Documenti e studi 17

Page 1

Pubblicazione realizzata con il contributo della Regione Siciliana, Assessorato Beni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzione

000000

€ 12,50

ANTONINO SAPUPPO

ANTONINO SAPUPPO

LE CELLULE STAMINALI LE CELLULE STAMINALI E LA TERAPIA GENICA

Antonino Sapuppo è presbitero dell’arcidiocesi di Catania. Laureato in Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Catania, ha compiuto gli studi di Teologia presso lo Studio Teologico S. Paolo, ha acquisito la licenza in Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana di Roma, dove sta completando gli studi di dottorato con una tesi di carattere bioetico. Ha conseguito presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma l’attestato dei corsi di perfezionamento in bioetica ed è, attualmente, docente di Teologia morale allo Studio Teologico S. Paolo di Catania.

La ricerca scientifica continua a dare contributi significativi per la salute dell’uomo, il quale spesso è attanagliato da patologie non facilmente guaribili. La scoperta delle cellule staminali ha destato molto clamore in campo bioetico per la loro specificità scientifica, per la moltitudine delle riflessioni antropologiche che alimentano, per l’esigenza di risposte etico-normative che è doveroso dare lì dove la dignità della persona umana è lesa sin dalle prime fasi dello sviluppo. La bibliografia inerente le cellule staminali è veramente voluminosa e giornalmente si arricchisce per la pubblicazione di nuove scoperte scientifiche e per l’uso di metodiche che si avvalgono di queste cellule per finalità terapeutiche. La biologia molecolare ha aperto nuove strade all’interno della vasta area della ricerca biomedica per le quali il patrimonio genetico cellulare viene considerato come bersaglio per correggere direttamente l’eventuale difetto genico, riconducendo alla base della vita biologica (i geni) l’approccio terapeutico di alcune patologie. La stenosi concettuale tra le cellule staminali e la geneterapia in vivo et ex vivo è facilmente riconducibile alle caratteristiche biologiche (differenziazione e plasticità) delle prime e al target prettamente cellulare della seconda. È in questo contesto che si inquadra il tema svolto nel seguente volume. Infatti seguendo il metodo bioetico tridimensionale (descrittivo-ermeneutico-prescrittivo) si vuole dare risposta ai diversi interrogativi che sorgono nell’affrontare un argomento tanto affascinante quanto complesso: si possono applicare, e in che termini, le nuove conoscenze biotecnologiche in cellule umane? Si può introdurre materiale genetico nell’uomo? L’uso di cellule staminali come shuttle genetico può essere considerato una nuova e sicura via per la geneterapia? Se si, quali sono i limiti antropologici ed etici?

E LA TERAPIA GENICA ASPETTI SCIENTIFICI, ANTROPOLOGICI ED ETICI

STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO CATANIA


DOCUMENTI E STUDI DI SYNAXIS 17


DOCUMENTI E STUDI DI SYNAXIS Pubblicazioni dello Studio Teologico S. Paolo - Catania In copertina, particolare di: particolare di cristallino di feto umano (colorazione ematossilina di Regaud, ingrandimento: 85,5-221,5,5x), fotografia di Riccardo Innocenti www.studiosanpaolo.it www.giunti.it © 2007 Giunti Progetti Educativi S.r.l., Firenze © 2007 Studio Teologico S. Paolo, Catania Prima edizione: ottobre 2007 Ristampa 6 5 4 3 2 1 0

Anno 2011 2010 2009 2008 2007

Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A. – Stabilimento di Prato


ANTONINO SAPUPPO

LE CELLULE STAMINALI E LA TERAPIA GENICA Aspetti scientiямБci, antropologici ed etici

STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO CATANIA


ai miei genitori


SIGLE E ABBREVIAZIONI a. AAS AIDS

cfr. d. DNA ET AL. EV

Gen HIV HLA

Ibid. ID. L. c. n. q. Rm RNA UNESCO

vol.

articolo Acta Apostolicae Sedis Acquired Immuno-Deficiency Syndrome confronta distinzione Acido desossiribonucleico e altri Enchiridion Vaticanum Libro della Genesi Human Immunodeficiency Virus Antigeni dei leucociti umani [dall’inglese] Ibidem IDEM Loco citato numero questione Lettera di S. Paolo ai Romani Acido ribonucleico Organizzazione delle nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura volume



INTRODUZIONE La ricerca scientifica, a partire dal secolo scorso, ha assunto dei connotati fondamentali per la vita dell’uomo: le scoperte sorprendenti della struttura cellulare, le invenzioni di nuovi strumenti sempre più sofisticati hanno permesso di dare un contributo notevole alla scienza biomedica. In particolare, è ormai assodato come moltiplicazione e differenziamento siano processi fondamentali che contribuiscono in modo determinante alla formazione degli organismi multicellulari, attraverso questi sviluppi viene a definirsi ed a conservarsi nel tempo la diversificazione delle cellule nei vari tessuti con una definita specificazione morfo-funzionale. In questo scenario biomolecolare dalle multiformi specie, in cui i termini sviluppo, crescita e maturazione sono parziali espressioni della parola “vita”, si inseriscono le cellule staminali. Negli ultimi anni la ricerca biomedica e lo sviluppo delle biotecnologie si sono mosse con passi da gigante e le loro applicazioni hanno dato risultati considerevoli, facendo intravedere prospettive interessanti, affascinanti e ricche di speranza soprattutto nel campo della terapia genica. Nonostante i benefici ottenuti dall’introduzione di nuovi farmaci e dalle terapie a base biotecnologica, sono innumerevoli, ancora oggi, patologie devastanti come quelle cardiache, il diabete, il cancro e le malattie neurodegenerative (parkinson, alzheimer ecc.) che continuano a minacciare la vita e la salute dell’uomo. Un interesse particolare hanno suscitato e continuano a suscitare l’isolamento, la produzione e l’utilizzo delle cellule staminali (stem cells), la cui scoperta ha assunto un’importanza “epocale”, consentendo di sviluppare nuove metodologie e produrre nuove “opportunità terapeutiche” soprattutto nel campo della geneterapia. Si tratta di tematiche in cui scienza e fede si illuminano a vicenda, secondo la tipica prospettiva cristiana «sub luce Evangelii et sub luce humanae experientiae»1, per avere sempre più chiara la questione e poter dare risposte opportune agli interrogativi bioetici che questi temi propongono. La trattazione che vogliamo svolgere si prefigge di mettere a fuoco la problematica inerente le cellule staminali e la terapia genica, puntando 1 CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II: PAULUS PP. VI UNA CUM CONCILII PATRIBUS, Gaudium et spes, Costitutio pastoralis de ecclesia in mundo huius temporis (Romae, apud S. Petrum, 7 decembris 1965), in AAS 58 (1966) 46.

7


l’obiettivo sia sull’aspetto prettamente scientifico sia sul dibattito bioetico che questo tema alimenta. Questo argomento nasce dal personale entusiasmo per la ricerca scientifica, ed è sostenuto dai diversi lavori che in merito sono stati pubblicati nelle più prestigiose riviste internazionali. La questione sulle stem cells è tra gli argomenti di attualità quello più interessante e controverso. L’ottimismo destato dalla ricerca si è scontrato con un serio problema bioetico legato all’utilizzo degli embrioni umani per la sperimentazione, tanto che la loro manipolazione e distruzione ha sollevato una forte opposizione sia in ambiente etico che civile. Ad una prima esposizione scientifica delle caratteristiche e problematiche inerenti le cellule staminali e la terapia genica, segue l’analisi che si propone di delineare gli aspetti applicativi di queste cellule nel campo della geneterapia. In particolare, si vuole sottolineare il lavoro svolto in Italia, nei centri di alcuni Istituti presenti nel nostro territorio, con lo scopo di illustrare l’impegno scientifico italiano, illuminato da una riflessione etica all’insegna del rispetto del bene integrale dell’uomo. La successiva riflessione antropologica parte dalla costatazione che siamo dinanzi ad una questione che è frutto del progresso biotecnologico, per cui riteniamo opportuno riflettere sul valore antropologico della tecnica, sul rapporto che essa instaura con la scienza, sul significato che oggi assume il termine artificiale nei confronti del naturale. Il punto focale della considerazione antropologica è dato dalla concezione ontologica dell’uomo, in particolare dalla visione teleologica tomista, e dalla consapevolezza che l’epoca contemporanea ha perso quasi totalmente questa dimensione metafisica. Un capitolo viene concentrato sulla riflessione etica e sul Magistero della Chiesa cattolica, con lo scopo di continuare il filo conduttore del lavoro che vede la tecnica e la scienza in continuo dialogo con i valori che sono alla base della dignità dell’uomo. Quindi, l’analisi scientifica lascia spazio alla riflessione sull’uomo, l’imperativo biotecnologico segue i passi del buon senso per dimostrare come la medicina con l’uso delle cellule staminali possa avvalersi di un patrimonio terapeutico che è già presente nell’essere umano. Il metodo utilizzato è analitico lì dove è necessario esporre le conoscenze scientifiche raggiunte, ma non tralascia l’aspetto argomentativo, nei capitoli inerenti la riflessione antropologica ed etica.

8


Si tratta di un campo di ricerca in continua evoluzione che pone giornalmente nuove questioni da analizzare, ecco perché vogliamo dare un contributo alla riflessione bioetica sull’applicazione delle cellule staminali nella geneterapia, consapevoli della presenza dei limiti che l’argomento tanto interessante quanto complesso presenta. Comunque, si vuole sottolineare che, nonostante l’oggetto della ricerca possa essere differente, con le corrispettive implicanze biotecnologiche, la dignità dell’uomo deve essere sempre un bene da salvaguardare e tutelare, perché rappresenta la prospettiva fondante da cui cominciare una ricerca scientifica e non un corollario etico di secondaria importanza.

9



CAPITOLO I LE CELLULE STAMINALI

1. DEFINIZIONE La conoscenza delle cellule staminali e delle loro potenziali applicazioni si è sviluppata negli ultimi 40 anni. Negli anni ’60 fu scoperto che alcune cellule di topo avevano la capacità di formare un sistema tissutale; dopo l’eco straordinaria generata in tutto il mondo scientifico da questa notizia, la ricerca condusse solo nel 1971 alla scoperta delle cellule staminali1. Nel novembre 1998 un gruppo di ricercatori della Wisconsin University a Madison negli Stati Uniti, in laboratori e con personale interamente messi a disposizione dalla Geron Corporation, pubblicò un lavoro in cui si dimostrava la possibilità di ottenere, dalle cellule dell’embrioblasto di embrioni umani allo stadio di blastociste, opportunamente stimolate, cellule totipotenti non ancora differenziate2. In realtà, ricerche precedenti sul topo avevano già dimostrato che le cellule dell’embrioblasto avrebbero potuto dare origine, in seguito a differenziazione spontanea o indotta, a cellule dei più diversi tipi di tessuto3. In ogni caso i risultati facevano pensare che si potesse essere in presenza di una fonte inesauribile di cellule che, se impiantate in organi malati, ne avrebbero consentito la riparazione. 1 Cfr. G. SICA, Le biotecnologie e l’uomo: il caso delle cellule staminali umane, in M.L. DI PIETRO – E. SGRECCIA, Biotecnologie e futuro dell’uomo, Milano 2003, 320. 2 Cfr. J. THOMSON – J. ITSKOVITZ-ELDOR ET AL., Embryonic stem cells lines derived from human blastocyst, in Science 283 (1998) 1145-1147; J. AXELMAN – S. WANG ET AL., Derivation of pluripotent stem cells from cultured human primordial germ cells, in Proceedings of the National Academy of Science USA 95 (1998) 13726-13731. 3 Cfr. P. LIU – K. POON ET AL., Pluripotent hemopoietic stem cells murine postmortem bone marrow, in Annals of Clinical and laboratory science 10 (1980) 1, 40-44; J. BARKER – S. BERNSTEIN, The competitive ability of stem cell from mice with Hertwig’s anemia, in Journal of cell physiology 113 (1982) 2, 257-260; C. CASTAGNOLA – J. VISSER ET AL., Purification of rat pluripotent hemopoietic stem cells, in Stem Cells 1 (1982) 250-260; Y. MATSUI – K. ZSEBO, Derivation of pluripotent embryonic stem cells from murine primordial germ cells in culture, in Cell 70 (1992) 81-87; I. RICH, Primordial germ cell are capable of producing cells of the hemopoietic system in vitro, in Blood 86 (1995) 2, 463-472.


Etimologicamente l’aggettivo “staminale” deriva da “stame”, dal latino stamen, letteralmente “l’ordito del telaio”, che per gli antichi era verticale con l’ordito che pendeva da una sorta di palo. Il termine greco sthmwn ci porta alla radice di “stare”, nel senso di essere ritto, in linea verticale, così come è la tela che pende da un’asse orizzontale. La parola stem in inglese indica, in prima istanza, la parte che in una pianta forma l’asse centrale, che produce e supporta ramificazioni secondarie, foglie e fiori. I concetti espressi suggeriscono che l’aggettivo “staminale” stia a significare qualcosa che è prima, “ancestrale”, che precede, nel caso specifico del sistema cellulare, essendone progenitore, gli altri elementi cellulari. Nel corso dello sviluppo le cellule, che nel tempo hanno acquisito determinate caratteristiche, riducono progressivamente la loro capacità di differenziamento divenendo così meno abili a trasformarsi in tipi cellulari diversi. Pertanto, quando una cellula matura differenziata si divide può dare origine solo allo stesso tipo di cellula. Le cellule staminali si inseriscono in questo dinamismo naturale, ma i fattori specifici e le condizioni che permettono alle cellule staminali di rimanere indifferenziate sono oggetto, al tempo stesso, di grande impegno e di grande curiosità tra gli scienziati; un impegno che incontra non poche difficoltà. È importante riuscire a decodificare i segnali che consentono ad una popolazione cellulare, in un organo maturo, di proliferare restando non specializzata sino al momento in cui le cellule sono necessarie per riparare un dato tessuto. Le cellule staminali non possiedono alcuna struttura specifica tissutale che permetta loro di eseguire delle funzioni distinte. In realtà, una cellula staminale non può collaborare con le cellule vicine del muscolo cardiaco per inviare il sangue nel grande e piccolo circolo, né può trasportare molecole di ossigeno nei vasi sanguigni, come i globuli rossi, oppure trasmettere segnali elettrochimici ad altre cellule per permettere al corpo umano di muoversi e “parlare”, come le cellule nervose. Tuttavia, le cellule staminali indifferenziate possono dare origine a cellule differenziate, che siano del muscolo cardiaco, del sangue o del sistema nervoso. Esse possono dare origine a cellule progenitrici dalle quali

12


derivano linee cellulari differenziate di circa 250 tipi (muscolari, nervose, epatiche ecc.) presenti nei diversi tessuti ed organi4:

Figura 1: Possibili differenziazioni delle cellule staminali. 4

Cfr. J. LOUTIT – M. MARSHALL ET AL., Versatile stem cell in bone marrow in Lancet 13 (1982) 2, 1090-1093; J. ZUCALI, Self-renewal and differentiation capacity of bone marrow and fetal liver stem cells in British Journal of haematology 52 (1982) 2, 295-306; D. VAN DER KOOY – S. WEISS, Why stem cells?, in Science 287 (2000) 1439-1441.

13


Il processo di differenziazione permette alle cellule staminali non differenziate di dar vita a cellule diversificate sia per forma che per funzione5. I ricercatori stanno cercando di capire nel dettaglio i segnali interni ed esterni alle cellule, che innescano il processo di differenziazione cellulare6. I segnali interni sono controllati dai “geni interspaziati” lungo i filamenti di DNA e contenenti le istruzioni fondamentali per le strutture e le funzioni di una cellula7. I segnali esterni sono composti chimici secreti da altre cellule, interazioni fisiche con cellule vicine oppure particolari molecole presenti nel microambiente. Numerose questioni inerenti la differenziazione cellulare rimangono oggi ancora aperte: • i segnali interni ed esterni che promuovono la differenziazione sono uguali per tutti i tipi di cellule staminali? • possono essere identificati specifici sets di segnali che promuovono la differenziazione in specifici tipi cellulari? Acquisire tali conoscenze può essere molto utile ai ricercatori per predisporre specifici protocolli sperimentali e per ottenere cellule o tessuti a scopi terapeutici. L’idea sottesa alla terapia con cellule staminali è infatti proprio quella di isolare cellule, moltiplicarle ed utilizzarle per riparare un tessuto danneggiato, per interventi di chirurgia plastica, per sostituire parte di un organo anziché l’organo nella sua totalità, per curare patologie croniche debilitanti (Parkinson, diabete, sclerosi multipla ecc). 5

Cfr. NATIONAL BIOETHICS ADVISORY COMMISSION, Ethical Issues in Human Stem Cell Research, I, Maryland 1999, 85; NATIONAL INSTITUTE OF HEALTH, What are stem cells?, in http://www.stemcells.nih.gov/info/basic. 6 Cfr. K. D’AMOUR – A. AGULNICK ET AL., Efficient differentiation of human embryonic stem cells of definitive endoderm, in Nature Biotechnology 23 (2005) 1534-1541; P. AMONTE – M. VAN BRAGT ET AL., Spermatogonial stem cells: characteristic and experimental possibilities, in Acta pathologica, microbiologica et immunologia scandinavica 113 (2005), 727; S. WEISS – J. CROSS ET AL., Pregnancy-stimulated neurogenesis in adult female forebrain mediated by prolactin, in Science 299 (2003) 117-120; H. WH – Y. SUN ET AL., Epigenetic regulation of stem cell differentiation, in Pediatric Research, Marzo 2006. 7 Cfr. R.-Y. TSAI – R. MCKAY ET AL., A nuclear mechanism controlling cell proliferation in stem cells and cancer cells, in Genes and Development 16 (2002) 2991-3003.

14


2. CLASSIFICAZIONE Le cellule staminali sono state classificate in base alla loro plasticità, cioè alla capacità che hanno di generare cellule differenziate di un tessuto diverso. Totipotenti: cellule in grado di dare origine a tutte le popolazioni cellulari dell’organismo necessarie a formare l’embrione, esse sono presenti alla prima settimana di sviluppo (la cellula uovo fecondata è allo stadio di 12-16 cellule dopo circa 3 giorni di sviluppo ecc.). Questa proprietà definisce lo zigote e le sue prime segmentazioni, che presentano tutte lo stesso patrimonio genetico, infatti se prelevassimo dalla cellula uovo fecondata una di queste cellule, essa si comporterebbe da nuovo zigote. È il processo che, in natura, dà luogo alla formazione dei gemelli e, in vitro, alla clonazione per scissione embrionale, effettuata nel 1993 da due ricercatori statunitensi. Pluripotenti: sono cellule flessibili, capaci di dare origine a più popolazioni cellulari, in generale a tutte quelle di un tessuto (per esempio il midollo osseo). Sono presenti allo stadio di blastocisti con 100-140 cellule (fra la prima e la seconda settimana di sviluppo); si tratta del risultato di un complesso movimento di migrazione e trasformazione cellulare. Sono cellule isolate dalla massa cellulare della cavità interna del blastocisti. Multipotenti: cellule capaci di moltiplicarsi e mantenersi in coltura, ma incapaci di rinnovarsi illimitatamente. Questo tipo cellulare è stato identificato sia nei feti sia negli adulti, ma in numero limitato. Un particolare tipo di cellule staminali multipotenti sono le cellule staminali mesenchimali che danno vita a: ossa, cartilagine, muscoli, tessuto adiposo ed altri tessuti connettivi. Germinali: cellule staminali pluripotenti isolate, precursori dei gameti presenti dalla terza settimana di sviluppo, possono produrre cellule pluripotenti dette Embryonic Germinal Germ in grado di differenziarsi in numerosi tipi cellulari. In una regione del mesoderma alcune cellule si concentrano partecipando alla formazione delle gonadi Unipotenti: cellule staminali che danno luogo ad un unico tipo cellulare, e che per la loro capacità auto-rinnovamento si distinguono dalle altre cellule8. 8 Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Parere sull’impiego terapeutico delle cellule staminali, 27 ottobre 2000, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per

15


Questa importante classificazione permette di evidenziare le differenti vie di sviluppo che le cellule staminali possono seguire nella funzionalità di un organismo, limitandone le potenzialità lì dove queste cellule presentano un campo più ristretto di applicazione. È comprensibile come la tecnologia delle cellule staminali, in particolare di quelle umane, abbia rivoluzionato la biologia moderna ed abbia fornito un nuovo modello per lo studio dei processi di differenziamento utile anche ai fini della comprensione delle anomalie dello sviluppo.

3. FONTI E CARATTERISTICHE DELLE CELLULE STAMINALI Le nuove conoscenze biotecnologiche hanno aperto la strada a diverse linee di ricerca grazie alla identificazione delle origini delle cellule staminali che, allo stato attuale, sembrano essere principalmente di quattro tipi: embrionali, fetali, adulte, da cordone ombelicale, da liquido amniotico (?).

3.1. Cellule staminali embrionali umane La maggior parte dei dati sperimentali sulle cellule staminali embrionali (ES), che derivano dalla regione interna dell’embrione (embrioblasto o inner cell mass) prima del suo impianto nella parete dell’utero, sono frutto delle ricerche eseguite sui topi9, il cui studio è iniziato da ben 20 anni. Le ricerche sull’uomo sono state intraprese solo da qualche anno e si muovono partendo dai risultati ottenuti sul topo10. Le cellule staminali embrionali sono preziose scientificamente, la loro estrazione allo stadio antecedente alla gastrulazione dimostra la proprietà di totipotenza, ecco perché in esse si combinano alcune proprietà che non ritroviamo in altre linee cellulari: l’informazione e l’editoria, Roma 2001, n. 3-4; D. NERI, La bioetica in laboratorio, Bari 2005, 27-34; F. GAGE, Mammalian Neural Stem Cells, in Science 287 (2000). 9 Cfr. A. SMITH, Embryonic stem cells, in D. MARSHAK – D. GOTTLIEB, Stem Cell Biology, New York 2001, 205-230. 10 Cfr. M. LOEFFLER – CH. POTTEN, Stem cells and cellular pedigrees – a conceptual introduction, in CH. POTTEN, Stem Cells, London 1997, 1-27.

16


• cresciute in vitro, con particolari metodiche, si moltiplicano in gran numero senza andare incontro al processo di invecchiamento o morte, si mantengono inalterate le proprietà di plasticità e totipotenza per lunghi periodi; inoltre, le ES sono capaci di proliferare indefinitivamente senza differenziarsi11. • non presentano mutazioni genetiche, come dimostrato da una serie di tests genetici e dalla creazione di topi con patrimonio genetico interamente derivato dalle cellule staminali embrionali. Quando aggregate con un embrione precoce, le ES possono integrasi nell’embrione e successivamente differenziarsi in tutti i tipi cellulari del nuovo organismo, inclusa la linea germinale, senza causare nessun disturbo alla crescita e sviluppo di quest’ultimo. • in vitro si possono differenziare, sotto opportune condizioni, in diversi tipi cellulari dando vita a neuroni, cellule del sangue, cellule cardiache e della muscolatura scheletrica (figura 2). Cellule staminali embrionali possono essere isolate da embrioni congelati, prodotti in eccesso rispetto alle necessità della fecondazione in vitro e altrimenti destinati alla distruzione. Questa procedura ha suscitato notevoli reazioni a livello etico. Per ottenere cellule autologhe e quindi trapiantabili senza che si realizzi il fenomeno del rigetto, le cellule ES possono essere isolate da cellule dell’embrioblasto derivato dal trasferimento del nucleo di una cellula somatica adulta del paziente in una cellula uovo enucleata (Trasferimento somatico cellulare nucleare). La Commissione ministeriale presieduta dal prof. Dulbecco, nel dicembre 2000, ha proposto una tecnica, Trasferimento nucleare per la produzione di cellule staminali autologhe (TNSA), che avrebbe dovuto ottenere cellule totipotenti senza passare attraverso lo stadio embrionale12. Non esistono pubblicazioni, sino adesso, che vedono applicata la “via italiana”. Queste cellule ES hanno lo stesso genoma nucleare dell’individuo donatore della cellula somatica il quale non le rigetterebbe qualora venis-

11 Nel processo naturale non c’è proliferazione cellulare senza differenziazione, la peculiarità delle cellule staminali è che possono proliferare senza differenziarsi e si mantengono in questo stato per moltissimo tempo. 12 Cfr. M.P. FAGGIONI, Lavorare con le cellule staminali, in Studia Moralia 40 (2002) 85-114.

17


sero trapiantate nel suo organismo. Nel caso di malattie genetiche, queste cellule potrebbero essere geneticamente trattate in vitro prima del trapianto.

Figura 2: Coltivazione di cellule staminali embrionali.

Un embrione normale possiede circa 100 cellule con le proprietà delle cellule staminali embrionali, esse hanno un’emivita (durata della vita) di un giorno e si differenziano nelle diverse cellule del corpo. L’isolamento e la crescita di queste cellule permette agli scienziati di ottenere milioni delle stesse, utili e preziose per la ricerca e lo studio delle cellule staminali13. 13 La cellula staminale per eccellenza è lo zigote. Esso deriva dalla fecondazione della cellula uovo da parte dello spermatozoo e dà vita, dividendosi dopo 24-30 ore, a due cellule figlie (blastomeri), che, a distanza di circa 10 ore, vanno incontro ad una ulteriore divisione. Le mitosi si succedono rapidamente, allo stadio di 8-16 blastomeri ci troviamo di fronte ad un insieme di cellule aggregate, i cui confini sono facilmente identificabili, la morula. Verso il terzo giorno si osserva un cambiamento morfologico sostanziale della morula: essa va

18


L’attenzione pubblica e scientifica è stata enormemente sollecitata dalla produzione in vitro di cellule staminali embrionali umane e dalle potenzialità insite nella loro differenziazione, dato che i primi risultati pubblicati indicano che le ES si comportano in vitro e in vivo come le corrispondenti cellule murine14. James Thomson e i suoi collaboratori nel 1998 erano riusciti a preparare, al momento della pubblicazione del primo lavoro, cinque linee cellulari15, egli utilizzò embrioni formati nel corso di procedure di fecondazione in vitro per scopi riproduttivi. Questa scoperta ebbe, all’epoca, risvolti politici e commerciali16, che amplificati da esaltanti interventi dei mass media ha avviato una profonda riflessione ed un intenso dibattito tra scienziati e teologi17. soggetta alla “compattazione”. Lo strato più esterno è destinato a costituire il trofoblasto, il quale si impegnerà nella parete uterina e deve, quindi, essere dotato di compattezza. Il trofoblasto contribuirà a formare il corion e la placenta, mentre le cellule collocate all’interno formeranno sia l’embrione che tessuti extra-embrionali. Fino allo stadio di 8 cellule, ciascun elemento cellulare possiede una straordinaria peculiarità: è capace di dare inizio ad una nuova segmentazione e quindi produrre tutto ciò che serve al successivo sviluppo dell’individuo e cioè sia i tessuti embrionali sia quelli extra-embrionali (totipotenza del germe). La capacità di formare tutti i tessuti embrionali (totipotenza embrionale) viene conservata più a lungo dalla massa cellulare interna, allo stadio di blastocisti. Nel corso della seconda settimana, l’embrioblasto, cioè la massa cellulare interna della blastocisti, si organizza a formare i primi due foglietti embrionali: l’ectoderma e l’entoderma, fra i due strati si forma una membrana basale. Durante la terza settimana il disco germinativo bilaminare si trasforma in una struttura trilaminare mediante un processo di gestrulazione e cioè di invaginazione e trasferimento in profondità di cellule situate nelle pareti laterali e la formazione di un solco che compare tra il 15° ed il 17° giorno sulla superficie dell’ectoderma lungo la linea mediana, la linea primitiva, in tal modo tra l’ectoderma ed entoderma si forma il terzo foglietto embrionale, il mesoderma. La linea primitiva rappresenta l’asse di simmetria bilaterale dell’embrione, consente l’identificazione dell’asse cefalo-caudale, delle superfici dorsale e ventrale. Nella costituzione dei tre foglietti si verificano dei processi di crescita cellulare, producono un aumento della massa totale, successivamente si instaurano delle differenze citologiche, istologiche e funzionali tra i vari gruppi di cellule che conducono alla formazione dei diversi tessuti che entrano nell’architettura degli organi e dei sistemi. In sintesi si può affermare che lo sviluppo embrionale vede tre momenti: crescita, differenziamento e morfogenesi. 14 Cfr. J. THOMSON – J. ITSKOVITZ-ELDOR ET AL., Embryonic stem cells lines derived from human blastocyst, cit., 1146. 15 L. c. 16 Cfr. E. MARSHALL, The business of stem cells, in Science 287 (2000) 1419-1421. 17 Cfr. G. KELLER – R. SNODGRASS ET AL., Human embryonic stem cells: the future is now, in Nature Medicine 5 (1999) 151-152; J. MCDONALD – Y. QU ET AL., Transplanted

19


Oggi, sempre più, è evidente la grande plasticità delle cellule staminali embrionali umane, nonostante sia ancora limitata la comprensione del controllo della loro crescita e della loro differenziazione, complicata spesso da notevole instabilità di origine epigenetica18. Inoltre, si è notato che la inoculazione delle cellule staminali embrionali umane in topi immunodeficenti era seguita da sviluppo di teratomi (neoformazioni complesse avente origine da cellule indifferenziate). Questo fenomeno è stato osservato nelle cellule embrionali lasciate differenziare spontaneamente, mentre si riduce, fino a sparire, nelle progenie cellulari ottenute con processi di differenziazione guidata19. Alcune riflessioni di esperti del settore circoscrivono l’entusiasmo intorno alle cellule staminali embrionali umane nei limiti che la ricerca ha delineato. Gretchen Vogel, nella rivista scientifica Science, scrive: «Sebbene le cellule staminali embrionali siano note da più di due anni, il lavoro per ottenerle è stato lento e frustrante; in realtà, soltanto pochi ricercatori hanno pubblicato qualche risultato su di esse. Queste cellule, infatti, non solo sono esigenti per le loro condizioni di crescita, ma tendono anche a differenziarsi spontaneamente in una serie di tipi diversi da quello desiderato, se non sono sottoposte a condizioni altamente controllate»20.

Gli stessi ricercatori della Geron Co., che hanno sostenuto la ricerca per la produzione di cellule staminali e ottenuto la licenza esclusiva per il loro uso commerciale, pur dichiarando che linee cellulari derivate da una singola cellula staminale embrionale hanno continuato a

embryonic stem cells survive, differentiate and promote recovery in injured rat spinal cord, in Nature Medicine 12 (1999) 1410-1412; B. SORIA, In-vitro differentiation of pancreatic beta-cells, in Differentiation 68 (2001) 205-219; J. ODORICO – J. THOMSON ET AL., Multilineage differentiation from human embryonic stem cell lines, in Stem Cells 19 (2001) 193-204. 18 Cfr. R. JAENISCH ET AL., Epigenetic instability in ES cells and cloned mice, in Science 293 (2001) 95-97. 19 Cfr. J. THOMSON – J. ITSKOVITZ-ELDOR ET AL., Embryonic stem cells lines derived from human blastocyst, cit., 1147. 20 G. VOGEL, The hottest stem cells are also the toughest, in Science 292 (2001) 429.

20


replicarsi in coltura per 250 generazioni, riconoscono di essere lontani dal traguardo finale21. Infatti, la crescita cellulare avviene in un opportuno terreno coltuale, le cellule embrionali staminali affinché crescano in numero occorrono opportune condizioni operative. Se le cellule vengono poste a contatto fra di loro, esse si differenziano spontaneamente. Tutto ciò è indice di una corretta funzionalità, ma non può essere considerato un metodo utile per produrre culture di cellule specifiche. La ricerca mira ad individuare i meccanismi molecolari che controllano la differenziazione delle cellule staminali embrionali per “guidarne” la tipologia modificando: la composizione chimica del medium colturale e/o modificando geneticamente le cellule. Occorre, comunque, considerare un altro problema. Dopo anni di sperimentazioni gli scienziati hanno definito alcuni protocolli per la diretta differenziazione delle cellule staminali embrionali, ma le linee cellulari embrionali finora utilizzare nelle ricerche sono state ottenute con un metodo che ha comportato l’utilizzo di cellule di topo (fibroblasti fetali), come brodo di coltura22. Questo le rende meno adatte all’applicazione terapeutica su esseri umani, poiché non si può escludere la possibilità della trasmissione di agenti infettivi innocui per l’animale ma letali per l’uomo. Recenti ricerche hanno portato avanti linee cellulari di ES sviluppate in terreni di coltura senza cellule o siero, evitando così i rischi di contaminazioni con possibili agenti patogeni23. Inoltre, nei laboratori dell’Advenced Cell Tecnology e Massachussetts Institute of Technology, recentemente, sono stati ottenuti risultati promettenti nell’ottenere cellule staminali senza distruggere l’embrione24.

21

Cfr. ID., Stem cell: New excitement, Persistent questions, in Science 290 (2000)

1674. 22 Cfr. M. EVANS – M. KAUFMAN ET AL., Establishment in culture of pluripotential cells from mouse embryos, in Nature 292 (1981) 154-156; M. RICHARDS – S. TAN ET AL., Comparative evaluation of various human feeders for prolonger undifferentiated growth of human embryonic stem cells, in Stem Cells 21 (2003) 546-556. 23 Cfr. M. AMIT – J. ITSKOVITZ-ELDOR ET AL., Feeder layer and serum – free culture of human embryonic stem cells, in Biology of reproduction 70 (2004) 837-845; I. KLIMANSKAYA – Y. CHUNG – L. MEISNER ET AL., Human embryonic stem cells derived without feeder cells, in Lancet, Marzo 2005. 24 Cfr. A. MEISSNER – R. JAENISCH, Generation of nuclear transfer-derived pluripotent ES cells from cloned Cdx2-deficient blastocysts, in Nature 439 (2006) 212-215; Y. CHUNG

21


3.2. Cellule staminali fetali umane Le cellule staminali fetali derivano dalle cellule germinali primordiali presenti nel tessuto fetale durante le molteplici fasi dello sviluppo. Diversamente dagli studi sulle cellule staminali embrionali, gli esperimenti sulle cellule embrionali germinali sono limitati. Nel novembre del 1998 sono stati condotti alcuni studi ottenendo l’isolamento, la coltura e la parziale caratterizzazione di queste cellule provenienti dalle gonadi di un tessuto umano ottenuto da un aborto25. Questi esperimenti mostrano che le cellule staminali fetali sono capaci di formare i tre foglietti embrionali che danno vita a tutti gli specifici organi del corpo. Si ritiene che le potenziali applicazioni delle cellule fetali siano relativamente più limitate rispetto a quelle delle cellule staminali embrionali, poiché le prime sono più avanzate nello sviluppo (5-9 settimane) rispetto alle seconde (5 giorni). Il tessuto fetale può, tuttavia, essere fonte dei precursori neuronali, anche se è discutibile l’uso e l’applicazione di prodotti cellulari da esso derivati. La vita di queste cellule in vivo non è ben conosciuta, occorrono numerose ricerche per evitare risultati non desiderati, come l’induzione di tumori o altri processi patologici26. Oggi, le cellule staminali fetali si ricavano da feti abortiti (5-9 settimane), ad esse vengono riconosciute caratteristiche intermedie fra quelle embrionali e quelle adulte; sono, generalmente, pluripotenti e deputate all’accrescimento dei tessuti27. Un numero ridotto di studi finora disponibili non consente di trarre conclusioni definitive sulle loro capacità di crescita, differenziamento ed integrazione funzionale nei vari tessuti28. – R. LANZA ET AL., Embryonic and extraembryonic stem cell lines derived from single mouse blastomeres, in Nature 439 (2006) 216-219. 25 Cfr. M. SHAMBLOTT – J. AXELMAN ET AL., Derivation of pluripotent stem cells from cultured human primordial germ cells, in Proceeding of the National Academy of Sciences 95 (1998) 13726-13731. 26 Cfr. Y. KATO – W. RIDEOUT ET AL., Developmental potential of mouse primordial germ cells, in Development 126 (1999) 1823-1832. 27 Cfr. B. PORTMANN-LANZ – A. HUBER ET AL., Placental mesenchymal stem cells as potential autologous graft for pre- and perinatal neuregeneration, in American Journal of Obstetrics and Gynecology 194 (2006) 664-673. 28 Cfr. P. CARINCI – G.P. BAGNARA, Cellule staminali e rinnovamento tissutale, in Bioetica 11 (2003) 1, 27-31.

22


3.3. Cellule staminali adulte umane Dopo lo sviluppo post-embrionale attraverso i processi biologici naturali di ogni organismo, alcuni tessuti del corpo umano richiedono cellule staminali per il normale turnover ed il riparo di cellule danneggiate. Le cellule staminali, che si trovano in un tessuto già sviluppato, vengono definite cellule staminali adulte, alcuni ricercatori usano il termine cellule staminali somatiche. Le ricerche su queste cellule hanno recentemente generato molto clamore. Infatti, sono state individuate cellule staminali adulte in molti più tessuti di quanto si pensasse. Questa scoperta ha spinto i ricercatori a domandarsi se queste cellule potessero essere usate o meno per i trapianti. Alcuni tipi di cellule staminali adulte sembrano avere la capacità di differenziarsi, sotto determinate condizioni, in diversi tipi cellulari. Se questa differenziazione fosse controllata in laboratorio, queste cellule diventerebbero la base per curare molte malattie gravi. La storia della ricerca sulle cellule staminali adulte ha avuto inizio 40 anni fa, quando, negli anni ’60, le ricerche hanno condotto alla identificazione nel midollo osseo di due tipi diversi di cellule staminali29, figura 3: • cellule staminali emapoietiche, che formano tutti i tipi di cellule del sangue; • cellule stromali del midollo osseo (cellule staminali mesenchimatiche), importanti per il mantenimento fisiologico del midollo osseo, dei muscoli, delle cartilagini, del tessuto adiposo e di molti altri tessuti, dato che sono capaci di differenziarsi in essi30. Alcuni ricercatori hanno scoperto in due regioni del cervello di ratto le presenza di cellule di differenziamento che davano vita a cellule nervose, il che ha fatto insorgere tutti coloro che sostenevano l’impossibilità da parte di un cervello adulto di produrre nuove cellule nervose.

29 Cfr. P. BIANCO – G. COSSU, Uno, nessuno e centomila: searching for the identity of mesodermal progenitors, in Experimental Cell Research 251 (1999) 257-263. 30 Cfr. M. PITTENGER – A. MACKAY ET AL., Multilineage potential of mesenchymal stem cells, in Science 284 (1999) 143-147; P. BIANCO – P. GEHRON ROBEY, Marrow stromal stem cells in The Journal of Clinical Investigation 105 (2000) 1663-1668.

23


Negli anni ’90 fu dimostrato che un cervello adulto contiene cellule staminali che sono capaci di generare tre classi di cellule: astrociti, oligodendrociti, che non sono cellule neuronali, e cellule nervose31.

Figura 3: Differenziazione delle cellule staminali ematopoietiche e stromali.

Inoltre, esiste una certa interscambiabilità tra cellule staminali presenti in tessuti diversi, tale facoltà permette a queste cellule, apparentemente orientate verso la differenziazione in cellule specializzate di un determinato tessuto, di intraprendere processi differenziativi che generano 31 Cfr. B. REYNOLDS – S. WEISS, Generation of neurons and astrocytes from isolated cells of the adult mammalian central nervous system, in Science 255 (1992) 1707-1710.

24


elementi costituenti organi o sistemi diversi da quello originario32. Questa proprietà è conosciuta con il nome di transdifferenziazione o plasticità33. La conoscenza dei processi biochimici di tali sistemi permetterà ad un tessuto malato la ripopolazione delle cellule danneggiate ed il conseguente riparo dell’intero tessuto (figura 4).

Figura 4: Plasticità delle cellule staminali adulte. 32 Cfr. R. MCRAY, Stem cells: hype and hope in Nature 406 (2000) 361-364; ID., Mammalian deconstruction for stem cell reconstruction, in Nature Medicine 6 (2000) 7, 747-748. 33 Cfr. F. GAGE, Structural plasticity: cause, result or correlate of depression, in Biological Psychiatry 48 (2000) 713-714; M. ALISON – R. POULSOM ET AL., An Introduction to stem cells, in The Journal of pathology 197 (2002) 419-423; W. TSE – M. EGALKA, Stem cell plasticity and blood and marrow transplantation: a clinical strategy, in Journal of cellular biochemistry. Supplement 38 (2002) 96-103; K. NAKASHIMA – S. COLAMARINO, Embryonic stem cells: staying plastic on plastic, in Nature Medicine 10 (2004) 23-24.

25


I dati sperimentali addotti a tale affermazione sono molteplici. Le cellule staminali ematopoietiche e stromali del midollo osseo possono differenziarsi nelle tre maggiori categorie di cellule cerebrali (neuroni, oligodendrociti ed astrociti), nelle cellule del tessuto muscolare scheletrico, nelle cellule del muscolo cardiaco e nelle cellule epatiche34. Le cellule staminali del cervello possono differenziarsi nelle cellule del sangue e del tessuto muscolare scheletrico. Infatti, cellule staminali isolate dal sistema nervoso centrale possono ripopolare il sistema ematopoietico in topi irradiati con dosi subletali di radiazioni35. Le cellule staminali epatiche hanno permesso una rigenerazione del tessuto epatico in un paziente sottoposto a trapianto di midollo allogenico, cioè gli elementi midollari trapiantati, attraverso un ipotetico processo di transdifferenziazione, possono indurre la funzione staminale a livello epatico36. L’attuale ricerca è finalizzata a determinare i meccanismi che sottostanno alla plasticità delle cellule staminali adulte presenti in tutto l’organismo, l’esposizione eseguita è l’empio con più letteratura presente nelle riviste scientifiche ma la ricerca ha permesso di individuare le cellule staminali in quasi tutti gli organi del corpo umano. Le cellule staminali adulte, almeno teoricamente, offrono l’opportunità di utilizzare ridotte quantità di tessuto per ottenere un’iniziale coltura di cellule di un paziente, necessaria per un impianto (questo è chiamato trapianto autologo).

34 Cfr. M. PITTENGER – A. MACKAY ET AL., Multilineage potential of mesenchymal stem cells, 147; D. WOODBURY – E. SCHWARZ ET AL., Adult rat human bone marrow stromal cells differentiate into neurons, in Journal of Neuroscience Research 61 (2000) 364-370; J. SANCHEZ-RAMOS – F. CARDOZO-PELAEZ ET AL., Adult bone marrow stromal cells differentiate into neural cells in vitro, in Experimental Neurology 164 (2000) 247-256; T. HEIKE – T. NAKAHATA, Stem Cell plasticity in hematopoietic system, in International Journal of Hematology 79 (2004) 714. 35 Cfr. A. GRITTI – R. GALLI ET AL., Epidermal and fibroblast growth factors behave as mitogenic regulators for a single multipotent stem cell-like population from the subventricular region of adult mouse forebrain, in The Journal of neuroscience 19 (1999) 32873297; CH. BJORNSON – A. VESCOVI ET AL., Turning brain into blood: a hemopoietic fate adopted by adult neural stem cells in vitro, in Science 283 (1999) 471. 36 Cfr. M. ALISON – R. POULSOM ET AL., Hepatocytes from non-hepatic adult stem cells, in Nature 406 (2000) 257; N. THEISE – R. GARDNER – P. ILLEI, Liver from bone marrow in humans, in Hepatology 32 (2000) 1, 11-16.

26


Questo processo eviterebbe ogni problematica etica o legale, ma soprattutto proteggerebbe il malato da infezioni virali e batteriche provenienti da altri individui. Non si possono escludere per importanza le cellule staminali ottenute da un donatore (cellule staminali adulte allogeniche), che, attraverso opportuni controlli e tests, possono essere comunque utilizzati. D’altro canto i trapianti autologi ed allogenici o eterologhi delle cellule staminali ematopoietiche, isolate con anticorpi selettivi dal midollo osseo, sono già dei metodi in uso in campo clinico. È necessario puntualizzare che molte cellule di interesse medico non possono essere prodotte facilmente in vitro da altre cellule staminali derivate da un tessuto già sviluppato, in quanto la produzione di queste è molto più difficoltosa rispetto alle cellule staminali embrionali. Nei tessuti adulti le cellule staminali si trovano in quantità molto limitate, sono difficili da isolare e le procedure di laboratorio sono ancora inefficienti nel generare cellule nella quantità necessaria per gli scopi terapeutici37. Nonostante molti studiosi considerino inverosimile che le cellule staminali adulte umane possano dare origine a una moltitudine di classi cellulari richieste per la ricerca medico-scientifica (in quanto esse sono note perdere la loro pluripotenza dopo qualche divisione in vitro) i dati sperimentali indicano, comunque, che: • una singola cellula staminale adulta potrebbe essere capace a generare una linea di cellule identiche geneticamente, che danno vita a tutte le cellule presenti in un tessuto. • un tessuto malato può essere rigenerato sfruttando i meccanismi di attaccato virali ed utilizzando un vettore virale per trasferire nel tessuto da “curare” cellule staminali adulte.

3.4. Cellule staminali da cordone ombelicale Il Sangue del Cordone Ombelicale (SCO), detto anche Sangue Placentare o Sangue Cordonale, considerato spesso materiale a perdere, raccolto subito dopo l’espulsione fetale dalla circolazione residua placentare, rappresenta oggi una nuova ed importante sorgente di cellule stami-

37

Cfr. D. NERI, La bioetica in laboratorio, cit., 51.

27


nali ematopoietiche che, rispetto al midollo osseo, ha dimostrato possedere significativi vantaggi in termini di capacità proliferativa e reattività immunologica38. In questi ultimi anni è stata anche valutata nel SCO la presenza di cellule staminali mesenchimali che rappresentano dei precursori multipotenti capaci di differenziarsi in cellule non-ematopoietiche come gli osteoblasti, i condrociti, gli adipociti ed i mioblasti, e di agire come cellule di supporto nella differenziazione e crescita delle cellule staminali ematopoietiche39. Nel corso dell’ontogenesi (l’insieme dei fenomeni che portano allo sviluppo dell’embrione di un organismo, dalla cellula uovo all’individuo adulto) si assiste ad un’ordinata e prevedibile successione del processo dell’ematopoiesi in diversi organi (processo di formazione degli elementi cellulari del sangue: globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). Nell’embrione umano, l’ematopoiesi ha inizio nel sacco vitellino intorno alla IV-V settimana di gestazione e passa al fegato e alla milza intorno alla VI-VII settimana. Questa funzione viene svolta gradualmente dal midollo osseo, in particolare da quello delle ossa piatte quali sterno, vertebre, coste e ali iliache, che rappresenta il tessuto predominante nel quale l’ematopoiesi continuerà per tutta la vita. Numerosi studi morfologici suggeriscono che lo spostamento della sede dell’ematopoiesi è conseguente alla migrazione di cellule staminali ematopoietiche da un organo all’altro attraverso il circolo ematico, ma non si esclude l’origine delle cellule staminali direttamente negli organi sede della ematopoiesi40. 38 Cfr. S. EMERSON, Ex vivo expansion of hemapoietic precursor, progenitors and stem cells: the next generation of cellular therapeutics, in Blood 87 (1996) 3082; A.R. MIGLIACCIO – J. ADAMSON ET AL., Cell dose and speed of engraftment in placental/umbilical cord blood transplantation: graft progenitor cell content is a better predictor than nucleated cell dose, in Blood 96 (2000) 2717-2722; J. LEOR – E. GUETTA ET AL., Human Umbilical cord blood cells: a new alternative for myocardial repair?, in Cytotherapy 7 (2005) 325-330. 39 Cfr. A. ERICES – P. CONGET ET AL., Mesenchimal progenitor cells in human umbilical cord blood, in British Journal of Haematology 109 (2000) 235-242; H. BROXMEYER – G. DOUGLAS ET AL., Human umbilical cord blood as a potential source of transplantable hematopoietic stem/progenitor cells, in Proceeding of the National Academy of Sciences 86 (1989) 3828-3832; K. MOISE JR., Umbilical Cord Stem Cells, in Obstetrics & Gynecology 106 (2005) 1393-1407. 40 Cfr. M. TASSAVOLI, Embryonic and fetal hemopoiesis: an overview, in Blood Cells 1 (1991) 269-281.

28


Vilma Gabutti, nel 1975, per prima evidenziò e descrisse la presenza di cellule staminali fetali nel sangue circolante tra placenta e feto umano41. Questa preziosa sorgente di vita, tuttavia, non è stata considerata utile per il trapianto fino a quando Broxmeyer, successivamente, dimostrò la presenza di progenitori ematopoietici come il Colony Forming Unit Granulocyte Macrophage (CFU-GM) in una unità di SCO, aprendo così la strada verso le applicazioni cliniche di tali cellule soprattutto in caso di neoplasie ematologiche nei pazienti pediatrici42. Nel 1988, presso l’Hôpital Saint-Loius di Parigi, Eliane Gluckman ha eseguito con successo il primo trapianto di cellule staminali da SCO per curare un bambino affetto da Anemia aplastica costituzionale di Fanconi. Il piccolo paziente, che ricevette il trapianto dal fratellino HLA compatibile43, vive ancora oggi in ottime condizioni e libero dalla malattia, dimostrando la capacità di attecchimento a lungo termine delle cellule staminali del SCO44. I dati della letteratura dimostrano che sino ad oggi sono stati effettuati più di 1800 trapianti, i pazienti che hanno ricevuto le cellule staminali ematopoietiche dal sangue placentare hanno una sopravvivenza, dopo due anni, superiore al 65%45. Questo è un dato importante perché, nella maggioranza dei casi, questi pazienti, non avendo un donatore compatibile, erano destinati ad esiti infausti.

41 Cfr. V. GABUTTI – R. FOÀ ET AL., Agli erta M behavior of human hemopoietic stem cells in cord and neonatal blood, in Haematologia 60 (1975) 492. 42 Cfr. H. BROXMEYER – E. GLUCKMAN ET AL., Umbilical cord blood hematopoietic stem cell and repopulating cells in human clinical transplantation, in Blood Cells 17 (1991) 313-329; P. RUBINSTEIN – P. TAYLOR ET AL., Unrelated placental blood for bone marrow reconstitution: organization of the placental blood program, in Blood Cells 20 (1994) 587600. 43 Per effettuare tale tipo di trapianto è necessario che fra il donatore ed il ricevente esista istocompatibilità che viene accertata mediante un esame, eseguito sul sangue periferico, denominato “Tipizzazione HLA”. 44 Cfr. E. GLUCKUMAN – H. BROXMEYER ET AL., Hemopoietic reconstitution in a patient with Fanconi’s anaemia by means of umbilical cord blood from an HLA-identical sibling, in New England Journal of Medicine 321 (1989) 1174-1178. 45 Cfr. M. LAUGHLIN – B. BAMBACH ET AL., Hematopoietic engraftment and survival in adult recipients of umbilical-cord blood from unrelated donors, in New England Journal of Medicine 344 (2001) 1815-1822.

29


Per “Unità Dedicata” di sangue cordonale si intende quella proveniente da un soggetto il cui consanguineo è un paziente che potrebbe beneficiarne, o quella proveniente dallo stesso paziente, per il quale la diagnosi prenatale ha individuato una affezione correggibile mediante il trapianto delle cellule staminali ematopoietiche. Oggi, il limite principale per l’applicabilità su larga scala del trapianto di sangue cordonale è rappresentato dalla ridotta quantità di quest’ultimo ottenibile con un solo prelievo (in media 80 ml) e dal ridotto numero di cellule staminali presenti in ogni sua unità. Questo comporta che, per ripristinare l’emopoiesi, la possibilità di trapianto riguarda esclusivamente pazienti pediatrici o comunque individui con un peso corporeo non superiore ai 50 Kg. Notevole impegno viene profuso per la messa a punto di tecniche che consentano di ottenere da un piccolo numero di cellule staminali una adeguata quantità di progenitori, senza compromettere la capacità di differenziazione e di autoreplicazione proprie di tali cellule. Le suddette tecniche consistono in una serie di manipolazioni ex vivo cui viene sottoposta una parte dell’unità di sangue placentare da trapiantare. La possibilità di utilizzare il sangue placentare ha permesso la nascita di appositi centri in ogni parte del mondo denominati Banche del Sangue del Cordone Ombelicale. Le banche svolgono il compito di raccogliere, analizzare, processare e conservare nel tempo il SCO. La più grande è la New York Blood Bank con circa 10.000 unità di campioni di SCO. In Italia, presso il Centro Trasfusionale e di Immunologia dell’Ospedale Maggiore di Milano, ha sede la Milano Cord Bank attiva dal 1993 che, con le sue 3.000 unità, rappresenta la principale banca italiana e una tra le più importanti del mondo. Nel 1995 le banche italiane si sono riunite in un gruppo chiamato GRACE (Gruppo Raccolta e Amplificazione Cellule Emopoietiche) cui fanno capo circa cinquanta centri periferici di raccolta. Nel 1997 anche in Sicilia è stata istituita la prima banca per il sangue cordonale presso l’Ospedale di Sciacca (AG), la quale viene riconosciuta a tutti gli effetti ed è finora preposta come l’unico centro dell’isola per la raccolta e crioconservazione del SCO. Gli obiettivi principali della Banca di Sciacca sono: • Criopreservare 5000 unità di sangue cordonale nell’arco di tre anni, in conformità a quanto stabilito nel protocollo operativo del Gruppo GRACE, con la collaborazione di circa cinquanta ospedali e case di cura private presenti nel territorio siciliano.

30


• Promuovere e coordinare l’attività della Banca Regionale addestrando il personale che lavora in tutte le fasi del processo di bancaggio. • Diffondere sul territorio l’attività di donazione di sangue cordonale favorendo il reclutamento delle potenziali donatrici mediante una stretta collaborazione con i responsabili dei corsi di preparazione al parto e con le associazioni di volontariato. • Disegnare la mappa genetica della Sicilia per incrementare la raccolta nelle zone meno “generose”. In Italia dal 1995 opera l’ADISCO (Associazione Donatrici Italiane Sangue del Cordone Ombelicale) con sede legale a Roma; i suoi obiettivi precipui sono: • Promuovere la donazione di SCO e renderla possibile su tutto il territorio nazionale. • Raccogliere fondi per la ricerca al fine di sviluppare completamente le enormi potenzialità dell’impiego di SCO nei trapianti. • Consentire la nascita e lo sviluppo della rete di banche del SCO sul territorio nazionale. Per garantire lo scambio internazionale dei campioni conservati, le banche di cordone si sono riunite in un’associazione scientifica (NETCORD) che ha collaborato con l’associazione per l’accreditamento del trattamento di cellule staminali (Foundation for the Accreditation of Hematopoietic Cell Therapy, FAHCT) per elaborare criteri di conservazione che, pur nel rispetto delle regolamentazioni vigenti nei singoli Paesi, siano omogenei e funzionali46.

3.5. Cellule staminali da liquido amniotico Una recente ricerca ha messo in evidenza un’altra fonte di cellule staminali pluripotenti che non ledono la dignità dell’embrione umano e accrescono la fiducia nello studio di ulteriori possibilità di indagine.

46

Cfr. ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, Standard internazionali per raccolta, manipolazione, caratterizzazione, conservazione, selezione e distribuzione del sangue cordonale. Seconda edizione (2001) degli standard elaborati e pubblicati congiuntamente da NETCORD e FACHT. Rapporti ISTISAN 02/23 (Roma, 2002), in http:/www iss.it/publ/rapp/index.htm.

31


Nel 2003 l’Università di Vienna ha permesso di intraprendere una nuova via di ricerca grazie alla scoperta nel liquido amniotico della proteina Oct-447, della quale è indubbia la sua importanza per la funzionalità biologica delle cellule staminali48. L’esistenza di questa proteina era indice di una loro possibile presenza, sebbene non si conoscesse se le suddette proteine potessero corrispondere ad un target cellulare di natura staminale. Finalmente nel 2007 un gruppo di ricercatori della Wake Forest Istitute for Regenerative Medicine (University School of Medicine) e della Haward Medical School è riuscito ad isolare da liquido amniotico cellule staminali attraverso l’utilizzo di markers di cellule staminali embrionali ed adulte49. Il loro lavoro è stato pubblicato nella rivista Nature Biotechnology50 ed ebbe una eco sorprendente nell’ambiente scientifico, soprattutto fra quei ricercatori che lottano per una ricerca che salvaguardi la vita dell’embrione. Notevoli sono le proprietà riscontrate nella proliferazione cellulare, esse raddoppiano in 36 h e non determinano alcun problema di tipo teratogeno. Inoltre, grazie alla peculiare specificità di queste cellule, poste in una fase avanzata del processo di sviluppo embrionale, possiamo ritrovare nel liquido amniotico cellule differenziate con attività specifiche che includono funzionalità neuronali, epatiche ed ossee51. I dati scientifici sono promettenti poiché eliminano problematiche di natura etica dato che ci permettono di utilizzare cellule non embrionali. Non possiamo però negare come diversi sono gli interrogativi che emergono. Il metodo attraverso cui ricaviamo il liquido amniotico è massimamente l’amniocentesi, procedura invasiva inserita generalmente fra le tecniche di diagnosi prenatale, che presenta una percentuale di aborto del 0.5 47 Cfr. A.R. PRUSA – E. MARTON – M. ROSNET ET AL., Oct-4-expressing cells in human amniotic fluid: a new source for stem cell research?, in Human Reproduction 18 (2003) 1489-1493. 48 Cfr.M. PESCE – H. SCHÖLER, Oct-4: Gatekeeper in the Beginnings of Mammalian development, in Stem Cells 19 (2001) 271-278. 49 Cfr. T. MIKI – TH. LEHMANN ET AL., Stem cells characteristics of Amniotic Epithelial Cells, in Stem Cells 23 (2005) 10, 1549-1559. 50 Cfr. P. DE COPPI – G. BARTSCH JR. – L. PERIN ET AL. Isolation of amniotic stem cell lines with potential for therapy, in Nature Biotechnology 25 (2007) 1, 100-106. 51 Cfr. D. MCLAUGHLIN – G. VALLIANATOS ET AL., Stable expression of a neuronal dopaminergic progenitor phenotype in cell lines derived from human amniotic fluid cells, in Journal of Neuroscience Research 83 (2006) 1190-1200.

32


– 0.7 %52, inoltre la quantità di liquido da prelevare, se la finalità è esclusivamente quella di ottenere cellule staminali, varia in funzione del minimum di cellule staminali presenti per unità di volume. Di solito vengono prelevati 15-20 ml di liquido mediante agoaspirazione ecoassistita oppure ecoguidata. Sino a che punto possiamo spingerci oltre questa quantità di liquido per ottenere un minimum di cellule staminali? Possiamo utilizzare tecniche meno invasive che annullino la percentuale di aborto? Quante volte possiamo intervenire sul grembo materno senza danneggiare il feto? La ricerca biomedica e l’esperienza degli operatori daranno risposte adeguate a queste domande solo se si percorrerà la strada non solo del bene del sapere scientifico ma anche della salvaguardia della vita della madre e del nascituro.

4. LE APPLICAZIONI TERAPEUTICHE L’impatto socio-sanitario, psicologico ed economico che è presente nei confronti delle malattie acute, croniche e degenerative è talmente forte che rende accesa e spesso indirizza la ricerca scientifica. Le scoperte inerenti le cellule staminali hanno aperto diverse linee di studio che consentono applicazioni in campo clinico dei risultati ottenuti per curare alcune malattie spesso intrattabili attraverso le terapie di uso corrente. I tessuti danneggiati da traumi o malattie di diversa entità e gravità non sempre sono riparati dal mirabile e complesso sistema organico endogeno che, nelle normali condizioni fisiologiche, ristabilizza l’equilibrio perduto. Occorre spesso un’azione terapeutica, che aiuti l’organismo nel suo costante processo autopoietico. In particolare, in alcuni casi è necessario riparare il danno tissutale con il trapianto di cellule staminali, precedentemente differenziate in laboratorio. In campo scientifico si parla di “ricerca traslazionale”, che consiste nell’indagare le strategie migliori per trasferire le nuove conoscenze acquisite dalla ricerca biomedica nella pratica clinica, cioè a vantaggio del 52 Cfr. COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, Diagnosi prenatali (18 luglio 1992), Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 1992.

33


maggior numero possibile di pazienti e a costi sostenibili. I trattamenti con le cellule staminali sono ad alta tecnologia e ad alti costi, per cui occorre tener conto di diversi elementi che riguardano sia la reperibilità che l’applicazione. Secondo la letteratura scientifica internazionale, l’utilizzo delle cellule staminali embrionali sembra la strada migliore, in quanto vengono considerate più “promettenti” rispetto alle cellule staminali adulte, in quanto possono essere disponibili in quantità illimitate e si prestano meglio ad uso clinico-terapeutico53. Questo percorso non è l’unico, l’applicazione terapeutica delle cellule staminali ricavate da tessuto adulto o dal sangue del cordone ombelicale è la strada più seguita e ha dato risultati promettenti senza creare problemi etici, riguardanti la distruzione dell’embrione. La tabella 1 elenca le malattie che potrebbero essere bersaglio di cellule staminali adulte specializzate. TIPO DI CELLULA

MALATTIA

Cellule del sistema nervoso

infarto cerebrale, parkinson, alzheimer, lesioni del midollo spinale, sclerosi multipla infarto del miocardio diabete osteoartrite cancro, immunodeficienze, malattie del sistema emopoietico, leucemia epatite, cirrosi ustioni, ferite distrofia muscolare traumi, osteoporosi

Cellule del muscolo cardiaco Cellule che sintetizzano insulina Cellule della cartilagine Cellule del sangue

Cellule del fegato Cellule epiteliali Cellule del muscolo scheletrico Cellule ossee

Tabella 1.

53 Cfr. JOHNS HOPKINS UNIVERSITY, Straight Talk: Adult and Embryonic Stem Cells and the Future of Research (luglio 2003); Panel: Clinical use of Embryonic Stem Cells jeopardized by policy on federal funding (dicembre 2003), in http://www.hopkinsmedicine. org/press/2003; R. FADEN, Public Stem Cell Bank considerations of justice in stem Cell Research and Therapy, in The Hasting Center Report 33 (2003) 25.

34


Si possono considerare, in linee generali, diversi metodi di applicazione terapeutica delle cellule staminali54. Una tipologia di cellule staminali isolata da un tessuto dell’organismo potrebbe essere differenziata in cellule, specifiche di un altro tessuto, grazie alla sua capacità plastica, affinché, attraverso il trapianto autologo o allogenico, si impieghino per la cura di una determinata patologia. Possiamo distinguere: • Trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche: questo trapianto consente la ripresa dell’autopoiesi dopo la somministrazione di dosi mieloablative di chemioterapia e radioterapia. Questa terapia è stata valutata su pazienti affetti da malattie autoimmuni severe55. • Trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche: il potenziale terapeutico del trapianto di cellule staminali allogeniche è legato all’azione antitumorale del sistema immune del donatore trapiantato nel paziente, consentendo di ridurre le dosi di radiochemioterapia a coloro che presentano una malattia avanzata e con tumori solidi56. 54 Cfr. E. MAYHALL – L. ZON, The clinical potential of stem cells, in Current Opinion in Cell Biology 16 (2004) 713-720; MINISTERO DELLA SANITÀ, Relazione della Commissione di studio sull’utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche (Roma, 28 dicembre 2000), in http:/www ministerosalute.it/pubblicazioni.htm. 55 Cfr. J. SCHROEDER – D. CHENG ET AL., Treatmant of severe systemic lupus erythematosus with high-dose chemotherapy and haemopoietic stem cell transplatation: a phase I study, in Lancet 356 (2000) 701-707; P. MURARO – R. MARTIN ET AL., Hemapoietic stem cell transplantation for multiple sclerosis: current status and future challenges, in Current Opinion of Neurology 16 (2003) 299-305; P. HUANG – Z. LI ET AL., Transplantion of autologous peripheral blood stem cells for the treatment of lower limb arteriosclerosis obliterans, in Zhonghua Xue Ye Xue Za Zhi 24 (2003) 308-311; W. KREISEL – K. POTTHOFF ET AL., Complete remission of Crohn’s disease after high-dose cyclophosphamide and autologous stem cell transplantation, in Bone Marrow Transplantion 32 (2003) 337-340. 56 Cfr. D. CHAO – H. PATEL ET AL., Allogeneic hematopoietic stem-cell transplantation: the next generation of therapy for metastatic renal cell cancer, in Nature Clinical Practice Oncology 1 (2004) 32-38; M. MARIS – R. STORB ET AL., Allogeneic hematopoietic cell transplantation as consolidation immunotheraphy of cancer after autologous transplatation, in Acta Haematologica 144 (2005) 221-229; D. NIEDERWIESER – TH. LAUGE ET AL., Allogeneic hematopoietic cell transplantation following reduced-intensity conditioning in patients with acute leukemias, in Critical Reviews in Oncology/Hematology 56 (2005) 275-281; A. GRATWONL – D. NIEDERWIESER ET AL., Allogeneic hematopoietic stem-cell transplantation for chronic myeloid leukaemia in Europe 2006: transplant activity, long-term date and current results, in Haematologica, 1 marzo 2006.

35


• Trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche del cordone ombelicale: in alternativa al midollo osseo e alle cellule staminali da sangue periferico, il sangue da cordone ombelicale è attualmente utilizzato quale sorgente allogenica di cellule staminali ematopoietiche, in ragione della loro immaturità immunologia e dell’elevato potenziale di ripopolamento midollare e immunologico57. • Trapianto di cellule staminali cutanee: cellule staminali coltivate in vitro utilizzabili solo per pazienti con patologie cutanee gravi ed ustioni58. • Trasferimento nucleare: può essere finalizzato a fini terapeutici diversi dalla produzione di cellule staminali. Consiste nel correggere di difetti genetici la cellula nelle prime fasi dello sviluppo embrionale o intervenire in malattie causate dall’alterazione del DNA mitocondriale59. Le cellule staminali, prelevate dallo stesso individuo e trattate attraverso la tecnica del trasferimento nucleare, presentano lo stesso patrimonio genetico del paziente. L’utilizzo del trapianto nucleare con cellule del paziente stesso (autotrapianto) evita i problemi e i rischi di rigetto e di incompatibilità tessutale. • Terapia cellulare: la ricostruzione del midollo spinale danneggiato da traumi fisici mirato a dare quindi una speranza ai tanti paraplegici. Per esempio, questa possibilità è già sperimentata nel ratto, dove è stata sfruttata la trasformazione dei precursori degli oligodendrociti in cellule che producono mielina nel midollo spinale; malattie degenerative del sistema nervoso (Alzheimer, morbo di 57

Cfr. D. PETROPAULOS – K.W. CHAN, Umbilical cord blood transplantation, in Current Oncology Reports 7 (2005) 406-409; Y. COHEN – A. NAGLER, Hematopoietic stemcell transplantation using umbilical-cord blood, in Leukemia & Lymphoma 44 (2003) 12871299; E. GLUCKMAN – V. ROCHE, Results of unrelated umbilical cord blood hematopoietic stem cell transplant, in Transfusion clinique et biologique: journal de la societe francaise de transfusion sanguine 8 (2001) 146-154. 58 Cfr. PH. JONES – F. WATT, Separation of human epidermal stem cells from transit amplifying cells on the basis of differences in integrin function and expression, in Cell 73 (1993) 713-724; G. PELLEGRINI-DE LUCA, The control of epidermal stem cells in the treatment of massive full-thickness burns with autologous keratino cytes cultured on fibrin, in Transplatation 68 (1999) 868-879; E. DELLAMBRA – G. ZAMBRUNO, Corrective transduction of human epidermal stem cells in laminin-5-dependent junctional epidermolysis bullosa, in Human Gene Therapy 9 (1998) 1359-1370. 59 Cfr. COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Parere sull’impiego terapeutico delle cellule staminali, 14.

36


Parkinson, malattia di Huntington, sclerosi laterale amiotrofica, malattie ecotossicologiche, post-traumatiche, da abuso farmacologico, da danno ischemico ecc.); malattie muscolo-scheletriche (displasia ossea, malattie progressive delle giunzioni ossee, osteogenesis imperfecta, miopatie primitive); malattie infiammatorie di natura sistemica (sindrome di Sjögren), attraverso la sostituzione delle cellule delle ghiandole salivari atrofiche dei malati; malattie degenerative della retina, della cornea e dell’apparato uditivo, i cui tessuti sono stati danneggiati per cause genetiche o traumatiche: ricostituzione del tessuto cardiaco dopo un infarto acuto del miocardio e riparazione dei vasi sanguigni da processi patologici progressivi come l’arteriosclerosi e l’ipertensione; malattie metaboliche tipo lisosomiali, causate dal blocco di specifici sistemi catabolici e dal conseguente accumulo nei lisosomi delle sostanze non degradate60. • La terapia genica è oggetto di approfondimento del capitolo seguente. Nella figura 5 si fa l’esempio delle cellule staminali del sangue che potrebbero essere differenziate in cellule nervose specifiche per la cura del morbo di Parkinson. • La medicina alternativa. Possiamo aggiungere qualche informazione su quanto, anche sulle cellule staminali, viene detto dai sostenitori della cosiddetta “medicina alternativa”. In questi ultimi anni i bioinformatici della medicina complementare e alternativa estendono la gnomica, iniziata da Watson e Crick 50 anni or sono, sino ad arrivare alle nuove discipline della genomica psicosociale e culturale. Numerosi ed avvalorati dati sperimentali hanno dimostrato che ogni tipo di stress, biotico o abiotico, induce una modulazione dell’espressione genica in una data cellula e quindi modifica la formazione di proteine e la funzione fisiologica61. Partendo da tali dati alcuni ricercatori

60

Cfr. R. CHIU – R. KAO, Cellular cardiomyoplasty: myocardial regeneration with satellite cell implantation, in The annals of thoracic surgery 60 (1995) 12-18; S. FILIP – J. MOKRY ET AL. Stem cell plasticy and issues of stem cell therapy, in Filia Biologica 51 (2005) 180-187; A. D’AMBROSIO – G. DI SCIASCIO, Transcatheter cell therapy of heart failure: state of the art, in Giornale italiano di cardiologia 7 (2006) 23-39. 61 Cfr. M. RENIS – CH. SCIFO ET AL., Switching off HSP70 and iNOS to study their role in normal and H O stressed human fibroblasts, in Life Science 74 (2003) 757-769.

37


hanno dimostrato che anche l’esperienza psicologica ha la sua influenza sull’espressione genica62.

Figura 5: Possibili vie di applicazione delle cellule staminali.

I messaggeri molecolari generati dallo stress, i danni biologici e la malattia sono fattori che possono attivare alcuni geni anche nelle cellule staminali, così che in queste vengono sintetizzate proteine che differenziano le cellule staminali in un tessuto ben preciso. La correlazione tra espressione genica e attività dell’uomo, la sua conseguente neurogenesi (processo che genera cellule neuronali), uniti alle applicazioni cliniche delle cellule staminali sono considerati come nuovi presupposti della medicina riabilitativa e delle nuove terapie bio-mediche. 62 Cfr. E. ROSSI, The bioinformatics of psychosocial genomics in alternative and complementary medicine, in Forsch komplementarmed Klass Naturheilkd 10 (2003) 143-150.

38


La terapia ottenuta dalle arricchenti esperienze della vita, durante momenti creativi che riguardano l’arte, la musica, la danza, la letteratura, la poesia e la spiritualità così come le diverse fasi della vita (la nascita, la pubertà, il matrimonio, la malattia, la salute e la morte), sembra che possano ottimizzare la coscienza, le relazioni interpersonali e giungere perfino a permettere la guarigione da una malattia63.

63

Ibid., 148.

39



CAPITOLO II LA TERAPIA GENICA

1. DEFINIZIONE E SPECIFICITÀ La terapia genica è un approccio recente, ancora sperimentale, al trattamento di alcune patologie umane in alternativa alle tradizionali terapie farmacologiche. Mentre queste ultime prevedono la somministrazione di prodotti chimici, sintetizzati fuori dall’organismo, la terapia genica utilizza geni o cellule provenienti dal paziente stesso per produrre o rilasciare un agente terapeutico. La terapia genica si avvale dell’ingegneria genetica, cioè quella disciplina che, utilizzando le tecniche di biologia molecolare, studia l’introduzione o l’eliminazione di geni specifici per manipolare il materiale genetico (DNA), per modificare o supplire alla funzione di un gene anomalo fornendo una copia dello stesso gene normale, per dirigere il riparo direttamente su un gene o per introdurre un gene che aggiunge nuove funzioni o sia capace di regolare l’attività di altri geni. La sua concezione si sviluppò a seguito del grande progresso delle metodiche di biologia molecolare sviluppatesi dagli anni ’80. Tali tecniche consentirono il clonaggio ed il sequenziamento di vari geni. Ciò comportò la precisa identificazione di molte alterazioni geniche in diverse patologie e la capacità, grazie alle tecniche del DNA ricombinante, di modificare microorganismi (come batteri o funghi) per poter far loro esprimere delle molecole d’interesse. Il passo successivo consistette nella valutazione della possibilità di trasfettare le cellule somatiche di un individuo avente una malattia genetica con un segmento di DNA contenente l’allele sano. Questo approccio si è successivamente esteso anche alle patologie non mendeliane come tumori, infezione da HIV ed altre patologie in cui non si va a sostituire un gene difettoso ma se ne aggiunge uno che possa mettere in moto un fenomeno terapeuticamente utile. Inizialmente, la terapia genica clinica è stata focalizzata su alcune patologie quali il cancro, le malattie infettive, o sui disordini metabolici in cui un solo gene era anomalo, come nella fibrosi cistica. Successivamente


è stata anche utilizzata per patologie più complesse in cui sono coinvolti più geni, si pensi alle patologie del cuore, all’insufficiente flusso sanguigno negli arti, alle artriti e al morbo di Alzheimer. Il successo della terapia genica dipende non solo dal rilascio del transgene terapeutico nello specifico target cellulare, ma anche dalle capacità che il gene deve possedere per funzionare correttamente all’interno della cellula. Affinchè la terapia genica possa venir eseguita è necessario conoscere la pato-fisiologia della malattia in questione ed identificare gli eventuali geni alterati o coinvolti nel processo o quelli terapeutici. Le metodiche di biologia molecolare e di genetica permettono di ottenere questi risultati in tempi sicuramente più rapidi rispetto al passato. Una volta individuato il gene d’interesse esso viene amplificato, clonato e sequenziato. In tal modo risulta possibile raccogliere tutte le informazioni necessarie per comprendere la sua funzione e le sue possibilità d’utilizzo. Il gene, che viene inserito nella cellula può andare incontro ad integrazione nel genoma cellulare oppure rimane esterno formando una particella episomiale. L’integrazione nel genoma permette la replicazione del gene ed il suo trasferimento alle cellule figlie derivanti dalla duplicazione della cellula madre. La particella episomiale, invece, non viene interessata dalla duplicazione per cui essa non viene trasmessa alle cellule figlie. È possibile ovviare a questa situazione, comunque, associando al gene terapeutico un’origine di replicazione, una sequenza di DNA che permetta l’aggancio delle polimerasi cellulari, che fa sì che l’episoma venga trasmesso alle cellule figlie. Queste tipologie di trasferimento possono risultare utili nel trattamento di differenti patologie. Avendo a che fare con malattie genetiche, infatti, bisogna utilizzare un gene che si replichi in maniera stabile per cui lo si deve far integrare nel genoma dell’ospite (per esempio utilizzando un retrovirus) oppure lo si può inserire sotto forma di particella episomiale contenente un’origine di replicazione. In altri casi, invece, il gene terapeutico è necessario solo per un certo periodo di tempo per cui lo si può aggiungere sotto forma di particella episomiale priva dell’origine di replicazione.

42


2. TIPOLOGIE DI TERAPIA GENICA Esistono due tipologie di terapia genica: quella delle cellule germinali e quella delle cellule somatiche.

2.1. Terapia genica per via germinale Si propone di trasfettare le cellule della linea germinale come spermatozoi ed ovociti o le cellule staminali totipotenti dei primissimi stadi dello sviluppo (allo stadio di 4-8 cellule), come mostra la figura 6 (a), (b). Gli studi condotti negli animali hanno dimostrato che il DNA contenente un dato gene può essere microiniettato nei pronuclei dell’uovo fecondato, permettendo ai geni inseriti di essere trasmessi anche alla linea germinale del nuovo organismo che si sviluppa. Le sperimentazioni sugli animali hanno portato ad esiti promettenti1. L’elemento fondamentale è che l’espressione quantitativa e tessuto-specifica appare controllabile. Si cerca di applicare agli uomini le conoscenze ottenute per via sperimentale sugli animali, una pista che trova non poche difficoltà a livello sia tecnico che etico2.

2.2. Terapia genica per via somatica La seconda tipologia, invece, si propone di modificare solamente le cellule somatiche, senza intaccare, quindi, la linea germinale, come mostra la figura 6 (c). 1 Cfr. J. GORDON, Micromanipulation of embryos and germ cells: an approach to gene therapy?, in American Journal of Medical Genetics 35 (1990) 206-214; N. WIVEL – L. WALTERS, Germ-line gene modification and disease prevention: some medical and ethical perspectives, in Science 262 (1993) 533-538; E. COOKE, Germ-line engineering, freedom, and future generations, in Bioethics 17 (2003) 32-58. 2 Cfr. P. BILLINGS, In utero gene therapy – The case against, in Nature Medicine 283 (1999) 2023-2024; D. RESNIK – P. LANGER, Human Germline Gene Therapy Reconsidered, in Human Gene Therapy 12 (2001) 1449-1458; J. GORDON, Germline alteration by gene therapy: assessing and reducing the risks, in Molecular Medicine Today 4 (1998) 468-470; CH. PORADA – P. PARK ET AL., Male Germ-Line Cells Are at Risk Following Direct-Injection Retroviral-Mediated Gene Transfer in Utero, in Molecular Therapy 12 (2005) 4, 754-762.

43


Nel 1982 Robert Williamson in un suo articolo su Nature mise in evidenza le potenziali applicazioni della terapia genica, distinguendola dalle procedure sull’embrione per le alterazioni genetiche3. La sperimentazione in vitro, successiva a questa ottimista prospettiva, portò a promettenti risultati sia a livello murinico4 che umano. Auspicata, successivamente, da French Anderson nel 1984, venne presa presto in seria considerazione. Nel 1989 furono approvati i primi protocolli sperimentali di geneterapia per via somatica nell’uomo5, nel 1991 si iniziarono le prime sperimen-

Figura 6: Tipologie di Terapia genica. 3

Cfr. R. WILLIAMSON, Gene-therapy, in Nature 298 (1982) 416-418. Cfr. J. BELMONT – J. HENKEL-TIGGES, Expression of human adenosine deaminase in murine haematopoietic progenitor cells following retroviral transfer, in Nature 322 (1986) 385-387. 5 Cfr. B. CULLINGTON, Gene tests begins, in Science 244 (1989) 913. 4

44


tazioni. Terapia del cancro, terapia dell’AIDS e terapia di malattie genetiche furono i campi preferibilmente scelti. La sperimentazione di geneterapia in utero è iniziata limitando, per adesso, il campo solo agli animali, mentre quella inerente i tumori si è notevolmente sviluppata. Sin dal 1991 si pratica questa terapia a livello clinico in pazienti di melanoma6, oltre 5000 pazienti sono stati trattati nel mondo in più di 400 protocolli clinici nei più diversi tipi e sedi del tumore. La ricerca fece emergere l’esigenza di migliorare la tecnologia di base con lo studio di opportuni vettori, che potessero veicolare i geni selezionati.

3. METODOLOGIA DEL TRASFERIMENTO GENICO La parte decisiva della terapia genica consiste nel metodo da adottare per effettuare il trasferimento del gene terapeutico. I diversi sistemi utilizzati per realizzare questo processo vengono attualmente distinti in virali e non virali.

3.1. Il trasferimento non virale Le metodologie adottate per trasferire il DNA senza ricorrere a virus comprendono7: • L’iniezione di DNA nudo: è la procedura più lineare e più semplice ed inoltre permette di trasferire costrutti genici di grandi dimensioni. Consiste nell’iniettare il gene terapeutico, legato ad un plasmide, direttamente nella cellula tramite l’utilizzo d’una micropipetta. Lo svantaggio di questa metodica consiste nel fatto che bisogna iniettare il DNA in ogni cellula, una per una. Il rendimento, inoltre, è decisamente basso8. 6 Cfr. S. ROSENBERG – P. AEBERSOLD ET AL., Gene transfer into humans–immunotherapy of patients with advanced melanoma, using tumor-infiltrating lymphocytes modified by retroviral gene transduction, in New England Journal of Medicine 323 (1990) 601-603. 7 Cfr. L. DE LAPORTE – J. CRUZ REA, Design of modular non-viral gene therapy vectors, in Biomaterials 27 (2006) 947-954. 8 Cfr. F. LIU – P. TYAGI, Naked DNA for Liver Gene Transfer, in Advences in Genetics

45


• L’inserimento tramite liposomi. I liposomi sono vescicole sferiche la cui parete è composta da un doppio strato fosfolipidico. Usando liposomi cationici è possibile far complessare ad essi il DNA, che a pH neutro presenta carica negativa. Il complesso DNA-liposoma può fondersi con la membrana cellulare ma nella maggior parte dei casi viene internalizzato tramite endocitosi. Successivamente il DNA viene liberato nel citoplasma, entra nel nucleo e viene espresso. Sfortunatamente questo processo è a bassa efficienza in quanto si è visto che solo lo 0,1% del DNA introdotto viene espresso. Per ovviare a ciò nei liposomi sono state anche inserite proteine ed anticorpi che possano aumentare l’efficace della procedura minimizzando la degradazione del DNA e facilitando il corretto direzionamento della vescicola9. • Il bombardamento tramite particelle: consiste nell’utilizzo di particolari strumenti elettrici od ad alta pressione che permettono di inviare nella cellula particelle microscopiche d’oro o di tungsteno ricoperte da DNA. Al momento non esistono studi sull’uomo di questa metodica ma solo su animali10.

3.2. Il trasferimento virale Si basa sull’utilizzo di opportuni virus ricombinanti. I virus hanno un’ottima tendenza ad infettare le cellule ed ad inserirvi il proprio DNA sia integrandolo sia sotto forma di episoma. Rispetto ai sistemi di trasferimento non virali, quindi, hanno un’efficienza nettamente maggiore. I virus da impiegare, tuttavia, devono godere d’alcune caratteristiche: • le particelle virali ricombinanti, rispetto al wild-type, devono essere difettive rispetto alla replicazione; • il virus non deve possedere alcune qualità non desiderabili (tipo 54 (2005) 43-64; F. LIU – L. HUANG, Electric gene transfer to the liver following systemic administration of plasmid DNA, in Gene Therapy 9 (2002) 1116-1119. 9 Cfr. M.T. GIRÃO DA CRUZ – M. PEDROSO DE LIMA ET AL., Liposomal and viral vectors for gene therapy of the central nervous system, in Gene Therapy 12 (2005) 1242-1252. 10 Cfr. L. MIR – P. MOLLER ET AL., Electric Pulse-Mediated Gene Delivery to Various Animal Tissues, in Advances in Genetics 54 (2005) 83-114; S. LI, Electroporation Gene Therapy: New Developments In Vivo and In Vitro, in Current Gene Therapy 4 (2004) 3, 309-316.

46


produzione di composti tossici od attivazione del sistema immunitario); • vi dev’essere spazio a sufficienza per il gene terapeutico (vincolo di dimensione). I virus attualmente studiati quali vettori per la terapia genica sono: 1. Retrovirus 2. Lentivirus 3. Adenovirus 4. Virus adenoassociati 5. Herpesvirus

3.2.1. Retrovirus Sono stati i primi virus ad essere studiati nella terapia genica, di cui il capostipite è il virus della leucemia murina che nell’uomo non è associato ad alcuna malattia. Un retrovirus presenta due filamenti di RNA complessati con varie proteine, un capside ed un involucro lipidico, derivato dalla cellula ospite infettata. Esso si lega a specifici recettori situati sulla membrana cellulare, il che innesca un meccanismo che porta alla fusione dell’involucro lipidico virale con quello della cellula. In questo modo il virus viene rilasciato nel citoplasma e successivamente l’RNA viene liberato dall’involucro capsidico e può così fungere da stampo per una DNA polimerasi RNA dipendente (la trascrittasi inversa) che sintetizza, così, un filamento di DNA che, ad opera d’una integrasi virale, viene integrato nel genoma dell’ospite11. Utilizzando un simile sistema si 11 Il genoma di un retrovirus è formato da tre geni: gag, pol ed env. Gag codifica per le proteine del capside virale che sono responsabili dell’assemblamento del virione e dell’incapsidazione del materiale genetico. Pol codifica per la trascrittasi inversa mentre env è responsabile della sintesi di proteine situate sull’involucro lipidico necessarie per l’interazione con i recettori specifici. Alle due estremità del materiale genetico virale si trovano sequenze non codificanti dette Long Terminal Repeat (LTR, sequenze terminali ripetute lunghe) contenenti le informazioni necessarie per impaccare l’RNA e formare i virione (segnale di packaging, Y) e per regolare la trascrizione e l’integrazione del DNA. Come per tutti i virus ricombinanti difettivi rispetto alla replicazione, devono essere adottati dei sistemi particolari per consentirne un’adeguata produzione. Nel caso dei retrovirus si utilizzano linee

47


possono creare delle linee cellulari in grado di produrre 0,1-1,0 particelle virali per cellula per ora ottenendo un titolo di virus ricombinante compreso tra 103-107 particelle infettive per ml di cultura. L’utilizzo dei retrovirus presenta dei vantaggi quali la loro attitudine all’infezione di numerose linee cellulari, l’elevata efficienza nell’integrazione del gene terapeutico nel genoma. Gli svantaggi nell’utilizzazione dei retrovirus consistono nella loro labilità che ne rende complessa la procedura di purificazione dal mezzo di cultura. Il genoma retrovirale, inoltre, si può integrare in quello cellulare solo quando la membrana nucleare è assente e di conseguenza solo le cellule replicanti possono esser infettate. Un altro problema deriva dalla casualità dell’integrazione del DNA virale, il che può portare alla disattivazione od attivazione d’alcuni geni con rischio di fenomeni di mutagenesi inserzionale. È da segnalare, infine, che lo spazio la le due sequenze LTR consente l’inserzione d’un gene di lunghezza massima di 8 kb.

3.2.2. Lentivirus I lentivirus appartengono alla famiglia dei retrovirus di cui condividono la morfologia ed il ciclo replicativo ma a differenza dei precedenti, possono infettare anche cellule non replicanti. Questa caratteristica li rende dei buoni candidati per modificare l’espressione delle cellule a differenziazione terminale, come quelle del cuore o del sistema nervoso centrale, e facilita anche i processi di trasfezione ex vivo in quanto le cellule messe in cultura non abbisognano di stimoli che le inducano a dividersi. cellulari (il più delle volte sono fibroblasti 3T3 murini) trasfettate con un segmento genico contenente i geni gag, pol ed env e le sequenze LTR fatta eccezione per la sequenza di packaging. Le cellule così trasfettate (dette cellule impaccatrici) sono in grado di produrre le proteine virali ma non sono in grado di assemblarle per formare un virione maturo. Tali cellule vengono poi infettate con un retrovirus contenente le sequenze LTR, quella di packaging ed il gene terapeutico ma non gag, pol ed env. Un simile virus non sarebbe in grado di replicarsi ma utilizzando le cellule impaccatrici esse producono le proteine virali necessarie che a loro volta riconoscono la sequenza di packaging dell’RNA del virus difettivo a vi si assemblano dando origine a virioni maturi infettanti.

48


Il DNA ottenuto dalla trascrittasi inversa, infatti, si complessa con proteine virali, formando un complesso, detto di preiniziazione, che permette il passaggio attraverso la membrana nucleare12. Il rischio potenziale di dare origine ad una particella virale infettiva ed autonomamente replicante ha spinto gli studiosi a dare origine ad un vettore autoinattivantesi (SIN self-inactivating). Quseta tipologia di costrutto si base sul fatto che con la retrotrascrizione vengano perse altre sequenze essenziali alla replicazione. Al momento, comunque, non sussistono studi sull’uomo che abbiano utilizzato lentivirus ricombinanti.

3.2.3. Adenovirus Gli adenovirus sono virus a DNA a doppio filamento non racchiusi da un involucro lipidico ed a simmetria icosaedrica. Essi nell’uomo sono associati soprattutto ad infezioni del apparato respiratorio. Gli adenovirus utilizzati per la terapia genica appartengono al gruppo C che comprende i sierotipi 1, 2, 5 e 6. Il ciclo vitale d’un adenovirus comprende un legame a specifici recettori cellulari che permettono l’ingresso del virus tramite endocitosi. L’endosoma viene poi a fondersi con un lisosoma ed il 12 Questo meccanismo, comunque, non è l’unico esistente i quanto è stata individuata una sequenza regolatrice polipurinica centrale (cPPT, central polypurinic tract), situata nel gene della polimerasi, che favorisce la traslocazione nel nucleo cellulare. Recentemente, inoltre, è stato indicato un residuo di valina situato in posizione 165 del gene dell’integrasi quale fattore in grado di favorire l’ingresso nel nucleo in maniera maggiore del cPPT. Tra i virus considerati è stato anche studiato HIV e ciò ha fatto sì che vi siano stati molti studi volti a costruire vettori e linee cellulari d’impaccamento che impediscano una ricombinazione che ripristini lo stato wild-type. La costruzione dei vettori virali prevede un genoma modificato che presenti solo le sequenze relative all’integrazione, alla retrotrascrizione ed all’incapsidamento dell’RNA nonché la sequenza di packaging. La linea cellulare, invece, viene trasfettata con due plasmidi: uno di packaging codificante per le proteine capsidiche ed un altro contenente le glicoproteine di superficie in cui la sequenza della proteina gp120 è stata sostituita con quella della glicoproteina G del virus della vescicolostomatite, la quale aumenta le linee cellulari che possono essere infettate e facilita la purificazione dei virioni tramite centrifugazione. Successivamente al plasmide di packaging sono stati eliminati molti geni lasciando solo gag, pol, tat e rev. È, infine, seguito l’uso di plasmidi di packaging in cui il gene tat è stato completamente eliminato.

49


cambio di pH che ne consegue probabilmente favorisce un cambio conformazionale del capside cui segue una demolizione della vescicola e la liberazione del DNA virale che viene trasportato nel nucleo ove rimane in forma episomiale13. Come cellule d’impaccamento vengono usate cellule renali embrionali (cellule 293) che sono state trasfettate con la regione E1. Infettando tali cellule con il virus difettivo si permette la sua replicazione e produzione di nuovi virioni ricombinanti fino ad una resa assai elevata di circa 1011-1012 particelle/ml.

3.2.4. Virus adenoassociati I virus adenoassociati appartengono alla famiglia dei parvovirus, hanno un genoma formato da una molecola di DNA a singolo filamento di circa 5 kb, hanno un capside icosaedrico e sono privi d’un involucro lipidico. Al momento non sono stati associati ad alcuna patologia e possono infettare sia cellule replicanti che non replicanti. La denominazione di virus adenoassociati deriva dal fatto che non sono in grado di replicarsi autonomamente ma necessitano d’un altro virus che in genere è un adenovirus od un herpesvirus. In assenza del virus helper il DNA dei virus adenoassociati s’integra in quello della cellula ospite in una regione ben precisa del cromosoma 19 (19q 13,3q-ter)14. 13

Il genoma degli adenovirus è apprissimativamente di 36 kb ed in esso sono individuabili regioni codificanti per geni espressi precocemente (early, E) e tardivamente (late, L). Ai due lati del genoma si trovano le cosiddette sequenze terminali invertite (ITR, Inverted Terminal Repeat) le quali sono necessarie per la replicazione del virus. Nel nucleo cellulare vengono espressi per primi i geni E1 (detti precoci immediati) che permettono la transattivazione dei geni E2 ed E4 che determinano il blocco della sintesi proteica cellulare e partecipano alla replicazione del DNA virale. Una volta che sia iniziata la replicazione, vengono attivati i geni tardivi che codificano per le proteine strutturali che nel nucleo cellulare si assemblano intrappolando il DNA dell’adenovirus virale. La cellula, successivamente, va incontro a lisi. Gli adenovirus ricombinanti usati come vettori presentano una delezione almeno della regione E1 il che rende il virus difettivo per la replicazione. 14 Il genoma d’un virus adenoassociato è formato da due geni: rep che codifica proteine neccessarie per il controllo della replicazione virale e cap che dà origine alle proteine strutturali del capside. Ai lati del filamento di DNA si trovano lunghe sequenze ITR di circa 145 bp ognuna, necessarie per regolare la replicazione e l’incapsidazione del virus.

50


3.2.5. Herpesvirus Degli herpesvirus, virus a doppio filamento di DNA con capside icosaedrico e presenza d’un involucro lipidico, viene utilizzato il virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1). Si tratta di un virus neurotropo in grado d’instaurare un ciclo litico ma anche di persistere sotto forma episomiale nella cellula ospite15. Per ottenere un HSV-1 vettore sono stati usati due approcci. Il primo consiste nell’uso di un amplicone, un plasmide contenente un’origine di replicazione batterica (generalmente da Escherichia coli), una di HSV-1 (OriS), la sequenza di packaging di HSV-1 ed il gene da inserire. Il tutto viene inserito in una linea cellulare infettata da un virus helper contenente i geni regolatori e strutturali mancanti. Il secondo approccio consiste nell’uso d’un virus ricombinante ottenuto eliminando uno o più geni precoci immediati e facendo produrre le particelle da cellule esprimenti le proteine mancanti. Questo approccio è gravato dal fatto che il vettore così prodotto risulta essere neurotossico.

Il vettore basato sui virus adenoassociati ricombinanti è costruito sostituendo il gene terapeutico a cap e rep in quanto le sequenze ITR contengono tutt le informazioni necessarie per l’integrazione ed il packaging. La produzione d’un simile vettore la si ottiene trasfettando una linea cellulare (la 293) con un plasmide contenente i geni cap e rep e successivamente infettandola con un adenovirus helper difettivo per E1. Sfortunatamente il virus ricombinante, rispetto al wild-type, non sempre s’integra nel cromosoma 19 e talvolta resta episomiale. I virus adenoassociati, inoltre, non elicitano una risposta immune ma in essi non si possono inserire segmenti maggiori di 4,7 kb. 15 Il genoma di HSV-1 è formato da un doppio filamento di DNA di 152 kb che contiene almeno 80 geni. Non appena inizia il ciclo litico viene espressa la proteina VmW65 che attiva i geni precoci immediati (IP0, ICP4, ICP22, ICP27 e ICP47) che fungono da fattori transattivanti per gli altri geni precoci che codificano prodotti necessari per la replicazione ed il metabolismo dei nucleotidi. Successivamente vengono attivati I geni tardivi codificanti per proteine strutturali. Il ciclo si conclude con la lisi della cellula.

51


3.3. Tecniche in vivo ed ex vivo La terapia genica viene suddivisa dai ricercatori in funzione dei metodi utilizzati, come indicato nella figura 7, si parla di terapia genica ex vivo e in vivo.

3.3.1. Terapia genica in vivo: trasferimento diretto del gene nel paziente Come vettori di trasferimento vengono spesso utilizzati virus più o meno comuni nell’uomo (adenivirus, retrovirus). I virus vengono “disarmati” facendo perdere loro i geni responsabili della virulenza ed inserendo al posto di questi il gene di interesse terapeutico. Quindi i virus vengono inoculati all’interno di un organismo in cui, con lo stesso procedimento normalmente utilizzato, possono integrarsi e inserire il gene di cui sono portatori o produrre la proteina che veicolano. Tuttavia questo metodo è talvolta poco preciso e limitato a specifici tipi cellulari più affini al vettore.

3.3.2. Terapia genica ex vivo: utilizza cellule viventi per trasferire transgeni terapeutici In questo metodo i linfociti, i fibroblasti, le cellule staminali vengono prelevati dal soggetto da trattare, quindi viene in esse introdotto il gene terapeutico, anche attraverso un virus, e fatte crescere in laboratorio, per essere reintrodotte nel paziente. Questa metodologia offre diversi vantaggi; primo fra tutti il poter controllare che effettivamente il gene sia stato inserito nella cellula prima di trattare il paziente con le sole cellule utili.

3.3.3. Terapia genica in situ Si tratta di una tecnica che veicola un gene compensativo non più nel circolo sanguigno, ma in un determinato tessuto nel quale l’alterazione dello stesso gene produce la malattia.

52


Figura 7: Metodi utilizzati nella terapia genica.

53



CAPITOLO III LE CELLULE STAMINALI E LA TERAPIA GENICA

1. LA RICERCA La ricerca biomedica, nei diversi campi della medicina, ha sempre cercato di dare vita a nuove strategie che permettano all’uomo di curare le malattie che attanagliano il suo corpo, tanto perfetto nella sua struttura biologica quanto vulnerabile alle disfunzioni organiche e agli attacchi di agenti patogeni esterni. Le tecniche di ingegneria molecolare e delle colture cellulari hanno dato origine a diversi percorsi sperimentali nel tentativo di mettere insieme la funzionalità stessa della cellula con le conoscenze in campo genetico. Per ragioni storiche e pratiche, le patologie di origine ereditaria a base monogenica sono state le prime di cui si è suggerito una terapia genica. Infatti, nel campo delle patologie genetiche si pensò che sarebbe molto più semplice correggere direttamente il difetto di un singolo gene anormalo alla base delle malattie monogeniche, che affrontare malattie degenerative complesse a base multigenica. Tuttavia, questo approccio è stato fortemente limitato dalla necessità di esprimere dei geni in modo corretto sia per tipo cellulare1 sia come livelli quantitativi di espressione2. È stato quindi necessario individuare le sequenze regolatorie minime per ogni tipo di gene da inserire. Inoltre, la necessità di avere una espressione genica continua nel tempo e quindi di evitare l’inattivazione dei geni trasfettati ha rallentato l’applicazione clinica3. Il primo tentativo di terapia genica sull’uomo si ebbe nel 1970, quando il prof. S. Rogers trattò i suoi pazienti, affetti da patologie neuro1 Cfr. K. SAUKKONEN – A. HEMMINKI, Tissue-specific promotes for cancer gene therapy, in Expert Opinion on Biological Therapy 4 (2004) 683-696. 2 Cfr. C. TONIATTI – R. CORTESE ET AL., Gene therapy progress and prospects: trascription regulatory systems, in Gene Therapy 11 (2004) 649-657. 3 Cfr. D. PANNELL – J. ELLIS, Silencing of gene expression: implications for design of retrovirus vectors, in Review of Medical Virology 11 (2001) 205-217; F. RECILLAS-TARGA – V. VALADEZ-GRAHAM, Prospects and implications of using chromatin insulators in gene therapy and transgenesis, in Bioessays 26 (2004) 796-807.


logiche dovute a deficit dell’enzima arginasi, con il virus del papilloma di Shope ma i risultati furono deludenti, così come quelli realizzati nel 1980 dal prof. Cline in pazienti talassemici. Nel 1989 gli studi di terapia genica sull’uomo furono portati avanti da Rosenberg con dei lavori su linfociti TIL (Tumor Infiltrating Lymphocytes) trasfettati con un gene opportuno, ottenendo ottimi risultati a livello clinico4. Nel 1990 i dott. French Anderson e Michael Blaise effettuarono il primo trattamento su paziente affetto da deficienza ADA mediante trasferimento genico con vettore retrovirale in linfociti prelevati e rimpiantati nel paziente stesso5. La Food and Drug Administration (FDA) non ha ancora approvato alcuna terapia genica applicata all’uomo. L’attuale geneterapia sembra essere solamente sperimentale, con tentativi anche clinici. Nel 1999, il caso di Jesse Gelsinger ridusse notevolmente l’entusiasmo intorno alle applicazioni terapeutiche6. Jesse era un ragazzo di diciotto anni affetto da una forma lieve di deficit di ornitina-transcarbamilasi (OTCD), una condizione ereditaria che nel suo caso si era espressa con una malattia del fegato non molto grave. Jesse, che sognava una cura per tutti coloro che erano affetti da una patologia come la sua, fu incluso fra i volontari per la sperimentazione clinica di una nuova terapia genica presso l’Istituto per la Terapia Genica Umana dell’Università della Pennsylvania. Degli Adenovirus modificati, fungendo da vettori, avrebbero dovuto portare nelle sue cellule epatiche una copia del gene sano, ossia in grado di codificare correttamente l’ornitina transcarbamilasi, eliminando gli effetti del deficit. Dopo quattro giorni dalla somministrazione il ragazzo morì. 4 Cfr. S. ROSENBERG – P. AEBERSOLD ET AL., Gene transfer into humans–immunotherapy of patients with advanced melanoma, using tumor-infiltrating lymphocytes modified by retroviral gene transduction, 602-603. 5 Cfr. F. ANDERSON – M. BLAISE, Lymphocyte gene therapy, in Human Gene Therapy 2 (1991) 107-109; K. CULVER – F. ANDERSON ET AL., Lymphocytes as cellular vehicles for gene therapy in mouse and man, in Proceeding of the National Academy of Sciences 88 (1991) 3155-3159. 6 Cfr. P. GELSINGER, Jesse Gelsinger, in FDA Consumer 34 (2000) 6, 2-3; N. SOMIA – I. VERMA, Gene therapy: trials and tribulations, in Nature Review Genetics 1 (2000) 91-9; D. TEICHLER ZALLEN, US gene therapy in crisis, in Trends Genetics 16 (2000) 272-275; L. SMITH, Gene therapy in the post-Gelsinger era, in JONA’s healthcare law, ethics and regulation 4 (2002) 104-110.

56


Al di là dell’imperizia dei ricercatori e delle norme più severe introdotte dall’FDA, mi sembra di ravvisare una generale imprudenza nella sperimentazione su esseri umani in ambiti che richiederebbero prima una migliore conoscenza di base. Un altro duro colpo si ebbe nel 2003 quando la FDA sospese l’uso di vettori retrovirali in cellule staminali del sangue, dopo che in Francia un bambino sottoposto a geneterapia sviluppò una patologia leucemica. Un transgene terapeutico inserito nelle cellule del midollo osseo del bambino, ottenne ottimi risultati su X-SCID (X-linked severe combined immunodeficiency disease) dato che aumentarono le funzioni del sistema immunitario e la malattia regredì7. A fronte di alcuni successi8, la scoperta di un inserimento preferenziale dei vettori retrovirali in zone geneticamente attive del genoma9 ha portato alla necessità di sviluppare nuovi vettori10 e di prendere in considerazione l’identificazione dei punti di inserimento dei geni trasfettati nel genoma. Il tipo di cellule che viene richiesto per ottenere un effetto clinico è estremamente variabile. Nel caso di immunoterapie antitumorali si tratta quasi sempre del ricevente stesso di cui si raccolgono sia i precursori delle cellule dendritiche o i linfociti per indurne l’attivazione in vitro dopo esposizione agli antigeni tumorali richiesti. Tuttavia, nel caso sia necessario utilizzare un alto numero di cellule staminali, spesso l’età del paziente, i trattamenti farmacologici a cui è stato sottoposto (chemioterapia, irradiazione) o la difficoltà di estrarre un 7 Cfr. M. CAVAZZANA-CALVO – A. FISHER ET AL., Gene therapy of human severe combined immuno-deficiency (SCID)-X1 disease, in Science 288 (2000) 669-672. 8 Cfr. A. AIUTI – S. SLAVIN ET AL., Correction of ADA-SCID by stem cell gene therapy combined with nonmyeloablative conditioning, in Science 296 (2002) 2410-2413; S. HACEINBEY-ABINA – M. CAVAZZANA-CALVO ET AL., Gene therapy of X-linked severe combined immunodeficiency, in Methods in Molecular Biology 215 (2003) 247-259. 9 Cfr. S. HACEIN-BEY-ABINA – CH. VON KALLE ET AL., A serious adverse event after successful gene therapy for X-linked severe combined immunodeficiency, in New England Journal of Medicine 348 (2003) 255-256; A. FISCHER – A. THRASHER ET AL., LMO2 and gene therapy for severe combined immunodeficiency, in New England Journal of Medicine 350 (2004) 2526-2527. 10 Cfr. Y. LU, Recombinant adeno-associated virus as delivery vector for gene therapy, in Stem Cells Development 13 (2004) 133-145; R.YAMANAKA, Alphavirus vectors for cancer gene therapy, in International Journal of Oncology 24 (2004) 919-923.

57


numero di cellule sufficiente (staminali neuronali), rende difficile l’applicazione di questo tipo di terapie11. Uno dei principali problemi di questo tipo di terapie è nella identificazione di un donatore per il tipo cellulare richiesto. L’uso di cellule staminali come cellule bersaglio rappresenta un nuovo approccio alla terapia genica, soprattutto per la tecnica ex vivo, grazie alle caratteristiche peculiari che queste cellule presentano. Il campo di ricerca sulle cellule staminali è veramente affascinate ma ne ha richiesto operativamente l’identificazione, la purificazione e lo sviluppo in condizioni di coltura adeguate. Margaret Goodell, ricercatrice al Baylor College of Medicine in Houston che ha scoperto un nuovo metodo per classificare le cellule staminali del midollo osseo, definisce le cellule staminali partners della geneterapia: «Penso che una realtà fra le più significative delle cellule staminali è quella che essi possono essere considerati un nuovo partner della terapia genica […]. Ultimamente, la soluzione migliore potrebbe essere prelevare le stem cells dal midollo osseo o dai muscoli, applicare le tecniche di geneterapia per correggere il problema e trapiantarli»12.

Oggi, circa il 40%, su 450 prove cliniche di terapia genica, utilizzano la terapia con cellule, di queste il 30% sono cellule staminali umane utilizzate per veicolare i geni d’interesse. Il grande vantaggio di utilizzare cellule staminali risiede soprattutto nella loro capacità auto-rigenerante che, rispetto all’uso di cellule isolate da impiantare, può ridurre o eliminare la necessità di ripetute somministrazioni di terapia genica. In questo caso sono preferite e vengono maggiormente utilizzate le cellule staminali ematopoietiche in quanto sono facilmente isolabili (dal sangue circolante), facilmente identificabili, manipolabili in laboratorio e si re-immettono nel paziente per iniezione13. 11 Cfr. H. YOUNG – C. DUPLAA ET AL., Adult reserve stem cells and their potential for tissue engineering, in Cell Biochemistry and Biophysics 40 (2004) 1-80. 12 M. GOODELL, Renewing muscles and nerves could stem cells be the ultimate body repair kit, in Quest 7 (2000) 2, 35. 13 Cfr. F. APPELBAUM, Allogeneic hematopoietic stem cell transplantation for acute

58


Inoltre, possiedono sia la proprietà di differenziarsi nelle diverse cellule del sangue, il che permette di avere un transgene terapeutico in cellule come i linfociti T e B, nelle cellule Killer, nei monociti, macrofagi, granulociti, eosinofili, basofili e megacariociti, sia la proprietà di migrare in diversi tessuti verso cui potrebbero anche essere trattate. L’applicazione delle cellule staminali nella terapia genica ex vivo su pazienti con un’alterazione del gene CFTR (Cistic Fibrosis Transmembrane Regulator) che provoca una patologia chiamata Fibrosi Cistica, ha realizzato ottimi risultati. L’articolo, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, dimostra per la prima volta che cellule staminali adulte, derivate dal midollo osseo umano e manipolate attraverso tecniche di geneterapia, si possono differenziare in cellule epiteliali che ristabiliscono la fisiologica attività tissutale14. Jay Kolls, professore alla Pitt’s School of Medicine, rileggendo i dati ottenuti, afferma: «I nostri risultati provano che l’idea di utilizzare cellule staminali stromali per la terapia genica è realizzabile e può avere delle applicazioni cliniche. Programmiamo di continuare a studiare le loro potenzialità e siamo fiduciosi di rendere possibile un piccolo trial clinico entro 2-3 anni»15.

La possibilità di poter aprire nuove strade alla ricerca della geneterapia si accompagna ad una programmatica distribuzione dei compiti che vede l’approfondimento scientifico fare i conti con i tempi tecnici, i quali devono essere fedelmente rispettati per il bene del paziente. Recenti studi sperimentali hanno iniziato ad utilizzare mioblasti, osteoblasti e cellule neuronali16. leucemia, in Seminars in Oncology 24 (1997) 114-123; Y. LIU – L. CHANG, Use of blood outgrowth endothelial cells for gene therapy for hemophilia A, in Blood 99 (2002) 2, 457-462. 14 Cfr. G. WANG – S. TOM ET AL., Adult stem cell from bone marrow stroma differentiate into airway epithelial cells: potential therapy for cystic fibrosis, in Proceeding of the National Academy of Sciences 102 (2005) 186-191. 15 G. WANG – S. TOM ET AL., Adult stem cell from bone marrow stroma differentiate into airway epithelial cells: potential therapy for cystic fibrosis, 190. 16 Cfr. M. MCKAY – M. GABALLA, Gene transfer therapy in vascular diseases, in Cardiovascular Drug Review 19 (2001) 245-262; M. HILTUNEN – M. TURNUNEN, Gene therapy metods in cardiovascular diseases, in Methods in Enzymology 346 (2002) 311-320;

59


Le cellule staminali embrionali vengono talvolta impiegate come linee cellulari a più ampia espansione e più lunga durata, rispetto alle cellule ematopoietiche. Recentemente, un gruppo della Goldyne Savad Institute of Gene Therapy in Gerusalemme ha reso noto che vettori lentivirali potrebbero essere usati per modificare l’espressione genica di cellule staminali embrionali, aprendo la strada all’applicazione di queste cellule17.

2. LA RICERCA IN ITALIA Italians first to use stem cells, così titola un articolo della rivista internazionale Nature, nel 1992, conferendo all’Italia il primato nella ricerca che vede il trasferimento genico sull’uomo attraverso l’applicazione delle cellule staminali18. Infatti, il primo intervento di terapia genica è stato svolto nel 1992 presso l’Istituto scientifico San Raffaele di Milano, con l’equipe del prof. Bordignon, nel tentativo di correggere una grave deficienza del sistema immunitario, causata dalla mancata espressione del gene per l’enzima adenosina deamminasi (ADA) nei linfociti19. In soggetti sani l’enzima ADA metabolizza delle sostanze dannose: la sua mancanza porta all’accumulo di sostanze tossiche e quindi alla distruzione dei linfociti con la conseguente esposizione dell’organismo alle infezioni, fino alla morte. L’intervento è stato realizzato secondo la procedura ex vivo, che prevede il prelievo dal sangue dell’individuo malato delle cellule deficitarie

D. OAKES – J. LIEBERMA, Osteoinductive applications of regional gene therapy: ex vivo gene transfer, in Clinical Orthopedics, Supplement 1 (2000) 101-112; M. DURING – M. KAPLITT ET AL., Subtalamic GAD Gene transfert in Parkinson desease patients who are candidates for deep brain stimulation, in Human Gene Therapy 12 (2001) 1589-1591; M. IZUMIKAWA – R. MINODA ET AL., Auditory hair cell replacement and hearing improvement by Atoh 1 gene therapy in deaf mammals, in Nature Medicine 11 (2005) 9-14. 17 Cfr. L.A. MITCHELL, Report of the inaugural meeting of the Israel Society of the Gene Therapy, in The Journal of Gene Medicine 5 (2003) 258-260. 18 Cfr. A. ABBOTT, Italians first to use stem cells, in Nature 356 (1992) 465. 19 Cfr. C. BORDIGNON – L. NOTARANGELO ET AL., Gene therapy in peripheral blood lymphocytes and bone marrow for ADA immunodeficient patients, in Science 270 (1995) 470-475.

60


dell’enzima, l’introduzione in esse del gene correttivo e la loro successiva reimmissione nel circolo sanguigno. Tale procedura è in teoria applicabile a tutte le malattie genetiche del sangue, ma presenta una limitazione: le cellule ematiche geneticamente corrette (in questo caso i linfociti) hanno una vita limitata nel sangue degli individui trasfusi, poiché muoiono e vengono rimpiazzate da altre derivate dal midollo osseo in un processo di maturazione a più stadi che ha inizio da cellule progenitrici (le cellule emopoietiche staminali). L’introduzione ex vivo di geni in cellule del sangue dovrà essere protratta regolarmente a meno che non si riescano a rendere oggetto del trasferimento genico le cellule emopoietiche staminali o quelle immediatamente successive, precursori delle cellule mature. I ricercatori del San Raffaele hanno introdotto il gene dell’ADA sia nei linfociti del sangue sia in cellule del midollo osseo usando due vettori retrovirali: i linfociti periferici reimmessi in circolo hanno inizialmente ripristinato una risposta immunitaria e, dopo l’interruzione del trattamento, sono stati rimpiazzati dai linfociti derivanti dal midollo osseo, a prova che erano stati interessati dal trattamento anche elementi precursori20. Recentemente, il gruppo guidato dal dott. Naldini del San Raffaele ha pubblicato su Nature Biotechnology alcuni risultati della sperimentazione con cellule staminali sulla sindrome dei “bimbi in bolla”. Questo lavoro spiega come, dopo avere paragonato l’efficacia e la sicurezza di due tipi di virus utilizzati nel trasporto dei geni dentro le cellule malate, si sia trovato quello che garantisce i risultati clinici più sicuri e vantaggiosi nella cura della patologia.21 Simili successi sono stati replicati a Parigi, Londra e Francoforte, ma nonostante la terapia genica abbia a oggi salvato almeno 30 piccoli, come tutte le terapie non è esente da effetti collaterali anche gravi. 20

Cfr. G. FERRARI – S. ROSSINI ET AL., An in vivo model of somatic cell gene therapy for human severe combined immunodeficiency, in Science 251 (1991)1363-1366; A. AIUTI – S. VAI ET AL., Immune reconstitution after PBL gene therapy in ADA-deficient SCID: the impact of discontinuation of enzyme replacement therapy, in Nature Medicine 8 (2002) 423-425; A. AIUTI – SH. SLAVIN, Correction of ADA-SCID by stem cell gene therapy combined with nonmyeloablative conditioning, in Science 296 (2002) 2410-2413; A. AIUTI, Advances in gene therapy for ADA-deficient SCID, in Current Opinion of Molecular Therapy 4 (2002) 515-522. 21 Cfr. E. MONTINI – L. NALDINI ET AL., Hematopoietic stem cell gene transfer in a tumor-prone mouse model uncovers low genotoxicity of lentiviral vector integration, in Nature Biotechnology 24 (2006) 687-696.

61


La minimizzazione di tali eventi avversi è uno degli obiettivi della ricerca del gruppo del dott. Naldini, che con lo studio appena pubblicato confronta i vettori retrovirali finora usati nell’uomo con un nuovo tipo di vettori derivati dall’HIV (lentivirali) allo scopo di identificare quali siano i più sicuri e più efficaci. La Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano, nel suo organico costituito da “Istituto S. Raffaele Telethon per la terapia genica”, “Dipartimento di Biologia Molecolare e genomica funzionale”, “Istituto di Ricerca per le cellule staminali”, “Programma di immunoterapia del cancro e di terapia genica”, “Dipartimento di neuroscienze”, segue diverse linee di ricerca che si occupano della terapia genica e cellule staminali. Si prendono in visione nuove strategie terapeutiche riguardo alle malattie metaboliche, neoplastiche, infettivo infiammatorie, degenerative acquisite e/o geneticamente determinate; immunodeficienze primarie; leucoencefalopatie metaboliche (leucodistrofia metacromatica, malattia di Krabbe); tumori solidi e del sangue; malattia di Parkinson; malattia di Alzheimer; distrofie muscolari; neuropatie periferiche; sclerosi multipla; epidermolisi bullosa; fibrosi cistica; diabete, AIDS e altre malattie virali22. La ricerca del laboratorio di “Trasferimento genico in cellule staminali” è rivolta a migliorare l’efficienza del trasferimento genico e, conseguentemente, della terapia genica. In particolare, tra i diversi sistemi di trasferimento genico nelle cellule somatiche, i vettori retrovirali costituiscono il metodo più utilizzato sia nella ricerca sperimentale che in quella clinica. La regolazione dei geni trasferiti con vettori retrovirali, sia derivati da oncoretrovirus che da lentivirus, è il principale obiettivo che si vuole raggiungere in molti sistemi in cui è richiesta l’espressione tessuto e/o differenziamento specifica23. 22 Cfr. G. FERRARI – M.G. CUSELLA DE ANGELIS ET AL., Muscle regeneration by bone marrow-derived myogenic progenitors, in Science 279 (1998) 1528-1530; E. DELLAMBRA – G. PELLEGRINI ET AL., Toward epidermal stem cell-mediated ex vivo gene therapy of junctional epidermiolysis bullosa, in Human Gene Therapy 11 (2000) 2283-2287; SH. MCKINNEY-FREEMAN – K. JACKSON, Muscle-derived hematopoietic stem cells are hematopoietic in origin, in Proceeding of the National Academy of Sciences 99 (2002) 1341-1346. 23 Cfr. C. BONINI – G. FERRARI ET AL., HSV-tk gene transfer into donor lymphocytes for controlled allogeneic graft versus leukemia, in Science 276 (1997) 1719-1724; A. GRANDE – B. PIOVANI ET AL., Transcriptional targeting of retroviral vectors to the erythroblastic progeny of transduced hematopoietic stem cells, in Blood 93 (1999) 3276-3285; F. LOTTI –

62


In molte malattie, candidate per la terapia genica, è necessario infatti ottenere una regolazione dell’espressione del gene trasferito: ad esempio per la cura di alcune malattie del sistema ematopoietico, è auspicabile avere da una parte la correzione permanente delle cellule staminali del midollo osseo, che costituiscono le cellule madri da cui derivano tutte quelle del sangue, e dall’altra la sintesi di una specifica proteina limitatamente ad una popolazione cellulare (ad es. globuli rossi, linfociti, granulociti ecc.). I progetti attuali e futuri sono mirati allo sviluppo di vettori retrovirali in grado di trasferire efficientemente ed esprimere i geni in modo tessuto e/o differenziamento specifico. Tali studi implicano la ingegnerizzazione di elementi coinvolti nella trascrizione di geni tessuto-, lineage-, e differenziamento specifici e la creazione di promotori ibridi, contenenti sequenze virali e cellulari. Le distrofie muscolari sono malattie di degenerazione muscolare causate da mutazioni nella distrofina (distrofia muscolare di Duchenne, o DMD) o in altri membri del complesso di proteine associate alla distrofina. Finora, le applicazioni cliniche della terapia genica della DMD sono state limitate da un certo numero di problemi concettuali e tecnici: immunogenicità dei vettori virali, basso recupero, scarsa sopravvivenza e capacità di differenziamento dei mioblasti trapiantabili. Recentemente, questo laboratorio ha ottenuto l’evidenza dell’esistenza di progenitori miogenici circolanti presenti nel midollo osseo, capaci di migrare in aree di degenerazione muscolare, di subire differenziamento miogenico, e di contribuire alla rigenerazione delle fibre danneggiate24. La disponibilità di una popolazione cellulare, che può essere modificata e trapiantata per via sistemica, rappresenta un grosso passo avanti verso la realizzazione di una terapia cellulo-mediata di ricostituzione miogenica per la distrofia muscolare. La ricerca di questo gruppo è dedicata alla caratterizzazione di queste cellule ed alla valutazione del loro potenziale terapeutico in modelli pre-clinici di malattia.

E. MENGUZZATO ET AL., Transcriptional targeting of lentiviral vectors by Long Terminal Repat enhancer replacement, in Journal of. Virology 76 (2002) 3996-4007; C. BONINI – M. GREZ ET AL., Safety of retroviral gene marking with a truncated NGF receptor, in Nature Medicine 9 (2003) 367-369. 24 Cfr. G. FERRARI – A. STORNAIUOLO – F. MAVILIO, Failure to correct murine muscular dystrophy, in Nature 411 (2001) 1014-1015.

63


L’Istituto per la Ricerca e il Trattamento del Cancro (IRCC) di Candiolo, Torino, presso il Laboratorio di trasferimento genico e terapia, ha in corso una intensa ricerca sull’inibizione di metastasi attraverso l’applicazione della geneterapia. I risultati ottenuti riguardano le prove di stabilità e l’espressione genica alungo termine in cellule staminali ematopoietiche, epatiche e cerebrali25. Attraverso studi di ricercatori inglesi e italiani sono state messe a punto nuove strategie di trasferimento genico: si cerca di conferire ai retrovirus oltre ad un’alta efficienza di trasferimento, la capacità discriminativa per i precursori staminali del midollo. Sappiamo ormai che la terapia genica può essere utilizzata anche per inserire geni nuovi in cellule che ne sono per natura prive: questo tipo di terapia è detta creativa. Attraverso l’inserimento di nuovi geni alcuni centri per la ricerca attivi anche in Italia stanno lavorando per riuscire a modulare la risposta immunitaria per potenziarla (nella terapia dei tumori) o sopprimerla (diminuendo le crisi da rigetto in caso di trapianto)26. Sono stati ottenuti promettenti risultati inserendo un gene (precisamente il gene attivo della citochina interleuchina 2 o IL-2) in cellule tumorali. Così facendo è stata stimolata l’attività di riconoscimento da parte dei linfociti T, che normalmente nelle cellule tumorali è depressa, con la conseguente distruzione delle cellule tumorali stesse27. 25 Cfr. M. DE PALMA – M.A. VENNERI ET AL., Targeting exogenous genes to tumor angiogenesis by transplantation of genetically modified hematopoietic stem cells, in Nature Medicine 9 (2003) 789-795; L. GAMMAITONI – S. BRUNO ET AL., Ex vivo expansion of human adult stem cells capable of primary and secondary hemopoietic reconstitution, in Experimental Hematology 31 (2003) 261-270; W. PIACIBELLO – S. BRUNO ET AL., Lentiviral gene transfer and ex vivo expansion of human primitive stem cells capable of primary, secondary, and tertiary multilineage repopulation in NOD/SCID mice, in Blood 13 (2002) 13 4391-4400. 26 Cfr. V. PISTONE, Rational bases for new approaches to the therapy of pediatric solid tumors: immunotherapy and gene therapy, in Medical and surgical pediatrics 16 (1994) 219225; L. RAFFAGHELLO – V. PISTONE, Immunotherapy of neuroblastoma: present, past and future, in Expert Riview in Neurotherapeutics 6 (2006) 509-518. 27 Cfr. C. MELANI – C. CHIODONI ET AL., Cytokine gene transduction in tumor cells: interleukin (IL)-2 or IL-4 gene transfer in human melanoma cells, in Natural Immunity 13 (1994) 76-84; A. GUARINI – B. GANSBACHER ET AL., IL-2 gene-transduced human HLA-A2 melanoma cells can generate a specific antitumor cytotoxic T-lymphocyte response, in Cytokines and molecular therapy 1 (1995) 57-64.

64


Cellule tumorali così modificate potrebbero anche essere utilizzate nell’individuo colpito per attivare la risposta immunitaria nei confronti di tutte le altre cellule malate, realizzando così una vaccino-terapia dei tumori alla quale sta lavorando un gruppo di ricerca di Milano28. Alcuni geni aggiuntivi possono rendere la cellula sensibile ad un particolare tipo di farmaco altrimenti innocuo: in questi casi le cellule modificate sono uccise dal farmaco. I geni che conferiscono questa proprietà aggiuntiva sono detti “geni suicidi”29. L’équipe del dott. Claudio Bordignon dell’Istituto Telethon di terapia genica che fa capo all’Ospedale San Raffaele di Milano ha ottenuto risultati importanti nell’uso di geni suicidi nel trattamento di casi di rigetto dopo il trapianto di midollo osseo. I risultati sono così incoraggianti che presto si potrà passare dalla fase sperimentale a quella clinica: considerando che i trapianti di midollo osseo rappresentano da anni un fondamentale strumento terapeutico nella lotta contro le leucemie e i linfomi si può capire l’importanza di questa scoperta30. La ricerca europea sulla terapia genica sta assumendo, con l’Italia in primo piano, una sua originale identità. Infatti la grande tradizione europea per la ricerca di base si è fatta sentire anche in questo recente settore, anteponendo le conoscenze all’eventuale vantaggio pratico a differenza di quanto succede in America, dove pressioni di mercato finiscono per condizionare la ricerca stessa. Il dott. Giuseppe Remuzzi, direttore del dipartimento di Medicina Specialistica e Trapianti dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, in un’intervista riportata nel quotidiano La Repubblica, dichiara:

28

Cfr.Y. SUN – P. MOLLER ET AL., Vaccination with IL-12 gene-modified autologous melanoma cells: preclinical results and a first clinical phase I study, in Gene Therapy 5 (1998) 481-490. 29 La terapia con geni suicidi è particolarmente usata nella sperimentazione in campo oncologico: introducendoli nelle cellule tumorali è così possibile distruggerle selettivamente superando le problematiche relative a terapie non selettive come le tradizionali chemioterapia e radioterapia. 30 Cfr. A. BONDANZA – C. BORDIGNON ET AL., Suicide gene therapy of graft-versus-host disease induced by central memory human T lymphocytes, in Blood 107 (2006) 1828-1836; F. CICERI – C. BONINI ET AL., Modulation of GvHD by suicide-gene transduced donor T lymphocytes: clinical applications in mismatched transplantation, in Cytotherapy 7 (2005) 144-149.

65


«Il 2006 sarà l’anno della svolta per la terapia genica. Il Parkinson tra le prime malattie che se ne gioveranno: quest’anno dovrebbe svilupparsi la sperimentazione clinica della terapia genica. Nella scimmia modificando il difetto genetico si controlla non solo il tremore, ma la malattia. Nel 2006 si estenderà anche l’applicazione clinica delle cure con le cellule staminali»31.

Il dott. Claudio Bordignon, nella stessa intervista, sostiene che: «Tra le più promettenti ci sono le staminali neurali si faranno sperimentazioni su modelli animali sulla scimmia e verso la fine dell’anno potrebbero esserci le prime sperimentazioni cliniche su malati di sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica. Un’altra applicazione in sviluppo riguarda il cuore per riparare i danni dello scompenso e dell’infarto. Nuove speranze anche per i bimbi talassemici e quelli affetti dalla distrofia di Duchenne. Pensiamo di curarli con staminali di soggetti sani, ma anche con staminali di malati geneticamente modificate con la bioingegneria. Nel 2006 si definiranno i primi protocolli terapeutici. Infine si prevede la diffusione delle staminali corneali, già usate per i pazienti che hanno rigettato quelle trapiantate»32.

In ogni caso per arrivare all’applicazione clinica della terapia è necessario il concorso di molte anime diverse, come quelle che ispirano il vecchio e il nuovo continente, che coopereranno al meglio nella realizzazione di tale obiettivo. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità ha preso visione dei passi avanti che la ricerca ha realizzato nel campo della terapia genica ed in particolare con l’applicazione delle cellule staminali33, esponendo in modo chiaro le linee guida da seguire per questa tipologia di sperimentazione. Abbiamo visto come i geni possono essere analizzati e studiati attraverso la tecnologia del DNA ricombinante, essi possono essere asportati, con gli enzimi di restrizione, per essere purificati e trapiantati in cellule staminali. 31

D. DIENA, Staminali e terapia genica: nuovi farmaci, in La Repubblica, 12 gennaio 2006, 24. 32 L. c. 33 Cfr. ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, Workshop. Aggiornamento su diagnosi e terapie delle malattie lisosomiali (Roma, 7 novembre 2005), in http://www.iss.it/publ/cong/ comt.htm; G. MIGLIACCIO, Linee guida sui Prodotti per Terapia Cellulare, in Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità 17 (2004) 4-8.

66


Si tratta di tematiche che assumono connotati entusiasmanti per i risvolti terapeutici, ma hanno bisogno di un continuo monitoraggio che salvaguardi il bene dell’uomo. Infatti, sorgono diversi interrogativi che cercano di fare luce su questo rapporto che si desidera realizzare tra geneterapia e cellule staminali: si possono applicare, e in che termini, le nuove conoscenze biotecnologiche in cellule umane? Si può introdurre materiale genetico nell’uomo? L’uso di cellule staminali come shuttle genetico può essere considerato una nuova e sicura via per la geneterapia? Se si, quali sono i limiti antropologici ed etici?

67



CAPITOLO IV GLI ASPETTI E LE RIFLESSIONI ANTROPOLOGICI

1. LA TECNOLOGIA COME QUESTIONE DI NATURA ANTROPOLOGICA L’innovazione tecnologica, in tutte le sue molteplici espressioni, è al tempo stesso una benedizione ed un danno, tutto ciò a causa dei dinamismi stessi che la caratterizzano e che non la rendono mai a senso unico1. Il modo di servirsi di qualsiasi tecnologia è determinato dalla sua struttura, ovvero dalle funzioni che derivano dalla sua stessa forma2, per cui le adeguate considerazioni vengono addotte in relazione alla specificità tecnologica che si prende in esame. In realtà, l’uomo possiede una intrinseca esigenza a superarsi, a scoprire nuove realtà fuori e dentro di sé, in un complesso e articolato movimento intellettuale. La tecnologia rivela il modo con cui l’uomo si incontra con la natura: la affronta, la legge, la comprende e la struttura secondo parametri matematici e descrittivi, in modo graduale e progressivo. La tecnica, quindi, si pone lungo il cammino dell’umanità, la quale deve chiedersi, ad ogni tappa del suo crescere, quale senso e valore hanno i cambiamenti operati3.L’uomo è consapevole delle sue capacità intellettive

1

Cfr. G. SALVINI, La tecnologia: aiuto o pericolo?, in La Civiltà Cattolica, 1994, II,

154-164. 2

Cfr. N. POSTMAN, Tecnopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Torino 1993, 14. Il corpus hippocratico è un esempio emblematico di come la tecnica cambi in funzione delle concezioni culturali. Possiamo notare come esso, scritto tra V-III secolo a. C., sia costituito da un gruppo di saggi sulla teoria e la terapia medica; ed analizzi la relazione tra la natura e gli agenti dell’arte medica, da un punto di vista sia dell’efficacia terapeutica che dell’etica. Nell’antica Grecia, i concetti di salute e malattia si basavano su una teoria, che si basava su quattro umori o elementi basilari del corpo umano:il sangue, il muco o catarro, la bile gialla e la bile nera. Quando si è in salute, essi sono in equilibrio; invece, la malattia si manifesta quando uno o più di questi umori aumentano o diminuiscono, cambiando il loro rapporto proporzionale. La natura, che è la forza che permette l’equilibrio fra questi umori, fu vista come la più importante causa di guarigione. Il fine dell’arte medica fu quello di aiutare la natura a mantenere stabile il rapporto tra i diversi umori e si avvaleva per farlo di unguenti, bende, strumenti chirurgici, farmaci di semplice composizione. 3


che, non solo, gli permettono di scoprire ciò che la natura conserva nel suo scrigno ma anche di inventare ex novo sconosciute realtà. La più grande invenzione dell’Ottocento fu l’idea stessa di inven4 zione . Questo concetto portò con sé l’idea pericolosa che l’uomo, avendo imparato ad inventare, non si chiede il perché, le ragioni del suo operare. In questo periodo nasce, con le grandi invenzioni, uno dei modelli caratteristici della nostra epoca: se un desiderio o realtà si può tecnicamente realizzare, per ciò stesso bisogna concretizzarlo senza chiedersi se motivi etici o umani ne sconsigliano la realizzazione effettiva. Idee come obiettività, efficienza, esperienza, standardizzazione, misurazione, profitto sono i soli principi in base ai quali una invenzione riesce e, per questo motivo, nella storia dell’umanità acquistarono un credito indiscusso. Nelle conoscenze tecnologiche ogni conquista, ogni nuovo passo avanti, intrapreso in una qualsiasi direzione, non determina un periodo di stasi nella dinamica della ricerca, poiché non si raggiunge mai una fase di saturazione, di equilibrio5. Il successo diventa occasione di ulteriori traguardi da raggiungere, tanto da permettere ulteriori approfondimenti che gradualmente specificano e rendono chiare le conoscenze precedenti6. Infatti, il rapporto tra i mezzi e gli scopi non è lineare ma dialetticamente circolare7: scopi noti possono essere conseguiti in modo migliore grazie a nuove tecniche, così come nuove tecniche possono suggerire e produrre nuovi scopi, che precedentemente non si pensavano. Hans Jonas, nel suo saggio Tecnica, medicina ed etica, dichiara: «La diffusione tecnologica procede con un esiguo scarto temporale sia a livello del sapere che dell’acquisizione pratica: l’uno (con la sua velocità) garantito dall’intercomunicazione universale, essa conquista del complesso tecnologico, l’altra ottenuta sotto pressione della concorrenza»8.

4

Cfr. N. POSTMAN, Tecnopoly. La resa della cultura alla tecnologia, cit., 44. Cfr. H. JONAS, Tecnica, medicina ed etica, Torino 1997, 10. 6 Nella cultura classica esisteva già un progresso tecnico. Materiali e strumenti, spesso, rimanevano gli stessi ma le tecniche cambiarono. L’arco e la volta a cupola, nel periodo romano, rappresentano una conquista della tecnica nei confronti dell’architrave e del soffitto piatto tipici della cultura egizia e greca. L’invenzione dell’arco e lo sviluppo ingegneristico, che ne seguì, portarono allo sviluppo delle infrastrutture di tutto l’Impero romano. 7 Cfr. H. JONAS, Tecnica, medicina ed etica, cit., 7-19 8 Ibid., 11. 5

70


La tecnologia presuppone, ovviamente, una conoscenza scientifica, che nel testo di H. Jonas è indicato con il termine sapere, ma la sua diffusione nella prassi, nell’applicazione concreta è condizionata dalla concorrenza delle multinazionali. Egli scrive, nella sua trattazione sulla tecnologia, in Il principio responsabilità: «Nell’immagine che l’uomo coltiva di sé – l’idea programmatica che determina il suo essere attuale altrettanto quanto lo rispecchia –egli è sempre di più il produttore di ciò che ha prodotto e l’esecutore di ciò che può eseguire, ma soprattutto il programmatore di ciò che sarà in grado di fare»9.

H. Jonas sottolinea in modo più marcato questo rapporto tra la forza trainante della tecnologia, nel suo aspetto del sapere e dell’agire, ed il complesso sistema che gli sta intorno, arrivando a dichiarare il netto superamento dell’homo faber sull’homo sapiens10. In tal modo si viene a formare una cultura del fare ad ogni costo, perché l’homo faber con il genio e l’audacia che lo distinguono porta la società ad un continuo movimento, che è sinonimo di progresso, vantaggi, comodità, rapidità e abbondanza. Si può mettere in dubbio tutto anche la fede, ma è chiaro che «gli aerei volano, che gli antibiotici guariscono, che le radio parlano e, come sappiamo oggi, che i computer calcolano e non sbagliano mai: sbagliano solo gli uomini»11.

Nel tecnopolio il nuovo dio è l’informazione, che la stessa tecnologia ha creato e che di per sé non è negativa ma il problema focale consiste nella perdita del rapporto tra l’informazione e la finalità umana. In una cultura strumentale, infatti, la cultura potrà essere tecnologicamente semplice o complessa, ma ci deve essere sempre una visione del mondo che sia globale ed ordinata, che abbia come riferimento primo presupposti di natura metafisica o teologica.

9 10 11

ID., Il principio responsabilità, Torino 20023, 14. Cfr. ibid., 13. N. POSTMAN, Tecnopoly. La resa della cultura alla tecnologia, cit., 55.

71


2. RAPPORTO TRA SCIENZA E TECNICA Il rapporto esistente tra la scienza e la tecnica è il segno evidente del progresso moderno12. Nella fisica newtoniana la natura appariva semplice nella sua struttura, la tecnica ne traeva profitto senza modificarla nella sua più intrinseca costituzione. Il processo della conoscenza scientifica, che si esprime in una ricerca sempre più mirata ed approfondita, ha permesso di vedere nella natura una realtà più complessa, ricca di funzioni e leggi, rispetto a quella proposta dalla meccanica classica. Infatti, le grandi rivoluzioni scientifiche sono avvenute ed avvengono attraverso un processo sequenziale di osservazione della realtà, di ricerca metodica che parte da dati già conosciuti per scoprirne di nuovi. Thomas Kuhn13 sostiene che esistono due tipi diversi di scienze: scienza normale e scienza rivoluzionaria. La scienza normale è quella per la quale si impegnano la maggior parte degli scienziati nei laboratori di tutto il mondo, fra nomi noti e sconosciuti, fra soddisfazioni e delusioni nel quotidiano lavoro di ricerca. È il lavoro minuzioso e settoriale di esplorazione della natura in tutte le sue ramificazioni, finché si forma un grande corpo di sapere specializzato, che crea un modello o una cornice di riferimento complessivo per lo studio di particolari serie di fenomeni. La scienza rivoluzionaria è, invece, quella che permette un profondo mutamento nella percezione della realtà; è la scienza che segue ad una scoperta importante, la quale non si lascia integrare in un paradigma costituito, non si inquadra nella cornice di riferimento, realizzata dalla scienza precedente, ma la presuppone e la supera. È la scienza in cui in nomi sconosciuti diventano noti. La scoperta di una nuova scienza come la genetica e le biotecnologie, collegate ad essa, rappresentano una scienza rivoluzionaria secondo la prospettiva di Th. Kuhn. L’intera genetica è costituita e strutturata attorno agli studi approfonditi inerenti il DNA, i geni, le tecniche del DNA ricombi-

12 Cfr. S. REISER, History of Medical Technology, in W. REICH, Encyclopedia of Bioethics, V, New York 1997, 2472-2478. 13 Cfr. TH. KHUN, The structure of scientific revolutions, Chicago 1970, 1-9.

72


nante: si tratta di un nuovo paradigma, che focalizza il potenziale biologico presente in ciascun individuo14. Un’altra scienza rivoluzionaria è quella che costituisce la ricerca sulle cellule staminali, anche qui ci troviamo dinanzi ad una nuova e peculiare prospettiva scientifica che vede le stem cells come la cura che viene da dentro15. Lo studio intrapreso parte dalla constatazione che cellule staminali e terapia genica riproducono in modo chiaro l’idea kuhniana di scienza rivoluzionaria, che non è solo finalizzata ad una speculativa analisi scientifica ma presenta dei risvolti applicativi di natura biotecnologica di notevole importanza per diverse patologie. In realtà, la tecnologia aggiunge all’uomo nuovi oggetti di bisogno, per entità e qualità, soprattutto quando l’argomentazione si articola nell’ambito medico-chirurgico. Le tecnologie di natura medica possono essere considerate come componenti singole, ne sono un esempio i raggi X, la penicillina, le protesi, ecc.; oppure le procedure16 utilizzate in campo bio-medico, viste nel loro insieme. La medicina moderna si avvale di mezzi utilizzati in analisi diagnostiche come TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), NMR (Risonanza Magnetica Nucleare), Scintigrafia, che sono frutto di ricerche nel campo delle scienze chimico-fisiche. Il sapere analitico di queste scienze permette l’ottenimento di tecniche diagnostiche nuove ma che si aprono alla possibilità di altre sofisticate procedure. Etimologicamente, la parola tecnologia non implica un oggetto asettico ma la “conoscenza di una tecnica”; è l’analisi epistemologica che distingue la tecnologia nella “conoscenza del come” (know-how) e “conoscenza del ciò che è” (know-that). Comunemente, la tecnologia è vista come scienza applicata sia dagli scienziati che dagli ingegneri, la stessa ingegneria genetica è considerata un insieme di tecniche all’interno di teorie scientifiche. Senza dubbio, la successione delle tecnologie rispecchia quella delle scienze: meccanica, chimica, elettrodinamica, fisica nucleare, biologia. 14

Cfr. D. MIETH, La dittatura dei geni, Brescia 2003, 11 (Giornale di Teologia 294). Cfr. A. VESCOVI, La cura che viene da dentro, Milano 2005, 81-89. 16 La procedura può essere considerata come un piano standardizzato che dà le direttive, guida l’uso di un sistema operativo, anche di natura terapeutica per uno scopo ben definito. 15

73


Generalmente, una scienza è pronta per essere trasposta in tecnologia quando l’analisi è giunta al punto in cui può prendere l’avvio la sintesi17. L’acquisizione di un dato scientifico non significa la sua diretta applicazione, si tratta di una delicata relazione tra potere e fare, tra conoscenza ed applicazione, che non è scissa ma spesso immediatamente consequenziale. Tutto ciò, però, è frutto di un nuovo modo di pensare il reale. Scrive H. Jonas: «Con quello che facciamo qui, ora e per lo più con lo sguardo rivolto a noi stessi, influenziamo in modo massiccio la vita di milioni di uomini di altri luoghi e ancora a venire, che nella questione non hanno avuto voce in capitolo»18.

H. Jonas sostiene che ci troviamo a pensare alla tecnica e alla scienza in un contesto spazio-temporale del tutto cambiato. Infatti, la preoccupazione dell’uomo non è più solamente antropocentrica ma si allarga al mondo intero, al vivente visto nella sua globalità, che vede l’uomo artefice della sua vita ma proietta il suo operato al bene di chi viene dopo. Allora, si può parlare di rottura dell’antropocentrismo19, nel senso che l’esclusiva considerazione che l’uomo dava a sé stesso nel suo operare, nelle decisioni programmatiche per un suo bene esclusivo, lascia spazio alla salvaguardia del futuro della vita. Questa concezione antropologica vede l’uomo inserito in un contesto più ampio e articolato, in cui si trova a farsi garante delle risorse che lo circondano (l’ambiente, nelle sue diverse espressioni) e lo costituiscono (il suo patrimonio genetico, la sua biologia). La tecnica, frutto dell’ingegno dell’uomo, gli fa assumere quella responsabilità che Dio stesso gli ha donato, in quanto amministratore e guardiano della creazione20. La scienza e la tecnica, infatti, si confrontano con un elemento in comune che è la saggezza21. Scienza e saggezza, in realtà, appartengono a due ambiti diversi del 17

Cfr. H. JONAS, Tecnica, medicina ed etica, cit., 19. H. JONAS, Tecnica, medicina ed etica, cit., 31. 19 Ibid., 34-40. 20 Cfr. Gen 1,26-29; 2,19-20; 9,1-4. 21 Cfr. M. FURNARI, Scienza e saggezza, in Enciclopedia di Bioetica e Sessuologia, Leumann (Torino) 2004, 1553-1556. 18

74


sapere:il loro rapporto è funzione dei diversi significati che i due concetti assumono nel tempo22. Questo rapporto, sia nell’epoca antica che moderna, è basato, quasi esclusivamente, sulla loro differenza concettuale che ne delinea le discordanze e le affinità. Nel Novecento la scienza e la tecnica hanno assunto un potere tanto rilevante da richiedere l’applicazione di una virtù, la saggezza, che portasse l’uomo a ridimensionare le potenzialità scoperte23. In realtà, l’uomo, spinto dalla dinamica dell’utopia del progresso tecnico24, in modo quasi automatico, non si trincea dietro quei salutari limiti del suo operare che gli permettano di continuare il cammino della ricerca senza pentirsene. Questa saggezza, oggi, non appartiene all’uomo, né sente il desiderio di cercarla, poiché l’unico freno che rallenta la sua corsa sfrenata al progresso è la paura. La percezione del malum e la consapevolezza che l’uomo possa cadere nel vortice di una minaccia concreta contro la sua identità lo spingono a decidere sui ciò che bisogna evitare25. Senza dubbio la percezione del malum è facile da percepire rispetto alla conoscenza del bene, anche se il discorso non è scontato così come possa apparire. Infatti, il bene può passare inosservato e, senza il bisogno di una opportuna riflessione, può rimanere del tutto sconosciuto. La paura non può essere considerata come elemento discriminante per la ricerca del bene ma è un utile inizio che alimenta una più approfondita riflessione Una visione riduttiva, ma interessante, che crediamo opportuno sottolineare, è data da Rensselaer Potter, il padre della bioetica, che scrive: «L’umanità ha urgente bisogno di una nuova saggezza, che le fornisca “la conoscenza di come usare la conoscenza” per la sopravvivenza dell’uomo e per il miglioramento della qualità della vita»26. 22 In Aristotele, scienza e saggezza sono proprie entrambe dell’anima razionale, ma appartengono a due parti distinte di essa. La scienza o episteme è conoscenza dimostrativa, ossia è quella conoscenza per cui «si conosce la causa in virtù della quale l’oggetto è». La saggezza o phronesis è «l’abito pratico razionale che concerna ciò che è bene o male per l’uomo». Nella scienza moderna la saggezza è identificata con la metafisica (Kant), mentre la scienza si basa sulla dimostrazione e sull’esperienza. 23 Cfr. J. MOLTMANN, Scienza e sapienza, Brescia 2003, 145-157 (Biblioteca di teologia contemporanea 126). 24 Cfr. H. JONAS, Il principio responsabilità, cit., 29-32. 25 Ibid., 35. 26 Van R. POTTER, Bioetica. Ponte verso il futuro, Messina 2000, 39.

75


R. Potter è consapevole che il rapporto tra la scienza e la tecnica non è stato accompagnato da un corrispondente interesse per la saggezza che avrebbe dovuto illuminare e chiarire i termini di questa relazione. L’oncologo ha una concezione della saggezza strettamente legata alla conoscenza scientifica: questa virtù nasce dalle leggi che regolano l’ambiente che ci circonda. Il bios riunifica la sfera teoretica e pratica della saggezza, per cui la scienza, con la sua ricerca incessante, permette di pervenire a quelle conoscenze sempre più approfondite del mondo che ci circonda, che permettono all’uomo di possedere le regole di una nuova etica. Si tratta di una concezione antropologica strettamente riferita all’uomo come organismo biologico, ridotto cioè ad insieme di meccanismi biochimici, espressi da teorie e formule. Potter espone una linea antropologica riduttiva nel decifrare il rapporto tra scienza e tecnica, che permette di realizzare una riflessione solo selettivamente mirata al rapporto che l’uomo ha con l’ecosistema, ma tutto ciò non basta. L’adattamento dell’uomo all’ambiente ha bisogno di una riflessione più ampia che consideri l’uomo nella sua globalità fisica e metafisica. Abbiamo visto come sia Jonas che Potter procedano su un piano che non è prettamente religioso ma permettono di sottolineare come sia forte la necessità di ripensare al sapere scientifico e, in rapporto a questo, valutare le tecniche più opportune che consentano all’uomo di sopravvivere. R. Potter, infatti, scrive: «La scienza, in particolare la scienza biologica, può offrire indicazioni per lo sviluppo di giudizi sul valore basati sul concetto di sopravvivenza»27.

Si tratta di indicazioni da coniugare con i principi fondamentali della persona, con quei diritti inalienabili, inscritti in ciascun essere umano. Giovanni Paolo II, riprende questo discorso, nei lavori di apertura del Convegno per il primo centenario della morte di G. Mendel dichiara con affabile riconoscenza all’abate per il suo apporto alla conoscenza scientifica sulla genetica: «Non è forse della cultura saper congiungere armoniosamente i modi di vivere con le ragioni del vivere, saper incarnare queste in quelli, in una 27

76

Ibid, 224.


sintesi profondamente creativa, in cui il compito da assolvere si nutre di un ideale?»28

3. LA RESPONSABILITÀ DELL’UOMO NEI CONFRONTI DELLE BIOTECNOLOGIE Il tema sulla responsabilità è collegato ontologicamente con la riflessione sul soggetto. In tale linea appare difficile attribuire la responsabilità ad un complesso di atti teorici e di sperimentazioni pratiche: è questo un errore che spesso si commette. È l’uomo, in primis, il protagonista del sapere scientifico e tecnologico. La tecnica moderna ha determinato un nuovo modo di riflettere sul rapporto esistente tra l’uomo e le biotecnologie. Le nuove categorie e problematiche, che l’ingegneria genetica e la terapia genica propongono, richiamano l’uomo ad un impegno responsabile, per la scelta di uno sviluppo rispettoso del suo vero bene.

3.1. Il concetto di responsabilità e libertà Il termine responsabilità deriva dal latino e può avere diverse accezioni: responsare, rispondere della propria e dell’altrui azione, oppure respondeo-abilis, rispondere nel giusto modo alle questioni che la vita pone29. Nel passato, tale parola era usata nella vita forense ed indicava un’azione o una realtà difensiva davanti ad un tribunale, successivamente, la responsabilità non viene intesa in modo esclusivo legata all’uomo corrotto, ma si esprime nella forma di stretta collaborazione tra l’uomo e Dio30.

28 GIOVANNI PAOLO II, Mendel armonizzò scienza e sapienza, in Studi dell’Accademia Agostiniana, Atti della solenne commemorazione del primo centenario della morte di Gregorio Mendel, Scienza e Sapienza, Roma 1984, 13. 29 Cfr. O. PIANIGIANI, Responsabile, in Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, La Spezia 19903, 1130. 30 Cfr. G. HOLTON, La responsabilità della scienza, Bari 1993, 177-215.

77


Nella dottrina morale cattolica, viene interpretata come bisogno e necessità dell’uomo di giustificarsi davanti a Dio. Nel processo di secolarizzazione, l’uomo viene indicato come l’unico responsabile delle proprie azioni, le scelte operate sono frutto del suo essere razionale e libero. La natura umana è stata manipolata dalla tecnica, che ha radicalmente mutato il rapporto tra l’esistere e l’essere responsabile, poiché l’uomo tende a manipolare la natura nella prospettiva di un proprio tornaconto31. Il problema della responsabilità umana, dunque, deve essere ripensato nell’ottica della libertà32, che Dio ha concesso all’uomo creandolo. Possiamo dire che l’atto creativo con cui Dio ha dato origine al mondo e all’uomo, con la sua Provvidenza, si muta per l’uomo nel compito della responsabilità. La responsabilità morale va rintracciata nella relazione che lega l’agire dell’uomo alle dimensioni profonde del suo essere, alle intenzionalità ultime che guidano le sue scelte e al costante dinamismo che caratterizza la crescita umana nei vari stadi di maturazione33. L’uomo, attraverso la sua libertà e le sue capacità intellettive, riflette e dà vita alle idee, realizzando sé stesso; infatti, la libertà è indispensabile perché egli giunga alla sua piena realizzazione. La libertà deve essere considerata come una realtà incarnata nell’uomo, che indica la facoltà di essere affidati a se stesso e di poter decidere responsabilmente di sé. L’uomo è un soggetto libero, chiamato ad attuare la propria vita auto-governandosi ed in maniera responsabile. Infatti, l’orientamento e la decisione sono momenti immediati della libertà, dato che l’uomo affidato a se stesso va in cerca di un orientamento, decide e si determina. Egli appartenendosi in modo autonomo, non rifiuta di sottoporsi a qualsiasi legame; se non ci fosse una relazione, il suo fine inevitabile è l’elidersi, in quanto non potrebbe orientarsi e decidersi per nulla. È nella natura stessa della libertà l’orientarsi ad un contenuto, ricercarlo e raggiungerlo, per permettere che la propria esistenza sia piena. 31

Cfr. H. JONAS, Il principio responsabilità, cit., 115-124. Cfr. G. PIANA, Libertà e responsabilità, in Nuovo Dizionario di Teologia Morale, Cinisello Balsamo 1990, 658-674. 33 Cfr. D. DENNETT, L’evoluzione della libertà, Milano 2004, 257. 32

78


Ogni singolo soggetto è in ricerca di un’altra realtà, di un’altra libertà a cui si lega. Di quale libertà si tratta? In tutte le relazioni interpersonali ci troviamo dinanzi all’incontro di due libertà: la mia libertà finita, limitata, ben strutturata si incontra con la liberta finita, limitata e ben strutturata del mio prossimo. Questo contenuto non è mai del tutto soddisfacente ed, inoltre, non è mai sufficiente per raggiungere la compiutezza desiderata, ecco perché tende a superarsi, a raggiungere un Tutto che permette alla libertà finita dell’uomo di raggiungere la libertà infinita, in cui si trova la sua realizzazione, perché è una libertà correlata a Dio. Tommaso d’Aquino, nella sua opera Summa Theologica, sottolinea come gli atti umani siano ordinati al proprio fine: «Videtur quod non sit in nobis aliqua lex naturalis. Sufficienter enim homo gubernatur per legem aeternam: dicit enim Augustinum quod “lex aeterna est qua iustum est ut omnia sint ordinatissima”. Sed natura non abundat in superfluis, sicut nec deficit in necessariis. Ergo non est aliqua lex homini naturalis. Per legem ordinatur homo in suis actibus ad finem. Sed, ordinatio humanorum actuum ad finem non est per naturam, sicut accidit in creaturis irrationalibus, quae solo appetitu naturali agunt propter finem: sed agit homo propter finem per rationem et voluntatem. Ergo non est aliqua lex homini naturalis»34

Nella trattazione sulla presenza o meno di una legge naturale che ordina gli atti umani, s. Tommaso sottolinea la presenza della legge eterna di Dio in ogni soggetto. La legge naturale è la legge eterna divina, in quanto è partecipata alla creatura. L’uomo partecipa alla legge eterna conformemente alla propria natura, cioè mediante la ragione, per cui è capace di conoscere ciò che è conforme o meno alla sua natura, e può egli stesso dirigersi al proprio fine. La libertà dell’uomo è strettamente legata a questa realtà ontologica che gli appartiene, dato che tutti i suoi atti sono rivolti al suo fine proprio, che è Dio. Il fondamento stesso della libertà è Dio, per cui il Creatore non è una minaccia o un avversario della libertà umana, bensì è il perfezionamento e la compiutezza dell’uomo. Quindi, secondo l’Aquinate, la libertà non è un semplice atto della

34

TOMMASO D’AQUINO, La Summa Teologica, XII, I-II, q. 91, a. 2.

79


volontà come sostengono certi volontaristi antichi (Scoto e Occam) e moderni (Nietzsche e Sarte)35. L’uomo con il suo agire, in piena libertà, si realizza nell’apertura al Sommo Bene, ma non sempre tutto ciò viene compreso, nel suo significato. In realtà, da solo l’uomo non può raggiungere una libertà infinita, in quanto egli stesso è finito, s. Tommaso esprime chiaramente che per legem ordinatur homo in suis actibus ad finem36, dato che esiste una legge eterna che regola i suoi singoli atti. Giovanni Paolo II, nella lettera enciclica Veritatis Splendor, riprendendo S. Tommaso, dichiara: «Solo Dio può rispondere alla domanda sul bene, perché Egli è il bene. Ma Dio ha già dato risposta a questa domanda: lo ha fatto creando l’uomo e ordinandolo con sapienza e con amore al suo fine, mediante la legge iscritta nel suo cuore (cfr. Rm 2, 15), la legge naturale. Questa altro non è che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie a cui conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l’ha donata nella creazione»37.

In realtà, la scelta dell’uomo può seguire due strade: orientarsi alla libertà infinita, lasciandosi riempire da essa in atteggiamento di umiltà ed apertura, oppure la libertà finita si afferma in maniera assoluta, vivendo con autosufficienza ed autoderminazione egoistica ed utilitaristica, che si traduce in un rifiuto di Dio. Si parla spesso di neutralità della scienza, è questo il concetto per il quale la libertà dell’uomo trova la sua massima espressione. Infatti, alcuni studiosi sostengono che l’attività scientifica rappresenta una ricerca rigorosa e neutrale della verità, e come tale non deve essere influenzata da alcun fattore esterno di natura politica, sociale o morale. Altri, invece, sorreggono la tesi che la scienza è sempre espressione della struttura sociale, di principi etici e di manovre politiche. In realtà la scienza tiene conto di ambedue le correnti, essa non è mai unilaterale. 35

Cfr. B. MONDIN, Libero arbitrio, in Dizionario enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino, Bologna 1991, 57. 36 L. c. 37 IOANNES PAULUS PP. II, Veritatis Splendor. Littera Encyclicae cunctis catholicae Ecclaesia episcopis de quibusdam quaestionibus fundamentalibus doctrinae moralis Ecclesiae (Romae, 6 Augusti 1993), in AAS 85(1993) 46. Tutte le traduzioni di documenti tratti da AAS sono mie.

80


La libertà dell’uomo viene intesa, spesso, come una strada, quasi obbligatoria, che si deve percorrere senza fermarsi. Crediamo, comunque, che si tratti di una percorso non solo riferito all’aspetto materiale dell’esistenza umana, ma porta in sé dei connotati che riguardano la concezione antropologica dell’uomo stesso, che, come abbiamo visto, è frutto di un complesso sistema di componenti socio-culturali. La Conferenza Episcopale Francese ha pubblicato uno studio sul valore della vita e della morte, vogliamo riprendere qualche un passaggio che riteniamo interessante38. Si considera come le capacità intellettive dell’uomo aprino l`umanità intera a nuove prospettive in campo biotecnologico e gli conferiscono una nuova responsabilità. Siamo dinanzi ad un nuovo problema che vede superare due grossi ostacoli: la logica del sentimento e la logica tecnica. La logica del sentimento riguarda la pretesa onnipotente della scienza che rende insopportabili le nostre frustrazioni, il desiderio diventa un assoluto, tutto si crede possibile con la tecnica. Occorre mettersi in una certa prospettiva per capire ciò che è veramente buono e costruttivo per l’uomo e la comunità umana al di là del desiderio apparente. La logica della tecnica vede la scienza e la tecnica in modo “oltranzista”, è forte in questo caso la tendenza tecnocratica. La riflessione in atto deve permettere di discernere meglio tra uso ed abuso, anche se la qualificazione morale di un comportamento non emerge chiaramente all’inizi. Sono le conseguenze a lungo termine che scoprono la fondatezza o al contrario gli “effetti perversi”. Crediamo come ci voglia una grande libertà di spirito poiché non ci si libera facilmente dalla duplice logica del sentimento e della tecnica. Infatti, si rimane ancorati all`aspetto materiale della ricerca che è legata ad un`aspettativa, ad un sogno che non sempre è un vero bisogno. Non si riesce a fare un salto di qualità verso l`infinito ma si riduce tutto al particolare rendendo i valori universali che riguardano l`uomo troppo astratti per essere vissuti. Così si aspettano gli effetti a lungo termine, dopo danni e anni di sperimentazione la morte di tante vite è vista solo come un incidente di percorso, per certificare che un procedimento sia valido o meno. 38 CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, Commissione dell’Episcopato francese per la famiglia, Vita e morte su ordinazione, in La Documentation Catholique 1885 (1984) 1126-1130.

81


Il ricercatore, lo scienziato, in quanto essere umano, si pone in un’ottica di partecipazione e di continuità nei confronti della libertà infinita? La libertà di ricerca si fa garante del rapporto intrinseco che ogni essere umano ha con il suo Creatore? Esiste un limite concettuale, antropologico tra il naturale e l’artificiale nel campo delle biotecnologie? Per rispondere a queste domande, nella nostra trattazione sugli aspetti antropologici, è doveroso approfondire se esiste una relazione tra il naturale e l’artificiale, sottolineandone i termini e le differenze.

3.2. Il rapporto tra il naturale e l’artificiale La medicina non è definita solo dal carattere proprio delle interazioni umane (rapporto medico-paziente) o dalla professionalità degli operatori (la conoscenza della malattia e la relativa terapia) o dal suo fine (la salute) ma anche dal tipo e dalla specificità dei suoi strumenti e dalla presenza di speciali interazioni tra il naturale e l’artificiale. Una prima distinzione tra i due termini si consegue tenendo conto di ciò che è proprio della natura, intesa come cosmo, universo e ciò che proviene dalle mani dell’uomo, dal suo ingegno, dalla sua intelligenza39. È naturale tutto ciò che fuoriesce dalle forze del creato, l’evolversi delle leggi che lo regolano, i dinamismi intrinseci che stanno alla base di tutti quei processi che non sono sotto il controllo dell’uomo; l’artificiale scaturisce da un processo che tiene conto di un iter prefissato che lega la scienza alla tecnica: le nuove conoscenze scientifiche sono la fonte concettuale e teorica delle applicazioni tecnologiche. In tal modo, l’arte, l’ingegneria, la medicina che sono oggetto dell’azione umana possono essere considerati artificio, la natura viene modificata, trasformata per un interesse che è solo dell’uomo. In questo caso il termine artificiale assume dei connotati negativi, perché imitando la natura, l’uomo opera un’azione di contraffazione. Questa posizione abbraccia tutto il movimento ambientalista40. 39 Cfr. G. PIANA, Etica scienza società. I nodi critici emergenti, Assisi 2005, 15-18 (Rocca libri 5). 40 Cfr. K. GOLSER, Questione ambiente: tesi per un’etica dell’ambiente, in Rivista di Teologia Morale 85 (1990) 11-20; G. TRENTIN, Per un’etica della responsabilità ambientale, in Credere Oggi 70 (1992) 92-93.

82


Non è facile seguire tali idee dato che nella natura stessa è compreso l’intelletto e la volontà umana, poiché si tratta delle intrinseche proprietà dell’uomo grazie alle quali comprende la realtà che lo circonda. La concezione tomista di natura ci porta alla corrispondenza tra essere ed agire, operari sequitur esse; infatti, l’actus essendi, nel quale si può tradurre il divino dono partecipato delle creature, è tendenza al compimento dell’uomo stesso. s. Tommaso chiama questa tendenza naturalis appetitus e spinge l’uomo a conformazionarsi al fine, e scrive: «Quidquid ergo homo faciat, verum est dicere quod homo agit propter finem, etiam agendo actionem quae est ultimus finis»41,

e subito dopo continua: «appetitus nihil aliud est quam inclinatio appetentis in aliquid»42. Tutta la creazione è orientata a Dio come fine ultimo, solo se si assume Dio come proprio bene43, oggetto dell’appetitus intellettivo, si perviene al fine della propria vita. Si segue un affascinante dinamismo che vede coinvolte diverse categorie tomiste: la volontà non è in grado di essere messa in movimento se non dalla conoscenza che muove l’inclinazione della volontà, l’intelletto astrae una forma della realtà conosciuta e questa forma così astratta viene a trovarsi nella mente. Grazie alla comunicazione nella sostanza tra intelletto e volontà, avviene una trasformazione della species in principio di movimento della volontà, in qualche modo la species è tradotta in una modificazione appettitiva. La forma, che è stata conosciuta, si è tramutata in un’impressione dell’appetitus, e, grazie alla sua presenza ha modificato l’appetitus; la species è medium che porta immediatamente la visione sull’oggetto, è medium in quo l’oggetto stesso è visto. 41

TOMMASO D’AQUINO, La Summa Teologica, I-II, q. 1, a. 1. Ibid., I-II, q. 8, a. 1. 43 Possiamo distinguere quattro possibili rapporti dell’uomo con il bene: in primo luogo si presenta l’esperienza del bene, che è un rapporto non conosciuto, ma appetitivo, che presuppone elemento essenziale, una preliminare conoscenza come causa, infatti si crea una modificazione dell’appetitus da parte dell’oggetto conosciuto. Il bene può essere oggetto di conoscenza in modi diversi, riflettendo sulla sua perfezione ontologica oppure si sperimenta direttamente la sua bontà, così come si presenta. Si tratta dei due tipi di giudizio, che dà vita alla conoscenza razionale del bene e alla conoscenza sperimentale del bene. Esiste, in ultimo, la conoscenza del bene come bene in sé, assumendo così un valore trascendentale. 42

83


Una volta destata l’inclinazione, questa condurrà verso l’oggetto appetibile ut est in se, intervenendo direttamente nella realtà, toccando il suo oggetto e restandone realmente modificata. Non rimarrà che seguire questa inclinazione, che si muove nell’ambito dell’appettitivo, connaturalità è il nome dell’inclinazione, che esplica la relazione di convenienza tra due enti. Termine di tale movimento è l’unione, che tocca la realtà ut in se e provoca una complacentia, che è il movimento di gioia conseguente all’oggetto raggiunto44. La libertà o libero arbitrio raccoglie il potere della volontà e della ragione e si dice facoltà di entrambi45. La natura razionale dell’uomo è lo strumento per comprendere la chiamata di Dio, per trovare la giusta risposta alle numerose situazioni e problematiche della vita; la natura, in quanto cosmo, è l’oggetto delle questioni ed il luogo dove trovare la giusta risposta. Possiamo, allora, concludere che, secondo la concezione tomista, naturale non è solo un freddo processo gnoseologico ma è l’esperienza dell’oggetto, cioè un dinamismo che coinvolge la sua realtà ontologica e l’intervento intellettivo dell’uomo. Nell’epoca moderna Francesco Bacone modifica il concetto di natura, privandolo di ogni dignità. Egli fu animato da una profonda insoddisfazione per la concezione aristotelico-tomista, poiché portava all’oblio della finalità pratica e operativa, a cui dovrebbe rispondere il sapere e poneva la riflessione sull’uomo ad un piano esclusivamente interiore e contemplativo. Si riteneva urgente un cambiamento di prospettiva che portasse avanti “la grande instaurazione” del regnum hominis (il regno dell’uomo sulla natura). La dignità appartiene esclusivamente all’uomo, per cui naturale è un predicato che solo l’uomo può detenere. Il dominio dell’uomo è posto nella scienza, perché questa possa conoscere la natura e dominarla46. In realtà, la forma mentis utilitaristica della natura e l’uso indiscriminato della tecnica e, di conseguenza, delle biotecnologie che oggi viviamo, trovano in queste concezioni uno dei passaggi epocali che riguar44

J. LABEAGA, La Vita Intellettiva, Città del Vaticano 1994, 221-240 (Studi Tomistici,

55). 45

Cfr. TOMMASO D’AQUINO, La Summa Teologica, I, q. 83; I-II, q. 13; ID., Scriptum super libros Sententiarum, II, d. 24, q. 1, a. 1. 46 Cfr. G. PAGANINI, Bacone, in L’Enciclopedia della Filosofia e delle Scienze Umane, Novara 2000, 85.

84


dano la diversa interpretazione del rapporto tra la natura e l’uomo, tra il naturale e l’artificiale. Il naturale si uguaglia all’artificiale, poiché è frutto delle capacità dell’uomo e creare una linea di demarcazione tra di essi è veramente ardua. Jacques Monod, nel suo saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea, ripercorre questa problematica mettendo in evidenza l’impossibilità di poter rendere chiara la differenza del rapporto naturale/artificiale, scrive che è illusoria: «la convinzione di poter distinguere immediatamente e senza ambiguità, tra vari oggetti, quelli naturali e quelli artificiali»47.

J. Monod continua: «e perché noi stessi fabbrichiamo “artefatti”, che siamo in grado di giudicare come “naturale“ o “artificiale” un qualsiasi oggetto che ci si presenti. In realtà, sarebbe possibile definire, in base a criteri generali e oggettivi, le caratteristiche degli oggetti artificiali, frutto di una attività proiettiva cosciente, per contrapposizione agli oggetti naturali, che risultano invece dal gioco fortuito delle forze fisiche?»48.

Le riflessioni di Monod mettono in evidenza che queste due categorie sono funzionali fra di loro, si compenetrano e si trasformano reciprocamente, per cui è difficile poter dare una risposta esaustiva che tenga conto di criteri universali. La difficoltà consiste nella mancanza di un criterio univoco. Chi stabiliva i limiti tra la natura e l’artificio, intesi anche come hybris, prevaricazione dell’uomo sulla natura, erano le grandi forze della tradizione occidentale. In altri termini questo compito era appannaggio del pensiero filosofico, teologico, metafisico. È il pensiero che indica l’esistenza di un ordine immutabile, necessario, eterno, a cui l’azione dell’uomo, etica e anche politica, deve adeguarsi. Allora il limite era l’ordine a cui l’uomo e il suo agire devono adeguarsi. Nella storia dell’occidente è accaduto lo straordinario capovolgimento che soprattutto la cultura filosofica del nostro tempo ha mostrato: 47 48

J. MONOD, Il caso e la necessità, Milano 1988, 17. Ibid., 18.

85


l’impossibilità di un limite. Questo significa che i confini tra il naturale e l’artificiale non possono più avere la pretesa di assolutezza. Nel modo contemporaneo cade, infatti, la distinzione tra natura e artificio, poiché tutto diventa costruibile e dunque artificiale, almeno tendenzialmente, non esiste alcun limite per l’uomo, tanto da delinearne la differenza. L’azione umana, nel contesto della civiltà tecnologia, ha ormai raggiunto una portata universale, poiché l’estensione del suo potere è tale da investire anche l’intera sfera biologica, diventata ormai radicalmente vulnerabile, e quindi esposta al totale annichilamento. Dal momento che le forze della tradizione occidentale intendono servirsi della tecnica come mezzo, è in relazione a questo sistema che bisogna rapportare la propria analisi. È inevitabile che la tecnica, per servire tali forze, debba essere la più efficace e potente possibile. Diventa quasi inevitabile che si produca quel tradizionale rovesciamento per cui lo strumento diventa lo scopo delle forze che vorrebbero servirsi di esso per realizzare i loro scopi ideologici49. La questione più interessante è, invece, quella secondo cui la tecnica è in grado di rimediare ai propri errori; l‘uomo può imparare dai benefici che la tecnica gli propone. La tecnica diventa in grado di costruire quello che ormai non è più utopico chiamare “paradiso della tecnica”. Sennonché questo è un paradiso costruito dalla logica del sapere scientifico moderno e cioè con una logica ipotetica. E allora il beneficio della tecnica consisterà nel fatto che, in base a una logica ipotetica, l’uomo raggiungerà la massima felicità che abbia mai sperimentato sulla terra. Questa felicità ipotetica però aumenta in lui l’angoscia di perderla, così che dal massimo beneficio prodotto dalla tecnica p scaturisce un sommo insegnamento. L’angoscia in relazione alla felicità e alla sicurezza che possono esser perdute consegna all’uomo la possibilità di ripensare al significato della verità e della non verità, cioè al significato di quelle categorie in relazione alle quali si è costituita la scienza moderna come ipotesi. C’è un modo ingenuo di concepire i rapporti tra antropologia e biotecnologia: quello di vederle separate. Invece la tecnica alla quale ci rife49 Cfr. P. GRECO, Biotecnologie scienza e tecniche verso quale umanità?, Assisi 2004, 7-11 (Rocca libri 5).

86


riamo è essenzialmente fondata sull’antropologia, la quale è ciò che fornisce lo spazio al campo di gioco della tecnica. I principi antropologici ed etici hanno la funzione di preparare il terreno, lo spazio della tecnica perché, contrariamente a quello che ancora si pensa, la filosofia del nostro tempo e la scienza sono essenzialmente solidali anche laddove la filosofia si presenta come critica della scienza. Di fatto oggi l’uomo prende posizione in due modi contrastanti rispetto alla tecnica e sono entrambi modi viziati da un’ingenuità di fondo. Il primo è quello che potremmo dire proprio delle sinistre mondiali: il modo caratterizzato dall’illusione di dominare la tecnica. L’altro modo è quello che appartiene alle destre mondiali le quali celebrano i trionfi della tecnica ma poi sono spesso sprovvedute per quanto riguarda la memoria storica. Non si rendono cioè conto che il loro tentativo di dimenticare il passato è controproducente nel senso che impedisce la stessa possibilità di allontanarsi dal passato50. E allora ci pare che la questione includa, implicitamente, la correttezza dell’atteggiamento dell’uomo rispetto alla tecnica. La correttezza significherebbe, restando sempre all’interno della storia dell’Occidente, l’atteggiamento in cui si riconosce la dominazione della tecnica ma insieme non ci si dimentica del passato da cui si vuole uscire. La nostra cultura contemporanea mostra la necessità del tramonto di un ordinamento divino del mondo, che si presenta allora come un campo senza limiti. Il mutamento quantitativo del potenziale dell’azione umana produce, in realtà, un cambiamento qualitativo sull’oggetto verso cui è condotto tale intervento umano. Ecco perché è necessario fissare i parametri in base ai quali può essere stabilita la compatibilità dello sviluppo della ricerca scientifica con i principi antropologici ed etici.

3.3. Il paradigma dell’ingegnere Nella società industriale odierna ogni individuo tratta di continuo con la tecnica, dato che usufruisce quotidianamente dei suoi prodotti e ne è costantemente condizionato, ma spesso non la comprende. 50 Cfr. E. SEVERINO, Il fine dell’Apparato, in Scienza ed etica. Quali limiti?, a cura di Jader Jacobelli, Bari 1990, 158-162 (Saggi Tascabili Laterza 147).

87


Molte delle incomprensioni e delle differenze con cui gli uomini guardano alla tecnica derivano dalla sua identificazione con il macchinismo, cioè quell’ideale che pone la realtà in funzione solo della “macchinizzabilità” dei procedimenti e delle operazioni. Un’operazione complessa, in qualsiasi campo si voglia intraprendere, viene ridotta in termini più semplici secondo criteri quantificabili, eludendo il problema della qualità. Nel mondo greco alla macchina veniva attribuito un aspetto “magico” perché essa consentiva di “andare contro natura” in una maniera che l’eccessiva argomentazione speculativa nei confronti del mondo sensibile, tipica del mondo antico, non riusciva a penetrare e a comprendere51. All’origine, dunque, il significato di “macchina” era quello di macchinazione, espediente, sospensione delle regole, trappola resa alla natura, contro la quale non si lottava direttamente, a viso aperto, ma in modo da utilizzare dei sistemi che funzionassero in maniera estranea alle leggi naturali. Un’idea che non è mai tramontata ed ha permesso l’affermarsi del “paradigma dell’ingegnere”. Il modo più efficace di cui il soggetto può disporre per rapportarsi ad un qualsiasi oggetto della conoscenza avviene attraverso la mediazione delle macchine. Se l’oggetto da conoscere è una cellula questo paradigma ci porta a concepire la cellula come una macchina perfetta, costituita da mille ingranaggi, tutti in rapporto fra di loro; i sistemi biochimici sono le leggi fisiche che regolano il processo meccanico al suo interno, con la produzione di bio-molecole necessarie per la sopravvivenza della cellula stessa. Il paradigma dell’ingegnere sembra fornire una solida base teorica all’idea di autoreferenzialità della tecnologia, cioè che questa da sola possa bastare a risolvere i problemi dello sviluppo della civiltà umana e con essi tutte quelle questioni di natura medica. Questa convinzione è confermata dal fatto che l’uomo trasferisce in modo sempre più efficace le acquisizioni e le conoscenze in campo scientifico agli artefatti che costruisce. 51 La macchina più semplice, la leva, veniva considerata magica perché risolve l’aporia di una piccola forza che solleva un carico molto maggiore. Da cui la duplice idea, da una parte, che il funzionamento di una macchina sia inappellabile e non conosca ragioni umane e, dall’altra, che la macchina sia un prodotto che non fa parte dell’uomo e dei suoi valori, in quanto esterno alla sua razionalità.

88


Crediamo che una posizione chiara debba essere presa nella concezione che vede confondere la tecnica con le macchine. C’è una concezione ingenuamente tecnicistica della tecnica che deve essere abbandonata. Quando si parla di tecnica si deve tener presente un sistema più ampio e generale, in cui la categoria macchina rappresenta solo una parte della molteplice gamma di elementi che costituisco il complesso campo della tecnologia. Ecco perché crediamo opportuno ulteriormente puntualizzare. L’idea della tecnologia come semplice applicazione e manipolazione, del tutto scissa dagli sviluppi scientifici e dalle acquisizioni più elevate della cultura e della civiltà, e come sua esaltazione, quasi isolatrice, basata sul presupposto che ogni forma di conoscenza debba passare attraverso la mediazione della macchina, è senza dubbio errata. Entrambi questi paradigmi impediscono ogni forma di relazione e di collaborazione tra la tecnologia, l’antropologia e l’etica. Infatti, la tecnologia, nel primo caso come campo di applicazione e di esercizio, può essere soltanto considerato come oggetto inerte rispetto al giudizio morale; nel secondo caso si sottrae a questo giudizio, disconoscendone non solo la legittimità, ma anche l’effettiva praticabilità. La tecnica è contro ogni forma di dogmatismo, dato che non esiste alcuna conquista scientifica definitiva, non modificabile, cui la scienza si avvicina molto alla tecnica. La tecnologia è una tensione al futuro, continuamente in evoluzione, che supera il presente per dare vita alla novità che diventerà oggetto del passato. Questo carattere provvisorio rende la tecnica un campo continuamente aperto, che si basa su un tipo di ragionamento e modalità di scelta che non può essere localizzato in un unico sistema considerato auto-sufficiente, ma che hanno luogo in sistemi intercomunicanti. La tecnologia è pensiero, che si mostra critico, aperto allo scambio, alla cooperazione, alla interrelazione, che permette il superamento da una fase all’altra della ricerca tecnologica. L’aspetto del dialogo nel campo tecnologico non riguarda solo il campo delle comunicazione e della telematica ma penetra nella struttura interna del sistema tecnologico. Oggi, l’attenzione dovrebbe essere sempre più focalizzata non solo all’esigenza di una riflessione che concentri l’interesse nei confronti dei parametri funzionali ed dei limiti che la tecnica pone al nostro studio, ma anche al rapporto tra prodotto e destinatario, coinvolgendolo nel processo creativo.

89


Si tratta di un dialogo proficuo tra sapere scientifico e sapere comune, che non permette all’utente di essere schiacciato da ciò che è stato deciso dagli altri. Si alimenta così la coscienza critica collettiva, che permette a ciascuno di superare ogni pregiudizio o paura nei confronti della tecnologia. Nel patrimonio scientifico-tecnico, però, sorgono dei problemi che il sapere comune non riesce a risolvere, basti pensare al complesso linguaggio scientifico oppure alle nuove conoscenze che la ricerca scientifica ci pone dinanzi giornalmente. Spesso bisogna ritornare sul problema con l’applicazione di metodi, di analisi, teorie, e di una ricca letteratura scientifica che rendono più chiare le nuove scoperte. Questo discorso vale, maggiormente, per i problemi complessi e delicati dinanzi ai quali la biotecnologia e l’ingegneria genetica pongono la nostra attenzione. Si tratta di questioni che non possono essere trattate con superficialità o semplicemente applicando parametri di distinguo tra naturale e artificiali, in questo caso la scienza, la tecnologia, l’antropologia e l’etica devono collaborare insieme sempre per un fine che riguarda al salvaguardia dell’essere umano. Le nuove sfide della medicina che si legano a quelle culturali ci spingono a mantenere alto lo sguardo verso queste problematiche, perché le possibilità in campo biotecnologico siano in sintonia con i valori della dignità della persona.

90


CAPITOLO V LA RIFLESSIONE MORALE

1. IL RAPPORTO TRA SCIENZA ED ETICA Ogni mutamento operato nella scienza biologica porta con sé delle mutazioni di finalità, che fanno emergere la questione etica del valutare la liceità degli interventi sull’uomo che sembrerebbero ormai diventati determinanti per la nostra sopravvivenza e quindi per il nostro avvenire di uomini. In realtà, l’esigenza della riflessione etica si pone, soprattutto, nel momento applicativo delle scienze sperimentali, quando vengono presi in esame i rischi e i benefici, quando la coscienza introduce nella scienza degli elementi di incertezza, ma nello stesso tempo svela alla scienza i limiti delle sue conquiste e l’enorme responsabilità del potere in suo possesso. Elio Sgreccia sottolinea, in un suo intervento sull’etica della sperimentazione, come occorra distinguere la categoria di ciò che è necessariamente richiesto per l’eticità di un’azione da ciò che è sufficiente per un giudizio di prima eticità1. Sembrerebbe un gioco di parole ma la logica che sostiene questa affermazione è chiara. In una sperimentazione scientifica entrano in gioco diversi equilibri e legami che riguardano il ricercatore: in primo luogo la deontologia del ricercatore, nel rispetto dei procedimenti metodologici della ricerca stessa, che è legata alla sua competenza operativa e professionale, frutto dei suoi studi e della sua esperienza. In secondo luogo, si noti come l’intenzionalità dello scienziato può essere buona, perversa o ricerchi solamente il proprio utile, questo perché ogni studio nasconde una finalità strategica, che può essere rivolta alla terapia, alla ricerca farmacologica, al miglioramento di processi industriali, agricoli o potrebbe avere finalità manipolatorie a livello genetico. Il ricercatore, in laboratorio, segue normalmente un protocollo con l’indicazione di procedimenti sequenziali e sistematici su un target che può 1 Cfr. E. SGRECCIA, La risposta nella trascendenza, in Scienza ed etica. Quali limiti?, a cura di Jader Jacobelli, Bari 1990, 164 (Saggi Tascabili Laterza 147).


essere costituito o da cellule vegetali o animali o umane. Si tratta di una differenza sostanziale che apre la strada alle problematiche sulla sperimentazione sull’uomo e non di una semplice distinzione citologica tra cellule simili su colorati brodi coltuali in piastre Petri sterilizzate. L’etica della sperimentazione riguarda, allora, sia i fini che i mezzi e i metodi.

1.1. La genetica e la manipolazione Il campo di ricerca che riguarda il fenomeno umano è tanto complesso che né lo scientismo del biologo né l’umanesimo antropocentrico del filosofo sono in grado di fornire soluzioni scientifiche o filosofiche assolute. Il compito diventa difficile quando gli imperativi, che la biosfera impone di rispettare, come la legge di conservazione della specie, devono fare i conti con la varietà di interventi biotecnologici che rischiano di avere ripercussioni sull’avvenire dell’umanità. Infatti, la genetica è quella scienza che non solo studia i meccanismi dell’ereditarietà, ma come scienza biotecnologica ne determina il controllo razionale2. Questo è il motivo per cui, fra le diverse categorie presenti nello studio etico-antropologico della genetica, emerge il concetto di manipolazione. Il termine manipolazione è per molti versi ambiguo ed ha sempre suscitato polemiche sia in campo etico che filosofico, si pensava di sostituirlo con l’espressione “ingegneria genetica”, oggi particolarmente diffusa. All’inizio l’accezione che si dava a manipolazione non era negativa, poiché voleva indicare il procedimento operativo degli enzimi di restrizione che permettevano il trasferimento di geni da un organismo ad un altro. Il problema nacque quando l’applicazione di questo procedimento su un essere umano metteva in gioco il concetto stesso di natura umana, sconvolgendo lo statuto dell’essere umano, non inteso come frutto di un processo naturale bensì come prodotto di tecniche biotecnologiche. In questo modo il termine manipolazione assunse un significato negativo, perché riproponeva la questione, già precedentemente sviluppata, sull’uguaglianza del naturale con l’artificiale.

2

92

Cfr. P. QUATTROCCHI, Etica scienza complessità, Milano 1984, 78.


Infatti, la manipolazione genetica sull’uomo determina un passaggio ben definito: essere umano fa un salto dal naturale all’artificiale. L’uomo è capace di auto-programmarsi, attraverso un processo autopoietico, che lo caratterizza. L’autopoiesis3, dal greco autoé-poòhsiv, letteralmente significa autocreazione ed esprime una fondamentale complementarietà tra la struttura e la funzione. Un esempio tipico di sistema autopoietico è dato dalla cellula biologica. La cellula eucariotica è formata da vari componenti biochimici (acidi nucleici, proteine, ecc.), ed è organizzata in una struttura chiusa attraverso la presenza di un nucleo ed organuli citoplasmatici, che in un articolato processo biochimico permettono alla cellula di mantenersi in vita. L’organismo umano è visto come un insieme di singoli sistemi autopoietici che nel complesso lo rendono come una macchina auto-programmabile, che se difettosa ha bisogno di essere riparata, qualsiasi sia l’intervento proposto. La tecnica del DNA ricombinante rappresenta un mezzo, una chiave da meccanico, perché gli ingranaggi di questa meravigliosa macchina che è l’uomo possano concatenarsi l’uno sull’altro, rendendolo ancora funzionante. Il problema diventa ancora più delicato quando l’inserimento di una informazione genetica avviene attraverso un altro microrganismo, soprattutto nella terapia genica, quando cioè un virus viene utilizzato per far veicolare un gene sano su una cellula malata che sia germinale o adulta. Se soffermiamo la nostra attenzione su una cellula germinale, la questione diventa ancora più delicata perché le tecniche di ingegneria genetica manipolano il patrimonio genetico dell’essere umano trattato. La preoccupazione etica fondamentale dell’ingegneria genetica non si può limitare solo ad affrontare la definizione di persona umana o di dignità umana, aspetti comunque focali nel dibattito bioetico, né se sia lecito scegliere una tra le tre possibilità di intervento sui geni: modificazione, eliminazione o introduzione di materiale genico. Il problema consiste nel prendere coscienza che l’applicazione di queste tecniche anche per finalità terapeutiche può mutare il destino biologico dell’uomo, e di conseguenza la sua storia. 3 F. VARELA – H. MATURANA, Autopoiesis: the organitation of living sistems, its characterization and a model, in Biosystems 5 (1974) 187-196.

93


L’uso di cellule staminali germinali nella terapia genica si inserisce in questo discorso, che non preclude nemmeno le cellule staminali adulte dato che l’inserimento di geni sia in vivo che ex vivo in essi potrebbe portare a conseguenze che riguardano non solamente le cellule target di riferimento.

1.2. Il Playing God e “la lettera di Berg” Fino a che punto gli scienziati possono spingersi nell’esplorazione dei segreti della vita? A chi deve spettare la decisione di stabilire quali esperimenti sono eticamente irreprensibili ed esenti da rischi? Quali preoccupazioni devono influire sulla decisione di passare dal laboratorio alla applicazione clinica? In che modo il potere di manipolare i geni influisce sulla concezione dell’uomo stesso? Questi sono solo alcuni degli interrogativi di carattere morale sollevati dalle biotecnologie genetiche, poiché la responsabilità primaria ricade in colui che ha in mano gli “attrezzi del mestiere”, che dirige i lavori di laboratorio, che ricerca ed esplora la vita nella sua costituzione biologica primaria. Per questo motivo il potere biologico può essere usato per diversi motivi, che non sempre sono in sintonia con il bene dell’uomo: si può, infatti, facilmente giocare alla divinità (Playing God), perché si conoscono i meccanismi di controllo genetico ed è possibile concretamente creare ciò che si vuole anche se eticamente irrealizzabile. La straordinarietà della conoscenza scientifica deve fare i conti con l’inevitabile responsabilità del ricercatore, preso singolarmente o in gruppo; alcune scelte in laboratorio, che riguardano procedure che corrono il rischio di ledere la dignità dell’uomo, non possono essere oggetto di giudizio del singolo, esse invocano il ricorso alla responsabilità di tutta la comunità scientifica. Storicamente vogliamo ricordare i primi passi di una riflessione di carattere etico, che i biologi molecolari cominciarono nel 1973 ma che è tuttora presente. Alla Stanford University e all’Università di California, Herbert Boyer e Stanley Cohen riescono ad ottenere la prima molecola di DNA ricombinante, fondendo insieme due frammenti di plasmidi vuoti. Nello stesso periodo Paul Berg, un biochimico di Stanford che nel

94


1980 vincerà il Premio Nobel per il suo fondamentale contributo allo studio degli acidi nucleici, e in particolare del DNA ricombinante, pubblica su PNAS lo studio tecnico per la realizzazione di un ibrido tra la porzione SV40 del virus oncogeno di scimmia e l’operone batterico del galattosio di Escherichia coli4. Questi esperimenti segnano l’avvento delle biotecnologie, caratterizzate subito dall’acceso dibattito che suscitano nell’intera comunità sociale così come all’interno dello stesso mondo scientifico. Infatti, fu lo stesso Berg ad essere reticente nel proseguire i suoi studi replicando le molecole ottenute con l’ingegneria genetica in Escherichia coli o in altri batteri, spaventato dalle possibili conseguenze biologiche. La paura era quella di creare inavvertitamente organismi pericolosi per la salute: dato che Escherichia coli è presente nel tratto intestinale degli esseri umani, questo avrebbe potuto agire come vettore e ad esempio causare il cancro? Nel 1974 Berg persuase Boyer e Cohen, ed altri eminenti scienziati dell’epoca quali David Baltimore e James Watson, a rendere noti al pubblico i loro timori. Venne così pubblicato nel luglio del 1974 sulle tre maggiori testate scientifiche, Nature, Science e Proceeding of the National Academy of Science (PNAS), un articolo intitolato “Potential biohazards of recombinant DNA molecules”, che fu successivamente chiamato “la lettera di Berg”. Nel testo si dice: «Esiste una seria preoccupazione che alcune delle molecole artificiali prodotte con la tecnica del dna ricombinante possano generare rischi di natura biologica»5.

Si invitavano tutti gli scienziati del mondo a differire volontariamente gli esperimenti che comportassero la costruzione di plasmidi che avrebbero potuto trasferire geni per la resistenza agli antibiotici o a nuove 4 Cfr. D. JACKSON – R. SYMONS – P. BERG, Biochemical method for inserting new genetic information into DNA of Simian Virus 40: circular SV40 DNA containing lambda phage genes and the galactose operon of Escherichia coli, in Proceedings of the National Academy of Sciences USA 69 (1972) 2904-2909. 5 P. BERG – D. BALTIMORE ET AL., Potential Biohazards of Recombinant DNA Molecules, in Science 185 (1974) 303.

95


tossine a qualche ceppo batterico, e gli esperimenti in cui si introducevano componenti di virus animali o oncogeni in plasmidi batterici, che potevano diffonderli e quindi determinare un aumento dell’incidenza del cancro e di altre malattie. Il rinvio doveva durare sino a quando i potenziali rischi rappresentati dalle molecole di DNA ricombinante non fossero stati meglio valutati, o sino a che adeguati metodi fossero stati sviluppati per prevenire la loro diffusione. Infine, si richiedeva al direttore del National Institute of Health, all’epoca Robert Stone, di creare un comitato che scrivesse delle linee guida, facesse una valutazione del rischio e organizzasse un gruppo internazionale di leaders scientifici per discuterne. La lettera di Berg ha un’importanza storica, non solo a causa della gravità dell’argomento, ma anche perché rappresenta il primo caso in cui un gruppo di biologi autorevoli ha invocato, con grande senso di responsabilità, il differimento volontario di esperimenti, alcuni dei quali di straordinario interesse potenziale6. La reazione fu rapida e sentita, Stone nel giro di poco tempo creò il primo Recombinant DNA Advisory Committee, meglio noto come RAC, formato da 15 membri. Questi organizzarono per il febbraio del 1975 nei pressi di Monterey, in California, la Conferenza di Asilomar, alla presenza di un gruppo di più di 100 scienziati di fama internazionale7. Fino a quella data la moratoria venne rispettata, ma si diffuse nel mondo scientifico la convinzione che le preoccupazione erano state eccessive e che non si poteva rallentare ulteriormente la ricerca in nome di un principio di precauzione per definizione incompatibile con “l’esplorazione dell’ignoto” che la scienza si propone. Inoltre, diversi scienziati, tra cui Joshua Lederberg, famoso microbiologo, sostenevano che il fatto stesso di regolamentare la ricerca sul DNA avrebbe portato la gente a pensare che questa fosse pericolosa. Infatti, nel frattempo il dibattito era uscito dalla cerchia ristretta dei professionisti del settore per diventare sempre più argomento di pubblica 6 Cfr. N. WADE, Genetic Manipulation: Temporary Embargo Proposed on Research, in Science 185 (1974) 332-334. 7 Cfr. P. BERG – M. SINGER ET AL., Summary statement of the Asilomar Conference on recombinant DNA molecules, in Proceedings of the National Academy of Sciences USA 72 (1975) 1981-1984.

96


discussione: negli Stati Uniti le amministrazioni pubbliche in alcuni casi si rifiutarono di permettere la costruzione di laboratori di biologia molecolare e anche la stessa Harvard per mesi non proseguì nei lavori di costruzione dei suoi laboratori. Con la conferenza di Asilomar quello che voleva essere un atto di responsabilità e di precauzione si tramutò in un blando invito alla sicurezza: gli atti del convegno riportano che i partecipanti alla conferenza sono concordi nel ritenere che la maggior parte del lavoro sulla costruzione di molecole di DNA ricombinate deve procedere, a condizione che adeguate barriere fisiche e principalmente biologiche vengano impiegate per contenere gli organismi creati in laboratorio. La conferenza di Asilomar raccomandò due tipi di controllo degli organismi ricombinanti: controllo biologico, il che significava invalidare i batteri ospiti o i vettori ricombinanti in modo da rendere impossibile la loro sopravvivenza in qualsiasi altro ambiente che non fosse quello artificiale del laboratorio; e controllo fisico, impedendo la fuoriuscita di microbi dal laboratorio in cui venivano compiute le ricerche. I tipi di controllo raccomandati variavano fra esperimenti considerati di rischio minimo, basso, moderato o alto8. In questo modo la preoccupazione di fondo di Berg, che era soprattutto etica, finì col ridursi in un ambito puramente tecnico, contribuendo nel propagare una scissione tra la discussione etico-filosofica e quella scientifica. Ora, nel 2006, si parla di convocare una nuova Asilomar per discutere i rischi e le implicazioni della biologia sintetica. Il passaggio epocale verso la synthetic biology aperto da Craig Venter nel 2002 col progetto del “genoma minimo”9, e gli studi sempre più diffusi per l’ingegnerizzazione di batteri e lieviti al fine di produrre proteine altrimenti impossibili in natura, suscitano in cittadini, bioeticisti e scienziati nuove perplessità e timori. Un ruolo non trascurabile lo stanno avendo le dichiarazioni pubbliche dello stesso Venter che manifesta perplessità nel pubblicare i risultati 8 Nei laboratori si costituì una separazione ben netta, in funzione di parametri di controllo selettivi: P1, rappresentato da una pulizia rigorosa; P2, simile ad una sala operatoria; P3, faceva pensare ad un gigantesco isolatore axenico; P4, alta protezione con elevate misure cautelative. 9 Cfr. PH. BALL, Synthetic biology: Starting from scratch, in Nature 431 (2004) 624-626.

97


delle sue ricerche, temendo utilizzi bellici e ripercussioni teologiche e filosofiche sul concetto stesso di vita. A distanza di trent’anni, si sta forse ripetendo il panorama che Berg ha generato nel 1974. Ma la storia insegna e trent’anni sono forse troppo pochi per dimenticare: il mondo scientifico deve riflettere sul suo ruolo e sulla mancanza di fiducia che ha spesso logorato il rapporto tra scienza e società. I biologi debbono dimostrare di saper parlare di più tra di loro, dimostrando davanti all’opinione pubblica di essere in grado di riflettere sui rischi — sia quelli prevedibili che quelli reali — che derivano dalle loro azioni e, nel caso, saperle moderare.

1.3. Il rischio associato al trasferimento genico Un discorso articolato è quello inerente al concetto di rischio, abbiamo visto come una preoccupazione legittima era data dal rischio concreto che l’applicazione di tecniche di ingegneria genetica determinano non solo su singole cellule ma soprattutto su un organismo intero. In particolare, gli esperti di tecnologia ed ingegneria tendono a definire “il rischio tecnologico” come probabilità del danno fisico, generalmente come la probabilità media annuale di mortalità. I filosofi e i bioeticisti sostengono, invece, che il rischio tecnologico non può essere definito solo quantitativamente e che include elementi che sono diversi rispetto a danni strettamente fisici, si pensi all’autonomia personale, agli inalienabili diritti umani e alla violazione della dignità dell’uomo. Gli agenti utilizzati come vettori per la terapia genica, spesso si tratta di virus come abbiamo visto nel capitolo II, sono biologicamente attivi, per cui sono capaci di propagare se stessi, ricombinandosi con altri virus o possono dare vita a complessi sistemi di interrelazione che non si riescono a prevedere10. Indubbiamente, il gene trasferito partecipa direttamente ai meccanismi di replicazione e trascrizione genica, per cui, se primariamente l’in-

10 Cfr. D. WILLIAMS, Clarity and risk: the challenger of the new technologies, in Medical Device Technology 12 (2001) 12-14.

98


tervento viene eseguito per un effetto terapeutico, non si può escludere un potenziale rischio sulla medesima espressione genica. Inoltre, gli agenti della geneterapia che modificano la funzionalità dei tessuti possono provocare dei rischi a lunga latenza, cioè un organismo esposto a vettori transgenici, per lungo tempo, può aumentare la probabilità di comparsa di effetti tossici11. Le proprietà tossicologiche degli agenti utilizzati per la terapia genica rimangono oscuri, per questo motivo i comitati etici trovano difficoltà nel valutare la proporzionalità dei rischi e dei possibili benefici, così come mantenere sotto controllo i rischi dichiarati durante il consenso informato. I rischi associati al trasferimento genico umano presentano diverse caratteristiche che possono essere estese anche alle cellule staminali sia germinali che somatiche. Il discorso etico, a nostro avviso, non può essere solo circoscritto ad una differenza tra cellule staminali germinali ed adulte, differenza che comunque verrà successivamente approfondita. Il problema di fondo che ritroviamo nella trattazione sul rapporto tra terapia genica e cellule staminali consiste, oltre che nella scelta esclusiva di cellule staminali somatiche, nella difficoltà di valutare la complessità di rischi che questi nuovi approcci terapeutici presentano. La terapia genica che fa uso di cellule staminali germinali, da un punto di vista prettamente scientifico, presenta diversi rischi, che non sono prevedibili, per l’individuo e per la sua discendenza. L’uso di cellule staminali somatiche presentano rischi concreti dovuti a mutazioni dannose dovute alla inserzione casuale dei geni introdotti oppure all’attivazione di altri geni che inducono proprietà antigeniche inaspettate. Le incertezze che queste tecniche pongono sono più radicali, intrinseci al sistema biologico stesso, perché vanno al cuore della patologia, quindi si differenziano rispetto alle terapie convenzionali, per le quali la lunga esperienza farmacologica fornisce un insieme di indici di prevedibilità. Quindi, il dibattito sull’etica del rischio è articolato poiché entrano in gioco diversi interrogativi sulla corretta valutazione dei rischi: è opportuno seguire le probabilità soggettive degli esperti del campo o assumere 11 Cfr. J. KIMMELMAN, Recent developments in gene transfer: risk and ethics, in British Medical Journal 330 (2005) 79-82.

99


che tutti gli eventi incerti sono ugualmente probabili? Seguiamo gli schemi etici dell’utilitarismo o dell’egualitarismo? Reputiamo eticamente insignificanti i piccoli rischi per dare spazio ad una riflessione etica dei grandi? Come facciamo a definire e, quindi, distinguere i piccoli dai grandi rischi? Queste sono solo alcune delle domande che sorgono dall’analisi, seppur sintetica, della valutazione della geneterapia in fase di incertezza12, ma che trovano una radice comune nella risposta: per ciascuna di esse non si può escludere un’assioma fondante che è il valore della vita umana. Occorre sempre salvaguardare il bene dell’uomo, il quale non deve essere inteso come un semplice numero di protocollo dei fascicoli di sperimentazione, ma possiede un valore ontologico che esula da ogni argomentazione metodologica di tecnica biologica. Infatti, bisogna fare attenzione anche ai termini human experiment e clinical trials, che spesso vengono usati. In un interessante intervento sul rapporto tra etica e terapia genica Pedro Lowenstein afferma: «C’è una differenza nella nostra percezione di ciò che costituisce un human experiment e ciò che costituisce un clinical trials. Ma la realtà è che, nonostante le nostre emozionali reazioni al termine experiment, trials ed experiment sono la stessa cosa! È importante che tutti i nuovi clinical trials siano basati su dati sperimentali in vitro e in vivo, più che seguendo la filosofia dei “trattamenti disperati per pazienti disperati”»13.

Il ricercatore nel suo discorso fa riferimento al Codice di Norimberga, sottolineando la necessità di un previo studio sugli animali, prima di intervenire sull’uomo. Si vuole mettere in evidenza l’importanza della sperimentazione che deve essere accompagnata dalla responsabilità del ricercatore e dalla consapevolezza che l’oggetto della stessa sperimentazione è l’uomo! In realtà, la questione è anche capire quando non è etico iniziare un trattamento di geneterapia, dato che la sua realizzazione porterà un rischio, così come la sua non realizzazione. 12

Cfr. K. SHRADER-FRECHETTE, Technology and ethical Issues, in L. WESTRA (ed.), Technology and values, Lauhnam 1997, 25-29. 13 P. LOWENSTEIN, Ethics and Gene Therapy, in J. BURLEY – J. HARRIS, A Companion to Genethics, Oxford 2002, 25.

100


L’estrazione di cellule staminali somatiche è semplice operativamente, così come l’applicazione di tecniche di trasferimento genico su di esse ma il trapianto di queste cellule geneticamente modificate apre le porte ad una serie di incertezze operative e conseguenze per l’uomo che non conosciamo. Le Commissioni etiche europee14 sono concordi nel procedere con cautela per arginare il problema del rischio associato al trasferimento genico, comunque le autorità scientifiche hanno deciso che la geneterapia deve essere limitata alle sole cellule somatiche, poiché le stesse tecniche usate con finalità terapeutiche possono essere sfruttate per scopi eugenetici. Un grave rischio è, infatti, determinato dalla possibilità di abuso di questa tecnica, che può essere indirizzata a selezionare gli esseri umani in modo indiscriminato, secondo scopi illeciti che riducono l’uomo a semplice oggetto in mano agli scienziati. Un problema che riguarda in modo diretto l’uso di cellule staminali embrionali, che modificate geneticamente possono essere reimpiantate con una modificazione sostanziale del patrimonio genetico. In Italia, il 24 aprile 2006 è stato emanato un decreto legislativo in attuazione alle direttive europee, che puntualizza il concetto di medicinale per uso umano. La parte IV dell`allegato I al documento porta il titolo di “Medicinali per terapie avanzate”, ed in essa si approfondiscono il significato, le diversità ed i requisiti richiesti per i medicinali specificamente intesi per la terapia genica15. 14

Cfr. COMMISSION OF THE EUROPEAN COMMUNITIES, Proposal for a regulation on advanced therapy medicinal products (Brussels, 16 novembre 2005), in http://eurlex.europa.eu/lex uri serv/site/en/com/2005; PARLAMENTO EUROPEO, Problemi etici e giuridici della manipolazione genetica, Risoluzione del 16 marzo 1989, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, n. C. 96/116 del 17 aprile 1989; MINISTERO DELLA SALUTE, Terapia genica, trattamenti autorizzati caso per caso, Comunicato n. 118 del 13 giugno 2003; ID., Istituzione di una banca dati per il monitoraggio della terapia genica e la terapia cellulare somatica, Decreto del 2 marzo 2004, in http://www. ministerosalute.it/ pubblicazioni.htm; PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Linee guida inerenti l’uso di prodotti di terapia genica: guida ai produttori e agli utilizzatori, in http://www.governo.it/biotecnologie/ documenti.htm; ID., Linee guida per la sicurezza della sperimentazione in terapia genica, in http://www.governo.it/biotecnologie/documenti.htm; http://www.governo.it/Governo Informa/Dossier/medicinali_codice/codice.pdf. 15 PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, Attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, in Gazzetta Ufficiale, n.142

101


In questo documento si sottolinea la complessità di questi tipi di trattamenti che necessitano un monitoraggio continuo ed una sorveglianza estesa a soggetti a stretto contatto del paziente, si pensi ai familiari ed agli operatori sanitari. Si pensi che si prevede la debbano essere fornite informazioni relative all`origine, alla costruzione, alle caratteristiche e alla verifica della sequenza genetica di codifica, inclusa la sua integrità e stabilità. Oltre al gene terapeutico, va fornita la sequenza completa di altri geni ed elementi regolatori. Occorre indicare l`origine delle cellule che vengono trattate ex vivo, facendo un netto distinguo tra le cellule autologhe, allogeniche ed xenogeniche. Ci sembra interessante notare, da un punto di vista etico, l`attenzione che viene prestata all`informazione, non si tratta di un semplice passaggio di dati da fornire all`operatore e al paziente, quanto di un serio approccio al rispetto e alla tutela della persona. Lo sviluppo delle terapie avanzate rappresenta un bene per l`uomo se ad esso si affianca una coscienza dell`operatore che sia allenata alla novità, che sappia accettare i limiti di un procedimento in una scala di valori che vedono l`uomo al primo posto.

2. LE CONSIDERAZIONI MORALI Una riflessione morale opportuna trova la sua origine dalla conoscenza scientifica delle cellule staminali e della terapia genica e dal discorso antropologico, precedentemente sviluppato, che riflette sul significato del senso e della finalità dell’uomo. Abbiamo seguito il pensiero di s. Tommaso che offre delle preziose indicazioni in merito, affermando che il fine delle cose risponde al suo principio, cioè a Dio, il quale è inizio e fine delle realtà create. Quindi, per delineare una valutazione morale occorre far riferimento necessariamente ad una premessa di natura ontologica che si affianca alla conoscenza e competenza tecnica, che vede la distinzione, presente nella letteratura internazionale, tra cellule staminali germinali e cellule staminali somatiche.

102


2.1. Le cellule staminali germinali e la terapia genica Si tratta di un tipo di applicazione della geneterapia che presenta tutta una serie di problematiche morali. In primo luogo la sperimentazione su cellule staminali germinali prevede l’estrazione delle cellule staminali dall’embrione, che viene distrutto. Questo procedimento preclude in modo assoluto il valore di persona umana che l’embrione possiede, considerandolo solo nei suoi termini di mezzo biologico per ottenere nuove conoscenze biotecnologiche e nuovi approcci terapeutici. Inoltre, la complessità della regolazione e dell’espressione genica pongono gli esperimenti e le applicazioni della geneterapia a livello germinale a un elevato livello di rischi iatrogeni a lungo termine sia alla persona che riceve il trattamento che alla sua progenie16. Il principio etico fondamentale, che vede coinvolta la terapia genica e le cellule staminali embrionali o, comunque, tutte quelle sperimentazioni che vedono compromessa la linea germinale, è l’intangibilità del patrimonio ereditario di un soggetto, che sul piano scientifico trova supporto nel principio della conservazione dell’identità genetica17. Teoricamente esiste la possibilità, eticamente ammissibile, di corregge in vitro il difetto genetico a livello embrionale, per poi re-impiantare le cellule a livello uterino, in questo modo si tratterebbe di un autotrapianto genico. Non si esclude nemmeno la possibilità di un trapianto omologo effettuato attraverso l’utilizzo di un gene sano di un genitore o di un parente compatibile geneticamente. Se il materiale genetico è estraneo sia rispetto alla stessa specie che alla specie diversa, l’intervento non può essere accettato eticamente poiché il mutamento della struttura genomica del paziente porta a effetti non presumibili. Non vengono esclusi dalla riflessione etica i criteri di responsabilità nel decidere quali geni trasmettere alla discendenza, nelle condizioni in cui del 21 giugno 2006, Supplemento ordinario n. 153, anche in http://www.governo.it/ GovernoInforma/Dossier/medicinali_codice/codice.pdf. 16 Cfr. COUNCIL FOR RESPONSIBLE GENETICS. HUMAN GENETICS COMMITTEE. Position paper on human germ line manipulation, in Human Gene Therapy 4 (1993) 35-37. 17 Cfr. COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, Terapia genica, 15 febbraio 1991, Roma 1996, 19.

103


il gene si inserisca correttamente nei cromosomi e l’identità genetica viene conservata. La scelta dei geni assume un valore etico fondamentale poiché la preferenza selettiva di un genotipo rispetto ad un altro non solo influisce sul singolo ma anche sull’intera collettività: è una preoccupazione legittima che è stata oggetto di riflessione a livello internazionale18. Si tratta di un procedimento tipicamente eugenetico, inammissibile per alcune ragioni sostanziali: «non esistono criteri validi per stabilire quali caratteri fisici o comportamentali debbano essere migliorati o innovati a beneficio dell’individuo e della società; quand’anche risultasse proponibile un intervento a scopo percettivo non vi sarebbe il modo di decidere quali potrebbero essere i destinatari»19.

Il potenziale operativo che la geneterapia germinale possiede, con le sue incertezze biologiche ed i rischi connessi ad esse, risulta particolarmente pericoloso per il bene e l’integrità dell’uomo, ecco perché il prof Sgreccia, nel suo manuale arriva a queste conclusioni: «La terapia genica germinale si esclude per due ragioni diverse: 1) perché le attuali metodiche non consentono di raggiungere il risultato terapeutico mentre si pongono rischi incontrollabili, e questa è una ragione collegata alle attuali conoscenze scientifiche; 2) quando si travalica lo scopo terapeutico e si ricerca una modifica della costruzione genetica: in questo caso l’illecito è assoluto e non e non condizionato dallo stato delle conoscenze, perché si configura un’alterazione contraria al principio di rispetto della vita ed identità biologica e di uguaglianza fra gli uomini»20.

Il primo punto si apre alle speranze della scienza, ad un traguardo ulteriore in campo scientifico che riduca i rischi e migliori le metodiche biotecnologiche di ingegneria genetica. Questa posizione deve essere intesa in modo positivo, non si tratta infatti di una negazione assoluta di intervento ma si dichiara che adesso le condizioni e le conoscenze scientifiche non lo permettono. 18

Cfr. E. JUENGST – L. WALTERS, Ethical and Social Issues, in W. REICH, Encyclopedia of Bioethics, New York 1995, 919. 19 COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, Terapia genica, cit., 20. 20 E. SGRECCIA, Manuale di Bioetica, I, Milano 19993, 329.

104


Il secondo punto è espressione del fine proprio della geneterapia che nasce per uno scopo esclusivamente terapeutico, ogni altra meta non può essere accettata. Comunque rimane illecito l’utilizzo di cellule staminali embrionali come shuttle per veicolare geni sani, poiché il problema nasce già dai metodi di estrazione delle stesse cellule che come abbiamo visto distruggono o forzano la struttura biologica ed etica dell’embrione21.

2.2. Le cellule staminali adulte e la terapia genica Questa forma di terapia genica, che vede le cellule staminali adulte o somatiche come target su cui intervenire a livello genico, rappresenta la via meno controversa di geneterapia dal punto di vista etico. Le questioni etiche inerenti a questo tipo di terapia sono diverse e riguardano: il rapporto rischio-beneficio, la selezione dei soggetti su cui intervenire, il consenso informato, la tutela della privacy. Il rapporto rischio-beneficio fa riferimento alla gravità della malattia, alla possibilità di terapie alternative che possono essere applicate in vista dello stesso quadro patologico, e ai probabili benefici e danni che un intervento genetico può determinare. La selezione dei pazienti è un problema antico come la bioetica, in letteratura si riporta il caso di geneterapia somatica su bambini affetti da deficienza ADA, malattia tanto rara che tutti i bambini erano eleggibili per il protocollo22. Comunque, la selezione deve essere fatta dall’equipe medica, secondo dei criteri che sono funzione della severità della malattia e della differente età. La necessità del consenso informato in campo della geneterapia è data dalla specificità del trattamento che coinvolge il paziente nella sua costituzione biologica più intrinseca, dato che si tratta di un intervento particolarmente invasivo. Esiste un problema di fondo che riguarda la complessità degli argomenti scientifici proposti, che richiedono una conoscenza basilare di 21

Cfr. COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, Parere sull’impiego terapeutico delle cellule staminali, cit., 18. 22 Cfr. K. CULVER – F. ANDERSON ET AL., Lymphocytes as cellular vehicles for gene therapy in mouse and man, cit., 3155-3159.

105


biologia molecolare. In questo modo si corre il rischio di parlare a vuoto senza che il paziente capisca realmente ciò che avverrà nel suo corpo, è comunque necessario un dialogo continuo tra medico e paziente. I soggetti spesso si trovano in circostanze cliniche disperate, per cui sono vulnerabili psicologicamente e possono essere influenzati dall’opinione dei familiari e dei medici. La loro posizione è molto delicata poiché la decisione presa, che non deve mai precludere la tutela della vita umana, è spesso determinante per il paziente. L’intervento a livello genetico ha bisogno, inoltre, della tutela della privacy del soggetto, poiché fra le nuove terapie la geneterapia desta molto interesse a livello non solo scientifico ma anche pubblico. Questa legittima attenzione deve essere rispettosa della persona umana, della sua condizione patologica e delle sue sofferenze; spesso invece il fare notizia esclude le dinamiche del rispetto ed dell’umana compassio, che dovrebbero creare il giusto equilibrio tra l’interesse pubblico e la tutela della privacy. Queste considerazioni etiche per la terapia genica e le cellule staminali somatiche possono essere considerate come espressione articolata e specifica di principi etici ben conosciuti: il rapporto rischio-beneficio è legato al principio di beneficenza, la selezione di soggetti per il trattamento terapeutico è espressione del principio di giustizia, il consenso informato e la tutela della privacy sono legati al principio di autonomia23. Oggi, diversi sono i paesi che hanno creato dei meccanismi di controllo nazionali per valutare i protocolli utilizzati per la terapia genica somatica. In Italia, come abbiamo già detto, questa funzione è svolta dall’Istituto Superiore di Sanità, che attraverso i suoi funzionari effettua un controllo continuo sulle sperimentazioni di geneterapia che vengono eseguite all’interno del territorio italiano. Crediamo che sia fondamentale un monitoraggio continuo che sia frutto di una collaborazione tra la competenza scientifica e l’impegno politico che permetta la tutela della vita e la salvaguardia dei principi fondamentali del vivere comune.

23 Cfr. E. JUENGST – L. WALTERS, Ethical and Social Issues, cit., 918; A. HEDGECOE, Gene Therapy, in Encyclopedia of Applied Ethics, II, San Diego 1998, 383-390.

106


Il Comitato Nazionale di Bioetica elenca delle condizioni previe affinché l’intervento di geneterapia venga eseguito24: 1) il ricorso alla terapia genica è motivato dalla gravità della malattia e dalla mancanza di una terapia alternativa efficace e con effetti durevoli; 2) l’esito positivo dell’intervento è plausibile e prevedibile in base a un modello scientificamente valido, verificato anche mediante la sperimentazione sull’animale in prove a lungo termine; 3) è trascurabile l’incidenza di effetti collaterali che in ogni caso devono essere commisurati ai benefici attesi. La terapia genica di cellule somatiche, quindi anche di cellule staminali adulte è accettata sia per motivazioni etiche che scientifiche, poiché è assimilabile ad una terapia sostitutiva o ad un trapianto, naturalmente non a livello tissutale quanto molecolare25. Questo nodo etico che vede la geneterapia paragonata al trapianto ha bisogno di un ulteriore approfondimento. Le procedure di terapia genica presentano metodologie operative ed elementi biologici completamente differenti rispetto ad un trapianto d’organo comunemente inteso. In un trapianto d’organo il rischio è relativamente circoscritto al tessuto trapiantato, che deve ripristinare la funzione fisiologica alterata. Un trapianto genico presenta un’entità di rischio diversa, poiché non solo può determinare un’alterazione dei meccanismi biochimici della cellula target, ma può influenzare e modificare la funzionalità genica delle altre cellule, anche in modo completamente incontrollabile. In questo discorso si inserisce la ricerca e l’applicazione delle cellule staminali somatiche che per la loro capacità plastica possono eliminare queste difficoltà rendendo la geneterapia un approccio sicuro alla cura delle malattie non solo mendeliane. Infatti, la possibilità di possedere delle cellule, che selettivamente si differenziano in un particolare tipo tissutale e come tale vengono modificate geneticamente per gli scopi terapeutici che si vogliono raggiungere, è

24

Cfr. COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, Terapia genica, cit., 10-11. Cfr. PARLAMENTO EUROPEO, Tutela del diritti umani e della dignità dell’essere umano in relazione alle applicazioni biologiche e mediche, Risoluzione del 20 settembre 1996, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, n. C. 320 del 28 ottobre 1996. 25

107


data esclusivamente dalle cellule staminali adulte che sono prelevate dallo stesso paziente. In tal modo verrebbero ridotte notevolmente anche i problemi annessi al rigetto da trapianto poiché le cellule staminali autologhe vengono prelevate dallo stesso soggetto, e non vanno incontro ad una reazione del sistema immunitario. Inoltre, i due approcci terapeutici necessitano di counselling che presentano entità differenti sia prima che dopo l’intervento. Il trapianto d’organo determina la presenza di un oggetto estraneo all’interno del proprio corpo, che deve essere accettato non solo in termini biologici ma anche psicologici. La realizzazione di biotecnologie mediche che applicano le cellule staminali adulte geneticamente modificate permette al soggetto di non andare oltre il proprio corpo, poiché egli stesso si avvale del patrimonio cellulare che Dio gli ha donato per accorrere in aiuto al suo organismo. Inoltre, il trapianto d’organo deve sottostare ad una serie di procedure legislative che sono accettate a livello nazionale ed internazionale per la difesa della vita del donatore e del ricevente o per l’accertamento della morte del soggetto donatore26. Crediamo che la questione dell’associazione geneterapia-cellule staminali adulte se da una parte può essere associata al trapianto d’organo dall’altra si discosta per la peculiare specificità che rende le cellule staminali adulte, cellule d’elezione per i trattamenti di terapia genica.

3. LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA L’oggetto del nostro lavoro vede l’accostarsi di due tematiche che, sebbene abbiano un legame a livello applicativo in campo biotecnologico, eticamente presentano specifici elementi d’analisi. Per quanto riguarda il dibattito sulle cellule staminali, la Chiesa cattolica ha espresso la sua posizione rispetto alla sperimentazione sulle cellule staminali embrionali (ES) umane attraverso una dichiarazione della Pontificia Accademia per la Vita, pubblicata il 25 agosto 2000, dal titolo “Dichiarazione sulla produzione e sull’uso scientifico e terapeutico delle cellule staminali embrionali umane”. 26

108

Cfr. E. SGRECCIA, Manuale di Bioetica, cit., 673-703.


Questo documento si inserisce nel dibattito etico inerente alle cellule staminali embrionali, portando un contributo che vuole chiarire i termini scientifici e morali sulla loro applicazione e sperimentazione. Infatti la prima parte sviluppa gli aspetti scientifici e le potenzialità terapeutiche, nella seconda parte affronta i problemi etici dando risposta ai quesiti emersi dalle nuove tecnologie e mettendo in evidenza i punti fondamentali che ledono la dignità ed i diritti del soggetto umano. Si vuole dare una risposta a tutti quegli scienziati che percorrono le vie della ricerca sulle cellule staminali a partire dalle cellule embrionali: la loro manipolazione e conseguente distruzione indica che tali studiosi negano la verità oggettiva ed ontologica dell’embrione umano, poiché lo considerano solo uno strumento sotto i bisturi della sperimentazione. L’embrione, non essendo valutato come un soggetto umano, viene considerato un individuo in fieri, il cui valore è inferiore al bene che il suo utilizzo potrebbe determinare per la ricerca. Inoltre, sono molti i ricercatori che fanno uso di ES ottenuti da produttori industriali, che negano o considerano irrilevante la stretta e diretta correlazione tra le cellule staminali e la loro origine. La Pontificia Accademia per la Vita dichiara moralmente illecito: • la produzione e/o l’utilizzo di embrioni umani viventi per la preparazione di ES; • l’esecuzione della tecnica, denominata “clonazione terapeutica”, attraverso cui, con la produzione di embrioni umani e la loro successiva distruzione, si ottengono le ES; • l’utilizzo di ES fornite da altri ricercatori o reperibili in commercio. Le motivazioni etico-antropologiche che stanno alla base di questo documento sono diverse. Si parte dal presupposto, attraverso una completa analisi biologica e filosofico-antropologica, che: «l’embrione umano vivente è, a partire dalla fusione dei gameti, un soggetto umano con una sua definita identità, il quale incomincia da quel punto il suo proprio coordinato, continuo e graduale sviluppo, tale che in nessun stadio ulteriore può essere considerato come un semplice accumulo di cellule»27.

27 PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA, La finalità. Dichiarazione sulla produzione e l’uso scientifico e terapeutico delle cellule staminali embrionali (24 agosto 2000), in EV, 19/733.

109


Ne consegue che l’embrione umano come individuo «ha diritto alla sua propria vita; e, perciò, ogni intervento che non sia a favore dello stesso embrione, si costituisce come atto lesivo di tale diritto»28.

Ogni tipo di manipolazione al blastociste, come di solito avviene per le cellule staminali, che inevitabilmente interrompe lo sviluppo dell’embrione, «è un atto gravemente illecito»29. Si ribadisce il concetto che “un fine buono non rende buona un’azione in se stessa cattiva”. Infatti, utilizzare le cellule staminali per fini terapeutici è un atto lodevole, ma percorrere la via delle cellule embrionali come fonte per il loro ottenimento è una pratica considerata illecita. Il Magistero della Chiesa insegna che «l’essere umano va rispettato e trattato come una persona sin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita»30.

Non si tratta di limiti che la Chiesa cattolica impone per ostacolare lo sviluppo scientifico, bensì è un intervento «ispirato all’amore che essa deve all’uomo aiutandolo a riconoscere e rispettare i suoi diritti e i suoi doveri»31.

Giovanni Paolo II richiama, in un discorso rivolto alla Pontificia Accademia per la Vita, l’attenzione sull’impegno degli scienziati nella ricerca biomedica e sulla collaborazione che spesso si è instaurata con il Magistero per la risoluzione di problemi etici delicati32. 28

Ibid., 735. L. c. 30 IOANNES PAULUS PP. II, Evangelium Vitae, Letterae Encyclicae de vitae humanae inviolabili bono (Romae, 25 Martii 1995), in AAS 87 (1995) 401-522. 31 CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Donum Vitae. Istructio de observantia erga vitam humanam nascentem deque procreationis dignitate tenda (Romae, 22 Februari 1987), in AAS 80 (1988) 70-102. 32 Cfr. IOANNES PAULUS PP. II, Ad sodales Academiae pro vita. Allocutio (Romae, 24 Februarii 2003), in AAS 95 (2003) 589-592, 590. 29

110


In questa occasione sottolinea: «Rinnovo un sentito appello affinché la ricerca scientifica e biomedica, evitando ogni tentazione di manipolazione dell’uomo, si dedichi ad esplorare vie e risorse per il sostegno della vita umana […] la Chiesa ricorda che non solo gli scopi, ma anche i metodi e i mezzi della ricerca devono essere sempre rispettosi della dignità di ogni essere umano in qualsiasi stadio del suo sviluppo e in ogni fase della sperimentazione»33.

La Chiesa, attraverso gli occhi della fede e della ragione, vuole illuminare il lavoro dell’uomo in cui facilmente si superano i limiti invalicabili, oltre i quali viene lesa la dignità umana. Giovanni Paolo II in un suo intervento al “Congresso Internazionale sui Trapianti” afferma che nella ricerca biotecnologica ci sono alcuni punti critici che richiedono di essere esaminati nella prospettiva di una valutazione etica che trova il suo fondamento nella difesa e promozione del bene della persona umana secondo la sua peculiare dignità34. Il papa, richiamando l’attenzione sull’uso delle cellule staminali, continua: «Occorrerà evitare quei sentieri che non rispettano la dignità ed il valore della persona; penso a progetti e tentativi […] che implicano la manipolazione e la distruzione degli embrioni umani, non sono moralmente accettabili, neanche se finalizzati ad un fine a sé buono. La scienza lascia intravedere altre vie di intervento terapeutico, bastando a tale scopo l’utilizzazione di cellule staminali adulte. Su questa strada dovrà avanzare la ricerca, se vuole essere rispettosa della dignità di ogni essere umano anche allo stadio embrionale»35.

La Dichiarazione, dopo un’attenta analisi scientifica, propone un’alternativa che la stessa ricerca sta approfondendo: la possibilità di utilizzare cellule adulte prelevate da un individuo già sviluppato senza la necessità di distruggere gli embrioni. 33

ID., Ad sodales Academiae pro vita, cit., 590-591. Cfr. ID., Ad eos qui conventui de chirurgicis transplantationibus interfuerunt (Romae 29 Augusti 2000). Allocutio, in AAS 92 (2000) 822-823. 35 ID., Ad eos qui conventui de chirurgicis, cit., 826. 34

111


Si tratta di fare una scelta operativa: focalizzare tutte le potenzialità economiche e tecniche verso quella fonte di cellule staminali che non determina problemi etici e trova il favore di molti scienziati. Giovanni Paolo II, in occasione della IX Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, si rivolge agli scienziati cattolici con queste parole: «Una speciale parola di incoraggiamento desidero rivolgere agli scienziati cattolici perché, con competenza e professionalità offrono il loro contributo nei settori ove più è urgente un aiuto per la soluzione dei problemi che toccano la vita e la salute degli uomini»36.

In realtà, sono gli stessi ricercatori che propongono una soluzione alla questione della fonte embrionale. La Chiesa pone molta fiducia nella ricerca, poiché conosce l’impegno e la professionalità di molti scienziati che lavorano con una forte coscienza cristiana e che mettono a disposizione del prossimo la loro competenza. La Pontificia Accademia per la Vita saluta la fonte di cellule staminali da tessuto adulto come «la via più ragionevole ed umana da percorrere per un corretto e valido progresso in questo nuovo campo che si apre alla ricerca e a promettenti applicazioni terapeutiche»37.

La Dichiarazione fa appello alla ragione dell’uomo, alle sue capacità di discernimento e quindi di decisione, a colui che riflette su se stesso e sulle sue azioni, esprimendone le proprie responsabilità38. L’uomo è chiamato ad essere responsabile delle proprie opere, non secondo le leggi del guadagno e dell’egoismo ma secondo la legge cristiana dell’amore che lo spinge verso il bene e lo rende abile a rispondere (responsabile). Il principio della responsabilità richiama a ciascuno il dovere di tutelare tutti coloro che dipendono dalle nostre azioni. Si tratta di uno dei

36 37 38

112

ID., Ad sodales Academiae pro vita, cit., 591. PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA, La finalità, cit., 735. Cfr. A. SERRA, L’uomo-embrione. Il grande misconosciuto, Siena 2003, 104.


passaggi fondamentali della sfera dei diritti e dei doveri morali di ogni essere umano: il bisogno di avere cura dell’altro. Il Comitato Nazionale per la Bioetica, a tal riguardo è chiaro nella sua riflessione sulla formazione alla responsabilità: «Il principio di responsabilità diviene il fondamento etico privilegiato per ogni riflessione sui nostri doveri verso i nascituri e le generazioni future, e, in generale, verso i viventi che i nostri atti possono danneggiare»39.

Questo è un principio della ragione che diventa prassi, getta le fondamenta per uno stile di vita all’insegna del rispetto di sé e del prossimo, che non implica soltanto la bontà degli atteggiamenti ma esige la correttezza e la rettitudine dei comportamenti sulla base degli effetti prodotti. Sin dalle prime pagine della Sacra Scrittura emerge il ruolo importante che l’uomo possiede nei confronti del creato. «E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò»40.

L’idea di dominio che viene fuori dal testo veterotestamentario è stata interpretata spesso come carte blanche data all’umanità per la conquista e la dominazione tecnologica della terra. Esiste una differenza tra i due racconti di creazione che chiarisce la posizione dell’uomo nei confronti del creato41. Se nella prima creazione l’uomo è a capo di tutto il creato ed ha la capacità di relazionarsi direttamente con Dio, nella seconda creazione Dio creò l’umanità in un giardino, l’Eden, perché l’uomo lo coltivasse e se ne prendesse cura42.

39 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Considerazioni etiche e giuridiche sull’impiego delle biotecnologie, in Medicina e Morale 3 (2002) 532-560. 40 Gen 1,26-27. 41 Cfr. H. WOLFF, Antropologia dell’Antico Testamento, Brescia 1993, 58-83. 42 Cfr. Gen 2,15.

113


Il nostro dominio sul creato deve essere inteso come un servizio responsabile non come una licenza illimitata, per la quale tutto è concesso43. La fondamentale tentazione che caratterizza l’umanità è di ignorare i limiti del nostro stato creaturale e di usurpare le prerogative del Creatore, tentando di diventare come Dio e di riuscire in tal modo a conosce il bene ed il male44. Questo scenario esemplare, che le Sacre Scritture ci propongono, può essere applicato all’uso della tecnologia che è nelle mani dell’uomo sin dalle origini, quando Noè costruì l’arca per salvare i suoi simili e gli animali presenti sulla terra durante il diluvio45, ma fu anche mezzo di distruzione quando l’uomo se ne servì per costruire la Torre di Babele, il cui risultato portò alla separazione delle lingue e di conseguenza alla frammentazione delle relazioni tra i popoli46. In realtà, la tecnologia e con essa le applicazioni in campo medico possono essere moralmente oggetto di ambiguità, dato che si rivelano spesso espressione del dominio dell’uomo contro i progetti di Dio47. Nelle biotecnologie risulta evidente questa profonda trasformazione e dilatazione delle capacità di dominio sulla realtà, che possono essere sempre meglio asservite agli interessi e alle esigenze dell’uomo. Con la prassi di procreazione extracorporea, con il diffondersi delle tecniche dei trapianti di organi, tessuti, cellule, con la possibilità di produrre animali transgenici e di modificare geneticamente ed in modo irreversibile sia le piante che gli animali (e, quindi, potenzialmente anche l’uomo), inizia il processo di arbitrarietà più radicale che interessa i vincoli biologici, i vincoli della specie, i vincoli del rapporto natura-ambiente. Alcuni si scommettono nell’impresa biotecnologica e prefigurano questa attività come buona per loro e l’umanità. Spesso si pongono in una condizione di insofferenza rispetto alle possibili critiche che, secondo la loro prospettiva, colpiscono soltanto effetti indesiderati o comunque errori correggibili, situazioni che in futuro saranno migliorate. Questa tendenza

43 Cfr. J. GRABOWSKI, Made not begotten: a theological analysis of human cloning, in Ethics and Medicine 14 (1998) 69-71. 44 Cfr. Gen 3,5. 45 Cfr. Gen 6-9. 46 Cfr. Gen 11,1-9. 47 Cfr. G. VON RAD, Israel et la sagesse, Geneve 1970, 169-206.

114


ritiene che le critiche allo sviluppo scientifico siano frutto di ignoranza e perciò siano condizionate da paure irrazionali48. Infatti, oggi si parla di un “imperativo tecnologico” per il quale ogni scoperta scientifica deve essere necessariamente applicata e realizzata tecnicamente per un beneficio economico; ciascun scienziato, in funzione dei dati acquisiti dalla ricerca biotecnologica, potenzialmente può realizzare un esperimento in laboratorio ma ciò non significa che lo debba realizzare ad ogni costo. L’Istruzione Donum Vitae della Congregazione per la dottrina della fede, in uno dei suoi passaggi, afferma: «Ciò che è tecnicamente possibile, non è per ciò stesso moralmente ammissibile»49.

Occorre seguire dei criteri di responsabilità che permettano alle biotecnologie di essere espressione autentica della ragione umana. Il Card. E. Tonini riferendosi alla ricerca sulle cellule staminali afferma: «Qui ci sono speranze per il futuro dell’umanità. Bisogna difendere l’interesse radicale e fondamentale della salute, ma vedo anche un momento esaltante per l’intelligenza dell’uomo»50.

Viste le possibili applicazioni terapeutiche per curare o migliorare la salute dell’uomo diventa un obbligo morale favorire tutte quelle ricerche dirette a realizzare tali trattamenti senza ledere i valori fondamentali della vita. Siamo dinanzi ad una delle più alte espressioni dell’intelligenza umana, quella di scrutare la natura per scoprire il patrimonio biologico che Dio ha donato all’essere umano e dal quale possiamo ricavare i mezzi per arginare le patologie organiche.

48 Cfr. A. PESSINA, L’uomo e la tecnica: annotazioni filosofiche, in M.L. DI PIETRO – E. SGRECCIA, Biotecnologie e futuro dell’uomo, cit., 3-16. 49 CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Donum vitae, cit., 4. 50 A. BOMPIANI, Il dibattito in bioetica I. I lavori della Commissione ministeriale per lo studio della utilizzazione delle cellule staminali, in Medicina e Morale 1 (2001) 102.

115


L’unica via percorribile, moralmente lecita per un cattolico, resta quella di utilizzare le cellule multipotenti contenute nel sangue del cordone ombelicale, nei tessuti dell’adulto o nei tessuti embrio-fetali derivati da aborti. È questa tipologia di cellule staminali che deve essere utilizzata nella terapia genica. Infatti, un altro aspetto della riflessione etica è legato alla prospettiva degli allo-innesti, che riguarda l’ottenimento di cellule staminali aventi patrimonio genetico modificato (reprimendo l’espressione di antigeni in grado di scatenare nel paziente una reazione di rigetto dell’innesto; oppure inducendo l’espressione di proteine bersaglio, in grado di consentire la distruzione selettiva delle cellule del tessuto eterologo innestato qualora si verificasse una proliferazione incontrollata di tipo neoplastico). Questo discorso è approfondito da un articolo di Roberto Colombo su L’Osservatore Romano: «Le cellule staminali di origine non embrionale, come quelle ottenute dal sangue del cordone ombelicale o da tessuti di organismi adulti, non vengono sostituiti dell’intero patrimonio genetico nucleare o sottoposti ad una riprogrammazione epigenetica (che solo i fattori contenuti nell’oocita materno sembra siano in grado di far avvenire), ma si limita ad un intervento genomico assai contenuto e mirato: la terapia genica somatica»51.

In questo lavoro si sottolinea il potenziale terapeutico che le cellule staminali possiedono e che può essere focalizzato anche verso la geneterapia, ma con un’attenzione al rapporto che la ricerca scientifica deve avere con il bene dell’uomo. Questa prospettiva è delineata anche da un articolo che i proff. Juan de Dios Vial Correa e Elio Sgreccia, della Pontificia Accademia per la Vita, che definiscono questa ricerca come «eleganti studi su cellule staminali da tessuto adulto»52. Il loro intervento avvalora e sostiene questo tipo di ricerca, ritenuta promettente, anche se per certi versi più lunga, poiché esclude quelle 51

R. COLOMBO, Le nuove frontiere dei trapianti, in L’Osservatore Romano, 11-12 settembre 2000, 10. 52 J. DE DIOS VIAL CORREA – E. SGRECCIA, Cellule staminali umane autologhe e trasferimento di nucleo, in L’Osservatore Romano, 5 gennaio 2001, 6.

116


tecniche invasive e deleterie per il bene dell’uomo, come i metodi di clonazione. Dichiarano: «Ma la tensione al bene di ogni uomo e di tutto l’uomo, nel rispetto e nella promozione della sua vita e della sua dignità dal concepimento alla morte, che sola può ultimamente giustificare la nobile impresa della ricerca scientifica e salvaguardare il prestigioso credito che essa si è conquistata nella società contemporanea, rende pienamente ragione di una scelta che potrebbe anche accrescere la fatica degli studiosi e allungare i tempi necessari per trovare una soluzione al problema della terapia cellulare e genica»53.

Non possiamo dimenticare le parole di Giovanni Paolo II: «La scienza in generale, e la scienza medica in particolare, è giustificata e diventa uno strumento di progresso, liberazione e felicità solo nella misura in cui serve il benessere integrale dell’uomo»54.

La rivendicazione di una libertà senza limiti per gli obiettivi della ricerca e i mezzi adottati per conseguirli lascia trasparire un’idea di scienza come fine a se stessa, strumento di un avanzamento tecnologico indipendente dalla esigenza di un autentico progresso umano. La coscienza di questo compito, che rende nobile la scienza e grande la statura umana dei suoi cultori, implica la consapevolezza di un limite non certo alla creatività del lavoro o all’orizzonte dell’indagine, ma agli strumenti empirici adottabili in ciascuna ricerca nonché alla scelta del metodo da seguire nelle indagini. Il bene integrale dell’uomo richiede, infatti, il riconoscimento di una “umanità” che non può essere ferita o calpestata nel percorso stesso di una ricerca, e non solo nelle successive eventuali applicazioni dei risultati conseguiti.

53

L. c. IOANNES PAULUS PP. II, Ad eos qui conventui peritorum psychiatriae, Romae abito, interfuerunt coram admissos. Allocutio (Romae, 12 Aprilis 1986), in AAS 78 (1986) 11151117, 1116. 54

117


Nella conoscenza scientifica, non meno che in quella ordinaria, il metodo è dettato dall’oggetto dell’indagine, sicché non è corretto usare lo stesso metodo per ogni caso. Questo limite “oggettivo” del percorso conoscitivo impone che lo studio delle cellule staminali umane non possa essere condotto con gli stessi procedimenti adottati per le cellule staminali di animali, ad esempio isolandole da embrioni viventi sviluppati in laboratorio. La specificità di “umano” è sostanziale e non accidentale, ed impone un mutamento irrinunciabile di metodo nell’approccio scientifico all’oggetto-soggetto “uomo”, ad ogni singolo uomo e a tutti gli uomini sin dal loro venire all’esistenza. L’affermazione si fonda su una corretta interpretazione del dato biologico sullo sviluppo embrionale (coordinato, continuo e graduale), cui il Magistero ha fatto riferimento in diversi documenti55, e su una concezione sostanziale della persona umana, che la rende coestensiva all’essere umano. Pur non entrando nel merito dell’ampia discussione biologica e filosofica che la domanda abbraccia, servirà ricordare che le argomentazioni contro l’individualità e la piena umanità dell’embrione, riesumante pubblicamente in occasione del dibattito sulle cellule staminali, non sono affatto originali, né apportano una significativa novità metodologica o documentativa. Come per altre questioni di etica della ricerca scientifica e della clinica medica, anche nel caso dello studio delle cellule staminali e delle loro applicazioni a livello terapeutico «il criterio fondamentale di valutazione risiede nella difesa e promozione del bene integrale della persona umana, secondo la sua peculiare dignità. A tale proposito, vale la pena di ricordare che ogni intervento medico sulla persona umana è sottoposto a dei limiti che non si riducono all’eventuale impossibilità tecnica di realizzazione, ma sono legati al rispetto della stessa natura umana intesa nel suo significato integrato: “Ciò che è tecnicamente possibile, non è per ciò stesso moralmente ammissibile” (Donum Vitae, Intr. 4)»56. 55

Cfr. CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, De abortu procurato. Declaratio, in AAS 66 (1974) 730-747; ID., Donum Vitae, I, 1; IOANNES PAULUS PP. II, Evangelium Vitae, cit., 60. 56 IOANNES PAULUS PP. II, Ad eos qui conventui de chirurgicis transplantationibus interfuerunt, cit., 824.

118


La volontà deliberata del ricercatore è chiamata a scegliere come oggetto della propria attività di ricerca ciò che è «conforme al bene della persona nel rispetto dei beni per essa moralmente rilevanti»57.

Inoltre, il ricercatore non potrà non rivolgersi anzitutto verso quella via di indagine conoscitiva e di sviluppo biotecnologico che prevede l’isolamento e la manipolazione delle cellule staminali umane da adulto, da cordone ombelicale e da feto abortito. Sulla stessa linea teologico-antropologica si colloca la riflessione morale sulla manipolazione genetica, come applicazione delle tecniche di ingegneria genetica. Il punto di riferimento morale che emerge nell’insegnamento della Chiesa cattolica in materia di ingegneria genetica con applicazione al campo biomedico è il valore della persona umana e la salvaguardia della sua dignità58. La “ Carta degli operatori sanitari” sottolinea come: «Nella valutazione morale si deve distinguere la manipolazione terapeutica, che si pone come obiettivo la cura di malattie dovute ad anomalie genetiche o cromosomiche (terapia genica), dalla manipolazione alternativa del patrimonio genetico umano»59.

Quindi l’intervento curativo viene auspicato ma esclusivamente per il bene dell’uomo, con lo scopo di mantenere le sua integrità, senza alterarla60. 57

ID., Veritatis splendor, cit., 78. Cfr. A. SERRA, Medical genetic engineering and the Catholic Church’s teaching, in Medicina e Morale, 2 (1995) 259-284. 59 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, Carta degli operatori sanitari, Città del Vaticano 1995, 12. 60 Cfr. ID., Ad eos qui conventui de biologiae experimentis in Vaticana Civitate Habito interfuere: Summus Pontifex aperte reprobat tractationes germinis umani esperimenti causa. Allocutio (Romae 23 Octobris 1982), in AAS 75 (1983) 35-39; ID., Ad eos qui XXXV costui Consociationis medicorum ab omnibus nationibus interfuerunt coram admissos. Allocutio (Romae 29 Octobris 1983), in AAS 76 (1984) 389-395; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e cultura della vita umana (Roma, 8 dicembre 1989), in ECEI 4/47. 58

119


Giovanni Paolo II nel riflettere sull’intervento dell’uomo a livello dei geni arriva ad enunciare un principio semplice ma fondamentale: «Il progresso scientifico e tecnico, qualunque esso sia, deve dunque mantenere il più grande rispetto dei valori morali che costituiscono una salvaguardia della dignità della persona umana. E poiché, nell’ordine dei valori medici, la vita è il bene supremo e più radicale dell’uomo, occorre un principio fondamentale: innanzitutto impedire qualsiasi danno, e poi ricercare e perseguire il bene»61.

Si vuole sottolineare un principio importante: il buon senso di non intervenire contro l’uomo con l’intenzione di fargli del bene, impedire qualsiasi danno significa ponderare i rischi connessi, valutare in modo responsabile il rapporto rischi-benefici, che, come abbiamo visto, non è facile realizzare. Tutto ciò è dovuto sia all’entità delle cellule staminali somatiche, che in quanto progenitrici sono soggetti ad ulteriori differenziazioni, che alle tecniche di ingegneria genetica utilizzate per modificare geneticamente queste cellule nella loro applicazione per la geneterapia ex vivo. Comunque, la geneterapia e le cellule staminali somatiche non creano alcun problema di natura morale, dato che si coniuga una nuova terapia, seppur con i suoi limiti tecnici, con cellule somatiche, le quali sono presenti in un organismo già sviluppato e non incidono nella linea germinale. Il papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti al congresso sulle cellule staminali promosso dalla Pontifica Accademia per la Vita, il 16 settembre 2006, ha ribadito l`importanza della ricerca sulle cellule staminali adulte. Riportiamo alcuni passaggi nodali della sua allocuzione: «anche la ricerca sulle cellule staminali somatiche merita approvazione ed incoraggiamento quando coniuga felicemente insieme il sapere scientifico, la tecnologia più avanzata in ambito biologico e l’etica che postula il rispetto dell’essere umano in ogni stadio della sua esistenza. Di fronte alla diretta soppressione dell’essere umano non ci possono essere né compro-

61 IOANNES PAULUS PP. II, Ad eos qui XXXV costui Consociationis medicorum ab omnibs nationibus interfuerunt coram admissos. Allocutio (Romae, 29 Octobris 1983), in AAS 76 (1984), 392.

120


messi né tergiversazioni; non si può pensare che una società possa combattere efficacemente il crimine, quando essa stessa legalizza il delitto nell’ambito della vita nascente»62.

Secondo il Papa, il bene dell’uomo va ricercato non soltanto nelle finalità universalmente valide, ma anche nei metodi utilizzati per raggiungerle: il fine buono non può mai giustificare mezzi intrinsecamente illeciti, continua dicendo: «se resistenza c’è stata e c’è tuttora, essa era ed è nei confronti di quelle forme di ricerca che prevedono la programmata soppressione di esseri umani già esistenti, anche se non ancora nati»63.

Per Benedetto XVI la storia stessa ha condannato nel passato e condannerà in futuro una tale scienza, non solo perché priva della luce di Dio ma anche perché priva di umanità. Il pontefice si pone in perfetta continuità con il suo predecessore, vogliamo concludere riprendendo il magistero di Giovanni Paolo II che coniuga mirabilmente il valore e l’impegno della ricerca con la salvaguardia della dignità dell’uomo, un testo di sintesi che esprime la natura stessa di questa trattazione in cui scienza ed etica si leggono a vicenda. «Questa “guida dell’etica” non toglie nulla, naturalmente, all’indipendenza epistemologica della conoscenza scientifica. Piuttosto, essa assiste la scienza nell’adempimento della sua più profonda vocazione che è servizio alla persona umana. Ogni conoscenza della verità — inclusa la verità scientifica — è un bene per la persona e per tutta l’umanità. Ma, come sapete, la verità conosciuta attraverso la scienza può essere usata dalla libertà umana per scopi che sono opposti al bene dell’uomo, il bene che l’etica conosce. Quando in una civiltà la scienza si separa dall’etica, l’uomo viene continuamente esposto a gravi rischi. L’amore per la persona umana deriva da una visione della verità dell’uomo, della sua dignità e del suo incomparabile valore»64. 62 BENEDICTUS XVI, Ad Congressum Internationalem a Pontificia Academia pro Vita paratum. Allocutio (Romae 16 Septembris 2006), in AAS 98 (2006) 694. 63 L. c. 64 IOANNES PAULUS PP. II, Ad eos qui conventui de officii conscientia circa prolis generationem fovenda interfuerunt, coram admissos. Allocutio (8 Iunii 1984), in AAS 76 (1984) 845.

121



CONCLUSIONI

Le biotecnologie hanno condotto alla scoperta di tecniche che sono offerte all’uomo per migliorare la propria vita, aumentandone la qualità e la durata. Il campo di ricerca delle cellule staminali applicate alla terapia genica si avvale spesso di mezzi per la sperimentazione che rappresentano vere sfide per la scienza ma soprattutto per l’etica. Riteniamo utile ricapitolare la presente trattazione con le seguenti proposizioni conclusive. 1. La vita, in senso genericamente organico, è una proprietà sistemica, cioè una qualità che può essere attribuita soltanto ad un sistema organizzato, il quale ha delle proprietà: il metabolismo, la capacità di cambiamento di forma, di reazione a stimoli e di attività autonoma, l’autoriproduzione come anche la capacità di feed-back per reagire a perturbazioni che provengono sia dall’esterno che dall’interno del corpo umano. Le caratteristiche tipiche dell’essere umano sono concretizzate in modo tanto particolare che, in funzione del suo essere, ciascun sistema è dotato di autonomia e di un determinato programma genetico. La ricerca scientifica ha sempre permesso di raggiungere nuove mete nell’ambito della medicina; l’uso delle cellule staminali permette di curare le patologie organiche utilizzando lo stesso patrimonio cellulare che ciascun uomo possiede. 2. Le cellule staminali rappresentano il serbatoio endogeno cellulare che, grazie alla loro capacità di differenziarsi in diverse cellule del corpo umano, permettono di rigenerare i tessuti danneggiati da patologie spesso irreversibili e di comprendere i meccanismi biochimici che regolano la vita umana. Siamo dinanzi ad una delle più affascinanti espressioni della armoniosa dinamica della vita che, seguendo il principio naturale di auto-conservazione, tende a mantenere in un stato di ottimale equilibrio dinamicofisiologico l’intero organismo. È la natura che va in soccorso all’uomo senza passare per i prodotti farmaceutici di sintesi che, sebbene importanti per la cura delle malattie, non sono del tutto selettivi per i targets biologici.


La ricerca pubblica e privata sulle cellule staminali è incoraggiata dai molteplici risultati scientifici, acquisiti dai laboratori di tutto il mondo, che ne evidenziano le potenzialità biologiche e terapeutiche. Soprattutto si pensa di applicarla in quelle patologie spesso incurabili attraverso le terapie comunemente utilizzate, come il diabete, le malattie del sistema immunitario, del sistema nervoso e del cuore, oppure per arginare i problemi di rigetto dovuti ai trapianti d’organo. 3. La scoperta delle cellule staminali, se da una parte apre nuove strade alla ricerca biomedica ed alle applicazioni terapeutiche, dall’altra solleva gravi problemi etici, in particolare per le cellule staminali di origine embrionale. Nel mondo scientifico internazionale la diffusa convinzione esistente, che per far progredire il settore delle cellule staminali nel suo complesso non è possibile fare a meno dei dati e delle conoscenze sui meccanismi biologici di base acquisibili con la ricerca sulle cellule staminali embrionali, sta lasciando spazio alle promettenti sperimentazioni sulle cellule staminali adulte. La questione sull’uso degli embrioni per la ricerca delle cellule staminali rimane ancora aperta. Infatti, vi sono importanti interessi scientifici che non si possono distaccare dai forti interessi industriali che muovono il sistema della ricerca e il suo sviluppo. Spesso per seguire e realizzare la politica del guadagno si trascurano sia la visione ontologica delle cellule embrionali, sia tutte quelle soluzioni alternative che potrebbero superare il malessere “etico” destato, ma che si escludono perché considerate di impedimento per la ricerca. 4. La terapia genica rappresenta una conquista nell’ambito della ricerca biomedica, poiché attraverso dei mezzi, non esclusivamente virali, è possibile intervenire a livello cromosomico per correggere le alterazioni genetiche che sono origine di malattie organiche. La ricerca è in piena attività e si indirizza sia su linee cellulari somatiche che germinali. La questione etica riguarda esclusivamente quest’ultima linea cellulare, poiché un’alterazione del patrimonio genetico a livello delle cellule germinali si ripercuote su tutta la progenie. Quindi, i rischi connessi a questo trattamento sono tanto elevati da non permettere un’applicazione sull’uomo.

124


5. In Italia la ricerca sulla terapia genica e le cellule staminali adulte è particolarmente attiva, essendo la prima al mondo ad intuire la possibilità di applicazione di queste cellule in campo genetico. I laboratori di ricerca italiani puntano sulle cellule adulte e dimostrano come sia possibile ottenere ottimi risultati senza far uso di linee di cellule staminali embrionali. Inoltre, la terapia genica che fa uso di cellule staminali adulte è sulla via per essere registrata come un farmaco. La Fondazione Telethon intende chiedere all’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) la registrazione del protocollo di terapia genica messo a punto presso l’Istituto Telethon per la Terapia Genica (TIGET) per la cura della grave forma di immunodeficienza congenita Ada-Scid, con la quale finora sono stati trattati 9 bambini. Quando l’approvazione arriverà, la terapia genica sarà considerata dalle autorità sanitarie italiane come un vero e proprio farmaco, per cui non sarà più necessario presentare una richiesta per ogni intervento, come è necessario fare attualmente. 6. La tecnica applicata al corpo umano presenta da un punto di vista antropologico l’eterno conflitto tra l’homo faber e l’homo sapiens. La nostra cultura contemporanea è gravata dal tramonto della concezione divina del mondo, che si presenta come un campo senza limiti. Inoltre, l’uomo non viene compreso nella sua realtà ontologica ma vive nell’ottica del profitto in cui scienza e tecnica sono finalizzati al materialistico benessere dell’uomo. La libertà dell’homo faber-ricercatore si deve coniugare con la responsabilità dell’homo sapiens che limiti la ricerca scientifica ai confini della liceità e del rispetto dell’uomo. Spesso, invece, il giusto e il bene sono scambiati con il successo, lasciando la scala dei valori nelle mani della visione utilitaristica della realtà e limitando la ricerca ai soli fini senza porre la corretta proporzione dei mezzi. 7. La posizione che sembra chiara e lineare è quella espressa dalla Pontificia Accademia per la Vita, in perfetta continuità con il magistero di Giovanni Paolo II ed il suo successore Benedetto XVI. La Pontificia Accademia sostiene come unica via moralmente lecita quella che fa uso solo di cellule multipotenti e/o monopotenti contenute nel sangue del cordone ombelicale, nei tessuti dell’adulto o nei tessuti embrio-

125


fetali, derivati da aborti spontanei. Non si esclude, inoltre, la possibilità di utilizzare queste cellule per rendere possibile la terapia genica somatica. Ogni altra modalità di acquisizione di cellule staminali rispetto a queste urta contro i principi della dignità umana e del rispetto integrale per la vita anche embrionale, e denota una strumentalizzazione dell’essere umano da parte di un uomo sull’altro. La ricerca e la sperimentazione in campo biomedico, inclusa quella che prevede l’uomo come soggetto, non è un optional di cui si possa fare a meno, ma una vera e autentica condizione sine qua non per un presente e soprattutto per un futuro migliore. Questo bene in mano allo scienziato deve essere utilizzato nel rispetto dell’uomo e della sua dignità, con la consapevolezza che i risultati ottenuti dal lavoro di pochi hanno un effetto sulla vita e la salute dell’intera umanità. 8. Le cellule staminali somatiche possono essere considerate le cellule favorite per la geneterapia nella cura di patologie legate alle alterazioni del genoma. Crediamo che questa sia una delle tematiche in cui, più di ogni altra, la ricerca scientifica possa dare delle indicazioni opportune per la riflessione etica. Infatti, dobbiamo sempre domandarci se il procedimento proposto si possa eseguire con sicurezza, affrontando il problema della vulnerabilità del soggetto trattato, dell`incertezza e dell`irreversibilità della procedura. Si tratta di una scelta: lavorare in un contesto di salvaguardia, di bene, di rispetto per l`uomo, tenendo conto che non siamo dinanzi ad un un possibile contesto operativo ma è il contesto su cui procedere. L’analisi scientifica che vede la scoperta di nuovi markers che identifichino in modo selettivo e specifico le cellule staminali adulte e ne guidino la differenziazione nell’organo bersaglio; l’uso di vettori virali sempre più sicuri, che permettano di trasfettare geni sani nel genoma di cellule malate; il miglioramento e l’invenzione di tecniche di rilevamento delle modificazioni genetiche addotte che consentano di monitorare il procedimento operativo della terapia genica: sono tutti fattori che, se realizzati, renderebbero la terapia genica con le cellule somatiche più sicura per il paziente, dato che riducendo i rischi biologici, il rapporto rischio-beneficio aumenta. Le cellule staminali adulte rappresentano, in tal modo, cellule d’elezione per la terapia genica perché permettono di coniugare la necessità di

126


un intervento terapeutico di tipo cromosomico con il rispetto della persona umana nella sua realtĂ ontologica e biologica. Percorrendo questa strada di sperimentazione non ci facciamo seguaci di coloro che, in nome del progresso scientiďŹ co, vogliono fare violenza alla natura umana, ma scegliamo di scoprirne la ricchezza a piccoli passi, utili e necessari perchĂŠ le generazioni future conservino i valori fondamentali che appartengono all’uomo.

127



BIBLIOGRAFIA

1. FONTI BENEDICTUS XVI, Ad Congressum Internationalem a Pontificia Academia pro Vita paratum. Allocutio (Romae 16 Septembris 2006), in AAS 98 (2006) 693-695; COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA, Terapia genica, Roma 1996; CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II: PAULUS PP. VI UNA CUM CONCILII PATRIBUS, Gaudium et spes, Costitutio pastoralis de ecclsia in mundo huius temporis (7 decembris 1965, Romae, apud S. Petrum), in AAS 58 (1966) 1025-1120; CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, De abortu procurato, Declaratio, in AAS 66 (1974) 730-747; ID., Donum Vitae. Istructio de observantia erga vitam humanam nascentem deque procreationis dignitate tenda (Romae, 22 Februari 1987), in AAS 80 (1988) 70-102; IOANNES PAULUS PP. II, Evangelium Vitae. Letterae Encyclicae de vitae humanae inviolabili bono(Romae, 25 Martii 1995), in AAS 87 (1995) 401-522; ID., Veritatis Splendor. Littera Encyclicae cunctis catholicae Ecclaesia episcopis de quibusdam quaestionibus fundamentalibus doctrinae moralis Ecclesiae (Romae, 6 Augusti 1993), in AAS 85(1993) 11331228; ID., Ad eos qui conventui de chirurgicis transplantationibus interfuerunt. Allocutio (Romae 29 Augusti 2000), in AAS 92 (2000), 822-826; ID., Ad eos qui conventui peritorum psychiatriae, Romae abito, interfuerunt coram admissos. Allocutio (Romae 12 Aprilis 1986), in AAS 78 (1986) 1115-1117; ID., Ad eos qui conventui de biologiae experimentis in Vaticana Civitate Habito interfuere: Summus Pontifex aperte reprobat tractationes germinis umani esperimenti causa. Allocutio (Romae 23 Octobris 1982), in AAS 75 (1983) 35-39; ID., Ad eos qui XXXV costui Consociationis medicorum ab omnibus nationibus interfuerunt coram admissos. Allocutio (Romae 29 Octobris 1983), in AAS 76 (1984) 389-395;

129


ID., Ad eos qui conventui de officii conscientia circa prolis generationem fovenda interfuerunt, coram admissos. Allocutio (Romae, 8 Iunii 1984), in AAS 76 (1984) 844-848; ID., Mendel armonizzò scienza e sapienza, in Studi dell’Accademia Agostiniana. Atti della solenne commemorazione del primo centenario della morte di Gregorio Mendel, Scienza e Sapienza, Roma 1984, in AAS 77 (1985) 70-72; ID., Ad sodales Academiae pro vita. Allocutio (Romae, 24 Februarii 2003), in AAS 95 (2003), 589-592; PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA, La finalità. Dichiarazione sulla produzione e l’uso scientifico e terapeutico delle cellule staminali embrionali (24 agosto 2000), in EV 19/727-737; PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, Carta degli operatori sanitari, Città del Vaticano 1995.

2. STUDI ABBOTT A., Italians first to use stem cells, in Nature 356 (1992) 465; AIUTI A. – SLAVIN SH. ET AL., Correction of ADA-SCID by stem cell gene therapy combined with nonmyeloablative conditioning, in Science 296 (2002) 2410-2413; AIUTI A. – VAI S. ET AL., Immune reconstitution after PBL gene therapy in ADA-deficient SCID: the impact of discontinuation of enzyme replacement therapy, in Nature Medicine, 8 (2002) 423-425; AIUTI A., Advances in gene therapy for ADA-deficient SCID, in Current Opinion of Molecular Therapy 4 (2002) 515-522; ALISON M. – POULSOM R. ET AL., Hepatocytes from non-hepatic adult stem cells, in Nature 406 (2000) 257; ID., An Introduction to stem cells, in The Journal of pathology 197 (2002) 419-423; AMIT M. – ITSKOVITZ-ELDOR J. ET AL., Feeder layer and serum – free culture of human embryonic stem cells, in Biology of reproduction 70 (2004) 837-45; AMONTE P. – VAN BRAGT M. ET AL., Spermatogonial stem cells: characteristic and experimental possibilities, in Acta pathologica, microbiologica et immunologia scandinavica 113 (2005) 727;

130


ANDERSON F. – BLAISE M., Lymphocyte gene therapy, in Human Gene Therapy 2 (1991) 107-109; APPELBAUM F., Allogeneic hematopoietic stem cell transplantation for acute leucemia, in Seminars in Oncology 24 (1997) 114-123; AXELMAN J. – WANG Sh. ET AL., Derivation of pluripotent stem cells from cultured human primordial germ cells, in Proceedings of the National Academy of Science USA 95 (1998) 13726-13731; BALL PH., Synthetic biology: Starting from scratch, in Nature 431 (2004) 624-626; BELMONT J. – HENKEL-TIGGES J., Expression of human adenosine deaminase in murine haematopoietic progenitor cells following retroviral transfer, in Nature 322 (1986) 385-387; BARKER J. – BERNSTEIN S., The competitive ability of stem cell from mice with Hertwig’s anemia, in Journal of cell physiology 113 (1982) 2, 257-260; BERG P. – BALTIMORE D. ET AL., Potential Biohazards of Recombinant DNA Molecules, in Science 185 (1974) 303; BERG P. – SINGER M. ET AL., Summary statement of the Asilomar Conference on recombinant DNA molecules, in Proceeding of the National Academic Science USA 72 (1975) 1981-1984; BIANCO P. – COSSU G., Uno, nessuno e centomila: searching for the identity of mesodermal progenitors, in Experimental Cell Research 251 (1999) 257-263; BIANCO P. – GEHRON ROBEY P., Marrow stromal stem cells, in The Journal of Clinical Investigation 105 (2000) 1663-1668; BILLINGS P., In utero gene therapy – The case against, in Nature Medicine 283 (1999) 2023-2024; BJORNSON CH. – VESCOVI A. ET AL., Turning brain into blood: a hemopoietic fate adopted by adult neural stem cells in vitro, in Science 283 (1999) 471; BOMPIANI A., Il dibattito in bioetica I. I lavori della Commissione ministeriale per lo studio della utilizzazione delle cellule staminali, in Medicina e Morale 1 (2001) 102; BONINI C. – FERRARI G. ET AL., HSV-tk gene transfer into donor lymphocytes for controlled allogeneic graft versus leukemia, in Science 276 (1997) 1719-1724; BONINI C. – GREZ M. ET AL., Safety of retroviral gene marking with a truncated NGF receptor, in Nature Medicine 9 (2003) 367-369;

131


BONDANZA A. – BORDIGNON C. ET AL., Suicide gene therapy of graft-versushost disease induced by central memory human T lymphocytes, in Blood 107 (2006) 1828-1836; BORDIGNON C. – NOTARANGELO L. ET AL., Gene therapy in peripheral blood lymphocytes and bone marrow for ADA immunodeficient patients, in Science 270 (1995) 470-475; BROXMEYER H. – DOUGLAS G. ET AL., Human umbilical cord blood as a potential source of transplantable hematopoietic stem/progenitor cells, in Proceeding of the National Academy of Sciences 86 (1989) 3828-3832; BROXMEYER H. – GLUCKMAN E. ET AL., Umbilical cord blood hematopoietic stem cell and repopulating cells in human clinical transplantation, in Blood Cells 17 (1991) 313-329; CARINCI P. – BAGNARA G.P., Cellule staminali e rinnovamento tissutale, in Bioetica 11 (2003) 1, 27-31; CASTAGNOLA C. – VISSER J. ET AL., Purification of rat pluripotent hemopoietic stem cells, in Stem Cells 1 (1982) 250-260; CAVAZZANA-CALVO M.– FISHER A. ET AL., Gene therapy of human severe combined immuno-deficiency (SCID)-X1 disease, in Science 288 (2000) 669-672; CHAO D. – PATEL H. ET AL., Allogeneic hematopoietic stem-cell transplantation: the next generation of therapy for metastatic renal cell cancer, in Nature Clinical Practice Oncology 1 (2004) 32-38; CHIU R. – KAO R., Cellular cardiomyoplasty: myocardial regeneration with satellite cell implantation, in The annals of thoracic surgery 60 (1995) 1, 12-18; CHUNG Y. – LANZA R. ET AL., Embryonic and extraembryonic stem cell lines derived from single mouse blastomeres, in Nature 439 (2006) 216219; CICERI F. – BONINI C. ET AL., Modulation of GvHD by suicide-gene transduced donor T lymphocytes: clinical applications in mismatched transplantation, in Cytotherapy 7 (2005) 144-149; COHEN Y. – NAGLER A., Hematopoietic stem-cell transplantation using umbilical-cord blood, in Leukemia & Lymphoma 44 (2003) 8, 12871299; COLOMBO R., Le nuove frontiere dei trapianti, in L’Osservatore Romano, 11-12 settembre 2000, 10;

132


COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Considerazioni etiche e giuridiche sull’impiego delle biotecnologie, in Medicina e Morale 3 (2002) 532-560; ID., Parere sull’impiego terapeutico delle cellule staminali (27 ottobre 2000), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 2001; ID., Diagnosi prenatali (18 luglio 1992), Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione el’editoria, Roma 1992; ID., Progetto genoma umano (18 marzo 1994), in http://www.governo.it/ bioetica/testi/180394.html; COMMISSION OF THE EUROPEAN COMMUNITIES, Proposal for a regulation on advanced therapy medicinal products (Brussels, 16 novembre 2005), in http://eur-lex.europa.eu/lex uri serv/site/en/com/2005; COUNCIL FOR RESPONSIBLE GENETICS. HUMAN GENETICS COMMITTEE. Position paper on human germ line manipulation, in Human Gene Therapy, 4 (1993) 35-37; CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, Commissione dell’Episcopato francese per la famiglia, Vita e morte su ordinazione, in La Documentation Catholique 1885 (1984) 1126-1130; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e cultura della vita umana (Roma, 8 dicembre 1989), in ECEI 4/1011-1057; COOKE E., Germ-line engineering, freedom, and future generations, in Bioethics. 17 (2003) 32-58; CULLINGTON B., Gene tests begins, in Science 244 (1989) 913; CULVER K. – ANDERSON F. ET AL., Lymphocytes as cellular vehicles for gene therapy in mouse and man, in Proceeding of the National Academy of Sciences 88 (1991) 3155-3159; D’AMBROSIO A. – DI SCIASCIO G., Transcatheter cell therapy of heart failure: state of the art, in Giornale italiano di cardiologia 7 (2006) 23-39. D’AMOUR K. – AGULNICK A. ET AL., Efficient differentiation of human embryonic stem cells of definitive endoderm, in Nature Biotechnology 23 (2005), 1534-1541;

133


De COPPI P. – BARTSCH G. JR. – PERIN L. ET AL. Isolation of amniotic stem cell lines with potential for therapy, in Nature Biotechnology 25 (2007) 1, 100-106; DE LAPORTE L. – CRUZ REA J., Design of modular non-viral gene therapy vectors, in Biomaterials 27 (2006) 947-954; DELLAMBRA E. – ZAMBRUNO G., Corrective transduction of human epidermal stem cells in laminin-5-dependent junctional epidermolysis bullosa, in Human Gene Therapy 9 (1998) 1359-1370; DELLAMBRA E. – PELLEGRINI G. ET AL., Toward epidermal stem cellmediated ex vivo gene therapy of junctional epidermiolysis bullosa, in Human Gene Therapy, 11 (2000) 2283-2287; DENNETT D., L’evoluzione della libertà, Milano 2004; DE PALMA M.– VENNERI M.A. ET AL., Targeting exogenous genes to tumor angiogenesis by transplantation of genetically modified hematopoietic stem cells, in Nature Medicine 9 (2003) 789-795; DIENA D., Staminali e terapia genica: nuovi farmaci, in La Repubblica, 12 gennaio 2006, 24; DURING M. – KAPLITT M. ET AL., Subtalamic GAD Gene transfert in Parkinson desease patients who are candidates for deep brain stimulation, in Human Gene Therapy 12 (2001) 1589-1591; EMERSON SH., Ex vivo expansion of hemapoietic precursor, progenitors and stem cells: the next generation of cellular therapeutics, in Blood 87 (1996) 3082; ERICES A. – CONGET P. ET AL., Mesenchimal progenitor cells in human umbilical cord blood, in British Journal of Haematology 109 (2000) 235-242; EVANS M. – KAUFMAN M. ET AL., Establishment in culture of pluripotential cells from mouse embryos, in Nature 292 (1981) 154-156; FADEN R. ET AL., Public Stem Cell Bank considerations of justice in stem Cell Research and Therapy, in The Hasting Center Report 33 (2003); FAGGIONI M.P., Lavorare con le cellule staminali, in Studia Moralia 40 (2002) 85-114; FERRARI G. – ROSSINI S. ET AL., An in vivo model of somatic cell gene therapy for human severe combined immunodeficiency, in Science 251 (1991)1363-1366;

134


FERRARI G. – CUSELLA DE ANGELIS M.G. ET AL., Muscle regeneration by bone marrow-derived myogenic progenitors, in Science 279 (1998) 1528-1530; FERRARI G. – STORNAIUOLO A., Failure to correct murine muscular dystrophy, in Nature 411 (2001) 1014-1015; FILIP S. – MOKRY J. ET AL. Stem cell plasticy and issues of stem cell therapy, in Filia Biologica 51 (2005) 6, 180-187; FISCHER A. – THRASHER A. ET AL., LMO2 and gene therapy for severe combined immunodeficiency, in New England Journal of Medicine. 350 (2004) 2526-2527; FREIDMANN TH., The development of human gene therapy, Cold Spring Harbor (New York) 1999; FURNARI M., Scienza e saggezza, in Enciclopedia di Bioetica e Sessuologia, Leumann (Torino) 2004, 1553-1556; GABUTTI V. – FOÀ R. ET AL., Agli erta M behavior of human hemopoietic stem cells in cord and neonatal blood, in Haematologia 60 (1975) 492; GAGE F., Mammalian Neural Stem Cells, in Science 287 (2000); ID., Structural plasticity: cause, result or correlate of depression, in Biological Psychiatry 48 (2000) 713-714; GAMMAITONI L. – BRUNO S., ET AL., Ex vivo expansion of human adult stem cells capable of primary and secondary hemopoietic reconstitution, in Experimental Hematology 31 (2003) 261-270; GELSINGER P., Jesse Gelsinger, in FDA Consumer 34 (2000) 2-3; GIRÃO DA CRUZ M.T.– PEDROSO DE LIMA M. ET AL., Liposomal and viral vectors for gene therapy of the central nervous system, in Gene Therapy 12 (2005) 1242-1252; GLUCKMAN E. – ROCHE V., Results of unrelated umbilical cord blood hematopoietic stem cell transplant, in Transfusion clinique et biologique: journal de la societe francaise de transfusion sanguine 8 (2001) 3, 146-154; GLUCKUMAN E. – BROXMEYER H. ET AL., Hemopoietic reconstitution in a patient with Fanconi’s anaemia by means of umbilical cord blood from an HLA-identical sibling, in New England Journal of Medicine 321 (1989) 1174-1178; GOLSER K., Questione ambiente: tesi per un’etica dell’ambiente, in Rivista di Teologia Morale 85 (1990) 11-20;

135


GOODELL M., Renewing muscles and nerves could stem cells be the ultimate body repair kit, in Quest 7 (2000) 35; GORDON J., Micromanipulation of embryos and germ cells: an approach to gene therapy?, in American Journal of Medical Genetics 35 (1990) 206-214; GORDON J., Germline alteration by gene therapy: assessing and reducing the risks, in Molecular Medicine Today 4 (1998) 468-470; GRABOWSKI J., Made not begotten: a theological analysis of human cloning, in Ethics and Medicine 14 (1998) 69-71; GRANDE A. – PIOVANI B. ET AL., Transcriptional targeting of retroviral vectors to the erythroblastic progeny of transduced hematopoietic stem cells, in Blood 93 (1999) 3276-3285; GRATWONL A. – NIEDERWIESER D. ET AL., Allogeneic hematopoietic stemcell transplantation for chronic myeloid leukaemia in Europe 2006: transplant activity, long-term date and current results, in Haematologica, 1 marzo 2006; GRECO P., Biotecnologie scienza e tecniche verso quale umanità?, Assisi 2004, 7-11 (Rocca libri 5); GRITTI A. – GALLI R. ET AL., Epidermal and fibroblast growth factors behave as mitogenic regulators for a single multipotent stem cell-like population from the subventricular region of adult mouse forebrain, in The Journal of neuroscience 19 (1999) 9, 3287-3297; GUARINI A. – GANSBACHER B. ET AL., IL-2 gene-transduced human HLA-A2 melanoma cells can generate a specific antitumor cytotoxic Tlymphocyte response, in Cytokines and molecular therapy 1 (1995) 57-64; HACEIN-BEY-ABINA S. – CAVAZZANA-CALVO M. ET AL., Gene therapy of Xlinked severe combined immunodeficiency, in Methods in Molecular Biology. 215 (2003) 247-259; HACEIN-BEY-ABINA S. – VON KALLE CH. ET AL., A serious adverse event after successful gene therapy for X-linked severe combined immunodeficiency, in New England Journal of Medicine. 348 (2003) 255-256; HARING B., Medicina e manipolazione, Roma 1976; HEDGECOE A., Gene Therapy, in Encyclopedia of Applied Ethics, II, San Diego 1998, 383-390; HEIKE T. – NAKAHATA T., Stem Cell plasticity in hematopoietic system, in International Journal of Hematology 79 (2004) 1, 714;

136


HILTUNEN M. – TURNUNEN M., Gene therapy metods in cardiovascular diseases, in Methods in Enzymology 346 (2002) 311-320; HOLTON G., La responsabilità della scienza, Bari 1993, 177-215; HUANG P. – LI ZH. ET AL., Transplantion of autologous peripheral blood stem cells for the treatment of lower limb arteriosclerosis obliterans, in Zhonghua Xue Ye Xue Za Zhi 24 (2003) 308-311; ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ, Gene therapy early phase clinical trials: regulations, safety issues and suitability of preclinical animal models. International Workshop (Roma, 24-25 febbraio 2000), Roma 2000; ID., Standard internazionali per raccolta, manipolazione, caratterizzazione, conservazione, selezione e distribuzione del sangue cordonale. Seconda edizione (2001) degli standard elaborati e pubblicati congiuntamente da NETCORD e FACHT. Rapporti ISTISAN 02/23 (Roma, 2002), in http://www.iss.it/publ/rapp/index.htm; ID., Aggiornamento su diagnosi e terapie delle malattie lisosomiali. Workshop (Roma, 7 novembre 2005), in http://www.iss.it/publ/cong/ comt.htm; IZUMIKAWA M. – MINODA R. ET AL., Auditory hair cell replacement and hearing improvement by Atoh 1 gene therapy in deaf mammals, in Nature Medicine 11 (2005) 9-14; JACKSON D. – SYMONS R. – BERG P., Biochemical method for inserting new genetic information into DNA of Simian Virus 40: circular SV40 DNA containing lambda phage genes and the galactose operon of Escherichia coli, in Proceeding of the National Academy of Science USA 69 (1972) 2904-2909; JAENISCH R. ET AL., Epigenetic instability in ES cells and cloned mice, in Science 293 (2001) 95-97; JONAS H., Tecnica, medicina ed etica, Torino 1997; ID., Il principio responsabilità, Torino 20023; JOHNS HOPKINS UNIVERSITY, Straight Talk: Adult and Embryonic Stem Cells and the Future of Research (luglio 2003), in http://www.hopkins medicine.org/press/2003; ID., Panel: Clinical use of Embryonic Stem Cells jeopardized by policy on federal funding (dicembre 2003), in http://www.hopkinsmedicine. org/press/2003;

137


JONES PH. – WATT F., Separation of human epidermal stem cells from transit amplifying cells on the basis of differences in integrin function and expression, in Cell 73 (1993) 713-724; JUENGST E. – WALTERS L., Ethical and Social Issues, in W. REICH, Encyclopedia of Bioethics, New York 1995, 919; KATO Y. – RIDEOUT W. ET AL., Developmental potential of mouse primordial germ cells, in Development 126 (1999) 1823-1832; KELLER G. – SNODGRASS R. ET AL., Human embryonic stem cells: the future is now, in Nature Medicine 5 (1999) 151-152; KIMMELMAN J., Recent developments in gene transfer: risk and ethics, in British Medical Journal 330 (2005) 79-82; KLIMANSKAYA I. – CHUNG Y. – MEISNER L. et al, Human embryonic stem cells derived without feeder cells, in Lancet, Marzo 2005; KOOY D. VAN DER – WEISS S., Why stem cells?, in Science 287 (2000) 14391441; KREISEL W. – POTTHOFF K. ET AL., Complete remission of Crohn’s disease after high-dose cyclophosphamide and autologous stem cell transplantation, in Bone Marrow Transplantion 32 (2003) 337-340; KHUN TH., The structure of scientific revolutions, Chicago 1970, 1-9; LABEAGA J., La Vita Intellettiva, Città del Vaticano 1994, 221-240 (Studi Tomistici 55); LAUGHLIN M. – BAMBACH B. ET AL., Hematopoietic engraftment and survival in adult recipients of umbilical-cord blood from unrelated donors, in New England Journal of Medicine 344 (2001) 1815-1822; LEOR J. – GUETTA E. ET AL., Human Umbilical cord blood cells: a new alternative for myocardial repair?, in Cytotherapy 7 (2005) 3, 325-330; LI SH., Electroporation Gene Therapy: New Developments In Vivo and In Vitro, in Current Gene Therapy 4 (2004) 3, 309-316. LIU P. – POON K. ET AL., Pluripotent hemopoietic stem cells murine postmortem bone marrow, in Annals of Clinical and laboratory science 10 (1980) 1, 40-44; LIU F. – TYAGI P., Naked DNA for Liver Gene Transfer, in Advences in Genetics 54 (2005) 43-64; LIU F. – HUANG L., Electric gene transfer to the liver following systemic administration of plasmid DNA, Gene Therapy 9 (2002) 1116–1119; LIU Y. – CHANG L., Use of blood outgrowth endothelial cells for gene therapy for hemophilia A, in Blood 99 (2002) 2, 457-462;

138


LOEFFLER M. – POTTEN CH., Stem cells and cellular pedigrees – a conceptual introduction, in CH. POTTEN, Stem Cells, London 1997, 1-27; LOTTI F., MENGUZZATO E. ET AL., Transcriptional targeting of lentiviral vectors by Long Terminal Repat enhancer replacement, in Journal of. Virology, 76 (2002) 3996-4007; LOUTIT J. – MARSHALL M. ET AL., Versatile stem cell in bone marrow, in Lancet 13 (1982) 2, 1090-1093; LOWENSTEIN P., Ethics and Gene Therapy, in J. BURLEY – J. HARRIS, A Companion to Genethics, Oxford 2002, 25; LU Y., Recombinant adeno-associated virus as delivery vector for gene therapy, in Stem Cells Development 13 (2004) 133-145; MAYHALL E. – ZON L., The clinical potential of stem cells, in Current Opinion in Cell Biology 16 (2004) 6, 713-720; MARIS M. – STORB R. ET AL., Allogeneic hematopoietic cell transplantation as consolidation immunotheraphy of cancer after autologous transplatation, in Acta Haematologica 144 (2005) 221-229; MARSHALL E., The business of stem cells, in Science 287 (2000) 1419-1421; MATSUI Y. – ZSEBO K., Derivation of pluripotent embryonic stem cells from murine primordial germ cells in culture, in Cell 70 (1992) 81-87; MCDONALD J. – QU Y. ET AL., Transplanted embryonic stem cells survive, differentiate and promote recovery in injured rat spinal cord, in Nature Medicine 12 (1999) 1410-1412; MCKAY M. – GABALLA M., Gene transfer therapy in vascular diseases, in Cardiovascular Drug Review 19 (2001) 245-262; MCKINNEY-FREEMAN SH.– JACKSON K., Muscle-derived hematopoietic stem cells are hematopoietic in origin, in Proceeding of the National Academy of Sciences 99 (2002) 1341-1346; MCLAUGHLIN D. – VALLIANATOS G. ET AL., Stable expression of a neuronal dopaminergic progenitor phenotype in cell lines derived from human amniotic fluid cells, in Journal of Neuroscience Research 83 (2006) 1190-1200. MCRAY R., Stem cells: hype and hope, in Nature 406 (2000) 361-364; ID, Mammalian deconstruction for stem cell reconstruction, in Nature Medicine 6 (2000) 7, 747-8; MEISSNER A. – JAENISCH R., Generation of nuclear transfer-derived pluripotent ES cells from cloned Cdx2-deficient blastocysts, in Nature 439 (2006) 212-215;

139


MELANI C. – CHIODONI C. ET AL., Cytokine gene transduction in tumor cells: interleukin (IL)-2 or IL-4 gene transfer in human melanoma cells, in Natural Immunity 13 (1994) 76-84; MELO-MARTIN DE I., Firing up the nature/nurture controversy: bioethics and genetic determinism, in Journal of Medical Ethics 31 (2005) 526-529; MIETH D., La dittatura dei geni, Brescia 2003 (Giornale di Teologia 294); MIGLIACCIO G., Linee guida sui Prodotti per Terapia Cellulare, in Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità 17 (2004) 4-8; MIGLIACCIO A.R. – ADAMSON J. ET AL., Cell dose and speed of engraftment in placental/umbilical cord blood transplantation: graft progenitor cell content is a better predictor than nucleated cell dose, in Blood 96 (2000) 2717-2722; MIKI T. – LEHMANN Th. ET AL., Stem cells characteristics of Amniotic Epithelial Cells, in Stem Cells 23 (2005) 10, 1549-1559; MINISTERO DELLA SANITÀ, Relazione della Commissione di studio sull’utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche (Roma, 28 dicembre 2000), in http:/www ministerosalute.it/pubblicazioni.htm; MINISTERO DELLA SALUTE, Terapia genica, trattamenti autorizzati caso per caso, Comunicato n. 118 del 13 giugno 2003, in http://www. ministerosalute.it/ pubblicazioni.htm; ID., Istituzione di una banca dati per il monitoraggio della terapia genica e la terapia cellulare somatica, Decreto del 2 marzo 2004, in http://www. ministerosalute.it/ pubblicazioni.htm; MIR L. – MOLLER P. ET AL., Electric Pulse-Mediated Gene Delivery to Various Animal Tissues, in Advances in Genetics 54 (2005) 83-114; MITCHELL L.A., Report of the inaugural meeting of the Israel Society of the Gene Therapy, in The Journal of Gene Medicine 5 (2003) 258-260; MOISE K. JR., Umbilical Cord Stem Cells, in Obstetrics & Gynecology 106 (2005) 1393-1407; MOLTMANN J., Scienza e sapienza, Brescia 2003, 145-157 (Biblioteca di teologia contemporanea 126); MONDIN B., Libero arbitrio, in Dizionario enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino, Bologna 1991, 57; MONOD J., Il caso e la necessità, Milano 1988; MONTINI E. – NALDINI L. ET AL., Hematopoietic stem cell gene transfer in a tumor-prone mouse model uncovers low genotoxicity of lentiviral vector integration, in Nature Biotechnology 24 (2006) 687-696;

140


MURARO P. – MARTIN R. ET AL., Hemapoietic stem cell transplantation for multiple sclerosis: current status and future challenges, in Current Opinion of Neurology 16 (2003) 299-305; NAKASHIMA K. – COLAMARINO S., Embryonic stem cells: staying plastic on plastic, in Nature Medicine 10 (2004) 1, 23-24; NATIONAL BIOETHICS ADVISORY COMMISSION, Ethical Issues in Human Stem Cell Research, I, Maryland 1999; NATIONAL INSTITUTE OF HEALTH, What are stem cells?, in http://www.stem cells.nih.gov/info/basic; NERI D., La bioetica in laboratorio, Bari 2005, 27-34; NIEDERWIESER D. – LAUGE TH. ET AL., Allogeneic hematopoietic cell transplantation following reduced-intensity conditioning in patients with acute leukemias, in Critical Reviews in Oncology/Hematology 56 (2005) 275-281; OAKES D. – LIEBERMA J., Osteoinductive applications of regional gene therapy: ex vivo gene transfer, in Clinical Orthopedics. Supplement 1 (2000) 101-112; ODORICO J. – THOMSON J. ET AL., Multilineage differentiation from human embryonic stem cell lines, in Stem Cells 19 (2001) 193-204; PAGANINI G., Bacone, in L’Enciclopedia della Filosofia e delle Scienze Umane, Novara 2000, 85; PANNELL D. – ELLIS J., Silencing of gene expression: implications for design of retrovirus vectors, in Review of Medical Virology 11 (2001) 205217; PARLAMENTO EUROPEO, Problemi etici e giuridici della manipolazione genetica, Risoluzione del 16 marzo 1989, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, n. C. 96/116 del 17 aprile 1989; ID., Tutela del diritti umani e della dignità dell’essere umano in relazione alle applicazioni biologiche e mediche, Risoluzione del 20 settembre 1996, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, n. C. 320 del 28 ottobre 1996; PELLEGRINI-DE LUCA G., The control of epidermal stem cells in the treatment of massive full-thickness burns with autologous keratino cytes cultured on fibrin, in Transplatation 68 (1999) 868-879; PESCE M. – SCHÖLER H., Oct-4: Gatekeeper in the Beginnings of Mammalian development, in Stem Cells 19 (2001) 271-278;

141


PESSINA A., L’uomo e la tecnica: annotazioni filosofiche, in M.L. Di Pietro – E. Sgreccia, Biotecnologie e futuro dell’uomo, Milano 2003, 3-16; PETROPAULOS D. – CHAN K.W., Umbilical cord blood transplantation, in Current Oncology Reports 7 (2005) 406-409; PIACIBELLO W. – BRUNO S. ET AL., Lentiviral gene transfer and ex vivo expansion of human primitive stem cells capable of primary, secondary, and tertiary multilineage repopulation in NOD/SCID mice, in Blood 13 (2002) 4391-4400. PIANA G., Etica scienza società. I nodi critici emergenti., Assisi 2005, 1518 (Rocca libri 5); ID., Libertà e responsabilità, in Nuovo Dizionario di Teologia Morale, Cinisello Balsamo 1990, 658-674. PIANIGIANI O., Responsabile, in Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, La Spezia 19903, 1130; PISTONE V., Rational bases for new approaches to the therapy of pediatric solid tumors: immunotherapy and gene therapy, in Medical and surgical pediatrics 16 (1994) 219-225; PITTENGER M. – MACKAY A. ET AL., Multilineage potential of mesenchymal stem cells, in Science 284 (1999) 143-147; PORADA CH. – PARK P. ET AL., Male Germ-Line Cells Are at Risk Following Direct-Injection Retroviral-Mediated Gene Transfer in Utero, in Molecular Therapy 12 (2005) 4, 754-762. PORTMANN-LANZ B.– HUBER A. ET AL., Placental mesenchymal stem cells as potential autologous graft for pre-and perinatal neuregeneration, in American Journal of Obstetrics and Gynecology 194 (2006) 3, 664-73; POSTMAN N., Tecnopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Torino 1993, 14; POTTER VAN R., Bioetica. Ponte verso il futuro, Messina 2000, 39; PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, Attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, in Gazzetta Ufficiale, n. 142 del 21 giugno 2006. Supplemento ordinario n. 153, puoi anche vedere un’altra fonte in http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/medicinali_codice/ codice; PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Linee guida inerenti l’uso di prodotti di terapia genica: guida ai produttori e agli utilizzatori, in http://www.governo.it/biotecnologie/documenti.htm;

142


ID., “Linee guida per la sicurezza della sperimentazione in terapia genica”, in http://www.governo.it/biotecnologie/documenti.htm; PRUSA A.R. – MARTON E. – ROSNET M. ET AL., Oct-4-expressing cells in human amniotic fluid: a new source for stem cell research?, in Human Reproduction 18 (2003) 1489-1493; QUATTROCCHI P., Etica scienza complessità, Milano 1984; RAD G. von, Israel et la sagesse, Geneve 1970; RAFFAGHELLO L. – PISTONE V., Immunotherapy of neuroblastoma: present, past and future, in Expert Riview in Neurotherapeutics 6 (2006) 509518; RECILLAS-TARGA F. – VALADEZ-GRAHAM V., Prospects and implications of using chromatin insulators in gene therapy and transgenesis, Bioessays 26 (2004) 796-807; REISER S., History of Medical Technology, in W. REICH, Encyclopedia of Bioethics, V, New York 1997, 2472-2478; REYNOLDS B. – WEISS S., Generation of neurons and astrocytes from isolated cells of the adult mammalian central nervous system, in Science 255 (1992) 1707-1710; RENIS M. – SCIFO CH. ET AL., Switching off HSP70 and iNOS to study their role in normal and H O stressed human fibroblasts, in Life Science 74 (2003) 757-769; RESNIK D. – LANGER P., Human Germline Gene Therapy Reconsidered, in Human Gene Therapy 12 (2001) 1449-1458; RICH I., Primordial germ cell are capable of producing cells of the hemopoietic system in vitro, in Blood 86, 2 (1995) 463-472. RICHARDS M. – TAN S. ET AL., Comparative evaluation of various human feeders for prolonger undifferentiated growth of human embryonic stem cells, in Stem Cells 21 (2003) 546-556; ROSENBERG S. – AEBERSOLD P. ET AL., Gene transfer into humans-immunotherapy of patients with advanced melanoma, using tumor-infiltrating lymphocytes modified by retroviral gene transduction, in New England Journal of Medicine 323 (1990) 601-603; ROSSI E., The bioinformatics of psychosocial genomics in alternative and complementary medicine, in Forsch komplementarmed Klass Naturheilkd 10 (2003) 143-150; RUBINSTEIN P. – TAYLOR PH. ET AL., Unrelated placental blood for bone marrow reconstitution: organization of the placental blood program, in Blood Cells 20 (1994) 587-600;

143


SALVINI G., La tecnologia: aiuto o pericolo?, in La Civiltà Cattolica, 1994, II, 154- 164; SANCHEZ-RAMOS J. – CARDOZO-PELAEZ F. ET AL., Adult bone marrow stromal cells differentiate into neural cells in vitro, in Experimental Neurology 164 (2000) 247-256; SAUKKONEN K. – HEMMINKI A., Tissue-specific promotes for cancer gene therapy, in Expert Opinion on Biological Therapy 4 (2004) 683-696; SCHROEDER J. – CHENG D. ET AL., Treatmant of severe systemic lupus erythematosus with high-dose chemotherapy and haemopoietic stem cell transplatation: a phase I study, in Lancet 356 (2000) 701-707; SERRA A., Medical genetic engineering and the Catholic Church’s teaching, in Medicina e Morale, 2 (1995) 259-284; SEVERINO E., Il fine dell’Apparato, in J. JACOBELLI (cur.), Scienza ed etica. Quali limiti?, Bari 1990, 158-162 (Saggi Tascabili Laterza 147); SGRECCIA E., La risposta nella trascendenza, in J. JACOBELLI (cur.), Scienza ed etica. Quali limiti?, Bari 1990, 164 (Saggi Tascabili Laterza 147); ID., Manuale di Bioetica, I, Milano 19993; SHAMBLOTT M. – AXELMAN J. ET AL., Derivation of pluripotent stem cells from cultured human primordial germ cells, in Proceeding of the National Academy of Sciences 95 (1998) 13726-13731; SHRADER-FRECHETTE K., Technology and ethical Issues, in L. WESTRA (ed.), Technology and values, Lauhnam 1997, 25-29; SMITH A., Embryonic stem cells, in D. MARSHAK – D. GOTTLIEB, Stem Cell Biology, New York 2001, 205-230; SMITH L., Gene therapy in the post-Gelsinger era, in JONA’s healthcare law, ethics and regulation 4 (2002) 104-110; SOMIA N. – VERMA I., Gene therapy: trials and tribulations, in Nature Review Genetics 1 2000) 2, 91-99; SORIA B., In-vitro differentiation of pancreatic beta-cells, in Differentiation 68 (2001) 205-219; TOMMASO D’AQUINO, La Summa Teologica, XII, Sancasciano 1965; ID., Scriptum super libros Sententiarum, Parigi 1929; SUN Y. – MOLLER P. ET AL., Vaccination with IL-12 gene-modified autologous melanoma cells: preclinical results and a first clinical phase I study, in Gene Therapy 5 (1998) 481-490; TASSAVOLI M., Embryonic and fetal hemopoiesis: an overview, in Blood Cells 1 (1991) 269-281;

144


TEICHLER ZALLEN D., US gene therapy in crisis, in Trends Genetics 16 (2000) 272-275; THEISE N. – GARDNER R. – ILLEI P., Liver from bone marrow in humans, in Hepatology 32 (2000) 1, 11-16; TONIATTI C. – CORTESE R. ET AL., Gene therapy progress and prospects: trascription regulatory systems, in Gene Therapy 11 (2004) 649-657; TRENTIN G., Per un’etica della responsabilità ambientale, in Credere Oggi 70 (1992) 92-93; TSAI R.-Y. – MC KAY R. ET AL., A nuclear mechanism controlling cell proliferation in stem cells and cancer cells, in Genes and Development 16 (2002), 2991-3003; TSE W. – EGALKA M., Stem cell plasticity and blood and marrow transplantation: a clinical strategy, in Journal of cellular biochemistry. Supplement. 38 (2002) 96-103; UNESCO, Dichiarazione Universale sul genoma e i diritti umani (11 novembre 1997); http://portal.unesco.org/en/ev.php.URL_ID=13177& URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html; VARELA F. – MATURANA H., Autopoiesis: the organitation of living sistems, its characterization and a model, in Biosystems 5 (1974) 187-196; VESCOVI A., La cura che viene da dentro, Milano 2005; VIAL CORREA J. DE D. – SGRECCIA E., Cellule staminali umane autologhe e trasferimento di nucleo, in L’Osservatore Romano, 5 gennaio 2001, 6; VOGEL G., The hottest stem cells are also the toughest, in Science 292 (2001) 429; ID., Stem cell: New excitement, Persistent questions, in Science 290 (2000) 1674; WADE N., Genetic Manipulation: Temporary Embargo Proposed on Research, in Science 185 (1974) 332-334; WANG G. – TOM S. ET AL., Adult stem cell from bone marrow stroma differentiate into airway epithelial cells: potential therapy for cystic fibrosis, in Proceeding of the National Academy of Sciences 102 (2005) 186-191; WATT M., Human gene therapy: ethical aspects, in Pontificia Academia pro vita, Human genome, human person and the society of the future. Proceeding of fourth assembley of the Ponticial Academy for Life, Città del Vaticano 1999, 255-269;

145


WEISS S. – CROSS J. ET AL., Pregnancy-stimulated neurogenesis in adult female forebrain mediated by prolactin, in Science 299 (2003) 117-20; WH H. – SUN Y. ET AL., Epigenetic regulation of stem cell differentiation, in Pediatric Research, Marzo 2006; WILLIAMS D., Clarity and risk: the challenger of the new technologies, in Medical Device Technology 12 (2001) 12-14; WILLIAMSON R., Gene-therapy, in Nature 298 (1982) 416-418; WIVEL N. – WALTERS L., Germ-line gene modification and disease prevention: some medical and ethical perspectives, in Science. 262 (1993) 533-538; WOLFF H., Antropologia dell’Antico Testamento, Brescia 1993, 58-83; WOODBURY D. – SCHWARZ E. ET AL., Adult rat human bone marrow stromal cells differentiate into neurons, in Journal of Neuroscience Research 61 (2000) 4, 364-370; YAMANAKA R., Alphavirus vectors for cancer gene therapy, in International Journal of Oncology 24 (2004) 919-923; YOUNG H. – DUPLAA C. ET AL., Adult reserve stem cells and their potential for tissue engineering, in Cell Biochemistry and Biophysics 40 (2004) 1-80; ZUCALI J., Self-renewal and differentiation capacity of bone marrow and fetal liver stem cells, in British Journal of haematology, 52 (1982) 2, 295-306.

146


INDICE DEI NOMI Abbott A. 60, 130 Adamson J. 28, 140 Aebersold P. 45, 56, 143 Agulnick A. 14, 133 Aiuti A. 57, 61, 130 Alison M. 25, 26, 130 Amit M. 21, 130 Amonte P. 14, 130 Anderson F. 44, 56, 105, 131, 133 Appelbaum F. 58, 131 Axelman J. 11, 22, 131, 144 Bacone F. 84, 141 Bagnara G.P. 22, 132 Ball Ph. 97, 131 Baltimore D. 95, 131 Bambach B. 29, 138 Barker J. 11, 131 Bartsch G. Jr. 32, 134 Belmont J. 44, 131 Benedetto XVI 120, 121, 125, 129 Berg P. 94, 95, 96, 97, 98, 131, 137 Bernstein S. 11, 131 Bianco P. 23, 131 Billings P. 43, 131 Bjornson Ch. 26, 131 Blaise M. 56, 131 Bompiani A. 115, 131 Bondanza A. 65, 132 Bonini C. 62, 63, 65, 131, 132 Bordignon C. 60, 65, 66, 132 Boyer H. 94, 95 Bragt van M. 14, 130 Broxmeyer H. 28, 29, 132, 135 Bruno S. 64, 135, 142 Burley J. 100, 139 Cardozo-Pelaez F. 26, 144 Carinci P. 22, 132 Castagnola C. 11, 132 Cavazzana-Calvo M. 57, 132, 136 Chan K.W. 36, 142 Chang L. 59, 138 Chao D. 35, 132

Cheng D. 35, 144 Chiodoni C. 64, 140 Chiu R. 37, 132 Chung Y. 21, 132, 138 Ciceri F. 65, 132 Cohen Y. 36, 94, 95, 132 Colamarino S. 25, 141 Colombo R. 116, 132 Conget P. 28, 134 Cooke E. 43, 133 Cortese R. 55, 145 Cossu G. 23, 131 Crick F. 37 Cross J. 14, 146 Cruz Rea J. 45, 134 Cullington B. 44, 133 Culver K. 56, 105, 133 Cusella De Angelis M.G. 62, 135 D’Ambrosio A. 37, 133 D’Amour K. 14, 133 De Coppi P. 32, 134 De Laporte L. 45, 134 De Palma M. 64, 134 Dellambra E. 36, 62, 134 Dennett D. 78, 134 Di Pietro M.L. 11, 115, 142 Di Sciascio G. 37, 133 Diena D. 66, 134 Douglas G. 28, 132 Duchenne G.B.A. 63, 66 Duplaa C. 58, 146 During M. 60, 134 Egalka M. 25, 145 Ellis J. 55, 141 Emerson Sh. 28, 134 Erices A. 28, 134 Evans M. 21, 134 Faden R. 34, 134 Faggioni M.P. 17, 134 Ferrari G. 61, 62, 63, 131, 134, 135 Filip S. 37, 135 Fischer A. 57, 135

147


Fisher A. 57, 132 Foà R. 29, 135 Freidmann TH. 135 Furnari 74, 135 Gaballa M. 59, 139 Gabutti V. 29, 135 Gage F. 16, 25, 135 Galli R. 26, 136 Gammaitoni L. 64, 135 Gansbacher B. 64, 136 Gardner R. 26, 145 Gehron Robey P. 23, 131 Gelsinger J. 56, 135, 144 Gelsinger P. 56, 135 Giovanni Paolo II 76, 77, 80, 110, 111, 112, 117, 118, 120, 121, 125, 129 Girão da Cruz M.T. 46, 135 Gluckman E. 29, 36, 132, 135 Gluckuman E. 29, 135 Golser K. 82, 135 Goodell M. 58, 136 Gordon J. 43, 136 Gottlieb D. 16, 144 Grabowski J. 114, 136 Grande A. 62, 136 Gratwonl A. 35, 136 Greco P. 86, 136 Grez M. 63, 131 Gritti A. 26, 136 Guarini A. 64, 136 Guetta E. 28, 138 Hacein-Bey-Abina S. 57, 136 Haring B. 136 Harris J. 100, 139 Hedgecoe A. 106, 136 Heike T. 26, 136 Hemminki A. 55, 144 Henkel-Tigges J. 44, 131 Hiltunen M. 59, 137 Holton G. 77, 137 Huang P. 35, 46, 137, 138 Huber 22, 142 Illei P. 26, 145

148

Itskovitz-Eldor J. 11, 19, 20, 21, 130 Izumikawa M. 60, 137 Jackson D. 95, 137 Jackson K. 62, 139 Jaenisch R. 20, 21, 137, 139 Jonas H. 70, 71, 74, 75, 76, 78, 137 Jones Ph. 36, 138 Juengst E. 104, 106, 138 Kalle Ch. von 57, 136 Kant I. 75 Kao R. 37, 132 Kaplitt M. 60, 134 Kato Y. 22, 138 Kaufman M. 21, 134 Keller G. 19, 138 Khun Th. 72, 138 Kimmelman J. 99, 138 Klimanskaya I. 21, 138 Kolls J. 59 Kooy D. van der 13, 138 Kreisel W. 35, 138 Labeaga J. 84, 138 Langer P. 43, 143 Lanza R. 22, 132 Lauge Th. 35, 141 Laughlin M. 29, 138 Lehmann Th. 32, 140 Leor J. 28, 138 Li Sh. 46, 138 Li Zh. 35, 137 Lieberma J. 60, 141 Liu F. 45, 46, 138 Liu P. 11, 138 Liu Y. 59, 138 Loeffler M. 16, 139 Lotti F. 62, 139 Loutit J. 13, 139 Lowenstein P. 100, 139 Lu Y. 57, 139 Mackay A. 23, 26, 142 Maris M. 35, 139 Marshak D. 16, 144 Marshall E. 19, 139 Marshall M. 13, 139 Martin R. 35, 140, 141 Marton E. 32, 143


Matsui Y. 11, 139 Maturana H. 93, 145 Mavilio F. 63 Mayhall E. 35, 139 Mc Kay R. 145 McDonald J. 19, 139 McKay M. 14, 59, 139 McKinney-Freeman Sh. 62, 139 McLaughlin D. 32, 139 McRay R. 25, 139 Meisner L. 21, 138 Meissner A. 21, 139 Melani C. 64, 140 Melo-Martin de I. 140 Mendel G. 76, 77, 130 Menguzzato E. 63, 139 Mieth D. 73, 140 Migliaccio A.R. 28, 140 Migliaccio G. 66, 140 Miki T. 32, 140 Minoda R. 60, 137 Mir L. 46, 140 Mitchell L.A. 60, 140 Moise K. Jr. 28, 140 Mokry J. 37, 135 Moller P. 46, 65, 140, 144 Moltmann J. 75, 140 Mondin B. 80, 140 Monod J. 85, 140 Montini E. 61, 140 Muraro P. 35, 141 Nagler A. 36, 132 Nakahata T. 26, 136 Nakashima K. 25, 141 Naldini L. 61, 62, 140 Neri D. 16, 27, 141 Niederwieser D. 35, 136, 141 Nietzsche F. 80 Notarangelo L. 60, 132 Oakes D. 60, 141 Occam G. 80 Odorico J. 20, 141 Paganini G. 84, 141 Pannell D. 55, 141 Park P. 43, 142 Patel H. 35, 132

Pedroso de Lima M. 46, 135 Pellegrini G. 62, 134 Pellegrini-De Luca G. 36, 141 Perin L. 32, 134 Pesce M. 32, 141 Pessina A. 115, 142 Petropaulos D. 36, 142 Piacibello W. 64, 142 Piana G. 78, 82, 142 Pianigiani O. 77, 142 Piovani B. 62, 136 Pistone V. 64, 142, 143 Pittenger M. 23, 26, 142 Poon K. 11, 138 Porada Ch. 43, 142 Portmann-Lanz B. 22, 142 Postman N. 69, 70, 71, 142 Potten Ch. 16, 139 Potter R. van 75, 76, 142 Potthoff K. 35, 138 Poulsom R. 25, 26, 130 Prusa A.R. 32, 143 Qu Y. 19, 139 Quattrocchi P. 92, 143 Rad G. von 114, 143 Raffaghello L. 64, 143 Recillas-Targa F. 55, 143 Reich W. 72, 104, 138, 143 Reiser S. 72, 143 Remuzzi G. 65 Renis M. 37, 143 Resnik D. 43, 143 Reynolds B. 24, 143 Rich I. 11, 143 Richards M. 21, 143 Rideout W. 22, 138 Roche V. 36, 135 Rosenberg S. 45, 56, 143 Rosnet M. 32, 143 Rossi E. 38, 143 Rossini S. 61, 134 Rubinstein P. 29, 143 Salvini G. 69, 144 Sanchez-Ramos J. 26, 144 Sarte J.-P. 80 Saukkonen K. 55, 144

149


SchÜler H. 32, 141 Schroeder J. 35, 144 Schwarz E. 26, 146 Scifo Ch. 37, 143 Scoto G. 80 Serra A. 112, 119, 144 Severino E. 87, 144 Sgreccia E. 11, 91, 104, 108, 115, 116, 133, 142, 144 Shamblott M. 22, 144 Shrader-Frechette K. 100, 144 Sica G. 11 Singer M. 96, 131 Slavin Sh. 57, 61, 130 Smith A. 16, 144 Smith L. 56, 144 Snodgrass R. 19, 138 Somia N. 56, 144 Soria B. 20, 144 Storb R. 35, 139 Stornaiuolo A. 63, 135 Sun Y. 14, 65, 144, 146 Symons R. 95, 137 Tan S. 21, 143 Tassavoli M. 28, 144 Taylor Ph. 29, 143 Teichler Zallen D. 56, 145 Theise N. 26, 145 Thomson J. 11, 19, 20, 141 Thrasher A. 57, 135 Tom S. 59, 145 Tommaso D’Aquino 79, 80, 83, 84, 102, 140, 144 Toniatti C. 55, 145 Tonini E. 115 Trentin G. 82, 145 Tsai R.-Y. 14, 145 Tse W. 25, 145 Turnunen M. 59, 137 Tyagi P. 45, 138 Vai S. 61, 130 Valadez-Graham V. 55, 143 Vallianatos G. 32, 139 Varela F. 93, 145 Venneri M.A. 64, 134 Verma I. 56, 144

150

Vescovi A. 26, 73, 131, 145 Vial Correa J. de D. 116, 133 Visser J. 11, 132 Vogel G. 20, 145 Wade N. 96, 145 Walters L. 43, 104, 106, 138, 146 Wang Sh. 11, 59, 131, 145 Watson J. 37, 95 Watt F. 36, 138, 145 Weiss S. 13, 14, 24, 138, 143, 146 Westra L. 100, 144 Wh H. 14, 146 Williams D. 98, 146 Williamson R. 44, 146 Wivel N. 43, 146 Wolff H. 113, 146 Woodbury D. 26, 146 Yamanaka R. 57, 146 Young H. 58, 146 Zambruno G. 36, 134 Zon L. 35, 139 Zsebo K. 11, 139 Zucali J. 13, 146


INDICE SIGLE E ABBREVIAZIONI .

.

.

.

.

.

.

.

5

INTRODUZIONE

.

.

.

.

.

.

.

7

CAPITOLO I LE CELLULE STAMINALI . . . . . . . . . . 1. DEFINIZIONE . . . . 2. CLASSIFICAZIONE . 3. FONTI E CARATTERISTICHE DELLE CELLULE STAMINALI 3.1. Cellule staminali embrionali umane . . 3.2. Cellule staminali fetali umane . . 3.3. Cellule staminali adulte umane . . 3.4. Cellule staminali da cordone ombelicale . 3.5. Cellule staminali da liquido amniotico . . . 4. LE APPLICAZIONI TERAPEUTICHE .

. . . . . . . . . .

.

. . . . .

11 11 15 16 16 22 23 27 31 33

. . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . .

41 41 43 43 43 45 45 46 47 48 49 50 51 52

.

.

52

. .

. .

52 52

. . .

.

55 55 60

.

.

CAPITOLO II LA TERAPIA GENICA . . . . . . . . 1. DEFINIZIONE E SPECIFICITĂ€ . . . . 2. TIPOLOGIE DI TERAPIA GENICA 2.1. Terapia genica per via germinale . . 2.2. Terapia genica per via somatica . . . 3. METODOLOGIA DEL TRASFERIMENTO GENICO 3.1. Il trasferimento non virale . . . 3.2. Il trasferimento virale . . . 3.2.1. Retrovirus . . . . 3.2.2. Lentivirus . . . . 3.2.3. Adenovirus . . . . 3.2.4. Virus adenoassociati . . . 3.2.5. Herpesvirus . . . . 3.3. Tecniche in vivo ed ex vivo . . . 3.3.1. Terapia genica in vivo: trasferimento diretto del gene nel paziente . . 3.3.2. Terapia genica ex vivo: utilizza cellule viventi per trasferire transgeni terapeutici 3.3.3. Terapia genica in situ . . . CAPITOLO III LE CELLULE STAMINALI E LA TERAPIA GENICA . . . . 1. LA RICERCA . . . 2. LA RICERCA IN ITALIA

. . .

. .

151


CAPITOLO IV GLI ASPETTI E LE RIFLESSIONI ANTROPOLOGICI . . . . 1. LA TECNOLOGIA COME QUESTIONE DI NATURA ANTROPOLOGICA . . . . 2. RAPPORTO TRA SCIENZA E TECNICA . 3. LA RESPONSABILITÀ DELL’UOMO NEI CONFRONTI DELLE BIOTECNOLOGIE 3.1. Il concetto di responsabilità e libertà . . . . 3.2. Il rapporto tra il naturale e l’artificiale . . . 3.3. Il paradigma dell’ingegnere . . . . .

69 69 72 77 77 82 87

CAPITOLO V LA RIFLESSIONE MORALE . . . . . . 1. IL RAPPORTO TRA SCIENZA ED ETICA 1.1. La genetica e la manipolazione . . 1.2. Il Playing God e “la lettera di Berg” . . 1.3. Il rischio associato al trasferimento genico . . . . 2. LE CONSIDERAZIONI MORALI 2.1. Le cellule staminali germinali e la terapia genica 2.2. Le cellule staminali adulte e la terapia genica . . 3. LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA

. . . . . . . . .

. . . . . . . .

91 91 92 94 98 102 103 105 108

CONCLUSIONI

.

.

.

.

.

.

.

.

.

123

BIBLIOGRAFIA

.

.

.

.

.

.

.

.

.

129

INDICE DEI NOMI .

.

.

.

.

.

.

.

.

147

152


Synaxis «NUMERI MONOGRAFICI»

Synaxis XIII/1 - 1995

«La fuitina» A. LONGHITANO, La fuga consensuale: sopravvivenza del matrimonio clandestino S. CONSOLI, Comportamenti matrimoniali nei sinodi siciliani dei secoli XVI-XVII G. ZITO, Fuitina e prassi pastorale nei vescovi siciliani tra ’800 e ’900 Synaxis XIV/1 - 1996

«Chiesa e mafia in Sicilia» (esaurito) F.M. STABILE, Cattolicesimo siciliano e mafia C. NARO, Inculturazione della fede e “ricaduta” civile della pastorale N. FASULLO, Una religione mafiosa A. LONGHITANO, La disciplina ecclesiastica contro la mafia C. CARVELLO, La liturgia per i morti di mafia. Esequie cristiane o funerali di Stato? Annotazioni liturgico-celebrative


S. CONSOLI, La mafia nel pensiero di Giovanni Paolo II. Indicazioni metodologiche per uno specifico intervento pastorale della Chiesa C. SCORDATO, Chiesa e mafia per quale comunità? G. RUGGIERI, Postafazione: la mafia interpella la Chiesa

Synaxis XV/2 - 1997

«La cultura del clero siciliano» F.M. STABILE, Luoghi e modelli di formazione del clero S. VACCA, Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento A. LONGHITANO, Le condizioni di vita del clero non parrocchiale nella diocesi di Catania M. PENNISI, Preti capranicensi siciliani fra prima guerra mondiale e fascismo G. ZITO, «O Roma o Mosca». Clero e comunismo nella Sicilia del secondo dopoguerra Persone e luoghi esemplificativi della cultura ecclesiastica siciliana: — M. NARO, Il palermitano domenicano Turano Vescovo — F. FERRETO, Il domenicano Vincenzo Giuseppe Lombardo — G. DI FAZIO, Il catanese Carmelo Scalia — G. CRISTALDI, L’acese Michele Cosentino — G. MAMMINO, Il seminario di Acireale


Synaxis XVI/2 - 1998

«Religione popolare e fede cristiana in Sicilia» F. RAFFAELE, Religione popolare e testi devoti in volgare siciliano nell’età medievale A. LONGHITANO, Marginalità della religione popolare nei sinodi siciliani del ’500 S. VACCA, La religiosità popolare nella Sicilia del ’500 secondo la testimonianza dei Cappuccini e dei Gesuiti S. LATORA, Religione popolare negli scritti dei fratelli Sturzo A. PLUMARI, La Mediator Dei di Pio XII e le sue conseguenze sulla pietà popolare in Sicilia C. SCORDATO, La settimana santa tra liturgia e pietà popolare: per una integrazione N. CAPIZZI, Religione popolare ed ecclesiologia. Aspetti e prospettive nella riflessione teologica post-conciliare S. CONSOLI, Atteggiamenti e indicazioni pastorali della conferenza episcopale italiana nei confronti della religiosità popolare Synaxis XVII/1 - 1999

«Lavoro e tempo libero oggi» L. GIUSSO DEL GALDO, Lavoro e tempo libero nella prospettiva economica A. MINISSALE, Lavoro e riposo nella Bibbia


P.M. SIPALA, Esemplari della condizione operaia nella letteratura italiana dell’Ottocento S.B. RESTREPO, La cultura del lavoro nella dottrina sociale della Chiesa G. PEZZINO, Morale e lavoro nello scetticimismo di G. Rensi M. CASCONE, Lavoro, tempo libero e volontariato F. RIZZO, Il valore del lavoro nella società dell’informazione Synaxis XVII/2 - 1999

«Associazioni e confraternite laicali in Sicilia in età moderna» A. LONGHITANO, L’associazionismo laicale della diocesi di Catania nel ’600 M. DONATO, Le antiche confraternite della matrice di Aci San Filippo F. LOMANTO, Il laico negli statuti delle confraternite nissene del ’700 F. LO PICCOLO, Aspetti e problemi dell’associazionismo laicale a Palermo tra medioevo ed età moderna G. ZITO, Confraternite di disciplinati in Sicilia e a Catania in età medievale e moderna


Synaxis XVIII/2 - 2000

«Violenza ed educazione alla pace in Sicilia» S. MARINO, Convivenza tra cristiani, ebrei e musulmani in Sicilia (VII-XI secolo) N. DELL’AGLI, Violenza e ascolto nel cammino del credente: analisi psicologica A. NEGLIA, Tracce per una spiritualità della pace in Sicilia M. ASSENZA, Sabato santo per la pace in Sicilia? Una ipotesi di lettura delle esperienze di Caritas, volontariato, obiezione di coscienza V. SORCE, Gli ultimi, un popolo di violentati P. Buscemi, L’educazione alla pace in alcuni scritti del vescovo Mario Sturzo G. DI FAZIO - E. PISCIONE, La Sicilia e la pax mediterranea dai “colloqui” di La Pira al “meeting” di Catania M. PAVONE, Chiesa e movimento per la pace a Comiso C. LOREFICE, Chiamati ad essere costruttori di pace. Accentuazioni pedagogiche nell’azione pastorale di don Pino Puglisi V. ROCCA, Costruite città della pace. Pastorale giovanile ed educazione alla pace nei documenti della CESI S. CONSOLI, Violenza ed educazione alla pace nei discorsi di Giovanni Paolo II in Sicilia


Synaxis XIX/2 - 2001

«I sinodi diocesani siciliani del ’500» G. Zito, Potere regio e potere ecclesiastico nella Sicilia del ’500. Una difficile riforma A. LONGHITANO, Vescovi e sinodi nella Sicilia del ’500. Le costituzioni sinodali edite S. MARINO, Sinodi siciliani e italiani nel ’500 M. MIELE, L’ordo dei sinodi N. CAPIZZI, Sinodi siciliani e riforma tridentina S. CONSOLI, La predicazione G. BATURI, Il clero A. LONGHITANO, I peccati riservati F. FERRETO, La Chiesa e gli infedeli Synaxis XX/2 - 2002

«Chiesa locale e istituti di vita consacrata» F. CONIGLIARO, Il presbiterio: un ministero per la Chiesa locale R. FRATTALLONE, I presbiteri “religiosi” e la pastorale diocesana A. NEGLIA, Il carisma degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica nella Chiesa locale C. TORCIVIA, Partecipazione dei membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica al progetto pastorale diocesano


Synaxis XX/3 - 2002

«Per una spiritualità del Vaticano II» P. HÜNERMANN, Esiste una spiritualità del Vaticano II? G. ALBERIGO, Le ragioni dell’opzione pastorale del Vaticano II G. ALBERIGO, Lo spirito e la spiritualità del Vaticano II Synaxis XXIII/1 - 2005

«Dimensioni della ritualità» G. RUGGIERI, Introduzione A. COCO, Riflessioni su storia, struttura e rito nella cultura del secondo Novecento R. OSCULATI, Rito ed etica. Per una lettura dell’evangelo di Marco B. FRONTERRÉ, Il tema del sacrificio nella prima agiografia martiriale (II-III sec.). Appunti per una storia della morte nel cristianesimo antico A. LONGHITANO, Ritualità e dinamica del potere nella festa di S. Agata a Catania G. ZITO, Ritualità e conflitti sociali nella festa di S. Agata a Catania dopo l’Unità A. GRILLO, La ritualità della penitenza ecclesiale. intrecci e interferenze tra dimensione rituale, giuridica e teologica della esperienza del perdono R.M. MONASTRA, Fede e Bellezza e la confessione romantica A. ROTONDO, Un cuore pensante… balsamo per molte ferite


Collane di Synaxis «QUADERNI DI SYNAXIS» AA. VV., A venti anni dal Concilio. Prospettive teologiche e giuridiche, Edi Oftes, Palermo 1984, pp. 230 (esaurito) AA. VV., Culto delle immagini e crisi iconoclastica, Edi Oftes, Palermo 1986, pp. 184 AA. VV., Il sinodo diocesano nella teologia e nella storia, Galatea Editrice, Acireale 1987, pp. 192 (esaurito) AA. VV., Manipolazioni in biologia e problemi etico-giuridici, Galatea Editrice, Acireale 1988, pp. 138 AA. VV., La venerazione a Maria nella tradizione cristiana della Sicilia orientale, Galatea Editrice, Acireale 1989, pp. 196 (esaurito) AA. VV., Chiesa e società urbana in Sicilia (1890-1920), Galatea Editrice, Acireale 1990, pp. 334 AA. VV., Sermo Sapientiae. Scritti in memoria di Reginaldo Cambareri O.P., Galatea Editrice, Acireale 1990, pp. 264 AA. VV., Oltre la crisi della ragione. Itinerari della filosofia contemporanea, Galatea Editrice, Acireale 1991, pp. 170 AA. VV., La terra e l’uomo: l’ambiente e le scelte della ragione, Galatea Editrice, Acireale 1992, pp. 190


AA. VV., Prospettive etiche nella postmodernità, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1994, pp. 136 AA. VV., Chiesa e Vangelo nella cultura siciliana, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1997, pp. 160 AA. VV., Inizio e futuro del cosmo: linguaggi a confronto, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1999, pp. 280 AA. VV., Il Cristo siciliano, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, pp. 427 AA. VV., Cultura della vita e cultura della morte nella Sicilia del ’900, Giunti, Firenze 2002, pp. 240 AA. VV., Magia, superstizione e cristianesimo, Giunti, Firenze 2004, pp. 240 AA. VV., La Bibbia libro di tutti?, Giunti, Firenze 2004, pp. 312 AA. VV., Euplo e Lucia. 304-2004. Agiografia e tradizioni cultuali in Sicilia, Giunti, Firenze 2006, pp. 424 AA. VV., Io sono l’altro degli altri. L’ebraismo e il destino dell’Occidente, Giunti, Firenze 2006, pp. 312 AA. VV., Repraesentatio. Sinodalità ecclesiale e integrazione politica, Giunti, Firenze 2007, pp. 240


«DOCUMENTI E STUDI DI SYNAXIS»

G. ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni dell’episcopato Dusmet (1867-1894), Galatea Editrice, Acireale 1987, pp. 596. A. GANGEMI, I racconti post-pasquali nel vangelo di S. Giovanni. I. Gesù si manifesta a Maria Maddalena (Gv 20,1-18), Galatea Editrice, Acireale 1989, pp. 288. P. SAPIENZA, Rosmini e la crisi delle ideologie utopistiche. Per una lettura etico-politica, Galatea Editrice, Acireale 1990, pp. 158. A. G ANGEMI , I racconti post-pasquali nel vangelo di S. Giovanni. II. Gesù appare ai discepoli (Gv 20,1931), Galatea Editrice, Acireale 1990, pp. 294. A. GANGEMI, I racconti post-pasquali nel vangelo di S. Giovanni. III. Gesù si manifesta presso il lago (Gv 21,1-14), Galatea Editrice, Acireale 1993, pp. 524. G. SCHILLACI, Relazione senza relazione. Il ritrarsi e il darsi di Dio come itinerario metafisico nel pensiero di Lévinas, Galatea Editrice, Acireale 1996, pp. 418. A. GANGEMI, Signore, Tu a me lavi i piedi? Pietro e il mistero dell’amore di Gesù. Studio esegetico teologico di Gv 13,6-11, Galatea Editrice, Acireale 1999, pp. 244. A. GANGEMI, I racconti post-pasquali nel vangelo di S. Giovanni. IV. Pietro il pastore (Gv 21,15-19), Edizioni Arca, Catania 2003, pp. 1032.


G. MAMMINO, Gregorio Magno e la Chiesa in Sicilia. Analisi del registro delle lettere, Edizioni Arca, Catania 2004, pp. 240. F. BRANCATO, La questione della morte nella teologia contemporanea. Teologia e Teologi, Giunti, Firenze 2005, pp. 168. F. BRANCATO, “L’ultima chiamata”. Giovanni Paolo morte, Giunti, Firenze 2006, pp. 240.

II

e la

G. SCHILLACI, Essere come dis-inter-esse. Dalla corporeità alla carità, Giunti, Firenze 2006, pp. 120. L. SARACENO, La vertigine della libertà. L’angoscia in Sören Kierkegaard, Giunti, Firenze 2006, pp. 216. F. Conigliaro, Proceduralità e trascendentalità in J. Habermas. Una tensione non-contemporanea e il suo significato antropologico, etico e politico, Giunti, Firenze 2007, pp. 360. Sezione della collana: Ricerche per la Storia delle Diocesi di Sicilia S. DI LORENZO, Laureati e Baccellieri dell’Università di Catania. I. Il fondo Tutt’Atti dell’Archivio Storico Diocesano (1449-1570), Giunti, Firenze 2005, pp. 168. A. PLATANIA, La musica sacra a Catania tra Ottocento e Novecento. L’archivio musicale del Seminario arcivescovile di Catania, Giunti, Firenze 2006, pp. 360.


QUADERNI DI SYNAXIS 16

MAGIA, SUPERSTIZIONE E CRISTIANESIMO Seminario interdisciplinare dei docenti dello Studio Teologico S. Paolo per l’anno accademico 2002-2003. a cura di SALVATORE CONSOLI – EGIDIO PALUMBO – MARIO TORCIVIA

G. MAMMINO, Magia e superstizione in Sicilia al tempo di Gregorio

Magno • S. MARINO, Superstizione e magia nelle preghiere siciliane del siracusano • F. SAMBATARO – F. FURNARI, La superstizione e le patologie psichiche • G. RANIOLO, Superstizione e magia • R. GISANA, Dio e i maghi: quale sovranità? • P. BUSCEMI, Pietà popolare: domanda religiosa ed istanze morali nella cultura siciliana • F. FURNARI, Fiducia nel Dio di Gesù Cristo e modelli di attaccamento • A. GANGEMI, Alleanza • M. ALIOTTA, Magia, superstizione e Cristianesimo. Punto di vista dogmatico • G. RAPISARDA, Magia, superstizione e cristianesimo. Indicazione del Magistero e della liturgia del Vaticano

II

• C. LOREFICE, Ripensare il significato della vita: dalla propi-

ziazione all’invocazione, dal possesso al dono • A. NEGLIA, Itinerario di fede che aiuta a riscoprire il senso del dono • E. PALUMBO, Nel segno umile della bellezza di Dio. Per una rilettura della devozione dello Scapolare del Carmine


QUADERNI DI SYNAXIS 17

LA BIBBIA LIBRO DI TUTTI? Atti del Convegno di Studi organizzato dallo Studio Teologico S. Paolo e dalle Facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Letterature straniere dell’Università di Catania (3-4 aprile 2003)

a cura di GIUSEPPE RUGGIERI

G. RUGGIERI, Premessa • J.-L. SKA, La bibbia un libro aperto o sigil-

lato? • R. ANTONELLI, Leggere la Bibbia • G. RUGGIERI, La Bibbia libro di tutti? • A. S OMEKH , La Bibbia libro esoterico? Il punto di vista dell’ebraismo • F. KABBAZI, Il Corano libro esoterico? • A. MINISSALE, La

Bibbia libro esoterico? Il punto di vista del cattolicesimo • S. ROSTAGNO, La Bibbia libro esoterico? Il punto di vista del protestantesimo • B. CLAUSI, L’esegesi patristica. Un percorso di lettura • C. MARTELLO, Allegorismo e saperi profani nell’esegesi esamerale del

XII

secolo • N. MINEO, Lettura

dell’ “Inno ai Patriarchi” di Giacomo Leopardi • G. PERSICO, Rivisitazioni bibliche e pratica tipologica nella letteratura vittoriana • G. PULVIRENTI, Apocalisse e utopia nella lirica espressionista tedesca • G. SCHILLACI, Dirsi nell’umiltà della Parola


QUADERNI DI SYNAXIS 18

EUPLO E LUCIA 304-2004 Agiografia e tradizioni cultuali in Sicilia Atti del Convegno di Studi organizzato dall’Arcidiocesi di Catania e dall’Arcidiocesi di Siracusa in collaborazione con Facoltà di Lettere e Filosofia, Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università degli Studi di Catania Associazione Internazionale di Studio su Santità Culti e Agiografia Studio Teologico S. Paolo Catania-Siracusa 1-2 ottobre 2004 a cura di TERESA SARDELLA – GAETANO ZITO S. PRICOCO, Introduzione • F.P. RIZZO, Il Cristianesimo siciliano dei primi secoli. Ruolo primario delle Chiese di Siracusa e di Catania tra III e IV secolo • V. GROSSI, La letteratura martiriale nella storiografia patristica • A. DI BERARDINO, Il modello del martire volontario • R. BARCELLONA, Leggende gregoriane su santi siciliani • F. SCORZA BARCELLONA, La passione di Euplo nella storiografia ecclesistica e regionale • C. CRIMI, S. Agata a Bisanzio nel IX secolo. Rileggendo Metodio patriarca di Costantinopoli • A. HEINZ, Agata, Lucia ed Euplo nella tradizione liturgica medievale • A. CAMPIONE, La Sicilia nel Martirologio Geronimiano • G. OTRANTO, La Sicilia paleocristiana nei concili di III-IV secolo • T. SARDELLA, Roma e la Sicilia nella promozione del culto dei santi siciliani: il pontificato di Simmaco • A. ACCONCIA LONGO, Santi siciliani di età iconoclasta • R. GRÉGOIRE, I testi agiografici: tra fonti bibliche, relazioni con ebraismo ed islamismo, ed influssi eterodossi • F. RIZZO NERVO, Lucia nelle altre vite di santi • R. OSCULATI, “Lege vitas sanctorum”: Cornelio a Lapide, il Nuovo Testamento e il martirio spirituale • B. BERTOLI, Il corpo di santa Lucia a Venezia • A. MILANO, Conclusioni


QUADERNI DI SYNAXIS 19

IO SONO L’ALTRO DEGLI ALTRI L’ebraismo e il destino dell’Occidente

a cura di GIUSEPPE RUGGIERI

G. RUGGIERI, Io sono l’altro degli altri: introduzione alla lettura • M. MORIGGI,

Le prescrizioni alimentari ebraiche • T. SARDELLA, Gerarchie e identità religiose

nei

primi

secoli

dell’era

cristiana:

cristianesimo

e

ebraismo • M. MORSELLI, La Qabbalah di Elia Benamozegh, un maestro dell’ebraismo sefardita e italiano • G. PULVIRENTI, Una smorfia grottesca nella Vienna ebraica • B. MAJ, Scrittura e teologia. Il “caso Kafka” nel confronto Scholem-Benjamin (1933-1938) • R.M. MONASTRA, L’ebreo nella letteratura italiana: appunti in margine a due testi di metà Ottocento • E. DE CRISTOFARO,

Una

figura

paradossale

della

legge:il

Diritto

razzista• G. SPECIALE, Giudici e razza negli anni della discriminazione. Voci dalle sentenze (1938-1942) • F. GIOVIALE, “Un vivo che passa”. Nozioni e implicazioni su Shoah e cinema (a proposito di Polanski) • R. OSCULATI, Razionalità filosofica, mito religioso, esperienza umana in Hermann Cohen • G. RUGGIERI,

L’essenza

del

giudaismo

secondo

Franz

Rosenzweig • G. SCHILLACI, Ebraismo e cristianesimo in Emmanuel Levinas • F. MIGLIORINO, Di una postfazione affidata alle scritture sapienti di Franz Rosenzweig



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.