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ITALO SCELZA

LA PANTAS’MA OPERE PITTORICHE 2006 - 2008

Testo critico

Mario Lunetta Testimonianze di

Marco Maria Gazzano Tonino Poce Massimo Struffi Sergio Zuccaro

Marco Moroni Private Banker per l’Arte

Fondazione Umberto Mastroianni

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Edizioni a cura di

Grafica Aras Tipografia Nuova Stampa Design Loreto Pantano Fotografia Maria Andreozzi Giampiero Fiaschetti Antologia critica Graziella Fargnoli Traduzioni Maria Andreozzi Daniela Fraioli Partecipazione organizzativa Sebastiano Palumbo Enzo Bandella Allestimento e sviluppo produzioni Serafino Mastroianni

Nessuna parte di questo catalogo può essere riprodotta e trasmessa in qualsiasi forma e mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti editoriali.

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TAVOLA CRONOLOGICA 1939

Italo Scelza nasce ad Avellino il 20 febbraio

1953

È a Napoli per ragioni di studio

1956

Termina il magistero di arte applicata e si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nella città partenopea viene influenzato pittoricamente da due suoi maestri, Spinosa e Russo, esponenti allora della pittura astratta-informale.

1961

Si trasferisce in Ciociaria per insegnare. Il suo trasferimento a Roma avviene per gradi. La sua prima personale nella capitale si tiene alla galleria “Passeggiata di Ripetta”.

1963

Conosce il pittore Domenico Purificato, il critico Duilio Morosini, ed i pittori Rea,Gismomdi, Loreti e Floridia con i quali fonda il “gruppo 5 di Nuova Realtà”. Incontra Carlo Levi. Inizia una lunga attività di gruppo con mostre a Napoli, Salerno,Frosinone, Cagliari, etc.

1968

Stimolato dal critico Antonello Trombadori si trasferisce definitivamente a Roma. Conosce i pittori Turchiaro, Calabria, Mulas, Mattia, Sasso, Guida, Marotta, Sughi, Volo.

1971

Espone una serie di opere sull’ecologia in una mostra personale alla galleria Ciack di Roma presentato dal critico Guido Giuffrè. Conosce il critico Dario Micacchi.

1972

Tiene una serie di mostre personali a Napoli, Brescia, Cagliari, Milano, Catania, Bologna, Cortina, Modena, Firenze, Anagni, Bettona, Arezzo. È invitato a molti premi e rassegne nazionali; tra questi il Premio Suzzara, Saronno, Biennale del Fiorino di Firenze, Ottana, Berlino, Parigi, Vasto, Marsiglia, etc.

1974

Prende studio a Milano. Conosce i critici Vittorio Fagone, Raffaele De Grada e Mario de Micheli e i pittori Ruggiero Savinio, Tino Vaglieri ed Ernesto Treccani . Inizia una lunga amicizia con poeti, scrittori e musicisti.

1977

Riceve la nomina per insegnare pittura nell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

1981

Si trasferisce a Firenze presso l’Accademia di Belle Arti come docente di pittura. Tiene una mostra personale nella Galleria “Carte Segrete” a Roma.

1983

Esegue una serie di opere ispirate alle coreografie di balli contemporanei (Bèjart e Lindsay Kemp).

1984

In collaborazione con Paolo Portoghesi progetta una serie di strutture pittoriche interpretando il barocco catanese. Esegue una edizione grafica edita “dall’Arte Club” di Catania a cura di Virgilio Anastasi. Le opere sul barocco vengono esposte in una personale nella galleria l’”Ariete” a Roma.

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1985

Mostra personale galleria “Art Message” di Roma nella quale espone il grande quadro del “Giardino degli Ornelli” che verrà successivamente esposto al Castel Sant’angelo in occasione di una rassegna intitolata “Un panorama di tendenze” a cura di Luciano Luisi.

1986

Progetta “un giglio” per la festa di San Paolino a Nola. È invitato alla XI Quadriennale di Roma esponendo il grande trittico “Gli uomini della ricostruzione” dipinto a Milano nel 1981 in ricordo delle vittime del sisma in Irpinia. Attualmente l’opera è esposta al museo irpino di Avellino.

1989

Inizia l’esperienza americana e tiene una mostra personale a Toronto nella galleria Columbus Center. Soggiorna a New York. Sue opere vengono esposte alla galleria d’arte comunale di San Francisco.

1990

Incide 12 lastre litografiche per un’edizione grafica-bibliografica in occasione dei campionati di calcio. Edizione Edma di Modena.

1991

Esegue due grandi cavalli in bassorilievo che raffigurano Tancredi e Clorinda in occasione di un concerto diretto da Giuseppe Agostini nell’aula magna dell’ università La Sapienza di Roma.

1992

Interpreta una serie di opere pittoriche ricordando “La zattera della medusa” di Théodore Géricault.

1993

Espone in una mostra personale i dipinti della zattera alla galleria “Cà d’Oro” di Roma e alla galleria “Arte Club” di Catania.

1994

Per conto dell’ Hammer Museum di Los Angeles e della casa editrice “La Bezuga” di Firenze, esegue una serie di cartoni e incisioni ispirate ai codici di Leonardo con un saggio critico del prof. Carlo Pedretti.

1995

I cartoni leonardeschi sono esposti in una mostra personale nella sala della Ragione del comune di Anagni, alla galleria Italarte di Roma e all’ Hammer Museum di Los Angeles.

1996

È invitato dall’University di Humbold in California a tenere una serie di lezioni sulla propria opera pittorica.

1997

Si trasferisce a Roma come docente di pittura nell’Accademia di Belle Arti della capitale.

1998

Partecipa ad una serie di rassegne pittoriche in Ciociaria nei comuni di Boville Ernica, Veroli, Alatri, Arpino.

1999

Mostra personale nella galleria dell’Accademia d’Egitto a Roma con opere ispirate alle piramidi di Giza del Cairo, mostra internazionale di disegno, Ino-cho Paper Museum, Kochi, Giappone.

2000

Mostra antologica nella sala della Ragione del Comune di Anagni. Dipinge una pala di grande dimensione ispirata alla enciclica Papale “Fides et Ratio”. L’opera è esposta nella chiesa di San Nicola in carcere di Roma e poi definitivamente sistemata nel transetto della colleggiata di Santa Maria in Supino. Pubblica una grande edizione grafica che ricorda il sisma dell’Irpinia dopo 20 anni, presentandola nella Chiesa del Carmine di Avellino.

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2001

Mostra antologica di opere grafiche nella galleria dell’antico teatro Comunale di Fiuggi.

2003

Soggiorna in Africa nello stato della Tanzania con il fotoreporter Piero Pomponi. Dipinge una serie di opere sul popolo dei Masai. Espone al Macro di Roma “Inchiostro indelelebile” “impronte a regola d’arte” a cura di Pablo Echaurren e Domenico Giglio. Museo di Arte Contemporanea - Bologna.

2004

Tiene una serie di mostre personali nella galleria “Arte Lombardi” di Roma, nella casa della cultura di Frosinone “ Villa Comunale” e alla galleria ItalArte di Roma.

2005

Mostra antologica “Gruppo 5” Frosinone - Sora.

2006

“Il segno contemporaneo” Museo Crocetti Roma.

2007

Mostra personale “il 900 italiano” caffè ‘900 - Toronto. Mostra personale Kipling Gallery - Toronto. Un mare di Arte Mediterraneo specchio del cielo Frosinone.

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I fuochi della speranza nei blu dell’odierna stagione. L’anima di un pittore alberga, quasi sempre, in un colore. Essa si riflette e si propaga, come onda ricorrente, nelle infinite sfumature e variazioni tonali che, sensibilità genetiche, modulano su un unico, immenso e sconfinato valore magico: il colore. Valore comunicativo che un solo colore all’interno di una tavolozza, quello distintivo della personalità del pittore, può emanare. In esso si nasconde e brilla l’affascinante e misteriosa complessità dell’iride, la mescolanza di misteri inspiegabili quasi quanto l’impulso che muove la mano degli artisti. Un uomo ed un colore, le sue stagioni ed il suo colore che, nelle infinite variazioni tonali, ne segna il tempo. Ecco il pensiero che più d’ogni altra cosa mi ha colpito riflettendo sulle recenti opere di Italo Scelza. Comprendere appieno l’anima di un grande poeta vuol dire saper riconoscere nel profondo l’inimitabile ed unico fluire musicale del suo verso. Non è questa la sede per discettare sullo stato dell’arte in Italia e nel mondo, e tanto meno per attardarsi su considerazioni riferite alle nuove tendenze ed ai loro profeti, ma ogni volta che mi è capitato, negli anni, di poter incontrare le opere di Italo si è sempre più radicato in me il convincimento che, solo il colore ed ancora il colore e soltanto il colore sia il vero veicolo sul quale viaggia (viaggiava e viaggerà) l’anima dei maestri della pittura. Il perché è presto detto! Non avendo ambizioni storico-critiche e difettandomi anche gli strumenti, mi abbandono al ricordo delle vive emozioni che un giovane artista suscitava in me, riuscendo a rarefare tonalità cangianti di gialli e di rossi-arancio in un blu degradante nel chiarore di fantastiche aurore che soltanto un uomo del sud può penetrare, catturandone l’infinita dolcezza. Parlo dello Scelza degli anni sessanta, delle variazioni della sua stagione d’uomo e di artista e delle progressive metamorfosi formali del suo linguaggio. Esperienze evidenti di grandi mutamenti, di amare delusioni e preoccupanti trasformazioni oggi caratterizzano tutte le tonalità del suo blu! Un colore così carico, così rappresentativo della nostra epoca, filtro potente ed avvolgente di fatti e storie vissute in dimensioni anche tragiche. Ritrovo ancora oggi nei suoi recenti lavori che vogliono apparire scene alienanti di una società smarrita, quella straordinaria miscela di materia pittorica che caratterizza l’opera di ogni autentico artista. Ancora oggi, infatti, mi piace inoltrarmi nei sconcertanti misteri delle ombre che popolano le tele ed i personaggi di Italo, improbabili protagonisti di astratte vicende e di ancestrali memorie pescate per assurdo anche nella tradizione folk. Una lettura che inizia dubbiosa, nell’atmosfera avvolgente degli ultimi blu di Italo Scelza, e che poi ritrova, pur nei più contenuti bagliori dei suoi odierni rossi-arancio, quella speranza e quella gioia del vivere che, nonostante tutto ciò che accade nel mondo, credo che ancora ci accomuni e che permea da sempre il suo lavoro. Massimo Struffi Presidente della Fondazione Umberto Mastroianni

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The fires of hope in the blues of today’s season. The soul of a painter, almost always, lives in a colour. It is reflected and spread, like a recurrent wave, in the infinite shades and tone variations which, genetic sensitivities, modulate on an only, immense and endless magic value: colour. A communicative value which one only colour inside a palette, distinctive of the painter’s personality, can emanate. Inside it hides and shines the fascinating and mysterious complexity of the iris, the mix of mysteries nearly as unexplainable as the impulse that moves the hands of artists. A man and a colour, his seasons and his colour which, in the infinite tonal variations, signs his time. This is the thought that above all impressed me while reflecting on the recent works by Italo Scelza. To fully understand the soul of a great poet means to know how to recognize in depth the inimitable and unique musical flow of his verse. This is not the seat to discuss the state of art in Italy and in the world, and neither to lose time on considerations referred to the new trends and to their prophets, but each time I happened, in the years, to see Italo’s works I was always more convinced that only colour, and again colour and just colour is the real vehicle on which the soul of the masters of painting travels (travelled and will travel). The reason is soon told! Not having historical-critical ambitions, and not even having the instruments to do so, I abandon myself to the memory of the vivid emotions that a young artist caused in me, managing to rarefy changing tonalities of yellows and orange-reds into a degrading blue in the light of fantastic dawns which only a man from the south can penetrate, capturing its infinite sweetness. I am speaking about the Italo Scelza of the sixties, of the variations of his season as a man and as an artist and of the progressive formal metamorphoses of his language. Evident experiences of great mutations, of bitter disappointments and worrying transformations characterize today all the tones of his blue! Such a deep colour, so representative of our time, a powerful and enwrapping filter of facts and stories lived in even tragic dimensions. Today, in his recent works, which want to appear like alienating scenes of a lost society, I find again that extraordinary mix of pictorial matter which characterizes the work of an authentic artist. Still today, in fact, I like to wander in the puzzling mysteries of the shadows that populate Italo’s canvases and the characters, improbable protagonists of abstract incidents and ancestral memories absurdly taken also from the folk tradition. A reading which starts dubiously, in the embracing atmosphere of Italo Scelza’s last blues, and then recovers, even though in the more contained glow of his current orange-reds, that hope and joy of living which, despite everything happening in the world, I believe we still have in common and has always permeated this artist’s work. Massimo Struffi President of the Umberto Mastroianni Foundation. Translation by Daniela Fraioli.

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Italo Scelza: gli squilibri metamorfici della materia

Romano, con le sue corporeità geometrizzate e il groviglio di lance innalzate al cielo come un furente bosco automatizzato. Ciò che in questi due quadri maggiormente affascina è il groviglio dei dinamismi in contrapposizione offensiva, destrutturata in un’assoluta assenza di descrittività. Scelza non racconta, non documenta, non è interessato alla testimonianza cronistica di un evento di civiltà locale. La sua più vera ossessione è di specie strutturale e coloristica. Il suo è un occhio che accorpa mentre decompone, riduce a magma mentre dissemina. Le sue sono forme pesantemente instabili pur nella loro torva solidità, e la tavolozza lavora sul filo di una scala cromatica che attorno ai bianchi spietati fa crescere una quantità, disordinata nel suo ferreo ordo di scansioni spaziali, di altre croci-lance rosse, blu, gialle, variamente verdi. Le masse umane così ferinamente impegnate nella loro fatica tribale agiscono nel vuoto, in una sorta di stupore silenzioso e idiota.

Sulla scia delle calviniane Lezioni americane si è sviluppato da noi nell’ultimo ventennio, perfino fastidiosamente, un chiacchiericcio proclive ad attribuire alla proposta della leggerezza nella scrittura una dignità di categoria estetica assoluta. Una moda davvero un po’ troppo leggera, proprio nel senso di fievole ed evanescente: che ora pare finalmente disperdersi nell’aria senza rimpianti. Anche per questo, se è lecito rinvenire certe affinità tra letteratura e pittura, mi fa piacere rilevare nella produzione recente di Italo Scelza, che non è mai stato un artista lieve, flebile o sommesso, la decisa appropriazione di un modo di fare pesante, scalibrato rispetto alle norme della Buona Educazione Visiva, e magari – volendoci servire di un termine sportivo - deliberatamente falloso. In questa serie di opere Scelza prende le mosse da una situazione collettiva piuttosto frenetica: la festa di Sant’Ambrogio che si celebra il trenta aprile a Ferentino, con grande concorso di popolo e una selva di grandi croci colorate. Per un artista di forte natura cromatico-plastica come Italo, una sollecitazione di altissima intensità emotiva e visiva. Ecco infatti che la festa gli appare immediatamente come una sineddoche della realtà generale odierna, della sua confusione, della sua esaltazione oscura, della sua dispersività, della sua spettralità: da cui il titolo di questa mostra, La Pantas’ma, termine che nella sua durezza dialettale definisce l’essenza di fantasma del nostro vivere. L’ouverture di questa sinfonia pittorica sotterranea e perturbata si compone di due grandi quadri che funzionano al pari di due tempi iconici consecutivi, in una scompaginata allure di musica crudamente atonale. L’immaginazione di Scelza, nutrita di cultura alta anche quando l’artista affronti tematiche popolari, ingenue o addirittura sgradevoli, richiama in questi due testi di grande forza sintetica concepita in un’ottica duramente visionaria, più che l’emotività della fede, la violenza di un combattimento cieco. Lo scomposto protendersi delle croci verso il cielo corrusco e l’affollarsi caotico di gruppi umani, di sacerdoti e di fedeli quasi serrati in una falange tumultuosa e ferrigna, alludono nella loro furia catafratta alle masse militari raggelate nello scontro dell’uccelliana Battaglia di San

Cambio di scenario. Alla festa anonima subentra un luogo chiuso come la Piscina: che si espone in senso assolutamente teatrale. Continua il gioco drammatico della similitudo brevior, della “similitudine accorciata”, come si dice in retorica. Continua la strategia metaforica. Alla metafora esplicitata della competizione violenta subentra l’esibizione incosciente del proprio malessere e della solitudine dei singoli, uomini e donne. Nessuno comunica con nessuno. In posizione frontale, profilata o di schiena, questi personaggi chiusi in un soma bestiale appartengono a una qualche specie zoologica non più chiaramente definibile. La loro è, se lo è, un’umanità sordida e priva di coscienza. I volti esprimono soltanto pulsioni defunte. I corpi disfatti manifestano un residuo celibe di erotismo bestiale. La zoologia bruta vince sulla definizione dell’armonia fisica. Così, in parallelo, e si direbbe sul filo cupo di una dialettica piatta, anche le acque della piscina sono più che altro una distesa bituminosa, plastificata, finta. In un mondo senza più forma, senza più differenze, anche la natura è ridotta a elemento artificiale. Appunto per questo, i colori del dittico della Piscina, nel cui modulo secondo agiscono tre figure femminili di disfatta fisicità, si fanno lividi, talora al limite del monocromo. Le acque sempre più somigliano al

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decadimento della carne, paiono raggrumarsi in ondate di ciccia putrefatta. Il nudo “modiglianesco” che segue, occupando in orizzontale l’intero spazio del dipinto, denuncia anch’esso senza pudori la propria decadenza, e manifesta potentemente un residuo di senso solo nel volto sconfitto. Idem per le figure maschili in movimento, simili a incongrui pupazzi carichi di insensata volgarità, parzialmente racchiusi – come a conferir loro un minimo di equilibrio e di plausibilità – in una sorta di ambiguo portale che si apre sul nulla e lascia intravedere il nulla. L’acidità dei colori e i loro accostamenti a frizione dentro un contrasto crudo di ombre lattiginose e di luci gelide giocano una partita di straordinaria energia drammatica, spropositata e eccessiva. E’ appunto in questo eccesso deformante che Italo Scelza esprime il suo giudizio su un mondo che sembra correre senza freni verso il proprio annientamento. Come sigla definitiva di uno sguardo insieme sfiduciato eppure fermo, afflitto eppure irriducibilmente fisso sul senso di una catastrofe autocostruita, indicherei il cartone teterrimo dei due relitti umani (un uomo e una donna) abbandonati a bordo piscina più che nel riposo nel presentimento della fine, sotto un’arcata invasa da strani volatili, e a sfondo una distesa d’acqua che tanto somiglia a una landa desolata. Si guardi quindi il quadro che esibisce come fossero in vetrina, offerte a chiunque come animali, le due figure femminili di esagerata rotondità e di sensualità insieme sfacciata e ipocrita: e si capirà una volta di più come questa pittura fatta di pallori mortuari e di cromatismi violenti entri nelle lacerazioni del nostro vivere come poche altre oggi in Italia, proprio perché sono le sue ragioni crudelmente formali a determinare quelli che si chiamano “i contenuti”, e non viceversa. Ecco, il discorso di Scelza non procede sul filo di un racconto in qualche modo credibile, in qualche modo accettabile per la communis opinio, per il Senso Comune Estetico che ha finito ormai per tollerare le provocazioni dell’“avanguardia” accademizzata. Il suo discorso procede invece per salti di scenario, per lacerti di racconto, per tracciati allegorici che non si illudono di pervenire a un’unità per sempre perduta. Ed è, necessariamente, un discorso di forte autoconsapevolezza e di profonda istanza visionaria (e critica). Lo è, come dicevo all’inizio, crudelmente e implacabilmente, perché scompaginare le carte è la

sola funzione – e starei per dire, il solo dovere – che oggi spetti a un artista che lavori con il linguaggio in termini non corrivi. E allora, in questa controfiera dell’aberrazione e della metamorfosi degli equilibri somatici e mentali dell’animale uomo, indicherei ancora un pezzo di desolata energia come il volto in primo piano della donna, in cui a parlare di morte, e di eros mortuario, sono soprattutto i grandi occhi e la grande bocca, e tutto è dipinto con sprezzature biancastre e lividori senza speranza; e non trascurerei i disegni, magistralmente taglienti, che di questa rassegna di ombre perdute nella loro mostruosità zoologica sono gli antecedenti necessari, eppure linguisticamente autonomi. Alla stessa logica di crudeltà antinaturalistica, antimimetica e non accattivante, ma anzi di inclinazione “cinicamente” espressionistica, risponde il dittico delle Isole, abitato da forme scabre e liquide in una pittura di avare variazioni cromatiche e grande intensità plastica. Qui lo spazio esiguo in verticale si dilata in un infinito fantasmatico che non ha nulla di contemplativo, ed è invece puro linguaggio, pura affermazione dei volumi, delle dissolvenze, della luce che si disfa nella sua spettralità. Uniche note per così dire giocose in tanto inscalfibile ruvidità tellurico-equorea, i tre pini mediterranei, coi loro ombrelli piatti, quasi civettuoli. Unico accenno di luce, una scaglia di luna giallina nel cielo pallido. Ma la nota che fa risuonare verso la fine di questa splendida e inquietante avventura il dipinto orizzontale di Marina Notturna, tutto affidato a una perentoria dissonanza di neri e di blu con qualche labile traccia di bianco, è quella di un vacuo, innaturale silenzio di attesa lucreziana. Da quello straordinario pittore che è, Italo Scelza si è ancora una volta fortemente pronunciato. Ora la parola, ma prima ancora l’ascolto, sono ai riguardanti. Mario Lunetta Accademia Platonica, aprile 2008

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Italo Scelza: the metamorphic instabilities of matter

documents; he is not interested into chronicle of simple local event. Structure and colour possess him. His view, unifying while dividing, reduces to magma while scattering. His shapes are very unsteady, even though grimly firm. His palette works on the edge of a chromatic scale, which creates a messy deal of other red, blue, yellow, variously green crosslike spears around pitiless whites, chaotical despite the hard ordo of space scanning. The human crowd, so wildly involved into tribal work acts into emptiness, in a sort of silent and idiotic astonishment.

In the last 20 years, in the wake of Calvino's American Lessons, it has been developed an even irritating chattering tending to give the proposal of lightness in writing the dignity connected to absolute aesthetic category. A bit too easy fashion indeed, weak and fading, seeming to be dissolving without regret at last. This is one of the reason why we may find some similarities between literature and painting; I would like to notice in the last works of Italo Scelza, who has never been a light, feable or soft artist, the assertion of a hard way of painting, unsuitable for the rules of Good Visual Education, and using a sports word, intentionally foul. In these paintings, Italo Scelza starts from a quite frantic group event: the feast of St. Ambrose, celebrating on 30th of April in Ferentino, full of people and of big coloured crosses; a highly intensive emotional and visual spur, for such a chromatic plastic natured arstist as Italo. To his eyes the feast appears to be an immediate synecdoche about nowadays reality, its confusion, its dark fervour, dissolution and ghostlikeness. La Pantas’ma, which is also the exhibition name, defines through the dialectical harshness, the core of our living as ghosts. The ouverture of this hidden, disruptive painted symphony is made up of two big paintings, which are as two following iconic times, in a disordered allure of rigorous atonal music. Scelza's imagination is fed with high knowledge, even when he deals with either popular or innocent unpleasant themes. Thus the two paintings, expressing a highly syntectic strength, and born from his harshly visionary view, suggest the violence of a blind fight rather than the emotiveness of faith. The crosses reaching wildly towards the glittering sky, the chaotic crowd bodies, priests and believers packed in a steely rioting army seem to refer in their rage in full armour to the military mass frozen by Paolo Uccello in the Battaglia di San Romano. We find in it a geometric physicality and tangles of spears towards the sky like an automatic livid wood. The most charming effect is the tangled dynamism of the opposed attacking parties, disintegrated into absolute lack of description. Scelza does not tell, nor

The scene changes. A close site takes place of the anonymous feast: the Pool, which is exhibited in a performing way. The dramatic play of similitudo brevior, as we call in rethorics, and the metaphoric tactics go on. The unconscious showing of his own uneasiness and the loneliness of individuals, men and women, take place of the explicit metaphor related to brutal competition. No communication. The characters are compressed in a wild soma in front, profile or back, they do not belong to any definable zoological species. Assuming that, it is a kind of filthy and unscrupulous humanity. Their faces only convey death impulse. Their rotten bodies show an unmarried remaining of wild erotism. Brutish instincts win over physical harmony. On the gloomy field of a flat dialectic, even the pool waters are bituminuous, plastic coated, fake. In a shapeless and common world nature is reduced to artificial element. This is the reason why in the second part of the diptych of the Pool, where there are three rotten bodied women, the colours become pale at times even monochrome. Waters are much more like to decaying flesh, they appear to be clotted in waves of rotten fat. The 'Modigliani' nude, which fills the painting horizontally, shows her own decadence impudently; only her defeated face has a remaining sense. The same happens for the male figures moving as odd puppets full of non sense coarseness. In order to make them at least balanced and reasonable, they are partly contained in a sort of equivocal getaway opening and glimpsing to nothing. The acid colours and their conflict combination, within a harsh contrast of milky shades and cold lights, play a very intensive, dramatic, huge, excessive role. Italo Scelza

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uses his deforming excess to give his opinion about the world, which seems to run towards its own end without restraint. As the closing seal of his discouraged yet steady, dejected yet inflexibly conscious view about self made disaster, I would show the gloomiest cardboard with two human wrecks, a man and a woman. They are lying on the edge of the pool, they are not resting, rather feeling the end, under an arcade full of odd birds, on the background of broad waters like to a waste land. Let us now look at the painting where two female figures are displayed and offered in a showcase as animals, with big curves and sensuality, both shameless and false. It will be easy to understand once more, how his painting, made of death pallors and vivid chromatism, as few others do in Italy, has to do with our tearing living. This is the result of his bitter formal matters which define the 'contents' instead. Scelza's matter does not go on a reliable or satisfactory story for communis opinio, for the Aesthetic Common Sense, which has ended up tolerating the challenges of academic 'avant-garde' by now. He carries on his arguments instead, making scene shifts, story fragments, allegorical sketches that cannot hope to reach a lost unity. It is necessarily a matter about his strong selfconsciousness and his deep visionary, as well as critical, need. As I have already said at the beginning, his matter is rigorous and ruthless, because this is the work or, the only duty of an artist. Going on along this antiexihibition of deviation and changes of physical and mental balances of 'man', I should also notice the bleak energy in the close up of the woman. Her big eyes, but her mouth in particular, tell about death and death eros, the whole is painted using whitish hopeless leaden colours. And in this show of lost shades in their zoological monstruosness, I would not omit either the so masterfully sharp drawings which are necessary previous, but independent in their terms.

fading and light melting in its ghostlikeness. The t h ree Mediterranean pinetrees, with their nearly appealing flat umbrellas, can be considered the only light note in such a telluric untouched roughness. The only hint to light seems to be a shred of fading yellow moon in a pale sky. Going towards the close of our wonderful and fearful travel, we find the note that makes echo the horizontal painting of Night Seascape. It is given by a firm dissonance of black and blue with some sketches of white with the final result of an empty innatural silence of lucretian waiting. Italo Scelza, extraordinary painter, has strongly revealed once more. But now let the connoisseurs listen first, then speak.

Mario Lunetta Accademia Platonica, April 2008

The dyptich of the Islands have the same contents of artificial, exposed and loathsome ruthlessness, with a quite cynical expressionist trend. It is peopled by rough liquid shapes and painted with spare chromatism variations and highly plastic strength. The small vertical site enlarges on imaginery eternal boundlessness which is not contemplative at all; it is instead a flawless language, a clear statement of volumes, of

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Conversazione Olio su cartone e legno 2006/7 cm 219x190

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Conversazione speculare olio e smalti su cartone e legno cm 219x190 2007

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Controra olio su cartone cm 70x100 2007

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Ricordando Raffaella olio su tela cm 130x125 2006

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Terrazzo a Salento olio su tela cm 50x40 2006

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progetto per il mosaico della piscina per il centro sportivo delle Fiamme Oro di Roma Ministero per le opere pubbliche mt 3x11

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Notturno in piscina olio su cartone cm 70x110 2007

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Il nuotatore olio su cartone cm 114x92 2008

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Il Tuffo olio su cartone cm 114x92 2008

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Sotto la luna olio su cartone cm 70x100 2006

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Il volto grigio olio su tela cm 80x75 2008

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L’ACQUA E IL FUOCO Per una lettura di Italo Scelza

I lapilli della Pantas’ma incendiarono mezzo mondo quasi tutte le croci possibili i preti di campagna e i vescovi delle cattedrali il calore scioglieva i legacci delle tuniche penitenziali ardere significava partecipare intere confraternite si compattarono cantando saltarono le braci tenendosi la cotta con le mani il fuoco si specchiò sulle mitrie e sulle pietre Italo si accorse del divampare dell’incendio solo quando il calore bruciò i volti con uno straccio imbevuto di colore tentò di soffocare il fuoco qualche croce si tinse di bianco e risplendette un’altra cadde a sbarrare la strada quella cinta di alloro si illuminò di verde accese un sole arancio per dileguare i fantasmi si lacerò un braccio per spostare i legni Prese un fascio di tele e le aprì cominciò a cospargerle di cobalto le acque nascevano scure e fumanti via via si schiarivano e si placavano nelle geometrie dell’invaso continuò a versare gli azzurri fino a riempire intere piscine i corpi martoriati dal fuoco ebbero una vacanza ma non il sollievo dell’amnesia qualcuno disse di non riconoscersi

Sergio Zuccaro

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WATER AND FIRE Reading Italo Scelza

The lapilli of Pantas'ma set fire burning almost all crosses country priests cathedral bishops heat melted penance soutanes strings burning was sharing every brotherhood packed singing leapt over flames holding surplices fire reflected in mitres and stones Italo noticed fire flaring up only when heat blazed the faces he doused flames with a colour soaked rag one rood turned white and shone another fell barring the way the laurel tied one sparkled green he lit an orange sun to vanish ghosts tore his arm placing woods He took a bunch of canvas unrolled and covered them on cobalt darkly steaming waters gushed to slowly clear and calm down in the geometric holes he spilt the blue to fill up the pools the burnt mangled bodies had a break no amnesia relief though some said they could hardly recognize themselves

Sergio Zuccaro

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La pantas’ma olio su tela cm 219x190 2007

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Le croci olio su tela cm 219x190 2007

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progetto matite colorate su carta cm 70x50 2006

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progetto matite colorate e acquerelli su carta cm 70x50 2006

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progetto matite e gessetti colorati su carta cm 70x50 2006

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disegno matite colorate su carta intelata cm 176x90 2007

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progetto le croci di Sant’Ambrogio matite colorate e acquerelli su carta cm 113x109 2007

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progetto matite colorate e acquarelli su carta cm 70x50 2007

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progetto matite colorate e acquerelli su carta cm 70x50 2006

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progetto matite colorate e acquerelli su carta cm 70x50 2007

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La nuvola gialla matita e gessetti colorati su carta intelata cm 200x86 2007

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Imago Mortis il Divenire della Croce per due anime, voci, immagini e percussioni. Video di Antonio Poce su due grandi pitture di Italo Scelza ispirate alla Festa di S. Ambrogio Martire in Ferentino. Testo poetico e voce di John Giorno musiche tratte da Palestrina e Percussionisti del Bronx.

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Imago mortis È intenso e suggestivo, caldo e potente, inusuale come una “lauda” medioevale rivisitata oggi, questo “video” di Antonio Poce e Italo Scelza. Un’opera costruita da Poce lungo il filo rosso di una tensione drammatica manifesta, intersecando con il ritmo incalzante delle sequenze baleno e delle illuminazioni improvvise i dettagli fortemente significativi di due grandi pitture di Scelza — ritmate anch’esse con il colore più ancora che col segno, musicalmente; e immagini non consuete della Festa di S. Ambrogio in Ferentino, incunaboli sonori da Palestrina, percussioni inquietanti perché più da parata militare che da processione religiosa eseguite — sorprendentemente — da una band del Bronx, la voce narrante / quasi cantante (in inglese) del poeta John Giorno: e il “video”, il montaggio video, come luogo di convergenza — flessibile e mobile, onirico e desiderato — di così varie ma anche coese forme di significazione. Un testo poetico, una sintesi efficace di molte suggestioni temporalmente lontane tra loro ed ecletticamente cosmopolite: ma, alla fine, una “lauda”, come nelle tradizioni più antiche dell’Italia centrale. E una “lauda” sulla Croce, sul bisogno di conoscenza che travaglia la società, sui riti pubblici della penitenza, della processione e della flagellazione di un popolo intenzionato a riprodurre in sé — come prova della sua passione e salvazione — l’esperienza umana compiuta dal Cristo. Una “sacra rappresentazione”: e come tutte le sacre rappresentazioni, concepita con gli schemi ritmici della ballata popolare, tra bisogno di realismo e bisogno di spirituale, tra echi di “stazioni” e ritualità liturgiche, simboli e significazioni più esplicitamente laiche e forse anche un po’ pagane. Imago mortis è tuttavia — anzitutto — la dichiarazione intensa di un profondo, inappagato nell’era della tv, disperato bisogno di verità, di “apocalissi” nel senso di rinascita dalle profondità degli abissi nei quali ci stiamo calando: un grido di disperazione (e di resistenza) relativo alla fine del mondo che ci stiamo allegramente procurando. A ventidue anni da Chernobyl, a sessantatré da Hiroshima, a pochi istanti dalle nostre quotidiane quarantacinque guerre contemporanee sul pianeta, dalle molteplici “crisi” ecologiche (e del senso di umanità) che attraversiamo, più o meno rassegnati, ogni giorno. Un’opera d’arte di ispirazione “universale” che dichiara le sue radici; nonché autenticamente “intermediale” per il sapiente intreccio dei linguaggi espressivi che ha saputo coinvolgere. Ma anche un’opera “epica”, rocciosa, scolpita come le figure umane nei capitelli romanici e al tempo stesso realistica come nei volti delle “vie crucis” medioevali che i segni stilizzati e i colori inattesi di Scelza hanno fatto — straniandoli — riapparire.

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Un’opera ben diversa (e quanto più comunicativa!) di quelle allo stato gassoso che troppo spesso s’incontrano oggi: ed, evidentemente, altrettanto contemporanea. Un’opera capace di rilanciare — in piena euforia da postmodernità “leggera” e sedicente “digitale” — la solida eredità realistica e il dichiarato impegno etico che ci viene dal medioevo cristiano. E non solo da quello. Una ispirazione per la quale il tragico umano si fa incontro al celeste spirituale, il sublime al quotidiano, la sacra rappresentazione alla narrazione cosmopolita, e “intermediale” ante litteram, dei cantastorie e dei giullari. Materia plastica variegata, meticcia e plurale come la vita e la conoscenza: polarizzabile in opposti inconciliabili solo nei “reality” così poco virtuosi messi in scena planetariamente dalla tv: ma che rimane — a dispetto di ogni regressione — una possibilità ancora efficace per afferrare in modo sempre nuovo le cose sensibili. Come riaffermano di opera in opera — anche in questo inizio di terzo Millennio — gli artisti che fanno del video, della tv e del web un uso non solo plastico ed espressivo, ma anzi tutto provocatoriamente non alienante. Roma, aprile 2008

Marco Maria Gazzano

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Imago Mortis è un lavoro intermediale che, perseguendo la sintesi delle arti, attinge agli archivi più nascosti della memoria. Dalle immagini pittoriche di Italo Scelza, ispirate alla festa di S. Ambrogio Martire, unite al testo poetico ed alla voce di John Giorno, è nata la suggestione profonda di un video che, istintivamente, vorrebbe esorcizzare il terrore della catastrofe nucleare. Imago Mortis è la materializzazione di un incubo. È il “tempo” che divora ogni cosa e si conferma spietato messaggero di morte. È il pensiero tremendo dell’ultimo bagliore citato nell’Apocalisse di Giovanni, il “dies irae” nel quale l’intera umanità sarà ridotta a una indistinta nube di gas. La minaccia della fine, con i suoi simboli e le sue evocazioni, mi ha spinto, quasi inconsapevolmente, ad esplorare gli abissi del corpo attraverso il ritmo dei processi creativi. Quattro minuti di immagini-musica-voci per ricostruire un intero universo fatto di sospiri, interferenze, fratture profondissime, rivelazioni e silenzi, allorché “le parole acquistano potenza con il vento e il respiro fluisce dai canali nervosi del corpo”. Imago Mortis è anche un “colpo basso”: coacervo emozionale che non ammette distinzioni fra reale e immaginario, fra essere e divenire, poiché tutto trasmuta nel crogiuolo incandescente della creazione e della percezione. Una striscia di luce che fonde le intense vibrazioni della voce proiettando le nostre anime tra le atmosfere dilatate del sogno. Antonio Poce

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Imago Mortis is an intermedia artwork. It pursues the sythesis of the Arts, tapping into the most hidden archive of the memory. From Italo Scelza’s paintings, inspired by the Sant’ Ambrogio’s holy day, fused with the John Giorno’s poetical text and voice, a video full of deep suggestions come to the life aiming to dissipate the fear of a nuclear catastrophe. Imago Mortis is the fulfilment of a nightmare. It’s the time that gobbles up everything confirming itself as a cruel messenger of Death. It is the “Dies Irae” of the Apocalypse during which the human kinds will disappear in an indistinct cloud of gas. The menace of th End pushed me, almost unconsciously, to explore the abyss of the body through the rythm of the creative processes. Four minutes of images, music, voices to rebuild a whole universe made of whispers, interferences, deep cracks, revelations and silences. Imago Mortis is also a “cheap shot”: mass of emotions which doesn’t admit any distictions between the reality and imaginary, between being and becoming, because everything turns into the white-hot crucible of the creation and perception. A light stripe that merges the intense vibrations of the voice projecting our spirits on the expanded atmospheres of the dream. Antonio Poce

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Foto di Maria Andreozzi

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BIOGRAFIA ESSENZIALE Italo Scelza, pittore e docente di pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma, nasce ad Avellino nel 1939. Negli anni ‘50 è a Napoli per ragioni di studio. Nel 1960 soggiorna in Ciociaria, per poi trasferirsi a Roma. Nel 1970 prende studio a Milano. Dal 1962 è presente senza interruzioni nelle più importanti gallerie italiane. Sempre attento nell’annotazione del momento sociale dell’arte, è un nome ricorrente nelle mostre di forte tensione storica. I suoi primi interventi sul territorio iniziano nel 1973 a Gualdo Tadino (Immaginazione e Potere - Editori Riuniti), nel 1974 a Saronno (L’Uomo e la città), (Festival Mondiale della Gioventù di Berlino), nel 1979 (Le Piazze di Messina: Ipotesi per un gioco), nel 1980 (De Umbris Idearum - La Macchina della Memoria di Giordano Bruno). È specialista della venerazione per la memoria storica come tale ma rivissuta, e riedificata con lo spirito inquieto e dialettico della cultura contemporanea. A questo proposito si possono citare due interventi importanti: Gli Stucchi Colorati dal Sole (lettura del fiammeggiante Barocco di Catania) con testimonianza di Paolo Portoghesi e La Piazza diventò Teatro rigenerazione della possente manifestazione dei Gigli di Nola. Nel 1986 partecipa alla XI Quadriennale con un grande trittico Gli Uomini della Ricostruzione e nello stesso momento dipinge un altro trittico Il Gioco degli Scuri. Nel 1989 inizia l’esperienza americana soggiornando prima in Canada tenendo una mostra personale a Toronto e poi in California tenendo una mostra in S. Francisco. Le sue opere sono in molte collezioni pubbliche e private sia in Italia che in Europa. Negli ultimi due anni Italo Scelza rilegge pittoricamente La Zattera della Medusa di Théodore Géricault, l’opera ottocentesca nella quale il grande pittore francese avverte il dramma dell’uomo di oggi. Scelza vive attualmente tra Roma e il suo studio di campagna in Ciociaria nel territorio di Supino. Tra i suoi ultimi studi interessante la sua ricerca su Leonardo in collaborazione con il Prof. Carlo Pedretti, con il patrocinio dell’Hammer Museum di Los Angeles e un ciclo di opere sul popolo Masai.

ESSENTIAL BIOGRAPHY Italo Scelza, Artist and lecturer of painting at the Accademia di Belle Arti of Rome, was born in Avellino in 1939. He lived in Naples during the 1950 enabling him to study there. In 1960 he moved to Ciociaria, and after that to Rome. In 1970 he opered a studio in Milan. From 1962 onwards he has been in the most important Italian art galleries. Always aware of the social meaning of art, he is a current name in exhibitions of strong historic tension. His first attempts in this sphere started in 1973 at Gualdo Tadino (Imagination and Power-Editori Riuniti), in 1974 at Saronno (Man and the City), (The World Youth Festival in Berlin), in 1979 (The piazzas of Messina: Hypothesis for a Game) in 1980 (De Umbris Idearum - The Memory Machine of Giordano Bruno). He is a specialist in the veneration for the historic memory, like so but relived and recostructed with a restless spirit, and in touch with contemporary culture. We can refer to two important events regarding this: The Coloured plaster figures of the Sun (reading of the blazing Barocco of Catania) with the testimony of Paolo Portoghesi and The Piazza becomes Theatre, a regeneration of the powerful manifestion of the lilies of Nola. In 1986 he participated in the XI Quadriennale with a large tryptich The Men of Reconstruction and at the same time he painted another tryptich Il gioco degli Scuri. In 1989 he started his American experience living first in Canada and holding a personal exhibition in Toronto and then in California holding an exhibition in San Francisco. His works are in many collections both public and private, in Italy and the rest of Europe. In the last two years Italo Scelza has re-read pictorially La Zattera della Medusa of Theodore Géricault, the 18th century work with which the great French artist feels man’s drama of today. Scelza now lives partially in Rome and partially in his studio in the Ciociaria countryside in the territory of Supino. Amongst his latest interesting studies, is his research on Leonardo in collaboration with Professor Carlo Pedretti, under the auspices of the Hammer Museum of Los Angeles.

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Bibliografia: BRUNO ANATRA Presentazione Mostra personale - Roma, 1962 GIUSEPPE SCIORTINO Fantasia espressionistica - «La Fiera letteraria» - 21-6-1962 ARTURO BOVI Giugno Frusinate - «Il Messaggero» - 3-7-1963 GIUSEPPE PENSABENE Capo Palinuro -«Il secolo d’Italia» - 14-7-1963 FRANCO MIELE Un mondo ricco di suggestioni - «Il Popolo» - 29-6-1963 ANTONELLO TROMBADOR Presentazione al Catalogo «testimonianze sul Viet-Nam» - 1963 MARIO GIUSE ROMAGNA La dimensione lirica - «Unione Sarda» 19-5-1964 DOMENICO PURIFICATO Presentazione al Catalogo - Mostra personale - Napoli, 1964 DUILIO MOROSINI Alle soglie dell’espressionismo astratto - «Paese Sera» 20-7-1964 TONINO CASATELLI Madrid 64 - «Gazzetta Ciociara» - 10-4-1964 CARLO GIACOMOZZI Tensione metafisica - «Vita» - 25-6-1965 ALFONSO CARDAMONE Memoria e storia di un artista - «L’Avanti» - 15-2-1966 DAVID GAETA Presentiamo - Italo Scelza - Cinema Sud - 1968 GUIDO GIUFFRÉ Presentazione al Catalogo - Mostra personale Galleria «Ciak» - Roma, 1971 DARIO MICACCHI Natura e città delle opere di Scelza - «L’Unità» - 12-11-1971 SANDRA ORIENTI L’Aggressività tecnologica di Italo Scelza - «Il Popolo» - 16-11-1971 LUIGI SCRIVO Il poetare di Scelza - Arti e lettere contemporanee - 8-11-1971 LUCIANO MARZIANO Progettazione di una società estetica - «Il Margutta» 12-11-1971 DUILIO MOROSINI I giardini del futuro - «Paese Sera» - 18-11-1971 ITALO AVELLINO Un meridionale nella megalopoli - Vie Nuove - 2-2-1972 PAOLO RICCI Saggio critico - Rassegna di Mezzogiorno - Napoli marzo 1972 DARIO MICACCHI Presentazione al Catalogo - Mostra personale di Modena - Maggio 1972 DARIO MICACCHI Il linguaggio dei giovani - «L’Unità» - 21-4-1972 DARIO MICACCHI Saggio critico - Catalogo Rassegna Genazzano - 8-10-1972 FERRUCCIO VERONESI «Il Resto del Carlino» - 17-4-1972 DARIO MICACCHI Italo Scelza - «Mediterraneo» - Edizioni Graphis 69 - Firenze 1973 MARIO DE MICHELI

Presentazione al Catalogo - Personale Galleria «S. Croce» - Firenze 1973

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FRANCO SIMONCINI «Vita» - 7-7-1973 RENZO VESPIGNANI «Estasi tecnologica» - Testimonianza 1973 GUIDO GIUFFRÉ Presentazione mostra personale «Arte Cortina» - Cortina d’Ampezzo, agosto 1973 DARIO MICACCHI Saggio critico «Immaginazione e potere» - Gualdo Tadino, settembre 1973 ITALO SCELZA MARIO DE MICHELI

Esperienze e immagini sociali - «Arte Contro» - Milano, 10-11-1973 «L’arte presente» - Una pittura lucida - Amalfi, luglio 1974

DARIO MICACCHI «Una esperienza in Sardegna» - Saggio critico - Edizioni E.N.I. - Agosto 1974 ITALO SCELZA Testimonianza XXVIII Premio Suzzara 1974 MARIO DE MICHELI

Saggio critico - «L’uomo e La città» - Saronno, settembre 1974

MARIO LUNETTA Presentazione Catalogo - Mostra personale «Fante di Fiori» - Bari, novembre 1974 GERARDO PEDICINI Presentazione catalogo - Mostra personale - Nola 1974 SABATO CALVANESE

«Il lavoro Tirreno» - febbraio 1975

ELVIRA CASSA SALVI

«Scelza e tecnologia» - Corriere di Brescia, maggio 1976

DARIO MICACCHI

«Unità» - 5-10-1976

DANIELE MAIONE

«Il fantastico di Scelza» - Presentazione Catalogo personale Anagni 1977

COSTANZO COSTANTINI FRANCESCO VINCITORIO

«Intervista con l’autore» - «Alla ricerca di spazi alternativi» - «Il Messaggero» 13-12-1977 «L’alienazione Urbana» - «L’Espresso» 3-7-1977

CARLO GIACOMOZZI «Metafisica della Fabbrica» - «Vita» 7-10-1977 DARIO MICACCHI

«Quando la città diventa allarmante» - «L’Unità» 7-10-1977

DARIO MICACCHI Segnalazione Bolaffi per la pittura 1978 MARIO DE CANDIA DARIO MICACCHI GIANCARLO OSSOLA

«Inabitacoli» - «La Repubblica» 10-4-1980 «Frammenti di una tempesta da tenere a debita distanza» - «L’Unità» 3-4-1980 «Ecologia e Utopia» - «L’Unita» 6-2-1981

ALBERICO SALA

«L’Uomo e il suo habitat» - «Corriere della Sera» - 18-11-1981

SERGIO SEVESO

«L’officina di Scelza per una nuova pittura» - «L’Unità» 27-1-1981

MARIO DE CANDIA FRANCESCO VINCITORIO DINO PASQUALI

«La Macchina della memoria» - «La Repubblica 20-2-1983» «Un visionario figerativo» - «L’espresso» 6-3-1983 «La personale di Scelza fa riconciliare con la pittuta» - «La Nazione» 24-2-1983

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PAOLO PORTOGHESI Catalogo - «Gli stucchi colorati dal sole» - 1983 GIANFRANCO PROIETTI

Catalogo - «Gli stucchi colorati dal sole» - 1983

COSTANZO COSTANTINI

«I ricordi si colorano col sole» - Messaggero - 1984

CARMINE BENINCASA

«Gli anni 80 ovvero il decennio della memoria» - Leader arte 1984

DARIO MICACCHI

«Scelza e il sangue del barocco catanese» - L’Unità - 28-10-1985

DARIO MICACCHI

«Italo Scelza: un barocco che chiude ombre e sangue» - L’Unità - 20-11-1985

VITTORIO AVELLA

“La piazza diventò teatro” Nola 1986

ANTONIO NAPOLITANO

“Il giglio del sarto” Nola 1986

ITALO SCELZA

“La lunga notte pagana” 1986

JOLENA BALDINI (Berenice) MARIO DE CANDIA RENATO CIVELLO

«Di mostra in mostra» - Paese sera - 1986 «Il giardino di Scelza» - Repubblica - 14-2-1986 «L’inedito d’Italo Scelza» - Secolo d’Italia - venerdì 28-2-1986

GIANFRANCO PROIETTI

«La seduzione affascina l’uomo» - Italo Scelza - Penthouse 1986

TONINO DE LUCA

«Provocazioni ecologiche nell’arte di Italo Scelza» - Il Tempo 1986

MARCELLO FIORIMANTI FERRUCCIO VERONESI MICHELE FUOCO FRANCO SIMONGINI ALFREDO NOTO

«Italo Scelza e la ciociaria» - Il Messaggero 1986 Italo Scelza - «Città del Mundial» - Il Resto del Carlino 1990 «Gli itinerari di Italo Scelza» - La Gazzetta di Modena - 2-6-1990 «La Zattera di Italo Scelza» - Il Tempo - 9-11-1991 «Credo nell’uomo e nella pittura» - Quigiovani novrmbre 1991

FLORIANO DE SANTI

Presentazione mostra personale alla Galleria «Cà d’oro» Roma e «Arte Club» Catania - 1991

FLORIANO DE SANTI

«Felicità e Orrore» - Brescia 24 Ore - dicembre 1991

ENZO BILARDELLO VITO APULEO ALFREDO NOTO RENATO CIVELLO ANGELO LIBRANTI ALFREDO NOTO GIUSEPPINA RADICE MARIO LUNETTA

«La Zattera dei naufraghi» - Corriere della Sera - 30-10-1991 «Speranza redentiva» - Il Messaggero - 21-10-1991 «Verso l’Europa» - L’Umanità - 6-11-1991 «Italo Scelza l’epopea della crisi» - Il Secolo - dicembre 1991 «Italo Scelza» - Rugantino - 30-10-1991 «Scelza all’Europarlamento» - Momento Sera 1991 «I Naufraghi» - Espresso Sera - 12-4-1992 Rispuntano capolavori nascosti - «Roma» il piacere dell’immagine - febbraio 1992

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COSTANZO COSTANTINI CARLO PEDRETTI LOREDANA REA RENATO CIVELLO

«Presentazione Editrice Grafica» - Schémata 1994 «Presentazione catalogo» - Schémata 1995 «L’opera come lo specchio della memoria» - Flash Magazine 1995 Italo Scelza, La “Forma” del mistero. “Secolo 1999”

GIUSEPPE NERI

L’altrove di Italo Scelza. 1999

RICCARDO SICA

« Nuovo Meridionalismo» 1999

SERGIO ZUCCARO

« La Zattera» 1999

DOMENICO GUZZI

« I disastri di una terra » 1999

DOMENICO GUZZI

Presentazione Catalogo Chiesa del Carmine « I disastri di una terra » 1999

DOMENICO GUZZI

I Luoghi di Campitura “L’Anello Mancante” 2002

GIUSEPPE AGOSTINI ROCCO ZANI GIORGIO DI GENOVA

Testimonianza “Fides et ratio” “Imago Celsitudinis” 2002 La Pittura di Italo Scelza “Qui Magazine” 2003 “Storia dell’Arte Italiana del ‘900” 2003

ERMELINDO FIORE

“Dal giardino degli Ornelli alle porte” Fides et ratio 2003

SERGIO ZUCCARO

“Fides et ratio” 2003

TERESA CIAMMARUCONI

“L’ANGELICATO 2” “Fides et ratio” 2003

GIANNI GODI

“Ioegli Padrefiglio” “Fides et ratio” 2003

MICHELE MASTROGIOVANNI MARIO LUNETTA SERGIO ZUCCARO FLORIANO DE SANTI

Testimonianza “Fides et ratio” “L’Uomo che scende” 2004 Presentazione mostra di Roma 2004 Testimonianza mostra Masai “Scarpe da deserto tra i Masai” Catalogo Masai 2004 Presentazione in catalogo mostra Masai 2004

AMEDEO DI SORA

Testimonianza mostra Masai 2004

SERGIO ZUCCARO

Presentazione mosta catalogo “900 italiano” - Toronto 2007

MARIO LUNETTA Presentazione Mostra Personale Anagni, Sala della Ragione 2008 MARCO MARIA GAZZANO Testimonianza al Catalogo Mostra “La Pantas’ma” Anagni 2008 ANTONIO POCE Testimonianza Video-clip “ Imago Mortis 2008 SERGIO ZUCCARO “L’acqua e il fuoco” testimonianza catalogo mostra Anagni 2008

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