Pubblicazione realizzata con il contributo della Regione Siciliana, Assessorato Beni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzione
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ADOLFO LONGHITANO
LE RELAZIONI «AD LIMINA» DELLA DIOCESI DI CATANIA (1595-1890) — II
Adolfo Longhitano, nato a Bronte (CT) nel 1935, dopo aver completato gli studi classici e teologici nel Seminario Arcivescovile di Catania, fu ordinato presbitero il 25 agosto 1957 e conseguì a Roma nel 1968 la laurea in Diritto Canonico nella Pontificia Università del Laterano, discutendo una tesi di storia delle istituzioni locali dal titolo La parrocchia nella diocesi di Catania prima e dopo il Concilio di Trento (Istituto Superiore di Scienze Religiose, Palermo 1977). Come ordinario di Diritto Canonico ha insegnato nello Studio Teologico S. Paolo di Catania fino al 2005 e come invitato nell’Istituto Teologico S. Giovanni Evangelista e nella Facoltà Teologica di Sicilia di Palermo dal 1963 al 1983. Nelle sue ricerche, oltre al Diritto Canonico, ha privilegiato lo studio delle istituzioni, partecipando a convegni e pubblicando numerosi saggi nella rivista Synaxis dello Studio Teologico S. Paolo e in altre riviste locali e nazionali. In tema di storia delle istituzioni si possono citare i volumi: Catania e la sua Università nei secoli XV-XVII. Il Codice «Studiorum constitutiones ac privilegia» del Capitolo cattedrale (Il Cigno Galilei, Roma 1995; Roma 20022), curato assieme a Giuseppina Nicolosi Grassi; La facoltà di medicina e l’Università di Catania (Giunti, Firenze 2000), curato da Antonio Coco; Sant’Agata li Battiati: all’origine della parrocchia e del comune (Catania 2000); Santa Maria di Nuovaluce a Catania. Certosa e abbazia benedettina (Arca, Catania 2003). Nel 1983 iniziò a pubblicare nella rivista Synaxis la serie delle «Relazioni ad limina della Diocesi di Catania» che ora, dopo un’accurata revisione e i necessari aggiornamenti, è stata raccolta in questi due volumi.
ADOLFO LONGHITANO
LE RELAZIONI
«AD LIMINA»
DELLA DIOCESI DI CATANIA
(1595-1890) II
STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO CATANIA
DOCUMENTI E STUDI DI SyNaxIS 23 Ricerche per la storia delle diocesi di Sicilia 3/II
DOCUMENTI E STUDI DI SyNaxIS Pubblicazioni dello Studio Teologico S. Paolo - Catania
aDOlfO lONghITaNO
lE RElaZIONI «aD lIMINa» DElla DIOCESI DI CaTaNIa (1595-1890) II
STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO CATANIA
CORRaDO MaRIa DEODaTO (1773-1813) 1. la fIgURa
le dimissioni del vescovo Salvatore Ventimiglia furono accettate dal papa l’11 dicembre 17711. Per oltre un anno la diocesi di Catania fu governata dal priore del capitolo della cattedrale Bonaventura gravina, già vicario generale del vescovo dimissionario2. Come nuovo vescovo la corte di Palermo nel dicembre del 1772 designò Corrado Maria Deodato3, che fu presentato formalmente alla Santa Sede dal re ferdinando III il 5 aprile 17734. Il neo eletto, che aveva compiuto 37 anni, dopo il rituale processo informativo svoltosi a Roma il 17 aprile, fu nominato da Clemente xIV con Vedi supra il profilo del vescovo Salvatore Ventimiglia. Tutt’Atti 1772-1773. 3 la designazione non sembra avesse il carattere riservato di un atto giuridico che per essere formalizzato doveva ancora attendere la conferma del re, l’esito del processo informativo canonico e la nomina del papa. Infatti il Villabianca scriveva il 21 dicembre 1772 nei suoi diari: «Si è pubblicata l’elezione del novello Vescovo di Catania, fatta dalla corte in persona di monsignor D. Corrado Deodato e Moncada, nobile di Noto, figlio di Carlo Deodato, barone del Burgio e di girolama Moncada e Di giovanni, figlia questa di giacomo, principe di Calvaruso. Egli è un uomo convenientemente dotto, e di una santa morale adorno, e abbastanza già conosciuto per le cariche, che ha esercitate con molta lode, di vicario generale dell’arcivescovo di Messina ed anche di vicario generale capitolare della stessa chiesa messinese sede vacante»: g. DI MaRZO (cur.), Diari della città di Palermo, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, xV, Palermo 1875, 122. lo stesso vescovo eletto, il 9 febbraio 1773, scrisse una lettera al capitolo della cattedrale per predisporre l’alloggio per sé e per la madre: «[…] informato che codesto palazzo vescovile non è sufficiente pella mia abitazione e di mia signora madre, desidererei che l’E.V. Rev.ma si compiacesse accordarmi cotesto priorato e ciantria […]» e si firmò «Corrado Maria, Vescovo eletto di Catania» (aCC, Volume miscellaneo del can. Vito Coco, fol. 114, 531r). Raimondo Platania, in un discorso tenuto probabilmente in seminario nella ricorrenza anniversaria della consacrazione del vescovo, ci informa che il Deodato in un primo momento aveva rifiutato la proposta di diventare vescovo di Catania (R. PlaTaNIa, Oratio de Corrado Maria Deodato episcopo Catanensi, BIBlIOTECa REgIONalE DI CaTaNIa, Manoscritti della Ventimilliana, VII, 239-252: 246). 4 la lettera di presentazione del re porta la data del 5 aprile 1773 (Proc Dat 150, fol. 104r-117r: 111r). 1 2
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bolla del 10 maggio 17735; ricevette la consacrazione episcopale a frascati il 16 maggio dal card. Enrico Benedetto Maria Clemente Stuart, duca di york6 e il 3 giugno 1773 prese possesso canonico della diocesi, tramite il vicario generale can. giuseppe Maria Rizzari, decano della cattedrale7; fece il suo ingresso in diocesi nel pomeriggio del 15 agosto8. a) Nascita, formazione, ministero a Messina
Corrado Maria era nato nella città di Noto, diocesi di Siracusa, il 15 gennaio 1736 da Carlo Deodato, barone di Burgio e Mancina e da gerolama Moncada, dei principi di Calvaruso9. Poiché il titolo baronale spettava al fratello maggiore giacomo10, Corrado, secondo la consuetudine, fu avviato alla carriera ecclesiastica. la madre, nel 1741, era rimasta vedova e quando nel 1743 un suo fratello, il domenicano Tommaso Moncada, fu nominato arcivescovo di Messina11, pensò di affidargli l’edu-
le bolle apostoliche relative alla nomina del vescovo furono eseguite a Palermo dal viceré il 27 maggio e trasmesse a Catania il 2 giugno Editti 1769-1776, fol. 33r-v). Il testo si trova in Tutt’Atti 1772-1773, fol. 403r-410r. 6 R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., 156. Pare che il papa Clemente xIV abbia espresso il suo augurio al neo vescovo con queste parole: «Vade, fili benedicte, non sine causa te Deus tam iuvenem ad Ecclesiae regimen delegit» (R. PlaTaNIa, Oratio, cit., 250). 7 l’atto di procura porta la stessa data della bolla di nomina: 10 maggio 1773 (Tutt’Atti 1772-1773, fol. 401r-403r). la nomina del vicario generale fu firmata due giorni dopo (12 maggio), prima ancora che il Deodato ricevesse la consacrazione episcopale (ibid., fol. 412v-413v). Il vescovo non confermò come suo vicario generale il priore del capitolo Bonaventura gravina, che per tanti anni aveva svolto questo ufficio durante il governo del vescovo Ventimiglia e aveva retto la diocesi durante il periodo di sede vacante. giuseppe Maria Rizzari svolgerà l’ufficio di vicario generale fino alla morte (28 maggio 1800); gli successe il can. Sebastiano Zappalà grasso (Tutt’Atti 1799-1800, fol. 213v-215r). Su questo personaggio vedi V. PERCOlla, Biografie, cit., 327-339. 8 Il nuovo vicario generale, in un primo editto del 3 giugno 1773, ordinò che in tutte le chiese si cantasse il Te Deum e prorogò le facoltà scadute ai collaboratori di curia e ai vicari (Editti 1769-1776, fol. 34r-35v); in un altro editto dell’11 agosto invitò il clero a riunirsi «nella venerabile chiesa della Carcarella» per partecipare al corteo che avrebbe accompagnato il vescovo nella cattedrale (ibid., fol. 37r-38r). 9 Proc Dat 150, fol. 108r. 10 f.E. VIllaBIaNCa, Della Sicilia nobile, cit., IV, 299; V. SPRETI, Enciclopedia, cit., II, 611. 11 R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., 286; f.E. VIllaBIaNCa, Della Sicilia nobile, cit., I, 1754, 107. 5
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Corrado Maria Deodato (1773-1813)
cazione del figlio Corrado. Questi, ancora bambino, lasciò la casa paterna per trasferirsi nella città dello stretto12, dove ricevette la prima istruzione e la formazione prescritta per accedere agli ordini sacri13. all’età di 17 anni, quando presumibilmente aveva ricevuto solo la prima tonsura, gli fu conferita dallo zio arcivescovo la prebenda di arcidiacono del capitolo della cattedrale di Messina14, che gli garantì l’indipendenza economica. Nel 1754, il giovane si recò a Roma, per completare la formazione umanistica e teologica nel noto collegio Nazareno degli scolopi15, ove frequentò un
12 f. STRaNO, Elogio di Mons. Corrado Maria Deodato, vescovo di Catania, recitato […] fra le solenni esequie celebrate nella insigne collegiata chiesa di Aci Catena li 4 dicembre 1813, Catania 1814, 7. 13 È probabile che il giovane abbia frequentato il Real Collegio dei Nobili degli scolopi. Può anche aver ricevuto la prima formazione nel seminario o nel collegio dei gesuiti. 14 f. STRaNO, Elogio, cit., 9. 15 I chierici regolari poveri della Madre di Dio delle scuole pie, meglio conosciuti come scolopi, erano stati fondati a Roma dallo spagnolo giuseppe Calasanzio negli anni a cavallo fra la fine del secolo xVI e l’inizio del xVII. Si tratta di uno degli ordini religiosi fioriti nel clima della controriforma, che aveva come fine precipuo l’educazione cristiana della gioventù mediante l’istituzione di scuole gratuite per i poveri, un’attività che — secondo gli insegnamenti del fondatore — non poteva essere vantaggiosa a chi la compie, né efficace per gli altri, se non era sorretta da una robusta vita interiore alimentata dalla preghiera e dallo spirito di sacrificio. la spiritualità degli scolopi affonda le sue radici nella devotio moderna e, inizialmente, si servì degli strumenti approntati dai gesuiti: il metodo della meditazione e degli esercizi spirituali di s. Ignazio, il catechismo di s. Roberto Bellarmino in Italia e di s. Pietro Canisio in germania. Nonostante questa affinità spirituale, gli scolopi entrarono presto in conflitto con la Compagnia di gesù a motivo della comune attività apostolica: i collegi e le scuole. Nel ’700, dimostrarono in linea di massima una «forma mentis più libera e aperta, maggiormente disposta che non in altre istituzioni ecclesiastiche […] a confrontarsi con quel che andava intanto realizzandosi attraverso i lumi nell’ambito di un più largo processo di secolarizzazione, sino ad incontrare quelle esigenze di mutamento radicale che scuoteranno la società italiana a fine secolo, col triennio rivoluzionario» (M. ROSa, Spiritualità mistica e l’insegnamento popolare. L’Oratorio e le Scuole Pie, in g. DE ROSa – T. gREgORy – a. VaUChEZ [curr.], Storia dell’Italia religiosa. 2. L’età moderna, Bari 1994, 271-302: 300). Notizie essenziali sugli scolopi si possono trovare in g. aUSENDa, Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle scuole pie (scolopi o piaristi), in DIP, II, Roma 1975, 927945; ID., La scuola nella storia di alcuni istituti religiosi. II. Gli scolopi, ibid., VIII, Roma 1988, 1152-1165; M. MaRCOCChI, La riforma cattolica. Documenti e testimonianze, II, Brescia 1970, 166-178). In Sicilia gli scolopi ebbero una buona diffusione anche per la protezione paternalistica della monarchia spagnola: a. SINDONI, Le scuole pie in Sicilia. Note sulla storia dell’ordine scolopico dalle origini al secolo xIx, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia 25 (1971) 375-421. Il collegio Nazareno era stato fondato nel 1630 dal card. Michelangelo Tonti e il fondatore degli scolopi aveva accettato di assumerne la direzione (P. VaNNUCCI, Il Collegio Nazareno, Roma 1930).
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corso biennale di retorica e un anno di teologia, distinguendosi per il suo carattere amabile e per il suo comportamento irreprensibile. Nel 1757 lasciò il Nazareno per l’accademia Ecclesiastica16, dove quasi certamente completò il corso teologico senza conseguire alcun titolo di studio17. l’accademia Ecclesiastica era stata fondata nel 1701 da Clemente xI per preparare giovani ecclesiastici al sevizio diplomatico della Santa Sede18. Pertanto si deve presumere che il giovane Corrado avesse in animo di fermarsi a Roma. Non sappiamo per quali motivi si sia deciso ad abbandonare questo progetto e a fare ritorno a Messina, dove ricevette dallo zio arcivescovo l’ordinazione presbiterale (1 marzo 1760)19 e subito dopo la nomina di vicario generale20. Il sospetto del nepotismo è più che fondato nella rapida carriera del giovane prelato; sembra tuttavia che egli avesse buone qualità umane e di governo se, dopo la morte dello zio, fu nominato per tre volte vicario capitolare e per altre tre volte vicario generale21.
«a dì 23 maggio [1754] entrò in collegio di mattina il sig.r D. Corradino adeodato di Moncada. Partì il dì 9 ottobre 1757, avendo studiato un anno di teologia. giovine ottimo nei costumi, anzi un po’ scrupoloso, alle volte malinconico, savio, polito ed amabile per il suo nobile tratto. Si è portato all’accademia Ecclesiastica» (aRChIVIO DEl COllEgIO NaZaRENO ROMa, Alunni e convittori entrati in Collegio dal 1630 al 1774, vol. 1, 259). Durante la sua permanenza nel collegio, il giovane Corrado fece parte della Congregazione lauretana — i cui membri partecipavano ai benefici spirituali della Congregazione delle Scuole Pie — e fu presidente della stessa dal novembre 1755 al marzo 1756 e dal marzo al maggio del 1757. Il Castorina nel breve profilo che fa del nostro vescovo, a distanza di 75 anni dalla sua morte, scrive che a Roma il Deodato frequentò il collegio Clementino (P. CaSTORINa, Elogio storico, cit., 221). Probabilmente il Castorina intendeva riferirsi all’accademia Ecclesiastica fondata da Clemente xI e non al noto collegio dei somaschi. 17 Dopo la sua presentazione a vescovo di Catania e la celebrazione del processo informativo, il 22 aprile 1773, gli fu conferita la laurea in teologia «con sommo applauso e per acclamazione» alla Sapienza di Roma (Proc Dat 150, fol. 110r e 116v), probabilmente sulla base del regolare corso di studi fatto durante gli anni della sua permanenza nel collegio Nazareno e nell’accademia Ecclesiastica. 18 forse gli alunni dell’accademia frequentavano il corso di teologia alla Sapienza; infatti solo con Pio VI l’accademia ebbe al suo interno le facoltà di teologia, diritto e storia. (P. SaVINO, Pontifica Accademia Ecclesiastica, voce «accademie», in Enciclopedia Cattolica, I, Città del Vaticano 1948, 175). 19 Proc Dat 150, fol. 109r. 20 f. STRaNO, Elogio, cit., 9. 21 Il capitolo della cattedrale gli affidò la guida della diocesi dopo la morte dello zio (1762), del benedettino gabriele Maria Di Blasi (1764) e del teatino giovanni Maria Spinelli (1770). l’ufficio di vicario generale, dopo essergli stato affidato per la prima volta dallo zio, gli fu confermato dai due successori e da Scipione ardoino. la notizia, oltre che dalla bolla di nomina (Tutt’Atti 1772-1773, fol. 403v-404r), è riportata da f. STRaNO, Elogio, cit., 1116
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b) La personalità del Deodato e la difficile eredità del Ventimiglia
Dalle testimonianze dei suoi contemporanei risulta che il nostro vescovo era stimato per il carattere mite e remissivo, idoneo più ad un’opera di mediazione e di conciliazione che di riforma. Secondo quanto afferma francesco Strano, la sua personalità era dotata «d’una mansuetudine di spirito, d’una dolcezza di carattere, di una austerità di costumi»22. Questo giudizio sembra confermato: dalla fiducia che riposero in lui a Messina i vescovi e i canonici del capitolo per nominarlo vicario generale e vicario capitolare (nonostante la sua giovane età), dai primi documenti con i quali egli si presentò alla diocesi di Catania e dalla linea di condotta tenuta con le autorità civili. In una lettera pastorale, scritta a frascati il giorno stesso della sua consacrazione episcopale e inviata alla diocesi di Catania, con un linguaggio affabile e rispettoso chiede la collaborazione di tutti nel difficile compito affidatogli: dei canonici della cattedrale, dei parroci, del clero, delle religiose, del senato cittadino, del popolo23. Un vescovo dal carattere mite può avere il vantaggio di evitare atteggiamenti di rottura e di porsi nelle migliori condizioni per utilizzare le capacità dei suoi collaboratori, ma può anche dare l’impressione o di non perseguire un chiara linea di azione o di preferire al rischio dei cambiamenti e delle riforme la certezza derivante dal mantenimento dello status quo. Nella diocesi di Catania era ancora vivo il rammarico per le improvvise dimissioni del vescovo Salvatore Ventimiglia ed era nei voti di tutti che il successore continuasse le riforme da lui intraprese. francesco Strano con uno stile efficace, anche se non privo di retorica, descrive il clima di attesa
12. Raimondo Platania fa notare che il vicario capitolare, dopo l’elezione dei canonici, per esercitare il suo ufficio aveva bisogno della conferma della corte di Palermo. Questa circostanza contribuisce a ridimensionare il sospetto del nepotismo e a sottolineare le buone qualità del giovane prelato (R. PlaTaNIa, Oratio, cit., 243). lo stesso ci informa che il Deodato era stato sul punto di essere nominato arcivescovo di Messina e che la proposta era stata scartata per la giovane età del candidato (ibid., 245). 22 f. STRaNO, Elogio, cit., 9. lo stesso concetto è ripetuto verso la fine dell’elogio: «Non è meno interessante per l’umanità e per la religione il considerarvi l’uomo sensibile e sociale. Da questa qualità […] derivava in lui quella affabilità di carattere, quella dolcezza di maniere, quella facilità di fiducia che non si trovano sì sovente fra gli apparati della grandezza e fra lo splendore della dignità» (ibid., 32). Il giudizio dello Strano ricalca nella sostanza quello formulato dai superiori del collegio Nazareno. 23 Tutt’Atti 1772-1773, fol. 453v-457r.
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che si era creato negli ambienti ecclesiastici e culturali della città e la soddisfazione per la nomina di un giovane vescovo, che sembrava possedere i requisiti per porsi sulla scia del suo predecessore: «Catania si era veduta abbandonata da un vescovo fatto per rigenerarla alla luce delle lettere e della filosofia e che aveva già gettate le fondamenta della di lei rigenerazione. Una perdita che parea di lasciare un vuoto irreparabile nel piano della felicità catanese, tenea tutti gli animi nella costernazione e nel dolore, allorché all’apparire di un giovane pastore, che aveva di già dato saggio del suo merito nella cura d’un gregge alieno e che dava tanti argomenti di fiducia pel bene essere del suo proprio, che gli veniva ora commesso, la speranza comincia a rilucere»24.
Il Deodato non sembra provenire dalla stessa matrice culturale del suo predecessore25. Tuttavia per la stima personale che aveva per il Ventimiglia e per il generale rimpianto che aveva trovato al suo ingresso in diocesi, sembrava deciso a proseguire per la via delle riforme da lui tracciata26. affermando che il Deodato intendeva collocarsi sulla scia del suo predecessore, non possiamo ritenere di avere definito la personalità del nostro vescovo, la sua scelta di campo nei confronti dei diversi gruppi e movimenti esistenti a Catania in quegli anni, né tanto meno possiamo sottintendere che egli abbia condiviso pienamente e sia riuscito a realizzare il progetto pastorale del Ventimiglia. In definitiva resta tutto da scoprire un personaggio che fu fra i testimoni di un periodo storico di intensi cambiamenti; con la prospettiva di una ricerca che presenta non poche difficoltà:
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f. STRaNO, Elogio, cit., 12; lo stesso concetto esprime R. PlaTaNIa, Oratio, cit.,
25 I due vescovi avevano fatto corsi di studio in ambienti diversi e avevano avuto esperienze del tutto differenti: il Ventimiglia, dopo aver completato il corso di studi nel collegio dei gesuiti di Palermo, era approdato alla sponda opposta dei cattolici illuminati ed era stato nominato vescovo dopo un lungo ed intenso periodo di attività culturale e pastorale. Il Deodato aveva iniziato giovanissimo la sua esperienza di governo, subito dopo aver compiuto il corso di studi nel collegio Nazareno degli scolopi e all’accademia Ecclesiastica. la matrice culturale del Deodato sembra, perciò, determinata prevalentemente dagli insegnamenti ricevuti a Roma. 26 f. Strano sembra affermare che il Deodato nel suo testamento abbia dichiarato di aver voluto seguire «l’esempio luminoso dell’illustre suo predecessore» (f. STRaNO, Elogio, cit., 29). Tuttavia nella copia del documento, conservata presso il monte di pietà di Catania, non risulta questo particolare. forse lo Strano intendeva far riferimento alle manifestazioni di volontà fatte dal Deodato a Palermo nel giugno 1813, quando giunse in punto di morte e prese la decisione di redigere il proprio testamento dinanzi al notaio antonino Cavarretta.
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manca un’analisi accurata di questo periodo della storia della Chiesa siciliana e catanese; gli storici, che si erano prefissi di raccogliere le fonti, di dare una ricostruzione dei fatti e di formulare un primo giudizio, chiudono le loro opere nel secolo xVII o nella prima metà del secolo xVIII27; gli oltre quarant’anni di governo pastorale del vescovo Deodato richiedono un lavoro di ricerca non indifferente nelle fonti d’archivio28. Infine non vanno sottovalutate le complesse vicende che caratterizzarono i lunghi anni di questo episcopato: il riformismo borbonico, gli ultimi sviluppi del giansenismo italiano, la rivoluzione francese, il giacobinismo, il nuovo assetto costituzionale dato alla Sicilia nel 1812…29. Non proponendoci in questo studio una biografia del vescovo Deodato, ma una introduzione alle sue relazioni ad limina, possiamo limitarci ad utilizzare gli elementi di cui disponiamo. fondandoci su questi dati, le componenti che ci consentono di delineare l’identità culturale del Deodato sembrano essere: una solida preparazione umanistica e una certa familiarità con la Bibbia; una formazione che dà ampio spazio all’ascetica e agli esercizi di pietà, nel quadro del Rocco Pirri morì nel 1651 e la sua opera Sicilia Sacra fu continuata da antonino Mongitore e da Vito Maria amico fino al 1730; giovanni Battista De grossis stampò Catana sacra nel 1654; Vito Maria amico pubblicò i quattro volumi della sua Catana illustrata negli anni 1740-1746. Solo il ferrara si spinse sino alla fine del secolo xVIII (f. fERRaRa, Storia di Catania, cit.). Da apprezzare il proposito di luigi Boglino e dei suoi collaboratori di continuare l’opera del Pirri. Tuttavia il profilo del Deodato, tracciato dal can. Vito Messina, pur riportando numerosi documenti d’archivio, ha più i tratti di un elogio che di uno studio storico-critico: V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati Moncada (1773-1813), in La Sicilia Sacra. Effemeride per la storia della Chiesa siciliana 6 (1904) 126-141; 228-250; 395-421. 28 I registri di Tutt’Atti relativi agli anni 1773-1786 sono andati perduti o non sono consultabili per i danni provocati dalle termiti e dall’umido. V. Messina lamentava già questa perdita nel 1904. 29 Per un quadro generale delle vicende storiche e dei movimenti culturali di questo periodo vedi: D. SCINà, Prospetto, cit.; f. SCaNDONE, Il giacobinismo in Sicilia (1792-1802), in Archivio Storico Siciliano n.s. 43 (1921) 279-315; 44 (1922) 266-361; M. CONDOREllI, Note su Stato e Chiesa, cit.; ID., Momenti del riformismo ecclesiastico nella Sicilia borbonica (1767-1850), Reggio Calabria 1971; C. MUSUMaRRa, La cultura, cit.; g. gIaRRIZZO, Illuminismo, cit., 711-815; f. RENDa, Dalle riforme al periodo costituzionale (1734-1816), in R. ROMEO (cur.), Storia della Sicilia, cit., VI, 183-297; g. gIaRRIZZO, La Sicilia dal Cinquecento all'Unità d'Italia, in V. D'alESSaNDRO – g. gIaRRIZZO, La Sicilia dal Vespro all'Unità d'Italia, Torino 1989, 97-795: 495-666; R. ROMEO, Il risorgimento in Sicilia, Bari 19892, 11-154; g. MIlaZZO – C. TORRISI (curr.), Ripensare la rivoluzione francese. Gli echi in Sicilia, Caltanissetta-Roma 1991. 27
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modello ecclesiologico della controriforma proprio della tradizione romana e del regalismo proprio della tradizione siciliana30. 2. Il PROgETTO PaSTORalE
a) Gli anni della collaborazione con Giovanni Agostino De Cosmi
Con la partenza del Ventimiglia da Catania, se era venuto meno uno dei personaggi di punta che avevano determinato un radicale rinnovamento nell’ambiente culturale catanese, non era cessata la contrapposizione fra i due gruppi che se ne contendevano l’egemonia: da una parte i personaggi che gravitavano attorno alla famiglia Biscari e alla loggia massonica dell’ardore (V. Malerba, a. giuffrida, R. Platania), ai quali si associarono ben presto i benedettini di San Nicola l’arena; dall’altra alcuni fra i collaboratori del vescovo dimissionario, culturalmente più dinamici e aperti alle riforme (g.a. De Cosmi, l. gambino, g. Recupero)31. Dobbiamo presumere che il Deodato, fin dal tempo della sua nomina, fosse al corrente della situazione esistente a Catania. Potremmo anche avanzare l’ipotesi che la corte di Palermo, conoscendo il suo carattere mite, lo avesse scelto come successore del Ventimiglia per attuare un’opera di mediazione fra i contrapposti gruppi culturali catanesi. Il Deodato sembra deciso a dimostrare che intende continuare il progetto pastorale del suo predecessore, mantenendo tuttavia una personale autonomia di azione. Perciò non confermò come vicario generale il priore del capitolo della cattedrale Bonaventura gravina, optando per il decano giuseppe Maria Rizzari. Non disponiamo di elementi utili per formulare un giudizio su questo personaggio; tuttavia sappiamo che il gravina non mancò di manifestare il suo disap-
30 anche se possiamo ipotizzare una certa apertura di pensero negli insegnamenti ricevuti dagli scolopi al Nazareno, non c’è dubbio che la teologia insegnata nell’accademia Ecclesiastica obbedisse ai rigidi canoni della controrifoma. Resta da risolvere il nodo di una apparente contraddizione fra il curialismo della concezione ecclesiologica romana e il regalismo che traspare nei documenti del Deodato. Come avremo la possibilità di documentare nel corso di questo studio, principale referente del Deodato non sembra essere il papa, ma il re di Napoli. Una ulteriore conferma su questo aspetto della personalità del nostro vescovo è data dallo scarso interesse che egli dimostra verso le relazioni ad limina e i rilievi della Santa Sede. 31 Per un profilo dei personaggi che collaborarono con il Ventimiglia o vissero in questo periodo storico vedi supra il suo profilo storico.
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punto al Ventimiglia, che si era già ritirato a Palermo32. fra i primi collaboratori era naturale che il nostro vescovo scegliesse il can. g.a. De Cosmi, considerato l’elemento più rappresentativo del gruppo che si era riunito attorno al Ventimiglia; ma una serie di polemiche e di contrasti fece orientare il Deodato ad operare scelte più moderate. Nel 1777 il Deodato aveva incaricato il De Cosmi a stendere il piano di studi del seminario, l’istituto che il Ventimiglia aveva avuto tanto a cuore e che il nuovo vescovo si era impegnato a sostenere e a potenziare. accettato l’incarico, il canonico lavorò con entusiasmo a questo progetto e nelle sue memorie così descrive la propria collaborazione con il Deodato:
«Si stamparono i pezzi scelti di latinità di Chompre nella stamperia di quel seminario. Si rinnovò la cognizione e lo studio della lingua greca. D. Benedetto D’agata fu professore di metafisica; d. Vincenzo Zuccarello, professore di fisica; si fece un gabinetto di macchine per la fisica sperimentale. le Tesi di quei due professori, oggi morti, sono il saggio di queste due facoltà, che s’insegnarono la prima volta in Sicilia in quelle scuole. Io mi riserbai una lezione di materie ecclesiastiche; spiegai l’epistole di s. Paolo ai giovani capaci dell’originale. Si stamparono alcune tesi di liturgia»33.
Sempre nello stesso periodo il Deodato si rivolse alla collaborazione del De Cosmi per affrontare il difficile problema della riforma dell’Università. Nel 1778 la Deputazione catanese degli studi, della quale faceva parte il nostro vescovo nella qualità di cancelliere, aveva ricevuto l’incarico di stendere un piano di riforma. Il documento con il relativo progetto fu consegnato alle autorità centrali, che lo recepirono quasi per intero. la riforma, pur innovando il vecchio sistema educativo, non teneva sufficientemente conto del dibattito culturale che aveva impegnato gli intellettuali siciliani degli ultimi trent’anni. Il progetto non riuscì gradito al Deodato sia per il ridimensionamento di alcune discipline teologiche, sia
32 Non possediamo la lettera del gravina ma solamente la risposta del Ventimiglia. Questi in data 10 agosto — prima ancora che il Deodato facesse il suo ingresso in diocesi — si limitava ad invitare il suo interlocutore a rispettare le disposizioni divine; in una visione pessimistica della storia riteneva che quegli avvenimenti dovevano essere interpretati come il castigo di Dio alla diocesi a motivo dei suoi peccati. Il Ventimiglia esprime lo stesso concetto in altre due lettere del 24 agosto e del 7 settembre, quando già il Deodato era venuto a Catania, e manifesta il timore che «andasse totalmente in rovina quel puoco di bene che rimaneva nella diocesi» (vedi supra il profilo del vescovo Salvatore Ventimiglia). 33 le memorie del De Cosmi sono pubblicate da g. giarrizzo, in Illuministi italiani, cit., 1079-1111: 1109.
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per i limiti posti agli ecclesiastici nell’insegnamento. Il vescovo-cancelliere, con una decisione di difficile interpretazione, diede l’incarico a g.a. De Cosmi di predisporre un progetto alternativo. la scelta del Deodato appare inspiegabile, perché il De Cosmi più che correggere il progetto di riforma nel senso voluto dal Deodato lo avrebbe radicalizzato ulteriormente. Non rientra nei limiti di questo saggio seguire lo sviluppo dei tentativi di riforma dell’Università34. Sembra, tuttavia, che l’invito del Deodato al De Cosmi fosse solamente strumentale e che il vescovo non fosse tanto interessato a radicali riforme dell’Università quanto a consolidare l’ordinamento esistente35. Questa ipotesi appare confermata dall’appoggio dato dal Deodato al can. Vito Coco nell’iniziativa di pubblicare una raccolta di leggi sull’Università, quasi a dimostrare che questo istituto avrebbe dovuto essere riformato guardando più al passato che ad un futuro incerto e per certi aspetti rischioso per la sua identità e la sua stessa sopravvivenza36. In questi stessi anni un’altra clamorosa vertenza mise a dura prova il proposito del vescovo Deodato di rimanere al di sopra delle parti fra i diversi gruppi culturali esistenti in città. Nel 1778, su presentazione del consultore supremo dell’Inquisizione, era stato nominato vescovo titolare di Europo il catanese francesco di Paola Paternò Castello37. Il neo eletto, che mantenne la prebenda di canonico della cattedrale, avanzava la pretesa di esercitare nel capitolo un diritto di precedenza che non gli competeva, suscitando l’opposizione degli altri canonici. la controversia andava oltre i soliti problemi di cerimoniale. Infatti dietro la richiesta del vescovo titolare c’era il tentativo della famiglia Paternò Castello di attrarre il capitolo della cattedrale nell’orbita della propria influenza. Il can. De Cosmi, incaricato di preparare la difesa dei diritti del capitolo, si appellò all’autorità del vescovo Deodato perché respingesse con fermezza le pretese di francesco Paternò Castello:
339.
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«Siccome viva e grande è stata l’amarezza cagionata al capitolo di Catania dalle nuove pretensioni del suo confratello can. D. francesco di Paola Paternò Castello, eletto oggi al vescovato di Europo in partibus […], così grande è la consolazione dello stesso capitolo nel vedersi rimessa la termi-
g. PalaDINO, L’Università di Catania, cit., 241-252; E. BaERI, Il dibattito, cit., 297g. gIaRRIZZO, Illuminismo, cit., 764. S. la ROSa, Introduzione , cit., 11-25. R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., 211.
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nazione delle pretese novità all’arbitrio e decisione del suo Vescovo l’ill.mo e rev.mo monsignor D. Corrado Deodati da cui, a riguardo della somma dirittura dell’animo e della elettissima cognizione delle materie ecclesiastiche e del paterno amore con cui riguarda il capitolo della sua chiesa cattedrale, spera senza meno di vedersi liberato una volta per sempre dalle sue moleste inquietudini e dalle tante novità del suo per altro rispettabile confratello»38.
Si ha l’impressione che l’invocato intervento del Deodato non sia stato sufficiente a far desistere il vescovo titolare di Europo dalle sue richieste, che rilanciò l’offensiva attaccando personalmente il De Cosmi e chiamando in proprio aiuto il fratello benedettino giovanni andrea Paternò Castello, che si era sempre schierato contro i progetti di riforma del Ventimiglia e dei suoi collaboratori39. la polemica divenne ben presto più antidecosmiana che anticapitolare: il De Cosmi venne accusato di diffondere nel seminario un pensiero ‘miscredente’ e si auspicava che i guasti prodotti in lui dalla lettura di febronio non producessero gli stessi effetti nelle menti degli altri40. Il canonico replicò con un altro scritto in difesa del capitolo41 e con la pubblicazione — a firma dei suoi discepoli D’agata e Sanfilippo — di due opere filosofiche per esporre il suo pensiero e difendersi dalle accuse dei suoi oppositori42.
g.a. DE COSMI, Pel capitolo della Santa Cattedrale di Catania, Catania 1779, 3. Il fratello del vescovo titolare, seguendo una prassi molto comune a quel tempo, scrisse un memoriale contro il De Cosmi nascondendosi dietro lo pseudonimo di Pietro del Campo (D. SCINà, Prospetto, cit., II, 177). 40 B.M. BISCIONE, De Cosmi, cit., 573. 41 g.a. DE COSMI, Seconda difesa del capitolo della Santa Cattedrale di Catania, Palermo 1781. In quest’opera è interessante la lucida esposizione della sua concezione ecclesiologica secondo la linea seguita dai giansenisti italiani: polemizza contro i vescovi titolari (vescovi senza chiesa), esalta il presbiterio come sola autentica istituzione della Chiesa primitiva, considera il capitolo della cattedrale come l’erede delle prerogative dell’antico presbiterio, il suo ruolo è fondamentale per temperare l’autorità del vescovo. Sulla concezione ecclesiologica dei giansenisti italiani vedi Atti e decreti del concilio diocesano di Pistoia dell’anno 1786, a cura di P. Stella, 2 voll., firenze 1986. 42 B. DE agaTa, Methaphysices prospectus in varias theses distributus, quas publico exponunt examini clericorum alumni, Catanae 1781; M. SaNfIlIPPI, Metaphysices prospectus in varias theses distributus, per triduum in cathedrali basilica propugnandas, Catanae 1784. Per la documentazione relativa a questa controversia vedi il volume manoscritto nel fondo principale dell’aCC, Scritture spettanti la lite giurisdizionale tra il rev.mo capitolo ed il can. D. Francesco di Paola Paternò Castello, Vescovo titolare di Europo. 38 39
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la causa del capitolo fu vinta43 ma tutte queste polemiche segnarono la fine del rapporto di collaborazione fra il Deodato e il De Cosmi. Infatti le tesi filosofiche di quest’ultimo, esposte dietro la firma del D’agata, furono condannate dalla Santa Sede e il suo discepolo fu allontanato dall’insegnamento e dal seminario44. In tutta questa vicenda il Deodato, o perché non aveva una forte personalità o perché non condivideva le posizioni dottrinali del suo collaboratore, non si schierò a difesa del D’agata. Questo suo comportamento provocò la reazione del can. De Cosmi, che lasciò il seminario motivando così la sua decisione: «la debolezza del Vescovo licenziò il professore D’agata; che indi fu fatto professore dell’Università, e poi è morto (1793). Io mi dimisi dal seminario, perché non si deve far del bene a chi nol vuole»45.
b) La progressiva revisione del progetto di riforma del Ventimiglia
la crisi dei rapporti fra il Deodato e il De Cosmi non determinò una svolta solo nella vita del sacerdote agrigentino, che fu costretto a lasciare il seminario dopo venti anni di intenso lavoro. Dagli elementi di cui disponiamo si può affermare che l’episodio segni un cambiamento di indirizzo nel progetto pastorale del nostro vescovo. Il Deodato, se all’inizio del suo governo pastorale aveva manifestato la volontà di seguire il programma del suo predecessore, man mano si sarà reso conto che non poteva identificarsi con lui. Nel Ventimiglia il progetto di riforma era fondato su una concezione filosofica ed ecclesiologica fortemente innovativa, derivante dal superamento della scolastica e dalle istanze dei cattolici illuminati. Il sincero desiderio di riforma che animava il Deodato poggiava su una matrice culturale più tradizionale. Si ha l’impressione che l’azione pastorale del
43 Nel 1788 il Paternò Castello, non potendo esercitare efficacemente la sua influenza nel capitolo della cattedrale, preferì passare al capitolo della collegiata, dove ottenne facilmente la nomina di prevosto (Tutt’Atti 1788-1789, fol. 86r-87r; V. MESSINa, Monografia della regia insigne parrocchiale chiesa collegiata di Catania, Catania 1898, 122). 44 l. SCUDERI, Le biografie degli illustri catanesi del secolo xVIII, Catania 1881, 171173; B.M. BISCIONE, De Cosmi, cit. 45 Nelle memorie del De Cosmi in Illuministi italiani, cit. 1109. Il De Cosmi, dopo avere svolto diversi incarichi nel campo della riforma scolastica a Napoli e in Sicilia, lasciò definitivamente Catania nel 1789, quando rinunziò alla prebenda nel capitolo della cattedrale per accettarne una in quello di agrigento (Tutt’Atti 1788-1789, fol. 366r-v).
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nostro vescovo seguisse sostanzialmente due linee parallele: il cambiamento degli uomini secondo le prescrizioni canoniche e le indicazioni ascetiche tradizionali; la funzionalità delle strutture esistenti. Pertanto non riteniamo che il Deodato possa essere collocato fra i vescovi riformatori del secolo xVIII. Per certi aspetti le linee ecclesiologiche seguite dal riformismo borbonico sembrano più aperte e coerenti di quelle del nostro vescovo. Uno dei primi editti promulgati dal Deodato dopo il suo ingresso in diocesi aveva come oggetto la disciplina dei chierici e l’ordinamento del seminario. Egli manifestava allo stesso tempo gratitudine ai suoi predecessori e
«una consolazione grandissima, ritrovando in ottimo stato questo seminario clericale sia per quanto riguarda l’educazione nella pietà e nelle lettere sì per rapporto al temporale delle fabbriche e degli introiti in maniera che ringraziamo cordialmente il Signore che ci ha collocati in stato di poter approfittarci del frutto della loro pastorale vigilanza»46.
46 Editti 1769-1776, fol. 43v-45r: 44r. Nell’editto il Deodato, richiamandosi al Concilio di Trento e tenendo presenti le condizioni del tempo, stabiliva alcune norme fondamentali per i candidati al sacerdozio: 1. Possono essere accolti in seminario gli alunni compresi fra i dodici e i sedici anni di età. 2. Possono ricevere l’ordine del suddiaconato solo quei candidati che vivono in atto in seminario. 3. a prescindere dal diverso regime di sostentamento dei seminaristi (offerto dal seminario o privato), tutti devono vestire «un abito uniforme, cioè la sottana pavonazza con le svolte e fornimenti di color cremisino e la zimarra ugualmente pavonazza col collare o batalo cremisino». 4. le lezioni avranno inizio il 15 di settembre e finiranno il 15 di luglio. 5. «Tutta la carriera degli studi, terminata la grammatica della lingua latina, consisterà in un anno di lettere umane, due anni di filosofia e matematica, un anno di eloquenza e quattro anni di teologia e di studii ecclesiastici». 6. Il Vescovo si impegna a conferire i benefici ecclesiastici di libera collazione a quegli alunni «che avranno dato buon saggio di loro pietà e letteratura». 7. la tonsura verrà data agli alunni di primo anno e cioè non prima dei dodici anni. 8. Si osserveranno gli interstizi stabiliti dal Concilio di Trento; una eventuale dispensa sarà concessa per utilità della Chiesa e non per vantaggio degli ordinandi. 9. I certificati rilasciati dai parroci sulla idoneità dei candidati devono essere confermati con giuramento. 10. Prima delle ordinazioni i professori del seminario consegneranno i programmi delle diverse materie insegnate durante l’anno perché il Vescovo personalmente possa esaminare i candidati e dare un giudizio sulla loro idoneità. 11. la tonsura sarà conferita agli alunni che precedentemente hanno ottenuto la licenza di indossare l’abito ecclesiastico. 12. Non saranno ammessi alla tonsura, anzi saranno privati dell’abito clericale, coloro che portano «le code a’ capelli con una usanza tutta secolaresca». 13. Per il conferimento di qualsiasi ordine, minore o maggiore, il candidato deve essere munito di una fede giurata del suo curato, che attesti il servizio nella chiesa parrocchiale nei giorni festivi, la frequenza ai sacramenti e l’esercizio nell’insegnamento della dottrina cristiana. 14. Si rinnovano le pene previste contro i sacerdoti e i chierici che non portano la ton-
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È chiaro, perciò, che egli intendeva seguire l’impostazione data dal suo predecessore e servirsi dei superiori e dei professori che con tanto merito avevano portato l’istituto a porsi in concorrenza con la stessa Università degli studi47. la rottura con il De Cosmi e il suo definitivo allontanamento dal seminario hanno sicuramente inciso sull’impostazione generale degli studi e sui criteri di formazione degli alunni. Nelle memorie che il canonico scrive nel 1802 si legge questa nota: «Oggi mi si dice che il seminario è ridotto ad uno stato ben miserabile. “Sic omnia in peius ruere et retro sublapsa referri”»48.
Se il Ventimiglia indicava nell’eccessivo numero del clero una delle piaghe alle quali bisognava porre sollecito rimedio, il Deodato non sembra dar rilevanza a questo problema; anzi non è alieno dal concedere frequenti dispense dalla permanenza in seminario, rafforzando in tal modo la prassi dei cosiddetti «chierici esterni», che studiavano nelle parrocchie ed erano obbligati a vivere in seminario solo per sei mesi, prima di ricevere il suddiaconato49. Il decreto emanato per la formazione dei seminaristi deve
sura e non vestono in maniera confacente alla santità dello stato clericale. 15. l’editto deve rimanere affisso in tutte le sacrestie delle chiese sacramentali della diocesi perché possa essere conosciuto dagli interessati. 47 Rel. 1776, fol. 69r-v. Rettore del seminario era il can. Matteo Scammacca; fra i professori vanno ricordati: Sebastiano Zappalà grasso, l’agostiniano gaetano Maria garrasi, il domenicano antonino Pennisi, Raimondo Platania, Benedetto D’agata, giovanni agostino De Cosmi. Per i profili di questi personaggi vedi: V. PERCOlla, Biografie, cit., l. SCUDERI, Le biografie, cit., ad indicem. Il Platania nel suo discorso scriveva: «Missum feci tuum incredibilem in studiis promovendis ardorem, quo effectum est ut seminarii domus, in quam fit magnus quotidie concursus, non Catanensis Ecclesiae, sed totius Siciliae seminarium potius dicendum sit» (R. PlaTaNIa, Oratio, cit., 248-249). Sulle vicende del seminario di Catania in questo periodo storico vedi supra il profilo del vescovo Salvatore Ventimiglia. 48 Memorie del De Cosmi in Illuministi italiani, cit. 1109. 49 Tutt’Atti 1790-1791, fol. 115v-116v; 129v-130v; 135r-v; Tutt’Atti 1792-1793, fol. 147r. la documentazione relativa alle dispense si trova anche nell’archivio del seminario. Queste esenzioni erano concesse agli alunni che non erano in grado di pagare la retta e non potevano sperare nel mantenimento pubblico riservato ad un numero limitato di seminaristi (g. ZITO, Ordinamento e sconosciuta vitalità della formazione culturale nel seminario di Catania nella prima metà del secolo xIx, in Synaxis 2 [1984] 473-526: 478-479). In un editto del 9 aprile 1783 il Deodato indicò le materie nelle quali dovevano essere esaminati tutti i candidati agli ordini maggiori e per i chierici esterni stabiliva: «Tutti gli ordinandi che sono stati da noi dispensati dalla dimora nel seminario, residenti tanto in questa, quanto ne’ luoghi di nostra diocesi, dovranno farsi scelta del maestro o lettore, che l’istruisca nella scienza e nel presentarsi all’esame, dovranno fare ostensibile la fede giurata del maestro o lettore
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essere posto in relazione con quello del 1776 riguardante la vita e il comportamento degli ecclesiastici50. Il lungo documento può essere considerato una piccola summa per la disciplina del clero. Il Deodato insiste soprattutto sull’obbligo di indossare l’abito ecclesiastico51, sul dovere per i sacerdoti di evitare l’esercizio di professioni disdicevoli per il loro stato52, sulla necessità di condurre una vita esemplare53, di aggiornarsi nello studio54, sull’obbligo di dedicarsi all’insegnamento della dottrina cristiana55. Una particolare norma riguarda le rappresentazioni sacre56. Nel progetto di riforma del clero formulato dal Deodato non è previsto un argine contro il dilagare delle collegiate e la mania delle insegne prelatizie che in certi casi raggiungeva livelli preoccupanti57. anche su que-
respettivo ed assicurare questi di essere stati sotto la sua direzzione per l’intiero anno scolastico, senza mancar se non che per un ragionevole e rilevante motivo» (Editti 1781-1792, fol. 17r-18v: 18r). 50 Editti 1776-1781, fol. 9r-18r. Un altro editto analogo sarà pubblicato il 30 ottobre 1792 (Editti 1792-1803, fol. 1r-8r). 51 È vietato indossare «divisi secolareschi come pure ferraioli di colore con ornamento di gallone d’oro o di argento, indecente al di loro stato, deporre in certe date ore la principale insegna del chiericale abito, val’a dire il collare, e supplire con una fettuccia nera […], coltivarsi i capelli con ordine alla secolaresca intrecciate» (ibid., fol. 10r). 52 I sacerdoti non possono «assumere impieghi eziandio vilissimi osservandosi con sommo ribrezzo ecclesiastici nelle botteghe, nelle piazze, servienti di maggioraschi ed impiegati al servizio di persone ricche, esibendosi in cariche di magazinieri, di cantinieri di vino ed olio, di economi di poderi, compradori d’armenti, di venditori di merci ed in altri simili affari di mercatura» (ibid., fol. 12r). Il testo sembra ricalcare l’analisi fatta dal Ventimiglia nella sua relazione ad limina. 53 Si insiste sull’osservanza della castità (Editti 1776-1781, fol. 12v-13r), sul dovere di evitare il gioco e una vita oziosa (ibid., fol. 13r-v) e di non intraprendere attività commerciali (ibid., fol. 13v-14r). 54 Si ribadisce il dovere di partecipare alle riunioni dei casi morali (ibid., fol. 14r-v). 55 Ibid., fol. 15r-v. 56 «Sebbene sia antico costume di rappresentare in scena la sagratissima Passione di gesù Cristo, le glorie de’ martiri e le gesta degli altri santi, pure pe’ il depravato costume e raffredamento della pietà si è osservato che le cose più sagrosante si trattino con poco decoro o si annettano alla sacra storia delle cose profane che piuttosto muovono a riso e a disprezzo» (ibid., fol. 15r). 57 È nota la controversia esplosa fra il capitolo della cattedrale e quello della collegiata a proposito della mozzetta con cui il canonico della collegiata antonino Mancino, invitato dal vescovo a predicare il quaresimale, si presentò al pulpito per iniziare la predica il giorno delle ceneri del 1801 (Tutt’Atti 1800-1801, fol. 130r-132r; 155r-157v; 158r-v). I canonici della cattedrale consideravano un’offesa che il predicatore si fosse presentato con la mozzetta e pretendevano che indossasse gli abiti di un semplice sacerdote. a tal fine una guardia, invitata dai canonici della cattedrale, impedì al predicatore l’accesso al pulpito con
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sto punto il Ventimiglia, almeno in linea di principio, si era dichiarato contrario e aveva sperato nell’appoggio della Congregazione del Concilio per passare in alcuni casi dalla cura collegiale alla cura individuale delle anime58. Il Deodato non si pose il problema; anzi contribuì a consolidare l’ordinamento esistente: moltiplicò le prebende e concesse volentieri le insegne prelatizie ai singoli sacerdoti o ai capitoli dei canonici59. Sarà un’ordinanza reale a proibire nel 1776 l’erezione di nuove collegiate60 e nel 1794 la concessione indiscriminata delle insegne prelatizie61. la riforma strutturale, che il Ventimiglia aveva ritenuto fra le più urgenti, riguardava l’ordinamento parrocchiale. a Catania unico parroco della città e di gran parte della diocesi era il vescovo; i sacerdoti che amministravano i sacramenti nelle chiese curate erano suoi vicari amovibili a discrezione del vescovo. Costoro, secondo lo spirito del Concilio di Trento, dovevano essere nominati parroci perpetui e scelti per concorso. Per attuare questo suo progetto egli avrebbe gradito l’appoggio della Santa Sede che non ebbe62. Il Deodato non dimostrò alcuna intenzione di riformare l’ordinamento parrocchiale; ai richiami della Congregazione del Concilio in un primo momento sembrò non prestare attenzione, poi rispose in modo evasivo63. In realtà egli si rifiutò di attuare i suggerimenti di Roma
grande scandalo dei fedeli. Il Deodato non si mostrò d’accordo con la tesi sostenuta dai canonici della cattedrale, che ricorsero al tribunale della Regia Monarchia. Il caso fu chiuso con l’intervento del re che, da parte sua, condannò la guardia a quattro giorni di carcere e invitò il vescovo a dare «quella mortificazione che creda conveniente a quei canonici della cattedrale» (ibid., fol. 158v). 58 Vedi supra il profilo del vescovo Salvatore Ventimiglia. 59 Si veda, ad esempio, la concessione della mozzetta «ed ogni altro favore» a tutte le collegiate di San filippo d’agira il 29 agosto 1787 (Tutt’Atti 1786-1787, fol. 289r-291r); la concessione della mozzetta e del rocchetto ai canonici di Trecastagni il 23 dicembre 1788 (Tutt’Atti 1788-1789, fol. 65v-66r); la concessione della mitra bianca e della cappa magna ai canonici della cattedrale il 25 settembre 1792 (Tutt’Atti 1792-1793, fol. 28v-29r; 40r-v). V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit., 247-248 riporta un elenco di due intere pagine con i nomi dei sacerdoti ai quali il Deodato concesse le insegne prelatizie. 60 «Mons. Deodato non fondò alcuna collegiata e perché i più importanti centri n’eran provvisti e perché biglietto viceregio 6-16 luglio 1776 inibiva ai vescovi queste istituzioni senza il reale assenso. Iniziò solo (1813) le pratiche burocratiche per la erezione di quella di San Biagio in Viagrande» (V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit., 395). 61 È interessante la motivazione addotta nel decreto: «sconviene di accordarsi le decorazioni personali, come le calzette rosse, fiocco al cappello e simili che servono d’alimento ad una pompa profana ed a confondere le gerarchie» (Tutt’Atti 1794-1795, fol. 6r-7v). 62 Vedi supra il profilo del vescovo Salvatore Ventimiglia. 63 In risposta alla relazione del 1785 gli si faceva notare: «[la Sacra Congregazione]
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non per motivi economici, ma perché era contrario in linea di principio ad attuare questa riforma. In un editto del 27 ottobre 1786, chiudendo una controversia fra il capitolo della cattedrale e quello della collegiata, espose il suo pensiero con espressioni molto dure e a sostegno della propria tesi riferì i dati di una ricerca storica dalla quale egli dedusse la irreformabilità dell’ordinamento esistente64. Tuttavia quando un’ordinanza del re impose ai vescovi l’obbligo del concorso anche per la nomina dei cappellani sacramentali65, avviando così il processo della loro equiparazione ai parroci, egli non ebbe difficoltà ad accettarla66.
gl’ingiungeva […] che si fissassero perpetui alcuni parochi che erano amovibili» (rel. 1785, fol. 92r). Il Deodato nella relazione del 1788 risponde: «[…] È ancora più difficile nominare parroci perpetui secondo le indicazioni del Concilio di Trento; mancano infatti le rendite necessarie a queste fondazioni e le stesse leggi di questo Regno proibiscono di chiedere il pagamento dei cosiddetti frutti di stola» (rel. 1788, fol. 100v). 64 Editti 1781-1792, fol. 51v-54r. «Si è stimato sempre nella nostra Chiesa cristiana pericoloso il traviare il cammino segnatoci dai nostri maggiori […]. È legge fondamentale della nostra Chiesa di Catania, che la cattedrale sia l’unica parrocchia di tutta la città e il Vescovo l’unico suo parroco e tutte le altre chiese dove si amministrano i sagramenti parrochiali sono filiali, dipendenti, ausiliarie […]. Verità ella è questa che è più chiara del sole […]» (ibid., 51v). Per tutta la questione vedi a. lONghITaNO, La parrocchia nella diocesi di Catania, cit. 65 Il documento merita di essere conosciuto perché si pronunzia con chiarezza sull’ambigua distinzione fra parroci e cappellani sacramentali, che si trascinava da secoli nelle chiese di Sicilia: «Ill.mo Signore. letto io quanto hanno prodotto i Vescovi e Prelati del Regno rispetto al principio della polizia ecclesiastica o alla antica consuetudine in alcuni paesi, per cui i medesimi sogliono nelle rispettive Diocesi eleggere con titolo di cappellani amovibili ad nutum dell’eligente quelli che essenzialmente non sono che parrochi curati e che dovrebbero più tosto eligersi con questo titolo e con formali lettere d’istituzione, ho risoluto, stabilito per sistema generale, che quando i cappellani sinora eletti ad nutum in diversi paesi delle Diocesi del Regno non avessero congrua delle rispettive università, in tal caso sia permesso all’Ordinario lo eleggerli secondo il solito nelle vacanze che saranno per verificarsi; se però riconoscessero la congrua o potranno in appresso averla in tutto o in parte dalle Università, in questo caso sia vietata agli Ordinari la elezione ad nutum, acquistandosi il padronato alli rispettivi giurati, secondo la nuova legge circolare del 1784. Comunico quindi a V.S. ill.ma questa mia risoluzione per suo regolamento ed esatta esecuzione. E nostro Signore la feliciti come desidero. Palermo 30 settembre 1786. Il principe di Caramanico» (Tutt’Atti 1786-1787, fol. 18v-19r). 66 In seguito a questa ordinanza il Deodato indisse sempre il concorso per la provvista dei cappellani sacramentali e delle dignità dei capitoli alle quali era annessa la cura delle anime. Vedi ad es. l’editto di concorso per la provisione del prevosto di Biancavilla del 21 ottobre 1788 (Tutt’Atti 1788-1789, fol. 17v-23r), quello per l’arciprete di Trecastagni del 23 dicembre 1788 (ibid., fol. 65v-66r), quello per la prepositura di acireale del 24 dicembre 1788 (ibid., fol. 69v-70r)…
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Se il Ventimiglia nella formazione cristiana dei fedeli si era prefisso il modello muratoriano e non aveva più fatto ricorso alle pene canoniche per spingere alla pratica dei sacramenti, il Deodato, facendo riferimento a dispacci reali, riprese una prassi che da anni non veniva più seguita: in un editto del 27 dicembre 1786 emanò una serie di norme minuziose per l’osservanza del riposo festivo e comminò pene canoniche per i contravventori67; con un editto citatoriale del 9 settembre 1797 intimò
«a tutti quelli che nell’anno presente hanno trascurato in Catania di adempire il precetto ecclesiastico della communione pasquale, come continuando essi nella loro empia contumacia, nella domenica infraottava di tutti i Santi di quest’anno si dichiareranno pubblicamenti incorsi nell’interdetto dall’ingresso della chiesa e privi della sepoltura ecclesiastica in caso di morte […]; dichiarando che la presente citazione per editto […] abbia a produrre lo stesso effetto come se fosse stata a ciascheduno personalmente intimata e vaglia pella prima monizione»68.
Il rapporto Chiesa-autorità politica era stato per il Ventimiglia fonte di inquietudini e di angosce; dinanzi al riformismo borbonico ispirato ad un rigido giurisdizionalismo, egli probabilmente non era riuscito a trovare una risposta coerente con le proprie idee e con la sua responsabilità di vescovo difensore dei diritti della Chiesa. Questo problema sembra non esistere per il Deodato; egli non concepiva il rapporto Chiesa-autorità politica in termini conflittuali ma di leale collaborazione; perciò non si sentiva in dovere di avanzare le rivendicazioni che costarono ad alcuni suoi predecessori lunghe e dispendiose controversie, la sede vescovile o l’esilio69. Il suo carat-
Editti 1769-1776, fol. 55r-56r; 1781-1792, fol. 54r-56r; 1792-1803, fol. 58v-59v. Editti 1792-1803, fol. 33r; 34r-v. l’editto sarà ripetuto negli anni successivi: 5 ottobre 1797 (ibid., fol. 34v-35r); 18 settembre 1798 (ibid., fol. 43v); 18 luglio 1802 (ibid., fol. 60r). Nel 1803 il vescovo premette al suo decreto del 26 ottobre un dispaccio reale del 7 settembre, che invita i vescovi a dichiarare scomunicati coloro che non osservavano ogni anno il precetto pasquale (Editti 1802-1809, fol. 17r-v). Il decreto è ripetuto il 15 settembre 1804 (ibid., fol. 20r-v); il 28 agosto 1805 (ibid., fol. 29v-30r); il 25 settembre 1806 (ibid., fol. 39r); il 20 giugno 1807 (ibid., fol. 41v). 69 Basta ricordare il vescovo Nicola Maria Caracciolo, che per l’opposizione dei giurati fu costretto ad accantonare la riforma parrocchiale a Catania (a. lONghITaNO, La parrocchia nella diocesi di Catania, cit., 79-94); il vescovo Vincenzo Cutelli, privato dal papa della sede vescovile per i contrasti avuti con le diverse oligarchie familiari ed ecclesiastiche della città (f. fERRaRa, Storia di Catania, cit., 146-149); il vescovo Ottavio Branciforte, costretto ad allontanarsi definitivamente dalla città di Catania dopo uno scontro con i giurati; 67 68
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tere mite e la sua formazione culturale lo portavano a non opporsi al riformismo borbonico e a superare facilmente qualche contrasto sorto con le autorità locali70. Nelle stesse relazioni che pubblichiamo manca un giudizio negativo sulla politica delle corti di Napoli e di Palermo, risultano molto sfumati i rilievi per le limitazioni poste alla giurisdizione ecclesiastica71. Il confronto con il Ventimiglia, per quanto utile, deve essere fatto con estrema cautela non solo perché ognuno deve essere valutato per le sue qualità personali e non in rapporto agli altri personaggi del suo tempo, ma soprattutto per non assecondare un facile giudizio di merito, che esula dai compiti dello storico. Se il carattere mite e tollerante del Deodato portò il De Cosmi a giudicare debole la sua personalità e a rompere con lui il rapporto di collaborazione, consentì al nostro vescovo di non farsi coinvolgere nei conflitti fra le diverse fazioni cittadine, di guadagnarsi la stima e la fiducia del popolo e delle autorità civili, di ottenere al momento opportuno il loro intervento nella soluzione di problemi che gli stavano particolarmente a cuore. Così si spiegano le testimonianze di venerazione e di affetto che ebbe dal popolo durante il suo governo pastorale e in particolare nell’ultimo periodo della sua vita72. le linee di azione del lungo governo pastorale del Deodato e le sue principali realizzazioni sono contenute nelle relazioni che pubblichiamo: l’impegno per la catechesi73 e per le missioni al popolo in preparazione alle
nelle dimissioni del vescovo Ventimiglia hanno avuto un certo peso le difficoltà incontrate con le autorità cittadine e centrali (vedi supra i profili storici di questi ultimi due vescovi). 70 Può essere indicativo a tal proposito l’esito di una controversia sorta per questioni di cerimoniale tra il vescovo e tre membri del senato catanese. Mentre il presidente del Regno era intervenuto per obbligare i colpevoli a presentare formali scuse al vescovo, questi fece sapere che non intendeva dare seguito all’episodio, meritando un esplicito elogio del re (Tutt’Atti 1794-1795, fol. 220v-223v). 71 Nella prima relazione non c’è alcun cenno al rapporto con le autorità civili e alla politica ecclesiastica dei borboni. a partire dalla relazione del 1793 il Deodato si limita a scrivere: «le confraternite, gli ospedali e gli altri luoghi pii sono stati sottratti alla giurisdizione del Vescovo dalle leggi del Regno in quanto istituti laicali; egli può esercitare la sua autorità solo nel campo spirituale» (rel. 1793, fol. 117r; rel. 1802, fol. 139v; rel. 1807, fol. 152v). 72 f. Strano accenna ad un grande concorso di popolo festante che accolse il vescovo al suo ritorno da Palermo, dopo aver saputo che aveva superato felicemente una grave crisi di salute (f. STRaNO, Elogio, cit., 29-32). 73 Rel. 1779, fol. 67v; 1793, fol. 116v; 1802, fol. 138v; 1807, fol. 152v. Nell’editto del 1773 fra le condizioni stabilite perché i seminaristi possano essere ammessi agli ordini sacri è previsto l’attestato «di aver insegnato la dottrina cristiana a’ fanciulli» (Editti 17691776, fol. 46v). Si può notare in questa prassi il riferimento alla esperienza fatta dal Deodato nel collegio Nazareno. le costituzioni degli scolopi prevedevano che gli alunni delle loro
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visite pastorali74, la formazione culturale e spirituale del clero75, la sua attiva presenza nelle strutture educative e culturali della città76, l’erezione a Catania di altre tre chiese sacramentali e la concessione di un aumento dei contributi dello Stato per tutti i cappellani della città77, la costruzione della cupola della cattedrale, il rivestimento di stucchi al suo interno e il completamento del prospetto78, l’assistenza ai poveri e alle popolazioni colpite da scuole si esercitassero in chiesa a impartire lezioni di catechismo (M. MaRCOCChI, La riforma cattolica, cit., 175). 74 Nella relazione del 1793, fol. 116v, il vescovo scrive che per tre volte aveva visitato la diocesi, provocando il rilievo negativo dell’officiale della congregazione (ibid., fol. 120v). l’editto per la seconda visita pastorale si trova in Editti 1776-1781, fol. 50r-51r; un decreto di indizione delle missioni in Editti 1781-1792, fol. 69v-70v. 75 Potrebbe risentire della formazione ricevuta dagli scolopi nel collegio Nazareno di Roma la prassi degli esercizi spirituali del clero prima della pasqua (M. MaRCOCChI, La riforma cattolica, cit., 176-177), che il Deodato introdusse a Catania con un editto del 24 febbraio 1803, forse per attuare un indirizzo pontificio o regio che ignoriamo. Il clero doveva riunirsi per una settimana, di pomeriggio, nella chiesa di San francesco all’Immacolata per ascoltare la predica del «celebre missionante prevosto Don Natale golizia, che la Divina Provvidenza ha destinato in quest’anno per nostro quadragesimale predicatore» (Editti 18021809, fol. 12v-13v). 76 Nella relazione del 1779, 68r-v, il Deodato scrive con soddisfazione di essere riuscito ad avere in uso tre collegi della disciolta Compagnia di gesù e due case di esercizi spirituali, che probabilmente utilizza come istituti di assistenza ai poveri. Inoltre comunica con compiacimento di partecipare alla gestione del collegio Cutelli assieme al senato e all’abate di San Nicola l’arena (ibid., 71r). Su questo istituto vedi: g. lIBERTINI, Il collegio Cutelli, in Catania. Rivista del Comune 5 (1933) 4, 168-175; V. SCIUTI RUSSI, Mario Cutelli. Una utopia di governo, acireale 1994, 67. Si è già accennato alla parte avuta dal Deodato nel tentativo di riforma dell’Università degli studi nel 1778. Nello stesso anno il nostro vescovo si adoperò perché fosse mantenuto il diritto esclusivo dell’Università di Catania a rilasciare titoli di studio, privilegio che da secoli veniva messo in discussione da Palermo e Messina; si riuscì nell’intento con il sostegno determinante del vescovo Ventimiglia (f. fERRaRa, Storia di Catania, cit., 254-255). Nell’ultimo anno della sua vita il Deodato ottenne dal re un assegno di 600 once annuali per l’Università (f. STRaNO, Elogio, cit., nota 21). 77 Rel. 1793, fol. 116v; Tutt’Atti 1794-1795, fol. 163r-164v. a. lONghITaNO, La parrocchia nella diocesi di Catania, cit., 137. 78 Rel. 1793, fol. 116v; rel. 1802, fol. 138v; rel. 1807, fol. 152v. Sui lavori eseguiti dal Deodato nella cattedrale vedi D. PRIVITERa, Lettera ad un amico, cit.; V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit., 238-243. Il vescovo nel suo testamento lasciò ai governatori del monte di pietà l’onere di costruire con un assegno annuo il campanile della cattedrale, le sette statue mancanti nella balaustrata, altre due mancanti ancora sul prospetto ed una decima al centro della villetta (Pel primo centenario, cit., 22).
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numerose calamità79 la fondazione di alcuni istituti per l’educazione delle ragazze povere o abbandonate80, l’erezione del monte di pietà81… c) Il Deodato, la rivoluzione francese e gli anni del giacobinismo
Se la matrice culturale del nostro vescovo non era quella dei cattolici illuminati, non si pone il problema della sua personale evoluzione alla luce degli avvenimenti che caratterizzarono gli ultimi decenni del secolo xVIII, in particolare il sinodo di Pistoia (1786) e la rivoluzione francese (1789). Sono note le difficoltà incontrate dagli storici per individuare le diverse linee di sviluppo dei cattolici illuminati; l’evoluzione dei singoli o dei gruppi non sembra obbedire a regole costanti: non tutti reagirono allo
Il ferrara e il Messina ricordano: la siccità del 1773-1774; l’invasione delle cavallette nel val di Noto del 1773; i terremoti del 1780 e del 1783; le eruzioni dell’Etna del 1780 e del 1792; la terribile carestia che dal 1777 si protrasse con fasi più o meno acute fino al 1812 e le sommosse popolari che ne seguirono; le epidemie del 1792-93 (f. fERRaRa, Storia di Catania, cit., 252-264; V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit., 230-238). 80 Rel. 1802, fol. 138v-139r; rel 1807, fol. 152v. In risposta ad una circolare del viceré del 18 settembre 1800, che dava istruzioni per la fondazione di istituti in favore delle ragazze abbandonate, il Deodato aveva disposto che nelle principali città della diocesi fossero aperte queste case (Tutt’Atti 1800-1801, fol. 12r-16v). a Catania fu fondato l’istituto intitolato a San Vincenzo dei Paoli, nell’attuale via Ventimiglia. Il decreto è riportato da f. STRaNO, Elogio, cit., nota 15. 81 Si tratta dell’opera a cui il nome del vescovo Deodato rimase indissolubilmente legato. a Catania esisteva un monte di pietà che conduceva un’attività discontinua e precaria (nella relazione del 1779, fol. 70r il Deodato scrive che erano due). Più volte nelle bolle di nomina era stato ingiunto ai vescovi di fondarlo, segno che quello esistente non veniva ritenuto funzionale (Tutt’Atti, 1729-1730, fol. 128v-133r; Tutt’Atti 1772-1773, fol. 403r410r). Il Deodato, dotando l’istituto di un cospicuo patrimonio e lasciandolo erede universale dei propri beni, gli permise di svolgere un’azione benefica in favore dei cittadini più bisognosi. I principali documenti relativi alla fondazione del monte di pietà sono riportati nelle Istruzioni date per lo buono regolamento del nuovo monte di prestito sotto il titolo di S. Agata da Monsignor D. Corrado Deodati, allora Vescovo di Catania, approvate e confermate da Sua Maestà con vari suoi reali dispacci, Catania 1824, e nei due fascicoli: Pel primo centenario dalla fondazione del Monte di pietà S. Agata in Catania. Festeggiamenti al rev.mo Mons. Vescovo Corrado Maria Deodati ed illustrazione dell’opera sua (18071907), Catania 1907; Il monte di credito su pegno «S.Agata» di Catania nel 150° anno della fondazione (1807-1957), Catania 1958. Il Deodato ai governatori del monte di pietà lasciò anche l’onere di dare un contributo annuo per il sacerdote che doveva svolgere la catechesi domenicale e festiva nella cattedrale (f. STRaNO, Elogio, cit., 23 e nota 16); in tal modo dava una certa attuazione ad un altro dei suggerimenti della bolla di nomina: l’istituzione della prebenda teologale. 79
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stesso modo82. Quando poi nella maggior parte delle regioni italiane sorsero le repubbliche ispirate ai principi della rivoluzione, i cattolici si trovarono obbligati a tentare un dialogo con le autorità civili, dialogo che ebbe esiti diversi83. la Sicilia, essendo fra le poche regioni che non furono invase dai francesi, si pose questi problemi solo sul piano teorico a da parte di sparute minoranze. I cattolici siciliani non si trovarono nella necessità di distinguere fra problemi religiosi e problemi politici e accettare l’ipotesi di cercare un nuovo assetto istituzionale per il Regno di Sicilia. Il giacobinismo anche in Sicilia trovò i propri simpatizzanti nella borghesia e nelle persone colte; furono coinvolti anche alcuni elementi del clero; tuttavia si trattò di un movimento di élite e non di massa84. I siciliani, popolo e classi dominanti, rimasero fedeli al modello di societas christiana proprio dell’ancien régime. Il Deodato si schierò senza tentennamenti su questa linea: la rivoluzione francese era il frutto dell’azione del maligno. facendo proprio l’invito di Pio VI ad una religiosità penitenziale, incentrata sull’esigenza di soddisfare con opportune pratiche un Dio che ha inviato il flagello della rivoluzione per avvertire gli uomini delle terribili conseguenze della loro
Per una prima esposizione del problema vedi V.E. gIUNTElla, Il cattolicesimo democratico nel triennio «giacobino», in M. ROSa (cur.), Cattolicesimo e lumi nel Settecento italiano, Roma 1981, 267-294. 83 I tentativi di dialogo che si ebbero in altre regioni d’Italia fra i cattolici e i teorici del nuovo assetto politico della società fondato sui principi della rivoluzione francese sono analizzati da g. RUggIERI, Chiesa e rivoluzione francese. Alla ricerca di un nuovo modello teologico politico, in Synaxis 12 (1994) 1, 107-132. 84 a Catania e in diversi comuni della diocesi furono numerosi gli arresti, i processi, le condanne al carcere contro sacerdoti, membri della borghesia e dell’aristocrazia sospettati di essere fautori del giacobinismo. fra i sacerdoti perseguiti il più noto fu il canonico della collegiata e docente nell’Università giovanni gambino: arrestato nel 1796 e rinchiuso in un antico istituto di gesuiti adibito a casa di correzione, dopo tredici mesi fu liberato dal Caramanico per l’intervento della principessa di Castelforte, ma pensò bene di allontanarsi dalla Sicilia e di rifugiarsi a Milano, dove prestò servizio nella repubblica cisalpina; fu anche al seguito di Napoleone, di cui tradusse in italiano il Codice civile; nel 1814 si stabilì definitivamente a ginevra, dove fu accolto nella chiesa riformata; morì il 2 novembre 1842: g. gaMBINI, Memorie inedite, introduzione di T.R. Castiglione, Palermo 1973; f. SCaNDONE, Il giacobinismo, cit., (1921) 311; (1922) 286; 343; R. ROMEO, Il risorgimento in Sicilia, cit., 121131; E. SCIaCCa, Di Giovanni Gambini e del giacobinismo siciliano, in aSSO 69 (1973) 533537. Il 19 febbraio 1800 il capitolo della collegiata di Catania in una richiesta al Deodato scriveva: «[…] Sono già trascorsi anni due e mesi otto dacché il can. Dr. D. giovanni gambino qual uno de’ suoi individui per ignote cagioni s’è assentato da questa città, senza neppur sapersi sin adesso la di lui permanenza e domicilio, né tampoco l’esistenza, talché è rimasta priva del 82
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disubbidienza ai precetti ecclesiastici85, in un editto dell’8 giugno 1796 indisse un triduo di penitenza per la difesa contro i francesi. le espressioni adoperate nel documento non lasciano dubbi sul pensiero del nostro vescovo:
«le ricorrenze de’ nostri calamitosi tempi ci fanno fondatamente temere che il Signore degli eserciti giustamente adirato contro di noi stia per iscaricarci l’ultimo colpo della sua terribile giustizia. Il debaccante francese nostro nemico non contento di aver riempito di uccisioni e straggi le sue native e circonvicine popolazioni è venuto sino nel cor dell’Italia e nel seno della medesima nostra ss. Religione a mettere ogni cosa a sacco e desolazione; investe la nostra ss. fede sin nella sua più limpida sorgente, vale a dire nell’esistenza di Dio ottimo massimo, procura di abolire i Principati, solleva contro i loro legittimi Sovrani le nazioni tutte e le lascia in un oceano di confusione e miseria. Si è opposto con coraggio e zelo e i suoi sforzi l’amabile nostro Sovrano ed alla testa di un numeroso esercito con lodevole esempio e coraggio s’incammina per reprimere i suoi assalti, invita tutti a concorrere con esso per difendere la Religione, i nostri averi e i suoi legittimi regi diritti. Chi mai non riconosce la giustizia e l’importanza di questa rilevante causa? Chi mai non vede il preciso obbligo che tutti hanno di difenderla? Speriamo adunque che tutti correranno ad arrolarsi alle miriadi squadre del nostro Re. E da ciò si compiaccia Iddio di levarsi a difesa della nostra ss. Religione, della persona del nostro amabilissimo Sovrano, di tutta la sua reale famiglia e de’ suoi regni concedendoci o una giusta pace o una gloriosa vittoria e specialmente per placare il giusto di lui sdegno irritato dai nostri peccati abbiamo disposto in tutte le infrascritte preghiere […]»86.
suo dovuto servizio […]» e chiedeva di decretare la decadenza del gambino da canonico per assenza ingiustificata e la sostituzione con un altro (Tutt’Atti 1799-1800, fol. 146v-147r). Nella stessa data il Deodato emanò un editto nel quale dichiarava che il gambino avrebbe dovuto essere considerato decaduto da canonico se non si fosse presentato entro un mese e dieci giorni (ibid., fol. 147r-148r). Sui riflessi che ebbe in Sicilia la rivoluzione francese vedi in particolare g. MIlaZZO – g. TORRISI (curr.), Ripensare la rivoluzione francese, cit. 85 D. MENOZZI, Tra riforma e restaurazione, cit., 786. 86 Editti 1792-1803, fol. 26r-27r: 26r. È probabile che si riferisca ai simpatizzanti del giacobinismo il riferimento che troviamo nella relazione del 1802: «Non mancano i lupi che tentano di uccidere il gregge affidato alle mie cure; ma con l’aiuto di Dio e con un’attenta vigilanza sono riuscito a cacciarli dal mio ovile e a trasformarne, per la grazia di Dio onnipotente, alcuni di loro in agnelli» (rel. 1802, fol. 138v). Nell’ultima relazione pone alla Congregazione una serie di quesiti sull’obbligo di denunziare i fedeli che si sono macchiati di eresia, sul comportamento da tenere nei confronti dei fedeli che chiedono l’assoluzione dalle censure senza voler indicare l’errore in cui hanno creduto, oppure si rifiutano di rivelare i nomi dei complici o che intendono procedere con denunzie orali (rel 1807, fol. 153r-v).
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Corrado Maria Deodato (1773-1813) ha molte analogie con questo, un editto del 7 febbraio 180587 nel quale il Deodato, uniformandosi ad una linea pastorale dettata da Roma e proposta anche per i vescovi della Sicilia, diffonde a Catania la devozione al Sacro Cuore di gesù, diventato simbolo della rivolta vandeana88. Come gli altri vescovi, il Deodato si sentì in dovere di accogliere gli inviti reali alla collaborazione nell’opera di difesa contro i francesi. Quando nell’agosto del 1796 giunse un dispaccio reale che ordinava un inventario «di tutti gli argenti ed ori, anche vasi sagri, che posseggono» le chiese «tanto degli ecclesiastici, quanto delle moniali all’ordinaria vescovil giurisdizione soggette, come pure di tutte le confraternite, compagnie, comunità, luoghi pii», per sovvenzionare il piano di finanziamento predisposto per la difesa, il vescovo, il 6 settembre, si affrettò ad emanare un editto con le indicazioni pratiche per effettuarlo89. Nel marzo del 1799 un altro dispaccio reale invita il vescovo a prestare la sua opera per «la formazione di tre reggimenti di cavalleria del numero di milleottocentosessanta uomini, altri tre reggimenti di fanteria nel numero di tredicimilacinquecentonovantanove uomini ed altro finalmente di artiglieria di milleducentonovantaquattro uomini». a tal fine il Deodato rivolge un invito «per isvegliare delle persone benestanti e premurose all’acquisto de’ cavalli» e per incoraggiare coloro «che trovandosi proprietarii di cavalli atti al servizio della cavalleria [..] li esibiscano alle qui notate persone»90. Quando poi giunse notizia della vittoria riportata dal re, il Deodato con un editto del 19 agosto 1799 ordinò:
Editti 1802-1809, fol. 23r-v. D. MENOZZI, Tra riforma e restaurazione, cit., 786; ID., Sacro Cuore. Un culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della società, Roma 2001; P. ZOVaTTO, Nuove forme di religiosità popolare tra Sette e Ottocento, in Storia dell’Italia religiosa, cit., 393-418. 89 Editti 1792-1803, fol. 28r. 90 Ibid., fol. 44r-45r. In un editto analogo del 17 ottobre 1807, il Deodato invita i parroci a fare opera di persuasione perché i fedeli-sudditi si arruolino al servizio militare: «[…] Comandiamo a tutti i nostri arcipreti, parrochi e curati della nostra città e diocesi, che spesso nelle loro prediche parrocchiali animassero efficacemente la popolazione a loro commessa di arrolarsi nella prenominata recluta, che sarà per farsi da’ sopracennati regii officiali. Portiamo sicura speranza che i fedeli vassalli di Sua Maestà nostro Re, che Iddio guardi con tutta la sua famiglia, volentieri saranno per mostrare il loro affettuoso animo al Sovrano con farsi scrivere al rollo di quei sudditi che si fan glorie levarsi colle armi a difesa del loro legittimo monarca […]» (Editti 1802-1809, fol. 44r-45r: 44v). 87 88
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Corrado Maria Deodato (1773-1813) «Dovendosi nella circostanza delle gloriose vittorie del nostro amabilissimo Sovrano, che Dio lungamente ci conservi, rendere le dovute grazie all’altissimo dator di ogni bene e della concittadina e protettrice Sant’agata, a cui sin dal principio delle passate disgrazie si drizzano li nostri voti, abbiamo stabilito di disporre che il glorioso corpo dela nostra santa vergine si conduca con un’estraordinaria pompa per tutta questa nostra città e quelle vie principali […]»91.
È comprensibile come il Deodato si ritrovi pienamente non solo nelle espressioni di amarezza e di condanna ma anche nel giudizio teologico e politico che traspaiono dal dispaccio viceregio con cui si comunica la prigionia di Pio VII e si impartiscono ordini per promuovere riti penitenziali:
«la religione cattolica è assalita nelle massime le più pure e la sua esistenza è follamente minacciata. Il capo visibile della Chiesa, l’ottimo Pontefice attualmente regnante Pio VII, è nelle forze del comune inimico. la sua vita, la sua sacra persona in ogni momento è in pericolo. Il sacro Colleggio dei Cardinali è disperso, esiliato, e parte di essi ancora arrestati sono stati tradotti ne’ castelli e nelle piazze forti. I beni e i domini della Chiesa cattolica, protetti e garantiti dai principi leggittimi e di lei veri figlioli da tanti e tanti secoli, sono stati già da un violento ed insaziabile usurpatore occupati, come occupati sono stati per gli stessi principii i Regni di tanti leggitimi Sovrani dell’Europa. Queste notizie, per ogni dove arrivate alla cognizione del Re nostro signore, hanno afflitto il suo reale animo tanto quanto non può a sufficienza esprimersi. Come figlio prediletto della Chiesa cattolica, non lascierà egli mezzo intentato, onde la salute del Santo Padre e la salvezza della Chiesa vengano messi in sicuro il più che sia possibile. Ma conosce la Maestà Sua ch’essendo questa tutta causa di Dio, il mezzo più potente sia quello di ricorrere al suo altissimo patrimonio […]92.
Il Deodato ebbe solo la possibilità di assistere ai primi cambiamenti che si realizzarono nel Regno di Sicilia con la nuova costituzione voluta da lord Bentinck (1812) e di interporre i suoi buoni uffici perché Catania non venisse penalizzata nella nuova configurazione dei distretti giudiziari predisposta dal parlamento. Morì il 23 ottobre 1813 per i postumi di una feb93 91 bre «erisipelatosa» Ibid., fol. 46r-v. . 92 93
Ibid., fol. 46v-49r: 46v-47r. V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit., 400-402.
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Corrado Maria Deodato (1773-1813) 3. lE RElaZIONI AD LIMINA (1779, 1785, 1788, 1793, 1802, 1807)
Il nostro vescovo non sembra dare eccessiva importanza all’obbligo di visitare ogni tre anni i sacri limini e di inviare alla Santa Sede la prescritta relazione. Nominato alla sede di Catania nel 1773, il Deodato aspettò sei anni per inviare la prima relazione (1779), che fu redatta sulla falsariga di quella del suo predecessore. Nel descrivere lo stato materiale della diocesi si limitò a fare un elenco minuzioso delle collegiate e della diversa prassi vigente nell’esercizio della cura delle anime, ma non diede un quadro completo delle altre strutture ecclesiastiche. Contrariamente a quanto aveva fatto il Ventimiglia, alla descrizione dello stato materiale della diocesi non fece seguire un’attenta analisi della situazione con le indicazioni del suo progetto di governo pastorale. la seconda relazione fu inviata dopo altri sei anni (1785); ma il vescovo si limitò a dire che non aveva nulla da aggiungere a quanto aveva già detto nella precedente, perché non si erano avute novità di rilievo. Nonostante i forti richiami della Congregazione del Concilio94, le altre quattro relazioni riferirono notizie molto scarne. Un giudizio sul Deodato, fondato solamente sui dati di queste relazioni risulterebbe parziale e poco benevolo. forse mai come in questo caso le relazioni ad limina si dimostrano una fonte non esaustiva per delineare il profilo del vescovo che le ha scritte.
94 la bozza di risposta preparata dal prelato revisore usa un linguaggio molto duro nei confronti del vescovo: «Dalle passate e dalla presente relazione pare mons. Vescovo assai tranquillo nel suo ministero pastorale, che esercita da anni 25. le sue relazioni sono superficialissime e l’ultima volta la Sacra Congregazione credette mandargli la passata risposta giacché di nulla si faceva carico circa lo stato formale della sua Chiesa. Costretto perciò a parlare nella presente si sbriga col dire esser difficile il sinodo, difficile l’erezione della teologale e penitenziale, difficile provveder di vicarii perpetui le parrocchie. Quanto poi al confessore straordinario per le monache, che la Congregazione ne parli con li padri agostiniani, a cui sono soggette. Parmi dunque necessario risvegliarlo ne’ suoi doveri pastorali dolcemente, giacché il far il Vescovo non è la cosa più comoda come dice S. giovanni Crisostomo: “Magnum quiddam est Ecclesiae praelatio, me quae nulla indiget sapientia et fortitudine quale Christus proposuit ut animarum pro ovibus ponamus”» (rel. 1788, fol. 104r-v). la risposta ufficiale in lingua latina che giunse al Deodato è molto più blanda (ibid., fol. 105r-107r).
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Corrado Maria Deodato (1773-1813) 4. Il gIUDIZIO DEglI STORICI
la letteratura sul vescovo Deodato, se si escludono i discorsi di circostanza fatti durante la sua vita95 o in occasione della sua morte96, non è abbondante. a parte il profilo tracciato da Vito Messina all’inizio del nostro secolo97 e le pagine a lui dedicate nelle celebrazioni centenarie del monte
95 a. gIUffRIDa, Pro suscepto episcopatu Catanensi. Panegyricus gratulatorius Conrado Deodati et Moncada, Catanae 1773; R. PlaTaNIa, Oratio, cit. In una nota riportata ne La Sicilia Sacra 1 (1899) 209, si accenna ad «una orazione accademica, recitata da luigi Casolini addì 19 giugno 1792 in Siracusa e vari componimenti poetici in lode dello stesso», che sono conservati nella Biblioteca Comunale di Palermo (Qq D 32 a); Orazione e componimenti poetici in laude di Conrado Deodato Vescovo di Catania recitati nell’accademia de’ Trasformati di Noto, Palermo 1773. 96 Il discorso nei funerali celebrati in cattedrale fu tenuto da D. Privitera. V. Messina nel suo profilo scrive: «Per puro caso fu in mio potere l’autografo anonimo di questo elogio, che per meglio conservare pensai passarlo al Monte di Pietà» (V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit., 403). Il discorso di f. Strano, come si legge nel titolo, fu tenuto nella chiesa madre di acicatena il 4 dicembre 1813. Nel volume del capitolo della cattedrale con i necrologi dei canonici, dei vescovo e dei re si legge il 23 ottobre 1813: «Exc.mus et Rev.mus D.nus D. Corradus Maria Deodato de Monacada, patritius Netinus et Messanensis, qui per quadraginta annos et ultra episcopatu Catanensi summa cum laude, beneficientia erga pauperes, liberalitate in restaurando hocce principe templo et in Monte Pietatis instituendo, functus est. Unde factum, ut a Regia Clementia inter Equites insignis Regiique ordinis S. Ianuarii adscriptus fuerit. Sed Panormo, quo pro re patria tuenda se contulerat, et ubi lethali morbo implicitus fuit, huc regressus, mortem oppetiit aetatis suae anno septuagesimo septimo iam transacto, anno Domini 1813». 97 V. MESSINa, Mons. Corrado M. Deodati, cit. 98 Pel primo centenario, cit.; Il monte di credito su pegno «S. Agata», cit.. 99 P. CaSTORINa, Elogio storico, cit., 221-223; g. lOMBaRDO, Cenno storico sulla Chiesa vescovile di Catania, Napoli 1847, 35-36. abbiamo già riferito il giudizio dato da g.a. De Cosmi nel momento in cui interruppe il rapporto di collaborazione con lui. Riteniamo più uno sfogo gratuito che una notizia storica, l’accusa mossa dallo Scuderi al Deodato che, a suo dire, non aiutò Raimondo Platania nei momenti di bisogno: «fa dolore pensare che dove il Vescovo Deodati rimunerasse e colmasse d’ogni maniera di grazie e di onori uomini abbietti a lui sol cari per vigliacca e compra adulazione, o per isfrenate e oscene leggiadrie da postribolo, nulla poi apprestasse di sovvenimento a questo animoso ingegno siciliano!…» (l. SCUDERI, Le biografie, cit., 120-121). Sorprende il giudizio astioso che g. gambino, ex canonico della collegiata e giacobino, formula nelle sue memorie sul nostro vescovo; si ha l’impressione che, voglia riversare sul Deodato la responsabilità delle sue scelte personali: «O Conrad Deodati Evêque de Catane! toi qui m’avais prodigué les ordres sans trop t’enquirer d’avance de la sincérité de ma vocation, toi, par un triple noeud, lié à
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di pietà98, troviamo solo qualche breve cenno, che non contiene un giudizio sulla sua persona99. lo Scinà, pur occupandosi di tanti personaggi che, dopo essere stati collaboratori del Ventimiglia, continuarono la loro attività durante il periodo di governo del Deodato, non fa cenno alla sua persona100. Il ferrara accenna al nostro vescovo solo per ricordare il suo ingresso in diocesi e i lavori di restauro della cattedrale101. Questo silenzio si può spiegare non tanto con la prevalente attenzione prestata al suo predecessore, quanto con la personalità del nostro vescovo e con il tipo di azione pastorale da lui svolta. Il Deodato non fu né un precursore, né un riformatore, ma il buon vescovo ancorato al modello ideale della societas christiana che, all’interno di una Chiesa forte per l’appoggio accordatole dalle autorità civili, può far valere la sua personalità mite e le sue buone capacità di governo. a distanza di un secolo dalla sua morte, nelle celebrazioni del primo centenario dalla fondazione del monte di pietà, l’anonimo storico che tracciò il suo breve profilo (quasi certamente il benedettino p. luigi della Marra) si chiese se esisteva una qualità specifica che facesse ricordare ai posteri il governo pastorale di questo vescovo e scrive: «la qualità speciale del Diodati come Vescovo, ci permettano l’espressione, era di non avere specialità distintive. Più chiaro. Vi sono vescovi che si distinguono per pietà, e quindi instancabili a santificare i fedeli. Vi sono vescovi che han tendenza spiccata per largo sviluppo del movimento religioso e quindi intenti sempre a promuoverlo. Vi sono vescovi appassionati per il decoro della casa di Dio, e quindi inesauribili per mantenerlo. Vi sono vescovi che portano nel santuario un cuore dilatato e quindi una profusione nell’esercizio della carità che meraviglia. Vi sono vescovi che sembrano nati apposta per comporre i dissidi e rendono memorabile il loro esercizio
ma destineé sociale, responsable de la tutelle de ma personne, comme pasteur du troupeau de Catane, comme grand Chancellier de l’Université, et comme chef de la hierarchie de l’Eglise, pouvais-tu regarder impassible la lâche trahison d’un Cantarella envers un collégue, a laisser accomplir, sans réclamer, la sévérité inouïe d’un governament que je n’avai pas offensé? Tu permis cette ignominie, et d’autres encore, sans même apporter la plus mince consolation à une de tes ouailles, tourmentée d’une manière si tirannique! Et cependant, dans les fumées de ta morgue (tu ne faisais pas faute en toute occasion de prôner ta noble origine) tu aurais bien levé ta voix si on eût maltraité ainsi, et encore moins, un misèrable marmiton de tes cuisines» (g. gaMBINI, Memorie inedite, cit., 94). 100 D. SCINà, Prospetto, cit. 101 f. fERRaRa, Storia di Catania, cit., 252 e 260.
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con assiduo lavoro alla concordia e alla pace. Dallo esame dell’esercizio del Deodati esso risulta in egual grado eccellente come promotore di culto, come curatore di anime, come provveditore splendido di sacri arredi, come vero padre dei poveri, come esperto rappresentante del padre famiglia102.
Come dire che il Deodato, pur possedendo le buone qualitĂ che sono desiderabili in un vescovo, non eccelleva in modo particolare in nessuna di esse.
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Pel primo centenario, cit., 15.
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1779 – Relazione del vescovo Corrado Maria Deodato, relativa al 65° triennio, scritta il 15 aprile 1779 e presentata nel mese di luglio dal procuratore mons. Pierantonio Tioli1.
[fol. 60r] Eminentissimi e reverendissimi Signori, vi prego di non pensare che abbia trascurato per negligenza gli insegnamenti dei padri e che sia rimasto ozioso fino a differire la relazione sullo stato della mia diocesi oltre alla scadenza del primo quinquennio dalla mia elezione (per quanto indegno) alla cattedra della Chiesa di Catania. Il motivo di questo ritardo è l’impegno quotidiano per la mia Chiesa e lo stesso nostro signore il papa Pio VI più volte mi ha accordato la dispensa. Tuttavia, appena ho potuto sottrarre un po’ di tempo agli urgentissimi impegni che mi tenevano occupato [fol. 60v], mi è sembrato giusto obbedire alle prescrizioni e non tenere all’oscuro ancora a lungo voi eminentissimi padri sullo stato del mio gregge e sulla condizione della Chiesa di Catania. la Chiesa di Catania ricevette i primi insegnamenti della fede ai primordi dell’era cristiana da s. Berillo, inviato dal principe degli apostoli Pietro mentre si trovava ad antiochia, e venera fra i santi non pochi vescovi. Come le altre Chiese di Sicilia, era sottoposta alla giurisdizione del romano pontefice fino a quando, più per un abuso che per un valido motivo giuridico, fu assoggettata da leone Isaurico al patriarca di Costantinopoli; da papa adriano I fu annoverata fra le chiese metropolitane. Si sa molto poco sulla condizione in cui la diocesi di Catania venne a trovarsi durante la dominazione dei saraceni. Quando essi furono cacciati dalla Sicilia dal normanno Ruggero, fu ristabilita nel primitivo splendore la maestà della religione cristiana. Il conte rifondò la Chiesa di Catania, l’adornò di beni e
1 Rel Dioec 207 B, fol. 60r-72v; 76r-77v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) cinque richieste di proroga dal 1776 al 1779 per visitare i sacri limini (fol. 45r-54v); 2) richiesta di effettuare la visita tramite il procuratore Pierantonio Tioli (fol. 54r-55v); la nota: «Die 7 iulii 1779 data fuit attestatio pro 65° triennio» (fol. 53v); 3) procura in forma pubblica, redatta a Catania il 24 giugno 1779 dal notaio Pietro Domenico Costantino, alla presenza dei testi: Rosario Costantino, Salvatore Mascali e giovanni Zizzo, perché Mons. Pierantonio Tioli, residente a Roma, visiti le basiliche dei Santi Pietro e Paolo e presenti in nome del vescovo Corrado Maria Deodato la relazione (fol. 56r-59v); 4) due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 5 e 7 luglio 1779 (fol. 74r-75r); 5) le bozze dei rilievi alla relazione e la risposta inviata al vescovo (fol. 76r-77v).
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di privilegi, l’arricchì di un capitolo di canonici regolari, che trasferì dal monastero di Sant’Eufemia [fol. 61r] assieme ad angerio — poi nominato vescovo — e lo dedicò alla concittadina Sant’agata, fra i più insigni martiri siciliani; infine restituì la Chiesa di Catania alla giurisdizione della Santa Sede. al vescovo di Catania fu anche concesso, a titolo di onore, l’uso del pallio, che userebbe ancora se la diocesi al tempo dell’erezione della Chiesa di Monreale non fosse stata sottomessa alla sua giurisdizione come suffraganea. Oggi, dopo lunghissime liti e discussioni, è a lei soggetta. Il vescovo di Catania nel parlamento del Regno ha il primo posto rispetto agli altri vescovi; gode del diritto e dell’esercizio di promuovere lo studio delle lettere per tutta la Sicilia e le isole adiacenti; detiene il titolo e l’ufficio di gran cancelliere dell’antichissima Università degli studi. la Chiesa di Catania ha una diocesi molto grande; i suoi confini sono segnati ad oriente dal mare Ionio, a mezzogiorno dalle diocesi di Siracusa e di agrigento, ad occidente e settentrione dalla diocesi di Messina. In essa sono comprese tredici città importanti; in questo numero non è inclusa Calascibetta, che, fino al tempo del vescovo galletti [fol. 61v], per settecento anni, era stata compresa nei confini della diocesi di Catania e i vescovi catanesi esercitavano su di essa la loro potestà ordinaria come veri pastori. Malauguratamente, per iniziativa delle autorità regie, oggi è soggetta alla giurisdizione della Regia Monarchia. le principali città della diocesi sono: Catania, Piazza, Enna, agira, aci, assoro, adrano, Paternò, Centuripe, aidone, Regalbuto, leonforte e Pietraperzia. Si hanno, poi, dodici centri minori nelle zone montane: Barrafranca, Biancavilla, Belpasso, Misterbianco, Motta Sant’anastasia, Valguarnera, Mirabella, licodia, Catenanuova, Ramacca, Nissoria e Villarosa eretti di recente; dodici nel bosco etneo: acicastello, acicatena, Sant’antonio, San filippo, Santa lucia, Trezza, Valverde, Bonaccorsi, Trecastagni, Viagrande, Pedara, Nicolosi, Mascalucia, gravina, San giovanni galermo, Tremestieri, San gregorio, San giovanni la Punta, Trappeto, Sant’agata, Torre del grifo, San Pietro, Camporotondo, alcuni dei quali sono popolosi [fol. 62r]. Complessivamente gli abitanti sono 105.000. la cattedrale per due volte è stata riedificata dopo essere stata distrutta dal terremoto. Nel 1693 fu quasi rasa al suolo ma il vescovo andrea Riggio la ricostruì con straordinaria celerità e impiegando ingenti capitali. Per la grandiosità della costruzione, per l’eleganza, la luce, gli altari, l’alta cupola, i rivestimenti di marmo, supera le altre chiese della Sicilia. I seggi del coro, presso l’altare maggiore, splendidamente e artisti687
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camente scolpiti, riportano la storia del martirio di s. agata. Nella cattedrale sono custoditi i sepolcri dei re aragonesi. Il prospetto occidentale della cattedrale, costruito con marmi siciliani e di Carrara a spese e per iniziativa del vescovo Pietro galletti, è ammirevole per le eleganti forme architettoniche e per le colonne che i catanesi anticamente avevano asportato dall’Egitto. le due statue di s. Berillo e di s. Euplo, diacono e martire catanese, furono collocate in alto dal vescovo Ventimiglia; ne restano da collocare altre due fra le colonne del primo ordine; sono ancora disponibili alcune somme di denaro lasciate dal vescovo galletti [fol. 62v], che saranno impiegate al più presto per costruire l’atrio con lo stesso tipo di marmo. Il vanto più grande, per la cattedrale e la città, è costituito dal corpo di s. agata, custodito con il decoro, la pietà e la fede dovuti. Infatti molti re, vescovi, principi, nobili e persone del popolo nel corso dei secoli hanno donato una grande quantità di oro, argento, gemme e pietre preziose per ornare le sue reliquie. Il velo della santa è molto venerato nelle liturgie ecclesiastiche; durante le eruzioni viene posto di fronte alla lava dell’Etna. le sacre suppellettili della cattedrale sono ricche e abbondanti; per restaurarle e per incrementare il culto divino ogni anno il vescovo spende somme notevoli di denaro. Il capitolo della cattedrale un tempo era costituito dai monaci di s. Benedetto; nel 1565, su richiesta del vescovo Nicola Maria Caracciolo, dal papa Pio V fu trasformato in secolare; tuttavia per le contestazioni dei monaci solo nel 1575, mentre era vescovo antonio faraone, i sacerdoti del clero secolare subentrarono ai canonici regolari [fol. 63r]. In esso furono istituite quattro dignità (il priore, il cantore, il decano, il tesoriere), dodici canonici e altrettanti beneficiati. Nel 1643 il vescovo Ottavio Branciforte aggiunse una quinta dignità, chiamata arcidiacono; questa, quando il capitolo era regolare, era la seconda dopo il priore, ma fu soppressa; dopo la sua restituzione le fu assegnato il quinto posto e il suo titolare è presente al coro quando il vescovo celebra i pontificali. la salmodia durante la settimana è recitata a turno da due dignità, sei canonici e otto beneficiati; nei giorni di festa da tutti i canonici. I proventi delle dignità sono esigui e provengono da alcuni benefici semplici annessi dal vescovo Bonadies; le rendite per le prebende dei canonici e dei beneficiati sono sufficienti; il vescovo provvede a costituire le somme necessarie per le distribuzioni quotidiane alle dignità, ai canonici e ai beneficiati che recitano il breviario; poiché non esistono le prebende per 688
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il teologo e il penitenziere, questi uffici sono stati affidati a due canonici idonei, secondo le indicazioni date dalla Congregazione [fol. 63v]; attualmente nei giorni di festa il canonico teologo spiega nella cattedrale al popolo le verità di fede. Per l’amministrazione dei sacramenti nella cattedrale sono addetti cinque presbiteri, il primo dei quali si chiama «maestro cappellano». Infine fanno parte del clero della cattedrale dodici sacerdoti, chiamati «mansionari» con il compito di prestare servizio nei pontificali. Il sacrista maggiore con altri sei minori, ha cura della custodia e della pulizia delle sacre suppellettili. Tutti i membri del capitolo: dignità, canonici e gli altri ministri sono scelti e nominati dal vescovo. Infine i musicisti, che ricevono uno stipendio dal vescovo, cantano e suonano durante le celebrazioni liturgiche dei giorni festivi. In tutta la diocesi si hanno 23 collegi di canonici (in questo numero si esclude il capitolo della cattedrale), istituiti in epoche diverse. la prima collegiata è quella di Catania, eretta nel 1446 da Eugenio IV nella chiesa Santa Maria dell’Elemosina; in essa servono quattro dignità, la prima delle quali è il prevosto, a cui compete la cura della anime di quella parrocchia [fol. 64r], la seconda è il tesoriere, la terza il cantore, la quarta il decano; vi sono 18 canonici e dodici mansionari che con poco stipendio ma con grande impegno si dedicano al servizio divino. Quando nelle processioni interviene il capitolo della cattedrale, i canonici della collegiata sono obbligati a prendere posto prima di lui e dietro la sua croce. Il prevosto è nominato dalla Santa Sede, i titolari delle altre prebende sono eletti a scrutinio segreto dai capitolari, approvati e istituiti dal vescovo. a Piazza si hanno due collegiate; la prima è nella chiesa madre dedicata a Maria Vergine, istituita da Clemente VIII con i beni di Marco e lauriella Trigona; ha 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), ai quali è annessa la cura delle anime, 18 canonici e altrettanti beneficiati; ad eccezione del prevosto, tutti gli altri sono designati dalla Santa Sede e dal vescovo alternativamente secondo i mesi. la chiesa è grandiosa per costruzione, ha una cupola ed è ricchissima per il patrimonio e le suppellettili sacre; le prebende hanno una certa sufficienza; l’amministrazione dei beni è affidata a fidecommissari laici e posta sotto la vigilanza dei funzionari regi [fol. 64v]. l’altra collegiata di Piazza è intitolata al Santissimo Crocifisso; fu istituita dal vescovo andrea Riggio nel 1703; ha 3 dignità: la prima è il prevosto, la seconda il cantore, la terza il tesoriere; i canonici sono 12, altrettanti i mansionari che partecipano ai riti sacri nei giorni di festa con un misero compenso. 689
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lo stesso vescovo Riggio eresse un’altra collegiata nella chiesa madre Santa Maria di Enna; in essa si hanno 4 dignità come a Piazza, alle quali compete la cura delle anime; al tempo della sua fondazione si avevano 8 canonici, ma dal vescovo Ventimiglia nel 1767, disponendo di un pingue beneficio di diritto di patronato, ne furono cooptati altri 4; infine da una nuova fondazione nel 1776 ne sono stati assunti altri 2, con la riserva del diritto di patronato. Oggi il capitolo ha 14 canonici e 10 beneficiati; il patrimonio della chiesa è molto ricco [fol. 65r]; lo amministrano le dignità e due laici designati dalla magistratura civica. le dignità sono nominate per concorso, i primi 8 canonici e i beneficiati sono nominati dalle dignità e dai procuratori, gli altri dai rispettivi patroni e approvati dal vescovo. a Paternò c’è una collegiata eretta dal vescovo Michelangelo Bonadies nel 1670 nella chiesa Santa Maria dell’alto; ha 4 dignità con cura d’anime: prevosto, cantore, tesoriere, decano; 17 canonici, 8 mansionari, che ricevono ogni anno una modesta rendita. le dignità sono nominate per concorso, i canonici e i mansionari per elezione del capitolo e approvazione del vescovo. Nella città di adrano il vescovo francesco Caraffa nel 1690 istituì una collegiata con 4 dignità (il prevosto che esercita la cura delle anime, il cantore, il decano, il tesoriere), 12 canonici e altrettanti mansionari con una congrua rendita [fol. 65v]. Il prevosto è scelto per concorso, gli altri sono eletti dal capitolo e nominati dal vescovo. lo stesso Bonadies istituì un’altra collegiata ad assoro nel 1684 con 3 dignità: il prevosto a cui compete la cura delle anime, il cantore, il tesoriere, 8 canonici, 6 mansionari con lo stesso criterio di elezione; oggi per la mancanza di sacerdoti e di rendite è in decadenza ed ha bisogno di una riduzione. ad agira si ha il maggior numero di collegiate; infatti se ne contano 5: la prima nella chiesa di Santa Margherita, costituita dal prevosto, dal cantore, dal tesoriere, dal decano e da 12 canonici e 6 mansionari; la seconda nella chiesa di Sant’antonio di Padova simile alla prima; la terza nella chiesa del Santissimo Salvatore con il prevosto, il cantore, il tesoriere, 5 canonici e 2 mansionari; la quarta nella chiesa di Santa Maria Maggiore con 3 dignità, 4 canonici e 2 mansionari [fol. 66r]. Tutte queste collegiate sono state istituite dal vescovo Caraffa nel 1689, che affidò la cura delle anime ai singoli prevosti. le prime due hanno congrui benefici; le altre sopravvivono appena a causa dell’esiguità delle rendite. la quinta collegiata, infine, è esente dalla giurisdizione del vescovo e ha sede nella chiesa di San 690
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filippo, una volta affidata ai monaci dell’ordine di s. Benedetto, oggi ad un abate commendatario, che designa il priore e gli otto canonici; attualmente l’abbate è il palermitano D. giuseppe Maria gravina. ad aidone il vescovo galletti nel 1751 eresse una collegiata nella chiesa di San lorenzo; l’antico arciprete con cura d’anime divenne il prevosto, a cui aggiunse il cantore, il tesoriere, il decano, 8 canonici, 6 mansionari; le loro rendite sono esigue; il prevosto è di diritto di patronato, le altre prebende sono conferite dal vescovo su designazione del capitolo [fol. 66v]. a Biancavilla c’è un’altra collegiata, fondata dallo stesso vescovo galletti nel 1754, con 4 dignità, 12 canonici e 2 mansionari. la cura delle anime fu affidata a tutti i canonici, ma è esercitata a turni settimanali con una modesta prebenda. Il prevosto è nominato dal vescovo, gli altri dallo stesso su presentazione del capitolo. lo stesso vescovo galletti eresse a Centuripe un’altra collegiata in tutto simile a questa; ha 4 dignità, 8 canonici, 6 mansionari, tutti impegnati nella cura delle anime. la città una volta era famosa ma le rendite sono molto tenui. Nel 1691 il vescovo Caraffa eresse una collegiata ad acireale, una città vicina a Catania; affidò la cura delle anime al prevosto, al cantore, al tesoriere, a 12 canonici e 6 mansionari che doveva essere esercitata da ognuno di essi, a turni settimanali; assegnò ad ognuno una congrua rendita dal patrimonio della chiesa; il capitolo ha il diritto di eleggere i propri membri, che sono nominati dal vescovo [fol. 67r]. Il prevosto, invece, è di libera nomina vescovile. In alcune parrocchie vicine ad acireale, nelle borgate di acicatena, San filippo e Santa lucia, sono state erette tre collegiate dal vescovo galletti. In ognuna di esse si hanno 3 dignità; nelle prime due 9 canonici e 6 mansionari; nell’ultima 7 canonici e 6 mansionari. le prebende sono modeste, la cura delle anime è affidata ai prevosti, che sono scelti dal vescovo; gli altri canonici delle prime due sono presentati dal patrono, quelli della terza sono designati dal vescovo. Restano da enumerare altre tre collegiate: una a Belpasso, eretta dal vescovo Riggio nel 1700, con tre dignità, 12 canonici e 6 mansionari; le altre due hanno come fondatore il vescovo galletti nei villaggi di Nicolosi e Trecastagni. la prima è in tutto simile a quella di Belpasso; la seconda ha 3 dignità, 8 canonici e 2 mansionari; la cura delle anime appartiene al prevosto; le rendite sono modeste; i prevosti delle prime sono nominati per 691
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concorso [fol. 67v], quello dell’ultima su presentazione del feudatario, gli altri canonici sono eletti dal capitolo e nominati dal vescovo. Molte delle collegiate sopra descritte usano il rocchetto e la mozzetta. le tre di Piazza, Enna e Paternò oltre alla mozzetta adoperano la prima la cappa, le altre il solo epitogio o almuzio. In esse mancano del tutto le prebende del teologo e del penitenziere, ma in quasi tutti i giorni di festa e le domeniche ministri idonei istruiscono il popolo nelle verità necessarie alla salvezza e ai buoni costumi del popolo; ai bambini e agli altri bisognosi di aiuto sono spiegati i primi elementi della dottrina cristiana. Ogni settimana si tengono le conferenze morali per il clero secolare. la cura delle anime negli altri centri abitati della diocesi è esercitata da vicari amovibili a discrezione del vescovo. Infatti il vescovo è considerato unico parroco di tutta la diocesi, ad eccezione della città di Enna, dove si hanno 8 parroci eletti per concorso. Nel 1769 dal vescovo Ventimiglia la chiesa di Regalbuto fu eretta in parrocchia e in futuro sarà provvista per concorso. Tre arcipreti sono di diritto di patronato [fol. 68r]: uno a leonforte è presentato dal patrono laico, un secondo nello stesso comune e un terzo a Pietraperzia dal feudatario. In tutta la diocesi vi sono diversi istituti regolari: 4 dell’ordine benedettino cassinese, 2 di chierici regolari, 3 di chierici regolari minori, 2 di chierici regolari ministri degli infermi, 2 delle scuole pie, 10 di frati predicatori, 4 di conventuali, 13 di francescani riformati, 4 di francescani osservanti, 11 di cappuccini, 3 del terz’ordine, 10 di agostiniani, 3 di agostiniani scalzi, 6 di carmelitani, 1 di carmelitani scalzi, 2 di mercedari, 2 di minoriti, 1 dell’ordine della ss. Trinità e 1 dei fratelli di s. giovanni di Dio. Tutti gli altri istituti, che erano piccoli, poveri e indecorosi, negli anni scorsi furono soppressi dai magistrati laici; delle loro chiese, le pericolanti furono chiuse, altre furono affidate per regio mandato a procuratori laici che ne hanno cura, amministrano le proprietà ed esigono i crediti. Recentemente tre collegi della disciolta Compagnia di gesù [fol. 68v] e due case di esercizi spirituali sono stati affidati al vescovo, ad eccezione dell’ampio collegio di Catania, adibito per regio mandato e sotto la responsabilità del senato all’istruzione dei giovani nelle belle arti, dietro il pagamento di una retta annua. Contribuisce al decoro e al lustro della diocesi la nobilissima porzione del gregge di Cristo costituita dalle monache: 16 monasteri seguono la regola di s. Benedetto, 9 quella di s. francesco, 3 di s. agostino, 1 di s. Domenico; in tutti vige la perfetta osservanza della disciplina e, quel che 692
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conta di più, possono essere chiamati a buon diritto «ginecei». Tutti sono soggetti alla giurisdizione del vescovo ed obbediscono ai suoi ordini, ad eccezione di uno che ha sede a Regalbuto, soggetto ai frati agostiniani, chiamato dei Santi angeli; al vescovo compete solamente constatare nella visita l’osservanza della clausura e approvare i confessori ordinari e straordinari; ma — fatto strano e a tutti manifesto — le monache presentano ai vescovi sempre un sacerdote dello stesso ordine; si tratta di una prassi sconveniente che ha bisogno di essere cambiata; tuttavia nei tempi in cui viviamo [fol. 69r] e tenendo conto delle circostanze, il vescovo può limitarsi a pregare, gli è proibito alzare la voce. le vergini consacrate a Dio non vivono solamente in clausura; si hanno nella diocesi numerosi istituti di vergini e di fanciulle: 14 per l’esattezza; dei quali quattro, chiamati «Collegi di Maria», simili agli antichi ginecei, fondati secondo l’indirizzo dato dal card. Pietro Marcello Corradini, si occupano nella scuole e nelle arti femminili, attraverso il loro insegnamento le fanciulle del luogo sono educate alla virtù, alle arti liberali proprie delle donne, con grandissimo vantaggio per la società. gli altri istituti accolgono ragazze orfane e di famiglie disagiate; se hanno il requisito della verginità sono custodite per essere avviate al matrimonio. Infine in diocesi sorgono due istituti per le donne che dopo la perdita dell’innocenza, con la grazia di Dio, si decidono a cambiare vita. Dopo la chiusura del Concilio di Trento, il vescovo antonio faraone istituì il seminario; ma, secondo quanto ci è stato tramandato, l’istituto ebbe una sede povera e precaria. I vescovi che gli succedettero si adoperarono per il suo sviluppo [fol. 69v] con i mezzi previsti dallo stesso concilio: imposero la prescritta tassa sui benefici ed elessero i deputati fra i membri del capitolo. Il vescovo andrea Riggio, dopo le rovine del terremoto del 1693, procurando nuovi benefici ed aumentando le rendite, migliorò lo stato del seminario; non mancarono buoni sacerdoti che contribuirono a dargli un volto nuovo donando offerte, rendite e libri. Oggi, anche se gli edifici non sono stati portati a compimento, è il primo fra i seminari di tutto il Regno. Infatti accoglie 180 alunni che sono istruiti nelle discipline ecclesiastiche con grandissimo impegno; oltre alla grammatica e alle discipline umanistiche studiano la filosofia, la teologia dogmatica e morale e i sacri canoni; né manca lo studio della storia ecclesiastica, della liturgia e del canto gregoriano; alla fine dell’anno scolastico gli alunni si sottopongono agli esami. Nei giorni di festa partecipano alle sacre funzioni nella cattedrale e ogni anno, prima della ricezione degli ordini, fanno un corso di eser693
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cizi spirituali di otto giorni; non sono promossi agli ordini se non hanno trascorso in seminario un anno completo [fol. 70r]; poiché non tutti i chierici si trovano nelle condizioni di pagare al seminario la retta per gli alimenti, per far sì che alcuni di loro veramente poveri siano bene formati, sono mantenuti con il mio contributo. Mi sta talmente a cuore la formazione dei seminaristi che spesso visito personalmente le loro scuole, controllo il vitto, gli ambienti e i superiori del seminario. Il vescovo Ventimiglia arricchì la biblioteca con nuove opere; spero con l’aiuto di Dio di incrementarla ulteriormente. C’è a Catania il monte di pietà, governato dal priore della cattedrale e da altre sei persone, scelte ogni anno dal senato fra le diverse categorie di cittadini; può intervenire solamente a fornire sussidi dotali agli orfani, ad aiutare i poveri nelle ristrettezze di natura sociale e nell’acquisto dei medicinali per i loro infermi. C’è un altro monte di pietà che dà ai poveri prestiti su pegno, ma ha poche risorse; meno ancora ne ha il secondo che sorge ad acireale; il terzo che è a Piazza ha mezzi più consistenti ma non è ancora funzionante. Tutti questi monti di pietà sono amministrati da laici [fol. 70v]. In tutta la diocesi si hanno 5 ospedali, che operano in locali molto angusti e con poca disponibilità di mezzi, ad eccezione di quello che sorge a Catania, che si distingue per la magnificenza della sede, per la vigile cura dei suoi rettori e per l’abbondanza del reddito; di recente la pietà ha spinto alcuni fedeli di Catania a fondarne un altro per gli incurabili; sebbene abbia ancora poche risorse, il grande edificio che si sta costruendo come sede fa sperare in un futuro migliore; agli infermi si somministrano gli aiuti necessari per l’anima e il corpo. la diocesi di Catania ha due eremi: uno chiamato «la Mecca», dove alcuni presbiteri conducono vita solitaria; un altro si trova a Valguarnera; entrambi dispongono di poche rendite. Il primo è soggetto alla giurisdizione del vescovo, l’altro a quella del feudatario. altri cinque eremi per laici si trovano nei monti presso Iudica, Scarpello, Torcisi, Rossomanno, e Piazza vecchia; nelle borgate attorno a Valverde alcuni laici hanno istituito un eremo dove conducono una vita dedita alle buone opere; disprezzando il mondo vivono del loro lavoro e delle elemosine dei fedeli [fol. 71r]. In ogni luogo si hanno associazioni laicali, tutte con i loro statuti e gli edifici più o meno grandi che i soci frequentano; spesso queste associazioni al loro interno sono così agitate da controversie e discordie da dare l’impressione che l’unica occupazione del vescovo sia quella di risolvere i loro problemi. 694
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In tutte le sacrestie si trovano esposte le tabelle con gli oneri delle messe e gli anniversari; sono pure conservati i registri dove si prende nota della loro celebrazione. Non posso passare sotto silenzio il collegio dei nobili, istituito con il patrimonio del nobile catanese Mario Cutelli, conte di Villarosata, illustre per le sue qualità di legato, per gli incarichi assolti e per i suoi scritti giuridici. Questo istituto, disponendo di un ricco patrimonio e prefiggendosi di dare un grande contributo al decoro e al lustro della città di Catania, accoglie nei suoi ampi edifici i giovani aristocratici catanesi per istruirli nella religione, nelle lettere e nelle scienze naturali. Il re, dopo aver accresciuto le sue risorse con il patrimonio della soppressa Compagnia di gesù, allo scopo di aiutare i nobili del val di Noto che sono in povertà, affidò il collegio al governo del vescovo, del senato e dell’abate cassinese di San Nicola. Mi resta solamente di affrontare, o Eminentissimi Padri, il tema dei costumi del popolo e dello stato della società cristiana [fol. 71v]. I fedeli sono intenti alle loro occupazioni, si dedicano alle pratiche religiose con grande docilità e frequentano i sacramenti secondo il loro stato; con grande fervore di spirito e con le opportune solennità celebrano le feste del ss.mo Nome di gesù, della Beata Vergine Maria e dei santi. Con la parola, l’esempio, le preghiere assidue e la vigilanza mi sforzo di curare i mali che incombono su un popolo così numeroso, soprattutto quelli riguardanti la dottrina e il comportamento. Dopo aver descritto lo stato della diocesi di Catania mi resta di informare con la dovuta riverenza le Eminenze Vostre sulle disposizioni da me date, con l’aiuto della Divina Misericordia, nel corso della prima visita generale a lode di Dio onnipotente, per il bene e l’utilità delle chiese e per la salute delle anime. Iniziai personalmente la visita pastorale nella cattedrale e continuai ispezionando le chiese sacramentali della città [fol. 72r], i conventi delle monache, gli istituti femminili, e le associazioni laicali con l’aiuto del vicario generale convisitatore, del teologo e dei missionari apostolici predicatori della parola di Dio, che per primi si erano recati in tutti i centri della diocesi. ho visitato i diversi luoghi personalmente servendomi del vicario generale convisitatore e del teologo. avendo constatato che dovunque erano state erette le confraternite del Santissimo Sacramento e le scuole per l’insegnamento della dottrina cristiana, consolidai queste istituzioni con nuove norme perché possano produrre frutti più abbondanti per il bene dei fedeli. ho conferito il sacramento 695
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della confermazione ad un numero straordinario di fedeli, a causa delle lunghe assenze dei vescovi miei predecessori. In molti luoghi ho trovato che erano organizzate stabilmente le riunioni per la soluzione dei casi di coscienza; altrove ho dato ordine che si tenessero con regolarità. Sono rimasto ammirato per l’irreprensibile osservanza delle regole vigente nei monasteri femminili; rinnovai la proibizione di non ammettere le giovani a ricevere l’abito religioso senza un previo esame segreto [fol. 72v] da parte del vescovo o del vicario generale. Esaminai attentamente i registri degli adempimenti delle messe, i registri parrocchiali, e i libri contabili con le entrate e le uscite. ai poveri che incontrai nei diversi luoghi ho elargito l’elemosina; a questo fine ogni anno dalle rendite della mensa vescovile sono spesi 3.000 scudi. Questa è la situazione della Chiesa di Catania. Se la Sede apostolica, alla quale professo obbedienza, riterrà opportuno di dare qualche prescrizione, si accorgerà di trovare in me, con l’aiuto di Dio, un fedele custode della fede e della tradizione. la Divina Provvidenza vi conservi per molti anni in buona salute perché, con l’aiuto dei vostri consigli, la Chiesa universale possa godere della pace di Cristo. Catania, 15 aprile 1779 Delle Eminenze Vostre devotissimo ed obbedientissimo servo Corrado Maria, vescovo di Catania. Risposta inviata al vescovo dalla Congregazione2
[fol. 76r] Si risponde il 23 novembre 1779 al vescovo di Catania. gli Eminentissimi Padri, ai quali compete custodire e interpretare le norme date dal Concilio di Trento, nella prima relazione dell’Eccellenza Tua sullo stato della diocesi anzitutto hanno preso atto con piacere della fede, della diligenza e dello zelo con cui procuri la salute delle anime. In particolare è piaciuto che la paura della povertà non ha impedito di venire incontro alle necessità dei miseri e dei bisognosi dei quali questa diocesi sovrabbonda; come un padre dei poveri hai introdotto la prassi di spendere ogni anno una grande somma di denaro per il loro nutrimento. 2 Il documento in lingua latina inviato al vescovo è riportato in appendice al testo originale della relazione.
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Un inizio così promettente del tuo governo episcopale [fol. 76v] induce a sperare che ricordandoti delle norme tridentine convochi il sinodo diocesano per conservare l’integrità dei costumi nel popolo e per promuovere la disciplina ecclesiastica. anche se è piaciuto il criterio da te seguito di affidare il compito del teologo e del penitenziere a due canonici della cattedrale, tuttavia è necessario provvedere, per quanto è possibile, alla istituzione delle due prebende. Per quanto attiene ai parroci, che definisci amovibili ad nutum, la S. Congregazione desidera che diventino stabili perché le anime ne abbiano un maggior profitto. a proposito delle monache soggette [fol. 77r] agli agostiniani, non solo sei competente a far osservare convenientemente e inviolabilmente la clausura e a sottoporre all’esame di idoneità i confessori, ma anche ad avere una relazione da parte degli amministratori, secondo le prescrizioni della costituzione Inscrutabili di gregorio xV. Sul tema dei confessori straordinari, bisogna ricordarsi che occorre nominarne uno ogni anno, del clero secolare o religioso, così come prescrive la costituzione Pastoralis Curae di Benedetto xIV. Ma su questo argomento non sarà difficile trovare un’intesa con i responsabili del monastero, facendo anche menzione delle indicazioni date [fol. 77v] da questa Congregazione. fin qui i rilievi alla tua relazione. appena ne avrò l’occasione non mancherò di manifestare con quali sentimenti il mio animo, etc.
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1785 – Relazione del vescovo Corrado Maria Deodato, relativa ai trienni 66° e 67°, scritta il 23 marzo 1785 e presentata nel mese di maggio dal procuratore mons. Pierantonio Tioli1.
[fol. 88r] Eminentissimi e Reverendissimi Signori, nell’atto di visitare i sacri limini per il presente triennio, tramite il mio procuratore, per assolvere al mio dovere verso la Santa Sede e per venerare i Santi apostoli Pietro e Paolo, dovrei sottoporre alle Eminenze Vostre la relazione sullo stato della mia Chiesa e diocesi; ma poiché non trovo nulla di nuovo nel mio governo episcopale che sia meritevole di essere riferito, prego le Eminenze Vostre Reverendissime che si degnino leggere e accettare benevolmente la precedente relazione e ritengano che io abbia adempiuto il mio dovere. Manifestando alle Eminenze Vostre il mio doveroso ossequio mi sottoscrivo. Catania, 23 marzo 1785 Delle Eminenze Vostre Reverendissime devotissimo ed obbedientissimo servo Corrado Maria, vescovo di Catania Bozza predisposta dall’officiale della Congregazione per la risposta, spedita al vescovo il 3 agosto 17852.
[fol. 92r] Riportandosi il Vescovo di Catania alla relazione del passato triennio e niente affatto riferendo di nuovo, sembra che manchi al suo
Rel Dioec 207 B, fol. 88r; 92r-v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) tre richieste di proroga; (fol. 79r-81r); 2) richiesta di effettuare la visita tramite il procuratore Pierantonio Tioli (fol. 83r); sul dorso si legge la nota: «Die 7 maii 1785. Data est attestatio tam pro elapso, quam pro currenti 66° triennis» (fol. 96v); 3) procura in forma pubblica, redatta a Catania il 19 gennaio 1785 dal notaio Pietro Domenico Costantino, alla presenza dei testi: Cesare Costantino, Nicola Sozzi e francesco Calamatta, perché mons. Pierantonio Tioli, residente a Roma, visiti le basiliche dei Santi Pietro e Paolo e presenti in nome del vescovo Corrado Maria Deodato la relazione (fol. 84r-87v); 4) due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 29 aprile e 1 maggio 1785 (fol. 74r-75r); 5) le bozze dei rilievi alla relazione e la risposta inviata al vescovo (fol. 92r-95v). 2 Il documento in lingua latina inviato al vescovo è riportato in appendice al testo originale della relazione. 1
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debito per due parti. Prima perché quantunque non vi sia alcuna cosa di nuovo nello stato materiale, è impossibile che non ve ne sia riguardo allo stato formale. Secondariamente perché dovea dare sfogo di due o tre cose ingiuntegli dalla Sacra Congregazione nell’ultima risposta. gl’ingiungeva la convocazione del Synodo, che si fissassero perpetui alcuni parochi, che erano amovibili, e gli dava finalmente un’istruzzione su del regolamento dovuto di alcuni monasterii di monache. Si crede pertanto che gli si debba rispondere con tutta urbanità, che la Sacra Congregazione loda la sua puntualità, ma che la trova mancante nel suo sostanziale per i detti motivi. Si può supporre o dubitare che non abbia ricevuta la detta ris- [fol. 92v] posta et in tal caso suggerirgli che per mezzo del suo agente ne ritragga la copia. Così confermandogli di bel nuovo ciò che in essa si conteneva pregarlo a volerne più presto che gli sia possibile rendere informata del risultato la Santa Congregazione.
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1788 – Relazione del vescovo Corrado Maria Deodato, relativa al 68° triennio, scritta il 1° aprile 1788 e presentata nello stesso mese dal procuratore mons. Pierantonio Tioli1.
[fol. 100r] Eminentissimi e Reverendissimi Signori, è maturato il tempo in cui devo visitare di persona i sacri limini e presentare a nostro signore il papa e alle Eminenze Vostre Reverendissime il rendiconto di tutto ciò che concerne il mio ufficio pastorale, lo stato della mia Chiesa, la disciplina del clero e del popolo e la salute delle anime a me affidate. Tuttavia, essendo impedito da legittime cause, ho incaricato il sacerdote Pierantonio Tioli, prelato domestico del papa, perché assolva pienamente al mio dovere. Non avendo nulla da aggiungere, con la presente relazione sullo stato materiale della mia Chiesa e diocesi, mi limito ad accennare a qualche cambiamento al suo stato formale, già peraltro noto alle Eminenze Vostre [fol. 100v] e cioè la soppressione di alcuni conventi per la mancanza di frati in grado di instaurare la vita comune, secondo le prescrizioni dei sacri canoni; le loro chiese sono state affidate ai parroci del luogo perché non venga meno il culto divino e l’aiuto spirituale ai fedeli. Per quanto attiene alle richieste rivoltemi dal vostro zelo, secondo l’esempio dei padri e le norme dei concili, di convocare cioè il sinodo diocesano, devo far presente che le tristi condizioni dei tempi, note alle Eminenze Vostre, me lo impediscono. Inoltre è difficile istituire la prebenda del canonico teologo e del penitenziere e ancor più difficile nominare parroci perpetui secondo le indicazioni del Concilio di Trento; mancano infatti 1 Rel Dioec 207 B, fol. 100r-v; 104r-v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) tre richieste di proroga (fol. 79r-81r); 2) richiesta di effettuare la visita tramite il procuratore Pierantonio Tioli (fol. 97r); sul dorso si legge la nota: «Die 22 aprilis 1788. Data fuit attestatio pro 68° triennio» (fol. 97v); 3) procura in forma pubblica, redatta a Catania il 31 marzo 1788 dal notaio alessandro Maccarrone, alla presenza dei testi: sac. gioacchino Maccarrone, Ignazio francalanza e Domenico Patti, perché mons. Pierantonio Tioli, residente a Roma, visiti le basiliche dei Santi Pietro e Paolo e presenti in nome del vescovo Corrado Maria Deodato la relazione (fol. 98r-99v); 4) due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 19 e 20 aprile 1788 (fol 102r-103r); 5) le bozze dei rilievi alla relazione e la risposta inviata al vescovo (fol. 104r-107v); 6) la nota della Congregazione: «Die 22 aprilis 1788 data fuit attestatio pro 68° triennio» (fol. 108r).
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le rendite necessarie a queste fondazioni e le stesse leggi di questo Regno proibiscono di chiedere il pagamento dei cosiddetti «frutti di stola». Infine per obbedire agli ordini delle Eminenze Vostre ho ingiunto agli agostiniani di scegliere una volta l’anno un confessore straordinario per il loro monastero, che può essere uno del clero secolare o di altro ordine religioso, secondo le prescrizioni date nella costituzione di Benedetto xIV, che inizia con le parole Pastoralis Curae. Ma credo che non sarà del tutto fuori luogo se le Eminenze Vostre vorranno informare il ministro generale dello stesso ordine, perché in merito dia un preciso ordine ai superiori della provincia siciliana per mandato delle Eminenze Vostre. Nel frattempo invocando ogni bene mi dichiaro obbedientissimo ai vostri ordini e mi sottoscrivo. Catania, 1 aprile 1788 Delle Eminenze Vostre Reverendissime umilissimo ed obbedientissimo servo Corrado Maria, vescovo di Catania Bozza predisposta dall’officiale della Congregazione per la risposta al vescovo, spedita il 2 luglio 17882.
[fol. 104r] 1788 Catania Dalle passate e dalla presente relazione pare mons. Vescovo assai tranquillo nel suo ministero pastorale, che esercita da anni 25. le sue relazioni sono superficialissime e l’ultima volta la Sacra Congregazione credette mandargli la passata risposta giacché di nulla si faceva carico circa lo stato formale della sua Chiesa. Costretto perciò a parlare nella presente si sbriga col dire esser difficile il sinodo, difficile l’erezione della teologale e penitenziale, difficile provveder di vicarii perpetui le parrocchie. Quanto poi al confessore straordinario per le monache, che le Congregazione ne parli con li padri agostiniani, a cui sono soggette. Parmi dunque necessario risvegliarlo ne’ suoi doveri pastorali dolcemente, giacché il far il Vescovo non è la cosa più comoda come dice s. giovanni Crisostomo: «Magnum quiddam est Ecclesiae praelatio, me
2 Il documento in lingua latina inviato al vescovo è riportato in appendice al testo originale della relazione.
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quae multa indiget sapientia et fortitudine qualem Christus proposuit ut animam pro ovibus ponamus» [fol. 104v]. Quanto al sinodo, che la S. Congregazione compatisce le circostanze de’ tempi quali, se non permettono senza pericolo di perder di autorità e dignità la convocazione, egli deve ogni anno procurar di supplirlo come Benedetto xIV insegna a’ vescovi. Che circa il teologo e penitenziere, ai mezzi ha provveduto il S. Concilio di Trento e Benedetto xIII nella sua costituzione a tutti li vescovi d’Italia. Così per le parrocchie e congrua necessaria. Che la S. Congregazione tratterà con gli agostiniani, egli però sa cosa possa fare a tenor dell’indicata costituzione Benedettina. Che la S. Congregazione, ad onta del suo silenzio in questa ed altre relazioni, crede che abbia esattamente adempito a tutti i molti e gravi doveri che nello stato formale si comprendono, di ciascuno de’ quali a tenor dell’istruzione attende di essere certiorata nella sua prossima relazione. Salvo, etc.
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1793 – Relazione del vescovo Corrado Maria Deodato, relativa ai trienni 69° e 70°, scritta il 6 novembre 1793 e presentata nello stesso mese dal procuratore mons. Pierantonio Tioli 1.
[fol. 116r] Eminentissimi e Reverendissimi Signori, presso la curia, presso il papa nostro signore e le Eminenze Vostre Reverendissime opera il sacerdote Pierantonio Tioli, prelato domestico, che adempirà diligentemente per conto mio a quelle prescrizioni che non posso osservare personalmente per dei legittimi impedimenti. Pertanto prego gli Eminentissimi e Reverendissimi Signori di accoglierlo benevolmente e di accettare lo stato della Chiesa a me affidata che egli vi presenterà. la stato materiale della chiesa cattedrale di Catania è rimasto pressoché invariato; infatti ha sempre le stesse dignità, gli stessi canonici e beneficiati descritti nella bolla di secolarizzazione. Si è avuta una variazione nel numero dei beneficiati; infatti il mio predecessore ne aggiunse tre ed altrettanti ne ho istituiti io, dopo aver costituito la dote con l’unione di alcuni benefici semplici di libera collazione, per rendere più funzionale il servizio del coro. In tal modo si raggiunge il numero di 18 beneficiati, 12 dei quali sono obbligati ogni giorno di essere presenti al coro [fol. 116v]. lo stato della religione cristiana progredisce ogni giorno di più. al fine di prestare un sempre più valido aiuto alla moltitudine dei fedeli cristiani, con l’assenso dell’invittissimo re ferdinando, ho accresciuto il numero delle chiese sacramentali nelle quali si esercita la cura della anime sotto la giurisdizione della cattedrale, unica parrocchia, impiegando la somma di 1.500 scudi dal patrimonio vescovile. Inoltre, dopo aver accre-
Rel Dioec 207 B, fol. 116r-117r; 120r-v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) richiesta di proroga del 1792 e la risposta «ad annum» (fol. 109r-v); 2) richiesta di effettuare la visita tramite il procuratore Pierantonio Tioli (fol. 111r); sul dorso si legge la nota: «Die 23 novembris 1793. Data fuit attestatio pro 69° et 70° triennis» (fol. 111v); 3) procura in forma pubblica, redatta a Catania il 6 novembre 1793 dal notaio alessandro Maccarrone, alla presenza dei testi: federico Spitaleri, alfio alucci e francesco Piazza, perché mons. Pierantonio Tioli, residente a Roma, visiti le basiliche dei Santi Pietro e Paolo e presenti in nome del vescovo Corrado Maria Deodato la relazione (fol. 112r-115r); 4) due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 19 e 24 novembre 1793 (fol. 118r-119r); 5) le bozze dei rilievi alla relazione e la risposta invia al vescovo (fol. 120r-121v); 6) la nota della Congregazione: «Die 23 novembris 1793 data fuit attestatio pro 69° et 70° trienniis» (fol. 122v). 1
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sciuto il numero delle chiese, ho aumentato quello dei sacerdoti addetti al culto per offrire ai fedeli, con l’aiuto di Dio, un servizio più efficace. ho fatto demolire la cupola della cattedrale che era pericolante e ne ho fatto costruire a mie spese un’altra molto più grande e più degna dell’antichità della chiesa. Visitando per la terza volta la diocesi ho dato quelle prescrizioni che ho ritenuto necessarie per il culto divino e per la salute delle anime, soprattutto per l’insegnamento della dottrina cristiana e per la frequenza dei sacramenti e ne ho raccomandato la scrupolosa osservanza ai parroci e a tutti coloro che esercitano la cura delle anime. Non ho cessato di elargire le elemosine ai poveri in tutta la diocesi, spendendo una ingente somma di denaro, soprattutto in quest’anno di carestia. Dagli officiali di curia e dai responsabili della cancelleria è osservata la tassa innocenziana; nella visita pastorale non si chiede nulla al di fuori del vitto. Nella cattedrale e nelle collegiate senza interruzione si recitano le ore canoniche e ogni giorno si celebra solennemente la messa conventuale per i benefattori con l’accompagnamento dell’organo e il suono delle campane. I libri parrocchiali sono scritti secondo le norme del Rituale Romano; in tutte le parrocchie [fol. 117r] e nelle chiese curate sono custoditi con la massima cura. In tutte le città il clero partecipa alla lettura dei casi di coscienza due volte al mese. I monasteri femminili sono dei veri ginecei; infatti le monache assolvono ai propri doveri con tanto impegno e zelo da essere considerate senza esagerazione la parte eletta del gregge di Cristo. I superiori e i professori dell’ampio seminario operano con diligenza ogni giorno per la formazione dei giovani candidati al sacerdozio. le confraternite, gli ospedali e gli altri luoghi pii sono stati sottratti alla giurisdizione del vescovo dalle leggi del Regno in quanto istituti laicali; egli può esercitare la sua autorità solo nel campo spirituale. Sono queste le notizie che ho pensato di esporre alle Eminenze Vostre. Nel chiedervi di aiutare col favore della vostra grazia e di proteggere chi vi offre il frutto del proprio lavoro, o meglio che assolve al compito affidatogli mi sottoscrivo. Catania, 6 novembre 1793 Delle Eminenze Vostre Reverendissime umilissimo ed obbedientissimo servo Corrado Maria, vescovo di Catania 704
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Bozza predisposta dall’officiale della Congregazione per la risposta al vescovo, spedita il 20 marzo 17942.
[fol. 120r] Riferì mons. Prospero Bottini secretario e Ponente di consulta la relazione sullo stato della Chiesa di Catania trasmessa da mons. Corrado Maria Deodato da Moncada, nato in Noto, diocesi di Siracusa alli 5 gennaio 1735, fatto Vescovo alli 10 maggio 1773. 17 febbraro 1794. Catanien. Questa nuova relazione di mons. Vescovo di Catania è ugualmente digiuna delle antecedenti, benché in ultimo luogo gli fosse scritto di uniformarsi al metodo dell’istruzione benedettina e perciò nella miglior guisa potrà ripetersi questo stesso. gli fu pure suggerito di supplire alla mancanza del sinodo nella maniera proposta da Benedetto xIV. E rispetto all’erezione della teologale e penitenziale e alla perpetuità dei parrochi gli furono accennate le disposizioni del Concilio di Trento e la costituzione di Benedetto xIII, senza sapersi in oggi se siasi prevalso di tali suggerimenti. Potrebbe anzi meritare qualche spiegazione l’enunciativa di una bolla di secolarizzazione ove diconsi descritte le dignità, canonici e beneficiali della sua chiesa e [fol. 120v] l’augmento delle chiese filiali eseguito con beneplacito reggio e a spese del patrimonio vescovile e dipendenti dall’unica parrocchia della cattedrale. Non può per altro non collaudarsi la sua generosa pietà nella riedificazione della cupola della cattedrale e nelle larghe elemosine, come altresì la pastoral sua sollecitudine in occasione della S. Visita della diocesi, sebben fatta tre volte solamente nel concorso di venti anni.
2 Il documento in lingua latina inviato al vescovo è riportato in appendice al testo originale della relazione.
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1802 – Relazione del vescovo Corrado Maria Deodato, relativa ai trienni 71°, 72° e 73°, scritta il 10 dicembre 1802 e presentata nello stesso mese dal procuratore abate Domenico Sala1.
[fol. 138r] Eminentissimi e Reverendissimi Signori, per quanto arda dal desiderio di visitare i sacri limini e di assolvere ai miei doveri, prostrato ai piedi del nostro signore il papa Pio VII, tuttavia ne sono impedito da alcuni legittimi impedimenti; pertanto ho affidato questo compito a D. Domenico Sala, che svolge la sua attività nella curia; egli, a mio nome, presso nostro signore il papa e le Eminenze Vostre farà le mie veci. Prego pertanto le Eminenze Vostre di accoglierlo con animo benevolo e di accettare di buon grado lo stato della Chiesa a me affidata che egli vi presenterà. Sullo stato materiale della mia Chiesa di Catania non ho altro da aggiungere [fol. 138v] alla relazione che ho presentato nel passato triennio alle Eminenze Vostre con animo ossequiente. Sullo stato della religione cristiana vorrei solamente fare qualche rilievo. Per quanto progredisca sempre di più e ai fedeli si offrano con abbondanza gli aiuti spirituali in particolare con la predicazione e la catechesi; per quanto ai bambini della città e della diocesi si insegnino i primi elementi della dottrina cristiana da parte dei parroci e dei cappellani sacramentali, tuttavia non mancano i lupi che tentano di uccidere il gregge affidato alle mie cure; ma con l’aiuto di Dio e con un’attenta vigilanza sono riuscito a cacciarli dal mio ovile e a trasformarne, per la grazia di Dio onnipotente, alcuni di loro in agnelli. Come ho riferito nella relazione del precedente triennio, avevo provveduto a costruire con magnificenza nella mia cattedrale la nuova cupola,
1 Rel Dioec 207 B, fol. 138r-139v; 144r-145v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) 5 richieste di proroga dal 1798 al 1802 (fol. 123r-131v); 2) richiesta di effettuare la visita tramite il procuratore abate Domenico Sala (fol. 133r-v); sul dorso si legge la nota: «Data fuit attestatio pro 71°, 72° et 73° triennis» (fol. 133v); 3) procura in forma pubblica, redatta a Catania il 10 dicembre 1802 dal notaio alessandro Maccarrone, alla presenza dei testi: federico Spitaleri, Ciro Basilotta e alfio alucci, perché l’abate Domenico Sala, residente a Roma, visiti le basiliche dei Santi Pietro e Paolo e presenti in nome del vescovo Corrado Maria Deodato la relazione (fol. 134r-136v); 4) due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 28 e 31 dicembre 1802 (fol. 142r-143r); 5) le bozze dei rilievi alla relazione e la risposta inviata al vescovo (fol. 145r-147r).
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dopo aver demolito la vecchia che era pericolante. Negli anni scorsi ho pensato a rivestire con stucchi le pareti interne. Poiché da diversi anni, non solo nella mia cattedrale ma in tutta la diocesi, non si esercitava abbastanza la carità, non ho cessato di aiutare i poveri spendendo grandi somme di denaro; ho fondato diversi orfanotrofi in città e in diocesi e ho accolto le fanciulle abbandonate parte a mie spese, parte con le elemosine dei fedeli [fol. 139r], che ho cercato di procurarmi con grande impegno. la tassa innocenziana è osservata dalla curia e dai suoi officiali; nella visita pastorale della diocesi sono osservati con rigore i sacri canoni e non si chiede altro al di fuori del cibo. Nella mia cattedrale e in tutte le chiese collegiate della diocesi si recitano senza interruzione le ore canoniche e si celebra la messa cantata conventuale per i benefattori: nella cattedrale ogni giorno, nelle collegiate solo nelle domeniche e nelle feste a motivo della loro povertà. In questi stessi giorni i parroci offrono a Dio ottimo massimo il sacrificio della messa per i propri parrocchiani. Nelle parrocchie e nelle chiese curate i libri parrocchiali sono compilati in conformità alle prescrizioni del Rituale Romano e sono custoditi convenientemente. In città, per un’antica consuetudine, questi stessi libri sono portati ogni anno nell’archivio vescovile per esservi custoditi. Secondo le norme emanate da Benedetto xIII, di felice memoria, ho provveduto a far riordinare l’archivio vescovile. Nei diversi centri abitati il clero si riunisce due volte al mese per partecipare alla lettura dei casi morali; questa iniziativa è attuata con estrema diligenza. I monasteri femminili in tutta la diocesi sono così rinomati per l’osservanza delle regole da riscuotere l’ammirazione dei forestieri che si recano a visitarli [fol. 139v]. Mi sono adoperato perché nel seminario dei chierici si insegnassero non solo la grammatica e le discipline umanistiche, ma anche la retorica, la filosofia, la geometria e le altre materie più importanti come la teologia dogmatica e morale, il diritto canonico. Con l’aiuto di Dio il seminario si è procurata una tale fama che da ogni parte del Regno i giovani vi accorrono per frequentare i corsi di studio. Mi sono adoperato perché anzitutto si praticasse l’amore verso Dio in modo che gli alunni allo stesso tempo fossero santi e dotti. a norma delle leggi del Regno le confraternite, gli ospedali e i luoghi pii, in quanto istituti laicali, sono stati sottratti alla giurisdizione del vescovo; gli sono soggetti solo per la parte spirituale. Sono queste le notizie che ho ritenuto di comunicare alle Eminenze Vostre; vi prego di accogliermi benevolmente mentre assolvo al mio dovere con tutta la diligenza possibile. Catania, 10 dicembre, VI indizione, 1802 707
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Delle Eminenze Vostre Reverendissime umilissimo ed obbedientissimo servo Corrado Maria, vescovo di Catania Bozza predisposta dall’officiale della Congregazione per la risposta al vescovo, spedita il 12 giugno 18032.
[fol. 144r] Cataniensis. Visitationes SS. liminum di mons. Corrado Maria Deodato di Moncada, nato li 5 gennaio 1736 in Noto, diocesi di Siracusa e fatto Vescovo di Catania in Sicilia li 10 maggio 1773. legittimamente impedito monsignor di Catania ad essere di persona a visitare i Sacri limini à costituito a quest’effetto suo procuratore il Sig. a. g. Domenico Sala, il quale à rimesso a questa S. Congregazione la di lui relazione dello stato della Chiesa catanese in data de’ 10 dicembre 1802. Tanto nella passata, quanto nella presente relazione pare che Monsignor non si attenga alla notissima istruzione Summus Pontifex, da questa S. Congregazione trasmessa a tutti i Vescovi dopo il Concilio Romano del 1725 e perciò è digiuna affatto e sarei di avviso che gli s’insinuasse di dovervisi uniformare. Non parla di aver tenuto il sinodo e quando fosse impossibilitato a tenerlo potrebbe supplirsi col modo proposto da Benedetto xIV nella sua costituzione Paternae Vigilantiae de’ 26 agosto 1741, come gli fu suggerito altra volta. Neppure dà sfogo se abbia o no erette le prebende teologale e di penitenziere volute dal Tridentino, sess. V, cap. 1, de reform. e sess. [fol. 144v] xxIV, cap. 8, de reform. e della costituzione Pastoralis officii di Benedetto xIII de’ 19 maggio 1725, come già gli fu ingiunto in passato e se abbia provveduto alla perpetuità de’ parroci. Soltanto due volte il mese si fa la lezione de’ casi di coscienza, né si parla dell’altra dei riti, come prescrive il Concilio Romano, tit. 15, cap. Ix ed il suo Metodo, ch’è nell’appendice al medesimo. Questo incontro gli Em.mi avrebbero desiderato. Riguardo alli ospedali, confraternite ed altri luoghi pii la sollecitudine di monsignor di Catania si estende soltanto allo spirituale, giacché per il resto sono esenti dall’Ordinario, attese le vigenti costituzioni del Regno. Mi sembrerebbe opportuno che monsignor istruisse questa S. Congrega-
2 Il documento in lingua latina inviato al vescovo è riportato in appendice al testo originale della relazione.
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zione se queste e tali costituzioni sieno di antica o di recente data, e se la S. Sede ne sia informata. giacché il Tridentino, sess. xxII cap. 8, de reformat. dà una pienissima facoltà ai Vescovi e come delegati apostolici di visitare qualunque loco pio e prendersi quelle disposizioni che vedessero opportune non eccettuandone alcuno, meno quelli che sono sotto la immediata protezione regia. Il tutto fu ancora confermato dalla costituzione di Clemente VIII Quaecumque a Sede Apostolica de’ 24 dicembre 1604 e dal tit. 29, cap. 2 del Concilio Romano e dal §§ VII della [fol. 145r] nota istruzione sulle relazioni ad Limina. Mi pare che le costituzioni Quotidianis del 1° marzo 1727 e de’ 25 febbraio 1729 Fideli ac prudenti di Benedetto xIII, colle quali a’ prieghi di Carlo VI imperadore e re di Sicilia compose li affari ecclesiastici di quel Regno, stabilischino che i luoghi pii sieno soltanto soggetti all’Ordinario nello Spirituale. la tassa innocenziana vi è fedelmente osservata ed in sacra visita monsignor di Catania altro non percepisce che il solo vitto a norma dello stabilito dal Tridentino, sess. xxIV, cap. 3, de reformat. Egli à di nuovo costruito l’archivio episcopale, come vuole il Concilio Romano, tit. xII, cap. III. a sue spese à rifabbricato la cuppola della cattedrale e risarcitone splendidamente l’interno. Del proprio in questi tempi di penuria à sovvenuta la indigenza del suo gregge e aperto l’orfanotrofio per le bastarde, alla qual’opera pia non poco vi ànno contribuito i diocesani, seguitando le orme del zelante loro pastore. Il seminario è in fiore e non solo dalla diocesi, ma dalle altre parti del Regno vi concorrono i giovani per applicarvisi alle scienze sacre e propone se ne deve lode alle premure, che se ne dà il vigilantissimo monsignor di Catania. animato da questo stesso zelo provvede abbondevolmente la città e diocesi di ottimi parochi e cappellani curati, onde il suo gregge si abbeveri a fonti salubri e devii dalle acque fetide e stagnanti e perciò credo che questa Sacra Congregazione ne debba saper bon [fol. 145v] grado e commendare a mons. Vescovo e sempre più animarlo a battere la carriera intrapresa di prelato zelante ed apostolico. Mentre di santi eloggi per il bene in tutti effetti fatto alla sua diocesi.
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1807 – Relazione del vescovo Corrado Maria Deodato, relativa al 74° triennio, scritta il 2 luglio 1807 e presentata nel mese di agosto dal procuratore abate Domenico Sala1.
[fol. 152r] Eminentissimi e Reverendissimi Signori, senza indugio sarei venuto a venerare le tombe degli apostoli visitando i sacri limini e ad assolvere ai miei doveri, prostrato ai piedi del nostro signore il papa, se ai miei desideri non si opponessero le malattie di cui soffro per l’età avanzata. Inoltre, nel periodo burrascoso in cui ci troviamo, le difficoltà che da ogni parte ci affliggono impediscono il viaggio a Roma. Pertanto in forza del mio mandato don Domenico Sala a mio nome presso nostro signore il papa e le Eminenze Vostre Reverendissime adempirà ai miei doveri. Quindi vi supplico caldamente di accoglierlo con benevolenza e di accettare di buon grado la relazione sullo stato della mia Chiesa che vi consegnerà. Sullo stato materiale della mia Chiesa non ho altro da aggiungere a quanto ho scritto nelle relazioni dei trienni passati, che ho inviato puntualmente alle Eminenze Vostre Reverendissime [fol. 152v]. Sullo stato della religione cristiana vorrei fare solamente qualche rilievo. Per quanto progredisca sempre di più e i fedeli abbiano abbondanti aiuti spirituali, in particolare la predicazione e la catechesi; per quanto ai bambini della città e della diocesi si insegnino i primi elementi della dottrina cristiana da parte dei parroci e dei cappellani sacramentali, tuttavia non mancano i lupi che tentano di uccidere il gregge affidato alle mie cure; ma con l’aiuto di Dio e con un’attenta vigilanza sono riuscito a cacciarli dal mio ovile; alcuni di loro, per la grazia di Dio onnipotente con somma mia gioia, sono stati trasformati in agnelli. 1 Rel Dioec 207 B, fol. 152r-153v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) richiesta di effettuare la visita tramite il procuratore abate Domenico Sala (fol. 149r-v); sul dorso si legge la nota: «Data fuit attestatio pro 74° triennio» (fol. 148v); 2) procura in forma pubblica, redatta a Catania il primo luglio 1807 dal notaio alessandro Maccarrone, alla presenza dei testi: federico Spitaleri, alessandro Marletta e Ciro Basilotta, perché l’abate Domenico Sala, residente a Roma, visiti le basiliche dei Santi Pietro e Paolo e presenti in nome del vescovo Corrado Maria Deodato la relazione (fol. 150r-151v); 3) due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 29 e 30 agosto 1807 (fol. 154r-115r).
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Come ho già riferito negli anni passati, avevo fatto rivestire con stucchi la cattedrale; ora vi ho aggiunto ornamenti esteriori. Come avevo scritto nella precedente relazione, avevo disposto che si accogliessero negli orfanotrofi della città e della diocesi soprattutto le fanciulle abbandonate per esservi nutrite; di recente ho ampliato questi istituti con nuovi edifici. la tassa innocenziana dalla curia e dai suoi officiali è osservata fedelmente; nella visita pastorale della diocesi si osservano con esattezza i sacri canoni e non si chiede altro al di fuori del vitto. Nella mia cattedrale e in tutte le chiese collegiate della diocesi si recitano senza interruzione le ore canoniche e si celebra la messa cantata conventuale per i benefattori: nella cattedrale ogni giorno, nelle collegiate solo nelle domeniche e nelle feste a motivo della loro povertà. In questi stessi giorni i parroci offrono a Dio ottimo massimo il sacrificio della messa per i propri parrocchiani. Nelle medesime e nelle chiese curate i libri parrocchiali sono compilati in conformità alle prescrizioni del Rituale Romano e sono custoditi convenientemente. In città, per un’antica consuetudine, questi stessi libri sono portati ogni anno nell’archivio vescovile per esservi custoditi. Secondo le norme emanate da Benedetto xIII, di felice memoria, ho provveduto a far riordinare l’archivio vescovile. ho comandato che dovunque il clero si riunisse due volte al mese per partecipare alla lettura dei casi morali e mi sono adoperato perché questa norma venisse osservata. I monasteri femminili in tutta la diocesi sono così rinomati per l’osservanza delle regole da riscuotere l’ammirazione e le lodi dei forestieri che si recano a visitarli. Come ho riferito nel precedente triennio, il seminario si mantiene ad un livello di studi molto elevato: si insegnano le discipline umanistiche e le materie più difficili; sebbene mi stia molto a cuore il progresso nello studio, mi sono impegnato perché si coltivasse soprattutto la pietà verso Dio. le confraternite, gli ospedali e i luoghi pii, in quanto istituti laicali, sono stati sottratti dalle leggi del Regno alla giurisdizione del vescovo; gli sono soggetti solo per la parte spirituale. Ora vorrei porvi alcune domande riguardanti il governo della mia diocesi e prego le Eminenze Vostre di farmi avere convenienti risposte [fol. 153r]. Risiedono dalle nostre parti compagnie di soldati inglesi, alle quali si sono aggregati alcuni cattolici. Costoro dai comandanti sono obbligati a partecipare alle loro celebrazioni religiose, o meglio ai sacrileghi riti che celebrano nelle domeniche. fra i teologi alcuni ritengono che i soldati cattolici, in obbedienza agli ordini dei superiori, possano partecipare a queste 711
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celebrazioni, considerato che in esse (secondo la loro stessa testimonianza) non si fa altro che leggere il Vangelo e le lettere di s. Paolo, recitare i salmi (tuttavia la lettura avviene nella lingua inglese e nella versione curata dagli eretici), rivolgere nella medesima lingua preghiere a Dio. In considerazione di queste circostanze, i predetti teologi ritengono che i suddetti cattolici possano partecipare a quelle riunioni religiose, tanto più che affermano chiaramente che intendono professare la fede cattolica, che detestano quelle celebrazioni alle quali partecipano solo con il corpo, non con lo spirito. Non mi sono sentito di accettare l’opinione di questi teologi e ho manifestato apertamente il mio pensiero a tutti coloro che si sono rivolti a me per pormi questo problema: i soldati cattolici non possono partecipare a quelle celebrazioni, perché a noi è proibita la communicatio in sacris con gli eretici e gli scismatici, come si può leggere in diverse risposte e decreti di queste Sacre Congregazioni della suprema Inquisizione riferiti da Benedetto xIV, di felice memoria, nel suo trattato De Synodo dioecesana, lib. 6, cap. 5 e soprattutto dalle lettere inviate da Paolo V nel 1606 ai cattolici inglesi e da due decreti dello stesso pontefice promulgati nel 1606 e nel 1607. Pertanto prego insistentemente le Eminenze Vostre Reverendissime che si degnino indicarmi se nella prassi si debba seguire questa mia opinione o si possa accettare quella contraria. Un’altra strana opinione di alcuni teologi si è insinuata fra di noi: affermano alcuni che i fedeli non siano in alcun modo tenuti ad indicare ai vescovi coloro che professano dottrine erronee, in forza dei decreti emanati dai sommi pontefici. Infatti le leggi del Regno hanno abolito il tribunale dell’Inquisizione e le cause che prima venivano da esso trattate sono state passate per competenza ai vescovi con l’obbligo di osservare il procedimento stabilito dai canoni. alcuni sostengono, tuttavia, che tutto questo difficilmente può essere attuato; perciò affermano che ai fedeli non si deve imporre l’obbligo di denunziare coloro che si sono macchiati o sospettano di essersi macchiati di eresia, soprattutto se si tiene presente che nel nostro Regno sono soggetti alla giurisdizione del vescovo non i laici sospetti di eresia, ma coloro che professano formalmente dottrine eretiche. Prego le Eminenze Vostre di farmi sapere cosa bisogna fare in questi casi. Inoltre chiedo umilmente alle Eminenze Vostre Reverendissime che mi vogliano dire come devo comportarmi con quei fedeli che, sebbene affermino di voler obbedire ai sopraddetti decreti dei Sommi Pontefici e denunciare coloro che sanno essere caduti in errore, tuttavia intendono procedere oralmente e non con una denunzia scritta e da loro stessi sottoscritta 712
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[fol. 153v]. Infine diverse persone si presentano spontaneamente al mio tribunale per abiurare dalle eresie nelle quali avevano creduto; tuttavia alcuni si rifiutano di far conoscere gli errori che hanno professato. fino ad oggi ho accettato le denunzie orali perché potessi in qualche modo conoscere i lupi che entrano nell’ovile di Cristo e predisporre per essi la medicina che mi veniva offerta. ho rifiutato l’assoluzione dalla scomunica a coloro che si erano rifiutati di rivelarmi i nomi dei loro complici. le Eminenze Vostre si degnino farmi sapere se la soluzione da me data sia corretta e come debba comportarmi nelle circostanze sopradescritte, in particolare se ho la facoltà di dispensare dall’obbligo di denunziare i complici coloro che — come è realmente accaduto — in punto di morte sono disposti ad abiurare ai loro errori senza tuttavia far conoscere i nomi dei complici. Sono queste le notizie che ho ritenuto di comunicare alle Eminenze Vostre in occasione della visita ai sacri limini; vi prego di ricevere di buon animo il doveroso omaggio del mio deferente animo e di accoglierlo con gioia mentre si rifugia sotto il vostro patrocinio. Consentitemi di potermi gloriare nell’affermare che sono delle Eminenze Vostre Reverendissime devotissimo ed ubbidientissimo servo. Catania, 2 luglio 1807 Corrado Maria, vescovo di Catania
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fElICE REgaNO (1839-1861) 1. la DIOCESI ZIONE
DI
CaTaNIa NEl PERIODO
NaPOlEONICO E DElla RESTaURa-
Il governo del vescovo Corrado Maria Deodato (1773-1813) coincise con un momento di grandi fermenti in Europa e in Sicilia: per Napoleone iniziava la fase discendente della sua egemonia; dopo la sua scomparsa dalla scena politica, i grandi al congresso di Vienna ritennero di poter ripristinare l’ordine turbato riproponendo lo status quo; i borboni pensarono di riprendere in mano la difficile situazione creatasi nei Regni di Napoli e di Sicilia dando un nuovo ordinamento allo Stato (il Regno delle Due Sicilie), che finì per affrettare la fine del loro dominio1. Nel loro progetto politico un posto di rilievo era riservato ad un rinnovato rapporto con il papa. Si spiegano, pertanto, il concordato del 1818 stipulato fra ferdinando I e Pio VII2 e il riordino delle diocesi siciliane con l’erezione di Nicosia e Piazza armerina (1817), Caltagirone (1818), Noto, Caltanissetta, Trapani e acireale (1844) e l’ampliamento della diocesi di Patti3. Il clima generale di restaurazione e l’atteggiamento di accondiscendenza manifestato da ferdinando I verso la Chiesa non impedirono l’attuazione delle riforme iniziate nel secolo precedente e perseguite durante il
1 R. ROMEO, Il risorgimento in Sicilia, cit.; g. CINgaRI, Gli ultimi borboni, in R. ROMEO (cur.), Storia della Sicilia, cit., VIII, 1-83; g. gIaRRIZZO, La Sicilia dal Cinquecento, cit., 651-783. 2 W. MaTURI, Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e le due Sicilie, firenze 1929; J. lEflON, Restaurazione e crisi liberale (1815-1846), in Storia della Chiesa, iniziata da a. fliche e V. Martin, cit., xx/2, 599-600; R. aUBERT – J. BECkMaNN – R. lIll, Tra rivoluzione e restaurazione 1775-1830, in Storia della Chiesa, diretta da h. Jedin, cit., VIII/1, 142-143. 3 Sul riordino delle circoscrizioni diocesane in Sicilia vedi: S. gIOCO, Nicosia diocesi, Catania 1972, 119-274; f. PUlCI, Lavori sulla storia ecclesiastica di Caltanissetta, Caltanissetta 1977, 37-68; V. RaCITI ROMEO, Cronistoria della istituzione del vescovato di Acireale, in Memorie e rendiconti dell'Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, serie IV, 3 (1931-1933) 1-112; g. CONTaRINO, Le origini della diocesi di Acireale e il primo Vescovo, acireale 1973; g. ORRIgO, La diocesi di Caltagirone. Storia, arte, istituzioni, Catania 1993; g. ZITO, La nascita della diocesi di Caltanissetta, in Synaxis 15 (1997) 311-352; ID., Nascita di una diocesi: Noto (1778-1844), ibid., 16 (1998) 565-621.
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Felice Regano (1839-1861)
periodo napoleonico. la societas christiana, creata dai normanni e accettata per tanti secoli non senza contrasti nelle sue grandi linee, fu progressivamente svuotata di contenuto; la Chiesa cominciò a rendersi conto che non poteva far valere molti privilegi goduti in passato e che doveva trovare un ruolo diverso nella società siciliana4. la diocesi di Catania subì in questo periodo un notevole ridimensionamento; il suo antico territorio fu in gran parte smembrato per costituire le diocesi di Piazza armerina, Nicosia e Caltagirone. l’opposizione dei vescovi di Catania e Messina all’erezione della diocesi di acireale ritardò il distacco dei comuni assegnati alla sua circoscrizione. Infatti, se la bolla di erezione porta la data 27 giugno 1844, la sua esecuzione si avrà il 3 giugno 18725. Poiché l’erezione delle nuove diocesi siciliane non obbedì ad un progetto unitario, ma fu il frutto di provvedimenti attuati nell’arco di circa trent’anni, i confini delle diocesi interessate subirono frequenti mutamenti; alcuni comuni furono trasferiti da una diocesi all’altra per creare un certo equilibrio fra le diverse circoscrizioni e per far cessare le proteste suscitate dai cambiamenti6. Il 4 settembre 1859, con un decreto della Congregazione concistoriale, Catania fu elevata a sede arcivescovile senza suffraganei e all’arcivescovo fu concesso il pallio7. Per documentare i fermenti e i cambiamenti che si ebbero in questo periodo nella diocesi di Catania le relazioni ad limina ci danno un modesto contributo. Infatti, dopo l’ultima presentata dal vescovo Corrado Maria
4 a proposito dell’osservazione di l. Blanch, scrittore napoletano di parte muratoriana, che considera la Sicilia «una conquista postuma» di Napoleone, Cingari scrive: «In effetti le leggi dell’11 ottobre 1817 (sull’amministrazione), del 29 maggio 1817 (sull’ordinamento giudiziario), cui fanno seguito nel 1819 i nuovi codici, costituiscono una chiara rottura col passato» (g. CINgaRI, Gli ultimi borboni, cit., 8). Si veda il progressivo decadimento delle cosidette «immunità ecclesiastiche» (privilegio del foro, diritto di asilo, esenzioni, censura dei libri…) che raggiungerà il suo apice con l’unità d’Italia (f. SCaDUTO, Stato e Chiesa, cit., ad indicem; M. CONDOREllI, Momenti del riformismo ecclesiastico, cit.) 5 g. CONTaRINO, Le origini, cit., 41-58; 73-93. 6 al tempo del vescovo Regano non facevano più parte delle diocesi di Catania i seguenti comuni: Piazza, Enna, agira, assoro, aidone, leonforte, Pietraperzia, Barrafranca, Valguarnera, Mirabella, Nissoria, Villarosa. Durante il suo governo in una rettifica dei confini territoriali furono ceduti ad altre diocesi i comuni di Centuripe, Regalbuto, Catenanuova e Ramacca e furono assegnati alla diocesi di Catania Bronte e Maletto. fino al 1872 continueranno a far parte della diocesi di Catania i comuni assegnati nel 1844 alla circoscrizione della diocesi di acireale e cioè: acireale, aci Castello/Trezza, aci Catena/San filippo, aci Sant’antonio/Valverde, aci Bonaccorsi. 7 R. RITZlER - P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VII, 142.
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Felice Regano (1839-1861)
Deodato (1807), dobbiamo attendere fino al 1844 per leggere la prima del vescovo felice Regano. Questa lacuna di circa quarant’anni solo in parte si spiega con il breve periodo di governo di alcuni successori del Deodato: a distanza di tre anni dalla sua morte nel 1816 fu nominato il benedettino gabriele M. gravina, che nel 1818 rinunziò alla sede di Catania per accettare la nomina di cappellano maggiore a Palermo8; nello stesso anno fu nominato Salvatore ferro Berardi, che morì l’anno successivo9; dopo quattro anni di sede vacante fu nominato il minore conventuale Domenico Orlando, che governò la diocesi per sedici anni (1823-1839)10. Di questi
8 Berengario gravina, figlio di giovanni e di Eleonora Napoli, era nato a Montevago (ag) il 30 giugno 1763 (Proc Dat 164, fol. 137r). all’età di nove anni era stato accolto nell’abbazia benedettina di Monreale, dove a 16 anni emise i voti. Dopo aver completato gli studi nell’abbazia si trasferì a Roma, dove studiò teologia e diritto canonico (ibid., fol. 150r-v). fu ordinato sacerdote a Roma il 6 aprile 1776 (Proc Dat 164, fol. 138r). Rientrato a Monreale insegnò filosofia, teologia e diritto canonico e nel 1787 fu nominato decano. Chiamato dal vescovo di agrigento a svolgere l’ufficio di vicario generale (21 gennaio 1789), fu quindi eletto vescovo titolare di flavianopoli il 26 settembre 1791 e consacrato a Palermo il 13 novembre (R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VI, 217). Dopo la morte del vescovo di agrigento (1792) fece ritorno nella sua abbazia. Quando la diocesi di Monreale fu separata da quella di Palermo (1802), la resse come vicario (Proc Dat 178, fol. 150v). fu poi nominato cantore (prima dignità) del capitolo cattedrale di Palermo e durante il periodo di sede vacante per la morte dell’arcivescovo Raffaele Mormile (1813-1816) fu nominato vicario capitolare (Proc Dat 178, fol. 149r-150v). Eletto vescovo di Catania il 23 settembre 1816, si dimise il 24 novembre 1817 e il 16 marzo 1818 fu nominato vescovo titolare della sede metropolitana di Melitene. Cappellano maggiore del re a Palermo, morì il 18 aprile 1840 (R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VII, 142 e 261). 9 Salvatore ferro Berardi era nato a Trapani da giuseppe e da Isabella Riccio il 9 aprile 1767. Studiò teologia e ricevette la formazione al sacerdozio presso i padri dell’associazione missionari di s. francesco di Sales (Proc Dat 180, fol. 170r-v). Non aveva titoli accademici (ibid., fol. 166r). Dopo aver ricevuto il diaconato, il 25 marzo 1790 fu nominato canonico soprannumerario nella collegiata San Pietro di Trapani (ibid., fol. 173r-v e 192r). Il 23 aprile ricevette l’ordinazione sacerdotale (ibid., fol. 171r) e nel ministero si dedicò soprattutto alla predicazione. Il 18 marzo 1797 fu nominato canonico della stessa collegiata (ibid., fol. 174r-v e 191r) e il 3 dicembre 1801 decano con la responsabilità della cura d’anime (ibid., 175r-v e 190r). Il 16 settembre 1804 ebbe la nomina di vicario foraneo (ibid., fol. 176r). Il 20 maggio 1806, ricevendo la nomina di cantore, prima dignità del capitolo cattedrale, si trasferì a Mazara (ibid., fol. 177r-v e 188r), dove dal 1 maggio 1807 svolse l’ufficio di pro vicario e pro visitatore generale (ibid., 179r-v) e dal 15 gennaio 1812 quello di vicario capitolare (ibid., fol. 182r-183r). fu presentato dal re alla sede di Catania il 17 novembre 1817 (ibid., 168r), nominato da Pio VII il 16 marzo 1818, fu consacrato a Roma dal card. Bartolomeo Pacca il 23 marzo 1818. Morì il 18 dicembre 1819 (R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VII, 142). 10 Santo francesco Orlando, figlio di Domenico e di anna, era nato a Prizzi il 1°
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Felice Regano (1839-1861)
tre vescovi nell’archivio della Congregazione del Concilio troviamo solamente alcuni documenti relativi a Salvatore ferro11; poi c’è uno strano silenzio che si protrae per circa vent’anni: né i vescovi presentarono la relazione, né da Roma ricevettero solleciti o una qualsiasi forma di corrispondenza sull’argomento. 2. Il VESCOVO fElICE REgaNO
Il nostro vescovo nacque ad andria (Ba) il 5 giugno 1786 da Riccardo Regano e antonia Maranco, fu battezzato il giorno successivo12 e trascorse la sua infanzia e adolescenza nella sua città natale fino a quando decise di entrare in seminario per avviarsi al sacerdozio. In quegli anni i borboni, per contenere il numero del clero, avevano proibito ai vescovi di ordinare altri candidati al sacerdozio. Il giovane, aspettando tempi migliori,
novembre 1756 (Proc Dat 187, fol. 163r). Entrato nell’ordine dei minori conventuali vi emise i voti all’età di 16 anni (ibid., fol. 168r). Dal suo provinciale, «expleto litterarum curriculo et examinatis ad tenorem Urbanarum constitutionum eius requisitis», fu insignito della laurea in teologia (ibid., fol. 167r). Ordinato sacerdote il 18 settembre 1779 (ibid., fol. 164r), si distinse per il ministero della predicazione, che svolse in tutta la Sicilia per circa 17 anni. all’interno del suo ordine fu per diversi anni guardiano, definitore provinciale, procuratore generale della provincia, maestro dei novizi, commissario provinciale ed esaminatore dei candidati agli ordini sacri (ibid., fol. 168r). Presentato dal re per la sede di Catania il 13 agosto 1823 (ibid., fol. 170r), fu nominato da leone xII il 24 novembre 1823. Morì il 21 aprile 1839 (R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VII, 142). 11 Il vescovo Salvatore ferro Berardi, mentre si trovava a Roma dopo la consacrazione, visitò le tombe degli apostoli e presentò alla Congregazione la documentazione relativa. agli atti troviamo: 1) una lettera alla Congregazione del Concilio: «Eminentissimi e Reverendisismi Signori. Il novello vescovo di Catania Salvatore di ferro avendo compito alla visita de’ sacri limini de’ Santi apostoli Pietro e Paolo, come costa dagli ingiunti documenti, supplica l’EE. VV. Rev.me onde ne venga rilasciato l’attestato di questa Sagra Congregazione in adempimento tanto de’ trascorsi trienni che corrente. Supplicando ancora che le venga accordata una proroga per la trasmissione della relazione di stato di sua diocesi. Che, etc.» (fol. 157r); sul dorso si legge la nota: «Die 8 aprilis 1818. Datur attestatio pro praeteritis et currenti 78° trienniis cum obligatione infra currens» (fol. 160v); due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 16 e 19 marzo 1818 (fol. 158r; 159r); 2) una seconda lettera al papa Pio VII: «Beatissimo Padre, Salvatore Vescovo di Catania, oratore umilissimo della Santità Vostra, con profondo ossequio la supplica a degnarsi, anco in vista dei forti incomodi di salute cui il supplicante rimane soggetto, di accordargli la nuova proroga di un anno a trasmettere lo stato di sua Chiesa e Diocesi. Che, ecc.» (fol. 161r); sul dorso si legge la nota: «Die 18 settembris 1819. ad aliud annum» (fol. 162v). 12 Proc Dat 201, fol. 116r.
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seguì il suggerimento dei suoi genitori di trasferirsi a Napoli per studiare medicina, ma continuò a indossare l’abito ecclesiastico e a condurre una vita ritirata, nonostante fosse stato più volte esortato dai compagni di corso a uniformarsi nell’abbigliamento e nella vita agli altri studenti13. Dopo cinque anni di permanenza a Napoli, quando seppe che ai vescovi era stato consentito di riprendere le ordinazioni sacerdotali, ritornò ad andria dove, il 16 giugno 1810, all’età di 24 anni, ricevette l’ordinazione presbiterale dal vescovo Salvatore lombardi. fin dai primi anni del suo ministero fu chiamato ad insegnare teologia morale e diritto canonico nel seminario vescovile; fu poi nominato esaminatore prosinodale e canonico della cattedrale. Dal 1830 al 1832 — durante il periodo di sede vacante per la morte del vescovo giovanni Battista Bolognese — resse la diocesi di andria come vicario capitolare14. Non risulta che abbia svolto ministero parrocchiale. Il 25 giugno 1839, pochi giorni prima della nomina vescovile, gregorio xVI gli conferì la laurea in teologia in riconoscimento dell’attività di docente svolta per tanti anni nel seminario di andria15. f. MaSTROPaSQUa, Biografia di Monsignor Felice Regano, arcivescovo di Catania, andria 1877, 2-5. Nelle poche notizie biografiche date da alcuni scrittori di storia ecclesiastica catanese si afferma che il Regano abbia interrotto la carriera militare per avviarsi a quella ecclesiastica. (g. CONSOlI – g. aMaDIO, Santi ed eroi di carità in Catania, cit., 200201; T. lECCISOTTI, Il cardinale Dusmet, Catania 1962, 167-168). Si tratta di una notizia priva di fondamento, che non trova conferma negli atti del processo informativo per la nomina vescovile e nei profili biografici scritti dopo la sua morte. Solamente in un libello del 1848, composto da un anonimo detrattore, si legge: «È una verità da per tutto che il nostro calabro prelato è stato un gendarme, che cusito al suo maestro [francesco Saverio Del Carretto] per le inaudite straggi prima del 1837 nelle Calabrie, in premio eglino salirono uno a ministro d’alta polizia e l’altro mal augurato Vescovo di Catania» (Cantata anacreontica siciliana con annotazioni teologiche e politiche in sostegno dell’opuscolo dato alle stampe nel 26 febbraro 1848 portante per titolo «L’allontanamento d’ogni regio voto del popolo catanese», {Catania} 1848, 15). Non è difficile provare che si tratta di affermazioni false e calunniose. Infatti le stragi alle quali il libello fa riferimento avvennero durante i moti rivoluzionari siciliani, quando il Regano era già cinquantenne e da oltre venticinque anni sacerdote; per gli stessi motivi non è possibile far riferimento alla lotta contro il brigantaggio, che meritò al Del Carretto prima la nomina di capo della gendarmeria borbonica (1826) e poi di ministro della polizia (1831) (S. DE MaJO, Del Carretto Francesco Saverio, in DBI, xxxVI, Roma 1988, 348-350); infatti alle date citate il Regano era già sacerdote da oltre quindici anni e insegnante in seminario. 14 Proc Dat 201, fol. 116r. 15 Ibid., fol. 118r. 13
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la sua nomina a vescovo di Catania deve considerarsi il frutto della mutata politica dei borboni nei confronti della Sicilia. Se in passato, per sottolineare la distinzione fra il Regno di Sicilia e il Regno di Napoli, era stata osservata la regola di nominare siciliani agli uffici pubblici, con la costituzione del Regno delle Due Sicilie era prevalso il principio di integrare le due parti dell’unico Regno. Ma ferdinando II aveva un secondo motivo politico nella presentazione del Regano al papa per la sede di Catania: nel 1837 si era avuta a Catania una sanguinosa insurrezione verso i borboni16; il re pensava che un vescovo delle regioni continentali potesse costituire una maggiore garanzia per il mantenimento dell’ordine pubblico e per scoraggiare ulteriori iniziative rivoluzionarie. la bolla di nomina porta la data dell’11 luglio 1839 e la firma di gregorio xVI17. Mentre il papa fa riferimento al concordato del 1818, nel quale il diritto di presentazione dei vescovi era considerato una concessione ecclesiastica, nel regio exequatur si sottolinea che si tratta di un diritto nativo dei re di Sicilia18. Il nuovo vescovo, dopo essere stato informato della sua nomina, inviò da Napoli una lettera al clero della diocesi in lingua latina, nella quale ricordava la dignità dell’ufficio sacerdotale e richiamava alle responsabilità che esso implica sul piano del comportamento. Non accennò al suo programma pastorale, ma fece capire implicitamente che considerava prioritaria la sua attenzione ai problemi del clero19. Il Regano, ottenuto il regio exequatur della sua nomina, prese possesso della sede per procura l’11 agosto, tramite il vicario capitolare can. Silvestro Platania20, che incaricò di reggere la diocesi come pro vicario gene16 C. gEMMEllaRO, Avvenimenti notabili successi a Catania nel 1837, in aSSO 20 (1924) 84-192 e la nota illustrativa di V. finocchiaro premessa al documento; C. NaSEllI, Il moto rivoluzionario catanese del 1837 e Salvatore Barbagallo Pittà, in aSSO 32-33 (19361937) 75-116; R. ROMEO, Il risorgimento in Sicilia, cit., 256-316. 17 Tutt’Atti 1839-1844, fol. 1r-3v. 18 Ibid., fol. 9v-12v. 19 la lettera pastorale non ha titolo, né è indicato il luogo di stampa. Inizia con le parole: «felix Regano, Dei et apostolicae Sedis gratia, Episcopus Catanensis, venerabilibus in Christo fratribus, dilectisque filiis clero et populo salutem in Domino». 20 Tutt’Atti 1839-1844, fol. 12r-16r. Da correggere la data dell’11 luglio indicata da leccisotti. la cronaca dell’avvenimento si può leggere in B. CRISTOaDORO, Storia di Catania dal 1807 al 1893, 11 agosto 1839, manoscritto conservato nella Biblioteca Regionale di Catania.
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rale21. Il nuovo vescovo fu consacrato a Roma il 1° settembre 1839 dal card. Emanuele De gregorio22 e fece il suo ingresso a Catania il 12 novembre23. I fedeli e il clero di Catania probabilmente non erano rimasti favorevolmente impressionati alla notizia della nomina del Regano; ma ancor meno lo saranno stati dopo il primo incontro con il loro vescovo. Il ricordo della tragica repressione dei moti del 1837 era ancora molto vivo nella loro memoria e un vescovo proveniente dalle regioni continentali veniva considerato come un ulteriore rafforzamento dell’apparato repressivo borbonico. D’altra parte l’aspetto esteriore e il carattere del vescovo, invece di aiutare il clero e il popolo a vincere la prima naturale diffidenza, contribuivano ad accrescerla. le testimonianze concordano nel descrivere il Regano come un uomo austero, burbero e testardo, di non facile rapporto con gli altri, che conduceva una vita ritirata e frugale, senza dare eccessiva importanza alle forme e al suo abbigliamento. Tuttavia dietro questo aspetto poco appariscente nascondeva una grande attenzione e generosità per i poveri e per coloro che avevano subìto ingiustizie. 3. Il PROgETTO PaSTORalE
Un profilo della personalità del nostro vescovo e del suo progetto pastorale può essere tracciato per grandi linee prendendo in esame sia le aspre critiche alla sua persona e al suo operato contenute in alcuni libelli anonimi, sia gli attestati di stima e di apprezzamento delle sue scelte pastorali, fatti da chi volle difenderlo o si prefisse di dare un quadro obiettivo del suo operato. Nella documentazione raccolta risultano: due libelli anonimi 21 Il Platania firmava gli atti del suo governo come pro vicario generale. Ricevette la nomina di vicario generale il 14 agosto 1843 (Tutt’Atti 1839-1844, fol. 75v-76r); fu sostituito nell’ufficio dal can. Raffaele Coppola il 2 maggio 1853; morì il 20 aprile 1854 (Tutt’Atti 1850-1860, fol. 10r-v; aCC, Necrologio, alla data indicata). 22 R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VII, 142. 23 aSDC, Episcopati, Episcopato Regano, «Manifesto» del pro vicario generale Platania dell’11 novembre; carte sciolte. Il Regano era giunto in città il sabato 9 novembre (ibid., lettera circolare del pro vicario generale «ai cappellani e prefetti delle chiese di Catania») ed era stato alloggiato nel monastero benedettino di San Nicola, da dove il 12 mosse la solenne processione che accompagnò il nuovo vescovo in cattedrale (B. CRISTOaDORO, Storia di Catania, cit., 2-12 novembre 1839).
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a stampa, con una serie di accuse violente24, e un foglio manoscritto dal tono più pacato25; una risposta, pure anonima, al primo libello26; un elogio funebre in lingua latina, scritto da Benedetto guglielmino e stampato subito dopo la morte del Regano27; l’elogio funebre ufficiale pronunziato il 3 aprile 1861 nella cattedrale dal quaresimalista, il sacerdote vicentino francesco Disconzi28; il poemetto Riganeide in versi siciliani, nel quale il religioso Vincenzo Bondice fa la sua apologia29; la cronaca di Benedetto Cristoadoro che, scrivendo della sua morte e dei suoi funerali, formula qualche giudizio sulla sua persona e sugli anni del suo ministero pastorale a Catania30; un breve profilo biografico scritto e letto dal can. filippo Mastropasqua nel giorno dell’inaugurazione di un monumento nella cattedrale di andria, a distanza di sedici anni dalla sua morte31. Il primo dei libelli apparve il 26 febbraio del 1848 nel pieno della rivoluzione. Non si è trovato l’originale, ma è possibile ricostruire il suo contenuto dalle citazioni riportate nella risposta apparsa nei giorni successivi. l’anonimo denigratore formula le sue accuse con un linguaggio allo stesso tempo violento e gratuito, che fa intuire le sue reali intenzioni: più che avviare un discorso sereno e credibile per convincere i suoi interlocutori, egli vuol dare sfogo al suo risentimento per qualche torto ricevuto. lo stile dello scritto è fin troppo clericale per non indurre gli ambienti vicini all’episcopio o alla curia ad attribuirlo a «qualche briccone sacerdote o frate giustamente dal vescovo punito»32. cit.
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L’allontanamento di ogni regio voto del pubblico catanese, Catania 1848; Cantata,
Episcopati, Mons. felice Regano, carte private, fogli sciolti. Risposta ad un libercolo calunnioso a carico del Vescovo attuale di Catania ed avente per titolo «L’allontanamento di ogni regio voto del pubblico catanese», Catania 1848. 27 B. gUglIElMINO, Felici Regano pontifici catanensi iam extincto elogium, Catanae, pridie calendas aprilis 1861. 28 f. DISCONZI, Elogio di Monsignor Felice Regano, arcivescovo di Catania, letto il giorno 3 aprile 1861 per le sue esequie solenni nella cattedrale, Catania 1861. 29 V. BONDICE, La Riganeide ossia la vita, la morte e i funerali di Monsignor Don Felice Regano, arcivescovo di Catania […], manoscritto f 2 della Biblioteca Ursino Recupero di Catania. l’autore segue questo schema: la carità (canto I), il disinteresse (canto II), la scienza (canto III), l’arte a ben governare (canto IV), la morte e i funerali nella casa vescovile (canto V), il trasporto del cadavere (canto VI), i funerali in chiesa (canto VII). 30 B. CRISTOaDORO, Storia di Catania, cit., 1-3 aprile 1861. 31 f. MaSTROPaSQUa, Biografia, cit. 32 Risposta, cit., 7. g. Zito in una ricerca del 1999 ha ricostruito i retroscena della polemica e ha indicato nel cappuccino gesualdo De luca da Bronte l’anonimo oppositore
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aSDC,
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Il secondo libello era stato già preannunziato nel primo. l’autore prometteva la pubblicazione «di un’operetta più ragionata, più filosofica sulle stravaganze del Regano»33, che fu stampata a Catania — sempre anonima — il 10 agosto dello stesso anno. lo stile di questo secondo libello è differente: i versi siciliani conferiscono al discorso un tono più ironico e meno aggressivo; tuttavia l’autore in alcune note in prosa mette da parte lo stile ‘anacreontico’ per riprendere il suo consueto linguaggio. Il terzo documento è un manoscritto senza data, che inizia con le parole: «Viene attaccato Monsignor D. felice Regano d’andria, Vescovo di Catania». a tergo si legge la nota: «Reclamo contro me stesso»34. Si tratta probabilmente di uno scritto inviato alla curia romana e trasmesso per conoscenza al vescovo, che lo conservò fra le sue carte. l’anonimo accusatore non sembra spinto da risentimento personale e adopera uno stile più pacato; i suoi rilievi riguardano soprattutto la personalità del Regano e le sue scelte pastorali. la risposta al primo libello, anch’essa anonima, fu stesa e stampata «a cura ed a spese dei sennati sacerdoti, religiosi e laici catanesi»35. In essa si ribattono punto per punto le accusa formulate dall’anonimo calunniatore facendo ricorso ad uno stile altrettanto aspro e pungente. Non ci è molto utile l’elogio del guglielmino perché l’autore, per tessere le lodi del Regano, più che una trattazione discorsiva preferisce un stile conciso in una forbita lingua latina, che lo obbliga a limitarsi ad affermazioni generali. Molto più interessante è l’elogio ufficiale del Disconzi. al di là delle espressioni auliche e di circostanza, richieste da questo tipico genere letterario, si nota lo sforzo di delineare un quadro obiettivo tenendo conto anche di alcuni aspetti meno condivisibili della personalità del Regano. assume un significato particolare il poemetto Riganeide: lo stile è chiaramente apologetico, ma ci fornisce notizie e giudizi interessanti sulla vita e l’azione pastorale del nostro vescovo.
del Regano. Il vescovo, in conformità alle direttive del Concilio di Trento e delle congregazioni romane, con un decreto aveva obbligato i religiosi a chiedere il suo nulla osta per esercitare il ministero della predicazione. la reazione delle comunità religiose fu molto vivace e fra queste si distinsero i cappuccini, guidati dal padre gesualdo De luca, un personaggio di un certo rilievo: g. ZITO, Rapporti vescovi-regolari in epoca moderna e contemporanea dall’archivio storico diocesano di Catania, in Archiva Ecclesiae 42 (1999) 81-105. 33 Risposta, cit., 17. 34 Mons. felice Regano, carte private, cit., 2v. 35 Risposta, cit., 19.
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Il profilo biografico del can. Mastropasqua ci offre alcune notizie relative agli anni trascorsi da felice Regano ad andria prima della sua nomina vescovile. l’autore ricorda che felice Regano, dopo essersi allontanato dalla sua città natale, non vi aveva fatto più ritorno e, a distanza di quarant’anni, erano pochi ormai quelli che ricordavano la sua figura. Egli stesso scrive che non aveva avuto l’onore di conoscerlo personalmente36. le accuse che gli venivano rivolte nei libelli denigratori riguardavano il carattere e il comportamento, il rapporto con le autorità civili, le scelte pastorali. Il Regano agli occhi dei suoi detrattori è descritto come un misantropo, sciatto e indolente che con il suo modo di comportarsi e di vestire aveva interrotto la gloriosa tradizione dei vescovi catanesi:
«Nell’andamento domestico si taccia che riceve ogni ceto di persone con berrettino bicorneo in testa, senza croce con pianelle e mal andato soprabito, coi quali abita. Zappa in mano prende nel parterra del palazzo che mette alla pubblica marina, ove lavora la terra con ammirazione del popolo e forastieri. Nell’andamento esterno è tacciato per ridicolo legno con cui va alle funzioni ed a trottare, facendosi vedere anche su vile giumento. Nelle funzioni è svogliato, mentre i vescovi predecessori solevano una volta la settimana visitare le quarantore, egli non vi si è mai accostato, né mai vi assiste quando si mette alla cattedrale, andando più tosto in campagna. Nel giorno della Concezzione del 1840, festa primaria in Sicilia, anziché andare alla chiesa si portò in campagna nel legno, ove si domano i cavalli, che al ritorno si ruppe innanzi al piano fra le risa del popolo curioso. Nei giorni feriali tralascia le messe e fugge le funzioni anche le più solenni. Si stranisce quando sente che vi è funzione. Nemico di trattenersi nella chiesa a fare la visita, esclama: “perché tanti altari, tante immagini, tanti crocifissi? Basterebbe uno solo!”»37.
Tuttavia il comportamento del Regano, che dall’anonimo censore veniva giudicato come segno della mancanza di carattere, potrebbe invece rivelare la forte personalità di uno che, avendo scelto una vita austera e dimessa, rinunzia volontariamente a tutto ciò che considera superfluo per attenersi solamente al necessario. anche i rilievi sulla sua asserita indolenza e disaffezione nei confronti delle funzioni religiose possono essere letti diversamente. Il Regano poteva anche non condividere una religiosità di 36 37
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f. MaSTROPaSQUa, Biografia, cit., 3-5. Mons. felice Regano, carte private, cit., 1r.
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tipo devozionale per tendere ad una forma di culto che mirasse all’essenziale, secondo il modello fatto proprio dai cattolici illuminati alla fine del secolo precedente38. Questa ipotesi trova fondamento in un altro rilievo che gli si muove nello stesso foglio: «Nemico de’ regolari dice che se dipendesse da lui li manderebbe tutti a spasso e per perdersene la memoria chiuderebbe anche le chiese»39. Un’accusa che ci richiama il «promemoria riguardante la riforma dei regolari» del sinodo di Pistoia40. Il giudizio formulato sui rapporti del Regano con le autorità civili risente delle motivazioni che avevano spinto il re a sceglierlo come vescovo di Catania e dà per scontato che egli si fosse adeguato al ruolo di ‘informatore’ assegnatogli da ferdinando II. l’autore del primo libello a stampa, volendo sfruttare il clima di euforia creato dalla capitolazione delle truppe borboniche, inizia il suo attacco al Regano con una nota politica, nella quale fa notare che «la rivoluzione di Sicilia e la confederazione italiana del ’48, perché assistita dallo elemento religioso, è riuscita gloriosa e compiuta» e «raccomanda di non discostarcene, se non vogliamo esperimentare i tristi effetti che ne risentì la francia, l’Inghilterra, la Prussia, la Sassonia e la Polonia che lo hanno trascurato e vilipeso»41.
In questo quadro così promettente per il futuro della città e della Sicilia, il vescovo Regano deve essere considerato un elemento di disturbo:
«Venuto dalla sede dei delitti a compiere le più atroci calamità pubbliche, ad aggiungere a tanti mali, che nel ’37 ci desolarono, l’ultima piaga atrocissima di toglierci sinanco il bene di respirare. Eletto egli tra mille a governare una vasta ed illuminata diocesi non poteva piacere ad un empio re, se empio egli non era e scellerato»42.
Ma per i difensori del Regano non era difficile rispondere ad accuse così gratuite e prive di fondamento: 38
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Vedi supra il profilo del vescovo Salvatore Ventimiglia. Mons. felice Regano, carte private, cit., 1v. Atti e decreti del concilio diocesano di Pistoia dell’anno 1786, Pistoia 1788, 235Risposta, cit., 4. L. c.
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«Che logica è mai questa? Perché eletto il Regano da un empio re, deve essere a forza empio e scellerato; dunque tutti i giudici, tutti i presidenti, tutti gl’impiegati in somma eletti da ferdinando, tutti senza eccezione, esser deggiono necessariamente empi e scellerati. Ma tu dici ch’egli è venuto dalla sede dei delitti, e chi te lo ha detto che andria sia la sede dei delitti?»43.
Eppure se erano chiare le intenzioni del re non era scontato l’atteggiamento che il nuovo vescovo intendeva assumere nei confronti delle autorità politiche. Il Regano si sarà reso subito conto dei preconcetti che i catanesi avevano sulla sua persona e si sarà affrettato a smentirli. Su questo argomento sono unanimi le testimonianze che troviamo negli scritti in difesa del vescovo. In particolare si fa riferimento ad una sua risposta data al ministro Del Carretto che gli chiedeva informazioni politiche su persone della diocesi di Catania:
«l’iniquo Del Carretto, è già alquanto tempo scorso, con una ministeriale lo invitava a dargli notizie di quello che si pensava in Catania in fatto di politica, in breve vuole farne del Vescovo una spia. E che cosa gli rispose il nostro ben degno prelato? Che la sua missione era quella di badare al suo gregge e nulla più. l’infame ministro montato allora in furia fe’ a sapergli di moderare l’audacia e la tracotanza del suo segretario, ché in quella guisa credeva egli avergli risposto. Ma fu allora che il Vescovo gli annunziò che non usò del segretario, che quella prima risposta eragli data da lui, e che non intendeva affatto accettare incarico siffatto»44.
Ma l’argomento più eloquente, che smentisce l’accusa di connivenza del Regano al regime poliziesco instaurato dai borboni, è costituito dalla sua convinta partecipazione ai moti del ’48, che avremo modo di considerare in seguito. fra le critiche più aspre troviamo quelle riguardanti il suo rigore nella selezione dei candidati al sacerdozio. Uno dei punti qualificanti del suo progetto pastorale riguardava la formazione del clero. Sapeva che il problema dell’eccessiva proliferazione dei sacerdoti da tempo aspettava una soluzione adeguata45. I vescovi, per assicurare un rettore alle numerose 43 44 45
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Ibid., 5. L. c. l’episodio è ricordato anche da f. DISCONZI, Elogio, cit., 14. I borboni nel concordato del 1741 avevano stabilito norme severe per contenere le
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chiese o un cappellano ai monasteri e alle confraternite e per soddisfare le richieste di tipo cultuale e devozionale dei fedeli, erano indotti ad accogliere tutti coloro che chiedevano di ricevere gli ordini sacri, mostrandosi più sensibili a risolvere il problema della quantità, non quello della qualità. Il Regano, fin dai primi anni del suo ministero episcopale a Catania, manifestò la volontà di seguire l’indirizzo opposto e si propose di esercitare un controllo personale al momento dell’accettazione dei candidati e durante la loro formazione. In uno dei pochi decreti che troviamo agli atti della curia egli fa conoscere i princìpi ai quali intende ispirarsi per la vita del seminario46. Nulla di originale o di nuovo nel suo pensiero; si nota, tuttavia, la
ordinazioni. Tuttavia i risultati non furono univoci, anche se nel lungo periodo si può constatare una diminuzione del clero nelle regioni meridionali. Sul tema vedi in particolare: g. ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni dell’episcopato Dusmet (1867-1894), acireale 1987, 149-153; x. TOSCaNI, Il reclutamento del clero, cit., 573-628; g. gRECO, Fra disciplina e sacerdozio, cit. 46 «Essendo il Vescovil Seminario il luogo dal Sacro Concilio di Trento stabilito a dirigere lo spirito ed il cuore di quelli che esser debbono i ministeri della Chiesa di gesù Cristo ed i cooperatori del nostro episcopale ministero nella cultura spirituale dei popoli, d’onde origin ripete la eterna salute di questi nonché il bene sociale, sin da che piacque alla Provvidenza elevarci al sublime ministero dell’episcopato abbiamo sempre rivolto la nostra attenzione al miglioramento di questo ecclesiastico seminario, promettendoci da esso i più felici risultamenti, perché secondo la mente del Sacro Concilio fosse arricchito lo spirito dei nostri chierici di quella profonda e sana scienza, senza della quale il sacro ministro è un cieco che al altro cieco serve di guida e formato il loro cuore in quello spirito di vera e soda pietà voluta dalle alte funzioni a cui sono chiamati. a conseguire questo doppio scopo non cesseranno le nostre cure e sollecitudini. Noi tutta porremo l’opera nostra ed il nostro impegno perché fossero con ogni premura le lettere e le scienze coltivate in questo sacro educandario ed i metodi all’uopo più adatti saranno adoperati e quei mezzi che l’esperienza ha mostrato più efficaci ad eccitare l’attività dei giovani all’apprendimento di esse. Conoscendo essere un grande ostacolo alla conservazione d’una esatta disciplina morale, che a preferenza di ogni altra cosa dee con tutta cura in un Vescovil Seminario mantenersi, l’ammettere in esso qualunque giovane che si presenta e risuonandoci all’udito le parole del grande arcivescovo di Milano, il quale parlando dei Vescovil Seminarii chiama la nostra episcopale sollecitudine a ben ponderare l’ideale e la condotta di quei giovani che ricercano di esservi ammessi “maxima cautio adhibenda est in eo praecipue ut idonei clerici recipiantur, neque solum ingenium et habilitas ad studia literarum sed ad disciplinam ratio habeatur” uniformamente a questo avviso del glorioso s. Carlo Borromeo, non riponendo noi l’onore e la gloria del nostro Seminario nel numero dei giovani che accoglie, ma nella disciplina, nella morale e negli studii, crediamo necessario avvertire tutti coloro che pensassero di voler collocare qualche giovane in questo sacro educandario che almeno un mese prima della novella apertura di esso ne facessero al rettore pervenire dimanda per esservi accettato esprimendo in essa il nome e cognome del giovane e del genitore, la patria, l’età e se abbia dimorato in qualche collegio. l’apertura del Seminario resta fissata pel giorno 31 del prossimo ottobre ed immanca-
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volontà di collegarsi alla migliore tradizione ecclesiastica e di attuare un indirizzo ignorato da altri vescovi. Ma se ci poniamo in questa prospettiva, i rilievi fatti al suo progetto pastorale più che un biasimo possono essere considerate un elogio per il Regano. Per chi rimaneva ancorato al modello tradizionale di Chiesa, chiamata ad assicurare un servizio ‘religioso’, cioè una risposta alle innumerevoli richieste devozionali dei fedeli o un culto inteso come cerimoniale fastoso, era importante poter disporre di un clero numeroso; pertanto era condannabile un vescovo che attuava una rigorosa selezione dei candidati al sacerdozio. Si comprendono perciò i rilievi del libello manoscritto: «Nel dicembre 1839 in quattro sole ordinazioni ha ordinato soli undici individui, mentre in Catania sono morti 67 preti. Da ciò è avvenuto che in molte chiese non si sono potuto fare le funzioni della Settimana Santa e molte sono chiuse nelle feste per mancanza di chi vi celebri»47.
Chi invece mirava ad una Chiesa più attenta alla sua missione evangelizzatrice e profetica auspicava un clero più preparato ai difficili compiti che richiedevano i radicali cambiamenti in atto nella società e quindi meno numeroso. Pertanto nella risposta al primo libello a stampa era facile far rilevare:
«Diasi uno sguardo alla differenza che havvi tra il clero attuale e quello di un decennio addietro. Non si vedono più nel piano del Duomo passeggiare a folla una moltitudine di preti sin dal far del giorno, ed aspettare ivi, come i murifabbri, la messa a discapito della dignità del sacerdozio. È stata questa opera del Vescovo attuale […]. S’accorse il Vescovo sin dai primi dì del suo apostolato in Catania, che c’era un gregge di sacerdoti ignoranti, e quel
bilmente tutti i giovani che vorranno esservi ammessi vi si dovranno trovar radunati ai 3 di novembre poiché l’accettazione in tempi diversi potrebbe cagionare disturbo e ritardo nelle scuole. Riconoscendo inoltre come uno dei più gravi disordini da evitarsi in tutti gli stabilimenti di pubblica educazione quello di rimandare gli alunni nelle proprie case nel tempo autunnale, noi porremo tutto l’impegno perché nel venturo anno andassero tutti in comune a fare la villeggiatura in luogo conveniente ne’contorni di questa città, nel quale caso, oltre della solita prestazione alimentaria pagheranno altre onze 2. Dichiariamo infine che nessuno dei nostri diocesani sarà ammesso alla sacra ordinazione se non avrà dato sotto gli occhi nostri lunghe prove di ottima morale e di sufficiente dottrina. Dal nostro palazzo vescovile, oggi lì 7 settembre 1845. felice, Vescovo di Catania. antonino Russo, mastro notaro e cancelliere» (Editti 1838-1845, fol. 27r-28r). 47 Mons. felice Regano, carte private, cit., fol. 1v del documento.
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che è peggio eranvi dei cattivi. Epperò venne nel saviissimo divisamento di diminuire il numero delle ordinazioni, e di farne degni quei giovani, che fossero sperimentati della loro dottrina e della loro morale nel seminario dei chierici, come vuole il Concilio {di Trento}»48.
Un’altra conseguenza, che il rigore morale del Regano aveva sui problemi del clero, riguardava il pericolo al quale riteneva fossero esposti i giovani sacerdoti nella celebrazione del sacramento della penitenza. Se consideriamo il modello del seminario — concepito come luogo chiuso e separato da ogni influsso del mondo esterno —, la carente educazione sessuale e la giovane età in cui veniva conferita l’ordinazione sacerdotale, si può capire la preoccupazione del Regano: per un giovane sacerdote appena uscito dal seminario sarebbe stato traumatico ascoltare le confessioni ed affrontare le complesse problematiche connesse con questo ministero. Tenendo conto di queste considerazioni, il vescovo aveva stabilito che intendeva concedere la facoltà di confessare solamente ai sacerdoti che avevano compiuto quarant’anni. Da ciò il rilievo negativo dei suoi detrattori: «ha tolto la facoltà di confessare a’ preti che non avevano quarant’anni: Quindi il Provinciale de’ Minoriti non può più confessare. Nella chiesa del Carmine frequentatissima vi sono tre soli confessori. Nelle chiese de’ domenicani e minoritelli vi è un sol confessore. la truppa non si ha potuto fare la comunione generale dopo gl’esercizi ma ha preso Pasqua a picciole riprese. altrettanto è avvenuto a parrochi che non possono soddisfare a’ bisogni del popolo. Pregato a recedere da questo sistema risponde che {ci sono} tanti confessori. Chi non si confessa oggi si confesserà domani o poi»49.
la rigidità del vescovo aveva conseguenze più drammatiche per coloro che, per celebrare il matrimonio, chiedevano la dispensa dall’impedimento di consanguineità nei gradi previsti dall’ordinamento canonico. Il Regano non intendeva cedere su questo punto, anche se i contraenti ricorrevano all’antico espediente della fuga consensuale e adducevano come motivo della richiesta una gravidanza in atto o la necessità di legittimare la prole già nata50. In un periodo in cui il matrimonio religioso costituiva l’unica possibilità per dar vita ad una famiglia legittima, la negazione della
Risposta, cit., 7 e 15. Mons. felice Regano, carte private, cit., fol. 1v. 50 Sulla prassi secolare della fuga consensuale in Sicilia si veda il dossier di Synaxis 13 (1995) 7-98. 48 49
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dispensa obbligava una coppia o a rimanere per sempre in una situazione irregolare con tutte le conseguenze prevedibili sul piano religioso, sociale e patrimoniale o a trasferirsi in altra diocesi, dove poteva sperare in una maggiore comprensione: «ha castigato e perseguitato con pubbliche pene un privato delitto, ha spinto a necessità varie famiglie di fermare domicilio altrove, a contrarre nozze; quasi fosse uno scandalo nella sua diocesi; ha permesso che molti dimorassero in peccato, perché incapaci alle spese del viaggiare per altre diocesi»51.
Questi aspetti discutibili del suo programma pastorale venivano bilanciati da una grande disponibilità e apertura verso i poveri. Tradizionalmente parte degli introiti della mensa vescovile veniva destinata alle distribuzioni quotidiane di frumento o di pane per i poveri52. Sembra che il Regano abbia accresciuto questa quota risparmiando sulle spese personali o su quelle di manutenzione degli immobili ritenute non necessarie o differibili. Nel suo elogio funebre leggiamo su questo argomento:
«Il Regano addottrinato dal Vangelo ch’è il libro della carità il quale comanda “di spartire agl’inopi ciò che è di avanzo” (Matt. 21) teneva per massima, che il soverchio degli averi dell’arcivescovato non era suo, ma dei bisogni. Con questa massima meglio che nella mente scolpita nel cuore quasi temesse di rubare agl’indigenti, lui vivere a sottile mensa ed a poveri cibi; lui lasciare disadorno il suo palazzo senza mai spendervi dentro contentissimo, anziché coprirne a seta e ad oro le pareti, che fossero coperti di buoni panni i suoi poveretti; lui portare di sotto e dentro la stanza vesti rattoppate e quasi stracciate per avere di più da dare ai mendicanti»53.
Queste affermazioni non possono essere considerate come uno dei tanti sfoggi oratori degli elogi funebri, perché le ritroviamo nei libelli anonimi fatti circolare durante il suo governo pastorale54. Solo che i suoi accu-
Risposta, cit., 6. Sul tema vedi l’opuscoletto di C. DE MaRCO, Sulla cotidiana distribuzione del pane ai poveri nell’atrio del palazzo vescovile di Catania, Catania 1844. 53 f. DISCONZI, Elogio, cit., 15-16. 54 «Cosa egli ha fatto della doviziosissima azienda di quella cota assegnata alla chiesa e in ristoro dei sacri arredi; avete vedute mai cappelle minacciare rovina e da esso lui esitarsi una tenue somma per ristorarle? Neppure ha impiegato un obolo per farne un nuovo fiore, od un camice per vestirne egli stesso» (Cantata, cit., 5). 51 52
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satori si dicevano convinti che tanta parsimonia non fosse finalizzata ad accantonare somme per i poveri, ma ad arricchire la propria famiglia55. la sua lodata carità verso i poveri fu appannata dall’assenza dalla città durante il colera del 1854. In alcune lettere riservate, inviategli dalla Segreteria di Stato presso il luogotenente generale di Palermo, troviamo critiche severe al suo comportamento e richiami autorevoli al suo senso di responsabilità in un momento così difficile per il clero e il popolo56. Il
55 «[…] E perché tanta economia sino all’estrema miseria! perché il denaro deve andare in Napoli ed in andria per soddisfare ai bisogni esteri della famiglia, e di tanti altri personaggi, a cui è obbligato» (ibid., 10). «Non soddisfa i pesi inerenti alla mensa per accumulare denaro in favore del fratello e mandarlo in andria» (Mons. felice Regano, carte private, cit., fol. 2r). 56 «Ill.mo e Rev.mo Signore. grande meraviglia e stupore recommi l’avviso, testé pervenuto, di avere V. E. Ill.ma e Rev.ma, quasi di sua apostolica missione dimentica, lasciando Catania, abbandonato la precipua parte del proprio gregge, nel più alto momento e di maggior bisogno del pascolo spirituale, che dee essergli dal suo Pastor apprestato. Se fia biasmo ad uom privato il fuggire vilmente, nelle pubbliche calamità, la sua patria, dallo egoismo consigliato, pessimo di tutti i vizi, è per fermo incomportabile, come un delitto, che pur fugga chi dalla provvidenza del governo rivesta un ufficio pubblico; e lo è maggiormente in un Vescovo, il quale aver non dee che un sol dovere, un solo affare, un sol desiderio a compiere, quello non già di aver cura di sua salute corporale e passeggera, ma della salvezza delle anime che gli sono state da Dio commesse. Ella, che dottore è in sacre carte, ben conosce il divino precetto: “Bonus Pastor animam suam dat pro ovibus suis. Mercenarius autem fugit… quia non pertinet ad eum de ovibus” (Io x). fondati su questo altissimo dovere i zelanti e buoni Vescovi d’ogni tempo, quando han visto sventuratamente svolgere delle contaggiose malattie, non solo hanno abborrito la viltà di abbandonare il proprio seggio, ma sonosi personalmente dati a soccorrere i miseri inermi, loro apprestando gli estremi conforti di religione, e, secondo lor posse, anco temporali sussidi. E per tacermi di molti, bastami, per gli andati secoli, rammentare un Carlo Borromeo in Milano, uomo veramente apostolico; un giannettino Doria in Palermo; e ne’ tempi che corrono l’arcivescovo di Napoli, ed i Vescovi francesi, i quali lungo il periodo che il male ha infestato le rispettive contrade han dato splendidissimo esempio di coraggio, di zelo, di carità. Mi permetta Ella, che francamente le dica, che, sendo io per innanzi stato un sincero ammiratore della fermezza, della virtù, e dello zelo Pastorale di V. S. Ill.ma e Rev.ma, non attendeami la mostrata debolezza, ma più presti che seguito avesse l’esempio di tanti illustri Prelati; il che fa pensarmi che sia stata mossa ad abbandonar, nel più urgente bisogno, Catania, o da malattia, che ignoravasi, o, come è più probabile, da insidioso consiglio di qualche suo aderente. Da questo trissimo esempio però è derivato, che il clero secolare catanese abbia già disertato la Chiesa, onde la misera gente si muore senza gli estremi spirituali soccorsi: cosa vituperevole e deturpante il sacerdotale ministero, e che accresce, nei dolorosi momenti di bisogno, la confusione ed il disordine. Mal potendo il governo comportare tanta infrazione dei più sacri doveri del sacerdozio, e tanto pubblico scandalo, pregar debbo vivamente V. S. Ill.ma e Rev.ma, perché, fatto migliore senno, si compiaccia immantinente restituirsi alla sua residenza: ma se pur gravi motivi di salute ne la impediscono, che dia tosto tutte le facoltà al suo Vicario generale, perché i reli-
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Regano forse non diede eccessiva importanza al richiamo e non si preoccupò neppure di rispondere, tanto che il suo interlocutore inviò altre due lettere dello stesso tenore. l’assenza del vescovo durante il colera avrà lasciato un’ombra nella sua memoria, se il Disconzi nell’elogio funebre sentì la necessità di dedicarvi un cenno quasi per tentare una giustificazione postuma:
«Egli è poco più che un lustro, che un morbo misterioso uscito dall’arse steppe dell’asia spaventevolmente distendendosi per tutte le contrade di Europa […] a queste nostre spiagge pur giunse […]. Che avresti fatto o Catania mia senza la carità del tuo Vescovo? […] Quantunque lontano, perché non gli dava l’animo di vedere sì densi mali, quasi fosse presente spargeva quivi e in altri luoghi dell’arcidiocesi le sue ricche limosine a comune salvamento»57.
Per delineare la personalità del Regano si è cercato di leggere fra le contrastanti testimonianze dei suoi contemporanei. Non prendendo in considerazione alcune critiche mosse da chi probabilmente aveva subito qualche severo richiamo o non condivideva la sua visione di Chiesa, altre testimonianze ci consentono di giungere a delle conclusioni obbiettive sulla sua persona e sul suo progetto pastorale. In definitiva il giudizio complessivo sui quasi ventidue anni di governo del Regano a Catania non può non essere che positivo: in uno dei momenti più difficili che attraversò la città e la diocesi (ridimensionamento dei confini territoriali, rivoluzioni, epidemie, malesseri sociali…) il vescovo dimostrò di avere un progetto pastorale valido, di volerlo attuare con fermezza, e di venire incontro alle necessità dei suoi fedeli con una certa sensibilità e generosità. Riteniamo equilibrato il giudizio formulato dal Disconzi nell’elogio funebre:
giosi sacerdoti di ciascun ordine in Catania, tranne i notoriamente indegni, sian muniti della facoltà di confessare pro tempore, finché duri l’asiatica malattia: di tal che, a seconda è stato pratticato in questa Capitale, ogni famiglia religiosa mandi giornalmente alla rispettiva parrocchia od a quell’altra, che ne risenta la necessità, a giudizio dei Monsignor Vicario, di accordo col Superiore claustrale, un competente numero di sacerdoti regolari, che stiino sotto la dipendenza e disposizione del Pievano, per provvedere al diuturno bisogno dei fedeli parrocchiani. la prevengo, che con questa data vado a scrivere al di lei Vicario generale, nella opinione ch’egli sia fornito (come il dovrebbe nelle attuali contingenze) delle dette facoltà, e dare subito le analoghe provvidenze» (Mons. felice Regano, carte private, cit.). 57 f. DISCONZI, Elogio, cit., 17-18.
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«Il Regano per quanto era da sé nascondeva le opere sue e in tale maniera ruvida, per poco non dissi, e disdegnosa, che a molti i quali giudicano gli uomini dalla corteccia e non dalla midolla dentro egli pareva tutt’altro da quello che era veramente. Ma sotto a quella corteccia tali tesori si celavano di virtù da non meravigliare, che quale sventura publica sia tenuta la sua morte. Il che è gloria somma di lui, che fece il bene per coscienza e non per altro; di lui, che di quel bene godevasi fra se solo aspettandone il guiderdone non dagli uomini, ma da Dio»58.
al giudizio del Disconzi possiamo accostare la valutazione sul Regano data dal Cristoadoro dopo aver descritto la sua morte e i suoi funerali:
«fu compianto dai poveri per le grandi elemosine che faceva, ma era di una testa molto dura; non faceva nulla per protezione, ma pingendosi una cosa in avante era inutile; dato un passo, non lo ritrattava più ad onta che avrebbe conosciuto che era dato cattivo, non ammetteva via di mezzo, era impossibile più farlo recedere da quella data disposizione e se cangiò fu qualche volta ma scarsamente, sì sono puochi e scarsi; ma nel tutto fu buono»59.
Non si hanno elementi sufficienti per stabilire l’apporto dato dal Regano alla congregazione generale dei vescovi siciliani, che si tenne a Palermo dal 2 al 24 giugno 1850. Se in una lettera all’arcivescovo card. Pignatelli dell’8 giugno 1850 manifestò il suo «sommo compiacimento dietro la fausta notizia di essersi dato principio alla congregazione dei vescovi meritevolmente da lei presieduta» e si schierò con i vescovi riformatori60, quando si trattò di partecipare alla congregazione preferì dare la delega al vescovo di Caltagirone Benedetto Denti61.
Ibid., 6. B. CRISTOaDORO, Storia di Catania, cit., 3 aprile 1861. Egli, dopo aver considerato «ottima e veritiera» l’orazione funebre del Disconzi ed aver formulato un giudizio sostanzialmente positivo sul vescovo, non manca di riferire le dicerie su asseriti tesori conservati in molte casse, che egli aveva fatto spedire ad andria da un suo fido cameriere, dimostrando in tal modo di meritare il giudizio di cronista pettegolo e poco attendibile formulato dagli storici. Sul tema viedi g. CONgIU MaRChESE, Cristoadoro (Antonino, Benedetto e Antonino), in V. CONSOlI (cur.), Enciclopedia di Catania, I, Catania 1987, 229-230). 60 a. gaMBaSIN, Religiosa magnificenza e plebi in Sicilia nel xIx secolo, Roma 1979, 88 e 96. 61 Ibid., 98. 58 59
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4. Il RaPPORTO CON I BORBONI
Il Regano, nonostante i pregiudizi sulla sua persona determinati dalla provenienza ‘continentale’ e dalla presentazione fatta da ferdinando II per la sede di Catania, aveva dimostrato di non essere un ‘informatore’ di polizia e di sentirsi libero nei confronti delle autorità civili. Il suo rapporto con i borboni può definirsi leale e allo stesso tempo critico. fra le prime occasioni di confronto con le autorità civili troviamo la decisione di ferdinando II, assecondata dalla Santa Sede, di erigere la diocesi di acireale. le motivazioni di questa scelta non furono di natura pastorale (il bene delle anime) ma politica: il re, volendo ‘punire’ le città di Catania e di Siracusa per il sostegno dato ai moti rivoluzionari del 1837, aveva deciso di accogliere la richiesta di erigere le diocesi di acireale e di Noto. Il vescovo Regano fu informato in ritardo delle pressioni esercitate a Napoli e a Roma dai notabili di acireale per ottenere l’erezione della diocesi, ma non mancò di far conoscere il proprio punto di vista. In due lettere del 15 marzo 1843, indirizzate a gregorio xVI e al nunzio apostolico di Napoli, faceva notare l’incongruenza del progetto: la richiesta non era dettata da motivi di natura pastorale, ma dalla «superbia degli acitani contro le buone regole, il sentimento comune e le mie cure pastorali»; i confini della nuova diocesi toccavano la periferia di Catania ed era contro il buon senso sottrarre al vescovo una popolazione che viveva a pochi chilometri dalla città per offrirgli in cambio i comuni di Bronte e Maletto posti a notevole distanza: «Stando in Catania […] sono in grado di guardare da Catania quella porzione di gregge che Dio mi ha consegnato. Mentre, facendosi le innovazioni, sarò nell’obbligo di lasciare le pecore che mi stanno intorno e sotto gli occhi e riceverne invece Bronte e Maletto, dove attesa la enorme distanza ed inclemenza del cielo non mi sarà facile di recarmi per osservarli, dirigerli e custodirli»62.
Nella lettera indirizzata al nunzio apostolico sviluppa in modo più articolato le stesse argomentazioni. Egli non intende mettere in discussione l’autorità del re e del papa di modificare i confini delle diocesi: 62
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g. CONTaRINO, Le origini, cit., 46-47.
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«Rispettando ciecamente le sagge vedute del mio Re piene tutte di amore verso i popoli, che governa, dalle quali penetrato il Sommo Pontefice ha creduto di riformare la mia Diocesi, devo con la maggior candidezza del mio cuore sottomettere a V.E.R., che molto disordine avverrebbe alla detta {diocesi di Catania}, quando le si togliesse acireale e gli altri paesi vicini, comuni tanto prossimi a Catania che io li percorro dopo un’ora di cammino, ed in acicastello mi reco in due quarti. Mentre quelli che le vengono aggregati, ne sono distanti quarantacinque miglia circa, e trovandosi al settentrione dell’Etna in luoghi rigidissimi, ed umidi, si rendono abbastanza difficili ad essere visitati. Quindi le sode ragioni espresse nel Concordato del 1818 di provvedersi meglio al comodo ed al vantaggio spirituale dei fedeli nello stabilimento in Sicilia delle nuove Sedi Vescovili, non solo non si verificano in questa circostanza, ma ne rileviamo l’opposto ad occhio nudo»63.
Un biografo del Regano non bene informato scrive:
«aveva la città di acireale, per via di potenti e segreti maneggiamenti presso le corti di Napoli e di Roma brogliato per eriggersi a vescovado indipendente dalla sede metropolitana di Catania. a chi gliene parlava come di un fatto compiuto, il Regano si contentò di rispondere freddamente: “Non è possibile”. Intanto se ne appellava direttamente al papa. E da quel momento la bolla, sul punto di essere spedita, fu giudicata d’impossibile attuazione, pel manco di requisiti canonici»64.
Contrariamemte a quanto scrive lo storico, Catania non era sede metropolitana e il vescovo Regano non riuscì a far revocare una decisione già presa. ferdinando II, dinanzi alle ferme proteste di Catania e di Messina per l’erezione della diocesi di acireale, suggerì a gregorio xVI di inserire nel documento una clausola: la bolla sarebbe stata eseguita dopo la morte degli arcivescovi francesco di Paola Villadicani e felice Regano65. Si trattò di una decisione di compromesso, che provocò una profonda ferita nei rapporti fra Catania ed acireale. Catania, contrariamente a quanto avvenne per Siracusa, non fu costituita sede metropolitana, perché acireale difficilmente avrebbe accettato di essere sua suffraganea: le due diocesi furono dichiarate direttamente soggette alla Santa Sede. acireale ebbe la 63 64 65
Ibid., 48-49. f. MaSTROPaSQUa, Biografia, cit., 24. g. CONTaRINO, Le origini, cit., 77.
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sospirata autonomia religiosa il 3 giugno 187266, dopo un’inutile attesa di circa trent’anni. alla morte del vescovo Regano (29 marzo 1861), mentre nella cattedrale di Catania si celebravano i suoi funerali, nella cattedrale di acireale si cantava il Te Deum, perché era venuto meno l’ultimo ostacolo per attuare la bolla di erezione della diocesi67. Il vescovo felice Regano fu obbligato a misurarsi in un confronto più aperto con i borboni durante i moti del 1848, quando si schierò apertamente dalla parte dei rivoltosi. Nella cronaca degli avvenimenti, che determinarono la sconfitta delle truppe borboniche, è sempre messa in rilievo la partecipazione corale delle diverse componenti la società catanese ai moti rivoluzionari68. fra i membri del Comitato generale che assunse il governo del «valle di Catania», troviamo ai primi posti il vicario generale can. Silvestro Platania69. Negli elenchi delle «spontanee contribuzioni» per la causa della rivoluzione spiccano le laute offerte del vescovo e dei principali istituti religiosi della città70, segno evidente di un indirizzo unitario dato dalle autorità ecclesiastiche. Quando, poi, si trattò di festeggiare la vittoria del movimento rivoluzionario, la cerimonia ufficiale fu tenuta in cattedrale: dopo un breve discorso di un canonico, il vescovo benedisse il vessillo tricolore, intonò il Ibid., 92. B. CRISTOaDORO, Storia di Catania, cit., 8 aprile 1861. 68 «[…] I loro duci prescelti fra primati d’ogni classe, fin dalla classe dei sacerdoti di Cristo, presentano in pria le loro bandiere al Comitato generale e quindi fra i canti di un popolo vittorioso sono condotte colle schiere ai rispettivi acquartieramenti, e quei aspettano intrepidi l’ora di misurarsi per la causa santissima a cui Sicilia li chiama […]» (L’amico del popolo. Giornale politico della Sicilia, 30 gennaio 1848, 10). Sulla rivoluzione del ’48 a Catania vedi in particolare: C. gEMMEllaRO, Cenni storici di la rivoluzioni siciliana l’annu MDCCCxLVIII, in aSSO 44 (1948), fasc. 3 e la prefazione di C. Naselli; C. CaRISTIa, Teoria e prassi politica nella rivoluzione siciliana del ’48, ibid. 45-46 (1949-1950) 5-37; M. gaUDIOSO, Essenza della rivoluzione siciliana del 1848-49, ibid., 39-92; O. CONDOREllI, Il sentimento nazionale nella rivoluzione Sicilia del 1848, ibid., 93-104; C. NaSEllI, Il Quarantotto a Catania: la preparazione, gli avvenimenti, ibid., 105-145; R. ROMEO, Il Risorgimento in Sicilia, cit., 316-345; M. CONDOREllI, Stato e Chiesa nella rivoluzione siciliana del 1848, Catania 1965. 69 L’amico del popolo, cit., 5. 70 «Monastero dei pp. Cassinesi, onze 300. Monastero San Benedetto onze 150. Monastero San giuliano onze 100. Monastero Santa Chiara onze 40. Monastero San Placido onze 74. Monastero della Trinità, onze 40. Convento San francesco onze 100. Convento Santa Maria dell’Indirizzo onze 10. Convento Sant’agostino onze 10. Capitolo della cattedrale onze 60. Capitolo della collegiata onze 20 […]» (ibid., 11). «Monsignor il Vescovo di Catania D. felice Regano onze 100. Convento del Carmine onze 40 […]» (ibid., 45). 66 67
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Te Deum e congedò la folla con la benedizione71. Il 25 marzo non mancò di prendere parte al parlamento generale convocato a Palermo «per adattare ai tempi la costituzione del 1812 e provvedere a tutti i bisogni della Sicilia»72. Il Regano non fu il solo fra i vescovi a partecipare ai moti del ’48. Da parte ecclesiastica si percepì con chiarezza che la fine del regime borbonico era segnata. Solo scendendo in piazza assieme ai rivoltosi era possibile dare al nuovo assetto dello Stato un indirizzo ‘morale’ e ‘religioso’, evitando che si ripetesse in Sicilia quanto era successo in altre rivoluzioni a partire da quella francese73. 5. la MORTE
Il vescovo Regano può essere giustamente considerato allo stesso tempo testimone e protagonista dei cambiamenti della società catanese nella metà dell’Ottocento. Durante i ventidue anni di governo pastorale fu obbligato ad affrontare i problemi sorti dopo la rivoluzione del 1837, si misurò con quella del ’48 e con la repressione dell’aprile del 1849, visse in tempo per assistere all’annessione della Sicilia all’Italia dopo lo sbarco di
71 «Il giorno 17 febbraro in Catania fu giorno di festa, di nazional entusiasmo. Vinte le regie soldatesche, occupate le loro posizioni e soprattutto piantato lo stendardo tricolore nelle mura feudali del castello Ursino […] non avea Catania altri nemici da combattere, ed era tempo di rendere grazie all’altissimo del valore ispirato ai nostri prodi, del soccorso divino concesso alla causa della siciliana libertà […]. alle due a.m. i membri del Comitato generale, i componenti dei comitati parziali, i loro segretari precedevano in corteggio coi capi delle milizie e le milizie istesse dal palazzo dell’Università alla chiesa Cattedrale, ove riunivansi ai Vice Consoli delle estere nazioni […] e vi erano ricevuti dal Capitolo, dal Vescovo, dal clero e dai capi regolari […]. la voce degli apostoli suonava per la bocca del prestante cittadino can. Mario Torrisi, che dal pergamo fe’ ricordo dei modi meravigliosi onde Sicilia è risorta, e per noi rese grazie alla vergine s. agata special protettrice di questo popolo, esortandoci nel nuovo politico andamento ad amare la libertà non la licenza, e preseguire nelle vie della pietà e di moderazione, confermar sempre più il carattere morale della siciliana rivoluzione […]. Per le mani del Vescovo fu poi benedetto quel vessilo ed intonato l’inno d’ambrosio fu elargita al nobile convegno la benedizione di Dio […]» (ibid., 58). 72 Ibid., 70. 73 Per comprendere lo stato d’animo con cui il clero partecipò ai moti rivoluzionari del ’48 è utile leggere un articolo apparso su L’amico del popolo dal titolo «Il sacerdozio siciliano al popolo» in cui si applica al nuovo assetto sociale derivato dalla rivoluzione l’allegoria del corpo mistico di Cristo che nella prima lettera ai Corinzi s. Paolo applica, invece, alla Chiesa (ibid., 47). Nel momento in cui si vuol dare un nuovo assetto politico alla società si propone il modello mai dimenticato della res publica christiana.
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garibaldi a Marsala e la capitolazione dei borboni. Il venerdì santo (29 marzo 1861), mentre in cattedrale si celebravano le funzioni della passione e «si diceva inclinato capite, così Monsignore spirò»74. Il 1° aprile la salma fu esposta in episcopio per dare al clero e ai fedeli la possibilità di dare l’ultimo saluto75; il 3 furono celebrati i funerali e l’8 si procedette alla inumazione nella cattedrale76. Mentre in un primo momento alcuni canonici avevano proposto di scrivere sulla lapide «Primus archiepiscopus», alla fine si optò per l’espressione «hic pater pauperum»: si temeva ancora che riconoscendo il Regano come primo arcivescovo si potesse mettere in dubbio la legittimità della rivendicazione secolare della chiesa di Catania di essere riconosciuta sede metropolitana e non suffraganea di Monreale77. In attesa della nomina del nuovo arcivescovo il governo della diocesi fu affidato al priore del capitolo gaetano asmundo78. 6. lE RElaZIONI AD LIMINA (1844, 1850, 1856)
le tre relazioni, che pubblichiamo in appendice, coprono l’intero arco del governo pastorale del Regano. la prima porta la data del 1844 ed è inviata dal vescovo a distanza di cinque anni dal suo ingresso in diocesi, dopo aver fatto per due volte la visita pastorale79; perciò si trovava nelle condizioni di dare un quadro compiuto della vita diocesana. la Congregazione non la ritenne esauriente, perché il vescovo non aveva tenuto conto dello schema proposto dalla istruzione di Benedetto xIV. la seconda fu inviata nel 1850 e può essere considerata una integrazione della prima, perché il Regano dà le notizie richieste dalla Congregazione. la terza, molto breve, è del 1856. Il vescovo, dopo aver dato una risposta a due
B. CRISTOaDORO, Storia di Catania, cit., 29 marzo 1861. Solo da morto il Regano indossò per la prima volta il pallio, conferitogli due anni prima dalla Congregazione Concistoriale: «non pote’ mettersi vivo perché il nunzio apostolico di Napoli eletto nella bolla pontificia non avea delegato per fare la funzione di metterlo» (ibid., 1° aprile). 76 Un’ampia cronaca degli avvenimenti è fatta da V. BONDICE, La Riganeide, cit., canti V-VII del poemetto e da B. Cristoadoro nei giorni 1-3 aprile, che riassume anche il testamento del Regano (8 aprile). 77 V.M. aMICO, Catana illustrata, cit., II, 55; P. gaUChaT, Hierarchia catholica, cit., IV, 141. 78 Mons. felice Regano, cit., verbale della elezione. 79 gli atti delle visite pastorali del vescovo Regano si trovano in aSDC, Atti visite. 74 75
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quesiti posti dalla Congregazione, disse di non aver nulla da aggiungere ai dati contenute nelle altre. la morte lo colse quando aveva chiesto la proroga per inviare una quarta relazione. I dati che ci offrono i tre documenti sono interessanti ma non eccezionali, perché il vescovo e la Congregazione si dimostrano attenti all’ordinamento interno della diocesi di Catania e non prestano sufficiente attenzione agli avvenimenti esterni in cui la Chiesa è coinvolta. Vista la situazione anomala in cui veniva esercitata la cura delle anime nella diocesi di Catania80, la Congregazione chiese al vescovo di offrire sull’argomento dati esaurienti. Così nella seconda relazione il vescovo diede una descrizione dettagliata delle diverse collegiate esistenti in diocesi e delle persone alle quali competeva l’esercizio della cura delle anime nei diversi capitoli (rel. 1850, fol. 201r-205v). Questa può essere considerata la parte più interessante delle relazioni del Regano, perché ci offre un quadro esauriente sull’ordinamento della cura delle anime nella diocesi di Catania alla vigilia dell’unità d’Italia, quando le leggi eversive provocheranno un cambiamento radicale. Nei suoi rilievi la Congregazione invitò il vescovo a trasformare in parroci perpetui i cappellani sacramentali amovibili ad nutum, seguendo l’esempio della diocesi di gallipoli (rel. 1844, fol. 187v; 1850, fol. 214r); ma la risposta del Regano fu molto franca: «Ora devo dare una risposta al suggerimento di nominare parroci perpetui coloro che esercitano la cura delle anime. Tutto questo è certamente conforme alle norme canoniche e alle prescrizioni delle autorità ecclesiastiche. Tuttavia bisognerà vedere se ci sarà qualcuno disposto a partecipare al concorso e a vincerlo per guadagnare quattro o cinque once di rendita come congruo sostentamento. a volte sono costretto a far ricorso alle esortazioni e ai consigli per affidare questo ministero ai sacerdoti più preparati, che accettano solo perché spinti dall’amore per il prossimo e non dalla speranza di acquisire una rendita, per altro necessaria alla loro esistenza. In queste condizioni obbligarli a celebrare la messa per il popolo credo sia alieno da ogni forma di equità. Si tenga per altro presente che nella diocesi di Catania non esistono parroci; unico parroco di tutta la diocesi è il vescovo, a cui compete l’obbligo di celebrare la messa per i suoi fedeli. Per questi e per altri motivi analoghi i miei predecessori hanno preferito lasciare immutata la situazione esistente» (rel. 1856, fol. 224r-v).
80 Per questo problema vedi a. lONghITaNO, La parrocchia nella diocesi di Catania, cit.,; ID., Evoluzione sociale e politica delle parrocchie, cit., 405-482.
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alla Congregazione non rimase altra scelta che prendere atto della situazione senza sbocco in cui il vescovo si trovava (rel. 1856, fol. 229r230r). Sono anche rilevanti le notizie che ci dà sul seminario. Nel 1847 i borboni avevano requisito il grande edificio del seminario, costruito dal vescovo andrea Riggio in piazza Duomo, per farne una caserma militare. Il vescovo si trovò in difficoltà a trovare una sede alternativa. In un primo momento sembra che non fosse in grado di alloggiare gli alunni ma di assicurare solamente le aule per le lezioni (rel. 1850, fol. 206v). Solo a distanza di alcuni anni riuscì ad adattare i locali che si trovavano a nord della porta Uzeda (rel. 1856, fol. 224v), che costituiranno la sede definitiva del seminario fino al 1943. Sul suo ordinamento interno il vescovo sottolinea che esaminava personalmente i seminaristi per rendersi conto della loro idoneità (rel. 1844, fol. 178v); informa che la retta era di 72 ducati per i diocesani e di 78 per gli estradiocesani (rel. 1850, fol. 202v). Nonostante il rigore con cui avveniva la selezione dei candidati, nel 1856 il seminario accoglieva 120 alunni (rel. 1856, fol. 224v)81. Il vescovo, inoltre, informa la Congregazione: che a Catania c’erano «scuole pubbliche sul modello lanchasteriano e molte scuole private» (rel. 1844, fol. 178r)82; che non esistevano le prebende del teologo e del penitenziere nel capitolo della cattedrale ed in quello della collegiata (rel. 1850, fol. 201r), che non era riuscito a celebrare il sinodo diocesano (rel. 1850, fol. 203r), che non venivano più esigite le pene pecuniarie (rel. 1850, fol. 203r), che il clero non si riuniva per i casi morali e liturgici (rel. 1850, fol. 205v). ai cambiamenti che si erano verificati in seguito all’abolizione della feudalità (1812) e alle leggi borboniche il vescovo accenna quasi di sfuggita: le rendite della mensa vescovile erano diminuite notevolmente al punto che spesso i debiti superavano gli introiti; non venivano più percepite le decime domenicali e sacramentali (rel. 1844, fol. 178r); molte confraternite e luoghi pii erano soggetti alla giurisdizione laicale (rel. 1850, fol. 206v). Per tanti altri problemi che non riusciva a risolvere il Regano si giu-
81 Sulla vita del seminario di Catania in questo periodo storico si veda g. ZITO, Ordinamento, cit. 82 Il tema è affrontato in particolare da a. CRIMI, Teoria educativa e scuola popolare in Sicilia nel tempo dei borboni, acireale 1978; g. BONETTa, Istruzione e società nella Sicilia dell’Ottocento, Palermo 1981; S. CUCINOTTa, Sicilia e siciliani. Dalle riforme borboniche al “rivolgimento” piemontese. Soppressioni, 1996, 253-300.
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stifica con una espressione ricorrente nelle relazioni ad limina di questo periodo: «le difficili condizioni dei nostri tempi» (rel. 1850, fol. 203r). Sulla religiosità del popolo non dà un giudizio positivo: «i costumi del popolo sono decaduti soprattutto a causa della negligenza nell’ascolto della parola di Dio» (rel. 1856, fol. 206v). Più benevolo il giudizio espresso sulla moralità del clero: «generalmente i costumi del clero sono buoni, ma a volte succedono scandali, che sono riparati nel miglior modo possibile» (rel. 1856, fol. 205v-206r). Non c’è alcun cenno ai moti del 1848 e alla parte che il vescovo e gli ecclesiastici vi avevano avuto. Solo quando scrive di avere osservato la norma della residenza, accenna a due eccezioni dovute a cause di natura ‘politica’: nel marzo del 1848 si era recato a Palermo per partecipare al parlamento convocato «dai ribelli» e nel giugno successivo si era recato a Napoli dal re, al quale era stato inviato come nunzio (rel. 1850, fol. 202v). Da notare che nella relazione del 1844 si trova per la prima volta indicato il comune di Zafferana, istituito dai borboni il 21 settembre 182683.
83 a. PaTaNÈ, Pagine della “Zafarana”. Origine e vicende del Comune di Zafferana Etnea (1753-1860), acireale 1998.
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1844 – Relazione del vescovo felice Regano, relativa ai trienni 86° e 87°, scritta il 22 dicembre 1844 e presentata nel gennaio del 1845 dal procuratore can. Egidio Maroni1.
[fol. 177r] Eminentissimo Signore, poiché il vescovo da antichissima tradizione, dalle norme dei pontefici e dal giuramento prestato, è obbligato nei tempi stabiliti a visitare le tombe degli apostoli e a rendere conto di ciò che attiene alla cura delle anime e all’amministrazione dei beni della Chiesa a lui affidata, per non dare l’impressione di trascurare a lungo questo compito così importante, essendo trascorsi cinque anni dalla mia consacrazione e trovandomi in questo momento legittimamente impedito, affido ad un altro l’esecuzione di questo mio particolare dovere e rendo noto all’Eminenza Vostra tutto ciò che è giusto far conoscere, perché a sua volta lo riferisca al Santo Padre, i cui piedi, anche se assente, profondamente prostrato bacio e abbraccio con ogni riverenza e ossequio. Catania, città antichissima sulla costa orientale della Sicilia, è illustre non solo per il numero e per la nobiltà dei suoi abitanti, ma anche per il martirio di s. agata; felicemente soggetta alla giurisdizione dell’augustissimo Re ferdinando II, conta una popolazione di 54.000 abitanti. Nel 44 d. C. questa città ebbe come primo vescovo s. Berillo, consacrato dall’apostolo Pietro; egli come un buon pastore portò la luce del Vangelo e guidò il suo gregge ai pascoli salutari. Non pochi furono i 1 Rel Dioec 207 B, fol. 177r-179r; 185r-186v; 211r-212r. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 30 agosto e 6 settembre 1839 (fol. 163r; 164r); cinque richieste di proroga dal 1840 al 1844 (fol. 166v-174v); una lettera al papa: «Beatissimo Padre. Il Vescovo di Catania non potendo recarsi in Roma per la visita de’ Santi limini tanto per il passato 86° che per il presente 87° triennio ha deputato il suo procuratore il canonico D. Egidio Maroni, a cui ha trasmesso ancora la relazione dello stato della Chiesa; supplica la Santità Vostra ad ammettere il detto procuratore. Che, ecc.» (fol. 175r); sul dorso si leggono le note: «Ex audientia Sanctissimi 26 februarii 1845. Sanctissimus annuit tam pro praterito quam pro 87° trienniis»; «Data fuit attestatio tam pro praeterito 86° quam pro currenti 87° triennio, die 20 decembris 1846 expiraturo» (fol. 176v); una lettera del vescovo al can. Egidio Maroni con il conferimento dell’incarico (fol. 176r); due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 8 e 14 gennaio 1845 (fol. 181r; 182r).
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vescovi che dopo di lui brillarono per la fama della santità; fra di loro si possono numerare: Everio, Serapione, Severino, giacomo, Sabino, leone e Severo. guidata da vescovi così meritevoli, la Chiesa di Catania annovera molti martiri: Euplio, Stefano, Ponziano, attalo, fabiano, Cornelio [fol. 177v], Sesto, floro, Quinziano, Minervino e Sempliciano, i cui nomi si trovano nel martirologio romano. la chiesa cattedrale, resa illustre dalla santità dei vescovi e dal sangue dei martiri, ricostruita dalle fondamenta dal vescovo andrea Riggio dopo il terremoto del 1693, adornata dalla munificenza degli altri vescovi e consacrata dal vescovo Domenico Orlando, per la celebrazione dei divini uffici ha 5 dignità (il priore, il cantore, il decano, il tesoriere e l’arcidiacono), 12 canonici, altrettanti secondari e 6 beneficiali; questi ultimi assieme a tutti gli altri assistono a giorni alterni al coro; le prebende canonicali sono pagate dalla mensa capitolare, le distribuzioni da quella vescovile. Inoltre ha 4 cappellani ed altri ministri inferiori. In detta chiesa nelle domeniche e nei giorni di festa, dopo la recita del vespro, si tiene una predica per l’istruzione del popolo; lo stesso si fa nei giorni di quaresima, ad accezione del sabato. Oltre ai paramenti sacerdotali ed ai vasi sacri, la predetta chiesa possiede le seguenti reliquie: il corpo e il velo di s. agata, due braccia di martiri (s. Sebastiano e s. giorgio), la testa di s. Margherita vergine e martire, parte della testa di s. Cataldo vescovo, parte del legno della s. Croce, tre spine della corona di nostro Signore gesù Cristo, un pezzo della veste di s. giuseppe ed un altro del velo della B. Vergine Maria, un frammento di osso di s. Euplio, cittadino di Catania e martire, parte del dito di s. lucia vergine e martire e frammenti di reliquie di altri santi. Il palazzo vescovile con l’archivio e la curia è congiunto alla cattedrale [fol. 178r] come il seminario dei chierici, che è fornito di un sufficiente patrimonio. la mensa vescovile, riccamente dotata dalla munificenza del Conte Ruggero, è oberata di oneri a tal punto che a volte, secondo il mutare delle circostanze, i debiti superano le rendite; infine è anche tenuta a pagare il così detto terzo pensionabile. Il diritto di percepire le decime dominicali e sacramentali, a torto ritenuto un abuso, di recente è stato abrogato; pertanto da circa tre anni non ne usufruisco con grave danno dei poveri e della Chiesa. Spero quanto prima di riaverlo. Poiché il vescovo è unico parroco di tutta la città, per l’amministrazione dei sacramenti vi sono 13 chiese filiali o sacramentali; ognuna di esse ha il suo cappellano amovibile con il coadiutore, che ricevono dalla mensa 743
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vescovile il proprio sostentamento e le somme necessarie per il culto e la manutenzione delle fabbriche2. a Catania c’è un insigne capitolo di canonici nella chiesa Santa Maria dell’Elemosina, eretto motu proprio in collegiata da Eugenio IV e soggetto alla giurisdizione e alla visita del vescovo. Nella città sorgono 15 istituti religiosi maschili e 6 femminili, 1 associazione di chierici secolari, 61 associazioni laicali, 7 luoghi pii o reclusori e molte chiese, che complessivamente raggiungono il numero di 84. Il culto nelle chiese si svolge in modo decoroso; la vita delle monache è conforme alle regole; il clero osserva i propri doveri di pietà. Infine a Catania sorgono: la regia Università degli studi, le scuole pubbliche sul modello lanchasteriano e molte scuole private [fol. 178v]. Trovandomi a svolgere l’ufficio di vescovo di questa città, per provvedere con sollecitudine al ministero pastorale e allontanare i pericoli per le anime, ho scelto come mio vicario generale il cantore di questa santa chiesa cattedrale, che era già stato vicario capitolare; e per quanto è dipeso da me non mi sono risparmiato nel lavoro; infatti nei giorni festivi ho preso parte alla messa conventuale, nelle solennità ho celebrato le messe pontificali e, per quanto era nelle mie possibilità, ho insegnato ai fedeli le vie del Signore. ho esaminato personalmente gli ordinandi e nei tempi stabiliti ho tenuto le ordinazioni; ho amministrato spesso il sacramento della cresima e ho portato a termine per la seconda volta la visita pastorale di tutta diocesi, secondo le indicazioni del Concilio di Trento. ho visitato infatti le città di acireale, Paternò e adrano, nelle quali si hanno chiese collegiate, monasteri, collegi di ragazze, reclusori e chiese ben provviste del necessario per il culto. ho pure visitato la città di Regalbuto, che ha un collegio di ragazze e tre monasteri, il secondo dei quali è dedicato ai Santi angeli e soggetto all’autorità dei padri agostiniani; anche se è il più ricco, ha così sofferto per la cattiva amministrazione dei beni che oggi le monache mancano del necessario. Perché non andasse tutto in rovina è intervenuta la regia autorità, su richiesta dell’attuale abbadessa. Ritengo che il solo rimedio utile è di sottrarlo alla potestà dei regolari. ho pure visitato i comuni di Viagrande, Trecastagni, Centuripe e Biancavilla, ognuno dei quali ha una chiesa collegiata e un collegio di ragazze. ho visitato i comuni di Nicolosi, aci Catena, aci San filippo, aci 2
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Il brano è evidenziato con un segno verticale al margine sinistro.
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Santa lucia e Belpasso, le cui chiese sono insignite di un collegio di canonici [fol. 179r]. Infine ho sottoposto a visita Ramacca, Catenanuova, aci Sant’antonio, aci Bonaccorsi, Mascalucia, gravina, San Pietro, Torre del grifo, San giovanni galermo, Camporotondo, Pedara, San giovanni la Punta, Sant’agata li Battiati, Trappeto, San gregorio, Valverde, in cui sorge un convento di agostiniani scalzi ai quali è affidata la cura delle anime, aci Castello, Motta Sant’anastasia e Misterbianco, in cui c’è un collegio fondato con la regola del card. Corradini; come pure i villaggi Tremestieri, aci Trezza, Borrello, Mompileri, Mangano, Pisano, Bongiardo, linera, Santa Venerina, Zafferana, Viscalori, Maugeri, aci Platani, licodia e gabella, la maggior parte dei quali ha chiese dotate di rendite poverissime. In tutti questi centri non manca nei giorni di festa la predicazione e l’istruzione dei bambini e delle bambine. Oggi per il cambiamento dei confini della diocesi son venuti meno i comuni di Regalbuto, Centuripe, Ramacca, gabella e Catenanuova; sono stati aggiunti i comuni di Bronte e Maletto. Sottometto quest’analisi della diocesi al giudizio dell’eminenza Vostra, perché mi faccia conoscere sinceramente tutto quello che riterrà necessario correggere, certo della mia obbedienza e venerazione per la sede apostolica. Catania, 22 dicembre 1844 felice, vescovo di Catania ***
Bozze predisposte dall’officiale della Congregazione per la risposta al vescovo3.
[fol. 185r] Catania, 10 marzo 1845. Mons. felice {…}4 fatto Vescovo di Catania in Sicilia nel {…}5 ha mandato la sua 1a relazione il 22 dicembre 1844, la quale è stata ammessa tanto per il triennio 86° quanto per il susseguente 87°, spirato il 20 dicembre 1846. Per la visita dei Santi limini è in regola.
Il documento della Congregazione inviato al vescovo è riportato in appendice al testo originale della relazione. 4 lacuna nel testo. 5 lacuna nel testo. 3
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§ I pertinens ad statum Ecclesiae materialem I.
S. Berillo ordinato da s. Pietro fu il primo Vescovo di quella diocesi celebre per tanti Santi presuli e martiri. V. la chiesa cattedrale fu fabricata dopo il terremoto dal Vescovo andrea Riggio nel 1693. Il capitolo della cattedrale ha 6 dignitari, cioè: il priore, cantore, decano, tesoriere ed arcidiacono, 12 canonici ed altrettanti di second’ordine, come ancora 6 beneficiati. le prebende canonicali sono pagate dalla mensa capitolare, le distribuzioni però dalla mensa vescovile. Si numerano 4 cappellani ed altri ministri inferiori. VI. Non fa alcuna menzione del numero delle collegiate; nomina soltanto quella di Santa Maria de Elemosina in Catania [fol. 185v], eretta da Eugenio IV, non aggiungendo altro. Nei luoghi che cita come visitati canonicamente, parla delle città di Via Magna, Trium Castanearum dove il numero delle collegiate di questi luoghi ascende a 13. VII. Non parla del numero delle parrocchie affatto; ricorda soltanto che il Vescovo è il parroco della città, che per l’amministrazione dei sagramenti vi sono 13 chiese filiali alle quali è preposto un cappellano e un coadiutore ammovibili ambedue, e ricevono il loro onorario dalla mensa vescovile, essendo il Vescovo altresì obbligato alla manutenzione delle chiese. VIII. 15 cenobi conta la città, 6 monasteri di vergini, una congregazione di laici, 7 luoghi pii e molte chiese, che formano in tutto il numero di 84. Ma — aggiunge il Vescovo relatore — che il culto dei tempi è decente, la vita delle monache regolare e la pietà del clero religiosa. Ix. Vi è un seminario presso la chiesa cattedrale; è dotato con rendite sufficienti. x. Si trova nella città un ginnasio reggio, scuole lancasteriane ed altri luoghi di privata istruzione [fol. 186r]. § II pertinens ad ipsum Episcopum II.
Pare che abbia visitato la maggior parte della sua diocesi ed enumera largamente 32 città, delle quali 3 hanno chiese ben ornate; 14 paesi, le chiese dei quali sono proviste di rendite scarsissime, e dice che restano ancora 6 luoghi da visitarsi6. 6
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l’officiale della Congregazione sembra che non abbia capito il testo della relazione:
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III e ss. Il Vescovo crede di aver soddisfatto al suo dovere creando un vicario generale, assistendo alle messe conventuali nei giorni festivi, celebrando in pontificalibus qualche volta, istruendo i fedeli, presiedendo agli esami degli ordinandi, ed amministrando i S. Ordini nei tempi prefissi e spesso la S. Cresima.
§ IV et V pertinentes ad clerum regularem et moniales
Nel numerare le città da lui visitate parla di diverse che sono ben provedute con monasteri di uomini e di donne. Della città, che chiama Rayalbuthi urbem, dice che vi è un conservatorio di vergini e 3 monasteri, dei quali uno sotto il titolo dei Santi angeli è soggetto ai regolari di s. agostino; ma che è così male amministrato che le monache mancano delle cose più necessarie. l’abbadessa ha ricorso al Re. Secondo l’opinione di mons. Vescovo [fol. 186v] non vi è altro rimedio per il bene del monastero, che liberarlo dalla soggezione dei regolari7. Nella città di Valle Verde si nomina un convento di Scalzi di s. agostino. Quindi in Monasterio albo fa menzione di un collegio sotto la regola del Card. Corradino. ***
Tutte le altre cose trattate nella relazione di mons. Vescovo sono espresse con poche parole. 1. Il numero degli abitanti è di 54.000. 2. Ogni domenica e giorno di festa vi è la predica nella cattedrale; nella quaresima però si predica ogni giorno eccetto il sabato. 3. la chiesa cattedrale possiede molte reliquie (e ne fa esattissima enumerazione) oltre i sacri paramenti e vasi. 4. Il Vescovo ha un palazzo proprio coll’archivio e la curia. 5. la mensa vescovile è ricchissima per la munificenza del Conte
mentre il Regano scrive che in seguito all’ultima rettifica dei confini la diocesi ha perduto alcuni comuni, l’officiale capisce che al completamento della visita pastorale mancano ancora sei comuni. 7 al margine con altra grafia si legge la nota: «Un separato quesito alla S. Congregazione de’ Vescovi e Regolari».
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Ruggero ma ha molti pesi, i quali alle volte sono maggiori delle rendite; oltre ciò paga il tertium sic dictum pensionabile. Da tre anni non ritira più i proventi delle decime padronali e sagramentali, il quale dritto fu erroneamente creduto usurpazione; ma spera mons. Vescovo di riacquistarlo. 6. Non è trascurata nelle altre chiese l’istruzione morale. la relazione è mancante delle cose le più essenziali. R.M. lichnonski. ***
[fol. 211r] Catania. Progetto di minuta. la S. Congregazione del Concilio ha ricevuto con piacere la relazione del Vescovo di Catania e l’ha ammessa non solo per il triennio spirato lì 20 dicembre 1846, ma ancora per gli antecedenti. Nell’esaminarla, poi, gli Em.mi Padri hanno avuto ragione di congratularsi col medesimo per lo zelo, che adopra nel disimpegno del vescovil ministero. Egli ha sortito un campo amplissimo, dove esercitare le sue cure; imperoché la diocesi di Catania nobilissima si deve tenere non solo perché riconosce per primo Vescovo un discepolo di s. Paolo8, conta una serie di pastori cospicui per santità e possiede reliquie insignissime di santi, ma ancora perché è fornita di moltissimi pii istituti, mediante i quali i fedeli alla di lui cura commessi possono avere mezzi abbondevolissimi e stimoli efficacissimi per sempre meglio incamminarsi alla perfezione cristiana. Per scendere, poi, ai particolari della relazione stessa gl’Em.mi Padri stimano superfluo d’inculcare a mons. Vescovo ad adoprarsi con tutto l’impegno perché possa rivendicare il dritto di esigger le decime, usando tutti quei mezzi di attività e prudenza che richiede il bisogno. Riposano poi fidatissimi sulla nota vigilanza del Vescovo perché i cappellani, a’ quali ad nutum commette la cura delle anime di Catania, la quale immediatamente compete al Vescovo stesso, siano premurosi e diligenti nell’adempiere tutte [fol. 211v] e singoli parti dell’officio parrochiale. la S. Congregazione richiama l’attenzione di monsignore sull’oggetto di vedere se possano esserci mezzi opportuni e necessari per sostituire a questo sistema di parrochi amovibili quello di parrochi perpetui, come con lode di questa S. Congregazione han fatto altri vescovi, i quali trovavansi 8
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Doveva scriversi «s. Pietro».
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nel medesimo caso (S. Congregazione {del Concilio}, in Gallipol. Parrochiarum, 7 augusti 1841). Rapporto al monastero de’ Santi angeli non tardi ad avanzare i suoi reclami alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, la quale provvederà secondo richiede il bisogno. Del resto la S. Congregazione avrebbe bramato essere informata di tante altre particolarità, che riguardano lo stato materiale e formale della diocesi di Catania. Ella non sta a descriverle in dettaglio, giacché monsignore può trovarle ne’ rispettivi quesiti, i quali si fanno nell’istruzione Benedettina, che trovasi nel Concilio Romano del 1725, nel bollario di Benedetto xIV e nella di lui opera De synodo dioecesana in fine. la S. Congregazione l’esorta pertanto ché nella prossima relazione si attenga strettamente all’istruzione medesima sull’esempio di tutti quasi i vescovi d’Italia e fuor d’Italia, sicura che troverà sempre maggiori argomenti da congratularsi con lui. In fine non dubita la S. Congregazione che monsignore nel suo ben conosciuto zelo sarà per rinnovare la visita della diocesi a forma del Concilio Tridentino (sess. 24, cap. 3), che invigilerà sulla condotta degli ecclesiastici, specialmente sui parrochi (onde siano diligenti nell’adempi[fol. 212r] mento de’ parrochiali doveri) non che de’ chierici, i quali son chiamati nella sorte del Signore e che formano la speranza della Chiesa, che al popolo ed alla gioventù non manchi il pane vangelico della predicazione e della dottrina cristiana.
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1850 – Relazione del vescovo felice Regano, relativa ai trienni 88° e 89°, scritta l’8 dicembre 1850 e presentata nel gennaio del 1851 dal procuratore sac. ferdinando Recchia1.
[fol. 201r] Eminentissimo Signore, per non venir meno a un mio precipuo impegno mi affretto a presentare la seconda relazione della mia Chiesa aggiungendo i dati mancanti alla prima. avrei dovuto farla pervenire lo scorso anno; ma con il permesso della Sacra Congregazione, concesso l’11 dicembre, ne ho differito fino ad oggi la spedizione. 1. Nella cattedrale manca il teologo e il penitenziere2; ma ho osservato fedelmente la disposizione testamentaria del mio predecessore Corrado Maria Deodato de Moncada, che ha lasciato una somma di trenta ducati da consegnare ogni anno a chi tiene in cattedrale la catechesi ai fedeli. Nella collegiata di Catania e in quelle delle altre chiese della diocesi non esiste la prebenda teologale3. le collegiate complessivamente sono 12 e sorgono nelle seguenti città: Catania, acireale, Paternò, adernò, Belpasso, Biancavilla, acicatena, Santa lucia, aci San filippo [fol. 201v], Viagrande, Trecastagni e Nicolosi. la collegiata di Catania ha 4 dignità (prevosto, tesoriere, cantore e decano), 18 canonici e 12 mansionari che partecipano al coro. Quella di acireale è costituita da 3 dignità (prevosto, cantore e teso1 Rel Dioec 207 B, fol. 201r-207r. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) quattro richieste di proroga dal 1847 al 1850 (fol. 190r-198r); una lettera al papa: «Beatissimo Padre. Il Vescovo di Catania non potendo recarsi a Roma oer visitare i Santi limini e presentare la relazione per il passato triennio 88° e corrente 89° ha deputato in suo procuratore il rev.do sacerdote ferdinando Recchia. Supplica la Santità Vostra ad amettere il detto procuratore. Che, ecc.» (fol. 198r) sul dorso si leggono le note: «Ex audientia Sanctissimi 13 ianuarii 1851. Sanctissimus annuit tam pro 88° quam pro currenti trienniis»; «Data fuit attestatio tam pro praeterito 88° quam pro currenti trienniis die 20 decembris 1852 expiraturo» (fol. 198v); una lettera del vescovo al sacerdote ferdinando Recchia con il conferimento dell’incarico (fol. 199r); due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 8 gennaio 1851 (fol. 209r; 210r). 2 Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel margine sinistro. 3 Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel margine sinistro.
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riere), da 12 canonici e 10 mansionari, che partecipano al coro con pari diritto. Quella di Paternò è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), da 12 canonici, 8 mansionari e altri 4 canonici, detti «dell’eredità di faraci», con proprie rendite, che amministrano personalmente e partecipano al coro con gli altri. Quella di adernò è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, decano e tesoriere), 12 canonici e 8 mansionari che partecipano al coro. Quella di Belpasso è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 12 canonici e 6 mansionari, che partecipano al coro [fol. 202r]. Quella di Biancavilla è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 8 canonici e 8 mansionari, che partecipano al coro. Quella di acicatena è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano) 11 canonici e 6 mansionari, che partecipano al coro. Quella di Santa lucia è costituita da 3 dignità (prevosto, cantore e tesoriere), 9 canonici e 4 mansionari, che partecipano al coro. Quella di aci San filippo è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 9 canonici e 4 mansionari, che partecipano al coro. Quella di Viagrande è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 12 canonici e 6 mansionari, che partecipano al coro. Quella di Trecastagni è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 8 canonici e 4 mansionari, che partecipano al coro. Quella di Nicolosi è costituita da 3 dignità (prevosto, cantore e tesoriere) 10 canonici e 6 mansionari [fol. 202v], che partecipano al coro. C’è il seminario, ma i suoi locali da tre anni sono occupati dai soldati4; la retta per gli alunni diocesani è di 72 ducati, per gli estradiocesani 78; molti benefici sono stati uniti al seminario, che dispone complessivamente di una rendita di 2.899 ducati, libera da oneri. Inoltre nella città di Catania sorgono: 2 ospedali (San Marco e Santa Marta) amministrati dai laici, 1 collegio di donne retto dalle regole del card. Corradini, 1 ospizio per accogliere e nutrire gli anziani dei due sessi, 1 conservatorio per accogliere e nutrire le bambine nate da ignoti genitori, 1 collegio di nobili, 1 orfanotrofio, 1 oratorio di s. filippo Neri. 2. ho osservato l’obbligo della residenza stabilito dai sacri canoni, dal Concilio di Trento e dalla costituzione di papa Urbano; nello scorso 4
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anno sono stato assente dalla diocesi dal 22 marzo fino al 26 aprile, perché chiamato a Palermo dai ribelli, e nel mese di giugno perché inviato a Napoli come nunzio al re. ho portato a compimento ogni due anni la visita pastorale, ad eccezione del 1849 per i motivi già noti5. ho tenuto personalmente [fol. 203r] le ordinazioni e ho amministrato il sacramento della cresima. Non ho riunito il sinodo diocesano6. ho annunziato personalmente la parola di Dio. Non esiste alcun deposito di somme provenienti da pene e multe, perché non se ne esigono più. Nella cancelleria della curia si osserva fedelmente la tassa innocenziana. Nessuno impedisce o crea ostacoli nell’esercizio del ministero vescovile e della giurisdizione ecclesiastica. Non ho potuto realizzare particolari iniziative per il bene della Chiesa, del clero e del popolo per le difficili condizioni dei nostri tempi. 3. le 5 dignità, i 12 canonici della cattedrale, i 12 mansionari e 6 così detti beneficiali partecipano ogni giorno al coro, ma alternativamente; quotidianamente si celebra la messa conventuale, applicata per i benefattori. le dignità, i canonici e i mansionari della chiesa collegiata Santa Maria dell’Elemosina di Catania partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati; ma ogni giorno durante l’avvento e la quaresima; negli stessi giorni celebrano la messa conventuale, che applicano per i benefattori, ad eccezione del prevosto [fol. 203v], che nei giorni festivi celebra per il popolo; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 2 cappellani. ad acireale i canonici partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Natale, Pasqua, Pentecoste e Corpus Domini; negli stessi giorni è celebrata a turno la messa conventuale, che è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta solamente ai canonici e ai 6 mansionari, che la esercitano a turno. a Paternò i canonici partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nel giorno delle ceneri, nei venerdì di marzo, nel triduo della settimana santa e nell’ottava del Corpus Domini; negli stessi giorni si celebra la messa conventuale ed è applicata per i benefattori; le rendite della collegiata sono distinte da quella della chiesa, che sono amministrate separatamente; la cura delle anime spetta alle 4 dignità, che la esercitano con i 4 cappellani7. ad adernò partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli 5 6 7
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abrogati, celebrano a turno la messa conventuale e la applicano per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e a 2 cappellani [fol. 204r]. a Belpasso partecipano al coro nelle domeniche, nella settimana santa, nelle feste abrogate, nel mercoledì delle ceneri, nei venerdì e nei sabati di quaresima e nella novena di Natale; la messa conventuale è celebrata a turno nei giorni predetti dai canonici e dalle dignità ed applicata per i benefattori, ad eccezione del prevosto, che nelle feste celebra per il popolo; la cura delle anime spetta al prevosto e a 2 cappellani. a Biancavilla partecipano al coro in tutti i giorni festivi, anche in quelli abrogati, nell’ottava del Corpus Domini, in tutti i sabati e le vigilie; la messa conventuale per i benefattori è celebrata nelle domeniche e nelle feste, il lunedì e il martedì di Pasqua, nell’ottava del Corpus Domini e nel secondo e nel terzo giorno successivi al Natale; la cura delle anime spetta al capitolo, che la esercita a turno8. ad aci Catena partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Pasqua, del Corpus Domini, di Natale, nella settimana santa, nella festa di s. Maria della Catena, come titolare, in tutti i giorni di quaresima, nei giorni delle rogazioni e di s. Marco [fol. 204v]; la messa conventuale è celebrata a turno dai canonici nei giorni suddetti ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 6 mansionari. a Santa lucia partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Pasqua e del Corpus Domini, nel giorno di s. lucia e nei giorni delle rogazioni e di s. Marco; la messa conventuale è celebrata dai canonici per turno nei giorni predetti ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 4 mansionari. ad aci San filippo partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Pasqua, del Corpus Domini e di s. filippo, come titolare, durante la settimana santa, in tutti i sabati, nelle ferie delle rogazioni e di s. Marco e nella novena di Natale; la messa conventuale è celebrata a turno dai canonici nei giorni predetti ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 4 mansionari [fol. 205r]. a Viagrande partecipano al coro nelle domeniche e nei giorni di festa, anche in quelli abrogati; negli stessi giorni è celebrata a turno la messa conventuale, che è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta ai 4 cappellani9. 8 9
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a Trecastagni partecipano al coro nelle domeniche e nei giorni di festa, anche in quelli abrogati, e nelle feste della Madonna; negli stessi giorni si celebra a turno la messa conventuale ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto arciprete e ai 4 cappellani. a Nicolosi partecipano al coro nelle domeniche e nei giorni festivi, anche soppressi, nei venerdì di marzo, nell’ottava di Pasqua e del Corpus Domini; negli stessi giorni si celebra a turno la messa conventuale, che è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 4 mansionari cappellani. le suddette chiese sono fornite di sacre suppellettili; nessuna di esse possiede rendite per la manutenzione della fabbrica, ad eccezione della chiesa cattedrale e della collegiata di Paternò [fol. 205v]. Tutti coloro che esercitano la cura delle anime, sia in questa città sia negli altri centri della diocesi, risiedono nelle loro chiese parrocchiali, hanno i propri registri di matrimonio, di battesimo e dei defunti, nelle domeniche e nelle feste solenni istruiscono i fedeli affidati alle loro cura con la predicazione e insegnano il catechismo ai bambini e a coloro che ne hanno bisogno; nessun fra i cappellani o fra coloro che esercitano la cura delle anime applica la messa per il popolo nelle domeniche e nei giorni di precetto, ad eccezione dei prevosti di Catania e di Belpasso10. Prima di conferire la tonsura, gli ordini minori e maggiori sottopongo i canditati all’esame; coloro che sono approvati prima dell’ordinazione fanno gli esercizi spirituali per otto giorni in seminario, come accade più spesso, o in qualche casa religiosa11; tutti indossano la veste clericale; non è più osservato il privilegio del foro; non si tengono le riunioni per i casi di coscienza e per i riti liturgici12; generalmente i costumi del clero sono buoni [fol. 206r], ma a volte succedono scandali, che sono riparati nel miglior modo possibile. 4. a Valverde esercitano la cura delle anime gli agostiniani scalzi, che sono soggetti alla giurisdizione e alla visita del vescovo in tutto ciò che concerne la cura pastorale e l’amministrazione dei sacramenti. Riferirò in modo più dettagliato le notizie riguardanti i religiosi nella relazione che dovrò inviare alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, dopo la visita apostolica fatta di recente. 10 11
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5. Tutte le monache osservano la clausura; oltre ai confessori ordinari hanno diversi confessori straordinari; per quanto riguarda questi ultimi, che sono perpetui, per antica consuetudine o forse per abuso, non è osservata la prescrizione del Concilio di Trento; in alcuni monasteri le rendite non sono amministrate fedelmente, tuttavia non per intenzione dolosa ma per la mancanza di polso delle donne; questo danno in parte è stato riparato, in parte lo sarà se Dio ci darà la pazienza e la forza necessari; in questo momento in tutta la diocesi non esistono monasteri soggetti alla giurisdizione dei regolari [fol. 206v]. 6. Per i motivi suesposti non ci sono alunni in seminario; tuttavia i giovani candidati al sacerdozio in edifici appositamente predisposti si impegnano negli studi, secondo la loro età e la capacità di apprendimento, e fanno progressi nella teologia dogmatica e morale, nel diritto canonico, nella filosofia e nella matematica, nell’eloquenza, nelle scienze umanistiche, nelle lingue greca, latina e volgare, sotto la guida e la vigilanza del rettore; nei giorni festivi prestano il loro servizio in alcune chiese, soprattutto nella cattedrale; per la vigilanza sul buon governo del seminario sono stati nominati tre canonici13. 7. Diverse chiese, confraternite e luoghi pii sono soggetti alla potestà dei laici; in essi come vice rettore c’è il vescovo o il vicario generale; da un incaricato ecclesiastico da lui nominato ha il rendiconto degli oneri di messe celebrate, degli anniversari e della retta amministrazione delle rendite che riguardano il culto divino. I costumi del popolo sono decaduti soprattutto a causa della negligenza nell’ascolto della parola di Dio. Infine diverse cause, in particolare la povertà delle chiese, impediscono il cambiamento dei cappellani amovibili ad nutum in parroci perpetui14 [fol. 207r]. Catania, 8 dicembre 1850 all’Eminentissimo Prefetto della S. Congregazione per l’interpretazione del Concilio di Trento. Roma Umilissimo ed osservantissimo felice, vescovo di Catania15.
Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel margine sinistro. Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel margine sinistro. 15 la risposta della Congregazione inviata al vescovo è riportata in appendice al testo originale della relazione. 13 14
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1856 – Relazione del vescovo felice Regano, relativa ai trinni 90° e 91°, scritta il 1° dicembre 1856 e presentata nei mesi di marzo o aprile del 1857 dal procuratore can. francesco Illuminati1.
[fol. 224r] Eminentissimo Signore, non ho nulla da aggiungere alla mia ultima relazione inviata a cotesta S. Congregazione l’8 dicembre 1851. Tuttavia poiché l’Eminenza Vostra a nome dei suoi colleghi mi invitò a non omettere alcune indicazioni, darò conto di tutto, tenendo conto delle norme canoniche vigenti, della situazione esistente in diocesi, dei diritti delle collegiate e della povertà delle chiese. l’Eminenza Vostra mi ha esortato a non far mancare la prebenda del teologo e del penitenziere nelle collegiate delle città principali, che hanno un clero numeroso. Ma da dove prendere il patrimonio? alle dignità e ai canonici — ad eccezione della collegiata di Paternò — da parte delle chiese è data una rendita così misera da potersi sostentare solo per alcuni mesi. C’è da aggiungere che nella provisione delle prebende tutte le collegiate sono soggette al diritto di patronato: o presentando i nomi di tre persone idonee, o eleggendo una sola persona. Non credo che accetterebbero volentieri un cambiamento della disciplina vigente; probabilmente prenderebbero lo spunto da ciò per dare inizio a discordie e a liti. ho ritenuto di non riunire il sinodo diocesano per la difficoltà dei tempi presenti e per la riunione di tutti i vescovi tenuta cinque anni fa, nella quale furono promulgati alcune norme molto utili. Se ci sarà qualcosa in contrario cercherò di trovare il rimedio opportuno caso per caso. Ora devo dare una risposta al suggerimento di nominare parroci perpetui coloro che esercitano la cura delle anime. Tutto questo è certamente conforme alle norme canoniche e alle prescrizioni delle autorità ecclesia1 Rel Dioec 207 B, fol. 224r-v. al testo della relazione sono acclusi i seguenti documenti: 1) tre richieste di proroga dal 1855 al 1858 (fol. 218r-221r); sul dorso dell’ultima si legge la nota: «Data fuit attestatio sive pro praterito 90° quod recurrenti 91° trienniis, die 20 decembris 1858 expiraturo» (fol. 219v); una lettera del vescovo al can. francesco Illuminati con il conferimento dell’incarico (fol. 222r-223v); due attestati della visita alle basiliche romane rilasciati in data 1° marzo e 26 aprile 1857 (fol. 226r-227r).
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stiche. Tuttavia bisognerà vedere se ci sarà qualcuno disposto a partecipare al concorso e a vincerlo per guadagnare quattro o cinque once di rendita come congruo sostentamento [fol. 224v]. a volte sono costretto a far ricorso alle esortazioni e ai consigli per affidare questo ministero ai sacerdoti più preparati, che accettano solo perché spinti dall’amore per il prossimo e non dalla speranza di acquisire una rendita, per altro necessaria alla loro esistenza. In queste condizioni obbligarli a celebrare la messa per il popolo credo sia alieno da ogni forma di equità. Si tenga per altro presente che nella diocesi di Catania non esistono parroci; unico parroco di tutta la diocesi è il vescovo, a cui compete l’obbligo di celebrare la messa per i suoi fedeli. Per questi e per altri motivi analoghi i miei predecessori hanno preferito lasciare immutata la situazione esistente2. Per quanto attiene alla esortazione sugli esercizi spirituali degli ordinandi, devo dire che per consuetudine immemorabile sono tenuti in seminario e non in istituti religiosi. In alcuni luoghi sono stati già istituite le riunioni di clero per trattare i casi di coscienza. I monasteri femminili non danno motivo di lamentarsi sia riguardo alle cose spirituali sia riguardo alle cose materiali. anche se in passato si sono avute delle carenze, a poco a poco tutto è stato ricondotto nell’ambito previsto dalle norme canoniche. Non si hanno confessori straordinari, secondo le prescrizioni del Concilio di Trento, perché ne erano stati nominati diversi per ogni monastero che, assieme al confessore ordinario, ricevevano le confessioni delle monache; non credo sia possibile eliminare del tutto questo abuso. Per mantenere la pace ho ritenuto più conveniente non cambiare la situazione attuale, e di non sostituire i confessori esistenti dopo la loro morte. Su questa linea oggi è stata risolta ogni discussione. anche se la parte del seminario occupata dai soldati non è stata ancora restituita, sono stati predisposti altri edifici per accogliere e preparare gli alunni in modo così conveniente che oggi vi risiedono più di 120 giovani. Se Dio vorrà concedermi le energie necessarie e altri anni di vita, spero di impegnarmi ancora per conseguire buoni risultati dalla mia attività pastorale. Catania, 1 dicembre 1856 2
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Felice Regano (1839-1861)
all’illustrissimo e reverendissimo Prefetto della Sacra Congregazione interprete del Concilio di Trento Roma Umilissimo ed obbedientissimo felice, vescovo di Catania3.
3 la risposta della Congregazone inviata al vescovo è riportata in appendice al testo originale della relazione.
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gIUSEPPE BENEDETTO DUSMET (1867-1894) 1. la fIgURa
giuseppe Benedetto Dusmet fra i vescovi di Catania è quello di cui biografi e storici si sono occupati maggiormente. l’abbondante letteratura sulla sua persona non è legata solamente al processo di beatificazione1, introdotto trentotto anni dopo la sua morte, ma soprattutto all’azione pastorale da lui svolta in un periodo particolarmente delicato della storia italiana2. la sua ricca personalità, che ha saputo coniugare la spiritualità monastica con una intensa attività apostolica, ha richiamato l’attenzione degli storici, che lo hanno considerato fra i vescovi più rappresentativi dell’Italia post-unitaria. Il Dusmet era nato a Palermo il 15 agosto 1818 dall’ufficiale della marina borbonica luigi Dusmet de Smours — una nobile famiglia napoletana di origine fiamminga — e da Maria dei marchesi Dragonetti, anche lei napoletana. al battesimo, conferitogli nel giorno stesso della nascita, gli erano stati imposti i nomi di giuseppe, Maria, giacomo, filippo, lupo, Domenico, antonio, Rosolino, Melchiorre, francesco di Paola, Benedetto,
la biografia più antica è quella di g. aMaDIO, Il Cardinale Dusmet, Catania 1926, della quale fu pubblicata una seconda edizione nel 1928, sempre a Catania, dalla casa editrice l’arte Sicula. la postulazione della causa ne pubblicò una seconda: Il servo di Dio Giuseppe B. Dusmet. Monaco, arcivescovo, cardinale, Montecassino 1935. la più ampia e documentata è quella di T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit. alla vigilia della sua beatificazione ne è stata curata un’altra di carattere divulgativo da a. lIPaRI, Dusmet: una carità senza confini, Palermo 1988. 2 a. CICala, Monsignor Dusmet e gli inizi del movimento cattolico a Catania (18671880), in Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878). atti del quarto Convegno di Storia della Chiesa. la Mendola 31 agosto – 5 settembre 1971, Comunicazioni, I, Milano 1973, 101-121; g. DI faZIO, Dusmet a Catania (1867-1894): Chiesa e movimento cattolico, in aSSO 73 (1977) 89-138; g. ZITO, La cura pastorale a Catania, cit.; ID., Dusmet e l’episcopato benedettino siciliano tra i borboni e l’unità, in g. ZITO (cur.), Chiesa e società in Sicilia. I secoli xVII-xIx, cit., 59-96; g. MONSagRaTI, Dusmet Giuseppe Benedetto, in DBI, xlII, Roma 1993, 237-240. Non prefiggendoci in questa introduzione di tracciare una biografia del Dusmet, per una trattazione più approfondita delle innumerevoli problematiche riguardanti il periodo del suo ministero a Catania rinviamo alla letteratura citata. 1
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gennaro3. In famiglia era chiamato Melchiorre, in religione giuseppe Benedetto. Secondo la tradizione delle nobili famiglie palermitane, il piccolo Melchiorre, fin dall’età di cinque anni, fu affidato ai benedettini di San Martino delle Scale per ricevere la prima educazione e istruzione. Dopo il compimento dei primi corsi scolastici, il giovane fu portato dai genitori a Napoli; ma volendo egli seguire la vocazione monastica, che aveva avvertito durante gli anni della sua prima formazione, chiese ed ottenne dal padre di tornare a San Martino delle Scale, dove nel 1840 emise la professione solenne e nel 1841 ricevette l’ordinazione sacerdotale4. l’abbazia San Martino delle Scale accoglieva in quegli anni una comunità di monaci di diversa provenienza ed esperienza: accanto a coloro che si erano dedicati ad una intensa vita ascetica e contemplativa, c’erano quelli che si erano impegnati nello studio o nell’attività apostolica; alcuni provenivano dalle province continentali del Regno, dove avevano conosciuto gli sconvolgimenti della rivoluzione napoleonica. la maggior parte dei religiosi era stata formata secondo quel modello comune agli ordini monastici del tempo, che aveva come caratteristiche fondamentali: una soda pietà, la pratica della carità, l’accettazione della concezione tradizionale di Chiesa e di società, fondate sul principio dell’autorità legittimamente costituita. Il Dusmet aveva fatto proprio questo modello formativo, ma aveva avuto la possibilità di confrontarsi con alcuni monaci più sensibili alle nuove concezioni teologiche e politiche, penetrate anche all’interno del chiostro5. Una delle note caratteristiche della sua personalità, che lo contraddistinguerà nel rapporto con gli altri e nella sua azione pastorale, sarà quella della fermezza nelle proprie convinzioni e del rispetto delle convinzioni altrui, che lo porterà a dialogare e a sforzarsi di collaborare anche con le autorità cittadine e governative di matrice liberale, socialista o comunque anticlericale. le prime esperienze di ministero del Dusmet, dopo la professione e l’ordinazione sacerdotale, furono varie: docente di filosofia e di teologia agli studenti dell’abbazia, segretario dell’abate, priore prima nei monasteri dei Santi Severino e Sossio a Napoli (1850) e poi a Santa flavia a Caltanissetta (1852), infine abate nel monastero di San Nicola l’arena a Catania (1858)6. Il monastero San Nicola aveva svolto un ruolo determi3 4 5 6
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Proc Dat 229, fol. 147r. Ibid., fol. 143r; T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 5-27. Ibid., 27-33. Proc Dat 229, fol. 143r-v; T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 34-52.
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nante nella vita religiosa, culturale ed economica della città. anche se negli ultimi anni non tutti i monaci brillavano per l’osservanza delle regole monastiche, la loro presenza nella vita cittadina non era mai venuta meno7. Proprio durante il periodo di governo del Dusmet si verificarono gli avvenimenti che segneranno la fine del glorioso istituto. Due anni dopo la sua nomina, lo sbarco di garibaldi con i Mille a Marsala portò all’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia. Negli anni successivi il nuovo governo si pose il problema di ridurre gli ordini religiosi e di disporre del loro patrimonio, che in Sicilia era particolarmente consistente8. In un primo momento, per prevenire il provvedimento di soppressione, ai benedettini era stata fatta la proposta di trasformare i monasteri in aziende agricole. Il Dusmet si oppose all’attuazione di questo progetto, che avrebbe avuto come conseguenza il travisamento della regola di s. Benedetto9; e quando la legge divenne operativa, con profondo dolore ma con grande dignità, gestì la consegna del monastero alla autorità civili10.
7 M. gaUDIOSO, L’abbazia di San Nicolò l’Arena di Catania, in aSSO 25 (1929) 199243; C. NaSEllI, Letteratura e scienza nel convento benedettino di S. Nicolò l’Arena di Catania, ibid., 245-349; g. ZITO, La vita del monastero catanese S. Nicola l’Arena dalle inedite disposizioni dell’abate Dusmet, in Synaxis 4 (1986) 477-534; f. BERTUCCI, Catania e il suo monastero. S. Nicolò l’Arena 1846, a cura di g. giarrizzo, Catania 1990. 8 Contrariamente a quanto era avvenuto nelle altre regioni, in Sicilia non si era avuta la soppressione napoleonica. Il patrimonio ecclesiastico fu incamerato in gran parte dalle leggi dello Stato unitario. «la vendita dei beni incamerati in Sicilia, compiuta dal demanio tra il 1866 e il 30 giugno 1906, fece affluire alle casse dell’erario l. 155.589.541,93, cioè un quinto e sei decimi del totale nazionale, calcolato in l. 873.815.703,81» (g. ZITO, La cura pastorale, cit., 295). Sul tema vedi in particolare a. SINDONI, L’eversione dell’asse ecclesiastico, in R. ROMEO (cur.), Storia della Sicilia, cit., Ix, 203-220. 9 Il rifiuto del Dusmet a tutte le proposte che miravano a dare un diverso ruolo sociale ai monasteri benedettini per salvarli dallo scioglimento, secondo l’indirizzo che il governo italiano si apprestava a seguire, non può essere considerato frutto di una visione angusta della storia e di una mancanza di lungimiranza. Chi conosce la natura e la funzione degli ordini monastici sa l’importanza che ha per i monaci la fedeltà allo spirito del fondatore. Per il Dusmet la trasformazione ipotizzata per i monasteri, anche se avesse avuto come risultato immediato la salvaguardia del patrimonio immobiliare, avrebbe comportato il riconoscimento di fatto della inutilità dei monasteri benedettini costituiti secondo la regola di s. Benedetto e la ricostituzione di una realtà nuova di difficile definizione (T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 97-115). 10 Ibid., 116-123. Nelle lettere testimoniali per l’episcopato, scritte dall’abbate di San Paolo angelo Pescitelli, procuratore generale dei benedettini, troviamo formulato questo giudizio sugli anni trascorsi come abate a San Nicola l’arena: «Incredibile dictu est quanta prudentia, dexteritate ac animi fortitudine usus sit hisce praesertim salebrosis temporibus. Per novem annos Catanensi monasterio praefuit, et Spiritus forma gregis verbo et exemplo
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la proposta di nominare arcivescovo di Catania il Dusmet si concretizzò nel 1867. la diocesi dal 1861, dopo la morte del vescovo felice Regano, era rimasta vacante ed era retta da un vicario capitolare. Il governo italiano, dimostrandosi poco coerente con i princìpi liberali che diceva di professare, non volle rinunziare agli antichi privilegi dei re di Sicilia di presentare al papa i nomi dei nuovi vescovi. Una prima proposta, di trasferire a Catania ludovico Ideo, vescovo di lipari, fu respinta dalla Santa Sede, che giudicava il candidato troppo devoto al governo. Nelle trattative che seguirono si fecero i nomi di mons. giuseppe Maria Pappardo e di mons. giulio arrigoni, vescovo di lucca, fino a quando le parti non si trovarono d’accordo sul nome dell’abate giuseppe Benedetto Dusmet. Pio Ix nel concistoro del 22 febbraio 1867, fra gli altri vescovi, annunciò anche la nomina del Dusmet per la sede di Catania. l’eletto fu consacrato a Roma il 10 marzo e fece il suo ingresso in diocesi l’8 aprile11. 2. SITUaZIONE DElla DIOCESI E SUO PROgETTO PaSTORalE
la diocesi di Catania attraversava un periodo particolarmente difficile. Nel riordino delle diocesi siciliane, attuato dai borboni nella prima metà del secolo xIx, i suoi confini erano stati drasticamente ridimensionati: parte del suo territorio era stato attribuito alle nuove diocesi di Piazza armerina, Nicosia e Caltagirone. la bolla di erezione della diocesi di acireale, emanata il 27 giugno 1844, non era stata ancora eseguita per la presenza di una clausola, suggerita da ferdinando II a gregorio xVI, che subordinava la sua esecuzione alla morte dei vescovi di Catania e di Messina; perciò il popolo dei comuni già assegnati alla nuova diocesi viveva in un atteggiamento di insofferenza e di attesa12. Dal punto di vista socio-politico la situazione era instabile: dopo le rivoluzioni del 1837 e del 1848, in cui tutta la città si era trovata unita nel omnes ad pietatem, ad regularem observantiam, ad sacras disciplinas excitavit. hisce autem turbulentis temporibus et politicis immutationibus adeo prudentia ac animi robore enituit, ut ab omnibus, et etiam ab Ecclesiae hostibus in honore et veneratione haberetur et esset» (Proc Dat 229, fol. 148v). 11 T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 168-173; g. ZITO, La cura pastorale, cit., 58-68. 12 g. CONTaRINO, Le origini, cit., 41-58.
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porre fine al regime borbonico13, lo sbarco di garibaldi a Marsala aveva suscitato quasi un’attesa messianica di rinnovamento14. I fatti di Bronte e di Biancavilla (1860) vanno letti nel contesto di una secolare domanda di pane e di libertà, che le classi più emarginate si illusero di avere a portata di mano con l’avvio del nuovo corso politico15. la dura repressione di Nino Bixio e le successive scelte del governo liberale provocarono delusione e malcontento soprattutto nel proletariato agricolo ed urbano. a Catania c’era una forte tradizione liberale e democratica. gruppi consistenti di cattolici avevano appoggiato la rivoluzione liberale, plaudendo all’annessione all’Italia del Regno delle Due Sicilie. l’iniziale entusiasmo si tramutò man mano in delusione ed ostilità quando, con il prevalere fra i liberali della componente anticlericale e massone, il governo assunse un atteggiamento ostile alla Chiesa, attuando in modo affrettato e poco producente due delle riforme più attese: una distribuzione più razionale del clero — soprattutto regolare — e della proprietà ecclesiastica16. l’enorme massa di terreni agricoli, espropriata agli ordini religiosi e immessa sul mercato, favorì l’aristocrazia e la borghesia emergente che l’acquistarono ad un prezzo irrisorio, ma non placò la secolare fame di terra dei contadini siciliani17. In una condizione generale di crisi e di sconvolgimenti sociali, la città di Catania manifestò una certa vivacità imprenditoriale ed economica che servì da richiamo alla popolazione della provincia e delle città vicine18. Il notevole incremento demografico, che pose Catania al primo posto fra le altre città della Sicilia19, testimonia un costante processo immigratorio, che negli anni obbligò i catanesi a ritrovare una propria identità culturale e a ristabilire un difficile equilibrio sociale. Negli anni che seguirono l’Unità
Vedi supra il profilo del vescovo felice Regano. f. M. STaBIlE, Il clero palermitano, cit., 42-48. 15 B. RaDICE, Memorie storiche di Bronte, ristampa, Bronte 1984, 427-519; Il processo di Bronte, Caltanissetta-Roma 1985; S. SCalIa, Il processo a Bixio, Catania 1991; g. gIaRRIZZO, Un comune rurale della Sicilia etnea (Biancavilla 1810-1860), Catania 1963, 319-374; S.f. ROMaNO, Momenti del risorgimento in Sicilia, Messina – firenze 1952, 109262; D. MaCk SMITh, L’insurrezione dei contadini siciliani, in Quaderni del Meridione 1958, 132-155; 253-275; f. RENDa, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, I, Palermo 1984, 155-166. 16 g. DI faZIO, Dusmet a Catania, cit., 96-99. 17 a. SINDONI, L’eversione, cit. Un quadro generale delle soppressioni di beni ecclesiastici in Sicilia si ha in S. CUCINOTTa, Sicilia e siciliani, cit., 139-202. 18 g. gIaRRIZZO, Catania, Bari 1986, 3-122. 19 Ibid., 3-10; g. lONghITaNO, La dinamica demografica, in M. ayMaRD. – g. gIaRRIZZO (curr.), La Sicilia, cit., 983-1020. 13 14
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d’Italia diventerà sempre più forte il contrasto fra l’aristocrazia e la borghesia da una parte, gli operai, i contadini e i senza lavoro dall’altra. Mentre i primi occupavano il centro storico, che perseguiva il modello di una città ricca e opulenta, gli altri si accalcavano nelle nuove periferie, dove le strade erano a fondo naturale e i servizi essenziali mancavano del tutto. la situazione dei diversi partiti o movimenti politici era molto fluida: si componevano e si scomponevano con estrema facilità sulla base più di rivalità personali che di posizioni ideologiche: ‘garibaldini’, repubblicani, monarchici, legittimisti, moderati, clericali, radicali, socialisti… si scontravano nei dibattiti cittadini, nelle elezioni amministrative e nazionali, dando vita a maggioranze precarie per il governo della città o a rappresentanze diverse nel parlamento nazionale20. la presenza dei cattolici in un contesto così difficile era tutta da inventare: mancava un chiaro progetto sociale e politico; ma l’attenzione prevalente, più che alla costruzione di una nuova società, era rivolta alla difesa dei diritti o dei privilegi, che la nuova classe politica dava l’impressione di non voler rispettare21. Dal punto di vista religioso c’era da far fronte all’istruzione e all’assistenza dei fedeli, che affluivano nelle affollate periferie urbane, e da riorganizzare il clero secolare e regolare, sconvolto dalle leggi eversive; c’era da dare una risposta immediata ai vecchi e ai nuovi poveri, che continuavano a ricorrere alla Chiesa per un aiuto che consentisse loro di sopravvivere. Dal punto di vista sociale, dopo il crollo dell’ancien régime, bisognava trovare una diversa presenza della Chiesa e dei cattolici all’interno della società. Il problema non era di facile soluzione; perciò si spiegano in questo periodo iniziative incerte e contraddittorie: ritorni al passato, tentativi di aprire al futuro, atteggiamenti integralistici, un generale appiattimento sulle direttive che giungevano da Roma22. Il Dusmet aveva incominciato a conoscere questa situazione negli anni del suo governo del monastero San Nicola. Tuttavia i continui cambiamenti che si verificavano all’interno della società lo obbligavano ad assumere un atteggiamento allo stesso tempo attento e prudente. la prima let-
g. gIaRRIZZO, Catania, cit., 10-12. g. DI faZIO, Dusmet a Catania, cit., 112-122. 22 Ibid., 96-112; 122-128; a MONTICONE, I vescovi meridionali: 1861-1878, in Chiesa e religiosità in Italia, cit., Relazioni, I, 59-100; ID., L’episcopato italiano dall’unità al Concilio Vaticano II, in M. ROSa (cur.), Clero e società nell’Italia contemporanea, Bari 1992, 256-330; 262-269; S. TRaMONTIN, Profilo di storia della Chiesa italiana dall’Unità ad oggi, Torino 1980, 11-23. 20 21
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tera pastorale inviata da Roma si ricollega proprio alla sua precedente esperienza catanese di abate e di monaco cacciato dal monastero e accolto amorevolmente dal clero. Non era nelle sue intenzioni tracciare un programma pastorale; tuttavia non è difficile leggere fra le righe le direttrici che egli intendeva seguire dopo aver accettato con sofferenza e trepidazione di svolgere il ministero di vescovo a Catania affidatogli dal papa23. a) Il clero
fra i punti nodali del programma pastorale dei vescovi, quello del reclutamento e della formazione del clero assumeva un significato di rilievo. Infatti, considerato il ruolo che avevano i sacerdoti come collaboratori del vescovo nella formazione cristiana dei fedeli, solo un clero che fosse all’altezza delle sfide poste alla Chiesa dalla società del tempo poteva indurre il vescovo a guardare il futuro con ottimismo. Nella prima lettera pastorale del Dusmet non possiamo trovare indicazioni sui criteri che egli intendeva seguire per il reclutamento del clero; affronta però in primo luogo quello della sua formazione24. Cercando «una parola improntata di attualità, una parola non dotta ma cordiale, adatta alle condizioni nostre e della arcidiocesi amatissima», egli la trova nella esortazione alla concordia: «la nostra bandiera, che siam sicuri sarà quella di voi rispettabili sacerdoti, è la concordia […]. Salutatela, fratelli miei dilettissimi, questa bandiera, salutatela coll’entusiasmo dei veri credenti. Nella concordia è la verità nella concordia è la forza, nella concordia è la felicità»25.
Segue il richiamo ad un comportamento coerente con la missione da svolgere:
«Persuadetevi, fratelli, a conciliarvi con la pubblica stima; a menar vita meno travagliata altro mezzo non v’ha che star contenti alle dolcezze del vostro stato, senza cercarne altrove, senza spandervi al di fuori, tenendovi strettamente uniti fra voi. l’atmosfera della politica, delle assemblee, dei
g.B. DUSMET, Lettera pastorale al clero ed al popolo della arcidiocesi di Catania, Roma 1867, 3-4. 24 Sul tema vedi g. ZITO, La cura pastorale, cit., 167-175. 25 g.B. DUSMET, Lettera pastorale, cit., 5. 23
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partiti, delle dissensioni, non è respirabile dal ceto ecclesiastico. farsi tirare a rimorchio dai capricci delle opinioni e dalla versatilità delle umane teoriche non si addice ad uomini collocati faccia a faccia all’eternità. Elevarsi al di sopra dei terreni avvenimenti, dissetarsi alla sorgente delle divine grazie, collocarsi nel centro della luce, tale è compito del Sacerdozio»26.
la visione che egli ha della società in cui vive non è certamente ottimistica; perciò invita il clero a stare lontani, ma non a separarsi dal mondo. In ogni caso l’arma vincente contro i mali del secolo deve essere quella della carità:
«lontani dunque, lontani dal secolo che oggi più di mai pur troppo va di traverso. lontani abbiam detto, non separati, non intrattabili, non sordi e ciechi sulle necessità di questi stessi figli del secolo agitati ed agitatori ad un tempo. No, miei fratelli, mille volte no: in un’epoca d’indifferenza religiosa e sociale è mestieri si rinnovino alla giornata i prodigi di carità cristiana segnati ad ogni pagina degli annali della Chiesa Cattolica»27.
Infine non manca l’esortazione per affrontare correttamente uno dei problemi più difficili del momento: il rapporto con i politici e le pubbliche autorità, spesso ostili alla Chiesa:
«Esortandovi a non barattare il vostro sacro carattere con quello di politici, di mestatori e simili, Noi non intendiamo inibirvi di conservare colle autorità governative i rapporti necessari: invece è nostro desiderio che essi sien mantenuti lealmente ed onoratamente. Non sia di voi il creare imbarazzi ed ostacoli al buon andamento della cosa pubblica. Stranieri alla riprovata teoria che il fine giustifica i mezzi, vogliate pure all’occorrenza stimmatizzare e respingere qualunque sforzo, qualunque massima, che sotto specie di miglior bene porti seco il turbamento dell’ordine […]. Che se i diritti e le leggi di Santa Chiesa, cui giuraste di ubbidire, esigessero difesa, fatela pure senza paure codarde, senza esorbitanze, senza sconfinare dal buono, dal giusto, dal retto dall’onesto, fatelo con rinnovata semplicità, per convincimento, con tale urbanità, con tal bel garbo da sforzare i vostri avversari a rispettarvi, staremmo per dirvi ad amarvi»28.
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Ibid., 6. L. c. Ibid., 7.
b) Il popolo
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Il Dusmet conosceva i cambiamenti che si erano verificati negli ultimi decenni. alla societas christiana, in cui i cittadini si identificavano con i cattolici, incominciava a subentrare una società in cui si manifestavano i segni incipienti di un pluralismo ideologico e religioso: gli intellettuali mostravano simpatia per le nuove dottrine, la borghesia si sentiva lusingata dai nuovi movimenti politici e dai circoli massonici, l’aristocrazia era incerta fra la fedeltà alla tradizione e le possibilità che offriva il nuovo assetto socio-politico per evitare di essere completamente travolti nel ricambio generazionale29. Restava il popolo, che doveva affrontare la dura battaglia quotidiana della sopravvivenza ed era esposto ai facili richiami dei novatores. Pur se distinto in diversi ceti, tutto questo popolo era stato affidato alle sue cure di pastore ed egli doveva garantire la possibilità dell’assistenza religiosa in una chiesa facilmente accessibile per i diversi quartieri, l’istruzione catechistica, il culto e i sacramenti, l’aiuto morale e materiale… Distinguendo nella sua lettera pastorale due categorie di popolo, scriveva ai ceti più elevati e agli intellettuali non senza una bonaria ironia: «alla classe soprattutto che discute e scrive, e cammina sempre e non arriva mai a quel meglio dietro cui s’infiamma e si precipita a capofitto, facciamo un solo invito: Venite ad me omnes. le sale del nostro episcopio sono aperte per voi. là se vi piaccia converseremo insieme […]»30.
agli altri diceva:
«l’altra classe del popolo più numeroso che non discute, non scrive, non comprende le teorie del giorno, ma domanda pane e fede, oh si affidi pure tutta intera al nostro amore di padre. Sin a quando avremo un panettello, noi lo divideremo col povero. la nostra porta per ogni misero che soffra, sarà sempre aperta»31.
Ma nel binomio «pane e fede» egli non intende solamente fermarsi
Emblematica in tal senso la descrizione della società catanese fatta f. De Roberto nel suo noto romanzo I Viceré. 30 g.B. DUSMET, Lettera pastorale, cit., 9. 31 Ibid., 10. 29
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a considerare il primo termine. Il suo primo compito di vescovo è quello di trasmettere e conservare la fede nel suo popolo:
«Ma la fede… ah il nostro buon popolo vuol conservata la fede, e incombe a noi che la gli si conservi. a quest’oggetto e a nessun altro Dio ci ha disposti sentinella avanzata sugli spalti d’Israello. Inculcheremo quindi senza posa mai, che rendendosi a Cesare quel ch’è di Cesare, si renda intieramente a Dio, quel ch’è di Dio. Non tollereremo per un istante solo una Religione aulica, officiale, rotiniera la quale soffochi sul labbro la verità, inceppi ogni movimento, e infeudi a profitto dello Stato la giurisdizione ecclesiastica»32.
c) I rapporti con le autorità civili
Il Dusmet, fin da quando era abate a San Nicola, aveva dimostrato di voler impostare nella massima chiarezza e nel rispetto reciproco i rapporti con le autorità civili. Era stato questo uno dei motivi che aveva indotto il governo italiano ad accettare la sua candidatura alla sede di Catania. Nel 1862 non aveva avuto difficoltà a dare ospitalità a garibaldi e alle sue truppe nel monastero e in altre occasioni aveva accolto i prìncipi di Savoia33. Quando erano diventate operative le leggi che sopprimevano gli ordini religiosi e ne confiscavano i beni, trattò la cessione del monastero con correttezza e dignità. Perciò egli può far riferimento alla propria esperienza personale nel dare precise direttive:
«Più di una fiata in questi tempi fortunosi ci fu forza contraddire, e protestare e negarci ad esigenze ripugnanti alle leggi della Chiesa. Ebbene adempimmo a tal dovere senza ambagi, colla dignità del carattere sacerdotale e coll’umiltà della cocolla, fermi sul terreno dei princìpi. Che ne avvenne? gli oppositori furon ragionevoli e sinceri e Noi cogliamo la presente occasione per porgere loro i nostri ringraziamenti; essi compresero che camminar d’accordo su quel terreno non ci era in nessuna guisa possibile, e che altrimenti comportandoci saremmo stati e vigliacchi e spergiuri. la nostra coscienza restò quieta, i diritti della Chiesa restarono saldi, e i riguardi di questi signori non ci venner meno, si accrebbero»34.
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L. c. T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 81-85. g.B. DUSMET, Lettera pastorale, cit., 7-8.
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l’accresciuta stima nei suoi riguardi da parte delle autorità, per la linea di rispetto reciproco adottata nel suo ministero, lo porterà nelle relazioni ad limina a dare al papa un lungo elenco di realizzazioni, operate d’intesa con le autorità civili, che in altre città o in un clima diverso sarebbero state probabilmente impensabili35. d) Amore per la Chiesa e per il papa
la figura del papa aveva acquisito un ruolo particolare nella formazione dei religiosi e dei sacerdoti. alla centralità di tipo teologico, che gli aveva conferito l’ecclesiologia della controriforma, negli ultimi anni si era aggiunta una centralità di tipo emotivo, sorta come risposta agli attacchi convergenti del razionalismo, del liberalismo e dalla massoneria. Il papa veniva considerato come l’ultimo baluardo attorno al quale dovevano serrarsi i cattolici per difendere la propria fede e la civiltà cristiana; perciò si spiegano le iniziative dirette a far conoscere il suo pensiero, i movimenti di opinione in favore delle sue prese di posizione su temi teologici, politici o sociali, le preghiere indette per invocare l’aiuto divino nei momenti difficili, la raccolta di offerte per aiutarlo nelle sue necessità dopo la perdita dello Stato pontificio36… Il Dusmet aveva fatto propri i princìpi di questa formazione e nella sua lettera pastorale scrive: «Manterremo sempre stretti i nodi tra i figli e la Madre, tra le Chiese particolari e la Chiesa romana. Dipenderemo dal menomo cenno del Successore di Pietro; a lui come a centro e maestro avrem ricorso nelle dubbiezze e nei problemi difficili a risolversi»37.
Seguirà questa direttiva manifestando verso il papa un atteggiamento Rel. 1881, fol. 278v-279v. Sulla linea seguita dalla ecclesiologia in questo periodo vedi: y. CONgaR, L’Eglise de saint Augustine à l’époque moderne, Paris 1970, 412-458; g. alBERIgO, La Chiesa nella storia, Brescia 1988, 240-253. I riflessi di questa dottrina nell’azione dei cattolici sono esaminati da g. MICCOlI, Fra mito della cristianità e secolarizzazione, Casale Monferrato 1985, 64-81; D. MENOZZI, La Chiesa cattolica e la secolarizzazione, Torino 1993, 43-55. 37 g.B. DUSMET, Lettera pastorale, cit., 10. 35 36
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non servile di venerazione e di obbedienza. furono molteplici le iniziative prese per comunicare al clero e ai laici i suoi stessi sentimenti38. l’arcivescovo Dusmet governò la Chiesa di Catania fino al 4 aprile del 1894, ricevendo incarichi e attestati di stima per la sua personalità e la sua azione pastorale. Mentre svolgeva il suo ministero episcopale, il 18 gennaio 1885, fu nominato da leone xIII amministratore apostolico della diocesi di Caltagirone, rimasta vacante in seguito alle dimissione del vescovo giovanni Battista Bongiorno; ufficio che ricoprì con plauso del clero, del popolo e delle autorità civili fino al 27 giugno dello stesso anno39. Il 4 dicembre 1885 dallo stesso papa fu incaricato di predisporre il necessario per riaprire il collegio Sant’anselmo di Roma; progetto che si concretizzò il 4 gennaio 188840. Nel concistoro dell’11 febbraio del 1888 leone xIII gli conferì la porpora cardinalizia41. a conclusione dei processi canonici, il 15 luglio 1965 fu emanato il decreto sulla eroicità delle sue virtù42 e proclamato beato da giovanni Paolo II il 25 settembre 198843. 3. l’aTTIVITà NEllE RElaZIONI AD LIMINA (1869, 1873, 1881, 1890)
le quattro relazioni inviate alla Santa Sede seguono lo schema consueto: la prima, inviata a Roma nel 1869, due anni dopo l’ingresso in diocesi del Dusmet e a conclusione della sua prima visita pastorale, è ampia e dettagliata perché il nuovo arcivescovo doveva offrire alla Congregazione un quadro esauriente della situazione in cui aveva trovato la diocesi all’inizio del suo ministero pastorale. Nelle altre tre — inviate rispettivamente nel 1873, nel 1881 e nel 1890 — il Dusmet non risponde analiticamente alle domande del questionario, ma si limita a descrivere le novità verificatesi dopo l’invio della precedente relazione. I quattro documenti, pur nella loro diversità formale, ci offrono non pochi elementi per ricostruire la situazione
g. ZITO, La cura pastorale, cit., 68-89. T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 327-337; M. PENNISI, Dusmet amministratore apostolico a Caltagirone, in g. ZITO (cur.), Chiesa e società in Sicilia. I secoli xVII-xIx, cit., 97-118. 40 T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 139-154. 41 Ibid., 469-492; R. RITZlER – P. SEfRIN, Hierarchia catholica, cit., VIII, 34. 42 a. lIPaRI, Dusmet, cit., 155-159. 43 N. CIaNCIO, Il card. Dusmet nella gloria degli altari, in Bollettino ecclesiastico dell’arcidiocesi di Catania 91 (1988) 129-131. 38 39
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in cui si trovò la diocesi di Catania dopo l’Unità d’Italia e per conoscere le concrete iniziative promosse dal Dusmet durante uno dei periodi più difficili ma interessanti della storia catanese44. la preoccupazione del Dusmet di riparare i guasti prodotti dal governo liberale, ripristinando nei rapporti Chiesa-Stato la situazione esistente prima del 1860, sembra costituire il filo conduttore della sua prima relazione e uno dei punti fondamentali del suo progetto pastorale. Si tratta di una linea di azione comune ai vescovi del tempo, in parte sollecitata dagli interventi di Roma. Tuttavia mentre altri vescovi manifestavano sentimenti legittimisti o preferivano assumere con le nuove autorità politiche e amministrative un atteggiamento intransigente e di rottura, egli fin dal primo momento si era prefisso la via della legalità e del dialogo. l’attenta lettura delle quattro relazioni ci permette di concludere che questa linea di azione alla fine risultò vincente. Infatti il Dusmet se non sempre riuscì a riavere i beni confiscati o i privilegi perduti, con il suo prestigio personale ottenne comunque condizioni molto favorevoli per l’esercizio del suo ministero pastorale. Nei seguenti paragrafi prima ci limitiamo a riassumere schematicamente i principali elementi rilevabili dalla sua prima relazione, poi indicheremo i fatti nuovi che il Dusmet riferisce nelle altre tre relazioni. a) Ordinamento diocesano
Il particolare ordinamento di Catania, che non conosceva parroci perpetui ma semplici cappellani sacramentali, ai quali il vescovo — unico parroco — affidava a sua discrezione (ad nutum) la cura delle anime, sembra costituire per il Dusmet un dato provvidenziale da difendere e da proporre come modello per le altre diocesi:
«Va notato che in questa arcidiocesi, se si eccettua il comune di Bronte da poco incluso nella sua circoscrizione, che ha una chiesa parrocchiale (per la cui provvista si bandisce il concorso secondo le indicazioni del Concilio di Trento, sess. 24, de ref., c. 13 e la costituzione di Benedetto xIV, Cum illud), in nessun altro luogo c’è un vero e proprio parroco. Tuttavia molti — soprat-
Mentre la prima è stata già pubblicata da g. DI faZIO, Dusmet a Catania, cit., 129138 in appendice al suo saggio, le altre sono inedite, ma note e in parte utilizzate (a. lONghITaNO, La parrocchia nella diocesi di Catania, cit., 142-145; g. ZITO, La cura pastorale, cit., 553). 44
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tutto le dignità di alcune collegiate — pur non avendo il diritto di rilasciare il contrahatur, si fregiano di un titolo privo di contenuto. a tal proposito, poiché si hanno non poche liti promosse contro l’Ordinario, la cui autorità è rappresentata nei diversi luoghi dai vicari foranei, considerati vice parroci amovibili a discrezione del vescovo, sarebbe auspicabile abolire le parrocchie di dubbia istituzione, oppure trasformare in amovibili i loro parroci o almeno aumentare il numero dei motivi per i quali questi sacerdoti possono essere privati a buon diritto delle loro chiese, o ancora stabilire una procedura meno rigida perché si possa giungere alla privazione, fatta salva la giustizia»45.
alcune motivazioni, che stavano alla base del convincimento del Dusmet sui particolari vantaggi che assicurava questo particolare ordinamento, sono esposte dallo stesso arcivescovo46; altre possono essere facilmente dedotte dalle situazioni che si verificarono negli anni del suo governo pastorale: egli, facendo valere il titolo di unico parroco della diocesi, aveva rivendicato dal demanio i beni confiscati alle collegiate, sostenendo che dovevano essere considerati a tutti gli effetti beni parrocchiali; le autorità governative, che pretendevano di interferire nella nomina dei parroci, non avevano il titolo giuridico per opporsi alla nomina dei cappellani sacramentali; l’amovibilità dei cappellani sacramentali costituiva per il vescovo un’arma efficace per esigere dagli interessati un atteggiamento di maggiore disponibilità e obbedienza. la Congregazione, considerando gli effetti positivi ottenuti dal Dusmet, non si sentì di richiamare l’arcivescovo all’osservanza delle norme tridentine sulla erezione delle parrocchie autonome e sulla nomina dei parroci perpetui; ma si guardò bene dal considerare ideale il modello catanese e di proporlo per le altre diocesi47. b) Il clero e il seminario
Il problema del reclutamento e del sostentamento del clero era fra le prime preoccupazioni del Dusmet. le necessità del ministero erano molte-
Rel. 1869, fol. 236r. Si veda in particolare quanto scrive il Dusmet nella rel. 1873, fol. 263v-264r. 47 la risposta della Congregazione su questo argomento è al fol. 249r-v, dopo il testo originale latino della prima relazione. Per questo problema si veda a. lONghITaNO, La parrocchia nella diocesi di Catania, cit., 142-145; ID., Evoluzione sociale e giuridica delle parrocchie, cit., 437-440. 45 46
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plici; ma egli sapeva che un candidato poteva essere ammesso agli ordini sacri solo se aveva un titolo canonico, cioè un beneficio o un patrimonio proprio. Non doveva essere raro il caso di sacerdoti, ordinati per il servizio di una chiesa determinata, andassero alla ricerca di benefici più pingui. Per stroncare questo abuso il Dusmet proponeva alla Congregazione che le pene ferendae sententiae, stabilite dal Concilio di Trento, fossero inflitte latae sententiae. Nel caso poi dei candidati che erano stati ammessi agli ordini perché avevano ricevuto un patrimonio sacro dalla diocesi, proponeva che fossero privati automaticamente di questo sostentamento nel caso che si fossero allontanati senza permesso48. l’unica iniziativa prevista dalle norme canoniche per la formazione permanente del clero era quella dei casi morali e liturgici. Il Dusmet scrive che in molti luoghi della diocesi questa prassi era stata interrotta; ma egli si propone di ripristinarla al più presto49. Sebbene non fosse ancora riuscito a risolvere i casi difficili di alcuni sacerdoti, incorsi nelle censure per conflitti avuti con il vicario capitolare durante il periodo di sede vacante50, il giudizio che il Dusmet dà sul clero è sostanzialmente positivo: «Si chiede: quali sono i costumi del clero diocesano? Dice il profeta: «come il popolo così il sacerdote» {Os 4, 9}. Tuttavia devo ringraziare Dio: molti sono mediocri, pochi buoni, alcuni cattivi. Per reprimere questi ultimi, il regnante pontefice nell’enciclica del 9 novembre 1846 ha raccomandato come rimedio efficace solamente la pazienza e una costante dolcezza, come molti avvenimenti dei nostri giorni hanno dimostrato»51.
Trattando del seminario, si limita a scrivere che l’istituto accoglieva 220 alunni52; ma nella prima relazione non accenna al problema dei ‘foristi’, cioè degli alunni esterni che risiedevano nelle proprie case e venivano in seminario solo per frequentare le lezioni e fare assieme agli altri il passeggio. Troviamo un cenno all’argomento nella relazione del 1890, segno che questa prassi rimase in vigore durante l’episcopato del Dusmet53. 48 49 50 51 52 53
Rel. 1869, fol. 239r-v. Ibid., fol. 240r. Riprenderà il tema nell’ultima relazione del 1890, fol. 287r-v. Ibid., fol. 237v-238r; g. ZITO, La cura pastorale, cit., 43-52. Rel. 1869, fol. 240v. Ibid., fol. 241r. Tuttavia nella stessa relazione al fol. 236v aveva scritto 200 alunni. Rel. 1890, fol. 288r; g. ZITO, La cura pastorale, cit., 161-167.
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c) I religiosi
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Uno dei problemi più delicati che il Dusmet fu obbligato ad affrontare al suo ingresso in diocesi fu quello dei religiosi che erano stati costretti ad abbandonare i monasteri e i conventi soppressi. la maggior parte di essi si erano inseriti nel clero diocesano; alcuni avevano abbandonato il ministero. l’arcivescovo nutre poche speranze che questi ultimi possano essere richiamati all’osservanza degli impegni assunti; perciò scrive alla Congregazione che la sua preoccupazione principale era quella di assicurare agli altri le condizioni necessarie per vivere e per svolgere il ministero54. Per le monache i problemi erano di natura diversa: a Catania solo il monastero della Santissima Trinità era stato convertito in educandato e le monache obbligate a cercare rifugio in altri monasteri55. le altre non erano state disturbate. Tuttavia, con l’eversione dei beni ecclesiastici, tutti i monasteri erano rimasti privi di sostentamento56. Si deve presumere che vivessero della carità dei fedeli. Un interrogativo che si poneva la Chiesa subito dopo la soppressione degli ordini monastici riguardava l’atteggiamento da assumere nei confronti delle iniziative di fondazione di nuove congregazioni religiose femminili. Il Dusmet sembra incline a sostenere gli antichi istituti e a scoraggiare le nuove fondazioni: «In tal modo si eviterebbe il rischio di far credere che nella Chiesa su questo argomento si vogliano introdurre cambiamenti radicali o che i santi fondatori degli ordini religiosi, così benemeriti verso la Chiesa e la società civile, dalle persone ignoranti siano tenuti in poca considerazione. Nondimeno è a tutti nota la necessità di apportare qualche innovazione più consona ai problemi del nostro tempo agli istituti religiosi, il cui fine non è più sostenibile»57.
d) Il popolo: iniziative di formazione, assistenza e apostolato
l’atteggiamento ostile assunto dal governo nei confronti della Chiesa, la libertà concessa ai predicatori di altri culti e il favore dato alla 54 55 56 57
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Rel. 1869, fol. 240v. g. ZITO, La cura pastorale, cit., 274-293. Ibid., fol. 236r-v. Ibid., fol. 241r. L. c.
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pubblicazione di una stampa dichiaratamente antireligiosa ponevano il problema di dare ai fedeli una istruzione più solida e una formazione più matura. alla tradizionale catechesi per i bambini, che si teneva ogni domenica nelle chiese sacramentali58, bisognava aggiungere altre iniziative idonee alla nuova situazione della società:
«Nelle parrocchie e in alcune chiese più frequentate della città è stato conferito l’incarico agli esponenti più eminenti dell’uno e l’altro clero di spiegare ogni settimana al popolo la Sacra Scrittura contro le nuove teorie e di tenere opportune istruzioni in un periodo così difficile come il nostro. Per quanto riguarda la predicazione non c’è dubbio che occorre adoperarsi per dare alle prediche quella serietà che li renda immuni dalla vanità e dal desiderio di novità; inoltre se ogni dottrina insegnata ai fedeli è contenuta nella parola di Dio, deve essere attinta dalla Sacra Scrittura e dalla tradizione. Ma non bisogna passare sotto silenzio che a volte è ritenuto necessario prendere a nostra difesa le armi che per la loro appariscente novità sembrano idonee a sconfiggere gli orgogliosi nemici. Per la qual cosa se da una parte non bisogna abbandonare la fonte della verità che è una sola, dall’altra bisogna adattare la forma di questa verità ai tempi che bisogna combattere. In questo momento il metodo critico è quello vincente; perciò nella formazione è necessario preparare i chierici a questo metodo di lotta con il quale gli avversari sono ridotti al silenzio»59.
l’introduzione del matrimonio civile, considerata dai vescovi come una funesta novità in grado di determinare il disfacimento delle famiglie cristiane60, poneva delicati problemi pastorali: quale atteggiamento assumere nei confronti di quei cristiani che si sposavano solamente al municipio? E se i coniugi civili si fossero separati e avessero chiesto di contrarre matrimonio religioso con altre persone, bisognava accogliere la loro richiesta? Per dare una risposta a questi interrogativi il Dusmet propose di attenuare la rigidità della norma sulla forma obbligatoria del matrimonio e di ripristinare, entro certi limiti, la prassi antica della Chiesa: riconoscere valido il matrimonio dei nubendi nel caso in cui avessero manifestato il consenso con gli sponsali e fosse seguita la copula61.
Ibid., fol. 239r-v. Ibid., fol. 238r-v. 60 g. ZITO, La cura pastorale, cit., 428-446. 61 Rel 1869, fol. 243r. Sull’antica prassi della fuga consensuale (la fuitina), ancora viva in Sicilia, e sui problemi pastorali che comportava soprattutto al tempo del Dusmet, vedi il dossier pubblicato in Synaxis 13 (1995) 7-98. 58 59
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la Chiesa non poteva più contare su tutte quelle opere che in passato le avevano consentito di esercitare l’assistenza e la carità: confraternite, ospedali, orfanotrofi, monti di pietà… quasi tutte sottratte alla giurisdizione ecclesiastica62. Perciò era urgente istituire nuove forme di associazionismo laicale e più incisive iniziative di carità per evitare che i cattolici venissero relegati all’interno degli edifici di culto e delle sacrestie. Questa problematica, che verrà sviluppata soprattutto negli anni successivi, trova solamente alcuni cenni nella prima relazione: l’istituzione delle scuole serali gratuite per istruire i ragazzi di ogni condizione63, la fondazione di due associazioni: una che si prefiggeva fini liturgici e un’altra che riuniva i domestici di una certa esperienza e capacità e li garantiva presso i padroni64. e) La giurisdizione ecclesiastica e il rapporto con le autorità civili
Il Dusmet non sembra farsi più molte illusioni sul nuovo corso introdotto dal governo liberale. Per rispondere al questionario proposto dalla Congregazione egli deve elencare gli antichi privilegi perduti e i casi in cui non era più riconosciuta l’esclusiva competenza della Chiesa su determinate materie: il privilegio del foro, le opere pie, i cimiteri, il matrimonio65… Nonostante tutto, egli si sente di poter affermare: «la Chiesa nella propria giurisdizione gode ancora di una propria libertà»66. Uno dei fini che si prefiggeva con la sua azione pastorale era quello di non far venir meno la presenza della Chiesa nelle strutture della società attraverso il suo prestigio personale e i buoni rapporti stabiliti con le autorità civili. I fatti nuovi che si verificano negli anni seguenti e i successi ottenuti con la sua azione pastorale sono indicati dal Dusmet nelle relazioni del 1873, 1881 e 1890. Una delle più importanti novità riguarda l’esecuzione (1872) della bolla di erezione della diocesi di acireale (1844), che pose fine alle decennali contese da una parte fra il clero e il popolo della nuova dioRel. 1869, fol. 242r. Ibid., fol. 238r. Per un quadro più completo dell’associazionismo cattolico al tempo del Dusmet vedi g. ZITO, La cura pastorale, cit., 470-486. 64 Rel. 1869, fol. 242r. 65 Ibid., fol. 237v, 240r, 242r, 243r. 66 Ibid., fol. 237v. 62 63
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cesi e dall’altra fra gli arcivescovi di Catania e Messina67. Da quella data i confini della diocesi di Catania non subiranno più altre modifiche. la convinzione del Dusmet sulla validità dell’ordinamento diocesano che considera il vescovo unico parroco e i cappellani sacramentali suoi delegati si rafforzò dopo la sentenza definitiva della Cassazione che restituì i beni delle collegiate, considerati come parrocchiali: «Ritenendo superfluo ripetere anche in questa relazione le notizie scritte nella prima e nella seconda sui grandi benefici che comporta — specialmente ai nostri tempi — l’antica e particolare costituzione della Chiesa di Catania, nella quale l’arcivescovo è l’unico parroco della città e della diocesi, mi limito a manifestare la mia soddisfazione per la sentenza che ho avuto dal tribunale della Suprema Cassazione di Roma con la quale mi ha restituito, riconoscendoli come parrocchiali, parte dei beni di questa mensa vescovile già perduti, e mi conferì il diritto di rivendicare preso i tribunali civili le proprietà di tutte le chiese parrocchiali della mia diocesi. Proprio nei giorni scorsi fermandomi a Roma, con la particolare protezione di Dio, ho vinto un’altra grande controversia sui beni della mia mensa vescovile»68.
anche altre questioni, aperte dopo l’unità d’Italia con il governo liberale, si ha l’impressione che si siano risolte man mano secondo i desideri dell’arcivescovo. Non solo nessuna delle chiese esistenti in diocesi fu chiusa al culto, ma a Catania si riuscì anche ad erigere tre nuove chiese, rivelatesi provvidenziali per lo svolgimento di un’efficace azione pastorale nei rispettivi quartieri: Santa Maria della Mercede, Santa Maria della Salette e Santa Maria della guardia69. Il Dusmet evitò anche la soppressione della maggior parte dei Collegi di Maria e riuscì a far affidare alle figlie di Maria ausiliatrice quelli di Trecastagni e di Bronte70. Se da una parte molte opere pie erano state sottratte alla giurisdizione ecclesiastica, dall’altra l’arcivescovo ottenne che nella direzione di diversi ospedali ed istituti di assistenza avessero un ruolo importante alcuni istituti di suore:
Rel. 1873, fol. 263r-v; g. CONTaRINO, Le origini, cit., 73-93. Rel. 1881, fol. 277v. 69 Rel. 1873, fol. 264v; rel. 1881, fol. 277r. 70 Rel. 1869, fol. 236v; rel. 1881, fol. 278r-v. l’opera svolta dalle figlie di Maria ausiliatrice nell’antico Collegio di Maria di Trecastagni è analizzata da g. ZITO, Maddalena Morano nella diocesi di Catania fra Dusmet e Francica Nava, in M.l. MaZZaREllO (cur.), Sulle frontiere dell’educazione. Maddalena Morano in Sicilia, 1881-1908, Roma 1995, 29-77. 67 68
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«I due maggiori ospedali di questa città sono stati affidati alla direzione delle suore dette “della carità”, le quali sono state incaricate di dirigere il grande ospizio municipale dei poveri […]. a dirigere l’ospizio di adrano sono state chiamate le suore di s. anna. Inoltre il conservatorio delle cosiddette “proiette settenarie” di Catania di recente è stato affidato alle suore della carità»71.
a questi istituti soggetti alle autorità civili bisogna aggiungere quelli eretti dal Dusmet per l’assistenza dei poveri, degli anziani, degli orfani: «ho istituito un altro ospizio per gli anziani poveri dell’uno e dell’altro sesso, diretto dalle suore dei poveri chiamate dalla francia, nel quale sono già accolti circa 80 ricoverati, mantenuti dalla carità dei fedeli. la casa nelle quale attualmente sono accolti è stata presa in affitto a mie spese; ma al più presto sarà costruito un grande edificio di proprietà delle suore, che potrà accogliere 200 poveri […]. Un’altra nuova casa ho assegnato {alle suore della carità}, in cui è stato istituito un collegio per l’educazione delle ragazze di civile condizione. Pertanto nello spazio di tre anni in diocesi sono stati istituiti 10 istituti, affidati a suore di vari ordini »72.
le scuole gratuite per i poveri, delle quali aveva informato la Congregazione nella prima relazione, continuarono a funzionare durante gli anni del governo pastorale del Dusmet73. Di altre opere sociali, istituite negli ultimi anni, troviamo menzione nella relazione del 1890:
« Da quattro anni ho aggiunto una nuova iniziativa di carità, cioè un dormitorio per i poveri dell’uno e l’altro sesso, eretto a mie spese e dedicato a San giuseppe. Nello scorso mese di maggio ho dato vita ad una nuova opera di carità per curare e nutrire i poveri infermi a domicilio, quelli cioè che non possono essere ricoverati negli ospedali della città. ho istituito quest’opera badando bene a non incorrere nella nuova norma civile che stabilisce la rimozione dei parroci dalle opere di carità; dando, cioè agli stessi parroci (da noi si chiamano curati) la direzione dell’opera. Quasi tutte le nobildonne della città sono iscritte a questa pia opera e tutti sperano da loro aiuti e favori»74.
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Rel. 1881, fol. 279r-v. L. c. L. c.; g. DI faZIO, Dusmet a Catania, cit., 106-108. Rel. 1890, fol. 288v; T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 387-395.
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Riteniamo che basti solamente qualche cenno al tema dell’assistenza e della carità svolta dal Dusmet quotidianamente e in alcuni eventi dolorosi verificatisi nel corso del suo governo pastorale: le epidemie di colera del 1867 e del 1887, i terremoti e le eruzioni dell’Etna del 1878 e del 1886, l’alluvione del 1880, il ciclone del 1884… Si tratta di temi che sono stati ampiamente sviluppati dai biografi75 e che trovano qualche riscontro anche nelle relazioni ad limina76. Merita, invece, di essere rilevato lo stile di austerità e di sobrietà con cui svolse le visite pastorali: non solo non pretese nulla dalle chiese e dal clero a titolo di rimborso spese, ma proibì ogni forma di inutile spreco nell’accoglienza dell’arcivescovo e del suo seguito:
«In considerazione della povertà e delle ristrettezze di quasi tutte le chiese, in questa visita come nelle precedenti, non ho preso nulla dal clero o dalle stesse chiese, né per gli alimenti, né per il viaggio, né per qualsiasi altro motivo, ma ho portato tutto a compimento a mie spese, avvertendo tuttavia che da questa mia rinunzia non doveva nascere pregiudizio alcuno per i miei successori e per i loro diritti. anzi poiché nelle due precedenti visite ho riscontrato che erano state fatte diverse spese per una più solenne accoglienza e ricezione del vescovo visitatore, ho emanato rigide proibizioni ai vicari foranei sull’uso di carrozze, bande musicali ed altro con i quali, in segno di ossequio e di amore, si andava incontro al visitatore. Mi sono recato nei singoli luoghi da solo, accompagnato dal cancelliere, dal segretario e dal domestico, affittando una sola carrozza; nessuno mi è venuto incontro. Queste indicazioni, che ho ordinato venissero rigorosamente osservate, non furono di ostacolo a suscitare la religiosità dei fedeli; anzi mi manifestarono maggiore riverenza e mi diedero segni evidenti di amore e di impegno»77.
Chi ha una certa familiarità con l’archivio Storico Diocesano di Catania di questo periodo e conosce la grafia del segretario del Dusmet, il benedettino p. luigi Della Marra, noterà che la terza relazione del 1881 è stata stesa da lui. Questa osservazione, che potrebbe sembrare di scarsa rilevanza, ci obbliga, invece, ad interrogarci sui collaboratori del nostro arci-
g. aMaDIO, Il Cardinale Dusmet, cit., 204-264; T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 352-468; a. lIPaRI, Dusmet, cit., 92-97; 104-108. 76 Rel. 1869, fol. 237r; rel. 1890, fol. 286r. 77 Rel. 1881, fol. 275v. 75
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vescovo. Rinviando agli scritti degli storici catanesi per un giudizio sulla figura del rettore del seminario e vescovo ausiliare antonino Caff, dei due vicari generali giuseppe Coco Zanghì e francesco Castro78, ci limitiamo a dare solamente qualche cenno sul p. luigi Della Marra. g. Zito lo definisce una «figura tra le più singolari, ma anche fra le più dimenticate, nell’àmbito ecclesiale e culturale di Catania»79 e riassume così la sua azione svolta a fianco del Dusmet:
«Per tutto il tempo del suo episcopato Dusmet trovò in Della Marra: il fedele interprete del suo pensiero, che lo seppe alleviare dalle preoccupazioni di carattere burocratico nel governo della diocesi, permettendogli di dedicarsi precipuamente agli impegni pastorali; l’intelligente ed instancabile collaboratore per le direttive da emanare e nelle iniziative ed opere da lui promosse; per la sua ampia erudizione, il promotore dei ricorsi, preparati con solide motivazioni giuridiche, che permisero al suo abate-arcivescovo di riportare facili vittorie presso i tribunali civili nelle liti intentate per la difesa dei diritti della Chiesa catanese, soprattutto quelle di carattere economico. a lui il Dusmet conferì incarichi diocesani di non lieve responsabilità: la guida e l’organizzazione di molte attività caritative e del Comitato diocesano dei circoli cattolici; il compito di cancelliere della curia arcivescovile dal 29 dicembre 1876; le facoltà di vicario generale dal 10 novembre 1893, poiché non credette opportuno nominare un successore al defunto vicario Castro; la redazione del giornale La Campana, organo ufficiale dei circoli cattolici diocesani e della curia»80.
Si tratta di un personaggio che svolse un’intensa e molteplice attività ponendosi come criterio di lavorare all’ombra del suo arcivescovo, evitando il rischio del dualismo o della contrapposizione. Un’accurata ricerca nell’archivio Storico Diocesano potrebbe aiutarci a chiarire il ruolo avuto dal p. Della Marra nelle diverse iniziative promosse durante il governo pastorale del Dusmet.
g. ZITO, La cura pastorale, cit., 123-140. ID., Per la storia dell’Università di Catania: l’Archivio Arcivescovile e il padre Luigi Della Marra, in ID. (cur.), Insegnamenti e professioni. L’Università di Catania e le città di Sicilia, Catania 1990, 9-54: 14. 80 ID., La cura pastorale, cit., 134-135. 78 79
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4. gIUDIZI DEglI STORICI
«Pane e fede». Il binomio con il quale il Dusmet nella sua prima lettera pastorale sintetizzava la sua azione pastorale per il popolo, secondo giuseppe giarrizzo, manifesta una «rassegnata accettazione della polarità sociale», che vede nella «risposta ‘generosa’ del ricco al suo appello» l’unica strada ritenuta praticabile dalla Chiesa di Catania per risolvere la difficile situazione della città. Il Dusmet più che un pastore sarebbe un buon parroco, che interviene sul sociale in termini di ‘carità’. Ben altra sarebbe stata la risposta dei vescovi leoniani81. Il giudizio sul Dusmet e sul suo progetto pastorale, manifestato dal noto storico catanese, anche se fondato su alcuni elementi obiettivi, non sembra tener conto di altri, che non possono essere sottovalutati. Il modello prevalente di vescovo durante il governo pastorale del Dusmet era quello di Pio Ix (1846-1878)82, un modello che privilegiava una concezione gerarchica della Chiesa e un rapporto conflittuale e intransigente con la società in generale e con i governi liberali in particolare83. Ma fu proprio questo aspetto che il Dusmet rifiutò, perché non in sintonia con la propria personalità, con la formazione ricevuta e con la conoscenza dei problemi della città, acquisita durante il governo del monastero di San Nicola. Il Dusmet fu figlio del suo tempo ed operò nello spazio offertogli dal suo tempo; tuttavia per certi aspetti (il rifiuto dell’intransigentismo) non solo precorse, ma andò anche oltre le idee e gli atteggiamenti più avanzati, maturati nel
g. gIaRRIZZO, Catania, cit., 52-55. Dopo il Concilio di Trento era stato delineato il modello del buon vescovo, aggiornato man mano a partire dalle condizioni generali e locali nelle quali il singolo pastore era chiamato ad operare. gli aggiornamenti derivavano dalle indicazioni di Roma, ma anche dalle scelte personali di ognuno, che doveva valutare l’opportunità di far prevalere alcuni indirizzi piuttosto che altri. Il vescovo prima di ogni cosa è un pastore, che deve avere una chiara visione della situazione in cui è chiamato ad operare per promuovere e coordinare l’azione apostolica: la predicazione, la catechesi, il culto, la formazione dei ministri sacri, la scelta opportuna delle iniziative per combattere il peccato in tutte le sue forme e favorire la vita cristiana, l’esercizio della carità… (h. JEDIN – g. alBERIgO, Il tipo ideale di vescovo secondo la riforma cattolica, tr. it., Brescia 1985; g. DE ROSa, Giuseppe Crispino e la trattatistica sul buon vescovo, in ID., Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno, Bari 1978, 103-143). 83 Sul tema si vedano in particolare: R. aUBERT, Il pontificato di Pio Ix, in Storia della Chiesa, iniziata da a. fliche e V. Martin, cit., xxI/1-2, e i tre volumi di g. MaRTINa, Pio Ix (1846-1850), Roma 1974; Pio Ix (1851-1866), Roma 1986; Pio Ix (1867-1878), Roma 1990. 81 82
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periodo leoniano84. Si vedano a tal proposito il giudizio critico del Dusmet sull’Opera dei congressi e la sua ‘disobbedienza’ al divieto di incontrare il re d’Italia85. In ogni caso la scelta prioritaria della carità nel suo programma di governo non può essere identificata con l’elemosina al povero. l’elemosina è solo una delle manifestazioni di quell’amore che costituisce ed edifica la Chiesa86. Il giudizio sul Dusmet, formulato dai coordinatori dell’Opera dei congressi e da alcuni storici del movimento cattolico87, segue l’abusato criterio metodologico di ritenere valida solo l’azione pastorale di un vescovo che corrisponde al modello personalmente condiviso. È noto l’atteggiamento intransigente che contraddistinse l’azione del movimento laicale confluito nell’Opera dei congressi88. alla progressiva laicizzazzione della società e delle istituzioni, promossa dai liberali, si ritenne necessario reagire con un atteggiamento aggressivo ed intransigente, che mirava a far riconquistare alla Chiesa il ruolo sociale e politico svolto nell’ancien régime. l’Opera dei congressi si organizzò a livello nazionale secondo un modello centralizzato, che aveva i suoi comitati regionali, diocesani e parrocchiali. Uno dei rilievi ricorrenti fatti dai responsabili nazionali era la scarsa incidenza che l’Opera aveva in Sicilia in generale e a Catania in particolare. gottardo Scotton, in una delle sue visite, manifestò un giudizio molto severo sul Dusmet e sul suo segretario il p. luigi Della Marra89, non
84 Per i rapidi cambiamenti verificatisi nelle Chiese e nell’episcopato italiano nella seconda metà del secolo xIx vedi: R. aUBERT, L’Église en Italie avant et après Vatican I, in Chiesa e religiosità in Italia, cit., Relazioni, I, 3-31; f. fONZI, I vescovi, ibid., 32-58; a. MONTICONE, I vescovi meridionali: 1861-1878, ibid., 58-100. 85 Il 14 gennaio 1881 (leone xIII era già papa da tre anni), durante la visita di Umberto I a Catania, i vescovi di Catania e di acireale furono i primi ad essere ricevuti dal re (g. ZITO, La cura pastorale, cit., 83-84). 86 aSSOCIaZIONE TEOlOgICa ITalIaNa (cur.), De caritate ecclesia. Il principio “amore” e la Chiesa, Padova 1987. 87 S. TRaMONTIN, Società, religiosità e movimento cattolico in Italia meridionale, Roma 1977, 161-192. 88 g. DE ROSa, Il movimento cattolico in Italia. Dalla restaurazione all’età giolittiana, Bari 1976, 69-109; 143-166; M. REBERSChak, La spiritualità dell’Opera dei congressi nel suo periodo formativo (1871-1878), in Chiesa e religiosità in Italia, cit., Comunicazioni, II, 217-238; g. PENCO, Storia della Chiesa in Italia, II, Milano 1978, 359-376; S. TRaMONTIN, Opera dei congressi e dei comitati cattolici in Italia, in f. TRaNIEllO – g. CaMPaNINI (curr.), Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, I/2, Torino 1981, 336-347; La Chiesa e la società industriale (1878-1922), in Storia della Chiesa, iniziata da a. fliche e V. Martin, cit., xxII/1, 292-294. 89 «Qui purtroppo le cose prosperano poco o nulla. Ebbi una lunghissima conferenza
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rendendosi conto che il mancato sviluppo dell’Opera dei congressi a Catania non poteva essere considerato un segno di inettitudine del vescovo o giustificare comunque un giudizio negativo sulla sua azione pastorale. Il Dusmet, per una precisa scelta pastorale, aveva preferito sviluppare le stesse iniziative dell’Opera a livello diocesano, secondo uno spirito che egli riteneva più costruttivo nella situazione in cui operava. In altre parole: non condivideva l’atteggiamento aggressivo e intransigente che i dirigenti dell’Opera dei congressi volevano esportare in tutte le diocesi d’Italia senza tener conto della diversità delle situazioni locali90. Non è escluso che, oltre alla motivazioni espresse nella sua lettera, il Dusmet possa essere stato indotto a fare questa scelta anche da altre cir-
con il Cardinale, il quale però non volle che si adunasse persona. Mi promise che entro due mesi, dopo le feste del giubileo Papale, il Comitato diocesano sarebbe formato di nome come esiste di fatto e per ulteriori spiegazioni mi rimise al segretario, che dice più informato; e lo è di fatto, perché è lui che fa a Catania il sole e la pioggia. anche qui tante belle parole, tante magnifiche promesse, ma pochi e punto fatti. Se il Comitato si farà, sarà un Comitato che potrà portare il nome dell’Opera nostra, ma non avrà i nostri Statuti […]. Se si facesse anche un Comitato diocesano, non avremmo mai i comitati parrocchiali; così si avrebbero i capitani senza l’esercito. a Catania si fanno molte apparenze, poca sostanza […]» (S. TRaMONTIN, Società, cit., 182). 90 Si veda in tal senso la lettera scritta dallo stesso Dusmet a Mons. Domenico lancia di Brolo, vescovo ausiliare di Palermo, nella quale fa conoscere i motivi che lo avevano indotto a mantenere un atteggiamento di distacco nei confronti dell’Opera dei congressi: «Riconoscendo sicura l’utilità generica di tali Comitati, debbo premettere a V.E. Rev.ma che per circostanze speciali son obbligato non a rifiutare ma a studiare ponderatamente la istituzione di qualunque nuova opera. Non posso affidare alla penna la serie delle ragioni precipue che mi muovono a dir questo. Solamente mi limito a farle notare la serie di opera cattoliche, impiantate qui da un pezzo, ed informate allo spirito e alle tendenze locali della popolazione non riceverebbero vantaggio di sorta da un nuovo indirizzo che loro dovrebbesi dare, e ciò mi dà molto a pensare. È indubitato che l’unione fa la forza, e che l’azione disgregata è sempre debole. Ma a me Vescovo interessa moltissimo che le opere diocesane ricevano unico impulso da unico centro. Più di una volta ho dovuto indugiare l’esecuzione di talune proposte che utili in una città non lo sarebbero in altra. Catania, su questo riguardo, ha una posizione speciale. Qui per grazia di Dio non c’è esempio di chiese chiuse al culto, e destinate ad uso profano; qui permettono processioni, e rispettano sufficientemente l’autorità diocesana; qui le lotte alla stampa cattolica rivestono un carattere di mitezza speciale; qui non osteggiano aspramente, e molte cose posso fare senza opposizione. Tutto questo, V. E. lo vedrà certo, rende difficile la identità di azione con altre città che potrebbero non trovarsi in ugual posizione. Replico, ciò non vuol dire negativa o rifiuto. Vuol dire solamente maturità di riflessione, e non precedere le altre diocesi, bensì tenere lor dietro, e cercare una combinazione che valga ad evitare le difficoltà esposte e quello che non posso esporre» (aSDC, Movimento Cattolico, «Opera dei congressi», 1875-1887, lettera del 2 marzo 1881).
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costanze: una personale tendenza all’accentramento, una certa difficoltà di confrontarsi con situazioni diverse, il particolare ordinamento parrocchiale vigente nella diocesi e nella città di Catania… Tuttavia, per evidenti carenze metodologiche, non possono essere accolti i giudizi del tutto personali dello Scotton e quelli espressi dagli storici che si sono serviti solo dell’archivio dell’Opera dei congressi. Se teniamo conto dei dati contenuti nelle relazioni e dell’abbondante letteratura esistente sul Dusmet, non è difficile esprimere un giudizio sulla sua personalità e sulla sua opera pastorale. Per giungere a delle conclusioni accettabili non serve il ricorso all’abusato binomio ‘conservatore-progressista’. Il modello di Chiesa al quale egli fa riferimento è certamente quello della controriforma e del Concilio Vaticano I91. Tuttavia i criteri ai quali egli si ispirò per formulare e attuare il suo progetto pastorale (la volontà di agire nell’amore e nel rispetto delle persone e delle leggi) servirono ad eliminare l’intransigenza, l’intolleranza e l’angustia mentale che caratterizzarono molti uomini di Chiesa del suo tempo. alla sicurezza dei princìpi in cui credeva, corrispondeva nell’azione un atteggiamento prudente, benevolo e di dialogo. a ragione si può affermare che egli abbia incarnato la figura del vescovo-padre o del vescovo-parroco, in cui l’approccio della carità diventa prevalente per conoscere e valutare fatti, avvenimenti e persone. Il ‘mito’ del Dusmet non è nato solamente nei quartieri poveri della Salette o del Corso, a lui tanto familiari, ma nelle vie, nelle piazze e nelle case dei catanesi, negli edifici pubblici, dove spesso si trovavano uomini di opposte idee politiche o di diverso credo religioso, che, tuttavia, seppero apprezzare la sua personalità forte e allo stesso tempo aperta alla comprensione e al dialogo. l’azione pastorale del Dusmet non può essere ritenuta poco incisiva perché priva di una forte connotazione politica. fa notare giuseppe Monsagrati che il suo attivismo «non assume connotati politici, se non nella misura in cui il modello di società perseguito dal Dusmet si poneva naturalmente in antitesi con lo Stato, combattuto, in quanto usurpatore dei diritti di Roma, non con intenti legittimistici ma solo sul piano dell’affermazione di valori trascendenti di fronte ad una classe politica che aveva compiuto a suo dire la “deificazione della natura e della ragione”[…]. Nel Dusmet c’era la convinzione che se
91 Nel Concilio il Dusmet fu tra i più convinti sostenitori dell’infallibilità pontificia (T. lECCISOTTI, Il Cardinale Dusmet, cit., 300-307).
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la Chiesa avesse raccolto una sfida puramente politica sarebbe scesa sullo stesso terreno dei suoi nemici e ne avrebbe accettato i metodi; quindi la vera reazione consisteva nel frenare il declino morale del clero, rilanciare le vocazioni, esercitare la carità verso il prossimo e restaurare la spiritualità»92.
Il monumento erettogli dalla città a piazza San francesco ha voluto privilegiare uno dei tanti aspetti della sua carità: la condivisione di un «panettello col povero»; ma sarebbe riduttivo intendere la carità cristiana solo nel significato di elemosina.
92 g. MONSagRaTI, Dusmet, cit., 238. Su questa stessa linea si vedano i giudizi convergenti di storici di diversa provenienza e formazione: f. RENDa, Il movimento contadino nella realtà siciliana, Palermo 1956, 106; ID., Mutamenti nella chiesa siciliana del secondo ‘800, in Il Segno 10 (1984) 109-124: 120-121; a. MONTICONE, I vescovi meridionali, cit., 6264; g. MaRTINa, La situazione degli istituti religiosi in Italia intorno al 1870, in Chiesa e religiosità in Italia, cit., Relazioni, I, 194-335: 196.
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1869 – Relazione dell’arcivescovo giuseppe Benedetto Dusmet, relativa ai trienni 92°-95°, scritta il 15 agosto 18691.
[fol. 234r] Relazione sullo stato della Chiesa di Catania, presentata alla Congregazione del Concilio nell’anno 1869 della nostra redenzione, dopo la prima visita pastorale fatta dal sottoscritto. Io sottoscritto, per grazia di Dio e della Sede apostolica, arcivescovo di Catania, in quest’anno 1869 dall’incarnazione del Signore, nono del mio ministero pastorale, con l’aiuto di Dio, di sua Madre e di s. agata, con il plauso e la gioia di tutto il popolo, ho portato a termine la prima visita pastorale di questa piccola vigna, nella quale, senza alcun merito personale ma per la sola degnazione della sua misericordia, sono stato posto da chi ha detto «il Padre mio è l’agricoltore» {gv 15, 1}. Pertanto per obbedire agli ordini dei Sommi Pontefici, in particolare di Sisto V, mi affretto a trasmettere alla cattedra apostolica, capo e maestra di tutte le Chiese, la relazione della diocesi che ho visitato. Questa relazione, perché sia redatta secondo lo schema proposto dalle istruzioni di questa S. Congregazione, è sviluppata nei seguenti punti, quasi in parti distinte [fol. 234v]. CaP. I SUllO STaTO MaTERIalE DElla ChIESa
I. Quando venne la pienezza del tempo {cfr gal 4, 4} e la fede in gesù Cristo fu propagata in tutto il mondo, la città di Catania, famosa anche nell’antichità, accolse con estremo interesse i primi semi di quella divina parola, sparsi dal vescovo s. Berillo, inviato nell’anno 44 da s. Pietro, principe degli apostoli. In seguito a questo evento, incominciò a rifulgere di una luce nuova soprattutto per l’ampiezza e per lo splendore dei sacri templi. fra i più noti per la loro antichità, se escludiamo i due eretti in onore della B. V. Maria (che da soli dimostrano inconfutabilmente quanto sia antica la devozione dei catanesi per la Madre di Dio), troviamo prima di
1 Rel Dioec 207 B, fol. 234r-244v. Sul dorso della relazione si legge: «ammessa tanto per li passati quanto per il corrente triennio 95°». «Di questa diocesi non si ha dopo il 1816 alcuna relazione, tranne la presente». «10 settembre 1869».
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ogni altro quello dedicato a Sant’agata, vergine e martire. alla quale, affermandosi sempre di più la sua devozione fra i fedeli, la pietà del piissimo Conte Ruggero, alla fine del secolo xI, consacrò e arricchì di molte rendite un altro più grande e splendido tempio, quale sede della cattedra vescovile e capo della città e della diocesi. II. la diocesi di Catania, sita ai piedi dell’Etna e un tempo molto estesa, oggi ha i seguenti confini: ad oriente il mare Ionio, a settentrione la Chiesa di Messina, ad occidente e mezzogiorno è limitrofa a tre diocesi: Erbita o Nicosia, Caltagirone e Siracusa. III. la Chiesa di Catania è stata arricchita di molte bolle e privilegi da Re e Pontefici, in particolare dal Papa alessandro III; ma i suoi più antichi e importanti privilegi — com’è possibile riscontrare negli antichi scrittori [fol. 235r] di storia patria (come De grossis nel Decacordo, antonino2 amico, i diplomi delle Chiese di Monreale, Siracusa e Catania, la Collectanea dei privilegi della Chiesa di Catania, etc.) — sono in gran parte decaduti per le ingiustizie e le alterne vicende dei tempi. fra i quali a ragione bisogna enumerare molti diritti feudali concessi al vescovo di Catania dal Conte Ruggero, dal Re alfonso e da altri principi, e l’uso del pallio concesso dal suddetto Pontefice; questi dispose allo stesso tempo che la Chiesa di Catania non doveva essere soggetta a nessun’altra se non al Romano Pontefice. IV. Questa diocesi comprende 29 comuni, quale che sia la loro grandezza: città, paesi, villaggi, ecc., e conta circa 250.000 anime. V. In questa Chiesa arcivescovile vi sono cinque dignità, alle quali un tempo era annessa una certa potestà; poiché oggi essa è quasi del tutto scomparsa, a ragione da qualche scrittore di diritto canonico sono chiamate «dignità ventose»; nell’ordine sono: priore, cantore, decano, tesoriere e arcidiacono. Costoro hanno i primi posti nel capitolo, che è composto da altri 12 canonici e altrettanti mansionari. Bisogna far notare che l’istituzione delle prebende del teologo e del penitenziere è rimasta un progetto fin ad oggi non realizzato3, nonostante le prescrizioni dei visitatori delle Chiese di Sicilia, come Iordio nel 1604 e De Ciocchis nel 1743. frattanto per evitare che le norme emanate dal Concilio di Trento su questo argomento diventassero prive di significato [fol. 235v], di recente ho disposto che un frate francescano riformato, fra i più illustri teologi e 2 3
Il nome dello storico catanese è Vito Maria. la notizia sulle prebende del teologo e del penitenziere è evidenziata al margine.
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i più noti predicatori, tenesse nella stessa chiesa una pubblica lezione di teologia4. Tutti i canonici indistintamente assolvono il compito spettante al penitenziere5. VI. le collegiate sono 12, delle quali una nella città, costituita da 4 dignità, 18 canonici e 12 mansionari; le altre hanno sede nei comuni minori dell’arcidiocesi e cioè le collegiate di acireale, adrano, Biancavilla, Paternò, Belpasso, Viagrande, Trecastagni, aci Catena, aci San filippo, aci Santa lucia e Nicolosi. Quasi tutte sono prive della prebenda del teologo, hanno 4 dignità (ad eccezione di una che ne ha 3), e hanno non meno di 8 canonici e 4 mansionari, incluso, come di consueto, il maestro di cerimonie. Per delle istituzioni già soppresse o che lottano contro la soppressione sono sufficienti le notizie date. VII. Nell’ambito di questa arcidiocesi sorgono 413 chiese, più o meno fornite di sacre suppellettili; non è facile sapere quale sia oggi il loro reddito previsto per la fabbrica. anzi si può affermare che solo la chiesa cattedrale ha un reddito per la sua fabbrica, che ascende a circa 3.570 lire; tutte le altre chiese ne sono prive e compensano in vario modo [fol. 236r]. Va notato che in questa arcidiocesi, se si eccettua il comune di Bronte da poco incluso nella sua circoscrizione, che ha una chiesa parrocchiale (per la cui provvista si bandisce il concorso secondo le indicazioni del Concilio di Trento, sess. 24, de ref., c. 13 e la costituzione di Benedetto xIV, Cum illud), in nessun altro luogo c’è un vero e proprio parroco. Tuttavia molti — soprattutto le dignità di alcune collegiate — pur non avendo il diritto di rilasciare il contrahatur6, si fregiano di un titolo privo di contenuto. a tal proposito, poiché si hanno non poche liti promosse contro l’Ordinario, la cui autorità è rappresentata nei diversi luoghi dai vicari foranei, considerati vice parroci amovibili a discrezione del vescovo, sarebbe auspicabile abolire le parrocchie di dubbia istituzione, oppure trasformare in amovibili i loro parroci o almeno aumentare il numero dei motivi per i quali questi sacerdoti possono essere privati a buon diritto delle loro chiese, o ancora stabilire una procedura meno rigida perché si possa giungere alla privazione, fatta salva la giustizia7. VIII. Tutti i monasteri femminili (già soppressi), ad eccezione di uno che è francescano, sono benedettini e tutti soggetti alla giurisdizione 4 5 6 7
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la notizia è evidenziata al margine. la notizia è evidenziata al margine. la notizia è evidenziata al margine. la notizia è evidenziata al margine.
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dell’Ordinario. Complessivamente sono 9, dei quali quattro sorgono nei comuni dell’arcidiocesi e quattro nella città. a Catania se ne contavano 6 prima che il monastero della ss. Trinità, per le ingiustizie perpetrate in questo nostro tempo, venisse trasformato in un educandato femminile8, le monache venissero espulse [fol. 236v] ed accolte in due altre case dello stesso ordine. Non è il caso più di occuparci dei 38 istituti religiosi maschili (tutti esenti), in quanto chiusi dopo la loro soppressione. abbiamo ancora 9 Collegi di Maria, che fino ad oggi sembra siano riusciti ad evitare la funesta bufera della soppressione. Ix. Il seminario dei chierici, con il plauso di tutti i fedeli, è stato riaperto9; in esso sono accolti e formati più di 200 giovani, sui quali darò in seguito notizie più accurate. frattanto mi limito ad informare che è difficile distinguere nelle rendite del seminario quelle provenienti da tasse e quelle derivanti da benefici uniti all’istituto; infatti da diversi anni sono state amministrate unitariamente come introiti. x. Il numero degli ospedali, delle collegiate, delle confraternite e degli altri luoghi pii è di 301. Quanto è stato detto per il seminario vale anche per le rendite di questi istituti; tuttavia c’è da notare che, contro le prescrizioni della S. Congregazione dell’immunità, essi non sono più soggetti alla giurisdizione dell’Ordinario, non esclusi i monti di pietà dei quali scriverò appresso. xI. Dei due monti di pietà ne è rimasto solo uno, il cui patrimonio, derivante da una donazione del mio predecessore, il vescovo Corrado Maria Deodato, assomma a circa 8.478 lire. l’altro monte è stato depredato durante la guerra e per così dire distrutto [fol. 237r]. CaP. II SUllO STESSO aRCIVESCOVO
I. Con l’aiuto di Dio e senza tentennamenti ho osservato l’obbligo della residenza anche mentre infuriava l’epidemia di colera; se mi sono assentato per venire a visitare le tombe degli apostoli o Sacri limini, ciò è stato fatto con il permesso della Santa Sede. II. Come ho già detto, ho portato a compimento la prima visita pastorale dell’arcidiocesi, la cui relazione viene qui presentata. 8 9
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III. In un biennio ho tenuto cinque ordinazioni di ministri sacri; molte volte nella città e nella diocesi ho amministrato il sacramento della confermazione nel corso della visita pastorale. IV. l’arcivescovo di Catania, essendo privo di suffraganei, fino ad oggi non ha riunito il sinodo provinciale. In passato non essendo di fatto soggetto ad alcun metropolita, più volte ha indetto il sinodo diocesano; a tal proposito si devono ricordare i sinodi Torres {1622} e Bonadies {1668}, i decreti dei quali in parte ancora sono in vigore. Tuttavia la norma del Concilio di Trento, che prescrive di riunire ogni anno il sinodo, non è stata perfettamente osservata10 e forse non senza quel grave motivo sul quale Benedetto xIV richiama la nostra attenzione. V. la parola di Dio è predicata dall’arcivescovo e in caso di un suo impedimento da persone idonee. VI. Poiché il suddetto sinodo Bonadies, che aveva stabilito molte pene pecuniarie, è in vigore solo in parte, non esiste più chi riscuote e amministra le somme derivanti da queste pene [fol. 237v] e non possono più essere destinate ad usi pii11. VII. Nella cancelleria arcivescovile è osservata la tassa innocenziana; tuttavia i vescovi della Sicilia hanno già fatto rilevare che le somme previste non sono più sufficienti per il sostentamento delle persone addette. VIII. In tema di ostacoli posti all’arcivescovo nell’esercizio del suo ministero bisogna sottolineare che la Chiesa nella propria giurisdizione gode ancora di una propria libertà, come quando, durante la sede vacante, elegge il proprio vicario capitolare; tuttavia sulla procedura da seguire nei processi di appello, soprattutto quando si tratta di cause matrimoniali, non è più possibile osservare le norme stabilite dal breve Peculiaribus, al quale dall’attuale governo civile non è stato concesso l’exequatur. Pertanto fino ad oggi volutamente evitiamo queste cause. Un problema non lieve bisogna affrontare a proposito dell’immunità dei cimiteri. Infatti in essi non sono osservate le norme stabilite dal Rituale Romano e dai sacri canoni per la sepoltura dei bambini morti prima degli anni della discrezione e soprattutto quelle che prevedono un luogo separato — in greco Broucolacas — per i cadaveri degli eretici e degli scomunicati; i defunti sono seppelliti in modo così confuso che solo la prudenza può sug10 11
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gerire quale fossa sia opportuno benedire o meno, secondo il decreto della S. Congregazione. la Santa Sede non ignora quante e quali difficoltà ho incontrato fino ad oggi sul seminario e sulla parrocchia di Bronte. Sa pure che quell’incendio fu provocato da una scintilla: la deposizione dall’ufficio da parte del vicario capitolare, fatta durante la sede vacante ex informata conscientia. Provando rincrescimento per questo spiacevole episodio, nonostante le prescrizioni del Concilio di Trento e del breve [fol. 238r] Peculiaribus, mi sono impegnato con tutte le mie forze a risolverlo. a tal proposito non è sconveniente fare qualche rilievo sull’applicazione di questa pena: in futuro non si faccia ricorso ad un simile procedimento se non dopo aver consultato il Sommo Pontefice; agli stessi contumaci bisogna far presente che non saranno assolti in perpetuo se non ricorrono alla Santa Sede. Ix. Recentemente, con l’aiuto di Dio, è stata realizzata qualche iniziativa in favore del popolo e del clero. Sotto gli auspici dell’autorità ecclesiastica — competente per questa materia, secondo quanto prescrivono i decreti dei concili, specialmente il Concilio di Trento, e le pontificie commissioni come quelle di leone x — sono state aperte scuole serali gratuite per istruire i ragazzi di ogni condizione, che perciò sono stati divisi per classi distinte. È stata fondata una nuova confraternita di laici che si prefigge di raccogliere fondi necessari per l’esposizione quotidiana del ss. Sacramento nelle quarantore e per altre opere di carità. Nelle parrocchie e in alcune chiese più frequentate della città è stato conferito l’incarico agli esponenti più eminenti dell’uno e l’altro clero di spiegare ogni settimana al popolo la Sacra Scrittura contro le nuove teorie e di tenere opportune istruzioni in un periodo così difficile come il nostro. Per quanto riguarda la predicazione non c’è dubbio che occorre adoperarsi per dare alle prediche quella serietà che le renda immuni dalla vanità e dal desiderio di novità; inoltre [fol. 238v] se ogni dottrina insegnata ai fedeli è contenuta nella parola di Dio, deve essere attinta dalla Sacra Scrittura e dalla tradizione. Ma non bisogna passare sotto silenzio che a volte appare necessario prendere a nostra difesa le armi che per la loro appariscente novità sembrano idonee a sconfiggere gli orgogliosi nemici. Per la qual cosa se da una parte non bisogna abbandonare la fonte della verità che è una sola, dall’altra bisogna adattare la forma di questa verità ai tempi che bisogna combattere. In questo momento il metodo critico è quello vincente; 12
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perciò nella formazione è necessario preparare i chierici a questo metodo di lotta con il quale gli avversari sono ridotti al silenzio12. Ma dobbiamo ritornare al punto dal quale siamo partiti. Se non erro è con il ricorso ai suddetti rimedi che possiamo opporci ai mali dei quali si parla nel Sillabo delle questioni proposte ai vescovi dalla Santa Sede. E questo tanto più deve essere tenuto presente quanto più si ritiene necessario dare un efficace antidoto al veleno che si mescola al latte della prima istruzione, come ha stabilito opportunamente la S. Congregazione di propaganda fide sulla questione dell’Irlanda. CaP. III SUl ClERO SECOlaRE
I. I canonici e gli altri che sono obbligati al coro nella cattedrale e nelle collegiate generalmente non mancano al loro dovere. In cattedrale la recita è quotidiana; ma i canonici sono presenti a turno, a settimane alterne; nelle collegiate si segue un diverso sistema: secondo la disponibilità delle rendite [fol. 239r], tutti sono obbligati ad essere presenti ininterrottamente, tranne nel tempo di quaresima e di avvento, nel quale anche loro prestano servizio a turni settimanali. II. Oltre alla recita delle ore canoniche, nella chiesa metropolitana e nelle collegiate c’è pure la celebrazione della messa conventuale. Tuttavia, essendomi accorto che su questo argomento erano stati introdotti alcuni abusi, per estirparli mi è sembrato utile raccogliere e pubblicare alcune ammonizioni giuridico-morali. III. la messa conventuale è sempre applicata per i benefattori. IV. Ogni capitolo ha le proprie costituzioni confermate dai sinodi diocesani e osservate più o meno fedelmente. V. Come ho già fatto notare, mancano le prebende del teologo e del penitenziere. VI. In questa arcidiocesi, come ho già detto, nessuno può ritenersi parroco al di fuori dell’arcivescovo. Pertanto in ogni comune c’è un vicario foraneo che è allo stesso tempo vice parroco. Tuttavia coloro che con diverso nome hanno la cura delle anime risiedono nelle loro circoscrizioni. VII. l’autorità diocesana vigila attentamente perché i curati tengano in ordine e con diligenza i registri di matrimonio e di battesimo che, a norma del Rituale Romano, devono essere conservati. VIII. Ovunque è necessario istituire coadiutori; non è possibile
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immaginare che non ci siano operai sufficienti all’abbondante messe del Signore. Pertanto per ovviare a tale inconveniente [fol. 239v], i chierici promossi al presbiterato devono essere obbligati a non abbandonare — spesso distolti da un turpe guadagno — la Chiesa per la cui utilità sono stati ordinati13. a tal fine è opportuno che le pene stabilite dal Concilio di Trento, sess. xxIII, c. 16, contro coloro che abbandonano il proprio domicilio all’insaputa del vescovo, siano inflitte latae sententiae e non ferendae sententiae; tutto questo deve essere detto con chiarezza ai chierici nel giorno della loro solenne ordinazione. anzi, secondo il responso della S. Congregazione del Concilio del 21 luglio 1821, possono essere istituiti alcuni patrimoni con questa clausola: i loro possessori ne saranno privati qualora dovessero abbandonare la diocesi senza il permesso del vescovo. Nondimeno poiché ai sacerdoti non può mancare il necessario per vivere, nei limiti del possibile è auspicabile che si proceda alla ordinazione di quei sacerdoti che la Chiesa per la quale sono ordinati può mantenere; per coloro poi che hanno un patrimonio proprio, in un tempo come il nostro soggetto a imposte di ogni genere, bisogna stabilire un maximum di tassa diocesana, che dal concordato per il Regno di Sicilia del 1818 è stato fissato a £. 340. Ix. Coloro che esercitano la cura delle anime, quasi ovunque, nelle domeniche e nei giorni di festa, personalmente o mediante persone idonee, istruiscono nelle verità della fede e nei precetti morali i fedeli loro affidati, spezzando il pane della parola di salvezza nella forma più idonea alle condizioni degli ascoltatori. x. Nelle stesse domeniche e giorni di festa si impegnano con tutte le forze a dare ai bambini le prime nozioni della fede cristiana. a tal fine alcuni hanno trovato un nuovo metodo per raggiungere più facilmente e [fol. 240r] più sicuramente lo scopo prefisso. xI. Tutti coloro che esercitano la cura delle anime — se è stato loro affidato veramente questo ufficio — secondo gli obblighi stabiliti nelle tavole di fondazione, applicano la messa per il popolo loro affidato nelle domeniche e nelle feste di precetto. xII. Nessuno è ammesso alla prima tonsura o agli ordini minori se non si ha la speranza che rimanga fedele alla divina chiamata ricevuta e che possegga la pietà, la formazione dottrinale e il necessario per sostentarsi. Per il conferimento degli ordini — soprattutto dei maggiori — oltre ai 13
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requisiti previsti dalle norme giuridiche, si esige la partecipazione ad un corso di esercizi spirituali. xIII. Sebbene quasi tutti i chierici indossino sempre la veste talare, non possono più far valere il privilegio del foro, che dal governo civile è stato gradualmente svuotato di contenuto e oggi quasi del tutto abolito. xIV. In molti luoghi di questa arcidiocesi sono venute meno le conferenze di teologia morale — chiamate anche casi di coscienza o dei riti liturgici — un tempo molto fiorenti. Spero quanto prima di riprenderle, dopo aver promulgato un opportuno editto, com’è possibile leggere nel programma degli studi appena pubblicato. xV. Si chiede: quali sono i costumi del clero diocesano? Dice il profeta: «come il popolo così il sacerdote» {Os 4, 9}. Tuttavia devo ringraziare Dio: molti sono mediocri, pochi buoni, alcuni cattivi. Per reprimere questi ultimi, il regnante pontefice nell’enciclica del 9 novembre 1846 ha raccomandato come rimedio efficace solamente la pazienza e una costante dolcezza, come molti avvenimenti dei nostri giorni hanno dimostrato [fol. 240v]. CaP. IV SUl ClERO REgOlaRE
Poiché tutti i regolari dopo la legge di soppressione vivono nel mondo fuori dai conventi si possono fare solo pochi rilievi: alcuni di loro si sono incamminati per la via del male ed è tenue la speranza di indurli ad emendarsi, tanto più che, incoraggiati dai tempi difficili in cui viviamo, non sembrano prendere in seria considerazione la potestà di diversa natura conferita all’Ordinario dalle norme canoniche. Per la qual cosa è molto più producente occuparsi dei religiosi che si sono impegnati ad esercitare la cura delle anime in qualche luogo. CaP. V SUllE MONaChE
ho già accennato al numero delle monache (cap. I, n. VIII); su questo argomento posso solamente aggiungere: in diocesi è caduta in desuetudine la norma che prescrive di dare alle monache due o tre volte l’anno il confes14
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sore straordinario14, non c’è più il confessore nominato dai nostri predecessori per le singole monache o confermato dagli stessi per mancanza di sacerdoti idonei o dalla S. Congregazione dopo il triennio. ho trovato alquanto rilassata anche la disciplina sulla vita comune15. Con la pubblicazione di opportuni editti ho cercato con tutte le mie forze [fol. 241r] di estirpare questi ed altri abusi, come ad esempio la consuetudine di dare piccoli doni ai confessori. la clausura è pienamente osservata. I monasteri, in seguito alle leggi di soppressione, non hanno più alcuna risorsa. Stando così le cose, c’è da augurarsi che le monache viventi in clausura si impegnino a vivere sempre più intensamente la vita religiosa, per essere di buon esempio a coloro che fra non molti anni potranno essere raccolte nella nuova schiera di religiose dal nostro santissimo e supremo capo, il sommo pontefice. Sembra infatti preferibile — se non ci ingannano le apparenze — mantenere in vita gli antichi istituti religiosi approvati dalla Chiesa e rinnovare le persone, piuttosto che istituire e formare nuove congregazioni maschili e femminili, che si prefiggono lo stesso fine di quelle esistenti; in tal modo si eviterebbe il rischio di far credere che nella Chiesa su questo argomento si vogliano introdurre cambiamenti radicali o che i santi fondatori degli ordini religiosi, così benemeriti verso la Chiesa e la società civile, dalle persone ignoranti siano tenuti in poca considerazione. Nondimeno è a tutti nota la necessità di apportare qualche innovazione più consona ai problemi del nostro tempo agli istituti religiosi, il cui fine non è più sostenibile. CaP. VI SUl SEMINaRIO
ho già dato alcune notizie sul seminario; devo tuttavia aggiungerne altre. gli alunni in esso accolti sono 220, educati nella pietà secondo tutte le prescrizioni del Concilio di Trento e istruiti nelle diverse discipline [fol. 241v] (com’è possibile constatare nel citato programma di studi redatto nei punti 7 e 8 sulla base delle domande poste dalla Santa Sede). Nei giorni festivi sono tenuti a prestare servizio in cattedrale o in altre chiese minori secondo le necessità. l’Ordinario, visitando il seminario con il consiglio di due canonici più anziani, secondo le prescrizioni del Concilio di Trento, si adopera perché tutto sia ordinato rettamente e vengano osservate le costituzioni. Sempre secondo le indicazioni dello stesso concilio, l’arcivescovo, 15
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con il consiglio di quattro deputati, vigila sull’amministrazione; conserva personalmente gli introiti; ma non c’è più memoria della tassa specifica stabilita in favore del seminario, considerato che sulla sua origine, essendo stata confusa con gli altri introiti — come si è detto — non si ha più notizia certa. Del resto questa Congregazione conosce benissimo la grande controversia sostenuta fino ad oggi con impudenza da una sacerdote già rettore del seminario, per evitare di rendere conto della sua gestione. CaP. VII SUllE ChIESE, lE CONfRaTERNITE E alTRI lUOghI PII
In tutte le sagrestie, a quanto mi risulta, c’è esposta la tabella degli oneri delle messe e degli anniversari, secondo le prescrizioni del decreto di Urbano VIII; durante la visita pastorale mediante un editto ho provveduto a far soddisfare con maggiore sicurezza questo impegno [fol. 242r]. Non ho più alcuna autorità sulle confraternite, le scuole, gli ospedali e le altre opere pie; il rendiconto del loro patrimonio (se ne è rimasto) non è fatto a me, secondo il decreto del Concilio di Trento, ma è esibito ogni anno ad un organismo laicale, chiamato «Deputazione provinciale». Tuttavia in questo nostro tempo sono state istituite nuove confraternite, che si prefiggono il bene della Chiesa o della società civile. fra di esse — come abbiamo già detto — dobbiamo enumerare quella che provvede ad accrescere le candele e le altre cose necessarie nella esposizione delle quarantore. Inoltre si spera di istituire un’altra associazione con il compito di riunire i domestici di una certa esperienza e capacità e di garantirli presso i loro padroni, nel caso in cui questi ultimi dovessero chiedere all’associazione un nuovo domestico di sicura bontà cristiana. Da questa iniziativa non potrà derivare un aiuto offerto alle famiglie cristiane contro i molti mali provenienti da domestici appartenenti a sette condannate, eretici o di condotta immorale? Per quanto riguarda il monte di pietà, mi risulta che il suo patrimonio è appena sufficiente per pagare gli stipendi agli impiegati e a sostenere le spese necessarie; l’interesse del 5%, con il permesso della S. Sede, è richiesto a coloro che non avendo denaro vengono a chiederlo all’istituto [fol. 242v]. CaP. VIII SUl POPOlO 796
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Bisogna tenere presente che nel tempo in cui viviamo, se fosse possibile, anche gli eletti sarebbero indotti in errore {cfr Mt 24, 24}; tuttavia il divino agricoltore, che ha in mano il ventilabro, separa il frumento dalla pula {cfr Mt 3, 12}. Perciò non bisogna meravigliarsi se i costumi dei popoli sono corrotti; ma si spera che con la grazia di Dio e la dolce bontà e prudenza della S. Sede saranno corretti. Pertanto non è necessario chiedere altro all’infuori di quello che in passato la stessa suprema Sede, ispirata dalla divina grazia, annunziò in sette punti e propose nel giugno del 1867, attraverso la S. Congregazione del Concilio. fra di essi è necessario sottolineare il 1°, il 2°, il 3° e il 4°, ai quali bisogna dare qui una risposta, visto che a tutti gli altri si è già provvisto nei fogli precedenti. 1°. Per quanto lo permettono le nostre forze e le circostanze, sono osservate le prescrizioni canoniche che proibiscono agli eretici e agli scismatici di esercitare l’ufficio di padrino nel battesimo. Infatti i genitori con le buone maniere sono invitati ad escludere simili compari e su questo punto l’autorità ecclesiastica spesso riesce a raggiungere l’obiettivo che si propone. Per le persone di dubbia fama, la cui incredulità o il cui cattivo comportamento possono essere dissimulati, se il ministro non è in grado di intervenire, c’è da provvedere solamente alla dignità del sacramento, secondo quanto suggerisce la prudenza [fol. 243r]. 2°. Il giudizio sullo stato libero degli fidanzati che chiedono il matrimonio è riservato al vicario generale, in quanto responsabile della curia; gli atti preparatori al matrimonio sono portati a termine tenendo presente l’istruzione emanata il 21 agosto 1670 per mandato di Clemente x. Se sono osservate le indicazioni date in questo documento, il problema può considerarsi risolto. 3°. Per impedire i mali provenienti dal cosiddetto matrimonio civile si può ricorrere alla prevenzione, ove ciò sia possibile, vale a dire istruendo i fedeli a non separare l’atto civile da quello ecclesiastico e minacciando il ricorso alle censure, ove fosse necessario. Nondimeno se, dopo la celebrazione del matrimonio civile, uno dei due coniugi separatosi osasse celebrare un altro matrimonio canonico, per ovviare a tanto misfatto sorgono alcune domande che qui umilmente espongo. In questo caso, secondo la prassi vigente nella Chiesa prima del Concilio di Trento, può essere considerato valido il matrimonio se agli sponsali de futuro è seguita la copula? Oppure con l’autorità della Chiesa Romana, pur riconoscendo pieno vigore alla norma che considera necessaria l’assistenza del parroco al matrimonio, il caso proposto può essere tollerato come una eccezione alla norma triden797
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tina contro i matrimoni clandestini, così come ha fatto la Chiesa nei confronti della causa di divorzio dei greci? Infatti sebbene il contratto civile — in quanto azione disonesta — non produca alcun effetto giuridico, c’è da chiedersi se la promessa scambiata dalle parti [fol. 243v] prima di contrarre il matrimonio civile non possa assumere la rilevanza degli sponsali. 4°. Raramente si hanno in diocesi matrimoni misti; infatti i cattolici detestano simili unioni. Tuttavia non è rara la celebrazione di matrimoni nei quali una delle parti non è propriamente eretica, ma è iscritta a sette segrete e tenebrose e vuole accostarsi ai sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia. Per evitare mali maggiori, è opportuno celebrare di sera e senza la benedizione solenne questi matrimoni sostanzialmente misti. Per altro su tutti questi problemi lasciamo la decisione ultima alla suprema Sede apostolica, limitandoci a glorificare Dio nell’ubbidienza della nostra confessione. CaP. Ix E UlTIMO SUllE RIChIESTE
Dopo la mia esposizione, nella quale ho risposto anche alle diciassette domande poste ai vescovi dalla Santa Sede, per il buon governo di questa Chiesa devo porre alcune domande sulle monache che ancora vivono dentro i monasteri e sull’amministrazione del sacramento della confermazione: 1° Nonostante la legge civile della soppressione, dopo aver raggiunto un’intesa sugli alimenti, è possibile ammettere le aspiranti alla vestizione dell’abito religioso e le monache alla professione solenne per assicurare le continuità? 2° Poiché l’amministrazione del sacramento [fol. 244r] della confermazione sottrae molto tempo agli altri impegni pastorali, è opportuno che la suprema Santa Sede conceda al vescovo ad triennium la facoltà di delegare un sacerdote costituito in una ecclesiastica dignità all’amministrazione di questo sacramento? Sono queste le cose che, secondo le mie capacità e le possibilità di tempo, ho visto e ho considerato in questa parte del mistico gregge in cui la mia indegna persona è stata posta dallo Spirito Santo a governare la Chiesa di Dio perché io potessi provvedere liberamente e non per costrizione {cfr 1 Pt 5, 2}. le due ultime parole che ho ritenuto opportuno sottoporre all’attenzione del Principe degli apostoli devono essere tenute pre798
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senti soprattutto nel periodo storico che stiamo vivendo. Sappiamo infatti che Dio è potente, a lui nulla può resistere {cfr 2 Cr, 6} e presso di lui nulla è impossibile {cfr lc 1, 37}; tuttavia tutto dispone fermamente ma soavemente {cfr Sap 8, 1}, ora con dolcezza, ora con paterna severità, sempre tuttavia con fortezza, sovrabbondando in grazia al momento opportuno. Per questo motivo non ritenendomi offeso dalle poche macchie del mio gregge, ho cercato di allontanare i lupi dagli agnelli e dopo averli liberati dalle spine, non mi sono limitato a seguirli, ma con tutte le mie forze ho cercato di indirizzarli alla giusta strada. Dio mi sia di aiuto allo stesso modo con cui, confidando nella sua misericordia, ho cercato di assolvere ai miei doveri. Spero, pertanto, che in futuro non solo non mi allontani dalla strada stabilita per i sacri pastori, ma che i miei passi possano procedere sempre sicuri {cfr Sal 17, 5}. Dio è carità {1 gv 4, 8}, perciò pregherò il Padre perché me la conceda [fol. 244v], in modo che, rivestito di questa corazza {cfr 1 Ts 5, 8} a poco a poco possa vincere tutti e con il suo aiuto slanciarmi sulle mura {cfr 2 Sam 22, 30}. Per ottenere più facilmente tutto questo, prostrato umilmente sulle tombe degli apostoli, mentre espongo questi rilievi, chiedo e ardentemente desidero la benedizione apostolica dal supremo Pastore di tutti. Catania, 15 agosto 1869. giuseppe Benedetto, arcivescovo di Catania16
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la risposta della Congregazione è riportata in appendice al testo originale della rela-
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1873 – Relazione, dell’arcivescovo giuseppe Benedetto Dusmet, relativa al 96° tiennio, scritta il 1° dicembre 18731.
[fol. 263r] Relazione sullo stato della Chiesa di Catania Io sottoscritto, per grazia di Dio e della Sede apostolica, arcivescovo di Catania, obbedendo ai precetti dei sommi pontefici, soprattutto di Sisto V, quest’anno 1873 dall’incarnazione del Signore, trasmetto la seconda relazione sullo stato di questa diocesi alla Cattedra apostolica capo e maestra di tutte le Chiese. ho quasi portato a compimento la seconda visita della diocesi, iniziata nel 18712, ispezionando la città di Catania e le altre 14 città minori. Mi recherò nelle altre 8 che restano subito dopo aver risolto alcune vertenze molto importanti che ho promosso contro i ministri del governo — senza badare a spese — per difendere i beni delle chiese e della mensa vescovile e che mi costringeranno a rimanere in città per tre o quattro mesi3. Tuttavia a queste 8 città della mia diocesi ho già fatto pervenire utili decreti di questa sacra visita, che in seguito confermerò con la mia presenza. Ritengo superfluo ripetere le notizie date nella mia precedente relazione in distinti capitoli, secondo l’istruzione della S. Congregazione. Riferirò sinteticamente le novità che ho potuto annotare, seguendo lo stesso ordine. l’arcidiocesi di Catania in seguito all’erezione della nuova diocesi di acireale comprende 23 comuni, infatti 6 sono quelli che ormai fanno parte della predetta diocesi e cioè: acireale, aci Castello, aci Sant’antonio, aci Catena, aci San filippo e [fol. 263v] e aci Bonaccorsi. le collegiate non sono più 12, ma per lo stesso motivo sono diventate 8, essendo venute meno quelle di acireale, aci Catena, aci Santa lucia e aci San filippo. Riottenuta gran parte dei beni delle collegiate di Catania, Paternò, adrano, Belpasso, Nicolosi e Trecastagni, sottratti del governo
1 Rel Dioec 207 B, fol. 263r-264v. Sul dorso della relazione si legge: «Catanen. Visitatio SS. liminum. ammessa per il corrente 96° triennio»; «16 decembris 1872. 12 maii 1875 fuit responsum» (fol. 272v). 2 la notizia è evidenziata al margine. 3 la notizia è evidenziata al margine.
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civili in seguito all’ingiusta occupazione demaniale, mi sono adoperato con tutte le mie forze a ricostituire i loro capitoli e in gran parte ho già portato a compimento questo lavoro, anche se fra i canonici della collegiata di Paternò ho trovato un oppositore insidioso e di animo cattivo. Questa S. Congregazione, a quanto si dice, possiede alcuni scritti di questo canonico — che eccelle in cattiveria e in menzogna — contro l’arcivescovo, che egli considera un usurpatore dei beni della chiesa di Paternò. Non ho ancora presentato a questa S. Congregazione una relazione su questa molestia, perché ho ancora la fondata speranza con la carità e la pazienza di ricondurre alla verità e all’obbedienza, quell’oppositore che cerca di resistere con tutte le sue forze alla mia volontà. Ritengo opportuno esporre ancora una volta a questa S. Congregazione quanto ho scritto nel capitolo VII della precedente relazione a proposito dei vicari foranei, i quali, non essendoci ab immemorabili veri parroci, da molti secoli nelle singole città minori dell’attuale circoscrizione di questa diocesi (non è il caso che mi occupi delle chiese erette in tempi più recenti e aggregate alle nuove diocesi), esercitano la cura delle anime come vice parroci amovibili a discrezione del vescovo. Infatti ho potuto sperimentare i mirabili effetti e i grandi benefici derivanti alla diocesi sul piano spirituale e temporale, soprattutto in questi nostri tempi, da questa sua speciale e antichissima costituzione [fol. 264r]. Infatti qui non si dà il pretesto al governo civile di immischiarsi nella elezione e nel possesso dei parroci e al cosiddetto economato è tolta l’occasione di intromettersi nell’amministrazione delle parrocchie vacanti; inoltre dai preposti alla cura delle anime si presta una maggiore obbedienza all’Ordinario e così molto più facilmente si mantiene nelle città l’ordine e la disciplina. Sorgono ancora tre monasteri femminili nella diocesi (infatti il quarto di cui scrivevo nella precedente relazione oggi appartiene alle diocesi di acireale) e cinque nella città, non essendosi lamentata fino ad oggi nessuna violenta occupazione. alcuni Collegi di Maria che, secondo quanto ho esposto nella precedente relazione, erano riusciti ad evitare il nefasto turbine della soppressione, sono giunti ormai all’estremo limite e difficilmente potranno sfuggire alle insidie dei riformatori. Il seminario dei chierici in cui sono educati 160 giovani (nella precedente relazione erano oltre 200, ma non era stata ancora eretta la nuova diocesi di acireale) non ha incontrato ostacoli da parte del governo circa la disciplina e l’istruzione e, con l’aiuto di Dio, gode di piena libertà. Confermo quanto ho scritto nella precedente relazione sull’obbligo 801
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della mia residenza, sull’amministrazione della cresima, sul sinodo diocesano, sulla cancelleria arcivescovile e sul cimitero. l’ordinazione dei ministri sacri si è tenuta ogni anno e a volta anche due volte nello stesso anno [fol. 264v]. lo stesso si dica relativamente al capitolo III della relazione sul clero, secolare, al IV sui religiosi, al V sulla monache, al VI sul seminario, al VII sulle confraternite. Per quanto riguarda i capitoli delle collegiate non ho omesso nulla perché, nonostante l’iniqua legge della soppressione, restino in vita e continuino a prestare servizio nella chiesa. Pertanto in molti capitoli si è felicemente proceduto alla nuova elezioni di canonici e sto pensando di prendere al più presto altri provvedimenti. Relativamente al capitolo VIII sul popolo non ritengo opportuno ripetere le richieste già fatte a questa S. Congregazione. fra le diverse opere di pietà, che sembrano fiorire sempre di più nel popolo affidato alle mie cure, penso di accennare a cinque: 1°. l’apostolato della preghiera, che diffonde il culto al s. Cuore di gesù, al cui sono iscritti oltre 20.000 fedeli. 2°. l’opera della propaganda della fede che ogni anno raccoglie offerte più di ogni altra diocesi della Sicilia. 3°. Il terz’ordine francescano di penitenza, al quale molti sono scritti nelle singole città e perseverano nelle buone opere. 4°. le associazioni dei bambini da poco istituite in tutta la diocesi e poste sotto la protezione di s. luigi. 5°. Il circolo dei Sette dolori della B. Vergine Maria, che conta molti soci. Non penso che si debba passare sotto silenzio lo zelo dei catanesi per il culto di Dio e per la conservazione delle chiese; infatti non solo in diocesi non esistono chiese erette e chiuse al culto, anzi tutte risplendono per nuove, ricche e sante suppellettili, ma di recente in città sono state costruite due nuove chiese: uno (grande e maestoso) intitolato alla Madonna della Salette, l’altro dedicato alla Madonna della guardia. Non penso, nella debolezza delle mie forze, di aver trascurato una qualsiasi occasione per accrescere e difendere la Chiesa e il gregge affidato alle mie cure in questi tempi difficilissimi. Mi aiuti Dio con la sua grazia perché in futuro non venga meno. Per ottenere questa grazia, prostrato in ginocchio dinanzi alle tombe degli apostoli, mentre espongo umilmente queste notizie, chiedo al supremo Pastore di tutti l’apostolica benedizione. 802
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Catania, 1 dicembre 1873
umilissimo ed obbedientissimo giuseppe Benedetto, arcivescovo di Catania4.
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la risposta della Congregazione è riportata in appendice al testo originale della rela-
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1881 – Relazione dell’arcivescovo giuseppe Benedetto Dusmet, relativa ai trienni 97°-99°, scritta il 23 dicembre 18811.
[fol. 275r] relazione sullo stato della Chiesa di Catania dopo la terza visita pastorale fatta dal sottoscritto, da presentare alla S. Congregazione del Concilio nel 1881. Io sottoscritto, per grazia di Dio e della Sede apostolica, arcivescovo di Catania, obbedendo ai precetti dei Sommi Pontefici, specialmente di Sisto V, in quest’anno 1881 dall’Incarnazione del Signore, presento umilmente alla Cattedra apostolica, capo e maestra di tutte le Chiese, la terza relazione sullo stato della mia diocesi, che, dopo aver ottenuto il permesso di questa S. Congregazione, invio in ritardo per cause in nessun modo dipendenti dalla mia volontà; con l’aiuto di Dio spero di recuperare questa dilazione quando giungerà il tempo di presentare le altre relazioni. Per quanto riguarda l’obbligo della visita ai Sacri limini, ho osservato scrupolosamente le prescrizioni di questa S. Congregazione e per gli anni passati ho fatto il mio dovere. ho portato a compimento la visita pastorale di cui ho riferito nella seconda relazione, anzi ho completato anche la terza iniziata tre anni fa [fol. 275v] visitando tutti i comuni della diocesi. In considerazione della povertà e delle ristrettezze di quasi tutte le chiese, in questa visita come nelle precedenti, non ho preso nulla dal clero o dalle stesse chiese, né per gli alimenti, né per il viaggio, né per qualsiasi altro motivo, ma ho portato tutto a compimento a mie spese, avvertendo tuttavia che da questa mia rinunzia non doveva nascere pregiudizio alcuno per i miei successori e per i loro diritti. anzi poiché nelle due precedenti visite ho riscontrato che erano state fatte diverse spese per una più solenne accoglienza e ricezione del vescovo visitatore, ho emanato rigide proibizioni ai vicari foranei sull’uso di carrozze, bande musicali ed altro con i quali, in segno di ossequio e di amore, si andava incontro al visitatore. Mi sono recato nei singoli luoghi da solo, accompagnato dal cancelliere, dal segre-
Rel Dioec 207 B, fol. 275r-281r. Sul dorso della relazione si legge: «Catanen. Visitatio Sanctorum liminum». «30 ianuarii 1882»; «ammessa per i passati trienni 97 e 98 e per corrente 99 che spira il 20 dicembre 1882». «Die 30 decembris 1882 fuit responsum» (fol. 291v) 1
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tario e dal domestico, affittando una sola carrozza; nessuno mi è venuto incontro. Queste indicazioni, che ho ordinato venissero rigorosamente osservate, non furono di ostacolo a suscitare la religiosità dei fedeli; anzi mi manifestarono maggiore riverenza e mi diedero segni evidenti di amore e di impegno. Ritengo superfluo ripetere quel che ho già scritto nelle mie precedenti relazioni [fol. 276r], per capitoli distinti, secondo le indicazioni della S. Congregazione; aggiungerò solamente le novità che ritengo necessario far rilevare. Quanto al cap. I della relazione sullo stato materiale della Chiesa, non ho nulla da aggiungere alle notizie già inviate circa la fondazione, i confini, i privilegi, il numero delle città e lo stato della cattedrale. In cattedrale ho portato a compimento diverse opere di abbellimento, tra le quale il bellissimo organo, costruito in francia, del quale da tempo si sentiva la necessità, spendendo del mio 36.000 lire. I capitoli delle collegiate di Catania, Paternò, Biancavilla, adrano, Belpasso, Nicolosi e Viagrande svolgono liberamente la propria attività secondo i propri statuti, come se non ci fosse mai stata alcuna legge di soppressione. la rivendicazione dei loro beni è stata portata a compimento. In quest’opera ho avuto l’aiuto e la solidarietà di tutti dei canonici di tutte le collegiate, ad eccezione di quella di Paternò, nella quale ho subito molte e gravi contrarietà, ad opera di un solo canonico, lo stesso di cui ho dato notizia nella precedente relazione, al quale questa S. Congregazione, sette anni fa, per evitare scandali, impose il perpetuo silenzio. Questa S. Congregazione conosce gli ultimi violenti tentativi con i quali il predetto canonico con la pubblicazione di nuovi scritti e con discorsi privi di fondamento ha cercato di rompere il silenzio e ha osato ordire altre trame in modo subdolo e insolente contro l’arcivescovo e il capitolo della collegiata; per questo suo comportamento egli è stato punito da questa S. Congregazione con la privazione della voce attiva e passiva. Tutti speravamo che questa lezione salutare potesse giovare di insegnamento al can. antonino Russo Signorelli; ma invano! Con un’audacia senza limiti egli rispose alle prescrizioni di questa S. Congregazione pronunziando nuove falsità e ritenendo scioccamente di privare il rescritto della sua efficacia. Per questo motivo questa S. Congregazione il 3 del corrente mese di dicembre inviò un altro rescritto, nel quale respinse i sofismi e gli errori del predetto sacerdote e lo ammonì severamente a ravvedersi. C’è il timore che egli, facendosi sempre più trascinare dalla superbia, giunga alla definitiva defezione; ma que805
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sto potrebbe essere imputato unicamente a lui; infatti non può essere tollerato che un solo sacerdote in tutta la diocesi [fol. 277r], che si comporta senza badare a regole e punizioni, sconvolga la disciplina ecclesiastica e dia agli altri un pessimo esempio di disobbedienza e di disprezzo dell’autorità. Di tutte le chiese della diocesi neppure una, per mirabile disposizione divina, è stata fino ad oggi sottratta al culto e chiusa. anzi nella città, oltre alle due nuove chiese erette in onore della B. Maria Vergine della Salette e della guardia — delle quali ho scritto nella precedente relazione — ne è stata costruita un’altra bella e spaziosa in onore della B. Maria Vergine della Mercede e adibita alla cura delle anime, al posto di una più antica, piccola e assolutamente inidonea, che gli amministratori cittadini hanno demolito per pubblica utilità, dopo aver pagato una somma conveniente. ho trovato molte chiese nei diversi comuni della diocesi, specialmente a Paternò, adrano e Bronte, così restaurate e splendidamente decorate da poter affermare a ragione che nei fedeli catanesi lo zelo per la casa di Dio è inestinguibile {cfr. Sal 69, 10} [fol. 277v]. Ritenendo superfluo ripetere anche in questa relazione le notizie scritte nella prima e nella seconda sui grandi benefici che comporta — specialmente ai nostri tempi — l’antica e particolare costituzione della Chiesa di Catania, nella quale l’arcivescovo è l’unico parroco della città e della diocesi, mi limito a manifestare la mia soddisfazione per la sentenza che ho avuto dal tribunale della Suprema Cassazione di Roma con la quale mi ha restituito, riconoscendoli come parrocchiali, parte dei beni di questa mensa vescovile già perduti, e mi conferì il diritto di rivendicare preso i tribunali civili le proprietà di tutte le chiese parrocchiali della mia diocesi. Proprio nei giorni scorsi fermandomi a Roma, con la particolare protezione di Dio, ho vinto un’altra grande controversia sui beni della mia mensa vescovile. Nulla di nuovo sui monasteri femminili. le monache della città vivono pacificamente in 5 monasteri della città [fol. 278r], che ho elencato nella precedente relazione; altrettanto si dica per le monache di Paternò, adrano e Bronte. Da quando ho assunto il governo della diocesi non si è verificata nessuna usurpazione dei suddetti monasteri e, sebbene essa sia stata minacciata ora per l’uno ora per l’altro, fino a questo momento con l’aiuto di Dio sono riuscito a sottrarli a questo pericolo. Non si è verificato nulla di spiacevole per i Collegi di Maria negli ultimi sette anni. Spero di poter richiamare in vita quello di Catania, i cui beni erano stati già stati sottratti. 806
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Per un altro conservatorio di ragazze sia civili che povere nel comune di Trecastagni sono riuscito ad evitare il pericolo di una imminente soppressione. Infatti, con il sostegno dell’autorità civile detta «tutoria» ed eludendo i tentativi del consiglio comunale, ho affidato quel conservatorio alla figlie di Maria ausiliatrice (opportunamente soggette all’autorità dell’Ordinario) [fol. 278v] per fondare un bellissimo istituto femminile di educazione. Un altro istituto simile è stato fondato nel comune di Bronte ed affidato alle stesse suore, che sono state chiamate anche a Catania per dirigere un’altra casa di educazione dipendente da privati. Il seminario dei chierici gode sempre dello stesso stato di prosperità; quantunque i chierici della diocesi di acireale che fino a poco tempo fa vi dimoravano, recentemente (cioè da circa quattro mesi) siano stati accolti nel proprio seminario, abbiamo più di 130 seminaristi che alloggiano nell’istituto, oltre a molti altri chiamati «foristi», cioè quelli che dimorano nelle proprie case, vengono in seminario per frequentare la scuola, partecipare alla Messa e agli altri esercizi di pietà e, sotto la guida di speciali prefetti, uscire quotidianamente a passeggio per le vie della città. l’attuale rettore, che è anche priore e prima dignità della mia chiesa cattedrale, cioè il rev. antonino Caff, nello scorso anno fece costruire a sue spese una grande e bellissima casa, sita in campagna, destinata ad accogliere tutti gli alunni durante le vacanze autunnali. In tal modo i chierici durante le vacanze non sono costretti a rientrare nelle proprie case; quest’anno 80 chierici con i loro educatori e confessori si fermarono per circa due mesi nella nuova casa. Sugli ospedali e le altre opere pie sono molto lieto di dare alcune notizie che saranno certamente gradite a questa S. Congregazione. I due maggiori ospedali di questa città sono stati affidati alla direzione delle suore dette «della carità», le quali sono state incaricate di dirigere il grande ospizio municipale dei poveri. Inoltre ho istituito un altro ospizio per gli anziani poveri dell’uno e dell’altro sesso, diretto dalle suore dei poveri chiamate dalla francia, nel quale sono già accolti circa 80 ricoverati, mantenuti dalla carità dei fedeli. la casa nelle quale attualmente sono accolti è stata presa in affitto a mie spese; ma al più presto sarà costruito un grande edificio [fol. 279v] di proprietà delle suore, che potrà accogliere 200 poveri. a dirigere l’ospizio di adrano sono state chiamate le suore di s. anna. Inoltre il conservatorio delle cosiddette «proiette settenarie» di Catania di recente è stato affidato alle suore della carità; un’altra nuova casa ho assegnato a queste stesse suore, in cui è stato istituito un collegio per 807
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l’educazione delle ragazze di civile condizione. Pertanto nello spazio di tre anni in diocesi sono stati istituiti 10 istituti, affidati a suore di vari ordini. Bisogna ancora pensare ad estendere l’istruzione dei bambini; pertanto alle scuole serali gratuite, alle quali ho accennato nella prima relazione, spero di aggiungerne altre: è già pronto il sito in cui saranno istituite. Quanto al cap. II confermo ciò che ho scritto sull’obbligo della mia residenza, sulla cancelleria arcivescovile, sul cimitero, sull’amministrazione della cresima, sul sinodo diocesano. lo stesso discorso vale per le sacre ordinazioni [fol. 280r] che ho tenuto ogni anno. Quanto al cap. III sul clero secolare mi preme ripetere due rilievi: ho trovato il clero docile ad osservare le norme e si consigli da me dati, soprattutto quelli che riguardano il servizio ecclesiastico. Quanto ai religiosi, dei quali tratta il cap. IV, ritengo di dover far rilevare che, per quanto ho potuto, riconoscendo i loro diritti sulle proprie chiese, ho cercato di affidarle agli stessi, astenendomi dal visitarle. Tuttavia sarebbe auspicabile che i superiori ai quali compete questa visita non la trascurino. Infatti in diocesi esistono diverse chiese di regolari che non sono state visitate né dall’Ordinario, né dai superiori dell’ordine, e tutto questo con loro grave danno. Non ho altro da aggiungere ai capitoli V, VI e VII. Sul cap. VIII bisogna far notare che tutte le opere pie elencate nella precedente relazione [fol. 280r] conservano il primitivo fervore; altre se ne sono aggiunte, anche se non molte. Infatti non ritengo opportuno moltiplicare le stesse opere, quanto conservare, rafforzare e perfezionare quelle esistenti. fra le nuove merita di essere ricordata l’associazione dei sacerdoti per il servizio gratuito nelle chiese prive di ogni aiuto durante l’esposizione delle quarantore; questa istituzione ha dato buoni frutti, se si considera che risultano ad essa iscritti 50 fra i sacerdoti migliori della città. Per non tacere le cose di cui sono a conoscenza è giusto che accenni anche ad un fenomeno non molto lieto che spero a poco a poco possa cessare e cioè l’eccessiva facilità con cui alcuni, ingannati dall’ignoranza o dall’errore, osano contrarre il cosiddetto matrimonio civile, trascurando ingiustamente e colpevolmente il sacrosanto sacramento della Chiesa. Mi adopero strenuamente, facendo ricorso ai discorsi persuasivi e anche agli aiuti economici, per eliminare questo abuso e il numero di questi concubinati legali diminuisce sempre più [fol. 281r]. Bisogna anche non poco rammaricarsi per un’altra facilità, quella con cui i tribunali civili osano dichia808
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rare nulli i matrimoni, che la Santa madre Chiesa considera validi. Da ciò deriva che i coniugi ritenuti liberi dall’autorità civile siano ammessi, senza alcuna riparazione, a celebrare altri matrimoni civili, che in realtà devono essere considerati una cosa ripugnante e disonesta. Tuttavia si hanno pochi esempi di questo gravissimo scandalo, che i fedeli condannano. Molti di coloro che hanno acquistato illecitamente i beni ecclesiastici hanno fatto la dichiarazione secondo le direttive della S. Penitenzieria; pertanto sono stati assolti dalle censure. Ma alcuni ne sono ancora irretiti, perché ignorantemente temono di perdere i beni acquistati se fanno la dichiarazione, anche se il loro numero va diminuendo sempre più. Ripeto quanto ho già scritto nella precedente relazione: non ho trascurato nessuna occasione, nella debolezza delle mie forze, di custodire e difendere le chiese e il gregge affidato alle mie cure. Che Dio mi aiuti a non mancare in futuro a questo mio dovere. Perché possa conseguire più facilmente questo fine, prostrato in ginocchio dinanzi i Sacri limini degli apostoli, chiedo umilmente e imploro la benedizione apostolica dal Supremo Pastore. Roma, 23 dicembre 1881. giuseppe Benedetto Dusmet, arcivescovo di Catania2.
2 la risposta della Congregazione è riportata in appendice al testo originale latino della relazione.
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1890 – Relazione dell’arcivescovo giuseppe Benedetto Dusmet, relativa ai trienni 100°102°, scritta il 1° dicembre 18901.
[fol. 286r] Io sottoscritto {giuseppe Benedetto} Dusmet, Cardinale presbitero di S. Romana Chiesa, per grazia di Dio e della Sede apostolica arcivescovo di Catania, obbedendo alle norme dei Sommi Pontefici, specialmente di Sisto V, in quest’anno 1890 dall’Incarnazione del Signore presento la quarta relazione sullo stato di questa diocesi all’apostolica Cattedra, capo e maestra di tutte le Chiese. Questa S. Congregazione non ignora i motivi che mi hanno obbligato a prorogare fino ad oggi la presentazione della relazione che avrei dovuto far pervenire da cinque anni. Essendo stato nominato nel 1885 amministratore apostolico nella diocesi di Caltagirone, sono stato costretto per i sei mesi di quell’anno e per alcuni dell’anno successivo a fermarmi in quella città. Pertanto, dovendo badare al governo delle due Chiese, mi fu impossibile in quel periodo (da luglio a dicembre) iniziare la sacra visita pastorale. appena feci ritorno da Caltagirone (maggio del 1886) abbiamo subìto una furiosa eruzione dell’Etna e per un mese intero ho dovuto più volte visitare le zone di questo monte, ai piedi del quale sorgono i comuni della diocesi. alla fine dello stesso anno (1886) sono stato chiamato dal Papa a Roma e solo alla fine del mese di giugno (1887) ho potuto far ritorno in diocesi, dove infuriando il colera fu necessario spostarmi nei diversi comuni. Nel mese di novembre dello stesso anno (1887) per un altro invito del Papa sono stato chiamato a Roma una seconda volta, dove sono rimasto per sette mesi a disposizione della Santa Sede e solo poco prima del mese di luglio (1888) sono stato congedato [fol. 286v]. Di ritorno nella mia diocesi, ho dovuto interrompere per altri tre mesi la sacra visita pastorale della città, appena iniziata, perché chiamato una terza volta a Roma per la promozione al cardinalato, con cui il munificentissimo Pontefice, per la sua bontà ha voluto insignire me, minimo fra i poveri. Trascorse le feste pasquali (1889) mi sono adoperato a continuare la visita pastorale della dio-
Rel Dioec 207 B, fol. 286r-288v. Sul dorso della relazione si legge: «Catanien. Visitatio Sanctorum liminum». «24 decembris 1890». «ammessa per i passati trienni 100° e 101° e per corrente 102° che spira il 20 dicembre 1891». «Die 1° aprilis 1891 fuit responsum». «Expedita die 8 maii 1891» (fol. 293v). 1
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cesi, anche se non in modo continuo, perché dovevo risolvere alcuni gravi problemi in episcopio, che non mi permettevano di allontanarmi a lungo dalla città. Ritengo opportuno far presente a questa S. Congregazione che durante i miei soggiorni a Roma, spesso ho discusso su questa mia relazione che non rispetta la scadenza prevista; mi è stato risposto che il ritardo non era imputabile alla mia volontà ma agli incarichi affidatimi dalla Suprema Potestà, che hanno determinato il differimento della visita pastorale. Peraltro giova ricordare che più volte ho visitato personalmente i Sacri limini anche il per il triennio che scadrà il 20 dicembre 1894. Ed ecco le notizie che intendo sottoporre a questa S. Congregazione. Ritengo superfluo descrivere minutamente i dati forniti nelle relazioni precedenti sul cap. I: 1° circa la prassi seguita fermamente fino ad oggi di non chiedere o ricevere nulla dalle chiese e dal clero nella visita pastorale, né per gli alimenti né per il viaggio, ma di fare tutto a mie spese; 2° circa lo stato materiale della Chiesa e cioè la istituzione, i confini, i privilegi, il numero delle città e lo stato della cattedrale; 3° circa i capitoli [fol. 287r] delle collegiate i beni delle quali ho in gran parte riavuto dal demanio; 4° circa la particolare costituzione della Chiesa di Catania, in cui l’arcivescovo è l’unico parroco della città e della diocesi; 5°circa i monasteri femminili dei quali soltanto per uno dall’inizio del mio governo si lamenta l’occupazione: quello di Santa Chiara di adrano, in cui erano rimaste soltanto 3 monache; 6°circa gli ospedali, i conservatori per le fanciulle, in gran parte affidati di recente alle suore della carità. Sul cap. II confermo quanto ho scritto sull’obbligo della mia residenza, sulla cancelleria arcivescovile, sui cimiteri, sull’amministrazione della cresima, sul sinodo diocesano. lo stesso si dica sulla ordinazione dei ministri sacri, che ho tenuto ogni anno. Sul cap. III che tratta del clero diocesano, confermando quanto ho scritto nelle precedenti relazioni, mi preme far notare che ho trovato quasi tutti i sacerdoti docili ad eseguire gli ordini e i suggerimenti dati, specialmente quelli riguardanti il servizio ecclesiastico. Devo aggiungere una piacevole novità circa le riunioni per la soluzione dei casi morali. Come ho già avevo scritto, queste riunioni si tenevano nella chiesa di Santa Maria della lettera, ma non tutti partecipavano. Da cinque anni le ho trasferite nel palazzo vescovile, dove i confessori dell’uno e l’altro clero, anche i canonici, ogni terzo giovedì del mese, si riuniscono puntualmente alla mia presenza; inizio sempre la seduta con una proficua lezione sui doveri dei sacer811
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doti. le soluzioni per ogni caso proposto sono date prima da due sacerdoti estratti a sorte durante la riunione, e poi dal solutore ufficiale, che è il docente di teologia morale e di diritto canonico del seminario [fol. 287v]. la riunione si chiude con una dissertazione tenuta da un confessore da me designato. Secondo le prescrizioni della S. Congregazione, il segretario prende nota degli assenti e se è a conoscenza che qualcuno è veramente impedito, lo scusa ad alta voce quando il suo nome è estratto per leggere la soluzione. Posso assicurare questa S. Congregazione della grandissima utilità ottenuta con le conferenze e della reale sollecitudine dei partecipanti a preparare e ad ascoltare le soluzioni. Sul cap. IV che tratta dei regolari non solo ritengo di ripetere quanto ho scritto nella precedente relazione sulle chiese degli stessi religiosi dispersi, che non sono visitate da me per non pregiudicare i loro diritti, né dai superiori dei loro ordini, che raramente possono muoversi, ma penso di aggiungere qualche osservazione di maggior rilievo. Per 24 anni (dal 1866 al 1890) i religiosi dispersi sono rimasti quasi tutti sotto l’autorità dell’Ordinario, fuori i conventi, lontani da ogni controllo dei superiori, al punto che solo l’Ordinario può conoscere il genere di vita da loro condotto e giudicare se sono degni di ricevere onorificenze o uffici. Succede che uno o l’altro di essi dai superiori venga promosso senza neppure consultare l’Ordinario, con grande meraviglia dei fedeli e danno per la disciplina ecclesiastica. al presente vive a Catania un religioso del quale non ho mai udito nulla di buono e spesso anche qualcosa di meno buono. Se — che Dio ci guardi — egli sarà nominato, come si vocifera, provinciale, cosa dovrò fare considerato che non l’ho potuto accettare come rettore della chiesa del suo ordine? [fol. 288r] Questa S. Congregazione veda se si può trovare un qualche rimedio ad un male così grave e allo stesso tempo provveda agli altri regolari dispersi, che hanno lasciato l’abito del proprio ordine e vorrebbero appartenere ora al clero regolare e ora al clero secolare. Nella propria chiesa si sforzano di difendere i diritti dei religiosi sui funerali e fuori della chiesa si pongono sotto la croce del clero secolare e partecipano alle sue retribuzioni funerarie. Non ho nulla da aggiungere sul cap. V. Sul cap. VI, cioè sul seminario dei chierici, alle notizie già date bisogna aggiungere quella che riguarda il decreto pubblicato di recente sui cosiddetti chierici «foristi». Costoro, infatti, per un’antica consuetudine, risiedevano nelle proprie case e venivano in seminario solo per frequentare 812
Giuseppe Benedetto Dusmet (1867-1894)
le lezioni e fare assieme agli altri il passeggio. Ora, invece, pagando solamente 10 lire al mese vivono in seminario e cioè cenano e pernottano, ma hanno un’ora libera per andare a pranzare a casa propria; trascorso questo tempo devono rientrare in seminario. Tutti hanno in seminario una speciale dimora detta «camerata». I chierici residenti in seminario quest’anno sono stati 150, 40 dei quali nei mesi di settembre e di ottobre trascorrono insieme la villeggiatura nella casa costruita dal rettore, il vescovo antonino Caff, come ho già detto nella precedente relazione. Sul cap. VII, che riguarda le chiese, le confraternite e i luoghi pii, tutto il nostro impegno ha come scopo di sottrarci, per quanto è possibile, al rigore delle leggi non risparmiando fatiche e iniziative. Non ho nulla da aggiungere sul cap. VIII [fol. 288v]. Prima di sottoscrivere la relazione posso informare con gioia questa S. Congregazione che tutte le opere descritte nelle precedenti hanno mantenuto il loro primitivo fervore. Da quattro anni ho aggiunto una nuova iniziativa di carità, cioè un dormitorio per i poveri dell’uno e l’altro sesso, eretto a mie spese e dedicato a San giuseppe. Nello scorso mese di maggio ho dato vita ad una nuova opera di carità per curare e nutrire i poveri infermi a domicilio, quelli cioè che non possono essere ricoverati negli ospedali della città. ho istituito quest’opera badando bene a non incorrere nella nuova norma civile che stabilisce la rimozione dei parroci dalle opere di carità; dando, cioè agli stessi parroci (da noi si chiamano curati) la direzione dell’opera. Quasi tutte le nobildonne della città sono iscritte a questa pia opera e tutti sperano da loro aiuti e favori. Secondo le prescrizioni del Sommo Pontefice tutti i sacerdoti quest’anno sono stati chiamati a Catania e ad altre sette città della diocesi per gli esercizi spirituali. Come per le altre relazioni così anche per questa sono molto contento di chiuderla chiedendo al supremo pastore di tutti l’apostolica benedizione. Catania, 1 dicembre 1890. † giuseppe Benedetto Cardinale Dusmet, arcivescovo di Catania2.
2 la risposta della Congregazione è riportata in appendice al testo originale latino della relazione.
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aPPENDICE
S. CONgREgaTIO CONCIlII
RElaTIONES DIOECESIUM CaTaNEN.
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Relationes dioecesium. Catanen. – 1590 I
1590 – Relazione del vescovo giovanni Corrionero, relativa al 1° triennio, scritta da giovanni Caudullo, beneficiato della cattedrale di Catania e presentata nel settembre del 15901.
[fol. 1r] Cum Rev.mus D. Ioannes Corrionero, Dei et Sanctae Sedis apostolicae gratia episcopus Catanensis, persensisset his mensibus praeteritis sanctae memoriae Sixtum Papam V ordinasse D. auditori causarum curiae Camerae apostolicae generali ut, iuxta quasdam suas litteras apostolicas, praeciperet omnibus episcopis quatenus Romam venirent visitandi limina apostolorum gratia et de statu uniuscuiusque ecclesiae suae rationem redderent, et quamvis dicto Ioanni episcopo id tunc nondum significatum fuerat, nihilominus uti fidelis et obediens Ecclesiae Sanctae praeveniendo ad suum procuratorem in Romana Curia residentem scripsit ut, mediante opera eiusdem auditoris, Sanctitati Suae supplicaretur pro dilatione adventus sui ad Urbem, multis causis ad id suadentibus, et in memoriali Sanctitati Suae desuper porrecto deductis, propter quas idem Ioannes episcopus obtinuit ab eadem Sua Sanctitate ut loco sui mitteret quendam canonicum ecclesiae suae Cataniensis, causa visitandi limina apostolorum et de statu ecclesiae Cathaniensis rationem reddendi. In cuius gratiae executionem, cum ipse episcopus canonicum mittere non valeret, tum quia maior pars canonicorum dictae ecclesiae numero duodecim senes et ad hoc iter faciendum impotentes, tum quia tunc temporis multi egroti erant, misit me Ioannem Caudullo perpetuum beneficiatum in dicta ecclesia Cataniensis, de cuius statu sum informatus et in cuius visitatione saepius facta interfui, ac in nonnullis illius terrae vicarius fui cum ampla ad id ipsius episcopi facultate et potestate. Necnon in meo, ad hanc Urbem die sexta mensis septembris Sede apostolica vacante, adventu eidem auditori me praesentavi ac limina apostolorum die vigesimasecunda dicti mensis septembris visitavi; et quantum attinet ad statum dictae ecclesiae Cathaniensis, pro parte dicti Ioannis episcopi, infrascripta propono. In primis ecclesia Cathaniensis est sub invocatione Sanctae agathae [fol. 1v] et de iure patronatus regio, sicut et aliae Regni Siciliae ecclesiae 1
Rel Dioec 207 a, fol. 1r-3r.
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Appendice
existunt, et nullum agnoscit metropolitanum, praetendens exemptionem ab ecclesia Montis Regalis, super qua exemptione lis pendet in secunda instantia coram monarchia. In ea adsunt quatuor dignitates: prior, videlicet, decanus, thesaurarius et cantor, et duodecim canonicatus, octodecim beneficiata qui dictae ecclesiae inserviunt hebdomadatim in omnibus horis canonicis, cum participatione distributionum quotidianarum. ac in civitate Cathaniensi adest collegiata ecclesia sub invocatione S.tae Mariae de Elemosina cum tribus dignitatibus: praeposito, videlicet, thesaurario et cantore, ac xxIV canonicatus qui similiter serviunt hebdomadatim uti supra, excepta in horis nocturnis matutini. Preterea in dicta civitate adsunt decem monasteria monialium, quorum septem sunt ordinis S.ti Benedicti et aliud convertitarum ordinis S.tae Clarae, loci ordinario subiecta, et alia duo similiter ordinis S.tae Clarae, quae a professoribus ordinis fratrum minorum de observantia nuncupatorum reguntur. Insuper adsunt etiam novem monasteria fratrum, videlicet: ordinum Beatae Mariae de Carmelo, et S.ti francisci de Paula, ac S.ti Dominici, ac S.ti Benedicti, ac S.ti francisci minorum de observantia, et capuccinorum, et S.ti francisci2 conventualium. Insuper adsunt etiam decem confraternitates diversarum regularum cum hospitali pauperum satis amplo. ad hec in diocesi Cathanensi adsunt quinque terrae civitates nuncupatae, videlicet: Piazza, Castrogiovanni, S.ti Philippi, Calascibetta et Paternum. Necnon hac dioecesi sex castra frequentia terrae nuncupata, videlicet: aterno, Regalbutum3, Villa alba4, Pietrapertia, la Motta, assori5 et Iacii ac viginta casalia quorum unumquodque ducenta [fol. 2r] focularia ad summum constituunt. ac in terris et castris praedictis adsunt duodecim monasteria monialium diversorum ordinum, quorum maior pars sunt ordinis S.ti Benedicti et S.ti francisci, cum multis diversis confraternitatibus. Preterea ipse Ioannes episcopus coepit possessionem dictae ecclesiae Cathaniensis anno proxime praeterito; et cum reperiisset hanc ecclesiam sine choro, et sacristiam sine ornamentis, statim illis rebus obviando cum 2 3 4 5
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francisci] cappuccin scrive e cancella Regalbutum] agarbutu Villa alba] Villa franca assori] ascari
Relationes dioecesium. Catanen. – 1590
effectu de suo proprio, in reparanda dicta ecclesia et praesertim in comparandis ornamentis dictae sacristiae et duobus candelabris argenteis, summam trecentorum scutorum expendit; et nunc fit et extruitur chorus dictae ecclesiae de nuce illi ecclesiae conveniente. Et simulatque accessit ad dictam ecclesiam illi providit de suo proprio de duobus lectoribus, quorum unus casus conscientie, alter vero Sacram Scripturam interpretaretur. Ordinavit quoque ut in qualibet ecclesia dictarum terrarum esset lector casuum conscientiae, cui loco mercedis assignarentur penae, quae quotidie camerae episcopali applicandae venirent; quas omnes penas monasteriis et aliis piis locis applicavit, ut ab istis lectoribus sacerdotes et clerus instruantur; reperiitque multos in visitatione quos propter eorum ignorantiam confessione et missa privare coactus fuit. Preterea voluit ut in dicta ecclesia musica decantetur suis sumptibus et expensis, ut maiori cum decentia et concursu devotorum divina celebrentur; id quod hactenus factum istic non fuit. Deputavit quoque in dicta civitate quinque cappellanos suis sumptibus et expensis et distribuit per tot ecclesias, ad sacramenta ecclesiastica fidelibus administranda et pueros doctrinam christianam [fol. 2v] docendam, cum dicta civitas ampla et in ea una dumtaxat parrochia et ad minus sufficiens esset. Reperitque domum episcopalem adeo ruinam minantem ut in ea restauranda mille et quingenta scuta et amplius de suo proprio expendit, quemadmodum etiam fecit in monasterio convertitarum, quod invenit magna reparatione indigere, cui rei ut occurreret procuravit centum scuta ex elemosinis publicis, et de suo proprio alia centum scuta in reparationem huiusmodi dedit. Et in civitate Cathaniensi adest seminarium rite gubernatum et in eo manutenendo magnam pecuniarum summam contribuit. Insuper licet magnam in visitatione facienda diligentiam adhibuerit, nihilominus, propter multos abusus et alia incommoda ibi inventa, non potuit visitare amplius quam dimidium districtum, relinquens ordinationes ad accurrendum huiusmodi incommodis necessarias; reliquum visitari non potuit propter summos calores; nec hoc anno finiri poterit versus Moncibellum, ubi extrema frigora adsunt et tempore hiemali visitatio ibi fieri non potest. Et ne clerus in dicta visitatione gravaretur mille scuta et amplius de suo proprio expendit. In episcopatu Cathaniensi sinodus nunquam celebrata fuit et propte-
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Appendice
rea Deo favente et finita dicta visitatione, illam celebrare intendit, ubi de multis expensis et debitis in hoc primo ingressu per eum factis se affrancaverit. Denique mensa episcopalis Cathaniensis multis pensionibus gravata est ac oneribus regiis et provisionibus canonicorum et beneficiatorum et sacristarum, quibus ipse episcopus mille scuta vel circa annuatim solvit; ultra ea quae ratione fabricarum ecclesiasticarum, panis quinque scutorum, qui quotidie inter pauperes distribuitur, et aliorum [fol. 3r] piorum operum fiunt, adeo ut vix illi quinque mille scuta singulis annis remaneant. Sedavitque ipse episcopus multas inimicitias inveteratas, quarum occasione multae personae per multos annos peccata sua confessa non fuerant nec SS.mum Eucharistiae Sacramentum sumpserant, et etiam multi sacerdotes, non sine notorio populi scandalo, missam non celebraverant. Ego Ioannes Caudullus, beneficiatus cathedralis ecclesiae Cataniensis
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Relationes dioecesium. Catanen. – 1592 II 1592 – Manca il testo della relazione, relativa al II triennio, presentata personalmente dal vescovo giovanni Corrionero. la sua presentazione risulta da una nota contenuta nel libro dei Decreti della Congregazione del Concilio.
1592 – Die 22 octobris 1592. Catanen. Dentur litterae visitationis liminum episcopo Catanen. pro 2° triennio, qui per se ipse id munus obiit, cum absolutione etc. Dicatur Congregationi placere quando id fieri possit, ut cura animarum in cathedrali uni certae personae ascriberet1.
1
Libri Decr, liber VII, 1591-1593, fol. 72r.
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Appendice III
1596 – Relazione del vescovo giovanni Domenico Rebiba, relativa al 4° triennio, presentata personalmente il 1° marzo 15961.
[fol. 6r] Status Ecclesiae Cathaniensis Civitas Cataniensis est nimis populosa continens in se domus fere decem millia ad radicem montis Etnae, qui mons alias dicitur Mongibellus. In hac eadem civitate adest magna et pulcherrima ecclesia catedralis sub invocatione Sanctae agathae, quae fuit nobilissima illius civitatis virgo, cuius corpus decenter asservatur in dicta ecclesia. Insuper est honorata sacristia cum rebus ad cultum divinum necessariis et magnificum palatium pro episcopo habitatione. adest etiam publicum Studium tum sacrae theologiae, tum etiam legis et artium, ubi conveniunt scolares totius Siciliae Regni et multi ex Calabriae provintiis; et ad episcopum spectat conferre insignia doctoratus laureandis. adsunt etiam in dicta ecclesia tres dignitates, quarum prima post pontificalem est prioratus, secunda cantoratus, tertia decanatus. Sunt similiter duodecim canonicatus totidemque prebendae et insuper duodecim benefitiati, qui tenentur ad personalem residentiam et predictae ecclesiae inservirent. Et nonnulli alii presbiteri in predicta ecclesia sunt ascripti, quibus onus incumbit celebrandi missas matutinales et meridianas. Cura animarum totius civitatis et omnium in ea habitantium penes capitulum residet, ac curam exercet per vicarios deputatos in diversis ecclesiis, quas appellant sacramentales [fol. 6v], cum in illis administrentur sacramenta per diversa civitatis loca prout congruit comoditati populi et habitantium, nec alia adest parrochialis ecclesia in dicta civitate. Canonici dictae ecclesiae olim erant regulares ordinis S.ti Benedicti, cuius regulam profitebantur et almutiis nigris super cottis utebantur; et postmodum per Pium Papam Quintum2 felicis recordationis fuit mutatus huiusmodi status regularis et ad secularem redactus; et propterea canonici predictam regulam amplius non profitentur, sed tantummodo retinent habitum almutiarum. Valor mensae episcopalis, habita ratione ad communem extimatio1 2
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Rel Dioec 207 a, fol. 6r-8v. 5um] 4um
Relationes dioecesium. Catanen. – 1596
nem, ascendit quolibet anno ad scuta quindecim millia vel circiter, et in his computantur redditus comitatus Mascaris; episcopus enim uti utilis dominus dicti comitatus habet in eo redditus aliquot et exercet ibique temporalem iurisdictionem, sed spiritualis ecercetur per archiepiscopum Messinensem, in cuius diocesi existunt loca ad dictum comitatum pertinentia. In prioratu nulli adsunt fructus; percipit tamen prior quasdam distributiones quotidianas. fructus cantoratus ascendunt ad scuta tercentum vel circiter monetae illius Regni et decanatus ad centum quinquaginta, et canonicatus [fol. 7r] cuiuslibet fructus ascendunt ad centum fere scuta similis monetae. Sunt etiam in ecclesia predicta et diocesi plura alia benefitia et hospitalia multa. In civitate predicta sunt octo monialium monasteria sub iurisdictione et tutela episcopi et duo alia sub gubernio fratrum minorum de observantia. adsunt etiam plures monacorum et fratrum conventus diversorum ordinum videlicet: Sanctorum Benedicti, augustini, francisci de assisio, Dominici et francisci de Paula et cappuccinorum, nec est silentio pretermittendum quod in Divi Dominici conventu est insignis reliquia cuiusdam beati {…}3 eiusdem ordinis, cuius corpus illesum adhuc manet absque ulla prorsus ipsius partis corruptione decenterque servatur et4 veneratur ab omnibus, et insigne collegium Societatis Iesus5. Ulterius in diocesi Cathanien. adest civitas Platia nuncupata, focularium fere sex millium, in qua est ecclesia matrix cui inserviunt circiter centum presbiteri, quorum quatuor appellantur cappellani maiores, sunt etiam nonnullae aliae parrochiales ecclesie. adsunt etiam aliqua monasteria monialium et conventus monacorum et fratruum. Insuper est et alia civitas Enna nuncupata, focularium septem milium vel circa, in qua est matrix ecclesia [fol. 7v] sub invocatione Sanctae Mariae6, cui inserviunt similiter centum circiter presbiteri, quorum sex vel octo cappellani maiores nuncupantur et insuper sunt decem vel duodecim parrochiales ecclesie et aliqua monasteria monialium et conventus monacorum et fratruum diversorum ordinum. Similiter in dicta diocesi est civitas agira7, vulgariter nuncupata S.ti Philippi, populosa habens domos quinque millium; non est ecclesia matrix, 3 4 5 6 7
beati {…}] lacuna. servatur et] aggiunge nell’interlinea mano diversa. et – Iesus] aggiunge mano diversa. Sanctae Mariae] Sancti Martini. agira] augira.
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Appendice
sed tantum sex parrochiales ecclesie; et cuilibet ipsarum inserviunt decem cappellani ad nutum Rev.mi Domini amovibiles, nec est parocus cui incumbat principaliter cura animarum. Sunt tria monialium monasteria et tres conventus videlicet: Sanctorum Benedicti, augustini et francisci. Calascibetta8 civitas eiusdem diocesis focularium trium fere millium, habet ecclesiam matricem cui quindecim presbiteri inserviunt et duas parrochiales ecclesias, duo monialium monasteria et tres conventus fratruum. Civitas Paternionis, focularium duorum millium, in eadem diocesi existit: habet matricem ecclesiam cui quindecim presbiteri inserviunt, duo monialium monasteria et tres fratruum conventus. Insuper sunt castra aderni, Recalbuti9, assori10 [fol. 8r], aidoni, albae Villae 11, la Motti, et triginta fere oppida seu loca circa et prope muros civitatis Cathanien. vulgariter nuncupata ÂŤle vigne di CataniaÂť et ad episcopum spectat cappellanos in dictis locis deputare. Illustrissimarum et Reverendissimarum Dominationum Vestrarum humillimus servus Ioannis Dominicus, Episcopus Cathanensis 1596.
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fuit exhibita a rev.mo D. episcopomet Cathanensi12 die 1a martii Cathanen. Visitatio 4a, 12 martii 1596 [fol. 9v].
Calascibetta] Caloebetta. Recalbuti] Celerecabuti; Ciasero] scrive e cancella. assori] Ciaseri. albae Villae] Villae franchae. Cathanensi] aggiunge nell’interlinea mano diversa.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1612 IV
1612 – Relazione del vescovo Bonaventura Secusio, relativa al 9° triennio, presentata il 26 ottobre 1612 dal procuratore giovanni Stagio, canonico della cattedrale1.
[fol. 17r] Relatio Ecclesiae Cathaniensis Ill.mi et Rev.mi Domini, civitas Cathanien. in Sicilia, ultra pharum, ad radices montis Ethnae sita est, ad meridiem, iuxta mare. In ea est permagna ac pulcherrima ecclesia cathedralis a comite Rogerio northmanno anno salutis 10942 sub invocatione S.tae agathae virginis et martyris erecta et dotata, cuius corpus ibidem honorificentissime asservatur et colitur, episcopali dignitate ab Urbano 2° Papa felicis recordationis insignita. habet sacristiam cum rebus ad divinum cultum necessariis satis decenter ornatam et episcopale palatium pro habitatione episcopi. fructus mensae episcopalis, deductis pensionibus, salariis et aliis oneribus sunt octo millia aureorum pro episcopo. Sunt in ea quattuor dignitates, quarum prima post pontificalem dicitur prior, 2a cantor, 3a decanus, 4a et ultima thesaurarius, duodecim canonicatus totidemque praebendae et insuper duodecim beneficiati, qui omnes tenentur ad personalem residentiam et horis canonicis per hebdomadam interesse; sunt et nonnulli alii capellani ad nutum episcopi amovibiles qui curam animarum gerunt, musici et cantores, organista et quattuor sacristae, quibus omnibus tam dignitatibus quam canonicis et beneficiatis caeterisque sacerdotibus conductitiis administrantur distributiones quotidianae et salaria ex fructibus mensae episcopalis. Dignitates et canonici dictae ecclesiae olim erant regulares ordinis S. Benedicti, cuius regulam profitebantur et in communi mensa vivebant; postmodum, per Pium Papam Quintum santae memoriae, fuit mutatus huiusmodi status regularis et ad secularem redactus, et pro insigniis utuntur mozzetta nigra super rocchettum; et eorum provisio, collatio et omnimoda dispositio ad episcopum quovis tempore ex indulto apostolico spectat et pertinet [fol. 17v]. Cura animarum civitatis et fere totius diocesis penes episcopum residet, quam exercet per vicarios et capellanos ad nutum amovibiles ad id 1 2
Rel Dioec 207 a, fol. 17r-18r. 1094] 1194.
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Appendice
deputatos in aliquibus ecclesiis, quae sacramentales dicuntur, per civitatem et oppida dispositae, prout congruit populi commoditati et in eis habitantium. Est et in civitate alia ecclesia collegiata sub invocatione S.tae Mariae de Elemosina, cui deserviunt tres dignitates et decem et octo canonici. Est item seminarium clericorum cui, cum hucusque incerta sede vagaverit, a moderno episcopo propria domus iuxta ecclesiam cathedralem erigitur et in dies, favente Deo Optimo Maximo, augebitur. adest etiam in civitate Cathaniae publicum Studium, ubi confluunt scholares ex tota fere Sicilia et ex propinqua Calabriae provincia; ad episcopum uti Studii cancellarium spectat conferre insignia laureandis et in eius absentia ad vicarium generalem. Sunt in civitate octo monasteria monialium sub iurisdictione ordinarii et alia tria sub cura fratruum minorum de observantia S.ti francisci necnon plures conventus et coenobia, monacorum et regularium diversorum ordinum, et collegium Societatis Iesu. Est et monasterium pauperarum puellarum virginum et aliud mulierum repentitarum seu ut dicitur ÂŤdelle convertiteÂť et domus puerorum orphanorum. hospitale ad infirmos curandum et peregrinos excipiendum necnon ad alendum infantes expositos. Sunt etiam aliquae laicorum sodalitates et mons pietatis. In civitate et dioecesi sunt nonnulla legata pia cum onere missarum in titulo simplicium beneficiorum conferri solita, quorum fructus et redditus insimul duorum millium scutorum, secundum communem existimationem, valorem annuum non excedunt. Tota diocesis, quae respectu aliarum diocesium huius regni est mediocris, amplectitur quinque [fol. 18r] oppida maiora, quae civitates nuncupantur et sex alia minora et duodecim rura seu casalia, et continet 80 millia animarum a communione. In oppido Platiae est alia ecclesia collegiata cum quatuor dignitatibus et 18 canonicis nuper apostolica auctoritate erecta, et ex bonis cuiusdam laici praediviti dotata. In his oppidis sunt sexdecim monasteria monialium sub iurisdictione episcopi, quorum maior pars communem vitam degunt et strictiorem regulam servant. Sunt etiam plures conventus fratrum mendicantium et sodalitates laicorum et in unoquoque oppido est hospitium pro pauperibus. 826
Relationes dioecesium. Catanen. – 1612
haec sunt quae breviter de statu civitatis et diocesis Cathanien. in praesentiarum mihi sese offerunt proponendum Ill.mis ac RR.mis Dominationibus Vestris, quas Deus diu incolumes servet. Illustrissimarum et Reverendissimarum Dominationum Vestrarum humillimus et inutilis servus fr. Bonaventura, Patriarca Constantinopolitanus, Episcopus Catanensis
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Appendice V
1616 – Relazione del vescovo Bonaventura Secusio, relativa al 10° triennio, presentata il 10 giugno 1616 dal procuratore Michele Musumarra, beneficiato della cattedrale1.
[fol. 22v] Relatio Ecclesiae Cataniensis Ill.mi et Rev.mi Domini, civitas Catanen. in insula Siciliae, ultra pharum, ad radices montis aetnae sita est, ad meridiem, iuxta mare. In ea est permagna ac pulcherrima ecclesia catedralis a comite Rogerio normanno, anno salutis millesimo nonagesimo quarto2 sub invocatione Sanctae agathae virginis et martyris erecta et dotata cuius corpus ibidem honorificentissime observatur et colitur, episcopali dignitate ab Urbano Secundo Papa felicis recordationis insignita. habet sacristiam cum rebus ad divinum cultum necessariis satis decenter ornatam, et episcopale palatium pro habitatione episcopi. fructus mensae episcopalis, deductis pensionibus, salariis et aliis oneribus, sunt octo millia aureorum pro episcopo. Sunt in ea quatuor dignitates, quarum prima post pontificalem dicitur prior, 2a cantor, 3a decanus, 4a et ultima thesaurarius; duodecim canonicatus, totidemque praebendae et insuper duodecim beneficiati, qui omnes tenentur ad personalem residentiam et horis canonicis pro hebdomada interesse. Sunt et nonnulli alii cappellani ad nutum episcopi amovibiles, qui curam animarum gerunt, musici et cantores, organista et quatuor sacristae. Quibus omnibus tam dignitatibus, quam canonicis et beneficiatis caeterisque sacerdotibus [fol. 23r] conductoriis administrantur distributiones quotidianae et salaria ex fructibus mensae episcopalis. Dignitates et canonici dictae ecclesiae olim erant regulares ordinis Sancti Benedicti, cuius regulam profitebantur et in communi mensa vivebant; postmodum per Pium papam Quintum3 sanctae memoriae fuit mutatus huiusmodi status regularis et ad saecularem redactum; et pro insigniis utuntur mozzetta nigra super rocchettum et eorum provisio, collatio et omnimoda dispositio ad episcopum quovis tempore ex indulto apostolico spectat et pertinet. 1 2 3
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Rel Dioec 207 a, fol. 22r-24r; 14r. millesimo nonagesimo quarto] millesimo centesimo nonagesimo quarto. Quintum] Quartum.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1616
Cura animarum civitatis et fere totius dioecesis penes episcopum residet, quam exercet per vicarios et cappellanos ad nutum amovibiles, ad id deputatos in aliquibus ecclesiis, quae sacramentales dicuntur per civitatem et oppida dispositae, prout congruit populi commoditati et in eis habitantium. Extat in civitate alia ecclesia collegiata sub invocatione Sanctae Mariae de Eleemosina cui deserviunt tres dignitates et decem et octo canonici. Est item seminarium clericorum cui, cum hucusque incerta sede vacaverit, a praesente episcopo propria domus insignis iuxta ecclesiam cathedralem erecta est, et in dies favente Deo Optimo Maximo magis augebitur. adest etiam in civitate Catanae publicum Studium, ubi confluunt scholares ex tota fere Sicilia et ex propria Calabriae provincia; ad episcopum uti Studii cancellarium spectat conferre insignia laureandis et in eius absen- [fol. 23v] tia ad vicarium generalem. Sunt in civitate septem monasteria monialium sub iurisdictione ordinarii, et alia tria sub cura fratrum minorum de observantia Sancti francisci, necnon plures conventus et coenobia monachorum et regularium diversorum ordinum, et collegium Societatis Iesu. Extat monasterium pauperum puellarum virginum et alium mulierum repentitarum seu ut dicitur ÂŤdelle convertiteÂť, et domus puerorum orfanorum. hospitalia ad infirmos curandum et peregrinos excipendum, necnon ad alendum infantes expositos. Sunt etiam aliquae laicorum sodalitates et mons pietatis. In civitate et dioecesi sunt nonnulla legata pia cum onere missarum in titulo simplicium beneficiorum conferri solita, quorum fructus et redditus insimul duorum millium scutorum, secundum communem extimationem, valorem annuum non excedunt. Tota dioecesis, quae respectu aliarum dioecesium huius regni est mediocris, amplectitur quinque oppida maiora, quae civitates nuncupantur, et sex alia minora et duodecim rura seu casalia, et continet 80 millia animarum a communione. In oppido Platiae est alia ecclesia collegiata cum quatuor dignitatibus et decem et octo canonicis nuper apostolica auctoritate erecta, et ex bonis cuiusdam laici praedivitis dotata. In his oppidis sunt sexdecim monasteria monialium [fol. 24r] sub 829
Appendice
iurisdictione episcopi, quorum maior pars communem vitam degunt et strictiorem regulam servant. Sunt etiam plures conventus fratrum mendicantium et sodalitates laicorum et in unoquoque oppido est hospitale pro infirmis, hospitium pro pauperibus et mons pietatis. haec sunt quae breviter de statu civitatis et dioecesis Catanien. impresentiarum mihi sese offerunt proponenda Ill.mis et Rev.mis Dominationibus, quas Deus diu incolumes servet. {fr. Bonaventura, Patriarca et Episcopus Catanensis} Lettera del vescovo alla Congregazione
Catanien. Episcopus Catanien. limina pro x triennio per procuratorem visitat et in acta a Sacra Congregatione humiliter petit: ut electio a se ad regimen seminarii civitatis Catanien. propriis sumptibus erecti ab eorum officio amoveri non possint etiam cum sedem illam episcopalem vacare contingerit. Item quod ut dictae vacationis spatio alumni in dicto seminario recipi non debeant absque licentia vicinioris nempe Siracusani episcopi, ne boni mores corrumpantur ac seminarii bona, quae in praesentia optime administrantur, occupentur et usurpentur. Cum cathedralis ecclesia existat sub invocatione Sanctae agathae civis eiusdem civitatis et cuius corpus ibidem honorifice asservetur, eius festum celebrari solet die V februarii cum octo sequentibus diebus; ibique e dioecesi non modo, verum etiam ex tota fere Sicilia confluunt ad virginem venerandam; quam venerationem conservare et pro viribus augere desiderans, episcopus humiliter supplicat Dominationibus Vestris Illustrissimis ut a Santissimo Domino Nostro indulgentiam plenariam per totam dictae festivitatis octavam et ad septennium eidem catedrali impetrare dignentur [fol. 14r]. Risposta della Congregazione
Episcopo Catanen. Perillustris etc. Inter caetera amplitudinis postulata in ea relatione status istius Ecclesiae comprehensa quam superibus diebus amplitutinis Tuae procurator cum eius nomine Sanctorum apostolorum limina veneraretur Sacrae Congregationi Cardinalium concilii Tridentini interpretum 830
Relationes dioecesium. Catanen. – 1616
exhibuit illud praecipue continetur ut electi ab amplitudine tua ad regimen seminarii istius civitatis ab eorum officio exercendo amoveri nullo unquam tempore possint etiam cum sedem istam episcopalem vacare contigerit, necnon ut dictae vacationis spatio alumni in seminario recipi non debeant absque licentia vicinioris ordinarii. Ill.mi Priores, rectam adolescentium institutionem ac seminarii gubernationem prae oculis habentes Sanctissimo Domino nostro annuente, decreverunt pro prima vice qua sedis episcopalis vacaverit huiusmodi electos minime ad eorum officio amoveri a capitulo absque ipsius Congregationis aut alumnos in seminario recipi posse absque vicinioris episcopi licentia. Quod amplitudini Tuae hisce Sacrae Congregationis litteris testatum voluimus, salutem illi plurimam ex animo praecantes. Romae, die xIIII septembris anni 16164.
4
Libri Litter 1607-1618, fol. 212r-v.
831
Appendice VI
1620 – Relazione del vescovo giovanni Torres de Osorio, relativa all’11° triennio, presentata il 25 maggio 1620 dal procuratore p. felice de leone, dottore in teologia, priore del convento dei carmelitani di Catania e ministro provinciale1.
[fol. 26r] Relatio Ecclesiae Catinae Ill.mi et Rev.mi Domini, civitas Catinae in Sicilia, ultra farum, ad radices montis Etna sita est, ad meridiem, iuxta mare. In ea est permagna ac pulcherrima ecclesia catedralis2 a comite Rogerio northmanno, anno salutis 10943 sub invocatione Sanctae agatae virginis et martiris erecta et dotata, cuius corpus ibidem honorificentissime observatur et colitur, episcopali dignitate ab Urbano Secundo Papa felicis recordationis insignita4, habet sacristiam cum rebus ad divinum cultum necessariis satis decenter ornatam et episcopale palatium pro habitattione episcopi; fructus mensae episcopalis, deductis pensionibus, salariis et aliis oneribus, sunt octo millia aureorum pro episcopo. Sunt in ea quatuor dignitates, quarum5 prima post pontificalem dicitur prior, secunda cantor, tertia decanus, quarta et ultima thesaurarius, duodecim canonicatus, totidem praebendae et insuper duodecim benefitiati, qui omnes tenentur ad personalem residentiam et horis canonicis [fol. 26v] per hebdomada interesse; sunt et nonnulli alii cappellani ad nutum episcopi amovibiles qui curam animarum gerunt, musici et cantores, organista et quatuor sacristae, quibus omnibus tam dignitatibus quam canonicis et benefitiatis ceterisque sacerdotibus conductoriis administrantur distributtiones quotidianae et salaria ex fructibus mense episcopalis. Dignitates et canonici dittae ecclesiae olim erant regulares ordinis Santi Beneditti, cuius regulam profitebantur et in comuni mensa vivebant; postmodum per Pium Papam V sanctae memoriae fuit mutatus huiusmodi status regularis et ad secularem redactum, et pro insigniis utuntur mozzetta nigra super rocchettum, et eorum provisio, collatio et omnimoda dispositio ad episcopum quovis tempore ex indulto apostolico spettat et pertinet. 1 2 3 4 5
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Rel Dioec 207 a, fol. 26r-28r. cathedralis] catredalis. 1094] 1194. insignita] insigniti. quarum]quam.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1620
Cura animarum civitatis et fere totius diocesis penes episcopum residet, quam exercet per vicarios et cappellanos ad nutum amovibiles6 ad {id} deputatos in aliquibus ecclesiis, quae sacramentales dicuntur, per civitatem et oppida [fol. 27r] dispositae, prout congruit populi commoditati et in eis habitantium. Est et in civitate alia ecclesia collegiata sub invocattione Sanctae Mariae de Elemosina cui deserviunt tres dignitates et decem et otto canonici. Est item seminarium clericorum7 iuxta ecclesiam catedralem8 in quo, ultra convittores, duodecim9 alumni commorantur iuxta redditus et facultates ditti seminarii, et praeterea sunt offitiales et ministri necessarii ad illius regimen. adest etiam in civitate Catanae publicum Studium, ubi confluunt scholares ex tota fere Sicilia et ex propria Calabriae provintia; ad episcopum uti Studii cancellarium spectat conferre insigna laureandis et in eius absentia ad vicarium generalem. Sunt in civitate septem monasteria monialium sub iurisdittione ordinarii et alia tria sub cura fratruum minorum de observantia Sancti francisci, nec non plures conventus et cenobia monacorum et regularium diversorum ordinum, et collegium Societatis Iesu. Est et monasterium pauperarum puellarum virginum et alium mulierum repentitarum [fol. 27v] seu ut dicitur ÂŤdelli convertitiÂť, et domus puerorum orfanorum et alia domus puerorum dispersorum. hospitalia ad infirmos curandum et pregrinos excipiendum necnon ad alendum infantes expositos. Sunt etiam aliquae laicorum sodalitates et mons pietatis. In civitate et diocesi sunt nonnulla legata pia cum onere missarum in titulo simplicium benefitiorum conferri solita, quorum fructus et redditus insimul duo milia scutorum secundum comunem extimationem valorem annuum non excedunt. Tota diocesis, quae respectu aliarum diocesium huius regni est mediocris, amplectitur quinque oppida maiiora, quae civitates nuncupantur, et sex alia minora, et duodecim rura seu casalia, et continet 80 milia animarum a comunione. 6 7 8 9
ad nutum amovibiles] ad notum et movibiles. clericorum] cui cum huc usque incettu sede vacaverit, scrive e cancella. catedralem] catredalem. duodecim] decem scrive e corregge.
833
Appendice
In oppido Platiae est alia ecclesia collegiata cum quatuor dignitatibus et decem et octo canonicis nuper apostolica auttoritate eretta, et ex bonis cuiusdam laici predivitis dotata. In hiis oppidis sunt sexdecim monasteria monialium sub iurisdittione episcopi, quorum [fol. 28r] maijor pars comunem vitam degunt et strittiorem regulam servant. Sunt etiam plures conventus fratruum mendicantium et sodalitates10 laijcorum, et in unoquoque oppido est hospidale pro infirmis, hospitium pro pauperibus et mons pietatis. haec sunt quae breviter de statu civitatis et diocesis Catanensis inpresentiarum michi sese offerunt proponendae Ill.mis et Rev.mis Dominationibus quas11 Deus diu incolumes servet. Ill.marum ac Rev.morum Dominationum vestrarum humilissimus et inutilis servus {Ioannes, Episcopus Catanensis}
10 11
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sodalitates] soliditates. quas] quam.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1623 VII
1623 – Relazione del vescovo giovanni Torres de Osorio, relativa al 12° triennio presentata il 2 maggio 1623 dal procuratore p. Bernardino da Randazzo, del convento dei minori osservanti di Piazza, lettore in arti e sacra teologia e censore dei libri per conto della S. Inquisizione1.
[fol. 36r] Ill.mi et Rev.mi Domini, civitas Catanae in Sicilia, ultra pharum, ad radices montis aetnae sita est, ad meridiem, iuxta mare. In ea est magna ac pulcherrima ecclesia cathedralis a comite Rogerio Normanno anno salutis 10942 sub invocatione Sanctae agathae virginis et martyris erecta et dotata, cuius corpus ibidem honorificentissime asservatur et colitur, episcopali dignitate ab Urbano 2° papa felicis recordationis insignita. habet sacristiam cum rebus ad divinum cultum necessariis satis decenter ornatam et episcopalem palatium pro habitatione episcopi. fructus mensae episcopalis, deductis pensionibus salariis et aliis oneribus, sunt octo millia aureorum pro episcopo. Sunt in ea quatuor dignitates, quarum prima post pontificalem dicitur prior, 2a cantor, 3a decanus, 4a et ultima thasaurarius, duodecim canonicatus totidemque praebendae, et insuper duodecim beneficiati, qui omnes tenentur ad personalem residentiam et horis canonicis per hebdomadam interesse [fol. 36v]. Sunt et nonnulli alii cappellani ad nutum episcopi amovibiles, qui curam animarum gerunt; musici et cantores, organista et quatuor sacristae; quibus omnibus tam dignitatibus quam canonicis et beneficiatis ceterisque sacerdotibus conductitiis administrantur distributiones quotidianae et salaria ex fructibus mensae episcopalis. Dignitates et canonici dittae ecclesiae olim erant regulares ordinis Sancti Benedicti, cuius regulam profitebantur et in communi mensa vivebant; postmodum, per Pium papam Quintum felicis memoriae, fuit mutatus huiusmodi status regularis et ad secularem redactus, et pro insigniis utuntur mozzetta nigra super rocchettum, et eorum provisio, collatio et 1 2
Rel Dioec 207 a, fol. 36r-37v. 1094] 1194.
835
Appendice
omnimoda dispositio ad episcopum quovis tempore ex indulto apostolico spectat et pertinet. Cura animarum civitatis et fere totius dioecesis penes episcopum residet, quam exercet per vicarios et cappellanos ad votum amovibiles ad id deputatos in aliquibus ecclesiis, quae sacramentales dicuntur, per civitatem et oppida dispositae, prout congruit populi commoditati et in eis habitantium. Est et in civitate alia ecclesia collegiata sub invo- [fol. 37r] catione sanctae Mariae de Eleemosina cui deserviunt tres dignitates et decem et octo canonici. Est item seminarium clericorum. adest etiam in civitate Catanae publicum Studium, ubi confluunt scholares ex tota fere Sicilia et ex propinqua Calabriae provincia. ad episcopum uti Studii cancellarium spectat conferre insignia laureandis et in eius absentia ad vicarium generalem. Sunt in civitate septem monasteria monialium sub iurisdictione ordinarii et alia tria sub cura fratruum minorum de observantia Sancti francisci, necnon plures conventus et coenobia monachorum et regularium diversorum ordinum, et collegium Societatis Iesu. Est et monasterium pauperum puellarum virginum et aliud mulierum repentitarum seu ut dicitur ÂŤdelle convertiteÂť, et domus puerorum orphanorum; hospitale ad infirmos curandum et peregrinos excipiendum necnon ad alendum infantes expositos. Sunt etiam aliquae laicorum sodalitates et mons pietatis. adest etiam in civitate Catanae domus puerorum qui dispersi vocantur, a moderno episcopo fundata, in qua et aluntur et in viam salutis diriguntur [fol. 37v]. In civitate et dioecesi sunt nonnulla legata pia cum onere missarum in titulo simplicium beneficiorum conferri solita, quorum fructus et reditus insimul duo millia scutorum, secundum communem extimationem, valorem annuum non excedunt. Tota dioecesis, quae respectu aliarum dioecesium huius regni est mediocris, amplectitur quinque oppida maiora, quae civitates nuncupantur, et sex alia minora et duodecim rura seu casalia, et continet 80 millia animarum a communione. In oppido Platiae est alia ecclesia collegiata cum quatuor dignitatibus et decem et septem canonicis nuper apostolica auctoritate erecta, et ex bonis cuiusdam laici praedivitis dotata. 836
Relationes dioecesium. Catanen. – 1623
In his oppidis sunt decem et novem monasteria monialium sub iurisditione episcopi, quorum maior pars communem vitam degunt et strictiorem regulam servant. Sunt etiam duae domus orphanarum. Sunt plures conventus fratrum mendicantium ac sodalitates laicorum, praecipue vero confraternitates SS.mi Sacramenti pro cuius veneratione tam Catanae qua in nonnullis maioribus oppidis [fol. 38r] a praesente episcopo oratio 40 horarum continua instituta est. In unoquoque oppido adest hospitium pro pauperibus et infirmis. De mense aprilis proxime praeteriti a moderno episcopo dioecesana synodus fuit celebrata. haec sunt quae breviter de statu civitatis et dioecesis Catanen. impresentiarum mihi sese offerunt proponenda Ill.mis et Rev.mis Dominationibus, quas Deus diu incolumes servet. Ill.marum ac Rev.marum Dominationum Vestrarum humillimus et inutilis servus Ioannes, Catanensis Episcopus Catanien. Relatio xII triennii exhibita per procuratorem ex speciali gratia admissum, die 2 maii 1623 [fol. 39v].
837
Appendice VIII
1626 – Relazione del vescovo Innocenzo Massimo, relativa al 13° triennio, presentata personalmente il 10 gennaio 16261.
[fol. 41r] Illustrissimi et Reverendissimi Domini, inherendo informationi ultimo loco a meo praedecessore limina apostolorum visitante {a} Dominationibus Vestris Ill.mis datae, nunc quae necessaria mihi videntur ut muneri meo pro parte satisfaciam breviter enarabo. In primis igitur ad meum Catanensem episcopatum a publicis Sanctae Sedis apostolicae negotiis expeditus, me transtuli ibique usque nunc decretum residentiae observavi publicis privatisque utilitatibus tam spiritualibus quam temporalibus pro viribus operam dedi, meamque cathedralem et capitulum visitando, necnon monialium monasteria in eis vitam communem introducendo, ecclesias sacramentales, seminarium, secularium confraternitates caeteraque huiusmodi ac diversis utilibus decretis munivi et pertinentia ad ea omnia tam spiritualia quam temporalia qua potui diligentia curavi, interque caetera multa, ut sacrum Sanctae agathae patronae sacellum, decentius ornaretur pecunias assignavi; casuumque conscentiae ut patribus Societatis Iesu publica lectio perpetuo haberetur sum consecutus. Meam vero dioecesim totam propter temporis angustias illiusque amplitudinem per meum vicarium generalem visitavi et inter caetera, quae mihi praecipue visa sunt necessaria, ut casuum conscientiae conferentiae singulis hebdomadibus haberetur et ut omnibus ecclesiis sacramentalibus singulis diebus dominicis doctrina christiana publice [fol. 41v] in ecclesia a capellanis doceretur mandavi, sinodum aliaque decreta a meo predecessore emanata pro nunc confirmavi. Et haec sunt quae in hac visitatione pro bono meae Ecclesiae statu mihi visa sunt proponenda Dominationibus Vestris Ill.mis, quas Deus etc. humillimus et dev.mus servus Innocentius, Episcopus Catanensis
1
838
Rel Dioec 207 a, fol. 41r-41v; 48v.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1626
[fol. 42v] Ill.mis ac Rev.mis Cardinalibus Sacrae Trid. Congr. interpretum. Cathanien. Pro Innocentio, Catanae Episcopo. Relatio xIII quadriennii exhibita ab ipsomet per Illustri ac Rev.mo Episcopo, die xa ianuarii 1626.
839
Appendice Ix
1629 – Relazione del vescovo Innocenzo Massimo, relativa al 14° triennio, scritta il 9 aprile 1629 e presentata il 10 maggio dal procuratore Benedetto Rusticelli, canonico della cattedrale, protonotario apostolico e segretario personale1.
[fol. 43r] Ill.mi et Rev.mi Domini, status ecclesiae Catanensis cui indigne praesum ex relationibus ultimis mei antecessoris ac meis in visitatione liminum apostolorum datis satis apparet. Iis igitur inherendo quae remanent necessaria ut muneri meo pro viribus satisfaciam breviter narrabo. Et primum in dicta mea ecclesia residentiam habui ac decretum residentiae observavi, publicis privatisque utilitatibus tam spiritualibus quam temporalibus pro viribus (quamvis satis imperfecte) operam dedi. Predicationes suis temporibus non defuere; confessarios novo examine recognovi, ut qui quadragesimum annum non attingerent mulieres non confiterentur decrevi. Dioecesim peramplam visitare caeptam ac exstirpationem peccatorum usurariae pravitatis praesertim, inimicus2 humani generis satis noto facinore civitatis Castri Ioannis in nos ac episcopalem dignitatem perturbare conatus. Interdictum, habita prius consultatione cum sanctissimo, in predicta civitate, non sine curiae secularis contradictione iuxta sacrorum canonum sancita sustinui. Pro iisdem offensionibus iterum atque iterum petita a secularibus magistratibus, a quibus graviter condemnatis, gratia ac tandem obtenta, et pro censuris bullae in Coena Domini ad Sanctam Sedem remissis, proprium errorem ac paternam charitatem cognitam, magna cum pace cum eis ac tota dioecesi aliis etiam alibi superatis difficultatibus pro sustinenda episcopali dignitate, Deo adiuvante, quotidie in reformatione morum tendimus. functiones ecclesiasticae non pretermissae ut ecclesiae decenti non deficerent ornatu, particulari studio curatum. Ecclesiam cathedralem insignem edificio vetustate deturpatam, magno sumptu ornatam ac maiori cappellam Divae agathae in dies sollicitatum. Palatium episcopale decoratum. Reditibus ecclesiae non parum auctis; ac demum ut decreta sacrosancti 1 2
840
Rel Dioec 207 a, fol. 43r-v; 42v. Inimicus] innimicus scrive e corregge.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1629
Concilii Tridentini in omnibus ac presertim in appellationibus [fol. 43v] ac recursibus obervarentur nihil ommissum. Iurisdictionibus ac libertatibus iuxta eiusdem concilii sanctionibus defensis. Et haec sunt quae in hac visitatione pro bono meae ecclesiae praesenti statu mihi visa sunt proponenda Dominationibus Vestris Ill.mis ac Rev.mis, quas Deus etc. Catanae, 9 aprilis 1629 Dominationum Vestrarum Ill.marum ac Rev.marum humillimus ac dev.mus servus Innocentius, Episcopus Catanien.
Catanien. Visitatio liminum. Relatio xIV triennii exhibita per procuratorem, die x maii 1629. Die 12 maii 1629 datae fuerunt litterae cum infrascriptis monitionibus: commonefaciendum de synodo, de defensione iurisdictionis et immunitatis ecclesiasticae et locorum piorum. Expedienda [fol. 46v].
841
Appendice x
1632 – Relazione del vescovo Innocenzo Massimo, relativa al 15° triennio, presentata personalmente il 14 giugno 16321.
[fol. 47r] Em.mi et Rev.mi Domini, relationi status Catanensis ecclesiae preteriti triennii in quo per procuratorem admissus fui ad visitationem liminum apostolorum, iuxta felicis recordationis Sixti V constitutionem, in visitatione personali per me facta iuxta eandem constitutionem in triennio presenti nihil mihi adiungendum decurrit super statu meae ecclesiae. Et ideo dictae relationi et aliis usque ad huc datis me remitto, eo magis stante necessaria absentia per biennium a ditta ecclesia et personali residentia. Nunc autem accessurus quam primum ad dictam ecclesiam et personalem residentiam curabo, quae mihi fuerunt per eminentissimos et reverendissimos Dominos imposita a preterita visitatione adimplere et pro iuribus muneri meo et gubernio ac utilitati dictae ecclesiae incumbere. Eminentiarum et Rev.marum Dominationum Vestrarum humillimus et osservantissimus servus Innocentius, Episcopus Catanensis
Cathanien. Relatio xV triennii exhibita ab ipsomet episcopo die 14 iunii 1632. Die xV iunii 1632 fuerunt datae literae infrascriptae cum admonitione ut iurisdictionem ecclesiasticam prudenter tueatur [fol. 50v].
Cathanien. Episcopo. Datae fuerunt literae patentes in forma episcopo Cathanien. qui sacra limina personaliter visitavit cum absolutione et admonitione ut iurisdictionem et immunitatem ecclesiasticam acerrime et prudenter tueatur2.
1 2
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Rel Dioec 207 a, fol. 47r; 50v. Libri Litter Visit, 1626-1635, fol. 282r.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640 xI
1640 – Relazione del vescovo Ottavio Branciforte, relativa al 19° triennio, scritta e presentata personalmente il 5 gennaio 16401.
[fol. 53r] Sanctissimo Domino Nostro Urbano Octavo Pontifici maximo, Octavius Brancifortius episcopus Catanensis suae visitationis ecclesiae rationes redit 1640, hic Romae praesens. [fol. 54r] Sanctissimo Domino Nostro Urbano Octavo Pontifici Maximo Octavius Brancifortius. In reddenda ratione suae visitationis ecclesiae vitam et felicitatem precatur. ad ecclesiam hanc nostram ingressos Beatissime Pater, grandis nos simul incessit occupavitque sollicitudo eius generali visitatione perlustrandae, ne qui per anteacta temporum morbi invaserant, dum presente medico impune grassantur periculosius nocentiusque saevirent tum vero aegrius eccellenter. Igitur post dies ab accessu nostro fere quatuor solemnibus litteris indicta visitatio est ad idus iunias. Igitur idibus iuniis huius anni 1638 initium, adiuvante Deo faventibusque superioris mundi accolis, visitationi ab aede maxima factum. Templum ingens est, augustum, ac tota Sicilia maximum divae agathae virgini ac martiri suae patriae patronae ac dominae ab sua origine dedicatum, cuius etiam illustrissimas sanctissimasque reliquias consistere alibi dedignatas sinu suo fovet. Eius structura sub structionibus veterum thermarum innititur. Ut ubi corpora aquis illinc affluentibus abluerentur, ibidem melioribus de coelo fluentibus, animi postmodum eniterent. Cathedram hac in aede sui episcopatus instituit angerius antistes, Rogerii comitis aequalis aedis eiusdem [fol. 54v] fundator atque auctor, cui et monasterium adiunxit monachis ex instituto Sancti Benedicti refertum. Illi olim ecclesiae canonici, nunc in sacerdotes saeculares munus hoc indultis pontificiis incubuit. Sed sacrae religionis et exortae Catanae fidei antiquissima feruntur primordia. haec apostolo iubente Petro per Birillum episcopum invecta eas egere radices, quas nulla vel turbinum violentia perinsecutos tyrannos excitata convellit vel barbarorum aestus perinvadentes saracenos invecti detriverunt. aedes olim cum terra ingenti concussione movisset antistitis, ut aiunt, simoniaci ad eam dignitatem irrumpentis et thus 1
Rel Dioec 207 a, fol. 53r-138r.
843
Appendice
eadem hora sacrilega manu offerentis scelus ultura repente cum maxima confluentis populi pernicie collapsa est. Igitur a nostro palatio stipante latera illustrissimo clarissimae urbis senatu, quam plurimis ecclesiasticorum tum saecularium turmatim praeeuntibus, sacrae aedi ubi pedem intulimus aquae primum sanctificatae, senatum dein omnem frequentiam conspersione lustravimus, tum ad Christum Dominum in sacramento adorandum perreximus. Exin in cruento Missae sacrificio initium ante aram maximam confessione generali et absolutione, ut moris est, cum dedissemus ad pontificale solium conscendimus. Unde [fol. 55r] peractis mysteriis iterum ad aram cum rediissemus pallio violaceo protecti ad suffragia christianis vita defunctis ferenda paramur. Ergo clerici qui aderant universi, longo ordine cum crucis vexillo praeeunte, cum cantu solemnibusque precibus abeuntibus et senatu nos cum magno populi numero consequentibus, sepulchra et cemeterium fonte benedicto expiavimus; tum omnibus ibi pia tumulatione consepultis bene apprecati absolutionem, ut in pontificali praedicto mos est, impertiti sumus. his peractis violaceo ad altare deposito pallio in candido cum vicario nostro generali, caeterisque visitatoribus delectis, multisque aliis vestigia nostra sequentibus ad sacellum dextera parte templi situm accessimus, quo in sacello divinissimus sanctissimae Eucharistiae thesaurus sacrario seu tabernaculo praetiosis lapidibus inedificato custoditur et post hymnum decantatum adorationemque rite peractam, ipse Dominus Jesus Christus intra sacramenti velum demissis oculis omnium consalutatus est. Tum illa circa eius cultum ac venerationem prescripta. — Primum. Quoniam in editione tabernaculi portae pixis adlocata nequaquam poterat commode a sacerdote tractari, ut inferiori commodiorique [fol. 55v] parte cellula aperiatur ad eam excipiendam. Eius claustro clavis induatur argentea hebdomadario tantum curioni subinde credenda. Pixidi sacro ad aegrotos ferculo distribuendo destinatae crater stanneus et locus antea erat sacristia, inde pro necessitate delatam ad altare cum sacrificato pane per urbem sacerdos circum latam hinc iterum in sacristia reponebat. Indigna utraque res et altera quidem cum indignatione altera cum fastidio visa. Ergo crater ex argento inauratus ad deferendum sacrum commeatum factus est, ei locus intra tabernaculum statutus est, quo in loco vasculum alterum perpetuo asservaturo2 cum sacramento ad adorationem populi confluentis. 2
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factus – asservaturo] evidenzia in margine.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640
— Si quando publicis supplicationibus palam exhibeatur in sacramento Dominus sub vesperam se intra sacrarium suum recipiat, eo, cuia interest cum cereis maioribus inflammatis post factam benedictionem, referente. — Ut lychnuchi plusculi de pertica affabre exornata pendentes continenter coram ardeant venerationem suo lumine contestantes, quae ad latera parietum minus decore antea pendebant. — Pixides velo, olim diversi colore nunc semper candido, tabernaculum coloribus per temporum rationes [fol. 56r] commutatis, obducantur. haec circa Sanctissimae ac divinae Dapis cultum a nobis praecepta primo loco proposita sunt quia omnibus postea ecclesiis apud quas Eucharistia asservatur, indicta sunt quae tamen nequaquam in recensenda eorum visitatione repetentur. Quoniam vero ex hac ecclesia, tanquam ex paroeciali, sacramenta in universam civitatem distribuuntur, quaesitum a nobis est quonam ordine ac modo id prestaretur, praecipue quando sacramentalis ad egrotos missus deferatur, quo dapiarii curionesque censu aut sacerdotio alerentur. Multa in hanc rem detecta ad conciliorum normam redigenda his quae sequuntur edictis ac decretis. DECRETUM DE aDMINISTRaTIONE SaCRaMENTORUM
Matricem ecclesiam visitatione sollemni perlustrantes, dum de sacramentorum administratione diligenter inquirimus, accepimus quae magno animi nostri sensu in cor alte penetrarunt. Neque sane credenda nisi et praesentium plurimorum attestatione firmarentur. administrationem sancti baptismi, Eucharistiae et extremae unctionis cum in matrice ecclesia, quae sola paroecialis est3, tum in caeteris sex ecclesiis quae sacramentales [fol. 56v] sunt et matricis coadiutrices, mercenariam ut ita dicam et quaestuosam esse, non gratuitam et pro infante sacrosantis fontibus abluendo carolenos tres, pro divinis ad decumbentes ferculis afferendis quinque, pro extrema inunctione septem esse pandendas, quod sanctis canonum conciliorumque sanctionibus adversatur. Nemo autem ex praesentibus aderat, qui non ex hoc fonte exundantia incommoda et praevideret et proclamaret (quis vero tam caecus, cui non 3
perlustrantes – est] evidenzia in margine.
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pateant) res sacras indigne et contumeliose tractari, quae non nisi sancta tractanda et gratis accepta4 sunt gratis et cum sanctitate donanda. Indignum esse hac urbe, hac ecclesia, hoc clero facinus: ob id frequenter a paupere familia suppellectilem necessariam pignorari, ob id sacerdotem in pignoratorem converti, ob id ingemiscente pauperculo liceri eius culcitam aut vestem dum ei repignorandae non est, ob id sine sancto viatico non paucos obire et sine sacra perunctione cursum vitae claudere. In hac iustissima querela ministri tenuitatem stipendii causabantur id non nisi unciarum denum esse et per raro ad se pervenire, namque a superiore ascitus est ministrator aut curio [fol. 57r] eam summam sibi intercipere, neque tamen administrandum accedere, sed alium sibi sacerdotem substituere sine ulla stipendii assignatione ministraturum. Quid hic agat? Unde victum sibi comparet? Ex hac administrantium causatione, quae tamen non omnino absurda erat, alia etiam incommoda detecta sunt. Primum cappellanos a superiore institutos dum aliis cum populi damno substitutis ipsi ad sese de episcopali mensa devincant uncias denas, inique id atque iniuste facere et ad restitutionem fortasse adigendos esse; tum manifestam praebuisse substitutis tam inhumane se gerendi aut impulsionem aut certe occasionem; praeterea eorum avaritiae ac negligentiae ascribi quicquid hoc in negotio peccatum est; demum non a substitutis solum sed et a substituentibus esse Deo rationem reddendam eorum qui sine subsidio in alteram vitam demigrarunt. his incommodis illud etiam accedebat quod nulla urbis regio certae esset ecclesiae ascripta, unde sibi sacramenta communicarentur [fol. 57v] libebat unicuique per singulas nunc huc, nunc illuc divagari; ergo neque matrimoniorum, neque baptismorum nomenclatores erant integri atque perfecti et omnia confusa atque permista non sine evidenti rei christianae damno. Praeterea quoniam ius sepulchri in hac urbe liberum esse contendunt, nulla funus elatum aut crux ecclesiae paroecialis aut sacerdos eiusdem ecclesiae comitatur. Mandantur terrae defuncti nullo de vitae morumque conditione, de sacramentorum susceptione, de tumulatione, de mortis hora conscio et inparatum codicem referente. his omnibus nostrum esse pro officio quam primum occurrere duximus; utque omnis administrantibus cappellanis aut curionibus ansa praecidatur errandi aut errorem excusandi. Primum quibus ecclesiis unciae denae 4
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et gratis accepta] evidenzia in margine.
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antiqui stipendii pendebantur iis ad easdem uncias tantam summam denuo ex beneficiis de mensa etiam episcopali ad id applicatis atque addictis superaddi iubemus; quanta in actu unionis expressa, signataque habetur. Ecclesiis autem collegiatae et sancti Thomae, quibus ex episcopali mensa nihil proficiebat, ad id [fol. 58r] quod aliunde habent tantum etiam de nostra mensa ex beneficiis adiungimus quantum in eodem actu unionis adnotatum conspicitur. Cui etiam adiici volumus omnem eam pecuniam (iam sublata ut in actu unionis)5 quae ex multis inobservantiae dierum festorum in urbe tantum Catanae corraditur viritim pro rata portione distribuendam. atque haec quidem summa satis esse abunde videtur labori huiusmodi administrationis hilariter suscipiendo. Tum singulis curionibus aut cappellanis a nobis institutis aut pro tempore ad arbitrium nostrum instituendis interdicimus ne alium sibi in ea administratione statum ac certum substituant, super quem tale onus iniiciant, otiosi ipsi interim et veluti deposito pondere securi, sed ipsi per se quantum fieri possit oves meas sibi interim concreditas pascant, foveant teneantur; quod ut hilarius etiam praestent spem singulis bonam ac certam facimus memores nos eorum laboris sedulitatis, innocentiae atque integritatis fore tamprimis, si quando aut canonicatus aut secundariatus aut beneficia per nos conferenda vacaverint, quod enim nobis esse iucundius possit quam ut honores officiaque ecclesiastica in eos elargiamur quibus non solum sint incitamenta bene agendi sed etiam bene actorum proemia [fol. 58v]. Nunc quo facilius distinctiusque suo omnes desudent in agello, certi sunt fines et statae urbis regiones singulis ecclesiis et curionibus ascribendae, sicut in praesentia hoc nostro decreto ascriptas et assignatas ac determinatas esse volumus ac iubemus quas in sequentem modum partimur. — Ecclesiae matrici et ecclesiae Sancti Thomae et curionibus earum concreditur regio civitatis hodie civitae et pars regionis arcis Regiae, hoc est a xisto seu Curia senatus adusque Portam Decimarum inclusive, adiunctis monasteriis Sanctae Clarae, conventum Sanctissimae Trinitatis et sanctae Mariae dirigentis et arcis ipsius Regiae insulis, necnon fori herbarii atque aedis Sancti Philippi, ad templum usque maximum. — ad ecclesiam collegiatam et in ea constitutum spectat regio fori nundinarii. — Ecclesiae Sanctae Mariae Dachalae, sive ingredientis et in ea administer regionem curabit Sanctae agathae veteris. 5
iam – unionis] aggiunge in margine altra mano.
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— Ecclesiam Sanctae Mariae hitriensis et ipsius curionem sequetur regio Sanctae Margaritae. — Ecclesiae Sanctae Marinae et in ea sacerdoti ministraturo commendatur regio Sanctissimae Trinitatis [fol. 59r]. — ad ecclesiam Sancti Philippi et ipsius cappellanum spectat id quod de regione arcis Regiae supererat et integra Portae Mediae regio. Quae omnia ut exactae exsecutioni mandentur ac serventur adamussim poenas ad coercendum si quid irrepere tentaverit contrarium adhibendas censuimus. Praecipimus igitur, ordinamus ac iubemus ne, ab hac die in posterum ac nullo unquam tempore in futurum consequente, quispiam sacerdos a nobis constitutus aut substitutus vel a constituto aut substituto, alius ad diem aut ad aliquod tempus submissus atque suffectus pro sacramenti ullius administratione collatione6, communicatione, delatione quidquam vel in pecunia numerata aut credita, vel in alia quavis re muneris, aut pretii, aut laboris, aut accelerationis, aut expensionis, aut luminis, aut cerae, aut grati animi, aut denique alio quovis nomine a quopiam sive grandis, sive tenuis fortunae, viro aut muliere accipiat, directe vel indirecte petitum, per se vel per alios vel sponte oblatum aut missum aut promissum. Imposita peccantibus et decreti huius nostri praescripta transgredientibus anathematis maximi poena latae sententiae ipso iure, ipso facto [fol. 59v] subeunda, cui alias etiam multas atque exempla pro qualitate peccati et transgressionis subeunda irrogandaque apud nos parata habemus. Quod autem ad eorum contumulationem spectat, qui inter nos esse desierunt, id statuimus. funus quodcunque, quocunque terrae mandandum deferatur, crux et curio eius ecclesiae cui regio propria demortui concredita est, concomitator ac deducito. Deductionis ergo nihil crux aut curio accipito praeter candelas cereas in defuncti cubiculo perluentes, dum cerei, aut funalia feretris imposita ne sient. In aspersione aquae lustralis, in praecentione et alio quovis munere Ritualis praescriptiones servanto. Regulares hac in urbe nulli quopiam adeunto ad funus efferendum aut in sui ordinis aliove loco vel aede sacra sepeliendum, nisi cruce et curione eius regionis in qua demortuus censetur praesente, et funus deducente secundum sacrosancti Tridentini Concilii sacrorumque canonum leges, et eminentissimorum cardinalium declarationes. Id nisi regulares exacte caveant interdicto [fol. 60r] ne eorum ecclesiae adeantur, censendum esse statuimus. 6
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ullius – communicatione] sottolinea.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640
haec super praescriptis atque inquisitis decernenda et decreta statuimus. Caeterum tam ecclesias omnes praedictas praeter matricem, quam sacerdotes et curiones seu capellanos omnes, quos aut nos aut nostri ut olim ita in posterum successores etiam in matrice instituent, amovibiles et temporarios et ad nutum arbitriumque nostrum permutabiles, et ministrandi munus in alias ecclesias a matrice distinctas aliosque sacerdotes ab his qui in matrice fuerint diversos, exonerabiles atque exonerari posse ad libitum nostrum nostrorumque successorum, neque ulla in re innovationem aliam ullam aut ullum nobis dictisque nostris successoribus praeiudicium factum declaramus atque id in praesenti decreto omnino protestamur. Quin vero matricis etiam ecclesiae circa sacramentorum administrationem antiqua iura ac privilegia integra ac sarta, tecta manere posseque ipsius curiones universa urbe perque regiones aliis ecclesiis sacramentalibus assignatas libere vagari atque petita a fidelibus sacramenta deferre, observatis omnibus caeteris quae praesente sunt decreto firmiter [fol. 60v], ad laudem omnipotentis Dei et spiritualem animarum fructum et gregis nobis commissi quietem sancita. aCTUS SEU TaBUlaE UNIONIS BENEfICIORUM aD SaCRaMENTalES ECClESIaS
Initium visitationi nostrae generali cum Deo favente fecissemus et de cura in distribuendis ad fideles sacramentis in hac urbe clarissima degentes perscrutaremur, cognitum a nobis est paroecialem ecclesiam unicam tantum esse matricem ecclesiam et eidem quoniam tam frequenti civium incolarumque numero in perampla urbe satis facere, ut par est, non posset7, sex fuisse a nostris olim praedecessoribus ecclesias variis in urbis regionibus sitas in quibus sacerdotes assignati sacramentis populo impertiendis curam gererent; quas tamen ecclesias non paroeciales et statas ac perpetuas sed sacrametales tantum et permutabiles et sacerdotes in his administrantes nequaquam parochos statos atque perpetuos sed curiones aut cappellanos mutabiles et amovendos8 quandocunque ipsis qui elegerunt episcopis videbitur. Quatuor autem ex his ecclesiarum curionibus dum [fol. 61r] in assegnato munere versantur uncias denas de mensa episcopali pro stipendio viritim quot annis solvendas esse voluerunt. Collegiatae autem et Sancti 7 8
Non posset] sottolinea ed evidenzia in margine. cappellanos – amovendos] sottolinea ed evidenzia in margine.
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Thomas ecclesiae quoniam aliunde aliquod supplebat, nihil de mensa subrogabatur sed ea tantum lucrabantur quae ex administratione sacramentorum proveniebant ut in decreto administrationis a nobis ob id facto constat. Verum quod non sine maximo animi nostri sensu perspectum est, sicut neque sine virorum prudentium dolore nobis inquirentibus expositum, sacerdotes delecti tenuitatem salarii causantes sacrosantum ministerium in quaestum lucrumque verterunt. Itaque si qui parentes infantem fonte lustrali tingendum offerrent iis quini omnino caroleni, si viaticum decumbenti deferendum terni, si oleum ad ungendum in extrema vitae lucta septeni enumerandi. hinc a tenuissimis familiis ablata pignora, atque distracta hinc sine sacramentorum participatione frequens pauperum inopiumque de vita decessio et animarum evidens iactura. his nos maximis incommodis eorumque causae, atque origini necessario occurrendum censentes [fol. 61v], nihil in ceteris a nostris praedecessoribus ordinatis innovantes statuimus ut sacerdotibus quibus administratio sacramentorum in praedictis ecclesiis commendata in praesens est aut in posterum commendanda, stipendium quoquomodo in praesentia adaugeatur donec a nobis aut a successoribus nostris melior occurrendi ratio ac modus excogitetur. Itaque sacrorum canonum et sacrosanti oecumenici Tridentini Concilii doctrinae quam arctissime inhaerentes, facta diligenti inquisitione et matura consideratione adhibita, supradictis sex ecclesiis matrici ecclesiae adiunctis9, tam auctoritate dictorum sacrorum canonum et Concilii Tridentini quam nostra ordinaria et delegata etiam potestate, omnique alio meliore modo qui efficacior ac validior de iure et de facto excogitari atque adhiberi potest, intervenientibus quibuscumque solemnitatibus tam iuris quam facti etiam extrinsecis in re simili requisitis ac forte necessariis, unimus atque applicamus et unita atque applicata volumus infrascripta beneficia simplicia et manualia cum suis iuribus et pertinentibus universis, tam spirtualibus quam [fol. 62r] temporalibus ordine, sive distributione atque applicatione secundum modum infrascriptum. Ecclesiae Sancti Thomae praeter id quod aliunde illi suppetit: 9
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— Beneficium simplex adhuc vacans in ecclesiis Sancti Rubini et Matrici – adiunctis] sottolinea ed evidenzia in margine.
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Sancti gregorii civitatis Ennae, cuius dotes sunt unciae quatuor et tareni duodecim10 iuris census anno quolibet ex privilegio commendae ipsius beneficii in personam u.i.d. don Vincentii de amico die 25 novembris Vae indictionis 1636. 4,12 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Margaritellae nuncupatum «di Santa Margaritella»11 civitatis Paternionis, cuius dotes sunt salmae tres frumentorum quolibet anno super quadam tenuta nominata «della fico» in dicta contrata Paternionis, quae important ad unciam 1,12 singula salma, uncias quatuor et tarenos sex. 4,6 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis nuncupatum «delli gambari», cuius dotes sunt tareni 3 iuris census quolibet anno, debiti per patres Iesuitas et D. gasparem Blandino, peractum in actis quondam not. ambrosii la Vaccara, Catanae [fol. 62v] die 15 februarii, xVae ind. 1617. —3— Ecclesiae collegiatae praeter ea quae aliunde illi subveniunt:
— Beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice Regalbuti, fundatum per quondam Ioannem lamberto, cuius dotes sunt uncia una et tareni decem et octo iuris census anno quolibet, debiti per D. federicum Campisi Regalbuti super quodam petio terrae. 1,18 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti Josaphat civitatis Paternionis fundatum per franciscum Bertino, cuius dotes sunt uncia una iuris census anno quolibet, debiti per annam faraci dictae civitatis super eius bonis. 1—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae annunciatae civitatis Paternionis, fundatum per antoninum affia, cuius dotes sunt tareni viginti sex iuris census anno quolibet, debiti per hae10 11
Ennae – duodecim] evidenzia in margine. Vacans – Margaritella] evidenzia in margine.
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redes quondam antonini Stanziano et Iacobum Stanziano super eorum oliveto in dicta contrata. — 26 — — Item aliud beneficium simplex adhuc [fol. 63r] vacans in ecclesia matrice dictae civitatis Paternionis, fundatum per Ioannem Miricatam, cuius dotes sunt una uncia iuris census anno quolibet, debiti per Ioachinum lo Piscopo super eius fundaco in dicta contrata. 1—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae «dell’Indirizzo» huius urbis, fundatum per a.m.d. franciscum Moncada, cuius dotes sunt tareni quindecim iuris census anno quolibet, ex beneficiis incommendatis D. Caroli falsaperna per privilegium expeditum Catanae, 21 dec., 5 ind. 1637. — 15 — — Item bina beneficia sive legata pia simplicia adhuc vacantia in ecclesia matrice Petraepertiae et in altaribus SS. Sacramenti et Sancti liberantis, fundata per armeniam Miccioli, quorum dotes sunt unciae duae iuris census anno quolibet, super quibusdam bonis in civitate Catanissenae, quae fuerunt incommendata canonico i.u.d. Don Stephano Viglia ex privilegio 4 maii, 4 ind. 1636. 2—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae Raccomandatae civitatis Sancti Philippi, nuncupatum [fol. 63v] «li Milazzisi», cuius dotes sunt salmae duae formenti, unciae sex et tareni sex in pecunia iuris census anno quolibet, cum onere celebrandi missam singula hebdomada in dicta ecclesia Sanctae Mariae de Raccomandata, quod incommendatum fuit canonico u.i.d. Don Sthephano Viglia ex privilegio sub 7 aprilis, I ind. 1618 quas in totum important, deducta elemosina missae, uncias quattuor et tarenos duoedecim. 4,12 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata Sanctae Mariae de Elemosina huius urbis nuncupatum «delli Petri negri», cuius dotes sunt tareni tresdecim iuris census anno quolibet, quod incommendatum fuit sacerdoti don antonio Micuccio ex privilegio sub data Catanae 9 ianuarii, Iae ind. 1596. — 13 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis nuncupatum «Sancta Chiaravale», cuius dotes sunt tareni sex 852
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anno quolibet iuris census, debiti per not. Natalem de Mauro super eius domibus [fol. 64r]. —6— Ecclesiae Sanctae Mariae de Itria praeter uncias denas de mensa episcopali:
— Beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti antonini «lo Cretazzo» civitatis Ennae, cuius dotes sunt unciae tres quolibet anno, incommendatum Don Vincentio de amico ex privilegio 25 nov., Vae ind. 1636. 3—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia cathedrali huius urbis, fundatum per hernium Pisci, cuius dotes sunt tareni viginti duo iuris census quolibet anno. — 22 — — Item etiam alii tareni viginti duo iuris census quolibet anno, debiti per antonium Trigonelli civitatis Sconario. — 22 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Barbarae huius urbis, cuius dos est dimidium rotuli cerae albae. —5— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia cathedrali huius urbis, fundatum per astasium Taranto, cuius dotes sunt tareni sex iuris census quolibet anno, debiti per Christaldum Chinio. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice huius urbis nuncupatum «della Mendola», cuius dotes sunt unciae 1,6 iuris census quolibet anno, debiti per [fol. 64v] diversis personis. 1,6 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia cathedrali huius urbis, fundatum per Simeonem et agatam de Cales, cuius dotes sunt tareni novem in rotulis cera alba, debiti per don Ioannem Baptistam grossi. —9— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti Marci huius urbis nuncupatum «di presti Bartolomeo di Bernardo», cuius dotes sunt tareni viginti quatuor census quolibet anno, debiti a diversis personis. 853
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— 24 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti Petri «di li carri» huius urbis, fundatum per quondam presti Ceriello, cuius dotes sunt tareni octo iuris census quolibet anno. —8— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in cathedrali ecclesia huius urbis nuncupatum «presti antoni», cuius dotes sunt tareni decem et novem iuris census quolibet anno super diversis bonis. — 19 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta cathedrali, fundatum per quondam Bernardum Platamoni, cuius dotes sunt tareni octo census quolibet anno. —8— — Item aliud beneficium simplex adhuc [fol. 65r] vacans in ecclesia Sanctae agathae Veteris, fundatum a quondam Matheo Prisco, cuius dotes sunt tareni decem census quolibet anno. — 10 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in predicta ecclesia Sanctae Mariae de Itria nuncupatum «delli Cazani», cuius dotes sunt tareni decem et novem iuris census quolibet anno. — 19 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis nuncupatum «delli gambari», cuius dotes sunt tareni quindecim iuris census quolibet anno. — 15 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti Marci seu hospitalis nominatum «di presti Bartolomeo di Bernardo», cuius dotes sunt tareni viginti septem iuris census anno quolibet. — 27 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae «la grande», fundatum per Philippum de arena, cuius dotes sunt uncia una debita per D. Claudium de leonibus quolibet anno iuris census. 1—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctissimae Trinitatis huius urbis nuncupatum «delli Costanzi», cuius dotes sunt tareni decem et octo iuris census quolibet anno [fol. 65v]. — 18 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia cathedrali 854
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huius urbis, fundatum per Bartholomeum seu Thomeum Rizzari, cuius dotes sunt tareni duodecim. — 12 — — Item bina beneficia simplicia adhuc vacantia in ecclesia collegiata huius urbis, fundata per D. Carolum Paternò, quorum dotes sunt tarenos unus et grana duodecim iuris census anno quolibet. — 1,12 — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta collegiata huius urbis, fundatum per Constantiam alfano, cuius dotes sunt tareni decem et octo census quolibet anno. — 18 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti Marci seu hospitalis nuncupatum «di presti Bartholomeo de Bernardo», cuius dotes sunt tareni septem et grana decem iuris census anno quolibet. — 7,10 — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti andreae extra moenia huius urbis, cuius dotes sunt tareni sex iuris census anno quolibet, debiti per Ioseph finichiaro. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia cathedrali huius urbis et [fol.66r] in cappella nominata «delli gravini», fundatum per D. ferdinandum gravina, cuius dotes sunt uncia una et tareni sex iuris census quolibet anno, debiti super bonis D. Caroli gravina. 1,6 — — Item beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae de Rotunda huius urbis, cuius dotes sunt tareni quinque iuris census anno quolibet, debiti per Iesuitas huius urbis. —5— Ecclesiae Sanctae Mariae la Dagla praeter uncias denas de mensa episcopali:
— Bina beneficia simplicia seu legata pia adhuc vacantia alterum scilicet nuncupatum «de frundisi» in ecclesia paroeciali Sancti Cataldi civitatis Ennae, cuius dotes sunt unciae sex et tareni duo, videlicet uncia una et tareni 12 iuris census et unciae 4,20 pro gabella cuiusdam tenutae terrarum dicti beneficii quolibet anno; alterum vero sub titolo Sancti antonii «la 855
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Balata» in eadem ecclesia et civitate, cuius dotes sunt tareni viginti unius in tot iuribus censualibus in eadem civitate, quae dotes supradictorum beneficiorum in totum summam capiunt {6,2}, cum onere tamen celebrandi missam in qualibet hebdomada. 6,2 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans [fol. 66v] fundatum a diversis personis in civitate Paternionis, cuius dotes sunt unciae tres iuris census anno quolibet absque onere solvendi iura custodiatus. 3—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in matrice ecclesia dictae civitatis Paternionis fundatum per quondam aleonoram Possitam, cuius dotes sunt tareni viginti unius iuris census quolibet anno in diversis partibus in eadem civitate. Quae beneficia supradicta sunt de illis datis loco commendae canonico Don Vincentio Conillo tempore sedis vacantis, prout ex privilegio datum Catanae, die 11 decembris 1637. — 21 — — Item beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis, fundatum per Carolum Paternò, cuius dotes sunt unciae 1,9 tareni 17,3 in diversis partitis iuris census quolibet anno, loco commendae datum u.i.d. canonico D. Vincentio de amico, ex eius privilegio sub dat. Catanae die 25 decembris, Vae ind. 1636. 1,9 —; —17,3 — Item beneficium simplex in ecclesia Sanctae Mariae civitatis adernionis, fundatum a quondam alphonso Cignato, cuius dotes sunt uncia 1,24 iuris census quolibet anno. 1,24 — — Item aliud beneficium simplex in ecclesia Sanctae Mariae praedictae adhuc vacans, fundatum a hieronimo Monsello, cuius dotes sunt tareni sex [fol. 67r]. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in collegiata ecclesia Sanctae Mariae de Elemosina huius urbis, loco commendae possessum per D. Vincentium de amico ex privilegio praedicto, cuius dotes sunt tareni sex census anno quolibet. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia cathedrali huius urbis nuncupatum «delli Quartarari», cuius dotes sunt tareni quat856
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tuordecim in duabus partitis iuris census anno quolibet, loco commendae possessum per supradictum de amico ut supra. — 14 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in civitate Paternionis, fundatum per Catherinam la Messia, cuius dotes sunt tareni viginti quatuor iuris census quolibet anno, super quodam petio terrae in contrata Malpassi, concesso per canonicum D. Vincentium de amico beneficialem per acta notarii hieronimi de alexandro ex Platamone civitatis Paternionis 21 februarii, 6 ind. 1638. — 24 — Ecclesiae Sanctae Marinae praeter uncias denas de mensa episcopali:
— Beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae de Rotunda huius urbis, cuius dotes sunt uncia una et tareni decem et octo iuris census anno quolibet, debiti per D. Cesarem Tornambeni super domibus [fol. 67v] in contrata Portus Saraceni. 1,18 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Clarae huius urbis Catanae nuncupatum «de Petrolo Cavalterca», cuius dotes sunt tareni novem iuris census anno quolibet, debiti per haeredes quondam a.m.d. Nicolai Pezzapani super quodam palatio in contrata Sanctae Marinae. —9— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice huius urbis, fundatum per Ioannem de Urso, cuius dotes sunt tareni septem et grana decem iuris census anno quolibet, debiti per haeredes quondam D. henrici Secusio et modo per D. ansalorum Scammacca eorum fideicommissarium. — 7,10 — Item etiam aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis nuncupatum «delli Stilli», cuius dotes sunt uncia una et tareni quindecim iuris census anno quolibet, debiti super tenimento domorum in contrata Paternionis Sancti Michaelis huius urbis per franciscum Vita et Constantium Saxtagati a.m.d. et per eius uxorem. 1,15 — 857
Appendice
— Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae de Novaluce nuncupatum «delli Iaconi», cuius dotes [fol. 68r] sunt tareni quatuordecim et grana decem iuris census anno quolibet, debiti per franciscum Porco super quibusdam domibus in contrata Sancti Ioannis «li Barrilari». —14,10 — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice huius urbis fundatum per Benvenutum Taranto, cuius dotes sunt tareni septem et grana decem iuris census quolibet anno, debiti per D. Vincentium della Valle baronem lugni super quibusdam clausuris in contrata Monzalbi. — 7,10 — Item aliud beneficium simplex vacans in ecclesia Sancti Mauri in Castro Iacis, cuius dotes sunt unciae tres iuris census anno quolibet, debiti per Vincentium Casella super tenutellis in dicta contrata Castri Iacis. 3—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice huius urbis nuncupatum «di San Basili», cuius dotes sunt tareni decem et octo iuris census anno quolibet, debiti per rectores Montis Pietatis huius urbis super horto in contrata arenarum. — 18 — — Item aliud beneficium seu quarta pars beneficii simplicis adhuc vacantis in ecclesia collegiata huius urbis, fundati per Ioannem Porium della Valle, cuius dotes sunt tareni septem et grana decem ad praesens, debiti anno quolibet per D. antonium Paternò super loco in contrata [fol. 68v] Nizeti, qui olim erat quondam D. hieronimi Covello. — 7,10 — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Marinae, cuius dotes sunt tareni sex, debiti anno quolibet super domo quae olim erat antonii farunato in contrata Sanctae Mariae de Misericordia. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti Petri «li carri» huius urbis nuncupatum «di presti giovanni Cenillo», cuius dotes sunt tareni octo iuris census quolibet anno, debiti per Magistrum gasparem Crisensum super quibusdam domibus in contrata «de lo Curro». —8— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti andreae extra moenia huius urbis, cuius dotes sunt tareni quinque iuris cen858
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640
sus, debiti quolibet anno per canonicum don Ioseph Tabuso super quibusdam clausuris in contrata Cugnani. —5— — Item quoddam aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti honofrii extra moenia huius urbis, cuius dotes sunt tareni sex iuris census quolibet anno, debiti per rectores dictae ecclesiae ex concessione dictae ecclesiae. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice huius urbis, cuius dotes sunt tareni quatuor iuris census quolibet [fol. 69r] anno, debiti per haeredes quondam Stephani la guardia et francisci grimaldo super quodam palatio in contrata ascensionis. —4— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae de Novaluce nuncupatum «delli Iaconi», cuius dotes sunt tareni viginti iuris census quolibet anno, debiti per a.m.d. Vincentium farina super domibus in contrata Ianuae de Medio. — 20 — — Item etiam praedicto beneficio «delli Iaconi» alii tareni quinque anno quolibet, debiti per Vincentium formento super quadam apotheca in dicta contrata Ianuae de Medio. —5— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae de Itria huius urbis nuncupatum di Jacobo Capriaio, cuius dotes sunt tareni quindecim iuris census quolibet anno, debiti per Vincentium Papa super clausura in contrata «di amico». — 15 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Clarae nuncupatum «di Pietro Milano», cuius dotes sunt tareni viginti quatuor quolibet anno, debiti anno quolibet per Vincentium Mangalavita super eius domibus in platia Curruum. — 24 — — Item aliud beneficium simplex adhuc [fol. 69v] vacans in ecclesia Sanctae Mariae la guardia nuncupatum «di Monopino», cuius dotes sunt tareni duodecim quolibet anno, debiti per Dom. Stephanum Strano super quibusdam domibus in contrata Consariae. — 12 — 859
Appendice
— Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sancti gregorii Iacis nuncupatum de anastasio Taranto, cuius dotes sunt salmae sex musti et tareni quindecim in pecunia iuris census quolibet anno, debiti sunt salmae 4 ½ musti per haeredes quondam a.m.d. Nicolai Pezzapani et salmae 1 ¼ musti per Pasqualem Seminara, tareni novem in pecunia per antonium Cripiglium Sancti gregorii seu Vallis Viridis super quibusdam clausuris in dicta contrata et tareni sex per D. franciscum Paternò et ratiocinato musto tareni 15 singula salma valet beneficium ipsum cum dictis unciis. 3,13 — Ecclesiae Sancti Philippi praeter uncias denas ex mensa episcopali:
— Beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis nuncupatum «di Bartolomeo di Bernardo», cuius dos est uncia una iuris census quolibet anno, debiti per haeredes quondam D. gasparis [fol. 70r] Vintimiglia super tenimento domorum in contrata Ianesae acis. 1—— — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae huius urbis, cuius dotes sunt tareni septem et grana decem iuris census anno quolibet, debiti per notarium Vincentium Pappalardo super eius vinea in contrata atamisiam. — 7,10 — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia Sanctae Mariae de Rotunda huius urbis tarenorum viginti quatuor, debiti per consules magistrorum Sartoni ex concessione dictae ecclesiae eis facta per beneficialem dictae ecclesiae. — 24 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta Sanctae Mariae de Rotunda huius urbis, cuius dotes sunt tareni duodecim iuris census quolibet anno, debiti per haeredes D. hugonis Tudisco super clausura in contrata fasani. — 12 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta Sanctae Mariae de Rotunda huius urbis, cuius dotes sunt tareni duodecim iuris census quolibet anno, debiti per Vincentium Sapuppo Catanae super [fol. 70v] clausura in contrata fasani. — 12 — 860
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640
— Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta Sanctae Mariae de Rotunda, cuius dotes sunt tareni septem et grana decem anno quolibet, debiti per D. Petrum Russo Vallis Viridis super clausura in dicta contrata. — 7,10 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta Sanctae Mariae de Rotundae, cuius dotes sunt uncia una et tareni sex anno quolibet, debiti per Petrum ansalaces super viridario nuncupato «dello Surdo». 1,6 — — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia collegiata huius urbis nuncupatum «di Santa Clara la Vetera», cuius dotes sunt tareni viginti quatuor iuris census anno quolibet, debiti per quondam D. angelum de hippolito et modo per Minoritas huius urbis super tenimento domorum in contrata Posternae Sancti Michaelis. — 24 — — Item dicatur pro dicto beneficio tareni sex quolibet anno iuris census, debiti per not. Natalium de Mauro super eius domibus. —6— — Item aliud beneficium simplex adhuc [fol. 71r] vacans in ecclesia iam dicta «della Rotunda» huius urbis, cuius dotes sunt salmae 8,2 ordei quolibet anno, debiti per baronissam D. aleonoram leto super loco in contrata Castri acis quod ordeum importat. — 8,2 — Item aliud beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia matrice civitatis Paternionis fundatum per Ioannem Mariam, cuius dotes sunt tareni novem quolibet anno, debiti per Piam atingha super loco in contrata Buglio. —9— — Item aliud legatum simplex adhuc vacans in ecclesia praedicta matrice dictae civitatis Paternionis fundatum per Petrum Caronini, cuius dotes sunt tareni decem et septem iuris census anno quolibet, debiti per haeredes quondam Iosephi Zambataro doctoris super eius domibus. — 17 — 12 — Item aliud beneficium simplex vacans in ecclesia {…} nuncupatum «di Ramondo Ramondetta», cuius dotes sunt tareni duodecim anno 12
Lacuna.
861
Appendice
quolibet, debiti per Raphaelem Casses super quodam trappeto in civitate Paternionis. — 12 — — Item alium beneficium simplex adhuc vacans in ecclesia {…}13 nuncupatum «di Silvio finia», cuius dotes sunt unciae duae et [fol. 71v] tareni tres quolibet anno, debiti per doctorem Vitalem Tornaturi super clausura magna in contrata Paternionis. 2,3 — — Item etiam aliae unciae duae et tareni tres pro dicto beneficio «di Silvio finia» anno quolibet, debiti per D. Margaritam Castiglia super medietatem dictae clausurae magnae. 2,3 — — Item etiam tareni octo quolibet anno, debiti per doctorem Bonifacium et alphium Rosso super eorum domibus in civitate Paternionis. —8— — Item etiam tareni duodecim quolibet anno, debiti per haeredes quondam Sebastiani et Sandri Tarquinio civitatis adernionis super eorum clausuram positam in contrata «di Chiuppano». — 12 — — Item etiam tareni sex quolibet anno, debiti per haeredes quondam Iosepho guanera super eorum domibus in dicta civitate Paternionis. —6— — Item etiam tareni quindecim anno quoquolibet, debiti per hieronimum farinato civitatis adernionis super duabus apothecis collateralibus in publica platea dictae civitatis. — 15 — — Item etiam tareni quindecim iuris census anno quolibet, debiti per antoninum [fol. 72r] hortolano dictae civitatis adernionis super eius bonis. — 15 — — Item etiam uncia una et tareni novem anno quolibet, debiti per Vincentium Calabrella dictae civitatis adernionis super duabus apothecis in fundacis dictae civitatis adernionis. 1,9 — — Item etiam tareni quattuor quolibet anno, debiti per fransciscum Romeo super eius domo. —4— 13
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Lacuna.
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— Item etiam tareni tresdecim anno quolibet, debiti per haeredes quondam Philippo fallino dictae civitatis adernionis super eorum domibus in quarterio Sancti Nicolai. — 13 — — Item alii tareni octo quolibet anno, debiti per haeredes quondam angeli Pignataro dictae civitatis super eorum domibus in dicta civitate. —8— haec super sacramentalibus ecclesiis ordinata edictorum quorundam ad sacramentorum administrationem pertinentium veluti coronide adornanda sunt. Cathedralis ecclesiae nullam in presentia mentionem facimus quoniam in ea quatuor curiones destinati, quibus a nostris antecessoribus [fol. 72v] sua est competens portio assignata iuxta decreta tum Ill.mi de Torres, tum Ill.mi de Maximis in eorum visitationibus edita, quae tantum rata nunc esse volumus donec melior ac opportunior nobis ad hanc vere vigilantibus modus occurrerit. Quae unio, applicatio et annexio beneficiorum administrationem sacramentorum perpetuo sequetur ecclesiam autem et sacerdotem, quandiu in ea et ab eo ministratio exerceatur; qua secundum partem aut secundum totum cessante, unio etiam ipsa secundum totum aut partem illico cessabit et aliam in ecclesiam aliumque sacerdotem pro nostro nostrorumque successoribus arbitrio transferetur atque hanc beneficiorum supradictorum unionem et applicationem ac distributiones in singulas ecclesias volumus et iubemus fieri cum omnibus qualitatibus, conditionibus atque obligationibus quae in decreto visitationis expresse aut implicite, directe aut indirecte continentur nec aliter nec alio modo. Mandantes ac praecipientes [fol. 73r], in virtute sanctae obedientiae et sub excommunicationis poena, quibuscumque nostris officialibus et subditis huius urbis et diecesis nostrae in solidum quatenus ad omnem cappellanorum dictorum et cuiuslibet eorum ac procuratorum dictarum ecclesiarum qui pro tempore erunt petitionem debeant nomine eorum et dictarum ecclesiarum vel procuratorum suorum ponere et inducere in corporalem, realem et curialem possessionem dictorum beneficiorum eorumque bonorum, iurium et pertinentium eorundem, eosque inductos et positos manutenere et defendere, amoto exinde quolibet alio detentorem. In quorum omnium et singulorum fidem praesentem fieri iussimus et in actis nostrae magnae episcopalis curiae registari mandavimus. his et similibus incommodis cum pro nostro munere opportunius quam primum occurrere quemadmodum oportebat duceremus intermitten863
Appendice
dum, nihilominus quam gravissimarum momentum rationes nos coegerunt atque ne omnino labor inchoatus desereretur et ecclesiastici mores in viris Deo sacris sine quem a diuturna sedis episcopalis vacatione gravem obduxerant graviore interim compromexetur, visitationem extra urbem Catanae transferendam per diocesim duximus atque ab acitana civitate rursum aut exordiendum aut ordita veluti filum filo revinciendum [fol. 73v]. *** Urbs acis veluti intra opacum nemus universa dispergitur potius quam cogitur. Sane inter grandiores terrae Siciliae urbes censenda si membris ipsa suis coalesceret, sed civitas una in iisdem magistratibus ac legibus atque institutis contenta cum sit, vicis tamen aut oppidulis conflatur vicenis vario inter se non magno dissitis intervalla. haec in partes aut regiones dispertitur terras quarum prima per se satis ampla civitas est suis coacta atque coadunata aedibus aquilia nunc dicta corruptum nomen ab acilio. Nam cum ipsa aci urbi et priscae et ingenti exigua ut ita dicam urbecula veluti proles successisset ab aci acilium. Scilicet parva acis appellata est, postea quod in aliis etiam resumerit urbibus in nomine aquiliae degeneravit ansamque nonnullis scriptoribus obtulit varia ex eo nomine comminiscendi. altera regio nonnullos vicos complectitur: Sancti Philippi Carcina, a quo nomen ipsa accipit, Sanctae Mariae Consolationis, Sanctae Mariae Catenae, Sancti Iacobi, Sanctae luciae, Patanearum, arcis aut Castelli acitani. Tertiam regionem constituunt vicus: Sancti antonii, Vallis Viridis, Sancti Nicolai, Maugeriorum, Punctae, Sancti gregorii, Bonaccurisionem, Viae grandis, quamquam tres illi postremi in agro etiam catanensi ex parte positi sunt [fol. 74r]. Ex quibus quidem acitanis vicis tres insignores sunt primum Vallis Viridis, alter in agro Patenensi cui nomen Sanctae Venerae ab aede ibi dicata. Tertius locus est non procul ab acitano promontorio Catanam versus, oppidulum exiguum et raris habitatum colonis, moenibus circumductum propter vetustatem nonihil ruinosis. haec moenia, qua parte littus maris attingunt, committuntur arce pulcherrima altissimo scopulo inaedificata, tanquam si gemma de pala prominens ductum annuli utraque ex parte connecteret. Scopulus undique confragosus ascensu naturali nullo, 864
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aditu per artem et pontes aperto. Castellum habet in iugo positum natura communitum ac labore et quidem quoad mare vergit toto illo tractu inaccessibile; nam scopulus ibidem praeruptus atque eminens. Multa de antiquitate huius arcis fabulantur recentes sed primam ipsius molitionem post Rogerium fuisse constat. Inter spatium unius mensis acitana civitate perlustrata de eius agro in catanensem finitimum ingressus per Bonacursios et Viagrandenses factus, quorum ut diximus vicorum ex dimidia parte ius ad catanenses spectat. Viae autem grandi nomen inditum non a vici amplitudine, exiguus enim est, sed a viantium praetereuntium frequentia illuc enim ex mediterraneis Messanam et hinc [fol. 74v] ad interiora Siciliae transitus admodum frequens. Pernoctatum nobis est Tricastaneis; vicus est in catanensi iustae magnitudinis in colle positus, ascensu maligno et impedito. Caelo propter imminentem aetnam frigido sed per aestatem temperatissimo, ita multi ex catanensi nobilitate villas eo loco aedesque constituerunt, ubi sub ardenti sole ad estus effugiendos et ad vindemias commorantur. Nobis quidem adeuntibus importunum accidit et caelum et hospitium. Nam per eos dies triduum fuit frequentes ob pluvias domi pene continebamur, tametsi negotia evocabant. aedes autem tam humili tecto ut spenia viderentur tum carioso ut multis ex partibus depluerent et perfrigescerent quam maxime fenestrae adeo terrae proximae ut facillime quocumque adaperiri impulsu aut impetu perfringi, tam ruinosae ut introspici a quovis quid intus ageretur, quidve sermonis haberetur excipi posset. atque hae quidem aedes ab antecessoribus episcopis ea fini conditae esse dicuntur ut ascendentes praelatos reciperent quae tamen neque hieme neque aestate sunt commoda; nihilominus triduum Tricastaneis morati sumus et excursiones per vicinos pagos Sanctum gregorium, Trapetum, Sanctam agatham ad cautes, Trimysterium et Punctam facere et subinde ad [fol. 75r] Trecastaneas reversum. hinc Pedariam profecti sumus ex vico quidem hinc variis generis sapiebatur arboribus ita quasi quam nonnihil confragosa tamen oblectatione videndi molliebatur. Pedaria vicus prope Tricastaneas ad occidentem est nescio an sic dictus quia ad pedem montis proxime positus vel a lapidibus lapidaria nuncupatus, vel quod ex eo loco pes commode in altissimum montem adeuntibus ad nives ericiendas aut ad craterem inspiciendum inferatur. Sane locus castaneis, sorbis, nespylis, cerasis, vitibus abundat; aede sacra ornatur eleganti et bene culta cuius visitatione obiter perfecta arreptum nobis iter est illico. Nam procul in vico Malo Passu hospitium constitutum erat et obeundi inter eundem Nicolosii ac Mompilerii. 865
Appendice
Via erat aspera, plena horroris, quae vix semitam aperiret. Cautes ex utraque parte innumerabiles passim super se invicem inundantes et, facta velut testudine, campos obruentes terrei ac ferruginei coloris, tartareum nescio quid expirantes; nulla illis vivens herba, animal, sive cicur, sive agreste nullum. Volucres toto eo tractu nullae, sed horrentia undequaque saxa tartareae sero bis excrevissent a vulcaniae officinae, quam poetae sub aetna sitam esse finxerunt [fol. 75v]. hoc dum nos horribili spectaculo contremeremur et magnis praeterire contenderemus itineribus ecce tibi caelum sordidis caepit inhorrescere nubibus atque imbrem effundere copiosum. Quo demum cessante cum Nicolosios et Mompilerios visitassemus, tandem multis defuncti incommodis fessi atque imbribus madefacti ad Malum Passum sub vesperam castra posuimus. Est Malus Passus in plano solo positus, porrectus in longum periculosus quondam viantibus propter frequentia lenocinia, locus unde famosum illi nomen paulatim postea frequentatus incolis et ubertate soli libenter excultus grassamentis quidem caruit, nomen retinuit. Nobis malus revera fuit: nam angustis et male compactis admissi aedibus frigus et imbrem una in commune nobiscum recepimus consignatio non latere aut gypso operiebatur, solo constabat tabulato. Tabulae autem tam continentes erant ac pudicae ut sese contingere non auderent ita supra eos qui infra habitabant aquam et pulverem per benigne dimittebant; tectum vero non minus liberale quam consignatio, ipsum nostrum lectulum guttulis [fol. 76r] frequentibus aspergebat et haec quidem tanquam loci ac caeli tributa patienter accipiebamus. Vicarii vero eius pagi rudes quis ferret? aquarum quod nemo credat caritate laboratum est. Cum peteretur ab eo unde aquatio fieri posset, hinc inquit proximo interrogatus quanto id proximum intervallo distaret ab hospitio pauxillum inquit ad passuum terna millia. Enim vero stomacati ad hanc responsionem famuli ad clamores ibant. at ille immoto vir animo, age, inquit, ex hac vicina carmelitarum domo aquatum pergite et cum dicto sese a conspectu subripuit. Regulares illi religiosius penuriam aquarum cum excusarent negare mordicus guttam. aquam ergo nostram pretio bibimus ut ait hieremias {cfr lam 5, 4} et quidem numerato ac praesente; nam id omnibus in locis ex nostro praecepto caverat oeconomus ne quidquam cleri aut ecclesiarum sumptibus in culinam admitteret sola tantummodo vicariorum opera diligentiaque ad res comparandas uteretur. Sed clamoribus et increpationibus urgendus erat vicarius iste ut panis aut obsonii quidquam deferri curaret. a Malo Passu iter nobis fuit ad Monasterium Candidum eo prius866
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quam pervenissemus duo ex itinere pagi perlustrati Campus Rotundus et Sanctus [fol. 76v] Petrus. Ille bifariam perlongam divisus via et sola pars altera civium sub dominio est principis Paternionis. Ubi enim catanensium iurisdictioni subiacet magnum sane facinoris ac mala agentibus asylum et ingens impune peccandi occasio quando unius intersectione viae alterutrius domini iura deluduntur. Ecclesia in catanensi estat ad quam vicariorum pars utraque ad sacra et sacramenta convenit. ab hoc vico ad alterum accessio facta, cuius visitatione completa iter arreptum; et cadente sole ad Monasterium album perventum est. Sane secus quam hactenus eo in vico plausu fuimus excepti mirifico omnium. Incolae enim propterea quod Catanae propinqui sint etiam multis eius urbis nobilibus familiis clientelas atque amicitias contractas habent et propter frequentiam cum catanensibus commercia urbanitate quadam imbuto admodum civiliter se gerebant. aedem eius loci maximam tam ornate atque concinne paratam nacti sumus ut eam etiam in media Catana desiderare possemus. Sed hoc de argumento altera nobis est in parte operis disserendum. ab albo Monasterio Paternionem eundum erat et iter per Mottam faciendum. Via erat plana, patens, nullis saxis aut cautibus salebrosa. Motta [fol. 77r] castellum est in edito loco exiguis habitatoribus quod ut ab aliis Mottis internoscatur, sunt enim aliae in Sicilia nonnullae, Motta Sanctae anastasiae vocitatum. Est non procul ab aetna austrum versus Paternio oppidum in colle aut tumulo situm et quidem olim tumuli verticem solum occupabat, qui etiam num veteris oppidi moenibus aut potius moenium fragminibus coronatum. Nunc bona pars aedium in clivo collis et ad radices constituta est et magna populi frequentia colitur; ibi enim et forum et iudicia et commercia omnia exercentur. In iugo aedes maxima, monasterium sanctimonialium et aliqua religiosarum domicilia familiarum visuntur et aliae privatae aedes sed suo cultore vacant, plures prostratae et quae semel ruinam fecere nunquam restaurantur. arx a temporibus comitis Rogerii aedificata non vulgari intus structura et magnis concamerationibus visenda. Ex ea parte qua ad solem vergit occiduum, prospectum in campos subiectos pulcherrimum urbis habet; namque illac Symetus de montibus defluens planitiem variis circuitibus intersecat piscium anguillarum, cephalorum, mugillum [fol. 77v] copiose ferax. Planities ob veraque parte fluminis aut viridanti semper laeta gramine aut segete luxuriante aut hortis viridariisque ita contexta ut summa delectatione oculos animumque reficiat. Illam qua sol oritur simul cum flumine pontus excipit. a meridie montes 867
Appendice
non illi quidem asperi aut propter altitudinem inculti, sed arabiles. Ex parte australi aetna imminet semper vel nivalis14 vel ignea, nunquam non adoperta fumo suo. Inter montem et Paternionem Inessa non ignoti urbs nominis, hodie «Civita» appellata, quamque alii hyblam fuisse maiorem putant, igneis aetnae vomitionibus obruta creditur potius quam cernitur. Est et leucadia benedictinorum15 monasterium olim illustre, nunc quaternis tantum monachis animatum; reliquus monachorum numerus et redditus Catanam in Sancti Nicolai monasterium translati. Quidam propter taedium tantae solitudinis atque amorem frequentiae factum putant, frigescente paulatim in nepotibus [fol. 78r] antiquorum parentum instituto. aliis frequentibus latronum ac sicariorum per loca insultibus facti rationem attribuentibus. Propter Paternionem qua mons aspicitur, olivetum exurgit ingens lacti ingentis. Sed aquae eius regionis admiratione dignae. Nam fontes qui circumscatent acidum quid omnes sapiunt et ad potum primum ineptae, ubi residerint, saporem quidem non excucent16 caetero salubritatem quandam quiescendo induunt ut ad potandum optime censeantur. hic celebris extat fons, in quem linei panni demissi nigrum ebibunt colorem. Sed haec aliis narranda relinquimus. Post Paternionem Biancavilla successit, graecorum olim vicus graeco sermone utens, «Calicari» ab ipsis dictus. Nunc et hoc nomine et sermone ac familiis omnibus praeter duas graecis amissis siculum idiomata usurpat et locus a profugis restitutus est, eo propter aes alienum aut propter alia suscepta facinora confluentibus, exiguus omnino incolarum numerus et tenuis apprimeres. huic adernio, quorum prope accessissemus [fol. 78v] ad passuum fere mille, complures de nobilitate et clero obviam facti, tum etiam patres iurati, magna virorum caterva consequente cum tubis et timpanis progressi, gaudium animo conceptum ex sui tandiu expectati praesulis advenire preclara salutatione praetulerint. ad urbis ingressum plurimis concrepitum est ferreis mortariolis pulvere simentario repletis. adranum nobile in Sicilia ac pervetus17 oppidum propter id quod recens est fuisse ex ruderibus, quae etiam ipsa exigua restans coniicitur. fontes eo tractu aquarum perennium 14 15 16 17
868
Nivalis] micalis. Benedictinorum] benedictionem. Excucent] Lettura incerta. pervetus] corregge e soprascrive su parola illeggibile.
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uberes et molae frumentariae multae, magno cum sui principis emolumento, tum urbis commodo propter olerium et hortensium herbarum copiam. hinc flumine adrano transvadato Centuripam monte et superato adivimus, cuius urbis praeter ruinas in iugis iacentes nihil dignum memoratu visum est. Sane non contemnendam fuisse urbem illam ex situ et amplitudine, ex agro et naturali praesidio patet. Sed omnia iam dudum squallida, vasta ac sola; nuper heremicolis habitari caeptus collis unus [fol. 79r]. Demum coitione nonnullorum vicus factus immunitatum quarundam regiarum spe atque odore paulatim augentur. Post Centuripa Racalbutus, pagus olim saracenicus sicut et nomen, copiosus incolarum et frumenti magno numero qui quot annis ex fertili agro legitur. Experti sumus in eo oppido liberalitatem abbatis garagarii, cuius in aedibus eo in alias demigrante commorati, opiparis semper epulis non ipsi solum et qui nobiscum caenabant proceres nonnulli, sed familia etiam universa excepta. ab eo loco leonfortem contendimus, recens Brancifortium oppidum prope antiquas Tabas constructum, qui et ipse Brancifortii principis in ditione sunt. a Racalbuto autem profectis ad dexteram fluminis Salsi iter susceptum tum a flumine semotis saxum Serlonis praeclaro interitu nobile prospectum, nepotis magni Rogerii clandestinis arabum insidiis olim, dum Siciliae de tyrannide saracenorum recuperatur, non sine damno tantae expeditionis et Rogerii avunculi totiusque [fol. 79v] exercitus luctu. Praerepti tunc argenti fodinae agyrienses, quo in loco multi hodie lapides ad eliciendos ignes aptissimi leguntur, «marcasitus» vocant. Exiguus etiam a rupe fonticulus emanat. Postea agyrium ipsum a laeva praetereuntibus per rasum et campus, gallico idiomate «granguilla» dictus, fortasse quod illic vetusta olim urbs aut celebre agyrinensium fanum steterat, tum ager a gallorum ut aiunt internecione galli nomen tenens. Demum fines leonfortienses intrati vineis, amigdalis et aliis varii generis arboribus totus ille nactus excultus est. leonfortis posita ad occidentem tum clementer ex dimidia parte declivi locatus est ut per planum re ire credas; medium oppidum via lata ac recta dividit, donec ad palatium venias ab eo pars altera oppidi in praecipiti et domus supra domum sita nisi quod maximis operis atque impensis via ferro patefacta est a principe Nicolao Placido et continenter a summo ad imum usque dilapidata ut facili cum ascensu [fol. 80r] ad supera evadatur, tum ad infera descensu non periculoso eatur. Paulo infra palatium caput uberrimum aquarum emergit ingens quae coacta primum per decem aeneos canales effundi atque in paratum sinum excipi iussae in usum oppidanorum 869
Appendice
et iumentorum; hinc cursus sub terraneis aquae ductibus recincta per unum veluti os amplum evomuntur in subiectum scyphum supra quem fornix inducta est signis marmoreis ex utraque parte exornata cum elogio olim a nobis in gratiam optimi carissimique fratris mei composito. hae aquae novem postea molas versatiles agunt maximum vicinis oppidis in aestate subsidium ad conterenda frumenta. Caeteri enim per ea loca fontes qui hyberno tempore vivere et molas vertere facile possent, per aestatem arescunt et emoriuntur. Demum per valles oppositas ubi enascunt Teriam nobilissimi flumen nominis, hodie saracenico vocabulo ÂŤDictainumÂť dictum, parturiunt [fol. 80v]. Sunt etiam et alia leonforte praeter palatium et fontes aedificia pro loco magnifica. Templum egregio opere non inchoatum modo, sed ad umbilicum perductum et nisi frumenti pretium hoc anno viluisset perficiendum; multa enim ad id operis modia destinaverat princeps. Est et domus patrum cappuccinorum a fundamentis erecta et ad coronidem usque perfecta. Est et stabulum egregium nobilibus equinis pullis refertum; est et cavea ad damulas cervosque alendos; omnia haec liberalitate et sumptibus excellentissimi Nicolai Placidi principis ab ipsis fundamentis constructa, cuius ego iuri virtutes omni laudum genere dignissimas si percensere velim defuturum me tanto argumento ingenue fateor. a leonforte ascendimus Ennam. Est enim haec leonforti proprior; Ennae mons et urbs vetustissima monti cognominis utroque apud scriptores celeberrima, ille altitudine nullo pene siculo monte praeter aetnam inferior iugum habet late patens et magna sui parte planum ita et urbem ingentem complectitur et arcem urbi [fol. 81r] coniunctam magnitudinis non exiguae et extra urbem monasteria ruri latis horreis et vineas praeterea fundosque non paucos praeter haec superant etiam campi communes et compascui herbarum copia fere per totum annum referti. hi campi celebres sunt Proserpinae raptu viriditate perenni, amenitate odoratissimorum florum; urbs antequam munitione naturae atque artis incolentium fortitudine inexpugnabilis. Itaque cum a cartaginensibus primum, deinde a romanis, postea a servis rebellantibus, tum item a romanis atque alias a saracenis, demum a Rogerio variis per diversa tempora diuturnisque obsidionibus vexaretur, nunquam nisi internis civium discordiis aut custodum proditionibus aut cibariorum penuria capta est. aditus enim habet mons ille atque ascensus non plures tribus, eosque tam angustos ut per paucos simul admictant, tam faciles intercludi aut exscindi [fol. 81v] ut intra minus horae spatium omnis ab urbe penitus eripiatur. 870
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Civitati sua nobilitas sicut neque urbi deest; nam multae in ea familiae antiquitate nominis et sanguinis illustres quae etiam nunc splendore vitae et negotiorum agendorum dexteritate generis sui dignitatem ostentant. haec magnificis aedibus constat multis tum sacris tum privatis; cives propter loci munitionem caelique subtilissimam temperiem alit ingenti semper spiritu et libertatis avido. Ordinarias aedes non calce sed gypso structas habent atque adeo imbribus ac minis facile obnoxias quod ipsum in mediterraneis Siciliae omnibus fere locis accidit. Iam vero dictu incredibile est quanto nos comitatu exceperint ac deduxerint ennenses; etenim non modo clerus sed universa pene nobilitas cum senatu et praefecto urbis in equis extra urbem effusi, tanta exultatione consalutaverunt tantis [fol. 82r] animos suos benevolentiae amorisque signis patefacerunt ut vix lacrymas tam nos quam ipsi contineremus. Sperare se aiebant post diuturnas multium annorum tempestates fausta et tranquilla ab novo praesule; omnia cuius nomen non claritas avorum sola aut sola ipsius generositas illustrissimum redderet sed integritas eiusdem et humanitas et nulla habendi aviditas; rarae omnino in magnis viris virtutes adeo celebrem fecerunt ut iam illum integerrimis sanctissimisque episcopis componerent. Et haec quidem a nobis ut nostrarum verum praeconia ingratissime ut vero stimulos ad meliora non illibenter excipiebamus. Deducti sumus in collegium patrum Societatis Iesu, apud quos pro nostra maxima erga hanc religionem antiquaque benevolentia hospitium parari praeceperamus, et patres quidem pro suo erga nos summo amore rati quidquid in obsequium praesulis contulissent id omne ex debito esse, in angustiis aedium et temporis animos explicarent suos. Nam cum sese et [fol. 82v] suppellectilem suam in angulum seorsim coegissent et officinas in usum advenientis familiae reliquissent, domum reliquam apparatu non contemnendo peripatasmatis, thoris, sellis mensisque instruxerunt universam. Toto eo tempore quo nos Enna detinuit frequentia procerum concurrentium perpetua ad binos qui mecum erant fratres meos fuit, eoque auctior quod duo alii don hieronimus et don Michael alter Melita alter Catanzariensi provincia in qua cum dignitate praesidis pro rege imperitabat. Uterque nobis dilectissimus accessu suo munerum fratrum et gaudiorum causas adauxerunt. admirabantur enim omnes qui nos iisdem parentibus genitos fratres omnes praeclaris ingeniis atque indole nobilitate in Sicilia princeps, aetate florentes in unum Ennae coactos. Primum Catanensis ecclesiae amplissimo patrimonio praedivitis episcopum, alterum eiu871
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sdem episcopi vicarium generalem, tertium hierosolymitanae religionis equitem et fundi [fol. 83r] in agro Mazariensi non ignobilis comendatarium et praefectum triremis eiusdem ill.mae religionis designatum. Quartum magnae in regno Neapolitano provinciae gubernatorem et militiae siculae triremium amplissimo Regiae Maestatis diplomate cum summis laudibus praepositum. Postremum adolescentem in magnae spe fortunae positum et suis raris virtutibus et nostris magisteriis ac benevolentiae viam ad altissima propediem aperturum. Et expectabatur quidem atque expectabatur ut numerum hunc veluti coronis perficeret excellentissimus Scordiae princeps vir omnibus naturae donis excellentissimus et notis non solum fraternis sed externorum omnium in altissimos gradus exoptatus, sed quominus accederet negotia impedimento fuerunt. Ennam Calaxibetta excepit, valle altissima disiuncta duo millia passuum difficillimis itineribus continente, urbs in alti tumuli clivo theatri in modum constituta, Ennam spectans ad meridiem et occidentem solem; a septentrionibus autem et ortu rupium altissimarum circumcincta corona sarracenicum adhuc nomen [fol. 83v] servat. aedes non item olim; enim in specubus saxisque percavatis quorum multa etiam nunc visuntur; hodie omnes aedibus non invetustis degunt. Praeclara est Rogerii comitis Calaxibettam18 diuturnis obsidionibus prae meritis castris eo loco fixis et templo divi Petri cum regii prioris dignitate in ea constituti. Et nostri quidem hospitis ultro iam a multis diebus ut ad se diverteremus enixe invitantis; aedes non angustae fuere sed animus vero angustissimus praeter aedes enim solas aliud praestitum praeterea nihil. Nam apparatio ad caenam omnino nulla fuit, non piscis (erat enim sextus hebdomadae dies), non oleum, non ovum, non herba, non panis, non obsonium; pene incaenatis eundum19 erat in lectos nisi a vicino qui de clybano furfuraceos extrahebat nonnulli nobis panes pretio empti advenissent et hospes multarum vir opum et gregibus et armentis et magno frumenta numero, multaque copia verum abundabat. Videlicet cum avaritia animum occupavit sic20 illi ingenium mentemque hominis omnem eripit; misero quid proderint opes nisi in tempore utatur? [fol. 84r]. hinc Platiam contendimus post triduum propter negotia inclinante iam die profecti. Via propter frequentes terrae tumulos nunc declivis modo 18 19 20
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Calaxibettam] Enna. Eundum] eundem. Sic] ne.
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acclivis et quindena passum millia peragenda erant. Ergo luce nos deficiente nox occupavit et imber vento ac frigore permixtus, et quamquam luna grandior erat, densis tamen occupata nubibus, nullum compresso lumine praestabat euntibus auxilium; itaque post horas noctis duas, quo tempore civitas omnis quae iamdudum ad secundum ab urbe lapidem processerat sese in tecta receperat, madidi ac fessi Platiam tenuimus et nisi vicarius civitatis cum complurium canonicorum sacerdotumque numero multis et naturae et virtutum ornamentis clarus, nobis iamdudum obviam antegressus fuisset, sane sub seram noctem, ignari viarum, maximo cum nostro incommodo iter confecissemus. Platia urbs est inter siculas urbes nobilis, in primis uberrimo totius insulae in loco hortis, viridariis, vinetis, villis, aquis perennibus circumquaque abundans, propterea incolis maxime frequens. Nam cum caeterae urbes regiae propter gravia hisce temporibus vectigalia atque onera, suis pleraeque civibus alio commigrantibus deficiant, in dies ipsa adventantibus fit [fol. 84v] auctior, non quod levius a regiis habeatur, sed quod operariis labor nunquam desit; habentque enim agros et vineta et hortos in quibus occupentur et fruges fructusque quos legerint divendunt facile et iusto praetio. Capitum in ea censentur ad millia dena vicena. Nobilitas numero et opibus copiosa; moribus ingeniisque beneculta et quod laude sua dignum est, suis opibus uti gnara; liberaliter enim et splendide domi forisque agunt; aedes sericis indutas aulaeis, phrygio etiam opere contextis et pretiosis ornatas habent sedilibus; hospites amicosque per benigne accipiunt; sane inter mediterraneas civitates quisquis Platiae primas dederit, haud aberrabit; ubertate enim verum et copia mercium ad eam adventantium neque maritimis concedit. aedem habent maximam maximisque locupletem haereditatibus ac legatis, quam a fundamentis, vetera destructa, recentem instaurare aggressi; amplius dimidio produxerunt egregio sane artificio et magnificentia. In ea praeclarum ac nobile collegium; praeter enim dignitates quaternas canonicorum numerus valde amplum duplici enim ordine coalescit. Prior magnis Summi [fol. 85r] Pontificis privilegiis decoratur. Nam byssino amictu et super humerari palliolo «mozzettam» vocant convertitur et prae longa cyclade cappam «cappellae» hodie vocitant utitur. Posterior qui secundariorum nomine ad minorem gradum indicandum significatur almutium gestat. hi omnes suis pro gradu amictis ab ecclesia redditibus numeratis vivunt. Extant praeterea multa in urbe religiosorum virorum tecta, partim suis fundis ac censu, partim civitatis liberalitate multos alentia. forum omni 873
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esculentorum genere horis omnibus refertum, tabernae sericis, laneis varii generis pannis copiosae adornatum plurimae. Itaque cum multis Platea ornamentis propriis gaudet tum vero illo per maxime quod sibi ab Rogerio comite iam tum quando de saracenorum potestate Siciliam asserebat sibi liberaliter donatum gloriatur. Enim vero ad suae erga eam urbem benevolentiae significationem demonstrandam nihil excellentius excogitare potuit. Vir ille non victoriis [fol. 85v] magis ac triumphis quam pietate et religione in Deum et observantia in Beatissimam Virginem praeclarus atque insignis, quam cum tabulam Dei Parentis optimi ac semper a se in praetio habitam, quam in multis magnisque periculis praesentem sibi fuerat expertus, platiensibus elargitur observandam honorandamque; quo quidem in officio dum ipsi diligentissime ac religiosissime se gerunt et animi sui pietatem universa Sicilia et erga Rogerium gratae memoriae monimenta patefaciunt. Sed nos iter nostrum progrediamur. Platia Petrapertiam nos transmittit; oppidum hoc antiquae ac nobilis familiae fuit Barresiorum nunc in Brancifortium pari nobilitate familiae dominatum devovit principatus titulo gaudens. aedes principis illic visendae ad eas ingressus est per saxum scalpello perforatum, ad eam praesertim partem quae vetustior est et hoc tempore semi diruta; unde oppido nomen Petrae perforatae; sed antiquarum loco aedium, aliae diversis temporibus atque aliae constructae sunt proxime ad illas, recentiori structura aedificio atque ornatu. Nam [fol. 86r] fenestrarum et forium peristylia et arcus diversis sunt ex marmore sigillis et anaglyphis variata, inter quae celestis fasciae signa duodena nonnullis in locis educta; pro palatii interiori ianua signa erant nonnulla oppidi dominorum ex pario marmore cum suis nominibus quorum hodieque aliqua extant. Quem admodum et in aede maxima tumuli visuntur tum marmorei tum ex alio etiam saxi genere, nobiles munificentiam et nobilitatem domus Barresiae ac Brancifortiae contestantes. Et quidem oppidum commodo est loco inaedificatum. Nam agro fertili abundat et ad occiduum solem prospectu finitur periucundo. Italicus nunc flumen Salsum non longe excurrit meridiem versus a septentrionibus descendens et Siciliam duas quamquam inaequaliter in partes dividens dominatus tamen olim romanorum atque cartaginensium in ea insula ex foedere dispescens ac propterea nobilis. Petraepertiae proxima est Barrafranca, oppidum a Barresiis extructum quod nomen ipsum indicat; nunc in Brancifortium dominatu est. ager eius maxime frumentarius incolis [fol. 86v] autem propter absentiam dominorum minime frequens. 874
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Post Barrafrancam vicus consuetus est recens Mirabellae nomine insignis paucis ab hinc annis; non procul in alto colle aedificari coeperat quo e colle conspectus erat patens et sublimis; unde nomen Mirabellae; inde propter intemperiem caeli in planum locum translatus; quamquam non eodem prospectu finitur receptum tamen asservat nomen. ager ille «imacarensis» dicitur eo quod non longe ab eo vetustissima in Sicilia urbs extiterit Imacara, cuius hodie nihil praeter nomen et exigua supersunt rudera. hinc aidonum abivimus, familiae gioeniorum apprime illustris et perantiquae oppidum, a quo prope ad passum millia tria collis est alius, altitudine quidem inferior et amplitudine angustior aidono, sed nomine fortasse praelatior «Citadellam» hodie nuncupant in quo signa ibi constructae atque destructae urberculae evidentia. Existimant quidem eo loco herbitam toties Ci…21 ac Diodoro memoratam. Sed area illa minor multa est quam ut tantae urbis magnitudinem capere posset. aliisque Ergesium eo loco statuere placuit alieno sane loco; nobis ii arrident qui Cittadellam hanc populos [fol. 87r] dicunt fuisse illos qui Plinio «aetini» sive «aedini» vocantur in catalogo oppidorum Siciliae mediterraneorum, a quo loco translatam postea in hunc editiorem urberculae nomen suum traxit. aidonem Rosmarnus excepit deque postea hinc ad vicum Valguarneram perreximus. Recens locus est et paucis numero aedibus constans augescit tamen in dies propter loci agrique opportunitatem. Nomen a domino habet familiae Valguarnerae inter siculas familias praeclarissimae, cuius in dominatu asserus est quem nunc ex ordine describimus. asserus pervetustum ac nobile oppidum amplitudine et frequentia mediocri, eius aspectus ad occidentem solem vergit; ager ea regione composicius sed qua meridiem spectat frumentarius; infra ipsum flumen Christas decurrit. Visitationem et iter nostrum oppidum Sanctus Philippus clausit antiquis agyrium dictum; nunc a Philippo sacerdote in Siciliam ab apostolo Petro ad fidem proseminandam transmisso, sanctissimo et miraculis illustrissimo [fol. 87v] viro, nomen acceptum retinet; quod etiam num antiquo nomini coniunctum multi pronunciant «Sancti Philippi argironis» vocantes. fuit apud argyrenses olim amplissimum templum magnarum dearum de quo multa Diodoro, sed neque ullum eius rei vestigium hodiernis temporibus distingui posset neque locus ubi fuerit internosci aut indicari. Incolae cive suo Diodorus historiarum scriptore gloriantur nobilis21
Lacuna.
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simo, cuius etiam aedes in loco quodam infra collem ostentant. Oppidum in colle praeexcelso ac praeciso undique ad meridiem distenditur totum proclive ascensu ac descensu pariter difficile. Reliqua sunt loca pia Rosmannus, Scarpellus, Iudica altis, incultisque montibus imposita, heremicolis habitata. hi non religionis alicuius habitu vestituque insignes aut votorum aliquorum vinculis innodati devintique eo loci coguntur, libere orantur, libere eos montes adeunt, libere cum libuerit abeunt, rusticanum genus verumque divinarum [fol. 88r] expers et magna parte aere alieno stimulante illuc adventum, vitam colendis quisque agellulis aut terrae fustulis transigit; namque accedenti et particulum terrae concedunt et aediculam inibi vineam aut inventam escolunt aut plantant aut crocum ferunt, aut frumentum; sunt etiam qui apibus curandis operam ponunt. Occasio his vitam studiose transigendi multa suppetit et sane non pauci arripiunt. Nam quamquam alieno fortasse fine accedant quoniam tamen simplex hominum genus est et minime malum, cum semel virtutis illis semita indicata est arripiunt, statim atque ingrediuntur quam Domino cooperante non segniter postea insistunt; et montes quidem hyeme perfrigidi et minosi sunt, super quibus tamen olim oppida constituta esse et dicuntur et ruderibus illic proiectis aspiciuntur, praesertim apud Iudicam et Rosmannum. Nam Scarpello nunquam insedisse urbem arbitror propter multam Iudicae vicinitatem, quae [fol. 88v] magno sane urbis cadavere etiam nunc insignis est, quam temporibus Rogerii regis destructam fuisse perhibent, cuius ager locuples et amplus gelensibus mediterraneis concessum ab eodem rege aut etiam pretio venditum fuisse publicis tabulis patet [fol. 89r-90r]. ***
Urbium, oppidorum, vicorum, locorumque catanensis diocesis forma explicata nunc visitationis rationem prosequimur. Idibus septembris acilium sera nocte cum pervenissemus, mane solemni pompa templum aditum est; ibi veneratione primum ex visitatione Sanctissimae Eucharistiae tum pro iis qui mortalitatem exuti in templo contumulabantur, ac praecatione solemniter perfecta, ad sacramentum confirmationis impartiendum postridie accessimus. Tantos autem concursus fuit ut tridui matutinae horae vix ad hoc munus suffecerint. ad duo millia scripto excepta reperiuntur. a prandio ad multam sepe noctem rationes excepti et expensi ex 876
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codicibus ecclesiarum ab viris huic negotio destinatis excipiebantur; quae ubi diligenter consideratae atque ad trutinam revocatae fuissent, si quid fraudolenter aut per incuriam peccatum fuisse deprehendebatur, nobis proponebatur diudicandum, quam ad rem multa provisa atque praescripta quae non acilii solum sed per omnem postea dioecesim promulgata, non sine magno ecclesiarum emolumento fuerunt [fol. 90v]. gravia circa ecclesias et ecclesiasticas personas negotia quae secretas aures deposcebant, multa deferebantur quibus ea consilia atque medicamenta adhibita quae, Deo adiuvante, non irrita fuerunt. Sacerdotes et confessarii ad examen revocati, qua ceremoniarum in sacrificio adhibendarum, qua scientiae adhuc impendendam absolutionem necessariae et sane utrique quaestoribus fuerunt satis. acilii familiae numerantur bis mille nongentae triginta duae, in his capita octomillia octingenta octoginta octo. Ex his qui sacra sinaxy reficiantur supra quaternamillena octingenta et unde quinquaginta; clerici septem et quinquaginta, sacerdotes duo et septuageni. Quorum viceni in ecclesia matre stipendio ab eadem ecclesia constituto unciarum duodenarum sacris et sacramentis distribuendis assistunt; et ab initio quidem quindeni fuerunt, postea sede vacante auctus est numerus, diminuto censu in plures distributo. Nobis ergo praesentibus omnes supplicarunt ut exemptis de toto collegio quaternis quos sors extraxerit, priscus restitueretur et [fol. 91r] census et numerus cappellanorum; factum est. Sed qui remanserant exclusorum fratrum miseratione tota moti supplices iterum ad nos dederunt libellos quibus efflagitabant ne se levitatis incusaremus sed potius laudaremus mutuum amorem et commiserationem et concederemus iterum quatuor illis recipi ut possent in corpus cappellanorum. Quid vero ageremus ad has praeces contemptrices pecuniae et benevolentiae erga proximum plenas? factum est voluntati eorum satis et omnia ut actis publicis extarent mandavimus. Ecclesiae preter maximam quae titulo Sanctae Mariae nuncium ab angelo accipientis gloriatur tres supraviginti. Ex his binae sacramentales et matrem adiuvantes: Sanctae Catherinae et Sancti Michaelis, in utraque suus curio temporarius stipendio, unciarum vicenum de matricis aerario addictus, ad sacrificia et necessaria ministranda. Utrobique toto anno diebus dominicis sub vesperam certi nec parvi cogantur viri ad [fol. 92v] status preces curione dirigente; ad utramque binis ad solis occasum horis colliguntur magno numero foeminae magnaque modestia, diverso tamen a viris die, quae per horam praecibus et litaniis vacant. Quod spectat ad ornatum et supellectilem ecclesiarum nescias citra diligentius pro modulo instructa. 877
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Ceterarum duae frequentia totidem religione insignores illarum prior Sanctis Petro et Paulo apostolis, posterior Sancto Sebastiano, quarum ornandarum et verum omnium quae ad fabricam, ad ornatum ad festos dies celebrationes sanctorum et ad sacerdotis sustentationem opus sint suggerenda, cum curam habeant sodalitates binae in his iisdem constitutae aedibus. Illud habet Sancti Sebastiani sodalitium peculiare primis mensium dominicis prodeuntem ex aede maxima Dominum in Sacramento deducunt ac reducunt cum fanalibus accensis; praeterea sextis feriis, qui dies passione Domini memorabilis, mulieres multae post ortum solis aedem coram Christo de Cruce pendente coetu facto magna animi demissione orant et [fol. 92r] sacro adstant; ad quod agendum stipe coacta sacerdotem adiuvant. apud Sancti Petri et Pauli altaria extant nonnullae, supra quae ex legata pecunia crebro sacrificatur. Illud memoria dignum ad altare Iesu et Mariae dedicatum quotidie sub primam facem, socii sub his sacrosantis nominibus adlecti, ad praeces fundendas confluunt sacerdote praesidente. Cautum hic est me supra aram maximam eo loci, quo excipi quandoque venerabile sacramentum solet, lypsana sanctorum ullatenus asservarentur ne quid forte in adoratione peccaretur. Quae religionem maiorem redolent aedes illae sunt Sanctae Mariae Miraculorum et Sanctae Mariae lauretanae; illius imago reperta in antiquo pariete venerabili specie depicta et post inventionem beneficiis recentibus coruscans. haec extra civitatem ad unum lapidem posita, angusta quidem magnitudine sed liberalitate erga accedentes insignis, omnem ad sese viciniam allicit [fol. 92v]. aedes reliquae septendecim, missis si non quotidianis praeter admodum pauca saltem frequentibus condecoratae; pleraeque etiam sunt in quibus quotidie pro defunctis sacrificatur aliae ad quas piorum virorum coetus ac sodalitates praecibus fundendis adunatur. Quibus omnibus praeter particularia singillatim ac serctim iniuncta praecepta quorum iam coepit observatio vigere, aliae sunt leges conditae universales quae, quoniam aliis etiam in locis praescriptae ac promulgatae sunt, propterea ad calcem huius operis commodius apponendas censuimus. Sunt praeterea acilii terrae religiosorum domus: una capuccinorum in quos duodeni ferme degunt, aliquando etiam plures; altera carmelitarum ordinis strictioris observantiae alit capita ad vicena; tertia Sancti francisci de observantia octonis conflata patribus. Conciones in magno ieiunio habentur quaternis in locis: aede maxima, Sancti Sebastiani, Sanctae Catherinae, Sancti Michaelis, quas duas sacramentales esse iam diximus [fol. 93r]. 878
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Pleraque acis alia loca diurnis ex acilio excursionibus perlustrata recursu acilium facto. ad Sancti Philippi Carcina, qui vicus secundae est acitanae regionis praecipuus, hic familias quatuor supra ducentas et septuaginta numerat; capita in his mille quatringenta; grandiora hoc est suscipiendae Eucharistiae apta septingenta; sacerdotes septem, clerici quinque. ad Pataneas in quis per trecentas sexaginta familias, capita millena ducentena quaterna, grandiora octingentena duodena, cum sacerdotibus octanis, septenis clerici. ad Sanctae Mariae a Catena, qui animas in familiis quinquaginta supra ducentas enumerat octingenta sexagena, ex his quae sacro cibo pasci queant ad sexcentenas, quae sacris operentur senae, quae operantibus ministrent octonae. ad Sanctae Mariae Consolationis, ubi minores clerici quinque, maiores tres qui communicent in fractione panis sacri centum et quatraginta septem, capita omnino ducenta [fol. 93v] triginta unum, familiae una et sexaginta. ad Sancti Iacobi, quem vicum unde sexaginta constituunt familiae cum capitibus ducentis, in his mixtae sacri quaterni, minister unus. ad Sanctae luciae, in quo minores clerici octoni, maiores uno, plures dape sacra pasti septingenti ac triginta, animae sex et tricenae supra nongentas, domus ducenta et quattuor ac viginti. Demum ad Castellum et arcem ubi capita ad centena vicena cum sacerdote uno. ad praecipuum vicum, dum ad ungendos pueros accingimur quo ex aliis etiam viis convocati pueri convenerant multi, offendimus omnia paene imparata cum tamen nostrae in eum locum adventus expectaretur: non pelves ad lavandas frontes, non bombix ad frontes detergendas, non mantilia mappaeque necessariae et haec excusari quidem aliqua morula poterant; illud omnino intolerabile internoscendis oleis sacris anceps orta confusio. Nam vasculo quo chrismatis oleum contineri fere- [fol. 94r] batur insculpti caracteres visebantur aliud indicantem oleum. Quid in hoc casu fieret? an dubiis rebus quidquam irritum ageretur? Ergo abstinendum iudicavimus, praesertim in re tanta dubitante etiam vicario loci quod in quoque vasculo olei genus contineretur. Iussum ut olea in sacrario concremarentur et alias propriis in urceolis de cathedrali quam citissime reciperentur. Ipse autem vicarius suo munere deiectus Cataneam ut se intra triduum sisteret iussus. Postridie ad Sanctae Mariae a Catena coacti pueri confirmati ad qua879
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tringentos. Ibidemque instituto diligentiore vicario eiusque curae subiectis D. Philippo, Pataneis et Sanctae Mariae Consolationis acilium repetiimus. Priorata horum vicorum ecclesiis mandata scripto relicta fuere. Primum Sancto Philippo ut aquae baptismalis concha ex novo lapide fiat et decentibus hostiis ac firmis, tum panno interius obductis operiatur. Utque subter tabernaculum in ara maxima fenestella aperitur unde a choro ad ecclesiam [fol. 94v] conspectus est, claudatur, ita ut reserari nequeat. Ut arula marmorea ex altari Rosarii amoveatur et quod reliquiae inde amotae fuerint vacuo sepulcro; ipsiusque Rosarii tabula paulo sublimiore in loco statuatur. Deinde ad Sanctae Mariae Consolationis ut supra vascula sacras epulas continentia crux pro fastigio argentea superponatur, ipsa vero candido semper velo adoperiantur. Pataneis ut ex vetere calice atque inutile, aliquid confletur quid ad usum ecclesiae sit. Ut libri missales quanto citius reficiantur. Ut ad altare Spiritus Sancti imago eiusdem quamprimum apponatur ad quam depingendam bona pretii pars ad manum erat. Ut ad Promontorium Molendinorum in aedicula Sanctae annae aptior largiorque arula marmorea apponatur; nam quae in praesentia habetur angustior est aedicula. Cura ad vicarium Sancti Philippi spectat. Quae ad reliquas ecclesias, et ex magna etiam parte ad supradictas praecepta sunt, ea in edictis universalibus includuntur [fol. 95r]. ab his vicis ad Sancti antonii vicum visitatio translata est, huius vicario et docto in primis et prudenti ac religioso voto, binae subiacent totidem vicorum ecclesiae Vallis Viridis et Bonaccursiorum. Itaque trium vicorum capita uno numero contenta dabuntur et sacerdotes quidem in his degunt viceni cum clericis vicenis quinis, capita autem in familiis nongentis quinquaginta, termilles nongenta quatragintanovem. Manus ab episcopo duobus locis imposita, Sancti antonii et Valle Viridi utrobique sexcentis et eo amplius. Intra Sancti antonii ecclesiam altaria cum suis imaginibus extant nonnulla ad quae ex legatis frequenter sacrum mysterium conficitur. In vico ternae aediculae ad quarum cultum suae sunt privatae leges sancitae. Valle Viridi ad aediculam Sanctissimae Virginis intra templum sitam propter eius sanctitatem loci liberalitate eiusdem Virginis admodum celebris operatis, sumus magnae pietatis sensu, cuius et ex nostra tenuitate nonnihil in remissionem nostrorum peccatorum et nostrae [fol. 95v] erga Deiparam observantiam signum obtulimus. 880
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Mandatum ut aedicula amplior fieret praescripta ad id forma; tum ut apoditarium in alium commodiorem locum transferretur; importunissimo enim loco fuerat. a Sancto antonio profecti Tricastaneas obiter Bonaccursii et Via grandis visitata; utroque in loco crismate delibati fontes ad trecentos et peculiaribus praeceptis ad cultum spectantibus curiones locorum instructi, quae iam executioni mandata sunt. Tricastaneis visitatio non infructuosa; pacificationes enim factae inter sacerdotes aliquae, qui mutuis discordiis conscientias populi et suas laedebant; moderatio adhibita stipendiis cappellanorum et quae superfuit pecunia in aedis sacrae aedificationem destinata, ad quam summam augendam concessum est ut per triennium concionatores quadragesima advocarentur qui gratuito fidelibus panem verbi frangerent. Oleo ad spirituale certamen roborati quatercenteni et amplius. Magna ut plerumque [fol. 96r] alibi in clero Tricastanensi inscitia. Cautum ut ei rei vehementer incumberent, octiduo post nostrum reditum Cataneam profectus, sui rationem reddituri. Veritum rectoribus ecclesiarum ne quidquam de sacra pecunia nisi accepta ab episcopo venia, idque praesente scienteque loci vicario impenderent; si contra faxint de proprio soluturis quo locus fraudi omnis praecluderetur. Ex Tricastaneis uno die perlustratae senum vicorum ecclesiae: Sancti gregorii, Trapeti, Sanctae agatae ad cautes, Trimysterii, Punctae, Maugerii; in ternis convocatos aliunde pueros confirmavimus ad quingentos. Praeter communia privatis praeceptis illa iussa sunt: Sancti gregorii ara maxima ut latior esset; Trapeti ut de vetere turibulo argenteo magni ponderis aliud recentius leviusque, deque massa reliqua pyxidicula ad Eucharistiam deferendam et vascula ad sacra olea conficerentur; Sanctae agatae reliquiae sanctorum ut commodiore loco statuerentur; Trimysterii ut intra [fol. 96v] tabernaculum aedicula Sanctissimae Eucharistiae aptetur quae commodius et magis ad manus sacerdotis esse possit et sphera ad eamdem Eucharistiam publicis supplicationibus deferendam forma venustiore et opere recentiore conficeretur; Punctae ut quae a fidelibus habentur eleaemosynae intra arculam apponantur neque inde extrahantur nisi servatis quae in edictis communibus severe praecipiuntur. Omnes hi vici constant familiis octingentis quadraginta septem, capitibus termille centum et quatuor ac septuaginta, sacerdotibus duodenis. a Tricastaneis Pedaria petita est in qua templum elegans cum pinnaculo elegantiore; sacerdotes ibi seni quibus ut ecclesiasticae melodiae invigilarent iisdem poenis iniunctum, quibus Tricastanienses allegati; suscepere 881
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chrisma ad trecentos capita; censentur familiae hic trecentae triginta capita supra mille trecenta. Nicolosii per familias ducenta capita faciunt nongenta et octoginta confirmati multi; sacerdotes ibidem terni peculiariter his [fol. 97r] mandatum ut ex sublimiore loco in alium opportuniorem diferretur Eucharistia, cuius aedicula convertiretur et seris firmioribus occluderetur. Mompilerii capita centena sexaginta octona per familias octogenas in horum aede signa ex marmore vetusta, praeclari artificii et religionis Virgo Mater stans et filium brachio continens eadem genibus inclinatis magna pietatis ac modestiae significatione nuncium angeli recipiens et angelus coram ea paulum inclinatus salutem de celo nunciumque paene prolatis verbis expromens. hic etiam multi frontes consignati. Malus Passus consequitur constans familiis ducentis sexaginta capitibus mille quatringentis grandioribus nongenta, sacerdotibus tribus, clericis quatuordecim, religiosorum familiis duabus: una carmelitarum in qua seni; angustis sane commodisque aedibus; in commodiore ecclesia et sacristia fratrum Sancti francisci altera ex iis qui strictiorem profitentur observantiam qui propter loci tenuitatem abitum propediem meditantur [fol. 97v] nisi dominorum loci qui advocarunt liberaliter fulciantur. In aede sacra multa desiderabantur quae procurata sunt. Pueri confirmati trecenti. aedes carmelitarum propterea quid his ad usum concessa fuit a sodalitio laicorum hominum qui eumdem ad locum congregantur in quorum dominio est visitationi ordinarii subiecta ac visitata atque plurimarum rerum egena reperta est. a Malo Passu itum subinde ad Campum Rotundum et Sanctum Petrum. Utrobique manus impositae trecentis; et Campus quidem Rotundus familias numerat sexagenas super quatercentenas capita millena septingentena. Sanctus autem Petrus in familiis invenis ac trecentenis capita mille ducenta septuaginta sex. Quae ad harum ecclesiarum ornatum spectabant aedictis universalibus habentur omnia propterea ad eum locum recensentur. Post haec ad Monasterium album profecti quatriduum et in loco commorati sumus, de quo in priore [fol. 98r] operis parte abunde a nobis dictum. Magnus ibi impuberum numerus oleo sacro confirmatus contra spirtuales nequitias. Sacerdotes viceni sigillatim visitati atque instructi; confessarii examini subiecti ad audiendas confessiones plerique approbati nonnullus ab eo munere propter inscitiam reiectus. Ecclesiae eo in vico praeter matrem sacramentales duae, altera recentior sed sedulitate piorum ad eam confluentium bona supellectile instructa. Capita hic censentur 4.000, familiae 1.080. 882
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hinc itum obiter est ad Sancti Ioannis ex galermo vicum, ad Placas, ad Mascalciam qui simul in familiis septingentis quinquaginta tribus, capita quater mille octingenta, sacerdotes tresdecim, clerici septem supra viginti enumerant. Mascalciae ecclesiae admodum negligenter habita; nullus ibi ad convestiendum sacerdotem sacrificaturo locus; ergo ut omnino commodus praestaretur in aedicula quadam ecclesiae coniuncta consensientibus id sodalibus eius ediculae curam gerentibus publico scripto poenisque [fol. 98v] impositis cautum. Plachis Ecclesiae cultus melior honestiorque et sacerdotes magis in suo munere versati. hic crater aquarum infantes a labe originis abolentium ut a saxo aut marmore fieret iniunctum utque abstinerent ab impensis in celebratione festorum profundendis donec aedem sacra suppellectile necessaria complerent. Sancti Ioannis a galermo pauperis quidem census ecclesia sed pro tenuitate non inde culta. Iussum ut tabula supra altare maximum ex ligno aut tela fieret quae in praesens in pariete ducta in decore cernitur. Omnibus his in locis alterum a baptismo sacramentum collatum amplius quingentes. Moctae aedes Sanctae anastasiae dedicata cuius etiam insignes servat corporis reliquias. Sacramentum chrismatis acceperunt multi etiam grandes natu. Sacerdotes in ea ministrant terni, clerici seni, capita recensentur quingenta quatraginta octo, familiae quinquaginta ultra centum. Paternio Mottam excipit, oppidum frequens et [fol. 99r] sacerdotum numero pro parvitate loci et religiosis familiis insigne, nam ibi numerantur triginta; hae quinque praeter unam sanctimonialium. Ecclesiae praeter maximam et religiosorum aedes sexdecim, sodalitates piorum virorum octo. Maior aedes magnifica, sane apodictorium valde incommodum, male instructa propter incuriam ac neglegentiam aeditimorum, sed praeceptionibus stimulati diligentiore ut speratur sollicitudine utentur. Confirmatio puerorum numero copiosa fuit. Sed in visitanda monialium domo providendique iis quae ad observantiam erant necessaria maximus enim vero labor fuit. In ecclesia fenestella qua divina synaxis sanctimonialibus porrigitur adeo ad terram demissa est ut sacerdos non nisi genua inflexus porrigendo esset satis. Tum eadem ipsa fenestella ad confessiones monialium serviebat, utrumque sublatum est incomodum factis fenestellis duabus altioribus ad quas interius quidem per gradus ascendunt, exterius autem sacerdos per quam commode confitentibus autem et manum communicantibus [fol. 99v] valet extendere. 883
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Iam introgressi in monasterium vicario generali ac tribus maturae sacerdotibus aetatis comitantibus quam paterno animo angustias eius familiae commiserati sumus. Nam monasterium quia ad occidentem solem spectat conspectum quidem sortitur hilarem sed aura tam insalubri atque humenti afflatur a subiecta valle ac flumine ut moniales omnes affecta valetudine ac decolores efficiat; porro ex alia parte vix habent ubi consistant. Itaque angustissimis dormitoriis, conclavibus, collocutoriis utuntur et sunt sane omni laude dignae foeminae, nam disciplinae religiosae vehementer insistunt et omnia habent in commune. Saepe antea cogitatum a multis et praelatis et nobilibus viris de monasterio alium salubriorem in locum transferendo; sed moniales, pervetusta ac veneranda monasterii aetas et alios ingentes sumptus futuri nedum ab iscriptione sed a cogitatione ipsa deterrebant; nobis consilium occurrit sane utile ac commodum. Caepta iamdudum est alterius aedificatio monasterii [fol. 100r] alterius instituti monialibus destinata ex nescio cuius testamento. Id inquam aedificii si ita statuatur ut ex duplicis instituti monialibus omnes quae est Sancti Benedicti coeant, facilius enim et iustius erit si recentes novitiae in hoc eant institutum quam si antiquioris regulae servatrices suo relicto in aliud abire cogantur ecquid erit incommodi; regula quidem et ratio in commune vivendi quam facillime interpolares servabitur multiplicatis redditibus et fama monasterii cum sanitate et sanctitate augebitur. haec et huiusmodi alia cum monialibus primum tuta, cum patribus eius urbis iuratis et aliis plerisque nobilibus viris effati ubi sumus, unanimi consentione laudarunt. Tum ego qui circa tale negotium difficultate cum Sanctissimo Pontifice agitandae eas ego accipiam pro mea virili diluendas. Vos partes monasteriorum et vestrarum filiarum et civitatis equum est ut apud excellentissimum huius urbis principem cum sedulitate agitetis. Illi acturos se receperunt. Itaque responso ab illis expectatur quo tam necessaria [fol. 100v] transmigratio perficiatur. Interim non deficimus officio nostro et fenestras quasdam quae ab exteriore parte monasterii non iusta altitudine erant aut arctissimis accludi ilico gradibus iussum aut fossas altas de foris erui ad accessum impediendum. Crates ligneas nimium patentes et cariosas removeri cum primum ferreae duplices factae fuerint; fieri autem quam citissime praeceptum. alia ad rem mandata in communibus habentur; tanta acta diligenti visitatione permota universa Paternionis civitas contineri non poterat quominus ad nos quotidie adventaret gratias innumerabiles agens et clerus vero universus nunquam a conspectu sui praesidis discedebat amoris erga ipsum arctissimis alligatus vinculis. 884
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In aede maxima viceni divina officia festis dominicisque diebus exercent canonici suis insignibus decori sed ad curam animarum peculiarem bini sacerdotes curionum seu [fol. 101r] cappellanorum nomine destinantur. ad sacrarii negotii aeditimi totidem; et canonicis quidem redditus annui singulis unciae duodeviginti penduntur, curionibus decem, adiectis octo aut paulo amplius. haec summa conficitur ex frumento quod ab aratoribus quibusdam debetur tum ex censibus atque immunitatibus nonnullis, praeterea ex primitiis et funeribus quae in commune colliguntur tunc veritum sua cuique pars distribuitur; quod superest in ecclesiae ministerium et usum erogatur. Multa sunt intra aedem maximam altaria in quibus aut quotidie aut frequenter sacra ex legatis facienda; quae ut omnia perquam diligenter executioni mandarentur curatum est et accepta sigillatim eorum sunt nomina quibus celebrandi debitum incumbit. Quod etiam in aliis observatum ecclesiis; fere enim nulla aedes est et altare in aede nullum in quo non sacrum aliquando celebrandum ex legato aut beneficio aut eleemosyna. Una tantum inventa est quam necesse fuit occludi. Ceterum de sodalitatibus illa recensenda est quae sanctissimi Sacramenti nomen habet; haec ex debito [fol. 101v] habet ut sanctissimam Eucharistiae dapem comitetur cum fanalibus duodenis proprio sumptu paratis quoties ex aede maxima progreditur quod et diligenter praestat. Inter Paternionem et adranum interiecta est albavilla, quingentarum familiarum vicus, capita vero termille, qui sacris incumbunt quaterni, noveni quibus ministerium22 suum praestant. aedis pro tenuitate incolarum tenuis rei ac supellectilis. Tabula in ea greca manu depicta non admodum grandis, grandi populi religione culta, latam aiunt eum in locum a primis vici incolis graecis. Confirmati ad ducentos, tum hadranum nos contulimus. hadrani postrema die quam solemnis ingressus factus in templum est; convocatis pueris, magna hominum inspectante multitudine, sacro confirmati oleo fere quadringenti. aedes omnes a maxima ad minimam triginta visitatae et quae in his colendis peccare ministri visi sunt, legibus ac praeceptis correcta. Sacerdotes nonnulli a sacro altari remoti quod in ceremoniis necessariis minime versati viderentur [fol. 102r]. Item alii ne confessionibus poenitentium accipiendis praeessent. Omnes ad ecclesiasticum cantum cohortati. 22
Ministerium] monasterium.
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Demum perlecta sacerdotibus in commune omnibus edicta communia, ne quid excusationis ex ignorantia legum haurirent. Bina hadrani sanctimonialium domicilia: alterum ordinario, patribus Sancti francisci observantiae subiectum alterum; in hoc quod spectat ad clausuram prohibitus est securis edictis accessus ad colloquia frequentissimus hominum promiscue adeuntium. In altero communis vivendi ratio nulla erat et tentata fuisse dicitur ab aliis praelatis frustra; et cum primum cepta nunc esset nominari, aures omnino monialium obserabantur omnium et spem boni eventus nullam faciebant cappellanus aliique praeteritorum temporum gnari; demum constantia in persuadendo, directio in redditibus monasterii expendendis, scrupuli iniecti conscientiis rem tam bonam fugientibus, commoda ex ea emergentia, flexerunt animos omnium ut communitatem si non in omnibus perfectam saltem in communi mensa, in valetudinariis [fol. 102v] in aegrotis curandis custodirent. Datae illis ad id congruae leges libenterque susceptae; magna iustis de causis adhibita diligentia est in clausura perficienda; fenestras paene omnes quarum in via esset conspectus gradatas ex ferro esse iussum est. Crates intra sacram aedem propter ianuam erant proximae per quas apertis foribus inspicere monialibus cum erat licitum, non ad conciones audiendas aut ad solemne sacrum inspectandum ad quem finem aperiebantur sed ad introeuntes exeuntesque oculi mittebantur curiosius quam sanctimonialibus deceret. hae crates ut ex eo loco ablatae superiorem in locum collocarentur prope altare maximum iussique cautumque nisi intra unius mensis spatium id feret ut crates antiquae, non portis solum sed saxo etiam ac cemento occluderentur. Intra monasterium hoc titulo Sanctae luciae sexaginta degunt, quadraginta in altero Sanctae Clarae. Praeterea in suis domibus capuccini aluntur viceni. Totidem [fol. 103r] franciscani observantes, dominicani octo. Centuripis exiguo oppidulo templum quod unicum extat visitatum, in quo augustiniani haeremitae ministrant sacramenta centuripinis. Ibidem pueri signati oleo; examinati ad exercendum poenitentiae sacramentum et approbati patres duo; quorum alter vicarius loci constitutus. Racalbuti familiae ducentae supra mille, capita quinquies mille quingenta, qui secundo ecclesiae praecepto obligati23 termille, sacerdotum dignitate insignes quaterni viceni, clerici viceni. 23
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Obligati] obliti.
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Sanctimoniales monasteriis ternis senae ultra centenas, capuccini deni, dominicani seni, augustiniani senideni. In hoc oppido praeter insignem multorum puerorum iniunctionem, sanctimonialibus frequentes collocutiones cum externis prohibitae et multae etiam circa disciplinam leges adhibitae; multa sunt de sacerdotum agro vitia extirpata quae inoleverant, alia ne inolescerent suffocata. Ex tribus sanctimonialium familiis una patribus [fol. 103v] augustinianis paret, cuius quidem disciplina laxior atque remissior; nihil habent religiosi praeter clausuram; nam habitu, cultu, sermonibus, morum licentia, vaniores sunt quam oporteat aut deceat puellas. Expedit sane omnia huiusmodi monasteria ab ordinariis dirigi. leonforti recenti oppido sed pro aetate frequenti, familiis centum octoginta septem, capita numerantur bis mille trecenta septuaginta septem, haec undenis reguntur sacerdotibus, qui liberalitate principis competenti stipendio adiuti, diversis in ecclesiis sacra faciunt. habent ibidem etiam capuccini eleganti domicilio quaterdeni, tum etiam patres tertii ordinis Sancti francisci septem. Ecclesia maior nondum perfecta, cogit ut in angustis antiquioris populus cogatur ad sacrificia; sed prope diem omnia fere cum decore laxiore sperantur. hic quoque sacramentum confirmationis collatum est magna occurrentium frequentia [fol. 104r]. Ennae visitatio magnum momentum habuit et multo labore constitit urbs ampla et civibus populoque numerosa et iam diu episcopi destituta luce. Nam propter publicas obstinatasque dissentiones iamdudum a nostro praedecessore desciverant et se ab eius iurisdictione per pontificias literas eripuerant. Ita annis fere duodeviginti pastorem grex ille nullum viderat quem cum primum ad se venientem sensit, lacrymis abstineri non poterat et ingredientem in urbem miris acclamationibus admittebat. Miserantibus interim nobis tantum innocentium animarum numerum paucorum insolentium culpa tot annos pastorali directione destitutum24. Ergo solemnes visitationis aggrediendae peractae caerimoniae fuerunt primum in templo maiore; manus ab episcopo nondum confirmatis impositae pene sexcentis, quod sequentibus etiam diebus obitum munus in parreciis [fol. 104v] undecim — totidem enim Ennae sunt — quin in multis praeterea sanctimonialium ecclesiis; frontes quam multis consignatae numerus quinque millia excessisse pro certo fertur, neque enim omnes in album referri potuere. 24
Destitutum] destributum.
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Appendice
Visitatae sunt parocchiales ecclesiae universae et in iis pleraque correcta quae vel in sacra supellectile vel in sacramentis distribuendis collocandisve vel in altaribus parandis perperam committebantur; quae cum omnia in edicta communibus habeantur praetermitto in praesentia. Negotium nonnullum facesserunt rationes sumptuum ab ecclesiarum procuratoribus exposcendae in quibus nostra diligentia enituit25 cum magnis rei ecclesiasticae commodis; sed praecipuus labor circa matricis redditus, qui sane sunt uberes, horum procuratio quia tam ad ecclesiasticos quam ad seculares viros spectat controversum semper fuit [fol. 105r] quemnam ad quaesitorem spectaret ius rationum expetendarum; nam cum ab alterutro cogerentur ad alterum semper confugientes utrumque subterfugiebant; ita multa ad procuratores interim lucra privatim atque impune proveniebant. Sed nostra sedulitas et si qua erat apud omnes nostrae integritatis existimatio pervicit, et utraque parte procuratorum conveniente et ultro se ad rationes reddendas voluntati nostrae offerente; codices experiti atque accepti deferrentur; his diligenter inspectis multa ordinata sunt quae communibus excipiuntur edictis, ne privatim alicui eorum procuratorum praeiudicium factum fuisse per privatas praeceptiones videretur; et sic facilem aditum ad subterfugiendum ordinarii iudicium sibi aperirent. Quod spectat ad ministrorum officiumque curionum, mos invaluerat ut curiones substituerent sibi alios quorum opera sacramentis [fol. 105v] impertiendis uterentur; quibus tamen de ecclesiarum redditibus stipendium laboris impendebant non de suo; ipsi interim per otium suis censibus libere uterentur integris; cautum ut nemo sacerdos acceptare ullam substitutionem curionis ullius posset sine poena suspensionis. laboraret quisque pro suo debito atque offitio ne ecclesiae bona profunderentur, neve ulla pecunia ecclesiae in usum curionum nundinis expendi solita, post hac omni prava consuetudine abolita expenderetur. Paucis abhinc annis introductum fuit ut ad ecclesiam matrem congregarentur bino numero sacerdotes ad divina decantanda officia et nullo Pontificiae Sanctitatis privilegio fulti; quibus propter hae stipendia quotannis de ecclesiae censu, absque ulla etiam Summi Pontificis facultate, solvebantur magno sane rei ecclesiasticae damno. Quo negotio mature perspecto per edictum [fol. 106r] publicum cavimus nullas in posterum hisce sacerdotibus attribuendas esse pro officiorum recitatione pecunias, nullo in hactenus solutis repetendis iure ecclesiae deperdito, donec ius acquisitum 25
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Enituit] emituit.
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per Pontificis litteras et privilegia coram nobis praesentarent; sed expedit ipsum edictum suis verbis explicare. Don Octavius Brancifortius, etc.
Dudum in excessu nostrae visitationis generalis audiveramus, postea Ennae cum essemus multorum testimonio accepimus et inter visitandum ipsi nos vidimus, bonam pecuniae partem de redditibus matricis ecclesiae eiusdem civitatis sine facultate a Sanctissimo Pontifice maximo obtenta (quemadmodum oportuerat) in sustentationem aut stipendium aut eleaemosynam aut emolumentum sacerdotum quorundam expendi atque distribui; qui sine ulla legitima fundatione vel facultate vel privilegio eiusdem Pontificiae Sanctitatis paucis abhinc annis illam suscipiunt [fol. 106v] cum obligatione recitandi divina officia in eadem ecclesia, nullam etiam habentes legitimam et canonicam in unum ad ea congregandi facultatem. Nos propterea nullum interim indemnitati ecclesiae deperditum repetendi quod hac distractione, erogatione aut consumptione ex eius redditibus iam desiunctum est, neque etiam tali recitationi iniuriam aliquam illatam declarantes, volumus et mandamus nequaquam deinceps praedictam pecuniam de redditibus ecclesiae expendi aut erogari et ut dicitur dismembrari posse et dictis sacerdotibus propter huiusmodi divinorum officiorum recitationem deinceps quemquam elargiri, donec nobis legitimum privilegium aut facultas a Summo Pontifice legitime obtenta praesentetur ac demonstretur. Itaque omnino prohibemus atque interdicimus ne talis pecunia aut pecuniae ulla summa aut quantitas in similes usus ullatenus expendatur aut distribuatur eo quod [fol. 107r] etiam id ab ipsis episcopis praestari posse prohibent decreta et constitutiones conciliorum et Summorum Pontificum sanctiones; supra omnia praecipientes ac mandantes, sub poena unciarum quinquaginta rectoribus, procuratoribus et quibuscumque aliis qui mandatum aliquod ad talem erogationem subscribere ausi fuerint solvendarum et totidem thesaurario, quotiescumque mandatum huiusmodi acceptaverit atque pecuniam eo designatam solverit; quam praeterea pecuniam nulla ratione sibi pro soluta censendam sciat; et quamcumque summam in poenam a contravenctionibus exacta fuerit, volumus eam in subsidium bellorum Regiae Maiestatis contra haereticos applicari. Platiae calendis decembris 1638, in generalis nostrae visitationis discursu. Ceterum matrix ecclesia in spiritualibus regendis administrandisque sacramentis quatuor habet sacerdotes rectorum nomine donatos [fol. 107v] et unum priorem pariter et rectorem, quorum nutu omnia administrantur. 889
Appendice
Iidem cum aliis laicis duobus ex primoribus civitatis bonorum etiam temporalium curam administrationemque gerunt. Quorum bonorum rectores huiusmodi aut expensionum rationem ullam se reddere debere negant atque ita ex ordinarii potestate ecclesiasticarum facultatum curam eripere tentant; sed occursum est huic proposito ut a nobis dictum est, partim rationibus inspectis et codicibus iam ad nos allatis, partim aedictis ad hoc constitutis quae tamen inter communia inseruimus ne quid in particulari circa hoc statuisse videremur, unde ad asilum monarchicum subterfugere possent ac si frustra nos essemus. Sacerdotes omnes sigillatim coram vocati et de statu et ratione vivendi interrogati atque ubi opus fuit instructi ac pie admoniti fuerunt; etiam quid a suo munere deiecti propter iustas causas sui errati poenas lucrent; et monita [fol. 108r] non ad ecclesiasticos solum sed ad seculares primae etiam notae viros pervenerunt, in quibus difficilior emendatio; etenim ubi scilicet hi ab ordinario pastore stimulo correctionis incussos sentiunt, statim ad monarchicum iudicem profugunt, qui causas ordinariorum etiam primas contra omne ius et fas praecipiendo quamdam veluti impunitatem peccandi largiri videtur. Dum haec scribuntur exemplum ad manus oportune advenit; nuper don Placidum lo Core, cruce hierosolimitana insignem propter gravia delicta, quorum cognitio ad nos etsi spectaret, sponte nostra remiseramus ad suam religionem cuius religionis quoniam eminentissimus magnus magister propter zelum virtutis impunita scelera nulla reliquit, Placidus sibi metuens ad monarchiam aufugit quae statim arrepta lites veluti cautela a nostra curia per literas exposuit ut sibi acta omnia remitteremur quae contra iustum [fol. 108v] essent confecta; sed ad ecclesiae ennensis census redeamus. Ministeriis ecclesiae praesunt sacerdotes quatuor quorum unus prioris alii rectoris nomine appellantur, sacerdotes autem viginti sacra partiti per hebdomadam faciunt, praeterea alii suam operam alio in munere navant in hos omnes et alios etiam laicos quorum labore utitur ecclesia, unciae quotannis mille nonaginta tres26, eius autem redditus in universum singulis annis constat unciis millenis sexcentenis sexagenis septenis. Itaque ex tot summa supersunt unciae quinquagintae ac septuaginta tres quae solent in instauratione templi ad facta tecta et ad apparatus festos et musicas et ad ornatum sacrum argenteumque expendi. Titulus ecclesiae est Sanctae Mariae de gratia quanquam solemnes nundinae quae Ennae semel quotan26
890
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nis celebrantur magno confluentium numero ad ferias sancti Martini occurrunt. Undena intra illam [fol. 109r] altaria extant omnia sacrificiis frequentibus cultu ex variis piorum legatis. Reliquae paroeciae suos unaquaque sed exiguos habent redditus ex quibus curionem, aedituos aliosque alunt ministros; una reliquendo locupletior totus census constat unciis tredecim supra ducentis quae in easdem res capendi solent; ad altaria quae in his ecclesiis erecta sunt ex legatis piorum sacerdotes frequenter celebrant. Praeter praemiales aliae etiam intra urbem aediculae quatuor et viginta, extra vero duae vel minus. Intra harum ecclesiarum aliquas sodalitates et confraternitates erectae sunt numero viginti. Religiosorum familiae in urbe octo Sancti Dominici, Sancti francisci, Sancti augustini, carmelitarum, capuccinorum, Sancti francisci observantiae, Sancti francisci a Paula, Societatis Iesu. Sanctimonialium domus sex de quibus aliquid dicendum est. Nam [fol. 109v] propter tam diversam ordinarii visitandi absentiam refrigescente disciplina laxior in dies clausura fiebat et frequentiores cum externis collocutiones unde nonnulla everrere quae minime oportune quibus nisi diligenter occurrerim a nobis fuisse, profecto maxima famae damna subiissent ennensia sanctimonialium collegia. Igitur praeter diligentem singulorum intrinsecus visitationem et arctata quae ad clausuram spectabant, pro oportunitate omnia prohibita cum iis collocutiones quae extra primum et alterum consanguineitatis essent gradum, modus etiam est terapiae et custodiae in colloquendo adhibitae, praescripta ratio expendendi et vivendi in communi prompte ubique obediendi introducta. Impositae leges ad continendam observantiam, ad rationes expensi accipiendas, demonstratumque omnibus est si quid peccatum est contra communem vitae modum id non ex penuria ortum esse [fol. 110r] quam causabantur, abunde enim erat illis unde commode alerentur, sed in incuria ac negligentia ne dicam contemptio disciplinae. Itaque omnes alacriter et gratis etiam actis sese ad religiosorem vitam capessendam accinxere, quod etiam num cum maximae letitiae sensu prosequuntur. Unum ex his sanctimonialium domiciliis recens est et paucis abhinc annis ex legato cuiusdam demortui erectum, in quo puellae nobili familia prodeuntes quae paupertate vexantur sese ad serviendum Deo dedicant. Octo nunc ibidem degunt magna sane vitae morumque modestia sed iterum piorum ignoratione. hae cum Romam ad Summum Pontificem misissent qui et religiosi nomen monasterii et clausuram religionis impetrarent certas ob rationes quibus haec minime a Summo Pontifice concedi posse visa sunt, non modo nihil impetrarunt sed neque quidquam posse obtineri responsum accepit. 891
Appendice
Iisdem tamen causis vigentibus quae animum Summi Pontificis a confirmatione everterant dum [fol. 110v] sedes catanensis vacat D. franciscus de amico visitator generalis domum illam monasterium religiosorum suo privilegio fecit, clausuram religiosam concessit, moniales professae votis solemnibus nuncupatis ut essent indulsit. aiunt ab eo id peractum ac sponte monialibus oblatum si certam pecuinae summam proferrent quam et protulerunt; qua de re nos Summum Pontificem consulendum censuimus. Id vero nos commemoratum voluimus ut esset palam quanto rerum ecclesiarum detrimento constet si diutius ecclesiae suo careant pastore. Extat etiam Ennae domus puellarum orphanarum in qua hodie duodenae cum duabus vetulis ductricibus et una ancilla commorantur iustis redditibus et commodis si quid ex his superest deductis rationibus annuis id in dotem confertur alicui ex iisdem puellis maritandae cui fere unciae tricenae attribuuntur. Calaxibettae binae sunt ecclesiae Sanctae Mariae altera, altera Sancto Petro dicata quae utraque nunc matricis nomine congaudent; duodeni sunt [fol. 111r] canonici qui utrobique locum suum chorumque constituunt et sacramenta populo praebent. Ex annuis redditibus unciarum quadraginta supra quingenta in omnes et singulos utriusque aedis ministros officiales et res ad sacrificia ad dies festos, ad apparatum spectantes unciae trecentae et nonaginta distribuuntur; reliquum fabrica erogatur. Sancti Petri aede proprio privilegio regia est et priorem habet regium cum annuo redditu unciarum ad quatraginta. Calaxibettae constitutum peculiariter est ut sacerdos theologiae gradu insignis et sane doctus theologiae moralis praelectiones haberet et ut ei stipendium de ecclesiarum censibus assignaretur. Vicarius ad disciplinam cleri constitutus diligens et navus. Nam qui hoc munus obibat senior et morbo confectus vix lecto et ne vix quidem pedem efferebat, quin paucis postquam inde profecti sumus diem suum obiisse eum accepimus. Monasterium monialium duplex alterum nondum extructum neque habitatum, alterum vetus [fol. 111v] in quo professae octo et triginta et coristae binae, ancilla una. Quibus propter rei familiaris tenuitatem magnam, leges praescribi nullae potuerunt quibus ad communem vitae rationem redigerentur, omnia arbitrio sanctimonialium et sacerdotis curtem gerentis relicta sunt; quaequidem cum tanta inopia, virtutum tamen et studii bene vivendi copiosae sunt. aedes sacrae Calaxibettae praeter matrices duodevicenae in quarum 892
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nonnullis missa ex legato non infrequenter celebratur, multae ex stipe collecta aut semel anno aut paulo frequentius habetur. Religiosorum domicilia tria: capuccinorum in quo duodeni, dominicanorum ubi quaterni, carmelitarum ubi quini; praestaret nullum esset; familiae milles quatringentes et quatuor in his capita quatermille ducenta septuaginta. Impositae manus pueris iis qui nondum sacro fuerant oleo peruncti quamplurimis et praesenti clero perlectae leges communes et privatae etiam ad ecclesiarum ornatum et ad morum vitiorumque emendationem [fol. 112r] attributae. Platiae ecclesia mater haeres ex asse Marci Trigonae uncias habet ex haereditate annuas milles sexcentas quinquaginta quinque aliunde quingentas sexaginta. Summa universa uncias bis mille sexdecim cum ducentis; itaque hisce opibus et ipsius aedis structurae quae vetus et angusta erat in ampliorem melioremque raeducta formam est sed nondum perfecta et ministeria in ipsa aucta sunt quam maxime; privilegiis enim pontificiis institutum est collegium nobile quatuor dignitatibus et insuper canonicis constant binis et vicenis. Illae sunt: praepositus, cantor, thesaurarius, decanus . Singulis in distributiones quotidianas unciae duodenae dividuntur totidem, praeterea in praebendas cononicis dignitatibus vero unciae octogenae iunctim numerantur. Duoedenis sacerdotibus quos beneficiatos aut secundarios appellant in singulos unciae senae denae censentur [fol. 112v]. Praeter haec stipendia multa etiam alia solvitur pecunia aliis ecclesiae ministris, officialibus multa rebus ad usum sacerdotum comparandis, multa ex legatis. Expensio integra unciarum mille quingentarum et quinquaginta sex, quod reliquum est in fabricam erogatur. Cura populi penes dignitates residet, hi sacramentis incumbunt compartiendis, qui tamen ut labori sese subducerent substitutos sibi consuevere alios ministrare; qui abusus sublatus omnino a nobis est ut alibi, ut cui proventus oritur eidem labor et cura sit. Propter civitatis amplitudinem aliae sunt institutae sacramentales ecclesiae sex; in singulis curiones bini a nobis appositi; quandoquidem unus non erat suae paroeciae satis stipendium; his exiguum stipendium sane pro labore unciae scilicet duodenae; sed ecclesiarum tenuitas excusat. Et hi quidem arbitrio ordinarii collocantur et amoventur. Beneficiatorum vero maioris ecclesiae [fol. 113r] quaterni a dignitatibus asumendi totidem a capitulo, reliqui a fideicommissariis; omnes ab ordinario approbandi et suis litteris patentibus confirmandi. Canonicorum electio alternative mensium ut solet partim ad 893
Appendice
Summum Pontificem partim ad Ordinarium spectat. Dignitates adoptionem inter se habent et vacatio impletur per alternationem sicut contingit in canonicis; solus praepositus soli servatur Summo Pontifici. Ecclesiae minores per urbem sparsim constructae ad triginta. hae omnes qua beneficiis, qua legatis qua piorum liberalitate adiudicantur ut sacerdotum ad sacrificium nonnunquam aut frequenter advocent. Sanctimonialium domus habet quatuor, quibus leges ad disciplinam servandam et ad espensi rationes recte faciendas datae; praeter has extat domus orphanorum ex testamento Marci Trigonae, a fideicomissariis et procuratoribus ecclesiae maioris substentata, tres annis singulis comptum dantis et singulis unciae vicenae [fol. 113v]. Extat domus mulierum puellarumque segretarum magna totius civitatis aedificatione degentium mira observantia hae numerum duodecima explent; speratur eam propediem in monasterium religiosarum convertendam, verum et id enixe a nobis efflagitarunt. Domus virorum religiosorum decem: Sancti francisci in qua viceni, Sancti francisci de observantia in qua viceni bini, eorundam reformatorum ubi duodetriceni, Sancti Dominici quam incolunt quatuor supra viginti; duodecim in ea Sancti augustini, duo amplius sunt carmelitae, capuccini quinque et viginti, reformati in regula Sancti augustini duodecim, totidem patres Societatis Iesu et patres theatini. Domus ad infirmos excipiendos una; sodalitia quindena; nuper adiecta domus benedictinorum patrum in qua nonnisi ter habitant; alieno sunt monachis loco, nam in medio foro hoc est inter turbas clamoresque hominum perpetuos habitant [fol. 114r]. aidone capita hodie censentur octies mille; his aedes maxima titulo Sancti laurentii est, censum habens annuum ad uncias quinque super sexagenas, quarum subsidio aedituos, praefectura, organo et caetera ad cultum ornatumque necessariae sibi comparat. Praeest ecclesiae beneficialis seu parochus ab oppidi domino praesentatus et ab episcopo confirmatus, huic ratione aliorumque emolumentorum quotannis unciae ad octingenta proveniunt. hic sacerdotes alios quatuor sibi tanquam adiutores asciscit qui in animarum omnium adiumentum spirituale invigilent bini quidem in ecclesia maiore, totidem altera in aede sacramentali qui subinde inter se mutuo locum commutant. Iam inter beneficialem et hos quatuor summa proventuum supra memorata dividitur in partes senas, quarum duae beneficiali, singulae sacerdotibus attingunt. Intra sacramentalem ecclesiam confratrum cetus sub nomine Sanctae Mariae colligitur; hic annuos redditus habet unciarum duodequinquaginta 894
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[fol. 114v] quae omnes in missis celebrandis, in cultum apparantibus ecclesiae utiliter consumuntur. Monasterium Sanctae Catherinae Senensis multa observantia et disciplina clarum. aedem habet elegantibus tabulis et tabernaculo decoro ornatam; sanctimoniales in eo duae et viginti, conversae tres, educandae septem, redditibus pro numero comparantibus. Ecclesiae per oppidum octo in quibus omnibus celebratur. Omnes enim aliquam pecuniae summam annis singulis exigunt, quae maiorem frequentius quae minorem rarius sacerdotes ad sacra advocat. Una in Citatella aedes est in qua beneficium est de iure patronatus unciarum annuarum quinque et triginta, ex quibus decem sacerdoti dominicis diebus ibidem sacra facienti praestantur. assori cura animarum paenes sacerdotes quinque, cappellanos vocant et vicarium loci praesidet, quibus duo a nobis superadditi, hi confessiones populi exsigerint et sacramenta compartiuntur [fol. 115r] quibus alii novem adiunguntur in auxilium ministrandi. hi communitatem conficiunt; singulis ad missarum celebrationem quotannis unciae tredecim assignantur ex legatis ad id testamento relictae praeter primitias et funeras et denunciaciones. Ecclesia Sancto leoni catanensi et civi et episcopo sacra; multa in ea altaria et plus iusto inter se propinqua et omnia propriis fundatoribus familiisque addicta et legatis condecorata. Itaque cum eorum numerus minui commode in praesentia non possit, institutum est ne eodem tempore in altaribus proximis celebraretur uno celebrante. aliae assori aedes sacrae ad viginti duas in quibus universis quo frequentius et quo minus frequenter ex legatis aut redditibus aut eleaemosinys sacrum peragitur. Domus sanctimonialium una praeclaro omnium; monialium exemplo celebris, iustis redditibus ad alimonium capitum vicenorum. aedes religiosorum quaternae: capuccinorum, reformatorum Sancti francisci, augustinianorum [fol. 115v] tertii ordinis Sancti francisci; omnes numero competenti. animae in oppido ad octomilia. Itaque visum est nobis ecclesiam unam maiorem vix posse universo oppido peramplo satis facere; cogitatum atque cum principe nostro consanguineo communicatum ut altera erigeretur ecclesia sacramentalis in qua sacramenta praeberentur omnia non secus atque in matre, quae tamen ipsi esset matri subordinata atque subiecta, eorumque emolumenta ad communitatem referrentur, indeque in sacerdotes distribuerentur e quorum numero sacerdotum duo per vices assumerentur qui in hac sacramentali servirent. Placuit consilium cum principi, cum 895
Appendice
sacerdotibus et spero perfectum iri. In praesentium perfici non potuit propter penuriam inopiamque temporum. agirii templum Sancti Philippi ad radices montis extructum est antiquo opere columnis suffultum cum amplis aedibus coniunctis, domicilium olim [fol. 116r] fuit monachorum Sancti Benedicti, unde nomine hodie abbatiae, cuius redditus ac census pingues sane a rege catholico tanquam patrono praesentantur. hoc tempore pulsis privilegio pontificio monachis, inducti sunt sacerdotes saeculares duodeni, qui ecclesiae ministrent certo assignato illis stipendio, qui se ab ordinarii visitationibus exempti esse contendunt. Iam argirii in familiis ter mille et quingentis, animae censentur undecies mille septingentae nonaginta. Itaque oppidum septem dispartitum est in paroecias ab se invicem independentes et nulli cedentes neque ullam matrem agnoscentes. Ex hoc multa sequuntur incommoda, multa absurda, primum in campani aeris compulsatione alia aliam praevenire properante. Ita vespertina sole cadente signa dari sueta ad salutandam Deiparam de die praebentur clero. In aliis aliarum verum signis confusio ingens et contentio pertinax. Supplicationibus in publicis frequentes tumultus ac [fol. 116v] turbelae occupantibus his locis quem priorem putans illis expellentibus; partes nactae non in laicis solum aut in plebe, maior in nobilitate et sacerdotibus et ut contentio animum occupavit sepe ad iurgias, ad maledicta, ad coniuria itum est. huic morbo difficillima semper praelatis medela visa est. Nobis Deo inspirante succurrit aliquod quo moderemur aegrotanti oppido: primum ut curiones ecclesiarum non uno semper loco praeessent cautaretur habendi et ex hac aede in illam transmitterentur, fore enim ut non uni loco adhererent contra alterius dignitatem. Itaque mutati statim fuerunt. Deinde ut sacri tempore ieiunii concionatores duas tantum in ecclesias urbis praecipuis publico civitatis sumptu advocarentur; ad has senatus itaret ex ordine ut quam anno praesenti ecclesiam adissent, eandem sequenti desererent et in alteram abirent. Tertium ut quae aedes eo anno prima obtineret [fol. 117r] signum praeberet aere campano publicum quodcumque oporteret et ex consuetudine solitum esset a matricibus praeberi, ceterae illam consequerentur poenis constitutis. Iam vero mirum quam ardua fuerit quantoque nobis labore constiterit visitatio agyriensium ecclesiarum, quarum aditus tam difficilis ut neque pedites neque in equis eo accedere possemus; descensus autem paene praeceps erat, praesertim quod interdum visitantes nos nox atra occupabat ad quam depellendam collemque monstrandum fanalia vix sufficerent propter vehementiam incutentium ventorum, nix illis diebus plurima decedit, 896
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quae tametsi exitum difficilem praeberet pervincenda tamen fuit omnis difficultas et perficienda visitatio. Reliqua sunt tria haeremitarum domicilia tribus in montium iugis constituta: Rosmanno, Scarpello, Iudica. hi cum inter se communem vivendi rationem servent nullam, ut aliquam servarent curatum est. Eam saltem quae in convictu esset neque tamen persuadere omnino potuimus. habent [fol. 117v] tamen statutas sua de nocte horas, quas praestando quidam, quidam orando transigant intra zenam communem convenientes aedem; habent aliqua de die quibus in eandem sacram aedem coeunt ad Deum praecandum; habent suum superiorem a quo de monte descendendi facultatem impetrare habent cum negocii quodpiam impescere est necesse. his nos omnibus leges quasdam ad bene studioseque et cum pace agendum statuimus et superioribus antiquis remotis qui non arridebant, alios diligentiores adhibuimus [fol. 118r]. {ORDINaTIONES}
Edicta communia ad cultum, missas, altaria, ecclesias et earum reddituum conservationem attinentia
{1.} In altaribus ubi quidpiam ex infrascribendis defuerit nec infra unius spatium mensis appositum fuerit, sacrificium ne peragatur; qui fecerit ab ordinum exercitatione suspendatur. {2.} altaris arca seu planum laevi lapide aut tabula obducatur sine fossis, sine fracturis et arae marmoreae locus ita factus ut planitiem altaris non superemineat. {3.} arula sacra levis et firma statuatur ne periculum sit calici, et supra altare gradus ligneus extat sustinens crucem aut crucifixum cum sua basi et candelabris binis. gradus autem aut pictura ornetur aut linteo aut serio obveletur; praeterea tabella adsit ad gloriam aliasque orationes indicandas. {4.} altare ternis mantilibus lineis supertegatur et exornetur; sacerdoti ligneum suppedaneum supponatur aut saltem tabula latior lapideo gradui firmiter [fol. 118v] inserta atque ubi commodum fuerit tapete aut panno quantum fieri possit obducta. {5.} a latere altaris fenestella in pariete sit aut mensula apponatur ampullis27 vitreis excipiendis item clavos biretto suspendendo, ne his cum indecoro oneretur. 27
ampullis] amulis.
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{6.} Intra sacristias negotia ne agantur neque sermocinationes in longum protrahantur aut alta voce habeantur et quorum adesse praecipue saecularium nihil refert, sese expediant. Dum vero missae recitantur nemo secularium pedes in sacristiam inferat; idque in vicario atque aedituis vehementer iniunctum volumus et negligentibus pariter atque introeuntibus etiam usque ad carcerem supplicia inferentur. {7.} Nullus sacerdos ad confessarium peccata depositurus accedat vestimento inductus sacerdotali ullo, sed antequam amiciatur sin amictum deponat omnem et confiteatur; aliter per mensem suspendatur. {8.} Sacerdos item nullus ad sacrum egrediatur a sacrestia antequam altare sit omnibus necessariis instructum [fol. 119r] ne cum indecoro rei sacrae cogatur expectare; poenae transgressionis vicarii iudicio permittuntur. {9.} Solum ecclesiarum planum esto, non excavatum aut inaequale; tecta pariter earundem et sacristiarum aut apoditoriorum ne depluant. {10.} Timpana intra ecclesias, praecipue dum missae aut sacra officia celebrantur, ne personent et eodem tempore cadavera mortuorum ne deferrantur, ne aedes sacrae cultoribus evacuentur et cultus divinus interturbetur. {11.} Si quis aere alieno gravatus aut quopiam casu ei vili compulsus ad ecclesiam refugerit, ne uxor ad eum aut mulier alia commoratura accedat interdiu aut noctu et hi qui refugerint cave parte templi contineant, unde adeuntium ad sacra mulierum impediatur accessus, seque ab aliis videri quam minimum permictant; alioqui post horas quatuor ac viginti iis subiactant poenis quas nos arbitrati fuerimus; quod vero spectat ad alterius generis refugientes observetur aliud a nobis alias pervulgatum edictum [fol. 119v]. {12.} Ex redditibus ecclesiarum primum omnium satisfiat cappellanis curatis et officialibus eisdem servientibus, rebusque ad sacrum faciendum necessariis cernendis ut oleo, vino, hostiis, candelis. {13.} Nulla pecunia sive sit sortis praecipuae aut redditus et fructus aut eleaemosynae expendatur ad emptionem reddituum sine nostra facultate in scriptis accepta, sub poena solvendi duplo amplius quam quis expenderit et irrite contrahendi. {14.} Ut ex supellectili aut mobilibus ecclesiae nihil devendatur aut commodato vel pignori detur cuipiam ad festa peragenda aut ad alium quemcumque finem, nisi quid fuerit exiguum et exigui pretii et argentea nulla omnino ratione. 898
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{15.} Quod si qua res ex supradictis distracta fuisset ex quo tempore circa hoc promulgatum fuerat edictum, thesaurarius qui tunc erat ad illud ex suo luendum est obligatum. {16.} Nullus espensionis genus etiam per expedita mandata fiat, nisi per ipsum thesaurarium sua manu numerantem ei cui pecuniae summa danda sit [fol. 120r]. {17.} Cumque aliqua eleaemosynae distributio accidit, fiat interventu duorum saltem ex his quorum interest et mandatus expensionis eius subscripserint. {18.} Ecclesia nulla aut eius nomine procuratores, rectores, cappellani, abbatissae, gubernatores aut alius quivis sumptus plures faciat quam sit annuus census qui ad easdem ecclesias perveniat; ea poena ne scilicet in rationibus thesaurarii moraretur expensum. Matres vero abbatissae et cellerariae etiam de officio deturbabuntur. {19.} Quoniam vero, ut experientia comprobatum habetur, nonnulli ex procuratoribus, rectoribus, cappellanis aut aliis occasiones accipiantur agitandarum pro locis sacris et piis litium qua specie et occasione expensis eorum locorum Panormum adeunt aut in alias huius regni partes et ad nostram etiam magnam episcopalem curiam occurrunt, veluti causas pias acturi, revera tamen suis negotiis invigilaturi cum magno rei piae detrimento; propterea statuimus nulla post hac ad hunc effectum institui posse procurationem, alicuius committi, nisi accepta prius [fol. 120v] a nobis potestate scripta. {20.} Et nunc eodem hoc edicto omnem procurationem si qua forte fuerit instituta et omnem instituendi facultatem a nobis aut a nostris praecessoribus et vicariis aut visitatoribus sede vacante hactenus concessam revocamus; quo enim casu opus fuerit procuratione nosque necessaria et convenientia remedia fuerint adhibebimus, si quando procurationes concedendae sint eas non nisi ad diem certum et determinatum concedi posse eoque elapso statim interire. Et quicumque ex superioribus dictorum locorum, ecclesiarum aut monasteriorum sive simul sive sigillatim accepti, qui tales procurationes instituerint concesserintve, praeterea thesaurarii qui pecuniam ad has exercendas numerarint, quoties contra nostra haec supradicta peccarint toties uncias quinquagenas viritim solvent. Iam nunc a nobis destinatas atque applicatas in subsidium exercituum quos Regia Maiestas contra haereticorum insultus alit. abbatissae vero et cellerariae eo ipso privatae esse intelligantur [fol. 121r] atque exclusae munere gubernandi et suffragiis vocis tam activae quam passivae ferendi. 899
Appendice
{21.} gubernatores, rectores et procuratores qui denis abhinc annis munus suum obierunt, rationem omnium sortium et capitum suo tempore solutorum intra unius mensis spatium reddant, quo sciri possit utrum thesaurarius retulerit in codices an non; idque sub poena dupli solvendi eius quae in sortibus non revelatis summa continebitur; quae poena supradictis exercituum subsidiis applicabitur. Et quoniam magnus pecuniae numerus per procuratores aut rectores aut alios exactus censuum annuorum bullalium atque alia etiam aliunde pecunia quae in ipsis procuratoribus, rectoribus aut aliis moratur ac moritur et quod Ecclesiae, monasteria aut pia alia loca exactionem factam ignorent, idcirco rite in praesentia instituimus atque institutas declaramus certas personas idest N.N., qui inquirant atque cognoscant quorumnam capitum aut sortium ad ecclesias et monasteria [fol. 121v] spectantium census redditusque annui sint a dictis procuratoribus ut exacti, addicentes hisce quaesitoribus pro labore ac diligentia eam summam quae nobis iusta visa fuerit; concedentes postea atque imponentes iisdem codicum rationumque subductionem, assignato competenti salario unciarum a singulis locis piis pro rata portione per antecessum tertio quoque mense solvendarum. {22.} Ut pro quacumque pecuniae summa per thesaurarium aut depositarium quocumque casu et necessitate ecclesiarum dictarum expendenda, sive pro salariis sive alias de causa expediri debeat, mandatum aut syngrapha signata nominibus parochi aut cappellani, procuratorum aut aliorum omnium quibus negotium expensarum curae est dictarum ecclesiarum. Quod si cuiuspiam nomen defuerit in syngrapha, thesaurarius aut depositarius excipiat scripto relationem et causam hominis illius quam inscriptionem suam noluerit apponere eamque causam adiiciat in ipso mandato aut syngrapha qui inscripturus; si absens [fol. 122r] fortasse fuerit postquam advenentiam aut inscribere habeat aut causam nolendi adhibitam thesaurarius adnotet. Quae si servata adamussim non fuerit thesaurariis aut depositariis summa expensarum non numerabit in rationibus ecclesiarum et ipsi de re sua uncias quinquaginta luent in singula annata perperam expedita, in subsidium bellorum suae Maiestatis applicatas; ut supra legata nulla cessionariis aut donatariis piorum legatariorum ratione ulla aut specie solvantur, aliter solutor illa postmodum de proprio luet; nam experimento constat tales solutiones maximo legatariorum fieri detrimento. {23.} arculae ad eleaemosynas expositae binis minimum seris firmentur, quarum clavis altera vicariis aut curionis sit in potestate, apud gubernatores, rectores aut alium officialem huiusmodi altera; neque sine 900
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utrorumque praesentia aperiantur sub poena unciarum quatuor quoties aperuerint ad eadam pia opera applicandarum. {24.} Unaqueque ecclesia, sodalitas, monasterium, confra- [fol. 122v] ternitas aut alius pius locus codicem habeat, in quem nomina et cognomina eorum omnium excipiantur qui annuatim aliquid debeant dictis piis locis, extracto primum residuo aeris debiti ad annum usque 1638, sexta indictione proxime elapsa, postea adscripto atque adiecto annui census debito, inchoantes a die kalendas septembris indictione septima, explicatis cuiusque seorsim propriis rationibus et regione adnotatis solutionibus eiusdem; pecunia vero soluta thesaurario aut depositario consignabitur ut quisque locus pius prospectum habeat unde suos census reposcere debeat. {25.} Thesaurarius autem is apud quem deponi debent facultates et redditus ecclesiarum esto quantum fieri possit sacerdos eligendus ab officialibus, quod si ad saecularem aliquem necessario vertendum est, is potestatem exercendi sui muneris nullam habeat sine nostra electionis confirmationem. {26.} Territoria, agri, loca, aliaque ecclesiastica bona locanda, locari nequeant nisi per acutionem [fol. 123r] die festivo voci praeconis subiecta et locationem ad tertiam vocem conductoris liberata. Quae locatio antea per ternos festos dies fictum die in dicto promulgabitur quo libera conducendi facultas cuique detur. Tum quando tertia ac liberatoria vox pronuncianda est, si bona fuerint monasteriorum fiat praesentibus visitatorem ipsorum vicario, cappellano et procuratore, si vero aliorum locorum praesentibus eorum officialibus, rectoribus et procuratoribus quorum interest ea bona ministrare. Quod si non servatis omnibus his conditionibus, tertia vox liberatoria pronunciata fuerit non accedente nostra confirmatione, locatio illa et conductio irrita esse ac nulla atque omnino inducta esse intelligatur, nisi forte postmodum locationis tabulae fuerint a nobis confirmatae aut post octo dies eadem sustitutio renovetur et praesentibus iisdem plus offerenti locatori liberetur. {27.} Et quoniam experimento comprobatum habemus thesaurariorum aliorumque quibus exactio incumbebat ecclesiasticorum reddituum negligentiam [fol. 123v] hactenus multam hoc in munere fuisse, unde cum detrimento ecclesiarum multa deperiit pecunia, propterea iisdem thesaurariis, procuratoribus et aliis dictarum ecclesiarum magistratibus mandamus ut producto residuo aut summa integra omnium eorum quae exigenda restant, tribus diebus festivis praeconis voce curentur, si quis verum arripere velit exigendi ea residua, mercede per extinctionem candelae determinata, 901
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eique cura demandabitur qui minore pretio sese obligaverit; magistratibus autem supradictis postea incumbit praesentium annualitatem exigentiam urgere. Id vero quod hoc capitulo indictum est, de iis accipiendum est quibus multa residuorum summa superest exigenda. In exigua enim vicarium invigilet, cuius in hoc iniuria plectetur. {28.} Nulla expensio aut pecuniae solutio nisi per mandatum fiat subscriptum manu omnium aut ex maiori parte officialium quocumque nomine nuncupentur, ad quos bonorum ecclesiasticorum distributio aut cura pertinet sub pena solvendi [fol. 124r] de proprio quicquid expensum fuerit; praeterea quicquid eleaemosynarum in pecunia, frumento vino aut alia re ulla consistentium collectum fuerit apud thesaurarium statim deponatur, neque alia ratione expendatur nisi supradictis observatis; gubernatores aut alio quovis nomine officiales aut executores legatorum codicem conficiant, in quo adnotent legati summam et e regione eum aut eos quibus legatum collatum fuerit; qui codex apud custodem codicum servetur. {29.} Iisdem gubernatores quod legata ad celebrandas certis in locis missas ne externis sacerdotibus distribuant sed eorumdem locorum sacerdotibus et curionibus qui in praescriptis per testatorem altaribus suae obligationi satisfaciant. {30.} Sed structiones et alia ecclesiarum aut monasteriorum sarcta, tecta reficienda, eodem sunt pacto locanda quod in locationibus agrorum praescripsimus, alioqui quicquid thesaurarius erogaverit nullo pacto in rationibus ecclesiae ponetur sed de proprio luet. {31.} Quicquid in monasteriis aut ecclesiis operis fiet, [fol. 124v] operae non in diem conducaneum sed opus ubi perfectum sit, aextimatione pensabitur ad arbitrium expertorum, deductis ab extimatione solitis partibus, quod si opus ab iisdem expertis28 iudicatum fuerit male confectum, reficiatur. {32.} Monasteria et aliae item ecclesiae agricolationem ne exerceant ne sua territoria in aliorum fidem colenda evadant suis expensis. Quandoquidem magno ad illis est incommodo; praeter enim virum huius rei callentem et fidelem, necessarium qui continenter ministerio incumbat, qui rarus est, ex cultura agrorum, vinearum aut terrenorum nunquam tantum colligitur quod expenso respondeat. {33.} Et quoniam gravia monasteriis aut ecclesiis damna perveniunt si feudorum, agrorum aut territoriorum locatio aut opera et structurae in 28
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Expertis] expensis.
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commodum eorundem locorum aut domorum faciendae, cadant in consanguineos, abbatissae, priorissae, cappellani, parochi rectoris aut aliorum ad quos administratio bonorum spectat, nam quamquam haec subhastari [fol. 125r] et terna voce praeconis liberari, ut praeceptum est, soleant, tamen in hoc etiam sua fraus adesse potest; quandoquidem subhastatio fiat eo tempore atque horis, tam caecis ut nemo factum sciat atque ita locatio necessario eorum consanguineis quam minimo praetio absolvetur; unde etiam aliud oritur damnum, quod ipsum quod oblatum est pretium tardissime exigatur; propterea mandamus ac volumus in hoc negotio servari omnino debere id quod superius a nobis dictum est, ne scilicet unquam locationes ita liberatae ac legitime factae intelligantur usquedum nostra approbatione confirmatae fuerint, aut iterata subhastatione renovatae quemadmodum diximus. {34.} Quicquid ad lites expensum fuerit in locorum piorum defensionem, in indiculo seorsim ac distincte describatur qui a procuratore subscribatur. Tum expensae mandato facto solvantur; aliter si fiat in damnum thesaurari fiet. {35.} Quecumque pia loca procuratoris opera eguerint, quoties procuratorum elegerint, nonnisi viro ecclesiastico utantur, quo possint exactam nobis sui [fol. 125v] officii rationem reddere. {36.} Procurationes ad exigendum generales ne fiant, sed peculiares ad talem summam aut tale debitum, et procuratio nulla committatur nisi viro approbato qui facti rationem possit reddere [fol. 126r]. Ordinationes communes ad cultum et administrationem sacramentorum
{37.} Sanctissimum altaris Sacramentum singulo ad summum octiduo instauretur, pixidesque quam mundissime sint sub poena suspensionis ei cuia intererit hoc praestare. {38.} ad aegrotos sacramento reficiendos nonnisi horis a nobis constitutis eatur. hae sunt prima aut secunda ab ortu solis pro parochorum arbitrio; aliis horis sine expressa medici et vicarii facultate ne fiat. antequam sacerdos egrediatur monendus est de numero reficiendorum ut unico labore et allatis sufficientibus hostiis universis satis faciat. {39.} Sacerdos autem egressurus bina aut ternas semper hostias intra pixidem habeat supra numerum impartiendarum, ne in reditu pixis omnino inanis referatur qui esset error maximus; id ire faciat suspensus esto ad arbitrium nostrum; rem sacramento autem sacerdos ne egrediatur nisi viatici 903
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conferendi causa, nisi forte in diuturnis [fol. 126v] morbis, sic existimante vicario sub poenam suspensionis. {40.} Sacerdos cum Eucharistia velo serico candido29 humeros adopertus et sub umbella cum quaternis ad minimum lanternis grandioribus, senis fanalibus et ex illo praeeunte egrediatur. {41.} hortamurque omnes, praesertim ecclesiasticos viros, ut Iesum Christum Dominum libenter deducant ad aegrotos invisendos adire non dedignantem. {42.} Utraque pixis portatilis scilicet et stabilis forma nunc usitata fiat continenterque intra tabernaculum servetur. Intra stabilem adsit hostia grandis conservata, quae octiduo instauretur. Tabernaculum autem clavi obseratum semper esto sub poena suspensioni. {43.} Coram sanctissima Eucharistia ternae ad minimu lampades diu noctuque accendantur et pixides velo candido ad adoperiantur ut decet. {44.} Quoniam nostro maximo cum dolore cognovimus multos utriusque sexus fideles sui debiti tam negligentes esse ut intra constituta ab Ecclesia tempora pro praecepto communicandi servando ad [fol. 127r] sacram Synaxim non accedant, eo quod impunes se id fecisse animadvertant, quandoquidem ad nostram pervenire notitiam nequaquam potuerint aut quod existimant ad observantiam praecepti satis esse si eo tempore communionem quocumque in oratorio privato aut ecclesia etiam regularium faciant, propterea severe mandamus ut circa hoc exacte servetur forma a sacro Concilio Tridentino praescripta, sess. 13, cap. 8 De Eucharistia, praecipientes unicuique intra illud tempus communicandum esse aut in ecclesia maxima aut in aede sacramentali cuivis regioni assignata est, suscepta a cappellanis aut ab eorum substitutis communione, sub poena excommunicationis eiusdem ab ipso concilio impositae; addentes ulterius: etiam si quis intra spatium illud temporis praeceptum adimpleverit suscepta in ecclesia maiore aut in sua sacramentali communione, tamen in die Paschatis non posse ullum in ecclesiis regularium aut aliis privatis in locis Eucaristiam sumere, quod ipsum de famulis saecularibus intelligendum est; nam quaecumque facultas regularibus concessa, ut quovis [fol. 127v] anni tempore impertiri sacram dapem possint ad suas ecclesias accedentibus, diem hunc Paschatis nequaquam includit, iuxta Sacrae Congregationis 23 ianuarii anni 1586 et 21 maii 1601 in cap. Omnis de poenit. et remissione. Quamobrem cappellanis iniungimus, quorum hume29
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Candido] candino.
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ris onus animarum incumbit, ut magni ieiunii tempore adeant suae regionis domos singulas adnotentque in libello omnes eos qui id aetatis sunt qua possint ad sacrum hoc convivium admitti et quo haec omnia ad aures civitatis perveniant praecipimus vicario ut ea concionatoribus scripta escidat audientiae denuncianda. {45.} Vascula ad sacra excipienda olea ex argento fiant cum suis arculis pariter argenteis; praeter haec tres pariter fiant urceoli ex eadem materia quibus olea recentico suo tempore excipiantur. Unumquodque autem vas notetur maiusculo caracthere eius olei ad quod suscipiendum destinatur, ne error interveniat in excipiendo aut utendo; ad quod exsequendum trium mensium spatium conceditur [fol. 128r]. {46.} Sacramentum baptismi, extremae unctionis et matrimonii non nisi per cappellanum ministrentur; alius sine facultate a vicario aut parocho suscepta ne praestet; praestentur autem omnia gratis sub poena privationis ab officio et beneficio et aliis quae simoniacis incutiuntur. {47.} Claves tebernaculi et sacrorum oleorum apud cappellanum serventur neque ulla ratione aut specie cuiquam unquam ex oleis aliquid concedatur sub poena excommunicationis et aliis nobis reservatis propter delicti gravitatem. {48.} Cathedrae confessariorum in loco ecclesiae patente statuantur commode cum scabellis ad excipiendos poenitentes quorum vultus non ad crates sed ad parietem vertantur, ubi sacra imago aut tabella pendeat. Crates autem sint firmae, raris angustisque foraminibus; quae si non fuerint huiusmodi confessiones in iis non excipiantur sub poena suspensionis. {49.} Supra altare in quo sanctissimum asservatur adoraturque Sacramentum aut propter illud ne sanctorum reliquiae aut olea sacra serventur, alioqui cappellani suspensioni subiacebunt [fol. 128v]. {50.} Quoties in supplicationibus quatraginta horarum sanctissimum Domini nostri Corpus exponitur assistant sacerdotes aut clerici bini aut saltem laici totidem in suis saccis et super altare non minus sex grossioribus candelis ardeant iuxta decretum pontificium. Quod si hae conditiones observari nequeant ne exponatur. hortamur autem praefectos urbium, iuratos patres et omnem nobilitatem ut qua hora exponitur quoque reponitur, omnes Dominum sua praesentia cohonestent eique famulentur, quemadmodum in aliis nobilibus praecipuisque Siciliae urbibus usu fit et postrema qua reponendus est hora quantum fieri possit brevi sermone claudatur. Quam etiam ad rem cohortamur capitulum et clerum ne tam sanctae actioni desit sed potius illam condecoret ad exemplum; volumus autem ut vicarius semel 905
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in mense nos moneant qui sint in hoc opere frequentiores ex clero, quorum nos pietate colletabimur. {51.} Clavis tabernaculi argentea serico licio pendeat; et fores dextera aperiantur quo commodior usus sit [fol. 129r]. {52.} Crater ad excipiendas aquas baptismales ex marmore aut solido saxo esto et bifariam interiecta saepe divisus: una parte continebuntur aquae, altera infans abluetur in qua canaliculus per quam aqua sub terras defluet. {53.} hic crater aut scyphus tabula operiatur lumina subter, supra vero panno aut corio adoperta. Supra craterem adopertum sua pyramis ex ligno intus obducta panno viridi aut rubro, quae firmis repagulis ubi aperiri non est opus obseratur. {54.} Crater ad infundenda in caput infantis aquas cum suo manubrio competenti ad usum ex argento fiat. {55.} Sacrarium idest locus coniiciendis rebus concremandisve quae in usu sacramentorum inservierint, suis foribus et repagulis occludatur ne quidquam illinc extrahi valeat. Claves autem tam huius quam fontis baptismalis parochus habeat. {56.} Nullus autem cappellanus aut rector aut sodalis aut alius sine nostra facultate expresse in scriptis accepta, regularem quempiam admictat in ecclesias nobis subiectas ad missas aut aliud officium celebrandum [fol. 129v]. {57.} In defunctis terrae mandandis praecipimus ne cadaver ex aedibus efferatur nisi praesente cappellano regionis defuncti. Qui cadaver aqua lustrali debeat aspergere cum antiphonam: Si iniquitates et psalmum: De profundis praecinere, atque ita in aedem sacram deferre; quae si fuerit regularium corpus ante foras deponatur, sin vero fuerit nobis subiecta intromittatur et ea suffragia que in rituali extant decantentur atque in hoc cappellanis mandamus ne quidquam pretii aut eleaemosinae accipiant a pauperibus ac miserabilibus. Quae omnia praecipiuntur ut costitutionibus Summorum Pontificum praecipue illae felicis recordationis Pauli Quinti, quae extat in rituali de exequiis obsequentes nos reddamus [fol. 130r]. Ordinationes communes
{58.} Ecclesiastici omnes canticum ecclesiasticum bene calleant, quo possint ex sacris libris apte concinere et clerici minores qui canere ne906
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sciant ad altiores ordines nequaquam admittentur quod si in hac ignorantia perstiterint post menses quatuor habitu privabuntur. Sacerdotes aut in sacris constituti nisi post menses quatuor fidem suae scientiae ad nos attulerint aut praesentarint, ipso facto ab ordinum exercitio suspenduntur ut in praesentia suspensos pronunciamus. {59.} Quivis sacerdos audiat lectionem casuum conscientiae, quae habebitur in collegio patrum Socieatis Iesu (si ea in civitate fuerint); ad quam rem destinamus punctatores quibus iubemus ut sub poenis ad nostrum arbitrium nos doceant quoties quis defuerit; nam praeter quod iudicium facimus hosce ineptos esse ad omne officium ac beneficium; ad remedium etiam aliquod eorum pertinaciae si opus fore iudicabimus procedemus; nullus sacerdos adherens contrariis partibus aut factionibus se subscribat uni potius quam alteri, sub poena nobis arbitraria. {60.} In aede maiori aliisque sacramen- [fol. 130v] talibus pueri dominicis doctrinam christianam ediscant; commendamus autem hoc munus cappellanis eorumque sustitutis, hortamurque sacerdotes ut succurant tam digno labori; quod si cappellani aut substituti suo munere desint per tres dies sine causa, suspendantur ab officio30. {61.} Nemo vel secularis vel ecclesiasticus aperiat ludum grammaticae sine potestate a nobis in scripto tradita. {62.} Saecularis nullus per urbis compita aut domus obeat doceri ea quae ad christianam spectant doctrinam nisi per nostram facultatem. {63.} Confessarii mulierem nullam permictant sepius quam semel hebdomada communione sacra refici, nisi forte aliquod festum occurrerit ex principalibus. {64.} Sacerdos nullus permictat se in aliqua ecclesia seu sacramentali a parocho aut cappellano sustitui aut sustitutionem acceptet ad ministrandi in eadem ecclesia, sub poena suspensionis alioqui ad nostrum arbitrium, nisi casus infirmitatis per octo dies aliud coegerit fieri, qui casus constare debet testimonio medici in scripto; quod si valitudo diuturnior fieret nos [fol. 131r] admoneri debemus multis ex causis. {65.} Quicumque aut churio aut sacerdos baptismi sacramentum praebebit ne permictat nomina infantibus imponi quae non fuerint sanctorum calendario aut martyrologio inscriptorum. {66.} Nemo super pelliceo utatur qui habito non fuerit adoperatus 30
Gli articoli 59-60 nel documento costituiscono un testo unitario.
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clericali; hora autem super pellicei superior integre circumquaque esto non interrupto. {67.} Unusquisque clericus ecclesiae sibi designatae deserviat iuxta sacri concilii decretum et ordinationes nostrorum praecessorum, quod si defuerit quis intra annum duodecies aut per mensem integrum intelligatur privatus immunitatibus clericorum. {68.} Propterea iniungitur curioni ut librum conficiat in quo unusquisque clerici absentias adnotet diligenter, sub poena suspensionis ab officio statim incurrendae; certiores nos facturus de singulis ut postea collectores gabellarum nomina eorum deferantur. {69.} Monasteria, sodalitia et confraternitates nullas expensas faciant in festis, fabricis aut aliis extraordinariis rebus sine facultate a nobis [fol. 131v] praebita nisi fuerint infra uncias duas, aliter de suo solvet quisquis iusserit expendi et thesaurario in rationibus non apponatur; si quid vero in contrarium occurrerit admonendi sumus oportune. {70.} In ecclesiis sacramentalibus duo habeantur seorsim sepulcra: altera pro infantibus, altera pro sacerdotibus et his quae sunt in sacris. Quae sepulcra curio seligat ex his quae intra aedem habentur oportuniora ea quae suis peculiaribus votis signet. {71.} Nemo quispiam se ab observatione harum ordinationum et ignorantiam excuset. Praecipimus aut illae a vicario nostro manifestentur omnibus supradictis fidecommissariis, rectoribus, procuratoribus, cappellanis, thesaurariis, depositariis, sacerdotibus aut aliis quorum curae commissae sunt omnes, ut singulae ecclesiae aut pia loca huius civitatis aut loci, sub his poenis quae in ipsis ordinationibus continentur; qui omnes sumpsimus renunciandi aut derelinquendi munus suum debeant suis successoribus easdem notas facere, ordinationes idque actu publico testificari. Ipsi etiam vicarius fre- [fol. 132r] quenter nos docere habet de earum observatione, alioqui eis negligentia merito supplicio plectitur. Sanctimonialium leges communes
{72.} Cum sanctimonialium domus universas quocumque in loco nostrae dioecesis estent peculiari diligentia per auxilium divinum, ad id negotiis sollicitis invocationibus quaesitum, visitaverimus, praeter privatas singulis leges relictas quaedam alia communia duximus edicta facienda 908
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quae omnibus iam promulgata in hanc operis partem scribenda promisimus et scribemus. {73.} Principio cum omnis religiosae vitae ac spritualis devotionis fundamentum sciamus esse sacramentorum frequentia, sanctimoniales omnes ad eam vehementer exortamur praecipientes, nisi se laetali peccato quod ex huius praecepti negligentia susciperent foedare velint, ut semel initio mensis post confessionem peccatorum suorum communionem adeant; quamobrem abbatissae praecipimus in virtute sanctae obedientiae ut si quam animadverterint intra mensis spatium neque exomologesim neque communionem [fol. 132v] fecisse, primum quidem illam a cratibus arceri; sin vero mensem alterum perseveraverit nos illico certiores faciat quo quanto citius remediis oportunis occurramus; quae si fuerit mater neglexerit suspensionem a magistratu pro nostro arbitrio incurret. {74.} Secundo si qua ex privatis vita durante redditibus sanctimoniali cuipiam aut aliunde omnino pecunia accesserit, eam ut apud se retineat nullatenus permittimus, sed integram deferri ad matrem antistatam. Volumus a qua si ni cuispiam eguerit monialis omnia per benigne provideantur, si quid circa hoc aliqua peccavit, nisi nos illa quae monasterio praeest monuerit quo peccato medicamentum adhibeatur, reiecietur ab officio. {75.} Nulla monialium munusculum aliquod quantumvis minimum etiam a parentibus sine expressa magnae matris facultate suscipiat, reiecta in hoc quacumque contraria damnosaque consuetudine. {76.} Quod ad mensam spectat ordinamus ac praecipimus [fol. 133r] omnibus ut ea uno in loco et in communi utantur, eadem simul hora prandeant ac caenent, priore quidem mensa praeter administratas, reliquae omnes quae vero administraverint posteriore, exceptes quae propter egritudinem ad commune triclinium adire nequiverint. Quam regulam quae semel fugerit pane et aqua semel ieiunet, quod si sepe frequenterve transgrediatur aliis arbitrium praesidis subiiciatur suppliciis, nosque praeses de re tota moneat alioqui ab officio suspendatur. {77.} ad mensam suo ordine consideant seorsim ab educandis31 interque comedendum lectionem spiritualem iuxta regulam audiant. atque ut communis vivendi ratio diligentius teneatur, mandamus matri ne quidpiam peculiari cuipiam moniali expensis monasterii concedatur praeter infirmas, quas ex praescripto medici gubernari humaniter volumus. Quod ita observandum praecipimus ut si ter peccaverit, antistita privandum gradu velimus. 31
Educandis] abducandis.
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{78.} Ut omnes in choro adesse et cultui divino insistere melius possint volumus, quidquam esculenti etiam pro consanguineis aut affinibus intra septa [fol. 133v] monasterii apparari, quod ut in usum eorum qui intra primum consanguineitatis gradum fuerint fieri in casu infirmitatis valeat indulgemus, dummodo id sine damno monasterii et cum abbatissae facultate particulari praestitur; quae cum aliter fecerit a collocutoriis omnibus quot vicibus abistineat quindenos. {79.} Quae sui ministerii tempus subdomadarium adimplere se posse nequiter recusaverit, exceptis vetulis atque omnino ineptis, per eam settimanam ad crates nullatenus accedat. {80.} Nulli carta aut atramentarium particulare conceditur, quod si qua propter urgentes causas scribere habeat a matre accipiat, ad eamque literas perlegendas afferat, cui praecipimus ut eas non nisi perlectas sigillo obsignet, similiter allatae litterae ab abbatissa resignentur et pro iudicio ad quam missae fuerint ei dentur; quae peccavit in hoc in vinculis septimanam custoditae peragat. {81.} Nulla commorantium in monasterio scribere aut discat aut doceat praeter facultatem nobis in scripto acceptam; mandamus omnibus et in sanctae oboedientiae praecipimus, et precepto poenam addentes [fol. 134r] privationis suffragarii activi et passivi, sive moniales professae sint sive novitiae aut educandae ne colloquia quovis esterno misceant nisi forte cum consanguineis intra primum gradum octavo quoque die, et quinto decimo cum his qui sunt intra secundum eiusdem consanguinitatis, idque temporibus nequaquam prohibitis hoc est: quadragesimae, adventus, vigiliarum et quatuor temporum tum, etiam divinorum offitiorum, mensae et silentii. Mater vero quae colloquia interdicta permiserit suspensionis poenam incurret; esternis quoties ad similia ad crates colloquia accesserint, poenam solvendae unciae unius quoties peccarent, tum excommunicationis latae sententiae in subsidium; ac ne cuipiam ignorantia prodesse possit iubemus hanc nostram ordinationem foribus collocutorii affici. {82.} Tam crates32 in collocutoriis quam rota seris obserantur divinorum officiorum et mensae et silentii temporibus, et claves omnino apud matrem toto eo tempore asserventur nullique alii concedantur. {83.} Monialis nulla per crates quae in ecclesia sunt colloquatur, praeter praesidem et edictivam quibus ut despectantibus ad33 cultum eccle32 33
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Crates] vates. ad] et.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640
siasticum aut tres monasterii sermones habeant concedimus, praeter quam [fol. 134v] diem quo aliqua monialis habitum aut professionem inheret; eo enim die permittimus ut cum consanguineis eius cum aliis quae in consanguinearum comitatu convenerint sermocinari licite querint, id ipsum ut faciant in festo octavae sanctissimi Sacramenti facultatem largimur. {84.} Nulla intra septa monasterii commorantium sub poenam excommunicationis maioris audeat cum esterno quaecumque verba facere ad monasterii pseudotrium aut porticum; matri vero id permittenti praeter dictas poenas dictionem ab officio superaddimus; si loquendum sit ad ordinatorias crates34 servatis servandis obeatur. {85.} fores supradictae nunquam reserentur nisi ad ingressum et chorum confessorum, tonsorum et egrotantium necessitatis aliorumque quos vicarius et visitator monasteriorum iudicaverint, earumque etiam verum quae per rotam intromitti nequeant; fores autem monasterii ecclesiaeque omnes si apertae fuerint, statim occludantur ad solis occasum eiusque post exortum aperiantur, excepto tamen si quid acciderit repentinum confessario aliter faciendum iudicanti, quod non sine facultate vicarii et visitatoris fiet [fol. 135r]. {86.} Vetamus ne ulla ratione intromittantur in monasterio infantes aut puellae minimae etiam etatis, et mater quae permiserit officio privabitur. {87.} Nullo etiam praetextu medicandi mulier admittatur nisi fuerit ex propria honestate et medici scripta facultate approbata. {88.} Praeterea vetamus ne ulla monialis aut novitia aut educanda simul cum alia uno lecto cubet, sub poena e excommunicationis latae sententiae. Mater si permiserit aut factura nobis non denunciarit officio et suffragio utroque privabitur; qua etiam poena matrem eandem obligamus si quam de monialibus aut commorantibus permittat extra dormitorium de nocte somnum facere. {89.} Sacerdos nullus praeter cappellanum eumque qui scriptum a nobis habuerit facultatem in ecclesiis sanctimonialium missam faciet. {90.} Operariis qui in monasteriis laboraverint prohibemus ne aut intra septum aut intra ecclesiam aut in porticucibus commestio concedatur. {91.} Qui pedem in monasterium intulerint continuo comites habeant binas non minores annis quadrigenis moniales ad id matre destinatas, quarum altera tintinnabulo signum praebeat quae ceterae se subducant [fol. 135v] ab aspectu. 34
Crates] vates.
911
Appendice
{92.} Dedecet vehementer Deo dicatas sanctimoniales ex interitu cuiuspiam suorum luctum aut lectum habere; quod ut eradicetur indulgimus ut per triduum, si mater iudicaverit, ne ad communia ministeria atque officia obligentur quae mortum labuerint, sed eo elapso omnino elugeant et solita ministeria atque exercitia resumant. {93.} Nulla prorsus ratione mater permittat educandas habitu colorato aut dimisso capillo aut cincinae aut fronte cooperta35 incedere; vestium color aut niger aut nigro affinis esto. Crines honesta cum moderatione et castigati; quae aliter se gesserint mater accessum ad crates36 omnem ascendat donec a nobis fuerit provisum; quae si hac in re negligens fuerit officio privabitur. {94.} Educanda quae habitum sanctimonialis induere voluerit uncias non minus decem annuatim solvenda ferat, quod si sortem obtulerit stabilibus perpetuisque bonis, contentam ea singulis unciarum centenariis non nisi quinas uncias redditura censeatur; sin vero numerata pecunia fuerit ducentarum sit unciarum quae, in manibus celerariae depositae, reponantur in arcam seorsim, quaternis [fol. 136r] obseratam clavibus eo ordine qui iam iam describetur cum de redditibus monasterii agemus. {95.} Educandae quarum alimenta non fuerint soluta post fenestrae temporis spatium, alium habeant mensem intra quem nisi solverint, mater nisi de monasterio deiecerit, deiicietur officio. {96.} Quibus vero educandis fenestrae hoc intervallum hodie praeteriit indulgemus ut intra mensis quatuor summam omnem totius debiti persolvant, aliter expellantur a matre, sub poena dicta. {97.} Nulla se in aedificatione aut fabrica impendant37 nisi forte a nobis visitantibus permissa fuerit. {98.} Pharmacopolae sub poena excommunicationis latae sententiae praecipimus ne medicamentum aut remedium ullum monasterii nomine ulli nisi ex praescripto medici et abbatissae praebeat; cui contra facienti preter inflictas poenas in suscipiendis, monasterii eiusque ratiociniis nulla eorum medicamentorum ratio habebitur. Medicamenta autem quae ex praescripto dabuntur monialibus aere monasterii communi solventur. {99.} Quae supradicta ut medici et pharmacopolae tutius constantiusque servent potestatem abbatissae tam [fol. 136v] praesenti quam in poste35 36 37
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Cooperta] caperata. Crates] vates. Impendant] impediant.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1640
rum futurae cuicumque omnique alii sanctimoniali omnem eripimus, ne medicum aut pharmacopolam quem assignatum habent commutent etiam tempore aut abiiciant, sub poena abbatissae quidem suspensionis ab officio; monialibus vero consentientibus privationis activae passivaeque vocis ad nostrum arbitrium; quod si quid eis in contrarium occurrerit nos per litteras adeant. {100.} abbatissa schedam nullam medici sua manu signet quae pro secularibus aut educandis fiat, sub poenis nobis arbitrariis et negligentiae atque ignaviae in officio et iis quae ad res monasterii pertinent. {101.} Pecunia quae a locatoribus aut colonis pervenerit ne quid a praefectis aerarii impendatur, reponatur in arcam huic rei paratam quaternis claustris clavibusque diverso artificio fabricatis. Quarum unam mater, alteram celleraria, tertiam cappellanus, quartam vicarius habeant, neque erogetur aut expendatur nisi datis acceptisve mandatis scriptis, mandato quatuor nominatorum manuscriptis. {102.} Monialis nulla etiam abbatissa et celleraria actum transactionis ullam faciat aut cauthelam aut [fol. 137r] apocam soluti ad explementum, nisi anteriores omnes constet solutiones partiariae et apocham quam fecerint explementi solius sit pecuniae numeratae nullam comprehendens cauthelam quam partes exposcerent; transgressionis in poenam matri privatio officii et nullitas apocharum declaratur, caeteris permittentibus aliae a nobis incutiendae; volumus autem monasterium ullo tabellione alio uti praeterquam nos assignaverimus. {103.} Procurator, cappellanus, visitator, abbatissa et celeraria singulis mensibus decretoriae conveniant adversaria et quotidianos sumptus inspecturi et tam annuam omnem annonae frumenti, vini, casei et aliorum quam expensas quotidianas etiam minutas dirigant et praecincto nostra manu signato et expensas maiores non nisi cum abbatissae, cappellani et procuratoris interventu fiant. {104.} Praeses magna diligentia curet ut omnes quae commorantur in monasterio suis quotidie monasteriis familiaribus officiis divinis, orationibus, mensae communi, silentio, aliis peculiaribus cuiusque muniis varis intersint in locis communibus atque [fol. 137v] ordinariis, ita ut ulla sine causa legitima et sine matris venia desit, quamvis continenter tantum facere poterit, ulterius non poterit sed nos moneat ut necessitatibus consulamus. {105.} Commonefactam autem volumus abbatissam ne famularum quampiam servitio cuiusque particulariter destinet, alioqui famulam eiicien913
Appendice
dam iubemus et aliam eius loco admittendam, quam visitator aut vicarius loci nostra cum potestate in scriptis accepta iudicarint. {106.} Volumus ac iubemus hisce nostris legibus annexas esse atque intelligi, ordinationes illas atque edicta a nobis aedita et in ordinationibus communibus promulgata quae quoquomodo pertinerint ad monasterii disciplinam, praesertim illas quae circa solutiones, procurationes, expensas et alia huiusmodi versantur sub iisdem quibus propositae fuerint poenis. {107.} Denique hortamur in Domino matres abbatissas omnes ac iubemus ut infallibiliter observent atque ab omnibus quarum interest aliis observari curent supradictas ordinationes, quandoquidem ea a vinculis permultarum excomunicationum in quas a nostris praecessoribus coniiciebantur [fol. 138r] eruimus, idque ad earum petitiones ac praeces et ut illis rem gratam faceremus pro certo habentes hunc fore illis maiorem stimulum obedientiae. Mens autem nostra aut consilium nequaquam est ulla ratione regulis cuiusque monasterii derogare, quarum observantiae moniales ex instituti ratione obligantur. Quinimmo volumus ut si qua monialis in suis regulis aut in nostris ordinationibus custodiendis negligens fuerit, praeter iniunctas poenas mater nos aut cappellanum vel visitatorem edoceat, qui nos certiores reddant ut provideamus nihil in his ob oculos habentes praeter Dei gloriam salutem perfectionemque monialium et decus monasteriorum, atque ut omnibus haec quae praecipimus memoriae teneantur volumus ut semel singulis mensibus aut in refectorio aut a cappellano audientibus cunctis ad crates concionatorias perlegantur. In discursu visitationis kal. decembris {1638}. haec in praesentia se umili obtulerunt. Romae nonis ianuarii 1640 Octavius Brancifortius, Episcopus Catanensis38
38
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haec – catanensis] scrive altra mano.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1646 xII
1646 – Relazione del vescovo Ottavio Branciforte, relativa al 20° triennio, presentata personalmente nel mese di aprile 16461.
[fol. 143r] Eminentissimi et Reverendissimi Domini, altero iam supplici libello in postrema mea visitatione Eminentiis Vestris humiliter porrecto innotuit Eccellentia mea Catanen. atque eius dioecesis status universus et ordo ubi nihil novi accidit, imo summo conatu in mea ditione ecclesiastica immunitas (divino auspicio numinis) cordatissime tutata est, sanctionesque et decreta istius S. Congregationis indiminuta remansere. Ita Opifici rerum maximo si placuerit, in posterum usque ad ultimum vitae spiritum toto nisu ac viribus profitebor. Rebus ita se habentibus, oritur mihi in promptu occasio de indigentiis Ecclesiae Divae agatae virginis et martiris invictissimae aliqua disserendi ac ea prae oculis Eminentiarum Vestrarum noscenda proponere, quae sane parvipendenda non sunt. aedes Divae agatae Catanae matrix et caput a munificentissimis praedecessoribus meis in immensum excitata, fastigio ita est elaborata et in amplissimam formam redactam ut nil absolutius dici queat. Verum quia innumeri christifideles indigenae exterique illuc pie confluunt ad corpus beatissimum invisendum et canonici duodenarium numerum non excedunt plerique senes aut infirmitatibus devoti, totidemque secundarii existunt, paucissimis additis capellanis, ad ecclesiasticum servitium non videntur sufficere posse quia ab episcopis, ob personarum idonearum paupertatem, ipsi ad confessiones monialium audiendum detineantur. adest remedium si Eminentiis Vestris videbitur nec vereor pastores pro tempore existendos tanquam perfectiores tale temperamentum esse reiecturos quod mentem modo subiit meam et ex nobis est non spolio non regiis exactionibus obnoxium. actuarius episcopalis sive magister notarium (ita vocant) in anno mille scuta de officio suo episcopo solvit, neque in ista solutione se immiscunt reges, nedum episcopali saede vacante. Si de ista ingenti summa subducimus quadringenta circiter scuta eadem ad septem alios canonicos alendos esse ad satietatem experientia ipsa demostrabit, praebenda theologali minime exclusa [fol. 143v], quae adhuc improvisa remansit, idoneo presbitero non recepto. hinc propter istam ministrorum 1
Rel Dioec 207 a, fol. 143r-144r.
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Appendice
tenuitatem denuo a me electus fuit ut ecclesiae inserviret archidiaconus, qui de facto inservit, nec onere aliquo ecclesia gravatur; solum mihi videtur, si Eminentiis Vestris libet, hoc munus archidiaconale cathedralis meae, non magis quam quod ad praesens est, auctoriate debere proferre, ne iam pridem orta cum episcopo dissidia et lites et modo sopita iterum excitentur. Et quia modernus cantor in turcarum manibus (proh dolor) fedissime detinetur et vix prima elementa callet, posset hoc onus vir mentis conspicuus substinere et in albo referri ac illud quandocumque e turcarum compedibus prodierit providere de alio beneficio non erit arduum. Nec praetermittendum vero quia sese offert occasio aliqua absurda, absona ac parum consentanea Eminentiis Vestris aperire. Nam multis abhinc annis adusque praesentem diem dignitates aliquae conspicuae in dioecesi mea existentes, imo etiam collegiata insignis, ineptissimis hominibus non solum verum etiam morum reprehensibilium et vitae improbissimae collatae sunt. Testem adhibeo civitatem Plateensem, ubi solum adest cum ista Sancta Sede apostolica alternativa. Quamobrem quotiens fortiter ingemui et quotidie obortae sunt lacrymae quum aliquando necessitas mihi quoque urgeret, imperitissimis tam insignia ob caritatem labilium conferre? Praesertim dum apud superiores plerumque invaleat intercedentium favor et commendantium studia. Sed hoc leviter inspecto, facile aderit medela eo magis quia beneficia pinguia existunt. Demum in Siciliae insula exsulum numerus ac facinorosorum hominum in immensum ita prompsit, [fol. 144r] ut iurisdictio realis cum ecclesiastica quotidie decertet. Nam quinque capitibus quibus gaudet excluduntur, alia a ministrorum calliditate propemodum inventa et excogitata. Unde episcopo videtur concedendum ut possit arbitrium magis extendere. Enixe igitur rogo Eminentias Vestras ut supplicationibus meis annuant. Quos Deus‌ Eminentiarum Vestrarum servus addictissimus Octavius Brancifortius, Episcopus Catanensis.
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Relationes dioecesium. Catanen. – 1655 xIII
1655 – Relazione del vescovo Marco antonio gussio, relativa al 23° triennio, presentata nel gennaio del 1656 dal procuratore g. Pappalardo, canonico della cattedrale1.
[fol. 163r] Sanctissime Pater, divina bonitas aeternaque sapientia propter gloriam suam, episcopalem curam2 et administrationem Cephaleditanae prius, nunc Catanensis ecclesiae in Siciliae Regno, nullis consistentibus meritis, humeris nostris imposuit. anhelantes Nos, ut pastoralis nostri officii ratio postulat, Summorum Pontificum praecepta adimplere, ob id Romam attingere sacra apostolorum limina invisere, statumque nostrae cathedralis ecclesiae eiusque dioecesis patefacere et beatissimos Sanctitatis Suae pedes deosculari, vetitum hoc nobis adversa continua valetudine et animarum regimine, per nuntium nostri capituli canonicum ad Sanctitatem Vestram ac eminentissimos et reverendissimos Sanctae Romanae Ecclesiae cardinales Sacri Concilii3 Tridentini interpretes urbis et dioecesis statum transmittimus [fol. 163v]. Catanae dioecesis caput urbs est vetustissima regum sedes et tutrix et inter principaliores urbes praeclarissima prope maris littus condita moenibusque circumdata. Praesul comes est Mascalarum, publici gymnasii cancellarius et in urbe eiusque districtu et dioecesi notarios confirmat. Episcopale solium a Principe apostolici ordinis post antiochiae institutam ecclesiam, 1 2 3
Catana urbs clarissima regum sedes et tutrix Praesul est comes
Primus episcopus fuit S.tus Birillus a divo Petro
Rel Dioec 207 a, fol. 163r-211v. curae] curiae. Concilii] Consilii.
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apostolorum principe missus Templum cathedralis Eius fundatio et dos a comite Rogerio anno 1092
Templi magnificentia et huius descriptio Tribunarum eiusdem relatio
Mausolea duo cum septem regiis cadaveribus
Sacellum primum in quo singulis annis nuptui traduntur circa viginti puellae orphanae cum aureis quinquaginta monetae huius 4
918
Appendice
erectum fuit et in praesulem ordinatus Birillus ut novissime Caesar Baronius in martyrologio testatur. Patronatus ius ad dominum regem catholicum hispaniarum spectat. Templum ingens est, augustum ac tota Sicilia maximum, principia cuius erectionis exordia ac dotem a Comite Rogerio anno salutis millesimo nonagesimo secundo agnoscit et a successoribus in regno regibus, Rogerii pietatem aemulantibus, plurimis subinde cumulatum beneficiis, divae agathae {virgini} ac martyri suae patriae patronae ac dominae [fol. 164r]. Magnificum huius templi aedificium, sub veterum thermarum structionibus initum in perfectam formatam figuram cum tribus navibus tribusque hemicyclis seu tribunis, cuius dextera ad sacrosantum Eucharisticum panem asservandum in sacrario pretiosis lapidibus inaedificato designata est, sinistra vero dictae invictae Christi sponsae corpus integrum in thecis argenteis et velum de quo memoriam facit sancta mater Ecclesia, sinu suo fovet; media tandem et maior coronationis divae agathae a Christo Domino eiusque genitrice ac sanctorum martyrum et episcoporum catanensium pictura decoratum. Sedilia in se continet circumcirca pro religioso canonicrum capitulo, beneficiatis ac mansionariis ad Divinae Maiestati, statutis dierum horis, psalmodiam concinendam, ac etiam septem regiis cadaveribus in duobus mausoleis illustris redditur4. Sacellum extat e latere dextro basilicae, Christo Domino in cruce pendenti dicatum, ad pietatis opera exercenda institutum, piorum catanensium eleemosynis, magnis deinde [fol. 164v] locupletatum redditibus pro viginti puellis vir-
ac etiam – redditur] aggiunge nell’interlinea.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
ginibus, parentibus orbatis opibusque destitutis, matrimonio collocandis, cuique dotis nomine aureis quinquaginta de moneta huius Siciliae Regni assignatis, licet hodie pro calamitatibus temporum minus vinculo connubii ligentur. Regimen ac bonorum administratio quatuor rectoribus commendata est: bini sunt ex nobilium genere, tertius ex gradibus iudicum idiotorum, ultimus ex artistis, qui per sortem per senatum extrahuntur, eo tamen ordine ut singulis quoque annis duo tantummodo sorte educantur: alter ex nobilibus, alter vero ex popularibus, ut eorum regimen quilibet ad biennium protrahat et expleat. huic sacello e regione respondet alterum divae Mariae, quod pro sacrario sacrae superlectilis deservit: vasis et candelabris argenteis caeterisque ornamentis ac iocalibus cultui divino necessariis ornatum [fol. 165r]. Sex item nobilitatur sacellis ex marmore et iaspide eleganter extructis, quorum: primum in dextero latere divo georgio, secundum intemeratae Dei genitrici eiusque sponso Ioseph divoque Praecursori, tertium apostolis Petro et Paulo dedicata inspiciuntur. In sinistro quartum divae agathae, quintum huic proximum archangelo Michaeli et ultimum Christo Resurgenti erecta videntur. Tria alia: unum divo Birillo, primo urbis episcopo, alterum divo Carolo et aliud divo francisco de Paula, ante proximum Nativitatis festum erigentur. Tandem a dextero latere templi prope maiorem aulam, quadrata forma turris instar, campanile ornatum campanis altissime elevatum cernitur. Plura in hac basilica insignia sanctorum pignora reconduntur: capita scilicet Sancti Cataldi Tarentini episcopi, ac Sanctae Margaritae
regni Siciliae pro unaquaque
Sacellum secundum
alia sex sacella erecta
alia tria de proximo erigenda
Campanile
Reliquiae sanctorum insignes
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Appendice
Capitulum cathedralis dignitates quatuor canonici duodecim
beneficiati n.12 mansionarii n.8 magister capellanus capellani quatuor eorum collatio pleno iure ad episcopum spectat habitus eorundem
onera chori Sacristae
Onera missarum
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virginis et martyris in capitibus argenteis conservata, brachia Sancti Sebastiani martyris ac Sancti georgi in brachiis pariter argen- [fol. 165v] teis asservata: duae ex spinis quae Christi Domini verticem cruentaverunt, frustum ligni Sanctae Crucis, gutturque Sancti Blasii, quae in argenteis thecis etiam servantur. Templi capitulum regulare olim erat ordinis Sancti Benedicti, nunc benèficis Pontificiis indultis saeculare existit ex quatuor dignitatibus constans et canonicis duodecim. Dignitas prima post pontificalem prioratus est, secunda cantoria, tertia decanatus et ultima thesauraria. Duodecim pariter extant beneficiati seu canonici secundarii et mansionarii octo. hos sequitur magister capellanus, cuius munus est cum quatuor aliis curionibus sacramenta populis praebere. Predictorum omnium collatio ad praesulem, tanquam apostolicae Sedis delegatum, pleno iure spectat. Choralis habitus canonicorum seu canonicalia insignia sunt: rocchetum, cappa et muzzetta nigri coloris; beneficiatorum, mansionorumque [fol. 166r] magistri capellani ac curionum: superpellicium et almutium nigrum; iuxta collationis et possessionis antiquitatem locum habent, optione nullatenus fruuntur. ad divinas laudes persolvendas singulis hebdomadis binae dignitates, canonici sex ac octo beneficiati et omnes cum mansionariis in dominicis festivisque diebus intervenire debent. huic templo quatuor aeditimi seu sacristae inserviunt, unus est sacerdos munus eius versatur circa curam et gubernationem sacristiae et ecclesiae; caeterique sunt clerici, qui in choro missarumque et ecclesiae servitiis deserviunt. Singulis diebus canitur missa conventua-
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
lis; privatae vero ex iure debito, binae a canonicis et dignitatibus, totidemque a beneficiatis, quatuor per capellanos, sex per mansionarios ex aere custodito antiquitus, ordinatae ex diversis missarum legatis et aliae multae ex particularibus relictis celebrantur [fol. 166v]. Processiones extraordinariae in quibus capitulum incedere mos est, sunt: Sancti Sebastiani scilicet cum eius brachio singulis annis, decimo tertio kalendas februarii, et ad ecclesiam eidem nomini dicatam incedit pro gratiarum actione profligatae pestilentiae ut pervetusta textatur traditio; Sancti Cataldi altera, cuius caput solemni pompa sexto idus maii ad ecclesiam eidem nomini dicatam defertur; alia Sancti Blasii cum eius gutture, quarto kalendas maii, ad suam propriam ecclesiam terminatur, ex voto senatus pro gratiarum actione ob morbum paristhmiorum profligatum, quo cives pueruli infestabantur; tres divae agathae: altera nuncupata «la luminaria», tertio nonas februarii, cum velo alia ob extintum ignem aethnae montis5, quarto decimo kalendas februarii6, et altera quinto decimo kalendas iulii cum brachio ob expulsam eiusdem virginis et martyris intercessione pestem, et denique geminae in diebus magni ieiunii cum bulla Sanctissimae Cruciatae [fol. 167r]. Collegiata extat pariter in urbe ecclesia sub titulo divae Mariae de Eleemosyna, apostolico diplomate erecta, ex tribus dignitatibus collegium constat et unde viginti canonicatibus; dignitatum prima praepositura nuncupatur, cui animarum cura imminet. Praepositum omnibus in choro caeterisque ecclesiasticis functionibus 5 6
ob – montis] evidenzia in margine. quarto – februarii] quinto decimo kalendas iulii.
Supplicationes
Collegiatae Catanae erectio dignitates n.3 canonici n. 19
921
Appendice
dignitatum praeminentiae
optio et electio ad eiusdem praeter primam dignitatem
habitus eorundem canonici sex supranumerari
Ecclesiae coadiutrices cathedralis pro sacramentis ministrandis aliae quinque
Seminarium
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praeest, capitulum convocat et primum suffragium fert; thesauraria altera initur, cuius munus est sacram omnem superlectilem templi, argenteaque vasa custodire; ultima cantoria est, cuius munia sunt in choro antiphonas psalmosque de more praecinere. Optionem capitulum habet et electionem cum casus vacationis occurrerit ex rescripto Nicolai Papae, praeter primam dignitatem per reservationem Cancelleriae apostolicae. Canonicalia eorum insigna sunt superpellicium et almutium nigrum cum ora serica rubei coloris. ad augendum Divini Numinis cultum [fol. 167v] sex alii canonici sunt adscripti qui supranumerarii vocantur, insignibus canonicorum et stallo in choro fruuntur eorumque electio ad capitulum pertinet. Quinque aliae numerantur ecclesiae cathedrali coadiutrices ad sacramenta populis ministranda dedicatae, unaquaeque per suas regiones, quarum prima est Sancti Philippi apostoli, secunda Sanctae Marinae, tertia Sanctae Mariae Itriae, quarta Sancti Blasii et ultima Sancti Thomae, et quaelibet suum habet capellanum. Quatuor prioribus, praeter ea quae proveniunt ex beneficiis aggregatis per praedecessorem nostrum, de mensa solvuntur aurei centum, Sancti Thomae et collegiatae ecclesiis nil de mensa subrogatur sed lucrantur, praeter ea quae aliunde illis subveniunt, quae ex beneficiis unitis per praedictum praedecessorem nostrum proveniunt. Extat quoque seminarium clericorum iuxta praescriptum sacri Concilii Tridentini [fol. 168r] fundatum; ibi ut pueri bonae indolis instruantur et grammaticam et musicam addiscant, rectorem virum gravem bonaequae famae, virtutibus praeclarum (omni quo decet studio)
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
detinere invigilamus; in divinis dominicis festivisque diebus iuxta eiusdem sacri concilii sanctionem cathedrali ecclesiae eorum obsequia paestant. Ipsius seminarii redditus persolvuntur a nostra mensa episcopali a confraternitatibus, ecclesiis et beneficiis tam urbis quam dioecesis. Quatuor deputati, iuxta dicti sacri concilii decretum electi, administrationem habent ac de necessariis munus est providere. Pueri degentes sunt convictores duo, alumni octo. Religiosorum familiae duodeviginti extant: celebratum illud scilicet coenobium monachorum benedictinorum sub titulo Sancti Nicolai de arenis, cui aliud Sanctae Mariae de licodia in territorio Paternionis [fol. 168v] est unitum, illustreque reddunt: clavus quo Christi Domini pendentis dextera (ut antiqua traditio est) ligno affixa fuit, a Martino Siciliae regi donatus, frustum Sanctae Crucis quod idem Martinus ea pendens ad pectus portabat, spinae quibus sanctissimum Christi caput coronatum fuit ac multa alia sanctorum pignora. Sacerdotes alit unum et triginta, clericos tresdecim et quatuordecim laicos. gemina monasteria eremitarum Sancti augustini: alterum in urbe divo dicto augustino dicatum et alterum Sanctae Mariae Novae lucis nomen detinet, ad mille passus ab urbe distans occidentem versus, titulum commendatarii abbatis habet de iure patronatus domini regis catholici, domicilium in eius origine fuit carthusianorum monachorum, deinde benedictinorum, postea carmelitarum discalceatorum et ad praesens eremitarum Sancti augustini militantium sub regula Sancti Nicolai de Tolentino [fol. 169r]. Resident in isto sacerdotes sex, laici quatuor; in priori sacerdotes quatuordecim, clerici quinque et laici duo.
Conventus religiosorum decem et octo scilicet: Benedictinorum primum in quo clavus dexterae Christi a Martino rege donatus de ligno crucis de spinis tota familia n.58
S. augustini duo amborum familia n.31
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Praedicatorum duo
amborum familia n.29 Seraphicae religionis domicilia sex, scilicet: primum minorum conventualium
familia primi n.28 in quo spina Christi, lignum crucis, duo corpora sanctorum martyrum est regius, illustratur tumulo reginae aleonorae
Secundum et tertium minorum observantium reformatorum et de provincia In 2° est carcer divae agatae eiusque sepulchrum ipsorum familia n.35
Quartum et quintum cappuccinorum duo
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Appendice
Bina ordinis praedicatorum: alterum in urbe sub titulo Sanctae Catharinae Senensis, cuius familia sunt sacerdotes octo, laici tres; extra moenia aliud et Sancti Dominici est titulus. Commorantur sacerdotes decem, clerici sex et bini laici. Sex domicilia religionis seraphicae. Primum minorum conventualium est divo francisco dicatum; fratres commorantes sunt sacerdotes quindecim, clerici quinque et laici octo; nobilitatur altera ex spinis quae sacrum Christi Domini caput cinxerunt, frusto ligni Sanctae Crucis et ex corporibus Sanctorum Christi martyrum Philippi et Vitalis fratrum, Sanctae felicitatis filiorum, ac divi Blasii episcopi et martyris digito, et est regium ob erectionem factam ab aleonora Siciliae regina, Caroli Secundi Neapolis regis cognomento, Claudi filia, fi- [fol. 169v] derici Tertii olim Siciliae regis, necne Petri Secundi mater, Roberti neapolitanorum regis ac S.ti ludovici Tholosani episcopi sorore, ac etiam tumulo ipsius reginae illustratur. Minorum observantium gemina: strictioris instituti, unum dimidio miliari ab urbe distans aquilonem versus, subtitulo Sanctae Mariae de Iesu; aliud laxioris, vulgo «della Provincia» in sacro pervetusto divae agathae templo intra urbis moenia, vulgariter «Sancta agatha la vetera» nominatum; hic est carcer dictae gloriosae martyris et illud sacrum sepulcrum in quo eiusdem virginis corpus tumulatum fuit; familia primi sunt sacerdotes octo, totidem laici, et bini clerici; secundi sacerdotes decem, clericus unus, laici sex. Bina capuccinorum aquilonem versus alterum ad mille passus ab urbe distans et aliud extra urbis portam, quae Regis dicitur. Primum titulum Sanctae Mariae [fol. 170r] angelorum habet;
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
sacerdotes tres, clericum unum, laicos quatuor alit; secundum et novissimum Immaculatae Conceptioni dicatum est; alumni sunt sacerdotes octo, laici decem. Ultimum est fratrum tertii ordinis seu de poenitentia et Sanctus Nicolaus de Trixinis nuncupatur; resident sacerdotes sex, clericus unus et quinque laici. Tria domicilia carmelitanae religionis: primum Sanctae Mariae annuntiationis nomen habet, extra urbis portam quae acis nominatur et est regium, tanquam fundatum a Constantia augusta henrici Sexti caesaris uxore, friderici Secundi etiam caesaris matre, Siciliae regina, et a Martino Siciliae quoque rege locupletatum; commorantes in hoc domicilio sunt sacerdotes sexdecim, clerici quatuor et septem laici. alterum est strictioris observantiae, seu primi instituti, intra moenia urbis divae Virginis Directionis designatum, cuius fami- [fol. 170v] liae sunt sacerdotes sex, totidem laici et clericus unus. Ultimum est militantium sub instituto Sanctae Teresiae virginis in templo Spiritus Sancti extra urbis portam, quae Regis dicitur; resident sacerdotes novem, clericus unus, laici tres. Domicilium item ordinis minimorum Sancti francisci Paulensis, sub eiusdem nomine dicatum, extra urbem prope maris lictus, orientem versus; alumni sunt sacerdotes octo, totidem laici et bini clerici. Conventus religionis Sanctissimae Trinitatis extat etiam intra urbis septa, sub titulo Sanctae annae; sacerdotes sex et laicos quatuor alit. Et denique collegia bina clericorum regularium: alterum Societatis Iesu, in templo Sanctissimae ascensionis erectum, cuius alumni docent philosophiam, theologiam, humanitatem,
familiae amborum n.26 Sextum tertii ordinis familia n.12
Carmelitarum tria
primum est regium
familia n.27
Secundum observantiae familia n.13
Tertium est S.tae Teresiae familia n.13 Sancti francisci de Paula familia n. 18
SS.mae Trinitatis familia n.10 Collegia duo
in primo Iesuitarum
925
docentur omnes scientiae familia n.30 Clericorum minorum regularium secundum familia n. 12
anachoretae extra urbem numerus 8
Monasteria monialium undecim, scilicet: octo sub instituto divi Benedicti et sub ordinario et tria fratrum minorum observantium et sub eorum imperio.
Primum fuit erectum a divo gregorio circa annum salutis 600
926
Appendice
arithmeticam, rectoricam et lectionem casuum conscientiae. Residentes sunt sacerdotes duodeviginti, clerici tres et laici novem. Clericorum minorum regularium alterum vulgariter [fol. 171r] «minoriti» in aede divi Michaelis arcangeli in quo commorantur sacerdotes septem et laici quinque. Sodalitas extat clericorum, extra urbem distans circiter quinquaginta passus, in loco vocato «la Mecca», more anachoretarum, sub aliquibus capitulis ab ordinariis confirmatis, a curis saecularibus sequestrati vivunt, habitum clericalem gestantes; ecclesiam habent communem sub titulo Sancti hieronimi, domum unusquisque divisim, habent superiorem; per sacerdotes ex debito quotidie tres celebrantur missae; ad praesens sunt tres sacerdotes et quinque clerici. Sanctimonialium virginum monasteria undecim extant: octo sub divi Benedicti instituto et tria sub Sanctae Clarae regula militantia et fratrum minorum observantium imperiis subiacentia. Illa divi Benedicti sunt: Sancti Iuliani videlicet, et omnium antiquissimum est, et fundatum a divo gregorio Summo Pontifice circa annum salutis sexcentum: moniales [fol. 171v] in eo commorantes sunt viginti sex, educandae decem et septem, famulae octo. Sancti Benedicti et in eo sunt moniales triginta, educandae decem, servitrices undecim. Sancti Placidi in cuius claustro resident moniales triginta duae, novitia una, educandae septem et viginti, famulae undecim. Sanctae luciae, moniales in eo decem commorantur educandae sex, servitrices tres. Sanctissimae Trinitatis et in illo moniales sexdecim degunt, educandae quatuor servitrices sex. Sanctae Mariae Portus Salvi, in cuius clausura moniales octo resident, educandae sex, servitrices tres. Sanctae Catharinae, in cuius septis
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
moniales sunt viginti, novitia una, educandae novem, servitrices sex. Ultimum est denique sub titulo Sanctae agathae, cuius coenobii moniales sunt septem, novitiae quatuor, educandae tres, totidemque servitrices. Tria illa seraphicae religionis sub regula Sanctae Clarae militantia sunt; videlicet: [fol. 172r] primum et antiquius sub titulo Montis Virginum, piorum eleemosynis aedificatum dum in humanis esset virgo praedicta; moniales commorantes in eo sunt triginta quinque, novitiae duae, servitrices sex. Secundum Sanctae Clarae, in cuius claustro resident moniales quadraginta, educandae quatuor, servitrices quinque. Tertium et ultimum Sancti hieronimi, cuius moniales sunt decem et octo, novitiae binae, educandae tres, servitrices quinque. Domus extat mulierum conversarum ad poenitentiam sub titulo Sanctae Mariae Magdalenae; in hac confluunt mulieres, quae Magdalenae instar resipiscentes tanquam oves quae perierant, Domino per poenitentiam de se ipsis hostiam offerunt; sub regula divae Clarae alumnae militant. Episcopi parent imperio; commorantur undeviginti. Domus est etiam divae agathae dicata, in qua senatus ac particulares plures educant puellas parentibus orbatas, quousque vel [fol. 172v] nubant vel regularem profiteantur disciplinam, pro quarum regimine et educatione mulieres bonae vitae et famae detinemus. Puellae alumnae sunt viginti tres. Domicilium extat absque clausura mulierum a meretrici vita resipiscentium, sub regimine et directione cuiusdam mulieris spiritualis. aluntur piorum nostris ac eleemosynis et commorantur ibi ad earum libitum, ex quo non potest dari numerus praefixus; et aliquae ex eis nuptui
Degentes in octo monasteriis benedictinis ascendunt numerum 288 Unum ex tribus sub regula S.tae Clarae fuit erectum vivente eadem sancta familia primi n.40 familia secundi n.49 familia tertii n.28
Domus mulierum conversarum sub clausura alumnarum numerus 19
Domus puellarum virginum orphanarum alumnarum numerus 23
Domus alia mulierum conversarum absque clausura alumnarum numerus circa septem
927
Appendice
Domus puerorum orphanorum alumnorum numerus 8
hospitale pro aegrotis utriusque sexus pro parvulis expositis pro incurabilibus eiusdem regimen
visitatio ad ordinarium tanquam primum rectorem Mons pietatis
928
traduntur eorundem piorum eleemosynis, saltem una singulis annis. Domicilium est pariter puerorum parentibus orbatorum, vulgariter «l’Orfanelli» sub titulo Sanctae Mariae Visitationis, fundatum aucthoritate felicis recordationis Iulii hoc nomine Tertii. Cura et adminstratio bonorum ac domicilii penes duos rectores residet, electio ad proregem Regni spectat; dum in humanis extant permanent in officio. Pueri [fol. 173r] alimentantur de omnibus necessariis, pro quorum regimine sacerdotem bonae vitae bonisque moribus ornatum detinere invigilamus; pueri alumni sunt octo. Nosocomium extat quoque sub titulo Sancti Marci, ecclesia sacramentalis est pro usu eiusdem, communibus civium eleemosynis erectum ut utriusque sexus aegrotantes, languidi et miserabiles recipiantur, et parvuli expositi quos parentum vel inopia vel impietas e domo expellit a praebentibus lac serio praeparatis nutriantur, ac etiam ut miseri quorum membra ulceribus plena sunt et vulgo «incurabiles» appellati alimententur. Nosocomii regimen ex praescripto Eugenii Quarti, alteri ex senatoribus urbis, priori domicilii Sancti Dominici et uni ex popularibus consulibus incumbit. Prior est perpetuus, caeteri annuales extrahuntur per senatum ad sortem singulis annis; subiacet ordinarii imperio et a nobis visi- [fol. 173v] tatum est, ordinationesque necessarias tribuimus. Mons item est pietatis ad pauperum usum, pupillorum, aliorumve huius generis miserabilium personarum, vitae subsidio, ordinarii aucthoritate, communibus pariter civium eleemosynis, institutus. his erogantur nummi, cibaria ac vestes; aegrotis etiam pharmaca praeparantur. Regimen penes septem rectores residet quorum primus est perpetuus et est prior cathedralis
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
ecclesiae, caeteri extrahuntur ad sortem per senatum, bini sunt ex nobilium genere, reliqui ex iudicibus idiotis et artistis ac honoratis personis; ordinarii iurisdictioni subiacet et per nos pariter visitatus, necessariisque ordinationibus tributis. xenodochium extat ad pauperes et mendicos utriusque sexus peregrinantes excipiendos institutum, congruis lectis caeterisque utensilibus provisum, sodalibus Sancti Euplii incumbit regimen. Ierosolimi- [fol. 174r] tanae commenda item est religionis, in ecclesia Sancti Ioannis de fleris; ad magnum magistrum ordinis conferenda spectat. Quinque et viginti laicorum sodalitia existunt ad pias per urbem processiones alia christianae pietatis opera instituta. alborum primum est ius in aede divi Martini, qui pietatis officium in confortandis his qui ad mortem sunt condemnati exeunt. Sancti Ioannis Baptistae Christi praecursoris secundum, vulgariter «dell’azzoli», in templo eiusdem institutum. Sanctae agathae tertium; his sodalibus cura carceris commendata est ubi beata agatha ab impio tyranno trusa fuit, ab apostolo curata et ab angelis moriens excepta. Mortis quartum in ecclesia divae Ursulae; munus istorum fratrum est miserabilium defunctorum cadavera propriis humeris deferre, gratis ac decenter ecclesiasticam tradere sepulturam, eorumque animas Domino praecibus ac suffragiis commendare [fol. 174v]. Sancti Spiritus quintum in templo Sanctae Mariae a Dagala, quae, ob Christi Crucifixi iconem et sacram Virginis Mariae imaginem, magnae semper fuit et est venerationis. Sancti Iacobi apostoli sextum in ecclesia Sanctissimae Dei genitricis a Misericordia, et Sanctae Mariae
Domus peregrinorum
Commenda S. Ioannis ierosolimitani Sodalitates n.25 1a 2a 3a 4a
5a 6a et 7a
929
Appendice
8a 9a 10a 11a 12a 13a 14a 15a et 16a 17a
18a et 19a 20a, 21a et 22a 23a et 24a 25a
930
Consolationum, in ecclesia Sanctorum martyrum Cosmae et Damiani, septimum. Sanctae Mariae de Monserrato octavum olim, hodie Sanctae Mariae Magdalenae in templo eiusdem. Sanctissimi Sacramenti nonum, in aede olim divi Nicolai de Trixinis fratribus tertii ordinis Sancti francisci concessa, hodie in proprio oratorio praedictae ecclesiae coniuncto. Sancti Euplii decimum in propria ecclesia vulgariter ÂŤli CappuccinelliÂť; his sodalibus incumbit regimen domus hospitalis peregrinorum. Sanctae Mariae de Miraculis undecimum [fol. 175r], Sancti Costantini duodecimum. Decimum tertium Sancti Michaelis arcangeli. Decimum quartum Sanctae Mariae Praesentationis. Sancti Ioseph quinundecimum et Sanctae Mariae Directionis decimum sextum, in propriis ecclesiis. Decimum septimum Sanctae Mariae Rotundae, in pervetustissimo templo quod gentilium tempore Pantheon dicebatur, a Principe apostolici ordinis Sanctae Dei genitrici, ab anno salutis quadragesimo quarto, dedicatum et consecratum. Sancti Barnabae decimum octavum in propria aede, et omnium Sanctorum decimum nonum in templo Sanctorum Crispini et Crispiniani. Sanctae Mariae a Succursu vigesimum, Sancti Viti vigesimum primum, et Sanctae Mariae Cavensis vigesimum secundum, in propriis ecclesiis. Sanctae Mariae de gratiis in ecclesia divi Sebastiani vigesimum tertium, Sancti Bartholomaei in eiusdem templo vigesimum quartum [fol. 175v]. Ultimum denique Sanctae agathae ad fornacem extra sed prope urbem, ubi Beata agatha a diro tyranno cremata fuit, magnae devotionis sacellum et nos singulis diebus sacrum fieri mandamus in ecclesia Sanctae Barbarae in urbe, pro grancia ad usum attributa.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
Confraternitates sex: Sancti Thomae videlicet, Sanctae Mariae a Concordia, Sanctae Mariae a Iosaphat, Sanctissimi Salvatoris, Sanctorum Simonis et Iudae, ultima denique Sancti lucae in ecclesia collegiata, sed aliae quinque in propriis ecclesiis. Duodecim aliae simplices ecclesiae in urbe et extra extant, in quibus sacrum conficitur et sunt scilicet: Sanctae Mariae a Porta, Sancti Cataldi, Sancti andreae, Sanctae Mariae de Bethlem, Sancti Matthaei, Sancti Benedicti Veteris, Sanctae Mariae Ongiae7, Sancti Ioannis appellati «delli Cuti», Sanctae Mariae de Monteserrato, Sanctae Mariae appellatae «dello Riposo», Sanctae Mariae [fol. 176r] nuncupatae «della gratia», et Sanctae Mariae Infirmorum. Decem et octo congregationes ad pia exercenda opera institutae, octo in ecclesia Sanctissimae ascensionis Societatis Iesu existunt scilicet: una nobilium, alia honoratorum, altera studentium, duo scholarium nobilium et ignobilium, altera scholarium nobilium tantum et aliae duae plebeae; item unica nobilium in templo Sancti Michaelis archangeli minoritarum, altera spasmi in aede divae Marinae, in ecclesia Sanctae Mariae Maioris alia, in ecclesiis fratrum praedicatorum binae, una Sanctissimi Rosarii in ecclesia Sanctae Catarinae, Sancti Vincentii ferreri alia in templo divi Dominici, Sancti angeli Custodis altera in ecclesia magni patris augustini, Sanctae Mariae a Iesu alia in ecclesia Sanctae Mariae Directionis, Carmelitanae religionis primi instituti, alia Sancti Birilli in eccle-
Confraternitates sex
Ecclesiae simplices in urbe et extra n.12
Congregationes n.18
7 Secondo lo stile degli scrittori catanesi del ’600 «Ongiae», oppure «Onghiae», sta per «Ogninae» (aCC, fondo principale, Istoria delle cose insigni e famose successe di Catania […] di Ottavio D’Arcangelo gentil’huomo catanese e dopo la sua morte riconosciuta ed ordinata per lo R.P.D. Valeriano de Franchi […]. Cataneide l’antica, I, 66). Si tratta della chiesa oggi detta Santa Maria di Ogninella.
931
Appendice
Oratio 40 horarum per totum anni circulum Studium generale Bononiae instar
familiae totius urbis Catanae 3.757
animarum numerus 12.022 confessionis 1.578 Sacerdotes 110 aliorum ordinum 90
932
sia Sanctae agathae Veteris minorum [fol. 176v] observantium, ultima denique est presbyterorum saecularium sub apostolorum Principis tutela et in sancto eidem templo erecta ad prestanda charitatis et christianae pietatis opera; solent enim animabus Christi fidelium de hoc saeculo exituris, spiritualia remedia adversus callidi hostis versutias ac consolationis antitodum contra tentationis venena praebere et subministrare, ac sanctissimum Eucharistiae sacramentum publice intus dictam ecclesiam exponere ibique adorare, ac suppliciter exorare pro spirituali illarum salute qui capitali supplicio fuerint condemnati. Oratio quadraginta horarum singulis diebus, per totum annum ad circulum, per totas urbis ecclesias pariter existit. Et denique generale extat Studium in sacra theologia ac iure pontificio et caesareo, philosophia, medicina aliisque liberalibus artibus ad instar Studii [fol. 177r] Bononiae et cum omnibus et singulis privilegiis, insigniis, libertatibus, facultatibus et immunitatibus studiis generalibus a iure communi, seu aliis quomodolibet concessis et concedendis, cum potestate collegium unum vel plura pro habitatione scholarium eligendi, baccalaureatus et licentiae, doctoratus, magisterii aliosque gradus approbatis conferendi, auctoritate apostolica ab Eugenio Quarto concessum. Urbis familiae numerantur fere tres mille septingentae quinquaginta septem. Capita duodecim millia et viginti duo. Qui pane eucharistico refocillantur octo mille et quadraginta. Qui per sacramentum poenitentiae Deo reconciliantur mille quingenti septuaginta octo. Sacerdotes omnes centum et decem. Diaconi, subdiaconi et clerici nonaginta, in dominicis festivisque diebus in cathedralem conveniunt et divino cultui inserviunt.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
Varios dioecesis habet fines et limites. Ex [fol. 177v] oriente et aquilone sunt dioecesis Messanensis, ex occidente agrigentinae, et Syracusanae ex meridie. Sex continet regias civitates, quatuordecim oppida, sexdecim suburbia. Civitates sunt scilicet: Catana urbs, diocesis caput, Platia, Enna, Calaxibetta, Sanctus Philippus argyrion et acis, quae ultima civitas in binas est bipartitas regiones et magno terrae tractu in partes dispersa, quarum prima gemina partes numerat: acis aquiliae unam, Patenearum aliam; secunda partes continet: Sancti antonii, Sancti Philippi a Carcina, Sanctae Mariae Consolationis, Sanctae Mariae Catenae, Sancti Iacobi, Sanctae annae, arcis seu Castri, Vallis Viridis et Bonaccursorum.
Oppida sunt: Motta Sanctae anastasiae, Maluspassus, Paternio, albavilla, adranum, Centorbium, Regalbutum, leonfortis, asarus, Petrapertia, Barrafranca, aydon, Mirabella et Valguarnera [fol. 178r]. Suburbia vero sunt scilicet: Via grandis, Tres Castagnae, Pidara, Tria Monasteria seu Trimisterium, Sanctus Ioannes de galermo, Sancta agata, Monasterium album, Placae,
Dioecesis fines Dioecesis continet civitates regias, oppida et suburbia ultra Catanam urbem
Dioecesis civitates regiae sunt: Platia, Enna, Calaxibetta, S.tus Philippus argyrion, acis superior, acis inferior seu acis aquilea acis inferior duas regiones continet, scilicet acim aquileam, et Pataneas acis superior continet novem regiones quarum aliquae sunt terrae, scilicet: S.um antonium, S.tum Philippum a Carcina, S.tam Mariam Consolationis, S.am Mariam a Catena, S.tum Iacobum, S.tam luciam, Castrum acis, Vallem Viridem et Bonaccursios Oppida sunt: Motta S. anastasiae, Malus Passus, Paternio, albavilla, adranum, Centumrupes, Recalbutum, leonfortis, asarum, Barrafranca, aydon, Mirabella et Valguarnera
Suburbia sunt: Viagrandis, Trescastaneae, Pidara, Triamonasteria, S. Ioannis de galermo,
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S. agatha, Monasterium album, Placae, Mascalucia, Nicolosi, Monspilerius, Camporotundus, S. Petrus, S. gregorius, S. Ioannis la Punta et Trappetum Platiae civitatis status
Collegiata dignitates 4 canonici 22 beneficiati 24
Canonicorum electio ad Sedem apostolicam et ordinarium iuxta menses; aliorum de iure patronatus; dignitates optionem habent; praepositura reservata Summo Pontifici
habitus eorundem
chori onus
934
Appendice
Mascalucia, Nicolosi, Mons Pilerius, Campus Rotundus, Sanctus Petrus, Sanctus gregorius, Sanctus Ioannes la Punta et Trappetum. Platiae maior aedes titulo Sanctae Mariae assumptionis fulget, collegium tamen est pontificiis indultis institutum ex quatuor dignitatibus constans, viginti duobus canonicis et quatuordecim beneficiatis, ex quibus decem et septem canonici ac dignitates ex toto axe Marci et laureae Trigona fundatorum erecti sunt, bini per antoninum Saida, unus per Beatricem de Sancto Philippo, alius per d. Petrum Visazza et alter per d. Michaelem lo Ciccio; beneficiati duodecim ex asse praedicto et bini per d. Vincentium Colurevi. Dignitates sunt praepositus et est prima, cantor, thesaurarius et decanus [fol. 178v]. Canonicorum electio haereditatis praedictae ad Sanctam Sedem et ordinarium iuxta cancelleriae regulas spectat, aliorum ad ius patronatus habentes, sed beneficiatorum quatuor ad dignitates, totidem ad capitulum, quatuor alii ad fideicommissarios praedictae haereditatis et duo ad habentes ius patronatus pertinet; ab ordinario approbantur, suisque litteris confirmantur. Canonici optione non gaudent: dignitates inter se optionem habent; solus praepositus servatur Summo Pontifici. Choralis habitus canonicorum sunt: rocchettum, cappa et muzzetta nigri et violacei coloris. Beneficiatorum superpelliceum diversorumque colorum almutium iuxta possessionis antiquitatem locum habent. Singulis hebdomadis in choro ad psalmodiam concinendam dignitates, canonici et bene-
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
ficiati alternatim, omnesque in festis deserviunt, singulisque diebus missam conven- [fol. 179r] tualem praecinunt et ex debito fundationis et legatorum privatas nonnullas celebrant. administrandi munus sacramentorum penes dignitates residet; alternatim per se ipsos deserviunt iuxta constitutiones bullarum apostolicarum. Propter civitatis amplitudinem quinque sunt sacramentales ecclesiae institutae: Sancti Philippi scilicet, Sancti Nicolai, Sancti Stephani, Sanctae Venerandae et Sanctissimi Crucifixi. In illa Sancti Stephani tres capellani existunt, duo in illa Sanctissimi Crucifixi et singuli in aliis. Sanctimonialium domicilia quinque extant, quatuor sub regula Sancti Benedicti militantia et unam Sanctae Clarae. Illa divi Benedicti sunt scilicet: primum Sancti Ioannis Evangelistae in cuius septis commorantur: moniales viginti quinque, novitiae tres, educandae duodecim, servitrices septem. Sanctissimae Trinitatis secundum et in ipso vivunt: moniales octo et [fol. 179v] viginti, novitiae duae, educandae quatuordecim, servitrices septem. Sanctae agathae tertium, degunt in claustro: moniales vigintitres, novitiae duae, educandae decem, servitrices sex. Ultimum denique Sanctae annae, cuius coenobi moniales sunt duodecim, conversae professae binae, educandae sex, servitrices duae. Illud Sanctae Clarae eidem sanctae est dicatum; commorantes sunt: moniales triginta, educandae sex, servitrices quatuor. Extat quoque orphanotrophium; ex axe praedicto a fideicommissariis et procuratoribus maioris et collegiatae ecclesiae sustentatur; degunt puellae parentibus destitutae cum ductricibus honestae vitae; singulis annis tres vinculo connubii ligantur et unicuique unciae viginti solvuntur.
Sacramentorum administratio ad dignitates Ecclesiae sacramentales quinque
Monasteria monialium quinque scilicet:
quatuor benedictina et unum Sanctae Clarae
degentes in quatuor benedictinis ascendunt numerum 161 degentes in alio divae Clarae ad numerum 40
Domus puellarum orphanarum Nuptui tranduntur tres singulis annis cum aureis quiquaginta monetae huius regni pro unaquaque
935
Domicilia virorum religiosorum decem: primum conventualium et habet n.15. 2um observantium cum n.20 3um cappuccinorum cum n.18. 4um carmelitarum cum n.10. 5um eremitarum divi agustini cum n.12. 6um reformatorum eiusdem et cum n.12 7um ordinis praedicatorum cum familia ad n.15. 8um theatinorum cum n.8. 9um Societatis Iesu cum n.8 et xum benedictinorum cum n. 6
hospitale ecclesia sacramentalis pro usu eiusdem Mons pietatis
Sodalitates duodecim
8
936
Appendice
Religiosorum coenobia decem: tria Sancti francisci regulam profitentia, minorum conventualium unum, in quo quindecim fratres extant, observantium reformatorum aliud, [fol. 180r] et residentes viginti alumni sunt, capuccinorum ultimum et duodeviginti commorantur. Carmelitanae religionis unicum8 in cuius septis decem fratres vivunt. gemina Sancti augustini: alterum eremitarum, alterum vero reformatorum eiusdem; in primo commorantes duodecim sunt, totidemque in secundo. Unicum praedicatorum ordinis: incolae sunt quindecim. Clericorum collegia bina: theatinorum unum et alterum Societatis Iesu; utriusque familiae octo patres pro unoquoque collegio sunt. Monachorum benedictinorum unum recens est sed completum; in eius septis degunt patres sex. Est quoque nosocomium ad excipiendos et curandos infirmos utriusque sexus cives et exteros; praestantur medicinalia et salutis necessaria; titulo Sancti Spiritus fulget [fol. 180v]. Sacramentalis est ecclesia pro usu nosocomii; mons pietatis ad pia opera exercenda in ipso nosocomio institutus existit. Regimen et administrationem bonorum montis et hospitalis, officiales societatis alborum in praedicta ecclesia fundatae habent. Duodecim sodalitates et septem confraternitates laicorum ad pias processiones et pietatis opera institutae existunt: sodalitates scilicet binae defunctorum sunt, una in ecclesia angeli Custodis, in qua singulis hebdomadis statis diebus quamplurimi fratres conveniunt pro devotis exercitiis habendis; in ecclesia Sanctae Mariae Itriae alia; Sancti Stephani tertia; Sancti Ioseph quarta, Sanctae Catharinae quinta, Sanctae
Carmelitanae – unicum] evidenzia in margine.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
Barbarae sexta, septima Sancti hieronimi, octava Sanctae Mariae, Sancti honuphrii nona et omnes in propriis aedibus; decima Sancti antonii in cuius ecclesia extat Sanctissimae Conceptionis oratorium, ibique in aliquibus hebdomadae diebus con- [fol. 181r] gregantur plures pro devotis et spiritualibus exercitiis; Sancti Vincentii undecima in sua propria ecclesia, ultima denique alborum est in aede Spiritus Sancti. Societas est nobilium, qui personis afflictis et condemnatis ad ultimum supplicium omni qua decet charitate assistunt. Confraternitates sunt: Sancti hieronimi, Sancti Philippi, Sanctissimi Crucifixi, Sancti Nicolai, Sanctissimi Salvatoris, Sanctae Venerandae et Sanctae Mariae de Misericordia in propriis ecclesiis erectae. Octo aliae ecclesiae simplices extant: tres in civitate et quinque extra; intra moenia sunt: Sancti Bernardini, Sanctae luciae et Sancti Martini; extra: Sanctae Mariae nuncupatae «dello Belloverde», Sanctae Mariae Nucis, Sanctae Mariae «della Rocca», Sanctae Mariae «de audientia» et Sanctae Mariae «de la gratia», in quibus frequenter sacrum conficitur. Civitatis familiae sunt fere tria millia et [fol. 181v] octingentae. Capita quindecim millia et tricentae. Qui per panem eucharisticum refocillantur sunt undecim mille et septuaginta. Sacerdotes saeculares omnes nonaginta. Diaconi, subdiaconi et clerici minores septuaginta, qui in dominicis festivisque diebus ecclesiis assignatis inserviunt. Ennae maxima inter alias aedes est Sancta Maria de gratia, cuius ministeriis praesunt quatuor sacerdotes: unus prior, alii rectores appellantur. his incumbit administratio sacramentorum ac pariter, cum duobus aliis laicis ex nobilium
Confraternitates septem
Ecclesiae simplices seu minores n.8
familiae civitatis n.3.800 animae n. 15.300 communionis n.11.070 Sacerdotes n.90 aliorum ordinum n.70
Civitas Ennae seu Castri Ioannis
Ecclesia matrix: praesunt eidem ecclesiae prior
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et tres rectores omnes sacerdotes
Electio ipsorum spectat ad Summum Pontificem et ad ordinarium alternative Pro choro sexdecim sacerdotes alternatim a nobis assignati qui corum celebrant quotidie cum usu almutii nigri Ecclesiae sacramentales novem
Monialium monasteria sex scilicet: tria benedictina 4um et 5um Sanctae Clarae 6um carmelitarum
familia primi benedictini n.33 2i benedictini n.15
tertii benedictini n.47
in primo S. Clarae n.26 in alio S. Clarae n.26
938
Appendice
genere, bonorum temporalium regimen et administratio. Praedictorum prioris et rectorum electio ad Summum Pontificem et ordinarium, alternativa mensium ut solet, spectat; almutio nigro et superpelliceo utuntur. ad divina decantanda officia, sexdecim sacerdotes alternatim cum onere omnibus diebus pari modo celebrandi, cum stipendio scutorum triginta et almutii nigri usu, ad maiorem [fol. 182r] Dei gloriam, in discursu nostrae visitationis constituimus. Novem aliae sacramentales ecclesiae matrici coadiutrices propter civitatis magnitudinem extant: Sancti Ioannis scilicet, Sancti Thomae, Sancti Cataldi, Sancti Blasii, Sancti Petri, Sancti Bartolomaei, Sancti leonardi, Sancti leonis, Sancti georgii et Sanctae Catharinae; unaquaeque unicum curionem habet. Domicilia sanctimonialium sex: tria divi Benedicti, Sanctae Clarae bina et unum Sanctae Mariae de Monte Carmelo. Illa divi Benedicti sunt sub titulo: Sancti Benedicti, Sancti Michaelis archangeli et Sanctae Mariae Populi; Sanctae Clarae unum eiusdem nomen habet et Sanctae Mariae gratiarum aliud; et Sancti Marci virginum est de Monte Carmelo. In divi Benedicti coenobio moniales sunt undeviginti, quatuor novitiae, educandae sex, servitrices quatuor. In illo Sancti Michaelis moniales decem, novitiae duae, educanda una et servitrices binae [fol. 182v]. In illo Sanctae Mariae de Populo moniales triginta quinque, novitiae quinque, educandae tres, servitrices quatuor. In illo Sanctae Clarae moniales quatuordecim, novitia una, educandae tres, totidem servitrices. In illo Sanctae Mariae gratiarum moniales undecim, novitiae sex, educanda una et servi-
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
trices tres. In illo denique Sancti Marci moniales duodecim, novitiae duae, educandae quatuor, servitrices duae. geminae domus extant puellarum parentibus orbatarum, altera divae Mariae Itriae dicata et clausurae subiecta, supra millesimum, ad conservandas educandasque puellas, donec connubio coniungerent et unciae tricenae singulis solvuntur; cuius hodie sunt alumnae quindecim, duae vetulae ductrices et famula una. altera convertitarum, ex asse p. Placidi de gardo anno millesimo sexcentesimo trigesimo nono fundata, et in anno millesimo sexcentesimo quinquagesimo secundo, in [fol. 183r] discursu nostrae visitationis, clausurae eam subiecimus, in qua degunt quatuordecim. Virorum religiosorum coenobia novem: tria seraphicae religionis Sancti francisci: minorum conventualium unum, observantium reformatorum alterum, et aliud capuccinorum. familia primi sunt fratres decem, secundi quatuordecim, totidem tertii. Unicum praedicatorum ordinis in eius septis degunt octo. Carmelitanae religionis alterum, eius alumni sunt tresdecim. Eremitarum Sancti augustini aliud: commorantes sunt decem. Ordinis minorum Sancti francisci Paulensis unum, in quo fratres octo resident. Societatis Iesu aliud, docent alumni grammaticam, rethoricam et casus conscientiae; patres residentes sunt octo. Et denique ordinis Beati Ioannis Dei ultimum. hospitale est sub titulo Sancti Iacobi ad recipiendos graves cives et exteros sub iurisdictione [fol. 183v] ordinarii et in nostra visitatione visitavimus; ministri sunt fratres quatuor. Extat aliud etiam hospitale pro recipiendis alendisque pueris expositis, ibique pariter degunt vetuli infirmi; regimen penes officiales per ordinarium eligendos residet.
in Carmelo n. 20
Domus orphanarum cum clausura, cum dote aureorum septuaginta quinque pro unaquaque alumnae sunt n.18 alia domus mulierum conversarum etiam clausurae a nobis subiecta alumnae n. 14 Religiosorum virorum domicilia novem scilicet: tria seraphicae religionis et eorumdem familia ascendit ad n.um 38
4um praedicatorum cum familia n.8 5um carmelitarum cum n.13 6um divi augustini cum n.10 7um divi francisci de Paula cum n.8
8um societatis Iesu cum n.8 et 9um beati Ioannis Dei cum n.4 pro aegrotis hospitale pro aegrotis et incurabilibus
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Confraternitates n.21
Ecclesiae minores et simplices intus civitatem n.23
Ecclesiae extra civitatem n.21
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Appendice
laicorum confraternitates una et viginti extant scilicet: Sanctissimi Salvatoris, Sancti Petri, Sanctae Mariae Vallis Viridis, Sancti Iuliani, Sanctae Mariae de Itria, Sancti Nicolai la Porta, Sancti hieronimi, Sanctae Mariae Novae, Sancti honuphrii, Sancti Sebastiani, Sanctae Mariae Magdalenae, Sanctae agathae, Sanctae agrippinae, Sanctissimae Trinitatis, Sanctae Ursulae, Sanctissimi Sacramenti, Sancti Spiritus, Sanctae Sophiae in propriis aedibus fundatae, Sancti Ioseph in eiusdem ecclesia ad usum attributa pro grancia benedictinorum, Sanctae Mariae de loreto in eius sacello, in ecclesia minorum Sancti francisci Paulensis, Sanctae Monicae ultima in ecclesia eremitarum Sancti augustini [fol. 184r]. Tres et viginti aliae ecclesiae in civitate sunt: Sanctae Mariae de Victoria scilicet, Sancti Vincentii, Sancti hippoliti, Sanctissimae Conceptionis, Sanctae Venerae, Sancti Matthaei, Sancti antonii Platiae, Sanctae luciae, Sanctae Petronillae, Sancti Christophori, Sancti Rochi, Sancti aloes, Sancti angeli Custodis, Sanctorum Cosmae et Damiani, Sancti alberti, Sancti Ioannis, Sanctae Mariae Novae, Sanctae Margarithae, Sanctorum Petri et Pauli, Sanctae Mariae Portus Salvi, Sancti Philippi de monte, Sanctae Dominicae et Sancti Nicolai denique in castro veteri, et in omnibus sacrum frequenter conficitur. Viginta una ecclesiae extra existunt: Sanctae Mariae gratiae videlicet, Sanctae annae, ecclesia Domini, Sancti Calogeri, Sanctae Mariae de gattusi, Sanctae Mariae Victoriae, Sancti Marci, Sancti Stephani, Sancti Ippoliti, Sanctorum Simonis et Iudae, Sancti Pauli, Sanctae Mariae angelorum, Sanctae Mariae Portellae, Sancti Nicolai, Sancti Ioseph, Sanctae
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
Mariae Brancatae, Sanctissimae [fol. 184v] Conceptionis, Sanctae Barbarae et tandem Sancti Nicolai in quibus omnibus celebratur. Civitatis animae sunt milledecem et quadringentae octuaginta. Qui pane eucharistico cibantur octo millae. Sacerdotum numerus est octuaginta. Diaconi, subdiaconi et clerici minores nonaginta, omnes ecclesiis assignatis inserviunt. Calaxibettae primaria templa bina: unum Sancti Petri, Sanctae Mariae aliud, alternatim nomine matricis gaudent; duodecim sacerdotes, almutio nigro insignitis praedictis ecclesiis inserviunt et sacramenta populis praebent cum stipendio primitiarum; ad ordinarium spectat electio. Sancti Petri aedes capellanum habet regium, de regio patronatu regis catholici, qui canonicus regius per literas regias nominatur. In dominicis festivisque diebus et in aliquibus ex ferialibus, praedictis in ecclesiis maiores ac multae privatae missae ex legatis [fol. 185r] relictae celebrantur. Extat quoque alia sacramentalis ecclesia dictarum coadiutrix sub titulo divi antonii, cui ministerio unus assistit sacerdos; ex primitiis praedictis stipendium ei solvitur. Sanctimonialium est domicilium sub divi Benedicti regula Sanctissimo Salvatori dicatum. Commmorantur moniales duodetriginta, novitiae tres, educandae sex, servitrices quinque. Religiosorum coenobia tria: praedicatorum ordinis unum, aliud carmelitanae religionis et capuccinorum alterum; dominicana familia alit quatuor fratres, carmelitana quinque, et religionis seraphicae duodecim. Nosocomium item est pro recipiendis aegrotis utriusque sexus civibus ac exteris, divo Petro martyri dicatum. Confraternitates laicorum octo existunt:
animae n.10.480 communionis n.8.000 Sacerdotes n.80 aliorum ordinum n.90 Calaxibettae civitas Duae matrices 12 sacerdotes inserviunt insigniti Capella regia Missae Ecclesia sacramentalis coadiutrix Monialium monasterium sub regula divi Benedicti degentes sunt n. 42
Communitates religiosorum virorum tres, scilicet: primus praedicatorum cum familia n.4. 2us. carmelitarum cum n.5 3us capuccinorum cum n.12 hospitale Confraternitates octo
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Appendice
Ecclesiae simplices intus civitatem n. 12
aliae sex extra eandem
hospitale pro aegrotis unitum illi S.cti Spiritus almae urbis
familiae n.1.200 animae omnes n.3.890 commnionis n.2.896 Sacerdotes n.36 aliorum ordinum n.24
Sancti Philippi argyrionis civitas cum sex ecclesiis
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Sanctissimi scilicet in maiori ecclesiae divae Mariae, Sancti antonii, Sanctae luciae, Sanctissimae Trinitatis, Sancti Iacobi, Sanctae [fol. 185v] Mariae de Catena, quorum fratrum munus est pauperum cadavera sepelire propriis humeris deferre, Sancti Michaelis archangeli et Sancti Matthaei in propriis ecclesiis dicatae. Duodecim aliae ecclesiae in civitate sunt: Sancti Bartholomaei scilicet, Spiritus Sancti, Sancti Sebastiani, Sanctae Mariae de Succursu, Sancti antonii Paduensis, Sancti Iuliani, Sanctae Mariae lauretanae, Sanctae Margaritae, Sancti Nicolai, Sancti Philippi argyrionis, Sanctae Mariae de Calmeri, et Sanctae Mariae de Scalis, et in omnibus frequenter sacrum peragitur. Sex aliae sunt extra: Sanctae Mariae alborum scilicet, Sancti Ioseph, Sanctae Mariae a Monte Carmelo, Sanctae Mariae gratiarum, Sanctae Mariae Magdalenae et Sancti Ioannis; in omnibus fit sacrum. hospitale extat divae Barbarae dicatum pro recipiendis pariter aegrotis institutum; unitum est hospitali Sancti Spiritus almae urbis; ministerio assistit sacerdos cum habitu Sancti Spiritus, cuius electio ad iuratos [fol. 186r] confratresque dictae ecclesiae pertinet et ad superiorem hospitalis dictae almae urbis crucem conferre. Civitates familiae sunt fere mille et ducentae; animarum omnium numerus tria millia et octingentae nonaginta. Qui praeceptum ecclesiasticum communionis adimplent sunt bis mille, octingenti, nonaginta sex. Sacerdotes triginta sex. Diaconi, subdiaconi et clerici minores viginti quatuor in primariis praedictis servitio assistunt. Sanctus Philippus argyrion maiorem aedem determinatam non habet, in senas civitas
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
est partita paroecias, iuxta nostrorum praedecessorum decreta; sex ideo sunt sacramentales ecclesiae, Sanctae Mariae scilicet, Sanctissimi Salvatoris, Sanctae Margaritae, Sancti antonii abbatis, Sancti antonii paduensis et Sancti Petri. Totus clerus servitio earum assistit, quilibet sacerdos in ecclesia suae regionis; in omni ecclesia sacramentali capellani sacramenta populis praebent, pro cuius mi- [fol. 186v] nisterio primitiae debentur. Celebratum extat templum Sancti Philippi confessoris, domicilium olim erat benedictinorum, hodie abbatia commendataria est et a rege catholico praesentatur. Ministerio eius decem saeculares sacerdotes cum duobus clericis assistunt, quodam ab abbate assignato stipendio. Sacerdotum unus prioris nomine utitur, muzzectam nigram superpelliceum deferunt; ab ordinariis visitationibus ac potestate exemptos se esse contendunt. Corpus dicti divi Philippi in proprio sacello in arca argentea conservatur. Domicilia virorum sex: eremitarum sancti augustini unum, reformatorum eiusdem aliud. Commorantes primi septem sunt; totidem secundi. Tria religionis seraphicae: capuccinorum scilicet, minorum observantium strictioris instituti, et tertium tertii ordinis seu de poenitentia [fol. 187r]; capuccinorum scilicet minorum alumni sunt duoedecim, totidem observantium et quatuordecim tertii ordinis. Ultimum est carmelitanae religionis et sex residentes sunt. Sanctimonialium monasteria tria: gemina Sancti Benedicti, unum divae Mariae annunciationis dicatum, et aliud Sanctae Mariae ÂŤla RaccomandataÂť; in isto degunt moniales duodetriginta, educandae quatuor, servitrices tres; in illo moniales viginti, educandae tres, novitiae
sacramentalibus et in unaquaque ecclesia quatuor capellani
Templum divi Philippi celebratum ad praesens abbatia regia commendatarius spectat ad regem catholicum Servitio assistunt 10 sacerdotes et 2 clerici unus ex eis prior; muzzetta nigra utuntur; absque licentia Sedis apostolicae aut ordinarii exemptionem praetendunt Divi Philippi corpus
Conventus religiosorum sex scilicet: primus eremitarum divi augustini cum familia n.7. 2us reformatorum eiusdem cum n.7. 3us capuccinorum cum n.12, 4us observantium reformatorum n. 12. 5us tertii ordinis ad n.14 et 6us carmelitarum cum n.6 Monialium domicilia tria scilicet: duo benedictina
familia unius n.35 familia alterius n.28 et 3um S.tae Clarae cum familia n.33
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Appendice
Sodalitates octo
Confraternitates undecim
4 chiese semplici Missee hospitale infirmorum
Mons pietatis
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binae, servitrices tres. Tertium est divae Clarae in eiusdem ecclesia erectum in cuius septis vivunt moniales duae et viginti, novitiae octo, servitrices tres. laicorum societates et confraternitates ad pias processiones aliaque spiritualia opera exercenda institutae undeviginti extant. Octo societates et sunt: tres Sanctissimi Sacramenti in ecclesia Sanctae [fol. 187v] Crucis una, alia Sanctissimi Salvatoris et tertia in ecclesia Sancti Rochi, alia est Sanctissimi Rosarii in ecclesia praedicta Sanctissimi Salvatoris, Sancti Vincentii quinta in eiusdem ecclesia animarum Sanctissimi Purgatorii, sexta in aede divi Pauli, septima mortis in templo divi antonini, et Sancti Ioannis Baptistae octava in propria aede. Confraternitates undecim: Sancti andreae scilicet, Sancti Blasii, Sancti honuphrii, Sanctae Barbarae, Sancti Matthaei, Sanctorum Simonis et Iudae, Sanctae Ursulae, Sancti Nicolai, Sanctae Catharinae, Sanctae luciae in propriis ecclesiis dicatae, et ultima est Sanctissimae Conceptionis in ecclesia Sanctae Margarithae. Simplices aliae ecclesiae quatuor sunt: Sanctae Mariae Directionis scilicet, Sanctae Seraphinae, Sanctae Mariae a Catena et Sancti Caloieri, in quibus frequenter celebratur. In sacramentalibus maiores missae canuntur, privatae nonnullae pro legatis diversorum [fol. 188r] celebrantur, pari modo et in illis confraternitatum. Existit quoque hospitale infirmorum sub titulo Sancti laurentii pro curandis aegrotis utriusque sexus civibus et exteris; bini rectores habent regimen; a priore ecclesiae Sancti Philippi eliguntur. Mons pietatis pariter est divae Mariae lauretanae dicatus ad pia opera exercenda.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
Civitatis familiae sunt fere duae mille et septincentae; numerus animarum octo millia et septincentae octuaginta; qui panem eucharisticum percipiunt sex mille. Sacerdotes omnes quinque et sexaginta. Diaconi, subdiaconi et clerici minores triginta, qui in suis paroeciis festivis diebus obsequia praestant. In acis aquiliae civitate, quae est acis prima regio, primaria ecclesia est Sancta Maria annuntiationis, cuius ministerio inserviunt et sacramenta populis praebent quindecim sacerdotes ad circulum, singulis unciae decem solvuntur ex his quae perveniunt ex gabella panis cum onere aliquas missas lectas celebran- [fol. 188v] di et maiorem singulis sabbatis, dominicis festivisque diebus, in choro praecinendi vesperas, tertiam, sextam et nonam in praedictis festivis dominicisque diebus, ac etiam ex iure debito legatorum nonnullae missae privatae celebrantur. Binae sacramentales ecclesiae et matrici coadiutrices extant: Sanctae Catharinae scilicet et Sancti Michaelis; unaquaeque suum habet curionem et unicuique eorum unciae viginti ex gabella praedicta solvuntur. Quatuor religiosorum domus sunt: carmelitanae religionis primi instituti una, bina Sancti francisci minorum observantium et capuccinorum, Sancti Dominici ultima. Residentes carmelitae sunt quatuordecim, observantes duodecim, totidemque capuccini et septem dominicani.
Nosocomium utriusque sexus infirmorum civium et exterorum in ecclesia Sanctae Mariae Montis serrati dicatum existit; regimen habent superiores societatis montis [fol. 189r]. Societates laicorum tres: Sancti Sebastiani
familiae n.2.700 animae n.8.780; communionis n.6.000 Sacerdotes n.65 aliorum ordinum n.30
acis aquiliae civitas inferior et eius prima regio Matrix ecclesia eius servitium a 15 sacerdotibus insignitis
missarum onera, chori cantus
Sacramentales ecclesiae duae coadiutrices Religiosorum domicilia quatuor scilicet: primum carmelitarum primi instituti cum familia n.14; 2um S. francisci observantium cum n. 12; 3um capuccinorum cum n.12; et 4um praedicatorum cum n.7 hospitale infirmorum
Sodalitates laicorum tres
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Appendice
Ecclesiae simplices intus civitatem septem extra eandem tres
familiae n.2.500 animae omnes n.9.980; communionis n.7.080 Sacerdotes n.90Â ; aliorum ordinum n.40 Pataneae 2ae acis inferioris regio. Ecclesia matrix a binis sacerdotibus ministrantur sacramenta; onus missarum Sodalitas unica
familiae n.370 animae omnes 1.250 communionis n. 860 Sacerdotes n.7, clerici n.4 Sanctus antonius acis superioris prima regio
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una, Sanctorum Petri et Pauli alia et in eisdem aedibus, in quibus singulis diebus ex debito et ex devotione sacrum peragitur, et tertia montis pietatis in ecclesia matrice. Decem aliae ecclesiae existunt, septem in civitate et tres extra, in civitate sunt scilicet: Sancti francisci Paulensis, Sancti Viti, Sancti Rochi, Sactae Mariae Itriae, Sanctae Mariae Miraculorum et Sancti Ioannis Evangelistae; extra: Sancti antonii Paduensis, Sanctissimi Salvatoris et ultima Sanctae Mariae lauretanae; in omnibus sacrum fit dominicis festivisque diebus. familiae sunt fere duo mille et quingentae; capita novem millia et noningenti octoginta. Qui sacra synaxi reficiuntur septem mille et octoginta.
Sacerdotes omnes nonaginta. Diaconi, subdiaconi et clerici minores sunt quadraginta sex, qui matrici inserviunt in festivis diebus ac dominicis. Patenearum eiusdem regionis, matrix ecclesia divae Mariae de Monte Carmelo est dicata [fol. 189v]. Ministri bini sacramenta populis distribuunt ab eisdem attributa eleemosyna, in festivis sacrum faciunt et hebdomadarius singulis diebus. Societas una est Sanctissimi, in praedicta ecclesia, in eiusdem capella. loci numerus sunt tricenti et septuaginta; animarum mille et ducenti quinquaginta. Qui praeceptum communionis adimplent octingenti sexaginta. Sacerdotes septem et clerici quatuor, qui praedictae ecclesiae serviunt. Sancti antonii secundae acis regio primarium templum eiusdem sancti nomen detinet,
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
capellani quatuor servitio assistunt ab eadem ecclesia detenti, omnibus festivis dominicisque diebus sacrum facere tenentur et in ferialibus nonnullas missas pro legatis celebrare. Societates in eadem ecclesia binae extant: Sanctissimi in eius capella, societati Minervae almae urbis aggregata, et Sanctissimi Rosarii in eius altari [fol. 190r]. Duae aliae ecclesiae sunt: Sancti Blasii scilicet et Sancti Dominici. loci numerus sunt tricenti et viginti. animae omnes mille et quatringentae octuaginta septem. Communionis mille et quinquaginta. Sacerdotes quatuor, totidem clerici.
Sancti Philippi a Carcina praedictae acis regionis aedes maior et unica eiusdem sancti nomen detinet, duo sacerdotes sacramenta adminstrant; eis tribuunt eleemosynam populi; singulis diebus celebratur ex debito nonnulorum legatorum. Societates duae in ea existunt: Sanctissimi et Sancti Nicolai. familiae sunt ducentae octuaginta. animarum numerus mille et ducentae triginta quinque. Qui sacramentum Eucharistiae suscipiunt mille. Sacerdotes septem et clerici quinque, qui praedictae ecclesiae inserviunt. Sanctae Mariae Consolationis eiusdem regionis maior ecclesia nomine eiusdem gaudet, cuius [fol. 190v] ministerio unicus curio assistit. Numerus locorum sunt septuaginta. Capita ducenta et quinquaginta. Quo vero cibo pascuntur centum et nonaginta. Sacerdotes tres, clerici quatuor dictaeque ecclesiae serviunt. Sanctae Mariae a Catena regionis eiu-
Matrix ecclesia eius servitium a 4 capellanis missarum onus Sodalitates duae Ecclesiae simplices duae animae omnes 1.487
communionis 1.050 {Sacerdotes n.4, clerici n.4}
S. Philippus de Carcina acis superioris alia regio; duo sacerdotes inserviunt; Missae Sodalitates duae
familiae 280; animae omnes 1.235; communionis n.1.000
Sacerdotes n.7, clerici n.5
S. Mariae Consolationis eiusdem acis superioris alia regio; Matrix ecclesia parochus unus familiae n.70 animae n.250 communionis n.190 Sacerdotes 3, clerici 4
Sanctae Mariae a Catena
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alia regio; Matrix Ecclesia capellanus unus familiae n.250, animae omnes 845, communionis n.600
Sacerdotes n.6, clerici n.6. S.tus Iacobus alia regio; Ecclesia Matrix cappellanus unus administrat
familiae n. 60, animae n.185, communionis n.120 Sacerdotes n.4, clerici n.3 Sancta lucia alia regio, matrix ecclesia, curiones duo assistunt
Sodalitates duae, ecclesiae simplices duae familiae 230, animae cunctae 950, communionis 740. Sacerdotes 4, clerici 5.
Castrum alia acis regio, ecclesia maior, unicus sacerdos assistit
familiae n. 40, animae n.125, communionis n.80
Sacerdos unus, clerici duo Vallis Viridis alia regio,
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Appendice
sdem acis. Matrix est ecclesia Sanctae Mariae praedictae; tribuit pariter sacramenta populis unicus capellanus. familiae loci sunt ducentae quinquaginta. animae omnes octingentae et quadraginta quinque. Qui sacrum viaticum percipiunt sexcenti. Sacerdotes sex, totidem clerici; eorum obsequia ecclesiae paredictae tribuunt. Sancti Iacobi acis praedictae regionis. Ecclesia matrix eiusdem sancti nomine praenotatur. Sacerdos unicus sacramenta administrat. Numerus loci sexaginta. Capita centum octoginta quinque. Qui sacramentum communionis adimplent centum viginti [fol. 191r]. Sacerdotes quatuor, clerici tres qui ministerio ecclesiae assistunt. Sanctae luciae dictaeque acis regionis maxima inter omnes aedes Sanctae luciae ecclesia est; bini curiones tribuunt sacramenta cum eleemosyna a populis tributa. Societates in eadem ecclesia binae: Sanctissimi una, et Rosarii alia; totidemque aliae ecclesiae Sanctae Mariae gratiarum et Sancti Constantini. Numerus familiarum ducentae et triginta. animarum noningentae et quinquaginta. Qui sacram communionem percipiunt septingenti quadraginta. Sacerdotes quatuor, clerici quinque, praedictae ecclesiae servitio assistunt. arcis seu Castri regionis acis eiusdem maior aedes Sancto Mauro est dicata. Unicus sacerdos sacramenta administrat. familiae numerantur quadraginta. Capita centum viginti quinque. Qui praeceptum communionis adimplent [fol. 191v] octuaginta. Unicus sacerdos, clerici duo. Vallis Viridis regionis praedictae acis.
Relationes dioecesium. Catanen. – 1655
Sanctae Mariae Virgini ecclesia maior est dicata, magnae devotionis templum ob frequentiam populi ad visitandam Deiparam, quae maxima cum liberalitate dona dat petentibus. Duo sacerdotes sacramenta ministrant cum primitiarum stipendio. Binae societates in praedicta ecclesia sunt: Sanctissimi una et alia Sanctae Mariae Misericordiae. Duo pariter aliae ecclesiae: Sanctae Mariae annunciationis et Sancti antonini. loci familiae tricentae septuaginta. animae omnes mille ducentae quadraginta. Qui sacro cibo pascuntur octingenti et triginta quinque. Sacerdotes quatuor, totidem clerici, ecclesiae praedictae serviunt [fol. 192r]. Bonaccursorum eiusdem acis regionis templum maius Sanctae Mariae Directionis dicatum est; servitio assistunt duo capellani, qui populis sacramenta tribuunt cum eleemosyna primitiarum. Societates binae in eadem ecclesia: Sanctissimi in eius capella, quae societati Sancti Petri almae urbis est aggregata, et Sancti Stephani. Tres aliae ecclesiae sunt: Sanctae luciae scilicet, Sanctae Mariae Consolationis et Sanctae Mariae «de la Vina»; in illis frequenter celebratur. familiae sunt tricentae et viginti. animae omnes mille et centum. Qui cibo eucharistico pascuntur septingenti nonaginta. Sacerdotes quatuor et clerici tres, qui ecclesiae matrici assistunt. Moctae Sanctae anastasiae aedes maior divae eidem est dicata; capellani duo omnibus Christi fidelibus sacramenta ministrant.
Ecclesia maior maximae devotionis assistunt duo sacerdotes Sodalitia duo
Ecclesiae simplices binae. familiae n.370, animae n.1.240, communionis n.835 Sacerdotes 4, clerici 4
Bonaccursi alia regio, Ecclesia matrix, serviunt duo capellani Sodalitates binae Ecclesiae simplices tres familiae 320, cunctae animae 1.100, communionis 790. Sacerdotes 4, clerici 3
Moctae Sanctae anastasiae oppidum primum seu terra, Ecclesia maior, capellani duo
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Sodalitas una Ecclesiae simplices duae familiae 150, animae 560, communionis 400 Sacerdotes 3, clerici 4
Maluspassus oppidum 2um Matrix ecclesia, capellani duo assistunt
Religiosorum virorum conventus duo scilicet primus carmelitarum cum familia n.4 2us observantium reformatorum cum n.12. Sodalitium unicum assistit supplicationibus Eucharistici panis Ecclesiae simplices binae missa in eisdem familiae n.250, animae cunctae n. 1.370, communionis n.915 Sacerdotes 8, clerici 6.
Paternio oppidum 3um, Matricis titulus, ministri 20 insigniti assistunt ministerio et choro in festis, missae, capellani quatuor. Monialium monasterium unicum, familia in totum n.51
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Appendice
Unica est societas Sancti antonini in propria aede. Binae item aliae ecclesiae: Sancti [fol. 192v] Nicolai et Sanctae Mariae ÂŤde la gratiaÂť; in omnibus sacrum fit. Numerus locorum sunt centum et quinquaginta. Capitum quingenti et sexaginta. Ex his communionis quadringenti. Sacerdotes tres, clerici quatuor, servitio ecclesiae adscripti. Malipassi matrix ecclesia divae Mariae Sanctissimi Rosarii dedicata existit; pro administratione sacramentorum praesunt capellani duo. Religiosorum domicilia gemina: carmelitarum et Sancti francisci strictioris observantiae. Commorantur in isto duodecim fratres, in illo quatuor.
Unica societas Sanctissimi in ecclesia matrici, quae singulis tertiis dominicis ad processionem Sanctissimi Sacramenti assistit. Duae aliae ecclesiae sunt Sancti Philippi et Iacobi et Sancti Viti in quibus in festis et dominicis sacrum conficitur [fol. 193r]. familiae ducentae quinquaginta. animae omnes mille tricentae septuaginta. animae communionis nongentae et quindecim. Sacerdotes octo. Clerici sex, servitio ecclesiae praedictae adscripti. Paternionis primarii templi titulus est Sanctae Mariae de alto. Ministri viginti ministerio assistunt et in dominicis festivisque diebus officium recitant. Multae celebrantur missae ex aere custodito et ex legatis. ad animarum regimen capellani sunt destinati, quibus primitiae sunt assignatae. Domicilium unicum est sanctimonialium, sub regula divi Benedicti, Sanctae Mariae annunciationis dicatum; alumnae sunt: moniales