Il percorso di cambiamento visto con gli occhi di un imprenditore Sandra Paserio
©Paserio
&
Partners
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Edizione
©
2020
novembre
2020
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La storia di Gianni
Per ho
vissuto
attraverso
Quella
gli
di
Un
per
la
anni
vita
occhi
Gianni
film
che
30
è
degli
ne
durato bello
è
imprenditori.
l’emblema.
50
anni
rivedere
comprenderne
e
aziendale
proiettarne
il
il
passato
futuro.
Sandra Paserio Paserio
&
Partners
I N D I C E
4 PREFAZIONE: LA STORIA DI GIANNI
6 PREPARARSI AL CAMBIAMENTO E ALL'ANTIFRAGILITÀ
8 GUARDARSI ALLO SPECCHIO PER RAFFORZARE LA LEADERSHIP
12 SVILUPPARE LA STRATEGIA
CON
UNA LOGICA NON ORDINARIA
16 AGIRE SULLO SCHELETRO DELL'AZIENDA
20 PARTIRE DA UN SISTEMA PER ARRIVARE ALLE PERSONE
24 L'AUTRICE
26 SOLUZIONI PER L'IMPRENDITORE
28 COSA PUÒ FARE PASERIO&PARTNERS
#STORIEDIUNIMPRENDITORE Novembre 2020
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Gianni è un imprenditore.
Un uomo coi capelli bianchi che trasuda saggezza. Le rughe gli segnano il viso ma gli occhi esprimono l’entusiasmo del sognatore.
Continua a fare domande. Non smette mai di parlare. Vuole capire. Non ho mai visto nessuna persona con questa apertura mentale e questa curiosità.
È uno spettacolo della natura e sono attratta dalla sua storia. Una storia che mi stacca dal ruolo di professionista per immergermi in quello imprenditoriale.
Mi racconta di quando ha mosso i primi passi nel mondo aziendale. Era giovane, aveva una voglia matta di mettersi in gioco. Ha fatto ogni sorta di lavoro.
Da ognuno ha tratto un insegnamento che ha portato con sé. Un arricchimento continuo che gli ha fatto comprendere l’importanza del lavoro, le difficoltà di ogni ruolo all’interno dell’azienda, quelli che erano i conflitti e le dinamiche del team.
Un percorso di crescita personale e professionale che gli ha permesso di guidare l’azienda verso un cambiamento culturale e verso l’antifragilità.
Iniziamo la sua storia e riavvolgiamo la bobina del film.
ASCOLTA
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Giovanni, per gli amici Gianni, racconta il periodo della sua vita lavorativa in cui ha fatto lo spettatore. “Ho lavorato per anni per diversi imprenditori”, esordisce. “Ho svolto i lavori più umili. Ho osservato e ho arricchito il mio bagaglio culturale. Ho fatto come l’alunno durante gli anni di scuola. Ho imparato. Mi sono sporcato le mani e ho metabolizzato le dinamiche del mondo del lavoro. Mi sono specializzato, ho messo da parte qualche soldo per iniziare la mia attività. Qualche attrezzo, uno scantinato e tanta fame. Fame di sapere, di scoprire, di costruire e di fare. Dopo qualche anno, mi ha dato una mano qualche aiutante. Ragazzi giovani, abituati ad eseguire, ma ai quali ho sempre portato rispetto”.
Mentre mi parla i miei pensieri volano al momento in cui, per la prima volta, ho messo piede in quell’azienda.
Rispetto. Un valore che ho respirato nell’aria appena varcata la soglia. Aleggiava ovunque. Una cultura basata sul fatto che ognuno è un tassello importante. Una persona da rispettare, indipendentemente dal ruolo che ricopre e dal lavoro che fa.
Torno con la mente a Gianni e continuo ad ascoltare le sue parole. “Da allora le cose sono cambiate. È cambiato il mercato. Sono cambiate le persone. È cambiata la relazione tra le persone. Con questo non voglio dire che prima era sempre tutto uguale.
ASCOLTA
Il cambiamento c’è sempre stato. Non è quello che mi spaventa. Oggi mi spaventa la
velocità del cambiamento. Una velocità che ci obbliga a
diventare flessibili ma soprattutto antifragili. Dobbiamo allenarci. Dobbiamo essere pronti quando arriveranno altri cigni neri come questo coronavirus. Non possiamo farci trovare impreparati un’altra volta”.
E proprio mentre parla di paura, ecco che, inconsapevolmente, si alza e si dirige verso il divano dell’ufficio. Una reazione che lo allontana da qualcosa che lo turba, da quell’emozione apparentemente scomoda ma, che una volta gestita, si trasformerà in coraggio.
Gianni si siede sul divano, fa un lungo respiro e continua il suo racconto. “Un tempo il successo della mia azienda dipendeva esclusivamente da me, dalla mia intuizione, dalla mia capacità di decidere e di rischiare. I miei dipendenti erano uno strumento, un mezzo per raggiungere gli obiettivi
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Questo no.
aziendali. Obiettivi che venivano definiti con molto semplicità, senza una strategia definita, senza una pianificazione dettagliata. Il rapporto con i dipendenti era chiaro. Io dicevo cosa fare, come farlo e in che tempi. Loro eseguivano gli ordini e adottavano le procedure che gli dicevo di seguire. Il rapporto gerarchico metteva fine ad ogni discussione. Oggi, il contesto è cambiato. La tecnologia ha permesso alle persone di informarsi, di conoscere e di aprirsi al mondo. Oggi, le persone vogliono capire, vogliono sapere e vogliono risposte. Se non condividono quello che devono fare, lo dicono. Ti rispettano e ti seguono se gli dimostri, con i fatti, che sei un leader. E oggi, guidare un’azienda in un mercato incerto e fortemente complesso non è semplice.
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Quindi, col tempo, ho imparato ad alzare l’asticella. Ho compreso che il successo dell’azienda dipendeva sempre meno dalla mia capacità tecnica e sempre più dalla capacità di trasmettere alle persone la visione, la storia e i valori dell’impresa. Ho iniziato a pensare in modo diverso e a focalizzarmi sul benessere delle persone, per intraprendere un percorso di cambiamento. Un cambiamento culturale per rendere la mia azienda meno vulnerabile e pronta ad affrontare le sfide di un mercato sempre più incalzante”.
Un discorso chiaro di un imprenditore lungimirante. Gianni sapeva che per cambiare la cultura, dovevano cambiare i giochi. E per cambiare i giochi, doveva essere il primo attore di un processo di cambiamento. Gianni continua il suo racconto. “Ho iniziato a mappare le mie capacità. Non quelle tecniche. Quelle le conoscevo. Volevo capire qual era il gap da colmare per diventare un buon leader. Ho sempre avuto una buona autostima, non lo nego, ma ho iniziato a farmi delle domande e a mettermi in discussione. Mi sono domandato se i messaggi dati all’interno dell’organizzazione erano chiari, se le persone conoscevano i valori dell’azienda e se si sentivano libere di esprimere le loro idee. Insomma, ho iniziato a domandarmi se quello che avevo sempre pensato, e creduto, fosse la realtà dei fatti o se fosse un autoinganno e quindi c’erano delle falle nel sistema. Per la prima volta mi resi conto che non potevo permettermi di sbagliare. Stavo iniziando un percorso di cambiamento e non
ASCOLTA
Avevo la responsabilità di un’azienda e, fallire per inerzia, non era tra le mie opzioni”.
Ed è così che Gianni mi ha spiegato come si è preparato al cambiamento. “All’inizio non le nego che ero allo sbaraglio. Misurare l’intangibile non è semplice. Ho iniziato a leggere libri, partecipare a corsi. Poi mi sono imbattuto in un assessor certificato. Un coach che mi ha spiegato che esistono strumenti affidabili, che permettono di valutare la leadership in autovalutazione ed eterovalutazione per misurare quello che pensiamo di noi come leader e quello che pensano gli altri. Ho scoperto inoltre, parlando con lui, il nesso causale tra
intelligenza emotiva e
leadership. L’intelligenza emotiva, infatti, è predittiva per il 55% della leadership. Mi scusi, forse ho dato alcune cose per scontato, lei sa cos’è l’intelligenza emotiva?”.
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potevo andare avanti per tentativi.
“Da quello che so” rispondo “l’intelligenza emotiva è la capacità di comprendere le emozioni proprie e degli altri. La capacità di utilizzarle per scelte importanti e, infine, gestirle e indirizzarle verso obiettivi eccellenti”. Gianni riprende. “Quella che lei mi riporta come definizione, è stata per me una rivelazione vitale. Mi ha permesso di fare il primo piccolo passo verso il cambiamento culturale della mia azienda”. Dopo aver girato gli occhi alla ricerca di un’immagine del passato, continua “ricordo molto bene la restituzione del Coach sull’intelligenza emotiva. Di quanto mi ha messo tra le mani le risposte anonime del questionario inviato a 20 dei miei collaboratori. Le risposte evidenziavano un gap importante, tra quello che pensavo di trasmettere, e quella che era invece la percezione del mio team. Al momento, non le nego, che alla lettura del responso ho provato un mix tra
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incredulità e rabbia. Poi ho iniziato a vedere le cose da un punto di vista diverso. Ho collegato i puntini. Ho compreso lo schema disfunzionale inconsapevole che avevo messo in atto per tutti quegli anni. Ho scoperto di aver dato molto per scontato. Alcuni comportamenti non erano stati accompagnati da una comunicazione efficace. Cose, che per me erano irrilevanti, per i miei collaboratori non lo erano affatto. In quel momento compresi che ognuno aveva colmato il vuoto della comunicazione, a modo suo. Questo aveva creato incertezza e malcontento”.
A quel punto il tono della voce cambia. Il silenzio prende il sopravvento. Passano pochi minuti poi Gianni dice “ancora oggi non capisco come ho fatto a non accorgermi di certe cose. Ero talmente assorto dalla mia quotidianità che stavo rischiando di perdere il vero valore della mia azienda: le persone”. Un momento di riflessione a voce alta che mi diede la possibilità di fare un’altra domanda. “E dopo? Cosa è successo dopo?”
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la mia leadership, ho utilizzato i miei punti di forza. Ho ascoltato le persone. Ho osservato cose che non avevo mai notato. Ho iniziato a fare domande. Ho analizzato le soluzioni guardandole da diversi punti di vista. Ho pensato alle conseguenze delle mie azioni, prima di metterle in atto, non dopo”.
Il tempo di riprendere fiato e continua: “Devo dire che in questo modo mi sono risparmiato un bel po’ di grattacapi e ho iniziato a mettere ordine nella mia vita, allineando i miei obiettivi a quelli che erano i miei valori. Per la prima volta, ho ritrovato la serenità. Ero bilanciato, soddisfatto e realizzato. E anche la salute ne ha giovato, non solo i miei collaboratori e i miei affari”. Sorride. Gli chiedo, “È stata dura?”. “Diciamo che è più facile dire agli altri quello che non va bene, che ammettere che c’è qualcosa che non va in quello che fai tu. È come mettersi davanti ad uno specchio e guardare per la prima volta il vero responsabile delle cose che non vanno bene in azienda.
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“Dopo è iniziato tutto”, mi dice. “Ho iniziato un percorso di coaching per rafforzare
Fino a quel momento, era più semplice cercare il colpevole, guardando fuori dalla finestra”.
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Gianni continua la storia. Uno scenario da costruire, da mettere a fuoco per puntare dritto alla mèta. Una rotta da tracciare per portare la sua azienda verso un porto sicuro.
“Quel periodo non è stato facile”, racconta Gianni, “ogni sera portavo a casa immagini sfocate. La mia mente era un turbinio di preoccupazioni, idee, visioni e immagini danzanti. Non c’era un senso logico, solo una gran confusione. Ero incastrato nella
trappola della quotidianità. Il tempo
scorreva veloce e, invece di fermarmi, correvo, portando con me la confusione dell’ignoto”.
Gianni si alza, guarda fuori dalla finestra e con un filo di voce dice “Un giorno, guardando l’agenda e le attività svolte nella settimana, in quella prima e in quella prima ancora, compresi che il mio tempo lo trascorrevo a spegnere fuochi. Ogni giorno c’era un’urgenza: un cliente scontento, un pagamento improvviso, un incasso saltato, un litigio tra colleghi, il Covid. Ogni giorno ce n’era una e ogni cosa mi rallentava. Ogni urgenza rubava il mio tempo. Quel tempo che avrei dovuto dedicare a pensare, ad osservare, ad analizzare e ad agire in modo consapevole. Fu una rivelazione importante.
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con le spalle al muro. Un dialogo interiore che portò alla rinascita quando dissi - Adesso Basta -. Ed è da lì che iniziai a rallentare, a semplificare e ad alleggerire. Incominciai a distinguere le attività urgenti da quelle importanti. Lavorai per priorità e bloccai in agenda delle giornate per dedicarmi alla strategia. Insomma, a fare quello che ogni imprenditore dovrebbe fare. Scelsi un consulente strategico e iniziai a mettere a fuoco quelle immagini sbiadite”.
Il tempo di sedersi, prendere un foglio, una penna e tracciare una linea temporale per disegnare 4 punti. Accanto al primo punto, Gianni scrive la parola
Obiettivo.
“Questo è stato il più tosto. Definire e ridefinire l’obiettivo non è stato facile, ma ne è valsa la pena”.
Di fianco al secondo punto, scrive la parola
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Una verità scomoda, non lo nego, ma che servì a farmi aprire gli occhi mettendomi
Come peggiorare.
Il mio sguardo enigmatico non sfugge a quell’ imprenditore illuminato. Sorride e aggiunge: “Lo so, sembra strano ma quello che mi ha aiutato maggiormente a definire la strategia della mia azienda, è stato proprio il - come peggiorare -. Grazie alle tecniche di Problem Solving Strategico Aziendale, il business coach ha rotto uno schema mentale disfunzionale che mi trascinavo ormai da anni. È bastato farmi lavorare su quello che potevo fare o non fare, dire o non dire, pensare o non pensare per fallire l’obiettivo, che da quel momento ho compreso quante cose stavo mettendo in atto che, invece di aiutarmi, mi stavano facendo allontanare da quello che volevo. È strano, lo so, ma funziona. Mi creda”.
13 Accanto al terzo punto, scrive la parola
Scenario.
Gli occhi si illuminano e continua “Ricordo quel momento come se fosse oggi. Ho immaginato tutto. Ho sentito le voci delle persone. Ho visto il loro sorriso sulle labbra. Era come se riuscissi ad essere lì. Era come se fossi dentro a un film. In quel momento ho capito che quello che pensavo e che volevo, si poteva fare. In quel momento ho provato una sensazione di benessere. Un benessere che ho provato poi il giorno in cui, quel sogno si è trasformato in realtà”.
Il tempo per un sospiro e Gianni scrive l’ultimo punto:
Scalatore.
Se prima ero stupita, in quel momento ero confusa. “È una tecnica” dice “una tecnica che funziona anche questa al contrario. Il lavoro che ho fatto è stato quello di mettere in ordine le azioni per raggiungere l’obiettivo ma, invece di partire dalla prima, sono partito dall’ultima. L’ultima azione da compiere prima di raggiungere l’obiettivo, e poi, proprio come uno scalatore, sono andato al contrario e ho iniziato ad elencare la penultima azione, poi quella prima ancora, fino a definire il primo piccolo passo per raggiungere l’obiettivo che mi ero prefissato”.
Non riesco a trattenere il mio stupore e aggiungo “Quindi si chiama tecnica dello scalatore perché è il percorso che fa mentalmente lo scalatore quando parte dalla cima della montagna per scendere con la corda fino ad arrivare a valle, corretto?”. “Si, corretto”, risponde. “Anche in questo caso si lavora al contrario di quello che è il nostro normale modo di pensare. Questo viene fatto per trovare soluzioni innovative con l’aiuto della parte destra del cervello, quella creativa. Quella pianificazione è diventata poi una tabella di marcia. L’ho scritta su un foglio, l’ho appesa nel mio ufficio e l’ho seguita con costanza e determinazione, per evitare che le urgenze rubassero il mio tempo”.
Ascoltare Gianni è affascinante. Rimarrei ad ascoltarlo per ore, ma ormai il buio ha avvolto la stanza e ci diamo appuntamento per il giorno successivo.
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Gianni è consapevole che, per creare un’azienda stabile, ha bisogno di agire su 3 aree: Leadership, Strategia e Organizzazione. Un sistema unico, flessibile, ma soprattutto sostenibile per rispondere a un mercato che, sappiamo, essere sempre più volatile e fortemente incerto. Dopo aver rafforzato la leadership e la strategia da adottare per raggiungere i suoi obiettivi, Gianni racconta il suo vissuto,
Organizzazione interna.
passando allo sviluppo dell’
Davanti a un buon caffè e con i raggi del sole che gli illuminano il viso, Gianni continua a raccontare la sua storia. “Ricordo il giorno in cui ho preso in mano la mia agenda. Ho sbarrato 4 giorni e mi sono dedicato ad osservare le dinamiche aziendali. Pensavo di averlo sempre fatto e probabilmente è stato così, almeno in parte. Sono un appassionato e questa organizzazione l’ho amata dal primo giorno in cui l’ho costituita. Ma in quei giorni ho fatto qualcosa che non avevo mai fatto. Sono andato nei vari reparti e ho osservato con attenzione. Ho lasciato il mio cellulare in ufficio e ho portato con me solo una penna e un blocco per gli appunti. Nient’altro.
Mi sono messo in un angolo e ho notato cose che in quegli anni, non so perché, mi erano sfuggite. Ogni tanto giravo tra i collaboratori e quando non capivo qualcosa, chiedevo. La curiosità e la voglia di efficientare i processi di lavoro, ha attratto la mia attenzione e le energie erano lì, pronte per essere canalizzate in quel progetto. Nessun giudizio, nessun intervento, nessuno suggerimento.
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vedevo”.
Gianni si ferma. Rimane in silenzio. Finisce il caffè e poi continua: “Dopo 4 giornate intense, sono tornato nel mio ufficio e ho rielaborato quegli appunti. Un bottino ricco di spunti, riflessioni, informazioni e dati che ho condiviso con il mio team e da cui siamo partiti per rivedere le procedure interne, le istruzioni di lavoro, l’automazione dei processi e le azioni da mettere in atto per efficientare l’azienda. Definito lo scheletro aziendale, abbiamo sentito i nostri esperti: un ingegnere gestionale ci ha supportato nella pianificazione dei processi, un esperto informatico ci ha consigliato le soluzioni per la digitalizzazione delle attività, un agente di cambiamento ha lavorato con l’ufficio risorse umane per formare e accompagnare le persone in un percorso fatto di piccole cose. Piccole azioni che hanno portato, poi, a un grande cambiamento”.
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Mi ero trasformato in un foglio bianco e registravo mentalmente ogni azione che
In qualità di Consulente Strategico del Lavoro, ho vissuto tramite gli occhi degli imprenditori i conflitti interni, le resistenze al cambiamento e l’innata voglia delle persone di rimanere nella propria
zona di comfort.
Quella zona dove i collaboratori si sentono al sicuro, protetti e a proprio agio ma, che a lungo andare, invece di aiutare le persone, le annientano. Una trappola mortale dove, giorno dopo giorno, si disimpara a lavorare, a trovare soluzioni e nuovi modi per rispondere a un mercato che incalza. Ed è per questo che gli chiedo quali difficoltà ha incontrato in questo percorso e quanto tempo ci ha messo a raggiungere l’obiettivo. Gianni, alza la testa e mi guarda negli occhi. “Non so se ha letto il libro di Simon Sinek – Il gioco infinito – ma il percorso di cambiamento è proprio questo. È un gioco che inizia, ma che non finisce mai.
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Quindi posso risponderle solo in parte. Questo nuovo gioco è iniziato almeno un paio d’anni fa. Abbiamo raggiunto degli ottimi risultati perché abbiamo efficientato l’azienda. Abbiamo individuato dei KPI di risultato e di performance e abbiamo monitorato l’andamento durante tutto il percorso. Il trucco, però, è stato quello di rallentare. Se si vuole tutto e subito, hai perso. Bisogna andare piano, godersi i piccoli risultati e accompagnare le persone in un viaggio dove il cambiamento si trasforma nella normalità. Di errori ne abbiamo fatti in questi anni, ma vado fiero del fatto che li abbiamo analizzati. Abbiamo visto cosa non aveva funzionato e abbiamo cambiato il nostro modo di agire. Insomma, abbiamo definito una strategia e un piano di azione ma, ogni giorno,
abbiamo imparato dai nostri errori e ci siamo adattati. Non le nego che in alcuni momenti, soprattutto all’inizio, le persone non capivano, attaccavano, si lamentavano o evitavano di fare qualsiasi cosa gli venisse chiesto. Appena mollavi un attimo, ritornavano al vecchio schema. Ma, anche qui abbiamo imparato il significato della
resilienza e dell’importanza di
credere in un progetto per mantenere la rotta e dare il buon esempio. Tutto dipendente dai vertici. Il percorso di cambiamento e di riorganizzazione di un’azienda per creare un sistema sostenibile è un percorso lungo e tortuoso.
I vertici devono sposare il progetto. Crederci. Solo chi è determinato e fortemente focalizzato ci riesce. Altrimenti si rischia di rientrare tra il 70% delle aziende che non raggiunge l’obiettivo”.
Le ultime parole risuonano nella mia mente e penso a quel rischio, spesso sottovalutato, che può fare la differenza per ogni imprenditore. Saluto Gianni, nella speranza che le ore che mi separano dal prossimo incontro, trascorrano veloci. Sono curiosa di sapere come, secondo il suo pensiero, questo sistema sostenibile, impatta sulle persone e sul risultato aziendale.
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Sono tornata da Gianni. Varcata la soglia dell’azienda, guardo l’orologio. Le lancette sembrano bloccate. Non vedo l’ora di sentire l’ultima parte della sua storia. Quella legata al
benessere delle persone all’interno di un sistema
sostenibile dove Leadership, Strategia e Organizzazione sono in perfetto equilibrio.
Gianni arriva, mi saluta e mi accompagna in sala riunioni, dove finisce la sua storia: “Voglio parlare delle risorse umane che lavorano in questa azienda. Sono meravigliose. Ognuna con la sua identità. Ognuna con la sua specializzazione, ma unite dallo stesso scopo: lavorare bene. Esiste un patto non dichiarato tra di noi. I vertici aziendali si occupano delle persone e fanno tutto quello che possono per farle lavorare bene e in sicurezza, e loro si occupano dei clienti”.
Una dichiarazione che ho sentito poche volte nelle aziende. Quasi un patto di sangue.
Incuriosita e allineata con questa visione, mi avvicino a Gianni e gli chiedo: “Mi racconti del clima aziendale e di come le cose funzionano qui da voi”. Gianni riprende “C’è un libricino di Ken Blanchard e Spencer Johnson che si chiama - Il Nuovo One Minute Manager - se non l’ha letto, glielo consiglio. In poche pagine riporta, in modo simpatico, un prezioso modello di management con il quale gestire e motivare i collaboratori.
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privata. Quindi, per attrarre talenti e migliorare l’engagement, occorre rispondere a un bisogno. Creare le condizioni affinché le persone stiano bene. Non parlo solo dell’ambiente fisico, ma anche dell’aria che si respira mentre si gira per l’azienda. Il sorriso delle persone, il modo in cui parlano, si muovono, come rispondono al telefono, come si prendono cura del cliente e come agiscono davanti a un problema o a un imprevisto, rappresentano il benessere aziendale, o meglio, rappresentano la misurazione di questo benessere”.
Certo tutti vorrebbero star bene, penso, ma mi domando “Come mai allora questo non avviene solitamente nelle aziende? Perché le persone sono sempre arrabbiate, rispondono male e non vedono l’ora di scappare appena arriva la fine dell’orario di lavoro?”.
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Oggi le persone cercano maggiore soddisfazione, sia nel lavoro che nella vita
Gianni mi osserva e dice “Lo so cosa sta pensando, quindi arrivo al sodo. Se vogliamo che le persone stiano bene, bisogna creargli le condizioni necessarie. Da una parte, bisogna soddisfare i loro bisogni primari, quindi sicuramente occorre garantire una retribuzione sufficiente per vivere decentemente. Dall’altra parte, però, bisogna
creare un ambiente dove le persone si sentono
al sicuro, accettate per quello che sono e soprattutto libere di esprime le loro idee e dare il proprio contributo. Il nostro compito è quello di: comunicare con trasparenza la nostra visione e i nostri obiettivi, mantenere la nostra integrità, essere coerenti in quello che diciamo e in quello che facciamo, rendere semplice il loro lavoro mettendo a disposizioni procedure, software, strumenti e tutto quello che serve per lavorare bene,
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rendere autonome le persone, ma soprattutto, fidarci. Fidarci di loro e delle loro capacità. Ci sono due punti che vorrei aggiungere e che mi sono particolarmente cari: il primo è la
formazione. Le nostre risorse scelgono i percorsi formativi per la loro
crescita e il loro sviluppo. Il nostro motto è che: “Ognuno è responsabile di quello che vuole essere e di quello che vuole diventare”; il secondo è la tranquillità. Vivere con la paura di sbagliare, vuol dire non vivere.
Meglio avere persone responsabili, motivate e proattive che sbagliano, che persone che non decidono e non si espongono per paura di sbagliare".
Finito di parlare, mi fa vedere questo modello
e mi dice “Vede, tutto quello che le ho raccontato nei nostri incontri è raffigurato in questo modello. Un modello formato da cerchi concentrici dove
la sostenibilità tocca equamente le
tre aree: Leadership, Strategia e Organizzazione. Tutto intorno ruotano le persone. E secondo lei, se le persone stanno bene, quale sarà il livello del servizio offerto ai nostri clienti?”.
collaboratore è al servizio del cliente, indipendentemente dal ruolo o dal compito assegnato”. “Ha colto il messaggio” risponde Gianni. “Ma ora mi congedo. Ho parlato troppo. La invito a fare un giro in azienda. Parli con i miei collaboratori e chieda tutto quello che vuole sapere. Sono loro che le diranno come le cose funzionano qui da noi. Ecco, adesso sa tutto. Spero di averla ispirata, almeno in parte, perché tante volte basta cambiare il punto di vista per vedere le cose in modo diverso”.
Gianni esce dalla stanza e io rimango lì, in silenzio, a pensare alle sue parole. C’è una cosa che non ha detto ma che è implicito nel suo racconto:
per essere un
imprenditore di successo, la prima cosa, è cambiare la mentalità.
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“Eccellente” rispondo io. “Proprio come negli Hotel Four Seasons dove ogni
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Sandra Paserio
Sandra è consulente del lavoro con lo spirito da startupper e con alle spalle oltre 30 anni di esperienza.
Ha fondato e gestito per 30 anni lo Studio Paserio, oggi Paserio & Partners, spostando il focus dal “lavoro” alla “persona”.
Il percorso di crescita e cambiamento personale e professionale è stato strutturato per trovare tecniche, metodi e strumenti volti ad aiutare l’imprenditore a trasformare le persone in generatori di valore all’interno di un sistema aziendale sostenibile.
Oggi Sandra è Consulente del Lavoro Business Coach Master Practitioner di PNL Problem Solver Strategico Aziendale Assessor certificato Six Seconds per l’intelligenza emotiva e la gestione del cambiamento
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L’imprenditore: è un leader visionario, aperto al cambiamento, capace di guidare e coinvolgere le persone creando una cultura sostenibile, è uno stratega che deve stabilire e mantenere la rotta tenendo saldo il timone, è un manager che deve organizzare le attività adottando processi semplici, intuitivi e digitalizzati in un’ottica di efficientamento per raggiungere gli obiettivi nei tempi prefissati.
Per svolgere il suo compito deve muovere le persone.
Per farlo, ha bisogno di creare un sistema sostenibile agendo equamente su 3 aree: Leadership Strategia Organizzazione.
Un volano che, una volta azionato, trasformerà le persone in generatori di valore per i propri clienti.
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Cosa può fare Paserio & Partners per aiutare l’imprenditore a trasformare le persone in generatori di valori Leadership
Abbiamo acquisito competenze, tecniche e strumenti per: misurare la leadership e l’intelligenza emotiva con strumenti scientifici (in auto ed etero valutazione), rafforzare la leadership.
Analizziamo e supportiamo i vertici aziendali: nella definizione della strategia e del piano d’azione da mettere in campo attraverso attività di Problem Solving Strategico aziendale, nella gestione del cambiamento culturale e organizzativo, nella fornitura di report, strumenti di analisi del costo del lavoro e KPI per lo sviluppo di scenari.
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Strategia
Nella scelta strategica in merito alle: politiche retributive; contenimento del costo del lavoro; gestione, sviluppo ed efficientamento delle risorse umane; organizzazione e automazione dei processi in ambito HR; relazioni industriali; inserimento di nuove risorse; riorganizzazione e ristrutturazione in ambito HR.
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Organizzazione
In qualità di Consulenti del Lavoro con una mentalità imprenditoriale, abbiamo studiato soluzioni personalizzate ed integrate per automatizzare i processi ai fini dell’efficientamento della gestione del personale, per il contenimento dei costi e per garantire un servizio tempestivo e di qualità in un’ottica di partnership.
Alcune soluzioni proposte:
Payroll in azienda con il portale di Studio; efficientamento dell’ufficio HR e supporto consulenziale all’HR Manager; esternalizzazione dell’ufficio risorse umane; definizione della strategia e della stima dei costi del personale ai fini della partecipazione a gare d’appalto; esternalizzazione del servizio di verifica della documentazione in presenza di appalti; asseverazione contributiva (Asse.co) a tutela del committente e dell’appaltatore.
Come nel gioco degli scacchi, nella gestione strategica delle risorse umane, la partita viene vinta grazie alla miglior combinazione di consulenza, formazione, coaching, problem solving e assessment. Una magia, apparentemente illogica, che porta al miglioramento delle performance e allo sviluppo delle risorse umane con un occhio di riguardo al costo del lavoro e al benessere aziendale.
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Persone
Le 5 soluzioni studiate dalla P&P sono:
misurazione delle performance e del clima aziendale attraverso l’assessment; interventi di problem solving per lo sviluppo delle risorse umane; consulenza per l’HR Manager; HR Manager in outsourcing; IT & processi per la gestione delle risorse umane.
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Aiutiamo le PMI a rialzarsi dopo il periodo emergenziale L’unione fa la forza. Per noi, non è solo un motto. È qualcosa di più. Qualcosa in cui crediamo e che ci può aiutare ad abbandonare il nostro individualismo come professionisti. Abbiamo fondato il network #professionistiperlaripresa.it per offrire un servizio multidisciplinare integrato e aiutare le PMI a rialzarsi dopo il lockdown.
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Via Piceni 5 – 21013 – Gallarate (VA) Via L. Mascheroni 22 – 20145 – Milano (solo su appuntamento) Tel. +39 0331 073277 | +39 0331 775220 info@paserio.it www.paserio.it
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