San Patrignano: un frammento della Città Adriatica

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43°58’51.9”N 12°33’22.9”E SAN PATRIGNANO un frammento della Città Adriatica

POLITECNICO DI TORINO

Dipartimento di Architettura e Design Laurea Magistrale in Architettura Costruzione Città A.A. 2021/22

San Patrignano: un frammento della Città Adriatica Studentessa Flavia Minchella Relatrice Anna Maria Cristina Bianchetti Correlatore Luis Martin

INDICE

INTRODUZIONE

PARTE I: LINEAMENTI

PARTE I : LINEAMENTI

1. La conurbazione adriatica

1.1 San Patrignano e il suo territorio

1.2 Una linea del tempo 1.3 Il quadro legislativo

2. Un’idea di comunità

2.1 Immaginari

2.2 Vincenzo Muccioli 2.3 Le vicende giudiziarie 2.4 Muccioli vs Basaglia

3. San Patrignano oggi

3.1 Una linea del tempo 3.2 Gli spazi 3.3 Il territorio 3.4 Le attività

PARTE II: RILIEVI

PARTE II : RILIEVI

1. Visita guidata

2. Interviste con immagini dell’archivio storico della comunità

2.2 Intervista a Monica Barzanti

2.3 Intervista a Fabio Cantelli

PARTE III : San Patrignano come dispositivo di valorizzazione del territorio

1. Macchina produttiva

2. San Patrignano come dispositivo di accumulazione

3. Luogo di molteplici presenze CONCLUSIONI: SAN PATRIGNANO PARTE DELLA CITTA’ ADRIATICA Bibliografia Allegati Ringraziamenti

PARTE III : SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO CONCLUSIONI: SAN PATRIGNANO PARTE DELLA CITTA’ ADRIATICA

La tesi affronta una questione che attiene la presenza di comunità che si configurano come realtà chiuse sul territorio. L’archetipo forse più evidente si rifà alle comunità terapeutiche. Tra queste, la storia forse più emblematica è quella della comunità di San Patrignano, la più grande in Europa, fondata nel 1978 nel territorio del comune di Coriano a 11km da Rimini. È una storia degli anni ‘70-’80, ben calata in una situazione del paese segnata da conflitti durissimi nella società civile e dal dilagare di sostanze stupefacenti nella popolazione giovanile. La storia di San Patrignano è emblematica non solo per i numeri: 26.000 ragazzi accolti in più di 40 anni di storia, ma anche per polemiche, conflitti, contrasti che ne hanno accompagnato il percorso dividendo l’opinione pubblica in modo radicale.

Questa tesi non è e non può essere una storia di San Patrignano, del suo fondatore. Una vicenda complessa, con un profilo messianico che si contrappone a metodi di cura ufficiali, che ha importanti finanziatori e che vede l’apparato giudiziario inviare a volte direttamente in comunità giovani tossicodipendenti, riconoscendone implicitamente il ruolo di sostituto dello stato.

La tesi ha ricostruito alcuni tratti di questa storia senza tuttavia metterla al centro. Piuttosto guarda a questa storia italiana dal punto di vista di chi si occupa di spazio: la ricolloca nel suo territorio, cerca di indagarne i riflessi che ha lasciato sui luoghi, coglie quelle implicazioni spaziali che sullo spazio ne ha lasciato i segni, poiché nel farsi si è potenziata e poi trasformata, ma ne rimane radicata.

La ricerca è iniziata negli ultimi mesi del 2021 e ha significato due cose. La prima relativa alle fonti a cui si è potuto attingere per mettere in atto una ricostruzione del passato dalla fondazione ad oggi costituita da quotidiani e documentari che poi sono state approfondite attraverso la letteratura propria della storia di San Patrignano. La seconda ha riguardato la possibilità di effettuare un sopralluogo. Il sopralluogo è avvenuto a marzo 2022, inizialmente non sono riuscita a stabilire un contatto con la Comunità, di conseguenza, ho deciso di proseguire utilizzando la possibilità di una visita guidata, una modalità che viene offerta a pagamento dal 2021. Partecipando a questo evento ho avuto modo di stabilire dei contatti interni che hanno contribuito ad arricchire le mie fonti.

I rilievi di questo luogo mi hanno permesso di sviluppare un’indagine fotografica attorno alle questioni che mi ero posta nei mesi precedenti. Successivamente ho svolto delle interviste che hanno contribuito ad arricchire i rilievi svolti, le interpretazioni, l’idea di comunità.

L’ipotesi della tesi è che San Patrignano, non solo prenda avvio, ma sia parte del territorio della città adriatica, contrapponendosi ad essa come una micro-realtà autosufficiente, una scheggia urbana che ha al suo interno un centro medico, un centro studi e naturalmente luoghi di lavoro, allevamenti e coltivazioni riesca a rimette in gioco l’idea di urbano per come è generalmente intesa questa nozione. È una scheggia chiusa, introversa, parte delle colline dell’appennino, a pochi chilometri dai litorali della “città felice” per usare una definizione della città adriatica. Una realtà piccola, ma con una popolarità enorme, nel bene e nel male. Una comunità che ha preso un aspetto sociale e ne ha fatto un progetto politico.

La tesi si articola in tre parti, una dedicata alla ricostruzione storica guidata da una linea temporale per collocare nel tempo alcuni elementi fondamentali. Poi un’analisi degli spazi che determinano la comunità collocandola nel territorio in cui si trova. La terza parte si compone di un’interpretazione degli elementi che collocano nello spazio la rete di funzioni e presenze che la costituiscono nel tentativo di poter offrire un’immagine attuale di San Patrignano a cui seguono dati relativi agli ultimi Bilanci del 2020. A chiusura della tesi è proposto il quadro fornito dal Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio e che permette di collocare la vicenda di San Patrignano in questi anni.

introduzione

I

PARTE
LINEAMENTI 1978-2022

1. L a conurbazione adriatica

La città adriatica, quella estesa conurbazione costiera che si estende lungo l’Adriatico fino a Vieste, affacciato a quel lago-non-mare, alla pianura liquida, è molto radicata nell’immaginario nazionale. Territorio molto osservato dagli studi urbani e descritta come città felice, città perfetta, distretto del piacere è anche ricca di altri caratteri naturalistici, produttivi, luogo di un abitare e di un fare individualistico.

Pier Vittorio Tondelli nell’osservarla dall’alto di giorno la descrive come un’esile striscia di sabbia fino a Cattolica poi increspata fino ad Ancona, mentre di notte un abito da sera fatto di strass1. Questa è l’immagine che descrive la città lineare fatta dalle reti infrastrutturali che seguono l’andamento pianeggiante della costa come a segnare un confine tra terra e mare. La spiaggia urbana, le infrastrutture, i campi agricoli si susseguono parallelamente, in modo ordinato se la si vede dall’alto delle sue colline o dal mare aperto.

La città turistica, nata per fini salutistici agli inizi del Novecento poi luogo di ville litoranee per le classi agiate: le colonie marine. Diventa nel secondo dopoguerra la città in cui nasce il turismo di massa, tematizzato nella XIII

La città perfetta di Olivo Barbieri, Cattolica-Rimini, 2015

PARTE I
1P.V Tondelli. Un weekend postmoderno: Cronache dagli anni Ottanta. Bompiani, Milano 2014.

Triennale di Milano del 1964 dal titolo Il Tempo libero, perché sede del non lavoro, del comfort, del cinema, degli aperitivi e dei divertimenti.

La città perfetta, titolo della mostra di Olivo Barbieri tenutasi al MAXXI Architettura a Roma tra il 2015 e il 2016, per la sua miscela perfetta tra qualità della vita e spreco delle risorse. Complessa per la mescolanza tra ville storiche, alberghi e residenze monofamiliari che dalla costa si protraggono fino alle colline ibridando i ritmi del lavoro mezzadrile con quelli del turismo.

Se arriviamo alla consapevolezza che la città adriatica è questo e molto altro, riusciamo a comprendere come andando a indagare dentro il suo informe composto, senza sperare di conservare le mani pulite, troviamo “gemme inattese e imperfette”2 Indagare il territorio adriatico significa trovarsi di fronte a fenomeni e pratiche del costruito differenti rispetto ad altre città del territorio italiano attraverso cui, richiamando Aldo Rossi si può giungere ad una forma concreta della nostra società3

La città adriatica è stata al centro di ricerche, indagini e progetti territoriali tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, perché luogo privilegiato di un fare da soli, di un abitare individualistico originale, perché luogo dei “distretti del piacere”4, ma anche territorio di emergenti distretti industriali del made in Italy.

Azioni che vengono dal basso e che hanno una capacità, identificata tipica della società e dei sistemi imprenditoriali adriatici, in grado di reggere cambiamenti economici e tecnologici.

2P. Ciorra in Prefazione A. di Campli. Interfacce costiere. Kappa Edizioni, Roma 2006.

3A. Rossi, L’architettura della città, CittàStudiEdizioni,1995, p.9

4A. Bonomi, Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri, Torino, 2000.

5A. di Campli. Adriatico, la città dopo la crisi. Kappa Edizioni, Roma 2006.

Motivo per cui questo territorio, insieme alla società che lo abita, viene descritto come un grande sistema adattivo dove il benessere è ricercato nella forma privata5

San Patrignano, luogo di cui si occupa questa ricerca, potrebbe sembrare al primo sguardo un territorio completamente diverso se non proprio antitetico alla città felice, perfetta, individualista e intraprendente della città adriatica. L’ipotesi che regge questa tesi è che San Patrignano, luogo per certi versi di eccezione ed eccezionale, sia parte integrante e organica dei modi contemporanei dell’abitare adriatico.

Sezione dell’Italia - II parte: l’equilibrio perduto - V settore: La trasformazione del paesaggio.

Una documentazione sulla situazione urbanistica delle coste italiane.

XIII Triennale di Milano, “Il tempo libero”, 1964

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San Patrignano nel territorio

1.1 San Patrignano come parte della città adriatica

Per restituire il carattere complesso della Comunità di San Patrignano non si può fare a meno di osservare e provare a comprendere quella città adriatica, luogo di tanti immaginari e immagini forti e radicate. I differenti materiali, quali cartografie, testi, articoli di giornale, ricerche, interviste e progetti, sono stati utilizzati qua per comprendere la Comunità e coglierne la sua interezza. Un progetto, quello di San Patrignano, eccezionale nella città adriatica.

Guardando la costa dall’Adriatico è possibile scomporre il territorio in fasce continue e parallele tra di loro. La prima fascia è data da una spiaggia sabbiosa che costituisce la costa con i suoi stabilimenti balneari, i luoghi dello svago e delle case vacanze, densamente costruita interrotta qua e là dai corsi d’acqua e vegetazione.

Il confine tra questa fascia e l’area collinare è data dalla SS16: una strada che corre parallelamente alla costa, costruita dopo l’Unità, per collegare la regione padana al resto della penisola seguendo il litorale definisce quella che Eugenio Turri chiama “la città continua”1. La SS9, chiamata anche l’Adriatica collega i principali centri della metropoli costiera da Ravenna a Cattolica. Il vasto sistema infrastrutturale che si sviluppa parallelamente alla linea di costa nel tempo si è intensificato.

La Via Emilia, costituisce l’infrastruttura fondativa delle principali città della regione e nel suo ultimo tratto collega Cesena a Rimini; poi c’è la ferrovia che collega Ferrara a Rimini per proseguire nella Bologna–Ancona e infine, la A14 che attraversa la parte nord-ovest della regione verso est. Questo ampio sistema infrastrutturale rappresenta l’asse di distribuzione dei flussi

1E. Turri, La megalopoli padana, Marsilio, Venezia, 2000 p. 117

2 A. Bonomi, Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri, Torino, 2000.

verso i centri costieri che costituiscono quello che Aldo Bonomi definì alla fine degli anni ’90 come “distretto del piacere.”2

Il sistema delle fasce s’interrompe con i principali corsi d’acqua che sfociano nell’Adriatico e tagliano trasversalmente la costa. Questi sono il Rubicone, torrente che dagli Appennini giunge a Bellaria, la Marecchia che con più corsi d’acqua sovrasta le colline per giunge a Rimini passando sotto il Ponte di Tiberio, il Marano che termina il suo percorso a Riccione e la Conca che sfocia tra Misano Adriatico e Cattolica.

Il cosiddetto “distretto del piacere” di Bonomi nasce già a partire della fine dell’Ottocento per la cura idroterapica e talassoterapica. Agli inizi del Novecento diventa meta turistica per l’aristocrazia e l’alta borghesia europea che costruisce residenze tra la costa e la SS16, così come altre attrezzature legate alle prime forme di turismo. A partire dagli anni ‘20 del Novecento vengono realizzate le prime colonie marine, luoghi per la vacanza comunitaria, oggi nella maggior parte dei casi dismesse.

“L’Atlantico e il Pacifico sono i mari delle distanze, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità…” Predrag Matvejevic

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“Paesaggi Balneari”- Foto di Enrico Carpi- Rivista ilFotografo, n.333

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A partire dagli anni ‘70 con l’affermarsi del turismo di massa e l’istituzionalizzazione del tempo libero, nascono luoghi del divertimento contemporaneo come parchi tematici e discoteche che si protraggono all’interno con campi da golf e autodromi lasciando sull’arenile edificazioni temporanee (ma che costruiscono un passaggio di grande rigidità formale, giuridica e funzionale) come chioschi e cabine tipiche degli stabilimenti balneari romagnoli.

Nel corso del tempo, anche se le forme del turismo sono mutate, la costa resta il luogo privilegiato dai turisti ed è dunque al centro dell’economia locale.

A cavallo tra gli anni ‘70 e ’80 la dinamica insediativa muta. Dalla città “americana”3, così definita da Piovene nel suo Viaggio in Italia4, per il suo turismo balneare, ospitale, curato e sempre aggiornato alle necessità dell’individuo, la conurbazione adriatica inizia a espandersi, diffondendosi tra le valli. L’ordinarietà sovrasta la frenesia e la densità abitativa diminuisce progressivamente. Qui, su un crinale collinare, si trova la località di San Patrignano.

Coriano, comune a sud di Rimini, con poco più di 10.0005 abitanti, fa parte dei comuni delle valli intermedie che avvolgono la costa riminese. E’ circondato a sud dai comuni di Montescudo, Monte Colombo e San Clemente, a ovest dalla Repubblica di San Marino e a est dai comuni di Riccione e Misano Adriatico. La morfologia del territorio è caratterizzata da valli fluviali di dif-

3Cesenatico, Rimini, Riccione e Cattolica.

4G. Piovene. Viaggio in Italia, Baldini + Castoldi. Milano 2013

5Istat 2020 riporta 10.503 abitanti.

Carta_1: Infrastruttura dell’asfalto

21 PARTE I
A14 SS16 ss72

ferente ampiezza perpendicolari alla linea di costa che segnano la transizione verso il territorio marchigiano. Le valli sono più strette rispetto a quelle attraversate dal fiume Marecchia: qui le colline hanno un andamento ondulato e dolce determinato da un sottosuolo argilloso.

Sono aree fortemente legate alla presenza dei fiumi che modificano il suolo con terrazzi alluvionali che si prestano a colture specializzate e di qualità. I principali corsi d’acqua dell’area sono il Torrente Marano e Melo che attraversano Coriano, i Torrenti Conca e Ventena di Gemmano che attraversano i territori più meridionali e i torrenti Ventena e Tavollo che segnano il confine tra la Romagna e le Marche.

L’economia di questo territorio è fortemente legata all’agricoltura e si integra agli insediamenti industriali vicini alla costa. Un’ulteriore differenza è la tipologia delle coltivazioni. Man mano che ci si allontana da Rimini, infatti le coltivazioni in serra diminuiscono per lasciare spazio ad un mosaico di coltivazioni differenti, ma specializzate principalmente in seminativi, vigneti e uliveti.

Fino ai primi anni del secondo dopoguerra questi territori vedevano una presenza di coltivazioni per autoconsumo delle famiglie di proprietari, mezzadri e affittuari. Successivamente è avvenuta una prima trasformazione legata al primo esodo rurale per cui ci si è adattati una volta al mercato nazionale ed europeo e infine a quello globale. Questo ha determinato una distinzione tra aree più produttive e intensamente utilizzate e quelle economicamente marginali, abbandonate o riconvertite a usi non produttivi. Anche se la superficie di destinazione a usi agricoli è diminuita quantitativa-

6 Nel 1976 in Emilia-Romagna erano presenti 15 km2 di territori agricoli che ogni anno, fino al 2003 sono diminuiti dell’1,3% mentre tra il 2003 e il 2008 è avvenuta una diminuzione di 35km2/anno.

7Assessorato alla Programmazione territoriale, urbanistica, reti di infrastrutture materiali e immateriali, mobilità, logistica e trasporti (a cura di), 2010, Quadro conoscitivo: Analisi delle dinamiche territoriali e delle trasformazioni.

Carta_2: Il retro della conurbazione adriatica

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Uso Marecchia Ausa Marano Melo Conca Ventana

mente di poco all’inizio6, la trasformazione più evidente si osserva guardando la riduzione della diversità delle specie coltivate7. Questo ha determinato un forte processo di specializzazione in determinate tipologie come l’olivicoltura e la viticoltura.

A San Patrignano, dei 230 ettari della Comunità, 116,73 sono dedicati alla viticoltura, 16,5 alla olivicoltura e solo 30 alla coltivazione di erbe mediche e di grano.

Il rapporto tra la superficie agricola utilizzata (SAU) e la superficie totale (ST), è superiore al 62% con differenze nelle vallate intermedie e in quelle più vicine alla costa.8 I boschi insieme alle valli fluviali sono le principali strutture ambientali. I boschi, per la maggior parte di latifoglie, sono limitati ai comuni di alta collina mentre in quelli di collina intermedia sono quasi del tutto assenti. La congestione delle aree urbane costiere ha determinato negli anni un processo di diffusione urbana nell’entroterra riminese. Questo processo, unito a nuove tendenze e forme del turismo, ha prodotto una riscoperta del territorio rurale con conseguenti progetti mirati alla patrimonializzazione di edifici e paesaggi.

Questa tendenza è chiara nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) del 2007 in cui parlando del rapporto tra agricoltura e turismo si dichiara che “entrambi i caratteri

Carta_3: Un territorio attrezzato per il turismo

8Assessorato alla Programmazione territoriale, urbanistica, reti di infrastrutture materiali e immateriali, mobilità, logistica e trasporti (a cura di), 2010, Atlante degli ambiti paesaggistici.

9Assessorato all’Urbanistica, Pianificazione territoriale, mobilità e trasporti, tutela e Difesa del suolo, Aree Produttive, Politiche della casa, (a cura di), 2007, PTCP2007.

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sono preziosi perché concorrono a rispondere alla nuova realtà del turismo riminese che non è più un servizio prodotto e venduto sulla costa, con qualche appendice nelle prime colline dei parchi o delle discoteche, ma un prodotto di tutto il nostro territorio, dalla area SIC Riserva Orientata di Onferno all’ultimo agriturismo, dalla spiaggia alle serate nei centri storici della media collina.

In questa nuova dimensione l’agricoltura è una protagonista del nostro distretto turistico, a partire dalle produzioni di qualità, ma con valenze di ben più ampia portata.”9 Dunque, un territorio in cui l’agricoltura (e la sua patrimonializzazione) rappresenta un settore economico importante, per la sua valenza non solo economica ma soprattuto ambientale, paesaggistica e simbolica che potenziano l’attività turistica locale.10

In modo particolare, tra le valli Conca e Marecchia, è incentivata una forma di turismo definita “culturale” che promuove eventi come fiere, festival e mostre d’arte. Il patrimonio enogastronomico locale svolge, in questo senso, un ruolo fondamentale giacché diventa un marchio dell’entroterra, un modo attraverso cui raccontare (“costruire uno storytelling”) il territorio e valorizzare le aziende agricole e artigianali locali. 11 I prodotti di qualità riconosciuti sono i prodotti del vino, dei vigneti dei “Colli di Rimini”, del Sangiovese di Romagna, del Pagadebit e del Trebbiano di Romagna. L’olio extravergine d’oliva “Colline di Romagna” e le razze d’allevamento tipiche della zona che sono la razza “Bovina Romagnola” e il “Vitellone bianco dell’Appennino Centrale”. 12

Alcuni di questi, come vedremo successivamente prodotti anche dalla Comunità.

10 Assessorato agricoltura e attività produttive, (a cura di) 2007, Programma rurale integrato provinciale. In “Analisi territoriale” p.7

11 C. Rabbiosi, Turismo e prodotti tipici: un approccio performativo alla patrimonializzazione. Note da Verucchio. In “Rivista Geografica Italiana”, n. 124 pp. 301-318

12 Assessorato alla Programmazione territoriale, urbanistica, reti di infrastrutture materiali e immateriali, mobilità, logistica e trasporti (a cura di), 2010, Atlante degli ambiti paesaggistici.

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Coriano, Rimini. Foto di @rivieradirimini

1.2 Una linea del tempo

Nelle pagine successive è rappresentata una linea del tempo, che funge da guida all’interno della mia ricerca e racchiude: i cambiamenti istituzionali della Comunità, le vicende giudiziarie e i cambiamenti giuridici, ma anche le relazioni e alcuni eventi significativi come convegni e incontri con le istituzioni.

In corrispondenza della sequenza temporale è riportato attraverso una linea di colore rosso l’andamento della “popolazione”1 della Comunità.

La linea temporale sarà presente nei due capitoli successivi all’interno dei quali verranno chiariti i cambiamenti legislativi e le vicende giuridiche nel tentativo di ricostruire l’espansione territoriale, la crescita economica e la popolarità.

Il quadro legislativo viene declinato nel tempo al fine di fornire una spiegazione di come queste hanno contrinuito nel corso degli anni ad aumentare le entrate all’interno della struttura.

Con popolazione s’intende il numero di ospiti della comunità.

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30 PARTE I LINEAMENTI
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La globalizzazione aveva fatto in modo che sostanze come teina e caffeina, eccitanti leggeri che avevano provocato una trasformazione delle abitudini psicotrope dei cittadini1 non fossero considerate dannose o pericolose. Il problema si pose quando iniziarono a diffondersi le sostanze stupefacenti negli anni ’60: “l’erba” così generalmente definita per identificare l’hashish e la marijuana. Quando questa subisce un aumento del costo e diventa sempre più introvabile e inaccessibile per alcuni, si fanno strada nel mercato altre sostanze come le anfetamine, acquistabili facilmente in farmacia, la morfina prima e l’eroina poi.

L’eroina arriva a sedare le massa di giovani che fino a questo momento avevano partecipato a rivolte operaie, lotte studentesche e manifestazioni politiche grazie ad un prezzo di mercato inferiore rispetto alle altre sostanze. Questo riesce a favorirne una maggiore diffusione sia tra gli studenti che tra i giovani operai.

Storia di Filomena e Antonio – Gli anni ’70 e la droga a Milano2 è un docu-drama prodotto da Antonello Branca per la televisione italiana, attraverso la narrazione di una giovane coppia, ricostruisce lo spaccato di quegl’anni in cui si attribuisce l’uso delle sostanze essere espressione di un disagio sociale.

Sui giornali, per esempio, si scriveva: “Molto tempo si è impiegato nella ricerca dei motivi per i quali i giovani singolarmente si drogano e poco tempo si è dedicato a capire perché, nell’attuale assetto socio-economico, masse ingenti di giovani frappongono tra i loro bisogni e la realtà sociale, deputata alla loro

1E. Petrilli, Notti Tossiche, socialità droghe e musica elettronica per resistere attraverso il piacere. Maltemi, Milano, 2020. p.26

2 Storia di Filomena e Antonio –Gli anni ’70 e la droga a Milano di Antonello Branca https://www.youtube.com/watch?v=ywuTPQJigpk

soddisfazione, una cosa (la droga) che svolge una funzione mediatrice e perché delegano a questa cosa, governata da altri, l’appagamento dei propri bisogni e desideri”3, denunciando una non curanza da parte dello Stato di fronte a questa situazione. Lo Stato per far fronte alle questioni sollevate dall’opinione pubblica fa della lotta alla droga il proprio slogan politico. Negli anni ’70 infatti, venne messa in discussione la legge del 1954. Questa prevedeva la detenzione per uso personale e inoltre condannava in particolar modo l’uso della cannabis.

Con il diffondersi dell’eroina, e l’aumento degli arresti e delle morti per overdose, il carcere non sembrava più una situazione adeguata motivo per cui nel 19754 viene approvata un ulteriore legge. La legge n. 685 del 1975 poneva una distinzione fra l’uso personale e lo spaccio o traffico e una distinzione tra le sostanze a cui seguiva una pena più o meno dura. Nell’art.80 inoltre, non si definiva la soglia per cui una determinata quantità potesse essere interpretata ad uso personale o meno, motivo per cui era il giudice ad avere potere decisionale.

Nel 1977 i consumatori di oppiacei sono circa 28.000 mentre nel 1982 saranno poi 92.0005.La società reclamava un aiuto a cui le leggi non sapevano dare una risposta concreta finché il “tossicomane” veniva visto come un criminale dall’opinione pubblica e come un malato da rinchiudere in un manicomio o in carcere, secondo la legge, il problema persisteva. Motivo per cui furono molte le forme d’iniziativa privata: associazioni e gruppi religiosi che cercavano di aiutare queste persone senza alcun tipo di conoscenza in materia.

3 G. De Luca, l’Unità, Articolo del 9.01.1978

4 G. Zuffa, Come definire il consumo personale nella legislazione sulla droga, La questione della “soglia” alla luce dell’esperienza italiana in Series on Legislative Reform of Drug Policies n. 15, 2011.

5G. Rezza, M. Dorrucci, U. Filibeck, I. Serafin, Estimating the Trend of the Epidemic of Drug Use in Italy, 1985-89, «British Journal of Addiction», 87 (12), 1992, pp. 1643-1648

34 35 PARTE I LINEAMENTI
Il
1.3
quadro legislativo

Quadro riassuntivo delle leggi anti-droga che precedono il 1978.

Anno Legge

1922 22.02.1922 n.355 1923 18.02.1923 n.396 1934 7.06.1934 n. 1265 1954 22.10.1954 n.1041 1975 22.12.1975 n.685

Delegava il Governo ad emanare norme dirette a recepire quanto indicato nella Convenzione Internazionale dell'Aja del 1912. Ratifica legge del 1922.

Appare per la prima volta un elenco delle sostanze stupefacenti. Elementi importanti sono: non era punibile l’uso individuale e della detenzione di qualunque quantitativo ad esso finalizzato, e l’esiguità delle pene previste per il traffico e la distribuzione illecita.

Il tossicomane in quanto malato è soggetto a ricovero coatto, modellata sulla legge manicomiale del 1904.

“Disciplina della produzione, del commercio e dell’impiego di stupefacenti”. Non c’è distinzione tra consumatore e spacciatore. Come nella precedente il tossicomane è considerato un malato psichiatrico per cui si predilige il ricovero negli ospedali psichiatrici.

“Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi casi di tossicomania”. Catalogava le anfetamine come sostanza psicotropa. Distinzione tra consumatore e trafficante con pena differente. Il tossicodipendente aveva due scelte: il carcere o il manicomio.

“Drogra-Retata e arresti vari”. Foto di Pasquale Bove in Italy&Italy, progetto dedicato alla Rimini degli anni ‘89 e ‘90.

36 37 PARTE I LINEAMENTI

Gli anni ’70 son anche un contesto storico tra i più interessanti in materia di innovazione giuridica nel nostro paese. Vengono approvate in questi anni nuove leggi sul diritto di famiglia, in materia di divorzio e aborto, la riforma penitenziaria, la riforma della scuola, della casa, del diritto di voto dai 21 ai 18 anni, lo statuto dei lavoratori, la deistituzionalizzazione della psichiatria e la chiusura dei manicomi con la legge Basaglia del 1978. Tra la fine degli anni ’80 e ’90 a causa delle implicazioni giudiziarie del fondatore, a cui sarà dedicato un paragrafo, la fama e la popolarità della Comunità aumentano. San Patrignano diventa un simbolo della lotta all’eroina e personaggi della sfera politica iniziano ad approdare nella comunità per sondarne l’aspetto e l’efficacia di cui si parlava, ma anche per conoscere personalmente il suo fondatore.

Il presidente del consiglio, Bettino Craxi fu uno di questi. Il governo Craxi imputava che l’elevato consumo di droga fosse determinato da un approccio “sensibile” al tema a causa della legge del 1975, si pensava che la modica quantità sancisse la legittimità del consumo delle sostanze6 e voleva seguire la stessa logica punitiva che stava alla base dello slogan politico di Nancy Reagan: Just say no. Quando poi la Convenzione delle Nazioni Unite stabilì nel 1988, come reato penale il possesso di droga ad uso personale, questo diede la spinta maggiore alla decisione di rivedere la legge. Muccioli, insieme ad altri, fonda nel 1989 ad un Movimento “MUVLAD”, Movimento unitario volontari della lotta alla droga, a favore della legge proposta nel 1988 conosciuta come la legge Iervolino-Vassalli, poi approvata nel 1990. La legge introduceva la definizione delle “dose media giornaliera” per facilitare la decisione della pena, senza fare una distinzione tra consumo personale, spaccio e traffico. Intanto, la Comunità si prestava ad un’omologazione sociale, 6 G. Zuffa, I drogati e gli altri, Sellerio Editore, Palermo, 2000

assimilabile sempre più ad un’istituzione: nel 1986 diventa Fondazione di San Patrignano e nel 1990 Ente morale. Ciò significava avere la possibilità di partecipare a discussioni in materia legislativa e accedere ai fondi statali.

Nel 1993 un referendum popolare decide di abolire la “soglia quantitativa” e le sanzioni penali per il consumo personale alla base della legge Iervolino-Vassalli del 1990. Molti giuristi, dopo il referendum, sostennero che “la legislazione penale sulle droghe era stata riportata al modello di legalità”7.

La legge Iervolino-Vassalli stabiliva che se un tossicodipendente in custodia cautelare intendeva sottoporsi ad un programma di recupero presso una struttura residenziale autorizzata, automaticamente la custodia cautelare era revocata e di conseguenza questo aveva determinato un aumento del numero di persone in cura nelle comunità.8

La legge rimase in vigore fino al primo governo Berlusconi, in cui si decise di modificare le correzioni che erano state applicate dal referendum e riportare la legge a come era prima. Soltanto nel 2006 venne poi approvata la legge Fini9

Importanti finanziatori della Comunità sono stati Gian Marco e Letizia Moratti, durante il primo processo avvenuto nell’83, hanno dichiarato che i finanziamenti della Comunità ammontavano a 200 miliardi di lire.10

Nel 1994 inizia il processo e nello stesso anno Letizia Moratti diventa presidentessa della Rai, questo incrementa l’attenzione mediatica su San Patrignano avuta dall’accusa per l’omicidio commesso all’interno della Comunità, scoperto nel 1993 (Guardare 1.2.3).

Nel 1995 in fondatore della comunità muore. Molti ragazzi lasciano la comunità sia durante il processo sia per la morte del suo fondatore. Andrea Muccioli prende gli incarichi del padre,

7 F. Maisto, Da consumatori a spacciatori, in Fuoriluogo, maggio 2003, p. 6

8 Art.89 della legge 309/1990

9 G. Zuffa, I drogati e gli altri, Sellerio Editore, Palermo, 2000

10 Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano. 2020. Docu-serie prodotta da Netflix.

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come guida della comunità e anche dell’associazione “MUVLAD” poi sciolta nel 1996 e sostituita dall’associazione internazionale “Rainbow International Association Against Drugs”, un’organizzazione no profit che raccoglie associazioni e comunità in tutto il mondo contro la legalizzazione delle sostanze. Nel 1996 avviene la prima “Challenge Vincenzo Muccioli”, giornate dedicate all’equitazione con campioni internazionali. Nel 1997 viene accreditata come Ong presso le Nazioni Unite come “Consulente speciale presso il consiglio economico e sociale dell’ONU”.11 Nel 1998 Andrea Muccioli partecipa all’assemblea generale dell’ONU. Terminerà il suo incarico nel 2011.

Dal 2001 al 2006 Letizia Moratti fa parte dei governi Berlusconi II e III, come Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in cui si discute la legge Fini. San Patrignano non è lontana dalla sfera politica italiana infatti rimane sede d’incontri istituzionali. In una lettera alla comunità il presidente del consiglio scrive “L’esempio di San Patrignano è straordinario: di fronte alla tragedia della droga avete scelto di reagire e combattere, e noi saremo accanto a voi.”13

Nel Al 31 dicembre del 2006, quando viene approvata la legge Fini-Giovanardi, erano in carcere 14.640 persone per reati di droga (37,53%), 27.294 nel dicembre 2010 (40,16%)14. La legge rimane in vigore fino al 2014 quando la Corte costituzionale ne stabilisce la sua incostituzionalità.

11 Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano. 2020. Docu-serie prodotta da Netflix.

12P. Ricotti. Sostenibilità e Green Economy. Quarto Settore. Competitività, Strategie e Valore Aggiunto per le imprese del terzo millennio: Competitività, Strategie e Valore Aggiunto per le imprese del terzo millennio. FrancoAngeli, 2010.

13 G. Meroni, “San Patrignano: è l’ora dei cocchi di mamma” in Vita, 27. 11. 2003 http://www.vita.it/ (visitato il 2.06.2022)

14 G. Zuffa. Come definire il consumo personale nella legislazione sulla droga. La questione della “soglia” alla luce dell’esperienza italiana. Series on Legislative Reform of Drug Policies n.15, August 2011

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Vincenzo Muccioli e i coniugi Moratti. Fonte: corriere.it

2. U n’ idea di comunità

Questo capitolo descrive lo sviluppo della Comunità seguendo vicende giudiziarie in cui si è trovato il fondatore della Comunità, Vincenzo Muccioli e che si sono in qualche modo riflessi sull’espansione della Comunità e la sua popolarità. Quest’ultima ha determinato legami politici e risvolti istituzionali. San Patrignano negli anni infatti, ha modificato i suoi caratteri iniziali di comunità rivoluzionando il Sistema Sanitario Nazionale.

43 PARTE I
Vincenzo Muccioli davanti a Montecitorio durante una manifestazione delle “Madri Coraggio” (LaPresse)

2.1 Immaginari

Prima fase_Comunità hippie 1978-1983

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Seconda fase_1984-1989

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“...L’altro capannone è stato ristrutturato a sala da pranzo e proprio durante il periodo in cui Vincenzo e gli altri erano stati incarcerati. Adesso non è più lì, era un capannone industriale e adesso ci sarà il Giardino dei Giusti. Quella era già la seconda sala da pranzo, la prima era all’interno di una sala della casa padronale di Vincenzo dove eravamo 10-15 persone…poi l’altra ne conteneva già 300-400..”

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Estratto intervista Monica Barzanti in Parte II, Rilievi Il presidente del Consiglio Bettino Craxi in visita a San Patrignano
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Vincenzo Muccioli e Idro Montanelli

Terza fase_1990-2000

“Ma nella primavera del 1991 ritrovai San Patrignano mutata anche nella fisionomia. Il terreno nel centro della comunità, sul quale dua anni prima erano state costruite le prime tre abitazioni, era ormai diventato un grazioso villaggio composto da circa cinquanta villette, disposte tra i viali alberatie aiuole curatissime. Era stata eretta la strruttura portante della nuova, mastodontica, sala da pranz, nella quale avremmo mangiato tutti senza fare più turni, e si parlava gia del progetto dell’ospedale per malati di AIDS. Tutte le strade erano state asfaltate e in fondo alle vigne, nella zona selvaggia della Roncona, il torrente che passa a valle della collina, troneggiavano giganteghi il generatore di corrente e il depuratore delle acque, segni dell’efficienza tecnologica che connotava sempre più la Comunità.”

F. Cantelli. Sanpa, madre amorosa e crudele. Giunti, Milano 2021.p. 118

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Il presidente del Consiglio Giulio Andreotti e Vincenzo Muccioli Rosa Russo Iervolino, Don Pierino Gelmini, Vincenzo Muccioli e Maria Pia Garavaglia durante una manifestazione

“C’è ancora la vecchia tigre, nel recinto accanto al piccolo cimitero dove è sepolto Vincenzo Muccioli. Nel piazzale, in questa domenica d’agosto, arrivano in auto nonni e nipotini che si aggrappano alle sbarre e gridano: «Tigre, tigre, vieni fuori». L’animale - era arrivato cucciolo più di vent’anni fa - sembra contento delle visite. Esce dalle piante di bambù e si sdraia al sole. La foto di Vincenzo Muccioli, sulla tomba, è più grande delle altre. Dietro di lui si intravedono infatti centinaia dei suoi ragazzi, saliti sulla «collina della salvezza» per tornare a vivere dopo gli anni dell’eroina. Alcuni di loro, purtroppo, sono qui nel cimitero.”

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I settori di lavoro
laRepubblica, Articolo di J. Merretti 8.08.2011

Crediti pp. 48-51

Fonte: Archivio San Patrignano, Immagini fornite da Monica Barzanti

p. 53 Prima immagine: Muccioli nella nuova sala da pranzo. Foto: Nino Leto/Mondadori via Getty Images

Seconda immagine: Muccioli al “processo delle catene”. Foto: Nino Leto/Mondadori via Getty Images pp. 55

Fonte: Archivio San Patrignano, Immagini fornite da Monica Barzanti.

p. 56 Il Presidente del Consiglio Bettino Craxi fa visita a San Patrignano, 1989.

Foto: https://www.facebook.com/TuttoCraxi/posts/2591161484516337/

p. 57 Vincenzo Muccioli e Idro Montanelli, 1989. https://www.atmosfere

Foto: https://www.facebook.com/TuttoCraxi/posts/2591161484516337/ p. 58 “Villaggio delle casette” Fonte: https://www.atmosfere p. 60

Il presidente del Consiglio Andreotti e Vincenzo Muccioli Fonte: https://giulioandreotti.org Rosa Russo Iervolino, Don Pierino Gelmini, Vincenzo Muccioli e Maria Pia Garavaglia durante una manifestazione Fonte: https://www.wired.it/play/televisione/2021/01/04/sanpa-vincenzo-muccioli-mai-solo/ Foto: IPA pp.62-64 Foto si gruppo di vari settori Fonte https://www.editorialedomani.it/

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2.2 Vincenzo Muccioli

San Patrignano situata a circa 11 km da Rimini e Riccione, non poco lontano dalla “città felice” per usare una delle definizioni della città adriatica, è la comunità più grande d’Europa che da oltre quarant’anni opera per ospitare ragazzi con problemi di dipendenza1. La comunità è stata fondata nel 1978 ad opera di un gruppo di volontari guidati da Vincenzo Muccioli. Riminese di nascita, una volta sposato, insieme alla moglie Maria Antonietta Cappelli inizia a gestire l’albergo di lei a Rimini. Solo dopo decide di abbandonare l’attività alberghiera per trasferirsi nella sua tenuta di campagna tra le colline riminesi per dedicarsi all’agricoltura. Inizialmente la tenuta possedeva una vigna, un pollaio e un allevamento di cani di razza. Questo fin quando non decide di occuparsi di un problema sociale. Nel 1977 i consumatori di oppiacei sono circa 28.000 mentre nel 1982 saranno poi 92.0002, questi venivano definiti come tossici, criminali dall’opinione pubblica, come un malato da rinchiudere in un manicomio o in carcere, secondo la legge. prendono forma su tutto il territorio iniziative private come associazioni e gruppi religiosi.

Tra queste Il Gruppo Abele con don Luigi Ciotti a Torino dal ’73, don Mario Picchi a Roma dal ’71, loro furono tra i primi a partecipare a manifestazioni e assemblee cittadine. Reclamavano un aiuto, denunciavano lo Stato, facevano proposte legislative. San Patrignano si colloca in questo contesto.

Nel 1978 Vincenzo Muccioli accoglie a San Patrignano la prima ospite, una ragazza trentina, amica di famiglia con problemi di dipendenza. Muccioli, insieme ad altri volontari inizia il suo nuovo progetto nelle campagne romagnole. Nel 1979 a San Patrignano i ragazzi3 sono circa trenta. Nasce ufficialmente la comunità di San Patrignano.4

1 La comunità possiede un proprio sito web da cui sono state reperite molte fonti e dati utili alla ricerca in questione. https://www.sanpatrignano.org/

2 G. Rezza, M. Dorrucci, U. Filibeck, I. Serafin, Estimating the Trend of the Epidemic of Drug Use in Italy, 1985-89, «British Journal of Addiction», 87 (12), 1992, pp. 1643-1648

Questi erano gruppi sia laici che religiosi, associazioni costituite dalle famiglie o dai da persone che hanno avuto trascorsi con la droga. Queste persone sono stati una parte fondamentale per lo sviluppo di nuovi movimenti che hanno cambiato l’opinione dei partiti politici e la legislazione in materia di droga. I fondatori, come Muccioli sono stati attori significati per la scena politica che motivati dalle famiglie e dal relativo successo che riuscivano ad ottenere dalle persone da loro in cura, richiedevano un decisivo cambiamento nell’affrontare il problema del traffico e dell’uso delle sostanze.

San Patrignano, si poneva come una comunità residenziale in cui la terapia era un’alternativa alla cura farmacologica attuata negli ospedali e nei manicomi. La legge, infatti lasciava la scelta delle terapie d’intervento alle strutture presenti sul territorio.

Questo da una parte dava la possibilità ai servizi di adattarsi dall’altra lasciava la cura, la riabilitazione e la prevenzione nelle mani dei medici che nelle strutture pubbliche, utilizzano il metadone.

Per comprendere la crescita di San Patrignano, e per crescita s’intende dire l’aumento dei ragazzi a carico della Comunità e la sua espansione territoriale ed economica, occorre tener presente che le vicende giudiziarie e l’opinione pubblica contribuirono a definire la San Patrignano dei nostri giorni, motivo per cui non si può prescindere da questi. Le fonti che mi hanno aiutato a ricostruire ciò sono i quotidiani, i libri, i documentari e le interviste realizzate a persone che hanno dato e danno ancora oggi un contributo a quello che è il progatto di San Patrignano (vedere la Parte II).

3 L’utilizzo del termine ragazzi fa parte dell’intenzionalità che muove la Comunità, questa inizialmente si contrappone alle connotazioni utilizzate in quel periodo che danno un’accezione negativa alla persona con problemi di dipendenze da sostanze.

4 P. Guidicini, P. Pieretti, San Patrignano tra comunità e società, FrancoAngeli, Milano 1994, p. 11

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19.09.1995

2.3 Le vicende giudiziarie

Nel 1978 viene approvata la legge n.180 che stabilisce la chiusura dei manicomi. L’istituzione manicomiale era stata presa in considerazione dalle leggi precedentemente citate come luoghi in cui il malato da droghe poteva essere curato. Questa legge rappresentava una svolta sociale, non solo nei confronti della persona, ma anche per la negazione dei metodi obsoleti applicati al loro interno. Nonostante ciò, la legge e l’esperienza basagliana non erano state sufficienti a guidare né lo Stato verso una nuova riforma né le comunità terapeutiche che erano campi di sperimentazione.

Nel 1980 Muccioli viene arrestato per sequestro di persona. Una ragazza in isolamento era riuscita a fuggire dalla comunità, arrivare a Forlì e denunciare l’accaduto. La polizia, una volta giunta in comunità, trova altri ragazzi incatenati nel canile e nella piccionaia. Muccioli restò in carcere per 30 giorni, una volta uscito la comunità era lì ad aspettarlo. Questo evento produsse opinioni contrastanti. Alcune persone ritenevano lecito l’utilizzo delle catene e dell’isolamento. Queste ne comprendevano le intenzioni perché avevano avuto esperienze con crisi d’astinenza, sintomi dovuti all’uso di sostanze. Altri non riuscivano a giustificare l’accaduto. L’Italia era divisa in due. Nel 1983 c’è il rinvio a giudizio. Nel 1984 inizia il processo, chiamato nei quotidiani “il processo delle catene” perché in aula vennero portate come prova dall’accusa. In questi anni il numero dei ragazzi aumenta. Nel 1983 i ragazzi sono circa 300, nell’ ’84 sono 500.1 Un articolo del Corriere della Sera del 14 dicembre del 1983 riporta le varie opinioni. San Patrignano era “il paese dei drogati” per altri “il villaggio della salvezza” che aveva “90 ettari di terreno coltivato, stalle, cantine, laboratori di pellicceria, litografia, restauro mobili, piscina, palestra, un continuo fermento realizzativo”.

1 Alcune delle informazioni riguardo al numero di persone presenti all’interno della Comunità e le vicende giudiziarie sono stati estrapolati dalle inchieste giornalistiche di quel periodo, pertanto sono fonti attendibili che non devono essere prese per certe. I quotidiani che sono stati visionati appartengono all’Archivi online: laRepubblica, L’Unità, il Corriere della sera.

Altra fonte che riporta alcune date e cambiamenti ad esso associate è la docu-serie Netflix, prodotta nel 2020: SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano.

Nel 1984 Muccioli era stato condannato a 1 anno e 8 mesi di reclusione, nel 1987 la Corte d’Appello di Bologna lo assolve.

Con il primo processo, quella che viene definita la “San Patrignano mitologica – quella delle sedute mediatiche, della tradizione orale dell’omeopatia della pranoterapia- e apriva a quella del logos, dell’organizzazione, della scrittura e degli archivi, del rapporto con le istituzioni e con la politica, dell’elaborazione critica e dell’esperienza”2: cessa la sua prima fase di sperimentazione per intraprenderne una nuova, nel rapporto con le istituzioni.

La casa di Muccioli che fungeva come dormitorio e sala da pranzo, i capannoni con i polli e l’allevamento di cani vengono modificati. Uno dei capannoni venne usato come copertura alle roulotte: la Comunità non era riuscita ad ottenere i permessi per costruzione dal Comune di Coriano. L’altro capannone invece venne usato come sala da pranzo. Se la sala da pranzo di Muccioli aveva una capienza massima di 10-15 persone, la nuova poteva contenerne 300-4003.

Sebbene fossero stati resi noti “i metodi” coercitivi utilizzati all’interno della comunità, questo non aveva fermato il flusso di ragazzi che ogni giorno arrivavano da tutta Italia.

A differenza delle cliniche e di altre comunità San Patrignano si distingue per la partecipazione: nella San Patrignano “primitiva”, i ragazzi erano impegnati tutti i giorni nella vita comunitaria.

C’erano campi da arare, animali da allevare, strade e recinti da realizzare. Aveva tutti i connotati di una comunità hippie degli anni ’70. Muccioli era colui che si occupava della terapia, a differenza degli altri volontari che avevano ancora un lavoro fuori da San Patrignano, lui si dedicava completamente ad essa. Mancava un programma terapeutico, medici e psicologi. Non c’erano riunioni programmate e soprattutto non si parlava

2F. Cantelli. Sanpa, madre amorosa e crudele. Giunti, Milano 2021.p. 39

3Intervista a Monica Barzanti, in Parte II.

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di droga perché la droga era vista semplicemente come un sintomo, l’indicatore di un problema più grande. Si riusciva ad instaurare un rapporto con la comunità e a realizzarsi un legame anche duraturo.

Durante il processo la Comunità cresce dalle 300 alle 800 persone circa. In questa fase l’organizzazione inizia a farsi più articolata, ci sono i settori di lavoro con laboratori che vanno dal restauro alla litografia, una nuova sala da pranzo, un reparto addetto al controllo e alla fuga4. La fama e la popolarità del suo fondatore aumentano esponenzialmente come aumentano anche le dimensioni della struttura.

La terapia che risiedeva in Muccioli viene semplificata in un’organizzazione gerarchica con lui a capo e con al di sotto collaboratori di fiducia, membri della comunità, che gestivano i ragazzi. Avendo acquisito notorietà Muccioli era sempre più richiesto nei programmi televisivi, conferenze e dibattiti politici.

Ad una trasformazione formale corrispondere una trasformazione sostanziale. Oltre all’ aumento degli ospiti, cinque al giorno, nel 19915 la formalità aveva ridotto la ritualità. L’entrata in comunità avveniva attraverso la compilazione di un modulo, l’uscita con una firma e un incontro formale dalla breve durata con il fondatore; ogni settore era una comunità a sé e le giornate erano organizzate in turni di lavoro e di tempo libero. I “rituali”, elementi che avevano contribuito a rendere la comunità tale, erano stati sostituiti da prassi ordinarie. La fisionomia della comunità cambia. Le strade fangose, la sala da pranzo sotto il capanno, la comunità fatiscente era stata sostituita da strade asfaltate con viali alberati e aiuole, una grande sala da pranzo in legno lamellare della capienza tale da non dover più fare turni per mangiare, un villaggio composto da una cinquantina di casette ed era in procinto di essere costruito un ospeda-

5 A. F. Cantelli. Sanpa, madre amorosa e crudele. p. 117

5P. Guidicini, P. Pieretti, San Patrignano tra comunità e società, FrancoAngeli, Milano 1994, p.253

6F. Cantelli, Sanpa, madre amorosa e crudele. Giunti, Milano 2021. p. 80

le per la cura dei malati di AIDS. Un modello di comunità ormai in grado di riprodursi aveva delle filiali nelle Marche in Trentino e una in allestimeto in Friuli6

Tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90 la Comunità è ancora una volta sotto i riflettori a causa di due eventi. Il primo dovuto al suicidio di due membri della Comunità avvenuto durante un convegno delle associazioni per la lotta contro la droga (MUVLAD, vedi 1.3) nel 1989. L’altro riguarda il 1993: un ragazzo, ex-membro della comunità confessa un omicidio avvenuto nel 1989. Secondo i testimoni i membri di un settore avevano confessato di aver partecipato al pestaggio di un uomo che successivamente sarebbe morto. Nel 1994 inizia il processo per la morte di Roberto Maranzano. Muccioli viene indagato e successivamente condannato ad otto mesi per favoreggiamento, ma non per omicidio per il quale precedentemente era stato accusato.

5P. Guidicini, P. Pieretti, San Patrignano tra comunità e società, FrancoAngeli, Milano 1994, p.253

6F. Cantelli, Sanpa, madre amorosa e crudele. Giunti, Milano 2021. p. 80

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“Di San Patrignano, più che gli aspetti del programma terapeutico, il fatto di essere tenuto sotto controllo nel periodo iniziale o di dover sottostare alle inevitabili limitazioni che regolano la vita in comune di trecento persone, mi affascinava e mi preoccupava il fatto che ogni parte della comunità, anche quella apparentemente più trascurabile, rivelasse una sconcertante continuità con tutto il resto. Era come se lo spirito di quella esperienza si fosse solidificato nelle strutture, come se a San Patrignano forma e sostanza fossero la stessa cosa”

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La sede di San Vito di Pergine in Trentino Alto Adige (1987) e la sede di Novafeltria nella localià di Botticella (1990), prima appartenente alla regione Marche ora in Emilia Romagna. F. Cantelli, Sanpa, madre amorosa e crudele. Giunti, Milano 2021. p.14

2.4 Muccioli VS Basaglia

Nel seguente paragrafo vorrei trattare la questione corpo che fino a questo momento ha avuto una declinazione nello spazio in cui si colloca trascurando il valore che esso assume. Il progetto di San Patrignano è un progetto che si pone come obiettivo la cura di corpi. Nella tradizione umanistica il corpo veniva utilizzato come emblema della perfezione nelle sue proporzioni e relazioni per la realizzazione delle città, basti pensare al corpo vitruviano, ma il corpo su cui si realizza il progetto di San Patrignano non è perfetto, è più assimilabile a “un corpo a pezzi frammentato, se non addirittura deliberatamente smembrato e mutilato” 1 dai suoi vissuti, dalla società.

Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto, nella fase preliminare in cui ho localizzato gli eventi nel tempo, mi sono imbattuta in due eventi relativi allo stesso anno, il 1978: la nascita di San Patrignano e l’approvazione della legge Basaglia che sancisce la chiusura definitiva dei manicomi. Premetto che i due eventi non sono collegati, Muccioli non ha realizzato San Patrignano perché Basaglia ha deciso di chiudere i manicomi. Tuttavia, questa corrispondenza, mi ha invitato a riflette su come il progetto architettonico costruisce spazi per lo stesso motivo per cui li decostruisce: proteggere e curare il corpo.

La protezione nei manicomi si declinava nella sua struttura come luogo in cui i malati venivano reclusi per proteggere la società. Basaglia sperimenta in alcuni di questi un approccio diverso: apre le recinzioni, elimina i muri e le catene e permette ai malati di uscire negando in questo modo il principio dell’istituzione manicomiale che risiede nella chiusura.

Il malato nel manicomio diventava corpo istituzionalizzato, citando lo stesso Basaglia, malato ed etichettato come tale. Le comunità terapeutiche tra gli anni ’70 e ’80 rappresentano luoghi di sperimentazione.

La sperimentazione risiedeva nel fatto che uomini religiosi o civili decidevano di occuparsi dei “drogati”, senza avere alcuna esperienza né con le sostanze né con questi e negavano l’uso

1A. Vidler, Il perturbante e l’architettura, Einaudi, Torino, 2006, p.79

del metadone come terapia. Invece, per l’opinione pubblica etichettava come il folle anche il “drogato”. San Patrignano “tocca il corpo nell’incorporeo del senso”2: usa il corpo malato per costruire il progetto. Dare un aggettivo al corpo, definirlo malato, folle o vecchio ha permesso di dare una forma riconoscibile all’azione progettuale. Il progetto ha modificato la località di Coriano, San Patrignano riconoscendo in essa una comunità: la casa del fondatore, il suolo, le funzioni e gli usi preesistenti, c’è stato un processo di appropriazione di suoli, un’espansione continua per la realizzazione della Comunità. Dunque, il progetto ha modificato e continua a modificare lo spazio e nel farlo ha “toccato” il corpo con “il corporeo delle modifiche che genera nel suolo e nello spazio, nelle sue morfologia, nelle sue dotazioni fisiche, infrastrutturali, nelle sue economie”4

Lo spazio è progettato, in questo senso per produrre un “nuovo corpo”, più simile al corpo vitruviano, perfetto. Dunque, lo spazio riflette questa perfezione nelle abitazioni, nei percorsi, i principali asfaltati che seguono l’andamento collinare, nei luoghi di lavoro puliti e ordinati, luoghi del tempo libero come il campo da calcio e la palestra oppure della convivialità, nelle panchine per riposare, nella vegetazione curata nei dettagli, nello spazio che gode dell’acqua e del panorama del paesaggio rurale. Un ambiente sano per un corpo sano. Se allo spazio aggiungiamo regole attraverso cui si pianificano non solo i ritmi della vita in comunità, ma anche i ritmi della rete produttiva declinata nella produzione di beni, nelle relazioni che Fondazioni e associazioni intraprendono con la Comunità per la formazione e per le raccolte fondi che favoriscono la visibilità loro e di San Patrignano otteniamo quello che è il progetto. In questo senso, “Il corpo funge da canale di transito tra lo spazio e il progetto” 4 , collocandosi nelle “logiche produttive capitalistiche che pongono a proprio fondamento lavoro e produzione”. 5

2J.-L Nancy, Corpus, cit. in C. Bianchetti, Corpi tra spazio e progetto, Mimesis, Milano, 2020, p.133

3Ibidem.

4C. Bianchetti, Corpi tra spazio e progetto, Mimesis, Milano, 2020, p.31

5 Ibidem, p.49.

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Comunità e manicomi, nuove e vecchie sperimentazioni.

“San Patrignano era ormai la comunità terapeutica più famosa al mondo: i mezzi d’informazione se ne occupavano con regolarità: operatori scandinavi, libanesi, olandesi, vi soggiornavano mesi, affascinati da un’organizzazione capace di produrre autonommente quasi tutti i beni di prima necessità, tirare fuori i ragazzi dalla droga e garantire gratis ad ogni ospite assistenza medica, legale e formazione professionale. Muccioli venne invitato negli Stati Uniti da Bennet, il cosidetto “zar” antidroga del presidente Bush, Ricevendo così una consacrazione internazionale.”

F. Cantelli, Sanpa, madre amorosa e crudele. Giunti, Milano 2021. p. 80

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3. S an Patrignano oggi

In questo capitolo si vuole restituire l’immagine della comunità, il territorio su cui si colloca. Viene analizzata San Patrignano prima, nei suoi spazi dell’abitare e in quelli della produzione attraverso cui delinea la sua rete. Il territorio su cui si colloca è quello della provincia di Rimini, per comprendere questo territorio e le sue dinamiche sono state prodotte delle carte e riportati dei dati relativi alla sua popolazione e la sua produzione.

San Patrignano, vista dall’alto. (Fonte: laRepubblica)

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3.1 Una linea del tempo

Nelle pagine successive è rappresentata una linea del tempo che mostra come a partire dai primi anni duemila la comunità una volta acquisiti pieni diritti territoriali e istituzionali prosegua una più potente propaganda caratterizzata dall’organizzazione di progetti ed eventi al fine di richiamare finanziamenti. Sempre più aziende decidono di investire su San Patrignano, utilizzano spazi interni e sfruttano la sua popolarità. In questi anni l’organizzazione si fa più articolata: San patrignano si distingue in Cooperativa Sociale e Agricola. Con popolazione s’intende il numero di ospiti della comunità.

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La Comunità di San Patrignano è situata sul crinale di una collina, nella vallata scavata a nord dal Torrente Ausa e a sud dal Marano, da quest’ultimo si sradica il Rio Roncona che fiancheggiando la collina sembra disegnare i “confini” naturali della Comunità. La frazione di San Patrignano confina con la frazione di Cerasolo a ovest e Ospedaletto a est. Osservando le foto zenitali della frazione di San Patrignano intorno al 1978 è possibile identificare quello che è il nucleo “storico” 1 della Comunità vale a dire la casa privata del fondatore Vincenzo Muccioli, la villa dei coniugi Moratti e il cimitero. Questo nucleo accoglie ancora un ruolo centrale nell’organizzazione spaziale del complesso come luogo dell’accoglienza, dell’amministrazione, della convivialità (con la grande sala da pranzo di 1.976,37 m2 con una capienza massima di 2.600 persone)2

A questo spazio centrale si aggiungono spazi realizzati per le attività che connotano il tempo libero: il teatro di 335 m2 con una capienza massima di 380 posti, l’auditorium di 1260 m2 con una capienza di 1.000 posti utilizzato sia la sera per guardare film sia come palestra per eventi sportivi a cui di fianco si aggiunge un’ulteriore palestra di 588 m2. Viste le dimensioni e la versatilità di questi spazi, vengono utilizzati sia dalla comunità, per l’organizzazione di eventi dedicati alla raccolta fondi o alla prevenzione, sia da soggetti esterni che li affittano per eventi e altre manifestazioni pubbliche.

Sono spazi di dimensioni possenti con soffitti voltati in legno lamellare e pareti vetrate opache se si guarda dall’esterno a volte chiusi nella loro intimità altre aperti negli usi, elastici perché si rimettono in gioco ogni volta con ciò che è fuori dalla Comunità.

1 P. Guidicini, G. Pieretti, San Patrignano: terapia ambientale ed effetto città: studio sui percorsi di vita degli ospiti della comunità, FrancoAngeli, Milano 1996.

2San Patrignano Cooperativa Sociale e Agricola, (a cura di), 2008, Diario di bordo. San Patrignano raccontata da chi sta imparando a volare.

La Comunità è strutturata attraverso le razionalità dell’asfalto e della vegetazione. Le strade asfaltate consentono di spostarsi in ogni punto della comunità, sia a piedi che in auto. Sono presenti cartelli stradali, piccoli cancelli che segnano l’ingresso nelle abitazioni o nei luoghi legati ai servizi quali scuole e abitazioni per minori. E ancora steccati che separano aree per il pascolo oppure recinzioni per gli animali. La vegetazione ha la stessa funzione delle pareti opache degli edifici e spesso fungono da separazione o di barriera.

Al centro dell’area avvolta dalla vegetazione si trovano le abitazioni: sessanta case mono e bifamiliari in legno e dei dormitori, divisi rigidamente in base al sesso, organizzati in stanze da sei od otto persone. All’interno ci si occupa della pulizia della stanza, di rifare il letto, di gettare la spazzatura: sono luoghi rassicuranti dove attraverso le pratiche quotidiane semplici ci si prepara al mondo esterno. Ogni membro della comunità ha una propria mansione che assicura il sostentamento della comunità e l’esperienza di un lavoro che potrebbe assicurarne uno uguale all’esterno.

San Patrignano si presenta dunque come uno spazio potente: si possono comprendere i suoi caratteri fondativi, le storie che lo hanno caratterizzato, uno spazio nato per essere intimo, ma non per stare da soli, in cui il movimento avviene in gruppo, dove le pratiche, coercitive, legano gli individui per scopi fondamentali. Lavorare, produrre, curarsi. E’ un luogo questo nel quale si cerca protezione, la cui violazione a tratti ancora è percepita con inquietudine e minaccia, si presta allo stesso tempo ad esibirsi al mondo nella pretesa di un riconoscimento in cui si negozia il desiderio di esporsi insieme alle regole dello stare insieme.

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3.2 Gli spazi

Questa immagine mette in evidenza quello che vene definito il centro storico di San Patrignano. Fa parte della collezione di Ortofoto digitali derivanti dalla scansione dei negativi relativi alle riprese aeree del 1976-1978, serviti per la realizzazione del primo impianto della Carta Tecnica Topografica alla scala 1:5000.

Fonte: Geoportale Regione Emilia-Romagna

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San Patrignano dove le relazioni e gli usi degli individui sono volti alla cura di un corpo, un luogo chiuso e riservato, potrebbe essere definito interno urbano3 della città.

Gli interni urbani a volte possono essere associabili a sistemi parassitari che agganciati alle attrezzature urbane come spazi commerciali e infrastrutture hanno luogo nella città4

Uno spazio realizzato sottraendosi dalla realtà, dal dominio pubblico immerso nella natura per ricostruire quella domesticità rassicurante tipica dello stile di vita borghese che soprattutto negli anni Ottanta, dopo una lunga fase di lotte e affermazione di diritti, si aveva la necessità di ricostruire. Luoghi in cui attraverso le pratiche quotidiane e ripetute è possibile educare e formare il ceto medio.

Nella grande sala comune i ragazzi ogni giorno preparano insieme la tavola, la tovaglia disposta simmetricamente con il piano del tavolo e i bicchieri sulla stessa linea del tavolo che lo segue. Alla stessa ora ci si riunisce, ci si alza in piedi e dopo un ringraziamento di un minuto si mangia. Un rito che rappresenta la convivialità familiare, luogo dell’accoglienza e della partecipazione. Spazio interno in cui “si afferma il progetto politico di una vita collettiva in contrapposizione con il modello individualista5. Un progetto di occupazione, espansione e resistenza che ha richiesto un forte investimento fisico e affettivo. Un progetto politico che affonda le sue radici nel territorio in cui risiede.

3 C. Bianchetti, Spazi che contano, Donzelli Editore, Roma, 2016 pp. 61-69

4Ibidem

5Ibidem

5 Colomina, Radical Intiriority cit., p.5. J. Gregorio, Squats. Geneve 2002-2012, Labor et Fides, Genève, 2012.

91 PARTE I

Vegetazione arbustiva, nell’area retrostante vi è l’abitazione dei Moratti

92 93 PARTE I LINEAMENTI
Esterno Auditorium
94 95 PARTE I LINEAMENTI
Sala da pranzo. Fonte: sanpatrignano.org
96 97 PARTE I LINEAMENTI
Villaggio delle casette

Analisi dei materiali presenti: l’edificato che comprende i luoghi dedicati al tempo libero, le strutture dedicate allo studio e alla cura, le abitazioni e i luoghi di lavoro. in verde sono stati evidenziati gli arbusti, mentre in viola le aree dedicate alle coltivazioni., in blu Rio roncona e altri bacini .

In questa mappa tutti gli elelmnti sono stati uniti , nelle pagine successive verrano scomposti per dare maggiore chiarezza.

98 99 PARTE I LINEAMENTI
Segni
San Patrignano

Coltivazioni Acqua

Strutture Arbusti

100 101 PARTE I LINEAMENTI
102 103 PARTE I LINEAMENTI
Le strutture della comunità
Sala da pranzo Auditorium Palestra Centro studi Asilo Centro minori femminile Lavanderia Villaggio casette Alloggi Centro minori maschile Teatro Parcheggio Abitazioni private Uffici Grafica Centro medico Falegnameria Laboratori Deposito muratori Canile Maneggio coperto Ex-maneggio aperto Allevamento bovini Magazzino Cantine Vite Ristorante Allevamento suini Ex-Scuderia Cimitero FoodLab

commercio abitazioni spazi del lavoro spazi riservati ai per i minori attrezzature sportive e spazi comuni

104 105 PARTE I LINEAMENTI Gli spazi

“Ma la riviera adriatica non è soltanto sabbia e mare. Non solo alberghi. L’entroterra si rivela, anche al viaggiatore distratto, ricco di luoghi di incanto. A pochi chilometri da Rimini, ecco la repubblica di San Marino, il castello di Gradara, legato alla tragica vicenda dantesca di Paolo e Francesca, San Leo, un borgo delizioso, il Montefeltro, con i suoi villaggi e castelli medievali, Morciano di Romagna e Montecchio. E Sant’Arcangelo. Qui vive uno fra i nostri poeti e sceneggiatori cinematografici più apprezzati, Tonino Guerra. Qui, dove il mare altro non è che una striscia azzurra all’orizzonte. É proprio dall’alto di questo osservatorio privilegiato, fra le valli del Savio e del Marecchia, la campagna fertile e grassa, la pianura e il mare, che Guerra ha avuto l’ispirazione per comporre una fra le sue ultime più belle poesie.”

p.68

106 107 PARTE I LINEAMENTI
Pier Vittorio Tondelli. Un weekend postmoderno. Bompiani, Milano 2013

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) del 2007, Coriano si identifica nelle colline retro-costiere riminesi, attraverso le carte che seguono si vuole chiarire non solo la collocazione spaziale della Comunità di San Patrignano, ma anche le caratteristiche demografiche ed economiche del Comune di Coriano e in generale della Provincia di Rimini in cui risiede.

Nella prima carta vengono rappresentati i confini: il Comune di Coriano appartiene ai Comuni di cintura: s’identifica tra quei Comuni che sono più vicini alla costa riminese. I dati relativi alla popolazione e all’economia sono stati ricavati dal documento prodotto dalla Camera di Commercio della Romagna: Forlì-Cesena e Rimini, dal titolo “I Numeri del Territorio- Strumenti per l’Analisi Territoriale” del 2020, in modo tale da poter confrontare questi con i più recenti dati della Comunità relativi all’ultimo Bilancio rilasciato relativo agli anni 2019-2020.

Nella seconda carta come valore viene inserito il numero di utenti che usufruisce dei Servizi di San Patrignano nell’anno 2020. Un dato inserito per mettere in evidenza anche questo aspetto considerato rilevante. Coriano è tra i Comuni con una densità di popolazione rilevante rispetto a quelli dell’entroterra riminese.

Sono stati riportati ulteriori dati relativi al reddito medio per contribuente in cui il Comune di Coriano risulta avere un valore leggermente superiore rispetto a quello provinciale.

Inoltre, il Comune di Coriano è attraversato dal fiume Marano, la formazione di vegetazione spontanea lungo la sua sponda tale da identificarla come Parco. A pochi chilometri vi è il Parco dell’Onfero.

Popolazione

10.503

Popolazione residente 225 ab/km2 Densità

337.777

Popolazione residente 390 ab/km2 Densità 4.438.937 Popolazione residente 198 ab/km2 Densità

Reddito mln/eur

Coriano Provincia di Rimini Emilia-Romagna

Coriano

Imprese

a Coriano

Fonte: I Numeri del Territorio (a cura di), 2020, Camera di commercio della Romagna - Forlì-Cesena e Rimini

Provincia di Rimini EmiliaRomagna

46,77 km² Superficie territoriale 865,04 km² Superficie territoriale 22.452,78 km² Superficie territoriale

Contribuenti Reddito medio per contribuente

7.860 259.886 3.411.578 Italia 41.525.982

18.302 19.611 23.517 Italia 21.275

990

Imprese attive

4,1addetti*impresa Dimensione media 94,3 Imprese ogni 1.000 ab.

28% Commercio e turismo 24% Servizi e altro 17% Agricoltura e pesca 16% Industria 15% Costruzioni

Nella penultima carta sono stati inseriti quelli che sono i servizi per la cura delle dipendenze patologiche. Il Comune di Coriano fa parte dei servizi sanitari della Romagna.

108 109 PARTE I LINEAMENTI 3.3 Il territorio
110 Confini
Popolazione 112
Aree tutelate e parchi Popolazione 114
Parco del Marano
116 Lineamenti Uso del suolo

Servizi per la cura delle dipendenze patologiche

118

Dal 2000 San Patrignano diventa un marchio. Un marchio certificato per la cura, la prevenzione, la formazione e la produzione enogastronomica. Dal 2002 avvia programmi di prevenzione in tutta Italia prima con “Peer to Peer Education” finanziata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, poi nel 2009 con “WeFree”1 finanziata da Fondazioni e Aziende sparse in tutta italia, rese note dai bilanci della Comunità. Dal 2012 San Patrignano da “Associazione San Patrignano ONLUS” diventa “Società Cooperativa Sociale e Agricola”.

Le dimensioni delle strutture sono tali da poter dare spazio agli eventi di prevenzione per cui ogni anno San Patrignano ospita oltre 20mila studenti che partecipano ai progetti di prevenzione, un numero diminuito solamente nel 2020 a causa della pandemia che ha visto svolgere gli eventi online, ma è possibile utilizzare le strutture anche per eventi come cene aziendali, eventi di gala, e catering2. Nel 2004 nasce “Squisito!”, una rassegna enogastronomica dedita alle eccellenze culinarie che si terrà ogni anno a San Patrignano per quattro giorni. Nel 2008 vengono inaugurati “Sp. Accio” e “Vite”, il primo un emporio con i prodotti della comunità sia alimentari che di oggettistica.3 “Vite” è invece un ristorante di enogastronomia locale. Sono entrambi localizzati appena fuori la comunità e fanno parte del programma di reinserimento sociale. I ragazzi una volta conseguito le certificazioni possono fare pratica nelle strutture della Comunità. Già precedentemente avevano dato avvio a questo genere di progetti come “Spazio Sanpa”, nel 2013 a Milano, un emporio con accessori e oggettistica prodotti dalla comunità e “Squisito! Pizza e bottega” nel 2016, finanziata dalla Fondazione Cattolica Assicurazioni e Fondazione Cassa di Risparmio Verona4.

1 Pagina ufficiale WeFree https:// www.wefree.it/

2Pagina Ufficiale della Comunità dedicata alla prenotazione eventi: https://eventi.sanpatrignano.org/

3Dalla pagina ufficiale della Comunità: https://www.sanpatrignano. org/spazio-sanpa-apre-milano/

Nata con l’idea di essere un franchising sociale per esportare i prodotti della comunità. Ora entrambi chiusi. Sulla stessa linea a Bergamo nell’ aprile del 2022 ha aperto “Buono due volte”: un negozio con prodotti agroalimentari e artigianali.

Nel 2020 è stato inaugurato PART, Palazzi d’arte di Rimini, uno dei più recenti progetti intrapresi dalla comunità che segnano un legame con il territorio circostante. “Un intenso lavoro sinergico tra pubblico e privato sociale”5 infatti, la comunità fornisce alla struttura la collezione della Fondazione di San Patrignano, una raccolta delle opere che sono state donate dagli artisti alla comunità a partire dal 2017.

Nell’intervista rilasciata da Monica Barzanti6 è emerso che recentemente la comunità ha acquistato un terreno in prossimità. Il progetto, effettuato, ma non ancora realizzato per carenza di fondi, consiste in un B&B che servirà alla formazione professionale dei ragazzi e ad ospitarne i genitori. Alcune strutture sono state dismesse come il maneggio e la scuderia nel 2019, mentre Squisito Food Lab, un polo agroalimentare con all’interno caseificio, forno e norcineria è stato realizzato nel 2021.

Dal 2021 offre la possibilità di fare una visita guidata all’interno, l’iniziativa è aperta a chiunque voglia partecipare, previo pagamento.

Oggi l’entrata in comunità avviene tramite le associazioni che si trovano su tutto il territorio italiano, attraverso i SerT, oppure si può contattare direttamente la comunità . In passato, l’accesso dei ragazzi era un importante rituale che li vedeva per diversi giorni sostare davanti la Comunità prima di poter entrare. Oggi è possibile solamente nella notte della Vigilia di Natale7.

Ad entrare sono persone che soffrono dipendenza patologica

4Dalla pagina ufficiale della Comunità: https://www.sanpatrignano. org/squisito-nasce-franchising-sociale-san-patrignano/

5Pagina Ufficiale della Comunità: https://www.sanpatrignano.org/ apre-part-palazzi-dellarte-di-rimini/

6Monica Barzanti lavora per la Comunità di San Patrignano dal 1979, la sua intervista è stata rilasciata ad aprile 2022.

7 in Parte II, Il mio viaggio a San Patrignano.

120 121 PARTE I LINEAMENTI
3.4 Le attività

da sostanze e ludopatia, adulti e minori, sia maschi che femmine, liberi da regimi alternativi alla detenzione, ma anche agli arresti domiciliari, detenuti domiciliari e in affidamento. Il percorso dura circa tre anni, la finalità è il recupero che si basa sul raggiungimento di un livello di autonomia idoneo ad affrontare un reinserimento sociale e lavorativo5. Inoltre, vengono prese in carico persone affette da infezioni da HIV, che la struttura accoglie sia in forma diurna che residenziale. Nel “Centro Medico Polivalente San Patrignano” la struttura, convenzionata nel 2015 dall’Asl Romagna, si erogano servizi sanitari per gli ospiti ad eccezione della specialità di oculistica che è per tutti i residenti della Provincia. A differenza del passato, gli ospiti possono richiedere assistenza psicologica.

La Comunità contrasta l’abbandono e la dispersione scolastica offrendo la possibilità di conseguire titoli dalla licenza media alla superiore con corsi professionali in servizi enogastronomici e ospitalità alberghiera, grafica, e sociosanitari e tecnico in odontoiatria così come corsi d’italiano per gli stranieri e d’inglese. Inoltre, esiste anche un percorso universitario attraverso “UNINETTUNO” convenzionato dal 2012 con la struttura.

5 San Patrignano Società Cooperativa Sociale, (a cura di) 2020, San Patrignano Bilancio Sociale 2020. p.13-38

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Schema che riassume il funzionamento della Comunità. Rielaborazione. Fonte: Comunità San Patrignano Società Cooperativa Sociale, (a cura di) 2020, San Patrignano Bilancio Sociale 2020.

PARTE II

RILIEVI

PARTE II 125 RILIEVI

1. Visita guidata

Nelle seguenti pagine ho riportato il racconto del mio soprallugo. Durante la fase preliminare della mia ricerca ho cercato di avere dei contatti con la Comunità, ma non trovando subito un riscontro ho deciso di prenotare la visita guidata.

La prenotazione avviene tramite la pagina della Comunità e si può scegliere tra due opzioni una di 35 e l’altra di 50 euro. La giornata consiste in una visita guidata dai ragazzi seguita da un pranzo con l’opzione di un aperitivo e un momento di discussione con loro.

Ho deciso di riportare il racconto della giornata così com’è venuto fuori il giorno dopo l’esperienza, questo mi ha permesso di mettere a fuoco alcuni elementi che poi ho elaborato successivamente.

Elementi come la ritualità e la convivialità, la versatilità delle strutture, la pianificazione dello spazio e del tempo, l’organizzazione e la produzione.

PARTE II 127

Arrivo a San Patrignano alle 9.15, l’appuntamento è alle 9.30 all’ingresso, ci sono molte persone in attesa. L’accoglienza è in un edificio con il simbolo della Comunità, un albero d’ulivo e di sotto un rettangolo su cui sono riportati gli sponsor. Ho prenotato la seconda opzione, quella che successivamente mi permetterà di fare un aperitivo e un pranzo. Dopo aver controllato la prenotazione e il green-pass, superiamo il punto di accoglienza e attendiamo all’esterno. Prima di iniziare veniamo divisi in gruppi, ogni gruppo è formato da circa venti persone. Nell’attesa i ragazzi iniziano a fare qualche domanda. “È la prima volta a San Patrignano?” Una ragazza, venuta insieme al suo ragazzo risponde, “È la terza volta che sono qua, la prima volta sono venuta con la scuola, quando ero piccola, la seconda volta con i miei genitori, la terza è oggi.”, altri erano genitori dei ragazzi o amici che sono venuti a trovarli. Un altro è un gruppo molto ampio già costituito formato dall’Associazione di Cesena.

I genitori non possono vedere i figli direttamente, quindi sono lì per guardarli “da lontano” perché secondo le regole per poterli vedere e parlare serve un invito, che non si può chiedere prima di un anno da quando si entra.

I ragazzi che ci accompagnano sono due e sono a San Patrignano da più di tre anni. Il gruppo è formato ed iniziamo ufficialmente il percorso. Attraversiamo un tunnel con un grande murales sulle pareti, e sotto, ad aspettarci, c’è un gruppo di ragazzi a cui chiedo se il murales è opera loro e uno di loro mi risponde che l’ha fatto un artista per la Comunità. Entriamo nel laboratorio di grafica digitale, a cui segue la stamperia. I ragazzi non lavorano oggi perché è sabato, ma sono comunque lì per spiegarci di cosa si occupano personalmente all’interno del proprio settore. Ci sono grandi macchinari, tavoli da lavoro, stampe già fatte da rilegate e prodotti esposti su dei tavoli agli ingressi tra un reparto e l’altro. Questi rimangono come esempi da riprodurre. Nella stamperia c’è del rumore e ci dicono che di solito non lavorano mai il fine settimana, ma se devono fare delle consegne è possibile che ci siano persone che lavorino. Su una parete ci sono delle foto dei ragazzi e una frase scritta su un foglio con un pennarello, “Ci sono quelle sere belle da morire, dove puoi giocare invece di dormire”.

Ci muoviamo verso l’esterno e raggiungiamo la lavanderia. Nella lavanderia una ragazza ci spiega come funziona e aggiunge “Questo è un reparto dove si lavora molto, non c’è tempo per pensare, è dura, ma mi ha salvato la vita”. Nella lavanderia si lavano i vestiti di ogni ragazzo, le tovaglie e altro. Ci sono degli armadietti organizzati per taglie, per i ragazzi che non ne possiedono quando arrivano. Ci sono poi altri armadietti con dei numeri. Ogni ragazzo ha un numero sui vestiti in modo tale che può depositarli quando sporchi e riprenderli puliti. La lavanderia è un settore solo femminile.

Usciamo dalla lavanderia e sentiamo degli schiamazzi fatti di tante risate e cori. La nostra guida ci spiega che questo succede perché la prossima settimana probabilmente un membro di quel gruppo lascerà la comunità. Spiega che ogni volta che un ragazzo va via viene preparata una pergamena sulla quale vengono scritti “tutti i suoi lati un po’ più deboli ironizzandoli” e poi s’intona un coro d’addio. All’addio ci sono solitamente anche i genitori.

Facciamo una lunga discesa e attraversiamo gli alloggi che sono delle piccole villette dello stesso colore rosso immerse nel verde e

altre strutture intorno alle quali vediamo che ci sono dei ragazzi che puliscono le strade dalle foglie. Come in un piccolo villaggio, tutti ti salutano e si salutano tra loro. Trasmette l’idea di essere un ambiente familiare. Continuando il percorso verso la cantina ci si rende subito conto dell’enorme quantità di verde che avvolge la collina. Ci sono distese di vigne e uliveti che sembrano infinite. Alla fine della discesa c’è una recinzione con un lama insieme ad altri animali, più avanti degli ulivi da piantare e di fronte la cantina: al primo livello c’è il laboratorio. Di fronte la cantina ci sono gli allevamenti.

Entriamo e all’interno ci sono grandi cisterne in alluminio e macchine usate per la macinatura e la raccolta dei grappoli. Poi scendiamo alla cantina dove ci accolgono dei ragazzi che ci versano il vino nei calici in vetro e ci servono da mangiare delle porzioni di cibo, tutto di loro produzione. c’è una sala all’interno della cantina fatta da pareti in vetro dove viene purificata l’aria, il tavolo, ci spiegano, è fatto in legno e sulla superficie c’è un materiale che non altera il colore del vino nei calici. In alto ci sono dei lampadari in vetro, anche questi realizzati dai ragazzi e sul fondo ci sono tutte le bottiglie di loro produzione. I ragazzi ci spiegano che un’etichetta sulla bottiglia raffigurante un angelo rappresenta il fondatore, questa è frutto di un concorso avvenuto con un’università. Il concorso si teneva ogni anno, poi per ragioni di marketing hanno deciso che quella sarebbe stata l’etichetta definitiva.

La nostra seconda guida ci spiega che lui è il responsabile di questo settore, per lui è la prima volta che intraprende questa esperienza di portare i visitatori in giro, è felice ed evidentemente emozionato. Dice che è contento di essere stato inserito nel reparto vinicolo perché è un bel gruppo. Dice che una volta ha lavorato in cantina per un mese e non vedeva quasi mai la luce del sole, perché quando finiva era già sera, poi “fortunatamente” si occupava di un lavoro temporaneo che è finito subito.

“Il lavoro è duro però porta soddisfazioni, ogni anno produciamo dalle 500 mila alle 600 mila bottiglie di vino e recentemente abbiamo vinto anche un premio il miglior olio”, continua dicendo che “ricevere questo premio è stato un onore per noi perché la degustazione avveniva senza etichetta; quindi, siamo stati premiati perché il nostro olio è veramente buono”.

Raccontano che un momento significativo per loro è la raccolta che dura più di un mese, visto che hanno più di cento ettari. Per lo stesso motivo si ritrovano a lavorare con altri settori. Anche l’olivicoltura è importante perché possiedono più di 4.000 piante Gli ho chiesto quale fosse il momento in cui a lavoro poteva stare da solo. Fa una premessa, come tutti quelli a cui ho posto questa domanda.

“Noi non siamo mai soli, però quando sono sul mio mezzo, da solo nell’orto, lì mi canto tante canzoni e mi faccio tanti discorsi”. Mi spiega che non si viene mai lasciati soli, ogni ragazzo che viene visto solo viene sempre aiutato da qualcuno. È la prerogativa di tutti non lasciare qualcuno solo. “All’inizio quando arrivi è il momento più difficile perché sei lontano dai tuoi cari; quindi, i ragazzi vengono ad abbracciarti e ad incoraggiarti”.

“Come funzionava quando c’era il covid?”

“Con il covid non è stato molto facile, penso per tutti, noi della

PARTE II 128 129 RILIEVI

cantina stavamo sempre insieme, mangiavamo dove lavoravamo, i ragazzi andavano a prendere da mangiare e lo portavano qua, poi la sera tornavamo nelle nostre stanze.”

Nella cantina incontriamo una ragazza che fa parte del servizio civile, le dico il motivo per cui mi trovavo lì e in via eccezionale mi fa salire al piano superiore. C’è una grande sala per l’accoglienza degli ospiti “importanti”, poi ci mostra una stanza vetrata e dice che quello è lo studio dove stava sempre Muccioli.

Muccioli è una presenza assente, nel senso che non c’è, ma è come se fosse lì. Prima di entrare i ragazzi vengono informati sulla Comunità dalle associazioni, ma in alcuni punti concepire la sua immagine è veramente semplice. In alcuni settori, come quello della grafica c’erano foto e sue citazioni in corrispondenza delle entrate per esempio.

Le chiedo come si trova a lavorare a San Patrignano. Mi dice che è contenta della sua esperienza. Lei abita in un paesino vicino San Patrignano, si occupa di qualsiasi cosa, dalle visite guidate alle fotocopie. Ci indica una bottiglia di vino e ci dice che quella sia una delle prime bottiglie prodotte da San Patrignano. Poi aggiunge che vivendo vicino San Patrignano conosce bene tutte le bottiglie da loro prodotte. Prima lavorava in un supermercato vicino il suo paese, sempre in provincia di Rimini ed era costretta ogni volta a metterle a posto. Nella provincia di Rimini le bottiglie di San Patrignano sono ovunque, dice.

Le chiedo se la Comunità è sempre così tranquilla e silenziosa come lo è oggi. Ci dice che siamo stati fortunati, perché ci sono giorni molto difficili in cui i ragazzi stanno veramente male. Scendiamo dove sono tutti gli altri. È ora di uscire e andare a pranzo. Dobbiamo raggiungere la sala grande, dove ci sono tutti i settori. Una signora anziana in visita non riesce a percorrere tutto il tragitto a piedi come gli altri per cui la ragazza della protezione civile la porta da una parte all’altra della Comunità in macchina. Noi altri ci muoviamo a piedi. Facciamo una grande salita, alla sommità della quale vediamo il grande campo da calcio dove i ragazzi si allenano a volte il fine settimana, un parcheggio e un cancello. In lontananza le vigne. Una volta arrivati, ci chiedono se vogliamo fumare o andare in bagno. Ci spiegano che da qualche tempo è possibile fumare all’interno della comunità. Non capiamo bene. All’inizio del tour un ragazzo ci dice che il numero dei ragazzi è diminuito a causa del covid. Quest’anno sono circa 600 e questo è un modo per incentivare le persone a venire. Un altro ci dice che ci si vuole adattare alle politiche del SerT. “Cosa fate dopo cena?”

“Di solito guardiamo qualcosa nell’anfiteatro, prima andavano verso le 22:00, ora che ci si vuole un po’ adattare ad altre regole, come quella del fumo, sono cambiati gli orari.”

“In che senso sono cambiati gli orari?”

“Nel senso che prima andavamo a cena e poi verso le 22:00 si andava a vedere un film, ora andiamo prima, oppure anche per uscire e vedere i tuoi cari, prima dopo tre anni e mezzo si poteva uscire ora anche tre anni. Prima solo dopo un anno potevi vedere i tuoi genitori, ora dopo sei mesi.”

“A te piace questa cosa?”

“Boh, per me che sono qua da tre anni già no, io mi facevo di eroina, tolta l’eroina le sigarette erano il meno; quindi, non è stato un problema non fumare, anzi meglio, ora non vorrei fumare. Per le altre cose meglio, forse? Io sono già qui da un po’, non mi pesa, magari gli altri

sono felici che usciranno prima? Non so.” Sempre fuori dalla sala grande parlo con un ragazzo che fa da guida ad un gruppo. Mi racconta che lavora nel settore della macelleria, è il settore più duro per un ragazzo che magari non si è mai approcciato all’allevamento, però poi ci fai l’abitudine. Gli chiedo se quando lavora in macelleria hanno uno spazio dove possono svagarsi e fare pausa. Mi dice che c’è la “fabbrichetta”. “Nella fabbrichetta ogni tanto ridiamo, facciamo pausa e si sta insieme!”. La nostra guida ci spiega che i film che guardano la sera sono proposti dai ragazzi, ma c’è un settore che si occupa di selezionare i film da cui loro possono attingere. Non tutti guardano i film. Ogni giorno il gruppo decide cosa fare il giorno dopo. Non è mai il capogruppo a decidere cosa fare. Una volta che si diventa capogruppo tu sei una guida per gli altri. Il gruppo è da sei, massimo dieci persone. Se tutti sono d’accordo si va tutti insieme, altrimenti ci si divide in due gruppi. Ogni gruppo sceglie per alzata di mano cosa fare. Si può stare in camera a leggere, scrivere, parlare oppure si può andare a guardare il film. Anche per scegliere cosa fare il fine settimana. “Il sabato e la domenica, almeno che tu non abbia da lavorare è un momento difficile, soprattutto se non sei da tanto tempo a San Patrignano.” Entriamo nella grande sala per mangiare. Gli uomini sono da una parte, le donne dall’altra, le tovaglie sono le stesse che abbiamo visto stirare poco prima. Nella sala abbiamo dei tavoli solo per noi. Seduto accanto a me ho un ragazzo, anche lui ci fa da guida, ha il cellulare a differenza degli altri, ci spiega che sta per uscire perciò ha il telefono, è consentito usarlo solo in determinati momenti ed è severamente vietato farlo usare agli altri. Ha una sigaretta elettronica. Lui è da cinque anni a San Patrignano. Ci racconta che quando è arrivato è stato rifiutato, ma gli è stata concessa una prova. All’inizio è stato mandato nella località di Botticella. Racconta che a Botticella la Comunità aveva delle pecore prima, ora non più e lui ha lavorato per qualche mese là, “era una prova per vedere se fossi stato in grado, se me lo meritavo e me lo sono meritato”. Poi racconta della sua esperienza personale con la droga. Un papà ci racconta della sua esperienza con il figlio entrato in Comunità quando aveva appena compiuto diciotto anni, racconta che viene sempre per cui conosce bene il tour, ora il figlio ha vent’anni, ma non è ancora pronto per uscire. Lo guarda da lontano, si avvicina per un attimo e poi il ragazzo va via. Secondo le regole, infatti, non possono parlare. Ci dice anche che a causa del covid la struttura da quest’anno probabilmente chiederà 150 euro l’anno a chi vorrà entrare.

Dopo il pranzo scendiamo nei bagni al piano inferiore. Ci sono foto del passato del suo fondatore con i primi ragazzi e i suoi sostenitori. Una volta fuori andiamo a vedere gli ultimi settori, la pelletteria è il settore dell’altra nostra guida. Una volta arrivati ci mostra le borse che hanno realizzato in una collaborazione. La ragazza ci spiega che una fondazione di Firenze si è recata a San Patrignano per fare un corso sulla lavorazione della pelle. Successivamente le ragazze hanno prodotto delle borse che sono state poi vendute. Spiega che la vendita dei prodotti avviene per lo più attraverso il loro sito e-commerce oppure da Sp.accio, il negozio fuori dalla Comunità. Nel settore della tessitura ci sono alcune ragazze che lavorano con vecchi telai in legno. Poi andiamo nell’ultimo laboratorio che è quello della falegnameria. Ci sono dei ragazzi che ci mostrano i loro prodotti, alcuni di questi ci vengono mostrati in delle foto perché sono già stati consegnati. Carte da parati e tappeti enormi in saloni privati.

PARTE II 130 131 RILIEVI

Sono orgogliosi di aver partecipato a commissioni così tanto “importanti”. Nel canile c’è una ragazza ad accoglierci. Prima il canile era un allevamento, oggi i cani vengono da situazioni difficili, provenienti da canili di tutta Europa. Poi ci sono i cani dei clienti che vengono lasciati a San Patrignano quando i padroni non sono a casa.

Alla fine di questo tour veniamo raccolti nel grande anfiteatro insieme a tutti i gruppi della giornata. Nell’anfiteatro i ragazzi guardano i film oppure quando ci sono le partite di basket della squadra di San Patrignano, le sedute vengono rimosse e si svolgono le partite. A volte l’anfiteatro viene affittato per fare delle conferenze. Anche questo è un modo che la comunità utilizza per autofinanziarsi. Usciamo fuori e chiedo alla mia guida se il numero dei ragazzi in qualche modo potesse essere stato influenzato dalla serie Netflix, il ragazzo mi risponde che loro ne hanno parlato e concordano nel dire che credono che quella sia una storia che appartiene al passato, ora San Patrignano non è più così.

Ci sediamo e ci viene fatto guardare un filmato prodotto da loro. Una signora fa un’osservazione dicendo che sembra finto. I ragazzi sono d’accordo, forse il montaggio è “troppo perfetto”, ma i ragazzi del filmato dicono quello che pensano, nessuno dice loro cosa dire. Le domande sono varie. Una signora chiede com’è possibile che siano così pochi rispetto all’anno scorso. Un membro dell’associazione di Cesena ci spiega. L’associazione è generalmente costituita da ex-tossicodipendenti e genitori con ragazzi in cura. A volte è la famiglia ad avvicinarsi all’associazione ancora prima del ragazzo o della ragazza con problemi. Spiega che da quando il covid è arrivato, molti ragazzi in associazione hanno pensato che stando chiusi in casa potessero da soli superare il loro problema e hanno smesso di fare il percorso magari già intrapreso con la comunità, altri sono rimasti in contatto tramite videochiamate e dopo poco hanno rinunciato perché l’esperienza di fare i colloqui in comunità è diverso dal farli online. I ragazzi commentano che alcuni dei ragazzi in cura, sapendo che si sarebbero trovati in una situazione complicata in cui non avrebbero potuto vedere i propri cari chissà per quanto tempo ancora, hanno deciso di andare via.

Si parla del supporto psicologico perché una donna fa una domanda. I ragazzi sono contenti di rispondere che il supporto psicologico è fornito da loro stessi. “Quando entri sei affidato a un ragazzo che è lì da più tempo.” Una donna interviene “come faceva Muccioli, l’impostazione è rimasta la stessa?” il ragazzo risponde di sì. “Alcuni hanno vissuto la tua stessa esperienza, altri no, però quando entri in un gruppo fai parte di quel gruppo quindi, con il tutor generalmente ha un rapporto conflittuale, ma vai d’accordo con qualcun altro…è sempre così…poi però quando sei tu a dover badare a qualcuno capisci perché odiavi il tuo tutor.”

Una ragazza dice che lei ha avuto bisogno di un aiuto psicologico. Aveva degli incubi e delle reazioni di rabbia spropositate per cui dopo sei mesi è andata dal medico della struttura e gli è stato dato l’aiuto di cui aveva bisogno.

Finiamo la visita nel punto in cui è iniziata, prendeiamo l’auto e ci fermiamo nel punto vendita di Sp.accio dove acquistiamo dei prodotti. Poi ci rimettiamo in viaggio.

Le immagini che seguono sono state scattate durante il sopralluogo

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Settore lavanderia, le ragazze nella foto ritratte mentre piegano le tovaglie per il pranzo

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Laboratorio di restauro
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Laboratorio di Grafica

Pareti interne dei settori di lavoro.

Aperitivo nella cantina e pranzo nella sala comune.

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Sala da pranzo, immagine dell’esterno I visitatori

2. Interviste con immagini dell’archivio storico della comunità

Nelle seguenti pagine ho riportato il racconto del mio soprallugo. Durante la fase preliminare della mia ricerca ho cercato di avere dei contatti con la Comunità, ma non trovando subito un riscontro ho deciso di prenotare la visita guidata.

La prenotazione avviene tramite la pagina della Comunità e si può scegliere tra due opzioni una di 35 e l’altra di 50 euro. La giornata consiste in una visita guidata dai ragazzi seguita da un pranzo con l’opzione di un aperitivo e un momento di discussione con loro.

Ho deciso di riportare il racconto della giornata così com’è venuto fuori il giorno dopo l’esperienza, questo mi ha permesso di mettere a fuoco alcuni elementi che poi ho elaborato successivamente.

Elementi come la ritualità e la convivialità, la versatilità delle strutture, la pianificazione dello spazio e del tempo, l’organizzazione e la produzione.

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2.1 Intervista a Monica Barzanti

In questo capitolo sono raccolte le interviste e la visita a San Patrignano. Le interviste avevano come obiettivo quello di conoscere e comprendere meglio cos’è la Comunità di San Patrignano per coloro che l’hanno vissuta e la vivono oggi.

Le interviste sono state rilasciate dopo la mia visita a San Patrignano avvenuta il 26 marzo 2022.

La prima intervista riportata è a Monica Barzanti. Monica Barzanti lavora e vive a San Patrignano dall’anno della sua fondazione, attualemnte si occupa delle relazioni internazionali e dell’organizzazione delle visite in Comunità.

La sua intervista è stata utile a cogliere alcuni aspetti dell’organizzazione e della pianificazione: come si vive e come funziona la Comunità, ma anche quali sono gli obiettivi: la cura e la formazione professionale dei ragazzi, la valorizzarizzazione e il rapporto con il territorio e far crescere la Comunità.

Ciò che mi interessa comprendere è la praticità della comunità, del vivere e del muoversi all’interno di essa. I ragazzi possono usufruire di qualsiasi struttura che hanno a loro disposizione? Quali sono le strutture che possono usare sempre e altre in cui serve un permesso? (C’è il teatro, gli uffici dell’amministrazione, il centro medico, anche il campo sportivo)

I ragazzi hanno le loro stanze assegnate da sei a otto letti, dipende…poi ci sono anche loft con due, tre bagni e poi sono suddivisi per ambito professionale. I ragazzi della scuola alberghiera vivono insieme, quelli che si occupano delle vigne anche così hanno gli stessi orari e ritmi e non si disturbano negli orari in cui devono riposare o fare altro. Poi ci sono gli ambienti del tempo libero: le palestre, l’auditorium, il teatro e poi quelli all’aperto dove loro hanno tutte le loro organizzazioni. Chiaro che non ci possono andare nello stesso orario tutti insieme.

Ci sono momenti in cui si possono frequentare gruppi differenti dal proprio?

C’è il gruppo del coro, le rappresentanze sportive di beach volley o di calcio che fanno tornei. Poi naturalmente si fa amicizia, ci si ritrova alla sera nell’auditorium o nel teatro, ma dopo cena c’è anche tutto il salotto e tutta la sala da pranzo che ci si può ritrovare a suonare la chitarra o a fare il torneo di scacchi. Ci sono quindi anche attività che coinvolgono più settori. Il servizio a tavola anche è fatto da gruppi differenti.

C’è il gruppo “Ospitalità” che è costituito da ragazzi che per la maggior parte è iscritto alla scuola alberghiera e si occupa dell’ordine degli spazi comuni, quindi in qualche modo coordinano e aiutano i ragazzi degli altri settori ad organizzare lo spazio.

Di cosa ti occupi all’interno della comunità?

Mi occupo delle relazioni internazionali e anche delle relazioni con le scuole che fanno i progetti di prevenzione con noi. C’è il progetto Diderot, di cui non mi occupo personalmente, promosso dalla Fondazione CRT, ogni anno raggiungiamo circa 5.000 studenti della Regione Piemonte. Poiabbiamo il progetto del Dipartimento partito due settimane prima di Pasqua, anche questo un progetto finanziato per la prevenzione che svolgiamo nei teatri in tutt’Italia. Un’altra attività che facciamo è quella di ricevere qui le scuole. Le scuole possono utilizzare i fondi propri oppure ci sono fondazioni che finanziano la visita alla comunità. Noi prima del Covid incontravamo circa 50.000 studenti ogni anno, nelle varie iniziative. Poi con il Covid è tutto cambiato, abbiamo trasportato online la maggior parte delle iniziative. Nonostante ciò, siamo riusciti ad incontrare 28.000 studenti ogni anno.

Come sono stati utilizzati gli spazi a disposizione quando c’è stato il Covid?

Nella prima fase noi siamo andati dietro ai decreti. All’interno della comunità però la situazione era molto più tranquilla, i ragazzi pranzavano insieme, facevano le loro cose. La comunità era come una gigantesca residenza di 300 ettari in cui noi potevamo muoverci liberamente. Nella prima fase non abbiamo avuto nessun caso. Io uscivo a fare la spesa con mascherina e disinfettandomi. Solo un nostro medico esterno si è ammalato, ma non venendo qui non ha infettato nessuno.

La seconda fase abbiamo avuto un po’ di casi tra i ragazzi. Probabilmente sarà stato un collaboratore esterno, ma non potevamo più tenere fuori tutto il mondo. Abbiamo ricominciato a far venire i visitatori, ma non le scuole, è stata una cosa più graduale.

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Allora abbiamo iniziato a isolare i settori dove si manifestavano i casi e avevamo un edificio inutilizzato che è diventato il covid hospital. Ad un certo punto praticamente c’erano tutti settori che avevano casi e abbiamo dovuto chiudere la sala da pranzo. La cucina preparava i pasti da portar via e poi i settori rimanevano tra loro a mangiare per ridurre la diffusione. I ragazzi rimanevano con il loro settore professionale così almeno se doveva diffondersi restava nel settore. All’inizio abbiamo cercato di prevenire, poi abbiamo notato che comunque i sintomi rimanevano lievi, con l’abbassarsi del numero dei casi abbiamo ricominciato a mangiare insieme da Natale. Poi è arrivato il vaccino. Lo staff chiaramente doveva farlo perché previsto visto che noi siamo una struttura sanitaria e poi la ASL si è organizzata per fare un hub vaccinale qui. I ragazzi non erano obbligati a farlo, ma lo hanno fatto praticamente tutti. Abbiamo delle responsabilità nei confronti degli altri quindi dobbiamo essere fedeli a quelle che sono le indicazioni dell’ASL.

C’è stata una diminuzione del numero dei ragazzi all’interno della comunità? Quali sono le cause?

I ragazzi sono diminuiti. Nella prima fase noi abbiamo interrotto l’accoglienza. Abbiamo ripreso a giugno 2020. Non era facile. Un ragazzo che entrava doveva fare 15 giorni di quarantena e per un nuovo arrivato, non era facile. Con tutte le sue difficoltà, per quanto assistito da un compagno è dura. Quindi abbiamo pensato un po’ prima di decidere di fare questa cosa. Poi abbiamo chiesto alle Associazioni di aiutarci in questa situazione. I ragazzi facevano un tampone a casa e poi all’arrivo per ridurre il numero di giorni di quarantena.

A causa del lockdown le persone hanno smesso di avere una vita sociale “normale” e anche dal punto di vista dell’uso di sostanze. Magari le ordinavano online, ne facevano un uso proprio e questo gli ha permesso di credere di avere un maggiore controllo della situazione. Magari c’è anche qualcuno che l’ha effettivamente superata. Nel riprendere poi la vita di tutti i giorni però ci si rende conto che il problema di fondo non è quanta droga uso, ma perché la uso?

E quindi il problema va affrontato. Non è detto che bisogna entrare in comunità, ci sono alcolisti anonimi, narcotici anonimi… il recupero avviene ed è possibile prendendo la strada che è più adatta alle proprie esigenze.

Essendo una comunità autosufficiente, come ha influito questo “calo demografico”?

Sicuramente ne ha risentito, ci sono degli impegni che vanno portati a termine. Per esempio, abbiamo un progetto con la Regione Emilia-Romagna che finanzia dei corsi di formazione professionale. Ogni anno vengono erogati una quindicina di corsi a cui devono partecipare un numero di persone e fare delle ore stabilite; quindi, avere un numero inferiore vuol dire avere meno ragazzi che partecipano e vai in difficoltà perché il progetto è già finanziato, tu lo devi rendicontare e se non hai i numeri per i quali hai chiesto i finanziamenti, cosa dici? Dobbiamo ridare i soldi? È capitato che per fare il turno di pulizia dei piatti un ragazzo l’abbia fatto due volte anziché una. Noi non possiamo contare al 100% sui ragazzi, quindi abbiamo persone stipendiate o anche ex-membri della comunità che danno una mano. Nel caso ci fossero delle necessità in vigna per esempio, allora si chiama quelli di un altro gruppo. Il forno deve impacchettare le colombe per Pa-

squa, per esempio, e si chiamano le ragazze della lavanderia. Ci si aiuta anche dall’interno.

Quanti sono più o meno? I ragazzi sono circa 850.

Si può parlare di valorizzazione del territorio quando si parla di San Patrignano?

Già diversi anni fa, noi siamo stati i primi a pensare che il sangiovese non fosse solo il vinello del contadino, ma potesse essere valorizzato e abbiamo dato vita insieme ad altre cantine del territorio, al Sangiovese di Romagna. Oggi il sangiovese di Romagna viene invecchiato due anni…insomma ha raggiunto dei livelli importanti e noi siamo stati tra i primi. Quando San Patrignano è iniziata, nel 1978, non eravamo noi a non apprezzare il territorio, ma era il territorio a non volerci assolutamente. Il comune di Coriano, di cui facciamo parte, non ci dava i permessi per costruire. Avevamo difficoltà sia con l’amministrazione di Rimini che con la curia che non ci mandava il prete a dire la messa il giorno di Pasqua o di Natale. Era una situazione in cui non ci vedevano bene. Era il ’78, era stato appena depenalizzato l’uso di sostanze. Fino al ’75 l’uso di sostanze era punibile dal punto di vista penale. Chi faceva uso di sostanze poteva essere arrestato e incarcerato. Cosa assolutamente senza senso. Nel ’75 chi faceva uso di sostanze era considerato un malato che aveva bisogno di cure però non si istituirono delle strutture sufficienti per le cure. I servizi pubblici non erano equipaggiati. I ragazzi si rivolgevano ai centri d’igiene mentale, ma questi non erano in grado di rispondere a un problema di tossicodipendenza. Le famiglie anche si sono sentite abbandonate. I ragazzi venivano arrestati perché commettevano reati per procurarsi le sostanze. La legge, quindi, non aveva dato i risultati sperati. Non si voleva colpevolizzare chi faceva uso di sostanze, ma allo stesso tempo sono stati abbandonati loro e le loro famiglie. La fama del tossicodipendente al tempo era quella di un criminale.

I tossicodipendenti morivano per strada e nessuno faceva nulla. Vincenzo insieme ad un gruppo di persone di varie estrazioni sociali ed economiche, ma anche con idee diverse e provenienti da Cesena e Rimini, della zona…ma anche gente di Milano, volevano fare qualcosa. Dicevano “non possiamo stare più a biasimare la società perché non aiuta nessuno, facciamo noi qualcosa. Quali sono le persone che attualmente nessuno aiuta? I ragazzi con problemi di dipendenza.” Iniziano ad arrivare ragazzi a San Patrignano, ma nessuno sapeva di cosa ci si stesse occupando. Non c’era un metodo. È stato quello, infatti, il periodo in cui sono nate tutte le comunità in Italia, la maggior parte delle quali religiose. Don Mario Picchi a Roma, nel 1971… Il metodo però non c’era. Lui aveva importato quello dei marine americani adattandolo alla realtà italiana. Era tutto per tentativi ed errori. Molte delle regole che poi sono nate a San Patrignano, sono nate dai ragazzi stessi. I primi weekend che erano qua, Vincenzo gli dava le chiavi della macchina e i soldi per andare a Rimini. Loro stessi poi hanno detto a Vincenzo che avendo un problema non erano in grado di gestirsi. Si è imparato un po’ alla volta. Poi le persone sono aumentate.I volontari avevano ancora il loro lavoro fuori, motivo per cui quello che vi trascorreva più tempo era Vincenzo. È stata una bella avventura.

La cosa interessante è che è cresciuta molto velocemente, nell’imma-

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gine del 1978 c’era solamente la casa di Muccioli. Sì, infatti a San Patrignano Muccioli aveva la sua casa di campagna, lui viveva a Rimini. Questa era la casa che utilizzava nel weekend, per le feste…a lui piaceva la natura, gli animali. Qui aveva un piccolo allevamento di cani e un pollaio. Attualmente rimane solamente la sua casa. Il canile è stato spostato rispetto a dov’era. Alcuni capannoni dove c’erano i polli sono stati adattati e utilizzati per altro. Uno è stato utilizzato per metterci le roulotte perché all’inizio quello avevamo…non potevamo costruire. Ci avevano regalato queste roulotte e le abbiamo messe lì sotto per avere un po’ di riparo e dormivamo lì. L’altro capannone è stato ristrutturato a sala da pranzo e proprio durante il periodo in cui Vincenzo e gli altri erano stati incarcerati. Adesso non è più lì, era un capannone industriale e adesso ci sarà il Giardino dei Giusti. Quella era già la seconda sala da pranzo, la prima era all’interno di una sala della casa padronale di Vincenzo dove eravamo 10-15 persone…poi l’altra ne conteneva già 300-400 persone. Nel ’92 poi abbiamo realizzato la nuova sala che c’è adesso. La sala precedente era composta da salotto e sala da pranzo poi abbiamo tolto il salotto per fare spazio, ma aumentavamo sempre di numero e quindi negli anni ’90 quando abbiamo avuto numeri altissimi abbiamo iniziato a fare due, tre turni per mangiare e per quello poi abbiamo avuto la necessità di farne un’altra.

Quello è considerato un po’ il centro storico di San Patrignano, vero?

Sì, noi lo chiamiamo così. Era il luogo della biblioteca e il centro studi, il posto dove i ragazzi facevano i corsi da privatisti e poi andavano a dare gli esami nelle scuole. Adesso il centro studi è stato spostato. Quel centro era pericolante e credo che anche la casa di Vincenzo lo sia.

Si può dire che San Patrignano abbia smesso di crescere e oggi si sia in qualche modo stabilizzata?

No, allora abbiamo acquisito un terreno qualche anno fa, avevamo un progetto lì…volevamo fare un bed and breakfast per i genitori che vengono in visita per facilitare loro e nello stesso tempo guadagnarci qualcosa per i ragazzi che hanno terminato il percorso e fare il tirocinio lì. Ma è tutto fermo perché servono soldi e attualmente non ne abbiamo. È un terreno molto grande con una casa da ristrutturare e un campo che è confinante con il nostro terreno.Recentemente abbiamo realizzato il nuovo edificio, il polo alimentale, (Squisito Food Lab) dove c’è il forno, il caseificio e norcineria, macelleria. Le aree agroalimentari e la ristorazione sono quelle che più facilmente dare una formazione professionale solida e trovare lavoro in Italia. Prima del covid naturalmente era più facile…con il covid un po’ di ristoranti sono chiusi e ci sono stati un po’ di problemi per il reinserimento dei ragazzi però ci si riprenderà sicuramente.Se si dà una formazione professionale di buon livelnell’ambito della ristorazione in senso più ampio come chef, pasticceri, sommelier… sono molteplici le attività che nel giro di un paio di anni puoi formare in modo tale che poi i ragazzi s’inseriscono. In questo ambito generalmente c’è molta improvvisazione, invece se una persona è capace trova subito lavoro anche in ristoranti di un certo tipo e avere una soddisfazione professionale e una remunerazione economica di un certo livello. La capacità italiana dell’accoglienza nella ristorazione e non solo è conosciuta, motivo per cui questo è un ambito che noi vorremmo valorizzare e che stiamo valorizzando già da tempo e che vogliamo continuare a fare perché

da lavoro nell’immediato. È un ambito per cui noi ci aggiorniamo continuamente. I corsi di formazione proposti sono scelti in funzione della richiesta di mercato oltre che come interesse dei ragazzi.I parrucchieri sono molto richiesti motivo per cui abbiamo fatto questo progetto finanziato da l’Oréal così i ragazzi troveranno lavoro immediatamente.

Un ragazzo con un percorso di recupero concluso senza avere poi sentirsi utile in qualche modo e bastante a se stesso, autosufficiente non si vive bene, per nessuno, ma soprattutto per persone che sono cariche d’entusiasmo ed è a rischio di ricaduta. Per cui il lavoro è parte integrante del percorso di recupero. Il programma dura tre anni anche perché la passione va coltivata, serve tempo. Molte comunità, infatti, attuano programmi di un anno e mezzo in cui sì, ci si smette di drogarsi, però dopo vengono mandati in case sovvenzionate esterne per fare formazione. Il fatto che noi possiamo fare un percorso completo all’interno è un qualcosa in più.

Come ti dicevo prima ci sono tanti modi. Se i servizi sono in grado di lavorare in maniera efficiente si può fare anche un anno e mezzo di comunità e poi c’è un servizio di reintegrazione sociale che ti aiuta anche nell’amicizia e nel tempo libero. Il tempo libero anche deve essere una componente fondamentale da coltivare. Anche il volontariato per le persone in comunità è fondamentale perché ti fa sentire prezioso, utile… che vali non solo per te stesso.Paradossalmente l’uso di sostanze, in particolare l’eroina, è il massimo dell’egoismo perché tu sei concentrato solo su te stesso e sui tuoi bisogni immediati. Arrivi al punto di doverti fare di tutto. Sviluppando questo interesse verso gli altri e cresci. Questo è il motivo per il quale dopo un po’ che sei qua ti viene affidata una persona. Il ragazzo, in questo modo, riesce ad uscire dai suoi pensieri negativi e a vederle con distacco perché deve prendersi cura dei problemi più urgenti che sono del nuovo arrivato.Tornando alla domanda iniziale ora con Coriano e Rimini abbiamo ottimi rapporti. Abbiamo fatto anche il PART con le opere della Fondazione di San Patrignano. Un piccolo tesoro.

Ho visto che a distanza di anni è stata reintrodotta la possibilità all’interno della Comunità, cosa che nei primi anni era normale e che poi è stata vietata, come mai questa scelta?

Per anni si poteva fumare, quando la comunità è stata fondata i pacchetti di sigarette erano dati a volontà, poi sono stati i ragazzi stessi a dire che forse non era il caso e si è passato a dare un pacchetto solo, poi sono diventate solamente dieci…poi abbiamo smesso nel 2006. Adesso ne abbiamo parlato un po’, abbiamo dibattuto, ci siamo confrontati, ci sono state un po’ di perplessità e abbiamo fatto anche un incontro con i ragazzi e alla fine abbiamo detto che tra tutte le cose forse non è quella più devastante dal punto di vista della salute, infatti ne diamo solamente cinque, anche il nostro medico ne ha dato l’approvazione. Ci sono tanti che non hanno ripreso.

Com’è nata la cosa? È stata la Asl? C’è stato anche questo discorso. Nel senso che i SerT quando ci dovevano mandare i ragazzi, magari alcuni preferivano non venire perché non si fumava. Finora non c’era stato molto questo problema, però poi l’ASL ci ha fatto notare che per molti lo era. Lo stesso discorso anche con le persone provenienti dal carcere. Nel carcere poi soprattutto il fumo è una delle consolazioni insieme alle pastiglie che ti danno per dormire. Quindi chiedere di smettere di fumare per loro era molto difficile e abbiamo pensato di

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venirci incontro.

Da quanto lavori a San Patrignano?

Sono a San Patrignano dal ’79. Sono arrivata qua perché in famiglia c’erano state un po’ di difficoltà, c’era stato un lutto molto grave e avevo bisogno di stare un po’ tranquilla. Mia madre, amica di Vincenzo, mi ha fatto venire qua per prendere un po’ di respiro. Poi il tempo è passato velocemente, una settimana dopo l’altra ho finito università e poi sono rimasta… Ho una casa nella comunità con mio marito, conosciuto qua e una figlia.

Le immagini che seguono, vengono dall’archivio di San Patrignano, sono state fornite da Monica Barzanti a seguito della nostra intervista.

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2.2 Intervista a Fabio Cantelli

L’intervista che segue è a Fabio Cantelli. Fabio Cantelli è vicepresidente del Gruppo Abele, cura la comunicazione di don Luigi Ciotti. Da ragazzo è stato ospite della Comunità e ha lavorato per l’ufficio stampa ed è stato uno dei più stretti collaboratori di Vincenzo Muccioli.

Il suo contributo è stato utile a comprendere quello che era il progetto visionario e utopico che il fondatore aveva della Comunità. Canteli è stato testimone della crescita numerica, fisica e organizzativa avvenuta a San Patrignano che è stata spiegata nella prima parte del mio documento.

La mia ricerca inizialmente è partita con la lettura del testo Terapia ambientale ed effetto città di Guidicini, tu in quegli anni eri già a Sanpa?

Sì, io ho conosciuto Guidicini… A me la curiosità e l’ammirazione per questi ricercatori mi cadde quando venne fatta la ricerca sull’efficacia della terapia. Quella ricerca fu commissionata dalla Comunità perché serviva in quel momento politicamente per difendere il suo metodo e la sua efficacia. Quando vidi il metodo dissi no. Come il campione ve lo fate passare dalla comunità?! Andarono a intercettare 711 persone. Io andai anche con loro per dare una mano. Intanto i miei compagni della comunità non mi avevano detto questa cosa, poi quando scoprii che il campione lo davamo noi…questa cosa non aveva più senso farla.

Loro la chiamavano città…ma cos’è una città? E cos’è soprattutto una città negli anni ’90? Loro forse usavano delle categorie già sorpassate forse di città… C’era anche l’altro libro, mi pare fosse “tra comunità e società” che si basava sulla teoria di un sociologo tedesco e teorizzavano che c’era una differenza tra comunità e società. La società era uno sviluppo della comunità e su questa cosa dicevano che San Patrignano appunto era un ibrido, non era più una comunità, ma non era ancora una città però la sua forza stava nella zona mediana perché aveva entrambi i vantaggi.

Io non accettavo questa cosa perché appunto, sentivo parlare di me da persone che non hanno vissuto e non sanno cosa significasse vivere a San Patrignano… Com’era San Patrignano quando sei arrivato?

Io a Sanpa arrivai il 15 ottobre del 1983, Sanpa esisteva da circa tre anni ed era ancora, ma avrei dopo capito, quando avrei visto la comunità ancora delle origini, anche se qualcosa si iniziava a far vedere…

Eravate già tanti?

Io ho ancora una maglietta con David Bowie che indossavo poi mentre Vincenzo mi fece “il ciocco” e c’è ancora la targhetta dove ti davano il numero progressivo e io ero il 302. Allora una comunità di 302 persone all’epoca era, per quanto fosse ancora agli inizi, era comunque una comunità considerata per lo più enorme ed abnorme rispetto agli standard delle prime comunità italiane e anche quelle all’estero che io conoscevo. Conoscevo perché prima di Sanpa ero stato a Le Patriarche in Francia che aveva tante piccole comunità dislocate in Francia e Spagna e altri paesi europei ed erano appunto tante altre comunità che non si arrivava mai a cinquanta, la media era trenta persone.

Loro poi avevano l’idea che non dovessi radicarti troppo e quindi ti mettevano in un luogo e dopo un po’ ti mettevano in un altro, ne avevo viste tre o quattro ed erano comunque su quel numero lì. Quindi, quando arrivo a Sanpa e vedo 300 persone è un impatto pazzesco che si sommava poi all’angoscia, allo sconcerto e al disorientamento legato al fatto che entri in una comunità per la seconda volta…la prima volta ci sono dovuto entrare per forza perché ero stato arrestato nell’estate dell’82 e il magistrato mi ha detto ti libero se vai lì e quindi io ho accettato pur di uscire dal carcere. La seconda volta, invece, quando sono a Sanpa, non è che volessi proprio andarci, però dovevo farlo. Ci fu questo impatto molto forte, come dire accidentato perché io scappai tre volte nei primi quattro mesi e poi alla quarta volta decisi di restare.

Prima tornai a Milano deciso di costruirmi la mia vita di tossico

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lì e lì c’è la cosa che racconto nel libro, ci fu questa caduta verticale nella cocaina che iniettavo e che è molto più ingestibile dell’eroina e da lì c’è stato poi il “sequestro di persona” da parte di Vincenzo che mi vide un giorno nel suo ufficio e poi mi fece venire a prendere e mi fece rinchiudere...poi tutto quello che è la mia vicenda terapeutica si sa, è scritta… Tra l’85 e l’86 ci fu un salto, tra quantità e qualità della comunità nel senso che io ricordo che quando facemmo questo memorabile screening sull’HIV, che noi appunto non sapevamo se il nostro sangue fosse infetto o meno e noi eravamo già tra le 500 e le 600 persone e poi negli anni successivi tra l’85 e l’89 ci fu un aumento progressivo della popolazione con un ingrandimento contestuale della comunità perché appunto bisognava ospitare le persone.

Quando poi ho riletto il mio libro per la Serie di Netflix, mi sono ricordato delle cose molto precise e che effettivamente emergono dal testo. Quando ero arrivano io nell’83 e poi anche tra ’85 e ’86, diciamo che in comunità entravano due o tre persone alla settimana, alla fine degli anni ’80 e agli inizi degli anni ’90 ne entravano cinque-sei al giorno. La capacità di accoglienza e di espansione della comunità cresceva perché giustamente bisognava metterle da qualche parte, bisognava dargli un letto, un posto…

Un lavoro…

Si, difatti c’era stato non solo un ingrandimento degli esistenti, ma anche la creazione di nuovi settori di lavoro perché, e devo dire che una cosa che veniva fatta con molta accuratezza, era la formazione professionale… questa penso sia stata la prima comunità e credo sia rimasta l’unica che veramente forma al lavoro con molta cura, con molti professionisti che danno contributi specifici agli ospiti.

Questo ancora oggi è un punto di forza della comunità. Parlando con i ragazzi infatti anche loro, che erano stati in altre comunità prima di Sanpa, mi hanno detto che non erano riusciti ad andare avanti, ad avere la stessa forza che hanno oggi. È una questione di visione, un po’ di racconti li ho ascoltati, sono luoghi in cui ti riempiono di parole e di colloqui e poi alla fine sì, sei stato istruito su cosa devi diventare però cosa hai imparato? Vai fuori e se non hai un lavoro? Se non hai una famiglia?

Vincenzo aveva avuto questa idea così pioneristica, profetica, non si tratta solamente di accogliere, accudire etc.…ma si trattava anche di mettere in condizione le persone ad essere autonome quando tornavano poi fuori.

Nonostante ciò, non esisteva un “metodo” ogni persona poi trovava la propria strada, come hai fatto anche tu… Vincenzo aveva avuto un’intuizione geniale: non voleva stabilire dei tempi. Questa cosa l’aveva capito con l’esperienza, non studiando, perché non era un professionista…aveva capito che ognuno di noi era diverso e quindi il percorso doveva essere personalizzato a seconda delle nostre capacità e dei nostri limiti.

Questo era anche una grande intuizione perché, per esempio, se io avessi saputo che dovevo starci almeno un anno e mezzo per la prima fase, poi avrebbero tenuto ancora per tre mesi perché c’è la fase del rientro e poi sono di nuovo libero. Se io prima di entrare, avrei saputo questo, mi sarei già preparato. Ok. Sarà una roba terrificante però alla fine esco. Come una pena in carcere. Mi adatto, tanto so che finirà prima o poi. Lì invece, quando entrai non sapevo ancora questa cosa. Allora

chiedevo al mio angelo custode, “Ma qua dentro quanto ci si sta?” e lui mi diceva “Dipende da te”, e io “Ma come da me?”, e lui “Sì, perché tanto poi è Vincenzo che decide, se reputa che tu sei preparato per tornare, dipende da come tu ti impegni nelle cose…” Questa è una cosa che ti toglie i punti di riferimento. Ti costringeva a misurarti con l’incognita, con l’imprevedibilità e quindi a metterti in gioco, a fare qualcosa del cui sviluppo tu non hai il controllo.

Il cambiamento vero e profondo presuppone sempre l’abbandono, l’accettazione della chance e quindi questo faceva sì che ogni singolo percorso fosse a sé stante, diverso C’era chi prendeva subito la marcia giusta, non scappava mai, faceva le cose benissimo però poi poteva succedere che questo usciva e tre mesi dopo te lo vedevi ritornare. Non è poi l’apparenza, è come elabori l’esperienza. C’erano momenti di ricadute, di difficoltà fondamentali perché in quei momenti critici tu capivi qualcosa di te e iniziavi veramente il cambiamento. Se tu invece rimanevi in superficie, facendo il bravo ragazzo e davi l’apparenza di uno che ormai aveva superato i suoi problemi in realtà avevi recitato un ruolo.

Vincenzo aveva fissa l’idea di dover rompere la maschera che noi avevamo indossato in quanto tossici. A volte facendo anche degli sbagli.

Anche con me. Lui pensava che la mia passione per i libri, la scrittura e David Bowie fosse una maschera e lì il ciocco lo basò anche su quello non capendo che anche quello faceva parte della mia essenza. Infatti, David Bowie è ancora con me… [Ridiamo perché il salottino in cui ci troviamo è pieno di vinili di David Bowie e di libri di ogni genere, tra cui anche la prima edizione di Sanpa: madre amorosa e crudele con il titolo La quiete sotto la pelle]

Ha sbagliato, ma se ne è reso conto. Mi ha tenuto negli ultimi anni a sé per fare la voce che faceva le sue veci quando sono ritornato, insomma…

Quando sei ritornato com’era Sanpa?

Quando sono tornato nel ’91 ho sentito che in quell’anno e mezzo che ero stato via, Sanpa era cambiata. Mi inquietava. Non riuscivo ancora a decifrarla bene. Avevo vissuto un anno e mezzo di droga terrificante. Sentivo che quella non era la comunità in cui ero capitato a 21 anni. Si era troppo ingrandita e certi riti che sono fondamentali perché una comunità abbia un’anima, sono momenti di condivisione, di fusione ed erano stati scansati da meccanismi di burocratizzazione dovuti al fatto che c’era troppa gente. Alcuni riti come il fatto che quando uno usciva da Sanpa si celebrava questo momenti tutti insieme in mensa. Vincenzo faceva un discorso parlando di questa persona di come era arrivata, in che stato era, il suo percorso e poi diceva “Sto parlando di Francesco, vieni qui Francesco, lui esce domani, ma rimarrà sempre qua con noi”. Era un momento di emozione e di comunione pazzesca. Questo dava la forza anche a noi di poter credere che un giorno saremmo stati al suo posto.

Queste cose incredibilmente svaniscono, ma perché eravamo troppi, quelli che uscivano e che entravano. Erano state sostituite da una gestione burocratica ed efficientistica perdendo quindi l’animo della comunità. Io questo lo avvertivo oltre al fatto che si fosse ulteriormente ingrandita. Per cui quando andai nell’89 erano 1000 persone circa, nel ’91 1800. Nel giro di un anno e mezzo si era quasi raddoppiata la popolazione.

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Poi è andata sempre più a crescere…

Nel 1995 erano 2.300. San Patrignano era diventata più grande del comune a fianco, Ospedaletto di cui poi sarebbe frazione. Non ci sono più tornato dal 2000 in cui feci questa visita. Il mio più grande amico che nel libro è Pietro, che poi si chiamava Antonio Schiavon detto Bubi [Purtroppo morto di cirrosi epatica nel 2006] , eravamo tra i più stretti collaboratori di Vincenzo…Con il quale avevo avuto anche delle discussioni all’epoca del processo Maranzano perché io avevo delle convinzioni diverse e cioè che la comunità non poteva uscire da quello che era accaduto. È stato un incidente, dicevano. Per me quell’omicidio era il frutto di quell’espansione. Antonio no. Ad un certo punto però ho capito che con Antonio non era possibile, come anche con gli altri che facevano parte dello “stato maggiore”, però a me interessava lui, che era il mio più caro amico. Lui si era fidanzato, poi Vincenzo aveva riconosciuto questa unione ed erano quindi diventati ufficialmente una coppia e si erano sposati, avevano avuto un bambino e una casa. Per lui mettere in discussione Sanpa significava togliersi la terra da sotto i piedi sostanzialmente, io invece avevo più libertà perché non avevo nessun legame. Sapevo che l’espansione eccessiva, la perdita di riti fondativi ed essenziali, temevo che avrebbe avuto una ripercussione. Ricordo questa incredibile cosa. Quando la prima mensa che era un piccolo capannone, finché eravamo 300-500 ci si stava, dopo non fu più possibile. Ricordo che Vincenzo voleva che noi continuassimo ad essere una comunità e la comunità è una famiglia allargata che mangia insieme, perché il mangiare è un momento rituale fondamentale, quindi, fece costruire con i soldi di Gian Marco Moratti, perché questo va detto, senza i suoi finanziamenti San Patrignano non sarebbe esistita. Arrivarono dunque dei camion provenienti dalla Svezia, con queste campate enormi in legno lamellare e io ero sconcertato e sbalordito contemporaneamente e ne ammiravo la loro grandezza.

Per me che ero arrivato ancora nella prima fase di San Patrignano, molto fatiscente, con la terra… vederla poi così è stato impattante. Quando arrivai nel 2000, io già avevo visto questo sviluppo, questo titanismo poi appunto tornai perché Antonio, nonostante avessimo avuto delle discussioni anche molto dolorose, ci volevamo bene e lui riprende contatto con me con una lettera. Mi disse “Perché non torni?” e io “Bubi, io verrei anche però sai che non sono ben accetto.” E lui che aveva comunque un ruolo dirigenziale importante, mi disse di non preoccuparmi perché ci avrebbe pensato lui, “ne parlo con l’Antonietta”. Antonietta Muccioli, la moglie di Vincenzo.

Lui va da Antonietta e con un po’ di insistenza accetta, ma prima dice che avrebbe scritto lei una lettera. Ho ancora quella lettera. Antonio, Carlo e Sergio Fusè sono stati i miei più cari amici a Sanpa. Quella visita fu un incubo. Stetti poche ore e poi tornai a casa di Carlo che vive a Rimini. Fu un incubo perché ebbi la percezione che non era più una comunità, era una specie di showroom.

Anche a me ha dato la stessa impressione, come se fosse tutto perfetto, vero?

Sì esatto perfetto. E quell’anima polverosa, fangosa e ruvida che faceva parte di me…

Da comunità hippie?

All’inizio sì, poi no. Era hippie, ma con un’anima tedesca e organizzativa con orologio svizzero per come funzionava! C’era molta disciplina e autodisciplina.

Come una caserma?

Sì, un’accademia militare.

In tutto questo per me si era perso tutto, non la sentivo più e quindi complice il fatto anche che ero stato lì dieci anni, non ero stato di passaggio. Quella fu la mia percezione di Sanpa nel 2000, ma non so poi. Nel 2000 era stato terminato il grande maneggio dove facevano le gare internazionali, anche tutte cose che anche lì non so. Parlando recentemente con un mio amico della comunità ci siamo detti che non è più la nostra Sanpa.

Se prima poteva considerarsi la vostra Sanpa, oggi qual è la differenza rispetto al passato e alle altre comunità, secondo te? Ma siamo sicuri che sia diversa dalle altre? Secondo me no. È diversa nelle dimensioni e nella struttura. Ora si è uniformata. È un luogo con dei servizi dove, per quanto possa saperne e penso di saperne visto che ho conosciuto psicologi che vi hanno lavorato, cosa che non esisteva all’epoca, ci sono terapie di vario genere, ma come dire, questo è quello che succede in ogni comunità. L’unica cosa che forse la contraddistingue ancora è la formazione professionale.

San Patrignano per me è morta con Vincenzo. Quello che è venuto dopo è stato altro. Quando una realtà, un’associazione anche, non per forza una comunità, non ha più uno sguardo lungimirante, anche profetico, di anticipare il futuro, diventa sì, anche un luogo capace di offrire un servizio encomiabile, utile…ma resta il fatto che non ha una prospettiva futura.

Qual era la visione di Vincenzo?

Tra le tante cose, per Vincenzo nulla doveva costare perché per lui quello era il mezzo attraverso il quale rivendicare la sua autonomia rispetto all’ingerenza dello Stato. La prima Sanpa, nella sua testa che per me era quella del capitano Achab, non era una semplice comunità terapeutica per tossicodipendenti, lui voleva fondare una nuova città. Non una città nel senso di Guidicini, ma una città in cui si vivesse insieme in modo diverso, dove si stesse insieme in un modo diverso con delle regole, ma anche con delle capacità di stare insieme in un rapporto profondo ed autentico e per lui il punto era dimostrare a chi l’aveva giudicato un matto etc...che lui la città l’avrebbe realizzata con quelli che erano ritenuti gli scarti della società. I tossici come noi, che erano considerati dei buoni a nulla, dei criminali, dei ladri perché comunque noi all’epoca eravamo considerati dei pericoli pubblici perché per recuperare quotidianamente i soldi per la roba dovevamo rubare, scippare, rapinare, prostituirci, fare qualsiasi cosa… e lui diceva “Voi che li giudicate così, sono meglio di voi! Hanno un desiderio di vita, di amarsi e di rispettarsi, superiore a quella dell’uomo integerrimo.

Poi qualcosa è cambiato però… Come tutti gli uomini straordinari però era fragile, aveva pregi e difetti decuplicati e quindi si inebriò un po’ del potere e della fama. I politici e i potenti venivano a San Patrignano per discutere con lui, capisci il potere che senti di avere quando sono gli altri a venire da te?

158 RILIEVI
PARTE II 161
PARTE II 162 163 RILIEVI

PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

164 165 PARTE III
S an Patrignano come dispositivo di valorizzazione del territorio

1. Macchina produttiva

La Comunità di San Patrignano, formatasi in una società complessa e strutturata, nel momento della sua realizzazione ha fatto della cooperazione e della condivisione una virtù in grado di realizzare uno spazio potente. La sua importanza non risiede tanto nella capacità di essere durata nel tempo quanto quella di voler essere in quel momento storico – siamo alla fine degli anni ’70 – espressione di un ribaltamento dei valori e delle gerarchie nei confronti della città moderna . Questo processo è riconducibile ad una categoria in cui l’idea dell’abitare è quella di stare in uno spazio unitario in cui gli individui operano entro quadri costruiti, definiti in piccole cerchie, riconducibili alla categoria dell’abitare entre nous2. Una forma di abitare che “nonostante dichiari una propria estraneità alla politica, alle istituzioni e, qualche volta alla società, assume un carattere politico, ponendosi come scandalo dell’abitare moderno: rivelazione di un piccolo pezzo di reale.”3 In un meccanismo fatto di produzione, valori e potere, l’obiettivo è quello di sfidare e allo stesso tempo sostituire il monopolio dello Stato sulla protezione.4

Questo è ben riconoscibile entro lo spazio in cui opera. Oggi, San Patrignano è una macchina produttiva che opera su un tessuto rurale variegato in un sistema insediativo ricco attraverso cui è riuscito ad installare la sua rete.

“Quel che fa sì che il potere regga, che lo si accetti, ebbene, è semplicemente che non pesa solo come una potenza che dice no, ma che nei fatti attraversa i corpi, produce delle cose, induce del piacere, forma del sapere, produce discorsi; bisogna considerarlo come una rete produttiva che passa attraverso tutto il corpo sociale, molto più che come un’istanza negativa

1 C. Bianchetti, Spazi che contano, Donzelli Editore, Roma, 2016 p.33

2Ibidem

3Ibidem

4B. Proto, Il circolo vizioso dell’insicurezza. Un’indagine sulla mafiosità delle politiche pubbliche a Chicago, tesi di dottorato in Politiche Pubbliche, Università Iuav di Venezia.

5M. Foucault, Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977, p. 13.

San Patrignano, reparto grafica.

167 PARTE III

che avrebbe per funzione di reprimere.”5

Una rete produttiva – quella di San Patrignano – che s’insinua nello spazio attraverso meccanismi di produzione quali processi di coltivazione e trasformazione di prodotti e flussi di corpi che giungono da ogni parte del territorio nazionale e internazionale, attraverso i legami che la Comunità instaura con fondazioni, associazioni e sponsor.

La scomposizione della rete avverrà nei capitoli successivi attraverso la descrizione di tre piani che s’identificano in: beni, fondi e presenze.

In questa prima parte verranno descritti i beni. Questi s’identificano con ciò che la Comunità possiede nel territorio, il suo valore produttivo e la funzione che esercitano. La Comunità s’inserisce in un paesaggio produttivo complesso in cui gran parte del territorio in suo possesso si rivolge alla produzione agricola e zootecnica, ma anche manifatturiera. Sono 13 le attività annesse alla Cooperativa Sociale e Agricola, mentre 14 alla Cooperativa Sociale.

Il comparto interessato alla produzione vitivinicola risulta essere tra i più interessanti. Dei 1.78861 ettari dedicati alla produzione vitivinicola a Rimini, 116,73 (poco meno del 10%) appartengono alla Cooperativa di San Patrignano che rientra nell’area di produzione dei “Colli Romagnoli Terre Cevico” con produzioni IGT e DOC.

Nel 2020 sono state raccolte 6.620 quintali di uva di cui 659 sono state lavorate dalla Cantina “Colli di Romagna Terre Cevico” la restante dalla Cantina di San Patrignano per la produzione di vino e aceto balsamico. In questo modo la Comunità

1Cia Romagna, (a cura di) 2020, Annata Agraria 2020

2Bilancio 2020, (a cura di), 2020, San Patrignano Società Agricola Cooperativa Sociale.

La struttura organizzativa

La Società Cooperativa Sociale e la Società Cooperativa agricola hanno costituito un Gruppo Peripatetico attraverso cui coordinano l’Associazione San Patrigano Scuola e Formazione e l’Associazione Dilettantistica San Patrignano, insieme costituiscono la Comunità. Lo schema a destra riassume questo sistema. Ogni Cooperativa ha propri settori ognuno a sua volta suddiviso in ulteriori attività al suo interno.

168 169 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

contribuisce alla produzione di prodotti certificati nel suo territorio. In particolare, nel 2020 hanno ottenuto 1000 hl DOC, 100 hl spumante, 2.550 hl IGT rosso; 550 hl IGT bianco, con un totale di 4.200 hl. Questo rappresenta il 31% della produzione di vino prodotto nel 2020 nella provincia di Rimini.2

All’olivicoltura sono dedicati 16,5 ettari. Dal documento redatto dalla Confederazione Agricoltori Italiani, CIA, riguardante l’annata 20203 è possibile vedere che le aree geografiche più importanti riguardo alla produzione d’ olio sono le valli dei fiumi Marecchia, Marano e Conca, di cui la Comunità fa parte. Nel 2020 Rimini risulta la provincia dove si produce più olio: sono state raccolte 41.127 kg di olive. A San Patrignano nel 2020 sono state raccolte 33.490 kg di olive da cui sono stati prodotti 4.218 litri di olio.4

Inoltre, la Comunità di San Patrignano si dedica anche alla floricoltura, la coltura orticola che hanno luogo in terreni situati sul Comune di Rimini che si estendono per 0,7 e 5,5 ettari.

Altri 30 ettari sono dedicati alla produzione di grano foraggero ed erba medica. Questi vengono utilizzati per il sostentamento degli animali. Nella Romagna si concentra la maggior parte degli allevamenti avicoli della Regione, terza a livello nazionale5

olivicoltura

seminativi vigneti

3Cia Romagna, (a cura di) 2020, Annata Agraria 2020 4 Statistiche agrarie (a cura di) 2020, Regione Emilia-Romagna. pascolo

170 171 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
230 ettari 230 ettari 51% viticoltura 13%
7%
Il comparto zootecnico della Comunità si occupa dell’allevamento di una specie tipica del territorio, la “Mora Romagnola” di cui possiede 37 capi 6(situati nella località di Botticella in Novafeltria), di suini bianchi, bovini da latte e api. L’allevamento si struttura in due parti, una dedicata all’allevamento di bovini per la rimonta e l’altra per la produzione. A questi è legata la produzione di prodotti come formaggi vaccini, di capra e pecora, salumi che avvengono nei settori di Norcineria e Caseificio all’interno del Food Lab inaugurato nel 2021. In possesso della Fondazione San Patrignano vi è inoltre, un terreno di 10,30 ettari nel Comune di Tolentino, nelle Marche. 7 oliveti frutteti seminativi
L’uso del suolo della comunità

Alla Cooperativa Sociale e Agricola sono annessi anche la Cantina, per la conservazione e produzione del vino, l’agriturismo “Vite” per la vendita dei prodotti e il comparto legato alla manutenzione del verde.

Alla Cooperativa Sociale di San Patrignano sono annessi laboratori dedicati alla produzione grafica, tessile, un laboratorio dedicato alla produzione di pelletteria e carte da parati, il forno, un’officina, il canile in cui si svolge attività di pet therapy ed educazione cinofila, il settore che si occupa dell’organizzazione di eventi e allestimenti e infine la pizzeria, il settore che si occupa della manutenzione delle strutture e punto vendita “Sp.Accio”.

La comunità possiede un invaso per la raccolta delle acque piovane e un depuratore per la raccolta delle acque reflue. È in progetto un sistema di fitodepurazione per la trattazione dell’acqua per l’irrigazione. L’energia elettrica è autoprodotta attraverso un impianto a gas metano.8

5 Cia Romagna, (a cura di) 2020, Annata Agraria 2020

6 Bilancio 2020, (a cura di), 2020, San Patrignano Società Agricola Cooperativa Sociale.

7 Ibidem 8 Ibidem

Insegne dei due locali in prossimità della sede centrale Fonte immagine: gamberorosso.it

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Il lavoro svolge un ruolo importante all’interno della Comunità, molta importanza è data alla formazione professionale, questo perché si producono merci utili in parte al sostentamento della Comunità e anche perché il lavoro funge da terapia.

A San Patrignano sono attivi quaranta settori di formazione, e cinquanta attività ad essi annesse1, ognuno dei quali ha l’obiettivo di fornire una formazione sociale oltre che professionale con determinate caratteristiche.2 Questi sono suddivisibili in microcosmi3: ogni settore, infatti, rappresenta a sua volta una piccola realtà comunitaria. in ciascun settore vi è una gerarchia in cui il tempo e l’esperienza determinano il grado e la responsabilità dell’individuo. In cui con “tempo” s’intende il tempo trascorso da quando si entra in comunità e con “esperienza” s’intende il livello professionale raggiunto all’interno dell’attività a cui è stato assegnato e anche il numero di persone che gli sono state affidate durante il percorso: il responsabile del settore assegna ad un membro del gruppo un nuovo arrivato in Comunità al fine di responsabilizzare la persona. Altra caratteristica è la divisione tra settori femminili e settori maschili. La divisione non è sempre netta, è possibile che settori collaborino tra loro in alcuni momenti come, per esempio, durante la vendemmia o la preparazione dei pasti, ma ad ogni modo sono sempre momenti pianificati.4

I ritmi della giornata sono scanditi dal tempo del lavoro, per una maggiore comprensione è stata messa in allegato la descrizione di uno spaccato della vita quotidiana tratto dall’opera “San Patrignano: terapia ambientale ed effetto città: studio sui percorsi di vita degli ospiti della comunità” di Guidicini e Pieretti.

1 Pagina Ufficiale della Comunità, https://www.sanpatrignano.org/ la-comunita/formazione/ 2 P. Guidicini, G. Pieretti, San Patrignano: terapia ambientale ed effetto città: studio sui percorsi di vita degli ospiti della comunità. FrancoAngeli, Milano 1996. 3 Ibidem

4Queste informazioni sono fornite al fine di comprendere le dinamiche spaziali, il documento non vuole essere una descrizione su cosa è giusto e cosa è sbagliato né tanto meno una critica a queste pratiche bensì queste vengono osservate al fine di giungere ad una interpretazione

La gerarchizzazione dei diritti e dei doveri favorisce una semplificazione degli usi e delle pratiche spaziali. I settori sono luoghi di aggregazione e di socialità, dove si trascorre la giornata con lo stesso gruppo con il quale si dorme, si mangia e ci si muove. È possibile riconoscere all’interno di ogni settore pareti allestite con materiali che riconducono a legami e relazioni con quel luogo come fogli scritti a mano con frasi motivazionali o immagini degli elaborati prodotti espressione di un traguardo raggiunto oppure da raggiungere, ma anche immagini del fondatore della Comunità e sue citazioni.

Queste prassi ripetute giorno dopo giorno servono a confermare l’attitudine ad avere comportamenti considerati consoni con altri soggetti e con lo spazio5, e ne semplificano la pianificazione: settori di lavoro, abitazioni e spazi comuni.

All’incrocio tra la strada provinciale 49 e Via San Patrignano è presente “Sp.Accio”, negozio per la vendita di prodotti della Comunità che occupa un edificio storico, il “Ca’ Pallotta,”6 acquisito dalla Società Cooperativa San Patrignano.7

Proseguendo sulla rete provinciale in direzione ovest invece è presente il ristorante “Vite”, sempre di proprietà della Comunità. In questi luoghi vengono venduti tutti i prodotti della Comunità, dalle bottiglie di vino alla pelletteria. Rappresentano luoghi in cui l’individuo, può fare pratica e relazionarsi con persone esterne alla Comunità, ma allo stesso tempo ne rimane vicino, questo permette sia di creare un luogo protetto perché vicino e controllato alla sede centrale, sia di mostrare le attività che si svolgono all’interno, quindi la formazione e i materiali prodotti.

5E. Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969

6presente nel Catasto Calandri e Cessato, redatto nel XVIII secolo 7A. Barilani, G. Bonfanti S. Crippa, Progetto di alloggi e centro di arte-terapia per la Comunità di recupero di San Patrignano, con particolare attenzione per la “seconda vita” delle botti di Barrique. Tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, 2017.

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Questi possono essere definiti spazi sempre protetti e rassicuranti, in cui il corpo protetto e conformato dalle norme e dalle regole definite si misura con l’esterno. Spinoza scrive “Il corpo umano, per conservarsi ha bisogno di moltissimi altri corpi”8 , ma nel corpo che si trova a stare con altri, umani e non umani, c’è una politica progettuale che merita di essere osservata.9

Nell’opera “La vita quotidiana come rappresentazione” di Goffman c’è un capitolo intitolato “Comportamento e ambito territoriale”, attraverso questo riferimento la declinazione dello spazio è la seguente. Sp.accio e Vite sono spazi di rappresentazione scenica in cui il soggetto tenta di mostrare che la sua attività entro quel territorio segue certe norme. La prassi ordinaria e quotidiane dei gesti diventa un modo di confermare l’attitudine a seguire le regole che attengono sia all’iterazione con altri soggetti che all’uso dello spazio10 , uno spazio diverso dal precedente in cui si gode meno dell’intimità interna, dove “lo spazio pubblico dell’intimità trova il suo ribaltamento nell’extimité, termine utilizzato a indicare il movimento che spinge a mettere in luce una parte della vita privata, sia fisica che psichica”.11

8 B. Spinoza, L’Etica. cit. p. 48 in C. Bianchetti, Corpi tra spazio e progetto, Mimesis, Milano, 2020.

9 C. Bianchetti, Corpi tra spazio e progetto, Mimesis, Milano, 2020, p. 48.

10G. Pasqui, Città popolazioni e politiche, Jaka Book, Milano, 2008, p.87.

11C. Bianchetti, Spazi che contano, Donzelli Editore, Roma, 2016 p.57

176 177 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Rete produttiva: i luoghi della produzione locale Produzione Vendita Punto di vendita Portello Buono due volte Agriturismo Vite Sp.Accio Sede Operativa di Coriano Unità Locale di Rimini Unità Locale di Botticella Coltivazioni Tolentino

Queste pagine relative a una ricerca del 1996, sono una descrizione della vita quotidiana che all’interno di San Patrignano. Nonostante siano passati anni i ritmi di lavoro e i rapporti che si vivono non sono mai cambiati.

3. La vita quotidiana

Gli orari di sveglia variano a seconda del tipo di lavoro che si svolge; probabilmente i primi ad alzarsi sono i ragazzi del settore forno (alle ore 4 circa) e delle scuderie (alle 5 in estate c alle 6 in inverno). In una camera dei programmatori, ad esempio, tra le 7 e le 7.30 ci si alza tutti, poi entro le 8 si va a far colazione. La colazione si svolge dalle 6.30 alle 8 circa, nella sala da pranzo. Dopo la colazione ha luogo la distribuzione delle sigarette già confezionate in pacchetti da 10, per uso quotidiano. Questa operazione, di svuotamento di normale i pacchetti di sigarette di marca e costituzione di singole “razioni”, avviene di norma il pomeriggio precedente ad ogni distribuzione quotidiana. Durante la distribuzione ogni persona, dotata di un proprio numero di matricola, per evitare abusi o errori, si segna su un’apposita lista c ritira le sigarette.

Durante la mattinata si svolgono le attività lavorative, in genere intervallate da una pausa, in orari variabili da settore a settore, a meta mattina. Ogni settore ha una sua flessibilità per quanto riguarda Tora- rio di lavoro, che comunque termina tra le 12 e le 13. Il pranzo di mezzogiorno si svolge in duc turni: uno alle 12 e l’altro alle 13.30. II secondo turno è quello in cui si ha il maggior afflusso di persone. In questa occasione la sala da pranzo ospita oltre un migliaio di ragazzi e ragazze. L’ingresso in sala avviene sempre ordinatamente, con un carattere di compostezza non usuale quando si osservino movimenti di persone di questa consistenza in spazi limitati. Dopo essersi seduti attorno ai lunghi tavoli apparecchiati, ognuno dei quali è assegnato agli appartenenti ad un settore e dopo uno spontaneo inizio di conversazione o comunque un breve periodo di “assestamento”, ha luogo il momento del “raccoglimento”, un istante canonico che simbolicamente segna l’inizio del pranzo. Ad un battere di mani convenuto tutte le centinaia di persone che riempiono la grande sala si alzano in piedi, si raccolgono in un minuto di silenzio e quindi si rimettono seduti. A questo punto inizia il “tempo del pranzo”, distinto dal tempo del lavoro e della fatica quotidiana. Inizia il tempo della convivialità. Gli addetti al servizio passano tra i tavoli e raccolgono da ogni persona le ordinazioni. Non si tratta in genere di richieste sulla qualità delle portate, ma sulla quantità delle porzioni che si desiderano consumare. La porzione standard, quella normale, è molto abbondante, la mezza porzione è anch’essa un piatto consistente. Sono comunque

possibili variazioni rispetto al menù stabilito, sia per coloro che ne necessitano di particolari regimi dietetici, ma anche come alternativa, ad esempio, tra due diverse pietanze. Le bevande consumate comprendono l’acqua e un solo bicchiere di vino. In occasione di ricorrenze e festività si serve anche uno spumante o un vino di una “riserva” speciali.

Dopo il pranzo si ha un’ora di pausa in genere dalle 14 alle 15/15.30 che è possibile utilizzare per riposarsi, nei propri alloggi come pure per dedicarsi alla propria igiene personale, alla lettura, allo scrivere a casa o alla pulizia della camera. Il lavoro pomeridiano riprende verso le 15 e dura sino alle 17.30/18, per quanto riguardala maggior parte dei settori. Dalle 18 alle 21, ora del secondo e principale turno di cena, si ha un più ampio lasso di tempo libero che lo usano, come si è detto, per la pausa meridiana, cioè il riposo, lo scrivere, le pulizie, ma che è possibile utilizzare anche per fare attività Sportiva, allenamici di calcio basket pallavolo o semplicemente partite informai! ira amici. Coloro i quali sono genitori usano questo lasso di tempo per varie mansioni legate al proprio ruolo come, ad esempio, andare a prendere i bambini all’ingresso della comunità quando arriva il pulmino scolastico del Comune, oppure andare a prendere i bambini al “doposcuola” che è uno spazio interno alla comunità c comprende aule attrezzate più una sala di musica cd una sala di video-proiezione I genitori ospiti in comunità possono inoltre cenare coi figli in un orario antecedente la cena delle 21, in genere verso la cena delle 21. sempre nella sala da pranzo delia comunità. Anche per il pranzo serale si sono sviluppati i due turni distinti, sia per consentire una maggiore flessibilità d’orario che per ragioni, di spazio. La comunità ospita infatti oltre 2000 persone e si rischierebbe, facendo un unico pranzo, di affollare troppo la sala. Il pranzo collettivo, comprendente tutti gli ospiti avviene perciò solo m occasione di feste e ricorrenze particolari. Nel tardo pomeriggio, come già ricordato, se non ci sono servizi da svolgere, si va ad esempio a fare una doccia, o a fare attività sportiva. prima di cena. Dopo cena si va insieme alla programmazione del teatro (film) o a giocare a carte, o a giochi di società: annualmente la proiezione di un film avviene sia nel “teatro” che nel campetto. Il teatro, la sala deputata alle proiezioni video e dispone di cabina di regia e di sofisticate apparecchiature video cd audio. Per quanto riguarda la scelta del film, durante la giornata si stila una lista di preferenze, alla quale tutti possono apporre la loro scelta, tale lista indicherà. su una “rosa” di 4/5 titoli, qual sarà il film programmai nella serata. La programmazione dell’informazione, in genere derivata dai vari tele- giornali, avviene invece verso le 20, quindi prima di cena. Come alcuni ospiti hanno rilevato, durante il giorno, nelle pause di lavoro o in camera, si parla anche di

quello che si farà alla sera, può succedere a volte che, tra compagni di stanza e di lavoro, ci si divida in due gruppi e si vada in due luoghi diversi (uno va a teatro e uno resta a casa ad esempio) ma in genere le persone che abitano la stessa stanza rimangono insieme anche durante le serate. In estate c’è il campo di calcio, il basket. In questo periodo si socializza di più Perché c’è più tempo per stare fuori. Dichiara una ragazza: “Noi ci troviamo di venerdì con ragazze di un altro settore dove una di noi ha una sorella. Così non si rischia che le due sorelle si isolino tra di loro. E tutte quanto possiamo fare conoscenza. “Allargare le nostre conoscenze”. In estate gruppi di settori diversi si uniscono per suonare insieme e cantare o ascoltare musica.

In genere per ogni stanza c’è un responsabile ma ci sono sempre altri ragazzi che l’aiutano e lo coadiuvano, specialmente se la stanza e grande. In una casa abitata solo da ragazze vi sono, ad esempio due responsabili su otto ragazze. Una ha la chiave di casa, poi c’è un’altra che solo occasionalmente tiene le chiavi. Una ragazza più giovane sta iniziando a fare delle cose, se c’c da portare “un vassoio” (il vassoio con il contenitore per i pranzi o merende di quei componenti della stanza che perché ammalati non possono muoversi né consumare il cibo nella sala da pranzo; in questi casi un rappresentante di stanza va a prendere il cibo e le bevande al settore cucine) è lei a portarlo. Ella sta iniziando ad avere responsabilità che si ritengono di grande importanza nel cammino terapeutico. Delle altre ragazze sono arrivate da qualche mese. Con una ragazza nuova in genere i discorsi che si fanno sono relativi al fatto che tutte quante si impegnano per lei, inizialmente le si dicono le cose più immediate, più essenziali: non vanno tenuti valori bollati in casa, le lettere vengono timbrate giù in ufficio, è preferibile non indossare vestiti attillati ecc. piccole cose, alcune regole pratiche di vita in comunità. Quando si arriva si è spesso poco lucidi. Le norme di vita vengono in seguito ripetute giorno per giorno. In rilievo viene messo il fatto che si “gira” tutti insieme. La musica non la si ascolta in casa, per la lettura di libri e giornali ognuno legge quello che vuole, ci si fa mandare per abbonamento il quotidiano della propria città o un settimanale. [..]

Di norma, come si è detto si gira tutti insieme, i componenti della stanza. C’è di giorno chi si muove da solo, perché deve fare un lavoro o altro. Nel tempo il soggetto in comunità, quando ha superato le prime fasi e diviene maggiormente responsabile riceve degli stimoli, degli incarichi ecc. Si può dire che acquisisce maggiore libertà personale. Il livello di autonomia risulta essere quindi proporzionale al grado di maturità raggiunto. Ad esempio, un soggetto già responsabile

e con un certo percorso alle spalle può avvicinare una ragazza o comunque se contraccambiato instaurare una relazione seria. Questo nei primi tempi non può avvenire. Come si vede che un soggetto è maturo o responsabile: lo si vede quando inizia ad accettare le cose che gli si dice, quando “inizia ad essere meno reattivo, si preoccupa per gli altri, si abbandona agli altri”.

Chi lo segue, il responsabile di stanza e il responsabile di settore nell’ordine, sono coloro che valutano le diverse situazioni individuali. [...]

Dichiara una ragazza: “Noi abitiamo in una casa, dopo mangiato spesso si va a casa, facciamo cucito, prepariamo regali per un compleanno. sempre comunque decisioni di gruppo. si rimane insieme non per obbligo ma per piacere. In giro da sole non andiamo mai, anche io che sono tre anni che sono qui da sola non saprei proprio dove andare”. Il suo settore di lavoro è quello dei “turni”. Il settore turni è il settore che coordina e svolgc: pulizie generali e organizzazione, pulizie in sala da pranzo. nelle “casette”, pulizie d’ospedale, comprende le pulizie anche delle strade attorno al teatro fino all’ufficio. Apparecchia inoltre tutte le mattine per la colazione (il procedimento per apparecchiare e molto preciso, vengono contati sulle tovaglie i quadretti che devoro superare il bordo tavola, in modo che tutte le tovaglie siano disposte in maniera millimetrica: esiste una procedura, una tecnica che viene insegnata). Dichiara un’altra ragazza del settore: “La domenica lavoriamo solo due ore al mattino, ci aiutano componenti di altri settori a turno. Inoltre, noi lavoriamo sempre con i ragazzi della cantina, al mattino È capitato a volte di passare della serata insieme.

In estate soprattutto gruppi di settori diversi si uniscono per ascoltare musica o a cantare”. Le ragazze imparano, con l’ausilio di persone esperte, attività tradizionalmente svolte dalle donne la tessitura, il cucito. l’arte di arredare la casa. Si occupano dci bambini. Si ripropone una divisione di genere dei ruoli piuttosto tradizionale e d’altra parte, una divisione del lavoro profondamente radicata nella cultura della terra che ospita questa comunità e il cui funzionamento c anche frutto di un incrocio tra tecnica moderna e valori antichi. L’identità data dall’appartenenza al settore è forte c la gran parte della vita di relazione si svolge prevalentemente tale ambito. Vita di relazione che viene descritta come interamente basata sul rispetto dell’Altro, sulla comprensione intuitiva* empatica dell’agire altrui prima che sul “capire” l’altro o su principi astratti.

G. Pieretti, P. Guidicini. San Patrignano: terapia ambientale ed effetto città : studio sui percorsi di vita degli ospiti della comunità. F.Angeli, Milano 1996. pp.43-47

178 179 PARTE III Allegato
180 181 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO 180
La propaganda di San Patrignano

Ricavi settori maggiormente remunerativi Cooperativa Agricola Ricavi settori maggiormente remunerativi Cooperativa Sociale

182 183 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Alcuni rendimenti delle attività produttive 2.349.564,41 eur 1.928.141,17 eur 2.347.502,82 eur 1.082.956,76 eur 1.670.601,98 eur 1.670.601,98 eur vitivinicoltura forno caseificio grafiche macelleria/norcineria oggettistica
ricavi verso privati
ricavi verso privati
5.055.355 € 8.542.283 €
Totale
Cooperativa Sociale Totale
Cooperativa Agricola 2020
Da entrambi i bilanci della Società Cooperativa Sociale e della Società Cooperativa Agricola sono stati presi i ricavi verso i privati per i settori più remunerativi, tra cui i punti vendita precedentemnte evidenziati. 198.845,87 eur Agriturismo Vite 328.978,55 eur Sp.accio Store agroalimentare 553.994,44 eur Sp.accio Pizzeria 15.357,90eur Punto Vendita Portello 24.306,80eur Coltivazioni Tolentino Ricavi punti vendita
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2. Dispositivo di accomulazione

Raccogliere fondi è parte del sistema di San Patrignano.In questo capitolo spiegherò brevemente perchè lo spazio come i suoi utenti rappresentano un modo attraverso cui attirare flussi e come questo meccanismo avviene all’interno delle sue strutture.

Panoramica di San Patrignano. Fonte: sanpatrignano.org

187 PARTE III

Se Sp.Accio e Vite rappresentano la ribalta, l’interno della Comunità rappresenta il retroscena: “Il retroscena di rappresentazione si trova ad un estremo del luogo dove è presentato lo spettacolo, ed è separato da un divisorio e da un passaggio sorvegliato. In tal modo essendo la ribalta e il retroscena adiacenti, un attore che si trovi sulla ribalta può ricevere assistenza dal retroscena durante lo svolgimento della rappresentazione. (..) Il retroscena costituisce per l’attore un luogo sicuro nel senso che nessuno del pubblico può entrarvi.”1

La differenza di San Patrignano – rispetto ad altre comunità del genere – risiede nel fatto di essere un luogo in cui “il pubblico” può accedere e lo fa per ricavare fondi. Attraverso differenti progetti promuove un risultato: quello di riuscire a salvare i ragazzi dalla droga. Il 72% dei soggetti è completamente recuperato dopo avere svolto il percorso, scrivono sul canale di comunicazione ufficiale.2 Dunque, la promozione rappresenta un elemento fondamentale della rete (ri)produttiva di San Patrignano. Attraverso i legami con le istituzioni pubbliche, fondazioni e sponsor la Comunità garantisce il suo sostentamento e viene riconosciuta la sua rilevanza territoriale.

Allo stesso tempo fondazioni, associazioni e sponsor si promuovono e usufruiscono dell’immagine che San Patrignano comunica per avere anche loro rilevanza. Questa duplice realtà rende San Patrignano unica nel suo genere. Al fine di comprendere meglio il modo attraverso cui San Patrignano richiama fondi vengono descritti alcuni progetti che le fondazioni finanziano. Fondazioni come come Fondazione CRT e CRB, promuovono progetti di prevenzione ed educazione come “WeFree Days” attraverso cui ogni anno vengo accolte le scuole

1 E. Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969 p.134.

2 Ricerche San Patrignano: https:// www.sanpatrignano.org

provenienti da tutta Italia all’interno della Comunità.

Multinazionali come Zegna e L’Oréal promuovono progetti formativi e commerciali all’interno della comunità. Ad esempio, il progetto Aurora che vede la collaborazione tra Tod’s e il settore della pelletteria per la produzione di prodotti artigianali con il marchio San Patrignano. Il settore della pelletteria tra il 2019 e il 2020 ha stretto varie collaborazioni: con Mipel attraverso cui a settembre 2022 potrà esporre il proprio marchio presso Fiera Milano-Rho, Burberry, per la fornitura di pelle da utilizzare nei corsi dell’Alta Scuola di Pelletteria Italiana, Assosoftware che con una donazione di 20.000 euro promuove la formazione e l’innovazione dei sistemi per la produzione artigianale.3

Questi progetti favoriscono la formazione professionale, un legame con il territorio e un riconoscimento della Comunità come ente in grado di produrre risultati tangibili. Eventi come quello avvenuto il 29 maggio 2022, promosso dalla Midnight Foundation 4che ha visto protagonisti undici ballerini dell’Opera di Parigi, uno spettacolo seguito da una cena preparata dallo chef Massimiliano Mascia. È un esempio chiaro di questo rapporto dualistico perché i fondi ricavati servono a promuovere la cura dell’emangiosarcoma canino. Inoltre, questi eventi vengono pubblicizzati dall’ufficio stampa della Comunità che ha prodotto più di 1.000 articoli tra quotidiani e siti di informazione e promozione e oltre 50 servizi televisivi su reti a diffusione nazionale, ma anche attraverso il sito web ufficiale, le pagine Facebook e Instagram, il canale YouTube, le newsletter e il mensile della Comunità.5

3 https://designlab.sanpatrignano. org/it/pelletteria

4Un’organizzazione no-profit.

5 Comunità San Patrignano Società Cooperativa Sociale, (a cura di) 2020, San Patrignano Bilancio Sociale 2020. p.66

188 189 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Associazioni

Ass. Amici di San Patrignano - Scerne di Pineto (TE)

Ass. Amici di San Patrignano – Matera CAMPANIA Ass. ANGLAD di Napoli Ass. Amici di San Patrignano di Caserta Ass. Le Ali della Libertà - Frasso Telesino (BN) Ass. Amici di San Patrignano Ass. Ricomincio da me - Reggio Emilia (RE)

Ass. ANGLAD di Modena Ass. ANGLAD di Bologna Onlus Ass. ANGLAD di Cesena Ass. ANGLAD di Rimini Ass. A.A.F.T. Versolavita (Associazione Aiuto alle Famiglie e ai Tossicodipendenti) di Sacile (PN) Ass. ANGLAD Friuli Venezia Giulia - Udine A.S.Fa.T. di Trieste Ass. ANGLAD di Roma Ass. Libera Mente Onlus – Sora (FR)

ANGLAD San Patrignano Genova ODV Ass. Comitato di Solidarietà Valdimagra Sarzana (SP)Ass. ANGLAD di Milano Ass. Volontaria Lotta Alla Droga Quarto Oggiaro - Milano Ass. Amici di San Patrignano di Nembro (BG)

Ass. Amici di San Patrignano di Sondrio Ass. Amici di San Patrignano di Brescia Ass. Prealpina - Tradate (VA) Ass. A.V.A.P. di Pesaro Ass. ANGLAD Marche – Tolentino (Macerata)

Ass. L.E.N.A.D. - Torino Ogni Giorno ETS – Ginosa (TA) AGAD Amici di San Patrignano Sassari Gruppo d’appoggio San Patrignano di Oristano

Ass. Amici di San Patrignano Sicilia –Troina (EN) Ass. Gruppo Il Ponte di Pisa Ass. Gruppo 13 di Firenze/Arezzo Ass. “PER MANO A.P.S.” Cecina (LI) Ass. Amici Di San Patrignano Lavis (TN) Ass. ANGLAD di Perugia A.G.A.R.A.S. Verona Ass. ANGLAD di Padova AGLAD TREVISO Ass. Amici di San Patrignano di Treviso

Rete: fondazioni, associazioni delle famiglie e sponsorship

Fondazioni Sponsorships

Fondazione Banco Farmaceutico Fondazione Banco Almentare Fondazione CRT OTB Foundation Time For Child Fondazione CRB

Fondazione Sicilia

Fondazione Banca del Monte di Lombardia Unioncamere Emilia Romagna FASEN

Fondazione Enel Cuore

Fondazione BNL

Fondazione OPSIS Fondazione Zegna L’Oréal Italia

Fondazione EASL

Fondazione AN Associazione CUAMM (Medici per l’Africa)

CEI (Conferenza Episcopale italiana)

Fondazione AN

Studio legale Bonelli Erede

Accenture Aon Barilla Basic Net Bracco Bolton Food Cimberio Greci ind. Alimentare IBL spa Italpizza Mapro Melegatti Rolex Orogel

Fondazioni San Patrignano Associazioni Sponsorships

190 191 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

What do you need?

Di seguito vengono rappresentati momenti in cui lo spazio della Comunità viene utilizzato dalle aziende. Queste collaborano con San Patrignano attraverso donazioni di materiali e professionisti, in cambio danno loro un riconoscimento sociale, gli spazi hanno una duplice trama narrativa, una è la macchina di San Patrignano che forma persone al suo interno e l’altra è quella di un’azienda che fa di questi progetti manifesti di loro ideali e politiche.

192 193 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Barilla to San Patrignano

194 195 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Fox Nut & Snack and Adriagelo to San Patrignano

196 197 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Intesa San Paolo to Sustainable Economy Forum in San Patrignano

198 199 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Cocoricò to Wefree Days in San Patrignano

Fonte immagine: ilRestodelCarlino.it

200 201 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

Why?

In questa pagina sono stati selezionati alcuni articoli pubblicati da San Patrignano. Questi riportano le collaborazioni con le aziende, gli eventi promozionali e le raccolte fondi, alcuni negli ultimi cinque anni.

Il Design Lab San Patrignano si mette in mostra alla Milano Design Week

SAN PATRIGNANO PROTAGONISTA ALLA MILANO DESIGN WEEK

I LABORATORI DI ARTIGIANATO DI SAN PATRIGNANO AVRANNO NON POCHE OCCASIONI PER METTERSI IN MOSTRA QUESTI GIORNI DURANTE LA SETTIMANA DEL SALONE DEL MOBILE.

Artemest

il marketplace per l’alto artigianato e design Italiano, insieme a San Patrignano, presenta “solesempre”: una inedita collezione di carte da parati e di plaid in collaborazione con Cariaggi,

,

Assosoftware sostiene gli artigiani del futuro di San Patrignano

L’ASSOCIAZIONE DONA ALLA COMUNITÀ RIMINESE FONDI PER L’INNOVAZIONE E LA FORMAZIONE PER UN VALORE DI 20.000 EURO

MIPEL

sostiene e promuove la Comunità San Patrignano MIPEL E LA COMUNITÀ SAN PATRIGNANO HANNO DATO IL VIA AD UN PROGETTO DI COLLABORAZIONE CHE HA TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER ARRIVARE LONTANO.

Pitti immagine filati

LA TESSITURA DI SAN PATRIGNANO CONTINUA LA STRETTA COLLABORAZIONE CON LO SPAZIO RICERCA DELLA FIERA

Museo Ferragamo Sustainable Thinking’

Questi i valori promossi dal progetto “Conscious contemporary tailoring” realizzato dal London College of Fashion di Londra insieme al laboratorio di tessitura di San Patrignano con il supporto di Fondazione

Zegna

Al via l’asta online a sostegno di San Patrignano: Rolex Italia, Giorgio Armani, Etro, Hermès, Salvatore Ferragamo, Prada, Piaggio, Technogym, Tecnica Group, Tod’s, Zegna, Giacomo Conterno, Moët Hennessy: questi solo alcuni nomi delle molte aziende che hanno confermato il proprio sostegno a San Patrignano come partner dell’asta.

San Patrignano ospite di “Artigianato e Palazzo” a Firenze I LABORATORI DELLA COMUNITÀ PRESENTANO UN PERCORSO SULLA DECORAZIONE E MANUFATTI ISPIRATI ALLA SOSTENIBILITÀ

Burberry

e Alta Scuola di Pelletteria Italiana_Un progetto per i ragazzi di San Patrignano

Gelati PEPINO 1884: nasce WoW al fianco della Comunità di San Patrignano

Aprile 2019/ Marzo 2020 UNA MOSTRA SULLA SOSTENIBILITÀ E UN PROGETTO AD HOC REALIZZATO DALLE NOSTRE RAGAZZE PER SALVATORE FERRAGAMO

Una nuova collezione di borse con i disegni di Lugosis

SAN PATRIGNANO PRESENTA DUE COLLEZIONI DI PELLETTERIA INTERAMENTE REALIZZATE DAI RAGAZZI NEI LABORATORI DELLA COMUNITÀ, CON LA COLLABORAZIONE DI LUGOSIS E CUBA LAB ED IL SOSTEGNO DEL

GRUPPO TOD’S.

Galà delle stelle, promosso e a sostegno della Midnight Foundation

Al Galà delle stelle a San Patrignano i ballerini dell’Opéra di Parigi e lo chef stellato Max Mascia

Al Salone Satellite 2019, il progetto di parati frutto della collaborazione tra il designer Federico Pazienza e il Design Lab di San Patrignano

SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO 202
204
SAN
PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Ingresso di San Patrignano, al centro riquadro con i loro partners.

Ricavi vendite e prestazioni

Ricavi da donazioni

Altri ricavi e proventi ( da sponsorizzazioni catalogo asta Milano, donazioni in natura)

2020

Ricavi vendite e prestazioni

Ricavi Cooperativa Agricola 3.030.438 eur 768.633 eur

2020

clienti privati donazioni da privati e Fondazioni

enti pubblica amministrazione donazioni Asta Milano

462.690 eur 319.183 eur 60.845 eur

enti del sodalizio San Patrignano contributo del 5x1000 contributi pubblici

4.592.665 eur 2.703.721 eur 1.730.459 eur

Ricavi da donazioni

Totale 13.668.459 eur

clienti privati donazioni da privati e Fondazioni

972.452 eur 339.778 eur

enti del sodalizio San Patrignano contributi pubblici

Ricavi Cooperativa Sociale 7.569.831eur 445.337 eur 841.869 eur

Altri ricavi e proventi ( da sponsorizzazioni catalogo asta Milano, donazioni in natura) Totale 10.169.265 eur

206 207 PARTE III SAN PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

3. Luogo di molteplici presenze

Affermare che la Comunità di San Patrignano è parte della città adriatica significa riconoscere che nella sua funzione, rappresenta una realtà che si è perfettamente integrata con le dinamiche del territorio. Attraverso la produzione di beni e i fondi che raccoglie la Comunità alimenta una rete di relazioni che richiama persone provenienti da tutto il territorio nazionale e internazionale.

Attraverso progetti annette al suo interno studenti, genitori, insegnati provenienti da tutto il territorio nazionale, ma anche professionisti di ogni settore che per la formazione professionale e la visibilità data dalla Comunità la popolano e l’alimentano. Queste presenze favoriscono il suo riconoscimento e il sostentamento, inoltre danno valore il territorio riminese acquistando prodotti tipici da loro prodotti e oggetti realizzati. Nel 2020, 1.218 persone hanno usufruito dei servizi della Comunità sia per la cura da dipendenza patologica da sostanza che da gioco d’azzardo, ma anche per l’infezione da HIV. Inoltre, il Poliambulatorio offre servizi ai residenti della regione per quanto riguarda il reparto di oculistica che nel 2020 ha effettuato 113 visite tra interni ed esterni. Considerando le persone che lavorano per la Comunità, quindi considerando sia la Cooperativa Sociale che Agricola, tra soci lavoratori, dipendenti non soci, parasubordinati, autonomi con p.iva e volontari si arriva ad un totale di 333 persone nel 2020.

Ogni anno la Comunità tiene corsi di formazione professionale, questi determinato l’entrata di persone esterne che promuovono la loro azienda e allo stesso tempo formano personale, i corsi sono gestiti dall’Associazione San Patrignano Scuola e Formazione, l’ente è accreditato dalla Regione e dal Ministero dell’Istruzione.

Evento WeFree Run 2019 con 1000 paretcipanti esterni, tra gli sponsors: Despar e Kappa Fonte: sanpatrignano.org

209 PARTE III

Attraverso il progetto di prevenzione “WeFree Days” giungono a San Patrignano oltre 20.000 studenti e insegnanti, solo eccezionalmente nel 2020 ha registrato la partecipazione di 3.000 studenti e più di 300 partecipanti tra associazioni, famiglie e docenti, a causa del Covid.

Inoltre, numerose visite sono svolte da delegazioni governative, dalla società civile, gruppi di ricercatori e universitari che desiderano conoscere questa realtà.

Essendo una ONG, dal 1997, la sua rete si estende anche al di là dei confini nazionali, collabora con UNODC-Ufficio della Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine. Dunque, fa parte a sua volta di enti e associazioni internazionali.

Dal 2021, è possibile pagando un biglietto, entrare nella Comunità e fare una visita guidata accompagnata da aperitivo e pranzo. In questo caso la raccolta dei fondi avviene in parte attraverso la promozione dei loro prodotti, la restante parte si ottiene promuovendo lo spazio che la Comunità possiede e nelle persone che popolano la Comunità per usufruire dei suoi servizi. Come già detto precedentemente il “retroscena” che si identifica con la sede centrale della Comunità è un luogo sicuro e protetto per coloro che la abitano.

In alcuni momenti l’intimità cessa a favore della promozione e della prevenzione, ma quando questa non ha più fini produttivi o formativi, ma solamente promozionali di un corpo purificato, (ri)normalizzato, curato, come bisogna interpretare ciò?

Successivamente saranno riportati degli elaborati a rappresentare i flussi che giungono in Comunità. Attraverso i bilanci della Comunità è stato possbile ricostruire un quadro dei fruitori dei servizi.

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Associazioni in visita e professionisti a lavoro a San Patrignano

Da sinistra verso destra: Momento formazione di Mati 1909- Apertura sportello San Patrignano a Gairane, presentazione con le istituzioni- Inaugurazione “Buono due volte”- Associazioni in visita a San Patrignano le restanti. Fonte: @ comunitasanpatrignano.

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CONCLUSIONI

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SAN PATRIGNANO NELLA CITTA’ ADRIATICA

Ad un primo sguardo quello di San Patrignano potrebbe sembrare un luogo completamente estraneo se non addirittura antitetico alla felice, perfetta, individualista e intraprendente città adriatica. Andando ad indagare, questo luogo per certi versi è di eccezione ed eccezionale, parte integrante e organica dei modi contemporanei dell’abitare Adriatico. A conclusione di questa tesi ho deciso di descrivere brevemente quali sono i tratti più importanti che caratterizzano questo frammento della conurbazione.

La trasversalità politica Vincenzo Muccioli, il suo fondatore, era dotato di un’incredibile trasversalità politica, una personalità forte dalle spiccate qualità oratorie è stato in grado di conquistare personaggi politici, uomini e donne dello spettacolo e i media. Questo è ciò che gli ha permesso di affermare il suo progetto, trovare finanziamenti e consensi. Muccioli ha influenzato il sistema politico, promosso la legge Iervolino-Vassalli, partecipato a conferenze e dibattiti televisivi in materia di droga e assistenza sanitaria. Questa trasversalità politica oggi si riflette nella sua organizzazione, San Patrignano è in grado di attrarre finanziamenti e presenze sul territorio attraverso la messa in vendita dei suoi spazi. Questi vengono richiesti da altre organizzazioni pubbliche e private che desiderano avere un ritorno positivo sul piano dell’immagine.

L’incredibile macchina narrativa

In passato le vicende giudiziarie che hanno riguardato il suo fondatore hanno alimentato l’immagine di San Patrignano. I suicidi, un omicidio e le relative inchieste hanno posto la comunità al centro di discussioni e dibattiti televisivi che a lungo hanno diviso l’opinione pubblica. Le storie del suo fondatore, le testimonianze dei suoi ospiti, quelle delle persone che hanno avuto legami con la comunità, hanno costruito un’incredibile macchina narrativa. Quest’ultima alimentava e alimenta ancora oggi l’attenzione su San Patrignano. Le tante storie che hanno caratterizzato il passato vengono indagate e discusse nel tentativo di giungere ad una verità che per quanto la si voglia ricercare risulta essere incredibilmente coesa e difficile da scalfire. L’immagine che propone oggi è quella di un luogo dove la pulizia, l’ordine, l’educazione e il lavoro sono elementi fondamentali per vivere bene e per stare in società. La comunità riflette questa dimensione: non c’è una strada non asfaltata, una parete non pulita, un’immagine fornita non costruita.

Gli aspetti produttivi

San Patrignano è una macchina produttiva che opera su un tessuto rurale specializzato, in un sistema insediativo ricco attraverso cui è riuscito ad installare la sua rete. L’attenzione alla produzione vitivinicola, olivicola e all’allevamento di specie tipiche del riminese come la Mora Romagnola, la rendono un riferimento importante su tutto il territorio. La vendita di questi prodotti avviene su tutta la penisola italiana. In prossimità di San Patrignano attraverso il punto vendita “Sp.Accio” avviene la promozione di prodotti alimentari IGP e DOP, i quali vengono rielaborati rivisitando ricette tradizionali nel ristorante “Vite”. La norcineria, il caseificio, i comparti come quello tessile, di restauro e la pelletteria svolgono lavori artigianali che contribuiscono alla formazione di figure professionali altamente ricercate dal mercato del lavoro odierno. Tutti questi elementi contribuiscono a valorizzare l’immagine della comunità e il suo territorio.

Cosa rimane fermo quando tutto si muove Vincenzo Muccioli ha fondato San Patrignano in un momento complicato per la nostra società, per prestare assistenza ad una categoria di persone considerate degli “squallidi, devianti, disumani, violenti e sprovveduti” , i “drogati”. Persone che a causa della dipendenza da sostanze psicotrope, in particolare all’uso di eroina, assumevano atteggiamenti considerati devianti e non consoni ad una visione socialmente accettata. Muccioli, grazie alle sue capacità riesce ad affermarsi nel mondo istituzionale tanto da riuscire a realizzare un progetto che ha al centro la cura e la protezione di queste persone.

Ad oggi San Patrignano è un ente riconosciuto dallo Stato, una Cooperativa Sociale e Agricola che fa della formazione professionale la terapia alla dipendenza dalle sostanze in un modo unico ed esclusivo.

Persone proveniente da tutto il territorio nazionale e internazionale giungono a San Patrignano per usufruire dei suoi servizi. Aziende italiane ed estere promuovono eventi di prevenzione, raccolte fondi e contribuiscono alla realizzazione di strutture sfruttando il marchio di San Patrignano. Studenti, ricercatori, insegnanti e associazioni ogni anno giungono per visitare la comunità, conoscere le sue storie e quelle delle persone al suo interno, i suoi spazi e i suoi prodotti. Dunque, viene spontaneo chiedersi, cos’è che resta fermo? Cosa c’è al cuore di San Patrignano oggi?

224 225 PARTE III SAN
PATRIGNANO COME DISPOSITIVO DI VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO

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Bibliografia Bibliografia

Allegati

“Sulla droga la società civile tende a semplificare, distinguendo il mondo in tossicodipendenti e non tossicodipendenti. Questa separazione netta non tiene conto di situazioni intermedie molto diffuse, come la mia. Io faccio uso di eroina una volta alla settimana da 24 anni, solo il mercoledì mattina e solo alla 10 in punto. Non ho mai, dico mai, fatto strappi alla regola. Non posso definirmi un tossicomane, nonposso definirmi un uomo estraneo al problema della droga.”

Le conseguenze dell’amore, 2004

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A Cristina Bianchetti, per essere stata una guida attenta e costante.

A Luis Martin per aver creduto in me, per i suoi preziosi consigli e la sua pazienza.

Dedico questa tesi a mio nonno che non c’è più.

Ringrazio i miei genitori che mi hanno permesso di realizzare i miei sogni.

A mia madre che mi ha sempre detto di studiare, se non ho mai perso la forza di farlo è anche grazie a lei.

A mio padre per avermi sostenuto in ogni scelta.

A mia sorella, che ho visto crescere a distanza e nonostante ciò, del nostro rapporto, nulla è cambiato.

Vi voglio un bene immenso.

A Torino, per avermi fatto crescere e conoscere persone fantastiche con cui spero di condividere ancora la mia vita.

Ringrazio Ginevra, Giulio, Marco e Sveva per avermi dato il coraggio d’intraprendere quest’avventura universitaria, essere stati i primi e i migliori coinquilini che io abbia mai avuto.

A Sofia per aver condiviso non solo gli anni universitari, ma soprattutto quest’ultimo traguardo insieme.

A Lavinia per avermi fatto scoprire un lato di me che non sapevo di avere, per esserci prese cura l’una dell’altra in questi mesi, non lo dimenticherò mai.

A Giorgia, per la sua sincerità, le sue parole forti e la sua spensieratezza che mi hanno fatto sentire “vecchia” qualche volta, ma lo meritavo.

A Mariateresa per la sua semplicità e il suo essere sbadata che mi ha fatto sempre scappare una risata nei momenti in cui non pensavo di poterci riuscire. Senza di voi Corso Stati Uniti 10, non sarebbe stato lo stesso!

A Chiara per esserci dal primo giorno, dal corso di disegno con la Blotto e non essere mai andata via. A Erica per essermi stata vicina quando stavo per impazzire.

A Martina e Carolina.

A voi tutte, ragazze ringrazio per le giornate in aula studio, i caffè e le sigarette girate, le notti spensierate, le chiacchierate in residenza, gli spritz “da Carmen” fino alle 21.00, le serate in Santa Giulia, le pedalate notturne, le risate senza fine...niente sarebbe stato lo stesso senza di voi.

Ad Ayoub per avermi supportato e supportato, per non avermi mai fatto sentire sola, per aver creduto in me più di me.

Ringraziamenti
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1978-2022

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