi di terracotta, se si rompono, vengono distrutti, perché essi sono prodotti senza soffio. 52- Un asino che girava una macina fece cento miglia, camminando. Quando fu slegato trovò che era nello stesso posto. Ci sono uomini che camminano molto e non avanzano affatto. Quando è venuta la loro sera, essi non hanno visto né città, né villaggio, né creatura, né natura, e potenza e angelo.. Invano , i miseri, si sono travagliati. 56- Un cieco e un uomo che vede, quando sono tutti e due nelle tenebre, non sono differenti l’uno dall’altro. A quando viene la luce, allora quello che vede vedrà la luce e quello che è cieco rimarrà nelle tenebre. Marcello Crateri, Vangelo di Filippo,I vangelo gnostici, Einaudi, 2006
206
----------------------------------------------------------------------------
Regola benedettina del silenzio: il nono gradino dell’umiltà: l’uomo che parla molto, cammina senza direzione sulla terra.
Carmina non dant panem
La tragedia è conflitto fra legge e comandamento morale, i quali, come ha sottolineato Gustavo Zagrebelsky, hanno entrambi un loro valore. Ma l’ Antigone è la tragedia, perennemente attuale, del dovere di scegliere tra questi valori, con tutte le difficoltà, gli errori ed anche le colpe di questa scelta che nelle singole circostanze storiche, implica. La legge positiva, di per sé, non è legittima, neanche quando nasce da un ordinamento democratico o dal sentimento e dalla volontà di una maggioranza, se calpesta la morale; per esempio una legge razziale, che sancisca lo sterminio di un gruppo di persone, non diventa giusta, neanche se viene espressa democraticamente da una maggioranza in un parlamento regolarmente eletto, cosa che potrebbe accadere o è accaduta. Claudio Magris, The Fair of Tolerence, 2001
VOTO POLITICO ESPRESSO CON UNO STRUMENTO TELEMATICO
Partendo dal presupposto che ad oggi ogni Cittadino è dotato di almeno una carta magnetica a scelta tra quella sanitaria , quella fiscale o quella di autorizzazione alla guida dei veicoli, lo scrivente ha concepito un progetto informatico integrato ai fini dell’espletamento delle periodiche consultazioni elettorali. Tale progetto si realizza rendendo compatibili tali supporti con un browser del Comune di residenza il quale certifica il “diritto di voto”. A tale scopo sarà cura del competente ufficio del Comune a fornire all’Elettore un mot de passe in busta sigillata. Qualsiasi PC dotato di lettore di carta magnetica (costo commerciale inferiore ai 20 euro), all’introduzione della scheda e previo riconoscimento dei dati segreti del mot de passe, farà apparire sul video l’elenco dei partiti o gruppi politici iscritti nelle opportune liste elettorali. Si può esprimere il voto selezionando una lista per cui conseguentemente apparirà a video la distinta dei singoli candidati che si potranno individuare nel numero e con le modalità previste dalla legge elettorale. Al Cittadino che si presenta al seggio verrà offerta l’opportunità di esprimere il voto telematicamente; in caso di rifiuto gli verrà consegnata la tradizionale scheda cartacea: al momento dello spoglio delle schede la Commissione (dotata di un mot de passe speciale e specifica) immetterà i dati nel PC di cui è dotata tralasciando le schede contestabili che verranno inoltrate al Tribunale; esso risolverà i singoli casi contestati ovvero ne dichiarerà la nullità. Opportuni sistemi di sicurezza già disponibili (ovvero creati per la bisogna) garantiranno l’assoluta segretezza del voto nonché l’esclusione di plurime espressioni di voto. Si stabilisce che la trasmissione dei dati avverrà in triplice soluzione all’ora della chiusura dei seggi, qualunque sia la fonte d’origine; in una successiva trasmissione verranno trasferiti i dati derivanti dalla trasposizione delle schede cartacee in voto informatico al termine dello spoglio; nella terza ed ultima istanza il Tribunale trasferirà i valori da esso elaborati. Tutti i dati trasmessi affluiranno in via autonoma al Ministero dell’Interno ed alla Corte di Cassazione.
207
Oltre al PC personale del Cittadino, a quello collocato nei singoli seggi (non ultimo, anzi in primis, dei seggi collocati nelle Ambasciate estere), si potranno utilizzare, previi accordi, le plurime postazioni bancomat.
Ciò consente al singolo Elettore di esprimere in massima sicurezza e trasparenza il proprio voto da casa, dal seggio o dal bancomat, in qualsiasi luogo si trovi. ---------------------------------------------
CITA LAUDA DEL PAN
Amprend a spartì ‘l pan con le toe man, Tòclo mai con la lama d’un cotel. El pan l’é sant, l’é benedet dal Ciel. Ròmplo adasiot coma ch’a fa ‘l paisan. E scotlo a scherziné. L’ha el ritornel
‘d ne spi bèschì da l’ala d’un osel. Impara a spartire il pane con le mani Non lo toccare mai con la lama di un coltello Il pane è santo, è benedetto dal Cielo. Rompilo lentamente come fa il contadino E ascoltalo a scricchiolare. Ha il ritornello d’una spiga sfiorata dall’ala di un uccello.
Luigi Olivero, Ij Faunèt, 1939
La libertà è l’attività, una attività che si autolimita, ossia che sa di poter fare tutto, ma anche di non dover fare tutto. E’ questo, secondo me, il grande problema della democrazia e dell’individualismo. Cornelius Castoriadis L’ uomo occidentale ha costruito il mondo sull’idea che l’universo è stato fatto per lui, che lui ne è il centro e così domina il nulla, riempiendolo. Pierre Legendre
208
DECRESCENDO CANTABILE La più recente –sebbene già lontana nella memoria- delle fasi storiche chiave è quella che corrisponde, secondo la felice espressione di Jacques Grinevald, alla nascita della civiltà “termoindustriale”. Detto altrimenti, è il periodo che segna l’inizio dell’uso industriale delle energie fossili grazie al controllo del fuoco. Questo uso industriale è legato all’invenzione della macchina a vapore. E’ anche il passaggio storico che segna la nascita dell’idea che porta a considerare la rapidità degli spostamenti come un valore di civiltà, la cui efficacia senza precedenti servirà la pulsione colonizzatrice dell’Occidente. Fino allora, conquistatori, villici o pellegrini si spostavano sulla superficie della Terra con lo stesso passo, il loro, o quello della loro cavalcatura. Ma in seguito la differenziazione sociale e politica si caratterizzò anche sulla base della velocità dello spostamento. La ferrovia, e in seguito l’automobile e l’aeroplano, diventeranno ben più che semplici strumenti utili a ridurre lo spazio e a contrarre il tempo: diventeranno da allora in poi appannaggio dei dominatori.…….L’ossessione della velocità avvalora l’idea che bisognerebbe arrivare prima di essere partiti, e morire prima di aver vissuto. L’eccessivo consumo ed utilizzo di informazioni e di messaggi istantanei sembra avere come risultato la riduzione della comunicazione tra gli uomini ai limiti imposti dall’unico criterio di un’efficacia senza effetti di trasformazione reciproca, e questo è il colmo.……..La civiltà industriale si è originata alla fine del XVIII secolo, sfruttando una energia fossile già trasformata in materia dall’evoluzione geologica. Così facendo inaugura un’era nella quale ci troviamo a tutt’oggi e della quale solo oggi si incomincia a intravedere la caratteristica di insostenibilità nella durata, senza essere tuttavia in grado di trarne tutte le conclusioni per levarci d’impaccio. A quest’epoca le rendite fondiarie continuavano ad alimentare una nobiltà in declino, in uno spazio rurale via via svuotato dalla necessità dell’industria nascente. A sua volta la borghesia arricchita accedeva alla rendita terriera, e quelli in procinto di divenire, secondo una metafora militare che la dice lunga sulla loro natura, i “capitani d’industria”, compresero perfettamente i vantaggi economici a breve termine che lo sfruttamento diretto del capitale terrestre non rinnovabile poteva procurare, senza bisogno di passare attraverso i tempi lunghi e i profitti mediocri legati alle semplici rendite dei capitali di superficie. Addio affitto di fondi rustici e altri canoni irrisori. Scaviamo pozzi! Pozzi di miniere e pozzi di petrolio renderanno possibile l’edificazione accelerata di colossali fortune.….Dopo il carbone vennero il petrolio, il gas, l’uranio. Quale sia la risorsa energetica fossile, il suo sfruttamento procurava e continua a procurare, un degrado del sistema globale, oggi chiamato biosfera, a causa dell’aumento dell’entropia che regola la trasformazione della materia fossile energetica in calore, poi in lavoro.….I sistemi biologici sono aperti perché ricevono la loro energia dal sole e si rinnovano incessantemente sotto l’effetto delle complesse e fragili interazioni proprie della biosfera. Detto in altri termini, diciamo che l’azione umana è incapace di ricostruire un albero con le foglie o i frutti partendo dalla cenere derivante dalla sua combustione. Ogni sistema vivente è legato ad un principio irreversibile che regge il tempo e l’energia. L’ossessione del benessere e la dimenticanza che il presente è il passato del futuro sembrano impedirci l’accesso a queste evidenze note e rispettate da altre civiltà.….Per ritornare al mito di Prometeo e del fratello Epimeteo, sembra chiaro che noi siamo proprio i discendenti simbolici di colui che “riflette troppo tardi” e che giudicava le cose solo dopo che si erano prodotte, ma anche di Prometeo, in quanto il nostro desiderio di consumare senza limiti e di possedere senza freni ci rode letteralmente il fegato, malgrado tutti i pericoli ed i mali che la nostra frenesia consumistica accumula sulla Terra.….La filosofia greca stabilisce, con e dopo Aristotele, una dissociazione fra Uomo e Natura.….Se la potenza di assuefazione di una droga si misura con il metro della difficoltà a rinunciarvi, sono convinto che oggi come ieri la nostra civiltà in declino sia in una situazione di assuefazione a causa di una droga collettiva che si chiama crescita economica. Come nel periodo di La Font de Rouve, continuo a pensare che il peccato più grave contro lo spirito sia di cedere alla fatalità, quale che sia la realtà di disperazione che una situazione può ispirare. Il che non significa che speranza sia il sentimento e l’atteggiamento conveniente per sfuggire al senso di abbandono. La storia ci ha insegnato a riconoscere le trappole totalitarie che la speranza collettiva può costruire e che hanno trascinato alla morte milioni di vittime colpevoli solamente di aver accondisceso a promesse di redenzione orchestrate da pazzi e da criminali.….Non è solo il terrorismo a minacciare la democrazia. La democrazia si minaccia da sola quando diviene un’illusione politica, quando si riduce a una delega di potere da parte di una rappresentanza politica sottomessa al potere economico. Quando l’economico domina sul politico, la democrazia assomiglia allora ai bilanci di miglior vendita e miglior profitto di un supermercato. Quando il quantitativo domina sul qualitativo, la politica è morta. La democrazia dovrebbe rappresentare per definizione la volontà politica della maggioranza che si esprime nel segreto delle urne. Ma se il messaggio emesso dalla maggioranza non si riferisce ad un contenuto qualitativo chiaramente identificabile per effettuare una scelta politica, ossia una scelta di senso, la democrazia è morta...…. La povertà potrebbe essere definita come uno stato di essere al mondo che non mette in pericolo la gioia di vivere, e la miseria come ciò che la impedisce, sia per indifferenza invivibile sia per eccesso di avere. La condivisione e la fraternità danno senso alla povertà, mentre l’individualismo di massa porta alla miseria, indipendentemente dal livello di vita materiale. La miseria è il marchio infamante della disumanizzazione. Jean-Claude Besson-Girard, Decrescendo cantabile, ed. Jaca Book 2007
209
Il niente è la parola di riconoscimento dei nobili viaggiatori. E’ l’entrata e l’uscita dal labirinto. Oscar Vadislav de Lubicz-Milosz
Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, Bevete; inebriatevi, o cari. Cantico dei Cantici, 5,1
Ogni cosa, per quanto è in essa , si sforza di perseverare nel suo essere. Bento d’Espinoza, Ethica ordine geometrico demonstrada, prop. 6, parte III
Non oso negare che il corpo umano, perdurando la circolazione del sangue, e le altre cose per cui si stima che esso viva, possa tuttavia mutarsi in un’altra natura del tutto diversa dalla sua. Nessuna ragione, infatti, mi costringe ad affermare che il corpo muore soltanto se si muta in cadavere; anzi, la stessa esperienza che insegni diversamente. Accade talvolta che l’uomo patisca tali mutamenti, che non direi facilmente che egli sia lo stesso; come ho sentito dire di un certo poeta spagnolo, che era stato colpito da una malattia per la quale, benché si fosse rimesso, rimase tuttavia talmente dimentico della sua vita passata, da credere che non fossero sue le tragedie ed i racconti che aveva fatto, e certo avrebbe potuto essere considerato come un bambino adulto se avesse dimenticato anche la lingua nativa. Bento d’Espinoza, Ethica ordine geometrico demonstrada,parte IV
L’anima non è una sostanza, ma un processo. Karl Raimund Popper
La vita non è che un flusso continuo di materia nel seno di una forma permanente; qual’è appunto la transitorietà degli individui rispetto alla permanenza della specie. Tra la nutrizione quotidiana e la generazione, o tra l’escrezione quotidiana e la morte, non c’è che una differenza di grado. Arthur Schopenhauer, Mondo come volontà e rappresentazione
La vita non è altro che una diuturna battaglia per la sopravvivenza, con la certezza della disfatta finale, una sorta di navigazione in un mare seminato di scogli e di gorghi, in cui tutti i tentativi di evitare il naufragio hanno come esito l’inevitabile catastrofe. Ma il senso di questo viaggio così periglioso non è tanto l’amore della vita, quanto la paura della morte. Ecco perché, per un temperamento filosofico, il suicidio risulta al più una pseudosoluzione. Arthur Schopenhauer, Mondo come volontà e rappresentazione
Nascita e morte appartengono parimenti alla vita e si fanno equilibrio quali condizioni reciproche una dell’altra. Arthur Schopenhauer, Mondo come volontà e rappresentazione
210
Giulio: Ma se c’è un dovere di morire, non è allora la medicina la maggiore fra le trasgressioni possibili? Essa non ha finito col considerare invecchiamento e mortalità alla stregua di semplici patologie? Umberto: paradossalmente è così. Facendoci vivere sempre più a lungo rallenta l’emergere di nuove generazioni. In origine la medicina era, per così dire, palliativa, e tale è rimasta per lungo tempo. La ricerca delle cause delle patologie al fine di rimuoverle è prospettiva assai più recente, risale all’Ottocento. Ha dato vita a quella che potremmo definire la medicina causale. Nello stesso tempo si è sviluppata la cosiddetta medicina protettiva: pensiamo, per esempio, alle vaccinazioni. Certo, questo tipo di medicina non elimina le cause, ma quando un batterio o un virus ti colpisce, tu sei già protetto. La medicina protettiva si è poi allargata sempre di più, fino ad arrivare all’idea di correggere il genoma, di eliminare i geni che determinano gravi malattie. E’ a questo punto che la medicina si è trovata a dover di nuovo fare i conti con la filosofia (e, di contro, la filosofia con la medicina): quando si incomincia a discutere se l’eliminazione di un gene consenta al soggetto interessato di passare da una speranza di vita di ottanta o novant’anni a una di centoventi, il problema non è più soltanto medico, ma anche sociale e filosofico. Dobbiamo accettare il corso naturale degli eventi? Oppure possiamo intervenire per modificarlo? Ma quale mai è il corso naturale degli eventi?….. Umberto: D’accordo, ma modificare il genoma significa modificare per intero la vita, ossia cambiarne il programma. Non si tratta soltanto di garantire un incremento dell’aspettativa di vita o un miglioramento della qualità della vita. Disponiamo di una competenza biomedica che ci permette di influire sull’evoluzione della vita stessa. Per esempio, se introducessimo nelle uova fecondate umane un’alterazione del gene P66, da quel momento tale generazione potrebbe vivere teoricamente centoventi anni. Oppure se inserissimo un gene del fattore della crescita di un elefante, verrebbe fuori un ragazzo piuttosto alto. G. Giorello e U. Veronesi, La libertà della vita, Raffaele Cortina Editore.
---------------------------------------------------------------------------------Caro Picabale, in quasi 40 anni che faccio il mestiere di Esculapio ho registrato alcuni passi che ho incontrato nelle mie letture. Fin ora, ammantato di una certa ritrosia, li ho tenuti per me. Vedo che ti interessi all'argomento e non potrebbe essere diversamente per un uomo che si occupa " de omni re scibili et quibusdam aliis" (Pico della Mirandola). Sono felice di condividerli con te. Ave atque vale. pierlu P.S. Libri consigliati: di Veronesi "il diritto di morire" di Giorello: " Di nessuna chiesa"
Signore, Liberaci dal troppo zelo per le novità, dall’anteporre la cultura alla saggezza, la scienza all’arte l’intelligenza al buon senso, dal curare i malati come fossero malattie,
211
dal rendere la guarigione più penosa del morbo.
(Hutchinson,1828-1913)
“ e al fallimento come reagisce, un eroe moderno?” . “ Nel mio lavoro sconfitte e delusioni sono quotidiane: trapianti che non riescono, pazienti che muoiono….Cerco di convincere me stesso che ho fatto del mio meglio, che in questo mestiere le cose vanno così, che la prossima volta avrò successo” “SI convince?” .“ Sulla possibilità di riuscire solo contando sulle proprie forze io ci credo. Credo nell’individualismo”. (intervista al cardiochirurgo Debachey 1982 Huston.)
"La verità è sempre terapeutica, magistralmente chirurgica, splendidamente filantropica: faccio il medico cercandola, e i limiti di chi cerca la verità sono gli stessi del medico che pratica la medicina ordinaria, brancicante tra le sfibranti apparenze della vita e della morte." Guido Ceronetti " il silenzio del corpo" -------------------------------------------------------------------------------------
“ Non credo che la scienza possa prefiggersi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana.” Brecht. Vita di Galileo,XIV
OROLOGI IN CERTE POESIE CURIOSE . di Roberto Vacca – 30/5/2007
“Oh, Griste sante! Segnar quattro, sonar tiece e star fentitue!” Questa lamentela pronunciata con accento tedesco da uno svizzero del papa, fu registrata dal poeta Giuseppe Gioachino Belli nel 1846 a commento del suo sonetto del 22 ottobre L’ORLOGGIO. Per capirla bisogna sapere che fino a quell’anno il grande orologio del Palazzo Pontificio al Quirinale e quelli installati sui campanili romani avevano quadranti divisi solo in 6 ore invece che in dodici. Il primo giro finiva alle 6 del mattino – e la campana batteva sei colpi. Il secondo a mezzogiorno – dodici colpi. Il terzo alle 18 – sei colpi di nuovo - e, 4 ore dopo, mentre le lancette segnavano le 4, la campana batteva 10 colpi per le 10 di sera – che gli svizzeri contavano come le 22. Da qui l’esclamazione stupita della guardia svizzera
“O, Cristo santo! L’orologio segna le quattro, la campana batte dieci colpi e sono le ventidue!” Pare che i quadranti con dodici ore fossero stati introdotti a Roma al tempo di Napoleone. Con la Restaurazione si era tornati a 6 ore, ma nell’autunno del 1846 papa Pio IX (Giovanni Mastai, incoronato il 21 giugno) stabilì di nuovo che i quadranti fossero organizzati all’astronomica – o alla francese – e i francesi venivano ancora chiamati giacobini. Il Belli fa parlare un popolano romano che rimpiange il sistema tradizionale e dice:
212
……er zanto padre ha la corata D’arimette l’orloggio a la francese Un papa ammalappena ar quarto mese Der papatico suo! Brutta fumata! Disse bene er decan de Lambruschini Ar decan de Mattei: “Semo futtuti Qua torneno a regna’ li giacubbini!”
‘Sto sor Pio come voi che Dio l’ajuti Quanno ce vie’ a imbroja’ per li su’ fini Sino l’ore, li quarti e li minuti?
(NOTA - Mattei e Lambruschini erano due cardinali, il secondo aveva conteso l’elezione a Pio IX). La “corata” sta per il coraggio)
LA GIUSTIZIA DEI VINCITORI Il problema è di rendere compatibile gli interventi transnazionali a tutela dei diritti soggettivi con la diversità delle culture, con l’identità e la dignità dei popoli, con l’integrità delle strutture giuridico-politiche di cui essi si siano liberamente dotati. In questa prospettiva non può che essere fermamente respinta l’ambizione di singole potenze o di alleanze militari come la NATO a erigersi, in palese violazione del diritto internazionale, a custodi dei diritti dell’uomo in quanto valori universali e quindi meritevoli di tutela al di là dell’aspetto della domestic jurisdiction degli Stati. E merita di essere denunciata come un’autentica impostura il loro ricorso alla motivazione umanitaria per giustificare sia le loro guerre di aggressione, sia la creazione di tribunali internazionali ad hoc, operanti alle loro strette dipendenze. L’affermazione del militarismo umanitario degli Stati Uniti e dei loro più stretti alleati ha portato a un vero e proprio collasso dell’ordinamento giuridico internazionale che è nello stesso tempo causa e conseguenza della paralisi delle Nazioni Unite. Rebus sic stantibus non è esagerato parlare di un fallimento di quel “pacifismo giuridico” che da Kant a Hans Kelsen, a Norberto Bobbio, a Jurgen Habermas ha indicato nel diritto e nelle istituzioni internazionali gli strumenti principali, se non addirittura esclusivi, per la realizzazione della pace e per la tutela dei diritti fondamentali. ……..In secondo luogo la dottrina della “guerra giusta” rinvia al quadro politico-religioso della respublica christiana e presuppone la presenta di una stabile autorictas spiritualis, dotata di una potestà politica e giuridica tendenzialmente universale ed universalmente riconosciuta come superiore a quella dei re e dei principi cristiani: è l’autorità del capo della Chiesa cattolica romana. E’ un’autorità monoteistica ed imperiale , se è vero che al pontefice spetta anche la funzione di legittimare, consacrandolo, il potere temporale dell’Imperatore. E’ chiaro insomma che la dottrina della “guerra giusta” comporta, come è già manifesto in Agostino, l’integrazione del cristianesimo e delle sue autorità
213
religiose entro le strutture temporali dell’ Impero romano e, dopo la sua caduta, dei sistemi politici “universalistici” che gli sono succeduti nel corso del medioevo. Di più, come ha sottolineato Carl Schmitt, la dottrina del bellum justum non doveva soltanto limitare la guerra: doveva distinguere le guerre condotte fra cristiani, cioè fra avversari sottomessi all’autorità della Chiesa e dell’Imperatore, dalle “faide”. Queste erano guerre fra re e i popoli che si sottraevano ostinatamente all’autorità della Chiesa, come i turchi, gli arabi e gli ebrei. Il terzo, fondamentale della dottrina della “guerra giusta” riguarda il fatto che le crociate e le guerre di missione, incoraggiate dai pontefici romani, erano eo ipse “guerre giuste”. Nell’immaginario cristiano queste guerre svolgevano una funzione analoga a quelle delle guerre di conquista combattute dagli israeliti per ordine di Jehovah, il loro unico Dio. Erano giuste e sante indipendentemente dalla circostanza che fossero guerre di aggressione o di difesa, preventive o successive rispetto ad un eventuale attacco da parte degli infedeli saraceni. Simmetricamente, qualsiasi guerra condotta contro la cristianità era per definizione una guerra ingiusta. Oltre a ciò, e questo è il punto fondamentale, in qualsiasi guerra condotta dalla cristianità contro gli infedeli, i nemici non potevano essere considerati justi hostes, nel senso che successivamente sarebbe stato definito dai fondatori del diritto internazionale moderno. Erano dei banditi o dei criminali, che potevano essere torturati e uccisi senza alcun rispetto di regole morali o giuridiche: il versamento del loro sangue non dispiaceva a Dio. In altre parole all’interno della dottrina cristiano-cattolica della “guerra giusta” come entro la dottrina islamica della “grande jihad”, sopravvive il nocciolo delle cultura ebraica della “guerra santa”. Non a caso la guerra contro i turchi, gli arabi e gli ebrei veniva dato l’appellativo di bellum justissimum, e talora, anche quello di bellum sacrum.…Alla perentorietà dei giudizi morali si sostituisce la flessibilità delle mediazioni diplomatiche. E scompare la motivazione “sacra” o “santa” della guerra , anche se non tramontata affatto, come si è accennato, , la “discriminazione spaziale” fra popoli “civili” e popoli “barbari”. Verso questi ultimi le guerre, in particolare le guerre coloniali a cavallo fra ottocento e novecento, verranno condotte senza limiti e con ogni mezzo, incluso l’uso di armi chimiche, come l’iprite, che sarà l’ Italia ad usare per prima in Africa orientale anche contro le popolazioni civili. Danilo Zolo, La giustizia dei vincitori, ed. Laterza 2006
Gli affari incessanti, con un’urgenza che ne segue subito un’altra, diventano la garanzia di una pienezza di vita o di una “carriera di successo”, l’unica prova “autentica” di autoaffermazione, in un mondo da cui è assente ogni riferimento all’“al di là”, e l’unica certezza è la dimensione finita dell’esistenza. … Nel mentre agiscono le persone pensano solamente al breve termine: le cose che andranno fatte subito, o nell’immediato futuro. Fin troppo sovente, l’azione non è che una fuga dal proprio Sé, un rimedio per l’angoscia che ci prende. Nicole Aubert, Le culture de l’urgence. La société malate du temps, Flammarion, Paris, 2003
Sarete ormai stufi del lavoro che fate, sposi, amanti, di quello che vedete dalla finestra, della mobilia o della tappezzeria della vostra stanza, dei vostri pensieri, di voi stessi. Cercherete quindi di escogitare delle vie di fuga. A parte le piccole autogratificazioni, potreste decidere di cambiare lavoro, abitazione, azienda, Paese, clima, potreste optare per la promiscuità sessuale, per l’alcol, per i viaggi, per le lezioni di cucina, per le droghe, per la psicanalisi. ... Poniamo che scegliate tutto quanto insieme, e che le cose, per un po’, vadano meglio. Fino al giorno, naturalmente, in cui vi svegliate nel vostro letto, in una nuova famiglia e in una casa nuova, in uno Stato diverso e con un clima diverso, con un sacco di biglietti di viaggio e un ottimo strizzacervelli, ma con quello stesso senso di stantio, a guardare fuori dalla finestra. Joseph Brodsky, On grief and reason, Farrar, N.Y., 1995
Caesar dominus et supra grammaticam
LO SCIAME
214
Nella società dei consumi della modernità liquida, lo sciame tende a sostituire il gruppo con i suoi leader, le gerarchie e l’ordine di beccata. Lo sciame può fare a meno di tutti questi meccanismi ed accorgimenti. Gli sciami non hanno bisogno d’imparare l’arte della sopravvivenza. Essi si radunano e si disperdono a seconda dell’occasione, spinti da cause effimere e attratti da obiettivi mutevoli. Il potere di seduzione di obiettivi mutevoli è generalmente sufficiente a coordinare i loro movimenti rendendo superfluo ogni ordine dall’alto. In verità, gli sciami non hanno un “alto”, ma solo una direzione di fuga che in sostanza determina la posizione dei leader e dei seguaci per la durata di quella traiettoria, o almeno per una sua parte. Gli sciami non sono squadre: non conoscono la divisione del lavoro. A differenza dei gruppi veri e propri non sono più dell’unità delle loro parti, sono particelle autopropellenti. Possiamo paragonarli all’immagine di Warhol: repliche di un originale assente o impossibile da rintracciare. Interpretando Durkheim, possiamo dire che abbiano una solidarietà puramente meccanica: ogni elemento ripete singolarmente i movimenti degli altri dall’inizio alla fine (e nel caso dei consumatori, il lavoro così eseguito è quello del consumo). In uno sciame non ci sono specialisti; nessuno ha particolari risorse o capacità da esercitare o da insegnare agli altri. Ogni elemento deve saper fare tutto il lavoro da solo. Nello sciame non c’è scambio, né cooperazione, né complementarietà, solo prossimità fisica e una generale direzione di movimento. Per gli umani, il conforto della vita nello sciame deriva dalla fede nei numeri, l’idea che la direzione del volo è giusta, perché un così gran numero di persone la segue, e che di certo tutte queste persone non potrebbero essere ingannate. La sicurezza dello sciame è un efficace sostituto dell’autorità del leader. Gli sciami, a differenza dei gruppi, non conoscono eretici e ribelli, solo “disfattisti” o “pasticcioni” o “pecore nere”. Gli elementi che fuoriescono dal perimetro dello sciame sono semplicemente “perduti” o si sono “smarriti”. Devono arrangiarsi per conto loro, anche se non potranno sopravvivere a lungo perché è difficile e rischioso trovare una meta realistica da soli, al di fuori dello sciame. Le società di consumatori tendono verso la disgregazione dei gruppi a vantaggio della formazione di sciami perché il consumo è una attività solitaria (è perfino l’archetipo della solitudine) anche quando avviene in compagnia. Essa non stimola la formazione di legami durevoli, ma solo legami che durano il tempo dell’atto di consumo. Questi legami possono tenere unito lo sciame per la durata del volo (cioè, fino al prossimo cambio di obiettivo), ma rimangono del tutto occasionali e superficiali; non hanno alcuna conseguenza sui movimenti futuri dello sciame non proiettano alcuna luce sul passato dei suoi componenti. ( tipico, a mio parere, una vacanza esotica, il più lontano possibile) Quel che in passato ha tenuto uniti i membri di un nucleo familiare attorno a un focolare e ha reso il focolare lo strumento di integrazione e affermazione della famiglia è stato in larga misura l’aspetto produttivo del consumo: la famiglia che si siede a tavola per la cena è l’ultima fase (quella distributiva) di un lungo processo produttivo che è incominciato in cucina, o anche prima nell’orto o nella bottega. Ciò che univa il gruppo familiare era la collaborazione in un unico processo produttivo, non il godimento comune dei suoi frutti. ……La società dei consumatori aspira alla gratificazione dei desideri più di qualsiasi altro tipo di società del passato, ma tale gratificazione deve rimanere una promessa. Il desiderio deve rimanere insoddisfatto perché fin che il cliente non è soddisfatto sentirà il bisogno di acquistare qualcosa di nuovo e diverso. I “lavoratori tradizionali” del passato, che erano facilmente soddisfatti e non desideravano lavorare più del necessario per mantenere il loro normale stile di vita, erano una minaccia per la nascente società dei consumi. Allo stesso modo i “consumatori tradizionali” di oggi, ove fossero immuni dalla seduzione del consumo, sarebbero la fine del medesimo desiderio che trasforma il bisogno in reato, dell’industria e della società dei consumi. Una visione più sobria e realistica della possibilità della soddisfazione dei desideri, unita alla disponibilità sul mercato dei beni veramente necessari a prezzo ragionevole, sono i nemici della società consumistica. Sono la non-soddisfazione dei desideri e la fede nell’infinita perfettibilità delle merci a guidare la società dei consumi. La società dei consumi si fonda sulla insoddisfazione permanente, cioè sull’infelicità. Una strategia per ottenere una permanente insoddisfazione è quella di denigrare la merce che è appena stata messa sul mercato dopo averla promossa come la migliore possibile. Un altro modo, più efficace e più subdolo, è quello di soddisfare così completamente ogni desiderio che non possa nascere l’impulso a desiderare qualcosa di diverso: il desiderio si trasforma in bisogno e diventa una esigenza compulsiva e una dipendenza. E funziona, come dimostra il diffuso bisogno di fare shopping per trovare sollievo contro l’angoscia e il dolore. In realtà, questo comportamento non è solo promesso, è anche vigorosamente incoraggiato perché la società dei consumi ha bisogno, per funzionare adeguatamente, di ricoprire con un velo di ipocrisia la differenza fra le convinzioni popolari e la realtà della vita dei consumatori. Se bisogna ovviare alla non-soddisfazione di un desiderio con un altro desiderio, le promesse fatte devono essere costantemente infrante e le speranze devono essere frustrate. ……Oltre ad essere una economia basata sull’eccesso e sullo spreco, il consumismo è anche un’economia dell’inganno. Solo che l’inganno, e con esso l’eccesso e lo spreco, non si manifestano come simboli di qualcosa che non funziona, ma al contrario come segno di buona salute e ricchezza e come promessa per il futuro. (vedi, a mio parere, l’eterna rincorsa al PIL, cosa sarà mai?)……. Mixofobia –Alla larga dai poveri. Il mal-essere non avrebbe significato senza il ben-essere e questo non solo semanticamente, ché sarebbe banale. Non è solo perché il benessere ed il malessere sono opposti e perché l’idea di malessere non potrebbe esistere senza la percezione empirica (o il suo postulato) dell’idea del benessere e del fenomeno a cui si riferisce. Non è solo l’opposizione semantica che mette in relazione malessere e benessere, in realtà è l’interazione fra i due che fa percepire
215
l’uno e l’altro e li condiziona reciprocamente. Senza di essa non si manifesterebbe l’esistenza empirica del malessere. ………………Il presunto aumento della criminalità che è stato registrato nelle ultime decadi (un processo che, notiamolo, coincide con lo svuotamento dei ranghi del partito comunista e degli altri gruppi “sovversivi” e “alternativi”) (l’Autore è polacco ed insegna all’ Univ. di Leeds) non è l’effetto di una disfunzione o altro ma è un prodotto diretto ed inevitabile della società dei consumatori: una sua conseguenza logica, anche se non legittimata e riconosciuta. Tuttavia, nello stesso tempo, si fa sempre più grande la distanza fra coloro che sono stati indotti a desiderare e sono in grado di soddisfare tali desideri, e coloro che, pur desiderando consumare, non sono in grado di farlo. La seduzione del mercato, spesso e a ragione elogiata per la sua funzione democratica, si rivela essere anche una grande causa della disuguaglianza. L’invito al consumo, per essere efficace, deve viaggiare in tutte le direzioni e rivolgersi indiscriminatamente a tutti coloro che sono in ascolto. Il problema è che non tutti coloro che ascoltano sono in grado di cogliere l’invito. Essi sono condannati a contemplare continuamente lo spettacolo offerto da coloro che invece hanno i mezzi per farlo. Consumare sontuosamente è considerato un segno di successo e una ragione di plauso e di fama. Ci si insegna che il possesso di certi oggetti e l’adozione di certi stili di vita sono la condizione per la felicità. Essere “felici” (come aveva previsto Samuel Butler) è diventato necessario al mantenimento dell’autostima, oltre a essere un segno di virtù umana e una condizione da ammirare. Ma se il consumo è la misura di una vita riuscita, cioè della felicità e persino della virtù, allora non c’è più limite al desiderio umano. Nessun oggetto o sensazione potrà mai regalare la felicità promessa. Nessun obiettivo, una volta raggiunto, potrà mai fornire il desiderato livello di successo e di ammirazione. La linea del traguardo si sposta sempre più in là. I record precedenti vengono sistematicamente superati, ma l’abisso dell’insoddisfazione umana non si colma mai. Pieni di confusione e perplessità i cittadini vedono che nelle nuove aziende privatizzate, cioè date in appalto ad esterni, i nuovi manager ricevono stipendi milionari e quando vengono licenziati per inettitudine ricevono liquidazioni altrettanto milionarie per il cattivo lavoro svolto. Da tutte le parti ed attraverso tutti i canali di comunicazione si diffonde un solo messaggio: non ci sono altri obiettivi eccetto quello di arricchirsi e l’unica regola è quella di giocare bene le proprie carte. Ma se vincere è l’unica regola che conta, quelli che hanno ricevuto una cattiva mano faranno qualsiasi cosa per riguadagnare un vantaggio. Mentre per i proprietari di case da gioco alcune risorse legali (quelle di cui dispongono), altre (in particolare quelle che non possono controllare) sono proibite. La linea che separa il lecito dall’illecito non è la stessa se vista da parte dei giocatori d’azzardo, specialmente quelli che non hanno accesso alle risorse legali. Essi allora possono ricorrere agli strumenti che hanno, legali o illegali, oppure uscire dal gioco definitivamente, anche se quest’ultima soluzione è impensabile secondo le regole della società dei consumi. In realtà, la neutralizzazione e l’espulsione dei giocatori inetti o falliti è indispensabile alternativa alla loro integrazione nella società dei consumi attraverso la strategia della seduzione all’acquisto. I giocatori impotenti ed indolenti devono essere tenuti lontani dal gioco. Essi sono scarti prodotti dal gioco, rifiuti che il gioco non smette mai di sputare fuori. Essi sono il prezzo da pagare perché il gioco possa andare avanti. E’ importante che si produca molto materiale di scarto perché i giocatori abbiano l’occasione di vedere che cosa succede agli esclusi e siano quindi pronti a sopportare le difficoltà e la durezza del gioco. La miseria degli esclusi, che un tempo era considerata un’ingiustizia collettiva da affrontare collettivamente, è ora vista come il risultato di un crimine individuale. Quel che un tempo erano le pericolose classi sociali, oggi sono ridefinite come aggregati di individui pericolosi. Oggi le prigioni stanno prendendo il posto degli istituti del welfare ormai in corso di smantellamento, e lo faranno sempre di più, vista la continua erosione di tali risorse. Per rendere le previsioni ancora più fosche, osserviamo che la crescente incidenza dei comportamenti considerati criminali non è un ostacolo per la società consumistica, anzi, ne è un elemento e persino un pre-requisito: i consumatori difettosi, quelli che rimangono fuori dal gioco perché le loro risorse non corrispondono ai loro desideri e che quindi non possono stare alle regole ufficiali del gioco, sono la reincarnazione dei demoni rimossi dalla vita nella società dei consumi. La loro ghettizzazione e criminalizzazione, la severità con cui sono puniti e la generale crudeltà del loro destino sono un modo per esorcizzare i demoni e di bruciarne le effigi. La loro emarginazione e criminalizzazione sono un provvedimento “sanitario”: si fanno scendere i prodotti di scarto giù per gli scarichi per far sparire il cattivo odore, così i buoni consumatori non dovranno preoccuparsi per la loro salute. Se questa è la prima causa di quella che il grande criminologo norvegese Nils Christie ha chiamato l’ “industria delle prigioni”, allora non c’è speranza che il processo possa essere fermato o rallentato in una società dei consumi completamente liberalizzata e privatizzata. …….Gumpert e Drucker osservano : “ (…) più ci separiamo dal nostro ambiente immediato, più cerchiamo di esercitare la sorveglianza (…) in molto aree urbane, in tutte le parti del mondo, le case servono per proteggere gli abitanti, non a integrare le persone nella comunità “ La separazione e la distanza, volontarie o involontarie, ed economicamente e socialmente imposte, sono diventate la strategia più comune nella lotta urbana per la sopravvivenza. I residenti poveri –quelli che non hanno le risorse per mantenere lo status materiale e sociale adeguato- vengono considerati una minaccia dai loro vicini e vengono sospinti a spostarsi in zone separate e ghettizzate. Anche i residenti ricchi si riuniscono in ghetti, cioè in aree privilegiate da cui escludono tutti gli altri. ….Per farla breve: le città sono diventate una discarica dove si accumulano i problemi dell’economia globale. Gli abitanti delle città ed i loro rappresentanti devono confrontarsi con problemi molto più grandi di loro. E’ impossibile trovare soluzioni locali a problemi globali. …..I fenomeni descritti da Flusty e Hebdidge sono manifestazioni ad alto e basso contenuto tecnologico di mixofobia urbana. La mixofobia è il prevedibile risultato della spaventevole confusione di tipi umani e stili di vita che si incontrano ogni giorno nelle strade delle città, non solo nei quartieri considerati ufficialmente difficili e pericolosi (e quindi evitati), ma anche in quelli più “normali” (e non
216
protetti da spazi difensivi). Non é difficile prevedere che con l’avanzarsi della globalizzazione, e l’intensificarsi delle varietà linguistiche e culturali, le reazioni mixofobiche derivanti dall’estraneità o ostilità dell’ambiente causeranno un aumento delle tendenze segregazionistiche. ….Nan Elin, uno degli analisti più acuti dei fenomeni dell’urbanizzazione, ha osservato che “le città” furono costruite, in origine, per proteggersi dai nemici e per questo tutte -dagli antichi villaggi della Mesopotamia, alle città medievali agli insediamenti indio americani- erano circondate da mura e barriere . Mura, fossati e palizzate segnavano la frontiera fra “noi” e “loro”, fra l’ordine e il disordine, tra la pace e la guerra. I nemici erano quelli che stavano al di là della palizzata e che non avevano il permesso di valicarla. Tuttavia, da quel posto sicuro che era, la città nel corso dell’ultimo secolo ha cominciato ad essere percepita come un luogo pericoloso. Oggi, a dispetto delle intenzioni che le hanno generate e in controtendenza al loro ruolo storico, le città stanno trasformandosi da luogo sicuro in fonte di pericoli. Diken e Lausten arrivano persino a dire “la relazione millenaria fra civiltà e barbarie si è invertita: Oggi è la vita urbana a trasformarsi in una sorta di stato di natura dove regnano la paura ed il terrore”. Zygmunt Bauman, Homo consumens, ed. Erikson, 2007
Pietro Citati su Repubblica del 7.11.2007
L’anima e la Bibbia: il viaggio della conoscenza
La casa é costruita, conclusa, definita, statica. Abitano in tende: la tenda, questo luogo provvisorio che oggi si monta e domani si smonta, é il simbolo della contemplazione, e di quell' inesauribile, ansioso vagabondaggio, che ci consente la conoscenza. Ogni acquisto di conoscenza diventa l'avvio della conoscenza di qualcosa che sta più avanti, e così via, senza fine. Il viaggio non ha conclusione. Coloro che si dedicano alla sapienza ed alla conoscenza, prosegue Origene, non arriveranno mai alla fine e quanto più uno ci si sarà dedicato, tante più profonde verità troverà; e quanto più uno avrà indagato, tanto più ineffabili ed incomprensibili, comprenderà che sono quelle le verità.-
Segno inquietante di turbamento spirituale sono ai giorni nostri i tribunali senza alcun fondamento di legge, che il vincitore ha istituito per giudicare, condannare ed impiccare sotto il nome di criminali di guerra, uomini, politici e generali dei popoli vinti. Benedetto Croce, discorso all’Assemblea Costituente Quando si studierà a fondo la condotta delle nazioni, si scoprirà che esiste una legge per cui solo la guerra persa è un crimine internazionale. B. Pal Radhabinon, The Dissenting Opinion Oggi la guerra globale “preventiva”, teorizzata e praticata dagli Stati Uniti e dai loro più stretti alleati occidentali, sembra una protesi necessaria per lo sviluppo di processi di globalizzazione che dividono sempre più il mondo in ricchi e potenti, da una parte, poveri e deboli dall’altra mentre il cosiddetto global terrorism è diventato il contrappunto altrettanto sanguinario e nichilista del conflitto neo-coloniale che oppone l’ Occidente ai paesi che resistono alla sua pretesa egemonia planetaria. Danilo Zolo, La giustizia dei vincitori, Ed.Laterza 2006
Benedicat vos omnipotens Logos: Pater Pythagoras, Filius Archimedes, et Sanctus Newtonius.
217
Epilogo di Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani, ed Longanesi, 2007
Prima Pensa Poi Parla Perché Parole Poco Pensate Portano Pene.
Il gioco delle immagini dà vita a metafore straordinarie (parlando degli scritti di Mario Leoni): gli abitanti di Avigliana, avari e senza cuore, “ a l’avrìo piaje la pel a na pules per fesne un bonet” Giorgio Calcagno, 1998 Cesare Balbo…. quando parla delle povere ragazze di campagna, che non riescono a indurre i francesi in tentazione: “dove, aggiungeva taluno, difficile sarebbe dire se più sia guardata l’onestà di queste misere alpigiane dalla loro bruttezza, o più la bruttezza dall’onestà”. Giorgio Calcagno, 1998 Ci sono luoghi e paesi, nel mondo, che tutti conoscono, ma nessuno saprebbe localizzare: dov’è Lepanto? E Loyola? E Bergerac? Li abbiamo sempre nelle orecchie, non ci siamo mai domandati dove siano: anche perché la loro fama non è geografica. Cognac per noi è un liquore, Valenciennes un pizzo, Winchester un fucile, Solingen una lametta da barba. E rugby e derby? …. Il caso limite è Lapalisse, innocente cittadina della provincia francese, diventata sinonimo di ovvietà per un errore di trascrizione in un epitaffio dedicato al più illustre dei suoi cittadini: il valoroso maresciallo Jacques de La Palice, morto combattendo a Pavia: “Un quart d’heure avant sa mort / il faisait encore envie (aver voglia)”, diceva l’ultimo verso: tradotto lapalissianamente, “il était ancore en vie”. (Sono stato a La Palisse ed il benzinaio al quale chiedevo delucidazioni mi ha guardato trasognato).
Giorgio Calcagno, Pagine del Piemonte, aprile 1999
FLORENTIA DOCET Ho ascoltato adesso (15 dic. 2007) per radio che a Firenze 7.000 volontari utilizzando taxi, torpedoni, ambulanze, il tutto a titolo assolutamente gratuito, provvederanno, alle ore 20, al trasferimento dei piccoli ospiti ricoverati all’ ospedale Mayer nella nuova sede (che dicono essere molto bella, a dimensione bambino). Questa è civiltà! Mi turbinano
218
ancora i rognoni al pensiero che nel 65 o 66 in occasione dell’alluvione, nonostante cazzeggiassi e piciurlassi all’università, non sia partito per aiutare nel salvataggio dei libri della bellissima Biblioteca Nazionale: non avevo ancora certe sensibilità, che imbecille!
--------------------------------------------------LELE VIOLA IL PAESE ed. Primalpe 2007-12-25 (come mi piace! Tutto: lo stile e soprattutto i contenuti)
(qui è il padre, morto da parecchio, che gli parla) E poi, scusami se te lo dico, ma voi, quelli della vostra generazione, non avete provato sulla vostra pelle la fame, la miseria, quella vera, l’ignoranza, la violenza. E’ facile, per voi, cercare rifugio dalle brutture del presente trasformando il passato in un ipotetico eldorado. E’ inutile perdersi nelle illusioni speculari dell’ ieri e del domani. Puoi abitare solo il presente, anzi, l’attimo. Questo è l’unico tempo che ci è concesso. La nostalgia del passato ha senso solo se la proietti nel futuro e l’adoperi per cambiare il presente. Il tempo è un fiume che scorre in una sola direzione, una strada a senso unico. Non puoi tornare indietro e neppure proiettarti avanti, nel futuro. Possiedi solo sempre e soltanto il presente, sempre solo un istante per volta. Ma la strada che hai percorso può servirti a scegliere la rotta di quell che ti resta, può guidarti. Puoi mettere nell’attimo che stai vicendo, per quello che dipende da te, un po di quelle cose belle che rimpiangi: il tempo disteso, i buoni rapporti, il verde degli alberi ed il marrone della terra, il bicchiere di vino buono condiviso, la benedizione di avere amici attorno al tavolo. Insomma, tutte quelle cose che hanno reso piacevole la tua infanzia e la tua vita, e che dici di rimpiangere. E poi … voglio svelarti un altro dei nostri segreti. Non dovrei farlo, ma anche da noi le regole stanno in piedi solo grazie alle eccezioni.Papà sorride e fruga con la mano nella tasca della giacca tirandone fuori un orologio, un Longines in acciaio lucidato appeso ad una sottile catenella. Inizia a caricarlo sfregando pollice e medio, con l’abilità naturale di chi ha sempre dovuto arrangiarsi a far tutto con una mano sola. Il suo sguardo corre dal piccolo quadrante rotondo al grande orologio a muro della stazione, a controllare l’esattezza dell’ora. Pare soddisfatto del livello di precisione, in tempi in cui cinque minuti erano un margine di errore più che tollerabile per il proprio cronometro personale ed il quarto d’ora era comunque il sottomultiplo più preciso per qualsiasi indicazione temporale. Rimette la mano in tasca ed estrae una penna. La riconosco, è la sua Aurora 88 nera col cappuccio dorato. Resto perplesso ad osservare questi gesti silenziosi, quasi da prestigiatore, questi oggetti d’uso quotidiano mostrati come se nascondessero un segreto di vitale importanza. -L’orologio, non so se lo ricordi, lo usavo raramente quando eri piccolo, ormai c’erano quelli da allacciare al polso. La penna invece l’hai presente di sicuro…. La uso ancora, ce l’ho sempre a portata di mano sulla mia… voglio dire… sulla “tua” scrivania.Papà mi guarda sorridendo -.. sulla “nostra” scrivania. Noi qui preferiamo sempre la prima persona plurale, soprattutto collegata agli aggettivi possessivi. La proprietà quassù, al contrario di quello che capita da voi, non è una virtù, una cosa da sbandierare: ha valore solo se condivisa. L’orologio comunque me l’aveva regalato mio papà, tuo nonno Pietro, per la laurea. L’ Aurora incede è un dono di tua mamma quando eravamo giovani sposi. Non credo tu fossi neppure ancora nato. Prendiamo la penna, visto che la conosci meglio. E’ bella, anche a livello estetico, con le feritoie per vedere lo stato dell’inchiostro, il cappuccio giallo che risalta sul nero, il pennino d’oro. E poi è utile, scrive bene, lascia tracce leggere e nitide sul foglio……. Bella e utile, due aggettivi qualificativi che descrivono la penna, ma non dicono tutto, anzi, si lasciano sfuggire proprio la cosa più importante. Di penne belle e che scrivono bene, infatti, ce ne sono parecchie, ma per me questa è unica ed
219
importantissima perché me l’ha regalata la mia Marisa, tua mamma. L’essenza di questa penna, la cosa che la rende così preziosa è il dono….. Non è l’oggetto che conta, non è il suo valore di mercato o d’uso: è l’amore che gli sta dentro, la persona che si nasconde dietro la cosa …. Se arrivi a comprendere che la vita, ogni ora, ogni istante, è un dono di Qualcuno che ti ama, cambi il modo di vederla, di affrontarla, di viverla. …. Il segreto è tutto qui : guardare la vita come io guardo quest’orologio, con stupore e riconoscenza. -------------------------------------------------------------------
Chi ha troppo in confidenza prete e medico, vive sempre ammalato e muore eretico.
L’uomo deve essere come il prosciutto, né troppo grasso né troppo asciutto.
L’arte di essere saggi è l’arte di sapere su che cosa chiudere un occhio.
La speranza è un’ottima colazione, ma una pessima cena.
W. James
F. Bacon
Chi di pioppo, chi di noce, ognuno ha la sua croce.
------------------------------------Il sapere popolare necessita inoltre di conoscere il momento in cui “arriva” la luna poiché se il novilunio avviene entro i primi sei giorni del mese, la luna appartiene ancora al mese precedente. L’autore ( Piercarlo Grimaldi) ha evidenziato come la simbologia della luna sia espressamente legata al Carnevale in quanto l’ultimo giorno di Carnevale coincide con la luna nuova, cioè la luna nera siccome la Pasqua cade la prima domenica successiva alla luna piena espressa dopo l’equinozio di primavera, ne consegue che 40 giorni prima (tanto dura la Quaresima) siamo in luna nera. Lidia Dutto, Quando la legna si veste da prete, ed. Europa, 2004 (molto interessante questo testo in quanto è frutto di una serie di interviste effettuate in Valle Pesio sul tema della Luna, quindi credenze popolari non inquinate da saperi scientifici. Quanto al titolo, si riporta un detto popolare in base al quale se la legna viene tagliata al novilunio, la stessa diventa nera, come un prete, e non brucia bene.) ---------------------------------------------
EPATTA e NUMERO D’ORO (31.12.2007) (lettera a Lidia Dutto di Chiusa Pesio)
Siccome la curiosità, se non soddisfatta, mi reca sommo fastidio avevo nel frattempo risolto il problema pescando nei miei vecchi appunti. Prima devo precisare che un qualsiasi breviario reca in apertura una tabellina intitolata
220
Kalendarium la cui prima colonna é "Cyclus epacta" (il significato delle altre colonne mi é ignoto ma é inutile andare a chiedere ad un qualche prete dacché loro adesso studiano le scienze sociali....). L' epatta di un anno é l'età della Luna al 31 dicembre e poichè l'ultimo novilunio è stato il 9 dicembre ne consegue che ' EPATTA del 2008 sarà 22. Per conoscere l’età della Luna in un qualsiasi giorno dell'anno é sufficiente sommare al numero del giorno (esempio 17 aprile 2008) cioè 17 all'epatta dell'anno 2008 cioè 22 ed il numero del mese 2 (infatti il mese lunare inizia con marzo (ma anche per la numerazione romana si segue questo criterio tant'è che settembre è il settimo mese e non il nono)). Il totale è 17+22+2= 41 da cui bisogna sottrarre 30 per cui la Luna al 17 aprile 2008 sarà di 11 giorni, cioè quasi piena. Qui si innesta il concetto di Numero d'Oro che consiste nel fatto che ogni 19 anni si conclude il ciclo di 235 mesi lunari che fa sì che collimino i mesi lunari con quelli solari. Si calcola aggiungendo 1 all'anno cioè 2008+1= 2009 dividendo per 19 si ha 105 con un RESTO 14 per cui il numero d'Oro del 2008 sarà 14. Da qui è possibile calcolare l'EPATTA dell'anno precedente (2007) moltiplicando il Numero d'Oro 14 x 11 da cui sottraiamo 12 ed il tutto lo dividiamo per 30 ottenendo 47 dal quale sottraiamo 30 avendo come risultato 17. A questo punto ricordo che avevo anche risolto il problema di quest'ultimo moltiplicatore (11) che corrisponde al ciclo del Sole, ma non vedo adesso l'esatta connessione: studierò fin che...... Attendo con vero interesse di leggere il suo prossimo libro, così verifichiamo e confermiamo tutto il ragionamento che precede. Corde
-------------------------------------------------------------------------------FRA DOLCINO
Or di a fra Dolcin dunque che s’armi, tu che forse vedra’ il sole in breve, s’ello non vuole qui tosto seguitarmi, sì di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch’altrimenti acquistar non saria leve. Dante Alighieri, la Divina Commedia, Inferno XXVIII, 54-60
Frate che alle nequizie del clero opponeva la santità del Vangelo (che finì sul rogo per aver sfidato i potenti che si erano coalizzati contro di lui) per far guerra ad un povero frate, il quale non aveva altra forza che quella delle sue accese predicazioni, né altra milizia che alcuni abitanti delle terre bagnate dal Sesia, i quali correvano all’armi per un principio di religiosa riforma e di civile libertà piuttosto sentito che compreso. Contro la forza delle picche e delle lance, opponeva Dolcino la forza delle idee, e già allora le idee si facevano per tal modo rispettare che il predicatore di riforme aveva in pochi anni distrutti quattro o cinque eserciti capitanati dai più agguerriti feudatari di quelle terre. Angelo Brofferio, Tradizioni Italiane, Torino, 1849
Si trattò di una riforma più radicale di quella del decimosesto secolo, e non solo religiosa, ma sociale, abolendo la proprietà. Cesare Cantù, Gli eretici d’Italia, 1864
221
Dolcino si sforzò di attuare la più seria, la più radicale riforma che si sia finora tentata nel mondo moderno. ….. La Chiesa dominatrice e despota di quei tempi nel campo spirituale e nel campo temporale ha voluto farne dimenticare la memoria circondandola di assurde menzogne. La coscienza popolare, la tradizione sempre viva ha circondato invece quest’uomo della potenza del sovrannaturale; percorre per aria e sopra ferventissimo cavallo montagne e lontani paesi, fiere tempeste scompigliano le trame degli avversari, attestando in varie occasioni che una fine ingiusta l’ha colpito. Alfonso Artico, Fra Dolcino e la Tradizione, in Rivista Cristiana, V, 1877
Il cristianesimo primitivo, mutatis mutandis, fu nel tipo, nell’insieme, nella fisionomia e nei movimenti, più affine a ciò che Montano, o Dolcino, o Tommaso Muntzer vollero, in tempi a ciò non adatti, ristabilire, che non a tutti i dogmi, liturgie, gradi gerarchici, dominii e demanii, lotte politiche, supremazie, inquisizioni ed altre simili miserie, in cui si aggira la storia umanamente terrena della Chiesa. Antonio Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia, 1908
Questo, più tardi, è l’insegnamento in cui convengono, con varietà di atteggiamenti, Wicliff, Huss ed infine Lutero. L’aggressione contro la legittimità della supremazia papale e l’ordine della Chiesa e i suoi dogmi e i suoi misteri, divenendo sistematica, minaccia tutta l’economia del sistema cattolico, e in breve frantuma l’ Europa. Le nazionalità emergono da questo caos. Se Dolcino avesse vinto, la Padania si sarebbe staccata dal resto d’ Italia. Una nuova nazionalità sarebbe sorta. Ciò che informa una nazione non è, come si crede, una lingua, ma una idea. Emanuele Sella, L’angelo di Tiatira, Torino, 1932
Gli Apostolici, come le altre sètte, possedevano una carica sociale che traevano dalla lettura del Vangelo. La spinta rivoluzionaria era insita, a nostro avviso, nell’attesa della nuova era, teorizzata da Gioacchino da Fiore. …. Si può senz’altro aggiungere che essi avrebbero senz’altro raggiunto una autentica osmosi con il Paese, ottenuta attraverso una evangelizzazione della zona, che le fonti ammettono chiaramente parlando delle sottili arti di persuasione di Dolcino. Per questo la disperata resistenza degli eretici contro l’esercito crociato rappresentò ben più di un episodio isolato, per quanto importante, ma la logica del carattere di “chiesa del popolo” da loro assunto. La decisione di difendersi è un’ulteriore conferma dell’identificazione con le popolazioni che li sostenevano ed un motivo di diversità con i Valdesi che avevano rinunciato ad ogni forma di violenza, anche di legittima difesa. Domenico Maselli, Fra Dolcino, Torino, 1979
Alla morte di Francesco di Assisi (1226) nell’ Ordine da lui fondato si delineano due correnti: quella degli Accomodanti o Conventuali che, mitigando la severità della Regola, accettano le donazioni e la vita nel convento, e quella degli Spirituali che si ispirano alle profezie di Gioacchino da Fiore (+1202), vedono in Francesco l’inizio della nuova era dello Spirito e vivono in povertà, senza dimora. In linea diretta dalla crisi del francescanesimo, discendono gli Apostolici, un “ordine” di militanti, analoghi ai “perfetti” del Catarismo, con una vasta antizona di simpatizzanti e collaboratori, così da essere modernamente definito un “movimento” fondato nel 1260 da Gherardino Segarelli da Ozzano Taro, nel Parmense, che possiamo definire “libertario di Dio”. Con i suoi sermoni, la sua vita in povertà e le sue recite da “Mistero buffo”, egli testimonia l’apostolicità, proponendo il ritorno alla prassi della chiesa cristiana primitiva, svincolato da ricchezze e potere, egualitaria. Per questo gli Apostolici sono perseguitati e fra Gherardino fu arso al rogo il 18 luglio dell’anno 1300 a Parma. Tavo Burat, Fra Dolcino, ed. DeriveApprodi, 2004
222
Dopo la cattura, Dolcino e Longino Cattaneo furono portati il sabato santo a Biella, a cospetto del vescovo. Questi li fece custodire con cura mettendo loro robuste catene ai piedi, alle mani e al collo, in attesa che il sommo pontefice romano, Clemente V, ordinasse cosa fare nei loro confronti e a tal fine gli aveva inviato lettere e ambasciatori. Dopo tre mesi il papa ordinò che dal momento che avevano così mal agito, ricevessero il compenso loro dovuto. Allora il vescovo, convocati in gran numero prelati, religiosi, chierici e laici esperti di Diritto, dopo aver deliberato secondo la prassi con avvedutezza, consegnò al braccio secolare Dolcino, Longino e Margherita. Anonimo Sincrono, Historia
( 1° giugno 1307) Dolcino anche fra i tormenti continuamente esortava la sua Margherita ad essere costante, ed ella, imbevuta della sua dottrina, nonostante la debolezza del suo sesso, rimase ostinata sino all’ultimo. Molti nobili, per la sua bellezza e la sua ricchezza (era sorella di un notaio di Trento) , la chiesero in moglie, ma niente potè piegarla. Per questo fu condannata, subì la sua stessa sorte. Fra Benvenuto da Imola, Comentum super Dantes Alighieris Comoediam
Margherita fu bruciata per prima su di una colonna alta, posta sulla riva del Cervo e lì appositamente collocata perché fosse bel visibile a tutti. Fu arsa sotto gli occhi e la presenza di Dolcino. Tali pene furono comminate a Dolcino e a Longino in diverse località, cioè il primo a Vercelli, facendolo girare fra le torture per le vie, i vicoli e le piazze; Longino invece a Biella. Dolcino e Longino furono collocati sopra dei carri con i piedi e le mani legati, perché fossero visti da tutti, e furono posti dinanzi a loro bacili contenenti del fuoco per rendere incandescenti le tenaglie e bruciare loro le carni; una volta che i carnefici ebbero loro strappate con ferri incandescenti le carni e l’ebbero gettate a pezzi nel fuoco, furono fatti passare per diverse vie perché la loro punizione fosse più pesante e lunga. Fu notato dalla moltitudine degli spettatori, che fra così crudeli tormenti (Dolcino) non avesse mutato aspetto, se non quando gli amputarono il naso perché si strinse un po nelle spalle e quando gli amputarono il membro virile, vicino alla porta della città, detta Picta, dove trasse un grande sospiro. Fra Benvenuto da Imola, Comentum super Dantes Alighieris Comoediam
CLUNY nacque l’ 11 settembre 909 o 910 per opera di Guglielmo, conte di Macon e duca d’ Aquitania. ------------------------------------Glauco Maria Cantarella, I monaci di Cluny, ed. Einaudi, 1993
Atto scritto: E’ chiaro per tutti coloro che hanno la capacità di considerare sanamente le cose che la disposizione di Dio ha deciso per alcuni ricchi che dai beni che essi possiedono transitoriamente, se ne fanno buon uso, possano raggiungere i premi che sempre rimarranno; ciò che la parola divina mostra possibile e consiglia totalmente quando dice: “Ricchezza dell’uomo, redenzione della sua anima”
223
Perciò io, Guglielmo, per dono di Dio conte e duca, considerando con sollecitudine e volendo provvedere, sinché è lecito, alla mia salvezza, ho ritenuto ben fatto, anzi assolutamente necessario affidare a profitto della mia anima un qual poco dei beni che mi sono stati accordati temporalmente. Infatti a tal punto sono stato di essi che non vorrei nel giudizio essere redarguito per averli spesi tutti per la cura del mio corpo, ma posso piuttosto, quando la sorte suprema tutto m’avrà rapito, giore di essermene tenuto da parte qualcosa. Il che non si vede come si possa in nessuna forma e in qualsiasi modo fare più giustamente se non secondo il precetto di Cristo: “Mi farò amici i suoi poveri”, e affinché tale azione non temporaneamente ma continuamente sia svolta sostenterò con le mie ricchezze coloro che si raccolgono in professione monastica : per quella fede e per quella speranza per cui, nonostante io non sia in grado di disprezzare tutto (ciò che è temporale) , tuttavia, accogliendo coloro che spregiano il mondo, che credo esse dei giusti. Dunque a tutti coloro che vivono nell’unità della fede e aspettano la misericordia di Cristo, che gli succederanno gli uni agli altri e vivranno sino alla consunzione del secolo, sia noto che: Per amore di Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo, i seguenti beni di mia legittima proprietà trasmetto dalla mia signoria a quella dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e cioè la villa di Cluny con la corte e la parte dominica e la cappella che vi è, in onore della santa genitrice di Dio Maria e di san Pietro, con tutte le pertinenze, vale a dire ville, cappelle, servi dei due sessi, vigne campi, prati, boschi, acque e corsi d’acqua, mulini, vie d’accesso e di uscita, colto ed incolto, nella loro interezza. Tutti questi beni sono nella contea di Macon o nei dintorni ed ognuno ha suoi precisi confini. Tutte queste cose ai sopradetti apostoli io, Guglielmo dono con mia moglie Ingelberga, prima di tutto per amore di Dio, poi per l’anima del mio signore il re Odone. … Stabilisco che con questo dono a Cluny sia costruito un monastero di regolari in onore dei santi Pietro e Paolo, e che ivi si raccolgano monaci che vivono secondo la Regola del santo Benedetto, che i suddetti beni in perpetuità possiedano, tengano, abbiano ed ordinino; sicché lì un venerabile asilo di preghiera con voti e suppliche fedelmente sia frequentato, e si ricerchi e si brami con ogni desiderio ed intimo ardore la via celeste, ed assiduamente orazioni, invocazioni e suppliche siano dirette al Signore, tanto per me quanto per tutti coloro di cui sopra si è fatta memoria. E siano questi monaci con tutti i descritti beni sotto il potere e la signoria di Bernone abate che, fin quando vivrà presiederà loro secondo quanto saprà e potrà. E dopo la sua dipartita ….. Ci piace altresì inserire in questo testamento la condizione che da questo giorno gli stessi monaci ivi raccolti non siano soggetti al giogo né nostro né dei nostri parenti, né di qualunque potestà terrena, e neppure ai fasti della maestà regia; né alcuno dei principi secolari, alcun conte, né alcun vescovo, né il pontefice della sopradetta sede romana, scongiuro e supplico per Dio e in Dio e tutti i suoi santi e per il giorno del tremendo giudizio, osi invadere i beni degli stessi servi di Dio, amputarli, diminuirli, permutarli, darli in beneficio a qualcuno né istituire sopra di loro qualche autorità contro il loro volere. ……. E se qualcuno per qualsivoglia avidità porterà qualunque attentato a questo testamento, per prima cosa incorra nell’ira di Dio onnipotente e strappi Dio la sua specie dalla terra dei viventi, e cancelli il suo nome dal libro della vita, e vada incontro alla dannazione perenne con Datan e Abiron, che la terra ha inghiottito spalancando la bocca e l’inferno ha assorbito vivi; e reso compagno di Giuda, il traditore del Signore, sia assoggettato agli eterni tormenti. ………….. Reso pubblicamente nella città di Bourges. Io Guglielmo, questa autorità feci fare e confermare, e corroborare con la mia mano. Segno di Ingelberga, sua moglie. Madalberto peccatore, vescovo di Bourges. Adalardo vescovo. Atto peccatore, vescovo. (seguono altri quaranta “segni” di autorità presenti alla stesura dell’atto). …….. Il terzo giorno delle idi di settembre, dell’anno undicesimo del regno di Carlo, nell’indizione XIII. Io, Odone, levita, in vece del cancelliere scrissi e sottoscrissi. (ai tempi di Emardo (954), quarto abate, le donazioni e le transazioni arrivano a 546 fra le quali è citata Romette (un monastero vicino a Gap, passaggio strategico delle Alpi). Il pio testamento originario di Guglielmo cela anche una motivazione politica: egli intendeva salvaguardare il confine nord occidentale del suo ducato dalle invasioni dei normanni).
224
Odone che sarebbe poi stato il terzo Abate dal 927 al 942, ebbe a scrivere prima della nomina, quindi ante 927 al riguardo della Chiesa: Ci sono molti in essa che, mentre sono servi per l’amore della carne, imputridiscono nel fetore della lussuria. E ci sono parecchi che si astengono dal desiderio della carne, ma con tutto l’animo giacciono nelle cose terrene. ….. Quelli che nella santa Chiesa sembrano risplendere per il grado più alto o per l’acume della sapienza si sottomettono o alle persuasioni diaboliche o ai poteri terreni che agiscono malvagiamente, e dimentichi delle cose celesti ambiscono quelle terrene. … I ministri della Chiesa si stanno volgendo all’imitazione degli uomini della carne: come loro li erge la superbia, li illividisce l’avidità, li allarga la voluttà, li angustia la malizia, li scinde la discordia, l’invidia e la malevolenza li esulcerano, la lussuria che sporca li uccide. E proprio loro, ad opera dei quali dovrebbero essere corretti gli uomini secolari, li istigano con il loro cattivo esempio al disprezzo dei comandamenti di Dio. … Quanto a quelli che, dopo aver fatto la professione monastica, si volgono alle nequizie terrene, per prima cosa vengono presi dalla superbia. ….. Ingrassano arricchiti dai beni della Chiesa e dalle donazioni dei fedeli, recalcitrano e, poiché non sono posti nella fatica degli uomini, così sono tenuti dalla superbia: poi a piene mani incorrono nel vizio del ricco vestito di porpora, ogni giorno banchettano splendidamente e fanno pompa di vesti raffinate. Allora dimentichi della loro professione posano le mani alla lussuria. …. Di questa degradazione è prova la stessa posizione delle membra, dato che il cuore dell’uomo si gonfia della superbia dello spirito, e poi sono collocati prima il ventre e poi i genitali. Odone riserva un posto d’onore alla musica corale e ben costruita, che doveva espellere “dai cuori degli ascoltatori qualunque desiderio diabolico”: la musica, suscitatrice di emozioni, aveva la funzione di far pregare meglio e con maggior intensità. Giovanni (il suo biografo) esalta questa sua concezione della musica: se le antifone che ha scritto in onore di San Martino sono molto lunghe, è per evitare “il fastidio di queste brevissime”, la monotonia dei canti troppo semplici che vanno iterati: quelli di Odone sono invece “quanto di più dolce si possa trovare”, perché le parole ed il colore dei suoni si corrispondono. La complessità e la cura formale della salmodia riempiono degnamente il tempo liturgico, lo dilatano senza provocare la noia; tengono la comunità unita e partecipe della preghiera comune. La giornata è piena di musica: secondo la testimonianza di Giovanni ogni giorno che non fosse caratterizzato da una particolare festività si cantavano 138 salmi (nota mia: ma proprio tutti? Sono 150). Per il resto tutto era silenzio. Il silenzio, caratteristica eminente della vita cluniacense. Odone l’intendeva anzi come uno degli elementi caratterizzanti della propria esperienza monastica; senza silenzio “ è da considerare nulla la vita del monaco”; per questo è lodato il monaco che preferì lasciare rubare un cavallo piuttosto che far voce a due confratelli. A Cluny si comunicava attraverso un linguaggio muto e complesso, fatto di segni con le dita e ammiccamenti con gli occhi:.
…. Un altro elemento che Giovanni segnala come particolare di Cluny è la vigilante preoccupazione per la virtù dei ragazzi che popolavano la scuola monastica (ed in modo particolarissimo erano seguiti gli oblati, cioè quei ragazzini che i genitori, per motivi dinastici o chissà cosa, consegnavano bambini al monastero: si riteneva che, non avendo conosciuto il mondo, fossero particolarmente soggetti alle debolezze): il maestro (magister) non doveva mai trovarsi da solo a solo con un ragazzo, e anche di notte, se questi doveva andare a sbrigare un qualche bisogno corporale, doveva accompagnarlo con la lucerna e insieme ad un altro monaco. “a fin di bene”, precisa. Proprio lui, che a sentire il suo biografo, già quando era canonico condannava con violenza l’omosessualità maschile accusandola di portare l’anima all’inferno! Lui che accusava di travestitismo i “cultori delle vesti” e chi indossava “una veste straniera”, lui che lodava la prudenza di Gerardo nel momento pericoloso in cui “l’adolescente deponendo la somiglianza con la voce e con l’aspetto della madre, comincia ad assumere la voce e il volto del padre”.
Ottone II, figlio di Adelaide, quella che aveva portato in dote il regno d’Italia, il 7 dicembre 983 “ lasciava questa vita forse con l’aiuto non richiesto e largamente prematuro del veleno” (chic)
Molti hanno esecrato la fame di denaro che quasi per definizione attanaglia Roma (verso la fine del secolo seguente Walter Map scriverà: Radice d’ Ogni Male l’ Avidità), e il Glabro è fra questi, ma l’interpretazione che ne dà ha un carattere cosmico: “vicende come quelle da noi riferire si sono ripetute più frequenti del consueto in tutte le zone del mondo a partire circa dall’anno mille dopo la nascita del Salvatore”. … Rodolfo sembra aspettare ansiosamente la fine del mondo: la grande balena avvistata nella Manica ne è un segnale, come la cometa, le eclissi ripetute, i delitti, le
225
grandi carestie e i cannibalismi, le epidemie mostruose di ergotismo cancrenoso e convulsivo (il famoso mal degli ardenti), le piogge di sassi. … Dopo l’assassinio di Abbone, Roberto impone come abate a Fleury un bastardo di suo padre, cresciuto in quel cenobio, nonostante che i monaci non volessero “che fosse loro preposto un figlio di puttana”. Questo argomento fu brandito anche a Boutroux quando si trattò di rifiutare la nomina dello stesso bastardo al soglio archiepiscopale; ma dopo cinque anni il re riuscì ad imporre la sua volontà. L’aldilà, che parola spaventosa….Vi si entra per una sola porta, la morte. Ma è una porta che si può varcare all’incontrario. La società del pieno Medio Evo vive immersa nelle credenze né più né meno che ogni altra. E poiché l’egemonia della cultura scritta (dunque di quella ecclesiastica e, per suo tramite, quella antica) è ben lungi dall’essere affermata, esse passano trasversalmente per tutto il corpo della società. E’ quel che avviene, per esempio, per le feste del 1° gennaio che, a quanto attestano Reginone di Prum (inizio del X secolo) e Burcardo di Worms (prima metà dell’XI), vedevano uomini e donne cantare e ballare per strade e piazze e mascherarsi da cervi o da giovenche; naturalmente sono stigmatizzati tanto la festa quanto la maschera, che escono dal quadro dei riti cristiani per ricollegarsi con quelli degli invisibli spiriti dei morti e delle lotte per la prosperità (ma saranno più forti di qualsiasi condanna; la metamorfosi animalesca si troverà istituzionalizzata a Romans nel XVI secolo, nei riti del carnevale). …. Dunque l’uso di celebrare la notte del 1° gennaio non era ristretto ai ceti subalterni: si rinveniva anche fra quelli ai quali Odone affidava la vita monastica e dai quali Cluny trarrà i suoi monaci. Non si trattava di un rito qualunque. Quella era la notte centrale delle “dodici notti sacre” (dal 24 dicembre al 6 gennaio) durante le quali i morti ritornavano nel mondo: è il periodo più buio e freddo dell’anno e i morti vanno alla ricerca del calore, perché la loro tomba è fredda (cantano i poeti scandinavi) e sono freddi i loro piedi. I viventi accendono dei fuochi e fanno loro delle offerte; il fuoco li attira, è luce, è calore. Ai morti che ritornano, i vivi affidano le loro speranze per un prospero anno. E’ l’ alfablot, l’offerta agli elfi, i buoni morti, che è sinonimo anche di Jol, l’antica festa di Odino, dio dei morti. ….. Non può detenere i filatteri, cioè contenitori di reliquie e di cartigli con parole sacre e magiche; ma nella liturgia cluniacense essi appaiono largamente impiegati. Guai a lui se cerca di indovinare il futuro, giacché dovrebbe consultare “maghi e aruspici e incantatori” o votarsi “ai voti che fanno presso gli alberi e le fonti” o estrarre la “sorte”; che può essere, come spiega Burcardo, “aprendo per caso manoscritti o lasciando cadere tavolette, come fanno molti che pretendono di indovinare il loro destino con il Salterio, l’ Evangelario o altro libro sacro”. … Tanto meno di possono fare i rituali banchetti funebri nelle feste sulle tombe. Ma se la danza si svolge entro una chiesa, sia pure su un classico simbolo iniziatico come un labirinto, e i suoi attori appartengono all’ordine sacerdotale (come a Auxerre): o rappresentano una metamorfosi e un’apoteosi animalesca, come nella cattedrale di Sens, anche il 1° gennaio, e anzi in molte chiese si danza ininterrottamente fra il 25 dicembre e il 6 gennaio; o quando a Cluny si mette in scena il gioco sacro della morte di Odilone e negli anniversari degli abati ai poveri si dà non solo il pane ed il vino ma anche la carne, se è giorno di carne, allora nessuno ha da ridire…. Fuori invece regna il caos più completo. Anzi, l’ordine più terrorizzante. “Hai fatto anche tu come alcune donne irretite dal demonio che prendono il corpo di un bambino morto senza battesimo, lo ripongono in un luogo segreto e lo trafiggono con un palo? Sostengono che se così non facessero, il bambino potrebbe ritornare in vita e far del male a molti” chiedeva Burcardo, e aggiungeva: “ci sono donne che, se una partoriente non riesce a dare alla luce il suo bambino e muore durante le doglie, … dopo aver posto madre e figlio nella stessa tomba, li trafiggono con un palo”. La morte a Cluny è diversa, è strettamente tenuta sotto controllo. Certo, è pubblica e comunitaria come negli altri monasteri; una regola inglese del X secolo prescrive che “quando il morente si trova agli ultimi, si picchi sulla tavola e convengano tutti a proteggere il suo trapasso”, e gli usi cluniacensi non sono diversi. Udalrico dice che uno dei monaci cui è affidato il moribondo quando vede che si approssima la fine deve picchiare la tavola che è contro l’uscio del chiosco “con una percussione frequente e quasi continua”; a quel punto i monaci, ovunque siano, debbono correre; la regola permette loro questa possibilità soltanto nei due casi dell’emergenza estrema: l’incendio e la morte. ….. è stato deposto sul cilicio cosparso di cenere: i suoni secchi del tamburo di legno si spandono per le volte: sta arrivando la morte, ma arriveranno anche i fratelli a cantare, a cantare ancora il Credo per prestare aiuto alla sua fede. Dopo il trapasso sarà svestito e lavato e di nuovo rivestito del frocco, le falde del cappuccino gli saranno cucite sul petto, tutta la veste gli sarà stretta addosso, sarà asperso di incenso e di acqua benedetta, mentre i suoi fratelli continuano a salmodiare fino al momento di deporlo nel sepolcro (ciò che qui non si dice è che era deposto nella terra avvolto in un semplice lenzuolo, le testa rivolta a occidente).
La festa (dei morti), come tutte le festività di Cluny, è minuziosamente regolamentata. Inizia la sera del 1° novembre, giorno di tutti i santi, i morti buoni e sacri per eccellenza. … Sarà un caso, ma quel giorno di riti e di celebrazioni coincide con la festa celtica di Samain ( Samhuin) che nelle isole britanniche, che hanno conservato più a lungo la cultura celtica senza commistioni e giustapposizioni di quella latina, separava il periodo caldo dell’anno da quello
226
freddo: nella notte che la precedeva si rompevano le barriere dell’ Aldila e i Side (il popolo divino, gli antenati) uscivano dai loro tumuli e si mescolavano con i viventi: era una notte di magie e di incanti in cui il soprannaturale precipitava sul mondo umano, vigilia di eventi meravigliosi ed importanti. Maiolo anche dopo il trapasso aveva conservato la potenza taumaturgica, dato che un sordomuto, un cieco ed un paralitico che avevano bevuto l’acqua con cui era stato lavato il suo cadavere si erano risanati, la sua veste guarisce dalla lebbra, ….Ugo accolse il papa presentandoglisi con grandiosissima magnificenza la sacra assemblea dei fratelli cluniacensi, che l’umiltà esalta, la carità dilata, la disciplina erudisce, il discernimento munisce. Bernardo non ripugna ricorrere allo stesso mezzo per Guglielmo di Sabran e lo accusa di cose infamanti ma senza nome “il pudore mi vieta di dire ciò che di lui dice la pubblica fama, anzi la famosissima infamia che si è diffusa fra il volgo”. Sfondo di tutte queste vicende è la corte papale di Roma: un mostro esecrato da tutti coloro che, per un motivo o per l’altro o anche per un guadagno personale, si trovano a passarvi. “Quando mai Roma ha rifiutato l’oro?” scrisse Bernardo trionfante che un suo monaco era giunto al soglio pontificio (Eugenio III). A Roma, in effetti, circolava molto, moltissimo oro. Diego Gemirez non lo risparmiò pur di avere il titolo archiepiscopale; nel 1124 sembrò che il suo scopo stesse per essere raggiunto e mandò a Roma 700 once di oro: ma 27 di esse furono rapinate durante il viaggio da Compostella e le rimanenti 673 non furono ritenute sufficienti a chiudere il negozio; si provvide di tutta fretta a colmare il vuoto, ma nel frattempo il papa era morto e occorreva ricominciare tutto da capo. La corruzione la faceva da padrona: “il fasto e l’avidità, due mali consiglieri… che raramente mancano all’ Urbe” diceva Gerhod di Reichersberg, che la chiama anche “pozzo senza fondo”. Tutto ha un prezzo denuncia Giovanni di Salisbury, segretario di Adriano IV e di Thomas Becket e cortigiano di vaglia, e si hanno tanti amici e tanta autorevolezza quanto più si hanno le casse piene d’oro. …. Le questioni di tutta la chiesa d’ Occidente passavano tutte di lì, da quella corte che Bernardo descriveva come una sentina di tutti i vizi, popolata di ragazzini tutti agghindati e noccoluti e con i ricci artificiali, per i quali i papi stessi ed i cardinali hanno una predilezione che sconfina nello scandalo (è il caso del cardinale Orsini, assicura il cistercense, durante la sua legazione in Francia e Normandia: “dei damerini, dove ha potuto, ha promosso agli onori ecclesiastici: dove non ha potuto, ha voluto”, dove lo stesso papa si esibisce fra sete e gemme e ori, coronato di piume, montando cavalli bianchi circondato da cavalieri e cortigiani, più imperatore che papa, più Costantino che Pietro. … Anche se il loro comportamento, quando sono in legazione, li rende simili al flagello dell’allora proverbiale “furore tedesco”, cieco e rabbioso, li espone a scandali inauditi come esigere denaro per la confessione e l’assoluzione dei moribondi in Terrasanta (ciò che fanno nel 1147-8 il vescovo di Lisieux e quello di Langres. ….. Nella frastornata Sicilia della minorità di Guglielmo II il cardinale legato va e viene da Roma per partecipare agli intrighi della corte di Palermo e ritornarne zavorrato d’oro. (basta così, troppo disgusto!) --------------------------------------------------------------------------------------------------------
L’Italia fu toccata solo marginalmente dalla Guerra dei Trent’anni, ma nel 1630 un’epidemia di peste colpì il Nord Italia, provocando perdite umane superiori a quelle del conflitto europeo. L'Italia, dominata dagli spagnoli, si era trovata ai margini di un impero in declino, di cui conobbe gli aspetti peggiori: l’emarginazione economica, il fiscalismo esasperato, la rivalsa dei privilegi nobiliari a scapito dello sviluppo dei nuovi ceti produttivi. La crisi economica che ne seguì portò all’impoverimento totale, all’insufficienza della produzione agricola, alla mancanza di scambi economici alternativi. Scoppiarono le carestie; la più terribile nel 1628: la popolazione era stremata dalla fame. Baldo Cattaneo Torriano, nel 1631, scriveva: “…Né trovandosi più un soldo da parte alcuna, né sollevamento alcuno (i valligiani) sono ridotti a tanta miseria et calamità, che è una compassione a vederli, et il loro comune cibo da alcuni mesi in qua, è solo che herbe selvatiche, di modo che si vedono per li prati a modo di greggi le povere donne in ogni loco a cogliere ogni sorta di herba, et quali cotte e la maggior parte senz’altro condimento scacciano avidamente l’insopportabil fame. … Ma Iddio ancor più penoso voleva rendere il suo castigo. Quindi i grani salirono a prezzi ancor maggiori, quindi avresti veduto madri, fanciulli e vecchi sdraiati per le piazze e per le vie mandar lunghi e fiochi lamenti, quindi altri macilenti con occhi infossati e braccia dissecate vagolar per le case e pei crocicchi delle strade domandando con che prolungar la vita, quindi altri trascinarsi alla pianura e alla città, ma lungo il cammino o giunti in città, cader di fame estinti”. In Italia la peste fu esportata dal nord, dalla Germania, dove erano state raccolte le truppe del Generale Albrecht von Walleinstein, i lanzichenecchi. I cinquantamila soldati avventurieri, più che dalle paghe erano attirati a quel mestiere dalla speranza di saccheggio e da tutti gli allettamenti della licenza. … Passarono poi in Valtellina e negli sterilissimi Grigioni ove fame, miseria e istinto del saccheggio li spinse a sfondare gli usci di molte case chiuse a causa del
227
contagio, divenendone essi stessi prime vittime. Oltre tutti i danni che si potevan temere da simil passaggio, erano venuti espressi avvisi dal tribunale della sanità, che in quell’esercito covasse la peste, della quale allora nelle truppe alemanne c’era sempre qualche sprazzo.…. Sigismondo Boldoni, letterato, autore del Larius e de la Caduta dei Longobardi, al tempo della calata dei lanzichenecchi si trovava nella villa di famiglia a Bellano, e scriveva al cardinal Roberto Ubaldini di Venezia: “Mentre ti scrivo, gli abitanti del paese e del Lario, costernati, fuggono lasciando le case spoglie di ogni cosa, spingendo gli armenti sui monti, portando con se le cose più preziose, per paura dell’esercito germanico che, per nostra somma disgrazia si aspetta di giorno in giorno, e che, per castigo di Dio, terrà questa strada. …. Io, sprangate le porte, per evitare la sorte comune, ottenni che il segretario del principe di Brandeburgo, il quale guida questo reggimento, passasse la notte a casa mia. Ma ciò non bastò a contenere il furore di quegli uomini rapacissimi. Nello stesso paese che conta settanta famiglie, si trovò stipata tutta quella moltitudine; a stento c’era spazio per i cavalli e non si trovava foraggio. Così che dapprima cinquanta cavalieri, e , subito dopo, una compagnia di fanti furon mandati altrove. Qui si fermò per sei giorni interi una sola compagnia. … Eran già passati sette reggimenti di fanti e di cavalieri, che avevan saccheggiato ogni paese, devastati tutti i campi e rubati tutti gli armenti e tutti i greggi, quando sopraggiunsero sugli stanchi e disperati abitanti i soldati di Furstenberg. Gli altri reggimenti avevano occupato le case loro assegnate, questo invece cercò l’alloggiamento con la forza e la violenza; in pochi istanti tutte le porte delle case furono sfondate”. Silvia Tenderini, Locande ospizi alberghi sulle Alpi, ed. CDA, 2001
Negli Ordinati del Consiglio dell’Ospedale Santa Croce e annesso Monte di Pietà, in data 5 aprile 1734 si legge che il rettore della Confraternita Santa Croce, conte Vitale di Paglieres, aveva segnalato al Consiglio Comunale di Cuneo che vi erano degli ebrei i quali prendevano a prestito il denaro dal Monte di Pietà al modico tasso di interesse del 2% annuo e dando in garanzia dei beni che avevano ottenuto in pegno dai cristiani, e poi imprestavano questo denaro all’interesse ebraico del 18%. Il Consiglio dell'Ospedale ordinò, quindi agli ebrei di riscattare i loro pegni entro otto giorni, restituendo il denaro avuto in prestito, e al tesoriere e al valutatore dei pegni del Monte di Pietà di compiere sempre un’accurata indagine dei beni portati in pegno dagli ebrei, prima di concedere loro altri prestiti. Nell’0rdinato del 21 febbraio 1735 il Consiglio della Confraternita di Santa Croce lamentava il fatto che alcuni ebrei, mediante qualche intermediario, continuava a farsi prestare denaro dal Monte di Pietà, dando in pegno dei beni ricevuti dai cristiani. Giovanni Cerutti, Bellavigna e i suoi, ed. Primalpe, 2007
--------------------------------------------------LE PAROLE DEL TEMPO di Elena Correggia e Fabio Garnero, ed. AE, 2006 (questo lavoro è opera di scopiazzature varie tant’è che non si son peritati di aggiungere i cartigli delle meridiane oggetto delle belle fotografie pubblicate; non c’è nessuna menzione e riferimento a meridiane locali in vernacolo. Però ho riportato quanto segue:)
Labitur occulte fallitque volubile tempus. L’incostante tempo della vita scorre nascostamente e inganna
Tempus omnia componit. Il tempo sistema ogni cosa.
Est hora bibendi et solvendi. E’ l’ora di bere e pagare.
228
Panta rei. Tutto scorre. (Eraclito)
Hic et nunc. Qui e ora.
Hora brevis amici, lenta onerosi. L’ora dell’amico è breve, lenta quella delle persone moleste.
Nulli fallax. Non inganno nessuno.
Do, si sol. Servo se c’è il sole.
Fallere nescium. Incapace di ingannare.
Mutus loquor. Parlo tacendo.
In ictu oculi. A colpo d’occhio.
Intelligenti pauca. A chi capisce poche parole.
Amici quaelibet hora. Per gli amici a qualsiasi ora.
Nemo mortalium omnibus horis sapit. Nessun uomo è saggio a tutte le ore.
Vita fugit sicut umbra. La vita fugge come l’ombra (avevo apposto questa scritta nel 1970 a Beguda, anzi c’è l'ho ancora nel garage)
Non errat superno lumine ductus. Non sbaglia chi è guidata dal supremo lume.
229
Etiam capillus unus habet suam umbram. Persino un solo capello ha la sua ombra. (storpiatura del detto di Sirio)
Qui male agit odit lucem. Chi agisce male aborre la luce.
Age quod agi sed sin eloqui. Gestisci ciò che stai facendo e non parlare.
Labora dum lucet. Lavora fin che c’è luce.
Sol tibi signa dabit. Il sole ti informa.
Omnem crede diem diluisse supremum. Fa conto che ogni giorno spuntato sia l’ultimo.(Orazio)
Forsitan ultima. Forse è l’ultima.
Vivere memento: mox nox. Ricordati di vivere: presto arriva la notte. Heu miser mortalis, ultima latet hora. Misero mortale, l’ultima ora è nascosta.
Veni vide vale. Vieni guarda e stammi bene. -----------------------------------------------------
La Paura andò a battere forte alla porta; il Coraggio le aprì. Goethe, ascoltato per radio
---------------------------------------------------------TZVETAN TODOROV, Lo spirito dell’illuminismo, ed. Garzanti, 2007
Lo stesso ragionamento si applica all ordine politico. Secondo d’Holbach, l’uomo è sfortunato perché non conosce la natura: se ne può dedurre che una tale conoscenza sarebbe necessaria e sufficiente alla sua felicità, che basta conoscere
230
per vivere bene. Dal canto suo, Condorcet afferma: “Conoscere la verità per conformarvi l’ordine della società, ecco l’unica fonte delle felicità pubblica”. Sensibile all’influenza del bene sul vero, Condorcet non vede inconvenienti nel fatto che il vero sia l’ “unica fonte del bene”; l’azione esercitata sulla società gli sembra che non comporti alcuna scelta di valori né obiettivi, è la conoscenza stessa a incaricarsi di produrli. Questo scientismo in fieri che appare all’epoca dei lumi è comunque combattuto da altri rappresentanti del loro spirito. Abbiamo già visto che per Montesquieu ogni pretesa al dominio assoluto del mondo è inutile, in ragione tanto della sua estrema complessità quanto del carattere singolare di uno dei suoi abitanti, l’essere umano, mai del tutto prevedibile perché pronto a sfuggire a tutti i determinismi, sempre capace di mostrarsi “ consenziente o di resistere”, secondo la formula di Rousseau. Far capire che si illude chi crede in un rapporto diretto fra l’aumento del sapere e il perfezionamento morale e politico è proprio il punto di partenza della riflessione di Rousseau, che si opporrà a diversi suoi contemporanei, enciclopedisti e “filosofi”. Per rendere migliore l’umanità, ripete instancabilmente Rousseau, non basta “diffondere i lumi”. “Possiamo essere uomini senza essere competenti”. Alcune forme di scientismo, gravemente compromesse nelle avventure totalitarie del XX secolo, sono oggi rifiutate da tutti: non si sostiene più l’eliminazione delle razze inferiori, né delle classi reazionarie. Ciò non significa che le democrazie di oggi siano libere da ogni traccia di scientismo, ma solamente che esso assume nuove forme. Per esempio la tentazione di affidare l’elaborazione delle norme morali o degli obiettivi politici a “esperti”, come se la definizione del bene derivasse dalla conoscenza. Oppure il progetto “sociobiologico” di far rientrare la conoscenza dell’uomo in quella della natura e basare la morale e la politica sulle leggi della fisica e della biologia. Possiamo chiederci, allora, che cosa rende i biologi i più qualificati a sedere nei diversi comitati etici che i paesi occidentali hanno costituito. Questi comitati, in effetti, sono composti perlopiù da due categorie di individui, scienziati e religiosi, come se tra le due non esistesse alcuna istituzione politica, alcuna autorità morale. …. Inoltre, la conoscenza non prende necessariamente la via della scienza: per penetrare gli arcani dei comportamenti umani, la lettura di un grande romanzo può rilevarsi più illuminante di quella di uno studio di sociologia. Alcuni illuministi l’avevano già capito: per esempio Vico, il quale affermava che la conoscenza ottenuta attraverso il mito e la poesia si adattava meglio a certe materie di quella che si basa sulla ragione astratta. Questa etereogenità delle vie della conoscenza, della qualità delle informazioni, delle forme di intervento sociale riduce a sua volta le ambizioni dello scientismo. Il moralismo, in questo caso una sottomissione della ricerca del vero ai bisogni del bene, è molto più antico dell’illuminismo e direttamente opposto al suo spirito: eppure gli è sopravvissuto. Si potrebbe dimostrare questa tenacia con un dibattito che da una quindicina di anni ritorna periodicamente nella società francese e che riguarda la scrittura della storia del XX secolo. L’ultimo episodio risale al 2005. Un gruppo di deputati ha introdotto una proposta di legge concernente l’interpretazione che bisogna attribuire all’impresa coloniale francese, in special modo l’occupazione dell’Algeria. Un articolo di questa legge dice: “I programmi scolastici riconoscono in particolare il ruolo positivo della presenta francese oltremare, soprattutto nell’ Africa settentrionale”. La legge è stata votata il 23 febbraio 2005 e riconfermata dalla maggioranza dei deputati il 29 novembre. E così è stata messa ai voti un’interpretazione del passato, che ora ha acquisito forza di legge; chiunque vi si oppone può essere condannato. Proprio come nel XVII secolo la Chiesa vietava a Galileo di ricercare liberamente la verità, nel XXI secolo i deputati francesi prescrivono agli storici, e a coloro che beneficiano delle loro ricerche, professori ed allievi, il contenuto dei loro studi. Gli avvertimenti di Hume sono lettera morta: ora la verità dipende da un voto. Si potrebbe osservare, riguardo a questa legge, che desta stupore la menzione del solo “ruolo positivo” della colonizzazione, pudicamente definita “la presenza francese oltremare”. Invadere un paese straniero con pretesti ingannevoli, mantenere la popolazione in condizione di schiavitù legalizzata, senza tener conto dei principi repubblicani di cui si vanta in questo periodo la metropoli, reprimere ogni velleità di indipendenza con massacri e torture, sono tutti fatti dimostrati da tempo dei quali, non appena si abbandona l’ottica etnocentrica e nazionalista, risulta difficile cogliere il lato positivo. Ciò che forse è ancora più deplorevole consiste nel ridurre, circa mezzo secolo dopo la fine delle colonie, la complessità della storia ad aggettivi che implicano un semplice giudizio morale, come “positivo “ o “negativo”, imponendo una visione ottimista o pessimista. Una tale semplificazione manichea non può che tradire il vissuto di milioni di persone, per un arco temporale superiore a un secolo. …….C’è solo un fatto da non dimenticare: per i deputati francesi non era la prima volta. Alcuni anni prima avevano deciso che la Turchia era colpevole del genocidio degli Armeni e che la schiavitù era stata un crimine contro l’umanità. In precedenza ancora, avevano votato una legge, la prima del genere a quanto sembra, che punisce ogni negazione del genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Questi argomenti sono meno discutibili della colonizzazione del Maghreb, ma la questione di principio rimane la stessa. Il potere pubblico non ha il diritto di decidere dove risieda la verità, diceva Condorcet; sembra che il parlamento francese abbia dimenticato questo principio elementare. Sottrarre un enunciato al campo della ricerca della verità per includerlo in una sorta di catechismo e aggiungergli sanzioni penali non lo rafforza, lo indebolisce. La verità non può dettare il bene; ma non deve nemmeno essergli sottomessa. Scientismo e moralismo sono, tanto l’uno quanto l’altro, estranei al vero spirito dell’illuminismo. Esiste un terzo pericolo: che la nozione stessa di verità sia considerata non pertinente. In uno studio dedicato al romanzo 1984, il filosofo Leszek Kolakowski elogia Orvell per aver riconosciuto l’importanza che assume nei regimi totalitari mettere in discussione la verità. Non è tanto il fatto che in tali regimi gli uomini politici ricorrano occasionalmente alla menzogna, fanno così ovunque, quanto il fatto che la distinzione stessa fra verità e menzogna, verità e finzione divenga superflua a fronte di esigenze puramente pragmatiche di utilità e convenienza. E’ per questo motivo che nei regimi totalitari la scienza non è invulnerabile agli attacchi ideologici e la nozione di informazione
231
oggettiva perde di significato. La storia è riscritta in funzione delle esigenze del momento, ma anche le scoperte della biologia e della fisica possono essere negate, qualora vengano giudicate inopportune. … Ora, se si incomincia a mettere in discussione il concetto di verità, non si vive più in una democrazia liberale. Come spiegarsi un simile attacco ai suoi fondamenti? Alcuni di questi enunciati, liberati da ogni legame con la verità, sono divenuti accettabili perché pronunciati in una situazione di crisi, che richiedeva il consenso nazionale e sospendeva il giudizio critico di coloro che hanno il compito di fornire una informazione affidabile, vale a dire i giornalisti. Questa crisi dura dall'11 settembre 2001. L’ascesa dello spirito patriottico e il risvegliarsi dei “fantasmi della paura”, per usare le parole di Condorcet, sono sufficienti a mettere in secondo piano la preoccupazione della verità, benché essa sia fondamento dell’ambito democratico. …C’è una parola che indica il benessere umano in terra: felicità. La sua ricerca diventa legittima e sostituisce quello della salvezza. “Oh felicità! Fine e scopo della nostra esistenza!” esclama Alexander Pope nel suo Saggio sull’uomo (ed. Liberilibri, Macerata, 2004). Ciò che colpisce leggendo le opere europee di questo periodo, malgrado la loro diversità per quanto attiene al genere letterario, ai paesi di origine o alle convinzioni dei loro autori, è il fatto che esse rappresentano il mondo naturale, in cui gli uomini sono alle prese con forze ostili puramente umane e tentano di raggiungere la pienezza durante la loro esistenza terrena. Il miglior cittadino è colui che “contribuisce alla felicità del mondo” dichiara Voltaire. Trattati filosofici, romanzi, poemi, opere teatrali descrivono le difficoltà di un mondo puramente umano. I quadri dei pittori rappresentano le attrattive della vita campestre, i divertimenti della vita privata, la serenità della vita di paese, la felicità domestica, i piaceri e le gioie degli uomini. … Bisogna accettare il trionfo del capitalismo finanziario, con le sue conseguenze, la globalizzazione e la delocalizzazione, perché sono nel nostro interesse o perché questa è la direzione intrapresa da un movimento ebbro di sé? Una simile scomparsa di ogni finalità esterna sembra colpire talvolta la vita politica delle democrazie liberali e sorge un dubbio: gli uomini (e le donne) scelgono una carriera politica per mettere il potere al servizio di alcuni ideali, o aspirano solo al potere in quanto tale, avendo come unico orizzonte di conservarlo il più a lungo possibile? (qui fa un lungo eloquio circa il referendum sulla costituzione europea tenutosi in Francia il 29 maggio 2005 dimostrando che è stato funzionale agli interessi di Chirac e di Fabius in vista delle successive elezioni presidenziali).
-------------------------------------------------------ADIN STEINSALTZ, Parole semplici, ed. Utet, 2007 ( che bello questo libro: è uno dei pochi che ho riletto con attenzione. Tratta con parole veramente semplici dei concetti veri, reali, concreti e, con nonchalance offre delle soluzioni. Anzi, apparentemente non dice proprio un bel nulla, ma….)
Capitolo: Natura. Due delle definizioni più formali sono strettamente interconnesse. Natura è la totalità dell’esistenza. Ogni cosa, qualunque cosa, dalle più grandi galassie esterne alle più infime particelle subatomiche, dalle balene ai pidocchi, tutto fa parte della natura. La natura comprende inoltre le leggi dell’esistenza, le norme in virtù delle quali tutte le parti che la compongono operano insieme e le relazione fra di esse. In un senso un poco più ampio, la natura è il comune ordine delle cose, ciò che mantiene il tutto in un dato assetto fino a quando qualcosa non interferisce con esso. …. La banale considerazione in base alla quale non è che una parte della natura genera alcuni sorprendenti corollari. Diciamo che la “natura è muta”, che “segue il suo corso”, che “non si cura dell’uomo”; la natura “non nutre intenzioni”, “non si propone finalità”, “non pensa”. In ogni caso, noi ne siamo parte, e siamo forniti di tutti i tratti sopraelencati. La natura si rivela durante un temporale non pensa e non avverte sensazioni, ma la natura che si manifesta negli esseri animati prova dolore, attrazione, fame. La natura, così come si rivela negli esseri umani, pensa, scrive poesie, prega. Potremmo mai affermare che l’uomo, dal momento che le sue mani e i suoi piedi non pensano, non è una creatura pensante? Una parte del tutto è l’elemento pensante, e perciò diciamo che l’uomo è una creatura pensante, una creatura senziente. Allo stesso modo, dovremmo dire che la natura prova sensazioni, pensa, si propone finalità, agisce bene o erra nella misura in cui noi umani facciamo tutto questo.
232
D’altro canto è pure evidente che esiste una differenza fra gli esseri umani e il resto della natura. Senza necessità di ricorrere alla teologia o domandarci se noi soli tra tutte le creature siamo dotati di un’anima (o, qualora anche gli animali ne possedessero una, se le anime degli uomini siano superiori alle loro), ed evitando parimenti di interrogarci a proposito delle possibilità che anche altre creature siano in grado di pensare a ciò che fanno, anche così l’uomo continuerebbe ad essere una creatura diversa da ogni altra. Il fattore di distinzione primario è rappresentato dal fatto che, dal momento stesso in cui siamo stati creati siamo dotati di una volontà libera, di cui ci avalliamo nel momento in cui operiamo le nostre scelte. Mentre il resto della natura pare essere vincolato al rispetto di rigide regole (fisiche e chimiche) o a una serie di istinti e di riflessi, per nostra congenita natura noi non siamo, come altre creature dell’universo, costretti ad agire in un modo determinato. Una pecora non può decidere di iniziare a predare e a nutrirsi di altri animali più di quanto una tigre, quand’ anche ben ammaestrata, può decidere di diventare vegetariana sulla scorta di considerazioni umane (o tigresche). Solo noi, in quanto umani, siamo in grado di decidere se darci alla caccia di altri esseri viventi o pascolare. Inoltre, in base a una definizione antropologica, l’uomo è un creatore di utensili. Dal momento che disponiamo di strumenti che amplificano enormemente le nostre capacità, siamo in grado di trasformare in maniera rilevante la natura, e a volontà; di conseguenza, abbiamo la libertà di muoverci in lungo ed in largo, di vivere sopra la terra o nel sottosuolo, di costruire e di distruggere, di creare bizzarie mai esistite prima. Ma l’uomo è altresì creatore di parole; e dal momento che disponiamo di parole e di un linguaggio, siamo in grado di concepire piani elaborati, trasmetterli ad altri individui e alle generazioni successive, modificando conseguentemente la natura. …. Possiamo aspettarci che un melo non produca arance, ma non possiamo aspettarci che un essere umano si dimostri coerente. Secondo la vecchia motivazione, ciò avviene perché gli esseri umani avvertono tanto le buone quanto le cattive inclinazioni. Oggigiorno potremmo attribuire la causa al fatto che noi esseri umani ci siamo sottratti alla legge dominante dell’istinto, perdendo il quale abbiamo guadagnato l’abilità di compiere scelte, buone o cattive che siano.
Capitolo: Bene
…La domanda relativa ai criteri in base ai quali scegliamo fra il bene ed il male è ben lungi dall’essere semplicemente un astratto problema teorico; noi operiamo scelte morali molte volte al giorno. Mentre molte persone possono passare l’intera vita senza mai porsi problemi di carattere estetico, e mentre possiamo continuare a gingillarci con cose inutili, o vivere senza cose che potrebbero risultarci utili, non possiamo evitare di porci domande sul bene e sul male. Soli o in società, attivamente o passivamente, dobbiamo formulare giudizi morali in ogni momento. Quantunque ci siano ben poche persone in grado di proclamare pubblicamente di non curarsi del male e del bene, molti altri individui agiscono in silenzio esattamente in questo modo. Ci sono persone che non “distinguono più tra il bene ed il male, serbando al più una leggera propensione nei confronti di quest’ultimo”. Tale differenza –vantata da un gran numero di politici e “uomini d’azione”- rappresenta per se stessa una scelta evidente. Ignorare che le cose abbiano una dimensione morale significa mettersi dalla parte del male, non dalla parte della tradizione romantico-letteraria delle baudelariane Fleurs du mal, ma in un modo molto pratico. … Molti fra di noi vedono nell’effettiva esistenza, o hanno avuto esperienza, di “una voce sottile” (1 Re 19,12) che ci rivela ciò che è bene e ciò che è male. Tuttavia tale presunta, ingenita voce interiore è, di fatto, influenzata dai tempi, dai luoghi e dalle culture, come pure dalle inclinazioni personali. Viviamo all’interno di un clima culturale molto rumoroso e veniamo bombardati continuamente da libri, riviste, giornali, radio, televisioni, film e videogiochi (una moltitudine di voci che si sforzano tutte di guidarci, ammonirci, condizionarci o convincerci di alcunché) Queste voci ci instillano idee cui spesso ripensiamo meccanicamente. Anche quando crediamo di stare esprimendo le nostre vere opinioni, potremmo in realtà scoprirci semplicemente a ripetere le parole di un annunciaore televisivo udite qualche tempo prima. Spesso non ci domandiamo se quanto ascoltiamo sia vero o meno; tuttavia vi prestiamo fede, ci crediamo e lo facciamo nostro. E’ praticamente impossibile distinguere fra percezione reale e rumore esterno. …. Quel che si è detto non è soltanto espressivo di un modo di vedere le cose moderno e disincantato: già Salomone aveva scritto che “Tutti i procedimenti dell’uomo appaiono puri agli occhi suoi” (Proverbi 16,2).
Capitolo: Spirito e Materia.
233
Noi esseri umani siamo anfibi. Non siamo come le rane, e tuttavia siamo anfibi. Viviamo in due mondi: il mondo della materia e il mondo dello spirito, e talora nel territorio posto ai confini dei due. Delle cui differenze siamo coscienti, così come la differenza fra la terraferma e l’acqua è manifesta anche alla più minuta delle ranocchie. Tuttavia, quantunque si slitti continuamente dall’una all’altra dimensione dell’esistenza, spesso non ci rendiamo conto di compiere tali balzi. Benché si viva in due mondi, uno di essi ci pare essere il mondo reale, l’esistenza vera, mentre l’altro sembra molto più indistinto, non proprio reale. … Sfortunatamente la parola “spirituale” ha finito con l’acquisire connotazioni impropriamente allusive a esperienze mistiche o soprannaturali, e troppo spesso viene adoperata in tale accezione da ogni sorta di persone poco affidabili: dalle attempate donzelle dallo sguardo annebbiato che farneticano di “spiritualità”, ai ciarlatani che spacciano le loro “medicine spirituali” con la stessa disinvoltura con cui reclamizzano “seminari spirituali”, prendendo parte ai quali diverremmo tutti individui saggi, belli, vincenti e magri. Dal momento che un tale genere di “spiritualità” pare estendersi attraverso tutta la gamma delle stramberie, dall’insulsaggine alla follia clinicamente testata, non sarà per noi occasione di grande stupore il fatto di sapere che alcune persone se ne tengono a distanza di sicurezza. Il mondo spirituale nel quale viviamo è, di fatto, reale, a noi molto prossimo. Non si tratta del regno di spettri e di spiriti disincarnati nel quale “energie” e “vibrazioni” (qualunque cosa esse siano) errano liberamente. Il mondo spirituale consta, in primo luogo, e soprattutto, di tutte quelle cose alle quali ci accostiamo attraverso la mente. La definizione include i nostri pensieri e sentimenti, amore, odio, invidia; la capacità di leggere, apprezzare la musica o di risolvere equazioni, di essere consapevoli della nostra esistenza e del fatto che siamo legati gli uni agli altri. Si tratta di esperienze immateriali, che non si possono pesare o toccare. Ma sono altresì esperienze comuni e immediate, e reali quanto ogni altra cosa. Il complesso di tali nostre esperienze costituisce il nostro secondo mondo, l’universo dello spirito. Di fatto le nozioni di spirito e di materia sono molto semplici: in esse non c’è nulla di sorprendente o di eccezionale. Siamo materiali e spirituali allo stesso tempo. La nostra esistenza è una esistenza duplice: da un lato il corpo, dotato di sensi atti a percepire la materia; dall’altro lato lo spirito, che concepisce pensieri e che subisce processi emotivi. … Fin dalla più tenera età ci è stato spiegato che i sogni, le idee e i pensieri non sono “reali” e che ciò che diciamo, pensiamo e sogniamo non ha rilevanza. …. Nella nostra cultura se un bambino rompe una tazza lo sgridiamo; se si taglia un dito, ci preoccupiamo; ma se un bambino ci parla dei suoi sogni o delle sue fantasie, le liquidiamo come cose prive di importanza o, ancor peggio, come irreali. …. Amor di patria e fedeltà, spirito di appartenenza a un gruppo e senso di estraneità sono tutte cose immateriali. Stipuliamo e rompiamo accordi spirituali in ogni istante, anche se non siamo abituati a parlarne come di atti “spirituali”. … Anche la famiglia è basata su una realtà immateriale. Possiamo indicare a dito i corpi di persone ben precise, e tuttavia la relazione che ci lega loro non sarà proporzionale alla distanza fisica che ce ne separa, maggiore o minore che sia, né dipenderà da meri legami biologici, giacché è fondata su ciò che sentiamo nei loro confronti. Allo stesso modo amore, invidia, avversione, gioia e tutte le altre nostre emozioni non sono cose materiali, per quanto possano essere associate a un oggetto materiale. Le persone che amiamo e quelle che odiamo possiedono una realtà materiale loro propria, ma amore e odio fanno parte della nostra esistenza anfibia. … Una persona può trascorrere tutto il tempo della sua esistenza mostrando un aspetto chiaramente umano ma vivendo, sul piano spirituale, la vita interiore di un cavallo, tirando la carretta della propria vita, ruminando, scaricandosi il ventre, accoppiandosi e sonnecchiando nel corso della vita fisica: tra la persona ed il cavallo non sussite molta differenza, a questo punto, al di là della forma esteriore. Entrambi hanno sostanzialmente gli stessi sogni, gli stessi appetiti e vivono all’incirca allo stesso modo.
Capitolo: Buone Azioni. Ci si domanda perché l’Onnipotente dovrebbe prendersi pensiero delle nostre azioni, buone o cattive. E Dio è colui che detta legge all’universo intero, nel quale corpi immensi, stelle e pianeti, si muovono come punti minuscoli ruotando insieme alla miriade di galassie di cui fanno parte. A paragone di tutto questo, che cosa siamo noi? In un contesto assai più limitato – nella mia famiglia, fra i miei amici- posso anche contare qualcosa, ma quando guardo al mondo in una prospettiva spaziotemporale più ampia, le mie attività, la mia stessa esistenza paiono insignificanti. Sembra inoltre molto strano credere che il Sovrano dell’intero universo debba prendersi cura dei miei piccoli peccati. Analogamente, quale importanza potrebbe mai avere il fatto che io possa fare la carità a chi è nel bisogno, o incoraggiare un amico in difficoltà? E lo stesso è vero pure per quel che riguarda la preghiera. Quando esprimo i miei desideri, quali speranze ho che le mie parole possano mai venire udite? Questo interrogativo di fondamentale importanza preoccupa, inconsciamente o consciamente, molte persone. Alcune di loro agiscono come se non si aspettassero una risposta; altri ne sono tediati, o turbati. In tutti i casi, tutto ha origine in una sorta di rappresentazione di Dio che sarebbe, al più, degna
234
di un asilo nido, ma che tuttavia per ancora molti di noi è usuale: l’immagine di un gran vecchio con una lunga barba bianca, seduto in trono da qualche parte su in cielo, a migliaia di miglia sopra le nostre teste, che stringe un bastone in una mano e un sacchetto di caramelle nell’altra. … Le persone che immaginano il “Sovrano dell’Universo” nelle vesti del “Principale” di tutto ciò che esiste credono di esprimere in questo modo un profondo rispetto nei confronti di Dio. Essi pensano di non essere al livello di quei gretti paesanotti che credono Dio non abbia nulla da fare di meglio se non controllare ogni minimo dettaglio dell’esistenza di ciascuno di noi. Perché, anche in qualità di genitore, fino a che punto dovrei sapere o preoccuparmi dei trastulli dei miei bambini? Ci sono così tanti minimi dettagli di cui non sono affatto al corrente; io mi occupo delle cose di maggior portata. Posso così credere di vedere le cose da una prospettiva più ampia; vedo la vastità dell’universo, dalla quale deduco che perciò Dio non può di necessità aver tempo per occuparsi dei minimi dettagli dell’immensa fabbrica. Ma quando dico che Dio non si occupa di dettagli, di fatto riduco Dio alla mia portata. Non importa quanto possa ingrandire la sagoma che ho ritagliato su di me; si tratta sempre della mia immagine, esaltata fino a raggiungere dimensioni maggiori: Dio è molto importante, è una persona importantissima. E dunque Dio è come il “Principale”, o come un grande sovrano, o un grande presidente. Soltanto infinitamente più grande di loro. Ma per quanto io possa esaltare l’immagine, essa continua sostanzialmente a rimanere l’ingrandimento di una piccola figura umana. … Tuttavia, contrariamente ai più grandi dirigenti, Dio è infinito. L’infinito è un concetto difficile, anche in matematica. E in rapporto a Dio è ancora più difficile da afferrare. Ciò che è infinito non ha confini; non ci sono limiti alla quantità di dettagli che può contenere. Inoltre, anche in base ad un assioma matematico, è vero che, se paragonata all’infinità, ogni quantità sarà pari allo zero e ogni grandezza sarà pari ad un’altra. … Se Dio si prende cura dell’universo intero (che, per quanto vasto possa essere, è pur sempre una grandezza finita), allora tutti i suoi elementi costitutivi, per quanto minuti possano essere, sono di uguale importanza ai suoi occhi. Sia che un migliaio di persone, centomila persone, cinque miliardi di persone levino a lui le loro suppliche, sia che un bimbo lo preghi, tutti vengono uditi allo stesso modo: il numero non fa la differenza. Se le stelle cantano, o se canta un uccellino, Dio ode ugualmente la voce di tutti. … Nulla è così insignificante o così piccolo da non poter essere accolto da Dio, perché il Suo sguardo abbraccia assolutamente ogni cosa. Perciò credere che esista qualcosa così insignificante da poter sfuggire all’attenzione di Dio è peggio della bestemmia: è una sciocchezza. Interfaccia ( in nota: Profittevole calco semantico derivato dal comune neologismo informatico, il termine volgarizza evidentemente, e nella maniera più efficace, la nozione qabbalistica di selem (ebr. per “figura”, “aspetto”): sorta di interstizio fra coscienza trascendente e piano fisico, in assenza del quale l’”anima”, secondo quanto rammenta G. Scholem, “brucerebbe il corpo con la violenza del suo calore”).
Nel capitolo: Hollywood Hollywood non è soltanto un posto, ma un mondo intero. Un mondo che ha realizzato qualcosa di veramente notevole: da Hollywood ha infatti avuto origine una religione universale di grande successo. Attraverso i suoi fortunati missionari tale religione si è diffusa in tutto il globo terrestre, facendo proseliti con una rapidità mai raggiunto prima da altre religioni. … I film hollywoodiani sono inoltre, com’è ovvio, anche un’impresa commerciale, un divertimento e un modo altamente efficace di passare o, se si preferisce, anche di ammazzare tutto il tempo che si potrebbe aver voglia di ammazzare. E sotto questo profilo, in effetti, la cinematografia non sarebbe molto diversa da altre imprese o settori dell’industria del divertimento; però Hollywood fa qualcosa di più che ammazzare semplicemente il tempo. Hollywood esercita un’influenza formativa sulla vita della gente, influisce sul modo di pensare delle persone, sui loro valori, sugli obiettivi che si propongono di esaudire, sui modi di pianificare la loro vita e sul comportamento. … Oltre a ciò Hollywood è in grado di creare immagini di questo e dell’altro mondo; crea desideri, produce sogni. Sogni che presto -inverosimili ed irrealizzabili che siano o, viceversa, molto prossimi alla realtà- divengono i sogni della gente, si mutano nei desideri di tutti. Si copiano le abitudini, le pose, le immagini e le figure che Hollywood crea. In questo senso, l’influsso hollywoodiano si rivela potente ed importante quanto quello che può esercitare una qualsiasi religione. Come la maggioranza dei culti e delle religioni, anche Hollywood dispone di idoli e di adoratori, oltre che di una gerarchia non troppo dissimile da quella di una chiesa. … Allo stesso modo di una chiesa Hollywood è composta di clero e di laicato, di elementi attivi e di passivi: c’è qualcuno che detta le regole e qualcun altro obbligato a seguirle. E ci sono gli accoliti ed i sacerdoti del culto, e c’è la moltitudine degli adoratori. Hollywood è un sincretismo religioso, il risultato della mescolanza di svariate componenti: pagane, cristiane e peculiarmente hollywoodiane. … Questa religione non ha avuto alcun “profeta” particolare –alla maniera di altre, che si vantano di essere state inaugurate da Mosé o da Maometto- che possa essere unanimemente riconosciuto come suo fondatore, ma dispone comunque di un bel po di padri, alcuni dei quali sono stati identificati, mentre di altri si serba a malapena un pallido ricordo. Il pantheon
235
hollywoodiano raccoglie gli stessi dèi dell’antichità: Baal o Giove, o comunque si voglia chiamare la massima divinità cui ora si associa il denaro o il potere; Marte o Odino, che è divenuto il soldato, il combattente indomito; Venere o Astarte, la dea della fertilità (e, oggi come oggi, soprattutto del sesso). Queste, assieme ai geni minori del loro corteggio, sono le divinità astratte, le cui incarnazioni sono rappresentate dalle stelle del cinema, che sono a loro volta delle figure mitiche. … Alla maniera di molte delle religioni del passato –degli antichi egizi, dei babilonesi, dei greci- la religione holywoodiana non diffonde alcun chiaro messaggio, non si impone alcuna missione precisa; esiste, e questo è tutto. I principi di questa fede non sono per nulla espliciti. Ne possiede parecchi, la maggior parte dei quali non sono scritti. Anche in questo senso essa è molto simile a quelle antiche, primitive e potenti religioni mondane. Tali culti non possiedono un libro sacro, un canone giuridico o teologico, pur disponendo di un repertorio di rituali di adorazione, di principi, e di modalità di comportamento molto ben definiti. … Chi professa la religione di Holywood crede fermamente nel “lieto fine”, ed in questo senso appare simile ad alcune delle più grandi religioni del mondo, come il giudaismo, il cristianesimo o l’islamismo. Diversamente da queste, tuttavia, Holywood semplifica il messaggio in quanto il lieto fine arriva più rapidamente. …. Il soggetto fondamentale dell’ holywoodismo può essere sintetizzato in una parola: felicità. La felicità è la meta, il fine, la motivazione per ogni singola cosa e per tutte le cose nel loro complesso. …. La definizione holywoodiana di felicità è l’agiatezza, si tratta di una felicità mondana che non è né la beatitudine celestiale né la sensazione di una superiore letizia spirituale. … Tutti questi elementi messi insieme, associati al desiderio di estendere indefinitamente la platea dei potenziali spettatori, creano un altro aspetto importante di Holywood: la glorificazione della mediocrità. … Il sogno holywoodiano consiste nell’essere una persona mediocre, ma di successo. Holywood non glorifica né geni né folli: venera soltanto le persone ordinarie. … Molto simili agli dèi della Grecia, gli eroi in stile holywoodiano sono semplici esseri umani, non troppo eccezionali ma di una bravura in qualche modo esagerata. … “Anche tu sei un eroe. Guarda questi attori di grido: nel profondo del tuo cuore, tu sei quasi come loro. Forse non sarai così bello, né così prestante, ma ti è concesso di sognare di essere uno di loro”. La superficialità è intrinseca; tutto deve essere alla portata della platea, tagliato sulle misure del pubblico, basato sulle sue capacità di comprensione e sui sogni che accarezza. Holywood non potrebbe mai provvedere un buon film su di una santo –o su di uno scienziato, o su un artista- perché un vero santo, per definizione, non sarà mai un individuo ordinario. ….Holywood funziona allo stesso modo di una campagna pubblicitaria: reclamizza se stessa e lo spirito americano contemporaneamente; … Dalla sua immagine dell’America trapela un senso elementare di ottimismo condivisibile a livello nazionale. Holywood dipinge per una platea democratica l’affresco di un mondo luna park. Il pubblico che assiste allo spettacolo è importante per Holywood non soltanto perché paga i biglietti, finanziando così la religione. La platea rappresenta qualcosa di assai più grande: essa è il sogno e l’immagine in se stessa. … In quante pellicole holywoodiane potreste vedere qualcuno che fa le pulizie di casa o che fa il bagno ad un lattante, specialmente a un vero lattante che si sia davvero sporcato? Nell’universo di Holywood si vedono i risultati dello sforzo, ma non il sudore: non vedete la fatica del vivere. … Per esempio, è senz’altro possibile che Holywood abbia giocato nel crollo del regime sovietico un ruolo assai più importante di quello che possono aver rivestito tutti i mezzi militari degli Stati Uniti…. Rimpiazzando la stessa visione sovietica del futuro con il mondo dei sogni holywoodiani: sogni di mediocrità, di agiatezza, di semplicissime forme materiali di felicità. …Ora come ora, è una istituzione assai profondamente fondata, solidamente innervata nella fabbrica della realtà, e continua a provvedere il mondo di sogni ad occhi aperti.
Capitolo: Maschere Fin dall’antichità più remota, gli attori hanno adoperato maschere da teatro, maschere comiche o tragiche, ma le maschere che indossiamo nella vita quotidiana semplicemente comportandoci in determinati modi sono infinitamente più comuni. Tali maschere sono simbolo delle parti che recitiamo nel dramma della vita. Possiamo interpretare un ruolo in un certo atto, ed un ruolo diverso in un atto successivo, ma per quasi tutto il tempo della rappresentazione indossiamo le nostre maschere. Noi esseri umani non siamo mai completamente nudi. Mettiamo le nostre maschere via via che progredendo, anche la scena della nostra vita muta intorno a noi. Una volta cresciuti e diventati adulti, sul posto di lavoro indossiamo maschere professionali, mentre invece a casa avremo sul volto la maschera del genitore, del coniuge. Alcune maschere necessitano di essere abbinate a un abbigliamento specifico. Di fatto, quasi ogni abito è una maschera, e implica un ruolo determinato. … Michel de Montagne scrisse che se la gente dovesse venir punita anche per ciò che pensa oltre per ciò che fa, ognuno di noi meriterebbe di essere appeso varie volte al giorno. …
236
Capitolo: Amici
…Uno dei criteri fondamentali di prova dell’amicizia è la fiducia, la disponibilità sulla quale si può contare. Forse uno dei gradi più elevati dell’amicizia è dunque rappresentato dalla possibilità di mettere a repentaglio la propria vita per quella di un altro. E’ questo il genere di amicizia che spesso si manifesta in momenti critici, specialmente in tempo di guerra, quando le persone debbono far dipendere le proprie vite una dall’altra. … Nel momento in cui un amico incomincia a calcolare e paragonare quello che ha dato e quello che ha ricevuto: quando si domanda, o semplicemente si pensa a ottenere un qualche riscontro per i piaceri prestati –e non soltanto in termini monetari, ma anche soltanto nella forma di un bacio, o di un sorriso-, allora l’amicizia è morta; è ormai divenuta un mero rapporto di affari. In ogni caso, quantunque in un contesto amicale non è corretto tener conto dei favori che ci si scambia, l’amicizia è un rapporto di reciprocità. Gli amici hanno l’obbligo di serbare un senso di equità. … Via via che l’amicizia si intensifica, ciò che si approfondisce è pure il senso della confidenza. Il criterio per giudicare della profondità e della forza dell’amicizia potrebbe anche misurarsi sul grado di intensità e di profondità raggiunti dalla confidenza fra gli amici. … Uno dei criteri di distinzione primaria fra amicizia e amore consiste nel fatto che l’amicizia può essere sì molto intensa e premurosa, ma non conduce al desiderio. L’amicizia può altresì talvolta evolversi in relazione sentimentale; ma finché ciò non si verifica, gli amici possono abbracciarsi e passeggiare mano nella mano senza risvegliare in sé alcun desiderio, mentre l’amore gradatamente si intensifica, e il suo bisogno di esprimersi in modo sempre più appassionato normalmente porta a un coinvolgimento a livello fisico. Un’altra notevole ragione di differenza è fornita dal fatto che l’amicizia non è esclusiva. La maggioranza delle persone non potrebbe condividere la persona amata con altri, ma i propri amici sì. Un gruppo di amici può includere una serie di rapporti tra i suoi membri, variabili in termini di intimità, senza che ciò debba far sorgere la minima gelosia. … La rottura risultante dal tradimento della fiducia che si riponeva in un amico può essere ancora più grave della ferita causata da un tradimento in amore. Quantunque un’amicizia possa sembrare molto meno emotiva di una relazione amorosa, è un rapporto sotto molti punti di vista assai più delicato. In effetti, pare che un’amicizia incrinata sia più difficile da sanare di quanto non risulterebbe una relazione amorosa nelle stesse condizioni, poiché l’amore include il concetto di desiderio che, in qualche modo, provvede a riparare gli strappi. Dal momento che l’amicizia non è tenuta insieme dalla colla del desiderio, essa è come un uovo: quando è rotto, è rotto. Nel momento in cui si scopre -anche giudicando erroneamente- di non poterci fidare di colui che consideravamo un amico, l’amicizia non può sussistere. … Gli amici non debbono essere simili uno all’altro. Con il tempo lo possono forse diventare, ma l’amicizia non si basa sulla somiglianza. La mutua sensazione di compatibilità trascende sesso, razza, lingua, cultura, così come è in grado di superare quasi ogni altra barriera. …
Capitolo: Famiglia
… La diffusione dell’impiego di eunuchi rappresentava un altro modo di produrre una popolazione priva di legami familiari. Oltre ad essere assunti come guardiani di harem, gli eunuchi furono impiegati persino come soldati e generali, giungendo anche a ricoprire ruoli politici e militari di rilievo (nota: Si pensi ad esempio al caso del generale bizantino Narsete 480-574, o alla tradizione secondo la quale venivano riservate agli eunuchi di corte alte cariche amministrative, come in Cina per lungo tempo, dall’antichità al crollo dell’impero sotto la dinastia mancese dei Qing, nel secolo scorso. Senza contare che in determinate epoche storiche, tanto nell’antico Iran quanto a Roma, fu talora consuetudine affidare il governo ad eunuchi) .In maniera diversa gli stessi ordini monastici e le varie forme di sacerdozio celibatario tradizionali presso molte culture e in vari paesi, dall’Oriente all’Occidente, si prestarono strategicamente a fornire gruppi di elites selezionate prescindendo da unità familiari. I giannizzeri, che formarono il fiore della classe militare del nascente impero ottomano, erano schiavi celibi. (nota mia: anche Gengis Kan era fornito di un ordine militare esclusivo formato da eunuchi; ma anche in tempi recenti ai Carabinieri era imposto il celibato sino ai trentanni, quando spesso venivano congedati) Il graduale allentarsi delle rigide norme sul celibato che venivano loro imposte si trasformò in uno dei fattori che contribuirono al loro declino: più prossimi ai nostri tempi, anche i regimi totalitari hanno cercato di spezzare l’unità familiare dei loro schiavi, nelle nazioni soggette, del loro stesso popolo (Aldous Huxley, Il mondo nuovo, ed. Mondatori, 1981). E’ molto più difficile manovrare e manipolare famiglie di quanto non risulti avere a che fare con individui privi di radici familiari. … A mo di esempio: la lettura ad alta voce della Kettubà –il cosiddetto contratto matrimoniale, consistente in un conciso elenco degli obblighi maritali- rappresenta una parte integrante della cerimonia nuziale ebraica. L’esistenza di tale contratto è ciò che rappresenta la differenza fra il matrimonio e la prostituzione, tra un rapporto familiare e una relazione amorosa. …
237
La Rochefoucauld ha scritto che, se non esistessero i romanzi sentimentali, molta gente non si innamorerebbe mai.
Capitolo: Amore Il primissimo tratto che in ogni genere di amore si manifesta come peculiare è l’interesse per qualcosa. Non ci può essere amore dove non ci sia interesse. Il vero contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza. … Sono tre i fattori: il soggetto (l’amante), una emozione (l’amore) e un oggetto (l’amato). La natura dell’amore dipende da ciascuno di essi singolarmente e dall’interconnessione fra i tre. Il genere di amore più celebrato è qualcosa di cui la maggioranza della gente può parlare soltanto in termini teorici. I poeti e i filosofi ne scrivono, gli innamorati ne parlano, molte altre persone lo vagheggiano, ma la maggior parte di noi non ne ha mai avuto una esperienza diretta. … Quale che possa essere l’oggetto dell’amore, la domanda è sempre la stessa: che cosa amo? Amo veramente l’oggetto verso il quale mi sento attratto dal mio sentimento o amo me stesso, e intendo soltanto soddisfare i miei desideri per mezzo dell’oggetto? Il problema emerge con piena evidenza nell’ambito dell’amore sensuale, cioè l’eros. Si ama realmente l’amato come persona, o l’amore non è che un pretesto addotto al fine di poter usare sessualmente dell’altro, godendo dei piaceri che reciprocamente si procura per mezzo dell’altro, come nel caso classico dell’aneddoto del pesce e del barone? (molto bella questa storiella) . Esiste in proposito una casistica molto più sottile. Ad esempio, alcune persone affermano di amare i loro figli, ma in realtà si servono dei loro bambini come tramite per conseguire una soddisfazione personale, e dunque in realtà non diretto verso i loro figli. …. In ogni dichiarazione di amore, in ogni tipico “ti amo” , chiunque ne sia il destinatario e qualunque sia la specie di amore che si dichiara, è sempre presente un “io” a formularla. Un “io” deve sempre essere coinvolto nel processo; l’emozione amorosa non potrebbe esistere priva di un’identità che la provi. Anche quando l’amore richieda grande abnegazione e sacrificio di sé, esso richiede sempre un principio di identità al cui centro l’emozione possa essere riferita. E’ impossibile per l’amore esistere nella totale assenza di un “io” amante, poiché deve pur esserci qualcuno che si faccia carico del sentimento, che provi l’emozione. … Le fonti ebraiche in effetti descrivono questi due tipi di amore attribuendo loro le denominazioni di “amore come fiamma ardente” e “amore come acqua” : il primo consuma, arde interamente la persona laddove il secondo appaga e calma.
Capitolo: Dio Il fatto è che, anche se una teoria può sembrare inverosimile, questo non chiarisce nulla circa la realtà delle cose. Che vi si creda o meno, che lo si possa spiegare o no, che si pensi alla cosa in termini razionali o perfettamente irrazionali, i bambini nascono così. Se qualcosa esiste, esiste, sia che ci si creda sia che non ci si creda, sia che se ne possa dimostrare l’esistenza o meno.Se una cosa c’è, c’é. Non importa quanto possa ritenerla ragionevole o inverosimile: il mio parere non esercita alcuna autorità sulla realtà dei fatti. Possiamo cercare di spiegarli in una maniera o nell’altra, ma le nostre spiegazione non hanno attinenza alcuna con la realtà. Tuttavia, anche se la nostra fede –o la nostra incredulitàpuò non significare nulla per Dio, per noi riveste una grande importanza. L’atto di credere muta in noi consuetudini, modalità di approccio con la realtà ed atteggiamenti; e questo spiega perché la questione sia per noi così urgente. La religione è un rapporto formale fra gli esseri umani e Dio. Alcune persone possono aderirvi per profonda convinzione; altre possono accoglierla per convenienza, come norma accettata dalla società, o, semplicemente per inerzia. La fede è un dato più informale e probabilmente molto più diffuso. D’altra parte, per la maggioranza della gente –escludendo alcuni individui eccezionali- la fede è anche meno costante. Quando la vita che viviamo è più o meno normale, non troviamo la voglia e il tempo per pensare a Dio. Quando siamo felici e soddisfatti, potremmo anche dire all’occasione: “Grazie a Dio”, ma si tratta generalmente di una mera frase, dotata di un significato molto approssimativo. In tempi di sciagure o di problemi di qualunque genere, tuttavia, si fa strada in noi un bisogno di senso molto forte, incalzante. Non sempre produce la fede, ma è almeno un desiderio di fede. Talvolta le persone si accorgono di trovarsi in una situazione tale da essere costretti a credere in un Dio, che esista o meno. Un sopravvissuto ad un violento terremoto descrive la sua esperienza con le seguenti parole: “Il maggior bisogno che avvertivo era quello di avere qualcosa in cui credere, Dio o un idolo che fosse; ma qualcosa che potesse darmi sostegno, perché il mondo era ormai al collasso”. ------------------------------------------------------------------------
238
PLATONE , REPUBBLICA Libro III, XII
“Ma dovremo sorvegliare e costringere soltanto i poeti, con la minaccia di trasferirli altrove, ad introdurre nelle loro opere la rappresentazione dei buoni costumi? Non occorre forse sorvegliare anche gli altri artisti ed impedire loro di introdurre sia nella rappresentazione di esseri viventi sia negli edifici e in ogni altra loro opera la malvagità, la sfrenatezza, la viltà, l’indecenza, sotto pena di negare il permesso di lavorare da noi a chi sia incapace di porsi questa limitazione? E’ infatti lecito temere che i nostri guardiani, se cresceranno fra le immagini del vizio come in mezzo ad erbacce e ne raccoglieranno molte un poco ogni giorno e se ne nutriranno, ricevano senza accorgersene nel loro animo un unico grande male. Non occorre al contrario, cercare gli artisti capaci di seguire le tracce della natura di ciò che è bello e decoroso? Così i giovani …
Pecunia non genera pecunia.
massima coranica
Claudel: “ L’occhio ascolta”
Io ti parlo con la mano, tu mi ascolti con gli occhi, noi ci comprendiamo con un sorriso. Radiorai3 del 17 febbraio 2008 , un cinese accademico di Francia
Anche nell’ascesa dell’impero britannico conta la capacità di tutelare le minoranze e di accogliere i “diversi” . Alla fine del diciassettesimo secolo Londra si afferma come la piazza finanziaria più potente del mondo grazie all’afflusso degli ebrei sefarditi cacciati dalla Spagna e di ugonotti perseguitati dalla Francia. Dal 1689 sino alle guerre napoleoniche, la Francia in teoria ha più risorse dell’Inghilterra: ha una agricoltura più ricca, una popolazione quattro volte superiore. Gli Inglesi trionfano per la potenza finanziaria mobilitata da grandi famiglie ebree come i Medina, Goldsmid, Montagu, Stern, Tothschild. Cinquantamila ugonotti emigrati dalla Francia portano a Londra preziose competenze imprenditoriali. Decisiva è la capacità di integrare gli scozzesi: sono i padri della rivoluzione industriale (l’inventore del motore a vapore James Watts, il fondatore del pensiero economico Adam Smith), e sono il nerbo dell’esercito imperiale.… Sono invece gli Stati Uniti a sostituire la Gran Bretagna, anche nel ruolo di calamita dei talenti cosmopoliti. Nel 1816 l’ America ha 8,6 milioni di abitanti, la Russia 51 milioni. Nel 1950 gli americani sono diventati 150 milioni, i russi solo 109 milioni. E’ grazie agli scienziati ebrei in fuga dalla Germania nazista e dall’Italia fascista che l’America conquista pwer prima la prima arma nucleare. Fino ai giorni nostri il dinamismo economico e la capacità di innovazione dell’America deve molto al drenaggio di cervelli dalla vecchia Europa e dall’Asia. Federico Rampini, L’impero perfetto, Repubblica del 17 febbraio 2008
----------------------------------------------------------IL KYBALION, anonimo, ed. Venexia
239
Davvero strano questo libricino: pretenderebbe di impartire gli insegnamenti di Ermete Trismegisto
1. il principio del Mentalismo: Tutto è mente, l’Universo è mentale 2. il principio della Corrispondenza: come è in alto, così è in basso; come è sotto, così è sopra. 3. Il principio della Vibrazione: Tutto si muove, tutto vibra; niente è in quiete. 4. Il principio della Polarità: Tutto è duale, tutto è polare: per ogni cosa esiste una coppia di opposti. Simile e dissimile sono uguali, gli opposti sono identici per natura e differiscono solo per grado. Così gli estremi si toccano; tutte le verità non sono che mezze verità e ogni paradosso può essere conciliato.
5. Il principio del Ritmo: Ogni cosa fluisce e defluisce, ogni cosa ha fasi diverse; tutto si alza e cade; in ogni cosa si manifesta il principio del pendolo: L’oscillazione di destra è uguale a quella si sinistra; tutto si compensa nel ritmo.
6. Il principio di Causa ed effetto: Ogni effetto ha la sua causa, ogni causa il suo effetto; tutto avviene in conformità ad una legge, il caso è solo il nome che designa una legge che non si conosce; pur se esistono diversi piani di casualità, niente sfugge alla legge.
7. Il principio del Genere: il genere si manifesta in ogni cosa e su tutti i piani; ogni cosa ha il suo principio maschile e femminile.
I mezzi saggi che, riconoscendo la parte di irreale che è nell’Universo, credono di poterne infrangere le leggi, sono soltanto degli sciocchi che, per la loro pazzia, finiranno con lo spaccarsi la testa contro le rocce, vinti dagli elementi. I veri saggi, invece, conoscono la natura dell’Universo, usano la Legge contro le leggi, ciò che vi è di più elevato contro quello che vi è più in basso e riescono a trionfare trasmutando l’indegno in degno con l’alchimia mentale. Le forme più elevate di conoscenza non consistono in strani sogni, assurde visioni ed immagini fantastiche ma nel sapersi servire delle energie più alte contro quelle più basse, sottraendosi alle sensazioni dolorose dei piani più bassi, con opportune vibrazioni sui piani più alti. La grande arma dei Maestri è la trasmutazione, non la vana negazione! Cambiare temperamento o stato mentale vuol dire cambiare la propria vibrazione. Distruggete la parte indesiderata di vibrazioni mentali con il principio della Polarità; concentratevi sul polo opposto a quello che volete annientare, liberatevi dell’indesiderabile invertendo la polarità. La mente, come i metalli e gli elementi, può essere trasmutata: da stato a stato, da grado a grado, da condizione a condizione, da polo a polo, da vibrazione a vibrazione. Si può neutralizzare il ritmo con un’adeguata applicazione dell’Arte della Polarizzazione. Nulla sfugge al principio di “causa ed effetto”, anche se molti sono i piani di casualità; inoltre è possibile usare le leggi del più alto per trionfare su quelle del più basso. Chi comprende tutto questo, è assai avanti sul Sentiero. La vera trasmutazione ermetica è un’arte mentale. Il Tutto è mente; l’Universo è mentale.
240
Chi desidera procurare il bene altrui ha già assicurato il proprio.
Confucio (551-479 a.C.)
Non c’è blu senza il giallo e senza l’arancione.
Vincent Van Gogh (1853-1890)
Se uno sogna da solo è solo un sogno. Se molti sognano insieme, è l’inizio di una nuova realtà.
Friedensreich Hundertwasser (1928-2000)
Luciano Canfora, Esportare la libertà, il mito che ha fallito, mondatori, 2007 Tanto celebrato questo Autore, ha il pregio, a mio parere di scrivere molto convulso e raffazzonato, tale da rendere difficile una sequenza logica del ragionamento.
Intanto l’insostenibilità del programma (degli Stati Uniti) di “esportazione della libertà” ( un programma a rigore inattuabile e che dovrebbe –per essere coerente- assumere bersagli infiniti ed impossibile come il gigante cinese, l’ Arabia Saudita, o lo stato teocratico Vaticano) ha finalmente trovato la necessaria sistemazione logico-retorica: piuttosto semplice e ossessivamente riproposta dagli strumenti pervasivi dell’informazione. La sistemazione è, detta in breve, la seguente: non potendosi colpire indiscriminatamente tutti i luoghi dove, a giudizio dell’amministrazione americana, la “libertà” andrebbe esportata ed installata, bisogna concentrarsi sugli “Stati canaglia”, cioè su quegli Stati che non solo appaiono macchiati dal peccato basilare della “Non libertà” ma si industriano di turbare la serenità del “mondo libero” (che comprende, inspiegabilmente, anche il Pakistan e l’ Arabia Saudita) attraverso lo strumento del “terrorismo”. La parola spaventosa e taumaturgica domina le cronache. E’ essa stessa un’arma. Come il Minosse dantesco “giudica e manda secondo ch’avvinghia”, così è a discrezione dell’amministrazione USA decidere chi è terrorista e chi non lo è, chi è già pronto per essere aggredito e disarmato e chi invece deve aspettarsi prima o poi un tale trattamento. E’ per altro verso indiscutibile che l’area medio orientale (in nota: che è uno degli epicentri della produzione mondiale di petrolio) risponde effettivamente ad alcuni dei tratti che la retorica della “libertà” denuncia, mentre plasma la mentalità comune in Occidente. Il più inquietante di tutti è la motivazione religiosa posta alla base della scelta estrema del “terrorismo”. Ragion per cui “fondamentalismo islamico” e “terrorismo” stanno diventando non a torto sinonimi. Mentre, per converso, aumenta il peso dei cosiddetti “partiti religiosi” addirittura in uno Stato, in origine, aconfessionale e socialista come Israele. Il mondo islamico dispone di un fattore di mobilitazione ridivenuto irresistibile: il fanatismo religioso; o meglio il collante religioso come alimento della contrapposizione e resistenza contro l’Occidente. Se oggi esso è al di là degli eccessi retorici con cui se ne parla, il principale “pericolo” per la pax americana, ciò dipende, in ultima analisi dalla scelta –perseguita per mezzo secolo- di far fallire comunque la diffusione del modello sovietico nel mondo araboislamico, di impedire la sua espansione oltre i confini dell’ormai laicizzata “Asia Sovietica”. All’inizio del XX secolo, il mito della rivoluzione comunista si era infranto in Occidente: L’Occidente si era ritratto di fronte al contagio rivoluzionario. Arrivò, per salvarsi, ad inventare una rivoluzione alternativa e addomesticabile: il fascismo. Comunque, in Occidente, ha vinto la socialdemocrazia la paritta ingaggiata sin dal 1917 col comunismo. (E intanto i comunisti trovarono poi, per un certo tempo spazio considerevole in alcuni paesi europei in quanto –al di là delle etichette- sempre più rifluivano nell’orizzonte culturale della socialdemocrazia) In sostanza la speranza di dilatare l’esperienza bolscevica oltre la grande federazione rappresentata dall’ URSS si era indirizzata a Oriente: Cina, India mondo arabico-islamico. Tale mutamento di traiettoria geografica è già in nuce nell’ultimo discorso di Lenin (Meglio meno, ma meglio). Molte premesse facevano preveder un maggior successo di questa nuova e diversa traiettoria. Il più gran risultato, in tal senso, parve la vittoria maoista in Cina, che doveva invece rivelarsi la fonte del maggior e più lacerante scisma, foriero di una inedita alleanza USA-Cina che ha cambiato la rotta della storia (per questo Kissinger, in
241
quanto architetto dell’alleanza cino-americana che ha sconfitto l’ URSS, resta, al di là dei suoi crimini, uno dei maggiori statisti del Novecento). La scelta proaraba di Krusviov era stata una tappa in questa direzione, ma fu abilmente contenuta e respinta dalle contromosse USA, fino al clamoroso voltafaccia di Sadat dopo la “guerra dello Yom-Kippur” (1973) Il fallimento del “socialismo arabo” era ormai all’orizzonte: non solo per la sua ambiguità e le sue remote origini fascistoidi, ma soprattutto perché, nel corteggiarlo (alla fine della partita) i sovietici avevano sacrificato via via i movimenti comunisti di questi paesi, privandosi così degli unici possibili, veri, alleati. Ora che quel disegno è del tutto fallito, la causa anti-imperialista è nelle mani dissennate e pre-politiche del “partito di Dio”, o della casta sacerdotale iraniana o del suo braccio armato.
“Da quando l’URSS non controlla più le spinte dal basso contro la ricchezza planetaria –ha scritto un critico disincantato- e alla loro testa si è posto l’Islam, la sopravvivenza del mondo ricco è in pericolo” ( nota: Emanuele Severino, Corriere della sera, 17 agosto 2006). Un tempo si disse, e si scrisse, che l’alternativa al socialismo era la “barbarie”. Forse ci stiamo arrivando. Il 29 settembre 2006 il pontefice Benedetto XVI ha ricevuto nella residenza di Castel Gandolfo l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, e gli ha chiesto di entrare a far parte del suo staff di consulenti di politica estera. Kissinger ha accettato.
-------------------------------------------------Lettera del 1° gennaio 1989 con cui l’ayatollah Al Khomeini annuncia a Gorbaciov la fine del comunismo e l’avvento dell’ Islam
Nel Nome di Dio Clemente e Misericordioso
Egregio Signor Gorbaciov, Presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, auspico a Lei e al popolo sovietico felicità e prosperità. Poiché da quando è stato eletto alla dirigenza dell’Unione Sovietica si avverte che Lei, nell’analisi degli accadimenti politici del mondo, in particolare in relazione ai problemi dell’Unione Sovietica, è venuto a collocarsi in una fase nuova, di revisione, di cambiamento, di mutamento di condotta e, poiché il Suo coraggio e la Sua audacia nell’affrontare la realtà del mondo potrebbero essere fonte di trasformazioni e di mutamenti negli equilibri attualmente imperanti, ho ritenuto necessario sottolineare alcuni punti. Anche se il limite delle Sue nuove riflessioni e decisioni potrebbero essere costituite dal fatto che esse siano solo un modo per risolvere problemi di partito e, accanto ad essi, alcune difficoltà del Suo popolo, pur in questa misura, il coraggio di procedere alla revisione di una ideologia che da anni teneva prigionieri in una fortezza di ferro i figli rivoluzionari della terra è lo stesso degno di lode. Se il Suo pensiero si innalzerà al di sopra di questo fatto contingente, la prima cosa che sicuramente Le arrecherà successo è la messa in atto di una revisione della politica dei Suoi predecessori, politica che ha portato a cancellare Dio e la religione dalla società. Ciò ha costituito certamente il più grave danno inferto al popolo sovietico. Sappia che un approccio reale con gli accadimenti del mondo non è concepibile che per questa via.
242
Ovviamente è possibile che, a causa dei metodi sbagliati e dell’operato dei precedenti uomini di governo comunisti in campo economico, si affacci l’immagine del verde giardino del mondo occidentale. La verità è tuttavia altrove. Se in questa circostanza si limiterà a un mero sciogliere i nodi gordiani dell’economia comunista e socialista ricorrendo alle regole del capitalismo occidentale, non solo non curerà i mali della Sua società, ma sarà altresì necessario che altri venga a porre rimedio ai Suoi errori. Oggi infatti, se per quanto riguarda i metodi economici e sociali il marxismo è giunto ad un vicolo cieco, anche il mondo occidentale si trova in difficoltà di fronte a questi stessi problemi, sebbene in forme diverse, oltre a dover fronteggiare altre difficoltà. Egregio Signor Gorbaciov, bisogna aprire gli occhi alla verità. La difficoltà principale del Suo paese non è costituita dal problema della proprietà, dell’economia e della libertà. Il Vostro vero problema è la lunga lotta contro Dio, contro la Fonte dell’esistenza e della creazione. Egregio Signor Gorbaciov, è chiaro a tutti che d’ora in poi bisognerà cercare il comunismo nei musei della storia politica del mondo. Il marxismo, infatti, non rappresenta una risposta a nessunissimo reale bisogno dell’uomo. Si tratta di una dottrina materialistica e con il materialismo non si può certo far uscire l’umanità dalla crisi provocata proprio dalla non credenza nello spirito. E’ questo il male principale della società umana, all’Est come all’ Ovest. Egregio Signor Gorbaciov, è possibile che per molti versi Lei, apparentemente, non abbia volte le spalle al marxismo e che ancora, in futuro, nei Suoi discorsi esponga la Sua piena credenza in esso. Ma Lei sa che, in realtà, non è così. Il Capo della Cina ha inferto al comunismo il primo colpo, Lei il secondo e, a quanto pare, l’ultimo. Oggi al mondo non esiste più qualcosa chiamato comunismo. Ma da Lei voglio davvero che nell’abbattere le mura delle delusioni marxiste non vada a cadere nella prigione dell’Occidente e del Grande Satana. Spero che troverà la vera gioia costituita dall’aver spazzato via dalla storia e dal Suo Paese gli ultimi sentimenti imputriditi creati nel mondo comunista da settant’anni di deviazioni. Oggi ormai anche i governi che si muovono nella vostra stessa direzione, il cuore batta e per la patria e per i loro popoli, non sono più disposti a impiegare le ingenti risorse dei loro paesi, i prodotti del sottosuolo per dimostrare i successi del comunismo, le cui ossa si stanno sgretolando con uno scricchiolio che è già giunto alle orecchie dei loro figli. Signor Gorbaciov, quando dai minareti di alcune delle Vostre repubbliche, dopo settant’anni, si è levato il grido Allah Akbar e la testimonianza di fede nella missione dell’ultimo Profeta (che la pace sia con lui e con i suoi Discendenti), tutti i seguaci del puro Islam mohammadiano hanno pianto di entusiasmo. Per questo ho ritenuto necessario richiamare alla Sua attenzione questo problema, per invitarla a riflettere ancora una volta sulle due visioni del mondo, quella materialistica e quella ispirata alla dottrina dell’unità divina. I materialisti considerano i sensi criterio di conoscenza su cui si fonda la loro concezione del mondo: ciò che non viene percepito attraverso i sensi è ritenuto estraneo all’ambito della scienza. Essi concepiscono l’esistente come equivalente al materiale: ciò che non è materiale per loro non esiste. Di conseguenza il mondo metafisico, l’esistenza di Dio, la Rivelazione, la Missione profetica, la Resurrezione sono stimati null’altro che fiabe. Il criterio di conoscenza su cui si fonda la concezione monoteistica è costituito invece e dal senso e dalla ragione. Ciò che è razionale, anche se non viene percepito dai sensi, rientra nel dominio della scienza: Di conseguenza l’esistente è costituito dal visibile e dall’invisibile, per cui anche ciò che non è materiale può esistere. Come il concreto presuppone l’astratto, così la conoscenza sensitiva è sostenuta da quella razionale. Il Santo Corano confuta il fondamento stesso della concezione materialistica. A coloro che pensano che Dio no esiste perché, se così non fosse, sarebbe visibile e dicono: “ O Mosé! Non ti crediamo finché non vedremo Dio faccia a faccia”, rivolge queste parole: “Non l’afferrano gli sguardi ed Egli tutti gli sguardi afferra. E’ di sguardo sottile e di tutto ha notizia”. Ma lasciamo il diletto e santo Corano e le argomentazioni che esso offre riguardo alla Rivelazione Divina, alla Missione profetica e alla Resurrezione, ché Lei si trova ancora l’inizio del discorso. Non intendevo affatto trascinarLa nei meandri dei problemi filosofici, in particolare della filosofia islamica. Mi limiterò soltanto ad esporLe uno, due esempi molto semplici, attinenti alla natura umana e alla coscienza da cui anche i politici possono trarre profitto. Il fatto che la pura materia, l’inanimato non abbiano coscienza di sé costituisce un assioma. Di qualunque cosa si tratti, sia esso un monumento di pietra o la statua di un corpo umano, le varie parti dell’oggetto in questione sono all’oscuro le une delle altre. Al contrario, vediamo chiaramente che gli individui umani e gli animali sono consapevoli di ogni loro singola parte, sanno dove si trovano, che cosa succede nel loro ambiente e che cosa attraversa il mondo (nota mia, ad abundantiam: se l’uomo si scotta una mano ne ha una immediata percezione; non così la mano di una statua sottoposta a una martellata). Se ne deduce che nell’uomo e nell’animale esiste qualcosa di diverso che è al di sopra della materia e da essa distinto, che sopravvive alla morte di questa.
243
L’uomo, per sua natura, anela a ogni perfezione in modo assoluto. Lei sa bene come l’individuo ambisca a essere potenza assoluta del mondo. Egli non è lusingato da nessun potere che non sia tale. Se anche avesse tutto il mondo a disposizione, qualora gli si dicesse che esiste anche un altro mondo, per sua natura, desidererebbe possedere anche quello. L’individuo, per quanto sapiente possa essere, qualora gli si dicesse che esistono altre scienze, per sua natura, desidererebbe apprender anche quelle. Deve quindi esistere un potere assoluto, una scienza assoluta, a cui l’uomo dona il suo cuore. Esso è Dio Onnipotente. Noi tutti ce ne rendiamo conto, anche se non ne siamo consapevoli. L uomo desidera raggiungere la Verità assoluta, annullarsi in Dio. L’anelito alla vita eterna, che è insito nella natura di ogni individuo, è un segno dell’esistenza di un mondo eterno esente dalla morte. Se Lei, Eccellenza, desiderasse approfondire questi argomenti, potrebbe impartire gli ordini necessari affinché gli esperti di queste discipline, oltre allo studio dei testi filosofici occidentali, si rivolgano anche agli scritti di filosofia peripatetica di Farabi e di Avicenna ( che Dio ne abbia misericordia). Così sarà chiaro che il principio di casualità, su cui si fonda ogni conoscenza, appartiene alla sfera dell’intelligibile, non a quella del sensibile. Ciò vale, allo stesso modo, per la comprensione dei significati universali e per le leggi generali su cui si fonda ogni argomentazione. Potranno anche attingere ai libri di Sohravardi (che Dio ne abbia misericordia) sulla filosofia illuminativi, così spiegherebbero a Sua Eccellenza come il corpo e ogni altra esistenza materiale hanno necessità di un’illuminazione, di una Luce assoluta che prescinde dai sensi e come la comprensione esteriore della propria identità da parte dell’essenza umana non è un fenomeno sensoriale. E chieda ai Vostri grandi professori di studiare la teosofia di Sadr al Mota’alehin (che Dio si compiaccia di Lui e lo ponga il giorno del Giudizio nelle file dei profeti e dei virtuosi). Apparirà così chiaro che la verità scientifica è certamente un esistente che prescinde dalla materia. Ogni pensiero è immateriale e non è sottoposto alle leggi della materia. Non La voglio stancare ulteriormente e non Le citerò le opere degli gnostici, quali, soprattutto, Mohi al D in Arabi. Se vorrà conoscere le argomentazioni di questo Grande, mandi a Qom alcuni dei suoi brillanti esperti, ben ferrati di questo genere di problemi, cosicché, dopo alcuni anni, con l’aiuto di Dio, potranno comprendere quella profondità che è più sottile di un capello, che è costituita dai successivi stati della vera conoscenza. Egregio Signor Gorbaciov, dopo un cenno preliminare a questi problemi, Le chiedo di compiere un serio e approfondito studio dell’Islam, e questo, non perché l’Islam e i musulmani abbiano bisogno di Lei, ma per i valori superiori ed universali di questa religione. Tali valori possono essere strumento di liberazione e di benessere di tutti i popoli, possono aiutare a sciogliere i nodi e le difficoltà fondamentali dell’umanità. Una seria riflessione sull’Islam potrebbe liberarLa per sempre dal problema dell’ Afghanistan e da difficoltà di questo genere esistenti nel mondo. Noi consideriamo i musulmani di tutta la terra alla stessa stregua dei musulmani del nostro Paese e ci consideriamo partecipi del loro destino. Con la parziale libertà di culto concessa in alcune Repubbliche Sovietiche Lei ha dimostrato di non pensare più che la religione è l’oppio della società. A proposito, la religione che, di fronte alle superpotenze, ha reso l’ Iran saldo come una roccia è forse l’oppio della società? La religione che vuole l’attuazione della giustizia nel mondo, che vuole liberare gli uomini dalle pastoie materiali e psichiche, è forse l’oppio della società? Sì, una religione che si faccia strumento attraverso cui porre a disposizione delle potenze, grandi o piccole, le risorse materiali e spirituali dei Paesi Islamici e non, una fede che gridi alla gente che la religione deve essere separata dalla politica, è sì l’oppio della società. Ma questa non è la vera religione, ma la religione che il nostro popolo chiama americana. Concludendo, dichiaro chiaramente che la Repubblica islamica dell’Iran, che è il bastione più saldo dell’Islam nel mondo, può facilmente riempire il vuoto ideologico del vostro sistema. Il nostro Paese, in ogni caso, come in passato, crede nei rapporti reciproci di buon vicinato e nutre per questo principio il più profondo rispetto. Che la pace sia con chi segue la Guida. Ruhollah al Musavi Al Khomeini -------------------------------------------------------------------------
244
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------MOTU PROPRIO di Pio IX Ai nostri amatissimi sudditi. Da questa pacifica stazione, ove piacque alla Divina Provvidenza di condurci, onde potessimo liberamente manifestare i Nostri sentimenti, ed i Nostri voleri, stavamo attendendo che si facesse palese il rimorso dei nostri figli traviati per i sacrilegj, ed i misfatti commessi contro le persone a Noi addette, fra le quali alcune uccise, altre oltraggiate nei modi più barbari, non che quelli consumati nella Nostra Residenza, e contro la Nostra stessa Persona. Noi però non vedemmo che un sterile invito di ritorno alla Nostra Capitale, senza che si facesse parola di condanna dei suddetti attentati, e senza la minima garanzia che Ci assicurasse dalle frodi, e dalle violenze di quella stessa schiera di forsennati, che ancora tiranneggia con un barbaro dispotismo Roma e lo Stato della Chiesa. Stavamo pure aspettando che le Proteste e le Ordinazioni da Noi emesse richiamassero ai doveri di fedeltà e di sudditanza coloro che l’una e l’altra disprezzano e conculcano nella Capitale stessa dei Nostri Stati. Ma invece di ciò un nuovo e più mostruoso atto di smascherata fellonia e di vera ribellione da essi audacemente commesso, colmò la misura della Nostra afflizione, ed incitò insieme la Nostra giusta indignazione, siccome sarà a contristare la Chiesa Universale. Vogliam parlare di quell’atto per ogni riguardo detestabile, col quale si pretese intimare la convocazione di una sedicente Assemblea Generale Nazionale dello Stato Romano, con un decreto del 29 dicembre prossimo passato ( ??? ) per istabilir nuove forme politiche da darsi agli Stati Pontificj. Aggiungendo così iniquità ad iniquità, gli autori e i fautori della demagogica anarchia tentano a distruggere l’ autorità temporale del Romano Pontefice sui dominj di Santa Chiesa, quantunque irrefragabilmente stabilita sui più antichi e solidi diritti, venerata, riconosciuta e difesa da tutte le nazioni, col supporre e far credere, che il di Lui Sovrano Potere vada soggetto a controversia, o dipenda dal capriccio dei faziosi. Risparmieremo alla Nostra Dignità la umiliazione di trattenerci su quanto di mostruoso si racchiude in quell’atto, abominevole per l’assurdità della sua origine, non meno che per l’illegalità delle forme, o per l’empietà del suo scopo; ma appartiene all’ Apostolica Autorità, di cui, sebbene indegni, siamo investiti, ed alla responsabilità che Ci lega co’ più sacri giuramenti al cospetto dell’ Onnipotente, il protestare non solo, siccome facciamo più energico ed efficace modo contro dell’atto medesimo, ma di condannarlo eziandio alla faccia dell’Universo, quale e norme e sacrilego attentato commesso in pregiudizio alla Nostra Indipendenza e Sovranità, meritevole de’ castighi comminati dalle leggi sì divine come umane. Noi siamo persuasi che al ricevere l’impudente invito sarete rimasti commossi da tanto sdegno, ed avrete rigettata lungi da Voi una sì rea e vergognosa provocazione. Ciò non ostante perché niuno di Voi possa dirsi illuso da fallaci seduzioni e da predicatori di sovversive dottrine, né ignaro di quanto si trama dai nemici di ogni ordine, di ogni legge, d’ogni diritto, d’ogni vera libertà e della stessa vostra felicità, vogliamo oggi nuovamente innalzare e diffondere la Nostra voce in guisa che vi renda vieppiù certi dello stretto divieto con cui vi proibiamo, a qualunque ceto, o condizione apparteniate, di prendere alcuna parte alle riunioni che si osassero fare per le nomine degli individui da inviarsi alla condannata assemblea. In pari tempo vi ricordiamo come questa Nostra assoluta proibizione venga sanzionata dai decreti dei Nostri Predecessori, e dai Concilii, e specialmente dal Sacrosanto Concilio di Trento (sess. XXII C. XI. De Refon.), nei quali la Chiesa ha fulminato replicate volte le Sue censure, e principalmente la Scomunica Maggiore da incorrersi, senza bisogno di alcuna dichiarazione, da chiunque ardisca rendersi colpevole di qualsivoglia attentato contro la temporale Sovranità dei Sommi Romani Pontefici; siccome dichiariamo esservi già disgraziatamente incorsi tutti coloro che hanno dato opera all’atto suddetto, e dai precedenti diretti a danno della medesima Sovranità, od in qualunque altro modo, o sotto mentito pretesto hanno perturbata, violata ed usurpata la Nostra Autorità. Se però Ci sentiamo obbligati per dovere di coscienza a tutelare il sacro deposito del patrimonio della Sposa di Gesù Cristo alle Nostre cure affidato, coll’adoperare la spada di giusta severità a tal'uopo dataci dallo stesso Divino Giudice, non possiamo mai però dimenticarci, non possiamo mai però dimenticarci di tenere in terra le veci di Colui, che anche nell’esercitare la sua Giustizia non lascia di usare misericordia. Innalzando pertanto al Cielo le Nostre mani, mentre di nuovo a Lui rimettiamo e raccomandiamo una tale causa giustissima, la quale piucché Nostra è Sua,, e mentre di nuovo Ci dichiariamo pronti, coll’ajuto della potente sua grazia, di sorbire sino alla feccia, per la difesa e la gloria della Cattolica Chiesa, il calice delle persecuzioni, ch’Esso pel primo volle bere per la salute della medesima, non desisteremo dal supplicarLo, e scongiurarLo, affinché voglia benignamente esaudire le fervide preghiere, che di giorno e di notte non cessiamo d’innalzargli per la conversione e la salvezza dei traviati. Nessun giorno certamente più lieto per Noi e giocondo sorgerà in quello in cui Ci sarà dato di veder rientrare nell’ovile del Signore que’ nostri figli, dai quali oggi tante tribolazioni, ed amarezze Ci pervengono. La speranza di poter godere presto di un sì felice giorno si convalida in Noi al riflesso, che universali sono le preghiere, che unite alle
245
nostre ascendono al trono della Divina Misericordia dalle labbra e dai cuori dei fedeli di tutto l’Orbe Cattolico, e che la stimolano, e la forzano continuamente a mutare il cuore de’ peccatori, e ricondurli nelle vie di verità e di giustizia. Datum Cajetae sie I Januarii Anni 1848 PIUS PP. IX
La piena portata dell’opera di Perelman verrà compresa nei prossimi decenni, mam mano che ci inoltreremo nel nuovo millennio. Stando alle ipotesi di Morgan, il lavoro di Perelman potrebbe permettere di usare il flusso di Ricci per studiare le varietà 4-dimensionali, e le tecniche del matematico russo potrebbero essere sfruttate per far progressi su altri tipi di equazioni differenziali paraboliche. La storia ci ha ripetutamente mostrato che i progressi nella risoluzione delle equazioni alle derivate parziali conducono a straordinarie applicazioni pratiche.. Donald O’Shea, La congettura di Poincarré, ed. Rizzoli, 2007
Siediti al sole. Abdica e sii re di te stesso.
Ferdinando Pessoa
Vivere è come scolpire: bisogna togliere, tirar via il di più. Avere orpelli ed oggetti che al vivere quotidiano sono inutili provoca ansie. Mauro Corona, Cani, camosci, cuculi, ed Mondatori 2007
Con le sue abili mani da artigiano scolpì una croce, di carpino nero perché durasse nel tempo ed il sole e la pioggia non la scalfissero. Sul legno incise queste parole: “Qui la mia Scura giace, che finalmente tace”. Ma ancora non bastava. Con dei chiodi ricurvi fissò sopra la croce un pezzo di specchio rivolto verso il tumulo. A chi chiedeva il perché di quella trovata, Orsolino rispondeva: “Così potrà leggere la scritta da sotto terra, dove si trova”. Dimenticava il buon Orsolino, che la Scura non sapesse né leggere né scrivere. Mauro Corona, Cani, camosci, cuculi, ed Mondatori 2007
“Il primato del fare e l’anarchia dei valori” alla base della politica di Berlusconi non piacciono a Famiglia Cristiana. a Repubblica, 5 marzo 2008
“Galleggiano in un’epoca in cui sembra essere presente solo ciò che ancora non lo è, ma annunciato, ed al contrario ciò che è presente, per il solo fatto di esistere, si trasforma istantaneamente in passato. Javier Marias, (+ 1951) su la Repubblica del 5 marzo 2008
L’amara medicina. Roberto Volpi, statistico, illustra migliaia di dati e dimostra che più della metà degli esami e del lavoro ospedaliero è applicato a persone perfettamente sane, che le diagnosi preventive sono spesso sbagliate, che la morte per tumori nonostante le imponenti campagne di prevenzione, non fa che aumentare. La medicina per i sani promette di prolungare la nostra vita e non lo fa: accresce il suo potere e noi lì in adorazione della divinità scientifica, esercito di adepti. Un bluff, dice tranquillo, il Volpi. E se fosse vero?
246
Concita di Gregorio, La Repubblica del 5 marzo 2008
L’ 80% dei fondi raccolti sulle pubbliche piazze a favore di azioni umanitarie finiscono nelle spese di organizzazione (affitto di gazebo, campagne pubblicitarie, reclutamento di presunti volontari, convegni di relazione dei risultati, ect.) servizio su La Stampa del 5 marzo 2008
I bambini di campagna, fra prati, terre, mucche e galline costringono a lavorare tanto intensamente il sistema immunitario da fargli passare la voglia di inventarsi nemici inesistenti. Le allergie infatti non sono che reazioni spropositate nei confronti di elementi innocui: pollini, alcuni cibi, sostanze particolari che entrano in contatto con la pelle. “Il periodo chiave è il primo anno di vita” dice Alberto Agazio, dirigente dipartimento medicina pediatrica al Bambin Gesù di Roma “al momento della nascita, il neonato di norma viene investito da una scarica di batteri improvvisa. Il suo sistema immunitario deve darsi molto da fare per riorganizzarsi”. Elena Dusi , La Stampa del 5 marzo 2008 (il servizio era corredato dalla foto di un bambino sporco di terra, molto bella)
Essendo oggi 5 marzo 2008 trascorsi circa 22.900 giorni dalla nascita e poiché oggi sarà violata l’essenza del mio organismo aggiungendo uno o più prodotti tecnologici alle coronarie del cuore, di fatto sono morto. La natura fa il suo bel corso tant’è che i denti da tempo si sfaldano, la vista decresce, la forza si attenua sempre più e, detto in altri termini, il tutto celebra lo sfaldamento, il logorio strutturale e sostanziale. Il piccolo intervento di oggi è invero molto importante in quanto attua ciò che in natura non potrebbe realizzarsi. Viva la scienza, viva la ricerca, viva l’artificiale (fare con arte) gli è però che il progresso scientifico corre asincrono rispetto all’essenza dell’uomo. Ciò a dire che pochi decenni or sono (o anche oggi in altre parti del mondo) sarei crepato. Punto a capo. Se ciò non avviene è perché la vita surrettiziamente subisce un forte contrasto: da oggi sono pertanto a debito con la natura non essendo un morto che vive ma un vivo che approfitta di una distrazione. mio --------------------------------------------------------------------------------------Non contristemini sicut qui spem non habent ! Succede a tutti quando capitano cose del genere. Sei anche tu bionico. Tra due mesi non ti ricorderai più dell'accaduto. Subito si pensa: "Cambierò genere di vita, non mangerò più smodatamente...." e tutte cose del genere. Poi ...poi, passato lo schock e la fifa si ritornerà alla vita di sempre. Te lo dice chi è passato due volte sul tavolaccio. Il guaio che ad ogni piccolo dolorino, memore dell'accaduto , si correrà in pronto soccorso, e visto i precedenti, si starà due giorni in villeggiatura in cardiologia.. Rimarrà un pò d' ansia specie se si devono compiere dei viaggi. Quando succede ciò che ti è capitato l'importante è raccontarlo. La tua riflessione calza perfettamente all'evento. Riguardati e Vale. PLC (Cocis)
ERACLITO, frammenti ( gli autori sono quelli da cui sono stati tratti i riferimenti) Ciò che si oppone converge, e la più bella delle trame si forma dai divergenti, giacché tutte le cose si formano secondo contesa. Aristotele, Etica nicomachea
La malattia rende piacevole la salute, la fame gratifica la sazietà, la fatica il riposo. Stobeo, Florilegio, 3,1,177 Mutando riposa. Plotino, 4 8I,14
247
Pur chiamandosi vita (bios) la funzione principale dell’arco è la morte. Una volta nati, il loro primo desiderio è vivere e avere destini di morte, se non altro per potersi riposare. Il secondo desiderio è generare figli per creare altri destini di morte. Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 14, 1 Potendo scegliere, gli asini preferirebbero il fieno all’oro. Aristotele, Etica nicomachea, 1176a, 7 Il sole per ampiezza, è grande come un piede umano. Aezio, 2, 21, 4 (detto già trovato in altri Autori: essendo coricato, per esempio sulla sabbia, frapponendo il piede (alzato) fra il sole e gli occhi, lo stesso risulta coperto)
Il sole è giovane ogni giorno. Aristotele, Metereologici, 355°, 13 Se non ci fosse il sole, sarebbe notte. Plutarco, Se sia più utile l’acqua o il fuoco, 7 La vita rassomiglia a un fanciullo, che sposta a caso i pezzi su una scacchiera, il che equivale a dire che il tempo è il regno di un bambino. Ippolito, Confutazione, 9, 9, 4 Il più bello dei mondi è un mucchio di rifiuti gettati giù dal Caso. Teofrasto, Metafisica, 15, 7a (Alcuni) ignorano la conoscenza del divino solo perché si rifiutano di credere. Origene, Contro Celso, 6, 12 Certamente Nike, la Giustizia, piomberà addosso a tutti quelli che inventano e testimoniano menzogne. Clemente Alessandrino, Stromata, 5, 9, 3 Le cose che si apprendono nei misteri e funzionano da medicine. Giambico, Sui misteri, I, II Se non fosse che lo si fa per Dioniso, ci vergogneremmo di certo a cantare certi inni in onore di quelle parti del corpo che per pudore si è soliti nascondere. Clemente Alessandrino, Protrettico, 2, 34, 5 Gli Dei e gli uomini onorano coloro che muoiono in battaglia. Clemente Alessandrino, Stromata, 4, 16, 1 Privi di discernimento, pur avendo prestato ascolto, somigliano ai sordi. Vale per loro il detto:”Pur essendo presenti, erano assenti!” Clemente Alessandrino, Stromata, 5, 115, 3 La maggioranza non sa né ascoltare né parlare. Clemente Alessandrino, Stromata, 2, 24, 5 Comune a tutti è il pensare. Stobeo, Florilegio, 3, 1, 179 La natura delle cose ama nascondersi. Temistio, Orazioni, 5 Lo stupido ama meravigliarsi a ogni parola. Plutarco, Sull’ascoltare, 7 Le credenze umane sono giochi di fanciulli. Giambico, Sull’anima C’è chi si dimentica dove conduce la strada. Marco Aurelio, 4, 46 Uno solo, per me, vale diecimila ! Cicerone, Lettera ad Attico, 16, 11, 1 Massima virtù è il pensare correttamente. La saggezza consiste nel dire il vero, e soprattutto nel metterlo in pratica, come uomo che sa come stanno realmente le cose. Stobeo, Florilegio, 3, 1, 174 Riguardo alle grandi domande, è conveniente astenersi da giudizi affrettati. Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, 127 Qual’è, in effetti, la loro capacità intellettiva? Si fidano dai giudizi della massa? Accettano il popolo come maestro e ignorano che i più sono scadenti e che solo i pochi valgono. Proco, Commento all’Alcibiade I di Platone.
248
L’ignoranza è meglio nasconderla. Stobeo, Florilegio, 3, I, 175 Di tutti quelli che ho ascoltato, nessuno ha capito che il sapere è una cosa e che il sapere generico è un’altra. Stobeo, Florilegio, 3, I, 174 Quelli che cercano la sapienza, devono impadronirsi della conoscenza di molte cose, e non fingere di sapere. Clemente Alessandrino, Stromata, 5, 140, 6 Tutto ciò che cammina prono sulla terra, in realtà è sospinto al pascolo dalle sferzate del Dio. Pseudo-Aristotele, Sul mondo, 401a, 10 La tracotanza è necessario spegnerla ancor più del divampare di un incendio. Diogene Laerzio, Vite di filosofi, IX 2 Una cosa sola, in verità, al posto di tutte le altre, interessa i migliori, ed è la gloria perpetua fra i mortali. I più, però, pensano solo a riempirsi la pancia, proprio come fanno le bestie. Clemente Alessandrino, Stromata, 5, 59, 5 Per purificarsi si macchiano di altro sangue, come se, per detergersi dalla melma, si lavassero nel fango. Origene, Contro Celso, 7, 62 Ai nottambuli, ai maghi, ai posseduti dal dio Dioniso, alle Menadi, agli iniziati (vogliamo dire) che sono privi di sacralità i misteri che di solito vengono praticati dagli uomini. Clemente Alessandrino, Protrettico, 2, 22, 2 Che possiate essere sempre ricchi, o cittadini di Efeso, in modo che possa venire allo scoperto la vostra volgarità. Tzetze, Scolii al Pluto di Aristofane, 90 Gli Efesii adulti farebbero bene ad impiccarsi tutti, dal primo all’ultimo, in modo da lasciare il governo della città nelle mani di chi non ha ancora la barba! Essi esiliarono Ermodoro, il migliore degli uomini, con questa incredibile motivazione : “Preferiamo, in verità, che nessuno di noi emerga. E se proprio ciò dovesse accadere, che vada ad emergere altrove. Strabone, 14, 1 , 25 Rivolgere preghiere alle statue degli Dei è come voler conversare con le case, senza sapere chi sono gli Eroi e gli Dei. Origene, Contro Celso, 7, 62 Gli uomini non intendono il Logos, né prima di averlo udito, né dopo averlo ascoltato. E malgrado ogni cosa intorno a loro si manifesti in funzione del Logos, si comportano come quelli che, pur non avendo esperienza, intendono operare egualmente. Così facendo, non si accorgono di quello che vedono da svegli e non ricordano quello che hanno visto dormendo.Sesto Empirico, Contro gli scienziati, 7, 132 e Aristotele, Retorica, 1407b, 16 Il Logos, con il quale dovrebbero convivere, è proprio invece quello da cui prendono le distanze, e così accade che le cose in cui si imbattono ogni giorno finiscono con il sembrare straniere. Marco Aurelio, 4, 46 Non perché lo dico io, ma perché lo afferma il Logos, saggezza è riconoscere che tutte le cose, in fondo, sono una sola. Ippolito, Confutazione, 9, 9, 1 Una sola è la saggezza: conoscere il Logos che governa le cose attraverso le cose. Diogene Laerzio, Vite di filosofi, IX, 1 Occhi e orecchie sono cattivi testimoni per chi ha un’anima barbara.Sesto Empirico, Contro gli scienziati, 7, 126
249
Se la felicità fosse raggiungibile con i sensi, dovremmo considerare felici i buoi che hanno appena trovato le cicerchie. Albertus Magnus, De vegetatione, VI, 401 La ricchezza del sapere non genera intelligenza, altrimenti sarebbero diventati intelligenti anche Esiondo, Pitagora, Senofane ed Ecateo. Diogene Laerzio, Vite di filosofi, IX, 1 Nella conoscenza delle cose, anche delle più evidenti, gli uomini spesso sono tratti in inganno, come d’altra parte capitò ad Omero, che pure fu, fra tutti, il più sapiente dei greci. Lo ingannarono, infatti, alcuni ragazzini che si stavano spidocchiando, allorché gli dissero: “Tutto quello che abbiamo visto e preso lo perdiamo; tutto quello che non abbiamo né visto né preso, lo portiamo” Ippolito, Confutazione, 9, 9, 6 Omero meriterebbe di essere frustrato e cacciato via dalle gare, e lo stesso dicasi di Archiloco. Diogene Laerzio, Vite di filosofi, IX, 1 Eraclito afferma che Omero fa l’astrologo, quando racconta che Ettore e Polidamante erano nati nello stesso giorno, e quando sostiene che al Fato nessuno degli uomini è mai sfuggito. Scolii all’ Iliade, 18, 251 Esiodo distingue i giorni fausti da quelli infausti, e ignora che la natura dei giorni è sempre la stessa. Plutarco, Vita di Camillo, 19, 3 Pitagora copiò, più di tutti, dai libri degli altri, e così facendo si procurò una vasta sapienza, una ricchezza di esperienze e un’arte volgare, utile ad ingannare il prossimo. Diogene Laerzio, Vite di filosofi, VIII, 6 Pitagora è il re degli imbroglioni ! Filodemo, Retorica, I, col. 57 Quando è ubriaco, l’uomo può essere condotto per mano da un ragazzino. Barcolla e non si rende conto in che direzione sta muovendo il passo. La sua anima, infatti, è intrisa d’acqua. Stobeo, Florilegio, 3, 5, 7 Dentro di noi sono presenti il vivente ed il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio. Queste definizioni, infatti, una volta rovesciate, diventano quelle, e quelle dal canto loro, una volta rovesciate, diventano queste. Plutarco, Consolazione per Apollonio, 10 Morte è quello che vediamo da svegli, sogno è quello che vediamo dormendo. Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 21, 1 Per i desti il mondo è unico e uguale per tutti; quando si addormentano, invece, ognuno si ritira in un mondo proprio. Plutarco, Sulla superstizione, 3 Comunque vada, i medici, pur non meritando nulla, non solo tagliano e bruciano, ma pretendono anche di essere pagati. Ippolito, Confutazione, 9, 10, 3 L'epilessia è una malattia sacra. Diogene Laerzio, Vita dei filosofi, IX, 7 Chi non spera non trova l’insperato, poiché non crede nella ricerca. Clemente Alessandrino, Stremata, 2, 17, 4
I cadaveri sono da buttar via, ancor più degli escrementi. Plutarco, Questioni conviviali, 4, 4, 3 Plotino, 5, 1, 2, 42 Stradone, 14, 4, 26
250
I cani abbaiano contro quelli che non conoscono. Plutarco, Se il vecchio deve governare, 7 Se non ci fossero le ingiustizie, non si conoscerebbe il nome di Dike. Clemente Alessandrino, Stremata, 4, 10, 1 Vado ad interrogare me stesso. Plutarco, Contro Colote, 20 L’anima ha dentro di sé la facoltà per accrescere se stessa. Stobeo, Florilegio, 3 I 180a
“Quando sento il bisogno di avere un rapporto con una donna” disse Antistene “la scelgo sempre molto brutta, in modo che me ne sia grata per tutta la vita”. Diogene Laerzio, Vita dei filosofi, VI 1 3
-------------------------------------------------------------------------------------Dario re, figlio di Isaste, saluta Eraclito Tu hai scritto un libro sulla natura che è di difficile interpretazione. Comunque, se ho ben inteso il tuo pensiero, il cosmo e tutti i fenomeni che in esso si verificano dipenderebbero da un movimento divino. Dal momento, però, che sulla maggior parte dei tuoi scritti anche i più illustri sapienti non vanno d’accordo, io Dario, figlio di Issaste, vorrei essere reso partecipe del tuo insegnamento. Vieni dunque al più presto al mio cospetto, nel mio palazzo reale, ... Ti sarà assicurato ogni privilegio ed una conversazione quotidiana bella e nobile. Eraclito di Efesto saluta Dario re, figlio di Issaste, tutti quelli che vivono sulla terra sono condannati a restare lontani dalla verità a causa della loro miserabile follia. Pensano solo a placare l’insaziabilità dei sensi ed ambiscono al potere. Io, invece, che sono immune dal desiderio e che rifuggo ogni privilegio, fonte di invidia, resto a casa mia, contento di quel poco che posseggo. Eraclito: non so cosa siano i mass-media, ma ogni sera l’uomo, spenti gli occhi, si accende un lume, e così facendo, da vivo, si aggrappa al morto, e da desto si aggrappa al dormiente. Domanda: Da noi l’uomo, ogni sera, accende il televisore. Eraclito: … e diventa un morto che crede di esser vivo. D’altra parte, mettiamoci nei suoi panni: per dare un significato alla vita, è costretto ad inventarsi una nuova esistenza, e più diversa sarà questa nuova esistenza, più gli sembrerà di esistere. Eraclito: l’importante è che ci sia sempre il Logos a fare da arbitro. Domanda: ahi, ahi, ci risiamo con il Logos. Eraclito: mi spiego meglio: il Logos, in una campagna elettorale, in quanto Fuoco dotato di pensiero, rappresenta la razionalità. Sua nemica è la passione. Ognuno è demone di se stesso. Tanto più alta è la passione in una Polis, tanto maggiore è il pericolo cui vanno incontro i suoi abitanti. Ricordiamoci del motto: “L’eccesso è da temete più dell’incendio”. Ebbene, quando la passione supera i limiti consentiti, è il Logos a fare da moderatore: accende e spegne le parti in causa a seconda del bisogno. A proposito, come si chiamano gli opposti che si fronteggiano nella tua Polis. Risposta: Si chiamano Destra e sinistra, o, se preferisci, Polo delle Libertà e Polo Progressista. Tra loro, però, per offendersi, sono soliti chiamarsi “fascisti” e “comunisti”, e questo, credo, per terrorismo elettorale. Eraclito: Spiegami cosa vogliono dire “fascista” e “comunista” Risposta: Beh, non è molto semplice: anche perché esistono due modi per farlo, uno strumentale ed uno storico. Eraclito: E tu provaci.
251
Comincio con le definizioni strumentali: il fascismo è un prevaricatore, uno che non ti lascia mai dire la tua. Apparentemente desidera l’ordine, nella sostanza mira alla tirannide. Il comunista, invece, è un sovvertitore: a parole vorrebbe l’eguaglianza, nei fatti desidera espropriare chi, in quel momento, ha più soldi di lui. Eraclito: ho capito: il primo è un prepotente, il secondo un invidioso.
…… Domanda: In ogni caso, chi per paura del primo, chi per paura del secondo, ognuno di schiera da una parte precisa. Eraclito: e questo è il pericolo: lo scegliere più secondo ragione, ma secondo passione, o, peggio ancora, secondo odio: In questo tipo di Polis, infatti, i cittadini si lasciano guidare più dalle viscere che dalla ragione, e allora cade che Libertà e Progresso cessano di essere dei modelli economici e diventano bandiere prive di significato. Domanda: Con il Logos, Invece? Eraclito: Destra e Sinistra diventerebbero semplicemente destra e sinistra; le stesse di prima, cioè, ma scritte con la minuscola. Domanda: Quindi non susciterebbero emozioni? Eraclito: Proprio così, rappresenterebbero, rispettivamente, l’Egoismo e la Solidarietà applicati all’economia. Il primo, figlio di Eris, e la seconda, figlia di Eros. D : Spiegati meglio. Eraclito: Un giorno l’Egoismo inventò il Mercato, ovvero un meccanismo spietato nel quale l’uomo, per raggiungere la vetta, è costretto sulle spalle degli altri. Chi vuol sopravvivere in questo tipo di società deve aguzzare l’ingegno e non avere scrupoli. Così facendo diventerà ricco e, senza volerlo, finirà per far diventare ricca l’intera Polis. Pazienza se nelle lotte cadranno i più deboli. Il Mercato non è fatto per loro, Che si arrabattino altrove! D : e questa sarebbe la Destra. Detta così non mi sembra una gran cosa! Eraclito: E difatti non lo é. Dal polo opposto, però, si affaccia Eros, il Dio dell’Amore e della Solidarietà. Eros assiste i deboli e fa in modo che tutti abbiano il necessario per vivere. Sarà lo Stato, come una grande Mamma, a garantire uno stipendio in ogni famiglia. In modo siffatto l’uomo comune, in assenza di stimoli, si adagia, diventa un parassita, e fa diventare povera anche la Polis. D: : Oddio, nemmeno la Sinistra mi sembra che ne esca bene. A sentire te, nessuno dei due modelli risolve i problemi della comunità. Eraclito: Tutti e due insieme sì, però, sempre che siano opportunamente sorretti dal Logos. Sarà il Logos, infatti, ora moderando la Destra, ora incentivando la Sinistra, ad aggiustare il tiro. D. : Neanche quando si innamorano? Eraclito: Neanche in quel caso. Eros non può accoppiarsi al senno, anzi, appena appare, il senno si dilegua. Il vero senno cioè il Logos, non è la somma delle cose che si sanno, ma il sapere in sé: purtuttavia pochi se ne rendono conto. D.: Saggi si nasce o si diventa? Eraclito: A ogni uomo viene data l’opportunità di vivere con saggezza, giacché a tutti è comune il pensare, ma non tutti sono così furbi da approfittarne. Alcuni, per esempio; camminando, camminando, si dimenticano dove porta la strada. D.: Ti sei mai innamorato? Eraclito: Cosa vuol dire “innamorato”?
252
D.: Hai mai desiderato una donna sino a perdere il senno? Eraclito: Non riesco nemmeno ad immaginare una situazione così terribile! Eros, in questo caso, mi ha risparmiato e io lo ringrazio. D.: Non ti ha mai colpito con una delle surecce d’oro? Eraclito: Una volta sola e non si trattava di una freccia d’oro. D. : E cosa è accaduto? Eraclito: Bisogna sapere che Eros è fornito di due tipi di frecce, quelle d’oro e quelle di piombo. Le prime fanno innamorare, le seconde ingenerano il disgusto. D. : E’ davvero strano quello che racconti: io ho sempre pensato che Eros fosse un bambino alato, molto tenero, magari un po capriccioso, incapace però di colpire qualcuno con una freccia di piombo. Eraclito : Questo perché, come al solito, invece della testa hai usato le viscere! Se Eros scaglia le frecce di piombo è perché sa che l’unico modo per rendere felice un uomo è quello di farlo soffrire. Solo chi si è macerato nel desiderio è predisposto alla felicità. D. : Spiegati meglio. Eraclito : Ad Atene, un giorno, vidi un’urna che da una parte mostrava un uomo e dall’altra una donna. Tutti e due correvano a perdifiato. La distanza che li separava era la stessa, né poteva essere altrimenti dal momento che l’urna era circolare. Allora mi chiesi: chi è quello che insegue? E chi è quello che scappa? Chi dei due è stato colpito dalla freccia d’oro di Eros? E chi dalla freccia di piombo? Dall’espressione dei volti non era possibile capirlo perché entrambi erano disperati, solo che uno lo era per troppo amore e l’altro perché aveva paura. Ebbene sappi che questo fatto del rincorrere l’amato bene, senza mai poterlo raggiungere, è l’unica possibilità che ha l’amore per resistere all’usura del tempo. D. : Allora, se ho ben capito, Eros e Logos sono due opposti? Eraclito: Sì, Eros è l’opposto di Logos, o meglio, la sua negazione. Quando Eros appare, Logos si dilegua, come ben sa chiunque abbia sofferto per amore. Ero dell’Intelligenza, dell’Opinione, della Perfezione e della Giustizia” Pitagora continua: “I numeri generati dall’Uno hanno tutti uno spessore materiale; piccolo se volete, magari anche invisibile, ma ce l’hanno. L’Uno è l’ Intelligenza, il Due è l’ Opinione, il Tre la Perfezione, il Quattro la Giustizia, il Cinque il Matrimonio, il Sette il Tempo, e così via. Fra tutti i numeri però, subito dopo l’Uno, il più importante è il Dieci, anche detto la “divina Tetractys” in quanto la somma dell’Uno, del Due, del Tre, del Quattro, ovvero dell’Intelligenza, dell’Opinione, della Perfezione e della Giustizia”. D. : E che idea ti sei fatta di loro,o, per meglio dire, della filosofia in genere? Anzi, sapresti dirmi che cos’è la filosofia? Eraclito: Non è facile definirla, ma ci si può provare. Supponiamo di dividere tutte le possibili argomentazioni in tre grandi categorie: quelle che si credono, quelle che si sanno, quelle che non si sanno. Quelle che si credono fanno parte della religione; quelle che si sanno, della scienza; e quelle che non si sanno della filosofia. D. : Ne debbo dedurre che il filosofo è uno che non sa, per definizione. Eraclito: Proprio così, è un ignorante volontario. E’ uno che dovrebbe iniziare ogni discorso con la parola “forse”. D. : Non come Pitagora allora. Eraclito: Pitagora non è un filosofo, è un religioso … anzi, è il capo di una setta religiosa.
253
D. : Quanto mi dici, mi ricorda una frase di Anatole France: “ Il Caso è lo pseudonimo scelto da Dio quando non vuole firmarsi di persona” Luciano De Crescenzo, Panta rei (tutto scorre), ed. A. Mondatori, 1994 (Pensavo che quest’Autore fosse un belloccio pieno di supponenza: invece ha scritto alcuni libri ghiotti. In questo immagina un incontro ed un dialogo con Eraclito ed un successivo consesso con altri filosofi. Approfitta per evidenziare alcuni dei 128 frammenti che ci sono pervenuti di Eraclito e ne traccia un ragionamento compiuto. Direi molto bello).
--------------------------------------------------------------------------------
Spaventapasseri BABACIU A Castellar di Saluzzo BARABICIU BARABACIU 28.03.08 accesso alla Biblioteca di Cuneo: ci sono sei dizionari piemontese/italiano ed uno solo, molto scarso, Italiano/piemontese. Ho solo trovato il lemma BABACIU per “uomo brutto, deforme, figuraccio”, gli altri due non esistono. C’è pero BARABI’O per “spauracchio per bambini” A Roaschia PAJACIU attendibile in quanto l’etimo Paja=paglia sta a indicare, come mi è stato detto, il materiale di confezione
Nel 1833 vi fu continuamente freddo e pioggia che diedero non poche difficoltà per la raccolta del fieno e del grano, pochi furono i raccolti di noci e di castagne. Il 4 settembre cadde tanta neve che obbligò i pastori a discendere in Piemonte (cioè a valle) , seguì un autunno asciutto e mite che durò fino all’Epifania. A Natale fiorirono le viole, a S. Antonio e S. Sebastiano ( 15 gennaio) fece così caldo che fiorirono i ciliegi. Il 1834 portò una grandine che rapì tutto il primo raccolto, il 1835 portò di nuovo a giugno tanta pioggia continua ed alla fine del mese la neve si presentò sulle montagne, ed in basso la brina. Nel 1835 scoppiò il “morbus colera” che fece molte vittime nei paesi vicini, mentre Valloriate ne fu quasi totalmente preservato e offrì ospitalità agli abitanti di Cuneo. Malgrado tutte le misure sanitarie che prese il governo e i cordoni posti sui passaggi all’estero, da Nizza nel principio dell’agosto 1835 il colera morbus asiatico scoppiò improvvisamente come nella città di Cuneo. Indicibile lo spavento, che si sparse tanto nel volgo quanto nei grandi. Più dei due terzi della popolazione se ne fuggirono nei villaggi e nelle foreste. I Comuni all’inizio si opposero al penetramento di quegli sventurati cittadini; poi fu pubblicato un ordine reale che i Comuni non avevano facoltà di stabilir cordoni, né di interrompere in qualsivoglia modo la libera circolazione dei sudditi di Sua Maestà. Essendosi restate così poche persone a Cuneo, in tutta la città non vi furono più di due botteghe aperte. I tribunali erano chiusi, così parimenti gli uffici e molte osterie, e le contrade e le piazze deserte, finché con severissimi ordini furono tutti gli impiegati richiamati al proprio dovere. Il numero dei morti ascendeva ogni giorno dai 30 ai 90. Molti erano gli uomini pagati a fare i beccamorti; i carri carichi di cadaveri si aggiravano continuamente e soprattutto il mattino. I cadaveri parte si intonacavano con calcina, parte si conducevano ancora caldi al cimitero. Non si davano più i segni del decesso, non si portavano più nelle chiese per le esequie, le quali si facevano dalla porta; e vi voleva gran protezione per fare li onori funebri consueti. Questo flagello
254
durò sin quasi alla fine di settembre. Si propagò anche in tutto il territorio di Cuneo. A Boves, Caraglio, Busca e dappertutto imperversò pressoché con egual ferocia. Alcuni pubblici impiegati di Cuneo, per aver abbandonato il loro ufficio, ne furono spogliati; altri poi, fra i quali Monsignor Vescovo Amedeo Bruno di Samone, per aver segnalato la loro assistenza e carità agli appestati, ricevettero da S.M. Carlo Alberto molte decorazioni. Nella valle Stura, eccetto molti cittadini fuggiaschi, poche furono le vittime. In queste quattro piccole terre attigue, nessun affatto. Sono pure da ricordare i fuochi che si facevano in città e nei villaggi per purificare l’aria. In Cuneo la Civica Municipalità comprò buon numero di pecore che si facevano passeggiare per le contrade alla persuasione che la loro puzza vincesse l’infezione dell’atmosfera. Fu veramente degno di osservazione il fumo che a ciel sereno si estendeva al mattino sopra il piano, che durava sino alle nove e alle dieci ora, e principiando dai monti diventava sempre più denso quanto più si inoltrava verso il piano. Distintivo questo di un anno il più freddo, il più poco ventilato ed il più ingombro epperciò di esalazioni pestilenziali: cagione questa perciò il secondo raccolto fu scarsissimo e di quasi niun valore, specialmente nei monti. Don Cristini, Giornalino di Valloriate anno IV n.ro 5 5 maggio 1927 Documento del Priore don Girodengo del 1835 Riportato da Vallauria, in una vallata laterale della valle Stura scritto da Bussone Raimonda Re, ed Primalpe, 2006
Il sufismo in se stesso non è né una scuola teologico-giuridica né uno scisma né una setta, anche se si pone al di sopra di ogni obbedienza. E’ innanzitutto un metodo islamico di perfezionamento interiore, d’equilibrio, una fonte di fervore profondamente vissuto e gradualmente ascendente. Lungi da essere una innovazione o una via divergente parallela alle pratiche canoniche, è una marcia risoluta di una categoria di anime privilegiate, prese, assetate di Dio, mosse dalla scossa della sua grazia per vivere solo per Lui e grazie a Lui nel quadro della Sua legge meditata, interiorizzata, sperimentata. Si Hamza Boucakeur, rettore dell’Università Islamica di Parigi Sufismo: corrente mistica sviluppata dalle genti turche dell’Asia centrale a contatto con l’organizzazione monastica dei conventi buddisti, contiene ancor oggi tracce dello sciamanesimo centro-asiatico. Jihad: è lo “sforzo” che si deve compiere all’interno del sé per vincere le proprie passionalità terrene; è del tutto errata la traduzione occidentale del termine in “guerra santa”
“Egli ha fatto del sole uno splendore e della luna una luce; Egli ne ha determinato le fasi affinché conosciate il numero di anni e di calcolo” Corano, 10°, 5 Il Maestro sufi Qashani (?-1392) scrisse: “ Vi è una identità di base fra due tipi di tempo, quello lineare, orizzontale, legato allo spazio e alle forme materiali; e quello verticale, spirituale, legato alla discesa dei 99 Nomi divini, che si particolarizzano progressivamente nei ricettacoli dei gradi esistenziali. Il tempo fenomenico è fuggevole; questo secondo è eternamente immanente. Averroè (1126-1198) è il più importante teologo, filosofo, giurista e medico Andaluso del XI secolo, soprannominato “il commentatore di Aristotele”; al suo nome è dedicata l’ Università islamica di Cordova. Avicenna: celebre medico, matematico, fisico e filosofo sufi, considerato “il padre della medicina” europea, segue anche gli insegnamenti esoterici della scuola sufi di Kalabadhi. Scrisse in “Il canone della medicina” : “Diagnosticare una anoressia, prima di iniziare una terapia è necessario riconoscere quale dei due sistemi va adottato, ossia indagare se si tratta di un caso psicosomatico …. o di un caso somato-pscichico, e per individuare se si tratta di questa seconda eventualità è necessaria una indagine endocrinologica”. Se uno che confida in Dio viene derubato, tenga a mente queste sei regole: quando si esce di casa non dimenticare la porta a chiave; non lasci in casa oggetti che possano far gola ai ladri; se ve li deve lasciare, uscendo formuli l’intenzione di accettare che possano essere rubati; se lo derubano non si rattristi, solo la Fede non può essere rubata; non maledica il ladro che gli ha fatto torto… faccia una preghiera per il ladro, che ha conseguito con la sua azione una punizione divina. (Libro dell’abbandono fiducioso di Al Ghazali (1058-1111), teologo, giurista, riformatore religioso iraniano) Leggi, nel nome del Signore, che ha creato; che ha creato l’essere umano da un grumo di sangue. Leggi! Leggi poiché il Signore, il Mobilissimo, ha insegnato con il calamo. Corano, 96°,1-5
255
Zero è Dio, Uno è l’anima, Due è la psiche, Tre il corpo, Quattro l’ambiente. Noi siamo numeri, e il numero è noi. Isfarayini (1242-1317) Fra tutti i numeri, quelli che racchiudono il maggior numero di simboli sono: lo zero, l’uno, il due, il tre, il quattro, il cinque, il sei, il sette, l’otto, il nove, il dieci, il dodici, il ventiquattro (dal significato segreto), il ventotto, il trecentosessanta. L’uno, il punto, simbolizza l’anima; il due, la linea, simbolizza la psiche; tre, la superficie, il corpo; quattro, lo spazio, l’ambiente, ossia il mondo fenomenico. E così via: ogni numero ha una rappresentazione geometrica statica ed una rappresentazione geometrica dinamica, simbolizzando una identità nel macrocosmo e, al contempo, una nel microcosmo. Numero perfetto, nell’islam sinonimo di “buona fortuna”, è il 5. Ponendo su di un cerchio 5 punti equidistanti e collegandoli fra loro, si ottiene un pentagono. Collegando i singoli vertici del pentagono si ha una stella a cinque punte, i cui lati si incrociano nei punti di sezione aurea di ogni singolo lato. La sezione aurea indica la massima proporzionalità armonica. (dimentica di dire come sia difficile determinare geometricamente un pentagono in un cerchio….) Un triangolo con il vertice in basso simbolizza la vita, raffigurando il ventre materno dal quale ogni essere ha origine. Il suo contrario, un triangolo con il vertice in alto, simbolizza appunto il contrario della vita, cioè la morte. La piramide (triangolo con il vertice in alto) fu il simbolo in assoluto della morte. I due triangoli posti uno sopra l’altro, (figura già presente nella civiltà della valle dell’Indo, 3500 a.C., e comunemente detta in seguito “Stella di Davide”), raffigurano la presenza contemporanea della vita e della morte. In arabo simbolo si dice ramz. I sufi preferiscono ishara (allusione), consono al linguaggio esoterico dell’esperienza mistica e termine che a sua volta ha tredici sotto categorie, descritte da Ibn Rashiq (986-1064). Abbiamo poi, come valori correlati, allegoria, Emblema, segno, indizio, paragone, metafora, metonimia o travestimento, immagine, immaginario, allusione, epifinizzazione, ermeneutica, segnale, enigma e molti altri termini, sino a paronomasia.
“L’essenza di Dio si rivela secondo la legge delle forme riflesse entro specchi materiali o spirituali; poiché la forma riflessa si interpone fra ciò che il contemplante vede e lo specchio stesso. Questa è la più eminente consapevolezza raggiungibile nel campo della conoscenza spirituale, poiché la forma riflessa non nasconde essenzialmente lo specchio, ma la manifesta. Dio è dunque lo specchio nel quale vedi te stesso, come tu sei il Suo specchio nel quale egli contempla i Suoi nomi”. Orbene, questi non sono altro che Lui stesso. Ibl al2 Arabi, Saggezza dei profeti. Il sole è una lampada, ma come datore di vita è simbolo incommensurabilmente inadeguato ma comprensibile di Dio. Shirazi (1571-1640) Ogni preghiera musulmana inizia con la formula: “Invoco Dio contro Satana il lapidato”, seguita dalla recitazione della prima sura. Cinque sono i momenti dedicati alla preghiera canonica: fra l'aurora e l’alba, due rak’a; fra il mezzogiorno e la metà del pomeriggio: quattro rak’a; Fra la metà del pomeriggio e l’inizio del tramonto: quattro rak’a; fra il tramonto e la fine del crepuscolo: tre rak’a; fra l’inizio e la fine della notte: quattro rak’a. Ogni preghiera va preceduta da una abluzione purificatrice. L’abluzione maggiore è un lavaggio completo del corpo e si attua dopo il rapporto sessuale, il parto ed altre incombenze. L’abluzione minore consiste nel lavarsi le mani, la bocca, il naso, il viso, gli avambracci, il sommo del capo, le orecchie, i piedi ed è necessaria per contaminazioni di vario tipo, quali l’uso della latrina, il contatto con cose impure. Nel caso di mancanza di acqua, l’abluzione può essere fatta toccando sia sabbia pulita, sia terra pulita e compiendo poi a secco i gesti consueti dell’abluzione (abluzione pulverale). Il Profeta Maometto disse: “Ogni corpo da ciò che mangia riceve la vita, ma anche la morte; perciò ponete attenzione a ciò che mangiate”. Il Corano proibisce le bevande alcoliche con una progressione ideologica distribuita in tre passi: (2°, 219) Ti interrogheranno sul vino e sul gioco d’azzardo. Dì: Nei due vi è un grande peccato, nei due vi è un qualche vantaggio, ma il peccato è più grande dell’utilità.
256
Lo studioso francese Abdolonyme Ubicini scrisse in Lettres sur la Turqie nel 1850: “In Turchia l’istruzione primaria è gratuita e obbligatoria. A Istanbul vi sono 396 scuole primarie frequentate da 22.700 allievi. In ciascuna un comitato, alla fine di ogni mese, chiede un rendiconto esatto e regolare del numero degli allievi e dei loro progressi. Dopo aver passato quattro anni, o cinque, il ragazzo che intende proseguire gli studi, per solito l’ottantacinque per cento, entra nelle scuole superiori per altri quattro anni. Infine può scegliere una Facoltà universitaria. In tutti i gradi l’istruzione è gratuita. Il mantenimento delle scuole, gli stipendi dei professori, l’acquisto dei libri e degli strumenti di lavoro per gli allievi, tutto è a carico dello Stato”. Lungo la via della seta si sgranava una lunga teoria di caravanserragli nei quali, come indicano ancora oggi le epigrafi collocate sulle porte, i viaggiatori di qualsiasi paese e di qualsiasi religione venivano ospitati ed assistiti gratuitamente per tre giorni. In ogni caravanserraglio vi era una piccola moschea, un medico, un veterinario, un barbiere, un bagno ed una biblioteca. Le persone addette al culto nella moschea (non sempre fisse e quasi sempre a servizio gratuito) sono l’ iman (che guida la preghiera), il Khatib (che pronuncia la predica del venerdì) ed il muezzin (che canta l’appello alla preghiera). Vi sono poi vari domestici e custodi. L’iman è “la Guida” che dirige la preghiera in comune e lo si potrebbe paragonare al parroco. Per il concetto degli sciiti (a partire dal 765) e degli israeliti esiste anche un iman supremo, guida infallibile per tutta l’umanità. Così come per la consuetudine ebraica, nel mondo islamico la nuova giornata non inizia a mezzanotte, bensì a partire dal tramonto; il calendario solare, legato al ciclo delle stagioni, è precipuo dei popoli agricoltori, mentre quello lunare dei popoli nomadi dediti alla pastorizia, in particolare di quelli che conducevano vita nomade in regioni molto calde, in cui il sole è nocivo e la luna concede alla terra riarsa il refrigerio della rugiada. In tempi pre-islamici la Luna (maschile) era la divinità maggiore. Esisteva il taqwin (da cui il termine italiano taccuino), manuale che conteneva di solito 24 pagine, che presentavano le varie posizioni del sole, della luna e dei cinque pianeti visibili ad occhio nudo, e quindi le effemeridi complete. Il Profeta disse: “Ciò che vi è di più caro a Dio in uno Stato sono le moschee, e ciò che più Dio disdegna in uno Stato sono i suoi mercati”. Il Profeta disse: “Gli Angeli inchinano le loro ali davanti a Colui che studia una Scienza, poiché sono felici per il fatto che egli si istruisce”.
“Un uomo vale tanti uomini quanti paesi stranieri ha visitato” antico proverbio arabo. Destò gran meraviglia in Occidente l’orologio ad acqua donato nel 807 dal califfo mussulmano Harun al Rashid il Giusto (766-809) all’imperatore Carlo Magno, che lo collocò nel suo palazzo ad Aquisgrana. Per ciò che riguarda in generale l’amore per la letteratura, musulmana fu l’organizzazione e la gestione delle biblioteche, e gli schemi di classificazione dei libri. Mille anni fa la biblioteca pubblica di Cordova contava 40.000 libri. Nel 1200 Baghdad aveva trentasei biblioteche pubbliche, mentre al Cairo la biblioteca Khizanah al Kutub possedeva un milioneseicentomila libri, disposti in quaranta sale, dotate di validi strumenti bibliografici.
“La bellezza è la vera gloria ed il vero potere che si ottengono quando vengono superati tutti i limiti dell’ignoranza”. Hazif (1325-1390) Gabriele Mandel Khan, ISLAM, Electa, 2006 libro davvero bello, corredato da molte ottime foto. ----------------------------------------------------------
Minchione chi si spoglia prima che il fico metta foglia.
Proverbio abruzzese circa il mese di aprile
257
La storia occidentale è la storia dell’idealismo: la sua cultura poggia sulla formulazione teorica di un modello. Ne La Repubblica Platone costruisce quella che a suo avviso è la forma ideale di un governo servendosi di miti e di immagini fantastiche che trascendono la realtà. Una volta prodotto, il modello ideale viene poi messo in pratica nel mondo reale,. Seguendo le orme di Platone i filosofi occidentali, compresa Hannah Arendt, hanno sempre sostenuto che se un concetto esiste a livello intellettuale allora è presente anche nella realtà e pertanto può essere messo in atto. Tale processo è noto con il nome di modelizzazione. … E’ quando si trova nel mondo del caos, o in presenza di variabili incontrollabili, che il pensiero occidentale fallisce. La guerra è forse il terreno in cui tali limiti sono più evidenti. La cultura europea non riesce a pensare in termini bellici, ha sostenuto von Clausewitz. Come vedremo, la cultura cinese, invece, prospera nel caos. … Epilogo. Il nuovo contratto sociale. La genesi dello stato-nazione è la storia del contratto sociale attraverso il quale gli individui creano le nazioni e ne preservano all’interno l’ordine sociale. I presupposti di tale contratto dipendono dalla volontà dei cittadini di cedere alcuni diritti al governo in cambio della garanzia di pace e stabilità. La legittimità dei politici nasce quindi dalla volontà dl popolo di ratificare il contratto sociale. Alle radici del contratto sociale c’è il caos dello stato di natura, sinonimo di anarchia. In tale stato non esiste la nozione di diritto, è l’antitesi dello stato di diritto: ciò che vincola il comportamento dell’individuo è solo la coscienza personale. L’economia canaglia, caotica, anarchica, e illegale, ricorda molto lo stato di natura. Al suo interno non c’è legge, ed i ganster della globalizzazione agiscono liberamente sempre e solo perseguendo la logica del loro esclusivo vantaggio personale. Oggi, su scala globale, lo stato anarchico dell’economia canaglia non è un fenomeno nuovo, né tantomerno la conseguenza della normalità. La Rivoluzione Industriale è teatro di un massiccio sconvolgimento economico mosso dalla spietata avidità della futura classe borghese. Il capitalismo industriale viene costruito sullo sfruttamento dilagante dei deboli e dei poveri. Incarna dunque molte caratteristiche canaglia che contraddistinguono anche gli attuali cambiamenti rconomici: schiavitù, disparità di reddito, pirateria, prostituzione, inquinamento, criminalità e frode sono fenomeni noti. Loretta Napoleoni, ECONOMIA CANAGLIA, Il Saggiatore, 2008-04-16
La scienza è un’arma per combattere il fondamentalismo che sta spazzando il globo. Ma prima di tutto è necessario definire questo termine. Io lo considero come l’atteggiamento mentale –una forma estrema di hubris- con cui un individuo si convince che il suo sistema di certezze possiede tutte le risposte a ogni possibile domanda. Le caratteristiche base di qualunque fondamentalismo –religioso o secolare- sono l’assenza del dubbio, l’accettazione incondizionata del dogma, il rifiuto o la marginalizzazione delle visioni alternative del mondo e il desiderio di infliggere una punizione a coloro che si pensa stiano deviando dalla presunta “retta via”. Storicamente la scienza è stata un antidoto fortissimo al dogma ed alla ortodossia grazie all’insistenza sulla ragione, sulla logica e sulle prove empiriche. Di conseguenza è molto temuta dai fondamentalisti di tutto il mondo. Il processo a Galileo è un emblema. Pervez Hoodbhoy, Le vittorie dell’intolleranza, Tuttoscienze, 9 aprile 2008, prof di fisica alla Quaid-e-azam di Islamabad
Ivan Illich ha scritto : --Verso il 1140, nella civiltà del libro, si chiude la pagina monastica e si apre la pagina scolastica--. Il grande inventore di questa nuova arte di leggere fu il teologo del convento suburbano di San Vittore a Parigi, Ugo di San Vittore. Nel XIII secolo furono definitivamente messe a punto le novità materiali e tecniche che definirono il nuovo volto del libro e il nuovo modo di utilizzarlo. Fu migliorata la punteggiatura, furono inseriti nel
258
manoscritto titoli e rubriche, i libri furono divisi in capitoli, fu aggiunto un indice analitico organizzato in ordine alfabetico.…………………Diminuì il numero dei mestieri considerati illeciti e pertanto condannati dalla Chiesa. Così il mestiere di locandiere, considerato vile dall’antichità, fu riabilitato. Solo l’usura e la prostituzione continuarono ad essere assolutamente condannate: anche se l’usura, come vedremo, si ridusse rapidamente a pratiche limitate e di importanza secondaria come il prestito minuto praticato dagli ebrei. Anche la prostituzione fu tollerata se non incoraggiata. La Chiesa ammetteva la prostituzione come effetto del peccato originale e della debolezza della carne. …. Il pio e rigorista San Luigi (bastardo, si macchiò del genocidio dei Catari, nota mia) volle bandire la prostituzione dal suo regno e in particolare dalla sua capitale. La sua cerchia, compreso il Vescovo di Parigi, gli fece capire che non solo sarebbe stata un’impresa vana, ma anche contraria all’ordine sociale. La prostituzione era un mezzo per controllare gli eccessi di un mondo in cui erano n numerosi i celibi, chierici o giovani privi di donne. La Chiesa comunque si sforzò di evangelizzare il mondo delle vecchie prostitute o di quelle pentite. …………Ancora più impressionante fu la comparsa dell’artiglieria. La polvere da sparo ed il cannone stesso giunsero in Italia, e in seguito nell’Europa intera, dalla Cina per il tramite del mondo musulmano nell’arco di un ventennio fra il 1325 e il 1345. –Questo strumento bellico o diabolico chiamato volgarmente cannone—come dice ancora John Mirfield verso il 1390, rivoluzionò solo lentamente l’arte militare, essenzialmente in due modi: per il suo ruolo sul campo di battaglia, da una parte, e per l’efficacia contro le mura di castelli e città, dall’altra. La corsa ad acquistare cannoni più grandi fu dovuta tanto per una ricerca di prestigio e al tentativo di spaventare il nemico, quanto ad un bisogno effettivo. Alla fine del XIV secolo era nata l’ Europa della bombarda. La spesa per l’artiglieria aumentò senza sosta in città e Stati della seconda metà del XV secolo. Alla fine del secolo l’industria metallurgica militare era enormemente cresciuta in particolare a Milano e nell’Italia del nord, mentre l’artiglieria francese, come dimostrerà durante le guerre d’Italia, era per importanza e qualità la prima al mondo. ……………..Nicolò Cusano è innanzitutto un grande erudito della letteratura teologica e mistica, antica e medievale, di cui il suo pensiero è nutrito. Pensa, come ha evidenziato Jean-Michel Counet, che –la vera teologia comincia solo quando è stato superato l’aristotelismo e la sua logica della non contraddizione adatta a ciò che è finito ma del tutto insufficiente per lo studio di Dio- Nicolò Cusano predica una dotta ignoranza (il titolo del suo trattato), che sottolinea l’impotenza dell’uomo a conoscere interamente Dio, ma al tempo stesso la necessità della conoscenza. Per lui la dotta ignoranza non permette solo un approccio intellettuale a Dio ma sfocia in una nuova concezione del mondo. Respinge l’idea dell’ immobilità della terra al centro del mondo, opponendosi così ad Aristotele e a Tolomeo. Pur non essendo un precursore di Copernico, propone –un universo infinito il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo (definizione che sarà ripresa da Pascal) e che è fondamento cosmologico della soggettività--. ------------------------------------Jacques Le Goff, Il Cielo sulla terra, ed. Latreza 2007
Egregio Prof. Odifredi, ieri parlando nella trasmissione radiofonica dell'ovale ( o ogiva o mandorla) che adorna il principale accesso alle cattedrali gotiche, ha affermato che é sufficiente tracciare due triangoli equilateri fra loro aderenti e con 2 colpi di compasso l'opera é realizzata: ciò é senz'altro vero. Esiste però un'altra costruzione geometrica molto più elegante (il cui compimento non posso qui illustrare): mi limito a dire che il disegno di tale composizione realizza: il triangolo equilatero il quadrato il pentagono l'esagono l'eptagono l'ottagono il rettangolo radice 3 il doppio quadrato
259
il rettangolo radice 5 il rettangolo d'oro Il tutto realizza il "Cerchio Unità" che qualcuno chiama anche "Vulva mundi", ragione per cui si trova sull'ingresso principale della cattedrale. Corde gigi revel
--Certamente –rispose Pococurante—trovo assai bello poter scrivere ciò che si pensa, è il privilegio dell’uomo. In tutta Italia si scrive solo ciò che non si pensa. Quelli che abitano la terra dei Cesari e degli Antoni non osano scrivere niente senza il permesso di un domenicano.………….Un giorno la vecchia disse: --Vorrei ben sapere che cosa è peggio: subire violenza per cento volte dai pirati negri, avere una natica tagliata, essere battuti con le verghe dai Bulgari, essere fustigati e impiccati in un autodafè, essere sezionati, remare su una galea, provare infine tutte le miserie attraverso le quali noi siamo passati, oppure restare qui a far niente?— --E’ una domanda di grande importanza—rispose Candido Quel discorso fece sorgere nuove discussioni e riflessioni e Martino in particolare concluse che l’uomo nacque per vivere nelle convulsioni dell’ inquietitudine o nel letargo della noia. Candido non si trovò d’accordo, ma non era in condizione di affermare nulla di più. Pangloss riconosceva di aver sempre terribilmente sofferto, ma poiché aveva un giorno sostenuto che tutto andava a meraviglia, continuava a sostenerlo, pur senza minimamente crederci. Ma una cosa finì per convincere definitivamente Martino delle proprie detestabili opinioni, per far esitare più che mai Candido e per mettere in imbarazzo Pangloss: un giorno essi videro avvicinarsi alla cascina Pasquette e frate Garofolone, caduti nella peggior miseria. Essi si erano ben presto mangiate le tremila piastre, si erano lasciati, riappacificati, di nuovo accapigliati, erano stati messi in prigione, erano fuggiti, e infine frate Garofolone si era fatto turco. Pasquette continuava a fare la vita in tutti i luoghi e non guadagnava più un soldo. --Avevo previsto –disse Martino a Candido – che i vostri denari sarebbero ben presto svaniti, rendendoli ancora più miserabili di prima. Voi nuotavate nei milioni, voi e Cacambo, e ora non state meglio di Pasquette e frate Garofolone.— --Eh! Eh!—disse Pangloss a Pasquette— il Cielo vi riconduce dunque qui tra noi, mia povera bambina! Che razza di mondo!— Voltaire, Candido o l’ottimismo, Tascabili la Spiga
Dio non gioca a dadi. La scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la scienza cieca. Non c’è nulla che calmi lo spirito come un rhum e la vera religione. Dio è ingegnoso ma non disonesto. La scienza è una cosa meravigliosa … per chi non deve guadagnarsi da vivere con essa.
260
Ci sono due modi per vivere la vita. Uno pensare che niente è miracolo. L’altro è pensare che ogni atto è un miracolo. Chi non ammette l’insondabile mistero non può essere nemmeno uno scienziato. La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero: è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza. Anche se le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non possiedono una veridicità assoluta e, se l’avessero, allora non si riferirebbero alla realtà. ----------Albert Einstein, pag. III di Tuttoscienze del 14 maggio 2008, nel contesto di 2 articoli sulla scoperta di una lettera autografa dello stesso circa l’esistenza di Dio, in un riquadro sono riportati questi detti--------
---Friedrich Nietzche 1844-1900-------------------------------------------------------I genitori rendono involontariamente il figlio simile a loro - questo lo chiamano "educazione" -, nessuna madre, nel profondo del suo cuore, dubita di aver partorito a se stessa una proprietà, partorendo un figlio, nessun padre si nega il diritto di sottometterlo alle sue idee e ai suoi criteri di valore. Un tempo addirittura al padre pareva giusto disporre a suo piacimento della vita e della morte del figlio appena nato (come tra gli antichi germani). Al di là del bene e del male, 1886
Contro i visionari. - Il visionario nega la verità di fronte a se stesso, il bugiardo solo di fronte agli altri. Umano, troppo umano II, 1880, Bontà materna. - Certe madri hanno bisogno di figli felici onorati; altre di figli infelici: altrimenti la loro bontà materna non può manifestarsi. Umano, troppo umano I, 1878, 387 Che cos'è la felicità? La sensazione che la potenza cresce che si sta superando una resistenza.L'anticristo, 1888, 2 Tutti gli uomini, di tutte le epoche, e ancora oggi, si dividono in schiavi e liberi; perché chi non dispone di due terzi della sua giornata è uno schiavo, qualunque cosa sia per il resto: uomo di stato, commerciante, impiegato statuale, studioso. Umano, troppo umano I, 1878, 68
-------------------------------------------------. Né amare né odiare: questa è la metà di ogni saggezza. Nulla dire e nulla credere è l'altra metà. Certo però si volgeranno volentieri le spalle a un mondo che rende necessarie norme come questa. Tutte le verità passano attraverso tre stadi. Primo: vengono ridicolizzate; secondo: vengono violentemente contestate; terzo: vengono accettate dandole come evidenti. Gli uomini completamente privi di genio sono incapaci di sopportare la solitudine. Ciò che rende socievoli gli uomini è la loro incapacità di sopportare la solitudine e, in questa, se stessi. Ciò che ha valore non viene stimato, e ciò che è stimato non ha alcun valore. Alla fine tutti quanti siamo e restiamo soli. Dall'albero del silenzio pende per frutto la tranquillità.
261
------------------------------------------------Arthur Schopenhauer
-----------------Lucio Anneo SENECA 4 a.C. -65 d.C.--------------------------------La più parte dei mortali, Paolino, lamenta l’ingenerosità della natura perché nasciamo destinati ad una vita breve, che scorre tanto rapidamente da abbandonarci proprio quando ci apprestiamo a viverla, eccettuati pochissimi. Né di questa presunta sventura comune sventura si lamenta soltanto il volgo sciocco e ignorante; lo fanno anche uomini illustri. Trae origine da ciò la famosa massima di Ippocrate, il più grande fra i medici: “Esigua è la vita, lunga l’arte” ( vitam brevem esse, longtam artem); nonché l’accusa che Aristotele rivolge alla natura, certo indegna di un saggio: “Agli animali ha concesso un tempo tanto lungo da raggiungere la quinta o la decima generazione, mentre all’uomo, nato per compiere molte grandi imprese, ha assegnato un tempo assai breve”. La verità è che il tempo non è poco, solo ne sprechiamo parecchio. La vita che ci è concessa sarebbe sufficiente lunga per compiere grandi imprese, ma quando la dissipiamo nel lusso e nell’inerzia, non la spendiamo utilmente: giungendo all’inevitabile fine , ci rendiamo conto che è trascorsa senza che ce ne accorgessimo. Cap. I Non si trova nessuno disposto a dividere il proprio denaro, eppure a quanti regaliamo la nostra vita! Sono avari con il patrimonio, ma prodighi nel gettar via il proprio tempo, l’unica cosa per cui varrebbe la pena di essere moderati.… Saprai quanto poco ti sia rimasto del tempo e capirai che muori prematuramente. Quale ne è infine la causa? E’ che vivete come se la vita non dovesse finire mai, dimenticate la vostra precarietà, non tenete conto del tempo che è già trascorso e lo sciupate come se lo attingeste da una riserva inesauribile; mentre proprio quel giorno che regalate a qualcuno o a qualcosa potrebbe essere l’ultimo. Come mortali temete ogni cosa, ma desiderate ardentemente tutto come foste immortali. Udrai parecchi dire: “A cinquant’anni lascerò gli affari, a sessanta mi ritirerò a vita privata” Ma chi può garantirvi una vita più lunga o che le cose andranno proprio secondo i vostri piani?... Non hai vergogna di riservarti le briciole dell’esistenza e di dedicare al miglioramento della tua interiorità il tempo che non puoi impegnare in nessun altro modo? Non trovi tardivo l’incominciare a vivere quando sarebbe opportuno smettere? Come è sciocco dimenticare che siamo mortali, procrastinando ai cinquanta o sessant’anni i saggi propositi e voler cominciare la vita ad una età che solo pochi riescono a raggiungere! Cap. III Tra quanti perdono il proprio tempo metto coloro che si abbandonano ai piaceri dei sensi, perché non c’è atteggiamento più riprovevole, Gli altri, anche se inseguono vani sogni di gloria, sbagliano in modo apparentemente più accettabile. Elencami pure gli avari, gli iracondi, quelli che odiano e fanno guerre ingiuste, almeno commettono colpe più virili: disonorevole è il difetto di abbandonarsi al vino ed alle donne.…..Ma per imparare a vivere occorre tutta la vita e, cosa ancora più straordinaria, serve una vita intera per imparare a morire. Cap. VII La vita si divide in tre momenti: l’esistenza trascorsa, l’attuale e la futura; di essi, quello che viviamo è breve, quello che vivremo incerto e solo quello che abbiamo vissuto è sicuro. Cap. X Tu certo amministri i conti del mondo con l’onestà richiesta per i beni altrui, con lo scrupolo che si usa per i propri, con la diligenza che impone l’interesse dello stato. Così ti sei attirato simpatie in un incarico in cui è difficile evitare l’odio. Cap. XVIII Fino a tal punto è ambito morire in attività? La più parte degli si trova d’accordo su questo punto: che la voglia di lavorare dura più a lungo della capacità; lottano contro la debolezza fisica, giudicando odiosa la vecchiaia perché li emargina. La legge non accetta come soldati cittadini che abbiano più di cinquant’anni e dal sessantesimo non li convoca in Senato, ma gli uomini ottengono più facilmente il riposo dalla legge che da se stessi. Intanto, mentre sono trascinati e trascinano, mentre si rovinano la tranquillità a vicenda procurando infelicità, la vita passa inconcludente, senza piacere e senza beneficio per lo spirito. Tutti ignorano la morte, coltivando le speranze più irrealizzabili; alcuni poi organizzano anche ciò che è oltre la vita; sepolcri importanti, lapidi da affiggere ad edifici pubblici, doni per il rogo funebre ed esequie fastose. Ma, per Ercole! I funerali di costoro sono da celebrare alla tenue luce delle fiaccole e dei ceri, come se non fossero vissuti affatto. Cap. XX
262
-----------------Giancarlo Roggero , Anima dell’uomo I, ed. Estrella d’ Oriente, 2007 --
Con gli Indoeuropei e i più antichi abitatori delle regioni mediterranee si contrapponevano non solo due diverse popolazioni in contesa per il dominio su un territorio, ma due opposte e diverse visioni del mondo. Da una parte una teologia iranica con il primato dello spirituale ed un tendere incondizionato verso la luce che ne è manifestazione, e dall’altra un naturalismo terrestre con il primato della vita e una dedizione spontanea ai suoi processi. La sua (di Minerva) estraneità ai processi della generazione fisica appare già nel modo eccezionale in cui è venuta al mondo: “chiusa nell’armatura guerresca tutta risplendente d’oro” dalla testa di Zeus, il quale la aveva concepita senza madre, nel che non è da vedersi altro che la generazione dei concetti nella luce per sé evidente dell’intelligenza. Siamo al polo diametralmente opposto a quello delle dee madri, inesauribilmente feconde di vita fisica, con la quale si identificava la loro esistenza. Al contrario di esse Athena è vergine, ossia inviolabile rispetto a tutto ciò che non ha nell’idea il proprio fondamento. Anna il cui nome significa “Dio ha concesso la grazia” o “è misericordioso” o ancora “colei che rende grazie”, diverrà figura tipo della genitrice o della nonna sapiente. Nella leggenda cristiana sarà considerata madre, non solo di Maria, sposa di Giuseppe e madre di Gesù, ma anche in seconde e terze nozze –dopo essere rimasta due volte vedova- di una seconda Maria sposa di Alfeo e madre di Giacomo Minore, Simone e Giuda, e di una terza Maria, sposa di Zebedeo e madre di Giacomo Maggiore e Giovanni evangelista. In quanto madre delle tre Marie, Anna è quasi la matrice della loro fecondità. Gli ambasciatori di Tarquinio partirono da Roma con il suo messaggio alle città etrusche da poco assoggettate, e dopo alcuni giorni erano di ritorno, recandogli non solo nude parole, ma anche le insegne della supremazia con le quali essi adornano i propri re: una corona d’oro, uno scettro con l’aquila sulla sommità, una tunica di porpora con fregi in oro e un mantello di porpora ricamato (…) Gli recarono anche, come narrano alcuni, dodici scuri, prendendone una in ogni città. Sembra infatti fosse usanza dei Tirreni che il re della città camminasse preceduto da un littore recante un fascio di verghe ed una scure. Quando poi si effettuava un spedizione comune delle dodici città, le dodici scure venivano affidate a colui che in quella occasione assumeva il comando supremo. Per quanto il già menzionato Theodor Haecker, riferendosi all’opera di Virgilio, può affermare che “ non i molti nomi degli dèi dell’Olimpo” , ma “il Fatum è la parola teologica dell’Eneide” L’atteggiamento appropriato dell’uomo di fronte ad esso è la pietas , la più alta delle virtù. Essa implica il chinarsi di fronte ad un mistero che trascende ogni cosa, e nell’osservare nella pratica la legge universale che ne è l’orma umanamente conoscibile. Legge che, nella vita sociale esige rispetto sacro di genitori, antenati, familiari, amici così come della patria e delle sue tradizioni, e in senso più esteso dell’intero genere umano, mentre nella vita religiosa prescrive l’esercizio fedele del rito supplente, con la sua ricchezza e varietà, alla mancanza di una conoscenza mitica. (…) Constatati gli auspici favorevoli, egli si rivolge al Pontefice Massimo, presente sul campo di battaglia affinché gli suggerisca “le parole con le quali devo immolarmi per la salvezza delle legioni (verba me quibus pro legionibus dovoveam)” Il Pontefice gli fa allora indossare la toga pretesta, e pronunciare a capo velato la formula seguente, la cui antichità si desume dalla presenza nel novero degli dèi invocati della triade arcaica: O Giano o Giove o Marte padre, o Quirino, o Bellona, o Lari, o dèi Novensìli, o dèi Indigèti, o dèi che avete potere su di noi e sui nemici, e voi, o Mani, vi prego, vi supplico, vi chiedo, e mi riprometto la grazia che accordiate propizi al popolo romano dei Quiriti potenza e vittoria, e rechiae terrore, spavento e morte ai nemici del popolo romano dei Quiriti. Come dichiarato espressamente, io immolo insieme con me agli dèi Mani e alla Terra, le legioni e le milizie ausiliarie dei nemici a favore della repubblica, dell’esercito, delle legioni e delle milizie ausiliarie del popolo romano dei Quiriti. Balzato quindi a cavallo con indosso le armi, si getta in mezzo al campo, sotto lo sguardo di Romani e di Latini, ma apparendo ora –come dice Tito Livio- d’aspetto alquanto più maestoso di quello umano, quasi fosse inviato dal Cielo quale vittima espiatoria di tutta la collera degli dèi.
263
Condizione di un tale operare alle sorgenti della vita è la verginità, la quale non comporta assenza di fecondità, ma un attuarsi di questa nell’interno dell’anima. Come Vesta si sottrae alle influenze del Cosmo per dischiudersi all’azione misteriosa del Principio supremo, così la sua consacrata si astiene dalle normali funzioni per le quali si perpetua l’esistenza fisica, al fine di operare nei suoi fondamenti invisibili, mediante l’offerta sacrificale del patrimonio di vita che resta in tal modo a disposizione dell’anima. Spiega Dionigi di Alicarnasso che “la custodia del fuoco di Vesta era affidato a vergine piuttosto che a uomini, poiché il fuoco è incontaminato e così la vergine è inviolata: la più casta delle cose mortali è cara al più puro degli esseri divini” (…)Quando però venga meno ai requisiti del suo stato, infrangendo volontariamente il voto di verginità, la Vestale incorre nella pena capitale, inflittale mediante sepoltura viva in una cella sotterranea, alla quale è fatta accedere fornita di un lettuccio, di una lucerna accesa e di quelle minime cose indispensabili a vivere: pane, acqua, un piccolo vaso di latte e olio, come ci conferma Plutarco. La condotta spregiudicata dei mercanti e dei condottieri cartaginesi dà occasione, nella lingua dei nemici, a termini quali “punica fides”, per malafede, slealtà, o “ars Punica” per inganno. Scrive Polibio : “presso di loro non si guarda tanto per il sottile circa la maniera di arricchirsi; presso i Romani, invece, nulla è più infame di lasciarsi corrompere, o ammassare ricchezze per vie disoneste. A Cartagine gli uffici pubblici si comperano a suon di doni e di denari; a Roma questo è un delitto capitale”
Tucidite nella sue Storie a suggello spirituale delle parole di Pericle, scrive: “Amiamo il bello ma con misura. Amiamo il sapere ma senza fiacchezza. Perseguiamo la ricchezza più per l’opportunità che offre all’azione, che per vantarcene scioccamente, e non è vergogna fra di noi la povertà, bensì il non adoperarsi per sfuggirla. Associamo la cura degli interessi privati allìattenzione per la cosa pubblica, e anche chi è occupato in altre faccende, conosce in misura sufficiente le problematiche della politica. Siamo infatti i soli a considerare un cittadino che si estranei dalla vita pubblica, non un uomo amante della quiete, ma un uomo inutile.. Riassumendo, io affermo che la nostra città, nel suo complesso, è la scuola dell’Ellade, e che ognuno di noi, riunendo in sé decoro, destrezza e attitudini molteplici, possiede una personalità in sé compiuta. (Libro II, cap. 40-41)
Nel nono libro Platone ritornerà ancora una volta sulla dottrina trifunzionale, qualificando rispettivamente come “amante del sapere”(philomathès e philosòfon), “amante della vittoria e degli onori” (Philònikon e philòtimon) e “amante del guadagno” (philochrématon),le tre funzioni tanto dell’anima, quanto della società. (…) Confrontando ora le due diverse concezioni, osserviamo che in Platone l’anima, mediante le funzioni sapienziali, tutelare e vitale, è posto organicamente in relazione, da un lato con le tre parti del cosmo, dall’altra con la società umana tripartita. Il valore costitutivo assegnato alle virtù conferisce alla sua psicologia una forte accentuazione etica. Il problema di Platone è e resta, quello del rapporto eterno dell’anima con il Bene che impronta di sé l’universo. In Aristotele invece, l’anima umana è il punto di arrivo di una evoluzione che dal cosmo converge nell’uomo, il quale, restituendo al cosmo stesso mediante il conoscere le forme intelligibili celate nelle sensazioni, d° inizio ad un nuovo ciclo, il cui senso è espresso in una sua affermazione –passata a mo di sentenza nelle scuole di pensiero che a lui si richiamano- secondo cui “l’anima è in certo modo tutte le cose” (e psychè tà ònta pòs estin pànta) . L’attinenza del Natale col mistero della vita e della sua originaria bontà è confermata da innumerevoli tradizioni e leggende, che parlano di fenomeni prodigiosi nei regni della Natura durante le Notti Sante dalla Natività all’Epifania; erbe e piante che fioriscono improvvisamente diffondendo la loro fragranza nel gelido àere invernale, sciami di api che si alzano in volo, uccelli che si destano dal letargo per intonare il loro canto, animali che parlano e che sin intendono fra di loro, belve che, abbandonato l’ancestrale ferocia, fraternizzano con le prede, miele che sgorga dalle fontane, latte che scorre nei ruscelli, fuochi che ardono fra i ghiacci, metalli che si tramutano in oro. Valore paradigmatico ha in proposito la leggenda della rosa di Natale, sorta non a caso in Norvegia, dove l’inverno è più buio e freddo che altrove. Emblema universale della nuova vita sarà invece l’ Albero di Natale, un sempreverde fulgente di luci, carico di frutti ed altri doni e adornato di simboli sacri.
264
--Non hai mai pensato –continuò- che la maggior parte delle nostre azioni non è affatto ragionevole e non tende neanche a raggiungere uno scopo? Si compiono determinati atti pur non ricavandone utilità e piacere. Se volgi indietro lo sguardo alla tua vita, ti accorgerai di aver fatto una quantità di cose per il semplice motivo che ne hai avuto la possibilità — Sàndo Màrai, l’eredità di Eszter, Adelphi 373
Gustavo Zagrebelsky, Contro l’etica della verità, Ed. Laterza, 2008
da Gli atei clericali e la fonte del potere: Non è questione di roghi, sante inquisizioni, massacri, guerre di religione, bracci secolari. Sono più consone ai tempi le campagne culturali (come quella per accreditare l’idea che ai non-credenti manchi qualcosa, siano un meno rispetto ai credenti).; le leggi che traducono in diritto dello Stato la morale di Chiesa; i privilegi fiscali e finanziari; le agevolazioni nell’uso di luoghi e servizi pubblici; l’ingerenza nella formazione e nell’attività delle istituzioni civili. Ecco il modo attuale di garantire le nostre “premesse normative”: privilegi e discriminazioni. In una società divisa l’aggancio dello Stato ad una religione non potrebbe che condurre a questo.
……. Quando la filosofia incominciò a ribellarsi alla sia condizione di ancilla theologiae, nel corso del XVII secolo, si disse l’inverso: che ci fossero proposizioni morali e giuridiche valide anche se Dio non fosse esistito, etsi Deus non daretur. Con ciò si voleva dire che ci sono una moralità ed una giustizia valide obiettivamente, “naturalmente”, che obbligano tutti, anche Dio, se esistente. Ma la Chiesa respinse la “scellerata finzione” , l’”ipotesi empia”. Veniva messo in gioco il suo potere di interpretazione autentica della volontà divina, insidiata dall’autorità della ragione, cioè, in pratica, dalle cattedre del pensiero razionalista. Dietro questi “come se” si scorgono contese di potere, appena mascherati da appelli morali. da Stato, Chiesa, e lo spirito perduto del Concordato. Sebbene si presenti come semplice modificazione, il “nuovo concordato” fra lo Stato italiano e Chiesa cattolica del 1984 ha basi completamente diverse da quelle del “vecchio Concordato” del 1929. Lo Stato era allora lo Stato fascista e la Chiesa era ancora la Chiesa tridentina. Ora invece il nuovo concordato è stato stipulato, come è detto solennemente nel preambolo, “avendo presenti, da parte della Repubblica Italiana, i principi sanciti dalla sua Costituzione. E, da parte della Santa Sede, le dichiarazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II circa la libertà religiosa e i rapporti fra la Chiesa e la comunità politica”. …. La costituzione Gaudium et spes (capitolo IV, n. 76) è molto netto nell’affermare che “la Chiesa, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica”. La sua missione non è governare, ma diffondere il messaggio evangelico, illuminando così la vita sociale e promuovendo il “bene comune”. ….Il Concilio fu salutato come un segno provvidenziale che riconduceva la Chiesa alla sua funzione evangelizzatrice e l’alleggeriva delle compromissioni con il potere politico che, per non dire di più, l’hanno appesantita ed intorpidita nel corso dei duemila anni della sua storia. Chiunque abbia sonlo una vaga idea di questa storia non fatica a comprendere le novità di questo ritorno alle ragioni originarie. Se le reazioni della Chiesa del potere furono, e continuano ad essere, di sordida resistenza, la Chiesa della profezia vide rispecchiate in quelle proposizioni le sue più vive speranze. La Chiesa finiva così di incontrare lo Stato nella medesima concezione del reciproco rapporto. Il primo comma dell’art. 7 della Costituzione (“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”) si trova ripetuto, quasi alla lettera, nella formula della Gaudium et spes: indipendenza ed autonomia, nel proprio campo, della
265
comunità politica e della Chiesa. Queste parole non sono del tutto nuove nella dottrina della Chiesa. Nell’enciclica Immortale Dei del papa Leone XIII (1885) leggiamo che “Dio volle ripartito fra due poteri il governo del genere umano, cioè il potere ecclesiastico e quello civile, l’uno preposto alle cose divine, l’altro alle umane. Entrami sono sovrani nella propria sfera; entrambi hanno limiti definiti alla propria azione, fissati dalla natura e dal fine immediato di ciascuno”. ….La commistione e la collusione non sono forse mai state, negli ultimi tempi, tanto evidenti. La Chiesa del Vaticano II pensava principalmente ad altri interlocutori per trasformare la società: le coscienze individuali, non i poteri mondani. Il preambolo del Concordato, per questa parte, sta cadendo in macerie.….Il cattolicesimo è oggi in auge forse più che come religione delle persone come (surrogato di una ) religione civile. Con molta leggerezza si parla di supplenza della religione rispetto al difetto di idealità che si vede nella politica attuale. Le nostre società laicizzate non avrebbero in se stesse le risorse morali sufficienti per fondare un’unità durevole e, invece di cercare di darsele, dovrebbero riconoscere umilmente la loro minorità di fronte alla religione cattolica. Di qui al riconoscimento, forse non teorico ma almeno pratico, che la legge civile deve basare la sua forza sulla coincidenza con la morale cattolica e che la legittimità dei governanti non può prescindere dal consenso e dalla benevolenza dell’autorità ecclesiastica il passo è breve. Il cattolicesimo-religione civile sembra essere assai gradito, per i vantaggi materiali immediati che ne possono derivare, sia agli uomini di Chiesa sia agli uomini di Stato. Questa idea politica della religione cristiana, pur ben radicata nella storia e nella Dottrina dei Padri della Chiesa fin dal IV secolo, appare come una bestemmia dal punto di vista di Gesù di Nazareth, ridotto a strumento di governo o a ideologia. In ogni caso è un’aberrazione dal punto di vista di quel supremo principio di laicità che risulta dalla Costituzione. ….Si dirà: ma qui si fa confusione! Una cosa è l’uso politico-statale del cattolicesimo, altra cosa il suo uso sociale: vietatissimo il primo, lecitissimo il secondo. Guardiamo, però, ai comportamenti. Che cosa ci dicono gli incontri, quelli che vediamo e i tanti altri che non vediamo, fra uomini di Stato e di Chiesa, tra melliflui sorrisi e reciproci salamelecchi, in cui la religione si compromette con la politica e la politica con la religione; quegli incontri da cui scaturiscono attese di appoggio alle aspirazione degli uni e degli altri che si traducano in indicazioni elettorali e privilegi legali? Si tratta davvero solo di illuminare cristianamente la società o non piuttosto di inquinare clericalmente la politica? Anche sul versante statale, dunque, quell’ “aver presenti i principi costituzionali” che apre il preambolo del Concordato pare assai svuotato. Ma questo svuotamento cospira con quello dei principi conciliari che riguardano la Chiesa. Vanno nella stessa direzione, non si creano frizioni. Ognuno ci trova un proprio misero vantaggio.
da L’identità cristiana e il fantasma dell’assedio Ma è bastato il tentativo il tentativo perché ci si sia buttati senza discernimento e senso del limite, non temendo di relegare in secondo piano, quasi come sottoprodotto, i diritti umani sorti dalle comunità riformate, dal razionalismo, dal liberalismo, dal socialismo: diritto che la dottrina della Chiesa ha per secoli condannato e, sotto certi aspetti, ancor oggi condanna nei suoi massimi documenti normativi. Questa cedevolezza fondata sulla dimenticanza non è solo fastidiosa. E’ anche dannosa perché appiattisce le cose nel più insulso degli accomodamenti, concettualmente e moralmente privo di nerbo. Tutto sembra la stessa cosa. Invece, la dottrina laica dei diritti non è quella cattolica, come risulta da un punto cruciale: per la prima, il limiti dei diritti è l’uguale diritto altrui; per la seconda, l’ordine naturale giusto. La differenza è capitale. La prima dottrina mira alla libertà, la seconda alla giustizia. Valori diversi e, in certi casi, anche in conflitto, come constatiamo, per esempio, a proposito del riconoscimento delle unioni al di fuori della famiglia tradizionale: per gli uni, non fanno male a nessuno; per gli altri sono comunque “disordinate”.
da Cosa pensa la Chiesa quando parla di dialogo? Il dialogo, anche quello così frequentemente auspicato fra i cattolici e gli altri (che si indicano, in negativo, come i non cattolici), presuppone una condizione: che le parti si riconoscano pari, in razionalità e moralità. Se si parte dal presupposto che l’altro non è solo uno che pensa diversamente, ma è uno da meno o, addirittura, un mentecatto o un immorale, il dialogo sarà perfettamente inutile; sarà tempo perduto, adescamento o simulazione. Dove vige questo pregiudizio, ci si ignora o ci si combatte. Si potrà anche far finta di dialogare, come lo stratega che procrastina lo scontro e rafforza intanto le posizioni. Ma dialogare onestamente no, non si può. Il maestro del dialogo è quel Socrate che giungeva perfino a gioire di soccombere nella discussione (chi è colto in errore, si libera di un male e quindi riceve un bene). Ma non occorre essere Socrate per comprendere che se non c’è reciproca disponibilità e apertura, tanto vale andarsene ognuno per la sua strada, sempre che non ci voglia prendere a bastonate.
266
da Cattolicesimo e democrazia Ma resta una riserva, la riserva su cui il magistero cattolico ha organizzato qualcosa che sembra l’ultimo fronte di resistenza davanti ad una minaccia mortale: il relativismo, una parola che ha assunto, nel linguaggio degli ultimi due Papi, il valore di un anatema. Sulle questioni che la Chiesa giudica unilateralmente e inappellabilmente legate al suo deposito di verità, la democrazia deve tacere o, se parla, deve acconsentire. Se pronuncia parole diverse, questo è relativismo, sinonimo di disprezzo per la morale, , edonismo, egoismo, nichilismo. Con il che, essa si erge a maestra di tutta quanta la società, anche dei non credenti, e pretende di attribuire un plusvalore etico alle posizioni dei cattolici osservanti rispetto a tutte le altre. Chi non riconosce nella posizione del magistero cattolico sembra quasi doversi discolpare per un difetto morale e in effetti molti laici, sorprendentemente, opportunisticamente e vilmente, non rifuggono dall’ammettere la loro mancanza.…La fede è compatibile con la democrazia a una condizione: che non sia etero-diretta da un potere dogmatico. La democrazia è il regime del confronto delle diverse posizioni, per la responsabile ed ininterrotta ricerca delle soluzioni migliori ai problemi del vivere civile. da La Chiesa, la carità e la verità. Su cosa si basi l’etica cristiana è il primo degli oggetti in discussione: sulla carità o sulla verità? La differenza fra etica della carità ed etica della verità è irriducibile e capitale. La carità è un concreto rapporto di dedizione che si svolge e si esprime in concreti patteggiamenti, azioni , rapporti di compassione (nel senso proprio di passione in comune). La verità è un insieme di proposizioni dottrinali che si esprime in codici di credenze e comportamenti astratti, come i catechismi, cattolici o laici che siano. La carità è vissuta, la verità è conosciuta. La carità agisce dall’interno delle coscienze; la verità dall’esterno. La carità considera ogni essere umano come individuo irriducibile ed inconfondibile; la verità, come individuo irriducibile e inconfondibile; la verità come individuo riconducibile ed assimilabile ad altri, in classi o categorie: persone nel primo caso, numero nel secondo. La carità è libera e non sopporta regole generali: le regole generali ed i vincoli derivano dalla verità. La carità si incarna negli esseri umani; la verità tende a stabilizzarsi in istituzioni. Infine, la carità sprona alla vita buona, ma rifugge dalle condanne, perdona e riconcilia; la verità, al contrario, formula precetti, commina sanzioni e separa gli eletti dai reprobi. …Non dalla carità, ma dalla dottrina della verità l’etica cristiana predicata dal magistero è così venuta a dipendere. da Decalogo contro l’apatia politica. Invece dell’attaccamento, cresce l’apatia politica. In Italia, e forse non solo, si è democratici non per convinzione, ma per assuefazione e l’assuefazione può portare alla noia, perfino alla nausea e al rigetto.. E’ pur vero che partecipazione può improvvisamente infiammarsi e l’indifferenza può essere spazzata via da ventate di mobilitazione, in situazioni eccezionali. Sono però reviviscenze che non promettono nulla di buono. Gli elettori eccitati si, si mobilitano su fronti opposti per sopraffarsi, al seguito di parole d’ordine elementari: bene-male, amore-odio, verità-errore, vita-morte, patriottismo-disfattismo, ecc. cose che lestofanti della politica spacciano come rivincita dei valori sul relativismo della democrazia. Parole che potranno forse servire a vincere le elezioni, ma intanto spargono veleni, senza che un’opinione pubblica consapevole sappia difendersi, dopo che la routine quotidiana l’ha resa ottusa. Un difetto e un eccesso: uno indebolisce, l’altro scuote alle radici. Apatia e sovreccitazione sono qui a dimostrare che l’ ethos della democrazia non si produce da sé.
…. da Il decalogo che segue è una semplice proposta: 1 La fede in qualcosa che vale. La democrazia è relativistica, non assolutistica. Come istituzione d’insieme, non ha fedi o valori assoluti da difendere, ad eccezione quelli su cui si basa. Deve cioè credere in se stessa e sapersi difendere, ma al di là di ciò è relativistica nel senso preciso della parola: fini e valori sono da considerarsi relativi a coloro che li propugnano e, nella loro varietà, ugualmente legittimi. Democrazia e verità assoluta, democrazie e dogma, sono incompatibili. La verità assoluta ed il dogma valgono nelle società autocratiche. ………………..Per lo scettico, democrazia e autocrazia pari sono. Per lui, ciò che conta, se qualcosa conta, è la propria “vita bella”. Rallegriamoci dunque se la democrazia, come insieme, è relativistica. Solo così la società può essere libera; chi se ne duole , nasconde
267
pensieri autocratici. Impegniamoci però in ogni luogo per scuotere l’apatia, promuovere ideali, programmi e, perché no, utopie. 2 La cura delle individualità personali. La democrazia è fondata sugli individui, non sulla massa. Come Tocqueville ha ante-veduto, la massificazione è un pericolo mortale. ………………Per questo la democrazia deve curare l’originalità di ciascuno dei suoi membri e combattere la passiva adesione alle mode che ottunde gli spiriti. Dobbiamo vedere con preoccupazione l’appiattimento di molti livelli dell’esistenza, consumi e cultura, divertimenti e comunicazione: tutti di “massa”. Chi non si adegua, nel migliore dei casi è un “originale”, nel peggiore uno “spostato”. Occorre che “spostati” siano da considerare gli altri, i passivi consumatori di stili di vita, gli omologati all’ambiente. 3 Lo spirito del dialogo. La democrazie è discussione, ragionare insieme; è, socraticamente, filologia. Chi odia discutere, il misologo, odia la democrazia, forma di governo “discutitoria”. …….. Perciò la menzogna intenzionale, strumento ordinario della vita pubblica, dovrebbe trattarsi come crimine contro la democrazia. Né intestardirsi, né lasciar correre, secondo l’insegnamento socratico.
1. Lo spirito dell’uguaglianza. La democrazia è basata sull’uguaglianza; è insidiata dal privilegio. L’uguaglianza è fisionomia, La “più dolce di tutte le parole”, l’eguaglianza delle leggi che, in Grecia precedette il secolo glorioso della democrazia ateniese. Senza leggi uguali per tutti –pensiamo ai privilegi, alle leggi “ad personas”-- la società si divide in caste e la vita collettive diventa dominio di oligarchie.. Il privilegio crea arrivismo e rincorse perverse.
2. Il rispetto delle identità diverse: in democrazia le identità particolari sono ininfluenti sul diritto di stare in società. Non è stato così in passato; non è pienamente così neppure ora. Oggi, il problema di coesistenza di identità plurime è di natura etnico-culturale e religiosa.
3. La diffidenza verso le decisioni irrimediabili. La democrazia implica la revidibilità di ogni decisione (sempre esclusa quella sulla democrazia stessa). Le soluzioni definitive ai problemi, senza possibili ripensamenti e correzioni, sono dei regimi della giustizia e delle verità assolute. In quanto perennemente dialogica, la democrazia non ha e non può volere verità né a priori, come frutto per esempio di mandati divini, né a posteriori, come conseguenza di decisioni popolari, anche unanimi. La strada per dire “ci siamo sbagliati” deve restare sempre aperta. Non è privo di significato che le democrazie siano prevalentemente orientate contro la pena di morte e contro la guerra, due decisioni dagli effetti irreversibili. Le autocrazie invece non hanno scrupoli.
4. L’atteggiamento sperimentale. La democrazia è orientata da principi, ma deve imparare quotidianamente dalle conseguenze dei propri atti.
5. Coscienza di maggioranza e coscienza di minoranza. In democrazia, nessuna deliberazione si interpreta nel segno della ragione o del torto. Non vale la massima terroristica vox populi, vox Dei. Essa solo apparentemente è democratica, poiché nega il diritto della minoranza, la cui opinione, per opposizione, si direbbe vox diaboli.
6. L’atteggiamento altruistico. La democrazia è forma di vita di esseri umani solidali. La virtù repubblicana di Montesquieu è questo: amore per la cosa pubblica e disponibilità a mettere in comune qualcosa, anzi il meglio di sé: tempo, capacità, risorse materiali. Ciò costituisce la res pubblica come risorsa comune cui tutti possono attingere. L’emarginazione sociale è dunque contro la democrazia e l’idea che nessuno possa essere lasciato a se stesso non è elemento accidentale della democrazia. L’alternativa è il darwinismo sociale, l’ideologia crudele che legittima la fortuna dei forti e abbandona i deboli alla loro sorte.
7. La cura delle parole. Essendo la democrazia dialogo, le parole devono essere oggetto di cura particolare, come non è in nessuna altra forma di governo. ………… da Democrazia. Non promette nulla a nessuno ma richiede molto da tutti. Un pericolo che comporta anche una contraddizione: qualsiasi altro sistema di governo, ma non la democrazia, può far uso di propaganda. In ogni propaganda è implicita una tentata violenza all’altrui libertà di coscienza. La democrazia è dialogo paritario e, se vuole essere tale, questo deve farsi deponendo ogni strumento di pressione: innanzitutto pressione
268
materiale, come quella che viene dalla violenza e dall’uso delle armi, ma anche pressione morale, come quella che può essere esercitata nel rapporto asimmetrico di autorità-soggezione che si cra talora, quando degenera in autoritarismo, tra padre e figli, maestro e allievo; un rapporto che può mancare di rispetto e contraddire libertà e democrazia. Pensando e ripensando, non trovo altro fondamento della democrazia che questo solo. Solo, ma grande: il rispetto di sé. La democrazia è l’unica forma di reggimento politico che rispetta la mia dignità nella sfera pubblica, mi riconosce capace di discutere e di decidere sulla mia esistenza in rapporto con gli altri. ….La democrazia non promette nulla a nessuno,ma richiede molto a tutti. da Uomini, anche se Dio non esiste. Etsi Deus non daretur: una proposizione che può comportare il rischio di qualche equivoco nascosto nel modo di renderla in italiano. Una piccola riflessione ideologica può aiutare a scioglierlo. “Come se Dio non esistesse” è la versione comunemente usata, non necessariamente la più aderente al testo di partenza (etsi o etiamsi non equivalgono a ut si). E’ l’espressione che compendia le considerazioni e la proposta di Gian Enrico Rusconi su democrazia, laici e cattolici. E’ come dire ai credenti: Dio esiste, ma dovete fare come se non esistesse. ……“Anche se Dio non esiste”. Questo –all’indicativo—è il concetto che forse meglio degli altri corrisponde all’idea, non di Grozio, ma di Dietrich Bonhoffer, che pure, come tutti, traduce l’ etsi Deus con il verbo al congiuntivo.. Rusconi procede opportunamente da qui, per impostare la parte centrale della sua riflessione. Il teologo protestante, impiccato a Flossenburg nell’aprile 1945 dai nazisti per aver partecipato come esponente della “Chiesa confessante” tedesca alla congiura dell’ammiraglio Canaris, nelle lettere dal carcere pubblicate con il titolo Resistenza e resa abbozza il concetto di una teologia “senza Dio” o, più precisamente, di una teologia che abbandona il Dio della religione, impersonata dalle chiese storiche, e si rivolge al Dio della fede e dell’evangelo; una teologia che si rende possibile anche se, anzi proprio perché il Dio della religione non esiste (più) . ….. Da Norberto Bobbio e l’etica del labirinto. Non ho nessuna speranza. In quanto laico, vivo in un mondo in cui è sconosciuta la dimensione della speranza (…) La speranza è una virtù teologica. Quando Kant afferma che uno dei grandi problemi della filosofia è “che cosa debbo sperare”, si riferisce con questa domanda al problema religioso. Le virtù del laico sono altre: il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto delle idee altrui, virtù mondane, civili. (Norberto Bobbio, De Senectute, Einaudi, 2006)
-------------------------------------------------------------------------E.M. CIORAN Sommario di decomposizione (Précis de décomposition) Adelphi 328, 2005
GENEALOGIA DEL FANATISMO
…Un essere che sia posseduto da una convinzione e non cerchi di comunicarla agli altri è un fenomeno estraneo alla terra, dove l’ossessione della salvezza rende la vita irrespirabile. Guardatevi attorno: dappertutto larve che predicano. Ogni istituzione riflette una missione; i municipi hanno il loro assoluto non meno dei templi; l’amministrazione, con i suoi regolamenti, metafisica ad uso delle scimmie… Tutti si sforzano di correggere la vita di tutti: vi aspirano i mendicanti, e perfino gli incurabili: i marciapiedi del mondo e perfino gli ospedali traboccano di riformatori. La voglia di diventare la fonte degli avvenimenti agisce su ognuno come un disordine mentale o come una maledizione voluta. La società, un inferno di salvatori! Quello che vi cercava Diogene con la sua lanterna era un indifferente…
LA SUPERBA INUTILITA’
269
All’infuori degli scettici greci e degli imperatori romani della decadenza, tutti gli spiriti paiono asserviti a una vocazione municipale. Essi soltanto si sono emancipati, gli uni con il dubbio, gli altri con la demenza, dalla sciocca ossessione di essere utili. Avendo promosso l’arbitrario al rango di esercizio o di vertigine, a seconda che fossero filosofi o rampolli disincantati degli antichi conquistatori, non erano attaccati a niente: da questo punto di vista ricordano i santi.
ESEGESI DEL DECADIMENTO Ognuno di noi è nato con una dose di purezza, predestinata ad essere corrotta dal commercio con gli uomini, da questo peccato contro la solitudine. Giacché ognuno di noi fa l’impossibile per non essere votato a se stesso. Il nostro simile non è fatalità bensì tentazione di decadimento. ……. Se con ogni nostra parola riportiamo una vittoria sul nulla, è solo per subirne ancora di più il dominio. Noi moriamo in proporzione alle parole che spargiamo intorno a noi… Coloro che parlano non hanno segreti. E tutti noi parliamo. Ci tradiamo, esibiamo il nostro cuore; carnefice dell’indicibile, ognuno di noi si accanisce nella distruzione di tutti i misteri, a cominciare dai propri. ………… L’uomo dovrebbe solo ascoltare se stesso nell’estasi senza fine del Verbo intrasmissibile, forgiarsi parole per i propri silenzi e accordi percettibili unicamente ai propri rimpianti. E invece è il chiacchierone dell’universo: parla a nome degli altri; il suo io ama il plurale. E chi parla a nome degli altri è sempre un impostore. I politici, i riformatori e tutti coloro che si appellano ad un pretesto collettivo sono dei truffatori. L’unica menzogna che non sia tale è quella dell’artista, poiché egli non inventa che se stesso. Al di fuori dell’abbandono all’incomunicabile, della sospensione nel bel mezzo delle nostre emozioni sconsolate e mute, la vita non è che un fragore su una distesa senza coordinate, e l’universo una geometria epilettica.
COALIZIONE CONTRO LA MORTE Come immaginare la vita degli altri, quando già sembra a malapena concepibile la propria? Si incontra un uomo, lo si vede immerso in un mondo impenetrabile e ingiustificabile, in un cumulo di convinzioni e desideri che si sovrappongono alla realtà come un edificio malsano. Essendosi forgiato un insieme di errori, egli soffre per motivi la cui vacuità è tale da spaventare lo spirito, e si consacra a valori la cui ridicolaggine salta agli occhi. …. Quando subiamo le confidenze di un amico o di uno sconosciuto, la rivelazione dei suoi segreti ci colma di stupore. Dobbiamo attribuire i suoi tormenti al dramma o alla farsa? Ciò dipende totalmente dalla benevolenza o dalla esasperazione della nostra stanchezza.
SUPREMAZIA DELL’ AGGETTIVO L’infelicità costituisce la trama di tutto ciò che respira; ma le sue modalità si sono evolute, hanno formato quella successione di apparenze irriducibili che induce ognuno a credere di essere il primo a soffrire così. L’orgoglio di questa unicità lo incita a invaghirsi del proprio male e a sopportarlo. In un mondo di sofferenze, ciascuna di esse è solipsistica rispetto a tutte le altre. L’aspetto originale dell’infelicità è dovuto alla qualità verbale che la isola nell’insieme delle parole e delle sensazioni… I qualificativi cambiano; tale cambiamento si chiama progresso dello spirito. Sopprimeteli tutti: che cosa rimane della civiltà? La differenza fra intelligenza e stupidità sta nel modo di maneggiare l’aggettivo, il cui uso uniforme costituisce la banalità. Dio stesso vive soltanto grazie agli aggettivi che gli vengono aggiunti: questa è la ragione d’essere della teologia. E quindi l’uomo, qualificando in modo sempre diverso la monotonia della sua infelicità, non si giustifica dinanzi allo spirito se non in virtù della ricerca appassionata di un nuovo aggettivo.
270
IL DIAVOLO RASSICURATO Perché mai Dio è così scialbo, così fiacco, così scarsamente pittoresco? Perché è privo di interesse, di vigore, di attualità e ci assomiglia così poco? Esiste immagine meno antropomorfica e più gratuitamente lontana? Come abbiamo potuto proiettare in lui così pallidi lumi e forze così incerte? Dove sono defluite le nostre energie, dove si sono riversati i nostri desideri? Chi ha dunque assorbito il nostro eccesso d’insolenza vitale? Ricorreremo al Diavolo? Ma non potremmo rivolgergli preghiere: adorarlo significherebbe pregare introspettivamente, pregare noi stessi. Non si prega l’evidenza: l’ esatto non è oggetto di culto. Noi abbiamo trasferito nel nostro doppio tutti i nostri attributi e, per rivalutarlo con una parvenza di solennità, lo abbiamo vestito di nero: le nostre vite e le nostre virtù in lutto. Dotiamolo di cattiveria e di perseveranza, nostre qualità dominanti, ci siamo affannati a renderlo più vivo possibile; abbiamo consumato le nostre forze per creare la sua immagine, per farlo agile, vivace, intelligente, ironico e soprattutto meschino. Le riserve di energia a nostra disposizione per creare Dio erano minime. Allora ricorremmo alla all’immaginazione e a quel po’ di sangue che ci restava: Dio non poteva essere che il frutto della nostra anemia, un’immagine malferma e rachitica.
LE DOMENICHE DELLA VITA Se i pomeriggi domenicali si protraessero per mesi, dove andrebbe a finire l’umanità, emancipata dal sudore, libera dal peso della prima maledizione? L’esperimento varrebbe la pena di essere fatto. Con ogni probabilità il crimine diverrebbe l’unico svago, la dissolutezza parrebbe candore, l’urlo melodia e il sogghigno tenerezza. La sensazione dell’immensità del tempo farebbe di ogni secondo un supplizio intollerabile, una cornice da esecuzione capitale. Nei cuori pervasi di poesia si insedierebbero un cannibalismo annoiato e una tristezza da iena; i macellai ed i carnefici morirebbero di languore; le chiese e i bordelli risuonerebbero di sospiri. L’ universo trasformato in pomeriggio domenicale: è la definizione della noia, e la fine dell’universo… Gli sfaccendati afferrano più cose e sono più profondi degli indaffarati: nessun compito limita il loro orizzonte; nati in una eterna domenica, essi guardano, e si guardano guardare. La pigrizia è uno scetticismo fisiologico, il dubbio della carne. In un mondo ebbro di ozio, soltanto loro non sarebbero assassini. ….. L’unica funzione dell’amore è quella di aiutarci a sopportare i pomeriggi domenicali, crudeli e incommensurabili, che ci feriscono per il resto della settimana e della vita.
LA COSCIENZA DELL’INFELICITA’
…Nelle farmacie non vi è alcun rimedio contro l’esistenza, solo palliativi per i fanfaroni. Ma dov’è l’antidoto alla disperazione chiara, infinitamente articolata, fiera e sicura? Tutti gli esseri sono infelici; ma quanti lo sanno? La coscienza dell’infelicità è una malattia troppo grave per figurare in una aritmetica delle agonie e nei registri deel’ Incurabile. Essa sminuisce il prestigio dell’inferno e trasforma i mattatoi dei tempi in idillii. Quale peccato hai commesso per nascere, quale colpa per esistere? Il tuo dolore, al pari del tuo destino, è senza motivo. Soffrire davvero significa accettare l’invasione dei mali senza la scusa della causalità, come un favore della natura demente, come un miracolo al negativo…
ADDIO ALLA FILOSOFIA Mi sono allontanato dalla filosofia quando mi è diventato impossibile scoprire in Kant qualche debolezza umana, qualche accenno vero di tristezza; in Kant e in tutti i filosofi. Rispetto alla musica, alla mistica e alla poesia, l’attività filosofica discende da una linfa svigorita e da una profondità sospetta, che non hanno attrattiva se non per i timidi e i tiepidi. D’altronde la filosofia --inquietudine impersonale, riparo presso idee anemiche— è la risorsa di tutti coloro che rifuggono dall’esuberanza corruttrice della vita.
271
Quasi tutti i filosofi sono finiti bene: questo è l’argomento supremo contro la filosofia. La fine di Socrate non ha niente di tragico: è un malinteso, la fine di un pedagogo, e lo stesso Nietzsche è sprofondato nella follia in quanto poeta e visionario; ha espiate le sue estasi, non i suoi ragionamenti. Non si può eludere l’esistenza con delle spiegazioni, si può solo subirla, amarla o detestarla, adorarla o temerla, in quell’alternanza di felicità e di orrore che esprime il ritmo stesso dell’essere, le sue oscillazioni e dissonanze, le sie veemenze amare o allegre. Chi di noi non è esposto, per imprevisti o per necessità, a una disfatta clamorosa, e chi, allora, non leva le mani in preghiera per poi lasciarle cadere ancora più vuote delle risposte che ci dà la filosofia? Pare quasi che la missione di questa consista nel proteggerci finché la sventatezza della sorte ci lascia procedere al di qua dello sgomento e nell’abbandonarci non appena siamo costretti ad affondarvi. E come potrebbe essere diversamente, se si pensa quanto poco le sofferenze dell’umanità siano entrate nella filosofia? L’esercizio filosofico non è fecondo; è solo onorevole. Si è filosofi sempre impunemente: un mestiere senza destino che riempe di pensieri voluminosi le ore neutre e vacanti, le ore refrattarie al Vecchio Testamento, a Bach e a Shakespeare. E si sono mai materializzati, questi pensieri, in una sola pagina equivalente a un’esclamazione di Giobbe, a un terrore di Macbeth o alla magnificenza di una cantata? Non si discute l’universo: lo si esprime. E la filosofia non lo esprime.
FILOSOFIA E PROSTITUZIONE Il filosofo, disgustato dai sistemi e dalle superstizioni,ma ancora perseverante sulle strade del mondo, dovrebbe imitare il pirronismo da marciapiede che manifesta la creatura meno dogmatica: la prostituta. Lei che è distaccata da tutto e aperta a tutto; sposa l’umore e le idee del cliente; che cambia tono e faccia a seconda dell’occasione; che è pronta a essere triste o gaia, pur restando indifferente; che prodiga sospiri per interessi commerciali; che rivolge al godimento sincero di colui che le sta addosso uno sguardo illuminato e falso –propone allo spirito un modello di comportamento che rivaleggia con quello dei saggi--. Essere senza convinzioni riguardo agli uomini e a se stessi: questo è l’alto insegnamento della prostituzione, accademia ambulante di lucidità, al margine della società come della filosofia. “Tutto quello che so, l’ho imparato dalle donne di strada” dovrebbe esclamare il pensatore che accetta tutto e rifiuta tutto, quando, seguendo il loro esempio, si è specializzato nel sorriso stanco, quando gli uomini non sono per lui nient’altro che clienti, e i marciapiedi del mondo il mercato dove vende la sua amarezza, così come le sue compagne vendono il loro corpo. ….
LA MENZOGNA IMMANENTE Vivere significa: credere e sperare –mentire e mentirsi. Perciò l’immagine più veritiera dell’uomo che mai sia stata creata rimane quella del cavaliere della Triste Figura, il cavaliere che si ritrova anche nel saggio più perfetto. ….. (Se nella gerarchia delle menzogne la vita occupa il primo posto, subito dopo viene l’amore, menzogna nella menzogna. Espressione della nostra posizione ibrida, l’amore si circonda di un apparato di beatitudini e di tormenti grazie ai quali troviamo in un altro il sostituto di noi stessi. In virtù di quale frode due occhi riescono a distrarci dalla nostra solitudine? C’è fallimento più umiliante per lo spirito? L’amore assopisce la conoscenza: la conoscenza ridestata uccide l’amore. L’irrealtà non può trionfare indefinitamente, nemmeno sotto le spoglie della più esaltante menzogna. E chi, del resto, potrebbe avere un’illusione così salda da trovare nell’altro ciò che inutilmente ha cercato in sé? U(n calore dei visceri ci offrirebbe dunque ciò che l’intero universo non ha saputo offrirci? Eppure è proprio questo il fondamento dell’anomalia corrente, e soprannaturale, dell’amore;: risolvere in due --o piuttosto sospendere—tutti gli enigmi: grazie a un’impostura, dimenticare la finzione in cui è calata la vita; colmare, tubando insieme, la vacuità generale; e infine – parodia dell’estasi—annegare nel sudore di una complice qualsiasi….
L’ARROGANZA DELLA PREGHIERA Quando si giunge al limite del monologo, ai confini della solitudine, si inventa –in mancanza di altri interlocutori—Dio, supremo pretesto di dialogo. Finché Lo nominate, la vostra demenza è ben mascherata e… tutto vi è permesso. Il vero
272
credente si distingue appena dal folle: ma la sua follia è legale, è ammessa; le sue aberrazioni fossero scevre di qualsiasi fede egli finirebbe in un manicomio.. Ma Dio le copre, le rende legittime. L’orgoglio di un conquistatore impallidisce di fronte all’ostentazione di un devoto che si rivolge al Creatore. Come si può ardire tanto? E come è possibile che la modestia sia una virtù dei templi, quando una vecchia decrepita, che crede l’Infinito alla sua portata, s’innalza con la preghiera a livelli di audacia cui nessun tiranno ha mai osato aspirare? Sacrificherei l’impero del mondo per un solo istante in cui le mie mani giunte implorassero il grande Responsabile dei nostri enigmi e delle nostre banalità. Eppure questo istante costituisce la qualità ordinaria –e una sorta di tempo ufficiale —di qualsiasi credente. Ma chi è veramente modesto ripete a se stesso: “Troppo umile per pregare, troppo inerte per varcare la soglia mdi una chiesa, io mi rassegno alla mia oscurità, e non voglio una capitolazione di Dio davanti alle mie preghiere”. E a coloro che gli propongono l’immortalità, risponde: “Il mio orgoglio non è inesauribile: le sue risorse sono limitate. Voi credete di vincere, in nome della fede, il vostro io; in realtà, desiderate perpetrarlo nell’eternità, perché questa durata non vi basta. La vostra superbia supera in raffinatezza tutte le ambizioni del secolo. Quale sogno di gloria, paragonato al vostro, non si rivela inganno e fumo? La vostra fede è semplicemente delirio di grandezza tollerato dalla comunità perché imbocca vie traverse; ma voi siete ossessionati unicamente dalla vostra polvere: avidi di intemporale, perseguitate il tempo che la disperde. Soltanto l’aldilà offre spazio sufficiente alle vostre brame; la terra e i suoi istanti vi sembrano troppo effimeri. La megalomania dei conventi supera tutto quanto abbiamo mai potuto immaginare i deliri sontuosi dei palazzi. Chiunque non accetti la propria nullità è un malato di mente. E il credente è il meno disposto di tutti ad accettarla. La volontà di durare, spinta fino a questo punto, mi spaventa. Mi sottraggo alla seduzione malsana di un io indefinito. Voglio sguazzare nella mia mortalità. Voglio restare normale”.
L’UOMO TARLATO Non voglio più collaborare con la luce né adoperare il gergo della vita. E non dirò più “io sono” senza arrossire. L’impudenza del fiato, lo scandalo del respiro sono legati all’abuso di un verbo ausiliare… E’ passato il tempo in cui l’uomo pensava a se stesso in termini di aurora; giacendo su una materia divenuta anemica, ora è disposto a compiere il suo vero dovere, quello di studiare la propria perdita e di correrle incontro; eccolo sulle soglie di una nuova èra: quella della Pietà in sé. E questa pietà è la sua seconda caduta, più netta e più umiliante della prima: è una caduta senza riscatto. Invano egli scruta gli orizzonti: migliaia e migliaia di salvatori vi si profilano, salvatori da farsa, anche loro sconsolati. Egli se ne allontana per prepararsi, nella sua anima sfatta, alla dolcezza di marcire… Giunto nel più profondo del suo autunno, egli oscilla fra l’ Apparenza ed il Nulla, tra la forma ingannevole dell’essere e la sua assenza: vibrazione fra due irrealtà…
LA BRAMA DI DOMINIO Un Cesare è più simile ad un sindaco di paese che a uno spirito sovranamente lucido ma privo di istinto di dominio. L’importante è comandare: la quasi totalità degli uomini aspira a questo. Che abbiate in mano vostra un impero, una tribù, una famiglia o un domestico, farete comunque valere le vostre doti di tiranno, glorioso o caricaturale; ai vostri ordini c’è tutto il mondo, o una sola persona. Così si crea la serie di calamità che nascono dal bisogno di dominare… Siamo circondati da satrapi: ciascuno di essi –secondo i suoi mezzi-- si cerca una folla di schiavi o si contenta di uno solo. Nessuno basta a se stesso: il più modesto troverà sempre un amico o una compagna su cui far valere il proprio sogno di autorità. Chi obbedisce si farà obbedire a sua volta: da vittima diventa carnefice: questo è il desiderio supremo di tutti. Soltanto i mendicanti e i saggi non lo provano, a meno che il loro gioco sia più sottile… La brama di potenza permette alla storia di rinnovarsi rimanendo tuttavia sostanzialmente la stessa; le religioni cercano di combatterla ma riescono soltanto ad esasperarla. Se il cristianesimo si fosse realizzato pienamente, la terra sarebbe un deserto o un paradiso. Sotto le forme variabili che l’uomo può rivestire si cela una costante, un’essenza identica, che spiega perché, contro ogni apparenza di mutamento, noi ci muoviamo in un cerchio , e perché, se perdessimo a seguito di un intervento soprannaturale, la nostra qualità di mostri e di fantocci, la storia scomparirebbe subito. Provate a essere liberi: morirete di fame. La società vi tollera soltanto a patto che siate successivamente servili e dispotici; è una prigione senza guardiani, ma dalla quale non si evade se non per perire. Dove andare, quando non si può più vivere se non nella città pur non avendone gli istinti, e quando non si è né tanto intraprendenti da mendicare né tanto
273
equilibrati da dedicarsi alla saggezza? Alla fin fine, si rimane lì, come tutti, fingendo di affaccendarsi; ci si decide a questo passo estremo grazie alle risorse dell’artificio, dato che è meno ridicolo simulare la vita che viverla. Finché gli uomini avranno la passione della città, regnerà in essa un cannibalismo mascherato. L’istinto politico è conseguenza diretta del Peccato, la materializzazione immediata della Caduta. Ciascuno dovrebbe essere preposto alla propria solitudine, invece ciascuno sorveglia quella degli altri. Gli angeli e i banditi hanno i loro capi: come potrebbero le creature intermedie –il grosso dell’umanità—non averne? Togliete loro il desiderio di essere schiavi o tiranni: demolirete la città in un batter d’occhio. Il patto delle scimmie è siglato per sempre; e la storia va per la sua strada, orda affannata fra crimini e sogni. Niente la può fermare: quegli stessi che la esecrano partecipano alla sua corsa….
POSIZIONE DEL POVERO Proprietari e mendicanti: due categorie che si oppongono a qualsiasi cambiamento, a qualsiasi disordine innovatore. Trovandosi alle due estremità della scala sociale, temono ogni modificazione in bene o in male: sono egualmente sistemati, gli uni nell’opulenza, gli altri nella miseria. Fra loro si trovano –sudore anonimo, fondamento della società— quelli che si agitano, penano, perseverano e coltivano assurdità di sperare. Lo Stato si nutre della loro anemia; senza di loro, l’idea di cittadino non avrebbe né contenuto né realtà, così come il lusso e l’elemosina: i ricchi e i barboni sono i parassiti del Povero. Se ci sono mille rimedi alla miseria, non ce n’è nessuno per la povertà. Come soccorrere coloro che si ostinano a non morire di fame? Nemmeno Dio potrebbe migliorare la loro sorte. Tra i favoriti della fortuna e i cenciosi, circolano questi affamati dignitosi, sfruttati dall’opulenza e dall’accattonaggio, depredati da coloro che, avendo orrore del lavoro, si stabiliscono, a seconda delle possibilità o della vocazione, in salotto o in strada. Ed è così che va avanti l’umanità: con qualche ricco, qualche mendicante e tutti i suoi poveri.
VOLTI DELLA DECADENZA
…Ora, proprio in virtù dell’affettività ci si consacra al mondo dei valori, si proietta una vitalità nelle categorie e nelle norme. L’attività di una civiltà nei suoi momenti fecondi consiste nel far uscire le idee dalla loro astratta inconsistenza, nel trasformare i concetti in miti. Il passaggio dall’individuo anonimo all’individuo cosciente non si è ancora compiuto: eppure è inevitabile. Giudicate voi stessi: in Grecia, da Omero ai sofisti; a Roma, dall’antica Repubblica austera alle “saggezze” dell’Impero; nel mondo moderno, dalle cattedrali ai merletti del XVIII secolo. Una nazione non può creare indefinitamente. E’ chiamata a dare senso ed espressione a una somma di valori che si esauriscono con l’anima che li ha generati. Il cittadino si risveglia da una ipnosi produttiva: incomincia il regno della lucidità; le masse maneggiano solo ormai vuote categorie. I miti ridiventano concetti: è la decadenza. E le conseguenze si fanno sentire: l’individuo vuole vivere, converte la vita in finalità, si alza al rango di piccola eccezione. Il bilancio di queste eccezioni, che costituisce il deficit di una civiltà, ne prefigura la scomparsa. Tutti giungono alla raffinatezza, ma non è proprio la radiosa stupidità dei semplici a realizzare l’opera delle grandi epoche? Montesquieu sostiene che, alla fine dell’Impero, l’esercito romano era composto solo dalla cavalleria. Ma trascura di indicarcene la ragione. Immaginiamo il legionario saturo di gloria, ricchezza e depravazione, forma di mollezza si rivela un’incapacità fisiologica di aderire ancora ai miti della città: il soldato emancipato ed il cittadino lucido soccombono di fronte al barbaro. La scoperta della vita annienta la vita. Quando un intero popolo, a livelli diversi, va a caccia di sensazioni rare; quando, con le sottigliezze del gusto, complica i propri riflessi, significa che è passato ad un grado di superiorità fatale. La decadenza non è che l’istinto diventato impuro sotto l’effetto della coscienza. Non si terrà mai abbastanza a conto della gastronomia nell’esistenza di una collettività. L’atto cosciente di mangiare è un fenomeno alessandrino; il barbaro si nutre. L’eclettismo intellettuale e religioso, l’ingegnosità sensuale, l’estetismo –e l’ossessione della buona tavola—sono i segnali diversi di una stessa forma di spirito. Quando Gavio Apicio peregrinava lungo le coste africane alla ricerca di aragoste, senza tuttavia fermarsi in alcun luogo perché non riusciva a trovarne di suo gusto, si rivelava contemporaneo di quelle anime inquiete che adoravano la moltitudine degli dèi stranieri senza trovarvi né appagamento né pace. Sensazioni rare, divinità diverse: frutti paralleli di una stessa aridità, di una stessa curiosità priva della molla interiore. Apparve il Cristianesimo: un solo Dio ed il digiuno. Cominciò così un’era triviale e sublime…. Un popolo muore quando non ha più la forza di
274
inventare nuovi dèi, nuovi miti, nuove assurdità; i suoi idoli impallidiscono e scompaiono; ne attinge altrove, e si sente solo di fronte a mostri sconosciuti. E’ ancora la decadenza. Se però uno di questi mostri prevale, un altro mondo si mette in moto, rozzo, oscuro, intollerante, fino a quando non esaurisce il suo dio e se ne affranca; perché l’uomo è libero –e sterile-- solo nelle epoche in cui gli dèi muoiono. Meditare le proprie sensazioni, sapere che si mangia: è una presa di coscienza grazie alla quale un atto elementare oltrepassa il suo fine immediato. Accanto al disgusto intellettuale se ne sviluppa un altro, più profondo e più pericoloso; provenendo dalle viscere, esso giunge alla forma più grave di nichilismo, il nichilismo della sazietà. Le considerazioni più amare non possono essere paragonate, nei loro effetti, alla visione che segue a un banchetto opulento. Ogni pasto che duri più di qualche minuto e consista in un numero di portate superiore allo stretto necessario disgrega le nostre certezze. L’abuso culinario e la sazietà distrussero l’Impero più spietatamente di quanto non fecero le sétte orientali e le dottrine greche mal assimilate. Non si prova un vero brivido di scetticismo se non intorno ad una tavola riccamente imbandita. …. Colui che lucido, si comprende, si spiega, si giustifica, e domina i propri atti, non farà mai un gesto memorabile. La psicologia è la tomba dell’eroe. Alcuni millenni di religione e di ragionamento hanno indebolito i muscoli, la decisione e l’impulso dell’avventura. ….. L’attrazione si è insinuata nella vita e nella morte: i “complessi” si impadroniscono dei piccoli e dei grandi. Dall’Iliade alla psicopatologia; in questa formula c’è tutta la strada percorsa dall’uomo.
….Invano i Celso, i Porfirio, i Giuliano l’Apostata si ostinano ad arrestare l’invasione di quel nebuloso sublime che trabocca dalle catacombe: gli apostoli hanno lasciato le loro stigmate nelle anime e moltiplicato le devastioni nelle città. L’era della grande Laidezza incomincia: un’isteria senza qualità si estende sul mondo. San Paolo –il più notevole agente elettorale di tutti i tempi—ha fatto i suoi giri, infestando con le proprie epistole la limpidezza del crepuscolo antico. Un epilettico che trionfa su cinque secoli di filosofia! La Ragione confiscata dai Padri della Chiesa! E se cerco la data più mortificante per l’orgoglio dello spirito, se scorro l’inventario delle intolleranze, non trovo niente di paragonabile a quell’anno 529 in cui, per ordine di Giustiniano, fu chiusa la Scuola di Atene. Soppresso ufficialmente il diritto alla decadenza, credere diventa un obbligo… E’ il momento più doloroso della Storia del Dubbio.
….L’ alessandrinismo è un periodo di dotte negazioni, uno stile dell’inutilità e del rifiuto, una passeggiata di erudizione e di sarcasmo attraverso la confusione dei valori e delle fedi. Il suo spazio ideale si troverebbe nell’intersezione dell’ Ellade e la Parigi di un tempo, nel punto di incontro tra l’agorà ed il salotto. Una civiltà si evolve dall’agricoltura al paradosso.
…Troppo maturi per altre aurore, e avendo compreso troppi secoli per desiderarne di nuovi, non ci resta che sguazzare nelle scorie della civiltà. Il cammino del tempo seduce ormai solo gli imberbi ed i fanatici… Siamo i grandi decrepiti, oppressi da antichi sogni, inetti per sempre all’utopia, tecnici delle spossatezze, affossatori del futuro, atterriti dalle reincarnazioni del vecchio Adamo. L’ Albero della Vita non conoscerà più alcuna primavera: è legno secco; se ne faranno bare per le nostre ossa, per i nostri sogni, per i nostri dolori. La nostra carne ha ereditato il fetore delle vecchie carogne disseminate lungo i millenni. La loro gloria ci ha affascinati, e noi l’abbiamo esaurita. Nel cimitero dello Spirito riposano i principi e le formule: il Bello è definito e lì sotterrato. E con lui il Vero, il Bene, il Sapere e gli Dèi. Vi marciscono tutti insieme. (la storia: ambito in cui si decompogono le maiuscole e, con esse, chi le immaginò e le ebbe care).
…Mi aggiro in questo cimitero. Sotto quella croce dorme il suo ultimo sonno la Verità; accanto a lei il Fascino; un po’ più in là il Rigore e, sopra una moltitudine di lapidi che ricoprono deliri ed ipotesi, si erge il mausoleo dell’ Assoluto: qui giacciono le false consolazioni e le vette ingannatrici dell’anima. Ma, ancora più in alto, a coronare questo silenzio, aleggia l’ Errore (che trattiene i passi del funebre sofista).
ABDICAZIONI – L’ARCHITETTO DELLE CAVERNE. La teologia, la morale, la storia e le esperienze di tutti i giorni insegnano che, per raggiungere l’equilibrio, non c’è un’infinità di segreti, ma ce n’è uno solo: sottomettersi “accettate un gioco” esse ci ripetono “e sarete felici; siate qualche cosa e verrete liberati dalle vostre pene”. In effetti, tutto è mestiere quaggiù: professionisti del tempo,
275
funzionari del respiro, dignitari della speranza, un lavoro ci attende ancor prima della nascita: le nostre carriere si preparano nel grembo di nostra madre. Membri di un universo ufficiale, dobbiamo occuparvi un posto, in virtù di un destino rigido, che non si allenta se non in favore dei folli; essi, almeno, non sono costretti ad avere una fede, ad aderire ad una istituzione, a sostenere un’idea, a seguire un’iniziativa. Da quando la società si è costituita, coloro che hanno voluto sottrarvisi sono stati perseguitati i scherniti. Vi si perdona tutto, purché abbiate un mestiere, una qualifica sotto il vostro nome, un sigillo sul vostro nulla.
I SEMPLICI DI SPIRITO Osservate l’accento con cui un uomo pronunzia la parola “verità”, l’inflessione di sicurezza o di riserva che vi mette, l’aria di chi ci crede o di chi ne dubita, e sarete informati sulla natura delle sue opinioni e sulla qualità del suo spirito. Non c’è parola più vuota; eppure gli uomini se ne fanno un idolo e ne trasformano il nonsenso in un criterio ed insieme in uno scopo del pensiero. Questa superstizione –che scusa l’uomo comune e squalifica il filosofo—deriva dall’intrusione della speranza nella logica.
TZVETAN TODOROV Lo spirito dell’illuminismo, ed. Garzanti, 2007
AUTONOMIA
…Oggi siamo nella condizione di rendere giustizia alla lucidità di Condorcet, perché ha descritto in queste righe il modo in cui i poteri totalitari hanno potuto opprimere la loro popolazione nel corso del XX secolo (ne riparlerò). Dopo la caduta di questi regimi ci siamo resi conto che era altrettanto possibile una deviazione dall’illuminismo in direzione opposta, con effetti a loro volta inquietanti. Non è soltanto lo Stato a poter privare i suoi membri della loro libertà; esistono anche alcuni individui particolarmente potenti, capaci di limitare la sovranità popolare. Il pericolo in questo caso non viene dai dittatori, ma da poche persone con ingenti somme di denaro a disposizione. Esaminiamo due esempi di questa diminuzione della sovranità popolare legati alle relazioni internazionali. Il primo proviene dalla globalizzazione economica. Oggi gli stati possono difendere le proprie frontiere con le armi, se necessario, ma non sono più in grado di fermare la circolazione dei capitali. Perciò un individuo, o un gruppo di individui, che non godono peraltro di alcuna legittimità politica, sono in grado, con un click del mouse, di lasciare i propri capitali dove si trovano o trasferirli altrove e così facendo precipitare un paese nella disoccupazione, oppure evitargli l’immediata catastrofe. Dipende da loro provocare sommosse o aiutare ad evitarle. I governi futuri di un paese come la Francia sarebbero stati assai contenti di ridurre la disoccupazione, ma non è detto che abbiano ancora i mezzi. Il controllo dell’economia non deriva dalla sovranità popolare: che piaccia o meno, bisogna constatare i limiti imposti dall’autonomia politica. Il secondo esempio proviene da un ambito totalmente diverso: quello del terrorismo internazionale. Gli attentati messi a segno recentemente in diverse parti del mondo non sono legati a stati che conducono una politica aggressiva, ma a singoli individui o a gruppi di individui. Un tempo, solo uno stato, e comunque fra i più potenti, poteva organizzare un’azione così complessa come le esplosioni di New York o di Londra o di Madrid o di Istanbul; questa volta, è stata opera di qualche decina di persone. Oggi i progressi tecnologici mettono in grado anche i singoli di fabbricare armi pericolose. Si tratta di armi, inoltre, che costano sempre di meno e la miniaturizzazione consente di trasportarle più facilmente. Basta un telefono cellulare per scatenare un’esplosione e così l’oggetto più comune diventa un’arma temibile! I criminali perciò riescono anche a nascondersi più facilmente e sfuggire ad ogni reazione di carattere militare: un individuo non ha territorio. Essi provengono da paesi diversi, ma non si identificano in nessuno: sono senza patria. Gli stati moderni si mostrano male attrezzati contro quest’altra forma di globalizzazione, altrettanto distruttiva della loro indipendenza.
276
Gli abitanti di questi stati subiscono anche un’erosione dell’autonomia, che proviene dall’interno; la sua fonte non è più il potere statale, ma sono altre forze diffuse, alle quali è più difficile dare un nome. Lasciamo da parte l’oppressione esercitata dalla macchina economica che assume la forma impersonale della fatalità e che impedisce all’individuo di usare la propria volontà (come potrebbe da solo, frenare la disoccupazione?). Esistono altre forze non meno paralizzanti. Siamo convinti di prendere le nostre decisioni autonomamente; ma se tutti i grandi media, dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, ci martellano con lo stesso messaggio, abbiamo ben poca libertà per formare le nostre opinioni sulle cose. I mezzi di comunicazione di massa sono presenti ovunque: stampa, radio, e soprattutto, televisione; le nostre decisioni si basano sulle informazioni in nostro possesso. Tali informazioni, anche senza pensare che siano false, sono state selezionate, classificate, raggruppate per portarci ad una certa conclusione decisionale piuttosto che un’altra. Tuttavia, gli organi di informazione non esprimono la volontà collettiva e non posiiamo lamentarcene: l’individuo deve poter giudicare autonomamente e non per effetto di decisioni provenienti dallo stato; sfortunatamente, nulla garantisce l’imparzialità di tali informazioni. In alcuni paesi è oggi possibile comperare una, cinque, dieci reti televisive, stazioni radio, giornali e far dire loro ciò che si vuole…… Qui non si tratta più di democrazia ma di plutocrazia.
LAICITA’
…. Al fine di giustificare le proprie ambizioni, nel 754 i sostenitori del potere spirituale illimitato elaborarono un falso, destinato a giocare un ruolo di primo piano in questo conflitto. Si tratta della Donazione di Costantino, un presunto documento secondo cui il primo imperatore cristiano avrebbe affidato al papa non solo la cura delle anime dei fedeli, ma anche la sovranità sui territori di tutta l’ Europa occidentale. (nota mia: risulta che oggetto della donazione fosse la valle di Susa e poc’altro). Nella seconda metà del XII secolo durante il papato di Alessandro III, queste pretese saranno codificate nella dottrina della plenitudo potestatis, la pienezza del potere. Secondo tale dottrina il papa detiene due spade simboliche, quella spirituale e quella temporale, l’imperatore, invece, solo l’ultima; il papa, di conseguenza, è suo superiore gerarchico. ……….. Uno dopo l’altro, interi segmenti della società reclamano il ritiro della tutela religiosa e il diritto all’autonomia. Una delle rivendicazioni più significative è quella di Cesare Beccarla, autore del trattato Dei diritti e delle pene, (pubblicato all’età di ventisei anni), nel quale formula con chiarezza la distinzione fra peccato e delitto, che consente di sottrarre l’azione dei tribunali alla sfera di influenza religiosa. Le leggi riguardano soltanto le relazione degli uomini delle città; le loro trasgressioni non hanno nulla a che vedere con la dottrina religiosa. I peccati, poi, non cadono sotto la scure della legge: diritto e teologia non sono più considerati un’unica entità.
VERITA’ Il buon andamento della vita politica in una repubblica e con esso l’autonomia dei suoi cittadini sono minacciati da due pericoli simmetrici e inversi: il moralismo e lo scientismo. Il moralismo regna quando il bene domina sul vero e, per effetto della volontà, i fatti sono sottoposti a manipolazioni. E’ lo scientismo a prevalere quando i valori sembrano derivare dalla conoscenza e le scelte politiche vengono presentate come se fossero deduzioni scientifiche. Condorcet mette efficacemente in guardia contro la tentazione moralista. Spaventato dall’entusiasmo dei rivoluzionari che vedono nella Francia del tempo una nuova Sparta, egli afferma l’indipendenza della scienza e della ricerca dei lumi. Il terrore, nel quale il desiderio di virtù non lascia più spazio a una verità indipendente, è una forma estrema di moralismo e avrà ragione della resistenza di Condorcet, che perirà sotto i suoi colpi. Egli stesso, d’altro canto, non sempre sfugge all’illusione scientista, quando nutre la speranza delle conoscenze sarà in grado di dare vita da solo all’ordine politico migliore e alla felicità degli uomini. Lo scientismo è una dottrina filosofica e politica, nata con la modernità, che si sviluppa dalla premessa che il mondo è interamente conoscibile, dunque anche trasformabile a seconda degli obiettivi che ci poniamo, a loro volta dedotti direttamente da questa conoscenza del mondo: è in tale senso che il bene deriva dal vero. ….
277
Umberto Galimberti L’ospite inquietante, il nichilismo e i giovani ed. Feltrinelli, 2008
Nietzsche chiama il nichilismo “il più inquietante di tutti gli ospiti” perché ciò che esso vuole è lo spaesamento come tale. Per questo motivo non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre é accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia. M. Heiddeger, La questione dell’essere, 1955
INTRODUZIONE Un libro sui giovani: perché i giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira fra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive ed orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui. Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia che fa la sua comparsa ogni volta che il paesaggio assume i contorni del deserto di senso. Interrogati non sanno descrivere il loro malessere perché hanno ormai raggiunto quell’anafalbetismo emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per nome. E del resto che nome dare a quel nulla che li pervade e li affoga? Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le parole che invitano all’impegno e allo sguardo volto al futuro affondano in quell’inarticolato all’altezza del quale c’è solo il grido, che talvolta spezza la corazza opaca e spessa del silenzio che, massiccio, avvolge la solitudine della loro segreta depressione come stato d’animo senza tempo, governato da quell’ospite inquietante che Nietzche chiama “nichilismo” …. E che dire di una società che non impiega il massimo della sua forza biologica, quella che i giovani esprimono dai quindici ai trent’anni progettando, ideando, generando, se appena si profila loro una meta realistica, una prospettiva credibile, una speranza in grado di attivare quella forza che essi sentono dentro di loro e poi fanni implodere anticipando la delusione per non vedersela di fronte?
IL NICHILISMO E LA SVALUTAZIONE DI TUTTI I VALORI.
Nichilismo: manca il fine, manca la risposta al “perché”. Che cosa significa nichilismo? –che i valori supremi perdono ogni valore. F. Nietzche, fr.9 in frammenti postumi, 1887
Vidi una grande tristezza invadere gli uomini. I migliori si stancarono del loro lavoro. Una dottrina apparve, una fede le si affiancò: tutto è vuoto, tutto è uguale, tutto fu! Abbiamo fatto il raccolto: ma perché tutti i nostri frutti si corrompono? Che cosa è accaduto quaggiù la notte scorsa dalla luna malvagia? Tutto il nostro lavoro è stato vano, il nostro vino è diventato veleno, il malocchio ha disseccato i nostri campi e i nostri cuori. Aridi siamo diventati noi tutti. … Tutte le
278
fonti sono esauste, anche il mare si è ritirato, tutto il suolo si fenderà, ma l’abisso non inghiottirà! Ah, dove mai ancora è un mare dove si possa annegare: così risuona il nostro lamento sulle piatte paludi. F. Nietzche, Così parlò Zarathustra, vol. VI, 1
L’uomo moderno crede sperimentalmente ora a questo ora , a quel valore, per poi lasciarlo cadere. Il circolo dei valori superati e lasciati cadere è sempre più vasto. Si avverte sempre più il vuoto e la povertà di valore. Il movimento è inarrestabile, sebbene si sia tentato in grande stile di rallentarlo. Alla fine l’uomo osa una critica dei valori in generale: ne riconosce l’origine, conosce abbastanza per non credere più in nessun valore: ecco il pathos, il nuovo brivido. Quella che racconto è la storia dei prossimi due secoli. F.Nietzche, fr. 11 in Frammenti postumi, 1887
LA RAZIONALITA’ DELLA TECNICA E L’IMPLOSIONE DEL SENSO La tecnica infatti non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità; la tecnica funziona. E siccome il suo funzionamento diventa planetario, finiscono sullo sfondo, incerti nei loro contorni corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia di cui si era nutrita la civiltà pre-tecnologica, e che ora, nell’età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dimessi, o rifondati dalle radici. … Anche la vita è malata con le approssimazioni e le incertezze segnalate dalla biologia contemporanea, per la quale la vita è una semplice tumefazione della materia, un caso trasformato in necessità.
L’EPOCA DELLE PASSIONI TRISTI Quali “tecnici della sofferenza” i due autori (M. Benasayag e G. Scmith, Les passions tristes. Souffrance psychique et crise sociale, 2003) si sono sentiti impreparati ad affrontare problemi che non fossero di natura psicopatologica. E invece di adagiarsi tranquillamente sui farmaci a loro disposizione per curare il disordine molecolare e così stabilizzare la crisi, si sono messi a studiare e a pensare il senso che si nasconde nel cuore del sintomo, quando la crisi non è tanto del singolo quanto il riflesso nel singolo della crisi della società che, senza preavviso, fa il suo ingresso nei centri di consulenza psicologica e psichiatrica, lasciando gli operatori disarmati. In che cosa consiste questa crisi? In un cambiamento di segno del futuro: dal futuro-promessa al futuro-minaccia. E siccome la psiche è sana quando è aperta al futuro (a differenza della psiche depressa tutta raccolta nel passato, e dalla psiche maniacale tutta concentrata sul presente), quando il futuro chiude le sue porte o, se le apre, è solo per prospettare incertezze, precarietà, insicurezza, inquietudine, allora, come dice Heidegger, “il terribile è già accaduto”, perché le iniziative si spengono, le speranze appaiono vuote, la demotivazione cresce, l’energia vitale implode. Per i due studiosi tutto ciò è incominciato con “la morte di Dio” annunciata da Nietzche che ha segnato la fine dell’ottimismo teologico che visualizzava il passato come male, il presente come redenzione e il futuro come salvezza. La morte di Dio non ha lasciato solo orfani, ma anche eredi. La scienza, l’utopia e la rivoluzione hanno proseguito, in forma laicizzata, questa visione ottimistica della storia, dove la triade colpa, redenzione e salvezza trovava la sua riformulazione in quell’omologa prospettiva dove il passato appare come il male, la scienza e la rivoluzione come redenzione, il progresso (scientifico e o sociologico) come salvezza. Il positivismo di fine Ottocento, infatti, era animato da una sorta di messianesimo scientifico che assicurava un domani luminoso e felice grazie ai progressi della scienza.
IL FUTURO COME MINACCIA. Oggi questa visione ottimistica è crollata. Dio è davvero morto e i suoi eredi (scienza, utopia e rivoluzione) hanno mancato la promessa. Inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, comparsa di nuove malattie, esplosioni di violenza, forme di intolleranza, radicamento di egoismi, pratica abituale della guerra hanno fatto
279
precipitare il futuro dall’estrema positività della tradizione giudaico-cristiana all’estrema negatività di un tempo affidato a una casualità senza direzione e orientamento. E questo perché, se è vero che la tecno-scienza progredisce nella conoscenza del reale, contemporaneamente ci getta in una forma di ignoranza molto diversa, ma forse più temibile, che è poi quella che ci rende incapaci di far fronte alla nostra infelicità e ai problemi che ci inquietano e che paurosamente ruotano intorno all’assenza di senso.. Per dirla con Spinosa, viviamo in un’epoca dominata da quelle che il filosofo chiama le “passioni tristi”, dove il riferimento non è al dolore o al pianto, ma all’impotenza, alla disgregazione e alla mancanza di senso, che fanno della crisi attuale qualcosa di diverso dalle altre cui l’Occidente ha saputo adattarsi, perché si tratta della crisi dei fondamenti stessi della nostra civiltà. … Se non che anche i giovani di oggi debbono fare il loro Edipo, devono cioè esplorare la loro potenza, sperimentare i limiti della società, affrontare tutte le situazioni tipiche dei riti di passaggio dell’adolescenza, fra cui uccidere simbolicamente l’autorità, il padre. E siccome questo processo non può avvenire in famiglia dove, per effetto dei rapporti contrattuali fra padri e figli, l’autorità non esiste più, i giovani finiscono per fare il loro Edipo con la polizia, scatenando nel quartiere, allo stadio, nella città, nella società la violenza contenuta in famiglia. Sono, questi, solo degli esempi fra i molti che si potrebbero segnalare per mostrare il nesso fra il passaggio storico del futuro come promessa al futuro come minaccia e le manifestazioni psicopatologiche del disagio dei giovani che non riescono più a percepire l’integrazione sociale, la acquisizione dell’apprendimento, l’investimento nei progetti come qualcosa di connesso a un loro desiderio profondo, che è poi il desiderio di desiderare la vita. A ciò si aggiunga che le passioni tristi e il fatalismo non mancano di un certo fascino, ed è facile farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l’attesa del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla minaccia nucleare a quella terroristica, cade come un cielo buio su tutti noi. Ma è anche vero che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di interpretare la realtà, non la realtà stessa, che ha ancora in serbo delle risorse se solo non ci facciamo irretire da quel significante oggi dominante che è l’insicurezza.
SCUOLA – LA FORMAZIONE DEI PROFESSORI Siccome la quantità è misurabile con il calcolo, dalla scuola vengono espulse tutte quelle dimensioni che sfuggono alla calcolabilità, quindi: creatività, emozioni, identificazioni, proiezioni, desideri, piaceri, dolori che costellano la crescita giovanile e di cui la scuola non tiene il minimo conto. Ciò spiega perché a scuola vanno bene e prendono bei voti quei giovani che hanno un basso livello di creatività, scarsi impianti emozionali, limitate proiezioni fantastiche. … Questi sono i problemi della scuola, problemi che si possono risolvere solo con la formazione, e non solo la preparazione di professori che abbiano come tensione della loro vita la cura dei giovani. E come non si può fare i corazzieri se si è alti uno e cinquanta, cominciamo a chiederci perché si può insegnare per il solo fatto di avere una laurea, senza alcuna richiesta in ordine alla competenza psicologica, alla capacità di comunicazione, al carisma. Sì, proprio il carisma. Tutti abbiamo conosciuto almeno un professore che è stato decisivo nelle nostre scelte di vita. Perché questa possibilità è sempre più ridotta per i giovani di oggi, quando la psicologia ci insegna che i processi di identificazione con gli adulti, le cariche emozionali che su di loro vengono convogliate sono le prime condizioni per la costruzione di un concetto di sé così necessario per non brancolare nell’oscillazione dell’indeterminatezza?
IL DESERTO EMOTIVO Buon terreno di cultura sono di solito le famiglie per bene, dove i problemi, quando si affrontano, si affrontano sempre in modo razionale, dove non si alza mai la voce, dove non si piange e non si ride, e dove soprattutto non si comunica, perché quando i figli hanno dato le loro informazioni dell’andamento scolastico e sull’ora di rientro quando si fa notte il sabato sera, sono lasciati nel rispetto della loro autonomia, dietro cui si nasconde il terrore dei genitori (anche questo mascherato) ad aprire quell’enigma che i figli sono diventati per loro.
280
E i figli, come gli animali, sentono quando c’è paura dei genitori, e, quando non c’è, sentono il loro sostanziale disinteresse emotivo. Soli da piccoli, affidati alla televisione o alle prestazioni mercenarie dell’esercito delle baby sitter, questi figli, figli del benessere e della razionalità, crescono con un cuore dapprima tumultuoso che invoca attenzione emotiva, poi, quando questa attenzione non arriva, giocano d’anticipo la delusione e il cinismo per difendersi da una risposta d’amore che sospettano non arriverà mai.
EROINA: L’ANESTESIA DELLA DROGA “SPORCA” A differenza del piacere sessuale che è intenso, attivo e produttivo, il piacere dell’eroina è anestetico. Chi lo cerca non vuole sentire di più, ma sentir di meno, non vuole partecipare più intensamente alla vita, ma prendervi parte il meno possibile. Come i martiri, come gli eremiti che dicono no al mondo perché nel mondo non scorgono alcun senso e alcuna traccia di salvezza, così gli eroinomani si sottraggono alla vita quotidiana perché la successione dei giorni propaga solo quella noia senza speranza che ispessisce l’aria che si respira sino al soffocamento.
DROGATI E SPACCIATORI: DUE PESI E DUE MISURE. Negli anni settanta la psichiatria incominciò ad interrogarsi non tanto sui metodi più idonei di cura, quanto sui fondamenti teorici che giustificavano quei metodi. Questo genere di interrogazioni suscitò reazioni ostili da parte della città, sempre affamata di soluzioni e mai di problemi, di risposte e mai di domande. A Socrate che, inaugurando la filosofia, aveva messo in circolazione una serie di domande, la città riservò la cicuta, una droga (Pharmakon) che, nel momento in cui veniva somministrata dallo stato, diventava legale e contribuiva all’ordine. Resta infatti da dimostrare che le droghe lecite, quelle autorizzate dallo stato -alcol e tabacco, per non parlare di quella denominata “gioco”- mietano meno vittime di quelle illecite –hascish, eroina, cocaina- proibite dallo stato. In questa strana incongruenza sembra sembra si annidi non solo una sorta di inganno ideologico che maschera quanto vi è di inconfessabile nell’intenzione politica, ma anche quella riduzione di libertà che l’uomo sperimenta su di sé non per effetto delle strategie di potere (cosa che gli uomini conoscono dall’inizio della loro storia), ma per effetto delle persuasioni indotte dal sapere, rispetto alle quali le strategie di potere, come ci ricorda Foucault (Ecrits, 1971-1977), per quanto accanite e brutali, sono povera cosa. …. Nella descrizione mitico-religiosa del mondo c’era più considerazione per l’uomo non ancora ridotto, come nella descrizione scientifica del mondo, a semplice organismo. Con questo non si vuol assolvere nessuna delle crudeltà che nel nome di Dio sono state inflitte agli uomini, ma semplicemente dire che sotto ogni crudeltà e punizione e tortura, fino al supplizio della morte, era sottesa l’idea che l’uomo è libero di fare sia il bene sia il male e, proprio per ridurre questa riconosciuta libertà, si rendevano necessarie crudeltà, punizioni e torture e morte. La scienza non riconosce all’uomo la sua libertà, e questo non perché sia giunta a scoperte incontestabili, ma perché non rientra nel suo metodo, regolato dal determinismo della ragione matematica, prendere le mosse da una simile ipotesi. Per queste sue esigenze di metodo, la scienza, a partire da Cartesio, fu costretta a trasformare il corpo vivente in organismo, e ad indagare l’organismo come il fisico indaga un campo di forze. …. Nella visione mitico-religiosa l’uomo è visto come un attore responsabile delle sue azioni, che possono essere insidiate dalla tentazione a cui l’individuo può resistere o soccombere. Non c’è visione mitico-religiosa che non prenda le mosse da una tentazione originaria in cui, insieme alle catastrofi previste come conseguenza al cedimento alla tentazione, c’è una celebrazione della libertà dell’uomo. Nella visione scientifica del mondo l’uomo è un organismo che non agisce liberamente, ma si esprime come risultato di una dinamica di impulsi o forze pulsionali individuabili a una attenta analisi psicologica se non addirittura biologica. …… Come ci ricorda Thomas Szasz (Cerimonial Chemistry, 1974), vedere nel drogato una persona che liberamente cede ad una tentazione è ben diverso dal vederlo come vittima che non può non soccombere a una forza pulsionale irresistibile. La visione mitico-religiosa dell’uomo riconosce al drogato la libertà, dal cui cattivo uso segue la punizione, anche nelle forme più crudeli che la storia testimonia. La visione scientifica dell’uomo, invece, è disposta a restituire al drogato l’innocenza (è una vittima), solo perché prima non gli ha riconosciuto la libertà di autodeterminarsi e di autocontrollarsi, avendo visualizzato la droga non come una tentazione, ma come una forza pulsionale (irresistibile).
281
Analoga sorte spetta allo spacciatore. In uno scenario mitico-religioso lo spacciatore occupa lo spazio del diavolo tentatore o di una Eva tentatrice che mette alla prova Adamo. “Mettere alla prova” non è di per sé qualcosa di diabolico o di esecrabile, ma è semplicemente il passaggio necessario richiesto per uscire dall’infanzia attraverso l’esercizio della libertà. Se aboliamo il concetto di tentazione, che sottintende quello di libertà, lo spacciatore è colui che innesta la forza irresistibile a cui la vittima non pùò non cedere. E allora nasce quella sociologia a due pesi e a due misure per cui il tentatore non “mette alla prova”, ma “commette un reato”, e il tentato che cede non è un “colpevole”, ma gode dell’innocenza della “vittima”. I risultati di questa sociologia, che su base scientifica opera con due pesi e due misure, sono visibili in tutte le strade delle nostre città, dove la prostituta in quanto tentatrice è perseguitata dalla legge, mentre il cliente, in quanto cede ad una forza cui non può resistere, è innocente, o al massimo, indipendentemente dalla sua volontà, è “disturbato nella sua condotta” e quindi di nuovo innocente. Lo stesso dicasi per il drogato, che non può fare a meno di comportarsi come fa, e quindi è innocente, mentre lo spacciatore, in quanto tentatore, è un criminale diabolico. … Ma il desiderio rimanda alle stelle (de-sidera).
IL GESTO ESTREMO. Fin dai suoi primordi l’umanità si è difesa dalla’angoscia dell’imprevedibile andando affannosamente alla ricerca i nessi di casualità che consentissero, in presenza di un evento, di reperirne la causa. Quando la causa non era reperibile su questa terra, la si cercava in cielo, nell’intervento di Dio. Da qui sono nate le religioni, che rispondono al bisogno irrinunciabile di rintracciare nessi di casualità per non brancolare nel buio e nell’indecifrabile di fronte agli eventi incomprensibili della terra. -------------------------------------------------------------------------------
--------------------------------------------------------------------------------------------------Michel ONFRAY, Trattato di ateologia, Fazi edit., 2005
Dopo secoli di cultura musulmana non si registra nessuna invenzione o ricerca, nessuna scoperta di rilievo nel campo della scienza laica. Un hadith celebra in effetti la ricerca della scienza fino in Cina, ma sempre nella logica della sua strumentalizzazione da parte della religione, mai per l’ideale puramente umano e immanente di un progresso sociale. Anche il cristianesimo ritiene che la Bibbia contenga tutto il sapere necessario al buon funzionamento della Chiesa. Per secoli essa ha potentemente contribuito a rendere impossibile ogni ricerca che, anche senza contraddirli, andasse oltre i testi sacri, suscitando quindi preoccupazioni ed interrogativi. Fedele alla lezione della Genesi (il sapere non è desiderabile, la scienza allontana dall’essenziale, cioè da Dio), la religione cattolica ostacola il cammino della civiltà provocando danni incalcolabili. Sin dai primi tempi del cristianesimo, all’inizio del II secolo, il paganesimo diventa oggetto di una condanna integrale; tutto ciò che esso produce viene respinto, associato ai falsi dèi, al politeismo, alla magia e all’errore. Le matematiche di Euclide? La fisica di Archimede? La geografia di Eratostene? Le scienze naturali di Aristotele? L’astronomia di Aristarco? La medicina di Ippocrate? L’anatomia di Erofilo? Non sono abbastanza cristiane!
…. Così, la Chiesa colpisce dovunque appaia un sospetto di materialismo. Quando Giordano Bruno viene bruciato dai cristiani sul rogo di Campo de’ Fiori nel 1600, più che un ateismo –non ha mai negato l’esistenza di Dio- muore a causa del materialismo, in quanto afferma la coestensività di Dio e del mondo.. Bruno non bestemmia mai, non pronuncia ingiurie contro il Dio dei cattolici in nessuna delle sue opere, scrive, pensa e afferma che questo Dio, che esiste, non può che non esistere che in forma estesa. La sostanza estesa del vocabolario che verrà con Cartesio.
282
Giordano Bruno, peraltro domenicano!, non nega l’esistenza dello spirito. Ma, per sua sfortuna, ne colloca l’esistenza al livello fisico degli atomi. Vede le particelle come tanti centri di vita, luoghi nei quali si manifesta lo spirito coeterno di Dio. La divinità esiste esiste dunque, certo, ma è composta di materia, e ne rappresenta il mistero risolto. La Chiesa crede certo nell’incarnazione di Dio, ma soltanto in un Figlio, rampollo di una vergine e di un falegname. Ma non crede affatto negli atomi.
… Bisogna vedere nell’odio per le donne, che accomuna l’ebraismo con il cristianesimo e con l’islamismo, la conseguenza logica dell’odio per l’intelligenza? Torniamo ai testi: il peccato originale, la colpa, la volontà di sapere, passa anzitutto attraverso la decisione di una donna, Eva. Adamo, l’imbecille, è assolutamente soddisfatto di obbedire e sottomettersi. Quando il serpente (Iblis, nel Corano, lapidato da secoli da milioni di pellegrini alla Mecca, sotto la forma primitiva di un betilo) parla -una cosa normale, tutti i serpenti parlano…- si rivolge alla donna ed intavola con lei un dialogo. Serpente tentatore, donna tentata, dunque donna tentatrice per l’eternità, il passo è logico… L’odio per le donne somiglia a una variazione sul tema dell’odio per l’intelligenza. A cui si aggiunge l’odio per tutto ciò che essa rappresenta per gli uomini; il piacere, il desiderio, la vita… Essa suscita desideri e dà la vita: per suo tramite si perpetua il peccato originale, di cui Agostino assicura che si trasmette dalla nascita, nel ventre della madre, attraverso lo sperma del padre. La sessualizzazione della colpa. I monoteismi preferiscono mille volte l’angelo alla donna; meglio un mondo di serafini, di troni e di arcangeli che un universo femminile. Soprattutto niente sesso. La carne, il sangue, la libido, naturalmente associati alla donna, forniscono all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam altrettante occasioni per decretare l’illecito, l’impuro, dunque per scatenare guerre contro il corpo desiderabile, il sangue delle donne liberate dalla maternità, l’energia edonista. Bibbia e Corano vanno in brodo di giuggiole con gli anatemi su questi argomenti.. Le religioni del Libro detestano le donne, esse amano soltanto le madri e le spose.. Per salvarsi dalla loro negatività consustanziale, le donne hanno solo due soluzioni –in realtà una sola in due tempi- ; sposare un uomo e dargli dei figli. Quando si occupano dei loro mariti, preparano da mangiare, risolvono le faccende domestiche, quando a ciò si aggiungono i figli da nutrire, da accudire, da educare, per la loro femminilità non resta più spazio; la sposa e la madre uccidono la donna, ed è su questo che contano i rabbini, i preti e gli iman per la tranquillità del maschio.
… Il suo corpo è maledetto, e lo è la donna nella sua totalità. L’ovulo non fecondato esacerba in profondità il femminino, attraverso la negazione della maternità. Di qui l’impurità delle mestruazioni. Il sangue presenta ugualmente il pericolo dei periodi di infecondità. Una donna sterile, infeconda, per un monoteista è il peggior ossimoro! E poi in questo periodo non c’è pericolo di maternità, non si rischia la gravidanza, la sessualità quindi può essere dissociata dalla paura, praticata per se stessa,. La potenzialità di una sessualità dissociata dalla procreazione, quindi una pura sessualità, è il male assoluto. In nome di questo stesso principio i tre monoteismi condannano a morte gli omosessuali. Per quali motivi? Perché la loro sessualità impedisce i destini di padre, di madre, di sposo e di sposa, e afferma chiaramente il primato e il valore assoluto dell’individuo libero. Il celibe, dice il
283
, è un mezzo uomo (!) al che il Corano risponde negli stessi termini ( XXIV, 32), mentre Paolo di Tarso vede nell’uomo solitario un pericolo per la concupiscenza, l’adulterio, la sessualità libera.
… Per questo, subito dopo aver partorito, la madre ebraica entra in un ciclo di impurità. Il sangue, sempre il sangue. Nel caso di un figlio maschio, la proibizione ad entrare nel santuario è di quaranta giorni; per le figli sessantasei! Il Levitino dixit--- E’ nota la preghiera mattutina che esorta ogni uomo a benedire Dio durante la giornata per averlo fatto ebreo, e non schiavo, e … non donna (Men. 43b) (non l’ho trovato) E non è noto che il Corano non condanna esplicitamente la tradizione tribale pre-islamica che giustifica la vergogna di diventare padre di una figlia e legittima l’interrogativo: tenere la piccola o nasconderla sotto la polvere. (XVI, 58)?
…. Il Levitino e i Numeri fissano con precisione la regola ebraica in materia di relazioni sessuali: niente rapporti sessuali fuori del matrimonio; legittimazione della poligamia; divorzio a discrezione dello sposo, senza molte formalità –è sufficiente consegnare alla moglie ripudiata una lettera, un guet- ; illegalità del matrimonio con un non ebreo; trasmissione matrilineare della ebraicità; divieto per le donne di studiare la Torah; divieto per le figlie di Eva di recitare le preghiere, portare lo scialle, sfoggiare i filatteri, suonare il shofar, costruire la capanna rituale; ineleggibilità alle funzioni amministrative e giudiziarie; autorizzazione a possedere, ma non ad amministrare né gestire i propri beni. La lettura del Corano dimostra la parentela evidente fra queste due religioni. L’Islam afferma nettamente la superiorità dei maschi sulle femmine, perché Dio preferisce gli uomini alle donne (IV, 34). Da qui una serie di diktat: divieto di lasciare scoperti i capelli –quindi obbligo del velo (XXIV, 30)-, la pelle delle braccia e delle gambe; niente sesso, eccetto la relazione legittima con un membro della comunità, che può possedere anche lui diverse spose (IV, 3); ovvia condanna della poliandria; elogio, chiaramente della castità (XVII, 32 e XXXIII, 35); divieto di maritarsi con un non musulmano (III, 28); proibizione per le donne di indossare indumenti maschili; nessuna promiscuità nelle moschee; divieto di stringere la mano di un uomo, se non con un guanto; matrimonio obbligatorio, nessuna tolleranza per il celibato (XXIV, 32), neanche per motivi religiosi; sconsigliati la passione e l’amore nel matrimonio, celebrato per il bene della famiglia (IV, 25), della tribù, della comunità; esortazione a sottomettersi a tutti i desideri sessuali del marito – il quale ara la moglie a proprio piacimento, come la terra- legittimazione a picchiare la sposa in caso di sospetto, perché la colpevolezza non deve nemmeno essere provata (IV, 34); stessa facilità nel ripudiare, stessa minorità esistenziale, stessa inferiorità giuridica (II, 228) –la testimonianza di una donna equivale alla metà della testimonianza di un uomo- ; una donna sterile e una donna deflorata valgono la stessa cosa: niente.
… Non bisogna allora stupirsi che gli ebrei, seguiti su questo come su tanti altri terreni dai musulmani, tengano alla circoncisione tanto da provocare un dibattito su questo argomento fra i cristiani delle origini; Paolo di Tarso, egli stesso circonciso, sarà costretto a regolare il problema per i cristiani che decidono di risparmiare la carne reale per preferire ad essa la circoncisione del cuore, dello spirito e di quant’altro si vorrà –le labbra, quelle vere cioè della bocca, gli occhi, le orecchie e altri parti del corpo inventariate nel Nuovo Testamento. Strano come l’escissione delle bambine –la circoncisione al femminile, ma le due operazioni sono espresse dallo stesso termine- fa indignare l’Occidente, ma non suscita nessuna condanna quando viene operata sui bambini.
La costruzione di Gesu’. con ogni evidenza Gesù è esistito come Ulisse o Zarathustra, dei quali poco importa di sapere se sono vissuti fisicamente, in carne e ossa . In un tempo preciso e in un luogo individuabile. L’esistenza di Gesù non è invece assolutamente accertata sul piano storico. Nessun documento contemporaneo dell’evento, nessuna prova archeologica, niente di certo permette oggi di giungere alla verità di una sua presenza effettiva che, alla cerniera fra due mondi, dà il nome a uno, dopo aver abolito l’altro. Non abbiamo né tomba, né sudario, né archivi; solo un sepolcro inventato nel 325 da Elena, madre di Costantino, molto fortunata perché a lei si deve anche la scoperta del Golgota e del titulus, il pezzo di legno che porta la motivazione della
284
sentenza. Una pezza di stoffa la cui datazione al Carbonio 14 testimonia però che essa risale al XIII secolo della nostra era. E infine tre o quattro citazioni assai imprecise in testi antichi –Giuseppe Flavio, Svetonio, Tacito- , sì, ma su copie effettuate alcuni secoli dopo la pretesa crocifissione di Gesù e soprattutto molto dopo il successo dei suoi turiferari… In compenso, come negare l’esistenza concettuale di Gesù? Come il Fuoco di Eraclito, l’Amicizia di Empedocle, le Idee platiniche o il Piacere di Epicureo, Gesù funziona a meraviglia come Idea attorno alla quale prendono corpo una visione del mondo, una concezione della realtà, una teoria del passato peccaminoso e del futuro di salvezza. ….
………… Piccolo, magro, calvo, barbuto, Paolo di Tarso non ci fornisce i particolari della malattia di cui parla metaforicamente: confessa che Satana gli ha conficcato una spina nella carne –espressione ripresa a sua volta da Kierkegaard-. Nessun particolare, eccetto una volta alcune considerazioni sullo stato miserevole in cui appare un giorno al suo pubblico galato –dopo una bastonatura che aveva lasciato le sue tracce…- La critica nel corso di secoli ha perciò accumulato ipotesi sulla natura di questa spina. E’ inevitabile un inventario alla Prévert: artrite, colica nefritica, tendinite, sciatica, gotta, tachicardia, angina pectoris, prurito, antrace, foruncoli, emorroidi, ragadi, eczema, lebbra, herpes zoster, rabbia, erisipola, gastralgia, colica, malattia della pietra, otite cronica, sinusite, tracheo-bronchite, ritenzione urinaria, uretrite, febbri maltesi, filariasi, pilariosi, tigna, cefalea, cancrena, suppurazioni, ascessi, singhiozzo cronico (!), convulsioni, epilessia….Le articolazioni, i tendini, i nervi, il cuore, la pelle, lo stomaco, gli intestini, l’ano, le orecchie, i seni nasali, la vescica, la testa, tutto. Tutto eccetto le patologie di tipo sessuale…. Ora, l’eziologia dell’isteria suppone un potenziale libidico indebolito, per non dire nullo. Disturbi della sessualità, la tendenza, per esempio, a vedere sesso dappertutto, a un erotismo esagerato. Come non pensarci quando si legge, ad nauseam, sotto la penna di Paolo un odio, un disprezzo, una diffidenza costanti per le cose del corpo? La sua avversione per la sessualità, l’esaltazione della castità, la sua venerazione all’astinenza, l’elogio della vedovanza, la passione per il celibato, l’invito a comportarsi come lui (chiaramente esposto nella lettera ai Corinzi (7, 8)- la sua rassegnazione ad ammettere il matrimonio. ….
…. Paolo il masochista espone le idee con cui il cristianesimo a un certo punto trionfa. Ossia l’elogio del godimento nell’essere sottomesso, obbediente, passivo, schiavo dei potenti col falso pretesto che ogni potere deriva da Dio e che ogni situazione sociale di povertà, modestia e umiltà deriva da un volere celeste e da una decisione divina. Dio, buono, miserevole, ecc., vuole la malattia dei malati, la povertà dei poveri, la tortura dei torturati, la sottomissione dei servi. Ai romani, che egli blandisce, insegna assai opportunamente nel cuore dell’Impero l’obbedienza ai magistrati, ai funzionari, all’ imperatore. …. -------------------------------------------------------
Larvatus prodeo = avanzo in maschera
motto di Descartes
La Repubblica del 16 novembre 2008 : Banche svizzere, consigli anti-crisi “Investite nelle prigioni americane”
Il Crédit Suisse dopo aver fatto un bagno micidiale in proprio e sui conti dei clienti, molto cinicamente suggerisce di acquistare azioni delle carceri americane: dove sta in trucco? Esistono laggiù società e privati che costruiscono in proprio le carceri ed addiritture le gestiscono praticando condizioni iugulatorie in quanto sopperiscono alle deficienze delle finanze pubbliche. Ma la cosa grave è che negli States il tasso di detenzione è di 6 ogni 1.000 abitanti, incredibile lo 0.60% dei cittadini americani stanno in carcere contro un tasso medio europeo dello 0,07% Fantastica questa civiltà: se poi si aggiunge che 150.000 marines (una parte sono contractos, cioè mercenari al di fuori di ogni regola) che pure avranno una famiglia, degli affetti, dei figli sono da 8 anni in Irak per esportare la democrazia
285
…. avendo effettuato un numero del tutto imprecisato di vittime in quanto quei testoni di Irakeni non vogliono capire il concetto.
Benedetto Croce «Siamo in una penosa situazione» Il Tempo - 22 set 2008 «Da una parte i preti "ingorda e crudele canaglia", come li chiama Ariosto, ...
La neve rende giustizia a tutte le precarietà. 15.12.2008
Affermiamo post hoc, ergo propter hoc, ma anche propter hoc, ergo post hoc. Si potrà mai uscire da questo circolo vizioso?
Henry Poincaré, 1854-1912
Giancarlo ROGGERO, Anima dell’uomo, vol. II: il Medioevo, ed Estrella de Oriente, 2008
Qui si pratica un ozio laborioso, e si riposa in una tranquillità attiva (in quieta pansatur actione) (Bruno il certosino, epistola ad Radhulfum)
A conferire uno splendore ineffabile alla visione dell’atrio attraverso cui si accederà nell’intimo del santuario (nel capitolo relativo al Portal Royale di Chartres) è il gioco variegato dei colori –oggi scomparsi- che, come nel tempio greco, ne rivestivano, animandola, l’intera statuaria. Gli artisti –anonimi in ossequio alla legge spirituale del primato dell’abnegazione sulla vanità- hanno profuso, come è ben presumibile,, nelle figure e nelle scene del portale unqa ricchezza di significati più o meno riposti, il cui accordo sapienziale trascende talora le loro stesse intenzioni.
Bernardus valles, colles Benedictus amabat, Franciscus vicos, magna Dominicicus arbes. Le valli amava Bernardo, I colli Benedetto, Francesco i villaggi e Domenico le grandi città.
CIORAN Emil Mihail, Confessioni e anatemi, ed. Adelphi, 2007 L’uomo è libero, salvo in ciò che ha di profondo. Alla superficie, fa quello che vuole; negli strati oscuri, “volontà” è vocabolo privo di senso. Sono talmente appagato dalla solitudine che il minimo appuntamento è per me una crocifissione.
286
La tirannia distrugge o fortifica l’individuo; la libertà lo rammollisce e ne fa un fantoccio: l’uomo ha più possibilità di salvarsi con l’inferno che con il paradiso. La missione di ciascuno è di portare a buon fine la menzogna che incarna, di giungere a non essere altro che un’illusione esaurita. Amare il prossimo è cosa inconcepibile. Si chiede forse a un virus di amarne un altro? Tutti, giovani o vecchi, facevano progetti. Ora non ne fanno più. Buon allievo, forte del loro esempio, rientrando giuro di smettere per sempre di farne. Ben più del tempo, è il sonno l’antidoto alla sofferenza. Per contro l’insonnia, che ingigantisce la minima contrarietà e la converte in sventura, veglia sulle nostre ferite e impedisce loro di deperire. Divorare una biografia dopo l’altra per persuadersi meglio dell’inutilità di qualsiasi impresa, di qualunque destino. Il senso acuto del ridicolo rende malagevole, anzi impossibile il minimo atto. Felici quelli che non ne sono dotati! La Provvidenza ha vegliato su di loro. Alla domanda sul perché i monaci che lo seguivano fossero così raggianti, il Buddha rispose che era perché non pensavano né al passato né al futuro. Ci si rabbuia, infatti, appena si pensa all’uno o all’altro, e ci si rabbuia del tutto appena si pensa a entrambi. Pubblicare un libro comporta lo stesso genere di noie di un matrimonio o di un funerale. Si muore da sempre, e tuttavia, la morte non ha perso nulla della sua freschezza. E’ qui che giace il segreto dei segreti. Leggere è lasciare che un altro fatichi per voi. La forma più delicata di sfruttamento. In questo parco destinato, come il palazzotto, alle imprese bislacche della carità, dappertutto vegliarde tenute in vita a forza di operazioni. Prima si agonizzava in casa, nella dignità della solitudine e dell’abbandono, ora si radunano i moribondi, li si rimpinza, e si prolunga il più possibile il loro indecente schiattare. Se si cominciasse col sopprimere tutti quelli che possono respirare soltanto su un podio!
Fra epicureismo e stoicismo, per chi optare? Passo da uno all’altro, e più spesso sono fedele a entrambi; è la mia maniera di sposare le massime che amò l’antichità prima dell’irruzione dei dogmi. Trentenni di estasi davanti alla Sigaretta. Adesso quando vedo gli altri sacrificare al mio vecchio idolo non li capisco, li ritengo squilibrati e deficienti. Se un “vizio” che abbiamo vinto ci diventa estraneo fino a questo punto, come non restare interdetti davanti a quello che non abbiamo praticato?
Non bastava dire al portinaio: “E' arrivata la stagione delle prugne!”. Bisognava ribadire al cameriere: “Porto trine dal Belgio” e concludere con il valletto: “Madame Bertrand sta bene”. Solo così si poteva arrivare al lussuoso appartamento dove Honoré de Balzac viveva in fuga incessante dai creditori. Per nulla imbarazzato dalle ingombranti pendenze, lo scrittore continuava a vivere da signore e dimenticava di pagare l’affitto. Balzac sosteneva di essere in grado di riconoscere la tipica scampanellata del creditore. … Persino il marchese de Sade era finito in carcere una volta tanto non per i soliti reati sessuali, ma per debiti. …
287
Mentre tuonava contro Napoleone, Réné de Chateaubriand brigava discretamente per farsi pagare i numerosi debiti del despota. “la mia difficoltà, ribatteva l’imperatore, non è comperare Chateaubriand , ma comperarlo per quanto pensa di valere” … D’altronde un altro visconte, Alfred De Musset, sosteneva: “Un gentiluomo senza debiti non potrebbe presentarsi nei salotti. Non mi è mai venuto in mente di restare senza debiti”. La generosità e la distrazione di Dumas padre erano fatte per moltiplicare i debiti. Mentre veniva costruito il suo castello di Montecristo, così chiamato per il suo celebre romanzo, crollava già sotto i debiti e fu necessario venderlo ancor prima della fine. Quando Victor Hugo andò in esilio a Bruxelles arrivò a fargli compagnia l' irruente Dumas anche lui in esilio, ma per debiti. Un’abitudine, o un vizio, perpetuata da Dumas figlio, incapace a rinunziare a una vita sfarzosa al di sopra delle sue possibilità. La dispendiosità del giovane Charles Baudelaire era tale che la famiglia prima tentò di recuperarlo imbarcandolo in una crociera forzata per le Indie, poi, vista l’inutilità dell’impresa, pensò bene di metterlo sotto tutela di un notaio molto parsimonioso. Tormentato dai debiti il poeta scrisse un divertente saggio, Come pagare i propri debiti quando si ha del genio, un omaggio ad un celebre dissipatore, l’amico Balzac e alla sua arte di fare fantasiosamente fronte alle cambiali più minacciose. … Non era da meno Antoine de Saint Exupéry. Incapace della minima economia, trovava naturale che il suo cameriere russo facesse la spesa in taxi. “Il denaro –sosteneva Drieu La Rochelle—deve circolare, passare di mano in mano. Chi ne ha lo dà a chi non ne ha.” Giuseppe Scaraffia, Il Sole 24 ore del 5 ottobre 2008
MARIO LIVIO La sezione aurea, BUR Ed. 2007
Innumerevoli sono le meraviglie del mondo. Sofocle 495-405
Nella misura in cui le leggi della matematica riguardano la realtà, non sono certe; e nella misura in cui non sono certe, non riguardano la realtà. Eintesin 1879-1955
Il 10 era il numero da loro più riverito (dai pitagorici), perché considerato una rappresentazione del cosmo nella sua interezza. Il fatto che la somma dei primi quattro interi ( 1+2+3+4) sia appunto 10, la Santa Tetractys, collega strettamente 10 a 4. Nello stesso tempo questa relazione significa che 10 riuniva i numeri che rappresentavano non solo tutte le dimensioni spaziali, ma anche le proprietà fondamentali dell’unicità (1), della polarità (2), dell’armonia (3) e della realtà spaziale/temporale (4). 10 era quindi il numero del tutto, come espresso in modo particolarmente efficace dal pitagorico Filolao verso il 400 a.C. :”Sublime, potente, artefice di ogni cosa, inizio e guida divina per ogni asp etto della vita terrena”.
….. Di proposito ho lasciato per ultimo il numero 5 in questa rassegna dell’atteggiamento dei pitagorici verso i numeri, perché proprio il 5 ci conduce all’origine del rapporto aureo. Il 5 era considerato l’unione del primo numero femminile e del primo numero maschile, e come tale, il numero dell’amore , del matrimonio. Sembra che i pitagorici avessero adottato il pentagramma (la stella a 5 punte) quale simbolo della loro confraternita, e che lo chiamassero “Salute”.
288
Il drammaturgo George Bernard Shaw si espresse una volta in questi termini sui progressi intellettuali: “L’uomo ragionevole si adatta al mondo, quello irragionevole si intestardisce a cercare di adattare il mondo a sé. Per questo tutti i progressi sono opera dell’uomo irragionevole”. Nel caso del rapporto aureo, il salto quantico dovette attendere l’entrata in scena del più dotato matematico europeo del Medioevo: Leonardo da Pisa cioè Fibonacci.
Nella tragedia di Schiller I Piccolomini, l’astrologo Seni dichiara: “Undici è il peccato. Undici oltrepassa i 10 Comandamenti”, riecheggiando un’idea che risaliva al Medioevo. Ma la successione di Fibonacci ha un’altra particolarità connessa al numero 11, che, lungi dall’essere peccaminosa, è invece assai bella: sommando i dieci numeri consecutivi della successione il risultato è divisibile per 11.
Uno straniero che abbia visto l’intolleranza di Londra e di Parigi, sarebbe senz’altro molto sorpreso nel trovare qui (Istanbul) una chiesa situata fra una moschea e una sinagoga, ed un derviscio a fianco di un frate cappuccino. Non so come questo governo possa aver accolto nel suo seno religioni tanto diverse dalla propria. Dev’essere a causa della degenerazione della religione di Maometto che può prodursi questo felice contrasto. Ancor più sorprendente è riscontrare che questo spirito di tolleranza è molto diffuso fra la gente comune; si possono vedere turchi, ebrei, cattolici, armeni, greci e protestanti trattare insieme di affari o conversare con molta più armonia e benevolenza che se fossero della stessa nazione e religione. Scritto del 1788 di N. Bisani tratto da Slavoj Zizek, Contro i diritti umani, ed. Il Saggiatore, 2005
Paolo Rumiz, Annibale, ed. Feltrinelli, 2008
Tanto più che Didone, la regina di Tiro, fondatrice di Cartagine, si è vista affibbiare un altro nomignolo poco onorevole: l’ “ingannatrice”. Dietro all’inganno c’è la storia del vecchio re tignoso, Jarba, che avrebbe concesso alla regina un possedimento sulle coste libiche grande come la pelle di un toro; la donna avrebbe allora tagliato la pelle a striscioline e le avrebbe messe in fila per disegnare il perimetro della sua Cartagine. L’episodio fu vissuto dagli antichi come un inganno, e allo stesso modo venne giudicata la fuga di Didone da Tiro, partita con le navi rubate al fratello Pigmalione, suo nemico giurato. Risultato: nei testi scolastici tunisini, l’ eroina è indicata con il nome originario –indubbiamente più giusto- di Elissa, ovvero Elisa o anche Elisha. In Italia invece, la grande fondatrice è considerata ancora come il nemico numero uno di Roma, l’inizio di una storia di discordie per il controllo del mare.
Faccio un rapido calcolo: sono passati più anni fra la fondazione di quello monastero (Ripoli) ed Annibale che non fra la fondazione di quello monastero e l’anno della mia nascita. Per misurare meglio le distanze, decido di non dividere il tempo trascorso per secoli, ma in segmenti di sessant’anni, l’età media in cui si diventa nonni e la memoria storica passa ai nipoti. Calcolo che bastano trentasei nonni per arrivare ad Annibale. I monaci medievali di Ripoli ne dovevano contare quindici. Perché non pensare che non ricordassero l’evento? Forse quei cavalli e quei soldati scolpiti sul frontone sono essi stessi i nipoti. La sera, alla locanda la Randolina, poco fuori Demonte racconto alla piccola Eleonora, figlia dei gestori, la storia del grande generale, e dei quaranta elefanti che passarono lì davanti, tanto, tanto tempo fa. Dalla casa, che ha preso il nome dalle rondinelle che un tempo nidificavano nella stalla, posso sentire la voce della Stura che galoppa verso il Po e le terre ancora piene di foreste dei galli Boi, con i quali Annibale è già in combutta per la sua marcia su Roma. E’ un fatto: prima dell’età di Augusto la città (Torino) non è ancora nata. Altrove, in Piemonte, trovi rovine di città celtiche ben più antiche che portano i segni di una misteriosa distruzione nell’epoca in cui Annibale può esser passato di
289
lì. E comunque non ha senso che il Cartaginese, dovendo incontrare l’avversario all’altezza di Piacenza, si complichi la vita risalendo a nord. Torino dunque, la fata morgana. Gigi Revel, geografo dilettante di Monserrato, frazione di Borgo San Dalmazzo, mi ha posto questa domanda: sarà davvero il Po il fiume più lungo d’Italia e non la Stura di Demonte, ovvero, in subordine, il Tanaro? “Il solito Polibio ha stabilito così due millenni fa, e il popolo tutto, succube della “convenzione” e dei testi studiati alle elementari ha conservato tale opinione immodificabile”. ----------------------------------------------------Leggevo ieri sera Polibio, Storie, Libro I, 55, 9 e 56,1; traduttore e notista Riccardo Parmisciano. Nel punto in cui narra la difesa della città di Erice (anno 248 a.C.) dice: Successivamente a questi fatti i Cartaginesi elessero loro comandante in capo Amilcare soprannominato Barca e affidarono alla sua autorità le operazioni della flotta. In nota dice: Si tratta del famoso padre dell' ancor più famoso Annibale, il nemico per eccellenza dei Romani nella seconda guerra punica. Il soprannome Barca viene comunemente fatto derivare dal semitico baraq che significa fulmine oppure lampo di spada. Chi ha orecchie per intendere, intenda. Rev vuol dire anche il benedetto. il rifugio, da cui la baracca. Stesso nome di Obama , secondo Paolo Rumiz. ------------------------------------
Dies mei sicut umbra declinaverunt; et ego sicut foenum àrui.
Psalmus CI, 12
Ancora verso il IV secolo d.C. si ha notizia di un antico Lucus, verosimilmente paragonabile ad una apertura ipogea oracolare (vescica piscis), presso il criptoporticus di Pedo. In questa struttura, che si trovava addossata alla facciata della chiesa abbaziale, veniva praticata l’ incubatio, antica pratica in seguito adottata, con qualche riserva, anche dalla chiesa primitiva e che consisteva nel passare la notte in un particolare luogo sacro allo scopo di ottenere guarigioni o speciali rivelazioni. Piero Barale, Il cielo del popolo del faggio (Ligures Bagienni), 2003
Se non dovessi tornare sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai.
290
Giorgio Caproni + 1990
Clerici portantes flores aut stulti aut mundi amatores.
….In in tempo di smisurato orgoglio, nei quali la superbia regolava tutti i rapporti umani ma dominava anche molte esperienze spirituali e monastiche (Pietro il Venerabile aveva rimproverato a Bernardo di Clairvaux ed agli aristocratici asceti cistercensi :-Voi condite i vostri legumi con un po d'olio e con tanta superbia-, si capisce bene perché l'umiltà, la capacità di sopportazione, la disponibilità a perdonare, accompagnate da un assoluto divieto, al contrario, di transigere sulle proprie debolezze comunque giustificate, valessero “più che stare appartato in eremo”
…..Alla testa dei pueri tedeschi v'era un tal Nicola, del quale praticamente non si sa nulla... Suo segno distintivo era una croce “a Tau”, vale dire a forma di T (mia nota: quindi la Tau greca e non quella ebraica) , che egli portava non si capisce bene se cucita sulla veste oppure come bastone al quale appoggiarsi. Il Tau ha una storia intensa nella simbologia cristiana. Essa compare nelle versioni latine della Bibbia come il segno del quale si parla nella visione di Ezechiele, quello che risparmierà gli eletti dallo sterminio che sta per abbattersi sulla Città Santa. Per analogia, gli esegeti presero presto ad indicare come una “Tau” anche il segno che, nell'Esodo, gli ebrei avevano tracciato sulle loro soglie nella notte del passaggio dell'Angelo sull'Egitto. Si trattava dunque di un segno al tempo stesso di elezione e di salvezza, che nel medioevo venne considerato portatore di un duplice valore: taumaturgico in quanto capace di allontanare la morte fisica, e apotropaico perché era efficace anche come barriera contro la morte spirituale della quale quella fisica poteva essere simbolo.
….Dottissime dispute si sono fatte riguardo al rapporto che il Cantico propone fra il Creatore e le creature. Che cosa significa “Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature”? Che Dio va lodato insieme a tutte le creature, cioè che a queste e a Quello va indirizzata la lode, oppure che Egli debba essere lodato per mezzo di esse? E che cosa significa “Laudato sii mi' Signore, per sora Luna”, “ per frate vento” e così via? Quel per va inteso come complemento d'agente, simile al par francese, e quindi si auspica che le creature lodino il Creatore? O si intende che Dio va lodato dall'uomo a causa delle cose che ha creato? O che la lode deve innalzarsi fino a Lui per mezzo di esse? O che essa deve passare attraverso di esse?
…..Ed é questa la lezione che un uomo indicibilmente sofferente vuol lasciare ai suoi frati ed alla sua gente: il fiducioso abbandono in Dio, la ricerca della pace al di là di qualunque umana condizione, il fermo conformarsi al disegno divino.
….I catari, portatore di un'eresia che più di ogni altra in quel momento minacciava l'integrità della Chiesa, odiavano la natura. Nella splendida eppur raggelante mitologia catara, ereditata dal manicheismo, la materia é l'inferno nel quale sono imprigionati gli spiriti di pura luce e che anelano a ribellarsi ad essa; le luci ed i colori del mondo sono vana e perfida illusione; il Creatore altri non é che il perfido Demiurgo, l'avversario del Signore della Luce; la quale Luce, beninteso, é del tutto spirituale ed ha nulla a che fare con la chiarità del sole, a sua volta creatura peccaminosa, che da un immondo contatto carnale con la luna genera l'acqua del cielo. Se teniamo presente tutto questo e porgiamo orecchio ai Minori che, sulle strade di Europa, lodano il Signore per tutte le sue creature, si verrà tentati di intendere il Cantico alla stregua d'un efficace, serrato, appassionato manifesto anticataro.
…..Secondo la Legenda Perusina fu all'alba di una di queste notti terribili, ricevuto in spirito l'assicurazione del premio che l'attendeva, che egli compose il Cantico. Quel che più colpisce noi moderni, figli di una civiltà tesa tutta a negare un senso al dolore, alla malattia, alla morte, é questa capacità di lodare Iddio per il sole ed il fuoco da parte di un uomo al quale la luce era negata: questa capacità di lodarLo per le sofferenze non già quando esse erano lontane e tale lode poteva sembrare un esercizio teologico, ma proprio mentre esse gli straziavano le carni. Uno degli inni più belli e pieni di vita, alla gioia, al mondo, é nato dalle piaghe e dal dolore. Qui sta l'esemplarità di Francesco; qui la sua irragiungibile incomprensibilità per noi moderni, quando ci si rifiuti di estrapolare questa o quella caratteristica in apparenza più vicina a noi e ai nostri tempi e a ricavarne così una figura anacronistica, deformata, pretestuosa Franco Cardini, Francesco d'Assisi, Oscar Storia, 2007 -----------------------------------------------------
291
IL RILIEVO DELLA CONSUETUDINE E IL DIRITTO FEUDALE Originale dispositivo di relazioni gerarchiche, coesivo di uomini e di cose, il rapporto feudale prende forma nella coagulazione di istituti giuridici di ascendenza germanica e romana nel crogiolo culturale della società medievale, tendendo, in virtù della sua forza espansiva e del suo sviluppo reticolare , a pervaderne le strutture organizzative e a modellarne nle articolazioni del potere intorno al vincolo della subordinazione personale, col suo corredo di benefici fondiari, carichi di pertinenze giurisdizionali. Nonostante tale rilievo crescente, il diritto feudale e volve nei secoli spontaneamente, per via consuetudinaria. Gli interventi legislativi in materia sono rari ed episodici. Quelli più significativi, come l'Editto di Milano del 307, con cui Corrado II il Salico (990 ca.- 1039) garantisce l'ereditarietà dei feudi ai valvassori (i vassalli dei vassalli), appaiono indirizzati a sancire regole già invalse nella prassi. Soltanto nel XII secolo vedrà la luce in Lombardia, una prima compilazione (privata) delle consuetudini feudali ( Liber Feudorum) LA CHIESA E IL DIRITTO Alla costruzione del complesso e pluralistico ordine giuridico medievale fornisce un contributo importante la Chiesa, che, per quanto stretta fra le mire di ingerenza delle autorità laiche, inviluppata con le sue terre e i suoi uomini nel sistema feudale, curvata nella sua fisionomia gerarchica ad interessi temporali, rappresenta un attivissimo agente di disciplinamento sociale, che orienta con la sua precettistica le modalità della convivenza, sforzandosi di condizionarne le espressioni giuridiche. La sua presenza nel mondo del diritto non si limita però ad un influsso morale o un'egemonia culturale. Essa stessa, infatti, costituisce un ordinamento giuridico, originario ed autonomo, le cui norme travalicano tanto la sfera organizzativa delle istituzioni clericali quanto l'ambito strettamente confessionale. Protendendosi a disciplinare la comunità dei fedeli nelle condotte ritenute più rilevanti sotto il profilo etico-religioso. Il diritto della Chiesa, denominato “canonico”, comincia a formarsi agli albori dell'era cristiana e si sviluppa cumulativamente con particolare intensità nei secoli IV e V, sotto l'impulso dei grandi concili ecumenici e dei molteplici sinodi locali, che riuniscono i più grandi dignitari della cristianità al fine di regolare la vita della società ecclesiale nelle sue molteplici dimensioni, a livello universale o regionale. Insieme alle deliberazioni che scaturiscono da tali istanze assembleari, la principale fonte del diritto canonico é rappresentata dalle decisioni dei pontefici, che si esprimono prevalentemente nelle Epistolae decretales, la cui produzione assume consistenza quantitativa a partire dalla seconda metà del V secolo. Nell'alto medioevo circolano in Europa diverse raccolte di canoni conciliari e decretali pontificie. Hanno grande diffusione, in particolare, la collezione della Hispana, approntata nel VII secolo nel regno visigoto e la Colletio Dionisyana, che, redatta a Roma fra il V e il VI secolo dal monaco sciita Dionigi, viene inviata, nel 774, (in una versione ampliata rispetto all'originale) dal Papa Adriano I a Carlo Magno, e diventa, con la dieta di Aquisgrana dell' 80”; la raccolta ufficiale del diritto della Chiesa franca. Nei decenni seguenti, proprio nel seno di quest'ultima, prendono corpo raccolte artefatte con l'aggiunta di interpolazioni testuali e documenti falsi. …. Dario Ippolito, Il pluralismo giuridico, raccolta Il Medioevo vol. I, 2009
DECADENZA DEL PAPATO: DAL RICATTO NOBILIARE AL PRIVILEGIUM OTHONIS La crisi dell' Impero mette in ginocchio il papato, che, privo di tale sostegno, non trova più le risorse economiche e morali per esercitare il suo magistero e la districtio disciplinare sui vescovi e clero. Inoltre, si sono quasi del tutto esaurite le campagne missionarie che hanno fatto seguito sistematicamente alle conquiste dei Carolingi e che sono destinate alla conversione di popoli ancora pagani dell'Europa Nordorientale. Per quanto riguarda la politica interna, il papato, nel X secolo, resta in balia delle forze centrifughe e aristocratiche. Vengono usurpati territori ecclesiastici e vengono sottratte al papa numerose prerogative. Tra il 887 e il 962 si susseguono sul soglio pontificio ben 21 papi, nessuno dei quali, evidentemente, tanto autorevole da lasciare memoria del proprio operato. Inquietante ed emblematico, per ricostruire l'atmosfera cupa e drammatica di questo secolo, é l'episodio che vede protagonista il già citato papa Formoso, condannato post mortem da un sinodo, riesumato e gettato nel Tevere vestito dei panni pontificali. Le famiglie nobiliari che pilotavano l'elezione del papa a seconda dell'interesse del momento e degli equilibri diplomatici di volta in volta vigenti, sono agguerrite e spregiudicate.
292
….....L'impero infatti rimane vacante alla morte di Berengario (924) fino alla scomparsa di Alberico. Neppure Ottone di Germania, quando, nel 951, scende per la prima volta in Italia, riesce a cingere la Corona. Ad Alberico succede il figlio Ottaviano, che nel 955, sedicenne, ascende al soglio pontificio con il nome di Giovanni XII (?-964). Nel febbraio del 962 il papa accetta di incoronare Ottone, il quale però lo fa deporre l'anno dopo, dopo averlo dichiarato decaduto con procedura straordinaria e l'avallo di un concilio. Marcella Raiola, Il papato nell'età ferrea, raccolta Il Medioevo vol. I, 2009
UNA SOCIETA' PER LA GUERRA. L'originalissima onomastica: Riccardo (Rik-hard. Possente-ardito); Armando (Heri-man: uomo di guerra); Ruggiero (Hort-gar: gloriosa lancia); Guglielmo (Wile-helm: volontà-elmo); Gerardo (Ger-hard: lancia-forte); Gertrude (Gairetrudis: sicurezza-lancia); Matilde (Macht-hildis: possente per la guerra). P. Contamine, La guerra nel medioevo, 1986
Non quod poterit esse, sed quod nunc est cave. Stai attento a ciò che ti accade ora, non a ciò che potrebbe accaderti. Vincenzo R. Perrino , Il sole XXIV Ore, 16 maggio 2004
------------------------------------------------------BRUNO TINTI La questione immorale, ed. Chiarelettere, 2009
Con le leggi ad personam la classe politica ed i suoi amici hanno di fatto conseguito l'impunità. Solo che c'é un problema: queste leggi adesso valgono per tutti. Forse, se i cittadini davvero sapessero cosa significa la separazione delle carriere avrebbero un quadro più chiaro di come la classe politica interpreta l'art. 3 della Costituzione, quello che dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. L'autonomia dei Giudici costituisce una garanzia per i cittadini. Non per i Giudici, per i cittadini. Quando i politici dicono che vogliono regolamentare le intercettazioni perché é necessario tutelare la privacy, non si riferiscono ai cittadini, ma a loro, alla privacy di un paio di migliaia di persone... In udienza ci deve andare il PM che ha condotto le indagini. Una banalità... Beh, sappiamo che non c'é Tribunale in Italia in cui ciò avvenga. In udienza ci va il PM che capita. Quando ho finito di prendermela con le leggi, mi son accorto che dovevo prendermela con me stesso, e con tutti quelli come me. ---------------------------------------------------------------
293
LE CONFESSIONES, IL DE TRINITATE E L'ANALOGIA ...Il Dio di cui parla Agostino non può essere del tutto immanente, ma neppure può essere pensato come assolutamente esterno all'uomo, quasi fosse un principio lontanissimo ed incomprensibile. Anche il tempo ha la sua realtà solo grazie alla memoria che collega all'istante presente il passato, che non esiste più, e il futuro, che non esiste ancora; anche in questo caso é il soggetto a conferire unità al tempo, che risulta distentio animi, un protendersi dell'anima verso il passato e verso il futuro. Solo l'individuo con la sua sapienza, la sua cultura può svolgere il compito impegnativo di costruire un significato per la propria esperienza del tempo e del mondo; in questo senso Agostino interpreta il precetto biblico del crescete e moltiplicatevi: assoggettate il mondo riempiendolo delle vostre interpretazioni.
….Emerge in modo chiaro il ruolo dell'analogia, strumento fondamentale della ricerca agostiniana e, al tempo stesso, struttura del mondo che questa ricerca si trova di fronte. L'analogia che non é un rapporto di somiglianza, ma una somiglianza di rapporti consente di dare unità alla molteplicità dei dati della conoscenza e ai diversi livelli dell' Essere, senza per questo dover superare le distinzioni, le dissomiglianze e le diversità di perfezione. Si tratta di una fondamentale conquista intellettuale che illumina tutto il percorso della ricerca agostiniana, mostrandolo dominato proprio dalla logica del desiderio che altro non è che una logica di relazioni costruite sul modello della Trinità divina. Massimo Parodi, Agostino di Ippona, vol. 2 di Medioevo, l'Espresso
Abbiamo dunque questa intima convinzione e conosceremo che è più sicuro il sentimento che ci spinge a cercare la verità di quello che ci fa presumere di conoscere ciò che non conosciamo. Cerchiamo dunque con l'animo di chi sta per trovare e troviamo con l'animo di chi sta per cercare. Agostino di Ippona, De trinitate, 9.1.1
FRA FILOSOFIA E TEOLOGIA: L'EPOCA MEDIO-BIZANTINA (VII-XII sec.) Nella parallela elaborazione dei Padri della Chiesa, è invece la vita cristiana nella sua interezza a essere intesa come “vera” filosofia; l'attributo di “filosofi” veniva infatti riconosciuto di preferenza a gruppi che realizzavano concretamente, in modo esemplare,, tali ideali: i martiri e, dopo che questi ultimi passarono in secondo piano per la sopravvenuta pace nella Chiesa, i monaci. Importantissime fonti di tale definizione, formulata soprattutto dai grandi Padri cappadoci Basilio di Cesarea (330ca.-395 ca.), sono i testi agiografici; il significato qualitativo e quantitativo di questa accezione diviene talmente predominante all'interno della letteratura bizantina, che la “disciplina linguistica”, divenuta routine, può fare della parola filosofia addirittura il sinonimo di “amore della quiete”, elemento caratteristico della vita monastica. Marco Di Branco, La filosofia a Bisanzio, vol. 2 di Medioevo, l'Espresso.
LA CONSOLAZIONE DELLA FILOFIA Il risultato più limpido dell'ingegno boeziano é De Consolatione Philosophiae, in cinque libri , composto poco prima della morte (avvenuta in carcere, nota mia). In una prosa raffinata intervallata da componimenti poetici, secondo l'antico modello della satira menippea, Boezio immagina che la Filosofia, personificata in forma di donna, venga a confortarlo in carcere, mostrandogli come tutte le sofferenze cui lo ha sottoposto la Fortuna facciano comunque parte del grande piano del Creatore universale, e vadano accertate con la fermezza d'animo propria dl saggio...... Per il suo sincretismo dottrinario, cui si aggiunge la successiva perdita delle fonti più antiche usate da Boezio, dotti medievali leggono la Consolazione come una summa filosofica colma di idee originali, ma non smettono mai di chiedersi perchè l'autore non abbia confessato esplicitamente la propria aderenza al cristianesimo, parlando in termini
294
generici di un Creatore non del tutto coincidente con il Dio del cristianesimo e sostenendo idee eterodosse come l' eternità del mondo o l'animazione universale. Renato De Filippis, Boezio, vol. 2 di Medioevo, l'Espresso.
Esaurienti schede su: Cassiodoro, Marziano Capella, Isidoro di Siviglia, Beda il Venerabile, San Benedetto, Rabano Mauro, Alcuino di York, Bernardo di Clairvaux,
Lathe biosas = vivi nascosto .
Epicuro (341 a.C. - 270 a.C.)
MONACI BENEDETTINI E CANONICI REGOLARI
… gli eremiti della comunità di Fonte Avellana nell'età di Pier Damiani. Estetica e mistica, due facce della stessa medaglia, non soltanto monastica, non soltanto medievale. Ma l'estetica e la mistica monastiche non lasciano spazio alcuno ad improvvisazioni estemporanee: sono guidate dall'esigenza di rationabiliter vivere. La ratio presiede alle emozioni e le controlla sempre severamente, la ratio che é costituita dalla tradizione, dalla cultura, dall'osservanza del testo della Regola. Non si lascia nessun spazio agli eccessi mistici individuali: anche a Cluny ci sono gli anacoreti, perché l'anacoretismo é unanimemente considerato come la forma superiore di esperienza monastica, ma essi si trovano all'interno dell'abbazia e dello spazio che essa delimita: sono ancorati al cenobio, sono garantiti dalla certezza della comunità cenobitica. La ratio é l'elemento ordinatore. Lo sarà nel XII secolo come lo é stato all'inizio, quando si era manifestata la necessità delle esperienze cenobitiche. La ratio che a tutto presiede fa parte dell'imprinting del monachesimo. E' per amore della ratio che a Cluny viene accolto il filosofo e maestro di dialettica (logica) Abelardo dopo la condanna per eresia subita nel 1144 a Sens per opera di Bernardo di Clairvaux.
… Lotte per l'egemonia politica e lotte per l'egemonia di una forma di sophia si intrecciano, quindi, e si sovrappongono nel secolo XII. L'abate di Cluny, Pietro il Venerabile, ha un bel sostenere che le esperienze monastiche corrispondono alla dialettica del diversi sed non adversi (diversi ma non avversari), ha un bel darsi da fare per dimostrare che la ratio monastica é ancora in grado di concorrere in maniera determinante alla conoscenza del mondo e all'elaborazione di una ratio generale per la comprensione e la correzione della realtà, nella quale i nemici, da affrontare (eretici non colti ma capaci di coinvolgere le folle, musulmani, ebrei) sono più importanti di quelli interni alle istituzioni ecclesiastiche e dunque ci si può anche avvicinare agli insegnamenti di logica del pur sconfitto Abelardo, perché essi possono fornire gli strumenti utili e necessari. Glauco Maria Cantarella, Filosofia e monachesimo, vol. 2 di Medioevo, l'Espresso.
Mi sembra che la divisione della natura ammetta quattro differenze e quattro specie, delle quali la prima consiste nella natura che crea e non é creata, la seconda nella natura che crea ed é creata, la terza nella natura che é creata e non crea, la quarta nella natura che non crea e non é creata. Giovanni Scoto Eriugena, Periphyseon, I
295
IL COMMENTO ALLO PSEUDO DIONIGI La speculazione dello Periphyseon appare così in tutto il suo valore, capace di tenere insieme e rendere omogenee tre istanze culturali diverse: la tradizione patristica latina, che nella prima età carolingia era stata risistemizzata ed eretta a colonna della formazione cristiana; la teologia greca, con le sue ricchezze di temi e di linguaggi; l'ambito delle Scritture, al cui interno, seppur con grande originalità. Giovanni Scoto si muove costantemente. Le competenze sviluppate dal teologo irlandese, infatti, si muovono sempre in un ambito delimitato dal Testo Sacro, che, spesso, secondo un preciso riferimento al lessico dello Pseudo Dionigi, viene indicato come la vera teologia. Il corpus dionisiano costituisce per Giovanni Scoto una fonte di ispirazione ed un ricchissimo repertorio di immagini originali e profane. Nello Pseudo Dionigi é fortissima la presenza dell'idea dell'infinità di Dio, dalla quale trae origine un linguaggio teologico che necessariamente non deve cedere alla tentazione di descrivere Dio in termini impropri. Ogni affermazione infatti, é una negazione del suo contrario; ogni attributo che si può predicare a Dio, anche il più positivo, implica che si neghi il suo contrario: affermare che Dio é grande, significa implicitamente sostenere che non é non-grande, e dunque che in qualche misura la sua divinità é compromessa. Armando Bisogno, Scoto Eriugena e l'inizio della filosofia cristiana, vol. 2 di Medioevo, l'Espresso.
CORPO, SALUTE E MALATTIA NEL CRISTIANESIMO A livello socialmente più ampio, é la malattia stessa a cambiare di statuto. Per il medico antico si trattava di uno stato contro natura che il medico doveva combattere, insieme all'ammalato, con le armi a propria disposizione. Nel cristianesimo la malattia, riportata alla fragilità dovuta al peccato originale, diventa piuttosto occasione di prova per il singolo e finisce, in casi estremi, per essere assimilata al martirio. I dibattiti sulla liceità dell'uso dei farmaci, passibili di analogie con oggetti “magici” quali amuleti o talismani, inducono talvolta i cristiani dei primi secoli a rifiutarne o limitarne fortemente l'uso. (non é poi del tutto peregrina questa interpretazione al giorno d'oggi. Per esempio ne sono fortemente orientato. (nota mia)). Non ci sono dati sulla diffusione del cristianesimo presso i meici o i curanti in genere, ma, come é stato detto, questa dovette essere limitata e condizionata dalla loro appartenenza all'élite pagana colta, abituata a guardare con equilibrato scetticismo al proliferare di sette e credenze. E' caratteristico da questo punto di vista un passo di Galeno -la cui autenticità peraltro é incerta- dove di parla dei cristiani come coloro che disprezzano la morte e coltivano l'astinenza sessuale. Anche la diffusa credenza nei miracoli, molti dei quali consistono in guarigioni, porta a un'alterazione del rapporto tradizionale del paziente con il medico e con la cura. Nonostante ci siano evidenze che dimostrano come il ricorso ai professionisti della cura n on sia mai venuto meno, la maggior importanza della salute dell'anima rispetto alla salute del corpo é continuamente ribadita. Maria Conforti, Corpo, salute e malattia nel cristianesimo, vol. 2 di Medioevo, l'Espresso.
FRA TRADIZIONE E PROGRESSO In assenza di una anatomia sviluppata, la fisiologia araba rimane in grande parte quella ereditata dalla sistematizzazione del galenismo, incentrata su umori e spiriti e su una terapeutica volta al ristabilimento dell'equilibrio dell'organismo malato attraverso interventi sul regime di vita, ma anche -una novità questa per il razionalismo medico di stampo galenico- attraverso un'attenzione nuova dedicata alle pratiche magiche e soprattutto alla relazione fra medicina e astrologia. Elementi di medicina popolare a carattere magico riescono così a penetrare la compagine della medicina colta, sia sul piano della terapeutica che sulla diagnosi. Maria Conforti, Dalla pratica al testo: i maestri della medicina araba. Vol.2 Medioevo, l'Espresso.
E' vero che un vapore é umido e un vapore é secco; il vapore umido é sublimato nei vasi a forma di lampada, dotati di mammelle, mentre il vapore secco in una pentola con coperchio di rame, come il vapore bianco proveniente dal cinabro. E se imbevi il vapore secco con il vapore umido, tu compi un'opera divina. Sappi che tutte le sostanze e i metalli sono anche vapori, o meglio, lo diventano, perché quando vengono imbevuti diventano vapori umidi. La comaride della Scizia, mischiata con vapore recente, perfeziona tutte le cose.
296
Stefano di Alessandria, Lettera a Teodoro sul vapore e sulla sublimazione.
La circostanza d’aver appartenuto ad un diverso partito politico nelle lotte civili non mi ha distolto dalla verità.
L’onorabilità di tutti i partiti si era corrotta per amore del denaro.
In effetti l’Italia era sconvolta dalle rapine, dalla fuga dei cittadini, e dalle stragi.
Soltanto pochi preferiscono la libertà: i più non cercano che padroni buoni.
Crispo Sallustio, Historiae (frammenti lib.1°- 13.23.lib.IV – 69)(trasmesso da Cocis il 29.12.2010)
Et valde hic liber habetur necessarius (dubito, ma ci ho provato) ----------------------------------------------------Si salvino i miei resti da una sacrilega autopsia: che si risparmi il vezzo di cercare nel mio cervello congelato e nel mio cuore spento il mistero del mio essere. La morte non rileva assolutamente il segreto della vita. Francois René de Chateaubriand, Memorie dell'oltretomba
297
Un avaro derubato si lamenta d'esser stato rapinato; non si lamenta di essere avaro.
Alain
Pascal (Blaise) amava talmente l'Auvergne che nacque a Clermond-Ferrand.
Alessandro Vialatte
Per un avaro, eiaculare è uno sperpero.
José Arthur, i Pensieri
L'avvenire è di coloro che si alzano presto, soprattutto al mattino.
Anonimo
Ho reinventato il passato per vedere la bellezza del domani.
Louis Aragon, Il folle d'Elsa
L'avvenire è ciò che c'è di peggio nel presente.
Gustave Flaubert
Edipo comincia a veder chiaro solo quando è diventato cieco.
Jean Cocteau
Le nostre buone azioni sono sovente più torbide dei nostri peccati.
Marcel Aymé, Vivi la galera
Che il tuo baciare abbia l'ardore del sole e la rosa ti donerà tutto il suo profumo.
Proverbio curdo
Un bacio lecito non vale mai un bacio rubato.
Guy de Maupassant
Tutto ha una fine, salvo la banana che ne ha due.
Proverbio bambara
A Filadelfia i bar al sabato chiudono a mezzanotte ed aprono la domenica a mezzanotte e uno. W.C. Fields
Barbarus hic ego sum, quia non intelligor illis. Sono un barbaro perché costoro non mi capiscono. Ovidio
298
Se la barba fosse sufficiente (bastasse, giustificasse) alla saggezza, un caprone varrebbe Platone.Proverbio greco Dio, nella sua divina provvidenza, non ha dotato di barba le donne in quanto esse non avrebbero potuto tacere mentre le si radeva. Alessandro Dumas padre
Come sono nate le barricate? Per lottare contro i cavalieri del re, il popolo non avendo mai avuto la cavalleria. Andrea Malraux, La speranza
E' con le pietre della legge che si sono costruite le prigioni, con i mattoni della religione i bordelli.
William Blake
Ama tua moglie come l'anima e battila come la pelliccia.
Proverbio russo
La bellezza è una. Solo la laidezza è multipla.
Jules Barbey d' Aurevilly
L'avaro si deruba da solo, il prodigo ruba ai suoi eredi.
Thomas Fuller
Gli uomini evitano l'avaro perché non c'è nulla da guadagnare con lui.
Voltaire
L'avvenire è un posto comodo per metterci i sogni.
Gustave Flaubert
Dio ha donato alla donna due seni perchè ha dotato il maschio di due mani. Léo Campion, Lessico per ridere
Tutti i nostri mali derivano dal fatto che non possiamo rimanere soli. Di là il gioco, il lusso, la dissipazione, il vino, le donne, l'ignoranza, la maldicenza, l'invidia, l'oblio di se stesso e di Dio .Jean de la Bruyière, Dell'uomo
Vivere solo, è il piacere di mangiare il sedano alla salsa verde direttamente dalla carta della rosticceria. Jean Yanne, I pensieri
Il silenzio è la più eloquente interpretazione della gioia. W. Shakespeare, Tanto rumore per niente, Atto I°, scena I°
299
Il silenzio è l'espressione più perfetta di disapprovazione.
G. Bernard Shaw
Se non ci fossero stati i socialisti, il socialismo avrebbe governato il mondo.
G. Bernard Shaw
Cristoforo Colombo fu il primo socialista: non sapeva dove andava, ignorava dove si trovava, … e faceva tutto ciò a spese del contribuente. W. Churchill
Ho passato un'eccellente serata... ma non era questa.
Groucho Marx
Un buon soldato non deve che pensare a tre cose: Al re, a Dio, a niente.
prov. Tedesco
Il medesimo sole fa fondere la cera e seccare l'argilla.
Clemente Alessandrino
Ho letto un'insegna nella vecchia Nizza: Ristorante operaio-Cucina borghese. E' proprio il programma di certi miei amici socialisti . anonimo
Il sole ha la larghezza di un piedi d'uomo. (già riportato in Chiosa: se ci stende a terra, alzando la gamba verso il sole, il piede lo copre) Eraclito C'è più gente disponibile ad adorare il sole che sorge che non coloro che adorano il sole al tramonto. Plutarco, Pompeo
La durata del sonno necessaria a tutti è di circa altri cinque minuti... in più.
Max Kaufmann
Delle due cose l'una, L'altra è la Luna.
Jacques Prévert
Il sospiro di una giovane ragazza è la cosa più lontana dal ruggire del leone.
prov. Arabo
Il fiume più largo passa dalla sorgente.
Publilio Sirio
300
Beethoven era talmente sordo che era convinto di aver solo e sempre fatto il pittore. Francois Cavanna
Il ricordo è un poeta, non uno storico.
Paul Géraldy
Che cos'è un quartetto sovietico? Risposta: è l'orchestra filarmonica di Mosca dopo una tournée in occidente.
Io non amo gli specialisti. Per me specializzarsi, significa rimpicciolire d'altrettanto l'universo. Paul Débussy
L'uomo che basa la sua reputazione su una competenza in una tecnica particolare è un imbecille: Avendo commesso la follia di concentrare tutte le sue energie su un solo oggetto, non acquisito l'eccellenza in un dominio, escludendo con ciò tutte le altre preoccupazioni. Un tale individuo non può servire a nulla. Hagakuré, Codice d'onore dei samurai
La statistica è la prima delle scienze inesatte.
Edmond e Giulio Goncourt, Il giornale
Io trovo che la televisione sia molto propizia per la cultura: ogni volta che qualcuno la accende, io vado nell'altra camera, a leggere. Groucho Marx
Per sposarsi occorre un testimone. Come per un accidente o un duello.
Sacha Guitry
Nella vita ci sono tre cose insopportabili: un caffé freddo, lo champagne tiepido e le donne troppo calde. Orson Welles
La statistica è l'arte di spogliare le cifre di tutta la loro realtà: “uno” uguale a “uno”, qualche volta. Il più sovente 1 = x Rémy de Gourmond
Il tempo è breve per colui che pensa, ma interminabile per colui che desidera.
Alain
I selvaggi non si preoccupano affatto di uccidersi per il disgusto della vita: si tratta di una raffinatezza dell'uomo di spirito. Voltaire
301
Sapete che Guglielmo Tell aveva due figli?, Il primogenito, non se ne parla molto, poverino, è morto durante gli allenamenti. Anonimo
Non è mai troppo tardi per essere ciò che avresti potuto essere.
George Eliot
Si esagera circa il progresso della delinquenza giovanile: ai tempi di Adamo ed Eva, era al 50 per cento . Monsignor Rhodain
Una donna è fedele a suo marito. Un'altra è infedele al suo due volte alla settimana. In media queste due donne fanno le corna ai loro mariti una volta alla settimana. Alfred Sauvy
Una frase troppo carica di aggettivi è come un'armata in cui ogni soldato fosse accompagnato dal proprio valletto. Quintiliano
Quando uno si uccide, è l'uomo che uccide.
Sant' Agostino
Esistono tre tipi di bugiardi: quello puro e semplice, il bugiardo assatanato e lo statistico.
Mark Twain
---------------------LA TEORIA DELLA BILANCIA Jabir si fa promotore di una speculazione aritmologica sulle proporzione dei costituenti che partecipano alla composizione delle sostanze che conferisce all'alchimia una dimensione di natura quantitativa, a partire dalla quale elabora la sua teoria della bilancia. Secondo questa teoria le sostanze si compongono attraverso il bilanciamento dei loro costituenti primari, ma non sulla base di un effettivo proporzionamento delle masse coinvolte nella trasformazione chimica, bensì per mezzo di un bilanciamento delle loro nature, determinato attraverso l'analisi delle corrispondenze numeriche delle sostanze e dei loro componenti. 492
816
302
Per Jabir la serie dei numeri 1, 3, 5, 8, 28 riveste una grande importanza, in particolare il numero 17 che é espressione della somma dei primi quattro numeri della serie. Secondo l'interpretazione di Kraus e Stapleton, questi numeri costituiscono una parte significativa del quadrato magico la cui somma totale é 45. Se analizzato gnomonisticamente si individuano nel quadrato due raggruppamenti di numeri, uno con le cifre 1, 3, 5, 8 la cui somma é 17 e l'altro, composto dalle cifre 4, 9, 2, 7 e 6 la cui somma é 28. Questo quadrato magico, noto anche alla tradizione neoplatonica del III secolo e probabilmente più antico, é la fonte dei numeri significativi che Jabir applica ad esempio nella sua spiegazione basata sulla speculazione numerologico-alfabetica della costituzione dei metalli. Sulla base di questa dottrina, nella quale si sancisce il carattere numerico delle sostanze, Jabir elabora una teoria della materia originale che scaturisce dalla tradizionale concezione aristotelica dei quattro elementi. Per prima cosa viene postulata l'esistenza dei quattro attributi fondamentali (calore, freddezza, secchezza, umidità), i quali unitisi alla sostanza formano i composti di primo grado o nature (caldo, freddo, secco, umido). Dalle unioni di queste ultime hanno poi origine i quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) Andrea Bernardoni, Jabir ibn Hayyan, vol. 2 Medioevo, ed. l'Espresso
I LAPIDARI E GLI ERBARI Prendendo spunto dai capitoli del Fisiologo dedicati alle piante e alle pietre (ad esempio il diamante), arricchiti dei materiali assunti dalle enciclopedie, il Medioevo ha redatto erbari e lapidari in cui, rispettivamente, le piante e le erbe son o interpretate e classificate secondo categorie magiche e delle pietre sono elencate le meravigliose proprietà curative e talismaniche. Non sempre alle piante e alle pietre é associata una presunta moralità, vale a dire l'interpretazione allegorica in senso religioso: spesso gli erbari sono considerati dei veri e propri ricettari medici e i lapidari manuali di mineralogia medica. Irene Zavattero, Allegoria e natura, vol. 2 Medioevo, ed. l'Espresso
PRINCIPALI AUTORI E OPERE (di storia) La scomparsa del genere della Storia ecclesiastica nell'Alto Medioevo é stata messa dagli studiosi in relazione della fine dell'ideologia di una Chiesa universalmente diffusa, capace di dare unità al mondo. Alla Storia della Chiesa universale si sostituiscono quindi le storie di tante Chiese di potenza locale, come una forza poco più che locale diventa nel X secolo lo stesso Papato. A Roma la redazione del Liber Pontificalis si protrae per secoli, accorpando nuclei di origine e consistenza letteraria differente: dalle semplici, scheletriche indicazioni degli anno di pontificato alle notizie più antiche delle vere e proprie biografie del IX secolo: il tutto sempre ordinato in modo paratattico, seriale. L'esempio romano sarà un prototipo imitato dalle altre chiese. Pierluigi Licciardello, La storiografia, vol. 2 Medioevo, ed. l'Espresso
LE TRACCE DELLO SPETTACOLO NELL'ALTO MEDIOEVO Lo spirito licenzioso delle libertates decembris rinnova allora i carnevaleschi cerimoniali delle infrazioni, dei capovolgimenti, delle inversioni gerarchiche instaurando un fittizio trionfo della follia con l'elezione derisoria di un episcopus puerorum.
303
La festa degli innocenti vede un presule imberbe salire in cattedra con i sacri paludamenti, il pastorale, la mitria: benedice le follie ed empietà di chierici e di preti che durante un'imitazione del servizio divino entrano nel coro, danzando mascherati e cantando ritornelli osceni. … Non per nulla il canone 7 del Concilio di Tours dell' 813 diffida i sacerdoti affinché “sfuggano le spudoratezze dei turpi istrioni e le violenze degli spettacoli ed esortino gli altri sacerdoti a sfuggirne” (lo stesso Concilio ha stabilito che il Vangelo, durante la celebrazione eucaristica, venisse letto in lingua volgare creando di fatto l'inizio della lingua franca, come di tutte le altre. Nota mia) … Nei secoli successivi le feste paraliturgiche e l'eredità sovvertitrice delle Calende pagane sarebbero culminate nelle feste dei folli, aggregando fedeli, chierici e giullari nella degenerazione dell' Ufficio liturgico. Sebbene dalla corte di Aquisgrana il monaco di York, Alcuino (735-804), applichi con determinazione il suo progetto di restaurazione civile dell'Occidente, su basi classico-religiose ed attivi al proposito una soprannazionale scuola palatina, le sue diffide a clero e laici dal praticare spettacoli (una lettera del 791 lamenta: “L'uomo che ospita attori, mimi, saltimbanchi nella sua casa non sa quale turba di spiriti diabolici vi penetri”) non sortiscono sempre gli effetti sperati. La stessa politica di morigeratezza, insieme etica e culturale, si impone di seguire l'erede di Carlo Magno (782-(814), Ludovico il Pio (778-840), il cui biografo assicura: “Non esaltò mai nel riso la sua voce e quando, nelle grandi feste, i musici di scena rallegravano il popolo e i buffoni e i mimi e i saltimbanchi, con i danzatori e i suonatori di cetra, stavano presso alla sua mensa al suo cospetto, allora il popolo rideva con misura davanti a lui, ma egli non mostrò mai i candidi denti nel riso”. Luciano Bottoni, Le tracce dello spettacolo nell'alto Medioevo, vol. 2 Medioevo, ed. l'Espresso
Piergiorgio Odifreddi su Repubblica del 21 luglio 2009 intervista: George Steiner é l'incarnazione dello stereotipo dell'ebreo errante, poliglotta e cittadino del mondo. Personaggio controverso ritenuto da molti l'uomo più colto del mondo e da altri campione di vuota erudizione, ha scritto innumerevoli libri che mescolano letteratura, critica letteraria e filosofia.
….. (l'ultima affermazione é:) Non si sopravvive se non si impara ad essere ospiti. Siamo ospiti della vita, senza sapere perché siamo nati. Siamo ospiti del pianeta, al quale facciamo cose orribili. E essere ospiti richiede il dare il meglio ovunque si é, pur rimanendo pronti a muoversi per ricominciare, se é necessario. Credo che vivere l'ospitalità in maniera esemplare sia la missione, la funzione, il privilegio e l'arte degli ebrei.
LA MUSICA (Introduzione di Luca Marconi e Cecilia Panti) (Medioevo, vol. III, ed L'Espresso) La concezione della musica nel Medioevo é alquanto diversa da quella moderna. La musica é considerata oggi, in Occidente, un'arte (l'arte dei suoni) e/o una pratica espressiva “che ha direttamente nel sentimento il punto di partenza e quello di arrivo” come afferma Hans Heinrich Eggebrecht (1919-1999) nel celeberrimo “Cos'é la musica?” mentre nelle teorie medievali é innanzitutto una scienza, la Scientia de numero relato ad aliud, cioè la disciplina matematica che si occupa del numero in relazione ad “altro” dove altro é tanto il suono materiale quanto ogni altra realtà terrena e celeste nella quale è possibile rintracciare ordine, proporzione ed armonia. Eredi della concezione antica, i medievali inquadrano i saperi musicali nell'ambito della mathesis, cioé, come ribadisce ancora l' Eggebrecht, “sul concetto dell'ars musica come componente del quadrivio delle arti matematiche”. In effetti, é proprio nel corso del Medioevo che ha inizio la parabola di trasformazione della musica da scienza ad arte, intesa in senso moderno. Tale evoluzione é resa possibile da molti fattori, ma uno risulta alquanto determinante per innescare questo processo: l'oggettiva necessità di adattare i contenuti essenziali della matematica musicale antica a uno specifico repertorio di canti, il canto gregoriano, nato in età carolingia quale linguaggio musicale ufficiale della Chiesa cattolica. L' Ars cantus, l'arte del canto, é la dimensione teorica di una musica concreta, ispirata dal culto coevo.
304
Seguendo questa linea di demarcazione fra pensiero speculativo sulla musica e prassi musicale, il nostro percorso nella storia della musica medievale parte proprio dalla concezione del canto negli scritti dei Padri della Chiesa, che fungono da ponte fra tarda Antichità e Medioevo. I Padri, infatti, provano un interesse particolare per la musica, intesa appunto quale scienza matematica, secondo la tradizione filosofica platonico-pitagorica, ma non mancano di fare riferimenti puntuali al canto nelle funzioni religiose, cercando in vari modi di collegare la prassi virtuosa della lode canora a Dio con la “musica” che il mondo intero intona al Creatore. Il tema antico dell'armonia prodotta dalle sfere celesti, derivata dal pensiero dei grandi filosofi e pensatori del passato, Platone (427-347 a. C.) anzitutto, e quindi aggiornato alla luce della Bibbia e adattato alla nuova sensibilità religiosa. Agostino di Ippona (354-430) si colloca su questa stessa linea interpretativa, anche se il suo giudizio sulla pratica del canto a fini liturgici resta un punto controverso del suo complesso pensiero estetico, come evidenziano le trattazioni dedicate ai due maggiori teorici della musica fra tarda Antichità e Medioevo: Agostino e Boezio. …. --------------------
Un uomo che ha commesso un errore e non l’ha rimosso ed emendato, ha commesso un altro errore. Confucio
Errare è possibile per tutti gli uomini. Ma il saggio, quando ha commesso un errore, non rimane irremovibile, ma provvede a riparare. In difetto le conseguenze sono nefaste. Sofocle
La medicina crea persone malate, la matematica persone tristi, la teologia i peccatori. Martin Lutero (per fortuna che ai suoi tempi non c'era la psicologia!)
La perfetta ragione rifugge gli estremi e vuole che uno sia saggio con sobrietà.
Molière
Non siamo né angeli né bestie. Ma se commettiamo l’errore di considerarci angeli, allora diventiamo bestie. Achille Campanile
Per scrivere rapidamente bisogna aver pensato a lungo.
Charles Baudelaire
Ci vuole più coraggio per dimenticare che per ricordare. Il tiranno muore e il suo regno termina, il martire invece muore e il suo regno incomincia. Soren Kirkegaard
Strani questi italiani: sono così pignoli che in ogni problema cercano il pelo nell’uovo. E quando l’hanno trovato gettano l’uovo e si leccano il pelo. Benedetto Croce
305
Non c’è abbastanza tempo per fare tutto il niente che vuoi.
Bill Watterson
La prova che nell’universo non esistano altre forme di vita è che non ci hanno ancora contattato. Bill Watterson
E’ duro essere religiosi quando certe persone non vengono mai incenerite da un fulmine. Bill Watterson Dio è più vicino a noi di quanto sia la nostra aorta.
Corano
Mezelet = bosco di larici
---------------------------George Bernard Shaw Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà sta nel trovare il tono.
Il punto di vista secondo cui il credente sarebbe più felice dell’ateo è assurdo, tanto quanto la diffusa convinzione che l’ubriaco è più felice del sobrio. Gli animali sono miei amici….. e io mangio i miei amici. Alcuni guardano le cose e dicono: “perché?”. Io invece sogno le cose mai esistite e dico:”perché no?” In battaglia tutto ciò che è necessario per farti combattere è un po’ di sangue caldo e il sapere che il perdere è più pericoloso del vincere.
Il Parlamento, come é noto, é eletto dal popolo solo formalmente. In realtà é “nominato” da ristrettissimi gruppi, una trentina di persone in tutto; componenti organiche del Palazzo, come lo definiva Pasolini, o del “circolo dei grandi decisori”, come gli analisti del potere definiscono i luoghi nei quali un ristretto nucleo di detentori del potere reale assume decisioni che poi vengono ratificate nei luoghi formali del potere istituzionale. Grazie alla nuova legge elettorale che ha abolito il voto di preferenza, gli elettori non possono scegliere i rappresentanti da eleggere, ma solo ratificare a scatola chiusa le scelte effettuate dall'alto, compresi personaggi impresentabili e pregiudicati. E' stato spezzato il legame con il territorio dei parlamentari i quali non rispondono al popolo, ma solo ai loro nominatori ai quali devono subordinarsi, ben sapendo che qualsiasi disobbedienza può essere pagata a caro prezzo mediante la futura esclusione dalla lista dei candidati da rieleggere a scatola chiusa. Si é nuovamente instaurata la nomina octroyé del Parlamento che veniva graziosamente concessa dai sovrani assoluti prima delle rivoluzioni borghesi. Roberto Scarpinato, Il ritorno del Principe, ed. Chiarelettere, 2009
306
LA RINASCITA DELLA SCIENZA GIURIDICA E LA GENESI DEL DIRITTO COMUNE Culminata nella grande opera di Accursio (1182 ca-1260) in cui confluisce il distillato della sua tradizione dottrinale, la scuola dei glossatori mette al centro della ricerca e della didattica giuridica il Corpus iuris civili, concepito come diritto positivo vigente, da comprendere letteralmente nelle sue norme e nei suoi principi e interpretare sistematicamente nella loro correlazione. Le glosse vergate ai margini del testo giustinianeo, infatti, oltre a chiarire il significato delle parole e brani, contengono il richiamo a passi paralleli, cioé ad altri luoghi della compilazione contenenti disposizioni pertinenti al tema in esame. In tale sforzo ricognitivo-ermeneutico si rileva una concezione unitaria dei documenti giuridici raccolti da Giustiniano, che, invece di essere compresi nella loro distinta dimensione storica, sono interpretati come un insieme normativo organico e coeso. Da questo punto di vista, che esclude a priori la presenza di antinomie (inevitabilmente abbondanti in un'opera legislativa che contiene fonti eterogenee risalenti a epoche diverse) emerge pei i glossatori la necessità di risolvere le contraddizioni (ritenute soltanto apparenti) tra passi paralleli discordanti; donde l'importanza delle tecnica esegetica della distinctio attraverso la solutio contrariorum é ottenuta determinando il significato delle proposizioni confliggenti in relazione a fattispecie differenti. Per tale via, spesso filologicamente poco ortodossa, l'interprete supera l'interpretazione letterale del testo, giungendo talora alla creazione di categorie giuridiche originali e pragmaticamente utili. Oltre che nello glosse e nelle distinctiones, la dottrina della scuola trova espressione nelle quaestiones, raccolta di opinioni contrastanti su casi concreti o problemi teorici, nei brocarda, consistenti in enunciazione di principi generali attinenti diverse materie, nei tractati, esposizioni sistematiche riguardanti un tema specifico (ad es. l' ordo iudiciorum, oggetto dei trattati di procedura), nelle summae titulorum, brevi introduzioni ai singoli capitoli del Corpus, nelle summae, trattazioni complete di una delle sue quattro parti. Dario Ippolito, vol. IV Medioevo, Espresso ed.
Un uomo merita di essere considerato un saggio quando è dedito alla ricerca della saggezza; quando egli pensa di averla acquisita, è uno sciocco. Il libro della saggezza araba
Ma la saggezza è il vizio dei vecchi, ed i vecchi non sopravvivono ai loro vizi, portano con loro il segreto. George Bernanos, Il grande cimitero sotto la luna
La saggezza non è capricciosa come la fortuna, ma essa passa ben più raramente.
Maurice Magre
Non è l'imprenditore che paga i salari, ma il cliente.
Henry Ford
Non so perché, ma dopo lunedì scorso, ho l'impressione che sia sabato.
Roland Dubillard
Non fate mai all'amore il sabato sera perché, se piove domenica, non sapete più cosa fare. Sacha Guytry
307
La salute è uno stato precario che non fa presagire nulla di buono. Jules Roman, Il triondo della medicina
La salute è il silenzio degli organi.
Paul Valéry
L'abete dal cappello puntuto Di lunghi abiti rivestito Come gli astrologi.
Guillaume Apollinaire
C'è la stessa differenza fra i sapienti e gli ignoranti che fra i viventi e i morti.
Aristotele
Il sapiente non è colui che fornisce le corrette risposte, ma colui che pone bene le domande. Claude Levi-Strauss, Il crudo e il cotto
In Irlanda gli schizofrenici non sono curati da uno psichiatra, ma da due.
Barny Took
Si fa la scienza con i fatti, come si fa una casa con le pietre; ma un accumulo di fatti non è più una scienza, come un mucchio di pietre. Henri Poincaré
Bisogna chiamare scienza solo l'insieme delle ricette che riescono sempre. Tutto il resto è letteratura. Paul Valéry
Voi avete degli scrupoli, mio caro, come molti vecchi peccatori intorno alla sessantina. George Bernanos Monsieur Quine
Presso di me, il segreto è racchiuso in una casa dalle grandi catene la cui chiave è perduta e la cui porta è murata. Le mille e una notte
308
Se voi rifiutate, signora, non ditelo; se voi cederete, mi taccerò.
Jean Dolent
Tre persone possono conservare un segreto, se due di loro sono morte.
Benjamin Franklin
Settario: colui che non vede che una sola stella nel cielo.
André Prévot
Quando una donna diviene sapiente, è che ha qualche cosa di gravemente compromesso nei suoi organi sessuali. Fiedrich Nietzsche
Il sapiente è un uomo che sa molte cose che bisognerebbe conoscere meglio (di quanto lui) per capire se non è un asino. Hector Talvart, Congetture
Ci sono al mondo quattro tipi di uomini: -l'uomo che sa e che sa di sapere; si tratta del saggio di cui dovreste seguire i consigli. -l'uomo che sa, ma che non sa quello che sa; aiutatelo a non dimenticare che sa. -l'uomo che non sa niente e sa di non sapere; aiutatelo. -infine l'uomo che non sa niente, ma pretende di tutto sapere: costui è un folle che dovete evitare. Ibn Gabirol
Confucio diceva che il vero sapere consiste nell'esatta misura dell'estensione della propria ignoranza. Simon Leys, La foresta in fiamme
E' buono e bello sapere qualche cosa di tutto che sapere tutto di una cosa sola; questa universalità è la più bella. Blaise Pascal, Pensieri
DALLA STRADA DEL SALE ALLA STRADA REALE
309
Federica Paglieri, bollettino 2/1999 SSSAA prov. Cn
Dopo che nel 1579 la contea di Nizza era stata annessa ai domini della dinastia sabauda, il territorio della val Roja raggiunse l'unità politico-amministrativa e l'espansione dei Savoia verso il mare di Nizza, avviata sin dalla fine del XIV secolo, si poté dire veramente conclusa: dopo un periodo di travagliate vicissitudini Emanuele Filiberto riuscì a garantirsi, attraverso l'unità territoriale di quella parte del ducato, il controllo di un percorso che stava acquisendo sempre più rilevanza per la vita commerciale dello stato. (mia nota: antecedente al 1579 una grande rivalità esisteva fra Briga e Tenda in quanto il sale transitando per Sospello, il colle del Brouis risaliva da Briga a Briga Alta e quindi discendeva lungo il Tanaro sino a Mondovì: vedasi targa sul Municipio di Frabosa.)
… “A pubblico beneficio dei dominii al di qua e al di là delle montagne, per l'utilità dell'Italia e di tutto il mondo, tagliati con il ferro e con il fuoco gli incessabili dirupi sui due versanti delle Alpi Marittime, Carlo Emanuele I, undicesimo duca di Savoia, provvido principe, padre della patria, fortunatissimo in guerra e in pace, di propria iniziativa, a proprie spese e con la propria operosità, costruì questa strada regia” Grande iscrizione (ora scalpellinata) posta nelle gorges di Saorgio per i lavori iniziati nel 1610 per rendere più agevole il passaggio.
…. Le operazioni di scavo (del tunnel) iniziarono nel 1614 e vennero ritentate in fasi successive, con scarsi risultati. Per l'anno 1633 é conservata una interessante relazione inviata dall' auditore Bonfiglio al duca di Savoia per un aggiornamento dei lavori effettuati e delle spese sostenute: “Per finire il buco del colle di Tenda mi mancano 660 trabucchi di lunghezza...” L'auditore proponeva poi di tentare un nuovo scavo in un'altra zona del colle, cioè dalla parte di San Lorenzo: “...il buco e la strada sarebbero più sicuri, più brevi, più utili e più corto il tempo a finire il tutto... se la primo buso sono necessari nove anni per finirlo, a questo basteranno tre, come dice lo ingegnero che ne é pratichissimo.”
UN MANICOMIO PROVINCIALE NELL'ETA' DEL “GRANDE INTERNAMENTO” (1871-1914)
Livio Berardo, bollettin 121/1999 SSSAA Prov. Cn Nei salari, per larga parte in natura, percepiti dai braccianti e dai salariati... nella prima metà dell'ottocento emerge con chiarezza la progressiva scomparsa dell'erogazione di una vasta gamma di alimenti quali il burro, il sale, i legumi, il formaggio, il vino sostituiti esclusivamente con il mais. Dunque aumentava la popolazione rurale e così pure la quantità delle derrate prodotte ma uno degli effetti di quella profonda trasformazione fu di creare un rigido dualismo all'interno delle aziende: da un lato il frumento, il riso, la produzione zootecnica, le culture specializzate, le piante industriali come il lino ed il gelso, interamente orientate al mercato; dall'altro il granoturco e la patata utilizzate come merci salario per i contadini ed i braccianti. Il monofagismo aveva conseguenze funeste: questa nuova patologia era la pellagra, una avitaminosi che si manifestava con un articolato percorso sintomatico, che da una dermatite piuttosto accentuata, sfociava nella follia e in un marasma organico che portava alla morte.
310
La sindrome si manifestava con una implacabile stagionalità: con il sopraggiungere dell'inverno il depauperamento della dieta contadina, la continua permanenza nelle stalle per vincere il freddo e una “vita generalmente malinconica” riproducevano i loro effetti squassanti sull'equilibrio organico e psichico che puntualmente si manifestava sul finire di questo periodo di forzato letargo ed alla ripresa delle dure fatiche del lavoro contadino
….. La verità era che i manicomi da “luoghi progettati per la cura si erano rapidamente trasformati in deposito di rifiuti umani di una società che stava rapidamente mutando”.
Quisquis huc accedis: Quod tibi horridum videtur Mihi amænum est. Si placet maneas Si tædet abeas, Utrumque gratum. "Chiunque tu sia che vieni qui: ciò che a te sembra orrido a me è gradevole. Se ti piace, rimani, se ti attedia allontanati; l'una e l'altra cosa mi è gradita". Villa Chigi poi Farnesina a Roma: scritta su affresco di Raffaello
(sulla porta di accesso della clinica Aresu di Cagliari ma ancor prima alla Villa Farnese a Roma) ------------------------------------ versione fornita da Pino, idraulico 28 sett. 2009
Nella sua vita sempre addizionò mai sottrasse sempre moltiplicò mai divise
311
Figli, generi, nuore e nipoti divisero e sentitamente ringraziano
Adriano Bonvissuto riferendosi a…. , il meccanico di moto
La cosa più importante è non pensare troppo e amare molto. Per questo motivo fate ciò che più vi spinge ad amare.
Santa Teresa d'Avila
Chi aspetta aiuto dai parenti aspetta fino a quando gli cascano i denti. Solo la luce che uno accende a se stesso, risplende in seguito anche per gli altri.Arthur Arthur
Dall'albero del silenzio pende per frutto la tranquillità.
Schopenhauer
Schopenhauer
Chi è soltanto in anticipo sul proprio tempo, dal suo tempo sarà raggiunto.
Ludwig Joseph Johann Wittgenstein
-----------------------Giordano Bruno GUERRI, Gli italiani sotto la Chiesa, A. Mondadori ed. , 1992
Signorie, Repubbliche e Stati dovevano quotidianamente fare i conti con la fortissima presenza della Chiesa nei loro territori. Non bastava dunque che i reggitori delle Signorie e delle Repubbliche fossero o fingessero di essere pii: la curia era il luogo centrale della politica italiana e ogni Signoria, ogni Stato vi dovevano avere amici fidati. Este, Gonzaga, Sforza, Medici, le grandi famiglie romane e molte signorie minori facevano a gara nell'acquistare vescovadi e cardinalati, dai quali ricavavano ulteriore ricchezza, prestigio, potere, la certezza di avere un autorevole rappresentante a Roma e magari, un giorno, un papa della famiglia. La Chiesa a sua volta si rafforzava, sia con le vendite a caro prezzo delle cariche, sia avendo nel suo interno i rappresentati delle categorie più forti. Fra la metà del Quattrocento e la fine del Cinquecento, ad esempio, i Gonzaga riuscirono ad avere otto cardinali, gli Este tre, i Medici cinque. Quanto ai papi, fra il 1455 ed il 1534 ci furono due Borgia, due Medici, due Piccolomini, due Della Rovere, a riprova del tentativo di far diventare ereditaria la carica. …. Per esempio Venezia, voleva vescovi propri nei territori conquistati nella terraferma, e così fu: tra il 1455 ed il 1550, nelle dodici sedi vescovili della terraferma, ottantacinque vescovi furono signori o patrizi veneziani, e solo nove locali. ….. Alessandro VI, lo scelleratissimo papa Borgia, a fine Quattrocento aveva fatto un'infornata di cardinali scelti con il criterio che dovessero servire alla sua politica di espansione e di mantenimento dinastico del papato; oltre al figlio, duca
312
Valentino, aveva dato la porpora a cinque parenti, tutti di pessima fama. Anche Alessandro Farnese, futuro Paolo III, era quasi di famiglia, perché sua sorella Giulia era amante del papa. Ippolito d'Este, quello cui Ariosto dedicò l' Orlando Furioso, definendolo ornamento e splendor del secolo nostro, ebbe la porpora a quattordici anni, e quando fu più grandicello fece cavare gli occhi a suo fratello per una questione di donne.
… Ognuno aveva una vera corte fatta non solo di servi, ma anche di poeti, scrittori, pittori, astrologi, buffoni. Quando Ippolito d'Este andò in Francia aveva un seguito di 350 persone. Nel 1527, prima del sacco, a Roma c'erano 21 corti cardinalizie, che in media mantenevano 150 persone l'una, ma le corti dei nipoti dei papi potevano arrivare a 500 “bocche”. Per ospitarle degnamente furono costruiti molti dei magnifici palazzi, delle ville e delle chiese che ancor oggi ammiriamo: villa Borghese, villa Giulia, villa Pamphili, la villa di Tivoli, palazzo Farnese, palazzo Slaciati, la chiesa di piazza del Gesù, ecc.
… Di nuovo in Macchiavelli c'è la mancanza di contenuti morali: essendo il fine ultimo di ogni stato mantenere il potere e, se possibile, espanderlo, il Macchiavelli fornisce una manuale di regole necessarie. Fra le regole c'é quella che un Principe “non può né deve rispettare la parola data, se tale rispetto lo danneggia”. Per raggiungere gli scopi ha tutto il diritto di ingannare, avvelenare, congiurare, sterminare popoli. La più importante virtù di un principe é l'astuzia, accompagnata dall'ambizione, dalla mancanza di scrupoli, dalla determinazione. Insomma Macchiavelli separa la politica dalla morale, codifica il realismo politico e afferma il principio che il responsabile dello Stato non può tener conto delle regole dei gentiluomini. A distanza di quasi cinquecento anni le regole fondamentali del Principe rimangono attuali, anche se la democrazia ne annulla i punti più crudi. Ma al suo apparire il libro fece sensazione e diventò un testo sacro per re, tiranni o aspiranti tali: Carlo V, uno degli uomini più potenti di ogni tempo (e che poco dopo la morte del Macchiavelli si impadronì di quasi tutta l'Italia), ne aveva imparato molti passi a memoria e lo teneva accanto al letto. Richelieu lo consultava prima di prendere le decisioni più importanti. I dittatori moderni non abbandonarono la tradizione, da Lenin a Mussolini. Quando al Duce venne offerta la laurea honoris causa in giurisprudenza dall'università di Bologna, preparò una breve tesi sul Principe: sosteneva che la dottrina del Macchiavelli é “viva oggi più di quattro secoli fa”. Dalla sponda opposta dell'ideologia, Gramsci, in carcere per antifascismo, identificava la figura del Principe in quella di un moderno partito di massa.
… Scrittori, scultori e pittori dell'epoca non potevano vivere che di commissione pubblica e la commissione pubblica poteva essere solo quello di Signori o prelati, ai quali dunque si legarono come unica fonte di sostentamento: ed ecco gli intellettuali-cortigiani. La divisione politica dell'Italia e il parallelo comando ecclesiastico comporta così anche vincoli precisi per la creazione artistica. In Italia, per esempio, fu scarsissima la produzione pittorica sulla vita quotidiana o su temi civili, come invece nella scuola fiamminga. Da qui l'impressionante numero di Madonne, Martiri, Deposizioni che compongono la nostra splendida pittura.
...Ma mentre gli umanisti del Trecento avevano forti motivazioni morali e politiche, l'intellettuale del Quattrocento si sente già superiore alle leggi che regolano la vita del volgo. Poggio Bracciolini, uno dei più importanti, scriveva nel 1450 : “gli uomini gravi, prudenti, modesti non hanno bisogno di leggi. (…) Respingono e sprezzano le leggi, adatte ai deboli, ai mercenari, ai vili, ai miserabili, ai pigri, coloro che non hanno mezzi. (…) Infatti tutte le imprese egregie e degne di ricordo son nate dall'ingiustizia e dalla violenza, e insomma dalla violazione delle leggi”.
… La sintesi perfetta dell'uomo del Quattrocento fu Pietro Bembo, cortigiano, letterato e cardinale. Veneziano, patrizio, dottissimo Bembo veniva ritenuto -grazie alla miopia comune ai contemporanei in qualsiasi epoca- il più grande intellettuale del tempo. Aveva fatto il cortigiano a Ferrara e ad Urbino, aveva tentato invano la carriera politica, la poesia, era stato amante di Lucrezia Borgia e aveva avuto dei figli. Nel 1508, a trentotto anni, iniziò la carriera ecclesiastica per godere dei relativi benefici e per cercare di entrare alla corte papale, la più ambita, dove infatti fu accolto. Ebbre tre figli e finalmente divenne cardinale nonché vescovo, ma non mise quasi mai piede nelle sue sedi, Gubbio e Bergamo. Disse la prima messa a settantun anni. L'importante per un cortigiano era dissimulare e Bembo evitò di pubblicare certe sue opere profane mentre aspirava al cardinalato.
313
… Giulio, detto “il Terribile” era un ricco francescano, padre di tre figlie e amante della guerra, che era riuscito a salire al soglio pontificio, nel 1503, grazie al denaro ed alla protezione dei re di Francia. I suoi principali problemi furono la sifilide, che forse lo uccise, e la conquista delle città perdute dai suoi predecessori. Comandava di persona gli eserciti, armato di tutto punto: quando assediò Bologna promise le remissione dei peccati a chiunque gli portasse, recisa, la testa di un nemico. Fu abile politico e un buon militare e riuscì nei suoi scopi ma, come vedremo, a caro prezzo per l'Italia. Intanto però il suo mecenatismo procurò a Roma, fra l'altro, la bellissima via Giulia, le opere del Bramante (che progettò la basilica di San Pietro, terminata 120 anni dopo) da Raffaello e di Michelangelo, che sotto il suo regno affrescò la Cappella Sistina. Erasmo da Rotterdam, che nel 1506 venne a Roma per studiare un possibile rinnovamento del cattolicesimo, rimase sbalordito dalla sua pompa e dalla quantità degli intellettuali italiani che aspiravano sottometterglicisi. Gli succedette nel 1513 Leone X. Aveva trentotto anni ed era cardinale da ventiquattro. Come figlio di Lorenzo aveva avuto un indottrinamento raffinatissimo, era enormemente ricco ed amava l'arte come la politica; Quando venne eletto, coerente con i versi del padre commentò: “Godiamoci il pontificato, poiché Dio ce l'ha dato”. Mantenne il proposito.
Il sacco di Roma. Fra tutti gli inquieti Stati italiani, il più inquieto era lo Stato della Chiesa. Alessandro VI aveva comprato l'elezione a suon di denaro e di commende. Era un sessuomane e per di più amava la famiglia: quando divenne papa a 61 anni, aveva già sette figli. Ne avrà ancora due, senza preoccuparsi di nascondere al mondo le sue numerose amanti. Fra i figli c'era Lucrezia, celebre “avvelenatrice” ravveduta, e Cesare, detto il Valentino, il principe-cardinale che tanto entusiasmò il Macchiavelli come campione di cinismo. Alessandro non trascurò nulla per farsi ricordare come il papa meno degno della storia, il frutto più marcio della degenerazione della Chiesa. Lo scopo di Cesare ed Alessandro era trasformare l'intero Stato pontificio in un dominio personale dei Borgia, dopo averlo accresciuto il più possibile. Forse ci sarebbero riusciti se non fossero morti entrambi, in circostanze abbastanza misteriose.
…. Carlo V non amava gli italiani. Ricordava come avevano trattato il suo precettore Adriano VI, e forse applicava a tutti la frase con la quale aveva definito i sardi, quando andò nell'isola e dovette salutare da un piccolo balcone la folla :”Pochi, matti e divisi”, disse a bassa voce. Poi, alzando la mano, li nominò “todos caballeros” e se ne andò. Dopo l'ennesimo tradimento di Clemente, nel 1527, lasciò che una sua masnada si dirigesse verso Roma. Era composta di 30.000 uomini fra spagnoli, italiani di ogni luogo e lanzichenecchi. Landsknecht significa soldati del contado, soldati-contadini, ancor meno civili degli altri. Ed erano fanatici della riforma religiosa appena iniziata da Lutero, che traducevano in odio contro il papa ed il suo clero: li ritenevano responsabili di ogni ignominia e li volevano punire con una crociata al contrario. Vestivano pantaloni e giacche dagli ampi sbuffi, e piume sull'elmo che ne aumentavano l'imponenza. Micidiali nell'uso di asce, lance e mazze, erano spietati. Il loro capo era stato preso da un colpo apoplettico a Ferrara e -curato con bagni in olio nella quale era stata bollita una volpe,- non partecipò alla spedizione. Il comandante in capo era un francese che aveva cambiato campo, il conestabile di Borbone, ma venne ucciso (uno dei pochi) al primo assalto; né probabilmente l'avrebbe consolato sapere che a sparare il fatale colpo di archibugio era stato Benvenuto Cellini: così si vantò quell'artista sbruffone. L'orda -che da mesi non riceveva il soldo- era dunque senza un vero capo e si trovava di fronte ad una città della quale il mondo magnificava i tesori e la bellezza delle donne. Roma aveva allora poco più di 50.000 abitanti, ma solo 12.000 erano romani. C'erano colonie di ogni regione, soprattutto fiorentini, e di ogni nazione. Secondo il censimento del 1526 le prostitute, più o meno di lusso, erano addirittura 4900, cioè una ogni dieci abitanti, una ogni cinque femmine, una su tre in età praticabile: cifra ragionevole se si pensa che dovevano soddisfare le esigenze dei pellegrini e di un clero celibe ma non casto, e che la Chiesa ha sempre giudicato la prostituzione un male minore rispetto all'adulterio: “Togli le prostitute al genere umano e tutto verrà sconvolto dalle passioni della lussuria” aveva detto Sant'Agostino. Secondo lo stesso censimento alla corte del papa c'erano 700 persone; aggiungendo le corti dei cardinali si vede che quasi un romano su dieci dipendeva direttamente dalla curia, senza contare i religiosi, e tutti gli altri indirettamente.
314
Soldati pochini: 4000 uomini reclutati alla meglio e 189 svizzeri, che dal 1506 costituivano la guardia armata del papa (non perché fossero neutrali, come oggi, ma perché erano mercenari di pregio) … E' interessante la specializzazione delle tre diverse etnie durante le prime ore del saccheggio, quando gli istinti valevano di più di qualsiasi progetto: secondo i cronisti, i tedeschi preferivano ammazzare chiunque trovassero, compresi i bambini, donne e vecchi. Gli spagnoli andavano alla ricerca di donne per stuprarle. Gli italiani rubavano perché ad ammazzare e a stuprare c'era sempre tempo. ...Il papa intanto aveva trovato rifugio nell'imprendibile fortezza di Caste Sant'Angelo, da dove poteva assistere ogni giorno alla scempio. Decise di arrendersi solo dopo un mese, e stavolta la richiesta era di 40.000 ducati, la cessione di diverse città, la consegna in ostaggio di diversi cardinali. Clemente cedette e da quel momento divenne prigioniero, perché non aveva di che pagare. Riuscì a fuggire, travestito da servo, il 7 dicembre e si rifugiò a Orvieto. Roma rimase occupata dai 10.000 superstiti dell'esercito imperiale, falcidiato dalla peste e dalle defezioni di chi aveva preferito saccheggiare, in bande incontrollate, le regioni circostanti. Se ne andarono solo il 17 febbraio 1528, dopo oltre nove mesi. Circa 20.000 romani erano morti. Della bellezza romana rimanevano le statue intrasportabili, gli affreschi e i muri, tranne quelli delle 3600 case incendiate e abbattute.
Riforma e controriforma. ...La vendita delle cariche e dei relativi benefici era condannata dalla Chiesa stessa, che però la praticava apertamente. Uno dei suoi effetti meno eclatanti ma più perniciosi fu l'assenza dei vescovi nelle rispettive diocesi. Chi aveva acquistato un vescovado per motivi di prestigio o di guadagno, spesso non aveva voglia di andarci ad abitare, preferendo vivere o nella propria città o a Roma, vicino alla curia. Capitò, per dire solo i casi più clamorosi, che Milano nel Cinquecento non vide i propri vescovi per mezzo secolo, e Pavia per più di cento anni. Facile immaginare le conseguenze sul comportamento del clero e sull'amministrazione dei beni ecclesiastici. Quanto al basso clero, non esistevano seminari, quindi non aveva alcuna formazione religiosa. Insieme ad anime pie prendevano i voti anche fanatici religiosi o, caso più frequente, gente in cerca di vita comoda e sicura, ragazzi che le famiglie non giudicavano abbastanza svegli per cavarsela nella vita. Specialmente il clero della campagna era pessimo: poco meno ignorante dei contadini, ne condivideva superstizioni e vizi: credevano nella cabala, negli esorcismi, nella negromanzia, nelle magie. I gesuiti, appena nati, incominciarono a occuparsi di scremare il basso clero. Scoprirono che i più non avevano nozioni teologiche né liturgiche, che evitavano di confessare e di predicare, ma spesso integravano i benefici con un secondo lavoro, e che soprattutto conducevano vita peccaminosa. Del resto, non era una novità. Né i monasteri offrivano esempi migliori: le sapide novelle anticlericali su quel che accadeva nei monasteri, specialmente femminili, sono suffragati da dolenti rapporti ecclesiastici. ... In questa atmosfera religiosa superficiale e folcloristica le profezie e i miracoli abbondavano in ogni angolo d'Italia, ad alimentare credenze popolari che avranno vita lunga. Fu un'epoca di frequentissime apparizioni della Madonna, come testimoniano i molti santuari fondati durante il Rinascimento .
… Nel 1513 divenne papa Leone X, il più dispendioso papa della storia. Fra mecenatismo, lusso e guerre, Leone dissanguò l'erario, e a Roma si diceva che avesse speso come tre papi. Leone vendette 1353 cariche, fra cui, nel 1517, 31 cardinalati. Aumentò anche la vendita delle indulgenze, la richiesta di decime e si indebitò con i banchieri impegnando i beni della Chiesa. In quel fatale 1517 organizzò una vendita di indulgenze in grande stile (gli servivano denari specialmente per la costruzione della basilica di San Pietro). Per non scontentare troppo i re, assegnò loro una partecipazione agli utili: circa un quarto per il re di Inghilterra e di Francia, un sostanzioso anticipo al re di Spagna e uno assai meno sostanzioso a Massimiliano d'Asburgo. La Germania ed il Sacro Romano Impero erano così disuniti da non dargli grande potere contrattuale. Raggiunti gli accordi, i messi papali partirono per raccogliere le offerte. Uno di questi era il frate domenicano Giovanni Tetzel, che non era molto differente dagli altri venditori di indulgenze e non sarebbe passato alla storia se non avesse operato in Sassonia, vicino a Lutero. Tetzel era un buon venditore. Si faceva preparare dal clero locale una solenni accoglienze, esibiva la bolla papale sopra un cuscino di velluto, come una reliquia e ne magnificava il potere: con un'offerta consistente non solo si lavava
315
qualunque peccato, anche senza confessione, ma si potevano liberare le anime del Purgatorio, già condannate dal Signore. Nessun papa per la verità si era spinto a promettere tanto, ma bastava lasciare ampia libertà di fantasia ai venditori, e non smentirli. Alcuni fedeli chiesero a Lutero un parere sulla bontà dell'affare, e il monaco rifiutò di rispondere. Tetzel lo denunciò all'arcivescovo. Per tutta risposta il 31 ottobre 1517 Lutero espose alla porta della cattedrale di Wittemberg le sue 95 tesi. Fra l'altro sosteneva che le indulgenze erano una truffa, perché il papa non poteva tirar fuori nessuno dal purgatorio se non con le preghiere. Ancora conciliante, attribuiva la responsabilità del traffico ai suoi emissari, ma quando Leone gli ordinò di andare a Roma si rifiutò.
… La Chiesa dimostrò in abbondanza di non voler cambiare eleggendo, come successore di Clemente VII, Alessandro Farnese che si chiamò Paolo III (1534-49). Sua sorella Giulia era stata amante di Alessandro VI, che lo fece cardinale. Paolo III non si negava i piaceri della carne: aveva numerosi figli benché ne riconoscesse solo tre. Credeva nell'astrologia e disse la prima messa a 51 anni, dopo 26 di cardinalato. Si propose di far tornare Roma magnifica, dopo il sacco, e il suo pontificato fu pieno di feste, arte, nepotismo e nuove costruzioni, fra cui appunto palazzo Farnese. Tentò, senza convinzione e tenacia, un accordo con i luterani; inviò in Germania proprio Contarini per ricomporre lo scisma, ma alle prima difficoltà lasciò che le trattative fallissero. In compenso organizzò le armi con le quali il cattolicesimo si sarebbe difeso: la Compagnia di Gesù e gli altri ordini che sarebbero diventati protagonisti della Controriforma: barnabiti, cappuccini e teatini. Nel 1542, soprattutto, creò la “ Santa Romana e Universale Inquisizione”, poi nota più semplicemente come Santo Uffizio: un istituto apposito per potenziare una pratica che esisteva da oltre tre secoli. (nota mia: ne consegue la modalità di cristianizzazione dei nativi abitanti del centro America, colonizzati in quel tempo)
… L'Inquisizione venne ufficializzata nel 1215 da Innocenzo III durante un concilio, e fu l'unico punto sul quale ebbe il pieno appoggio dell'Anticristo Federico II: l'eresia era equiparata all'omicidio, o peggio, alla lesa maestà e punita con la pena più atroce, il rogo. La prima Inquisizione svolse anche una parte importante nell'affermazione della centralità del papato: i papi non si fidavano del lassismo di certi vescovi, e i tribunali venivano presieduti da incaricati del papa scelti in prevalenza tra i nuovi ordini mendicanti dei francescani e dei domenicani che con la loro purissima fede e obbedienza garantivano il massimo della durezza. Tra la metà del Duecento e la metà del Trecento, in Italia vennero estirpate tutte le lievissime eresie di chi continuava a chiedere il ritorno al Vangelo. Fu un vero massacro, diluito nel tempo e nello spazio di ogni regione italiana.
… Il fenomeno (dei mendicanti) era particolarmente grave a Roma, mecca dei mendicanti. Durante il Giubileo del 1575 erano affluiti a Roma 400.000 pellegrini, che nel 1650 saranno 700.000. Ma anche negli anni normali i pellegrini non erano mai meno di 300.000. Molti vivevano di elemosina, molti in realtà erano sbandati in fuga dalle famiglie o semplici vagabondi. Paolo IV é il primo a prendere delle misure radicali: nel 1561 dichiara reato l'accattonaggio pubblico. Lui e i suoi successori crearono degli “ospedali” che sono veri reclusori per poveri. Chi rifiuta di farcisi ricoverare, la maggioranza, viene criminalizzato. La polizia pontificia ha un modo molto semplice per distinguere i poveri involontari dai mendicanti: quelli con i calli sulle mani vengono rilasciati, gli altri incarcerati e perseguitati. Il mendicante, da oggetto di commiserazione che era, diventa un individuo potenzialmente pericoloso, immagine che sopravvive ancor oggi. Tuttavia Roma rimarrà, almeno fini a tutto l'Ottocento, la mecca dei mendicanti. Per combattere la riforma, la Chiesa rafforzò quello che i riformisti consideravano una pratica quasi magica: il culto dei santi. Quasi tutte le religioni hanno i loro “santi”, ma nel cattolicesimo sono un pilastro della devozione, tanto che la Chiesa ha dovuto organizzare una congregazione che si occupa solo di “fare i santi”, ovvero accertare la santità dei candidati. ….... Nella religiosità popolare “Dio” -misterioso ed astratto- é quasi ignorato in favore di Gesù, unico componente della Santissima Trinità, con una storia umana. Non meno importante é la Madonna, che nel suo ruolo di Madre del Signore, può intercedere presso di lui. ….
316
I Santi hanno il vantaggio di essere ancora viventi fra noi attraverso una quantità sterminata di reliquie e un più modesto numero di miracoli. Secondo la dottrina non sono loro a fare i miracoli: loro lo chiedono a Dio, che lo può concedere o meno. Questa non sottile distinzione viene sottaciuta dal clero e sistematicamente ignorata dai fedeli, che chiedono al santo e ringraziano il santo.
… Paolo III morì nel 1549. Ormai molti cardinali avevano capito, come Contarini, che nella Riforma c'era del buono, e che prenderne qualcosa avrebbe fatto bene alla fede, se non alla Chiesa. Gli intransigenti invece erano arroccati nella tradizione e volevano purificare il mondo con il fuoco: il guidava il potentissimo cardinale Già Pietro Carafa, teorico della restaurazione piena, di stile medievale, basata sull'obbedienza, l'assolutismo, l'intoccabilità dei dogmi. Carafa riuscì a far eleggere il corrotto Giulio III, Giovan Maria de' Ciocchi del Monte: meglio un cattivo papa che un papa riformatore. Giulio III (1550-1555) si voleva godere la carica. Non rinunciò a nessuna festa, né a sistemare i parenti, né a farsi costruire fuori porta la magnifica villa Giulia, né a nominare cardinale un ragazzotto di quindici anni che accudiva alle scimmie del Vaticano e che probabilmente era suo figlio. Durante la sua fetta del concilio fece in tempo solo a confermare la dottrina cattolica sulla confessione, l'eucarestia e l'estrema unzione.
… Quando Elisabetta, figlia di Anna Bolena, salì sul trono d'Inghilterra, scrisse a Paolo chiedendogli il riconoscimento. Era l'occasione per ricomporre lo scisma d'Inghilterra, perché Elisabetta non si era mai dichiarata né cattolica né protestante. Il papa le rispose che, essendo nata da un matrimonio non consacrato, era una bastarda senza diritti. Così la Chiesa perse per sempre l'Inghilterra e di conseguenza quello che sarebbe diventato l'immenso impero inglese, in piena espansione; rimasero cattolici invece gli imperi spagnolo e portoghese, già sulla via della decadenza e creatori dei miserabili Stati dell'America centromeridionale. Con Paolo IV la Chiesa aveva definitivamente scelto la reazione.
… Per di più la Chiesa si impossessa completamente dell'educazione scolastica: nel 1564 Paolo IV impone che tutti i maestri, anche laici, anche privati, facciano professione di fede al vescovo. Gli Stati italiani accettano. Due anni dopo viene pubblicato il Catechismo Romano, un vero manuale in cose in cui credere, semplice e popolare, per indottrinare i credenti tenendoli lontani dalle Sacre Scritture e da ogni analisi critica: bastava che il credente conoscesse le verità della fede, i dieci comandamenti, il Credo il Pater e l'Ave Maria (in latino e a memoria). La Chiesa in quel momento avrebbe volentieri limitato a questo testo l'intera produzione libraria; Un funzionario dell'Indice, un giorno del 1575 si sfogò dicendo: “La santa Chiesa havria più bisogno che per molti anni non vi fusse stampa”.
… Nel Settecento, a evangelizzare le campagne non sono più i gesuiti, ma nuovi ordini, meno sofisticati, come i passionisti, i redentoristi, i lazzaristi, che continuano l'opera di sradicamento delle credenze magiche e superstiziose sostituendole con nuove devozioni a forte presa popolare. Per esempio il culto mariano e quello del Sacro Cuore di Gesù, istituito nel 1765 dopo che papa Benedetto XIV si era rifiutato di approvarlo.... Nel 1798 con più ironia che stupore il “Moniteur” nota che è bastato esentare dal servizio militare i coniugati per veder aumentare di colpo il numero dei matrimoni: “Trovano più dolce lavorare per la procreazione della specie umana che lavorare per la difesa della Repubblica” Poi rileva che :”le masse vivevano più o meno d'elemosina e avevano tutte le abitudini della mendacità e tutti i vizi della pigrizia”, ma che sono talmente “docili” da cominciare “ad abituarsi anche al lavoro”. …. Ovunque, meno che in Toscana, i gesuiti presero il controllo dell'istruzione pubblica, e ricrearono la spettacolare ed esteriore religiosità di massa: mese mariano, rosari collettivi, culto del Sacro Cuore,. In poche epoche avvennero tanti miracoli come in quegli anni.
… “Furbo” deriva dal francese fourbe (ladro), fourbir (ripulire le tasche), …
317
La Chiesa faceva invece le sue scelte con determinazione: non riconosceva il Regno d'Italia (di conseguenza non lo riconoscevano anche molte altre nazioni) e Pio IX emetteva bolle ed encicliche a raffica per condannare sia lo Stato italiano che le “moderne dottrine”. Il culmine fu raggiunto con l'enciclica Quanta cura del '8 dicembre 1864, il cui succo é che la democrazia distrugge la giustizia e la ragione. A Quanta cura era accluso il Syllabus complectens praecipuos nostrae aetatis errores, ovvero l'elenco dei principali errori dell'epoca, passato alla storia come il Sillabo. Secondo l'enciclica gli errori principali sono ottanta, fra cui il razionalismo, il socialismo, il liberalismo, il matrimonio civile, la teoria che la Chiesa non debba avere uno Stato. A mo' di sigillo l'ultima tesi condannata é quella secondo la quale “ il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione con il progresso, col liberismo e con la moderna civiltà”. E' il caso di rilevare che il Sillabo non fu un colpo di testa del papa, ma il frutto di lavoro di tre anni di una apposita commissione di cardinali e teologi che aveva anche consultato 255 vescovi. Il Sillabo rappresentò “la scissione della Chiesa dal mondo, in vista di contrapporre l'assolutezza della fede alle sconfitte della storia” (Spadolini).
… In compenso il parlamento rispose al sillabo con una mitragliata di leggi: soppressioni di ordini religiosi ed incorporamento dei loro beni, eliminazione della giurisdizione ecclesiastica sui cimiteri, servizio di leva anche per i seminaristi, obbligatorietà del matrimonio civile accanto, per chi volesse, a quello religioso. Pio IX si irrigidì ancora di più. Nonostante le pressioni e le preghiere che gli giunsero da tutto il mondo, rifiutò di graziare due attentatori che avevano fatto saltare in aria una caserma pontificia: i due vennero decapitati in Piazza del Popolo. Soprattutto convocò, per l'8 dicembre 1869, il Concilio Vaticano, che stabilì le regole alle quali la Chiesa si sarebbe uniformata per quasi cento anni, sino al Concilio Vaticano II di Giovanni XXIII. Il Concilio ribadì l'incompatibilità della Chiesa con le dottrine moderne, confermò e rafforzò la centralità indiscutibile del potere papale, approvò la redazione di un catechismo universale che poi non sarebbe stato emanato. E arrivò in fretta al punto che stava a cuore a Pio IX, il quale voleva rafforzare l'autorità del pontefice, in vista delle lotte durissime che certamente avrebbero dovuto affrontare i suoi successori: lo fece nel modo più clamoroso, ottenendo l'approvazione di un dogma sulla infallibilità del papa in materia religiosa e morale. Era una decisione di stampo medievale, ben strana a prendersi , diciotto secoli dopo la morte di Pietro. Gli stessi vescovi erano divisi e il papa non esitò ad esercitare pressioni su di loro: a un cardinale ordinò di chiudersi in convento finché non avesse cambiato idea. Molti vescovi, pur di non sottoscrivere un testo non condiviso, se ne andarono da Roma prima del voto. L'infallibilità del pontefice fu sancita il 18 luglio 1870, e oggi é uno degli ostacoli principali alla riunificazione del cristianesimo in una sola Chiesa.
… La legge delle Guarentigie approvata nel maggio 1871 garantiva al Vaticano la piena indipendenza ed un appannaggio non modesto di 3.225.000 lire, pari a circa il 5 per cento del bilancio del Regno d'Italia. … Nel 1861, secondo un'indagine ufficiale, su 23 milioni di italiani, 17 milioni erano analfabeti, altri 5 milioni arcadi “=vuoti). Fra chi andava a scuola, solo 9 ragazzi su 1000 superavano le elementari, e gli studenti universitari erano in tutto 6500. A parte la Toscana e Roma, sul resto del territorio nazionale appena 8 cittadini su 1000 erano in gradi di parlare l'italiano.
… La Chiesa aveva in comune con il fascismo tutti i nemici: la democrazia, il liberalismo, la massoneria, e con il fascismo condivideva :”il bisogno d'ordine, di disciplina, di autorità, di gerarchia, il sostanziale disprezzo e pessimismo sull'uomo come essere sociale, sempre da guidare, da correggere, da costringere e da limitare, la sfiducia quindi in ogni forma di discussione e di ricerca, per ogni atteggiamento che non fosse di obbedienza e di sottomissione” (Miccoli)
… Un'altra questione per il Concordato del 1929 fu la questione economica: il vaticano non aveva mai accettato i 3 milioni l'anno previsti dalle legge sulle Guarentigie. Ora però voleva tutti gli arretrati, con gli interessi, arrivando all'esorbitante richiesta di 3.165.501.112,76 lire. Il duce non intendeva dare più di due miliardi. Alla fine ebbe un bello sconto, chiudendo la trattativa con un miliardo di lire in titoli al portatore e 750 milioni in contanti, ma dovette concedere tutta una serie di vantaggi fiscali che alla lunga si rivelarono ben più onerosi. Per farsi un'idea della cifra basti pensare che i depositi raccolti in tutte le 2500 banche e casse rurali cattoliche ammontavano a circa un miliardo.
318
… Ernesto Rossi pubblicò, nel dopoguerra, una saggio (Il manganello e l'aspersorio) che dimostrava a suon di citazioni la complicità fra clero e fascisti durante il ventennio. Ma basterà citare la celeberrima frase con la quale nel gennaio 1935 l'arcivescovo di Milano, cardinale Ildefonso Shuster inneggia in duomo alla guerra che: “reca il trionfo della Croce di Cristo, spezza le catene, spiana la strada ai missionari del Vangelo” Poi l'arcivescovo benedice “l'esercito valoroso che, in obbedienza e intrepido al comando della Patria, a prezzo di sangue apre le porte d'Etiopia alla fede cattolica ed alla civiltà romana”.
… La secolare -opportunistica e reciproca- compromissione fra intellettuali e Chiesa ha decapitato e screditato la cultura e danneggiato anche la religiosità, frenando lo sviluppo culturale dello stesso cattolicesimo. L'alleanza millenaria della Chiesa con il potere civile ha fatto della religiosità un elemento di obbedienza e di ordine ben al di là dei dettami delle Scritture. Quando poi lo Stato e gli intellettuali si sono contrapposti al potere religioso -sulla spinta delle conquiste del pensiero laico (non italiano) e di esigenze politiche non più rinviabili (l'unità)- la Chiesa si é trincerata ancor di più dentro se stessa: con il dogma dell'infallibilità papale e la proibizione ai credenti di partecipare alla vita dello Stato ha rinnovato la scissione del cittadino fra coscienza religiosa e dovere civile. …. Preservando l'Italia dalle eresie (ovvero da letture diverse, critiche, personali della Bibbia), la Chiesa ha dato agli italiani una religione senza slanci e senza tensioni, vincolata dalla gerarchia, dal catechismo e dai dogmi, formale, senza dialettica e rimeditazione, superstiziosa e paganeggiante nel culto dei santi, scenica e emotiva, piena di compromessi e di abitudini, in cui anche i credenti mettono non troppo impegno nel rendere la propria vita coerente con la propria fede; o, nei casi peggiori, applicano una razionalità da contabili, il dare ora per avere poi, con un investimento nel quale non riporre toppa fiducia ma che apparentemente non comporta troppi sforzi, a parte quello -micidiale e spossante- di non poter pensare con la propria testa. Tutto ciò conduce ad un opportunismo che dalla religione si estende ai rapporti sociali e che coincide perfettamente con la maggiore caratteristica nazionale, quella “furbizia” che è stata necessaria nel corso dei secoli per sopravvivere al triplice dominio del potere locale, del potere straniero e del potere chiesastico.
La luna ignora che é tranquilla e chiara Nemmeno può sapere che é la luna; La sabbia che é la sabbia Non c'é una cosa che sa che la sua forma é rara. Jorge Luis Borges, Non si sa nulla
Voltaire, nella lettera CXI all'autore del “Libro dei tre impostori”: --La religione è un ottimo albero che produce però pessimi (mauvais) frutti. --Dio non deve soffrire per le corbellerie (sottises) dei preti.
–Il popolo riceve la religione, le leggi, come la moneta, senza esaminarla. --Bisogna avere una religione e non credere ai preti; come bisogna avere un regime, una dieta, senza credere ai medici.
319
Se i fatti dicono il contrario allora bisogna alterare i fatti. Così la storia si riscrive di continuo. Questa quotidiana falsificazione del passato, intrapresa e condotta dal Ministero della Verità è necessaria alla stabilità del regime. George Orwell , 1984 (1903-1990)
La vera felicità costa poco; se è cara, non è di buona qualità.
Francois-Réné de Chauteabriand
L'uomo che è pessimista prima di avere 48 anni sa troppo; dopo, se è un ottimista, sa troppo poco. Mark Twain
Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli son sicuri di ciò che dicono.
Voltaire
È ciò che fanno tutti i poeti: parlano con se stessi ad alta voce; e il mondo li ascolta per caso.
George Bernard Shaw
Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità. Più che di intelligenza abbiamo bisogno di dolcezza e bontà. Charlie Chaplin
Le tre regole di lavoro: 1. Esci dalla confusione, trova semplicità. 2. Dalla discordia, trova armonia. 3. Nel pieno delle difficoltà risiede l'occasione favorevole.
Albert Einstein
Lo scetticismo è un buon cane da guardia solo se sai quando tenergli o levargli il guinzaglio.
Rex Stout
Rimpiangendo il passato e sperando nel futuro senza mai essere soddisfatto del presente: così ho trascorso la mia vita.
Peter Ilyich Tchaikovsky
320
Non si può scegliere il modo di morire. O il giorno. Si può solo decidere come vivere. Ora
John Baez
E' impossibile godere a pieno dell'ozio se non si ha un sacco di cose da fare.
Jerome Klapka
Non viviamo abbastanza per approfittare dei nostri errori. Ne commettiamo per tutto il corso della vita e tutto ciò che possiamo fare a forza di errori è morire corretti. Jean de la Bruyère
Tutti i significati che conosciamo, dipendono dalla chiave interpretativa.
George Eliot
Solo i poveri riescono ad afferrare il senso della vita, i ricchi possono solo tirare ad indovinare. Charles Bukowshi
Le carceri sono luoghi favorevoli alla lettura di testi di filosofia.
Leo Valiani
La potenza intellettuale di un uomo si misura dalla dose di umorismo che è capace di realizzare. Giorgio de Chirico
I cambiamenti della fortuna mettono alla prova l'affidabilità degli amici .
M. Tullio Cicerone
Dimmi ciò che leggi e ti dirò chi sei: è vero ma io ti conoscerei meglio se sapessi cosa ri - leggi Francois Mauriac, Giornale
Il risposarsi è il trionfo dell'esperienza sull'esperienza.
Roland Jaccard
Passati i sessantacinque anni ci si ripete sempre, fatta eccezione nell'amore.
Gen de Gallifet
321
PLATONE, La Repubblica, ed. Oscar Mondadori, 1990
Libro Primo II “Devi sapere che, quanto più appassiscono per me gli altri piaceri fisici, altrettanto crescono il desiderio ed il piacere della conversazione. Dunque mantieniti in rapporto con questi giovani, e vieni di frequente a casa nostra: siamo amici e ti vogliamo bene”. Dal canto mio dissi: “Cefalo, io amo conversare con le persone anziane. Mi sembra infatti che si debba apprendere da loro, che sono già avanti sul cammino che anche noi forse dovremo percorrere, come sia questa strada: se aspra e dura, oppure facile ed agevole. Certo mi piacerebbe sapere da te, poiché sei già arrivato al punto della vita che i poeti chiamano “sulla soglia della vecchiaia” se ti pare un momento difficile dell'esistenza, o se la pensi diversamente”.
Libro Primo III “Ma sì, per Zeus” disse Socrate “ti dirò cosa ne penso. Ci riuniamo spesso fra noi che abbiamo più o meno la stessa età, come vuole l'antico proverbio. In queste riunioni la maggior parte di noi si lamenta, rimpiangendo i piaceri della gioventù e ricordando le imprese di amore e i brindisi e i banchetti e le altre cose del genere. Ed essi si addolorano come se avessero ormai perso grandi gioie, e affermano che allora vivevano bene, ma questa non è neppure vita. E c'è anche chi si lamenta delle umiliazioni che deve subire da parte dei propri congiunti perché è vecchio ed enumera tutti i mali che la vecchiaia gli infligge. Ma a me, Socrate, sembra che essi non adducano il vero motivo di tutto questo: perché se ciò fosse vero, mi troverei anch'io nella stessa condizione, vecchio come sono, e come tutti gli altri che sono giunti a questa età. Invece ho conosciuto diverse persone che non si trovavano in tale stato: per esempio, Sofocle, il poeta. Un tale gli aveva chiesto: “Come va Sofocle con l'amore? Riesci ancora a godere con una donna?” ed io stesso l'ho sentito rispondere: “Non me ne parlare! Sono ormai libero, e con grande gioia, come se fossi fuggito da un padrone furioso e selvaggio!”. Già allora mi era sembrato che avesse ragione, ed ora ne sono sempre più convinto: nella vecchiaia c'è una grande pace, e si è liberi da queste cose. Quando i desideri non sono più violenti e allentano le briglie, allora sì che si realizzano le parole di Sofocle, e si può essere liberi da tanti padroni furiosi. Di questi affanni e degli altri simili di cui si lamentano i miei amici non è responsabile la vecchiaia, Socrate, bensì il loro modo di vivere. Se infatti fossero equilibrati e sereni, anche la vecchiaia sarebbe per loro sopportabile. Altrimenti, Socrate, a una persona così sembra sgradevole non solo la vecchiaia ma anche la gioventù”.
Libro Secondo, VIII Si dice infatti che, se sarò giusto senza sembrarlo, non ne ricaverò nessun utile, bensì soltanto pene e castighi manifesti; invece all'ingiusto viene assicurata un'esistenza splendida, purché si procuri fama di giustizia. Perciò, dato che l'apparenza, come mi dimostrano i sapienti, “vince anche ed è arbitra della felicità”, bisogna assolutamente rivolgersi a questa. Debbo tracciare intorno a me, come una facciata ben decorata, un'immagine virtuosa; trascinarmi dietro la volpe astuta ed ingannevole dell'accortissimo Archiloco. Si obietterà: “Ma non è facile nascondere costantemente la malvagità.” Nessun'altra impresa è agevole, noi risponderemo. Se tuttavia vogliamo essere felici, occorre percorrere questa via, sulle orme dei nostri discorsi. Per occultare la nostra malvagità stringeremo leghe ed associazioni, ed esistono maestri di persuasione che assicurano il possesso di una sapienza popolare e tribunizia, con cui potremo ora persuadere e ora costringere, prevalendo senza danno.
Libro Secondo, XX “Che intendi dire?”
“Che nessuno vuole spontaneamente essere ingannato nella parte più importante del suo essere e sulle questioni fondamentali. Anzi soprattutto in quella parte di se stesso egli teme di trovarsi nella menzogna”.
“Continuo a non capire” Obiettò 322
“Sì perché tu immagini che io stia dicendo qualcosa di molto profondo. Invece voglio solo affermare che la più tremenda disgrazia per ogni uomo sarebbe restare spiritualmente ingannato sulla natura delle cose, e che non c'è nulla di più sgradevole e detestato che l'avere e il possesso nella propria anima l'ignoranza e la menzogna: nessuno lo vorrebbe, anzi tutti odiano soprattutto questo”.
“E? vero!” ammise “E in tutta tranquillità si potrebbe chiamare vera menzogna ciò di cui parlavo, ossia la condizione d'ignoranza spirituale di chi è ingannato, perché quella che si manifesta in parole è una copia dello stato d'animo, un'immagine successiva, non la menzogna pura.”
Libro Terzo, II “Però occorre tenere in gran conto anche la verità. Se infatti avevamo ragione poco fa di affermare che la menzogna è inutile agli dei ed utile agli uomini solo come rimedio, è chiaro che simile espediente occorre lasciarlo ai medici, mentre i profani non devono farvi ricorso”.
Libro Sesto, I “E ora cosa ci rimane?” domandò.
“Nient'altro se non le conseguenze. Poiché sono filosofi coloro che possono comprendere ciò che è eternamente immutabile, mentre non lo sono coloro che si smarriscono nella molteplicità delle cose mutevoli, quali dei due debbono essere posti al governo degli Stati?”
“ma com'è possibile dare una risposta adeguata a questa domanda?” obiettò. “Deve essere nominato guardiano chi dei due” risposi “appare capace di custodire le leggi e le usanze della città”. “Giusto!” esclamò. “Vale la pena di chiedersi” ripresi “ se una cosa qualsiasi debba essere custodita da un cieco oppure da una persona dalla vista acuta?”.
“Ma è evidente!” “Vedi forse qualche differenza fra i ciechi e quelli veramente privi della conoscenza di ogni cosa, perché non hanno nell'anima nessun modello chiaro e non possono neppure guardare, come fanno i pittori, alla verità ideale e ad essa riferirsi costantemente e contemplarla con la massima attenzione possibile per stabilire e conservare così, se sarà il caso, le leggi di quaggiù sulle cose belle e giuste e buone?”
“No, per Zeus, non ci vedo molta differenza” rispose. “Renderemo dunque guardiani costoro, oppure quelli che conoscono l'essenza di ogni cosa e non sono inferiori a loro né in esperienza né in alcuna altra virtù?”
“Se per il resto non fossero meno capaci, sarebbe strano sceglierne altri: perché sarebbero superiori proprio in questa conoscenza che é il pregio più grande”
… “Hai ragione” approvò. 323
“Vedi ora se non sia inevitabile trovare anche un'altra caratteristica nella natura di chi deve diventare tale quale l'abbiamo descritto.”
“Ossia?” “La sincerità, e il rifiuto di ammettere una menzogna volontaria, anzi, l'odio per essa e l'amore per la verità.”
Libro Sesto, III Allora Adimanto intervenne: “Queste ragioni sono inconfutabili. Ma é il solito effetto che tu fai sui tuoi ascoltatori. Inesperti nell'interrogare e nel rispondere, essi vengono sviati dal problema centrale ad ogni nuova domanda. Poiché alla fine della discussione queste deviazioni si sono accumulate, essi credono che il loro insuccesso sia grande, e contrario alle loro prime affermazioni. Contro i mediocri giocatori di dama vengono bloccati da quelli più abili e non sanno più che pezzi muovere, così anche questi alla fine sono bloccati e ridotti al silenzio da quest'altro gioco di dama, non con le pedine ma con le parole. Questo in verità è l'unico risultato. Lo dico a proposito del problema attuale: si potrebbe risponderti che, sebbene replicare a parole ad ognuna delle tue domande mi risulti impossibile, in realtà si osserva che quanti si sono volti alla filosofia, senza l'intenzione di completare la loro educazione giovanile e poi allontanarsene, ma vi abbiano indugiato troppo a lungo, perlopiù diventano davvero strani, per non dire assolutamente perversi, e anche quelli che sembrano i più equilibrati da questa attività che tu esalti ottengono come unico risultato di diventare inutili alla loro città:”
Libro Sesto, VII -Ma vedi qualche differenza fra costui e chi ritiene sapienza conoscere ciò che piace o non piace riguardo alla pittura, alla musica o alla politica al volgo molteplice riunito in assemblea? Chi si mescola al volgo per mostrargli una poesia o un'opera d'arte o un progetto politico, si rende schiavo della maggioranza più del necessario, e la cosiddetta necessità diomedea (Odisseo tornando insieme a Diomede al campo greco da Ilio dopo aver rubato il Palladio, aveva tentato di uccidere il compagno per attribuirsi tutto il merito dell'impresa. Ma Diomede se ne era accorto, aveva legato a Odisseo le mani dietro alla schiena e a piattonate l'aveva costretto a fare ritorno all'accampamento dei greci) lo costringe a fare ciò che piace a loro. Ma che questo sia buono e bello davvero, hai mai sentito uno di loro spiegarlo in una maniera che non fosse ridicola?-
Libro Sesto, XVI -Niente affatto- risposi- Anzi, chiedimelo pure tu stesso! Del resto mi hai sentito parlare di ciò parecchie volte. Ma ora te ne sei scordato, oppure vuoi mettermi in difficoltà con le tue obiezioni. Ed è questa la mia impressione: perché tante volte mi hai sentito dire che la cognizione più importante é l'idea del bene, ed in base ad essa anche le altre cognizioni divengono utili e buone. (L'idea suprema che illumina come un sole il mondo delle idee si identifica con la concezione filosofica del divino (Filebo 22c)) E ora sai bene che io sto per dire più o meno questo, e inoltre che non la conosciamo a sufficienza. Ma con tale ignoranza, sai che non ci servirebbe a nulla neppure conoscere perfettamente tutto il resto, così come senza il bene è inutile il possesso di qualsiasi cosa. Oppure credi che sarebbe bene possedere qualcosa di non buono, o capire tutto tranne ciò che è bene, e non pensare nulla di bello né di buono?-
…. -E non é pure evidente che molti vorrebbero considerare belle e giuste le proprie opinioni, malgrado la loro inconsistenza, e praticarle e diffonderle, mentre a nessuno basta possedere le apparenze del bene, perché a questo proposito tutti cercano l'essenza del bene e trascurano le apparenze?-
… -Con quale parte di noi stessi percepiamo le cose visibili?-con la vista- rispose -E con l'udito quelle udibili- ripresi- e con gli altri sensi tutte le cose sensibili?-
324
-Certo-Dunque -aggiunsi- hai notato che il creatore dei sensi ha reso più complessa delle altre la capacità di vedere e di essere visti?-Veramente no- rispose -Pensa a questo: all'udito manca un mezzo d'altro genere per udire e alla voce per essere udita? Qualcosa di indispensabile all'uno e all'altra?-Io no. -rispose. -Non capisci invece che la facoltà di vedere e di essere visti ha bisogno di qualcosa?.In che senso?-Sebbene la vista risieda negli occhi e chi li possieda ne voglia fare uso, anche se gli oggetti sono colorati, se manca un terzo elemento indispensabile tu sai che la vista non vedrà nulla, neppure i colori.-Di quale elemento parli?-Di ciò che chiami luce- risposi- Veramente la capacità di vedere è stata ancorata a quella di essere visti da un legame non da poco, molto maggiore di quello che lega gli altri sensi al loro oggetto, se é vero che la luce non è una cosa spregevole!-
Platone, I quattro gradi della conoscenza-Libro Sesto, XX In questo passo del sesto libro della Repubblica Platone sottolinea la distinzione fra il mondo visibile e quello intelligibile, all’interno dei quali si procede a una ulteriore distinzione fra gli enti (sensibili e intelligibili) e la loro immagine. La separazione fra mondo dei sensi e mondo dell’intelletto non esclude una forma di comunicazione tra le due realtà, quella comunicazione garantita dalla dialettica della partecipazione. Così, anche sul piano della conoscenza è possibile individuare una forma di continuità: il segmento proposto da Platone è sí diviso in quattro, ma rimane uno. Al livello piú basso sta l’immaginazione (eikasía), cui segue la credenza (pístis). A livello intelligibile troviamo la conoscenza matematica (diánoia) e la filosofia (nóesis). La diánoia si viene a trovare in una “zona intermedia” fra la nóesis e la dóxa. La conoscenza filosofica (nóesis), una volta raggiunta, non ha più bisogno di “punti di appoggio”: essa è completamente autonoma nel procedere dialettico, in un movimento che va dalle Idee alle Idee. Socrate ha qui come interlocutore Glaucone.
Libro Sesto, XXI -Hai capito benissimo -risposi- ed ora ai quattro segmenti fa' corrispondere le quattro condizioni spirituali: al segmento superiore l'intelligenza, al secondo il pensiero discorsivo, al terzo attribuisce l'assenso ed all'ultimo la congettura. Poi mettili in ordine secondo il principio che tanto maggiore è la loro evidenza quanto maggiore la loro partecipazione alla verità-.
Libro Settimo, I -Ora -ripresi- riguardo alla cultura e alla sua mancanza, immaginati la nostra condizione nel modo seguente (il mito della caverna è strettamente legato al simbolo della linea. Esso mostra la differenza che intercorre, sul piano conoscitivo, fra l'uomo qualunque e l'uomo dialettico). Pensa a uomini in una caverna sotterranea, dotata di un'apertura verso la luce che occupi tutta la parete lunga. Essi vi stanno chiusi sin dall'infanzia, carichi di catene al collo ed alle gambe che li costringono a rimanere lì e a guardare soltanto in avanti, poiché la catena al collo impedisce loro di volgere intorno il capo. In alto, sopra di loro, brilla lontana una fiamma; fra questa ed i prigionieri corre una strada in
325
salita, lungo la quale è stato costruito un muretto, simile ai paraventi divisori al di sopra dei quali i saltimbanchi mostrano al pubblico i loro prodigi. Ecco dunque lungo quel muretto degli uomini che portano oggetti d'ogni sorta che sopravanzano il muretto, e immagini di uomini e di animali in pietra o in legno, in fogge di ogni tipo. Alcuni degli uomini che li portano, com'è naturale, parlano, altri stanno zitti.-Che strana visione e che strani prigionieri!-Eppure sono simili a noi -risposi- Pensi, in primo luogo, che di se essi e dei compagni abbiano visto qualcos'altro se non le ombre proiettate dalla fiamma sulla parete della caverna di fronte a loro?-Impossibile -rispose- se sono stati costretti per tutta la vita a rimanere senza muovere il capo!-E non si trovano nella medesima situazione riguardo agli oggetti che vengono fatti sfilare?-certo-Se dunque potessero parlare fra loro, non credi che considererebbero reali le immagini che vedono?Inevitabilmente-E se la parete opposta della caverna rimandasse un'eco? Quando uno dei passanti si mettesse a parlare, non credi che essi attribuirebbero quelle parole alla sua ombra?-Sì, per Zeus- rispose. -Allora per tali uomini la realtà consisterebbe soltanto nelle ombre degli oggetti. Pensa ora quale potrebbe essere per loro l'eventuale liberazione dalle catene e dall'ignoranza. Un prigioniero che venisse liberato e costretto ad alzarsi, a volgere il collo, a camminare e a levare gli occhi verso la luce, soffrirebbe facendo tutto ciò, rimarrebbe abbagliato e sarebbe incapace di mirare ciò di cui prima vedeva le ombre. E se gli dicessero che prima vedeva solo apparenze vane mentre ora può vedere meglio, perché il suo sguardo è più vicino all'essere e rivolto ad oggetti più reali; e se gli mostrassero ognuno degli oggetti che sfilano e lo si costringesse con alcune domande a rispondere che cosa sia, tu come pensi che si comporterebbe? Non credi che rimarrebbe imbarazzato ne riterrebbe che le cose che vedeva allora più vere di quelle che gli vengono mostrate ora?-Sì, molto più vere- rispose.
II - E se egli fosse costretto a guardare proprio verso la luce, gli occhi non gli farebbero male, non cercherebbe di sottrarsi e di fuggire verso ciò che può vedere, e non crederebbe che questo sia in realtà più vero di ciò che gli si vuole mostrare?-E' così!- rispose. -E se qualcuno lo strappasse a forza da lì e lo spingesse su per l'aspra e ripida salita, senza lasciarlo prima di averlo condotto alla diretta luce del sole, il prigioniero non proverebbe dolore e rabbia di venire così trascinato? E una volta giunto alla luce, non è forse vero che con i suoi occhi accecati dai raggi del sole non riuscirebbe a contemplare neppure uno degli oggetti che noi ora consideriamo reali? Per contemplare quelle realtà superiori dovrebbe abituarsi, io credo. E innanzi tutto vedrebbe con la massima lucidità le ombre, poi le figure umane e le altre riflesse nell'acqua, e da ultimo le potrebbe vedere come sono in realtà. Poi sarebbe capace di guardare le costellazioni ed il cielo stesso di notte, alla luce delle stelle e della luna, anziché di giorno quando sfolgora il sole.-
326
-Come no!-Infine, io credo, contemplerebbe il sole, non la sua immagine riflessa nell'acqua o in qualche altra superficie, ma nella sua realtà e così come è, nella sua propria sede. -E poi si metterebbe a riflettere che è il sole a portare le stagioni e gli anni, a governare tutti i fenomeni del mondo visibile, e che insomma in qualche misura esso è la vera causa di ciò che i prigionieri vedevano.-Ma è evidente -disse- che a questa riflessione giungerebbe in un secondo tempo.-E poi che farà? Memore della sua antica dimora e della sapienza di laggiù e dei suoi vecchi compagni di prigionia, non credi che si riterrebbe fortunato per il mutamento della sua sorte e proverebbe pietà per loro?-
Libro Settimo, III -Occorre dunque -dissi- caro Glaucone, riferire tutta questa allegoria a quanto abbiamo detto prima. Paragona il mondo visibile alla dimora in prigione, e la fiamma che vi splende al sole; e non deluderai la mia attesa considerando l'ascesa verso la contemplazione della realtà superiore come l'ascesa dell'anima verso il mondo intelligibile. Questa è la mia interpretazione, visto che vuoi conoscerla. Ma Dio solo sa se è vera; in ogni caso io la penso così: l'idea del bene rappresenta il limite estremo e appena discernibile del mondo intelligibile. Quando si è compresa quella, occorre dedurre che essa è causa per tutti di tutto ciò che è retto e bello: nel mondo visibile ha generato la luce e il signore della luce, mentre nel mondo intelligibile offre essa stessa la verità e l'intelligenza, e chi voglia comportarsi saggiamente in privato e in pubblico deve contemplare questa idea.-
… -Ti sembra dunque strano che chi passa dagli spettacoli divini alle umane miserie si comporti goffamente e appaia ridicolo, appunto perché ancora ottenebrato e costretto, prima di essersi abituato a questa oscurità, a difendersi nei tribunali ed altrove dalle ombre della giustizia e dalle immagini che proiettano quelle ombre, o rifiutare l'interpretazione di tali immagini da parte di chi non ha mai contemplato l'essenza della giustizia?-
Libro Settimo, V -Ti sei dimenticato di nuovo, amico mio, che la legge non mira all'assoluto benessere di una sola classe di cittadini, anzi fa in modo che nello Stato questo si ottenga con la concordia fra tutte le classi sia mediante la persuasione sia mediante la costrizione, obbligando tutte a comunicare fra loro con il contributo che ciascuna classe è in grado di fornire alla collettività; e se la legge rende tali i cittadini, il suo scopo non è quello di lasciarli liberi di fare ciò che vogliono, bensì di costringere ognuno a collaborare per la concordia dello Stato.-
….. -E così, amico mio, se troverai per chi deve governare una condizione migliore del potere, è probabile che il tuo Stato verrà governato bene: perché solo in quello avranno il potere i ricchi veri, non di oro, ma di ciò di cui devono essere ricchi gli uomini felici, ossia di un modo di vivere onesto e saggio. Ma se andranno in politica pezzenti affamati di proprietà privata, con la speranza di trarne lauti guadagni, ciò non sarà possibile. Infatti il potere diverrà ambito, e una simile guerra domestica e civile perderà loro stessi e gli altri.-
Libro Settimo XIII
327
-Allora nessuno ci contraddirà se affermeremo che non c'è altra via per comprendere l'essenza di ogni cosa. Invece tutte le altre arti riguardano le opinioni e i desideri umani, oppure la produzione e la fabbricazione o la conservazione dei prodotti naturali e artificiali. Le altre discipline di cui abbiamo parlato, cioè la geometria e quelle ad essa affini, comprendono qualcosa dell'essere, ma sembra quasi che sonnecchino, sono incapaci di vederlo in stato di veglia, finché mantengono immutabili le ipotesi di cui si servono senza poterle spiegare. Chi infatti si fonda su principi che non conosce, e nei passaggi intermedi e nelle conclusioni mette insieme ciò che ignora, come può trasformare la scienza in simile agglomerato?-E' davvero impossibile – replicò-. XIV – Dunque -soggiunsi- solo il metodo dialettico procede in questa direzione, accantonando le ipotesi, verso il principio stesso, per trovare la propria giustificazione; e davvero estrae a poco a poco l'occhio dell'anima dal fango barbarico in cui era sepolto e lo dirige verso l'alto, servendosi come ausiliarie e compagne delle arti che abbiamo citato. Spesso, per abitudine, le abbiamo chiamate scienze, ma si addice loro un altro nome, più chiaro di “opinione”, ma più oscuro di “scienza”. Sopra, da qualche parte, abbiamo parlato di “pensiero discorsivo”. Ma credo non valga la pena di contendere sui nomi, a proposito di argomenti tanto importanti quanto i nostri.-No certo!- rispose. -Ci basterà dunque quel nome che indichi con chiarezza il nostro pensiero. Dunque continueremo come prima a chiamare “scienza” la prima parte, “pensiero discorsivo” la seconda, “assenso” la terza e “ congettura” la quarta. Queste ultime due insieme le chiameremo 2opinione”, le prime due “pensiero”. L'opinione riguarda il divenire, il pensiero concerne l'essenza. E l'essenza sta al divenire come il pensiero sta all'opinione; ciò che è il pensiero rispetto all'opinione, lo è pure la scienza rispetto all'assenso e il pensiero rispetto alla congettura. E per non moltiplicare la nostra discussione ancor più di prima, lasciamo perdere, Glaucone, il fondamento della corrispondenza e della divisione in due parti di ciascun ambito, di quello dell'opinione e di quello intellegibile. Dunque tu consideri dialettico quel discorso che colga l'essenza di ogni cosa? Mentre quello che ne sia incapace, tanto meno apparterrà alla sfera del pensiero quanto meno potrà darne conto a se stesso e agli altri? E non è così anche al riguardo al bene? Non potrà affermare che conosca l'essenza del bene e tutto ciò che è buono chi sia incapace di definire razionalmente l'idea del bene distinguendola da ogni altra e passando attraverso la guerra di tutte le obiezioni, pronto a confutarle non secondo l'opinione ma secondo la verità dell'essere. Un uomo simile, se raggiunge un'apparenza del bene, ci arriva con l'opinione anziché con la scienza, e la sua vita attuale è un sonno pieno di sogni da cui non si desta in questo mondo, perché prima va nell'Ade a dormire completamente.-
… -Dunque -ripresi- l'errore attuale, che ha attirato l'infamia sulla filosofia, come dicevo prima, è dovuto al fatto che non se ne occupano persone degne: gente nobile, non bastardi, dovrebbero occuparsene! In primo luogo chi voglia occuparsene non deve essere zoppo alla fatica, a metà laborioso e a metà pigro. E così accade quando si fanno gli esercizi ginnici e la caccia e tutte le attività fisiche, ma non si desidera studiare, ascoltare e fare ricerche, e in tutto ciò si aborre la fatica. Ma è zoppo anche chi ha orientato la sua laboriosità nella direzione opposta.-
… -Comunque non dimentichiamo che dapprima abbiamo scelto persone anziane, ma ciò ora non sarà più possibile. Infatti non si deve credere a Solone che invecchiando si possa imparare molto, anzi sarebbe peggio che imparare a correre: tutte le fatiche intense e molteplici spettano ai giovani.-E' inevitabile che sia così.- disse
328
XVI -Perciò -ripresi- l'aritmetica, la geometria e tutti i presupposti culturali della dialettica vanno studiati fin dall'infanzia, senza però conferire all'insegnamento una forma costrittiva. L'uomo libero non deve imparare nulla per costrizione. Infatti le fatiche fisiche non danneggiano affatto il corpo anche se affrontate per forza, ma ciò che si fa entrare a forza nell'anima non vi rimane a lungo: dunque non educare a forza i fanciulli negli studi, ma educali attraverso il gioco: così saprai discernere ancor meglio le inclinazioni di ognuno. In tutte queste fatiche, discipline e rischi chi appaia il più pronto deve essere messo in un gruppo speciale.-A quale età?- chiese -Subito dopo aver concluso i corsi obbligatori di ginnastica. Infatti durante questo periodo di due o tre anni è impossibile fare altro: la stanchezza ed il sonno non si conciliano con lo studio. E questi corsi sono di per sé stessi una prova non trascurabile delle capacità di ognuno nella ginnastica. Poi si farà una scelta fra i ventenni, e questi otterranno distinzioni speciali. E occorre riproporre loro ciò che avranno già imparato confusamente da fanciulli secondo una visione complessiva, che mostri l'affinità reciproca delle discipline e la natura dell'essere. ...Occorrerà dunque che tu faccia questo esame, individuando i migliori e i più costanti nello studio, nella guerra e nelle altre attività prescritte dalla legge. Poi, quando avranno raggiunto i trent'anni, tu li sceglierai per onori ancora più importanti, saggiando grazie alla dialettica chi sia capace di giungere alla verità e all'essere, senza aiuto della vista e degli altri sensi. Ma a questo punto occorre stare molto attenti, amico mio.-
… -E' come se un bambino illegittimo fosse allevato fra grandi ricchezze, in una famiglia illustre e potente, circondato da adulatori. Una volta divenuto adulto, si rende conto che i suoi genitori non sono quelli che credeva, ma quelli veri non li trova. Sei in grado di indovinare come si comporterà con gli adulatori e con i pretesi genitori prima e dopo aver saputo di essere stato adottato. Vuoi conoscere il mio pensiero? Prevedo che egli onorerebbe suo padre, sua madre e i parenti presunti più degli adulatori, e sopporterebbe meno facilmente di vederli mancare di qualcosa, sarebbe meno pronto ad offenderli con le sue parole o con il suo comportamento, a disobbedire nelle cose importanti a loro piuttosto che agli adulatori. Così farebbe mentre ignora la verità. Ma una volta compresa la realtà, prevedo che mostrerebbe minor cura e minore rispetto per costoro che per gli adulatori: a questi obbedirebbe molto più che prima, e vivrebbe a modo loro frequentandoli apertamente, senza più preoccuparsi di quel padre e degli altri parenti presunti, a meno che non fosse dotato di una natura eccezionalmente nobile.-Tutto quanto dici accadrebbe davvero. Ma che c'entra questo paragone con lo studio della dialettica?-Te lo spiego subito. Noi, fin dall'infanzia, abbiamo delle opinioni sul giusto e sul bello che ci sono state inculcate dai nostri genitori, a cui obbediamo e portiamo rispetto. Ma esistono anche opinioni contrarie e più piacevoli, che adulano ed attirano a sé la nostra anima, sebbene non possano convincere gli uomini appena un poco equilibrati, che rispettano invece quelle massime tradizionali e ad esse rimangono fedeli. Ebbene quando si va a chiedere a un uomo così: “Cos'è il bello?” e quando la ragione smentisce la risposta che egli ha dato per averla imparata dal legislatore; quando con una confutazione serrata e costante lo si porta a credere che ciò non è più bello che brutto, e si procede allo stesso modo riguardo al giusto, al bene e a ciò che egli più rispetta, cosa pensi che ne farà poi del rispetto e dell'obbedienza?-E' inevitabile -rispose- che il suo rispetto e la sua obbedienza non siano più quelli di prima.-Quando dunque avrà perso rispetto per quei valori antichi ma non avrà ancora trovato quelli veri, l'unica guida della sua vita non sarà forse la ricerca di ciò che lo lusinga?-
329
Libro Settimo, XVIII -E' sufficiente perciò un'applicazione assidua ed energica, senza fare altro, e questo corso sarà il corrispettivo della ginnastica e durerà il doppio?-Sei o quattro anni, secondo te?_ -Via, facciamo cinque! Poi obbligherai i tuoi discepoli a scendere di nuovo in quella caverna e a trattare le cose di guerra e ad affrontare tutti i compiti dei giovani, affinché la loro esperienza non sia minore di quella altrui. Ma anche in queste occupazioni occorre metterli alla prova per vedere se rimarranno fermi contro ogni tentazione, oppure se traligneranno un poco.-E a questo scopo quanto assegni?-Quindici anni -risposi- Arrivati a cinquant'anni, debbono essere portati alla perfezione quei pochi che si siano segnalati in tutte le attività pratiche e in tutte le discipline. Occorre costringere costoro ad aprire l'occhio dell'anima e a guardare l'essere che dà luce a tutto, e dopo aver visto l'essenza del bene e usandola come modello, ad essere a guida a turno dello Stato e dei privati cittadini e di se stessi per il resto della loro esistenza. Essi si dedicheranno per lo più alla filosofia: ma quando giungerà il loro turno, si impegneranno a fondo nelle tempeste della politica e nel governo dello Stato, convinti di compiere non qualcosa di bello ma qualcosa di necessario e così educheranno altri, lasceranno la città ad altri guardiani ed infine andranno ad abitare nelle isole dei beati. Allora la città dedicherà loro monumenti e sacrifici pubblici, come a demoni, se la Pizia vorrà, altrimenti come a uomini beati e divini.-Tu Socrate hai reso questi governanti bellissimi, come fa uno scultore con le sue statue!-E anche le governanti, Glaucone! Non credere infatti che le mie parole si riferiscano più agli uomini che alle donne, almeno a quante di loro possiedono le doti indispensabili.-E' giusto -disse- se debbono partecipare, come abbiamo spiegato, a tutte le occupazioni degli uomini..Dunque -ripresi- non ammettete che riguardo al governo dello Stato non abbiamo espresso semplici desideri, bensì proposte difficili ma realizzabili? Solo però nel modo in cui si è detto, ossia quando i veri filosofi, molti o uno solo, prenderanno il potere nello Stato e disprezzeranno gli onori attuali ritenendoli meschini e vani, e stimeranno invece moltissimo la correttezza e gli onori che ne derivano, e considereranno la giustizia come il valore supremo ed indispensabile, e si metteranno al suo servizio per renderla più potente, ed organizzeranno lo Stato nel modo seguente.-Ossia?- domandò -Manderanno in campagna tutti i cittadini al di sopra dei dieci anni, terranno i loro figli lontani dalle attuali abitudini dei genitori, li educheranno alle loro usanze ed alle loro leggi, che saranno quale noi abbiamo proposto sopra. Così il nostro Stato diverrà prospero nel modo più rapido e facile, e il popolo che l'avrà visto nascere ne trarrà il massimo guadagno.-
Libro Ottavo, I -Benissimo. Dunque, Glaucone, siamo d'accordo che in uno Stato governato a regola d'arte devono essere in comune le donne, in comune i figli e l'educazione nel suo complesso, e così comuni le occupazioni in tempo di pace e di guerra, e i migliori nella filosofia e nella guerra devono essere sovrani.-Sì, siamo d'accordo- rispose. -E abbiamo anche riconosciuto che, una volta insidiati al potere, i governanti devono guidare i soldati e alloggiarli nelle abitazioni che abbiamo descritto, comuni a tutti, dove nessuno avrà nulla di proprio. E oltre a simili abitazioni, abbiamo concordato, se te ne ricordi, le norme secondo le quali essi possono tenere qualcosa per sé.-
330
-Sì, certo, me ne ricordo -rispose- pensavamo che nessuno dovesse avere nulla di ciò che ora gli altri hanno, e che, in qualità di atleti della guerra e di custodi, dovessero difendere se stessi e i concittadini ricevendo in compenso il mantenimento annuo da parte degli altri cittadini.-
… -Ad ogni modo -disse- desidero anch'io sapere cosa tu intendessi con queste quattro forme di governo.-Non è difficile, le quattro forme di cui parlo hanno anche un nome: la prima, la più lodata, è quella di Creta e di Sparta; la seconda, tale anche nella approvazione, è detta oligarchia, ed è una forma di governo piena di difetti. Diversa da questa ma successiva è la democrazia, infine giunge la nobile tirannia, superiore a tutte queste, quarta e suprema malattia di una città. Oppure tu intravedi qualche altra forma di governo che si collochi in una classe ben precisa? Le monarchie ereditarie e i principati che si comprano e altre simili forme rientrano nelle nostre categorie, e si possono trovare fra i barbari e non di meno fra i Greci.-
Libro Ottavo, X -Il passaggio dall'oligarchia alla democrazia non è forse determinato, quasi sempre, dall'insaziabilità dei propri desideri, dal bisogni di divenire il più ricco possibile? I governanti, essendo tali per via della propria ricchezza, non vogliono frenare per legge i giovani che si danno al libertinaggio e di impedire loro di dilapidare i patrimoni: essi infatti vogliono comperarli e prestare a costoro denaro ad interesse, per diventare così ancora più ricchi e potenti.-
… -Ma costoro, io penso, rimangono in città forniti di pungiglione e ben armati, alcuni come debitori, altri disonorati, altri ancora debitori e disonorati insieme, pieni di odio e di volontà di colpire gli altri cittadini e soprattutto chi ha sottratto i loro beni, e desiderosi insomma di una rivoluzione.-Sì, è così!-Gli usurai, che camminano a testa bassa fingendo di non vederli neppure, feriscono con la loro ricchezza chiunque ceda loro, e, mentre moltiplicano gli interessi del loro capitale, moltiplicano nello stato i fuchi e i miserabili. Ma non vogliono spegnere tale sciagura neanche quando prende fuoco, evitando di impedire a ciascuno di usare dei suoi beni a suo piacimento e di fare una legge speciale per sopprimere tali sfrenatezze.
… -Nasce quindi la democrazia, io credo, quando i poveri vincono, massacrano alcuni, esiliano altri e con quelli che restano dividono in condizioni di eguaglianza il governo e le magistrature, che per lo più vengono assegnate con sorteggio.-
XI -Se vuoi, allora, per non discutere alla cieca, prima definiamo quali sono i piaceri necessari e quelli no. Non è giusto considerare necessari quelli che non si possono respingere e il cui soddisfacimento ci giova? Perché questi non si può non desiderarli lecitamente, E non faremmo bene a definire non necessari tutti quei piaceri che si possono respingere, se non ci si abitua a farlo sin da giovani, e la cui realizzazione non ha alcun effetto positivo, anzi, talora provoca conseguenze negative? Il desiderio di mangiare le pietanze ed il companatico fino ad ottenere una vigorosa salute.-Credo di sì. - rispose
331
-In tal caso il desiderio delle pietanze è doppiamente necessario, in quanto utile e in quanto indispensabile alla vita. Ma il desiderio che va oltre questo ed esige cibi prelibati, che tuttavia la maggior parte della gente può reprimere e soffocare sin dalla gioventù con l'educazione, che è dannoso al corpo ed all'anima per il raggiungimento della razionalità e della temperanza, questo si potrebbe definire correttamente non necessario?-Assolutamente-E non affermeremo anche che gli uni sono desideri dispendiosi, mentre gli altri sono desideri strumentali in quanto utili alla nostra attività?-Certo.XIII -Torniamo perciò a descrivere la trasformazione in democratico dell'uomo oligarchico: Quando un giovane, educato come abbiamo detto, senza cultura e in modo meschino, gusta il miele dei fuchi e frequenta quegli insetti turbolenti e pericolosi, capaci di procurargli godimenti di ogni genere, d'ogni tipo e qualità, allora sta pur sicuro che avverrà in lui il principio del mutamento dall'oligarchia alla democrazia. ...-Alla fine, io credo, conquistano la roccaforte dell'animo del giovane, comprendendo che essa è vuota di cognizioni e di buone abitudini e di discorsi veri, che nelle menti di chi è caro agli dèi sono le sentinelle ed i guardiani più sicuri.-Al loro posto accorrono ad occupare quella roccaforte discorsi falsi e orgogliosi e vane opinioni.-
… -Dopo averla vuotata completamente, essi possiedono ed iniziano l'anima di quel giovane con grandi iniziazioni (riti eleusini), poi vi guidano, splendidamente incoronate e accompagnate da un solenne corteggio, la tracotanza, l'anarchia, la dissolutezza e l'impudenza, lodandole e coprendole di lusinghieri appellativi. Così essi chiamano educazione la tracotanza, libertà l'anarchia, magnificenza la dissolutezza, coraggio l'impudenza. Non è pressapoco in questo modo che un giovane passa dal regime dei piaceri necessari alla liberazione e alla resa di se stesso ai piaceri superflui ed inutili?.-Sì, è manifestamente così.- rispose -Poi un tal giovane vive sprecando denaro, tempo e fatica per i piaceri superflui non meno che per quelli necessari. Se gli va bene e non si spinge troppo oltre nella sua follia, anzi, una volta diventato un po più maturo e calmata la sua peggiore turbolenza, accoglie gruppi di esiliati e non si consegna completamente agli invasori, costui vive stabilendo una specie di parità fra i suoi piaceri, consegnando di volta in volta il governo di se stesso al piacere di turno, quasi gli fosse toccato in sorte, finché questo sia realizzato, e poi un altro, senza disprezzarne alcuno, anzi, nutrendoli tutti allo stesso modo.-Proprio così.-Egli non accetta e non lascia entrare nella sua guarnigione alcun discorso vero, se mai senta dire che alcuni piaceri riguardano desideri onesti, ma altri desideri malvagi, e che occorre coltivare ed apprezzare quelli ma reprimere e punire questi. A tutto ciò egli si nega, affermando che tutti i piaceri sono eguali e apprezzabili nella stessa misura.-
… -e dunque -ripresi- passa tutti i suoi giorni a soddisfare il primo desiderio che capita: ora beve vino ed ascolta il flauto, poi beve acqua e segue una dieta dimagrante; ora fa ginnastica, ma certe volte se ne sta in ozio e si disinteressa di tutto; ora invece si da addirittura alla filosofia, spesso alla vita pubblica, e balza su a dire e a fare qualunque cosa gli passi per il capo. E se invidia i guerrieri va da quella parte, poi cambia direzione e si reca dagli affaristi; nella sua vita non c'è ordine né costrizione, ma vive sempre convinto che essa sia piacevole, libera e felice.-Hai descritto egregiamente -rispose- l'esistenza di un amico dell'eguaglianza.-
332
-Ma credo pure che quest'uomo sia vario e ricco di umori diversi, bello e variegato come lo Stato che gli assomiglia: molti uomini e donne potrebbero invidiare il suo modo di vivere, perché egli racchiude in se moltissimi modelli di governi e di caratteri. Allora ascriveremo un uomo del genere alla democrazia? Possiamo correttamente definirlo democratico?-Sì -rispose- definiamolo così.-
Libro Ottavo, XIV -Ora ci rimarrebbe la descrizione del regime e dell'uomo migliore: della tirannide e del tiranno. Ebbene, amico mio, qual'è la caratteristica della tirannide? Mi sembra quasi evidente che essa nasce dalla degenerazione della democrazia. Dunque dall'oligarchia nasce la democrazia e dalla democrazia nasce la tirannide.-In che modo? Chiese lui -Il fine che ci si era proposto e per cui era nata l'oligarchia -chiesi- non era la ricchezza eccessiva? Ma l'insaziabile desiderio di ricchezza e l' incuranza di ogni altro valore a causa dell'affarismo l'hanno condotta alla rovina.-E' vero.- disse -E anche la rovina della democrazia non è provocata dal desiderio insaziabile di ciò che l'ha fatta sorgere? Ma qual'è dunque questo fine?-La libertà -risposi- in uno Stato democratico puoi sentir dire che essa è il bene supremo e che perciò chiunque abbia un carattere libero dovrebbe vivere solo in questo.-Sì, così si dice spesso.- rispose -Dunque, come ti dicevo, non sono questo desiderio insaziabile e l' incuranza di ogni altro valore a trasformare questo regime e a prepararlo ad aver bisogno della tirannide? A mio parere uno Stato democratico assetato di libertà, quando trova cattivi coppieri e si spinge troppo oltre e si inebria di libertà pura, punisce i suoi governanti, a meno che essi siano davvero miti e non concedano grande libertà, accusandoli di essere sciagurati oligarchi.-Sì, agiscono così.- rispose -E io credo, oltraggia i cittadini ossequienti ai governanti considerandoli schiavi volontari e persone da nulla, mentre loda ed apprezza in privato e in pubblico i governanti che sono simili ai sudditi e i sudditi che sono simili ai governanti. Ma in un tale Stato non è inevitabile che l'inclinazione alla libertà si estenda ad ogni cosa?-Come no.-E penetri, caro amico, anche nelle case private ed infine sorga l'anarchia persino fra gli animali?-
… -Ma la conclusione di tutto ciò messo insieme -ripresi- tu sai bene qual'è: l'animo di cittadini si infiacchisce al punto da non sopportare nessun genere di costrizione, che suscita anzi la loro collera. E finalmente, come sai, non si curano neppure le leggi, scritte o non scritte, pur di n on avere assolutamente nessun padrone.-
333
Libro Ottavo, XVI -Il terzo gruppo sarebbe composto dal popolo, dagli artigiani e da coloro che non partecipano agli affari pubblici e sono padroni di piccoli patrimoni. Ma nella democrazia rappresentano la classe più potente, quando si mettono insieme.-E' così in effetti, e senza miele non vogliono farlo spesso.-Eppure il miele glielo si dà sempre, -risposi- almeno per quanto possono i governanti, che spogliano del loro bene i possidenti e li distribuiscono al popolo tenendo per sé la parte maggiore.-Sì, ma come avviene la rivoluzione?- obiettò -Ma, io penso, quelli che vengono spogliati sono costretti a difendersi, parlando ed agendo fra il popolo come meglio possono.-Certo. -E anche se non desiderano la rivoluzione, vengono accusati dagli altri di cospirare contro il popolo e di essere oligarchi.--Senza dubbio.-E finalmente quando vedono che il popolo tenta di danneggiarli, non consapevolmente ma perché è ignorante e viene sobillato dai calunniatori, allora si trasformano davvero in oligarchi, che lo vogliano oppure no. Ma anche questo è un male prodotto dalla puntura di un fuco.-E' vero.-E così si scatenano le denunce, i processi e le contese reciproche. Ma il popolo non ha l'immancabile abitudine di mettere alla sua testa un capo, di cui alimenta e accresce il potere?-Sì, fa così.- rispose -E dunque -ripresi- è chiaro che il tiranno, quando nasce, non deriva da nessun'altra radice se non da quella di un capo.-Chiarissimo, certo.-Ma per quale motivo il capo si trasforma in tiranno? Non avviene come si racconta nella favola intorno al tempio di Zeus in Arcadia?-Quale favola?- domandò -Essa narra che chi abbia gustato viscere umane mescolate a quelli di altre vittime sacrificali, si trasforma inevitabilmente in un lupo. Possibile che tu non l'abbia mai sentita? Ebbene, allo stesso modo una capo, se trova il volgo troppo obbediente, non si astiene dal sangue simile al suo. Con false accuse, come accade di solito, trascina i suoi partigiani in tribunale, si macchia di un delitto togliendo la vita a qualcuno, gustando con bocca e lingua impure sangue simile al suo, allorché manda in esilio ed uccide, e fa balenare agli altri la cancellazione dei debiti e la ripartizione della terra. Costui non dovrà necessariamente e fatalmente morire per mano dei suoi nemici, oppure diventare tiranno e da uomo tramutarsi in lupo?-Sì, è davvero inevitabile.- rispose -E se viene esiliato e poi ritorna a dispetto dei suoi nemici, non ritorna forse da perfetto tiranno?-
334
Libro Nono, V (578 d) -Confrontandola alla situazione di quei cittadini privati che in città godono della ricchezza e del possesso di molti schiavi. Essi infatti hanno in comune con il tiranno l'esercizio di un'ampia autorità: la differenza è soltanto quantitativa. Tu sai che loro vivono tranquillamente e non hanno paura dei propri servi. (...) Ma sai perché succede così'?-Sì, tutta la città soccorre ogni cittadino privato.-Ben detto! Ma se un dio prendesse un padrone di cinquanta o più schiavi, e insieme alla moglie e ai figli lo trasportasse con il resto dei suoi beni e con tutti i servi in un deserto, dove nessun uomo libero potesse soccorrerlo, quale e quanta paura credi che potrebbe avere per sé e per i suoi figli? Non avrebbe paura di essere massacrato insieme a loro per opera dei suoi servi?-Una paura folle- rispose -E perciò non sarebbe costretto ad adulare qualcuno dei servi stessi, a promettere molto, a liberarlo senza scopo, e non diventerebbe egli stesso un adulatore dei propri servi? Ma se il dio lo circondasse di molti vicini non disposti a tollerare l'autorità altrui, e se costoro punissero con la morte chi venisse sorpreso a comandare?-Costui sarebbe ancor più infelice, io penso, perché sarebbe controllato e circondato da tutti i suoi nemici.-E non si trova in simile prigionia il tiranno, se per natura è come l'abbiamo descritto, pieno di molteplici paure e passioni? Pur essendo spiritualmente avido, egli solo fra i suoi cittadini non può andare in viaggio in nessun posto, né di vedere ciò di cui che gli altri uomini liberi sono curiosi. Sprofondato nella propria casa, in genere vive come una donna, invidiando quei cittadini che viaggiano all'estero e vedono qualcosa di bello.-
Libro Nono, X -Puoi dunque meravigliarti che, ignorando la verità, gli uomini si formino idee errate su moltissime cose, ma specialmente riguardo al piacere e al dolore e alla condizione intermedia fra essi, siano in una condizione tale che, passando al dolore, hanno ragione di credere che soffrono perché soffrono davvero, e passando dal dolore alla condizione intermedia, credono di essere sinceramente vicini alla soddisfazione e al piacere? E' come se essi, per ignoranza del bianco, opponessero il grigio al nero (nella simbologia platonica il nero equivale al dolore, il grigio all'assenza di dolore e il bianco al piacere): allo stesso modi si ingannano per inesperienza del piacere e oppongono al dolore l'assenza di dolore.-
Libro Decimo, VII -Ascolta attentamente: i migliori fra noi, udendo Omero o un poeta tragico imitare un eroe nel lutto mentre declama gemendo una lunga tirata, oppure canta o si percuote il petto, provano piacere (tu lo sai benissimo!) e si abbandonano alla compassione e ammirano davvero il poeta capace di trasmetterci nel modo più vivo tali impressioni.-Sì, lo so bene.-Ma quando ci capita un dolore personale, tu sai che ci vantiamo del contrario, ossia di riuscire a sopportarlo con equilibrio, e consideriamo virile questo comportamento, ed effeminato quello che apprezzavamo allora, udendo il poeta.
335
Ma è ragionevole elogiare chi rappresenta un uomo quale noi personalmente vorremmo non essere e di cui anzi proveremmo vergogna? E' giusto provarne piacere e ammirazione anziché disgusto?
… -E lo stesso discorso non vale anche per la poesia comica? Se in una rappresentazione comica, oppure in privato, tu godi vivamente di una buffonata che ti vergogneresti di fare tu stesso, e non la disprezzi considerandola disonesta, non ottieni lo stesso effetto che a proposito della compassione? Ciò che con la ragione reprimi in te stesso malgrado il desiderio di far ridere, perché temevi la taccia di persona volgare, allora tu lo lasci libero e lo rendi vigoroso, e poi nelle conversazioni private ti lasci trascinare, senza rendertene conto, a fare il buffone. E non è sempre il medesimo l'effetto dell'imitazione poetica riguardo all'amore, alla collera e a tutte le impressioni di dolore e di piacere che riteniamo inseparabili da qualsiasi nostra azione? La poesia infatti li irriga e li alimenta, sebbene debba renderli sterili, e li pone sopra di noi, mentre dovrebbero obbedire per non farci diventare peggiori e più infelici da migliori e più infelici che eravamo.-Invero non posso darti torto.- esclamò -Perciò, Glaucone, quando ti imbatti in qualche ammiratore di Omero e lo senti dire che questo poeta ha educato la Grecia e che per il governo e l'educazione dell'umanità vale la pena di riprenderlo in mano e di studiarlo e di vivere organizzando tutta la propria esistenza secondo i suoi insegnamenti, costoro tu devi salutarli e baciarli come le persone migliori del mondo, e riconoscere che Omero è il poeta sommo e il padre della tragedia; ma devi anche sapere che in città occorre accettare dalla poesia solo gli inni agli déi e gli encomi alle persone dabbene. Se invece accetti la Musa corrotta della poesia lirica ed epica, nella tua città regneranno il piacere e il dolore anziché la legge e quel principio che la comunità riconosce sempre come il migliore.-
Libro Decimo, XIII -Non ti farò dunque- ripresi- un racconto di Alcinoo, (nell'antichità si definivano così quattro libri dell'Odissea), bensì quello di un uomo valoroso, Er, il figlio di Ermenio, originario della Panfilia. Un tempo egli, morto in battaglia, fu raccolto in buono stato mentre, dieci giorni dopo, venivano raccolti dal campo i cadaveri ormai decomposti. Ricondotto a casa, quando già stavano per fargli il funerale, al dodicesimo giorno, già disteso sul rogo, tornò in vita, e allora raccontò ciò che aveva visto laggiù nell'Ade. Disse che la sua anima, dopo essere uscita dal corpo, errò insieme a molte altre, e tutte giunsero in un luogo meraviglioso, dove c'erano due aperture comunicanti nel terreno e due altre simili nel cielo in corrispondenza delle prime. In mezzo ad esse erano seduti dei giudici. Essi emanavano le sentenze e poi imponevano ai giusti di recarsi a destra in alto (queste indicazioni topografiche tradiscono l'influsso pitagorico: sappiamo infatti che i Pitagorici associavano il bene con ciò che si trova a destra, in alto e in avanti; il male con ciò che è a sinistra, in basso e indietro. Le due vie, quelle dei giusti e quelle degli empi erano familiari nelle rappresentazioni orfico-pitagoriche nell'oltretomba. Vedi anche Fedone 111c – 114c) in alto, verso il cielo, ma prima attaccavano loro sul petto il cartello con il testo della sentenza. Agli ingiusti invece intimavano invece di incamminarsi alla sinistra in basso, e anche a loro appendevano sulla schiena un cartello su cui stavano scritte tutte le loro colpe. Giunto il suo turno essi ordinarono a Er di riferire agli uomini ciò che avrebbe visto laggiù, e perciò di osservare ed ascoltare ogni cosa. Vide dunque le anime avviarsi, dopo il giudizio, all'una e all'altra apertura rispettivamente del cielo e della terra, mentre le altre due aperture lasciavano l'una salire dalla terra anime polverose e stanche, e l'altra scendere dal cielo anime pure. Tutte quelle che arrivavano successivamente sembravano reduci da un lungo viaggio, e liete di esser giunte a quel prato, come chi si accampa per una festa solenne. Alcune, che si conoscevano, si scambiavano cenni di saluto, e quelle provenienti dalla terra si informavano dalle altre degli avvenimenti del cielo, e viceversa. Le une facevano il loro racconto con gemiti e lacrime, e ricordavano quali e quante sofferenze avessero patito e visto durante il loro viaggio sotto terra -un viaggio di mille anni- . Invece le altre provenienti dal cielo raccontavano le loro impressioni gioiose e le incredibili bellezze che avevano contemplato. Ma ripetere questi racconti sarebbe troppo lungo, Glaucone. Er narrò che in sostanza ogni anima scontava dieci volte tanto ogni colpa commessa e ogni persona offesa, e ogni castigo durava cento anni, sicché tutte pagavano una pena dieci volte superiore alle loro colpe.- …... --------------------------------------------------------------------------
336
Que' prudenti che s'adombrano delle virtù come de' vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; e il mezzo lo fissan giusto in quel punto dov'essi sono arrivati, e ci stanno comodi. Alessandro Manzoni
Zeus, perché dunque hai messo fra gli uomini un ambiguo malanno, portando le donne alla luce del sole? Euripide, Ippolito, vv. 616-617 La religione è considerata vera dalla gente comune, falsa dalle persone sagge, utile dai governanti. Seneca
Eva Cantarella— SOCRATE era sposato con Santippe, passata alla storia come il prototipo della moglie prepotente, petulante, brontolona. Di lei e dei rapporti con il marito sapremmo ben poco se non fosse per un episodio piuttosto significativo. Condannato a morte, Socrate è in carcere in attesa di bere la cicuta. Imperturbabile come sempre, riceve i suoi allievi discutendo con loro dell'immortalità dell'anima, quand'ecco arrivare per l'ultima visita Santippe, che piange e si dispera. Socrate, infastidito, senza degnarla neanche di una parola e di uno sguardo, rivolgendosi ad uno degli allievi ordina: -O Critone, qualcuno la porti via di qui, la riaccompagni a casa.- era rimasto letteralmente sconvolto: il sangue gli era salito alla testa, aveva perso il controllo, gli sembrava di essere dilaniato dagli artigli di una belva.... Ma questo non significa che, seppur sensibile al fascino dei giovinetti, Socrate cedesse alla tentazione della carne, come chiaramente dimostra un celebre episodio che riguarda il suo legame con Alcibiade, il giovane bellissimo e sfrontatissimo che apertamente e insistentemente lo corteggiava.Povera Santippe, che per tutta la vita, oltre alla scortesia del marito, aveva dovuto sopportare, com'era abituale per le mogli greche, anche la concorrenza dei ragazzi... E che a Socrate i bei fanciulli piacessero era fuor di dubbio. Racconta il suo allievo Platone, per esempio, che era così attratto dalla bellezza di Carmide (il ragazzo da cui prende nome uno dei dialoghi platonici) che nel corso di una conversazione, quando lo sguardo gli era caduto sotto la tunica di Carmide, Socrate ne Anche se fortemente attratto da Alcibiade, infatti, Socrate resisteva, non cedeva alle lusinghe, opponeva un fermo rifiuto a ogni proposta che comportasse una relazione fisica. A raccontarlo, nel Simposio di Platone, è lo stesso, delusissimo Alcibiade. Rimanevo dunque solo con lui, dunque, amici, e pensavo che avrebbe cominciato a conversare su quegli argomenti di cui parlano un amante ed un amato, quando sono soli, ed ero contento, Invece, niente di questo accadeva: dopo aver conversato e trascorso tutta la giornata, alla fine se ne andava. A questo punto lo invitai agli esercizi ginnici, e mi esercitavo con lui, sperando di concludere qualcosa. Egli faceva ginnastica e si esercitava nella lotta con me, spesso senza che nessuno fosse presente. Che dire? Non combinai nulla. ... Perciò lo invitai a cena, tendendogli una trappola, proprio come un amante all'amato. ... la prima volta che venne voleva andarsene subito dopo cena; e quella volta lo lasciai andare, perché ebbi vergogna. Ma un'altra volta mi organizzai meglio e dopo aver cenato continuai a conversare sino a tarda notte e quando se ne voleva andare, lo trattenni con il preteso che era tardi. ...Alzatomi, senza dargli modo di dire più nulla, lo coprii con questo mio mantello -era inverno- mi distesi sotto il suo e gettate le braccia intorno a quest'uomo veramente 337
demoniaco e meraviglioso, rimasi così tutta la notte ... nonostante tutto quello che avevo fatto, non diede segno di apprezzare, non tenne alcun conto del fiore della mia bellezza, ma lo disprezzò, per tutti gli dèi e le dee, dopo aver dormito con Socrate mi alzai proprio come se avessi dormito con mio padre o con un fratello maggiore. ....PLATONE Il Simposio è il trattato più ampio sull'amore che ci sia giunto dall'antichità. Un trattato che, come sempre avviene in Platone, assume la forma di dialogo: nel corso di un banchetto si decide che l'argomento della conversazione sarà l'amore. Tra i partecipanti alla discussione ci sono Fedro, Pausania, Aristofane e Socrate. Per Fedro, che è il primo a parlare, amore è “causa di grandissimi beni”. Nulla infatti è meglio per un giovane, che avere un buon amante, così come per un amante niente è meglio che avere un buon amato. La ragione è evidente: l'amore spinge ad agire nel modo migliore e più degno. Solo l'amore, infatti fa sì che un uomo si vergogni se viene scoperto a commettere azioni indegne. ...L'amore, secondo Fedro, non è quello fra uomo e donna: è quello pederastico. Dopo di lui prende la parola Pausania. Non esiste un solo tipo di amore, ne esistono due, egli specifica; uno è ispirato da Afrodite Celeste, l'altro da Afrodite Volgare. La prima differenza consiste nel fatto che chi è ispirato da Afrodite Volgare (attenzione , questo “chi” è evidentemente un uomo: le donne non vengono neppure prese in considerazione come soggetti amanti) ama indifferentemente uomini e donne, e , amando più il corpo dell'anima, si rivolge a persone poco intelligenti. … Chi è ispirato da Afrodite Celeste, invece, ama i ragazzi, prediligendo ciò che per natura è più forte e più intelligente. Esattamente come nel discorso di Aristofane, al quale dobbiamo il racconto di un mito celeberrimo. In origine, narra Aristofane, in origine i sessi non erano solo due, erano tre. Gli esseri umani, un tempo, erano diversi da come siamo noi: avevano la forma di una sfera e si muovevano rotolando su quattro mani e quattro piedi. Ciascuno di essi aveva due volti, ai lati opposti della sfera, e, sempre ai lati della sfera, due organi sessuali. Alcuni di questi esseri avevano due organi sessuali maschili, altri avevano due organi sessuali femminili, altri ancora (gli ermafroditi) un organo maschile ed uno femminile. Se nonché un giorno, essendo divenuti troppo arroganti, vennero puniti da Zeus, che tagliò ciascuno di loro a metà. E a partire da quel momento ciascuna metà cominciò a cercare la metà perduta: chi in origine era interamente uomo cominciò a cercare un altro uomo; chi era stato interamente donna cominciò a cercare un'altra donna; chi era stato ermafrodito, cominciò a cercare persone dell'altro sesso. … Ma qual'è la morale? Aristofane lo spiega in modo molto chiaro, esplicito, inesorabile: le donne che cercano altre donne sono le etairistriai, parola estremamente spregiativa per indicare, appunto, le donne attratte da altre donne. Gli uomini che cercano altri uomini, invece, sono i migliori tra gli individui di sesso maschile. Essi esprimono al meglio la virilità; quando diventano adulti sono i più adatti a divenire uomini politici; contraggono matrimonio per convenienza sociale, ma sarebbero felici di vivere fra di loro, senza donne. Quelli che provengono dall'ermafrodito sono grandi amatori di donne, e tra di loro si trovano, per lo più, gli adulteri. Che l'amore per i ragazzi sia la forma più alta di amore appare dunque cosa assodata e condivisa, sino al momento cui tocca a Socrate prendere la parola. A questo punto, infatti, l'ottica del discorso cambia. A istruirmi delle cose dell'amore, dice egli, è stata Diodima. Ancora una volta Socrate riconosce che una donna può essere più sapiente di lui: in questo caso Diotima di Mantinea, una sacerdotessa dalla quale ha appreso la storia della nascita di Amore. Amore, nella storia di Diotima, viene concepito durante il banchetto con cui gli dèi celebrano la nascita di Afrodite. Al termine del festeggiamento giunge Penìa (la Povertà), per mendicare gli avanzi del cibo, e mentre se ne sta sulla porta vede Poros (l'Espediente) addormentato a causa del troppo nettare (il vino allora non esisteva ancora). Povera quanto intraprendente, Penìa senza por tempo in mezzo si sdraia accanto a Poros e concepisce Eros, l'amore. Data l'occasione nella quale è stato generato, dunque, Amore è amante del bello, come Afrodite. Ma, in quanto figlio di Penìa, è “tutt'altro che delicato e bello, come credono i più, ma ruvido, ispido, scalzo e senza dimora ”. Egli partecipa anche all'indole del padre: e poiché Poros è figlio di Metis, egli “tende insidie ai belli e nobili. Ha coraggio, è impavido e veemente, temibile cacciatore, infaticabile nell'escogitare insidie, desideroso di conoscere e ricco di risorse... incantatore terribile, preparatore di filtri, ragionatore capzioso. La sua natura non è mortale né immortale... muore e poi ritorna alla vita grazie alla natura del padre”. Questa, dunque, la natura di Amore, questo “demone” né mortale né immortale, grazie al quale, tuttavia, è consentito ai mortali di raggiungere l'immortalità. La procreazione infatti lascia sempre un essere nuovo al posto del vecchio, e “con questo espediente … il mortale partecipa dell'immortalità, per quanto riguarda il corpo ed ogni altra cosa”.
338
ARISTOTELE. Della vita sentimentale di Aristotele sappiamo ben poco. La tradizione dice che aveva una moglie, un'amante di nome Phyllis, e che ebbe una storia di amore con un giovane allievo, di cui non conosciamo il nome, proveniente dalla città licia di Phaselis. Una moglie, un'amante, qualche relazione pederastica: normale amministrazione, insomma. Questo, quel poco che sappiamo, della sua vita privata. Di quel che pensava sui rapporti amoroso sul piano teorico, abbiamo invece informazioni più ampie. La parola chiave attorno alla quale si organizzano le sue riflessioni è philia, abitualmente tradotta con amore: ma è indispensabile ricordare che il termine philia indica una relazione emotiva che si manifesta in rapporti molto diversi tra loro, che vanno dall'amicizia all'amore materno, al legame fra marito e moglie. Gli esseri umani sono portati, per loro natura, ad accoppiarsi. E non lo fanno solo per riprodursi, come gli animali. Gli esseri umani lo fanno anche per assicurarsi una buona vita, organizzando il lavoro e dividendo i beni. … A rinsaldare il legame fra marito e moglie contribuiscono infine i figli: non a caso i matrimoni senza figli sono più facili a dissolversi. L' oikos, infatti, la famiglia è il nucleo centrale del suo progetto politico. … In cosa consistesse la diversità fra marito e moglie, per Aristotele, è presto detto : per cominciare nel fatto che “ il maschio è più adatto al comando della femmina, tolte alcune eccezioni contro natura” All'uomo compete dunque il comando nella polis e nella famiglia . Il marito infatti, come tutti gli uomini, possiede nella sua pienezza il logos e quindi la capacità di deliberare; la donna invece ha una ragione minore ed imperfetta, incapace di controllare la sua parte concuscibile.
Di PANDORA Esiodo parla sia nella sua Teogonia sia ne Le opere e i giorni. Come, quando perché giunse sulla terra? Cominciamo dal perché: per cambiare la vita all'umanità, rendendola per sempre infelice. Un tempo, infatti, gli uomini vivevano senza guai, senza malattie, senza problemi. Ma un giorno Prometeo rubò il fuoco agli déi e lo diede agli esseri umani: grazie a lui, la stirpe dei mortali possedeva lo strumento che le avrebbe consentito di intraprendere la strada del progresso. Prometeo meritava una punizione e Zeus gliela inflisse. Nella Teogonia, legato ad una colonna, egli viene tormentato da un avvoltoio che ogni giorno gli mangia il fegato; poiché ogni notte il fegato ricresce, il suo supplizio non ha mai fine. Nel Prometeo incatenato di Eschilo egli viene condotto ai confini del mondo, per essere incatenato ad una roccia, per avere cioè un supplizio eterno. Ma la punizione a Prometeo non era sufficiente, bisognava che l'intero genere umano soffrisse. Ed ecco Zeus all'opera, con la collaborazione di tutti gli altri déi, per costruire un essere dotato di tutte le caratteristiche adatte allo scopo: ed ecco Pandora (da pan = tutto e doron = dono). Fatta di terra ed acqua Pandora viene costruita da Efesto, simile ad una casta vergine; Afrodite le regala grazia e capacità di sedurre, desiderio struggente, affanni che fiaccano le membra; Ermes le dona mente sfrontata, indole ambigua, menzogne e discorsi ingannatori. Nessuna sorpresa se questo male così bello è un terribile flagello, una trappola alla quale non si sfugge. Quando giunse fra gli uomini, questi imparano a conoscere l'infelicità, che resterà in eterno con loro. Pandora è in sé, per la sua stessa natura, un male dalle conseguenze funeste: da lei nasce il genere meledetto, le tribù delle donne. Ma non è tutto: nelle Opere e nei giorni Esiodo ci racconta un'altra storia. Pandora fu mandata da Zeus, egli dice, nella casa di Epimeteo, il fratello di Prometeo. A differenza di questi, che prevedeva essendo questo il significato del suo nome, Epimeteo, vedeva dopo, capiva in ritardo: nonostante Prometeo l'avesse avvertito di non accettare regali da Zeus, accoglie Pandora, e sedotto dalla sua bellezza la sposa: e qui incominciano i guai. Nella casa di Epimeteo c'è un vaso ermeticamente chiuso, dono di Zeus, non deve essere aperto per nessuna ragione. Inutile a dirsi, Pandora, non resistendo alla curiosità, lo scoperchia, facendo uscire tutte le calamità del mondo. Atterrita la donna lo richiude precipitosamente, ma è troppo tardi: i mali sono già volati via, disperdendosi fra gli uomini, ovunque essi abitino. Sul fondo rimane solo Elpis, la speranza: è tutto ciò che resta all'umanità. Eva Cantarella, L'amore è un dio, ed. Feltrinelli
-----------------------------------E ciò che è bene, Fedro, e ciò che non è bene,
339
dobbiamo chiedere ad altri di dirci queste cose? (incipit)
Cris ed io stiamo andando nel Montana con due amici; forse ci spingeremo ancora più lontano. I programmi sono volutamente vaghi, abbiamo più voglia di viaggiare che non di arrivare in un posto prestabilito. Siamo in vacanza. Diamo la preferenza alle strade secondarie: il meglio sono le strade provinciali asfaltate, poi le statali ed in ultimo le autostrade. Ci preoccupiamo più di come passiamo il tempo che non di quanto ne impiegheremo per arrivare: l'approccio cambia completamente. Le strade che serpeggiamo su per le colline sono lunghe, ma in moto sono molto più belle, in curva ti pieghi senza andare a sbattere contro le pareti di un abitacolo. Le strade con poco traffico sono più gradevoli, oltre che più sicure, e anche quelle senza autogrill e cartelloni, strade dove boschetti e pascoli e frutteti si possono quasi toccare, dove i bambini ti fanno ciao con la mano e la gente guarda dalla veranda per vedere chi arriva.....
Scoprii la causa dei grippaggi qualche settimana dopo. Nel sistema di distribuzione dell'olio c'era uno spinotto (25 cents) tranciato che ad alta velocità impediva all'olio di arrivare alla testata. Perché, non posso fare a meno di chiedermi, ed è proprio questa domanda che mi ha spinto a tenere questo Chautauqua (forma di teatro popolare, molto semplice, in zone rurali attuato da attori itineranti, senza pretese artistiche: cioè racconti). Perché l'hanno martoriato in quel modo? (lo spinotto) E sì che non erano di quelli che scappano dalla tecnologia come John e Sylvia. Erano loro i tecnologici. Avevano imparato un mestiere e lo eseguivano come uno scimpanzé. Perché si erano comportati in quel modo? Cercai di pensare a quelle ore passate con loro in quell'officina, quel posto da incubo, per vedere se riuscivo a trovare una spiegazione plausibile. La radio era un indizio. Non ci si può concentrare su quello che si sta facendo con la radio a tutto volume. Forse quei ragazzi non concepivano il loro lavoro come qualcosa che potesse implicare una certa concentrazione, ma solo come un gioco di chiavi inglesi. E con la musica gingillarsi con una chiave inglese è più divertente. Un altro indizio era la loro velocità. Sbattevano le cose di qua e di là senza guardare dove. Si fanno più soldi, così non ci si ferma a pensare che sarebbe meglio metterci più tempo. Ma l'indizio più significativo era la loro espressione, difficile da spiegare. Un'aria bonacciona, amichevole, accomodante, non coinvolta. Sembravano degli spettatori. Era come se fossero capitati lì per caso e qualcuno gli avesse messo in mano una chiave inglese. Non si identificavano per niente con il loro mestiere. Si capiva subito che alle cinque del pomeriggio avrebbero tagliato la corda senza neanche più un pensiero per il lavoro. …
-Per il resto simulo una follia da ventesimo secolo, come voi. Solo per non dare troppo nell'occhio. Comunque ricomincerò da capo, a vostro beneficio. Noi siamo convinti che le parole scorporate di Newton fossero piazzate lì nel bel mezzo del nulla, miliardi di anni prima che lui nascesse e le scoprisse come per incanto. C'erano sempre state, anche quando non potevano essere applicate a niente. Poi, piano piano, venne alla luce il mondo ed ecco che quelle parole si applicarono a quel mondo. Anzi, furono proprio loro a plasmarlo. Questo, John, è assolutamente ridicolo! Il problema sul quale si bloccano gli scienziati è quello del pensiero. Il pensiero non possiede né materia né energia, eppure questi uomini di scienza non possono sfuggire al ruolo predominante che esso svolge in qualsiasi loro attività. La logica esiste nel pensiero. I numeri esistono soltanto nel pensiero. Io non mi arrabbio quando gli scienziati dicono che i fantasmi esistono nel pensiero. E' quel “soltanto” che mi manda in bestia. Anche la scienza esiste soltanto nel pensiero.Vado avanti perché John e Sylvia mi guardano senza dire una parola. -Le leggi della natura sono invenzioni umane, come i fantasmi. E così le leggi della logica e della matematica. Tutte queste benedette cose sono invenzioni dell'uomo, compresa l'idea che non lo sono. Al di fuori dell'immaginazione umana il mondo non esiste, è un fantasma, e nell'antichità era riconosciuto come tale. E' governato da fantasmi. Vediamo quello che vediamo perché ce lo fanno vedere i fantasmi di Mosè e di Cristo e del Buddha, e di Platone, e di Cartesio, e di Rousseau, e di Jefferson, e di Lincoln. Newton è un fantasma molto bravo, uno dei migliori. Il vostro buonsenso non è nient'altro che il miscuglio delle voci di migliaia e di migliaia di queste fantasmi del passato. Fantasmi che cercano di trovare il loro posto fra i vivi.
340
A un romantico lo stile classico sembra spesso banale, goffo e bruto, esattamente come la manutenzione meccanica. E' tutta una questione di pezzi, di parti, di componenti, di rapporti. Non si riesce a capire niente finché non si è interpellato un calcolatore una dozzina di volte. Tutto deve essere misurato e dimostrato. E' opprimente, pesante. Di un grigiore senza fine. La forza mortale. A uno spirito classico, d'altra parte, il romantico non fa un'impressione migliore: frivolo, irrazionale, imprevedibile, indegno di fiducia, interessato solo alla ricerca del piacere. Superficiale. Inconsistente. Speso un parassita che non vuole o non può responsabilizzarsi. Un peso per la società. Il problema è che la gente ha la tendenza a schierarsi su una sola di queste due posizioni, rifiutandosi di capire l'altra. Nessuno si sogna di vedere la realtà in un modo diverso dal proprio, e a quanto ne so io nessuno dei nostri contemporanei è arrivato a una soluzione che possa conciliare questi due tipi di verità. Tra queste due visioni della realtà non c'è un solo punto di incontro. E così, negli ultimi tempi, abbiamo assistito allo sviluppo di una enorme spaccatura tra cultura classica e controcultura romantica, due mondi sempre più estranei e ostili mentre tutti si chiedono se sarà sempre così: Una famiglia divisa nel suo interno. E' una contrapposizione che nessuno vuole, a dispetto di quello che ogni appartenente all'uno o all'altro schieramento potrebbe pensare dei propri antagonisti. All'interno di questo contesto quello che Fedro pensò e disse è importante, ma nessuno lo ascoltava. Prima lo considerarono eccentrico, poi indesiderabile, poi un po' tocco, e alla fine matto da legare. …
Tutti percepiamo a ogni istante milione di cose intorno a noi, queste forme che cambiano, queste colline brucianti, il rumore del motore, le registriamo automaticamente, ma non ne prendiamo veramente coscienza, a meno che non ci sia un particolare insolito o il riflesso di qualcosa che siamo preparati a vedere. Non potremmo mai prendere coscienza di tutto e ricordare tutto perché la nostra mente si riempirebbe di tanti di quei dettagli inutili che non riusciremmo più a pensare. Dobbiamo scegliere, e il risultato di tale scelta, che chiamiamo “coscienza” , non è mai identico alle percezioni, perché il processo di selezione le cambia. Noi prendiamo una manciata di sabbia dal panorama infinito delle percezioni e le chiamiamo “mondo”. Una volta di fronte a questo mondo, operiamo su di esso un processo di discriminazione: entra in funzione il coltello. Dividiamo la sabbia in mucchi. Questo e quello. Qui e là. Bianco e nero. Adesso e allora. In un primo momento la manciata di sabbia sembra uniforme, ma più la guardiamo e più la scopriamo varia. Non ci sono due granelli uguali. Alcuni sono simili per un verso, altri per un altro, e possiamo dividerli in gruppi sulla base di queste somiglianze e diversità. Si potrebbe pensare che a un certo punto il processo di suddivisione e di classificazione si interrompa, ma non è così. Continua all'infinito. All'intelligenza classica interessano i principi che determinano la separazione e l'interrelazione dei mucchi. L'intelligenza romantica si rivolge alla manciata di sabbia ancora intatta. Sono entrambi modi validi di considerare il mondo, ma sono inconciliabili. Urge a questo punto un modo di concepire il mondo che li unifichi senza far loro violenza. Un'intelligenza del genere non scarterà né la selezione dei granelli né la contemplazione della sabbia fine a se stessa, ma cercherà di rivolgere l'attenzione al paesaggio infinito dal quale è stata presa la sabbia. Questo è ciò che Fedro, lo sfortunato chirurgo, stava cercando di fare.
Parlare di certe istituzioni pubbliche e sociali come del “sistema” è corretto, perché esse sono basate sugli stessi rapporti concettuali e strutturali di una motocicletta. Sono sorrette da rapporti strutturali persino quando hanno perso ogni altro significato ed ogni altro scopo. La gente va in fabbrica e dalle otto alle cinque di sera si dedica senza fiatare a mansioni assolutamente prive di senso, perché la struttura esige che sia così. Non c'è nessun “cattivo” che li vuole costringere a
341
vivere delle vite senza senso, è solo che la struttura, il sistema, lo esige, e nessuno è disposto ad assumersi l'arduo compito di cambiare la struttura solo perché non ha senso. Ma smantellare una fabbrica, o ribellarsi contro un governo, o rifiutarsi di riparare una motocicletta solo perché essa è un sistema, è attaccare gli effetti invece delle cause. Il sistema vero è la nostra costruzione del pensiero sistematico, la razionalità stessa, e si smantella una fabbrica lasciando in piedi il sistema di pensiero che l'ha prodotta, questo non farà che dare origine ad un'altra fabbrica.
Anche i miei pensieri si stanno avvicinando sempre più alla loro sorgente, al punto cruciale in cui posso almeno incominciare a parlare di quando Fedro si allontanò dalla corrente tradizionale del pensiero razionale per inseguire il fantasma della razionalità stessa. C'è un passo che egli aveva letto e ripetuto a memoria tante volte che sopravvive ancora intatto. Comincia così: -Nel tempio della scienza ci sono tante dimore.... e diversi davvero sono coloro che le abitano e i motivi che ve li hanno condotti. Molti cercano nella scienza l'esaltante sensazione di superiore capacità capacità intellettuale; la scienza è lo sport da cui trarre un'esperienza vivida e il soddisfacimento delle ambizioni; nel tempio ci saranno anche i molti che hanno immolato i prodotti del loro cervello a fini puramente utilitaristici. Se venisse un Angelo del Signore a cacciare tutta la gente che appartiene a queste due categorie, il tempio si svuoterebbe di molti fedeli, ma qualcuno rimarrebbe; uomini sia dell'epoca presente sia di quella passata. ...Se le categorie che abbiamo appena espulso fossero le sole a popolare quel luogo, il tempio non sarebbe mai esistito, così come non può esistere un bosco fatto di soli rampicanti. Coloro che troveranno favore presso l'Angelo (…) sono tipi insoliti, poco comunicativi, solitari, in realtà molto meno simili tra loro degli appartenenti alla schiera dei cacciati. Quel che li ha portati al tempio (…) non c'è un'unica risposta per spiegarlo, (…) l'evasione dalla vita quotidiana, dalla sua penosa crudezza, da una disperata monotonia, la fuga dalla schiavitù dei propri desideri. Una natura nobile desidera con tutte le sue forze di sfuggire al suo ambiente affollato e rumoroso per rifugiarsi nel silenzio delle vette più alte, dove l'occhio spazia liberamente nell'aria pura e segue con sguardo amorevole i placidi contorni che paiono costruiti per l'eternità.Il passo è preso da un discorso pronunciato nel 1918 da un giovane scienziato tedesco di nome Albert Einstein. Einstein aveva detto:-Lo stato mentale che permette ad un uomo di fare un lavoro del genere è quello del credente o dell'amante. Lo sforzo quotidiano non è sostenuto da un'intenzione o da un programma prestabilito, ma sgorga diritto dal cuore-L'uomo cerca di fabbricare, a suo uso e consumo, un quadro del mondo semplificato ed intellegibile. Poi cerca di sostituire questo suo cosmo al mondo dell'esperienza, per riuscire così a sopraffarlo. (…) Egli fa di questo cosmo e delle sue costruzioni il cardine della sua vita emotiva per trovare così la pace e la serenità che gli sono negate dal vortice angusto dell'esperienza personale... Il fine ultimo (…) è arrivare a quelle leggi universali ed elementari a partire dalle quali si può costruire il cosmo per pura deduzione. Non c'è un cammino comune che conduca a queste leggi; le può raggiungere soltanto l'intuizione, sorretta da un'intelligenza del mondo in profonda risonanza con l'esperienza. ...Sembrava la cosa più sensata, e più Fedro ci pensava e più gli sembrava vera. La scuola insegna ad imitare. Se non si imita l'insegnante si prende un brutto voto. Qui al College, evidentemente, lo si faceva in modo più artificioso, senza averne l'aria, dando al intendere all'insegnante di aver còlto l'essenza del suo insegnamento per svilupparla con idee proprie. Era così che si conquistava il massimo dei voti. L'originalità, invece, era un'incognita, poteva portare anche alla bocciatura. Tutto il sistema di votazione metteva in guardia contro di essa. Il più grosso problema dello studente è una mentalità da mulo, inculcatagli da anni di politica del bastone e della carota. L'abolizione del voto e dei diplomi non si propone di abolire i muli o di liberarsi di loro, ma di creare un ambiente in cui ogni mulo possa trasformarsi in un uomo libero.
342
Robert M. Pirsig, Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi 1974
Eva Cantarella
5) Aristotele: la donna materia Riprendendo un tema che, come sappiamo, era già stato molto dibattuto, Aristotele spiegò quale fosse il contributo femminile nella riproduzione. Alla formazione dell'embrione, egli disse, accanto allo sperma concorre il sangue mestruale, ma il ruolo di questi due elementi è diverso: lo sperma è sangue, come quello mestruale, ma più elaborato di questo. Il cibo, quando non è espulso dall'organismo, viene trasformato in sangue, e l'agente trasformatore è il calore. Ma la donna, meno calda dell'uomo, non può compiere l'ultima trasformazione, che dà luogo allo sperma: è il seme maschile quindi che, nella riproduzione, cuoce il residuo femminile, trasformandolo in un essere nuovo: il seme, in altre parole, ha un ruolo attivo, mentre il sangue femminile ha un ruolo passivo. Pur indispensabile, l'apporto femminile è l'apporto della materia, con cui la donna si identifica. E l'apporto della donna-materia è per sua natura passivo, in contrapposizione a quello maschile, che, essendo l'uomo forma e spirito, è invece attivo e creativo: il maschio infatti, nella riproduzione, “trasforma” attraverso lo sperma la materia femminile. La constatazione della passività nella riproduzione è dunque uno degli elementi che consente ad Aristotele di giustificare la subalternità sociale e giuridica della donna. L' oikos (elemento centrale del progetto politico di Aristotele) si organizza intorno a un capo: “il maschio è più adatto al comando della femmina, tolte alcune eccezioni contro natura” Solo a questo capo spetta il diritto di partecipare alla gestione della polis, e a lui compete il comando su moglie, schiavi, figli”.
Patria potestas. Anche e soprattutto perché la potestà dei genitori sui figli è oggi concepita come un istituto protettivo, destinato a integrare la capacità in fieri del figlio minorenne. In altri termini è stabilita nell'interesse di questi, mentre la patria potestà era un istituto potestativo e perpetuo. Manifestazione di di una posizione di assoluta supremazia del pater, la patria potestas, dunque, durava, indipendentemente dall'età di coloro che vi erano sottomessi, fino a che il pater era in vita. Al momento della morte di questi, inoltre, venivano liberati solo i discendenti diretti, vale a dire i figli e le figlie, nonché i figli di queste, se il loro padre naturale era premorto. Tutti gli altri passavano sotto la potestas di costoro, divenuti nuovi pater familias. A Roma, insomma, era libero dalla patria potestas solo chi non aveva ascendenti. E vediamo, ciò premesso, qual'era la condizione di chi vi era sottoposto, e in particolare le donne. Se noi seguiamo, nel tempo, la vita di un filius familias, vediamo che il primo potere che il pater poteva esercitare su di lui era quello di “esporlo”. Al momento della nascita, infatti, con gesto molto significativo, i neonati, maschi o femmine che fossero, venivano deposti ai piedi del pater, che poteva a sua scelta e senza bisogno di spiegarne le ragioni, sollevarli da terra prendendoli in braccio, e con ciò accettarli nella familias (tollere o suscipere liberos), oppure lasciarli dove erano stati deposti, e quindi di liberarsi di loro abbandonandoli a se stessi, in un canestro sulle acque di un fiume o in altri luoghi nei quali erano comunque destinati a morire di freddo e di stenti. Ma quando si trattava di una figlia femmina la cerimonia era diversa, e il padre, se non voleva esporla, doveva esplicitamente ordinare che fosse alimentata. …... La possibilità di salvezza di un neonato esposto, come è evidente, era legata al fatto che qualcuno lo raccogliesse. E questo accadeva, di regola, per ragioni tutt'altro che filantropiche. Raccogliere un neonato, soprattutto se era di sesso femminile, poteva essere un ottimo investimento economico. Allevata in casa ed utilizzata sin dalla più tenera età per i lavori domestici, una fanciulla, non appena aveva l'età, poteva essere venduta (ricavandone un utile tutt'altro che irrilevante) a chi l'acquistava per utilizzarla come schiava, o, più spesso, per avviarla alla prostituzione. …..
343
Nell'epoca più antica, in primo luogo, ella passava dalla famiglia originaria alla famiglia del marito, ora si trovava ad essere sottoposta a un potere familiare (manus), nei contenuti e nell'estensione non molto diversi dalla patria potestas al quale il matrimonio l'aveva sottratta. Lungi dal comportare una maggiore libertà, il matrimonio aveva l'unica conseguenza di trasferire la donna sotto un nuovo padrone. … Ben maggiore rilevanza, ai fini della ricostruzione delle condizioni di vita delle donne, hanno i due istituti della coemptio e dell'usus. La coemptio (di gran lunga la più diffusa delle cerimonie che trasferivano la donna alla nuova famiglia), era un'applicazione della più antica forma di compravendita, detta mancipatio, nel corso della quale la donna, esattamente al pari di un oggetto, veniva venduta all'acquirente alla presenza di un personaggio (libripens) che reggeva la bilancia, sulla quale il compratore gettava il prezzo dell'acquisto della cosa. …. L'usus, altro non era che un'usucapione della donna; nel caso non fosse stata realizzata la coemptio, infatti, e qualora questa non avesse prodotto gli effetti dovuti per un vizio di forma, il marito (ovvero il pater di questi) acquistava la manus sulla donna dopo che questa era stata “usata” per un anno, ovverosia lo stesso termine stabilito per le cose mobili.
Repressione dell'adulterio e divieto di bere vino. Questa dunque la posizione della donna libera nei primi secoli di Roma. Col matrimonio, se usciva dal potere paterno, essa entrava nella sfera del potere del nuovo paterfamilias, in condizioni assai simili a quelle nelle quali era vissuta da nubile. E basterà, a riprova di tale affermazione, ricordare l'estensione dei poteri maritali con riferimento alla punizione di alcuni comportamenti, previsti e puniti come reato solo qualora venissero commessi da una donna. Il primo di questi comportamenti era l'adulterio, considerato così grave, se commesso dalla donna, da consentire al marito di metterla a morte. Il secondo era un comportamento per noi usuale, ma per i romani gravissimo: l'aver bevuto del vino. I tentativi per spiegare questa regola sono stati molti: secondo alcuni i Romani credevano che il vino avesse capacità abortive, e che il divieto fosse legato al divieto di abortire. Secondo altri il vino poteva indurre le donne a venir meno alla loro necessaria riservatezza, e quindi a commettere adulterio. Come altri popoli i Romani credevano che il vino contenesse un principio di vita: e la donna che beveva vino, quindi, ammetteva in sé un principio di vita estraneo, esattamente come faceva l'adultera. …. Racconta Varrone che Egnazio Metennio, avendo sorpreso la moglie a bere del vino, la uccise a bastonate. Non solo: per essere certi che la donna non bevesse di nascosto, i parenti più stretti potevano esercitare il famoso ius osculi, vale a dire il “diritto di bacio”. … A ben vedere la regola sanciva un potere di controllo sulla donna, baciando la quale si controllava, appunto, che ella non avesse bevuto. Qualora avessero sottratto le chiavi della cantina nella quale era conservato il vino, le donne potevano venir punite, anche nel caso non avessero bevuto; ma in questo caso (nonostante Plinio parli di una donna costretta a morire di fame per aver commesso questo reato), sembra che, invece di esser messe a morte, venissero ripudiate, così come venivano ripudiate se avessero abortito, o, più precisamente, le donne che avessero abortito senza il consenso del marito.
Sotto tutela a vita. Abbiamo visto che l'organizzazione familiare era tale, da far sì che fossero liberi dalla patria potestas (e cioè titolari di diritti) solo coloro che non avevano più ascendenti. Ma ora è necessario aggiungere qualche cenno sulla tutela. La capacità di essere titolari di diritti (capacità giuridica) è qualcosa di diverso dalla capacità di esercitarli (capacità di agire). In altri termini, non necessariamente chi è titolare di un diritto è considerato capace di disporne liberamente. La capacità di agire, infatti, è riconosciuta solo a coloro che sono ritenuti capaci di intendere e di volere. Coloro invece che sono ritenuti incapaci o non del tutto capaci, sono sottoposti a tutela, vale a dire alla protezione e al controllo di una persona, cui spetta la funzione di impedire all' “incapace” di compiere atti pregiudizievoli.
344
Nel diritto romano, in particolare, gli uomini erano considerati in grado di amministrare se stessi e i propri interessi al raggiungimento dell'età pubere: e, quindi, qualora fossero liberi dalla patria potestas, erano sottoposti a tutela sino al compimento del quattordicesimo anno. Ma le donne, come stabilirono le XII Tavole, erano sottoposte a tutela perpetua. Le ragioni di questa discriminazione per i Romani era evidente: le donne non erano in grado di provvedere a se stesse propter levitatem animi, vale a dire per la leggerezza del loro animo. Quale che fosse la loro età, pertanto, esse erano sottoposte al controllo di un tutore (di regola un parente, altre volte persona designata per testamento dal paterfamilias, altre volte nominato da un magistrato). E' esagerato dire che imponendo alle donne una tutela a vita i Romani, in pratica, vanificarono le loro capacità? Tutt'altro. Pur essendo titolari di diritti, le donne non potevano disporre di questi diritti se non con la mediazione e previo assenso di un uomo che originariamente era il loro parente maschio più prossimo, vale a dire, colui che, alla loro morte, era destinato ad ereditare i loro beni. Come pensare, ciò posto, che una donna potesse ottenere senza difficoltà l'autorizzazione a compiere atti di disposizione che avrebbero leso le aspettative di colui che avrebbe dovuto autorizzarli? Poi, con il tempo, le cose cambiarono, e le capacità delle donne aumentarono, è altro discorso.
La legislazione augustea: repressione criminale dell'adulterio. I provvedimenti vòlti a riconfermare la fondamentale importanza del matrimonio e della relativa etica, vennero presi con due leggi, rispettivamente la lex julia de maritandis ordinibus del 18 a.C., e la lex Papia Poppea nuptialis del 9 a. C. , poi fuse in un unico testo. Gli uomini fra i venticinque e i sessant'anni e le donne fra i venticinque e i cinquanta, stabilì Augusto, erano tenute a sposarsi con persone nei rispettivi limiti di età. Al matrimonio erano tenuti anche i vedovi e i divorziati, salvo, per le donne, il tempo intermedio di due anni dalla morte del marito. I matrimoni, inoltre, dovevano essere fecondi: cosa questa che, data l'impossibilità di una imposizione giuridica, era incoraggiata con premi per chi procreava una prole numerosa, e con sanzioni per chi non aveva figli. Per le donne, infine, era stabilito il ius libero trium, che le esonerava dalla tutela qualora avessero partorito tre volte, se nate libere, e quattro se “libertine”, vale a dire nate schiave e quindi liberate.
… La fedeltà coniugale femminile era sempre rimasta al centro dell'organizzazione e dell'ideologia familiare. …. E la legislazione augustea, pur apportando delle innovazioni, stabilì che l'adulterio non poteva assolutamente essere tollerato. Sino a quel momento considerato esclusivamente una tutela familiare, l'adulterio venne infatti, per la prima volta, considerato un crimine, e di conseguenza divenne un comportamento che poteva essere punito (con l'esilio) non solo su richiesta del marito, ma anche qualora un qualsivoglia cittadino intentasse l'azione criminale, appositamente prevista per questo scopo. Accanto alla repressione criminale restò inoltre lo ius occidente che Augusto, pur ponendo alcuni limiti, riconfermò attraverso la previsione di una accurata casistica, volta a stabilire le circostanze che ne giustificavano l'esercizio. Il marito, stabilirono le leggi augustee, non aveva più il diritto di uccidere la moglie adultera, che peraltro era obbligato a ripudiare, pena l'accusa di lenocinio. Egli conservava però il diritto di uccidere l'amante della donna, nel caso lo avesse sorpreso in fragranza di reato all'interno della sua casa, e qualora costui fosse uno schiavo, un infame (gladiatore, commediante, ballerino, lenone o prostituto) o un libero. Diversi e più estesi invece i poteri di un padre che, in primo luogo, poteva anche uccidere la figlia; in secondo luogo, poteva uccidere il suo amante, a qualunque categoria sociale appartenesse; in terzo luogo, poteva esercitare il ius occidente se sorprendeva gli adulteri non solo in casa propria, ma anche in casa del genero. E una circostanza, a proposito dei poteri paterni, è particolarmente interessante: uccidendo la figlia il padre, non solo esercitava un diritto, ma poneva in essere una condizione che rendeva legittima l'uccisione del complice. Se uccideva il correo e non la figlia, commetteva un normale omicidio, come tale soggetto a repressione criminale.
Il sistema onomastico romano.
345
Com'è noto i Romani avevano tre nomi: il primo, detto praenomen, era il nome individuale; il secondo, detto nomen, era il nome gentilizio, cioè della gens cui apparteneva; e il terzo, il cognomen, indicava il gruppo familiare di appartenenza. Ma le donne, a differenza degli uomini, non veniva designata con tre nomi ma soltanto con due: il nome gentilizio e quello familiare: in altri termini non veniva mai identificata con un nome individuale. Cornelia, Cecilia, Tullia, i nomi delle donne romane, non sono dunque nomi personali, ma nomi gentilizi per cui si precisava Major o Minor ovvero Prima, Secunda, Terzia e via dicendo. … E' difficile a questo punto non condividere l'osservazione fatta da M. Finley: non indicando le donne col prenome i Romani volevano mandare un messaggio: che la donna non era e non doveva essere un individuo, ma solo frazione passiva e anonima di un gruppo familiare.
Malcontento femminile, processi per avvelenamento e culti bacchici. Nel 331 a. C., a Roma, fu celebrato un processo per avvelenamento: erano morti misteriosamente molti uomini illustri. Denunciate da una schiava, alcune Matronae furono accusate di averli avvelenati, e nelle loro case vennero trovati dei venena, che esse dissero essere dei medicamenti. Sfidate a provare ciò le Matronae lo fecero e morirono. Al termine del processo vennero condannate 160 donne. Attorno al II secolo le donne avevano visto peggiorare le loro condizioni di vita: quelle che vivevano in campagna avevano risentito pesantemente della perdita dei privilegi legati al ruolo femminile nella famiglia contadina. Le donne delle classi più abbienti avevano visto diminuire la loro possibilità di godere i privilegi della ricchezza; una serie di leggi, (leges sumptariae) aveva stabilito rigorose limitazioni al lusso femminile. Una lex Oppia nel 215 a.C. , aveva vietato di indossare gioielli in misura eccessiva e di indossare vesti troppo colorate. Vent'anni dopo le manifestazioni di malcontento avevano portato all'abrogazione di questa legge. Ma nel 169 una nuova disposizione, la lex Voconia, aveva stabilito che le donne non potessero ereditare un patrimonio superiore ai 200.000 assi, provocando una notevole irritazione delle donne delle classi più abbienti.
… In questo quadro dunque va collocata l'enorme diffusione dei culti bacchici, non a caso celebrati prevalentemente dalle donne, e in un primo momento solo da queste. Il rituale era l'unico momento nel quale le donne potevano esprimere una parte di se stesse, potevano manifestare un erotismo fermamente cancellato nella vita quotidiana. Era un momento nel quale esse provavano una compensazione all'insoddisfazione di una vita affettiva ed erotica, salvo eccezioni, assai poco gratificante. Del tutto comprensibili quindi i motivi che portarono all'enorme diffusione dei Baccanali: e altrettanto comprensibili i motivi della feroce repressione con cui nel 186 a. C. Furono stroncati: venne messa in causa la deprecabile tendenza delle donne a far uso di veleni.
La crisi demografica e le sue cause. A partire dall'età repubblicana la natalità incomincia a calare. Perché Le massicce proporzioni che il fenomeno assunse successivamente hanno fatto avanzare un'ipotesi. Le condutture degli acquedotti erano in piombo; le donne Romane usavano cosmetici nella cui preparazione il piombo era ampliamente utilizzato; il vasellame da tavola era quasi tutto in piombo. Pensare ad una intossicazione collettiva provocata da questo metallo è tutt'altro da escludere: negli scheletri sono state trovate tracce non trascurabili di veleno. Ma l'intossicazione non fu certamente la sola causa del fenomeno. La contraccezione infatti era ormai entrata in uso: accanto a metodi certamente inefficaci (incantesimi e amuleti come il fegato di gatto legato al piede sinistro o un ragno legato a pelle di cervo e tenuto a contatto con il corpo) era diffuso il ricorso a mezzi ancora rudimentali ma certamente più efficienti, come una pezza di lana imbevuta in sostanze capaci di inibire la fecondazione, immessa nell'utero. L'aborto inoltre era ampiamente praticato.
346
La diminuzione della natalità, insomma, era dovuta in parte a motivi indipendenti dalla volontà delle donne, ma in parte dovuta ad una loro scelta di vita: per le donne delle classi più basse erano motivi economici; per le altre, le privilegiate, era il desiderio di godere più liberamente dei vantaggi che le nuove condizioni di vita consentivano. (in altra parte l'Autrice afferma che il rischio di morte in conseguenza del parto era, all'epoca, di una ogni 15 o 16 nascite).
Eccoci infine a una singolare figura di donna: Marzia, che divenne moglie di Catone dopo che questi aveva ripudiato la moglie per la riprovevole condotta. Marzia era una moglie perfetta: quando l'oratore Ortensio, ormai vecchio e solo, chiese a Catone di cedergli Marzia, per avere da lei dei figli, Marzia, pur amando il marito, accettò le sue decisioni senza protestare. Secondo alcuni Catone divorziò da Marzia ma secondo altri, molto più semplicemente la imprestò all'amico. Ella accettò con amore la decisione del marito, col quale infatti tornò dopo la morte di Ortensio (ma i maligni dissero che ciò era stato per via dell'eredità). Nelle scuole i retori si addestravano discutendo “an Cato recte Marciam Hortensio tradiderit” Secondo alcuni interpreti moderni, Catone “prestò” la moglie ad Ortensio applicando fino in fondo i precetti della scuola stoica, di cui era seguace, in base ai quali non bisognava mai pretendere di possedere una donna: essendo destinate alla procreazione, infatti, le donne dovevano essere in comune. …. V'erano però a Roma anche delle donne che rifiutavano il ruolo, in nome di un altro modello di vita. E fra di esse una è celebre, proprio per la sua trasgressione: Clodia, amata da Catullo, da lui celebrata con il nome di Lesbia, e non a caso non ricordata dagli storici, ma solo da chi l'aveva amata, o ferocemente odiata. Clodia era una donna libera: siamo nel I secolo a. C., quando un nuovo tipo di donna fa la sua comparsa sulla scena di Roma. Ispirato al modello delle attrici e delle etere greche. Nel 61, a 33 anni, Clodia conosce Catullo, allora ventisettenne. Nel 59, alla morte del marito, lascia Catullo per l'ancor più giovane Celio. Pochi dati, però sufficienti per capire che Clodia era ben lontana dagli esempi propagandati dagli aneddoti: una donna che sceglie e lascia i suoi amanti, ai quali si propone come una preda che sfugge, che rifiuta di farsi oggetto di possesso. Una protagonista, certo, ma tutt'altro che apprezzata.
Il matrimonio e il divorzio.
… e il matrimonio progressivamente era stato svincolato dall'acquisto della manus e si era trasformato, quantomeno in linea di principio, in una relazione personale paritaria, basata sulla volontà dei coniugi di essere reciprocamente marito e moglie. Sempre che ne avessero la capacità (detta conubium, legata al fatto di aver raggiunto la pubertà e di avere la cittadinanza romana), due persone, in epoca classica, erano considerate legate dal vincolo matrimoniale ogni qual volta la loro convivenza fosse accompagnata da quella che i giuristi chiamavano affectio maritalis. Le cerimonie che accompagnavano l'inizio della vita coniugale non aveva infatti valore costitutivo, vale a dire non erano necessarie al sorgere del rapporto. … Posto che l'intenzione di essere marito e moglie doveva essere continua, bastava che, venuta meno questa intenzione, i coniugi cessassero di convivere; e il divorzio, sulla base di queste due circostanze, era per così dire automatico. Né ha rilevanza che di regola , esse fossero accompagnate da dichiarazioni, come la celebre frase tuas res tibi habeto = prenditi le tue cose, che il marito, era lui che di solito prendeva l'iniziativa, cacciava la moglie. Esattamente come le cerimonie che accompagnavano l'inizio del rapporto, anche queste dichiarazioni avevano solo la funzione di dare pubblicità alla sua fine, e di poter quindi essere utilizzate come prova.
Nel 131 a. C. Il censore Metello Macedonico aveva fatto un discorso: “Se noi, o Quiriti, potessimo vivere senza mogli, nessuno di noi, certamente, accetterebbe le noie del matrimonio. Ma poiché la natura ha voluto che non si possa vivere
347
con le mogli senza averne delle noie, ma neppure ha voluto che si potesse vivere senza di loro, è necessario preoccuparsi della tranquillità perpetua, invece del piacere di breve durata”.
Plauto, nella Cistellaria, di una donna che era morta aveva detto che “per la prima volta aveva usato una cortesia al marito”.
Giovenale non fa distinzione, le donne sono tutte eguali, dalle mogli degli imperatori alle più umili:
“Sta a sentire cosa dovette sopportare il divo Claudio. Appena la moglie (Messalina) si accorgeva che il marito dormiva, indossava spudoratamente un travestimento notturno, e preferendo, Augusta meretrice, al suo letto imperiale una stuoia, lo lasciava, prendendo come scorta una sua unica ancella. Mascherata poi con una bionda parrucca la nera sua chioma, andava a finir dentro a un lupanare tenuto al caldo da una vecchia cortina. V'era una piccola camera riservata a lei sola. Ivi allora, ben nuda, coi capezzoli ornati d'oro, si prostituiva sotto falso nome di Licisca, e metteva in mostra quel grembo dal quale era nato il glorioso Britannico. Così con blande moine riceveva i visitatori e chiedeva loro il prezzo, e giacendo supina godeva gli amplessi di molti. Poi, quando il padrone del bordello licenziava le sue verginelle, ella se ne andava a malincuore e, giacche le era possibile solo questo, era l'ultima a chiudere la sua camera, sentendosi ancora del tutto accesa dal prurito dell'utero teso. Così, quantunque stancata dagli uomini, si allontanava di là non ancora sazia. Con le guance deturpate di nero, insozzate dal fumo della lanterna, ella riportava il fetore dl lupanare al suo letto imperiale”.
La lex Julia aveva stabilito che l'adulterio femminile, rappresentando un pericolo per l'intera comunità, poteva essere punito su richiesta di un qualunque cittadino: la legislazione successiva, lungi dall'attenuarla, aveva inasprito la durezza delle pene. Giovenale aveva denunciato come pericolo gravissimo il fatto che la lex Julia non fosse assolutamente applicata. “Ubi nunc lex Julia?” si era chiesto. “Dormis?”. Ma anche ammesso che la lex Julia stesse dormendo, certamente non dormirono gli imperatori cristiani, assai solleciti nel regolare la scottante materia . Costanzo e Costante, nel 339, stabilirono che l'adultera e il suo complice fossero condannati a morte e bruciati sul rogo o, in alternativa, giustiziati con la terribile poena cullei, l'antica pena prevista per i parricidi, che consisteva nel chiudere il condannato in un sacco assieme ad un cane, una scimmia, un gallo e una vipera, e buttarli nel Tevere o in un altro corso d'acqua. Non solo: mentre la lex Julia, pur confermandolo, aveva limitato il jus occidendi del padre e del marito, i secoli dell'impero registrarono una nuova estensione di questo potere.
Ma al di sopra di ogni possibile interpretazione del passo di Paolo ai Corinzi, una cosa è certa: il matrimonio chiaramente andava configurandosi come uno stato inferiore alla verginità, come rimedio contro i mali che derivavano dalla tentazione della carne. In questa direzione agì, in modo tutt'altro che irrilevante, lo “gnosticismo”. La gnosi = conoscenza consentiva di sapere quali erano le ragioni dei mali del mondo. Gli gnostici quindi erano in grado di vincerlo, e di insegnare agli come fare. … Gli encratisti, i saturniani, i severiani, i masseni praticavano la continenza e la predicavano con particolare ardore: la donna e il matrimonio, essi sostenevano, sono opera di Satana. …. Ma fu soprattutto grazie al culto di Maria che la castità venne esaltata e proposta come il modello più alto di comportamento. Sul tema della verginità della madre del Cristo si affannarono non poco i Padri della Chiesa che, dopo aver parlato della vulva reserata, passarono alla teoria dell' uterus clausus, per giungere alla fine del IV secolo, con Giovanni Crisostomo, a sostenere la “verginità perpetua” (ante partum, in partu, post partum), destinata a diventare dogma con il Concilio Laterano del 649.
348
L'ipotesi poneva alcuni problemi, che vennero peraltro risolti: i fratelli e le sorelle di Gesù di cui parlano i Vangeli, divennero fratellastri (nati da un precedente matrimonio di Giuseppe) e, successivamente, cugini.
I Padri della Chiesa e la demonizzazione della donna. All'esaltazione del modello ascetico e della castità fece da contrappunto la demonizzazione di tutte le altre donne che, a differenza di Maria, erano carne e materia. Ostili a tutto ciò che istinto e passione, immersi nella cultura platonica e neoplatonica, i Padri della Chiesa esaltarono il rifiuto del sesso, visto come un male legato alla natura umana, ma da combattere e da vincere (o quantomeno da controllare). E a questo scopo intesero dovesse essere finalizzato il matrimonio: a controllare le pulsioni, a incanalare l'istinto nei binari di un'unione all'interno della quale, di nuovo, la donna (vista come procreatrice) tornava ad essere inesorabilmente sottomessa, e individuata come essere inferiore. Troppo lungo sarebbe l'elenco delle invettive contro le donne scagliate dai Padri della Chiesa. Ma basteranno alcuni riferimenti. “Donna, tu sei la porta del diavolo” dice Tertulliano. Per Clemente Alessandrino “a ogni donna reca vergogna il solo pensare che è donna”, e “le donne debbono cercare la saggezza, come gli uomini, anche se gli uomini sono superiori e hanno in ogni campo il primo posto, a meno che non siano troppo effeminati”. Per Origene “è veramente maschio colui che ignora il peccato, ossia la fragilità femminile” (XII, 188) e “la donna rappresenta la carne e le passioni, mentre l'uomo è il senso razionale e l'intelletto” (XII, 305). Secondo Giovanni Crisostomo “la mente della donna è alquanto infantile” (LXII, 148). Ma é con Agostino, forse, che il cristianesimo raggiunge l'apice della misoginia. La conversione è vista da Agostino come liberazione dal desiderio, dalle tentazioni della carne, e lo stato di grazia può essere raggiunto solo esorcizzando la donna. “Non c'è nulla che io debba fuggire più del talamo coniugale -scrive in Soliloquia- niente getta più scompiglio nella mente dell'uomo delle lusinghe della donna, e di quel contatto dei corpi senza il quale la sposa non si lascia possedere” (XXXII, 878).
“Poiché non avete altro modo per avere dei figli acconsentite all'opera della carne solo con dolore, poiché è una punizione di quell'Adamo da cui discendiamo” (XXXVIII, 347-348). L'antico grido di Ippolito “se potessimo avere dei figli senza ricorrere alle donne!” e l'idea di Metello Numidico (il matrimonio come male inevitabile, posto che è necessario avere dei figli) tornano ancora una volta, uniti dall'idea della donna-tentazione, strumento del male e del peccato.
…I secoli sono passati, le condizioni politiche sociali economiche sono diverse. Gesù ha predicato l'amore e l'uguaglianza ma l'idea di fondo è sempre la stessa: fondata su presupposti nuovi la misoginia, questa costante della cultura antica, si riconferma nell'ideologia cristiana. … Una delle cause fondamentali della crisi di Roma sarebbe stata quella diminuzione della natalità che, iniziatasi negli ultimi secoli della repubblica, toccò le punte massime nel secondo secolo dell'era cristiana, con conseguenze politiche disastrose. La classe dirigente romana venne decimata. Di fronte ad una massa sempre più grande di cittadini (molti dei quali erano ex schiavi affrancati) l'aristocrazia non fu più in grado di fornire il ricambio e la progressiva scomparsa dei “migliori” determinò la scomparsa degli ideali e delle virtù che avevano fatto grande Roma. … Sempre più avide di piaceri e di lusso, le donne avrebbero determinato uno squilibrio insanabile Le sete di cui si vestivano provenivano dalla Cina, i profumi dall'Arabia, i gioielli dall'Oriente. Come già Tiberio aveva denunciato, la follia delle donne aveva fatto sì che, mentre i romani si impoverivano, i loro nemici si arricchissero. La crisi demografica non colpì solo le città ma anche le campagne, dove i contadini non erano più in grado di sostenere l'onere dei tributi. … Molte donne che avrebbero avuto interesse a farlo non ebbero figli: le mogli degli imperatori, ad esempio, Tiberio, Augusto, Caligola, Claudio, Nerone, morirono senza lasciare discendenti. Nervia, Traiano, Adriano e Antonino, per assicurare la continuità dinastica, furono costretti ad adottare dei figli. … Secondo Michele Psello (10!(-1097) il miglior ornamento di una donna era il silenzio e … Nilo da Rossano (morto nel 1005) dichiara che è meglio “conversare con un serpente, piuttosto che con una donna”, accusa i monaci del suo monastero di aver ammorbato la chiesa, avendo consentito ad una di esse l'ingresso; infine, incontrando un giorno su un
349
sentiero una giovane monaca, per evitare di incrociarla a distanza ravvicinata, la colpisce con il bastone, costringendola alla fuga. Eva Cantarella, L'ambiguo malanno, ed. Einaudi scuola, 1995
Ci vogliono venti anni ad una donna per fare del proprio figlio un uomo e venti minuti ad un'altra donna per farne un idiota. Charles Dickens
La motrice che fa il giro dell'Etna non è una bomboniera per turisti. Si chiama Imba, ed è sgangherata e ruspante come un vecchio bracco pulcioso carico di gloria dopo una vita a caccia di lepri. Parte dalla città alta tagliando il pendio vulcanico con perfezione euclidea, e poiché quel pendio è pieno di case, eccolo che sfiora terrazze, lambisce panni stesi, accarezza donne in vestaglia, urta pignatte che sfrigolano, getta occhiate indiscrete su vasche da bagno o camere da letto. E' una Spaccanapoli con in più gli alberi di fico. Ma a un tratto tutto cambia e la città inclinata diventa la città detritica. Si entra in un labirinto di pietre laviche, discariche, fichi d'India, case non finite, buganvillee, sfasciacarrozze, immondizie. Eppure, nonostante tutto, che meraviglia! In cabina di guida realizziamo che nessun passeggero al finestrino saprà mai la magnificenza di questa penetrazione frontale nel paesaggio, in un mare oceano di alberi di pistacchio color verde smeraldo, avvinghiati alla lava. Il treno, ha detto qualcuno, è una visione laterale della vita; non fai a tempo a vederla ed è già passata. … Becchiamo fotogrammi irripetibili. Specie quando il treno punta verso la cima, buca un masso di lava e ci mostra, fra due muraglioni neri come la pece, le nevi dell'Etna in fondo al binario. Incrociamo il trenino giallo che scende. Va così piano che i due macchinisti hanno il tempo di scambiarsi informazioni dal finestrino. Poi Imba scollina, (quota 950), scende fra praterie verso Maletto, il paese delle fragole. La notte è nevicato in quota, la mattina è fresca. E sul verde pieno di querceti, sembra di essere nell'India del Nord, là dove la giungla monsonica tocca l' Himalaya. A Randazzo il capotreno scende e ci indica una locanda buona. Ci scodellano tagliolini al pistacchio, roba lussuosa, da sultani. Poi ripartiamo a piedi, lungo la linea, borsone a tracolla come i vucumprà. Abbiamo appuntamento con il treno al casello 76, cinque chilometri oltre. E' duro sincronizzare il passo sulle traversine. Il trucco è farne due corti ed uno lungo, come faceva il guardia massi, quello ohe passava con il martelletto sui binari a verificare la tenuta delle rotaie sul basamento delle traversine. Un mestiere che non c'è più. Fa caldo, il pietrisco della massicciata lavica scricchiola come zollette di zucchero sotto gli scarponi. Passiamo sotto un piccolo ponte a schiena d'asino, dove ci raggiunge un istinto irresistibile. Arrampicarsi sin lassù fra i rovi, montare sul parapetto e fare pipì sulla ferrovia, in bilico sul più bel paesaggio del mondo. Atto liberatorio? Rituale iniziatico? No, quella è roba per intellettuali. Noi semplicemente segnano il territorio. Come i cani. …
….............................................
E già la costellazione di Sulmona ci chiama dal fondo del suo catino tra i monti.
350
Luccica come Sarajevo dal Monte Igman. Per arrivare là in fondo, il treno deve compiere giri spettacolari. Più che un arrivo, il suo è un atterraggio. A un tratto, la ferrovia che scende incrocia l'autostrada che sale e le due pendenze, sommandosi, si esaltano. Ma il confronto è senza storia. Calcestruzzo contro mattoni, viadotti contro ponti, piloni contro arcate romane. La ferrovia segna l'ultima alleanza tra funzionalità ed estetica. L'autostrada, invece, decreta la sconfitta della bellezza. Stazione di Sulmona. L'odore della notte umida ci dice che siamo scesi tantissimo, si sentono le rane tra i canneti, a due passi dai binari. Sbarcano i due tedeschi, gli indigeni si dileguano nel buio, sbucano dei pastori albanesi, in esilio sul Monte Morrone. Scendiamo anche noi, alieni del Nordest. “Qui non si vedono veneti”, ride 740, “perché sentono solo le due ultime sillabe della parola Sulmona e restano incastrati da uno stupido pregiudizio linguistico”. Ma proprio lì, mentre si gode la pipa aspettando un taxi che non c'è, il compagno di viaggio perde la sua dorata latitanza.
“Scusi, lei non è Marco Paolini?”. Il riconoscimento arriva alle 21.30 davanti alla stazione deserta, fulmina il lupo solitario di Ustica, Vajont e Bestiario veneto in una notte che più vuota non si può.
…...........
Montagne, nubi nere. La Costa Azzurra scompare, e subito la bestia su rotaia cambia natura. Dopo la baleniera nel mare appenninico, il bruco delle gallerie elicoidali e la lanterna magica delle notti stellate, ecco il treno che diventa mulo. Sale nervoso, a strattoni, entra nel temporale, taglia con pazzeschi mezzacosta rocce verdi e rosa, si aggrappa al nulla, si intreccia al fiume gonfio che scende dal col di Tenda attraversando un pezzo di Francia. Ce ne accorgiamo alla stazione di Saint-Dalmas, quando a un tratto il vento costruisce un inedito abbinamento olfattivo di muschio e baguette. E' il segno delle Alpi. Curve assurde, ponti disegnati da un pazzo,. Il macchinista smanetta, segue alla lettera il registro che gli detta la velocità chilometro per chilometro. E' come un pentagramma: senza quella traccia è impossibile interpretare il sound di questo capolavoro italiano. Ma la vecchia linea è cambiata: l'abbandono della montagna l'ha cosparsa di impercettibili segni di collasso. E allora, quello che doveva essere un andante con brio è diventato un lento assai. E la velocità, anziché un'addizione di spinte, si è trasformata nella risultante di sottrazioni prudenziali. Il tunnel buca l'osso delle Alpi, va dritto come una spada per otto chilometri. A metà strada il macchinista rallenta, ci fa guardare fuori. E' il punto di scollinamento, l'unico da dove vedi entrambe le imboccature. Ed eccole infatti, lontane come due fiammiferi perduti nel buio siderale. Le gallerie sono tutte così: metà in salita e metà in discesa. Ai tempi del carbone, se la locomotiva perdeva colpi in galleria era impensabile continuare. Per non morire intossicati bisognava uscire all'indietro con la sola forza della gravità, motori al minimo. L'uscita si avvicina, abbacinante, ci spara nella retina un lampo di luce da una finestra piena di alberi che si contorcono al vento. E' il treno stesso che spinge fuori un cilindro di aria fredda, perfora la vampa estiva come un ariete. Guardo a questi grandiosi manufatti come alla piramide di Cheope, il relitto di una civiltà scomparsa, non ne capisco più il senso. Eppure la galleria, con il suo doppio binario, parla chiaro. Dice che qui, solo ottanta anni fa, il traffico era enorme. Non c'erano né Maastricht né Slengen, ma le Alpi erano vive. Fra un treno e l'altro, nel tunnel passavano cantando i carrettieri, con le torce accese. Anche d'inverno. Te la raccomando Cuneo d'agosto. Per strada solo marocchini, più un gattone grigio che sente il temporale e mi ronfa fra i piedi come un quadrimotore. Ma che stazione! Monumentale, a quattro piani, con il bar, piatti caldi con polenta e funghi, foto di locomotive. Salve, Piemonte! Un chilometro più in là, nella piana del fiume Gesso, eccoti una seconda stazione, più antica ancora, risorgimentale, con i segni sbiaditi di quell'epoca estinta, di prima che la res pubblica diventasse una Cenerentola e lo stato un osso da spolpare. Il macchinista del Cuneo-Torino riconosce Paolini, lo invita a bordo, ci spiega con solennità che in Piemonte nacque e morì una grande idea ferroviaria. “Nacque con i Cattaneo e i Cavour; morì con gli Agnelli e il boom dell'automobile; fu sepolta con le alluvioni che distrussero i ponti, dopo che quel boom ebbe spopolato le montagne”. Ed elenca decine di linee dismesse: Busca-Dronero, Bra-Ceva, Cavallermaggiore-Moretta, Saluzzo-Airasca, Bricherasio-Barge. Una rete fantastica che nessuno riattiva, figurarsi. Nemmeno oggi che l'auto è in agonia.
351
Sappiatelo, italiani. Nel 1890 il grosso della rete era già terminato. Una sfida pazzesca, per un paese pieno di montagne. Dietro a quella sfida, un'idea grandiosa: federare le nostre diversità. Nel 1940 si raggiunse l'apice: 42mila chilometri di rete, 330milioni di passeggeri, 190milioni di tonnellate di merci trasportate. Il fischio del treno raggiungeva qualsiasi sperduto paese. Poi vennero il boom economico, la gomma e la dismissione delle linee. Guardo la carta ferroviaria di Marco. Disegna un corpo scarnificato, senza più capillari, ridotto alle sole arterie. E gli orari? Quelli di ieri erano enciclopedie. Oggi sono opuscoli da ridere Paolo Rumiz, L'Italia in seconda classe, ed. Feltrinelli, 2009
L'egoismo non consiste nel vivere secondo i propri desideri, ma nel pretendere che gli altri vivano a quel modo che noi vogliamo. L'altruismo consiste nel vivere e lasciar vivere. Oscar Wilde
FISIOLOGIA DI UNA DEFECATIO OTTIMALE Presupposto imprescindibile ed essenziale è un crescente e travolgente stimolo; lo si può gestire meglio se si prepara un caffè, se si va ancora ad aprire una finestra, a spegnere una luce di là. La corsa verso il vaso deve essere al limite della tenuta; ci si siede e ci si abbandona ad una liberatoria evacuazione, molto plastica e di volume appropriato. Si può sorbire il caffè, apportatore di pace e distensione; il massimo è fumare una sana sigaretta. Si attende una seconda esondazione, più scura, più olezzante, più fluida; il ciclo si chiude con una piccola residua minzione; se poi mingere cum bombis est res saluberrima lombis, si assolve anche al precetto della scuola medica salernitana. Quando tutto ciò avviene si è certi che la giornata sarà più distesa e serena. L'aver scritto questa breve riflessione mi fa nascere il desiderio di allargare il cerchio: quanti libri sono stati scritti sul mangiare, sul come procurarsi il cibo, sulle modalità di cottura e su tutte le opportunità connesse? E le riviste e i simposi e i dibattiti? Questa visione è parcellizzata poiché tanto si introita, quasi altrettanto si espunge: i due concetti sono strettamente correlati, sono assolutamente reciproci, complementari e conseguenziali. Ma già: al bambino si insegna da subito di non usare il termine “cacca” perché sconveniente! Così facendo gli si impone di vedere solo un lato di tutte le cose che va scoprendo, ma tant'è, l'importante è esser servili rispetto alla convenzione! Contro di esse, contro i lombardi, i “trapezisti”, contro i monopolisti, i grandi speculatori e i banchieri favoriti dall'anglicanesimo, dai re e dai parlamenti in Inghilterra ed in Francia, anche i puritani come gli ugonotti condussero una lotta accanita. Dopo la battaglia di Dunbar (settembre 1650), Cromwell scrisse al LungoParlamento: “Prego abolire tutti gli abusi di tutte le professioni, e se ce n'è una che riduca molti in povertà, per arricchire pochi: ciò non giova ad una comunità”. D'altro lato si troverà come lo stesso Cromwell sia caratterizzato da una mentalità “capitalistica” del tutto specifica. Invece delle numerose dichiarazione di Lutero contro l'usura e la percezione degli interessi in genere, emerge inequivocabilmente una sua concezione della natura del profitto capitalistico che è direttamente “arretrata” rispetto alla tarda scolastica. Max Weber, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, ed. BUR, 2009
352
Ma soltanto aggiungi azioni che a tua conoscenza corrispondano; aggiungi fede, aggiungi virtù, pazienza, temperanza; e poi aggiungi amore, che sarà chiamato carità, ch'è di tutto il resto l'anima: allor lasciare questo paradiso non ti dispiacerà, ma dentro a te un paradiso tu possederai ben più felice. ….. Milton, Paradise Lost, chiusura dell'opera, trad. A. Pettoello, Utet, Torino, 1950
Due giovinetti imberbi -o rasati così di recente da parer tali- in guanti bianchi, con la bombetta sostenuta dalle orecchie, profumavano di cipria l'atmosfera. Una risatina sfuggiva dalle loro labbra troppo rosse. Sentendosi osservati, ritornarono seri come scolari colti in fallo. Si tiravano indietro, strizzando gli occhi con aria di intenditori. Entrò un artista. Era di certo un artista, perché era avvolto in una cappa nera e un gran cappello di feltro floscio gli ombreggiava il volto esangue di cattivo prete, un volto logorato, senza dubbio, da peccati straordinari. I capelli gli ricadevano su un fazzoletto bianco annodato al collo con sapiente negligenza. Una signora ed alcune ragazze bevevano, se così posso dire, i suoi commenti. La signora era uno di quegli animali di lusso che i grandi sarti avvolgono in tappeti da tavola. Il suo sorriso, fisso come quello della morte, mi fece paura. La sua eterna giovinezza era terribile, simile a quella delle cortigiane che l'Egitto ci restituisce intatte dopo millenni. Più ancora che non la miseria e la fame, la voluttà aveva scavato la sua carne. -Unisce il disegno di Ingres alla luce di Delacroix- diceva frattanto l'uomo in cappa nera -Sintetizza la pittura del suo secolo.- La signora e le ragazze si inebriavano di quelle certezze. Attribuivano al loro compagno una specie di infallibilità e coglievano come dei dogmi i suoi apoftegmi (sentenza, detti memorabili). Disse ancora: -Attraverso di lui possiamo riconoscere tutta la pittura, così come la Bibbia, Eschilo e Claudel ci dispensano da qualsiasi altra opera letteraria.Francois Mauriac, La toga pretesta, Fabbri editori, 1970
E neanche il papa si astenne dal rivolgere personalmente intimidazioni. Quando, per esempio, il patriarca caldeo tentò di opporsi ad una Bolla pontificia che intendeva accrescere il potere papale nella nomina delle gerarchie ecclesiastiche, fu bruscamente invitato nel suo appartamento per un colloquio privato. Appena fu entrato, il pontefice, tremante di rabbia, gli chiuse a chiave la porta alle spalle e gli ingiunse di dare il suo assenso scritto alla Bolla o di rassegnare le dimissioni. Se non avesse fatto né una cosa né l'altra, non avrebbe lasciato mai più quella stanza. In quel frangente il patriarca si sottomise, ma quando osò di nuovo di sfidare il papa in concilio, venne sommariamente esautorato. In un simile clima di prepotenze e minacce, furono ben pochi gli ecclesiastici che ebbero abbastanza coraggio per protestare apertamente: molti lasciarono il concilio prima della conclusione. Il papa incoraggiò la loro fuga, contento di potersi liberare dalle voci dissenzienti.
353
Fu presto chiaro che l'obiettivo finale, lo scopo fondamentale del Concilio Vaticano I, era promulgare la dottrina dell'infallibilità del papa. Proposito che, tuttavia, non venne citato nelle premesse, ma anzi, tenuto rigorosamente riservato. Michael Baigent – Richard Leigh, L'inquisizione, Marco Tropea ed., 2000 (davvero interessante questo testo, avrei dovuto ricopiarlo quasi per intero, molto annotato, con indicazione delle fonti)
Hai detto mezza verità? Diranno che menti due volte se dici l'altra metà.
Antonio Maccado
Nessuno dice che il granaio è pieno.
Albert Camus
Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore.
Renato Guttuso
Molti dicono che il talento è un premio. Ne dubito. Piuttosto direi un castigo. Nella sua tendenza all'equilibrio Dio punisce gli uomini che si distinguono per una speciale forma di insonnia dell'anima, per una sensibilità dolorosa verso la vita, verso i pensieri. E' da qui che nasce la ribellione. Un uomo di talento è un ribelle non per scelta: questi “prescelti” dal Signore vengono infatti spinti alla ribellione periodicamente. Accade spesso, ce ne sono stati tanti, di ribelli. Nessuno è mai riuscito a sopravvivere al suo talento. Nessuno sa cosa accade dopo. Il talento è un embrione, è l'infanzia di un mistero che nessuno conosce e la cui esistenza è intuita soltanto da pochi tra i milioni di uomini che abitano il mondo. Se il talento è l'infanzia di questo mistero, e se già nella sua prima infanzia esso è così straordinario, che cosa avverrà nella sua fanciullezza... e nella sua vecchiaia? Perché mai nessuno è sopravvissuto al proprio talento? Perché ogni essere di talento perisce di una morte tormentata non appena si avvicina ad un certo limite, un limite diverso per ogni individuo, , oltre il quale si trova il suo personale sapere, la sua personale epifania? Un'epifania che potrebbe essere la prima porta di accesso alla comprensione del mistero della vita. Per l'uomo comune si tratta del mistero più cupo, un misto di ambiguità e di divinità. ….. Il talento mina la sopravvivenza, mina la vita di colui che lo possiede. Diciamo che la norma costituisce un pericolo per il talento nella stessa misura in cui il talento costituisce un pericolo per colui che lo possiede. … Più di ogni altra cosa la vita fisica teme la morte mentre dal canto suo, è proprio verso la morte che il talento tende, poiché crede che, dopo questa vita, per lui ne cominci un'altra, quella vera. Si tratta tuttavia di un pensiero ingenuo: credere che il talento accompagni l'anima per sempre, che le sia congiunto, che essa gli sia sorella per l'eternità. …. Le capacità vengono forgiate consciamente, e in maniera non casuale, dall'ambiente in cui si vive, dall'esistenza che si conduce, dall'educazione che si riceve; spesso non è necessario un impegno certosino perché esse si sviluppino. Il talento, al contrario, è teorico, è “criminale”.
354
La criminalità ed il talento sono due nozioni inscindibili: la criminalità è una prerogativa fondamentale del talento. Per “criminalità” intendo il fatto che il talento giustifichi con delle motivazioni arbitrarie e infondate la propria libertà illimitata di decisione e di azione. Un'altra caratteristica “criminale” del talento è inoltre una certa propensione a non riconoscere i miti e le regole. O, più precisamente, a non vederli, a gettare lo sguardo oltre. Un atto di ribellione, di disobbedienza, punibili sia dai regimi democratici che da quelli totalitari. Ecco, passo dopo passo, stiamo iniziando a vedere come il talento subisca un controllo assiduo, da più parti, e finisca con risultare in qualche modo colpevole nei confronti di soggetti diversi. Aleksandr Sokurov, Il talento criminale, RCS Libri, 2009
E' stupido esser giusti quando chi è ingiusto ottiene migliore giustizia.
Esiodo
La vita, per me, era un destriero, di cui si sposano i movimenti, ma dopo averlo addestrato quanto meglio ci riesce. Dato che in fine dei conti tutto consiste in un atto volitivo interiore -lento, insensibile, tale da implicare anche l'adesione del corpo- mi studiavo di raggiungere gradualmente questa condizione di libertà, o di sottomissione, allo stato puro. A questo fine mi dava grande aiuto la ginnastica; e anche la dialettica. Sulle prime, non cercai che una libertà fatta di vacanze, di momenti liberi: non c'è esistenza ben regolata che non ne abbia; e chi non sa trovarseli non sa vivere. Poi andai oltre: anelai ad una libertà di simultaneità, nella quale fossero possibili due condizioni allo stesso tempo, o due azioni: ad esempio imparai a dettare, come faceva Cesare, parecchi testi nello stesso momento, a conversare mentre leggevo. Scoprii un modus vivendi per il quale poter adempiere perfettamente al compito più gravoso senza impegnarsi interamente; a dire il vero, a volte ho osato proporre a me stesso di eliminare persino la sensazione fisica di stanchezza. In altri momenti mi sono esercitato a godere di una libertà a ritmo alterno: le emozioni, le idee, i lavori, in qualsiasi momento dovevo essere in grado di interromperli e riprenderli; la certezza di poterli mettere in un canto o richiamarli a guisa di schiavi toglieva loro ogni possibilità di signoreggiarmi, e a me qualsiasi sensazione di schiavitù. Feci ancor di più: mi studiai di trascorrere una giornata intera intorno a un'idea prediletta, senza lasciarla un istante; tutto ciò che avrebbe dovuto distogliermene o distrarmene, progetti o lavori di altro ordine, parole senza importanza, i mille accidenti della giornata si attorcevano su quell'idea come i pampini al fusto di una colonna. Altre volte invece, mi davo a dividere all'infinito: ogni pensiero, ogni avvenimento, lo frantumavo, lo sezionavo in un numero grandissimo di pensieri o di avvenimenti più piccoli, più agevoli da tenere in pugno. Le risoluzioni più ardue si sbriciolavano in una miriade di decisioni minuscole, da adottare una per una, che menavano l'una all'altra, e che a questo modo diventavano inevitabili e facili. Ma la conquista alla quale ho impegnato tutto me stesso, -la più ardua- è stata quella della libertà di assentire. Io volevo lo stato in cui ero ; durante gli anni in cui dipesi dagli altri, la mia sottomissione perdeva il suo contenuto amaro, e persino indegno, se mi adattavo a considerarla un esercizio utile. Ciò che avevo, ero stato io a sceglierlo, costringendomi soltanto a possederlo interamente, e ad assaporarlo il più possibile.
….... Mi ci spingeva la mia inclinazione verso tutto ciò che è esotico: frequentare i barbari mi piaceva. Il vasto paese che si estende tra le bocche del Danubio e quelle del Boristene, un triangolo del quale ho percorso almeno due lati, vanta alcune tra le regioni più sorprendenti del mondo, almeno per noi, nati sulle rive del Mare Interno (Adriano era di Terragona) avvezzi ai paesaggi nitidi e aridi del sud, alle colline, alle penisole. Laggiù mi è accaduto di adorare la dea Terra, come qui adoriamo la dea Roma; e non parlo tanto di Cerere, quanto di una divinità più antica, anteriore addirittura alla scoperta delle messi. Il nostro suolo greco o latino, sostenuto ovunque dalla nervatura delle rocce, ha la bellezza schietta di un corpo virile: la terra scita aveva l'opulenza un po' greve d'un corpo riverso di donna. La pianura si confondeva con il cielo. Non finivo mai di stupirmi di fronte al miracolo dei fiumi: quella vasta terra vuota rappresentava soltanto un declivio e un alveo. I corsi d'acqua da noi sono brevi: non si sente mai lontano dalle sorgenti. Ma quel flusso enorme che sfociava in estuari intricati trascinava il fango di un continente sconosciuto, i ghiacci di regioni inabitabili. Non c'è freddo più intenso che quello di un altipiano di Spagna, ma laggiù mi trovavo faccia a faccia
355
per la prima volta con l'inverno autentico; nei nostri paesi, esso non fa che apparizioni più o meno fugaci, ma laggiù si insedia per periodi interminabili, di mesi e più a settentrione s'indovina immutabile, senza inizio e senza fine. La sera del mio arrivo al campo, il Danubio era un'immensa pista di ghiaccio purpureo, poi si fece turchino: il lavorio sotterraneo delle correnti lo striavano di solchi profondi come quelli dei carri. Ci proteggevamo dal freddo con pellicce. La presenza di quel nemico impersonale, quasi astratto, produceva in noi un'esaltazione straordinaria, un senso di energia più intensa.
…....... La vita dell'imperatore (Traiano) era trascorsa quasi tutta alle armi, conosceva Roma infinitamente meno bene di me. Metteva un lodevole impegno a circondarsi di tutto ciò che l'Urbe gli offriva di meglio, o che gli veniva presentato come tale. Il gruppo ufficiale degli intimi si componeva di uomini rispettabili per dignità e onorabilità, ma di cultura un po' goffa, di filosofia senza consistenza, che non si spingeva al fondo delle cose. Non mi è mai andata molto a genio l'amabilità affettata di Plinio, e l'inflessibilità sublime di Tacito mi pareva racchiudere una visione del mondo da repubblicano reazionario, fermo all'epoca della morte di Cesare. I veri intimi, erano d'una volgarità disgustosa, il che per il momento mi evitò di correre ancora dei rischi. Usavo tutta la cortesia, indispensabile verso tutte quelle persone tanto diverse: deferente verso gli uni, compiacente verso gli altri, triviale quando occorreva, abile, ma non troppo. La versatilità mi era necessaria; ero multiforme per calcolo, incostante per gioco. Camminavo su di un filo. I corsi che avrei dovuto seguire non erano quelli di un attore, ma di un acrobata.
…..... Ritrovavo la visuale limitata delle donne, il loro duro senso pratico, il loro cielo grigio non appena cessa di ridervi l'amore. Certe acrimonie, e una specie di ruvida lealtà, m'hanno ricordato la mia insopportabile Sabina. I tratti del volto parevano appiattiti, sfatti, come se la mano del tempo fosse passata e ripassata brutalmente su una maschera di cera molle; quello che per breve tempo avevo consentito a prendere per bellezza non era mai stato che un fiore di giovinezza effimera. Ma l'artificio regnava ancora: quel viso rugosi si serviva maldestramente del sorriso. I ricordi di voluttà trascorse, se mai ce n'erano state, s'erano per me cancellati completamente; restava lo scambio di frasi affabili con una creatura segnata come me dagli acciacchi e dall'età, la stessa benevolenza annoiata che avrei mostrato a una vecchia cugina spagnola, a una lontana parente piovuta da Narbona.
….............. Quando si saranno alleviate sempre più le schiavitù inutili, si saranno scongiurate le sventure non necessarie, resterà sempre, per tenere in esercizio le virtù eroiche dell'uomo, la lunga serie dei mali veri e propri: la morte, la vecchiaia, le malattie inguaribili, l'amore non corrisposto, l'amicizia respinta o tradita, la mediocrità di una vita meno vasta dei nostri progetti e più opaca dei nostri sogni: tutte le sciagure provocate dalla natura divina delle cose. Bisogna che lo confessi: credo poco alle leggi. Se troppo dure, si trasgrediscono, e con ragione. Se troppo complicate, l'ingegnosità umana riesce a insinuarsi entro le maglie di questa massa fragile, che striscia sul fondo. Il rispetto delle leggi antiche corrisponde a quello che la pietà umana ha più di profondo: e serve come guanciale per l'inerzia dei giudici. Le leggi più antiche non sono esenti da quella selvatichezza che miravano a correggere, le più venerabili rimangono ancora un prodotto della forza. La maggior parte delle nostre leggi penali -e forse è un bene- non raggiungono o che un'esigua parte dei colpevoli; quelle civili non saranno mai tanto duttili da adattarsi all'immensa e fluida varietà dei fatti. Esse mutano meno rapidamente dei costumi: pericolose quando sono in ritardo, ancor più quando presumono di anticiparli.
…Fino a oggi tutti i popoli sono periti per mancanza di generosità: Sparta sarebbe sopravvissuta più a lungo se avesse interessato gli Iloti alla sua sopravvivenza. Viene il giorno che Atlante cessa di sostenere il peso del cielo e la sua rivolta squassa la terra. Avrei voluto allontanare il più possibile, evitarlo, se si poteva, il momento in cui i barbari dall'esterno, gli schiavi dall'interno si sarebbero avventati su un mondo che si pretende essi rispettino da lontano o servano dal basso, ma i cui benefici sono loro interdetti. Tenevo a che la più diseredata delle creature, lo schiavo che sgombra le cloache della città, il barbaro famelico che si aggira minaccioso alle frontiere, avessero interesse a veder durare Roma. Non credo che alcun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tutt'al più ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perché più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide ed appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione
356
forsennata per il lavoro, divorante quanto quella per la guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani.
…..Noi siamo funzionari dello Stato, non siamo dei Cesari. Aveva ragione quella postulante, che mi ero rifiutato un giorno di ascoltare sino alla fine, quando esclamò che se mi mancava il tempo per darle retta, mi mancava il tempo per regnare. Le scuse che le feci non erano solo formali. E, tuttavia, il tempo mi manca: più l'impero si estende , più i vari aspetti dell'autorità tendono a concentrarsi nelle mani del funzionario in capo; quest'uomo oberato necessariamente deve scaricare su altre persone una parte dei suoi compiti; il suo genio consisterà sempre più nel circondarsi di gente fidata. …..
TRAHIT SUA QUEMQUE VOLUPTAS : ciascuno la sua china; ciascuno il suo fine, la sua ambizione, se si vuole, il gusto più segreto, l'ideale più aperto: il mio era racchiuso in questa parola: il bello, di così ardua definizione ad onta di tutte le evidenze dei sensi e della vista. Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo. Volevo che le città fossero splendide, piene di luce, irrigate di acque limpide, popolate di esseri umani il cui corpo non fosse deturpato né dal marchio della miseria o della schiavitù, né dal turgore di una ricchezza volgare. …
Una sera, sotto la tenda imperiale, durante una festa data in mio onore da Osroe, scorsi fra le donne e i paggi dalle lunghe ciglia, un uomo ignudo, scheletrico, completamente immobile, i cui occhi sbarrati pareva ignorassero quel trambusto di piatti carichi di vivande, di acrobati, di danzatrici. Gli rivolsi la parola a mezzo del mio interprete: non si degnò di rispondermi. Era un saggio. Ma i suoi discepoli erano più loquaci. Appresi così che quei pii vagabondi venivano dall'India, e il loro maestro apparteneva alla potente casta dei Bramini. Compresi che le sue meditazioni lo indicevano a ritenere che tutto l'universo non è che intessuto di illusioni e di errori: l'austerità, la rinuncia, la morte, erano per lui il solo mezzo per eludere questo flusso mutevole delle cose, dal quale, al contrario, il nostro Eraclito non si è fatto portare, onde raggiungere, oltre il mondo dei sensi, quella sfera del divino, quel firmamento immobile e vuoto che anche Platone ha sognato. Presentii, pure attraverso le inesattezze degli interpreti, alcune delle idee che non furono del tutto ignorate da qualcuno dei nostri saggi, ma che l'indiano esprimeva in forma più definitiva e più netta. Quel Bramino era giunto in quello stadio in cui nulla, all'infuori del suo corpo, lo separava più da quel dio intangibile, senza sostanza né forma, al quale aspirava ad unirsi: aveva deciso infatti di farsi ardere vivo l'indomani. Osroe mi invitò a questa solenne cerimonia. Fu innalzato un rogo di arbusti odoriferi, l'uomo vi si tuffò e scomparve senza un grido. I discepoli non mostrarono il minimo rimpianto: per loro era tutt'altro che una cerimonia funebre. ….... Nell'occuparmene, penso spesso alla bella iscrizione che Plotina aveva fatto apporre sulla soglia della biblioteca istituita a sua cura in pieno Foro Traiano: “Ospedale dell'Anima” ….. La nostra epoca, di cui conoscevo meglio di chiunque altro le insufficienze e le tare, forse un giorno sarà considerata, per contrasto, come una delle età dell'oro dell'umanità.
“Natura deficit, fortuna mutatur, deus omnia cernit”. La natura ci tradisce, la fortuna muta, un dio dall'alto guarda ogni cosa. Giocherellavo con un anello che avevo al dito, sul castone del quale, un giorno di sconforto, avevo fatto incidere un giorno queste poche, tristi parole; mi spingevo più oltre nella delusione, forse nella bestemmia: finivo per trovar naturale, se non giusto, dover perire. …. A maggior ragione è importante stabilire in anticipo ogni particolare di queste solennità. L'oracolo del defunto agisce nella stanza segreta del tempio che è stato riedificato a mia cura. Giornalmente i sacerdoti distribuiscono centinaia di risposte già pronte alle domande poste dalla speranza o dall'angoscia umana. Mi è stato rimproverato di averne composte più d'una anch'io. Non intendevo con questo marcar di rispetto al mio dio, né di compassione per la moglie di quel soldato che chiede se il marito tornerà vivo da un presidio in Palestina, o per quell'infermo assetato di conforto, né per quel mercante le cui navi beccheggiano sui flutti del Mar Rosso, né per quella coppia che vorrebbe un figlio. … La meditazione della morte non insegna a morire; non rende l'esodo più facile, ma non è questo che io cerco. …. Quella forza ch'io fui sembra capace ancora di animare parecchie altre vite, di sollevare dei mondi. Se, per miracolo, qualche secolo venisse aggiunto ai pochi giorni che mi restano, rifarei le stesse cose, persino gli stessi errori,
357
frequenterei gli stessi Olimpi e i medesimi Inferi. Una constatazione simile è un argomento eccellente in favore dell'utilità della morte, ma allo stesso tempo mi ispira dubbi sulla totale efficacia della stessa. …. La mia pazienza dà i suoi frutti: soffro meno; la vita torna a sembrarmi quasi dolce. Non mi bisticcio più con i medici; i loro sciocchi rimedi m'hanno ucciso; ma la loro presunzione, la loro pedanteria ipocrita è opera nostra; mentirebbero meno se noi non avessimo paura di soffrire. Mi mancano le forze per gli attacchi di furore d'altri tempi; so bene, da fonte certa, che Platorio Nepote, che mi è stato molto caro, ha abusato della mia fiducia. …. La vita è atroce; lo sappiamo. Ma proprio perché aspetto tanto poco dalla condizione umana, i periodi di felicità, i progressi parziali, gli sforzi di ripresa e di continuità mi sembrano altrettanti prodigi che compensano quasi la massa immensa dei mali, degli insuccessi, dell'incuria e dell'errore. Sopravverranno le catastrofi e le rovine; trionferà il caso, ma di tanto in tanto verrà anche l'ordine. La pace si instaurerà di nuovo fra le guerre; le parole umanità, libertà, giustizia incontreranno qua e là il senso che noi abbiamo tentato di infondervi. Non tutti i nostri libri periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; altre cupole, altri frontoni sorgeranno dai nostri frontoni, dalle nostre cupole; vi saranno uomini che penseranno, lavoreranno e sentiranno come noi: oso contare su questi continuatori che seguiranno, a intervalli regolari, lungo i secoli, su questa immortalità intermittente. Se i barbari si impadroniranno mai dell'impero del mondo, saranno costretti ad adottare molti dei nostri metodi; e finiranno per rassomigliarci. Cabria si preoccupa di vedere un giorno il pastoforo di Mitra o il vescovo di Cristo prendere dimora a Roma e rimpiazzarvi il Pontefice Massimo. Se per disgrazia questo giorno venisse, il mio successore lungo i crinali vaticani avrà cessato di essere il capo di una cerchia d'affiliati o di una banda di settari per divenire a sua volta una delle espressioni universali dell'autorità. Erediterà i nostri palazzi, i nostri archivi; differirà da noi meno di quel che si potrebbe credere. Accetto con calma le vicissitudini di Roma eterna. Le medicine non mi soccorrono più: aumenta l'enfiagione delle mie gambe e sonnecchio seduto più che disteso.. Uno dei vantaggi della morte sarà d'essere disteso ancora una volta, su un letto. Ormai tocca a me consolare Antonino. Gli ricordo che temo, ormai, la morte mi appaia la soluzione più elegante dei miei problemi; come sempre, i miei voti finiscono per realizzarsi, ma in modo più lento, più indiretto di quanto potessi mai credere. Mi rallegro che il male mi abbia lasciato la lucidità sino all'ultimo; di non dover avuto subire la prova dell'estrema vecchiezza, di non essere destinato a conoscere quell'indurimento, quella rigidità, quella atroce mancanza di desideri, quell'inerzia. Se i miei calcoli sono giusti, mia madre è morta pressapoco all'età alla quale io son giunto; la mia vita è già stata d'una metà più lunga di quella di mio padre, morto a quaranta anni. Tutto è pronto; l'aquila incaricata di recare agli dèi l'anima dell'imperatore è tenuta in riserva per la cerimonia funebre. …. Piccola anima smarrita e soave, compagna ed ospite del corpo, ora t'appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più.... Cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti..... Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, Einaudi, 1981
Non é mai poco quello che abbastanza
Lucio Anneo Seneca
Dove i galli non cantano, la tenebra resta per ventiquattr'ore attaccata al giorno.
Guido Ceronetti
Esser privi di speranza non significa disperare.
Albert Camus
Tender la mano per aiutarlo a risollevarsi, questo è l'unico motivo che ci autorizza a guardare qualcuno dall'alto al basso. Saverio Frangella Quando il Bianco balbetta, l'interprete ha molto lavoro.
Proverbio africano
Un amico al quale ho chiesto notizie circa la suocera mi ha risposto: -Essa discende dolcemente... ma frena-. Eugène Fleurè, Il fagotto
358
Il culo del pastore puzzerà sempre di timo.
La biblioteca è l'ospedale dello spirito.
Proverbio provenzale
Lapide sulla porta della biblioteca di Alessandria d'Egitto
C'è gente che ha una biblioteca come un eunuco un harem.
Victor Hugo
Bidet: piccolo cavallo che non ha testa, ma quanti sederi!
Miguel Zamacois
La bigamia consiste nell'avere una donna di troppo; la monogamia anche.
John Heywood
Qualcuno che dice tutto quello che pensa, come un bambino che piscia nel letto.
Henry de Monterland
Bevo davvero troppo: l'ultima volta che ho portato una fiala d'urina all'analisi, aveva un'oliva dentro. Rodney Dangerfield
-Perchè bevi così tanto?- domandò il piccolo principe -Per dimenticare- rispose il bevitore -Per dimenticare cosa?-Per dimenticare che mi vergogno-Vergogna di chè?-Vergogna di bere-.
Antoine de Saint Exupery, il Piccolo principe
I Bonaparte sono tutti dello stesso clan che si riempì le tasche, si distribuì le corone e, nel 1851, si accomodò per un secondo servizio. Francois Malraux
La fortuna è una buona salute e una cattiva memoria.
Albert Schweitzer
359
La fortuna non esiste. Per conseguenza non ci resta altro che farne a meno.
Joe Lewis
Ciò che è ammirabile nella buona sorte degli altri, è che ci si crede.
Marcel Proust
L'astio della borghesia è l'inizio della virtù.
Gustave Flaubert
Sbottonate il vostro cervello così sovente come la vostra patta (dei pantaloni). Slogan del '68 Sum si sol sit Io sono, solo se il sole c'è.
là meridiana all'Isola d' Aix
Il caffè è una bevanda che fa dormire solo quando non lo si prende.
Alphonse Allais
Se si costruisse la casa della fortuna, il locale più grande sarebbe la sala d'attesa.
Jules Renard
La buona sorte è conoscere i propri limiti, e amarli.
Romain Rolland
Con il capitalismo la gente ha le macchine, con il comunismo ha i parcheggi.
Winston Churchill
--------------------Se Calvi avesse avesse messo in atto il suo proposito di riferire agli inquirenti quello che sapeva, avrebbe svelato il canale di alimentazione del Banco Ambrosiano, rappresentato dalle risorse finanziarie provenienti da Cosa Nostra, e la destinazione dei flussi di quel denaro, compresa quella di finanziamento al sindacato Solidarnosc e ai regimi totalitari sud-americani, ai quali fece espresso riferimento in alcune sue lettere. Il finanziamento fu attuato nell'interesse di una più ampia strategia del Vaticano, volta a penetrare nei paesi dell'area sovietica e a congelare l'avanzata del comunismo in America Latina. Cosa Nostra e certamente Calò non potevano accettare che emergesse e venisse rivelato agli inquirenti quel tipo di attività illecita, volta a convogliare flussi di denaro mafioso in certe direzioni, e l'attività di riciclaggio che veniva condotta attraverso il Banco Ambrosiano.
Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A., ed. Chiarelettere, 2009 (micidiale questo libro: avrei dovuto riportarlo quasi tutto; nessuno ha smentito)
360
Non tramare il male contro il prossimo mentre egli dimora fiducioso presso di te.
Salomone
Ognuno ha la pretesa di soffrire molto più degli altri.
Honoré de Balzac
Se Dio non avesse fatto la donna, non avrebbe fatto il fiore.
Victor Hugo
Ogni amante è un guerriero, e Cupido ha il suo accampamento.
Publio Ovidio Nasone
L'amicizia raddoppia le gioie e divide le angosce a metà.
Francis Bacon
E' nella natura delle donne disprezzare chi le ama e amare chi le disprezza.
Miguel de Cervantes
L'uomo ha bisogno di difficoltà: sono necessarie alla salute.
Carl Gustav Jung
Spesso è più sicuro essere in catene che liberi.
Franz Kafka
L'intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza.
Leo Longanesi
Nell'amore infelice la poesia ha trovato da sempre l'oggetto del suo felice amore.
Soren Kirkegaard
Tratta i tuoi amici come se fossero quadri e ponili nella loro luce migliore.
Winston Churchill
Nessuno può essere veramente amico dell'uomo se non è innanzi tutto amico della verità. Agostino da Ippona
Ho vergogna di aver creduto in Dio, ma mi duole di non credervi più.
361
Sergej Esenin
------------------------------------------------
Muriel Barbery La mia famiglia frequenta tutte le persone che hanno seguito lo stesso percorso: una gioventù passata a cercare di mettere a frutto la propria intelligenza, a spremere come un limone i propri studi e ad assicurarsi una posizione al vertice, e poi tutta una vita a chiedersi sbalorditi perché tali speranze siano sfociate in un'esistenza così vana. La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. Questo toglierebbe all'infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po' di tempo all'adulto, senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia. Io ho dodici anni, abito al numero 7 di Rue Grenelle in un appartamento da ricchi. I miei genitori sono ricchi, la mia famiglia è ricca, e di conseguenza mia sorella ed io siamo virtualmente ricche. … Anche paragonata agli adulti sono molto più furba della maggior parte di loro. E' così. Non ne vado particolarmente fiera perché non è merito mio. Ma una cosa è certa, nella boccia io non ci vado. … Nell'immaginario collettivo una coppia di portinai, binomio costituito da entità talmente insignificanti che solo la loro unione le rende manifeste, possiede quasi certamente un barboncino. Come tutti sanno, i barboncini sono quella razza di cani riccioluti che appartengono a pensionati qualunquisti, signore molto sole che vi riversano il loro affetto, o portinai barricati nelle loro guardiole buie. Possono essere neri o coloro albicocca. Quelli albicocca sono più bisbetici di quelli neri, che invece puzzano di più. Tutti i barboncini abbaiano astiosi per un nonnulla, ma in particolare quando non succede niente. Seguono il loro padrone trotterellando su tutte le quattro zampe rigide senza muovere il resto di quel piccolo tronco a salciccia che si ritrovano. E soprattutto hanno occhietti neri e collerici, conficcati in orbite insignificanti. I barboncini sono stupidi e brutti, sottomessi e sbruffoni. Sono i barboncini. … Comunque da noi è proprio così. Se volete capire la nostra famiglia, basta guardare i gatti. I nostri sono due enormi otri per crocchette di lusso senza alcuna interazione di rilievo con le persone. Si trascinano da un divano all'altro lasciando pelo ovunque, e nessuno sembra aver intuito che non provano il benché minimo affetto per chicchessia. L'unico vantaggio dei gatti è che sono oggetti decorativi semoventi, un concetto intellettualmente interessante ma inapplicabile ai nostri due, vista la sporgenza delle loro pance. … Mia madre che si è letta l'opera omnia di Balzac e cita Flaubert a tutte le cene, è la dimostrazione quotidiana di come l'istruzione sia una vera e propria truffa. Basta guardarla con i gatti. Lei è vagamente cosciente del loro potenziale decorativo, eppure si ostina a parlare con loro come fossero persone, cosa che non le verrebbe in mente con una lampada o una statuina etrusca. … un'idea inquietante, a dire il vero, forse vagamente proustiana ( e la cosa mi secca). E se la letteratura fosse una televisione in cui guardiamo per attivare i neuroni specchio e concederci a buon mercato i brividi dell'azione? E se, peggio ancora, la letteratura fosse una televisione che ci mostra tutte le occasioni perdute? Complimenti al movimento del mondo! Poteva essere la perfezione, e invece è un disastro. Dovremmo viverlo davvero, e invece è sempre un'estasi per interposta persona. …. Come tutti sanno, la diplomazia fallisce sempre quando i rapporti di forza sono equilibrati. Non si è mai visto che il più forte accetti le proposte diplomatiche dell'altro. …Allora ci inventiamo l'Arte, un altro procedimento da animali quali siamo, affinché la nostra specie sopravviva. La lezione che Colombe Josse avrebbe dovuto trarre dalle sue letture medievali è che la verità ama soprattutto la semplicità della verità. Eppure l'unico beneficio che lei sembra trarre da tutta la vicenda è fare ghirigori concettuali al servizio del nulla. E' uno di quei circoli viziosi inutile, uno spreco spudorato di risorse, che include anche me e il fattorino. Scorro le pagine appena annotate di quella che credo sia una versione definitiva, e resto interdetta. Bisogna riconoscere che la signorina ha una penna niente male, sebbene ancora un poco acerba. Tuttavia mi lascia di sale che le classi medie si ammazzino di lavoro per finanziare con il loro sudore e le loro tasse una ricerca così vana e presuntuosa. Segretarie, artigiani, impiegati, funzionari di basso livello, tassisti e portinai si sciroppano una vita quotidiana fatta di grigie sveglie al mattino presto per far sì che il fior fiore della gioventù francese, debitamente alloggiata e remunerata, sprechi tutto il frutto di quelle vite monotone sull'altare di lavori ridicoli. … Tuttavia a priori la cosa è molto appassionante. Esistono gli universali oppure esistono solo le cose singolari? Mi sembra che sia la domanda a cui Guglielmo di Occam ha dedicato gran parte della sua vita. …A che cosa serve l'intelligenza se non a servire? E non mi riferisco al falso servizio che gli alti funzionari di Stato esibiscono fieri come segno della propria virtù: un'umiltà di facciata che è solo vanità e disprezzo. Agghindato ogni mattina con l'ostentata modestia del gran servitore, Etienne de Broglie, mi ha convinta da molto tempo dell'orgoglio della sua casta. Al contrario, i privilegi conferiscono doveri reali. Appartenere al ristretto cenacolo dell'élite significa servire in proporzione alla gloria e alle facilitazioni che si ottengono nella vita materiale grazie a questa appartenenza: Sono una giovane normalista che ha tutto il futuro davanti a sé come Colombe Josse? Allora devo preoccuparmi del progresso dell'Umanità, della soluzione di problemi cruciali per la sopravvivenza, il benessere o l'elevazione del genere umano, del futuro della Bellezza nel mondo o della giusta crociata per l'autenticità della filosofia. Non è un sacerdozio, c'è la possibilità di scegliere, i campi sono immensi. Non si entra a filosofia come in seminario, con credo a mo' di spada e una sola via per destino. Si lavora su Platone, Epicuro, Cartesio, Spinoza, Kant, Hegel o persino Husserl? Sull'estetica, la politica, la morale, l'epistemologia, la metafisica? Ci consacriamo all'insegnamento, alla composizione di un'opera, alla ricerca, alla Cultura? E' indifferente. In questo ambito importa solo l'intenzione: elevare il pensiero, contribuire
362
all'interesse comune, oppure ingrossare le fila di una scolastica che ha come unico oggetto la perpetrazione di sé stessa, e come unica funzione l'auto riproduzione di sterili élites, e così l'università diventa setta. …Quando prendi il tè da Angelina, sei in Francia, in un mondo ricco, gerarchizzato, razionale, cartesiano, civilizzato. Come farà il piccolo Thèo? Ha trascorso i primi mesi della sua vita in un villaggio di pescatori in Thailandia, in un mondo orientale, dominato da valori ed emozioni proprie, in cui l'appartenenza simbolica entra forse in gioco alla festa del villaggio, quando si venera il dio della Pioggia, un mondo in cui i bambini sono impregnati di credenze magiche, ecc. Ed eccolo in Francia, a Parigi, da Angelina, immerso senza soluzione di continuità in una cultura diversa e in una posizione diametralmente opposta: dall'Asia all'Europa, dal mondo dei poveri a quello dei ricchi. ...Allora, d'un tratto ho pensato: forse un giorno anche a Thèo verrà voglia di bruciare una macchina. Perché quello è un gesto di rabbia e di frustrazione, e forse la più grande rabbia e la più grande frustrazione non sono la miseria, la disoccupazione o la mancanza di avvenire: la rabbia e la frustrazione derivano invece dalla sensazione di non appartenere a nessuna cultura perché sei lacerato fra culture diverse, tra simboli incompatibili. Come puoi esistere se non sai dove sei, se devi accogliere nello stesso tempo la cultura dei pescatori thailandesi e quella dell'alta borghesia parigina, quelle dei figli degli immigrati e quella dei membri di una vecchia nazione conservatrice? Allora bruci le macchine, perché non appartieni a nessuna cultura, non sei più un animale civilizzato: sei un animale allo stato brado. E un animale allo stato brado brucia, uccide, saccheggia. Lo so che non è molto profondo, però dopo mi è venuto un pensiero profondo, quando mi son chiesta: e io? Che problema culturale ho io? Come posso essere lacerata tra credenze incompatibili? Come posso essere un animale allo stato brado? A quel punto ho avuto un'illuminazione: mi son ricordata le cure esorcizzanti della mamma alle sue piante, le manie fobiche di Colombe, l'angoscia di papà perché la nonna è in una casa di riposo e un sacco di altri fatti così. La mamma crede che si possa scongiurare il fato con una spruzzatina, Colombe che si possa allontanare l'angoscia lavandosi le mani e papà pensa di essere un pessimo figlio che verrà punito perché ha abbandonato sua madre: in fondo hanno tutti credenze magiche, credenze primitive, ma al contrario dei pescatori thailandesi non riescono ad accettarle perché loro sono dei francesi-istruiti-ricchi-cartesiani. E io forse sono la più grande vittima di questa contraddizione, perché per un'oscura ragione sono ipersensibile a tutto ciò che stona, come se avessi una specie di orecchio assoluto per le stecche, per le contraddizioni. Questa contraddizione e tutte le altre. E quindi non mi riconosco in nessuna credenza, in nessuna di queste culture familiari incoerenti. Forse sono il sintomo della contraddizione familiare, e pertanto sono io quella che deve sparire perché la mia famiglia si senta bene. ….Ed è per questo che ho pensato a Ronsard, all'inizio senza capire bene il perché: è una questione di tempo e di rose. Il bello è ciò che cogliamo mentre sta passando. E' l'effimera configurazione delle cose nel momento in cui ne vedi insieme la bellezza e la morte. Ahi ahi ahi, ho pensato, questo significa che è così che dobbiamo vivere? Sempre in equilibrio tra la bellezza e la morte, tra il movimento e la sua scomparsa? Forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono. Lisette (la sorella di Réné, la portinaia) visse solo il tempo di mettere al mondo suo figlio. Il neonato fece quello che si aspettava da lui: morì tre ore dopo. Da quella tragedia, che per i miei genitori rappresentava il normale andamento delle cose, tanto che non ne furono toccati né più né meno che se fosse morta una capra, dedussi due certezze: i forti vivono e i deboli muoiono, tra gioie e dolori proporzionati al posto che occupano nella gerarchia sociale; e proprio come Lisette era stata bella e povera, io ero intelligente e indigente, e quindi come lei ero destinata alla punizione se solo avessi osato trarre vantaggio dalla mia mente a dispetto della mia classe sociale. In definitiva, poiché non potevo smettere di essere ciò che ero, la mia unica possibilità mi parve quella del segreto: dovevo tacere ciò che ero e non intromettermi mai in quell'altro mondo. Da taciturna divenni quindi clandestina. Muriel Barbery, L'eleganza del riccio, Ed. E/O, 2009
Nulla si impara a conoscere, se non ciò che si ama.
Johann Wolfang Goethe
Gli uomini non si vergognano delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono.
Giacomo Leopardi
L'arte ha bisogno o di solitudine, o di miseria, o di passione. E' un fiore di roccia che richiede il vento aspro e il terreno rude. Alexandre Dumas
363
Creare è dare una forma al proprio destino.
Albert Camus
Voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà folli.
Aldous Leonard Huxley
Ogni errore di opinione può essere tollerato quando si dà alla ragione la libertà di combatterlo. Thomas Jefferson
Non essere il primo a provare le cose nuove. Né l'ultimo ad abbandonare le vecchie.
Alexandre Pope
Se due persone la pensano sempre allo stesso modo, uno dei due è superfluo.
Winston Churchill
Aveva tutte le virtù che non apprezzo e nessuno dei vizi che ammiro.
Winston Churchill
Anche mentre parliamo il tempo trascorre. Vivi il presente, dando quanta più poca attenzione è possibile al futuro. Orazio
Forse l'esperienza giova a questo o a quell'uomo. All'umanità non giova per niente.
Ugo Ojetti
Le persone che dicono di dormire come un bambino, di solito non ne hanno uno.
Leo J. Burke
A compiacersi del semplice ci vuole un'anima grande.
Arturo Graf
Le persone brutte si vendicano di solito sulle altre del torto che la natura ha fatto loro.
Francis Bacon
La vita è una rosa dove ogni petalo è un'illusione ed ogni spina una realtà.
Alfred de Musset
Bisogna rassegnarvicisi come un viaggiatore che deve valicare una montagna: se il monte non ci fosse, la via sarebbe più facile; ma poiché c'è, bisogna valicarlo. Goethe
364
E' democraticamente impensabile che nella repubblica ci siano ancora troppe persone che se ne fottono regalmente di tutto. Pierre Dac, Pensieri.
Noi tutti siamo rassegnati alla morte, è alla vita che noi non arriviamo a rassegnarci.
Graham Green
Ci si appiglia solo a ciò che resiste.
Seneca
E' nella natura dell'uomo approfittare di coloro che cedono e rispettare coloro che resistono. Tucidite
Fra l'elefante e la mosca ci potrebbe essere una qualche rassomiglianza. Ma tra voi e me? Salvator Dalì
Quando andate al ristorante, scegliete un posto vicino (prossimo) a un servitore.
proverbio giudeo
E' una certezza che i più cari dei morti dovessero mai ritornare entro qualche mese, sarebbero degli intrusi nell'esistenza dei viventi. Marguerite Yourcenar
Ci sono persone che ritirano volentieri ciò che hanno detto, come si ritira una spada dal ventre dell'avversario. Jules Renard, Giornale
La pensione: che cos'è oltre al permesso ufficiale di arrugginire?
Jeanine Boissard, Una donna nuova
Il ruolo del pensionato è quello di non averne.
Anonimo
Sperimentando continuamente, si finisce per riuscire. Dunque, più si tenta, più si hanno possibilità di successo. Devise Shadok
I risvegli sono stati creati perché non ci si annoi durante il sonno.
365
Pierre Dac, Pensieri
----------------Arthur Schopenhauer------------
Tutte le verità passano attraverso tre stadi. Primo: vengono ridicolizzate. Secondo: vengono violentemente contestate. Terzo: vengono accettate dandole come evidenti. La salute non è tutto, ma senza la salute tutto è niente. Più ristretto è il nostro campo di azione, di visuale, di relazione, e più siamo felici. Gli uomini completamente privi di genio sono incapaci di sopportare la solitudine. Il filosofo non deve mai dimenticare che la sua è un'arte, non una scienza. Alla fine tutti quanti siamo e rimaniamo soli. La giovinezza senza la bellezza ha pur sempre fascino; la bellezza senza la giovinezza non ne ha alcuno. Dall'albero del silenzio pende il frutto della tranquillità. Ogni sera siamo più poveri di un giorno. Io non ho scritto per gli imbecilli. Per questo il mio pubblico è ristretto. All'uomo intellettualmente dotato la solitudine offre due vantaggi: prima di tutto quello di essere con se stesso e, in secondo luogo, quello di non essere con gli altri. C'è un unico errore innato ed è quello di credere che noi esistiamo per essere felici. La conoscenza è fatta di una materia più dura di quella della fede sicché, quando si urtano, è la fede a rompersi.
Tutto ciò che accade dalle cose più grandi a quelle più piccole accade necessariamente. Chi crede non pensa, chi pensa non crede. Le altre parti del mondo hanno le scimmie; l'Europa ha i francesi. La cosa si compensa. Né amare né odiare: questa è la metà di ogni saggezza. Nulla dire e nulla credere è l'altra metà. Certo però si volgeranno volentieri le spalle a un mondo che rende necessarie norme come queste. --------
Sincero = dal latino sincerus composto di sem “uno solo” e cerus dalla radice KERE “crescere”, quindi “di una sola ascendenza, omogeneo, genuino, puro” (Diz. Etimologico di Giacomo Devoto, ed. Le Monnier, Firenze, 1968) Secondo Dan Brown in Il simbolo perduto deriverebbe da sine cera sostenendo che nelle opere scultoree venivano corretti gli errori di esecuzione con ritocchi di cera mista a polvere di marmo.
366
Per sposarsi ci vuole un testimone. Come per un incidente o un duello.
Sacha Guitry
Se Noè avesse avuto il dono di leggere il futuro sicuramente avrebbe affondato la barca. Emile Michel Cioran
Quando la strada non c'è, inventala.
Robert Boden Powell
Dio è il braccio, il caso è la fionda, l'uomo è il sasso. Provate a resistere, una volta lanciati.
Scherzando si può dire di tutto, anche la verità.
Victor Hugo
Sigmund Freud
--------------Baudelaire, Les fleurs du mal, introduction, ed. Newton, 2007
Si le viol, le poison, le poignard, l'incendie, N'ont pas encore brodé de leurs plaisants dessins Le canevas banal de nos piteux destins, C'est que notre ame, hélas! N'est pas assez Hardie.
Mais parmi les chacals, les panthères, les linces, Les singes, les scorpions, les vautours, les serpents, Les monstres glapissants, hurlants, grognants, rampants, Dans la mènagerie infame de nos vices,
Il en est un plus laid, plus mèchant, plus immonde! Quoiqu'il ni pousse ni grands gestes ni grands cris, Il ferait volentiers de la terre un débris
367
Et dans un baillement avelarait le monde;
C'est l' Ennui! -oeil chargé d'un pleur involontaire, Il reve d'echafauds en fumant son kouka. Tu le connais, lecteur, ce monstre délicat, -Hypocrite lecteur- mon semblable, -mon frère!
Se stupro, veleno, pugnale, incendio Non hanno ancora ricamato con segni piacevoli Di pietosi destini il banale canovaccio, E' che l'anima nostra, ahimé! Non é troppo ardita.
Ma tra gli sciacalli, le cagne, le pantere, Le scimmie, gli scorpioni, i serpenti, gli avvoltoi, I mostri guaiolanti, urlanti, grugnenti, e striscianti, Nell'infame serraglio dei nostri vizi,
Eccolo là il più brutto, il più immondo, il più maligno: La Noia! Non si scalmana con gran gesti e grida, Ma farebbe facilmente una rovina della terra E in un sbadiglio ingoierebbe il mondo!
Ha l'occhio gonfio di involontarie lacrime, E sogna patiboli fumando la sua pipa. Quel raffinato mostro, tu, lettore, lo conosci, -Ipocrita lettore- mio simile – fratello!
368
Si sa che il lavoro ha sempre addolcito la vita: il fatto è che non a tutti piacciono di dolci.
Victor Hugo
------------------------------------------------------------------------------------
– La riforma della scuola anno 2002 Con il nuovo anno scolastico gli studenti italiani troveranno importanti novità, primi frutti della riforma Moratti. Che, come si sa, è un coraggioso esperimento che fonde elementi apparentemente in contrasto: tradizione cattolica italiana e atmosfera da campus americano (la messa sarà in inglese e la comunione sarà somministrata con ostie Mc Donald's), taglio dei costi e miglioramento dei servizi, licenziamento degli insegnanti e loro aumento di numero. Simbolo di questa riforma saranno i nuovi computer con schermo di lavagna, identici a quelli normali ma senza tastiera: si scrive con il gessetto. Pesano trentotto chili però sono molto convenienti, la cava di ardesia che ha vinto l'appalto con il ministero si è impegnata a fornire anche il cancellino di pezza. Improbabile, in tempi stretti, l'introduzione l'appalto con il ministero si è impegnata a fornire anche il cancellino di pezza. Improbabile, in tempi stretti, l'introduzione dei più moderni computer a calamaio, più costosi e con il difetto di di un fortissimo scricchiolio del pennino sullo schermo. Per ottimizzare il tempo, si incomincerà a studiare già sul scuolabus. La nuova figura professionale dell'autista-tutor (due ruoli, un solo stipendio) reciterà l'Eneide scandendo la difficile metrica latina con il clacson. Cambia la vecchia figura del bidello: anziché con la tradizionale formula della scuola gentiliana, “ragazzi non fate casino”, il bidello-tutor accoglierà le scolaresche sottolineando le istanze motivazionali della giornata e promuovendo un corretto planning delle attività didattiche. Per svolgere meglio questo difficile compito, il bidello-tutor sarà protetto da guardiole antiproiettile. Qualche polemica per le ore di inglese: sono state ridotte da cinque a una sola, ma il ministero garantisce le altre quattro, a pagamento, a bordo di uno scuola-charter che atterra a Londra e riparte mezz'ora dopo. Sullo stesso modello, saranno differenziati gli orari di base, gratuito, e quello executive, a pagamento. Nell'orario di base le lezioni prevedono banchi, sedie e cartina geografica dell'Europa che pendola lacera sulla parete. Per avere anche l'insegnante bisogna passare alla tariffa executive. Con la golden card, ogni studente avrà diritto a una merendina confezionata a San Patrignano e, durante le interrogazioni, a una telefonata ad un numero verde. La palestra con le spalliere svedesi e le pertiche, retaggio della vecchia scuola gentiliana, sarà sostituita da moderne gym-room con sauna, cyclette e solarium, basta pagare un abbonamento annuale all'American Contourella e uscire dalla scuola. Chi non vorrà affrontare la spesa potrà sempre ricorrere alla palestra scolastica tradizionale, con un precario-tutor che gli farà fare i piegamenti leggendo la Gazzetta dello Sport. Il preside-tutor avrà compiti speciali e straordinari: con un solo stipendio, sarà in grado di perquisire gli studenti tossicomani, aggiornare la bacheca, affrontare a mani nude le madri dei somari convinte che loro figlio sia un genio, stirare la bandiera, frequentare corsi di aggiornamento, rilegare i libri della biblioteca, …. Nuove materie: informatica soprattutto, con il biennio dedicato allo studio del bottone on-off e il triennio conclusivo per spiegare correttamente per telefono al tecnico che al posto dei propri file appare un sito di backgammon on line. Restano ancora le vecchie materie di impronta classico-filologica, ma riformate: Omero sarà letto in chiave aziendale (“Quantificare il gap motivazionale fra Achei e Troiani”, “Il viaggio di Ulisse nell'esperienza di un tour operator”, “Se Enea avesse avuto un tutor, sarebbe morto?”) Un crocefisso sarà presente in ogni aula, ma per renderlo ben accetto anche agli studenti non cristiani verrà chiarito che non si tratta di un simbolo religioso, ma del fondatore dell'albo professionale dei tutor. Michele Serra, Breviario comico, ed. Feltrinelli, 2009
369
Quand les corbeaux voleront blancs Et la neige tombera noir Le souvenir du régiment s'effacera de ma mémoire
Dans ce lieu solitaire, la bouche doit se taire, le c... seulement doit parler
---Marquages, inscriptions, graffiti, peintures murales militaires en Brianconnais et Haute Ubaye--------------------------------------------------------------
L'arte o è plagio o è rivoluzione.
Paul Gauigin
Meglio essere cornuto che vedovo. Ci sono meno formalità.
Alphonse Allais
Ben poche sono le donne oneste che non siano stanche di questo ruolo.
Friedrich Nietzche
Impariamo la saggezza molto più dai nostri sbagli che dai nostri successi. Scopriamo ciò che è giusto trovando ciò che non lo è. Probabilmente chi non ha mai fatto errori non ha mai scoperto nulla. Samuel Smilles
La rivoluzione è l'ispirazione frenetica della storia.
Lev Tolstoj
Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste. Martin Luther King
La storia non esiste. Il passato è solo uno strumento del presente e come tale è raccontato e semplificato per servire gli interessi di oggi. Tiziano Terzani
370
A volte ciò che si tace arreca maggior piacere di ciò che si dice.
Pindaro
La più triste delle cose che posso immaginare è essere abituati alla lussuria.
Charlie Chaplin
Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo.
Aristotele
Eraclito -- I frammenti e le Testimonianze-- Carlo Diano e Giuseppe Serra- A.Mondadori, 2009 (di questi Autore non c'è pervenuto alcun scritto. Ha raggiunto la maturità nel 500. I frammenti sono le citazioni che altri Autori ne hanno fatto, non sempre lusinghiere. Sono però moltissimi coloro che si sono occupati di lui, nel senso che deve aver lasciato un segno profondo. Mi gratifica l'idea che tutto sommato anch'io vado alla ricerca di spunti di intelligenza degli altri e ne lascio traccia. Davvero ghiotto questo libro, bisognerebbe però conoscere il greco per averne piena contezza) (che strano, nel 2008 avevo già stralciato i Frammenti di Eraclito).
1 Non intendono gli uomini questo Discorso (Logos) che è sempre né prima udirlo né quando una volta l'hanno udito, e per quanto le cose si producano tutte seguendo questo Discorso, è come se non ne avessero alcuna esperienza, essi che di parole e di opere fanno pure esperienza, identiche a quelle che io espongo distinguendo secondo la sua natura ogni cosa e mostrando come è: ma agli uomini sfugge quello che fanno da svegli, e di quanto fanno dormendo non hanno il ricordo. 4 Odono e non intendono simili a sordi: per loro vale quello che ho detto: sono qui e sono altrove. 14 Il conflitto è padre di tutte le cose e di tutte è re; e gli uni fece dèi, gli altri uomini: gli uni servi, gli altri uomini. 15 Bisogna avere alla mente che il conflitto è comune ad ambo le parti e giustizia è contesa, e tutto accade seguendo la legge della contesa e della necessità. 18 Anche gli ingredienti di un farmaco se non si tengono in movimento si separano. 19 Connessioni: intero e non intero, convergente divergente, consonante dissonante: e da tutte le cose l'uno e dall'uno tutte le cose. 21 Immortali mortali, mortali immortali: viventi la morte di quelli, morenti la vita di questi. 26 Armonia che da un estremo torna all'altro estremo come è nell'arco e nella lira. 27 Armonia invisibile della visibile è migliore. 28 La natura ama nascondersi. 30 Nel circolo principio e fine fanno l'uno. 33 Mutando riposa: è fatica lavorare e obbedire sempre allo stesso padrone.
371
35 La malattia rende piacevole la salute e di essa fa un bene, la fame rende piacevole la sazietà, la fatica il riposo. 36 I medici tagliano bruciano: e facendo questo si lamentano di non ricevere una degna mercede. 42 Il sole ha la larghezza di un piede umano. (questo concetto sarà ripreso da moltissimi Autori, anche moderni: gli è che se sei sdraiato a terra ed alzi il piede contro il sole, lo copri) 50 Una volta nati vogliono vivere e avere il loro destino di morte e lasciano figli che generino a destini di morte. 63 Trastulli di bimbi sono le credenze degli uomini. 74 Uno solo è per me diecimila se ottimo. 78 Che intelletto essi hanno? E hanno senno? Credono ai cantori di piazza e prendono a maestro il volgo, non sapendo che i molti son nulla e solo i pochi hanno valore. 81 Di molte cose devono acquistare la scienza quelli che dicono di cercare la sapienza. 84 Omero merita di essere espulso con la frusta dagli agoni e Archiloco del pari. 85 Omero che fa l'astrologo. 87 … Esiodo che distingue i giorni fausti e infausti, e non sa che la natura di ogni giorno è sempre una e la stessa. 88 Pitagora di Mnesarco attese alla ricerca più do ogni altro uomo, e fatta raccolta dei libri ad essa dedicati, trasse da quelli la sua sapienza, il suo sapere molte cose e la sua arte di frode. 89 Pitagora inventore primo di raggiri. 92 Non è un bene per gli uomini che le cose vadano sempre come essi vogliono, 98 Se agli asini fosse dato di scegliere, all'oro preferirebbero lo strame. 107 Il popolo deve combattere per la legge come per le mura della città. 108 Bisogna spegnere la dismisura più che le fiamme di un incendio. 122 I riti di misteri fra gli uomini non hanno nulla di sacro. 126 Ho indagato me stesso.
TESTIMONIANZE.
1 Diogene Laerzio, IX, 1 Eraclito, figlio di Blosone, oppure, come altri vogliono, di Eraconte, nacque in Efeso e fiorì nella sessantanovesima olimpiade. Ebbe animo grande e sdegnoso quanti altri mai e lo si vede nella sua opera quando scrive: --Il sapere molte cose non insegna ad avere intelletto: lo avrebbe insegnato a Esiodo e a Pitagora, e così Senofonte e a Ecateo-- ….. 7 La sua dottrina nelle linee generali è la seguente: tutte le cose nascono dal fuoco e in esso si risolvono, tutto accade secondo il fato, tutto ciò che esiste è tenuto in armonia dal moto che va da un contrario all'altro, tutto è pieno di anime e di potenze divine. …. 8 Venendo ai particolari il suo pensiero è questo: elemento primo è il fuoco e tutte le cose –si hanno in cambio del fuoco-- e si producono per rarefazione e condensazione. In
372
forma chiara tuttavia non si diffonde a spiegare nulla: le cose nel loro divenire seguono la legge dei contrari tutto ciò che esiste scorre al modo di un fiume. L'universo è finito ed esiste un unico cosmo. …. 13 Dario gli scrisse questa lettera: --Il re Dario figlio di Istapse a Eraclito di Efeso sapiente, salute. Hai scritto un'opera sulla natura che è difficile ad intendersi e a interpretarsi. In talune parti, presa parola per parola, mostra il potere che tu hai di speculare sul mondo tutto e sulle cose che avvengono in esso, cose che si muovono di un moto per eccellenza divino. Ma per lo più essa obbliga a sospendere il giudizio al punto che anche coloro che hanno la massima consuetudine con le lettere, dubitano del vero significato di quello che tu hai scritto. Perciò il re Dario figlio di Istapse desidera udirti e di avere parte della sapienza greca. Vieni al più presto alla mia presenza e alla casa del re. Gli Elleni infatti, non avendo alcun nome presso gli uomini sapienti, non curano quanto di essi è rettamente offerto alla serietà del loro studio e al loro apprendimento. Presso di me tu avrai ogni giorno l'onore del maggiore riguardo e un tenore di vita degno dei tuoi insegnamenti.-14 Al quale Eraclito rispose: --Eraclito di Efeso al re Dario figlio di Istapse, salute. Quanti vivono sulla terra si tengono lontani dalla verità e dalla giustizia e per la follia dell'animo loro volgono ogni mira all'insaziabilità della loro brama e alla loro ambizione. Io che in me non ho ricordo di nessuna nequizia e fuggo la sazietà che è legata all'invidia perchè non ho amore per il fasto, non verrò nella terra dei Persiani contentandomi del poco in conformità ai bisogni del mio animo ...-13 Demetrio, de Elocut. 192 La chiarezza dipende da più cose: anzitutto dall'usare termini propri e in secondo luogo dalle congiunzioni. Le strutture asindetiche e interamente prive di legame sono sempre oscure. Se non vi è nessun legame non si vede infatti dove ciascuna parte del periodo ha inizio, come accade per lo stile di Eraclito: è soprattutto l'assenza di legame che lo rende oscuro. 25 Aerzio, I 23,7 (Dox. 320) Eraclito toglie dall'universo la stasi e l'immobilità, le quali sono proprie dei morti, e a tutte le cose da movimento: eterno alle cose eterne, perituro alle cose periture. 26 Platone, Crat. 402 a Eraclito dice che tutto è in movimento e nulla sta fermo, e paragonando le cose alla corrente di un fiume afferma che non si può entrare due volte nello stesso fiume. (Analogo è un pensiero di Leonardo da Vinci, da me annotato tanti anni fa) 27 Aristotele, Metaph. 1010 a 7 Su ciò che muta non si può dire nulla di vero e quindi nessuna verità è possibile in relazione a un essere che universalmente e sotto ogni aspetto si muta. Di qui nasce l'opinione estrema: quella di coloro che affermano di seguire Eraclito e fra essi Cratilo, il quale riteneva che non si dovesse dar nome alle cose limitandosi ad indicarle con un dito, e rimproverava Eraclito per aver detto che non è possibile entrare due volte nello stesso fiume: Cratilo pensava che non si potesse entrare neppure una volta. 29 Seneca, Ep. VI 6,23 I nostri corpi vengono trascinati come le acque di un fiume ovunque tu guardi, tutto scorre con il tempo. Nessuna delle cose che noi abbiamo davanti sta ferma: io stesso sono mutato nell'istante in cui dico che esse mutano. Questo intende Eraclito quando afferma che –noi entriamo due volte nello stesso fiume e non entriamo-- E' fermo e rimane il nome del fiume, ma l'acqua è passata. 30 Aristotele, Metaph. 984 a 7 La maggior parte di coloro che per primi hanno affrontato il problema della scienza, hanno ritenuto principi di tutte le cose quelle che rientrano nella materia.... Ippaso di Metaponto e Eraclito di Efeso dissero principio il fuoco. 35 Aezio, I 7,22 (Dox. 303)Secondo Eraclito dio è il fuoco ciclico ed eterno, e il fato è il Logos o Discorso che nel moto degli opposti è artefice delle cose. 44 Aezio, II 17, 20, 16 Eraclito dice il sole fiamma dotata di pensiero la quale trae la sua origine dal mare; 22,2 Il sole ha forma di conca ed è fatto a gobba; 24,3 L' eclisse è prodotta dal girare della conca, in modo che la parte cava sia volta in alto e la parte convessa sia volta in basso, in direzione della nostra vista; 27,2 La luna ha forma di conca;
373
V 23 Eraclito e gli stoici dicono l'uomo formalmente compiuto intorno al secondo settennio, quando il seme si muove. E anche per le piante il periodo della maturità ha inizio al tempo in cui cominciano a produrre i semi.
61 Giamblico, de myst. 1,11 E per questo a ragione Eraclito disse medicina i misteri come quelli che hanno il potere di guarire dai mali e di liberare le anime dal dolore del divenire.
--------------------------che bel Capodanno ho investito!----------------------
E' assolutamente evidente che il cinema si ispira alla vita così come la vita si ispira all TV
Woody Allen
La città è un deserto, sovraffollato.
Bauman
A giurar presti i mentitori son sempre.
Vittorio Alfieri
L'amore inespresso è come il vino tenuto in bottiglia: non placa la sete.
George Herbert
La felicità è una merce favolosa: più se ne dà e più se ne ha.
Blaise Pascal
Cosa non mi piace della morte? Forse l'ora.
Woody Allen
Chi rimanda la carità a dopo la morte è, se ben si riflette, più del proprio.
Francis Bacon
Il politico che ha più successo è quello che dice più frequentemente, a voce alta, quello che tutti stanno pensando. Theodore Rooselvet Abbi più di quel mostri, abbi meno di quel che sai.
W. Shakespeare
Bada alle piccole spese: una piccola falla affonda una grande nave.
Benjamin Franklin
C'è un doppio vantaggio nell'insegnare, mentre insegni impari.
Seneca
La critica è clemente con i corvi e si accanisce con le colombe.
Giovenale
Il soverchio degli studi procrea orrore, confusione, malinconia, collera e sazietà.
Pietro Aretino
Il più forte desiderio di ogni essere umano è il bisogno di essere apprezzato.
Karl Albrecht
Come la cresta di un gallo, la matematica è al capo di ogni conoscenza.
Proverbio indiano
A nessuno è mai nociuto il tacere.
Catone
Il 50% del bilancio della Comunità Europea va a finire all'agricoltura che impiega il 5% della forza lavoro e il 3% del PIL. Massimo Fini, Il Fatto del 13.01.2010
374
Un medico ignorante è l'aiutante di campo della morte. Avicenna
ALTROVE
Raramente quando si pensa alla montagna si parla dell'imprenditore: qual'è la ragione di questa indifferenza o rifiuto verso l'imprenditoria? Occorre ragionare su cicli molto lunghi, pensando alla trasformazione della campagna: qui il sistema contadino era legato più alla sopravvivenza che allo sviluppo. Nel secondo dopoguerra è avvenuto un cambiamento molto rapido, a mio avviso troppo. Tanta gente se ne è andata e la montagna è stata privata non solo delle braccia, ma anche dei cervelli. Poiché la Regione Valle d'Aosta è dotata di molte disponibilità finanziarie, fu creato un apparato burocratico con numerosi posti di lavoro e i più bravi lasciarono l'alta montagna. Inoltre qui, a differenza dell' Alto Adige dove l'agricoltura era legata al maso chiuso, la campagna non forniva risorse da dedicare ad altre attività: la logica della sopravvivenza che si era sviluppata impedì la formazione di una mentalità imprenditoriale. …..
…. Quale fu la reazione della gente alla nascita del turismo di massa? La maggioranza puntò sull'investimento immobiliare a breve, la costruzione di seconde case, che costituisce quella che io chiamo una rendita parassitaria: trasformando un bene immobile, che non rendeva niente, in uno che, come un alloggio, crea una rendita in una sola occasione, viene sprecata la possibilità di utilizzare una risorsa creando un lavoro stabile. Invece di creare l'occasione per un reddito continuativo, una buona fetta del territorio fu venduta, con la complicità degli amministratori locali, incapaci a creare strumenti, come i piani regolatori, che ne disciplinassero l'uso. Il risultato è che oggi tutta la Valle d'Aosta ha meno posti letto di Zermatt. Molta gente avrebbe potuto costruire degli alberghi con i soldi derivanti dalla vendita degli appezzamenti, ma un altro problema è l'assoluta incapacità dei montanari di unire le risorse: quello che è mio è mio, quello che è tuo è tuo.
C'è un senso della proprietà difensiva?
… Un altro esempio illuminante è il fallimento di un meritorio tentativo della Regione Valle d'Aosta di creare consorzi di meccanizzazione agricola. Il progetto naufragò perché i sette od otto che avevano aderito non intendevano condividere il trattore, la falciatrice o lo spandiletame: si associarono per prendere i contributi, poi ognuno si tenne un attrezzo.
…. A parte il mancato sviluppo di una cultura imprenditoriale, la proliferazione di seconde case ha lasciato una qualche eredità positiva? Non credo, perché anche se non ci sono strumenti di rilevazione che siano in grado di definire l'occupazione della seconda casa, penso che non si superino i venticinque, trenta giorni all'anno, senza creare un indotto significativo. Le seconde case sono il risultato di decenni di individualismo e frammentazione: d'altra parte la Regione ha otto Aiat (Azienda di Informazione e Accoglienza Turistica), anche se gli abitanti sono quattro gatti.
…. Nonostante l'appartenenza, però, molti non esitarono a vendere i terreni e le case della famiglia per la costruzione di seconde case.
375
Effettivamente il fenomeno delle seconde case fu cavalcato un po' da tutti. Il valore di un bene è sempre determinato dalla legge della domanda e dell'offerta: il fatto che i terreni valessero tanto nelle perimetrazioni di centro abitato dipendeva dal fatto che quelli all'esterno non valevano niente.. Perciò furono tirate quattro righe per stabilire il perimetro di centro abitato, cercando di accontentare un po' tutti, e quello che fu disegnato era, venti volte maggiore rispetto alla zona abitata originariamente. Si arrivò ad eccessi oggettivamente penosi, ma, da un punto di vista oggettivo, ci guadagnavano tutti. Fu un periodo molto breve sotto l'aspetto economico, mentre per arrivare al punto attuale, al divieto di costruire, è stato necessario un percorso molto più lungo.
… La vita di montagna comporta una certa sofferenza? Il concetto di sofferenza è insito nella vita dura: c'è un forte grado di accettazione delle difficoltà, come tentativo di superare il dolore. Ognuno di noi prima di andare a farsi vedere in ospedale pensa che è solo un po' di male, che passerà: i ritmi della vita sono ben conosciuti, anche perché qui si stava a contatto diretto con la natura e si sapeva bene che la vita ha un ciclo di nascita, crescita e morte. Anche le persone anziane sono sempre state considerate come un arricchimento, perché spesso i giovani apprendevano più dai nonni che dai genitori, occupati al lavoro. Per questo ancora oggi le persone anziane si tengono in famiglia e non si portano negli ospizi, a meno che non sia indispensabile. Ferruccio Fournier, Antagnod, Val d'Ayas – tratto da Altrove - E. Giordano e L. Delfino-, ed. Priuli & Verlucca, 2009
Cosa intendi per “confine”? Da un lato ci sono confini fisici, in particolare un fortissimo senso della proprietà, soprattutto difensivo; dall'altro ci sono molti confini legati a rivendicazioni storiche, a faide tra famiglie e tra enti pubblici e privati. Mi sembra che si sia dimenticato che, per sopperire alla rigidità spesso dettata dall'ambiente, l'uomo deve rendersi flessibile e una delle possibilità che ha è l'aggregazione, l'aiuto reciproco. Da un punto di vista storico-architettonico le borgate nascevano così proprio per un bisogno di fare “l'unione e la forza”. Adesso sembra quasi un gioco in cui tutti sono contro tutti. Non so da cosa dipenda questo irrigidimento: forse perché i tempi non più magri come prima, perchè il benessere economico è arrivato anche qui, facendo dimenticare che in un posto così è difficile farcela da soli.
….Come spieghi questo atteggiamento? A volte si parte un po' prevenuti nei confronti del nuovo, perché si ha una mentalità da razza protetta, da indiani in riserva, l'idea di aver già subito tanto e, per questa ragione, avere dei diritti intoccabili. Però credo che alcuni schemi di chi abita in montagna siano gli stessi di chi abita in città, al massimo le cose possono apparire più vicine se viste dalla montagna: ad esempio la percezione di una crisi economica (che riguarda tutto il Paese) si può associare direttamente a un sentimento che dura da decenni. La gente se ne è andata e le borgate si sono svuotate: in questo modo la crisi si avverte senza mediazioni e si svviluppa l'attesa di una apocalisse prossima abbastanza vicina. Con queste basi si sviluppano poche idee nuove e viene a mancare un processo di reazione; anzi, a volte c'è quasi un compiacimento nel piangersi addosso.
Federica Beux, nata nel 1976, laureata in filosofia, per due anni ha gestito un alpeggio-ristoro a Usseaux tratto da Altrove - E. Giordano e L. Delfino-, ed. Priuli & Verlucca, 2009
376
Solo l'uomo colto è libero.
Epitteto
La stupidità si moltiplica a dismisura. Si riproduce facilmente e si autofinanzia.
Frank Zappa
Per ogni problema complesso c'è sempre una soluzione semplice. Che è sbagliata.
George B. Shaw
Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l'inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire. Marguerite Yourcenar Considerate la vostra semenza: fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguire virtute et canoscenzaDante, Inferno XXVI, 116-120 Anche se le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non possiedono una veridicità assoluta, e se le avessero, allora non si riferirebbero alla realtà. Albert Einstein
C'è oro e ci sono molte perle, ma la cosa più preziosa sono le labbra istruite.
Salomone, Proverbi 20,15
Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore.
Pablo Neruda
La prima necessità dell'uomo è il superfluo.
Albert Einstein
L'abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose.
Esopo
Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa. Albert Einstein "Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi". Eraclito
“Senza entusiasmo, non si è mai compiuto niente di grande”. Ralph Waldo Emerson Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l'ha già creata. Albert Einstein Tutti amano chi ama. Ralph Waldo Emerson Senza entusiasmo, non si è mai compiuto niente di grande. R. W. Emerson E' meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione. Albert Einstein Né la ricchezza più grande, né l'ammirazione delle folle, né altra cosa che dipenda da cause indefinite sono in grado di sciogliere il turbamento dell'animo e di procurare vera gioia. Epicuro L'unico modo per farti un amico è essere un amico. Ralph Waldo Emerson -------------------------------------------------------------
377
Enrico Deaglio, Patria 1978-2008, ed. il Saggiatore, 2009
Anno 1988. Nel 1970 la legge proposta dai deputati Loris Fortuna (Psi) e Antonio Baslini (Pli) legalizza il divorzio in Italia; fino a quel momento era permesso solo dalle sentenze della Sacra Rota pronunciate dal Vaticano per i più abbienti. Le motivazioni “scientifiche” per l'annullamento del matrimonio sono il più grande catalogo accordate ad ogni individuo: --immaginifico del pene e delle sue intime debolezze; dando così dignità giuridica ed ecclesiastica ad alcuni detti popolari, come il napoletano “il cazzo non vuole preoccupazioni”, o il siciliano “cazzu rittatu nun vede parentatu”. … I funzionari della Sacra Rota sono anche meticolosi osservatori della vagina, comunque.
…. Numerosi storici si occupano del ruolo della donna nel Meridione, a partire dallo studio di un inglese, Edward C. Banfield, che nel 1958, esaminando i comportamenti della “casalinga di Montegrano” , un paese della Basilicata, aveva elaborato una tesi suggestiva e inquietante: la donna italiana del Sud era il perno di un “familismo amorale”, secondo cui la famiglia (grandi ed articolate famiglie) e i suoi interessi venivano prima di quelli dello Stato e venivano difesi, ovviamente, contro le leggi dello Stato. Una storica torinese, Gabriella Gribaudi, studiando il comportamento delle donne della camorra napoletana, confuta la tesi, immettendo qualche nota di speranza. Una certa parità tra uomo e donna si verifica peraltro nella guerra di mafia, nel senso che incominciano ad essere ammazzate anche le donne. Ma il vero dibattito, nel 1988, riguarda una donna immaginaria, la casalinga di Voghera.
Anno 1995. Il 25 novembre il senatore Andreotti partecipa ad una tavola rotonda sui “buoni samaritani” in Vaticano, alla presenza del papa. Giovanni Paolo II lo accoglie con una stretta di mano e la platea vaticana sottolinea l'episodio con un'ovazione. Due settimane dopo, il 12 dicembre, a San Pietro, diecimila studenti cattolici di varie città italiane si incontrano con il papa per le preghiere natalizie. A sorpresa uno studente di Economia, Maurizio Anastasi, giunto al microfono, si rivolge al papa: “Santità, era proprio necessaria quella stretta di mano? Erano proprio necessari quegli applausi?” Tira fuori dalla tasca della giacca un foglietto e legge alcune frasi scritte da Moro in prigione, a proposito di Andreotti: “E' stato indifferente, livido, assente, chiuso nel suo cupo disegno di gloria” E poi ancora: “Si può essere grigi onorevole Andreotti, ma onesti; quell'insieme di bontà, di saggezza, di flessibilità, di limpidità che hanno senza riserve i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo e lei non è di questi. … Durerà un po' di più, un po' di meno, ma passerà senza lasciar traccia. … Passerà alla triste cronaca che le si addice”. Dopo, Maurizio recita la sua preghiera e parte dai banchi di San Pietro un piccolo applauso, tra l'agitazione di diversi cardinali.
Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà. Non sono i fatti a turbare gli uomini, ma le opinioni intorno ai fatti. Epitteto Dobbiamo essere cortesi con un uomo come lo siamo verso un quadro, a cui vogliamo dare il vantaggio di una buona illuminazione. Ralph Waldo Emerson Non penso mai al futuro. Arriva così presto. Albert Einstein
378
La felicità non consiste nell’acquistare e godere ma nel non desiderare nulla, perché così si è liberi. Epitteto La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre. Albert Einstein L’uomo giusto è sereno, l’ingiusto è pieno di turbamenti. Epicuro Fortunato è l’uomo il quale, non avendo nulla da dire, si astiene dal dimostrare con le parole l’evidenza del fatto. George Eliot Prepara mali a se stesso l’uomo che prepara mali agli altri: il cattivo consiglio è dannoso allo steso consigliere. Esiodo Cerca di diventare non un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore. Albert Einstein È nostra esperienza che i politici sono soliti realizzare il contrario di quello che dicono. Abba Eban La tradizione non si può ereditare, e chi la vuole deve conquistarla con grande fatica. Henry Estienne Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione. Antoine de Saint Exupery
Cesare inoltre fu il primo, a quanto si dice, che escogitò il mezzo di comunicare epistolarmente con gli amici (sembra, a quanto dice Svetonio, che usasse la più elementare delle scritture cifrate, dando il valore della lettera A alla lettera D e similmente trasponendo di quattro posti tutte le altre lettere dell'alfabeto) quando il cumulo degli impegni o la grandezza della città non permettessero un colloquio diretto per affari urgenti. Plutarco, Vita di Cesare, XVII, 8
Gaio Valerio Catullo (87 a.C. - 57 a.C.) Carme LVI O rem ridiculam, Cato, et iocosam, dignamque auribus et tuo cachinno! ride quidquid amas, Cato, Catullum: res est ridicula et nimis iocosa. deprendi modo pupulum puellae trusantem; hunc ego, si placet Dionae, protelo rigida mea cecidi.
Oh cosa ridicola, Catone, e divertente, degna delle (tue) orecchie e della tua risata! Ridi, se un po' ami, Catone, Catullo: la cosa è ridicola e troppo divertente. Sorpresi ora un bambolino che perforava una ragazza; io l'ho, se piace a Diona, senza interruzione col mio durone lo distrussi.(penetrai) (gli piombai dietro con la mia asta rigida)
379
Capita a volte di sentirsi per un minuto felice. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un attimo e passa. Gesualdo Bufalino Il compromesso è l'arte di tagliare una torta in modo tale che ciascuno creda di aver avuto la fetta più grossa. L.L. Levinson Ci sono solo due qualità nel mondo: l'efficienza e l'inefficienza, e ci sono due generi di persone: l'efficiente e l'inefficienteG.B. Shaw Una noia mortale emana da quelli che hanno ragione e lo sanno.
Elias Canetti
La filosofia, come la medicina, fornisce molte droghe, ma pochissimi rimedi buoni, e quasi nessuno specifico. Nicolas de Chamfort Una metà del mondo non riesce a capire i piaceri dell'altra metà.
Jane Austen
Luc de Vanvenargues 1715 – 1747 : --Molti uomini vivono felici senza saperlo. --Non bisogna giudicare gli uomini da ciò che ignorano ma da ciò che sanno, e dal modo come lo sanno. --Amiamo persino le lodi che sappiamo non essere sincere. --Una massima che abbia bisogno di essere spiegata non vale niente. --Fà più vittime la speranza che l'astuzia. --Il disperare aggrava non soltanto la nostra miseria, ma anche la nostra debolezza. --La solitudine è, per lo spirito, ciò che la dieta è per il corpo. --La chiarezza adorna i pensieri profondi.
LXX.
Nulli Carme LXX Gaio Valerio Catullo Nulli se dicit mulier mea nubere malle quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat. dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti, in vento et rapida scribere oportet aqua. Dice la donna mia di non volere Tranne me sposo, fosse anche Giove a chiederla Dice; ciò che all'amante donna dice, Scrivilo su acqua rapida e vento.
380
Dal naufragio dell'illuminismo sembrano essersi salvate soltanto le verità scientifiche, scoperte e custodite dagli scienziati, che però costituiscono una corporazione a parte. . La loro salvezza è dovuta al fatto che non hanno bisogno di essere condivise dalla collettività per essere considerate conoscenze pubbliche, patrimonio di una società. Alcune di esse possono essere in qualche misura effettivamente condivise: si può supporre che nelle società progredite quasi nessuno creda che il fulmine sia dovuto all'intervento diretto di una divinità e nessuna autorità politica sia dunque tenuta a organizzare riti per scongiurare temporali e saette; ma quante siano le conoscenze scientifiche condivise e quanto sia estesa la loro condivisione non è questione tanto importante. Chissà quanti hanno una qualche idea verosimile di che cosa sia l'elettricità? E, d'altronde, l'astrologia è probabilmente più condivisa dell'astronomia. D'altra parte il corpo della scienza è tutt'altro che omogeneo, costituito com'è da nozioni di diversi livelli e da teorie più o meno astratte consolidate su alcune delle quali la discussione fra gli scienziati sono in corso. Le verità scientifiche consolidate quanto basta in una prospettiva storica, condivise o no, vengono usate per prendere decisioni pubbliche senza interpellare il popolo, , anche quando si ammette che il potere decisionale arriva dal popolo. La natura dell'elettricità può sfuggire ai più, ma ciò che scienziati e tecnici suggeriscono a proposito della distribuzione e dell'uso dell'elettricità non viene sottoposto al vaglio degli eventuali elettori. Ciò che vale per l'elettricità vale meno per la medicina: qui le credenze in contrasto con le verità scientifiche ispirano comportamenti scorretti e attese infondate: molti cittadini premono perché queste loro aspettative siano riconosciute e i politici, preoccupati del consenso, sono tentati di tenerne conto.
… La religione civile potrebbe non aver bisogno di una divinità che sanzioni con la propria autorità e il proprio potere le norme morali, o che prometta paradisi ed inferni, ma potrebbe contenere lo stesso codice morale che le religioni positive promettono; o comunque potrebbe esserci un nucleo comune alla religione civile e alle religioni positive. Questa posizione ha attirato la critica di chi ha dipinto il laicismo come una religione che, perfino più dogmatica ed intollerante delle religioni positive, si affida alla forza di uno Stato caricato di compiti impropri.. E' una confusione che si ha quando si accetta la concezione piramidale della società, trasmessa dalla tradizione religiosa, per la quale tutto il mondo è simile ad un regno, governato da un potere supremo secondo un ordine, che società e comportamenti umani devono riprodurre. In questa prospettiva la moralità si configura come obbedienza a un codice unico, che fa capo al governatore supremo del mondo. Ma una cultura laica, indipendente da pregiudizi religiosi, dovrebbe avvalersi di una concezione a rete (come si usa dire) della società, nella quale la moralità è costituita da un intreccio di impegni ed obblighi che le persone assumono e si impongono, di pretese che gli uni fanno valere nei confronti degli altri, di controlli e giudizi che i membri della società esercitano ed esprimono e dai quali si difendono. Impegni, obblighi, giudizi e tutti gli altri strumenti, con i quali le persone esplicano quella che si chiama moralità, possono derivare da convinzioni tradizionali, dall'educazione ricevuta, da sistemi di credenze più o meno organiche, da ideologie o religioni, ma poi in una società politica libera devono realizzarsi nei confronti tra individui.
… O forse la religione aiuta a essere persone per bene? In una società laica, che non è un sistema perfetto, hanno piena cittadinanza gli adepti di tutte le fedi e non si impone a nessuno un codice etico: semplicemente si tende a far crescere la visibilità degli impegni etici adottati ed il loro grado di attendibilità. Si potrebbe pensare che le credenze religiose stimolino comportamenti altruistici e solidaristici, contrapposti ai comportamenti egoistici ed autointeressati, che sembrano propri di una razionalità applicata a un orizzonte finito e terreno. Queste valutazioni sono in gran parte suggerite da pregiudizi favorevoli alle credenze religiose, perché i comportamenti non ispirati da credenze religiose hanno il medesimo grado di mescolanza di motivazioni altruistiche ed egoistiche. Anzi la cultura laica dovrebbe appunto promuovere un accurato bilancio dei costi delle funzioni esercitate dalle organizzazioni religiose, che amano mettere sotto il segno della carità i cospicui finanziamenti dei quali godono. …. Le religioni, come ha appurato un'ampia letteratura, oggi purtroppo poco frequentata, generano superstizioni, paure, soggezioni intellettuali, tendono a coprire condotte negative e si reggono su imposture e promesse inattendibili. Nella società contemporanea rendono molto forti i legami all'interno delle comunità alle quali danno vita, ma creano rotture con le altre comunità della medesima società e proiettano riserve sulle sulle attese di reciprocità che tengono assieme la società. Carlo Augusto Viano, Laici in ginocchio, ed. Laterza, 2008 (questo Autore è privo del dono della chiarezza e della linearità: esprime concetti validi e, a volte, condivisibili ma di faticosa lettura ed assimilazione. Mi sembra della stessa cilindrata di A.A. Mola il quale, com'è noto, non frequenta molto la punteggiatura e prima di ricordarsi di mettere un punto a capo lascia scorrere, incomprese, alcune pagine)
381
Ricchi si diventa, eleganti si nasce.
Honoré de Balzac
Ama tutti, credi a pochi, non far del male a nessuno.
W. Shakespeare
Bisogna ingannare gli uomini per asservirli, ma si deve loro almeno la cortesia della menzogna. M.me de Stael Belle parole e una vistosa apparenza raramente sono associate alla vera virtù.
Confucio
Bimbo, mi chiedi cos'è l'amore? Cresci e lo saprai. Bimbo, mi chiedi cos'è la felicità? Rimani bimbo e lo saprai.
Proverbio cinese
Il filosofo scrive cose che non capisci e poi ti fa credere che è colpa tua. Se ogni uomo ha un prezzo, io sono nel reparto saldi. Alcuni nostri politici sono degli incapaci. Gli altri sono capaci di tutto. Le donne piangono il giorno del matrimonio: gli uomini dopo. Boris Makaresko, cabarettista
Meglio un'oncia di fortuna che una libbra d'oro.
Proverbio ebraico
Necessità abbassa nobiltà .
Giovanni Verga
Pensa da uomo di azione ed agisci da uomo di pensiero.
Henri Louis Bergson
Non sappiamo cosa facciano uomini e donne in paradiso: sappiamo solo che non si sposano. Jonathan Swift Alla natura si comanda solo obbedendola.
Alphonse Allais
La gente crede a qualunque cosa, se la si bisbiglia.
Herbert aw 1897-1998
La terra non l'hai ricevuta in eredità dai tuoi avi, l'hai in prestito, per i tuoi figli. L'indignazione morale è al 2% , al 48% l' indignazione, al 50% l'invidia. Vittorio de Sica
382
Amiamo la franchezza di quelli che ci amano. La franchezza degli altri la chiamiamo insolenza. André Malraux
Decalogo contro l'apatia politica di Gustavo Zagrebelsky*
narchie… repubbliche… rivoluzioni hanno avuto i loro pedagoghi. La democrazia invece ha politologi e costituzionalisti. Non tano. ecalogo che segue è una semplice proposta.
La fede in qualcosa che vale democrazia è relativistica, non assolutistica: cioè fini e valori sono da considerare relativi a coloro che li propugnano e, nella loro ietà, ugualmente legittimi. l punto di vista dei singoli, invece, relativismo significa che «tutto è relativo», che una cosa vale l'altra, cioè che nulla ha valore. ntre il relativismo dell'insieme è condizione della democrazia, nichilismo e scetticismo sociale sono una minaccia. non si ha fede in nulla, perché difendere una forma di governo come la democrazia, che vale in quanto le proprie convinzioni sono essere fatte valere? pegniamoci per promuovere ideali, programmi, utopie.
La cura delle individualità personali democrazia è fondata sugli individui, non sulla massa. La massificazione è un pericolo mortale. a democrazia senza qualità individuali si affida ai capipopolo e questi, a loro volta, hanno bisogno di uomini-massa. bbiamo vedere con preoccupazione l’appiattimento di molti livelli dell’esistenza, consumi e cultura, divertimenti e comunicazione.
Lo spirito del dialogo democrazia è discussione, ragionare insieme. Chi odia discutere, alla persuasione preferisce l’imposizione. preservare l’onestà del ragionare, deve essere prima di tutto rispettata la verità dei fatti. Sono le dittature ideologiche quelle che li nipolano. Sono regimi corruttori «fino al midollo» quelli che trattano i fatti come opinioni e instaurano un «nichilismo della realtà», ttendo sullo stesso piano verità e menzogna. intestardirsi, né lasciar correre, secondo l’insegnamento socratico. Il quale ci indica anche la virtù massima di chi ama il dialogo: ersi rallegrare di scoprirsi in errore. invece, si considera una sconfitta, l’essere colti in errore, lo spirito del dialogo è remoto e dominano orgoglio e vanità, sentimenti ili alla democrazia.
Lo spirito dell’uguaglianza democrazia è basata sull’uguaglianza; è insidiata dal privilegio. L’uguaglianza è "isonomia", uguaglianza delle leggi. nza leggi uguali per tutti, la società si divide in caste e la vita collettiva diventa dominio di oligarchie. Il privilegio crea arrivismo e corse perverse.
383
Il rispetto delle identità diverse democrazia le identità particolari sono ininfluenti sul diritto di stare in società. gi, il problema della coesistenza di identità plurime è di natura etnico-culturale e religiosa; storicamente, è stato religioso, derivando distacco della Riforma dalla Chiesa di Roma. metà Cinquecento si impone in Europa l’identità di religione agli abitanti le medesime terre. L’idea di tolleranza nacque per nsentire di tenere insieme terra e fede, per non dover perdere l’una volendo conservare l’altra. non alla tolleranza si rivolge la democrazia. Il contesto è diverso. L’assolutismo può parlare di tolleranza, non la democrazia, cui si dice invece il linguaggio della cittadinanza uguale per tutti. de il concetto di identità è irrilevante per la partecipazione alla vita pubblica. Il rischio viene da un nuovo richiamo all’unione tra ere civile e religione.
La diffidenza verso le decisioni irrimediabili democrazia implica la reversibilità di ogni decisione. Le soluzioni definitive ai problemi, senza possibili ripensamenti e correzioni, o dei regimi della giustizia e della verità assolute. strada per dire «ci siamo sbagliati» deve restare sempre aperta.
L’atteggiamento sperimentale democrazia è orientata da principi, ma deve imparare quotidianamente dalle conseguenze dei propri atti. Ogni progetto realizzato e problemi che rimettono in discussione il progetto; l’esperienza è il banco di prova della teoria. mergersi in questa tensione forma il carattere, rende accettabili le sconfitte e promuove nuove energie.
Coscienza di maggioranza e coscienza di minoranza democrazia nessuna deliberazione si interpreta nel segno della ragione e del torto. prevalenza di una maggioranza su una minoranza non è la vittoria della prima e la sconfitta della seconda, ma l’assegnazione di un plice onere: alla maggioranza, dimostrare nel tempo a venire la validità della decisione presa; alla minoranza, insistere su ragioni gliori.
L’atteggiamento altruistico democrazia è forma di vita di essere umani solidali. (…) amore per la cosa pubblica e disponibilità a mettere in comune qualcosa, i il meglio di sé: tempo, capacità risorse materiali. marginazione sociale è contro la democrazia. L’alternativa è l’ideologia crudele che legittima la fortuna dei forti e abbandona i boli alla propria sorte.
La cura delle parole endo la democrazia dialogo, gli strumenti del dialogo, le parole, devono essere oggetto di cura particolare (…) quanto al numero e a qualità.
Il numero di parole conosciute e manda chi conosce più parole. co perché una scuola
usate è proporzionale al grado di sviluppo della democrazia. Il dialogo, per essere tale, deve essere paritario. ugualitaria è condizione di democrazia.
La qualità delle parole. Per l’onestà del dialogo, le parole non devono ciar parlar le cose attraverso le parole, non far parole, poi, devono rispettare, non mondo della politica è dove questo tradimento si consuma più che altrove.
384
essere ingannatrici. Parole precise e dirette; crescere parole corrompere
su il
parole. concetto.
rani tratti da Decalogo contro l'apatia politica in Contro l'etica della verità, Laterza, Bari 2008
Zagrebelsky (1943) - Già presidente della Corte costituzionale, è professore di Diritto costituzionale e Giustizia costituzionale l'Università di Torino e docente nell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Tra le altre sue pubblicazioni: Imparare mocrazia (2007); Principi e voti (2006); La domanda di giustizia (2003, con Carlo Maria Martini); Il "Crucifigge!" e la democrazia 95).
Noi siamo per gli dèi, come mosche per dei monelli: ci uccidono per divertimento.
… Tutto il mondo è un palcoscenico, Gli uomini e le donne semplici attori. Per tutta la vita si recita un ruolo Per la durata di sette atti. W. Shaskespeare, Re Lear
è un bambino, e come un bambino gioca, disponendo le pedine: il potere appartiene ad un bambino.
…. Ricorda: sei solo attore di un dramma e devi recitarlo, che sia lungo o breve, secondo la volontà del poeta. Se ti capita il ruolo di un mendicante, devi impersonarne il carattere, e così con uno storpio, un re o un cittadino. Il tuo compito è solo quello di recitare la parte assegnata. A qualcun altro spetta sceglierla. Eraclito
E' in corso un'enorme partita a scacchi -che comprende tutto il mondo- se questo è il mondo, naturalmente. Ah che divertimento! Se potessi partecipare anch'io! Anche come pedone, l'importante sarebbe esserci, ma come regina naturalmente sarebbe la cosa più bella di tutte. Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie
E' bene, nella vita come a un banchetto, non alzarsi né assetati né ubriachi.
Aristotele
Prendete dall'amore tutto ciò che un uomo sobrio prende dal vino, ma non diventa un ubriacone.
385
Alfred de Musset
----------------------------Capita alle persone veramente sapienti quello che capita alle spighe del grano: si levano ed alzano la testa dritta e fiera finché sono vuote, ma quando sono piene di chicchi cominciano a umiliarsi e piegare il capo. --La vecchiaia mette più rughe sullo spirito che sul volto. --Solo gli idioti sono sicuri di tutto e risoluti. --I medici sono fortunati: i loro successi brillano al sole mentre la terra copre gli errori. --La cosa più importante al mondo è essere autosufficienti. Michel de Montaigne ----------------------
L'unica cosa che ci consola nella nostra miseria è la distrazione, che è però anche l'apice della nostra miseria: perché in sostanza ci impedisce di riflettere su noi stessi e ci fa andare in rovina senza che ce ne accorgiamo. Diversamente ci annoieremmo e saremmo spinti a cercare un modo migliore per vincere la noia. Le distrazioni ci danno piacere, ma ci conducono senza che ce ne accorgiamo alla morte. Blaise Pascal
La rivoluzione si annunciò con un ticchettio irregolare: nel maggio del 1844 Samuel Morse trasmise il primo telegramma da Washington a Baltimora, un paio di righe devote. La telescrivente stese i primi fili della nostra rete di comunicazione mondiale. Insieme ai suoi discendenti multimediali essa ha annullato lo spazio e con esso anche il tempo. La persona informata è presente ovunque tramite collegamento “live”: alla partita di tennis a Sidney, al ciclone in Florida, persino alla passeggiata sulla luna. La persona colta si sentiva a casa propria nella storia. Oggi è quasi diventata storia. La persona informata sa tutto dell'oggi, qualcosa della settimana scorsa, quasi niente dell'anno scorso, e ciò che precede la sua nascita svanisce nel grigio della preistoria. L'informazione spezza i legami e seppellisce la storia sotto un'ondata di novità. Mentre la cultura punta su contenuti seriosi, l'informazione favorisce una gioiosa varietà; il sapere, le notizie e un po di trash formano un'insalata facilmente digeribile, condita da un qualunque popolare annunciatore. Le ultime notizie sulla fascia di ozono, sulla guerra nel Sudan e sul destino dei sigari di Clinton vengono riferite con la stessa professionalità. Visto che ogni giorno milioni di persone si siedono più volte davanti allo schermo per non perdere questo miscuglio di notizie, è possibile trarre un'unica conclusione: l'informazione è la caramella Haribo per il popolo. Probabilmente nel sacchetto c'è anche un po di oppio. Chi ha visto il telegiornale, la mattina dopo ne può discutere. Non sa niente, ma è informato. Il suo parere momentaneo su un argomento è tale e quale un'opinione fondata. E chi può aver bisogno di convinzioni, se domani già tutto è vecchio e dopodomani dimenticato?
Friedhelm Moser, Piccola filosofia per non filosofi, ed. Feltrinelli, 2002 (molto, molto bello questo libriccino. In una serie di piccoli ed apparentemente facili capitoli tratta di: l'Io, il paradosso, la verità, l'amore,la solitudine, il
386
coraggio civile, il lavoro, l'evoluzione, la mistica, la morte, la libertà, il gioco, la logica, il tempo. l'uguaglianza, l'informazione, il viaggio, la guerra, il riso, il linguaggio e la filosofia. Avrei dovuto riportare qui l'intero libretto. Costui è nato nel 1954 ed è morto nel 1999 ed ha insegnato per 13 anni. Poi ha scritto piccoli testi che in Germania hanno avuto grande successo). ------------------------
Chi scrive aforismi non vuol esser letto, ma mandato a memoria.
Friedrich Nietzche
A ben guardare l'amore nella maggior parte dei suoi effetti somiglia più all'odio che all'amicizia. Francois de la Rochefoucauld
Un ulteriore scrupolo ha frenato a lungo il mio slancio, l'impressione, cioé dell'inutilità del mio lavoro per le generazioni a venire; è molto meglio che rimangano ignote domani le vergogne di oggi, perché se vengono all'orecchio dei tiranni, essi si affretterebbero ad imitarle. La stragrande maggioranza degli uomini di potere si fa facilmente trascinare dalla stupidità a ripetere i crimini dei predecessori e torna a commettere con tutta disinvoltura gli stessi errori del passato. Procopio (V sec. a.C.)
Vi supplico di essere sempre indignati.
Martin Luther King
I cattivi rappresentanti sono eletti dai cittadini che non votano.
George Jean Nathan
La lealtà comperata con il denaro, dal denaro può essere distrutta.
Seneca
L'arte è magia liberata dalla memoria e dalla menzogna di essere verità.
Adorno
Non è che sono così astuto è solo che rimango con i problemi più a lungo.
A. Einstein
C'è una cosa più forte di tutti gli eserciti al mondo, e questa è un'idea il cui movente è giusto. Victor Hugo
387
All'avaro manca tanto quello che ha quanto quello che non ha.
Publilio Siro
L'unità di un popolo sa trasformare l'argilla in oro.
Proverbio cinese
Bisogna spegnere la prepotenza più di un incendio. Eraclito
Coloro che vogliono apparire saggi fra gli sciocchi appaiono sciocchi fra i saggi. Quintiliano
La verità si trova sempre nella semplicità, mai nella confusione.
Isaac Asimov
Sei lucido quando credi solo alla metà di quello che ti dicono, brillante quando sai a quale metà credere. Anonimo
Se vuoi arrivare primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano, cammina insieme-. proverbio del Kenia
Una delle differenze fondamentali fra un gatto e la bugia è che il gatto ha solo nove vite. Mark Twain
Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto.
Italo Calvino
Antonio Tabucchi PARTENZA LA PALISSE Jacques de Chabannes, signore di La Palisse, era un bravo generale francese che nel Cinquecento combatté in Italia e morì in battaglia a Pavia. Ha legato inconsapevolmente il suo nome ad un aggettivo che la sua austera vita militare non meritava, perché durante il suo elogio funebre qualcuno (non è corretto: nell'ambito di Chiosa è riportato un testo di una ode o di qualche opera cavalleresca che esprime il concetto) disse che un quarto d'ora prima di morire, era vivo. Da qui il termine “lapalissiano” che significa dire una cosa più che ovvia. Per esempio: l'acqua è bagnata: lapalissiano. Con l'inizio della nuova Era, in Italia è iniziata una crociata contro il pensiero lapalissiano, trasportando il paese verso un luogo metafisico, dove l'umidità dell'acqua non è più un dato evidente ma un mistero gaudioso. Per esempio: vi
388
trovate vi trovate in qualsiasi altro paese d'Europa, davanti ad un pubblico numeroso. E con convinzione affermate che il falso in bilancio è un reato. Il pubblico vi guarda con indulgenza, si scambia occhiate e pensa: bella scoperta, hai fatto tanta strada per venirci a dire che la strada è bagnata? Ma è lapalissiano! E allora voi, consapevoli che una rinnovata filosofia della politica nata nel vostro paese ha finalmente messo in crisi il noioso pensiero lapalissiano, esclamate: eh no, non è mica così ovvio, signori miei, in Italia una legge garantisce che il falso in bilancio non è reato. A proposito, se vi venisse voglia di farlo, a farlo da noi. E poi continuate: il patrimonio pubblico di uno Stato appartiene ai cittadini e il Presidente della Repubblica francese non può vendere la Torre Eiffel ad un rottamatore. Il pubblico vi guarda con la stessa indulgenza, e pensa di nuovo: bella scoperta, è lapalissiano! E voi dite: eh no, signori, non è così lapalissiano come pensate, in Italia il patrimonio pubblico è privato, e dunque, se volete acquistare il Colosseo, fatevi avanti. E quelli devono incassare ancora una volta. A questo punto, però, vi preparate al colpo grosso. La nostra Repubblica è basata sulla Costituzione, dite scandendo bene le parole, perché è una Repubblica nata opponendosi al fascismo, tanto che prima era una monarchia fascista. La reazione dell'ingenuo pubblico è la stessa, perché credeva che una qualsiasi Repubblica fosse basata su una Costituzione, altrimenti su che cavolo si baserebbe una Repubblica? E allora voi dite: un momento, non è poi così semplice, un presidente della Rai, la nostra televisione di Stato, al convegno di un partito ex fascista, a cui si sente vicino, ha affermato il contrario. In Italia sopravvive ancora un antico pensiero lapalissiano, che politicamente dovrebbe opporsi alla distruzione del pensiero lapalissiano. Ma esso è attraversato da una profonda crisi, da un rovello filosofico di ampie proporzioni. I rappresentanti del pensiero lapalissiano, dubbiosi, si interrogano: ma sarà proprio vero che il Colosseo appartiene agli italiani, e non, poniamo,al nipote della cugina della cognata dello zio del ministro ai Beni Culturali? Sarà proprio vero che la Repubblica Italiana è fondata sulla Costituzione e non sul patto che Silvio Berlusconi ha stipulato con gli italiani con la garanzia di Bruno Vespa? Sarà proprio vero che a difendere gli interessi dei lavoratori sia una posizione di sinistra? E, inoltre, si chiedono con tormento i residui difensori del pensiero lapalissiano, se noi affermiamo il nostro pensiero con chiarezza, rischiamo di delegittimare gli avversari? El Pais Internacional, 01.07.2002
GUERRE VERE E GUERRE TELEVISIVE
… Nel 1808 le truppe napoleoniche muovono verso la Spagna. L'idea che guida l'invasore è un'idea di democrazia e di libertà. Napoleone reca sui propri vessilli la triade Liberté-Egalité-Fraternité, un'indiscutibile conquista dell'umanità di progresso e di democrazia. La penisola iberica in quel tempo è dominata da monarchie che certo non potremmo definire liberali. Quando le truppe napoleoniche invadono la Spagna, Napoleone porta in quelle regioni la democrazie e la libertà con la guerra. E Goya lo vede. E qualcosa succede in lui. La sua pittura, fatta di pastelli, di rosa e di azzurri, improvvisamente precipita in uno sfondo di tenebra dove si scorgono fiamme all'orizzonte. Carneficine, bestialità, massacri, supplizi, orrori entrano con prepotenza nei suoi occhi e nei suoi quadri. Dal 1808 al 1814 in Spagna sono anni di terrore, di delazioni, di tradimenti, di stupri, impiccagioni, incendi. La Spagna di Goya era rimasta fino ad allora oppressa dal feudalesimo e dal clero, vessata dalla tirannia e dall'Inquisizione, e Goya aveva idee liberali e moderne. Ma la sua coscienza, la sua sensibilità di uomo e di artista sono superiori alle ideologie. Prima di tutto egli vede gli orrori che la guerra porta sulla carne delle persone. E la sua pittura fissa insuperabilmente questi orrori. Nascono non solo quelle impressionanti pitture ad olio dove un feroce Gigante della guerra mutila e divora gli uomini, non solo quel terribile piccolo cane giallo sepolto nella sabbia che forse simboleggia non tanto una delusione esistenziale o sentimentale, quanto la sua muta disperazione di fronte alla Francia, la nazione portatrice di quei valori nei quali egli credeva. Possibile, si chiede Goya, che gli ideali di libertà ed eguaglianza vengono portati con carneficine e massacri? Se oggi, come allora, vogliamo riferirci agli orrori che in nome delle buone intenzioni chiunque può portare dappertutto. I Disastri della Guerra di Goya sono un monumento imprescindibile. Goya ci parla della terra offesa,del disgusto per la guerra e della pietà per gli uomini. Provate a leggere qualche pagina di testimonianza sulle guerre contemporanee; vi sembrerà del puro Goya. Parlo semplicemente di testimonianze di qualcuno come Gino Strada che, oggi, di certe guerre che ci vengono raccontate in televisione come favole belle, può dire: io c'ero. Al tempo di Goya non mancarono quotati intellettuali che esponevano teorie convincenti, scrivevano su gazzette, e confortavano il mondo di allora spiegando serenamente che la libertà e la giustizia hanno un prezzo e bisogna pure pagarlo.. Di questi intellettuali saputi i politologi di allora inneggianti alla libertà ed al progresso che portava Napoleone imperatore si potrebbero fare i nomi, ma non direbbero niente a nessuno, perché la Storia li ha inghiottiti. Per un semplice motivo: quella allora era la lingua corrente. Mi riferisco, questo termine, al grande linguista Ferdinand de Saussure, che ha studiato il linguaggio umano, dividendolo in Langue e Parole. La Langue è una musica indistinguibile. Tutti i violini del mondo hanno la stessa voce. Finché non arriva un violino che ha una voce speciale. Se tutti gli altri
389
violini sono indistinguibili, quel violino si stacca dal coro, è perfettamente riconoscibile, possiede una sua voce, è la Parole secondo Saussure. Credo che siano queste voci, o anche una sola di quelle voci, che disturbano, la Parole si oppone alla Langue corrente. E' la voce che esce dal coro. Unità, 23.10.2002
I TORTI DI KATRINA Dopo l'uragano di New Orléans è curioso vedere le reazioni della stampa dalla quale Bush è amato e ammirato. Il sentimento è soprattutto di irritazione. Perché al di là di quello che è successo, delle vittime, della morte e della distruzione che ha seminato, l'uragano Katrina ha un “torto”. Ha fatto capire a chi non lo aveva ancora capito che George W. Bush è un signore dal cervello un po rallentato e la sua amministrazione è una gang of cooks and shits, come dicono gli americani, o una banda di stronzi, come si tradurrebbe alla lettera in italiano. E quello di Katrina non è un torto da poco, per la stampa di cui sopra. Per il semplice motivo che Bush era Colui-che-stava-salvando-il mondo, il redentore di una umanità turbolenta, litigiosa, afflitta da dittature ed ingiustizie, in procinto di autodistruggersi con micidiali armi di distruzione di massa nascoste nei luoghi più impensati ed introvabili da quella incompetente dell' Onu. Ma, per fortuna, c'è Bush. Il quale, avendo ricevuto direttamente da Cristo (dopo la disintossicazione) la missione di portare dappertutto pace e democrazia, metteva ogni cosa a suo posto, ordine e progresso in questo mondo sgangherato. C'era un Male che sorgeva qua o là? Niente paura, arriva il Bene di Bush a cacciarlo via; il paese più poderoso del mondo, armato di tutto quello che si può desiderare, dalla bomba atomica alle bombe intelligenti, arriva con le sue portaerei, i suoi cacciabombardieri, i suoi marines, i suoi “ragazzi”, e risolveva ogni nostro problema. Ma all'improvviso arriva Katrina, che nessuno aveva messo in conto. I politici riflettono poco sulla Storia e sui suoi capricci, pensano che la si possa addomesticare pianificandola con i numeri, nei quali i politici eccellono: calcoli, sondaggi, grafici, conti. Che sulla carta sono perfetti, ma che non significano che i ragionieri siano degli Einstein. Coloro che avrebbero assicurato al globo terracqueo le indispensabili misure di sicurezza, davanti all'incendio causato da una frittata casalinga non avevano gli estintori. E non solo; ma loro, che si preoccupano così filantropicamente dei problemi altrui, sui problemi di casa hanno sorvolato, dando ragione al detto evangelico di chi vede la pagliuzza nell'occhio altrui e non vede la trave nel proprio. Nel disastro di New Orléans c'entra il clima, questa variabile che l'amministrazione Bush non aveva messo in conto, e magari c'entra il surriscaldamento dell'atmosfera, a cui la politica di Bush ha dato un aiutino. Sia come sia, si apre un grande problema. Ora che l'uragano Katrina si è preso la responsabilità di mostrare l'America di Bush, un'America con enormi sacche di povertà, di disuguaglianza sociale, un'America segnata dal cinismo, dal liberismo sfrenato e dal fanatismo religioso, l'America della destrutturazione sociale, dove lo Stato è assente e i cittadini sono abbandonati a loro stessi; e soprattutto ora che sappiamo che Geoge W. Bush, si era assunto il compito di guidare il mondo, non sa neppure guidare la propria automobile, come farà il mondo? … El Pais Internacional, 09.09.2005
L'IMPEGNO, CHE REBUS. Se un giorno volessi parlare dei cavoli del mio orto mi sentirei libero di farlo. Quel che invece non ho mai fatto, nei miei libri, è stato parlare di me stesso. Identificarmi nel punto di vista altrui, questa è forse la mia maniera di impegnarmi. Mettermi nei panni di un bambino, di un vecchio, di una donna o di un vedovo come Pereira, mi permette di allontanarmi dal mio ombelico, di osservare il mondo attraverso altri occhi. Il mio impegno consiste nell'esplorare le diversità rispetto a me stesso, nell'indagare la realtà attraverso gli occhi altrui. Spesso la critica un po snob di certi giornali mi ha attribuito una presunta iper letterarietà troppo cosmopolita. E perché no: anche dal mio paesello natale, quando ci sto, mi piace occuparmi del mondo, perché il mondo mi riguarda. Lo stesso valeva per Leonardo Sciascia, che della Sicilia è riuscito a fare un paradigma: poteva essere letto benissimo come uno scrittore regionalista, ma è riuscito a sollevare il suo paese a una metafora universale..... MicroMega, 04.2007
390
IL TEMPO E' STANCO. Cos'è la povertà? L'uomo vestito di bianco ci sta pensando. E' una domanda che lo tormenta. E non lo tormenta per motivi di coscienza di classe o per motivi cosiddetti freudiani. E neanche per motivi esistenziali perché a lui non manca nulla, da questo punto di vista: non è una questione di stipendio. Diciamo che per lui è una questione fondamentale, un Principio primo che appartiene all'Essere e insieme alla trascendenza, ma ha niente a che vedere con l'ontologia, e neanche con l'esoterica cosmologia dei presocratici. E' una domanda meta-filosofica. E' la domanda. Beati i poveri di qualcosa perché di essi è il regno dei Cieli. Ma cosa vuol dire questa frase? E' l'affermazione più misteriosa di tutte. L'uomo guarda fuori dal finestrino le nuvole bianche che sta attraversando. Sono nuvole rotonde e grasse. Nuvole ricche. L'aereo della sua organizzazione è bello e confortevole: perfetto. Per lui non c'è una semplice poltrona, ma un comodo letto. Potrebbe anche dormire, riposarsi un po, ma non ci riesce. Pensa che il continente in cui sta andando è un continente povero, pieno di poveri, anzi, miserabili. Perché? Sono forse stati meno bravi di altri? Eppure, nello stesso continente, quelli di sopra sono ricchi (quelli che sono ricchi). Sono stati più bravi? Riflette alla richiesta che prima della sua partenza gli è stata avanzata da molti rappresentanti della sua organizzazione di quel continente povero: dare la metà delle ricchezze dell'organizzazione stessa al continente povero. Che diavolo di richiesta! E' bella e generosa, ma non risolve niente. E' una cosa che gli fa venire in mente curiose tendenze che hanno attraversato la sua organizzazione durante i secoli: uomini che lasciavano le ricchezze e i beni del mondo e sposavano la povertà, a piedi nudi, con abiti rozzi, vivendo in luoghi deserti ed impervi. Tutto davvero strano. Ha fatto bene ad intraprendere questo viaggio. Dovrà parlare della libertà e ne parlerà davanti alle televisioni di tutto il mondo e ai giornalisti di tutto il mondo. Ma della libertà però a lui non importa più di tanto, anche se ha dovuto riabilitare da poco quello scienziato, quel provocatore, che si era messo di traverso a Tolomeo. A lui interessa la povertà, così pensa, e quello è un continente povero. Lui e la sua organizzazione hanno davvero fatto tutto il possibile. Ma evidentemente qualcuno ha sbagliato. Cos'è la libertà? L'altro uomo ci sta pensando. Sta seduto su una poltrona. Fuma un grosso sigaro. Avrebbe potuto andare all'aeroporto un po più tardi. Ma è arrivato con molto anticipo. Deve essere per motivi di ansia. Di solito indossa una divisa militare verde, ma oggi si è messo un vestito grigio doppiopetto ed una cravatta blu a pois bianchi. La stanza dove si trova è tranquilla e sicura. . Le sue guardie sono fuori e fanno il loro servizio. Ma lui è ansioso. Pensa alla libertà. Che strano. Lui ha alta stima della libertà, ha lottato per essa. Le ha dedicato la sua vita. Ha spazzato via dal suo paese i corrotti, i bordelli, le droghe, la miseria più indecente che c'è nel resto di quel continente. Ha dato al suo popolo del scuole, educazione, assistenza sanitaria: una dignità che prima non aveva. Certo non può dire che il suo popolo abbia raggiunto la ricchezza. Anzi, la vita è spartana. O meglio, abbastanza difficile. Ma il problema gli sembrava risolto. E invece no. Perchè quello che la gente vuole è un livello di vita diverso, uscire da un assedio, muoversi nel mondo. E soprattutto poter dire come la pensa, e per questo ha dovuto mettere a tacere in maniera decisa tutti quelli che lo dicevano e che scambiavano il poterlo dire con la vera libertà: ma che roba. Che cosa strana è la libertà. Ci saranno le televisioni di tutto il mondo e i giornalisti di tutto il mondo. Ma cosa vogliono da lui? Lui e la sua organizzazione hanno fatto tutto il possibile. Certamente qualcuno ha sbagliato. Siamo arrivati all'ultimo giorno di visita. Sono stati giorni davvero massacranti. E oggi i due uomini terranno i due discorsi conclusivi. I temi sono alti, immensi, insieme umani e trascendenti. E dovrebbero parlare davanti alle televisioni di tutto il mondo. Ma molti di questi li hanno lasciati soli. Sono partiti precipitosamente con gli aerei verso la parte nord del continente, quella ricca e libera. Perché devono assistere alle dichiarazioni del presidente di quell'altro pezzo di continente che è incolpato di una colpa molto misteriosa. Avrà fornicato tradendo la Bibbia? E' questo ciò che i giornalisti vogliono sapere, lo scoop. Ah mio caro amico, questa benedetta umanità! Non riusciamo proprio a trovarle una soluzione. Lei l'ha presa per un verso, io per un altro... e niente: nonostante tanti sforzi non ce l'abbiamo fatta (Chi dei due sta parlando?). Sono stanchi. Sono vecchi e stanchi. Anche il secolo è stanco. E anche il millennio. Tutto è come se fosse già stato. Sarà forse il Tempo che è stanco? Intanto la folla applaude, una immensa folla. La folla continua ad applaudire. Sente le parole povertà e libertà e applaude ancora di più, com'è giusto. E la povertà scomparirà e la libertà arriverà anche per loro, com'è giusto. I due uomini sanno anche questo. La Storia o il Tempo, dipende, si trovano in un intervallo, pensano. Ecco cosa sta succedendo: siamo in un intervallo di Tempo. E negli intervalli nascono gli idoli. Alzano gli occhi al cielo, oltre la folla, e all'orizzonte scorgono la sagoma di un idolo enorme: rosso, metallico, cilindrico. Che strano idolo, non assomiglia né al Vitello d'Oro contro il quale lottò Mosé, né alle statue di cattivo gusto dei tiranni che sono state abbattute di recente. E' un idolo metallico, spumeggiante, con tante goccioline che gli scorrono lungo le pareti scintillanti. E' un idolo leggero, anzi, light. I due uomini si guardano. Sarà una visione apocalittica? Che fare? (Chi dei due dice questa frase? L'abbiamo già sentita). E' l'intervallo della Storia. O del Tempo. Presto, urge un filosofo. O meglio, un ideologo. O meglio, un teologo. O un grande miracolo. Qui ci vuole un'idea, una grande idea. Volete scommettere che qualcuno bandirà un concorso universale? El Pais 05.02.1998
391
TAGLIATELLE ALLA STRAGE
“La vera vita è altrove”, diceva Rimbaud. Sagge parole. Lui l'aveva cercata inutilmente nella poesia e non l'aveva trovata. Poi smise di fare poesia e partì per l'Abissinia a fare il mercante d'armi, si perse e si ammalò. E la vera vita, per lui, restò sempre altrove. Però quei suoi versi risuonano incessantemente nelle orecchie dello studioso che, dimenticando la vita, passa le sue giornate in una biblioteca universitaria straniera, immerso nello studio di vecchi volumi del Cinquecento, cercando di capire perché Santa Romana Chiesa, che oggi produce figure così luminose come il cardinale Ruini, dal Cinquecento all'Ottocento nella penisola iberica ha bruciato così tanta gente. Perlopiù Ebrei ed Islamici convertiti con le buone maniere ma che nella vita quotidiana continuavano a praticare segretamente, gli eretici, i riti delle loro religioni. Migliaia e migliaia di processi del Santo Uffizio con interrogatori, severe punizioni corporali e raffinate torture inflitte laddove il corpo è più sensibile. Come conosceva bene il corpo umano il Santo Uffizio, lui che si occupa dell'anima. Oggi lo studioso si sente più frustrato che mai. Ha passato la giornata a leggere il processo di uno sciagurato cittadino portoghese che nel millesettecentododici, quando l'Iberia era finalmente diventata cristiana e non c'era più traccia di infedeli in giro, in un paesino del Nord del Portogallo, fra Coimbra e Curia, era stato colto in flagrante. L'empio era stato trovato con la cantina di casa piena di insaccati di pollo e di farina: roba bianca. Lo sciagurato non solo si rifiutava di confezionare sanguinacci come ogni bravo cristiano, ma ne aveva sostituito il ripieno e invece dello squisito sangue di maiale, metteva carne di pollo e farina, dichiarando così il suo perfido attaccamento a Geova e a Maometto che vietano di mangiare quanto di migliore la natura ci ha dato: il maiale. E quella robaccia bianca non solo se la mangiava lui, avendola ingentilita con la cannella, ma la spacciava di contrabbando ai vicini e il Santo Uffizio grazie a lui aveva scoperto un'intera comunità satanica di mangiatori di pollo. Perché, si chiede lo studioso, Santa Romana Chiesa se la prendeva tanto con i mangiatori di pollo? Non riesce a darsi pace e rincasando sotto la pioggia, pensa che forse la vera vita è davvero altrove e non nelle vecchie cartacce che egli va stupidamente frugando. Entra in casa e squilla il telefono, è una amico dall'Italia che ha dunque il privilegio, negato allo studioso, di poter vedere la televisione italiana e che gli fornisce la conferma che le sue sono davvero fisime di studioso, nient'altro che bazzecole, pinzillacchere, e che la vera vita, come lui sospettava, è davvero altrove. Il privilegiato amico italiano ha visto Blob, è il 14 dicembre 2005 e in tale programma c'è uno spezzone prezioso dove il protagonista è il dottor Bruno Vespa. Che cosa fa il Vespa nel prezioso filmato? Racconta le stragi ad una squinzia, cucinando tagliatelle. Sì, non bagatelle ma veri massacri, di quelli fatti con le bombe, tipo piazza Fontana, Italicus e stazione di Bologna, insomma, non carne bianca, vero sangue. Ecco, capisce lo studioso, lì pulsa la vera vita, da Bruno Vespa. …... sito Feltrinelli, 16.12.2005
CASELLA GARANTE Su proposta di Alleanza Nazionale, nel 2006 il parlamento italiano ha nominato il 10 febbraio “Giorno del Ricordo” per commemorare le vittime delle foibe. Si noterà la dizione, vicina al “Giorno della Memoria” dello sterminio degli Ebrei e la contiguità temporale della giornata scelta per tale commemorazione (27 gennaio). La prima celebrazione del Giorno del Ricordo è stata tenuta da Carlo Azeglio Ciampi con un solenne discorso alla presenza di Gianfranco Fini. ….. Le foibe furono l'espressione di una atroce violenza, assassina e vendicativa (un altissimo numero di persone, impossibile da determinare, gettato nelle fosse carsiche) che i partigiani titini, con il concorso delle popolazioni slave della Venezia Giulia, esercitarono indiscriminatamente sulla popolazione italiana. Un orrore che merita di essere inscritto nella memoria collettiva e che Ciampi ha giustamente ricordato. Ma egli tuttavia ha evitato di contestualizzare quei tragici eventi, omettendo il ricordo della sciagurata politica di italianizzazione che il regime fascista mise in pratica sulla Venezia Giulia parte dei cui territori, alla fine della Prima guerra mondiale, era stata assegnata all'Italia quale potenza vincitrice del conflitto (370mila sloveni e 150mila croati). Ignorando i suggerimenti dl presidente Wilson, che consigliava il rispetto delle minoranze etniche, lo Stato italiano procedette invece alla italianizzazione forzata della quale fu simbolo sinistro, nel 1920, di Darodni Dom, la sede della rappresentanze slave di Trieste. Nel ventennio fascista la politica di nazionalizzazione forzata (i rapporti dei prefetti dell'epoca riportano le dizioni di “bonifica etnica”, gli stessi crimini per cui la Nato è intervenuta in Kossovo) assunse forme particolarmente odiose in virtù delle funebri spedizioni della squadracce fasciste italianizzatrici (particolarmente celebre quella di Francesco Giunta), fino al marzo 1942, allorché una circolare dello stato maggiore dell'esercito (circ. 3C del generale Roatta) autorizzava non già le squadracce fasciste ma l'esercito regolare a esercitare violenza sulle minoranze slave della Venezia Giulia al fine di
392
“italianizzarle”. Il risultato fornito dalle cifre ufficiali: 13mila persone uccise fra partigiani e civili, 27mila deportati nei campi di concentramento fascisti, 80mila fucilati. Come risulta dagli atti della Commissione mista di quattordici storici italiani e sloveni che hanno indagato sull'accaduto e che mi auguro Ciampi conosca, “il fascismo cercò di realizzare nella Venezia Giulia il proprio programma di distruzione integrale dell'identità slovena e croata”. …......... (non c'è indicazione di data e del giornale)
EPILOGO E CONGEDO DAL LETTORE
…..Appena arrivato al potere grazie alle regole della democrazia, Berlusconi ha aperto il rubinetto del peggio. E il “peggio che c'è in noi”, quel fondo di ferinità che alberga nell'animo umano quando non è tenuto a bada dalla cultura e dall'educazione alla democrazia, è esploso come un fuoco d'artificio in tutta la sua volgarità e in tutto il suo becerume. Quanto peggio-di-se-stessa ci ha offerto in questi anni di berlusconismo? La lista è enorme, e comunque sarebbe impossibile illustrarla a un cittadino che viva in un paese normale: sarebbe come parlargli di marziani. Come si fa a raccontare i mostri che popolano la vita degli italiani? Come si può illustrare la figura torva di certi direttori di quotidiani che ogni giorno sparano sui cittadini i loro titoli terrificanti? Titoli che indicano bandi di proscrizione, articoli che schedano i dissidenti, che intimidiscono, che infamano, che aggrediscono? Come spiegargli che un giorno un ministro della Repubblica si è messo a saltellare come un canguro, gridando “chi non salta italiano è” E il tal presentatore televisivo che nella sua trasmissione fa il notaio a Berlusconi per un fantomatico “contratto” con gli italiani: riuscireste a spiegarlo ad un cittadino europeo? ….. Il peggio è difficile da spiegare, anche se una fortuna nel peggio da cui l'Italia è stata toccata c'è un meglio che ha illustrato il peggio a tutti coloro che erano rimasti illesi dall'epidemia. Grazie alla scrittura. Al contrario della notizia, infatti, la scrittura vera adopera un altro linguaggio: l'analisi. Non è un caso che da sempre ogni regime che si rispetti ha avuto come peggiore nemico, oltre alla letteratura, l'analisi, cioè l'informazione. La scrittura è pericolosa per la realtà, e questo tutti i regimi lo sanno, compresi i regimetti. Se volete toccare con mano l'odio che il regimetto nostrano attuale nutre per la letteratura e per gli scrittori, aprite a caso uno dei tanti fogli che appartengono a Berlusconi. Lì l'odio è quasi fisico: è bile, è livore facinoroso, è antico, ha lo stesso fetore dell'odio di quelli che hanno assassinato Pasolini. Ma non solo contro la letteratura, contro la scrittura, contro tutti coloro che scrivono. Vi siete chiesti il perché? Perché la letteratura (ma, ripeto, tutta la scrittura) scende nel cuore delle cose. Bisogna però dire che il regimetto berlusconiano “reclama” letteratura. Quel signorotto imbalsamato nel doppiopetto o fasciato di bandane, i suoi “mi consenta”, le sue affermazioni da commedia all'italiana, lui e tutto il suo seguito -una corte dei miracolati fatta di maggiordomo, piduisti, di amici condannati per mafia, di spie, di avvocati corruttori di giudici- sono un invito alla letteratura. Sono loro che la invocano: una letteratura burlesca, poliziesca, gotica, dell'horror, a seconda della situazione e del singolo personaggio. E con tanta forza la invocano che alcuni giornalisti, che scrittori di mestiere non erano (penso ad esempio a Curzio Maltese, a Marco Travaglio e a Giorgio Bocca), sono diventati veri e propri scrittori, con trovate linguistiche che possono fare invidia agli scrittori di professione. ….......
L'oca al passo, Antonio Tabucchi, Feltrinelli, 2006 (non conoscevo questo Autore: davvero incisivo e bello e, fra l'altro, scrive molto bene)
25 marzo 2010 lettera a La Guida
393
Cara La Guida, crescono le polemiche per la circonvallazione Nord di Cuneo mentre lievitano i costi per aggirare Beinette. L' alternativa è però rapida e poco onerosa ed è sotto gli occhi di tutti: si chiama "Gronda Po - Ellero".
Premesso che la tratta ferroviaria Cuneo- Saluzzo è desolatamente priva di passeggeri (5+5 corse al giorno il più delle volte sostituite dall'autobus) ma per il ritorno bisogna, tanto così per far turismo, girare per Savigliano impiegando solo ottanta minuti. Un po' migliore ma certo commercialmente non soddisfacente è la tratta Mondovì-Cuneo.
Acquisendo dalle ferrovie i due tracciati senza nessuna opera faraonica deturpante il paesaggio con imponenti opere in cemento e conseguenti scarpate e reliquati del tutto incolti, con l'esecuzione di "rotonde" o brevi sovrappassi all'intersezione con la viabilità esistente, con un unico scavalcamento sulla ferrovia Cuneo-Torino si attraversano agevolmente: Pogliola, Beinette, Borgo Gesso, Cuneo, Madonna dell'Olmo, San Chiaffredo, Busca e Costigliole. Non Verzuolo perché è perentorio conservare il servizio ferroviario alla Cartiera: ma piegando a destra attraverso la frazione Sant'Anna si arriva in meno di tre chilometri a Falicetto cioé sulla strada veloce che da Villafalletto dopo poco tratto si arriva all'imbocco della nuova tangenziale di Saluzzo (ad oggi difficilmente raggiungibile). Per quanto riguarda il giro di Cuneo, dacché c'è un'ottima biforcazione ferroviaria verso Saluzzo, con la costruzione di un elevato sopra la sede ferroviaria che da via Crissolo di Madonna dell'Olmo arriva alla rotonda del Ponte Nuovo da dove, con 1200 metri, ci si immette nella Est-Ovest: l'anello si chiude sulla Bovesana che, guarda caso, è un ottimo utilizzo di ferrovia dismessa.
In sostanza tutti felici e contenti: le Ferrovie si tolgono dai piedi due tratte assolutamente deficitarie; gli utenti risolvono percorrenze problematiche come la Cuneo-Saluzzo oltre il saliscendi assurdo sul Pizzo di Cuneo; i Contribuenti risparmiano non poche risorse; la comunità provinciale raccoglie in un'unica gronda tutti i flussi delle valli dall'Ellero al Po.
Provare per credere: ho percorso le due tratte facendo molte foto.
gigirevel@gmail.com
P.S. Se poi, tanto così per non sprecare troppi soldini, un tratto come quello attiguo al Santuario di Madonna della Riva fosse unidirezionale, il flusso contrario può utilizzare la viabilità esistente.
Bisogna lasciare la ragione agli altri perché questo li consola di non aver altro.
394
André Gide
La retorica è la scintilla azzurra che fa la dinamo.
Ernst Hemingay
La necessità rende laboriosi anche i pigri.
Anonimo
Queste donne micidiali! Non si può vivere con loro né senza loro.
Aristofane
La testa dell'ozioso è l'officina del diavolo.
Proverbio
Più desidero che qualcosa sia fatto, meno lo chiamo lavoro.
Robert Bach
E' incredibile quante monete romane si trovino: i romani dovevano avere tutti le tasche bucate. Pablo Picasso
-----------Camilla Cederna, Giovanni Leone la carriera di un presidente, Feltrinelli, 1978 , (che disgusto questo testo: negli anni '60 erano più corrotti e sporchi di adesso, ammesso che sia possibile. Le intemperanze e i soprusi dei figli, in ispecie Mauro; la balordaggine della moglie che ci dava, ci dava; le faraoniche visite all'estero, fino a 180 invitati al seguito; le spese pazze di rappresentanza; le molteplici residenze a disposizione con la magnanimità di un principe rinascimentale; la continuità dell'attività professionale con la vendita delle grazie e degli indulti; la commistione in tutti gli affari, possibilmente i più sporchi; gli amuleti e gli scongiuri; la compravendita dei voti con le famiglie camorristiche. In ultima analisi mi ha fatto proprio schifo, ma bisogna pur conoscere la nostra storia infame)-----------
Le facilitazioni sono paragonabili ad una comoda carrozza. Ma se chi offre il passaggio è persona dubbia, non è forse meglio proseguire a piedi? Flaminia Momigliano
395
-----------------------------------------------IL COMMERCIO IN LOMBARDIA DEL X SECOLO. Al loro ingresso nel regno, nelle località di passaggio, sulle strade di proprietà del re, i mercanti pagavano la decima: ecco l'elenco di queste località: la prima è Susa, la seconda Bard, la terza Bellinzona, la quarta Chiavenna, la quinta Bolzano, la sesta Volargne, la settima Trevile, l'ottava Zuglio, sulla strada del Monte Croce, la nona presso Aquileia, la decima a Cividale del Friuli. Chiunque arrivi in Lombardia da oltre le montagne deve pagare la decima sui cavalli, gli schiavi maschi e femmine, i tessuti di lana e di lino, le tele di canapa, le spade; e ognuno, alla dogana, deve pagare all'agente del tesoriere, su ogni merce (…) Per quanto riguarda inglesi e sassoni, mercanti di quelle nazioni usavano venire con le loro merci e derrate. Ma quando, alla dogana, si vedevano svuotare i fagotti e le borse, andavano in collera; nascevano alterchi con gli agenti del tesoro; dagli insulti si passava alle coltellate e da entrambe le parti c'erano dei feriti. … Honoranciae Civitatis Papiae
LA CERIMONIA DI VESTIZIONE NEL XI SECOLO
“Impugnata Durlindana la tagliente Il re la estrasse dal fodero, ne asciugò la lama Poi ne cinse il nipote Orlando Così benedetto dal papa. Sorridendo dolcemente il re gli disse:
“Te ne cingo con il desiderio Che Dio ti conceda valore e ardimento Forza, vigore e grande coraggio E grande vittoria sui miscredenti”. E Orlando disse, con il cuore in festa:
“Dio me lo conceda con il suo degno comando”. Appena il re lo ha cinto della lama di acciaio, Il duca Naimes si inginocchia E calza a Orlando il suo sperone destro, Per il sinistro, il buon Ogier il danese” La canzone d'Aspromonte
396
RIVOLTA DEI SERVI DI VIRY CONTRO I CANONICI DI NOTRE-DAME DI PARIGI, 1067
“L'anno dell'incarnazione del Signore 1067, durante il regno di Filippo, re dei franchi, al tempo di Goffredo, vescovo di Parigi, al tempo di Oddone decano e di Raul prevosto, e al tempo di Erberto, conte di Vermandois, di Vaucelin, procuratore di Viry, i servi di Viry, ribellandosi contro il prevosto e i canonici di Sainte-Marie, affermarono di non essere tenuti a obblighi da cui i loro padri si erano chiaramente liberati, e cioè la guardia notturna, e di poter inoltre sposare le donne che volevano, senza l'autorizzazione del prevosto e dei canonici. La loro opposizione ci portò a partecipare a una udienza, in cui costoro dovevano dimostrare che non erano tenuti ad attendere l'autorizzazione del prevosto e dei canonici. Ma dal momento che, con i loro ragionamenti, pensavano di abolire quell'usanza, la loro lingua, grazie a Maria, la Santissima madre di Dio, s'ingarbugliò così bene, che ciò che essi sostenevano, credendo di favorire i loro interessi, si ritorse contro di loro, rendendo piena soddisfazione ai nostri. Così confusi, e sulla base del giudizio degli scabini conforme alla legge, costoro ci restituirono il diritto di guardia rimettendo il guanto sinistro nelle mani del decano Oddone. Attraverso il diritto abbandonarono la rivendicazione sulle donne straniere: non le avrebbero più sposate senza l'autorizzazione del prevosto e dei canonici.” Cartulario della chiesa di Notre-Dame
VITA DI NORBERTO, ARCIVESCOVO DI MAGDEBURGO, 1160 ca.
“Giunto nella città fortificate di Huy, sulla Mosa, distribuì ai poveri il denaro che aveva appena ricevuto e, deposto in questo modo il fardello dei beni temporali, vestito soltanto di una tunica di lana e avvolto in un mantello, a piedi nudi, con un freddo spaventoso, partì alla volta di Saint-Gilles con due compagni. Là trovò il papa Gervasio che era succeduto a papa Pasquale alla sua morte e …. da lui ottenne il potere di predicare liberamente, potere che il papa affermò con la sanzione ufficiale di una lettera. (Norberto riparte, passa da Valenciennes, dove si unisce a un chierico di nome Ugo) e andando per castelli, i villaggi, i luoghi fortificati, predicando e riconciliando i nemici, pacificando gli odi e le guerre più radicate. Non chiedeva niente a nessuno, ma tutto ciò che gli veniva offerto lo donava ai poveri e ai lebbrosi. Era assolutamente sicuro di ottenere dalla grazia di Dio quanto era indispensabile alla propria sopravvivenza. Poiché riteneva di essere, sulla terra, un semplice pellegrino, un viaggiatore, non poteva essere tentato da alcuna ambizione; tutta la sua speranza era rivolta al cielo. L'ammirazione e l'affetto generale crebbero talmente intorno a lui che ovunque si dirigesse, in cammino con il suo unico compagno, i pastori abbandonavano le greggi e correvano avanti ad annunciare al popolo il suo arrivo. Allora la gente si affollava intorno a lui, e ascoltando mentre, durante la messa, li esortava alla penitenza e alla speranza nella salvezza eterna, tutti si rallegravano della sua presenza, e si riteneva fortunato chiunque avesse avuto l'onore di ospitarlo. Suscitava meraviglia il suo modo di vivere, così nuovo: vivere sulla terra, senza chiedere nulla. In effetti, secondo i precetti del vangelo non portava né calzature né tunica di ricambio, accontentandosi di qualche libro e dei suoi vestimenti sacerdotali. Beveva soltanto acqua, a meno che non fosse invitato da persone pie: allora si uniformava alle loro usanze. …” Vita Norberti, archiep. Magdeburgensis;
LA SVEZIA NEL XI SECOLO
“XXI. Agli occhi di chi attraversa le isole danesi, si apre un altro universo, in Svezia e in Norvegia, due immensi regni del nord che il nostro mondo ha quasi fino ad oggi ignorato. A questo proposito ho ricevuto delle informazioni dal sapientissimo re dei Danesi: per attraversare la Norvegia ci vuole almeno un mese quanto alla Svezia, difficilmente
397
basterebbero due mesi. “L'ho provato io stesso – mi disse – non molto tempo fa, quando, sotto re Jacob, per dodici anni ho servito in quei paesi, entrambi chiusi fra montagne altissime, soprattutto le alpi della Norvegia, che circondano la Svezia” La Svezia non è totalmente ignorata dagli autori antichi Solino e Orioso (…) E' un paese fertilissimo, dalla terra ricca di raccolti e miele che, per di più, supera tutti gli altri per la fecondità delle sue greggi; la disposizione dei fiumi e delle foreste è ottima: ovunque il paese trabocca di merci straniere. Così agli svedesi, possiamo dirlo, non manca proprio niente, tranne ciò che da noi privilegiamo, o meglio adoriamo: l'orgoglio. Infatti, tutti gli strumenti di una vana gloria, cioè l'oro, l'argento, destrieri regali, pelli di castoro e di martora, o il cui fascino ci rende dementi, costoro non li tengono in alcuna considerazione. Ora diciamo due parole sulle superstizioni degli svedesi. XXV. Il tempio più nobile posseduto da quel popolo, il cui nome è Ubsola, è situato non lontano dalla città di Sictona. In questo tempio, interamente rivestito in oro, le statue di tre dèi costituiscono l'oggetto della venerazione popolare; il più potente, Thor siede su un trono al centro del triclinio: Wodan e Fricco sono disposti ai due lati. Il significato di questi dèi è il seguente: Thor risiede in cielo e governa i fulmini ed il tuono, il vento e la pioggia, il bel tempo e i raccolti. Il secondo Wodan , che significa furore, amministra le guerre e procura agli uomini il coraggio contro i nemici. Il terzo, Fricco, distribuisce agli uomini pace e voluttà. Adamo di Brema, Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum
I MAGIARI, VISTI DAL SASSONE WIDUKIND (925-1004), MONACO DI CORVEY
“XVIII. Gli Avari, secondo quanto pensavano alcuni, erano i resti sopravvissuti degli unni. Gli unni sono discesi dai goti: e i goti sono venuti da un'isola che si chiama Sulza, come racconta Jordanis. I goti traggono il loro nome dal loro capo chiamato “Gotha”. Certe donne del suo esercito erano state accusate di fronte a lui di pratiche magiche: furono inquisite e trovate colpevoli. Poiché erano una gran quantità, si astenne dal punirle come meritavano, ma le scacciò tutte dall'esercito. Scacciate che furono, trovarono rifugio in un bosco vicino. Poiché questo era circondato dal mare e da paludi mefitiche, non era possibile alcuna via di uscita. Intanto alcune tra loro erano incinte e partorirono. E altri nacquero da loro e altri ancora. Si formò una razza potente: vivendo come bestie selvagge, incolti e indomiti, costoro divennero cacciatori fierissimi. Dopo molti secoli, poiché a forza di restare in quel luogo ignoravano del tutto il resto del mondo, accadde che durante la caccia trovarono una cerva e la seguirono abbastanza lontano per oltrepassare le paludi mefitiche, attraverso un sentiero fino allora impraticabile per tutti i mortali dei tempi passati; là videro delle città, delle fortezze e una razza di uomini mai vista prima: tornarono indietro per la stessa strada e raccontarono questi fatti ai loro compagni. Questi, incuriositi, si spostarono in massa per avere le prove di quanto avevano udito. Allora la gente delle città e delle fortezze vicine, quando scorgevano questa folla sconosciuta e questi corpi ripugnanti nell'aspetto e negli abiti, si mettevano a fuggire, credendo che fossero demoni. Costoro, per parte loro, essendo stupiti ed ammirati alla vista di questi nuovi spettatori, inizialmente si astennero dall'uccidere e dal saccheggiare: ma nessuno resiste all'umano istinto di toccare: dopo aver massacrato un gran numero di uomini, si dedicarono agli oggetti e non risparmiarono nulla. Messo insieme un immenso bottino, rientrarono nel loro territorio. Vedendo però che le cose prendevano per loro un altro verso, tornarono una seconda volta con donne e bambini e le loro barbare suppellettili, devastarono tutt'intorno le terre dei vicini e infine si insediarono in Pannonia.Vinti nel frattempo da Carlo Magno, spinti oltre il Danubio e rinchiusi in un immenso vallo, sfuggirono alla consueta scomparsa dei popoli. Witukindi Monaci Corbiensis rerum Saxonicarum libri tres
LA CARESTIA DEL 1033
“Nell'epoca seguente la carestia iniziò a diffondersi sull'intera superficie della terra, e si giunse a temere la scomparsa, quasi totale, del genere umano. Le condizioni atmosferiche infatti stravolgevano talmente il corso normale delle stagioni
398
che il tempo non era mai propizio per le semine e, soprattutto a causa delle inondazioni, non era mai favorevole alle mietiture. Si temeva di assistere ad un conflitto fra gli elementi, ma era indubbio che per loro si trattava di punire l'orgoglio dell'umanità. Piogge incessanti avevano talmente imbevuto il terreno che per tre anni non fu possibile seminare un solo solco. Al tempo della mietitura, le gramigne e le altre erbacce avevano ricoperto integralmente l'intera superficie dei coltivi. Nelle rese migliori, alla mietitura un moggio di sementi rendeva un sestario; quanto al sestario, a malapena rendeva un pugno di semi. Questa sterilità vendicativa iniziò in oriente. Spopolò la Grecia, passò in Italia: da lì, attraverso le Gallie, dove penetrò, raggiunse le isole inglesi. Allora la morsa della carestia si strinse sull'intera popolazione. Ricchi e benestanti impallidivano di fame esattamente come i poveri. I comportamenti disonesti dei potenti si dissolsero nella disperazione universale. Quando accadeva di scoprire dei viveri in vendita, il venditore era completamente libero di aumentare il prezzo o di contentarsi, secondo il proprio volere. Infatti in molte località il moggio costò sessanta soldi, e in altre il sestario ne costò quindici. Una volta che furono mangiate bestie ed uccelli, spinta da una fame terribile, la gente giunse a contendersi delle carogne e altre cose innominabili. Alcuni, contro la morte, cercarono un rimedio nelle radici dei boschi, nelle piante acquatiche: inutilmente. Di fronte alla collera vendicativa di Dio, solo in se stessi si può trovare rifugio. Raccontare ora a quale grado di corruzione giunse il genere umano, fa orrore. Ahimé! Ah! Dolore! Cosa quasi inaudita in altri tempi: furiosi per le privazioni, in quella situazione gli uomini furono costretti a ricorrere alla carne umana.” Raoul Glaber, Histories
LA CARESTIA IN FIANDRA DEL 1125
“In quel tempo nessuno poteva cibarsi e bere normalmente; contrariamente all'abitudine si consumava in una sola volta, per un pasto, tutto il pane che, prima della carestia, si era abituati a consumare in più giorni. Ci si riempiva così senza misura, il carico eccessivo di cibi e di bevande dilatava gli orifizi naturali degli organi, e le forze naturali scemavano. Gli alimenti crudi ed indigesti sfinivano gli individui, che la fame non cessava di tormentare, finché non rendevano il loro ultimo respiro. E molti, nauseati di cibi e di bevande, che possedevano in abbondanza, erano tutti gonfi. Al tempo di questa carestia, in piena quaresima, alcuni della nostra gente, della regione di Gand, e dei fiumi del Lys e dell'Escaut, furono visti mangiare carne, mancando loro completamente il pane. Certuni, in cammino verso città e castelli per trovarvi del pane, non erano neppure a metà del viaggio che, affamati, morirono per strada: presso le proprietà e i manieri dei ricchi, presso i castelli e i luoghi fortificati, dei poveri, venuti a chiedere l'elemosina al termine di un viaggio penoso, morirono mendicando. Incredibile a dirsi: nessuno della nostra contrada aveva conservato il suo colorito normale: sui volti di tutti, quel particolare che distingue i morti. La stessa debolezza colpiva malati e persone in salute, in effetti, la vista della sofferenza dei morenti, rendeva malato coloro il cui organismo rimaneva sano” (strano e contraddittorio questo testo, sembra una favola per gli imbecilli) Galbert de Bruges, Histoire de meurtre de Charles le Bon
CONTRO I PRETI E I VESCOVI.
“Ecco promosso il monaco al vescovato: pallido e smunto per il digiuno ha fatto in fretta con i suoi denti rumorosi ed infaticabili, inghiottendo in sei boccate sei grossi pesci, facendo fuori, a cena, un luccio immenso, ad acquistare peso e lardo in meno di due anni, come un porco affamato. Lui, che nel chiostro si dissetava al fiume, ora fa di vin forte tal diluvio, che a braccia lo portano a letto, ubriaco. Ora vedrete arrivar a frotte, a mille e mille, i suoi parenti e nipoti. “Io sono -dicono- un parente del vescovo, son di famiglia” e lui a fare canonico questo, tesoriere quell'altro. I vecchi servitori, da tanto a servizio, perdono il lavoro e il posto. Il tristo ipocrita che avete eletto, acquisito l'onore che non ha meritato, per cominciare si mostra buono e dolce: davanti a tutti china l'occipite pronto a donare tutto quanto richiesto. Ma una volta passati i primi due anni, ormai si mostra
399
duro, odioso ai suoi subalterni. Vi perseguita, vi schiaccia di processi, di cavilli. Si ritira nei campi, in luoghi appartati e lì, segretamente, di nascosto, si dedica a carni proibite dalla regola. Che solo lo richieda, il furore della sua lascivia, e, senza aspettare, un adolescente, figlio di cavaliere, che ha fatto investire per i suoi meriti, lo agita con le sue dita carezzevoli; e più ispido di un montone fa i propri comodi. E' allora che si rivela la vostra follia, quanto l'incontinenza del pontefice, si mostra con la sua vanità, la sua avarizia. E in alcuni la follia e l'ignoranza. Che il Beauvais ormai si guardi da tali pratiche” attribuito a Hugués de Orléans, detto Primat 1094-1145
EBLES, CONTE DI ROUCY, 1102
“Dilapidando i beni della nobile chiesa di Reims e delle chiese ad essa collegate, il potente e turbolento barone Ebles di Roucy e suo figlio Guichard le sottoponevano alle devastazioni della loro tirannia. Il suo attivismo nel mestiere delle armi (aveva spinto l'ostentazione sino a partire per la Spagna con un esercito la cui imponenza si addiceva soltanto ai re) si accompagnava ad una rapacità sregolata che lo spingeva ai saccheggi, alle rapine, alle malvagità di ogni genere. Contro un criminale di tale statura, infinite volte re Filippo aveva ricevuto denunce lamentevoli: a due o tre riprese, finirono per giungere sino a suo figlio: questi allora convoca e riunisce un piccolo esercito di circa settecento cavalieri scelti tra i più nobili e robusti baroni di Francia: alla loro testa, marcia su Reims; con una efficace campagna di quasi due mesi, punisce i predatori che precedentemente se la sono presa con le chiese, devasta le terre del sopraddetto tiranno e dei suoi complici e le distrugge con il fuoco e le abbandona al saccheggio. Ben fatto: ecco predati i predatori, e i boia, con durezza ancora maggiore, torturati. Era talmente grande l'ardore del sire e del suo esercito che a fatica smisero -facendo tregua soltanto i sabati e le domeniche- sia, lance e spade alla mano, di cercare il contatto, sia di devastare i campi per vendicare le ingiurie ricevute. Questa lotta non era soltanto rivolta contro Ebles, ma anche contro tutti i baroni vicini che, con i grandi baroni lorenensi loro parenti, formavano un agguerrito esercito nemico.” Suger (1089-1151) Vie de Luis le Gros
LETTERA DI AELRED DI RIELVAUX, ABATE CISTERCENSE, A UN ABATE DI FONTAINS ABBEY, 1160 Una monaca di clausura dell'ordine di Gilbert di Sempringham, monastero di Watton, ha peccato con un canonico. Incinta e scoperta, viene messa in prigione, incatenata. Si è fatto venire il suo complice e “alcune monache di clausura, piene di zelo verso Dio ma niente affatto di saggezza, e che volevano vendicare l'ingiuria fatta alla loro verginità, subito chiesero ai frati di consegnare loro il giovane per un momento soltanto, come se volessero sapere da lui qualche segreto. Se ne impadronirono, lo gettarono a terra e lo immobilizzarono. La causa di tutte queste sciagure (la monaca incinta) fu fatta entrare, come per assistere ad uno spettacolo: le misero tra le mani uno strumento, e la costrinsero, suo malgrado, a tagliare con le proprie mani le parti virili del suo complice. Allora una di quelle che lo trattenevano strappò le parti che gli erano state tolte e le ficcò in bocca alla colpevole, così com'erano, insanguinate.” DI QUELLI CHE DORMONO CON DUE SORELLE
“Vediamo cosa prescrivono i sacri canoni al riguardo di coloro che vanno a letto con due sorelle, o con due fratelli. Colui che avrà dormito con due sorelle, nel caso in cui sia sposato con una delle due, non abbia né l'una né l'altra: e mai gli adulteri siano uniti in matrimonio (concilio di Orléans). Egualmente, nei confronti della propria moglie, non è più permesso di adempiere al dovere coniugale: conoscendo sua sorella, è diventata intoccabile. La morte della sposa non autorizza il colpevole, o l'adultero, a sposarsi. Stesso punto di vista ha il papa Zaccaria: sei stato a letto con la sorella di tua moglie: se tu l'hai fatto, che tu non abbia nessuna delle due: quanto a tua moglie, se il misfatto si è compiuto a sua insaputa, e non ha intenzione di rimanere casta, che si sposi davanti a Dio con chi vorrà. Quanto a te ed all'adultera,
400
toglietevi la speranza di matrimonio e passate la vita intera in penitenza. Quando egli dice: “ch'essa sposi chi vorrà”, bisogna intendere “dopo la morte del marito”. E Gregorio: chi sorprende la propria moglie in adulterio, non prenda un'altra sposa, né la donna ad un altro marito, finché vivranno. Se l'adultera muore, che egli si sposi, se lo vorrà. L'adultera mai, neppure dopo la morte del marito: ch'essa passi tutti i restanti suoi giorni a gemere in penitenza. Si tratta qui dell'adulterio commesso con un parente del marito, oppure con una parente della moglie.” Pietro Lombardo (1099?-!1&=) Libri quattuor Sententiarum
FORUM DE CUENCA, 1189 XI, 27 Chi violenta una monaca. Chiunque violenti una monaca è gettato da un'altura nel caso che si possa catturarlo; altrimenti, paga 500 pezzi del proprio avere. XI, 32 Chi ruba i vestiti di una donna nuda. Chiunque rubi i vestiti di una donna che sta facendo il bagno, o spogli una donna dei suoi vestiti, paga 300 pezzi; qualora neghi o la postulante non possa provarlo, presterà giuramento contemporaneamente a dodici vicini, e sarà creduto; fa eccezione a questo caso la pubblica puttana che non ha diritto ad alcun risarcimento in denaro. XI, 33 Chi amputa i seni ad una donna. Chiunque amputi i seni di una donna, paga 200 maravedì ed è dichiarato nemico; qualora neghi, la postulante sceglierà, come meglio preferirà, il giuramento di dodici vicini o la sfida del giudizio. XI, 34 Chi taglia le gonne di una donna. Chiunque tagli le gonne di una donna senza mandato del giudice o degli alcadi, paga 200 maravedì ed è dichiarato nemico.... XI, 36 Il bigamo che possiede due mogli contemporaneamente. Ogni uomo che possieda una moglie legittima in altro luogo e si sposi in Cuenca, mentre la prima moglie è ancora viva, sarà gettato da una altura. Se una donna ha marito in un altro luogo e si sposa con un altro a Cuenca, sarà bruciata viva. Nel caso in cui si penta, sarà frustata su tutte le pubbliche piazze e in tutte le strade di Cuenca, e sarà espulsa dalla città. XI, 39 La donna che abortisce volontariamente. La donna che abortisce volontariamente sarà bruciata viva, nel caso in cui confessi; altrimenti sarà assolta attraverso la prova del fuoco. XI, 42 Quelle che conoscono le erbe e gli incantesimi. La donna che conosce le erbe e gli incantesimi sarà bruciata viva, oppure sarà assolta attraverso la prova del fuoco. XI, 45 La prova del fuoco. Il ferro che serve per rendere giustizia sarà lungo quattro piedi circa, in modo che la persona che deve provare la propria innocenza possa appoggiarvi la mano: sarà largo un palmo e sarà spesso due dita. La persona che deve prendere il ferro lo farà nel modo seguente: per nove passi camminerà tenendolo, e dolcemente lo poserà per terra: ma prima la suddetta persona riceverà la benedizione di un prete. XI, 46 Per scaldare il ferro. Il Giudice e il prete scaldano il ferro, e intanto nessuno si avvicina al fuoco, ad evitare malefici. Colui che deve prendere il ferro, in primo luogo sarà attentamente esaminato, per essere sicuri che non sia portatore di alcun oggetto di maleficio; quindi si lava le mani alla presenza di testimoni e con le mani asciutte prende il ferro. Appena riposto il ferro, il Giudice copre di cera la mano che ha tenuto il ferro, e lo avvolge di stoppa o di lino; avvolge il tutto con una stoffa. Fatto questo, il Giudice conduce la persona a casa propria, e al terzo giorno esamina la mano; se porta tracce di bruciatura, colui che ha subito la prova del ferro sarà bruciato vivo, o subirà la pena che verrà stabilita. Prendono il ferro soltanto le donne di cui è stato provato che sono mezzane o che hanno fornicato con cinque uomini: la donna sospettata di ferite, di omicidio o di incendio volontario, giura o fornisce un combattente per il giudizio, come è stabilito nel Fuero. XI, 48 La donna che è sorpresa con un infedele. La donna che è sorpresa con un moro o con un ebreo: entrambi saranno bruciati vivi.
401
XII, 16 Colui che castra un uomo. Colui che castra un uomo, paga 200 maravedì, ed è nemico: se nega, è assolto dal giuramento di dodici vicini, oppure affronta in duello un uomo della sua condizione. Tuttavia, quando si tratti di un uomo che ha sorpreso con la propria moglie o la propria figlia, non paga niente. XII, 28 Colui che sarà sorpreso in sodomia. Colui che sarà sorpreso in sodomia sarà bruciato vivo. Colui che dice ad un altro: “Ti ho goduto nel culo” se è possibile provare che è la verità, entrambi saranno bruciati vivi; nel caso contrario, sarà bruciato vivo soltanto chi avrà detto tale infamia.
NELLA PRIMAVERA 1210, SIMONE DE MONFORT ASSALTA BRAM
“Giunsero al castello di Bram, lo assediarono e lo presero d'assalto in meno di tre giorni, senza impiegare macchine. Agli uomini del castello che erano più di cento, cavarono gli occhi e mozzarono il naso, ma lasciarono un occhio a uno di loro, affinché guidasse gli altri a Cabaret. Pierre de Vauz de Cernay, Historia Albigensis
LA SORTE DEGLI ERETICI A CASTRES, NEL SETTEMBRE 1209
“Non vogliamo dimenticare un miracolo che accadde in questo castrum alla presenza del conte. Gli portarono davanti due eretici: uno dei due era un “perfetto” della setta, l'altro era soltanto un novizio o discepolo. Tenuto consiglio, il conte decise di farli bruciare entrambi. Ma il secondo eretico, che sembrava essere il discepolo dell'altro, … cominciò a pentirsi e promise di abiurare l'eresia e di obbedire totalmente alla chiesa romana. Allora iniziò una grande discussione fra i nostri: alcuni dicevano che non bisognava condannarlo a morte …, altri al contrario affermavano che doveva morire, essendo evidente che era eretico e si poteva pensare che le sue promesse fossero dettate dalla paura di una morte imminente più che dall'amore per la religione. Che altro? Il conte fu d'accordo a che fosse bruciato per la ragione che, se si pentiva veramente, il fuoco gli avrebbe fatto espiare i suoi peccati: se invece mentiva, avrebbe ricevuto il castigo della sua perfidia. Così furono entrambi legati con corde robuste intorno alle cosce, al ventre e al collo, con le mani dietro la schiena. Quindi fu chiesto a quello che sembrava pentito, in quale fede voleva morire; e lui rispose: “ Abiuro la depravazione eretica, voglio morire nella fede della santa chiesa romana, prego che questo fuoco mi salvi dal purgatorio”. Fu acceso un grande fuoco intorno ad un palo. Colui che era “perfetto” eretico fu consumato in un attimo; l'altro uscì indenne dal fuoco, senza la minima traccia di bruciature, tranne un po' sulle dita, perchè le sue corde solidissime si erano subito spezzate”. Pierre des Vaux de Cernay, Historia Albigensis
IL MASSACRO DEGLI ERETICI DI LAVAUR, 1211
“Aimeric, che era stato signore di Montréal, e circa ottanta cavalieri furono fatti uscire dal castello. Il nobile conte propose che fossero tutti impiccati; ma quando fu impiccato Aimeric, che era il più grosso di tutti, le forche si spezzarono perché non erano state fissate bene a terra. Il conte, considerato il ritardo che ciò avrebbe comportato, ordinò di uccidere gli altri. I pellegrini se ne impadronirono con grande avidità, e li uccisero sul posto con molta rapidità. La castellana, sorella di Aimeric, la peggiore degli eretici, fu gettata in un pozzo, e il conte la fece ricoprire di pietre. I nostri pellegrini, con immensa gioia, bruciarono un numero indefinibile di eretici.”
402
….. “Vi trovammo a Morlhon, presso Rodez sette eretici della setta dei valdesi: furono subito condotti dal legato, con estrema chiarezza confessarono la loro miscredenza, i nostri pellegrini se ne impadronirono e li bruciarono con immensa gioia. Pierre des Vaux de Cernay, Historia Albigensis
--------------Georges Duby, L'Europa nel Medioevo, ed. Laterza, 1991 (fantastico questo testo scritto in modo semplice e lineare, corredato di illustrazioni inerenti al testo ed arricchito da testi specifici dell'epoca. Va finire che quest'estate andrò a Conques, Moissac e Rodez perché per arrivare lì si attraversa un mondo ricchissimo di opere: bisognerebbe passare da Marsiglia, ma non mi fido...) ----
Date al dolore la parola; il dolore che non parla, sussurra al cuore oppresso e gli dice di spezzarsi. W. Shakespeare
----------------------La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta.
La violenza è l'ultima risorsa degli incapaci. Se ci fossero meno imbecilli i furbi morirebbero di fame. Vorrei dichiararmi ottimista circa il futuro dell'umanità, ma accidenti siamo così stupidi e miopi che mi chiedo se saremo in grado di alzare gli occhi sul nostro mondo prima di suicidarci. Isaac Asimov, 1920-1992
Non esiste il caso, perché il caso è la Provvidenza degli imbecilli e la Giustizia vuole che gli imbecilli non abbiano Provvidenza.
403
Io dico che qualcuno mi ama quando accetta di soffrire con me. Altrimenti egli è un usuraio che vuole installare nel mio cuore il suo vile commercio.
Nessuno sfugge a questa legge giusta e misericordiosa: bisogna “pagare”.
La miseria è la mancanza del necessario.
Léon Bloy, 1846-1917
La vita è una stoffa che i giovani vedono dal dritto, i vecchi dal rovescio.
Camillo Sbarbaro
Kafka
… Rafforzavi le ingiurie con minacce, e questo valeva anche per me. Era terribile sentirmi dire: “Ti sbrano come un pesce”, nonostante io sapessi che non ne seguiva alcunché di grave (quando ero piccolo, comunque, non lo sapevo), ma in fondo corrispondeva alla mia idea del tuo potere il credere che tu saresti stato capace anche di questo. Era terribile anche quando, gridando, correvi attorno al tavolo per acchiapparmi; evidentemente non avevi alcuna intenzione di prendermi, ma fingevi ugualmente, e alla fine la mamma sembrava salvarmi. Ancora una volta il bambino immaginava di rimanere in vita per tua grazia e lo considerava un regalo immeritato. In questo quadro rientrano anche le minacce come conseguenza dell'avere disobbedito. Quando volevo iniziare qualcosa che a te non piaceva, e tu mi predicevi un insuccesso, il timore del tuo potere era tale che l'insuccesso puntualmente si verificava, seppur in un momento successivo. Io persi la fiducia in me stesso. Diventai incostante, dubbioso. Più crescevo, maggiore era il materiale che tu potevi addurre a riprova del mio scarso valore; a poco a poco, finivi in un certo senso ad avere ragione. Di nuovo mi guardo bene dall'affermare che sono diventato come sono a causa tua; tu rafforzasti solo quello che già c'era, ma lo rafforzasti molto, visto che avevi un grande potere su di me, e lo usasti tutto. Avevi una particolare fiducia nell'ironia come metodo educativo; essa corrispondeva alla tua superiorità rispetto a me. Di solito un tuo rimprovero assumeva questa forma: “Non puoi fare così e così? E forse troppo per te? Naturalmente non hai tempo per questo?” e frasi simili. Ogni frase era accompagnata da un sorriso cattivo e da un volto adombrato. In un certo qual senso venivo condannato ancor prima di sapere se avevo fatto qualcosa di male. Esasperanti erano anche quei rimproveri fatti in terza persona, senza neanche degnarmi di un affronto diretto; quando parlavi in toni formali alla mamma, ma in realtà ti rivolgevi a me, dicendo: “Questo non si può pretendere dal signor figlio” (la conseguenza fu che io non osavo interpellarti direttamente, e poi finii per non pensarci neanche più, quando la mamma era presente). Per il bambino era molto pericoloso chiedere di te alla mamma che ti stava seduta vicino. …..
Tu hai un sorriso particolarmente bello, assai raro, silenzioso, contento, di approvazione che rende felice colui che lo riceve. Non ricordo che nella mia infanzia mi sia stato direttamente rivolto, ma può essere; infatti, perché avresti voluto negarmelo allora, quando ero ancora innocente e rappresentavo la tua grande speranza? Alla lunga, però, anche queste piacevoli impressioni non ebbero altro effetto che aggravare il mio senso di colpa e rendermi il mondo ancora più incomprensibile. …
404
Anche tu del resto, in analoga situazione nei miei confronti, tentavi una sorta di difesa. Mi facevi continuamente notare quanto facile fosse la mia vita e con quali attenzioni io fossi trattato. Era vero, ma non credo mi sia servito a granché, date le circostanze di allora. ….
E' pur vero che praticamente non mi hai mai percosso. Ma le tue grida, la faccia paonazza, il continuo gesto di slacciarti la cintura dei pantaloni e tenerla pronta sulla spalliera della sedia, erano per me addirittura peggio. E' come essere in attesa dell'impiccagione. Un volta impiccato tutto è finito. Ma chi assiste ai preparativi e solo quando si trova la corda che gli penzola davanti al volto apprende di essere stato graziato allora può continuare a soffrire per tutta la vita. Inoltre, ogniqualvolta io avrei meritato una lezione, secondo la tua opinione chiaramente espressa, evitata per un pelo grazie alla tua misericordia, si rafforzava in me il senso di colpa. Da ogni punto di vista mi sentivo sempre colpevole nei tuoi confronti. ….
Soprattutto trovavo disgustosa la sua avarizia (parla della sorella) perché io ne ero affetto, se ciò era possibile, in maniera ancor più accentuata. L'avarizia è, infatti, uno dei sintomi più attendibili di una profonda infelicità: Io ero così insicuro di ogni cosa, che possedevo veramente solo ciò che tenevo già tra le mani o in bocca, o almeno che ero in procinto di raggiungere, ossia proprio quello che lei, trovandosi in posizione analoga, tentava di portarmi via. ….
In primo luogo tu allinei i matrimoni falliti nella stessa sequenza degli altri miei insuccessi; a ciò non avrei alcunché da obiettare, ammesso che tu accetti le spiegazioni che ho dato fin qui dell'insuccesso. Esso, infatti, rientra in questa sequenza, ma tu sottovaluti l'importanza della cosa, e la sottovaluti a tal punto che, quando noi due ne parliamo, ci riferiamo a cose diverse. Oso dire che in tutta la tua esistenza non ti è mai accaduto qualcosa di così importante, quanto sono stati per me i tentativi matrimoniali. Con questo non voglio dire che tu non abbia mai vissuto qualcosa di altrettanto importante: al contrario, la tua vita è stata più ricca, tormentata e densa della mia, ma appunto per questo non ti è mai accaduto qualcosa di simile. E' come quando uno deve salire cinque gradini bassi, mentre un'altra persona deve salire un solo gradino, che però, almeno per lui, appare alto almeno quanto gli altri cinque gradini messi insieme; il primo riuscirà non solo a salire quei cinque gradini, ma cento e mille altri, e avrà condotto una vita intensa e molto faticosa, ma nessuno dei gradini che ha superato avrà mai per lui il significato che per il secondo ha quell'unico, alto gradino, impossibile da superare e che non riesce a salire e tanto meno a oltrepassare pur con tutte le sue forze. Sposarsi, metter su famiglia, accettare tutti i figli che verranno, provvedere a loro in questo mondo insicuro e guidarli anche un po', questa è, secondo me, la meta più alta cui un uomo può arrivare. Franz Kafka, Lettera al padre, La Spiga, 1995 --------------------
GOYA
L' OMAGGIO DEI POETI Nel 1861 il poeta e letterato francese Charles Baudelaire dedica a Francisco Goya una quartina della sua raccolta “I fiori del male”. A trentatre anni dalla scomparsa del pittore, non solo egli era già ben noto in tutta l'Europa, ma il poeta francese lo riconosceva senza tema di smentita come una delle figure innovative nella storia delle arti, accanto ai “sommi” di secoli passati, basandosi sul proprio giudizio e su quello critico assai circostanziato di un autorevole intellettuale suo contemporaneo, Théophile Gautier. Siamo comunque nell'atto del mito Goya, introdotto dal romanticismo. Così recitano i versi di Baudelaire, la settima quartina de “i fari”:
405
Goya, incubo folto di misteri, di feti che le streghe fanno cuocere nel loro sabba, di vecchie che si specchiano, di ragazze nude che si aggiustano le calze per tentare i demoni. La sua interpretazione è romantica e legata al Goya nero. In realtà un altro poeta rimanda a un Goya più tragico: si tratta del russo Voinesenskij, autore di un testo poetico intitolato Goya, che si serve dell'esempio dell'esperienza del grande aragonese per riflettere dell'invasione di Hitler in Russia. Ecco la poesia: Io sono Goya! Occhiaie di buche mi ha scavato a beccate il nemico, volando sui campi spogli. Io sono il dolore. Io la voce della guerra, le città bruciate sulla neve dell'anno quarantuno. Io, la fama. Io la gola di una donna impiccata col corpo che batteva come una campana sopra una piazza nuda... Io sono Goya! O grappoli della vendetta! Ho spazzato d'un colpo a Occidente la cenere di un ospite non invitato! E nel cielo della memoria ho confitto stelle salde come chiodi. Io sono Goya!
Ancora una volta lo spazio culturale di Goya si misura secondo una straordinaria ampiezza d'arco che parte dalle ultime ceneri del Barocco e giunge sino alle contraddizioni romantiche dei vari espressionismi della più recente cultura. Goya, infatti, partito da mezzo alla lotta fra Barocco e Neoclassicismo, ha subito incontrato e liberato il realismo, lo ha rinvigorito in un bagno di razionalità volterriana una volta imbattutosi nell'Illuminismo, ha attraversato anche l'Illuminismo, poi ha guadagnato per vie tutte interne, di loro istinto, si potrebbe dire, il Romanticismo, e alla fine ha bruciato dentro di sé, con quasi un secolo di anticipo, le stesse grandi contraddizioni nelle quali era vincolato. …. Dino
Formaggio, Goya, 1951
406
La domanda rimane lancinante dentro di noi. Resta una sola possibilità: opporre alla soluzione del furore, quella di un orrore represso. Sade e Goya vissero quasi nello stesso periodo. Sade, rinchiuso nelle sue prigioni, al limite a volte della rabbia, Goya, sordo per trentasei anni, sepolto nella prigione di una sordità assoluta. La Rivoluzione francese li risvegliò l'uno e l'altro alla speranza: avevano tutti e due un orrore inquietante del regime fondato sulla religione. Ma li accomunò soprattutto, l'ossessione della sofferenza eccessiva. … Che Sade, nella sua aberrazione conservasse dei sentimenti umani, è risaputo. Da parte sua Goya, nelle sue incisioni, nei suoi disegni, nelle sue pitture raggiunge (senza infrangere la legge) l'aberrazione più totale.
George Bataille, La lacrime de Eros, 1961
Come ha detto Malraux, con insolita semplicità “E' il maggior esponente dell'angoscia che l'Europa abbia mai conosciuto”. Non sorprende che Goya rappresenti tanto per noi, oggi. Le sue lettere non hanno traccia di malinconia; sono piene di spirito combattivo, di buon umore, anche quando aveva superato gli ottanta. Ritengo possibile che Goya fosse terrorizzato dai propri mostri e immagini orrifiche assai meno di quanto non pensi oggi la gente. Anzi, in un certo suo mondo saturnino poteva anche gioirne: e certamente doveva trarre soddisfazione dall'intemerata maestria con cui sapeva renderli in pittura, perché queste figure private sono dipinte con una libertà che non si ritroverà più nell'arte europea sino all'epoca degli Espressionisti. …. Qualcuno chiese a Goethe, alla fine della sua vita, la differenza fra classicismo e romanticismo e l'autore del Werther (che senza dubbio era stufo di quella domanda) dette la risposta più breve mai registrata: “Il classicismo è salute, il romanticismo è malattia”. Se questo fosse vero, gli ultimi dipinti di Goya sarebbero il vertice del romanticismo, perché mai il disgusto della vita umana aveva così profondamente infettato una mente e causato una patologia dell'immaginazione così catastrofica.
Kenneth Clark, The romantic rebellion, 1973
L'artista è testimone del suo tempo, non è colpa sua se è testimone a carico. L'espressionismo esasperato che contrappone prima al classicismo di Mengs e poi a quello di David non è una libera scelta ma coatta e negativa. Per essere del proprio tempo l'artista deve tener conto del proprio tempo: per questo Goya, che in un'Europa già tutta neoclassica sembra una mostruosa eccezione, è la vera radice del romanticismo storico. La ragione divinizzata dalla rivoluzione arriva anche in Spagna, ma tardi e con baionette francesi, e solo per sostituire un dispotismo laico a quello dei Borboni e dei preti: una beffa al colmo della sventura. Allora Goya si mette con la nazione spagnola: un altro passo verso il romanticismo storico. Questo nascerà infatti, dieci anni dopo, dallo scacco dell'universalismo napoleonico; ma per Goya Napoleone non è stato un eroe né un genio, forse soltanto un altro mito, un'altra superstizione. Perciò nel romanticismo anticipa anche alla vocazione realista, è quel che rimane quando un'ideologia va in pezzi. Non solo i grandi romantici, come Delacroix, ma i grandi realisti come Géricault, Daumier, Courbet avranno molto da imparare da Goya. Giulio Carlo Argan, intervista del 1980
Uomini, donne, asini sono all'interno di una caverna, con un falò acceso sul fondo. La fredda luce dell'alba si allunga sugli uomini stesi, avvolti in coperte. I personaggi all'ingresso parlano gli uni con gli altri, mentre in primo piano un uomo dorme supino con una donna a fianco. Dagli abiti si direbbe che gli uomini siano zingari, mentre un paio di forbici al centro della tela, rivelate dalla pulitura, confermano l'occupazione stagionale a cui sono dediti. Le donne non sembrano appartenere al gruppo, come è stato suggerito: giovani e di bell'aspetto, abbigliate e pettinate in modo tentatore, sono indubbiamente prostitute che hanno trascorso la notte con gli uomini. La giovane al centro della scena guarda dall'alto il compagno addormentato, che appare stupefatto e giace supino con le braccia aperte: la direzione del
407
suo sguardo, la linea delle forbici da tosa e la vicinanza degli asini suggeriscono un'allegoria simile a quella dei Capricci, dove le donne sono ritratte mentre sbarbano e spennano i clienti. La magica pittura di Goya suggerisce un'intima relazione tra uomini, donne e animali con vite parallele, legati eppure indipendenti gli uni dagli altri, sfruttati e sfruttatori, uniti in una scena immaginaria di riposo tosatori e tosati.
Jean Wilson-Bareau, Goya: Truth and Fantasy, 1994
----------Autori Vari, Goya, Mondadori Arte, 2008-----------------------------------------------------------------------------------------------
La vita si misura dalle opere, non dai giorni.
Pietro Metastasio
Chi vuole veramente qualcosa trova una strada, gli altri una scusa.
proverbio africano
Non è bello dire menzogne, ma quando la verità potrebbe portare enorme rovina, allora anche dire ciò che non è bello è perdonabile Sofocle
Finché ho un desiderio, ho una ragione per vivere. La soddisfazione è la morte.
G.B. Shaw
Laura fosse stata la moglie del Petrarca, pensate che avrebbe scritto sonetti per lei per tutta la vita? George Byron
La censura è una buona cosa perché è garantito almeno un lettore attento per ogni libro. Alain Aychboum
Non mi sposo perché non amo avere estranei per casa.
Alberto Sordi
Lavorare duro non ha mai ucciso nessuno: ma perché rischiare?
Edgard Bergen
408
Bisogna adoperare i propri principi nelle grandi cose, nelle piccole basta la misericordia.
Il denaro è una maledizione quando non se ne ha abbastanza.
A. Camus
Roberto Gervasio
Bisogna lasciare la ragione agli altri perché questo li consola di non aver altro.
André Gide
I vecchi si ripetono e i giovani non hanno nulla da dire: la storia si ripete.
Jacques Bainville
Per conoscere la verità bisogna ascoltare due bugiardi.
Anonimo
Devo avere un'enorme massa cerebrale. A volte ci vuole persino una settimana per metterlo in moto. Marc Twain
Chi pensa è immortale, chi non pensa è già morto.
Averroé
Quando gli elefanti combattono è sempre l'erba a rimanere schiacciata.
Proverbio africano
Conservatore: un uomo politico affezionato ai mali esistenti, da non confondersi con il progressista che invece aspira a rimpiazzarli con mali nuovi.
Ammirazione: la nostra cortese ammissione che una persona ci assomiglia.
Intelligenza: nella nostra civiltà e nella nostra forma di governo repubblicano, l'intelligenza è tenuta in così alta considerazione che la si esonera dal peso di un qualsiasi ufficio pubblico.
409
Amicizia: una nave abbastanza grande per portare due persone quando si naviga in buone acque, ma riservata a una sola quando le acque si fanno difficili.
Calamità: sono di due tipi: la nostra sfortuna e la sfortuna degli altri.
Cannone: strumento impiegato per la modifica dei confini.
Consultare: consiste nel richiedere il parere di un terzo in merito ad una decisione già presa.
Cinico: mascalzone che, a causa di un difetto alla vista, vede le cose come realmente sono e non come dovrebbero essere.
Dottore: un gentiluomo che prospera con le malattie e crepa in salute.
Discussione: uno dei tanti metodi per confermare gli altri nei loro errori.
Dentista: un prestigiatore che dopo aver messo del metallo nella tua bocca, tira fuori monete dalle tue tasche.
Matrimonio: lo stato o la condizione di una piccola comunità, costituita da un padrone, una padrona e due schiavi: in tutto due persone.
Fedeltà: virtù particolare che contraddistingue coloro che stanno per essere traditi.
Epitaffio: iscrizione tombale che dimostra chiaramente come le virtù acquisite con la morte abbiano proprietà retroattive.
Felicità: gradevole sensazione suscitata dalla contemplazione delle miserie altrui.
Omeopatia: l'umorista della professione medica.
410
Ozio: intervalli di lucidità nei disordini della vita.
Moglie: una donna con un fantastico avvenire alle spalle.
Telefono: infernale invenzione che elimina purtroppo parte dei vantaggi inerenti alla saggia abitudine di tenere a distanza persone sgradevoli.
Profezia: l'arte di vendere la propria credibilità impegnandosi a consegnarla a domicilio un po' più avanti.
Conto corrente: un'offerta volontaria al mantenimento della propria banca.
Vanità: il tributo di un imbecille ai meriti dell'asino più prossimo.
-----------------Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1842-1914-------------
Capita, a volte, di sentirsi per un attimo felici: non preoccupatevi, è questione di un attimo, passa. Gesualdo Bufalino
-------------Lo specchio della Magia, Roberta Astori, ed. Mimesis,1999-----------(parziale e sommario questo testo con alcuni errori evidenti per es, nelle biografie. Sono quelle di Agrippa di Nettesheim, Paracelso, Cardano e Della Porta. Interessante invece alcuni brani tratti dai loro scritti.)
411
Paracelso, dagli Archidoxes: …. Questa mia pietra filosofale purga il cuore, l'intestino, il midollo e qualunque organo sia contenuto nel medesimo corpo, da cui tiene lontane la podagra, l'idropisia, l'itterizia e tutte le malattie provenienti dai quattro umori: come i vermi dal fuoco, ogni infermità rifugge dal corpo così rinnovato. …. Coloro che si servono di questo efficace arcano, che è la pietra filosofale, e i figli che da loro nascono, vivono in tanta salute e sono dotati di una complessione così sottile e così perfetta, che non possono giungere ad una condizione migliore. Infatti questa sceltissima medicina dà inizio ad una vita incorruttibile, che non può essere in alcun modo contaminata fino alla decima generazione. Se non si presentassero ai nostri occhi segni evidentissimi, parrebbe incredibile che l'uomo possa compiere un'operazione così meravigliosa, che i suoi effetti passano di generazione in generazione senza corrompersi. Paracelso, dal Labyrinthus Medicorum: Nascita delle malattie. Sappia il medico che le malattie hanno due specie di semi: il seme iliastro e il seme cagastro, e cioé: il seme esistente sin dall'inizio, come quello della mela, della noce, della pera, è un iliastro; mentre quello derivante dalla corruzione è cagastro. Le malattie dell'iliastro sono: l'idropisia, l'itterizia, la gotta. Le malattie del cagastro sono la tisi, la pestilenza la febbre, ecc. Questo è tutto un labirinto, tanto che è facile sbagliare in ogni medicina (…). Tutte le ricette che non sono dirette contro il seme della malattia sono false e inutili. Ricordatevi però ancora una volta: in quale modo credete che crescano e prosperino giornalmente le malattie? Se volete impararlo e saperlo rettamente, rivolgetevi alla filosofia e guardate come essa vi insegna a capire e a conoscere come crescono l'erba, l'albero e ogni altra cosa: non crescono forse dal seme? Sì. Dunque anche la malattia deriva dal seme e cresce come ogni altra cosa. Perché dunque vi affaticate a descrivere le malattie? Se non comprendete, sapete e conoscete la filosofia naturale, come potrete cominciare dove finisce il filosofo? Egli finisce nella luce naturale del nel macrocosmo. (…) Bisogna dunque ravvisare il Vulcano sia nel macrocosmo sia nel microcosmo; così terminerà il labirinto e si giungerà al retto fondamento della medicina. Riflettete perciò meglio, o medici, a chi vi alleate. Non dite: “Questo l'ho letto in Galeno, quest'altro ha insegnato Avicenna”.
Paracelso dal De natura rerum, l' Homunculus Si è molto discorso da antichi filosofi se la natura e l'arte ci danno il mezzo di produrre l'uomo al di fuori del corpo della donna. Per me, io affermo che questo mezzo non è affatto al di sopra dell'arte spargirica, ch' esso non ripugna affatto alla natura ed è perfettamente possibile.. Ecco dunque come bisogna procedere per giungervi. Chiudete per quaranta giorni in un alambicco del liquido spermatico di un uomo; e che si putrefaccia fino a che comincia a vivere e a muoversi, ciò che è facile constatare. Dopo questo tempo, apparirà una forma simile a quella di un uomo, ma trasparente e quasi senza sostanza. Se, dopo questo, si nutre tutti i giorni questo giovane prodotto, prudentemente ed accuratamente, con sangue umano e lo si conserva durante quaranta settimane a un calore costantemente uguale a quello del ventre di un cavallo (dirà oltre che lo si conserva in un letamaio di feci di cavallo, ma non spiega come nutrirlo con sangue umano), questo prodotto diverrà un vero e proprio vivente fanciullo, con tutte le sue membra, come quello che è nato dalla donna, soltanto molto più piccolo. Bisogna allevarlo con molta diligenza e cura, finché egli cresca e comincia a manifestare l'intelligenza. E' questo uno dei più grandi segrete che Dio abbia rivelato all'uomo mortale e peccatore. E' questo un miracolo, uno dei più grandi risultati della potenza di Dio, un segreto al di sopra di tutti i segreti e che merita di conservarsi fino all'epoca estrema in cui nulla sarà più nascosto per noi. Quantunque questo segreto sia sempre stato ignorato dagli uomini, è stato conosciuto dai Fauni, dalle Ninfe e dai Giganti, e donde questi esseri traggano la loro origine. Poiché se alcuni di questi homuncoli arrivano all'età virile, diventano quei giganti, quei pigmei e quegli uomini prodigiosi che sono gli strumenti delle grandi azioni, che riportano sui loro nemici segnalate vittorie e che penetrano i segreti delle cose più nascoste. Si è che l'arte, avendo loro dato la vita, dà loro anche il corpo, la carne, il sangue e le ossa. Essendo nati per mezzo dell'arte, essi hanno l'arte infusa e incorporata in essi stessi, così che non è necessario insegnare loro alcuna cosa; più ancora, sono essi che insegnano agli altri, poiché procedono dall'arte e sussistono per mezzo dell'arte, come una rosa o un fiore in giardino. Li chiamano figli dei satiri e delle ninfe, perché il loro ingegno li eleva al di sopra degli uomini e li avvicina agli spiriti.
Gerolamo Cardano, De subtilitate – le cicale
412
Anche le cicale, a detta di Aristotele, vivono senza cibo. Ne è indizio il fatto che non abbiano la bocca e, compiuta la disserzione, non si trova nulla sul ventre. Cosa tanto più mirabile in quanto esse friniscono tutto il giorno, fanno uova, crescono, hanno l'involucro duro e si muovono, cioè posseggono qualità che supporterebbero un alimento. Un tempo, prima che adottassero l'involucro, le cicale erano gustose e si mangiavano, come pure le loro uova, a quanto dice Aristotele. Infatti la cicala è prima verme nato dall'uovo, poi tettigometra e da ultimo, copertasi del guscio, è cicala vera e propria. Le uova sono bianche e gustosissime. E' evidente che le cicale non hanno bisogno di cibo e di acqua. Restano infatti ben vive anche senza pioggia nelle stagioni secche, nelle regioni calde e preferiscono l'ulivo per la sua scarsa ombra. Si nutrono dunque del cielo. Dalla rugiada deriva la manna che alimentò il popolo ebreo nel deserto, e se della manna si nutrono gli uomini, quanto meglio essa può costituire l'alimento di sì esile animaletto! Si nutrono dunque di rugiada o anche della stessa aria, perché l'aria umida contiene sempre una qualche sostanza.
Magia amatoria. Il cervello della lucertola, il sangue mestruo della meretrice, la tarantola, l'ippomane (sull'ippomane cioè il liquido secreto dalle giumente durante il periodo dell'estro e utilizzato preferibilmente nei filtri amatori, confronta Virgilio, Georgiche, III 280-284) piuttosto che costringere all'amore per colei che li abbia somministrati, turbano la mente di colui al quale siano stati propinati. Ma altri preparati in uso sono costituiti da escrementi ( all'uso di escrementi, orina, sangue, unghie e capelli viene attribuito un enorme potere magico, come elementi che sono appartenuti alla vittima dell'incantesimo. Per la nota legge della simpatia, questi elementi vengono a rappresentare sostanzialmente la persona a cui si vuole indirizzare l'azione magica …), da sperma, da animali in putrefazione, dal flusso dell'utero di una cagna libidinosa, provocato mentre il maschio, presente e trattenuto a lungo, non è ammesso all'accoppiamento e perciò è come rabbiosa e furiosa. Vi sono poi altri filtri ricavati dalle vesti dei morti, dalle candele, dagli aghi e in genere dalle cose che servono per i funerali. Altri vengono ricavati dagli escrementi corrotti, dal sangue e dall'urina dei lebbrosi, dopo avervi immerso del frumento, di cui poi si siano cibate le galline. …
Gerolamo Caudano – De venenis .. La magia può essere operatrice, e in questo caso riguarda la medicina, o divinatrice. Questa si divide in Astrologia, Fisiognomica e Naturale, che annuncia la peste, gli animali inusitati, i parti mostruosi. Viene poi l'Areopompa, che è rivolta all'etere e riguarda le folgori, i tuoni, le comete, le iridi, gli aloni, i parelii, le doppie lune, le faci, le stelle cadenti, i vortici, le schiere armate, le croci degli Dei e simili. Altre forme di magia naturale sono la Geomanzia basata sull'osservazione della terra, la Piromanzia sull'osservazione del fuoco, specialmente le foglie di lauro, l'Idromanzia sull'osservazione dei circoli che si formano nelle acque in seguito ad una percossa. Inoltre l'Alfitomanzia deriva dalla farina, l'Archiromanzia dal frumento, la Tiromazia dai buchi nei formaggi, l'Astragalomanzia dai dadi, l' Oxinomanzia, conosciuta da Omero, dalle accette. E ancora la Coscienziomanzia dal forcipe e dal cervello, la Sternomanzia dall'atteggiamento del petto, la Ptarmomanzia dagli sternuti, la Capromanzia dal fumo, la Xestomanzia da un secchio d'acqua, in cui i fanciulli credono di vedere delle immagini.
Giovanbattista Della Porta – Magia Naturalis, 4 Preparazione dei semplici. Perché i semplici siano più adatti all'uso, vanno preparati con artificio; e le operazioni con cui si preparano sono: putrefare, macerare, bruciare, incenerire, calcinare, distillare, disseccare e altre simili. Maceriamo qualche cosa, quando vi gettiamo sopra qualche umore, in modo che la cosa tanto dentro quanto fuori si bagni e si maceri, onde se ne possa cavare la parte più sottile e lasciarne la parte più grossa e terrestre. Quando ciò non è possibile con la macerazione o con l'infusione, usiamo la distillazione e altre operazioni, per assottigliare i semplici, poiché cerchiamo le parti più sottili del medicamento e ributtiamo le più grosse.
413
8 Modo di conoscere se una donna è vergine ovvero violata. Prendi la pietra chiamata àgata, di cui si fanno le corone del rosario, e pestala in un mortaio, poi passala per il setaccio in modo che sia polvere sottilissima. Darai questa polvere da bere alla donna in acqua o in vino: se ella non potrà trattenere l'orina, è segno che è stata violata, ma se sarà vergine, la potrà trattenere. Lo stesso effetto si ottiene polverizzando del cristallo e facendolo bere a digiuno dalla donna. Ma più speditamente possiamo fare l'esperimento con un suffumigio. Piglia allora del seme di porcellana o foglie di lappa, spargine le braci infuocate e fa in maniera che quel fumo ascenda alle parti ascose della donna: costei orinerà e non potrà trattenersi in alcun modo, se ha avuto commercio con un uomo, mentre, se è vergine, quel fumo non le farà alcun effetto.
Gianbattista Della Porta – De Humana Physiognomia. 13 Mutua corrispondenza dell'anima e del corpo.
… Disse Platone che, nelle infermità del corpo, anche l'anima si ammala, cosa che chiunque può comprendere. Infatti gli umori, nascosti dagli umori collerici, che vanno vagando per il corpo, penetrano nei luoghi riposti dell'anima e la costringono a mutare il suo stato per diventare audace, timida, rozza, smemorata. ….. Aristotele dimostra nelle Fisiognomia che, col mutare dello stato dell'anima, muta la forma dei lineamenti del corpo, varia lo stato dell'anima. Quando l'anima è malinconica, il corpo diventa languido; quando essa è gaia, il corpo rifiorisce. Nella licantropia e nella cinatropia il volto prende sembianze di lupo e di cane, gli occhi divengono infuocati, il grugno minaccioso, e i licantropi di notte escono e vanno intorno ai sepolcri, latrano, ululano, ringhiano come raccontano Ezio e Paolo Eginete. La pazzia è una malattia dell'intelletto, e i medici, curando il corpo, curano l'anima dalla pazzia e ne guariscono la parte intellettiva che era inferma. Dunque la disposizione del corpo risponde alle potenze e alle virtù dell'anima, anzi l'anima ed il corpo con tanta corrispondenza si amano tra loro, che l'uno è causa della gioia e del dolore dell'altro. Né mai la Natura fece un animale che avesse corpo di un animale e anima di un altro.
16 Dell'ombelico. La pianura del ventre sottostante al petto è segnata, quasi nel mezzo, dall'ombelico con una nota non indecente. E lo spazio tra l'ombelico e l'inguine può essere maggiore o minore di quello tra l'ombelico ed il petto. Dice Aristotele nei Problemi: “ Coloro che hanno la parte inferiore del corpo maggiore di quella superiore e pertinente al petto sono di vita debole e privi di forze”. E la ragione è questa: che il ventre per la sua brevità è freddo e, possedendo poca forza digestiva, è invece incline all'abbondanza degli escrementi.
I libri sono gli amici più tranquilli e costanti e gli insegnanti più pazienti.
Charles Eliot
Se brucia la casa del tuo vicino, la cosa ti riguarda, e molto.
Orazio
414
L'esitazione di fronte al rischio aumenta in proporzione all'età.
Ernst Hemingway
Osserva i tuoi nemici perchè sono i primi a scoprire i tuoi difetti.
Antistene
-----------------------------------Carlos Ruiz Zàfon. (nato nel 1964) L'ombra del vento. Oscar Mondadori 2005----(molto, molto bello e fine questo testo con un intrigo incredibile. Bello)
--Con tempo la solitudine si intrufola dentro e non se ne va più. --La poesia si scrive con le lacrime, i romanzi con il sangue, la storia con le bolle di sapone. --Ricordiamo solo quello che è mai accaduto. --Non si preoccupi. E' la paga della gioventù. Non creda, gliela invidio molto. La giovinezza è una fidanzata capricciosa. La comprendiamo e la apprezziamo solo quando ci lascia per un altro, e non torna più. --Tutti noi conserviamo un segreto chiuso a chiave nella soffitta dell'anima. --Sono poche le ragioni per dire la verità, mentre quelle per mentire sono infinite. --E conserva i tuoi sogni, disse Miquel, non puoi sapere quando ne avrai bisogno. --Potrei dire che è malato di cuore ma in realtà sta morendo di solitudine. I ricordi non lasciano scampo. --Il futuro si legge nelle strade, nelle fabbriche e nelle caserme molto più chiaramente che sulle pagine dei giornali. --Dimmi di che cosa ti vanti e ti dirò di cosa sei privo. --L'essere umano crede come respira, per sopravvivere.
–...il denaro è un virus: dopo aver corrotto l'anima di chi lo possiede, va in cerca di nuove vittime da contagiare. Ecco perché un cognome dura meno di un confetto. --”beh, a volte alcune prestigiose istituzioni mettono a disposizione una o due borse di studio per i figli del giardiniere o di qualche lustrascarpe, per dimostrare la loro generosità e carità cristiana -spiegò Firmin- Il sistema più efficace per rendere inoffensivi i poveri è insegnare loro ad imitare i ricchi. E' questo il veleno con cui il capitale acceca i...”
Deus dementet qui vult pervere Eugenio Scalfari su Repubblica del 11 aprile 2010. Non si trova questa dizione cioè è imbastardita. Il riferimento è a Napolitano. Si trova invece:
415
Quos Deus vult perdere, dementat prius A coloro che vuol perdere, Dio prima toglie il senno.
---------------------------------------------------------------------------Virgilio, Eneide Introduzione di Antonio La Penna, traduzione, note e commenti di Riccardo Scarzia (molto, molto belli); l'introduzione è addirittura un grande testo critico completo e molto esauriente
Liber I, 55 Quelle riluttanti, con grande fragore della montagna, fremono addosso ai recinti; siede Eolo su una roccia elevata, lo scettro in pugno, e ne ammorza gli sbuffi e ne tempera l'ira. Se non lo facesse, mari e terre e l'immensità di cielo porterebbero vorticose con sé e trascinerebbe in aria: ma il padre onnipotente le ripose in cupe spelonche questo temendo, e un carico per giunta di alte montagne vi sovrappose, e gli diede un re, che con un preciso accordo sapesse ai comandi tirare o lasciare lente le briglie. Con lui allora Giunone supplichevole si valse di questi argomenti: -Eolo (a te infatti il padre degli dèi e signore degli uomini assegnò di calmare i flutti e di sollevarli con il vento), una razza che mi è nemica naviga la pianura tirrena, trasportando Ilio in Italia e i suoi Penati sconfitti: aizza la violenza dei venti e sommergi ed affonda le poppe, oppure disperdili in parti diverse e spargine i corpi per mare. Io ho due volte sette ninfe dalla leggiadra persona, delle quali per la sua figura la più bella, Deiopea, a te unirò in stabile connubio e assegnerò in possesso, perché con te il volgere eterno degli anni per tali tuoi meriti trascorra e ti faccia padre di bella figliolanza-.
102 Mentre questo esclamava, la tempesta fischiando da Tramontana di faccia investe la vela e spinge i flutti alle stelle. Si frantumano i remi; allora vira la prua e ai marosi offre il fianco: una massa d'acqua come erta montagna sopraggiunge. Restano gli uni in bilico sulla cresta, ad altri l'onda fendendosi spalanca fra i flutti la terra, di rena ribolle il risucchio. Tre Scirocco ghermite ne sbatte su scogli invisibili (scogli che posti al largo chiamano gl'Italici “ Altari”, smisurata spina dorsale sotto il pelo dell'acqua), tre Levante spinge dall'alto mare in secche e banchi (miserevole vista), e sui bassifondi le incaglia, e le serra in un argine di sabbia. Una, che trasportava i Licii e il leale Oronte, sotto i suoi occhi un'ondata gigantesca dal culmine percuote a poppa: n'é sbalzato il timoniere e prono precipita a capofitto: ma tre volte ivi stesso il flutto la torce portandola in giro, e un vortice l'ingoia nella sua liquida presa. Appaiono sparsi naufraghi, che ruotano nell'ampio gorgo, armi di guerrieri e tavole e i tesori troiani tra le onde.
208 Queste cose espose col labbro e da gravi pene gravato simula speranza sul volto, in fondo al cuore caccia l'angoscia.
370 A tale richiesta, sospirando egli, e traendo dal profondo del proprio petto la voce: -O dea, se a cominciare dai primordi prolungassi la nostra storia e fossi tu disposta ad ascoltare le cronache del nostro patire, chiuderà prima il cielo la stella (Venere) della sera, sigillo della luce.
430 Come delle api al ritornare dell'estate, per le campagne fiorite, grande è l'affaccendarsi al sole, quando guidano all'esterno i rampolli cresciuti della loro stirpe o quando il limpido miele stivano e tendono le celle di dolce nettare, o
416
ricevono il carico di chi sopraggiunge o compatte tengono fuori dagli alveari l'indolente schiatta dei fuchi; ferve l'attività e il miele fragrante profuma di timo.
LIBER II, 39 Priamo ivi davanti a tutti, con molto accompagnamento di gente, Laocoonte infocato discende correndo dal vertice della rocca e di lontano: -Concittadini infelici, che è questa grande follia? Credete via tratti i nemici o ritenete che privo di inganno sia mai un dono di Danai? Così familiare vi è Ulisse? O rinchiusi in questo legname stanno Achivi occultati o è stato questo un ordigno costruito contro le nostre mura a spiare le case e a piombare dall'alto sulla città, o vi si cela comunque un trucco: non v'affidate al cavallo Teucri. Sia chi si sia , ho paura dei Danai, anche quando portano doni-.
77 “Tutto quanto , o re, ti dirò, qualunque cosa ne segua, è certo verità -disse- né me negherò di argolica progenie: questo per primo; né, se la Fortuna ha reso infelice Sinone, lo renderà, quantunque maligna, anche vano e bugiardo” In nota: Servio ricorda l'esistenza di una parentela fra il bugiardo Sinone e l'astuto Ulisse, discendenti entrambi da un ladro, Autolico, padre di Esimo, da cui nacque Sinone, e di Antaclea, madre di Ulisse. Ricorda anche una versione alternativa alla caduta di Troia, secondo la quale il compito di ingannare i Troiani era stato affidato direttamente ad Ulisse.
116 “Col sangue sacrificale di una vergine voi placaste i venti o Danai, quando venivate la prima volta alle spiagge iliache. Nota: si allude al sacrificio di Ifigenia, figlia di Agamennone, resosi necessario perché i Greci potessero placare Artemide/Diana, che, offesa da Agamennone, li tratteneva in Aulide (l'odierna Vathi in Beozia) e così salpare la flotta alla volta di Troia. La versione più recente e meno cruenta del mito vuole che Artemide stessa, al momento del sacrificio, sostituisse con una cerva la ragazza, che trasportò in Tauride (la porzione sud-occidentale della Crimea), perché vi divenisse sua sacerdotessa.
132 E già era l'orribile giorno, per me il prepararsi del rito, e i grani con il sale e mi nastri per attorniar le tempie. Nota: Virgilio trasferisce al mondo omerico la pratica sacrificale romana, secondo la quale la vittima offerta in sacrificio agli dèi aveva, al pari del sacerdote celebrante, il capo ornato di una benda di lana (Infula) fissata intorno alla fronte da una fascia, chiamata uitta, di cui si lasciavano pendere le due estremità ai lati della testa. Prima di essere uccisa la vittima veniva “immolata”, il suo capo era cioé cosparso di “mola salsa” vale a dire di un miscuglio di sale e di farro, tostato e macinato.
162 Ogni speranza dei Danai e la fiducia nell'intrapresa guerra sempre si fondò sul soccorso di Pallade. Ma da che l'empio Tidide, infatti, è il macchinatore dei delitti di Ulisse accingendosi a svellere dal tempio consacrato il fatato Palladio, abbattute le guardie della cittadella, afferrarono la santa effige e con le mani insanguinate osarono toccare le virginee bende della dea: da allora a recedere e, mancando, ad arretrare la speranza dei Danai, fiaccate le forze, ritroso il nume di lei. Nota: Tritonia = Pallade è l'epiteto cultuale di Minerva, la divinità etrusco-romama, identificata con la dea greca Atena, e che formava con Giove e Giunone la Triade capitolina: nacque adulta dal capo di Giove, dopo che egli ebbe
417
inghiottito Metia, la Prudenza, sua prima moglie. Singolare levatrice fu Vulcano, al quale Giove chiese di spaccargli la testa con un'ascia, permettendo così a Minerva di venirne fuori. E' la dea vergine per eccellenza, signora dell'intelligenza e della sapienza, ma anche divinità della guerra e a questo suo carattere gli antichi facevano risalire l'epiteto di “Pallade”, ipotizzandone da derivazione dal greco pàllo, “brandisco”, essendo Minerva che brandisce la lancia. Manifestò le proprie attitudini guerresche partecipando alla Gigantomachia, la battaglia fra dèi olimpii e Giganti; assistendo Ercole, suo protetto, in molte delle sue imprese; sostenendo i Greci nella guerra contro i Troiani, verso i quali nutriva un odio implacabile, anch'essa a causa del giudizio di Paride, Minerva garantisce la prospera vita delle città e la loro saggia amministrazione. Protettrice delle attività lavoratrici maschili e femminili, ha insegnato agli uomini l'agricoltura, il commercio, le varie arti. Proprio come signora della filatura, della tessitura e del ricamo (il suo nome indica, talora, per mitominia, proprio questi lavori) fu sfidata da Aracne, che Minerva punì, trasformandola in ragno. L'epiteto Tritonia/Tritonide è collegato dai commentatori antichi o al fiume Tritone, in Beozia, o a uno specchio d'acqua chiamato Tritonide, in Libia (presso il quale la dea sarebbe nata): certo è che una figura di Tritone compare fra i suoi attributi nelle sue statue più venerande.
199 Qui agli infelici un altro grave evento si presenta, e molto più orribile, e sconvolge animi ad esso non preparati. Laocoonte, per sorteggio assegnato sacerdote a Nettuno, un grande toro sacrificava agli altari dell'usuale rito. Ecco allora da Tenedo, per la calma marina, una coppia gemella di rettili dalle smodate spire (ho un brivido nel riferirlo) incombono sulla distesa e con pari moto puntano al lido; i loro petti eretti fra i flutti, e le irti creste sanguigne superano le onde, il resto del corpo rade indietro le acque ed inarca le immani groppe in volute. S'ode uno scroscio di spume salate; e già toccavano il suolo e iniettati gli occhi ardenti di sangue e di fuoco lambivano le bocche sibilanti vibrando le lingue. Quelli con sicura traccia cercano Laocoonte. E dapprima l'uno e l'altro serpente, abbracciando i piccoli corpi dei suoi due figlioli, gli s'aggroviglia, e si ciba a morsi delle miserabili membra; poi lui, che accorreva in aiuto e recava un'arma, afferrano e avviluppano con nodi giganteschi, e già due volte avvoltolo al mezzo, due volte circondandogli il collo con gli squamosi dorsi, lo sovrastano con il capo e le lunghe cervici. Egli si sforza intanto con le mani di strappare quei groppi, cosparso di schizzi cruenti le bende , e di livido veleno; urla paurose al tempo stesso eleva fino alle stelle, quali i muggiti, quando fugge l'ara ferito un toro e scuote dalla nuca la scure malsicura. Ma i serpenti gemelli torcendosi sgusciano verso l'alto santuario, e si dirigono alla rocca dell'aspra Tritonide, e sotto i piedi della dea si appiattano e sotto il giro dello scudo. Nota: Servio ricorda una versione della vicenda di Laocoonte diversa da quella proposta da Virgilio: “costui aveva commesso un sacrilegio unendosi con la moglie davanti alla statua di Apollo, e perciò inviategli contro i serpenti, fu ucciso insieme ai suoi figli”. Per altre fonti la colpa punita era il matrimonio di Laocoonte, contratto disubbidendo alla volonta del dio. Anche sulla natura della punizione ci sono varianti: dai serpenti sarebbero stati uccisi i due figli di Laocoonte, oppure uno solo insieme con il padre, oppure i due figli sarebbero stati uccisi mentre Laocoonte accecato. Nettuno e Minerva sono stati sostituiti da Virgilio ad Apollo, che sta al fianco dei profughi troiani nel corso di tutto il poema ed ha un ruolo centrale nella restaurazione religiosa augustea.
Nota 40 relativa all'inciampare del cavallo introdotto in Troia: L'inciampare sulla soglia era per i Romani di cattivo augurio. Il cattivo augurio colpiva, però, la persona che inciampava. Nota 41 relativa a Cassandra: o Alessandra, figlia di Priamo e di Ecuba, fu amata da Apollo, il quale le concesse il dono di predire l'avvenire, ma, da lei respinto, la condannò a non essere mai creduta, per cui non poté sventare, pur conoscendoli in anticipo, i mali che dovevano abbattersi sulla nostra patria. Durante l'ultima notte di Troia si rifugiò presso l'altare di Atena/Minerva, ma ne fu strappata da Aiace d'Oileo, il quale, secondo una più tardiva variante, le usò anche violenza. Andò schiava ad Agamennone e lo seguì a Micene, dove da Egisto e Clitemnestra fu uccisa con lui e con i gemelli Teledamo e Pelope, da lui avuti.
Nota 49 relativa al Pelide Neottolemo: figlio di Achille e di Deidamia, chiamato anche Pirro,ossia del colore del fuoco per via della tinta dei suoi capelli. L'appellativo Pelide gli deriva dall'avo Peleo. A Sciro, dove era nato, Neottolemo fu allevato dal nonno Licomede, re dell'isola. Ulisse lo fece andare a Troia perché un oracolo richiedeva la sua presenza per la vittoria dei Greci. Durante lo svolgimento della guerra si recò a Lemmo, persuadendo Filottete ad andare in soccorso dei Greci. Uccise in battaglia Telefo (re della Misia, figlio di Ercole,; uccise Priamo; gettò giù dalle mura della città Astianatte; sacrificò Polissena, figlia di Priamo, sulla tomba di Achille. Gli fu assegnata, come preda di
418
guerra, Andromaca. Al suo ritorno in Grecia sposò Ermione e si stabilì in Epiro, regnando sulla popolazione che fu detta dei Molossi, da Molosso, il figlio avuto da Andromaca. Non nacquero eredi invece dal suo matrimonio con Ermione, la quale, gelosa della maternità di Andromaca, cercò di sopprimere lei e suo figlio. Neottolemo, recatosi a Delfi, vi fu trucidato per mano di Oreste, figlio di Agamennone, al quale, prima che a lui, era stata promessa Ermione.
Nota 51 relativa a Menelao: figlio di Atreo, fratello minore di Agamennone, si rifugiò a Sparta sotto il re Tindaro dopo l'uccisione di Atreo ad opera di Egisto, nipote dello stesso re, ne sposò la figlia Elena e ne ereditò il regno. Da Elena gli nacque Ermione. Quando Paride gli rapì la sposa, con l'aiuto di Agamennone convocò i principi greci con le loro schiere e partì alla volta di Troia (infatti prima che Tindaro scegliesse il marito per Elena i numerosi pretendenti di lei gli avevano giurato incondizionata assistenza al futuro sposo e ora assolvevano l'impegno assunto). La sua richiesta di una pacifica restituzione di Elena non ebbe accoglienza. Scoppiata la guerra, combatté valorosamente. Accolse la sfida a duello di Paride e non riuscì ad ucciderlo solo per l'intervento di Venere. Dopo la conclusione dell'assedio vagò per otto anni nelle terre e nei mari d'Oriente prima di poter tornare con Elena a Sparta.
270 nel sonno ecco dinanzi agli occhi tristissimo mi parve presente e spargere larghi pianti, come quel giorno, strascinato dalla biga e bruno di sanguigna polvere e trapassato dai finimenti i piedi rigonfi. Nota 50: il sonno era considerato una circostanza favorevole alla comunicazione fra l'uomo e la divinità, al punto di essere inserito fra le pratiche divinatorie: ci si coricava (incubatio) in un luogo sacro per ricevere durante il sonno indicazioni dagli déi sul futuro o, in modo particolare, sulla cura atta a guarire un certo malato. Nel corso del poema il comportamento di Enea sarà orientato altre volte da una visione notturna o dall'apparizione di un dio nella forma di un sogno. A Ennio si deve del resto, in una scena della tragedia “Alessandro” un'apparizione in cui proprio Ettore è protagonista. L'espressione “mi parve” (con le opportune varianti) era la formula introduttiva ricorrente per le apparizioni oniriche; denuncia non già l'irrealtà, bensì la soggettività e l'unicità dell'esperienza.
469 Proprio innanzi all'androne e sull'orlo della soglia Pirro balza, balenante di punte e di folgore di bronzo: quale quando alla luce un rettile nutrito d'erbe maligne, che il tempo invernale nascondeva rigonfio sotto la fredda terra ora rinnovato depone le sue spoglie e splendente di giovinezza snoda sollevando il petto le viscide terga, eretto al sole e fa guizzare in bocca una lingua dal triplice solco. II, 494 A lui Pirro: “Lo racconterai dunque, e andrai messaggero tu dal genitore Pelide. Ricordati di riferirgli le mie meschine imprese e che degenerato è Neottolemo: ora muori”. Così dicendo, dritto all'altare lo trasse scosso da tremiti e facendolo annaspare nel molto sangue del figlio, e ne avvolse la chioma nella sinistra e con la destra sollevò lampeggiante la lama e la nascose fino all'elsa nel fianco. Questa la fine di Priamo, questo l'esito fatale cui lo sospinse il suo destino, mentre vedeva Troia arsa e ridotta in macerie.
II, 641 “Se avessero gli abitanti del cielo voluto farmi trascinare gli anni (è il padre di Enea che parla) questa sede m'avrebbero servato. A me è più che bastato aver visto uno sola distruzione ed essere superstite alla presa della città. Date addio al mio corpo, così, oh così, composto e allontanatevi. Da me troverò il braccio per morire: mi compatirà il nemico e punterà alle mie spoglie, agevole la remissione di un sepolcro. Già da un pezzo malvisto agli dèi e inutile trattengo il corso degli anni, dacché il padre degli dèi e degli uomini re mi sfiorò con la folata di un fulmine e mi segnò con la sua vampa”. Su tali argomenti si ostinava e vi restava inchiodato. Noi invece sciolti in lacrime, e mia moglie Creusa, e Ascanio e tutta la famiglia, che non volesse con sé il padre travolgere ogni cosa e esporsi al disastro imminente. Risoluto rifiuta, fisso in quel proposito e nell'identica posizione. Di nuovo mi butto sulle armi e disperato mi auguro la morte. Qual decisione infatti, o quale ventura, mi si presentava?.
419
“Hai tu sperato, o mio genitore, me capace di spiccar via i passi lasciato te qui, e a una bocca di padre è sfuggito un tal sacrilegio? Se nulla piace a chi sta in alto che avanzi di così grande città, e questo hai in mente e ti compiaci di aggiungere all'agonia di Troia e a te e ai tuoi, lì dove sei si spalanca l'entrata della morte, e or ora sarà qui Pirro, emerso dal molto sangue di Priamo, quello che ammazza il figlio davanti al padre, il padre sull'altare.
Nota 115 Cibele, Divinità-Madre dell'Anatolia, chiamata semplicemente “Madre”, venerata insieme al suo giovane amante Attis, dio della vegetazione. E' la dea della fertilità; guarisce o invia malattie; protegge il suo popolo in guerra (per questo viene rappresentata con una corona turrita); è signora della natura selvaggia, come indicano i leoni che l'accompagnano. Il suo più celebre santuario era Pessinunte, in Frigia. Dalla regione di più antica e maggiore diffusione del culto derivano gli epiteti “frigia” e “berecinzia”, da un nome Berecinto, a cui avrebbe dato il nome il primo sacerdote della dea, monte situato in Frigia, non lontano dal fiume Sangario. I Greci ne fecero un'unica entità divina con Rea, madre degli dèi olimpii fratelli di Giove, e confusero a volte i Coribanti, suoi sacerdoti, con i Cureti di Rea. Altri addetti al culto, talora itineranti a gruppi, erano denominati “Galli”
LIBER III, 1 Poiché piacque a un superiore volere sradicare la potenza dell'Asia e la non colpevole gente di Priamo e cadde il superbo Ilio e tutta fuma da terra la nettunia Troia, a cercar dispersi esilii e regioni deserte siamo sospinti da segni augurali di dèi, e una flotta allestiamo giusto nei pressi di Antandro e delle montagne dell' Ida frigia, senza un'idea di dove i fati ci portino, dove sia concesso piantarci, e assembriamo gli uomini. Cominciata appena era la prima estate, e il padre Anchise comandava di dispiegare le vele al destino: allora con un empito di pianto abbandono le spiagge e i porti della patria e le campagne, ove Troia fu. Al largo, esule, vengo tratto con i compagni e il figliolo, i Penati e i Grandi Dèi.
Nota 11 - Presagio La potenziale invadenza dei presagi, i quali, soprattutto se casuali (oblatiua), e non richiesti (impetratiua), rischiavano di paralizzare di fatto il normale svolgimento della vita, era ridotto presso i Romani da una serie di limitazioni della loro efficacia. Un presagio poteva, pertanto, essere ignorato o rifiutato, trasformato pronunciando parole opportune o trasferito ad altri e in ogni caso l'evento che annunciava non era da esso determinato in maniera inevitabile; un'azione successiva o un intervento divino potevano modificarlo o annullarlo.
III, 49 Questo Polidoro una volta con grande corredo d'oro lo sventurato Priamo aveva affidato da allevare al tracio re, quando ormai dubitava delle resistenza armata della Dardania, e vedeva stringersi d'assedio la città. Come fiaccate furono le risorse dei Teucri e regredì la fortuna, quello al seguito della gloria di Agamennone e delle sue insegne vittoriose, infrange ogni diritto: trucìda Polidoro, e con la violenza si impadronisce dell'oro. A che non costringi l'anima umana, o esecrabile fame d'oro? Poi che la fortuna svanì dalle ossa, agli scelti capi del popolo, e per primo al genitore do ragguaglio del soprannaturale evento e ne chiedo il parere. Furon tutti d'un consiglio, staccarsi dalla terra del delitto, abbandonarsi il contaminato asilo e dare le velature al vento. Dunque a Polidoro celebriamo il funerale, e una gran quantità di terra si accumula su una duna; s'ergono are ai Mani meste di nastri violacei e di cupo cipresso, e intorno le donne di Ilio, sciolte le chiome in osservanza al rito; quali funebri offerte versiamo oblunghe tazze schiumanti di latte e patete di sangue consacrato, e seppelliamo nella sua tomba lo spirito inquieto e a gran voce formuliamo l'estremo saluto.
Nota 16 – Mani I “Buoni”: venivano così designati, collettivamente gli spiriti dei defunti, quanto, cioé di loro si riteneva sopravvivesse alla morte, oggetto di venerazione e di timore, per il suo vago potere sui vivi. Erano assimilati a divinità, aventi sede
420
nell'Averno, ma il loro culto, limitato alla stretta cerchia familiare, aveva prevalentemente il carattere di omaggio alla perpetuità della stirpe. Nel mese di febbraio si tenevano, in onore dei Mani, celebrazioni pubbliche (i Feralia) che avevano il loro culmine il 21 del mese, giorno in cui si riteneva che le ombre dei defunti potessero abbandonare la loro sede abituale per vagare nel mondo supero.
Nota 19 – l'estremo saluto Il “vale” -addio-, tre volte ripetuto che costituiva l'ultimo congedo dal defunto.
Nota 59 - Fineo Re di Salmidesso, nella Tracia. Aveva ricevuto da Apollo il dono del vaticinio ma, avendo incautamente rivelato agli uomini i consigli di Zeus-Giove, era stato privato dalla vista. Sposata in seconde nozze Idea, figlia di Dardano, su incitamento di lei fece accecare i figli avuti salla sua prima moglie, figlia di Borea. Gli dèi inviarono allora a tormentarlo le Arpie, che gli portavano via il cibo e imbrattavano quel che eventualmente ne restava. Giunti nella sua terra gli Argonauti, Fineo li accolse benevolmente, indicando loro la rotta per la Colchide, per cui i due fratelli boreadi, Calais e Zeto, su richiesta di Giasone, lo liberarono dalle Arpie, che relegarono nelle isole Strofadi.
III, 214 Non v'è mostruosità più trista di quelle, né più crudele alcuna peste e sdegno di dèi si sprigionò dalla palude stigia. Virginei volti di esseri alati, schifosissimo flusso dal ventre, artigli adunchi e sempre emaciate le facce dalla fame.
III, 284 Intanto va ruotando il sole nel lungo ciclo annuale e l'inverno glaciale corruga le onde ai venti del settentrione (interea magnum sol cirumvuolitur annun et glacialis hiemps aquilonibus asperat undas)
Nota 81 Eleno Figlio di Priamo e di Ecuba, indovino e sacerdote di Apollo. Fatto prigioniero da Odisseo, consigliò il richiamo di Filottete da Lemno. Dopo la caduta di Troia, venne assegnato a Neottolemo, al quale predisse il disastro della flotta greca, consigliandoli di tornare in patria per via di terra. Entrò così nelle sue grazie ed egli gli cedette in moglie Andromaca. Alla morte di Neottolemo, Eleno ebbe una porzione di territorio, che chiamò Caonia, in onore del proprio fratello, da lui ucciso involontariamente durante una caccia.
III, 356 E già un giorno e l'altro giorno passò, e le brezze sollecitano le vele e la tela si allarga gonfia al soffio dell'ostro; al veggente con questi detti mi rivolgo e queste domande gli pongo: “Stirpe troiana, interprete degli dèi, che il volere di Febo percepisci, che i tripodi, i lauri del Clario, le costellazioni ed il linguaggio degli uccelli e gli augurii delle ali tese al cielo, rivelami su (ché ognuno dei riti prescritti favorevole corso degli eventi mi predisse, e ciascuno degli dèi m'avvertì col suo oracolo di cercare l'Italia e di tentare terre di remoto orizzonte; unica l'arpia Celeno strano portento e sacrilegio a dirsi mi garrisce e preannunzia male avventurati rancori e fame sinistra): quali pericoli ho da evitare per primi? O in che direzione potrei valicare ostacoli tanto grandi”? Qui Eleno, sacrificati come primo atto d'uso alcuni giovenchi, supplica la pace degli dèi e discioglie le bende del suo capo consacrato, e alle tue soglie, o Febo, mi porta egli stesso per mano, trepidante com'ero del sacro assenso, e questo poi vaticina il sacerdote dal labbro ispirato:
421
Nota 108 La Sibilla Cumana, Deifobe, figlia di Glauco. Come le altre Sibille, il cui numero e le cui sedi variano nella tradizione, era una sacerdotessa di Apollo. Il dio le aveva concesso il dono del vaticinio e una vita straordinariamente lunga, ma non immune dalla vecchiaia. In quanto ispirata da Apollo viene detta da Virgilio “veggente anfrisia”, dall'Anfriso, il fiumicello della Tessaglia presso il quale il dio pascolò per nove anni gli armenti di Admeto, in espiazione dell'uccisione dei Ciclopi, colpevoli di aver foggiato la folgore con la quale Giove aveva colpito Esculapio, figlio dello stesso Apollo e di Coronide. In Virgilio la Sibilla è sacerdotessa anche di Ecate, e come tale può guidare Enea nel suo viaggio oltremondano.
III, 521 Già s'arrossava l'aurora dietro la fuga delle stelle quando a distanza brune alture vediamo e appena emergente l'Italia. All'Italia per primo acclama Acate, l'Italia salutano i compagni con un gridare festoso. Allora il padre Anchise riveste un grande cratere d'una corona e l'empì di vino e invocò gli dèi, ritto sulla poppa ammiraglia: “Dèi che avete potestà sul mare e sulle terre e sulle burrasche, date col vento facile la via e spirate con favore”.
III, 173 Subito và la Fama per le grandi città della Libia, la Fama, di cui nessun malanno è più veloce: nel movimento ha vigore e le forze acquista con l'andare; piccola dapprima per cautela, presto si solleva sulle brezze e cammina sul suolo e il capo nasconde fra le nuvole.
Nota 31 la Fama Personificazione della voce pubblica, che rapidamente si diffonde (diventerà la celebre “calunnia” del Barbiere di Siviglia di Beaumarchais). E' detta figlia della Terra e sorella dei Giganti. L'accompagnano la Credulità, l'Errore, la Vana Gloria, il Timore, i Sussurri.
Nota 37 la Mitria La mitria era una lunga striscia di stoffa, ma anche di cuoio o di metallo, fornita di frange terminali, che poteva essere usata come cintura o arrotolata intorno al capo e variamente fissata, come ornamento della capigliatura. In uso nel mondo greco ed orientale, si arricchì, col tempo, di ornamenti, trasformandosi nel “diadema” (benda avvolta intorno alla fronte e alle tempie), insegna dei sovrani ellenistici. A Roma fu sempre avvertita come elemento di abbigliamento esclusivamente femminile, qualificandosi i popoli che la conoscevano anche quale accessorio maschile come molli ed effeminati.
Nota 39 Mercurio Dio latino del commercio (come dice il suo stesso nome connesso con merx) e del guadagno, fu identificato con il nome greco Ermes, di cui gli si attribuirono vicende mitologiche e qualità. Ermes, figlio di Zeus/Giove e di Maia, figlia di Atlante, nacque sul monte Cillene in Arcadia. Appena nato si fabbricò, con il guscio di una tartaruga, una lira e rubò gli armenti, che Apollo pascolava nella Pieria (Tessaglia) e che egli nascose in una caverna di Pilo (Peloponneso). Apollo, scopertolo, gli concesse di tenersi gli armenti in cambio della lira e più tardi cedette a Mercurio anche il caduceo (la bacchetta, la verga in funzione di scettro, con avvoltolati ad una estremità due serpenti) e l'arte della divinazione inferiore, in cambio, questa volta, del flauto da lui inventato. Zeus/Giove ne fece il proprio araldo, in grado di condurre, con la sua abilità, ogni cosa a buon fine. Come tale è dio dell'eloquenza. E' anche colui che accompagna i defunti nell'oltretomba (“Psicopompo” che conduce i sogni inviati da Zeus/Giove, il signore del sonno) E' il protettore delle strade e di tutti coloro che le frequentano, ladri compresi.
422
III, 238 Quello si preparava ad ubbidire al comando del suo gran padre; e per primo allaccia ai piedi i calzari d'oro, che innalzato dalle ali lo portano sia al di sopra delle distese marine sia della terra, al pari di vorticoso refolo. Quindi afferra la verga; evoca con essa dall'Orco le diafane anime, altre ne invia sotto il Tartaro triste, concede sonni e li ritoglie, e sigilla le pupille nella morte. Col suo sostegno sospinge i venti e nuota attraverso i torbidi nuvoli. E già nel volo avvista la punta e gli scoscesi fianchi del duro Atlante, che con la sommità sostiene il cielo, di Atlante, cui il capo ferace di pini è assiduamente cinto di fosche nubi e dalle bufere è battuto e dalla pioggia; precipitata neve ne ricopre gli copre gli omeri, quindi torrenti si riversano dal mento del vecchio, e di ghiaccia è rigida l'irsuta barba. Qui dal principio planando sulle ali tese il Cillenio si raccolse; di qui a capo basso con tutto il corpo verso le onde si slanciò, simile all'uccello, che attorno alle coste, attorno alle pescose scogliere radente vola sul pelo delle marine: non altrimenti, tra terraferma e cielo, egli volava al litorale sabbioso della Libia (e i venti fendeva) giungendo la cillenia prole dell'avo materno. Come appena toccò con le piante alate i punici abituri scorge, mentre fonda la cittadella e ripristina le costruzioni, Enea; e aveva una spada costellata di diaspro, sanguigno e gli fiammeggiava di tiria conchiglia un mantello spiovente dalle spalle, fastoso regalo che Didone aveva fatto, e ne aveva distinto il tessuto con oro sottile. Subito l'assale: “Tu ora dell'alta Cartagine getti le fondamenta e una bella città, asservito a una moglie, tiri su, ahimè dimentico del regno tuo e della tua missione? E' il monarca degli dèi che a te giù m'invia dall'Olimpo fulgente, che a sua discrezione ruota il cielo e la terra; è lui che questi ordini comanda di riferirti sul celere soffio del vento: Che disegni? O con che speranza consumi il tempo in terra di Libia? “.
Nota 86 Oreste Figlio di agamennone e di Clitemnestra, allorché il padre fu ucciso dalla moglie e dall'amante di lei, Egisto, egli, ancora bambino, fu portato in salvo nella Focide, dove si legò di fraterna amicizia con Pilade, figlio del re della regione. Divenuto adulto, su esortazione della sorella Elettra e con l'approvazione di Apollo, tornò in patria ove vendicò la morte del padre uccidendo Clitemnestra ed Egisto. Al matricidio seguì la persecuzione delle Erinni, contro le quali lo sostenne, ancora una volta, Apollo. Ucciso o fatto uccidere Neottolemo, sposò finalmente Ermione, con la quale regnò su Micene, sua patria, su Argo e Sparta.
Nota 95 Circe Era figlia del Sole e sorella di Eeta, re della Colchide. Era un'incantatrice, famosa soprattutto per il ruolo avuto nella vicenda di Odisseo. Questi, giunto nella sua terra, vide i compagni da lei tramutati in porci, ma grazie all'aiuto di Ermes/Mercurio poté sottrarsi ai suoi malefici e ottenere che i suoi uomini tornassero tali. Odisseo restò presso Circe per un anno e per consiglio di lei evocò dall'Ade, per consultarlo, l'indovino Tiresia. La sua “isola”, chiamata dapprima Eea, venne successivamente identificata con il promontorio detto appunto Circeo, che si riteneva fosse stato in origine un'isola, saldatasi poi alla terraferma.
Liber IV, 692 Allora Giunone onnipotente, mossa a pena dalla lunga agonia, e dal faticoso trapasso, Iride mandò giù dall'Olimpo, che spegnesse il dibattersi dell'anima, e le avvinte membra. Poiché infatti non per suo termine, né per morte meritata periva, ma misera prima del tempo e arsa da subitanea follia, non ancora Proserpina le aveva reciso dal sommo del capo un capello biondo, e destinata la sua persona all'Orco di Stige. Dunque Iride rugiadosa con le rosee penne per il cielo mille colori diversi tracciando contro il sole, giù vola e sulla testa si librò: “Io questo a Dite consacrato offro come mi fu comandato e ti libero da questo corpo”. Così dice, e con la destra taglia quel capello: e insieme tutto svanì il calore e fra i venti si ritrasse la vita.
Nota 94 Iride
423
Figlia di Taumante e dell'oceanina Elettra, è la personificazione dell'Arcobaleno, che unisce il cielo con la terra. Funge infatti da messaggera occasionale degli dèi, in particolare di Zeus/Giove e di Era/Giunone
Nota 95 Il Servio Danielino esorta a non stupirsi che un essere umano possa morire prima del giorno stabilito e che i meriti o le colpe dell'uomo possano intersecare o contraddire il Fato, giacché esistono “fati che sono chiamati denuntiatiua e fati che sono chiamati condicionalia. I primi sono qulli che predeterminano eventi che avverranno in ogni caso”. Quanto stabilito dai fati condicionalia è subordinato, invece, alla realizzazione di una specifica circostanza, che può non verificarsi. Così il destino di Didone prevedeva che fosse felice e morisse in età avanzata, purché, però, non giungesse sulla costa libica la flotta troiana. Quanto alla menzione di una morte meritata, “si dice che muoiono per averlo meritato e non per fato coloro che commettono colpe enormi ed imperdonabili contro gli dèi....: infatti coloro che oltrepassano la misura della colpa da soli decretano per se stessi la punizione e se la si ritiene da imputare al destino, si sminuisce la responsabilità dei colpevoli”.
Liber V, nota 71 Ercole Figlio di Zeus/Giove e della virtuosa Alcmena di Tirinto, moglie del re di Tebe, che Zeus ingannò rivestendo l'aspetto del marito di lei, assente, è l'incarnazione del valore e della forza, alla quale allude l'epiteto Alcide. Perseguitato dall'odio di Era/Giunone –dalle cui insidie, in forma di serpenti, Ercole dovette difendersi sin dalla culla-- dovette compiere per volere di lei, al serizio del fratellastro Euristeo, una serie di straordinarie “fatiche”. Liberò così gli uomini da orribili flagelli: lo smisurato leone che terrorizzava la città di Nemea, in Argolide; il mostro acquatico, detto antonomasticamente Idra, della Palude di Lerna, sempre in Argolide; il cinghiale di Erimanto (Arcadia); gli uccelli carnivori della Palude di Stinfalo, ancora in Arcadia. Uccise il re dei Bistoni traci, Diomede, che dava gli stranieri in pasto alle sue feroci cavalle. Si impadronì dei buoi di Gerione (Esperia, più o meno l'estremo occidente dell'Iberia). Di ritorno da questa impresa fu ospite di Evandro ed elimino Caco. Prese quindi i pomi delle ninfe Esperidi, che abitavano nei pressi di Atlante. Sfortunati i suoi matrimoni: la prima moglie Megara, figlia del re di Tebe Creonte, e i figli avuti da lei finirono uccisi dallo stesso Ercole in un empito di follia. La seconda moglie, Deianira, figlia di Eneo, re degli Etoli, fu, per gelosia della giovane Iole, dalla famiglia regale di Ecalia (Laconia), responsabile involontaria della morte dell'eroe per avergli fatto ingenuamente fatto indossare una vesta intrisa del sangue del centauro Nesso, in precedenza ucciso da Ercole per aver tentato di usar violenza alla stessa Deianira. Scegliendo di porre fine all'agonia tra le fiamme purificatrici di un rogo, Ercole si guadagnò l'accesso all'Olimpo tra gli immortali. Connesso anche alle fabule di Cerbero, Esione, Filottete, Folo, Ileo.
Sogno del 28 aprile 2010 ore 01,28 Mi trovavo in un ampio pianoro verde a guardare una imponente costruzione (chiesa?) e non c'era nessuno in giro: luogo molto tranquillo e rilassante pieno di alberi, a ridosso di una collina o monte. Mi si avvicina un prete (aveva il talare) e incominciammo a parlare non so di cosa: mi chiese poi se ero interessato a visitare un luogo segreto e molto più riservato; ci avviammo verso la base della collina e da un'apertura assolutamente non visibile ci introducemmo subito in un ampio, anzi enorme, catino molto verde, ricchissimo di piante le cui pareti rocciose erano striate in orizzontale: il luogo avrebbe potuto essere l'interno di una damigiana con il collo ampio. Guardo estasiato il luogo molto ben illuminato e chiedo come avessero fatto a chiudere l'apertura (con vetro?) e mi rispose che ci avevano lavorato parecchio. Ci incamminammo alla base della parete rocciosa quando vidi, oltre ad un ruscello che si perde sotto le rocce, una serie di lapidi molto ben scolpite sulla roccia viva. Guardo meglio e vedo dei nomi e delle date dei simboli tipo tiara o cappello a tre liste e a quel punto si avvicina una ragazza (convocata con un gesto dal prete) che incomincia a spiegarmi con quale pazienza aveva realizzato il restauro: era graziosa, bionda, carina,
424
con sguardo diretto, molto infervorata (quasi spiegasse al Presidente Napolitano quindi molto sussiegosa) e mi toccava con la mano sulle spalle e sul braccio: grande fastidio. Ci giriamo e vedo nell'ampio piano due grandi costruzioni ortogonali fra di loro di pregevole fattura, mattoni o bugnato, incomplete (finestre senza i serramenti) alte 4 o 5 piani, prive di tetto mi chiesi perché avessero un abbozzo di tetto siccome erano in un luogo coperto (seppure molto, molto più in alto). Mi chiesi da dove avessero portato tutto quel materiale, chi mai avrebbe utilizzato tali costrutti, perché mai nessuno sapeva niente di tali meraviglie. Tranquillamente uscii da quell'area ma non sbucai nel piano verde originario, semplicemente avvertii che respiravo meglio. Mistero!
(nel 2011 è stato creato un sito da una società di Leinì ed è rimasto on line per circa un anno: stante il successo non l'ho rinnovato. Però ci sono tutti i filmati)
ITINERARI MOTO-CICLISTICI DI MONTAGNA CUNEO e NIZZARDO il violino del m° Bruno Pignata esegue Nicolò Paganini; gli altri brani sono stati suggeriti dallo Stesso
425
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Da altre trent'anni percorro in lungo e in largo le nostre montagne: dapprima in bicicletta poi in moto e, adesso, in scooter ovvero in auto. Quest'estate mi è giunta vaghezza di documentare con una videocamera i vari percorsi ad uso e consumo degli eventuali fruitori.
I filmati sono oltre venti e quelli visionabili qui sono due.
Siccome il tutto è a titolo gratuito non posso sostenere l'onere ed il costo del montaggio: se qualche Ente o Istituzione vòtato alla promozione turistica vuole eseguire il lavoro di montaggio ovvero finanziarne l'opera ovvero se qualcuno vuole prestare il proprio tempo a titolo gratuito, ben volentieri verranno messi sul web i venti filmati (ed altrettanti in via di preparazione) onde documentare la bellezza delle nostre montagne.
Ho registrato alcuni commenti di carattere storico, naturalistico, ambientale o di costume e questo è avvenuto in modo spontaneo e casuale cioè senza alcun preventivo studio o finalità specifica: spero siano perdonati eventuali errori o inesattezze, anzi spero che questi spunti siano di stimolo per gradite integrazioni. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
gigirevel@gmail.com
----------------------------------------------------------------------TITOLO PERCORSO GB KM.
1 10.06.2110 BORGO S.D. /CUNEO/S:ROCCO/BORGO S.D. ???????
426
2 06.07.2010 3.13 345 BORGO S.D./BIVIO S.ANNA/SAMBUCO/PIETRAPORZIO/BARRICATE/ BERSEZIO/ARGENTERA/COLLE MADDALENA/LARCHE/JAUSIERS/ BARCELONETTE/ COL ALLOS/COLMARS/COL DE CHAMPS/ ENTRAUNES/GUILLAMES/ GORGE DA LUIS/ ENTREVAUX/ PUGET TENIER/ GORGE DE CIANS/ VALBERG/ BEUIL/ ROUBION/ ST. SAUVEUR/ ISOLA/ ISOLA 2000/ COLLE LOMBARDA/ BIVIO S.ANNA/ BORGO S.D.
3 MONVISO 4.04 190 CUNEO/ VILLAFALLETTO/ SALUZZO/ REVELLO/ SANFRONT/ PAESANA/ CRISSOLO/ PIAN DEL RE/ PAESANA/ COLLETTO BARGE/ MOMBRACCO/ BARGE/ ENVIE/ STAFFARDA/ SALUZZO/ MANTA/ VERZUOLO/ BORGO S.D. ????????? BRUTTO?
4 BELLINO 2.60 189 BORGO S.D./ CARAGLIO/ ROSSANA/ VENASCA/ BROSSASCO/ VALMALA/ MELLE/ FRASSINO/ SAMPEYRE/ CALCHESIO/ CASTELDELFINO/ S.ANNA BELLINO/ PIASCO/ BUSCA/ VILLAR S.COSTANZO/ DRONERO/ MONTEMALE/ VALGRANA/ BERNEZZO/ BORGO S.D.
5 CASTERINO 1.60 67 BRAGARD DI LIMONE/ COLLE TENDA/ CASTERINO/ LAC DE MECHES/ GRANILE/ TENDA/ BRAGARD
6 BONNETE 3.17 211 ISOLA (km.70.5 da Borgo)/ ST. ETIENNE/ ST. DALMAS LE SELVAGE/ FOURCHES/ COL BONNETE/ RESTEFOND/ MAGINOT/ JAUSIERS/ bivio LARCHE con VARS/ LAGO MADDALENA/ bivio S. ANNA/ VINADIO/ strada militare/ FESTIONA/ BORGO S.D.
427
7 GALIBIER 5.40 393 BORGO S.D./ VILLAFALLETTO/ SALUZZO/ STAFFARDA/ CAVOUR/ VILLAR PEROSA/ PEROSA ARGENTINA/ FENESTRELLE/ PRAGELATO/ SESTRIERE/ CESANA/ MONGINEVRO/ BRIANCON/ MONETIER/ COL LAUTARET/ COL GALIBIER/ BRIANCON/ COL IZOARD/ CHATEAU QUEYRAS/ GUILLESTRE/ COLLE AGNELLO/ CHIANALE/ CASTELDELFINO/ SAMPEYRE/ bivio VENASCA/ ROSSANA/ CERIALDO/ CUNEO/ BORGO S.D.
8 MONFORTE 3.81 272 BORGO S.D./ MARGARITA/ MOROZZO/ CARRU'/ CLAVESANA/ MURAZZANO/ BOSSOLASCO/ SERRAVALLE L./ RODDINO/ PERNO/ MONFORTE/ CISSONE/ BOSSOLASCO/ BORGO S.D.
9 AUTHION 2.04 257 BORGO S.D./ ROBILANTE/ VERNANTE/ LIMONE P./ tunnel TENDA/ TENDA/ BREIL/ col BROUIS/ SOSPEL/ col BRAUS/ col de l' ORM/ PEYRACAVA/ col TURINI/ circuit AUTHION/ MOULINET/ SOSPEL/col ESCAVO/ PIENE HAUTE/ BREIL/ FONTAN/ LA BRIGUE/ N.D. des FONTAINES/ TENDA/ BORGO S.D.
10 CASTELMAGNO .85 42 ? CUNEO/ CARAGLIO/ VALGRANA/ MONTEROSSO GRANA/ PRADLEVES/ CAMPO MOLINO/ CASTELMAGNO/ CARAGLIO/ VIGNOLO/ BORGO S.D.
11 ELVA 4.60 297 BORGO S.D./ MOIOLA/ DEMONTE/ TRINITA'/ colle VALCAVERA/ colle ESISCHIE/ MARMORA/ PONTE MARMORA/ ELVA via del vallone/ colle CAVALLINA/ colle di SAMPEYRE/ SAMPEYRE/ CASTELDELFINO/ PONTECHIANALE/ colle AGNELLO/ pietra di Annibale/ GUILLESTRE/ ST. MARCELLIN VARS/ col du VARS/ ST. PAUL UBAYE/ FOUILLUSE/ col de LARCHE/ ARGENTERA/ BARRICATE/ PIANCHE/ bivio S. ANNA/ AISONE/ DEMONTE/ BORGO S.D.
428
12 CAPRAUNA 3.99 272 BORGO S.D/ BOVES/ CHIUSA PESIO/ MURTE'/ ROCCAFORTE MONDOVI'/ VILLANOVA MONDOVI'/ MONASTERO VASCO/ MADONNA BOSCHI TRAPPISTI/ MONTALDO MONDOVI'/ VALCASOTTO/ PAMPARATO/ CASTELLO VALCASOTTO/ GARESSIO 2000/ GARESSIO/ ORMEA/ bivio CAPRAUNA/ CAPRAUNA/ ALTO/ ZUCCARELLO/ CASTELVECCHIO di ROCCA BARBANA/ BAGNASCO/ SCAGNELLO/ ST. GRE' VIOLA/ VIOLA CASTELLO/ TORRE MONDOVI'/ VICOFORTE/ MONASTERO VASCO/ VICOFORTE MONDOVI'/ VILLANOVA MONDOVI?/ PIANFEI/ CHIUSA PESIO/ PEVERAGNO BOVES/ BORGO S.D.
13 LOMBARDA 1.38 56 BORGO S.D./ GAIOLA/ MOIOLA/ DEMONTE/ AISONE/ VINADIO/ bivio ST. ANNA/ FONTANA DEL VESCOVO/ BARACCONE/ SATA ANNA VINADIO/ bivio LOMBARDA/ COLLE LOMBARDA aggiungere 23 CONCERTO FERRAGOSTO 2010 ORCHESTRA BRUNI CITTA' di CUNEO.
14 ST.MARTIN VESUBIE 6.01 285 BORGO S.D./ LIMONE P./ tunnel TENDA/ TENDA/ BREIL/ col BROUIS/ SOSPEL/ col TURINI/ LA BOLLENE VESUBIE/ ROQUEBILLIERE/ ST. MARTIN VESUBIE/ MADONE des FENETRES/ col ST. MARTIN/ VALDEBLORE/ ISOLA/ col de la LOMBARDE/ VINADIO/ BORGO S.D.
15 PRUNETTO 6.70 227 BORGO S.D= AUCHAN= RIFORANO/ CARRU'/ fondo valle TANARO/ BASTIA/ CIGLIE'/ ROCCACIGLIE'/ MURAZZANO/ GORZEGNO/ LEVICE/ PRUNETTO/ MOMBASIGLIO/ MONBARCARO/ NIELLA BELBO/ S.BENEDETTO BELBO/ DOGLIANI/ FARIGLIANO/MONDOVI'/ MONASTERO VASCO/ VILLANOVA MONDOVI'/ ROCCAFORTE/ CHIUSA PESIO/ PEVERAGNO/ BOVES/ BORGO S.D.
16 ROCCABRUNA 1.80 80
429
DRONERO/ S. ANNA ROCCABRUNA/ MONTEMALE/ VALGRANA/ CARAGLIO/ CERVASCA/ PRATO GAUDINO/ SAN MAURIZIO CERVASCA/ VIGNOLO/ BORGO S.D. 17 ROCCAVERANO 303 MURAZZANO/ MONTEZEMOLO/ MILLESIMO/ CENGIO/ CAMERANA/ GOTTASECCA/ CASTELLETTO UZZONE/ CORTEMILIA/ SEROLE/ ROCCAVERANO/ VESIME/ CASTINO/ bivio per NIELLA B./ FEISOGLIO/ NIELLA BELBO/ BOSSOLASCO/ SERRAVALLE/ RODDINO/ MONCHIERO/ DOGLIANI/ PIOZZO/ TRINITA'/ SANT'ALBANO/ BORGO S.D.
18 COLLE di TENDA 10.2 COLLE ALTO DI TENDA/ a 3.5 km. Strada asfaltata LA CA'/ TUNNEL TENDA/altri tornanti
19 VALLE MAIRA 6.78 192 DRONERO/ CARTIGNANO/ SAN DAMIANO MACRA/ verso la via dei cannoni km.17.5/ SAN DAMIANO MACRA/ MACRA PARROCCHIA/ CARICATORI/ STROPPO/ CAUDANO/ SANTA MARIA MORINESIO/ SAN MARTINO STROPPO/ colle CAVALLINA/ ELVA/ bivio PONTE MARMORA/ PRAZZO/ SAN MICHELE PRAZZO/ fraz. FERRERI alt. 1663/ USSOL ACCEGLIO/ CHIAPPERA/ PRAZZO SUP./ MACRA/ CELLE MACRA/ SAN SEBASTIANO/ bivio per SOGLIO/ SAN DAMINAO/ TETTI di DRONERO
20 CAYOLLE 5.80 338 BORGO S.D./ COLLE MADDALENA/ JAUSIERS/ col BONNETE/ circuit RESTEFOND/ ST. ETIENNE TINEE/ ST. SAUVEUR/ COL COUYOLLE/ BEUIL/ VALBERG/ GUILLAUMES/ COL de la CAYOLLE/ BARCELONNETE/ COL de LARCHE/ BARRICATE/ PONTE BERNARDO/ BORGO S.D.
---------------------------------------------------------------------430
Raymond Radiguet, Il diavolo in corpo, Tascabili Newton 1993 (che strano questo libriccino scritto da un diciottenne che sarebbe poi morto ai venti anni. Tanto decantato dalla critica in ispecie da Cocteau che l'ha lanciato ma l'ha anche usato come checca, tant'é che il ragazzo era chiamato Madame Cocteau, narra dei rapporti erotici di un ragazzino con una giovane donna sposata; tali gesta avvengono durante la Prima Guerra anche perchè il marito, giovane ufficiale, era in guerra. Non so se si tratta di una esaltazione puerile con tanto di celebrazione della propria intelligenza o di una vera opera d'arte) -----------------------------------------------Curzio Maltese, Come ti sei ridotto, Feltrinelli 2005
L'assenza programmatica di dignità del flusso televisivo si sposa con l'implicita opera di analfabetizzazione delle masse. La vecchia televisione generalista mostrava la dignità del lavoro, l'operaio ed il contadino, l'artigiano e l'impiegato, e si preoccupava di insegnare l'italiano a chi non sapeva leggere né scrivere. Non era più buona, a volte era perfino più autoritaria. Ma rispondeva ad altri criteri di potere. La società industriale aveva bisogno di lavoratori fieri ed etici, consapevoli di svolgere un ruolo storico, proiettati nel futuro e quindi dediti al risparmio ed alla famiglia. Aveva bisogno che tutti sapessero leggere e scrivere, per poterli mobilitare. I nuovi regimi non vogliono mobilitare nessuno. Il cliente ideale è un disgraziato che trascorre ore ed ore davanti al piccolo schermo, in stato di coma vigile, con un unico senso desto: la vista. L'etica del lavoro non conta, serve soltanto la voracità del consumo. L'informazione che introduce elementi critici è ridotta al minimo, meglio se azzerata in favore di salotti dove la solita compagnia di giro svolge il lavoro di digerire la realtà e ridurla ad una pappa di luoghi comuni. La manipolazione politica delle notizie è niente di fronte al devastante modo di trattare i fatti di cronaca e piegarli all'ideologia dominante. La tragedia di Cogne diventa un circo degli orrori, con tanto di plastico della casa del delitto. Un'adolescente psicopatica che uccide la madre e il fratellino offre una splendida occasione per fare pubblicità ad un libro alla moda, dove lo psicologo televisivo sostiene che è tutta colpa dei genitori che non parlano abbastanza con i figli. Le signore in studio sospirano che ha ragione. Si sa quanto è difficile dialogare con i figli, soprattutto quando hanno un'ascia in mano. Va da sé che il tema immenso della malattia mentale, che secondo le statistiche riguarda un italiano su quattro, non è neppure sfiorato. Di contro, la tendenza contemporanea della medicina a diventare uno spaccio di psicofarmaci, da distribuire sin dalla prima infanzia è molto ben vista; il bambino impasticcato diventa un cliente a vita dell'industria farmaceutica.
Pasolini e le lucciole. Il nuovo regime ha bisogno di negare il pensiero, la logica, le risorse razionali, critiche. In cambio non richiede alcuna rinuncia materiale. Elargisce a piene mani piaceri virtuali, sesso e scandali. Chiede qualcosa di molto più immateriale: la perdita dei diritti di cittadinanza. Un po alla volta, si capisce, senza fretta, in comode rate mentali ma in progressione inesorabile. Alla fine si diventa servi. Non basta però, bisogna anche essere contenti. La conquista della servitù si celebra attraverso canti e balli, colori e luci, grandi sorrisi. La coppia che ha appena raccontato nel talk show i reciproci tradimenti, davanti ai bimbi che guardano da casa, sarà festeggiata con cori da stadio. In fondo, a che cosa stiamo rinunciando? Alla fatica di rinunciare al ruolo di padri e di madri decenti. Che cosa ne veniva in tasca? Soltanto seccature. Nel nuovo Paese dei Balocchi non ci sono ruoli, è domenica sette giorni la settimana. Nella televisione dei balocchi ogni giorno, dal lunedì al sabato, si replica la vacua idiozia delle domeniche in. Mangiafuoco muove i fili ed ha il monopolio garantito. …...
“La televisione ha compiuto il crimine perfetto, ha ucciso la realtà” scrive Jean Baudrillard in Le crime parfait. In Italia ha ucciso la grandezza. Dieci anni di slogan pubblicitari scambiati per politica, dibattito pubblico, sarebbero bastati a schiantare anche la vita culturale dell'Atene di Pericle, figurarsi questa.
431
Non esistono più le basi di valori condivisi su cui modellare un'identità. Stiamo navigando a vista. Rileggendo la Costituzione, ci si accorge che fra tutti i principi non ve n'è uno, uno solo, che non sia stato sottoposto ad un attacco sistematico e distruttivo: l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, la separazione fra stato e chiesa, il ripudio della guerra, l'antifascismo, la libertà di informazione, l'indipendenza della magistratura, la tutela del patrimonio artistico e dell'ambiente, la stessa unità d'Italia. E' negata la filosofia stessa della Costituzione, volta ad impedire il risorgere di un “uomo forte”. Non c'è un principio, uno solo, intorno al quale l'opposizione abbia organizzato una autentica difesa, una linea del Piave.
Credi tu che il buon Dio sia cattolico?
G.C. Lichtenberg
Il celibato non è ereditario. La centralizzazione è un colpo apoplettico al centro, la paralisi agli estremi.
De Lamennais
La più parte degli uomini non ha ciò che si meritano, gli altri sono celebri.
Sacha Guitry
Questa vita è un ospedale in cui ogni degente è assalito dal desiderio di cambiare letto. Gli uni vorrebbero soffrire sotto il baldacchino, gli altri pensano che guarirebbero vicino alla finestra. Baudelaire
Una donna con i capelli castani è una bionda modesta.
San-Antonio
Il solo sistema per combattere la disoccupazione è quello di dare lavoro ai disoccupati. Armand Fallières
L'ultimo cristiano è morto sulla croce.
F. Nietzsche
Il celibe vive come un re e muore come un cane. L'uomo sposato vive come un cane e muore come un re. Jean Anouilh
Io mi chiedo cosa facessero le persone dopo aver fatto l'amore, prima dell'invenzione della sigaretta. Vassilis Alexakis, Andata-ritorno
432
Tu sai perchè i produttori del cinema hanno la cadillac? Perché sul metrò bisogna pagare in contanti. Michel Audoiard
La citazione è una bella cosa. La citazione classica è il lasciapassare del letterato del mondo intero. James Boswell
Si dice “civismo” per vergogna del dire “patriottismo” così come si dice “frequentare” per non dire “andare a letto con”. Henri de Montherland
Non c'è niente di più bello di una chiave tanto più quando si ignora cosa apre.
M. Maeterlinck
In Francia non resta del cattolicesimo che il rumore delle campane.
Eugène Pelletan
Io e te, maiali, non saremo stimati che dopo la morte.
Jules Renard
Vale di più essere cornuto che ministro. Ciò dura più tempo e non si ha la noia a partecipare alle riunioni del senato. Lèo Campion
Conoscevo una giovane donna molto virtuosa; ha avuto la sfortuna di sposare un cornuto, dopo di che va a letto con tutto il mondo. Sacha Guitry
Componendo la “Certosa”, per assimilare il tono, io leggevo ogni mattino due o tre pagine del codice civile, onde essere sempre aggiornato. Lettera di Stendhal a Balzac.
Una 2CV usata vale di più di una Rolls nuova, a condizione che arrivi da destra.
F. Blanche
Citazioni sempre sbagliate. Io mi vergogno di certa gente che non sa neppure ricopiare.
Jean Rostand
Mi ricordo che egli sapeva recitare a memoria dodici pagine del De Viris illustribus Urbis Romae: adesso fa l'autista. Sacha Guitry
433
La natura ha dato prova di un buonsenso davvero profondo facendo passare i fiumi esattamente sotto i ponti. FrancNohain
E' un segno di ben degna attenzione che i grandi fiumi passino sempre ai piedi delle grandi città. Henry Monnier
Io credo che le sole cose che sono sicure in questo mondo sono le coincidenze. Leonardo Sciascia
La collera è una valanga che si infrange su quello che incontra.
Seneca
Il clima dei loro paesi ha molto favorito l'interesse degli Inglesi a colonizzarli.
Russel Green
Nel combattimento non è il vincitore, ma la vittoria che sarà celebrata con riti funebri.
Lao- Tseu
Trattare il prossimo da coglioni non è un oltraggio, è una diagnosi.
San-Antonio
Dio ha inventato il concubinaggio, il diavolo il matrimonio.
Francis Picabia
Il concubinaggio, anche lui, è stato corrotto dal matrimonio.
F. Nietzche, Al di là del bene e del male.
Il ricordo di una felicità non è più felicità. Il ricordo di un dolore è ancora dolore
George Gordon Byron
Afferra il presente ed affidati al domani il meno possibile.
Orazio
Non c'è niente di più brutto della ragione quando non è dalla nostra parte.
G.S. Altifox
Certe persone mentono in modo tale che non si può credere neanche il contrario di quanto affermano. Franz Fisher
434
-----------------------------------------
“Infinita è la turba degli sciocchi” Forse crede il Sarsi, che de' buoni filosofi se ne trovino le squadre intere dentro ogni recinto di mura? Io, signor Sarsi, credo volino come l'aquile, e non come gli storni. E' ben vero che quelle, perché son rare, poco si veggano e meno si sentono; e questi che, volando a stormi, dovunque si posano “empiendo il ciel di strida e di rumori”, metton sossopra il mondo. Ma pur fussero i veri filosofi come l'aquile e non più tosto come la fenice! Signor Scarsi, “infinita è la turba degli sciocchi”, cioè di quelli che non sanno nulla; assai sono quelli che sanno pochissimo di filosofia; pochi ne sono quelli che ne sanno una piccola cosetta; pochissimi sono quelli che ne sanno qualche particella; un solo, Dio, è quello che la sa tutta. Si che, per dir quel ch'io voglio inferire, trattando della scienza per via di dimostrazione e di discorso umano si può dagli uomini conseguire, io tengo per fermo che quanto più essa parteciperà di perfezione, tanto minor numero di conclusioni prometterà di insegnare, tanto minor numero ne dimostrerà e di conseguenza tanto meno alletterà, e tanto minore sarà il numero de' suoi seguaci: ma, per l'opposito, la magnificenza de' titoli, la grandezza e la numerosità delle promesse, attraendo la normal curiosità de gli uomini e tenendogli perpetuamente ravvolti in fallacie e chimere, senza mai far loro gustare l'acutezza d'una sola dimostrazione, onde il gusto risvegliato abbia a conoscer l'insipienza de' suoi cibi consueti, ne terrà numero infinito occupato; e gran ventura sarà d'alcuno che, scorto da straordinario lume naturale, si saprà tòrre dai tenebrosi ed occulti laberinti nei quali si sarebbe coll'universale andato sempre aggirando e tuttavia più avviluppato. Il giudicar dunque dell'opinione di alcuno in materia di filosofia dal numero de i seguaci, lo tengo poco sicuro. Ma bench'io stimi, piccolissimi poter essere il numero de' seguaci della miglior filosofia, non però concludo, pel converso, quelle opinioni e dottrine esser necessariamente perfette, le quali hanno pochi seguaci; imperocché io intendo molto bene potersi da alcuno tenere opinioni tanto erronee, che da tutti gli altri restino abbandonate. Galileo Galilei, (1564-1642) Saggiatore, 2 (scrisse questo testo il Galilei in quanto provocato dal gesuita Orazio Grassi circa il fenomeno di ben tre comete apparse nell'agosto 1618. Il gesuita pubblicò con lo pseudonimo di Lotario Sarsi il testo “Libra astronomica ac philosophica”. Libra significa bilancia per cui nella risposta Galilei usa il titolo Saggiatore che significa bilancino di precisione degli orafi; questo testo sembra rivolto all'attuale progenie degli “ingegneri” i quali tutto sanno e su tutto discettano con la stessa sicumera di un “teologo dogmatico”: ed è per questo che da oltre vent'anni rifiuto il confronto con queste categorie. Ultimamente anche gli informatici hanno imboccato la stessa strada piena di certezze assolute).
Marta Erba, Gianluca Ranzini, Daniele Venturoli -DALLA LUNA ALLA TERRA-- Bollati Boringhieri, 2010 (molto bello questo testo, assolutamente scientifico ma non dogmatico, valuta tutte le credenze connesse alla Luna, le smonta ma non le uccide. Molto interessante l'analisi dell'influenza circa i cicli mestruali e la durata della gravidanza, così come molto articolata la spiegazione dei cicli circadiani lunari e terrestri, nei più vasti campi vegetali ed animali; altrettanto per quanto riguarda la nascita dei calendari ed il computo del tempo). Dalla prefazione di Piero Bianucci: “ Trovano qui spiegazione anche alcune “illusioni”, come le maggiori dimensioni apparenti della Luna quando è vicina all'orizzonte, e le varie colorazioni dovute al filtro della nostra atmosfera.. Reale invece è l'azione gravitazionale che produce le maree, l'influsso lunare senza dubbio più importante: e qui vale la pena di notare come la connessione fra fasi lunari e innalzamento del mare fosse già stata individuata dagli antichi greci (Pitea, Eratostene di Cirene) e poi quasi dimenticata, per essere poi di nuovo riscoperta grazie al lavoro di Newton. Curiosamente, invece, Galileo Galilei, troppo razionale e “materialista” per ammettere un'azione a distanza fra corpi celesti senza che tra essi intervenisse alcun contatto fisico, negò questo influsso lunare e cercò di spiegare le maree con la rotazione terrestre, incappando in uno dei suoi errori più evidenti (insieme con la circolarità delle orbite planetarie e la pretesa natura meteorologica delle comete)”.
Pag.25 L'associazione all'acqua ritorna anche nel “riflesso della Luna sull'acqua”, una delle immagini più suggestive della poesia e della letteratura. Tanto che alla fine del 2007 la parola turca yakamoz, che sintetizza proprio questo evanescente riflesso, è stata votata come la parola più bella tra centinaia di termini di tutto il mondo in una gara organizzata dalla rivista tedesca Kulturaustausch. La potenza poetica di questa immagine sembra essere maggiore della Luna stessa, richiamando soprattutto l'amore che scompare se si tenta di afferrarlo.
435
Pag. 67 La parola greca che inizialmente designava la Luna è infatti mene, diventata poi mensis in latino, da cui è derivato l'italiano mese. Dalla stessa radice me deriva anche il termine greco metron (misura) e il verbo latino metior, metiri. Questo antico etimo è rimasto nelle lingue germaniche: Luna in tedesco è Mond, in inglese Moon. Pag. 80. I mesi del calendario cinese sono lunari ed hanno inizio quando a Pechino si può osservare la Luna nuova. Il momento esatto viene calcolato con notevole precisione già da V secolo a.C., quando il matematico ed astronomo He Chengtian ha proposto di considerare la durata del mese sinottico pari a 29 giorni e 399/752, un valore che si discosta da quello oggi accettato per soli quattro decimi di secondo. Pag. 114 L'osservazione casuale dello Huygens diede inizio ad una intera sottobranca della matematica: la teoria degli oscillatori accoppiati. Questi sono molto comuni in natura e sono particolarmente presenti negli esseri viventi. Si pensi, per esempio, alle cellule pacemarker dl cuore, alle cellule del pancreas che secernono l'insulina e alle reti di neuroni che nel cervello e nel midollo spinale controllano attività ritmiche come respirare, correre, masticare. Ma non tutti gli oscillatori devono essere confinati allo stesso organismo: si pensi ai grilli, che friniscono all'unisono, o ai raduni di lucciole che lampeggiano sincronizzate. Pag. 118 Abbiamo aperto questo capitolo parlando di comportamenti annuali di due specie di uccelli, ma poi abbiamo incentrato il nostro discorso sul complesso meccanismo genetico che permette a piante e animali di mantenere ritmi circadiani. Cerchiamo allora di capire come questi due aspetti si possano integrare tra loro. Osserviamo anzitutto che cicli circannuali nell'attività delle gonadi, nella muta del pelame, nella quantità di cibo ingerito e nel peso corporeo sono comuni in molti mammiferi. Questi cicli sono accuratamente temporizzati, in modo da dare la maggiore possibilità si sopravvivenza non solo alla prole ma all'animale stesso, preparandolo in anticipo, per esempio, ai rigori dell'inverno. Per mantenere questi ritmi così lunghi i mammiferi utilizzano due meccanismi diversi. Uno è il fotoperiodismo, cioè la risposta alla diversa durata del giorno nel corso dell'anno. In genere i giorni lunghi attivano il rilascio della prolattina, che non stimola solo la produzione del latte, ma permette anche di trattenere acqua e mobilizzare il grasso durante l'esercizio fisico, componenti importanti della fisiologia estiva, mentre i giorni brevi sopprimono la prolattina e producono adattamenti invernali, incluso lo sviluppo di un pelame più denso ed isolante. Il secondo meccanismo è invece la generazione di un ritmo circannuale , comune in molti animali, che vivono e si riproducono per diverse stagioni e a tutte le latitudini.
----Contrappunto, Un mezzanino a Soap Country, di Riccardo Chiaberge, Il Sole 09.05.2010
Tv, cattiva maestra, inveiva Karl Popper, che peraltro non la guardava mai: potere pervasivo e maligno, che corrompe le coscienze e alleva criminali. Ma Popper, diciamolo, era un vecchio trombone, all'Università del pensiero liberale lo metterebbero tutt'al più a spolverare la cattedra di Putin. E comunque i dati gli danno torto: in molti paesi, la televisione esercita in influsso benefico. Cambia i comportamenti della gente, ma in meglio. Insomma, è una buona maestra. In Brasile o in India, per esempio, le tanto denigrate soap operas hanno fatto da levatrici alla liberazione femminile. Un'economista della Bocconi, Eliana La Ferrara, sostiene che dove arrivano le telenovela di Rete Globo crollano gli indici di natalità: le donne imitano le eroine della tivù e smettono di farsi maltrattare dai mariti. Noi, che rispetto al Brasile siamo avanti parecchie Leghe, la nostra Rete Globo l'abbiamo mandata al governo, e le soap operas le viviamo nel quotidiano. Siamo una soap country, dove la fiction non ha più niente da insegnare alla realtà. Ma le teste pensanti della Rai ci provano ugualmente, e hanno messo in cantiere alcuni serials di alto valore etico, già approvati dal ministro Biondi. Eccoli. Agrodolce e Gabbana: due preziosi stilisti (interpretati da Ficarra e Picone) alle prese con le angherie del fisco italiano. In una delle puntate più avvincenti, la coppia fugge fra gli agrumeti, in mutande griffate, con una pattuglia di fiamme gialle alle calcagna. Neighbours (vicini di casa): due miti coniugi brianzoli, esasperati dal fracasso dei confinanti stranieri, perdono la trebisonda. E i giudici politicizzati li perseguitano.
436
Abdullah e i suoi fratelli, liberamente ispirato al film di Visconti: immigrato islamico vorrebbe costruire una moschea a Milano, ma dopo un incontro con Magdì Allam si converte, diventa ostetrico alla Mangiagalli in quota Cielle e combatte la piaga della pillola abortiva. Un mezzanino al sole: ragioniere ligure riceve in dono da uno sconosciuto un appartamento con vista sul Colosseo. Solo dopo qualche centinaio di puntate scoprirà che l'anonimo benefattore è un potente prelato. Così il ragioniere, che si era allontanato dalla Chiesa per le molestie subite da chierichetto, ritrova la fede. Dio esiste, e firma assegni circolari!
----Paolo Rumiz, E' Oriente, ed. Feltrinelli, 2003 Mi sveglio per un attimo, poi riprendo là dove sono rimasto. Sogno un temporale che si prepara con un silenzio d'afa, ronzio di ventilatori, biciclette e litanie per la Madonna Nera dell'oceano. Poi il cielo ribolle come un bancone pieno di calamari vivi, diventa un arco voltaico, gli alberi hanno spasmi d'agonia, un pulviscolo giallo carico di ozono riempie il cielo e si gonfia l'aliseo. Scrosci che mi buttano a terra, lampi verdi, tuoni da battaglia navale. Fulmini di tutti i tipi. Diagonali, a raffica, gemelli, alosanga, globulari. Implosioni, deflagrazioni, nubi che si illuminano di sangue al loro interno, come una lampada liberty. Poi la luce si fa strada, pulita, oltre una foresta di uccelli, limoni e tamarindi.
….Un sistema che cancella meticolosamente i segni della morte non può sopportare ciò che dura e rammenta l'eterno, universo incluso. Così, privati dell'orizzonte, ci ritroviamo a cercare le nostre luci primordiali senza più avere l'alfabeto per leggerle, a cercare stelle di plastica e soli da supermercato, frugando alla rinfusa sotto le voci superstizioni, creme abbronzanti, oroscopo, estasi mistica, canzonette, esoterismo. A viaggiare nel delirio cosmico, tra svastiche e soli alpini, guru, orge equinoziali e ossessioni suicide di gruppo. ...Sosta in una fattoria con maiali, puzza boia. Bisogna vederle le porcilaie del Nord, quando arriva da mangiare. Appena la broda borbotta nei tubi e si incanala nella prima mangiatoia, un fremito s'impossessa dell'intero pentolone padano. Altro che mucca pazza, la follia vera è qui. Scatta una baraonda contagiosa, indescrivibile; come se un mestolo enorme creasse un vortice di milioni di animali, scatenando in ogni box un samba di schiene, cosce e culi che si scavalcano, annaspano, nuotano come un branco di barracuda dentro a una vasca da bagno. Solo che i maiali, al contrario dei pesci, non stanno zitti. Urlano come indemoniati; gridano una fame atavica, metafisica, primordiale. Emettono uno stridio spaccatimpani, come se un milione di forchette grattassero all'unisono il fondo di un piatto. Il porco ha fretta di mangiare. Ha dentro qualcosa che gli ordina di consumare in un lampo i suoi otto mesi di vita prima del Tritacarne Finale. L'altare del consumo di massa.
------------Enzo Bettiza, Esilio, Mondadori 1996 Probabilmente non mi sarei mai messo a scrivere le righe che seguiranno se non fosse scoppiata la guerra nell'ex Jugoslavia e se la particolarissima regione, in cui sono nato, non ne fosse stata offesa, sconvolta e mutata. Questa regione, una lingua di terra carsica e frastagliata, all'incirca lunga seicento chilometri, che con centinaia di isole e di isolotti si affaccia sull'Adriatico Orientale e che una catena montuosa divide con nettezza non sempre chiara dall'Erzegovina e dalla Bosnia, è la Dalmazia ex jugoslava, ex austriaca, napoleonica, veneziana, ungherese, bizantina, romana e illirica. Oggi croata. Terra, come si vede, di continui passaggi di mano, continui baratti di dominio e incroci di civiltà. Occidentale per tanti aspetti e orientale per altri, l'exeità incalzante nei secoli le ha conferito un mutevole carattere cosmopolita e poliglotta, innestato su un fondo illirico ancestrale, roccioso e misterioso. Se volgiamo, una piccola nazione incompiuta perché da sempre aperta l''influsso di stirpi e culture diverse, spesso contrastanti o addirittura ostili tra di loro.
437
...Nicolò Tommaseo, il grande filologo di Sebenico, poeta e scrittore bilingue, osava ammonire con un certo orgoglio illirico gli ignari: “Badate che la Dalmazia è più lontana dall'Istria di quanto Malta lo sia dall'Inghilterra”. Tale drastica e quasi profetica affermazione è stata realizzata appieno, come sulla carta geografica, dalla quinta guerra balcanica o, se vogliamo, dalla terza guerra europea del secolo.
….I miti non sono né veri né falsi: sono escrescenze mentali primigenie, preistoriche, tribali, alla loro maniera infantili e amorali. Travasati come droga eccitante in una contemporaneità drammatica, in una crociata di riconquista e di rivincita, di riscoperta e di riaffermazione violenta della propria identità, possono diventare però dinamiche e distruttive. Paradossalmente, proprio nei gravi momenti di emergenza storica, il mito può diventare uno stimolante simbolo antistorico, un propellente insieme tossico e vitale, moralmente quasi neutrale nonostante l'apparente sua faziosità e parzialità.
Dilemma : se quando a Roma smette di piovere si dice che ha spiovuto, a Trieste come si dice quando smette la bora? Il 7 giugno 2010 visita a La Brigue dove, previo appuntamento, ho incontrato la Vicesindaco, tale Franca Agnès, già pettinatrice a Tenda. Per primo mi ha condotto ai sette archi chiedendomi le sensazioni che avvertivo, mah! Tali arcate sono state chiuse da una cancellata ed è un vero peccato perché sono molto suggestive: in realtà era un ricettacolo per defecatori. Abbiamo fatto un giro intorno alla chiesa di N.D. de Fontaines e poi ci siamo introdotti. Costei gode fama di grande esperta esoterica, massone, sta scrivendo un testo sui tarocchi mascherati negli affreschi; il suo atteggiamento era molto accademico e saccente e mi guardava come un fisico nucleare può guardare uno scalpellino. L'unica cosa che mi ha detto è che gli affreschi bisogna vederli come se si guardasse dal di dietro: è tutto ma è un bel niente. Le ho fatto alcune domande su Roquebillière, su Pigna, su San Fiorenzo di Bastia e su altre cose ma ha sempre risposto con sufficienza. A questo punto mi son ricordato che Elise mi aveva detto che la Agnès sembra raffigurata nel Giudizio Universale nella peccatrice per adulterio, figura molto strana di una donna la cui testa è maschile, con tanto di baffi. La realtà è che la suddetta è molto disprezzata se non odiata da tutte le ragazze che sorvegliano la cappella. Le ho poi chiesto se conosceva la storia o leggenda della Masca Revelli: e qui si è un po' esaltata raccontando che a fine '400 o a fine '500 (non sapeva la data) una donna di Tenda è stata perseguitata per stregoneria: imprigionata, riusciva sempre a scappare, compiendo gesti clamorosi come la trasformazione dei suoi inseguitori in animali vari. Si sarebbe rifugiata sulle montagne alle spalle di Tenda, verso il Bego e avrebbe dato il nome alla Valmasque, uno dei tre accessi da Casterino appunto per il monte Bego. Da lì avrebbe lanciato una maledizione consistente in una disgrazia con cadenza settennale: secondo la Agnès ciò si è sempre verificato anche nei tempi attuali. Al mio ritorno le ho spedito una mail di ringraziamento allegando una mia lettera di 10 anni or sono al Sindaco di La Brigue circa una mia ipotesi di sala ipogea al di sotto della chiesa: neanche ha risposto, ma così vanno le cose fra gli ignoranti.
-------------------------Giorgio Cantù, Le drammatiche profezie delle piramidi, G. De Vecchi ed. Milano, 1976 (che strano questo testo: era partito così bene con l'esposizione di varie teorie relative alle misure ed agli orientamenti, per poi cadere in un bieco riporto di posizioni molto più prosaiche e fantasiose. Pare che avesse avuto un certo successo)
438
pag. 136 Premessa questa critica aspra di Ceram, che riassume le tesi di tutti gli scienziati che non riconoscono attendibilità alcuna alle “speculazioni dei mistici”, vediamo cosa trovarono l'ingegnere inglese John Taylor e l'astronomo Charles Piazzi Smyth. Anzitutto il P greco: dividendo la lunghezza del lato di base per la metà dell'altezza, si ottiene 3,14159 cioè fino a cinque decimali. Duemila anni dopo la costruzione della piramide di Cheope, Pitagora definì lo stesso numero con 3,1/7. Solo diciassette secolo d. C. Si poté superare l'approssimazione pitagorica, giungendo a calcolare con esattezza il P greco in 3,14159 che è appunto il quoziente ricavato dall'analisi dei rapporti sulla piramide. Per ottenere la distanza fra il sole e la terra, si è osservato che basta moltiplicare per 1 miliardo l'altezza della piramide, in qualunque unità di misura si esprima: altra stranissima coincidenza. Per compiere la sua orbita intorno al sole, la terra impiega 365,2424 giorni. Ora, dividendo la lunghezza del lato di base della Grande Piramide per 365,2424, si ottiene, per approssimazione, la decimilionesima parte del raggio terrestre: 63,7 cm. Taylor osservò una strana coincidenza: dividendo in 25 parti questa misura di lunghezza, si ottiene il pollice inglese, che è quasi analogo a quello usato dagli egiziani. Il valore ottenuto corrisponde a 2, 548 cm. Taylor andò più in là, nella sua dimostrazione delle relazioni cosmologiche, riscontrate nelle misure della Grande Piramide. Conosciuto il volume del monumento e il peso specifico del materiale di costruzione impiegato, egli calcolò in 5.955.000 tonnellate il peso complessivo della piramide, che risulta così essere la milionesima parte del peso complessivo del nostro pianeta. E qui non siamo nel campo delle misure ridottissime alle quali allude Ceram. Charles Piazzi Smith, il quale prese le mosse proprio dagli studi di Taylor, si convinse che gli egiziani antichi, o meglio i costruttori, o meglio ancora il progettista della piramide di Cheope, in possesso di eccezionali nozioni di astronomia, aveva stabilito rigorose relazioni fra le misure geometriche e goniometriche del monumento e il calcolo del tempo. Sulla strada di questa ricerca, nella quale egli era sorretto dalla propria scienza, (aveva descritto, a soli 26 anni, la cometa di Halley e la grande cometa del 1843), confermò l'equivalenza del pollice piramidale con quello inglese: la relazione è di 1,001. Secondo le sue osservazioni, che tante critiche dovettero poi costargli, questo pollice reale, applicato alle misure interne della piramide, risultava pari alla durata di un anno, se si consideravano i grandi avvenimenti della storia rapportati alle misure dei corridoi. Dalla data della Crocifissione del Cristo ai suoi giorni, Piazzi Smith lesse nei corridoi l'intera storia del genere umano: dal momento della sua scoperta in poi, le ulteriori misure dovevano considerarsi vere e proprio profezia ( nota mia: assolutamente arbitrario e gratuito sia la partenza (crocifissione del Cristo) sia l'arrivo (1860)
This were to be new made when thou art old, And see thy blood warm when thou feel'st it cold.
Sarebbe il tuo rinnovamento quando già sarai vecchio Vedrai il tuo sangue ardere quando già ne sentirai il gelo. W. Shakespeare, sonetto, trad. di G. Ungaretti
-------------------------------------------
Leonardo Sciascia, 1912+1, Adelphi, 1986
439
Non facciamo, da vivi, che pronunciare invano il nome di Dio. Da morti, forse, non lo pronunceremo più. E crediamo, da vivi, che parole come “verità”, “giustizia”, “poesia”, lo scavarle dentro di noi e nei fatti dei nostri simili, ce le avvicinino: ma accostandoci alla morte andiamo scoprendo, per improvvisi e fuggevoli avvertimenti, che invece ce lo allontanano, quasi fossero una cospirazione contro di Lui, parole d'ordine di un attentato continuamente e vanamente predisposto. L'essere è, il non essere non è. E se fossero la stessa cosa? Pare che D'annunzio dicesse del Marinetti che era un cretino con qualche lampo di imbecillità e si può dire lampeggiante la lettera/manifesto contro il tango ed il Parsifal. In appendice riporta il manifesto di Marinetti contro il tango e contro il Parsifal, foglio volante che porta la data del 11 gennaio 1914, avvertendo che lui non deve essere accusato di intolleranza verso il Marinetti ed il futurismo: Un anno fa, io rispondevo ad una inchiesta del “Gil Bas” denunciando i veleni rammollenti del tango. Questo dondolio epidemico si diffonde poco a poco nel mondo intero e minaccia di imputridire tutte le razze, gelatinizzandole. Perciò noi ci vediamo ancora una volta costretti a scagliarci contro l'imbecillità della moda e a sviare la corrente pecorile dello snobismo. Monotonia di anche romantiche, fra il lampeggio delle occhiate e dei pugnali spagnuoli di De Musset, Hugo e Gautier. Industrializzazione di Baudelaire, Fleurs du Mal ondeggianti nelle taverne di Jean Lorrain, per voyeurs impotenti di Huyssmans e per invertiti alla Oscar Wilde. Ultimi sforzi maniaci di un romanticismo sentimentale decadente e paralitico verso la Donna Fatale di cartapesta. Goffaggine del tango inglesi e tedeschi, desideri e spasimo meccanizzati da ossa e da fracs che non possono esternare la loro sensibilità. Plagio dei tanghi parigini ed italiani, coppie-molluschi, felinità selvaggia della razza argentina stupidamente addomesticata, morfinizzata ed incipriata. Possedere una donna non è strofinarsi contro di essa, ma è penetrarla. -Barbaro! Un ginocchio fra le cosce? Eh via! Ce ne vogliono due! -Barbaro! Ebbene, sì, siamo barbari! Abbasso il tango e i suoi cadenzati deliqui. Vi pare dunque molto divertente guardarvi l'un l'altro nella bocca e curarvi i denti estaticamente l'un l'altro, come due dentisti allucinati? Strappare...? Piombare...? Vi pare dunque molto divertente inarcarvi disperatamente l'un l'altro, per sbottigliarvi a vicenda lo spasimo, senza mai riuscirvi...? o fissare la punta delle vostre scarpe, come calzolai ipnotizzati...? Anima mia, porti via il numero 35...? Come sei calzata, mia sooogno...! Anche tuuu...! Tristano ed Isotta che ritardano il loro spasimo per eccitare re Marco. Contagocce dell'amore. Miniatura delle angosce sessuali. Zucchero filato del desiderio. Lussuria all'aria aperta. Delirium tremens. Mani e piedi di alcoolizzati. Mimica del coito per cinematografo. Walzer masturbato. Pouah! Abbasso la diplomazia della pelle! Viva la brutalità di una possessione violenta e la bella furia di una danza muscolare esaltante e fortificante. Tango, rullio e beccheggio di velieri che hanno gettato l'ancora negli altiforni del cretinismo. Tango, rullio e beccheggio di velieri inzuppati di tenerezza e stupidità lunare. Tango, tango, beccheggio da far vomitare. Tango, lenti e pazienti funerali del sesso morto! Oh! Non si tratta certo di religione, di morale, né di pudore! Queste tre parole non hanno senso, per noi! Noi gridiamo Abbasso il Tango! In nome della Salute, della Forza, della Volontà e della Virilità.
Claude Cahen, Oriente e Occidente ai tempi delle Crociate, Mulino 1986, Bologna (scheda di presentazione a firma S.G. Sulla rivista I viaggi di Erodoto, aprile 1987) (mia nota: finalmente bisogna imparare a leggere la storia dal punto di vista degli “altri” cioé non la solita unilaterale esposizione trionfalistica dei presunti vincitori. Mi piacerebbe trovare qualche testo sui disastri compiuti dai Crociati scendendo lungo il Danubio) Di fronte ai Crociati non ci sono semplicemente i musulmani che occupano Gerusalemme; la lunga esperienza di tolleranza religiosa e di capacità di amalgamare il diverso che caratterizza l' Islam fa sì che in Siria esistano ancora alla
440
fine dell' XI secolo i nestoriani e monofisiti, maronisti e cristiano bizantini arabizzati (i melchiti), senza contare gli ebrei, gli armeni e le comunità sorte dal frazionamento religioso dei musulmani stessi, come i drusi. Questo mondo composito è a sua volta in pieno movimento in seguito all'arrivo delle tribù turche. Dal punto di vista degli aspetti profondi la battaglia di Marzinkert del 1071, con la quale i turcomanni consolidarono la loro presenza nell'Asia Minore bizantina, ha certo un'importanza maggiore dell'episodio crociato. Il peso sull'intero Medio Oriente di ciò che venne accadendo tra il XI ed il XIII secolo nel mondo dei nomadi della montagna e delle steppe asiatiche è certo maggiore di quello rappresentato dalle Crociate. Lo spirito di crociata, del resto, durò poco all'interno dell'Oriente latino, che sopravvisse perché seppe inserirsi nelle regole di vita di questo mondo in fermento. “Le Crociate sembrano aver poco interferito in quello che stava accadendo (pag. 275): è la decadenza di Bagdad o il risveglio dell'Iran , la riconduzione dell'Egitto nell'ortodossia sunnita da parte del Saladino (che era curdo) o la comparsa dei primi nomadi dalla Mongolia a fare da autentico quadro che dà un significato alle origini e alla vita dell'Oriente latino”. Sotto la rigorosa analisi condotta da Cahen cade in particolare un altro mito, quello che vuole le crociate all'origine del risveglio del commercio cristiano-occidentale nel Mediterraneo. Al contrario “questo esisteva prima di lei, continuò ad esistere prima di lei” (pag. 260). Le fortune di Amalfi, Pisa, Genova e Venezia furono incoraggiate dalle Crociate non più di quanto in fin dei conti furono danneggiate. I documenti del commercio veneziano attestano che nei primi 70 anni del XII secolo, contro 200 viaggi a Costantinopoli e 120 in Egitto, se ne contano 108 in Oriente, meno di un quarto del totale. -------------------------------------------
Le Matin L'aurore sur le front du jour Sème l'azur, l'or et l'ivoire, Et le soleil, lassé de boire. Commence son oblique tour...
La lune fuit devant mon yeux; La nuit a retiré ses voiles; Peu à peu, le front des étoiles S'unit à la couleur des cieux....
Une confuse violence Trouble la calme de la nuit, Et la lumière avec le bruit Dissipe l'ombre et le silence....
Il est jour: levons-nous Philis; Allons à notre jardinage
441
Voir s'il est, comme ton visage, semé de rose et de lis. Viau O ma fiancée à travers les branches en fleur, salut
Claudel
La Jeune Parque Qui pleure là, sinon le vent simple, à cette heure Seule, avec diamants extremes?... Mais qui pleure. Si proche de moi-meme au moment de pleurer?... Tout-puissants étrangers, inévitables astres, Qui daignez faire luire au lointain temporel Je ne sais quoi de pur et de surnaturel...
Salut! Divinités par la rose et le sel Et les premiers jouets de la jeune lumière, Iles...
Valéry
Le parler que je aime, c'est un parler simple et naif, tel sur le papier qu'à la bouche, un parler succulent et nerveux, court et serré, non tant délicat et peigné comme véhément et brusque. \ Montaigne
Ma bohème
Je m'en allais, les poings dans mes poches crevéès; Mon paletot aussi devenait idéal; J'allais sous le ciel, Muse! Et j'etais ton féal; Oh! là! là! Que d'amours splendides j'ai revées!
Rimbaud
442
Nous allons devant nous, les mains le long des poches, Sans aucun appareil, sans fatras, sans discours, D'un pas toujours égal, sans hate ni recours, des champs les plus presents vers le champs les plus proches.
Péguy
L'innocente beauté des jardins et des jours Allait faire à jamais le charme de ma vie.
La Fontaine
Prière à Dieu Ce n'est plus aux hommes que je m'adresse; c'est à toi, Dieu de tous les etres, de tous le monde et de tous le temps; s'il est permis à de faibles créatures, perdues dans l'immensité et imperceptibles au reste de l'univers, d'oser te demander quelque choses, à toi dont les décrets sont immuables comme èternels, daigne regarder en pitié les erreurs attachées à notre nature; que ces erreurs ne fassent point nos calamités. Tu ne nous a point donné un coeur pour nous hair et des mains pour nous égorger; fais que nous nous aidions mutuellement à supporter le fardeau d'une vie pénible et passagère; que les petites différences entre les vetements qui couvrent nos ébiles corps, entre tous nos languages insuffisants, entre tous non usages ridicules, entre toutes nos lois imparfaites, entre toutes non opinions insensées, entre toutes nos conditions si disproportionnées à nos yeux et si égales devant toi; que toutes ces petites nuances qui distinguent les atomes appellés homme ne soient pas des signaux de haine et de persécution: que ceux qui allument des cierges en plein midi pour te célébrer supportent ceux qui se contentent de la lumière de ton soleil; que ceux qui couvrent leur robe d'une toile blanche pour dire qu'il faut t'aimer ne détestent pas ceux qui disent la meme chose sous un manteau de laine noire: qu'il soit égal de t'adorer dans un jargon formé d'une ancienne langue ou dans un jargon plus nouveau; que ceux dont l'habit est teint en rouge ou en violet, qui dominent sur une petite parcelle d'un petit tas de la boue de ce monde et qui possèdent quelques fragments arondis d'un certain métal, jouissent sans orgueil de ce qu'ils appellent grandeur et richesse, et que les autres les voient sans envie: car tu sais qu'il n'y a dans ces vanités ni de quoi envier ni de quoi s' enorgueillir. Puissent tous le hommes se souvenir qu'il sont frères! Qu'ils aient en horreur la tyrannie exercée sur les ames, comme ils ont en exécration le brigandage qui ravit par la force le fruit du travail et de l'industrie paisible! Si les guerres sont inévitables, ne nous haissons pas, ne nous déchirons pas les uns les autres dans le sein de la paix, et employons l'instant d notre existance à bénir également en mille langages divers, depuis Siam jusqu'à la Californie, ta bonté qui nous a donné cet instant. Voltaire (che fatica a trascrivere questo testo: avrei fatto prima a tradurlo al volo, ma la cosa sarebbe stata arbitraria) Pantalon: colui che ha due pantaloni e ne vende uno per comperare questo libro.
------------------------------------------------------George Christoph Lichtenberg, lo Specchio dell' anima
443
Caro Direttore,l'impiegato del registro seguì, avendo sulle labbra un malizioso filo di sorriso, il movimento della destra; lasciò che togliessi di tasca la penna, e che con l'altra mano libera tirassi fuori il libretto degli assegni, anzi, proprio mentre stavo per deporre questo oggetto sulla scrivania: -Ah, no -disse- ah, no, caro signore. Io, lo Stato, non accetto che denaro contante, o al massimo, un assegno circolare a me debitamente intestato.... -.Siccome ero l'ultimo cittadino entrato quella mattina nell'ufficio, e forse anche perché mezzogiorno era suonato da alcuni istanti, l'impiegato si alzò ed incominciò ad abbottonarsi la camicia fino allora aperta sul petto bruno. Io non la conosco, posso dubitare di lei e della sua solvibilità, ma anche se la conoscessi e la sapessi solvibilissima, non accetterei. In piedi, perdeva gran parte della sua solennità, che subito ritrovò quando, a prevenire le mie obiezioni,, allungò un braccio, quasi volesse tapparmi la bocca, dicendo: -Oh, la prego, nessun assegno da lei firmato. Io, lo Stato, non accetto assegni....-.Quando disse : -Io, lo Stato-, con una comica solennità, il funzionario del registro cui mi ero rivolto per pagare il plus valore d'un frammento di pineta, aveva l'aria di chi, ostentando l'assurdità di un meccanismo sociale, tenta di giustificarsi. Infine, la vicinanza dell'ora di colazione rendeva l'uomo incline alla confidenza. Infatti, costringendomi a seguirlo sino alla finestra dell'ufficio, mi indicò la strada deserta ed assolata, dicendomi, a bassa voce, quasi non volesse farsi udire proprio dal fantomatico Stato che ci sovrastava ora entrambi: -Stia a vedere....-.Apparve in quel momento, uscito dal portone dell'edificio pubblico, un uomo piuttosto grasso, alto, con il cappello, nel quale riconobbi subito il cittadino che mi ero trovato di fronte prima di essere ammesso nella stanza per negoziare l'imposta al pagamento della quale ero stato convocato. Ricordai che l'uomo,entrando, aveva sbandierato un assegno bancario dicendo: -Così va bene?-. Segno che era la prima volta che veniva e che, l'antecedente, era stato mandato indietro per qualche irregolarità.-Quello- mi disse l'impiegato chinato con me per osservare il contribuente che si allontanava sull'asfalto senz'ombra, - Quello è Paolo G., proprietario di una grossa tenuta nelle bonifiche del lago; uomo solvibile non soltanto per le terre, le case che possiede, ma perché esce da una famiglia di gente onestissima che, come lei ha visto, cura gli affari da sé, non attraverso commessi o fattorini. Io, lo Stato, gli avrei detto: -Indietro! Anche se so che con la sua firma su un pezzo di carta si potrebbe comperare metà della nostra provincia-.Ogni italiano che abbia un minimo di sensibilità civile e di suscettibilità personale troverà nei suoi ricordi materiale numeroso ed adattissimo a documentare come assurdamente si svolgono le relazioni fra lo Stato ed il cittadino. Come se i pubblici impiegati, gli impiegati, le mezze maniche, gli imbrattacarte che stanno al di là dallo sportello non fossero uomini della nostra nazione, ma agenti di un esercito di occupazione che applicano in un territorio occupato le loro leggi, né si sentono in obbligo, data la condizione di occupanti, di spiegarcene il meccanismo, di giustificarcene la stranezza. A questo proposito, anzi, ogni italiano, in mezzo a molti altri amari ricordi, ha dell'occupazione militare angloamericana che il nostro paese ebbe a subire fra il 1944 e il 1945, l'impressione di un meccanismo amministrativo affidato al buon senso e ad una reciproca umana cordialità. Trovo anzi nel taccuino delle mie rimostranze contro lo Stato, due aneddoti. Scappato da Roma in Emilia, e poi in seguito a certi casi fuggito in Toscana, allo scopo di ritrovarmi il più presto possibile in territori non soggetti alla dura occupazione tedesca, venni nel settembre del 1944 nella mia città natale. Appena liberato, mi recai in municipio per la carta di identità, sottrattami in alcune traversie da agenti della Repubblica di Salò. Sarò spicciativo, pensavo, farmi riconoscere; ed anzi il riconoscimento mi parve facilissimo quando mi trovai di fronte un compagno delle elementari, di buona famiglia, ridotto a scribacchiare. Non so se davvero, sul momento, io non sia stato da lui riconosciuto; ma il riconoscimento non poté mancare dopo che io ebbi declinato le mie generalità. M'osservò comunque con sospetto, mi fece notare che nella confusione della guerra non era detto che i miei dati anagrafici potessero essere rinvenuti, lì nel municipio in cui ci trovavamo, in sole ventiquattro ore, e che semmai avrei dovuto addurre dei testimoni. Quali? Domandai guardandomi in giro e ritrovandomi assediato da sconosciuti. Allora il mio compagno delle elementari ricorse al buon senso: -Ma diamine -disse- ci sarà ben qualcuno che è disposto a testimoniare che tu sei lucchese, nato qui fra di noi....-. Finì che accettò la testimonianza di due o tre sconosciuti che affermarono che sì non ero una faccia nuova anche se ignoravano chi fossi.
La stessa scena si svolse, ma con un diverso andamento, poche ore dopo nell'ufficio alleato che dava permessi a coloro che volevano raggiungere Roma. Un ufficiale americano non mise in dubbio che io avessi casa nella capitale; soltanto quando ebbi spiegato che venivo dall'Emilia, m'osservò con un'ombra di sospetto. Mi disse poi: -Parola d'onore?-. Alla risposta affermativa mi consegnò il pass aggiungendo allegramente: -Buon viaggio!-. Invece da noi quell'impressione di sottostare alle regole di un popolo estraneo è costante, ogni volta che si accosti l'impiegato d'un ufficio pubblico. Nel maggio scorso, per esempio, avvicinandosi gli scrutini, allo scopo di giustificare le assenze dal corso di ginnastica di mia figlia, ottenuto da un medico un certificato, corsi al municipio, in via Larga, per una vidimazione che che mi era stata detta indispensabile. Certo, dicevo tra me, avvicinandomi all'ufficio comunale, mi domanderanno se, sul serio, mia figlia è cagionevole di salute, e avendo dinanzi a me l'immagine di lei, grazie al cielo, robusta, mi confondevo. Non era possibile, ragionavo tra me, spiegare che avendo sostenuto oltre al peso dei normali corsi della sua scuola, lezioni di lingue straniere, non aveva materialmente trovato il tempo per recarsi in palestra. A rigore, si poteva parlare anche di un certo deperimento, dovuto forse più che agli studi al cattivo inverno da noi sostenuto in Lombardia. Davanti allo sportello mi trovai preceduto da sette, otto persone, tutte con certificati in mano.
444
Ci vorranno, stavo calcolando, almeno dieci minuti per persona; ma non arrivai a far il conto del tempo perché la fila incominciò a sgranarsi con inaspettata rapidità. Un tonfo, uno struscio di passi ed una voce monotona, accidiosa che diceva:-Il seguente!-. Non m'avevano domandato bolli che richiedessero lo sborso di denaro; non m'avevano interrogato sulle ragioni della mia richiesta di vidimazione, non s'erano interessati né a mia figlia né a me; soltanto avevano voluto un mio gesto di sottomissione, costringendomi alla resa al meccanismo di un rituale privo perfino di quella dignità che talvolta rende accettabile e suggestivo ciò che avviene in una chiesa anche agli occhi degli scettici. Non reggeva neanche la vecchia giustificazione dello Stato costretto a tenere in funzione un complicatissimo meccanismo allo scopo di dare da mangiare ad alcuni milioni di italiani, Dietro allo sportello avevo intravisto un uomo umiliato, stanco di somministrare timbri dalla mattina alla sera. Son sicuro che se avessi attaccato discorso non avrebbe nemmeno avuto il coraggio di tapparmi la bocca con un sonoro: -Io, lo Stato-. Mi sarei visti addosso due occhi carichi di antica tristezza; quella dell'uomo che paga con l'umiliazione il diritto di respirare. Arrigo Benedetti, Il Mondo, 19 ottobre 1954
L'assenza sta all'amore come il fuoco al vento: lo spegne il piccolo, lo fa divampare il grande. Roger de Bussy-Rabutin, Storia amorosa dei Galli
Poi il terzo angelo suonò la tromba e dal cielo cadde una grande stella, ardente come una torcia, che piombò su un terzo dei fiumi e sulle sorgenti delle acque. Il nome della stella è Assenzio; e un terzo delle acque diventò assenzio. Molti uomini morirono a causa di quelle acque, perché erano diventate amare. Apocalisse, VIII, 10-11
L'accademico, è un tipo che ha un piede nella tomba e che scrive con l'altro.
Anonimo
Accademico? No, grazie. Il costume costa troppo caro. Aspetterò che ne muoia uno della mia taglia. Tristan Bernard, Matilde e i suoi miti.
Gli accademici francesi si chiedono sempre cosa facciano gli altri trentanove sotto la cupola. Philippe Bouvard, Dodici mesi ed io.
L' Accademia? Con la a minuscola, è il corpo di una graziosa ragazza; con la A maiuscola, è un insieme di vecchi barboni. Paul Morand La mort ne suprend pas le sage: il est toujours pret à partir. La morte non sorprende ( anche, non allarma, turba, stupisce) il saggio: egli è sempre pronto a partire. Charles De Gaulle Chi ejacula di sotto non ejacula di sopra
medico bolognese del xv sec
445
Se vuoi avere successo, lavora, perché gli altri non fanno niente
Luigi Barzini senior
Troppi peli per un coglione solo (rif. a De Michelis)
Enzo Biagi
Garrulo, zazzeruto e zuzzurellone (rif. a De Michelis)
Indro Montanelli
L’anno dei Romani incominciava con la primavera; il suo primo mese, l’unico che trae il nome da una divinità, si chiama Martius, da Marte, i tre che seguono desumono i nomi dal germinare = Aprilis, dal crescere = Maius, e dal prosperare = Junius; dal quinto al decimo secondo l’ordine numerico: Quintilis (Luglio), Sexitilis (Agosto), September, October, November, December, l’undicesimo porta il nome del principio, Januarius, alludente alle porte solstiziali, il duodecimo, e nell’anno comune l’ultimo, dal purificare = Februarius. A questa serie che torna incessantemente, si aggiunge per l’anno bisestile, un altro mese senza nome, Mercedomus, mese dei lavoratori che succedeva al mese di Febbraio. Mommsen, Storia di Roma, vol. I pag. 249
E la massima che in politica, ad ognuno é permesso fare ciò che può, si manifestò nella sua sfacciata impudenza. Roma contro Cartagine dopo la prima guerra punica. Mommsen, Storia di Roma, vol II pag.83
La disciplina automatica della pastorizia favorisce un alto grado di lealtà fra le persone del gruppo. Nella maggior parte delle culture nomadi la definizione di essere umano é : “colui che migra”. La parola ‘arab significa “abitante nelle tende”, in contrapposizione con hazar, “abitatore di una casa”; e quest’ultimo é ritenuto un essere meno che umano. \ Bruce Chatwin, Che ci faccio qui?, pag. 269 Una massima sufi dice:a libertà é assenza di scelta”. Credo che questo sia musica devozionale nel senso più alto come sopra , pag.93 Secondo Sthendal l’arte della civiltà consiste “nel combinare i piaceri più delicati… con la frequente presenza del pericolo” come sopra , pag. 364 Come dice sempre la mamma? “Metti il soprabito perché fa freddo” “Non fare tardi la sera”, “Trovati una ragazza da sposare”. Vada per il primo consiglio. da una pubblicità su Capital n.9, sett. 1990
“Tutte le donne sono moleste ed orgogliose ….Se gli uomini fossero liberati dalla donna, la loro vita sarebbe meno empia”.
Catone
Un sistema con una tavola della legge scandita in tre punti. Primo: tu non sai nulla e devi imparare tutto Secondo: per imparare devi lavorare moltissimo. Terzo:devi lavorare con la paura di sbagliare, perché soltanto la paura ti fa imparare bene Gianpaolo Pansa parlando di Giulio de Benedetti
446
Flectitur obsequio curvatus ab arbore ramus; frangis si vires experiere tuas. Con le buone si piega il ramo curvato dell’albero; lo spezzi se metterai a prova la tua forza.Ovidio, Ars Amatoria, libro II 179,180
Iuppiter ex alto periuria ridet amantum, et iubet Aeolios inrita ferre notos. Giove dall’alto ride degli spergiuri degli innamorati e ordina ai venti di Eolo di portarli via come vani. Ovidio, Ars Amatoria, libro I°, 633,634
Quot lepores in Atho, quod apes pascuntur in Hybla, cerula quot bacas Palladis arbor habet, litore quot conche tot sunt in amore dolores: quae patimur, multo spicula felle madent. Quante lepri pascolano nell’ Atos, quante api nell’ Hibla, quante bacche ha l’albero cilestrino di Pallade, quante conchiglie sono sulla spiaggia, altrettanti dolori sono nell’ amore: le punte che sopportiamo trasudano molto fiele. Ovidio, Ars Amatoria, libro II°, 517
Utendum est aetate; cito pede labitur aetas, nec bona tam sequitur, quam bona prima fuit. Bisogna sfruttare l’età; con piede sollecito l’età scivola e non ne viene un’altra tanto buona quanto sia stata la prima (precedente). Ovidio, Ars Amatoria, libro III°, 65
Michel, sul retro dell’immagine mortuaria di sua moglie, ha fatto scrivere che invece di piangere perché non era più, ci si doveva rallegrare perché era stata. Marguerite Yourcenar, Archivi del Nord, pag.252 Gesù ha detto: “c’era un uomo ricco che aveva molto denaro e disse: userò il mio denaro per seminare, mietere, piantare, riempire i miei granai di frutti, in modo che non mancherò di nulla”. Ecco cosa pensava in cuor suo, e quella notte morì. Chi ha orecchio intenda. Logion del Vangelo di Tomaso, Puech pag.337
Gesù ha detto: “siate di passaggio” Logion 42 Vangelo di Tomaso,
Puech pag.334
Non tanto abbiamo bisogno dei servigi degli amici, quanto piuttosto nella fiducia di tali servigi. Epicuro
Bisogna non fingere di filosofare, ma filosofare davvero; non ci occorre infatti apparire sani, ma l’esserlo veramente. Epicuro
E’ stolto invocare dagli dei ciò che ciascuno si può procurare da se stesso.
447
Epicuro
Io invito a costanti piaceri e non a virtù stolte e vuote che turbano con la speranza di premi.
Epicuro
Se Dio secondasse le preghiere degli uomini, assai presto tutti gli uomini morrebbero, perché essi di continuo invocano mali gli uni contro gli altri. Epicuro
La massima ricchezza é la autosufficienza.
Epicuro
Il saggio, come nei cibi cerca i migliori e non i più abbondanti, così non dal tempo più lungo ricava piacere, ma da quello più dolce. Epicuro Si può dire, se mi è permesso esprimere il mio parere, che il Signor de Voltaire valeva da solo tutta una accademia. Federico II, Elogio di Voltaire
Le sole creature che si accoppiano faccia a faccia, sono gli uomini e i sandwich al paté.
Francois Cavanna
L'attualità è ciò che questa mattina sembra essere qualche cosa e, questa sera, non sarà più niente. Jean Mistler
L'adolescenza è l'età in cui i bambini cominciano a rispondere essi stessi alle domande che essi stessi pongono. George Bernard Shaw
L'età è una grazia che bisogna meritare, non un peso da trasportare faticosamente. Jacques de Bourbon-Busset
L'età delle donne si calcola aggiungendo all'età che esse indicano l'età che la loro migliore amica in privato dichiara, dividendo poi per due. Leo Campion
L'età avanza: non sei ancora uscito dal collegio che arrivi ai sessanta anni e, in un batter d'occhio, nei hai settanta. Voltaire, Lettera a d'Argental
Mangiate molto aglio. Rafforza l'organismo ed allontana gli importuni.
448
Alexandre Vialatte
Si ama una donna per quello che non è; la si lascia per quello che è.
Serge Gainsbourg
Si prende un amante come uno specchio, non per guardarlo, ma per guardarsi. Henri Duvernois, Le Veau Gras
Tre operai in un cantiere tagliano delle pietre. Arriva un uomo e domanda a ciascuno ciò che sta facendo. Il primo risponde: io taglio delle pietre. Il secondo: io costruisco un muro. Il terzo: io costruisco una cattedrale. Anonimo
Trattate i vostri amici come un quadro; sistematelo nella luce più favorevole.Jenny Jerome Churchill (madre di Winston)
Amico a prendere, nemico a rendere.
Vecchio proverbio francese
Per trovare un amico voi dovete chiudere un occhio; per conservarlo, tutti e due
Norman Douglas
L'uomo non ha amici: è la sua fortuna che ne ha.
Napoleone I°
Tanto che tu sarai felice conterai tanti amici, Se il cielo si copre di nubi sarai solo. Donec eris felix, multos numerabis amicos, tempora si fuerint nubila, solus eris.
Ovidio, Tristes I, I, 39
L'amicizia è un battello sufficientemente grande per trasportare due persone quando fa bello ed una sola in caso di tempesta. Ambroise Bierce, Il dizionario del diavolo
L'amicizia è un contratto con il quale noi ci impegniamo a rendere dei piccoli servizi a qualcuno con lo scopo di ottenerne dei grandi. Charles de Montesquieu, Pensieri diversi
L'amore nasce dal niente e muore dal tutto.
Alphonse Karr
449
L'amore è cieco, ma il matrimonio gli rende la vista.
Georg Christoff Lichtenberg
Il Cristo è un anarchico che ce l'ha fatta. Ma da allora è solo.
André Malraux
Non essere anarchico a sedici anni, significa esser privo del cuore. Esserlo ancora ai quarant'anni, è mancanza di giudizio. George Bernard Shaw
Se tutti dicono che sei un asino, allora è tempo di ragliare.
Talmud
-----------------------------------------------------------------------Sì, lo so: so che non bisogna indebolire lo Stato; so che lo Stato è un principio, un'idea o quello che volete d'altro; so che lo Stato lo abbiamo comperato già fatto, su misura, a doppio petto, da Hegel; so che lo Stato è al di sopra di noi, e noi, bene o male, siamo lo Stato; so tutto questo, ma io vi dico, cittadini, che è giunta l'ora di fare i conti con lo Stato e di vedere se, davvero, non si possa fare a meno di lui. Ecco dunque come stanno le cose. Parto da Milano con mia moglie, diretto a Napoli. Salgo sul rapido, col biglietto pagato in tasca, ma non trovo posto. Percorro tutti i vagoni: non c'è assolutamente modo di sedersi; ma ecco che scopro uno scompartimento vuoto. Mia moglie si siede e io sto riponendo le valigie sulla reticella, quando il controllore mi dice: -Questi posti sono riservati ai deputati e alle loro famiglie-. -Noi non abbiamo parenti in Parlamento, nemmeno un secondo cugino, ma il biglietto lo abbiamo pagato-, dico -Non conta, signore, questo scompartimento è riservato-, dice il controllore con voce sicura: una voce che non gli esce dalla bocca ma dai galloni d'oro del berretto. E' quella, cittadini, la voce dello Stato. E non c'è nulla da fare; siamo costretti a rimanere in piedi, nel corridoio. Certo, noi dobbiamo rispettare, amare, onorare lo Stato come un vecchio genitore, ma mia moglie ed io non possiamo sederci e, con il biglietto pagato in tasca, pensiamo a Hegel. Arriviamo a Roma. Depositiamo la valigia ed entriamo in una sala d'aspetto nuovissima, che odora ancora di vernice fresca. L'avete mai veduta, cittadini, quella sala? Non la si può immaginare, non si può descriverla, bisogna vederla con i propri occhi: qualcosa che sta fra la tomba ed una macelleria: una prigione di macigno con quattro sgabelli di marmo, tre grossi tronchi di colonne sui quali hanno fissato tre cuscini di velluto color castagna. E non crediate che quegli sgabelli si possano muovere; no, miei cari, quegli sgabelli sono murati al pavimento per l'eternità. E davanti a quei tre mozziconi si stende un vasto tavolo di marmo, spesso quattro dita, che par fatto apposta per allinearvi sopra filetti di bue e teste di maiale. E i viaggiatori, poveretti, stan lì in quel sacrario fermi, scomodi, avviliti, con gli occhi che cercano di capire: cercano di capire quello che nessuno sa, da anni, ormai: di capire perché lo Stato scelga sempre lo stile più scomodo e costoso; cercano di capire perché lo Stato non riesca a costruire una sala d'aspetto dove il cittadino possa attendere il treno comodamente, in pace. Ma continuiamo. Mia moglie vuole bere un caffé: cerchiamo un bar; sotto una lunga tettoia, ecco il Ristoratore; non è ancora terminato. Vorrei descriverlo, ma come fare? Con quali parole posso illustrarvi la cappa del camino che scende come un imbuto sul bancone del buffet? Una cappa di marmo color lonza, che sale sino al soffitto e resta sospesa nel mezzo della sala; una cappa lunga almeno venti metri e alta sette che per raccogliere tutto il fumo dei fornelli occorre una cappa così vasta. Ma vi ingannate, una cappa sotto cui si possono cuocere balene ai ferri. Certo, si pensa, saranno tanti gli agnelli e i maiali e i tacchini che si arrostiranno lì sotto, che per raccogliere tutto il fumo dei fornelli occorre una cappa così vasta. Ma vi ingannate, perché è una cappa finta, senza sfogo, senza tiraggio, come dicono i fumisti: è un
450
camino decorativo, un capriccio. Ed allora, cittadini io vi domando perché lo Stato spenda tutti quei soldi con scherzi di marmo? Perchè getta via i nostri quattrini in questa maniera? Voi non lo sapete. Io non lo so, nessuno lo sa. Lo Stato, in Italia, è veramente un ente metafisico che nessuno controlla, una grande nube che si stende sulla nostra testa, una nube ora rossa, ora nera, con fulmini, tuoni e lampi. Ma continuiamo: mia moglie ed io raggiungiamo il deposito dei bagagli, un vasto salone con porte strettissime, e qui incontriamo un amico. Egli ci parla della calda stagione, dei suoi figli e delle bellezze della natura. -Vengo dall' Alto Adige – ci dice – perché lassù ho un lavoretto: sto estraendo del marmo scuro per il grande sacrario-. -Quale sacrario?- domando -Quello delle Fosse Ardeatine. Un'opera colossale, bellissima, originale, che sorgerà sulla via Appia. Si tratta davvero di un'idea nuova; trecento e tante casse mortuarie, scolpite in marmo nero, comporranno una specie di piramide. Io sto in Alto Adige appunto per estrarre il marmo che servirà a questa grande opera-. Dice l'amico e ci saluta. E' inutile, cittadini, è inutile che io vi dica cosa ho pensato in quell'istante; è inutile che io vi dica quanto costerà allo Stato quel mausoleo; è inutile che vi dica che i Martiri delle Fosse Ardeatine si possono onorare con una lapide ben scritta, ben incisa, ben collocata. E allora? Come possiamo difenderci da questo Stato che amareggia la nostra esistenza? Io ci ho pensato a lungo, cittadini, ho trasorso notti insonni, tormentate dal dubbio, dallo sconforto, dalla paura; ho sentito la voce cavernosa dello Stato Etico ne quella flautata della Libertà; ho udito la grandine totalitaria contro il vetro della finestra, ed ho sognato Tommaso Campanella e Fourier, e Bakunin che rincorreva Marx; ho trascorso, ripeto, notti interminabili, chiuso in un tunnel senza uscita. Ma oggi, oggi io vi dico, cittadini, che è giunta l'ora della grande riscossa; io vi dico che non dobbiamo più pagare le tasse; se lo Stao spende, noi risparmieremo. A lui il marmo nero, a noi la carta straccia: e vedremo. Ma il vento, ma il vento che piega i cipressi, perché non solleva, Gesù Maria, la vecchia bandiera dell' Anarchia? Leo Longanesi, Gazzetta del Popolo, 17 settembre 1948 --------------------------------------------------------------------------------------
Uno dei dogmi di questa informazione è che l'impresa privata è una benedizione per i lavoratori come per i padroni e che uno spensierato shopping è il miglior modo di vivere. La ricchezza è alla portata di chi lavora, l'assistenza pubblica un incoraggiamento ai fannulloni; circola la storiella della signora impellicciata ed ingioiellata che alla guida di una Cadillac va a ritirare l'assegno di disoccupazione e poi si sbronza nel bar più vicino. Un carattere di questa informazione è di prendere maledettamente sul serio tutto ciò che appartiene al business e di infischiarsene di ciò che appartiene alla morale, liberissima in materia di aborto, omosessualità, dolce morte, sesso, eterna giovinezza, cultrice dei top ten, le classifiche di quelli che hanno venduto di più, che “hanno creato valore”. Il paese del Bene, dei nuovi crociati, dietro il paravento religioso è impegnato nella difesa e nella ricomposizione continua degli interessi. Nessuno sa bene se a comandare sia la mente politica o il braccio militare. Nella Germania nazista lo stato era sostituito da una costellazione di feudi tenuti assieme dal terrore: nell'impero americano il collante è il denaro, il dollaro, parola ripetuta in modo martellante da tutti i media, dall'alba sino al tramonto.
….... 451
La rivelazione piena dell'impero, la deriva dei continenti, è avvenuta dopo la disgregazione del comunismo, da alcuni scambiata per la vittoria della democrazia mentre era la rivincita del mercato, del capitalismo globale americano. Dalla caduta del Muro di Berlino il presidente americano, repubblicano o democratico che fosse, si è presentato senza più infingimenti come il capo suprema di una grande monarchia, di una superpotenza militare benedetta da Dio, l'America, come dice il ministro Ashcroft “che non ha altro Dio che Gesù Cristo” e che ha questo disegno del mondo: “La libera intrapresa a tutti ma la forza militare solo a noi”. Un monarca che dice “possa Dio aiutarci oggi e domani a benedire gli Stati Uniti. Ancora una volta la nostra nazione è tutto ciò che si frappone fra un mondo di pace e un mondo di caos e di allarme perenne. Ancora una volta siamo chiamati a difendere la sicurezza del nostro popolo e la speranza di tutta l'umanità”.
…... Il sistema dei media ha i suoi talloni d'Achille, il controllo assoluto della notizia è impossibile, il superfalco Paul Wolfowitz passa per Singapore e in una conferenza stampa dice: “Perché non abbiamo fatto la guerra alla Corea del Nord che la bomba atomica ce l'ha? Non l'abbiamo fatta perché dal punto di vista economico non aveva nulla da offrirci, l'abbiamo fatta all'Iraq perché ha le più grandi riserve di petrolio del mondo”. E qui si deve tornare all'altra grande menzogna: la guerra per la democrazia. Una bugia così dal naso lunghissimo che non si capisce come possa essere stata concepita, forse per gli americani che non votano e ignorano tutto del resto del mondo. Dunque, l'esercito americano ha le sue basi nell'Arabia Saudita e negli Emirati arabi e non si accorge che sono dei regimi non solo autoritari ma feudali, e a convertirli alla democrazia non ci pensa nemmeno.
…....... L'opinione di Hillary Clinton su Bush e la sua cricca calza perfettamente al Polo delle libertà e al cavaliere di Arcore: “Sono degli estremisti e sono molto chiari su ciò che vogliono. Stanno cercando di smantellare il governo federale, stanno cercando di riempire i tribunali di estremisti il cui compito è quello di abolire la maggior parte dei diritti civili e dei diritti del lavoro, come pure dei sistemi di protezione ambientale, promossi sia dai democratici sia dai repubblicani. Non credo si possa parlare di una cospirazione di destra radicale che viene apertamente perseguito”. E' la fotografia di quanto sta accadendo in Italia, dove il Presidente della Repubblica ha firmato una legge che abolisce quel fondamento della democrazia che è “la legge è eguale per tutti” e lo ha abolito per una ragione che più antidemocratica non si può: la prudenza o la paura verso un personaggio che uno dei suoi consiglieri ha definito “una forza della natura” di fronte alla quale bisogna inchinarsi ed obbedire nel timore del peggio
…. Giunto a questo punto della sua avventura Silvio Berlusconi mette paura con questa sua megalomania travolgente e rancorosa: va in processo a Milano per umiliare anche i suoi avvocati di fiducia che ha stritolato in questi anni come persone e a cui ora insegna il mestiere, parlando per quaranta minuti a braccio con una memoria implacabile da ragioniere. Il prezzo di essergli amico e collaboratore è di annullarsi, sia pure con abbondante retribuzione. Attorno a sé lo sfasciacarrozze Berlusconi fa il deserto. Ridicolizza i suoi giornalisti, ne fa delle macchiette di cui tutti ridono, riduce i suoi ministri a cloni esangui, obbedienti, “identificatelo” ordina ai carabinieri, se qualcuno lo apostrofa. L'Italia non ha più un governo ma una corte spaventata e indecorosa che segue i suoi sfoghi di onnipotenza e di faccia tosta. Accusato di aver corrotto dei giudici, accusa per quaranta minuti uomini politici, imprenditori, malcapitati. Giorgio Bocca, Basso Impero, Feltrinelli, 2003 (incredibile questo cuneese nato nel 1920 che a 83 anni ha la lucidità di analizzare la situazione mondiale ed i riflessi nazionali. Molto opinabile e non condivisibile in molte sue espressioni, ha peccato per essere stato un pennivendolo, ha scritto troppo: ma era il suo mestiere, buon per lui).
Sii tardo di lingua e lesto d'occhio.
M. Cervantes
Se l'orto del tuo cuore è coltivato a rancore sta pur certo che il raccolto sarà amaro.
Anonimo
452
La speranza è un seccatore indiscreto di cui non ci si può liberare.
Kierkegaard
Dubitate di tutto ma non dubitate di voi stessi.
André Gide
Si può essere più furbi degli altri ma non più furbi di tutti gli altri.
Francois de la Rochefoucauld
A proposito della politica, ci sarebbe qualcosa da mangiare?
Totò
L'incompetenza si manifesta con l'uso di troppe parole.
Erza Pound
La lealtà comprata col denaro, dal denaro può essere distrutta.
Seneca
Dalle quali cose eccitato Martino Lutero, frate dell'ordine degli Eremitani, si portò a parlare contro questi questori; prima riprendendo solamente i nuovi eccessivi abusi; poi, provocato da loro, incominciò a studiare questa materia, volendo vedere i fondamenti e le radici dell'indulgenza. Li quali esaminati, passando dalli abusi nuovi a quelli vecchi, e dalla fabbrica alli fondamenti, diede fuora novantacinque conclusioni in questa materia; le quali furono proposte per essere disputate in Vittemberga. Né comparendo alcuno contra di lui, sebben viste e lette, non furono da alcuno oppugnate in conferenza vocale; ma ben frate Giovanni Thecel dell'ordine di San Domenico ne propose altre, contrarie a quelle, in Francfort di Brandeburg. Queste due mani di conclusioni furono come una contestazione di lite; perché passò innanti Martino Lutero a scrivere in difesa delle sue, e Giovanni Ecchio ad oppugnarle; ed essendo andate così le conclusioni come le altre scritture a Roma, scrisse contra Lutero frate Silvestro Prierio dominicano. La qual contesa di scrittura sforzò una parte e l'altra ad uscire della materia e passare in altre di maggior importanza.
….. Ma gli uomini sensati, vedendo la bolla di Leone, restarono con maraviglia per più cose; prima, quanto alla forma, che con clausole di palazzo il pontefice fusse venuta a dechiarazione in una materia che bisognava trattare con le parole della Scrittura divina, e massime usando clausole tanto intricate e così longhe e prolisse, che a pena era possibile di cavarne senso, come se si avesse a fare una sentenzia in causa feudale; ed in particolare era notato che una clausola, la qual dice: inhibentes omnibus ne praefatos errores asserere praesumant, e così allongata con tante ampliazioni e restrizioni, che tra il inhibentes ed il praesumant vi sono interposte più di quattrocento parole. Altri, passando un poco più innanzi, consideravano che l'aver proposto quarantadue proposizioni e condannatele come eretiche, scandalose, false, offensive delle pie orecchie ed ingannatrici delle menti semplici, senza esplicare quali di esse fossero le eretiche, quali le scandalose, quali le false, ma col vocabolo respettivamente attribuendo a ciascuna di esse una qualità incerta, veniva a restare maggiore dubbio che inanzi; il che era non definir la causa, ma renderla più controversa di prima, e mostrar maggiormente il bisogno che vi era di altra autorità e prudenza per finirla.
453
… Ma le Università di Colonia e di Lovanio, liete che per l'editto pontificio fosse dato colore al giudicio loro, abbrugiarono pubblicamente i libri di Lutero; il che fu causa che egli ancora in Vittemberga, congregata tutta quella scola, con forma di giudicio pubblicamente facesse abbrugiare non solo la bolla di Leone, ma insieme anco le decretali pontificie: e poi con un longo manifesto, pubblicato in scritto, rendesse conto al mondo di quell'azione, notando il papato di tirannide nella Chiesa, perversione della dottrina cristiana ed usurpazione della potestà dei legittimi magistrati. Paolo Sarpi (1552-1623) da “Istoria del concilio tridentino” ----------------------------------------------------
Ben Pastor, I misteri di Praga, ed. Hobby & Work, 2002 (raramente leggo dei “gialli” ma questo è davvero superbo: intanto è scritto, o meglio tradotto, molto bene perché l'Autrice pur essendo nata a Roma ed ivi laureata, insegna negli States. Scrive Alessandra Calanchi :
“Come un dramma teatrale in cinque atti, o come più capitoli di uno stesso romanzo, questa suite di “misteri”, ambientati a Praga e dintorni alla vigilia della Prima guerra mondiale, immerge fin dalle prime pagine il lettore in un'atmosfera intensa ma soffusa, dove l'ultimatum dell'Austria alla Serbia si mescola ai colori e ai rumori di oggetti familiari, fra amicizie particolari, gravidanze indesiderate, duelli annunciati ed insguimenti concitati, e dove l'enigma, in più di un senso, può annidarsi indifferentemente nella soffitta di una sinagoga come all'interno di un quartiere generale militare”. E' pieno di scienza, di accortezze, di cose non dette, di sapienza ebraica, di sottile tolleranza. Bello, davvero bello).
… Il bollito misto aveva il suo forte in un pezzo di manzo, anzi di bue, animale oggi impossibile da trovare ovunque; bue scuro, grasso e magro, vale a dire una zona di magro e una zona più sottile ma ugualmente spessa di grasso e veniva tagliato come si trattasse di burro e aveva un sapore di carne bollita e fumante ma nel suo brodo, cioé sostanziosa e forte. Tutto il bollito misto insieme ad altri cibi dava quell'odore particolare da acquolina in bocca che stagnava sempre nei ristoranti della stazione mai pieni, mai zeppi, sempre poco e ben frequentati dalle famiglie. Quella era l'Italia e nessuno lo dovrebbe dimenticare.... Tutto questo non in memoria dei bei tempi antichi ma per suggerire e insegnare l'esercizio dell'attenzione nelle cose della vita che i letterati spregiano tanto, a meno che non siano narrate da altri letterati che le hanno lette da qualche altro letterato precedente. Invece al cultura della vita è quella di porgere molta attenzione, ogni giorno, non soltanto al passato, ma anche al presente sulle cose che hanno un valore e saper distinguere soprattutto tra le cose che hanno valore e quelle che non ce l'hanno. Noi viviamo in mezzo ad un sacco di cose che non hanno nessun valore e molti cretini che credono nella pubblicità pensano che abbiano valore. Perché? Perché non sanno riconoscere il cuoio dall'odore, la carne di manzo da quella di vitello (visto che il bue non si può assolutamente più trovare in commercio) ( nota mia: buon per lui: nel 1985 Parise ignorava che ancora nel 2010 a Carrù si celebra un culto al bollito di bue) , il pomodoro tiepido dell'orto da uno di frigorifero, e via dicendo. ….... Anche i libri avevano un odore ed una sostanza prima ancora di dirci qualche cosa con le parole stampate. I più belli in Italia erano le opere complete di Benedetto Croce, con una carta meravigliosa, con una copertina meravigliosa ma tutto ciò non corrispondeva all'interno perchè erano bellissimi, profumatissimi e illeggibili, anche se si leggevano. Anche i libri di Salgari in edizione Bemporad erano belli per la copertina a colori e per un odore un poco acido di cancelleria e a tutti si tagliavano le pagine. Non c'erano libri rilegati, se si volevano rilegare si andava dal rilegatore. Ed ecco, lì c'erano odori di colla e di carta, odori secchi e sostanze secche, come lo spago, la resina, le colle e i fogli di carta. I libri più buoni ai sensi erano quelli francesi, semplicissimi ed ancora oggi uguali ma con odore diverso. I libri americani già allora avevano l'aspetto di spazzatura, di scatole di cioccolatini, erano rilegati, ma non erano né bue né manzo, né vitello, né cacca di cavallo, niente di niente. Quelli inglesi, invece, pur essendo rilegati avevano qualcosa di aristocratico come le selle dei loro cavalli o come i loro cavalli o le loro scarpe.
454
Quello che voglio dire è che bisogna stare attenti, dare molto peso all'attenzione e non badare se gli altri sono disattenti ma essere sempre attenti anche nel coraggio, nell'onore e nella dignità. Anche queste sono cose, non virtù morali, sono come il cuoio, il manzo, il vino Campofiorin, i residuati di guerra, sono cose che hanno una loro vita organica e che della vita organica comunicano ai nostri sensi qualche cosa che se noi siamo abituati all'attenzione non dimenticheremo mai più. Anche a New York ci sono le carozzelle ed i cavalli ma non hanno nessun odore di cacca di cavallo né di cuoio né di cavallo. E le donne non sanno di donne e gli uomini non sanno di uomini. Qualche volta sanno di profumo, altre volte di sangue e di rotaia. Come mai questa storia? Il coraggio, la dignità, l'onore anche queste cose sono cose e hanno un loro sapore e odore e profumo e via dicendo.. Basta usare l'attenzione, si riconoscono negli uomini e nelle donne, anche se oggi tutti dicono di sì e se uno è offeso nel suo onore fa finta di niente perché bisogna essere politici, anzi ringrazia e china il capo perché è più conveniente. In questo modo si finisce per sentirsi feriti nell'onore se uno ti sorpassa in automobile e questa è una cretineria per sé stessi, non una offesa degli altri al tuo onore. E via dicendo. Goffredo Parise, Corriere della Sera, 9 febbraio 1985 -------------------------------------------------------------------
Si ha a volte l'impressione che la principale occupazione degli Inglesi sia quella di giocare agli Inglesi. Brunacci
L'Inglese rispetta la legge e disprezza l'autorità. Il Francese, al contrario, rispetta l'autorità e disprezza la legge. Nicolas de Chamfort
Gli Inglesi sono un popolo di pirati che, dopo aver rapinato il mondo, hanno incominciato ad annoiarsi. Emile Michel Cioran Gli abitanti del Continente hanno una vita sessuale. Gli Inglesi hanno le buiote d'acqua calda. Geoge Mikes
L'Inghilterra è al mondo ciò che il diavolo è all'uomo.
Léon Bloy
Amo ricevere lettere anonime in quanto non devo rispondere.
Jean Dutourd
La più parte degli estensori di raccolte di versi o di belle frasi sembrano coloro che mangiano delle ciliege o delle ostriche, scegliendo all'inizio le migliori finendo con il mangiar tutto. Nicolas de Chamfort (parlava di me?)
L'aperitivo è la preghiera della sera dei francesi.
Paul Morand
455
Io non sono molto mondana, ma sento che potrei diventare l'amante di un duca tutto di un colpo. E' un titolo talmente afrodisiaco! Tine White
L'apostrofo è la mitraglia dell'eloquenza.
Paul-Louis Courier
Ciò che noi pensiamo di già conoscere, sovente ci impedisce di apprendere.
Claude Bernard
Se si aggiungono delle corde all'arco, si inventa la lyra.
Serge Rezvani
Se un arcobaleno dura un quarto d'ora, non lo si guarda più.
Wolfang von Goethe
Oltre al gioco ed alla sigaretta, è stupefacente constatare che quasi tutti i piaceri degli Inglesi possono essere, e lo sono generalmente, condivisi con il cane. George Bernard Shaw
Gli Inglesi hanno due braccia mancine.
Antoine de Rivarol
Fra la Francia e l' Inghilterra la cosa migliore è la Manica.
Douglas Jerrold
Se volete mangiare bene in Inghilterra, prendete tre prime colazioni.
Somerset Maugham
Gli animali, che com'è noto non fanno mai niente di inutile, non meditano sulla morte. Paul Valéry
Si conosce il rumore di due mani che applaudono. Ma qual'è il rumore di una sola mano che applaude? A. Zen Cohan
Bisogna disprezzare l'argento... soprattutto la piccola moneta.
Francois Cavanna
Noi non pensiamo ad altro che al denaro: chi ne ha pensa al suo, chi non ne ha pensa a quello degli altri. Sacha Guitry
456
Il denaro è un frutto sempre maturo.
John Heywood
In Francia il denaro è un peccato grave. Ed è per questo che la maggior parte dei Francesi va a confessarsi in Svizzera. Jacques Mailhot
Mi domando perché le donne hanno così bisogno di tanti soldi. In generale non bevono, non giocano e … non vanno a donne. Jean Rigaux
Nessuno accetta i consigli ma tutti accetteranno dei soldi: dunque l'argento vale più dei consigli. Jonathan Swift
L'oro non ha odore. (pecunia non olet)
Vespasiano, l'Imperatore
In materia di elemosina, bisogna fermare la bocca ed aprire il cuore.
Guillaume Bouchet
Quaranta anni, è la vecchiaia della giovinezza. Cinquanta anni, è la giovinezza della vecchiaia. Victor Hugo
Quaranta anni: è un'età terribile, perché è l'età in cui diventiamo ciò che siamo.
Charles Péguy
De Gaulle ad una conferenza stampa disse: -Signori giornalisti vogliate fornire le domande alle mie risposte.- Jaen Effel In politica la saggezza sta nel non rispondere alle domande; l'arte nel non lasciarsene porre.
André Suarés
Partito Radicale: associazione di uomini generalmente molto ben istruiti che, non senza successo, si sforzano di essere d'accordo su nulla. Jacques Fauvet
La ragione si compone di verità che bisogna pur dire e di verità che bisogna assolutamente tacere. Antoine de Rivarol
457
La ragione è inutile prima dell'avvenimento e odiosa dopo. Antoine de Rivarol, frammenti e pensieri filosofici. -Se noi non lo facciamo, altri lo faranno- E' con questo tipo di ragionamento che si finisce a letto con la sorella. Georges Besse
Quando si ha ragione bisogna ragionare come un uomo, e come una donna quando si ha torto. Paul-Jean Toulet
Un reazionario è un sonnambulo che cammina all'indietro.
Frankling Delano Rooselvet
Si ha recessione quando il vostro vicino di casa perde il lavoro, depressione quando voi perdere il vostro lavoro. Harry Truman
Io arrivo da un mondo in cui è vietato parlare. Ed arrivo in un mondo in cui si può tutto dire ma tutto ciò serve a niente. Alexandre Soljenitsyne
Si constata che i lunghi regni sono sempre deplorabili. Dio è eterno: giudicate voi.
Nicolas de Chamfort
Nella religione tutto è positivo al di fuori della predica; tutto è buono, fatta eccezione per il prete. Alain, Propos II
Si trovano delle società in cui non esiste la scienza né l'arte né la filosofia. Ma non c'è mai stata una società senza religione. Henri Bergson
La migliore delle religioni è quella che genera degli eretici.
Ernst Bloch
Quando non ci sono più i preti diventa molto facile convivere con gli dei.
Anatole France
La religione è il sospiro della creatura oppressa, l'anima di un mondo senza cuore, come essa è lo spirito delle condizioni sociali dalle quali lo spirito è escluso. Essa è l'oppio dei popoli. Karl Marx, Critica della filosofia del diritto di Hegel
458
----------------------------------------------------------
L’ECONOMIA DI CARTA E I LIMITI ALLO SVILUPPO
Quei soldi maledetti L’ultima stima di qualche anno fa che ho sott’occhio contabilizza il Pil, il Prodotto interno lordo, del mondo in 54 trilioni di dollari, mentre gli attivi finanziari globali risultano quattro volte tanto, di addirittura 240 trilioni di dollari. Oggi, con i derivati e altre furbate del genere, questa sproporzione è ancora cresciuta di chissà quanto. E questa sproporzione non solo è di per sé malsana ma modifica la nozione stessa di sistema economico, di economia. Semplificando al massimo, da un lato abbiamo una economia produttiva che produce beni, che crea «cose», e i servizi richiesti da questo produrre, e dall’altro lato abbiamo una economia finanziaria essenzialmente cartacea fondata su vorticose compravendite di pezzi di carta. Questa economia cartacea non è da condannare perché tale, e nessuno nega che debba esistere. Il problema è la sproporzione; una sproporzione che trasforma l’economia finanziaria in un gigantesco parassita speculativo la cui mira è soltanto di «fare soldi », di arricchirsi presto e molto, a volte nello spazio di un secondo. Gli economisti «classici » facevano capo all'economia produttiva; oggi i giovani sono passati in massa all’economia finanziaria. È lì, hanno capito, che si fanno i soldi, ed è in quel contesto che l’economia come disciplina che dovrebbe prevedere, e perciò stesso prevenire e bloccare gli errori, si trasforma in una miriade dispersa di economisti «complici» che partecipano anch’essi alla pacchia. È chiaro che in futuro tutta la materia dell’economia finanziaria dovrà essere rigorosamente regolata e controllata. Ma anche l’economia produttiva si deve riorientare e deve cominciare a includere nei propri conti le cosiddette esternalità. Per esempio, chi inquina l’aria, l’acqua, il suolo, deve pagare. Vale a dire, tutto il sistema di incentivi va modificato. La dissennata esplosione demografica degli ultimi decenni mette a nudo che la terra è troppo piccola per una popolazione che è troppo grande.
Ma anche su questa sproporzione gli economisti non hanno battuto ciglio. Anzi, per loro stiamo andando di bene in meglio, perché tanti più bambini tanti più consumatori e tanti più soldi. Il loro «far finta di non ricevere», di non vedere, è così clamoroso da indurre Mario Pirani a chiedersi (su Repubblica) se gli economisti abitino sulla terra o sulla luna. Io direi su una luna che è due volte più grande della terra. Ma qui cedo la parola a Serge Latouche, professore alla Università di Parigi, economista eretico ma anche lungimirante. Latouche ha calcolato che lo spazio «bioproduttivo » (utile, utilizzabile) del pianeta Terra è di 12 miliardi di ettari. Divisa per la popolazione mondiale attuale questa superficie assegna 1,8 ettari a persona. Invece lo spazio bioproduttivo attualmente consumato pro capite è già, in media, di 2,2 ettari. E questa media nasconde disparità enormi. Se tutti vivessero come i francesi ci vorrebbero tre pianeti; e se tutti vivessero come gli americani ce ne vorrebbero sei. La morale di questa storia è che già da troppo tempo siamo infognati in uno sviluppo non-sostenibile, e che dobbiamo perciò fare marcia indietro. Latouche la chiama «decrescita serena». Serena o no, il punto è che la crescita continua, infinita, non è obbligatoria. Oramai è soltanto suicida.
Giovanni
Sartori
25 giugno 2010
459
Franco Piccinelli, La collina dell'addio, Priuli & Verlucca, 2001 (Che gran bel libro: ascoltavo il Piccinelli (nato nel 1926) alla radio alle sei del mattino perchè dava mostra e contezza di una profonda umanità con sommo rispetto dei terzi tutti. Gran affabulatore raccontava della Langa, del padre ferroviere, di immagini della giovinezza. In questo testo molto ben scritto narra della fine di un generale dei carabinieri e del felice svolgersi della morte: non senza aver ripercorso la sua giovinezza in terra albese)
Paolo Malanima, Sorella acqua, fratello vento, Viaggi di Erodoto, aprile 1987
Gradualmente i boschi furono diradati per lasciare spazio alle coltivazioni. In alcuni casi, come nell'Europa centroorientale da XII secolo, si verificò un vero e proprio processo di colonizzazione perpetuato da signori e contadini che provenivano dalle regioni più occidentali. Fra questo, il più visibile risultato di un movimento che interessò tutte le campagne europee. Allo stesso tempo, soprattutto nell' Europa del nord, nuove pratiche di coltivazione, come la rotazione triennale, e nuove macchine, come l'aratro a ruota, consentire di accrescere l'efficienza del lavoro. Il risultato di questo ampio movimento di ristrutturazione del mondo rurale fu, nel campo delle disponibilità energetiche, un aumento, se non sempre un miglioramento qualitativo, dell'alimentazione, e una grande disponibilità di legname e di carbone, mano a mani che i boschi lasciavano spazio ai cereali. La fonte principale di energia dell'epoca, la forza degli uomini, si accrebbe. Si calcola che verso l' VIII secolo vivessero in Europa circa 27 milioni di abitanti. Verso il 1150 le campagne europee nutrivano una popolazione pressocché raddoppiata: circa 50 milioni. Nel 1300, al culmine dell'espansione demografica medievale, l'Europa contava circa 7080 milioni di abitanti.
… Per quanto riguarda l'energia animale, in primo piano sta lo sfruttamento della forza del cavallo. Si potrebbe dire che a partire dal IX secolo si assistette all'invenzione del cavallo come animale agricolo. L'addomesticamnto del cavallo risale al 3000 a.C. Per secoli e secoli la sua funzione fu quasi soltanto di quella bellica. Benché la potenza del cavallo fosse superiore a quella del bue, scarsa fu la sua utilizzazione sia nell'agricoltura sia nei trasporti. I principali impedimenti al suo uso nei lavori dei campi erano costituiti dal tipo di bardatura che veniva usato e della maggiore fragilità degli zoccoli rispetto al bue. I finimenti allora noti per aggiogare l'animale all'aratro erano stati creati per il bue e alla sua anatomia si adattavano perfettamente. Si trattava di larghi lacci di cuoio applicati alla gola e al sottopancia che stringevano il gioco posto sulle vertebre cervicali dell'animale. Per il cavallo erano del tutto inadatti: premevano sulla trachea impedendo la normale respirazione e la circolazione del sangue. Sotto sforzo, il rendimento dell'animale crollava rapidamente. Nella più avanzata cultura cinese era noto da secoli un tipo di finimenti a cinghia applicati al petto in modo che la forza di trazione venisse esercitata dallo sterno e non dal collo del cavallo. In Europa questo nuovo tipo di giogo fu introdotto da popolazioni nomadi provenienti dall'Asia nell' VIII e nel IX secolo. Nell'area meridionale il bue continuò ad essere preferito. Nella stessa epoca sembra fosse con osciuto in Europa anche il collare rigido per aggiogare il cavallo, sempre di origine cinese. Con i nuovi finimenti la potenza del cavallo aumentò di quattro-cinque volte. L'uso sempre più ampio, nello stesso arco di secoli, della ferratura dell'animale, in precedenza nota, sembra, solo in Inghilterra, si combinò efficacemente con il nuovo giogo. Il cavallo divenne così, in seguito a queste innovazioni,, un animale sempre più presente nelle campagne europee sia nei lavori agricoli sia nei trasporti
… Gli storici discutono ancora sull'epoca e sull'area di origine della ruota idraulica e del mulino. Le prime testimonianze letterarie al proposito risalgono, com'è noto al I sec a.C. E sono relative all'Asia Minore. Quel che è certo è che questo congegno antico solo nel medioevo conobbe il successo di una vera e propria innovazione economica. Dall' VIII secolo inizia infatti la sua utilizzazione, sempre più ampia, nelle campagne europee. Da allora il mulino divenne una macchina
460
diffusa ovunque e a tutti ben nota. Le piccole ruote idrauliche del diametro mai superiore ai tre metri, sostituiscono del tutto la macinazione con dischi o rulli di pietra azionati a mano. Il loro rendimento è circa cinque volte superiore. Costruiti nella quasi totalità dei casi da grandi proprietari o da enti religiosi, in un'epoca in cui la signoria fondiaria diventa la cellula organizzativa fondamentale delle campagne, la loro avanzata interessa tutto il continente a partire dall'ovest.
… Prima in ordine di tempo fu l'applicazione, avvenuta in Italia verso la metà del X secolo, della ruota idraulica alla follatura dei tessuti di lana. Con l'invenzione della gualchiera, o mulino per follare, l'energia dell'acqua eseguiva automaticamente la battitura del tessuto azionando due pesanti magli di legno. Ne provocava così l'infeltrimento, rendendolo più compatto. Un lavoro pesante, compiuto nell'antichità dagli schiavi che battevano ripetutamente con i piedi il panno immerso nell'acqua.
… Probabilmente l'invenzione della polvere da sparo, le cui testimonianze in Europa risalgono all'inizio del Trecento, fu lo sviluppo più importante. Con il cannone una grande energia immagazzinata nella polvere composta da salnitro, zolfo, carbone di legna, veniva liberata dall'esplosione. E' appena il caso di ricordare gli effetti che questa nuova fonte di energia ebbe sull'attività militare e sulla vita politica. Sulla vita economica la sua influenza fu molto limitata. Usata saltuariamente nell'attività mineraria, essa esercitò sull'economia solo degli effetti di tipo indiretto a causa delle trasformazioni che i nuovi modi di far guerra provocavano nella metallurgia e nell'industria delle armi. ----------------------------------
Beppe Sebaste, Oggetti smarriti e altre apparizioni, ed. Laterza, 2009 (davvero è data licenza a chiunque di scrivere il nulla, il fatto grave è che venga pubblicato)
Bruno Tinti, La questione immorale, ed. Chiarelettere, 2009 (breve, conciso, preciso, puntuale, chiaro, privo di retorica è una evidente difesa della guerra intrapresa dal mondo politico alla magistratura: l'obiettivo è l'impunibilità o, detto con parole mie, la licenza di uccidere. Molto bello questo testo anche se avevo preferito il primo Tinti)
Abraham B. Yehoshua, L'ultimo comandante, ed. Einaudi, 2005 (spettacolari questi tre racconti brevi ambientati in tre guerre israeliane: l'Autore ha un tratto tacitiano secco ed essenziale, ma coglie e trasmette sentimenti e sensazioni in modo mirabile: il tono di sottofondo è una manifestazione di durezza e quasi crudeltà, esprime la scomparsa di un qualche positivo futuro. Davvero belli i tre crudi flash). (Ma astraendo da questo Autore mi sorge una considerazione generalizzata a tutta la cultura e la civiltà ebraica e vorrei esser smentito: non ho mai incontrato il lemma “amore” e men che mai “perdono”)
Natsume Soseki, Il cuore delle cose, ed. Neri Pozzi, 2001
461
(questo Autore (1867-1916) tanto celebrato mi ha proprio stupito, in termini negativi. Questa che dovrebbe essere la sua opera migliore è la celebrazione del nulla, bisogna capire quello che dice, non quello che sottace. Ma anche l'impianto, da un punto di vista tecnico è carente: tutta una lunga celebrazione di fatti insignificanti prelude ad una lettera che finalmente narra di vita vissuta da parte del Maestro: la sostanza è si tratta dell'esaltazione del suicidio, quindi non consigliabile a soggetti fragili. Davvero deludente)(bella invece la presentazione di Gian Carlo Calza)
Ma quando lo convinsi a venire da me credevo di esser dotato di maggior senso pratico. Pensavo non avesse mai capito la differenza fra testardaggine e la pazienza. Fai attenzione a quanto sto per dirti: è per il tuo bene. Il corpo e la mente dell'uomo si sviluppano, o si distruggono, mediante stimoli esterni. Se non si sta molto attenti, e se non si bada che l'intensità dello stimolo aumenti per gradi, si potrà scoprire troppo tardi che il corpo, o la mente, si è atrofizzato. Secondo i medici, nulla è più pigro dello stomaco umano: se gli si dà nient'altro che minestra di riso, alla fine perde la capacità di assimilare altre vivande. --------------------
Ci sono tre tipi di amici: il tuo amico, l'amico del tuo amico e il nemico del tuo nemico.
L'amore è libero, non è sottomesso mai al destino.
Hazrat Alì.
Guillaume Apollinaire
Le cose fuori dal loro stato naturale né vi si adagiano né vi durano
Giambattista Vico
Chi vive solo per compiacere sé stesso, fa un piacere al mondo quando muore.
Tertulliano
Tutta la condotta deve essere conforme al filo a piombo.
Ptah-Hotep
Una conferenza è un'assemblea di gente importante che non può, separatamente, fare niente; decidono insieme che nulla può essere fatto. Fred Allen
Si dimentica il proprio peccato quando lo si va a confessare ad un altro, ma l'altro non lo dimentica affatto. F. Nietzsche, Aforismi
I curati sono consolati del non essere sposati quando ascoltano le donne nel confessionale.
Armand Salacru
Avendo soppresso il combattimento dei gladiatori, i cristiani istituirono la vita coniugale.
G. Ceronetti
462
-------------------Giacinto Bollea- Bruno Rosano, Elogio di una valle, L'artistica Editrice, 2008
(incredibile come si possa pubblicare un simile testo, se non per le fotografie davvero belle ed artistiche di Bruno Rosano. . L'Autore del testo, Giacinto Bollea, è la persona più complicata ed inconcludente che si possa immaginare. Volendo usare un linguaggio tecnico, che non gli appartiene assolutamente, si avvita in una serie di inscrizioni in parentesi, poi nella parentesi della parentesi, per arrivare a conclusioni assolutamente incomprensibili. Ho iniziato a leggere la parte prima ma ho subito dovuto rinunciare per cui ho affrontato la parte seconda (storico-etnografica): sfido chiunque a capire cosa c'è scritto a pagina 160. Ma a prescindere dalla forma, la sostanza è assolutamente inesistente: l'origine del nome Maira è descritta in modo talmente confuso, con argomentazioni degli autori che hanno lavorato sul tema ma non apporta alcuna ipotesi moderna di interpretazione (ad es. l'origine greca stante l'infiltrazione commerciale dei Massalioti di cui alle recenti scoperte di cocci e vasellame di quella cultura); non sa capacitarsi sull'origine della popolazione fra i Celti ed i Liguri ignorando gli studi morfologici ed antropologici che distinguono nettamente, ancor oggi, le due etnie: non foss'altro per l'iscrizione alla leva dove i montagnardi venivano arruolati nell'artiglieria alpina, mentre quelli a valle di Lottulo negli alpini tout-court. Sul piano storico ignora la vicenda degli Escartoun che per circa seicento anni (non continuativi) aveva accomunato gli abitanti di otto valli, quattro in Italia e le quattro corrispondenti in Francia. E' stata una lettura davvero deludente. Non così le preziose e bellissime immagine interpretate da Bruno Rosano). In sostanza si poteva pubblicare un libro di fotografie lasciando perdere l'inserimento di un testo insulso e privo di qualsiasi valore).
Enzo Bianchi, Dio, dove sei? ed. Rizzoli, 2008 Poi Mosé si accende d'ira e, senza aver ricevuto ordini da Dio, fa uccidere dai leviti tremila uomini (Es. 32, 25-29). La collera di Dio era stata placata mediante la supplica di Mosé, il quale aveva lottato con Dio, ponendosi dalla parte del popolo peccatore “contro” Dio stesso (cfr Es. 32, 11-14); subito dopo, però, lo stesso Mosé decide di castigare il popolo. E' paradossale ma reale: Dio perdona, Mosé no! Anzi, in seguito Mosé tornerà a intercedere presso di Dio a favore del suo popolo con parole estremamente forti. (“Se tu portassi -cioé perdonassi- il loro peccato... Se no cancellami dal tuo libro che hai scritto!” Es. 32,32), ma qui è preda del cattivo zelo che lo porta a compere una tremenda strage. Lui che quando andava in collera parlava senza riflettere (cfr, Salmo 106,33), qui senza riflettere si lascia trascinare verso un'azione terribile: forse è questo il grave peccato per cui il Signore impedirà a Mosé di entrare nella terra promessa.... (che bello questo libro e come è bravo, semplice ma rigoroso Enzo Bianchi! Davvero mi ha stupito e mi ha aperto gli occhi sull'evoluzione del Tempio cioè sull'ubicazione fisica di Dio nelle tre principali evoluzioni della nostra dottrina. Davvero prezioso e chiaro)
463
C'est une absolute perfection, et comme divine, de savoir jouir loyalement de son etre.
Montaigne
Lettre à George Sand Mon cher George, J'ai quelque chose de bete et de ridicule à vous dire: je suis amoureux de vous.
Musset
J'ai connu toutes les formes de déchéance, y compris le succès.
Cioran
L'amor-proprio è l'amore di se stesso e di tutte le cose per sé; rende gli uomini idolatri di se stessi, e li rende tiranni degli altri, se la fortuna gli regala i mezzi. …. Nulla è così impetuoso come i suoi desideri, nulla di così nascosto come i suoi disegni, nulla di così abile come la sua condotta. Le sue flessibilità non si possono rappresentare, le sue trasformazioni appaiono come delle metamorfosi ed le sue raffinazioni eguagliano quelle della chimica. Egli è in tutti gli stadi della vita e in tutte le sue condizioni: egli vive dappertutto e vive di tutto, egli vive di niente: egli si acconcia delle cose come delle sue privazioni: egli passa anche nel partito di coloro che gli fanno la guerra, entra nei loro disegni e, ciò che è ammirabile, egli odia se stesso con essi, congiura per la sua perdizione, lavora anche alla sua rovina; infine egli si accontenta di essere e, perché egli sia, vuol ben essere il proprio nemico. Non bisogna dunque spaventarsi se egli si associa talvolta alla più rude austerità e se entra con così ardore nella società con essa (austerità) per distruggersi, perchè nello stesso momento in cui si caccia nell'angolo, egli si ristabilisce in un altro; quando si pensa che egli cessi di aver piacere, egli non fa che sorprenderlo e cambiarlo, e mentre è battuto e si pensa che sia distrutto, lo si ritrova trionfante nella propria disgrazia. La Rochefoucauld
Bussy, notre printemps s'en va presque expiré
Racan
La giovinezza è una charmante: parte all'inizio della vita, coronata da fiori come la flotta ateniese per andare a conquistare la Sicilia e le deliziose campagne di Enna. La preghiera è detta ad alta voce dai sacerdoti di Nettuno; le libagioni sono fatte in coppe d'oro; la folla, raccolta sulla riva, unisce le sue invocazioni a quelle del pilota; il peana è cantato, tanto che la vela si dispiega ai raggi e al soffio dell'aurora. Alcibiade, vestito di porpora e bello come Amore, si fa notare sulla trireme, fiero dei sette dardi che ha lanciato contro l'Olimpo. Ma appena l'isola di Alcinoo è superata, l'illusione svanisce. Alcibiade esiliato va ad invecchiare lontano dalla sua patria e a morire trafitto dalle frecce del seno di Timandra. I compagni delle sue prime esperienze, schiavi a Siracusa, non hanno, per allegerire le proprie pene, che pochi versi di Euripide. Chateaubriand
------------------------------------------------------Stefano Rodotà La vita non può essere sacrificata da una norma restrittiva, sostanzialmente volta a ricostruire una situazione artificiale di impossibilità al posto di quella naturale, travolta dal progresso scientifico. Questa è pretesa vana, verrebbe da dire innaturale, mentre la parola giusta è autoritaria. Solo autoritaria, e non autorevole, riproduttiva di una logica ormai lontana dalla realtà, manifestazione di volontà di rivincita, o di semplice arretratezza culturale, e non dell'attenzione
464
matura per problemi che esigono cultura e strumenti anch'essi rinnovati. Questo significa abbandonare ogni ancoraggio, muoversi senza bussola nel mare aperto e drammatico di innovazioni che danno alla vita e al suo governo tratti sconvolgenti e persino drammatici? Niente affatto. Vi è un forte nucleo di principi dai quali muovere, che possono essere riassunti nella formula della “costituzionalizzazione della persona”, resa evidente non solo dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, ma soprattutto dalla progressiva riscoperta della trama profonda della nostra Costituzione. Una trama che fa emergere la dignità nella sua duplice dimensione individuale e sociale, legandola indissolubilmente alla libertà ( l' “esistenza libera e dignitosa” di cui parla l'articolo 36) e, quindi, escludendo che il riferimento alla dignità possa divenire tramite per l'imposizione di punti di vista limitativi della libertà e della coscienza della persona; che fa del “rispetto della persona umana” (art. 32) un limite che lo stesso legislatore non può valicare; che esclude la possibilità di discriminazioni sulla base delle “condizioni personali” (art. 3). Il governo della vita è così posto nella mani della persona, e ciò esige un diverso modo di intendere la regola giuridica, che si fa flessibile, discreta, capace di seguire la vita nelle sue varie sfaccettature, singolarità, irregolarità, mutevolezze.
….... In democrazia infatti non è accettabile il silenzio dei cittadini, quale che sia il tema trattato.
…............... Apparentemente lontano da tutto questo è il tema della sicurezza, oggi declinata come prima e persino unica libertà. Cito quello che ha scritto Ralf Daehrendorf: “La libertà non più diritto degli individui di decidere il proprio modo di vivere, bensì diritto dello Stato di limitare le libertà individuali in nome di una sicurezza che lo stesso Stato è il solo a poter definire. E' l'inizio di un nuovo autoritarismo”. Di questa nuova situazione va misurata la compatibilità con la democrazia, e con la libertà e la dignità della persona.
…... La vicenda della laicità viene storicamente identificata con la contrapposizione tra clericali e anticlericali che, con il passare del tempo, ha finito con l'apparire sempre più datata, addirittura rappresentate con le stigmate negative di un anacronismo. Ma così non è, perché le pretese dei diversi fondamentalismi, le dispute intorno ai valori ripropongono spesso drammaticamente la questione dei rapporti fra fede e politica, fra regole giuridiche e regole etiche. Perfino più radicalmente che in passato siamo obbligati a interrogarci intorno al modo d costruzione della sfera pubblica e di quella privata, al libero sviluppo della personalità, ai caratteri stessi dello Stato. Qui il principio di laicità non solo mantiene attualità e forza, ma trova rinnovate ragioni di rilevanza nel momento in cui il carattere pluralista delle nostre società non riguarda soltanto una enunciazione generale, che fa del pluralismo un connotato della stessa democrazia, ma riflette un dato di realtà, fatto di politeismo di valori, di diversità culturali, etniche, nazionali.
…................. Con un'intuizione felice Piero Calamandrei parlò della scuola come “organo costituzionale”. E quella intuizione è stata confermata via via che diveniva sempre più evidente il nesso fra scuola e democrazia: l'istruzione è un diritto fondativo del modo d'essere cittadini,, dunque una precondizione della democrazia; la scuola è il luogo dove ci si forma , si acquisisce sapere critico. Se, invece, si imbocca la strada della pura competività aziendale, e si offre un incentivo economico alla creazione di scuole separate, dove ciascuno rinsalda la propria appartenenza (religiosa, etnica, ideologica, localista...), si contraddice proprio questo programma democratico e la scuola perde definitivamente la possibilità di essere il momento in cui si avvia la costruzione dell'eguaglianza, del riconoscimento degli altri. Si frantuma in mille ghetti, luoghi di incubazione dei futuri conflitti. Tradisce la funzione che, più di prima, dovrebbe avere in società inevitabilmente pluralistiche, quella di rappresentare uno dei luoghi essenziali di unificazione e confronto.
… Infatti, dopo aver considerato la salute come diritto fondamentale dell'individuo, si prevede che i trattamenti obbligatori possano essere previsti soltanto dalla legge, e tuttavia “in nessun caso” possono violare il limite imposto dal “rispetto della persona umana”. E', questa, una delle affermazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall'art. 13 per la libertà personale, per la quale si ammettono limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice. Nell'art. 32 si va oltre. Quando si giunge al
465
nucleo duro dell'esistenza, alla necessità di rispettare la persona umana in quanto tale, siamo di fronte all'indecidibile. Nessuna volontà esterna, fosse pure quella coralmente espressa da tutti i cittadini o da un Parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell'interessato. Siamo nel contesto nitidamente delineato dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 1146 del 1988, ha stabilito i diritti che “appartengono all'essenza dei valori sui quali si basa la Costituzione” e contribuiscono a definire i “principi supremi” dell'ordinamento italiano non possono essere “sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali”. I diritti inviolabili dell'uomo non sono “sopprimibili neanche dalla maggioranza e neanche dall'unanimità dei consociati” perché “patrimonio irretrattabile della persona umana”. Questa garanzia si volle esprimerla andando appunto oltre al riferimento alla dignità umana, che compariva nella prima stesura dell'art. 32 e che, pur nell'indubbia sua forza dovette apparire ai costituenti inadeguato, quasi un riferimento a una qualità della persona e non a questa nella sua interezza, sì che sembrò necessario riferirsi direttamente alla persona umana in quanto tale. All'origine di questa complessa vicenda di ricostruzione della persona su nuovi fondamenti si colloca, come passaggio decisivo, il Codice di Norimberga del 1946, che si apre con le parole “il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente necessario”, seguite da una serie di specificazioni che indicano le condizioni essenziali perché il consenso possa essere considerato valido. L'affermazione di una radicale libertà e autonomia del soggetto costituiva una reazione alle terribili pratiche di sperimentazione accertate nel corso del processo ai medici nazisti. Ma il principio era destinato ad estendersi all'intera materia dei rapporti tra il paziente e il medico e, infine, al riconoscimento alla persona del diritto al governo della propria vita, al pieno esercizio della sovranità sul proprio corpo. La “rivoluzione” del consenso informato modifica le gerarchie sociali ricevute, dando voce a chi era silenzioso di fronte al potere del terapeuta, e definisce una nuova categoria generale costitutiva della persona. Consentire equivale a essere. Siamo di fronte ad una sorta di nuova dichiarazione di habeas corpus, a un'autolimitazione del potere. Viene ribadita l'antica promessa del re ai suoi cavalieri: “Non metteremo la mano su di te”.
….................... In una lettera scritta il 3 ottobre 1970 da Paolo VI al cardinale Villot si legge: “Pur escludendosi l'eutanasia, ciò non significa obbligare il medico ad utilizzare tutte le tecniche della sopravvivenza che gli offre una scienza infaticabilmente creatrice. Tali casi non sarebbe una tortura inutile imporre la rianimazione vegetativa, nell'ultima fase di una malattia incurabile? Il dovere del medico consiste piuttosto nell'adoperarsi a calmare le sofferenze, invece di prolungare più a lungo possibile, e con qualunque mezzo e a qualunque condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va verso la conclusione”.
….. Siamo così di fronte ad un tema di particolare delicatezza, perché riguarda la libera costruzione della personaòlità. La scuola pubblica è un luogo dove si entra per formarsi attraverso la conoscenza, il confronto, il coltivare lo spirito critico. Ed è nella natura sua, come dell'intero processo democratico, che ciò significhi esposizione di tutti e di ciascuno al mondo ricco e molteplice delle informazioni e delle idee. La scuola è tramite tra le culture, che solo così possono riconoscersi e sfuggire alle trappole del multiculturalismo identitario, dove la cultura dell'altro è vista come minaccia e si rinuncia a priori alla sua comprensione e condivisione. Ha ragione Alberto Asor Rosa nel temere che “il rispetto reciproco delle diversità” possa risolversi “in una sorta di sommatoria di tabù”. E' vero che la richiesta di introdurre l'insegnamento del Corano viene giustificata proprio con la volontà di evitare “l'affermazione di una identità islamica separata e conflittuale” Ma questa è una via che finisce con il condurre nella direzione opposta e lascia intravedere un probabile moltiplicarsi delle rivendicazioni identitarie, con la richiesta di tutte le confessioni religiose di avere un loro autonomo spazio nella scuola pubblica.
…...... Il dolore irrompe sulla scena pubblica. Lo fa seguendo momenti difficili o tragici dell'esistenza, -la nascita, il male di vivere, il morire-. Una serie di iniziative prese da alcuni ministri del governo Prodi consente di riflettere concretamente sul ruolo e sui limiti dell'azione dei poteri pubblici. Il parto con dolore e la sofferenza dell'aborto: ecco le iniziative per la generalizzazione dell'analgesi epiduriale e il ricorso alla pillola Ru-486 annunciate da Livia Turco, al suo ingresso nel ministero della Salute. Un futuro di maggiori speranze e di migliori cure per chi soffre per alcune malattie o menomazioni: ecco l'iniziativa del ministro Fabio Mussi, che dà subito un senso al suo dicastero dell'Università e della Ricerca aprendo responsabilmente alla ricerca europea sulle cellule staminali embionali. Il disagio esistenziale delle coppie eterosessuali e omosessuali che non vogliono o non possono ricorrere al matrimonio: ecco le aperture di Rosy Bindi nell'assumere l'incarico per la Famiglia.. la sofferenza che accompagna la malattia, i momenti finali della vita: ecco ancora Livia Turco che mette l'accento sulle terapie antidolore.
466
Stefano Rodotà, Perché laico , ed. Laterza, 2009 (che bella mente lucida e rigorosa questo Rodotà! Molto preparato in campo giuridico, ha una rara e radicata conoscenza della realtà della vita contemporanea, dei suoi problemi ed intrecci. Lucido, mi ha aperto gli occhi sulla Costituzione dell' Europa recentemente introdotta, della quale noi popolo volgare ed insipiente, nulla sappiamo: anche perché è stata approvata a livello del Parlamento e nessuno si è peritato di diffondere il senso e soprattutto lo spirito. Eppure Rodotà dimostra che abbiamo delle teste pensanti a livello sovranazionale che hanno valutato, discusso e ragionato sul senso da dare al nostro vivere comune. Ma noi ignoriamo anche il senso e la portata della nostra Costituzione, disattenti alle forze che subdolamente stanno cercando di sfaldarla e distruggerla (in quanto ostacola obiettivi di parte) Ma è anche rigido e preciso nel delineare il concetto di “laicità” eliminando tutto quanto surrettiziamente gli è stato appiccicato) ----------------------------------------------------------------
C'est que j'ai fait de mieux dans ma vie, c'est ma fille. Je suis plus fier d'elle que de moi.
Jean de Ormesson de l'Academie Francaise, incipit di Odeur du temps, ed.Heloise d'Ormesson,2007 (questo Autore, eminente studioso, filosofo, romanziere ha scritto molte opere. Questa in particolare è una riedizione di pezzi apparsi dal 1984 in poi su riviste e giornali. Quello che mi ha colpito è l'incipit dedicato alla figlia: davvero sorprendentemente felice costui: o lui o la figlia debbono essere personaggi straordinari. Buono per entrambi, con un filo di invidia.
Et toute les ames intérieures des poétes sont amies et s'appellent les unes les autres.
Proust
Dès ma première enfance, la poésie a eu cela de me transpercer (trafiggere) et transporter.
Montaigne
La parole, Ronsard, est la seule magie.
Ronsard
Ah! jeunesse! Jeunesse! …. Passez-moi la bouteille.
Conrad
Je m'eveille le matin avec une joie secrète, je vois la lumière avec un'espèce de ravissement. Tout le reste du jour, je suis content. Montesquieu
467
Anch'io mi sveglio felice e contento e ringrazio Dio: ma che tristezza dover accendere la luce in cucina! Potrei ovviare a ciò svegliandomi sempre più tardi.... (mio)
Tout le bonheur des jours est dans leurs matinées.
Malherbe
Corrado Augias – Vito Mancuso, Disputa su Dio e dintorni, ed. Mondadori, 2009 (son riuscito ad arrivare a pagina 110 e poi mi son stancato: ozioso, gratuito, non richiesto questo sforzo immane da parte di un ex prete di distinguersi dalle teologia corrente e di un brillante giornalista, alquanto parolaio, alla ricerca di uno spazio commerciale rivendicando Dio. Esercizio inutile perché l'essenza di Dio è sublime ed ineffabile; è un grave peccato di superbia voler incasellare le sue caratteristiche, qualità o, peggio ancora le non-qualità. Ho interrotto la lettura laddove il presunto teologo afferma che la visione di Dio che “soffia” sul bamboccio inanimato di argilla è vecchia e superata: secondo lui avrebbe soffiato semplicemente sulla polvere.... e l'altro ad apprezzare il nuovo concetto. Discettano in lungo e in largo su Darwin senza centrare l'aspetto olistico della vicenda. Costui ha fatto accidentalmente o no una scoperta oggettiva, reale, scientifica. E allora? Perché mettergli in bocca conseguenze teologiche? Entrambi questi Autori coltivassero un reale ed effettivo orto e mangiassero ciò che riescono a produrre.....)
Ogni re discende da una stirpe di schiavi come ogni schiavo ha dei re fra i suoi antenati.
Essere ignoranti della propria ignoranza è la maledizione degli ignoranti.
Platone
Amos B. Alcott
Niente è più forte dell'abitudine.
Ovidio
Ai morti nulla giova.
Eschilo
C'è qualcosa di peggio di una donna che vive da sola: una donna che dice che le piace vivere da sola. Thelma Ritter
468
Lo sciocco corre dietro ai piaceri della vita, e si trova ingannato. Il saggio evita i mali.
Arthur Schopenauer
Saverio Bettinelli, (1718-1808) lettere virgiliane
lettera seconda: …Noi avevamo altre volte udito il nome di Dante, e parlato con lui, eziandio. Ma, com'egli per genio è taciturno, e di linguaggio per noi non percettibile, mai non c'era avvenuto di ben conoscerlo. A soddisfare pertanto la nostra curiosità, si cercò nel suo libro, e trovossi in mano d'un accigliato e solitario geometra, che il leggeva a vicenda con Pappo alessandrino e protestava di non gustare altro poeta fuori di questo, in cui trovava lo stesso diletto che ne' gli angoli e ne' quadrati. Io presi il grosso volume, e in un cerchio di greci e di latini sedetti in disparte con esso alla mano. Lessivi in fronte La Divina Commedia di Dante, e parve a tutto titolo strano, essendo noi persuasi ch'esser questo dovesse poema epico, qual tutta Italia predicava, al par dell'Iliade e dell' Eneide, né sapevamo intendere perchè Commedia s'intitolasse. E tanto più ciò che parve, quando trovammo questa Divina Commedia divisa in tre parti, quasi un trattato scientifico, e queste tre parti intitolate l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Venne in mente d'ognuno, che Dante scherzar volesse e far daddovero una commedia: ma nomi così autorevoli e venerandi non ci sembra a ciò troppo acconci. Ed ecco, leggendo, che mi trovo preso da Dante per suo compagno, e condottiere in tal vicenda. Per verità, non fui molto contento di questo onore, e mi venne sospetto che potessimo entrambi fare una figura assai comica in quella Commedia. L'incontrare sulle prime una lupa e un leone alle porte di Inferno mi presagiva male, e il mettere in bocca a me stesso, che i miei parenti eran lombardi, non avendo io mai saputo qual gente si fosse questa se non molti secoli dopo la mia morte, pareami tratto scortese e di poca discrezione. Mi calmò alquanto il Poeta, leggendo de' suoi bei versi, e chiari abbastanza in mia lode, e vedendo di quei ricordati il mio poema siccome letto lungamente e studiato da lui. Ma ben tosto la noia mi prese al seguir la lettura. Perché, dunque, diceva io, perché ha fatto Dante un poema dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, se tanto ha letta l'Eneide? Io certo non gli ho insegnato a cominciar con un sogno, una lupa e un leone, e a dividere in parti tra loro repugnanti e lontane un poema. Il viaggio di Enea, che pur ebbe cotanto sotto gli occhi, è ben diverso dal suo pellegrinaggio, in quelle parti sì strane.
….Oh un poema in folio, e bisognoso ad ogni verso di traduzione, di spiegazione, di allegoria, di calepino, è un poema ben raro, diceva Orazio, se egli è vero che la poesia debba arrecare utilità insieme a diletto. Lucrezio stesso sbadigliava, i greci lo nauseavano, alcun non vedea di che si parlasse, e rideva fra tutti Ovidio, dicendo esser quello un caos di confusione maggiore che il descritto da lui.
….. E buon per noi che lungamente si lesse e si gustò questo tratto, perché tutto il resto ci fastidì oltre misura. Il Purgatorio e il Paradiso molto peggio si stan dell'Inferno, che neppure una doi tali bellezze non hanno, la qual si sostenga per qualche tempo con nobile poesia. Oh che sfinimento non fu per noi lo strascinarsi, per cento canti e per quattordici mille versi, in tanti cerchi e bolge, tra mille abissi e precipizi con Dante, il qual tramortiva a ogni paura, dormiva ad ogni tratto, e mal si svegliava, e noiava me, suo duca e condottiero, dalle più nove e più strane dimande che fosser mai!
… E questo è un Poema, un esemplare, un'opera divina? Poema tessuto di prediche, di dialoghi, di quistioni, poema senza azioni o con azioni soltanto di cadute, di passaggi, di salite, di andate e di ritorni, e tanto peggio quanto più avanti ne gite? Quattordici mille versi di tali sermoni, chi può leggerli senza svenir d'affanno o di sonno?
469
Giuseppe Baretti ( 1719-1789) da La Frusta letteraria Introduzione a' leggitori. …... (parlando di Aristarco di Samotracia, celebre grammatico e critico del II sec. a.C. , sinonimo di critico) Ben potete credere, leggitori, che dopo un tale accidente qualche porzione di quelle tante particelle sulfuree che la Madre Natura aveva mischiate nella sostanza del suo individuo, cominciarono a svaporare e ad ammorzarsi; onde non è strano se, trovandosi con una gamba di legno sotto il ginocchio sinistro, s'indusse tosto a dar volta e a tornare ad patres Lares. Sono dodici anni omai, ch'egli se la passa bel bello in un soggiorno campestre vicino ad delle più cospicue metropoli dell'Italia nostra, vivendo i suoi dì molto solitariamente per mancanza di parenti, di cui non gliene rimane più alcun vivo, e per mancanza di amici, di cui ebbe sempre scarsezza grande, come è il caso di tutti gli uomini onesti. III L'Arcadia. …. Dico che gli undici nomi di questi undici personaggi sono sprofondati in Lete in qualità di nomi poetici. I tre di que? Quattordici nomi che ancora si nominano, sono quelli del Gravina, quello di Crescimbeni e quello di Zappi. Quello del Gravina è ancor nominato dai dotti, perché Gravina aveva un capo assai grande, e pieno di buon latino e di buona giurisprudenza. Ma siccome tutti gli uomini hanno il loro difetto in mezzo a tutte le loro perfezioni, il Gravina ebbe il difetto di volr fare de' versi italiani, e, quel che é peggio, di voler con italiane prose insegnare altrui a farne de' lirici, de' tragici, de' ditirambici, e d'ogni razza, a dispetto della natura ch'ebbe a farlo avvocato e non poeta. Il nome del Crescimbeni è tuttavia nominato con somma venerazione da' nostri più massicci pedanti. Il Crescimbeni fu un uomo dotato di una fantasia parte di piombo e parte di legno, cosicché sbagliò sino quel matto poema del Morgante Maggiore per poema serio. Che fantasia per un galantuomo destinato dal destino ad essere compilatore, e massimamente compilatore di notizie poetiche! Quelle notizie, e tutt'altre cose, il Crescimbeni le scrisse in uno stile così tra il garfagnino e il romano, che gli è proprio la delizia de' gli orecchi sentirsene leggere quattro paragrafi. Il Zappi poi, il mio lezioso, il mio galante, il mio inzuccheratissimo Zappi, è il poeta favorito di tutte le nobili damigelle che si fanno spose, che tutte lo leggono un mese prima e un mese dopo le nozze loro. Il nome del Zappi galleggerà un gran tempo su quel fiume di Lete, e non s'affonderà sin tanto che non cessa in Italia il gusto della poesia eunuca. Oh cari questi suoi smascolinati sonettini, pargoletti, piccini, mollemente femminili, tutti pieni di amorini!
Anche l'amore è un lusso.
Albert Camus
Intellettuale è colui che ha trovato qualcosa più interessante delle donne.
Richard Horatio Edgard Wallace
Di regola le grandi decisioni della vita hanno a che fare più con gli istinti che con la volontà cosciente e la ragionevolezza. Carl Gustav Jung
Dovetti scegliere fra morte e stupidità. Sopravvissi.
Gesualdo Bufalino
Giacomo Leopardi, 1798-1837
470
dai “Pensieri” VI La morte non è un male: perché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme con i beni gli toglie i desideri. La vecchiezza è male sommo: perché priva l'uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza. Dai “Pensieri” XXVII Nessun maggior segno di essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita. Dai “Pensieri” LXVIII La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani. Non che io creda che dall'esame di tale sentimento nascano quelle conseguenze che molti filosofi hanno stimato di raccontare, ma nondimeno il non poter esser soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l'ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto e poco e piccino alla capacità dell'animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l'universo infinito, e sentire che l'animo ed il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cause d'insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali.
…... E tu pendevi allor su questa selva Siccome or fai, che tutta la rischiari, Ma nebuloso e tremulo dal pianto Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto apparia, che travagliosa Era mia vita: ed è, né cangia stile, O mia diletta luna......
...Somiglia alla tua vita La vita del pastore. Sorge in sul primo albore Move la greggia oltre pel campo, e vede
…. Dimmi, o luna: a che vale Al pastor la sua vita, La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende Questo vagar mio breve, Il tuo corso immortale? …...
471
Qu'on ne me dise pas que je n'ai rien dit de nouveau: la disposition des matières est nouvelle; quand on joue à la paume (pallacorda) , c'est une meme balle dont joue l'un et l'autre, mais l'un la place mieux. Blaise Pascal
Piero Gallo, L'Africa dentro di me, ed. Priuli & Verlucca, 2006 (gran bel testo, ricco di spunti antropologici e sociali, di aneddoti, costumi usanze. L'Autore non giudica mai, anzi riporta con attenzione e curiosità quelle che potrebbero essere stramberie. Nei preti c'è sempre quest'ansia di accumulare..... ma è una loro connotazione genetica)
Quod affertur non autfertur (ciò che si rimanda non si perde)
Sit tibi terra levis. (concetto tipico di un'orazione funebre, quando si interra il cadavere ma, nel caso oggi molto più frequente, dovrebbe dirsi: Sit tibi columbaria ( levis vel) aerea)
Elle défit sa ceinture Elle défit son corset
…... Puis, troblée à mes tendresses, Rougissante à mes transport, Dénouant ses blondes tresses, Elle me dit: Viens, Alors...
-O Dieu! Joie, extase, ivresse, Exquise beauté du corps! J'inindais de mes caresses Tous ces purs et doux trésor.
472
D'ou jaillissent tant de flammes. Trésor! Au divin séjour Si vous manquez à nos ames, Le ciel ne vaut pas l'amour
Hugo
Bonne pensée du matin A' quatre heures du matin, l' été, Le sommeil d'amour dure encore. Sous les bouquets l'aube évapore L'odeur du soir feté
Rimbaud
L'Europa centrale ed occidentale non è mai stata, nel suo complesso, priva di schiavi nel corso dell'Alto medioevo. Questi però, dal IX al XII secolo, rimasero sempre in piccolissimo numero, in numero anche minore di quanto essi sarebbero stati in seguito, dopo la ripresa del grande commercio meditteraneo. (…) Là dove le particolari condizioni del paese permettevano, senza infrangere il veto della Chiesa, di asservire i prigionieri, la schiavitù permetteva alle persone agiate di soddisfare, a buon conto, i bisogni domestici di manodopera e, forse, in qualche caso, quelli dell'officina. Lo schiavo ha d'altra parte fornito una merce comoda al traffico, agevolando il mantenimento di utili scambi con l'esterno. Come forza di produzione, esso però non contava più. Si affermò come dominante la classe dei grandi proprietari terrieri. Attraverso un processo che ha inizio fin dalla tarda antichità e che, pur variando a seconda delle situazioni particolari, conduce a esiti pressocché comuni a tutto l'Occidente, i piccoli e medi proprietari sono indotti dalla pressione fiscale, prima, e poi dall'insicurezza, a ricercare o ad accettare la protezione della famiglia localmente più importante: una protezione che si trasforma in rapporto di dipendenza. I grandi proprietari terrieri tendono ad assumere prerogative “signorili”, a esercitare cioè sul territorio, un insieme di poteri di natura non solo economica, sostituendosi all'autorità pubblica. Fra i grandi proprietari terrieri emerge la Chiesa. La proprietà ecclesiastica diventa, in Italia, già fra il VI e l' VIII secolo, la più importante, sia in area longobarda che in area bizantina: per la vastità territoriale, e per la trasformazione di monasteri ed abbazie in centri di organizzazione sistematica del lavoro. La forza militare è l'altra fonte del potere nel mondo alto-medievale. Il definitivo prevalere del combattimento a cavallo e l'instaurarsi del sistema feudale favoriscono la saldature del possesso della terra e di quello delle armi in una sola classe dominante, che vive sulla rendita feudale: grazie a questa l'aristocrazia (variamente stratificata al suo interno) può specializzarsi nelle funzioni militari e fronteggiarne il costo economico.
473
Nelle campagne alla schiavitù antica si sostituì, nel corso di pochi secoli, una condizione di servitù. Si può infatti considerare globalmente la servitù come lo stato di non-libertà dei lavoratori della terra, che erano sottoposti, in varie forme, al potere economico, politico, giudiziario dei signori.
M.
Bloch, La servitù nella società medievale, ed. La nuova Italia, 1975
Uno schematico inventario dei maggiori progressi tecnologici dell'Occidente dal secolo VI all' XI deve includere: a) diffusione del mulino ad acqua dal secolo VII b) diffusione nell'Europa settentrinale dell'aratro pesante, a partire dal VIII
c.
diffusione della rotazione agraria triennale a partire dal secolo IX. d) diffusione dell'uso del ferro da cavallo e) diffusione dell'uso del basto per il cavallo f) diffusione dell'attacco a tandem degli animali da traino.
Al proposito conviene fare almeno tre osservazioni: a) Le innovazioni di cui sopra non furono delle “invenzioni” vere e proprie. Il mulino ad acqua era già conosciuto dai Romani. L'aratro pesante sembra sia di derivazione slava. L'uso di ferrare i cavalli pare fosse noto ai Celti prima delle conquiste di Roma. Il basto per i cavalli originò dalla Cina. Quello che gli Europei dimostrarono nei secoli dal VI al X non fu tanto una capacità inventiva quanto una notevole capacità di assimilazione. Seppero prendere le idee buone là dove le trovavano e le applicarono su larga scala all'attività produttiva. Forse su questa attitudine influì la mentalità fresca delle popolazioni barbariche. Lo stesso orgoglio che aveva indotto i Romani a chiamar barbari tutti coloro che non facevano parte dell'Impero aveva reso il mondo romano poco recettivo a idee e stimoli esterni. Lo stesso dicasi per l'impero cinese. Quando le popolazioni germaniche si stanziarono nelle terre dell'impero di Occidente, la loro attitudine era invece di piena ricettività. b) Tutte le innovazioni su accennate si riferivano sostanzialmente all'attività agricola: poiché l'economia era quasi essenzialmente agricola, la cosa non stupisce. Combinandosi insieme, le varie innovazioni si potenziarono vicendevolmente. Come scrisse il prof. Lynn White Jr. : -L'aratro pesante, i campi aperti, l'integrazione dell'agricoltura con l'allevamento, la rotazione triennale, il nuovo basto dei cavalli, il ferro da cavallo si combinarono in un sistema di produzione agricola tale che intorno al 1100 era oramai in grado di creare una vasta area di prosperità agricola dall'Atlantico al Dnieper-
c.
Talune delle innovazioni in questione permettono un più efficiente sfruttamento energetico del cavallo. Contemporaneamente – e le due cose furono evidentemente collegate- in tutta Europa si incrementò notevolmente l'allevamento del cavallo e si cercò anche di migliorarne le razze, importando cavalli dai Paesi musulmani. Questo stesso fatto rappresentò di per sé una notevole innovazione che in combinazione con le altre significò un sensibile incremento della disponibilità dell'energia animale per l'attività produttiva. Carlo Maria Cipolla, Storia economica dell'Europa pre-industriale, il Mulino, Bologna 1975
Le donne non seguono i peggiori consigli, li precedono.
\Abel Hermant
474
I consigli dei vecchi sono come il sole d'inverno: rischiarano senza scaldare.
Luc de Vauvenargues
Le donne amano consolare; portare in evidenza le proprie preoccupazioni, è il miglior sistema di successo presso loro. Alphonse Daudet
La più parte delle donne interpretano il logo “costanza” come il lago che porta questo nome e che bagna contemporaneamente quattro paesi diversi. Paul Masson
Colui che si contraddice ha più possibilità di un altro di esprimere qualcosa di vero.
Anatole France
I resistenti esitano, gli esitanti resistono.
Eugène Jonesco
Se i figli di Ippocrate sono degli ipocriti è lecito dedurre che i figli di Democrito sono democratici? Jean Sauteron
Il filosofo non fa altro che convincere. L'oratore, oltre a convincere, persuade.
Fenelon
Bisogna, al momento di concordare un matrimonio, porsi questa domanda: pensi tu di poter piacevolmente conversare con questa persona sino alla vecchiaia? Tutto il resto è transitorio nel matrimonio poiché quasi tutto il tempo della convivenza si estrinseca nella conversazione. Friedrich Nietzsche
Meglio essere codardo un minuto che morto tutto il resto della vita.
Proverbio gaelico
In Italia, in trenta anni sotto i Borgia, ci sono stati la guerra, il terrore, gli omicidi, ma svilupparono Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera prediligono l'amore fraterno, cinquecento anni di democrazia e di pace. E cosa hanno prodotto? L'orologio che fa cucu. Graham Greene, Il terzo uomo
Non ascoltando che il mio coraggio che non mi diceva niente, mi son ben guardato dall'intervenire.
475
Jules Renard
Un cortigiano rispose un giorno a Luigi XV che gli chiedeva l'ora: -Sire, l'ora che piacerà a Sua MaestàAntoine de Rivarol, Massime e pensieri
Le due massime dei più grandi cortigiani sono: apparire sempre seri e non mantenere mai la parola. Jonathan Swift, Istruzioni ai domestici
Gli uomini, grazie a sagge leggi, hanno sempre avuto dei costumi insensati. Voltaire, Saggio sui costumi
Colui che sputa al cielo, riceverà in faccia il suo sputo.
Ankh-Sheshonq
Da tutta l'eternità Dio ha tutto scelto per noi, meno le nostre cravatte.
…banalità
Emil M. Cioran
Se vuoi che ti si intenda, grida. Se tu vuoi che ti si ascolti, sussurra.
Anonimo
Il devoto crede ai devoti, l'incredulo (ateo?) crede ai filosofi. Ma entrambi sono creduloni.
Antoine de Rivarol
Io non capisco bene perchè gli uomini che credono alle elezioni si considerino meno creduloni degli uomini che credono agli angeli. George Bernard Shaw, prefaz. A Jeanne d'Arc
Un critico drammatico mi fa la stessa impressione di una bicicletta senza sella. \
Brendan Behan
Quale fu l'effetto dell'introduzione della staffa in Europa La storia dell'impiego del cavallo in battaglia si divide in tre periodi: quello dell'auriga, quello del cavaliere che si stringe al cavallo con le ginocchia, quello del cavaliere fornito di staffe. In battaglia il cavallo ha sempre dato al
476
cavaliere un vantaggio sul fante, e ad ogni miglioramento del suo impiego militare sono stati connessi mutamenti sociali e culturali di vasta portata. Prima dell'introduzione della staffa la posizione del cavaliere era precaria e, se il morso e lo sperone potevano servirgli al controllo del cavallo, ed una semplice sella gli garantiva stabilità, egli ancora tutta via ancora molto impacciato nella tecnica del combattimento ed era essenzialmente un arciere mobile e un lanciatore di giavellotti. L'uso della spada era limitato perché, come dice D.H. Gordon, -senza staffe, bastava che il vostro cavaliere, che sta menando gran fendenti, ne mandasse a vuoto uno, per ritrovarsi a terra-. Quanto alla lancia, prima dell'invenzione della staffa, essa era bilanciata col braccio ed il colpo veniva vibrato utilizzando la forza della spalla e dei bicipiti. La staffa rese possibile, per quanto non lo esigesse, un metodo di attacco ben più efficace: il cavaliere poteva ora tenere la lancia in resta, stretta fra il corpo e la parte superiore del braccio, ed attaccare il nemico vibrando il colpo non più con il vigore dei muscoli, ma con il proprio peso unito a quello del cavallo lanciato alla carica. La staffa, consentendo un appoggio laterale in aggiunta a quello anteriore e posteriore offerti dal pomello e dell'arcione, saldava realmente il cavallo ed il cavaliere in una sola unità di combattimento capace di una violenza senza precedenti. La mano del guerriero non vibrava più il colpo: lo guidava solamente. Così la staffa sostituiva alla forza umana l'energia animale, ed aumentava enormemente la possibilità del guerriero di recar danno al nemico. Immediatamente, senza gradi intermedi, essa rese possibile il combattimento d'urto a cavallo, una nuova e rivoluzionaria maniera di combattere.
….... La terra era la forma fondamentale di ricchezza. Quando Carlo Martello ed i suoi eredi decisero che era indispensabile assicurarsi una cavalleria in grado di combattere secondo la nuova ma costosa tecnica, presero l'unica via possibile: confiscarono le terre della Chiesa e le distribuirono ai vassalli, a condizione che costoro servissero come cavalieri nell'esercito franco. Combattere secondo la nuova tecnica comportava grosse spese. I cavalli erano costosi, e l'armatura doveva essere più pesante per fare fronte alla violenza del combattimento d'urto. Nel 761 un certo Isanhard, ad esempio, vendé le terre avite ed uno schiavo per un cavallo ed una spada. Sembra che, in via di massima, l'equipaggiamento per un uomo costasse venti buoi, cioé i buoi da lavoro per circa dieci famiglie contadine. Si aggiunga che i cavalli venivano uccisi sicché il cavaliere aveva necessità di animali di ricambio; ed anche lo scudiero doveva essere fornito di adeguata cavalcatura. I cavalli consumano inoltre una enorme quantità di biada, un prodotto importante in un'epoca nella quale la produzione agricola era molto inferiore alla nostra. (…) Chi non poteva economicamente permettersi di combattere a cavallo soffriva di una inferiorità sociale che in breve divenne inferiorità giuridica. Nell'808 l'impropria terminologia del capitolare De exercitu promovendo distinse i “liberi” dai “pauperes”. (…) I membri della classe feudale detenevano le loro terre e godevano della loro posizione per la lealtà con la quale adempivano ai doveri di cavaliere. Gradualmente il concetto si estese fino a comprendere altri servizi, in particolar modo quello di far parte della corte del proprio signore. Ma l'obbligo originario e fondamentale del cavaliere era il combattimento d'urto a cavallo. Quando, verso la fine del IX secolo, l'autorità centrale del sovrano svanì, la subinfeudazione permise che il concetto di lealtà rimanesse vitale. I possessi feudali presto divennero ereditari, ma potevano essere ereditati solamente da chi fosse in grado di adempiere al dovere del servizio di cavaliere. Elaborate norme sulla tutela dei minori, e regolamenti che richiedevano che vedove ed eredi si maritassero, servivano a garantire il presupposto essenziale dell'infeudazione. La classe feudale non ripudiò mai la condizione originaria della propria esistenza: era stata creata per combattere, e chiunque non avesse voluto o potuto adempiere all'obbligo militare sarebbe decaduto dal beneficio. Il dovere del servizio di cavaliere è la chiave di volta di tutte le istituzioni feudali. Essa “è la pietra di paragone del feudalesimo, perché tutto il resto ne derivava; e la sua accettazione quale principio determinante della proprietà terriera comportava una rivoluzione sociale” (H.A. Cronne in The origins of feudalism). E' soprattutto la concezione feudale, che il godimento di una ricchezza è inseparabile da una responsabilità pubblica, che distingue l'idea medievale della proprietà, sia da quella classica che da quella moderna.
L.
White jr., Tecnica e società del medioevo, ed. Il Saggiatore, 1967
477
Monachesimo, abbazie, formazione della proprietà ecclesiastica Il quadro cronologico: IV-V-VI secolo in Italia e in Europa il monachesimo si sviluppa in modo disorganizzato, senza disciplina. Nasce anche come reazione al disgregarsi della società, per bisogno di fuga e di solitudine; esprime talora la protesta contro i compromessi della Chiesa. La varietà delle motivazioni e delle situazioni ne costituisce un carattere fondamentale. VI secolo Benedetto da Norcia, della piccola nobiltà umbra, fondando il monastero di Montecassino (529) , elabora una regola che ebbe larga diffusione nel monachesimo occidentale e fu strumento efficace e disciplinato. 590 c.a. L'irlandese San Colombano fonda nei Vosgi l'abbazia di Luxenil; le fondazioni dei monaci irlandesi adottano ovunque la regola benedettina. VII-VIII secolo cresce, in ogni aspetto della vita religiosa, il predominio del monachesimo, da cui provengono per lo più i quadri stessi della gerarchia ecclesiastica (vescovi, papi). La vita monastica, ispirata alle virtù contemplative, è proposta come modello di vita religiosa. Si moltiplicano le fondazioni di grandi monasteri, organizzati secondo la regola benedettina. 612 c.a. fondazione dell'abbazia di Bobbio (San Colombano) e, sempre ad opera di monaci irlandesi, del monastero di San Gallo presso il lago di Costanza. 680 restaurazione dell'abbazia di Farfa ( fondata nel IV secolo). 717 restaurazione di Montecassino 726 fondazione dell'abbazia della Novalesa 735 fondazione dell'abbazia di Nonantola da parte di Anselmo, duca del Friuli. 744 fondazione del monastero di Fulda, il maggiore dei monasteri germanici VIII-X secolo le grandi abbazie, vere e proprie aziende, sono punti di riferimento per la vita sociale e importanti centri di attività economica. Hanno vasti possedimenti terrieri e svolgono un ruolo determinante nella ripresa produttiva, introducendo nuove tecniche agricole e nuove culture. Sono anche importanti centri politici e militari. Le proprietà ecclesiastiche in Italia. E' difficile seguire in Italia le vicende della formazione e della composizione delle proprietà ecclesiastiche. Mentre per la Francia esiste un gran numero di inventari, formati sul modello delle registrazioni fiscali dagli imperatori caroilingi, in Italia la presenza di inventari completi e ufficiali è molto limitata. Gli archivi di chiese e monasteri conservano le documentazioni attestanti le proprietà. Più spesso si trovano invece brevi registri di carattere privato, meno ricchi di indicazioni, (spesso solo i confini, un elenco di prestazioni, ecc.) e meno sicuri. (…) Formatasi attraverso elargizioni di principi e donazioni di privati, la proprietà ecclesiastica è molto estesa ma anche frazionata e distribuita in modo vario al suo interno. Il frastagliamento di proprietà consegue evidentemente alla particolare provenienza dei territori, frutto degli atti di liberalità dei fedeli e dei potenti: ciò spiega inoltre l'enorme importanza che doveva rivestire per l'abbazia il privilegio dell'esenzione da dazi e dogane, e perché abati e preposti richiedessero ripetutamente tali immunità agli imperatori. Se esiste dunque un centro maggiore ( curtis major: il monastero o il palazzo vescovile) in cui si trovavano l'amministrazione e il luogo di raccolta dei prodotti, è inevitabile una suddivisione nei centri minori (corti rustiche) per il controllo e la gestione dei singoli possedimenti. B.H. Slicher van Bath, Storia agraria dell'Europa occidentale. ed. Einaudi, 1972
478
Carlo Grande, Terre alte, ed. Ponte delle Grazie, 2008 (che gran bel libriccino: raggiunge un alto livello poetico coordinando e correlando centinaia di citazioni dei più svariati autori. Ma il raccordo è molto positivo, organico, razionale: tutto il disegno è intessuto di poesia. E' un po' come se da Chiosa stralciassi riferimenti tematici su un argomento oggetto di trascrizioni! Ecco alcuni degli Autori: Bernanos, Bocca, Fenoglio, Garcia Lorca, Gervasutti, Giono, Buzzati, De Saint Exupery, Herzog, Lucrezio, Revelli Nuto, Rigoni Stern, Rumiz Paolo, Salsa Annibale, Slataper, Steinbeck, Thomas Man, Fosco Maraini, Luca Mercalli, Messner, Cesare Pavese, Rébuffat Gaston, Terzani, Francesco Tomatis, Ungaretti, Virgilio, Simone Weil, Walt Withman, Andrea Zanzotto)
Laura Mancinelli, I dodici abati di Challant, ed. Einaudi, 1981 (anche questo libriccino è sorprendente e molto ricco di contenuti: intanto è una piccola lezione di medioevo in un contesto narrativo fantastico ed irreale, molto ricco di spunti, di osservazioni, di meditazioni. Molto, molto bello e... di piacevole lettura)
Je suis plein du silence assourdissant d'aimer
\
Aragon
Tant de choses ne valent pas la peine d'etre dites; et tant de gens ne valent pas que les autres choses leur soient dites. Cela fait beaucoup de silence. \ \ Montherland
On n'aime plus personne dès qu'on aime.
Proust
J'appelle ici amour une torture réciproque.
Proust
\ Régina dit au prete Qu'il n'aime pas son Dieu: dis au Toscan sans maitre Qu'il n' aime pas sa ville; au marin sur la mer Qu' il n'aime pas l'aurore après une nuit d'hiver. Va trouver sur son banc le forcat las de vivre, Dis-lui qu' il n'aime pas la matin qui le délivre.
479
Mais ne me dis jamais que je ne t'aime pas.
V. Hugo
Sono pochi quelli che vedono con i propri occhi e provano sentimenti con i propri cuori.
Einstein
L'amour c'est l'espace et le temps rendus sensibles au coeur.
Proust
Giuseppe Pederali, Il tesoro del Bigatto, ed. Rusconi , 1980 (semplicemente fantastico questo lavoro: epico ad altissimo livello, leggero, lieve, essenziale, fortemente poetico. Narra della vicenda di Canossa (1076) dove la figura di Matilde e del suo entourage è decisamente sottotono, come la figura dell'imperatore Enrico IV, ma è fortemente evidenziato Sant'Anselmo e quindi il pontefice Gregorio VI. Epica la figura di Sant'Anselmo perché compie prodigi e miracoli e manifesta un ingegno non comune per gestire e fronteggiare il diavolo personificatosi in Galaverna, suo compagno di un viaggio molto avventuroso: si concretizza nella ricerca del Bigatto che custodirebbe il seme di una zucca gigantesca (così grande da ospitare almeno le abitazioni di due famiglie, come ivi descritto) che avrebbe sfamato una umanità flagellata da continue carestie Si tratta di un gran bel quadro di vita medievale che verte sul potere di nominare i vescovi: l'imperatore o il papa? Come noto il primo soccombe, ma solo apparentemente, perché a partire da Carlomagno fino a tutto il Novecento in tutti gli atti pubblici si evidenzia la designazione divina e quindi la liceità del re ad esercitare il potere. Bello, davvero bello ed istruttivo.)
Pietro Grossi, Martini, ed. Sellerio, 2010 (libriccino molto piccolo, molto decantato dalla critica, l'Autore ha pubblicato Pugni nel 2007 partecipando alle finali del premio Strega, lodato per l'incisività dello scrivere. Si vede che ho letto male questo testo perché mi è parso una storiella circa la conoscenza di un autore americano, il tutto è ambientato in America, ma zoppo e incompleto: quasi avesse stracciato alcuni capitoli intermedi. E lo credo che pare incisivo....)
Vous qui cherchez à plaire, Ne mangez pas l'enfant dont vous aimez la mère.
V.Hugo
Ces choses-là sont rudes; Il faut pour les comprendre avoir fait des études.
V. Hugo
Il dormait quelquefois à l'ombre de sa lance, Mais peu.
V. Hugo
480
Toutes ces choses sont passées Comme l'ombre et comme le vent.
V. Hugo
Dieu a fait le monde de rien. Le rien perce (buco, filatoio, foro)
Valéry
Tristesse J'ai perdu ma force et ma vie, Et mes amis et ma gaieté; J'ai perdu jusq'à la fierté (fierezza, orgoglio) Qui faisait croire à mon génie.
Musset
Lettre à Guy de Maupassant par
Flaubert:
Prenez garde à la tristesse. C'est un vice.
Quand on aura allégé le plus possible les servitudes inutiles, évité les malheurs non nécéssaires, il restera toujours, pour tenir en haleine les vertus heroiques de l'homme, la longue série des maux véritables, la mort, la vieillesse, les maladies non guérrisables, l'amour non partagé, l'amitié rejetée ou trahie, la médiocrité d'une vie moins vaste que nos projets et plus terne que nos songes: tous les malheurs causés par la divine nature des choses. Yourcenar
Chacun s'accroche comme il peut à sa mauvaise étoile.
Cioran
Les voyages: Un petit vertige pour cuoillons.
Céline
Heureux qui comme Ulysse a fait un beau voyage Ou comme cestui-là qui conquit le Toison Et puis est retourné, pleine d'usage et raison, Vivre entre ses parents le reste de son age!
481
Quand reverrai-je, hélas! De mom petit village Fumer la cheminée? Et en quelle saison Reverrai-je le clos de ma pauvre maison Qui n'est une province, et beaucoup d'avantage?
Plus me plait le séjour qu'on bati mes aieux Que des palais romains le front audacieux; Plus que le marbre dur me plait l'ardoise fine,
Plus mon Loyre gaulois que le Tibre latin, Plus mon petit Liré que le mont Palatin Et plus que l'air marin la douceur angevine (angioina)
du Bellay
---------------------------------------Matthias Becher, Carlo Magno, Universale Paperbacks, 2000 Carlo, però, non solo fu ricevuto a Roma come un imperatore, ma si comportò anche, già prima dell'incoronazione, proprio come il supremo titolare del potere temporale sulla terra. Una settimana dopo il suo arrivo, convocò in un sinodo i nobili ecclesiastici e laici che erano presenti, e questo sul suolo dell'antica città imperiale, Roma, al posto del papa. Anche l'argomento più importante affrontato durante l'udienza era degno di un imperatore: vennero esaminate le accuse contro papa Leone III, che non erano ancora state messe definitivamente a tacere, forse per volontà di Carlo stesso. Questi dibattiti si protrassero per settimane. Sembrava che l'aristocrazia franche e romana riunita non riuscisse a sciogliere il problema più importante: la composizione delle accuse sollevate contro il papa. Nessuno voleva dimostrare la legittimità o addirittura presentarsi come accusatore del papa. D'altra parte, se si voleva che a Roma ritornasse di nuovo la pace, era necessario confutare le imputazioni addotte. Alla fine Leone acconsentì ad un giuramento purificatore. Il 23 dicembre salì sull'ambone della chiesa di San Pietro e giurò solennemente, tenendo i Vangeli sollevati al cielo, che le colpe addebitategli non erano vere. Con questo gesto le accuse furono definitivamente cancellate, poiché per i contemporanei un simile giuramento, pronunciato correttamente e senza errori formali, provava senza dubbio la veridicità della dichiarazione giurata.
…. L'imperatore romano d'oriente Anastasio I confermò il potere di Clodoveo nel 508 a Tours, quando, tramite un'ambasceria, lo fece nominare console onorario e gli fece consegnare le insegne della dignità regia (la tunica color porpora, il mantello ed il diadema). Questo riconoscimento orientò il modo di governare di Clodoveo verso un'aspirazione imperiale. Proprio per imitazione degli imperatori romani, nel 508, si atteggiò a legislatore e fece mettere per iscritto le leggi del suo popolo, fino ad allora affidate alla tradizione orale, nel codice chiamato Lex Salica. Nel
482
solco di questa tradizione, tenne anche il primo concilio del regno franco, nel 511, a Orléans, nel quale per la prima volta il re franco ed i più importanti vescovi galli appartenenti al ceto superiore romano lavorarono insieme. Clodoveo morì nel 511, all'età di circa 46 anni. Il suo regno, che si estendeva dal Reno sino ai Pirenei, fu diviso fra i suoi quattro figli. Uno di loro morì dopo pochi anni e così ci fu una tripartizione del regno. La forza di espansione dei franchi per il momento non trovava ostacoli. Intorno al 530 sconfissero il regno dei Turingi. Nel 532 furono sconfitti i Burgundi ed il loro regno fu diviso, due anni più tardi tra i figli di Clodoveo. Nel 537 gli Ostrogoti, che erano attaccati da Bisanzio, lasciarono la Provenza e comprarono l'aiuto militare franco. Così i franchi ebbero uno stabile sbocco sul Mediterraneo, che era la più importante area economica del tempo. (ho voluto leggere questo testo in quanto scritto da un Autore germanico in quanto, com'è noto, Carlo combatté per quaranta anni per la conquista della Sassonia. Questo libro mi ha deluso, forse perché mal tradotto: dovrò cercare un altro testo). ----------------------------------------------------------------
Vincenzo Cuoco (1770-1823), Saggio storico sulla rivoluzione del 1799 (dal capitolo: il Giudice Vanni) Il carattere di questo uomo era singolare. Egli riuniva un'estrema ambizione ad una crudeltà estrema e, per colmo delle sciagure dell'umanità, era un entusiasta. Ogni affare che gli si addossava era grandissimo; ma egli voleva sempre apparir più grande di tutti gli affari. Uomini tali sono sempre funesti, perché, non potendo o non volendo soddisfare l'ambizione loro con azioni davvero grandi, si sforzano di far apparir tali tutte quelle che possono o sanno fare, e le corrompono. Vanni incominciò ad acquistar fama di giudice integro e severissimo con la condotta che tenne con il principe di Tarsia, il quale era stato per qualche anno direttore della fabbrica di seterie che il re aveva stabilita in San Leucio. Il primo errore forse lo commise il re, affidando tale impresa al principe di Tarsia anziché ad un fabbricante; il secondo fu del Tarsia, il quale, non essendo fabbricante, non dovea accettar tale commissione. Ne avvenne quello che ne dovea avvenire. Tarsia era un onestissimo cavaliere, cioé un onestissimo spensierato, incapace di malversare un soldo, ma incapace al tempo istesso d'impedir che gli altri malversassero. Si trovò, nei conti, un ammanco di circa cinquantamila scudi. Fu data a Vanni la commissione di saldare i conti. Non eravi affare più semplice, perché Trasia era un uomo che voleva e poteva pagare. Pure Vanni prolungò l'affare non so per quanti anni: cadde il trono, ed ancor l'affare rimaneva in piedi ed era indeciso; ed intanto non eravi genere di vessazioni e d'insulti ai quali non sottopose la famiglia del Tarsia, perché, dicesi, tale era la decisione di Acton. Gli uomini di buon senso, alcuni dicevano: “Che imbecille!” , altri : “Che impostore!”. Ma nella corte si faceva dire: “Che giudice integro! Con quale zelo, con quanta fermezza affronta il principe Tarsia, un grande di Spagna, un grande officiale del palazzo!” Come se l'ingiustizia che si commette contro i grandi non possa derivare dalle stesse cagioni ed essere egualmente vile che quella che si commette contro i piccioli. (…) Lo sguardo di Vanni era sempre riconcentrato in se stesso, il colore del volto pallido-cinereo, come suole essere il colore degli uomini atroci; il suo passo irregolare e quasi a salti, il passo insomma della tigre: tutte le sue azioni tendevano a sbalordire ed atterrire gli altri; tutti i suoi affetti atterrivano e sbalordivano lui stesso. Non ha potuto abitar di più di un anno nella stessa casa, ed in ogni casa abitava al modo che narrasi che de signorotti di Fera e di Agrigento. Ecco l'uomo che doveva salvare il regno!
Racconti di montagna a cura di Davide Longo, ed. Einaudi, 2007 da Francesco Petrarca, Ascesa la Monte Ventoso (quando ha scritto ciò aveva 49 anni essendo nato nel 1304):
483
…. Ma per tornare al Ventoso , quando dovetti pensare ad un compagno di viaggio, nessuno dei miei amici, meravigliati pure, mi parve in tutto adatto: tanto rara, anche tra persone care, è una perfetta concordia di volontà ed indole. Questi era troppo pigro, quello troppo attivo; questi troppo fiacco, quello troppo svelto; questi troppo triste, quest'altro troppo allegro; questi troppo sventato, quello troppo prudente rispetto a quanto desiderassi; di questo mi spaventava il silenzio, di quello la loquacità; di questo la pesantezza e la pinguedine, di quello la magrezza e la debolezza; di quest'altro mi scontentava la fredda indifferenza, di quello l'ardente darsi da fare: tutti difetti che, sebbene gravi, in casa si sopportano (tutto compatisce l'affetto e l'amicizia non rifiuta alcun peso), ma che in viaggio diventano davvero pesanti.
… Avevamo appena lasciato quel colle che già io, dimentico del mio precedente tortuoso aggirarmi, sono di nuovo trascinato verso il basso, e mentre attraverso avvallamenti vado di nuovo alla ricerca di un sentiero pianeggiante ecco che ricado in gravi difficoltà. Volevo differire la fatica del salire ma la natura non cede alla volontà umana né può accadere che qualcosa di corporeo raggiunga l'altezza discendendo.
… Dapprima colpito da quell'aria insolitamente leggera e da quello spettacolo grandioso, rimasi istupidito. Mi volsi intorno: le nuvole mi erano sotto i piedi e già mi divennero meno incredibili l'Athos e l'Olimpo nel vedere con i miei occhi, su un monte meno celebrato, quando avevo letto ed udito da essi. Volsi dunque lo sguardo verso le regioni italiane laddove più inclina il mio cuore; ed ecco che le Alpi gelide e nevose, per le quali un giorno passo quel feroce nemico del nome di Roma rompendone, come dicono, le rocce con l'aceto, mi parvero, pur così lontane, vicine. Lo confesso: ho sospirato verso quel cielo d'Italia che scorgevo con l'anima più che con gli occhi e mi invase un desiderio bruciante di rivedere l'amico e la patria anche se, in quello stesso momento, provai vergogna per questo doppio desiderio non ancora virile: eppure non mi sarebbero mancate, per l'uno e per l'altro, giustificazioni confermate da grandi testimonianze. Ma ecco entrare in me un nuovo pensiero che dai luoghi mi portò ai tempi. -Oggi, mi dicevo, si compie il decimo anno da quando, lasciati gli studi giovanili, hai abbandonato Bologna: Dio immortale, eterna Saggezza, quanti e quali sono stati nel frattempo i cambiamenti della tua vita!-
… Troppi sono ancora gli interessi che mi producono incertezza ed imbarazzo. Ciò che ero solito amare, non amo più; mento, lo amo, ma meno; ecco, ho mentito di nuovo: lo amo, ma con più vergogna, con più tristezza; finalmente ho detto la verità. E' proprio così, amo ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare; amo tuttavia, ma controvoglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza. In me faccio triste esperienza di quel verso del famosissimo poeta (Ovidio, Amor, 3, 11b, 35): “Ti odierò, se posso; se no t'amerò contro voglia”.
… mi volsi indietro ad occidente, per guardare ed ammirare ciò per cui ero salito sin lì: m'ero infatti accorto, stupito, che era ormai tempo di levarsi, che già il sole declinava e che l'ombra del monte si allungava. Le vette dei Pirenei, che sono di confine di Francia e Spagna, non si vedono di qui, e non credo per qualche ostacolo che vi si frapponga ma per la sola debolezza della nostra vista; a destra, molto nitidamente, si scorgevano invece i monti della provincia di Lione, a sinistra il mare di Marsiglia e quello che batte Aiguemortes, lontani alcuni giorni di cammino; quando al Rodano, era sotto i nostri occhi. …..
(molto bello e preziosa questa raccolta di scritti di montagna di Autori celebri ma anche misconosciuti: il criterio di scelta è stato influenzato dalla scadenza dei diritti di autore (esclusi quelli pubblicati da loro). Comunque gli Autori sono: Primo Levi, Goffredo Parise, Michael Cricchton, Yasunari Kawabata, Ernest Heminguay, Emilio Salgari, Franz Kafka, Dino Buzzati, Italo Calvino, Bernardo Atxaga, Guy de Maupassant, Tobias Wolf, Achille Giovanni Cagna, Vladimir Nabokov, Fosco Maraini, Hermann Hesse, Bruce Chatwin, Mario Rigoni Stern, Francesco Petrarca. Molto, molto ghiotto davvero) --------------------------------------------------------------------------
Un sorriso fa il doppio di strada di un broncio.
Robert Baden-Powell
484
I vecchi si ripetono ed i giovani non hanno nulla da dire: la storia si ripete da sempre.
Jacques Bainville
Mi disturba la morte, è certo. Credo sia un errore del Padreterno. Io non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginate il mondo senza di me: che farete da soli? Vittorio Alfieri (che buffone!)
Il giovane cammina più veloce dell'anziano, ma l'anziano conosce la strada.
Proverbio africano
Tutte le scienze esatte sono comandate dall'approssimazione.
Bertrand Russel
Il rimpianto è il vano pascolo di uno spirito disoccupato. Gabriele d'Annunzio
Cotti Andrea, Tre, Bollati Boringhieri, 1996 (che gran bel libriccino! Scritto in modo molto veloce, con alcune licenze grammaticali, narra di un giovane e di due ragazze che si incontrano per una esperienza teatrale a livello amatoriale, che scoprono di vivere con malessere la loro vita stante i rapporti ed i vincoli parentali ed affettivi per cui decidono di fare una vacanza insieme a Parigi. Qui il racconto corre fluido e leggero: penso che la miglior sintesi sia l'equilibrio e soprattutto la sintonia raggiunta da questa strana triade. Molto bello davvero: dovrò cercare se questo Autore ha ancora scritto qualcosa oltre a questa esperienza giovanile)
L' homme n'a pas besoin de voyager pour s'agrandir; Il porte avec lui l'immensité.
Chateaubriand
Voyager, c'est bien utile, ca fait travailler l'imagination. Tout le reste n'est que déception et fatigue. Notre voyage à nous est entièrement imaginaire. Voilà sa force. Et puis tout le monde peut en faire autant. Il suffit de fermer ses yeux. C'est de l'autre coté de la vie.
Je n'ai rien qui me la rappelle,
485
Celine
Pas de portrait, pas de cheveaux, Je n'ai pas une lettre d'elle: Nous nous détestions tous les deux.
Après tant de félicité, Tant de baisers et tant de larmes, Un jour, nous nous sommes quitté,
Comme deux guerriers rompus Que leur haine ne soutien plus Et qui lassent tomber leurs armes.
Becque
Et nous avons des nuits plus belles que vos jours.
Racine
Et toi mon coeur pourquoi bats-tu Comme un guetteur mélanconique J'observe la nuit et la mort.
Apollinaire
Sur les ailes du temps la tristesse s'envole.
La Fontaine
Certes, c'est un sujet merveilleusement varié, divers et ondoyant que l'homme.
Montaigne
Quelle chimère est-ce donc l'homme? Quelle nouveauté, quel monstre, quel chaos, quel sujet de contradiction, quel prodige! Juge de toutes choses, inbécile vers de terre; dépositaire du vrai, cloaque d'incertitude et d'erreur; gloire et rebut de l'univers. Pascal
Roule, torrent de l'inutilité!
Montherlant
486
Moi cherche le silence et la nuit pour pleurer.
Corneille
L' Adieu J'ai cueilli ce brin de bruyère L'automne est morte souvien-t-en Nous ne nous verrons plus sur la terre Odeur du temps brin de bruyère Et souvien-toi que je t'attend.
Apollinaire
Au grand jour du Seigneur, sera-ce un sur refuge D'avoir connu de tout et la cause et l'effet, Et d'avoir tout compris suffira-t-il au Juge Qui ne regardera que ce qu'on aura fait?
Corneille
Un écrivain véritable ne trouve pas ses mots. Alors il les cherche. Et il trouve mieux.
Valéry
Tous les etres circulent les uns dans les autres. Tout est en un flux perpétuel. Tout animal est plus au moins homme; tout minéral est plus au moins olante, toute plante est plus au moins animal. Il n'y a qu'un seul individu, c'est le tout. Naitre, vivre et passer, c'est changer de forme. Diderot
Hommes de l'avenir souvenez-vous de moi.
Apollinaire
Un jour, élevez-moi... Non, ne m'élevez rien.
Lamartine
On n'entend dans les funérailles que des étonnements de ce que ce mortel est mort.
Bossuet
Ce n'est pas drole de mourir Et d'aimer tant de choses,
487
La nuit bleue et les matins roses, Le fruits lents à murir.
Toulet
Le plus important c'est Dieu, qu'il existe ou qu'il n'existe pas. Anonyme
(Jean d'Ormesson?)
Carmelina Maurizio, L'emigrazione dei Valdesi in Sud America, ed. Alzani, 2008 Cercate sempre di mantenervi intellettualmente e spiritualmente molto superiori a quelli che vi circondano. Se sarete uguali sarete assorbiti, se sarete inferiori sarete loro servi. Giovanni Daniele Charbonnier (molto bello ed interessante questo piccolo libro: narra le vicende delle migrazioni dalle valli valdesi a partire dal 1829 fino al 1934. Sfuggivano dalla fame e dalla miseria nonché dalle persecuzioni di cui con minore o maggiore intensità da sempre sono stati oggetto. Ma l'insegnamento più importante è dato dal fatto che questo popolo è molto istruito, molto religioso ed attaccato alle proprie tradizioni. Ciò ha determinato , in primis, una dovizia di documentazione scritta. Arrivati in Uruguay e poi in Argentina, hanno subito costruito le scuole (financo un liceo) , i templi, le case per anziani, hanno pubblicato moltissimi giornali in francese, in patois e poi in spagnolo). Gran popolo davvero, molto laborioso e serio stante l'origine metodista della loro religione. Bisognerebbe far leggere questo testo a quanti oggi avversano gli emigranti dimenticando che arrivano qui con una “speranza” legittima di miglior vita; dimenticano pure che in ogni nostra famiglia esiste memoria di tristissime migrazioni). --------------------------------------------------------------
Roberto Maestri, Bonifacio di Monferrato, Marco Valerio Ed., 2005 dall'introduzione di Walter Haberstumpf: L'Italia settentrionale , nel corso della prima metà del X secolo, è interessata da fenomeni di notevole violenza: le ripetute incursioni di popolazioni di origine ungherese riguardano con particolate veemenza le frontiere orientali; nel contempo, i territori occidentali sono sottoposti ad incursioni da parte dei pirati saraceni che si spingono non solo sulle zone costiere, ma anche nelle pianure piemontesi. A rendere ancor più grave il clima di terrore che attanaglia gli abitanti dell' Italia settentrionale, vi sono gli scontri tra i pretendenti della corona del Regno d'Italia che si combattono tra loro coinvolgendo nella lotta l'aristocrazia militare, attirata dalla possibilità di ottenere concessioni di terre. All'interno di questo scenario compare Aleramo, il personaggio che darà origine ad una delle più importanti famiglie signorili del Medioevo italiano: la dinastia aleramica. Tracce di Aleramo si trovano nel 967, quando egli riceve dal nuovo imperatore Ottone di Sassonia la donazione di considerevoli possedimenti situati tra il Tanaro ed il mare Ligure. Questo territorio costituisce la circoscrizione pubblica (marca) che consente ad Aleramo di fregiarsi del titolo di marchese. Proprio da questa marca i discendenti di Aleramo cominciano a costruire il loro principato territoriale. I due figli di Aleramo, Anselmo e Oddone, governano congiuntamente e nel 991 fondano una nuova abbazia, quella di Spigno; anche il loro patrimonio resta comune fino alla generazione successiva, quando i discendenti del ramo di Anselmo fondano, nel 1030, autonomamente il monastero di Sezzadio. …. E' opportuno ricordare che, in questi anni, la maggior parte del Piemonte centro-meridionale e della Liguria occidentale è governata dalla famiglia degli Arduinici, titolari della marca di Torino, i quali decidono di stipulare un “patto dinastico” con gli Aleramici: Adelaide di Torino, detentrice di fatto della marca, prende come sposo Enrico, discendente da Oddone, figlio di Aleramo, mentre Berta, sorella di Adelaide, è data in moglie a Tete, discendente dell'altro figlio di Aleramo, Anselmo. Questa duplice unione
488
matrimoniale ha un'importanza decisiva per stabilire gli assetti territoriali del Piemonte basso-medievale, in quanto, all'estinzione degli Arduinici, i loro beni passano agli Aleramici e dal ramo cui apparteneva Enrico discendono i marchesi del Monferrato, mentre da quelli di Tete hanno origine i cosidetti marchesi del Vasto. (ho conosciuto nel 1980 un discendente di questo ramo nella persona del farmacista di Chiusa Pesio: uomo tristo ed introverso, o forse più semplicemente, non in salute?). … La mancanza di un principio dinastico incoraggia l'insorgere di diversi “marchesati”, impedendo la conservazione dell'unità territoriale. Nel corso del XII secolo hanno così origine i marchesati di Saluzzo, di Ceva, di Savona (poi del Carretto), di Busca, di Cortemiglia e di Incisa.
Conclusa l'occupazione del Peloponneso, Bonifacio procedette alla spartizione dei feudi della Morea, operazione da cui la Repubblica di Venezia fu esclusa. Infatti Guglielmo di Champlitte, nel corso dell'autunno 1205, assunse il titolo di principe di Acaia ( in nota: Il principato di Acaia fu poi retto dalla famiglia dei Villehardouin che lo tennero dino al 1278. Gli Angiò ne furono successivamente signori; nel 1289 ne era signore Fiorenzo di Hainaut, marito di Isabella di Villehardouin, la quale, rimasta vedova due volte, sposava nel 1301 Filippo di Savoia, principe di Piemonte, secondo di un ramo laterale che prese appunto il nome di Savoia-Acaia) con la piena approvazione del re di Tessalonica ed almeno il tacito consenso dell'Impero Latino e del Papa Innocenzo III, che gli conferì, il 19 novembre 1205, il titolo di “princeps totius Acaie province”. ( molto bello ed interessante questo piccolo libro non foss'altro perché illumina su un periodo storico a me poco noto. La vicenda, in sintesi, è questa: il Bonifacio per campare andava a fare il capitano in giro per l'Europa. Quando fu indetta la IV crociata (intorno al 1200) venne eletto comandante dell'intero esercito che si imbarcò sulle navi veneziane, non avendo fondi sufficienti. Per prima cosa conquistarono e depredarono Zara, la cattolicissima Zara, trovandosi fra capo e collo una bella scomunica: ma ciò era utile a Venezia. La spedizione proseguì verso sud ma invece di puntare sulla Terrasanta, volendo proteggere un pretendente dell'Impero d' Oriente che era stato spodestato (qui compare per inciso il nome dei Lascaris che avrebbero poi governato su Tenda) andarono ad assaltare e depredare niente meno che la cristiana Costantinopoli: i capi della spedizione si accontentarono dei tesori immensi contenuti in due palazzi mentre alla soldataglia fu lasciata la città con le sue ricchezze: enormi gli stupri, i soprusi, la messa in schiavitù. A questo punto i crociati (si fa per dire) elessero Baldovino Imperatore d'Oriente ma incominciarono le risse e le guerre per accaparrarsi e spartirsi la Romania, parte dell'Ungheria e tutto il Peloponneso con relative isole. Le isole in particolare andarono a Venezia. In questo contesto è interessante il riferimento a Baudolino di Umberto Eco, con tutto il commercio delle reliquie, dei falsari, dei fedifraghi, del popolo bastardo lì narrato. Concludendo: la fine del libro narra in modo ragionieristico le beghe per la spartizione del bottino cui ha ampiamente partecipato il papato. Il nostro Bonifacio crepa in seguito ad un agguato tesogli dagli ungheresi dopo che aveva sposato la vedova del Re ungherese: in altri termini una storia di uno squallore davvero unico). ------------------------------------------------
Adriana Destro, L'ultima generazione. Franco Angeli editore, 1984 Che gran bel libro di antropologia, frutto di uno studio durato 6-7 anni nella piccola comunità di Festiona. L' Autrice, probabilmente molto giovane all'epoca, scrive in modo accademico seguendo cioè degli indirizzi metodologici molto precisi: non vorrei che questi schemi abbiano condizionato la resa del lavoro. Comunque molto bello. L'analisi abbraccia il periodo 1870-1970 e si basa su documenti dell'archivio parrocchiale e sull'esame di testimonianze dirette. Prende in considerazione gli aspetti collettivi del patrimonio, le divisioni e gli accordi ereditari, la discendenza, il matrimonio ed il celibato maschile e femminile. Molto articolata l'analisi del fenomeno del culto per San Magno (santo guerriero riconducibile a divinità pagane ancestrali assimilabili a Marte) con l'attribuzione quasi laicale, ma sempre sotto stretto controllo del Pievano, dei massari e degli abbà. Qui c'è un'ampia descrizione del rito che si svolgeva al
489
Santuario di Castelmagno con le novene, i pranzi rituali, il bacio del piede della statua, i vari riti pagani e la festa (ciucca) che chiudeva il ciclo. Emblematico quanto descritto per l'anno 1923 in nota al rendiconto sul libro della Compagnia. Scrive il Pievano (cui spettava il controllo): … il debito ammontante a 330 lire viene annualmente pagato da chi succede nel rettorato, perchè la parrocchia non ci ha nulla a vedere, essendo a carico della compagnia, o dei confratelli di San Magno. Tanto per la verità. Ma il commento prosegue: Il tono del pievano non annuncia solo una dissociazione dalle attività e dalle funzioni dei contadini, che si trovano ad un vero punto critico, ma sottolinea che, per amor dl vero, è necessario tener distinti i rispettivi ambiti. … Nell'atteggiamento del clero pare scorgersi un giudizio sulla compagnia stessa. Il valore delle celebrazioni corre il rischio corre il rischio di esser messo a repentaglio dei suoi atti “abusivi” perché “la Roida” consente comitive bizzarre e permissive sulle quali sembra proiettarsi l'ombra delle abadie, dei loro svaghi, delle loro licenze. Le azioni della compagnia, per di più, paiono in antagonismo con una verità religiosità per la quale la povertà deve essere accettata senza evasioni, per diventare più decorosa e meritevole. Ed è proprio questo il punto che mi ha colpito di più: non son passati 90 anni da quel tempo di miseria ed ignoranza dove lo svago o la pausa di riposo era vista come un “peccato” salvo venisse impiegata in pratiche religiose mentre ad oggi l'esaltazione è al consumismo, alla vacanza, ai viaggi esotici, alle crociere, ai talk show...... Il tutto si rompe agli inizi degli anni 60 del secolo scorso laddove si sciolgono le varie Compagnie, una fra tutte le Figlie di Maria, e viene meno lo stretto e serrato controllo del prete sulla vita sociale: quindi il 68 dovrebbe essere nuovamente analizzato e ridisegnato. Comunque molto interessante questo testo.
Paolo Rumiz, Le secessione leggera, Univ. Econ. Feltrinelli, 2001 ...Dall'altra l'ansia patologica di chi ha paura di perdere ciò che ha conquistato, di chi resta naif di fronte ai simboli aggressivi del consumo, debole di fronte alla complessità dei tempi. L' Homo Padanus è il paradigma della triplice contraddizione fotografata da Zigmiund Bauman ne La solitudine del cittadino globale : la sicurezza insicura, la certezza incerta e la rischiosa incolumità. Registra l'impressionante metamorfosi delle paure dell'era postmoderna.
… Intanto, anche la xenofobia è diventata di centro. Per questo è ancora più esplosiva. In partenza, essa è raramente pregiudizio razziale aggressivo. In molti casi è solo paura, affioramento di una debolezza, talvolta disperazione per una estraneità, il contatto con una diversità non digeribile in tempi brevi. L'angoscia, insomma, di sentirsi stranieri in casa propria. E' un'ansia identitaria che il buonismo culturale dei liberal fatica a governare e persino a sentire. E' anche grazie alla sottovalutazione di questo spaesamento che un po' ovunque crescono i populismi di destra. Se Haider fosse solo una cosa austriaca, ci ricorda Aldo Bonomi, non metterebbe tanta paura.
… Una ricerca condotta nel 1992 dall'Aaster nelle province ultraleghiste di Bergamo e Lecco rivela un dato inatteso. La figura istituzionale più odiata non è il colonnello della Tributaria e nemmeno il prefetto. E' il bibliotecario comunale. Da cosa nasce questa avversione dei separatisti? C'è una risposta banale e immediata: ed è che agli occhi del montanaro lumbard il bibliotecario è la somma di tutte le ignominie. E' uno statale, un intellettuale, un parassita improduttivo. Ma subito spunta una obiezione legittima.. Non è strano che, in queste comunità nordiste ossessionate dalle loro radici di “Paese”, l'oggetto di massimo “sgradimento” sia proprio colui che dell'identità paesana dovrebbe essere il depositario?
…
490
L'acqua del torrente Gesso ringhia contro il pilone superstite del viadotto ferroviario per Mondovì. Cuneo si annuncia così, nel peggiore dei modi: con un ponte crollato. Se l'è portato via la piena del novembre '96, ed ancora un anno dopo i binari pendono nel vuoto con le traversine sbilenche. Sotto la scarpata che delimita la cittadella subalpina, la ghiaia accumulata segna una ferita profonda, segnala una devastazione diffusa. Nei dintorni di Mondovì, nelle ultime due alluvioni, il Tanaro e gli affluenti hanno abbattuto altri sei ponti. In una notte di diluvio, a Farigliano cinque automobili in fuga dall'inferno sono finite nel vuoto una dopo l'altra inboccando un viadotto che non esisteva più. A Robilante l'acqua a centotrenta chilometri all'ora si è inghiottita due ponti e ottanta metri di strada ferrata. Nella sola Bastia, dove il Tanaro si ingolfa fra i pendii delle Langhe e il terrazzo fluviale subalpino, ne sono venuti giù altri quattro. Raccontano che per giorni il fiume si è trascinato a valle maiali e manzi morti. (che bravo questo Autore: di una lucidità incredibile, di una sintesi stupefacente, di una precisione puntuali perché narra di cose e di luoghi ben visitati e quindi ben conosciuti. Questo testo avverso alla Lega Padana è stato scritto nel 1997 e ristampato nel 2001 e meriterebbe di certo una ri-edizione aggiornata ad oggi. Bravo, veramente bravo.)
Libertà è scegliere.
Pericle
Tu sarai solitario perchè la cultura è come una prigione.
Aldous Huxley
Le due più grandi doti che può avere un pittore è, in primo luogo, di essere spagnolo e poi di chiamarsi Salvador Dalì. Io ho entrambe queste doti. Salvador Dalì
Ella era scollata, fino al nome del Figlio.
Anonimo
Il saggio ha paura dei suoi errori, ma non teme a correggersi.
Confucio
Il nostro ridicolo errore nazionale è di non avere nemici più grandi dei nostri successi e della gloria se non in noi stessi. Napoleone I° (che piscialungo!)
Pier Angelo Soldini, Il cavallo di Caligola, interlinea ed. 2009
3 giugno. Scrive Virginia Woolf a proposito del suo Diario: “Vorrei che assomigliasse ad una scrivania vecchia e profonda o a un ripostiglio capace, in cui si butta un cumulo di oggetti disparati senza neanche guardarli bene”. Il mio proposito è invece, come dicevo, un altro. E' Quello di mettere le mani nella antica scrivania, nei profondi cassetti della
491
memoria, dove per quasi mezzo secolo ho gettato confusamente le cose più disparate, per dividere le scadute da quelle ancora valevoli e quindi degne d'essere in qualche modo conservate. (Davvero bello questo testo: è una ristampa di quello del 1962 di una gran bella testa, onnivoro e curioso, di una cultura stupefacente. L'obiettivo è quello di trascrivere ogni giorno, per 365 giorni, un pensiero. Ed allora sono sapienziali, eruditi o , a volte, semplici ricordi vòlti a dare una chiave di lettura storica del vissuto. Molto bello).
Rosso sul mare: buon tempo la mattina. Rosso sulla montagna: pioggia e vento alle calcagne.
proverbio corso
Fai attenzione quando leggi libri di medicina: potresti morire per un errore di stampa.
Marc Twain
Quando vedo un uomo piangere nel buio della sua stanza, mi domando cosa lo spinga a non accendere la luce. Alessandro Bergonzoni
Credi e tu capirai; la fede precede, l'intelligenza segue.
Sant'Agostino
Ciò che è stato creduto da tutti, sempre, dappertutto, ha tutte le condizioni per essere falso. Paul Valéry, Tel quel
Cuba è il più grande paese del mondo: la sua capitale è all' Avana, il suo governo a Mosca, le sue armate in Africa.... e la sua popolazione in Florida. Ronald Reagan
Per la più parte degli uomini, correggersi significa cambiare errori.
Voltaire
I soldati che sfilano sotto l'arco di trionfo sono quelli che hanno evitato la morte. Jean Giraudoux, La guerra di Troia
Tutti i meschini sono bevitori di acqua. Ciò è ben dimostrato dal Diluvio. Louis-Philippe, morale
492
Conte di
Ségur, Canzone
Domani soffierà il vento di domani.
Manuale del marinaio bretone
Il mondo è di coloro che si svegliano presto al mattino; il mezzo-mondo è di coloro che si coricano tardi. Willy
La democrazia, sapete cos'é? Il potere dei polli di mangiarsi i leoni.
Philippe Berthelot
La democrazia è la metà dei coglioni, più uno.
Philippe Bouvard, Pensieri
Ho trovato una definizione perfetta della umana natura in ciò che si distingue da quella animale. L'uomo è un animale che fa cucina! In una certa misura le bestie hanno una memoria, un giudizio e tutte le facoltà e le passioni che albergano nel nostro spirito; ma nessuno usa cucinare. Samuel Johnson, Giornale di un viaggio alle Ebridi
Se non ci fossero che ottimi cuochi, i farmacisti avrebbero poco da fare, i medici sparirebbero, non ci sarebbero che chirurghi per le fratture. Nestor Roqueplan, La vita parigina
La cultura è ciò che dimora in un uomo quando ha dimenticato tutto.
Edouard Herriot, Note e massime
“I sensi sono come le finestre attraverso cui i vizi si introducono nell'anima. La cittadella e la rocca della mente non possono essere conquistate finché l'esercito nemico non v'entra per le porte. (…) Se qualcuno prova piacere a guardare i giochi del circo, le gare di atletica, le smorfie dei pagliacci, la bellezza delle donne, lo splendore dei gioielli o delle vesti e simili attraverso le finestre degli occhi viene ridotta in catene la libertà e si avverano le parole del profeta (Geremia): “ La morte è entrata attraverso le nostre finestre”. Quando dunque questa schiera, per così dire, apportatrice di turbamenti attraverso le porte dei sensi sarà penetrata nella rocca del nostro spirito, dove andranno a finire la nostra libertà, la nostra forza, il nostro pensiero di Dio, soprattutto se si pensa che i sensi conservano l'immagine anche dei piaceri passati e suscitandone il ricordo costringono lo spirito a tollerare i vizi e a compiere, in un modo o nell'altro, con l'immaginazione, ciò che non si fa materialmente?” San Gerolamo, Secondo libro contro Gioviniano
Abbandoniamo la città ma non con l'intenzione di ritornarci (…) Bisogna sdradicare i motivi di preoccupazione, spezzare gli uncini che ci trattengono, tagliare i ponti alle nostre spalle affinché non rimanga speranza alcuna di fuggire o di ritornare (…) Alzati, vieni, affrettati: abbandoniamo la città ai mercanti, agli avvocati, ai sensali, agli usurai, agli appaltatori, ai notai, ai medici; abbandoniamola ai profumieri, ai beccai, ai cuochi, ai fornai e ai salcicciai, agli alchimisti, ai lavandai, ai fabbri, ai tessitori; abbandoniamola agli architetti, agli scultori, ai pittori, ai mimi, ai danzatori, ai musicanti, ai ciarlatani, ai mezzani, ai ladri, ai forestieri, agl'imbroglioni; abbandoniamo agli incantatori, agli adulteri, ai parassiti, agli scioperati mangioni che con l'olfatto sempre all'erta captano l'odore del mercato, e questa è la loro unica felicità, a questo anelano: ché sui monti non sentono l'odor di grasso, e privarsi delle cose cui sono abituati e che piaccioni è per loro un supplizio. Lasciamoli stare, non sono della nostra razza. Lascia che i ricchi contino i loro denari. … Petrarca, De vita solitaria, II, XV, trad. di A. Bufano
493
Ascoltino, ripeto, tutti gli aristotelici, e giacché la Grecia è sorda alle nostre parole, ascoltino tutti coloro che si trovano in tutta l'Italia, in Francia e nella litigiosa Parigi, nella rumorosa strada della Paglia (la rue du Fouarre, dove si trovava l'Università). Ho letto, se non erro, tutte le opere morali di Aristotele, certe altre le ho sentite esporre e prima che fosse messa a nudo l'enorme mia ignoranza sembrava che ne capissi qualcosa. Da quelle opere me ne tornai più dotto, ma non migliore, come pur sarebbe stato conveniente, e spesso tra me, e talvolta anche con gli altri, mi lagno che nella realtà non si verifichi ciò che nel primo libro dell'Etica quel filosofo premette: che cioé egli vuole insegnare quella parte della filosofia non per aumentare il nostro sapere, ma per farci buoni. In realtà mi accorgo che egli ha definito con acutezza la virtù, e l'ha egregiamente suddivisa, trattando degli argomenti che sono propri sia del vizio che della virtù. Dopo aver imparato tutto questo, io so un po' più di quel che sapevo, ma l'animo è rimasto quello che era e la volontà è la medesima e il medesimo sono io. In realtà, altro è sapere e altro è amare; altro è comprendere ed altro è volere. Egli insegna, non lo contesto, che cos'è la virtù; ma la sua lezione non possiede, o ne possiede pochissimi, quegli sproni, quei caldi appelli che spingono l'anima ed infiammano ad amare la virtù e ad aborrire il vizio. Petrarca, De suis ipsius et multorum ignorantia, in Prose, trad. P.G. Ricci --------------------------------------------Marguerite Yourcenar, L'opera al nero, Universale Economica Feltrinelli, 1984
“Che cos'è l'errore, e il suo succedaneo, la menzogna -proseguì Zenone- se non una sorta di Caput mortuum, una materia inerte senza la quale la verità troppo sfuggente non si potrebbe tritare negli umani mortai? Questi ragionatori scipiti portano alle stelle i loro simili e inveiscono all'indirizzo di chi è diverso da loro; ma basta che i nostri pensieri siano veramente di specie differente per sfuggir loro, non li percepiscono più, come una bestia ringhiosa cessa ben presto di scorgere sul pavimento della gabbia un oggetto insolito se non lo può né dilaniare né mangiare. In tal modo ci si potrebbe rendere invisibili.”
“Miraggi -fece Zenone- le vostre età dell'oro sono come Damasco e Costantinopoli: belle a distanza; bisogna camminare per le loro strade per vedervi i lebbrosi e i cani famelici. Il tuo Plutarco mi insegna che Efestione si ostinava a mangiare nei giorni di dieta come un malato qualsiasi e che Alessandro beveva quanto un mercenario tedesco. Pochi bipedi dopo Adamo hanno meritato il nome di uomo.”
“Tu sei medico” disse il capitano. “Sì -disse Zenone- tra l'altro” “Sei medico -riprese il fiammingo ostinato- Immagino che ci si stanchi a ricucire gli uomini come ci si stanca a scucirli. Non sei stufo di alzarti di notte per curare questa miserabile genia?”
“Sutor, ne ultra -rimbecco Zenone- tastavo polsi, esaminavo lingue, studiavo urine, non anime... Non spetta a me decidere se un avaro in preda alla colica merita di durare dieci anni di più, o se è bene che quel tiranno muoia. Il peggiore ed il più sciocco dei nostri pazienti ci istruiscono ancora e la loro cancrena non è più infetta di quella di un furbo o di un giusto. Ogni notte trascorsa al capezzale di un malato qualunque mi riproponeva certi interrogativi lasciati senza risposta: il dolore a che serve? È benigna la natura o è indifferente? E l'anima sopravvive al naufragio del corpo? Le spiegazioni analogiche che un tempo mi parevano elucidare i segreti dell'universo mi sembrava che a loro volta pullulassero di nuove possibilità di errore in quanto tendono ad attribuire a questa oscura natura quel piano prestabilito che altri ascrivono a Dio d'aver dubitato: dubitare è differente; solo, proseguivo l'indagine fino al punto in cui ogni nozione mi si fletteva fra le mani come una molla piegato oltre misura. … Più ci pensavo e più le nostre idee, i nostri idoli, i nostri così detti santi costumi come le nostre visioni che passano per ineffabili mi sembravano prodotti né più né meno che dai moti della macchina umana, proprio come il vento delle narici o delle parti basse, il sudore e l'acqua salata delle lacrime, il sangue bianco dell'amore, la sporcizia e gli escrementi del corpo. Mi irritava che l'uomo sprecasse così la propria sostanza in costruzioni quasi sempre nefaste, parlasse di castità prima di aver smontato la macchina del sesso, disputasse del libero arbitrio invece di soppesare le mille oscure ragioni che vi fanno battere le ciglia se improvvisamente avvicino ai vostri occhi un bastone, o dell'inferno prima di aver interrogato più dappresso la morte.”
494
“Che Vostra Reverenza per magnanimità non conceda all'avversario più di quanto gli spetta -fece dopo riflessione il filosofo- Odi hominem unius libri: Lutero ha diffuso un'idolatria della Bibbia peggiore di tante pratiche da lui giudicate superstiziose, mentre la dottrina della salvezza attraverso la fede sminuisce la dignità dell'uomo.”
La sofferenza che si cagiona è l'ultima di cui ci si accorge.
Le risposte sincere non sono mai nette né rapide. Per un gay che si dichiara ce ne sono dieci che non lo fanno, e cento che non l'hanno mai confessato a se stessi. L'amore è un castigo. Veniamo puniti per non esser riusciti a rimanere soli. C'è il momento in cui ogni scelta diventa irreversibile. Modesti sono coloro che hanno una tranquilla fiducia in se stessi. Ci pare sempre di essere vissuti a lungo nei luoghi in cui abbiamo vissuto intensamente Ci sono in ogni epoca degli individui che non pensano come tutti, cioè che non pensano come coloro che non pensano affatto.
(Bello, superbo questo testo: di una profondità ed introspezione rari e non comuni; è davvero brava questa Marguerite. Ma c'è di più: ho letto la sua post-fazione e scopro che fra i 18 e i 22 anni ha scritto un grande romanzo: abbandonato per alcuni decenni ne ha poi tratto Le memorie di Adriano, oltre a questo testo. Si capisce che deve aver letto alcune migliaia di libri per arrivare ad una profondità sapienziale come questa. Zenone è coetaneo a Paracelso, Copernico, del botanico Cesalpino, del matematico e filosofo Gerolamo Cardano, nasce nove anni dopo la morte di Leonardo e muore un anno dopo a Campanella. L'unico rilievo è che se avesse concepito la morte di Zenone simile a quella del Campanella..... ) -----------------------------------------------------------------------. : Erràvi, sicut oves quae pèriit: quaere servum tuum, quia mandàta tua non sum oblitus.
Il tortino del cuoco di Torino,
Salmo
Luca Coraglia, (10 anni) 'L tò Almanac, anno 2011
C'era una volta un gran cuoco di Torino che inventò un fantastico tortino. Ma, oltre al tortino di qualità, inventò strane specialità:
495
cioccolatini di sabbia ripieni di nebbia, fritto di patatine in salsa di pietroline, suole di bistecca che nessuno accetta. ------------------------------------Santa Maria di Casanova, Un'abbazia cistercense fra i marchesi di Saluzzo e il mondo dei comuni, a cura di Rinaldo Comba e Paolo Grillo, ed. Società per gli Studi Storici della Provincia di Cuneo -Centro Studi Carmagnolesi, Cuneo 2006. Dal capitolo: Nel tempo prima del tempo: geologia e geomorfologia.
….Questa regione è formata in prevalenza da terreni di origine continentale dell'Era Quaternaria, con accumuli del periodo sahariano o diluviale, rappresentati da un potente deposito di lehm (limo argilloso giallo-rossiccio) e, soprattutto, da sedimenti dell'età seguente (periodo terraziano o alluviale) nelle zone presso il Po. Sotto questo deposito di lehm si sviluppa una serie di banchi ghiaiosi-ciottolosi , talora con componenti sabbiose: la presenza di un abbondante scheletro sabbioso contribuisce a spiegare colture orticole a pieno campo, per esempio l'odierna coltura dei peperoni. Si tratta perciò di un'area divisa in due grandi zone eterogenee. …. Il successivo ritrovamento in quantità di tali sassi, sia pure ormai di ridotte dimensioni, a nord di Bra, sui territori di Sanfré, Caramagna, Sommariva del Bosco, Carmagnola, indusse il geologo Bartolomeo Gastaldi -intelligenza dimenticata ma fondamentale per gli studi geologici in Piemonte, come il già ricordato Federico Sacco, autore di una basilare monografia su questo fiume- a supporre che il Tanaro, prima di scavarsi l'attuale alveo, scorresse in quella direzione proprio fino a Carmagnola, a nord-nordovest della quale era l'antica confluenza con il Po. ( ho riportato questo passo in quanto la pur suggestiva ipotesi formulata avvalorerebbe la mia ferma convinzione che il Tanaro sarebbe di gran lunga maggiore del Po: una rapida e fugace occhiata ad una cartina geografica....) (Molto bello ed interessante questo testo: 16 Autori affrontano tematiche connesse a questa abbazia sotto tutti i possibili punti di vista: architettonici, agrari, e soprattutto storici: la vicenda incomincia intorno al 1180 con l'invito ai Cistercensi ( detti Bianchi per l'abito) ad occuparsi del coltivo e dello sfruttamento di aree ricevute in donazione dai Marchesi del Vasto dai quali si arriverà a breve, per via di divisione ereditaria, ai Marchesi di Saluzzo. Quattro anni prima era sorta l'Abbazia di Staffarda. Orbene sono citate centinaia di atti notarili di acquisti di aree contigue o no, di sollecitazione di eredità, di donazione di se stessi, di oblazione con un'attività frenetica ed incessante: fino a metà del Quattrocento quando le enormi proprietà accumulate con offerte (libere?) dei poveri, incominciano ad intressare i Marchesi prima, i Savoia dopo fin che nel 1792 tutta la canzone ha termine. Interessanti ancora le ulteriori evoluzioni del patrimonio. Ma quello che qui mi interessa sottolineare (ma recentemente avevo letto un gran bel testo sul San Giovanni di Saluzzo) è che nel profluvio davvero intenso di atti notarili, bolle pontificali, transazioni, ecc, non si sia conservato un solo documento avente natura spirituale o religiosa! Ma allora mi sorge il dubbio che tutta questa frenetica attività avesse il solo scopo di accumulare patrimoni; dopo il declino dei cistercensi arrivarono gli ordini “mendicanti” (francescani e domenicani) e dopo di loro i gesuiti. Tutti insieme affascinati dall'accumulo di ricchezze! Sono sempre più convinto che l'unico periodo glorioso della storia della Chiesa sia stato quello dei Martiri cioè fino all'Editto di Costantino: tutto il resto vano fumo). -----------------------------------Ho letto una descrizione tristissima, disperata, delle condizioni d'Italia. Una volta, letture di questa sorta, mi davano mezze giornate, giornate, settimane di umore nero. Ora non più: esperienza, scienza e sdegno morale mi hanno, verso di esse, fortificato. Esperienza: perchè odo ormai da alcuni decenni, di tratto in tratto, qualcuno o parecchi annunziare e dimostrare che l'Italia sta per disgregarsi politicamente o fallire economicamente o dissolversi nella corruttela o essere trascinata in una guerra, che sarà la sua fine come Stato e come Nazione. …...
496
E, infine, sdegno morale; giacché considerare spregiudicatamente e affissare coraggiosamente i duri tratti della realtà per dominarla ed operare, è da uomo: ma stare a descrivere il sognato male, così, per descriverlo ed ammazzare il tempo, o peggio ancora per compiacersi di fronte ad esso della propria non meno sognata superiorità, o peggio di peggio, per trarne giustificazione ad accomodarvisi (i pessimisti sono di solito accomodantisti), è da pettegolo, da vanesio e da ciacco. Quella maldicenza è proprio della gente volgare, del borghesuccio ozioso; e non v'ha circolo di perditempo in cui non si passino in rassegna gli orrori della presente società e non si presagisca il finimondo. In verità, a petto di cotesti moralisti da caffé o da farmacia (e degli scrittori che ad essi corrispondono), non c'è canaglia o imbroglione o ladruncolo, che non si irraggi di umana simpatia: perché la canaglia, l'imbroglione ed il ladro operano, si ingegnano, si destreggiano e rischiano la pelle o la libertà, e spesso dal male che essi fanno nasce un bene inaspettato; laddove quei moralisti oziano, e non possono ingenerare altro bene che lo sdegno e la nausea . ….. Benedetto Croce, La Voce, 25 gennaio 1912 Non mi stancherò mai di ripetere che vi sono due modi per amare il proprio paese: quello di dire apertamente la verità sui mali, le miserie, le vergogne di cui soffriamo, e quello di nascondere la verità sotto il mantello dell'ipocrisia, negando piaghe, miserie e vergogne, anzi esaltandole quali virtù nazionali. Tra i due modi, preferisco il primo. Non solo perchè a me sembra il giusto, ma perché l'esperienza insegna che la peggior forma di patriottismo è quella di chiudere gli occhi di fronte alla realtà, e di spalancare la bocca in inni e in ipocriti elogi, che a nulla servono se non a nascondere a sé e agli altri i mali vivi e reali. Curzio Malaparte, Tempo Illustrato, 21 giugno 1956 Mi telefona un tale e mi dice che sta facendo una piccola inchiesta e vorrebbe che gli rispondessi a questa domanda: di quale nazionalità vorrei essere se non fossi italiano. Viviamo nel secolo delle domande. Chiudo gli occhi, aspiro profondamente e rispondo: -Prima di tutto bisognerebbe dimostrare che sono italiano. Vediamo di riuscirci, con una dimostrazione per assurdo, ma ne dispero. Dunque: non sono fascista, non sono comunista, non sono democristiano: ecco che mi restano forse venti probabilità su cento di essere italiano. Non scrivo e non parlo il mio dialetto, non adoro la città dove sono nato, preferisco l'incerto al certo, sono per natura dimissionario, detesto il paternalismo, le dittature e gli oratori. Il gioco del calcio non mi entusiasma, lo sopporterei se su campo i giocatori fossero ventimila e il pubblico ventidue persone, non ascolto la radio né guardo la televisione: ignoro perciò gli eroi di queste attività di cui tutti sanno dirvi vita e miracoli. Pago le contravvenzioni, non ho amici negli uffici importanti e mi sarebbe penoso partecipare ad un concorso. Non so cantare e non piace ascoltare gli altri a cantare, se non a teatro. Non scrivo versi. Sono italiano? Ho conservato sempre gli stessi amici, mi piace viaggiare per l'Italia e quasi ogni luogo mi incanta e vorrei restarci. Sotto questo aspetto potrei essere un inglese. I grandi problemi mondiali mi lasciano perplesso e non ho per ognuno di essi un giudizio preciso e definitivo: sono forse un indiano? Così pure mi stimo abbastanza prudente nel giudicare il prossimo e trovo che la maggior parte delle persone che conosco sono ottime e gli auguro ogni bene. Esquimese? Leggo libri di autori italiani, classici e moderni, e ammiro i nostri artisti e qui potrei dirmi americano. Adoro il sole, il mare, il caldo, l'Etruria e la Campania e in questo potrei riconoscermi tedesco. Se visito un museo non parlo ad alta voce e se vado in biblioteca non tento di portarmi via un libro o una illustrazione. Sono forse svedese? Non mi interessano i processi, la cronaca nera, la vita mondana. Eremita? Non scrivo il mio nome sulle rovine o sui muri dei monumenti. Analfabeta? Pago i miei debiti, anzi cerco di non farmene, non ammiro le grandi qualità dei popoli che non conosco, la morte non mi spaventa, sto volentieri in piedi la notte e una compagnia che superi le quattro o cinque persone mi annoia francamente. Spagnolo? …... La sua domanda è senza risposta. Si consoli pensando che per molti l'italiana non è una nazionalità, ma una professione-. Ennio Flaiano, Il Mondo, 29 gennaio 1957 ------------------------------------Non avrà ragione Gian Enrico Rusconi quando lamenta il vezzo “cosmopolitese” dell'intellettuale italiano, incline a valorizzare ciò che avviene altrove? C'è del vero. Ma l'intellettuale italiano viene dalla Chiesa, ha una tradizione talare, è un abate, un prete parla latino ed è risucchiato dall'antichità. Ed è quindi naturale che, per svecchiarsi, guardi a dei prototipi usciti dalla Riforma e dall' Illuminismo, cioé ai veri intellettuali nei quali l'interesse letterario coincide con quello politico. Io però penso che la mancanza di amor di patria non sia affatto imputabile al ceto intellettuale, il quale è semmai responsabile di un'idea retorica e letteraria dell'Unità d'Italia, un'idea che ci ha perseguitato dal Patriarca in poi, forse anche da Dante in poi.
497
Eppure da noi manca un'epica nazionale, il Risorgimento, per esempio, non si è mai tradotto in grande romanzo. C'è qualche opera , ma non è questo il punto. Sono persuaso che il ceto intellettuale c' entri poco o n iente. La mancanza del sentimento di identità nazionale proviene da quel groviglio di contraddizioni e falsificazioni che è stata la storia del Risorgimento. Una realtà malinconica che ben pochi studiosi sono disponibili ad accettare. Il Risorgimento è stato la conquista militare e politica della penisola che chiamiamo Italia, da parte di uno Stato, il Piemonte, che ci ha governato come si amministra una colonia. Un paese che non aveva per noi alcuna curiosità se non letteraria: lo si vede leggendo La Vita di Alfieri. Insomma: appena nati e già vassalli? Noi siamo stati il giardino dell'Impero, come diceva Dante. Siamo simili ad un Efebo dentro al quale tutti gli altri Stati hanno desiderato stare, ammirati della sua bellezza. Quando abbiamo smesso di essere un bel ragazzo che l'ha preso nel sedere, abbiamo fatto la faccia feroce, per poi sbagliare tutto.... Garboli, a dire il vero non paiono argomenti molto forti contro la predicazione dissennata di un Bossi. Io penso che le tesi di Bossi siano la caricatura imbarbarita e corrotta, la parodia plebea e tipicamente italiota di un grande fondo di verità. Posso spiegarglielo con una metafora? Prego. Nel 1944, in piena guerra civile, con la penisola occupata dai tedeschi, si trovavano a Firenze, ignote l'una all'altra, due personalità intellettuali: uno vecchissimo, Bernard Berenson, nascosto nelle colline fiorentine perché ebreo ed americano; l'altro giovanissimo, collaboratore di un settimanale repubblichino, fascista e razzista: Spadolini. Nello stesso momento, entrambi scrivevano le proprie riflessioni sull'Italia: esattamente simmetriche e speculari. Che cosa dicevano? Spadolini sosteneva che la politica di Mussolini non era che la prosecuzione storica e ideale dei valori risorgimentali e unitari. Berenson scriveva sul suo diario di non riuscire a capire perché un paese culturalmente ricco come l'Italia non avesse accettato il suo destino federalista e si fosse imbarcato in avventure guerresche così poco abituali alla sua tradizione. Chi dei due aveva ragione? Chi dei due amava di più il nostro Paese? Lei vuol dire che in Italia è stato tradito il naturale destino federalista? Vede, lei la sta riducendo a termini politici una questione un poco più complessa. La vocazione del nostro paese è una vocazione servile, nel bene e nel male. Non è solo una vocazione ignobile, può anche essere di segno contrario. Noi abbiamo servito tutti i popoli della terra. Greci, bizantini, barbari, francesi, inglesi, spagnoli, austriaci, persino i russi e infine i piemontesi. Credo che sarebbe interessante decifrare che cosa c'è di unitario e di profondamente culturale in questa vocazione.
…... Servili, talari, cinici, ladri... Se ripenso alle sue parole, gli italiani non ne escono troppo bene. E l'Italia ancor peggio. Può darsi. Ma è indubbio che l'Italia si sia degradata nei secoli. Il nostro paese, ai primordi dell'età medievale, era fatto di municipalità, di comuni, principati e signorie. A un tratto ha perso importanza, soldi e potere. E' rimasta la Chiesa. C'è stato il Risorgimento e io credo che sia un fenomeno storico che aspetta ancora di essere decifrato. C'è stato il fascismo e dopo il fascismo un cinquantennio di regime democristiano. E' come dire che il Piemonte e la Chiesa si sono spartiti l'Italia. Intanto è emerso un terzo potere, la criminalità organizzata. Piemonte-Chiesa-criminalità organizzata: non è questa l'Italia? Cesare Garboli, intervistato da Simonetta Fiori, La Repubblica, 7 giugno 1997 ---------------------------------
498
SEGUE VOLUME II
499