Francesco Aleo si è laureato in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Catania. Dopo l’ordinazione presbiterale, ha conseguito il Dottorato in Teologia e Scienze patristiche, presso l’Istituto Patristico Augustinianum di Roma. Insegna, come docente invitato, Storia della Chiesa Antica e Medievale presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia S. Giovanni Evangelista, e Metodologia della ricerca scientifica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose a Palermo; insegna inoltre Patrologia presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose S. Luca e Patristica presso lo Studio Teologico S. Paolo di Catania. presso lo Studio Teologico S. Paolo di Catania.
Pubblicazione realizzata con il contributo della Regione Siciliana, Assessorato Beni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzione
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FRANCESCO ALEO
FRANCESCO ALEO
SPIRITO SANTO E CHIESA SPIRITO SANTO E CHIESA BASILIO DI CESAREA E LO PS.-MACARIO EGIZIO
Uno scrittore ecclesiastico vissuto, in realtà, in Asia Minore nel IV secolo, è autore degli scritti posti sotto il nome di Macario Egizio, suo contemporaneo. Il contenuto centrale di questi scritti è la dottrina dell’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima dell’uomo santificato dalla grazia. In una determinata epoca, si avvertì quindi la necessità di porre quegli scritti, la cui dottrina si accostava pericolosamente all’eresia messaliana, sotto il nome di un autore dalla santità e dall’ortodossia indiscussa, come, appunto, il monaco anacoreta Macario di Sceti, nell’Alto Egitto. Attraverso una comparazione e un confronto di questi testi in lingua greca con il De Spiritu Sancto di Basilio di Cesarea, si cerca di rischiarare il problema della definizione dogmatica della proclamazione della divinità della terza Persona della Trinità, avvenuta nel Concilio di Costantinopoli del 381, sotto l’aspetto dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, per lo Ps. –Macario Egizio, e della divinizzazione del cristiano, per Basilio di Cesarea. In particolare, questo studio, con un metodo filologico comparativo, stabilisce un rapporto di mutua dipendenza degli scritti dei due autori, nei confronti dell’insegnamento ascetico di Eustazio di Sebaste, maestro di vita ascetica di Basilio di Cesarea, arrivando alla conclusione che il problema della divinità dello Spirito Santo non può essere staccato dal problema della sua inabitazione nella creatura e dalla natura e dai fini di quel mistero che è la Chiesa.
BASILIO DI CESAREA E LO PS.-MACARIO EGIZIO: DUE PROSPETTIVE ECCLESIOLOGICHE A CONFRONTO
STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO CATANIA
DOCUMENTI E STUDI DI SYNAXIS 22
DOCUMENTI E STUDI DI SYNAXIS Pubblicazioni dello Studio Teologico S. Paolo - Catania
FRANCESCO ALEO
SPIRITO SANTO E CHIESA BASILIO DI CESAREA E LO PS.-MACARIO EGIZIO: DUE PROSPETTIVE ECCLESIOLOGICHE A CONFRONTO
STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO CATANIA
PREMESSA Francesco Aleo è stato sedotto dall’importanza della teologia dell’inabitazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nello Ps.-Macario. Egli ha visto esprimersi nelle Omelie di quest’ultimo un’esperienza che ha giocato un ruolo importante nella proclamazione della divinità dello Spirito Santo, avvenuta nel Concilio di Costantinopoli del 381. Dopo aver presentato il monachesimo in Asia Minore nel IV secolo, poi la vita di Macario Egizio e le opere poste sotto il suo nome, cerca una via per comprenderle. Il posto decisivo che la Scrittura occupa negli scritti dello Ps.-Macario, si riassume, secondo lui, in una pista esegetica — costituita da alcuni versetti di Paolo e dei Vangeli — che, come una chiave, apre ed illumina la Scrittura intera. Questa pista orienta verso un orizzonte ermeneutico che si ritrova in tutti gli scritti del Corpus, tranne che per l’Epistola Magna. Quest’ultimo dato gli fa ritenere che l’Epistola Magna sia opera, piuttosto, di discepoli, dediti a far sopravvivere il carisma pseudomacariano, controllandone, con maggiore accuratezza, il vocabolario che poteva prestare il fianco all’accusa di messalianismo. Il contributo principale di questo studio concerne il Logos 52 della Collezione I, di cui Aleo ha ben percepito l’importanza. Questo scritto evoca una controversia a proposito dei sacramenti. È in essi che si esercita un’azione vera dello Spirito, ma, i riti visibili (ivi compreso quello dell’Eucaristia) sono ordinati all’anima creata ad immagine di Dio che è la Chiesa di Dio vivente e vera. La «comunione mistica dello Spirito» (cfr. 2Cor 13,13) vuole che «la santa e venerabile Trinità inabiti nell’uomo purificato», per mezzo del soccorso della grazia e della buona condotta dell’uomo. L’analisi di Aleo prosegue con un confronto con l’ecclesiologia di Basilio di Cesarea. Questi mostra la Chiesa come un corpo organizzato dallo Spirito Santo con la varietà dei suoi carismi; la distribuzione di questi carismi prova la divinità dello Spirito; la carità fra i suoi membri prova che si tratta proprio del Corpo di Cristo. Sul piano delle istituzioni, della preghiera, dell’esperienza spirituale, l’uno è tanto più rigoroso quanto l’altro è più flessibile. Basilio fa maggiore affidamento sulla fede e sulla volontà umana, Macario, invece, stima la fede perennemente minacciata dai pensieri malvagi. Le similitudini fra i due autori, come il ricorso a Paolo, l’espressione «gli occhi del cuore», il loro interesse per l’esperienza santi5
ficante dello Spirito, si spiegherebbero meglio con una fonte comune che presiede ai loro orientamenti ascetici. Questa fonte comune sarebbe da identificarsi con il maestro di Basilio: Eustazio di Sebaste. Il Logos 52 della Collezione I dello Ps.-Macario ed inoltre, il Logos 40 della medesima Collezione vorrebbero inquadrare correttamente l’ascesi nella Chiesa, evitando gli eccessi ed il formalismo rituale (altrettanto valga per il rilassamento dei costumi) e mettendo in evidenza l’azione dello Spirito nell’oikonomìa della Chiesa. Il Logos 52 della Collezione I dello Ps.-Macario risponderebbe a due passaggi del De Spiritu Sancto di Basilio di Cesarea. La possibilità che lo Spirito Santo inabiti nella creatura santificata proverebbe anche la divinità dello Spirito. L’Aleo si chiede se il «sottile dogma», attribuito da Basilio agli eustaziani (nell’Epistola 226,3), non sia proprio l’inabitazione personale dello Spirito Santo. Parimenti, il riferimento ai nomi divini trattati da Basilio, nel De Spiritu Sancto, nel capitolo VIII e menzionati nell’Epistola ad Simplicianum de Fide di Gregorio di Nissa attesterebbe i rapporti di quest’ultimo con delle frange messaliane moderate, dopo il 371. L’autore può così concludere, fra l’altro, che: «Lo Ps.-Macario, forse per la prima volta, alla fine del IV secolo, in Asia Minore, al confine con il mondo siriaco, con il quale non è escluso che tenga dei contatti, pone il problema ecclesiologico della divinità dello Spirito Santo.».
Questo studio innovativo cerca dunque d’inquadrare lo Ps.-Macario, ponendo, rispetto a lui, a monte, Eustazio di Sebaste e, ponendogli, al suo fianco, Basilio di Cesarea. Questo importante studio sullo Ps.-Macario è dunque il benvenuto, in primo luogo, per il pubblico italiano. L’autore non nasconde a sé medesimo, le difficoltà dell’argomento — pressoché nulla ci è rimasto sulla figura di Eustazio di Sebaste, tanto più che il Corpus macarianum si presenta con una tradizione manoscritta non ancora ben rischiarata — e presenta i risultati raggiunti con la prudenza richiesta in questo caso. Per quanto riguarda il Logos 52 della Collezione I, egli si basa sul testo edito che riproduce i manoscritti del XIII secolo. Si possono preferire ad essi, talvolta, i testimoni dell’XI secolo e si potrebbe discutere sulle sue analisi filologiche, se cioè siano state illustrate chiaramente. Ma, con il beneficio d’una conoscenza estesa del IV secolo, Aleo pone ai testi macariani delle 6
domande essenziali con una coscienza viva dell’elaborazione teologica e spirituale che vi soggiace. Che lo si voglia ammettere o no, il carisma sinceramente vissuto, nei sacramenti e nella vita reale, non vi si trova, forse, proprio con lo scopo di vivificare l’istituzione ecclesiastica? Vincent Desprez (OSB)
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INTRODUZIONE Gli scritti posti sotto il nome di Macario Egizio si caratterizzano per l’importanza riservata alla presenza personale dello Spirito Santo. I modi della sua inabitazione nell’anima santificata, l’insistenza sulla preghiera, il digiuno, le veglie, l’elemosina o la pratica della misericordia, la lotta perseverante contro i cattivi pensieri ed il peccato, radicato nell’anima, evidenziano il dato, secondo il quale, quello del monaco, è lo stato di vita che consente di raggiungere la perfezione della vita cristiana. La radicalità della sua scelta di vita ascetica non ispira, però, nei suoi scritti, un orientamento che escluda gli altri stati di vita cristiana come quello nel matrimonio. Secondo la tesi di Burns, il nostro autore si fa portavoce di un punto di vista maturato e sviluppato nella cerchia ascetica e monastica cui appartiene ed alla quale indirizza i suoi scritti. Il Corpus cui appartengono è stato oggetto di studi notevoli, come quelli di Dörries, ricchi di approfondimenti importanti per la spiritualità e l’antropologia patristiche. In questi scritti, però, non si può sottacere la presenza dello Spirito Santo nella Chiesa che santifica la comunione dei credenti ed inabita nel loro cuore. Questo libro, senza trascurare, evidentemente, il suo ambiente e la sua formazione ascetica, intende evidenziare la presenza di una prospettiva ecclesiologica pneumatica negli scritti dello Ps.-Macario Egizio, in connessione con il tema, in essi centrale, dell’inabitazione personale dello Spirito Santo. Il capitolo I orienta decisamente la nostra ricerca verso il quadro storico, geografico, politico, ecclesiastico e religioso dell’Asia Minore nel IV secolo. Motiveremo criticamente la scelta di porre la personalità dello Ps.Macario Egizio in quel quadro, facendo riferimento agli studi di Gribomont ma anche a quelli di Stewart e di Desprez, i quali riconoscono nei suoi scritti, influenze e contatti con la spiritualità siriaca, soprattutto con quella testimoniata dal Liber Graduum. Accenneremo ai Canoni del Sinodo di Gangra, utili per osservare i caratteri di almeno uno dei movimenti ascetici presenti in Asia Minore nel IV secolo, quello degli eustaziani. Cercheremo poi, con l’aiuto delle fonti e dell’epistolario basiliano, di tratteggiare le figure di Eustazio di Sebaste e dello stesso Basilio di Cesarea, facendo notare la loro comunanza di interessi e di opinioni. Esamineremo, infine, in alcune fonti principali del IV secolo, il movimento ascetico radicale dei messaliani. 9
Siamo consapevoli di salpare per un mare vasto, disseminato di isole affascinanti, ma anche di scogli insidiosi, sui quali ci si può facilmente incagliare. Si può correre, infatti, il rischio di essere ammaliati dalle sirene incantatrici di uno spiritualismo anarchico e di una contestazione dell’apparato ecclesiastico che era lungi sia dallo Ps.-Macario Egizio sia da Eustazio di Sebaste. Fatte queste premesse, nel capitolo II si indagherà sulla vita di Macario Egizio e sugli scritti posti sotto il suo nome. Si è ritenuto necessario offrire una sintesi delle quaestiones macariane, con l’escussione delle fonti antiche e con la sintetica presentazione della tradizione manoscritta dei logoi, delle erotapokrìseis e delle omilìai, giunte a noi sotto il suo nome, per presentare le risposte della critica moderna ai problemi sollevati da questo autore del IV secolo. Sotto la guida degli studi di Guillaumont, si procede quindi all’utilizzo degli Apophthégmata Patrum, dispersi in varie collezioni, dell’Historia monachorum in Aegypto, conservataci nella versione latina di Rufino e dell’Historia Lausiaca di Palladio, nel tentativo di distinguere l’identità di Macario detto l’Egiziano, abate dell’eremo di Sceti, da quella di Macario detto l’Alessandrino, a lui contemporaneo e non meno famoso per la sua fama di santità. Con l’ausilio della dissertazione del Flemming, datata ma valida ancora oggi, si affronterà la quaestio, non meno importante, dell’insostenibilità dell’attribuzione di questi scritti a Macario Egizio e si fornirà una panoramica il più possibile esaustiva, dei testimoni della loro tradizione diretta ed indiretta che li ha riuniti in quattro collezioni, grazie agli studi approfonditi di Desprez. Ci occuperemo particolarmente del De Instituto Christiano, al centro di un’altra vexata quaestio che lo investe nell’interezza dei suoi contenuti. La sua attribuzione a Gregorio Nisseno va incontro a notevoli difficoltà ma non è del tutto esclusa dalla critica, per esempio dal Gribomont. La sua dipendenza dall’Epistola Magna tramandata nel Corpus degli scritti dello Ps.-Macario, arricchisce il quadro della sua complessa tradizione e della sua circolazione negli ambienti monastici dei secoli successivi, come possiamo arguire dalle considerazioni di Staats. Nel capitolo III, ci dedicheremo alla Scrittura ed all’inabitazione divina nel Corpus degli scritti pseudomacariani in greco. Evidenzieremo una “pratica” della Scrittura, originale, presente negli scritti del nostro autore ed un lessico particolarmente ricco e denso di significati, in ordine all’esperienza personale dello Spirito Santo nell’anima. Questa particolare “pratica” della Scrittura sarà messa in evidenza con un gruppo scelto di cita10
zioni scritturistiche, rinvenendo in essi una pista esegetica che è quella del cuore, santificato dalla grazia, sotto l’azione dello Spirito Santo ed un orizzonte ermeneutico che è quello dell’inabitazione divina. Ci si concentrerà quindi sul Logos 52 della Collezione I dello Ps.-Macario, evidenziandone le caratteristiche. Approfondiremo e discuteremo la dottrina di questo logos ravvisandovi gli elementi di una ecclesiologia pneumatica. La presenza dello Spirito Santo nella Chiesa è la vera preoccupazione dello Ps.Macario, animante tutta la sua riflessione mistica e teologica, la sua esegesi scritturistica, nonché tutta la sua riflessione etica. Cercheremo quindi di delineare l’ecclesiologia dello Ps.-Macario Egizio e quella di Basilio di Cesarea, nei suoi tratti fondamentali, per riconoscere ambienti ed interessi comuni ai due autori. Nel capitolo IV, il confronto fra Basilio di Cesarea e lo Ps.-Macario Egizio, il cui rapporto è suggerito se non evidenziato, peraltro dagli studi di Desprez, permetterà di osservare la conoscenza da parte dello Ps.-Macario, delle Regulae basiliane e rileverà il ruolo santificatore dello Spirito negli scritti di Basilio. Poiché non si può parlare, a quest’epoca, di una pneumatologia vera e propria, ci proponiamo di approfondire un aspetto della riflessione sullo Spirito Santo nel IV secolo, in altre parole, quello della santificazione del cristiano ad opera dello Spirito, per Basilio di Cesarea e quello dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, per lo Ps.-Macario Egizio. Passeremo, quindi, all’analisi lessicale del De Spiritu Sancto di Basilio, non prima di aver riflettuto sull’ambiente storico e teologico nel quale nacque il trattato sullo Spirito Santo e sul problema dei suoi destinatari. La tesi di Gribomont e di Dörries, riguardante Eustazio di Sebaste come principale destinatario del trattato, sarà confrontata e discussa con quella opposta di Pouchet e di Pruche. La nostra analisi, che prende le mosse dalle osservazioni di Meyendorff, accogliendole e vagliandole criticamente, non è scevra da rischi, non pretende di essere lo strumento risolutivo nel problema del rapporto fra lo Ps.-Macario e Basilio; ma vuole soltanto passare in esame nel De Spiritu Sancto, il vocabolario dell’inabitazione divina e quello ascetico dei due autori. Porteremo questa nostra analisi anche nel capitolo IX, infine, evidenzieremo alcuni temi dottrinali di particolare interesse. Consapevoli di sfiorare una mole di problemi, senza avere la presunzione di risolverli, riteniamo, tuttavia, che lo studio dell’inabitazione personale dello Spirito Santo possa rischiarare il problema dell’ambiente storico e geografico in cui collocare lo Ps.-Macario Egizio e quello della rottura dei rapporti fra Basilio di Cesarea ed Eustazio di Sebaste. 11
CAPITOLO I
IL MONACHESIMO IN ASIA MINORE NEL IV SECOLO PREMESSA
In quell’area al confine dell’Impero Romano, compresa fra le estreme propaggini nord-orientali dell’Asia Minore e la regione siriaca, all’inizio del IV secolo, si incontrano correnti ascetiche molto diffuse, quali l’Encratismo e movimenti ascetici radicali, quale quello degli eustaziani, fondato e promosso da Eustazio di Sebaste; la condanna delle loro manifestazioni ascetiche radicali, da parte dei vescovi di quella regione, non si fa attendere. È in questo scenario che va apprezzato l’apporto personale di Basilio di Cesarea che adatterà e mitigherà l’ascetismo radicale degli eustaziani, condannato nei Canoni del Sinodo di Gangra. Nel panorama dell’ascetismo radicale di quell’area spicca il movimento dei messaliani, le cui notizie si ricavano dalle fonti del IV secolo, soprattutto da Epifanio e da altre più tarde come Teodoreto e Fozio. I messaliani, di cui sono note dalle fonti le dottrine e le pratiche, appaiono essere un movimento ascetico anarchico, negante l’istituzione ecclesiastica, la gerarchia ed i sacramenti. La catechesi messaliana tramandataci da Teodoreto, rivolta al vescovo Flaviano di Antiochia da Adelfio, uno dei capi del movimento, concorda con le liste degli errori dottrinali conservate nell’Askétikon dei messaliani — documento presentato nel Concilio di Efeso del 431 per condannare il Messalianismo — nell’affermare che la dottrina peculiare di questi asceti erranti era l’esperienza sensibile dello Spirito Santo nell’anima. L’inabitazione personale dello Spirito Santo è, a nostro parere, il filo rosso che consente di collegare gli eustaziani ai messaliani ed in particolare, Basilio di Cesarea ad Eustazio di Sebaste. Sarà la questione della divinità dello Spirito Santo, in ordine al ruolo santificatore dello Spirito, a provocare un’accesa discussione, quindi la rottura dei rapporti di amicizia che univano Basilio ad Eustazio. Un lungo periodo di riflessione e di discussioni con gli eustaziani e con Eustazio in persona, indurrà Basilio ad impegnarsi in una lunga ricerca teologica e spirituale, al culmine della quale sta il trattato De Spiritu Sancto, ove il cappadoce afferma che l’inabitazione personale dello Spirito Santo non è materiale. 13
1 LE ORIGINI
La Chiesa primitiva era minoritaria, dinamica, tutta protesa verso l’esperienza escatologica; prendeva quindi le distanze dall’ideale terreno od umanista del mondo in cui viveva e si riconobbe nelle comunità monastiche diffuse per tutto l’Impero Romano nel IV secolo. Correnti ascetiche, quali l’Encratismo che hanno lasciato tracce nelle fonti apologetiche e nella vita della Chiesa, prima della pace costantiniana, vennero alla luce al momento della nascita del Monachesimo1. Piuttosto che da un’unica radice, si può pensare che il Monachesimo si sia sviluppato spontaneamente in seno alle chiese locali, sparse ormai per tutto l’Impero Romano2. In Egitto, la geografia fisica della regione, la teologia ascetica di Origéne e la persecuzione ariana, favorirono la diffusione e l’organizzazione del Monachesimo, soprattutto per impulso di Atanasio, spinto più volte all’esilio, presso i monaci del deserto, dagli ariani. L’incredibile rapidità di sviluppo del Monachesimo, in questa regione, deve spiegarsi con un terreno, in un certo qual modo, già preparato e con la presenza di forze autoctone, anteriori alle esperienze monastiche egiziane che ne favorirono la diffusione. La nascita e lo sviluppo del Monachesimo egiziano hanno, nella Vita Antonii, il documento e la fonte più importanti. In questo testo, infatti, il Monachesimo si presentava ai cristiani del IV secolo con un vocabolario e con delle forme ispirate all’esperienza egiziana.
1 L’Encratismo non va confuso con l’ascetismo che assume varie forme in Asia Minore nel IV secolo, cfr. S. ELM, Virgins of God: the making of asceticism in Late Antiquity, Oxford 1996, 99. Una tale confusione affievolisce l’elemento radicale contenuto nell’e(gkra/teia. G. QUISPEL, The study of Encratism, in U. BIANCHI (cur.), La tradizione dell’Enkrateia: motivazioni ontologiche e protologiche, atti del colloquio internazionale, Milano, 20-23 aprile, Roma 1985, 35-82, vi vede, piuttosto, la continuazione di una tradizione, già presente, in particolare, nel Cristianesimo siriaco, cfr. R. MURRAY, The Exortation to candidates for Ascetical Vows at Baptism in the Ancient Syriac Church, in NTS 21 (1974) 79. L’Encratismo professa, nel Cristianesimo, una radicalità di vita che può arrivare fino al ripudio del matrimonio ed al celibato. S.K. BURNS, Cappadocian Encratism and the Macarian Community, SP 37, Leuven 2001, distingue l’e(gkra/teia, intesa come «continenza» o «controllo di sé», dall’Encratismo radicale od “inclusivo” che onora la continenza ed il celibato come superiori al matrimonio, considerando la verginità come la via preferita per la vita cristiana ma non l’unica e dall’Encratismo “esclusivo” che non riconosce né salvezza né ingresso nel Regno di Dio al di fuori del celibato, includendo il ripudio del matrimonio. 2 J. GRIBOMONT, Le monachisme au sein de l’Eglise en Syrie et en Cappadoce, in ID., Saint Basile. Evangile et Eglise, Abb. de Bellefontaine 1984, T. I, 3.
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In Siria, nel IV secolo, l’ascetismo cristiano segue una propria via ed i suoi testimoni principali sono Afraate ed Efrem. Un documento importante è il Liber Graduum, testimonianza di una tradizione ricca di forme e di esperienze di vita cristiana che merita studi approfonditi. Le chiese di lingua siriaca, fino al V secolo, furono appena sfiorate dall’influenza della cultura greco-romana di matrice ellenistica. Costituirono, dunque, un modello di cultura cristiana con una forte influenza ebraica, poco ellenizzata, ma con un proprio messaggio da trasmettere. Per la teologia e la spiritualità siriaca, così, il simbolo è più importante della speculazione. Sebbene in Siria si sviluppasse una forma di ascetismo a partire dal II secolo, non si può parlare di Monachesimo o di Anacoretismo che a partire dal IV secolo3. Il Liber Graduum ci testimonia una forma di vita ascetica e monastica comunitaria, quale quella dei «fratelli e delle sorelle del Patto», in prossimità dei centri abitati. A differenza del Monachesimo egiziano, anche a motivo della particolare conformazione fisica e geografica della regione siriaca dove il deserto si insinuava nelle aree abitate ed in quelle coltivabili, quello siriaco non si distaccava nettamente dalla polis. Lo stesso dicasi per l’Anacoretismo siriaco che fa sorgere la figura dell’«uomo santo», il quale vive in prossimità del villaggio o della città, a differenza degli anacoreti e dei cenobiti del deserto egiziano4. Separazione dalla polis, per il Monachesimo egiziano del IV secolo, significa anche allontanamento dalla chiesa che è nella polis e dalla gerarchia ecclesiastica; il senso dell’operazione di Atanasio, vescovo di Alessandria, con la sua Vita Antonii, è appunto quello di integrare il Monachesimo egiziano ed in generale, il fenomeno monastico, nella grande Chiesa. Il monachesimo fiorito in quelle regioni diventa addirittura un paradigma per la vita ascetica nel IV secolo. Eustazio di Sebaste, nonché Basilio di Cesarea, ritennero necessario studiare in loco, l’esperienza monastica di Siria ed Egitto. Nella regione compresa fra Antiochia e Costantinopoli, la vita ascetica fu promossa dai laici e disciplinata dai vescovi, alcuni dei quali erano asceti. Movimenti ascetici si costituirono nel IV secolo in Mesopotamia, nella Siria settentrionale ed in Asia Minore, caratterizzati dalla rottura dei legami familiari e sociali, dalla creazione di comunità miste di uomini e di
3 V. DESPREZ, Le monachismo primitif. Des origines jusq’au concile d’Éphese, Abb. de Bellefontaine 1998, 455. 4 P. BROWN, La società ed il sacro nella tarda antichità, Torino 1988, 73. 122.
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donne osservanti il celibato e la castità, fuori dell’inquadramento ecclesiastico, che contestavano la necessità del lavoro, la gerarchia ecclesiastica, i sacramenti e le forme della preghiera liturgica. I Padri cappadoci e Giovanni Crisostomo, nella loro autorità di vescovi, agirono come pastori e talvolta anche come censori, nei confronti di queste prime manifestazioni del Monachesimo5. Queste forti personalità elaborarono una dottrina spirituale elevata, formando, all’insegna di un origenismo mitigato, discepoli che ebbero un ruolo importante nell’organizzazione del movimento monastico in quella regione. Evagrio Pontico — discepolo di Basilio e di Gregorio Nazianzeno — Gregorio Nisseno — sul quale ebbe un forte ascendente il fratello Basilio — e lo Ps.-Macario Egizio, sono le personalità di spicco in questo scenario. Evagrio e lo Ps.-Macario elaborarono, inoltre, una cosiddetta “mistica della luce” con dei tratti in comune, soprattutto per quanto riguarda l’insegnamento sulla preghiera. All’interno del movimento ascetico sorto in Asia Minore, si distinguono, dal punto di vista dottrinale, diverse correnti con connotazioni varie. Accanto alla corrente rappresentata dai gruppi encratiti, di cui poco sappiamo, una ha una connotazione più ascetica, come quella rappresentata dal Liber Graduum, ricordiamo poi quella degli eustaziani e dei discepoli di Aerio, quella degli acemeti, quella più spiritualista e mistica dei messaliani e quella, infine, dello Ps.-Macario Egizio6. Le fonti a noi pervenute collocano Eustazio di Sebaste alle origini del Monachesimo in Asia Minore7. La sua dottrina ascetica può essere desunta dalle condanne del Sinodo di Gangra, tenutosi verso la metà del IV secolo in questa regione, a noi noto grazie alla redazione della documentazione 5 W. MAYER, What does it mean to say that John Chrisostom was a monk ?, SP 46, 2006, 455, in base alle fonti considerate, si chiede in quali termini esatti Giovanni Crisostomo possa definirsi un monaco. Il suo impegno nella vita ascetica non sembra infatti impedirgli di accettare l’episcopato e la sede patriarcale di Costantinopoli. Piuttosto, il concetto di monaco-vescovo, il rapporto fra virtù ascetica e polis nella tarda antichità e quello fra ascetismo, inteso come virtù interiore e la sua manifestazione al mondo, nonché il loro inquadramento ecclesiastico, vanno riconsiderati alla luce delle fonti che ci parlano non solo del Crisostomo ma di tutte quelle personalità di spicco nello scenario dell’ascesi in Asia Minore nel IV secolo. 6 V. DESPREZ, Le monachism primitif, cit., 324. 7 SOZOMENO, H.E., III, 14, 31, 10-12, C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, Berlin 1960, 123:
)Armeni¿oij de\ kai£ Paflago/si kai£ toi=j pro\j t%= Po/nt% oi)kou=si le/getai Eu)sta/qioj o( th\n e)n Sebastei¢# th=j )Armeni¿aj e)kklhsi¿an e)pitropeu/saj monaxikh=j filosofi¿aj aÃrcai…
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conciliare, accessibile nelle edizioni critiche attuali8 ed agli storici ecclesiastici Socrate e Sozomeno. La documentazione in nostro possesso, circa le condanne di Gangra, sembra chiara e decisa nel condannare certe esagerazioni dell’ascetismo eustaziano, ma questo sinodo rimane per molti aspetti un enigma, in primo luogo per la sua datazione, controversa già nelle fonti9 ed in secondo luogo, per la prassi ascetica di questo ascetismo radicale, censurato e condannato10. Il silenzio su questo sinodo è spiegabile con il fatto che i suoi Atti ci sono pervenuti con quelli di Ancyra, di Neocesarea, di Antiochia e di Laodicea, in una piccola collezione compilata ad Antiochia prima del 379, in un ambiente anti-niceno, poi confluita nelle prime raccolte canoniche. 8 Gli Atti del Sinodo di Gangra contengono venti Canoni che ci sono pervenuti in greco ma anche in siriaco, armeno ed etiopico. Il testo greco può essere trovato in tutte le collezioni conciliari che riproducono l’editio princeps di Paolo V pubblicata a Roma nel 1608, come quella di Mansi, T. II, 1099-1122. Una versione francese è disponibile in C. HEFELE – H. LECLERCQ, Histoire des Conciles, I/2, Paris 1907, 1029-1045. Più recente, quella di P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), T. I/2: Les Canons des Synodes Particuliers, Grottaferrata 1962, in PONT. COMM. RED. COD. DIR. CAN. OR. (cur.), Fonti, fasc. IX, Epistola Synodica, 86-89, in greco ed in traduzione latina. Per maggiori informazioni, cfr. J. GRIBOMONT, Le Monachisme au IV s. en Asie Mineure: de Gangre au Messalianisme, in ID., Evangile et Eglise, T. I, 26, n. 2. 9 Cfr. J. GRIBOMONT, Evangile et Eglise, T. I, 27, n. 1, il quale riferisce le opinioni di vari studiosi che fanno risalire il Sinodo di Gangra ad una data oscillante fra il 341 ed il 343. Invece, T. D. BARNES, The date of the Council of Gangra, in JTS 40 (1989) 121-124, si è espresso per una data più bassa, intorno al 355. P.J. FEDWICK, A Chronology of the Life and Works of Basil of Cesarea, in ID. (ed.), Basil of Caesarea, Christian, Humanist, Ascetic: A Sixteen-Hundredth Anniversary Symposium, Toronto 1981, I, 15, n. 81, basandosi sul confronto delle due versioni basiliane dell’Askétikon, l’una successiva all’altra, ritiene che la data del Sinodo di Gangra dovrebbe essere posta dopo la metà del 360 o nel 370. Fedwick fa osservare che la confutazione e la mitigazione degli eccessi rigoristi, condannati a Gangra, appaiono soltanto nel Grande Askétikon, risalente al 370 o poco dopo e non nel Piccolo Askétikon, la sua prima versione, risalente, invece, alla metà del 360. A.M. SILVAS, The data of Gangra and a point of Comparison between Basil’s Small and Great Asketikon, SP 46, 409413, esaminando alcune erotapokrìseis dell’Askétikon basiliano, conclude sostenendo che Basilio, già nella composizione del Piccolo Askétikon, doveva essere al corrente delle condanne del Sinodo di Gangra. Secondo la studiosa, quindi, la tesi di Fedwick non può essere presa in considerazione. 10 Sul Sinodo di Gangra, cfr. K. FITSCHEN, Messalianismus und Antimessalianismus, Göttingen 1998, 141, dove l’autore ritiene che Eustazio di Sebaste si limitasse al rifiuto del matrimonio, mentre gli eccessi ascetici sarebbero da imputare ai suoi discepoli, come del resto ci attesta Sozomeno.
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Sappiamo così da questi documenti che presiedeva l’assise sinodale Eusebio di Nicomedia. Secondo i vescovi riuniti a Gangra, gli asceti eustaziani sovvertivano l’ordine pubblico; sotto il pretesto di anacoresi e di castità, essi abbandonavano congiunti, parenti, bambini in tenera età11; da loro istigati, gli schiavi si ribellavano ai loro padroni12. Le condanne di Gangra riflettono la situazione della Chiesa in Asia Minore nel IV secolo, quando l’ascetismo non aveva ancora trovato, al suo interno, un posto particolare e non era stata ancora elaborata una dottrina dei consigli evangelici che definisse pienamente la situazione del clero e dei laici. L’ascetismo eustaziano, quale emerge dalla documentazione di Gangra, presenta quattro temi principali che sono: la continenza matrimoniale, la vita apostolica, il digiuno domenicale, la contestazione sociale. A causa dell’interpretazione radicale di alcuni passi del Vangelo, la rinunzia al mondo, basata essenzialmente sulla verginità e sulla povertà, è obbligatoria per tutti, sposati e non sposati. Nel caso degli asceti sposati, questi devono rinunciare ad avere rapporti coniugali e vivere in «continenza» od enkràteia13. L’ascetismo eustaziano si propone come un movimento di rinnovamento del popolo cristiano. Il suo regime di vita apostolica respinge la stabilitas loci; gli eustaziani sono perciò asceti itineranti; esercitano la loro azione evangelizzatrice e liturgica nelle famiglie cristiane; evitano le chiese ed i raduni liturgici di massa; preferiscono celebrazioni private e carismatiche14. Per ragioni di purità cultuale e povertà, celebrano l’Eucaristia presieduta da presbiteri non sposati15. Essi rifiutano le celebrazioni con i raduni popolari presso le tombe dei martiri, perché, identificandosi con loro, ritengono che questi svalutino l’esigenza del radicalismo spirituale e della pietà personale16. Gli asceti eustaziani non osservavano il digiuno nei giorni prescritti dalla Chiesa, ma ne predicavano l’osservanza la domenica17. Quest’ultima 11
12 13 14 15 16 17
96-97.
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Cann., XIV e XV, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 95. Can., III, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 90. Can., X, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 93. Cann., V e VI, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 91. Can., IV, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 91. Can., XX, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 97. Cann., XVIII e XIX, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit.,
pratica potrebbe essere compresa non soltanto nel senso dell’astinenza dai cibi, ma anche dell’enkràteia; infatti, poiché la domenica era dedicata alla preghiera ed al culto per eccellenza, il rapporto matrimoniale era concepito come incompatibile con la celebrazione del giorno del Signore18. È questa una prassi proveniente forse dalla tradizione della Chiesa siriaca e trae la sua origine dalla purità cultuale presente nel Giudeo-Cristianesimo. Sul piano sociale, l’ascetismo eustaziano è un movimento di contestazione che si oppone all’istituto della schiavitù e sostiene l’eguaglianza fra i sessi. Il vestito insolito e povero degli asceti, uguale per gli uomini e per le donne, il persuadere queste ultime a tagliarsi i capelli, sono solo alcune delle pratiche che misero in crisi molti benpensanti della società e della Chiesa del tempo19. Basilio di Cesarea, discepolo di Eustazio, condivise le sue tesi ascetiche, ma seppe mitigarle ed inquadrarle nella vita della chiesa locale. È questa, a grandi linee, la situazione dei movimenti ascetici in Asia Minore nel IV secolo, nella quale si può ravvisare uno stato conflittuale fra la chiesa istituzionale ed i movimenti ascetici radicali che premevano verso una esperienza autentica dei consigli evangelici, a tratti difficilmente conciliabile, con l’assetto della Chiesa nell’Impero cristiano, dopo la pace costantiniana. 2. EUSTAZIO DI SEBASTE
Eustazio di Sebaste nacque probabilmente a Cesarea di Cappadocia, verso l’anno 300. Entusiasmatosi da giovane per la vita ascetica, fu condannato da suo padre Eulalio, vescovo di quella città, verso l’anno 330, perché portava un abito sconveniente per un ecclesiastico20. Proprio a causa delle sue pratiche ascetiche, fu giudicato da un sinodo riunito a Neocesarea nel Ponto, successivamente in quello di Gangra, quindi ad Antiochia, dove fu condannato per «spergiuro» od epiorkìas, sicuramente per non aver osservato i provvedimenti di Gangra21. 18 19 20
Cann., I e XI, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 89; 95. Cann., XII e XIII, in P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 94. SOCRATE, H.E., II, 43, 1, 3-4, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 63, Berlin 1995, 180: e)peidh\
a)na/rmoston tv= ierwsu/nv stolh\n h)mfiesto. 21 Ibid., H.E., II, 43, 2, 6-8, 181; SOZOMENO, H.E., III, 14, 36, 5-9; IV,24,9, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, 125; 180.
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Basilio di Cesarea, suo discepolo, ci racconta i principali avvenimenti della sua vita, nelle Epistulae 244 e 263. Ad Alessandria, fra i discepoli più fedeli di Ario, Eustazio fu maestro di Aezio22. Tornato a Cesarea, rese professione di ortodossia al vescovo Ermogene, dal quale ricevette la cheirotonìa od «imposizione delle mani» non meglio specificata. Morto Ermogene, Eustazio si recò presso Eusebio di Costantinopoli, ariano, ma, scacciato da questi, tornò a Cesarea23. Sull’attività ascetica di Eustazio a Costantinopoli, siamo informati da Sozomeno, il quale ci assicura che un funzionario statale, Maratonio, divenuto poi vescovo di Nicomedia, persuaso da Eustazio, distribuì i suoi beni ai poveri, abbracciò la «vita ascetica» od asketikòn bìon e costituì una «comunità di monaci» o synoikìan monachòn, esistente ancora al suo tempo24. A Cesarea, a detta di Basilio, Eustazio tenne celato il suo pensiero, finché non divenne per caso vescovo. Secondo informazioni raccolte da Atanasio, fu fatto vescovo dagli ariani, verso l’anno 357-358. Troviamo, infatti, il suo nome in una lista di presbiteri ariani del clero di Antiochia, cacciati da Eustazio, suo omonimo, vescovo di quella città25. Le nostre conoscenze sugli inizi dell’attività di Eustazio di Sebaste, però, dipendono principalmente da una requisitoria del Concilio di Costantinopoli del 360 nel quale avvenne la deposizione di Eustazio. Questo documento, citato dal macedoniano Sabino di Eraclea26, è riassunto dagli storici ecclesiastici Socrate e Sozomeno27.
Epistula, 130, 1, 23, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, Les Belles Lettres, cit., T. I, Paris 1957, 43; Ep., 223, 5, 30-32, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 15; Ep., 244, 3, 18-19; 9, 8-10, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 77.82; Ep., 263, 3, 1-10, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 123. 23 Ep., 263, 3, 14, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 123. 24 SOZOMENO, H.E., IV, 27, 4, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, 184. Vedi anche FILOSTORGIO, H.E. VIII, 17, in J. BIDEZ (hrsg.), GCS 1, Leipzig 1913, 115. 25 Ep. ad epp. Aegypti et Lybiae, 7, 20, in PG 25, 553B; Hist. Ar. ad mon., 4, 2, 5, in H. OPITZ (hrsg.), Athanasius Werke, Berlin-Leipzig 1934, 185. La notizia dell’Historia Arianorum è messa in dubbio da Gribomont, poiché la vita di Eustazio di Sebaste non offre motivi ed eventi che lo legano al clero antiocheno. Probabilmente, fu incluso nella lista da Atanasio, semplicemente perché era fra i vescovi ordinati dagli ariani, cfr. Eustathe de Sebaste, in GRIBOMONT, Saint Basile, T. I, 96. 26 G.C. HANSEN, Sozomenus Kirchengeschichte, GCS 50, Berlin 1960, Einleitung, LVII-LX. 27 SOCRATE, H.E., II, 43-44, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 63, 180-182; SOZOMENO, H.E., III, 14, 31, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, 123. 22
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Sozomeno, parlando del Monachesimo egiziano di Antonio, di quello siriaco di Efrem e di quello di Martino di Tours in Occidente, rileva che nelle regioni dell’Armenia, della Paflagonia e del Ponto, Eustazio di Sebaste aveva istituito una «filosofia monastica» o monachichés philosophìas, con norme di vita riguardanti i cibi ed il modo di vivere28. Lo storico riferisce la testimonianza di alcuni, i quali «affermavano recisamente» od ischyrìzesthai, che Eustazio fosse l’autore dell’Askétikon di Basilio29. Questa notizia deve essere considerata con riserva, ma essa testimonia il fatto che i contemporanei vedevano uniti Eustazio e Basilio, nelle esperienze della vita ascetica. L’ascetismo eustaziano, indubbiamente, esagera nelle sue forme e manifestazioni; Sozomeno afferma che alcuni discepoli di Eustazio erano responsabili di certi atteggiamenti radicali, non imputabili a lui personalmente30. Un’altra fonte sulla vita di Eustazio è il Panàrion di Epifanio di Salamina, secondo cui Eustazio fece professione di vita ascetica in compagnia di Aerio31, un suo discepolo, menzionato solo in Epifanio. La vita ascetica, a dire di Epifanio, non gli impedì di costruire, ancor prima di diventare vescovo, una casa d’accoglienza per i poveri a Sebaste o ptochotrophéion32, come si chiamò, nella regione del Ponto. A capo di questa istituzione pose Aerio, il quale però, ritenne l’attività caritativa ed assistenziale, inconciliabile con il radicalismo ascetico, ruppe con Eustazio ogni rapporto e si ritirò con un gruppo di uomini e di donne a condurre vita ascetica nelle foreste. La capacità di persuasione di Eustazio, rilevata da Socrate, Sozomeno ed Epifanio, la ritroviamo nell’epistolario di Basilio. Nell’anno 375, quando ormai Eustazio è passato dalla parte degli pneumatomachi, ricordando il passato, Basilio ammette che si era lasciato convincere o pròs plerophorìan, dal mantello rozzo, dalla cintura e dalle scarpe di cuoio non cucito che portavano Eustazio ed i suoi discepoli. Allora Basilio difendeva strenuamente il modo di vivere degli eustaziani, poiché anteponevano una 28 29
SOZOMENO, H.E., III, 14, 31, 10-13, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, 123. Ibid., H.E., III, 14, 31, 16, 123: w)j kai£ th\n e)pigegramme/nhn Basilei¿ou
tou= Kappado/kou )Askhtikh\n bi¿blon i(sxuri¿zesqai tina£j au)tou= grafh\n eiÒnai. 30 Ibid., H.E., III,14, 33, 18-20, 124: oi( de\ au)to\n me\n tou= e)gklh/matoj e)cairou=ntai, e)paitiw=ntai de/ tinaj tw=n au)tou= maqhtw=n w(j ga/m% katamemfome/nouj kai£ e)n oiÃkoij gegamhko/twn euÃxesqai paraitoume/nouj… 31 EPIFANIO, Pan., 75, 1, 6, 19-20, in K. HOLL (hrsg.), GCS 25, T. III, Leipzig 1915, 254: o(mou= ga\r hÒsan a)skou=ntej o) te proeirhme/noj Eu)sta/qioj kai£ o( Ae/rioj. 32 Ibid., 75, 1, 7, 23-24, T. III, 254.
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vita di fatiche ai piaceri di questo mondo33. Altrove, dice di Eustazio che gli sembrava un essere superiore ad un uomo34, di insuperabile pietà35, che rifuggiva, anche nelle questioni di minima importanza, dalla menzogna come da cosa paurosa36 e che sembrava aver avuto dalla fanciullezza fino alla vecchiaia, il controllo di sé stesso37. L’amarezza di Basilio, per il voltafaccia di Eustazio38, fa pensare ad una autentica esperienza umana e spirituale che Basilio aveva condiviso con il suo maestro. Eustazio ispirò certamente l’opera ascetica e pastorale di Basilio, abbiamo già accennato alla notizia, riferita da Sozomeno, secondo la quale l’Askétikon sarebbe stato composto da Eustazio. Le domande con le risposte o erotapokrìseis di questo trattato, infatti, erano maturate nelle fraternità ascetiche eustaziane, di cui Basilio cerca di temperare, senza vanificarlo, il forte rigorismo ascetico. Inoltre, divenuto vescovo di Cesarea nel 370, Basilio fonda anch’egli una istituzione caritativa o Basiliade, a capo della quale mette due discepoli di Eustazio: il suo omonimo Basilio e Sofronio. Deposto a Costantinopoli nel 360, Eustazio ritorna nella sua sede episcopale di Sebaste, grazie ai provvedimenti dell’imperatore Giuliano l’Apostata, nel 362. Tralasciamo, in questa sede, di parlare delle vicissitudini di Eustazio che lo videro impegnato nelle vicende dell’Arianesimo in Asia Minore, per concentrarci invece, sulle vicende del periodo compreso fra il 372 ed il 373, nel quale si incrinò l’amicizia che lo legava a Basilio. La fonte per noi preziosa per ricostruire i rapporti fra i due, è l’epistolario di Basilio, che però, a tratti, specie nelle epistulae scritte dopo la rottura del 375, non ci offre un ritratto benevolo di Eustazio; tuttavia, nel 372, Eustazio è ancora il suo venerato maestro. L’occasione del conflitto fra i due fu l’intervento di Basilio in Armenia, dove era la città di Sebaste. Il regno di Armenia era tornato sotto il controllo imperiale a seguito della vittoria, riportata dall’imperatore Valente sui Persiani, nella battaglia di Bagavan del 371 che aveva riscattato la sconfitta patita dall’imperatore Giuliano l’Apostata nel 363 ed aveva permesso di annettere all’Armenia Minor od Armenia I, rimasta sotto il con-
Ep., 223, 3, 4-8.10-12, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 11. Ep., 212, 2, 11-12, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 199, scritta anch’essa nell’anno 375. 35 Ep., 79, 9, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 181. 36 Ep., 79, 3, 19-20, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 181. 37 Ep., 244, 4, 11-12, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 78. 38 Ep., 244, 4, 18-20.27-28, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 78. 33 34
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trollo dell’Impero Romano, l’Armenia Maior od Armenia II, almeno nella sua parte occidentale. L’imperatore Valente affidò a Basilio la missione di insediare vescovi di sua fiducia nell’Armenia II; in questa importante missione gli era stato affiancato come collaboratore, Teodoto, vescovo di Nicopoli, nell’Armenia I 39. Per Teodoto, Eustazio di Sebaste, vescovo nell’Armenia Minor, era un eretico. L’Epistula 95, dell’epistolario basiliano, ci parla dell’intenzione di Teodoto insieme a Melezio di Antiochia, di indire un sinodo a Phargamos, vicino Nicopoli, in occasione di una festa dei martiri locali40, per la metà del mese di Giugno dell’anno 372. L’intenzione di Teodoto proveniva dalla volontà di condannare Eustazio per eresia e di costringere Basilio a fare altrettanto. Basilio, allora, rifiuta di partecipare al sinodo e si affretta a chiedere ad Eustazio una dichiarazione di fede trinitaria, prima orale e poi scritta, per proteggerlo dai sospetti di eresia41. L’incontro con Eustazio avvenne a Sebaste nel Giugno del 372 e si protrasse per due giorni. Il primo giorno il dibattito fra i due non approdò a nulla, perché ognuno rimaneva sulle proprie posizioni. Il giorno seguente, il presbitero Poimenio, teologo di Eustazio, mosse delle accuse di Sabellianismo a Basilio42. Nel primo pomeriggio, però, Basilio riuscì a respingere le accuse e ad ottenere dai suoi interlocutori, un accordo sulla fede di Nicea. Le dichiarazioni fatte nell’incontro, però, erano state soltanto orali. Basilio incontra nuovamente Teodoto a Getasa e lo informa del colloquio avuto con Eustazio ma il vescovo di Nicopoli gli rivela che Eustazio ha già ritrattato l’accordo raggiunto e lo ha smentito. Basilio, allora, avvertì la necessità di far firmare ad Eustazio una dichiarazione di fede scritta, per fugare i sospetti di Teodoto. Parte allora da Getasa per congiungersi a Teodoto, partito intanto per Nicopoli, ma questi gli vieta di entrare nella comunità riunita in preghiera, esternando così i suoi sospetti verso Basilio, di una connivenza con Eustazio. Basilio, offeso, compie da solo la sua visita nella città di Satala e prosegue nella missione imperiale. Di lì a poco, nell’Autunno dello stesso anno, l’Epistula 119 ci parla della protesta dei due discepoli di Eustazio, Basilio e Sofronio, responsa-
39 R. POUCHET, Basile le Grand et son univers d’amis d’après sa correspondence, Roma 1992, 278. 40 Ep., 95, 1, 11-18, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 207. 41 Ep., 99, 2, 1-34, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 214-216. 42 Ep., 223, 6, 1-12, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 15.
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bili della Basiliade, contro il vescovo di Cesarea e della loro partenza. Questa notizia ci sembra degna di essere menzionata, perché i due erano responsabili anche della direzione degli asceti di Cesarea. L’inverno impedisce sia ad Eustazio sia a Basilio un altro incontro. L’Epistula 128 della fine di Giugno del 373, fa allusione alla partecipazione di Basilio al Sinodo di Phargamos, tenutosi nei giorni immediatamente precedenti43. In questo sinodo, egli cerca di difendere Eustazio dalle accuse di eresia ed ha degli incontri con lui, prima e dopo il sinodo. Basilio, nell’Epistula 138, databile in quei giorni, si irrita con l’amico Eusebio di Samosata, colpevole di aver sottoposto ad Eustazio una professione di fede generica e fiacca44. Basilio, così, riesce a far firmare una dichiarazione di fede ad Eustazio, come ci dice nelle Epistulae 224 e 24445, scritte anni dopo, a rottura avvenuta. Questa dichiarazione ci è pervenuta nell’Epistula 125 del Giugno del 373, recante la firma di Eustazio. Basilio aveva in animo di indire un sinodo ove si incontrassero i vescovi di Cappadocia, Ponto ed Armenia, nella sua proprietà, probabilmente ad Annisoi nel Ponto, per sigillare la riconciliazione sulla fede nicena e sulla confessione ortodossa della divinità dello Spirito Santo46. Con gran delusione di Basilio, però, il suo maestro non concede la propria adesione e comincia ad accusarlo di diffidenza e di sospetti nei suoi riguardi. Nei due anni successivi, Eustazio lancerà accuse e sospetti contro Basilio, in ultimo, quelli di eresia, tirando in ballo un’epistula di Basilio ad Apollinare risalente a più di dieci anni prima. Basilio non replicò alle accuse del suo maestro e si ammalò gravemente ma ormai era chiaro che la rottura fra i due era sempre più grave, fino a consumarsi del tutto nel 376. Basilio sarà già morto quando Eustazio troverà anch’egli la morte verso l’anno 380. Da quanto abbiamo cercato finora di evidenziare, sulla base delle fonti in nostro possesso e dell’epistolario basiliano, Eustazio si mostra come l’ideatore di una dottrina ascetica, per molti versi nuova ed originale che interpreta l’esigenza di vivere la radicalità evangelica. Eustazio però non è un rigorista intransigente; egli tenta, scontrandosi con i suoi discepoli, di inserire le istanze ascetiche nella chiesa locale. Le proposte ascetiche 43 44 45
20; 75.
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24
Ep., 128, 1, 6-8, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 37. Ep., 138, 2 ,1-38, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 55-56. Epp., 224, 3, 8-15; 2,20-21, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, Ep., 244, 2, 21-47, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 75.
eustaziane si orientano verso iniziative sociali ed assistenziali, come testimonia l’istituzione caritativa di Sebaste. Sarà proprio il tentativo in tale direzione, a suscitare la protesta di Aerio e la sua rottura con Eustazio. Eustazio, nonostante sia un ariano della prima ora, sembra mantenere un atteggiamento defilato nella controversia ariana, fino al 375. Prima di questa data, non è interessato a rompere ogni contatto con i vescovi di diversa tendenza. Le sue difficoltà con l’episcopato, come ci attestano le fonti, provengono dalle sue pratiche ascetiche, piuttosto che dai suoi orientamenti dottrinali. Il vescovo di Cesarea, fino all’ultimo, cercherà di aiutarlo a non entrare in conflitto con vescovi di diverso orientamento, ma alla fine Eustazio, aderirà, con gran rammarico del suo discepolo, al fronte omeousiano, dalle cui fila proveniva lo stesso Basilio e quindi, a quello degli pneumatomachi, gli avversari della divinità dello Spirito Santo. La stima di Basilio e l’ammirazione, attestata dalle fonti, suscitata nei contemporanei dalla sua vita ascetica, ci inducono a ritenere le ragioni della scelta dottrinale di Eustazio, più complesse e sfumate di quanto può sembrare ad un primo esame, anche se approfondito. Cercheremo dunque di indagare da un’altra prospettiva, la cronaca del rapporto fra Basilio ed Eustazio e quindi le motivazioni che portarono alla fine di questo rapporto. Per concludere con una battuta, la presentazione di una figura così controversa ed affascinante quale quella di Eustazio di Sebaste, si può citare l’opinione di Epifanio di Salamina su di lui: «Molti ammirano la sua vita e la sua condotta. Ah, se fossero ortodossi anche i suoi pensieri!»47.
3. BASILIO DI CESAREA
Basilio di Cesarea è la figura emblematica di una società in trasformazione; in lui, rampollo dell’alta aristocrazia latifondista dell’Asia Minore, si intravede la trasformazione della civiltà tardo-antica in quella cristiana e bizantina, la formazione di una cultura cristiana elevata che assimila il Neoplatonismo più raffinato, la struttura della Reichskirche, l’imporsi di rapporti stabili fra l’ascetismo e l’episcopato. Vissuto al centro di un gruppo di elevata qualità intellettuale ed ecclesiale, nel quale ricordiamo 47
EPIFANIO, Pan., 75, 1, 5, 9-11, in K. HOLL (hrsg.), GCS 25, T. III, 254.
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i nomi dei suoi fratelli Gregorio Nisseno e Pietro, Gregorio Nazianzeno, Anfilochio di Iconio, Evagrio Pontico ed altri ancora, Basilio non è passato inosservato. Le sue epistulae testimoniano di una multiforme attività; in particolare, in quelle dal 358 al 378, il periodo della sua maturità, troviamo i tratti della sua fisionomia spirituale. Gregorio Nisseno e Gregorio Nazianzeno hanno scritto Panegirici per gli anniversari della sua morte. Il primo ci ha lasciato il De vita Sanctae Macrinae, una biografia della loro sorella ed il De Virginitate, nel quale la figura di Basilio assurge a modello. Il secondo l’ha evocato nei Carmina e ci ha lasciato una corrispondenza epistolare con lui. Gerolamo l’ha poi incontrato personalmente, Atanasio lo ha lodato nei suoi scritti. I documenti dunque non mancano, il problema sta nel valutare le notizie delle fonti, allo scopo di scorgere i lineamenti della sua opera ascetica, teologica e pastorale al servizio della Chiesa. Nato probabilmente nel 329, il luogo della sua nascita è oggetto di controversia, gli studiosi esitano fra Neocesarea, capitale del Ponto Polemoniaco e Cesarea, capitale della Cappadocia. Alla nascita di Basilio, suo padre, recante lo stesso nome del figlio, esercitava a Neocesarea la professione di retore48. Sua madre Emmelia, originaria della Cappadocia, rimasta vedova durante l’adolescenza di Basilio, si trasferì a Cesarea di Cappadocia49. Basilio così, secondo le circostanze, si dichiarerà cittadino, sia del Ponto50 sia della Cappadocia51. La sua famiglia era cristiana di antica data ed aveva conosciuto l’azione evangelizzatrice di Gregorio il Taumaturgo. Nei primi anni della sua fanciullezza, conobbe le cure della nonna paterna Macrina che da giovane, insieme con il marito, aveva patito le asprezze della persecuzione di Massimino Daia. Giunto alle soglie dell’adolescenza, lasciò la tenuta della nonna, per tornare da suo padre Basilio, a Neocesarea, che morirà poco dopo, senza aver potuto completare la formazione umana e letteraria di un 142.
48 49
Ep., 204, 6, 10-12, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 178. GREGORIO NAZIANZENO, Oratio, 43, 13, in J. BERNARDI (par), SCh 384, Paris 1992,
Epp., 204, 2.6, 173-175.178-179; 210, 1.2, 189-191, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II. 51 Epp., 155, 80; 165, 100; 206, 182, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II.
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figlio così promettente. Il giovane Basilio completò allora i suoi studi a Cesarea di Cappadocia, a Bisanzio, quindi ad Atene. Basilio e Gregorio Nazianzeno ci hanno lasciato il racconto dei loro studi comuni e della loro amicizia in quella città. I due giovani amici avevano organizzato, sul modello tradizionale della phratrìa greca, una associazione di studenti che era insieme un gruppo di studio biblico e di preghiera. Secondo quanto fa intendere il Nisseno nel suo De Vita S. Macrinae52, composto nel 379 o nel 380, il giovane cappadoce, spinto dalla sorella Macrina, lasciò Atene, attirato dalla philosophìa che la sorella praticava. Nell’Epistula 1 del ricco epistolario, indirizzata ad Eustazio, Basilio, parlando del suo ritorno da Atene, riferendosi alla vita ascetica di lui, ne parlerà come della vera philosophìa53. Dal Nisseno che sembra essere volutamente evasivo al riguardo, deduciamo quindi che, tornato in patria, Basilio conobbe personalmente Eustazio di Sebaste, presso la sorella Macrina che sotto la sua guida, già da qualche tempo, conduceva vita ascetica, insieme alla madre Emmelia ed al fratello Naucrazio, nella loro proprietà di Annisoi sulle rive del fiume Iris, nel Ponto. Nell’Epistula 210, scrive che alcuni ragguardevoli concittadini di Neocesarea, volevano trattenerlo, perché succedesse al padre nell’insegnamento della retorica54, ma egli respinse l’offerta. Basilio, però, non rinnegò mai la sua formazione letteraria ed umanistica. Il periodo vissuto ad Atene, fu per lui un’esperienza preziosa per l’affinamento, letterario e psicologico, della sua personalità di educatore. La Lettera ai giovani sul modo di trarre profitto dalla letteratura greca, è una testimonianza eloquente dell’armonia, fondata sul discernimento, fra la fede cristiana e la cultura ricevuta. Tornato in patria all’età di ventisette anni, Basilio ricevette il Battesimo da Dianio, vescovo di Cesarea, questi lo istituì poco dopo lettore ed accolse il giovane, come un collaboratore prezioso per il suo servizio episcopale. Dopo aver contratto l’impegno del Battesimo, Basilio scelse di impegnarsi interamente nella vita ascetica, in altre parole, nella philosophìa di Eustazio. Nell’Epistula 1, apprendiamo come Basilio viaggi, per conoscere personalmente le varie esperienze del Monachesimo d’Egitto e di Siria. Al suo ritorno, si stabilisce nella sua proprietà di Annisoi, dove già la sorella, il fratello e la madre vi conducevano vita ascetica.
164.
52 53 54
GREGORIO NISSENO, Vita S. Macr., 6, in P. MARAVAL (par), SCh 178, Paris 1971, 160Ep., 1, 12-15.25.38, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 2.4. Ep., 210, 2, 1-5, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 190.
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Di questa prima esperienza, abbiamo notizia in una breve corrispondenza epistolare con Gregorio Nazianzeno, il quale ci fa intendere che collaborò con l’amico, all’elaborazione ed alla definizione delle Regulae Morales55. Siamo anche informati da lui sullo studio in comune della Scrittura e soprattutto di Origéne, con la redazione di un’antologia delle sue opere esegetiche che sarà chiamata la Philokalìa56. In seguito, i due divergeranno sull’impostazione da dare alla loro vita ascetica. Gregorio si sentirà più portato per una forma di vita ascetica più solitaria, quasi anacoretica, mentre Basilio si ispirerà sempre più al modello della vita apostolica, come la vedeva realizzata in At 4,32 e metterà in guardia gli asceti, cui si rivolgono le Regulae, dai pericoli della vita in solitudine che non permette l’esercizio della carità fraterna. Basilio sosteneva, come forma ideale di perfezione cristiana, la vita comune fra fratelli, accompagnata dalla separazione dal mondo od anacorési. La sua comunità di Annisoi, benché all’inizio molto piccola, non doveva, in linea di principio, estraniarsi dalla chiesa locale in cui era inserita, ma anzi integrarvisi. Le circostanze venutesi a creare, subito dopo l’avvento al potere di Giuliano l’Apostata ed il conseguente mutamento della politica imperiale nei confronti della Chiesa, spinsero Basilio ad accettare il presbiterato. Il nuovo vescovo metropolita di Cesarea, Eusebio, gli impose le mani nel 362, assicurandosi un collaboratore prezioso per la competenza dottrinale e per la determinazione di carattere che l’asceta di Annisoi dimostrava. Basilio è incaricato dal vescovo, di occuparsi dei giovani cristiani della sua chiesa, come egli stesso ci attesta in alcune epistulae indirizzate al retore Libanio, ma visita spesso anche le comunità di asceti e di vergini. Di lì a poco, sorgerà un contrasto con l’anziano vescovo Eusebio che Basilio si affretterà ad appianare, anche con l’aiuto del Nazianzeno, tornando nell’asketèrion di Annisoi, dove, insieme ai discepoli di Eustazio di Sebaste, come ricorderà a quest’ultimo, nell’Epistula 223, elaborò e maturò la sua prima opera polemica, l’Adversus Eunomium, composta fra il 363 ed il 365. Il contrasto, al quale non dovevano essere probabilmente estranee motivazioni di carattere dottrinale57, presto si risolse, rinsaldandosi più di prima la proficua collaborazione fra Basilio ed Eusebio e dando occasione al primo,
GREGORIO NAZIANZENO, Or., 43, 29, in J. BERNARDI (par), SCh 384, 190. Questa Philokalìa non ha nulla a che vedere con la Filokalìa, un florilegio di testi patristici diffuso in età moderna, principalmente in Russia. 57 SOZOMENO, H.E., 6, 15, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, 256; GREGORIO NAZIANZENO, Epp. 16-19, in P. GALLAY (hrsg.), GCS 53, Berlin 1969, 17-19. 55 56
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in maniera decisiva, con la parola e con le sue stesse sostanze, di venire in aiuto delle popolazioni della Cappadocia, affamate da una tremenda carestia nel 368, non distinguendo fra pagani, ebrei ed eretici. Nel Giugno del 370, l’anziano Eusebio muore, seguì un periodo difficile, nel quale la sede metropolita di Cesarea rimase vacante. Con l’appoggio del padre di Gregorio Nazianzeno, l’anziano vescovo di Nazianzo, Gregorio anch’egli e di Eusebio di Samosata, Basilio diventa vescovo di Cesarea. Basilio si era teologicamente formato a contatto con ambienti in cui era prevalente l’influsso omeousiano ed aveva approfondito tale formazione, soprattutto con lo studio delle opere di Origéne, al quale lo portava l’ideale monastico. Il Cappadoce, così, pur aderendo all’omooùsion di Nicea, era lontano dagli estremismi di un niceno come Marcello di Ancyra ed aperto verso i niceni più recenti, provenienti dalle file omeousiane. Soltanto la meditazione e l’approfondimento teologico personali, nel corso di svariati anni, permisero a Basilio di aderire al consustanziale di Nicea. In alcuni testi di Basilio, come l’Epistula 105, non si parla del consustanziale e solo successivamente, nel De Spiritu Sancto, l’omooùsion diventerà un termine chiave, per negare la creaturalità dello Spirito Santo. Basilio, così, manteneva un atteggiamento cauto e flessibile, che tuttavia urtava gli ambienti niceni più intransigenti, soprattutto quelli monastici. Questo atteggiamento di Basilio viene definito dall’amico Gregorio con il termine di oikonomìa; Basilio gli risponde nell’Epistula 71, quasi respingendo la difesa dell’amico dai sospetti e dalle diffidenze nei suoi riguardi. La sua elezione episcopale, così, non fu né facile né scontata; interessa notare come egli era sostenuto, a Cesarea, da monaci e dalle classi più umili della popolazione, ma anche da importanti esponenti dell’aristocrazia locale, a causa dei legami di parentela con la sua famiglia. Il vescovo neo-eletto veglia sulla chiesa locale, guadagna la fiducia dei vescovi suffraganei che non lo avevano accettato; interviene contro l’ordinazione di diaconi e di presbiteri scarsamente preparati, per le mani dei chorepìskopoi o «vescovi delle campagne», che, in numero di cinquanta, erano sparsi nelle vaste campagne della sua diocesi. Subirà pressioni da parte dell’imperatore Valente, del prefetto Modesto e del cubicularium, l’addetto alle stanze imperiali, l’eunuco Demostene, per assecondare la loro politica favorevole agli ariani ma il vescovo di Cesarea, non cederà mai, anzi, si guadagnerà la stima dell’im29
peratore che gli affiderà l’importante missione armena del 372 e del prefetto Modesto. Risolti i problemi della sua chiesa locale, Basilio volse la cura pastorale alle chiese d’Oriente, affaticandosi per la difesa della loro comunione e per la risoluzione dei conflitti dottrinali, soprattutto di quelli scatenati dalla crisi ariana. Lo vediamo però impegnarsi anche in numerose iniziative assistenziali e caritative, come la fondazione di Basiliade, una grande città dispensario che diverrà il centro della nuova Cesarea. Basilio di Cesarea morirà nel 378, amareggiato dalle discordie che travagliavano le chiese d’Oriente, come egli stesso ci dice, nell’ultimo capitolo del De Spiritu Sancto. Vorremmo ora tornare brevemente, sull’ascetismo eustaziano, confrontando fra loro alcuni Canoni del Sinodo di Gangra ed alcune Regulae dell’Askétikon di Basilio. Nelle Regulae fusius tractatae al numero 12, Basilio non autorizza le spose, desiderose di intraprendere la vita ascetica, a lasciare i loro mariti, ma consiglia di insistere presso di loro, con la preghiera ed il digiuno, per compiere la volontà di Dio. Sappiamo, invece, come, secondo i Canoni X e XIV di Gangra, gli eustaziani esortassero le spose a lasciare i loro mariti. Nel Canone III, i vescovi riuniti a Gangra, esprimono la loro preoccupazione sul fatto che gli schiavi, turbati dalle abitudini degli asceti eustaziani, si ribellano ai loro padroni. Basilio, dal canto suo, riconosce nelle Regulae fusius tractatae, al numero 11, il diritto di proprietà dei padroni sui loro schiavi, ma in caso di abuso da parte del padrone, è disposto ad accogliere uno schiavo fuggitivo. Riguardo alla pratica del digiuno domenicale condannata nei Canoni XVIII e XIX, Basilio assume un atteggiamento che condanna non il digiuno in sé, ma l’atteggiamento individualista ed autosufficiente che porta a vanificare ed a svuotare il significato autentico del digiuno58. A proposito del Canone XX, relativo al disprezzo dei raduni di massa e delle celebrazioni sulle tombe dei martiri, notiamo in Basilio una analogia nel respingere tali occasioni, fonti a suo dire, di distrazione e di inutile svago, come troviamo nelle Regulae fusius tractatae al numero 40. Basilio, inoltre, ribadisce il divieto, espresso dai vescovi di Gangra nel Canone VI, sulle celebrazioni eucaristiche, tenute in case private59. 58 59
30
Regg. Brr. Trr., 126-140, in PG 31, 1167-1176. Ibid., 310, in PG 31, 1304 B.
Basilio sembra così assumere un atteggiamento responsabile, nei confronti dell’ascetismo eustaziano o meglio, dei suoi eccessi, condannati a Gangra. Egli è orientato non verso la disciplina in sé stessa, ma verso il Vangelo ed il suo orizzonte escatologico. Basilio appare così essere meno radicale di un Eustazio o di un Aerio ma le esigenze che esprime, sono ben più profonde ed apostoliche, libere da condizionamenti sociali e psicologici. Il fatto, poi, di essersi impegnato nella vita ascetica, non gli impedirà di accettare prima il presbiterato, poi l’episcopato, fornendo prova di una sintesi e di un equilibrio superiori60. Altre significative differenze possono essere riscontrate fra l’ascesi di Basilio e quella eustaziana61. Nelle Regulae del suo Askétikon, Basilio fornisce agli asceti eustaziani delle risposte tali da evitare loro il rischio di incorrere nell’eresia, ma, nello stesso tempo, mostra la sua sincera carità pastorale nel venire in loro aiuto. Una testimonianza importante proviene dalle Regulae brevius tractatae, note anche come Piccolo Askétikon che rappresenta la prima versione, risalente al 360, dell’Askétikon, noto anche come Grande Askétikon o come Regulae fusius tractatae che risale, invece, al 370. Per esempio, nel Piccolo Askétikon, al numero 187, si sottolinea la necessità del primato e del ricorso ai capi delle chiese nell’affidare loro i beni di proprietà degli asceti. Fra i Canoni di Gangra, invece, ricordiamo i Canoni VII ed VIII che condannano il rifiuto degli asceti eustaziani di versare le decime ecclesiastiche ai presbiteri od ai vescovi. La risposta di Basilio, al numero 220, sull’opportunità per gli asceti di incontrare persone dell’altro sesso, fa comprendere come Basilio abbia presenti, alla sua attenzione, le comunità miste di uomini e di donne, quali erano le fraternità ascetiche eustaziane. La risposta di Basilio non oppone un divieto ma fornisce prudenti e sagge norme di comportamento, sostenute ed illuminate dalla Scrittura. Al numero 210, Basilio prende decisamente posizione contro l’uso di un medesimo abbigliamento per gli uomini e per le donne, affermando saggiamente che è necessario variare l’abito a seconda delle stagioni, dell’uso e quindi anche dei sessi. In quest’ultima risposta colpisce la prudenza e la cautela del cappadoce che non vuole condannare ma, piuttosto, aiutare gli eustaziani a rimanere nella grande Chiesa, con un atteggiamento opposto a quello usato dai vescovi a Gangra, come testimo60
56; 63.
61
J. GRIBOMONT, Saint Basile et le monachisme enthousiaste, in ID., Saint Basile, cit., A.M. SILVAS, The data of Gangra, cit., 410-413.
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niano i Canoni XIII e XVII. Lo stesso dicasi al numero 50, dove Basilio, pur approvando l’abbigliamento povero, com’era d’uso presso gli eustaziani, individua il peccato non nell’abbigliamento di lusso ma nel desiderio di farsi ammirare dagli altri a motivo dell’abbigliamento. Sull’astinenza da certi cibi — altra pratica attestata da Sozomeno presso gli eustaziani — al numero 137, troviamo enunciato da Basilio il principio, secondo il quale, chi decide di non mangiare certi cibi e di mangiarne altri fa la propria volontà e non certo la volontà di Dio. Questi ulteriori riscontri evidenziano non soltanto la sapienza del cappadoce ma anche la validità del suo approccio pastorale che vuole salvaguardare l’integrità della fede, non però a scapito della limpidezza e della purezza della testimonianza di vita degli asceti eustaziani. 4. I MESSALIANI
Con il termine messaliani si indicano «quelli che pregano» o «gli oranti». Il termine, di origine siriaca, in greco, è euchétai od euchìtai, derivati di euché che significa «preghiera». Altre espressioni, mutuate dai loro comportamenti, li designano come enthousiastài od «entusiasti» e come choreutài, «coreuti» o «danzatori»62. Queste espressioni connotarono un movimento ascetico noto come Messalianismo, osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche e ripetutamente condannato nel IV e nel V secolo. Dalle fonti apprendiamo che, al suo sorgere, il movimento messaliano era presente in Mesopotamia, in particolare, nell’Osroene. Le prime menzioni dei messaliani le troviamo in una riga del Contra haereses di Efrem Siro, morto nel 373 e brevemente, nell’Ancoràtus di Epifanio di Salamina, databile al 374. Molto più ampiamente, sono menzionati nel Panàrion del 377 di Epifanio. Questi testi hanno dei tratti in comune fra loro. Sono testi apologetici, presentano i messaliani come gli ultimi arrivati e sono contemporanei all’insorgere dell’eresia. Purtroppo, proprio a causa di quest’ultima prerogativa, queste fonti sono lacunose e fantasiose, poiché non mostrano di avere una conoscenza precisa del Messalianismo63.
G. BAREILLE, Euchites, in DThC V/2, Paris 1927, 1454-1465; E. AMANN, Messaliens, in DThC X/1, 792-795; A. GUILLAUMONT, Messaliens, in DS X, Paris 1979, fascc. 68-69, 10741084. 63 C. STEWART, Working the earth of the hearth, Oxford 1991, 15. 62
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In un poema acrostico di Efrem pervenutoci in siriaco64, il nome msallyane chiude la serie degli eretici comprendente ariani, aeziani, paoliniani, sabelliani, fotiniani e tanti altri. Nel testo, Efrem probabilmente fa un gioco di parole, accostando il nome msallyane, al verbo ezdallal, che ha anche i significati di «scuotersi», «agitarsi», «non poter stare fermi». Efrem, ironicamente, alluderebbe al modo di pregare dei Messaliani, testimoniato dalle fonti più tardive, che attribuivano loro anche il nome di «danzatori»65. Quella di Efrem, è l’unica menzione in tutta la sua opera dei messaliani e testimonia, nell’area ellenofona della Siria occidentale e dell’Asia Minore, in cui vive, l’esistenza dei messaliani, prima del sorgere della controversia riguardante le loro pratiche e le loro dottrine. Epifanio ci parla dei messaliani in un prospetto riassuntivo, l’Ancoràtus66, in cui fornisce la descrizione di numerose eresie, anche di quelle esistenti prima di Cristo. Per questo motivo, l’opera di Epifanio è interessante per approfondire il concetto di eresia nel IV secolo e del piano divino di salvezza nei Padri. Questo prospetto serve da base e da guida per l’altra opera apologetica di Epifanio, più vasta ed articolata, il Panàrion che fornisce la presentazione e la descrizione di ottanta eresie, delle quali quella dei messaliani è l’ultima. Epifanio associa i messaliani a tre gruppi non cristiani presenti fra i greci: i martiriani, gli eufemiti ed i sataniani. L’autore nota che questi gruppi sono accomunati dall’importanza che riservano alla preghiera; è il primo che fornisce la traduzione del termine siriaco con quello greco di euchòmenoi o «quelli che pregano». Epifanio afferma, ma non categoricamente67, che i messaliani derivano dagli eufemiti, chiamati così perché cantavano «inni» ed «acclamazioni» (euphemìas) a Dio, diffusi sotto Costantino e chiamati anche martiriani, perché furono osteggiati ed in alcuni casi condannati a morte dalle autorità. Essi non erano né cristiani né giudei, ma greci, adoravano gli déi ed in particolare quel dio chiamato Pantokràtor. Altri invece adoravano Satana e per questo assunsero il nome di sataniani. Epifanio, a proposito dei messaliani, insiste nell’affermare che non hanno
EFREM SIRO, Cont. Haer. Madrasˆa, 4, 22, in E. BECK (par), CSChO 169, Scriptores Syri 76, Louvain 1957, 79. 65 Ricordiamo, per agevolare un confronto moderno, una setta fondamentalista americana vicina ai mormoni, diffusa negli Stati Uniti alla fine dell’800 e nota come gli shakers o «danzatori». 66 EPIFANIO, Anc., 13, 8, 10, in K. HOLL (hrsg.), GCS 25, T. I, 22. 67 ID., Pan., 80, 1, 3, 7, in K. HOLL (hrsg.), GCS 25, T. III, 485: ta¿xa oiÅmai… 64
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capo, né radice, sono anarchici, erranti, senza legge (thesmoù), ordinamento (théseos), legislazione (nomothesìas). La confutazione degli errori messaliani nel capitolo 80 della sua opera, si sofferma sul sovvertimento dell’ordine sociale e soprattutto, sulla consuetudine secondo la quale, presso i messaliani, uomini e donne vivono insieme. Essi dicono di credere in Cristo, rinunciano al mondo, dormono per strada, hanno rinunciato a qualsiasi proprietà, responsabilità, mezzo di sopravvivenza, vivono di elemosina. Non digiunano secondo le norme ecclesiastiche e pretendono di pregare di notte, mangiano e bevono quando hanno fame. Dopo aver fornito questa descrizione, afferma che i messaliani sono ad Antiochia e la loro origine è in Mesopotamia68. Interessa notare come, dopo, il testo prosegua con l’esaltazione dell’importanza del lavoro manuale per i monaci, proponendo l’esempio delle comunità monastiche egiziane, nelle quali i monaci alternano al lavoro manuale, con il quale si sostentavano, la preghiera e precisamente, la salmodia69. Egli suppone che l’errore messaliano del rifiuto del lavoro manuale, potrebbe provenire da Mani. Epifanio attacca quindi i saccòfori della Siria, altri eretici, i quali ostentano il loro ascetismo con un abito insolito ed imitano i nazirìti, altri eretici ancora, nel lasciarsi crescere la barba ed i capelli. Nelle caricature che Epifanio fa di certe risposte che danno i messaliani, si può intravedere la manifestazione di presunti carismi o rivelazioni personali di origine divina. Egli aggiunge, per dare quasi una definizione comprensibile del Messalianismo, che essi sono in uno stato di stoltezza o toù phronématos tén nòson. Alla fine, ritorna sulla loro vita in comune, senza una rigida separazione dei sessi, accusandoli di promiscuità e sostenendo che coloro i quali praticano l’enkràteia, in realtà lo fanno per ignoranza. Epifanio mostra di avere delle notizie imprecise e confuse sui messaliani70; è colpito dal fatto che non hanno capo, né origine, né un’organizzazione. Fa inoltre un montaggio di notizie e pratiche di altre correnti ascetiche pagane, allude al Manicheismo ma colloca l’origine del movimento, probabilmente in Siria. In lui si avverte lo sforzo di individuare gli aspetti che rendono questo movimento eretico e così pericoloso per la dottrina della fede. Un aspetto lo trova o forse si illude di trovarlo, nell’eguaglianza 68 69 70
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Ibid., 3, 6-7, 488. Ibid., 4, 4-8, 489. Ibid., 8, 1, 493.
fra i sessi e nella vita in comune di uomini e di donne, scambiandola per promiscuità, ma subito dopo soggiunge che alcuni di loro vivono in continenza, senza sapere esattamente che cosa sia71. Qui Epifanio si contraddice; infatti, per tutto il capitolo 80, cerca di dimostrare la licenza sessuale e l’impurità dei messaliani, provocata dalla loro comprensione ascetica dei rapporti fra i sessi ma poi ammette che alcuni praticano l’enkràteia o la «continenza». Abbiamo rilevato la parola enkràteia, perché è quella che richiama il Canone X del Sinodo di Gangra. L’inosservanza del digiuno ecclesiastico, l’abito insolito associato ai messaliani od all’ambiente nel quale operano, il nome stesso di martiriani, che potrebbe provenire dall’identificazione propria con i martiri, suggerisce un contatto molto forte, se non una identificazione, con il movimento ascetico degli eustaziani. All’epoca della composizione dell’Ancoràtus e del Panàrion, se non molto tempo prima, l’autorità ecclesiastica era dunque già intervenuta contro movimenti ascetici itineranti, quali i messaliani, preoccupata per il carattere anarchico di questi movimenti, come abbiamo potuto vedere nei Canoni del Sinodo di Gangra. Un’altra fonte per noi importante è l’Historia Ecclesiastica di Teodoreto di Cirro, l’inizio della cui composizione risale al 440. Le notizie sui messaliani sono contenute nel capitolo 11 del Libro IV della sua opera, dove Teodoreto li ritiene, come gli audiani, originari della Siria. Il capitolo 11 ha una struttura che vale la pena di essere menzionata. Dopo aver spiegato i termini “messaliani” ed “entusiasti”, l’autore fornisce delle notizie generali sul loro insegnamento, relativo alla possessione da parte di un demòne che essi ritengono essere lo Spirito Santo, alla ripulsa del lavoro manuale ed ai sogni profetici. Ci fornisce, quindi, i nomi delle loro guide più importanti, quali Dadoes, Saba, Adelfio, Ermas e Simeone, notando la loro indifferenza verso la comunione ecclesiale e l’Eucaristia e l’atteggiamento di negare sempre di essere eretici. Racconta di seguito i provvedimenti presi contro di loro da Letoio, vescovo di Meliténe e da Anfilochio, vescovo di Iconio. Finalmente, nell’ultima sezione, la più interessante di tutte, parla del tranello teso da Flaviano, vescovo di Antiochia ad Adelfio, uno dei loro capi, il quale, credendo che il vescovo volesse aderire alla setta, gli rivelò le dottrine messaliane. Flaviano manda a chiamare i messaliani da Edessa e li fa venire ad Antiochia. Al dialogo con Adelfio assistono altre persone, ma Teodoreto non ci parla di un concilio né di un sinodo. 71
Ibid., 8, 6, 493.
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Si noti come Flaviano chieda subito ad Adelfio che cosa i messaliani intendano per allontanamento dello Spirito Maligno e per venuta dello Spirito Santo72. Flaviano, così, è informato della dottrina dell’inabitazione personale dello Spirito Santo e la intende come la prima e la più importante delle dottrine messaliane. Adelfio, tratto in inganno, crede che il suo interlocutore, con questa domanda, sia sinceramente interessato a divenire un adepto e comincia a parlare. Egli spiega che il Battesimo non è necessario per chi è già degno; che soltanto la preghiera perseverante può scacciare il demonio inabitante nell’anima e che la natura umana, infine, è esposta alla tentazione, a seguito della discendenza da Adamo. Poi, però, si dilunga sulla presenza dello Spirito Santo e vale la pena di citare le parole di Adelfio: «Scacciati questi demòni con la preghiera perseverante, lo Spirito Santissimo viene visibilmente e sensibilmente e segnala la sua presenza intima, il corpo è liberato dalle passioni, dall’anima si allontanano completamente le sozzure ed il corpo non ha più bisogno di pregare, né di digiunare, né di insegnamenti sussurrati e può vivere in maniera disciplinata.»73.
Nel testo, si possono evidenziare termini ed espressioni che si ritrovano negli scritti dello Ps.-Macario Egizio. È presente il concetto di venuta o di inabitazione dello Spirito Santo, i termini aisthetòs, oratòs, oikéian, connotano chiaramente una esperienza sensibile dello Spirito Santo, o piuttosto, indicano i segni che cercano di esprimerla, come suggerisce il verbo semàinon. Troviamo inoltre la liberazione dalle passioni, che è l’apathéia, la purificazione dell’anima o katharòtes, il digiuno, l’insegnamento dei maestri ed una vita ordinata. Sono tutti temi che si incontrano negli scritti pseudomacariani. Da questo non possiamo però inferirne necessariamente che l’autore, con lo pseudonimo di Macario Egizio, sia Adelfio od un altro 72 TEODORETO DI CIRRO, H.E., IV, 11, 6, 20-23, in L. PARMENTIER (hrsg.), GCS 19, Berlin 1998, 230: oÃpwj fate\ kai£ to\ pneu=ma to\ e)nanti£on u(poxwrei=n kai£ tou= panagi¿ou pneu/matoj th\n xa/rin e)pifoita=n. 73 Ibid., IV, 11, 7, 6-11, 231: tou/twn de\ u(po\ th=j spoudai¿aj e)launome/nwn eu)xh=j,
e)pifoita=n loipo\n to\ pana/gion pneu=ma, ai)sqhtw=j kai£ o(ratw=j th\n oi)kei¿an parousi¿an shmai=non, kai£ to/ te sw=ma th=j tw=n paqw=n kinh/sewj e)leuqerou=n kai£ th\n yuxh\n th=j e)pi£ ta\ xei¿rw r(oph=j pantelw=j a)palla/ttein, w(j mhke/ti dei=sqai loipo\n mh/te nhstei¿aj piezou/shj to\ sw=ma mh/te didaskali¿aj xalinou/shj kai£ bai¿nein euÃtakta paideuou/shj.
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dei capi nominati da Teodoreto, quale Simeone oppure che si tratti di un messaliano tout-court. Adelfio conclude la sua catechesi messaliana con le visioni ricevute dai membri della setta, quale quella della Santissima Trinità. Infine, Flaviano rivela il suo inganno e scaccia i messaliani dalla Siria ma essi riprenderanno la loro attività in Paflagonia. In un’opera apologetica, sempre di Teodoreto, l’Haereticarum compendium fabularum74, l’autore riporta in una sintesi stringata, i contenuti principali che ha riferito nell’opera precedente sui messaliani, anche se aggiunge più particolari sul significato del termine “messaliani” e riporta una lettera inviata da Letoio ad Anfilochio, nella quale richiede degli «appunti» o ypomnémata, dove vi sono le parole usate dai messaliani75. Una fonte tardiva, ma per noi molto importante è Fozio, vissuto nel IX secolo, perché attinge a documenti che non ci sono pervenuti. Fozio, nella sua Bibliotheca, fa un’esposizione molto interessante sulla nascita e sul carattere del Messalianismo, mostra di accedere a fonti diverse da quelle cui ebbe accesso Teodoreto, però, in certi casi, dà un riassunto della fonte che ha sotto gli occhi ed il suo interesse, sfortunatamente per noi, è più di carattere storico-narrativo che teologico. Tuttavia, ci fornisce delle notizie non presenti in Teodoreto: quelle su due sinodi che condannarono i messaliani, a Side ed ad Antiochia. Inoltre, aggiunge un nome nuovo a quello dei capi messaliani, elencati in Teodoreto: Eustazio di Edessa (Eustàthios Edesenòs), senza dirci altro su costui76. Il Sinodo di Side fu riunito contro i messaliani od euchiti da Anfilochio di Iconio, insieme a venticinque vescovi. Anfilochio inviò il «decreto sinodale» o epistolé synodiké a Flaviano di Antiochia, il quale a sua volta, indisse, ad Antiochia, un altro sinodo contro i messaliani, con la partecipazione di tre vescovi e di trenta fra presbiteri e diaconi77. Il pro74 75
ID., Haer. comp. fab., 4, 11, in PG 83, 430-431. Ibid., 432 C: toi=j u(p’e)kei¿nou praxqei=sin u(pomnh/masin
e)nteqeikw£j au)tw=n ta\j fwna\j, e)nargw=j dhlou/saj tou= do/gmatoj th\n diafora/n. 76 FOZIO, Bibl., 52, 12b, 27, Bibliotheque, T. I, in J. SCHAMP (par), Les Belles Lettres, Paris 1959, 37. La forma 'Edeshno£j non è però attestata, la forma corretta è ¸Edessai=oj.
Sarebbe suggestiva l’ipotesi di una corruzione in uno dei codici che ha letto Fozio, oppure di una svista dello stesso Fozio, per cui leggerebbe )Edeshno£j in luogo di Sebasth/noj, ma è tutta da verificare. 77 Ibid., 52, 12b, 7-19, 37.
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blema è che la notizia di tali sinodi è presente soltanto in Fozio e non possiamo datarli con certezza; probabilmente, si tennero negli ultimi anni del IV o nei primi anni del V secolo. Da Fozio che scorre numerose lettere di vescovi, interessati al problema, apprendiamo il nome di Sisinnio vescovo di Costantinopoli che indisse un sinodo contro i messaliani. Fozio legge le prime righe dell’Epistula di indizione del sinodo, riunito a Costantinopoli da Sisinnio, nell’anno della sua ordinazione sotto l’imperatore Teodosio II78. Il Sinodo di Costantinopoli è databile allora al 426. Fozio, quindi, arriva al decreto del Concilio di Efeso del 431, nel quale — Fozio lo ha sotto gli occhi — vi sono, prima degli anatematismi, le bestemmie ed i compendi delle dottrine messaliane, contenute nel libro detto Askétikon79. Altre fonti ci attestano l’esistenza e l’attività dei messaliani. In quelle evidenziate, il Messalianismo, all’inizio mal compreso, diventa motivo di seria preoccupazione per il discepolo di Basilio, Anfilochio di Iconio e per numerosi altri vescovi dell’Asia Minore. Anche il Codex Theodosianus, nel Decreto De Haereticis, annovera, fra gli altri, come eretici, i messaliani80. Infine, il decreto del Concilio di Efeso, menziona il libro dei messaliani, detto Askétikon. Sostanzialmente, però, il nostro interesse è relativo alle dottrine messaliane, in particolare, a quella dell’inabitazione personale dello Spirito Santo; a questo scopo, dobbiamo fare menzione delle liste, presenti nelle fonti, contenenti il compendio di queste dottrine. Abbiamo già citato la lista di Teodoreto, presente nel dialogo di Adelfio, nell’Historia Ecclesiastica, databile al 449-450 e nell’Haereticarum compendium fabularum, del 453; quella attribuita da Flaviano di Antiochia ad Euprepio, nel Contra Additiones Juliani, in siriaco, databile al 52781; quella contenuta nel De iis qui ad ecclesiam ab haereticis accedunt di Timoteo di Costantinopoli, databile al 60082; quella di Giovanni 78 79
Ibid., 52, 13a, 11-13, 38. Ibid., 52, 13a, 30-31, 39: ta\
ai(retika\ kefa/laia,.
e)n t% legome/n% au)tw=n bibli¿% a)skhtik%= bla/sfhma kai£
80 Cfr. C. Th., XVI, V, 65, 2, Code Theodosien. Livre XVI, in J. ROUGÉ (par), SC 497, I, Paris 2005, 332. 81 Cfr. C. STEWART, Working the earth of the hearth, cit., 35. 82 TIMOTEO DI COSTANTINOPOLI, De iis qui ad ecclesiam ab haereticis accedunt, in PG 86, 45-52.
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Damasceno nel suo De haeresibus, addirittura tratta dal loro libro o ek toù biblìou autoù, prima del 74983. Tralasciamo le relazioni fra le varie liste ed il loro confronto, necessario per arrivare agli Atti del Sinodo di Costantinopoli ed all’Askétikon dei messaliani84. Vediamo allora, nell’ordine in cui le troviamo nelle fonti, le dottrine messaliane. Esse sono: l’inabitazione del demonio nell’anima; l’inefficacia del Battesimo per l’espulsione del demonio; l’efficacia della sola preghiera per l’espulsione del demonio; l’inabitazione dello Spirito Santo o dello sposo celeste; la liberazione dalle passioni chiamata qualche volta anche apàtheia. A questi cinque punti dottrinali, seguono distinte, le pratiche o le dichiarazioni dei messaliani che sono: visioni e profezie; rifiuto del lavoro e desiderio di dormire; sonno eccessivo e valore profetico dato ai sogni; indifferenza verso la comunione ecclesiale e la sua struttura; il negare di essere messaliani, lo spergiuro, la prevaricazione. Interessa notare come l’apàtheia ed il sonno eccessivo, non sono presenti nella lista del Damasceno, però, l’inabitazione personale dello Spirito Santo ricorre in tutte le liste. Possiamo così affermare che il Messalianismo si presenta come un movimento che, oltre ad avere delle pratiche ascetiche, ha delle dottrine di cui ci parlano le fonti, condannate dalle autorità ecclesiastiche e che crede essenzialmente in una presenza sensibile e personale dello Spirito Santo. Dalle fonti apprendiamo che essi vantavano la preghiera, come il mezzo per eccellenza, per scacciare il demonio, possedere lo Spirito Santo ed operare la salvezza a detrimento del Battesimo e dell’Eucaristia. Come abbiamo avuto modo di rilevare, esistono nelle fonti degli indizi per postulare un contatto molto forte, se non una vera e propria identificazione, fra gli eustaziani ed i messaliani. Gli eruditi bizantini, vissuti fra il IX ed il XII secolo, consideravano i messaliani come gli eredi degli eustaziani85. Altri dotti dell’età bizantina riportano l’opinione secondo la quale i discepoli di Eustazio di Sebaste divennero messaliani; questa opinione proviene da Timoteo di Costantinopoli, databile al 600, il quale riferisce che uno dei nomi con i quali venivano chiamati i messaliani era quello di eusta83 84
53-56.
85
GIOVANNI DAMASCENO, Haer., 80, 7, in PG 94, 729-732. Per maggiori informazioni, cfr. C. STEWART, Working the earth of the hearth, cit., K. FITSCHEN, Messalianismus und Antimessalianismus, cit., 138-142.
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ziani86. Le fonti antiche, dunque, hanno raccolto e riportato nei secoli, la notizia, secondo la quale, esisteva una affinità se non una parentela, fra gli eustaziani ed i messaliani. Purtroppo, però, non abbiamo prove certe per suffragare tale tesi; l’Eustazio menzionato da Fozio, fra i capi dei messaliani, è di Edessa e non di Sebaste. Solo dallo studio attento e scrupoloso di tutta la documentazione riportata dalle fonti in nostro possesso, potremmo avere qualche speranza di fare luce su questa questione. Prendiamo in considerazione, quindi, ancora una volta, i Canoni del Sinodo di Gangra, i quali accusano gli eustaziani di riunirsi fuori dalle chiese, ossia di condurre una vita autonoma ed indipendente dalle norme ecclesiastiche, come il digiuno, le forme della preghiera liturgica, il pagamento delle decime e da quelle sociali come la famiglia, l’abbigliamento, l’acconciatura e via dicendo. Questo comportamento diventa, nelle fonti che ce ne parlano, la vita errante dei messaliani, anarchici, senza capo né legge. Una conclusione che si può trarre da questa considerazione è quella, secondo cui, i Canoni di Gangra manifesterebbero l’esistenza, presso gli eustaziani, di un Messalianismo implicito87 che, nell’Armenia, nella Paflagonia e nel Ponto del IV secolo, scardinava dall’interno, rapporti molto stretti e delicati come quelli familiari. Il movimento eustaziano potrebbe allora essere stato originato da un orientamento ascetico radicale, di probabile origine encratita, diffuso in Siria e recepito da Eustazio di Sebaste nella sua philosophìa monastica. L’origine siriaca di quell’orientamento non avrebbe impedito ad Eustazio di elaborare una originale forma di vita ascetica, nonché una propria identità dottrinale, condivise entrambe per anni dallo stesso Basilio. Proprio Basilio di Cesarea con il Piccolo Askétikon, ci permette di gettare nuova luce su questo problema. L’erotapòkrisis 207 pone la questione della necessità del lavoro manuale, agitata in Epifanio proprio riguardo ai messaliani. Si può allora osservare come nel 360 o poco dopo, all’interno delle fraternità ascetiche del movimento eustaziano, si agitasse la questione della ripulsa del lavoro manuale, questione squisitamente messaliana, presentata come tale in tutte le fonti antiche che ci parlano del Messalianismo ed in quelle più tarde. Basilio risponde con il Vangelo e con Paolo, mostrando come, proprio la sollecitudine raccomandata dal Signore
TIMOTEO DI COSTANTINOPOLI, De iis qui ad ecclesiam ab haereticis accedunt, in PG 86,48; cfr. K. FITSCHEN, Messalianismus und Antimessalianismus, cit., 139. 87 K. FITSCHEN, Messalianismus und Antimessalianismus, cit., 140: «Insofern ist in die Verurteilungen von Gangra eine Vorverurteilung des Messalianismus impliziert.». 86
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per i piccoli, sia un lavoro. Ancora, l’erotapòkrisis 204 contiene una domanda precisa e cioè quella su come essere sicuri di partecipare degnamente allo Spirito Santo88. La domanda richiama l’esperienza sensibile dello Spirito Santo, condannata nelle liste degli errori messaliani ed in Teodoreto89. Basilio risponde che, finché non si compie tutta l’osservanza dei comandamenti, non si può diventare degni di ricevere lo Spirito Santo. Ancora, l’erotapòkrisis 201, contiene la domanda sul modo in cui pregare senza distrazioni, richiamando chiaramente il tema messaliano della preghiera continua90. Basilio risponde che, come alla presenza di un principe non siamo colti da distrazioni, così, alla presenza del Signore, dobbiamo sentirci sempre dinanzi al suo sguardo. Nell’erotapòkrisis 75, alla domanda se è Satana la causa di ogni peccato, Basilio risponde, insistendo sulle passioni proibite e sugli impulsi naturali dell’uomo che lo inducono a peccare, richiamando il tema dell’inabitazione di Satana nell’anima, tema presente nelle liste degli errori messaliani91. Interessa notare come non sono le domande, quanto piuttosto le risposte di Basilio, a far percepire la presenza degli elementi di quella dottrina, nota nelle fonti come Messalianismo. L’inabitazione dello Spirito Santo, la preghiera continua, la svalutazione del lavoro manuale, l’inabitazione dei demòni malvagi nell’anima, sono tutti temi che si ritrovano nelle Regulae basiliane, composte fra il 360 ed il 370 e nelle liste degli errori messaliani più tarde che attingono le loro informazioni all’askétikon dei messaliani, documento usato dai padri conciliari, presenti nel Concilio di Efeso del 431, nel quale i messaliani furono condannati. Il Messalianismo, allora, non sarebbe soltanto implicito ma sarebbe presente nella pratica e nella vita comunitaria degli eustaziani del IV secolo. In definitiva, gli eustaziani sarebbero i messaliani, quest’ultimo nome si sarebbe imposto in un secondo momento. La defezione di Aerio ed il suo ritiro nelle foreste con i suoi discepoli, può essere l’indizio di una difficoltà molto seria, avvertita all’interno del movimento eustaziano, quella di trovare alla propria ascesi radicale una collocazione precisa nella chiesa locale. L’episodio di Aerio potrebbe essere
Reg. Brev. Tr., 205, in PG 31, 1217 B. TEODORETO DI CIRRO, Haer. comp. fab., 4, 1, in PG 83, 429-432. 90 Reg. Brev. Tr., 201, in PG 31, 1216 BC e TIMOTEO DI COSTANTINOPOLI, De iis qui ad ecclesiam ab haereticis accedunt, in PG 86, 45-52. 91 Ibid., 75, in PG 31, 1216 BC e TEODORETO DI CIRRO, Haer. comp. fab., in PG 83, 429432; TIMOTEO DI COSTANTINOPOLI, De iis qui ad ecclesiam ab haereticis accedunt, in PG 86, 45-52. Vedi anche infra: Il rapporto fra lo Ps.-Macario e Basilio di Cesarea, cap. IV, n. 15. 88 89
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la spia di un malessere profondo, dovuto alla mancanza di una forte visione ecclesiologica da parte degli eustaziani. Tutti questi dati mostrano come i più importanti temi messaliani siano già formati e presenti nelle fraternità ascetiche eustaziane, negli ultimi decenni del IV secolo; soprattutto, sono presenti all’attenzione di Basilio di Cesarea, ancora discepolo di Eustazio di Sebaste. Sempre attraverso lo studio delle fonti, appare evidente come un elemento peculiare della dottrina dei messaliani fosse l’esperienza sensibile dello Spirito Santo. Anche quest’ultimo dato, se accostato al problema della divinità dello Spirito Santo che tanta importanza giocò nella rottura dei rapporti fra Eustazio di Sebaste e Basilio di Cesarea, potrebbe portarci, come cercheremo di dimostrare, a rischiarare il problema degli scritti appartenenti al Corpus dello Ps.-Macario Egizio92.
92 Cfr. C. BOSINIS, Two platonic images in the rhetoric of John Chrysostom: “The wings of love” and “the charioteer of the soul”, in SP 46, 437-438, il quale evidenzia un dato significativo riguardante Giovanni Crisostomo; questi, infatti, nella sua predicazione, riserva una grande importanza all’inabitazione dello Spirito Santo, esprimendo questa importante verità con gli strumenti della retorica classica e con l’immaginario della filosofia antica, soprattutto di quella platonica, attingendo, in particolare, al Fedro di Platone. Anche il Crisostomo, dunque, tiene presente, nella sua opera, l’inabitazione personale dello Spirito Santo.
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CAPITOLO II
LA VITA DI MACARIO EGIZIO E LE OPERE POSTE SOTTO IL SUO NOME PREMESSA
Chi è lo Ps.-Macario Egizio? La domanda dovrebbe porsi in maniera diversa, nel rispetto della serietà degli studi attuali che privilegiano l’esame delle fonti antiche. Ovvero, il profilo dell’autore degli scritti posti sotto il nome di Macario, si può far coincidere, senza problemi, con quello che emerge dall’esame degli Apophthégmata Patrum che ci parlano di un Macario, monaco anacoreta dalla fama indiscussa, detto l’Egiziano, abate dell’eremo di Sceti, nell’alto Egitto? Sotto il profilo attribuzionistico, la continua menzione della presenza personale dello Spirito Santo e della sua esperienza nell’anima, nel Corpus pseudomacariano in lingua greca, può guidare la nostra indagine non solo all’interno dell’ambiente geografico, storico e teologico ma anche all’interno delle fonti antiche che ci parlano di Macario. La tradizione manoscritta rivela la vasta diffusione che i testi a lui attribuiti hanno conosciuto in epoche ed in aree distanti e diverse fra loro. Proprio un testo come l’Epistola Magna presenta problemi testuali, riguardanti la sua trasmissione, il cui studio ci mette sulle tracce dei circoli ascetici radicali, quali i messaliani, che Gregorio Nisseno tentò di riguadagnare all’ortodossia. Il documento di questo tentativo, politico ed ecclesiastico insieme, sarebbe il De Instituto Christiano, la cui redazione adatterebbe ed in parte “normalizzerebbe” la teologia mistica contenuta nell’Epistola Magna, in particolare quella dottrina dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, peculiare negli scritti dello Ps.-Macario, che tanti problemi pone ad una pacifica attribuzione del De Instituto al Nisseno. La situazione politica ed ecclesiastica che si viene a creare in Asia Minore nel IV secolo, induce dunque i due cappadoci, Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa, a prendere posizione nella discussione che sembra focalizzarsi su un argomento comune: il ruolo santificatore dello Spirito nella vita ascetica e nella santificazione del cristiano.
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1. LA QUAESTIO DEI DUE MACARII
Il nome di Macario, o Makàrios, «il Beato», è comune fra gli antichi monaci; fra quelli che abitavano il deserto egiziano nel IV secolo e si chiamavano con questo nome, ricordiamo: a) Macario di Pispir dal nome del monastero di S. Antonio sulle rive del Nilo: questi fu uno dei discepoli che secondo la tradizione seppellirono s. Antonio, il “Padre dei monaci”1. b) Macario il Giovane, che espiò nel deserto un omicidio, commesso in gioventù, nella regione di Alessandria2. c) Un Macario fra i primi monaci pacomiani, abate del monastero di Pachmoum3. d) Macario detto l’Egiziano o il Grande, iniziatore della vita monastica a Sceti. e) Macario detto l’Alessandrino o il Cittadino, o politikòs, che fu monaco a Celle o Kellìa. Questi ultimi due erano i Macarii più famosi per i loro miracoli e la loro fama di santità; ma le fonti relative all’Egiziano ed all’Alessandrino, in alcuni luoghi, mostrano purtroppo di confondere i due monaci. Abbiamo a nostra disposizione gli Apophthégmata Patrum, pervenuti in una collezione di apoftègmi, dei quali 41 sono attribuiti all’Egiziano e soltanto 3 all’Alessandrino4. Occorre notare, però, come almeno 2 apoftègmi, posti sotto il nome di Macario Egizio, sono in realtà dell’Alessandrino5. Lo stesso dicasi per gli apoftègmi compresi nella serie posta sotto il nome dell’Alessandrino, nella quale solo il primo precisa la sua attribuzione all’«Abate Macario il Cittadino», gli altri recano solamente «Abate Macario». Le altre collezioni e versioni di apoftègmi sono di poco aiuto per operare una distinzione sicura sotto il profilo attribuzionistico6. Per meglio distinguere i due personaggi è disponibile la fonte più antica fra
1 PALLADIO, Historia Lausiaca, 21, in C. BUTLER (ed.), The Lausiac History of Palladius, II, TS VI, 2, Cambridge 1904, 64. 2 Ibid., 17, in C. BUTLER (ed.), The Lausiac History of Palladius, cit., 39. 3 F. HALKIN (par), Vita Prima, in Sancti Pachomii Vitae Graecae, Bruxelles 1932, 78. 4 Collezione alfabetica di apoftegmi edita da J.B. COTELIER, in PG 45, 71-442. 5 A. GUILLAUMONT, Le problème des deux Macaires dans les Apophthegmata Patrum, in Irenikon 48 (1975), 43. 6 Occorre notare, però, come quelli dell’Egiziano compaiono sotto il solo nome di Macario, quelli dell’Alessandrino, invece, non figurano né nella versione siriaca compresa nel Paradiso di Enanisho né nelle versioni latine. Infine, nel Paterikón etiope, «Macario
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quelle in nostro possesso relative all’identità dei due Macarii, cioè l’Historia Monachorum in Aegypto. È la relazione di un viaggio compiuto in Egitto, durante l’inverno del 394-395, da un gruppo di monaci e redatta in greco poco dopo, senza dubbio da uno di loro7. Dalle parole iniziali, però, il lettore può accorgersi che l’opera fa confusione fra i due Macarii. Un dato sicuro tuttavia esiste: colui il quale inaugura la vita monastica a Sceti è l’Egiziano. Le cose però si complicano ulteriormente, per il fatto che esiste una versione latina di Rufino dell’Historia citata, ove alcuni aneddoti che, nel testo greco, sono attribuiti all’Egiziano, sono posti, invece, sotto il nome dell’Alessandrino8. Rufino conosceva bene gli ambienti monastici della Nitria e di Sceti, per i quali passò nel 374 mentre si recava in Palestina; fino a quel momento i due Macarii vivevano ancora e Rufino stesso ci assicura di averli conosciuti personalmente9. La versione rufiniana ci apparirebbe pertanto, più affidabile della versione greca, nella quale l’autore non mostra di conoscere i due monaci che per sentito dire. Un’altra fonte importante per noi è l’Historia Lausiaca di Palladio10. Questi tiene a precisare che non ha mai incontrato Macario Egizio, il quale, come afferma: «Era morto un anno prima del mio arrivo nel deserto»11. Palladio è sbarcato ad Alessandria nel 387 — data che egli stesso ci forni-
l’Alessandrino» esiste sotto il solo nome di Macario, come è il caso di quelli dell’Egiziano dispersi nella collezione. 7 RUFINO, Historia Monachorum, in E. SCHULZ-FLÜGEL (hrsg.), PTS 34, Berlin 1990, 365-375. Il cap. 28 è dedicato a «Macario, il discepolo di Antonio», si intende cioè l’Egiziano; il cap. 29 è invece dedicato a «Macario il Cittadino». 8 È possibile che certe differenze siano dovute al fatto che Rufino, il traduttore latino, disponesse di un testo greco differente da quello che ci è pervenuto. D’altra parte è verosimile pensare che Rufino abbia fatto delle aggiunte al testo che egli ha tradotto e lo abbia perfino corretto in certi luoghi, cfr. A. GUILLAUMONT, Le problème des deux Macaires dans les Apophthegmata Patrum, cit., 45. 9 RUFINO, H.E., II, 4, in P.R. AMIDON (transl.), The Church History of Rufinus of Aquileia, Oxford 1997, 64. 10 PALLADIO, Hist. Laus., 17-18, in C. BUTLER (ed.), The Lausiac History of Palladius, cit., 43-58. Il cap. 17 è dedicato all’Egiziano, il cap. 18 invece all’Alessandrino. 11 PALLADIO, Hist. Laus., 18, in C. BUTLER (ed.), The Lausiac History of Palladius, cit., 47: th=j eÃrhmon ei)so¿dou, da intendersi come «ingresso in solitudine». Sull’esatto significato di questa espressione cfr. E. AMELINEAU, Histoire des Monastéres de la Basse Egypte, 25, Paris 1894, Introduction, XXXIII. Infatti, non si comprende bene se, con questa espressione, debba intendersi il suo sbarco ad Alessandria ed il suo arrivo in Egitto oppure il suo arrivo a Celle.
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sce con precisione —12 ed arriva a Celle nel 391, dopo un anno trascorso nella Nitria e tre ad Alessandria13. La morte di Macario Egizio si collocherebbe dunque nel 390 oppure nel 386. Lo stesso Palladio afferma che: «Io ho incontrato l’altro Macario, l’Alessandrino, quando era monaco in quel luogo chiamato Le Celle»14.
Egli poi aggiunge che vi dimorò per nove anni — in tre dei quali visse con l’Alessandrino — lasciando intendere fino alla morte di questi. La morte dell’Alessandrino si collocherebbe dunque nel 394 oppure nel 400; Palladio mostra di averlo conosciuto bene: «Ed io ho visto queste cose, altre le ho ascoltate da lui stesso, altre ancora le ho apprese da altri»15.
Vi è da credere che si tratti di una testimonianza diretta. Alcuni aneddoti sono comuni alle tre fonti, finora considerate, altri, invece, sono comuni all’Historia Lausiaca e ad una sola recensione dell’Historia Monachorum. In questo caso, si può avere, quanto all’attribuzione, accordo o disaccordo fra le due fonti16. È interessante tuttavia notare come le collezioni di apoftégmi offrano poche notizie in comune con quelle contenute nell’Historia Monachorum e nell’Historia Lausiaca, sui due Macarii. La grande fama goduta da entrambi i personaggi dovuta agli innumerevoli miracoli compiuti e raccontati dalle fonti a nostra disposizione, il fatto che portassero lo stesso nome17, che vivessero nella stessa epoca, in luoghi vicini18 e che si sono inoltre conosciuti19 fa comprendere facilmente
Ibid., 15. Ibid., 24. 14 Ibid., 47. 15 L.c. 16 Per esempio l’aneddoto della iena di cui Macario guarisce il piccolo che era cieco, è attribuito nell’Historia Lausiaca all’Alessandrino, nella recensione greca dell’Historia Monachorum all’Egiziano. 17 RUFINO, Hist. Mon., 28, 1, 2, in E. SCHULZ-FLÜGEL (hrsg.), PTS 34, cit., 365: quibus ut vocabula nominis, ita virtutes animi et coelestium gratiarum magnificentia concordabat. 18 PALLADIO, Hist. Laus., 18, in C. BUTLER (ed.), The Lausiac History of Palladius, cit., 47. 19 Vedi l’Apoftegma Magario Egizio 21, in J.B. COTELIER (par), in PG 45, 270D ed Hist. Mon., 28 greca e latina. 12 13
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come i dati della tradizione possano essersi confusi sino ad ingarbugliarsi in maniera apparentemente inestricabile20. Un altro testimone che ha conosciuto personalmente i due Macarii è Evagrio Pontico. Egli visse a Celle durante gli anni in cui l’Alessandrino vi era monaco e — secondo quanto egli stesso dice — conobbe l’Egiziano che andava a visitare nell’eremo di Sceti, sito alla distanza di 40 km. da Celle. L’opera di Evagrio, i Capita Practica ad Anatolium, composta prima del 399, anno della morte dell’autore, termina con una collezione di apoftégmi. Sono soltanto una decina di detti, ma presentano un grande interesse perché costituiscono la più antica collezione di apoftégmi che ci sia pervenuta21. Il primo apoftégma è attribuito al «vegliardo egiziano Macario», espressione designante, a colpo sicuro, l’Egiziano22. Alcune delle formule usate da Evagrio si ritrovano in apoftégmi, attribuiti all’Egiziano, ma appartenenti a collezioni diverse23. Altrove vi è un’eco dell’insegnamento di Antonio24, del quale Macario Egizio è detto il discepolo; un apoftégma della collezione sembra riferirsi a Macario l’Alessandrino25. Vi sono altre fonti che parlano dei due Macarii, più tardive, ma che possono essere state desunte da altre più antiche che non ci sono pervenute. Una di queste è Socrate26, che ci fornisce un dettaglio unico non documentato da altri, sulla personalità dell’Egiziano. Socrate, infatti, ci informa che, mentre l’Alessandrino era solito charientìzesthai, in altre parole, «scherzare», «conversare amabilmente» con i giovani aspiranti alla vita ascetica, l’Egiziano era invece «serio», «grave» o austeròs. Atanasio scrive che Antonio, nonostante i lunghi anni trascorsi in solitudine, non aveva
20 A. GUILLAUMONT, Le problème des deux Macaires dans les Apophthegmata Patrum, cit., 49. 21 L.c. 22 EVAGRIO, Capita Practica ad Anatolium, 93, in A. e C. GUILLAUMONT (par), SCh 171 II, Paris 1971, 697. Adattamento dell’Apoftégma 36 della serie alfabetica edita da J.B. COTELIER, in PG 45,277. 23 Per esempio, la formula evagriana: «Avere il pensiero della morte davanti agli occhi ogni giorno», compare anche in un apoftégma posto sotto il nome di «Macario il Grande», dunque l’Egiziano ed appartenente ad una serie edita da Poussines, in PG 34, 233A. 24 Cfr. ATANASIO, Vita Antonii, 19, in G.J.M. BARTELINK (par), SCh 400, Paris 1994, 185-186. 25 L’apoftégma lo chiama infatti t%¤ a)gi/% patri\ Makari/% ed è generalmente così che Evagrio chiama l’Alessandrino; allo stesso modo lo chiama nell’ )Antirretikòn, IV, 23, 58 e VIII, 26, cfr. A. GUILLAUMONT, Le problème des deux Macaires dans les Apophthegmata Patrum, cit., 52. 26 SOCRATE, H.E., IV, 23, 252.
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maniere rozze da contadino, ma si mostrava «gentile ed urbano» nei modi o charìeis kai politikòs27. Politikòs è precisamente l’appellativo dato a Macario l’Alessandrino, detto anche il «cittadino», o politikòs. La parola impiegata da Socrate designa quindi l’amabilità, l’urbanità che caratterizza teoricamente, il cittadino in confronto al contadino. Secondo questo criterio, peraltro piuttosto esteriore, si può tentare di attribuire ora all’uno ora all’altro, gli apoftégmi mancanti di una ulteriore specificazione28. Un’ultima fonte di informazione sui due Macarii è rappresentata da un dossier copto29 contenente una collezione di apoftégmi attribuiti all’Egiziano. Di queste attribuzioni, però, non ci si può fidare molto, giacché parecchi apoftégmi nelle altre collezioni sono posti sotto il nome dell’Alessandrino30. Sempre nel dossier troviamo una raccolta di Virtù di Macario, sempre in lingua copta che mette insieme testi di provenienza diversa, come ad esempio, brani tratti dalle Homiliae Spirituales. Vi abbiamo, infine, anche una Vita di Macario, il padre dei monaci di Sceti, attribuita a Serapione di Thmuis31. L’autore di questa Vita insiste molto sui rapporti fra Antonio e Macario Egizio arrivando a fare di quest’ultimo, uno dei due discepoli che seppellirono il Santo32. Tutta la Vita tende a sottolineare l’intimità del rapporto che univa i due monaci. Secondo la Vita, infatti, Macario Egizio si recava in visita da Antonio due volte al mese; anche se questo dato solleva un grave problema cronologico, è comunque da tenere presente, se si vuole valutare il monachesimo di Sceti. La medesima vita copta ci fornisce notizie interessanti sulla giovinezza di Macario Egizio, sul villaggio dove trascorse la sua infanzia, Tchitchber, nella valle del Nilo, poco lontano da Ouadi-Natroun, cioè Sceti. Vi si narra come il giovane Macario praticasse il mestiere di cammelliere — donde l’epiteto di “Macario il cammelliere” — e di come contrabban-
ATANASIO, Vita Ant., 73, 4, , in G.J.M. BARTELINK (par), SCh 400, cit., 322. In un apoftégma, per esempio, l’Alessandrino ha l’idea di porre il cibo in un recipiente dal collo lungo e stretto. 29 E. AMELINEAU, Histoire des Monastéres de la Basse Egypte, cit., 47-118; 119-208. 30 Per esempio gli Apoftégmi 4 e 26, cfr. A. GUILLAUMONT, Le problème des deux Macaires dans les Apophthegmata Patrum, cit., 57. 31 Tale attribuzione è indifendibile, poiché Serapione è morto prima di s. Antonio, la cui morte è raccontata nell’opera. Dal momento che allude alla dominazione araba, è manifestamente un documento tardivo, si può datare quindi all’VIII secolo, cfr. E. AMELINEAU, Histoire des Monastéres de la Basse Egypte, cit., 172-173. 32 È qui una evidente confusione con Macario di Pispir, vedi supra. 27 28
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dasse il sale. La Vita annovera ancora un episodio rimasto famoso ed entrato a far parte del Synaxàrion33. Dopo aver sintetizzato la quaestio dei due Macarii, così come si presenta oggi alla critica moderna, mostrando come non sia del tutto impossibile sbrogliare i dati della tradizione su due personalità in effetti tanto simili da confondersi, vogliamo ora concentrarci sulla figura di Macario Egizio per attingere alle stesse fonti ulteriori notizie. A detta di Socrate, Macario Egizio era nato poco prima del 300 nell’alto Egitto34, donde partì all’età di trent’anni quando era diventata grande la sua fama di santità. Sembra quindi che si sia ritirato nell’eremo di Sceti, nel quale, a detta di Palladio, sarebbe rimasto fino al novantesimo anno di età35. Sempre Palladio ci informa che egli superò prematuramente i monaci che abitavano allora l’eremo di Sceti, per virtù ascetiche, al punto che per la sua saggezza e la sua virtù era chiamato paidarioghèron, puer senex, evidenziando la sua precocità. Un’altra fonte finora non considerata, Sozomeno ci informa che fu ordinato presbitero, fra i monaci di Sceti all’età di quarant’anni36. Rufino, invece, ci informa che, morto Atanasio, nel quarantaseiesimo anno del suo sacerdozio, il vescovo ariano di Alessandria Lucio, scatenò una persecuzione contro i padri del deserto; questo avvenimento deve porsi dunque nel 373, data della morte di Atanasio37. Riguardo a questa persecuzione, Socrate e Sozomeno ci informano che Macario Egizio si rifugiò nella regione chiamata Bucoli o Elearchia a Nord del Delta38.
33 È il celebre aneddoto della ragazza rimasta incinta, che accusa Macario di essere il padre del nascituro; Macario viene così scacciato dagli abitanti del villaggio, vicino al quale viveva da eremita. Giunto il momento del parto, le doglie con i dolori si prolungano oltre il dovuto, finché la ragazza confessa il vero nome del padre, scagionando Macario da ogni accusa. Il bambino viene così alla luce immediatamente. 34 SOCRATE, H.E., IV, 23, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 63, cit., 252: o( meÜn e)k th=j aÃnw Ai)gu¿ptou hÂn. 35 PALLADIO, Hist. Laus., 18, in C. BUTLER (ed.), The Lausiac History of Palladius, ( aka¿rioj Ai)gu¿ptioj) oÀj eÃzhse taÜ su¿mpanta eÃth e)nnenh¿konta e)k tou¿twn e)n t$= e)rh¿m% cit., 44: M pepoi¿hken e(ch¿konta eÃth triakontaethÜj a)nelqwÜn ne¿oj. 36 SOZOMENO, H.E., III, 14, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, cit., 118: kaiÜ tessara¿konta eÃth gegono¿ta xeirotonhqh=nai presbu¿teron. 37 RUFINO, H.E., II, 2.4, in P.R. AMIDON (transl.), The Church History of Rufinus of Aquileia, 64; 66. 38 SOCRATE, H.E., IV, 24, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 63, cit., 257: )Ecwri¿zonto ouÅn oi( aÃndrej ei)j nhso¿n tina hÀtij ou(de¿na tw=n Xristianw=n eiÅxen oi)kh¿tora; SOZOMENO, H.E., VI, 24, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 50, cit., 268-270: e)iso¿te dhÜ nu¿ktwr au(tou¿j sullabo¿menoi dih¿gagon ei)j Ai)gupti¿an tinaÜ nh=son u(poÜ limnw=n kukloume¿nhn.
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2. LA QUAESTIO DELLE OPERE ATTRIBUITE A MACARIO EGIZIO
Dopo avere interrogato le fonti circa l’identità di Macario Egizio o Macario il Grande, abate dell’eremo di Sceti nell’alto Egitto, vogliamo dedicarci ad un’altra quaestio non meno interessante, riguardante la paternità delle opere poste sotto il suo nome. La conclusione cui è pervenuta la moderna filologia, agli inizi del ’900, consiste nell’impossibilità di attribuire il considerevole Corpus degli scritti posti sotto il suo nome, al monaco di Sceti, testi molto letti nel corso dei secoli, come le Homiliae Spirituales e l’Epistola Magna. Le obiezioni più importanti alla paternità macariana provengono proprio dalla dottrina ascetica di queste due opere. In primo luogo, la demonologia di cui parlano le Homiliae Spirituales differisce completamente da quella che fa parte integrante della vita ascetica dei padri del deserto e di quelli egiziani in particolare39. Basta leggere la Vita Antonii, per rendersi conto di come lì i demòni siano delle presenze reali che tentano di distogliere il monaco dalle sue pratiche ascetiche40. I demòni delle Homiliae Spirituales non hanno invece una consistenza reale, sono piuttosto una presenza psichica, sono poneròi loghismòi, vale a dire i «pensieri cattivi» che inabitano nelle anime degli uomini. Inoltre, gli apoftégmi insistono sulla rinunzia ai beni mondani come vertice supremo dell’ascesi e non sull’apàtheia, tratto peculiare alle Homiliae Spirituales, nelle quali è significativamente presente. Il disaccordo più grave, però, che si riscontra fra gli apoftégmi e le Homiliae Spirituales è proprio il contenuto centrale di tutta la dottrina degli scritti posti sotto il nome di Macario Egizio, cioè quell’unione mistica dell’uomo con Dio e con la grazia dello Spirito Santo, operante negli uomini, che è completamente assente negli apoftégmi. Non sembra poi verosimile che le Homiliae che presentano riferimenti molto stretti al pensiero stoico e peripatetico siano state scritte da un monaco di Sceti, tanto più che negli apoftégmi che possono essere riferiti direttamente al pensiero di Macario Egizio non si trova alcun accenno a queste idee filosofiche. Inoltre, non è facile spiegare da chi Macario, che fino a trent’anni era vissuto nell’alto Egitto, come semplice cammelliere e contrabbandiere di
C. FLEMMING, De Macariis Scriptis Aegyptii Quaestiones, Officina Academica Dieterichiana, Göttingen 1911, 21. 40 ATANASIO, Vita Ant., 9. 51, in G.J.M. BARTELINK (par), SCh 400, cit., 159-163; 273275. 39
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sale e poi si era ritirato per sessant’anni fino alla sua morte nell’eremo di Sceti, abbia potuto apprendere elementi di filosofia stoica41. Il sostegno più importante a questa conclusione può venire soltanto dall’escussione delle fonti, fra le quali le più importanti, come abbiamo visto, sono le opere di Palladio e di Rufino. Poiché nessuno dei due autori ricorda alcuno scritto di Macario, né fa accenno a studi filosofici da lui compiuti, si è indotti a dubitare dell’esistenza di scritti dell’abate di Sceti. Se, infatti, tali scritti fossero esistiti sarebbero certamente stati citati dalle fonti e dato che queste hanno dato tanto risalto ai miracoli, non avrebbero taciuto la sua dottrina spirituale. Abbiamo l’esempio di Evagrio Pontico, tutte le opere del quale sono citate da Palladio e da Rufino. Se si passano in rassegna tutti gli altri autori, Cassiano, Socrate, Sozomeno, Niceforo, non vi troviamo alcuna menzione di scritti attribuiti all’Egiziano. Non ne parlano nemmeno gli autori che sarebbero i più qualificati a farlo, come Gerolamo ed Evagrio. I grandi padri cappadoci, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo sembrano ignorare l’esistenza di homiliae e di epistule attribuite a Macario42. Il Lexicon di Suda che spesso parla di opere che non ci sono pervenute, non fa menzione di opere di Macario Egizio; eppure, nel capitolo dedicato ai due Macarii, ricorda quelle di Evagrio Pontico loro discepolo43. Solamente Gennadio di Marsiglia parla di uno scritto di Macario Egizio44. Assemani ricorda la testimonianza di Isacco di Ninive che visse sul finire del VI secolo d.C.; il nome di Macario compare fra le fonti da lui utilizzate45.
C. FLEMMING, De Macariis Scriptis Aegyptii Quaestiones, Officina Academica Dieterichiana, cit., 23. 42 Ibid., 25. 43 A. ADLER, Suidae Lexicon, III, Stuttgardiae 1967, 309-310. 44 GENNADIO, De Vir. Inl., X, in E.C. RICHARDSON (hrsg.), Leipzig 1896, 64-65: Macarius … unam tantam Ad Iuniores professionis suae scripsit epistulam in qua docet illum perfecte posse Deo servire qui conditionem creationis suae cognoscens ad omnes semetipsum inclinaverit labores ut luctando atque Dei auxilium adversus omnes quod, in hac vita suave est implorando, ad naturalem quoque perveniens puritatem, continentiam velut naturae debitum munus obtinuerit. L’epistula di cui parla Gennadio non può essere considerata l’Epistola Magna, posta sotto il nome di Macario che ha una tradizione più complessa e che merita una trattazione a parte, ma una epistula in latino, destinata ai novizi della vita ascetica ed indirizzata Ad Iuniores. 45 G.S. ASSEMANI, Bibliotheca Orientalis, I, Typis Sacrae Congregationis de Propaganda Fide, Romae 1719, 448. La fonte che va sotto il nome di Macario potrebbe però essere rappresentata dagli apoftégmi, e da questi, come abbiamo visto, non possiamo trarre alcuna testimonianza sull’esistenza di scritti di Macario Egizio. 41
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Una testimonianza antichissima sull’esistenza delle Homiliae Spirituales e sulla loro diffusione negli ambienti monastici dell’Egitto ed in particolare proprio in quello di Sceti, verso la fine del V secolo, è offerta da uno scritto dell’abate Isaia che visse in solitudine nello stesso eremo di Macario Egizio; infatti, la fonte di alcune immagini e metafore presenti nell’Oratio XXV di Isaia sembra sia da ricercarsi nelle Homiliae Spirituales46. Prima della scoperta dei riscontri testuali in Isaia, la testimonianza più antica, riguardo alle Homiliae Spirituales, risaliva al X secolo, attestata da Simeone Logoteta; si aggiungano, poi, le tardive testimonianze del patriarca antiocheno Giovanni, che visse intorno all’anno 1100 e delle inscriptiones dei codici vergati nel XIII secolo47. Un ulteriore argomento contro l’attribuzione a Macario Egizio è quello della lingua. Macario infatti doveva parlare il copto, mentre le Homiliae Spirituales sono scritte in lingua greca, salvo che non si pensi ad una traduzione dal copto in greco, fatto questo che sembrerebbe improbabile. L’argomento più convincente contro l’attribuzione all’Egiziano è il genere di vita dei monaci che sembrano essere i destinatari diretti delle nostre Homiliae. Le consuetudini dei monaci del deserto egiziano ci sono note attraverso le testimonianze di Palladio e di Rufino, che, come sappiamo, si trattennero a lungo in quelle regioni. Essi vissero per parecchio tempo con monaci anacoreti, che avevano rifiutato ogni contatto con il mondo civilizzato, abitando nella propria cella da soli o in due. Soltanto la domenica, essi si radunavano in chiesa, sotto l’autorità del presbitero, eletto fra i più anziani fra loro e dal quale accettavano i sacramenti48. I monaci dell’eremo di Sceti sono degli anacoreti: per questo motivo, non possono essere accostati agli asceti retti da una regula ben definita, elaborata e stabilita successivamente. Nelle Homiliae Spirituales è descritta molto bene la vita condotta dal loro autore che si svolgeva all’interno di una comunità chiusa, più vicina al modello delle fraternità basiliane che all’ascesi
46 Cfr. ISAIA, Oratio, 25,10 e MACARIO EGIZIO, )Omili¿a, 14, 6-7 (Coll. II); Or. 25, 11 ed Om., 30, 5; Or., 25, 12 ed Om., 32, 6; Or., 25, 17 ed Om., 45, 7; Or., 25, 19 ed Om., 33, 2; Or., 25, 24 ed Om., 5, 6, in R. DRAGUET (par.), CSChO, 294, Script. Syri, 123, Louvain 1968, 425-446. Per maggiori informazioni si rimanda a L. VILLECOURT, La Grande Lettre Grecque de Macaire, ses formes textuelles et son milieu litteraire, in ROC 22 (1921) 54-56. 47 Fa eccezione il Parisinus Gr. 973 (X) copiato senza dubbio nel 1044-1045 che è il solo manoscritto greco anteriore al XIII secolo. Per maggiori informazioni si rimanda a H. BERTHOLD, Makarios/Symeon. Reden und Briefe. Die Sammlung I des Vaticanus Graecus 694 (B), GCS, I-II, Berlin 1973, Einleitung, I, XXXIV. 48 RUFINO, Hist. Mon., 20, 1, in E. SCHULZ-FLÜGEL (hrsg.), PTS 34, cit., 354.
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anacoretica di Macario Egizio. L’abate esige dai fratelli la totale rinunzia ai beni del mondo e l’obbedienza assoluta alla regola monastica49. Le stesse osservazioni si possono fare anche per l’Epistola Magna; ad esse bisogna aggiungere quelle inerenti il ruolo dei proestòtes, «superiori», ai quali i monaci devono rendere obbedienza50. Altre importanti osservazioni provengono dalla pneumatologia contenuta negli scritti pseudomacariani. Il dono dello Spirito Santo invocato dallo Ps.-Macario è caro anche alla spiritualità siriaca e si ritrova nel Liber Graduum, dove troviamo anche la concezione spiritualizzata della Chiesa51. Sembra non identificarsi però, con il sacramento della confermazione, quanto piuttosto con il Battesimo e l’Eucaristia. Il Battesimo — poiché azione dello Spirito Santo — e l’Eucaristia — poiché comunione mistica al corpo ed al sangue di Gesù sull’altare — introducono il cristiano nella «comunione mistica» o koinonìa mystiké della Chiesa, ovvero comunione nascosta ed invisibile all’esterno, ma autentica, operante ed attiva nel cuore. Due dati interessanti che riteniamo debbano essere rilevati sono: la presenza dell’Askétikon basiliano, nei testimoni della tradizione manoscritta della Collezione I e quella del capitolo IX del De Spiritu Sancto, nei manoscritti della Collezione III52. Questi dati potrebbero suggerire che già gli antichi avevano notato la parentela dei testi pseudomacariani con l’opera ascetica del Cappadoce ed in particolare con il De Spiritu Sancto di Basilio di Cesarea. Il contenuto degli scritti dello Ps.-Macario ci riporta agli ambienti delle comunità monastiche, in cui i monaci o i giovani aspiranti alla vita ascetica ascoltavano le conferenze dell’abate. In particolare, nelle erotapokrìseis ponevano ai loro superiori, domande di carattere dottrinale, ma anche problemi ascetici e morali, inerenti alla preghiera, all’umiltà, alla pratica delle virtù. Proprio questi caratteri ci riportano all’ambiente ed all’epoca in cui nacque l’Askétikon di Basilio, redatto in forma di erotapokrìseis per rispondere alle domande ed ai problemi posti da alcuni ambienti
Cfr. Omili/ai, 1, 3, 7, 11, 15, 17, 18, 27, 40, 49, (Coll. II), in H. DÖRRIES (hrsg.), Die geistlichen Homilien des Makarios, PTS 4, Berlin 1964. 50 Cfr. Ep. Magna, 6, 4, 24; 6, 5, 43, in R. STAATS (hrsg.), Makarios-Symeon. Epistola Magna, Göttingen 1984, 126. 128. 51 V. DESPREZ, L’Eucharistie d’après le Pseudo-Macaire et son arrière-plan syrien, in EOr 7 (1990) 217. 52 ID., Les relations entre le Ps.-Macaire et S. Basile, in SA 70 (1977) 208-211. 49
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cristiani rigoristi dell’Asia Minore, intorno alla metà del IV secolo, identificabili con i circoli dei discepoli di Eustazio di Sebaste, oppure con gli ambienti messaliani, con i quali anche lo Ps.-Macario può aver avuto dei rapporti53. L’Askétikon di Basilio è interamente dedicato alla risoluzione di problemi peculiari alla vita comunitaria, anche se non mancano questioni di carattere morale e spirituale. I testi dello Ps.-Macario propongono erotapokrìseis soprattutto di natura spirituale, inerenti alla mistica cristiana ed al discernimento, al riconoscimento dei segni della presenza dello Spirito Santo e dei falsi stati di grazia e via dicendo. In particolare, i testi pseudomacariani appaiono approfondire l’introspezione psicologica e la rispondenza dell’uomo santificato alla grazia. L’insistenza sui poneròi loghismòi e sull’assalto delle passioni non propone un modello sereno di vita cristiana ed una concezione positiva dell’uomo, a differenza di Basilio che si basa sull’oggettività dell’ordine sacramentale54. Lo Ps.-Macario non ha la stessa serenità di Basilio; nel Logos 52 della Collezione I, per esempio, rifugge da un’osservanza legalista e superficiale, semplicemente umana, della vita cristiana ed insiste sulla condotta di vita e sulla disponibilità dell’uomo, purificato dalle passioni, a ricevere la grazia. Esprime quindi la consapevolezza che la vita cristiana può scadere in una pratica puramente umana, senza una purificazione continua della grazia. La condizione di essere degni di ricevere lo Spirito Santo, la capacità di accoglierlo, in proporzione alla fede ed alla propria disponibilità, infine, l’esclusione delle passioni che minacciano l’anima sono motivi che ricorrono spesso negli scritti pseudomacariani e che ritroviamo anche nel De Spiritu Sancto di Basilio55. Certamente, la cultura e la spiritualità del grande vescovo cappadoce è nettamente superiore ed anche più matura, rispetto a quella del monaco, autore degli scritti posti sotto il nome di Macario Egizio. Dall’illustrazione di questi elementi emerge chiaramente l’impossi-
J. GRIBOMONT, Le renouncement au monde dans l’ideal ascétique de S. Basile, in ID., Saint Basile, cit., T. I, 323-363; ID., Le dossier des origines du Messalianisme, in J. FONTAINE – C. KANNENGIESSER (edd.), Epektasis. Melanges patristiques offerts au Card. J. Danielou, Paris 1972, 611-625. 54 V. DESPREZ, Le Pseudo-Macaire, in SA 70 (1977) 191-192. 55 Cfr. Basilio di Cesarea, De Spiritu Sancto, IX, in B. PRUCHE (par), SCh 17bis, Paris 1968, 108C, 22, 31, 325-326; 109A, 22, 38; 23,3, 326; 109C, 23, 14, 328. 53
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bilità di attribuire questi scritti a Macario Egizio. Si preferisce pertanto utilizzare per le opere in questione, il nome di Ps.-Macario Egizio, in attesa di nuove convincenti proposte degli studiosi56. Tuttavia, appare verosimile una loro datazione al IV secolo. La loro attribuzione all’abate dell’eremo di Sceti può essere spiegata con il fatto che questi scritti dovettero o per un errore della tradizione oppure per fugare sospetti di eresia, essere posti sotto il nome di un autore dalla fama e dall’ortodossia indiscussa come Macario Egizio. Il sospetto dell’eresia e precisamente di quella dei messaliani, è legato allo studio dei testi pseudomacariani ed alla loro recezione negli ambienti monastici. Infatti, fra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, un anonimo monaco annotava, nel manoscritto Atheniensis 423, contenente i logoi della Collezione I, paralleli testuali negli scritti dello Ps.-Macario con gli errori messaliani della lista trasmessa da Giovanni Damasceno. Nel XIX secolo, lo studioso Neofita il Peloponnesiaco o Kausokalyvis che conosceva le Homiliae Spirituales della Collezione II, riscontrò paralleli testuali nelle liste di Teodoreto di Cirro e di Giovanni Damasceno, contenenti le tesi messaliane57. Ai primi del ’900, il Villecourt pubblicò in un suo studio, i paralleli testuali delle Omelie della Collezione II con la lista messaliana di Giovanni Damasceno58. Negli anni successivi, sono stati evidenziati altri paralleli testuali con le liste messaliane, ma da questi riscontri non si può concludere che lo Ps.-Macario sia un messaliano od addirittura, uno dei capi della setta. Lo stesso autore, nelle sue omilìai e nei suoi logoi, mette in guardia dagli
L’attribuzione a Macario Egizio, Macario Alessandrino o semplicemente a Macario è testimoniata da tutte le principali collezioni greche, dai manoscritti siriaci e dai manoscritti in arabo della Collezione IV. Tuttavia, dev’essere preso in considerazione il dato che la Collezione araba TV, insieme con alcuni manoscritti della Collezione II, riporta l’attribuzione a Simeone l’Asceta o lo Stilita, cfr. M.G. PLESTED, The Macarian Legacy: The place of Macarius-Symeon in the Eastern Christian Tradition, Oxford 2004, 5, n. 17. La questione rimane incerta dal momento che importanti manoscritti riportano sia il nome di Macario sia quello di Simeone. H. DÖRRIES, Symeon von Mesopotamien. Die Üeberlieferung der Messalianischen “Makarius“ schriften, TU 55/1,1, Leipzig-Berlin 1941, ha proposto il nome di Simeone di Mesopotamia, uno degli esponenti più in vista della setta eretica dei messaliani. 57 J. DARROUZÉS, Notes sur les Homelies du Ps.-Macaire, in Le Mouséon 67 (1954) 297-309. 58 L. VILLECOURT, La date et l’origine des “Homelies Spirituelles” attribuée à Macaire, in CRAI (1920) 250-258. 56
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eccessi nelle pratiche ascetiche e soprattutto dai falsi stati di grazia delle anime sciocche, alludendo, probabilmente, alla stoltezza dei messaliani, menzionata da Epifanio. Lo Ps.-Macario, quindi, sembra essere stato un monaco vivente in Asia Minore nel IV secolo, in un ambiente pervaso da fermenti evangelici, testimoniati da movimenti ascetici radicali. Egli sottolinea il primato dell’inabitazione e della presenza santificante dello Spirito e della grazia, non solo nell’anima ma anche nella Chiesa, distinguendo, senza apparentemente separare, fra una Chiesa visibile ed una invisibile, fra l’uomo interiore e l’uomo esteriore, fra l’intelletto ed il cuore, fra il tempio e l’altare del sacrificio. Che cosa possiamo dire, dunque, riguardo all’identità dell’autore che per secoli si è celato sotto il nome di Macario Egizio? Per cercare di rispondere a questa domanda dobbiamo rivolgerci ancora una volta ad elementi interni ai suoi scritti che illuminano sull’ambiente e sull’epoca in cui ha vissuto. La menzione del fiume Eufrate nel suo alto corso59 e di guerre fra romani e persiani60, induce a ritenere che il nostro autore vivesse nell’area siro-mesopotamica, probabilmente al confine dell’Impero Romano con l’Osroene, dopo la prima metà del IV secolo, prima o poco dopo la campagna dell’imperatore Giuliano l’Apostata contro i persiani, avvenuta intorno al 363. La menzione del mese macedone Xanthikòs — che peraltro, non si spiega nell’Egitto del IV secolo d.C., quando il calendario macedone introdotto dai Tolomei era caduto in disuso da lungo tempo — tradotto nei nostri testi con il mese latino, traslitterato in greco, di Aprillios61 e la presenza di numerosi latinismi, farebbero pensare ad un ambiente fortemente romanizzato, come quello di una colonia romana, ove l’uso del latino fosse regolare e nel quale l’autore vivesse. Inoltre, la menzione dei goti insieme ai persiani, come nemici comuni degli imperatori62, indurrebbe a pensare che i goti siano considerati dal nostro autore, ancora fuori dei confini imperiali, quindi prima della sconfitta di Adrianopoli del 378. Egli conosce bene il I, I, II,
169. 66. 39
56
59 60 61 62
Log.,
14, 26, 27, (Coll. I), in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 53, cit.,
Log., 4, 29, 6, 20, (Coll. I), in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 53, cit., Om., 5, 404, (Coll. II), in H. DÖRRIES, Die geistlichen Homilien, PTS 4, cit., 61. Log., 34, 11, 4, (Coll. I), in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 54, cit.,
cerimoniale della corte imperiale63 ed i gradi dell’esercito64, nonché l’organizzazione interna del palazzo imperiale del IV secolo65. Dovrebbe appartenere, da altri indizi presenti nei suoi scritti, ad un ceto sociale elevato. Sembra, inoltre, che l’autore faccia menzione di persecuzioni contro i cristiani ma queste sembrano rivolte contro cristiani eretici66. 3. GLI SCRITTI DELLO PS.-MACARIO EGIZIO
La fortuna degli scritti posti sotto il nome di Macario Egizio va di pari passo con la fioritura e la riscoperta della mistica cristiana, come testimonia l’elevato numero di codici manoscritti a noi pervenuti, testimoni di una tradizione manoscritta che possiamo rinvenire fin dalla prima metà del VI secolo. Gli scritti dello Ps.-Macario tornano in auge in un periodo compreso fra il X e l’XI secolo, a Bisanzio, all’epoca della rinascita mistica e teologica con Simeone il Nuovo Teologo che attinge agli scritti pseudomacariani. Si diffondono nuovamente fra il XIII ed il XIV secolo, nei monasteri russi, durante il rinnovamento teologico e spirituale inaugurato da Serafino di Sarov e nei monasteri greci, con la nascita dell’Esicasmo, iniziato da Gregorio Palamas. La preghiera del cuore, propria della mistica russa e dell’Esicasmo, si ritrova negli scritti del nostro autore, alcuni dei quali sono confluiti nella Filokalìa, un florilegio di testi patristici, molto letto e diffuso in Russia nell’età moderna e per tutto l’800. Basti pensare che il celebre scritto anonimo Racconti d’un pellegrino russo, a proposito della preghiera del cuore, cita Macario. La comparsa e la diffusione dei suoi scritti in Occidente si verifica poco dopo la metà del XVI secolo, in Francia, con la versione latina, da un buon manoscritto greco, curata da Jean Picot, di un’antologia di omelie, in numero di 50, note in Oriente come Omelie Spirituali, seguita da una versione tedesca, curata da Zacharias Palthen che le diffonde in Germania. Però, ancor prima, nei primi anni del XIV secolo, era comparsa nell’Italia 63
Log., 32, 8, 18, 25-29, (Coll. I), in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 54,
cit., II, 25. 64
Log.,
cit., I, 122. 65
Log.,
cit., I, 119. 66
Om.,
8, 4, 2, 10-13, (Coll. I), in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 53, 8, 1, 5, 12-15, (Coll. I), in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 53,
15, 160, (Coll. II), in H. DÖRRIES, Die geistlichen Homilien, PTS 4, cit., 133.
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centrale, una versione latina degli Opuscula Ascetica e dell’Epistola Magna, curata da Angelo Clareno, francescano. A lui si deve la presenza dei testi pseudomacariani nei conventi francescani delle Marche. Si può dire quindi che lo Ps.-Macario abbia nutrito la spiritualità francescana dal XIV secolo in poi. Le Cinquanta Omelie Spirituali furono lette ed apprezzate negli ambienti riformati, in Germania, da Philipp Jakob Spener, ispiratore del Pietismo luterano nel XVII secolo ed in Inghilterra, da John Wesley, fondatore del Metodismo inglese, nel XVIII secolo. Non si può escludere, anzi è altamente probabile, che parte dell’opera dello Ps.-Macario sia andata irrimediabilmente perduta, oppure che si sia conservata nelle numerose versioni antiche, in lingue come il siriaco, l’etiopico, l’armeno, il georgiano, il copto, lo slavo e l’arabo. Abbiamo visto come tutte le fonti, fino al VI secolo, non contengono alcuna menzione o nel migliore dei casi, notizie certe, riguardanti opere scritte da Macario Egizio, fatta eccezione per Gennadio di Marsiglia. Alcuni dei testi che compongono il Corpus pseudomacariano si trovano nel Tomo 34 della Patrologia Graeca edita da J.P. Migne. Vi troviamo 4 epistulae di cui 3 in latino ed una, molto lunga in greco67; una preghiera in greco di qualche riga68; le 50 Homiliae Spirituales, sempre in greco, esponenti i principii della vita spirituale69 ed una serie di Opuscula Ascetica in greco: 1) De Custodia Cordis. 2) De Perfectione in Spiritu. 3) De Oratione. 4) De Patientia et Discretione. 5) De Elevatione Mentis. 6) De Caritate. 7) De Libertate Mentis70. A tutte queste opere, si aggiungano, oltre agli Apophthegmata Sanctorum Senum, pubblicati dal Cotelier ed agli Apophthegmata Copta, editi dall’Amelineau, un certo numero di detti e discorsi attribuiti, a torto o
PG 34, 405-447. Quest’ultima, chiamata Epistola Magna, per i suoi rapporti con le Homiliae Spirituales e con il De Instituto Christiano, posto sotto il nome di Gregorio di Nissa, merita una trattazione a parte. 68 PG 34, 445-447. 69 PG 34, 449-882. 70 Rispettivamente alle coll. 821-841; 841-852; 853-865; 865-889; 889-908; 908-936; 936-968. 67
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a ragione, a Macario Egizio. Occorre subito precisare però, come sia impossibile, riguardo agli apoftégmi, rivendicarne la paternità a Macario Egizio, giacché sono comuni a numerosi altri attribuiti ai padri del deserto egiziano. Per quanto concerne i 7 Opuscula Ascetica, editi dapprima sotto il nome di Macario, essi si sono rivelati ad un esame più attento, come degli estratti, discretamente compilati, delle 50 Homiliae Spirituales. Il Codex Theologicus Graecus 104 di Vienna li dà espressamente come compilati da Simeone Logoteta; si colloca dunque nella prima metà del X secolo e reca la seguente inscriptio: kefa¿laia tou= a(gi¿ou Makari¿ou metafrasqe¿nta paraÜ SumewÜn tou= Logoqe¿tou. L’editio princeps delle 50 Homiliae Spirituales è stata pubblicata da J. Picot con il titolo: tou= o(si¿ou patroÜj Makari¿ou tou= Ai)gupti¿ou o(mili¿a N /, Parisiis 1559 ed in traduzione latina con il titolo: S.P. Macarii Aegyptii Homiliae Quinquaginta Inteprete Johanne Pico, Parisiis 1562. Segue poi l’edizione curata da Z. Palthen, S.P. Macarii Homiliae Spirituales, Francofurti 1594, e poi G. Pritz, S. P. Macarii Opuscula, Lypsia 1714, donde in A. Galland, Bibliotheca Veterum Patrum, Venetiis 1765-1781, VII, 3 ss. ed infine in PG. Gli Opuscula Ascetica sono stati editi dapprima da P. Poussines in Thesaurus Asceticus, Tolosa 1638; da qui sono poi passati nelle edizioni già citate di Pritz e di Galland ed infine in PG. Le Epistulae sono state edite da H.J. Flöss sotto il titolo: Macarii Aegyptii Epistulae, Homiliarum Loci, Preces, Colonia-Bonna-Bruxellensiis 1850, riprodotte in PG. Gli apoftégmi riuniti in diverse collezioni si trovano in PG71 e sono completati da quelli pubblicati in copto e tradotti dall’Amelineau nelle Annales du Musée Guimet, Paris 189472. Il testo dell’Epistola Magna, invece, è stato edito per la prima volta da H.J. Flöss nel 1850, sulla base del Codex Berolinensis 16, riedito nel 1860 dal Migne73. Una recensione più completa e soddisfacente è stata curata da W. Jaeger, Two Rediscovered Works of Ancient Christian Literature: Gregory of Nyssa and Macarius, Leiden 1954, 232-301 che ha emendato il testo con l’ausilio di migliori e più numerosi manoscritti, cui è seguita quella di R. Staats, sotto il titolo di Makarios-Symeon, Epistola Magna, Göttingen 1984, in sinossi con il De Instituto Christiano che attualmente è l’edizione critica migliore e più affidabile. 71 72 73
34,223-824. E. AMELINEAU, Histoire des Monastéres de la Basse Egypte, cit., 208-234. PG 34,409-442. PG
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I testimoni della tradizione manoscritta ci hanno tramandato tutti questi testi, riuniti in quattro collezioni, contrassegnate dai numeri romani I, II, III e IV. Essi ci sono pervenuti in forma di omilìai, logoi, erotapokrìseis, epistolài, parzialmente integri, comuni a due o a tre di queste collezioni; si constata così che tutti i testi della Collezione IV si ritrovano nella Collezione I. Gli editori moderni si sono preoccupati, in primo luogo, di dare dei testi ben stabiliti di queste collezioni relativamente tarde, risalenti ad un periodo compreso fra l’XI ed il XII secolo, riservando ad un secondo momento, il compito di utilizzare i testi stabiliti di queste per ricostruire, nella misura del possibile, lo stato originale del testo. L’ordine assegnato dalla numerazione romana alle singole collezioni è dovuto alla data di rinvenimento dei manoscritti appartenenti alle rispettive collezioni. In realtà, l’antichità dei singoli manoscritti è grosso modo inversa all’ordine in cui sono state rese note le collezioni: i manoscritti della Collezione IV, infatti, sono più antichi di quelli appartenenti alle altre collezioni. Senza entrare nel merito della complessa tradizione manoscritta dei testi appartenenti al Corpus pseudomacariano che testimonia non solo una vasta ma anche una ininterrotta loro diffusione nei secoli, in svariati ambienti monastici, ci accontentiamo di presentare le principali edizioni critiche delle singole collezioni74. La Collezione I, la più vasta, comprende 64 omelie ed epistule chiamate nei manoscritti logoi. Il Logos I, l’Epistola Magna, costituisce la composizione più lunga posta sotto il nome dello Ps.-Macario ed è importante per il suo rapporto con il De Instituto Christiano, posto sotto il nome di Gregorio di Nissa. Questa collezione comprende quindi i logoi dal n. 2 al n. 64; il n. 40 è un’epistula, gli altri testi sono omelie o raccolte di testi brevi. H. Berthold, Makarios/Symeon. Reden und Briefe. Die Sammlung I des Vaticanus Graecus 694 (B), GCS, I-II, Berlin 1973, ha curato l’edizione critica dei testi della Collezione I. La Collezione II può definirsi un’antologia scelta di omelie pervenutaci sotto il nome di Macario Egizio e conosciuta in Occidente dal 1559. Confluita nella PG del Migne, è la più diffusa in Oriente, comprende omelie e collezioni di logoi brevi. Tutti questi testi sono noti con il nome di
Per maggiori informazioni sui testimoni della tradizione manoscritta, sulla tradizione diretta e su quella indiretta degli scritti pseudomacariani si rinvia a V. DESPREZ (par), Oeuvres Spirituelles. Homélies propres à la Collection III, SCh 275 I, Paris 1980, Introduction, 14-26. 74
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Homiliae Spirituales; H. Dörries, Die geistlichen Homilien des Makarios, PTS 4, Berlin 1964, ne ha curato l’edizione critica75. La Collezione III comprende 43 logoi; l’edizione critica si deve a E. Klostermann – H. Berthold, Neue Homilien des Makarios/Symeon, I: Aus Typus III, TU 72, Berlin 1961. Una versione francese, edita da V. Desprez, Oeuvres Spirituelles. Homélies propres à la Collection III, in SCh 275, I, Paris 1980, con l’omissione dei Logoi nn. 2, 5, 9, 11, 13, 14, 23, 28, presenti nelle altre Collezioni, ci offre in maniera sintetica ma efficace, le relazioni di questa Collezione con le altre, sulla base dell’ordine dei testi, nei testimoni della tradizione manoscritta della Collezione III76.
La Collezione IV, comprendente 26 logoi, non è stata edita isolatamente, perché tutti i suoi testi sono compresi nella Collezione I di cui sembra costituire una delle fonti. Come la Collezione I, comincia con l’Epistola Magna. Un’edizione critica della Collezione IV è in corso di realizzazione.
Due manoscritti della Collezione II, il Mosquensis Bibliothecae Synodalis Graecus 177 (M) e l’Oxoniensis Bodleianus Baroccianus 213 (D), contengono un’appendice di 7 logoi che non hanno un legame reale con il complesso degli scritti pseudomacariani. I Logoi 52 e 55 sono contenuti nella Collezione III; nell’araba TV77 sono contenuti i Logoi 51; 53,1-7.13b18; 55. Il Logos 54 è formato da estratti dei capp. 47 e 58 dell’Historia Lausiaca; il Logos 57 è invece l’Epistula X di Ammonas in siriaco78. Un posto a parte merita una raccolta in cui il compilatore ha disposto in 24 logoi, degli estratti spesso assai brevi dalle Collezioni I e II, rag-
75 Per quanto riguarda la tradizione della Collezione II, ricordiamo W. STROTHMANN, Textkritische ammerkungen zu den geistlichen homilien des Makarios/Symeon, in GOF, I R. 23, Wiesbaden 1981; U. SCHULZE, Die geistlichen Homelie des Makarios-Symeon. Gedanken zur Textüberlieferung, in W. STROTHMANN, Makarios-Symposion über das Böse. Vörtrage der finnisch-deutschen Theologentagung in Goslar 1980, in GOF, I R. 24, Wiesbaden 1983, 85-98. 76 Ibid., 68-69. 77 T = Vaticanus Arabicus 70, V = Vaticanus Arabicus 80. 78 Questi 7 Lo/goi, noti anche come Omelie Harvard, sono state editi da G.L. MARRIOTT, Macarii Anecdota: Seven Unpublished Homilies of Macarius, in HThR 5 (1918) 1-48. Nonostante le argomentazioni del Marriott, soltanto i Lo/goi 51, 52 e 53, 27.13b-18 sembrano essere autentici. Il Lo/goj 53, 1 è una variatio del Lo/goj 55, 1, 1, della Collezione I, mentre il Lo/goj, 53, 8-12 è sospetto. Le Omelie Harvard, però, non presentano i termini del linguaggio dell’inabitazione divina, peculiari allo Ps.-Macario.
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gruppandoli per temi. H. Dörries ha paragonato questo paziente lavoro a quello dei mosaicisti bizantini ed ha dato a questo florilegio il titolo di “Collezione musiva”79. La presenza, nella tradizione degli scritti pseudomacariani, di questa, come di altre raccolte, testimonia la diffusione dell’opera pseudomacariana, durante l’età bizantina. Per quanto riguarda gli Opuscula Ascetica, c’è ancora da dire che essi furono scoperti dal Poussines, in un codice del XII secolo, che Francesco della Torre aveva donato, al momento di entrare nella compagnia di Gesù, alla Casa di Roma nel 156680. Il codice presenta gli Opuscula in due collezioni distinte, in numero di sette81. Questo dato porta a pensare all’opera di due compilatori differenti: infatti tutti i testi della prima collezione, tranne uno, sono in comune con la seconda. La seconda collezione aveva dei titoli interni che hanno suddiviso il materiale ascetico e lo hanno distinto nei 7 opuscula attuali, ma i titoli sono certamente avventizi e non dei più felici. Una grande parte del materiale ascetico è peculiare ai 7 opuscola; la metà o appena un terzo presenta un rapporto di dipendenza con le Homiliae Spirituales, ma sembra verificarsi anche il caso che gli opuscula siano fonte delle omelie82. L’ultimo scritto del Corpus macariano, sul quale, però, parleremo in dettaglio più avanti, è l’Epistola Magna. L’Epistola Magna è conservata anche fra le opere di Efrem Siro, il famoso contemporaneo di Gregorio di Nissa e rappresentante insigne della chiesa siriaca83. Le due redazioni in greco dell’Epistola Magna, una posta sotto il nome di Efrem Siro e l’altra
79 Questa collezione è contrassegnata dalla lettera N a motivo del manoscritto Mosquensis Graecus 178 (N) dal quale è principalmente rappresentata. Vedi V. DESPREZ (par), Oeuvres Spirituelles, cit., Introduction, 19. 80 Per maggiori informazioni sul codice e sulla sua provenienza si rimanda a P. POUSSINES, Prolegomena, in PG 34, 332, IV. 81 La prima collezione era contenuta ai ff. 150-158 col titolo, Macarii Magni de Custodia Cordis; la seconda ai ff. 245-291, col titolo: E Dictis ac Scriptis divini Macariii vere Beati de Perfectione in Spiritu Sommaria Epitome. 82 È certa ad esempio la dipendenza di Om., 50, 4 in PG 34,820c nei riguardi di Op. VI, 31 alla col. 993 e di Op. I, 11 alla col. 829. Per maggiori informazioni si rimanda a L. VILLECOURT, Les opuscules ascètiques et leur relation avec les homelies spirituelles, in Le Museon 35 (1922) 204-212. 83 Numerose opere di altri scrittori sono state poste sotto il nome di Efrem Siro. Il testo greco dell’Epistola Magna, posto sotto il nome di Efrem, completa le vaste lacune dei manoscritti difettosi e corregge il loro testo in molti luoghi, sebbene ometta il lungo epilogo polemico dell’Epistola in greco dello Ps.-Macario.
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sotto il nome di Macario Egizio, ci permettono di sostenere che gli scritti dello Ps.-Macario erano destinati ad una vasta diffusione nei circoli monastici e che, in casi simili, come in quello del Pastore di Erma, lettori che fanno copie private di questi testi hanno abusato della loro libertà per alterarli o abbellirli. Questa può essere stata una delle cause della divaricazione dei due filoni della tradizione manoscritta.84 A dispetto di questa divergenza, tutti i nostri manoscritti dovrebbero risalire ad un unico archetipo. Questo è evidente da alcuni passi nei quali mostrano la medesima corruttela. L’Epistola Magna ci è stata tramandata anche dal Codex Berolinensis 16 del XII o XIII secolo che è andato però perduto nell’ultimo conflitto mondiale85. Questo manoscritto, nel XIX secolo, servì al Migne per l’edizione dell’Epistola Magna, nel Tomo 34 della sua PG. Esso era del tutto insoddisfacente, poiché conteneva una versione acefala dell’Epistola, opera di un compilatore medievale anonimo. Le versioni antiche del corpus pseudomacariano contemplano testi conservati in greco ma anche altri, in lingue diverse, ignoti alle collezioni greche; è difficile, pertanto, affermare con certezza se anche questi scritti possano essere attribuiti allo Ps.-Macario. Riportiamo qui di seguito le versioni dei testi pseudomacariani in altre lingue oltre che al greco.
Versioni siriache Il corpus siriaco è molto ridotto rispetto all’insieme dei testi greci che vanno sotto il nome di Macario Egizio ed è molto antico86. Il manoscritto Additamentum 12175 del British Museum di Londra risulta datato al 534 A.D., comprende le 7 Omelie Harvard e 17 epistulae di cui 8, probabilmente, non sono attribuibili allo Ps.-Macario87. La prima delle omelie è un
Il caso in oggetto appartiene a quello di tradizioni testuali “non protette”, in cui cioè, per la qualità stessa dei testi, i lettori-copisti potevano introdurre modifiche più o meno vaste. 85 Il codice presentava la seguente inscriptio: tou= au)tou= a(gi¿ou Makari¿ou e)pistolhÜ mega¿lh. Il testo dell’Epistola Magna è preceduto da quello delle Omelie Spirituali che recavano l’inscriptio: tou= o(si¿ou Patro¿j h(mw=n Makari¿ou tou= Ai)gupti¿ou o(mili¿ai pneumatikai/… 86 Per le versioni siriache ricordiamo W. STROTHMANN, Die syrische Überlieferung der Schriften des Makarios, Teil 1: Syrischer Texte, Teil 2: Übersetzung, in GOF, I R. 21, Wiesbaden 1981. 87 Si ricordi che il termine omelia per questi testi è convenzionale, lo si è voluto quindi adoperare per comodità. In realtà, solo i testi della collezione II sono chiamati più propriamente con questo termine, posti come sono sotto il titolo di (Omili¿ai pneumatikai¿ od 84
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compendio dell’Epistola Magna88. La prima delle epistulae è quella indirizzata Ad Filios Dei. Un dato interessante da rilevare riguarda le Omelie 11, 19 e 3, inserite come Logoi I e III nell’Askétikon siriaco dell’abate Isaia. La traduzione dell’Omelia II, 3 nel Corpus isaiano è molto più fedele di quella del Corpus macariano siriaco. Questo fatto potrebbe spiegarsi ritenendo che questi testi siano stati aggiunti ad una collezione greca di Isaia molto antica, che presentava quindi un testo in uno stato molto vicino a quello originale e che fu quindi, successivamente, tradotto in siriaco.
Versioni copte La compilazione copta intitolata Virtù di Macario include la seconda parte dell’Epistula Ad Filios Dei, che segue una recensione più breve e due frammenti dell’Omelia 11, 33, 1.3.89
Versioni armene Il Paterikòn armeno intitolato Consigli dei Santi Padri comprende svariati frammenti di Macario. Per alcuni testi, la raccolta edita fornisce successivamente due tradizioni differenti, l’una compilata nel 1192 dal siriaco, l’altra del XV secolo. Il cap. 16 dell’Opusculum II De Perfectione si trova in armeno fra le opere di s. Nilo90; esso è una parafrasi di un frammento dell’Epistola Magna91 identico al Logos 40, 1 della Collezione I92.
Versioni georgiane Le raccolte attribuite a Macario, scritte in georgiano, sono 393. La Collezione IV è stata tradotta dal greco da s. Eutimio l’Agiorita prima del 1028. Quattro frammenti sono stati tradotti dall’arabo: questi testi corrispondono ai frammenti del Logos 6, 1 della Collezione I; a quelli dell’Omelia 26,
Homiliae Spirituales in latino che dà il titolo a tutta la collezione, per gli altri si usa invece il termine logos. 88 Sul rapporto fra questo testo siriaco e l’Epistola Magna vedi infra: Il De Instituto Christiano e l’Epistola Magna, n. 113. 89 Cfr. E. AMELINEAU, Histoire des Monastéres de la Basse Egypte, cit., 122-125. 174 ss. 90 PG 34, 852BC. 91 Ep. Magna, 8, 1, 1-15, in R. STAATS (hrsg.), Makarios-Symeon, cit., 142. 92 Vedi infra: il De Instituto Christiano e l’Epistola Magna, n. 112. 93 Per le versioni georgiane ricordiamo G. NINUA, Psevdmak’aris txzulebata kartuli versia, Tblisi 1982; ID., Sostav sbornika gruzinskih perevodov proizvedenij PsevdoMakarija, Mravalthavi 10, 1983, 129-138; ID., Die georgische Version der Pseudo-Makarios Schriften. Résumé, in BK 42 (1984) 80-87.
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5 e 27, 8 (almeno la domanda) della Collezione II. Due epistulae, di cui la seconda è anche trasmessa in etiopico, non sono attestate in nessuna altra lingua e sembrano essere spurie: si trovano in 2 manoscritti del Monte Sinai, il Georgiano 25 del X secolo ed il Georgiano 35 del X-XI secolo. Versioni latine Gli Opuscula Ascetica e l’Epistola Magna sono stati tradotti in latino all’inizio del XIV secolo da Angelo Clareno, guida riconosciuta di tutti gli Spirituali francescani d’Italia, al concilio di Vienne nel 1301. Nel 1298, al seguito della congregazione dei Pauperes Eremitae, il Clareno fu costretto a recarsi in Tessaglia, ove rimase per circa tre anni; fu qui, per la precisione nel monastero delle Meteore, che un manoscritto greco di Macario attirò molto probabilmente la sua attenzione94. La traduzione di Angelo Clareno, rozza ma letterale, si diffuse nell’Italia Centrale.
Versioni etiopiche Una collezione monastica etiopica, nota attraverso due mss. del XVII e del XVIII secolo, attribuisce a Macario Egizio la seconda epistula contenuta anche in una raccolta georgiana ed a Pietro, padre dell’abate Efrem, l’inizio dell’Omelia Harvard 5395.
Versioni slave Sulle versioni slave, le informazioni a nostra disposizione sono incerte ed incomplete e le traduzioni sono spesso difficili da collegare ad una collezione precisa. Undici manoscritti che si scaglionano dal XVI al XIX secolo contengono parecchie traduzioni della Collezione II; altri due manoscritti trasmettono delle raccolte non identificate ed inoltre delle omelie appartenenti in generale alla Collezione II96.
94 Per maggiori informazioni si rinvia alla voce Clareno Angelo in A. FRUGONI (cur.), Dizionario Biografico degli Italiani, III, Roma 1960, 222-227; J. GRIBOMONT, La Scala Paradisi. Jean de Raïthou at Ange Clareno, in SM 2 (1960) 349-351; G.L. POTESTÀ, Angelo Clareno. Dai poveri eremiti ai fraticelli, Roma, 1990, 319. 95 Per maggiori informazioni rinviamo a V. ARRAS, Collectio Monastica, CSChO 238, Scriptores Ethiopici 45, Louvain 1963, 7-50; ID., CSChO 239, Script. Eth. 46, Louvain 1963; ID., Patericon aethiopice, CSChO 277, Script. Eth. 53, Louvain 1967, 158-167; ID., CSChO 278, Script. Eth. 54, Louvain 1967. 96 Per quanto riguarda le versioni slave rinviamo a R.A. KLOSTERMANN, Die slavische Überlieferung der Makariusschriften, Göteborg kungl. Vetenskaps-och Vitterhets-Samhälles Handlingar. Sjätte Följden. Ser. A, Band 4, Nr. 3., Göteborg 1950.
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Versioni arabe La Collezione IV, tradotta prima del 1055 dai Melchiti, ci è stata conservata in arabo, nel Vaticanus Arabicus 84 (W) datato al 1055 e posta sotto il nome di Macario Egizio; in altri due manoscritti, invece, è stata posta sotto quello di Simeone Stilita97. I copti hanno conservato in arabo una importante collezione, perduta in greco e designata dalla sigla TV. Essa è divisa in omelie, trattati brevi ed erotapokrìseis; il suo contenuto corrisponde, per la maggior parte, a quello delle Collezioni I, II e III; è conservata in sei manoscritti, dei quali il più antico è il Parisinus Arabicus 149 (P), del XIII secolo. La Collezione TV rimonta ad un originale greco del IX secolo. 4. IL DE INSTITUTO CHRISTIANO E L’ EPISTOLA MAGNA
Sull’attribuzione o meno del De Instituto Christiano a Gregorio di Nissa è sorta da qualche tempo una vivace querelle che ha investito nell’interezza dei suoi contenuti questo testo che, in effetti, messo a confronto con tutta l’opera del Nisseno, presenta caratteri propri e distinti. Proprio l’estraneità di alcuni aspetti teologici del trattato rispetto alla dottrina di Gregorio Nisseno ha indotto la maggior parte degli studiosi ad escluderne l’attribuzione al grande padre cappadoce ed a concentrare, invece, l’attenzione sull’ambiente storico e culturale nel quale questo testo ha avuto origine98.
Sulla tradizione delle omelie in arabo, poste sotto il nome di Simeone Stilita, si rimanda a L. VILLECOURT, Homelies spirituelles de Macaire en arabe sous le nom de Symeon Stylite, in ROC 21 (1918/1919) 337-344. Lo studioso, conducendo una attenta analisi sui manoscritti arabi della Biblioteca Vaticana, precisamente il Vaticanus 80 ed il Vaticanus 84, arriva alla conclusione che sia le omelie in arabo poste sotto il nome di Macario Egizio sia quelle poste sotto il nome di Simeone Stilita provengono da un’unica tradizione. In questo caso il numero delle omelie attribuite allo Ps.-Macario sarebbe pressoché raddoppiato. Ricordiamo inoltre W. STROTHMANN, Makarios/Symeon. Das arabische sondergut, in GOF, I R. 11, Wiesbaden 1975; S. KHALIL, Le codex Kacmarcik et sa version arabe de la liturgie alexandrine; La version arabe du Basil Alexandrine, in OCP 44 (1978) 74-106; 342-390. 98 Nonostante il vasto consenso degli studiosi sull’impossibilità di attribuire il trattato ascetico al Nisseno, W. Jaeger difende a spada tratta la paternità di Gregorio, andando anche contro i dati della tradizione manoscritta. Infatti, il Parisinus Supplementum Graecum 399 (Z2), apografo del Vaticanus Graecus 1433 (Z), presenta la seguente inscriptio: lo¿goj ouÂtoj e)k th=j prw¿thj e)pistolh=j tou= a(gi¿ou Makari¿ou metapepoi¿htai…; già nel XII secolo, dunque, data di scrittura del manoscritto, i dotti si erano accorti del rapporto di dipendenza del De Instituto Christiano dall’Epistola Magna dello Ps.-Macario Egizio. Vedi W. JAEGER, Two 97
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Sembra infatti verosimile ritenere che questo testo, per il suo stile ed i suoi contenuti, abbia avuto origine in ambiente siriaco, in un contesto culturale fortemente influenzato da idee “orientali”, tanto diverse dalla raffinata cultura di matrice neoplatonica propria del Nisseno99. Gli aspetti teologici — in particolare la dottrina ascetica — del De Instituto Christiano sono quelli che più sollevano difficoltà per una pacifica attribuzione al Nisseno. Fra i contrasti più evidenti fra il Nisseno e quanto asserisce il De Instituto Christiano, notiamo che in quest’ultima opera, l’anima è capace di vedere Dio, presentando ciò come una verità manifesta ed evidente100. Al contrario, Gregorio di Nissa sostiene l’inaccessibilità di Dio, tema biblico svolto in diverse opere, nel De Virginitate e nelle Omelie sulle Beatitudini, nelle Omelie sul Cantico dei Cantici e nella Vita di Mosè101. Mentre rivolgere lo sguardo a Dio ha per Gregorio il significato della trasformazione e della divinizzazione dell’uomo, nel De Instituto Christiano assume il significato di fare la volontà di Dio e di compiere i suoi comandamenti, senza alcuna idea di divinizzazione: «Infatti, colui il quale se ne innamora (dell’amore di Dio) e volge il suo sguardo verso l’alto, verso la promessa, senza bisogno di digiunare, di vegliare, di sforzarsi di raggiungere qualche altra virtù, rimane fermo, ergendosi sopra tutti quelli che si sforzano di raggiungere la perfezione; piuttosto, essendo pieno del desiderio di Dio e volgendo lo sguardo intensamente verso colui che lo chiama, riterrebbe qualsiasi cosa egli affrontasse, per ottenerla, come dappoco ed indegna di ricompensa.»102.
Rediscovered Works of ancient christian literature: Gregory of Nyssa and Macarius, Leiden 1954, 37-47, che riassume i termini della dibattuta questione. 99 Sull’ambiente storico e geografico del De Instituto Christiano, cfr. J. GRIBOMONT, Le De Instituto Christiano et le Messalianisme de Gregoire de Nysse, in SP 5, Louvain 1962, 312-313, il quale non esclude necessariamente l’attribuzione a Gregorio di Nissa. 100 De Inst., 3, 2, 24 (testo a fronte), in R. STAATS (hrsg.), Makarios-Symeon, cit., 97: duname¿nhn i)dei=n toÜ nohtoÜn e(kei=no kaiÜ aÃfraston fw=j. 101 M. CANEVET, Le De Instituto Christiano est-il de Gregoire de Nysse?, in REG 52 (1969) 418. 102 De Inst., 5, 4, 34-38, (testo a fronte), in R. STAATS (hrsg.), Makarios-Symeon, cit., 123: o( gaÜr e)kei¿nhj e)rw=n kaiÜ proÜj thÜn aÃnw ble¿pwn e)paggeli¿an ouÃte nhsteu¿wn ouÃte a)grupnw=n ouÃte aÃllo ti tw=n th=j a)reth=j spouda¿zwn iÀstatai toi=j prolabou=si katorqw¿masin e)phrme¿noj, a)llaÜ mestoÜj wÃn tou= qei¿ou po¿qou kaiÜ proÜj toÜn kalou=nta sunto¿nwj ble¿pwn pa=n meÜn oÀti aÔn a)gwni¿shtai proÜj toÜ tuxei=n e)kei¿nou mikroÜn h(gei=tai kaiÜ tw=n aÃqlwn a)na¿cion.
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Uno dei temi maggiori della teologia di Gregorio di Nissa, così come della sua dottrina spirituale, è l’interpretazione di Gen 1,26103. Il termine omòiosis esprime un concetto dinamico, cioè il movimento dell’anima che, ancora nel corpo, può muovere all’incontro con Dio, in virtù appunto della sua somiglianza. Questa tensione verso l’alto si traduce nella condotta morale. Il Nisseno pone la conoscenza di Dio nell’ambito della dialettica fra la kàtharsis, ovvero la purificazione e l’apàtheia, lo stadio cioè dell’impassibilità. L’ascesi dell’uomo rientra dunque come componente fondamentale nella possibilità, da parte sua, di conoscere la propria immagine creaturale. Il De Instituto Christiano comincia invece con queste parole:
«Se qualcuno potesse volgere lo sguardo su un’anima, scoprirebbe che l’impulso del desiderio verso il bello ed il bene è consussistente e connaturato nell’uomo e quello verso l’amore, impassibile e beato, è congiunto intimamente alla natura dell’immagine intellettiva e beata di cui l’uomo è imitazione.»104.
L’«impulso del desiderio» dell’anima verso il Bene, il Bello e l’Amore, risiede nell’anima, perché inscritto «nell’immagine intellettiva e beata di cui l’uomo è imitazione.». Il movimento dell’uomo verso Dio è così connaturato all’immagine e non alla natura umana, come invece sostiene Gregorio nel De Virginitate105. Secondo il De Instituto Christiano, l’anima purificata dalle passioni, vede non il Bene, il Bello e l’Amore, ma lo slancio verso queste tre cose. In Gregorio, invece, l’anima, in virtù della propria rassomiglianza a Dio, sente questo movimento che le è profondamente connaturato. Nel De Instituto, si traspone cioè sul piano psicologico, l’interpretazione gregoriana di Gen. 1,26a. Un tema importante, proprio al De Instituto, ma che non trova peculiari riscontri in Gregorio di Nissa, è la partecipazione allo Spirito Santo106. 103
1972, 2: 104
A. RAHLFS (ed.), Septuaginta, Vetus Testamentum Graecum, Genesis 1,26, Stuttgart KaiÜ eiÅpen o( qeoÜj poih¿swmen aÃnqropon kat’eiko¿na h(mete¿ran kaiÜ kaq’o(moi¿wsin. Ep. Magna, 1,1,1-8, in R. STAATS (hrsg.), Makarios-Symeon, cit., 87: Eià tij kati¿doi
yuxhÜn, eu(rh¿sei sunousiwme¿nhn te kaiÜ sumpefukui=an t%= a)nqrw¿p% thÜn e)piÜ toÜ kalo¿n te kaiÜ aÃriston th=j e)piqumi¿aj o(rmhÜn kaiÜ th=j nohth=j e)kei¿nhj kaiÜ makari¿aj ei)ko¿noj, hÂj o( aÃnqropoj mi¿mhma, toÜn a)paqh= kaiÜ maka¿rion eÃrwta sunhmme¿non t$ fu¿sei. 105 M. CANEVET, Le De Instituto Christiano est-il de Gregoire de Nysse?, cit., 419. 106 D.L. BALÀS, METOUSIA QEOU, in SA 55 (1966) 160-161, nota come nell’ambito
della teologia gregoriana dello Spirito Santo, solo questo trattato menzioni frequentemente
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Il fatto che Gregorio parli dello Spirito Santo solamente e rigorosamente in ambito trinitario è fra i motivi che hanno indotto alcuni studiosi a respingere per il De Instituto Christiano la paternità gregoriana107. Gregorio di Nissa, insomma, non rivendica mai un ruolo autonomo allo Spirito Santo, al contrario di quanto avviene nel De Instituto108. Qui, il Male è radicato nell’anima dell’uomo e solo le pratiche ascetiche, in primo luogo la preghiera, possono far sperare che Dio si induca a sradicarlo: «nel segreto dei frutti della virtù sta il pensiero; colui il quale vede tutto, avendo visto proprio i tuoi pensieri, subito, con la sua potenza, reciderà quella radice falsa ed occulta dei pensieri, prima del loro germoglio.»109.
Per il Nisseno invece, il Male è eliminato una volta per tutte dal Battesimo. Si sarebbe tentati di vedere nel De Instituto Christiano, alla luce delle precedenti considerazioni, l’influenza di dottrine che negavano l’efficacia del Battesimo e proclamavano la stretta coesistenza del Male nell’anima dell’uomo, come sostenevano i messaliani110. Proprio questi elementi enumerati avvicinano il nostro testo agli scritti posti sotto il nome dello Ps.-Macario Egizio. Escludendo, dunque, sulla base di validi argomenti, la paternità di Gregorio di Nissa, resta da spiegare la somiglianza, pressoché letterale,
la partecipazione dell’uomo allo Spirito Santo. Gregorio preferisce parlare di partecipazione alla divinità nella Trinità. Vedi anche M. PALMENTIER, St. Gregor of Nyssa’s Doctrine on the Holy Spirit, Dissertation of Oxford University, Oxford 1973, apparsa in una serie di articoli in Ekklesiastikòs Pharos 58 (1976) edita in Alessandria d’Egitto. 107 Di questo avviso è J. Danielou, cfr. M. CANEVET, Le De Instituto Christiano est-il de Gregoire de Nysse?, cit., 420. 108 Lo Spirito Santo è chiamato «alleato», De Inst., 3, 6, 132, (testo a fronte), in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 107: thÜn tou= pneu¿matoj du¿namin su¿mmaxon … proslabw¿n. Presta il suo «soccorso», 2, 3, 29, 93: sunergoÜn kaiÜ su¿noikon. L’inabitazione dello Spirito Santo, nell’anima purificata dalle passioni, le dà il nome di «nuova creazione», 3, 14, 10, 117: kainhÜn ktiÜsin e)ka¿lese thÜn e)n kaqar#= kaiÜ a)mw¿m% yux$= … e)noi¿khsin tou= a(gi¿ou pneu¿matoj. L’anima diventa «dimora pura ed adorabile dello Spirito Santo», 9, 14, 97, 159: oi)khth¿rion kaqaroÜn e(authÜn pare¿xei t%= proskunet%= kaiÜ a(gi¿% pneu¿mati. 109 De Inst., 3, 9, 176-178, (testo a fronte), in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 109: e)n t%= krupt%= tw=n th=j a)reth=j karpw=n logismo¿j, touÜj souÜj i)dw=n po¿nouj o( pa¿nta o(rw=n
taxe¿wj t$= e(autou= duna¿mei thÜn doleraÜn e)kei¿nhn kaiÜ uÀpoulon r(i¿zan tw=n logismw=n proÜ th=j bla¿sthj e)kte¿m$. Si noti l’accentuazione degli elementi psicologici che servono ad inquadrare
meglio la dottrina ascetica del De Instituto Cristiano. 110 Sul Messalianismo vedi l’importante saggio di I. HAUSSHERR, L’erreur fondamentale et la logique du Messanialisme, in OCP 1 (1935) 328-368.
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nella PG del Migne, della seconda parte del De Instituto Christiano con la seconda parte dell’Epistola Magna dello Ps.-Macario111. Il testo dell’Epistola Magna si è rivelato, ad una più accorta analisi, condotta dal Dörries, come una compilazione meccanica, giunta a noi nel Codex Berolinensis 16 del XII o XIII secolo, servito al Migne per la sua edizione del Corpus degli scritti dello Ps.-Macario, nel tomo 34 della sua PG. Uno scriba medievale aggiunse, infatti, ad un testo dell’Epistola Magna, acefalo, la sezione di un logos dello Ps.-Macario che è quella che leggiamo all’inizio dell’Epistola Magna112. Prima dell’edizione critica dell’Epistola Magna curata da Jaeger e di quella più recente a cura di Staats che si avvale di nuovi documenti della tradizione manoscritta, contenenti versioni integrali del testo, i primi studiosi dell’Epistola Magna, come Stiglmayr, Villecourt e Wilmart, avevano sotto gli occhi il testo acefalo del Codex Berolinensis 16, traendo conclusioni rivelatesi poi errate e facendo tentativi di ricostruzione del testo artificiosi113. L’esame in parallelo del De Instituto Christiano e dell’Epistola Magna ha consentito di appurare che gran parte delle citazioni evangeliche Questo dato può essere verificato nelle versioni che la PG dà dei due testi, del De Instituto Christiano nel T. 45,287-305 e dell’Epistola Magna nel T. 34,409-442. La parte in comune ai due testi inizia dalla col. 420C per arrivare alla col. 441A nell’Epistola, e dalla col. 297A fino alla col. 305C nel De Instituto. 112 Precisamente il Lo/goj 40, 2, 10 della Collezione I. 113 Di conseguenza, prima della scoperta di una contaminatio con il Lo/goj 40 della Collezione I, fatta dal Dörries, il Villecourt, che aveva già osservato l’incongruenza della prima parte con il resto dell’Epistola Magna, arrivò alla conclusione, errata, che il De Instituto Christiano conservasse la versione integrale, seppur in forma abbreviata, del testo originale dell’Epistola attribuita allo Ps.-Macario, non pervenuto. Così, Villecourt osservava come un’epistula siriaca dello Ps.-Macario conservata nel Londiniensis B.M. Additamentum 12175 del 534 A.D. ed uno scritto disgregato, i cui disiecta membra si ritrovano in tre degli opuscula dello Ps.-Macario (precisamente, Op. II, De Perfectione in Spiritu, in PG 34,841852; Op. I, 4 ll. 7-9, De Custodia Cordis, 824-828; Op. III, 1-8, De Oratione, 853-860), rappresentassero due stadi della tradizione dell’Epistola Magna, discendenti da una fonte comune, derivante, a sua volta, dalla redazione originale del testo dell’Epistola Magna. L’Epistola Magna, come possiamo leggerla nel testo riportato dalla PG, costituiva, secondo lo studioso, un terzo stadio della tradizione, che ci è giunto però acefalo; il De Instituto Christiano ripresenterebbe complessivamente il testo originale, conservatoci, però, in una forma abbreviata, dovuta ad un anonimo compilatore. Servendoci dunque del testo del De Instituto come di una sorta di “testo guida”, si sarebbe in grado di ricostruire la redazione originale del testo dell’Epistola Magna dello Ps.-Macario, cfr. L. VILLECOURT, La Grande Lettre greque, cit., 34-48. 111
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presenti nell’Epistola provengono dal Vangelo di Tommaso114 ed alcune di esse si ritrovano nel testo del De Instituto115. Poiché è risaputo che il padre cappadoce usava sempre apporre nelle sue opere, citazioni tratte dai vangeli canonici, la presenza, in un’opera a lui attribuita, di citazioni non canoniche, può mettere seriamente in discussione la paternità di uno degli esponenti più importanti dell’Ortodossia; questo è dunque un argomento ulteriore contro l’attribuzione del De Instituto Christiano a Gregorio di Nissa e suggerisce un rapporto di dipendenza testuale e di derivazione del De Instituto Christiano dall’Epistola Magna o piuttosto, di comune appartenenza al medesimo ambito116. Questo dato interno permette, infatti, di collocare geograficamente e culturalmente i nostri due testi. L’ambiente in cui dovettero nascere è quello siriaco e precisamente, quello dell’Encratismo, professato in un settore limitato della cristianità di quella regione117. L’autore dell’Epistola Magna è quindi l’erede di questa ricca spiritualità: lo scopo dell’ascetismo cristiano è «divenire uno come Dio è uno». Proprio questo è nel Vangelo di Tommaso il significato di monachòs118.
Il fatto, poi, che, nel corso della secolare tradizione manoscritta, il De Instituto Christiano sia stato considerato un’opera originale di Gregorio Nisseno può essere stato causato da un’antica congettura. Infatti, poiché in un certo momento della sua tradizione ed in un suo testimone, il De Instituto
A. Baker, Ps.-Macarius and the Gospel of Thomas, in VC 18 (1964) 215-225, dove si dimostra che l’autore dell’Epistola Magna ha conosciuto anche il Diate/ssaron e la traduzione che sta a monte degli scritti pseudoclementini. 115 Vedi ad esempio Mt 25,1-12, in De Inst., 9,11, (testo a fronte), in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 155. 116 A. BAKER, Ps.-Macarius and the Gospel of Thomas, cit., 224. 117 Vedi supra: Le origini, n. 1. Vedi anche le voci a cura di G. BAREILLE, Encratites in DThC V/1, coll. 4-14; B. BOBRINSKY, Encratisme, in DS IV/1, fascc. 26-27, coll. 628-642; S.P. RIDOLFINI, Encratiti, in EC V, 337, Città del Vaticano 1951. 118 Lo Ps.-Macario parla dello Spirito Santo come di una madre, metafora che si può trovare sia nel Vangelo di Tommaso, ma in generale anche in altri autori siriaci; inoltre egli concepisce la vita cristiana come errabonda, concetto che troviamo espresso negli Atti di Tommaso e nel Vangelo di Tommaso, vedi A. BAKER, Ps.-Macarius and the Gospel of Thomas, cit., 224 ed infra: La Scrittura e l’inabitazione divina negli scritti dello Ps.-Macario Egizio, cap. III, n. 41. 114
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Christiano doveva essere divenuto anonimo, qualche dotto fu sollecitato ad apporre un nome all’opera119. È possibile dunque che l’opera sia stata inclusa fra le opere di Gregorio di Nissa nel VI secolo, al tempo in cui, cioè, le prime collezioni delle opere del Nisseno cominciavano a prendere forma120. Eppure, supporre che il De Instituto Christiano sia stato tratto dall’Epistola Magna ad opera di un anonimo compilatore che ha abbreviato e manipolato il testo, posto sotto il nome di Macario, non basta ad esaurire la complessa questione del rapporto esistente fra il De Instituto Christiano e l’Epistola Magna121. L’esistenza del De Instituto Christiano costringe gli studiosi ad interrogarsi sulle motivazioni che portarono ad una abbreviazione e per certi aspetti ad una parziale rielaborazione dottrinale dell’Epistola Magna. In tal caso, il De Instituto non può essere riconosciuto come un semplice “falso” od un “plagio”, poiché, posto a confronto con l’Epistola, mostra che il suo compilatore opera delle scelte precise, riformulando ed in un certo senso “normalizzando” alcuni passaggi dell’Epistola Magna che presentano una coloritura eterodossa e precisamente messaliana. Di questa opinione è lo Staats, il quale, nell’introduzione all’edizione critica dell’Epistola Magna, fa osservare come il fatto che in tutta la tradizione manoscritta, il De Instituto sia attribuito a Gregorio di Nissa, è un dato che non può essere ignorato122. Lo studioso tedesco arriva a due conclusioni fondamentali, le quali possono essere spiegate con il particolare carattere del De Instituto, ritenuto da lui come dipendente dall’Epistola. La priorità dell’Epistola sul De Instituto non fa necessariamente escludere allo Staats che il De Instituto possa essere attribuito al Nisseno. Esso sarebbe un esercizio di virtuosismo letterario del Nisseno, avente uno scopo, ad un tempo spirituale e politicoecclesiastico123.
Tuttavia, è possibile una datazione dell’Epistola Magna, in base alla menzione del Simbolo niceno-costantinopolitano, presente in Ep. Magna, 1, 3, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 88-90, posteriore al 381; vedi sempre in R. STAATS, Epistola Magna, Einleitung, 26. 120 Vedi D.A. WILMART, La tradition de l’Hypotypose ou traité sur l’ascése attribué à S. Gregoire de Nysse, in ROC 22 (1920) 413-421. 121 L. MARRIOTT, The De Instituto Christiano attributed to Gregory of Nyssa, in JThS 18 (1917) 328-331. Ma il Marriott non fornisce una soluzione soddisfacente al problema del rapporto fra i due testi. 122 R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, Einleitung, 38. 123 Ibid., 31: «daß De Instituto eine künstlerische Parodie in seelsolgerlirchen und Kirchenpolitischem Interesse ist.». 119
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La prima conclusione, cui arriva lo Staats, è che Gregorio Nisseno ha usato l’Epistola Magna come modello o Vorlage, per il De Instituto Christiano124, poiché è il De Instituto che abbrevia l’Epistola. La seconda è che Gregorio Nisseno stava in stretto rapporto con l’ambiente ascetico dello Ps.-Macario, come testimonierebbe un’orazione da lui pronunziata, dal titolo In suam ordinationem, dove elogia ed ammira gli asceti della Mesopotamia125. Lo scopo del Nisseno nell’Epistola Magna, sarebbe stato quello di ricondurre alla riforma monastica basiliana, gli asceti dell’ala radicale messaliana126. A questo scopo, il Nisseno, negli anni della crisi messaliana, avrebbe scritto anonimamente l’Epistola Magna, rielaborandola successivamente nel De Instituto Christiano127. Il Nisseno, secondo lo Staats, non sarebbe nuovo ad operazioni del genere, giacché altri scritti, come l’Epistula 58 appartenente all’epistolario di Basilio, oppure la Confessione di Gregorio Taumaturgo, sarebbero, in realtà, opera del Nisseno128. Riteniamo che la validità delle conclusioni dello Staats che si basa su uno studio approfondito della tradizione manoscritta, non possa essere contestata. Tuttavia, proprio una considerazione dello studioso potrebbe aprire la via ad un’altra ipotesi, non meno interessante e promettente, per la ricerca sugli scritti pseudomacariani. Lo Staats, infatti, sostiene che l’Epistola Magna si conclude con il capitolo 12; il capitolo 13, ultimo dell’Epistola, sarebbe invece un’appendice aggiunta posteriormente, come sembrano indicare i dati della tradizione manoscritta. Si dovrebbe parlare allora dell’esistenza di una seconda edizione od Auflage dell’Epistola Magna129. Inoltre, una sezione centrale dell’Epistola, dedicata alla preghiera, si ritrova dispersa nelle Collezioni I e II, nella “Collezione musiva” e negli Opuscula130. Questi dati non fanno escludere allo studioso che lo Ps.-Macario od i suoi discepoli abbiano redatto una versione tardiva dell’Epistola Magna.
Ibid., 29. R. STAATS, Die Asketen aus Mesopotamien in der Rede des Gregor von Nyssa “In suam ordinationem“, in VC 21 (1967) 165-179; vedi anche ID., Gregors von Nyssa und das Bischofsamt, in ZK 84 (1973) 171-173, nn. 64-65. 126 R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, Einleitung, 32. 127 Ibid., 33. 128 Ibid., 30. 129 Ibid., 36. 130 Si tratta di Ep. Magna, 8, 1-3, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 142, in app. crit. 124 125
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Riteniamo che questo sia un dato sufficiente per affermare come l’Epistola possa aver avuto più versioni ed integrazioni, non necessariamente attribuibili allo Ps.-Macario ed a Gregorio Nisseno, ma ai discepoli dello Ps.Macario. Non escludendo necessariamente la paternità di Gregorio Nisseno per il De Instituto Christiano od un suo intervento, nella recezione e diffusione dell’Epistola Magna, all’interno degli ambienti monastici, riteniamo che le motivazioni più serie alla composizione dei due testi e dell’Epistola Magna in particolare, vadano ricercate all’interno degli ambienti monastici cui appartenne lo Ps.-Macario Egizio131.
I termini puntuali ed edulcorati denotanti l’esperienza dell’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima, le citazioni scritturistiche dell’epistolario paolino ed uno stile didascalico — a differenza di quello, peculiare ai logoi ed alle omilìai, immaginoso ed ardito — può indurre a ritenere l’Epistola Magna come redatta in una fase tardiva, in un momento in cui il nostro ignoto autore e la sua dottrina erano sospetti o già condannati dall’autorità ecclesiastica, con lo scopo di conservare e tramandare il “carisma” dello Ps.-Macario nelle comunità che si ispiravano al suo insegnamento, cfr. F. ALEO, L’Inabitazione personale dello Spirito Santo nel Corpus degli scritti dello Ps.-Macario Egizio: una prospettiva ecclesiologica, estratto tesi di dottorato in Teologia e Scienze Patristiche, Roma 2006, 59-60. 131
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CAPITOLO III
LA DIVINA INABITAZIONE PREMESSA
L’inabitazione divina — presente nella tradizione apostolica — nei padri cappadoci diventa la divinizzazione dell’uomo e la santificazione del cristiano. Negli scritti dello Ps.-Macario viene intesa come inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima santificata dalla grazia. Negli scritti pseudomacariani è una vera e propria esperienza personale e mistica, con accenti emotivi forti ed intensi, con un vocabolario originale e peculiare all’autore, non riscontrabile nella teologia dei padri greci del IV secolo, a noi noti. Il nostro intento sarà allora quello di investigare le caratteristiche e le modalità dell’inabitazione divina, prima nell’anima quindi nella Chiesa, mostrando come l’antropologia pseudomacariana si innesti, in maniera profondamente originale, in una ecclesiologia, nel quadro di una pneumatologia, non ancora espressa in forme concettuali compiute, ma testimoniata dal nostro autore nel discernimento personale e nel culto mistico della Chiesa. La presenza delle erotapokrìseis con domande e risposte a novizi od a principianti della vita ascetica mostra il modo in cui il loro autore esercitava il discernimento delle esperienze e dei moti dello Spirito nell’anima, in una o più comunità di asceti. Questo esercizio del discernimento, formato da una frequentazione assidua delle Scritture, permette all’uomo di crescere sia umanamente sia spiritualmente. Tale crescita è una maturazione graduale che avviene nell’uomo interiore, il quale, progredendo nel cammino di perfezione, attraverso l’ascesi, fatta di digiuni, veglie, pratica della misericordia, accresce la propria capacità di discernere i pensieri cattivi da quelli buoni e di riconoscere i segni della presenza dello Spirito Santo nel cuore, o kardìa, la parte più profonda e più intima della persona, sinonimo dell’anima o psyché e dell’intelletto o noùs. Questo progresso permette all’«uomo interiore» o eso ànthropos di divenire «uomo perfetto» o ànthropos téleios. Lo Ps.Macario afferma che l’«uomo esteriore» od exo ànthropos si rafforza perché quello interiore resista ai cattivi pensieri; egli indaga così la tensione interiore e spirituale dell’uomo in lotta contro i cattivi pensieri e le sue passioni. L’uomo interiore è però quello predominante e può prevalere sull’uomo vecchio o esteriore con un previo cammino di perfezione ascetica. 75
È questa la condizione fondamentale perché avvenga la santificazione del cristiano, anzi del cuore, poiché soltanto un cuore purificato e fedele, inabitato dallo Spirito Santo, può compiere i comandamenti contenuti nella Scrittura. Lo Spirito Santo si comunica alle anime, per inabitare nei cuori fedeli, in quei luoghi della Chiesa che sono i misteri, in primo luogo nel Battesimo e nell’Eucaristia. La Chiesa è allora il kòsmos, quell’ordinamento, che, con le sue condizioni, rende possibile, allo Spirito del Salvatore, di inabitare nelle creature. La comunicazione dello Spirito Santo avviene e si manifesta in grazia del culto mistico, operando in tal modo il rinnovamento dell’uomo interiore, ombra dell’uomo perfetto, come la Chiesa, con i suoi misteri ed il suo culto mistico, è ombra della Chiesa dei santi nel cielo. Una originale ecclesiologia pneumatica prende dunque forma in questi scritti, originata da una cristologia pneumatica e da una intelligenza spirituale, informata dallo Spirito Santo ed esercitata nelle Scritture. Il cammino di fede di ognuno diventa allora la manifestazione visibile dello Spirito Santo nella comunione «mistica», ossia nascosta, ma attiva ed operante nel cuore. In questo capitolo presenteremo, del pari, l’inabitazione divina e l’ecclesiologia negli scritti di Basilio di Cesarea, facendo intravedere l’importanza che Basilio annette alla presenza ed al ruolo dello Spirito Santo nella santificazione del cristiano e nella Chiesa. 1. LA SCRITTURA E L’INABITAZIONE MACARIO EGIZIO
DIVINA NEGLI SCRITTI DELLO
PS.-
L’inabitazione personale dello Spirito Santo nel Corpus degli scritti pseudomacariani ha un ruolo centrale. La riflessione dello Ps.-Macario si dedica all’esperienza personale della grazia, operata dallo Spirito Santo nell’anima santificata. Il nostro autore parte dall’uomo schiavo del peccato, la cui forza si rivela nel predominio delle passioni e nella loro attrattiva sull’anima, sensibile alle sollecitazioni ed ai bisogni del corpo. Il fine e lo scopo dell’ascesi perseverante è l’unione e la comunione intima ed ineffabile con lo Spirito Santo, raggiunta attraverso l’apàtheia, termine significativamente attestato dallo Ps.-Macario che indica l’impassibilità ossia lo sradicamento delle passioni dall’anima che accompagna la santificazione:
«Quando l’anima perverrà alla perfezione dello Spirito, dopo essersi purificata perfettamente da tutte le passioni, unita ed intimamente fusa, attra-
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verso l’ineffabile comunione con il Paraclito, divenuta degna di diventare spirito, mescolata con lo Spirito, diventa allora tutta luce, tutta occhio, tutta spirito, tutta letizia, tutta riposo, tutta gioia, tutta amore, tutta misericordia, tutta bontà ed onestà.»1.
Lo Ps.-Macario riserva, così, una grande importanza alla pratica del digiuno, perché, mortificando i bisogni e le esigenze del corpo, si può iniziare a compiere la preghiera perseverante, condizione indispensabile, affinché questa diventi autentica2. La preghiera vera è quella della Parola di Dio, pregata in noi, che opera con potenza: «Pregheremo dunque con impegno e potenza le parole dette in noi e da compiere in tutta contezza. L’esperienza, infatti è molto più affidabile (della testimonianza) di quelli che sono fondati su semplici parole.»3.
Anche nella preghiera, il cristiano deve dire le parole con piena consapevolezza entro di sé, solo così le parole avranno la forza di tradursi in pratica. In questo brano vediamo l’euché tes kardìas, ovvero la preghiera del cuore che assimila la Scrittura. Per lo Ps.-Macario, la preghiera del cuore, non è una sensazione né un’esperienza sentimentale od emotiva, ma è fermamente fondata sul discernimento personale:
«Ciascuno, allora, nel corso del suo cammino verso la preghiera, scruti da dove provengono i pensieri del cuore e le energie dell’intelletto, se dallo spirito del mondo (1Cor 2,12), oppure dallo spirito di Dio, quali procurano nutrimento al cuore, quali vengono dall’alto oppure quali da questo mondo.»4.
1 Om., 18, 132-138 (Coll. II): oÐtan ga\r h( yuxh\ pro\j th\n teleio/thta tou= pneu/matoj katanth/sv, telei¿wj pa/ntwn tw=n paqw=n a)pokaqarisqei=sa kai£ t%= paraklh/t% pneu/mati dia\ th=j a)rrh/tou koinwni¿aj e(nwqei=sa kai£ a)nakraqei=sa, kai£ kataciwqv= pneu=ma gene/sqai, sugkekrame/nh t%= pneu/mati, to/te oÐlh fw=j, oÐlh o)fqalmo/j, oÐlon pneu=ma, oÐlon xara/, oÐlon a)na/pausij, oÐlon a)galli¿asij, oÐlon a)ga/ph, oÐlon spla/gxna, oÐlon a)gaqo/thj kai£ xrhsto/thj gi¿netai. 2 Un esempio fra i tanti in Log., 54, 1, 3, 10 (Coll. I): a)lla\ u(pomnh/somen u(ma=j periì tou= deiÍn taiÍj eu)xaiÍj e)gkartereiÍn kaiì taiÍj nhstei¿aij. 3 Log., 6, 4, 39-40 (Coll. III): eu)cw¿meqa ouÐn eÃrg% kai£ duna/mei ta\ lalou/mena e)n h(mi=n kai£ e)n pa/sv plhrofori¿# e)pitelesqh=nai. h( ga\r peira= polu\ bebaiote/ra e)sti tw=n sthko/ntwn e)n lo/goij yiloi=j. 4 Log., 17, 1, 5, 57-61 (Coll. III): poreuo/menoj eÀkastoj ei)j th\n proseuxh\n katamanqane/tw tou\j logismou\j th=j kardi/aj kai\ ta\ e)nergh/mata th=j dianoi/aj po/qen e)sti/n, e)k tou= pneu/matoj tou= ko/smou hÄ e)k tou= pneu/matoj tou= qeou=, kai\ ti/nej prosfe/rousi t$= kardi/#
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La preghiera è allora un cammino in cui opera lo Spirito Santo che discerne i pensieri buoni da quelli cattivi e nutre il cuore dell’orante. Lo Ps.-Macario, mutuando il linguaggio paolino, preferisce parlare di «uomo esteriore» od exo ànthropos che nasconde, senza però esserne separato, quello interiore od eso ànthropos. Per esprimere il rapporto fra l’uomo esteriore e quello interiore, nei nostri testi compare la metafora del tempio giudaico, al cui interno vi era l’altare dei sacrifici o thysiastérion. Il corpo, allora, è il tempio, il naòs. Il thysiastérion non è semplicemente l’anima o la psyché ma ne è la sua parte più recondita; come il Sancta Sanctorum del tempio giudaico, esso è il cuore, centro intellettivo ed emotivo della persona5. Nello Ps.-Macario, i termini psyché e kardìa, rispettivamente, l’«anima» ed il «cuore», sono sinonimi e spesso interscambiabili fra loro6. Il nostro autore preferisce il termine kardìa, ma al suo posto usa talvolta il termine noùs, oppure quello di dianòia, per affermare che l’intelletto partecipa con il corpo e l’anima all’inabitazione divina. Il cuore e l’inabitazione divina, in esso, abbracciano una complessità di significati che caratterizzano una esperienza profondamente mistica. Questa esperienza è espressa dalla yiothesìa, in altre parole, dall’adozione filiale che nello Ps.-Macario assume un significato molto intenso: è uno dei segni della presenza dello Spirito Santo. Si può così affermare che il termine, più che indicare l’adozione filiale, vuole esprimere l’esperienza della filiazione. Questa è l’esperienza della familiarità o dell’intimità del creatore con la sua creatura che lo Ps.-Macario esprime con un termine ricorrente una sola volta, in tutto il Corpus in greco, quello di oikéiosis: «Poiché non vi è altra intimità né vantaggio simile se non quello dell’anima che si accosta a Dio e quello di Dio che si accosta all’anima.»7.
L’«esperienza» o peira dello Spirito Santo è indicata dallo Ps.Macario con i termini photismòs ed apokàlypsis, ma anche termini quali
trofa/j aÃnoqen hÄ oi( e)k tou= ai)w=noj tou/tou. 5 Log., 7, 18, 3, 14-21 (Coll. I). 6 Log., 3, 2, 8, 6-8 (Coll. I). 7 Om., 45, 68-79 (Coll. II): ou)demi¿a ga\r aÃllh tij oi¹kei¿wsi¿j e)sti kaiì w©fe/leia toiau/th ei¹ mh\ yuxh=j pro\j qeo\n kaiì qeou= pro\j au)th/n. Questa intimità con Dio avviene nell’anima,
vero luogo dell’unione mistica con Dio.
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metoché, metàlepsis, metousìa, prokopé, auxesis, enòikesis, descrivono la condizione nella quale lo Spirito Santo inabita nell’anima dell’uomo. Con riferimento a questi termini, è opportuno darne una sintetica spiegazione in ordine all’esperienza personale dello Spirito Santo. Il termine photismòs esprime il vertice della contemplazione pseudomacariana; insieme all’altro termine apokàlypsis connota il più alto livello dell’esperienza dello Spirito Santo. Mentre il primo termine è traducibile con «illuminazione», il secondo può essere reso con «rivelazione»8. Il termine metoché è accolto negli scritti dello Ps.-Macario con l’accezione paolina designante la partecipazione eucaristica9. Questo termine indica una forma di incorporazione in Cristo che trova la sua realizzazione piena nella dimensione comunitaria e nella celebrazione liturgica dell’Eucaristia. L’aggettivo métochos indica a sua volta il membro partecipe dell’assemblea eucaristica e compare in presenza di metalambàno10. Il termine metàlepsis derivante da metalambàno assume esattamente il significato della partecipazione eucaristica, perché, negli scritti dello Ps.Macario, il verbo metalambàno acquista un significato intenso, quasi sensuale, di «partecipazione al gusto di Dio» o metalabòn ghéuseos theoù, con riferimento all’Eucaristia11. La partecipazione significata da metàlepsis, nel nostro autore, si presenta come incorporazione in Cristo, nel suo Corpo che è la Chiesa, con una connotazione quasi sensibile e pregnante. Il termine metousìa è spesso associato a metoché ma la sfumatura di significato che li distingue l’uno dall’altro è importante. Il secondo termine, infatti, con il suo aggettivo métochos, indica il membro partecipe della comunione; metousìa designa l’esistenza dell’anima in Dio e nello Spirito Santo. Il termine metoché ha dunque una valenza ecclesiologica, mentre la valenza di metousìa è spiccatamente esistenziale, proveniente dal linguaggio filosofico. Il termine metàlepsis è talvolta associato a prokopé, quest’ultimo designa la crescita spirituale, meglio ancora, il progresso protratto nel tempo o pneumatiké prokopé12, da distinguersi da auxesis, che, più oppor31, 4, 3, 10-12 ; 6, 3, 14-17 (Coll. I). 1Cor 10,17: oÐti eiÒj aÃrtoj eÑn sw=ma oi( polloi¿ e)smen, oi( ga£r mete¿xomen; 1Cor 10,21: ou) du¿nasqe poth¿rion kuri¿ou pi¿nein kai£ 8 9
Log.,
tou du¿nasqe trape¿zhj kuri¿ou mete¿xein kai£ trape¿zhj daimoni¿wn. 10 Log., 22, 1, 7, 18-1 (Coll. I). 11 Om., 19, 118-119 (Coll. II). 12 Om., 10, 14-16 (Coll. II).
pa¿ntej e)k tou= e(no£j aÔrpoth¿rion daimoni¿wn, ou)
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tunamente, va inteso come aumento od accrescimento definitivo e completo della grazia nell’anima santificata. L’altro termine che connota l’esperienza dello Spirito Santo inabitante nell’anima o nel cuore dell’uomo è enòikesis, nel significato letterale di «inabitazione», impiegato dallo Ps.-Macario per connotare anche l’esperienza del peccato inabitante nell’anima, tema rinvenibile nelle liste degli errori messaliani ma che il nostro autore sembra in realtà mutuare da Paolo13. Lo Ps.-Macario descrive l’inabitazione dello Spirito Santo nell’anima, per cercare di evidenziare gli effetti della sua presenza. Egli parla di energoùsa enòikesis, di plerestàte enòikesis con il significato rispettivamente di «inabitazione operante» e di «inabitazione pienissima», connesse naturalmente con l’aghiasmòs tes kardìas, la «santificazione del cuore». L’aggettivo energhés cerca di rendere l’opera dello Spirito Santo presente nell’anima, il cui effetto si fa sentire come una forza di rinnovamento che perdura14, mentre pleres esprime la pienezza della grazia ed il compimento dell’opera dello Spirito nell’uomo santificato15. Certamente, quello degli effetti della presenza personale della grazia è il tema che più sta a cuore al nostro autore e cerca di esporlo con termini il più possibile oggettivi. Tali termini sono, pléroma, plerophorìa ed aisthesis. Questi termini compendiano la pienezza dello Spirito Santo per esprimere un’esperienza integrale, secondo l’insegnamento delle epistulae paoline16. Il fine del cristiano è la partecipazione allo Spirito Santo ed alla sua pienezza, che, nello Ps.-Macario, va intesa come pléroma o «pienezza» e plerophorìa o «contezza», vale a dire la consapevolezza e la conoscenza piena e particolareggiata della trasformazione e della crescita dallo Spirito operata. Lo Ps.-Macario descrive, in tutti i suoi scritti, i segni, attraverso i quali l’uomo ha la certezza di avere in sé la grazia, dando l’idea quasi di una condizione sensibile. Sembra allora opportuno tradurre il termine aisthesis, con quello italiano di «presentimento», designante nello Ps.-Macario uno stato, sia pur
13 Cfr. Log., 38, 2, 8, (Coll. I), dove si nota la meditazione di Rm 8, in particolare dei vv. 8-11. Sempre in Log., 38,2,6, si nota la meditazione di Rm 7,17, per quanto riguarda l’inabitazione del peccato nell’uomo. 14 Log., 25, 2, 5, 8 (Coll. I); Ep. Magna, 9, 11, 104, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 154; 17, 188; ibid., 160; 13, 15, 207; ibid., 180. 15 Ep. Magna, 9, 17, 175, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 160. 16 Per plh¿rwma, cfr. Rm 15,29; Ef 1,23; 4,13-14;Col 1,19; 2,9. Per plhrofori¿a, cfr. 1Ts 1, 5; Col 2, 2; Eb 6,11; 10,22.
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infimo, di coscienza della grazia operante dello Spirito Santo, che svolge una funzione quasi di verifica e di controllo degli effetti trasfiguranti dello Spirito. Il presentimento od il desiderio continuo è l’indizio che consente, a coloro i quali sono stati illuminati, di percepire gli effetti della grazia trasformante. Nello Ps.-Macario, l’esperienza dell’inabitazione personale dello Spirito Santo si realizza metà pases aisthéseos kai plerophorìas, oppure nella variatio: en aisthései kai pase plerophorìa; le due espressioni cercano di connotare sensibilmente la peira dello Spirito Santo, non soltanto con plerophorìa o «contezza» ma anche con aisthései o «presentimento», in un certo qual modo, sensibile ed oggettivo17. L’esperienza dello Spirito Santo si manifesterà così anche kai auté peira kai aisthései ove l’aggettivo dimostrativo qualifica la particolarità di questa esperienza, avvertita dai sensi informati dallo Spirito Santo18. Anzi, l’anima in questo stato «vede» i beni celesti; attraverso òpsetai, tale esperienza è suggerita quasi come una condizione sensibile. A nostro avviso, l’autore gioca qui con l’ambiguità delle parole per presentare in maniera più immediata e coinvolgente l’inabitazione personale dello Spirito Santo. La citazione libera di 1Cor 2,9 serve, infatti, per ricordare ai suoi ascoltatori come i sensi normali non partecipano ad una simile esperienza, la cui portata ed il cui effetto rimangono volutamente indefiniti allo scopo di rendere quasi “iniziatica” la comprensione dei suoi testi. Alle sorgenti della dottrina dell’inabitazione dello Spirito Santo nell’anima, negli scritti dello Ps.-Macario, vi è la meditazione approfondita della Scrittura, in particolare dei testi dell’epistolario paolino. Negli scritti pseudomacariani è possibile evidenziare il particolare modo di citare la Scrittura del loro autore. La Scrittura raramente viene citata letteralmente e per esteso, si riscontrano numerose citazioni a memoria, richiamate per mezzo di “parole chiave”. La citazione scritturistica, in realtà, traspare da ampi brani o dal logos tutto intero; si può allora parlare di una meditazione scritturistica previa ma anche di una “pratica” assidua del testo biblico che mostra l’estrema familiarità dello Ps.-Macario con la Scrittura. A volte, la citazione scritturistica non è rispettata nel suo vero significato ma si adatta all’argomento trattato nel logos, nell’erotapòkrisis o nell’omilìa. In questo modo, l’autore delinea un percorso, tale da illuminare e suggerire il significato delle citazioni scelte. Il particolare modo di citare la Scrittura dello 17 18
Om., 7, 60 ss. (Coll. II). Om., 4, 185-191 (Coll. II): kai£ au)tv= pei¿r# kai£ ai)sqh/sei oÃyetai a)gaqa\ e)poura/nia.
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Ps.-Macario obbedisce ad un criterio molto personale; la citazione biblica traspare anche dall’associazione di versetti fra loro combinati e rielaborati insieme. Nei suoi scritti, la Scrittura è profondamente assimilata, meditata e ruminata, secondo un procedimento tipicamente monastico. La Parola di Dio entra nel cuore, rafforza ed edifica l’uomo interiore. Tale opera si compie per mezzo dello Spirito Santo che inabita nell’uomo e lo rende tempio di Dio. L’inabitazione divina è l’orizzonte ermeneutico verso il quale lo Ps.-Macario orienta la ricerca e l’interpretazione delle Scritture: «Confessiamo anche noi che la rivelazione è nell’interpretazione delle Scritture che ha luogo per opera dello Spirito Santo; confessino anche costoro che la luce divina brilla nei cuori dei fedeli con essenza e sostanza. Davvero in due forme si comprende la rivelazione: nei concetti del pensiero e nella conoscenza delle Scritture, nella luce divina ed in quella sostanziale che si manifesta e brilla nelle anime, più della luce del sole.»19.
La Scrittura, dunque, congiunta al pensiero, permette all’anima di vedere la luce che promana dallo Spirito Santo che riempie le Scritture. In esse, lo Ps.-Macario riesce a trovare una via privilegiata, una pista che metta insieme, colleghi ed illumini, l’AT con il NT e gli consenta di fondare una comprensione ascetica e morale della Scrittura. Questo nesso profondo — soggiacente quasi alla Scrittura Stessa — evocato, piuttosto che spiegato, è offerto dall’esperienza intima e profonda che ne fa il cuore o l’anima; i due termini sono — ricordiamolo — sinonimi. La Scrittura permette di approfondire in tutti i suoi sviluppi morali, teologici e spirituali, l’orizzonte ermeneutico dell’inabitazione divina: «Così, anche coloro i quali recitano le Scritture e le meditano, se non ricevono da uomini spirituali, il vero senso presente in esse e non hanno in sé stessi la voce vivente — cioè la potenza divina che ha ispirato le Scritture — costoro non ne hanno tratto giovamento come avrebbero dovuto.»20.
Log., 17, 1, 3, 19-24 (Coll. I): o(mologou=men kaiì h(meiÍj eiånai a)poka/luyin kaiì e)n e(rmhnei¿# grafw½n u(po\ tou= pneu/matoj ginome/nhn, o(mologhsa/twsan de\ kaiì au)toiì e)n ou)si¿# kaiì u(posta/sei fw½j qei+ko\n e)lla/mpein taiÍj kardi¿aij tw½n pistw½n. e)n dusiìn aÃra prosw¯poij h( a)poka/luyij e(rmhneu/etai, eÃn te noh/masi kaiì gnw¯sei grafw½n kaiì e)n fwtiì qei+k%½ kaiì ou)siw¯dei, oÀper e)stiìn e)pifaino/menon kaiì e)lla/mpon u(pe\r to\ tou= h(li¿ou fw½j taiÍj yuxaiÍj. 20 Log., 16, 3, 48-53 (Coll. III): ouÀtw kaiì oi¸ ta\j grafa\j a)pagge/llontej kaiì meletw½ntej 19
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La lezione di un senso soggiacente alle Scritture che deve essere tratto fuori dalla Scrittura stessa è certamente origeniana. Come per l’Alessandrino, per lo Ps.-Macario è fondamentale il principio, secondo il quale, la comprensione vera della Scrittura è solo quella “spirituale”. A questo aggettivo egli dà un senso profondamente interiore, pedagogico e morale. Quella dello Ps.-Macario non è dunque esegesi “tecnica” ma profondamente “spirituale”, nel senso che essa apporta giovamento ed edificazione all’anima. Solo uomini “spirituali”, nel senso che hanno in sé lo Spirito Santo o uomini educati da altri uomini “spirituali” possono sperare di arrivare al vero senso “spirituale” delle Scritture. Da Paolo, il nostro autore assimila i contenuti, richiamandone alcune parole chiave. Queste parole come «tempio» o naòs, «dimora» od oiketérion, «eredità» o kleronomìa guidano e sostengono la meditazione dello Ps.-Macario. Nella Scrittura, per lui, non ci sono argomenti e prove per dotte discussioni: «Le dispute fatte di parole e la sicumera proveniente dalla scienza non procurano alcun profitto all’anima, quanto, piuttosto, agitazione e danno. … Perciò, occorre fuggire dalla verbosità e dalla vanità delle parole, nessuno può concludere alcunché da esse. Ma essi affermano: “Noi discutiamo in favore della conoscenza propria a ciascuno secondo natura, senza accogliere la Parola di Dio”.»21.
Per il nostro autore, non è possibile conoscenza se non a partire dalla Parola di Dio creatrice dell’universo e dell’uomo; per i sapienti di questo mondo, invece, la conoscenza è data a partire dall’uomo, dalle sue esigenze e dai suoi bisogni. La Scrittura è piuttosto, per lui, il luogo nel quale si trovano tante piste parzialmente illuminate. Egli ha scelto quella del cuore e l’ha seguita verso il suo orizzonte ermeneutico: l’inabitazione divina. La meditazione di Paolo gli offre poi una pista esegetica che egli sviluppa in
e)a\n mh\ para\ pneumatikw½n a)ndrw½n parala/bwsi to\n e)gkei¿menon a)lhqh= nou=n e)n au)taiÍj kaiì e)an \ mh\ eÃxwsin e)n e(autoiÍj th\n zw½san fwnh\n toute/stin au)th\n th\n qei+kh\n du/namin th\n u(pagoreu/sasan ta\j grafa/j, w¨j eÃdei w©felhqh=nai ou)k w©felh/qhsan.
21 Log., 22, 1, 1, 1-3 (Coll. III): Ai¸ tw½n lo/gwn suzhth/seij kaiì h( pepoi¿qhsij th=j gnw¯sewj ou)de\n ke/rdoj tv= yuxv= prospoiou=sin oÀson perispasmo\n kaiì zhmi¿an. 1, 3, 28-31: dio\ paraiteiÍsqai prosh=ke th\n polulogi¿an kaiì mataiologi¿an, ou)de\n ga\r e)c au)th=j pera=nai¿ tij du/natai. u(pe\r th=j kata\ fu/sin e(ka/st% prosou/shj gnw¯sewj krino/meqa mh\ paradeca/menoi to\n lo/gon tou= qeou¤.
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profondità sia nell’antropologia sia nell’ecclesiologia. L’autore conosce bene il senso esatto del passo citato e ne approfondisce gli aspetti reconditi, per trarne lumi e forza per il suo discorso; vogliamo citare un esempio fra tutti per comprendere meglio il nostro assunto:
«Se dunque vuoi sapere per quale motivo, da che eravamo stati creati nell’onore e dimoravamo stabilmente nel Paradiso, alla fine, siamo stati gettati insieme alle bestie irrazionali e siamo divenuti simili ad esse, decaduti dalla gloria incontaminata, sappi che a causa della disobbedienza, divenuti schiavi delle passioni della carne, ci è stato precluso l’ingresso nella terra beata dei viventi e posti ancora in prigionia “sediamo presso i fiumi di Babilonia” (Sal 136,1) ed a motivo del fatto che siamo trattenuti ancora in Egitto, non abbiamo ancora ereditato la “terra della promessa” (Eb 11,9) “dove scorre latte e miele” (Es 3,8), “non siamo ancora impastati con il lievito della sincerità ma siamo ancora nel lievito della malvagità” (1Cor 5,8). Il nostro cuore non è stato ancora asperso con il “sangue” di Dio (Eb 9,14;10,2), ancora, infatti, vi è conficcato il pungolo “dell’Inferno” (Pr 9,18) e l’amo della malvagità. Non abbiamo ancora preso parte alla salvezza di Cristo; il “pungiglione della morte” (1Cor 15,56) è ancora radicato dentro di noi. Non ci siamo “rivestiti ancora dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella santità” (Ef 4,24), perché “non ci siamo ancora spogliati dell’uomo vecchio” (Ef 4,22), ferito secondo la passione dell’inganno. Non abbiamo portato ancora “l’immagine del celeste” (1Cor 15,49), né siamo “conformi alla sua gloria” (Fil 3,21). Non abbiamo “adorato ancora Dio in Spirito e Verità” (Gv 4,24) per “regnare sul peccato nel nostro corpo mortale” (Rm 6,12), non abbiamo ancora “visto la gloria dell’incorruttibile” (Gv 1,14), perché opera in noi l’oscurità. Non ci siamo ancora “rivestiti delle armi della luce” (Rm 13,12) perché non ci siamo ancora spogliati delle armi, degli strali e delle opere delle tenebre. Non ci siamo “trasformati con il rinnovamento della nostra mente” (Rm 12,2), perché siamo ancora modellati sugli schemi di questo mondo “nella vanità della nostra mente” (Ef 4,17), non “siamo stati glorificati con Cristo per il fatto che non abbiamo sofferto insieme con lui” (Rm 8,17). Non portiamo ancora le sue “stimmate” (Gal 6,17) nel nostro corpo, posti nel mistero della croce di Cristo; siamo ancora, infatti, nelle passioni e nei desideri della carne. Non siamo “divenuti ancora eredi di Dio e coeredi di Cristo” (Rm 8,17); domina infatti in noi “uno spirito da schiavi e non da figli” (Rm 8,15). Non siamo ancora “diventati tempio di Dio e dimora dello Spirito Santo” (1Cor 3,16-17).»22.
22 Om., 25, 36-67 (Coll. II): Toigarou=n ei) bou¿lei maqei=n, ti¿noj eÀneken ktisqe¿ntej e)n tim$= kaiÜ katoikisqe¿ntej e)n paradei¿s% teleutai=on sumpareblh¿qhmen toi=j a)noh¿toij kth¿nesi kaiÜ
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La pista esegetica presente in questo lungo brano è quella del cuore e si orienta verso l’orizzonte ermeneutico dell’inabitazione divina ovvero dello Spirito Santo nel cuore23. Il popolo d’Israele uscito dall’Egitto24, in cammino verso la terra, promessa ad Abramo25, è entrato in una realtà nuova. Questa realtà si è compiuta nel NT, con gli azzimi di sincerità e di verità, nell’uomo santificato26. Una citazione sapienziale orienta la pista esegetica del cuore verso il problema del peccato27. La morte, parola chiave, richiama il peccato28. La pista esegetica giunge al rivestimento dell’uomo nuovo29. Si protende escatologicamente verso altre evocazioni scritturisti-
w(moiw¿qhmen au)toi=j, a)popeptwko¿tej th=j a)xra¿ntou do¿chj, gi¿nwske oÀti diaÜ th=j parakoh=j dou=loi tw=n th=j sarkoÜj paqw=n geno¿menoi a)peklei¿samen e(autouÜj th=j makari¿aj xw¿raj tw=n zw¿ntwn, kaiÜ e)n ai)xmalwsi¿# geno¿menoi eÃti e)piÜ tw=n potamw=n Babulw=noj kaqezo¿meqa, kaiÜ diaÜ toÜ eÃti e)n Ai)gu¿pt% h(ma=j kate¿xesqai ouÃpw e)klhronomh¿samen thÜn gh=n th=j e)paggeli¿aj thÜn r(e¿ousan ga¿la kaiÜ me¿li ouÃpw sunefura¿qhmen t$= zu¿m$ th=j ei)likrinei¿aj, a)ll’eÃti e)smeÜn e)n t$= th=j ponhri¿aj zu¿m$. OuÃpw e)rranti¿sq$ h(mw=n h( kardi¿a t%= aiÀmati tou= qeou=, eÃti gaÜr toÜ pe¿tauron tou= #Àdou kaiÜ toÜ aÃgkistron th=j kaki¿aj e)mpeh/ktai au)t$=. OuÃpw a)peilh¿famen thÜn a)galli¿asin tou/ swthri¿ou tou= Xristou=, eÃti gaÜr toÜ ke¿ntron tou= qana¿tou e)gkaterri¿zwtai h(mi=n. OuÃpw e)nedusa¿meqa toÜn kainoÜn aÃnqrwpon toÜn kataÜ qeoÜn ktisqe¿nta e)n o(sio¿thti, e)peidhÜ ouÃpw a)pedusa¿meqa toÜn palaioÜn aÃnqrwpon toÜn fqeiro¿menon kataÜ taÜj e)piqumi¿aj th=j a)pa¿thj. OuÃpw fore¿santej thÜn ei)ko¿na tou= e)pourani¿ou, su¿mmorfoi th=j do¿chj au)tou= gego¿namen. OuÃpw prosekunh¿samen e)n pneu¿mati kaiÜ a)lhqei¿# qe%= diaÜ toÜ basileu¿ein thÜn a(marti¿an e)n t%= qnht%= h(m%=n sw¿mati. ouÃpw e)qeasa¿meqa thÜn do¿can tou= a)fqa¿rtou, eÃti gaÜr u(poÜ th=j skotome¿nhj e)nergou¿meqa. OuÃpw e)nedusa¿meqa ta£ oÐpla tou= fwto¿j e)peidh£ ouÃpw a)pedusa¿meqa taÜ tou= sko¿touj oÀpla te kaiÜ be¿lh kaiÜ eÃrga. OuÃpw metemorfw¿qhmen t$= a)nakaini¿sei tou= noo¿j, eÃti gaÜr susxematizo¿meqa t%= ai)w=ni tou¿t% e)n t$= tou= nooÜj mataio¿thti. ouÃpw Xrist%= sunedoca¿sqhmen diaÜ toÜ mhÜ sumpaqei=n h(ma=j au)t%=. OuÃpw taÜ sti¿gmata au)tou= e)n t%= sw¿mati h(mw=n fe¿romen geno¿menoi e)n t%= musthri¿% tou= staurou= tou= Xristou=! eÃti gaÜr e)n toi=j sarkikoi=j paqh¿masi kaiÜ tai=j e)piqumi¿aij e)sme¿n. ouÃpw klhrono¿moi qeou= kaiÜ sugklhrono¿moi Xristou= gego¿namen! eÃti gaÜr pneu=ma doulei¿aj h(mi=n e)nupa¿rxei kaiÜ ou)x ui(oqesi¿aj. ouÃpw gego¿namen naoÜj qeou= kaiÜ oi)khth¿rion pneu=matoj a(gi¿ou.
1Cor 3,16. Sal 136,1. 25 Eb 11,9; Es 3,8. 26 1Cor 5,8 ed Eb 10,19, dove thÜn eiÃsodon tw=n a(gi¿wn diventa h) kardi¿a, il «cuore» asperso con il sangue di Cristo. 27 Pr 9,18, dove la parola chiave è pe¿tauron tou= aÀdou. 28 1Cor 15,56: ke¿ntron tou= qana¿qou. 29 Ef 4,23-24: a)naneou=sqai deÜ t%= pneu¿mati tou= nooÜj u(mw=n kaiÜ e)ndu¿sasqai toÜn kainoÜn aÃnqropon toÜn kataÜ qeoÜn ktisqe¿nta e)n dikaiosu¿n$ kaiÜ o(sio¿thti th=j a)lhqei¿aj. Ma anche cfr. v. 22. 23 24
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che30, quindi passa per la condizione dell’uomo decaduto31, per giungere alla conformazione a Cristo32, affermando che: «non siamo ancora “diventati tempio di Dio e dimora dello Spirito Santo” (1Cor 3,16-17).».
Il popolo d’Israele in cammino rappresenta la nostra condizione di peccatori, il cui cuore non è toccato dal sacrificio di Cristo. L’uomo peccatore resiste alla gloria di Dio che può trasformarlo in dimora dello Spirito Santo. Lo Ps. -Macario parte sempre dall’uomo decaduto, salvato e redento per grazia. L’inabitazione personale dello Spirito Santo è legata a questo modo di leggere ed interpretare le Scritture:
«È come se vi fosse un bimbo appena nato dalla madre, degno di biasimo o rancoroso oppure cieco dalla nascita, come se fosse un mostro ed un presagio per il mondo; così sono quei saggi che desiderano diventare interpreti delle Scritture senza avere lo spirito celeste: poiché non sono congiunti intimamente alla divinità, sono degni di biasimo; poiché non hanno le membra sane, trasmettono una parola riprovevole e guasta.»33.
Chiaramente, l’inabitazione dello Spirito Santo consente la retta interpretazione della Scrittura, in caso contrario, la parola di Dio trasmessa, viene adulterata. Si può affermare che l’inabitazione personale dello Spirito Santo è soprattutto un approccio esegetico che opera nell’anima,
Per mezzo di parole chiave evoca 1Cor 15,49 con thÜn ei)ko¿na tou= e)pourani¿ou; Fil 3,21 evocata da su¿mmorfoi e combinata con do¿ca di Gv 1,14; su¿mmorfoi th=j do¿chj au)tou=, viene così messo in relazione con pneu¿mati kaiÜ a)lhqei¿# di Gv 4,24. In certi casi, infatti, non si tratta nemmeno di citazioni “a memoria”, preferiamo allora il termine di “evocazione scritturistica”. 31 Cita parzialmente Rm 6,12; evoca Gv 1,14; Rm 12,2: metamorfou=sqe; Rm 13,12: taÜ oÀpla tou= fwto¿j; compendia Ef 4,23 con t$= a)nakaini¿sei tou= noo¿j; evoca quindi Ef 4,17: e)n t$= tou= nooÜj mataio¿thti. 32 Richiama Gal 6,17: taÜ sti¿gmata e Rm 8,15: pneu=ma doulei¿aj, v.17: klhrono¿moi qeou= kaiÜ sugklhrono¿moi Xristou=. 33 Log., 4, 13, 1, 1-7 (Coll. I): Kaiì wÐsper iàna {e)a\n} v paidi¿on e)k mh/traj gennw¯menon 30
e)pi¿mwmon hÄ xwlo\n hÄ tuflo\n a)po\ geneth=j, w¨j te/raj kaiì shmeiÍo/n e)sti t%½ ko/sm%, ouÀtwj ei¹siìn oi¸ sofoiì oi¸ qe/lontej e(rmhneutaiì eiånai tw½n grafw½n mh\ eÃxontej to\ ou)ra/nion pneu=ma: mhke/ti ga\r kerasqe/ntej e)n tv= qeo/thti e)pi¿mwmoi¿ ei¹si, mh\ eÃxontej u(gih= <ta\> me/lh, a)ll’e)pilh/yimon lo/gon kaiì saqro\n paradido/ntej.
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illustrando, chiarificando e rivelando le Scritture. Citiamo un altro importante passaggio: «Solo tu sei stato chiamato tempio di Dio e sei divenuto dimora della divinità per far dimorare e far attendare il Signore. “Volgerò lo sguardo sul mite, sull’umile, su chi teme le mie parole.” (Is 66,2) ed ancora:”mi manifesterò a lui ed io ed il Padre mio verremo e prenderemo dimora in lui.” (Gv 14,21b. 23b). Tu sei possesso di Dio, tu sei eredità del re.»34.
Le stesse citazioni compaiono altrove, in unione con 2Cor 3,15, citata liberamente:
«Ma quando questo (velo) sarà tolto (2Cor 3,15), allora (Dio) apparirà e mostrerà sé stesso ai cristiani, a quelli che lo amano e lo cercano nella verità come dice: “mi manifesterò a lui e prenderò dimora presso di lui.” (Gv 14,21b. 23b).»35.
Il velo che ricopriva la faccia di Mosé è anche posto sul nostro cuore che non ci permette di vedere la gloria di Dio. In questo brano incontriamo la citazione libera di 2Cor 3,15 e le citazioni combinate di Gv 14,23b e 14,21b, per formare un’unica citazione avente lo scopo di spiegare e di completare la spiegazione precedente. Certamente, l’esegesi dello Ps.-Macario segue quella di Paolo che intende svelare, alla luce di Cristo risorto, il senso vero delle Scritture. Però, lo Ps.-Macario va più in là, quando nota che il disvelamento delle Scritture consiste nell’inabitazione e nella manifestazione di Dio in noi. Tale esperienza passa per la Parola di Dio che, accolta nel nostro cuore, compie l’inabitazione divina. L’illuminazione e la guida dello Spirito Santo devono quindi guidare e condurre l’anima lungo un cammino, assistita dalla conoscenza della Scrittura, verso la misura della fede e dell’amore che lo Spirito
34 Log., 5, 2, 7, 1-9 (Coll. I): mo/noj su\ nao\j e)klh/qhj qeou= kai£ o)ikhth/rion qeo/thtoj e)ge/nou, ei)j to\ katalu/ein kai£ kataskhnou=n to\n ku/rion. e)pi£ ti¿na ga\r e)pible/yw hÔ e)pi£ to\n pra=on kai£ h(su/xion kai£ tre/monta/ mou tou\j lo/gouj; kai£ pa/lin: e)mfani¿sw au)t%= e)mauto/n kai£ e)gw£ kai£ o( path/r mou e)leuso/meqa kai£ monh\n par°au)t%= poih/somen. su\ ei= kth=ma qeou=, su\ ei= klhronomi¿a tou= basile/wj. 35 Om., 38, 17-23 (Coll. II): oÐtan de\ periaireqv= tou=to, to/te e)pifai¿netai kai£ e)mfani¿zei e(auto\n toi=j Xristianoi=j kai£ toi=j a)gapw=sin au)to\n kai£ e)kzhtou=sin e)n a)lhqei¿#, kaqw£j le/gei oÐti e)mfani¿sw au)t%= e)mauto\n kai£ monh\n par‘au)t%= poih¿sw.
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Santo ha assegnato a ciascuno. L’inabitazione personale dello Spirito Santo è però sempre inabitazione divina trinitaria36 ed è inabitazione di Cristo37. La Scrittura, quindi, è il luogo ove la riflessione mistica e teologica dello Ps.-Macario può e deve autenticamente comprendersi. La pista esegetica del cuore, nel mare magnum delle Scritture, come una chiave, apre, interpreta ed illumina la Scrittura stessa. Il cuore è purificato e santificato, con l’ascolto della Parola di Dio, nelle Scritture, dalle quali, sotto la guida dello Spirito Santo, viene iniziato ad una lettura rivelatrice, quella dell’inabitazione in sé dello Spirito Santo. L’orizzonte ermeneutico dell’inabitazione divina trova, nel Vangelo secondo Giovanni, in particolare, in Gv 14,23, tutta la sua valenza teologica38. In tutto il Corpus non si trova mai citata per esteso Gv 14,23; la si trova soltanto nella seconda parte. Da Gv 14,23b scaturisce tutta la riflessione sull’inabitazione divina e personale dello Spirito Santo e si apre la porta alla pista esegetica del cuore, diretta verso l’orizzonte ermeneutico dell’inabitazione divina. La relazione d’amore fra il Padre ed il Figlio è conoscenza che si manifesta nell’amore personale di Dio per l’uomo. In virtù di questo amore, il Padre ed il Figlio inabiteranno nella creatura e la santificheranno. Il frutto di tale inabitazione è l’amore, ma un amore tutto speciale, giacché è la presenza dell’amante nell’amato, è Dio che si abbassa fino a farsi uomo nella creatura che ne avverte la presenza39. A questo riguardo è più opportuno far parlare i testi come il Logos 40 della Collezione I:
36 37 38
«(L’anima), infatti, ferita nell’amore per Lui brama e viene meno, osando parlare così, come una fanciulla, per l’intimo rapporto (synousìan) che a lui la unisce, intellettuale e mistico insieme, secondo l’incorruttibile, intima congiunzione (synàpheian) dell’unione nella santificazione. Beata, davvero, un’anima siffatta, che, vinta dall’amore spirituale, si è sposata degnamente con Dio Verbo. “La mia anima esulta nel mio Dio perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno Log., Log.,
13, 1, 11, 4-11 (Coll. I). 22, 1, 10, 1-13 (Coll. I). Gv 14,23a: a)pekri¿qh )Ihsou=j kai£ 23b: kai£ o( path¿r mou a)gaph¿sei
thrh¿sei, par?’au)t%= poihso¿meqa.
eiÅpen au)t%=, )Ea¿n tij a)gap#= me to£n lo¿gon mou au)to£n kai£ pro£j au)to£n e)leuso¿meqa kai£ monh¿n
39 Vedi anche 2Cor 4,6: oÃti o( qeo£j o( ei)pw¿n, E)k sko¿touj fw=j la¿myei, oÐj eÔlamyen e)n tai=j kardi¿aij h(mw=n pro£j fwtismo£n th=j gnw¿sewj th=j do¿chj tou= qeou= e)n prosw¿p% (Ihsou=) Xristou=.
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sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli.” (Is 61,10). Desiderando la sua bellezza, il re della gloria reputò degno di chiamarla non soltanto tempio di Dio ma anche figlia di re e regina: tempio di Dio perché abitata dallo Spirito Santo, figlia del re perché generata “dal Padre delle luci” (Gc 1,17), regina, perché congiunta intimamente alla divinità della gloria dell’Unigenito.»40.
L’anima si accosta alla divinità e vi si unisce intimamente, come una fanciulla al suo sposo nel rapporto coniugale (synousìa)41. L’unione intima con la divinità è però sempre il rapporto intimo con la Parola di Dio od il
Log., 40, 2, 3, 9-19 (Coll. I): h( yuxh¿) tetrwme/nh ga\r tv= ei)j au)to\n a)ga/pv e)pipoqei= kai£ e)klei¿pei iÐna tolmh/saj eÃipw th\n pro\j au)to\n w(j ko/rh nohth\n kai£ mustikh\n sunousi¿an kata\ th\n aÃfqarton suna/feian th=j e)n a(giasm%= e(nw¿sewj. Makari¿a w(j a)lhqw=j h( toiau/th yuxh/, hÐtij h(tthqei=sa t%= pneumatik%= eÃrwti a)ci¿wj e)numfeu/qh t%= qe%= lo/g%. Lege/tw toi¿nun <au)th/>: a)gallia/sqw h( yuxh/ mou e)pi£ t%= kuri¿%: e)ne/duse ga/r me i(ma/tion swthri¿ou kai£ xitw=na eu)frosu/nhj perie/qhke/ me w(j numfi¿% mi£tran kai£ w(j nu/mfhn kateko/smhse/ me ko/sm%. tau/thj ga\r tou= ka/llouj e)piqumh/saj o( basileu\j th=j do/chj kathci¿wse xrhmati£zesqai ou) mo/non nao\n qeou=, a)lla\ kai£ qugate/ra basile/wj kai£ basili¿da: nao\n me\n qeou= w(j oi)keiwqei=san t% a(gi¿% pneu/mati, qugate/ra de\ basile/wj w(j teknopoihqei=san para\ tou= patro\j tw=n fw¿twn kai£ basili¿da w(j sunafqei=san tv= qeo/thti th=j do/chj tou= monogenou=j. 40
Le metafore del rapporto coniugale, della famiglia, della madre, del matrimonio nonché il ricorso alle figure femminili tratte dalla Scrittura sono ricorrenti negli scritti pseudomacariani e denotano oltre che un significativo contatto con la spiritualità e la tradizione del Cristianesimo siriaco (cfr. A. VÖOBUS, On the Historical Importance of the Legacy of Ps.Macarius, Stockholm 1972; T. IHNKEN, Die personalen Gleichnisse für den Heiligen Geist bei Makarios/Symeon, in Makarios-Symposium über den Heiligen Geist, Abo 1989, 187-200; O. MARTIKAINEN, Die Muttergestalt des Heiligen Geistes des der fruehen syrischen theologie, Ibidem, 118-122; C. STEWART, Working the earth of the hearth, cit., 9-11; 84-86; M.G. PLESTED, The Macarian Legacy: The place of Macarius-Symeon in the Eastern Christian Tradition, cit., 6. 20), una valutazione positiva della sessualità, del matrimonio, della maternità, della donna e della sua femminilità da parte dello Ps.-Macario. Nonostante ciò, per lui, il monaco deve lasciare tutto e vivere nell’e(gkra/teia, distinta dall’ascesi, cfr. Log. 64, 1, 5, 7 (Coll. I). Con questo termine, il nostro autore intende la continenza ed il celibato oppure, più precisamente, quelle pratiche che consentano al monaco di vigilare sui propri sensi, manifestando, così, un punto di vista “encratico”. L’approccio dello Ps.-Macario sarebbe allora quello proprio di un Encratismo radicale “inclusivo”, simile a quello presente nelle comunità di Basilio di Cesarea ed a quello che Gregorio di Nissa illustra nel suo De Vita S. Macrinae. È precisamente un approccio che non ripudia il matrimonio, come invece facevano gli eustaziani, ma preferisce il celibato. Per lo Ps.-Macario, l’inabitazione dello Spirito Santo nell’anima passa attraverso la continenza ed il celibato, dunque l’e)gkra/teia diventa la condizione preferita per ricevere personalmente l’esperienza dello Spirito Santo, ma non esclusiva per essere cristiani, come sostenevano invece gli eustaziani, cfr. S.K. BURNS, Cappadocian Encratism and the Macarian Community, cit., 27-32. 41
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Verbo (logos theoù). L’anima, però, è come una fanciulla capace di intendere e di volere, come l’anima che sceglie e si decide consapevolmente, in piena libertà, per il Signore. L’unione dell’anima, vinta dall’amore spirituale (eros pneumatiké), è una unione mistica e sensuale (mystiké synousìa), un intimo contatto incorruttibile (synàpheia àphtharton), nel quale l’anima, ferita dall’amore di Dio, si unisce a lui in una unione santificante (en aghiasmò tes enòseos), diventando tempio dello Spirito Santo. La Scrittura per lo Ps.-Macario, così, non può prescindere dalla presenza in essa dello Spirito Santo; è lo Spirito, infatti, che parla nelle Scritture, attraverso fatti e storie di città e battaglie, figure delle vicissitudini e dei conflitti dell’anima, in lotta continua con gli spiriti maligni, leggiamo infatti: «L’apostolo infatti disse: “La legge è spirituale” (Rm 7,14). Quando dunque scrisse di differenti battaglie scrisse ora sotto forma di misteri (mysteriodòs) delle guerre invisibili che gli spiriti della malvagità muovono contro l’anima; quando narrò di alcune storie (lo fece) perché ora sono diventate misteri per l’anima; quando lo Spirito Santo pronunziò molte altre parole (lo fece) perché riguardanti città od altri avvenimenti nelle Scritture.»42.
È interessante notare qui la nozione di mystérion che appare essere una realtà nascosta, velata, il cui vero significato e la vera realtà soggiacenti, sono conosciute soltanto per opera dello Spirito Santo. Le Scritture sono il mezzo attraverso cui lo Spirito Santo entra nell’anima e può operare la santificazione:
«poiché la grazia si mostra con potenza, presentimento, contezza, “con il rinnovamento della mente” (Rm 12,2), con la trasformazione, con una creazione nuova e fresca, “secondo l’uomo interiore del cuore” (Rm 7,22; 1Pt 3,4)43. È questo il vero Cristianesimo: l’accurata tradizione apostolica,
Log., 24, 2, 8-3, 13 (Coll. I): o( ga\r a)po/stoloj fhsi¿n: o( no/moj pneumatiko/j e)stin. eiÃte ouÅn peri£ pole/mwn diafo/rwn e)gra/fh, musthriwdw=j e)gra/fh dia\ tou\j nu=n pole/mouj tou\j a)ora/touj tw=n pneuma/twn th=j ponhri¿aj pro\j th\n yuxh\n ginome/nouj, eiÃte peri£ i(storiw=n tinw=n dia\ ta\ nu=n gino/mena musth/ria tv= yuxv= e)le/xqh, eiÃte lo/gouj aÃllouj pollou\j e)la/lhsen e)n tai=j grafai=j to\ pneu=ma to\ aÐgion w(j peri£ po/lewn hÔ aÃllwn tinw=n pragma/twn. 42
43 Si noti a quale esito qui arrivi la familiarità con la Scrittura; le due citazioni scritturistiche, combinate insieme, identificano il cuore con l’uomo interiore.
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con verità, di tutte le sante Scritture; ed è questa la venuta del Signore, la liberazione dell’uomo caduto sotto il peccato; è questa la speranza nella verità, di coloro i quali credono in Cristo.»44.
La verità, contenuta nelle Scritture, è allora rinnovamento, non è una verità astratta od un contenuto teorico, ma un’esperienza che lo Spirito Santo permette di purificare e di discernere sempre meglio. È un’esperienza che passa per quella dell’adozione filiale che si compie attraverso l’imitatio Christi, grazie all’esempio della Passione di Cristo. Attraverso le sofferenze e la sapienza di Cristo si instaura il rapporto perfetto fra Dio e l’uomo: «Come, infatti, attraverso il sentire della terra e le passioni della carne, noi ci riconosciamo come figli di Eva e di Adamo, così è necessario conoscere l’adozione filiale, per mezzo del sentire celeste e delle sofferenze di Cristo.»45.
Con Cristo, anche il termine oikéiosis acquista gli accenti forti di una religiosità intensa ed emotiva: «Poiché (l’anima) vuole con la propria scelta aderire a Cristo, occorre, adesso, accettare in un certo qual modo, di cambiare, trasformarsi, mutarsi, rinnovarsi e rifondarsi (2Cor 5,17), fino a quando siamo nella carne, secondo la tradizione delle Scritture.»46.
L’anima, vera e propria immagine di Cristo, attraverso l’imitatio Christi, realizza una fusione, una trasformazione, un rinnovamento dell’uomo intero, rinnovato non soltanto nell’anima, ma anche en sarkì cioè
Log., 25, 6, 14-22 (Coll. III): th=j xa/ritoj e)pideiknuou/shj e)n duna/mei kaiì ai¹sqh/sei kaiì plhrofori¿# kaiì tv= tou= noo\j a)nakaini¿sei kaiì a)llagv= kaiì kainv= kaiì ne/# kti¿sei kata\ to\n eÃsw th=j kardi¿aj aÃnqrwpon. ouÂto/j e)stin o( a)lhqh\j Xristianismo\j kaiì pasw½n tw½n a(gi¿wn grafw½n a)kribh\j e)n a)lhqei¿# a)postolikh\ para/dosij, kaiì auÀth h( tou= kuri¿ou eÃleusij kaiì h( lu/trwsij tou= peso/ntoj u(po\ th\n a(marti¿an a)nqrw¯pou, kaiì auÀth e)stiìn h( tw½n e)n a)lhqei¿# Xrist%½ pisteuo/ntwn e)lpi¿j. 45 Log., 28, 1, 3, 18-19 (Coll. III): ÀWsper ga\r dia\ tou= xoikou= fronh/matoj kai\ tw=n sarkikw=n paqw=n e)pignw/skomen e(autou\j ui(ou\j th=j EuÃaj kai\ tou= )Ada/m oÃutwj h(ma=j xrh\ e)pignw=nai th\n ui(oqesi¿an dia\ tou= e)pourani¿ou fronh/matoj kai£ tw=n paqw=n tou= Xristou. 46 Log., 25, 4, 29-35 (Coll. III): (h( yuxh¿) tv= proaire/sei proskollhqh=nai boulome/nhn Xrist%, a)llagh=nai kai£ metablhqh=nai kai£ a)lloiwqh=nai kai£ a)nakainisqh=nai kai£ a)naktisqh=nai dei= nu=n, eÐwj e)n sarki£ tugxa/nei, toiou/t% tini£ tro/p%, kata\ th\n tw=n grafw=n para/dosin. 44
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nella carne. Il termine oikéiosis esprime proprio questa intimità profonda dell’uomo con Cristo; l’uomo, in Cristo, diventa altro da sé: alloiòo; si trasforma: metabàllo; aderisce tenacemente a lui: proskollào; diventa una creatura nuova: anakainìzo, anaktìzo. I sostantivi e gli aggettivi composti conferiscono una notevole forza stilistica, tipica di una mistica intensa e schietta. Troviamo ancora: «Allo stesso modo, Maria che stava presso il Signore crocifisso, piangeva gridando, per il tormento del suo amore e sembrava crocifissa insieme con lui; così, anche l’anima che ha amato il Signore ed ha preso su di sé il desiderio del suo amore, si affretta ad unirsi veramente con il suo sposo che è Cristo; essa deve soffrire, unita alle sue sofferenze, avendo sempre dinanzi agli occhi lui, ricordando che le sue piaghe si sono prodotte per lei, che per lei, colui che è impassibile ha patito tutto questo.»47.
In conclusione, è nell’Incarnazione, posta come partecipazione alle sofferenze di Cristo, che l’anima riceve esperienza vera ed autentica dello Spirito Santo. Si può vedere, dunque, come il rapporto dell’uomo con la divinità sia concepito dallo Ps.-Macario come una vera e propria immersione in Dio, una fusione totale con lui che non è il “totalmente altro” ma è il synghenés dell’uomo, il suo referente intimo ed immediato48. 2. LA DOTTRINA DEL LOGOS 52
La Collezione I può definirsi come la più grande vasca di raccolta del materiale di Macario tramandato in greco. Il Logos 52 della Collezione I si trova in una serie di logoi che non ha subìto rimaneggiamenti e che derivano, attraverso le rielaborazioni di due codici manoscritti, dall’archetipo della Collezione I, anteriore al XII secolo49.
47 Log., 3, 1, 3, 14-21 (Coll. III): kaiì oÁn tro/pon Mari¿a tou= kuri¿ou stauroume/nou parestw½sa e)da/krue klai¿ousa dia\ to\ tou= po/qou ke/ntron kaiì sustaurou=sqai e)do/kei, ouÀtw kaiì yuxh\ h( a)gaph/sasa to\n ku/rion kaiì zh=lon fi¿ltrou a)nalabou=sa kaiì speu/dousa e)n a)lhqei¿# suna/ptesqai t%½ e(auth=j numfi¿% Xrist%½ o)fei¿lei sumpa/sxein toiÍj paqh/masin au)tou=, pro\ o)fqalmw½n a)eiì eÃxousa kaiì memnhme/nh tw½n stigma/twn au)tou= tw½n di’au)th\n genome/nwn, oÀsa di’au)th\n pe/ponqen o( a)paqh/j. 48 Vedi supra, n. 7 ed infra: L’inabitazione divina nel De Spiritu Sancto, cap. IV, n. 73. 49 Vedi H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 53, cit., I, Einleitung, I-LXXXVIII.
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Il Logos 52 presenta un argomento articolato in più punti e vi si rintraccia una divisione in due parti. Affronta una trattazione dogmatica e scritturistica nella prima 50 parte , difficile e complessa, con un tono discorsivo, seguendo uno schema didascalico quasi come un trattato. Nella seconda parte51, il tono didascalico del trattato cede il passo a quello parenetico dell’esortazione. Diversamente da altri logoi, l’interpretazione della Scrittura non è al centro dell’interesse del Logos 52; si citano esplicitamente soltanto due passi scritturistici: Mt 28,20 e 2Cor 13,13, rispettivamente nella prima52 e nella seconda parte53, ma l’autore non indugia sulla loro interpretazione e spiegazione, sono piuttosto usati per rafforzare le argomentazioni del discorso. Tuttavia, è innegabile che dietro le argomentazioni di questo logos, vi sia un’approfondita meditazione della Scrittura, di cui vediamo in questo testo, l’esito ecclesiologico e le conclusioni teologiche. Il Logos 52 della Collezione I rivela un’approfondita meditazione di quei luoghi dell’epistolario paolino che insistono sull’uomo come tempio e sull’inabitazione dello Spirito Santo in lui54; sulla realtà del corpo come santuario dello Spirito Santo55. Sull’impossibilità di un accordo fra Dio e gli idoli56. Tutte queste citazioni, nel logos in questione, sono riferite alla Chiesa che diventa tempio dello Spirito Santo. La sua meditazione scritturistica prosegue, con intensità sempre crescente, spostandosi sull’opera dello Spirito Santo nell’irrobustimento dell’uomo interiore57; nel suo rinnovamento58; nel rivestimento dell’uomo 50 51 52 53 54
Log., Log., Log., Log.,
52 ,1, 1-6 (Coll. I). 52, 2, 1-8 (Coll. I). 52, 1, 4,10 (Coll. I). 52, 2, 5, 19 (Coll. I). 1Cor 3,16-17: ou)k oiÃdate oÀti
naoÜj qeou= e)ste kaiÜ toÜ pneu=ma tou= qeou= oi)kei= e)n u(mi=n; eià tij toÜn naoÜn tou= qeou= fqei¿rei, fqerei= tou=ton o( qeo¿j! o( gaÜr naoÜj tou= qeou= aÀgio¿j e)stin, oiÀtine¿j e)ste u(mei=j. 55 1Cor 6,19: hÔ ou)k oiÃdate oÀti toÜ sw=ma u(mw=n naoÜj tou= e)n u(mi=n a(gi¿ou pneu¿mato¿j e)stin ou eÃxete a)poÜ qeou=, kaiÜ ou)k e)steÜ e(autw=n; 56 2Cor 6,16: ti¿j deÜ sugkata¿qesij na%= qeou= metaÜ ei)dw¿lwn; h(mei=j gaÜr naoÜj qeou= e)smen zw=ntoj, kaqwÜj eiÂpen o( qeoÜj oÃti )Enoikh¿sw e)n au)toi=j kaiÜ e)mperipath¿sw kaiÜ eÃsomai au)tw=n qeo¿j kaiÜ au)toiÜ eÃsontai¿ mou lao¿j. 57 Ef 3,16: iÀna d%= u(mi=n kataÜ toÜ plou=toj th=j do¿chj au)tou= duna¿mei krataiwqh=nai diaÜ tou= pneu¿matoj au)tou= ei)j toÜn eÃsw aÃnqrwpon. 58 2Cor 4,16: DioÜ ou)k e)gkakou=men, a)ll’ei) kaiÜ o( eÃcw h(mw=n aÃnqrwpoj diafqei¿retai, a)ll’ o( eÃsw h(mw=n a)nakainou=tai h(me¿r# kaiÜ h(me¿r#.
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nuovo59. Arriva, quindi, a considerare l’uomo, tempio dello Spirito Santo. Infine, mostra, con citazioni scritturistiche pertinenti, la missione degli apostoli in ordine alla salvezza60 e la penitenza praticata nella Chiesa con l’allontanamento e la riammissione dei penitenti all’Eucaristia61. È dunque un logos privo di esordio, alternante al carattere dell’insegnamento teologico e dogmatico nella prima parte, quello parenetico e morale nella seconda. Il suo tono, anche se discorsivo e disteso, non scende mai al livello familiare, infatti, non è mai usato il “noi”, soltanto una volta è presente il “tu”, rimanendo rigorosamente alla terza persona. Anche se tratta della liturgia non sembra che il suo contesto sia quello di una celebrazione liturgica. Più precisamente tratta del culto liturgico. Il carattere didascalico del logos, nettamente prevalente su quello esegetico, lascia intravedere come propri destinatari, monaci o aspiranti alla vita ascetica, riuniti ad ascoltare conferenze tenute da un maestro spirituale come quelle di Cassiano nel V secolo. Non possiamo nemmeno trascurare il carattere polemico ed un certo intento apologetico che colloca ancor di più questo logos nell’ambiente monastico nel quale ha visto la luce. Vogliamo passare ora ad un esame accurato del Logos 52 per evidenziare gli argomenti dottrinali che questo testo presenta. Il Logos 52 inizia ex abrupto, entrando in medias res con la proposizione contenente l’argomento che vuole affrontare: «Tutta l’economia visibile della Chiesa di Dio avviene grazie all’essenza vivente ed intellettiva dell’anima razionale, creata secondo l’immagine di Dio; qualunque essa sia, è la Chiesa di Dio vivente e vera.»62.
L’essenza vivente ed intellettiva dell’anima razionale creata ad immagine di Dio è la Chiesa di Dio vivente e vera. Tale proposizione com-
Ef 4,23-24: a)naneou=sqai deÜ t%= pneu¿mati tou= nooÜj u(mw=n kaiÜ e)ndu¿sasqai toÜn kainoÜn aÃnqrwpon toÜn kataÜ qeoÜn ktisqe¿nta e)n dikaiosu¿n$ kaiÜ o(sio¿thti th=j a)lhqei¿aj. 60 Mt 28,20: dida¿skontej au)touÜj threi=n pa¿nta oÃsa e)neteila¿mhn u(mi=n! kaiÜ i)douÜ e)gwÜ meq’u(mw=n ei)mi pa¿saj taÜj h(me¿raj eÀwj th=j suntelei¿aj tou= ai)w=noj, in Log. 52, 1, 4, 10, (Coll. I). 61 2Cor 13,13: h( xa¿rij tou= kuri¿ou h(mw=n )Ihsou= Xristou= kaiÜ h( a)ga¿ph tou= qeou= kaiÜ patroÜj kaiÜ h( koinwni¿a tou= a(gi¿ou pneu¿matoj, cf. Log. 52, 2, 5, 19, la citazione è tratta pro59
babilmente dalla liturgia eucaristica. 62 Log., 52, 1, 1, 2-4 (Coll. I): Pa=sa
h( fainome¿nh th=j e)kklhsi¿aj tou= qeou= oi)konomi¿a ge¿gone dia£ th£n zw=san kai£ noera£n ou)si¿an th=j yuxh=j th=j logikh=j kat’ ei)ko¿na qeou= poihqei¿shj, h(/tij e)sti£n h( zw=sa kai£ a)lhqinh£ qeou= e)kklesi¿a.
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plessa contiene due argomenti, l’uno antropologico, l’altro ecclesiologico, ricapitolati l’uno nell’altro, per mezzo di un’accezione originale del termine oikonomìa. L’identificazione dell’anima con la Chiesa è resa possibile dall’oikonomìa visibile della Chiesa di Dio. In virtù di questo densissimo asserto, la materia inanimata ed irrazionale ha ricevuto nomi simili (omòiois onòmasin), tali da renderla capace di far pervenire l’anima inesperta alla verità. La materia irrazionale, inanimata e corporea, ombra della verità, è stata messa in rapporto con gli esseri razionali, viventi e celesti. Elenca quindi di seguito questi nomi: tempio di Dio, altare vero, sacrificio vivente che fanno la Chiesa di Cristo, perché accolgono l’invocazione (epìklesin), dei beni celesti63. Segue poi una proposizione comparativa, in apparenza chiara: «Come infatti il culto ed il modo di vivere della Legge erano ombra della Chiesa di Cristo, attuata ora, così ora, la Chiesa visibile è ombra dell’uomo interiore razionale e vero.»64.
In questa comparazione sono giustapposte le due economie: quella veterotestamentaria basata sulla legge e sull’osservanza delle norme cultuali, ombra della Chiesa di Cristo e quella neotestamentaria compiutasi ora (nyn). La nuova economia si compie nella Chiesa di Cristo, essa è un’economia visibile che a sua volta è ombra dell’uomo interiore, quello razionale e vero, ove trova pieno compimento. Spiega e ricapitola tutte le proposizioni precedenti, affermando che l’economia visibile della Chiesa perviene a compimento (parérchetai en té sunteléia), con il servizio dei suoi misteri, la diakonìa ton mysterìon ekklesìas. Affermando, quindi, la ricapitolazione dell’argomento ecclesiologico in quello antropologico, introduce, nella conclusione dell’argomentazione iniziale, l’amministrazione dei sacramenti nella Chiesa per porre l’accento sulla permanenza (menei) dell’essenza razionale ed intellettiva dell’uomo interiore, nella quale si compie (epitelesthénai) tutta l’oikonomìa o disegno salvifico ed il servizio dei misteri celesti della Chiesa. La Chiesa, allora, con i suoi misteri è la particolare manifestazione visibile (phainoméne) del-
Log., 52, 1, 1, 3-9 (Coll. I). Log., 52, 1, 2, 9-11 (Coll. I): w(/sper ga£r h( tou= no¿mou latrei¿a kai£ diagwgh£ skia£ h)=n th=j nu=n e)kklesi¿aj tou= Xristou=, ou(/twj h( nu=n o(rwme¿nh e)kklhsi¿a skia/ e)sti tou= e)/ndon a)nqrw/pou tou= logikou= kai£ a)lhqinou. 63 64
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l’unica oikonomìa che si è fatta conoscere agli uomini nell’AT e, compiutamente, nella Chiesa di Cristo. L’autore porta ad ulteriori conseguenze il discorso iniziato subito nelle prime righe, chiarendo come le due economie compiano l’economia della Chiesa nell’uomo interiore. Il servizio dei misteri della Chiesa è a lui finalizzato e questo può essere reso possibile soltanto con la potenza dello Spirito Santo65. Compare per la prima volta la presenza e l’intervento dello Spirito Santo che deve restaurare la Chiesa di Cristo ed il tempio santo di Dio. La ricapitolazione della Chiesa nell’anima vivente o tempio santo di Dio è resa possibile soltanto per mezzo dello Spirito Santo. A questo punto, inizia una digressione polemica: «È per questo motivo che, molti fra i principianti nella conoscenza della verità si oppongono a noi, tanto che mutano in altro modo le Scritture (a noi) familiari, per mezzo della similitudine dei nomi, per mezzo delle prescrizioni legali ed anche di quelle rituali; costoro, tronfi per l’attuale economia, persuasi soltanto dalle prescrizioni della carne, trascurano la ricerca ed il rinnovamento dell’anima secondo l’uomo interiore razionale e non recependo la conoscenza della nuova creazione della mente, per ignoranza, ci sono avversi.»66.
Per questo motivo (dià tauten ten aitìan), poiché lo Spirito Santo ha un ruolo decisivo nel compimento delle due economie ed in particolare nel
Log., 52, 1, 2 (Coll. I). Log., 52, 1, 3, 18-23 (Coll. I): dia\ tau/thn th\n ai¹ti¿an polloiì tw½n nhpiazo/ntwn tv= gnw¯sei th=j a)lhqei¿aj a)nti¿keintai h(miÍn, w¨j e)calla/ssousin a)llotri¿wj tw½n oi¹kei¿wn grafw½n <dia\ th\n tw½n o)noma/twn o(moio/thta kaiì dikaiw¯mata kaiì latrei¿aj> oiàtinej ei¹j th\n pro/skairon oi¹konomi¿an e)mplhroforou/menoi kaiì dikaiw¯masi sarko\j mo/non pepoiqo/tej th=j kata\ to\n logiko\n eÃsw aÃnqrwpon e)reu/nhj kaiì a)nakainismou= yuxh=j a)melh/santej kaiì kainh=j kti¿sewj noo\j e)pi¿gnwsin mh\ labo/ntej di’aÃgnoian h(ma=j diaba/llousin. I manoscritti presentano lezioni discordanti proprio in questo punto; H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 54, cit., II, 138, in app. crit., riporta la seguente lezione: dia£ th£n tw=n o)noma¿twn o(moio¿thta kai£ dikaiw¿mata kai£ latrei¿aj che è arduo tradurre. Si può affermare soltanto, con ragionevole cer65 66
tezza, che il testo alluda, oltre che alla «similitudine dei nomi», anche ai precetti legali ed al culto. Va tenuto presente il valore consecutivo che noi diamo alla particella w¨j, ritenendo che il valore dichiarativo non sia sufficientemente dimostrato. Dissentiamo, così, sia dalla versione francese di V. DESPREZ, Le Ps.-Macaire, SA 70, cit., 203, sia da quella tedesca di Fitschen, vedi Pseudo-Macarius, Reden und Briefe, engeleitet, übersetzt und mit Anmerkungen versehen von Klaus Fitschen, Stuttgart 2000.
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compimento della Chiesa nell’anima vivente, compiuta secondo l’uomo interiore, alcuni si oppongono (antikéintai emìn). Costoro sono chiamati, «principianti nella conoscenza della verità» (nepiazòntes te gnòsei tes alethéias), la cui identità riteniamo vada ricercata nell’ambiente strettamente monastico dello Ps.-Macario Egizio. La materia nella quale si oppongono all’autore ed ai suoi discepoli (emìn) è l’interpretazione delle Scritture o meglio, l’approccio esegetico alle Scritture da loro seguito. I «principianti» usano la «similitudine dei nomi» (omoiòteta ton onomàton) ed insistono sulle prescrizioni legali, costoro o forse anche altri, confidano eccessivamente nell’economia temporanea (òitines eis ten pròskairon oikonomìan emplerophoroùmenoi). L’anonimo autore si rende conto che anche la Chiesa è una oikonomìa temporanea, destinata a cedere il posto all’avvento glorioso di Cristo e del suo regno. Il procedimento ermeneutico del nostro autore o — sarebbe meglio dire — il suo approccio esegetico è più attento alla ricerca secondo l’uomo interiore (tes katà ton logikòn eso ànthropon eréunes), al rinnovamento dell’anima ed alla nuova creazione della mente o dell’anima (anakainismoù psychés kai kainés ktìseos noòs). Quei «principianti» o nepiazòntes, invece, trascurano l’uno e l’altro, perché, per ignoranza (di’àgnoian), non riconoscono un dato che per il nostro autore è certo: soltanto l’anima innamorata della verità può arrivare a questa radice (e gar philaléthes psyché ten rizan autén ton pragmàton ereunà), ovvero ad un Cristianesimo, inteso come esperienza dell’anima innamorata della verità, la quale non soggiace alla legge: «(L’anima) non considerando il Cristianesimo in maniera superficiale, né fermandosi a modelli esteriori di prescrizioni e di norme cultuali, attende piuttosto, fedelmente, con la potenza dello Spirito Santo, secondo l’uomo interiore, di ricevere la contezza. Questo è il vero Cristianesimo.»67.
Ponendosi in attesa, l’anima può fare realmente esperienza piena e consapevole (plerophorìan), dello Spirito Santo e dei suoi carismi. Proprio per questo motivo, lo Spirito Santo è operante nella Chiesa, anzi, proprio perché l’anima può diventare dimora vivente dello Spirito
Log., 52, 1, 3, 24-4 (Coll. I): ou)k e)pipolai¿wj toÜn XristianismoÜn eiÅnai nomi¿zousa ou)deÜ tu¿poij e)cote¿roij dikaiwma¿twn kai\ latreiw=n e)napome¿nousa, a)ll’ e)n duna¿mei pneu¿matoj a(gi¿ou kata\ to\n eÃsw aÃnqropon th\n plhrofori¿an labei=n pistw=j e)kde¿xetai! oÀsper e)sti\n o( a)lhqino\j Xristianismo¿j. 67
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Santo, Dio ha fatto dono dello Spirito alla sua Chiesa che è santa e cattolica, si è spossessato della sua dimora (exokonòmese), per essere presente, fino ad inabitarvi (synéinai), nell’altare e nell’acqua del Battesimo:
«È per questo che Dio ha fatto dono del suo Santo Spirito alla Chiesa santa e cattolica e si spossessò della sua casa per essere presente, proprio nel santo altare e nell’acqua del santo Battesimo; è per questo che il Salvatore si compiacque di profondersi in tutta quanta la liturgia della santa Chiesa di Dio e di far partecipare dello Spirito consolatore, attraverso gli Apostoli, secondo quanto detto dal Signore: ”Ed ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi.” (Mt 28,20); perché i cuori fedeli potessero essere rinvigoriti per opera dello Spirito Santo con ogni potenza ed ogni virtù, proveniente dai frutti celesti, dal Battesimo, dall’altare, dall’Eucaristia del pane e da tutta quanta l’adorazione mistica nella Chiesa; e così potessero consacrarsi a vivere la vita vera, secondo il disegno celeste, per essere rinnovati e rifondati per la potenza della grazia, spogli ormai della volontà materiale e terrestre, per mezzo della potenza dello Spirito.»68.
A causa di queste considerazioni che si ampliano sempre più a partire dalla considerazione principale, l’autore può affermare che il salvatore si compiacque (sotér echarìsato) di profondere il suo Spirito consolatore nella liturgia della Chiesa per mezzo degli apostoli. L’autore non salta la mediazione degli apostoli ma, anzi, afferma l’istituzione divina della Chiesa insieme alla sua mediazione salvifica. Il ruolo del consolatore rileva il valore soteriologico della liturgia che esige la personale partecipazione ai misteri, nella Chiesa. Alla luce di queste considerazioni, cita letteralmente Mt 28,20, spiegato con la partecipazione dei fedeli, il cui cuore è riempito e vivificato 68 Log., 52, 1, 4, 5-10 (Coll. I): Dia\ ga\r tou=to o( qeo\j to\ aÀgion au)tou= pneu=ma tv= a(gi¿# kaiì kaqolikv= e)kklhsi¿# e)dwrh/sato kaiì suneiÍnai au)to\ t%½ a(gi¿% qusiasthri¿% kaiì t%½ uÀdati tou= a(gi¿ou bapti¿smatoj e)c%kono/mhse kaiì ei¹j pa=san leitourgi¿an th=j a(gi¿aj tou= qeou= e)kklhsi¿aj e)pipola/zein kaiì koinwneiÍn to\ para/klhton pneu=ma dia\ tw½n a)posto/lwn o( swth\r e)xari¿sato, kata\ to\ u(p’au)tou= tou= kuri¿ou ei¹rhme/non: kaiì i¹dou\ e)gwÜ meq’u(mw½n ei¹mi pa/saj ta\j h(me/raj eÀwj th=j suntelei¿aj tou= ai¹w½noj, iàna e)k tou= bapti¿smatoj kaiì tou= qusiasthri¿ou kaiì th=j eu)xaristi¿aj tou= aÃrtou kaiì pa/shj th=j mustikh=j latrei¿aj th=j e)n tv= e)kklhsi¿# ai¸ pistaiì kardi¿ai e)nerghqw½sin u(po\ tou= a(gi¿ou pneu/matoj e)n pa/sv duna/mei kaiì a)retaiÍj karpw½n e)pourani¿wn, kaiì ouÀtwj a)nakainisqeiÍsai kaiì a)naplasqeiÍsai tv= duna/mei th=j xa/ritoj zw½sai zwh\n a)lhqinh\n kata\ to\ e)poura/nion fro/nhma a)nadeixqw½si, to\ u(liko\n kaiì e)pi¿geion a)podusa/menai fro/nhma dia\ th=j tou= pneu/matoj duna/mewj.
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dalla potenza dello Spirito Santo, per mezzo del Battesimo, dell’altare, dell’Eucaristia e di tutta l’adorazione mistica nella Chiesa (kai pases mystikés latréias en te ekklesìa). La partecipazione ai misteri permette ai fedeli, anzi, ai cuori fedeli (ai pistài kardìai), di vivere la vita vera e di spogliarsi della volontà materiale e terrestre. L’autore spiega in maniera più approfondita e dettagliata, gli argomenti che ha esposto, basati su una lunga familiarità e meditazione dei testi biblici. L’arca dell’alleanza del popolo ebraico rappresenta l’antica economia veterotestamentaria, soppiantata ormai dalla Chiesa, perché lo Spirito Santo, pur essendovi realmente (synòn), è presente ora (nyn synòn), nella Chiesa di Dio, nell’altare ed in tutta la nuova oikonomìa della Chiesa, visibile a coloro i quali accolgono l’enérgheia dello Spirito Santo ed i suoi carismi «Perché, se nell’arca risiedevano delle ombre sotto la categoria della Legge, nella presenza reale (synén) dello Spirito vi è di più; tanto di più vi è nell’altare, nella Chiesa ed in tutta quanta la mistagogia del santo Battesimo. Ma, come fra gli israeliti con la loro condotta empia, là non operava lo Spirito, sebbene fosse realmente presente nell’arca di Dio; ecco che, infatti, con il trascorrere delle epoche, a causa del peccato del popolo, anche la stessa arca dell’Alleanza fu consegnata a popoli indegni di essa, non potendo più (Dio) venire in alcun modo in aiuto degli israeliti per le loro numerose trasgressioni; benché lo Spirito mostrasse la propria energia ed il proprio indirizzo (semansìa), dal momento che era realmente presente nell’arca di Dio, in seguito a quello che era avvenuto allora, inteso come segno della volontà di Dio presso i popoli; così, anche ora, lo Spirito è presente nella santa Chiesa di Dio, nel santo altare ed in tutta quanta l’economia visibile ed opera con differenti carismi, nelle persone degne e fedeli, ma si tiene molto lontano da quelle indegne.»69.
69 Log., 52, 1, 5, 16-27 (Coll. I): ei¹ ga\r e)n tv= kibwt%½ tv= kata\ to\n no/mon e)peski¿aze, ma=llon de\ sunh=n to\ pneu=ma, po/s% ma=llon e)n t%½ qusiasthri¿% kaiì tv= e)kklhsi¿# kaiì pa/sv tv= mustagwgi¿# tou= a(gi¿ou bapti¿smatoj. a)ll’wÐsper e)keiÍ a(martano/ntwn tw½n ¹Israhlitw½n ou)k e)nh/rgei to\ pneu=ma kai¿per suno\n tv= kibwt%½ tou= qeou= i¹dou\ ga\r kata\ kairou\j dia\ ta\j a(marti¿aj tou= laou= kaiì au)th\ h( kibwto\j toiÍj eÃqnesi paredo/qh toiÍj a)naci¿oij au)th=j mhde\n bohqh/sasa dia\ ta\ polla\ au)tw½n paraptw¯mata, kai¿per th\n i¹di¿an e)ne/rgeian kaiì shmansi¿an to\ pneu=ma e)dei¿knuen, oÀti sunh=n tv= kibwt%½ tou= qeou= dia\ to\ gegenhme/non to/te qeo/shmon para\ toiÍj eÃqnesin, ouÀtw kaiì nu=n suno\n to\ pneu=ma tv= tou= qeou= a(gi¿# e)kklhsi¿# kaiì t%½ a(gi¿% qusiasthri¿% kaiì pa/sv tv= fainome/nv oi¹konomi¿# toiÍj a)ci¿oij me\n kaiì pistoiÍj e)nergeiÍ e)n diafo/roij xari¿smasin, a)po\ de\ tw½n a)naci¿wn po/rrwqen u(pa/rxei.
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Lo Spirito Santo, presente ed operante prima presso il popolo d’Israele che non ha seguito il suo «indirizzo» o semansìa, ora inabita, operando, nella Chiesa di Cristo e nei misteri. L’operazione (enérgheia) dello Spirito nei cuori viventi è ricercata da Dio, perché tutto il mondo sensibile ed il disegno salvifico si sono accostati nella Chiesa: «Infatti, l’energia vivente dello Spirito Santo nei cuori viventi è ricercata da Dio, oppure, dal momento che vi pervengono tutte le cose visibili e tutta quanta l’economia, i cuori viventi permangono nello Spirito. È per questo che il Salvatore si è fatto vicino (paraghégone), è per questo che tutta quanta la configurazione dell’immagine della Chiesa (esiste), perché le essenze intellettuali delle anime fedeli, per mezzo dell’efficacia della grazia, fossero rifondate e rinnovate e, ricevuta la trasformazione, potessero ereditare la vita eterna.»70.
La motivazione per la quale è avvenuta l’Incarnazione e la fondazione della Chiesa (di’o kai o sotér paraghégone, di’o kai pasa e tes ekklesìas diatyposis), per le essenze intellettive delle anime fedeli rifondate, rinnovate e convertite (anaktisthéisai kai anakainisthéisai kai metabolén dexàmenai), è quella di poter ereditare la vita eterna. La nota del Verbo incarnato come sotér che è venuto in aiuto, accostandosi (paraghégone) all’umanità e quella della Chiesa come diatyposis o «configurazione visibile», confermano il dato, espresso altrove, per affermare che anche la Chiesa è temporanea, ombra dell’uomo interiore salvato e rinnovato per opera dell’Incarnazione, destinato a risorgere nella gloria del regno futuro. Innestando l’argomento antropologico in quello ecclesiologico ed accompagnandovi quello pneumatologico, l’autore arriva consapevolmente al mistero dell’Incarnazione, fonte e centro di tutta l’economia salvifica. Distinguendo, nella storia della salvezza, i due momenti dell’AT e del NT o della Chiesa, non intende spezzare l’unità dell’unica oikonomìa salvifica che trova il suo particolare compimento negli ultimi giorni dell’oikonomìa phainoméne della Chiesa, anch’essa destinata a passare. Inizia, a
70 Log., 52, 1, 6, 27-2 (Coll. I): e)ne/rgeia ga\r zw½sa pneu/matoj a(gi¿ou e)n zw¯saij kardi¿aij para\ qeou= zhteiÍtai, oÀti pa/nta ta\ faino/mena kaiì pa=sa oi¹konomi¿a pare/rxetai, zw½sai de\ kardi¿ai e)n pneu/mati diame/nousi. di’oÁ kaiì o( swth\r parage/gone, di’oÁ kaiì pa=sa h( th=j ei¹ko/noj th=j e)kklhsi¿aj diatu/pwsij, iàna noeraiì ou)si¿ai yuxw½n pistw½n dia\ th=j e)nergei¿aj th=j xa/ritoj a)naktisqeiÍsai kaiì a)nakainisqeiÍsai kaiì metabolh\n deca/menai zwh\n ai¹w¯nion klhronomh=sai dunhqw½sin.
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questo punto, la seconda parte del nostro logos, in cui si precisa il portato dell’economia neotestamentaria che è l’oikonomìa phainoméne, in altre parole, l’economia visibile della Chiesa:
«Dal momento che le cose visibili sono figura ed ombra di quelle nascoste, anche il tempio visibile (è figura ed ombra) del tempio del cuore, anche il sacerdote (è figura ed ombra) di Cristo vero sacerdote (come) anche (per) tutta quanta la parte che resta dell’economia visibile; (è questo) il conformarsi, proprio degli esseri razionali (secondo l’uomo interiore) e degli eventi nascosti; accogliamolo (dunque), per opera della grazia, come esempio manifesto dell’economia della Chiesa e guida (diòikesis) efficace per l’anima.»71.
In virtù di questa economia, le cose visibili sono figura ed ombra (typos kai skiàs), delle realtà nascoste; in particolare, il tempio visibile è figura ed ombra del tempio invisibile del cuore ed il sacerdote è figura ed ombra di Cristo, vero sacerdote. Gli elementi che compongono l’economia visibile della Chiesa sono «esempio» o ypòdeigma efficace della «guida» o diòikesin della Chiesa per la santificazione delle anime. La visibilità e l’interiorità nell’economia della Chiesa di Dio si richiamano a vicenda, poiché l’una è posta al servizio dell’altra: «Come, dunque, secondo la Chiesa visibile; se, in primo luogo, non fossero portate a compimento, le letture (liturgiche), le salmodie, la sinassi del popolo e tutto quanto il rito ecclesiastico o l’osservanza, lo stesso divino mistero del corpo e del sangue di Cristo, il sacerdote non lo porta a compimento e la mistica comunione dei fedeli non avverrebbe; anche se tutto quanto il canone ecclesiastico fosse stato portato a compimento oppure, anche se l’Eucaristia mistica dell’offerta (prosphoràs) non fosse stata recata dal sacerdote in un secondo momento, la comunione del corpo di Cristo non avverrebbe, non sarebbe portato a compimento il mistero, né sarebbe compiuto l’ordinamento ecclesiastico, ma il culto del mistero divino è insufficiente se non lo si compie da parte del sacerdote sull’altare; come di nuovo, nudamente e semplicemente, non viene offerto il mistero dell’intenzione
71 Log., 52, 2, 1, 3-8 (Coll. I): àOti de\ ta\ faino/mena tu/poj kaiì skia/ ei¹si tw½n krufi¿wn kaiì o( o(rw¯menoj tou= naou= th=j kardi¿aj kaiì o( i¸ereu\j tou= a)lhqinou= i¸ere/wj th=j Xristou= xa/ritoj kaiì pa=sa h( loiph\ th=j fainome/nhj oi¹konomi¿aj a)kolouqi¿a tw½n logikw½n kata\ to\n eÃsw aÃnqrwponŸ kaiì krufi¿wn pragma/twn, th\n katafainome/nhn th=j e)kklhsi¿aj oi¹konomi¿an kaiì dioi¿khsin e)nergoume/nhn ei¹j yuxh\n u(po\ th=j xa/ritoj u(po/deigma la/bwmen.
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(proskomidés) se non viene prima preparato tutto quanto il canone ecclesiastico; anche queste cose, infatti, sarebbero sciocche e vane, indipendentemente dal compimento del mistero e questo non si compie se queste cose non vengono preparate. Come un contesto ordinato ed una dottrina (sono afferenti) al mistero, così (vale) anche per il cristiano.»72.
Tutti gli elementi dell’economia visibile della Chiesa (oikonomìa phainoméne tes ekklesìas), quali le letture liturgiche, le salmodie, l’adunanza del popolo e tutta l’osservanza del rito della Chiesa (pasa toù ekklesiastikoù thesmoù e akolouthìa), sono necessari perché il sacerdote compia il divino mistero del corpo e del sangue di Cristo (autoù toù théion mysterìon toù sòmatos kai toù àimatos toù Christoù) nell’Eucaristia ed avvenga la mistica comunione dei fedeli. Parimenti, tutto il rito non servirebbe a nulla se mancasse il sacerdote che offre il ringraziamento mistico dell’offerta (e mystiké tes prosphoràs eucharistìa) sull’altare. L’autore continua, affermando che il mistero dell’intenzione sull’altare, da parte del sacerdote (to mystérion tes proskomidés)73, non può compiersi senza il compimento del rito della Messa o kanòn ekklesiastikòs. L’affermazione secondo cui: «Come un contesto ordinato ed una dottrina (sono afferenti) al mistero, così (vale) anche per il cristiano.» (osper
72 Log., 52, 2, 8-21 (Coll. I): wÐsper ouÅn kata\ th\n o(rwme/nhn e)kklhsi¿an: e)an \ mh\ prw½ton ai¸ a)nagnw¯seij kaiì ai¸ yalmwdi¿ai kaiì h( su/nacij tou= laou= kaiì pa=sa tou= e)kklhsiastikou= qesmou= h( a)kolouqi¿a e)pitelesqv=, au)to\ to\ qeiÍon musth/rion tou= sw¯matoj kaiì tou= aiàmatoj tou= Xristou= o( i¸ereu\j ou)k e)piteleiÍ kaiì h( mustikh\ koinwni¿a tw½n pistw½n ou) gi¿netai, kaiì e)a\n pa=j o( e)kklhsiastiko\j <kanwÜn> e)pitelesqv=, mh\ proskomisqv= de\ uÀsteron h( mustikh\ th=j prosfora=j eu)xaristi¿a u(po\ tou= i¸ere/wj kaiì h( koinwni¿a tou= sw¯matoj tou= Xristou= mh\ ge/nhtai, ou)k e)petele/sqh to\ musth/rion ou)de\ e)teleiw¯qh o( e)kklhsiastiko\j qesmo/j, a)ll’e)lleiph/j e)stin h( latrei¿a tou= qei¿ou musthri¿ou e)piì tou= qusiasthri¿ou para\ tou= i¸ere/wj mh\ telesqe/ntoj kaiì wÐsper pa/lin litw½j kaiì gumnw½j to\ musth/rion th=j proskomidh=j ou) prosfe/retai, e)a\n mh\ prokatartisqv= pa=j o( e)kklhsiastiko\j kanw¯n kaiì tau=ta ga\r a)telh= e)sti kaiì a)rga\ xwriìj th=j teleiw¯sewj tou= musthri¿ou ka)keiÍno ou) teleiou=tai, e)a\n mh\ tau=ta prokatartisqv=. wÐsper tij ko/smoj kaiì do/ca tou= musthri¿ou, ouÀtw kaiì o( Xristiano/j. 73 Dissentiamo da V. DESPREZ, Le Ps.-Macaire, SA 70, cit., 205, il quale traduce sia prosfora=j sia proskomidh=j con il medesimo termine «offrande», mentre riteniamo impor-
tante la sfumatura nella differenza di significato dei due termini. Traduciamo, così, il primo termine con «offerta» il secondo con «intenzione»; mentre, così, la valenza del primo termine sembra essere prettamente cultuale e riguardare il perfetto compimento del rito, la valenza del secondo termine, invece, sembra afferire piuttosto al celebrante, alla sua preparazione e forse anche alla disposizione con cui celebra il sacrificio eucaristico. Non possiamo però approfondire, in questa sede, le importanti implicazioni di questa scelta interpretativa, compiuta nella nostra versione in lingua italiana del Lo/goj 52 della Collezione I.
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tis kosmos kai doxa tou mysterìou, outos kai o Christianòs)74, compendia il pensiero del nostro autore. Nel cristiano, il kosmos, ovvero, un ordine per la vita cristiana75 e la doxa, ovvero, la glorificazione, atto interiore del cristiano, per accostarsi adeguatamente al mistero, devono trovare la loro congiunzione ed il loro compimento. È espressa qui, con altri termini, la coesistenza e la tensione paolina dell’uomo esteriore e dell’uomo interiore. Qui, però, la valenza non è antropologica ma ecclesiologica, anzi, liturgica e più precisamente, afferente al culto liturgico. A questo punto, l’esortazione va alla disposizione con la quale il fedele si accosta al mistero. Tutta l’ascesi, perfettamente osservata, è inutile senza la presenza dello Spirito Santo sull’altare del cuore (en to thysiasterìo tes kardìas) che si manifesta nella gioia dello Spirito (ten tou pnéumatos agallìasin). Il nostro autore vuole mettere in guardia da un’ascesi, come lui stesso afferma, «priva di testa» (me échonta ten kephalén), ritenendo che per accogliere lo Spirito Santo, il cuore deve essere fedele e pronto, con l’osservanza del digiuno, delle veglie, della salmodia, di un regime di vita e di una ascesi severe76. Severa ascesi, umiltà, mitezza e vita virtuosa sono le condizioni con cui la grazia dello Spirito riposa nell’anima santificata (tosoùton epanapàuetai eis autén e tou pnéumatos chàris), operando con potenza ed energia (en pase dynàmei kai energhéia). L’autore mette in guardia da una falsa sicurezza dell’anima che si illude di avere in sé lo Spirito Santo. Essa può, infatti, scambiare la politéia, in altre parole, il regime di vita sobrio ed austero, per stato di grazia, trascurando la santificazione del cuore (léipetai tou aghiasmoù tes kardìas). La santificazione dello Spirito opera, infatti, mutamenti ed effetti nell’anima santificata, come il variare delle stagioni, nei diversi periodi dell’anno:
Così in H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/Symeon, GCS 54, cit., II,140 ed in app. crit.; nel Parisinus Gr. 973 (X) troviamo invece: wÐsper tij ko¿smoj kai£ do¿ca tou= musthri¿ou e)a¿n ouÅn xwri£j e(no£j ou( gi¿netai e(pei¿ ou)k eÃstin telei¿a ouÐtw kai£ o( Xristiano¿j. Tuttavia, la presenza di due righe in più in X, probabilmente riferibili ad una glossa tardiva di qualche scriba, riteniamo non muti sostanzialmente la nostra traduzione ed interpretazione. Cfr. V. DESPREZ, Le Ps.-Macaire, SA 70, cit., 205. 75 La nostra traduzione ed interpretazione del termine ko¿smoj sembra confermata da altri luoghi testuali pseudomacariani come Log., 48, 6, 10, 1-7 (Coll. I), dove per ko¿smoj si intende anche il diverso regime di vita del cristiano; dissentiamo, così, dalla versione francese di Desprez che pone «ornement». 76 Log., 52, 2, 3 (Coll. I). In particolare, l’espressione in Log., 52, 2, 3, 25 (Coll. I): mh\ eÃxonta th\n kefalh/n, va confrontata con Log. 21, 3, 3, 43 (Coll. III): aÃneu th¤j kefalh¤j. 74
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«L’anima che ha il (suo) regime (di vita) non percepisce in sé stessa alcun segno, in un primo momento, dell’energia dello Spirito in ogni contezza, (poiché) è priva della santificazione del cuore. Perciò, (l’anima) preghi, si tormenti, pianga dinanzi al Signore, perché abbia la santificazione dello Spirito nel proprio regime di vita virtuosa, come l’ordine (naturale) delle stagioni ed abbia l’energia della grazia nella mente con pensieri ineffabili, perché acquisti in sé stessa il mistero perfetto del Cristianesimo, secondo la metafora (parabolé), sopra citata della Chiesa.»77.
L’anima deve pregare, piangere e tormentarsi dinanzi al Signore (diò zetéito, penthéito, klaiéto pros ton kyrion). Il nostro autore vuole intendere come l’ascesi deve essere intensamente vissuta, non potendo essere semplicemente un esercizio di virtù, ma mezzo, per far acquistare, all’anima santificata, il mistero perfetto del Cristianesimo (téleion to mystérion tou Christianismoù)78. La norma con la quale si può acquistare questo mistero è quella secondo la suddetta «parabola» o «metafora» della Chiesa (katà ten proeireménen tes ekklesìas parabolén). Ovvero, la Chiesa visibile rende visibile e quindi possibile per l’anima di accedere al mistero di Cristo, anzi ai divini misteri. Il termine, allora, che indica il contrasto fra la realtà presente e quella che deve apparire indica, in questo importante logos, la transitorietà e la provvisorietà della Chiesa visibile. In realtà, sarebbe improprio tradurre parabolé con «metafora», ma, certamente, lo Ps.-Macario individua nella parabolé un aspetto importante della sacramentalità e quindi della natura stessa della Chiesa. La sacramentalità della Chiesa rende la sua «conformazione visibile» o diatyposis al servizio del mistero, disvelandolo e nello stesso tempo velandolo. Sarebbe allora opportuno tradurre parabolé con «analogia». Tutte le precedenti formulazioni che svolgevano una argomentazione partendo dalla proposizione principale iniziale, secondo la quale la Chiesa è economia visibile (oikonomìa phainoméne), costituiscono una parabolé. L’oikonomìa phainoméne tes ekklesìas è una parabolé od «ana-
Log., 52, 2, 4, 5-11 (Coll. I): h( de\ eÃxousa me\n th\n politei¿an yuxh/, th\n de\ e)ne/rgeian tou= pneu/matoj e)n pa/sv plhrofori¿# e)n e(autv= mhde/pw aiãsqhtai, lei¿petai tou= a(giasmou= th=j kardi¿aj. dio\ zhtei¿tw, penqei¿tw, klaie/tw pro\j to\n ku/rion, iàna to\n a(giasmo\n tou= pneu/matoj e)n tv= e)nare/t% politei¿# eÃxv wÐsper ko/smon w¨raiÍon, kaiì th\n e)ne/rgeian th=j xa/ritoj e)n n%½ qewri¿aij a)rrh/toij, iàna te/leion to\ musth/rion tou= Xristianismou= e)n e(autv= kth/shtai kata\ th\n proeirhme/nhn th=j e)kklhsi¿aj parabolh/n. 78 Log., 52, 2, 4, 10 (Coll. I). 77
104
logia» della Chiesa che è ombra e figura delle realtà celesti, nascoste sotto le cose inanimate, irrazionali e materiali, ma messe in rapporto, per mezzo dell’Incarnazione del salvatore e l’«invocazione» o epìklesis, dello Spirito Santo, donato alla Chiesa, con le realtà animate, razionali e celesti. Ecco, allora, perché il nostro autore dissente da coloro i quali confidano troppo nell’economia temporanea. Probabilmente, costoro non approfondiscono a sufficienza il ruolo e la presenza dello Spirito santificatore nella Chiesa e gli effetti della grazia operante nell’anima santificata. Allora, il termine oikonomìa deve essere modulato ed interpretato secondo un procedimento ermeneutico originale, al quale si collega un preciso approccio esegetico, che evidenzia quelle realtà celesti che la Chiesa deve lasciar trasparire, senza poter rinunciare, peraltro, alla sua visibilità. Procedimento che potremmo definire “per analogia” ma che deve tener conto dell’approccio esegetico dello Ps.-Macario che si distacca decisamente da coloro i quali preferiscono la «similitudine dei nomi» espressione questa che dovrebbe essere meglio investigata. Probabilmente, ad una «analogia» fondata sulla logica, sul rapporto fra il simile ed il dissimile, lo Ps.-Macario contrappone un’altra «analogia», fondata sul proprio approccio esegetico alle «Scritture intime», approccio che abbiamo già cercato di illustrare. A quella «analogia», logica, lo Ps.-Macario, probabilmente, ne contrappone un’altra, fondata sull’«analogia», possiamo dire, “del cuore”, nel quale il Logos, la Parola divina od il Verbo si congiungono intimamente e misticamente all’anima. Dall’«analogia» dell’anima o del cuore con il Logos scaturisce la conoscenza spirituale e l’inabitazione dello Spirito Santo nell’anima. Si potrebbe affermare allora che oikonomìa non designa tanto la Chiesa, quanto piuttosto il mystérion che si lascia conoscere attraverso gli elementi dell’ordinamento ecclesiastico (kosmos), della convenzione dei riti (thesmòs), della Messa (kanòn ekklesiastikòs) che compongono visibilmente la Chiesa (oikonomìa phainoméne tes ekklesìas), in forza del culto mistico (mystiké latréia) nella liturgia (diakonìa ton mysterìon tes ekklesìas). Infatti, la Chiesa è l’ordinamento visibile nel quale avviene o la santificazione dei fedeli, fino al sacerdozio, oppure la penitenza dei peccatori fino al loro ritorno nella comunione79. Tuttavia, il vertice della comunione della Chiesa è la comunione mistica dei fedeli, nello Spirito Santo (tes mystikés tou pnéumatos koinonìas)80. 79 80
Log., 52, 2, 5, 14 (Coll. I). Log., 52, 2, 5, 17-18 (Coll. I). In riferimento alla Messa, l’autore vi cita 2Cor 13,13,
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Dopo aver chiarito la natura della Chiesa, secondo quell’approccio esegetico o “per analogia” che abbiamo cercato di illustrare, il nostro autore si preoccupa di definire la natura dell’inabitazione dello Spirito Santo nella Chiesa. Questo, infatti, è il vero problema che egli si pone: «Sta bene attento a quanto detto e troverai che la santa e venerabile trinità inabita nell’uomo purificato per mezzo del soccorso che proviene dall’alto e della sua ottima condotta di vita; affermo però che inabita non secondo ciò che è — poiché essa è incontenibile da parte di tutta la creazione — ma secondo la capacità e la recettività dell’uomo che la gradisce.»81.
L’inabitazione dello Spirito Santo è inabitazione della Trinità nell’uomo purificato; questi è tale per grazia e per le sue virtù. L’inabitazione della Trinità avviene non secondo ciò in cui essa inabita, poiché non è contenibile dalla creazione, ma secondo la disponibilità di colui che l’accoglie. Sono così due le preoccupazioni del nostro autore: salvare il libero arbitrio dell’anima purificata e la trascendenza della Trinità che non può essere contenuta dalla creazione. Ormai verso la conclusione del Logos 52, l’autore si dilunga sui segni della presenza dello Spirito Santo nell’anima santificata. Il primo e più importante segno è la letizia di spirito (tes pneumatikés euphrosyne o ten euaréstesin tou pnéumatos), senza la quale l’anima è preda dei travagli e delle tentazioni degli spiriti maligni (eis thlìpseis kai peirasmoùs tois poneròis pnéumasin). L’anima, tornata sotto il regime della grazia, ne riceve la custodia (tes episkopés) ed in una costante lotta contro i cattivi pensieri (pros tous poneroùs loghismoùs), progredisce in dignità spirituale scaturente da divini misteri verso misteri celesti. Per mezzo del libero arbitrio (dià tou autexousìou agònos), nella lotta contro le passioni e del soccorso celeste (dià tes ànothen boethéias), l’anima diretta da ministri senza macchia (eis teléious ergàtas kai eis amòmous Christoù leitourgoùs kai parédrous) può accostarsi al regno celeste. La mediazione ecclesiale mai
questa citazione è precisamente la formula di saluto posta all’inizio della liturgia eucaristica. La comunione mistica dei fedeli è dunque l’Eucaristia. 81 Log., 52, 2, 6 (Coll. I): pro/sexe a)kribw=j toi=j legome/noij kai¿ eu(rh¿seij thÜn a(gi¿an kaiÜ
proskunhthÜn tria¿da e)noikou=san e)n t%= kekaqarme¿n% a)nqrw/p% diaÜ th=j aÃnwqen bohqei¿aj kaiÜ th=j a)ri/sthj au)tou= politei¿aj e)noikou=san de¿ fhmi ou) kaq’ oÁ e)sti¿n — a)xw¿rhtoj gaÜr u(pa¿rxei pa¿s$ t$= kti¿sei — a)lla¿ kataÜ toÜ xwrhtikoÜn kaiÜ dektikoÜn tou= eu)arestou=ntoj au)t%= a)nqrw¿pou.
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viene meno ma è inquadrata entro una prospettiva esistenziale di perfezione ascetica e morale. Nel cammino di santificazione e di perfezione individuale, il nostro autore intende salvare la peculiarità dello Spirito Santo, che si compie pienamente nell’oikonomìa phainoméne della Chiesa, rendendola santa e cattolica. 3. L’ECCLESIOLOGIA DELLO PS.-MACARIO EGIZIO
L’autore del Logos 52 della Collezione I intende evidenziare il ruolo e l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa; per farlo, si serve naturalmente della Scrittura che — come abbiamo detto precedentemente — appare illuminarsi dall’interno con l’intervento dello Spirito che dischiude significati sempre più profondi a partire da un senso posto in luce: l’inabitazione dello Spirito Santo nel cuore dell’uomo. Tale “esegesi spirituale”, nel senso che abbiamo cercato di evidenziare, si propone degli scopi precisi, illustrati in questo logos. L’autore ammette, nella prima parte, di non concordare con coloro i quali alterano il senso «familiare» oppure «intimo» delle Scritture82. L’“esegesi spirituale” dello Ps.-Macario che potrebbe essere meglio definita come “approccio esegetico” ai testi scritturistici — anche se utilizzeremo per comodità il primo termine — è quella che ci permette di entrare all’interno dei problemi dottrinali, poiché, la sua teologia, intrecciata con la spiritualità e la mistica, scaturisce dalla profonda frequentazione delle Scritture83. In particolare, negli scritti pseudomacariani in greco, si sottolinea la realtà del corpo come tempio e dell’anima come altare dello Spirito Santo. L’antropologia paolina offre allo Ps.-Macario l’occasione di approfondire la realtà dell’uomo decaduto e l’esperienza della divisione che questi fa dentro di sé.
52, 1, 3, (Coll. I) già citato. Lungo la pista esegetica del cuore e verso l’orizzonte ermeneutico dell’inabitazione divina, nel Lo/goj 52 lo Ps.-Macario medita 1Cor 3,16-17; 6,19; 2Cor 4,16; 6,16; Ef 3,16; 4,23-24 ed inserisce Mt 28,20 e 2Cor 13,13 per sostenere e confermare l’aspetto carismatico e mistico della comunione ecclesiale. Il Lo/goj 52 rappresenterebbe, dunque, una meditazione elaborata e perfezionata sulla Chiesa, a partire dall’inabitazione personale dello Spirito Santo, attestata in Paolo. Essa non applica semplicemente il problema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo alla Chiesa, ma, a partire da quel problema, elabora un’originale prospettiva ecclesiologica pneumatica, cfr. F. ALEO, L’ecclesiologia pneumatica dello Ps.-Macario Egizio, in Ho Theologos 22 (2004) 2 163-182. 82 83
Log.,
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L’insidia perenne dei poneròi loghismòi ripresenta il peccato quasi connaturato nell’uomo, mai completamente scacciato dalle veglie, dai digiuni, dalla pratica della misericordia o della carità, dalla preghiera incessante e dalla costante familiarità con la Parola di Dio. La vigilanza ed il costante esercizio ascetico mirano a liberare l’uomo dalle passioni, radicate in lui, per raggiungere l’apàtheia. Il dualismo esistenziale, presente nell’uomo, inabitato ora dal peccato ora dalla grazia ed agitato dalle passioni, non va oltre i limiti di un paradigma ascetico e morale, poiché l’autore garantisce e difende il libero arbitrio84. Intende affermare, però, che la stessa pratica della virtù non mette l’uomo al riparo dal male e dal peccato, perché la politéia o la vita virtuosa va coniugata con l’agallìasis ovvero la gioia, respingendo l’ascesi fine a sé stessa, priva del suo autentico scopo: la presenza dello Spirito Santo operante ed attiva nel cuore dell’uomo santificato. Si vede come la spiritualità del cuore, nello Ps.-Macario, sia profondamente biblica, attingendo soprattutto dai Salmi la sua schiettezza e profonda semplicità. Il cuore è la perla preziosa custodita nell’anima che bisogna difendere e tenere pulito dalla sozzura del peccato; è il regno, è lo Spirito Santo nell’anima, è Cristo, il re celeste, che ci rende figli ed eredi del regno85. L’Omelia 12, in forma di erotapòkrisis, presenta un luogo importante sul significato del termine ekklesìa o chiesa nello Ps.-Macario. La questione affrontata parte dall’obbligo per gli uomini e per le donne di pregare con il capo coperto, presentata da Paolo in 2Cor 11,4-5. La domanda posta dal discepolo riguarda il motivo di questa disposizione di Paolo per la donna cristiana. L’autore fornisce due interpretazioni, una letterale o storica, l’altra allegorica. Con riferimento alla prima, gli apostoli imposero un copricapo quando la donna osservava il costume di portare i capelli sciolti.86 Per introdurre la seconda, invece, afferma: «A meno che la donna con il capo coperto non sia figura della Chiesa.»87. L’autore non ritiene l’allegoria del tutto convincente; allegoricamente, allora, l’ekklesìa, come un copricapo o sképasma, riveste e cinge i 84 85 86 87
Om., 26, 320-325 (Coll. II). Log., 6, 3, 1, 24-27; 10, 1-3, 1 ss. (Coll. I). Om.., 12, 188-189 (Coll. II). Om., 12, 190-194 (Coll. II): plhÜn h( gunhÜ kei=tai ei)j tu¿pon th=j e)kklhsi¿aj. A questa
esegesi soggiace una riflessione ecclesiologica che merita di essere ulteriormente sviluppata: quella dell’anima-Chiesa, vista come la vera Chiesa escatologica che deve manifestarsi.
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suoi figli con indumenti divini e glorificati. In antico, Israele, figura della Chiesa, era come una sola sinagoga coperta dallo Spirito ma gli israeliti non vi si conformavano. Con questa considerazione, apparentemente estranea, l’autore afferma che la Chiesa può essere vista sia sotto l’aspetto di una collettività di anime sia sotto quello dell’anima singola. Israele sarebbe dunque figura della Chiesa come nuova sinagoga, mentre la donna velata sarebbe figura dell’anima rivestita dello Spirito. Implicitamente, lo Ps.Macario avverte come l’anima, rispetto al corpo, sia più obbediente alle mozioni dello Spirito Santo: «Poiché l’anima riunisce una complessità di pensieri, è chiesa votata a Dio, così si accosta in comunione al suo sposo celeste e si fonde con l’elemento celeste.»88.
La preferenza del nostro autore va dunque all’anima-Chiesa, il fine ed il vertice verso cui deve tendere la Chiesa storicamente determinata o oikonomìa phainoméne. La Chiesa riunisce tutti gli uomini della terra ma raccoglie e riunisce anche tutte le loro anime. Esse dunque formano la Chiesa. Nella Chiesa gli uomini sono chiamati alla santità e formano la Chiesa terrena, ombra della Chiesa celeste. Essi abitano la Chiesa come nuova Gerusalemme, ombra della Gerusalemme del cielo di là da venire. Essi formano la comunità dei santi, ombra della comunione dei santi nel cielo da dove i santi guardano alla comunità della Chiesa terrena. Vi è dunque una Chiesa visibile, formata dai corpi ed una invisibile, formata dalle anime che con il dono dello Spirito Santo partecipano già sulla terra alla Chiesa celeste dei primogeniti89. L’anima, però, ha una complessità ed una congerie di pensieri buoni e cattivi da esaminare, vagliare, discernere, come la Chiesa ha al suo interno, santi e peccatori, uomini in cammino di santificazione ed uomini in procinto di cadere vittime del peccato. L’anima è dunque Chiesa e senza l’anima la Chiesa non potrebbe sussistere; sarebbe come il tempio privo dell’altare, sul quale offrire i sacrifici oppure come il corpo privo dell’anima oppure come l’uomo privo del cuore. L’anima, però, può aspirare ai beni eterni ricevendo lo Spirito Santo
Ibid., 197-198: au)thÜ gaÜr h( yuxhÜ suna¿gei oÀlouj touÜj logismouÜj kaiÜ eÃstin e)kklhsi¿a t%= qe%=: h(rmo¿sqh gaÜr ei)j konwni¿an h( yuxhÜ t%= e)pourani¿% numfi¿% kaiÜ kirna=tai t%= e)pourani¿%. 89 Log., 8, 1, 2, 8-11 (Coll. III). 88
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e per far questo deve anelare a raggiungere la comunione con lo sposo celeste: Gesù. L’anima deve diventare sposa, come la Chiesa è sposa di Cristo; Gesù, lo sposo, ha offerto la propria vita per la Chiesa, sua sposa:
«Prendiamo esempio dalle nozze visibili di un uomo ricco, alle quali accorre tutta la gente della città, quella delle campagne e quelli che si trovano in mezzo; questi ultimi si stringono insieme, attorno allo sposo ed alla sposa. Allo stesso modo, anche tutta la chiesa celeste, ossia l’anima, entra in comunione con lo sposo celeste.»90.
Così, l’anima diventa sposa nella Chiesa sposa, grazie ai sacramenti, in particolare all’Eucaristia. L’anima in questo modo attende e cresce in santità, si purifica e diventa degna di ricevere lo Spirito Santo, si santifica nella Chiesa e la Chiesa si compie nell’anima santificata. La Chiesa è l’anima vivente e questa è la Chiesa, poiché l’anima attinge dal culto mistico e dai sacramenti la potenza dello Spirito Santo e la Chiesa riceve dall’anima quella perfezione che la rende capace di lasciar trasparire, fin da ora, l’uomo interiore, razionale e vero, l’uomo nuovo ricreato ad immagine di Cristo91. La creazione e l’economia salvifica si sono accostate in grazia dell’Incarnazione fino a mescolarsi con la divinità: «A lui è piaciuto di agire così, a quelli che sono dalla terra ha dato lo Spirito Santo che viene dal cielo, perché di quelli in alto e di quelli in basso faccia una sola chiesa, avendo mescolato insieme la divinità con l’umanità.»92.
Ed ancora:
«Tutti, dunque, fratelli, consideriamoci come ciascun membro ed un sol
Log., 6, 4, 31-35 (Coll. III): wÐsper e)piì fainome/n% ga/m% plousi¿ou, e)n oiâj pa=sa h( po/lij suntre/xei kaiì dh=moi, au)toiì de\ mesiÍtai¿ ei¹si suspeu/dontej t%½ numfi¿% kaiì tv= nu/mfv, ouÀtw kaiì pa=sa h( e)poura/nioj e)kklhsi¿a suntre/xei, yuxh\ de/ e)stin h( koinwnou=sa t%½ e)pourani¿% numfi¿%. 90
91 92
Secondo Ef 3,16; 4,23-24. Log., 21, 1, 1, 6-9 (Coll. III):
ouÀtwj hu)do/khse poih=sai kaiì toiÍj ouÅsin a)po\ gh=j eÃdwke pneu=ma aÀgion e)c ou)ranou=, iàna tou\j aÃnw kaiì tou\j ka/tw poih/sv mi¿an e)kklhsi¿an sugkera/saj th\n qeo/thta tv= a)nqrwpo/thti. Cfr. Log. 52, 1, 6 (Coll. I) già citato, dove vi si
nota una più compiuta elaborazione.
110
corpo; tutti in Cristo, infatti, siamo un solo membro; poiché così è piaciuto a Dio: che quelli di quaggiù ed i celesti divenissero una sola chiesa in un solo vincolo di carità.»93.
La Chiesa, allora, è il frutto visibile dell’incarnazione del Verbo, mescolanza di umano e di divino, che prolunga la presenza del risorto nella Storia, occasione «per quelli che sono dalla terra» di ottenere lo «Spirito Santo che viene dal cielo» e chiamata ad essere un solo corpo nell’amore. L’anima però non è mai staccata dal corpo, sempre nell’ambito della spiritualità biblica, l’autore attinge a piene mani dalla riflessione paolina.94 L’inabitazione divina nella Chiesa è garantita attraverso il cristiano, vale a dire colui che vive il mistero del Cristianesimo, come presenza operante dello Spirito Santo, dopo un severo cammino di purificazione e di ascesi. La partecipazione ai sacramenti è vista non tanto nella loro attualizzazione, quanto piuttosto nel loro valore escatologico, come presenza, nel cuore dei suoi fedeli, del Signore che deve venire. In tale prospettiva, il nostro autore reagisce contro coloro i quali sono paghi dell’oikonomìa della Chiesa destinata a passare95. Lo Spirito Santo opera per mezzo degli apostoli nella Chiesa ed è soprattutto semansìa o diòikesis, vale a dire indirizzo, guida, direzione spirituale dell’anima santificata. Sotto questo punto di vista, l’ecclesiologia dello Ps.-Macario è al servizio della formazione e della crescita cristiane, come nota egli stesso, quando avverte come il cristiano debba avere in sé la consapevolezza di appartenere al kosmos ekklesiastikòs ovvero all’ordinamento visibile della Chiesa, insieme alla glorificazione del mistero o doxa96. I due aspetti esteriore ed interiore si incontrano, allora, nella Chiesa e nel cristiano che entra a farne parte. Per lo Ps.-Macario, all’osservanza
Log., 4, 30, 14, 11-16 (Coll. I): Pa/ntej ouÅn oi¸ a)delfoiì e(autou\j w¨j iãdia me/lh kaiì eÁn sw½ma logizw¯meqa. eÁn ga\r me/loj e)sme\n e)n Xrist%½ oi¸ pa/ntej. ouÀtw ga\r eu)do/khsen o( qeo/j, iàna oi¸ ka/tw kaiì oi¸ e)poura/nioi mi¿a e)kklhsi¿a ge/nwntai ei¹j eÀna su/ndesmon th=j a)ga/phj. 93
In particolare, nei suoi scritti, lo Ps.-Macario insiste sulla glorificazione finale del corpo oltre che dell’anima, alla risurrezione finale di tutti i defunti, evento che, in anima e corpo, il credente sperimenta, fin da questa vita, nella risurrezione di Cristo dai morti, cfr. T.K. WARE, The Transfiguration of the Body, in Sobornost 48 (1962) 431; B. KRIVOCHEINE, Christ’s redemptive work on the cross and in the Resurrection, in Sobornost ser. 67 (1973) 457. 95 Log., 52, 1, 3 (Coll. I) già citato. 96 Log., 52, 2, 21 (Coll. I) già citato. Riteniamo che il senso da noi proposto a questo luogo testuale si ponga in continuità con quanto si è affermato sopra. 94
111
delle norme e della disciplina ecclesiastiche deve seguire, nel cristiano, la partecipazione attiva che sembra consistere non nella confessione della fede, ma piuttosto, nel culto e nella partecipazione attiva alla liturgia. Il culto deve essere “mistico” ovvero deve rifuggire da manifestazioni esteriori e chiassose. Queste considerazioni si giustificano all’interno di cerchie ascetiche insofferenti dell’apparato ecclesiastico ed alla ricerca di esperienze forti ma ingannevoli. Sia lo Ps.-Macario sia Basilio, più volte, prendono le distanze da questi gruppi identificabili con gli eustaziani o i messaliani. Si può quindi affermare, ragionevolmente, come il Logos 52 della Collezione I sia maturato e sorto in ambiente monastico, in una comunità chiusa verso l’esterno per sistematizzare organicamente le tesi e le idee sulla Chiesa, espresse negli scritti del nostro autore, a fugare i sospetti di adesione a dottrine ereticali come quelle dei messaliani ed a rispondere a quanti trascuravano l’approfondimento del Cristianesimo che egli intende come mystérion, da vivere necessariamente nella liturgia della Chiesa e nella comunione mistica scaturente dall’Eucaristia. I riferimenti polemici non sembrano così andare fuori da un ambiente ascetico e monastico, cui sembrano appartenere sia i destinatari sia il nostro autore. Il Logos 52 è dedicato interamente all’inabitazione divina nella Chiesa, per opera dello Spirito Santo, più esattamente, alla presenza inabitante dello Spirito Santo nella Chiesa, prefigurata dall’arca dell’Antica Alleanza, ombra della Chiesa. Si può osservare il dipanarsi di una pista esegetica nel Logos 52. Questa pista incontra la realtà dell’uomo, tempio santo di Dio ed altare dello Spirito Santo; tocca il corpo, tempio dello Spirito Santo proveniente da Dio e per questo non appartenente all’uomo per farne ciò che vuole97. Congiunge due citazioni scritturistiche assimilandole l’una all’altra. Medita sul rinnovamento dell’uomo interiore e sulla caducità di quello esteriore98. Applica una citazione alla Chiesa visibile. Insiste sui cristiani, tempio del Dio vivente99. Questa espressione è accostata arditamente alla Chiesa di Cristo. Incontra l’intervento dello Spirito del Padre che irrobustisce fortemente l’uomo interiore100. Interpreta questo passo paolino chiaramente nel senso dell’inabitazione dello Spirito Santo. Infine, persiste sul rinnova97 98 99
100
112
1Cor 3,16; 6,19, in Log., 52, 1, 1, 7 (Coll. I). 2Cor 4,16, in Log., 52, 1, 2, 11 (Coll. I). 2Cor 6,16, in Log., 52, 1, 2, 16 (Coll. I). Ef 3,16, in Log., 52, 1, 3, 2 (Coll. I).
mento della mente e sull’edificazione dell’uomo nuovo101. La citazione qui impiegata è rimaneggiata e rielaborata ma è chiaramente riconoscibile. Questa pista esegetica, centrata sull’uomo nella sua integrità, prepara il suo inserimento nella Chiesa, la quale, a sua volta, prepara e fa crescere l’uomo interiore che è l’uomo vero. Essa si snoda già fin dalle argomentazioni iniziali della prima parte del Logos 52, ma è presente dietro tutte le argomentazioni seguenti che si ampliano ed approfondiscono partendo dall’assunto iniziale. Questo lo possiamo vedere all’inizio della seconda parte102, dove la meditazione e l’assimilazione dei testi paolini evidenziati produce un’affermazione densissima di contenuti ecclesiologici, portando avanti l’identificazione dell’anima-Chiesa con il tempio del cuore. L’anima razionale non è altro che l’ombra dell’uomo interiore, quello vero, chiamato nella Chiesa a ricevere lo Spirito Santo, per mezzo dei sacramenti. In questo senso, la Chiesa è l’anima vivente e razionale. La Chiesa, a sua volta, è oikonomìa phainoméne, ombra e typos del regno celeste che deve venire, oppure — essendo la stessa cosa — dell’uomo interiore, vero e razionale, figura ed ombra, a sua volta, dell’uomo nuovo e vero. La missione degli apostoli103, la liturgia intesa come culto mistico e l’Eucaristia compiuta nella comunione dei fedeli104 sono i punti di riferimento fondamentali dell’ecclesiologia dello Ps.-Macario. Piuttosto che di una semplice valorizzazione della mediazione ecclesiale si scorge un corretto inquadramento del ministero apostolico, attraverso il quale passa e si riversa sui fedeli il dono dello Spirito Santo ricevuto da Gesù. Lo Spirito Santo è presente in Gesù, nella sua Chiesa santa e cattolica. Gesù è presente nell’Eucaristia e questa, attraverso lo Spirito Santo, costituisce la comunione mistica dei fedeli, senza la quale la Chiesa sarebbe solo un vuoto kosmos od ordinamento. L’inabitazione dello Spirito Santo nella Chiesa santifica i credenti ed in loro compie e perfeziona la Chiesa, facendola diventare pienamente oikonomìa, in altre parole, disegno salvifico del Padre verso l’uomo, ponendo all’esclusivo servizio di questa salvezza anche il proprio aspetto visibile o phainoméne. 101 102 103 104
Ef 4,23-24, in Log., 52, 1, 3, 22 (Coll. I). Log., 52, 2, 1, 3 (Coll. I). Mt 28,20, in Log., 52, 1, 4 (Coll. I). 2Cor 13,13, in Log., 52, 2, 5 (Coll. I).
113
Così, il sacerdote che compie l’offerta deve compiere l’eucharistìa mystiké, rispettandone il suo significato originale che è quello di “nascosta”, altrimenti, pur rispettando il canone della messa o kanòn non avverrebbe nulla105. Allora, il sacerdote offerente non deve compiere soltanto il «mistero dell’offerta» ma anche quello «dell’intenzione», supponendo una partecipazione «mistica» frutto di un serio ed esigente cammino ascetico. La preoccupazione principale dello Ps.-Macario, alla quale risponde la sua ecclesiologia, riguarda allora la purezza dell’intenzionalità umana, l’autenticità della vita cristiana, la partecipazione effettiva e salvifica ai misteri della Chiesa, per giungere alla «contezza» o plerophorìa dello Spirito Santo. Dinanzi a questa esperienza, ogni definizione umana del mystérion è inappropriata, anche l’oikonomìa phainoméne della Chiesa è una parabolé o una diatyposis come dice nel Logos 52, una conformazione visibile che deve nascondere il mistero della presenza dello Spirito Santo, perché questa presenza traspaia, nell’accezione particolarissima che l’autore assegna a questo termine, mystikòs e si faccia conoscere nella koinonìa mystiké, la comunione mistica, dell’eucharistìa mystiké. Il termine parabolé non può essere sovrapposto a diatyposis; esso connota, “per analogia”, la Chiesa visibile nel suo velare e disvelare il mistero, contenuto e presente in essa. In questa originale prospettiva ecclesiologica, lo Ps.-Macario fa discendere la tensione che sviluppa ed illustra ampiamente nei suoi scritti, fra uomo esteriore ed uomo interiore. Leggiamo ancora: «Allo stesso modo, “il pastore raduna le greggi disperse” (Gv 11,52) con “la propria voce in un solo gregge” (Gv 10,16) e, radunate insieme alle altre, lo seguono e sono da lui guidate. Guai a quel gregge che non ha colui il quale lo guida ai bei pascoli che solo lui conosce, perché è minacciato da lupi e da fiere. Guai all’anima che non possiede in sé stessa, con contezza, la guida ed il pastore dei suoi pensieri, Cristo, perché, minacciata da terribili lupi e da fiere (“gli spiriti della malvagità” [Ef 6,12]) è dispersa nei suoi pensieri. Il discorso presenta un duplice senso: uno corporale ed uno spirituale, dal momento che abbiamo corpo e spirito. Tutte le similitudini sono da intendersi come dall’esterno, corporalmente, secondo la chiesa. Invece, si possono intendere spiritualmente, riferite a ciascuno di noi, l’adunanza e l’unione dei pensieri dell’anima. Allo stesso modo, ancora, la molteplicità dei chicchi nella spiga è da intendersi in direzione di un altro senso. Ecco,
105
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Log.,
52, 2, 2 (Coll. I).
infatti, vediamo che il grano, disperso dappertutto in tante terre e campi, è riunito in una sola aia; dopo, la paglia, insieme con il grano, viene resa minuta dagli animali, dopo averla compressa e calpestata. Chi può separare la pula dal buon grano se non il soffio di vento che spira e li separa l’uno dall’altra?»106.
Si può qui ravvisare un criterio ermeneutico assai importante, un vero e proprio principio esegetico dello Ps.-Macario. La pista esegetica seguita dallo Ps.-Macario è quella del cuore o dell’anima. Questa esegesi originale, peculiare al nostro autore, si può definire come una ”esegesi spirituale”, nel senso pieno e profondo che il nostro autore dà a questo aggettivo. Tutto ciò che è interiore e nascosto si riferisce all’anima, al cuore, insomma all’interiorità — per usare un termine moderno — della persona umana. Tutto ciò che, invece, è esteriore e fisico va riferito alla Chiesa. Quindi tutto ciò che ha che fare con la condotta morale e con la vita sociale della persona rientra anche nella Chiesa e nella sua vita autenticamente ecclesiale; tutto ciò che rientra nella sfera dell’anima e dell’esperienza che essa fa dello Spirito Santo, va riferito ai pensieri esistenti nell’anima, pensieri che vanno disciplinati e corretti secondo l’ergasìa o attività spirituale propria dell’anima107. Comunque, questo principio esegetico ed ermeneutico, dal momento che sembra non applicarsi solamente alle Scritture, mira ad un unico obiettivo: quello dell’unità dei pensieri nell’anima ed al contempo, della comunione delle anime nella Chiesa. L’ecclesiologia dello Ps.-Macario può essere dunque definita pneumatica nella misura in cui vuole e riesce a rendere il mistero dell’inabita-
Log., 27, 5, 3, 24-33; 6, 1, 1-12 (Coll. III): o(moi¿wj kaiì o( poimh\n ta\ dieskorpisme/na pro/bata suna/gei tv= i¹di¿# fwnv= ei¹j mi¿an poi¿mnhn, kaiì au)t%½ a)kolouqou=sin sunhgme/na a)llh/loij kaiì u(p’au)tou= o(dhgou/mena. Ou)aiì e)kei¿n% t%½ poimni¿% t%½ mh\ eÃxonti to\n o(dhgou=nta ei¹j ta\j kala\j noma\j aÁj au)to\j e)pi¿statai, oÀti u(po\ lu/kwn kaiì qhri¿wn diafqei¿retai. ou)aiì yuxv= tv= mh\ e)xou/sv e)n au)tv= e)n plhrofori¿# to\n o(dhgo\n kaiì poime/na tw½n logismw½n au)th=j Xristo/n, oÀti u(po\ tw½n deinw½n lu/kwn kaiì tw½n qhri¿wn, tw½n pneuma/twn th=j ponhri¿aj, dieskorpisme/nh toiÍj logismoiÍj katanali¿sketai. Pro/swpa de\ eÃxei o( lo/goj swmatikw½j kaiì pneumatikw½j, e)peidh\ kaiì sw½ma kaiì yuxh\n eÃxomen: pa/nta ga\r ta\ o(moiw¯mata wÐsper eÃcwqen swmatikw½j kata\ th\n e)kklhsi¿an kaleiÍtai, ouÀtw du/natai kaq’eÀna eÀkaston pneumatikw½j noeiÍsqai e)n tv= tw½n logismw½n th=j yuxh=j suna/cei kaiì e(nw¯sei. o(moi¿wj pa/lin to\ polu/xoun tou= si¿tou tw½n staxu/wn ei¹j eÀteron pro/swpon eÃsti noeiÍn. i¹dou\ ga\r o(rw½men, oÀti pantaxo/qen suna/getai dieskorpisme/non e)n pollaiÍj gai¿aij kaiì a)rou/raij ei¹j mi¿an aÀlwna, eiåta sunqlibo/menon kaiì sumpatou/menon u(po\ z%¯wn leptu/netai h( kala/mh su\n t%½ si¿t%: kaiì ti¿j du/natai to\ aÃxuron tou= si¿tou xwri¿sai, ei¹ mh\ to\ pneu=ma tou= a)ne/mou pneu/sei kaiì diaxwri¿sei au)ta\ a)p’a)llh/lwn; 107 Cfr. Log., 18, 1, 4 (Coll. III). 106
115
zione dello Spirito Santo nella Chiesa e nell’anima santificata, senza ridurlo ad apparenze illusorie o a pratiche estrinseche. Lo Ps.-Macario cerca di comprendere il rapporto profondo fra “esteriore” ed “interiore”, all’interno della natura stessa del mistero della Chiesa. La Scrittura si mostra non soltanto come il luogo della presenza di Dio ma anche la via, attraverso cui penetrare nel mistero della Chiesa e viverne tutta la sua profondità nell’Eucaristia, perché è nell’Eucaristia, con la partecipazione dell’anima-Chiesa, che l’epìklesis ovvero l’invocazione dei beni celesti — che nell’accezione dello Ps.-Macario non sembra sia quella strettamente liturgica — ridenomina la materia rendendola razionale, vivente e celeste. Ancora una volta, l’autore attinge alla spiritualità biblica con l’importanza e con il significato profondamente teologico del nome, ma, nello stesso tempo, rileva la partecipazione dell’anima fedele, al mistero eucaristico, in cui è presente lo Spirito santificatore del Figlio. Nel Corpus degli scritti dello Ps.-Macario, sporadicamente compaiono menzioni di membri della gerarchia ecclesiastica. Sembra, tutto sommato, che allo Ps.-Macario questi non interessino, o per lo meno, non rientrino nelle tematiche di cui si occupa. Nei suoi scritti troviamo due menzioni di epìskopoi o vescovi. Nella prima, lo Ps.-Macario invita gli uomini spirituali a non farsi ingannare dai falsi stati di grazia; se si ritengono più bravi dei vescovi e dei diaconi, allora non sono animati dallo Spirito ma sono ancora oppressi dal peccato108. Questa menzione fa pensare ad un attrito fra gli asceti e la gerarchia. Nello stesso logos, lo Ps.-Macario si sofferma sul ministero della predicazione affidato ai vescovi ed ai diaconi; se essi predicano cose in accordo con il Vangelo e gli Apostoli, costruiscono su un fondamento solido, diversamente, sono falsi apostoli e falsi profeti, come i profeti dell’AT che non rimangono fedeli a Mosé109. Tuttavia, non si può parlare di una polemica vera e propria contro la gerarchia ecclesiastica, questa appare distante e secondaria negli interessi del nostro autore.
Log., 34, 14, 1-5 (Coll. I): Kai£ oi) aÃnqrwpoi e)nergou/menoi u(po\ th=j qei¿aj xa/ritoj nomi£zousin, oÐti kai£ tw=n e)pisko/pwn kai£ o)lw=n tw=n diako/nwn kalli¿ouj e)sme/n: pa/sxousi de\ tou=to, e)peidh\ au)to\ e)kei¿no, o) e)de/canto, ou)k eÔstin u(po\ to\n ou)rano/n, e)peidh\ kaino/tero/n e)sti kai£ ce/non kai£ a)llo/trion tou= ko/smou tou/tou: kai£ mh\ ei)do/tej diakri¿nai ta\ pra/gmata, fanta/zontai u(po\ th=j a(marti¿aj. 109 Log., 34, 16, 1, 1-5 (Coll. I): ÃOsoi profh=tai a)ne/sthsan sumfwnou=ntej t%= Mwu+sv=, e)peidh\ au)to\j prw=toj au)tw=n e)sti£n, ouÃtoi ei)si£n oi) a)lhqei=j koinwnoi£: kai£ oÃsoi ei)si£n e)pi¿skopoi 108
116
Vorremmo osservare, a mò di conclusione, quale modello di sacerdozio emerge dall’ecclesiologia dello Ps.-Macario. Nel Logos 52 il sacerdozio viene considerato come una sorta di ricompensa per buona condotta. Esso è visto, essenzialmente, come un servizio cultuale, nel quale il sacerdote deve offrire consapevolmente il sacrificio eucaristico ed ha la facoltà di introdurre o di escludere, dalla comunione, i fedeli110. Il nostro autore non contesta il sacerdozio in sé, ma, ponendo l’anima al centro e come fondamento della Chiesa, ricorda che la soppressione della legislazione mosaica e del culto antico è un ammonimento per l’anima. Leggiamo infatti: «Allo stesso modo, come si è detto prima, Israele, pur avendo inciampato su molti ostacoli ed aver molto peccato; pur avendo ucciso anche i profeti di Dio ed aver compiuto un gran numero di iniquità, Dio pazientava, non agendo, poiché attendeva la loro conversione; alla fine essi inciamparono in un ostacolo tale che, ormai, sfracellatisi, non poterono più rialzarsi. Presero nelle loro mani la dignità del Signore. Perciò, alla fine, abbattuti, furono rigettati, fu tolta da loro la profezia, il sacerdozio, il culto e (questi) furono dati alle genti credenti.»111.
La stessa sorte di Israele sarebbe riservata all’anima se trasgredisse i comandamenti della legge divina. L’anima, infatti, caduta nel peccato, non potrebbe offrire a Dio sacrifici, quindi non potrebbe compiere l’offerta spirituale a lei propria112. Il sacerdozio è allora identificato con l’attività cultuale del sacerdote offerente che compie i sacrifici. I sacerdoti ed i leviti del’AT non riuscivano però a guarire le anime con tutti i loro sacrifici e le loro offerte; soltanto Cristo, il pastore delle pecore, vero sacerdote, in figura, guarisce le anime «dalla scabbia e dalla lebbra del peccato», poiché è disceso col suo corpo a salvarci113. L’attività inerente al sacerdozio ed il
h) dia/konoi to\n ku/rion eÃxontej kai£ lalou=ntej su/mfwna tw=n eu)aggeli£wn kai£ toi=j a)posto/loij, ouÃtoi ei)si£n w¨j ei)pei=n e)n oi)kodo/mhma: e)poikodomou=si ga\r t%= qemeli£%. Ei) de\ a)sumfwnou=si, yeudapo/stoloi ei)si£, yeudoprofh=tai ei)si£n. 110 Cfr. Log., 52, 2, 5, 11-12 (Coll. I). 111 Log., 49, 5, 8, 1-8 (Coll. I): o(moi¿wj tou= ¹Israh/l, kaqwÜj proei¿rhtai, polla\ prosko/ptontoj kaiì a(marta/nontoj kaiì tou\j profh/taj tou= qeou= a)pokte/nontoj kaiì polla\ kakopoiou=ntoj e)makroqu/mei o( qeo\j h(suxa/zwn ei¹j meta/noian au)tou\j e)kdexo/menoj eÃsxaton de\ ei¹j toiou=ton prose/koyan, oÀqen suntribe/ntej ou)ke/ti e)chge/rqhsan. ei¹j to\ despotiko\n ga\r a)ci¿wma ta\j e(autw½n xeiÍraj e)pe/balon. dio\ kaiì ei¹j te/loj katablhqe/ntej a)peblh/qhsan kaiì hÃrqh a)p’au)tw½n h( profhtei¿a kaiì h( i¸eratei¿a kaiì h( latrei¿a kaiì e)do/qh toiÍj pisteu/sasin eÃqnesin. 112 Om., 28, 5-9 (Coll. II). 113 Om., 44, 2-5. 28-31 (Coll. II).
117
compito del sacerdote, allora, si precisano; il sacerdote della Nuova Alleanza è colui il quale deve offrire a Dio anime guarite dal peccato. L’offerta sacerdotale viene così identificata con l’attività dello Spirito Santo nell’anima, leggiamo infatti: «Ma, come prima, nella Legge, gli animali da sacrificare venivano osservati attentamente (Lv 22,20-25) — solo allora, infatti, si preparavano per il sacrificio e grazie alle parti grasse della vittima, nel grasso sciolto col fuoco, veniva offerto un olocausto a Dio di soave odore (Lv 8,21) — allo stesso modo, anche qui, adesso, l’anima che vuole offrire sé stessa ed il proprio corpo viene esaminata attentamente da Cristo, il sacerdote celeste, come un sacrificio vivente, santo, gradito a Dio (Rm 12,1), per vedere se ha l’abbondanza dello Spirito che si è acquistata con le belle leggi degli insegnamenti della grazia e delle virtù; veramente, allora, l’anima diventa offerta e sacrificio vivente nel fuoco spirituale, grazie a Cristo, vero sacerdote, votata al Padre celeste nel Regno vivente dei cieli, resa degna di divenire erede dei beni celesti.»114.
Secondo lo Ps.-Macario, infatti, la santità dell’anima consiste nell’abbondanza dello Spirito che è in lei, ricevuto da Cristo, il solo che si è consegnato in offerta come vittima pura e santa, incarnando e compiendo il vero sacerdozio per far diventare, a sua volta, l’anima, offerta e sacrificio gradito al Padre. Più avanti, si precisa come coloro i quali devono preparare le anime in maniera siffatta debbano essere «uomini spirituali». Il sacerdozio si configura allora come un’attività esclusivamente cultuale che, se non è informata dallo Spirito Santo, scade in una vuota ritualità. Il momento più alto di questa offerta è quello dell’offerta eucaristica, nella quale il sacerdote offerente deve essere in grado di compiere l’offerta «mistica»115; solo le migliori fra le anime possono esercitare allora il sacer-
(
114 Log., 7, 2, 1, 1-14 Coll. III): ¹All’wÐsper to\ priìn e)n t%½ no/m% e)mwmoskopeiÍto to\ pro/baton, kaiì to/te ei¹j qusi¿an proexw¯rei kaiì dia\ th=j lipasi¿aj tou= z%¯ou kaiì th=j kni¿sshj th=j dia\ tou= puro\j diaxeome/nhj o(lokau/twma t%½ qe%½ “ei¹j o)smh\n eu)wdi¿aj” prosefe/reto, ouÀtw kaiì e)ntau=qa nu=n mwmoskopeiÍtai yuxh\ h( e(auth\n kaiì to\ sw½ma au)th=j “qusi¿an zw½san a(gi¿an eu)a/reston t%½ qe%½” prosene/gkai boulome/nh u(po\ tou= e)pourani¿ou a)rxiere/wj Xristou=, kaiì ei¹ th\n pio/thta tou= pneu/matoj eÃxei, hÁn dia\ tw½n kalw½n no/mwn tw½n didaskaliw½n th=j xa/ritoj kaiì tw½n a)retw½n prosekth/sato oÃntwj o(loka/rpwma kaiì qusi¿a zw½sa e)n t%½ pneumatik%½ puriì dia\ tou= a)lhqinou= a)rxiere/wj Xristou= t%½ e)pourani¿% patriì ei¹j th\n zw½san tw½n ou)ranw½n basilei¿an proskomi¿zetai, klhrono/moj tw½n ai¹wni¿wn a)gaqw½n gene/sqai kataciwqeiÍsa. 115 Log., 52, 2, 1-2 (Coll. I), già citato.
118
dozio, avendo in sé la consapevolezza del sacrificio di Cristo. Il sacerdote consapevole ed il Canone ecclesiastico sono quindi indispensabili per compiere il mistero del sacrificio eucaristico. Il nostro autore mostra qui di ritenere, però, l’attività principale del sacerdote della Nuova Alleanza non più soltanto come cultuale, celebrativa, quanto piuttosto come inerente al ministero della Parola di Dio116. Infatti, il sacerdozio di Mosé era l’ombra del sacerdozio della Nuova Alleanza di cui ora fanno parte apostoli e messaggeri117. Il sacerdozio dell’Antica Alleanza è definitivamente tramontato, questo è passato da Mosé a Pietro: «nuova chiesa di Cristo, il vero sacerdozio. Ora, infatti, c’è il battesimo attraverso il fuoco e lo Spirito e la circoncisione nel cuore.»118.
Il sacerdozio nuovo, allora, non può essere disgiunto dall’oikonomìa nuova realizzata per opera dello Spirito Santo. Il sacerdozio, allora, è venerabile e gradito a Dio ma anch’esso, passato nella Chiesa, è transeunte, legato alla Chiesa, provvisoria — come abbiamo visto — anch’essa. In conclusione, per lo Ps.-Macario, la Chiesa è composta da veri credenti che sperimentano nell’anima l’esperienza di questa inabitazione personale dello Spirito Santo, la quale, “per analogia”, compie qui, sulla terra, la Chiesa celeste che deve venire. 116 Questa tendenza si riscontra in Origéne, specialmente nelle Omelie sul Levitico. Sul ministero della Parola, inteso come diakoni/a, nello Ps.-Macario, cfr. F. ALEO, La diaconia mistica di Macario, in Il diaconato in Italia 128 (2004) 38-40. 117 Cfr. Om., 32 (Coll. II) nella quale lo Ps.-Macario pone un paragone ed un confronto simbolico sul numero due, proponendo un’interpretazione esegetica interessante che purtroppo i limiti del nostro lavoro non ci permettono di approfondire. Mosé, sacerdote, viene definito come «ombra» del vero sacerdote che è Cristo, ma anche il sacerdote della Nuova Alleanza, come si legge nel Lo/goj 52, 2, 1 (Coll. I), è «ombra» di Cristo sacerdote. Lo Ps.Macario vede allora nella Chiesa, come abbiamo avuto modo di mostrare, due livelli: uno esteriore, visibile e transeunte, l’altro nascosto, invisibile, futuro ed eterno. Anche la Chiesa allora è destinata a passare, essa è ombra del Regno di Dio che deve venire. Sono evidenti i riferimenti all’Epistula agli Ebrei ed alle Omelie sul Levitico di Origéne; i rapporti con l’Alessandrino dovrebbero allora essere meglio evidenziati e posti in luce. 118 Log., 6, 2, 1, 21-22-2, 1-2 (Coll. I): loipo\n Pe/troj Mwu+se/a diede/cato, th\n kainh\n e)kklhsi¿an tou= Xristou= th\n a)lhqinh\n i¸erwsu/nhn. Nu=n ga/r e)sti ba/ptisma dia\ puro\j kaiì
<pneu/matoj> kaiì peritomh\ e)n kardi¿# ginome/nh.
119
4. IL RUOLO SANTIFICATORE DELLO SPIRITO IN BASILIO DI CESAREA
Lo studio della teologia e della spiritualità di Basilio di Cesarea non può prescindere dalla sua esperienza ascetica119. Formatosi alla scuola di Eustazio di Sebaste, egli riteneva la conoscenza teorica e speculativa rischiosa per la fede, trovando la vera conoscenza di Dio nell’obbedienza ai suoi comandamenti:
«Guarda come si arriva alla conoscenza di Dio: dal metterci in ascolto dei suoi comandamenti: dal nostro ascoltare proviene l’agire. Questa è la conoscenza di Dio, l’osservanza dei comandamenti di Dio.»120.
Per Basilio, come l’esperienza o peira, riguardo alle cose visibili, è superiore alla speculazione sulle cause, così la fede, riguardo ai dogmi che sorpassano l’intelligenza, vale più della comprensione ottenuta dal ragionamento121. A motivo poi dell’insufficienza del linguaggio e delle parole riguardo a Dio, l’unica risposta è il silenzio sul suo mistero122.
119 Sull’ascesi e sul ruolo dello Spirito Santo in ordine alla santificazione del cristiano in Basilio di Cesarea, oltre a P. HUMBERTCLAUDE, La doctrine ascétique de saint Basile de Césarée, Paris 1932; D.A. DE MENDIETA, L’ascèse monastique de Basile. Essai historique, Abb. De Maredsous 1948; S. RENDINA, La contemplazione negli scritti di s. Basilio Magno, XI, Roma 1959; vedi anche M.G. MURPHY, St. Basil and monasticism, Washington D.C. 1930; B. CAPELLE, La procession du Saint Esprit d’après la liturgie grecque de Saint Basile, in OrSyr 7 (1962) 69-75; M. HORNUS, La divinité du Saint-Esprit comme condition du salut personnel selon Basile, in VERBUM CARO 23 (1969) 33-62; S. MONIQUE, Plaire à Dieu selon les Règles de S. Basile, in CC 39 (1977) 239-249; P. SCAZZOSO, L’Umanesimo di Basilio, in Augustinianum 12 (1972) 391-406; M. GIRARDI, Le nozioni comuni sullo Spirito Santo in Basilio Magno, (De Spiritu Sancto), in Vet. Chr. 13 (1976) 269-288; R. STAATS, Die Basilianische Verherrlichung des Heiligen Geistes auf dem Konzil zu Konstantinopel 381. Ein Beitrag zum Ursprung der Formel “Kerygma und dogma”, in KuD 25 (1979) 232-253; J.M. RIST, Basil’s Neoplatonism: its Background and Nature, in P.J. FEDWICK (ed.), Basil of Cesarea: Christian, Humanist, Ascetic, Toronto 1981, 137-220; S. SCICOLONE, Basilio e la sua organizzazione dell’attività assistenziale a Cesarea, in Civiltà classica e cristiana 3 (1982) 353-372; R. STAATS, Basilius als lebende Mönchsregel in Gregor von Nyssa De Virginitate, in VC 39 (1985) 228-255; S. PRIVITERA, L’antropologia di S. Basilio. La dignità dell’uomo e l’argomentazione etica nella teologia morale ortodossa, Festschrift in De dignitate hominis. Festschrift Carlos-Joseph Pinto do Oliveira, Switz. Freibourg 1987, 15-38. 120 Hom. in Mamantem mart., in PG 31, 597, ll. 5-9: ÃIde pw=j noei=tai Qeo/j: e)k tou=
a)kou/ein h(ma=j tw=n e)ntolw=n au)tou=: e)k tou= a)kou/ontaj poiei=n. Tou=to gnw=sij Qeou=, th/rhsij e)ntolw=n Qeou.= 121 Ep., 38, 5, 56-62, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 89. 122 Ep., 7, 1, 5-9, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 22.
120
La riflessione di Basilio si concentra allora sulla quotidiana azione di Dio, sia nell’Universo sia nell’anima individuale. Dio, infatti, pur nella sua perfetta trascendenza, con lo Spirito Santo si abbassa, fino ad inabitare in noi. La presenza dello Spirito Santo si manifesta nella creazione dell’universo celeste, poiché gli angeli sono dallo Spirito perfezionati, in altre parole, stabilmente santificati123. Lo Spirito è causa perfezionante, poiché mantiene e perfeziona senza posa le creature terrestri. Lo Spirito, poi, dona la vita divina: «Vivifica tutte le cose insieme con Dio che genera la vita, insieme con il Figlio che dà la vita.»124.
Ci conduce sempre più in alto verso la rassomiglianza con Dio e quindi ci santifica125. La vita che lo Spirito dona è sia quella naturale sulla terra sia quella dalla vita eterna, fino alla risurrezione dei corpi ed infine quella dalla vita spirituale, ora e per l’eternità:
«”Colui il quale fa risorgere Cristo dai morti darà la vita” dice (Paolo) “anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che inabita in voi.” (Rm 8,11).»126.
Lo Spirito Santo, come vivifica, così glorifica, per questo motivo, occupa nella glorificazione un posto tutto particolare:
123 B. PRUCHE (par), De Spiritu Sancto cit., 16,38,5-8. D’ora in avanti, per comodità, useremo l’abbreviazione DSS. 124 DSS 19, 50, 7-11: Zwopoi=ei meta\ tou= Qeou= tou= ta\ pa/nta zwogonou=ntoj, meta\ tou= Ui(ou= tou= dido/ntoj zwh/n. 125 DSS 9, 23, 11-16. Questo, Basilio, lo mostra chiaramente, non soltanto nel De Spiritu Sancto ma anche in altre opere, quali: Adv. Eun., III, 3, in PG 29, 661A; Hom. de Fid., 3, in PG 31, 469A, l. 7; Ep. 159, 2, 25-27, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 87; 236, 6, 13-14; T. III, 53. 126 DSS 24, 56, 5-13: O ( ga\r e)gei¿raj Xristo\n e)k nekrw=n, zwopoih/sei, fhsi¿, kai£ ta\ qnhta\ u(mw=n sw¿mata dia\ tou= e)noikou=ntoj au)tou= Pneu/matoj e)n u(mi=n. La citazione di Rm 8,11 viene addotta da Basilio per illustrare la vivificazione dello Spirito come sua inabitazione in noi. Al pari dello Ps.-Macario, Basilio esprime l’inabitazione personale dello Spirito Santo servendosi dell’epistolario paolino.
121
«Se da parte delle cose create viene resa una gloria servile, l’altra gloria, per dir così intima, viene compiuta dallo Spirito.»127.
Sempre glorificato, in comunione con il Padre e con il Figlio, ha una sua specifica attività: è Colui che vivifica e glorifica. Per natura buono, insieme con il Padre e con il Figlio, partecipa la sua bontà alla creatura, nella scelta che essa fa verso ciò che è buono:
«Per natura è buono come buono è il Padre e buono è il Figlio. La creatura nella scelta del bene è partecipe della bontà.»128.
Esiste quindi un duplice movimento che si compendia in uno solo: quello della creatura verso lo Spirito e quello dello Spirito verso le creature. Peraltro, la contemplazione della manifestazione di Dio, per mezzo dello Spirito, ci porta a contemplare l’azione dello Spirito in noi, permettendo la contemplazione di Dio nelle cose create. Esistente prima della creazione del Mondo e prima dell’Incarnazione di Cristo, lo Spirito Santo opera lungo tutto l’arco del ministero messianico di Gesù. È in virtù dello Spirito Santo che Gesù opera miracoli, guarigioni e scaccia i demòni, vince le tentazioni di Satana nel deserto e perdona i peccati:
«La venuta di Cristo in mezzo agli uomini: è lo Spirito che la precorre. La sua presenza nella carne: lo Spirito è indivisibile. Le energie delle sue operazioni, i carismi di guarigione sono resi possibili per opera dello Spirito Santo. I demòni venivano scacciati nello Spirito di Dio. Il Diavolo veniva impedito alla vicinanza dello Spirito. Il riscatto dei peccati è possibile nella grazia dello Spirito.»129.
127 DSS 18, 46, 24-25: Tou/twn toi¿nun h( me\n doulikh\ para\ th=j kti¿sewj prosa/getai: h( de/, iÐn’ouÐtwj eiÃpw, oi)keiakh\ para\ tou= Pneu/matoj e)kplhrou=tai. Interessa notare l’intimità (oi)keiakh£) dell’esperienza personale dello Spirito Santo, tema che ritroviamo nello Ps.-
Macario.
DSS 24,56,1-4: Fu/sei e)sti£n a)gaqo/n, w(j a)gaqo\j o( Path\r kai£ a)gaqo\j o( Uio/j. H ( kti¿sij de\ e)n tv= e)klogv= tou= a)gaqou= me/toxo/j e)sti th=j a)gaqo/thtoj. L’inabitazione personale dello 128
Spirito Santo, quindi, si manifesta in Basilio nella scelta del bene da parte della creatura. 129 DSS 19, 49, 14-22: Xristou= e)pidhmi¿a: kai£ to\ Pneu=ma protre/xei. ÃEnsarkoj
parousi¿a: kai£ to\ Pneu=ma a)xw¿riston. )Energh/mata duna/mewn, xari¿smata i)ama/twn, dia\ tou= Pneu/matoj tou= a(gi¿ou. Dai¿monej a)phlau/nonto e)n t%= Pneu/mati tou= Qeou=. Dia/boloj kathrgei=to sumparo/ntoj tou= Pneu/matoj. (Amartiw=n a)polu/trwsij e)n tv= xa/riti tou= Pneu/matoj.
122
Le potenze celesti sono in una condizione di «intimità con Dio» od oikéiosis130, operata dallo Spirito; di conseguenza, lo Spirito, in virtù dell’Incarnazione, opera anche la nostra intimità con Dio.131 A riprova di questa intimità della creatura con Lui, Dio ha inviato nei nostri cuori il Suo Spirito, il quale grida il vero nome di Dio: Padre: «In questo consiste dunque il rinnovamento, la conversione dalla vita terrena e passionale alla condotta di vita celeste che si compie in noi per mezzo dello Spirito e conduce le anime nostre verso ogni elevazione dello stupore.»132.
Inoltre, lo Spirito intercede per noi ed è in noi, senza diminuire la sua divinità133. Basilio fa notare come lo Spirito è presente nei Profeti e nella Chiesa ed è sempre lo Spirito che permette di riconoscere questa presenza134. La funzione propria dello Spirito è esercitata nel carisma di profezia135, le Scritture sono ispirate per opera dello Spirito Santo136, è lo Spirito che ci rende saggi per la sua grazia e ci permette di rendergli gloria137. Lo Spirito organizza il corpo della Chiesa, distribuendo fra le sue membra i carismi138 e le funzioni, assicurandone la coesione:
130
«Come le parti di un tutto, noi, ciascuno per la nostra parte, siamo nello Spirito: poiché tutti siamo in un solo corpo, siamo battezzati in un solo Spirito.»139. DSS
in Basilio.
19, 49, 12:
ÃH ga£r pro£j Qeòn oi)ke/iosij,
si noti la ricorrenza di questo termine
131 DSS 19, 49, 22-25. Qui il termine oi(kei/wsij si riferisce all’esperienza dello Spirito Santo nella creatura. 132 DSS 19, 49, 35-41: kai£ o( e)ntau=qa toi¿nun a)nakainismo/j, kai£ h( a)po\ th=j ghi=+nhj kai£
e)mpaqou=j zwh=j e)pi£ th\n ou)ra/nion politei¿an metabolh/, dia\ tou= Pneu/matoj h(mi=n ginome/nh, e)pi£ pa=san u(perbolh\n qau/matoj ta\j yuxa\j h(mw=n a)na/gei. Questa unione con Dio, in virtù dello
Spirito, è efficace, opera il rinnovamento, la conversione dalla vita terrena e peritura alla cittadinanza celeste. 133 DSS 19, 50, 1-5. Si noti qui l’insistenza di Basilio nel rimarcare il dato che l’inabitazione personale dello Spirito Santo nella creatura non è materiale. 134 DSS 19, 49, 39. 135 DSS 19, 49, 31-32. 136 DSS 19, 49, 75-76. 137 DSS 19, 49, 9-13. 138 DSS 19, 49, 30-31. 139 DSS 26, 61, 52-54: Kai£ w(j me/rh de\ e)n oÐl%, oi( kaq’ eÐna e)sme\n e)n t%= Pneu/mati: oÐti oi( pa/ntej e)n e(ni£ sw¿mati, ei)j eÑn Pneu=ma e)bapti¿sqhmen.
123
È l’unzione stessa del Battesimo140. Sul piano dell’esistenza umana individuale, lo Spirito ha una missione specifica: quella della santificazione. Basilio infatti afferma: «Non esiste, infatti, santificazione senza lo Spirito»141, questa consiste nella continua rassomiglianza con Dio, da parte delle sue creature:
«Giacché sta a noi rassomigliare a Dio secondo la possibilità dell’uomo per natura.»142.
Nella divinizzazione della creatura si evince la differenza della concezione cristiana da quella pagana; la prima, infatti, vede, con l’Incarnazione di Gesù, una discontinuità fra il piano divino e quello della creazione, mentre la seconda considera la divinità immanente alla creazione. Nello stesso tempo, però, l’Incarnazione ha rivelato l’estrema libertà di Dio che si è rivelato Padre e si è reso presente nel creato, attraverso la manifestazione del suo Figlio. La divinizzazione è così il dono dello Spirito Santo, in altre parole, la vittoria sulla morte e la promessa della vita eterna: «Per mezzo dello Spirito Santo è possibile la ricapitolazione nel Paradiso; il ritorno al Regno dei cieli; la reintroduzione nell’adozione filiale; la confidenza di chiamare il proprio Dio Padre; di comunicare alla grazia di Cristo; di essere chiamato figlio della luce, di partecipare alla gloria eterna, di divenire semplicemente, in ogni pienezza, benedizione in questa vita ed in quella futura; poiché sono a noi riservati, nelle promesse, quei beni, di cui noi riceviamo il frutto, per mezzo della fede, come se fossero già presenti, contemplando, come in uno specchio, la grazia.»143.
Nel De Spiritu Sancto, Basilio fa pochissimo uso del linguaggio della divinizzazione per indicare la trasformazione del cristiano sotto l’azione 140 141 142
fu/sei.
12, 28, 1-7. 16, 38, 41-43: ÃAgiasmòj DSS 1, 2, 11-12: oÐti pro/keitai DSS DSS
de£ ouk ane£u Pnéumatoj. h(mi=n o(moiwqh=nai Qe%=, kata\ to\ dunato\n a)nqrw¿pou
DSS 15, 36, 1-14: Dia\ Pneu/matoj a(gi¿ou h( ei)j para/deison a)pokata/stasij: h( ei)j basilei¿an ou)ranw=n aÃnodoj: h( ei)j ui(oqesi¿an e)pa/nodoj: h( parrhsi¿a tou= kalei=n e(autw=n Pate/ra to\n Qeo/n, koinwno\n gene/sqai th=j xa/ritoj tou= Xristou=, te/knon fwto\j xrhmati¿zein, do/chj a)id + i¿ou mete/xein, kai£ a(pacaplw=j e)n panti£ plhrw£mati eu)logi¿aj gene/sqai, eÃn te t%= ai)wn = i tou/t% kai£ e)n t%= me/llonti: tw=n e)n e)paggeli¿aij a)pokeime/nwn h(mi=n a)gaqw=n, wÒn dia\ pi¿stewj a)pekdexo/meqa th\n a)po/lausin, w(j hÃdh paro/ntwn, th\n xa/rin e)noptrizo/menoi. 143
124
dello Spirito, forse perché non si trovano delle attestazioni nella Sacra Scrittura:
«Inoltre, la previsione del futuro, la conoscenza dei misteri, la comprensione delle cose nascoste, la distribuzione dei carismi, la cittadinanza celeste con i cori degli angeli, la gioia senza fine, la permanenza in Dio, la somiglianza con Dio, il bene più alto a cui aspirare: divenire Dio.»144.
La divinizzazione, d’altra parte, poteva prestare il fianco ad accuse o sospetti di eresia, come quella del Messalianismo, che affermava, a quanto dicono le nostre fonti, una inabitazione sensibile dello Spirito Santo nella creatura. Basilio tiene sempre a precisare che l’anima, resa degna e purificata dalle passioni, può diventare dimora di Dio e suo tempio santo145. In altri scritti, Basilio parla chiaramente di inabitazione divina e di divinizzazione:
«Dal momento che, coloro i quali hanno raggiunto la perfezione nella virtù sono degni di essere chiamati déi, quegli uomini potrebbero essere accostati addirittura alla divinità.»146.
Egli si chiede per quale motivo, giacché si afferma che lo Spirito inabita in noi, lo Spirito non parteciperebbe della divinità. Alcuni uomini che raggiungono la perfezione nella virtù per mezzo dello Spirito, sono chiamati divini, la divinità, allora, non può mancare di divinizzare gli esseri diversi da essa:
«Se, dunque, si dice che Dio inabita in noi per mezzo dello Spirito, perché non appare di manifesta empietà affermare che lo stesso Spirito non può partecipare la sua divinità? E, se noi chiamiamo déi quelli perfetti nella virtù
144 DSS 9, 23, 22-25: E ) nteu=qen, mello/ntwn pro/gnwsij, musthri¿wn su/nesij, kekrumme/nwn kata/lhyij, xarisma/twn dianomai£, to\ ou)ra/nion poli¿teuma, h( meta\ a)gge/lwn xorei¿a, h( a)teleu/thtoj eu)frosu/nh, h( e)n Qe%= diamonh/, h( pro\j Qeo\n o(moi¿wsij, to\ a)kro/taton tw=n o)rektw=n, qeo\n gene/sqai. Questo è l’unico luogo in tutto il trattato ove Basilio parla chiara-
mente di divinizzazione. 145 DSS 21,52,74-76. 146 Adv. Eun., II, 4, in PG 29,580C, ll. 28-30:
Ou)kou=n e)peidh\ oi( kat’a)reth\n te/leioi th=j tou= Qeou= proshgori¿aj h)ci¿wntai, o(moou/sioi aÔn eiÅen t%= Qe%= tw=n oÐlwn oi( Ãanqrwpoi. La san-
tità rende dunque partecipi della natura stessa di Dio.
125
o che hanno raggiunto la perfezione per mezzo dello Spirito, come trascurare il fatto che la stessa divinità divinizza anche gli altri?»147.
Questa divinizzazione, operata dallo Spirito per grazia, non deve essere confusa con la divinità di natura dello Spirito Santo, inseparabile da quella delle altre due divine Persone. Essa è una manifestazione dello Spirito Santo, che fa sperimentare all’anima la sua potenza vivificante, con la quale si passa dalla vita mortale a quella immortale:
«Non si divide negli altri quello che è messo insieme in uno solo, ma nella potenza vivificante, secondo quella potenza, la nostra natura viene preparata per passare dalla vita mortale all’immortalità, avendo ricevuto la potenza dello Spirito insieme con il Padre ed il Figlio ed in molti altri modi, allo stesso modo, nella riflessione secondo il bene, la santità, l’eternità, la saggezza, la rettitudine, la guida, la possibilità e dovunque, manifestamente, quello che è inseparabile, è presente in tutti i nomi ricevuti, verso il meglio.»148.
Essa passa per i nomi divini e quindi per la dossologia, cosicché, la partecipazione allo Spirito Santo è possibile all’anima nell’invocazione della Trinità ed è sperimentabile particolarmente nel sacramento del Battesimo. Tutte queste attività sono una prerogativa dello Spirito Santo, possibili per la sua dynamis e la sua enérgheia: «Come la capacità di vedere risiede nell’occhio sano, così, la capacità dello Spirito risiede nell’anima purificata.»149.
Ibid., III, 5, in PG 29,665, ll. 26-31: Ei) toi¿nun e)n h(mi=n o( Qeo\j e)noikei=n le/getai dia\ tou= Pneu/matoj, pw=j ou)xi£ fanera=j a)sebei¿aj e)sti£n au)to\ to\ Pneu=ma le/gein a)me/toxon th=j qeo/thtoj; Kai£, ei) qeou\j, o)noma/zomen tou\j kat’a)reth\n telei¿ouj h( de£ telei¿wsij dia\ tou= Pneu/matoj, pw=j to\ e(te/rouj qeopoiou=n au)to\ th=j qeo/thtoj a)polei¿petai. Gli uomini che hanno 147
raggiunto la perfezione, sono naturalmente i monaci ed è importante, ai fini della nostra ricerca, la sottolineatura di Basilio, secondo il quale tale perfezione è raggiunta con il soccorso dello Spirito Santo. 148 Ep., 89,5,5-16, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 136: Ou) ga\r
eÃn tini suntetagme/non e)n e(te/roij a)posxoini¿zetai, a)ll’e)n tv= zwopoi%= duna/mei, kaq’hÔn e)k tou= fqartou= bi¿ou ei)j a)qanasi¿an h( fu/sij h(mw=n metaskeua/zetai, sumparalhfqei=sa h( tou= Pneu/matoj du/namij Patri£ kai£ Ui%=, kai£ e)n polloi=j e(te/roij, oiÒon e)n tv= kata\ to\ a)gaqo\n e)nnoi¿# kai£ to\ aÐgio/n te kai£ a)i+¿dion, sofo/n, eu)qe/j, h(gemoniko/n, dunato/n, kai£ pantaxou= dhlono/ti to\ a)xw¿riston eÃxei e)n pa=si toi=j pro\j to\ krei=tton u(peilhmme/noij o)no/masin. 149 DSS 26, 61, 13-14: Kai£ w(j h( du/namij tou= o(r#=n e)n t%= u(giai¿nonti o)fqalm%=, ouÐtwj h( e)ne/rgeia tou= Pneu/matoj e)n tv= kekaqarme/nv yuxv=.
126
L’artista ha in sé la capacità dell’arte, così lo Spirito ha in sé la dynamis, che «opera» od enérghei nelle profezie, nelle guarigioni ed in altre operazioni di cui è capace. La dynamis, quindi, è la forza in potenza dello Spirito, mentre l’enérgheia è la sua potenza in atto che si manifesta nei carismi: «Dal momento che anche l’arte è in potenza nell’artista; l’operazione si realizza quando opera secondo quella capacità. Così anche lo Spirito, sempre è presente in quelli degni, opera secondo il bisogno, nelle profezie, nelle guarigioni ed in altre operazioni delle potenze.»150.
Lo Spirito opera dunque nel credente per strapparlo alla vita secondo la carne e per permettergli di essere chiamato figlio di Dio151. Lo Spirito Santo opera in comunione indissolubile ed inseparabile con il Padre ed il Figlio ed è sempre nello Spirito che si conosce il Figlio, come è nel Cristo che si conosce il Padre; se, infatti, il Cristo è l’icona di Dio invisibile, allora lo Spirito è la luce che rischiara questa icona152. Adorando il Padre nel Figlio, lo Spirito ci mostra così la sua divinità, aiuta il pensiero umano che non può conoscere Dio, opera la santificazione personale, in comunione con le altre due divine Persone. Nella dossologia trinitaria, la santificazione va celebrata e professata nella Chiesa; dimensione personale ed ecclesiale, si compenetrano, dunque, reciprocamente. 5. L’ECCLESIOLOGIA DI BASILIO DI CESAREA
Basilio di Cesarea, nei suoi scritti, non ci ha tramandato una dottrina ecclesiologica, fa però ovviamente menzione della Chiesa153. Disseminate
150 DSS 26, 61, 19-23: )Epei£ kai£ h( te/xnh, duna/mei me\n e)n t%= texni¿tv e)sti¿n: e)nergei¿# de\ to/te, oÐtan kat’au)th\n e)nergv=. OuÐtw kai£ to\ Pneu=ma, a)ei£ me\n sumpa/resti toi=j a)ci¿oij, e)nergei= de\ kata\ th\n xrei¿an, hà e)n profhtei¿aij, hà e)n i)a/masin, hÔ e)n aÃlloij tisi£ duna/mewn e)nergh/masin. 151 DSS 28, 69, 34-35. 152 DSS 18, 47. 153 I caratteri ecclesiologici dell’anafora di Basilio, sono stati rilevati da B. BOBRINSKY,
Liturgie et ecclesiologie trinitaire de Saint Basile, in Verbum Caro 23 (1969) 1-32 e da E. LANNE, Les anaphores eucharistiques de Saint Basile et la communauté ecclésiale, in Irenikon 55 (1982) 307-330. Sull’ecclesiologia di Basilio, vedi il saggio di P. BATIFFOL, L’ecclésiologie de Saint Basile, in Echos d’Orient 21 (1922) 9-30; B. CRIVOCHEINE, L’ecclesiologie de Saint Basile le Grand, in Mess. De l’Ex. Du Patr. Russ. En Eur. Occ. 66
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nel suo ricco epistolario, troviamo le sue idee ecclesiologiche che ci mostrano la sollecitudine del vescovo di Cesarea verso i problemi delle chiese del suo tempo. Egli tratta fra l’altro, della tradizione apostolica sulla quale si fonda la Chiesa e dei vescovi posti alla guida del popolo di Dio. Ai fini della nostra ricerca, vorremmo però soffermarci su quei lineamenti dell’ecclesiologia basiliana che innestano il mistero della divina Persona dello Spirito Santo nel mistero della Chiesa. Va anzitutto notato che il Padre cappadoce usa il termine ekklesìa, tanto al singolare quanto al plurale, così troviamo sia «la Chiesa», e ekklesìa, sia «le chiese», ai ekklesìai, ma è alla Chiesa al singolare che Basilio accorda la sua preferenza, parlando dell’Ekklesìa, vissuta nella manifestazione visibile delle ekklesìai locali. In altri scritti, parla invece dell’Ekklesìa nel suo aspetto teologico e spirituale. Il cappadoce non ci offre una definizione della natura della Chiesa ma ce la descrive con l’uso frequente di immagini bibliche. Egli parla spesso della Chiesa, come della vera Gerusalemme del Signore154, di cui Cristo è il capo155, della fraternità o adelphòtes156, della figlia che ha esercitato la mente nella contemplazione157. Altre volte, la Chiesa è indicata come la nave158, il mantello di Cristo lacerato dalle divisioni e dalle eresie159, la Civitas dove tutto è amministrato in perfetta giustizia160. L’unica e vera Chiesa di Cristo, per Basilio, è anche il tempio di Dio, il luogo del vero culto, l’erede della sinagoga dell’AT che riunisce tutti i popoli pagani dispersi161; è anche l’aula ecclesiale162. La
(1969) 75-102 e lo studio di P. SCAZZOSO, Introduzione all’ecclesiologia di S. Basilio, Milano 1975. 154 Hom. in Ps., 115, in PG 30, 113C. 155 Hom. in Ps., 44,5, in PG 29, 397C. 156 Ep., 98,2 in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 212. 157 Hom. in Ps., 44, 10, in PG 29, 409A. 158 DSS 30, 76, 32. 159 Hom. in Mam. Mart., 3, in PG 31, 596A. 160 Hom. in Ps., 59, 4, in PG 29, 468B 161 Hom. II in Ps., 28, 3, in PG 30, 73 A-B. 162 Hom. I in Ps., 28, 3, in PG 29, 288A, ll. 13-20: Prosku/nhsij de\ h( ou)k eÃcw th=j
)Ekklhsi¿aj, a)ll’e)n au)tv= tv= au)lv= tou= Qeou= teloume/nh. Mh/ moi, fhsi£n, i)di¿aj au)la\j kai£ sunagwga\j e)pinoei=te. Mi¿a e)sti£n au)lh\ a(gi¿a tou= Qeou=. Per Basilio, il tempio-edificio si inne-
sta nel corpo di Cristo, a cui appartengono i fedeli ed è una dimora provvisoria che orienta le anime al desiderio della Gerusalemme celeste. Questa sottolineatura si comprende, con la presenza al tempo di Basilio, di quelle correnti eterodosse rappresentate dai messaliani, i quali svalutavano l’istituzione sacramentale della Chiesa e dagli eustaziani che tenevano le
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Chiesa è come la casa di Dio163, continuamente ricostruita ed edificata per opera di Cristo, suo vero ed unico capo. La Chiesa è come il mare, il campo, la vigna164 e proprio come i tralci uniti alla vite, i vari membri vivono nella Chiesa, in comunione fra loro. La Chiesa è anche la sposa e la fidanzata del suo Signore; richiamandosi al Cantico dei Cantici, Basilio la vede alla destra del Salvatore adorna di una veste d’oro variegata, ad indicare la molteplicità delle dottrine riguardanti argomenti morali, naturali, mistici165. La Chiesa è anche la figlia prediletta del Re166 e nutrice della nostra pietà167. Sulla base di Ef 5, il Capo della Chiesa è Cristo, a lei unito a somiglianza dell’unione coniugale fra l’uomo e la donna che adombra il mistero della misericordia di Dio168. L’immagine, però, più frequente, nella quale Basilio ricapitola meglio l’idea di Chiesa, nella dinamicità e nella molteplicità dei suoi aspetti, è quella, di ispirazione paolina, del corpo169. Dio ha posto nella sua casa alcuni come occhi, altri come lingue, altri come mani e piedi, a completare organicamente le funzioni del corpo nel suo insieme170. L’unità della Chiesa è garantita dalla varietà delle mansioni, affidate a ciascuno e dai carismi, con i quali lo Spirito Santo manifesta la sua presenza nella Chiesa171. Nella Chiesa, vi sono coloro che comandano e coloro che ubbidiscono, parti distinte che non si slegano, però, dall’unità dell’insieme, con lo scopo di rinsaldare maggiormente l’armonia generale, perché è a Cristo, suo capo vero, che la Chiesa deve obbedienza ed adorazione. Da questo principio fonda-
loro riunioni in luoghi aperti, fuori dei luoghi di culto autorizzati, quali erano le chiese, come ribadisce il Canone V e l’Epilogus, dell’Epistola Sinodica, di Gangra, cfr. P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), cit., 91; 99. Secondo M. GIRARDI, Basilio di Cesarea interprete della Scrittura. Lessico, principi ermeneutici, prassi, Bari 1998, 135, l’interpretazione di Basilio di Sal 28, non si ricollega a nessuna di quelle tramandateci dalla tradizione esegetica precedente. Lo studioso conclude, allora, che l’esegesi basiliana di Sal 28 si deve a circostanze storiche, come i rapporti intercorsi e poi interrotti, di Basilio con Eustazio, cfr. ibid., 137-141. 163 Hom. in Ps., 29, 1, in PG 29, 307A 164 Hexaem., 4, 7; 5, 5; 6, S. GIET (par) SCh 26, Paris 1949, 272. 296. 305. 165 Hom. in Ps., 44, 20, in PG 29, 408C. 166 Hom. in Ps., 44, 10, in PG 29, 409A-C, rilevando in tal modo l’unicità della Chiesa. 167 Hom. in Ps., 2, 3, in PG 31, 189A. 168 Regg. Morr., 72, 4, in PG 31, 852D, ll. 44-52. 169 Epp., 222, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 7; 243, 1.4-8, 68; Hom. in Ps., 29, 5, in PG 29, 317C; DSS 26, 61. 170 Hom. in Ps., 33, 11, in PG 29, 376C. 171 DSS 16,37, 374.
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mentale della Chiesa come un unico corpo, pur nella diversità delle sue membra, dipende l’idea della chiesa come comunità. Il modello per Basilio, è quello della comunità delle origini, tramandato in At 2,44: «Aspireremo alla prima forma di vita dei cristiani: possedevano ogni cosa in comune, la vita, la concordia, la mensa comune, una fraternità indivisibile, un amore sincero, molti corpi che operavano in uno solo: anime differenti che si armonizzavano in una sola concordia.»172.
L’idea della Chiesa come comunità risente della profonda esperienza ascetica condivisa da Basilio con Eustazio di Sebaste in fraternità ascetiche, nelle quali la comunità era al servizio dell’individuo, secondo il principio che nessuno può bastare a sé stesso, ma si ha bisogno gli uni degli altri173. In Basilio, così, non si trova una contraddizione fra vita cristiana ed ascesi, poiché egli riesce a porre il carisma della vita monastica nel cuore stesso della Chiesa, facendone un centro propulsore importante per la vita cristiana. Il testo paolino di Fil 2,3-4 citato da Basilio in Regulae fusius tractatae al numero 35, offre l’esempio di una chiesa fondata su una comunità concorde, unita nei suoi membri, dalla stima reciproca e dall’altruismo. Una volta creata, per disposizione umana e per influsso divino, l’unità di una sola anima e di un solo cuore, tutti coloro che sperano nel Cristo formano una sola ed unica Chiesa. Sempre secondo l’esortazione paolina e secondo l’effetto prodotto dall’Eucaristia che è il sacramento dell’unità per eccellenza, i fedeli partecipano alle gioie ed ai dolori di tutti i membri dell’assemblea, non si stancano di pregare gli uni per gli altri, anche per coloro che sono preposti a dispensare la Parola della Verità174. All’interno della comunità dei fedeli, ve ne sono, infatti, alcuni, autentici operai del Vangelo, incaricati di prendersi cura dei sacramenti di Dio, nella vigna che è Cristo; questi, con gli altri, sono i veri costruttori del tempio di Dio e preparano
Hom. in temp. fam. et sicc., in PG 31,325, ll. 15-24: to\ prw=ton tw=n Xristianw=n zhlw¿swmen su/ntagma: oÑpwj hÅn au)toi=j aÐpanta koina\, o( bi¿oj, h( yuxh\, h( sumfwni¿a, h( tra/peza koinh\, a)diai¿retoj a)delfo/thj, a)ga/ph a)nupo/kritoj, ta\ polla\ sw¿mata eÔn e)rgazome/nh: ta\j diafo/rouj yuxa\j ei)j mi¿an o(mo/noian a(rmo/zousa. Si veda anche in Ep., 204,7,31-36, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 180, la menzione delle continue visite dei 172
presbiteri-pastori fra di loro, a riprova, per Basilio, dell’armonia esistente fra le «parrocchie» o paroiki/ai, in tempi a lui vicini. 173 Regg. Fus. Trr., 7, in PG 31, 928C. 174 Regg. Morr., 50,5, in PG 31, 785D.
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l’anima di ciascuno, adattandola al fondamento dei Profeti e degli Apostoli175. Caratteristici segni distintivi delle chiese sono così l’unità, che le eresie minacciano sempre di spezzare176, la stabilità, che permette alle chiese di Dio di rimanere sempre uguali a sé stesse177, l’unione nell’amore178, la pace ed il vincolo della Carità che permette all’edificio di crescere verso l’alto. Al tempo di Basilio, l’unità dei membri del Corpo di Cristo che è la Chiesa, mantenuta dall’amore reciproco179, è minata da divisioni ed eresie180. Interessa notare la distinzione che Basilio fa fra Ekklesìa, parasynagogài e schìsmata. Le parasynagogài sono pseudo-chiese formate dai presbiteri o dai vescovi ribelli e dai fedeli indisciplinati; gli schìsmata o «scismi», invece, sono provocati da quelli che si sono allontanati dalla comunione ecclesiale piena, per motivi ecclesiastici o per dei problemi irrisolti181. Basilio fonda la sua ecclesiologia sulla convinzione che il tempio di Dio è, allo stesso tempo, visibile ed invisibile, realtà terrena e città eterna. La Chiesa, infatti, è anche una comunità soprannaturale e santa, perché di essa fa parte la comunione dei santi in cielo uniti a Dio182. Essa è il corpo mistico di Cristo, dove angeli ed uomini, persone ancora viventi o che già riposano in Dio, si incontrano a rinnovare la loro comunione, specie mediante l’Eucaristia. Quello che contribuisce in sommo grado a produrre l’armonia delle singole parti, rispetto al tutto, entro la Chiesa, è la dossologia (doxologhìa). Basilio intende per dossologia la confessione dei nomi divini: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, dai quali riceve vigore e garanzia il mistero della pietà, in atto nelle riunioni dei fedeli, a condizione che non ci si limiti a ripe175 176 177 178 179 180 181
Ibid., 70,20, in PG 31, 868A. Ep., 47, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 127. Ep., 229, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 33. Ep., 70, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 23. Ep., 70,6-8, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 164-165. Ep., 156,1.12-16, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 82. Hom. II in Ps., 28,3, in PG 30, 72A, ll. 46-48: ãEcw th=j a(gi¿aj au)lh=j ou) xrh\ pros-
kuneiÍn t%½ Kuri¿%, a)ll’eÃndon geno/menon: toute/sti, mh\ e)kbai¿nein tou= susth/matoj th=j ¹Ekklhsi¿aj, kaiì kaq’e(auto\n kata/rxein parasunagwgh=j kaiì sxisma/twn, to\n o)fei¿lonta a)lhqinw½j t%½ Qe%½ latreu/ein. Al riguardo si veda Ep., 188,1,9, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 121, dove Basilio mostra di usare il termine parasunagwgh=j con un significato preciso. M. GIRARDI, Nozione di eresia, scisma e parasinagoga in Basilio di
Cesarea, in Vet. Chr. 17 (1980) 49-77, attribuisce il termine alle fraternità ascetiche degli eustaziani. 182 Hom. in Ps., 45, 4, in PG 29, 421B-424B.
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terla senza afferrarne il senso profondo, ma ci si applichi a comprenderla ed a fare ciò che la Parola indica183. Basilio, sostiene più volte, che l’atto di preghiera e di lode assume il suo significato autentico nella comunità ecclesiale184. Per Basilio, la retta professione della fede nella chiesa e la dossologia, non sono due attitudini distinte e separate, ma diventano un’unica manifestazione della vita spirituale. In tal modo, veramente, la lex orandi esprime e manifesta la lex credendi: «Vedi di non allontanarti mai (dalla regula fidei), perché, invece di cogliere il premio per la dossologia, saresti condannato insieme a quelli che bestemmiano il nome di Dio. Hai un salmo, hai una profezia, hai i precetti evangelici, i messaggi degli apostoli. La lingua intoni la salmodia, la mente ricerchi il significato delle parole, affinché salmodii con lo Spirito, salmodii anche con la mente. Dio non ha bisogno della nostra glorificazione ma vuole che tu sia degno di essere glorificato.»185.
La dossologia mette al sicuro i fedeli da coloro i quali bestemmiano Dio ed insieme alla meditazione dei Salmi, dei Profeti e della predicazione apostolica, aiuta la loro mente e la loro anima a glorificare Dio, per essere a sua volta da lui glorificati. Il vertice ideale della dossologia e della preghiera trova il suo compimento nel mistero eucaristico, che permette al fedele di conservare la memoria perpetua di colui che è morto e risorto per noi. Da qui proviene direttamente la disposizione d’animo conveniente di servire Dio nella preghiera e nella vita pratica:
183 184 185
«Ritengo che la buona disposizione consista nel desiderio di piacere a Dio (che dev’essere) forte, incessante, fisso ed immutabile. Lo stesso desiderio viene corretto con la contemplazione intelligente ed ininterrotta della grandezza delle glorie di Dio, con pensieri nobili e con il ricordo ininterrotto dei beni che provengono a noi da Dio.»186. Regg. Morr., 9, 1-4, in PG 31, 716B-717C. Hom. II in Ps., 28, 3, in PG 30, 73A-B. Hom. I in Ps., 28, 7, in PG 29, 304AB: )Ora mh/
pote a)pe/lqvj, a)nti£ tou= misqo\n labei=n e)pi£ docologi¿#, toi=j to\ oÐnoma tou= Qeou= blasfhmou=si sugkatadikasqei=j. Yalmo\n eÐxeij, profhtei¿an eÐxeij, eu)aggelika\ paragge/lmata, ta\ tw=n a)posto/lwn khru/gmata. )H glw=ssa yalle/tw, o( nou=j e)reuna/tw th\n dia/noian tw=n ei(rhme/nwn, iÐna ya/llvj t%= pneu/mati, ya/llvj de\ kai£ t%= noi+. Mh\ ga\r do/chj e)pide/etai o( Qeo\j, a)lla£ se bou/letai aÐcion eiÅnai tou= docasqh=nai. 186 Regg. Br. Tr., 157, in PG 31, 1185A: Dia/qesin a)gaqh\n h(gou=mai eiÅnai e)piqumi¿an th=j
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La buona disposizione d’animo con cui servire Dio, consiste nel desiderio di piacere a Lui o euaréstesis; questa disposizione, si ottiene con la «contemplazione» o theorìa della Gloria di Dio, mediante pensieri di gratitudine ed il «ricordo» o mneme dei beni ricevuti da Dio. Basilio raccomanda di non distrarsi nella preghiera e di pensare sempre di avere Dio dinanzi a sé187. Un altro requisito necessario alla preghiera è la contrizione del cuore, insieme alla richiesta di beni spirituali188. Inoltre, occorre percepire bene il senso delle parole usate nella preghiera e porre ad esse, una per una, la massima attenzione, così che la scansione mentale delle lettere coincida con i sentimenti del cuore189. In questo modo, si raggiunge la giusta preghiera da rivolgere al Signore: lo psallere intelligenter, o «salmodiare con intelligenza»190. L’amore per Dio significa osservare i suoi comandamenti e glorificarlo con il pensiero; l’amore per il prossimo equivale a non cercare il proprio interesse, ma l’intercessione di colui che si ama. Con le buone azioni si reca gloria a Dio, mentre l’assiduità delle preghiere acuisce la compassione e l’amore per i fratelli, l’umiltà dello spirito, la contrizione del cuore e la generosità verso i bisognosi, testimoniata da Basilio, durante la carestia che afflisse la Cappadocia nel 368191. Nel trattato dedicato allo Spirito Santo abbiamo una bellissima illustrazione del vero culto spirituale: «“(Dio) Disse: ecco un luogo vicino a me. Sta sopra la roccia” (Es 33,21). In quale altro luogo (intendeva) la contemplazione nello Spirito, se non quello nel quale, Mosé poteva vedere Dio che gli si manifestava in maniera intelligibile? Questo è il luogo proprio del vero culto. “Bada bene” dice “non offrire i tuoi olocausti in ogni luogo ma nel luogo che il Signore tuo Dio sceglierà.” (Dt 12,13-14). Qual è dunque l’olocausto spirituale? Il sacrificio della lode.»192.
pro\j Qeo\n eu)aresth/sewj sfodra\n, kai£ a)ko/reston, kai£ pephgui=an, kai£ a)meta/qeton. Katorqou=tai de\ auÐth e)n qewri¿# sunetv= kai£ dihnekei= th=j megaleio/thtoj tw=n docw=n tou= Qeou=, logismoi=j te eu)gnw¿mosi kai£ a)dialei¢pt% mnh/mv tw=n u(parca/ntwn hÃmi=n para\ Qeou= a)gaqw=n. 187 188 189 190 191
Ibid., 201, in PG 31, 1216C. Ibid., 265, in PG 31, 1261D ed Hexaem., 3, 1, Giet, 149. Ibid., 277, in PG 31, 1277. Ibid., 279, in PG 31, 1279. Ep., 173, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 108. DSS 26, 62, 9-18, 472: (Idou\ to/poj, fhsi, par’ e¥moi¢, kai£ sth=qi e)pi£ th=j pe/traj,
192 ti aÃllo le/gwn to\n to/pon, h) th\n e)n Pneu/mati qewri¿an, e)n v= geno/menoj, e)du/nato i)dei¤n gnwstw¤j e)mfa-
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Il vero sacrificio da rendere a Dio è quello spirituale ed è quello della lode, il luogo per compierlo è indicato da Dio in Gv 4,23 dove si compie il vero culto «in spirito e verità». La vita sacramentale riveste, per il vescovo di Cesarea, grandissima importanza sotto tutti i punti di vista. La vita cristiana comincia con il Battesimo, partecipazione alla morte di Cristo ed alla sua risurrezione, mistero che trascende tutta la realtà visibile che costruisce nella Chiesa l’uomo nuovo e lo libera dal peccato, secondo Rm 6,3-6193. Si nota qui la sua dipendenza dal pensiero di Paolo. Se nel De Spiritu Sancto, Basilio fonda tutta la sua trattazione dottrinale sul Battesimo194, nel De Baptismate, invece, rileva il fatto che il Battesimo rappresenta una rinuncia totale al mondo ed è come l’inizio di una vita di perfezione morale e spirituale, in progressivo sviluppo, fino alla morte. Dopo il Battesimo, è la sinassi eucaristica che rende completa l’adesione del fedele a Cristo. Vicino all’«altare mistico» o mystiké tràpeza, si apre la via della deificazione o théosis. Nell’Epistula alla patrizia Cesaria, Basilio mette l’accento sui vantaggi derivanti da una partecipazione quotidiana all’Eucaristia195. Basilio altrove dice: «Il purificarsi da ogni lordura della carne e dello Spirito nel sangue di Cristo consiste nel compiere la propria santificazione nel timore di Dio e nell’amore di Cristo e di non avere macchia o ruga od una qualsiasi di queste cose ma essere santo ed immacolato e così mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue.»196.
nizo/menon au)t%¤ to\n Qeo\n o( Mwu+sh=j; Outo/j e)stin o( to/poj o( th=j a)lhqinh=j latrei£aj iÃdioj. Pro/sexe ga/r, fhsi, mh\ a)nene/gkvj ta\ o(lokautwmata/ sou e)n panti£ to/p%: a)ll’ e)n t%¤ to/p%, %¤ aÃn e)kle/chtai Ku/rioj o( Qeo/j sou. Poi=on ouÅn e)stin o(lokau/twma pneumatiko/n; (H qusi£a th=j aine/sewj. 193 Regg. Morr., 72, 22, in PG 31, 869A, ll. 4-12. Interessa notare il carattere personale
della citazione addotta da Basilio; non si può parlare qui di “citazione libera”, quanto, piuttosto, di una “pratica” del testo biblico, presente anche nello Ps.-Macario, vedi supra: La Scrittura e l’inabitazione divina negli scritti dello Ps.-Macario Egizio. 194 Cfr. DSS 10,26, 335. 195 Cfr. Ep., 93, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 203. Precisamente alle ll. 15-20, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit.,T. I, 204, Basilio parla dell’abitudine degli asceti di Alessandria e d’Egitto a partecipare all’Eucaristia extra ecclesiam. 196 Regg. Morr., 72, 22, in PG 31, 869A, ll. 19-30: To\ kaqarisqh=nai me\n a)po\ panto\j molusmou= sarko\j kai£ pneu/matoj e)n t%= aiÃmati tou= Xristou=, e)pitelei=n de\ a(giwsu/nhn e)n fo/b%
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Per Basilio, l’atto del mangiare e del bere il corpo ed il sangue di Cristo trasforma la vita del credente, potendo conferire all’uomo la divinizzazione. Questa è opera dello Spirito Santo, divina Persona, poiché lo Spirito santifica e divinizza chi inabita:
«Lo Spirito Santo che proviene dal Padre, (manifesta) la sorgente della santità, la potenza che arreca vita, la grazia perfezionante, in grazia della quale, l’uomo viene adottato come figlio ed il mortale viene reso immortale, coesistente insieme con il Padre ed il Figlio, in tutto, nella gloria e nell’eternità, nella potenza e nella regalità, nella signoria e nella divinità, come testimonia la consegna del Battesimo del Salvatore.»197.
Lo Spirito Santo è fonte di santità, potenza di vita, perfezionatore della Grazia, rende l’uomo figlio di Dio ed immortale, essendo in comunione con il Padre ed il Figlio. Basilio ritiene che il corpo sia preparato a diventare il tempio di Cristo per accoglierlo come nella stanza nuziale: «Il corpo è ben accetto per essere un tempio od una camera nuziale dello sposo.»198.
Il corpo è allora creato in vista di una intimità profonda con il suo creatore. Come la Chiesa, anche il corpo può diventare tempio, talamo dello sposo, sposa pura di Cristo. In virtù del culto della Nuova Alleanza, possiamo ospitare la Parola di Dio dentro di noi; il corpo allora è come la tenda che custodiva l’arca dell’Alleanza durante l’Esodo: «Proprio quelle cose occupano la nostra mente, cioè, le realtà altissime contemplate, la legge che abita in noi per mezzo dell’intelligenza dignitosa e luminosa della divina Scrittura: non ci riguarda, invece, un montone, né per tenda un’abitazione fatta di materia inanimata, né per tenda quella del-
Qeou= kai£ a)ga/pv tou= Xristou=, kai£ mh\ eÃxein spi=lon hÔ r(uti¿da, hà ti tw=n toiou/twn, a)ll’eiÅnai aÐgion kai£ aÔmwmon, kai£ ouÐtwj e)sqi¿ein to\ sw=ma tou= Xristou=, kai£ pi¿nein to\ aiÒma. 197 Ep., 105, 25-35, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 7: Pneu=ma A Ð gion, e)k Qeou= u Ð parxon, th\n phgh\n th=j a(gio/thtoj, du/namin zwh=j parektikh/n, xa/rin teleiopoio/n, di’ouÒ ui(oqetei=tai aÃnqrwpoj kai£ a)paqanati¿zetai to\ qnhto/n, sunhmme/non Patri£ kai£ Ui(%= kata\ pa/nta, e)n do/cv kai£ e)n a)i+dio/thti, e)n duna/mei kai£ basilei¿#, e)n despotei¿# kai£ qeo/thti, w(j kai£ h( tou= swthri¿ou bapti¿smatoj para/dosij marturei=. 198 Hom. de Virg., 27, in PG 30, 725B, ll. 23-25: a)lla£ to£ me£n sw=ma, wÐsper tina£ nao£n hÔ pasto£n tou= numfi¿ou, eÃxein eu)trepisme¿non.
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l’esodo o quella dopo l’abbandono del tempio ma la nostra tenda è proprio il nostro corpo.»199.
Basilio esorta a diventare tempio di Dio, a condizione di non interrompere il ricordo di Dio, la memoria Dei, di non essere turbati dalle passioni e di perseverare nella pratica della virtù:
«Diveniamo così tempio di Dio quando la facoltà della memoria non viene interrotta da pensieri terreni, quando la mente non è turbata da passioni improvvise, ma chi ama Dio fugge tutte queste cose e si rifugia in lui e scacciando le cose che conducono al male, resta a frequentare le abitudini che conducono alla virtù.»200.
In un altro luogo, Basilio afferma, ancor più chiaramente, l’inabitazione personale dello Spirito Santo: «Paolo dice:”Perché voi siete tempio dello Spirito Santo.” (1Cor 3,16). Se siamo tempio dello Spirito Santo, Dio è Spirito Santo.»201.
Citando letteralmente ed interpretando 1Cor 3,16 — citazione che abbiamo considerato come ricorrente negli scritti pseudomacariani — Basilio, efficacemente, afferma che siamo tempio dello Spirito Santo presente in noi. La maniera di citare liberamente Paolo ricorda gli scritti dello Ps.-Macario. L’inabitazione personale dello Spirito Santo diventa allora l’esplicitazione di un dogma di fede: poiché l’uomo può diventare tempio 199 Hom. I in Ps., 28, 1, in PG 29, 281A-B, ll. 13-24: Pro\j de\ to\n h(me/teron nou=n to\n ta\ u(yhla\ qewrou=nta, kai/ dia\ th=j megalofuou=j kai/ prepou/shj tv= qei£# Grafv= dianoiaj oi)keiou=nta h(mi=n to\n no/mon, e)kei£na h(mi¤n u(popi/ptei: ouÃte krio\j to\ ar)r(en e)n toi¤j proba/toij noei=tai, ouÃte skhnh\ to\ e)k th=j a)yu/xou tau/thj uÃlhj sumphgnu/menon oiÃkhma, ouÃte eÃcodoj skhnh=j h( a)po\ tou= naou= a)naxw/rhsij, a)lla\ skhnh\ me\n h(mi=n to\ sw=ma tou=to. 200 Ep., 2, 4, 6-5,5, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 10: OuÐtw gino/meqa nao\j Qeou=, oÐtan mh\ fronti¿si ghi¿+naij to\ sunexe\j th=j mnh/mhj diako/pthtai, oÐtan mh\ toi=j a)prosdokh/toij pa/qesin o( nou=j e)ktara/tthtai, a)lla\ pa/nta a)pofugw£n o( filo/qeoj e)pi£ Qeo\n a)naxwrv= kai£, e)celau/nwn ta\ proskalou/mena h(ma=j ei)j kaki¿an, toi=j pro\j a)reth\n aÃgousin e)pithdeu/masin e)ndiatri¿bv. 201 Ep., 8, 11, 23-24, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 35: Ti¿ fhsin; àOti nao\j tou= e)n u(miÍn ¸Agi¿ou Pneu/mato/j e)ste. Pa=j de\ nao\j Qeou= nao/j. Ei¹ de\ nao/j e)smen tou= Pneu/matoj tou= ¸Agi¿ou, Qeo\j to\ Pneu=ma to\ àAgion.
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dello Spirito Santo, Dio è Spirito Santo, inoltre, il nostro corpo diventa tempio di Dio202. Ancora Basilio afferma: «La nostra intimità con il santo avviene in virtù della nostra santificazione. Se si vuole diventare figli del Santo, la santificazione sia accolta mediante l’adozione filiale.»203.
Per la via della santificazione, è presente in noi l’intimità od oikeiòsis con il Santo. Efficacemente, Basilio afferma che la santificazione può farci diventare figli di Dio o del Santo. Basilio, però, è attento al processo ed alle operazioni che lo Spirito Santo produce nell’anima santificata. Il rinnovamento della Chiesa deve procedere di pari passo con il rinnovamento che lo Spirito opera in ciascuna delle membra del Corpo di Cristo: «Il rinnovamento della Chiesa deve comprendere il rinnovamento della mente, questo avviene per mezzo dello Spirito Santo in ognuno di quelli che riempiono il corpo della Chiesa di Cristo.»204.
Osserviamo un’intima reciprocità fra Chiesa ed anima o «mente», i termini sono sinonimi. Reciprocità che abbiamo riscontrato in maniera molto forte negli scritti pseudomacariani. Per mezzo di Cristo, capo del Corpo che è la Chiesa, lo Spirito Santo che dimora nel suo corpo di carne, è sempre presente nella sua Chiesa. Il Cristo risorto alita lo Spirito Santo sugli Apostoli, per rinnovare tutta l’umanità, allo scopo di rimettere i peccati e lo Spirito, con la sua potenza, agisce nella Chiesa. Lo Spirito Santo organizza e struttura la Chiesa, intesa come diakòsmesis, che significa appunto ordinamento organizzato e strutturato, con la varietà dei suoi carismi205. La divinità dello Spirito Santo è concepita da Basilio, in relazione
202 Cfr. F. ALEO, Basilio di Cesarea e il problema della divinità dello Spirito Santo, in Ho Theologos 23 (2005) 1, 31-51. 203 Hom. I in Ps., 28, 1, in PG 29, 281C-D: Di’a(giasmou= e)stin h(mi=n h( pro\j to\n aÐgion
oi)kei¿wsij. Ei) bou/lei a)ei£ ui)o\j tou= a(gi¿ou eiÅnai, a(giasmo/j se ui(oqetei¿tw. 204 Hom. in Ps., 29, 1, in PG 29, 308A, ll. 7-11: )Egkainismo\n de\ th=j )Ekklhsi¿aj u(polhpte/on th\n a)nakai¿nwsin tou= noo\j, th\n dia\ tou= a(gi¿ou Pneu/matoj ginome/nhn toi=j kaq’ eÑna tw=n sumplhrou/ntwn to\ sw=ma th=j )Ekklhsi¿aj tou= Xristou=. 205 DSS 16, 39, 26-30, 386. Vedi anche infra: L’inabitazione divina nel De Spiritu
Sancto.
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alla distribuzione dei carismi, grazie ai quali, i membri tutti insieme compongono il Corpo di Cristo nell’unità dello Spirito e si rendono vicendevolmente i servizi necessari206. In conclusione, l’elemento centrale dell’insegnamento di Basilio, circa la natura della Chiesa, è la figura di questa come di un corpo, che si identifica con il Corpo di Cristo e come di una fraternità, le cui membra, mediante l’amore, si uniscono in comunione, in un solo corpo, in perfetta unità.
A questo argomento è dedicato DSS 26. Si veda anche Ep., 227, 17-27, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 30, dove Basilio raccomanda ai pastori delle chiese di affidarsi alla sunergei¿a o collaborazione dello Spirito Santo, invece che ad una mentalità mondana. 206
138
CAPITOLO IV
BASILIO DI CESAREA E LO PS.-MACARIO EGIZIO A CONFRONTO: IL DE SPIRITU SANCTO PREMESSA
In questo capitolo, cercheremo di dimostrare l’esistenza di un rapporto fra lo Ps.-Macario Egizio e Basilio di Cesarea. Il terreno ove dimostrarlo e verificarlo sarà l’esame dei loro testi per scorgere problemi e dibattiti, comuni sia alla comunità dello Ps.-Macario sia a quella degli eustaziani, nella quali si era formato lo stesso Basilio. La condivisione delle stesse concezioni ascetiche permette di concludere per l’appartenenza di queste due figure, fra loro diverse, al medesimo ambito di idee e di ispirazioni, in relazione — come ormai il lettore attento avrà capito — con il tema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima. Vorremmo così mostrare e verificare l’esistenza di un rapporto anche nella loro dottrina spirituale. Allo scopo di orientare in una direzione l’esame dei testi considerati, condotto sulla base di affinità e di assonanze, presenti nella loro dottrina ascetica, nel loro vocabolario ascetico ed in alcuni temi dottrinali, nonché nel carattere delle loro citazioni scritturistiche, ci si avvarrà del trattato basiliano De Spiritu Sancto. Sul capitolo IX di quello che è considerato, a ragione, il primo trattato di pneumatologia cristiana, porremo in atto un’analisi ed un confronto con la dottrina mistica che si ricava dagli scritti pseudomacariani, a motivo dell’argomento che vi si tratta che è quello della divinizzazione del cristiano, per Basilio di Cesarea, ovvero, dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, per lo Ps.-Macario Egizio. L’analisi lessicale servirà a considerare le analogie e le assonanze dottrinali che verranno fuori dal confronto fra i testi, per metterle in relazione con i dati che emergono dallo studio dell’epistolario basiliano, riguardo il problema della redazione e dei destinatari del De Spiritu Sancto. La combinazione dei risultati provenienti da queste due analisi, l’una lessicale, condotta sul lessico mistico ed ascetico dei due autori, l’altra, critico-testuale, portata sulle Epistulae di Basilio, ci permetterà di formulare una ipotesi per illuminare i problemi dottrinali di Eustazio di Sebaste, a noi scarsamente noti, a motivo della sua particolare e non del tutto chiarita posizione dottrinale che lo fece passare dalla parte degli pneumatomachi, gli avversari della divinità dello Spirito Santo. 139
1. IL RAPPORTO FRA LO PS.-MACARIO EGIZIO E BASILIO DI CESAREA
L’esistenza di un rapporto o di un contatto fra lo Ps.-Macario Egizio e Basilio di Cesarea può essere attestata da una affinità nell’uso dei termini appartenenti al vocabolario ascetico e mistico dei due autori, riscontrata nei loro scritti1. Lo Ps.-Macario non usa il termine monachòs se non in due soli casi2. Al pari di Basilio, il nostro autore usa il termine christianòs e quello di monàzon, per designare i monaci o gli asceti. Questi, sono designati dallo Ps.-Macario, come fratelli viventi in fraternità di asceti3, ai cui margini vi sono anche delle presenze femminili4. Questi fratelli, destinatari dell’Epistola Magna, conducono vita sia comunitaria sia solitaria. Nei testi dello Ps.-Macario, l’ideale basiliano della complementarietà dei carismi e della fraternità come corpo di Cristo, si mostra realizzato in maniera profondamente diversa. Nella fraternità dello Ps.-Macario, infatti, gli asceti, fratelli o sorelle, possono dedicarsi liberamente alla preghiera od al lavoro manuale con il permesso della comunità5. Per Basilio, invece, tutti devono lavorare e pregare alle ore stabilite6. La preminenza riservata dallo Ps.-Macario alla preghiera può rivelare un contatto con dottrine di orientamento messaliano. Le fraternità ascetiche, rette dall’autore o dagli autori dell’Epistola Magna sono dirette da proestòtes7, asceti, come nelle Regulae di Basilio. La loro direzione, collegiale come in Basilio, appare blanda, se nell’Epistola Magna sono esortati ad usare la fermezza verso gli asceti. 1 Sul rapporto fra Basilio di Cesarea e lo Ps.-Macario Egizio, cfr. V. DESPREZ, Le Ps.-Macaire cit., 208-221. 2 Log., 29, 1, 8, 24; 30, 1, 11 (Coll. I), secondo Desprez sono dubbi e devono quindi essere rigettati. 3 Om., 3, 1; 5, 202 (Coll. II); Log., 21, 1, 2, 1 (Coll. I); Log., 1, 1, 38 (Coll. III); Ep. Magna, 1, 2, 22, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 88; 6, 1, 7-3, 18, 124; 3, 18, 124; 5, 43, 128; 7, 1, 7, 132; 9, 3, 23, 148. 4 Ep. Magna, 5, 2, 9, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 120. 5 Ep. Magna, 9, 2, 9-19, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 146-148; 3, 2345, 148-150. 6 Regg. Fus. Trr., 37,3, PG 31, 1013C. 7 Ep. Magna, 6, 3, 24; 4, 38, in R. STAATS (hrsg.), Epistola Magna, cit., 126; 5, 43.52; 6, 59, 128; 9, 5, 46, 150.
140
In Basilio, invece, i superiori delle comunità devono assicurare il buon ordine della fraternità e correggere i fratelli come padri o medici. I loro sottoposti, d’altra parte, devono avere una coscienza aperta e fiduciosa. Per lo Ps.-Macario, i superiori, prima di essere delle guide, devono essere soprattutto uomini spirituali di provata esperienza, capaci di infervorare i novizi ed i giovani con una parola viva e di discernere, soprattutto, la qualità della loro esperienza ascetica. Le erotapokrìseis ci mostrano, infatti, dal vivo e dall’interno, l’attività di queste guide spirituali che rispondono a domande sulla Scrittura e sulla vita spirituale, attività che riveste l’importanza e la serietà di un ministero definito come oikonomìa tou logou o «dispensazione della Parola». Le erotapokrìseis sono un tratto che accomunerebbe il nostro autore all’Askétikon di Basilio. Esistono però delle differenze indicative fra i due asceti; se per entrambi, il digiuno e le veglie sono relativizzati, queste per Basilio, devono permettere una maggiore umiltà, obbedienza e disponibilità; per lo Ps.Macario, invece, devono evitare il rischio dell’autogiustificazione e della freddezza spirituale. Lo Ps.-Macario, come Basilio, ricerca prima di tutto di piacere a Dio ovvero l’euaréstesis e l’aggettivo euaréstos, nei suoi scritti, è assai attestato8. Basilio insiste costantemente sull’osservanza dei comandamenti nella loro integrità. Lo Ps.-Macario, dal canto suo, insiste sul compimento di ogni giustizia dei comandamenti, in altre parole, sulla dikaiosyne, su una condotta perfettamente virtuosa, sulla consacrazione totale a Dio, tenendosi fuori dai richiami e dalle lusinghe del mondo; a differenza di Basilio, lo Ps.Macario insiste sulla preghiera e sullo sforzo di purificazione interiore. La perfezione, per lo Ps.-Macario, è dunque il risultato di un lavoro interiore, incentrato soprattutto sulla preghiera e sul discernimento, sminuendo l’esattezza formale di pratiche troppo esteriori9. L’ideale di perfezione interiore è condiviso anche da Basilio, questi però lo intende come integrità morale, a differenza dello Ps.-Macario, per il quale la perfezione è il termine di un progresso spirituale. Riguardo alla preghiera, nello Ps.-Macario si ritrova un rigorismo che non fa pensare per niente al Messalianismo. Si ritrovano temi comuni a Basilio, quali l’«attenzione» o prosoché, la «sobrietà vigilante» o nepsis
8 Cfr. Log., 25, 1, 12, 3; 2, 10, 9; 49, 2, 10, 1; 2, 14, 3 (Coll. I); Om., 4, 159.186; 24, 90 (Coll. II); Log., 13, 4, 29 (Coll. III). 9 Om., 15, 48 (Coll. II).
141
e la lotta contro le distrazioni. Per Basilio, la stabilità della propria coscienza nella sua intenzionalità profonda, attualizzata nella preghiera, è lo scopo della scelta ascetica. Questa si realizza con la certezza della presenza di Dio, con il continuo rendimento di grazie dei suoi benefici, la vigilanza del cuore ed il ricordo di Dio. Nello Ps.-Macario, il tema della lotta contro i «cattivi pensieri» o poneròi loghismòi è centrale e lo mette in rapporto con Evagrio e gli Apophthégmata Patrum10. Egli insiste su di una preghiera pura, esente da distrazioni, allo scopo di raccogliere i pensieri. In questo proposito, alla salmodia, lo Ps.-Macario sostituisce l’orazione individuale monastica. Sembra però promettente, ai fini della nostra ricerca, porre l’accento sull’esperienza spirituale dello Ps.-Macario Egizio in confronto con quella di Basilio di Cesarea. Lo Ps.-Macario, dopo Basilio, è l’autore a noi noto che più usa il termine plerophorìa. Il cappadoce intendeva dargli un senso più ortodosso, forse perché era usato dai monaci del suo tempo a motivo del Messalianismo. Egli usa anche il termine peira per designare l’esperienza della direzione spirituale e del compimento dei comandamenti divini. Infine, usa il termine aisthesis, per indicare la coscienza di uno stato fisico, poi psichico o morale. L’uso di questa terminologia è molto sobrio in Basilio e si attiene all’accezione di plerophorìa, come piano della fede e ad a quella di aisthesis, come senso morale. Allo stato attuale della ricerca, l’unico testo parallelo che possa attestare l’esistenza di un rapporto fra Basilio di Cesarea e lo Ps.-Macario Egizio, si legge nel Prologo delle Regulae fusius tractatae di Basilio. Vi possiamo trovare una contrapposizione fra il tempo presente e quello futuro o escatologico, perciò: «Questo è il tempo della penitenza, quello della ricompensa; questo è il momento della pazienza quello della consolazione.»11.
Nello Ps.-Macario troviamo una contrapposizione simile:
«Nondimeno, questo è il tempo del lutto e delle lacrime, quello il tempo futuro del riso e della gioia: questo è il tempo della croce e della morte,
10 Cfr. M.G. PLESTED, The Macarian Legacy: The place of Macarius-Symeon in the Eastern Christian Tradition, cit., 51-62. 11 Proem. in Asc. Magn., 1, PG 31, 892A, ll. 5-7. OuÒtoj o( ai)w£n th=j metanoi¿aj,
e)kei=noj th=j a)ntapodo/sewj: ouÒtoj th=j u(pomonh=j, e)kei=noj th=j paraklh/sewj.
142
quello il tempo della liberazione e della delizia ineffabile: questo è il tempo della via stretta ed angusta, quello, invece, il tempo del riposo e della pace.»12.
Un altro luogo testuale, anche se non stringente al fine di mostrare un rapporto fra i due autori, potrebbe testimoniare la conoscenza, da parte dello Ps.-Macario, delle Regulae di Basilio:
«Cos’è poco e cos’è molto? Sono poco le promesse di questo mondo che decise di concedere a quelli che credono in lui beni come cibo, indumenti e tutto ciò che è necessario alla cura del corpo, la salute e cose siffatte, pur avendo stabilito di non affannarsi per niente per queste cose ma di sperare nella confidenza in lui, perché il Signore provvede in ogni cosa a quelli che si rifugiano in lui.»13.
Lo Ps.-Macario vi pone la questione se un monaco deve ricorrere alle cure mediche; la preoccupazione eccessiva della propria salute, infatti, può essere di ostacolo alla perfezione spirituale che il monaco deve raggiungere. Su questo punto, Basilio è più elastico ed acconsente; lo Ps.-Macario, invece, afferma che bisogna affidarsi a Dio, senza curarsi dei rimedi che può offrire il mondo. Per lo Ps.-Macario, infatti, il cammino di perfezione e di crescita spirituale deve fondarsi sull’abbandono a Dio e sulla fiducia incondizionata nel suo soccorso, cessando di affannarsi per la propria salute e le necessità della vita materiale. Basilio, invece, afferma che bisogna ricorrere alla medicina soltanto quando ce n’è bisogno, accettando i rimedi che essa ci offre a gloria di Dio e ad immagine della cura che bisogna avere per le anime:
Log., 10, 3, 24-29 (Coll. III): plh\n o( kairo\j ou=toj pe/nqouj e)sti£ kai£ dakru/wn, e)kei=noj o( aiÐwn ge/lwtoj kai£ xara=j: o( kairo\j ou=toj staurou= kai£ qana/tou, o( kairo\j e)kei=noj a)polutrw¿sewj kai£ trufh=j a)rrh/tou: o( kairo\j ou=toj th=j stenh=j kai£ teqlimme/nhj o(dou=, o( kairo\j e)kei=noj a)napau/sewj kai£ e)irh/nhj. L’opposizione fra il mondo presente e quello futu12
ro, ispirata dal discorso delle Beatitudini di Lc 6,20-26, può essere un luogo comune. Si può tuttavia osservare lo stile ampio dello Ps.-Macario, a differenza di quello più sobrio e vigoroso di Basilio. 13 Om., 48, 5-16 (Coll. II): ti¢ e)sti to\ o)li¿gon kai£ ti¢ e)sti to\ polu/; to\ o)li¢gon ta\
e)pagge/lmata/ ei)si tou= a)iw=noj tou/tou, aÐper u(pe/sxeto parasxei=n toi=j pisteu/ousin au)t%=, oiÒon trofa/j, e)ndu/mata kai£ th\n loiph\n tou= sw¿matoj a)na/pausin, h) u(giei=an kai£ ta\ toiau=ta, prosta/caj mh\ merimna=n oÐlwj peri£ tou/twn, a)lla\ tv= ei)j au)to\n pepoiqh/sei e)lpi¿zein, oÐti o( ku/rioj pronohth\j tw=n ei)j au)to\n katafeugo/ntwn kata\ pa/nta gi¿netai.
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«E così bisogna sforzarsi di servirsi dell’arte umana, come la medicina, qualora si dimostrasse necessario, non per porre in essa ogni motivo per stare bene o per stare male, ma, per la gloria di Dio e ad immagine della cura delle anime, per procurarsi da essa l’uso dei rimedi che ci offre.»14.
Si può così pensare che l’ambiente culturale e dottrinale fosse comune sia alle comunità delle Regulae basiliane, sia a quella in cui viveva lo Ps.-Macario. Un altro elemento in comune è rappresentato dalla preoccupazione delle tentazioni e delle passioni eccitate da Satana, essendo questa, una delle tante questioni agitate nelle comunità basiliane, a contatto con le correnti ereticali del tempo, compresa quella del Messalianismo: «(Satana) non può essere ritenuto responsabile di un qualche peccato: fa uso ora dei moti naturali presenti nell’uomo, ora delle passioni proibite; attraverso di esse cerca di indurre quelli che non vigilano a compiere le opere proprie delle passioni.»15.
La lotta contro Satana e l’adesione a lui o a Dio è un argomento frequentemente dibattuto negli scritti pseudomacariani16. L’interdipendenza delle virtù è un tema stoico comune allo Ps.Macario ed a Basilio di Cesarea. Nello Ps.-Macario troviamo: «Riguardo all’ascesi manifesta ed a quale sia la migliore e primaria maniera di comportarsi, sappiate, miei cari, che tutte le virtù sono legate fra loro come una catena spirituale; l’una dipende dall’altra. La preghiera, infatti, dipende dall’amore, l’amore dalla gioia, la gioia dalla semplicità, la semplicità dall’umiltà, l’umiltà dal servizio, il servizio dalla speranza, la speranza dalla fede, la fede dall’ascolto, l’ascolto dalla sincerità. Allo stesso modo, dall’altra parte, i vizi dipendono l’uno dall’altro: infatti, l’odio dipende dalla collera, la collera dall’insolenza, l’insolenza dalla vanagloria, la vanagloria dall’incredulità, l’incredulità dalla durezza di cuore, la
14 Regg. Fus. Trr., 55, 1, PG 31, 1045B, ll. 23-27: kai£ spoudaste/on ouÐtw kexrh=sqai tv= te/xnv, ei(po¿te de/oi, w¨j mh\ e)n au)tv= th\n pa=san ai)ti¿an tou= u(giai=nein h) nosei=n tiqe¿sqai, a)ll’w¨j ei)j do/can Qeou= kai£ tu/pon th=j tw=n yuxw=n e)pimelei¿aj th\n xrh=sin tw=n a)p’au)th=j paralamba/nein. 15 Regg. Brr. Trr., 75, PG 31, 1136, ll. 1-5: (oà Satana=j) aiÃtioj gene/sqai tini£ a)marti¿aj ou) du/natai: toi=j de\ e)nupa/rxousi pote\ me\n fusikoi=j kinh/masi, pote\ de\ kai£ a)phgoreume/noij pa/qesi sugxrw¿menoj, di’au)tw=n kai£ e)pi£ ta\ oi)kei=a tw=n paqw=n a)pa/gein e)pixei=rei tou\j mh\ nh/fontaj. 16 Valga come esempio Om., 27, 273-281 (Coll. II).
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durezza di cuore dalla negligenza, la negligenza dal rilassamento, il rilassamento dall’accidia, l’accidia dall’intolleranza, l’intolleranza dall’amore dei piaceri. Gli elementi rimanenti della malvagità sono legati l’uno all’altro, come, dalla parte del bene, le virtù sono legate fra di loro e nello stesso tempo distinte.»17.
Queste preoccupazioni ci portano in una fraternità ascetica, come quelle per le quali sono maturate e sono state scritte le Regulae basiliane. Dal canto suo, Basilio insiste sull’interdipendenza dei comandamenti fra di loro, al punto che, se viene meno la fedeltà ad uno, viene meno quella a tutti gli altri. La cura nell’osservanza dei comandamenti non deve essere posta sulla loro minuziosa osservanza, ma, semmai, nel correggere noi stessi, attraverso l’osservanza dei comandamenti:
«Ma noi, se appena crediamo di aver osservato un comandamento, direi che l’abbiamo osservato: perché tutti i comandamenti sono infatti uniti fra di loro secondo il retto fine del nostro discorso (di modo che trasgredendone uno, di necessità, trasgrediamo tutti gli altri); non ci attendiamo allora l’ira per quelli che abbiamo violato ma ci aspettiamo di certo onori per quello che abbiamo fatto di bene.»18.
In conclusione, si può affermare che Basilio di Cesarea ha una visione più ampia e più serena dell’ascesi praticata nelle comunità mona-
17 Om., 40,1-16 (Coll II): Peri£ th=j fainome/nhj a)skh/sewj kai£ poi=on e)pith/deuma mei¿zon kai£ prw=ton tugxa/nei, tou=to ginw¿skete, a)gaphtoi£, oÃti a)llh/lwn e)kde/dentai pa=sai ai) a)retai£, wÒsperei£ ga/r tij pneumatikh\ aÃlusij! mi¿a th=j mia=j h)rth=ntai. h( eu)xh\ a)po\ th=j a)ga/phj, h( a)ga/ph a)po\ th=j xara=j, h( xara\ a)po\ th=j prao/thtoj, h( prao/thj a)po\ th=j tapeinw¿sewj, h( tapei¿nwsij a)po\ th=j diakoni¿aj, h( diakoni¿a a)po\ th=j e)lpi¿doj, h( e)lpi£j a)po\ th=j pi¿stewj, h( pi¿stij a)po\ th=j u(pakoh=j, h( u(pakoh\ a)po\ th=j a(plo/thtoj, wÐsper kai£ to\ e)nanti¿on me/roj e)n a)f’e(no\j ta\ kaka\ e)kde/dentai: to\ mi¿soj a)po\ tou= qumou=, o( qumo\j a)po\ th=j u(perhfani¿aj, h( u(perhfani¿a a)po\ th=j kenodoci¿aj, h( kenodoci¿a a)po\ th=j a)pisti¿aj, h( a)pisti¿a a)po\ th=j sklhrokardi¿aj, h( sklhrokardi¿a a)po\ th=j a)melei¿aj, h( a)melei¿a a)po\ th=j xaunw¿sewj, h( xau/nwsij a)po\ th=j a)khdi¿aj, h( a)khdi¿a a)po\ th=j a)nupomonhsi¿aj, h( a)nupomonhsi¿a a)po\ th=j filhdoni¿aj! kai£ ta\ loipa\ me/lh th=j kaki¿aj a)llh/lwn eiÃsin e)kkrema/mena. ouÐtwj ka£n t%= a)gaq%= me/rei a)llh/lwn eiÃsin e)kkrema/menai ai£ a)retai£ kai£ a)phrthme/nai. Questo lungo brano
mostra quanto sia prolisso ed ampio lo stile dello Ps.-Macario. 18 Regg. Fus. Trr., Proem., 2, PG 31, 892D-893A, ll. 1-7:
(Hmei=j de\, mi¿an pou tw=n e)ntolw=n pepoihke/nai nomi¿santej ou) ga\r aÔn fai¿hn, oÐti poih/santej: ph¿sai ga\r a)llh¿lwn eÃxontai kata\ to\n u(gih= tou= lo/gou skopo\n, (w¨j e)n tv= lu/sei th=j mia=j kai£ ta\j loipa\j e)c a)na/gkhj sugkatalu/esqaiŸ, ou)k e)pi£ toi=j pareqei=si th\n o)rgh\n e)kdexo/meqa, a)ll’e)pi£ t%= katorqwqe/nti dh=qen ta\j tima\j a)name/nomen.
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stiche, con una giusta valutazione della volontà umana tendente al Bene ed a Dio, in virtù del ricordo di Dio o memoria Dei, a differenza dello Ps.Macario che, invece, sembra vigilare sulla propria anima o su una comunità ristretta, minacciata sempre dai cattivi pensieri e dal peccato inabitante nell’uomo. 2. IL DE SPIRITU SANCTO DI BASILIO DI CESAREA
La difesa e l’illustrazione della pneumatologia cristiana sono state fra gli impegni maggiori di Basilio, negli anni dal 363 al 378. Prima da presbitero, poi da vescovo, Basilio affrontò una serie di conflitti e di tensioni, riguardanti la fede nella divinità dello Spirito Santo che lo videro impegnato fra gli altri contro Eunomio, il primo dei suoi avversri, negli anni fra il 360 ed il 365. L’epistolario di Basilio è una fonte preziosa che ci consente di ricostruire non solo l’ambiente dottrinale e polemico in cui vide la luce il trattato sullo Spirito Santo, ma anche la sua genesi, informandoci sulla data di composizione e sul periodo nel quale era stato completato. Nell’Epistula 176 dell’Estate del 374, Basilio informa Anfilochio, vescovo di Iconio, al quale il De Spiritu Sancto è dedicato, sulle circostanze che hanno motivato la sua decisione di scrivere un trattato sullo Spirito Santo. Il 5 Settembre, a Cesarea di Cappadocia, si celebrava la memoria solenne del martire s. Eupsichio e dei suoi compagni19, era questa la data scelta dal vescovo di Cesarea per riunire in sinodo i suoi corepiscopi della provincia ecclesiastica di Cesarea. Alla fine della preghiera liturgica, Basilio pronunzia la dossologia con una formula nuova: «Gloria a Dio Padre con il Figlio insieme allo Spirito Santo.». Subito dopo, pronunzia l’altra, con la formula tradizionale: «Gloria a Dio Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo.»20. Ep., 176, 21-23, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 112, riporta la data del 5 Settembre: )Esti£ de\ h( h(me/ra tv= pe/mptv tou= Septembri¿ou. Ep., 100, 27-28, T. I, 218, invece, assicura che la memoria di s. Eupsichio cadeva il 7 Settembre: kata\ th\n e(bdo/mhn tou= Septembri¿ou mhno\j h(me/ran. 20 Cfr. DSS 1, 3, 2-3, dove la nuova dossologia: Do¿ca t%= Qe%= Patri£ meta£ tou= Uiou= sun t%= Pneu£mati t%= a(gi¿% sostituisce quella tradizionale: Do¿ca t%= Qe%= Patri£ dia£ tou= 19
Uiou= e(n t%= a(gi¿% Pneu£mati.
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In occasione di questa solenne celebrazione o di altre simili, Basilio fu accusato da qualcuno dei presenti di usare termini estranei e contraddittori: «Dicendo che erano state pronunziate in quell’occasione parole nuove ed inoltre in contraddizione fra di loro.»21.
Basilio, infatti, aveva sostituito alle particelle della dossologia antica dià ed en, quelle di metà e syn della nuova dossologia. Il trattato si giustifica, così, apparentemente, con lo scopo di spiegare ed illustrare il significato delle particelle en e syn in unione con lo Spirito Santo. Gregorio di Nazianzo ci informa, però, che, sempre in occasione delle celebrazioni in onore di s. Eupsichio, Basilio aveva parlato sullo Spirito Santo, pronunziando delle affermazioni che erano state ascoltate da uno dei presenti e riferite al nazianzeno, nel corso di un incontro conviviale: «(Basilio) non confessa cioè la verità, caricando la voce più per calcolo che per pietà e nasconde la sua doppiezza con la potenza della sua parola.»22.
L’interlocutore del Nazianzeno così giudicava le affermazioni di Basilio. Nel periodo in cui Basilio scrive il suo trattato, egli ha da qualche tempo attirato su di sé, dei sospetti sulla sua ortodossia. Basilio, infatti, è accusato di eccessiva timidezza nell’affermare recisamente la divinità dello Spirito Santo. Egli così si rende perfettamente conto che è giunto il momento di affermare la consustanzialità dello Spirito Santo e per far questo, trae lo spunto da un’obiezione sull’uso delle particelle dià e syn, per spiegare e dimostrare la divinità della terza Persona della Trinità. L’opera è così iniziata negli ultimi mesi dell’anno 374 ed è già finita verso la fine dell’anno 375: «Come tu ben sai ho scritto ed ho portato a termine un’opera sullo Spirito Santo.»23.
21 DSS 1, 3, 5-8: cenizou/saij h(ma=j fwnai=j kexrh=sqai le/gontej, kai£ aÐma pro\j a)llh/laj u(penanti¿wj e)xou/saij. 22 GREGORIO NAZIANZENO, Ep., 58, 8, 12-14, in P. GALLAY (par.), GCS 53, Berlin 1969, 53: ou) parrhsia/zetai de\ th\n a)lh/qeian politikw=teron h) eu)sebe/steron th\n a)koh\n e)piklu/zwn kai£ tv= duna/mei tou= lo/gou th\n diplo/hn perikalu/ptwn. 23 Ep., 231, 1, 31-33, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 37: To\
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Nell’Epistula 248, scritta nel corso dell’anno 376, non è ancora riuscito a trovare un corriere per consegnare l’opera ad Anfilochio. Basilio, nel frattempo, fa approvare dai suoi corepiscopi, con la loro sottoscrizione, la sua opera e successivamente la destina alla lettura ed al giudizio di Anfilochio, vescovo di Iconio, prima di sottoporla al giudizio di altri. L’opera fu, infatti, inviata ad Iconio verso la fine del 376 od all’inizio del 377, perché Basilio dovette recarsi nel Ponto per risolvere alcuni problemi provocati da Eustazio di Sebaste24. La stanchezza, accusata dal cappadoce, per via delle fatiche affrontate durante il viaggio, potrebbe spiegare la divisione in due parti dell’opera e la differenza di stile dell’una e dell’altra parte. La composizione del De Spiritu Sancto, si estende quindi lungo poco più di un anno; fu così scritto in breve tempo, al termine di una lenta maturazione dei temi sviluppati da Basilio nel trattato. Il termine oikonomìa è stato applicato a Basilio ed alla sua opera, per caratterizzare l’atteggiamento complesso del vescovo di Cesarea dinanzi ad una dichiarazione esplicita sulla consustanzialità divina dello Spirito Santo. Il termine, nel De Spiritu Sancto, designa l’Incarnazione ed è usato da Atanasio25 e da Gregorio di Nazianzo26. Basilio voleva evitare, riguardo allo Spirito Santo, le dispute spossanti che si agitavano al riguardo della consustanzialità divina del Figlio. Per far questo, egli cercava di instaurare un rapporto di equivalenza fra eguaglianza d’onore od omotimìa e consustanzialità od omoousìa, tanto per il Figlio con il Padre, quanto per lo Spirito con il Padre ed il Figlio. L’opera dimostra, così, che lo Spirito Santo non è una creatura; superiore agli uomini come agli angeli, non è inferiore in nulla al Padre ed al Figlio, ma con il Padre e con il Figlio, è degno della medesima adorazione e lode. Partecipa del medesimo onore, per questo è omòtimon e compie in sé stesso la Trinità, Dio unico. Queste affermazioni si appoggiano su validi argomenti tratti dalla Scrittura e su quella che Basilio chiama la tradizione dei Padri. Esse si peri£ tou= Pneu/matoj bibli¿on ge/graptai me\n h(mi=n kai£ e)ceirga¿stai, w(j au)to\j oiÒdaj.
Nella stessa Epistula afferma che ha tardato ad inviare il suo scritto allo scopo di farlo ricopiare su pergamena, ripromettendosi di inviarlo al più presto con un amico. 24 Cfr. Epp., 216,217,218, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 207-208. 25 Ep. Ad Pall., PG 26,1168D. 26 Ep., 58, 12,1.4, in P. GALLAY (par.), cit., 54.
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richiamano inoltre alla liturgia, in particolare alla celebrazione del sacramento del Battesimo ed alle dossologie trinitarie della preghiera ecclesiale. Tutto questo evidenzia la trascendenza dello Spirito Santo, ma nei trenta capitoli della sua opera, Basilio non afferma mai chiaramente la divinità dello Spirito Santo. Non troviamo nemmeno una volta l’affermazione: «Lo Spirito Santo è Dio.»27. D’altra parte, la reticenza, se non il silenzio, sulla divinità dello Spirito Santo da parte di Basilio, può essere spiegata anche con il fatto che il Concilio di Nicea non aveva trattato il problema della divinità dello Spirito Santo e quindi non esisteva, né era stata ancora elaborata, una teologia dello Spirito Santo degna di questo nome28. Indubbiamente, si può affermare che il gran merito di Basilio di Cesarea e di Atanasio di Alessandria, sia stato quello di aver preparato la definizione del dogma della divinità dello Spirito Santo, avvenuta nel Concilio di Costantinopoli del 381. In effetti, le Lettere a Serapione ed il De Spiritu Sancto, sono i primi due trattati dedicati a dimostrare la divinità della terza Persona. Tuttavia, il De Spiritu Sancto ha un carattere del tutto diverso, rispetto alle Epistulae ad Serapionem di Atanasio, inoltre, l’assenza di una tradizione teologica sullo Spirito Santo, non ha impedito al cappadoce di avventurarsi nel mistero della processione dello Spirito. Atanasio dichiara nella sua opera che lo Spirito Santo è omooùsion o consustanziale, con il Padre ed il Figlio29. L’assenza di una vera e propria pneumatologia, non impediva quindi di affermare, prima che sorgessero gli pneumatomachi, la divinità della terza Persona della Trinità e la sua consustanzialità, rispetto al Padre ed al Figlio. La struttura del trattato basiliano dedicato allo Spirito Santo è complessa, poiché numerosi temi si intrecciano nel corpo dell’opera. I temi e le argomentazioni ruotano attorno al motivo centrale dell’omotimìa, in altre
27 Sull’ambiente nel quale vide la luce il De Spiritu Sancto e sull’o(ikonomi¿a di Basilio si rinvia a B. Pruche, Basile de Césarée cit., Introduction, 7-240, in particolare: 4177;179-225. 28 Ep., 125,3,4-9, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 33. Notiamo, ai fini della nostra ricerca, come questa valutazione si trovi in Ep., 125, contenente la professione di fede firmata e successivamente sconfessata da Eustazio di Sebaste. In Ep., 140,2,32, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 62, Basilio ribadisce che la dottrina sullo Spirito Santo non è ancora stata definita e confessa la sua fede nell’ortodossia, ribadita e sancita dal Concilio di Nicea 29 Ep. I ad Ser., 27, PG 26, 593C.
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parole, alla dimostrazione che l’eguaglianza d’onore dello Spirito Santo con le altre due divine Persone, è equivalente alla consustanzialità. L’opera, distribuita in trenta capitoli, può essere suddivisa in tre parti. La prima parte, dopo la dedica ad Anfilochio del capitolo I, va dal capitolo II al capitolo VI e suggerisce l’identità d’onore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, proveniente dalle preposizioni delle due dossologie trinitarie impiegate. La seconda va dal capitolo VII al capitolo VIII, ove si dimostra che il Figlio è degno di essere onorato in rapporto al Padre e quindi è a lui consustanziale. La terza, dal capitolo IX fino al capitolo XXX, conclude l’opera e dimostra la consustanzialità dello Spirito Santo, con il Padre ed il Figlio. Senza voler addentrarci nella complessa questione relativa alla genesi ed alla struttura del trattato, si può certamente affermare che l’opera presenta una cesura che, in sostanza, la divide in due parti, composte da Basilio in due distinti periodi. La cesura sarebbe celata dal capitolo IX, che, per la complessità dei suoi contenuti, dovrebbe essere stato scritto verso la fine della composizione dell’opera e che fa da cerniera fra la prima parte, costituita dal primo capitolo dell’introduzione con gli altri sette capitoli e la seconda parte che va dal decimo capitolo sino alla fine. La differenza di stile caratterizzerebbe le due parti e potrebbe essere spiegata con il viaggio ed il soggiorno di Basilio, nel Ponto. 3. I DESTINATARI DEL DE SPIRITU SANCTO
Al tempo in cui Basilio compone il trattato sullo Spirito Santo, il suo stato di salute è precario ed è fatto segno di una fiera opposizione da parte di alcuni circoli niceni intransigenti, ariani ed omeousiani, in particolare di quello degli pneumatomachi o gli «avversari dello Spirito». Questi formavano una fazione radicale all’interno degli omeousiani, il cui rappresentante insigne era Basilio di Ancyra. Fra gli omeousiani, alcuni intendevano l’omoioùsion in un significato più vicino al consustanziale di Nicea o omooùsion; per costoro, il Figlio era simile al Padre in tutto, anche nella sostanza. Altri insistevano sull’idea di similitudine od omòios, senza alcuna precisazione di natura e di sostanza; il Figlio era allora simile al Padre. Proprio quest’ultimo gruppo, che intendeva il Figlio, simile per essenza od omoioùsios al Padre, ma era favorevole al simile od omòios senza 150
precisazioni, arrivò, per impulso di Eustazio di Sebaste, verso la metà del 373, a negare apertamente la divinità dello Spirito Santo. Basilio di Cesarea, ricorrendo alla formula omòios katà panta, secondo la quale il Figlio è simile in tutto al Padre, quindi anche nella sua sostanza, compatterà tutti gli omeousiani, impauriti e dispersi, in un fronte comune contro gli ariani radicali come gli anomei od eunomiani e gli pneumatomachi o macedoniani30. Questa situazione venne a crearsi in seguito alla rottura dei rapporti che univano Basilio di Cesarea ad Eustazio di Sebaste, suo maestro nella vita ascetica, divenuta completa nel 375, dopo circa due anni. Dopo alterne vicende, Eustazio finirà per rigettare completamente l’omooùsion di Nicea, finché verso il 380, alcuni degli omeousiani si compatteranno nell’opposizione comune alla divinità dello Spirito Santo. Le accuse, alle quali risponde il trattato di Basilio, sembrano così provenire da un vasto fronte eretico. Sotto il nome di pneumatomachi, il vescovo di Cesarea raggruppa tutti quelli che muovono un’obiezione alla divinità dello Spirito Santo. Basilio passa in rassegna nei capitoli centrali della sua opera, tutti gli argomenti degli pneumatomachi, allo scopo di fornire ad Anfilochio ed agli altri vescovi, uno strumento efficace per orientarsi e rispondere alle opinioni eterodosse. Queste opinioni erano state già raccolte da Basilio, nell’incontro avuto con Eustazio a Sebaste nel Giugno del 372, allo scopo di sondarne l’ortodossia31. Non si può escludere che siano state riportate nel De Spiritu Sancto del 375, quando Eustazio era capo riconosciuto degli pneumatomachi32. Gli avversari, contro i quali Basilio scrive, sono chiamati enantìoi33 od antiloghikòi34, blasphemoùntes35 o pneumatomàchoi36. Questi «oppositori», «contraddittori», «bestemmiatori» o veri e propri pneumatomachi, rappresentano la multitude bigarrée, la moltitudine variegata, degli avversari dello Spirito Santo37.
30 M. SIMONETTI, La crisi ariana nel IV secolo, Roma 1975, 427-434; R. BARR, Breve Patrologia, Brescia 1987, 94-96. 31 Ep., 99, 2, 5-22, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 215. 32 B. PRUCHE (par), De Spiritu Sancto cit., 131. 33 DSS 29, 75, 30. 34 DSS 9, 23, 29-30. 35 DSS 30, 79, 12. 36 DSS 11, 27, 19; 21, 52, 6-7. 37 Cfr. J. R. Pouchet, Le Traité de Saint Basile sur le Saint Esprit, in RSR 84 (1996) 3, 329.
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Basilio non menziona dei nomi in particolare, ma, dai contenuti e dai termini impiegati nel trattato, Anfilochio ed i suoi compagni ortodossi potevano facilmente risalire alle persone innominate. Certamente, un nome presente a Basilio nella questione della divinità dello Spirito Santo è Aezio, ma soprattutto quello di Eunomio. La dottrina di Eunomio si fondava su una teoria della conformità prestabilita fra linguaggio e conoscenza, sulla corrispondenza fra i nomi e gli esseri, sostenendo, dunque, l’esistenza di un rango superiore del Padre rispetto al Figlio ed abbassando il Figlio e quindi ancor di più lo Spirito, ad un rango inferiore e subordinato a quello del Padre. A questi principi, Basilio, nel suo trattato, risponde non più con la dialettica adoperata nell’Adversus Eunomium, ma con l’uso della nuova dossologia trinitaria. In questo modo, Basilio vuole contrapporre la Scrittura, ai sofismi di Aezio e di Eunomio38, la theologhìa alla loro technologhìa39, le categorie di coordinazione e di connumerazione, fondate sulle Scritture, a quelle eunomiane, di subordinazione e di subnumerazione40. L’altro avversario, presente nella mente e nel cuore di Basilio era Eustazio di Sebaste, suo ammirato maestro di vita ascetica. Per mostrare il rapporto che lo univa al suo maestro, basta citare l’Epistula 223 dell’Autunno del 375, a rottura ormai avvenuta: «Una o due volte ci confrontammo apertamente sui dogmi e ci sembrò di non essere giudicati in disaccordo. Infatti, come trovai che da noi erano state pronunziate le medesime parole sulla fede in Dio che si erano sempre ascoltate da parte nostra ed altre, forse, degne anche dei nostri sospiri, così, tuttavia, ardisco vantarmi nel Signore, dicendo che mai avemmo opinioni fuorvianti su Dio o che in seguito imparai a pensare in maniera diversa (dall’ortodossia).»41.
38 39 40 41
DSS,
2, 4, 12-18; 3, 5, 1-5; 4, 6, 1-3; 5, 7, 1-12. 4, 6, 27. DSS 6, 13, 17-22; 17, 41.42.43; 18, 47, 24-43; 28, 69, 46-49. Ep., 223,3,28-35, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 12: Kai£ DSS
probolai£ de\ e)ge/nonto h(mi=n peri£ dogma/twn aÐpac kai£ di¿j, kai£ e)do/camen mh\ diakri¿nesqai sumfwnh/santej. (Wj ga\r euÐriskon h(ma=j ta\j au)ta\j a)fie/ntaj fwna\j peri£ th=j ei)j Qeo\n pi¿stewj, aÐj para\ pa/nta to\n xro/non hÃkousan par’h(mw=n ei) ga\r kai£ t’aÃlla h(mw=n stenagmw=n aÃcia, a)ll’ eÐn ge tou=to tolmw= kauxa=sqai e)n Kuri¿%, oÐti ou)de/pote peplanhme/naj eÃsxon ta\j peri£ Qeou= u(polh/yeij, hà e(te/rwj fronw=n mete/maqon uÐsteron. In realtà, come
abbiamo già avuto modo di osservare, i colloqui fra i due furono più numerosi ed approfonditi; è verosimile ritenere che, dopo la rottura con il suo venerato maestro d’ascesi, il
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Nell’Epistula 244, verso la fine del 376, quando ormai il trattato è prossimo alla conclusione, se non già compiuto, Eustazio è annoverato fra coloro i quali, con Eunomio, sottoscrivono le bestemmie contro lo Spirito Santo42. Questo, però, non significa che Eustazio sia diventato a questa data un eunomiano tout court, ma certamente, i rapporti fra Basilio ed Eustazio si sono deteriorati in maniera molto grave ed Eustazio ed Eunomio sono ormai concordi nel negare la divinità dello Spirito Santo43. Non si può negare, quindi, che Eustazio ed i suoi siano annoverati da Basilio, durante la composizione del De Spiritu Sancto, nel corso del 375, prossimi ormai a passare dalla parte degli pneumatomachi. Purtroppo, Eustazio non ci ha lasciato nulla della sua dottrina; Socrate riferisce di lui che: «Egli non si azzardava a sostenere che lo Spirito Santo fosse Dio, ma nemmeno che fosse creatura.»44.
Con questa sottolineatura, deve intendersi la mesòtes, in altre parole, la via media di cui parla Basilio nell’Epistula 128 del Giugno del 373, a proposito dell’atteggiamento di Eustazio e dei suoi discepoli, sulle questioni sollevate dal vescovo di Cesarea: «Ma egli (Eustazio) pensa che, rifiutando la nostra proposta, si esporrebbe alle folle, convenendo che da parte nostra ci si allontana dalla via media (mesòtes) di cui nulla c’è fino ad oggi di più prezioso.»45.
cappadoce cercasse di schermirsi e ridimensionare i suoi rapporti di antica amicizia con il sebasteno, per difendersi dalle accuse provenienti dagli ambienti monastici dei niceni intransigenti. 42 Ep., 244,9,23-24, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 83. 43 J.R. POUCHET, Le Traité de Saint Basile sur le Saint Esprit, cit., 342. 44 SOCRATE, H.E., II, 45, 6, in C. HANSEN (hrsg.), GCS 63, 183: to/te kai£ Eu)sta/qioj,
)Egw=, eÒfh, ouÒte qeo\n o)noma/zein ai)rou=mai, to\ Pneu=ma to\ ÒAgion ouÃte kti¿sma kalei=n aÔn tolmh/saimi. 45 Ep., 128,1.2,14-21, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 38: All’e)kei=no logi¿zetai oÐti a)rnou/menoj me\n h(mw=n th\n pro/tasin toi=j laoi=j e(auto\n kata/dhlon poih/sei, suntiqe/menoj de\ h(mi=n th=j meso/thtoj a)posth/setai, hÒj ou)de\n au)t%= me/xri tou= nu=n ge/gone protimo/teron. Eustazio, non vuole esporsi alle folle, respingendo la proposta di un accordo presentata da Basilio, ma tanto meno rinunciare, accogliendola, alla meso¿thj, in
confronto alla quale, afferma Basilio, non senza una certa ironia, nulla è diventato fino a quel momento più prezioso.
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Basilio nulla di più ci dice su questa posizione dottrinale di Eustazio, sappiamo però che la professione di fede da lui firmata e riportata nell’Epistula 125, contiene le proposizioni eunomiane che Eustazio si impegnava a respingere alla presenza di Basilio. Una lettura attenta dell’Epistula 125 è d’obbligo, per comprendere quale era la posizione dottrinale di Eustazio di Sebaste, di fronte a Basilio di Cesarea, nel Giugno del 373. Dopo l’introduzione, nella quale Basilio spiega le motivazioni che lo hanno indotto ad avere un colloquio con Eustazio, segue il simbolo di Nicea, quindi un elenco di proposizioni ereticali, il cui rifiuto è firmato da Eustazio46. Basilio, all’inizio di questa terza parte, nota che: «La dottrina sullo Spirito Santo è in corso di elaborazione (en paradromé), non essendo ancora oggetto di discussione alcuna (oudemìas ergasìas), dal momento che non ha ancora preso le mosse una seria ricerca (to zétema).»47.
Segue poi la considerazione che l’eresia ariana si è volta a bestemmiare contro lo Spirito (eis ten katà tou Pnéumatos). A nostro avviso, questo preambolo è importante, perché manifesta l’intenzione di Basilio, di non condannare apertamente le opinioni di Eustazio, poiché, queste, essendo in corso la discussione sullo Spirito Santo — alla cui divinità in tutta l’Epistula 125, Basilio non allude chiaramente — non sono da considerarsi eretiche. Tuttavia, Basilio ha ritenuto doveroso un chiarimento con Eustazio ed il teologo Poimenio, a Sebaste, nel Giugno del 372, per cercare di non far aderire il suo maestro, al vasto fronte eretico degli pneumatomachi48. Seguono quindi le proposizioni ereticali che Eustazio si impegna a ricusare. Eustazio deve accettare l’anatéma, contro coloro i quali affermano che lo Spirito Santo è creatura (ktisma) e contro quelli che non confessano che sia santo per natura, come è santo il Padre ed il Figlio e lo ritengono estraneo alla natura divina e beata. Eustazio, poi, deve affermare che lo 46 47
Ep., 125,3,1-54, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 33. Ep., 125,3,4-6, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T II, 33. o( de\
peri£ tou= Pneu/matoj lo/goj e)n paradromv= kei=tai ou)demia=j e)cergasi¿aj a)ciwqei=j dia\ to\ mhde/pw to/te tou=to kekinh=sqai to\ zh/thma, … 48 Ep., 98,2,10-11, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 213: kai£ euÃromen su\n Qe%= pro\j pa=san o)rqo/thta eu)gnwmo/nwj a)kolouqou=nta. Basilio trova in Eustazio,
veneratissimo vescovo, «uno che segue, con rettitudine d’animo, insieme a Dio, ogni regolarità.». All’inizio del 372, dunque, Basilio è in perfetto accordo con Eustazio.
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Spirito è inseparabile dal Padre e dal Figlio, giacché siamo battezzati, come è stato tramandato dalla tradizione apostolica. Interessante la motivazione del Battesimo, cui si aggancia l’inseparabilità dello Spirito dalle altre due Persone divine. Alla motivazione del Battesimo, segue poi quella della glorificazione. Sono da respingere coloro i quali affermano che lo Spirito non è ingenerato e che procede dal Padre. Lo Spirito è «da confessarsi come da Dio increato»49. È da respingere, inoltre, l’affermazione eunomiana che lo Spirito Santo è servitore ed è annoverato nel rango delle creature. In ultimo, per concludere, si cita l’insegnamento evangelico di Mt 28,19, per affermare la comunione trinitaria, presente nel sacramento del Battesimo. Giustamente, gli studiosi hanno notato che tali affermazioni, non possono attribuirsi ad Eustazio in particolare, perché appartengono ad Eunomio ed al patrimonio comune dell’Arianesimo radicale50. Il problema resta aperto perché nulla ci è pervenuto della dottrina di Eustazio di Sebaste; possiamo, però, senz’altro osservare che l’inquadramento ecclesiale e liturgico del De Spiritu Sancto è giustificato dalla risposta alla tradizione eustaziana, portata alla contestazione ed all’anticonformismo, di fronte all’istituzione ecclesiastica e sacramentale51; piuttosto, quest’ultimo tratto, tipicamente eustaziano, è ravvisabile negli scritti pseudomacariani. Riguardo all’Epistula 125, riteniamo che non si possa parlare di una professione di fede vera e propria di Eustazio, ma piuttosto, di una sorta di garanzia che non fa schierare Eustazio dalla parte degli pneumatomachi e permette a Basilio di accettare la mesòtes di Eustazio e degli eustaziani. Di più non ci è dato sapere, riteniamo però, che, riguardo alla mesòtes, possano ricercarsi degli indizi in altre epistulae dell’epistolario basiliano. La posizione di Eustazio non può essere a nostro avviso liquidata in una battuta, perché fu il motivo dei colloqui di Sebaste che si prolungarono per due giorni52. L’Epistula 244 offre qualche indizio in più, poiché Basilio confessa a Patròfilo, verso la fine del 376 che i discepoli di Eustazio hanno reagito 49 Ep., 125,3,34, in Y. COURTONNE (par), Saint Qeou= eiÅnai o(mologou=men a)kti¿stwj. 50 J. R. POUCHET, Le Traité de Saint Basile sur 51 52
Basile. Lettres, cit., T. II, 34:
e)k tou=
le Saint Esprit, cit., 342. Ibid., 343. Ep., 99,2,18-20, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. I, 215.
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negativamente alle sue proposte: «come se si annunziasse loro da parte nostra una nuova fede.»53. La teologia eustaziana sembra così attardarsi su posizioni conservatrici; certamente non si possono formulare delle ipotesi ex silentio, tuttavia, un dato è certo: Basilio, nel suo trattato, presenta l’inabitazione personale dello Spirito Santo, non più come venuta del Logos nell’anima, ma come inabitazione del Pneuma.54 Forse, su questa e su altre opinioni, vertevano le divergenze fra Basilio ed Eustazio, intorno alla divinità dello Spirito Santo. Ancora, nell’Epistula 226 del 376, Basilio mette in guardia gli asceti del Ponto dagli eustaziani, i quali, a suo dire: «(Gli eustaziani) hanno un qualche sottile dogma, portato verso le loro distorsioni, perché come medici, si servono dei contenuti della fede adattandoli, ora in un modo ora in un altro, secondo l’occasione, alle varie malattie soggiacenti.».55
Basilio, probabilmente, si riferisce qui al voltafaccia ed ai tentennamenti di Eustazio e dei suoi, poiché ha sottoscritto più di una delle dichiarazioni di fede a lui sottoposte: «Se occorre sottoscrivere ora una ora un’altra formula di fede per cambiarla poi ogni volta, sarebbe falsa l’affermazione di chi ha detto: “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.” (Ef 4,5).»56.
53 Ep., 244, 2,34, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, kainh=j pi¿stewj par’h(mw=n kataggelqei¿shj. Cfr. J.R. POUCHET, Basile le
cit., T. III, 76: w(j Grand et son univers d’amis d’après sa correspondance, Roma 1992, 398, n. 2. Lo studioso propende per una fedeltà assoluta alla Scrittura da parte di Eustazio, rimanendo così alla fede veterotestamentaria che non personalizza lo Spirito. 54 J.R. POUCHET, Le Traité de Saint Basile sur le Saint Esprit, in RSR 85 (1997) 1 36; ma anche B. PRUCHE (par), De Spiritu Sancto cit., 128. 55 Ep., 226,3,16-23 in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. II, 27:
)All°eÃxousi ti sofo\n do/gma ei)j ta\j toiau/taj e(autw=n metabola/j oÐti toi=j r(h/masi th=j pi¿stewj, w(j i)atroi£, ke/xrhntai kata\ kairo/n, aÃllote aÃllwj pro\j ta\ u(pokei£mena pa/qh meqarmozo/menoi. Scritta fra il 375 ed il 376. 56 Ep., 226,3,22-24, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 27. Ei) ga\r aÃllote aÃllaj pi¿steij dei= suggra/fein kai£ meta\ tw=n kairw=n a)lloiou=sqai, yeudh\j h( a)po/fasij tou= ei)po/ntoj: Ei=j Ku/rioj, mi¿a pi¿stij, eÑn ba/ptisma.
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Finalmente, Basilio si decide a spiegare agli asceti del Ponto, su cosa verta il dissenso degli eustaziani: «Ci respingono come se noi apportassimo innovazioni sullo Spirito Santo.»57.
Segue quindi la professione di fede di Basilio, nella comunione delle tre Persone divine e nel Battesimo, amministrato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo58. Possiamo vedere come Basilio sia accusato da Eustazio di apportare delle innovazioni sullo Spirito Santo e come, d’altra parte, Eustazio tentenni, opti per un accordo con Basilio, ma successivamente, con Eunomio e gli pneumatomachi, sottoscriva le bestemmie contro lo Spirito Santo. Allora, si può pensare che Eustazio avesse una qualche verità di fede o dogma, che interpretava in maniera distorta riguardo allo Spirito Santo, ma non innovando rispetto a Basilio. A riprova di quanto affermato sopra, leggendo ancora l’Epistula 226, Basilio ricorda che Eustazio, nei colloqui avuti a Sebaste, ai quali accenna rapidamente59, ha dichiarato con i suoi dinanzi a lui, la sua fedeltà al simbolo di Nicea60. Gli eustaziani, quindi, nel periodo in cui Basilio scrive l’Epistula 226, dunque nel 376, non sono più in comunione piena con gli ortodossi. Nel ricordare brevemente la formula del simbolo di Nicea, Basilio si sofferma particolarmente sull’omooùsios del Figlio rispetto al Padre: «Costoro, dunque, respingono la dichiarazione di fede professata a Nicea e ci chiamano omoousiasti, perché con quella formula di fede si professa che il Figlio unigenito è consustanziale a Dio e Padre, non sia mai che si confessi che è stato ripartito da una sola sostanza in due fratelli.»61.
57 Ep., 226,3,26-27, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 27: diaba/llousin h(ma=j w(j kainotomou=ntaj peri£ tou= Pneu/matoj tou= (Agi¿ou. 58 Ep., 226,3,30-33, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 27. 59 Ep., 226,2,39-40, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T III, 26. 60 Ep., 226,3,12-13, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 27: Tou=to ga\r h(mi=n au)toi£ e)kei=noi h(rmh/neusan ei)po/ntej fw=j e)k fwto/j. 61 Ep., 226,3,5-9, in Y. COURTONNE (par), Saint Basile. Lettres, cit., T. III, 26: OuÒtoi nu=n kai£ th\n e)n Nikai¿# diaba/llousi pi¿stin kai£ o(moousia/staj h(ma=j a)pokalou=si dia\ to\ e)n e)kei¿nv tv= pi¢stei to\n Monogenh= Uio\n t%= Qe%= kai£ Patri£ o(moou/sion o(mologei=sqai, ou)x w(j a)po\ mia=j ou)si¿aj merisqei¿shj ei)j du/o a)delfa/, mh\ ge/noito.
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Si può dunque osservare che gli eustaziani, verso la fine del 375 od al principio del 376, al termine della composizione del De Spiritu Sancto, non concordano più sul consustanziale di Nicea, nonostante Eustazio abbia sottoscritto il simbolo di Nicea nell’Epistula 125, databile al Giugno del 373, un anno dopo i colloqui di Sebaste. Il loro rifiuto del consustanziale di Nicea, si connette con la questione della divinità dello Spirito Santo, è questa la precisazione importante che Basilio intende comunicare agli asceti del Ponto. Si può pensare, con ragionevole probabilità, che Eustazio non accettasse l’estensione dell’omooùsios alla divina Persona dello Spirito Santo; questo però, in un primo momento non gli impedisce di arrivare ad un accordo con Basilio. Eustazio, successivamente, sconfessa l’accordo per schierarsi con gli omeousiani; questi, dalle cui fila proveniva lo stesso Basilio, interpretavano in maniera meno intransigente, rispetto ai niceni, il consustanziale di Nicea. Di lì a poco, il sebasteno passerà dalla parte degli pneumatomachi, negatori della divinità dello Spirito Santo. Nella scelta di passare nel fronte omeousiano gioca, a nostro avviso, un ruolo importante, la mesòtes che Eustazio non può più mantenere di fronte a Basilio. Per difendere la propria posizione dottrinale, alla fine è pronto a schierarsi apertamente contro il vescovo di Cesarea. Gli eustaziani, probabilmente, avevano opinioni differenti proprio sui termini in cui concepire l’inabitazione personale dello Spirito Santo. Basilio, nel De Spiritu Sancto, precisamente nel capitolo IX, parla del ruolo dello Spirito nella santificazione del cristiano, ponendo cautamente al vaglio il problema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, con l’affermazione che questa non è materiale. Il De Spiritu Sancto, però, non menziona esplicitamente Eustazio di Sebaste fra i suoi destinatari. Di questo problema si è occupata negli anni passati la critica moderna non riuscendo a pervenire a risultati definitivi. Vogliamo esaminare allora brevemente lo status quaestionis. Il grande merito di J. Gribomont è stato quello di porre la figura del vescovo di Cesarea, nel quadro delle tensioni e degli sviluppi dottrinali della Reichskirche del suo tempo. A Gribomont, si deve, inoltre, la riconsiderazione della figura di Eustazio di Sebaste, del suo ruolo nella formazione ascetica e spirituale del giovane Basilio e dei circoli eustaziani. Nell’ipotesi che Eustazio sia uno dei destinatari del De Spiritu Sancto, l’opera dovrebbe contenere elementi della sua dottrina, tali da far comprendere le motivazioni che resero impossibile la sua intesa con Basilio. 158
Da questo presupposto, parte l’analisi di H. Dörries, il quale ritiene che l’influenza di Eustazio di Sebaste sia stata determinante nella composizione del De Spiritu Sancto. La sezione del trattato che va dal capitolo X al capitolo XXVII, conserverebbe, secondo lo studioso, una trascrizione, ad opera di tachigrafi, dei colloqui di Sebaste. Gli atti del “protocollo di Sebaste” sarebbero così stati inseriti da Basilio, nel corpo dell’opera, conservando, se non la “lettera”, il “tono” dei colloqui fra il discepolo ed il suo vecchio maestro. Per usare la metafora usata da Dörries, sarebbe possibile riconoscere nei capitoli summenzionati, la “voce” di una personalità ben nota e precisa, sicché, sarebbe Eustazio di Sebaste in persona, ad esporvi le tesi che Basilio confuta62. Giustamente, Dörries avverte che nulla ci è pervenuto di Eustazio, eccezion fatta per l’Epistula 125, recante la sua firma. Egli, quindi, ritroverebbe il lessico teologico di questa epistula, nei capitoli centrali del trattato di Basilio. La tesi di Dörries è suggestiva, essa però rischia di sfociare in ipotesi non suffragate dalle fonti; l’Epistula 125, infatti, non può definirsi autografa. Essa, tuttavia, è un documento importante che ci mostra quali erano le opinioni eretiche attribuite da Basilio ad Eustazio. J.R. Pouchet, come abbbiamo mostrato più sopra, riconosce, come, nel De Spirito Sancto, per la prima volta, gli attributi del Logos sono riferiti al Pneuma. Anche B. Pruche osserva che, nel trattato basiliano, la divinizzazione è propria del Pneuma e non più del Logos63. Ritiene probabile, inoltre, che le opinioni di Eustazio siano state riportate nel De Spiritu Sancto nel 375, a rottura avvenuta, al pari, però, di tutte le altre, appartenenti al variegato fronte degli pneumatomachi64. Pruche esclude, quindi, la destinazione ad Eustazio come prioritaria, per sottolineare, al pari di Pouchet, quella, invece, ad Anfilochio di Iconio, dedicatario dell’opera. La diversità delle opinioni fin qui enumerate, può sintetizzarsi nell’atteggiamento nei confronti del capitolo IX del nostro trattato. Alla posizione di Dörries e di Gribomont, che considerano il capitolo IX, come aggiunto tardivamente, senza collegamento con i capitoli dell’opera che seguono e precedono, si contrappone quella di Pouchet e soprattutto di Pruche che vedono invece, nel capitolo IX, una coerenza ed un collegamento con tutto quello che segue e precede.
H. DÖRRIES, De Spiritu Sancto, Göttingen 1956, 81-90. B. PRUCHE, Autour du traité sur le Saint-Esprit de Saint Basile de Césarée, in RSR 52 (1964) 213. 64 ID., Basile de Césarée, cit., 131; 128, sulla divinizzazione. 62 63
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A nostro avviso, però, le osservazioni di Gribomont e di Dörries conservano tutta la loro validità e ci pare degna di essere praticata quella via che indicava Gribomont quando sosteneva che la discussione sulla divinità dello Spirito Santo, nella seconda metà del IV secolo ed il ruolo giocatovi da Eustazio di Sebaste e da Basilio di Cesarea, non possano prescindere dai rapporti intercorsi fra i due. Le conclusioni tratte da Basilio dopo il suo viaggio nel Ponto, lo avrebbero indotto a confermare quanto aveva già messo per iscritto nel suo trattato, ormai compiuto. L’aggiunta, redazionalmente tardiva, del capitolo IX sarebbe stata il suggello del cappadoce alla dottrina della divinizzazione. 4. L’INABITAZIONE DIVINA NEL DE SPIRITU SANCTO
Rinvenire nel De Spiritu Sancto quei termini già riscontrati ed analizzati negli scritti pseudomacariani e confrontarne l’uso ed il valore in Basilio, serve a rintracciare delle differenze, ma anche dei tratti comuni ai due autori, sul tema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, particolarmente presente sia all’attenzione dello Ps.-Macario Egizio sia a quella di Basilio di Cesarea. Nel De Spiritu Sancto, il cappadoce pone la sua attenzione sulla santificazione personale operata dallo Spirito, nell’anima santificata dalla grazia. L’attenzione alla santificazione personale, in Basilio, equivale a quella riservata all’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima, dallo Ps.-Macario. Analogie e significative differenze si riscontrano nell’uso dei termini. Una differenza importante, rispetto agli scritti pseudomacariani, è quella secondo la quale il cappadoce non fa uso di un linguaggio diretto. Il lessico basiliano tende a mediare, piuttosto che a suggerire icasticamente ed in maniera “iniziatica”, come avviene invece nello Ps.-Macario, la presenza dello Spirito Santo. Sia Basilio sia lo Ps.-Macario, però, intendono la presenza dello Spirito Santo possibile soltanto nel cuore o nell’anima purificati dalle passioni e nel santo. Nel De Spiritu Sancto, in due luoghi testuali, il termine naòs esprime la realtà del corpo come tempio dello Spirito Santo. Nel primo luogo troviamo il termine all’interno di una citazione paolina, precisamente 1Cor 3,16, citata nel testo letteralmente; Basilio fa osservare, come l’apostolo Paolo chiami il corpo sede delle passioni della carne e, contemporaneamente, tempio dello Spirito Santo. Ciò permette a Basilio di spiegare e di mostrare l’opera trasformante dello Spirito Santo. In confronto agli scritti 160
pseudomacariani, l’inabitazione dello Spirito Santo, in Basilio, è descritta con altri termini:
«Come gli oggetti posti accanto a colori vivaci traggono da questi un poco del loro riverbero, così, coloro i quali si protendono verso lo Spirito Santo, sono trasformati dal riverbero della sua luce e nel loro cuore sono illuminati dalla verità che irradia dallo Spirito.»65.
Scorgiamo subito la differenza della modalità dell’inabitazione dello Spirito Santo, rispetto allo Ps.-Macario. Per quest’ultimo, l’inabitazione dello Spirito Santo produce dei segni in un certo qual modo sensibili nell’anima santificata; per Basilio, invece, la presenza dello Spirito è data dalla luce della Verità che illumina i cuori. In entrambi, però, dimora dello Spirito Santo è il cuore purificato. Per Basilio, la dimora vera dello Spirito è colui che è santo:
«Veramente il santo è un luogo familiare allo Spirito offrendosi egli all’inabitazione, quella con Dio e chiamandosi suo tempio.»66.
Pur con le opportune varianti, nel testo basiliano si riscontrano valenze e significati comuni allo Ps.-Macario per esprimere l’inabitazione divina. Se per lo Ps.-Macario l’esperienza dello Spirito Santo è l’esperienza dell’adozione filiale o yiothesìa, Basilio aggiunge che questa proviene dal sacramento del Battesimo: «Se, infatti, il Battesimo è per me il principio della vita ed il giorno della rigenerazione è il primo dei giorni, è chiaro che la parola più preziosa di tutte ad essere pronunziata è quella nella grazia dell’adozione filiale.»67.
DSS 21, 52, 63-67: )Wj ga\r ta\ toi=j a)nqhroi=j xrw¿masi parakei¿mena, e)k th=j perirreou/shj au)gh=j kai£ au)ta\ kataxrw¿nnutai: ouÐtwj o( e)nargw=j e)nateni¿saj t%= Pneu/mati, e)k th=j e)kei=nou do/chj metamorfou=tai¿ pwj pro\j to\ fano/teron, oiÒon tini fwti¿, tv= e)k tou= Pneu/matoj a)lhqei¿# th\n kardi¿an katalampo/menoj. 66 DSS 26, 62, 23-24: Kai£ o( aÐgioj, to/poj oi)kei=oj t%= Pneu/mati e)mpare/xwn e(auto\n pro\j e)noi¿khsin th\n meta\ Qeou=, kai£ nao\j au)tou= xrhmati¿zwn. 67 DSS 10, 26, 17-20: Ei) ga\r a)rxh/ moi zwh=j to\ ba/ptisma, kai£ prw¿th h(merw=n e)kei¿nh h( th=j paliggenesi¿aj h(me/ra, dh=lon oÐti kai£ fwnh\ timiwta/th pasw=n h( e)n tv= xa/riti th=j ui(oqesi¿aj e)kfwnhqei=sa. 65
161
Per Basilio, nel Battesimo, recuperiamo la condizione di figli e riceviamo lo Spirito di adozione e non la sua esperienza come negli scritti pseudomacariani. Per Basilio, l’adozione a figli scaturisce dal sacramento del Battesimo. Per Basilio, il Battesimo non può essere disgiunto dall’impegno espresso a voce dal battezzando, impegno che è la professione di fede del cristiano, in virtù della quale entra nella comunione dei fedeli. Per il cappadoce, il sacramento del Battesimo non va disgiunto dalla professione di fede e questa non deve essere staccata dalla comunità concreta in cui vivere il Battesimo ricevuto. È il Battesimo a darci il dono dell’adozione filiale. Al riguardo, invece, la prospettiva dello Ps.-Macario è diversa; come abbiamo considerato nel Logos 52, lo Spirito Santo è nell’acqua del Battesimo. Per lui, il termine yiothesìa, attraverso l’adozione filiale, è lo stato dell’inabitazione divina, dono dello Spirito Santo e non già il Battesimo68. Lo Ps.-Macario accentua la disposizione personale e la volontà individuale forgiata ed affinata dall’ascesi. Secondo il cappadoce, la yiothesìa appartiene all’uomo fin dall’origine, prima della caduta; Cristo, con la sua vita, nel suo cammino di salvezza e di ritorno al Padre ha restaurato la yiothesìa distrutta dal Peccato originale: «Per questo motivo è avvenuta la visita di Cristo con la sua carne; gli esempi delle costituzioni evangeliche; le passioni; la croce; il sepolcro; la risurrezione; in maniera che l’uomo, salvato per mezzo dell’imitazione di Cristo, riprendesse quell’originaria adozione filiale.»69.
L’Incarnazione del Verbo ha appunto lo scopo di far recuperare all’uomo l’originaria adozione filiale; in questa accezione, il termine non sembra essere presente negli scritti dello Ps.-Macario70.
68 Log., 43, 1, 3, 5-8 (Coll. I): ouÐtwj e)n t%= pisteu/onti le/gomen auÃcesqai th\n tou= pneu/matoj dwrea\n kai£ to\n a)rrabw=na th=j klhronomi¿aj eÐwj oÐlhj th=j klhronomi¿aj toute/sti tou= paraklh/tou pneu/matoj th=j ui(oqesi¿aj dia\ pa/shj a)reth=j kai£ spoudh=j proko/ptwn kai£ eu)qe/wj tre/xwn telei¿wj kataciwqv. 69 DSS 15, 35, 4-8: Dia\ tou=to h( meta\ sarko\j e)pidhmi¿a Xristou=: ai( tw=n eu)aggelikw=n politeuma/twn u(potupw¿seij: ta\ pa/qh: o( stauro/j: h( tafh/: h( a)na/stasij: wÐste to\n s%zo/menon aÃnqrwpon dia\ mimh/sewj Xristou=, th\n a)rxai¿an e)kei¿nhn ui(oqesi¿an a)polabei=n. 70 Però cfr. Log., 1, 2, 12 (Coll. III), dove l’uomo con il Battesimo perviene alla prima misura di Adamo o pro¿teron me¿tron tou= )Ada¿m. Possiamo osservare, tuttavia, che
non è un ritorno all’adozione e quindi alla comunione originaria con il Padre, ma un ritorno alla perfezione originaria del primo Adamo.
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Per Basilio, grazie allo Spirito Santo, l’uomo ritorna all’adozione filiale perduta con la caduta, avviene così la eis yiothesìan epànodos71 come è detto altrove, ovvero «il ritorno all’adozione filiale». Nel trattato di Basilio, il termine oikéiosis appare usato nella stessa valenza con cui lo troviamo nello Ps.-Macario. Esso denota, rispetto al termine oikeiòtes, l’intensità dell’intimità fra il creatore e la creatura. In Basilio, è lo Spirito Santo che si volge verso l’anima in virtù dell’oikéiosis, ma la sua inabitazione non è materiale. Quest’ultima nota non può essere stata aggiunta casualmente. Per Basilio, come anche per lo Ps.-Macario, lo Spirito Santo può inabitare soltanto nelle anime degne, ove vi sia l’allontanamento dalle passioni: «Dal momento che la grazia abita in quelli che ne sono degni e compie le sue operazioni, si può ben dire che esiste in coloro i quali sono disposti a riceverla.»72.
Il Padre cappadoce tiene a precisare che essa non è sensibile:
«L’intimità (oikéiosis) dello Spirito con l’anima non consiste in un avvicinamento nello spazio, come potrebbe, infatti, accostarsi l’incorporeo al corporeo? Ma l’allontanamento delle passioni che stanno nell’anima, in seguito alla sua vicinanza con la carne, ci ha allontanato dalla familiarità (oikeiòtes) con Dio.»73.
L’intimità dello Spirito Santo con l’anima non è sensibile, come potrebbe infatti, si chiede Basilio, accostarsi il corporeo all’incorporeo? Il termine oikéiosis viene chiaramente assunto da Basilio con il valore di inabitazione divina nell’anima purificata. Il cappadoce definisce però l’oikéiosis in funzione dell’allontanamento o chorismòs dalle passioni, presenti 71
DSS
15, 36, 2. 26, 63, 4-6: (H
me\n ga\r par’ au)tou= xa/rij oi)kou=ntoj e)n toi=j a)ci£oij kai£ e)nergou=ntoj ta\ e(autou=, kalw=j e)nupa/rxein toi=j dektikoi=j au)tou= le/getai. 73 DSS 9, 23, 1-5: Oi)kei¿wsij de\ Pneu/matoj pro\j yuxh\n ou)x o( dia\ to/pou proseggismo\j pw=j ga\r aÔn plhsia/sai t%= a)swma/t% swmatikw=j; a)ll’ o( xwrismo\j tw=n paqw=n, aÐper a)po\ th=j pro\j th\n sa/rka fili¿aj uÐsteron e)pigino/mena tv= yuxv=, th=j a)po\ tou= Qeou= o)ikeio/thtoj h)llotri¿wse. 72
DSS
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nell’anima a causa della philìa, ovvero del legame che tiene l’anima unita al corpo. Per Basilio, dunque, la presenza dello Spirito Santo nell’anima santificata è l’oikéiosis, l’intimità dell’anima con lo Spirito Santo, mentre la familiarità dell’anima con Dio è espressa dal termine oikeiòtes. Basilio, così, mostra di dare al termine oikéiosis una valenza precisa che è quella che riscontriamo negli scritti dello Ps.-Macario ove ricorre una volta soltanto. Negli scritti dello Ps.-Macario è l’anima che invoca l’oikéiosis di Dio: «Inoltre, (l’anima) avendo appreso attraverso l’ascolto (della Parola) della sua solitudine e della sua desolazione, gemendo dinanzi alla condiscendenza di Dio verso l’uomo (philanthropìa), trova vita e salvezza. Per quale motivo? Perché è ascesa alla sua parentela (synghenéia). Nessun’altra intimità (oikéiosis) ed assistenza è infatti possibile se non quella dell’anima verso Dio e quella di Dio verso di lei.»74.
Questo è reso possibile in virtù della synghenéia, ovvero della parentela dell’uomo con Dio, alla quale Dio ha elevato l’uomo con la sua incarnazione. Sulla synghenéia può fondarsi l’oikéiosis, ovvero la vera intimità, nella quale permane il mutuo amore fra il creatore e la creatura. L’anima così, aspira a vedere Dio ed a legarsi a lui in un rapporto personalissimo. Per Basilio, è la Persona divina dello Spirito Santo che si volge intimamente verso l’anima per grazia ed acconsente a santificare l’anima. L’inabitazione autentica dello Spirito Santo consiste nell’allontanamento dell’anima dalle passioni. Questo tratto di Basilio rientra, in maniera più armonica ed equilibrata, nella visione dell’anima come luogo della Trinità; per lo Ps.-Macario, invece, si inserisce in un cammino di perfezione spirituale ed ascetico esigente, liberamente intrapreso. Per quanto riguarda l’inabitazione personale dello Spirito Santo, Basilio fa riferimento a testi di Paolo come Gal 4,6: «L’intimità con Dio avviene attraverso lo Spirito. “Dio, infatti, inviò lo Spirito del suo Figlio nei nostri cuori, gridando: Abbà, Padre.” (Gal 4,6). La
Om., 45, 75-79 (Coll. II): eiÅta di‘a)koh=j maqou=sa th\n mo/nwsin au)th=j kai£ e)rhmi¿an, stena/casa e)nw¿pion th=j filanqrwpi¿aj tou= qeou=, euÒre zwh\n kai£ swthri¿an. dia\ ti¿; e)peidh\ a)nh=lqen ei)j th\n sugge/neian au)th=j. ou)demi¿a ga\r aÃllh tij oi)kei¿wsi¿j e)sti kai£ w)fe/leia toiau/th ei) mh\ yuxh=j pro\j qeo\n kai£ qeou= pro\j au)th/n. 74
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risurrezione dai morti è avvenuta per opera dello Spirito. “Hai inviato il tuo Spirito, saranno ricreati e rinnoverai la faccia della terra.” (Sal 103,30).»75.
Per Basilio, la vera inabitazione dello Spirito Santo è l’oikéiosis, l’intimità dell’uomo con Dio, attuantesi per mezzo dello Spirito Santo che risusciterà dai morti. Lo Spirito Santo appare così essere come il mediatore dell’inabitazione divina nell’anima santificata. Ancora, l’aggettivo oikéios, in presenza di naòs ed unito ad enòikesis, indica la vera e propria inabitazione personale, anzi, intima, dello Spirito nella persona che diventa tempio della sua presenza. Il termine enòikesis ricorre solo due volte nel De Spiritu Sancto. Una volta compare in presenza di naòs e di oikéios, designando chiaramente l’inabitazione personale dello Spirito nel santo. Tutti e tre questi termini vengono usati per esprimere l’inabitazione personale dello Spirito Santo, certamente con un’accezione diversa, più moderata, meno intensa, rispetto a quella del linguaggio mistico e sensuale dello Ps.-Macario. L’inabitazione od enòikesis viene intesa da Basilio, come presenza operante dello Spirito Santo, in quel tempio che è la persona umana. «E perché poi occorre concepire un altro posto per lo Spirito, trascurando quello che è stato preparato per lui presso il Padre e perché ancora privarlo della comunione secondo la gloria che dovunque ha ricevuto insieme con la divinità, nella confessione della fede, nel Battesimo della redenzione, nell’operosità delle potenze, nell’inabitazione dei santi, nelle grazie su quelli che prestano obbedienza?»76.
Basilio risponde a coloro i quali sostengono, come gli pneumatomachi, che lo Spirito Santo non possa essere glorificato insieme con il Padre ed il Figlio. Lo Spirito Santo, afferma Basilio, è unito al Padre nei vari luo-
75 DSS 19, 49, 22-27 : )Oi)kei¿wsij pro\j Qeo/n, dia\ tou= Pneu/matoj. )Ecape/steile ga\r o( Qeo\j to\ Pneu=ma tou= Uiou= au)tou= e)n tai=j kardi£aij h(mw=n, kra=zon: )Abba= o( Path/r. (H e)k nekrw=n e)cana/stasij, tv= e)nergei¿# tou= Pneu/matoj. )Ecapostelei=j ga\r to\ Pneu=ma/ sou, kai£ ktisqh/sontai, kai£ a)nakaini£zei=j to\ pro/swpon th=j gh=j. 76 DSS 24, 55, 21-26: Kai£ ti¿na eÃxei lo/gon e(te/ran xw=ran e)pinoei=n t%= Pneu/mati, th\n para\ tou= Kuri¿ou tetagme/nhn katalipo/ntaj, kai£ th=j kata\ th\n do/can koinwni¿aj a)posterei=n to\ pantaxou= sunanalhfqe\n tv= qeo/thti, e)n tv= o(mologi¿# th=j pi¿stewj, e)n t%= bapti¿smati th=j a)polutrw¿sewj, e)n tv= e)nergei¿# tw=n duna/mewn, e)n tv= e)noikh/sei tw=n a(gi¿wn, e)n tai=j ei)j to\ u(ph/koon xa/risin;
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ghi enumerati sopra. L’inabitazione dello Spirito Santo è qui nuovamente rimarcata nei santi, la cui santità li fa degni di ricevere lo Spirito. Come per lo Ps.-Macario, così anche per Basilio, lo Spirito Santo può dimorare soltanto nelle anime degne, però, a differenza del primo, lo Spirito è unito al Padre nella comunione trinitaria. Nel De Spiritu Sancto non compaiono i termini metoché, metàlepsis e metousìa, non è assente, però, la nozione di partecipazione allo Spirito Santo espressa dal verbo metéchein e dall’aggettivo métochos. Il primo compare nel seguente luogo testuale: «La libertà di chiamare Dio Padre, di divenire compagno della grazia di Cristo, di chiamarsi figlio della luce, di partecipare alla gloria eterna, di essere semplicemente in ogni pienezza di benedizione in questo tempo ed in quello futuro.»77.
Partecipare alla gloria eterna equivale a chiamare Dio, Padre ed a divenire compagni della grazia di Cristo. Si noti come per Basilio la partecipazione alla divinità è alla sua gloria, mentre negli scritti pseudomacariani si parla di partecipazione alla grazia od allo Spirito Santo. Basilio parla di partecipazione alla gloria, lo Ps.-Macario ne parla con riferimento alla grazia di Cristo; inoltre, la partecipazione alla grazia, come presenza dello Spirito Santo in noi, è intesa in maniera rigorosamente trinitaria. Se, per Basilio, colui che partecipa alla grazia di Cristo è un koinonòs, per lo Ps.Macario è un métochos. In questo caso, si può affermare, con ragionevole certezza, che il membro partecipe della koinonìa per lo Ps.-Macario è un métochos, mentre per Basilio è un koinonòs, ovvero colui che condivide la grazia di Cristo. L’uso di métochos, in Basilio, non sembra differenziarsi rispetto a quello dello Ps.-Macario78; chi è partecipe dello Spirito Santo, lo è in quanto lo Spirito è nella comunione trinitaria con il Padre ed il Figlio; se lo Spirito è buono, lo è anche il Padre ed il Figlio79. Chi sceglie di compiere il bene è per ciò stesso partecipe della bontà e quindi del Dio trinitario. Possiamo dire che, secondo Basilio, lo Spirito
77 DSS 15, 36, 3-7: h( parrhsi¿a tou= kalei=n e(autw=n Pate/ra to\n Qeo/n, koinwno\n gene/sqai th=j xa/ritoj tou= Xristou=, te/knon fwto\j xrhmati¿zein, do/chj a)i+di¿ou mete/xein, kai£ a(pacaplw=j e)n panti£ plhrw=mati eu)logi¿aj gene/sqai, eÃn te t%= ai)w=ni tou/t% kai£ e)n t%= me/llonti. 78 DSS 24, 55, 31-34. 79 DSS 24, 56, 2-3.
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inabita in noi quando vediamo la grazia operante dello Spirito Santo in chi ne è partecipe, come leggiamo: «Quando percepiamo la grazia operante in coloro i quali ne sono partecipi, diciamo che lo Spirito è in noi.»80.
Basilio, dunque, come lo Ps.-Macario, considera la partecipazione allo Spirito Santo come vera e propria inabitazione personale dello Spirito, intendendola in maniera rigorosamente trinitaria. Ma mentre nello Ps.Macario è l’individuo che deve percepire e verificare la presenza dello Spirito Santo in sé, in Basilio, gli altri uomini che hanno questa presenza aiutano la persona a riconoscerne la presenza in sé. Se cioè per l’uno l’esperienza dello Spirito Santo è individuale, per l’altro è comunitaria. Anche Basilio mostra, come abbiamo visto, di dipendere dall’epistolario paolino. Il termine pléroma, in Basilio, ricorre nell’accezione di pienezza della divinità che è Cristo, che è anche Capo della Chiesa, secondo Ef 1,22 e Gv 1,16, a rimarcare il quadro ecclesiastico e liturgico, nel quale è rigorosamente inserita la trattazione sullo Spirito Santo81. Personalmente, per Basilio, attingiamo alla pienezza della divinità che è Cristo, Capo della Chiesa, dunque nella Chiesa. Il pléroma è anche la pienezza delle benedizioni divine82. Naturalmente, non poteva mancare un confronto riguardante il termine tanto presente nello Ps.-Macario di plerophorìa che compare una sola volta nel De Spiritu Sancto.83 Il termine è adoperato per esprimere, in riferimento alla dossologia di Gregorio Taumaturgo, vescovo di Neocesarea, la certezza delle cose ricercate ed appurate e l’intima convinzione nelle cose di fede. Appare evidente come i due termini da noi considerati, non abbiano nel testo basiliano quella valenza fortemente personale ed esistenziale, nonché mistica che gli conferiva lo Ps.-Macario. Il termine aisthesis è presente, in Basilio, nel significato proprio di sensibilità, senza avere quella valenza mistica e sensuale che ha nello Ps.Macario84.
80 DSS 26, 63, 21-23: ÐOtan de\ th\n ei)j e)nqumhqw=men, e)n h(mi=n eiÅnai to\ Pneu=ma le/gomen. 81 DSS 5, 9, 10-14. 82 DSS 15, 36, 1-11. 83 DSS 29, 74, 35-38. 84 DSS 30, 77, 32-34.
tou\j
meto/xouj
e)nergoume/nhn
xa/rin
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Il termine koinonìa, in Basilio, ricorre nella valenza di comunione delle anime con lo Spirito Santo, descritta come un’esperienza di purificazione delle anime che diventano portatrici dello Spirito o pneumatòfore. Se nello Ps.-Macario è sempre un’esperienza personale e soggettiva, la comunione con lo Spirito Santo appare però, per Basilio, come condivisa con le altre anime: «È lui (lo Spirito Santo) che, rifulgendo su coloro i quali sono purificati da ogni sozzura, li rende, attraverso la comunione con sé, spirituali. E come i corpi limpidi e trasparenti, se colpiti dai raggi del sole, diventano brillanti e si irradia da essi un’altra luce; così le anime, rifulgenti per lo Spirito, diventano pneumatòfore, si completano come spirituali e rinviano la grazia sugli altri.»85.
Siamo in presenza del motivo della purificazione dal peccato, per essere degni di ricevere lo Spirito, motivo che ricorre frequentemente negli scritti pseudomacariani. Il motivo della propagazione della luce sugli altri, ricorre, però, soltanto in Basilio e non nello Ps.-Macario, poiché, per quest’ultimo, l’illuminazione dello Spirito è sempre un’esperienza soggettiva preparata da una severa ascesi e purificazione. Per concludere, citiamo i due termini ekklesìa ed oikonomìa i quali sono usati da Basilio con un’accezione diversa rispetto a quella dello Ps.Macario. In confronto a quella di oikonomìa phainoméne usata nel Logos 52 della Collezione I, l’accezione basiliana presenta la Chiesa come una diakòsmesis od «ordinamento» animato dalla presenza dello Spirito Santo ed una taxis od «ordinamento strutturato», nel quale circola lo Spirito Santo manifestantesi nei carismi di cui parla Paolo in 1Cor 12,28:
«Riguardo poi all’ordinamento (diakòsmesis) della Chiesa, non è chiaro e senza obiezioni che in essa opera lo Spirito? “Egli infatti ha dato alla Chiesa in primo luogo apostoli, in secondo luogo profeti, in terzo luogo maestri, poi potenze, quindi carismi di guarigione, di preveggenza, di guida, di lingue.”
85 DSS 9, 23, 14-20: Tou=to toi=j a)po\ pa/shj khli=doj kekaqarme/noij e)lla/mpon, tv= pro\j e(auto\ koinwni¿# pneumatikou\j a)podei¿knusi. Kai£ wÐsper ta\ lampra\ kai£ diafanh= tw=n swma/twn, a)kti=noj au)toi=j e)mpesou/shj, au)ta/ te gi¿netai perilamph=, kai£ e(te/ran au)gh\n a)f’ e(autw=n a)posti¿lbei: ouÐtwj ai( pneumatofo/roi yuxai£ e)llamfqei=sai para\ tou= Pneu/matoj, au)tai¿ te a)potelou=ntai pneumatikai£ kai£ ei)j e(te/rouj th\n xa/rin e)caposte/llousin.
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(1Cor 12,28). Questo infatti è l’ordinamento strutturato (taxis) che è stato predisposto secondo la distinzione dei doni provenienti dallo Spirito.»86.
La varietà dei carismi dello Spirito Santo rientra nella taxis, ovvero in un ordinamento strutturato che deve seguire delle regole. Quest’ultima precisazione di Basilio ci sembra importante perché destinata ad una disciplina nell’esercizio e soprattutto nel discernimento dei carismi. L’oikonomìa manifesta la benevolenza e la misericordia del Padre87; assume anche il significato di cura delle anime88; vicina alle realtà terrene, in Basilio, è l’Incarnazione stessa. In questa accezione di oikonomìa, lo Ps.Macario sembra convergere per poi discostarsene significativamente. Infatti, se è vero che nel Logos 52 la Chiesa è oikonomìa ed in più oikonomìa phainoméne, è anche vero che questa è sempre copia ed ombra dell’uomo interiore razionale e vero. In un altro luogo Basilio dà la seguente definizione di oikonomìa:
«L’oikonomìa è un appello di Dio e nostro salvatore all’uomo dal suo decadimento, un ritorno all’intimità di Dio e, per mezzo dell’obbedienza, dalla sua alienazione.»89.
L’oikonomìa è qui intesa da Basilio come il piano salvifico di Dio per l’Uomo che si dispiega per mezzo dell’appello di Dio all’uomo. Questo appello lo richiama dalla sua condizione di decadimento all’intimità con Dio, strappandolo allo stato di alienazione provocato dalla disobbedienza del peccato. Basilio tiene però a sottolineare come il piano salvifico di Dio per gli uomini si attua per mezzo dello Spirito Santo90. In un’altra accezione del termine, è secondo oikonomìa che gli uomini meno dotati servano quelli 86 DSS 16, 39, 26-32: )H de\ th=j )Ekklhsi¿aj diako/smhsij ou)xi£ safw=j kai£ a)nantirrh/twj dia\ tou= Pneu/matoj e)nergei=tai; Au)to\j ga\r eÃdwke, fhsi£, tv= Ekklhsi£# prw=ton a)posto/louj, deu/teron profh/taj, tri¿ton didaska/louj, eÃpeita duna/meij, eÃpeita xari¿smata i)ama/twn, a)ntilh/yeij, kubernh/seij, ge/nh glwssw=n. AuÐth ga\r h( ta/cij kata\ th\n diai¿resin tw=n e)k tou= Pneu/matoj dwrew=n diate/taktai. 87 DSS 8, 18, 29-33. 88 DSS 13, 30, 27-29. 89 DSS 15, 35, 1-4: (H tou= Qeou= kai£ Swth=roj h(mw=n peri£ to\n aÃnqrwpon oi)konomi¿a a)na/klhsi¿j e)stin a)po\ th=j e)kptw¿sewj, kai£ e)pa/nodoj ei)j oi)kei¿wsin Qeou= a)po\ th=j dia\ th\n parakoh\n genome/nhj a)llotriw¿sewj. 90 DSS 16, 39, 1-4.
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migliori91. Paolo è collaboratore di Dio nell’opera di predicazione del Vangelo, è questo un altro significato di oikonomìa92. Altrove, il termine indica il piano dello Spirito Santo: «Perciò, quelli autonominatisi capi e gli arrivisti si spartiscono le cariche ecclesiastiche disprezzando l’oikonomìa dello Spirito Santo.»93.
Qui, con interesse, possiamo osservare come l’oikonomìa dello Spirito Santo si contrapponga alle manomissioni, alle ingerenze ed alle più varie interferenze nell’elezione dei vescovi, nelle chiese della regione e dell’epoca di Basilio di Cesarea. 5. PS.-MACARIO EGIZIO E BASILIO DI CESAREA A CONFRONTO
Al punto in cui siamo, si vogliono evidenziare, nei loro scritti, dei punti di contatto ma anche delle differenze nel rapporto che unirebbe lo Ps.Macario Egizio a Basilio di Cesarea. Si tratterebbe — è importante precisarlo — di un rapporto particolare, all’interno del quale acquisterebbero valore, non tanto le loro somiglianze, quanto, piuttosto, le loro rispettive dissonanze, nell’uso dei termini e nelle conclusioni teologiche e dottrinali. 5.1. Vocabolario ascetico
Alcuni luoghi testuali presentano termini comuni al vocabolario ascetico dei nostri due autori. Un termine ricorrente negli scritti dello Ps.Macario è quello di apàtheia, variamente attestato nel De Spiritu Sancto:
«Poiché, infatti, né il cielo, né la terra, né la vastità dei mari, né gli animali che vivono nelle acque, né quelli che vivono sulla terraferma, né le piante, né le stelle, né l’aria, né le stagioni, né la variegata composizione di ogni cosa provano ad oltrepassare la forza, quanto il potere, da parte di Dio, colui
91 92
20, 51, 10-15. 28, 69, 17-18. DSS 30, 77, 55-58: Toigarou=n DSS DSS
93 au)toxeiroto/nhtoi kai£ spoudarxi¿dai tw=n e)kklhsiw=n ta\j prostasi¿aj dialagxa/nousi, th\n oi)konomi¿an tou= a(gi¿ou Pneu/matoj parwsa/menoi.
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che è incontenibile, di unirsi insieme con la morte, attraverso la carne, per offrirci l’impassibilità con la propria passione.»94.
In questo brano, Basilio afferma che la più grande prova della potenza di Dio è stata quella di concederci la facoltà di raggiungere l’apàtheia con la vittoria sulle nostre passioni. Le passioni diventano, dunque, per Basilio, l’occasione ed il luogo dove poter partecipare alle sofferenze di Cristo e raggiungere l’impassibilità propria del Figlio di Dio. È interessante rilevare come, nel De Spiritu Sancto di Basilio, le pathe, ovvero le passioni umane — contro cui l’anima, secondo lo Ps.-Macario, deve sempre lottare — per Basilio siano le sofferenze di Cristo nella sua Passione. Più esattamente, in Basilio, le pathe sono l’occasione per l’uomo di partecipare alla passione salvifica di Cristo. Altrove, con una accezione significativamente diversa da quella dello Ps.-Macario, l’apàtheia è attribuita allo Spirito Santo: «Impassibilmente ripartito ed interamente partecipato; secondo l’immagine del raggio di sole, la cui grazia si presenta solo a chi ne trae godimento, (lo Spirito Santo) rifulge in terra ed in mare e si mescola con l’aria.»95.
In Basilio, non compare l’attenzione all’ascesi dell’anima in via di santificazione, presente invece nello Ps.-Macario. Per Basilio, lo Spirito Santo si partecipa impassibilmente alle creature, come i raggi del sole che illuminano la terra, rimanendo luce nel sole e non mutando quindi la natura del sole stesso. Il popolo d’Israele è esente dalle passioni per merito di Mosé; sotto la sua guida, uscì illeso dall’Egitto, senza sofferenza, prefigurando la salvezza del futuro popolo dei battezzati chiamati alla grazia96. L’anima purificata dalle passioni è un motivo ricorrente nel vocabolario ascetico dello
DSS 8, 18, 12-19: Ou) ga\r tosou=ton ou)rano\j kai£ gh= kai£ ta\ mege/qh tw=n pelagw=n, kai£ ta\ e)n uÐdasi diaitw¿mena kai£ ta\ xersai=a tw=n z%¿wn, kai£ ta\ futa\ kai£ a)ste/rej kai£ a)h\r kai£ wÒrai kai£ h( poiki¿lh tou= panto\j diako/smhsij to\ u(pere/xon th=j i)sxu/oj suni£sthsin, oÐson to\ dunhqh=nai to\n Qeo\n to\n a)xw¿rhton, a)paqw=j dia\ sarko\j sumplakh=nai t%= qana/t%, iÐna h(mi=n t%= i)di¿% pa/qei th\n a)pa/qeian xari¿shtai. 95 DSS 9, 22, 34-37: )Apaqw=j merizo/menon, kai£ o(losxerw=j metexo/menon: kata\ th\n ei)ko/na th=j h(liakh=j a)kti¿noj, hÒj h( xa/rij t%= a)polau/onti w¨j mo/n% parou=sa, kai£ gh=n e)pila/mpei kai£ qa/lassan, kai£ t%= a)e/ri e)gke/kratai. 96 DSS 14, 31, 44-46. 94
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Ps.-Macario; lo ritroviamo, esplicitamente, una sola volta, nell’opera di Basilio: «Come la capacità di vedere risiede nell’occhio sano, così, la capacità dello Spirito risiede nell’anima purificata.»97.
Il ricorso alla metafora evangelica dell’occhio, può far pensare ad uno ypòdeigma od «esempio», frequenti negli scritti pseudomacariani. La purificazione dell’anima è operata dall’enérgheia dello Spirito Santo, espressione comune nello Ps.-Macario e certamente attinta all’insegnamento di Paolo. Anche in Basilio notiamo come l’anima sia purificata o già in condizione di essere degna di ricevere la grazia. Basilio non esclude l’importanza e la necessità dello sforzo ascetico e della mortificazione, ma queste pratiche sono armonizzate in un cammino ascetico, sia individuale sia comunitario, nel quale la purificazione dell’anima è operata dalla Passione di Cristo98. La Passione è quella del salvatore e la croce ha portato a perfezione quella salvezza prefigurata da Mosè con il serpente di bronzo99. Anche lo Ps.-Macario parla della partecipazione alle sofferenze di Cristo o sympàtheia, ma annette importanza al discernimento individuale, al libero arbitrio, alla rettitudine delle intenzioni e soprattutto alla vigilanza verso i poneròi loghismòi ed i falsi stati di grazia. Per Basilio, invece, sono state le sofferenze di Cristo e non i nostri sforzi, né i nostri meriti, a farci entrare nella salvezza. Le pathe, le sofferenze di Cristo, sono «figure» o ypotypòseis, contenute nei Vangeli per la nostra salvezza, al pari della croce, del sepolcro e della Risurrezione, per riportarci all’originaria adozione filiale100. Secondo Basilio, è lo Spirito che caccia via le passioni, ma insieme alla mortificazione delle membra: «La nube è l’ombra del dono dello Spirito che, per mezzo della morte delle membra, raffredda la fiamma delle passioni.»101.
DSS 26, 61, 13-14, vedi supra: Il ruolo santificatore dello Spirito in Basilio di Cesarea, n. 149. 98 DSS 14, 32, 7-9. 99 DSS 14, 31, 22-24. 100 DSS 15, 35, 4-8. Vedi supra. 101 DSS 14, 31, 46-48: (H de\ nefe/lh skia\ th=j e)k tou= Pneu/matoj dwrea=j, tou= th\n flo/ga tw½n paqw=n dia\ th=j nekrw¿sewj tw=n melw=n katayu/xontoj. 97
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Interessa qui notare come Basilio parli del dono che proviene dallo Spirito. Per lo Ps.-Macario, invece, lo Spirito Santo è l’esperienza dell’anima che lo ha ricevuto, per cui, di per sé, è già dono. Per lo Ps.-Macario, l’anima che vuole riceverlo deve sottoporsi all’ascesi, ma anche Basilio ammette la mortificazione delle membra, quindi siamo in presenza di due prospettive diverse: lo Ps.-Macario vuole sottolineare l’esperienza esistenziale e carismatica dello Spirito Santo, dono di Dio; Basilio si preoccupa, invece, di affermare la gratuità dell’opera dello Spirito, che agisce in ordine alla Trinità, ridimensionando ma non eliminando, la componente esperienziale ed ascetica della sua inabitazione nell’anima santificata. Infatti, Basilio altrove afferma: «Secondo la misura della purificazione dalla malvagità, partecipando chi più chi meno del soccorso proveniente dallo Spirito, per offrire sacrifici di lode a Dio.»102.
In Basilio, come nello Ps.-Macario, l’anima deve purificarsi dal male, l’ascesi dunque è presente anche in Basilio, ma è vista in una prospettiva diversa. Nello Ps.-Macario, il Signore vedendo lo sforzo e la lotta dell’anima che «geme» o esténosen nel secolo presente, con un cammino di severa ed austera ascesi, riceverà l’esperienza dell’inabitazione divina nel cuore santificato: «E così, mentre il Signore vede lo sforzo e la fatica dell’anima che geme in questo secolo, si manifesta nel suo cuore colui che dice: “Inabiterò e camminerò in voi”(Lv 26,12).»103.
La parola chiave emphanìzetai ricorrente in Gv 14,21b insieme alla citazione di Lv 26,12a tratta da 2Cor 6,16, fondano, negli scritti dello Ps.Macario, l’inabitazione divina nel cuore. Questa inabitazione è propria del Signore che si manifesterà nel cuore, secondo le Scritture. La presenza e l’inabitazione dello Spirito Santo è il risultato o si potrebbe meglio dire l’ef-
102 DSS 26, 63, 29-32: kata\ to\ me/tron th=j a)po\ kaki¿aj kaqaro/thtoj, eÐteroj e(te/rou ple/on hÔ eÃla¿tton th=j e)k tou= Pneu/matoj bohqei¿aj metalamba/nontej, ei)j to\ prosfe/rein ta\j qusi¿aj th=j ai)ne/sewj t%= Qe%=. 103 Log., 3, 3, 3, 19-22 (Coll. I): kai£ ouÐtwj i(dw£n o( ku/rioj to\n ko/pon kai£ to\n a)gw=na th=j yuxh=j oÐti e)ste/nwsen e(auth\n e)n t%= ai)w=ni tou/t%, to/te e)mfani¿zetai e)n tv= kardi¿# au)tou= o( ei)pw¿n: e)noikh/sw kai£ e)mperipath/sw e)n u(mi=n.
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fetto di un impegno e di uno sforzo dell’anima che può esprimersi anche nell’ascesi e nella mortificazione. La preghiera autentica e spirituale, però, rimane la via privilegiata e più sicura dell’ascesi pseudomacariana, perché un’ascesi scriteriata può portare all’autosufficienza, alla freddezza spirituale o, peggio ancora, ai falsi stati di grazia dai quali lo Ps.-Macario mette sempre in guardia:
«Se qualcuno si sforzasse di raggiungere la sola preghiera, non avendo in realtà preghiera e, per ottenere la preghiera di grazia, non si sforzasse di acquistare la mitezza, l’umiltà, l’amore e gli altri comandamenti del Signore, né si affannasse e si desse cura di essi, per quanto dipenda dalla sua volontà e dal suo libero arbitrio, talora gli sarà donata una preghiera di grazia, nel riposo e nella gioia, parzialmente proveniente dallo Spirito, secondo la sua richiesta, però resta simile, nei suoi modi, a quello che era prima.»104.
Questo brano dello Ps.-Macario ci dice quale sia la vera preghiera spirituale. Essa non è una preghiera che si pone al di fuori di una formazione umana e morale come certe correnti, quali il Messalianismo, sostenevano. Lo Ps.-Macario, nel brano testé citato, infatti, afferma che, quella preghiera, non riuscirebbe a cambiare la persona. La preghiera da sola può far ottenere parzialmente il dono dello Spirito, non è tuttavia la preghiera vera della grazia o dello Spirito Santo; solo quest’ultima, accompagnandosi allo sforzo ascetico, può sviluppare e portare a maturazione le virtù umane. Un altro termine ricorrente negli scritti del Corpus pseudomacariano è quello di kardìa, ovvero del «cuore». Insieme a kardìa, possiamo trovare nel De Spirito Sancto, un’espressione tipicamente pseudomacariana come gli «occhi del cuore»:
«Infatti, secondo lo stesso discorso, la legge “che contiene l’ombra dei beni futuri.” (Eb 10,1), la prefigurazione attraverso i profeti, che è enigma della verità, ha compreso gli esercizi degli occhi del cuore: perché, dal facile
104 Om., 19, 56-62 (Coll. II): Ei) de/ ti)j ei)j th\n eu)xh\n mo/nhn e(auto\n bia/zetai, mh\ eÃxwn eu)xh/n, iÐna sxv= eu)xh\n xa/ritoj, ei)j de\ th\n prao/thta kai£ tapeinofrosu/nhn ka£) a)ga/phn kai) ta\j loipa\j e)ntola\j tou= kuri¿ou e(auto\n ou) bia/zetai, ouÃte me/rimnan kai£ po/non kai£ a)gw=na eÃxei e)kei=na katorqw=sai, oÐson to\ e)k proaire/sewj kai£ au)tecousi¿ou qelh/matoj, e)ni¿ote di¿do¿tai au)t%= eu)xh\ xa/ritoj e)n a)napau/sei kai£ eu)frosu/nv e)k tou= pneu/matoj merikw=j kata\ to\ aiÃthma au)tou= toi=j de\ tro/poij oÐmoio/j e)sti kaq’ oÑ kai£ pri£n hÅn.
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cambiamento di queste cose, sortirà per noi la conoscenza della sapienza nascosta nel mistero.»105.
Qui Basilio osserva come la Legge ed i Profeti dell’AT sono l’ombra dei beni futuri ed «esercizi» o gymnastéria degli occhi del cuore. Lo Ps.Macario mostra come gli occhi del cuore rientrano nel discernimento personale ed individuale del monaco e nel suo cammino di perfezione spirituale: «Così, anche nell’impegno e nella fatica della pietà e del regno dei cieli, il monaco dà sè stesso per illuminare con la speranza gli occhi del cuore, per rinnovare la mente per mezzo dello Spirito, per cambiarla e trasformarla nei frutti dello Spirito, ritirandosi dalle occupazioni della vita ed occupandosi del Signore, preparandosi con preghiere, suppliche ed ogni virtù, per accogliere il Signore; allora, una volta giunto, abiterà in lui e lo purificherà dal peccato inabitante delle passioni e non si riposerà né si sentirà al sicuro nelle sue fatiche e nella sua condotta di vita fino a che non otterrà i beni sperati, fino a che il Signore, una volta giunto, non inabiterà in lui con ogni presentimento ed operazione dello Spirito Santo.»106.
La pietà del monaco è la fatica ed il campo di battaglia nel quale si esercita la sua ascesi, ascesi che deve portare ad illuminare, nella speranza, gli occhi del cuore e rinnovare la mente per mezzo dello Spirito Santo. La vita solitaria che allontana le necessità della vita quotidiana, dedicata interamente a Dio, la preghiera e la pratica delle virtù preparano la venuta del Signore nel monaco, che si farà presenza visibile dell’operosità dello Spirito Santo.
105 DSS 14, 33, 41-46: Kata\ ga\r to\n iÃson lo/gon oÀ te no/moj, skia\n eÃxwn tw=n mello/ntwn, kai£ h( dia\ tw=n profhtw=n protu/pwsij, aiÃnigma ouÅsa th=j a)lhqei¿aj, gumnasth/ria tw=n o)fqalmw=n th=j kardi¿aj e)pineno/htai: w¨j a)po\ tou/twn r(#di¿aj th=j metaba/sewj h(mi=n pro\j th\n a)pokekrumme/nhn e)n musthri¿% sofi¿an genhsome/nhj. Nello Ps.-Macario vedi infra. 106 Log., 30, 1, 4, 1-6.1 (Coll. I): ouÐtw kai£ e)n t%= eÃrg% kai£ a)gw=ni th=j qeosebei¿aj kai£ th=j basilei¿aj tw=n ou)ranw=n, e)p’e)lpi¿di tou= fwtisqh=nai tou\j o)fqalmou\j th=j kardi¿aj kai£ tou= to\n nou=n dia\ tou= pneu/matoj a)nakainisqh=nai kai£ a)llagh=nai kai£ metablhqh=nai ei)j tou\j karpou\j tou= pneu/matoj di¿dwsin e(auto\n o( monaxo/j, a)naxwrw=n tw=n biwtikw=n kai£ sxola/zwn t%= kuri¿%, eu)xai=j kai£ deh/sesi kai£ pa/saij a)retai=j e(auto\n eu)trepi¿zwn, prosdexo/menoj to\n ku/rion, po/te e)lqw=n katoikh/sei e)n au)t%= kai£ kaqari¿sei au)to\n a)po\ th=j e)noikou/shj tw=n paqw=n a(marti¿aj. ou)k a)napau/etai de\ ou)de\ e)mplhroforei=tai e)n toi=j kama/toij au)tou= kai£ tv= politei=#, eÐwj ouÒ tu/xv tw=n e)lpizome/nwn, eÐwj ouÒ o( ku/rioj e)lqw£n e)noikh/sei e)n au)t%= e)n pa/sv ai)sqh/sei kai£ e)nergei¿# pneu/matoj a(gi¿ou.
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Lo Ps.-Macario, specialmente nel Logos 52, sembra intendere negativamente sia la copia sia l’ombra, perché, se è vero che l’economia veterotestamentaria è copia ed ombra dell’oikonomìa phainoméne della Chiesa, è anche vero che quest’ultima è copia ed ombra dell’uomo vero glorificato che deve manifestarsi, in quanto la Chiesa si compie nell’anima vivente e razionale. Basilio, invece, meditando l’Epistula agli Ebrei, intende la copia e l’ombra come «esercizi» o gymnastéria, del cuore, per arrivare, sin da questa vita, a contemplare ed a conoscere le verità eterne. Riteniamo che, con questa argomentazione, Basilio risponda, nel De Spiritu Sancto, a certe affermazioni diffuse in ambienti monastici, come quelli in cui nacquero gli scritti pseudomacariani. In un altro luogo dell’opera di Basilio troviamo: «Di nuovo qui si dice “mondo” riferito a quelli che sono legati alla vita materiale e carnale e che si volgono alla verità con i loro soli occhi; questi, a motivo dell’incredulità nella risurrezione, non volevano vedere il nostro Signore con gli occhi del cuore.»107.
Qui si avverte come la risurrezione potrà essere vista con gli occhi del cuore, dotati di fede, contrapposti a quelli della vita materiale, senza fede. Appare evidente come l’ascesi in Basilio, debba essera protesa a purificare questi occhi del cuore per accostarsi alla conoscenza della divinità per la fede. A nostro modesto avviso, si potrebbe postulare la traccia di un insegnamento ascetico comune, sia allo Ps.-Macario sia a Basilio di Cesarea. L’espressione «gli occhi del cuore» ricorre frequentemente negli scritti pseudomacariani108, essa viene mutuata dall’insegnamento di Paolo nel quale è presente soltanto una volta, precisamente in Ef 1,18 e viene assunta e fatta propria dallo Ps.-Macario, per caratterizzare il cammino di perfezione spirituale del monaco109. Un altro termine facente parte del vocabolario ascetico pseudomacariano è quello di prokopé o «progresso», riscontrabile nel De Spiritu Sancto:
107 DSS 22, 53, 12-16: Pa/lin e)ntau=qa tou\j tv= u(likv= kai£ sarkikv= prosdedeme/nouj zwv=, kai£ mo/noij o)fqalmoi=j th\n a)lh/qeian e)pitre/pontaj ko/smon prosagoreu/wn, oiÑ tv= a)pisti£# th=j a)nasta/sewj ou)ke/ti eÃmellon toi=j o)fqalmoi=j th=j kardi¿aj to\n Ku/rion h(mw=n oÃyesqai. 108 Cfr. Log., 7, 18, 4, 10; 8, 7, 9; 30, 1, 4, 2; 31, 2, 1, 5; 63, 1, 5, 8 (Coll. I); Om. 14, 9; 45, 97 (Coll. II); Log. 16, 8, 12 (Coll. III). 109 Log., 30, 1, 4, 1-6, 1 (Coll. I). Vedi supra.
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«Come, dunque, anche quando si dice che il Signore è la “via”, in vista di una idea un poco più elevata, anche se, una volta accettata, è a portata di mano, noi non vi acconsentiamo. Infatti, di seguito ed in ordine, ascoltiamo la parola “via” per mezzo delle opere della giustizia e dell’illuminazione della conoscenza, fino al progresso perfetto, sempre spingendoci in avanti e protendendoci verso quelli che sono stati lasciati indietro, fino a che perverremo al fine beato, alla comprensione di Dio che il Signore, attraverso sé stesso, dispensa a coloro i quali hanno creduto in lui.»110.
Qui, il termine indica il progresso verso la conoscenza di Dio entro un cammino intellettivo, mentre invece, per lo Ps.-Macario, la prokopé vera è soltanto quella spirituale:
«Tanto più percepiscono in sé stesse il progresso spirituale, quanto più (le anime) sono affamate ed assetate della conversione e dell’accrescimento della grazia.»111.
Possiamo subito notare la diversità degli accenti nel descrivere il progresso spirituale; questo, per lo Ps.-Macario, è avvertito dall’anima, in un certo qual modo sensibilmente, come una fame ed una sete da soddisfare. Sono termini del linguaggio biblico che connotano il carattere mistico e sensuale dell’esperienza della grazia per lo Ps.-Macario. La trasformazione operata dallo Spirito Santo viene attestata da Basilio in questi termini:
«Come, infatti, le cose, poste accanto a colori sgargianti, assumono la loro colorazione dalla luce circostante; così, colui il quale tiene fisso lo sguardo sullo Spirito si trasforma con la sua gloria come verso uno splendore maggiore; come di una luce, il cuore brilla della verità che irradia dallo Spirito. Questo significa “trasformarsi dalla gloria dello Spirito nella gloria intima”
DSS 8, 18, 37-45: ÐWsper ouÅn kai£ oÐtan o(do\j o( Ku/rioj le/ghtai, pro\j u(yhlote/ran eÃnnoian, a)ll°ou)xi£ pro\j th\n e)k tou= proxei¿rou lambanome/nhn u(pofero/meqa. Th\n ga\r ei(rm%= kai£ ta/cei dia\ tw=n eÃrgwn th=j dikaiosu/nhj kai£ tou= fwtismou= th=j gnw¿sewj e)pi£ to\ te/leion prokoph\n o(do\n e)cakou/omen, a)ei£ tou= pro/sw e)porego/menoi kai£ toi=j leipome/noij e(autou\j e)pektei£nontej, eÐwj a)n fqa/swmen e)pi£ to\ maka/rion te/loj, th\n Qeou= katano/hsin, hÑn o( Ku/rioj di’ e(autou= toi=j ei)j au)to\n pepisteuko/si xari¿zetai. 111 Log., 51, 3, 13-15 (Coll. I): Kai£ oÐson aÔn prokoph=j pneumatikh=j e)n e(autai=j aiÃsqwntai, tosou=ton ma=llon eÃkpeinoi kai£ eÃkdiyoi ei)j th\n meta/lhyin kai£ auÃchsin th=j xa/ritoj u(pa/rxousi. 110
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(2Cor 3,18) non in maniera meschina né confusa ma nella misura in cui somiglia a colui il quale è stato illuminato dallo Spirito.»112.
Basilio spiega l’opera trasformante per mezzo dello Spirito con 2Cor 3,18, ad indicare che la santificazione non è operata dall’inabitazione personale dello Spirito Santo come una presenza sensibile, bensì dalla contemplazione di esso. Per Basilio, l’inabitazione dello Spirito Santo è come una illuminazione del cuore. In 2Cor 3,18, Basilio aggiunge, però, l’aggettivo oikéian, a ribadire che la gloria di Dio è familiare ed intima all’uomo. Questo aggettivo ed il carattere personale della citazione paolina richiamano lo Ps.-Macario. Un altro termine frequentemente citato dallo Ps.-Macario nei suoi scritti e che troviamo anche nel De Spiritu Sancto di Basilio è quello di katharòtes o «purificazione». Abbiamo già notato come sia lo Ps.-Macario sia Basilio affermino che lo Spirito Santo può inabitare soltanto nelle anime degne di riceverlo, viventi secondo virtù, oppure nei cuori purificati. Nel De Spiritu Sancto, infatti, troviamo: «Ai discepoli, il Signore, dopo aver reso testimonianza con la propria vita, proveniente dai suoi insegnamenti, dà la purezza, per il fatto che sono già fra i perfetti ed i contemplativi dello Spirito.»113.
La fonte della purezza è l’insegnamento vivente di Gesù e questo può essere compreso e vissuto solo da chi è già entrato nella conoscenza superiore e nella contemplazione dello Spirito. Altrove, Basilio precisa che veniamo resi degni di ricevere il dono dello Spirito Santo per mezzo della purezza di cuore:
«Infatti, coloro i quali frequentano le cose della terra e sono al di sopra di esse sono riconosciuti come degni del dono dello Spirito Santo. Dunque, ciò
112 DSS 21, 52, 63-71: (Wj ga\r ta\ toi=j a)nqhroi=j xrw¿masi parakei¿mena, e)k th=j perirreou/shj au)gh=j kai£ au)ta\ kataxrw¿nnutai: ouÐtwj o( e)nargw=j e)nateni¿saj t%= Pneu/mati, e)k th=j e)kei£nou do/chj metamorfou=tai¿ pw=j pro\j to\ fano/teron, oiÒon tini fwti£, tv= e)k tou= Pneu/matoj a)lhqei¿# th\n kardi¿an katalampo/menoj. Kai£ tou=to/ e)sti to\ metamorfou=sqai a)po\ th=j do/chj tou= Pneu/matoj ei)j th\n oi)kei¿an do/can, ou) mikrolo/gwj, ou)de\ a)mudrw=j, a)ll’e)pi£ tosou=ton e)f’oÃson e)sti£n ei)ko\j to\n a)po\ tou= Pneu/matoj fwtizo/menon. 113 DSS 22, 53, 27-29: Toi=j me/ntoi maqhtai=j e(autou= kaqaro/thta zwh=j e)k tw=n didagma/twn au)tou= marturh/saj o( Ku/rioj, to\ kai£ e)poptikoi=j hÃdh eiÅnai kai£ qewrhtikoi=j tou= Pneu/matoj a)podi¿dwsin.
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che è incontenibile dal mondo, ciò che può essere contemplato solo dai santi, a motivo della purezza del cuore, in che modo bisogna crederlo od in quale onore, proporzionato ad esso, occorre considerarlo?»114.
Questo è un passaggio testimoniante una stretta parentela con gli scritti pseudomacariani. Anche per lo Ps.-Macario, infatti, la condizione dell’inabitazione dello Spirito Santo è la purezza di cuore, ma per Basilio il cuore non può contenere lo Spirito Santo, in quanto questo è incontenibile dalla Creazione, od achòreton to kosmo. Per lo Ps.-Macario, invece, la grazia non può non manifestarsi con la presenza operante dello Spirito Santo nell’anima e nel cuore. La «purezza di cuore» o katharòtes kardìas è un motivo ricorrente negli scritti pseudomacariani115. Lo Ps.-Macario è più attento al dinamismo interiore dello Spirito Santo nell’anima santificata, dotata della purezza di cuore come requisito per ricevere lo Spirito: «La gloria divina e la bellezza dell’immagine celeste nelle anime limpide, procura quiete e vita eterna, amore vero con purezza di cuore, nutrimento celeste, giudizio, sapienza, gioia ininterrotta di spirito, rassomigliandole allo Spirito con l’attività delle sue operazioni.»116.
Anche nel De Spiritu Sancto, dunque, si sottolinea la purificazione delle anime come condizione per essere degne di ricevere lo Spirito Santo. Basilio, così, rivelerebbe la sua formazione ascetica nell’uso di vocaboli comuni allo Ps.-Macario. La divinizzazione del cristiano, nel testo basiliano, può appalesare significative affinità con l’inabitazione personale dello Spirito Santo negli scritti pseudomacariani. Rivelerebbe, inoltre in Basilio, una personale presa di posizione, teologica e spirituale, dinanzi ad un insegnamento spirituale ed ascetico comune allo Ps.-Macario, dal
114 DSS 22, 53, 35-40: oi( ga£r katapatou=ntej ta\ gh/i+na kai£ u(pera/nw au)tw=n geno/menoi, aÃcioi th=j dwrea=j tou= a(gi¿ou Pneu/matoj memartu/rhntai. To\ ouÅn a)xw¿rhton me\n t%= ko/sm%, toi=j a(gi¿oij de\ mo/noij dia\ kaqaro/thta th=j kardi¿aj qewrhto/n, ti¿ xrh\ nomi£zesqai, hÔ ta\j potapa\j tima\j summe/trouj u(pa/rxein au)t%¤; 115 Ricorre infatti anche in Log., 49,6,4,9;64,9,9 (Coll. I); Om., 4,412 (Coll. II). 116 Log., 10, 3, 4, 22-26 (Coll. I): h( de\ qei+kh\ do/ca kai£ to\ ka/lloj th=j e)pourani¿ou ei)ko/noj tai=j katoptrizome/naij yuxai=j kai£ e)xou/saij au)th\n e)n e(autai=j a)na/pausin kai£ zwh\n ai)w¿nion pare/xei, a)ga/phn a)lhqinh\n e)n kaqaro/thti kardi¿aj, trofh\n ou)ra/nion, su/nesin, sofi¿an, xara\n pneu/matoj a)dia/leipton, tv= duna/mei th=j e)nergei¿aj kai£ au)toi£ sunecomoiou/menoi.
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quale prende però le distanze, precisando che l’inabitazione personale dello Spirito Santo non è sensibile né materiale. 5.2. Il capitolo IX del De Spiritu Sancto
La tradizione manoscritta del Corpus degli scritti dello Ps.-Macario, ci ha tramandato un certo numero di manoscritti che compongono la cosiddetta Collezione III. In questi manoscritti, insieme agli scritti pseudomacariani, si trova il capitolo IX del De Spiritu Sancto, questo è un dato indicativo del fatto che già gli antichi avevano intravisto delle affinità dottrinali fra lo Ps.-Macario e Basilio. Il capitolo IX del De Spiritu Sancto, ove Basilio inserisce le esatte nozioni sullo Spirito Santo, conformi all’insegnamento delle Scritture, poteva servire, infatti, per rendere più comprensibili le espressioni pseudomacariane. Questo capitolo serve da trait d’union fra le due parti in cui si divide il trattato; la sua composizione risalirebbe ad un secondo tempo117. La nostra intenzione è quella di raffrontare le affermazioni basiliane di questo capitolo con quelle del Corpus pseudomacariano. Cominciamo con l’espressione di Basilio relativa allo Spirito Santo: «Tutto ciò che ha bisogno di santificazione si volge verso di lui (lo Spirito Santo).»118. Per Basilio, sono le realtà visibili ad elevarsi verso lo Spirito Santo. Per lo Ps.-Macario, invece, è Dio che ricerca i cuori inabitati dallo Spirito Santo, poiché la creazione visibile e tutta l’oikonomìa si sono accostate a Dio, a motivo dell’Incarnazione. Tale contatto od accostamento mette in condizione Dio di ricercare la presenza dello Spirito Santo nei cuori viventi che si sforzano di permanere nello Spirito: «L’operosità vivente dello Spirito Santo nei cuori viventi è ricercata da Dio, perché, dal momento che tutta quanta la creazione visibile e tutta quanta l’oikonomìa si sono accostate, i cuori viventi permangono nello Spirito.»119.
Cfr. B. PRUCHE, Basile de Césarée, cit., Introduction, 121; J. GRIBOMONT, Saint Basile cit., T. II, 465; 496; H. DÖRRIES, De Spiritu Sancto cit., 81-88; 91, il quale dividerebbe il capitolo in due parti. 118 DSS 9, 22, 20-21: Pro\j oÑ pa/nta e)pe/straptai ta\ a(giasmou= prosdeo/mena. 119 Log., 52, 1, 6, 27-29 (Coll. I): e)ne/rgeia ga\r zw=sa pneu/matoj a(gi¿ou e)n zw=saij 117
kardi¿aij para\ qeou= zhtei=tai, oÐti pa/nta ta\ faino/mena kai£ pa=sa oi)konomi¿a pare/rxetai, zw=sai de\ kardi¿ai e)n pneu/mati diame/nousi.
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Nel Logos 52, lo Spirito è l’enérgheia operante nei cuori e si manifesta nella sua permanenza nei cuori santificati. Invece, in Basilio e nel De Spiritu Sancto, sono tutte le creature viventi, secondo virtù, ad accostarsi allo Spirito Santo: «A lui (lo Spirito Santo) si accostano tutte le creature viventi, secondo virtù, esse sono come vivificate dalla sua ispirazione ed aiutate a raggiungere il loro fine intimo a sé stesse e secondo natura.»120.
Lo Spirito Santo rinvigorisce ed aiuta le creature per volgerle verso il fine loro proprio, secondo natura. Ancora, Basilio considera lo Spirito Santo come pienezza continua:
«Non aumenta per aggiunte successive, ma subito pieno, (lo Spirito Santo) è fondato in sé stesso e dovunque presente.»121.
Per lo Ps.-Macario, invece, è l’anima santificata che avverte la pienezza dello Spirito Santo come uno stato acquisito. Lo Spirito Santo, negli scritti pseudomacariani, è una presenza, più esattamente, un’esperienza personale e soggettiva. Più avanti, Basilio, sullo Spirito Santo, afferma: «Inaccessibile per natura, può essere contenuto per mezzo della sua bontà; riempie tutte le cose con la sua potenza, solo ai degni si fa partecipe, non è condiviso in una sola misura ma distribuisce la sua operazione secondo l’analogia della fede.»122.
Lo Ps.-Macario, in particolare nel Logos 52, conosce lo Spirito Santo come amore che fa sentire all’anima ebbrezza, gioia e che dimora in un cuore fedele dalla condotta austera:
DSS 9, 22, 21-23: ouÒ pa/nta e)fi¿etai ta\ kat’a)reth\n zw=nta, oiÒon e)pardo/mena tv= e)pipnoi¿# kai£ bohqou/mena pro\j to\ oi)kei=on e(autoi=j kai£ kata\ fu/sin te/loj. 121 DSS 9, 22, 25-26: ou) prosqh/kaij au)cano/menon, a)lla\ plh=rej eu)qu¿j, e)n e(aut%= i(drume/non kai£ pantaxou= oÃn. 122 DSS 9, 22, 29-32: )Apro/siton tv= fu/sei: xwrhto\n di’a)gaqo/thta! pa/nta me\n plhrou=n tv= duna/mei, mo/noij de\ oÔn meqekto\n toi=j a)ci¿oij, ou)x e(ni£ me/tr% metexo/menon, a)lla\ kat’a)nalogi¿an th=j pi¿stewj diairou=n th\n e)ne/rgeian. 120
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«Come, ancora una volta, l’amore dello Spirito inebria di celeste mistero nella gioia della grazia; non opera nettamente nei dissoluti ed indistintamente negli impudichi, se non in un cuore fedele e ben disposto che osserva uno stile di vita ed un’ascesi severe.»123.
Alla pistis di Basilio, anzi all’analoghìa tes pisteos, fa da contraltare la kardìa pisté, il cuore fedele dello Ps.-Macario. Sempre nel Logos 52, la Trinità inabita nell’uomo purificato per mezzo del soccorso che viene dall’alto124. Infatti, l’uomo invoca, con la preghiera e l’ascesi, il soccorso di Dio che si fa avvertire nell’esperienza dello Spirito Santo, in proporzione alla capacità ed alla disposizione di chi, ricevendolo, ne sperimenta la gioia. In Basilio, invece, l’uomo accoglie lo Spirito per grazia secondo la sua fede, ma l’iniziativa dello Spirito precede sempre la creatura. Subito dopo, però, afferma: «Così, lo Spirito, presente in ciascuno che è disposto ad accoglierlo come se fosse presente in lui solo, effonde in pienezza su tutti la grazia; di lui gioisce chi ne partecipa, per quanto lo permetta la sua natura (di chi lo riceve), non per quanto possa lo stesso Spirito.»125.
Basilio conclude facendo una puntualizzazione importante: lo Spirito Santo si comunica alle creature nella misura in cui la loro natura accoglie e riceve lo Spirito, non in proporzione alla capacità ed alla potenza dello Spirito, essendo questo immutabile ed invariabile nella comunione trinitaria. Ci si potrebbe chiedere a chi è rivolta questa puntualizzazione, a noi sembra che Basilio voglia intendere che non esiste un rapporto fra l’ascesi personale e la presenza dello Spirito, tale che l’una condizioni l’altra, al punto da far dipendere l’inabitazione dello Spirito dallo sforzo umano. Anche lo Ps.-Macario, però, più volte intende evitare questo rischio
123 Log., 52, 2, 3, 26-1 (Coll. I): wÐsper pa/lin h( tou= pneu/matoj a)ga/ph to\ ou)ra/nion musth/rion to\ th\n yuxh\n mequ/skon e)n tv= a)gallia/sei th=j xa/ritoj ou)k e)nergei=tai a(plw=j ei)j a)sw¿touj kai£ a)selgei=j a)diafo/rwj, ei) mh\ ei)j kardi¿an pisth\n kai£ eu)labh= kai£ politei¿an kai£ aÃskhsin a)kribh= eÃxousan. 124 Log., 52, 2, 3, 6 (Coll. I), vedi supra: La dottrina del Logos 52. 125 DSS 9, 22, 37-40: OuÐtw dh\ kai£ to\ Pneu=ma e(ka/st% tw=n dektikw=n, w¨j mo/n% paro/n, diarkh= toi=j pa=si th\n xa/rin o(lo/klhron e)pafi¿hsin! ouÒ a)polau/ei ta\ mete/xonta, oÐson au)ta\ pe/fuken, ou)x oÐson e)kei=no du/natai.
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quando mette in guardia da un’ascesi scriteriata o fine a sé stessa, come leggiamo nel Logos 52126. Successivamente, Basilio si preoccupa di affermare che l’inabitazione dello Spirito Santo non è sensibile né materiale127. L’inabitazione dello Spirito Santo consiste nell’intimità od oikéiosis dello Spirito con l’anima e non si manifesta sensibilmente. Per mezzo dell’esclusione delle passioni o chorismòs ton pathòn, l’anima non sperimenta più la pros ten sarka philìa ovvero quel rapporto stretto che la tiene legata alla carne. Questo tratto è comune a quello dell’apàtheia nello Ps.-Macario, privo però dello studio e della descrizione degli effetti della grazia dello Spirito nell’anima santificata; anche l’oikéiosis, come abbiamo visto, è un tratto importante negli scritti pseudomacariani. Nel prosieguo Basilio aggiunge: «Purificatosi dunque della sua turpitudine, colui il quale riprende il suo combattimento contro la malvagità, ritornato alla bellezza che proviene dalla sua natura originaria, restituito, per mezzo della sua purificazione, alla sua forma originaria, tale e quale all’immagine regale, solo così ci si potrà accostare al Paraclito.»128.
Il motivo dell’immagine regale è presente negli scritti dello Ps.Macario: «Laddove opera ed inabita il Santo di Dio e lo spirito della sua signoria, tutta quanta la creazione viene colmata necessariamente dell’obbedienza per mezzo dell’immagine celeste, signorile e regale dello Spirito.».
Oppure:
«Quanti hanno ricevuto entro le loro anime il segno e l’immagine regale, il fuoco divino e celeste, a costoro, nel loro distaccarsi dal corpo, i demòni non oseranno accostarsi.»129.
Log., 52, 2, 3, 25 (Coll. I) vedi supra: La dottrina del Logos 52. DSS 9, 23, 1-5, vedi supra: Vocabolario ascetico. 128 DSS 9, 23, 5-9: Kaqarqe/nta dh\ ouÅn a)po\ tou= aiÃsxouj oÑ a)nema/cato dia\ th=j kaki¿aj, kai£ pro\j to\ e)k fu/sewj ka/lloj e)panelqo/nta, kai£ oiÒon ei)ko/ni basilikv= th\n a)rxai¿an morfh\n dia\ kaqaro/thtoj a)podo/nta, ouÐtwj e)sti£ mo/nwj proseggi¿sai t%= Paraklh/t%. 129 Log., 23, 1, 11, 24-27 (Coll. I): oÐpou ga\r to\ tou= qeou= aÐgion kai£ despotiko\n pneu=ma e)nergei= kai£ e)noikei£, a)nagkai¿wj pa=sa h( kti£sij th\n u(pakoh\n a)poplhroi= dia\ th\n 126 127
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Essa è contenuta nello Spirito Santo che inabita in noi e che ci segna per la nostra salvezza. In Basilio, invece, l’immagine regale è nell’anima. Se per lo Ps.-Macario l’apàtheia e l’ascesi ci portano all’esperienza della pienezza dello Spirito Santo nell’anima, in Basilio è lo stesso Spirito Santo Paraclito che conduce l’anima alla contemplazione dell’immagine dell’archetipo: «Allora, come il sole che ha ricevuto lo sguardo di un occhio purificato, (lo Spirito) ti mostrerà in sé stesso l’immagine dell’invisibile. Nella beata veduta dell’immagine vedrai la bellezza ineffabile dell’archetipo.»130.
Nello Ps.-Macario, la purificazione dell’anima, con l’apàtheia, fa raggiungere la comunione dello Spirito Santo, dove si sperimentano tutti gli effetti della grazia santificante. Per Basilio, le anime purificate diventano pneumatophòroi «portatrici dello Spirito», riversando la grazia ricevuta sulle altre anime131. Non così per lo Ps.-Macario, per il quale l’esperienza della comunione con lo Spirito Santo è soggettiva ed individuale. Però possiamo ritenere di aver colto un tratto comune ai due Padri: lo Spirito Santo si comunica ed inabita soltanto nelle anime degne di riceverlo che intraprendono un cammino di purificazione continua. Per Basilio, il fine ed il desiderio più alto dell’anima è quello di divenire Dio: theòn ghenésthai132; per lo Ps.-Macario, invece, il fine dell’anima è quello di divenire Spirito: pneuma ghenésthai133. In conclusione, si può affermare che Basilio consideri l’importanza di una partecipazione personale allo Spirito Santo. Egli però la intende come partecipazione trinitaria in cui si manifesta la particolare mediazione dello Spirito Santo operante la santificazione, la purificazione, la divinizzazione dell’anima, ma sempre ordinata alla comunione
e)poura/nion kai£ despotikh\n kai£ basilikh\n tou= pneu/matoj ei)ko/na. Log., 34, 3, 5-7 (Coll. I): oÐsoi de\ a)penteu=qen to\ si¿gnon kai£ th\n basilikh\n ei)ko/na e)de/canto e)n tai=j yuxai=j kai£ to\ pu=r to\ qei=on kai£ e)poura/nion, tou/toij e)n t%= xwri¿zesqai tou= sw¿matoj ou) tolmw=si proseggi¿sai oi( dai¿monej. 130 DSS 9, 23, 9-12: (O de/, wÐsper hÐlioj, kekaqarme/non oÃmma paralabw¿n, dei¿cei soi e)n e(aut%= th\n ei)ko/na tou= a)ora/tou. )En de\ t%= makari£% th=j ei)ko/noj qea/mati to\ aÃrrhton oÃyei tou= a)rxetu/pou ka/lloj. 131 DSS 9, 23, 14-20. 132 DSS 9, 23, 22-25, vedi supra: Il ruolo santificatore dello Spirito in Basilio di
Cesarea.
133 Om., 18, 132-138 (Coll. II), vedi supra: La Scrittura e l’inabitazione divina negli scritti dello Ps.-Macario Egizio.
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con Dio uno e trino. Nello Ps.-Macario l’identità e le operazioni dello Spirito Santo sono inseparabili dall’esperienza personale che produce la sua inabitazione nell’anima santificata, purificata, dall’ascesi; questa, in un continuo sforzo, diviene Spirito e si mescola con la divinità. 5.3. Temi dottrinali
Nel corso dell’analisi del De Spiritu Sancto, vorremmo rilevare almeno due luoghi testuali che sembrano mostrare un’eco di contrapposizioni dottrinali. Nel De Spiritu Sancto, Basilio spiega come l’essere stabiliti in Cristo134 e la sua grazia operante in noi, non diminuiscano la sua gloria135, anzi, l’enumerazione dei suoi benefici è già un tema di dossologia. Per questo motivo, spiega come nella Scrittura si attribuiscano al Signore molti e diversi nomi ed inoltre, per mostrare la sua grandezza e la sua bontà, si usino anche le caratteristiche della sua natura. Basilio, però, osserva come, sempre nella Scrittura, per quella grazia che il Signore usa verso di noi, in molteplici modi, il Signore stesso viene chiamato con altri innumerevoli nomi: «Inoltre, a motivo dell’estrema diversità delle forme con cui la grazia si manifesta per noi, grazia che (il Signore) offre a chi la impetra, per la ricchezza della sua bontà, secondo la multiforme varietà della sua sapienza, (la Scrittura) lo indica (il Signore) con innumerevoli altri nomi; chiamandolo ora “pastore”, ora “re”, ora “medico” e poi ancora “sposo”, “via”, “porta”, “fonte”, “pane”, “ascia”, “roccia”.»136.
I nomi, nel testo prosegorìas, come “via”, “porta”, “ascia” e “roccia”, spiega Basilio, non richiamano la natura di Dio, ma: 134 135 136
Basilio fa riferimento a Rm 1,5;5,2, interpretando di’ouÅ come riferito a Cristo. DSS 8, 17, 15. DSS 8, 17, 23-29: Kai£ pa/lin me/ntoi dia\ to\ polu/tropon th=j ei)j h(ma=j xa/ritoj, hÑn
dia\ to\n plou=ton th=j a)gaqo¿thtoj kata\ th\n polupoi¿kilon au)tou= sofi¿an toi=j deome/noij pare/xetai, muri¿aij au)to\n e(te/raij proshgori¿aij a)poshmai¿nei! pote\ me\n poime/na le/gousa, pote\ de\ basile/a, kai£ pa/lin i)atro/n, kai£ to\n au)to\n numfi¿on, kai£ o(do/n, kai£ qu/ran, kai£ phgh/n, kai£ aÃrton, kai£ a)ci¿nhn, kai£ pe/tran.
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«Questi nomi non presentano la natura, ma, come ho detto, la varietà delle operazioni che ha origine dalla benevolenza del creatore verso la propria creazione e che egli offre, secondo il particolare bisogno, a chi domanda.»137.
Vale a dire che quei nomi richiamano la molteplice operazione, o enérgheia, della benevolenza del creatore verso la creazione, enérgheia che il Signore mette a disposizione, di chi domanda, secondo il suo particolare bisogno. Riteniamo che su questo argomento esista un riscontro nel Logos 40 della Collezione I dello Ps.-Macario. In questo logos, alle consuete esortazioni alle anime in cammino di purificazione, seguono interessantissime considerazioni sull’interpretazione dei nomi di Dio: «Secondo infatti quel modo di interpretare la Scrittura, il Signore, che è uno secondo la sostanza, è divenuto dai molti nomi, secondo la tropologhìa, a cagione della salvezza degli uomini, nel disegno salvifico, chiamandosi (nella Scrittura) ora “roccia” e “porta”, ora “ascia” e “via” ed ancora “vite” e “pane”; “roccia”, perché non si può scuotere e non vi si può accedere a motivo della sua potenza; “porta” perché è lui che è il passaggio alla vita eterna; “ascia” perché è lui che recide la radice della malvagità; “via” perché è lui che conduce i degni alla conoscenza della verità; “vite” perché da essa si produce il vino che arreca gioia al cuore dell’uomo; allo stesso modo, anche “pane”, nel senso che sostiene il cuore della vita spirituale; secondo quel modo di interpretare la Scrittura (illustrato prima), anche l’anima senza macchia che si è accostata intimamente alla Parola di Dio, appartata, sarà resa degna, secondo numerosi avanzamenti, di moltissime virtù e doni spirituali. Io ho detto queste cose per comprendere la figura della sposa, non solo per tre volte ma molte volte.»138.
DSS 8, 17, 29-32: Tau=ta ga\r ou) th\n fu/sin pari¿sthsin, a)lla/, oÐper eÃfhn, to\ th=j e)nergei¿aj pantodapo/n, hÑn e)k th=j peri£ to\ iÃdion pla/sma eu)splagxni¿aj kata\ to\ th=j xrei¿aj i)di¿wma toi=j deome/noij pare/xetai. 138 Log., 40, 2, 5, 1, 20-8 (Coll. I): Kaq’ oÑn ga\r tro/pon o( ku/rioj h(mw=n, eiÒj wÔn kat° ou)si¿an, poluw¿numoj ge/gone kata\ tropologi¿an eÐneken th=j e)n oi)konomi¿# swthri¿aj tw=n a)nqrw¿pwn pv= me\n pe/tra o)nomasqei=j kai£ qu/ra, pv= de\ a)ci¿nh kai£ o(do/j, kai£ auÅqij aÃmpeloj kai£ aÃrtoj pe/tra me\n dia\ to\ th=j r(w¿mhj au)tou= aÃseisto/n <te> kai£ a)pro/siton, qu/ra de\ dia\ to\ au)to\n eiÅnai eÃisodon th=j ai)wni¿ou zwh=j, a)ci¿nh de\ dia\ to\ e)kko/ptein au)to\n ta\j th=j kaki¿aj r(i¿zaj, kai£ o(do\j dia\ to\ aÃgein au)to\n tou\j a)ci¿ouj e)pi£ th\n th=j a)lhqei¿aj gnw=sin, kai£ aÃmpeloj, oÐti e)c au)tou= o( eu)frai¿nwn kardi¿an a)nqrw¿pou oiÅnoj karpoforei=tai, o(moi¿wj de\ kai£ aÃrtoj oiÒa sthri¿zwn kardi¿an logikou= z%¿ou, to\n au)to\n tro/pon kai£ h( o)ikeiwqei=sa t%= tou= qeou= lo/g% aÃmwmoj yuxh\ mono/tropoj tugxa/nousa kata\ ta\j polla\j prokopa\j tw=n pneumatikw=n 137
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Questo brano ci sembra importante, perché mostra come pochi altri, l’importanza fondamentale della Scrittura e della sua interpretazione nella riflessione e nella teologia mistica dello Ps.-Macario. Egli stesso parla di una comprensione mistica della Scrittura, o mystikòteron noéin tas graphàs139. Secondo quell’immagine o tropos, ovvero, secondo quell’unione profonda ed intima con la sua Parola, precedentemente illustrata nel medesimo Logos140, il Signore, pur essendo «uno per essenza», o eis on kat’ousìan, «diventa dai molti nomi», o polyonòmos ghégone, secondo la tropologhìa. La tropologhìa, con la varietà dei suoi tropoi, sembra essere un linguaggio figurato della Scrittura, con il quale si illustrano i modi dell’azione della grazia del Signore nell’anima, nella quale, letteralmente, dimora intimamente la Parola di Dio. I nomi esprimono fortemente la modalità dell’inabitazione del Verbo di Dio, oppure della sua Parola, nell’anima. In altre parole, gli attributi del Verbo, quali “porta”, “roccia”, “ascia”, sono modi, in figura, attraverso i quali il il Verbo, il Logos o il Signore opera nell’anima. Basilio si preoccupa di affermare come i nomi, attribuiti a Dio, non afferiscano alla sua natura, ma alla varietà delle sue operazioni o to tes energhéias pantodapòn. Lo Ps.-Macario sembra ripetere lo stesso argomento ma afferma pure che gli attributi del Verbo individuano le operazioni della divinità, secondo un linguaggio figurato nella Scrittura o tropologhìa, come lo chiama. La tropologhìa si esercita per la salvezza degli uomini. Nell’attributo di “porta”, posto accanto a quello di “roccia”, il Verbo opera l’accesso inamovibile alla vita eterna; in quello di “ascia”, posto accanto alla “via”, il Verbo opera il distacco dalla radice della malvagità per indirizzare i giusti e condurli alla conoscenza della verità; in quello di “vite”, posto accanto a quello di “pane”, il Verbo allieta il cuore dell’uomo e sostiene la sua vita spirituale. In certo qual modo, il Verbo si identifica con i suoi attributi, «diventa dai molti nomi». In tal modo, per lo Ps.-Macario, la Scrittura deve essere interpretata secondo un procedimento particolare, scaturente da un intimo contatto o synàpheia dell’anima con la divinità oppure con la Parola di Dio ossia il
a)retw=n plei¿stwn kai£ tw=n dwrew=n a)ciwqh/setai. eiÃrhtai de/ moi tau=ta eÐneken tou= ou) mo/non trixv= noei=sqai to\n xrhmatismo\n th=j nu/mfhj, a)lla\ kai£ pollaxw=j. 139 Log., 2, 3, 7, 24 (Coll. I). 140
Egizio.
Vedi supra: La Scrittura e l’inabitazione divina negli scritti dello Ps.-Macario
187
Logos141. Le Scritture diventano così oikéiai graphài ovvero «intime scritture» contro la ton onomàton omoiòteta142, ovvero, quei metodi ermeneutici basati sulla «similitudine dei nomi», applicata alle Scritture. Nelle oikéiai graphài, i nomi di Dio ed i suoi attributi, secondo un intimo rapporto con la divinità, diventano la tropologhìa, che permette all’anima di accostarsi intimamente alla Scrittura, come Parola di Dio per la sua salvezza e di partecipare in una maniera particolare, attraverso l’esperienza dell’inabitazione dello Spirito Santo nell’anima, all’ousìa stessa di Dio. Per Basilio, i nomi di Dio esprimono la varietà dell’enérgheia od «operazione», della benevolenza del creatore verso la creazione: essi non ci fanno conoscere la natura di Dio. L’enérgheia si manifesta secondo il particolare bisogno di chi domanda; vi è quindi l’attenzione, in Basilio, alla risposta, da parte di Dio, ad un bisogno personale della creatura, di ricevere la benevolenza del creatore. Ci sembra che l’espressione kat’ousìan del testo pseudomacariano, sopra evidenziato, corrisponda in quello di Basilio al termine indicante la natura o ten physin. Inoltre, alla tes en oikonomìa sotherìas ton anthròpon, in altre parole, «al piano della salvezza degli uomini», finalità della tropologhìa nello Ps.-Macario, corrisponda katà to tes chréias idiòma tois deoménois ovvero «secondo il bisogno particolare di chi domanda», in Basilio. Ci sembra interessante osservare come questi testi, uno di Basilio l’altro dello Ps.-Macario, posti a confronto, siano equivalenti; il secondo pone, però, l’accento sugli attributi del Verbo presenti nella Scrittura, come modalità dell’inabitazione della Parola di Dio nell’anima. Il primo, sottolinea, invece, l’alterità esistente fra il creatore e la creazione, rilevando il bisogno della creatura che si accosta al creatore. Riteniamo di ravvisare nei due testi, grazie alle loro due diverse accentuazioni, un rapporto da intendersi in maniera particolare. Lo Ps.Macario intende la tropologhìa come un linguaggio od un approccio ermeneutico alla Scrittura che metta gli attributi del Verbo in rapporto con la natura stessa di Dio o la sua essenza. Il cappadoce precisa invece che gli attributi del Verbo non afferiscono alla natura di Dio ma esprimono la varietà dell’enérgheia o della sua «operazione». 141 142
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Log., Log.,
40, 2, 3, 9-19 (Coll. I) già citato. 52, 1, 3, 19 (Coll. I).
Un altro tema dottrinale che Basilio affronta nel De Spiritu Sancto è quello inerente i tipi o typoi presenti nella Scrittura. Il discorso di Basilio parte dal Battesimo: è nel Battesimo, infatti, che opera, in comunione con le altre due divine Persone, lo Spirito Santo prefigurato nell’AT. In questo modo, Basilio vuole rispondere a coloro i quali sminuiscono la fede nel sacramento del Battesimo, poiché nell’AT non mancano esempi di battesimi. Basilio sostiene fermamente che: «La fede nello Spirito è come quella nel Padre e nel Figlio; allo stesso modo per il battesimo.»143.
La fede, come il Battesimo, è prefigurata da ombre e da tipi: «Quella (la fede) in Mosé e nella nube è come quella nell’ombra e nel tipo.»144. Il cappadoce, come se rispondesse ad un’obiezione, afferma che, pur prefigurate da realtà umane, le realtà divine non sono sminuite: «Poiché, naturalmente, le realtà divine prendono la forma di quelle piccole ed umane, è piccola anche la natura delle realtà divine che spesso l’adombramento dei tipi ha significato prima.»145.
I tipi quindi aiutano ad accedere alle realtà divine:
«Il tipo infatti è una manifestazione attraverso l’imitazione, delle cose che si attendono e fa intravedere prima il futuro in maniera intelligibile.»146.
Così, per esempio, Adamo è il tipo di colui che deve venire; la roccia è il tipo di Cristo; l’acqua della roccia è il tipo della potenza vivificante del Verbo e così via. Il Battesimo è stato così prefigurato dagli avvenimenti dell’Esodo. I primogeniti degli ebrei, segnalati dal sangue di un agnello 143 DSS 14, 31, 10-11: ÐOti ei)j me\n to\ Pneu=ma h( pi¿stij, w¨j ei)j to\n Pate/ra kai£ ei)j to\n Ui(o/n! o(moi¿wj de\ kai£ to\ ba/ptisma. 144 DSS 14, 31, 12: (H de\ ei)j to\n Mwu+sh=n kai£ th\n nefe/lhn, w¨j ei)j skia\n kai£ tu/pon. 145 DSS 14, 31, 13-15: Ou) dh/pou de/, e)peidh\ mikroi=j kai£ a)nqrwpi¿noij prodiamorfou=tai ta\ qei=a, mikra/ ti¿j e)sti kai£ h( tw=n qei¿wn fu/sij, hÑn h( tw=n tu/pwn skiagrafi¿a polla/kij prapesh/mhnen. 146 DSS 14, 31, 16-17: ÃEsti ga\r o( tu/poj prosdokwme/nwn dh/lwsij dia\ mimh/sewj, e)ndeiktikw=j to\ me/llon prou+pofai¿nwn.
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sugli stipiti delle porte, risparmiati così dall’angelo sterminatore, prefiguravano i futuri battezzati. Quindi: «Il mare e la nube, nel tempo presente, hanno introdotto alla fede per mezzo dello stupore; nel tempo futuro, come tipi, hanno fatto intravedere, prima, la grazia che vi sarebbe stata.»147.
Per Basilio, la Scrittura, oltre al significato letterale che introduce alla fede, ha anche un senso tipologico, prefigurante la grazia futura che dovrà manifestarsi. In particolare, il mare che annegò gli egiziani era tipologicamente un battesimo, perché, come il mare separò dal Faraone, così il Battesimo ci separa dal diavolo. Sull’esempio del popolo ebraico uscito dall’acqua sano e salvo, noi usciamo vivificati dal nostro Battesimo148. Allora Basilio conclude affermando che: «La nube era ombra del dono dello Spirito che spegne la fiamma delle passioni, per mezzo della mortificazione delle membra.»149.
La nube che accompagnò il popolo nel deserto ed indicò il cammino è un typos del dono dello Spirito che scaccia le passioni con la mortificazione delle membra. La requisitoria che fa Basilio è precisa e circostanziata: alcuni, partendo dalle ombre e dai tipi, svalutano tutta l’oikonomìa che in Basilio è l’Incarnazione. Infatti, è vero, afferma Basilio, che i tipi sono sempre inferiori alle verità che manifestano, ma senza di essi, non potremmo accedervi: «Così, non esisterebbe più null’altro di grande fra noi se dubitassimo prima, coi tipi, di quello che è venerabile in ogni cosa.»150.
Quindi, il sacrificio di un ariete da parte di Abramo prefigura quello di Cristo, ma non è il sacrificio di Cristo. Eppure:
DSS 14, 31, 37-40: (H de\ qa/lassa kai£ h( nefe/lh, pro\j me\n to\ paro/n, ei)j pi£stin e)nh=ge dia\ th=j kataplh/cewj pro\j de\ to\ me/llon, w¨j tu/poj th\n e)some/nhn xa/rin prou+pesh/maine. 148 DSS 14, 31, 44-46. 149 DSS 14, 31, 46-48, vedi supra. 150 DSS 14, 32, 2-4: OuÐtw me\n ouÅn ou)d’aÔn aÃllo ti me/ga eiÃh tw=n h(mete/rwn, eiÃper to\ e)n e(ka/st% semno\n toi=j tu/poij prodiaba/lloimen. 147
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«Allora, colui il quale mette a confronto la verità con la sua ombra fa la stessa cosa anche con il Battesimo ed accostando fra loro, coi tipi, le realtà segnalate come evidenti attraverso Mosé ed il mare, si appresta a spezzare d’un colpo tutta quanta l’economia evangelica.»151.
Costoro spiegano il Battesimo restando nei tipi e nelle ombre dell’AT; partendo da Mosè, restano nell’AT e spezzano l’unità dell’unica oikonomìa della salvezza, quella del Vangelo. Costoro, infatti, ritengono la fede nel Signore, se prefigurata da Mosè, insignificante: «Certo, allora ben poca cosa sarebbe la fede nel Signore, perché è stata preannunziata per mezzo di Mosé?»152.
realtà:
Basilio tiene a precisare come ormai i tipi si siano trasformati in
«Perché, colui il quale si è dedicato al semplice significato della lettera e si è soffermato sulle note della legge è come se avesse ricevuto il cuore velato con il velo giudaico della lettera; subisce questo a causa dell’ignoranza, perché l’osservanza della legge nella visita di Cristo è resa nulla e, per il resto, i tipi partecipano della verità.»153.
L’avvento di Gesù ha tolto il velo che gravava sulla Scrittura facendoci partecipare direttamente, in maniera nuova, per mezzo di Cristo e della sua grazia, alla comprensione vera delle Scritture. Il mistero, adombrato in tipi ed ombre nelle Scritture, si è rivelato e si è tramutato in realtà, ponendo fine ai tipi ed alle ombre. Fra gli scritti trasmessi nel Corpus dello Ps.-Macario Egizio, il Logos
151 DSS 14, 32, 11-15: Tau)to\n toi¿nun poiei= kai£ e)pi£ tou= bapti¿smatoj o( tv= ski#= sugkri¿nwn th\n a)lh/qeian, kai£ toi=j tu/poij paraba/llwn ta\ par‘au)tw=n shmaino/mena, kai£ dia\ Mwu+se/wj kai£ th=j qala/sshj pa=san o(mou= diasu/rein th\n eu)aggelikh\n oi)konomi¿an e)pixeirw=n. 152 DSS 14, 33, 17-18: ÅAra ouÅn mikro\n h( ei)j to\n Ku/rion pi¿stij, e)peidh\ dia\ Mwu+se/wj proeshma/nqh; 153 DSS 21, 52, 42-48: ÐOti o( yilv= tv= dianoi¿# tou= gra/mmatoj proskaqh/menoj kai£ au)tou= pou peri£ ta\ nomika\ parathrh/mata diatri¿bwn, oiÒo¿n tini parapeta/smati tv= )Ioudai+kv= tou= gra/mmatoj e)kdoxv= th\n kardi¿an e(autou= sugkeka/luptai! kai£ tou=to pa/sxei para\ to\ a)gnoei=n oÐti h( swmatikh\ tou= no/mou th/rhsij e)n tv= e)pidhmi¿# tou= Xristou= katargei=tai, tw=n tu/pwn loipo\n metalhfqe/ntwn ei)j th\n a)lh/qeian.
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52 della Collezione I è quello che contiene la trattazione più accurata e precisa del tipo e dell’ombra154. Tutta la realtà visibile è tipo ed ombra della realtà invisibile, nel senso che la realtà visibile è inferiore a quella invisibile essendo questa quella originale. Il termine typos potrebbe allora essere tradotto con il termine «copia» ed in questo significato troviamo typos contenuto, nello stesso logos, nel termine diatyposis155, indicante la conformazione visibile dell’immagine della Chiesa. L’altro termine skiàs, secondo l’accezione di Eb 10,1, significa «ombra», quindi un’approssimazione alla realtà vera che è quella invisibile. Il termine compare all’inizio del Logos 52, nell’accezione di guida dell’anima inesperta alle realtà celesti156; in quella di ombra della Chiesa di Cristo157 ed infine in quella di ombra dell’uomo interiore158. Lo Ps.-Macario considera l’oikonomìa phainoméne, in altre parole la chiesa visibile, appunto una copia ed un’ombra della Chiesa celeste, vivente e vera che è l’anima o l’uomo interiore159. In questo senso, anche l’oikonomìa phainoméne della Chiesa è una parabolé160, quindi una metafora provvisoria od una analogia che rimanda alla realtà vera che deve manifestarsi alla venuta del Signore161. Allora riteniamo che, lo Ps.-Macario, pur rilevando il passaggio dall’antica alleanza alla nuova, anzi all’oikonomìa phainoméne della Chiesa degli ultimi giorni, non salvaguardi sufficientemente l’unicità dell’unica oikonomìa, perché considera la Chiesa come una tappa od un grado nel cammino verso la piena manifestazione della Chiesa di Cristo. La nuova oikonomìa non si differenzia da quella veterotestamentaria in nulla, se non nel Battesimo, nell’altare, nell’Eucaristia del pane e nel culto mistico162; ma anche tutte queste cose sono ombre e copie, l’Eucaristia è, infatti, detta altrove antitypos del corpo di Cristo163. Riteniamo, quindi, di poter affermare che lo Ps.-Macario sminuisca l’economia dell’Incarnazione,
52, 2, 1, 1-8 (Coll. I). Vedi supra: La dottrina del Logos 52. 52, 1, 6, 30 (Coll. I). 156 52, 1, 1, 6 (Coll. I): dia£ th=j skia=j o(deu¿sasa h( nhpi¿a yuxh£. 157 52, 1, 1, 10 (Coll. I): skia£ hÒn th=j nu=n e)kklhsi¿aj tou= Xristou. 158 52, 1, 1, 11 (Coll. I): skia¿ e)sti tou= eÐndon a)nqrw¿pou. 159 52, 1, 1, 8 (Coll. I). 160 52, 2, 5, 11 (Coll. I). 161 Si noti l’importanza che assume nella trattazione della tematica dei tipi e delle ombre nel Lo/goj 52, la riflessione sull’Epistula agli Ebrei. Nel caso di parabolh¿ è evidente il riferimento a Eb 9,9a: hÐtij parabolh£ ei)j to£n kairo£n to£n e)nesthko¿ta. 162 Log., 52, 1, 4, 11 (Coll. I). 163 Log., 7, 15, 10 (Coll. I). 154 155
192
Log., Log., Log., Log., Log., Log., Log.,
perché relativizza la Chiesa visibile, in quanto incompiuta senza la Chiesa dei santi e dei primogeniti ed esistente in funzione del Regno di Dio che deve venire. Alla luce di quanto abbiamo detto, ci sembra lecito poter affermare che lo Ps.-Macario dia agli attributi divini la funzione, previa un’assimilazione intima e profonda della Scrittura, di accedere alla divinità per la via di un’esperienza intima e personale dello Spirito Santo nell’anima. I nomi di Dio contenuti nella Scrittura sarebbero tropoi o modi del contatto personale della divinità con l’anima. Chiaramente si avverte l’influsso di chiara marca origeniana delle epinòiai e dell’esegesi origeniana del Cantico dei Cantici. La prospettiva dello Ps.-Macario è quella esegetica, monastica, della Parola di Dio vivente nel cuore purificato dalla grazia. La prospettiva di Basilio è invece profondamente ecclesiologica e liturgica: gli attributi di Dio afferiscono alla doxa, alla sua gloria e non alla sua natura o physis. Nella preghiera ed unicamente in quella liturgica, si possono invocare i nomi di Dio che sono enérgheia od efficacia operativa che si manifesta nella benevolenza di Dio verso le creature, libere di invocarlo con molti nomi, non per entrare in un rapporto sensibile — perché il materiale non può unirsi all’immateriale — ma per partecipare alla sua gloria ed essere da lui glorificati, nella fede nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo. Riguardo all’oikonomìa, ossia al piano di salvezza presente nelle Scritture, manifesto nell’antica alleanza d’Israele e rivelatosi negli ultimi tempi in Cristo, lo Ps.-Macario ritiene che essa si sia manifestata visibilmente, negli ultimi tempi, nella Chiesa. La Chiesa, anzi, è l’oikonomìa phainoméne, questo piano di salvezza, divenuto visibile e sensibile con i sacramenti ed il nuovo culto mistico o mystiké latréia. Questa visibilizzazione dell’oikonomìa divina è stata resa possibile dall’evento stesso dell’Incarnazione, inteso dallo Ps.-Macario come il contatto di Cristo, assumente l’umanità, con la materia. Nel Logos 52 leggiamo che: di’o kai o sotér paraghégone, in altre parole, il salvatore Gesù Cristo, Verbo incarnato, si è accostato all’umanità sofferente e dispersa. In virtù di questo contatto, i sacramenti ed il culto diventano luoghi della presenza del salvatore e la loro visibilità acquista valore, in quanto nascondono quella presenza che è mystiké, in altre parole, «nascosta». Il senso delle Scritture diventa allora senso mistico o profondamente nascosto dentro la materialità e la visibilità della lettera. Il culto, nella liturgia, diventa adorazione di una presenza nascosta o mystiké latréia. L’Eucaristia 193
diventa mystiké eucharistìa nella quale ha un posto fondamentale la prosphorà o l’offerta del sacerdote; questa è una dimensione inseparabile dall’Eucaristia, la quale, pur osservando il rito o kanòn, non si può compiere, senza il mistero o «realtà nascosta», dell’intenzione dell’offerente o to mystérion tes proskomidés. Si ripresenta qui, in altra forma ed in altro contesto, la dualità fra uomo interiore ed uomo esteriore, fra chiesa visibile e chiesa invisibile, fra il tempio e l’altare o forse, sarebbe meglio parlare di un doppio livello nella Chiesa, l’uno visibile e transeunte, l’altro invisibile ed escatologico. Sempre in grazia di questo contatto e della presenza del suo salvatore, la Chiesa visibile si rivela come transeunte, nell’attesa della venuta definitiva del Signore nella gloria, quando, al contatto con Cristo nei Sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia e del culto mistico, si sostituirà l’avvento e l’instaurazione del Regno senza fine. In questa prospettiva che oseremmo definire ecclesiologica, la Chiesa visibile, il Battesimo e l’Eucaristia sono tipi ed ombre della Chiesa invisibile, anzi, del Regno di Dio che deve manifestarsi. Questa prospettiva pone l’ecclesiologia dello Ps.-Macario in chiave escatologica ed ovviamente pneumatica. La Chiesa si compie nell’uomo, questa è la novità assoluta della Nuova Alleanza: il corpo, infatti, è, divenuto tempio dello Spirito Santo. L’anima è l’interno di questo nuovo tempio, il cuore ne è il Sancta Sanctorum, il suo sacello segreto, secondo la tipologia del tempio giudaico. La Chiesa vera è allora l’anima dell’uomo vivente e la Chiesa si compie in lui. L’uomo, allora, è tipo ed ombra di quello nuovo, interiore, anch’egli nascosto che deve manifestarsi, allo stesso modo della Chiesa visibile, tipo ed ombra di quella invisibile che è nei cieli, identificata con la Gerusalemme celeste che deve venire. Alla luce di queste ulteriori considerazioni, possiamo affermare che l’identità degli avversari di cui parla lo Ps.-Macario all’inizio del Logos 52, possa essere maggiormente chiarita. Questi considerano i nomi attribuiti a Dio come varietà della sua enérgheia; valutano positivamente l’apparato della Chiesa visibile e, di conseguenza, sopravvalutano la consistenza e l’importanza dei sacramenti164. Lo Ps.-Macario, nell’ordine, li accusa di rendere estraneo il senso familiare ed intimo delle Scritture, chiamate oikéiai graphài, con l’uso della «similitudine dei nomi», la ton onomàton omoiòteta. Accusa inoltre i suoi avversari di confidare troppo nella visibilità della Chiesa, ritenendoli pie164
194
Log.,
52, 1, 3, 18-23 (Coll. I). Vedi supra: La dottrina del Logos 52.
namente convinti dell’oikonomìa attuale della Chiesa visibile, dimentichi del Regno di Dio che deve venire e di cui la Chiesa è al servizio. Infine, li giudica convinti da semplici precetti legali quali ritiene i sacramenti. Questi avversari, per ignoranza o di’àgnoian, respingono la ricerca secondo l’uomo interiore razionale e trascurano la rifondazione dell’anima e la conoscenza della mente della nuova creazione. Si può dunque arguire che lo Ps.-Macario respinga una interpretazione, a suo dire, fondata sulla similitudine dei nomi e su norme cultuali. Secondo il nostro autore, quegli avversari sopravvalutano l’ordinamento ecclesiastico e le sue norme, senza dedicarsi all’approfondimento dell’esperienza della grazia dello Spirito Santo, nell’anima santificata ed al dinamismo della conversione ad una vita rigenerata dallo Spirito che costituisce la presenza già, fin da ora, attraverso l’inabitazione personale dello Spirito Santo, della Chiesa celeste, quella vera e del Regno che deve venire. Per lo Ps.-Macario, questi principianti si illuderebbero, attraverso dei semplici nomi, di richiamare o di attingere alla potenza dell’enérgheia divina, intendendo la similitudine come una virtù intrinseca ai nomi stessi; mentre, in realtà, è l’esperienza intima dello Spirito Santo nell’anima, ben preparata ed impegnata in un serio cammino ascetico che permette all’anima di accostarsi intimamente alle Scritture e di afferrarne il loro vero senso con il ricorso alla tropologhìa, questo linguaggio figurato della Scrittura che dischiude la potenzialità delle operazioni dello Spirito Santo, nascosta nella stessa Scrittura, con i suoi tropoi o modi di interpretarla. Sempre dalla lettura del Logos 52, emerge il dato importante che lo Spirito Santo non appare sufficientemente unito e coordinato al Padre. Dio fa dono dello Spirito Santo alla Chiesa santa e cattolica e questo permane nel santo altare, nell’acqua del santo Battesimo ed in tutta la liturgia della santa chiesa di Dio, ma lo Spirito consolatore fu donato da Gesù agli apostoli165. Basilio afferma chiaramente nel De Spirito Sancto che lo Spirito Santo rimane ordinato a Dio e non può essere forzato:
«Lo Spirito viene ordinato insieme con il Padre non per il bisogno occasionale ma per la comunione proveniente dalla natura; non è attirato da noi ma viene assunto dal Signore.»166.
Log., 52, 1, 4, 5-9 (Coll. I). Vedi supra: La dottrina del Logos 52. DSS 13, 30, 29-32: To\ de\ Pneu=ma ou) dia\ th\n e)pi£ kairou= xrei¿an, a)lla\ dia\ th\n e)k fu/sewj koinwni£an sunte/taktai t%= Qe%=, ou)x u(f’ h(mw=n e(lkusqe/n, a)ll’ u(po\ tou= Kuri¿ou paralhfqe/n. 165 166
195
Inoltre, sottolinea Basilio, la grazia non viene dalla natura dell’acqua, ma dalla presenza dello Spirito Santo, per cui il Battesimo non è una rimozione di sporcizia dal corpo, ma una domanda rivolta a Dio di una buona coscienza: «Al punto che se vi è una qualche grazia nell’acqua, questa non proviene dalla natura dell’acqua ma dalla presenza dello Spirito. Il Battesimo infatti “non è rimozione di sporcizia dal corpo ma invocazione a Dio da parte di una buona coscienza.” (1Pt 3,21).»167.
Nello Ps.-Macario, invece, lo Spirito permane, synéinai, nell’acqua del Battesimo168 e nei sacramenti, luoghi dell’oikonomìa phainoméne della Chiesa. Basilio afferma chiaramente nella sua opera, proprio riguardo al Battesimo, che lo Spirito Santo rimane unito nella comunione con il Padre ed il Figlio, leggiamo infatti: «Se, dunque, nel Battesimo la separazione dello Spirito dal Padre e dal Figlio è rischiosa per chi battezza e dannosa per chi lo riceve, come può essere sicuro per noi separare lo Spirito dal Padre e dal Figlio?»169.
A questo punto, è bene ricordare in qual modo Basilio intenda l’azione dello Spirito Santo nel Battesimo ed egli lo fa nel modo seguente:
«Colui il quale ha salvato dalla rovina la nostra vita ci ha dato una potenza di risurrezione, la cui causa è ineffabile e contenuta nel mistero, recando alle anime la grande salvezza. Al punto che, si aggiunga o si tolga qualcosa, è chiaramente la perdita della vita eterna.»170.
167 DSS 15, 35, 60-63, con la citazione di 1Pt 3,21: ÐWste eià ti¿j e)stin e)n t%= uÐdati xa/rij, ou)k e)k th=j fu/sew¿j e)sti tou= uÐdatoj, a)ll’ e)k th=j tou= Pneu/matoj parousi¿aj. Ou) ga/r e)sti to\ ba/ptisma r(u/pou sarko\j a)po/qesij, a)lla\ suneidh/sewj a)gaqh=j e)perw=thma ei)j Qeo/n. 168 Log., 52, 1, 4, 6 (Coll. I). 169 DSS 12, 28, 28-31: Ei) toi¿nun e)n t%= bapti¿smati o( xwrismo\j tou= Pneu/matoj a)po\ Patro\j kai£ Uiou= e)piki¿ndunoj me\n t%= bapti¿zonti, a)nwfelh\j de\ t%= dexome/n%, pw=j h(mi=n a)sfale\j a)po\ Patro\j kai£ Ui(ou= diaspa=n to\ Pneu=ma. 170 DSS 12, 28, 23-27: (O ga\r lutrwsa/menoj e)k fqora=j th\n zwh\n h(mw=n, eÃdwke du/namin h(mi=n a)nakainw¿sewj, aÃrrhton me\n eÃxousan th\n ai)ti¿an kai£ e)n musthri¿% katexome/nhn, mega/lhn de\ tai=j yuxai=j th\n swthri¿an fe/rousan. ÐWste to\ prosqei=nai¿ ti hÔ a)felei=n, zwh=j e)sti th=j a)i+di¿ou prodh/lwj eÃkptwsij.
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La potenza di risurrezione è lo Spirito Santo, il mistero è il Battesimo. L’esperienza di rinnovamento nello Spirito Santo si può compiere una volta per tutte soltanto nel Battesimo. Inoltre, Basilio afferma due principi importanti: «La fede ed il Battesimo, dunque, due modi (tropoi) della salvezza congiunti fra loro ed inseparabili. La fede si compie per mezzo del Battesimo, il Battesimo si fonda per mezzo della fede e l’uno e l’altro si compiono per mezzo di quei nomi. Come, infatti, crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo così anche noi siamo battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.»171.
La fede ed il Battesimo si fondano reciprocamente l’una sull’altro, raggiungendo entrambi il compimento perfetto, per mezzo di quei nomi che pronunziamo nella dossologia. Crediamo, infatti, nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, come siamo battezzati nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo. Per lo Ps.-Macario, i tropoi sono immagini tratte dalle Scritture mentre i nomi sono gli attributi di Cristo o le epinòiai di origeniana memoria172. Basilio, nel De Spiritu Sancto, mostra di aderire anche alla Tradizione ed alla Dossologia della Chiesa, non assolutizzando il dato scritturistico, come sembra invece fare lo Ps.-Macario. Per Basilio, la fede ed il Battesimo sono i due tropoi fondamentali, mentre i nomi sono quelli indicanti le Persone divine nella professione della fede trinitaria. Un’ultima interessante considerazione che vorremmo fare, riguarda la presenza di un altro riscontro in un testo di Gregorio Nisseno, precisamente nell’Epistula de Fide ad Simplicianum. Questo scritto dogmatico del Nisseno è posteriore al 371 e presenta un argomento, quello dei nomi divini, che ha rilevanti affinità con i luoghi testuali precedentemente esaminati. Val la pena di citare per esteso il brano in questione: DSS 12, 28, 31-37: Pi¿stij de\ kai£ ba/ptisma, du/o tro/poi th=j swthri¿aj, sumfuei=j a)llh/loij kai£ a)diai¿retoi. Pi¿stij me\n ga\r teleiou=tai dia\ bapti¿smatoj, ba/ptisma de\ qemeliou=tai dia\ th=j pi¿stewj, kai£ dia\ tw=n au)tw=n o)noma/twn e(ka/tera plhrou=tai. (Wj ga\r pisteu/omen ei)j Pate/ra kai£ Ui(o\n kai£ aÐgion Pneu=ma, oÃutw kai£ baptizo/meqa ei)j to\ oÃnoma tou= Patro\j kai£ tou= Ui(ou= kai£ tou= a(gi¿ou Pneu/matoj. 172 Log., 40, 2, 3, 9-19 (Coll. I). Vedi supra: La Scrittura e l’inabitazione divina negli 171
scritti dello Ps.-Macario Egizio.
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«Poiché il Verbo divenne carne, Dio divenne uomo, l’incorporeo divenne corporeo ed oltre a tutto questo, peccato e maledizione; non così avvenne per la “pietra”, l’”ascia”, il “pane”, il “gregge”, la “via”, la “porta”, la “roccia” e molte altre (figure bibliche) che esistono per natura, ma che furono per noi secondo il disegno di salvezza. Come dunque il Verbo divenne carne per noi e Dio divenne uomo, così anche il creatore divenne creatura per noi; poiché il creatore è carne.»173.
Il Nisseno fa osservare al tribuno Simpliciano, che, se Dio è divenuto carne e corpo, non così accade per gli attributi divini del Figlio, come “ascia”, “pane”, “via”, “porta”, “roccia” e così via, poiché Dio è diventato questi nomi secondo l’oikonomìa ovvero il piano salvifico divino, per noi, cioè per la nostra salvezza e non per la natura dei nomi stessi. Si troverebbe così, nel Nisseno, un’eco della questione agitata da suo fratello Basilio, nel De Spiritu Sancto al cap. VIII e trattata dallo Ps.-Macario nel Logos 40 della Collezione I. Questo proverebbe l’interesse del Nisseno per l’argomento, tanto da motivare una risposta al tribuno Simplicio o Simpliciano, personaggio non meglio identificato. Nel seguito dell’epistula appare chiaro come il Nisseno si impegni a difendere, dinanzi al destinatario, la divinità dello Spirito Santo174. Ci sembra rilevante il dato che, nella spiegazione dell’argomento, il Nisseno faccia riferimento all’oikonomìa ed alla portata salvifica di questa; la precisazione «per noi», ci sembra significativa, perché si accosta all’interpretazione che dell’oikonomìa dà lo Ps.-Macario nel Logos 40, «a cagione della salvezza degli uomini» nell’oikonomìa, secondo la tropologhìa, come abbiamo più sopra evidenziato. La portata salvifica ed esisten-
173 GREGORIO DI NISSA, Ep. ad Simplicianum. De Fide, in F. MÜLLER (hrsg.), Gregorii Nysseni Opera Dogmatica Minora, T. III, 1, Leiden 1958, 62-63, ll. 20-25;1-3: kai£ ga\r kai£
lo/goj wÔn sa\rc e)ge/neto kai£ qeo\j wÔn aÃnqrwpoj e)ge/neto kai£ a)sw¿matoj wÔn sw=ma e)ge/neto kai£ (eti pro\j tou/toij kai£ a(marti¿a kai£ kata/ra kai£ li¿qoj kai£ a)ci¿nh kai£ aÃrtoj kai£ pro/baton kai£ o(do\j kai£ qu/ra kai£ pe/tra kai£ polla\ toiau=ta e)ge/neto ou)de\n tou/twn tv= fu/sei wÃn, a)lla\ di’h(ma=j kat’oi)konomi¿an geno/menoj. wÃsper ouÅn lo/goj wÔn di’h(ma=j e)ge/neto sa\rc kai£ qeo\j wÔn aÃnqrwpoj e)ge/neto, ouÃtw kai£ kti¿sthj wÔn di’h(ma=j kti¿sij e)ge/neto! ktisth\ ga\r h( sa/rc. 174 Ibid., 65-66, ll. 25-27.1: Kai£ peri£ tou= pneu/matoj de\ tou= a(gi¿ou oi) blasfhmou=ntej to\ au)to\ le/gousin o( kai£ peri£ tou= kuri¿ou, oÐti e)sti kai£ tou=to ktisto/n, kai£ h( e)kklhsi¿a e)pi£shj w¨j peri£ tou= ui)ou=, ouÐtwj kai£ peri£ tou= a(gi¿ou pneu/matoj pisteu/ei, oÐti e)stin aÃktiston. Il
Nisseno, «contro i bestemmiatori dello Spirito Santo», i quali affermano che lo Spirito Santo è creato al pari del Figlio, insegna a Simpliciano a credere che lo Spirito Santo è increato al pari del Figlio.
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ziale della tropologhìa sembra così essere stata accolta dal Nisseno, entro un’interpretazione ortodossa. Il Nisseno accoglie cioè il principio che i nomi di Dio ci fanno pervenire alla sua natura che è quella del Figlio, il quale ci salva sotto forma di molteplici attributi o nomi, facendoci così partecipare, in qualche modo, alla divinità. Su questo argomento, Basilio parla di enérgheia di Dio e non della sua natura; nel Nisseno si potrebbe così osservare un’apertura che lo fa avvicinare alle opinioni espresse dallo Ps.-Macario e dal suo ambiente ascetico175. Il tribuno Simpliciano, destinatario dello scritto del Nisseno, che sembra anch’egli provenire da ambienti militari, sarebbe così interessato a tematiche discusse nell’ambiente dello Ps.-Macario. Riteniamo quindi che, nel De Spiritu Sancto, Basilio tenga presente alcune tematiche dottrinali, comuni anche all’ambiente monastico cui lo Ps.-Macario sembra appartenere e con cui anche il Nisseno sembra essere in contatto dopo il 371.
175 Ibid., 63, ll. 14-18: wÐste e)peidh\ du/o peri£ Xristou= ginw¿skomen, to\ me\n qei=on to\ de\ a)nqrw¿pinon e)n me\n tv= fu/sei to\ qei=on, e)n de\ tv= oi)konomi¿# to\ kata\ a)nqrw¿pon, a)kolou/qwj to\ me\n a)i/+dion tv= qeo/thti prosmarturou=men, to\ de\ ktisto\n tv= a)nqrwpi¿nv logizo/meqa fu/sei. Vi si riscontra un’accezione particolare del termine oi)konomi¿a; in Cristo, vi sono due ele-
menti costitutivi, il divino e l’umano: il primo è tale per natura, il secondo è tale nell’oi)konomi¿a, in altre parole, in vista del piano salvifico divino che si manifesta nell’Incarnazione. Insieme agli altri luoghi testuali citati sopra, potremmo avere qui un’ulteriore riprova dei contatti del Nisseno con i messaliani. Secondo Staats, nell’Epistula 17, dove si descrivono i tratti del vescovo ideale, successore alla sede di Nicomedia (cfr. J. DANIÉLOU, L’eveque d’aprés une lettre de Gregoire de Nysse, in Euntes docete 20 [1967] 85-97), il Nisseno accoglierebbe nella Chiesa questa spiritualità di origine siro-mesopotamica, nota dalle fonti come Messalianismo, di cui il cappadoce vorrebbe frenare l’entusiasmo, cfr. R. Staats, Gregor von Nyssa, cit., 153. 171. 173; vedi supra: il De Instituto Christiano e l’Epistola Magna, cap. II, n. 125. Elementi interni e riscontri nelle fonti, daterebbero l’Ep. 17 al 387, per Staats od al 390, per Daniélou, mentre paralleli testuali mostrebbero la sua parentela con il De Instituto Christiano dello stesso Nisseno, ma anche con l’Epistola Magna dello Ps.-Macario, facendo intendere, nel cappadoce, un modo diverso di comprendere gli insegnamenti eterodossi. L’Oratio In suam ordinationem, invece, mostrerebbe dei contatti con le Omelie Spirituali dello Ps.-Macario, testimoniante un momento storico-ecclesiastico particolarmente favorevole, in cui i messaliani godevano di importanti appoggi presso la corte imperiale di Costantinopoli, cfr. ID., Die Asketen auf Mesopotamien, cit., 178-179, n. 41. A quest’epoca, sarebbe stato possibile, grazie all’appoggio del Prefetto del Pretorio Rufino, un aperto riconoscimento dei messaliani da parte del Nisseno. La menzione degli pneumatomachi collocherebbe l’Oratio nel 394 e non nel 381, come riteneva invece il Daniélou. L’Oratio si riferirebbe ad un sinodo tenutosi a Costantinopoli, probabilmente in occasione della consacrazione di una nuova chiesa e non della consacrazione episcopale di Gregorio, cui, peraltro, non si allude minimamente nel testo; nemmeno il Concilio di Costantinopoli sarebbe stata l’occasione per pronunziare l’Oratio.
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CONCLUSIONI Le conclusioni a cui siamo pervenuti non sono conclusioni nel senso pieno del termine. Alla fine di questo libro, vogliamo soltanto presentare alcune considerazioni conclusive insieme ad alcune ipotesi di ricerca che permettano di approfondire ulteriormente lo studio degli scritti il cui autore, da secoli, si cela sotto vari nomi, fra i quali il più noto ed il più attestato, nei principali testimoni della tradizione manoscritta, è quello di Macario Egizio. Come abbiamo mostrato, all’inizio di questo libro, tale attribuzione è indifendibile, ci accontentiamo, dunque del nome di Ps.-Macario Egizio. D’altra parte, le conclusioni di qualsiasi ricerca, seriamente condotta, sono aperte ad ulteriori ricerche e conclusioni. Modestamente, abbiamo indicato l’esistenza di una prospettiva ecclesiologica che si è cercato di far emergere dall’esame del Corpus degli scritti in greco dello Ps.-Macario Egizio. Abbiamo cercato di mostrare come questa prospettiva ecclesiologica si ponga all’interno di una problematica che è quella della nascente pneumatologia cristiana nel IV secolo. Una prima considerazione conclusiva, non trascurabile, è quella, secondo la quale, il riconoscimento della divinità dello Spirito Santo non può prescindere da quello delle sue operazioni, ad intra e ad extra, della Trinità. La riflessione dei Padri cappadoci del IV secolo, sulla consustanzialità della terza Persona della Trinità con quelle del Padre e del Figlio, doveva volgersi verso le relazioni intratrinitarie e, ad extra, dedicarsi ai carismi dello Spirito Santo che si manifestano nei credenti e nella vita della Chiesa, nonché all’azione dello Spirito Santo nell’anima. Quello che può definirsi come il problema ecclesiologico della divinità dello Spirito Santo, si fa strada, nel IV secolo, negli scritti dello Ps.Macario Egizio e nel De Spiritu Sancto di Basilio di Cesarea, sotto l’aspetto dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, nell’uno e della divinizzazione del cristiano, nell’altro. I risultati raggiunti nel corso della nostra indagine, nei testi considerati, ci permettono di affermare che esiste lo sviluppo dello schema di un’ecclesiologia pneumatica nei logoi, nelle omilìai, ed in particolare, nel Logos 52 della Collezione I dello Ps.-Macario. Questa è una seconda, importante, considerazione conclusiva che dev’essere tenuta presente nello studio degli scritti pseudomacariani e che sembra non essere stata presa sufficientemente in considerazione, primo fra tutti dal Dörries, che insiste sul problema del peccato, della caduta e della grazia, trascurando, forse troppo, il valore della riflessione ecclesiologica dello Ps.201
Macario1. Inoltre, le puntualizzazioni di Basilio di Cesarea, nel De Spiritu Sancto, per confutare o smentire una inabitazione materiale dello Spirito Santo nella creatura, influenzano e determinano un’altra prospettiva ecclesiologica che oseremmo definire “sacramentale”, con la quale, proprio nel Logos 52, lo Ps.-Macario polemizzerebbe2. Questa è la terza considerazione conclusiva che ci permette di porre, su una base nuova, il problema del rapporto fra lo Ps.-Macario Egizio e Basilio di Cesarea; problema che Desprez ha affrontato, prevalentemente, sul versante della vita ascetica, condotta nelle fraternità ascetiche dello Ps.-Macario e di Basilio, come ci viene documentato dai testi, in primo luogo dalle Regulae Morales di Basilio ed in secondo luogo dai logoi, dalle erotapokrìseis, dalle omilìai e dall’Epistola Magna dello Ps.-Macario3. In questa cornice, ecclesiologica, pneumatologica, ascetica e spirituale insieme, riteniamo che possa e debba inscriversi, per rettamente comprenderlo, l’ambiente comune nel quale è avvenuta la formazione ascetica e teologica di Basilio e dello Ps.-Macario, del quale, a differenza del primo, ben poco sappiamo. L’ascetismo in Asia Minore, nel IV secolo, è il terreno nel quale germoglia e matura l’opera di Basilio e dello Ps. -Macario. Nella prima metà del IV secolo, in Asia Minore, Eustazio di Sebaste diffuse il suo ideale ascetico nelle regioni dell’Armenia, della Paflagonia e del Ponto. Stando alla testimonianza di Efrem Siro, intorno alla metà dello stesso secolo, nell’Osroene, è presente il movimento dei messaliani, le cui pratiche ascetiche, illustrate e discusse da Epifanio, richiamano quelle condannate dai Canoni del Sinodo di Gangra. La somiglianza degli usi e delle pratiche ascetiche dei messaliani con quelle degli eustaziani presenti più ad Ovest, condannate a Gangra e sporadici indizi nelle fonti, suggerirebbero un rapporto fra i due movimenti ascetici radicali se non una loro identificazione. La notizia, inoltre, presente nell’epistolario basiliano, di viaggi compiuti da Eustazio di Sebaste in Egitto ed in Siria, per studiare l’ascetismo di quelle regioni, ci consentirebbe di affermare, con cautela, che la philosophìa di
1 Cfr. H. DÖRRIES, Der Theologie des Ps.-Makarios, Göttingen 1978. Sul Lo/goj 52 della Collezione I, cfr. 366-434; sul confronto Macario/Simeone e Basilio di Cesarea: 435455. 2 Con l’espressione “ecclesiologia sacramentale” intendiamo esprimere il peso e l’importanza che assumono i sacramenti, in primo luogo quello del Battesimo, nella visione della Chiesa presente in Basilio, come abbiamo del resto mostrato nelle pagine precedenti. 3 Vedi supra: Il rapporto fra lo Ps.-Macario Egizio e Basilio di Cesarea.
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Eustazio si ispirasse anche all’ascetismo siriaco, le cui pratiche potevano essere presenti in movimenti ascetici siriaci radicali, quale quello dei messaliani, poi mitigate ed adattate da Eustazio. Tali pratiche, come ad esempio, quelle del digiuno e della continenza, sarebbero state ulteriormente moderate ed inserite nella disciplina ecclesiastica, da Basilio di Cesarea, il quale visse un’esperienza fondamentale per la sua vita, nelle fraternità ascetiche eustaziane, in contatto con Eustazio di Sebaste, suo maestro di vita ascetica. Lo sforzo di Eustazio di moderare le richieste ascetiche più radicali del suo movimento è innegabile. La fondazione della casa d’accoglienza di Sebaste, il contrasto, sorto proprio sull’amministrazione di quell’istituzione caritativa ed assistenziale, con il suo discepolo Aerio e la notizia di Sozomeno, sull’interpretazione radicale del suo ascetismo da parte dei suoi discepoli4, ci portano nella direzione di un tentativo, compiuto da Eustazio, di conciliare le proposte radicali dell’ascetismo con le istituzioni della chiesa locale. Un dato sembra, infatti, chiaro: sia gli eustaziani sia i messaliani si ponevano al di fuori od in aperto contrasto con l’istituzione ecclesiastica. Il rifiuto dei presbiteri sposati ed i raduni in case private od in luoghi aperti — particolare quest’ultimo presente nei messaliani — la rivendicazione delle decime ecclesiastiche, esprimono una tendenza a rifiutare, ma forse anche a relativizzare, il ruolo della gerarchia ecclesiastica. Proprio queste istanze ascetiche dei movimenti radicali fanno emergere, pur in forma embrionale — sotto l’aspetto del rifiuto dell’obbedienza alla gerarchia ed alla disciplina ecclesiastiche — il problema ecclesiologico, in Asia Minore, nel IV secolo. Questo è un problema di fondo, comune sia agli eustaziani sia ai messaliani; ciò permette di suggerire una identificazione degli eustaziani con i messaliani e di fare una quarta considerazione conclusiva. Sono proprio questi movimenti ascetici radicali a mettere in discussione l’establishment della Reichskirche costantiniana in Asia Minore nel IV secolo. In particolare, quello degli asceti eustaziani pone questioni squisitamente ecclesiali ed ecclesiologiche alla gerarchia ecclesiastica, quali: il rapporto fra il clero ed i laici; la pratica dei consigli evangelici di povertà, obbedienza e castità; il ruolo della donna nella Chiesa; il valore del matrimonio, della verginità e del celibato; il ruolo dei presbiteri nella Chiesa; il celibato 4 Cfr. GIOVANNI DAMASCENO, Haer., 75, in PG 94,724A, dove troviamo, fra gli eretici condannati, anche gli aeriani o discepoli di Aerio.
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ecclesiastico; il culto e l’obbedienza alla disciplina ecclesiastica; il modo di celebrare le feste e di venerare le spoglie dei martiri. La consapevolezza della propria identità, in questi movimenti ascetici radicali, in riferimento alla loro appartenenza alla Chiesa ed al proprio riconoscimento, nell’obbedienza alla disciplina ecclesiastica, potrebbe permettere agli studiosi di distinguere meglio i tratti dell’ascetismo diffuso in Asia Minore, nel IV secolo. Burns, giustamente, individua un Encratismo radicale “inclusivo” ed uno “esclusivo”, nel senso che il primo include l’enkràteia nella Chiesa, come una fra le vie possibili di vita cristiana; il secondo, invece, escluderebbe dalla Chiesa quanti non vivono l’enkràteia, intesa come l’unica via di salvezza per i cristiani5. L’ascetismo eustaziano o sarebbe meglio dire i suoi eccessi, sembrerebbe incarnare un Encratismo radicale “esclusivo” che non si concilia con i tentativi di Eustazio di inserirlo nell’orbita d’attrazione della sua chiesa locale. Eustazio di Sebaste cerca di riformare il suo movimento ascetico radicale, imprimendogli un orientamento “inclusivo”; a questo tentativo reagisce Aerio con la rottura del suo rapporto con Eustazio. Lo ptochotrophéion era il luogo concreto ed insieme il mezzo con cui il vescovo di Sebaste intendeva inserire l’enkràteia oppure — come direbbe il Burns — l’orientamento “encratico” del suo ascetismo, nella vita della sua chiesa locale. Si può dire, in altre parole, che erano la carità e l’assistenza ai bisognosi, i carismi, individuati e manifesti, dell’ascetismo radicale eustaziano. A questo discernimento “pastorale”, esercitato da Eustazio, sul proprio movimento ascetico radicale, si oppone con i suoi discepoli, Aerio. È interessante quello che ci tramanda Epifanio, l’unico che parli del rapporto di Eustazio con Aerio e della sua rottura: «(Aerio) si scoprì ed alla fine, accusando Eustazio dinanzi a tutti, diceva: “Non è più lui, ma inclina verso l’accumulo di beni e di possessi di ogni sorta.”. Era questa, invero, l’accusa mossa contro di lui; per la verità, Eustazio, avendo per le mani gli affari ecclesiastici, non poteva fare diversamente. Ma le parole di Aerio erano convincenti.»6.
5 6
Ad Aerio ed ai discepoli di cui ci parla Sozomeno, difettava probaVedi supra: Le origini, n.1. EPIFANIO, Pan., 75,1,6,19-20, in K. HOLL (hrsg.), GCS 25, T. III, 254:
a)nhreu/na, kaiì loipo\n pa=si diaba/llwn to\n Eu)sta/qion eÃlegen: ou)ke/ti toiou=toj u(pa/rxei, a)ll’ eÃklinen ei¹j xrhma/twn sunagwgh\n kaiì ei¹j kth=sin pantoi¿an. aÀtina hÅn tau=ta sukofanti¿a me\n par’e)kei¿nou, tv= de\ a)lhqei¿# ta\j e)kklhsiastika\j xrei¿aj eÃxwn meta\ xeiÍraj o( Eu)sta/qioj aÃllwj ou)k h)du/nato pra/ttein. kaiì hÅn piqana\ ta\ u(po\ tou= ¹Aeri¿ou lego/mena.
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bilmente il riconoscimento della Chiesa, intesa in un senso più ampio e non limitata ad una o più fraternità ascetiche, in comunione fra loro. Epifanio non si sbilancia a favore dell’uno o dell’altro. Anche se «le parole di Aerio erano convincenti», Eustazio «non poteva fare diversamente». Maggior successo ebbe invece Basilio di Cesarea; grazie alla sua personalità, sapiente e lungimirante, riuscì a conciliare, in virtù di una sintesi superiore, le proposte radicali degli eustaziani con le condizioni della chiesa locale in Asia minore nel IV secolo. L’Askétikon è proprio il frutto di questo intenso lavoro di adattamento e di interpretazione, ma è anche la testimonianza di un dialogo vivace ed appassionato, avvenuto all’interno della fraternità ascetica eustaziana, intesa nel suo senso più ampio. La notizia di Sozomeno che attribuisce l’Askétikon di Basilio di Cesarea ad Eustazio di Sebaste, potrebbe spiegarsi con gli stretti rapporti di amicizia con quest’ultimo e con gli intensi scambi di opinioni e di idee, avuti da Basilio, con gli eustaziani e con Eustazio di Sebaste in persona. Questo è dunque, in sintesi, il quadro ascetico vagliato attraverso l’escussione delle fonti in nostro possesso. È in questo quadro ascetico che emergono, nel IV secolo, due personalità di spicco, molto forti, l’una, però, dipendente, per certi versi, dall’altra: quella di Basilio e quella di Eustazio. Basilio di Cesarea, fu, infatti, per anni, il discepolo di Eustazio di Sebaste, suo stimato e venerato maestro di vita ascetica. L’esame dell’epistolario basiliano ci ha condotto alla constatazione del deteriorarsi, quindi dell’interrompersi, del loro rapporto, proprio riguardo alla discussione sulla divinità dello Spirito Santo. Quella discussione mostrò i punti di dissenso fra il maestro ed il suo discepolo. La proposta di Gribomont, secondo il quale il dissenso fra Eustazio e Basilio verteva sul ruolo santificatore dello Spirito è da noi ripresa ed ulteriormente vagliata in questo libro7. Tale dissenso va inteso in una maniera molto particolare, poiché deve porsi alla fine di un dialogo sulla divinità dello Spirito Santo, prolungatosi fra i due svariati anni e giunto al suo culmine, nel 375, nel periodo della stesura del De Spiritu Sancto8. Questa è una quinta, importante, considerazione conclusiva, appartenente al Gribomont e che in questa sede facciamo propria. In base ai risultati della nostra ricerca, riteniamo che questo dialogo, a quella data, fosse giunto a porre il problema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo, intesa da Eustazio, come inabitazione personale del 7 8
J. GRIBOMONT, Eustathe de Sebaste, in ID., Saint Basile, T. I, 102. ID., Intransigeance et Irenisme chez S. Basile, in ID., Saint Basile, T. II, 499.
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Logos nell’anima e da Basilio, nel suo trattato, come inabitazione personale del Pneuma nella creatura, in comunione con le divine Persone del Padre e del Figlio. Formuliamo così la nostra prima ipotesi di ricerca, sulla quale si basa il nostro libro, fondata sul fatto che, all’indomani della rottura del rapporto che univa Basilio ad Eustazio, dovette continuare, nelle fraternità ascetiche eustaziane, il dibattito sulla divinità dello Spirito Santo. Una testimonianza di questo dibattito potrebbe essere rimasta negli scritti dello Ps.-Macario. È questa la sesta, anche se ipotetica, considerazione conclusiva che ci sentiamo di porre in questa sede. In questi scritti, l’inabitazione dello Spirito Santo è anche inabitazione del Logos o di Cristo nell’anima; in quel caso, allora, l’esperienza personale dello Spirito Santo arriva ad essere l’esperienza di Cristo nell’anima santificata, espressa attraverso l’imitatio Christi. Nel De Spiritu Sancto, invece, per la prima volta, tutti gli attributi del Logos sono riferiti al Pneuma e la Passione di Cristo diventa il cammino e, nello stesso tempo, il luogo, in cui raggiungere l’apàtheia, a differenza dello Ps.-Macario, per il quale, l’apàtheia è la condizione ed insieme il dono dello Spirito Santo, risultato di uno sforzo ascetico prolungato e continuo. Passando, così, dall’inabitazione del Logos a quella del Pneuma, Basilio pone fine all’ambiguità, esistente nel Cristianesimo primitivo, fra Logos e Pneuma, portata talvolta fino all’identificazione del Pneuma con il Logos9. Ambiguità, sulla quale lo Ps.-Macario può fondare una parte importante della sua mistica sensuale ed emotiva. La partecipazione alla Passione di Cristo, alle sue piaghe gloriose od imitatio Christi, sembra identificarsi, infatti, con questa esperienza personale dello Spirito santificatore inviato dal Figlio. È questa una settima considerazione conclusiva. Il linguaggio dell’inabitazione divina negli scritti pseudomacariani in greco e nel De Spiritu Sancto, è stato oggetto della nostra analisi lessicale, allo scopo di mettere in luce contatti ed eventuali dissonanze sul modo in cui lo Ps.-Macario Egizio e Basilio di Cesarea intendono l’inabitazione divina. Per lo Ps.-Macario, essa è l’esperienza forte, quasi sensibile, dell’inabitazione dello Spirito Santo in noi; per Basilio, essa è la divinizzazione del cristiano, nella santificazione personale dell’anima, operata dallo Spirito, in comunione con le divine Persone del Padre e del Figlio. In particolare, abbiamo segnalato nel testo del trattato basiliano, l’in-
9 Cfr. SIMONETTI, Cristologia pneumatica, in Studi sulla cristologia del II e III secolo, Roma 1993, 23-52.
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cidenza del termine naòs, riferito chiaramente all’inabitazione divina, in unione con enòikesis e con l’aggettivo oikéios, mostrando l’importanza dell’oikéiosis nell’inabitazione personale dello Spirito Santo in Basilio, attestante la preoccupazione, da parte del cappadoce, di escludere una presenza materiale dello Spirito Santo nell’anima santificata. Indicative differenze, rispetto allo Ps.-Macario, abbiamo riscontrato nel De Spiritu Sancto, nell’applicazione e nell’uso di yiothesìa, metéchein, koinonìa, pléroma, plerophorìa ed aisthesis. L’adozione filiale od yiothesìa proviene dal Battesimo; la partecipazione alla grazia, espressa da metéchein, è rigorosamente trinitaria, insieme con il Padre ed il Figlio. La comunione o koinonìa con lo Spirito Santo, che fa diventare l’anima pneumatòfora, può essere comunicata anche alle altre anime. I termini pléroma, plerophorìa ed aisthesis non hanno quella importanza che invece trovano nello Ps.-Macario; il primo denota la pienezza della divinità che è Cristo, Capo della Chiesa; il secondo denota l’intima convinzione nella fede; il terzo è impiegato nel significato di «sensibilità». Per lo Ps.-Macario, invece, la yiothesìa è l’esperienza della filiazione divina, donata dallo Spirito Santo che, nominato sempre da solo, rende le anime partecipi della sua santità che è individuale, frutto di un severo cammino ascetico e di una consapevole scelta di vita. Il termine metoché è accolto presso di lui con l’accezione paolina designante la partecipazione eucaristica. La koinonìa è sempre un’esperienza personale e soggettiva con lo Spirito Santo. I termini pléroma, plerophorìa ed aisthesis compendiano la pienezza dello Spirito Santo per esprimere una esperienza integrale secondo l’insegnamento delle epistulae paoline. La condizione dell’inabitazione divina è l’allontanamento delle passioni dall’anima. Sembra che, su questo punto, Basilio e lo Ps.-Macario concordino. Se lo Ps.-Macario parla di apàtheia, Basilio parla di chorismòs ton pathòn. I due non concordano nell’intendere l’esperienza personale dello Spirito Santo. Per Basilio, questa è esperienza della Trinità che santifica il credente; per lo Ps.-Macario, la valenza mistica e sensuale dei termini adoperati, per esprimere l’esperienza della grazia santificante, accompagna la descrizione dell’esperienza intima ed insieme ineffabile, dell’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima. La differenza nell’uso dei termini, riguardo all’inabitazione personale dello Spirito Santo per lo Ps.-Macario ed alla santificazione personale per Basilio, può suggerire un interesse comune ad entrambi: quello del207
l’esperienza personale della grazia, come operazione dello Spirito Santo nell’anima. È questa un’ottava, importante, considerazione conclusiva. La prudenza di Basilio nell’uso dei termini, lo porta ad affermare che l’inabitazione dello Spirito Santo non è materiale. Lo Ps.-Macario, d’altra parte, si preoccupa di esprimere agli asceti e di rendere comunicabile l’esperienza personale dell’inabitazione dello Spirito Santo. A questo scopo, usa un linguaggio, nonché un vocabolario od un lessico dell’inabitazione divina che abbiamo cercato di evidenziare e di cui non vi è traccia nei Padri a lui anteriori o contemporanei. Nel Logos 52 della Collezione I, arriva, però, a considerare l’inabitazione personale dello Spirito Santo, come inabitazione della Trinità. Parafrasando lo Ps.-Macario, nel Logos 52, la santa e venerabile Trinità inabita nell’anima purificata, per mezzo del soccorso che viene dall’alto e di un regime di vita superiore, ma essa non inabita secondo quello che è, ma secondo la capacità e l’accoglienza dell’uomo che la riceve. Il Logos 52 rappresenterebbe un avvicinamento alle posizioni di Basilio espresse nel De Spiritu Sancto. L’inabitazione personale dello Spirito Santo non escluderebbe, così, l’inabitazione della Trinità nell’anima santificata. Se nel suo trattato si avverte la preoccupazione di Basilio di considerare la partecipazione allo Spirito Santo come non materiale; nel Logos 52, si avverte, invece, la preoccupazione dello Ps.-Macario di definire l’inabitazione personale dello Spirito Santo come inabitazione della Trinità nell’uomo. Questa è la nona considerazione conclusiva. A nostro avviso, la preoccupazione di Basilio appare ancor più interessante per il fatto che si trova nel De Spiritu Sancto. L’inabitazione nell’anima è un’operazione del Logos che si conserva e si attribuisce nel Pneuma, quindi, nella divinità della terza Persona. Questo poteva far sorgere dubbi e domande su una inabitazione sensibile e materiale della divinità dello Spirito Santo nell’anima, che Basilio si affretta a fugare. D’altra parte, l’inabitazione del Logos, con il quale ancora si identifica ambiguamente lo Spirito Santo, nell’anima purificata dall’ascesi, poteva staccare la divina Persona dello Spirito Santo dalla comunione trinitaria; per questo motivo, lo Ps.-Macario menzionerebbe la Trinità nella seconda parte del Logos 52, a bilanciare l’enérgheia dello Spirito Santo nella prima parte dello stesso logos. Il Logos 52 sarebbe allora il documento di un tentativo di conservazione di una teologia, nella quale, lo Spirito Santo aveva una posizione peculiare e singolare nella santificazione del credente, anzi, dell’asceta o del monaco. È questa, una decima, importante, considerazione conclusiva. Nel confronto con il De Spiritu Sancto, il Logos 52 mostra di 208
aprirsi, allora, alla teologia trinitaria dei cappadoci, ma appare sostanzialmente conservatore, proprio sul ruolo santificatore dello Spirito nell’anima. Il De Spiritu Sancto, invece, passando dall’inabitazione del Logos a quella del Pneuma, innova. Riecheggia qui l’accusa degli eustaziani, riferita da Basilio, contro di lui: «Ci respingono come se noi apportassimo innovazioni sullo Spirito Santo». In realtà, il Logos 52 non respingerebbe l’innovazione di Basilio, ma l’accoglie e la declina, opportunamente, nella propria comprensione teologica e pneumatologica. Per Basilio, lo Spirito Santo, in comunione con le altre due Persone, per grazia, si abbassa fino ad inabitare nella creatura. Per lo Ps.-Macario è la creatura, preparata con un cammino di purificazione che accoglie e riceve l’inabitazione dello Spirito Santo, che, nel Logos 52, è inabitazione della Trinità. Entrambi parlano della perfezione dell’anima degna di ricevere lo Spirito Santo. Per lo Ps.-Macario, la purificazione costante e perseverante permette alla grazia di inabitare nell’anima. Basilio, invece, rileva che la grazia è dono, tuttavia, sostiene che lo Spirito Santo inabita nelle anime degne e purificate. In quest’ultima convinzione, si può intravedere la formazione ascetica di Basilio che egli non ripudia ma che inserisce prudentemente nel solco della tradizione ecclesiale. È questa una undicesima considerazione conclusiva. Riguardo al significato di ekklesìa, l’uso che ne fanno i due autori diverge, infatti, per il cappadoce, la Chiesa è una taxis, un ordinamento strutturato, mentre nel Logos 52, è identificata con l’oikonomìa visibile o phainoméne. Il termine oikonomìa, designante in Basilio il piano salvifico, per lo Ps.-Macario indica, piuttosto, il dispiegarsi dell’ekklesìa nella sua configurazione visibile o diatyposis. Per lo Ps.-Macario, l’ekklesìa è il kosmos, in altre parole, l’ordinamento, dove regnano il thesmòs ed il kanòn, rispettivamente, la legge e la regola ecclesiastica, identificabile quest’ultima con il canone dell’Eucaristia. Con il termine taxis, tratto dal linguaggio militare, Basilio sembra rilevare particolarmente l’ordine e la disciplina, vigenti nella Chiesa, a dispetto dell’anarchia che vi regnava al suo tempo. Lo Ps.-Macario, invece, vuole non soltanto relativizzare ed in certo qual modo alleggerire l’incidenza dell’ordinamento ecclesiastico, ma porlo al servizio dell’anima vivente e razionale, nella quale si ricapitola tutta la Chiesa visibile, ombra e tipo di quella invisibile e celeste che deve venire. Nello Ps.-Macario, all’interno della sua riflessione sull’azione di santificazione e di divinizzazione dello Spirito nell’anima, emerge, così, una chiara e sistematica istanza ecclesiologica, espressa ed articolata nel Logos 52 della Collezione I. 209
Lo Ps.-Macario e Basilio, si pongono, così, il problema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo nell’anima ma diverse sono le sottolineature, testimoniate dalle loro preoccupazioni. Per lo Ps.-Macario, la preoccupazione di salvaguardare questa esperienza personale dello Spirito Santo nell’anima, lo induce a pensare od a ripensare, una prospettiva ecclesiologica pneumatica, dalla quale guardare la Chiesa, non più come una condizione ineludibile, contro la quale si infrange, rendendola vana, l’azione dello Spirito Santo; ma, piuttosto, come un kosmos od «ordinamento», l’ambito, entro il quale, vi sono le condizioni favorevoli, grazie alle quali, agisce e si manifesta liberamente lo Spirito che santifica le anime, anzi, i cuori credenti che formano la vera Chiesa. Per Basilio, invece, la preoccupazione di salvaguardare l’unità divina della Trinità, lo porta a definire in termini liturgici, sacramentali ed ecclesiastici, l’esperienza della divinizzazione del cristiano che avviene nella rigenerazione operata dallo Spirito Santo, attraverso la dossologia del sacramento del Battesimo. Crediamo che tali preoccupazioni, con le loro conseguenti argomentazioni, provenienti da una problematica teologica, comune ad entrambi, non possano essere spiegate soltanto con il loro ambiente comune, ma, piuttosto, fanno pervenire a noi l’eco di un insegnamento comune, allo Ps.Macario ed a Basilio. Questa eco, giunta fino a noi, attraverso i secoli, diventa più chiara e distinta, confrontando il vocabolario ascetico di Basilio, nel De Spiritu Sancto con quello dello Ps.-Macario, nei suoi scritti in greco. I termini denotanti l’esperienza ascetica, mostrano come la purificazione dell’anima o del cuore dalle passioni ed il raggiungimento dell’«impassibilità» od apàtheia, siano un tratto comune a Basilio ed allo Ps.-Macario. Per lo Ps.-Macario, l’apàtheia è raggiunta con un serio ed impegnativo cammino di perfezione ascetica; mentre, per Basilio, nel De Spiritu Sancto, l’ascesi non è bandita, ma posta, prudentemente, nel solco delle sofferenze di Gesù e dell’imitazione della sua vita, soprattutto della sua Passione. Per Basilio, lo Spirito Santo si dona nella creatura, la sua inabitazione nell’anima non dipende dallo sforzo umano, inabita in un cuore purificato dalle passioni e nelle anime sante. Il termine apàtheia non è ribadito frequentemente, a questo termine Basilio preferisce quello di chorismòs ton pathòn od «allontanamento delle passioni», ottenuto per mezzo delle sofferenze di Cristo, l’unico che ha raggiunto l’apàtheia, poiché ha patito impassibilmente. Un altro termine è katharòtes o «purificazione», presente anche nello Ps.-Macario. La purificazione, per Basilio, però, è sempre dono dello 210
Spirito Santo che si abbassa fino ad inabitare nella creatura. Le passioni, per Basilio, non inabitano inestricabilmente nell’anima, come nello Ps.Macario, ma sono legate al corpo dalla philìa, in altre parole, da un legame stretto con l’anima. Basilio, in pratica, si rivela un moderatore della visione antropologica presente negli scritti pseudomacariani e che emerge nelle liste degli errori messaliani. Egli non confonde, come sembra fare volutamente lo Ps.-Macario, le passioni con il Peccato originale, questo è lavato nel Battesimo, che è un ritorno od epànodos, allo stato di Adamo prima della caduta. Questa è una dodicesima considerazione conclusiva che può permettere di affrontare il problema del rapporto fra eustaziani e messaliani in vista della loro identificazione. L’inabitazione personale dello Spirito Santo, per Basilio, è la divinizzazione del cristiano ed avviene, anzi è già avvenuta, nel Battesimo; questa è un theòn ghenésthai, in altre parole, un «divenire Dio», mentre per lo Ps.-Macario, è uno pneuma ghenésthai, in altre parole, un «divenire Spirito», un’esperienza individuale. L’importanza della vita ascetica, l’analogia nell’uso dei termini, la presenza in entrambi di un’espressione come «gli occhi del cuore», la presenza dell’epistolario paolino, la citazione di Paolo a memoria od integrata con altre parole, insieme al ricorso ad “evocazioni” scritturistiche, per mezzo di “parole chiave” mostrerebbero l’esistenza di un insegnamento ascetico comune allo Ps.-Macario ed a Basilio. Questo insegnamento ascetico comune sembra addirittura contenere una “pratica” del testo biblico, comune ad entrambi, per quanto riguarda l’uso della Scrittura. La cosiddetta “pista esegetica del cuore” è una formula convenzionale che vuole esprimere un dato importante, quello cioè di una riflessione e meditazione elaborata della Scrittura, da parte dello Ps.-Macario, sulla base di un contenuto teologico o teologùmeno che riteniamo debba considerarsi, nel nostro autore, come pensato in una forma non sistematica, ma ascetica, mistica, monastica che abbiamo definito con la formula di “orizzonte ermeneutico dell’inabitazione divina”. L’esistenza di un insegnamento ascetico comune suggerirebbe anche un maestro comune nell’ascesi. Non conosciamo il maestro dello Ps.Macario, però conosciamo quello di Basilio. Eustazio di Sebaste o per lo meno, il suo insegnamento ascetico, tramandato nelle fraternità ascetiche eustaziane, sembra allora essere la fonte cui lo Ps.-Macario attinge per quanto riguarda l’esperienza santificante dello Spirito, sorretta da una ricerca ascetica e spirituale, propria degli asketéria eustaziani. Questa è la tredicesima, importante, considerazione conclusiva. 211
Proprio all’insegna di questa ricerca interiore e spirituale, «la ricerca ed il rinnovamento dell’anima secondo l’uomo razionale interiore» oppure «la conoscenza della mente della nuova creazione», per usare le parole del Logos 52, sono da considerarsi i termini semansìa e diòikesis, il primo, unicamente attestato dallo Ps.-Macario10. Si potrebbe parlare, ma con molta cautela, per semansìa, di un neologismo coniato dal nostro autore, mentre a diòikesis questi darebbe un significato originale, a rafforzare l’impressione del carattere particolare del Logos 52, volto ad illustrare l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa, per armonizzarla con quella personale nell’anima, purificata dall’ascesi perseverante. I due termini vorrebbero esprimere il ruolo di guida dello Spirito Santo nella Chiesa ma con due accezioni significativamente diverse. Mentre il primo è riferito alla guida dello Spirito Santo, presente nell’arca dell’Antica Alleanza, il secondo è riferito alla guida dello Spirito Santo nell’oikonomìa visibile della Chiesa. Il Logos 52 si proporrebbe di inquadrare correttamente l’ascesi nella Chiesa, evitando gli eccessi dell’ascesi radicale e, nello stesso tempo, di relativizzare le norme ecclesiastiche ed il culto, evitando il formalismo, ponendo attenzione alla presenza dello Spirito Santo nei luoghi della Chiesa che sono: l’acqua del Battesimo, l’altare dell’Eucaristia, il culto e le letture liturgiche, la salmodia. La presenza dello Spirito Santo nella Chiesa è allora localizzata in luoghi visibili e materiali, ma questi sono tipo ed ombra della Chiesa celeste, essi servono all’uomo esteriore per rinnovare quello interiore, tipo ed ombra dell’uomo nuovo. Il Logos 52 vuole, così, porre l’ascesi entro la Chiesa ma non vuole rinunciare alla libertà dell’ascesi da qualsiasi norma legalistica od umana che non sia contenuta nella Scrittura; per cui, coloro i quali si fondano soltanto sulla visibilità della Chiesa, nelle norme, nel culto e nella similitudine dei nomi, rischiano di smarrire il fine dell’ascesi che è quel lavoro di ricerca interiore e spirituale, per essere partecipi non di questa Chiesa visibile e transeunte ma di quell’altra Chiesa, invisibile ed escatologica. Lo Ps.-Macario, cioè, riesce a conservare nella sua prospettiva ecclesiologica pneumatica il punto di vista dell’orientamento “encratico”; la vera Chiesa è quella celeste, i misteri ed i luoghi di culto della Chiesa terrena aiutano a compiere nell’anima, per mezzo dello Spirito Santo inabitante in lei, la Chiesa celeste, vera, escatologica, libera
10 Il termine shmansi/a potrebbe essere ridotto a shmasi/a, a motivo di un errore dello scriba, in un solo codice, poco convincente, utilizzato per l’edizione critica, cfr. Berthold, Register, II, 297.
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da qualsiasi forma di legge o prescrizione che impedisca all’anima il lavoro di ricerca interiore e spirituale. Questa è la quattordicesima, importante, considerazione conclusiva. A questo punto, tornano in mente le parole di Basilio nel De Spiritu Sancto: «Allora, colui il quale mette a confronto la verità con la sua ombra fa la stessa cosa anche con il Battesimo ed accostando fra loro, coi tipi, le realtà segnalate come evidenti attraverso Mosé ed il mare, si appresta a spezzare d’un colpo tutta quanta l’economia evangelica.».
Ponendo, nella sua prospettiva ecclesiologica pneumatica, due livelli, l’uno visibile, l’altro invisibile, lo Ps.-Macario non vuole soffermarsi sui misteri visibili della Chiesa ma su quelli invisibili, percepibili dall’anima soltanto con l’inabitazione personale dello Spirito Santo in lei, frutto di un lavoro di ricerca interiore e di un’ascesi perseverante. I luoghi liturgici ed i misteri della Chiesa visibile sono allora transeunti e — se assolutizzati — impediscono all’anima la vera ricerca interiore e spirituale. Per lo Ps.Macario, quelli sono tipi ed ombre della vera Chiesa che deve manifestarsi. Anche se ammette che l’oikonomìa attuale o phainoméne, della Chiesa è superiore a quella dell’arca dell’Antica Alleanza, in realtà, essa è sempre inferiore alla Chiesa celeste che deve venire e che l’anima attende, avendo, nell’esperienza personale dello Spirito Santo, non soltanto una semplice caparra ma anche l’inizio di una rigenerazione e di una nuova creazione. È questa un’escatologia anticipata, tutta “spirituale” ed interna, all’anima fedele. In tal senso, sarebbe giustificata la preoccupazione di Basilio, perché lo Ps.-Macario spezzerebbe l’unità dell’«economia evangelica», intesa da Basilio, come la Chiesa visibile, con quella prospettiva ecclesiologica che abbiamo definito “sacramentale”. L’accezione del termine oikonomìa, nel passo del De Spiritu Sancto testé citato, si discosterebbe allora da quella designante il piano salvifico, abitualmente usata dal cappadoce, per accostarsi a quella che, dello stesso termine, si trova nel Logos 52 della Collezione I dello Ps.-Macario. Anche questo dato potrebbe spiegarsi, con la presenza nei due, di un insegnamento comune, afferente, però, alla riflessione teologica sulla Chiesa. Il Dörries sosteneva che, nei capitoli centrali del De Spiritu Sancto — proprio da dove proviene il passo sopra citato — sarebbe proprio Eustazio di Sebaste l’interlocutore di Basilio11. L’insegnamento di costui verrebbe 11
Vedi supra: I destinatari del De Spiritu Sancto, cap. IV, n. 62.
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allora recepito dallo Ps.-Macario, il quale, opportunamente, lo porrebbe nel Logos 52 della Collezione I. Da un insegnamento ascetico comune, sarebbero allora derivate due esperienze ascetiche, spirituali, teologiche diverse e due pneumatologie, nonché due prospettive ecclesiologiche differenti. I due testi pseudomacariani, evidenziati nel capitolo precedente, a nostro avviso, testimonierebbero il contatto ma, nello stesso tempo, la differenza con almeno due dei temi illustrati da Basilio nel suo trattato. Quello sui nomi di Dio, contenuto in DSS VIII,17, cui corrisponderebbe il Logos 40,2,5 della Collezione I dello Ps.-Macario. Quello poi, dei tipi e delle ombre, contenuto in DSS XIV,31-33, cui corrisponderebbe l’intero Logos 52 della medesima Collezione. Lo Ps.-Macario si presenterebbe come interessato alla discussione sullo Spirito Santo, ma non affronterebbe direttamente il problema della sua creaturalità o della sua divinità, tantomeno quello della consustanzialità. Questo è un altro tratto che lo accomuna a Basilio; nemmeno questi, infatti, dichiara espressamente che lo Spirito Santo è Dio. La riserva di Basilio può essere spiegata soltanto in ordine alla sua formazione ascetica nelle fraternità ascetiche eustaziane ed al dialogo sulla divinità dello Spirito Santo, intrattenuto con Eustazio di Sebaste per lunghi anni. È questa, si scusi la pedanteria, una importante, quindicesima considerazione conclusiva. Lo Ps.Macario mostra di ritenere che la prova della divinità dello Spirito Santo risieda proprio nella sua possibilità di inabitare nella creatura santificata, come mostra la sua esegesi di Gv 14,23b. L’autore intende la Scrittura secondo una interpretazione letterale, riferendosi ad una esegesi moderatamente origeniana e sembrerebbe essere un conoscitore delle problematiche agitate da Basilio nel suo trattato. In particolare, risponderebbe all’osservazione di Basilio, secondo la quale, i nomi attribuiti a Dio non ci permettono di conoscere la sua natura e cerca, nel Logos 52, di relativizzare l’importanza dell’istituzione visibile della Chiesa, in particolare del culto che è mistico, giacché la Chiesa visibile, con il Battesimo e l’Eucaristia del pane, è tipo ed ombra della Chiesa invisibile. L’Eucaristia, allora, non si compie, rischia di rimanere un vuoto rito, se non è concretizzata e resa manifesta da parte del cristiano con una «condotta di vita» o politéia, pura ed interiore. Nell’Eucaristia, è innegabile, però, l’apporto dell’offerta consapevole del sacerdote. Al pari dell’Antica Alleanza, la Nuova Alleanza, manifestatasi nella Chiesa visibile, sarebbe il tipo e l’ombra del Regno che deve venire. Inoltre, egli polemizza con coloro i quali hanno alterato il senso delle Scritture, anzi delle oikéiai graphài, le «scritture intime» ed abbiamo visto 214
l’importanza dell’aggettivo oikéios, sia nello Ps.-Macario sia in Basilio. In tal modo, lo Ps.-Macario mostra di dipendere dalla Scrittura in maniera rigorosa ed assoluta, al punto che la Tradizione o paràdosis è l’accurata e veritiera tradizione apostolica delle sante Scritture12. Non sembra esservi posto negli scritti pseudomacariani, per una Tradizione non scritta, come invece troviamo nel trattato basiliano, al capitolo XXVII. Solo la Scrittura, quindi, unita all’ascesi, per lo Ps.-Macario, è la via attraverso la quale si può giungere alla conoscenza di Dio ed è con la Scrittura che lo Spirito Santo può inabitare nella creatura. A questo punto, ci sembra interessante fare un’osservazione, non estranea ai fini della nostra ricerca, relativa alla distinzione fra kerygma e dogma. Senza entrare nel merito, vorremmo osservare cosa intenda lo Ps.Macario per dogma. Nel Logos 34 della Collezione I, afferma che è impossibile impossessarsi della scienza divina. Nessun uomo può avere la padronanza assoluta della propria arte o della propria professione, così: «Il medico non può possedere tutta quanta la scienza medica (dogma) come non può curare tutte le ferite e le malattie.»13.
Negli esempi precedenti, il nostro autore parla della sophìa del sofista, della techne dell’artista, dell’epistéme dell’architetto. L’accostamento di un termine così preciso come dogma, alla scienza medica, potrebbe alludere ad un approccio nei confronti del dogma, inteso come una dottrina per guarire o curare l’anima ferita e tormentata dal peccato. Basilio, rivolto agli asceti del Ponto, afferma che:
«(Gli eustaziani) hanno un qualche sottile dogma, portato verso le loro distorsioni, perché come medici, si servono dei contenuti della fede adattandoli, ora in un modo ora in un altro, secondo l’occasione, alle varie malattie soggiacenti.».
Riteniamo che il paragone degli eustaziani con i medici, non sia né retorico né occasionale. L’approccio degli eustaziani, secondo Basilio, sna-
Log., 25,6,18-19 (Coll. I): kai£ pasw=n tw=n a(gi¿wn grafw=n a)kribh\j e)n a)lhqei=# a)postolikh\ para¿dosij. 13 Log., 34,12,12-13 (Coll. I): ouÃte o( i)atro\j oÐlou tou= do/gmatoj perigene/sqai kai£ oÐla ta\ trau/mata kai£ ta\ pa/qh i)a/sasqai. 12
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tura il dogma. Ritenendolo una dottrina impossibile da possedere completamente, essi lo usano come una medicina, non lo tacciono, ma lo confondono con il kerygma, per lo più lo distorcono, adattandolo alle varie circostanze. Ricordiamo che, per Basilio, il dogma è la dottrina compresa dalla Chiesa, vi matura lentamente e si manifesta nel kérygma, in altre parole, nella sua proclamazione pubblica ed ufficiale, dalla quale dovrebbe essere accortamente tutelato14. Gli eustaziani potevano dunque avere un approccio fondamentalista verso la Scrittura che li portava a strumentalizzare il dogma, subordinandolo e piegandolo ad esigenze e bisogni soggettivi che erano arbitrari per Basilio. Lo Ps.-Macario, nella comprensione della Scrittura, adotta la tropologhìa, in altre parole, l’uso di immagini bibliche come tropoi o «modi», per spiegare e comprendere la portata salvifica della Scrittura e metterla in contatto con l’esperienza personale dell’anima che vi si accosta. Per esempio, l’immagine della sposa nel Cantico dei Cantici spiega ed illustra l’unione dell’anima con lo Spirito Santo, gli occhi che ricoprono le quattro bestie della visione di Ezechiele rinviano alla moltitudine infinita dei santi nella Chiesa celeste e così via. Lo Ps.-Macario si avvarrebbe dei nomi, soprattutto degli attributi del Verbo, come “porta”, “ascia”, “roccia” — le cui ricorrenze vanno ricercate nell’AT — per la comprensione della Scrittura nella vita morale. La “pista esegetica del cuore” è la sintesi di questo procedimento ermeneutico che intende illuminare il mistero dell’inabitazione divina nell’anima o nel cuore. Ci chiediamo se il sophòn dogma, la «sottile dottrina» degli eustaziani, possa essere, appunto, il dogma dell’inabitazione personale dello Spirito Santo15. È questa la nostra seconda ipotesi di ricerca. Per Basilio di Cesarea valgono in tutta la loro importanza le tradizioni non scritte, tramandate dagli apostoli e trasmesse fino a noi segretamente16. Una di queste tradizioni non scritte è la dossologia. Per Basilio, i tropoi od i modi della vita cristiana sono la Fede ed il Battesimo, l’una sostiene l’altra e viceversa. Nel De Spiritu Sancto, il compimento perfetto della salvezza, apportata dal Battesimo e dalla Fede insieme, è la dossologia, in altre parole, la pronunzia dei nomi del Padre e del Figlio e dello
14 H. DÖRRIES, De Spiritu Sancto, 125; Gribomont, Esoterisme et Tradition dans le Traité du Saint-Esprit de S. Basile, in ID., Saint Basile, T. II, 468-469. 15 Lo Ps.-Macario presenta l’inabitazione divina in Log., 16,3,64-65 (Coll. III), come: ei)si dedogmatisme/na ta\ do/gmata u)po£ tou= kuri¿ou, «dogmi dogmatizzati dal Signore». 16 DSS 27, 66, 14-15.
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Spirito Santo. L’inabitazione dello Spirito Santo avviene, per Basilio, esclusivamente nel Battesimo ed è rigorosamente trinitaria, ecclesiale, liturgica. A questo punto, tornano in mente le parole del Logos 52:
«È per questo motivo che, molti fra i principianti nella conoscenza della verità si oppongono a noi, tanto che mutano in altro modo le Scritture (a noi) familiari (oikéias), per mezzo della similitudine dei nomi, per mezzo delle prescrizioni legali ed anche di quelle rituali; costoro, tronfi per l’attuale oikonomìa, persuasi soltanto dalle prescrizioni della carne, trascurano la ricerca ed il rinnovamento dell’anima secondo l’uomo interiore razionale e non recependo la conoscenza della nuova creazione della mente, per ignoranza, ci sono avversi.».
Non basta, per lo Ps.-Macario, lo studio della Scrittura, per lui superficiale, se privo di una “pratica” assidua del testo biblico e di un’assimilazione intima della Parola; non basta la pronunzia dei nomi della dossologia; non basta nemmeno la partecipazione ai sacramenti. È necessario, per lui, un accostamento corretto, secondo la tropologhìa, alle Scritture, perché queste diventino oikéiai, «familiari» oppure «intime», per far percepire all’anima questa presenza dello Spirito Santo inabitante in noi. È necessaria una severa formazione ascetica che prepari l’anima ad «attendere» questa esperienza personale dello Spirito Santo; torna così in mente, ancora, il Logos 52: «(L’anima) non considerando il Cristianesimo in maniera superficiale, né fermandosi a modelli esteriori di prescrizioni e di norme cultuali, attende piuttosto, fedelmente, con la potenza dello Spirito Santo, secondo l’uomo interiore, di ricevere la contezza. Questo è il vero Cristianesimo.»
Tuttavia, questo non potrebbe chiarire il motivo del dissenso fra Eustazio e Basilio; le poche fonti in nostro possesso sono reticenti e lacunose, come nel caso dell’epistolario basiliano. Certo, se tutto quello che abbiamo detto fino ad ora ha una sua attendibilità e plausibilità, potremmo avere negli scritti dello Ps.-Macario, una testimonianza dell’insegnamento ascetico, scritturistico e spirituale, praticato negli asketéria eustaziani. Il motivo del dissenso che si manifesta nel 375 fra Basilio ed Eustazio riguarda la recezione del consustanziale di Nicea; la sua applicazione allo Spirito Santo, la terza Persona della Trinità o Pneuma rende ormai superato parlare di inabitazione del Verbo o Logos. Lo Spirito Santo
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è la terza Ipostasi della Trinità, della stessa sostanza del Padre e del Figlio ed in comunione con loro; lo Spirito Santo inabita, allora, nella creatura, inabitandovi anche il Padre ed il Figlio. Eustazio e gli eustaziani sembrano però intendere l’inabitazione dello Spirito Santo come esperienza personale del Verbo o del Logos, quindi dello Spirito santificatore inviato dal Figlio. Ammettendo l’inabitazione del Pneuma, dovrebbero ammettere anche l’inabitazione del Padre, in altre parole, del creatore nella creatura e questo, Eustazio, ariano della prima ora, non poteva né voleva comprenderlo. Per Eustazio, allora, lo Spirito Santo non era Dio, nei termini in cui lo ammetteva il consustanziale di Nicea, ma non era nemmeno creatura, come per gli ariani estremisti, Eunomio e Macedonio, poiché la sua inabitazione nell’anima santificata compie la purificazione e la divinizzazione di questa, nell’esperienza dell’adozione filiale. Eustazio è allora più vicino al fronte omeousiano, perché così poteva salvare la sua posizione dottrinale. È questa la nostra terza ipotesi di lavoro. Siamo dunque di fronte all’instabilità di Eustazio ed alla sua mesòtes, la via media, dalla quale il sebasteno non riuscirà a districarsi e sarà indotto, così, a passare dalla parte degli pneumatomachi, pur di salvare una sua autonomia di giudizio. I due testi dello Ps.-Macario, da noi segnalati, potrebbero illuminare il sophòn dogma, la mesòtes di Eustazio, per quanto riguarda la Scrittura ed i sacramenti, secondo l’insegnamento praticato negli asketéria eustaziani. In questo caso, si dovrebbero datare ad una fase successiva alla rottura con Basilio e dopo la composizione del De Spirito Sancto. È questa, la nostra quarta ipotesi di ricerca. Il Logos 52 tenterebbe di ricucire quella rottura, parlando di inabitazione della Trinità nell’anima santificata17. La condizione di validità delle nostre ipotesi di ricerca è dunque la conoscenza, almeno indiretta da parte dello Ps.-Macario, del trattato basiliano. Ci sembra che i rapporti con Basilio siano stati sufficientemente dimostrati, lo Ps.-Macario ha una certa conoscenza delle Regulae basiliane. Basilio, dal canto suo, nel proprio trattato, mostra la preoccupazione di negare una inabitazione materiale della divinità, ma spiega l’inabitazione divina attraverso la purificazione del-
17 Cfr. Om., 17,216 (Coll. II), in finem, ove si parla di Trinità consustanziale. La dossologia, ivi riportata, è però assente nei codici appartenenti alle famiglie delle Collezioni I e IV e potrebbe essere stata aggiunta dallo scriba che ha vergato uno dei codici manoscritti appartenenti alla famiglia della Collezione II, cfr. H. BERTHOLD (hrsg.), Makarios/ Symeon, GCS 53, cit., I, 185 ed in app. crit.
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l’anima o del cuore dalle passioni, motivo attestato indubbiamente nello Ps.-Macario. La prospettiva ecclesiologica pneumatica espressa e sistematicamente trattata nel Logos 52 dallo Ps.-Macario Egizio, vorrebbe allora polemizzare con la prospettiva ecclesiologica “sacramentale” che traspare dal De Spiritu Sancto di Basilio di Cesarea. La prospettiva ecclesiologica “sacramentale” di Basilio, quale emerge dal suo trattato, dallo Ps.-Macario forse conosciuto indirettamente, metterebbe a repentaglio l’accostamento intimo ed esistenziale alla Scrittura, introdurrebbe nella Chiesa norme ed usanze che rischiano di formalizzare il culto e di non incrementare una partecipazione autentica e personale al culto mistico. Dalla prospettiva ecclesiologica pneumatica dello Ps.-Macario, la presenza ecclesiale dello Spirito Santo in Basilio, sarebbe una imposizione che subordina l’esperienza personale dello Spirito Santo alla disciplina del sacramento del Battesimo, il cui senso ecclesiale è inteso in una artificiosità istituzionale ed ecclesiastica che non promuove la ricerca e la cura della vita interiore, dallo Spirito nutrita, grazie alla Scrittura ed all’ascesi perseverante. Lo Ps.-Macario, forse per la prima volta, alla fine del IV secolo, in Asia Minore, al confine con il mondo siriaco, con il quale non è escluso che tenga dei contatti, pone il problema ecclesiologico della divinità dello Spirito Santo. Egli avverte che è necessario discutere l’inabitazione dello Spirito Santo nella Chiesa per salvarne l’esperienza personale nell’anima. La sua sensibilità riesce ad avvertire le tensioni ed i contrasti fra l’esperienza personale dello Spirito Santo nell’anima e la sua presenza nella Chiesa visibile, pur non avendo una visione ampia del problema, perché resta sempre in una esperienza ascetica e monastica, proveniente dall’insegnamento nelle fraternità ascetiche eustaziane. Il problema del Messalianismo dello Ps.-Macario che nasce dalla presenza nei suoi scritti di alcune, ma non di tutte le proposizioni messaliane condannate nel Concilio di Efeso nel 431, potrebbe essere affrontato tenendo presente la diffusione degli scritti pseudomacariani ed il tema dell’inabitazione personale dello Spirito Santo che il nostro autore vi tratta ampiamente. Riteniamo, però, che l’antropologia paolina sia alla base della riflessione spirituale, mistica e teologica dello Ps.-Macario e questo è un dato che dovrebbe essere tenuto presente, prima di definire lo Ps.-Macario un autore messaliano18. Proprio l’ampiezza e la profondità della sua tratta18
Cfr. l’intero Lo/goj 28 della Collezione I.
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zione sull’inabitazione personale dello Spirito Santo potrebbe aver determinato la diffusione dei suoi scritti, dei suoi termini e delle sue espressioni, presso il movimento ascetico dei messaliani — con i quali furono identificati probabilmente anche gli eustaziani intransigenti — che interpretarono l’esperienza ivi presentata, come carismatica tout court, non avvertendo ormai più le motivazioni e soprattutto gli stimoli dell’ambiente nel quale lo Ps.-Macario era vissuto19. I discepoli di questo ignoto monaco, dopo il concilio di Costantinopoli del 381, salvarono i logoi, le omilìai, le erotapokrìseis e gli altri testi, ponendoli sotto il nome di Macario Egizio, continuando cautamente a diffondere il “carisma” del loro maestro negli ambienti monastici, con la composizione dell’Epistola Magna che riteniamo non possa attribuirsi direttamente all’autore delle Omilìai Pneumatikài e dei logoi. Questa operazione non esclude che il testo dell’Epistola Magna sia stato ritoccato, rivisto da altri, forse anche da Gregorio Nisseno, conservato e tramandato sotto una particolare forma testuale, a noi pervenuta nel De Instituto Christiano. Questo proverebbe la validità di un testo che presentava ancora una coloritura ascetica radicale eustaziana o messaliana e che si voleva usare come una piattaforma programmatica sulla quale rendere possibile un accordo fra l’ortodossia e le correnti eustaziane intransigenti note successivamente come messaliane. Il riferimento ai nomi di Dio, trattato da Basilio in DSS VIII e contenuto nell’Epistula de Fide ad Simplicianum di Gregorio di Nissa, testimonierebbe i rapporti del Nisseno dopo il 371, con ambienti dai quali Basilio intendeva prendere ormai definitivamente le distanze. Il Nisseno avrebbe così cercato di riguadagnare all’ortodossia le frange più moderate del movimento ascetico eustaziano. Riteniamo, dunque, che lo Ps.-Macario debba essere riportato nell’ambiente storico e teologico dell’Asia Minore, nella seconda metà del IV secolo, alla vigilia del Concilio di Costantinopoli del 381 e che ci presenti un aspetto della discussione sulla divinità dello Spirito Santo che meriterebbe ulteriori approfondimenti.
19
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Cfr. K. FITSCHEN, Messalianismus und Antimessalianismus, cit., 238.
BIBLIOGRAFIA 1. FONTI
1.1. Ps.-Macario Egizio 1.1.1. Collezione I
BERTHOLD H., Makarios/Symeon. Reden und Briefe. Die Sammlung I des Vaticanus Graecus 694 (B), in GCS 53-54, I-II, Berlin 1973-1974. I logoi della Collezione I sono stati tradotti in italiano da F. MOSCATELLI, Discorsi e dialoghi spirituali, I-II, Abb. Di Praglia 1996, vol. I e 2003 vol. II, fino al Logos 47. 1.1.2. Collezione II
DÖRRIES H., Die geistlichen Homilien des Makarios, in PTS 4, Berlin 1964. Le omilìai della Collezione II sono state tradotte in italiano da L. CREMASCHI, Spirito e fuoco, Magnano 1995. 1.1.3. Collezione III
KLOSTERMANN E. – BERTHOLD H., Neue Homilien des Makarios/Symeon, I: Aus Typus III, in TU 72, Berlin 1961, disponibile anche in traduzione francese edita da V. DESPREZ, Oeuvres Spirituelles. Homélies propres à la Collection III, in SCh 275, I, Paris 1980 con l’omissione dei Logoi nn. 2, 5, 9, 11, 13, 14, 23, 28, presenti nelle altre Collezioni.
Un’antologia di testi pseudomacariani con ampi brani dei logoi della Collezione III tradotti in italiano è stata curata da M.C. CAMPONE, “La mistica comunione” Le omelie dello Pseudo Macario, Città del Vaticano 2002. I logoi della Collezione III sono stati tradotti interamente in italiano con introduzione e note a cura di F. Aleo, Pseudo-Macario. Discorsi, Editrice Città Nuova, Roma 2009.
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1.1.4. Collezione IV
Un’edizione critica dei logoi della Collezione IV è in corso di preparazione. 1.1.5. Le Omelie Harvard
MARRIOTT G.L., Macarii Anecdota. Seven Unpublished Homelies of Macarius, in HThR 5 (1918) 1-48.
1.1.6. Epistola Magna
STAATS R., Makarios-Symeon. Epistola Magna: eine Messalianische Monchsregel und Ihre Umschrift in Gregors von Nyssa “De Instituto Christiano“ bei Makarios-Symeon, Göttingen 1984, in sinossi con il De Instituto Christiano. Una versione italiana dell’Epistola Magna è stata curata da M.B. ARTIOLI, la grande lettera, Torino 1989.
1.2. Gregorio di Nissa
De Instituto Christiano JAEGER W., Gregorii Nysseni Opera, VIII, I, Leiden 1952, 40-89. 1.3. Basilio di Cesarea
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Una versione italiana è stata curata da G.A. BERNARDELLI, Basilio di Cesarea, lo spirito Santo, Roma 1993.
222
2. TESTI ED ALTRE FONTI
I Canoni del Concilio o, sarebbe meglio definirlo, Sinodo di Gangra sono accessibili al lettore in versione francese, consultabile in C. HEFELE – H. LECLERCQ, Histoire des Conciles, I/2, Paris 1907, 1029-1045 ed in quella, più recente, di P.-P. JOANNOU, Discipline générale antique (IV-IX sec.), T. I/2: les Canons des Synodes Particuliers, Grottaferrata 1962, in PONT. COMM. RED. COD. DIR. CAN. OR. (cur.), Fonti, fasc. IX, Epistola Synodica, 86-89, in greco con versione latina a fronte. Codex Theodosianus, XVI, V, 65, 2, in J. ROUGÉ (par), SC 497, I, Paris 2005, 332.
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Seguono quindi le fonti antiche esaminate in questo libro:
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Agli scritti attribuiti allo Ps.-Macario Egizio sono stati dedicati quattro importanti convegni di studio tenutisi in Finlandia, il primo sul problema del Male; il secondo sullo Spirito Santo; il terzo sulla preghiera; il quarto infine sull’interpretazione della Bibbia e sull’identità di gruppo. I loro Atti contengono notevoli contributi alla sua teologia:
Makarios-Symposium über das Böse. Vörtrage der finnisch-deutschen Theologentagung in Goslar 1980, herausgeben W. Strothmann in GOF I, 24, Wiesbaden 1983. Der heilige Geist. Tagungsband des II. Makarios-Symposiums in Lärkulla/Karis 1984, herausgeben Fr. Cleve – E. Ryokäs, Abo 1989. Das Gebet. Tagungsband des III. Makarios/Symposiums 1986 in Amelungsborn, herausgeben J. Martikainen, Abo 1989. Bibelauslegung und Gruppenidentität. Tagungsband des IV. MakariosSymposiums im Kloster Neu Valamo 1991, Abo 1992. Seguono quindi gli studi più significativi sullo Ps.-Macario Egizio e sul Corpus dei suoi scritti:
ALEO F., L’ecclesiologia pneumatica dello Ps.-Macario Egizio, in Ho Theologos 22 (2004) 2, 163-182.
225
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239
ABBREVIAZIONI AAWM = Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Mainz. APAW = Abhandlungen der Preussischen Akamie der Wissenschaft
en Philologisch Historische Klasse. ASE = Annali di Storia dell’Esegesi. AT = Antiquum Testamentum BK = Biblischer Kommentar CC = Civiltà Cattolica. CCL = Corpus Christianorum Latinorum. Coll. Cist. = Collectanea Cisterciensia. CPG = Clavis Patrum Graecorum. CRAI = Compte Rendus de l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres. CrSt = Cristianesimo nella Storia. CSCO = Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium. CSEL = Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum DIP = Dizionario degli Istituti di Perfezione DPAC = Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane. DS = Dictionnaire de Spiritualité. DSS = De Spiritu Sancto DThC = Dictionnaire de Théologie Catholique. EC = Enciclopedia Cattolica. EOr = Ecclesia Orans. ETSE = Estonian Theological Society in Exile. EtudCarm. = Etudes Carmélitaines. GCS = Die Griechischen Christlichen Schriftsteller. GEL = Greek English Lexicon. GLNT = Grande Lessico del Nuovo Testamento. GOF = Göttingen Oriens Forschung. GOTR = Greek Orthodox Theological Review. HThR = Harvard Theological Review. IPA = Institutum Patristicum Augustinianum. JÖB = Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik. JThS = Journal of Theological Studies. KuD = Kerygma und Dogma MO = Mitropolita Oltenei. NDPAC = Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane. 241
NT = Novum Testamentum. NTS = New testament Studies. OC = Oriens Christianus. OCA = Orientalia Christiana Analecta. OCP = Orientalia Christiana Periodica. OSyr = Orient Syrien. PG = Patrologia Graeca. PGL = Patristic Greeck Lexicon. PO = Parole de l’Orient. PTS = Patristische Texte und Studien. PUL = Pontificia Università Lateranense. RivAscMist = Rivista di Ascetica e Mistica RAM = Revue d’Ascétique et Mystique. Rben. = Revue Bénédictine. REByz. = Revue des Etudes Byzantines. REG = Revue des Etudes Grècques. Riv. Liturg.= Rivista Liturgica. ROC = Revue de l’Orient Chretien. Rphilos. = Revue de Philosophie. RSR = Recherche des Sciences Religieuses. RSR = Revue des Sciences Religeuses. SA = Studia Anselmiana. SP = Studia Patristica SRel = Sciences Religieuses SCh = Sources Chrètiennes. SEA = Studia Ephemeridis «Augustinianum». SP = Studia Patristica. SPS = Salzburger Patristische Studien. SRel = Studi Religiosi StimZ = Stimmen der Zeit. StudMon = Studia Monastica. StudTheol = Studia Theologica. TLG = Thesaurus Linguae Graecae. ThG1 = Theologie und Glaube. ThLZ = Theologische Literaturzeitung. ThQ = Theologische Quartalschrift. ThRev = Theologische Revue. TS = Textes and studies.
242
TU = Texte und Untersuchungen. VC = Vigiliae Christianae. Vet.Chr. = Vetera Christianorum. ZKG = Zeitschrift f端r Kirchengeschichte. ZKTh = Zeitschrift f端r katholische Theologie. ZNTW = Zeitschrift f端r Neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde der
alteren Kirche.
243
INDICE DEGLI AUTORI MODERNI Adler A.: 51 Aleo F.: 5, 6, 74, 107, 119, 137 Amann E.: 32 Amelineau E.: 45, 48, 58, 59, 64 Amidon P.R.: 45, 49 Arras V.: 65 Assemani G.S.: 51 Baker A.: 71 Balàs D.L.: 68 Bareille G.: 32, 71 Barnes T.D.: 17 Barr R.: 151 Bartelink G.J.M.: 47, 48, 50 Batiffol P.: 127 Beck E.: 33 Bernardi J.: 26, 28 Berthold H.: 52, 56, 57, 60, 61, 92, 96, 103, 212, 218 Bianchi U.: 14 Bidez J.: 20 Bobrinsky B.: 71, 127 Bosinis C.: 42 Brown P.: 15 Burns S.K.: 9, 14, 89, 204 Butler C.: 44-46, 49 Canevet M.: 67-69 Capelle B.: 120 Clareno A.: 58, 65 Cotelier J.B.: 58 Courtonne Y.: 20, 22-24, 26, 27, 121, 126, 128, 129, 130, 131, 133-136, 138, 146-149, 151-157 Crivocheine B.: 127 Danielou J.: 69, 199 Darrouzés J.: 55 Desprez V.: 9, 10, 11, 15, 16, 53, 54, 6062, 96, 102, 103, 140 Dörries H.: 9, 11, 53, 55, 56, 57, 61, 62, 70, 159, 160, 180, 201, 202, 213, 216 Draguet R.: 52 Elm S.: 14 Fedwick P.J.: 17, 120
Fitschen K.: 17, 39, 40, 96, 220 Flemming C.: 10, 50, 51 Flöss H.J.: 59 Flügel: 45, 46, 52 Fontaine J.: 54 Frugoni A.: 65 Galland A.: 59 Gallay P.: 28, 147, 148 Giet S.: 129, 133 Girardi M.: 120, 129, 131 Gribomont J.: 9, 10, 11, 14, 17, 20, 31, 54, 65, 67, 158-160, 204, 205, 216 Guillaumont A.: 10, 32, 44, 45, 47, 48 Guillaumont C.: 47 Halkin F.: 44 Hansen C.: 19, 20, 21, 28, 49, 153 Haussherr I.: 69 Hefele C.: 17 Holl K.: 21, 25, 33-35, 204 Hornus M.: 120 Humbertclaude P.: 120 Ihnken T.: 89 Jaeger W.: 59, 66 Joannou P.-P.: 17-19, 129 Kannengiesser C.: 54 Kausokalyvis (Neofita il Peloponnesiaco): 55 Khalil S.: 66 Klostermann R.A.: 61, 65 Krivocheine B.: 111 Lanne E.: 127 Leclercq H.: 17 Mayer W.: 16 Maraval P.: 27 Marriott G.L.: 61, 72 Martikainen O.: 89 Mendieta de D.A.: 120 Meyendorff J.: 11 Migne J.P.: 30, 37-41, 46, 58-60, 70, 125, 126, 203 Monique S.: 120 Müller F.: 198
245
Murphy M.G.: 120 Murray R.: 14 Ninua G.: 64 Opitz H.: 20 Palmentier M.: 69 Palthen Z.: 57, 59 Parmentier L.: 36 Picot J.: 57, 59 Plested M.G.: 55, 89, 142 Potestà G.L.: 65 Pouchet J.R.: 11, 23, 151, 153, 155, 156, 159 Poussines P.: 47, 59, 62 Pritz J.: 59 Privitera S.: 120 Pruche B.: 11, 54, 121, 149, 151, 156, 159, 180 Quispel G.: 14 Rahlfs A.: 68 Rendina S.: 120 Richardson E.C.: 51 Ridolfini S.P.: 71 Rist J.M.: 120 Rougé J.: 38 Scazzoso P.: 120, 128 Schamp J.: 37 Schulz E.: 45, 46, 52 Schulze U.: 61 Scicolone S.: 120 Silvas A.M.: 17, 31 Simonetti M.: 151, 206 Spener Ph.J.: 58 Staats R.: 10, 53, 59, 64, 67, 68, 69, 7073, 80, 120, 140, 199 Stewart C.: 9, 32, 38, 39, 89 Stiglmayr J.: 70 Strothmann W.: 61, 63, 66 Torre della F.: 62 Villecourt L.: 52, 55, 62, 66, 70 Vöobus A.: 89 Ware T.K.: 111 Wesley J.: 58 Wilmart D.A.: 70, 72
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INDICE DEI NOMI, DELLE FONTI E DEGLI AUTORI ANTICHI Abramo: 85, 189, 190 Adamo: 36, 162, 211 Adelfio (messaliano): 13, 35, 36, 37, 38 Adversus Eunomium: 28, 121, 152 Aerio: 21, 25, 31, 41, 203-205 Aezio: 20, 152 Afraate: 15 Ammonas: 61 Ancoràtus: 32, 33, 35 Anfilochio di Iconio: 26, 35, 37, 38, 146, 148, 150-152, 159 Antonio: 21, 44, 47 Apollinare: 24 Apophthegmata Copta: 58 Apophthégmata Patrum: 10, 44, 142 Apophthegmata Sanctorum Senum: 58 Ario: 20 Askétikon (di Basilio): 21, 22, 31, 53, 141, 205 Askétikon (di Isaia): 64 Askétikon (dei messaliani): 13, 38, 39, 41 Atanasio d’Alessandria: 14, 15, 20, 26, 47-50, 148, 149 Basilio (eustaziano): 22, 23 Basilio (di Ancyra): 150 Basilio di Cesarea: 5, 6, 9, 11, 13, 15, 16, 19-32, 40-43, 54, 76, 112, 120, 121, 123-125, 127-173, 175-178, 180-190, 195-197, 199, 201-203, 205-211, 213220 Bibliotheca (di Fozio): 37 Canoni (del Sinodo di Gangra): 9, 13, 30 32, 35, 40, 202 Capita Practica ad Anatolium: 47 Carmina (di Gregorio di Nazianzo): 26 Cassiano: 51 Cesaria (Patrizia): 134 Codex Theodosianus: 38 Contra Additiones Juliani: 38 Contra haereses: 32, 33 Costantino: 33 Cristo: 33, 34, 84, 86, 91, 92, 96, 97, 100,
110, 111, 113, 117-119, 122, 124, 127, 128, 130, 135, 137, 138, 162, 166, 167, 171, 172, 178, 185, 189, 190193, 206, 207 Dadoes (messaliano): 35 De Baptismate: 134 De haeresibus: 39 De iis qui ad ecclesiam ab haereticis accedunt: 38, 40, 41 De Instituto Christiano: 10, 43, 59, 60, 66-74, 199, 220 De Spiritu Sancto: 6, 11, 13, 29, 30, 53, 54, 124, 134, 139, 146-199, 201-220 De Virginitate: 26, 67, 68 De Viris inlustribus: 51 De Vita S. Macrinae: 26, 27, 89 Demostene (eunuco): 29 Dianio di Cesarea: 27 Efrem (abate): 65 Efrem Siro: 15, 21, 32, 33, 62, 202 Emmelia: 26, 27 Epifanio di Salamina: 13, 21, 25, 32-35, 40, 56, 202, 204, 205 Epistula ad Caesariam: 134 Epistula de Fide ad Simplicianum: 6, 197, 220 Epistula ad Filios Dei: 64 Epistola Magna: 5, 10, 43, 50, 53, 58-74, 140, 199, 202, 220 Epistulae ad Serapionem: 149 Ermas (messaliano): 35 Ermogene (vescovo di Cesarea): 20 Eulalio (padre di Eustazio di Sebaste): 19 Eunomio: 146, 152, 153, 155, 157, 218 Euprepio: 38 Eupsichio S. : 146, 147 Eusebio di Cesarea (vescovo metropolita): 28, 29 Eusebio di Costantinopoli: 20 Eusebio di Nicomedia: 18 Eusebio di Samosata: 24, 29 Eustazio di Antiochia: 20
Eustazio di Edessa (messaliano): 37, 40 Eustazio di Sebaste: 6, 9, 11, 13, 15, 16, 19-25, 27, 28, 31, 39, 40, 42, 120, 130, 139, 151-160, 202-205, 211, 213, 214, 217, 218 Eutimio Agiorita s. : 64 Evagrio Pontico: 16, 26, 47, 51, 142 Filokalìa: 57 Filostorgio: 20 Flaviano di Antiochia: 13, 35-38 Fozio: 13, 37, 38, 40 Gennadio di Marsiglia: 51, 58 Gerolamo: 51 Giovanni (patriarca d’Antiochia): 52 Giovanni Crisostomo: 16, 42 Giovanni Damasceno: 38, 39, 55, 203 Giuliano l’Apostata: 22, 28, 56 Gregorio (padre di Gregorio Nazianzeno): 29 Gregorio Nazianzeno: 16, 26-29, 51, 147, 148 Gregorio Nisseno: 6, 10, 16, 26, 27, 43, 51, 60, 62, 66-69, 71-74, 89, 197-199, 220 Gregorio Palamas: 57 Gregorio Taumaturgo: 26, 73, 167 Haereticarum compendium fabularum: 37, 38 Historia Ecclesiastica (di Teodoreto di Cirro): 35, 36, 38 Historia Ecclesiastica (di Rufino): 49 Historia Ecclesiastica (di Sozomeno): 16, 20, 21, 28, 49 Historia Ecclesiastica (di Socrate): 19, 20, 47, 49, 153 Historia Lausiaca: 10, 44-46, 49, 61 Historia Monachorum in Aegypto: 10, 45, 46, 52 Homiliae Spirituales: 48, 50, 52, 55, 59, 59, 61, 62 In suam ordinationem: 73, 199 Isacco di Ninive: 51 Isaia (abate di Sceti): 52, 64 Letoio di Meliténe: 35, 37 Lexicon (di Suda): 51 Libanio: 28
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Liber Graduum: 9, 15, 16, 53 Lucio d’Alessandria: 49 Macario Alessandrino: 10, 44-48 Macario di Pachmoum: 44 Macario di Pispir: 44 Macario Egizio: 5, 9, 10, 43-53, 55, 56, 59, 63, 65, 66, 201, 220 Macario il Giovane: 44 Macedonio: 218 Macrina (nonna di Basilio di Cesarea): 26 Macrina (sorella di Basilio di Cesarea): 27 Mani: 34 Maratonio: 20 Marcello di Ancyra: 29 Maria: 92 Martino di Tours: 21 Massimino Daia: 26 Melezio di Antiochia: 23 Modesto: 29, 30 Mosé: 87, 119, 133, 171, 172, 189, 191 Naucrazio: 27 Niceforo: 51 Nilo S. : 64 Omelie Harvard: 63 Omelie sul Cantico dei Cantici: 67 Omelie sulle Beatitudini: 67 Omilìai Pneumatikài: 220 Opuscula Ascetica: 58, 59, 62, 73 Origéne: 14, 28, 29, 119 Palladio: 10, 44-46, 49, 51, 52 Panàrion: 21, 32, 33, 35 Panegirici (di Gregorio Nazianzeno): 26 Pantokràtor: 33 Paradiso (di Enanisho): 44 Pastore di Erma: 63 Paterikòn (armeno): 64 Paterikòn (etiope): 44 Patròfilo: 155 Philokalìa: 28 Pietro s. : 119 Pietro (fratello di Basilio di Cesarea): 26 Pietro, (padre dell’abate Efrem): 65 Poimenio: 23, 154 Ps. –Macario Egizio: 5, 6, 9-11, 16, 36, 42, 43-74, 76, 83, 86, 88, 90, 92, 97,
104, 105, 107-109, 111-119, 139-146, 160-199, 201, 202, 206-220 Regulae Morales: 11, 28, 30-32, 40- 42, 130, 132, 134, 140, 142-145, 202, 218 Rufino: 45, 49, 51, 52 Rufino (Prefetto del Pretorio): 199 Saba: (messaliano): 35 Sabino di Eraclea: 20 Serafino di Sarov: 57 Simeone (messaliano): 35, 37 Simeone il Nuovo Teologo: 57 Simeone lo Stilita: 66 Simeone Logoteta: 52, 59 Simpliciano: 198, 199 Sisinnio di Costantinopoli: 38 Socrate: 17, 19, 20, 21, 47, 49, 51, 153 Sofronio (eustaziano): 22, 23 Sozomeno: 16, 17, 19-22, 28, 32, 49, 51, 203, 205 Synaxàrion: 49 Teodoreto di Cirro: 13, 35-38, 41, 55 Teodosio II: 38 Teodoto di Nicopoli: 23 Timoteo di Costantinopoli: 38-41 Tolomei: 56 Valente: 22, 23, 29 Vangeli: 5, 18, 31, 40, 88, 130 Vangelo di Tommaso: 71 Virtù di Macario: 48, 64 Vita Antonii: 14, 15, 47, 48, 50 Vita di Macario: 48, 49 Vita di Mosè: 67
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INDICE DEI NOMI DI LUOGO Adrianopoli: 56 Alessandria: 15, 20, 44, 45, 46 Ancyra: 17 Annisoi: 24, 27, 28 Antiochia: 15, 17, 19, 20, 34, 35, 37 Armenia: 21, 22, 24, 40, 202 Armenia Maior (od Armenia II): 23 Armenia Minor (od Armenia I): 22 Asia Minore: 13, 15, 16, 18, 19, 22, 33, 38, 43, 54, 56, 202, 203, 204, 205, 219, 220 Atene: 27 Bagavan: 22 Basiliade: 30 Bisanzio: 57 Bucoli (o Elearchia) : 49 Cappadocia: 19, 24, 26, 133, 146 Celle (o KellĂŹa) : 44, 46, 47 Cesarea: 19, 20, 22, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 134, 146, 151, 153, 158 Costantinopoli: 15, 20, 22, 149, 199, 220 Delta (del Nilo) : 49 Edessa: 37 Efeso: 38, 41, 219 Egitto: 14, 15, 27, 43, 49, 50, 52, 56, 202 Eufrate: 56 Francia: 57 Gangra: 17, 18, 19, 30, 31, 202 Germania: 57, 58 Gerusalemme: 109 Getasa: 23 Iconio: 35, 146, 148 Inghilterra: 58 Iris (fiume): 27 Italia: 57, 65 Laodicea: 17 Londra: 63 Marche: 58 MelitĂŠne: 35 Mesopotamia: 15, 32, 34, 73 Meteore: 65 Nazianzo: 29
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Neocesarea: 17, 19, 26, 27, 167 Nicea: 23, 29, 149, 154, 157, 158, 218 Nicomedia: 20 Nicopoli: 23 Nilo: 44, 48 Nitria (deserto della) : 45, 46 Occidente: 57, 60 Oriente: 30, 57, 60 Osroene: 56, 202 Ouadi-Natroun: 48 Pachmoum: 44 Paflagonia: 21, 37, 40, 202 Palestina: 45 Phargamos: 23, 24 Ponto: 19, 21, 24, 26, 27, 40, 148, 150, 156, 157, 202, 215 Ponto Polemoniaco: 26 Roma: 17, 62 Russia: 57 Satala: 23 Sceti: 44, 45, 48, 49, 50, 52 Sebaste: 21, 22, 23, 25, 154, 155, 158, 159, 203, 204 Side: 37 Sinai (monte) : 65 Siria: 15, 27, 33, 34, 35, 37, 40, 202 Tchitchber: 48 Tessaglia: 65 Tours: 21 Thmuis 48 Vienna: 59 Vienne: 65
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI acemeti: 16 achòreton: 179 acqua: 98, 162, 190, 196, 212 adelphòtes: 128 adorazione: 129, 148, 193; a. mistica: 98, 99 adozione filiale: 78, 91, 124, 137, 161, 162, 163, 172, 207, 218 adunanza: 114 aeziani: 33 agallìasis: 108 aghiasmòs tes kardìas: 80 aisthesis: 80, 142, 167, 207 aisthetòs: 36 akolouthìa: 102 alloiòo: 92 altare: 53, 56, 78, 95, 98, 99, 102, 103, 107, 110, 112, 134, 192, 194, 195,212 amante: 88 amato: 88 amore: 68, 77, 87, 88, 92, 111, 130, 131, 138, 144, 164, 174, 179, 182; a. di Cristo: 134; a. per Dio: 133; a. spirituale: 90 anacoresi: 18, 28 anacoreti: 15, 32 Anacoretismo: 15 anakainìzo: 92 anaktìzo: 92 analoghìa tes pisteos: 182 analogia: 105, 106, 114, 119, 181, 192 angeli: 121, 125, 131, 148 anima: 36, 39, 41, 54, 56, 67, 68, 69, 74, 78, 79, 81, 82, 83, 87, 88, 89, 90, 91, 97, 101, 104, 107, 108, 109, 110, 111, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 125, 126, 130, 132, 137, 146, 156, 163, 164, 171, 172, 173, 174, 177, 179, 181, 184, 186, 188, 192, 194, 195, 201, 206, 207, 209, 210, 212, 213, 215, 216, 219; a. purificata:
106, 208; a. razionale: 94, 113; a. santificata: 76, 80, 104, 106, 110, 111, 116, 137, 160, 161, 164, 165, 173, 179, 181, 183, 185, 195, 206, 208, 218; a. vivente: 110, 113, 176, 209; a. -Chiesa: 109, 113, 116 anomei: 151 Antica Alleanza: 111, 119, 212, 213, 214 antiloghikòi: 151 antitypos: 192 antropologia: 84, 108, 219 apàtheia: 36, 39, 50, 68, 76, 108, 171, 184, 206, 207, 210 apokàlypsis: 78 apostoli: 94, 98, 108, 111, 113, 116, 119, 131, 132, 137, 168, 195, 216 Aprillios: 56 arca dell’alleanza: 99 archetipo: 184 Arianesimo: 22, 155 ariani: 14, 20, 29, 33, 151, 218 ascesi: 16, 31, 41, 50, 68, 76, 89, 103, 104, 108, 111, 120, 130, 145, 152, 162, 168, 171, 173, 174, 175, 176, 182, 183, 184, 185, 208, 210, 212, 213, 215, 219; a. anacoretica: 52 asceti: 15, 19, 24, 28, 52, 73, 116, 134, 140, 156, 157, 208, 215; a. eustaziani: 30, 31, 203; a. itineranti: 18, a. sposati: 18 ascetismo: 14, 15, 16, 25, 203, 204; a. eustaziano: 18, 19, 21, 30, 31 asketéria: 211, 217 asketèrion: 28 asketikòn bìon: 20 audiani: 35 Auflage: 73 austeròs: 47 autogiustificazione: 141 auxesis: 79 Battesimo: 27, 36, 39, 53, 69, 99, 124, 126, 134, 135, 149, 155, 156, 162,
251
165, 189, 191, 192, 194, 195, 196, 202, 207, 210, 211, 212, 213, 214, 216 beni celesti: 81, 95, 116, 118 blasphemoùntes: 151 boethéias: 107 caduta: 163, 201, 211 cammino di perfezione: 143, 164, 175, 176, 210 capo: 34, 40, 108, 128, 129, 137, 151, 167 carismi: 34, 97, 99, 122, 123, 125, 127, 129, 137, 140, 168, 169, 201, 204 carità: 28, 108, 111, 131, 204, c. pastorale: 31 carne: 84, 91, 96, 122, 127, 134, 137, 162, 163, 171, 183, 198, 217 castità: 16, 18, 203 cattivi pensieri: 106, 146 celibato: 14, 16, 89, 203 cenobiti: 15 charìeis: 48 cheirotonìa: 20 Chiesa: 14, 15, 18, 19, 26, 28, 31, 53, 56, 79, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, 113, 114, 115, 116, 117, 119, 123, 127, 128, 130, 131, 134, 135, 137, 138, 167, 168, 176, 192, 193, 194, 195, 196, 197, 199, 201, 203, 204, 205, 207, 209, 210, 212, 213, 214, 216, 219 Chiesa invisibile: 194, 214 Chiesa visibile: 56, 95, 101, 104, 109, 112, 114, 194, 195, 209, 212, 213, 214, 219 chorepìskopoi: 29 choreutài: 32 chorismòs: 163, 183, 207, 210 christianòs: 140 Civitas: 128 Collezione musiva: 62, 73 comandamenti: 67, 117, 120, 133, 141, 145, 174 comunione: 30, 39, 76, 79, 109, 110, 113, 115, 117, 122, 127, 129, 131, 135,
252
138, 157, 162, 165, 168, 184, 189, 195, 196, 205, 206, 207, 209, 218; c. con lo Spirito Santo: 184; c. dei santi: 109; c. ecclesiale: 35, 107, 131; c. mistica: 53, 102, 106, 112, 113, 114; c. trinitaria: 155, 166, 182, 208 comunità: 14, 15, 23, 28, 31, 34, 53, 74, 89, 109, 112, 130, 131, 132, 140, 144, 145, 162 Concilio di Costantinopoli: 20, 149, 199, 220 Concilio di Efeso: 38, 41, 219 Concilio di Nicea: 149 condotta: 25, 54, 68, 99, 106, 115, 117, 123, 141, 175, 181, 214 conoscenza di Dio: 68, 120, 215 consustanziale: 29, 150, 157, 218 consustanzialità: 147, 148, 149, 201, 214 contemplazione: 79, 122, 128, 132, 133, 178, 184 contestazione sociale: 18 continenza: 14, 35, 89, 203; c. matrimoniale: 18 contrizione del cuore: 133 copia: 169, 176, 192 corepiscopi: 146, 148 corpo: 36, 53, 68, 76, 77, 84, 93, 101, 107, 109, 110, 112, 114, 118, 123, 129, 130, 135, 136, 137, 143, 160, 164, 183, 194, 196, 198, 211; C. di Cristo: 131, 134, 137, 140, 192 creatore: 78, 135, 163, 164, 186, 188, 198,218, creatura: 78, 88, 92, 122, 124, 125, 148, 153, 154, 163, 164, 182, 188, 198, 202, 206, 209, 210, 215, 218; c. santificata: 214 creazione: 69, 90, 96, 97, 106, 110, 121, 122, 124, 180, 183, 186, 188, 195, 212, 213, 217 crescita spirituale: 79, 143 Cristianesimo: 89, 97, 104, 112 cristiano: 53, 77, 80, 102, 103, 111, 120, 124, 158, 162, 179, 201, 206, 210, 214 cubicularium: 29
culto: 19, 112, 128, 193, 204; c. liturgico: 94, 103; c. mistico: 105, 110, 113, 192, 193, 219; c. spirituale: 133 cuore: 53, 56, 78, 80, 82, 83, 86, 87, 90, 99, 101, 103, 104, 105, 108, 110, 111, 113, 115, 119, 130, 142, 144, 152, 161, 173, 174, 175, 176, 177, 186, 187, 191, 193, 194, 210, 216, 219 cura: 143, 145, 169, 219 demonio: 36, 39 diaconi: 29, 37, 116 diakonìa: 95, 105 diakòsmesis: 137, 168 dianòia: 78 diatyposis: 100, 104, 114, 192, 209 digiuno: 18, 30, 35, 36, 40, 77, 103, 141, 203, d. domenicale: 18, 30 dikaiosyne: 141 dimora: 69, 86, 87, 98, 125, 128, 161 Dio: 33, 50, 67, 68, 69, 71, 78, 79, 84, 86, 87, 88, 91, 92, 93, 94, 96, 98, 99, 100, 101, 109, 111, 112, 116, 117, 119, 121, 122, 124, 125, 127, 128, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 141, 142, 143, 144, 146, 148, 149, 152, 153, 155, 157, 161, 163, 164, 166, 169, 171, 173, 175, 177, 178, 180, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 193, 194, 195, 196, 198, 211, 214, 218 diòikesis: 101, 111, 212 discernimento: 27, 54, 77, 141, 169, 172, 175, 204 disciplina: 31, 112, 169, 203, 204, 209, 219 disobbedienza: 84, 169 divinizzazione: 67, 124, 125, 135, 159, 179, 184, 201, 206, 209, 210, 218 dogma: 136, 149, 156, 215, 216, 218 dogmi: 120, 152, 216 domenica: 18, 52 donna: 89, 109, 129, 203 dono: 53, 109, 113, 124, 162, 173, 174, 178, 190, 195, 206, 209, 210 dossologia: 127, 132, 146, 152, 167, 185,
197, 210, 216, 218 dottrina: 18, 34, 41, 50, 66, 74, 102, 103, 149, 152, 153, 154, 158, 160, 215, 216; d. ascetica: 16, 24, 50, 67, 69; d. dell’inabitazione: 81; d. ecclesiologica: 127; d. spirituale: 16, 51, 68 doxa: 103, 112, 193 doxologhìa: 131 dualismo: 108 dynamis: 127 ebrei: 29, 189 ecclesiologia: 84, 111, 113, 116, 117, 127, 131, 194, 202; e. pneumatica: 201 economia: 95, 99, 101, 176, 191, 192, 213; e. salvifica: 100, 110; e. visibile: 94, 99, 101, 102, 105 ekklesìa: 84, 99, 109, 128, 168, 209 emphanìzetai: 173 en sarkì: 91 enantìoi: 151 Encratismo: 14, 71, 89, 204 enérgheia: 99, 127, 172, 181, 186, 188, 193, 194, 195, 199, 208 energhés: 80 energoùsa enòikesis: 80 enkràteia: 18, 19, 34, 35, 204 enòikesis: 79, 80, 165, 207 enthousiastài: 32 epànodos: 163, 211 epìklesis: 105, 116, /n: 95 epinòiai: 193, 197 epiorkìas: 19 episkopés: 106 epìskopoi: 116 epistéme: 215 eresia: 23, 24, 31, 32, 33, 55, 125, 154; /e: 33, 128, 131 eretici: 29 ergasìa: 115 eros pneumatiké: 90 erotapokrìseis: 17, 22, 53, 54, 60, 66, 141, 202, 220 esegesi: 83, 87, 109, 115, 129, 193, 214, e. spirituale: 107
253
Esicasmo: 57 eso ànthropos: 78 esperienza: 19, 22, 27, 77, 78, 80, 82, 87, 92, 97, 108, 114, 119, 120, 123, 141, 142, 161, 168, 173, 181, 188, 193, 195, 197, 203, 206, 207, 211; e. ascetica: 120, 130, 141, 210; e. dell’inabitazione personale dello Spirito Santo: 74, 81; e. della grazia: 177; e. dello Spirito Santo: 89; e. escatologica: 14; e. monastica: 15; e. personale, 208, 218, 219; e. personale dello Spirito Santo: 122, 210, 213, 216, 217, 219; e. santificante dello Spirito: 211; e. sensibile dello Spirito Santo: 36, 41, 42 esténosen: 173 euaréstesis: 133, 141, /n: 106 euaréstos: 141 Eucaristia: 18, 35, 39, 53, 79, 94, 98, 99, 102, 106, 110, 112, 113, 116, 130, 131, 134, 192, 193, 209, 212, 214 eucharistìa mystiké: 114 euché: 32 euché tes kardìas: 77 euchétai: 32 euchòmenoi: 33 eufemiti: 33 eunomiani: 151 euphemìas: 33 euphrosyne: 106 eustaziani: 16, 18, 21, 31, 35, 40, 41, 89, 112, 128, 131, 155, 156, 158, 203, 205, 209, 211, 215, 216, 218, 220 evocazioni scritturistiche: 85 exo ànthropos: 78 fede: 24, 27, 32, 34, 54, 87, 112, 120, 124, 132, 136, 142, 144, 146, 149, 152, 155, 156, 157, 162, 165, 167, 176, 181, 189, 191, 193, 197, 207, 215 Fede (virtù teologale): 216 fede di Nicea: 23, 24 Figlio: 88, 116, 121, 122, 124, 127, 131, 135, 146, 148, 150, 152, 154, 157,
254
164, 165, 171, 189, 193, 197, 198, 201, 206, 207, 216, 218 figura: 101, 105, 108, 113, 117, 138, 187 formazione: 25, 27, 29, 111, 158, 174, 179, 202, 209, 214, 217 fotiniani: 33 fraternità: 22, 31, 40, 42, 52, 128, 130, 131, 138, 140, 145, 202, 203, 205, 206, 211, 214, 219 fusione: 91, 92 gerarchia ecclesiastica: 15, 116, 203 gioia: 77, 103, 125, 142, 144, 174, 179, 181, 182, 186 Giudeo-Cristianesimo: 19 gloria: 84, 87, 89, 100, 122, 124, 133, 135, 143, 165, 177, 178, 185, 193, 194 glorificazione: 103, 111, 121, 132, 155 goti: 56 grazia: 50, 76, 80, 86, 90, 100, 101, 103, 105, 106, 108, 118, 122, 124, 126, 135, 160, 161, 163, 164, 166, 167, 168, 171, 172, 174, 179, 182, 183, 185, 187, 190, 191, 193, 196, 201, 207, 209 Grazia (dono di Dio): 135 guide spirituali: 141 gymnastéria: 175, 176 illuminazione: 79, 87, 168, 177, 178 imitatio Christi: 91, 206 immagine: 68, 84, 91, 100, 110, 129, 143, 171, 179, 184, 187, 192, 216; i. di Dio: 94, 95 inabitazione: 36, 42, 56, 61, 69, 78, 80, 82, 83, 85, 86, 87, 88, 89, 93, 106, 107, 112, 113, 116, 123, 125, 136, 163, 164, 165, 173, 179, 182, 183, 185, 187, 188, 206, 207, 209, 210, 211, 213, 216, 217, 219; i. del demonio: 39; i. dello Spirito Santo: 39; i. di Satana: 41; i. personale: 36, 38, 42, 76, 81, 86, 107, 119, 121, 122, 156, 158, 160, 164, 167, 178, 180, 195, 201, 205, 208, 210, 211, 216, 219 Incarnazione: 92, 100, 105, 110, 122,
124, 148, 162, 169, 180, 190, 192, 193, 199 incorporazione: 79 intelletto: 56, 77, 78 intelligenza: 120, 133, 135 intenzione (nell’Eucaristia): 102, 114, 194 intimità: 48, 78, 92, 123, 137, 163, 164, 165, 169, 183 Israele: 85, 86, 100, 109, 117, 171, 193 kanòn: 114, 194, 209; k. ekklesiastikòs: 102, 105 kardìa: 78, 174, 182 katharòtes: 36, 178, 210 kàtharsis: 68 kerygma: 215, 216 kleronomìa: 83 koinonìa: 166, 168, 207; /s: 106, k. mystiké: 53, 114 koinonòs: 166 kosmos: 103, 105, 113, 209, 210; k. ekklesiastikòs: 111 ktisma: 154 lavoro manuale: 34, 35, 40, 140 legge: 40, 90, 95, 97, 117, 135, 175, 191, 209, 213 letture liturgiche: 102, 212 lex credendi: 132 lex orandi: 132 libero arbitrio: 106, 108, 172, 174 liste messaliane: 55 liturgia: 94, 98, 105, 112, 113, 149, 193, 195; l. eucaristica: 94 lode: 132, 134, 148, 173 Logos: 105, 156, 159, 187, 188, 206, 208, 217 lotta: 90, 106, 142, 144, 173 macedoniani: 151 Makàrios: 44 Male: 69 martiri: 18, 23, 30, 35, 204 martiriani: 33, 35 matrimonio: 14, 17, 89, 203 memoria Dei: 136, 146 mente: 84, 90, 96, 97, 104, 113, 128, 136, 137, 175, 195, 212, 217
mesòtes: 153, 155, 158, 218 messaliani: 16, 32, 33, 36, 37, 39, 40, 42, 55, 56, 69, 112, 128, 199, 202, 220 Messalianismo: 32, 34, 37, 38, 40, 41, 69, 125, 142, 144, 174, 199, 219 metabàllo: 92 metalambàno: 79 metàlepsis: 79, 166 metéchein: 166 metoché: 79, 166, 207 métochos: 79, 166 Metodismo: 58 metousìa: 79, 166 ministero: 113, 116, 119, 122, 141 misericordia: 77, 108, 129, 169 misteri: 90, 96, 98, 99, 100, 104, 106, 114, 125, 212, 213 mistero: 84, 101, 102, 104, 111, 114, 116, 119, 121, 128, 129, 132, 134, 149, 175, 182, 191, 194, 196, 216, m. eucaristico: 116 mistica: 107; m. cristiana: 54, 57; m. della luce: 16; m. russa: 57 mitezza: 103, 174 mneme: 133 Monachesimo: 14, 15, 16, 21, 27 monachichés philosophìas: 21 monachòs: 71, 140 monaco: 16, 44, 46, 50, 54, 56, 89, 143, 175, 176, 208, 220; /i: 140 monàzon: 140 morte: 84, 85, 124, 134, 142, 171, 172 mysteriodòs: 90 mystérion: 90, 102, 104, 105, 112, 114, 194 mystiké: 193; m. eucharistìa: 194; m. latréia: 105, 193; m. synousìa: 90; m. tràpeza: 134 naòs: 78, 83, 160, 165, 207 nazirìti, 34 Neoplatonismo: 25 nepiazòntes: 97 nepsis: 141 nomi di Dio: 126, 131, 197, 214, 220 nomothesìas: 34 norme: 21, 31, 112, 212, 219; n. cultuali:
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95, 97, 195, 217, n. ecclesiastiche: 34, 40 noùs: 78 Nuova Alleanza: 119, 135, 194, 214 obbedienza: 53, 120, 129, 141, 165, 169, 183, 203 offerta: 101, 102, 114, 118, 194, 214; o. «mistica»: 119; o. eucaristica: 18; o. spirituale: 117 oikéiai graphài: 188, 194, 214 oikéian: 36, 178 oikéios: 165, 207, 215 oikéiosis: 78, 91, 123, 163, 164, 183, 207 oikeiòtes: 163 oiketérion: 83 oikonomìa: 29, 95, 96, 97, 99, 100, 105, 113, 119, 148, 168, 169, 180, 188, 190, 192, 193, 195, 198, 209, 212, 213, 217; o. phainoméne: 101, 102, 105, 107, 109, 113, 168, 169, 176, 192, 193, 196; o. tou logou: 141 ombra: 95, 100, 105, 109, 112, 113, 119, 169, 172, 175, 189, 191, 192, 194, 209, 212, 213, 214 omòios: 150 omòiosis: 68 omoiòteta: 97, 188, 194 omoioùsion: 150 omoousìa: 148 omooùsion: 29, 149, 150 omooùsios: 158 omotimìa: 148, 149 omòtimon: 148 operazioni: 122, 127, 137, 163, 179, 185, 187, 195, 201 òpsetai: 81 oratòs: 36 ordinamento ecclesiastico: 101, 105, 209, 195; o. visibile: 111 origenismo: 16 orizzonte ermeneutico: 82, 83, 85, 88, 107, 211 ortodossia: 20, 55, 147, 149, 151, 220 osservanza dei comandamenti: 41, 120, 145; o. del rito: 102 ousìa: 188
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Padre: 87, 88, 112, 113, 118, 122, 124, 126, 127, 131, 135, 146, 148, 149, 150, 154, 157, 162, 164, 165, 166, 169, 189, 193, 195, 196, 201, 206, 207, 216, 218 pagani: 29 paidarioghèron: 49 paoliniani: 33 parabolé: 104, 114, 192 Paraclito: 77, 183 paràdosis: 215 parasynagogài: 131 Parola: 105, 132, 135, 187, 217; P. di Dio: 77, 82, 83, 87, 89, 108, 119, 187, 188, 193; p. chiave: 85, 173, 211 Passione (di Cristo): 91, 171, 172, 206, 210 passioni: 36, 39, 41, 54, 68, 69, 76, 84, 91, 106, 108, 125, 136, 144, 160, 163, 164, 171, 172, 175, 183, 190, 207, 210, 219 pathe: 171, 172 peccato: 32, 41, 76, 80, 84, 85, 91, 99, 108, 109, 117, 134, 144, 146, 168, 169, 175, 198, 201, 215; P. originale: 162, 211 peccatori: 84, 105, 109 peira: 81, 120, 142 peirasmoùs: 106 penitenza: 94, 105, 142 pensieri: 25, 50, 69, 77, 78, 104, 109, 114, 132, 136, 142 perfezione ascetica: 107 persiani: 56 persona: 78, 115, 165, 167, 174 Persona (divina): 128, 135, 147, 149, 158, 164, 201, 208, 217 phainoméne: 96, 209, 213 philanthropìa: 104 philìa: 164, 183, 211 philosophìa: 27, 40, 202 photismòs: 78 phratrìa: 27 physis: 193; /n: 188 pietà: 18, 22, 129, 131, 147, 175 Pietismo: 58
pista esegetica: 83, 85, 88, 107, 112, 115, 211, 216 pistis: 182 pleres: 80 plerestàte enòikesis: 80 pléroma: 80, 167, 207 plerophorìa: 80, 114, 142, 167, 207; /n: 97 Pneuma: 156, 159, 206, 217 pneuma ghenésthai: 184, 211 pneumatiké prokopé: 79 pneumatòfora: 207; /e: 168 pneumatologia: 53, 116, 149, 201; /e: 214 pneumatomachi: 21, 25, 150, 151, 153, 154, 157, 158, 159, 165, 199, 218 pneumatomàchoi: 151 pneumatophòroi: 184 polis: 15 politéia: 103, 108, 214 politikòs: 48 poneròi loghismòi: 50, 54, 108, 142, 172; p. /oùs: 106 popolo: 85, 100, 101, 102, 171, 190 potenza: 69, 77, 82, 90, 96, 98, 99, 103, 110, 126, 135, 137, 171, 181, 186, 189, 195, 196, 217 povertà: 18, 203 preghiera: 16, 19, 30, 33, 36, 39, 40, 41, 53, 73, 77, 78, 108, 132, 133, 140, 141, 144, 146, 149, 174, 175, 182, 193; p. del cuore: 57, 77; p. spirituale: 174 presbitero: 49, /i: 18, 20, 29, 31, 37, 130, 131, 203 primogeniti: 109, 189, 193 proestòtes: 53, 140 Profeti: 123, 131, 132, 175 prokopé: 79, 176 prosphorà: 194; /s: 101 proskollào: 92 proskomidés: 102, 194 prosoché: 141 prospettiva ecclesiologica: 202, 219 protocollo di Sebaste: 159 psallere intelligenter: 133
psyché: 78, 97 ptochotrophéion: 21, 204 puer senex: 49 purificazione: 36, 54, 68, 111, 141, 168, 172, 173, 178, 183, 184, 186, 209, 210, 218 purità cultuale: 18 razionale: 110, 116, 176, 209, 217 regno: 14; R. di Dio: 119, 193, 194 regola monastica: 53 regula: 52 Reichskirche: 25, 203 ringraziamento mistico: 102 rinnovamento: 18, 80, 84, 90, 91, 94, 96, 113, 123, 137, 197, 212, 217 risurrezione: 111, 121, 134, 162, 165, 176, 196 romani: 56 sabelliani: 33 Sabellianismo: 23 saccòfori: 34 sacerdote: 101, 102, 114, 117, 194, 214 sacerdozio: 105, 117, 119 sacramentalità: 104 sacramento: 53, 126, 130, 149, 155, 162, 189, 210, 219; /i: 16, 52, 95, 111, 113, 130, 193, 194, 195, 202, 217, 218 sacrificio: 56, 86, 95, 118, 133, 190, s. eucaristico: 117, 119 Salmi: 108, 132 salmodia: 34, 103, /e: 102 salvezza: 14, 33, 39, 84, 88, 94, 114, 162, 164, 171, 172, 184, 186, 187, 188, 191, 193, 196, 198, 204, 216 Sancta Sanctorum: 78, 194 sangue: 53, 84, 85, 101, 102, 134, 189 santi: 165, 178, 193, 216 santificazione: 76, 88, 90, 101, 103, 105, 107, 109, 120, 124, 127, 134, 137, 158, 160, 171, 178, 180, 184, 206, 207, 208 santità: 44, 49, 84, 109, 110, 118, 125, 126, 135, 166, 207 sapienza: 32, 91, 175, 179, 185 Satana: 33, 41, 122, 144
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sataniani: 33 schìsmata: 131 Scrittura: 28, 31, 77, 81, 82, 83, 87, 88, 89, 90, 93, 116, 125, 135, 141, 148, 152, 156, 185, 187, 188, 189, 190, 191, 193, 195, 211, 214, 215, 216, 218, 219; /e: 82, 86, 91, 96, 97, 105, 107, 115, 123, 173, 180, 197, 215, segni: 36, 54, 78, 80, 106, 131, 161 semàinon: 36 semansìa: 100, 111, 212 senso: 83, 84, 87, 107, 114, 132, 133, 142, 186, 190, 192, 193, 214; s. ecclesiale: 219; s. “spirituale”: 83 sinagoga: 109, 128 Sinodo di Gangra: 16, 17 Sinodo di Phargamos: 24 sképasma: 109 skiàs: 101, 192 soccorso: 69, 106, 126, 143, 173, 182, 208 sophìa: 215 sotér: 98, 100 spiriti maligni: 90, 106 Spirito Santo: 24, 25, 29, 36, 38, 41, 50, 53, 54, 68, 69, 71, 76, 78, 80, 81, 82, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 96, 97, 98, 99, 100, 103, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 118, 120, 121, 122, 123, 124, 125, 126, 127, 128, 131, 133, 135, 136, 137, 146, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 156, 157, 158, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 184, 185, 189, 193, 194, 195, 196, 197, 198, 201, 205, 206, 207, 208, 209, 210, 211, 212, 213, 215, 216, 217, 218, 219, 220 spirituali: 168 spiritualità: 54, 71, 89, 107, 120, 199; s. biblica: 111, 116; s. del cuore: 108; s. francescana: 58; s. siriaca: 15, 53 sposa: 89, 110, 129, 135, 186, 216 sposo: 39, 89, 92, 109, 110, 135, 185
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stabilitas loci: 18 stati di grazia: 54, 56, 116, 172, 174 storia della salvezza: 100 synoikìan monachòn: 20 sympàtheia: 172 synàpheia àphtharton: 90 synéinai: 98, 196 synghenéia: 164 synghenés: 92 synousìa: 89 tachigrafi: 159 taxis: 168, 169, 209 techne: 215 technologhìa: 152 tempio: 56, 78, 82, 86, 87, 90, 93, 95, 96, 101, 107, 110, 112, 113, 125, 128, 130, 131, 135, 136, 161, 165, 194 tentazioni: 106, 122, 144 teologia: 15, 68, 107, 120, 149, 156, 208; t. ascetica: 14: t. mistica: 187 theologhìa: 152 theòn ghenésthai: 184, 211 theorìa: 133 théosis: 134 théseos: 34 thesmòs: 209, /où: 34, 102 thysiastérion: 78 tipo: 189, 192, 194, 209, 212, 214 trasformazione: 67, 80, 90, 91, 100, 124, 177 travagli: 106 Trinità: 37, 69, 106, 126, 147, 148, 149, 164, 173, 182, 201, 207, 208, 210, 218 tropoi: 187, 193, 195, 197, 216 tropologhìa: 186, 187, 188, 195, 198, 216 typoi: 189 typos: 101, 113, 190, 192 umiltà: 53, 103, 133, 141, 144, 174 Universo: 121 uomini “spirituali”: 82, 83, 116, 118, 141 uomo: 40, 50, 54, 67, 69, 76, 79, 80, 83, 86, 88, 91, 93, 107, 108, 110, 112, 113, 124, 129, 135, 136, 144, 146, 162, 165, 169, 171, 176, 178, 182,
186, 194, 198, 208, 212; u. decaduto: 86, 108; u. esteriore: 56, 78, 103, 114, 194; u. interiore: 56, 82, 90, 94, 95, 96, 100, 103, 110, 112, 113, 114, 169, 192, 194, 217; u. nuovo: 85, 94, 110, 113, 134, 212; u. santificato: 54, 80, 85, 108 uomo santo: 15 veglie: 103, 108, 141 Verbo: 88, 90, 100, 105, 111, 162, 187, 188, 189, 193, 198, 216, 217 vergini: 28 verginità: 14, 18, 203 verità: 85, 87, 91, 95, 96, 97, 134, 147, 157, 161, 174, 176, 177, 187, 190, 191, 213, 217 vescovi: 16, 18, 20, 23, 24, 29, 30, 37, 38, 116, 128, 131, 151, 170 vigilanza: 108, 142, 172 virtù: 49, 53, 67, 69, 98, 104, 106, 108, 118, 125, 136, 144, 174, 175, 178, 181, 186, 195 vita: 98, 99, 103, 108, 110, 111, 115, 123, 124, 126, 127, 132, 135, 161, 164, 175, 178, 182, 195, 196, 207, 210, 216, 219; v. della Chiesa: 14, 201; v. comunitaria: 34, 35, 36, 40, 41, 54, 130, 140; v. apostolica: 18, 28; v. ascetica: 15, 19, 20, 25, 27, 30, 40, 47, 50, 51, 53, 94, 151, 152, 202, 203, 205, 211; v. cristiana: 15, 54, 71, 103, 114, 130, 134, 204, 216; v. divina: 121; v. eterna: 100, 121, 124, 179, 186, 187, 196; v. materiale: 143; v. monastica: 44; v. sacramentale: 134; v. spirituale: 58, 121, 141, 186, 187 volontà: 32, 98, 99, 146, 162, 174; v. di Dio: 30, 32, 67 Vorlage: 73 Xanthikòs: 56 yiothesìa: 78, 162, 207 ypòdeigma: 101, 172 ypomnémata: 37 ypotypòseis: 172
259
INDICE DEGLI SCRITTI DELLO PS. -MACARIO EGIZIO Collezione I Lo/goj, 2,3,7,24 (Coll. I): 187 Log., 2,10,9 (Coll. I): 141 Log., 2,14,3 (Coll. I): 141 Log., 3,3,3,19-22 (Coll. I): 173 Log., 3,2,8,6-8 (Coll. I): 78 Log., 4,13,1,1-7 (Coll. I): 86 Log., 4,29,6,20, (Coll. I): 56 Log., 4,30,14,11-16 (Coll. I): 111 Log., 5,2,7,1-9 (Coll. I): 87 Log., 6,2,1,21-22-2,1-2 (Coll. I): 119 Log., 6,3,1,24-27 (Coll. I): 108 Log., 6,3,14-17 (Coll. I): 79 Log., 6,10,1-3,1 ss. (Coll. I): 108 Log., 7,15,10 (Coll. I): 192 Log., 7,18,3,14-21 (Coll. I): 78 Log., 7,18,4,10 (Coll. I): 176 Log., 8,1,5,12-15, (Coll. I): 57 Log., 8,4,2,10-13, (Coll. I): 57 Log., 8,7,9 (Coll. I): 176 Log., 10,1-3,1 (Coll. I): 108 Log., 10,3,4,22-26 (Coll. I): 179 Log., 13,1,11,4-11 (Coll. I): 88 Log., 14,26,27, (Coll. I): 56 Log., 17,1,3,19-24 (Coll. I): 82 Log., 21,1,2,1 (Coll. I): 140 Log., 22,1,7,18-1 (Coll. I): 79 Log., 22,1,10,1-13 (Coll. I): 88 Log., 23,1,11,24-27 (Coll. I): 183 Log., 24,2,8-3,13 (Coll. I): 90 Log., 25,1,12,3 (Coll. I): 141 Log., 25,2,5,8 (Coll. I): 80 Log., 25,6,18-19 (Coll. I): 215 Log., 28 (Coll. I): 219 Log., 29,1,8,24 (Coll. I): 140 Log., 30,1,11 (Coll. I): 140 Log., 30,1,4,1-6.1 (Coll. I): 175, 176 Log., 30,1,4,2 (Coll. I): 176 Log., 31,2,1,5 (Coll. I): 176 Log., 31,4,3,10-12 (Coll. I): 79 Log., 32,8,18,25-29, (Coll. I): 57 Log., 34,11,4, (Coll. I): 56
260
Log., 34,12,12-13 (Coll. I): 215 Log., 34,14,1-5 (Coll. I): 116 Log., 34,16,1,1-5 (Coll. I): 116 Log., 38,2,6 (Coll. I): 80 Log., 38,2,8, (Coll. I): 80 Log., 40,2,3,9-19 (Coll. I): 89, 188, 197 Log., 40,2,5,1,20-8 (Coll. I): 186 Log., 40,2,10: 70 Log., 43,1,3,5-8 (Coll. I): 162 Log., 48,6,10,1-7 (Coll. I): 103 Log., 49,2,10,1 (Coll. I): 141 Log., 49,5,8,1-8 (Coll. I): 117 Log., 49,6,4,9 (Coll. I): 179 Log., 51,3,13-15 (Coll. I): 177 Log., 54,1,3,10 (Coll. I): 77 Log., 63,1,5,8 (Coll. I): 176 Log., 64,1,5,7 89 Log., 64,9,9 (Coll. I): 179
Il Lo/goj 52 della Collezione I Log., 52,1,1,2-4 (Coll. I): 94 Log., 52,1,1,3-9 (Coll. I): 95 Log., 52,1,1,6 (Coll. I): 93 Log., 52,1,1,7 (Coll. I): 112 Log., 52,1,1,8 (Coll. I): 192 Log., 52,1,1-6 (Coll. I): 192 Log., 52,1,1,10 (Coll. I): 192 Log., 52,1,1,11 (Coll. I): 192 Log., 52,1,2 (Coll. I): 96 Log., 52,1,2,11 (Coll. I): 112 Log., 52,1,2,9-11 (Coll. I): 95 Log., 52,1,2,16 (Coll. I): 112 Log., 52,1,3,2 (Coll. I): 113 Log., 52,1,3,18-23 (Coll. I): 96, 107, 111, 194 Log., 52,1,3,19 (Coll. I): 188 Log., 52,1,3,22 (Coll. I): 113 Log., 52,1,3,24-4 (Coll. I): 97 Log., 52,1,4 (Coll. I): 113 Log., 52,1,4,5-10 (Coll. I): 93, 94, 98, 195, 196 Log., 52,1,4,11 (Coll. I): 192
Log., 52,1,5,16-27 (Coll. I): 99 Log., 52,1,6,27-2 (Coll. I): 100, 180 Log., 52,1,6,30 (Coll. I): 192 Log., 52,2,1,1-8 (Coll. I): 93, 119, 192 Log., 52,2,1,3 (Coll. I): 113 Log., 52,2,1,3-8 (Coll. I): 101 Log., 52,2,2 (Coll. I): 114 Log., 52,2,3 (Coll. I): 103, 182 Log., 52, 2,3,25 (Coll. I): 103, 183 Log., 52,2,3,26-1 (Coll. I): 182 Log., 52,2,4,10 (Coll. I): 104 Log., 52,2,4,5-11 (Coll. I): 104 Log., 52,2,5 (Coll. I): 113 Log., 52,2,5,11-12 (Coll. I): 117, 192 Log., 52,2,5,14 (Coll. I): 105 Log., 52,2,5,17-18 (Coll. I): 106 Log., 52,2,5,19 (Coll. I): 93, 94 Log., 52,2,6 (Coll. I): 106 Log., 52,2,8-21(Coll. I): 102, 112 Collezione II )Omili/a, 1 (Coll. II): 53 Om., 3 (Coll. II): 53 Om., 3,1 (Coll. II): 140 Om., 4,159.186 (Coll. II): 141 Om., 4,185-191 (Coll. II): 81 Om., 4,412 (Coll. II): 179 Om., 5,6 (Coll. II): 52 Om., 5,202 (Coll. II): 140 Om., 5,404 (Coll. II): 56 Om., 7 (Coll. II): 53 Om., 7,60 ss. (Coll. II): 81 Om., 10,14-16 (Coll. II): 79 Om., 11 (Coll. II): 53 Om., 12,188-189 (Coll. II): 108 Om., 12,190-194 (Coll. II): 108 Om., 12,197-198 (Coll. II): 109 Om., 14,6-7 (Coll. II): 52 Om., 14,9 (Coll. II): 176 Om., 15 (Coll. II): 53 Om., 15,48 (Coll. II): 141 Om., 15,160 (Coll. II): 57 Om., 17 (Coll. II): 53 Om., 17,216 (Coll. II): 218 Om., 18 (Coll. II): 53 Om., 18,132-138 (Coll. II): 77, 184
Om., 19,56-62 (Coll. II): 174 Om., 19,118-119 (Coll. II): 79 Om., 24,90 (Coll. II): 141 Om., 25,36-67 (Coll. II): 84 Om., 26,320-325 (Coll. II): 108 Om., 27 (Coll. II): 53 Om., 27,273-281 (Coll. II): 144 Om., 28,5-9 (Coll. II): 117 Om., 30,5 (Coll. II): 52 Om., 32 (Coll. II): 119 Om., 32,6 (Coll. II): 52 Om., 33,2 (Coll. II): 52 Om., 38,17-23 (Coll. II): 87 Om., 40 (Coll. II): 53 Om., 40,1-16 (Coll II): 145 Om., 44,2-5. 28-31 (Coll. II): 118 Om., 45,7 (Coll. II): 52 Om., 45,68-79 (Coll. II): 78 Om., 45,75-79 (Coll. II): 164 Om., 45,97 (Coll. II): 176 Om., 48,5-16 (Coll. II): 143 Om., 49 (Coll. II): 53
Collezione III Lo/goj, 1,1,38 (Coll. III)140 Log., 1,2,12 (Coll. III): 162 Log., 3,1,3,14-21 (Coll. III): 92 Log., 6,1,1-12 (Coll. III): 115 Log., 6,4,31-35 (Coll. III): 110 Log., 6,4,39-40 (Coll. III): 77 Log., 7,2,1,1-14 (Coll. III): 118 Log., 8,1,2,8-11 (Coll. III): 109 Log., 10,3,24-29 (Coll. III): 143 Log., 13,4,29 (Coll. III): 141 Log., 16,3,48-53 (Coll. III): 82 Log., 16,3,64-65 (Coll. III): 216 Log., 16,8,12 (Coll.III): 176 Log., 17,1,5, 57-61 (Coll. III): 77 Log., 18,1,4 (Coll. III): 115 Log., 21,1,1,6-9 (Coll. III): 110 Log., 21,3,5,43 (Coll. III): 103 Log., 22,1,1,1-3 (Coll. III): 83 Log., 25,4,29-35 (Coll. III): 91 Log., 25,6,14-22 (Coll. III): 91 Log., 27,5,3,24-33 (Coll. III): 115 Log., 28,1,3,18-19 (Coll. III): 91
261
Epistola Magna Epistola Magna, 1,1,1-8: 68 Ep. Magna, 1,2,22: 140 Ep. M., 1,3: 72 Ep. M., 5,2,9: 140 Ep. M., 6,1,7-3,18: 140 Ep. M., 6,3,18: 140 Ep. M., 6,3,24: 140 Ep. M.., 6,4,24: 53 Ep. M. 6,4,38: 140 Ep. M., 6,5,43: 53, 140 Ep. M., 6,5,43.52: 140 Ep. M., 6,6,59: 140 Ep. M., 7,1,7: 140 Ep. M., 8,1,1-15: 64 Ep. M., 8,1-3: 73 Ep. M., 9,2,9-19: 140 Ep. M., 9,3,23: 140 Ep. M. 9,3,23-45: 140 Ep. M., 9,5,46: 140 Ep. M., 9,11,104: 80 Ep. M., 9,17,175: 80 Ep. M., 9,17,188: 80 Ep. M., 13,15,207: 80
262
INDICE DELLE OPERE DI BASILIO DI CESAREA Adversus Eunomium Adv. Eun., II,4, ll. 28-30: 125 Adv. Eun., III,3: 121 Adv. Eun., III,5, ll. 26-31: 126
Homiliae Hom. in Mamantem martyrem, ll. 5-9: 120 Hom. in Mam. mart., 3: 128 Hom. de Fide, 3: 121 Hom. de Virginitate, 27: 135 Hom. in tempore famis et siccitatis, ll. 1524: 130
Homiliae in Psalmos Hom. in Ps., 2,3: 129 Hom. in Ps., 29,5: 129 Hom. I in Ps., 28,1: 136, 137 Hom. I in Ps., 28,3, ll. 13-20: 128 Hom. I in Ps., 28,7: 132 Hom. II in Ps., 28,3, ll. 46-48: 131 Hom. II in Ps., 28,3: 128, 132 Hom. in Ps., 29,1: 129 Hom. in Ps., 29,1, ll. 7-11: 137 Hom. in Ps., 33,11: 129 Hom. in Ps., 44,5: 128 Hom. in Ps., 44,10: 128, 129 Hom. in Ps., 44,20: 129 Hom. in Ps., 45,4: 131 Hom. in Ps., 59,4: 128 Hom. in Ps., 115: 128
Hexaemeron Hexaem., 3,1: 133 Hexaem., 4,7: 129 Hexaem., 5,5: 129 Hexaem., 6: 129
Regulae Proem. in Asceticum Magnum, 1, ll. 5-7: 142
Regulae Brevius Tractatae, 75, ll. 1-5: 41, 144 Regg. Brr. Trr., 126-140: 30 Reg. Br. Tr., 157: 132 Reg. Br. Tr., 201: 41, 133 Reg. Br. Tr., 205: 41 Reg. Br. Tr., 265: 133 Reg. Br. Tr., 277: 133 Reg. Br. Tr., 279: 133 Reg. Br. Tr., 201: 133 Reg. Br. Tr., 310: 30
Regulae Fusius Tractatae Proem., 2, ll. 17: 145 Regg. Fus. Tr., 7: 130 Regg. Fus. Tr., 35: 130 Reg. Fus. Tr., 37,3: 140 Reg. Fus. Tr., 55,1, ll. 23-27: 144 Regulae Morales, 50,5: 130 Reg. Mor., 70,20: 131 Reg. Mor., 9,1-4: 132 Reg. Mor., 72,22, ll. 4-12: 134 Reg. Mor., 72,22, ll. 19-30: 134 Reg. Mor., 72,4, ll. 44-52: 129
Il De Spiritu Sancto De Spiritu Sancto DSS 1,2,11-12: 124 DSS 1,3,2-3: 146 DSS 1,3,5-8: 147 DSS 2,4,12-18: 152 DSS 3,5,1-5: 152 DSS 4,6,1-3: 152 DSS 4,6,27: 152 DSS 5,7,1-12: 152 DSS 5,9,10-14: 167 DSS 6,13,17-22: 152 DSS 8,17,15: 185 DSS 8,17,23-29: 185 DSS 8,17,29-32: 186 DSS 8,18,12-19: 171
263
DSS 8,18,29-33: 169 DSS 8,18,37-45: 177 DSS 9,22,20-21: 180 DSS 9,22,21-23: 181 DSS 9,22,25-26: 181 DSS 9,22,29-32: 54, 181 DSS 9,22,34-37: 171 DSS 9,22,37-40: 54, 182 DSS 9,22,31: 54 DSS 9,22,38: 54 DSS 9,23,1-5: 163, 183 DSS 9,23,5-9: 183 DSS 9,23,9-12: 184 DSS 9,23,11-16: 121 DSS 9,23,14-20: 54, 184 DSS 9,23,22-25: 125, 184 DSS 9,23,29-30: 151 DSS 9,23,3: 54 DSS 9,23,14-20: 168 DSS 10,26: 134 DSS 10,26,17-20: 161 DSS 11,27,19: 151 DSS 12,28,1-7: 124 DSS 12,28,23-27: 196 DSS 12,28,28-31: 196 DSS 12,28,31-37: 197 DSS 13,30,27-29: 169 DSS 13,30,29-32: 195 DSS 14,31,10-11: 189 DSS 14,31,12: 189 DSS 14,31,13-15: 189 DSS 14,31,16-17: 189 DSS 14,31,22-24: 171 DSS 14,31,37-40: 190 DSS 14,31,44-46: 171, 190 DSS 14,31,46-48: 172, 190 DSS 14,32,2-4: 190 DSS 14,32,7-9: 172 DSS 14,32,11-15: 191 DSS 14,33,17-18: 191 DSS 14,33,41-46: 175 DSS 15,35,1-4: 169 DSS 15,35,4-8: 162, 172 DSS 15,35,60-63: 196 DSS 15,36,1-11: 167 DSS 15,36,1-14: 124
264
DSS 15,36,2: 163 DSS 15,36,3-7: 166 DSS 16,37: 129 DSS 16,38,41-43: 124 DSS 16,39,1-4: 169 DSS 16,39,26-30: 137 DSS 16,39,26-32: 169 DSS 17,41-43: 152 DSS 18,46,24-25: 122 DSS 18,47: 127 DSS 18,47,24-43: 152 DSS 19,49,9-13: 123 DSS 19,49,12: 123 DSS 19,49,14-22: 122 DSS 19,49,22-25: 123 DSS 19,49,22-27: 165 DSS 19,49,30-31: 123 DSS 19,49,31-32: 123 DSS 19,49,35-41: 123 DSS 19,49,39: 123 DSS 19,49,75-76: 123 DSS 19,50,1-5: 123 DSS 19,50,7-11: 121 DSS 20,51,10-15: 170 DSS 21,52,6-7: 151 DSS 21,52,42-48: 191 DSS 21,52,63-67: 161 DSS 21,52,63-71: 178 DSS 21,52,74-76: 125 DSS 22,53,12-16: 176 DSS 22,53,27-29: 178 DSS 22,53,35-40: 179 DSS 24,55,21-26: 165 DSS 24,55,31-34: 166 DSS 24,56,1-4: 122 DSS 24,56,2-3: 166 DSS 24,56,5-13: 121 DSS 26,61,13-14: 126, 172 DSS 26,61,19-23: 127 DSS 26,61,52-54: 123 DSS 26,62,9-18: 133 DSS 26,63,21-23: 167 DSS 26,62,23-24: 161 DSS 26,63,4-6: 163 DSS 26,63,29-32: 173 DSS 27,66,14-15: 216
DSS 28,69,17-18: 170 DSS 28,69,34-35: 127 DSS 28,69,46-49: 152 DSS 29,74,35-38: 167 DSS 29,75,30: 151 DSS 30,76: 128 DSS 30,77,32-34: 167 DSS 30,77,55-58: 170 DSS 30,79,12: 151
Epistolario Epistula, 1,12-15.25.38: 27 Ep., 2,4,6-5,5: 136 Ep., 7,1,5-9: 121 Ep., 8,11,23-24: 136 Ep., 38,5,56-62: 121 Ep., 47: 131 Ep., 70: 131 Ep., 70,6-8: 131 Ep., 79,3,19-20: 22 Ep., 79,9: 22 Ep., 89,5,5-16: 126 Ep., 93: 134 Ep., 95,1,11-18: 23 Ep., 98,2: 128, 154 Ep., 99,2,1-34: 23 Ep., 99,2,18-20: 155 Ep., 99,2,5-22: 151 Ep., 100,27-28: 146 Ep., 105,25-35: 135 Ep., 125,3,1-54: 154 Ep., 125,3,4-6: 154 Ep., 125,3,4-9: 149 Ep., 125,3,34: 155 Ep., 128,1,6-8: 24 Ep., 128,1.2,14-21: 153 Ep., 130,1,23: 20 Ep., 138,2,1-38: 24 Ep., 140,2,32: 149 Ep., 155: 26 Ep., 156,1.12-16: 131 Ep., 159,2,25-27: 121 Ep., 165: 26 Ep., 173: 133 Ep., 176,21-23: 146 Ep., 204, 2.6: 26
Ep., 204,6,10-12: 26 Ep., 204,7,31-36: 130 Ep., 206: 26 Ep., 210,1.2: 26 Ep., 210,2,1-5: 27 Ep., 212, 2,11-12: 22 Ep., 216: 148 Ep., 217: 148 Ep., 218: 148 Ep., 222: 129 Ep., 223,3,28-35: 152 Ep., 223,3,4-8.10-12: 22 Ep., 223,5,30-32: 20 Ep., 223,6,1-12: 23 Ep., 224,3,8-15, 2,20-21: 24 Ep., 226,2,39-40: 157 Ep., 226,3,12-13: 157 Ep., 226,3,16-23: 156 Ep., 226,3,22-24: 156 Ep., 226,3,26-27: 157 Ep., 226,3,30-33: 157 Ep., 226,3,5-9: 157 Ep., 227,17-27: 138 Ep., 229: 131 Ep., 231,1,31-33: 147 Ep., 236,6,13-14: 121 Ep., 243,1.4-8: 129 Ep., 244,2,21-47: 24 Ep., 244, 2,34: 156 Ep., 244,3,18:-19: 20 Ep., 244,4,11-12: 22 Ep., 244,4,18-20.27-28: 22 Ep., 244,9,8-10: 20 Ep., 244,9,23-24: 153 Ep., 263,3,1-10: 20 Ep., 263,3,14: 20
265
INDICE DELLE CITAZIONI SCRITTURISTICHE Gen 1,26: 68
Es 3,8: 84, 85 Es 33,21: 133
Lv 8,21: 118 Lv 22,20-25: 118 Lv 26,12: 173
Dt 12,13-14: 133
Is 61,10: 89 Is 66,2: 87
Sal 28: 129 Sal 103,30: 165 Sal 136,1: 84, 85
Pr 9,18: 84, 85
Mt 28,19: 155 Mt 28,20: 93, 94, 98, 99, 107, 113
Lc 6,20-26: 143
Gv 1,14: 84, 86 Gv 1,16: 167 Gv 4,23: 134 Gv 4,24: 84, 86 Gv 10,16: 114 Gv 11,52: 114 Gv 14,21: 87, 173 Gv 14,23: 87, 88, 214 At 2,44: 130 At 4,32: 28
Rm 1,5: 185 Rm 5,2: 185 Rm 6,3-6: 134 Rm 6,12: 84, 86 Rm 7,14: 90 Rm 7,17: 80
266
Rm 7,22: 90 Rm 8: 80 Rm 8,8-11: 80 Rm 8,11: 121 Rm 8,15: 84, 86 Rm 8,17: 84, 86 Rm 12,1: 118 Rm 12,2: 84, 86, 90 Rm 13,12: 84, 86 Rm 15,29: 80
1Cor 2,9: 81 1Cor 2,12: 77 1Cor 3,16: 85, 112, 160 1Cor 3,16-17: 84, 86, 93, 107, 136 1Cor 5,8: 84, 85 1Cor 6,19: 93, 107, 112 1Cor 10,17: 79 1Cor 10,21: 79 1Cor 12,28: 168, 169 1Cor 15,49: 84, 86 1Cor 15,56: 84, 85
2 Cor 3,15: 87 2 Cor 3,18: 178 2Cor 4,6: 88 2Cor 4,16: 94, 107, 112 2Cor 5,17: 91 2 Cor 6,16: 93, 107, 112, 173 2 Cor 11,4-5: 108 2 Cor 13,13: 5, 93, 94, 106, 107, 113
Gal 4,6: 164 Gal 6,17: 84, 86
Ef 1,18: 176 Ef 1,22: 167 Ef 1,23: 80 Ef 3,16: 93, 107, 110, 113 Ef 4,5: 156 Ef 4,13-14: 80 Ef 4,17: 84, 86
Ef 4,22: 84, 85 Ef 4,23: 86 Ef 4,23-24: 85, 94, 107, 110, 113 Ef 4,24: 84 Ef 5: 129 Ef 6,12: 114
Fil 2,3-4: 130 Fil 3,21: 84, 86
Col 1,19: 80 Col 2,2: 80 Col 2,9: 80
1Ts 1,5: 80
Eb 6,11: 80 Eb 9,9: 192 Eb 9,14: 84 Eb 10,1: 174, 192 Eb 10,2: 84 Eb 10,19: 85 Eb 10,22: 80 Eb 11,9: 84, 85
Gc 1,17: 89
1Pt 3,4: 90 1Pt 3,21: 196
267
PREMESSA . INTRODUZIONE
. .
. .
. .
INDICE . .
. .
CAPITOLO I IL MONACHESIMO IN ASIA MINORE NEL IV SECOLO PREMESSA . . . . . 1 LE ORIGINI . . . . . 2. EUSTAZIO DI SEBASTE . . . 3. BASILIO DI CESAREA . . . . . . . 4. I MESSALIANI
. .
. .
. .
5 9
. . . . . .
. . . . . .
. . . . . .
13 13 14 19 25 32
. . . . . .
43 43 44 50 57 66
. .
75 75
CAPITOLO II LA VITA DI MACARIO EGIZIO E LE OPERE POSTE SOTTO IL SUO NOME . . . . . . . . . PREMESSA . . . . . . . 1. LA QUAESTIO DEI DUE MACARII . . . . 2. LA QUAESTIO DELLE OPERE ATTRIBUITE A MACARIO EGIZIO . 3. GLI SCRITTI DELLO PS.-MACARIO EGIZIO . . . 4. IL DE INSTITUTO CHRISTIANO E L’ EPISTOLA MAGNA . . CAPITOLO III LA DIVINA INABITAZIONE . . . . . PREMESSA . . . . . . . 1. LA SCRITTURA E L’INABITAZIONE DIVINA NEGLI SCRITTI DELLO PS.-MACARIO EGIZIO . . . . . 2. LA DOTTRINA DEL LOGOS 52 . . . . 3. L’ECCLESIOLOGIA DELLO PS.-MACARIO EGIZIO . . 4. IL RUOLO SANTIFICATORE DELLO SPIRITO IN BASILIO DI CESAREA 5. L’ECCLESIOLOGIA DI BASILIO DI CESAREA . . .
CAPITOLO IV BASILIO DI CESAREA E LO PS.-MACARIO EGIZIO A CONFRONTO: IL DE SPIRITU SANCTO . . . . . . PREMESSA . . . . . . . 1. IL RAPPORTO FRA LO PS.-MACARIO EGIZIO E BASILIO DI CESAREA 2. IL DE SPIRITU SANCTO DI BASILIO DI CESAREA . . 3. I DESTINATARI DEL DE SPIRITU SANCTO . . . 4. L’INABITAZIONE DIVINA NEL DE SPIRITU SANCTO . . 5. PS.-MACARIO EGIZIO E BASILIO DI CESAREA A CONFRONTO . 5.1. VOCABOLARIO ASCETICO . . . . 5.2. IL CAPITOLO IX DEL DE SPIRITU SANCTO . . 5.3. TEMI DOTTRINALI . . . . .
. . . . .
76 92 107 120 127
. . . . . . . . . .
139 139 140 146 150 160 170 170 180 185
269
CONCLUSIONI
.
.
.
.
.
.
.
.
201
ABBREVIAZIONI
.
.
.
.
.
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.
.
241
BIBLIOGRAFIA
.
.
INDICE DEGLI AUTORI MODERNI
.
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.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
INDICE DEI NOMI, DELLE FONTI E DEGLI AUTORI ANTICHI .
.
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
INDICE DEI NOMI DI LUOGO
.
.
221
245
247
250
.
.
.
.
251
INDICE DELLE OPERE DI BASILIO DI CESAREA
.
.
.
263
INDICE DEGLI SCRITTI DELLO PS. -MACARIO EGIZIO . INDICE DELLE CITAZIONI SCRITTURISTICHE .
270
.
.
.
.
.
260 266
Synaxis
«NUMERI MONOGRAFICI» Synaxis XIII/1 - 1995
«La fuitina»
A. LONGHITANO, La fuga consensuale: sopravvivenza del matrimonio clandestino S. CONSOLI, Comportamenti matrimoniali nei sinodi siciliani dei secoli XVI-XVII G. ZITO, Fuitina e prassi pastorale nei vescovi siciliani tra ’800 e ’900 Synaxis XIV/1 - 1996
«Chiesa e mafia in Sicilia» (esaurito)
F.M. STABILE, Cattolicesimo siciliano e mafia C. NARO, Inculturazione della fede e “ricaduta” civile della pastorale N. FASULLO, Una religione mafiosa A. LONGHITANO, La disciplina ecclesiastica contro la mafia C. CARVELLO, La liturgia per i morti di mafia. Esequie cristiane o funerali di Stato? Annotazioni liturgico-celebrative S. CONSOLI, La mafia nel pensiero di Giovanni Paolo II. Indicazioni metodologiche per uno specifico intervento pastorale della Chiesa C. SCORDATO, Chiesa e mafia per quale comunità? G. RUGGIERI, Postafazione: la mafia interpella la Chiesa
Synaxis XV/2 - 1997
«La cultura del clero siciliano»
F.M. STABILE, Luoghi e modelli di formazione del clero S. VACCA, Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento A. LONGHITANO, Le condizioni di vita del clero non parrocchiale nella diocesi di Catania M. PENNISI, Preti capranicensi siciliani fra prima guerra mondiale e fascismo G. ZITO, «O Roma o Mosca». Clero e comunismo nella Sicilia del secondo dopoguerra Persone e luoghi esemplificativi della cultura ecclesiastica siciliana: — M. NARO, Il palermitano domenicano Turano Vescovo — F. FERRETO, Il domenicano Vincenzo Giuseppe Lombardo — G. DI FAZIO, Il catanese Carmelo Scalia — G. CRISTALDI, L’acese Michele Cosentino — G. MAMMINO, Il seminario di Acireale Synaxis XVI/2 - 1998
«Religione popolare e fede cristiana in Sicilia»
F. RAFFAELE, Religione popolare e testi devoti in volgare siciliano nell’età medievale A. LONGHITANO, Marginalità della religione popolare nei sinodi siciliani del ’500 S. VACCA, La religiosità popolare nella Sicilia del ’500 secondo la testimonianza dei Cappuccini e dei Gesuiti S. LATORA, Religione popolare negli scritti dei fratelli Sturzo A. PLUMARI, La Mediator Dei di Pio XII e le sue conseguenze sulla pietà popolare in Sicilia
C. SCORDATO, La settimana santa tra liturgia e pietà popolare: per una integrazione N. CAPIZZI, Religione popolare ed ecclesiologia. Aspetti e prospettive nella riflessione teologica post-conciliare S. CONSOLI, Atteggiamenti e indicazioni pastorali della conferenza episcopale italiana nei confronti della religiosità popolare Synaxis XVII/1 - 1999
«Lavoro e tempo libero oggi»
L. GIUSSO DEL GALDO, Lavoro e tempo libero nella prospettiva economica A. MINISSALE, Lavoro e riposo nella Bibbia P.M. SIPALA, Esemplari della condizione operaia nella letteratura italiana dell’Ottocento S.B. RESTREPO, La cultura del lavoro nella dottrina sociale della Chiesa G. PEZZINO, Morale e lavoro nello scetticimismo di G. Rensi M. CASCONE, Lavoro, tempo libero e volontariato F. RIZZO, Il valore del lavoro nella società dell’informazione Synaxis XVII/2 - 1999
«Associazioni e confraternite laicali in Sicilia in età moderna»
A. LONGHITANO, L’associazionismo laicale della diocesi di Catania nel ’600 M. DONATO, Le antiche confraternite della matrice di Aci San Filippo F. LOMANTO, Il laico negli statuti delle confraternite nissene del ’700 F. LO PICCOLO, Aspetti e problemi dell’associazionismo laicale a Palermo tra medioevo ed età moderna
G. ZITO, Confraternite di disciplinati in Sicilia e a Catania in età medievale e moderna Synaxis XVIII/2 - 2000
«Violenza ed educazione alla pace in Sicilia»
S. MARINO, Convivenza tra cristiani, ebrei e musulmani in Sicilia (VII-XI secolo) N. DELL’AGLI, Violenza e ascolto nel cammino del credente: analisi psicologica A. NEGLIA, Tracce per una spiritualità della pace in Sicilia M. ASSENZA, Sabato santo per la pace in Sicilia? Una ipotesi di lettura delle esperienze di Caritas, volontariato, obiezione di coscienza V. SORCE, Gli ultimi, un popolo di violentati P. Buscemi, L’educazione alla pace in alcuni scritti del vescovo Mario Sturzo G. DI FAZIO - E. PISCIONE, La Sicilia e la pax mediterranea dai “colloqui” di La Pira al “meeting” di Catania M. PAVONE, Chiesa e movimento per la pace a Comiso C. LOREFICE, Chiamati ad essere costruttori di pace. Accentuazioni pedagogiche nell’azione pastorale di don Pino Puglisi V. ROCCA, Costruite città della pace. Pastorale giovanile ed educazione alla pace nei documenti della CESI S. CONSOLI, Violenza ed educazione alla pace nei discorsi di Giovanni Paolo II in Sicilia Synaxis XIX/2 - 2001
«I sinodi diocesani siciliani del ’500»
G. Zito, Potere regio e potere ecclesiastico nella Sicilia del ’500. Una difficile riforma
A. LONGHITANO, Vescovi e sinodi nella Sicilia del ’500. Le costituzioni sinodali edite S. MARINO, Sinodi siciliani e italiani nel ’500 M. MIELE, L’ordo dei sinodi N. CAPIZZI, Sinodi siciliani e riforma tridentina S. CONSOLI, La predicazione G. BATURI, Il clero A. LONGHITANO, I peccati riservati F. FERRETO, La Chiesa e gli infedeli Synaxis XX/2 - 2002
«Chiesa locale e istituti di vita consacrata»
F. CONIGLIARO, Il presbiterio: un ministero per la Chiesa locale R. FRATTALLONE, I presbiteri “religiosi” e la pastorale diocesana A. NEGLIA, Il carisma degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica nella Chiesa locale C. TORCIVIA, Partecipazione dei membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica al progetto pastorale diocesano Synaxis XX/3 - 2002
«Per una spiritualità del Vaticano II»
P. HÜNERMANN, Esiste una spiritualità del Vaticano II? G. ALBERIGO, Le ragioni dell’opzione pastorale del Vaticano II G. ALBERIGO, Lo spirito e la spiritualità del Vaticano II Synaxis XXIII/1 - 2005
«Dimensioni della ritualità»
G. RUGGIERI, Introduzione A. COCO, Riflessioni su storia, struttura e rito nella cultura del secondo Novecento
R. OSCULATI, Rito ed etica. Per una lettura dell’evangelo di Marco B. FRONTERRÉ, Il tema del sacrificio nella prima agiografia martiriale (II-III sec.). Appunti per una storia della morte nel cristianesimo antico A. LONGHITANO, Ritualità e dinamica del potere nella festa di S. Agata a Catania G. ZITO, Ritualità e conflitti sociali nella festa di S. Agata a Catania dopo l’Unità A. GRILLO, La ritualità della penitenza ecclesiale. intrecci e interferenze tra dimensione rituale, giuridica e teologica della esperienza del perdono R.M. MONASTRA, Fede e Bellezza e la confessione romantica A. ROTONDO, Un cuore pensante… balsamo per molte ferite Synaxis XXV/2 - 2007
«Il profilarsi di nuovi modelli di clero in Sicilia»
M. GUASCO, Evoluzione dei modelli di prete nella storia recente G. RUGGIERI, Nuovi modelli di clero? Le sfide attuali A. NEGLIA, Il profilarsi di nuovi modelli di clero in Sicilia. Le sfide attuali C. LOREFICE, La forma “cristica” di una figura “a-tipica”: Pino Puglisi
Collane di Synaxis «QUADERNI DI SYNAXIS»
AA. VV., A venti anni dal Concilio. Prospettive teologiche e giuridiche, Edi Oftes, Palermo 1984, pp. 230 (esaurito) AA. VV., Culto delle immagini e crisi iconoclastica, Edi Oftes, Palermo 1986, pp. 184 AA. VV., Il sinodo diocesano nella teologia e nella storia, Galatea Editrice, Acireale 1987, pp. 192 (esaurito)
AA. VV., Manipolazioni in biologia e problemi etico-giuridici, Galatea Editrice, Acireale 1988, pp. 138
AA. VV., La venerazione a Maria nella tradizione cristiana della Sicilia orientale, Galatea Editrice, Acireale 1989, pp. 196 (esaurito) AA. VV., Chiesa e società urbana in Sicilia (1890-1920), Galatea Editrice, Acireale 1990, pp. 334
AA. VV., Sermo Sapientiae. Scritti in memoria di Reginaldo Cambareri O.P., Galatea Editrice, Acireale 1990, pp. 264 AA. VV., Oltre la crisi della ragione. Itinerari della filosofia contemporanea, Galatea Editrice, Acireale 1991, pp. 170
AA. VV., La terra e l’uomo: l’ambiente e le scelte della ragione, Galatea Editrice, Acireale 1992, pp. 190
AA. VV., Prospettive etiche nella postmodernità, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1994, pp. 136
AA. VV., Chiesa e Vangelo nella cultura siciliana, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1997, pp. 160
AA. VV., Inizio e futuro del cosmo: linguaggi a confronto, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1999, pp. 280
AA. VV., Il Cristo siciliano, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, pp. 427 AA. VV., Cultura della vita e cultura della morte nella Sicilia del ’900, Giunti, Firenze 2002, pp. 240
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