Nuova serie - XV /2 - 1997
STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO & ISTITUTO PER LA DOCUMENTAZIONE ELA RICERCA S. PAOLO CATANIA
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'l'ipolitor.:r:il.i;i ( ;:il;1t!'n '!'cl. O();J/n()-r/\-t-1 1::1.\ (){).)/{;l)-r/l:L1 \"i!i i>ic111011H'. B-+ - :\(路ir(路;il(路
INDICE
SezioBe
~nonografica
'Lo o,i/Lurc:1 ciel clero siciliavv/'
EI)fTOR l Al J:;: ( (;oetrmo Zito)
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LUOGI 11 E MODELLI I)[ FORMAZIONE DEL CLERO ( Fr({nccsco kfichc/c .)'tobi!c) Un'<1nnonia possibile.
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Nella fedeltà nlln Chiesa
408 410
Pnpalc, clcvolo e u.1riu1tcvolc
ll cli alogo ;1 1nctil L<1 rug8 spiritualis1<1 ll sc111inario L<l pnstorale dell'obbedie11D1
SOCIETIÌ E CAPPUCCINI IN SICILIA 'l'J<i\ OTTOCENTO E N()\/F:CEt\JT() (Su/1·utorr· \ 1un.·r1) Lcl!crc p~1slor:lli L'ohbcdicn7.;1 e il rispcllo delle ~1utori!i1 costituite l ";i povcr1i1 L11 !cstin1onic1111.a della caril!1 Conclusio11c
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425 427 433 435 443 454 465 477
LE CO'IDl/'.IONI DI VIT1\ DEI. CLERO NON PARROCCl!li\LE NELLJ\ DIOCESI Dl Ci\Ti\NI;\ (Ad11(/i!Lo11ghi1uno)
l. Dati sl<llistici sul clero C<llanesc 2. TipologÌ<l delle parrocchie e delle chiese s<:1cran1e11tali J. Tipologin delle collegi;·1te :,upersliti
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4. L;1 situt11.io11c eco11on1ic1 dcl clero 5. Il clero laurento ù. Qunle cultur;·1?
511 513
l111rocluzione
PF?.F rl CAPRANICENSI SICILIANI FRA PRl1\ilA CUERRA 1\1HJNDIALE E FASCISIVl(J (1\1ichc/e flcnnisi)
I. ll collegio Caprnnie<1 2. Ran1polla del Tindnrn e gli alunni siciliani Cli nlunni siciliani durante la prin1<1 guerra inondialc c.l. Le lettere nl rcllorc durante la gucrrn S. L'n11cggin111c11to nei confronti dcl fc1scis111u
3.
«()
495
519 520 521 524 530 538
RC)lvlA () iv!OSCA)). Clero e co1nunis1110 nella Sicilic1
del secondo dopogucrn1 (C7oe/ano Zito) I. Lei fonte: un diario p<1rrocchi:1le 2. In no111e della carit{1 3. «0 ii p<mc con J';1postasia, o la Cede con la fan1Ci• 4. ll11<1 pnslorclle ''politica" 5. [)elusi dalla uc filorepubblicana 6. «Volian10 al co111halli111e11!0»
7. 18 nprile 19,18: pnrroccllin e p<lrlito 8. Per qwlle Chies<l
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557 562
571 576 579
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PERSONE E LUOGIII ESEMPLIFICATIVI DELLA CULTURA ECCLESIASTICA SICILIANA I. IL PALERMITANO D0f\1ENICO TURANO VESCOVO D! AGRIGENTO (A1assii110 Naro)
!. Contro il «n1ostro a cento teste)>: gli scritti conlroversislici. 2. Del «Cristiano filosofo»: la teologia apologetica 3. La «111elan1orfosi Jcl bruco in rarralla»: il mngistcro teologico-spiri lualc
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IL IL DO!VIENICANO VINCENZO GIUSEPPE LOIVIBARDO (Flavia Ferreto)
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I ntroduzionc
I. Ricos!ituzione del!' ordine e rifiuto dcl!' episcopato 2. L'i1npcg110 intellettuale e il 1ninistcro della predicazione
3. Direzione de (d! Sole de! 111czzogiorno)) Conclusione
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llL JL CATANESE CARl\1ELO SCALJA (Giuseppe !Ji Foz.io)
I. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Francica Nnva e !'vlercier Tra filosofia e scienze sociali I sindacati cattolici in Belgio Viaggio frn i socialisti cli Gand Da «clollore» ad «aggregato)) La filosofia cli i\1nrx Influsso belg;_1 e influsso romano nella diocesi cli Cntania
631 635 638 641 6t13 645 649
IV. L'ACESE fvllCHELE COSENTINO (Giusep/)(' Cristu!di)
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V. IL SEMINARIO D! ACIREALE (Gio1•u11ni kfa111111i110)
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l. Gli ideali l'orn1ativi dcl vescovo Genunrcli 2. L' Accaùcn1ia dci SS. Agostino e To1111naso 3. Alcune figure e111blen1atiche Conclusione
Sezione n1iscellanea ASTRAZIONE E MODELLI DI SCIENTIFICITÀ IN CROCE E GENTILE (Francesco Co11iglio11c)
677
Recensioni
729
GElfrJARD LUD\VIG
i\10LLE!<., Kutlio/ische /)og11u1tikji'ir St11di111111111d
Pru.ris dcr Theo/ogie, Frciburg-Bnscl-\Vien 1995 (Roberto Osculati); KARLMANN BEYSCHL1\G, f)ie /~'r/ungcr Theologic, Erlangcn J 993 (Roberto Osc11/uti); C1\R1\.'!ELO N1COLOSJ, GeslÌ Cristo unico so/\'ofore del 111011do ieri, oggi e se111prc. Catechesi cristologica, Citti'l dcl Vaticano 1997 (/llunzio Capizzi); FRANCESCO YENTORINO, /)(l//u porte della ragione. Questioni 111etr(f/'siche, Caste! Bolognese 1997 (Giuseppe Schillaci). NOTIZIARIO DELLO STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO
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Sezione monografica "La cultura del clero siciliano" Synaxis XV/2 ( 1997) 387-398 EDITORIALE Dopo il nu1nero 1nonografico sul feno1neno della "fuitina" e l'altro su "Chiesa e 1nafia", /)J;naxis pubblica ora i risultati del sen1inario sulla "cultura dcl clero siciliano". li percorso, iniziato già nello
scorso anno accadc1nico, è stato coinpiuto insierne da docenti dello Studio Teologico S. Paolo, da colleghi della Facoltà Teologica di PaIenno e da ricercatori e studiosi locali che hanno offerto i risultati di specifiche ricerche. li S. Paolo, così, progredisce ulteriormente nel suo in1pegno istituzionale orientato verso l'approfondi111ento e la con1prensionc della cultura siciliana, specifica1ncnte ecclesiale. li tenia cli questo se111inario è nato dall'esigenza di cogliere le tipologie culturali del clero siciliano, delimitate nell'arco cronologico tra l'Unità e il pontificato di Pio Xli, al fine di pervenire ad una comprensione più ampia dcl rapporto chiesa-società nell'isola, e offrire piste di rinessìone nella prospettiva di una valutazione critica del pre-
sente. Il sen1inario non vuole avere, ovvia111ente, alcuna presunzione di esaustività sul teina e sui singoli argon1enti. A partire dalle ricerche già effettuate e da quanto è stato pubblicato in questi anni, ci si è prefisso il con1pito di collazionare in una visione unitaria i risultati già acquisiti, con1pletarli in qualche parte specifica) e offrire nuove piste alla con1prensione e ad ulteriori ca111pi di indagine su uno dei te111i più apprezzabili della storiografia religiosa siciliana. In tal senso si è scelto di assicurare alcune relazioni fondan1cntali (Stabile, Vacca, Longhitano, Pcnnisi, Zito) attorno alle quali ruotano interventi di co1nplc1nento, funzionali all'approfondin1ento di aspetti specifici oppure alla caratterizzazione di alcune figure e1nblen1atiche (Naro, Di Fazio, Fcrrcto, Cristaldi, Mammino). Va osservato, infine, che al progetto originale del
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Gaetano Zito
se1111nario 111anca110 due interventi non pervenuti: uno sulla funzione
della spiritualità e l'altro sull'esperic111:1 c la crisi de! clero sociale. In questi ultin1i anni gli studi sul!~argon1cnto - a111pia1nc11tc citati nei diversi contributi qui editi - h8n110 evidenziato chiara111cntc tipizzazioni differenziate dc! clero siciliano. Solo per citarne alcune: clero n1unicipale, clero sociale, clero devoh\ clero de!la carità, clero spiri-
tuale. Senza alcuna velleità di copertura de!!'intero arco cronologico e cli disa111ina delle coinp!essc problc1n:1i-ichc svilupp:itesi, è se111brato opportuno ora annodare i 111ode!li che si sono susseguiti per tentare una sintesi del delicato intreccio tra la do1nina111e in1n1aginc g!obc1lc di vita della Chiesa e l'acquiescenza, le resistenze o gli aggiusta1nenti che il clero ha operato nei confronti di csstl. Ivlediazionc che ncccssaria111cnte non poteva essere disgiunta dalle proble111atiche sociali e dall'a1nbienie culturale in cui, i! susseguirsi della presenza e dell'azione dei preti, si è storica1nentc avverata nell'arco di un secolo. Sin dall'avvio dcl lavoro dcl scn1l1u1rio si è concordato di nclottare per il tcnnine cultura la valenza di 111odalitù di approccio alla realtù dell'isoln da parte del clero, a! fine di individu.:1rc !e categorie 1nenta!i, i gesti, i con1portn1nenti, le 1ncdiazioni clcl!)agirc dcl prete diocesano e religioso che storican1cntc hanno dctcnninato e prodotto uno specifico approccio pastorale. E:'. se qucst<1 cultura, ovvian1cntc, ha risentito del In visione di Chiesa prevalente nel proprio te1npo, non è 111en vero che cssn, dagli stessi preti, ha subilo delle n1ediazioni a livello locale, sia nella trasn1issione quanto ne!l'acco111odan1enlo. Lin1itarsi alla forn1azione culturale del clero, nel senso classico cli apprendin1ento della cultura ltiica e teologica nelle sedi istituzionali dell'isola (seminari), o cli altre parli cl'ltalia (Roma) e d'Emopa (Lovanio), sarebbe potuto risultare insufficiente. Inl~1tti, i contenuti del sapere fi!osofico-tco!ogico e, per alcuni periodi in particolare an che sociologico e scientifico, pur cscrcitnndo un influsso deter111ina11te nella acquisizione di categorie e n1odelli interprelativi, tuttavia non avrebbero potuto rendere ragione a pieno degli elc1ncnti specifici che hanno qualificato i! rapporto con le problc1nntichc pastorali, sociali e politiche proprie della Sicilia lungo clcccnni densi cli eventi e cli mntazioni di grande portata anche ecclesiale.
Hditoria/e
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Una aiienzionc spccd~ca non poteva 1nnncc1re per il clero reli-
gioso che, va dnto atto, ha giocato ne!l'isoln un ruolo di particolare rilevanza. Dopo un prin10 periodo di sb::111da1ncnto, seguito alla soppressione del 1866, e dalla fine dcl secolo scorso con la ripresa della vitn co111unitaria degli antichi ordini e con lo sviluppo delle nuove
espressioni di vita consacrnta - b[lsti pensare [li salesiRni cli don Bosco -
) gran parte dcl!a ror1nazione cristiana ciel popolo e della pron1ozione cli f~:Jrn1e devozion8!i va loro attribuita. !\!la è anche vero che, soprattutto da!l'inizio di questo secolo, si è progressiva111cnte sviluppata su
loro una pesata ipoteca: il rischio di assuinerc unn cultura da clero diocesano, Cunziona!e n!la copertura di ruo!i pnstoralì a loro non specirici. Si pensi all'assunzione della rcsponsabilitù dircttn di parrocchie, al punto che alla fine ciel pontlricato cli Pio Xli la questione ern tal1nentc vivt1 da indurre non diversi vescovi siciliani a proporre, tra i tc1ni da <lffì·ontare al Vaticano Il, !a sotton1issio11e dei religiosi al!a loro cotnplctn giurisdizione. La ricostruzione del rilo rosso che unisce la probleinaticn presa in csainc, dai contributi orferti per questo se111inario, volendo seguire un ordine logico e cronologico scn1bra doversi tracciare a partire dall'apporto cli Fra11co Stnbilc, arricchendolo progrcssiva1nente con gli altri interventi. Il cinto di partenza è che, a seguito dell'lJnità e del passaggio nl nuovo regi1nc liberale, !a cultura dcl clero siciliano si avvia ad un radicale n1uta111e1110, clctcrnlinato pure dalla definitiva soppressione di tlll istituto unico ne! suo genere, la Legazia 1\postolicn, inatrice di una ecclesiologia di tendenza gallicana e reg<1lista, piegata alle prerogative dell;;1 corona e ad essn funzionale. Essa, tuHnvia, se aveva co11dizio11ato l<l vita della c:hiesa siciliana, non era riuscita però a produrre uno specifico n1odc!!o pastorale o spiritunlc, nella con1une convinzione che era possibile coniugare libcrtò e fede cristiana, 1nodernità e tradizione. Il gener;:1le contesto politico del nuovo stato unitario e il pesante condizionan1c11to dovuto alla questione ron1ann contribuirono anche in Sicilia ad i111porre un n1odello di prete zelante, dn!la accentuata identità ecclesiale e papale, che csprin1eva il suo rapporto con la società attraverso il rinnovaincnto devozionale e caritativo, clic vedeva
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Gaetano Zito
nella risposta alla domanda della gente semplice di "pane e fede" - secondo la proposta pastorale dell'arcivescovo Dusn1et a Catania - la via per affcrn1are un ruolo detenninante per la Chiesa estron1essa dalla vi-
ta sociale dal libera!is1110 e dal!'antic!ericalisn10. Tra coloro che svolsero un ruolo di prc1nincnza nel favorire l'affern1arsi di tale n1odcllo è da annoverare indubbia111ente Don1enico rfurano, professore al scn1inario cli Palcnno e poi vescovo di Agrigento: alla sua scuola si forn1arono preti con1e Giacon10 Cusn1ano, Nunzio Russo e Barto[o111co Lagu111ina che in seguito sarà suo successore nella sede vescovile. Massi1110 Naro pone in evidenza proprio le categorie culturali della sua docenza e del suo 1ninistero presbiterale ed episcopale. Per quanto sia riscontrabile in 'furano una certa disposizione a dialogare con la 1nodernità, in fondo l'in1pa!catura ri1naneva di t~1tto intransigente, nel senso di un tentativo di dialogo funzionale a garantire una affennazione sociale della Chiesa e la restaurazione cristiana della società. J\ tale progetto, radicato in una ecclesiologia istituzionale e verticistica, sebbene aperta alle nuove istanze proposte da Moclhcr, non erano estranei i ten1ì della spiritualità: posttridentini nia ripensati alla luce del confronto con. i problemi suscitati dalla cultura filosofica c dalla modernità. Il rnoclello di clero zelante, a seguito della soppressione dei religiosi e delle facoltà di teologia nelle lJniversità statali, ricevette un ulteriore e fonda111enta!e apporto nel ruolo do111inante acquisito dai se111inari, con1e unici luoghi cli fonnazione dcl clero. In tal senso, e1nble111atica si presenta la situazione verificatasi nella giovane diocesi di Acireale ricostruita da Ciiovanni Man1111ino: forn1are un "clero con1battentc per la verità, per la fede, per !a giustizia e la carità" era lo scopo dichiarato dcl vescovo Cienuarcli. 'I'eologia to111ista, solida in1palcatura apologetica, virtù dell'obbedienza, clevoziÒni, fedeltà al papa, catechesi, associazionis1110 cattolico, scuola cattolica, oratorio divennero i punti forza essenziali da acquisire per affrontare le sfide del presente e della 1nodernità, per sconfiggere sia i! !aicis1110 e la rnassoneria all'esterno quanto i protestanti all'interno, entra111bi ne111ici della Chiesa ron1ana. Eppure, il clero ze-
Editoriale
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lante di fine Ottocento, fonnatosi nei sc111inari del!iisola, pervenne alla coscienza che la posizione dell'intransigentis1110 cattolico non poteva con1portare l'aprioristico "rigetto della cultura in 1101ne di uno spiritua[isn10 protestatario" (Stabile). Era 1nan 111ano 111aturata la co-
scienza che urgeva acquisire una profonda cultura, una significativa csen1plarità di vita e un ruolo sociale ancorché finalizzato al risveglio religioso dcl popolo. La ron1anità cli questa fonnazione rese il sctninario di Acireale in grado di emergere sugli altri dell'isola: all'inizio di questo secolo da esso provenivano esponenti dc! clero sociale e spirituale, e diversi preti acesi furono pro1nossi all'episcopato; e ciò riveste 111aggior significato se si considerano i pochi anni di vita di questo se111inario e il breve periodo in cui si è verificato. La fonnazione i111partita, nella visione del rettore J\111ato, era finalizzata a rendere i preti uon1ini della società n1a soprattutto "modelli di virtù, angeli di beneficenza, cultori della scienza". Alla fonnazione di questi preti un notevole contributo venne pure da un frate che assurge a paradig1na di un nuovo 111odo di intendere l'appartenenza ad un ordine religioso antico, nel caso specifico quello domenicano. Vincenzo Giuseppe Lombardo, dalla sintesi apportata da rlavia Ferreto, si presenta sulla scena ecclesiale della Sicilia di fine Ottocento e di inizio Novecento con1e un religioso caparbio, i111pegnato nel recupero della presenza re!igiosn co111e attento alle problen1atiche sociali. Ma ciò che presenta un interesse notevole, anche per il suo niuovcrsi sulla scena sociale ed ecclesiale di tutta l'isola con un forte ascendente culturale su ecclesiastici e laici, è la sua visione assolutan1cntc apologetica e intransigente, di opposizione della Chiesa al 111ondo 1noderno, di scontro e non di dialogo del 111odel!o cristiano con istanze altre, seppur dettate da situazioni contingenti di e-ffettivn necessità, con1c nel caso della questione sociale. La sua tensione alta ricostituzione dell'ordine do111cnicano nell'isola lascia, in tal senso, perfino supporre che, oltre all'a1nore per la sua fa111iglia religiosa, possa configurarsi con1e un atto di forza contro il governo !iberal-n1assonc fautore della soppressione del 1866.
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(Jaetano Lito
rrale atteggian1ento culturale 11011 era esclusivo, ovvian1c11tc, dcl Lo111bardo, né è riscontn:ibile sollanlo ne! n1011do religioso dornenica-110. lJn)a!1T<'l fr11nig!ia rcligioss, e questa in grado di esercitare un influsso ancor più dctcrn1i11811l·c nella vita soci~i!e ed ecclesiale dell'isola, grazie alla loro popolarità e incisivitcì, cspriinevn u11;:1 visione del rapporto della c:hiesa con la società in tennini di intransigenza e con spirito apologetico. Salvatore Vacca /~1 en1ergere con gn:1nde lucidità la cullura cappuccina siciliana nella rileltura delle direttive dei padri provinci(ili e attr<.1verso l'attiviLù predicatoria, devozion;ile e sociale di alcuni di essi in grado di sviluppare un ascc11dcn!c sui confì·atclli di tutL:1 !)isol8. Alle questioni poste da una socicttì in rortc evoluzione la risposta cappuccina si trincera nella riccrct1 della co111pt1ttezza interna, assicurata soltanto clii tlll8 pcdisscquil osservanza della virtl1 dcll'obbeclie11za, e nella csorliizionc alla pazicnz<l c1ffi;:111cata cl;:1Jlc1 contc111poranea pron1ozionc di LJl18 carit8 assistcnzicdista che, per qu;:111to risolvesse il bisogno i1111nediato ciel povero, no11di111cno era stiinata risolutiv8 dei conrlilli di classe. lJn pili concreto in1peg110 sul!a via della giu-sti7.l<l sociale, 11011di1neno, ebbe a csprirnersi per un certo ten1po con la rc;:dizz8zionc di un polian1bul8torio n1cdico aperto (l P8lenno grazie al volontariato pro111osso tra le donne laiche tcrzi;:1rie rranccscanc. (:0111une a questi frati, COlllC a! clero dioceSHllO, CUl l'nvvalcrsi clcl!n cultura teologica per la difesa cli una strultura socio-politica cd ecclesiale rissd e reazionarin, sperequata e profoncln1nente clericale, tesn nl punto da perdere i! contatto con i! renlc e la storia in non1e della lrnnquillità e clell\mline sociale. f\/18 ciò che 111nggior111c11tc i111pressiona del inondo cappuccino è !'assun7.ionc, dn parte dei superiori provinciali._ cli un 1nodc!lo n1onnstico per !a viU1 religiosa e spirituale - il fì·ate separato dal inondo, estraneo alle cose secolari e unito a Dio - tanlo da considcrnrc anche !'attivit8 pnstornle, in prevalenza cli tipo S<lCJ'8!llCl118!e, i111pcdi111ento alla vita coinunc e 81la perfezione. La stessa citazione dei testi desunti dalla spiritualit;:ì e da!l'ngiografi8 cappuccina, ignorando le fonti n·(lncescane. è funzionale a convincere pili che ad indicare elcn1enti della spiritualitù propria.
Ediroriole
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li 111ode!lo spiril"un!e n10118stico, 11onclin1c110, ern don1inate <:111clic
nelln for111azio11c spirituale i1npt1rtit;_1 dni scn1i11ari e veniva conciliato, in ossequio alle direttive dt Leone xrrr, con il ncoto111is1no quale stru111ento per una auto11on1ia culturale in grado di controbattere il pensiero razionale e n1oderno e i1npin11larc un;i pastor;:1!c sociale. C:osL a cavallo tra ()lto. e Novecento nnche in Sicilìn, in sintonifl con .:ilcuni vescovi soprnttutto, n1atura l'esigenza di "uscire di sagrestia'·, di andare al popolo. !Via questa opcrDzione cultuuile, per quanto in1pi<intnssc un reticolo di opere socin!i, nell~1 grnn parie dcl clero costituiva un'operazione di f~1ccinta, in quanto era finalizzata di fatto nuovo volto
;_1 dare
iinpostazionc ciel r;:1pporlo CJlicsasocielù, 8!1cor;;ila all;-1 culturn della contn1pposizio11c tille nuove lor111c ad una obsoleta
soci;:_di, e ricondurre il popolo in chiesa., sia co111e app;_1rtcncnzc1 e riJC-
rin1enlo di vitn che per In pratica religiosn e sacnnncntnle. La stngionc del clero soci:ile /'u cli breve clur::1tn. In sintonia con
le direttive valicnnc, grazie anche nel alcuni nuovi vescovi, sia di estrazione siciliana., coine \li1.zini, quan1o di provcnien?a pe11insulnrc, co111e lntrcccìalc1gli, !lìtl di rigorosa cultura
1·0111(1no,
ni preti venne chiesto di
raffoi-znre la spiritualità personnle e l'i111pcgno pili propririn1cnte pnstor~de, secondo 11n;:1 accezione sacrn1ncntnle e dcvozionnle.
Sulln gran parte dcl clero dell . isola, però, n11corc1 all'inL--:io del nuovo secolo gravav;:1 un pcsan1e condlzio11;:11ne11to de1-er111i11alo dalla siluazionc fi11a11zinria. Lo11ghila110 clin1ostrn co111e essll, ;·1ssur11endo per ese1nplific;:1zio11e l;:1 diocesi di ('<:1lnnin. ;:1bbia costretto il clero non par-
rocchiale, cioè lt1 1naggior pnrtc dei preti, .:id esercitnrc. un ininistcro da se stessi cercalo, per sovvenire alle proprie necessiuì quotidi;111c. L'analisi dcl!t1 docu111cn[·nzio11e dn lui esa111i11ntl1, e ;:1111pin1nen1c ripoitaia 11cl testo-. Ll e111ergcre unn cul1ur;:1 dcl bisog110 1natcriale ial111cntc prepondernntc al punto da oscur.:=1re In presenza cli nitri prei i sncr;_ile e dcvozionistico, ricevuto d<1I vescovo oppure
"11011
p<:1rrocchinli'', esen1plari per zelo e spirilunlit<Ì, dediti alla forrna-
zione clei fedeli, p::irlecipi delle nuove fonne pas1orali dì nzione cattolica e dediti <id un vigoroso in1peg110 sociale, n11che con casse rurnli e
banche popolari,
;_1
favore dei contadini e ciel prolet<irinto urbano.
394
Goetono Zito
Il problen1a, cornunque, risiedeva pure nella for111azionc culturale, ncl!'apprendin1ento dci contenuti filosofico-teologici, e nella conseguente acquisizione cli stru1nenti idonei alla lettura dell'evoluzione sociale e alla con1prcnsione de! percorso storico che la Chiesa era chian1ata a co111piere. Proprio la diocesi di Catania, grazie alle scelte operate dall'arcivescovo Francica Nava, visse all'inizio del secolo una stagione detenninantc cd eseinplare. l,a ricostruzione del percorso fonnativo del chierico Canne!o Scalia, con1piuto presso l'lJniversità
cattolica di L,ovanio e arricchito eia un proficuo confronto con le organizzazioni sindacali cattoliche e socialiste ciel Belgio, pennette n Giuseppe Di Fazio cli cogliere la preoccupazione cli Francica Nava cli assicurare al clero catanese un'apertura cli orizzonti culturali, una fondazione dell'azione sociale su una solida in1postazione culturale che avesse ne[ neoton1is1110 il suo naturale riferin1ento. Scalia di fatto fu uno ciel gruppo di preti che conseguirono titoli accacleinici a Lovanio, Ro1na, Beirut e nel se111inario tennero corsi di filosofia, teologia, Sacra Scrittura c letteratura italiana per una Jòrn1azione del clero in grado cli arginare su! piano pastorale l'influsso de! socialisn10 e dcl liberalisn10 e superare !a sfida posta dal n1oclernisn10, del quale non si hanno segnali tra i preti catanesi. Alcuni di questi che studiarono a I\.on1a, corne altri chierici siciliani, oltre all'influsso della cultura "ro111ana)) subirono anche il fascino della lezione spirituale di Vincenzo 'rarozzi, acquisendo eia lui un 1110dello che contestava l'in1pegno sociale del clero a favore dc/l'ascesi e della pietà personale con1e del!' educazione religiosa del popolo. Ad una peculiare espressione scuola ''ro111ana", !'Aln10 Collegio Capranica, dalla fine dell'Ottocento, ebbe 111oclo cli fOnnarsi una piccola ed prescelta schiera di preti siciliani. Per la priina volta quell'archivio viene utilizzato per ricostruire la tipologia fOnnativa cli cx-alunni) alcuni dei quali in seguito vennero pro111ossi alPcpiscopato. Pennisi ha posto la sua attenzione agli anni tra il prin10 dopoguerra e i! fascis1no per registrare, in un arco cronologico con eccezionali can1bia1ncnti, le n1odalità di n1ccliazione tra la forn1azio11e ricevuta e le condizioni sociali, politiche e religiose clcll'isola,
Ediroria/e
I_,' individuazione
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della loro appartenenza al Capranica pennette ora di tneglio con1prenderc alcuni para1nctri culturali in1portati nei sc1ninari e dirfusi nelle diocesi siciliane: anche grazie a loro viene sancito nell'isola !a definitiva affennazione del 111oc\cllo di prete ro111ano, dedito all'attività pastorale n1arcata clal!'in1pegno spirituale e caritativo, con1c dallo studio personale e dalla istruzione catechistica e for111azione religiosa ai fedeli, in 111odo ciel tutto speciale agli uo1nini: 1110dello che ebbero n1odo di forgiare negli anni della guerra, partecipandovi da soldati, ed incarnare lungo il ventennio fascista, convinti della funzionalità de! rcgin1e alla riconquista cristiana della società. Eccezione, in tal senso, costituisce il nicosiano Salvatore Gioco, a111ico personale del giovane Montini, che si 111ostrò critico verso il fascis1110 con1c nei confronti del trasforn1is1110 dci cattolici conlluiti, all'indon1ani della guerra, nella DC. Un niodello di clero ron1ano preva!enteincntc spirituale contribuisce ad affern1arc l'acese Michele Cosentino, anche lui alunno del Capranica. Con la rievocazione offertaci da Giuseppe Cristaldi si è voluta salvare [a 111en1oria di un prete che è stato punto cli rifcrin1ento e di forn1azione spirituale per gran parte dcl clero della Sicilia orientale fino all'inizio degli anni '80. In verità, forse è più opportuno identificare in Cosentino il 111oclello del prete inacstro di spirito, appassionato del sacerdozio fino a farsi carico delle concrete condizioni cli vita ciel clero: per tale ragione volle !a fondazione di una casa, !'OASI, per sacerdoti anziani, inferni i e bisognosi di f-ì·aterna con1prcnsio11e. In tutti, con1unque, il n1odcl!o di prete che si incarnava era connotato da una ecclesiologia gerarchica cd accentratrice che, azzerando definitivan1entc il tentativo den1ocratico avviato da Leone Xlii, veniva ora agevolata e si consolidava grazie al trionfo del nazionalisn10. Questa ecclesiologia ha detenninato e potenziato i! !ega111e dei fedeli dell'isola con la Santa Sede, al punto da inarcare la spiritualità del clero e, tra1nite esso, sia dcll'associazio11isn10 laicale coine della stessa pictò popolare. L. a ricostruzione del rapporto con il con1unis1110 all'inclon1ani della seconda guerra tnonclialc chiude l'arco cronologico preso in esame per la individuazione della culturn del clero siciliano. Al fondo
3%
Claefono Zito
pern1ancva una visione di C:hiesa chian1aia allo scontro -fì·onta!e con il 111ondo per rc;:iliz1nrc la civiltù cristinna. l! palcrnc1lisn10 e l'autosufficienza con cui i preti si relazionarono con i fedeli, spccialn1entc con i sin1patiz7anli per l'idcologi;:1 di sinis1n1, paralizzarono anche i tentativi di i1n1naginare L1 ncccssitù di un'azione paston1lc diversa, che fosse in grado di affrontare la crescente secolarizzazione.
Il clero, fonda111enta!inente, 11011 riuscì n ri1111ovnrc un n1ocle!lo di approccio alla rcaltù in grado di <:111clare oltre lo scontro ideologico e cli intervenire con un proget1o pt1stora!e libero e.lii annlen1i e dn ansie socio-politiche, seppur giusliricato cl<:illa sa!rts 011i117oru1J1. Ancora una volL:1, dunque, l'azione pastorelle ciel clero era dctenni11a[·n dalla lotta ad un ne1nico in difl::sn della civiltù c<1t1olicu . -ron1n11a e della Jèdc del popolo. La stessa vittoria elettorale sul con1u1lisn10, ottenuta su un Céllllj)O f'onclé11llenta!n1cnle estraneo c1Jla pastor8JC, si lllU[Ò in Una sconriHn, con conseguenze protrattesi nel ten1po anche sulla incisivit.ù del 111inisiero snccrdota!e, appunto quello proprio dcl prete. L~osì, alla vigifin ciel Vaticnno Il la cultura ciel clero siciliano si presentava sprovvis1<1 cli u11<1 visione ;:unpi<L ;1rticolat<1 e incisivn che. se espriineva ;:111sia religiosa, c::1rit::ì assisten;jaJe e zelo per la .'>'olus ani111urun1, nnscondevn però ·'poverl.ù di contenuti e cli idee nelle <111<-1lisi e il ricorso continuo ad aspc!lare indicazioni cl'1Walio'" (Siahile). fJ;_ill'i11sicn1e dci contributi al se111innrio è c111crsa chiarn111entc bi correlazione tra persone e <1ir1bien1i ccclesiaslici, sin in una visione sincronica che di:1cronica. fvJn sopr;:11tuUn en1crgo110 con chiarezza afcune coordinntc culturnli persistenti tra il clero dell'isola, storican1entc incarnnle con un;:i varicgatl1 111odulazionc e ;:1ssuntc da diversi preti quali vie di zelo pastornle ed esen1plnritù di vita, al punto da ricevere una :1ttribuzìone cli santit<Ì dn parte dci redeli e, per alcuni, pervenire [I gradi di santific8zione ìn seguito cn11on'1ca111enle riconosciuti d;:d!n Chiesa. I~ indubbi<11ncnle riscontrabile, ne!ln rorn1;11,ione inte!lcHunle, un costante rilèri111ento al 11coton1isn10 per renclcrc il prete in grado di affrontare la sfida posta n!la C~hiesn dalla <1postnsin dei tc1npi 111oderni, per arginare la lnicizzazionc e recuperare alla cristianità 1111n società orn1ni secolarizzata. A t<llc scopo vengono finalizzate pure l8 pro1110-
Etù!oriale
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z1011e di variegate fonnc di pietà popolare, la catechesi, ['associazionis1no cattolico, Pazione sociale, le opere caritative. Ma è soprattutto l'obbedienza alla gerarchia e ai superiori, con1c
veicolo dell'obbedienza allo stato sacerdotale e ultimamente a Dio, ad en1ergere co1ne la connotazione detenninante della cultura del clero siciliano. Da!! 'Unità in poi occorreva estirpare qualsiasi espressione o
sospetto di possibile autonomia, di quella autonomia che la Legazia Apostolica e il Tribunale di regia 111onarchia per secoli avevano garan-
tito al clero siciliano. Di fronte alle trasformazioni sociali, politiche e culturali, alle sfide poste dalla modernità, spinte dalla rivendicazione della libertà di pensiero e dell'autonomia personale, la virtù dell'obbedienza ha connotato la romanità del clero e il tentativo di salvaguardare tra i preti quanto n1eno una identità di Chiesa e l'unifor111ità, senza che ciò lo abbia però fatto pervenire all'unità. Le diverse tipologie di risposta espresse dal clero siciliano e sus-
seguitesi nell'isola, da quello municipale a quello sociale, dallo spirituale all'anticon1unista, si sono di t~1tto dissolte e n1utate non per naturale esaurin1ento di uniespcrienza, o per presa di coscienza di essere orinai pervenute ad una condizione di anacronis1no, quanto piuttosto per obbedienza alle cangianti direttive einanatc dalla gerarchia ecclesiastica ron1ana o locale, nella coscienza che solo in tal 111odo sarebbe
stato possibile porre un solido argine al dilagare dei mali prodotti dalle libertà n1odernc e restaurare l'ordine sociale, quale espressione di una ordinata vita della e nella chiesa. Non 1neraviglia, pertanto, se il nazionalisn10 e l'ideologia fascista hanno visto il clero siciliano avallare il regin1e con1e occasione storica per ridare alla società un saldo riferin1ento ai principi della 1110rale cattolica. In tal senso, anche la drastica reazione al con1unisn10, seppur in11nediatan1ente giustificabile per !a paura di quanto accadeva in altre nazioni europee e per in1pedirc la propaganda de!l'ateisn10, rispondeva ad una cultura dell'ordine e dell'obbedienza ritenuta l'unica via per arginare il pericolo della rivoluzione sociale - pericolo storican1cnte reale - non riuscendo però a cogliere la provocazione a percorrere nuove vie pastorali, che un1ana1nentc avrebbero potuto coni-
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Gaetano Zito
portare 1naggiori rischi, e ingessando per i decenni successivi una cultura ecclesiastica se111pre pili anacronistica.
Alla virtù dell'obbedienza si allaccia un'altra coordinata prevalente della cultura del clero siciliano, la cultura spirituale. Anche questa
din1ensione dell'essere prete in Sicilia affer111atasi, co111e già osservato, all'inizio del Novecento, a seguito di precise prescrizioni della gerarchia, si è espressa attraverso una 111odalità cli lettura, di con1prensione, di approccio e di risposta alla realtà sociale e alle domande dell'uomo siciliano essenzialmente riconducibile non ad un effettivo appello all'evangelo e alla Tradizione della Chiesa quanto piuttosto alla perfetta sintonia con l'autorità ecclesiastica, a livello personale, e ad una serie di variegate espressioni della pietà popolare quale connotazione dell'attività pastorale. Questa cultura spirituale, niutuanclo una ecclesiologia cli uguale portata e una conseguente visione del niinistero sacerdotale, nonditneno, ha saputo dar vita ad una variegata nioclulazione di opere caritativo-assistenziali. li prendersi cura delle necessità niateriali ciel popolo assu1neva così la connotazione cli doverosa espressione della spiritualità sacerdotale, al punto che la carità sen1bra costituire il filo rosso che attraversa la vita del clero e della Chiesa siciliana. La niessa insien1e di energie e ricerche, caratteristica di SJ;naxis, ha permesso di fare il punto su un tema nodale della storiografia religiosa siciliana. Di recente Alcksandr Solzhenitsyn scriveva: "Quante volte abbia1no dovuto convincerci che l'essenza di tutti i processi storici non è nella superficie visibile, ma nella profondità dello spirito".
Gaetano Zito
Synaxis XV/2 ( 1997) 399-431
LUOGHI E MODELLI DI FORMAZIONE DEL CLERO
FRANCESCO MICHELE STABILE
Un' ar111.011ia possibile In Sicilia, il passaggio al nuovo regime liberale avvenne nel 1860 con molto ritardo rispetto al resto del paese. Questo passaggio fu vissuto dal clero siciliano co1ne 1110111ento di crisi, fu stin1olo a inventare una nuova presenza della chiesa nella società senza assun1erc 111ai ton i apoca!ittici 1 • Ma la crisi risaliva agli inizi del secolo, quando, nonostante la Sicilia fosse rin1asta ai 1nargini dell'esperienza della rivolu-
zione fì·ancese, n1otivi illu1ninistici e rivendicazioni rivoluzionarie avevano contagiato una borghesia in ascesa nel passaggio dai vecchi modelli feudali alla nuova organizzazione dello stato e della società. La
1 '
Storico della Chiesa. Sul clero siciliano vedi di F.M. STABILE, !11dicazioni sulla fonnazione c11lt11rale del clero della Sicilia occidentale nella prima 111età del sec. XIX, in //o Theologos I (!974) 27-66; li clero paler111itano nel primo decennlo dell'Unità d'Italia, Istituto Superiore cli Scienze Religiose, Palern10 1978; Il clero siciliano nella pri111a n1età de/l'Ottocento, in J\A.Vv., Problemi di storia della C~hie~;(/. /)alla Restaurazione all'U11itrì d'Italia, Napoli 1985; La Chiesu nella società siciliana della pri111a 111età del 1Vovecento, Sciascia, Callt1nissctta-Ro1nt1 1992: di (J. ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni dell'episcopato l)usmet (!867-1894), Galatea, Acireale 1987; Clero e rel1~r:i"osi 11e//'evol11zione della società siciliana, in J\A.Vv., I.a Chiesa di Sicilia dal Vaticano I al Vaticano!!, a cura di f. florcs d'1\rcais, Sciascia, Caltanissctta-Ro1na 1994; cli C. NARO, la C'hiesa di (~altanissetta tra le due guerre, Sciascia, Caltanissetta-Ro1na 1991; F. CONJGL!Ano, lJn secolo di teologia in Sicilia. Studi e teologi siciliani tra i due Concili Vaticani, in corso cli pubblicazione. 1
Francesco Michele Stabile
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rifonna della chiesa in questa borghesia di agrari e cli legulei non nasceva da spiritualità nuova o da rigore n1ora!e e religioso cli starnpo giansenistico o dal bisogno di ritorno alle origini cristiane, che avrebbero richiesto una consapevolezza religiosa capace di coinvolgere anche la vita dei laici, ma dal desiderio di sviare le rivendicazioni popolari sulla terra, 1nettere le inani sulla proprietà ecclesiastica e contenere l'inilusso sociale del clero. Se nella metà del '700 si era verificato un certo risveglio anche sul piano filosofico e teologico, alle fine del secolo e nei primi anni dell'800 la cultura teologica era rimasta periferica ccl erudita e si nutriva degli autori regalisti e gallicani francesi nella difesa della Legazia e del Tribunale di regia 1nonarchia. La cultura filosofica che ora si affennava era una cultura e1npirista che assun1cva un indirizzo ghibellino e antiro1nantico. Da una parte si affennava una cultura laica e clinan1ica, attenta al gusto della vita e a prospettive di libertà politiche e sociali, dall'altra la statica concezione sacrale dcl prete corista e sa!inodiante appariva orn1ai inadeguata al dinan1isn10 storico e alla nuova concezione della vita. Da ciò il rischio di una clicoton1ia che i chierici non riuscivano a sanare con fonnule n1orali, canoniche e teologiche, 111a che sen1brava co111unque possibile annonizzare. L'accusa di ceto inutile e ozioso che pri111a era rivolta solo al clero regolare, si estendeva ora anche al clero secolare. E così intorno agli anni '30 dell'800 il pri1nato degli intellettuali, che era stato se111pre del clero, passava ai laici. li clero allora co111inciò a risentire di una crisi del suo ruolo tradizionale nella società con la perdita anche di privilegi sociali e di vantaggi economici e nello stesso tempo si sentiva bloccato dalle norme ecclesiastiche e dal controllo del potere politico a ripensare un suo inserin1ento in essa2 • fino a quel 1110111ento in Sicilia non si era verificato un forte scontro ideologico che non fosse scontro di scuola o cli interessi. Salvo era il rispetto per la fede tradizionale e per la chiesa. Il clero non era schierato in difesa cli interessi religiosi, ma solo in difesa di interessi
2 F.tvl. STABILI·:, (~11s111ano,
Una proposta di l'lfon11a della chiesa nell'opera di (7iaco1110 Ed. Storia e Lelleralura, Roina I 990, 127-147.
Luoghi e mode!U di formazione del clero
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sociali legati alla diversa appartenenza di classe sociale, ai processi di accaparramento localistico delle prebende ecclesiastiche. La spiritualità tradizionale settecentesca dcl clero conviveva con diversi indirizzi ecclesiologici e con una pastoralità policentrica legata soprattutto al culto e alle devozioni. Motivo era la grande presenza cli preti che, secondo la concezione del te1npo, non venivano ordinati per il servizio del popolo cristiano, ma per il culto. All'interno cli un mondo clericale dove pochi erano gli spazi 1ninisteriali istituzionali, perché poche le parrocchie, era nata una pastoralità 111issionaria di alcuni preti del clero secolare, che si caratterizzava per la predicazione, la esen1plarità della vita, l'interesse per i poveri e si cspri111eva anche con azioni tau111aturgiche. li resto dei preti che non era inserito all'interno del siste111a parrocchiale o nella scelta niissionaria trovava un suo inscri111ento nella società siciliana, ricoprendo ruoli sociali cli ogni genere con1e 1nezzo necessario di sopravvivenza econon1 ica. Non era quindi considerato anon1alo che un prete nelle università prendesse lauree non solo in teologia, in filosofia, in diritto, 1na anche in 1nedicina e in svariate altre discipline e che poi esercitasse anche una professione. Accanto a questi preti intellettuali c'ernno però chierici che, per 1nancanza di disponibilità econon1ica, studiavano nel loro paese di origine presso preti del luogo e che poi frequentavano qualche lezione in se111inario prin1a della ordinazione presbiterale, c'erano preti che svolgevano attività le più svariate con1e an1111inistratori, gabellati, con1111ercianti e si1nili, e preti che costituivano quasi un sottoproletariato clericale a caccia di una eletnosina di niessa. Per uscire dalla crisi si delinearono, con sfun1ature varie, due indirizzi che sottolineavano o la funzione pren1inente1nente religiosa di evangelizzazione, oltre che di culto, del clero o quella che tendeva a una sintesi tra in1pegno religioso e i111pegno sociale e politico. Nel 1815 il prete Pusateri di Caccamo propose una riforma del clero da realizzare attraverso l'inseri111ento nella pastorale parrocchiale, la vita con1unitaria nelle case canoniche, la perequazione econo111ica e la qualificazione culturale. La rifonna si doveva realizzare attraverso la convocazione di un concilio nazionale. Per un clero dotto e devoto si batté il gesuita Alessio Narbone, il quale nel recupero della cultura sici-
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liana da contrapporre alla cultura laica e ne!l'inseri1nento della religiosità popolare siciliana nella vita cattolica europea intravedeva una possibilità di rinnova111ento senza frattura con la tradizione. L'orientamento ripreso poi dalla congregazione dei vescovi dcl 1850 era quello delle opere di pietà e delle opere di carità. Poiché niente si 1nuoveva sul versante delle rifanne interne della chiesa, che rimaneva legata al controllo del potere politico, alcuni preti pensarono che solo nel cambiamento delle strutture politiche e sociali poteva realizzarsi anche un rinnova111ento della chiesa e il superamento cli un certo immobilismo sacralizzante del ruolo dcl prete. Liberare quindi stato e chiesa dal dispotismo, secondo alcuni, avrebbe procurato libertà della chiesa e nella chiesa. La proposta neoguelfa e la filosofia spiritualista di Galluppi, Gioberti, Rosmini, D'Acquisto rispondevano alle preoccupazioni di larghi strati di clero desideroso di conciliare tède e civiltà 1noderna, di "an1icare in bell'arn1onia tutti i veri e tutte le tortuose operazioni". L,c1 fì·attura tra religione e vita sen1brava avesse isterilito la tnissionc del prete in ripetizione di riti e devozioni fine a se stessi. Si delineava perciò un 1node/lo di prete radicato nella situazione storica e aperto ai valori politici e sociali, si condannava la superbia dei razionalisti e il fanatisn10 desolante dei 111istici, si attribuiva al "tàlso genio spagnolo" l'aver sostituito "alla civiltà religiosa e sociale" un ascetisn10 corrotto, che aveva favorito l'assolutis1no. Un fiducioso otti111isn10 si espri111eva di fronte alle libertà 1110derne, concretizzazione di un processo irreversibile di liberazione e di salvezza. Alla vigilia del concilio Vaticano I esisteva una pluralità di luoghi di formazione del clero e di modelli ecclesiologici. l seminari costituivano solo una delle reti di formazione cnlturale e spirituale ciel clero nelle diocesi, 1na i chierici che frequentavano i sc111inari erano una niinoranza rispetto agli altri chierici esterni che fì·cqucntavano, nel 111igliore dei casi, le scuole dei gesuiti diffuse nei centri più importanti dell'isola, nelle qnali esistevano anche cattedre di teologia e di filosofia, o le Facoltà di teologia nelle università di Palenno, Catania e Mes-
Luoghi e modelli e/; formazione del clero
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sina'. La formazione spirituale trovava nella grandi città oltre che nel sen1inario anche nelle congregazioni di clero, nelle case degli oratoriani di S. Filippo Neri, nei collegi dei gesuiti i luoghi propizi in cui si modellavano i chierici e i preti. IZi1nanevano spesso fuori da questi canali i chierici delle zone rurali, a 1neno che qualcuno non riuscisse ad ottenere un posto nel se111inario. Al pluralismo dei luoghi di formazione teologica e spirituale corrispondevano due orientan1enti ecclesiologici. Un indirizzo gallicano e regalista era presente nel!'insegna1nento delle università e de! collegio dei SS. Agostino e Tommaso di Agrigento. Le teorie più diffuse vertevano sulla concezione del prin1ato papale, che trovava nel conciliarismo la sua mitigazione, e sulla infallibilità del papa, che veniva condizionata al consenso della chiesa. In alcuni casi questo indirizzo era venato anche di giansenisn10, che ro111peva non solo con le ceri1nonialità fastose e appariscenti, 111a anche con la devozione popolare che si voleva purificata e 1ncno superstiziosa. I.,,'altro indirizzo era portatore della ecclesiologia ro1nana che difendeva non solo il primato papale, ma anche la infallibilità pontificia. Roccaforte di questo indirizzo erano le scuole dei gesuiti. Nelle scuole dei serninari invece si seguivano i due indirizzi a seconda del titolare della cattedra di teologia. Il diverso orientan1ento ecc[csiologico non con1portava nccessaria111ente una si111111etrica diversità nel can1po della spiritualità, della pastorale e della politica. In ogni caso l'apertura alle idee moderne di libertà o con1unque la convinzione che fosse possibile una annonia tra istanze di libertà e fede cristiana, tra 111odernità e tradizione era diffusa nella 111aggior parte del clero siciliano di ogni tendenza ecclesiologica ed erano 1nolti i preti convinti che l'in1patto con la 111odernità fosse anche occasione propizia per una rifonna della chiesa. Si divergeva se la riforma doveva essere fatta dall'esterno della chiesa sul modello di
-' Sulln Pacoltà teologica dell'Università di [>aJenno cfr. F. CON!GLJJ\RO, /'/ate sulla Facoltà di Teologia de/l'Università di Palerino, in S~vnaxis 14 (1996) 2 e 15 ( 1997).
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Gioberti o se la rifor111a doveva essere tì·utto di un processo interno alla chiesa sulla linea cli Rosmini. Nel clima cli libertà creato dalla rivoluzione del I 848 il canonico Niccolò Di Carlo propose un vasto progetto cli riforma degli studi ecclesiastici che co1nprendcva un nuovo piano di studi, la creazione di tre centri cli alta specializzazione in scienze teologiche, scienze filosofiche e sociali, scienze giuridiche e 1norali, e la fonnazione pern1anente per il clero. La cultura ciel clero infatti era vista, oltre che nel riferin1en10 proprian1ente ecclesiale, nella sua funzione sociale in quanto il prete era considerato il vero tribuno del popolo. II miglioramento della cultura, secondo il Di Carlo, aveva cornc scopo di inserire il clero "a quell'alito vitale di Progresso e di Sapienza Europea, che sola nei tempi attuali può renderlo degno della Chiesa e dello Stato", e cli evitare quindi chiusure reazionarie di fì·onte alla n1odernità. Gli ecclesiastici dovevano convincersi che la religione era "uno degli ele111enti della civiltà, anzi l'elcn1ento il pili puro e 111ora!e'\ per cui nella riconquista moderna della libertà eia parte elci popolo, il compito ciel clero era cli essere guida per il perfeziona111ento 111orale. I.,:,1 religione cattolica doveva quindi svolgere il ruolo di religione civile con1c supporto etico della nuova società. Anche se erano chiari lo sforzo apologetico di evitare la en1arginazione della religione e del clero nelle nuove istituzioni liberali e la scelta di un 1netodo positivo e storico ncll'insegna1nento, 111ancava tuttavia nel Di Carlo una precisa fondazione teologica e una chiara indicazione sul ruolo stesso della teologia. Nonostante questi notevoli sforzi di inserin1ento del clero nella 1nodernità delle nuove istituzioni liberali, già durante il governo rivoluzionario del 1848, in alcuni dcl clero, che positiva1nente avevano t:1vorito la libertà nazionale, co111inciarono, a causa delle scelte anticcclesiastiche del parlan1ento siciliano, i prin1i dubbi sul possibile accordo tra regi111e liberale e tradizione cattolica della Sicilia. L'adeguan1cnto alla "sapienza europea" portò alla divaricazione all'interno del clero quando si trattò di definire in che 111odo doveva realizzarsi questo adeguan1ento, se doveva essere la chiesa ad adeguarsi alla civiltà o doveva la civiltà adeguarsi alle istanze evangeliche, se
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cioè si doveva affermare il primato della civiltà e del progresso o se doveva affennarsi il prin1ato della rivelazione e della grazia. Non era in gioco l'autonon1ia della civiltà e dcl progresso, n1a erano in gioco l1affennazione che Gesù Cristo era criterio ulti1no di giudizio della civiltà e del progresso, !'originalità e gratuità della rivelazione che non poteva essere annullata nella legge storica del progresso, la riduzione o no del cristianesin10 a religione civile o a una espressione csclusiva1ncnte individuale e interiore-1. Alla vigilia del Concilio Vaticano I, il clero era ormai diviso su tre orientan1enti diversi che si erano delineati al suo interno di fronte alla unificazione italiana e che rispecchiavano le diverse scuole di for1nazione e il diverso atteggiainento verso la 1nodcrnità: un clero popolare nazionale garibaldino, un clero giurisdizionalista e liberale, un clero zelante. Il clero popolare nazionale, che nel caso piL'1 fortunato aveva frequentato scuote conventuali o il sc111inario, era in gran parte di estrazione rurale, segnato da un forte indirizzo sociale, c\e111ocratico e antite1nporalista, e in alcuni casi antigcrarchico. li clero giurisdizionalista, di estrazione sociale borghese e di fonnazione universitaria, riprendeva la tradizione gallicana e rcgalista e trovava !a sua giustificazione ecclesiologica nella difesa della Lcgazia sicula e dcl l~ribunale di regia 111011archia. li clero zelante, proveniente per la gran parte dalle scuole dei gesuiti, favorevole a un liberalis1no di tipo inglese e non settario, era però preoccupato della fede popolare e del futuro della religione cli fì·onte ai processi di secolarizzazione, e perciò si legava al papa e alla difesa del potere temporale. Nel 1860 un dialogo all'interno del clero e con le nuove istituzioni sen1brava ancora possibile: «Questo clero [ .. ] crede di non dipartirsi dallo spirito del Vangelo, propugnando !a causa della libertà nazionale, ch'è la causa della un1anità,
-l
F.i\!1. STt\LllLF. Il clero palermitano, cil" 73-75.
Francesco Michele Stobile
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della giustizia, e per conseguenza ancor quella della religione[ ... ] ci gitte-
rc1110 nel!a 111ischia a 111oclcrar il furor della spada, ad in1pedir le possibili conseguenze di quella lotta. Noi voglian10 che l'Italia sia !ibera; 111a la voglian10 cattolica» 5 .
La liberià nazionale, la fedeltà al vangelo e al cattolicesi1no, l'attaccamento al papa, il rifiuto ciel protestantesimo, della politica ciel card. Antonelli e dcl potere tcn1pora[c costituivano una piattaforn1a su cui era possibile trovare una certa convergenza per la 111aggior parte del clero siciliano. I! giudizio positivo sulla nazionalità e sul risorgi1nento italiano con1c conseguenza dell'idea cattolica "che rico111ponc nella verità e giustizia l'Umanità redenta dal Piglio clell'Uorno", conduceva ai due eon1andan1enti principali del eristianesin10: l'a1nore di Dio con1e fine supre1110 della religione, l'a1norc dcl prossi1110 con1e fine sociale che si realizza nella civiltà. Ogni rivendicazione 1noderna doveva porre la sua ragione "nel!'a1nore e rispetto dell'uon10 e per l'uon10. Fuori di questo indarno vorrà cercarsi la civiltà"r'. li dialogo però si interruppe dopo il 1861 perché la Sicilia venne travolta da una ondata di anticlericalis1110 niassonico e di laicizzazione forzata che non tenne conto della sua peculiare realtà culturale che non era certa111ente legata a una tradizione reazionaria di avversione alla 111odernità, 111a che voleva coniugare tradizione e n1odernità. La contrapposizione voluta dai gruppi liberali e tnassonici creava or111ai un cli111a in cui il clero era chiainato a schierarsi. Un parte ciel clero mostrava disponibilità ad abbandonare i privilegi, ma chiedeva la fine ciel regalisrno, la libertà totale delle istituzioni e degli organis1ni ecclesiali. f-Zifiuto quindi di ogni confusione tra chiesa e stato sul niodello ancien regin1e, ina anche di ogni controllo giurisdizionalistico sulla chiesa. Preti popolari e preti giurisdizionalisti erano più attenti alla cessazione del potere te111porale, 111entre gli zelanti erano più preoccupati che la polen1ica contro il papa a causa del potere te111porale nascondesse un tentativo più radicale di negazione
5
Giornale Officiale di Sicilia, 22.6.1860. r, Progra111111a, ·'Religione e Patria", n. 1. 1860.
Luoghi e 111odelli di .forn1azione del clero
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della chiesa e del cristianesimo e intravidero i pericoli insiti nello stato laico liberale e nella concezione i111111anentistica e razionalistica di certe corrcnti7. L'en1arginazione politica di Garibaldi, la lotta de! governo contro i partiti di opposizione, la lotta della S. Sede contro il clero antitcrnporalista indebolirono il clero popolare garibaldino, anche se rimasero alcuni niovin1enti che chiedevano l'abolizione del celibato, la fine del potere ten1porale, la perequazione econon1ica, !a de1nocratizzazione della chiesa. L'abolizione della L,egazia e del l'ribunale di n1onarchia sicula e la soppressione delle Facoltà teologiche nelle università tolse al clero giurisdizionalista ogni giustificazione e ogni appoggio politico e culturale. Furono quindi le iniziative governative, che tendevano ad en1arginare il clero nella società, e le leggi di soppressione e di eversione, che apparvero punitive del clero perché non inserite in un contesto generale di rifonna sociale che riguardasse tutto il sisten1a della proprietà, oltre che le condanne di Pio fX, a favorire l'avvicina1nento della gran parte ciel clero alle posizioni papali e l'affermazione dcl clero zelante, che radicalizzò sen1pre pili le sue posizioni, allineandosi all'intransigenza di gran parte del inondo cattolico italiano. Melchiorre Galeotti capì che il problema era ecclesiologico e, superando una ecclesiologia di tipo giuridico, gallicana o papale, propose una ecclesiologia pneumatica sulla scia ciel Miihler che riconduceva in annonia il ruolo della stessa gerarchia con1e opera dello Spirito. Questa ecclesiologia fu travolta dal clima cli contrapposizione che chiedeva al clero di schierarsi senza condizioni in obbedienza assoluta al papa. Il problen1a non era più politico, con1e inizialn1cnte aveva ritenuto il clero, 111a diventava pren1inente la lotta ideologica tra cristianesi1no e razionalisn10. E co111unquc anche tra il clero zelante non ci fu in quel 1no1nento un rigetto della cultura in non1e di uno spiritualis1no protestatario 8 •
7
77-90.
Per il dibattito cli questo periodo, F.!VI.
STAB!LL Il clero paler111itann,
cit.,
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l~roncesco
Michele .S'tabi!e
J_,a convinzione profonda era che una vera rìforn1a della chiesa e della società aveva bisogno di un clero con una profonda cultura e una grande virtù per cli1nostrare nei fatti che non c'era opposizione tra vera cultura e cattolicesin10, n1entre l'ignoranza e !a corruzione del clero erano fonte cli guai. Che anzi la conquista delle libertà politiche poteva essere l'occasione storica per pcnnettcre alla chiesa stessa di attuare quella rifonna che il vecchio potere politico non aveva pern1esso.
Nellafedeltà alla Chiesa La congregazione dei vescovi del 1850, riunitasi dopo gli eventi rivoluzionari per volontà di Ron1a, tentò una qualche rifonna degli studi, ina non in1posc ai se1ninari obblighi che non avrebbero potuto 1nantenere; propose cattedre di scrittura e patristica o che nhneno fosse dato incarico al professore di dogn1atica di inserirne i contenuti nelle loro lezioni, suggerì di aggiungere alla casistica la filosofia inorale, mentre al professore di filosofia fu fatto obbligo di insegnare anche storia della filosofia e della scienza. Ri111aneva esclusa !a storia ecclesiastica che però era richiesta da tante parti e che a Palcnno fu inserita nel 1858. Soluzione di compromesso quindi. ma segno anche che or111ai i vescovi sentivano l'urgenza di nuovi orienta1nenti, che in gran parte avevano trovato risposta nell'ordinan1ento degli studi dcl Collegio Massin10 dei gesuiti di Palern10. Non accettarono i vescovi la proposta di grandi istituti cli specializzazione nelle discipline ecclesiastiche, 1na accettarono la creazione cli un Istituto cli perfeziona1nento che prevedeva teologia pastorale, esegesi ed enneneutica biblica, geografia e cronologia sacra, scienze naturali, storia universale, filologia, erudizione sacra e profana, eloquenza patristica ed evangelica, lingue orientali e tutto ciò che poteva essere di aiuto alla con1prensione della fede. Anche in questo caso si ripiegò su una possibile utilizzazione in
H Cusn1nno inizin nel 1867 corsi di forn1azione teologica del clero, che però ebbero vita breve perché i docenti furono non1inati vescovi nel 1871: tv!.T. FAIJON1:.
C11smano. Poveri, chiesa e società nella Sicilia del/'()//occnto (18341871), Flaccovio, Palcnno 1986, 319.
(7iaco1110
Luoghi e modelli di fornwzione del clero
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questo senso del collegio dei SS. Agostino e Tommaso di Agrigento. Per la forn1azionc pern1ancnte del clero recepirono la istituzione di accadcn1ie o cenacoli culturali per il clero e di colonie di studiosi sul modello proposto dal Di Carlo. Che comunque ancora ci fossero proble1ni strutturali non risolti si poteva cogliere dal fatto che la congregazione dei vescovi stabiliva che la tonsura non fosse data prin1a dei dieci anni e che i candidati agli ordini sacri dovessero restare in se1ninario aln1eno
due anni'J.
La svolta nella fonnazione del clero alla vigilia del Concilio Vaticano I non si realizzò sul rifiuto della cultura, quanto piuttosto sul rinnova111ento dci contenuti culturali e sul ruolo dcl prete nella società, con1c pre111essa di un risveglio religioso fondato sul ritorno alle fonti cristiane da cui attingere nuova forza spirituale e pastorale. [_,'affermarsi soprattutto a Palermo dell'indirizzo zelante dopo il 1860 fu dovuto all'opera cle!Parcivescovo Naselli. Dopo un prin10 tentativo cli riforma dcl liberale Di Carlo, l'arcivescovo nel 1862 nominò prefetto degli studi del sen1inario Melchiorre Galeotti che aveva collaborato a! giornale "Religione e Patria", 1na che ora era diventato, assien1e al canonico Do1nenico Turano docente cli S. Scrittura, uno dei propugnatori del nuovo indirizzo zelante. All'obbligo di frequenza del!c lezioni nella scuola dcl se1ninario per tutti i candidati agli ordini, sia interni che esterni, fece seguito con Galeotti una rifonna dell'indirizzo degli studi, più scientifico e induttivo, e contenuti nuovi con !a eli1ninazione cli quello che era giudicato un indirizzo paganeggiante negli studi classici 111 • l_,'abate Gau1ne si congratulò con il Galeotti per la istituzione dcl corso di Patrologia c [o incoraggiò al ritorno allo spirito dcl cristiancsin10 delle origini e alla lotta contro "l'envahisscinent du pouvoir e dc la philosophie''. I! grande rilievo dato alla S. Scrittura, ai Padri, alla Storia della chiesa e la svolta
cii.. 27-66. Il Galeotti era un vecchio ainico dell'abate Gaun1c. avversario clcll·uso dci classici nelle scuole religiose, il qunle si congn:itulò con Gtilcotti per lri rifonna egli pron1ise di inviargli il pirino di studi cli 111ons. D'Avanzo. vescovo cli Calvi e Teano, che ri suo parere era il più con1plcto, e già spcri1nc11lnto anche in Francin. '> F.t'vl. STA Il ILE. lndica::io11i s11/fa jòr11u1zione c11/111rafe di!! clero, 111
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in senso antiregalista, antigallicano e antigiansenista che caratterizzò l'insegnamento cli quegli anni a Palermo costituirono la premessa che facilitò la vittoria del papato nella controversia sul Tribunale cli monarchia, 1na soprattutto la fonnazione di un nuovo clero di indirizzo zelante. L'insistenza a frequentare le scuole del seininario esprin1eva la volontà dell'arcivescovo e del clero zelante di controllare gli indirizzi cnlturali del clero per evitare infiltrazioni razionalistiche o regalistiche o antigerarchichc. Il ritorno alle fonti cristiane era visto con1e fondazione auto110111a della cultura teologica rispetto alla cultura laica in un cli1na di lotta tra paganesi1no e cristianesiino che richian1ava in pri1110 piano n1otivi escatologici co1ne il 111artirio e la verginità. Per consolidare questo indirizzo di forn1azione che guardava or111ai a IZ0111a, il Galeotti in accorcio con il siciliano card. De Luca si adoperò nel 1865 per l'apertura a Ron1a di un Collegio Sicolo per la forn1azione dei chierici siciliani, nia i! progetto non ebbe seguito. Una difesa della fede e una riconquista attraverso un clero che viveva una sua più accentuata identità ecclesiale e papale, se non teneva alto il livello culturale, rischiava tuttavia di chiudere la chiesa come cittadella assediala al dialogo con la cultura moderna, anche se il rapporto con la società si incanalava attraverso il rinnovarnento devozionale e caritativo.
Papale, tlevoto e caritatevole La politica governativa metteva fine al pluralismo dei centri cli forn1azionc culturale del clero. Soppresse dal governo le scuole dei gesuiti e le facoltà teologiche delle università, un ruolo nuovo venne affidato ai se111inari che diventarono gli unici luoghi della -forn1azione dcl clero. ratta eccezione per pochi sen1inari, gran parte dei sen1inari siciliani dopo il 1860 subì un tracollo sia per la situazione di confusione e di sbandan1ento creata dalla rivoluzione sia per le sedi vacanti in alcune diocesi. Fu dopo il Concilio Vaticano I e la legge delle Guarentigie che la S. Sede passò alla non1ina di un episcopato zelante che iniziò con la riapertura e la cura dei se111inari la propria attività pastorale.
Luor:hi e modelli di formazione del clero
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Il governo tentò, soprattutto nelle piccole diocesi, di controllare le scuole dei sen1inari, aperte alla fonnazione anche di giovani non
candidati agli ordini, tna i controlli governativi accentuarono la chiusura dei sen1inari verso l'esterno per paura di invadenza laica nella formazione del clero. Il Concilio Vaticano I con la definizione de! prin1ato papale e della infallibilità creò una den1arcazione netta su[ piano ecclesiologico. Prevalse l'ecclesiologia papale, che però superava la dimensione esclusiva111ente giuridica in quanto venne interiorizzata la devozione al papa con1c adesione alla ortodossia, con1e espressione della fedeltà alta chiesa, come elemento fondante della spiritualità cattolica. Alla n1arginalizzazione a cui i! nuovo regi111e aveva relegato il clero nella società, corrispondeva una clericalizzazione della chiesa che rafforzava il don1inio incontrastato dci chierici all'interno di essa. Ricostruire il tessuto religioso, attuando una rico111posizionc del n1ondo cattolico siciliano attorno al papa, ai vescovi, al clero, in una disciplina e spiritualità più tridentina, che n1a11ifesiasse la fede non solo nella pratica di culto, nia ancora nella testi111onianza pubblica nella società, cotnportava una rifònna delle devozioni e della pietà popolare e la fonnazionc di una coscienza di appartenenza alla con1unità ecclesiale, locale e universale, che superasse i liiniti della religione 1nunicipale orinai avviata verso il declino. Ri111aneva il sisten1a di patronato laicale sulle parrocchie da parte dci n1unicipi o dei nobili e una certa dipendenza econornica, per cui i preti zelanti preferivano agire accanto al siste111a parrocchiale e non dentro. Il nuovo progetto di ricon1posizione del 111011do siciliano aun1entava la diffidenza della gerarchia nei confronti dcll'autonon1ia del laicato e non coinvolgeva tutto il clero. In una società utficialn1entc cattolica rin1aneva il vecchio inondo di alleanze, co111pro111essi, an1biguità di cui era intessuta la vita sociale e religiosa, net quale si barcan1enavano gran parte del clero e a volte le stesse curie. Se diventava raro il rifiuto della obbedienza al vescovo e delle dottrine dcl Vaticano I, come nel caso dei preti di Grotte, non si dissolveva però la mentalità del vecchio ceppo di clero di tradizione liberale e giurisdizionalista, il quale, perduta la giustificazione teologica
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e culturale, si dissolveva ora a!Pinterno di un clero 1nunicipale se111pre più stretto da vincoli clientelari con i notabili locali e liberali. A ciò contribuiva anche una certa arrendevolezza nella forn1azione del clero in alcuni vescovi, preoccupati per la di111inuzione di clero, i quali a volte abbreviavano per alcuni chierici il corso di teologia. Inoltre alla fonnazione culturale i111partita nei sen1inari non faceva seguito una fonnazione pennanente del clero sul piano culturale, ri111anendo solo, quando andava bene, un incontro 111ensi!e per soluzio-
ne dcl caso 111ora[e e gli annuali esercizi spirituali. Né la povertà della chiesa penncttcva orn1ai di poter contare su istituzioni culturali che garantissero una fonnazione e una produzione culturale di alto livello. !__,'istituzione nel 1877 della Facoltà Teologica e il rilascio di titoli accade1nici nel se1ninario di Palern10 non fecero decollare un centro di perfezionamento e di specializzazione negli studi ecclesiastici. L'obbligo degli studi nei scn1inari 1nigliorava certan1ente il livello della forn1azione dei chierici, n1a non risolveva il proble111a della cultura del clero. R.in1aneva perciò la distinzione tra preti più preparati e preti che celebravano niessa, tna non potevano predicare o svolgere altri co1npiti pastorali.
Il dialogo a metà
li prete, secondando gli inviti del papa Leone XIII, si muoveva tra la spinta ad uscire dalla sagrestia per andare incontro a una società in crisi e la diffidenza verso il mondo, che era frutto di delusione di fronte alla en1arginazione in cui si trovava ora i! clero e che si aggiungeva ora alla tradizionale diffidenza ascetica verso il niondo inteso con1e pericolo niortale per [a sua vita spirituale. Alla vigilia della unificazione nazionale la cultura che aveva pennesso al clero di sperare in una annonìa con la niodernità era di ispirazione spiritualista, ora dopo il 1860 la cultura era pervasa di positivisn10 e di 111atcrialis1110 che setnbravano precludere ogni dialogo culturale con la visione cristiana. }_,'esito allora tra il clero era diverso, perché in alcuni esaltava un attivismo pastorale di difesa della fede popolare e di dimostrazione dcl ra-
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dica1nento popolare della chiesa, e una cultura apologetica e pole1nica contro il razionalismo biblico e le filosofie positiviste e materialiste, 111entre in gran parte del clero e del laicato portava a un rincantucciarsi nelle devozioni e nel quieto vivere o sen1plicen1ente a inserirsi nel siste1na sociale senza particolari istanze proprie della ispirazione cristiana. Si spegneva il dibattito interno perché
11011
c'era più un plurali-
sino ecclesiologico, e a al!'attivis1no degli uni, 1notivato spirituahnente dalle indicazioni papali, faceva riscontro un pragmatismo degli altri, privi di strurnenti culturali, e che non a111avano o non sapevano 1nisurarsi sul piano culturale o pastorale con la società del tcn1po. La diffidenza verso il mondo moderno si rifletteva anche nella frequentazione e nella scelta dei luoghi della cultura. Ne era una prova alla fine dell'ottocento il 111aggior rigore verso i preti che chiedevano di frequentare le università dello stato, 11 l'insistenza sulla fonnazione separata dei chierici sia nella vita che nella scuola, la vigilanza sui libri di testo. Con la pubblicazione dell'enciclica Actemi I'atris dcl 4 agosto 1879, papa Leone XIII offriva al mondo cattolico lo strumento culturale che doveva ridare anche in questo can1po unità di indirizzo, con1e era avvenuto in ean1po ecc[esiologico. li to111is1110 riproponeva fiducia nella ragione e nella storia contro un ripiegan1ento spiritualista, secondo il deliberato del concilio Vaticano !, e offriva al clero un sistc111a autono1no di pensiero razionale che gli pennettcva di non essere in balia delle correnti filosofiche moderne e di poter elaborare una sintesi che rispettasse l'autonomia della natura e quindi dello stato, ma nello stesso te111po salvaguardasse !'apertura alla trascendenza. Nelle scuole dei sc1ni11ari, a n1ano a 111ano si attuava la riforn1a dei vescovi zelanti,
11 li card. Dusinei alla richiesta di ptircre del carcl. Verga. prefetto della congregazione dei vescovi e religiosi sulla convenienz<l che i giovani preti frequentassero le università stntali rispose che non avevn 1nt1i rnandato i preti per il pericolo per la loro vita sacerdotale. Dopo la soppressione della 1~1coltù teologiche i preti potevano chiedere di frcqucntnrc. rna frequentare l'università cli Catania erti pericoloso. Dus111et pose due criteri: pcnnesso cltito con 111oderazionc solo ai sicuri, scegliere univcrsitù cli citlù nelle quali era possibile trovare appoggi presso preti saggi anche sul piano del confronto culturale (G. ZITO, /,cr cura pastorale ... , cii., 220).
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si instaurava anche il to111isn10. A Monreale e a Palerrno alla fine del secolo si pubblicò una rivista di indirizzo neoton1ista, n1entre a Catania fu rafforzato l'insegnan1ento to111ista con la venuta del vescovo Giuseppe Francica Nava che teneva contatti con la scuola toinista di Lovanio, essendo stato nunzio in Belgio. E a Lovanio e a Ro1na vennero inviati giovani chierici per ottenere specializzazioni nelle discipline ecclesiastiche. Se a Palermo il canale di collegamento tra la Sicilia e il movin1ento cattolico nazionale passava attraverso Toniolo, fu il canale delle scuole ron1anc ad aprire i giovani preti non solo al to1nis1110, 111a a un respiro culturale pili vasto nel contatto con la cultura 1noclcrna e con la prin1a den1ocrazia cristiana. I preti che studiavano a H.on1a, all'Apollinare o alla Gregoriana, riportarono idee avanzate in can1po sociale e si collegarono con il clero for111ato nei sen1inari. 11 La scommessa di Leone XJIT di aprire un dialogo con le istituzioni 1noderne aiutava il giovane clero a uscire da un senso di inferiorità culturale e a guardare al 111ondo senza paura. L'apertura all'i1npcgno de1nocratico cristiano costituiva per n1olti giovani preti la fine della e1narginazionc e della crisi di identità, perché, seguendo le indicazioni del papa, ritenevano di riuscire a conciliare fedeltà al cattolicesin10 e al 1ninistero e adesione alla niodernità, assurnendo questione sociale e dc1nocrazia sociale e in qualche 111odo ricollegandosi ai tentativi del clero siciliano nel 1848 e nel 1860 di coniugare fede e libertà nazionale. Si apriva un grande dibattito tra i giovani den1ocratici cristiani e i conservatori de Il 'Opera dei congressi che tendevano a ridurre l'azione cattolica solo alle fondazione di opere sociali e non all'organizzazione di 1novin1enti a carattere sociale per paura che il clero scivolasse su posizioni socialiste o dal sociale passasse all'impegno politico. Rimaneva aperta la questione dell'apostolato sociale: se era parte integrante del ministero o era solo una supplenza. Nella lettera pastorale del 1903 dei vescovi siciliani sen1brava propendessero per una identificazione dell'azione den1ocratica con l'azione pastorale, 1na non tutti i
12 C. NARO,
/,a (.'hieso di Caltanissetta. cil.,
59.
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vescovi erano su questa l inca. Den1ocrazia cristiana era soprattutto per i vescovi atto religioso a favore de! popolo, non tanto 1netodo di governo.
Si creava un forte cli111a cli conciliazione tra istanze dei 1nov1n1cnti sociali 111oderni e cristianesi1110, si rivendicava il diritto di cittadinanza della chiesa in noine delle libertà 111oderne, 111a la giustificazione teologica ri1nancva fragile e a111bigua e rivelava un rapporto estrinseco di giustapposizione tra teologia e den1ocrazia. J_,a ecclesiologia infatti non si coagulava attorno alla categoria di popolo cristiano co111e pritno soggetto ecclesiale, 111a attorno alla categoria di autorità ge-
rarchica. Il popolo rin1a11eva oggetto di cura pastorale e veniva 111obilitato per l'affermazione del regno sociale di Dio e della sua chiesa. Due erano gli ancoraggi della posizione cattolica sulla questione sociale, il riferin1ento essenziale al vangelo e ['assunzione della sociologia co111e stru111ento di analisi. l vescovi decidevano di inserire l'insegna111ento cli econon1ia sociale ne[ corso teologico, 111a i due insegnan1enti rin1anevano giustapposti. Si poneva la sco111111essa con papa Leone XIII se era possibile una assunzione dei proble111i dell'uo1110 n1oderno senza entrare in dialogo con i suoi valori e senza n1ettere in discussione il retroterra teologico cd ccclesiologico tradizionale. Nella lettera enciclica dell'8 dicembre 1902 ai vescovi d'Italia sull'educazione del clero il papa riconosceva infatti la necessità di andare al popolo, cioè di allargare gli spazi del 111inistcro del prete, 111a voleva che si salvaguardasse il carattere soprannaturale e sacrale del suo 111inistero. I vescovi accoglievano le indicazioni di Leone Xlii e stabilivano di salvaguardare "il carattere tutto proprio e ben distinto e separato" dal popolo cristiano della fonnazione del prete, la quale aveva i suoi capisaldi "nella scienza delle cose sacre e divine, nell'acquisto della pietà che ne fa un uo1110 di Dio e lo costituisce come modello di virtù per i fedeli". E qualche vescovo spingeva la cautela fino a chiedere di dare il pcnncsso di inseri111ento nelle opere sociali solo ai preti che avevano "acquistato quella 1naturità cli senno e quello spirito vera111ente ecclesiastico, che valga a pre1nunirli dal pericoloso contatto con il popolo". Nonostante però il "pericoloso contatto con il popolo", la conferenza dei vescovi del 1903 assu-
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111eva e legitti111ava l'azione dei den1ocratici cristiani, definendo i preti "maestri del popolo cristiano e difensori nati delle classi umili secondo le leggi della giustizia e della carità". Riconoscevano i vescovi «lodevole e corrispondente ai bisogni de! tc1npo e allo spirito della Chiesa e degli insegnainenti del So1111110 Pontefice che i Sacerdoti partecipassero oggi ai pubblici consessi con1unali e provinciali e -fr1cessero pai1e delle an11ninistrazioni delle Opere Pie, congregazioni di caritil, istituzioni scolastiche, per ditèndere i diritti della religione, della n1oralilà, dc!la educazione della gioventù, e gli interessi degli enti a111111inistrati e dei poveri» 1·'.
Per dare ai chierici nel sen1inano "una educazione e istruzione adeguata e conveniente", chiedevano un riqualificazione del personale direttivo e dei professori. Ad essi era affidato il compito di fornire non solo le istruzioni tecniche sulla realizzazione delle opere sociali, 111a cli infondere "quello spirito di zelo, di abnegazione, di ubbidienza e di disciplina", necessario in opere co111battute dai nen1ici della chiesa. lJna mobilitazione generale nel campo sociale era richiesta al clero sotto il controllo della gerarchia e secondo gli insegnamenti sociali del papa. La cultura del clero doveva essere pro111ossa attraverso !a costituzione di Circoli di studi religiosi e sociali, inentre veniva interdetta nl clero la frequentazione di circoli e giornali avversi alla chiesa e l'adesione all'azione dei partiti 1nunicipali, politici, personali, liberali o liberaleggianti e soprattutto veniva fatto divieto ai preti "di accettare candiclnture amministrative da tali partiti, i quali intenderebbero infeudarli, per avvalersene ad uso e consun10 di loro an1bizioni s111odate e di loro rabbiose fazioni" 1 ~.
13
Deliberazioni e /)isposizioni pratiche intorno olla de111ocra.:ia cristiono,
lip. ()rccchin, Noto 1903, 7. Ora in F.rvl. STABILE (a cura di), la /)e111ocr{12ia cristiana. Lettera pastorale de/l'episcopato siculo 1903, Centro Sici!i<Jno Sturzo, Pt1lcrn1n
1993. I~
Jbid.
Luoghi e modelli di fòrmazione del clero
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Nel 1906 i vescovi rinnovarono la decisione di inviare i chierici nelle facoltà teologiche per ottenere i gradi accaden1ici, di non concedere dispensa da corsi e da esani i severi, di, avviare un unico progran1111a cli studi e un unico elenco di libri di testo, di in1pedire i passaggi da un seininario all'altro, e di fornire ogni seininario cli un direttore spirituale. L. o sforzo più rilevante del clero in cainpo sociale fu con1unque di tipo organizzativo e attivistico, poco invece fu curato J1aspetto culturale, ideale. R.isu!tava perciò debole, secondo Sturzo, l'incidenza del n1ovin1ento cattolico e de111ocratico cristiano fra i giovani e gli intellettuali e anche "nella vita intellettuale e religiosa delle diocesi e dei seni inari'' 15 . E questa debolezza era debolezza che avrebbe pesato su tutto il n1ovin1ento deinocratico cristiano. Una parte del clero si c1nancipava attraverso la scelta de1nocratico cristiana e l'inscri1nento nelle opere sociali, nella vita locale e nelle battaglie elettorali sotto la bandiera cattolica, risolvendo anche problen1i di sopravvivenza econo1nica, 1na, poiché non ca1nbiava la situazione sociale ed econon1ica del clero, non tutto il clero riusciva a ron1pere i lega1ni cli dipendenza, ri1nanendo itnpaniato ncll'a111biente alla ricerca di appoggi dei notabili e della 1nafia 1r'. Situazioni favorite anche dalla svolta clcricon1oderata nei collegi uninon1ina!i. Se dirompente fu il positivo inserimento dei preti e dei cattolici nella società siciliana con una nuova coscienza sociale e civile, ri1naneva il rischio dell'istanza teocratica che provocava dubbi di stru1nentalizzazione della presenza dei cattolici nella società. I vescovi infatti oscillavano tra una niotivazione interna al con1pito pastorale della chiesa e una concezione strun1cntale che vedeva nell'aiuto sociale o un 1nezzo per arrivare all'anin1a o un 111czzo per tenere !ontano il popolo dall'influsso socialista. Per i vescovi il proble1na però non si poneva
15
L.
STURZO,
/)a Bologna o 1\!oto, in Lo croce di C'osta11tino, 6.12.1903.
ir, F.M. STAHILE, La Chiesa nella società siciliana.... cit., 134
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perché la realizzazione delle finalità religiose avrebbe comportato la soluzione di tutti i problemi sociali.
La ji1ga spù·itua/ista Con il documento Il fermo proposito dell' 11 giungo 1905 il papa Pio X sganciò l'attività pastorale de! clero dal progetto de1nocratico cristiano, riaffermando una pili forte sacralità del prete, elevato al di sopra degli uon1ini. Lo spazio dcl prete era la chies(l; e la sua azione pastorale doveva essere al di sopra di tuUi gli interessi u1nani, di tutti i conflitti, di tutte le classi sociali, anche se in vigile difesa contro il so-
cialis1110. La sco111111essa di Leone XIII si n1ostrava perdente. La frattura con il inondo n1oderno si acuiva con la crisi tnodernista. Onnai la crisi non era solo nella società a cui la chiesa doveva dare una risposta, 1na toccava la stessa chiesa. Ogni dialogo culturale sc111brava perciò pericoloso. Il clima repressivo spense i pochi lucignoli culturali. Con il
111odernis1110 si consu1nava in Sicilia la stagione della produzione apologetica e iniziava un lungo silenzio (assenza di teologi sia per controbattere i 111odern isti che per accettarne le idee, assenza cli ricerca teologica, e forse anche qualche caso di nicoden1isn10) 17 . 1_,a carenza di cultura teologica rendeva subalterno i! clero alla cultura laica con1e avvenne con l'idealisn10 gentiliano, ritenuto una filosofia spiritualista con la quale ad alcuni parve possibile trovare un incontrorn. Pietro Mignos1 scriveva:
«Era prevedibile che i giovani siciliani, ccl in particolar inodo il giovane clero che veniva fuori dal n1ovi1nento den1ocratico cristiano con n1olta sete d'azione e di creazione, cercasse nella cLJltLJra ufficiale delle università qLJeflo che non aveva potuto trovare - ohi111é - nei scn1inari e nei circoli. Il
17
F.
CONJGLIARO, {_/11
secolo di teologia ... cil.
rn La l3ibliotccu rilosofica fonclutu a f>alenno dn G. Gentile e presieduta da G. A1nato Poierio. Su questo lenlativo vedi C. NARO, La Chiesa di C'alta11issetta, cit., 239.
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tran1onto della den1ocrazia cristiana si acco1npagnava a quello del positi-
vis1no radicale. A Napo!i il Croce, a Palenno il Gentile co111inciavano ad attirare l'attenzione dei giovani. La deficienza di una preparazione sa!da1ncnte dottrinaria, la 111ancanza di una preveggenza critica da parte degli istruttori ecclesiastici 1netteva il giovane prete siciliano nella condizione
più propizia ad assi1nilare il vangelo idealistico. L'efficacia di questa prin1a predicazione cli Gentile all'università di Pa-
lern10 non si con1111isura se1nplicen1ente dal nun1ero di apostasie verificatesi nel giovane clero nostro[ ... ] 111a da! continuo scan1bio di forze intin1e che si verifica tuttavia - seppure in forn1a cauta - tra l'idealisn10 gentiliano e la professione di t"ède cattolica di una notevole zona del clero sicilia110»1'>.
Il progetto di Leone XIII n1ostrava [e sue contraddizioni a causa della disillusione per la n1ancata riconquista della società attraverso le opere sociali e a causa della 1nancata crescita della pratica religiosa, perciò si ritenne di chiudere la cittadella, nella illusione di salvarla. I can1bian1enti in senso autoritario nella società occidentale, la politica nazionalista e colonialista, la paura borghese della rivoluzione non erano ininfluenti sul rafforza1ncnto della ecclesiologia autoritaria e sulla condanna de! 111odernis1no. La risposta della chiesa non era sul piano della cultura quindi, 111a sul piano ciel rafforzamento della spiritualità personale ciel clero e della pastorale. L'afrer111azione di questa linea avveniva con i rican1bi episcopali e le nomine di vescovi ciel nord e di vescovi spirituali da parte cli Pio X. Si trovarono allora di fronte due visioni diverse. Luigi Sturzo e i den1ocratici cristiani ritenevano che rifor111a del clero e rifonna della società fossero inscindibili, per cui una utilizzazione del clero per una pastorale di trasfonnazione religiosa e civile della società coni portava, co1nc pren1essa indispensabile, una liberazione del clero dai condiziona111enti e dagli interessi locali, e quindi un can1bia111ento dei rapporti sociali ed econoinici, per evitare un risucchio del clero nei torbidi
19
Cit da C. NAl{O. /,a Chiesa di Ca!tanissef/a, cil.. 221.
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interessi del notabilato locale. Questo cambiamento richiedeva una proposta culturale, sociale e politica autonoma dei cattolici. li vescovo Intreccialagli e i vescovi spirituali non ponevano co111e prioritario questo legame tra riforma del clero e riforma dei rapporti sociali e ritenevano che era possibile per la chiesa e per il clero svolgere compito pastorale senza turbare, attraverso un accentuato processo di contrapposizione ideologica e sociale, la pace religiosa dci centri siciliani. Questa posizione spiritualista proponeva il modello cli prete spirituale e parroco con1e superan1ento sia del 111odello dcl clero 1nunicipale sia di quello sociale. La grande spinta degli inizi del secolo che aveva portato i preti fuori delle sagrestie si esauriva alla vigilia della grande guerra. La critica religiosa ai preti sociali partiva dalla necessità di distinguere l'ambito proprio dci chierici e quello proprio elci laici. Pur riconoscendo il lavoro dei preti sociali, il vescovo Jntrcccialagli, dopo la Notificazione pontificia Docente Apostolo Pau/o del 1909, scriveva: «Lascio poi considerare se convenga a coloro che hanno cura delle ani111e di ritenere !a presidenza della casse rurali e di sin1i!i istituzioni nelle quali faci!n1ente si va incontro ad odiosità, a sospetti di panigianeria [illeggibile]. J\ 111e sen1bra che chi ha la cura delle anin1e deve trovarsi in condizioni da poter godere la fiducia di tutti, e quindi non avere aftàri o incarichi capaci cli alienargli l'anin10 d'una parte de! gregge alle di lui cure affidato. Per questa stessa ragione vorrei che, specia!n1ente nei piccoli con1u11i, i parroci non s'ingerissero per niente nelle elezioni a111111inistrativc - n1eno il solo caso che si tratti di con1battere un progran1111a, una bandiera apertan1ente ostile alla religione ed al clero - la qua! cosa non accade tàcil111ente, perché nei con1uni ordinariainente tali lolle si hanno sulle personalità e non sui principi»2°.
Difatti però questo indirizzo che rivendicava una neutralità del clero e della chiesa al di sopra della parti, in una realtà ecclesiale e cui-
20
Lettera dc! vescovo lntrcccia!agli al vescovo [Viario Sturzo. 10.6. !908, cit.
da F.fVI. STABILE. /,a Chiesa nella società siciliana. cii.. 129.
Luoghi e n1o{lefli r/; ,forn1azio11e {/el clero
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turale che non pennetteva spazi di auto110111ia sociale e politica ai cattolici, finiva per favorire, a causa della pregiudiziale del nen1ico ideologico socialista, il siste111a borghese e i notabili locali, ideologica111ente irrilevanti 1 nia non socialinente e politican1ente. La chiarificazione del ruolo del prete nella chiesa e nella società era legata al nodo di fondo che ern la modalità slessa della presenza della chiesa nella società. Pur rimanendo fedele al progetto di una riconquista cristiana della società il n1ondo cattolico si diversificava 1
nella scelta delle alleanze su cui far perno e sui valori che la dovevano ispirare. E 111entre i conservatori cattolici partendo da una ecclesiologia ancora forten1ente societaria 1 puntavano sulle alleanze con la borghesia nioderata e in ultin1a analisi su un riconoscin1ento istituzionale della Chiesa che portasse a un accorcio di vertice 1 e a una soluzione in1positiva attraverso la legge della pratica religiosa, non credendo alla capacità della coscienza di fare una sintesi, i de111ocratici cristiani erano portatori di fermenti che nell'alleanza della chiesa con il popolo e nel rispetto della den1ocrazia co1ne valore per se stesso, aprivano la strada a un riconoscirnento dei valori urnani della laicità e a una nuova visione ecclesiologica. Ma si trattava onnai di una niinoranza, in un niondo cattolico avviato verso il clericon1oderatisn10. J_,a denunzia dell'alleanza c!ericon1odcrata, che si riteneva non fondata su consonanza di idee e di progetti, non era solo preoccupazione sociale per Paffennarsi di un fronte reazionario, 111a era preoccupazione religiosa per la salvaguardia della fede del popolo che non avrebbe capito questo connubio. «Se non che - scrivev'1 il prete p8lern1it'1no Giuseppe Lo Cascio - ci sono altri lati della quistione che debbono tàrci te1nere non si prepari all'Italia qualche tragica soluzione di cui non vorrei essere profeta. Perché, il giorno in cui penetrasse nel popolo la convinzione che la Chiesa, cosa che non è, serve a un partito, e che questo partilo è dei ricchi, cleg!'industria!i e forse anche degli sfruttatori, tenia assai che il cattolicesin10 subirebbe
una forte scossa nella massa proletaria di cui saprebbe abilmente valersi il socia!is1no.
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Ora, o signori, vi sono parecchi conservatori cattolici i quali superano col loro pensiero le strette barriere di parte;
111a
la coalizione di cui
s1a1110
spettatori tra una gran patte di clericali e l'alta borghesia, non è basata sopra nessuna affinità sin1patìca di pensiero e perciò non può essere che reazionaria. È la croce eretta da inani, anche cl' increduli, contro una procella sociale, che, invece, ne sarù aftì·ettata. E, con1e nel passato, 111olti clericali, parteggiando per i conservatori e inonopolizzando in qualche n1odo l'ortodossia per gli interessi della classi alte, finiranno (che Dio sperda l'augurio!) per respingere n1o!te forze del popolo verso una den1ocrazia an-
ticristiana ed atea» 21 . Poiché l'alleanza non era fondata su t111 dialogo culturale o su affinità di idee, la cultura diventava secondaria. Si richiedeva invece un equilibrio tra cultura teologica e fonnazione spirituale in un 1110111ento in cui ai ca1nbia111enti della società corrispondevano ca111bia111enti all'interno del clero. Era iniziato il processo di avvicinan1ento dcl clero alla società e allo stato nioderno con l'esperienza dell'in1pcg110 sociale, che più incise nella coscienza dcl clero, il quale assorbì le forine di organizzazione della società 111oderna e se ne servì anche all'interno del siste1na ecclesiastico. Il clero trovava nella società i 111odelli per una iniziativa auto110111a dei propri interessi senza dipendere dal vecchio siste111a beneficiario o dalla 111ediazione del notabilato e anche della stessa gerarchia. Si inseriva in questo inodo nella realtà dcl n1ondo 111oderno, i1nparava una 111etodologia più scientifica di analisi della realtà per capire più profondan1ente i 111eccanis111i dei inali sociali; acquistava una 111aggiore coscienza di sé non solo co111e consapevolezza del suo con1pito spirituale, ina anche in quanto corpo sociale che rivendicava i suoi diritti appellandosi 11011 più a privilegi di religione o di casta, 111a al diritto co111une e ai 111czzi che la società forniva. Nasceva
21 G. Lo C1\SCJO, J de111ocratici cristiani. Clii sono? Che cosa vogliono? Testo 1nanoscritto di una conferenza tenuta a Catani8 ai soci della federazione den1ocratico cristiana il giorno 11 luglio 1908. cit. da F.ivl. STABILE. La C'hiesa nella società siciliana, cit., 105. Per il Lo Cascio. F. CONJGLIARO, C~hiesa e società in Giusepp!! Lo C'ascio, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1994.
Luoghi e modelli di j(mnazione del clero
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quasi una coscienza di classe. Era stata Pcspcrienza della casse rurali e operaie a inserire il clero nel inondo dc! credito e delle assicurazioni che sono gran parte delle attività dell'uo1no 1noderno. E tuttavia i nuovi vescovi spirituali guardavano con una certa diffidenza a questo 1nodo di organizzarsi del clero, per paura che si allentasse il vincolo di soggezione alla gerarchiai soprattutto quando i preti si 111ettevano a capo dei contadini per la occupazione dei feudi 22 • In ogni caso onnai la soluzione del problema economico del clero e della istituzione di un siste111a 1noderno cli assicurazioni fu presente tra i vescovi in tutti gli anni seguenti.
Ca1nbiava la provenienza sociale del clero che ora veniva rech1tato tra artigiani, piccoli proprietari agricoli, anche se le strategie fa1niliari per l'ascesa sociale non scon1pariva110 del tutto. Di1ni11uiva il numero dei preti dopo il 1860, anche se alla fine del secolo si era verificata una leggera ripresa, 111a la di1ninuzione de! clero però ricon1inciò dopo il 191 O, raggiungendo il n101nento più basso negli anni '20. La provenienza orinai dai ceti sociali più poveri e dalle zone non urbane favorirono l\11 processo di ruralizzazione dcl clero, i cui erfetti si fecero sentire durante il periodo fascista. I vescovi, che in un prin10 nio1nento pensarono di in1pedire l'accesso alla vita ecclesiastica ai candidati privi di niezzi econo1nici, a poco a poco istituirono nelle diocesi l'opera delle vocazioni per i chierici poveri 2 ·'. Si doveva inoltre superare la prassi tradizionale della distribuzione del clero nel territorio che seguiva il policentrismo devozionale e dei luoghi di culto e non le necessità della cura d'animo. Ma la difficoltà di mobilità del clero era anche economica, perché gli stessi vescovi riconoscevano che era difficile per un prete vivere fuori dal proprio paese di origine e dalle propria fa1niglia per 1nancanza di strutture eco1101niche ecclesiali dal n10111ento che le parrocchie erano povere. Si
22 Lettera dcl card. Nava al vescovo Vizzini che si era n1ostrato preoccupato per la autonon1ia del clero, 7.10.1919, Cesi ! 919. FtVI. STABILE, la Chiesa nella società siciliana, cit., 140-149.
2.'l
G. ZITO, Clero e religiosi, cit., 259-260.
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verificava quindi sperequazione tra i vari centri dove quelli più ricchi di opere avevano più preti, altri invece nessuno. L'inserin1ento pastorale era considerato qualificante per la vita del clero dal vescovo Mario Sturzo, il qunlc proponeva !a parrocchia per la soluzione dcl proble111a del clero) rnentre il card. f'rancica Nava chiedeva innanzitutto la soluzione del problema formativo, spirituale e culturale del clero per risolvere il problema della parrocchia. La fondazione dei preti oblati da parte cli Mario Sturzo aveva con1e scopo la creazione di nuovi legan1i non giuridici con il vescovo, la serietà di
for111azione ed ese111plarità di vita, la disponibilità e inabilità pastorale. La nascita del partito popolare aconfessionale sc111brava attuare [a distinzione tra la sfera del!'i1npegno politico e sociale e un 'azione più proprian1ente pastorale, e con1c tale fu salutata dai vescovi siciliani. Ci si avviava a una distinzione degli a1nbiti di azione tra laicato e clero, attuando la linea di Pio X sulla funzione religiosa del clero e la linea sull'autono111ia e sulla aconfessionalità dell'azione politica e sociale dci cattolici di Benedetto XV. Sembrava si potesse uscire dalle strettoie del progetto di Leone XIII. Gravava però l'ipoteca ecclesiologica su una realizzazione politica che rin1aneva ancora solo una concessione della gerarchia. Non era il laicato che decideva in base a una analisi sulla presenza sociale e politica dei cattolici, 1na la gerarchia a dare il suo consenso. li Vaticano, 111entre chiedeva ai preti di non inserirsi in politica per salvaguardare il co111pito spirituale e religioso, non rinunziava a una propria iniziativa politica che diventava obbligante per il n1ondo cattolico. La 111ancata chiarificazione sul piano teologico del rapporto tra fede e politica, azione religiosa e azione politica e sociale portava ancora i suoi frutti nella riserva clericale sull'azione dci laici. Alla radice si trovavano il 111ode!10 ecc!esiologico autoritario di vertice e accentratore, più assirnilabile ai 111odel!i autoritari che si stavano affern1ando in Europa dopo la prin1a guerra nionclia!e, che non ai n1odelli dcn1ocratici con i quali Leone XIII e il clero sociale avevano tentato cli iniziare un dialogo, e il 111odello della cristianità da realizzare. Ancora una volta i! proble111a era ecc!esiologico e quindi pastorale. Costatata la difficoltà di una riconquista cattolica attraverso la rappresentanza popolare, la gerarchia, accentuando le conseguenze del pec-
Luoihi e n1odel/i di .forrnaz)one del clero
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cato originale sull'uo1110 e sulla società, rin1ancva fiduciosa nella forza e nel prestigio dell'autorità più che della coscienza, con1e se l'autorità fuori e dentro la chiesa non potesse peccare fino alla prevaricazione contro la dignità dell'uomo. E come se fosse meglio tutelato il carattere cristiano della società da interventi autoritari dello stato che non dalla crescita deinocratica del popolo cristiano. All'azione della chiesa non restava quindi che la spiritualità co111c e!en1ento di conquista della società. La proposta di spiritualità diventava essa stessa proposta pastorale, 111a la spiritualità cli derivazione 1nonastica e ascetica coniugata con l'aHivis1110 ereditato dalla prassi dei preti sociali non riusciva a raggiungere che alcuni gruppi elitari clc!l'associazionis1110 cattolico e non tutto il popolo cristiano. La rirorn1a della parrocchia con l'in1pulso dato dal prin10 concilio plenario siculo ca111biava e accentuava il 111odel!o dcl prete parroco e il suo ruolo cli unico detentore della pastorale parrocchiale anche se coadiuvato da altri preti e dai laici. Il prete diventava però cli -fatto se111pre più assistente delle associazioni di Azione cattolica che non pastore cli tutta la con1unità parrocchiale.
Il se111i11orh1 Ma fu attraverso il sen1inario che i! n1odcllo nuovo di prete fu plasmato. Nel I 907 la S. Sede pubblicò il programma generale degli studi ecclesiastici e avviò il processo di concentra111ento dci sen1inari. Nel 1908 i vescovi decisero l'adeguamento del piano di studi dei seminari ai progra111111i ron1ani. Nel 1912, ancora nel cli111a di apertura dell'indirizzo di Leone XIII, 111antcnnero la scelta cli inviare alcuni chierici a Ron1a e nelle università statali li concentra1nento dei sen1inari con la fondazione dei serninari regionali o interdiocesani 111irava a n1igliorare l'insegnan1ento, a sganciare il chierico da una visione localistica, nia nello stesso ten1po unifonnava e controllava centra!istica111ente da Ron1a la fonnazionc dei chierici, ne accentuava la separazione dalla cultura 111oclerna, ed esaltava l'in1pcgno ascetico, devozionale e pastorale. li prete sarebbe vis-
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suto secondo i rit1ni del sen1inario, obbediente per convinzione o per ti111ore, e poco a111ante dello studioH. Jn Sicilia il processo di concentra1ncnio dei sen1inari non s1 avviava perché non si costituivano i due sen1inari interdiocesani a Palern10 e Catania, con1e chiedeva la S. Sede, anzi alcuni vescovi, pur adeguando i progran11ni a quelli governativi, continuarono a dispensare da discipline ritenute secondarie data la scarsità dei preti, altri invece preferirono inviare i !oro chierici presso se1ninari dì altre diocesi, an-
che fuori della Sicilia25 . Si creava quasi un insanabile contrasto tra prete colto e prete obbediente. Era una involuzione che si verificava a li-
vello nazionale. Nel 1916 i vescovi infatti rimandarono a dopo la guerra la soluzione del concentra111ento nei due se111inari interdiocesani e, quasi a incatenare i giovani in scn1inario o per evitare che alcune fan1iglie si servissero delle scuole dcl sen1inario in 1nancanza di scuole nei paesi interni restrinsero ancora di più il pennesso ai chierici cli conseguire anche la licenza ginnasiale, che prin1a era obbligatoria co111e quella liceale, presso le scuole pubbliche, e ai giovani preti di conseguire titoli accaclen1ici presso le università statali, a 1neno che non servissero per preparare alcuni quadri per l'insegnan1ento dei sen1inari. Da n1olti vescovi si insistette per incren1entare discipline indispensabili per la vita pastorale e tralasciare le scienze naturali, in liceo, la storia ecclesiastica, il greco biblico, l'archeologia e altre discipline nel corso teologicou'. Preoccupazioni non solo 111otivate dal pericolo che venisse offì1scata la santità ciel 111inistcro del prete, 111a anche da diffidenza che il clero colto potesse sfuggire al processo di riorganizzazione istituzionale che faceva dcl principio gerarchico e dell'ubbidienza il suo caposaldo.
2..J Iv!. CÌUASCO. Storia del clero in Italia do/( '()/tocento ad oggi, Laterza, Bari 1997, 152-155. 15 Visitatori apostolici vennero a controllare i se111in<1ri siciliani. li p. Bresciani nel J 90 1i e nel 1908 rnons. Perosi. u, F.l\1. STAHILE, La C'hiesa nella società siciliana. cii.. 139.
Luoghi e modelli di formazione del clero
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La pastorale dell'obbedienza Si può dire che ci fu un vero spartiacque tra i preti formati nel periodo leoniano, che erano convinti cli dover diventare protagonisti di grandi trasfonnazioni sociali e che avrebbero conservato per tutta la vita una grande curiosità intellettuale, una certa libertà di spirito, una costante attenzione alle novità e ai ca1nbia1nenti, e i preti fonnati dopo il 1907 paurosi delle novità, con pochi stimoli intellettuali, spesso con una vera e propria diffidenza verso lo studio, con una spiritualità piuttosto individuale e una forte tendenza all'ossequio al!1autorità27 • Il nuovo prete che si voleva pastore non aveva bisogno di grande cultura o perché la cultura allontanava dalla pastorale o perché rendeva superbi e disobbedienti o specialn1e11te perché la cultura non sacra era pericolosa per la vita spirituale. Il passaggio dal prete sociale al prete spirituale avviene in niodo indolore. Non avvenne un rottura o una crisi di identità, con1e era avvenuto nel passaggio del 1860, perché nella esperienza dei preti den10cratici siciliani era prevalso l'attivisn10 sociale sulla riflessione teologica e culturale. Non ci furono in Sicilia defezioni rilevanti nella crisi modernista o disobbedienze dei preti sociali alle indicazioni papali. Naro evidenzia anche [ influsso di una spiritualità indifferente alla scelta della pastorale, attenta ad affern1are il prin1ato del soprannaturale e la relativizzazione delle realtà naturali e quindi di ogni specifica din1ensione culturale politica sociale. Nasceva da questo la diffidenza per ogni presenza del prete nel mondo. Questa spiritualità nel cli111a antin1odernistico finiva per contestare ['apertura 111issionaria ai prob!e111i della società che era la caratteristica del 111odello den1ocratico cristiano. Dal inondo co111e spazio da conquistare alla cautela e alla difesa dal n1ondo carne fonte di tentazione sul piano ascetico; e questo proprio 111entre in Francia con1inciava a nascere la teologia delle realtà un1ane. Ritengo che alla risoluzione della adattabilità della spiritualità nella totale obbedienza alle direttive dell'autorità, che decideva di voi1
27 f\11. GUASCO. Storiu de{ clero, ciL, 154.
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ta in volta [e indicazioni pastorali, abbia influito in 111odo detenninantc l'indirizzo ecclesiologico. Al clero non restava che adeguarsi. li principio di autorità era stato introiettato dal clero dopo il Vaticano I non co1ne dato giuridico, 111a co1ne dato 1nistico e spirituale; non c'erano quindi ambiti della coscienza che potessero sfuggire alle direttive del papa. fedeltà alla ortodossia e alla chiesa era fedeltà e obbedienza alla gerarchia nell'ambito religioso e in quello politico e sociale. Il nuovo non si costruiva sulla "laicità" di Sturzo o sulla "coscienza" di Lo Cascio, ina sul principio di autorità che trovava grandi consonanze con il nascere degli stati autoritari, davanti ai quali la gerarchia rafforzava la sua forza istituzionale con il codice di diritto canonico e chia111ava i suoi a stringere i ranghi. Il prete non se la sentiva di dissentire dalla gerarchia perché il dissenso significava orn1ai uscire dalla chiesa. D'altronde ['avvento del fascisn10 e la riduzione degli spazi cli libertà della chiesa solo all'a1nbito religioso crearono anche la convinzione che il processo si verificasse più per necessità esterna che per affern1azionc di centralisn10 e autoritaris1110 interno. Quando la lacerazione veniva avvertita, si risolveva non sul piano teologico, 1na sul piano ascetico dell'obbedienza. L,e conseguenze furono sotto certi aspetti 111olto gravi, perché in1poverendo il clero e il 1nondo cattolico siciliano di una lettura critica della realtà sociale e politica, una lettura soltanto ascetica e niorale apriva il varco all'accettazione passiva ciel t~1scisrno e delle sue can1pagne e poi, ne! secondo dopoguerra, alla confusione tra religione e politica e al silenzio di fì·onte alla 111afia. Per altro verso però si consun1ava anche la fine del prete n1unicipalc perché il nuovo prete, i111pegnato in un aposlolalo catechistico e fonnativo, aveva pili forte il senso di appartenenza ecclesiale ed era più libero dai condizionan1enti fa111iliari e locali. I vescovi potevano scrivere nel 1931: «È n1otivo di grande consolazione il vedere co111e i giovani candidati al Sacerdozio, in una più larga e generosa visione del loro futuro apostolato,
Luoghi e m.odelli di formazione del clero
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desiderano essi stessi, ogni giorno più, so11rarsi alla stretta della fan1iglia o del proprio paese, per darsi più interaincnte al bene delle anin1e» 28 .
Una ripresa delle ordinazioni e delle vocazioni si verificò, dopo la grande crisi di ordinazioni che aveva acco111pagnato la grande guerra, per 1nolteplici cause, non ultin1e il forte attivisn10 e la vitalità dell'associazionis1110 cattolico di Azione Cattolica. La speranza dei ve-
scovi siciliani nel 1930 di un seininario a Ro111a, fondata sulla donazione di un terreno da parte dcl papa, non approdò, anche per lo scatenarsi della seconda guerra 1nondiale. La guerra creò non pochi problen1i alla nonnale vita dci sen1inari soprattutto delle grandi città sia per 111otivi di rcperi111ento dei viveri, sia per la insicurezza. I bon1bardan1enti fecero il resto. Nel secondo dopoguerra tre furono i versanti su cui si tnosse il clero: in1pianto di un reticolo di opere caritative e assistenziali grazie agli aiuti della POA, un rinnovato tèrvore per la ricostruzione 111oralc e religiosa della società cristiana, acco1npagnata dalla ricostruzione della chiese e la costruzione di nuovi edifici per opere cattoliche con i fondi dello stato e della regione, e la difesa delle anime e degli interessi cattolici dal co111unisn10. Le forze cattoliche che erano state fonnate durante il fascisn10 furono buttate nella niischia politica, anche da parte di vescovi che diffidavano della politica, n1a che per obbedienza superavano qualunque resistenza spiritualista ora che !'apparente neutralità al di sopra delle parti veniva superata dal dovere di far fronte al con1unisn10 che veniva considerato il ne111ico ideologico. Irrigidi111ento della struttura gerarchica, difesa ad oltranza della fede contro gli errori moderni caratterizzarono lo spirito ciel secondo concilio plenario siculo del 1952. La spaccatura tra i gruppi militanti dell'associazionisn10 cattolico e il resto del popolo cristiano veniva dran1111atica1nente segnata dalla spaccatura politica. E il clero, che durante !a guerra aveva svolto un co111pito di sostegno religioso e sociale, assun1eva un a111biguo ruolo di 1nediazione con il potere politico che
2
~ CONfERL:N!.A EPISCOPALI: SICILIANA,
Ecclesiastico Pafen11itano 1 ( 1931) 1J.
f,ef/e/'a pastorale co/fettiva, in Foglio
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lentamente lo portava a intessere legami clientelari con i gruppi di potere, che strun1entalizzavano la parrocchia, e, per salvaguardare interessi religiosi, a diventare supporto di un sisten1a locale di scelte e 1netodi politici discutibili. Il rischio che la coloritura politica diventasse
segno di appartenenza religiosa non poteva essere evitato dai vescovi e dai preti. Tin1ide le aperture nella fonnazione dei sen1inari, nella spiritualità del clero diocesano, nei programmi di studio. Qualche nozione sul pensiero sociale della chiesa, sulla pastorale, i vecchi 1nanuali di teologia, e poi la diffidenza in alcuni vescovi, con1e Jacono e l{uffini, i quali non inviavano preti a studiare a J{on1a per tin1ore che anche le facoltà teologiche romane fossero infette degli errori condannati dalla Iluma-
ni generi.~· di Pio Xli. In con1pcnso furono ricostruiti o costruiti ex novo grandi se111inari perché si pensava che la crisi vocazionale fosse orn1ai superata. Non toccò i se111inari e il clero siciliano la problen1atica francese della 111issione di rrancia che apriva il scininario a chierici disposti ad andare dovunque ci fosse bisogno. Tn Sicilia solo qualche passaggio di preti da diocesi più ricca di clero a diocesi con 111eno clero con1e Palermo, poca l'incidenza anche della Fidci dom1111 sulla missionarielà del clero, osteggiata /'esperienza dei preti operai dal card. Ruffini a favore di qualche cappellano di fabbrica, nessun sen1inario per vocazioni adulte. E quindi nessun bisogno di derogare a! vecchio rit1110 di vita nionacalc dei se111inari e alla pastorale dentro il recinto della chiesa parrocchiale. E tuttavia le pagine della Conferenza episcopale italiana e un po' 111eno di quella siciliana sono piene di preoccupazioni per [e idee nuove che serpeggiavano tra chierici e preti sui 111etodi di forn1azione che si volevano rispettosi della persona, sulle aperture al 111ondo 111oderno. Il passaggio dal chiuso dcl se1ninario alla vita pastorale con1portava sc111pre più problen1i per i giovani preti, e sc1nprc 111eno opportuna si rivelava la fonnazione separata e 111onastica del eh ierico dalla vita della con1unità cristiana 1'>. L'arcivescovo Ruffini pensò di
2'!
Cfr. Cì. ZITO, C'!e!'o e !'e!igiosi. cii.. 303-312.
Luoghi e modelli di fimnuzione del clero
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ri1nediare attraverso l'istituzione di un convitto ecclesiastico dove il giovane prete doveva abitare per due anni dopo l'ordinazione per 111scrirsi gradualn1cnte nella vita pastorale.
Non ci furono però grandi dibattiti alla vigilia del Concilio Vaticano II con1e quelli avvenuti alla vigilia de! Concilio Vaticano I. Non c'era più in Sicilia pluralisn10 culturale ed ecclesiologico, libertà cli opinione pubblica ecclesiale, apertura alla cultura 111oderna e a nuove soluzioni ecclesiologiche, 111a solo il silenzio, rotto da interventi difensivi dei vescovi, dai richia111i a!Punità del voto elettorale, dalla proc!an1azione verbale dcl recupero dei lontani che riguardava solo i con1unisti, i quali sen1bravano irrecuperabili; per il resto, esisteva un prag111atis1110 diffuso, sostenuto 111olte volte da una nonnativa precettistica, che, se richia111ava alla legge supre1na della salute delle anin1e, il più delle volte nascondeva povertà di contenuti e di idee nelle analisi e il ricorso continuo ad aspettare indicazioni dall'alto. Le proposte dei vescovi siciliani in preparazione del Concilio Vaticano Il rispecchiavano le preoccupazioni della gerarchia per la niancata sintonia con il clero e il bisogno di struinenti giuridici, con1e l'abolizione della inainovibilità dei parroci, per contenere gli abusi dei parroci, lo scarso in1pegno pastorale, l'invadenza dei preti in ca111po politico, 111entre i vescovi riaffennavano nel!a figura sacrale dcl prete la din1ensione di uon10 spirituale e pastore di anin1c, nia non facevano che ripetere un 111odello senza rendersi conto anche delle n1utazioni sociali ed ecclesiali che sarebbero poi esplose durante il concilio e che in qualche n1odo ti111idan1entc anche in Sicilia si erano 1na11ifestate nei voti e nelle proteste di alcuni preti e laici, a volte ti1niclan1ente, a volte in n1odo eclatante co111e nel dibattito che seguì la rivolta di Milazzo, i quali chiedevano apertura e niissionarietà nella vita pastorale e nuovo spirito nei rapporti ecclesiali, rottura dcl collateralismo politico e dell'unità politica dci cattolici, autonon1ia dci laici in can1po sociale e politico, fine della dernonizzazione e attenzione religiosa verso i con1unisti e le loro rivendicazioni sociali. Se non c'erano 111oltc novità nel panoran1a dcl clero siciliano, certa111ente c'erano attese che solo ne[ concilio poterono trovare una qualche risposta.
Synaxis XV /2 (I 997) 433-477
SOCIETÀ E CAPPUCCINI IN SICILIA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
SALVATORE VACCA'
li presente studio, recuperando la memoria di un frammento storico dell'incontro dei cappuccini siciliani con la vita del popolo della loro regione natale, tenta di comprendere non solo il carattere della cultura siciliana, 1na anche se, co1ne e quando i frati hanno interpretato e critica1nente assunto la storia, cioè la società di Sicilia nelle sue appartenenze sociali, nella sua presa di coscienza degli accadi1nenti storici, nella sua reale vicenda di ogni giorno, tessuta e fecondata di ideali, di sentimenti e di profonde motivazioni, con l'intento implicito ed esplicito di orientarne e promuoverne il corso degli eventi. Più chiaramente si vuole vedere se e come i frati, scegliendo di stare dentro la storia, inserendosi nel tessuto sociale, hanno adattato i principi del cristianesin10 alle necessità del n1011do attuale; se, co1ne e quando, interpretandone le istanze e i fermenti politici, sociali, culturali e religiosi, occupandosi o preoccupandosi dell'uomo, hanno risposto alle sue provocazioni e alle sue do111ande, facendosi carico delle sue attese e dei suoi bisogni; infine, se, nel confronto con il "secolo", la loro spiritualità si è responsabiln1ente incarnata, oppure se è stata occasione per rin1uovere i problen1i reali suscitati dal rappo1to tra la fede e la vita dell'uomo.
,. Professore cli Storia delln Chiesa presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Rorna.
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Salvatore Vacca
Nella sua prima parte, il contributo ha particolarmente utilizzato come fonti per la ricerca le Lettere Pastorali che i Ministri Provinciali dell'Isola (Messina, Palermo e Siracusa) hanno indirizzato ai frati delle loro rispettive Province. Si tratta di una documentazione ufficiale, pensata ed elaborata dai frati per i frati, il cui scopo era di puntualizzare i principi ispirativi e caris111atici dell'Ordine e di richia111are i religiosi a vivere con più slancio ed in1pcgno apostolico la loro vocazione a servizio di Dio e dell'u1nanità bisognosa. Questo materiale, al cli là delle circostanze occasionali e specifiche in cui è stato prodotto, ha un rilevante valore storico ed ecclesiale, in quanto ci fa comprendere, più degli studi di indole specializzata coltivati nei conventi, quanto la vita del popolo sia stata oggetto di riflessione e cli attenzione pastorale per i cappuccini. Rilevando i caratteri salienti, i fatti) le idee e i sentin1enti della 1nentalità di una co1nunità di fede, non solo se ne riflette l'autocoscienza e l'autoco1nprensione, n1a ne rivela anche i rapporti. Di fatto una si111ile produzione non è 111ai stata esa111inata, nel suo con1plesso, nei suoi rapporti con il mondo spirituale, la vita del tempo e le istanze culturali e sociali dell'ambiente cli cui era espressione. Nella seconda parte della ricerca vengono invece interrogati alcuni documenti editi ed inediti, con l'intento di leggere un altro aspetto, forse più esaltante e vivace, della presenza dei cappuccini nel tessuto culturale dell'Isola. Si tratta dell'incontro dci cappuccini siciliani con la società bisognosa locale, verso la quale sen1bra che i frati siano n1eglio riusciti ad esprin1ere la loro partecipazione e coinvolgi111ento, rispetto al contenuto e alle 111odalità di approccio ai con1plessi processi e principi politici, alle teorie sociologiche e all'ortodossia dei loro sisten1i teologici e spirituali. l,a loro testin1onianza della carità, accostandosi e assin1ilandosi alla sensibilità con1une dcll'ani1110 siciliano, riflette le condizioni esistenziali, psicologiche, religiose e sociali del popolo, più che i loro scritti o le loro dichiarazioni. Essa ravvisa real111ente il carattere tipico della fisionomia culturale cli Sicilia. Le fonti esaininate, pur essendo lontane o estranee ai grandi dibattiti e ai più i111portanti avveni111enti che si agitavano negli an1biti
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
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più alti della società e della Chiesa, e pur manifestando una vivace co1nunità il cui il senso religioso era n10\to vivo e 1notivato, rivelano una problematica storica complessa, varia, forse anche contraddittoria.
Lettere pastorali l Provinciali si occupano generalmente della vita interna delle comunità religiose. Il loro intento è quello di richiamare e ricordare ai frati gli obblighi morali e spirituali derivanti dalla professione religiosa. Essi danno il primato assoluto all'osservanza della Regola, delle Costituzioni, delle Ordinazioni dell'Ordine e delle Consuetudini provinciali. La vita con1une 1, l'obbedienza 2 la povertà\ la castità, l'osservanza della disciplina regolare, la vita interiore, il silenzio, la preghiera e i
1 LUIGI DA MELILU, Lettera Pastorale, Melilli 8 sellen1bre 1890, Tip. G. Guzzardi, Vizzini 1890, 5-9. 2 Il Provinciale Lorcn7.0 d<1 Castelbuono dedica al teina dell'obbedicn?:a un'intera Lettera Pastorale, il cui contenuto si dispiega in ventisei pagine. LORENZO DA CASTELBUONO, /,eftera l)astorale ai Frati 1\Iinori (~app11ccini della Provincia di i\Iessina, Messina, lèsta dell'Assunta 1925, on: Tip. f'ratel!i Bruschetta, Messina
1925. J Ne! ! 926, in occasione dcl settiino centenario della n1orte cli san Fr8ncesco d'Assisi, Bernardino da Favaru, Provinciale della Provincia di Palenno, dedica un'intera I.et/era IJastorale (18 pagine) al!'osservanza della povertà, in cui vedeva l'ideale curis1natico elci cappuccini. BERNARDINO DA FAVARA, Let!era Pastorale, Palcnno 17 scttcn1bre 1926, Tipogra!!u Salv. Zrippulla e f'igli, Palcnno 1926. ;\ntonino da Castellan1111nre, circu l'iderilc della povertà, era dello stesso parere. Infatti, scriveva: "La fisionon1ia del francescano è senzu dubbio la povertà evange!icu; la qu<ilc quando è perfetta in tutti i sensi, t'orina l<i fisionon1ia de! Cappuccino [ ... J Ogni ordine religioso ha la sua nota caratteristica, i suoi lìnca1nenti speciali, !a sua fisionon1ia. Ora i linemncnti caratteristici che forn1ano !a lìsionon1i<i de! franccscnno-cappuccino, è lu povertà cli spirito. f'rancescrino-cappuccino vogliono dire poveri di spirito per eccellenza. Gli altri Ordini religiosi ci potranno vincere in altre virtù, in questa no. La povertà è la bandiera, lo stc1nn1a, !<i divisn di Francesco cl' Assisi. Quando gli altri Ordini ci avranno superati nell'osservanza della povertà, allora non saren10 più fr<lncescani, non sarc1no più cappuccini, avren10 perduto la nostra bm1dicra, !<i nostra insegna; e l'Ordine nostro allora diventerà con1c un Ordine religioso qualt1nquc". ANTONINO IJA CASTELLAMMARI;, Instaurare 011111ia in C'hristo!, Lettera Circolare, Pa[ern10, il giorno dell'Assunzione di Ivlaria SS.111a 1911, Scuola Tip. Boccone dcl Povero, Palenno 1911, 7-8.
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l'osservanza riel/e cose ]Jicco/e sono i ten1i particolannente sviluppati nelle loro Lettere Pasrorali. Essi, facendo un discorso prettamente llon1estico, endogan1ico, non vanno, di solito, oltre le 111ura conven1
tuali. I richiami al contesto socio-politico e alla vita quotidiana del popolo sono piuttosto rari. L'inserimento e il coinvolgimento nella vita del popolo è generalmente visto come un intoppo, un ostacolo al ca1111111110 di perfezione: «Ferini vicino alla terra, fenni in n1czzo agli scogli, nulla si pesca, nulla si può pescare [ .. ] Nih;/! Nulla, nulla si piglia attaccati alla terra ed agli scogli! Ma co1ne possian10 restare attaccati alla terra e a tutto quello che i1nporta questa triste parola, quando Dio stesso chian1andoci al chiostro cc ne ordina l'abbandono, dicendoci con1e ad Abran10: Egredere rie terra tua et de daino tua et de cognaNone tua e/ de do1110 .fratris lui et veni in terrcon quan1 111011slravero libi? l .. .] Scoglio è il 111ondo, il quale c'inocula i! suo veleno, senza che noi ce n'accorgessin10» 5 .
Per evitare che il religioso dialogasse con una certa frequenza con il mondo venivano ricordate le parole cli Seneca (Epist. VII, 3) citate nell'lmilatio Christi (Lib. I, cap. 20): Quolies inter hmnines fi1i,
-t È il titolo di una Lettera Pastorale che il Provinciale di Nfcssina, Don1enico da Traina, nel 1937 invia alla Provincia, DOMENICO DA TROJNA, L'Osservanza delle cose piccole. lettera Pastorale a tutti i Religiosi della Provincia, Messina 15 ottobre 1937, Tip. C. Caletta, Nlessina 1937. A proposito, Antonino da Castclla1n111are scriveva ai suoi frati: "non sono le gravi, rna le piccole tr<1sgressioni che rovinano la regolare osservanza. Rovinano la regolare osservanza, perché dalle gravi trasgressioni è l'acile guardarsi; dalle piccole invece non se ne guarda nessuno e se ne co1nn1ettono da tutti, continuainente, ad occhi chiusi e senza nun1ero, peso e 1nisura l... ]. Chi è infedele nelle cose piccole, a poco a poco lo sarà nelle grandi f ... ]. Non basta osservare la regola e le Costituzioni nella loro sostanza, no, no; è l'esattezza, !a punlualitù. l'inappunt<1bilità, una santa scrupolosità anche ncl!c piccole cose, che fOrma !o s1nalto, !o splendore, il ricamo, la freschezza, il profun10, la perfezione c!e!!a regolare osservanza; la quale altrimenti rcsterù in uno stato. vivo sì, nm scheletrico e tisico". ANTONINO DA CASTELLAMMARE, Jns/aurare 011111ia ili (~/iris/o!, cii., 10-12. 5 ANTONINO DA CASTELLAMMARE, Due in al/11111! ... , Lettera Pastorale, Palcnno 2 agosto 191 I, festa della Regina degli Angeli, Scuola Tip. Boccone dc! Povero, Palcrn10 1911, 10.
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minor homo reclii'. Riportando e commentando queste parole, Domenico da Troina (1871-1945) scriveva: «Lo spirito cli fervore faciln1ente si raftì·ec\da se ci tcnian10 tì·equenten1cnte e senza bisogno a contatto col n1ondo. Quohes, dice quel libro d'oro ch'è l'Jn1itazionc di Cristo, infer ho111inesfiti 1ninor reclii. Coine ugua!n1ente pernicioso è per noi il pern1ettere che il n1ondo penetri nei nostri chiostri e nelle celle. E per dirla schietta1nente co111e la sentian10, il nostro guaio più grave oggigiorno sta appunto in questo» 7•
Il frate, secondo le parole evangeliche si vis ]Je1fectus esse, vacfe, vende 01nnia quae habes, si separa, si distacca dal 111ondo per con1inciare a vivere intin1an1entc in unione con Cristo che gli aveva anche proposto veni et sequere 1ne. Il can1111ino vocazionale del si vis perfectus esse, vacle, vende 011111ia quae habes e ciel veni et sequere 111e, riassunto nelle parole di Paolo: ut 1nortui 111u11clo, Dea viva111us, fondava la professione religiosax. Citando Bernardo di Chiaravalle, si affermava che il religioso doveva totalmente dimenticarsi e reputarsi un essere perduto: ob/itus szd, factusque sibi i;Jsi tanqucnn vas ]Jerditz11119 . Di conseguenza il cappuccino era chian1ato a vivere separato dal inondo e unito a Dio 111 , con lo scopo cli rendere a Dio una 1naggiore gloria, cli tencfere ad uno 1naggiore jJe1:f'ezione e santificazione di quella a cui è clestinato ogni
6 AGOSTINO DA tvlESSINA, Lelfer({ Pastorale, Prcnl. Tip. Dell'1\vvc11irc Giusep-
pe Crupi, l'vlessina 1895, 6. «La pietù si custodisce inoltre colla fuga dcl inondo. Oh Padri e frate!!i inici, ricordian1oci di quell<1 n1c1norabile sentenza dcll'"ln1itazionc di Cristo" ''quoties inlcr hon1incs fui, n1inus ho1no rcdii'': io religioso, ritorno n1eno uon10 tulic le volte che sono stnto in 1nc7.zo agli uo1ni11i. Avvicinando il inondo, o lascinndoci avvicinare dal 1nondo, senza accorgercene, al nostro abito snnto insie111e n!ln polvere delle strade s'ntlaccn anche la polvere della 111ondanil<'1>>. ANTONINO DA CASTELLAMMARE, !11sla11rare Oll/11ÌG in C/Jrislo.', cit" I O. 7 DOMl:N!CO DA TROINA, Lei/era Pas/ora!e, ivtessina 20 giugno 1931, Grafiche "La Sicilin", Messina 1931, 11. elci S.
x GAETANO DA CASTl-J.LAMMARE, Lei/era Pastorale, Palermo Cuore di Gesù, 1931, Tipogndia Zappulla, Palcnno !93!, 7. 9 Jbid., 18. Il) lbid.. 8.
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giugno, J'csin
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Cristiano 11 • Proponendo, inoltre, Rom 12,2 e I Gv 2, 15, si racco111andava viva1nentc di fuggire le an1icizie del 111011do e tutto ciò che sapeva di mondano". Bernardino da Licodia (1869-1938) scriveva: «Poiché conoscia1no per trista esperienza che il decadl1nento 111orale e religioso delle nostre Con1unità proviene il più delle volte dalla poca cautela che si ha nel profondersi fuori di chiostro e nel gusto troppo vieto che si prende delle cose de! 1nonclo, uno dei 111ezzi più opportuni a fur rifiorire la virtù nelle Case Religiose è la ritiratezza della vita cd il prudente riserbo nel trattare con i secolari»L'.
Questi, pur non volendo a1111ncttcre o vietare ogni cura o avvicinamento alle cose del 111ondo cd ogni contatto con i secolari, sosteneva: «Se noi quindi ci abbandonere1110 con lroppa fidanza alla vita di fuori, se, adescati dalle vanità e dai piaceri del n1011do, ci lascere1110 avviluppare nelle cure e faccende dci secolari, se troppo vogliosi di partecipare alle loro gioie, ci lascereino trascorrere oltre i tcrn1ini di prudenza, vi perdereino in11nancabiln1ente quel raccogii111ento di spirito e quel riposo clcll'ani1na, che sono indispensabili per tirare innanzi nella nostra vocazione»M.
Raccornandando vivan1ente ai frati "di ritirarsi dalle faccende, dagli intrighi e dalle intin1c attinenze coi secolari" e di n1antenersi particolarmente lontani dalla gente che frequentava le bellole, le piazze e i "ridotti", si ricordava la consueta sentenza popolare: 1Vesciant laici
I I fbfd.. 9. 12 GIUSEPPE ANTONIO DA S. GIOVANNI IN PERSICF:TO. /,e/tera Paslora/e, Rnina 14 luglio 1909, Cooopcn1tiva Tipografica f'v1anuzio, Ron1a 1909, 8. 13 BERNARDINO DA LiCODIA, lettera Circolare. fV1cli!li 20 luglio 1906, Prcnl. Tipografia de! "Tamburo". Sin1cusa 1906, 8. 11 • !bid.. I O.
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quid }Ctciant c!erici, nescianl clerici quic! facianl laici 15 • Solo di quel cappuccino, estraneo alle cose del mondo ed animato dallo spirito di Cristo e di san Francesco, si diceva che era di/ectus Deo et hon1inibus, cuius 1ne111oria in beneclictione es/ 16 . Nelle Lettere Pastorali emerge un'immagine di frate cappuccino talmente perduto in Dio che dimentica i fratelli. Nell'osservanza della Regola, delle Costituzioni e delle Ordinazioni dell'Ordine, si faceva consistere l'essere veri figli di san Francesco e veri cappuccini 17 • I Ministri Provinciali pongono il pri1nato della vita cappuccina più sulla vita interiore, cioè sulla unione con Cristo, e sulla perfezione individuale e personale dci frati che sull'apostolato dell'azione riflesso in modo profetico nella vita del popolo nei suoi molteplici e variegati aspetti. Elaborando e presentando una teologia dcl tcn1pio e per il ten1pio, le loro argon1cntazioni e costruzioni teoretiche, assurgendo a principi n1etafisici, si espri1nono con categorie 1nentali disincarnate, datate, i cui principi si rivelano a volte 111uti e sordi di fronte a!Puo1110 e a tutti i suoi clra111111i. La stessa attività pastorale, pretta111ente sacra1nentale, viene considerata un i111pedin1ento alla vita co1nune. Antonino da CastelJa111n1are, Ian1entando un certo attivis1110 pastorale ncll'in1pcg110 apostolico dei frati, racco111anclava: «Non n1'inganno no, né sento di esagerare quando dico, che un falso zelo ci fa dare alle nostre Chiese una in1portanza quasi di parrocchie e ci in1pone quasi doveri di parroci, o di cappellani curati; quando sian10 se111p!ici cenobiti tenuti solan1cntc per carità all'apostolato delle ani1ne e dopo sodisfatto ai nostri doveri religiosi [ ... ]. Ah! lo deploro a!tan1ente quei Superiori che non sanno far altro che confessare e non si occupano del convento e della con1unità che nei ritagli di tcn1po. Non è dal nun1cro dei
15 GIUSEPPE l\1ARIA DA MOU!Ci\,
pogra!ìa
r.
l.efte1·a Pastorale, Modica 19 luglio 1904, Ti-
Mazza, Modica 1904, 16.
16 BENEDETTO DA PALAZZOLO, Lettera Pastura/e, Palazzolo-1\crcidc del 1900, Tipogrnfia Vincenzo Criscionc, Ragusa lnL !900, 6. 17 GAETANO D1\ CASTELLAMMARE, Lette/'(/ !)astora/e, cil., 9.
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penitenti, che risulta la bontà di un Superiore, 111a dal nun1ero dei sacrifizi sostenuti nel disin1pegno della sua carica: non sono !e assoluzioni, che fonnano il nin1bo e l'aureola su! capo venerando di un Superiore, n1a sono le in1111olazioni, che lo renderanno vittin1a del suo convento. Così prego i Rev.di Padri Lettori a non confessare 111ai nei giorni di scuola;
111ai, ancorché si sentano preparati alle lezioni e non confessino più di due giorni nella setti111ana. Al Maestro dei novizi poi non lo pennetta pili di un giorno solo e se di questo stesso giorno sapesse nobil111ente fan1e un sacrifizio al Signore, oht Con1c lo benedirei!» 1g. L~osservanza
e la conservazione delle antiche Consuetudini erano ritenute la 1nigliore garanzia di stabilità e di santità. Don1enico da 1'roina voleva che non fossero introdotte abitudini nuove sotto l'orpello di "bisogni del tempo"". Ribadiva: Riproviamo tutte quelle novità, che, sotto /'a,spetto di necessità, si sono venute introducenrJo in tnezzo a noi2°. I pochissi111i rifcri111enti espressi nei confronti della società riflettono uno spirito diffidente ed intransigente ed una sensibilità pastorale difensiva e intollerante, ispirata e dettata da un certo paternalis1no. Nel 1879 Luigi da Valledolmo (1818-1900) scriveva: «Il secolo XIX con !e n1oderne sue teorie, coi principì cli un nuovo progresso, ch'è la vera idolatria della ragione, e111ancipata dalla autorità di
Il\ J\NTONINO DA CASTELLA/v1MJ\RE, Jns/o//rore 011111/a in ('hristo!, cit., 19-20. Egli voleva un sacerdote dedito alla preghiera e allo stt1clio e non un sacerdote attivista e funzionario delle cose sacre. Era infr1tti del parere: ''E' un Sacerdote 1nonco, 111uti!ato, quel Sacerdote che tutto il suo apostolato !o fa consistere nel confessionale; è un SaccrcloLe a 111età un Sacerdote, che 11011 predica secondo le sue forze: è un sacerdote a n1ctà un Sacerdote, che non ha le sue Istruzioni e le sue ivleclitnzioni belle e pronte per predicarle al popolo. E tutti i Sacerdoti potrebbero predicare secondo le proprie forze, se tutli ainasscro lo studio. se consacrassero ai libri un poco di quel tempo, che consacrano o a!!'ozio o a letture inutili o ad inutili passale111pi". Jbid, 2223. 1'1 DOMENICO DA TROINA, Lettera Pastorale, Troina 28 agosto 1904, Tipografia di Giaeon10 Pastore. Catania 1904. 16. 20 ID., Lettera Fastora/e, !Vlessina 20 giugno 1931, 18.
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Dio, e dalla Chiesa cattolica, ha lanciato la sfida di una più terribile persecuzione, sebbene incruenta, perciò stesso più torn1entosa ed efferata[ ... ]. I libertini trovassero nel nostro labro la parola di verità, che dà la vita all'intelligenza; trovassero in noi !a lucerna ardente dcll'esen1pio, che loro 1nostri la dritta strada, che le false dottrine di un secolo corrotto gli han fatto sn1arrire, e così potrassi dire di noi, con1e il nostro vivere di religiosi Cappuccini, sia sen1e fecondo di ravvedin1ento e santificazione» 21 .
E111ergc un forte anin10 tradizionalista che, resistendo ad ogni nuova proposta, diffidando della società contetnporanea, espri1nendo e cliffonclenclo un profondo pessimismo apocalittico, legge e definisce i ten1pi con1c l'ora e/ella jJotestà delle tenebre e vede ovunque nere ar]Jie ji1neste 12 • Lo spirito conservatore, rivelandosi antin1odernista, antiliberalc, antisettario, è apertan1ente ed integra!inente più che conservatore: è contro-rivoluzionario, avversario irriducibile del liberalis1110 e del n1odernisn10 religioso e sociale, in cui vede un insidia ed una 1ninaccia per la fede, la negazione del principio di autorità e la pro1110zione ciel sindacalismo. Lottando in difesa del principio dell'autorità e della stessa autorità, la 1nente integralista denuncia una concezione politica del cristiancsi1no che gli sen1bra agli antipodi con la verità espressa dal Vangelo. Di fronte all'azione di un socialis1110 espressa1nente antireligioso ed ispiratore principale di un sindacalis1110 rivoluzionario, si intende 1nettere al pri1no posto il ruolo della Chiesa e dei suoi 1ninistri sulla vita della società. Lo spirito diffidente voleva che i frati si tenessero lontani dai negozj del secolo, dalle pubbliche adunanze, come i pubblici caffè; vietava loro qualsiasi ingerenza politica cd infine esigeva che i sacerdoti frequentassero le chiese e i luoghi ecclesiastici. Il santo ritiro e la ]Jrobità sacerdotale dovevano contraddistinguere la vila dei sacerdoti. Si tratteggiava una figura sacerdotale particolarn1cnte dedita alla cura 1
21 LUIGI DA VALLEDOLMO, Lettera Poslora/e. C:ìibiln1a11na 15 gennaio 1879, Tipografin Solvatare Ciuss!o. Cefr1lù 1879. 5-6. 22
/bùl., 10.
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dell'altare e confinata all'ambito cultuale-spirituale''. Si diceva che il sacerdote cappuccino doveva solo attendere con tutte le sue forze:
a/l'apostolato nobilissimo delle anime predicando, confessando, catechizzancfo, istruendo i fanciul/P·\ 1nentre il fratello laico doveva servire la religione negli uffici bassi di Marta, reputandosi fortunato ne/l'essere reputalo come Felice da Canta/ice e Ili/li gli altri Santi laici e/e/l'Ordine nostro, il gizflnento e/ella co111unità e ciel convento 25 . Dalla rile!tura delle Lei/ere Pastorali emerge un'immagine di cappuccino pili vicina ai 1nonaci che ai tì·ancescani. Si in1pone infatti una forte 1nonasticizzazione della vita cappuccina, dove Francesco non è se1npre il necessario punto di riferin1ento. Si presenta così un'accentuata e deviante in1n1agine dell'Ordine vicina ad uno stile di vita conventuale e n1onastico. I Provinciali citano rara111ente la vita di san rranccsco e il suo 1ncssaggio, e il richian10 alle fonti francescane è sen1prc 111eno presente. Se vi si trova qualche riferi111cnto, questo è niollo generico, in1preciso, e certo non aiuta i frati a conoscere Francesco e il suo spirito, anche perché, in quei pochissin1i casi in cui viene riportata una citazione francescana, questa è sen1pre utilizzata con1e niezzo di convinzione invece che con1e fonte di spiritualità. Tale assenza sorprende non poco, se considerian10 quanto hanno significato per la rifonna cappuccina il richian10 a Francesco) quale suo unico padre e fondatore, e la rilettura che il Poverello di Assisi ha fatto della propria vita nel suo Testamento. La Regola è l'unico testo degli scritti di Francesco ad essere citato. La stessa letteratura spirituale della lunga tradizione francescana e cappuccina è richia1nata pochissin1e volte. 'l't1ttavia i fì·ati, pur citando e conoscendo poco Francesco, i suoi scritti e le fonti riguardanti la sua persona e il suo 111essaggio, attingono lo spirito francescano dalle Costituzioni e dalle Ordinazioni dell'Ordine e dalle Consuetudini di ogni Provincia, cui spesso esplicita111cnte si richia1nano co1ne fonte di spiritualità. Alla carenza delle fonti fì·anccscane fa tut-
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lbid., 9.
2.j ANTONINO DA CASTELLAMMARI·:. 2.'i
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Due ili altum.' .. 'cii., !8.
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tavia riscontro una larga e ricca conoscenza della letteratura spirituale ed agiografica: i santi dell'Ordine vengono spesso ricordati per richia111are i frati alla loro i111itazione e seque\a::i.ri.
L'obbedienza e il ri.1pet/o delle autorità costituite L'obbedienza e il rispetto di ogni autorità sono ritenuti le fondan1enta portanti della convivenza u111ana e della vita ecclesiale. L'obbedienza, in specifico, è interpretata più coine soluzione ai proble1ni della storia e della salvezza che con1e continua ed accurata ricerca della volontà di Dio.
La rinuncia co111pleta della propria volontà è reputata la n1igliore virtù. Si obbedisce e si è fedeli a Dio con l'essere docili al volere dei superiori. L'obbedienza, estesa a tutti e su tutto, è l'unica via attraverso la quale !'uo1110, riscattando la disobbedienza di Ada1no, giunge alla santità della sua origine. Origine di ogni peccato è !)insubordinazione, il sottrarsi alla volontà di Dio 27 • La sotton1issione a detcnninati uo1nini rinnova e arricchisce l'uon10, donandogli la pace e !a certezza di una vita feliccw: «Origine avvelenata di travian1cnti inora!i e sociali è stata scn1pre la propria volontà, principio tècondalore di opere virtuose e sante la sotton1issione. Per essere grandi, bisogna prin1a farci piccoli; ciò si ottiene abbassandosi coll'ubbidienza (Le 18, 14)»' 9 .
Nel 1894 Samuele Nicosia da Chiaramonte Gulfi ( 1842-191 O),
riflettendo sulla vita sociale e politica dei suoi tetnpi, scrive:
2r, Lo stesso silenzio circa [·'rancesco c le fonli frm1ccscane è stato registrato nel!c Lettere C'ircolari elci Ministri Generali Cappuccini (1548-1883). MARIANO D'AL/\TRJ, /, 'i11u11agine di san Francesco nelle Lei/ere Circolari dei Superiori C'app11cci11i (1548-1883). in Co!!ec/anea Fra11cisca11a 52 (!982) 107-1 !5. 27 S/\MUELL:: DA C1-111\RAM0N·11_: CìULFI, Le/fcru /lastora/e, Chiaran1ontc (ìu!fi 18 luglio 1894, Tipi Castello e f'.lli Puglisi, R<lgusa lnf. 1894. 5-6. 28 Jbid., 10. 1 '> Jbid. 12-13.
Salvatore Vacc(l
444
«Lo spirito di indipendenza è penetrato in ogni classe sociale, e con gli scritti, !e parole e i fatti è caldeggiato da tutti coloro che si sono schierati dalla parte del disordine, e che non lasciano nelle loro officine tenebrose di lavorare nuove catene per !'af1litta un1ana fan1iglia; l'autorità è scossa dalle sue fonda1nenta, e perfino si proclan1ano da uon1ini che nel pazzo n1ondo fanno la figura di sapienti l'en1ancipazione della donna e dei figli, la sovranità popolare, la co111unanza dei beni e cento altre utopie degne
del nostro secolo che se1npre più progredisce nei travian1enti del suo ben conosciuto orgoglio. La zizzania gittata dal 11en1ico nel can1po dcl Signore cresce, e già noi vcdian10 !'indocilità dei figli, dei discepoli, dei servi;
i popoli sorgono contro i sovrani c sitibondi di sangue ne fi·eddano con tradi111ento la vita, e gli stessi battezzati, sedotti da gente iniqua, scuotono i! giogo soave della Chiesa, che sola è colonna di verità e di giustizia in 111ezzo agli errori ed alle sregolatezze, che an1111orbano le presenti generazioni. E non vedete, Reverendi Padri e Fratelli? Si vorrebbe in tutto l'anarchia, e da ciò derivano quelle popolari sollevazioni, quegli inconsiderati tun1u!ti, quel!e pazze din1ostrazioni, quelle lotte fratricide, quegli attentati all'altrui proprietà e quello scontento generale che tanto si deplora nel civile consorzio».:i0 .
Le riflessioni di Samuele da Chiaramonte Gulfi nascono e maturano nel contesto dello sviluppo del movimento dei Fasci Siciliani, i cui anni decisivi vanno, appunto dal 1892 al 1894". Le società operaie siciliane costituite da operai, artigiani, zolfatari, contadini, bottegai, insegnanti, niedici e fannacisti, con lo scopo cotnune, alincno . . all'inizio, di 1nantenersi lontani dalle lotte politiche si organ 1zzano, possibihnente, per attuare insietne un progran1n1a di rinnova1nento delle strutture econon1iche e per abrogare alcuni residui di organizzazione feudale (la proprietà terriera è nelle 111ani di pochi proprietari latifondisti e i patti agrari erano al li111ite della tollerabilità: vigevano contratti vera1nente angariatori a vantaggio dei proprietari terrieri). 11
10 -
/hid,
6~7.
-' 1 F. RENDA,
I Fasci Siciliani 1892-189./, Torino 1977.
Società e Coppucch1i in Sicilia tra Ottocento e Novecento
445
feno1neno, di cui i contadini furono l'ele1nento trainante, è nuovo··n. Si tratta di un movimento prodotto dal peggioramento delle condizioni materiali di vita delle popolazioni rurali stremate dalla fame e dalla miseria. L'oggetto della questione sociale riguarda la questione agraria: l'assetto e l'ordinamento della proprietà rurale e dell'agricoltura. Da qui comincia ad imporsi un allentamento dci tradizionali vincoli della gerarchia sociale: indebolire il baronaggio e il suo ruolo dominante nella società siciliana. Il 111ovi1nento portò alla rivolta e all'eccidio (si ricorda l'eccidio di Caltavuturo dcl gennaio 1893)''· I contadini aspiravano alla divisione, alla quotizzazione e alla ripartizione della terra, non tanto di quella incolta delle pubbliche am1ninistrazioni, che or111ai erano poca cosa, quanto dci grossi latifondi baronali-'4 • San1ue!e da Chiaran1onte Gulfì è un frate sacerdote nostalgico dell'ancien régilne, cioè di quella situazione politica in cui, durante il sisteina della Legazia Apostolica, vigeva una profonda alleanza tra trono ed altare. L'unificazione nazionale, creando la rottura di quel lega111e, aveva avviato un periodo inedito di scontri po!etnicì tra Chiesa e Stato. Il 111ondo, in cui vive p. Sa1nuele, segnato da alcuni tratti sociali, politici ed ccono111ici 1no!to con1plessi, attraversa un 1110111ento di transizione e di trasfonnazione: da una società tradizionale legata alla ca111pagna e al feudo si passa ad una nuova società caratterizzata da una certa fonna di industrializzazione e da un vero esodo n1igratorio verso le A111eriche; da una società, strutturata sulla base delle classi nobili dei baroni e dei feudatari latifondisti, a quella in cui e111ergono gli ulti111i, cioè operai, contadini, zolfatari, quali excontadini o sen1ico11tadini~5; si va accentuando un forte contrasto sociale tra i nuovi ricchi,
Jbid., 5-12 . Jbid., 13-23 . .i.i Jbid., 90-101. .1.'i La "Questione siciliann'' - sollcvatn oncora di pili dal n1ovi1nc11to dci Fasci (1892-1894), proinotrice di uno sviluppo cconon1ico, sociale e civile caratterizzata da!l'inlreccio in cui vengono co1npcnctrandosi insieine clcn1cnti di arretratezza e sti1no!i di progresso - aveva trasfonnalo i conladinL i quali da rassegnati, si fanno ribelli .ì2
.li
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Salvatore Vacco
legati al capitalisino agrario, 1ninerario e cittadino, e i nuovi poveri, i ceti lavoratori; dall'antico rcgi1nc confessionale in cui la Chiesa aveva assunto anche un ruolo ege111onc si passa ad una tOnna di stato liberale in cui la religione assurge ad affare privato~ 6 • li can1bia1ncnto sociale si subisce con rnortificazione, e tutto avviene senza la consueta benedizione della Chiesa. Di conseguenza si ha un rigetto della nuova farnia di società che stava en1ergendo, e lo spirito d'intransigenza si fa sentire con forza. Si accentua in an1bito ccclesiologico il sacerdozio gerarchico e il 111inistero sacerdotale: questo viene infatti con1preso co111e un valido ed efficace antidoto ai n1ali del "secolo"·' 7 • Definendo il sacerdote, in continuità con il Concilio Tridentino, cotne vicario di Cristo, i! cui scopo era solo di pron1uovere la gloria di Dio e la salvezza del prossimo, Luigi da Valledolmo racco1nandava ai frati sacerdoti: «Padri e Fratelli dilettissi1ni, ecco ciò, a che con paterno zelo, vi scongiuria1no di cooperarvi, perché un tanto bene si ottenesse niercé i! nostro Sacerdozio, e con 1naggior efficacia nei lc111pi lristissin1i in cui vivian10! Voi non ignorate, con1e un'orgogliosa filosofia, eia circa un secolo, uscita eia! cupo seno dell'inferno, cerca a tutta possa cli sovvertire i! Vangelo, cli e ragionatori: «Quei contadini rnssegnati e ubbidienti di un te1npo, che esplodevano di tanto in tanto in scatti i111provvisi di ribellione, ·'ina assai raramente invocavano o facevano valere i propri diritti", e piutlosto "credevano che il poco che potevano chiedere e sperare lo dovevano atlendere dalla caritù e dalla gencrositù altrui", ora cedono il posto a contadini che invece snnno e dicono, scriveva Colajanni, che quel poco che chiedono è loro dovuto e hanno il diritto di esigerlo". S. F. ROMANO, ''Questione Siciliana" e coscienza culturale della regione 11ell'11/ti1110 ventennio del secolo ,'(J,Y, in Il 1\Jezzogiorno Rassegna della l'ila e dei problemi del Sud 6 Il 011 (1957) 4. 6 -' C. NARO, Considerazioni conclusive, in Giuseppe //111ico kledico e la società sancara!dese de/I 'O!!ocento, Atti del convegno di studio, Caltanissetta 1987, 103-113; Io., Singolarità e rappresentatività di P. C'ioacchino La lo111ia nella Chiesa siciliana de!l 'Ottocenfo, in Giocchino la lamio, 1\ttì dcl convegno cli studi storici tenuto a Canieallì (Agrigento) nei giorni 2-3-4 l"cbbraio 1995, a cura di C. NARO, Studi de! Cenlro '"A. Can1marata'' 17, Caltanissella-Ron1a 1995, 11-31. -' 7 S. VACCA, 5j)i/'if11alifà e azione sociale in Annihale /)i Francia, in Il Vangelo della Carità. Fedeltà al Fondatore e .sfide del presente, Atti dc! 2° convegno di studi in preparazione al centcnnrio di fonclnzione dci Roga7ionisti 1897-1997, 710 diccn1brc 1995, ìvlcssina (Istituto '·Cristo Re"). (Quaderni di "'Studi Rogazionisti", 4), Roma 1997, 51-58.
Società e Coppuccini in Sicilia tro O!focento e Novecento
44 7
depri111erc la Religione, e con ogni Satannico ardi1nento annientare la Chiesa di Gesù Cristo; ed i popoli soverchiati dallo errore, an1ino n1eglio di can1n1inare nelle tenebre e tra le on1bre della n1ortc. In questa ve1iiginosa età, la 1niscredenza par che abbiasi altro pascolo, se non di beste111n1iare Dio, inneggiare satana, chian1arc all'apoteosi il delitto, e perseguitare con tanta violenza !a cattolica Chiesa, che se111bra sbattuta co111e navicella tra i fluttuanti inarosi. In questi ten1pi di accanita lotta, è nostro sacrosanto dovere, Padri e Fratelli in Gesù Cristo, raddoppiare di energia nell'esercizio de! santo nostro 111inistero, affrontare i111pavidi lo errore, e scon1bujarlo; sostenere rassegnati ogni fr1tica, ad ese111pio del grande Apostolo [ ... ]. Affì·ontimno, senza i1npallidire, la calunnia e la beste111111ia, calpestian10 que!le lusinghiere pron1esse di una libertà, che è licenza, schiavitù, tirannide; non dian10 ad essa il vanto d'ingiuriarci vigliacchi, e poltroni; ne darsi il vanto, Dio ne sperda il vaticinio, di averci conquistati, ed arrollati alle sue licenziose bandiere. Nò n1iei carissi111i nel Signore, esercitia1110 il nostro santo Apostolato, ad in1itazione dei nostri 111aggiori, e virtuosi con1n1i!itoni del Serafico Patriarca. Mostrian10 al n1ondo !a potenza divina dc! Sacerdozio cattolico, e che i Frati, colla grazia di loro vocazione non sono !'avanzo greti-esco della plebe; non la gente ignorante; che i Chiostri non erano l'asilo dell'ozio e della inollezza: 111a che sotto le ruvide nostre !ane vi stanno cuori generosi, ani111i tetragoni nell'esercizio delle più austere virtù, intelligenze ricoln1e di verità divine, nienti ricche
8
dovizia di ogni scibile un1ano. Si fu perciò che sian10 di-
venuti l'odio dei figli di satana, e ciò che pili abbon1ina la consorteria liberalesca. Dian10 però, colla inesorabile logica dci fatti, solenne sn1cntita ad un secolo detrattore delle nostre sante istituzioni, col vederci assidui nell'operare i! bene, nel
pron1uovere la gloria di
Dio benedetto,
nel!'in1pegnarci a far conoscere ed an1are il nostro Salvatore Gesù Cristo, e ciò colla energia del!a santa parola, del buon csen1pio, essendo questo i I n1ezzo più energico a fiff tacere le lingue n1ordaci contro di noi, giusta lo inscgnan1ento del Principe degli Apostoli. s;c est vofuntas De; ut benr;;/ècù:tntes obn1111escere Jac;ar;s hnpudenti11111 ho111in1!!11 1/;noranth1111. Via
dunque eia noi quel pestifero errore, che per essere dispersi, par che altro non siasi rin1asto a con1piere, che di celebrar la santa !\!fessa, e poi nulla curare, lo adcn1pin1ento degli obblighi che ci assistono, e con1e Religiosi,
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e con1e Sacerdoti Cappuccini. Chi abbraccerà un tal siste111a di vita, inetterà in pericolo la sua eterna
salute[»·'·~.
Manifestandosi estranei e lontani dalla pos1z1onc assunta dal 1novi111ento degli operai e dei contadini, i Provinciali non accennano al 1nalcontento e alla 111iseria in cui generaln1ente versava il popolo. Denunciando le idee di coloro i quali osteggiavano il tradizionale quadro politico e sociale e la di1ninuzionc ciel rispetto verso l'autorità, vi scorgono un pericolo contro la pubblica tranquillità e la distruzione dell'u1nana società. Gesù Cristo, quale modello esemplare di perfetta obbedienza al
Padre, è proposto e additato co111e unico restauratore capace di porre un argine potente ai mali causati dall'abuso del libero arbitrio. La dottrina evangelica era proposta co1ne fonda1nento di ogni sapienza 1110rale e sociale, garanzia e salvaguardia dell'ordine tra gli individui, tra le fa111iglic e i diversi ceti sociali 3'i. San1uelc da Chiara1nontc Gu!fi sosteneva: <d pretesi filosofi che insegnano diversa1nentc, n1entiscono e recano desolazione e 11101ie. Un ba111bino che non volesse ubbidire alla niadre sua che, non curando disagi e dolori, è tutta sollecita a procurarne i! n1aggior bene, non
rovinerebbe sé stesso?
Da questo passando al
servo,
all'operaio, al discepolo, alla fa111iglia, ai popoli che non volessero autorità, possimn dire con ce1iezza che sarebbero nen1ici della propria esistenza, perché è l'autorità che nell'universale sbrigan1ento delle passioni un1ane li difende, li protegge, !i affratella. Un popolo senza autorità sarebbe un popolo senza Dio, da cui ogni potestà discende; e un popolo senza Dio sarebbe una anon1a!ia nell'un1anità che se111pre è stata credente in un Supren10 Principio. L'ateisn10 e l'anarchia son condannati dal buon senso, dalla filosofia, dalla storia e dal consenso unani111e di tutte le genti» 40 •
·'x LUIGI DA VALLEDOLMO, l.e/lera Pastorale, Gìbilinanna 15 gennaio 1879. 7-
8. 1'J
SAMUELE DA Cr-llARAMONTE GULFI, Lettera I' osi orale, cit., 7-8.
clll
Jbid, 9.
,)'ocietà e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
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Il fì·ate cappuccino era stato dunque chia1nato a dare esen1pio e testi111onianza di obbedienza. Egli aveva intàtti pro1nesso di vivere nell'obbedienza e non di diventare lettore, predicatore, prelato, sacerdote'11. La volontà dei superiori è scn1pre la sua regola di vitff12 : sarebbe stato misero quel 1·eligioso che avesse osato opporre la sua volontà a quella del suo superiore, quel frate, cioè, che vuol vivere senza alcuna cfi]Jenclenza, e che solo si sotlol!1ette in ciò che è cli suo gusto, o quando si adatta il Prelato alla sua volontà!'"' Si diceva che la parola del superiore doveva essere oggetto di riflessione per tutti.+~, poiché essa non era parola di uon10, 1na parola di Dio: Cristo e san Francesco parlavano attraverso la sua bocca. li volere del superiore era identificato con quello di Dio e la docilità nell'ascoltare la sua voce è argomento e garanzia per appartenere a Dio. In definitiva, si diceva che questi sarebbe stato il rappresentante di Dio stesso"'. Al clero secolare e agli Ordini religiosi, in una società in cui non erano pochi i nen1ici dell'autorità, era affidato il co111pito e la n1issionc di inculcare a tutti, con la parola, con !'ese1npio della vera e pronta obbedienza e con l'apostolato della preghiera, la sotto1nissione ad ogni autorità ecclesiastica o secolare. Giuseppe Maria da Modica ( 1851-1932), interpretando i suoi ten1pi co111c ten1pi di rivolta e di son1n1ossa popolare, vedeva nella "rivoluzione" un idolo ed un'ulteriore causa di quel travia111ento sociale che spezzava i legan1i della fratellanza 46 • Racco1nandando vivamente di obbedire alle leggi cd alle potestà costituite, poiché ogni Sovrano è stato dato da Dio 47 , scriveva:
·Il
fbfd., 5, 12 .
.+ 2 Jbid.. 11. ·!.'Le. ·1·1 S1:RAFINO DA SORTINO. Lettera Fasfo!'a!e, Nlodica 15 1narzo 1926, Slab. Tip.
G. Maltese Abclu, Modica 1926, 12. 45 GIUSEPPE DA S. GIOVANNI IN PERSJCETO, leffera Pastorale, cit., 3-6. 46 GIUSEPPE DA MODICA, Lettera Pas!ora/e, tvlodica 19 luglio 1904, cit., 8 . .+ 7 !bùl., I L
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«Ed in vero, l'idolo del senso ferisce il cuore d'una n1og!ie? Essa non starà pili agli ordini del 1narito, 111a l'abbandona per correre in cerca d'avventure scandalose e dissipare il proprio cuore, l'a111or suo, i propri i beni. L'idolo de! senso teriscc quello dello sposo? Egli introduce nella fan1iglia il dubbio, !'angoscia, !a gelosia, la collera, il disordine, abbon1inevo!e vendetta. Ferisce quello dei figli? Dessi disprezzano anzi ten1po
i savii consigli e le riprensioni dolci dei loro parenti per gittarsi in braccio della corruzione senza darsi alcun pensiero dell'avvenire e del disordine che li esaurisce. Ferisce il cuore di tutti? E tutti trovian10 rivoluziona-
ri, scioperanti, ribelli alla forza pubblica e privata, fllle leggi ecclesiastiche e civili, alla natura, alla ragione, a Dio. Non vi pare? Guardian1oci altorno: qui è chi si ribella diretta1nente a l)io, dicendo nel suo cuore: Dio non esiste: Dixil insipiens in corde suo: 1\1011 es/ Deus» 48 . Giuseppe Maria da Modica prende seria posizione contro un certo spirito anticlericale i cui protagonisti, non solo affennavano che Gesù di Nazareth sarebbe stato un 1nito ed un'invenzione dci preti, 1na anche, ribellandosi all'autorità del Roinano Pontefice, ne contestava-
no il primato sostenendo che esso, lungo i secoli, sarebbe stato solo il risultato di un'usurpazione arbitraria e prepotente dei vescovi di Ro111a; ed infine, 1nettcndo in berlina la persona del prete, non lo riconoscevano più come padre dei sofferenti, difensore della giustizia, vindice del diritto, l'uoino cli Dio, il dispensatore dci sacrosanti 111isteri, il legato, il cooperatore c il 1ninistro di Gesù Cristo, 111a piuttosto ladro, "scroccone" e aguzzino 49 . .Esprin1endo un certo conservatorisino sociale, si oppone anche a coloro i quali attentavano all'autorità e alla vita dei Sovrani e delle corti delle Nazioni, proclan1ando i! libera!is1110 assoluto, cioè l'assoluta libe1ià di pensiero, cli scrivere ed operare, sottraendosi a qualsiasi autorità50:
8
lbid.' 8. lbid., 9. s11 L.c.
..J
4<>
Società e C'oppuccini in Sicilia tro Ottocento e Novecento
45 I
«Là finalinente chi non soffi'C che tòsse sopra di sé autorità alcuna, non leggi eterne e di natura, non dritti né doveri, nulla affatto. Onde si fa palese ai popoli non cristiano, né cattolico, né 111usuhnano, né protestante, né pagano, dice bene quindi Guizat, non religione, e perciò stesso grida al popolo e a Dio, /\fon serviall1. Io non servirò» 51 •
La società del tempo è accusata di insubordinazione, disobbedienza e contestazione: «Il socialisn10, l'anarchia, la n1orale indipendente, la pretesa en1ancipazione sono dottrine erronee, dissolutrici d'ogni legan1e do111estico e sociale, e tali che aprono la via ad ogni guasto, ad ogni più turpe delitto, ad ogni tradin1ento» 52 •
L'unico 111odo di an1are la società è obbedire alle leggi e ai sovrani; l'unico niodo di a1nare la legge è d'obbedirla, senza discutere sulla sua nloralità. Non e1ncrge la dottrina della coscienza e del prin1ato della coscienza sulla legge dello Stato, né un discorso profetico di chi, disobbedendo alle leggi dello Stato, ha preferito morire, piuttosto che servire una certa ragion di Stato. C'è una divergenza cli vedute tra i progressisti che si adoperano per un rinnovan1ento sociale e gli integralisti che propongono invece la conservazione dello status quo politico, sociale ccl economico. La nuova sensibilità culturale e sociale va controcorrente rispetto ad una concezione che difende i vecchi schen1i e siste111i e che aveva fissato dogn1atican1entc certe "verità". I difensori di una struttura politica ed ecclesiale -fissa, conservatrice, conforn1ista non ugualitaria e profondan1cnte clericale, perdendo il contatto con il reale e la storia, argon1entano e teorizzano utilizzando assolutizzazioni teologiche. Essi, opponendosi a qualsiasi can1bia111ento, esortavano i diversi ceti sociali a rin1ancre nel proprio ordine e nella propria condizione, per non creare confusione e disordine. Ognuno nel suo ordine si doveva nio-
51
Le.
52 SAMUELE DA Cl-lli\Rt\lvlONTE GULF!,
Lettera Pastora/e, cit.,
13.
Salvatore Vacca
452
strare piena111ente docile ai precetti evangelici e ai consigli dei chierici, e così operando sarebbe stato strumento cli pace e avrebbe esercitato la carità. I conservatori elaborano una teologia raffinata al fine di giustificare la loro teoria in ordine al "catto!icesin10 sociale". Partendo dall'immagine ciel corpo umano si affermava che il corpo sociale conserva la sua arinonia e co1npostezza e ha lunga vita nella 1nisura in cui ogni 111en1bro esercita quella funzione per cui è stato creato 5 -'. Si affern1ava: «Se la testa dà dei buoni ordini, si devono 111uovere e le braccia e !e gan1be, altri111enti a nulla si approda. Sia1110 un corpo che vivrà, e a !ungo, sino a quando ciascuno n1en1bro eserciterà la propria tlinzionc, diversan1entc ne avviene la 11101ie» 5-+.
Le parole dell'apostolo Paolo: Non est [ ... J potcstas nisi a Dco [... ]Qui resisti! po/es/ali, Dei ordina/ioni resisti/ (Rm 13, 1-2) veugo110 assunte con1e fo11da111ento del concetto di obbedienza cristiana. Si diceva:
«Il disubbidiente o non crede a questa verità di fede, ed egli è un incredulo; o vi crede e la nega coi fatti, e allora è un en1pio: e perciò lo stesso apostolo ben a ragione prosegue: Qui autc1n resisfunl, 1j1si sibi llct1n11af io11e111 acq11ir1111t. Il disubbidiente va incontro alla dannazione eterna» 55 . Nell'obbedienza, risuonata nella parola dcl superiore, si vedeva la sorgente della vita e della vita eterna: fuori dell'obbedienza c'era solo rniseria e n1ortc 5r'. Pacifico da Seggiano (1859-1914), Ministro Generale dei Cappuccini, scrivendo ai fì·ati cli Siracusa, perché accogliessero il Co111111is-
5-1 Si~RAFINO D/-\ SORTINO, 5--l
Le!fera Pastorale. cit., 13.
Jbid, 12.
55 GIUSl'.1-'PE ANTONIO D/-\ s. GJOV ANNI IN PERSICF:To,
Lettera Pastorale,
nella so!cnnitù della Circoncisione di N.S.G.C. del 19!0, 23. 5 r, ID., Lettera Pastora/e, Ro1na I 909.,4.
!Vlocl ica.
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
sario Generale, Giuseppe Antonio da San Giovanni 1939), racco1nandava loro:
111
453
Persi ceto (I 869-
«V'inchinate adunque riverenti davanti a Lui e ricevetelo co1ne un inviato dal Ciclo n1andato da Dio per il vostro bene spirituale. Ascoltate perciò la sua parola, seguite i suoi consigli, ubbidite alla sua voce, osservate i suoi con1andi pensando che non ubbidendo a Lui resisterete ad un ordine di Dio e con ciò vi rendereste degni dei più severi gaslighi. On111is a11in10 Potestatibzrs subdita sit .. 11011 est potestas nisi a Deo. Qui resisti! potestati, Dei ordinationi resisti!. Qui a11ten1 resis/1111! 1/Jsi sibi dconnatio11cn1 acquirunl (Rin Xlii, !)»:>1.
Il saper bene co111andare di un superiore e l'obbedienza docile de! suddito erano ritenute le due di1ncnsioni essenziali per condurre al suo buon fine la vita religiosa. li Vangelo, la Regola, le Costituzioni, i Canoni prescritti dalla Chiesa, i co111andi i1nposti dai Superiori Maggiori ispiravano, for111avano e fondavano l'ideale suprcn10 del coniando e dell'obbedienza, il cui scopo tendeva alla santità della vita. Secondo questa prospettiva l'autorità veniva definitn "la più cara paternità e la sudditanza la figliolanza più dolce"". Benedetto da Palazzolo (I 8391905), ispirandosi a questi principi, racco1nandava ai suoi tì·atì: «Dovendo essere questo il subli111c ideale, a! quale dobbian10 co11linuan1ente ispirarci, e questo il fine supren10, al quale è necessario che tendian10, non occorrerà gia111n1ai il triste bisogno di ricorrere a delle nial concepite novità. Sappia1110 bene che ogni novità in 111ateria cli filosofia è sen1pre un errore; giacché i principii profondi di questa scienza delle scienze sono indiscutibili cd eterni: sappian10 altresì che ogni novità in 111ateria di religione è sen1pre eresia, od uno scisn1a; gi8cché è una negazione, od un allontana111cnto dal \!erba Rivelato, Incarnato e Redentore: sappirnno in fine che ogni novità in 1nateria politica è se111pre una rivolu-
-"' 7 PACIFICO DA SEGGIANO,
lettera /los/oro/e, Coopcr<1liv<1 Tipografica f'Vlanu-
zio, Rorna 1909, l 1. 58 l3ENEDETTO DA PALAZZOLO,
/,e/tera Faslora/e_ cil.. 4.
Salvotore Vacca
454
zione; giacché le basi dci diritti e dei doveri reciproci, sui quali poggia qualunque un1a11a società, sono inalterabili e divini» 59 .
Si diceva che il popolo era chian1ato ed obbligato a seguire 1 capi e ad obbedire alle loro disposizioni; non en1erge invece l'idea secondo la quale i detentori ciel potere avrebbero dovuto anche ascoltare ed obbedire al popolo. Nel 1904 Domenico da Traina scriveva: ((I\ inondo, PP. e FF. Dilettissin1i, teatro della pili tracotante superbia, c1 presenta una società di uon1ini caparbj, intolleranti di freno, ribelli ad ogni autorità. Ovunque volgia1110 lo sguardo sulle 111asse degli uon1ini, altro non iscorgia1110 che un din1cnarsi continuo per iscuotere i I giogo della dipendenza, spezzare il freno dell'autorità. E già il lìglio è ribelle ai suoi genitori, i servi si rivoltano contro i padroni, i sudditi fan guerra al Sovrano, le creature lottano, da insensate, contro i! Creatore» 01 .
È un'esigenza della società u111ana obbedire e la pace consiste nell'ordinata concordia dei 111en1bri nel con1andare ed obbedire. L'obbedienza è ritenuta la virtù radicale e fontale, n1adre e custode di tutte le virtù, mentre non viene seguita quella via dell'obbedienza che, ponendo le coscienze sotto il giudizio di Dio, sostiene che il patto tra la coscienza e Dio resta sc111prc sotto l'on1bra dello Spirito santo. Si insiste 1nolto su un'obbedienza con1c accettazione degli articoli di fede autoritativa111ente interpretati sotto una disciplina 111orale. Si vuole che il frate, il fedele laico come il cittadino sia obbediente, figlio esemplare della Chiesa.
La povertà
11 priino ccl anche l'unico Provinciale che, durante tutto questo periodo, affronta csplicita1ncntc, e a lungo, un discorso sulla vita poli-
:;9
! .. c.
<io DOMENICO DA TROINA.
Lei/era Pastora/e. Troina 28 agosto 1904, 8.
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
455
tica, sociale ed cconorntca del popolo, piuttosto che su quella dei frati è Giuseppe Maria da Modica. Questi, pur sviluppando tale argomento, espri111e uno spirito prettan1ente apo!ogeticor' 1.
r,iPer un quadro co1nplessivo della storia della Chiesa e della società siciliana nelle diverse espressioni politiche, sociali, economiche cd ecclesiali entro il quale si 1nuove questa ricerca rinvio agli studi che costituiscono i due volun1i La Chiesa di 5,'icilia dal Vaticano I al Valicano 11, a cura cli F. Flores D'Arcais, Sciascia, Caltanisscita-Roma 19911. Sul problcnia della povertà dell'isola rirnando a r. RL'NIJA, JJroji'lo storico: Chiesa e società in Sicilia dall'Unilù al Concilio Vaticano Il, in La Cl1iesa di Sicilia dal Vaticano J o! Vaticano Il, cit., I 1-68: ID.,// prohle111a dello povertà in Sicilia nel 'Ottocento, in /,'eredità spirituale e sociale di Giacomo C11s111ano, Atti del 3° convegno di studi Cus111a11iani (Palenno, 17-20 nove1nbre l 988), a cura di G. Civiletlo - M.T. Falzone, R01na 1990, 43-74; A. SINDONI,// 111ovi111ento cattolico socla/e dal Concllio Vatlcano I o/ Vaticano li, in La Chiesu di Sicilia dal /7 afica110 I al Vaticano Il, cii., JJ, 731~8 IO; ID., Annibale 1\,faria di F!'oncia e la Sicilia del .1·110 tempo: problemi sociali e 111ode!!i di sa11lità, in Annibale 1\,faria Di Francio, a cura cli P. l~orzon1ati, Crdta11issetla-Ro1na 1993, 53-79: G. ZITO, Clero e religiosi nel/ 'evo/11zio11e de!!a società .1·fcilia11a, in La Chiesa di Sicilia do! Vaticano I al /laficano Il, cil., I, 313-343; ID., Stol'ia religiosa de!!a chiesa di Sicilia, in Ricel'ca storica e Chiesa !ocule in Italia. Ris11//uli e prospettive, Alli dcl JX convegno cli Studio
del l'Associazione Italiana dei Professori di Storit1 della Chiesa. Grado, 9-13 scttc111bre 1991, Ro1na 1955, 398-400; S. TRAMON"llN, /,a situazione religiosa e sociale in S'icilio negli 11!ti111i decenni del! 'Otlocento dai doc11111enli del! 'Opera dei Congressi, in /,'eredità spiri/110/e e socìale di G'iaco1110 C11s111ano, cit.. 149-172: F. BRANCATO, Società e poveri nella ._)'ici!ia del! 'Ottocento e l'opera di Giacon10 C11s111ano, in// Beato Giacomo C11s111a110 nel 150° dello nascita, Aili dcl Il convegno
di studi Cus111ania11i, Palcnno, 19-21 noven1hre I 894, Palenno 1985, 33-78; C. SEML"J~ARO, Pove!'tà e carità cristiana nel! 'Italia del/ 'Ot!oce11to. Appunti pe!' una essenziale individuazione di jònti e di analisi del proble111a, ihid.. 121-! 39: 1\. MONTICONE, 1\Io11do dei poveri e C'hiesa al te111po di A1111ibale 1\laria L)i /<rancia. Prob/e111i storici e pros;Jeftive di ricerca, ibid., 9-26: IV!. SPEDICATO, A1111ibole i\laria Di Francia e il suo tempo, in //1111iba!e i\I. l)i fì·ancia, cii., 35-56. ln incrilo al conte~
sto storico-ecclesiale del territorio nisseno tra le due guerre rin1a11do poi a C.
N1\RO,
La Chiesa di ('altanissella Ira le due g11e!'re. l: Ideale sacerdotale e prassi pastoJ"a/e; 2: I caf!o!ici nella società: la politico, !'eco110111ia e la cultura; 3: Educazione a!!ajède e vita nello S'pirito, Caltanissctta-Ro1nt1 1991; lo., 1\Io111enli ejig11rc de!!a c:hieso nissena de//'O!!o e 1\lovece11!0, Caltanissella 1989; A. GAM13ASIN, Heligiosa 1nag111jìcen::a e plebi in Sicilia nel ,Y/,Y secolo, !~dizioni cli Storia e Letteratura, Ro1na 1979; per Palcnno F.fvl. STABJLF:, Il clero pa/en11ito110 nel pri1110 decennio del/ 'L!nità d'Italia (1860-1870), lstituto Superiore di Scienze Religiose, 2 voll., Pa!cnno ! 978; per Catania G. ZITO, /,a cura pastorale a Catania negli anni dell'episcopato D11s111et (!867-1894), Galatea, Acireale 1987 e gli st\ldi di A. LONGH!TANO sulle visite ad /i111ina dei vescovi catanesi.
Salvotore Vacca
456
La "Questione socia!e"62 , che orn1ai da alcuni decenni era un argo111ento 111olto vivo e dibattuto nei congressi politici, socinli cd cco-
non1ici e nella letteratura giornalistica e scientifica, nel 1904 viene sti1nata da Giuseppe Maria da Modica co111c un evento rivoluzionario, un ele111ento perturbatore di instabilità politica e sociale, capace di
n1etterc in soggezione Principi e popoli 6-'. Questa - sosteneva il Padre Provinciale - convincendo il popolo di alcuni suoi diritti n1isconosciuti e calpestati, 1nelte sossOJJra il 111onllo, tocca e riscuote i cardini della 1nora/er>-1.
Attribuendo alla Questione sociale un'origine e un carattere spirituale) il p. Provinciale sosteneva che essa co111pro1netteva la 111orale e i costu111i, in quanto, riflettendosi nella vita del popolo) diveniva la causa di tante questioni politiche e sociali si da creare forti tensioni tra padroni e sudditi, tra ricchi e poveri, tra grandi e piccolii tra dotti ccl ignoranti 65 . Giuseppe Maria la111entava che il popolo, colpito da un n1alessere spirituale, cercasse i suoi rin1edi salutari non più nella Chiesa Cattolica e nei suoi sacerdoti, n1a nelle leggi, nelle dichiarazioni parlan1entari e nei centri di cultura, quali le sale dei licei e le universitàùr'. J_,a società era ritenuta con1c una grande infenna che, avvolta nelle tenebre dell'ateis1110, si dibatteva in uno stato con1passionevole e tnisercvole67. Scorgendo nella proprietà e nella cupidigia del denaro, nella licenza e nel libertinaggio elevato a sistc1na cd infine nella ribellione alle autorità costituite, i tre gravi e grandi n1ali che affliggevano e travagliavano l'un1ana socie1à 6N, il Provinciale, confidando in una risurrezione n1orale della socie1à 6'1, proponeva i cappuccini, quali uo111ini che
r,l C. NARO, L)i::ionario biogrqfico del 111ovi111e11to cattolico nisseno, Cnlla-
nisse!La I 986: ID .. Il 111ovi111e11/o cattolico 11el/ 'area agrigentina-nissena
(I 8 70-
1925), San Cataldo !986. 6·'Cì1USEl'PE fVlARl1\ DA ivlooicA. Letfe/"a Pastorale, tvlodica 19 luglio 1901L ti.
!hid., 14. !bid., 4-5. r,r, Le. 67 !bid., 9. 68 Jbid., 5, 9. 69 /bid., 15. (i~
(>S
Società e Cappuccini in Sicilia tro Ottocento e Novecento
457
professavano povertà, castità e obbedienza, con1e società alternativa e proposta esistenziale per gli operai, i contadini, i ricchi e i poveri, co111e sfida al!' ego isino sconjìna!o ciel/a classe aristocratica e alle ./Ollie senza nzonero clei ]Jroletari 70 , ed infine co1nc stiino[o e luce per-
ché tutti, ricchi e poveri, illuminati dalla vita dei cappuccini, potessero scoprire e con1prendere i rispettivi diritti e doveri 71 . Egli scriveva: «Infatti è nei tre voti solenni, c111essi clall'u1nile frate, che il ricco intende quanto sia vano il vanto delle terrene dovizie, e i! povero legge l'an1ore alla sua condizione. li pri1110 i111para il quod superesl da/e pa11per;/n1s; e il secondo, il Beali pauperes spiritu; quindi il capitale scende sul lavoro, con1e rugiada che tèconda il terreno sociale, e il lavoro ger111og!ia rigoglioso ncl!c n1ille opere de!!' industria e dcl con1n1crcio. Il ricco attinge !a ragione di stringere la callosa 111ano dell'operaio, questi rivela il suo dovere di stare un1ile e deinesso innanzi al ricco, ed entra111bi si danno scan1bicvoli lezioni di sprecare 111eno in vizi, in crapule, in libertinaggi nei travia111e11ti del senso))n.
Giuseppe Maria eia Modica insiste: «Chian1ando l'attenzione de! ricco egoista e dell'operaio ribelle, che ebbri della stessa cupidigia, si rin1proverano rcciprocan1ente d'essere senza cuore alla considerazione del!'u111ile frate Cappuccino nell'atto che osserva i suoi tre voti solenni»n.
Al frate cappuccino çhe ha sposato la povertà dcl Poverello
cl' Assisi,
711
I bid.. 5, 11-12. 14. !bid. ! 5. n lbid. 14. 7 ·' lhid. 12. 71
Salvatore Vacca
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«l poveri gli stanno attorno con1e a loro padre a1natissin10, ed egli non rifiuta quale 1ncrce di schit-0, 111a li accoglie, li abbraccia, li carezza, li nutrisce, li santifica» 7 ~.
Il cappuccino, con il suo u1nile saio, tcsti111onia quanto sia vana la 1noda e superfluo il lusso 75; adorno delle virtù delle vergini, egli si occupa della speranza dci beni futuri 76 : «Egli è ritroso ai sollazzi del secolo, an1a 1neglio fuggire, nascondersi, rincattucciarsi in qualche m1golo della sua cella perorare, che di lasciarsi appannare dagli aliti pestilenziali del 111ondo [ .. ]si stringe ai lon1bi il cilizio, si s111ugnc in veglie ed in vigilie, si disciplina a sangue, s'afnige del continuo in opere di penitenzs» 77 . Giuseppe Maria da Modica, argornentando sulla povertà, cerca di riportare sulla retta via Puoino bra1noso di ricchezze. Ai poveri che parlavano di un'equa distribuzione della terra, rivendicandone una conveniente porzione per le fan1iglie bisognose e che in questa ripartizione facevano consistere l'ideale della vera e reale fratellanza ed uguaglianza, egli si rivolge con le parole: Beafus vir qui non SJJeravif in pecunia et thesauris e più esplicitamente con quelle parole di Cristo: Tlàe vobis llivitibus 7·\ R_ichian1a inoltre l'autorevolezza e il contenuto della predicazione evangelica del parroco, dcl n1issionario e de! vescovo. Essi raccon1andavano infatti di cercare le cose del cielo e non quelle della terra, il regno di Dio e la sua giustizia 79 • Giuseppe Maria continua: «Coloro che vogliono essere ricchi sono totaln1ente esposti alla tentazione dcl diavolo e cadono nei suoi lacci. lJna folla di desideri perniciosi li
7.1
75
Le.
lbid., 13. 7ri lbid. 12. 77 lbid, 13. 78 lbid' 6. 79 lbid.. ! I.
Società e Coppuccini in Sicilio tro Ottocento e Novecento
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so1n1nergc, !i trae a n1orte e li getta nella perdizione[ ... ]. Beato è invece colui che non aspira a ricchezze [ .. ]perché di lui è il regno dei cieli)) 80 .
A coloro i quali, correndo dietro ad ogni pron1essa di ricchezza non curanti della delicatezza dci costu1ni e della stessa giustizia, pro-
clamavano il diritto di proprietà, il p. Provinciale ribadisce che !'ingiusto guadagno e l'appropriazione della roba altrui erano diventate norn1ali regole di vita. La ricchezza e il denaro, assurgendo ad idoli .universali dell'uo1no, sono causa cli divisione, cli dissidio e di ini111icizia nella fan1iglia, nella società e nei rapporti tra il ricco e il povero 81 • Parlando de!l'uo1110 assetato di tesori, egli scriveva: «È egli speculatore? Adesca i capitalisti con pron1essc iperboliche, egli giuoca sopra false notizie il suo denaro e segnatan1entc il denaro altrui. E' egli capitalista? Sfrutta il bisogno, e do111anda per le sue anticipazioni un interesse usuraio. - È egli industriale? v'assegna la parte del leone nei beneficii che deve agli sforzi dei lavoratori, e non !ascia sfuggire che i! 1neno che può per rin1unerare le loro fatiche. - È egli co1n1nerciante? Egli s'industria ad alterare il peso e la tnisura e la qualità delle 111erci che cede.
- È egli operaio, contadino? Eg!i grida con 111eraviglia n1assi1ne sovertitrici, propositi n1inacciosi, dei quali non con1prende tutto il grave e bruttissin10 significato 82 ".
In un arnbiente in cui vi era una stridente contraddizione tra chi soffriva la fan1e e chi disponeva di grandi ricchezzc 8 \ l'ele111osina e la rassegnazione erano caldan1ente raccon1andate con1e vie privilegiate per raggiungere la pacificazione e la tranquillità pubblica.
Nel programma di una giusta ed equa divisione dei beni della terra, portata avanti e vivan1ente sostenuta dai contadini e dai poveri, p.
80
Le.
81
Jbid. 6-7.
82
Le.
r.
BRJ\NCJ\lO, ;..:oeietà e poveri nella Sicilia .... cii" 33-78~ lo .. [)a/ rf(or111iassolutistico al cattolicesi1110 sociale, Il: !Iloti popolari, Stato 1111iturio e vita della C'hieso in Sicilia. Ro111a 1984. K-1
S/l/O
Salvotore Vocca
460
Giuseppe Maria vedeva l'annuncio di un i111111ediato sfacelo della società. Ergendosi a saggio, dice ai contadini 8-+: «Cari a111ici, attuata questa grande divisione dei beni, con1e potrete voi contadini esercitarli convenientcn1ente e trarne profitto? Vorreste voi forse che tutti diventassero contadini e lavon1ssero con1e voi la terra? Voi co111prcndete bene che ciò sarebbe assolutainente i111possibi!e, voi avete biso-
gno dcl fabbro, del falegnan1c, dcl fabbricatore di panni e di stoffe, del s;:irto, dc! 111aestro che istruisca i vostri figli, del 1neclico che vi curi infen11i, de! fannacista che vi fornisca !e n1cdicine, dell'ingegnere, dei giudici che 111antengano l'ordine e difendano i vostri diritti, quindi !a logica vuole di non potere venire a capo dell'assoluta divisione in parti uguali delle terre»N5.
Si racco1nandava generahncnte ai poveri e agli operai la rassegnazione, 1nentre ai ricchi e ai capitalisti ['e[en1osina. Gli argon1enti con cui si tenta di convincere i contadini a rin1a11ere al loro posto e a rassegnarsi a vivere secondo il loro stato di vita, sono portati avanti secondo la seguente logica: «Pratelli, dato che ciascun individuo, ciascuna fan1iglia abbia la sua porzione, che cosa ne accade? Se !'individuo e la fainiglia fugge la fatica, poltrisce nell'ozio, e lascia inselvatichire le sue terre: se per igno1:anza le lavora n1ale o non raccoglie, o raccoglie poco, o !ascia andare a 111a[c la sua 1nerce: se l'individuo dissipatore consuina nel giuoco e nella bettola, nei luoghi di disordine il tì·utto dei suoi sudori: se sfortunato padre, percosso da infern1ità cade in povertà è costretto a vendere i suoi terreni per ca111pare la vita; dite, che avverrà della partizione delle terre e della eguaglianza con essa partizione stabilita? In dieci anni, e dician1 111olto, vedren10 inevitabi!tnente ridursi in poche 111ani quelle terre ch'erano state distribuite secondo i! nu1nero e il bisogno degli individui e delle tàn1ig!ie, eccovi subito l'agiatezza e la ricchezza da una parte, la povertà e la
.s.+ GIUSEPPE MARIA UA f\1IOD!CA, lettera Pastora/e. cit.. I 0.
N5 Le.
S'oc;età e Cappuccin; in. Sicilia tra Ottocento e Novecento
46 I
111iscria dall'altra. Quindi la vostra teoria è falsità, utopia, errore. Volete intanto 111cno triste la vostra posizione sociale? Spricate 111eno, seguita a dire la scuola den1ocratica, in vizi, in crapule, in !ibertinaggi cd in altro. Volete che n1eno soprusi e più affetti vi vengano prodigati dai doviziosi, lasciate la bon1ba, i! pugnale, la rivoltella, segni tutti di disordine e di ribellione, e tornate loro, coine una volta, uinili e dc1nessi>>"~('.
Ritenendo il piacere con1e un altro idolo della società corrotta 87 , Giuseppe Maria da Modica sostiene che la licenza in fatto di costumi priva l'uo1no della roba, della salute e de!!'onore~ 8 • Giuseppe Maria da Modica evidenzia: «Si predica dalle cattedre il più grossolano n1aterialis1no, s'in1brattano d'ogni pili lurido sudiciu1ne ron1anzi e giornali, s'espongono in pubblica 1nostra le più vituperose tOtografic, si partono in trionfo le proprie nudità ai teatri, ai balli, si n101tiplicano senza lin1ite !e case di peccato, si vive nel fango, e vi si diguazza per entro[ ... ]. Dovunque infìnc signoreggiano cn1ozioni di an1ori facili e disonesti, rivelazioni odiose d'allrattive che il pudore dovrebbe coprire d'un velo i111pcnetrabilc, spettacoli n1alsani che otTendono pubblicainente la fede e i costu111i» 89 •
Bisogna anche riconoscere che la stessa riflessione culturale, l'attività teoretica della seconda metà dell'Ottocento e dei primi decenni dcl Novecento siciliano, hanno conosciuto un 1non1ento di arresto rispetto al processo culturale europeo e delle altre regioni d'Italia che avevano accolto e rielaborato i principi della rivoluzione ron1antica fondati sulla scoperta della storia, sul diritto delle nazioni, sulla spiritualità cristiana, sul concetto organico della libertà'm, al punto che Giovanni Gentile parla, forse con una certa esagerazione, del /ra1J1011to
6 H H7
88 89 'Jll
Jbid., fhid.. lbid., lbid.,
10-1 J. 7. 11.
7.
G. GENTILE,// tra111011to della c11/t11ra siciliana, Firenze 1963 2 , 81.
Salvatore Vacca
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della cultura siciliana91 • Gli intellettuali, quale coscienza critica della società siciliana, amarono l'erudizione per l'erudizione: sostenitori accaniti della sicilianità, non avendo accettato l'unificazione nazionale e rifiutato l'ordine nuovo delle cose, si ritirarono studiando i costumi e le tradizioni del popolo siciliano 92 • Si danno alla pura erudizione e non si occupano dei grandi temi esistenziali dell'uomo, né di questioni delicate come quelle relative alla storia politica, sociale cd economica. La loro produzione letteraria, occupandosi in gran parte di una erudizione locale, regionale"\ che si espresse in studi di demopsicologia9·', non creò né sollevò problemi. Nelle stesse Università dell'lsola (Catania, Messina e Palenno) si insisteva in varia 1nisura sulla trattazione di 111aterie letterarie, storiche, de1nopsico!ogiche, scientifiche, di carattere prevalente111ente rcgionale 95 . Dio e l'ani111a ri111angono puri 110111i nella riflessione culturalc 9< per la quale i valori metafisici e la filosofia dello spirito non sono pili oggetto di ritlessione97 . Lo stesso positivisn10 trovò pochi aderenti 9\ né l'ispirazione spirituale e cristiana della filosofia e della cultura non era or111ai sentita, né accettata. La religione era considerata non solo co1ne una "sovrastruttura", 111a anche co111c 111ezzo per coprire sostanzial111ente l'oppressivo e oscurantista regin1c borbonico. Non si creano general111ente nuovi pensieri 99 , scrive Giovanni Gentile: E jJoiché 1
,
niente, che abbia }JZtro valore SJ-Jirituale,
JJUÒ
essere altro che un ]Jro-
dotto di vana e sconnessa i111magi11azio11e, tutta la filosofia [ ... ] ridu-
'>I 92
Le. S. F.
ROMANO,
op. cii., 4-6.
9 -'
(ì. GENTILE, op. cii., 84. 94 Jbid.. 147. 95 F. DE STEFANO - F. L. Oouo, L.u c11fr11ra in Sicilia nel pri1110 ci1u111{111tennio dell'Unità d'Italia, in La Sicilia e l'Unità d'Italia. Atti del Congresso Internazionale di Studi Storici sul Risorgi1nenlo ilalinno (Palern10. 15-20 aprile !961), ivlilano
1962, 303. <Jr, G.
GEN"JJLE, op. cii., lzl8. 97 [~. DE STEFANO - f.. L. ODDO, 98
99
!bid., 306. G. CìENTJLE, op. ci!., 147.
O/>. cii., 305.
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
463
cesia una ghigliottina di tutte le filosofie'""· Bisogna tuttavia riconoscere che non 111ancò una certa vivacità e un certo 1novi111ento ideologico: non vi fu solo tran1011to e crisi, né va pertanto disatteso il fenomeno delle idee o cli imprecisi orientamenti politico-sociali che hanno animato le menti dei dirigenti dei Fasci siciliani, né può essere trascurato l'apporto di alcuni uo1nini di cultura, quali: Francesco Ferrara, En1crico A111ari e Vito cl'Ondes Reggio, Benedetto Castiglia cd alcuni loro an1ici. Costoro, che costituivano Pala sinistra del liberalisn10 isolano, vedevano nell'econon1ia l'educazione alla libertà, nel progresso il potenzia1nento della persona u1nana, il rafforzamento della Ìlducia dell'uomo in se stesso e nella sua autono1nia rispetto alla "natura". Essi, quali c!ottrinari della Sicilia, recla111avano inoltre uno Statuto fondato sulla sovranità popolare e sul suffragio esteso ai cittadini 1111 , Tra gli intellettuali, solo i letterati, in particolare i poeti, (Capuana, Salomone Marino, Colajanni, Rapisarcli, Verga, De Roberto, Pirandello, Martog!io, Alessio Di Giovanni)i 0 2, sono stati i prin1i a interpretare ed a cogliere i segni, i fer111enti trasfonnatori della vita sociale clell'lsola e dell'animo siciliano, di cui comprendono la psicologia, !e aspirazioni, le sofferenze e tenerezze, e che rappresentano 1nediante la parola e i gesti 11 u. Non n1ancarono anche voci che, con diversa forza ed incidenza, sollevarono ed indicarono le soluzioni dei proble1ni isolani, deprecando la depressione econon1ica, lo sfruttan1ento, la 1nortifìcazione di alcuni settori dell'attività econon1ical( 11 • La letteratura prodotta da questi uo1nini esprin1e il loro in1pegno di fronte ai probleini della società conte111poranea, e se non se1npre il
1011
/bid. 161. U. l\~1\CLl{t\. Il 1ro111011/o della c11l111ra siciliana. in Realtà del 1\le:::zogiol'00 4 (1964) 554-558. w2 Giovanni Verga ha rappresentato, J'orsc più cli ogni altro, col suo ro1nanzo I 1\Iafavog/ia, atlraverso il personaggio inquieto di '1\l1011i di padron '1\lto11i la nascila cli una nuova e inquieta coscienza sociale nella massa popolare siciliana agli inizi clcll'ulti1no ventennio elci secolo XIX. S. i'. ROt'v1t\NO, op.cii., 5-6. lo.ì f. DE STEFANO - F. L. ODDO, op. cii., 314. w 1 Le. 101
Salvatore Vocca
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popolo è tra i suoi lettori, era certamente il popolo ad essere oggetto della loro attenzione ed ispirazione. Nei personaggi raffigurati e portati sulla scena si registra l'acceso bagliore di una rivoluzionaria cultura politica e sociale, dove più che il riverbero di una particolare dottrina, c'era in quelle opere la voce profonda con la quale il progresso della coscienza civile chiedeva la fondazione di nuovi istituti e rapporti, la pron1ozione cli nuove condizioni di vita, e non soltanto per i diseredati, 111a anche per i cosiddetti privilegiati. È un'ansia religiosa, perché tale è l'ansia della giustizia e della libertà, la quale cercava di ordinarsi
in un nuovo vangelo dell'uinanità, in un nuovo testa111ento della scienza liberatrice, profetando, con nuovi cantici, la redenzione dell'u1nanità. Nella poesia fu innalzato il inondo u111ano e lo stato d'anin10 pili tipica111ente siciliani 1115 • La prospettiva poetica e artistica, aderente e attenta alla realtà sociale, si tà quindi osservatorio e principio cli critica storica degli avvenin1enti risorgin1entali, delle nuove istituzioni de111ocratiche, della nuova società 10r'. Essa denunciò ingiustizie sociali e sopraffazioni ai danni della popolazione isoh1na, 111a non rispanniò la sua voce contro le debolezze, i difetti, gli errori, le esigenze degli stessi sici!ianiH 17 • Fu un 111odo crudele di riconoscersi, di capirsi, di chiarire a se stessi la propria essenziale ten1pra 111orale 10 ~. Bisogna però constatare che, nonostante questo 111ovin1ento di azione sociale e politica 111'i, l'esistenza irrevocabile e la vitalità del 111uta1nento della vita e della nascita di un nuovo tipo di uon10, cioè di una coscienza nuova nei diversi strati della società siciliana alla fine del secolo XIX e agli inizi del XX, resteranno ancora per lungo te111po contestate e perciò deboln1cnte presenti nel riflesso della coscienza letteraria e culturale in genere 1111 •
1115
lbid., 308~309.
106
/bid., 310. 107 !hid., 311-312. lOH Jbid.. 31 O. 109 S. f_ ROMANO, op.ci!., 8. llf!Jbid.,5.
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
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La testùnonianza tiella carità I cappuccini siciliani, rispetto al contenuto espresso dai Padri
Provinciali nelle loro Lettere Pastora/i, presentano una diversa i1111nagine di sé, decisa1ncnte più ricca, interessante e, forse, più autentica e naturale, quando li vedian10 i1npegnati e coinvolti nei proble111i del popolo; quando, a1nando l'uo1110, con le sue angosce e le sue speranze, e in prin10 luogo, i poveri, ed incarnando una teologia dell'uo1110 e per !'uon10, cercano e toccano il volto di Dio nel suo volto; quando la loro recte si fa vita e storia. Abbian10 1noltc testitnonianzc che rivelano quanto i cappuccini fossero inseriti e radicati nella vita della Chiesa e della società del loro te111po, di cui hanno vissuto gioie e dolori, attese e falli1nenti 111 . In questa sintesi, volendo offrire solo un cenno cd una ese1nplificazione della larga ed incisiva presenza cappuccina nel inondo dei poveri e dei sofferenti, in particolare si ricordano - senza con questo voler fare ingiustizia a quanti sono stati operatori di carità - !'opera di Gioacchino La Lomia da Canicattì (1831-1905)'", Angelico Lipani da Caltanissetta ( 1842-1920) 11 \ Eugenio Scamporlino da Sortino (I 82 7-
111 M.T. Falzone, studiando la presenz<1 e l'incidenz<1 sociale deg!i istituti religiosi nelle realtù urbane dell'Isola clall<1 fine dell'Ottocento all'inizio Novecento. ha anche rilev<1to l'azione dei c<1ppuccini. fvf.T. FALZONE, Presenza sociale degli istifufì refìgiosi ne!!e realtà urhane sìcifìune (1890-1920). in Chiesa e socìetà urbana in Sìcìlìa (1890-1920), Galatea, Acireale 1990. 243-285. 112 Gioacchino da CanicaltL pur incflrnando l'antico n1odello Sflccrdota[e elci settecento, caratterizzato d<1ll'nscesi penitente, dal potere taumaturgico e dall'anelito ulln santità, apprezz<1vfl il modello cli prete sociale di slainpo leoniano, un'i1nn1agine di prete che in Sicilia co1ni11cìC1va ad in1porsi a partire dall'ultin10 decennio de! X!X secolo. C. NARO, JJadre La Lamia e il 111ode!lo di prete. in Notiziario (Rassegnn a diffusione interna del Centro Studi sulln Cooperazione ··A. Cmn1narata") \LI (1994) 28-39; Fretì sociali e pastof'i d'a11i111e, Ca!tnnissetta-Ro1na 1994; F. CONIGl.!ARO, Chiesa e socìctà in Giuseppe Lo Cascio, Caltanissctta-Rorna 1994; C. GIURINTJ\NO, lgnazio /'orregrossa. C'orità cristiana e giustizia sociofe, Sci, Torino 1996. iu G. SORCE Lo VULLO, Angefico Lipa11i. L!n C'app11ccino al servizio dei poverì a Caltanissetta tra Olto e 1\lovecento, Centro Studi sulla Cooperazione .. A. Can1111<1rat<1", S. Cataldo 1990; Ange!ìco Lipanì. Tradizione francescona e testi1110nianza de!!a carìlà a Caltanissef!a tra Otto e Novecento. Atti del convegno di studio tenuto u Caltanissetta nei giorni 15-16 dicembre 1995, a cura di C. Naro, Studi ciel Centro "A. Can1111nrata, 22, Ca!ta11issetta-Ron1a 1996.
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Solvatare \locca
1911 ) 114 . Non è da trascurare la non 1neno esaltante e ncca attività apostolica e caritativa svolta capil!arn1entc dai nuinerosi fratelli laici che - quali figli e frati del popolo e lavoratori instancabili, questuando nelle ca1npagne, nei grandi feudi e nei sobborghi delle grandi città, negli umili e piccoli paesi, entrando nelle case dci ricchi e dei poveri hanno vissuto l'apostolato del buon esempio in mezzo alla gente, facendo proprie le aspettative e le preoccupazioni degli uomini del loro ten1po e dcl loro territorio. Molti dei "frati cercatori" sono stati autentici testimoni del!' Assoluto ed efficaci mediatori tra la Gerarchia ecclesiale e il popolo, tra gli alti e profondi contenuti della fede e la devozione popolare, zelanti custodi di antiche e consolidate tradizioni culturali e religiose tra gli un1ili, trasn1ettitori di una vera saggezza di vita ed i1nitatori fedeli dci santi fratelli laici cappuccini, con1e san Felice da Cantalice, san Serafino da Montegranaro, san Crispino da Viterbo e dei beati siciliani Bernardo da Corleone e Felice da Nicosia. I frati dell'Isola, non tralasciando presso la portineria del convento la tradizionale distribuzione del pane e della minestra ai poveri del luogo, "del paese", né l'assistenza materiale e spirituale del popolo colpito dalle cala1nità naturali, e accon1pagnando gli an11nalati negli ospedali, alleviando la solitudine, o alleviando lo sconforto dei carcerati, si sono occupati, con altrettanta tenacia ed efficienza, nel cercare
i 1nezzi adatti per andare incontro ai bisogni dell'un1anità. Si tratta di una carità che, sebbene non abbia affrontato la "Questione sociale" dal punto di vista della riforma delle strutture so-
11 ~ F,/ogio Funebre del Be11e111erito ed esi111io1\I.1?.P. F,ugenio da Sortino Exµrovincia!e dei 1\Iinori C'appuccini l?ecifato nella chiesa dei RR. PP. Cappuccini di Sortino nel giorno della sua 111orte av\!enuta il 29 Aprile dcl 191 I da un suo alunno P. (jJlJSLPPE lv1ARJA DA MODICA h,\provi11cialc Capp11cci110, Stab. Tip. G. Maltese, lvlodica 1911; BENEIJl'.TlO DA AUGUSTA, Breve cenno storico dei princt/Jali Jhtti attenenti alla Provincia cappuccina di 5,'fracusa, avvenuti dal 1871al1881, Sortino 25 dicen1brc 1881, in /lrc!tiv11111 (Je11erale O.F.J\I. Cap., G. 126, sectio 2 ( 1781-1890); U13ALD D'1\LEçON, /,e P. E11gt!11io da Sortino. C'apucin Sici!ien, in /~'tudes Franciscaines 36 (1936) !92-198; i\Ien101"ie storie/le dei F'r(/fi 1\linori Cappuccini della Provincia Afonastica di Siracusa raccolte e p11bblicatc dal .r\I.R.P. Sa1nuele da C~hiara111011/e Afinistro Provinciale della stessa, Tipografia Archiinede, lVlodica I 895.
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cio-politiche, attraverso l'ele111osina ha i111111ediatan1ente e real!nente raggiunto il povero bisognoso di pane, di vestiti, di un tetto, di medicine o di assistenza medica. È una forma di carità libera da qualsiasi ingerenza politica o confessione partitica. I predicatori cappuccini non sn1isero 111ai di erigere o di rinnovare le istituzioni di beneficenza a vantaggio delle nuove povertà indotte dalle recenti situazioni socio-politiche' 1', cioè a favore delle vittime dell'antico sistema feudale, baronale, o delle calamità naturali (le carestie e le pesti) o dei poveri oppressi dalle inedite forme di capitalismo prodotte dall'industrializzazione del settore solfifero e degli altri settori i1nprenditoriali. Seguendo la via della carità evangelica, più che risposte teoriche alle esigenze del popolo, i frati presentano proposte concrete e i111111cdiate di aiuto. Tra le esen1plificazioni caritative Eugenio da So1tino costituisce un'eccezione, rivelandosi un frate "sociale". Questi, uon10 di ottin1a istruzione 116 , volendo fondare a Sortino una Società Cattolica Operaia, nel 1883 pubblica a Messina uno Statuto col titolo Statuto della Società Cattolica Operaja di Sortino"'· Esso costituisce un documento di estren1a i1nportanza in quanto ci rivela che tra i cattolici vi erano anche alcuni che non se ne stavano a guardare di fì·onte a! 111ovi111ento operaio. Eugenio, non tcn1endo di esporsi, tenta di fare un'azione benefica, introducendo qualche ele111ento di novità che 111odificava il quadro tradizionale della presenza della Chiesa nella società. Si tratta, in effetti, di una iniziativa realn1ente nuova, se consideria1no che lo Statuto venne pubblicato cinque anni pri1na che a Messina venisse fondato il primo Fascio dei Lavoratori siciliani ( 1888) 118 ed anche prima della pubblicazione della Rerum novarwn di Leone XIII. Sarebbe
115 fvlLLCHJOR 1\ POBLADURJ\. Historia Generalis Ordinis Frat1·111n !\Ii11or11111 C'ap11ccinor11m, Pars Terlia ( 1761-1940), Bibliothcca Scn1phico-Capuccina, 1O, Ro-
n1ac 1951, 472-493. 116 LUIGI DA l\1ELJLLI, Staio al/u(l{e dello Frovincia di Siracusa, tvlelilti 1 O marzo 1890, in Archivum Generale O.F.i\-1.Cap., G. 126, sectio 2 (1781-1890). 117 EUGENIO DA SORTINO, Statuto della S'ocietà Cattolica Operqja di Sortino. Tipografia F.l!i Oliva, rvtcssina 1883. llH F. R1::NDA, I Fasci Siciliani 1892-1894, cil., 512.
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Solvatore VncC{l
interessante studiarlo nella sua genesi e nel suo contenuto per cogliere
l'interesse e le idee fondan1entali, in un an1bìto così i1nportante, quale era appunto quello della condizione operaia in genere della Sicilia, e 111 specie dello stato sociale della Sortino cli fine Ottocento'"· I cappuccini operarono, inoltre, una rinnovata ed estesa opera pastorale-caritativa con e per il Terz'Ordinc Francescano. Questo è infatti ritenuto un privilegiato ca111po di azione pastorale ed una provvidenziale longa 1nanus attraverso la quale 1nirare ad una larga santificazione di tutte le classi sociali. In esso si vedeva "una fioritura dei conventi e un'estensione dell'apostolato dei frati ed una benedizione
delle nostre contrade" 120 . Molti fì·ati sacerdoti, realincntc in1pegnati nella pron1ozione e fonnazione cristiana del Terz'Ordinc, non risparn1iarono ten1po ed energie. Alla corruzione di una in1n1oralità sen1pre crescente, essi pensavano di opporre il tenore di vita cristiana dei Terziari 121 , il cui spirito di penitenza, di povertà e d'u1ni!tà, alin1entato e fecondato dalla sapienza evangelica avrebbe contribuito - ritenevano - al 111iglioran1ento dei costumi privati e pubblici, avrebbe ricostruito l'edificio crollante della società ed operato un profondo rinnovamento nella vita cristiana 122. In Sicilia le Fraternità del Terz'Ordine, per lungo te111po saranno numericamente fiorenti e profondamente impegnate nell'apostolato formativo e caritativo. Nel 1891 il Visitatore Generale, Giacinto da
119 Sc111bra che il progetto non abbia avuto 1nolto successo, avendo trovato prin1a di nascere 1noltì ostacoli. Lo stesso Arcivescovo di Siracusa, spinto certa111entc dalle forze locali, in particolare dall'arciprete della città, intervenne in 111odo radicale e categorico, per il l~1llo che nello Statuto si facevo rilèrin1cnto all'autori!ù dell'Ordinario, senza che quesli rosse stato interpellato e coinvolto nel progetto. 120 ANTONINO DA CASTELLAMMARE, 1)11c in al/11111l ... ' cil., 12-! 3. 121 LUIGI DA VALl,~DOLMO, Lei/era Paslorole, ciL. 11. Lo slesso Provinciale. porlondo della pron1ozione e della cura del Terz'Ordinc Frm1ccsca110, tnnto pron1esso e desidcroto da [,eone Xlii, conressa: "Quest'opera è stala vien11naggionncntc pron1ossa dal nostro zelante anteccssorc, <1 cui noi protcsliaino i sensi di alta a1111nirazionc e riconosecnzo". (ibid., 12). 122 Fl(ANCt:SCO MARIA DA /Vl!NEO, Ai Terziari cd olle Terzi(lrie di S. Fr(IJJCesco dipendenti dai PP. C'appuccini della Provincia di Siracusa. 1\lel ////centenario del Tcrz'Ordinc 1221-1921, Tipografia Dilla Salvatore Piccitto, Ragusa 1921.
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Bclmonte (1839-1899), parlando della Provincia di Siracusa, testimonia:
«In questa Provincia di Siracusa, 111eno in due o tre paesi, le popolazioni sono affczionatissi1ne all'abito nostro, e i cleri, eccetto qualche prete, son tutti nostri a1nici. I nostri Frati lavorano 111olto ne! contèssionale e dal pulpito. Dappertutto sono fiorenti !e congregazioni ciel Terz'Ordine e nun1erosi i terziari. In alcuni luoghi si veggono terziari di n1o!ta peifezione e del!a più schietta nobiltà. Le nostre chiese, 111e110 in un paio di luoghi, sono un gioiello. 11 tabernacolo e l'altare dcl SS. sono bel!issin1i e nettissin1i. I terziari sono tutti zelo per le nostre chiese e per l'ornan1ento delle stesse non guardano a spese» 12 -'.
Un testin1onc dichiara sui Terziari di Sortino: «La carità evangelicC1 poi che li anin1a è assai, tèrvente e dittìisiva. Cade qualcun di loro in infern1ità? rrosto si vede conlòrtato e assistito, n1ancando per avventura di persone frnniliari: si soccorrono i poveri nei loro urgenti bisogni. Che se avviene che alcun di essi s'avvicini al punto estre1110, al lor si t~1 celebrar dal direttore la Messa dell'agonia, e n1orendo, gli ascrittti nella più parte vanno ad acco1npagnarnc il cadavere nella loro chiesa, dove si danno a suffì·agarne !'anin1a con la recita dei regolari Pa!er e Req11ie111, non che con la santa Con1unione e con la celebrazione della Messa di Requie111 praesenli cadavere che si celebra con canto da sacerdote delegato da! M.R.P. Direttore. Tcrn1inC1ta la s. n1essa, la funebre funzione ha lìne con un canto lugubre assai con1n1ove11te ed espressivo che si eseguisce dalle sorelle di penitenza. I 111ezzi onde provvedono alle spese de!le religiose cerin1onie tl1nebri in 111orte di qualcuno di essi, vengono presi dalla spontanea oblazione che ogni 111ese po1tano alla superiora e te-
Visita della Provincia di 5'iracusa, Melilli G'enerale (J.J<ilI.C'ap., CI. 92. scctio 2.
ID GIACINTO DA l3ELMONTL
giugno 1891. p. I, in
.~lrchiv11n1
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Salvatore Vacca
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soriera dell'Ordine. Questa oblazione è di 5 centesi1ni per ciascuno degli ascritti» 124 •
Eugenio da Sortino istituisce, tra le terziarie, alcune che, ass11111late alle 111011ache cli casa, si chia1nano Suore Terziarie e/ella Penitenza. Esse vengono infatti chiamate dal popolo 111011ache 12 5, 111011ache!le126. La superiora del Terz'Ordinc Francescano, suor Francesca Di
Mauro, così ci riferisce: «Queste Suore
l~erziarie
della Penitenza, ai11n1esse all'Ordine sin dal
1870 da questo M.R. Ex-Provinciale Padre Eugenio eia Sortino, con approvazione degli Arcivescovi di questa Diocesi di Siracusa RR. Guarino,
La Vecchia e Piorenza. Esse consacratesi alla SS. Vergine hn1nacolata col voto della verginità, che di anno in anno rinnovano, si coprono esterna111entc dell'abito dcl Terz'Ordine e si esercitano oltre a! ben'esserc di questo, con grande esen1pio e zelo in tutte le opere più sante, quale il consolare gli arflitti, sollevare g!'infenni, adunare nelle !oro case le ragazzette de! paese per istruirle nella Dottrina Cristiana; e a rendere sen1pre più 1naestosa questa nostra chiesa, esse non rispanniano né interessi 111ateria!i né frttiche personali» 127 •
Le monachelle svolgono un vero ed efficace apostolato tra le famiglie: «Le n1onachelle esercitano un vero apostolato, non solo anin1ando tutti ad ascriversi al Terz'Ordine, 111a accorrendo al !etto del inoribondo, sprovvisto dal prete, perché la persona 111orente abiti un tugurio e quindi
1 ~~ S'orlino (Sicilia). Progressi dr! Terz 'Ordine, in tl1111ali Francescani I O (1879) 150-151. 125 BLANCJ\TO Canne!o fu Giovanni e altri numerosi pcrsoni. R.P.(7enerale dei C~nppuccini, Lettera inviata a Ro1na e protocollata il 16 t1gosto 1911, in Archiv11111 Generale 0.F.J\I.C'ap __ G. 126, sectio 5, Sortino. 12 r. SUOR FRANCESCA 01 fvlA!JRO, 1\Iolto Reverendissi1110 Padre Generale, Sortino 17 1narzo 19!0, in Archiv11111 Generale 0.F.il!.Cap., G. 126, scctio 5, Sortino. 127 ID., Sortino (Sicilia), in Annali l·ì·ancescani 41 (1910) 27.
Società e Cappuccù1i ill Sicilia tra Ottocento e Novecento
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ripugna entrarvi, o perché ora tarda e deve andare a pranzo, oppure nel cuor del!a notte per non interron1pere il suo sonno tranquillo. Le inonachelle adunque, si adoperano in tàn1iglia e fuori, richian1ando al dovere religioso, qualche donna trascurata, ed anche gl'individui assopiti nell'indifferenza. Sono le stesse n1onache che lavorano indefessainente per accrescere csteriorn1ente e l 'addobban1ento della nostra Chiesa, non rispar1niando te1npo e sacrifici, senza on1ettere il loro perfezionainento spirituale» in.
Si tratta di una presenza evangelica ed ecclesiale costituita in gran parte da donne che, provenienti generahncnte dalla classe sociale pili agiata, si adoperavano per sollevare la triste condizione non solo dei terziari poveri 1na anche degli altri. Un ruolo non nieno rilevante è svolto da queste donne terziarie nella forn1azionc delle nuove generazioni e nell'opera cli rinnovamento delle famiglie'"· Sulla struttura organizzativa dcl 'fcrz'Ordine fe1111ninile, in 1nolti luoghi si dà vita a diverse iniziative pastorali e caritative, tra le quali merita cli essere ricordata la fondazione dell'Istituto delle Terziarie Francescane di Caltanissetta per opera del cappuccino Angelico Lipani, il cui scopo era di raccogliere, assistere e fonnarc gli orfani degli zolfatari periti negli incidenti n1inerari. Questi istituì anche il ]Jane della car;1à, il pranzo jJer i /Jove1·;, ed aprì una casa in cui venivano accolte [e terziarie che non avevano un tetto sicuro1.1°. Lo stesso Lipani riconosce:
12 x lo., 1\Iolto Heverendissi1110 Padre Genero/e, cii. La lettera è sottoscritta. oltre du!la superiora, anche da 32 1nonache.
12 'J S. VACCA, Angelico Lipani e fa tradizione cap/ì!tccino, in Angelico /,ipani. Tradizione francescana e testimonianza della carità u C'o!tanissetta tra Otto e 1\!ovece11to, cit., !39-\Ll8. 1 11 ·' lbid, 143, 157.
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Salvatore Vacca
«Questo poco di bene si deve a queste terziarie !e quali infarinate dallo spirito di carità serafica, s'hanno a son1n10 onore l'accorrere all'indigenza delle loro consorelle» 1:i 1•
Il 'rerz'Ordine, contando tra i suoi 111e111bri non pochi uon11n1 e donne appartenenti alle f~11niglie nobili: son Terziari i signori e le 5·fgnore jJiù risjJCftabili; e ./'anno le cose a 1nocfo1.1~, veniva additato e raccon1andato dal clero carne una proposta esen1plare di u1nana convivenza in cui, senza rancori e rivendicazioni, si trovavano a vivere
insie111e ricchi e poveri, nobili e popolani, vecchi e giovani, uon1ini e donne. Si affennava che solo l'an1orc di Dio era capace di riunire poveri e ricchi e di spingere questi ulti111i ad essere rncno egoistiL'-'. Nell'a1nore si vedeva l'unico antidoto alla lotta di classe e la soluzione della povertà. I cappuccini e i terziari francescani, cogliendo le pietose condizioni in cui versava gran parte della popolazione siciliana, rispondono all'e111ergenle povertà procurando i 111ezzi necessari per vivere: pane, vestiti e un tetto. La giustizia sociale consisteva per loro nella condivisione dci beni con i 111eno fortunati, e per i ricchi nell'aprire la loro niano caritativa ai bisogni dei poveri. La carità si fa servizio, cioè beneficenza e assistenza. Non vengono in1postati progra111111i di intervento a favore dell'u111anità bisognosa, né si lotta per sottrarre definitiva1nente i poveri all'inc/igenzan~. Sulla base de! Terz'Ordinc e secondo la stessa co1nprensione della carità, a Palern10, in seguito all'Vfll centenario della n1orte di san Francesco d'Assisi (1226-1926) si dà avvio ad un'altra iniziativa caritativa, antesignana dell'attuale istituzione di volontariato. L'8 n1aggio 1927 la Marchesa Lucia Natoli Loiacono, terziaria francescana, con la benedizione dell'Arcivescovo, il card. Alessandro
l.ìl ANGELICO DA CALTANISSETTA,
Caltanissetta. in Annali
Fra11ce~·cl111i
I I
(1880) 182. 1-' 2 Il Tel'z '()rdine in Sicilia. in La .51re1111a del Terziario Fro11cesca110 9 (1891) 64. 1-'·' S. V ACCA. :lnge!ico /,ipani e la tradizione cappuccina, cit., ! 44-145. 1.1-l lhid, 152-157.
S'ocietà e Coppuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
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Lualdi, e con il permesso del Provinciale dei cappuccini, Bernardino Salvatore Re eia Favara ( 1883-1963), poi vescovo cli Lipari, fonda il Poliambularorio Francescano gratuito per i poveri della città. Questo era costituito dal reparto di 111edicina co111unc; dal reparto dern1osifilopatico, oftalinico cd otorinolaringoiatrico; aveva anche una cucina in cui venivano preparati dei cibi offe1ti gratuita1nente a con1pletan1ento dietetico delle cure sanitarie. li reparto di 111edicina con1une, diretto ordinaria1nente da due 1nedici coadiuvati da due studenti in 111edicina, era aperto tutti i giorni feriali, quotidiana111ente ogni 111edico visitava in n1edia quindici a1111nalati. Venivano eseguiti anche piccoli interventi chirurgici; di solito si facevano iniezioni intra111uscolari ed endovenose. All'inizio venivano date agli an1111a[ati le 1nedicine perché le prendessero a casa, 1na avendo poi constatato che gli a111111a!ati poveri spesso le vendevano, preferirono so111111inistrarle in loco. Il reparto dennosifilopatico era diretto da due specialisti, generalmente provenienti dall'Ufficio Medico Provinciale. Al fine di tutelare al 111assi1110 il buon non1e dei pazienti, era aperto al pubblico nelle primissime ore del lunedì e del mercoledì, ed era anche fornito di bagni d'i1111nersione e di docce calce. li reparto oftalmico, aperto dal prof. dott. Alfredo Cucco, è stato in seguito portato avanti da due niedici: era aperto tutti i giorni a beneficio di centinaia di a111111alati cronici, particolarn1ente quelli traeo111atosi. l [ reparto otorinolaringoiatrico sì apriva solo una volta la settiniana. La direzione e tutti i servizi del Polian1bulatorio venivano svolti gratuita111ente da un gruppo di terziarie volontarie le quali, dopo il servizio in ainbulatorio, si trasferivano anche in cucina dove preparavano eia trecento a 1nille pasti, dando precedenza assoluta ai ban1bini. Durante le vacanze estive alcune insegnanti terziarie davano spesso lezioni gratuite ai ba111bini assistiti che avrebbero dovuto sostenere esan1i di riparazione. Per 111olti anni ['arnbulatorio è stato assunto cotne segnalatore e posto di s111ista111ento per gli infetti destinati alla "Casa del Sole".
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Scopo precipuo del Poliambulatorio era di giungere, attraverso il beneficio corporale, alla cura a11i111aru111 e alla regolarizzazione dì casi 111atrin1oniali cristianatnente co111pron1essi. Il Polia1nbulatorio, reggendosi in gran parte sulla provvidenza e sul volontariato delle terziarie, riceveva un sussidio annuo dal Municipio di Palern10, da utilizzare per l'acquisto delle medicine. La provvidenza è sempre arrivala quotidianan1cnte in 111odo spontaneo, tc111pcstivo e sufficiente ai bisogni. Il Polia1nbulatorio, pur avendo le risorse per 111antenersi econon1 ica1ncntc, non poteva contare riserve né debiti. Chiunque si presentava ad esso era in11nediata111ente ritenuto povero: non venivano rnai fatte ricerche circa l'entità di colui che accorreva, sia per lo spirito francescano (in ricordo de!l'a1nn1onizionc fraterna data da san Francesco al portinaio, frate Angelo, nei confronti dei fratelli ladri alla portineria di Monte Casa]eU_'l), sia per venire tc1npestivan1ente incontro alle esigenze e ai bisogni del paziente, poiché ci sarebbe stato il rischio che !iaiuto sarebbe arrivato in ritardoi:v'. L'an1bulatorio, gestito dall'Ordine Francescano Fen1111inile, ha avuto reahncntc un'attività an1bulatorialc di notevole in1portanza. Secondo un estratto di bilanci econon1 ici cd una statistica di presenze, dall'8 maggio 1927 al 31 dicembre I 932 (cinque anni e mezzo di attività), ha avuto un totale di introito di 152.005,90 lire, le cui fonti, erogate in niisura diversa e in tcn1pi e 111odi non 111olto regolari e puntuali, sono state così elencate: ()b/azhJni chverse, Assegni Co111une, Bene_ficenza 111atrilno11i, ()jJera 1Vazionale Infanzia, _;Jssegno Consorzio Antitubercolare, Fonclo Pre./Cttura, /l.dinistero Interni, Banco eh c5ici!ia, Cassa di Risparmio, Banca d'l!alia; mentre l'esito è stato di 156,098,40 lire. li denaro è stato speso per graiificazio11e A'1edici e .fl11·111acista, Inserviente, Nfeclicit1e e Iniezioni, Stc11npati, }Jicco!e 0jJese, Assistenza e cure a!itnentari, SjJese attrezzature. Il deficit an11nontava
Leggenda per11gìna. 90; Specchio di JJC1./ezìo11e, 66; Fioretti, 26. Relazione data a P. (7iuseppe per il Centro 1\lazio11ale dì 1?01110. in Archivio Provincia/e ('app11cci11i I'alen110, scz. VV, cartella J.:J, rase. !V. i.:is
l.<
6
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
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a 4.092,50 lire"'- Chi ha stilato il bilancio economico ha voluto anche
far osservare: <d Padri Cappuccini offi·ono gratuita1nente locali, acqua, luce elettrica e assistenza del Cappellano. La Prefettura, le Case, i Medici aiutano oiliì:n-
do grande quantitativo di specialità. Gli csan1i radiologici vengono k1tti da! Dispensario del Consorzio Antitubercolare e prin1a che esistesse dal Dispensario del Banco di Sicilia. I! Direttore Sanitario dell'a111bu!atorio ha gratuitaincnte tutti gli csa111i clinici. Le Terziarie Francescane disin1pegnano an1orcvoln1e11te da!I 'Opera» 1.•~.
tutto
il
!8voro
di
assistenza
richiesto
Dall'8 maggio 1927 al 31 dicembre 1932 sono state effel!uatc in a1nbulatorio 19.383 visite 111edichc: una 111edia cli 15 visite al giorno, nlentre a don1icilio 1.352. Infine sono state anche fatte 46 visite gestanti. Negli stessi anni sono stati fatti 1.302 iniziali esa1ni radiologici, 1.602 esami clinici; 19.644 iniezioni, mentre 199.258 sono state ef-
fettuate a casa; sono state anche distribuiti 37.229 tnedicinc da prendere a casa. Sono state inoltre impiegati 412 Kg di farina, 640,650 Kg
di olio di fegato di nlerluzzo o e1nulsione. Per assistere e curare gli inferni i sono stati acquistati una certa quantità di alin1enti prin1ari, quali la pasta, il riso, i legu1ni, la carne, il pane, i! !atte, le uova, vestiti nuovi ed usati, sandali 1"')· La vasta e con1plessa presenza di persone, laici e laiche di ogni ceto, e di frati, dediti al servizio di Dio e del prossin10, testi111onia concreta1nente una pietà attiva veratnente diffusiva. 11 popolo, nonostante il perseverare e il diffondersi di un certo anticlericalisn10 e di una certa 1ncnta!ità atea c n1ateria!ista, si è n1antenuto fedele ai principi cristiani e vicino alla Chiesa. Le convinzioni radicali, anarchiche,
i:n A111b11!atorio Francescano pn:sso il Ter::o CJrdine !·ì·a11cescc1110 F'e111111inìle l·ì·ancescano dei c:(/ppuccini di "flu!er1110" Via C1jJl'CSSi 1\l 227. 1~·s1ratti dei Bilanci e delle ,)'/afistic/Je gencr(l/i ad ogni 31 dice111hre d(f/ 1927 (8 111aggio) a 3 I dice111bre 1932, in Archivu111 Generale (J.F.1\I. C'(fp., G. 92, scctio 12. 1.1 8 !bid. l.W lbid.
476
Salvatore Vacca
antireligiose, ebbero limitati successi, e soprattutto tra le persone di cultura più che tra il popolo minuto. Diffuso fu un certo scetticismo nei riguardi della fede, della Chiesa e dei dettami del Pontefice, ma la tradizione religiosa non subì quelle scosse cui potrebbero far pensare le idee lìlosofiche e politiche più o meno dominanti in quell'arco di tempo. Un certo spirito liberale e laicizzante, ma anche conservatore della classe colta, impediva le violenze anticlericali, poiché della religione si rispettava pur sen1pre la funzione pratica, di ordinatrice e regolatrice della vita individuale e sociale. Nei colti non n1ancarono certo i conflitti tra opinioni politico-sociali e credenze religiose; ma tra gli umili si confusero facihnente tendenze 111istiche, slanci evangelici, tradizioni sacre ed ansia rivoluzionaria. Il cristianesi1110 se1nbrava alla 1naggior parte della popolazione, specialmente contadina, nulla di meno del socialisn10, di cui non considerava i principi filosofici, n1a le 111ete additate agli sfruttati e 111iseri 1 ~ 0 . Nel 1891 un ano111ino cappuccino siciliano, scrivendo dall'entroterra dell'Isola alla direzione dell'Eco di S. l•ìymcesco d'Assisi, testi1nonia: <<. .. Mi trovo nel ventre della Sicilia. Le popolazioni siciliane son piene di fede schiettissi111a, specie quelle distanti dai grandi centri. J siciliani sono schietti e generosi pigliati colle buone ... Corrono alla chiesa, fiD-quentano i sacra111enti, pochissi1ni sono i signori che non fanno la Pasqua. Il 1'erz'Ordine è fiorcntissin10; in certe nostre chiese cappuccine si contano perfino a quattro1nila 'rerziari. E son Terziari i signori e le signore più rispettabili; e fanno le cose a n1odo. E le n1adri educano al Terziariato i figli. Nella Sicilia le donne (cosa rarissi1na) non perdono !a testa colle 111ode; popolane e nobili vestono all'antica: vesti e donne n1odestissin1e. La devozione poi a!la Madonna è del tutto e da per tutto una santa pazzia, e chian1ano la Madonna con affetto la Dedda /\!fadre. In ogni chiesa 111i costringono a predicare della Madonna e ciel Terz'Ordine, la Madonna e il rf'erz'Ordine è nel cuore di tutti! 1•11 ».
1-111 F. DL STEFANO - F. L. ODDO, op. cii., 252-253, nola 2. i.;i li Terz'()rdine in Sicilia, ciL, 64.
Società e Cappuccini in Sicilia tra Ottocento e Novecento
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Conclusione Questo contributo ha tentato, senza alcuna pretesa di completezza, di aprire una finestra sulla problematica dei cappuccini, tra esigenze del popolo e richiamo conventuale. La sensibilità caritativa, evidenziando le pove1ià emergenti della popolazione e rilevando lo stato della società civile, ha avuto inevitabili sfumature e riflessi sociali e culturali. La carità promossa dai frati ed espressa dai terziari, pur facendo riferimento alla tradizione caritativa del passato, cioè ad una concezione di carità chiusa, assistenziale e paternalista, è ape1ia ai nuovi problemi sociali, verso i quali tenta anche di andare incontro.
Synaxis XV/2 (1997) 479-517
LE CONDIZIONI DI VITA DEL CLERO NON PARROCCHIALE NELLA DIOCESI DI CATANIA
ADOLFO LONGHITANO
Introduzione Una ricerca co1npleta sul clero catanese non parrocchiale, per quanto auspicabile, non è di facile attuazione: ci obbligherebbe a raccogliere i dati relativi a t111 secolo di vita ecclesiale, a partire dall'Unità fino agli anni del secondo dopo guerra'. Risultando per il momento impraticabile questa via, ho ripiegato su un campione limitato: ho preso in esame alcuni elenchi di clero - elaborati durante il governo del vescovo card. Giuseppe Francica Nava ( 1895-1928) 2 - e la docurnen-
Ordinario di Diritto canonico nello Studio Teologico S. Paolo di Catania. Una ricerca sul clero catanese andrebbe collocata nel quadro più mnpio degli studi sul clero siciliano. Su qucst'ulti1110 teina vedi in particolare: f. !v1. STABILE, li clero paler111itano nel prirno decennio del/'1111i!à d'Italia (1860-1870), Istituto Superiore di Scienze Religiose, Pa!enno 1978; ID., Situazione economica delle parrocchie a Pa/er1110 e in Sicilia nel secolo ,'(/,'(, in La parrocchia in Italia nel! 'età conte111pora11ea. Atti del Il incontro se1ninariale cli !Vlaratca, 24-25 settcn1brc 1979, Dehonianc, Napoli-Ron1a 1982, 843-869; G. ZITO., li "Sovvenire alle necessità della C'hiesa" in Sicilia dall'Unità al Vaticano li, in La6s 3 (1996) 19-39; C. NARO, La Chiesa di C'a/tanisse!lajl·a le due guerre, J, Sciascia, Ca!tanissctta-Ron1a 1991. Sul clero cli Catania, lin1itatan1ente al periodo dell'episcoprito Dusn1et si vcclri il lrivoro di G. Zno, I.a cura pastorale a Catania negli anni de/l'episcopato D11sli/ef (18671894), Gnlatea, Acireale 1987. 2 Sulla figura dc! cardinale Nava si vedano in particolare: A. TOSCANO DEODATI, //Cardinale Giuseppe fì·ancica 1Vava, Arcivescovo di Catania, Convivio Letterario, Milano 1962; G. DI f/\ZJO - E. PISCIONE, Un 11eoto111ista siciliano: il car1
480
Adolfo Longhitono
tazione conservata nell'archivio diocesano, per fare alcune riflessioni che riguardano direttamente il clero catanese, ma offrono indicazioni utili anche per il clero delle altre diocesi. Le diverse situazioni delle chiese siciliane avevano, infatti, molte analogie derivanti dall'antico ordinamento dato dai normanni dopo la fine della dominazione islamica; ma dall'unità d'Italia la Santa Sede aveva avviato un processo di on1ogeneizzazione dcl!1ordina1nento canonico di tu!te le diocesi d'Italia e della formazione intellettuale e morale del clero, secondo modelli accuratamente predisposti'. li primo elenco di clero (1897) era stato preparato in occasione della pri1na visita pastorale, fatta 111cntre il vescovo Nava ricopriva anche l'ufficio di nunzio apostolico in Spagna. L'elenco, oltre ai dati personali, riporta gli uffici di tutti i sacerdoti e le facoltà di confessione e di predicazione conferite ad ognuno dal vescovo. Il secondo elenco (1909) non ci riporta gli stessi dati del precedente, ma ci permette comunque di fare interessanti rilievi'. li terzo (1913) è desunto dall'annuario diocesano, dal quale è stato possibile attingere abbondanti notizie5 • A questi elenchi, che si riferiscono ad un solo anno, bisogna aggiungere quello desunto dal registro delle facoltà di confessione che comprende i nomi del clero della diocesi di Catania dal 1904 al 1928''. l dati forniti da questi elenchi sono stati integrati con quelli tratti dall'archivio diocesano di questo stesso periodo. Ne è derivato un qua-
dina!e Giuseppe F'rancica /\lava, in Sapienza. Rivista Jnternaziona{e di Filosofia e (/i" Teo/ogi"a 34 (1981) 3-19; G. Dr FAZIO, La d/ocesi" di Catania alla fine dell'Ottocento ne/fa visita pastorale di G. Francica Navo, Ed. di Storia e Letteralura, Ron1a 1982; Io., Francica /./ava Giuseppe (1846-1928), in Dizionario Storico del 1\4ovi111ento C'atto/ico in ltalia, !Il/ 1, Marielli, Torino I 984, 379-380. ·' R. AURERT, L'opera nformatrice di Pio . Y, in AA. Vv., S'toria della Chiesa, a cura di H. Jedin, tn1cl. it., IX, Jaca Book, f'vlilano 1975, t!73-504: 497-501; G. BATTELLI, c:tero secolare e società italiana tra decennio napoleonico e pri1110 1\lovecento. A/cune lj)ofesi di rilettura, in AA. Vv., Clero e società nel/ 'Italia co11te111pora11ea, a cura di l\1. Rosa, Laterza, Bari 1992, 43-123; fVL GUASCO, Storia del clero in Italia dall'Ottocento a oggi, Lalerza, Bari 1997, 64-155. ·1 Questi due elenchi si trovano nell'ARCl-llVIO STORICO DIOCESANO Dl CATANIA (=AsD), Fondo episcopati, Episcopato Francica 1\!ava, carpetta 4, Clero. 5 Catania S'aera. Stato del clero e delle opere religiose della ciffcì e della diocesi, Scuola Tipografica dcl S. Cuore, Catania 1913. (, AsD, Stato del clero secolare della diocesi catanese: 1904.
Le condizioni di vita del clero
11011
parrocchiale catanese
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dro abbastanza ampio di elementi significativi per giungere a delle conclusioni utili.
l. Dati statistici sul clero catanese
Nel 1897 il clero della diocesi di Catania ammontava a 355 unitĂ su una popolazione complessiva di circa 290.000 abitanti'. Di questi sacerdoti 141 risiedevano nel capoluogo, 214 negli altri comuni; 130 erano curati, vice curati o stabiltnente addetti alle chiese sacran1entali; 98 gravitavano ancora attorno ai capitoli superstiti; 111a un certo nu111ero di loro asso1111nava all'ufficio di canonico o di 111ansionario del capitolo quello di curato o di addetto all'amministrazione dei sacra-
n1enti8; 69 erano rettori di chiese non
sacra1nentali~
34 svolgevano al-
tri uffici; 90 risultavano senza un particolare ufficio; 60 erano gli ex religiosi superstiti dopo la soppressione dcl 1866.
distribuzione del clero (1897)
60%E; <~40%
O Catania O altri comuni
7 Dall'annuario diocesano per il 1893 risulta una popola?:ione cli 236.317 abitanti (C'atania Sacra, Tipograria Ga[atola, Catania 1892). Nel ccnsin1cnto del 1901 !a popolazione dci co1nunl della diocesi risultava di 295.301 abitanti (G. DI FAZIO, i.a diocesi di C~atania alla jĂŹne delf 'Ottocento nella visita pastora/e di (J. f'rancica 1\lava, cit., IX). 8 Nel leggere le tabelle riguardanti gli uffici del clero si tenga conto di questo particolare, che introduce una variazione nel totale delle cifre riportate.
Adolfo Longhitano
482
uffici del clero (1897) So/o
11%
ml altri uffici
ll!ll rettori di chiese
14o/o
O senza ufficio
54%
D clero dei capitoli O clero parrocchiale
16%
facoltà di uredicazione e di confessione (1897)
200,01·--------------dJJ------~-~~~~:~
::.,
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20,0
0,0 i~~""'"""=+~..i .... •m==i:=>mQ..:::+::jllliil 0
solo prndicaziono
utriusque sexus . non
predicazione
llOITillll
predicazione
0,0 (!
predicaziono
nessuna
fm:ollÈI
ulriusque sexus e
predicazione
Quanto alle facoltà di confessione e di predicazione, si hanno i seguenti dati: 198 avevano la facoltà di confessione utriusque sexus e di predicare; 8 potevano confessare l'uno e l'altro sesso, 1na non predicare; 19 potevano confessare solo gli uo111ini e predicare; 14 avevano la sola facoltà di confessare gli uomini; 6 potevano solo predicare; 11 O erano privi delle facoltà di confessare e di predicare.
Le condizioni di vita del clero non parrocchiale catanese
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distribuzione del clero (1909)
O Catania O altri co1nuni
uffici del clero 1909
go/o 25o/o
11111 clero parrocchiale liiJclero dei capitoli
D altri utlici
Nell'elenco del 1909 il clero diocesano ammontava a 303 unitĂ su una popolazione di circa 300.000 abitanti; la diminuzione del clero si spiega in parte con il mancato inserimento nell'elenco degli ex religiosi superstiti; 100 sacerdoti risiedevano nel capoluogo, 203 negli altri co111uni; 75 risultavano canonici o 111ansionari; 26 erano curati, prevosti o vicari foranei con cura dlanin1e. Non si hanno indicazioni piĂš dettagliate sugli uffici degli altri sacerdoti.
Adoljò Longhitono
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distribuzione del clero (1913)
3o/o
42°/o
!SI Catania D altri comuni
11111 fuori diocesi
55o/o
Nell'elenco del 1913 il clero a111111011lava a 359 unitù su una popolazione di 376.653°; 152 risiedevano nel capoluogo, 198 negli altri con1uni, 9 fuori diocesi; I 00 erano curati, vice curati o stabilinente addetti alle chiese sacramentali; 82 erano canonici o mansionari; 68 rettori di chiese; 22 ricoprivano altri uffici; 76 risultavano senza un particolare ufficio.
uffici del clero (1913)
29o/o
7o/o
19o/o
i1111111@
23%
9
C'atania Sacra 1913, 109.
22%
Il altri uffici
L-:!rettori di chiese L'j senza
ufficio
t:D clero dei capitoli D clero parrochiale
Le condizioni di vita del clero non parrocchiale catanese
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fncoltà di predicnzione e di confessione (I 913) 0
!l!!l,.----dJ~Uo~. o : 'lii ~~llJ
o.
&
&
uomini e
utriusque
uom1111 • non
nessuna
ulriusque
predicazione
sexus - non prndicazione
predicazione
facolta
sexus e predicJzione
Per le facoltà di confessione c di predicazione si hanno i seguenti dati. Su 359 sacerdoti: 174 avevano la facoltà di confessare utriusque sexus e di predicare; 26 potevano confessare gli uon1ini e le donne, 1na non predicare; 24 potevano contèssare solo gli uon1ini e predicare; 27 potevano confessare solo gli uo1nini, 111a non predicare; J 08 risultavano privi di queste facoltà.
2. Tipologia delle parrocchie e delle chiese sacramentali Da diverso tempo la Santa Sede aveva rivolto al vescovo di Catania un invito pressante perché non ponesse più altre rcn1ore per attuare l'ordina111ento parrocchiale previsto dalle nonne canoniche 111 • Le difficoltà da supel"are erano sostanzialmente due: reperire i fondi necessari alla costituzione del beneficio per tutte le chiese sacramentai i esistenti in diocesi; trovare la soluzione più opportuna per passare dalla cura collegiale alla cura individuale delle anime nelle chiese sacramentali affidate ad un capitolo di canonici. li vescovo, dopo la pron1ulgazione del codice di diritto canonico, si decise di iniziare ad attuare la rifonna, scartando per il 1no111ento il territorio della città
io J\. LONGl-llTANO, La parrocchia nello diocesi di Cotania pri111a e dopo i I Concilio di Jì·ento, Istituto Superiore di Scienze Rclìgiose, Palcnno 1977, 122-145.
486
Adolfo Longhitano
per occuparsi della erezione delle parrocchie negli altri comuni della diocesi.
2.1. Erezione della parrocchia nel comune di Adrano
li primo decreto riguardò il popoloso centro di Adrano", dove la cura delle anime era esercitata nella chiesa madre da una collegiata, eretta dal vescovo Francesco Carafa il 1° febbraio 1690. Dal 30 agosto 1917, con la 111orte di D. Salvatore Petronio Russo, era rin1asto vacante J'uflìcio dcl prevosto, prima dignità dcl capitolo. La nomina del successore offriva al vescovo l'opportunità di risolvere il problen1a secondo le prescrizioni del codice di diritto canonico, che era stato promulgalo nella pentecoste di quello stesso anno (27 maggio) e che sarebbe entrato in vigore nella pentecoste dell'anno successivo ( 1 9 maggio 1918). Non fu fncile per il vescovo trovare la soluzione che gli pennettesse di raggiungere lo scopo voluto (passare dalla cura collegiale alla cura personale delle anime) tenendo conto allo stesso tempo di ele111enti diversi e contrastanti: rispettare il dato storico, non sconfessare le tesi sostenute dal suo predecessore dinanzi ai tribunali civili per salvare dalle leggi eversive il patrimonio delle collegiate, salvaguardare i diritti della collegiata strenuamente sostenuti dai capitolari. Nel decreto finale del 1° 1naggio 1919, con cui erige fonnalinente la parrocchia Maria SS. Assunta, si nota Pabilità del vescovo nel trovare un dignitoso con1pro1ncsso che gli pcnnise di ottenere il consenso dei canonici 12 • Il punto necessario cli riferimento era costituito dal decreto di erezione della collegiata di Adrano da parte del suo predecessore Francesco Carafa. li non facile problema, di individuare dal punto di vista giuridico il titolare della cura delle anime e di stabilire le competenze del prevosto, fu risolto evitando affermazioni perentorie: dalle stesse parole ciel decreto facilmente si deduce che il vescovo intendeva affi-
11 ASD, Tuttatti 1907-1919. 326-329. !hid. 350-351.
12
Le condizioni cli vita del clero non parrocchiale catanese
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dare la cura delle anime al nuovo prevosto del capitolo e considerarlo parroco; tuttavia qon poteva ritenere priva di fondamento la tesi contraria, con1e di1nostravano le sentenze pronunziate dai tribunali ecclesiastici e civili, a Catania e a Ro111a; la stessa soluzione prevista dal decreto del Carafa di assegnare alle tre dignità per ordine (cantore, decano e tesoriere) e agli altri canonici il compito di sostituire il prevosto nella cura delle anin1e non poteva essere considerata contraria al diritto; essa, infatti, doveva essere riferita alle co111petcnze del prevosto in quanto capo de! capitolo, non in quanto parroco; nessuno poteva sostenere che il vescovo avesse voluto conferire la cura abituale delle anin1e a tutto il capitolo; una tesi del genere, oltre a non avere fonda111ento nel docu111ento, non trovava confenna nella prassi seguita dai canonici; intàtti 1nai il capitolo aveva proceduto alla non1ina di vicari per l'esercizio della cura attuale delle anime. Dopo queste premesse dottrinali, il decreto del vescovo Nava indicava le norme che avrebbero dovuto disciplinare per il futuro l'esercizio della cura delle anime nella chiesa madre di Adrano: a) il prevosto JJro te1npore doveva essere considerato parroco a tutti gli effetti, a norma del can. 451 § I del codice cli diritto canonico; b) egli sarebbe stato scelto per concorso e nominato dalla Santa Sede, secondo le indicazioni del can. 396 § I; c) un vicario scelto dal prevosto e nominato dal vescovo lo avrebbe supplito in caso cli impedimento o cli assenza; ove la parrocchia fosse diventata vacante, sarebbe stato con1pito del vescovo notninarc i! vicario econon10, a nonna dcl can. 472, 1°; cl) i compiti del prevosto-parroco erano quelli previsti dal codice; e) la catechesi che il canonico teologo del capitolo doveva fare per statuto ai fodeli doveva tenersi in orari diversi da quella spettante al parroco.
2.2. Erezione della parrocchia nel comune di Paternò lJna situazione analoga si aveva ne! con1une di Paternò, dove nel 1559 il vescovo Nicola Maria Caracciolo aveva affidato ad una comunia la cura delle anime di tutto il centro abitato. Nel 1670 il ve-
Adolfo Longhitano
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scovo Michelangelo Bonadies aveva trasfonnato in collegiata questa con1unia, e la cura delle anin1e era stata affidata alle tre dignità del capitolo: prevosto, cantore c tesoriere. li vescovo Nava, prima di promulgare il formale decreto di erezione della parrocchia Santa Maria dell'Alto, chiese al capitolo di fargli conoscere il parere sul suo progetto: erezione formale della parrocchia; conferi111ento della cura delle ani111e ad un solo parroco, secondo
le nonne del codice; no1nina dei vicari cooperatori; indicazioni sulla quota parte da assegnare al parroco ed ai vicari per il loro sostentan1entou.
Nel verbale della riunione dcl capitolo (29 giugno I 919) si legge: «li rev.1110 Capitolo accetta da una parte le proposte dell'En1.1110 Arcivescovo relative al!a parrocchia e dall'altra si è occupato della quota prnte da attribuire al parroco ed ai vicari cooperatori e sen1bra di essere riuscito a soddisfare ai voleri de!l'E111.1no Arcivescovo, a cui presenterà analogo
specchietto dci vari introiti parrocchiali. I! Capitolo però, con1c è sollecito a portare la sua doverosa adesione alle nuove direzioni, per le quali viene privato di tre parroci nella persona delle altre tre dignità, cioè Cantore, 'fesoriere e Decano, si rivolge a S. En1 inenza l'Arcivescovo, perché vengano integralinente rispettati tutti gli altri diritti e prerogative capitolari, e fra questi special111ente l'ain111inistrazione di beni della chiesa, che è stata sen1pre nelle inani di esso capitolo e deve continuare nello stesso 111odo senza lesione od innovazione di sorta. Di guisa che il parroco entri a far parte del!'a1n111inistrazione dei suddetti beni, in quanto Preposito ed insic111e alle altre Dignità, giusta la bolla di fondazione del Bonadies e la consuetudine pili che bicentenaria» 1 ~.
li decreto, che porta la data del I O luglio 19 I 9, ricalca quello di Adranoi:'. l,a cura delle anin1e è affidata a! prevosto-parroco da scegliere 1ncdiante concorso. Sono soggetti alla sua giurisdizione quattro
l.ì
14 L'i
lbid.. 362-365. /bid.. 364. f/Jfd., 358~362.
Le con[lizioni di vifll del clero non parrocchiale catanese
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vicari cooperatori, che svolgeranno il loro 111inistero in altrettante chiese sacran1entali site nel territorio co1nunale. I rapporti fra parroco e capitolo sono regolati dalle norme del codice c dalle particolari disposizioni del vescovo.
2.3. Erezione della parrocchia nel comune di Biancavilla
r>iù difficile appariva la soluzione per il con1une di Biancavilla, dove la cura delle anime dal vescovo Pietro Galletti, con il decreto di erezione della collegiata del 26 settembre 1746, era stata affidata a tutto il capitolo. Il vescovo Nava, pri1na di redigere il fonna!e decreto di erezione della parrocchia e non1inare il parroco a nonna del codice di diritto canonico, chiese il parere ai canonici. li capitolo si riunì il 12 giugno 1820 e tutti espressero singolarmente il proprio parere, che fu verbalizzato: su dodici canonici solo tre si dissero favorevoli al progetto del vescovo 16 ; gli altri assunsero un atteggian1ento diversificato: dal rifiuto più o meno netto", alla proposta di chiedere alla Santa Sede di affidare la cura abituale al capitolo e la cura attuale ad un vicario, secondo le nonne previste dal codice 18 , al proposito di esan1inare attenta111ente il caso e verificare se esistessero gli estre111i per pron1uoverc un processo in difesa dei propri diritti presso i tribunali ecclesiastici". li vescovo, avuto il parere, il 20 agosto 1920, emise il decreto nel quale si erigeva fon11aln1ente la parrocchia Santa Maria de!PE\e111osina nel cotnune di Biancavilla e la cura delle ani111e veniva affidata al prevosto pro tempore, alle stesse condizioni indicate nel decreto di Adra110 20 .
16 Danno i! proprio assenso: il prevosto !)iccionc, il tesoriere Portale, i! canonico Caselli (ASD, Episcopato Frane/ca 1\lava, carpclta 19, Biancavilla). 17 Si dichian1110 contrari: il cantore Verzì, i canonici Buco!o e Randazzo. Dissentono co1nunquc. anche se non inlenclono contrapporsi rii vescovo, i canonici Lanaia Castelli e Lanaia Leocnta (ihid. ). is Il canonico Gioco (ibid). 19 È la proposta de! decano Distefano e del can. Salon1one (ibid. ). 20 /\so, T11tt'Atti 1920-1954, 39~42.
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Adolfo Lo11ghàa110
I canonici, convinti che il vescovo avesse conculcato un loro preciso diritto, presentarono ricorso alla Congregazione del Concilio che, dopo tre anni (il 20 dicembre 1923), fece conoscere la sua decisione: il decreto dcl vescovo Nava veniva confennato in tutte le sue parti; la collegiata di Biancavilla non aveva soggettività giuridica, perché non era stata 1nai eretta a nonna del diritto canonico; infatti l'erezione di un capitolo poteva essere fatta solo dalla Santa Sede e il decreto dcl vescovo Galletti del 1746 doveva essere considerato privo di ogni rilcvanza 21 . La risposta della Congregazione, per molti aspetti sorprendente, spianò al vescovo Nava la strada per cornpletare senza opposizioni la sua rifonna. Gli altri capitoli dci co111uni - se pure avessero voluto far valere i propri diritti - trovandosi nelle stesse condizioni della collegiata di Biancavilla, erano privi di soggettività giuridica, perciò incapaci
di levare la propria voce in difesa della prassi seguita per il passato.
3. Tipologia delle collegiale superstiti
Anche se soppresse dalle leggi eversive del 1867, le collegiate
della diocesi di Catania continuavano la propria vita e la propria attività. Tuttavia le loro situazioni erano diverse eia luogo a luogo. Quella di Catania, essendo stata eretta da Eugenio IV i I 31 marzo 1446, dal
punto di vista giuridico non poneva alcun problerna. Dal punto di vista della funzionalità, da te111po si dibatteva in una grave crisi dovuta alla 111ancanza di risorse econo111iche. All'atto della fondazione i benefici erano stati costituiti anche con le rendite di alcune chiese sacran1entali. In seguito alle ri111ostranze dei fedeli e dei cappellani sacra1nentali interessati, i canonici, nel corso del secolo XVfl, avevano rinunziato a
21 J\sD, Episcopato Francica 1Vava, carpetta
19, Biancavilla.
Le condizioni cli vita ciel clero non parrocchiale catanese
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far valere i propri diritti e si erano orientati verso altre forme di redditi, che erano co1nunque precari 22 • Negli altri comuni della diocesi esistevano formalmente sette collegiate: Adrano, Biancavilla, Paternò, Belpasso, Nicolosi, 'frecastagni, Viagrandc. C'era, però, una notevole differenza fra le collegiate dei pri1ni tre con1uni e quelle degli altri quattro: 111entre le pri1ne, trovandosi in centri abitati popolosi, avevano avuto in passato redditi più consistenti, una certa vitalità e costituivano ancora per il clero un 1110tivo di distinzione e di prestigio, le altre avevano condotto un'esistenza precaria per difficoltà econon1iche e per 111ancanza di clero. In linea di principio si nota nella Santa Sede, nel vescovo e nel clero la volontà di 1nantenere in vita queste istituzioni. Le leggi eversive dello Stato erano state da se111pre considerate ingiuste; perciò non potevano avere alcuna rilevanza per l'ordinan1ento canonico. Le collegiate, per quanto prive di risorse, dovevano continuare a svolgere le loro funzioni di se111pre2 ·'. Fino a quando, però, fu loro affidata la cura delle ani111c, potevano ancora sentirsi coinvolte nelle attività parrocchiali. Con la 110111ina dei parroci personali, i canonici non dovevano più occuparsi delle attività spettanti al parroco. Loro cotnpito principale era quello della recita in coro delle ore canoniche e della celebrazione della 111essa conventuale, secondo le prescrizioni degli statuti 2-1.
22
A. LONGHITANO, ()/igarchie fa1niliari ed ecclesiastiche nella controversia parrocchia/e di (~ata11ia (.1·ecc. XV-X//l), in Chiesa e società in Sicilia. 1 secoli ,\'ff,YVJ, a cura di G. Zito, SE!, Torino ! 995, 293-322. v Nei questionari, sui quali i vescovi dovevano redigere la relazione nella visita ari hn1i"na, <1lcune don1ande rigunrdavnno resistenza dei capitoli delle collegiate, i! loro status giuridico e la loro funzionalità. 2 -1 li servizio corale si svolgeva secondo queste indicazioni: i canonici della cattedrale, divisi in due turni settimanali, ogni giorno recitavano tutte le ore canoniche e celebravano la 1ncssa conventuale. l canonici della collegiata di Catania recitavano in coro le ore canoniche e celebravano la incssa conventuale nelle clo1ncniche e feste cli precetto anche soppresse, nelle ottave dcl Corpus Donlini e dell'I111111aco!ata. nelle ferie di <1vvcnto e cli q11aresin1<1 cd in <1liri giorni stabiliti negli sl<1tuti. I canonici cle!la collegiata di 1\drano si riunivano in coro in due turni scttiinanali per recitare le ore ininori il 1nercoledì e il sabato, tutti insicn1c nelle domeniche, feste di precetto e nel giorno dei 111orti; inoltre recit<1vano vespro e compieta il sabato e nella vigilia della feste dci due .'ianli patroni (l'Assunla es. Vincenzo), ncll'o1tav<1rio dcl Corpus Do1nini e nella novena di 11<1talc~ recitavano tutte !e ore canoniche solo nella notte di
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Questa nuova situazione avrà contribuito a deresponsabilizza1;e i canonici e ad orientarli maggiormente verso quel culto fastoso e formale, che aveva toccato il suo apice nei secoli XVll-XVlll 25 • I membri di un capitolo, anche se percepivano rendite modeste dal loro beneficio, non rinunziavano al prestigio derivante dall'appartenenza ad una élite clericale, dall'appellativo di "canonico" e dagli abiti speciali (le "insegne") previsti dagli statuti. Sono note le controversie che si avevano fra i canonici delle collegiate. Le cause erano diverse: l'equa distribuzione delle rendite, la regolarità nel servizio, la difesa dei propri diritti ... li vescovo Nava nel sinodo diocesano del 1918 aveva fatto inserire una norma su questo argo111ento:
((Infine esortiaino con tutte le nostre forze i prevosti, i capitolari e tutti gli altri che prestano servizio nelle collegiate che di buon grado e con il 111assin10 zelo, riunendo tutte le proprie forze e 1nesse da parlc le inutili contese, si adoperino allo sviluppo della propria co!legiata ... »26 .
Se le autorità ecclesiastiche volevano che le collegiate continuassero a svolgere le loro funzioni, non erano certan1ente i canonici a tirarsi indietro. Abbiamo già visto che i canonici delle collegiate di Adrano, Paternò e Biancavilla, quando il vescovo Nava chiese il parere per attuare la rifor111a parrocchiale, ritennero -fuori discussione la sopravvivenza dei capitoli. Nella risposta della Congregazione del Concilio al ricorso dei canonici di Biancavilla si leggeva la nota:
natale, nella settilllana santa e nel giorno dci n1orti. I canonici della collegiata di Patcrnò recitavano tuHc le ore canoniche nc!!c don1c11ichc e nei giorni l'estivi, nella settimana santa, nei venerdì cli n1arzo, nell'ottava ciel Corpus Domini. Per i canonici della collegiata di Biancavilla si dice solainenle che recitavano !e ore canoniche e celebravano i riti sacri nelle principali reste dell'anno. Delle collegiale dei centri nlinori c'è qualche notizia solo per Belpasso e Viagrande (AH.CllJVJO SEGf<ETO VATICANO, Re/ationes Dioecesi1t111, Catancn. f=Relazionel l 916, 21-30). 25 A. LONGHITANO, La "co1111111ia" nel/ 'urea nissena: 111ode/lo giuridico e finalità pastorali, in Synaxis 15 ( 1997) 283-31 O. 26 !J~vnodus Dioecesona Catanensis ab E.1110 ac R.1110 loscpho card. Francica Nava Archiepiscopo celebrata anno ! 918, Ex schola typ. Ospitii a S. Corde Jesu, Calanac 1918, art. 422. La traduzione italiana dci decreti sinodali è nostra.
Le contlizioni
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vita del clero
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parrocchiale catanese
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«Essendo risultato dagli atti che il capitolo non ha legittiina origine per essere stato costituito senza apostolico beneplacito, esso dovrà fare istanza alla S. Sede per ottenere !a !cgitti111a crezione» 27 .
Dinanzi ad un invito così autorevole, i canonici delle collegiate dei tre comuni pili popolosi non tardarono a presentare formale richiesta e la Santa Sede, con apposito documento, eresse tre collegiate ad honore111 2", cioè collegiate che, pur essendo prive di benefici, potevano usufruire dei privilegi previsti dalle nonne canoniche. Per ognuna di esse furono stabiliti: il numero delle dignità, dei canonici, dei mansionari, l'abito specifico delle dignità e dei canonici, i diritti e i doveri dei membri del capitolo. Nelle intenzioni ciel vescovo e della Santa Sede probabilmente c'era il desiderio cli grntificare in qualche modo il clero, obbligato ad accettare la riforn1a parrocchiale voluta dal codice. Ma non sen1bra del tutto fuori luogo far notare la 111ancanza di realisn10 e di un autentico sensus E'cc/esiae di tutti i protagonisti di questa vicenda: proprio quando appare evidente che le collegiate sono prive di consistenza giuridica ed operativa, invece di farle decadere del tutto, si prende l'iniziativa di dar loro una nuova identità fortnalc per farle sopravvivere. Si pennette, in tal 1nodo, la pcr111anenza nel clero di una 111entalità gretta, litigiosa, fonnalistica, legata a interessi particolari ed insignificanti. Non 1nanca110 le testi111onianze di un diversa sensibilità. Nel 1903 la chiesa 111adre di 'l'recastagni - già sede di una collegiata - era priva del responsabile della cura d'anin1e. Il vescovo da tre anni aveva affidato la cura ad un vicario econon10, in attesa di poter non1inare arciprete un sacerdote del luogo, secondo le nonne previste dagli statuti. Nel fratten1po il vescovo, tra111ite il vicario cconon10, aveva 111anifestato il proposito di ripristinare la collegiata. I sacerdoti ciel luogo gli
27 2
AsD, Episcopato Francica 1\ic1va. carpcttri 19, Biancrivilla. ru eretta quella cli 13ianerivilla (20 ottobre 1924), poi quella di
~ Per prirna
Adrano (6 giugno 1928), infine quella di Paicrnò (21 1nriggio 1929). I relativi decreti furono pubblicali nel !30/lettìno Ecclesiastico.
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inviarono una lettera in cui, pur ringraziandolo per la proposta, con espressioni molto rispettose fecero notare al vescovo che il vero proble1na non era tanto la ricostituzione della collegiata, quanto la 110111ina del parroco: «Nell'ulti1na riunione dei casi questo rev.do econon10 ci partecipò che !'E.V. R_ev.n1a sarebbe proclive a ripristinare la nostra insigne co!legiata; noi, pur gradendo infinita111ente un tratto così benevolo senza punto 111critarlo, osia1no, con tutta !a più illi1nitata sotton1issionc, pregare !'E.V. Rev.n1a che pcl n10111ento invece di voler ricostituire la collegiata si degni piuttosto, essendo orn1ai decorsi tre anni, toglierci dall'attuale stato provvisorio ed eleggere definitivan1ente il parroco ai tcrn1ini della nostra fondazione. Non insistia1110 sul proposito perché sian10 sicuri che !'E.V. R.ev.111a tanto il!un1inata e prudentissin1a cotnprenclerà bene che il volerci un1iliare dippill e tener pili a !ungo le cose nello stato provvisorio, è di grave danno al!a chiesa, a noi clero, ed al paese tutto» 29 •
Non è un caso che i canonici superstiti delle quattro collegiate dei comuni m111on non abbiano chiesto alla Santa Sede il decreto di fonnalc erezione, seguendo l'ese1npio dci loro colleghi di Adrano, Biancavilla e Paternò. Forse per loro era pili evidente che si trattava di istituti superati; anche se avessero voluto farli rinascere, il 111inor numero di sacerdoti non permetteva di coprire gli organici previsti dagli statuti. Ma si poteva giungere alla stessa conclusione considerando il nuovo indirizzo dato dal legislatore all'esercizio della cura delle ani111e: se il codice di diritto canonico pro111ulgato pochi anni pri1na obbligava il vescovo a passare dalla cura collegiale alla cura individuale delle ani1ne, doveva apparire chiaro che le antiche cotnunie o collegiate non avevano più 1notivo di esistere, a 1neno che non avessero voluto li111itarsi a svolgere un culto esteriore e forn1ale.
29 Aso, l:/Jiscupatu Francica 1\lava, c<1rpcH<1 28. Trccuslngni.
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4. La situazione eco110111ica ciel clero Fra gli elementi che hanno condizionato la cultura del clero cli questo periodo storico merita un particolare approfondimento il siste1na econon1ico su cui si fondava l'ordinan1ento della Chiesa in generale e del clero in particolare. Se nelle prin1e con1unità cristiane era stato introdotto un sistema centralizzato (le offerte confluivano in un'unica cassa ed il vescovo le distribuiva secondo un criterio unitario), 1nan nlano si introdusse e prese il sopravvento il sistetna beneficiale (ad alcuni uffici era annesso un beneficio, cioè una rendita sicura per garantire al suo titolare un equo sostenta1ncnto)~ 0 . Il sisten1a beneficiale non solo non assicurava a tutti i sacerdoti una sostanziale parità econo1nica, nla lasciava scoperti i titolari cli quegli uffici ai quali non era annesso un beneficio e, in genere, tutti coloro che erano in attesa cli ricevere un ufficio o non erano più in grado di esercitarlo.
4.1. Il patriinonio sacro In questa situazione si spiega l'obbligo del patri1nonio sacro sancito dalle nonne canoniche: chi aspirava a ricevere gli ordini n1aggiori doveva dimostrare di possedere un reddito sufficiente al proprio sostentatnento-11. La quota n1ini1na del reddito veniva stabilita per legge,
311 L. TllOMl\SSIN, Vet11s et nova Ecc/esiae disciplina, !li. Ex typographin Ba!leoninnn, Venetiis 1730, 1-79; 278-345: L. FERRAl<IS, Fro111pta hib/iothcca canoni"ca, iul'fdica, moralis, theologica. voce Benejì"ci11111, l, ivligne, Lutctiae Parisiorun1 1858, 1061-1242; Cì. fVlOLLl\T, Hénéjices ecclésiastiq11es cn occident, in /)ictionnaire de droit canoniq11e, Il, Lctouzey et Ané. Paris 1937, 406-449; \V. 1\1. PLOCJ-IL, Storia del diritto canonico. L traci. it., tvlassi1no, tvlilano 1963; 97-101: 267-285: Il, 383-440 . .Il L. FERRARIS, op. cit., voce Patri111011i11111, V!. 169-182: R. NAZ, Titre d'ordina/fon, in l)ictionnaire de f)roit C'a11011ique, VII. Letouzcy et Ané, Paris I 965, 1278-1288; A. TALAMANCA, Patri111011io sacro, in Enciclopedia dcl Diritto, XXXII, (Jiunh:, l\1ilano 1982, 425-430.
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111a non sen1pre assicurava di fatto al titolare di che vivere, anche perché non erano rari i casi di costituzione fittizia di patri1noni sacri 32 . Le conseguenze derivanti da questa situazione erano 1nolteplici: a) alcuni candidati, dopo aver finito il corso di studi, restavano "parcheggiati" in se1ninario in attesa che uno dei diversi enti apposi-
tamente costituiti mettesse a loro disposizione il patrimonio necessario o che il titolare di una parrocchia o di un ente cco1101nica111ente ricco si in1pegnasse ad assicurare loro il sostenta1ncnto; b) spesso i sacerdoti, con1e si è eletto, riuscivano a n1ettcrc insie111e il patri1nonio solo con le rinunzie dei propri fa111iliari, che agivano con la logica dell'invcstin1ento: fare un sacrificio oggi per avere di più do111ani. Pertanto, in 111olti casi, il sacerdote) oltre che al proprio sostentan1ento,
doveva pensare a quello dei genitori, di sorelle nubili, di fratelli minori ... ; c) la stretta connessione esistente fra Pufficio esercitato e il sostentan1ento del suo titolare poneva delicati problc111i di coscienza in caso di ri111ozione o di trasferin1cnto: il vescovo pri111a di ri1nuovere o trasferire un sacerdote titolare di un beneficio doveva aver risolto pre-
2 " «In Sicilia vigeva l'obbligo i111poslo dal Conconlato dcl 1818 (arL 21) di costituire un patrimonio sacro, al n101ne11lo dell'ordinazione suclcliaconale, di ducati 50 (L. 212,50) co111c 111i11i1110 e ducati 80 (L 340) co1nc 111assi1110 dal quale ricavare un annuo redclilo per il proprio soslenla1nen!o. Tra i documenti presentali per !'ordinazione al suddiaconato si possono riscontrare atteslnti di costituzione cli patri1nonio sacro che rivelano le diverse possibilitù dei chierici per assicurarsi una rendita certa. Orclinarian1enle era !a 1~11niglia che, oltre al carico econo111ico del niantcnin1ento in se1ni11ario sino al giorno dell'ordinazione sacerdotale, se ne assun1eva l'onere. Si anticipava la parte di ereditù che in futuro sarebbe spettata a! figlio, oppure tutli i Jì.uni!iari si sacrilìcavano per costituire il patri1nonio richiesto. Non si possono escludere de! tutto profonde n1otivazioni religiose, n1a non erano certo assentì precisi calcoli di investi1ncnto soeio-econo111ico. In tal n1odo, in ogni caso, si rorli/1cava un legarne di interdipendenza cconon1ica che rendeva il figlio o il frntcl!o sacerdote debitore nei confronti del nucleo fainiliare e. spesso anche della parentela. 11 prete si sentiva obbligato in coscienza, oppure per precisi accordi stipulati al 111on1ento della costitu7.ione dc! patriinonio, a rifondere quanto aveva ricevuto, sia i1npegnandosi a 111igliorare le finan7.e della fan1ig!ia. sia facendosi carico in pri111a persona c!cl!e più svariate necessitù della vila dc! propri J~1niiliari. Erano, tuttavia, più gli obblighi contratti che i benefici econon1ici annui goduti)) (G. ZITO, li S'ovvenire ... , cit.. 25). Le nonne ciel concordato restarono in vigore anche dopo !'unit<l d'Ita!ia e !e trovian10 citate negli aui di costituzione dcl patrinuinio sacro di questo periodo (AsD, Clero, Ordinazioni sacre 1905-1906).
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ventivamentc il problema del suo sostentamento e ciel suo alloggio. Perciò se in teoria il vescovo era libero di assegnare ai sacerdoti l'ufficio che riteneva più opportuno, secondo il bene prevalente della ani1ne, in realtà era obbligato a lasciarlo al suo paese di origine, dove poteva contare sulla sua fan1iglia per l'alloggio e l'assistenza; d) se si escludevano i sacerdoti provenienti da fan1iglic agiate, tutti gli altri (cioè la maggior parte) vivevano solamente con i proventi del loro n1inistero e in particolare con i cosiddetti "frutti o diritti di stola", cioè le offerte date dai fedeli per la celebrazione della messa, l'an11ninistrazione dei sacran1enti, le esequie-'-\ .. ; e) dal punto di vista de! ruolo svolto dal sacerdote si nota facihnente una incongruenza: egli è obbligato a svolgere un ministero a tempo pieno per la comunità, perciò dovrebbe essere la co1nunità a garantirgli il sostenta111ento. In realtà nella 1naggior parte dei casi la co111unità lascia al sacerdote il difficile compito cli procurarsi di che vivere, obbligandolo ad "inventarsi" delle attività che dovevano essere considerate "decorose" per il suo stato.
4.2. Le fonti cli sostentamento del clero li vescovo Nava nella relazione ad limina del 1916 scriveva: «Ad eccezione degli ecclesiastici che appartengono al capitolo della cattedrale, gli altri vivono a stento con !e elen1osinc delle 1nesse - che nella 111aggior parte dei casi provengono dalle altre regioni - con i frutti degli altri n1inisteri o con i benefici ecclesiastici»-'--!_
a) li reddito che il capitolo della cattedrale assicurava ai canonici è descritto nella stessa relazione:
.n R. NA7., Éto/e (droif et Ané, Paris 1953. 493-494: lfliliano, XV!!!, UTET, Torino _,--!Relazione 1916, 20.
d'), in Dictionnaire de J)roit C'a11011iq11e, V, Latouzcy G. CARON. Sto/o (JJiritto (/,), in 1Vovissi1110 Digesto
1971. 456-458. La traduzione italiana elci teslo delle relazioni è nostra.
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«I singoli canonici ricevono ogni n1csc i frutti della prebenda, che può es-
sere 111aggiore o 111inore in relazione all'au111ento o alla di111inuzione delle rendite. Attualn1entc la son1111a totale si aggira sulle 230 lire, che è ain-
1ninistrata con il siste111a del!a 111assa co1nune. Oltre questa son1111a i canonici ricevono !e distribuzioni quotidiane, che provengono dalle so1n1ne che la n1ensa vescovile è tenuta a versare ogni anno al capitolo» 35 .
Se si tiene presente che gli aventi diritto alle prebende erano dodici, si può dedurre che ogni canonico poteva contare su circa venti
lire al n1esc. b) i "frutti di stola" erano più consistenti per il clero addetto alla cura delle anin1e: infatti solo nelle chiese parrocchiali o sacran1entali era possibile celebrare il battesimo, il matrimonio ed altre particolari funzioni. Questo 111inistero poteva essere svolto piena1ncnte dai sacerdoti muniti di tutte le facoltà (confessione utriusque sexus e predicazione). Gli altri potevano otìì·ire un aiuto n1arginale, se erano richiesti.,6. Dai dati statistici sopra riportati e dalla docun1entazione presa in esa1ne si deduce che solo una parte del clero poteva confessare l'uno e l'altro sesso. Con quali criteri veniva conferita questa facoltà? C'era anzitutto un criterio di età: ai sacerdoti appena ordinati si consentiva di confessare solo i ragazzi o al più gli uon1ini. C'era, poi, il problen1a di superare gli esa111i previsti. Infine la facoltà di confessare le donne poteva essere negata per n1otivi disciplinari (poca sotto111issione al vescovo) o per 111otivi n1orali (con1portan1enti non proprio irreprensibi-
1i)JJ'
lhid., 21. Nella relazione dcl 1908 i! vescovo Navn scrive che i sacerdoti uc!detti alla cura delle ani1ne, pur nvendo bisogno della collaboruzionc di altri sacerdoti, non scrnpre erano in grudo di invitarli per la povertà delle rendile delle chiese parJ'occhiali o suera1nentalì (Relazione 1908, 31). 17 - Nel sinodo diocesano sono indicati i criteri con cui era conccssu lu raeo!là cli confessione: i giovani sacerdoti cn1110 esortali n lenersi pronti per essere sottoposti a!l'esainc richiesto per avere la facoltà cli conressione (5)111od11s Dioecesana Catanensis, cil., art. 154); coloro che avevano avuto la facoltà erano obbligati a purtccipa.l'i 16 -
Le con{liz;oni di vita del clero non parroccht'ale catanese
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Norme specifiche disciplinavano la concessione e l'esercizio della facoltà di predicare: per ottenere la facoltà di predicare era necessario aver superato un apposito esa1ne 11'; il candidato all'esan1e doveva saper distinguere i diversi significati della S. Scrittura, sapere spiegare le più con1uni parabole evangeliche, secondo i co1nuni criteri di una sana esegesi; conoscere i principi fondan1entali della sacra eloquenza; conoscere le principali direttive e nonne date su questa 1nateria dalla Santa Sede e dal vescovo; essere capace di pronunziare chiaramente le parole e di farsi comprendere dal pubblico"; era richiesto il nulla osta del vescovo per affidare ad un sacerdote di altra diocesi il con1pito di predicare aln1eno un triduo 40 . Il sacerdote che aveva ottenuta la facoltà di predicare non aveva di per sé l'obbligo di esercitarla, a meno che non fosse impegnato nella cura d'anin1e. Infatti solo i parroci o i cappellani sacra1nentali erano obbligati a tenere la catechesi agli adulti e solo nella messa parrocchiale o principale della domenica e delle feste c'era l'obbligo di fare 1'01nclia; nelle altre 1nesse, se era presente un congruo nu1nero di fedeli, il celebrante era obbligato a leggere in italiano il testo evangelico e a dare una sua brcvissin1a spiegazione41 • Alcune testimonianze in tema di facoltà per la confessione e la predicazione possono aiutarci a co1nprendere il proble1na: 1nentre alcuni sacerdoti non di1nostravano interesse ad avere le facoltà necessarie per svolgere piena1nente il tninistero pastorale, altri chiedevano inutilmente la concessione di queste facoltà. li 17 gennaio 1906 il sac. Francesco Gulisano scrive preoccupato al vescovo una lettera:
re alle riunioni 1ncnsi!i per la soluzione dci casi 1norali (art. 155); chi senza valido n1otivo J'nceva un terzo di assenze era privato della J'neoltù cli confessare (art. 158); so~ lo in pericolo di 1norte i sacerdoti privi della facoltà potevano assolvere i penitenti (art. 159). 18
lbid, arl. 27.
_w lb1'd., art. 31. 40 11 ·
lbid., art. 22. lbid., arL 11.
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Adolfo Lrmghdano
«Nel Bollettino Ecclesiastico del l 5 corrente ho letto il 111io non1e fra i sacerdoti invitati a presentarsi all'arcivescovado il dì 8 prossin10 febbraio per dare gli esaini di Teologia Morale in ordine all'abilitazione pro utroque. Sottoinetto all'E.V. Rev.n1a che con 111io dispiacere non potrò pre-
sentarn1i; prin10 perché dacché ascesi al sacerdozio, anzi da 111olti anni innanzi, io non ho potuto studiare per gravi n1otivi di salute e fì-a questi il 1notivo gravissin10 dei 111iei nervi an1111alati, che assolutan1ente non n1i pennettono di app!icarn1i se non a qualche breve lettura distrattiva, quando ne ho il ten1po; secondo perché io non posso e non elevo confessare donne, tranne il caso che esse si trovassero in al'ficu/o n1ortis ed in 111ancanza di allro confessore, che si prestasse a confessarle: Nun1quid on1nes confessarli n1ulierun1?» 42 •
In un'altra lc!tera di tenore opposto, il sac. Mario Scucleri, il 19 ottobre 1909, chiedeva insistenten1entc al vescovo la facoltà di confessare le donne per essere in grado di svolgere pienan1ente il in in istero sacerdotale: ((Quantunque io n1i sia indirizzato ad un nuovo genere di studio scolastico, pure non ho saputo diinenticare l'alto n1io 111inisfcro sacerdotale, che anzi 111i son n1esso con zelo ed an1ore nel disin1pegno del n1io 1nodcstissi1no ufficio di rettore della chiesa di Sant'Agata le Sci8rc. Il n1io prograin1na spero sarà se1npre di lavorare con in1pegno e zelo con1e al passafo nella vigna del Signore, ed è perciò che 111i son fatto sacerdote. Voglia Iddio benedire le inie rette intenzioni. En1inenza, io sono piena111ente convinto che non basta la predicazione; n1a il vero, l'unico efficace n1ezzo per fare un po' di bene fì·a i fedeli è la confessione. Mollissin1e persone fhnno spesso istanza 8 volersi confessare Cl n1e, ed io sono costretto a ncganni per non essersi Vostra E1ninenza be11ignC1ta a concedcnni le facohà di confessione per le donne. Non è un 111io desiderio che intendo espri111erle,
12 · Aso, Episcopato Francica 1\lava. carpetta 4, Clero. Il sac. Francesco Gulisano era nato nel 1870. Perciò qunndo scrisse la lettera doveva compiere trcntnsci nnni. Fino a tarda clù svolse J'ufTìcio di <1rchivist<1 nella curia diocesana.
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111a piuttosto il bisogno sentito fra i fedeli; ccl io non ho saputo fhre altro che ciò stesso esprin1erle con !a presente)) 4 -'.
La prassi seguita, di concedere ad un nu1nero ristretto di sacerdoti la facoltà di confessare le donne, spesso raceva 1nancare i confessori durante la quaresin1a o nei periodi di 111aggiore aflluenza di fedeli. Di fronte alle concrete necessità pastorali, toccava ai vicari chiedere al vescovo eccezioni te111poranee, con1e clocu1nenta la lettera del vicario
di Belpasso del 24 marzo 1914: «Non a capriccio nell'ultin1a inia lettera de! 12 c.
111.
pregavo V.E. a fcr
coltare i due Roccella sacerdoti per ricevere le confessioni delle donne, perché a!trin1enti non vi potrà essere n1ai il ten1po cli contèssare tutti; e già da 1nolte si incon1incia a lainentare la 111ancanza dei confessori. A buoni conti più di duecento ragazze si preparano a ricevere la Ss.n1a Co-· inunione pasquale, onde 1ni pare che il poco te111po che ri111ane non sia sufficiente a contentare tutti. Prego V. E. a 111anifestarn1i il 111odo che fare in tale caso» 44 •
Il vescovo Nava accolse la richiesta e rispose al vicario: «Avuto riguardo al bisogno che si ha in codesta parrocchia di confessori durante !a Quaresin1a, faculto per questo solo tcn1po i due sacerdoti R_occel!a a confessare pro utroque, purché dopo Pasqua si presentino agli csan1i. ll sac. Rocce!la tl1 Giovanni ieri non ha dato prove sufficienti e quindi deve ripetere gli esan1i» 4 5.
·LI lbid. Il sac. Mario Scuderi era nato nel 1877, perciò quando scrisse !ti lettera aveva superato i trent'anni. Gli studi ai quali fa cenno erano quelli per conseguire l'abilitazione all'insegnaincnto nelle scuole ekrnentari. Infntti nell'annuario del 1913 risulta residente a S. Vito di Cadore dove faceva il maestro ele1nentarc. Sc1nbra in1probabi!e che In 1nancata concessione delle facoltà cli confessare le donne si possa spiegare con una sua incapacità a superare gli esani! previsti. Quasi ccrtan1cnte ci saranno stati 1notivi di natura disciplinare o 1noralc. lnl-~1lli dal registro generale delle 13coltà risulta che egli abbandonò il 111inistcro nel 1915. ·1·1 ASD, Ej1iscopato F!'oncica 1\lava. carpetta 26, Belpasso.
45
Jbid.
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L'unico frutto di stola garantito a tutti i sacerdoti era l'offerta per la 1nessa stabilita per legge, 111a che poteva variare in relazione ad alcuni fattori esterni (se feriale o festiva, se celebrata in orari o in luoghi sco1nodi ... )~<" li vescovo o la curia, di solito, avevano una certa disponibilità di intenzioni di messe da offrire ai sacerdoti pili bisognosi che ne erano privi. Sono proprio le lettere su questo argo1nento che ci pennettono di scoprire casi di vero bisogno fra il clero. Nel 191 O il sac. Agntino Chines ringraziava il vescovo che gli aveva fatto avere alcune intenzioni di rnesse. Nella lettera scriveva
con chiarezza: «ero senza
denari»~ 7 •
Lo stesso sacerdote in una lettera
successiva aveva accluso alla richiesta di aiuto lo sfratto dcl padrone di casa, pregando il vescovo di venirgli incontro per evitargli di finire sulla strada e dopo alcuni giorni scriveva: «Don1ani si tratterà la causa al Conciliatore ed io ccrta111ente sarò condannato a pagare l'intera son1n1a [ ... ]. Dopo i 111iei quarant'anni cii servizio nella chiesa di Catania e diocesi potrei don1andare un sussidio onesto per la inia vita, perché non soffrissi e desiderassi e poi alla 111ia età soffro doppian1ente»~~.
J_,a situazione non ca1nbiò se nel 1914 !o stesso sacerdote scrisse una lettera che riportiaino, perché cn1blen1atica della situazione in cui si trovavano non pochi sacerdoti:
~ 6 Nel sinodo si legge: «La lassa dioccsunu da noi stabilita per la 1nessa è di lire 2. Ognuno può acceltnrc trunquillninente so1n111c superiori offerte spontancrnncntc. soprallulto se sono date a n1olivo di una prcsl<1zione straordinaria o del viaggio)) (S)111od11s J)ioccsana (~atanensis, cil., art. 133). Considerato che l'intenzione della 1nessa costituiva l'unico rcddilo sicuro per il sacerdote, non doveva essere rara ln tentazione di au111cntarc le tarifJ'e dioccsrinc o di trovare i pretesti per chiedere di più ai fedeli. Il vescovo N<1va scrive in proposito <1lla Santa Sede: «Per quanto possa na~ sccrc il sospetto che qualcuno del clero violi le norme riguardanti le 111essc n1anuali, tuttavia nulla risulta all'ordinario» (Relazione 1916, 19~20) . 7 ..i ASIJ, Episcopato Francica 1\lava, c<1rpctta, 4, Clero. ~ 8 lbid. Il vescovo Nava scriveva alla Sunta Sede: «Per mancanza di redditi a Catania non c'è ancora una cris<1 che accoglie i sacerdoti infcnni o poveri. Si hanno però due <1ssociazioni di 111utuo soccorso che dispongono di alcuni introili e in criso di 111alattia aiutano i soci)) (Relazione 19 ! 6, 19).
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((Nello stato e nella triste posizione in cui io 111i trovo sono purtroppo at:. flirto perché non trovo risorsa in nessun n1odo. Non 111i rin1ane altro che stendere !a 111ano a qualche vecchio benefattore. lo sono costretto a vivere col!a e\en1osina della sola Messa, che per l'ordinario è di una lira ed un soldo, e qualche volta di lire due, e !a don1enica di lire quattro; a tutto asson11nato non oltrepassa le cinquanta lire. E con questa son1111a io dovrò vivere un 111ese, pagare la pigione di casa, pensare per le vestin1enta, lavatura e polizia di casa; oltre i bisogni dei n1iei inco111odi corporali, sperando sen1prc di potere celebrare ogni giorno. En1inenza Rev.n1a co111e è possibile che io possa tirare avanti con tale ristrettezza di finanza? Sono pieno di debitucci che affatto non posso soddisfare. A chi posso io ricorrere in tale congiuntura? Non 111 i ri1nane che don1andarc qualche soccorso dal Pastore, perché conosce i bisognosi dcl clero. Se da lui io ne vengo cacciato, non 1ni rin1ane che stendere (lo ripeto) la n1ano cd inquietare i n1iei vecchi an1ici, i quali si seccheranno delle inie in1portunanze. En1inenza Rev.ina 1ni rivolgo a! suo buon cuore e la prego in non1e di Dio dar111i qualche soccorso con qualche provveclin1ento, perché rea!n1ente ho bisogno ed urgente[ .... ]. Si ricordi che io 1ni trovo quasi quarant'anni di servizii e lavori nella chiesa, e 111i afOigge dover desiderare qualche volta anche il necessario nella n1ia età di settantacinque anni, e con qualche grave incon1odo sulla vista. lo spero ed aspetto da! suo buon cuore qualche provvedin1ento. Acceiti cli cuore la n1ia sudditanza e la inia un1iltà cli sacerdote. Bacio con rispetto le inani e la sacra porpora e con riverente un1iltà n1e le dichiaro un1ilissin10 tig!io» 4 'i.
Per le esequie, i fedeli avevano una 1naggiore libertà di scelta, perché erano nu1nerose le confraternite che si erano assunte di fatto il compito di celebrare i riti funebri dei loro soci. Alla celebrazione dci fi1nerali di solito erano invitati anche altri sacerdoti, che ricevevano un certo con1penso. Fra i 111inisteri che potevano assicurare un discreto reddito c'era la predicazione. I sacerdoti forniti della t~1coltà necessaria potevano
·19 1\SD, Epi'scopato Fì·anct'ca 1\lava, cn1vctla 4, Clero.
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111uoversi spesso durante l'anno per predicare nei quarcsi1nali, negli esercizi spirituali, nelle novene e nei tridui, nelle feste patronali ... Non 1nancano in archivio le lettere, che questi "predicatori" sentono il bisogno di inviare al loro pastore dai diversi luoghi in cui svolgono il proprio 111inistero per n1anifestare la propria devozione o per infor111arlo dei buoni risultati ottenuti 50 . c) Le risorse delle collegiate superstiti erano ridotte a ben poca cosa. Per la collegiata di Catania non possia1110 stabilire con certezza la quota spettante ad ognuno dei dodici canonici, perché i dati di cui disponian10 non sono con1plcti: «I singoli canonici e !e dignità godono di una piccolfl prebenda annuale. Tuttavia c'è un'altra rendita assegnata ad alcuni stalli in particolare. Infàtli il prevosto gode di una prebenda annuale di 337,75 lire; i! tesoriere riceve più o 111e110 90 lire [... ]; il cantore 8,65 lire; il decano 359,40 lire. In questa collegiata vige il sisten1a della n1assa co111une. C'è anche un'altra n1assa di circa 2.000 lire per le distribuzioni, secondo la partecipazione al servizio coralc»s1.
Nella collegiata di Adrano le quattro dignità ricevevano annual111ente 114 lire; gli otto canonici 106 !ire, oltre ad una certa son1111a per le distribuzioni quotidiane 52 • A Paternò le quattro dignità ricevevano 488,25 lire, gli otto canonici 450 lire annue". A Biancavilla tutti i canonici potevano contare su una prebenda cli circa 60 lire l'anno·'l-i. Le altre collegiate dei co111uni 111inori avevano rendite esigue 55 ; 11011 c'era
.'in Si veda la lettera elle i! sac. Salvatore A11u111li<1 ìnvia dal conllme di Valguarner<i, dove si era recato per un corso cli predicazione~ ci tiene ::i 18r s::ipere al vescovo di avere 18tto conoscere e illustrato la sua lcttcn1 pastorale sugli orritori !'estivi (ibid.). 51 Relazione 1916, 22. 52 !bid., 23. 5 -' !bid., 26. 51 · lbid., 28. 55 Per la collegiata di Nicolosi abbian10 le seguenti cifre: al prevosto toccavnno an11un!n1enle 102 !ire, al cantore e al tesoriere 76,50 ciascuno. riel otto dei dieci canonici 51 lire, rii due che occupano gli ul!in1i stalli 31.87 lire (Rel<izione 1916, 26). 1\ l3elpasso i! prevosto pcrcepivn unnualn1ente 51 lire, le singole dignità 38,25 lire, i
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però un nutnero sufficiente di sacerdoti per ricoprire gli organ1c1 vacanti. Su questo argomento può essere indicativa una lettera inviata il 31dicembre1910 da quattro mansionari della collegiata cli Nicolosi: «Ritenuto che questo corpo capitolare è forn1ato da una sola dignità, da un canonico e da quattro 111ansionari; ritenuto che i 111ansionari hanno per lungo te111po sostenuto i! culto collegiale; ritenuto che la dignità cd il canonico percepiscono non solo i loro diritti, ina anco !e distribuzioni degli a!tri undici stalli vacanti; ritenuto che tutti i servigi collegiali sono tutti a carico dei n1ansionari, tranne la 1nessa corale nelle do111eniche e tèstc; ritenuto che si ha una grande sproporzione nella distribuzione della 111ensa collegiale tra canonici e n1ansio11ari, coine risulta dai qui annessi specchietti degli ulti111i quattro anni; ritenuto che i sotto fìnnati, se ne addiverranno i due canonici superstiti, sono pronti a lasciare le prebende e le distribuzioni degli anni 1909-191 O, cli cui sono in credito, onde pagare tutti i debiti della chiesa e così portare l'an1111inistrazione al paregio; supplicano un1i!n1entc l'E.V. R_cv.n1a volere rin1ediarc a tanto inconveniente, secondo crederà opportuno e se lo crederà nccessario>> 56 .
La situazione di totale decadenza della collegiata cli -Nicolosi, denunciata dai quattro n1ansionari, era analoga a quella degli altri co111uni 1ninori, anche se il vicario di Bclpasso, nel 1911, chiedeva al vescovo di 1101ninare quattro 1nansionari per rie111pire i vuoti che si erano verificati negli anni precec\cnti 57 • d) Le rettorie delle chiese 11011 parrocchiali potevano costituire un ufficio an1bìto, non solo perché in n1olti casi offrivano al rettore un alloggio sia pure inodesto, 111a anche perché davano la possibilità di svolgere il 111inistcro con una certa auto1101nia. Se le chiese erano frequentate, a 1notivo di particolari devozioni o pratiche pron1osse dai rettori, si potevano prevedere offerte cli una certa consistenzn.
canonici 12,17 lire (ibid.. 28). A Viagrandc ad ognuno elci canonici andava la so1n111a annuale di 38,25 lire co1ne prebenda e cli 76j0 come distribuzione quotidiana (ibid., 29). Non si J~1 pili 81cun cenno de!!t1 collegi818 di Trccastagni. 56 ASD. Episcopato Francica 1\!ava, carpella 30. Nicolosi. 57 Aso, l~ìJiscopato Fra11cica 1Vava. carpetta 26_ I3e!passo.
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e) Altri uffici particolari (cappellanie di istituti religiosi, insegnan1ento in se111inario, uffici di curia ... ) da soli non potevano assicurare il sostcntan1e11to; potevano offrire un reddito sicuro, anche se n1odcsto 58 • f) Al di fuori di questi uffici ecclesiastici troviamo in questo periodo il ricorso di alcuni sacerdoti agli uffici statali (inscgnan1ento nelle scuole elernentari, nei licei o nelle università), che le autorità civili e religiose cercavano di scoraggiare, 111a che finivano per pennettcre a detenninate condizioni. Da parte delle autorità civili c'era la paura che anche Pinsegnamento pubblico ricadesse di fatto sollo l'influenza della Chiesa. Perciò se non potevano itnpcdire ai sacerdoti di conseguire il titolo di studio necessario e di presentarsi ai concorsi, !i obbligavano a sottostare alle leggi vigenti, fra cui quella di trasferirsi nella sede loro assegnata in tutto i I territorio nazionale. L,e autorità ecclesiastiche avevano preoccupazioni diverse e le trovian10 esposte in una lettera della Segreteria di Stato del 18 nove111bre 1920, che affronta direttamente il problema dell'insegnamento nelle scuole elementari: «[ ... ] È evidente che la scuola elen1enlare, aflidata al sacerdote, presenterebbe, specialn1cnte ai giorni nostri, grandi vantaggi. Basta rinettere che il niacstro 111iscredentc è il vero tra111ite per cui passano nc!!a popolazione delle cainpagne le idee più perniciose, tanto per n1czzo della cattiva educazione da lui i111partita agli alunni, quanto niediante la deleteria influenza che esso esercita sugli adulti, i quali, al niaestro, coine alla persona più istruita, sogliono in 1nolti casi far ricorso.
1; pure evidente che il sacerdote
insegnante può esercitare nella scuola e fuori della scuola una vera opera di apostolalo, sia coll'istillare buoni principi nell'anin10 dci fanciulli, sia
58
Non rilenia1110 particolnrn1ente rilevante, anche se a volte è s!alo artificiosa1ncnte enf~1tizzato, i! nulllcro dei sacerdoti che si dedicavano alle diverse nttivitù dcl cosiddetto ''n1ovi111enlo cattolico". Sul teina vedi: 1\. LONGJJJTANO, Parrocchia e realtà 11rhana, in (~hiesa e società urbana i11 Sicilia (1890-1920), Atti del convegno di studi. Catania, 18-20 n1aggio 1989, Galatea, Acireale 1990, 135-169: 149-161.
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acquistando su i niedesi1ni grande ascendente, e per 111ezzo di essi attirando alla Chiesa le loro fan1iglie eventualn1ente poco praticanti. Oltre questi vantaggi di ordine generale, il sacerdote stesso ne avrebbe non lieve utilità, specialn1ente quando potesse conciliare l'ufficio di niaestro con un niinistcro spirituale, ad es. di vice-parroco o di cappellano. 'fale vantaggio sarebbe sensibilissin10, pa1ticolarn1ente nei piccoli centri, perché si fo111irebbc a 1nolti sacerdoti un'occupazione quotidiana di alta utilità sociale, colla quale, non solo eviterebbero ogni pericolo di ozio, 111a si procurerebbero i niezzi di superare !e attuali difficoltà econon1iche» 59 .
Esposti gli aspetti positivi, il docu111ento passa ad analizzare quelli negativi: il sacerdote, per conseguire il diploma e per insegnare, deve inserirsi in un a111biente per 111olti aspetti pericoloso e deve sottostare alle autorità civili) che possono trasferirlo anche lontano dalla sua diocesi; la recente esperienza dci sacerdoti insegnanti nelle scuole pubbliche non è positiva; facendo un bilancio, appaiono scarsi i vantaggi conseguiti e niolti i danni provocati: 111olti hanno perduto lo spirito ecclesiastico, altri, insegnando in luoghi lontani dalla vigilanza del proprio ordinario, hanno acquisito la nienta!ità degli altri insegnanti, considerandosi a tutti gli effetti in1piegati dello Stator111 ; se si lasciasse ai giovani sacerdoti la piena libertà di dedicarsi all'insegnan1ento statale, 1110\ti, attirati dagli stipendi governativi, abbandonerebbero gli uffici ecclesiastici che occupano, con co111prensibile danno per la Chiesa. Posti questi rilievi, le conclusioni sono ovvie: «Se da una pa1te non sarebbe prudente un diniego generale del pennesso di frequentare le scuole norn1ali, dall'altra, i Rev.1nì Ordinari, tenendo sen1pre presenti i bisogni spirituali della propria diocesi, non devono accordarlo se non in casi particolari cd ai sacerdoti che per le qualità di cui
59 AsD, I',jJiscopato J;ì·r111cica 1Vava, carpe118 4, Catanio. 60 li vescovo Navn rilèriva allo Sanla Sede che dci cinque soccrdoti che avcvono abbandonalo il n1inistcro negli ultin1i anni, quattro erano insegnanti nelle scuole statali (Relazione 1916, 19).
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sono forniti fanno prcsun1ere che conserveranno intatta la loro vocazione sacerdotale, ed eserciteranno l'ufficio di n1aestro alla dipendenza assoluta
del proprio Ordinario e non per i propri con1odi, n1a con1e una n1issione n1ora!e e rcligiosn>/.i. Per aiutare i vescovi nel difficile compito di discernimento, il docu1nento forn1ula precise nor111e: l. Il pennesso, di regola, deve essere concesso a chi ha già ultin1ato il corso cli studi in sen1inario ed ha ricevuto il presbiterato; 2. Il sacerdote per prendere il diploma non deve fì·cquentare scuole 111iste, alle quali sono iscritte anche le donne; inoltre alle scuole delle grandi città devono essere preferite quelle della provincia, dove è più facile il controllo e minori i pericoli; 3. Se il sacerdote deve recarsi fuori dalla propria città deve prendere alloggio presso istituti ecclesiastici o presso un buon sacerdote; 4. Se deve recarsi in altra diocesi il vescovo raccon1811derà al vescovo del luogo di prendere il sacerdote sotto la sua direzione o vigilanza; 5. Ottenuto il diplon1a, il sacerdote deve ricordarsi che rin1ane vincolato con1e prin1a al proprio vescovo; quindi non può assu111ere l'ufficio di 111aestro senza il suo consenso, che di natura sua è revocabile; 6. Le nonne forn1ulate hanno effetto retroattivo e riguardano anche coloro che insegnano già nelle scuole statali; 7. Il vescovo, prin1a di accordare il pennesso di frequentare le scuole per conseguire i! clip!o1na o cli esercitare l'inscgnainento, farà finnare al sacerdote un docutnento in cui sono esposte le condizioni suindicate, avvertendolo che ne potrà esigere !'osservanza anche con il ricorso alle pene canoniche. Si trovano nell'archivio alcune di queste pron1esse giurate con le quali i sacerdoti che chiedevano cli conseguire un diplon1a o una laurea per insegnare nelle scuole statali si i1npegnavano ad osservare le nor1ne stabilite dalla Santa Sede 62 .
L.c. r, 2 «E1nincnzn. lo qui sottoscrilto, riconoscendo che in vìrtli dcl S8cerdozio sono obbligato di oecup<.ll'llli nel bene spirillmlc delle anime, confor111ando1ni <ll Decreto della S. C. dci Vescovi e Regol<lri del 21 luglio !896, alle deliberazioni delle Conferenze Episcopali Siciliane e ai decreli del Sinodo Diocesano, per cui ni Sacerdoti si pennette di prendere le lauree universitarie laiche solan1ente affinché negli isti61
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g) In alcuni casi c'era anche il tentativo di dedicarsi ad attività "profane", tollerate o proibite secondo la loro natura. Si veda in tal senso la lettera del sacerdote di Catania Vincenzo Barbaria, che probabilmente aveva la responsabilità della gestione di un albergo ed era stato nominato direttore dell'Associazione Italiana Alberghiera di Catania. Dopo un richiamo, egli informa il vescovo di aver rinunziato alla carica «per ubbidire ai desideri de!PE1nincnza Vostra 1nanifestati1ni e per essere il più possibile estraneo a cariche non confacenti al n1io stato sacerdotale» 6 ·'. lJna delle attività nella quale i sacerdoti continuavano ad essere in1pegnati era quella di precettori dei ba1nbini delle fan1 iglie pili abbienti, di insegnanti privati o di ripetitori'''. h) Un altro caso non raro era quello di sacerdoti che si orientavano a trasferirsi in altre diocesi italiane o addirittura negli Stati Uniti65 per trovare una sistcn1azione econon1ica di una certa sicurezza. Per il clero siciliano le diocesi calabresi, non sempre fornite di clero sufficiente, potevano costituire una 111eta. li 9 giugno 1927 il sac. CJaetano An1adio scriveva al vescovo: «I vescovi delle diocesi, dove sono anelato a predicare,
111 'hanno
111anif-è-
stato i! desiderio di aggrcgarn1i alla loro diocesi, se io avessi voluto <ledituti cattolici destinati a!!' istruzione si abbiano professori idonei e 1nuniti di diplon1a, e per dovere altrcsì personale cli giustizia, dichiaro sulla santitù de! giuraincnto che con1piuto che avrò ne!l'Universitù governativa i gradi accaden1ici, non n1c ne servirò per occupare dci posti contro l'espressa volont8 dell'Ordinario diocesano. nonostante ciò consigli asse il vantaggio proprio e della famiglia. Catania, 22 <1gosto 1918. Sac. Dr. Canne!o Scalia» (1\so, Episcopato l·i·ancica 1Vava, carpetta 4, Clero). 6."l lbid 6-l G. Zito. con riferin1ento all'<lrl. 478 dcl sinodo diocesano. ritiene che il vescovo stigmatizzasse ancora «i preti che giocavano d'azzardo, prestavano denaro, andavano a caccia, esercitavano l'arte medica, rungcvano da pubblici notai, eia a111111inistratori di beni. da incdiatori negli affari. da procuratori legali, da esattori di cainbiali e gabelle .. ,)) (G. ZITO, Il Sovvenire ... , cii., 27). In realt8 il sinodo non intende descrivere la situazione esistente a Catflnia: si li111ila a trascrivere l'elenco delle pro!Cssioni ~1011 decorose per i chierici, riportalo nei cann. 138-142 del codice cl! cliritto canonico. 65 C. NARO, C'hfesa nissena ed e111igrazione ag/f inizi del '900, in C'hiesa ed e111igrazione a Caltanissetta e in Sicilia nel 1\!o\'ecento. Atti dcl convegno di studi organizzato dall'Istituto Teologico ··~Aons. G. Ciuttaclauro'', Caltanissetta, 2-5 ottobre 1986, a cura di P. Borzoinati, Ed. de! Sen1inario. Caltanissetta 1988, 201-240: 203-218.
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canni alla cura di quelle ani111e. Persuaso che i! 111io ininistero sacerdotale non ha nessuno scopo nella Diocesi di Catania, prego l'En1inenza Vostra a rilascianni l'atto di scardinazione, secondo il can. 112, per potere altrove liberan1ente svolgere la n1ia sacra 111issione; ovvero il consenso, dato
in scritto, secondo il can. 114, per usufruire dei benefici offè1iin1i dagli Eccel!entissiini Vescovi» 66 •
li vescovo Nava, forse per evitare di perdere un sacerdote, si li1nitò a 1nanifestare una sua generica disponibilità a concedere la disces-
soria, se un altro vescovo si fosse dichiarato disposto ad accettarlo. Il sacerdote Amadio il 12 giugno 1928 riformulò la domanda esprimendosi con espressioni ancora pili fern1e: <dZingrazio l'E1ninenza Vostra della sua gentilissin1a e cortese risposta, però 111i pennetta farle notare che nessun Vescovo si inuoverà a scrivere diretta111ente, se non quando conosca l'anin10 ben disposto dell'Ordinario. Né i canoni prescrivono che la don1anda venga rivolta dal Vescovo accettante. Difatti in data 16 aprile e. a. l'arciprete di Polistena, Diocesi di Mileto, n1i scriveva: "Mons. Vescovo, venuto l'altro ieri, 1ni don1andò se Lei abbia intenzione di don1iciliarsi in queste diocesi. Sarebbe disposto il Cardinale a darle il discessit?". Ora a 111io parere, scusi Eininenza se sarò un po' ardito, !'Ordinario non può rifiutarsi dal pern1ettere ad un sacerdote, il di cui 1ninistero sacerdotale non ha nessuno scopo nella sua propria diocesi, di recarsi altrove a svolgere la sua sacra inissionc, anche perché egli possa avere un n1ezzo di vivere, che gli 111anca nella propria diocesi. Questo appunto è il n1io caso [ ... ]»('7 •
In due let!ere del 1916 e 1917 il segretario dcl vescovo eomu111ca al sac. Michele Maresca l'invio di alcune intenzioni di 1nesse e lo prega di celebrarle al più prcsto'• 8• Nel 1921 da una lettera del vescovo di Ne\v York sappia1110 che egli da più di un anno è en1igrato negli Stati
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Aso, Episcopato Frane/ca 1\!ava, carpetta 4, Clero. lbid. (iS fbid. 67
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Uniti 69 • Nel 1924 Io stesso sacerdote invia al vescovo Nava le dimissioni dall'ufficio di rettore della chiesa del Tindaro e chiede di essere escardinato dal clero di Catania per essere incardinato nella diocesi di Ne\V York70 • Dalla corrispondenza degli anni successivi si può notare che i rapporti fra i due rimasero cordiali. li sac. Maresca informava regolarn1entc il vescovo Nava del 1ninistero svolto fra gli en1igrati italiani e un giorno, in segno di gratitudine, chiese di poter applicare gratuita111entc delle 1nesse per le intenzioni del vescovo Nava 71 .
5. Il clero laureato L'urgenza di avere i docenti necessari per l'insegna111ento da i111partire ai chierici in sen1inario e per ricoprire gli uffici di 111aggiorc responsabilità nella curia diocesana obbligava il vescovo ad avviare alcuni sacerdoti ai corsi universitari nelle università pontificie e statali 72 • Il nu111ero di questi sacerdoti variava secondo la sensibilità dei vescovi e le necessità della diocesi. Considerati i pericoli che comportava per il clero la frequenza delle università statali o pontificie, alcuni vescovi cercavano cli limitare il più possibile il numero dei laureali. Altri, invece, volendo elevare il livello culturale del proprio semiuario ed assicurarsi validi collaboratori negli uffici di curia, si din1ostravano pili aperti e non 111ancavano di incoraggiare i giovani pili pron1cttenti a conseguire una laurea 7·1.
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lhid. Jbid. 71 lhid. 72 Non tuUi i sacerdoti che insegnavano in scn1inario risultavano forniti dci corrispondenti titoli di studio. Le carenze inaggiori si notavano fra i docenti dcl ginnasio-liceo. 111 alcuni casi questi docenli, pur non avendo il titolo, avevano unn pnr1icolarc conipctcnza o per avere frequentalo i corsi universitari senza aver conseguito la laurea o per essersi dedicati privatanicntc allo studio di una disciplina. Alcuni vescovi consicleravano ideali queste soluzioni che facevano evitare per questi docenti il rischio di ''fughe" verso l'insegnaincnlo nelle scuole statali. 71 - La tipologia dci sacerdoti laureati era diversa: se provenivano da fruniglic <:1giate potevano loro stessi prendere l'iniziativa di proseguire gli studi universitari e di provvedere nl proprio sostentainento, previa licenza del vescovo diocesano; se 70
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Nell'elenco del clero di Catania dcl 1913 risultano 17 laureati su un totale di 359 sacerdoti7 ... Dalle discipline in cui avevano conseguito la laurea e dalla corrispondenza di sacerdoti-studenti esistente in archivio, si può dedurre nel vescovo Nava una larghezza di vedute (se111prc relativa alla mentalità del tempo) nel provvedere alle necessità culturali della diocesi: due sacerdoti avevano conseguito a Lovanio la laurea in filosofia 75, un altro studiava alla facoltà orientale di Beirut 76 , altri studiavano a Ro111a S. Scrittura 77 e diritto canonico 78 , altri ancora frequentavano le università statali per conseguire la laurea in lettere 79 ; c'era un laureato in scienze naturali che, dopo avere insegnato nel seinvece !e loro condizioni errino n1odcslc, il vescovo poleva l~ll"si carico cli <lssicurarc loro !e son1n1e necessarie per l'alloggio in un istituto ecclesiastico e per le tasse universitarie. 11 · La 1naggior parte di questi sacerdoti laureati insegnavano in se1ninario e avevano incarichi nella curia diocesana. 75 Erano Carn1clo Scalia e Angelo 1\ilessina. Il pri1110 svolse un ruolo di pri1no piano in emnpo diocesano e nazionale: «Dopo aver compiuto i pri111i studi nel sc1ninario di Catania ru inviato dal card. l7 rancica Navt1 a pcrrczionarsi a!l'Universitù cl i Lovanio, dove conseguì nel 1908 il dottorato in filosofia. Nello stesso anno venne ordinato sacerdote. Ritornato a Catania ricoprì nu111erosi inc<1richi nell'azione cattolica diocesana e si laureò in lettere presso la locale universitù. La pubblicuzionc del volu1ne // 111aterialis1110 storico e il socialismo. Hq[fronti critici tra C. i\4ar.Y e A. Loria ( 1920) gli aprì le porte della curriera universitaria. Conseguita lu !ibcn1 docenza in ccono1nia politica (1924), svolse uttività cli insegnainento presso k universili'ì di Torino e di Rorna. In quest'ultiina città ricoprì ancllc gli incarichi di dirigente dcl Segrctarinlo nazionale per la scuola cristirn1n dell'Unione Popolare e di assistente ecclesiastico dcl In fucL Venne poi chia1nalo a lavorare presso lu Biblioteca Vaticana e nel 1927 fu inviato in 1\111crica per seguire un corso di bibliotcco11onlia. [)al 1931 al ! 936 ru vicario generale clellu diocesi cli Catania. Fu uno studioso attento dcl nrnrxisino e con le sue pubblicazioni n1irò ad opporre u esso ''la sana e vitale concezione della sociologia cristiana"» (G. DI r-'AZ!O, Scalia Canne/o, in /)izionario Storico, cit., IIl/2, Torino 1984, 781). Su C. Scalia esiste in urchivio un consistente fascicolo (AsD, f:jJiscopato Fra11cica 1\lava, carpetta 4, Clero). Per 1naggiori notizie si veda in questo dossier il suggio di G. Di Fazio. Angelo Messina (1881-1954) per n1olti anni insegnò filosofia in se111inurio e ricoprì incarichi di responsabilitù nell'Azione Cattolica diocesanu; tradusse in italiano alcune opere cli Desiré l\1ercier ((Jrigini della psicologia co11te111pora11ea e /,ogica) (G. DI FAZIO - E. PJSCJONE, op. cit., 17). 7(, Era il sac. Michelangelo Torrisi, che scriveva al vescovo Navu nel 1908 (1\SD, l:ìJiscopato Fi·ancica Nova, carpctlu 4, Clero). 77 Si trutta del sac. Luigi D'An1ico, che nel 1917 sludiavn S. Scrittura e alloggiava al !Vlaschcroni (ibid.). n Era il sue. Alfio D'Agutu, che ne! 1912 studiava all'Apollinare e ncll't1nno successivo si iscrisse allo Studio Rotule (ibid.). 79 Vedi le lettere del sac. Vincenzo Portaro (ibid.).
Le condizioni di vita del clero
11011.
parrocchiale catanese
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n1inario diocesano, chiese ed ottenne il pern1csso di trasferirsi al sen11nano ro111a110 80 ; un sacerdote studiava 111us1ca sacra e canto gregoria11081.
Più che il nun1ero con1plessivo dei sacerdoti forniti di laurea (che in proporzione risulta alquanto modesto) si dovrebbe approfondire il tipo di influsso da loro esercitato nella formazione del clero e nella progran1111azione delle attività diocesane; un teina 11101to interessante che esula dai limiti di questo studio. Per la diocesi di Catania è noto l'in1pcgno profuso dal vescovo Nava perché l'insegnan1ento in se1ninario venisse i1npartito con serietà e con1petcnza. Egli stesso era solito assistere agli csatni dei sen1inaristi per spronare docenti ed alunni a fare il proprio dovere". Sorge qualche dubbio sui requisiti culturali 111inin1i richiesti per l'a111111issione agli ordini: non si riesce a capire co111e 1nai non pochi alunni erano riconosciuti idonei a celebrare la 111essa, 111a non riuscivano a superare gli esa111i richiesti per avere la facoltà di confessare e di predicare.
6. Quale cultura?
Se per cultura intendia1110 la 111odalità di approccio alla realtà da parte del clero siciliano, clovre1111110 individuare le categorie 1ncntali, i gesti, i comportamenti, le mediazioni dell'approccio pastorale alla condizione sociale. L'educazione intellettuale e n1orale ricevuta in sen1inario è uno degli elen1enti che contribuivano a fonnare la cultura ciel clero. Tuttavia un approfondimento di questo tema difficilmente potrebbe offrirci prospettive nuove e originali: i modelli imposti da Ron1a ai sen1inari sono noti e orn1ai da ten1po era stata raggiunta una certa uniforn1ità; l'analisi della situazione delle singole diocesi non può offrire dati così rilevanti da obbligarci a cambiare le conclusioni alle
~ 11
Vedi il J'ascicolo dcl sac. Don1cnico Di Mauro (ihid.). Si veda la corrispondenza da Ro1na e da diverse cittfl italiane dcl sac. Salvatore Nicolosi negli anni 1912-1917 (ibid). 82 A. TOSCANO DEODATO, op. cii., 187-226. 81
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Adolfo Longhitano
quali si è già pervenuti. Ritengo più producente prendere in esame i diversi condizionainenti di natura ecclesiale e sociale, che hanno contribuito a formare una certa cultura nel clero catanese dell'episcopato Nava. li contesto ecclesiale e sociale in cui viveva il sacerdote era molto complesso e non mancava di contraddizioni: egli era obbligato a svolgere il 1ninistero a te1npo pieno e ad evitare di occuparsi in attivi-
tà non decorose o cornunquc estranee alla sua condizione di sacerdote. Però non sen1pre si trovava nelle condizioni di svolgere piena1nente il suo n1inistero. Infatti l'esercizio della potestà di ordine era subordinato ad una serie di nonne e di condizioni, che in 1nolti casi gli in1pedivano i principali atti ciel ministero sacerdotale. L/clevato nu111ero di sacerdoti sprovvisto della facoltà di confessare o cli predicare induce qualche perplessità sul tipo di studi fatti in se1ninario: se si richiedeva un esan1c successivo 111olto rigoroso, che non tutti riuscivano a superare, è segno che gli studi, ritenuti sufficienti a ricevere gli ordini sacri, non bastavano più per svolgere un ni in istero pastorale pieno. In altre parole: si ha l'impressione che la rrequenza dei corsi scolastici e il superan1ento degli csan1i rendesse abili alla sola celebrazione della 1nessa; erano necessarie altre verifiche 1110!to severe per abilitare alla confessione e alla predicazione. Chi non riusciva a superare gli csan1i poteva offì·irc solo delle lin1itate prestazioni pastorali 8-'. Tutto ciò aveva innegabili riflessi nel con1porta1nento c nella cultura del clero"'·
lCI Il can. Domenico Cìagliani, docente cli lettere nel sc1nì11ario diocesano. rilCriva una risposta significativa data dal vescovo Dus1nct ad un sacerdote che lan1entava la scarsa prcpnrazione intcl!cttuale di alcuni sacerdoti: <U-\bbiaino anche bisogno dei saccrc!oli che cclcbn1no la messa di inczzogiorno e accompagnnno i n1orti»; co111e dire che c'era un clero più preparato al quale si conlCrivano gli incarichi cli n1aggiorc responsabilità e c'era un clero meno preparato al quale toccavano gli uffici pili u1ni!i e disagevoli. 8 --111 problcrna era stato gi8 avvertito all'inizio dell'Ottocento se G. A. Sala, rifornu1lore del clero ron1ano e tìtturo cardinale, per descrivere la realtù dcl suo te1npo distingucvn cinque categorie di preti: <da priina classe è fOrn1ata dai capitoli delle basiliche e delle collegiate; )(!seconda dai parrochi: la terza dai confessori e predicatori; la quarta dagli i111piegati ne!!e segreterie e in altre inco1nbcnzc; !a quinta dalla residuai turba di quelli che, non avendo alcun lcgmnc per cui siano i111pcgnati in una
Le condiz;oni di vita del clero non parrocchiale catanese
S 15
Da questa situazione derivava una concezione eccessiva1nente fra1nn1entaria del 111inistero: i! sacerdote in n1olti casi non era in grado di presiedere il culto che la con1unità cristiana celebrava a Dio, poteva con1piere solan1ente alcuni riti più o 111eno in1portanti, secondo le facoltà che gli erano state conferite: poteva celebrare la niessa 1na non predicare; poteva predicare ma non confessare; la facoltà di confessione poteva essergli conferita per gli uon1ini 111a non per le donne e poteva riguardare solo alcuni periodi dell'anno liturgico. Il sacerdote durante la giornata poteva essere più o meno occupato secondo il tipo di ministero che gli era stato assegnalo. L'ufficio di parroco o di vicario parrocchiale poteva esigere un certo in1pegno; per gli altri sacerdoti non era facile "inventarsi" delle occupazioni. Un sacerdote abilitato a celebrare la sola 1nessa poteva lin1itarsi a fare da assistente nelle messe cantate o nelle esequie. Gli stessi canonici delle collegiate non erano obbligati a recitare ogni giorno in coro le ore canoniche; perciò, fino a quando gli statuti prevedevano fra i loro con1piti lo svolgimento del ministero parrocchiale, si poteva immaginare un certo i111pegno quotidiano, anche se a turni setti111anali. J)opo l'erezione delle parrocchie e la no111ina dei parroci personali, anche i canonici si trovarono senza una precisa occupazione. Il n1inistero sacerdotale in 111olti casi non consisteva nel culto reso a Dio, tna in un insien1e di azioni che assicuravano un certo sostenta111ento. Infatti il sisten1a beneficiale non era in grado di garantire a tutti e sen1pre il necessario per vivere; 1110\ti non possedevano un beneficio e eh i lo possedeva spesso ne ricavava son1n1e irrisorie che dovevano essere integrate con i tì·utti di stola. Da ciò derivava un'artificiosa 111oltiplicazione di alcuni atti del 111inistero, con il solo scopo cli avere dai fedeli le offerte previste dalle norme canoniche o dalla consuetudine. Si pensi alla celebrazione delle messe di suffragio, alla diffusione di pratiche devozionali, alla moltiplicazione delle "solennità" e dei "supple111enti" nell'an11ninistrazione dei sacra111enti, dctenninata occupazione in servizio della Chiesa, o ne assu1neva110 di contrarie ai sacri canoni, o passavano la loro vi La senza far nulla» (G. A. SALA, Piano di r(for111a 11111i/iato a Pio VJJ, ora per la prima volta pubblicato dal pronipote di lui, Giuseppe C'ugnoni, Tolentino 1907, 153-154).
Adolfò Longhirano
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che permettevano un aumento consistente delle tariffe stabilite. Considerata la preminente rilevanza degli aspetti economici degli atti di culto, era ricorrente la tentazione cli accogliere le richieste dei -fedeli
senza rispettare la co111petenza delle altre parrocchie o chiese sacra1nentali; da ciò derivavano intcnninabili controversie e risenti1nenti fra il clero.
Questa situazione può essere considerata con1une e non esclusiva del clero parrocchiale o non parrocchiale, anche se poteva incidere n1aggion11ente su coloro che, non svolgendo un 111inistero itnpegnativo o non avendo le facoltà per occuparsi pienan1ente, si trovavano nella necessità di cercare giorno per giorno Poccupazione e il sostenta111en-
to o finivano per trascorrere le giornate nell'ozio o nel
pettegolezzo~ 5 .
All'inizio del nostro secolo non si verificavano pili le situazioni in1barazzanti lan1entate dai vescovi nei secoli precedenti: sacerdoti che aspettavano ogni 1nattina in piazza qualcuno che li invitasse a celebrare la 111essa o che si dedicavano ad attività non decorose per il !oro stato, pur cli avere ogni giorno dì che vivere/((i. rruttavia la situazione di fondo non era n1utata così radicaln1ente da esigere un can1bia111ento di n1entalità e di cultura: il sacerdote non sen1pre era considerato pastore; spesso era lo specialista del sacro, l'addetto a determinati atti di culto dai quali traeva il suo sostentamento. Questo modo di concepire il ministero da parte del sacerdote aveva un inevitabile risvolto nella pratica religiosa e nella fonnazione dei fedeli. Non era i111n1aginabile un processo di purificazione della religiosità popolare se gli stessi sacerdoti incoraggiavano detern1inate pratiche devozionali. Non era possibile educare alla gratuità se il clero aveva nei frutti di stola la fonte principale dcl proprio sostentamento.
~ 5 A tal proposito il vescovo Nava scriveva alla Santa Sede: ((Sono pochi i sacerdoti che, per qu<1nto aneorn giovani e validi, vivono complctainente nell'ozio. Ciò deve attribuirsi alla rnancanza in essi di pielù e di ze!o e non è facile venire loro incontro, perché la diocesi non dispone di uffici <ii quali 11011 è annessa la cura delle a11i1ne» (Relazione 1916, 19). 8 r' Si veda la situazione descritta dal vescovo di Catania S. Venti111iglia nel 1762: A LONGH!TANO, Le relazioni "ad /i1nina" della diocesi di Catania (1762), in Synaxis IO (!992) 315-418: 385 e quella del clero palcnnitano dopo !'unità d'Italia: F. ivi. STAl3JLE, Il clero paler111ita110 .. , cit., 301.
Le conrliz.ioni rii vita del clero
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pnrrocchiole catanese
5 I7
Non si poteva ipotizzare la for111azione di un~autentica co1nunità cristiana fino a quando la 111essa e i sacra111enti erano concepiti co1ne azioni private e si favoriva nella loro celebrazione la distinzione delle classi sociali. Non 1nancavano le grandi figure di sacerdoti che si distinguevano per la santità, per il senso pastorale o per la preparazione intellettuale; 1na anch'essi vivevano nel contesto descritto e facevano riferin1ento ai con1uni 111oclclli culturali in uso nella Chiesa in quel periodo; tutt'al più potevano relativizzarli o non esasperarli. Non si trattava di 1110clelli for111ulati sola111ente a partire dai principi dottrinali; erano sopratiutto le condizioni in cui il clero era obbligato a vivere e a svolgere il proprio 111inistero che facevano sentire il proprio peso. Per verificare la fondatezza di questa affennazione, basta spostarsi di alcuni decenni e prendere in esa111e i ca1nbian1enti che si verificarono dopo il concordato del 1929 e molto di più dopo il Concilio Vaticano Il. La moltiplicazione delle parrocchie, in seguito alla concessione della congrua governativa) fece au1nentare considerevol111ente il clero addetto alla cura delle anime. L'introduzione dell'insegna111ento della religione nelle scuole statali fu considerata in 111olti casi co111e una soluzione per dare al clero uno stipendio sicuro. L'abolizione del sistema beneficiale e l'introduzione dcl sostentamento del clero ha dato la possibilità di attuare l'abolizione delle tariffo nella celebrazione dei sacra111enti. Non si può affern1are che il can1bia111ento delle condizioni di vita con1portì un autoinatico 111uta111ento della cultura del clero; però non si può neppure negare che crei le premesse perché questo ca111bia1nento possa verificarsi.
Synax;s XV /2 ( 1997) 519-545
PRETI CAPRANICENSI SICILIANI FRA PRIMA GUERRA MONDIALE E FASCISMO
MICHELE PENNISI'
Per cogliere l'atteggiamento del clero siciliano nei confronti della cultura del loro te1npo durante la prin1a guerra 1nondiale e il periodo fascista è interessante studiare alcune figure di sacerdoti siciliani forn1atisi presso l'a\1110 collegio Capranica di Ro111a tra Ottocento e Novecento. Senza avere la pretesa di trattare in 1noclo esaustivo l'argon1ento ci lin1itere1110 a delineare l 'atteggian1ento di alcune figure di capranicensi nei confronti della pri1na guerra 1nondiale e del fascis1no, utilizzando la scarna, n1a in qualche caso preziosa, docun1entazionc contenuta nell'archivio dell'altno collegio Capranica consistente nei libri della "111atricola" e nei fascicoli personali dove sono conservati i docu1nenti e il carteggio riguardanti i singoli alunni. Ă&#x2C6; interessante notare con1e nei registri della "n1atricola'' vengano riportati non solo i dati biografici e gli studi fatti durante il periodo della pennanenza dei vari alunni nel collegio, 1na anche le notizie riguardanti il n1inistero sacerdotale e la "carriera ecclesiastica" dopo l'uscita dal collegio. Nei fascicoli personali si ritrova in qualche caso un nutrito epistolario scambiato col rettore. Questo testimonia lo stretto rapporto fra ex alunni e superiori del collegio e lo spirito di corpo che si realizzava tra
,. Prolèssore di Teologia dornn1ntica nel!o Studio Teologico S. Pnolo di Calania.
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Michele Pennisi
capranicensi. Intendian10 verificare se tra i capranicensi siciliani la pruna guerra 1nondiale è stata osteggiata con1e una "inutile strage", subita con1e una fatalità da evitare, vista coinc occasione di apostolato o approvata con entusiasn10 patriottico con1e pren1essa della restaurazione di una nuova civiltà cristiana e che rapporto questi atteggian1enti hanno provocato nei confronti del regi111e fascista 1•
I. Il collegio Capranica Il collegio Capranica, fondato dal cardinale Do1ncnico Capranica (1400-1458) il 5 gennaio 1457 era destinato a studenti poveri desiderosi di diventare sacerdoti secolari, "Ordinis sin1p!icitcr S. Petri" co111e recitano le Costituzioni, redatte dal fondatore'. li collegio fu racco1nandato dal cardinale Doinenico Capranica all'attenzione del J)apa e del Collegio cardinalizio ed affidato alla tutela dci Conservatori dell'Urbe, dei Capirioni, dei Guardiani dell'arciconfraternita del SS. Salvatore e del fratello cardinale Angelo (1423-1478), vescovo cli Rieti. Ad essi era den1andato un reale potere di giurisdizione sul collegio mentre alla guida ordinaria della comunità era deputato il rettore e quattro consiglieri, eletti ogni anno dagli stessi alunni tra i con1ponenti della con1unitù del collegio. Questa disposizione educava gli alunni al senso di responsabilità e di appartenenza al collegio considerato co1ne
1 Per una visione d'insie111c cfr. R. /VlOROZZO DELLA ROCCA, !,a jède e fa guerra. C'appel/ani 1nilitari e preti-soldati (1915-1919), Studiuin, R01na 1980; L. BRUTI L!BERATI, Il clero italiano nella grande guerra, Editori Riuniti, Ron1a 1982; F. MALOERJ, La C'hiesa, i callolici e la pri111a guerra mondiale, in Storia delf 'l!t!lia religiosa, 3: L'età con/e111poranea, a cura cli G. Dc Rosa 1 Latcrza, Bari-Ro111a 1995, 189-222; M. FRANZ!NELLJ, Stelle/le, Croce e Fascio Li/Iorio. L 'assisten::a religiosa a n1ilitari, balilla e ca111ice nere 1919-1939, Angeli, IV!ilano 1995; M. GUASCO, Storia del clero in Italia da// '(Jttocento ad oggi, La terza, Ron1a-Barì 1997, i 56-230. 2 Al111i C'ollegii C'apranice11sis C'onstituliones co111positae per e111inentissi111111n et reverendissi11111111 ei11sde111 C'ol!egii ji1ndato1·e111 f)ominic11111 de (~apranica, Ex Typographia Bernardi f\/lorini, R01na 1879,17. Sulla figura dcl fondatore e sulle prin1e vicende dcl collegio cfr. S. GANGEMJ, La vita e /'attività del cardinale J)o111enico C'apranica, Pic1n1ne, Casale f\/[onferrato 1992.
Preti capranicensi siciliani
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una seconda fan1iglia, anche se non era esente da rischi che e1nerscro 11ei secoli seguenti 3. Originarìa1ncnte la n1aggioranza degli alunni erano ron1ani provenienti dai vari rioni. Alcuni cli essi erano segnalati da fan1iglie della nobiltà romana e dai parenti ciel cardinale fondatore. Avevano il diritto inoltre di presentare giovani per l'a1n1nissione al collegio i vescovi cli Fermo, Ancona, Rieti e l'abate di Settimo Fiorentino. Nei secoli seguenti furono a111111essi anche alunni provenienti eia varie regioni italiane e nazioni straniere. Da tale diversità di provenienza geografica e dal pluralisn10 culturale tra gli alunni si sviluppa, grazie al progetto educativo capranicensc che punta soprattutto suita responsabilità personale, un 111aggiore equilibrio tì·a libertà e disciplina che crea 1111 cli111a 111eno asfittico rispetto all asso!uto ngore che regna in altri se1ninari ron1ani~. 1
2. Rampolla del Tindaro e gli alunni siciliani
A partire dalla seconda tnetà del secolo scorso 1111z1a la presenza di alunni provenienti dalla Sicilia, che diviene costante soprattutto do-
~Alcuni cenni storici sul collegio si trovano in un articolo anonin10 pubblicato in francese su !a rivista Les nouvel!es religie11ses dcl 15 n1aggio e de! 1° giugno 1919, riportati sulla rivista del collegio C'apranicense I (1920) 19-23 e 2, 27-32. Parlando elci clin1a che regnava in collegio l'anonimo articolista, probabi!n1cnte sotto dettatura di qualche capraniccnse de! ten1po, scriveva: 11Corne ai tempi nntichi in cui il rel!orc ern uno degli alunni, il collegio JOnna una grnndc ra1nig!ia; i superiori sono elci fratelli 1naggiori che conoscono le abitudini dclli.l casa, e rautorità resta essenzialn1ente paterna. Così le molteplici vicissitudini de!!a vita non riescono ad allentare i legmni d'alletto che legm10 gli alunni a! loro se1ninario; qualsiasi sia il posto che occupano nella gerarchia ecclesiastica sono l'ieri di dirsi "capranicensi")): La nostra storia, in C~apranicense 2 1920 32. 4 (([!Collegio Capranica - scrive nel 1912 ìvl. Rossi t1cl A. Houtin - ha avuto sc1npre un'aria di rnodcrnità e cli 111odcrnis1110 che non pcrinellono lo sviluppo dell 'asccsi. li scn1inario Ron1a110, al contrario spccialn1cnte dal l 880 a! 1900, è stato un vero cenacolo pietista»: CENTRO STUDI PER LA STORJ1\ DEL l"vlODERNJSMO, Fonti e Doc11111e11ti, I, Urbino 1972, 261: F ]OZZELLl, Uno relazione di Domenico Jacobini s//lla r1jOn11a del clero romano dopo il 1870, in Ricerche per la storia religiosa di /101110 7 ( 1988) 358.
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Michele J>ennisi
po la nomina a Cardinale Protettore del Collegio ciel siciliano Mariano Rampolla del Tindaro, che è considerato una specie di secondo fondatore ciel collegio perché impedì che il Capranica venisse chiuso secondo il progetto di unificazione elci seminari romani avviato da Pio X, nonostante che nei lavori della co111n1issione cardinalizia per la realizzazione del nuovo seminario in Laterano del 1913 pili cli un prelato si augurasse che per eliininare antagonisn1i dannosi il prin10 ad essere soppresso doveva essere proprio i I Capran ica5 . Tra il 1867, anno in cui Mariano Rampolla cessò di essere alunno del Collegio, e il 1896, anno in cui ne divenne Protettore, ci furono al Capranica una diecina cli alunni provenienti dalla Sicilia. Appartenevano alla diocesi di Acireale: Sebastiano Nicotra che din1orò in collegio dal 1887 al l 880 per poi seguire la carriera diplomatica 6 ; Francesco Patanè alunno dal 1878 al l 881 laureato in teologia; Salvatore Leonardi alunno dal l 880 al 1883 laureato in teologia e poi arciprete di S. Giovanni in Giarre; Angelo Marziani alunno dal 1884 al l 887, che fu padre spirituale ciel seminario. Provenivano dalla diocesi
5 Cfr. fD. Ro111a religiosa a/l'inizio del 1\iovecento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roina 1985, 142. La noinina dcl cardinale Rainpol!a a protci!ore ciel C<ipranic<l viene riportala nel libro della Matricola del collegio: «L'En1.o e Rcv.1110 sig. cardinale Mariano Ratnpolla dcl Tindaro, Segretario di Stalo di N.S. PP Leone Xlii con suo venerato dispaccio in data 1'1 agosto 1896 con1unicava d'essere stato eletto dalla stessa Santità S. Protettore del nostro Collegio, in Luogo del Cardinal Monaco La Vallefta defunto il cli 14 Luglio dcl corr. nnnoll. La stessa fonte IOrnisec anche brevi notizie biografiche su! prelato sicilinno: «Nacque in PolizLi Dc.si di Cclhll1 l'anno 1843. Entrò nel nostro Collegio nel novembre del 186! e ne uscì nel 1narzo 1867 per entrare all'Accade1nia dei Nobili Ecc!esiustici. Fu laureato in Filosofia, Teologia ed an1be le leggi. Nel 1882 fu consecrnto Are. cli Eraclea, e 1na11dalo Nunzio in Ispagna. Nel Concistoro dcl 14 111arzo 1887 fii crealo Prete Cardinale ciel Titolo di S. Cecilia, prese possesso della Prottettoria la vigilia cli S. Agnese dell'anno seguente 1897)), ALMO COLLEGIO CAPRANJCA. Archivio, 111atrico/a da//'({nno 1896 all'anno 19.:f.2, 5. I registri della n1atricola verranno abbreviati in questo n1odo: Ace, 111 (1896-1942), seguili dalla pagina e dal nun1cro. 6 Sebastiano Nieotra (1855-1929) nato a S. Alfio di Giarre fil ordinato sacerdote il 21 dice1nbre 1878, laurealo in diritto canonico, segretario della Nunziatura di Bruxelles nel 1889, uditore a Monaco di Baviera nel 1900 e a Vienna nel 1901. Non1inato internunzio in Cile lì.1 no111inato arcivescovo titolare di Eraclea e consacrato da Benedetto XV il 6 gennaio 1917. Nel 1918 nunzio in Belgio e internunzio in Olanda e Lusse1nburgo, nel 1923 nunzio a Lisbona (cfr. ;\cc, 111 (1792-1905) I 18, n. I I).
Preti capranicensi siciliani
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di Agrigento Carmelo Martorana entrato da diacono 111 collegio nel 1888 che ebbe come compagno Romolo Murri; Daino Peregrino che, dopo essere stato alunno negli anni dal 1893 al 1895, fu vicerettore ciel seminario; Michele Sclafani, alunno dal 1894 al 1897 compagno di collegio di Eugenio Pacelli, che dopo essersi impegnato nella diffusione ciel movimento ca!tolico sociale in provincia cli Agrigento finì per sin1patizzare per il fascis1110 7 • Provenivano invece da Caltanissetta Rosario L,a Paglia alunno dal 1879 al 1881 e poi vicario foraneo a Calascibctta; Nicolò Audino, che dopo essere stato in collegio dal 1881 al 1887 cd essersi laureato in teologia e diritto canonico, fu vescovo prima di Lipari (1898-1903) e poi di Mazara (1903-1933)'. Numerosi furono gli alunni provenienti dalla Sicilia durante il periodo nel quale fu protettore del Collegio il card. Rampolla, mentre ne era rettore dal 1896 al 1911 mons. Giuseppe Caselli e vice rettore mons. Alfonso Carinci. Tra gli alunni siciliani provenivano dalla diocesi cli Acireale Salvatore Scaccianoce an1111esso nel 18999 , Giovanni Prcvitera entrato nel 1900 e Gaetano Leonardi che rimase in collegio dal 1907 al 1910. Dalla diocesi di Agrigento proveniva il gruppo più numeroso: Costantino De Simone ammesso nel 1896, che fì.1 canonico della ca!tedrale, professore in serninario e assistente ecclesiastico delle donne di azione
7 Cfr. Ace, 111 (i 792-1895) 166, n.179; C. NARO, 5,'c!afl111i 1\Iiche!e, in Vizio11ario storico del 111ovi111ento cattolico in Italia, 111/2, tv!arietli, Casale fvlonfcrrato !982, 789-790; ivi. MUGLIA, k!ichele Sc!ajàni. App1111ti di storia del 111ovi111ento cattolico agrigentino dalle opere eco110111ico-sociali al Fallo (7entiloni (! 896-19 J 3). Centro Siciliano Sturzo, Pa!crn10 1987. 8 Cfr. G. AIELLO, l/11 gl'ande vescovo siciliano. 1\lons. l). 1\lico/ò Audino, Boccone del Povero, Palern10 1953. Nel libro della n1atricola è annoiato: "12 .lui. 1911 atrociler vulneralus scd non ad 1norte111": 1\cc, 111 (1792-1895) !25, Il. 42. 9 Conseguì il baccellierato in diriilo canonico e il dotton1to in teologia. Fu ordinato sncerdole il 21 se1!en1bre 1901 ad Acireale. Nel libro dellti 1natricola viene annotato: «giovane d'indole n1itc. soave, congiunta 8 sana pietà e do11rina. f<u professore e prefetto degli studi in sen1inario di Acireale. Il 16 clicen1bre 1925 fu no1ninato ca1nerierc segreto di Pio Xl. Rettore dcl se1ninario vescovile di Acirca\ell: Ace, 111 (1896-1942) 42, Il. 36.
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cattolica; Angelo Di Piazza nel I 900"'; Gaetano Greco nel 1903 che fu ordinato sacerdote nel 1910 11 , Liborio Daino nel 1905 laureato in filosofia presso !' Accade1nia di S. Ton11naso 12 • Altri alunni provenivano ad altre diocesi: Corrado Moltisanti da Noto nel 1899 che fu decano del capitolo cli S. Maria Maggiore in Spaccaforno; Giovanni Maugeri da Catania entrato nel I 896 e uscito nel 1905 11 ; Emanuele Scolarici da Lipari''· Nel I 902 entrò in collegio il nipote del primo vescovo di Acireale Ron1olo Genuardi da Palcnno, che fu poi vescovo ausiliare di Palern10 15 •
3. Gli alunni siciliani {/uronte lo prin10 guerra n1011diule Dopo l'elezione al soglio pontificio del capranicensc Giaco1110 Della Chiesa il collegio Capranica fu al centro dell'attenzione. Nel 1919 un periodico fì·ancese, non senza una punta di enfasi , scriva:
10 Dottore in teologia. Nel 1902 presso J'accadcrnia romana di S. Ton11n<1so d'Acquino conseguì la laurea in Jilosofia. fu ordinalo sacerdote nel scttcn1brc 1904.
Nella inatricola è annotato: «Escrcit<1 i! 111inistero libero in Girgcnti. 1-1<1 fondato un piccolo istituto antilubercolnrc» (ibid, 68, n. 62). 11 crr. ihid., 99, ii. 92 12 Cfr. ihid., 116, tl. 109. fu i111pegnato nell'azione c<11tolica, cfr. il suo articolo: // modello dei sacerdoti nel/ 'Azione C'atto/ica, in Capranicense ( ! 941) 1:l-17. 11 · Conseguì il dottorato in teologia e in diritto canonico e ru proressore cli filosofia e tcologi<1 cloinm<ltica nel seininario di Cat<lni<l: eìr. Ace, 111 (1896-1942) 15, IL 9. 14 Enlrò in collegio d<1 cl!<1co110 il 26 ollobre 1900 e ne uscì il 17 luglio 1903. 1\vendo giù cornpiuto il corso teologico fu ordinato s<1eerdotc il 17 febbraio 1901. Conseguì In laurcn in filosofia e si distinse negli studi ottenendo nel 1902 il pri1no pren1io in fisica e chimica e nel 1903 i! secondo pren1io in 1net<1fisica: Ace, 111 (18961942) 56, Il. 50. 15 Uscì dal collegio nel 1907 dopo aver conseguito la laurea in tcologi<l e quella in diritto canonico alla (.ìrcgori<111a e quella in filoso/la 11cll'Accnde1nia di S. To1nn1aso. Fu per un anno alla Ponlifici<1 Accnden1ia dei Nobìlì Ecclesiastici e per un breve periodo andò come uditore nell<l nunziatura di Bruxelles. A P8!crn10 ebbe vari incarichi in curia, insegnò diverse rnalerie in se1ninarìo e si occupò dell'azione c<11tolic<1. Fu eletto vescovo titolare cli Farsalo ed ausiliare clc!l'rn-civcscovo di Pa!ern10 il 2 luglio 1932: cfr. ibid., 90, n. 83; Capranicense (1931) 54; (1932) 7-8.
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«L'influenza che questo sen1inario ha esercitato nel corso di quattrocentosessanta anni della sua esistenza, sul clero d'Italia e, attraverso di esso, sull'intera Chiesa, è incalcolabile. Esso ha forn1ato 111ig!iaia di preti colti e zelanti, centinaia di arcivescovi e vescovi, un gran nu1nero di cardinali, e, nella persona di Benedetto XV, ha visto uno dei suoi alunni salire sulla cattedra di san Pietro)) 16 .
Parlando del modello cli prete capra111cense nello stesso articolo si scriveva: «La fonnazione tende soprattutto a plasn1are dei sacerdoti esen1plari ed apostolici, liberi da ogni chiusura con1e pure da ogni leggerezza. Ai giovani è lasciata piena libertà di 1nanifestarc le loro attitudini intellettuali e 111orali; essi prendono così !'abitudine ad una fì·anchezza totale e si procurano il vantaggio di un orientainento forn1ativo confor111e al loro carattere»11.
Durante la pri111a guerra 1nondiale l'attenzione nei confronti del Capranica crebbe non solo da parte degli ambienti ecclesiastici, che lo consideravano il se1ninario del Papa, nia anche da parte della autorità civili, in quanto nella sede de! collegio, per evitarne la requisizione, fu costituito il centro del Comitato Nazionale per l'Assistenza Religiosa dell'Esercito e la sede della Curia del vescovo Castrense. Per capire il cli111a che si respirava ne[ collegio Capranica negli anni della prima guerra mondiale è interessante un articolo pubblicato nel 1920 sul primo numero del periodico di collegamento fra gli alunni e gli ex alunni:
16 Capranicense 1 ( 1920) 19. Su 13enedetio XV e la prin1a guerra cfr. AA.VV., Benedetto,\:"//, i callolici e la prima guerra 111011dia{e, n cura di G. Rossini, Cinque Lune, Ro111a 1963; AA.VV., Benedetto Xl' e la pace (1918), a cura di G. Run1i, Morcel~ !icn<l, Brescia 1990. 17 lbid, 2, 3 !.
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«La terribile crisi del inondo nella guerra i111111ane, non poteva non turba-
re anche la vita del nostro caro Collegio, tanto più che lo trovò appena risorto dopo il periodo di concentran1ento degli istituti ecclesiastici italiani a Ro1na. [ ... ] La chiainata alle ar111i di n1olti nostri giovani alunni ne i1n-
poverì te1nporanea1nente le file .. 111ateriali; 111a !e fila ... 1norali, cioè quel vincolo caratteristico che lega gli alunni e gli ex alunni al Collegio con1e
ad una fan1iglia, non si sono i1npoverite grazie a Dio: gli alunni 1nilitari hanno continuato sen1pre a scrivere ai Superiori e ai con1pagni cd csprin1endo con espressioni co1nn1oventi il loro attaccan1ento profondo al Collegio[ ... ] ed espri1nendo il non din1inuito fervore di santi propositi e di apostoliche aspirazioni. Fu alto di son1111a accortezza e prudenza, appena scoppiata la guerra, il costituire in Col!egio il centro del Con1itato Nazionale per PAssistenza Religiosa dell'Esercito. Ne va resa 1neritata lode a Mons. Carlo Respighi e a D. Giuseppe Rinaldi. Questo bene111erito Co1nitato, presieduto dalla principessa Isabella Borghese, inco1ninciò il suo lavoro preparando i prilni ottocento altari da ca111po. [ ... ]. Degne di speciale ricordo sono le funzioni per la consacrazione di oltre 111ille pietre sacre, per cui il grande salone dovette essere adattato a cappella, amnché più Vescovi insicn1e potessero funzionarc» 18 •
Facendo un bilancio dell'ospitalità data dal collegio alla prtrna Curia del Vescovo Castrense l'anonimo articolista scrive: «L'ospitalità data alla Curia Castrense attirò al Collegio una sen1pre n1aggiore si1npatia, a Rorna e fuori, senza che l'andan1ento nonnale della Con1unità divenuta purtroppo esigua ne fosse sostanzia!Jnente turbato. Ed
è nostra opinione che anche questa parentesi della sua vita possa avere
18 Ricordo senza rimpianto. Il C'oflegio negli anni di guerra, in Capra11icense, (1920) 9-10. f'vlons. Carlo Respighi (1843-!9LJ7) che Ili prefetto delle ccri1nonìc pontificie risiedeva in col!egio. Don Giuseppe Riruilcli (1883-1951), entrato al Capraniea nel 1899 dovette interro1npere gli studi per il servizio 1nilitarc che svolse dal 1904 al 1906 carne allievo ufficiale a Verona. Legato da ainicizia al generale Cadorna si adoperò per la creazione dell'Ordinariato niilitare. Venne chiainato con1c ufficiale cli co1nplcn1ento a collaborare col vescovo castrense 1nons. 1\ngclo Bartolornasi: cfr. G. AULETTA, Giuseppe Rina/di, prete ro111ano, Ancora, Ron1a 1972.
F1 reti capranice!lsi siciliani
avuto qualche ele111ento
educativo
per
la
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for111azionc
pratica dei
"capranicensi" a quella vita di forte apostolato, che non deve arrestarsi per sopravvenienti accidentalità, 1na deve saperle superare con prudente fern1ezza, fidando in Dio. Possian10 inoltre aggiungere che questa provvida ospitalità ha dato niodo a 1no!ti ecclesiastici di conoscere il nostro Istituto ed ha oftè1to a! nostro Istituto l'occasione di giovare spirituahnente e 1naterialn1ente a nio!ti preti e chierici soldati, che vi hanno trovato un rifugio santo ed un dolce asilo durante le tristezze della n1ilizia. 11 congedainento di alcune classi ha già riportato - conclude l 'artico!o - a noi vari alunni 1nilitari, che hanno lasciato finalinente le 111ilitari spoglie. Così anche le file 1nateriali si vanno riordinando, e tutto fa sperare che della parentesi di guerra non resti altro che i! ricordo[ ... ] senza ri1npianto» 19 •
Non e111ergc un atteggia111ento ideologico di esaltazione nei confronti della guerra o di mitizzazione della figura ciel prete-soldato né è presente la retorica "patriottica" nei confronti di quella che il più illustre ex alunno del Capranica aveva definito "l'inutile strage", 111a il problema viene affrontato in termini di realismo pastorale che sa approfittare di qualunque evento per farne occasione di apostolato. In un articolo dal titolo "Capranicensi in grigio verde" l'ex alunno E1nilio Baroncelli, che aveva svolto il servizio 111ilitare nella "con1pagnia di Sanità" e nell'Ufficio Castrense, nel descrivere l'attività dei capranicensi durante la guerra e le loro bene111erenzc, 111ette l'accento sulla assistenza spirituale ai soldati, anche se si lascia sfuggire qualche espressione elogiativa di stile militare nei confronti dei ''cappellani valorosi e zelanti" e dei capranicensi che "hanno servito la patria con fedeltà e onore" 20 . Nell'articolo fì·a i "cappellani valorosi e zelanti" vengono citati i siciliani don Luigi Greco e don Mariano Ca111po ''che fu ferito in con1batti1nento". Fra gli ex alunni viene ricordato anche don Rornolo Genuardi annoverato tra gli "apostoli della gloriosa 111arina italiana" 21 •
19
20 21
/bid., 10-11. E. BARONCELLI, Capraniccnsi in grigio vr:'!'de, ibid., 13. L.c.
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Luigi Greco proveniente dalla diocesi di Piazza Anncrina fu alunno dcl collegio dal 1908 al 1915, grazie ad una borsa di studio di una fondazione presso l'Università Cattolica di Washington, conseguendo brillantemente le lauree in teologia e in diritto canonico e un
pre1nio in archeologia cristiana 22 . Partecipò alla prin1a guerra 111ondiale come cappellano militare e fu cappellano della milizia. La rivista del collegio in occasione della sua n1orte così ricorda la sua partecipazione
alla guerra: «Durante tutto il periodo della grande guerra, dichiarata proprio 1nentre egli, finiti gli studi, varcava la soglia dcl nostro collegio, n1antenne l'ufficio di cappellano n1ilitare: ed egli a tuui ha saputo dire la sua parola sacerdotale, sia che si trattasse di feriti eia consolare o preparare a n1orirc,
sia che si trattasse di giovani che partivano per il supre1110 ci1ncnto col nen1ico» 2 -'1.
Negli anni della prima guerra mondiale furono ospitati nel collegio Caprauica solo cinque alunni. Due appartenevano alla diocesi di Cefalù: Mariano Campo" e Leonardo Palacardo"; due alla diocesi di
22 Clr. Ace, 111 (1896-1942) 148, n. !41. Fu parroco cli Butera, 1na poi per contrasti col clero locale e col vescovo cli Piazza Armerina mons. fvlnrio Sturzo si trasferì nel 1928 a Siracusa dove fu professore al se1ninario. Un pri1110 accenno ai contrasti col suo vescovo lo lrovian10 in una lettera de! 25 111arzo 1913 di 111ons. fVlario Sturzo al rettoi·e del Capranica nella quale scriveva: «desidero sapere se eccel!c nell'abnegazione della volontà, nel!n indirf'erenza di frirc una cosa piuttosto che un'altra, nel desiderio di nascondere i propri n1eriti, nella devozione illi1nitata a! proprio superiore)): Ace, ./ascicolo Greco Ll!igi. Nel suo fascicolo personale sono contenute n1olte lettere scritte al rettore sia durante i! periodo della gucrrn sia durante il suo successivo ministero. 2 .1 Luigi Greco in Capra11ice11se ( 1939) 65. 2 "' Ne! libro della n1atricola si trovano le seguenti annotazioni telegrafiche: «Nacque a Caltavuturo in Provincia di Palen110 Diocesi di Cefalù il 23 settcn1bre 1892. Entra in Collegio il 9 genaio 1915. I-la tcrn1inato i! corso teologico. Ila !a licenza liceale. I~ iscritto al quarto anno di [~elle Lellerc all'Università di Pa!cnno. Jncon1incia in Collegio il corso accelerato di diritto canonico. È suddiacono. Nel 1915 ottenne la licenza col voto cli "aegrc", il 15 aprile 19!6 sostenne l'csan1c per il dottorato risultando ''non probatus'' uscì dal collegio il 26 aprile 1916. 1929 ca1neriere segr. di S.S. Pio Xl)) (ibid., 204, n.27). Dopo essersi laureato all'Università di Paler1110, insegna lettere al liceo !'vianclralisea e viene noininato vice rettore prin1a e padre
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Acireale: Michele Cosentino" e Angelo Calabretta 21 ; e uno alla diocesi di Catania: Domenico Squillaci 18 . spirituale poi del sc1ninario di Ceralù. Nel 1929 si trasferisce a l\1ilano all'Università Cattolica per perfezionarsi in filosofia neoscolastica. Soggiornò alcuni anni nei paesi di lingua tedesca: priina a Vienna e Berlino per poi restare a Nlonaco di Baviera. Rientrò in ltalia nel 1933 e si stabilì a Milano. ()ttcnne la libera docenza nel 1939. Da! 1954 a! 1971 insegnò filosofia all'Univcrsilù cli Trieste. Tra le sue opere principali: Cristiano !Yolj' e il razio11alis1110 precritico. Vita e Pensiero. l\1ilano 1938; Sull'arte e la vita spirituale. Studi e preludi, La Scuola, Brescia, 19tl6; I.a genesi del criticismo kantiano, Magenta, Varese 1953; Schizzo storico della esegesi kantiana. Da! ritorno a Kant alla fine dell'Ottocento, Magenta, Varese 1959. 25 Nato a Cefall1 i! ! 5 1narzo 1892, dopo aver studiato a! Leoniano entrò al Capranica il 12 gennaio 19 I 6 da s8ccrdote avendo già !a laurea in filosofia e ne uscì i 1 31 luglio dello stesso anno: Ace, 111 (1896-1942) 217, n. 30. 26 l\1ichelc Cosentino (1894-1982) dopo essere strito iscritto al!'lJniversitù di Ron1a, è rilunno de! Capranicri dal 1915 al 1922. È ordinalo sacerdote il 20 c!iccn1bre 1920. È stato direttore spirituale dcl sc111inario diocesano di Acircnlc e lòndatore della casa de! clero Opera Assistenza Sacerdoti Infermi di Aci S. Antonio (cfr. ibid., 16, n. 49). Ne! suo fascicolo personale c'è un nutrito carteggio col rettore. Essendo cagionevole di salute cercò di evitare, senza riuscirvi, il servizio inilitare che svolse nel reparto sanità con spirito di cristiana rassegnazione e senza particolare ardore patriottico. Il 22 ottobre 1917 i11Jòrn1a il rettore sull'esito c!cl!a visitn n1ilitarc: «Sebbene abbiarno tentato 1L1tle le vie neppure si è potuto ottenere l'inabilità a!!c fhtiche dì guerra. !o l... ] ho pregato pili ciel solito, don1nnda11do solo nl Signore che 5i con1pissero su di 111c i segreti della strn Divina Provvidenza. lo sono tranquillo e sereno, anche perché so dì non aver tracuralo nessuno dci inezzi uinani leciti possibili»: Acc,fascicolo Cosentino 1\Iiche/e. 27 Angelo Calabrctta (1896~1975) fu alunno del Capranica dal 1916 a! 1919, anno in cui si !aurea in teologia. Ordinato sacerdote /'u vice reUorc de! sen1inario di Acireale e fu e!etlo vescovo cli Noto il 16 lug!io 1936. ru un sacerdote pio e dotto. Scriveva al rettore subito dopo l'ordinazione sacerdotale in una lettera del 20 agosto 1919: «E son Sacerdote! Che portento! Gli affetti pullulano 11clranin1a ininterrottan1ente, 1na quanto difficile l'cspri1nerli! Quello che 1nì consola è che il Signore cono~ scc tullo [ ... j. Mi conservi sen1prc i! Signore l'ardore, l'cntusiaino. lo spirito, i propositi di questi santi giorni e allora sì che sarò un snnto sacerdote[ ... ]. Quanti con1pagni ho sollo gli occhi. che in seminario pro1ncttcveno tanto e che nel giorno della loro ordinazione si credevano inespugnabili e ora .. hanno giù dato qualche dispiacere al Vescovo. I-fo 1nesso lutto il 1nio sacerdozio sotto la speciale protezione dcl Cuore SS. di Gesù e da Lui confido tutto.[ ... _!» (Ace, fascicolo c:a!abretta Angelo). Fu 1nolto riservato nell'esprimere posizioni in can1po politico come risulta da una inJOrn1azionc inviala alle autorilù governative: cfr. G. ZITO, Vescovi, politica ejàscis1110 in Sicilia, in AA.VV., c-:ristianesimo e democrazia nel pensiero dei cattolici siciliani del J\lovecento, Centro Siciliano Sturzo, Palcnno 1994. 234. 2 ~ Dopo essere stato a! collegio Lconiano entrò al Capranica giù da sacerdote il !8 novctnbre 1915 per uscirne il 12 111aggio 1916, dopo aver studiato presso il Pontificio Istituto Biblico. Partecipò alla guerra con1c cappc!lano n1ilitare. Insegnò sacra scrillura al sen1inario di Catania: cfr. Ace, 111 (1896-1942) 215, n. 48.
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4. Le lettere al rettore durante la guerra
Per capire l'atteggiamento dei capranicensi nei confronti della guerra co1ne il loro attacca111ento al collegio e i loro interessi culturali ci sembra interessante fare riferimento alle lettere scritte dal fronte al rettore mons. Alfonso Carinci dagli alunni siciliani. Don Mariano Campo ordinato sacerdote a Roma il 29 maggio I 915, parte per il fronte prima come prete-soldato e poi come cappellano militare. Le lettere inviate al rettore del Capranica durante gli anni della guerra sono l'unica fonte disponibile su questo periodo della
sua vita29 • li 21 luglio 1915 nell'informare il rettore della sua prima attività pastorale durante le vacanze scrive: «Caltavuturo è un paese tranquillo, con gente buona sebbene assai fredda. Nessuna propaganda anticlericale; però si è guasti dai partiti: io con ce1ta difficoltà 111i sono conservato rigorosan1entc neutrale. Per ora, s'intende tutto è passato in seconda linea per la guerra. Anch'io ho due fratelli sotto le arn1i; uno di essi è in posizione avanzata su Monte Baldo. E il collegio si riaprirà? chi !o sa [... ]» 30 .
È da notare il suo malcelato imbarazzo di fronte alle lotte politiche e la sua dichiarata neutralità nei confronti dei partiti. Tramontato il modello di "prete sociale" si intravede un nuovo modello di prete più impegnato sul versante pastorale e culturale. L' I I settembre dello stesso anno ritenendosi libero dal servizio militare scrive al rettore:
29 Un suo discepolo nella con11nen1orazionc per l<l sua 111orte diceva a proposito: ((Di questi anni dolorosi di sorrerenze e sacrifici non sappia1110 n1olto. !Vlons. Campo, con1e al solito non ne parlava. Sen1pre da tcstin1onianzc indirette, sappirnno della sua opera infaticabile per i soldati in trincea n1ediantc inizi<1tive culturali ericreative; altre parlano delta sua abnegazione, nelle azioni di attacco secondo la tatti-
ca di allora, per raccogliere feriti e consolare n1oribondi»: G. Di tvlARTJNO, Co1111ne1110razione in l)iocesi di Cefà/ù, in i1Ie1noria di 111011s. prof· 1\Iariano Ca111po, Cera!ù 1977, s.p. 111 Lettera de! 21 luglio 1915, in Ace, .fascicolo Ca111po A1ariano.
Preti capronicen.si siciliani
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«Quantunque rifonnato del '92 io non sono stato co1npreso nell'elenco di quelli costretti a nuova visita, perché ritOrn1ato per 1niopia. Essendo quindi libero, L. e don1ando se quest'anno la Gregoriana si riaprirà, e quando, nell'ipotesi positiva, io dovrei ripresentanni in Collegio».-' 1 •
Rientrato in Collegio lo lascia il 26 aprile 1916 in seguito alla chiamata a prestare servizio militare. Il IO maggio 1916 in una lettera al rettore gli dà notizie sull'inizio del suo servizio militare nel reparto sanità della caserma Randazzo a Palermo: «Una infinità di sacerdoti ha trasfonnato la cascnna in una specie di sen1inario regionale [... ] succursale. La n1ia cmnerata, per ese111pio, è fonnata di vecchi colleghi di scn1inario. In un angolo di essa si legge "Greco"; che sia passato di qua Gigino7»~ 2 .
In una successiva lettera del 9 giugno da Messina don Campo mostra la volontà di passare eia prete-soldato a cappellano militare 111vianclo al rellore copia della domanda per essere raccomandato. La 1notivazione della scelta non è di natura patriottica 111a religiosa: «Sono 1110!10 contento del trasferin1ento perché al!a casern1a Randazzo ci usavano ogni ostruzionisn10 per la celebrazione della n1essa anche dopo la concessione del pern1csso da pmte dcl Generale. Sono stato abbastanza indeciso a far la don1anda che oggi porgo, avendo tin1ore di possibili conseguenze per la 111ia fan1iglia. Adesso cerco di dirigere quest'atto a un'esclusiva significazione religiosa; e d'altra pa1te confido nella provvidente Volontà del Signorc"-1J.
1 -' Lettera di lvlariano Cainpo dell'l 1 scttc111brc 19!5, ibid. :n Lettera di lvlariano Cainpo del IO 111aggio 1916, ibid. ''Gigino" è don Luigi Greco che, uscito dal collegio i! !O 1naggio 1915, fu per alcuni n1esi con1pagno di don Mariano. ~-'Lettera di Mariano Ca1npo ciel 9 giugno 1916, ibid. La difficoltà per i sacerdoti che prestavano il servizio n1ilitare è testin1oniata da una lettera che don Ron10!0 Genuarclì, a cui n1ons. Cnrinci aveva racco1nanclato i capraniccnsi Squillaci e Can1po, scrive eia Palern10 il 24 rnarzo 1916: «È doloroso vedere qui i preti-soldati ai111nassati in una casenna, che è una vera bolgia infernale. Si aggiunge che si fanno fare a loro
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Da una cartolina postale del 16 luglio 1916 informa di essere stato trasferito in zona di guerra col IX corpo d'an11ata. In una successiva lettera del 16 agosto 1nanifesta al superiore la difficoltà a continuare a studiare:
«Io sono se1nprc allo stesso posto, e le assicuro che sto benissin10, anche e soprattutto per lo spirito. Ma è stato i111possibile po1ianni i volu1ni dcl diritto: esso si rin1anda, e probabiln1ente, ai ten1pi 111ig!iori della pace» 3.i. Trasferito al fronte scrive il 17 dicembre 1916 dalla 59' sezione sanità, facendo en1ergere la sua sensibilità spirituale e culturale: «Sono stato un po' su e giù, per le varie azioni di questo settore; n1a ora, dopo l'ultiina che ci ha dato parecchio lavoro non agevole, siaino scesi in questo paesello de! confine. Abbiaino la nostra bella chiesa; 1na, a dir vero, il lavoro saltuario e talvolta intenso della infern1eria, ci concede di vederla assai di rado, e chissà se ci per111ettcrà di solennizzarvi il Santo Natale. Con altri buoni colleghi celebrian10 in casa, e abbiaino libri e buone occasioni»-'-'i.
Si intravede il desiderio di utilizzare il serv1z10 militare come strumento di apostolato fra i soldati. In un altra lettera senza data scritta dal 47° fanteria scrive:
«[ ... ] dopo la tiinida inesperienza dei prin1i 111esi, n1i sento più a n1io agio in questo reggin1ento. M'incoraggia la cordialità e la confidenza di questi ottin1i soldati, e 1ni favorisce la si1npatia buona degli ufficiali. Man 111ano con1prendo la con1plessità dei n1ici doveri e 111i accorgo delle pos-
delle 1nanovre co1ne se fossero soldati di fanteria, e si è spesso proibito la celebn1zionc della 111essa» (Ace, fascicolo Ge1111ardi Ro1110!0). In una successiva lettera dcl 5 aprile inJ'ornHtndo i! rettore cli essere stato incluso fra i chian1ati alle anni scrive: «Né Monsignore 111i so rassegnare a Jarc i! scn1plice soldato di sanitù: qui in Palcrn10 la !oro condizione è tristissima» (ibid ). .'·I Lettera di ìvlariano Can1po dcl 16 agosto 1916, ibid. .-is Lettera di Cmnpo de! I 7 dicen1bre I 916, ibid
Preti capronicensi siciliani
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sibilità dcl niinistero. E ringrazio il Signore di aver avuto e di avere del!e consolazioni non vaste, si sa, n1a sen1pre crescenti. Se avrà la bontà e i I te1npo di scrivern1i, aggiungeva, la prego di danni qualche consiglio: sento il bisogno di aver richian1ata tutta l'altezza de!l'idealc, nientre qui l'abitudine ri1npicciolisce tutto, e, d'altra parte si n1anca di guide, pubblicazioni specifiche [... ] Se potrà anche darn1i qualche indirizzo per richiedere (gratis o con grandi fitcilitazioni) libri, stan1pe buone anche non recenti, o indun1enti invernali ecc., le sarò infinitan1ente grato» 36 •
li 1 agosto 1917 da un ospedale ai piedi delle Alpi scrive: «[ ... ] il 111inistero 1nio, tolte per adesso le ansietà dell'assistenza ai 111onbondi, è tacile e leggero. Abbian10 con1inciato a volerci bene; si chiacchiera, si fanno delle confidenze, si rivolgono a 1ne nei loro bisogni. .. nel ten1pora!e e nello spirituale. Ordinariainente provengono da altri ospedali, e perciò ben disposti; hanno però i prin1i giorni un po' di freddezz<l: la caratteristica diOìdenza per i predicatori delle retrovie, e forse anche per la 111ia giovinezza; n1a dopo un po' di giorni sian10 dei buoni an1ici. Faccio loro un po' di catechisn10 quotidiano, in nianiera qu<lsi apologetica n1a se111pre adattata alla !oro intelligenza e ai loro bisogni»-' 7 .
L'identità dcl cappellano militare che emerge è quella dell'amico e del pastore premuroso piuttosto che quella dell'ufficiale. La stessa concezione emerge anche nell'ultima lettera del 26 giugno 1918, che scrive al rettore dopo essere stato ferito: «Nell'azione dei giorni scorsi sono stato leggennente ferito alla regione lon1bare e attual111ente 1ni trovo in un ospedale di Casale Monferrato, 1nczzo guarito. Così spero di tornare tra breve al 111io caro e glorioso reggin1ento. Il Signore si è degnato di proteggenni e di dar111i grandi consolazioni. Specialn1ente nel precetto pasquale ho potuto vedere co1ne sia n1irabiln1ente buona la grande niaggioranza dei nostri soldati. Anche questa
16 Lellcn1 di Can1po s.d., ibid. Lettera de! \ 0 <lgoslo 1917, ibld
37
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lieve ferita potrà servire a farn1i più vicino a loro, e a fanni da loro n1eglio benvolere»~N.
Da queste lettere emerge una figura di prete-soldato prima e di cappellano militare poi che senza eccessivi ardori patriottici compie il
proprio dovere con coraggio ed abnegazione preoccupato soprattutto di svolgere la sua 1nissionc pastorale fra i soldati considerati più co1ne an1ici che con1e subalterni. Da varie lettere en1crge anche la sua passione per lo studio e l'in1pegno culturale che si n1anifcsterà nel resto della sua vita. Anche don Domenico Squillaci durante il servizio militare indirizza una serie di lettere al rettore 111ons. Alfonso Carinci. In una cartolina del 16 maggio dcl 1916 scrive: «Ieri sono giunto a Palenno; n1i sono
present~to
al Cardinale Lualdi e
sono stato accolto bene. Oggi ho indossato la divisa n1i!itare e con1inciato la inia vita di quarticre»-w.
li 29 luglio successivo informa il rettore della sua insoddisfazione per essere assegnato ai servizi sanitari e gli espri111e il desiderio di passare da prete-soldato a cappellano militare: «Le faccio sapere che dato il nu111ero grande cli aiutanti n1olti sacerdoti sian10 adibiti con1e inferni ieri; e sia1110 costretti a disi1npegnare tutti quegli uffici faticosi e bassi, che ce1ia111ente ad un sacerdote non converrebbe-
18 ·
Lctlcn1 cli Can1po del 26 giugno 1918, ibid J\ questo incidente fR rifcri1ncnto la 1notivazionc di una inedaglia di bronzo, assegnatagli il 15 giugno 1918 sull'Ansa cli Zenon di Piave: «Assolveva con Jède ed entusiasino il suo n1anclato, slancio sc1nprc con i soldati in trincea nei punli pili esposti e pericolosi, Duranlc lo svolgi1nento di aspri co1nballin1enti rirnancva con !Cnno coraggio e n1assi111a serenità sulle pri1nc linee a prestarvi la sua opera di assislenza e cli conforto. Recatosi spontaneaincntc in posto avanzato rin1a11cva J'erilo da proiellilc nc1nico. f?crviclo e costante suscitatore dei più nobili senti1nenti del dovere c dcl sacrificio nelle truppe co1nbattenti e n1ìn1bi!e esernpio di virtl1 1nililari religiose»: cit. in G. Dl MARTJNO, Co111111e1norazìone, cil., s.p. :w Cartolina ciel 16 1naggio 1916, in Acc,fascicolo Squillaci Do111enico.
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ro. Sia fatta la volontà de! Signore che così ha disposto. Sebbene rassegnato ai divini voleri tuttavia non dispero che qualche giorno venga esaudita la inia don1anda per cappellano 1nilitare
i ... ]
così potrò esercitare
quegli uffici che al n1io carattere si convengonO>fm.
Trasferito al fronte può realizzare il suo desiderio e scrive al 1·ettore non senza un certo co111piaci1nento per il ruolo che riveste: «I soldati si sono co111portati eroica111ente ed hanno 111eritato l'encon1io dei co111andanti della Brigata e della Divisione[ ... ] Sta1nani con1e !e passate do1neniche ho celebrato in cin1a a quota 208, ascoltavano i soldati lungo il pendio, il Generale e gli ufficiali a capo scope1to»'11 .
li 25 settembre 1916 scrive dal fronte: «Mi trovo già in pri1na linea fra lo scoppio della fucileria e il fragore dell'artiglieria. Grazie a Dio, conservo un 111ora!e elevato [... ] Adesso specialn1ente confido nelle sue preghiere e in quelle dei con1pagni» 42 .
J_,a presenza in prin1a linea lo rendeva solidale con i soldati anche nell'uso del tipico linguaggio militare, anche se non dimenticava la priorità della sua 1nissione sacerdotale. In una cartolina del 28 ottobre 1916 scrive: «dopo avere goduto qualche giorno di un relativo riposo sian10 un 'altra volta in procinto di tornare in linea. Vengo ancora a pregarla di farn1i avere, anche a 111ie spese, un vasetto per l'olio santo, poiché quello che tengo l'ho avuto in prestito ed il parroco che n1e lo ha dato lo reclan1a. [ ... ] Speria1no anche questa volta - scriveva con accento tipica1nente 111ilitare -
40 41 12 •
Lettera di Squillaci del 29 luglio 1916. ibid Cartolina di Squillaci del 15 agosto 1916, ibid Cartolina di Squillaci ciel 25 settembre 1916, ibid
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di uscire onorati e vittoriosi co1ne nei passati giorni; ci racco1nandi al Signore»'1.1. Don Domenico Squillaci a contatto con i pericoli e le fatiche della prin1a linea desidera svolgere il suo 1ninistero in un posto pili tranquillo, con1e e1nerge da varie lettere. li 2 febbraio 1917 scrive:
«Da circa venti giorni sia1no in seconda linea, vicino all'lsonso, a godere un po' di requie. Io sono in attesa di un cappellano che 1ni sostituisca per poter andare in licenza[ ... ] stando così le cose al tern1ine della inia licenza io avrò con1piuto sci 111esi di servizio di linea[ ... ] 1ni raccon1ando a lei perché nei li1niti dcl possibile venga traslocato in qualche ospedale» 44 • Finita la guerra e rin1asto a fare i! cappellano 111ilitare 111anifcsta !a sua insoddisfazione per lo svolgi1nento della sua 111issione che non lo entusiasn1a. Dopo essere stato trasferito al battaglione Alpino, in una lettera del 26 aprile 1919, si lamenta:
«Non posso dire di essere venuto qui volentieri dopo quindici n1esi di reggin1ento dopo diciotto n1esi di vita in 1nontagna avrei preferito restare al 1nio ospeda!etto rin1asto senza cappellano, tanto più che trovo !'an1bientc dell'ospedale più confacente alle 111ic attitudini. Ci sono poi in giro ce1te voci di i1nn1incntc partenza oltre n1are, la pregherei di fàre qualcosa per farn1i tornare al 111io o in qualche altro ospeda!e» 45 • Da questa come dalla successiva lettera al rettore del 23 ottobre 1919 si intravede come la scelta di fare il cappellano militare se non di
4
Cartolina di Squillaci ciel 28 ottobre 1916, ihid. Lcliera di Squi!alci dcl 2 febbraio 1917, ibid In una lettera dello stesso tenore scriveva il 5 scttcn1brc 1918: «Credo che non vorranno Jll<lnclanni in uniti! con1battcnti l_ ... J a rne sarebbe gradito poter anelare in qualche ospedale nelle retrovie». La stessa cosa scrive in una lettera da Ro1na !'11 ottobre 1918 (efr. ibid.). ·L'i LcHcra cli Squillaci del 26 aprile 1919, ibid. 4
J
~
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con1odo, non era certa1nente concepita con1e una n1issione per tutta la vita e tanto 111eno una scelta di tipo patriottico: «Con1incia a preoccupanni - scrive - il problen1a del 111io avvenire; sento il bisogno di venire un po' di te111po a Ro1na per riprendere i n1iei studi, per richian1are quanto ho din1cnticato. Intanto passano i n1esi e qui non si vede via d'uscita. Vorrei che lei nii fi1cesse il favore di intercedere presso
i! Vescovo Castrense, se non posso per ora essere congedato, che al1neno 111i faccia chian1are a Ron1a, dove io potrei prestare qualche servizio e frequentare nello stesso ten1po l'Istituto Biblico»·16 .
In altra lettera dcl 5 gennaio 1920, nella quale dice di essere stato destinato a Valstagna per cotnporre le saln1e dci caduti in un ci1nitero, 1nanifesta il senso di inutilità della sua n1issione in quanto il con1pito affidatogli potrebbe essere svolto benissin10 da altri: «Mi do1nando - si chiede - se c'è proprio il bisogno di trai1enen11i sotto le arn1i per con1piere una sin1ile opera pietosa sì, 111a che potrebbe fiire un caporale. Qui io ho niente da tàre, niente nel senso della parola»~ 7 .
Sia1no n101to lontani da quei cappellani 1nilitari anin1ati da spiriti patriottici che «sen1brano accondiscendere ad una certa ideologizzazione dell'esperienza della guerra, con1c di una vicenda eccezionalinente significativa e di cui vogliono conservare la 111e1noria»'18 • Dalle lettere dal fronte dei capranicensi siciliani emerge piuttosto che la scelta di chiedere di passare da preti-soldati a cappellani militari è n1otivata dal desiderio di svolgere un 1ninistcro pastorale fi·a i soldati, anche se da una posizione privilegiata rispetto ai 1noltissi1ni se1ninaristi e preti che si trovarono coinvolti nella vita quotidiana dei se111plici soldati o al 111assi1110 dci soldati di sanità. Non e111crge da que-
~e,
Lettera di Squillaci dcl 23 ollobrc 1919, ibid.
~ 7 Lettera di Squillaci dcl 5 gennaio 1920, ibid ~ 8 R. fVlOROZZO DELLA ROCCA, La jède e la guerra. C(lppellani 111!/itari e preti-
soldati (1915-1919), Studiun1, Ron1a 1980, 103.
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Michele Penni._c.;i
ste pagine né il dramma interiore o il pentimento per aver partecipato ad un'inutile strage di un padre Giovanni Semeria o di un don Giulio Faeibeni, né una valutazione positiva dal punto di vista pastorale dell'esperienza della guerra di un don Primo Mazzolari'".
5.
l~ 'atteggian1ento
nei CD!(fi·onti del fàscisn10
i/esperienza del servizio 111ilitare contribuì per un certo nun1ero di preti a far guardare con una certa si111patia il nascente fascis1no con le sue scelte patriottiche anche se questo non significò supina accondiscendenza alle scelte di fondo del nuovo regime. Molti, anche di quelli che erano cappellani della milizia o dell'Opera nazionale balilla, pur consapevoli delle strettoie ideologiche dentro le quali dovevano muoversi, avevano colto l'occasione per poter essere vicini soprattutto
alle giovani generazioni. L'atteggian1ento della Chiesa siciliana nei confronti del tàscis1no, con1e ha diinostrato Cataldo Naro riferendosi alla diocesi di Caltanissetta, è complesso e non è facilmente riducibile alle valutazioni schematiche della resistenza ad ogni costo o della resa incondizionata 50 . Per quanto riguarda l'atteggia1nento dei capranicensi siciliani nei confronti del fascismo, dato che i documenti che abbiamo
rintracciato nell'archivio del collegio Capranica non ci se111brano significativi per un discorso globale sui rapporti fra il clero siciliano e il fascismo, piuttosto che offrire delle conclusioni preferiamo indicare delle piste di ricerca a partire dai risultati raggiunti in alcuni studi dedicati all'argomento. Innanzitutto andrebbero studiati non solo i capranicensi siciliani che si sono formati in collegio durante il regime fascista, ma anche
~ 9 Cfr. l\1. GUASCO, Storia del clero in Italia dal/ '01/ocento ad oggi, Laterz<1, Bari 1997, 159-162. 511 Cfr. C. NARO, La Chiesa di Ca/tanissclta tra le due guerre, 2: I cattolici nella società: la politica, I 'eco110111ia e la c11lt11ra, Sciascia, Ca!t<1nissetta-Ro1na 1991, 185-275. A livello pili generale cfr. P. SCOPPOLA, l,a C/liesa e 11.fascis!llO. JJ0c11111enti e interpretazioni, Laterz<1, Bari 197 I; f\/f. REINERI, Fascis1110, resistenza e consenso negli studi sul 111ovimento cattofico, in Italia contemporanea ! 33 ( 197 8) 89-97.
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quelli for111atisi alcuni decenni pri1na e che ora occupavano posti di responsabilità a livello ecclesiale. Fra questi oltre ai vescovi di origine siciliana quali Nicolò Audino vescovo di Mazara del Vallo, Angelo Calabretta vescovo di Noto, Ron10!0 Gcnuardi vescovo ausiliare di Palenno bisogna anche includere Emiliano Cagnoni vescovo di Cefalù dal 1934 al 1969 ed Emilio Ferrais inviato nel 1911 con1e ausiliare di Francica Nava a Catania, e arcivescovo per appena tredici 111esi 51 • Le coordinate culturali che hanno determinato i rapporti fra i vescovi siciliani durante il pontificato di Pio Xl e i gerarchi fascisti sia a livello regionale che nazionale, desunte dall'analisi di alcune lettere pastorali e di alcuni documenti del Ministero dell'Interno conservati nel!' Archivio Centrale dello Stato sono state analizzate da Gaetano Zito, che ha 111esso in evidenza anche i lin1iti della sua ricerca52 • Tra i preti capranicensi che si distinsero a livello intellettuale n1erita una particolare n1enzione Mariano Ca111po. Egli, finita la guerra non ritorna più a Ron1a a proseguire gli sfortunati studi di diritto canonico 111a riprende i suoi studi filosofici all'università di Palern10 dove si laurea nel 1921 con una tesi sulla filosofia del linguaggio. Egli tentò un'iniziale dialogo con l'idealis1110 italiano soprattutto gentiliano e visse nel clima conciliatorista del pontificato di Pio Xl che si re-
51 En1iliano Cagnoni nato ad 1\neona il 17 oltobre 1884, fu alunno ciel Capra~ nica dal 1901 al 1909 conseguendo i dottorati in filosofia e teologia e il baccellierato in dirilto canonico alla (ìregoriana. <iL' 11 diceinbre 1914 secondo le annota?:ioni sul libro della Ivlatricola - Jì.1 no111i11ato cameriere segreto di Benedetto XV, passò al!'arehiclioccsi di Bologna alla dirc?:ione della ·'Consullivn". Passò quindi Vicario generale a Ravenna, Jì.1 non1inato Amn1inistratore Apostolico e quindi Jì.1 eletto Vescovo di Cefa!li. Fu ordinato Vescovo a Ravenna>>: Ace, 111 (1896-1942) 75, n. 69, En1i!io Ferrais (1869-!930) ru alunno del collegio Capranica dal 1888 al 1891, conseguì il dottorato in dirillo canonico alla (ìregoriana "sun11na ewn laude", insegnò diritto canonico a Verona sua cillù nalale priinu di essere pro1nosso alla clignitù episcopale; cfr. Ace, 111 (1792-1895) 135, n. 109; F. PENNJSJ, Un vescovo se111i11c1rista. C'e1111i biogrqf/ci di mons. Elililio Ferrais arci1'escovo di Catania, OVE, Catnnia
1942. 52 G. /.1ro Vescovi. politica e .fascis1110 111 Sicilia, in AA.VV., Cristianesf/110 e 1 de111ocrazia nel pensiero dei cattolici siciliani del Novecento. Centro Siciliuno Stur~ ?:O, !·l:.tlenno 1994. 215-275.
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spirava all'Università Cattolica di Milano dopo il 1929, preferendo dedicarsi all'impegno culturale e alla ricerca scientifica nella più asso-
luta fedeltà alla gerarchia ecclcsiastica5 ·1 . Significativo per capire la sua 1nentalità durante il 1ninistero svolto nel Sen1inario di Cefalù è un episodio raccontato da uno dei suoi discepoli, 111ons. Giuseppe Di Martino, anche lui capranicense: «Sia1110 nel 1925, quando il Partito [nazionale fascista] andava sen1pre pili accentuando !a sua piega dittatoriale, annullando pa1iiti ed associazioni. Una viltin1a illustre - lo si sa - fu il Partito Popolare lta!iano di Don Sturzo.[ ... ] Don Sturzo aveva a Cefa!L1 1nolti <-unici entusiasti, tra i! laicato e lo stesso clero. Tra questi anche 1nio zio, l'an1ico di Monsignore. Lo zio a refettorio non poté far a n1cno di esternare con parole dure verso il Papa il suo disappunlo e la sua ainarezza, n1a fu subito troncato da!l'an1ico con un energico: 'Mariano, tu così parli dcl Papa?'» 5.i.
Don Mariano Can1po per gli a111bienti frequentati, il soggiorno nei paesi di lingua tedesca e per le cariche accaden1ichc ricoperte non fu certan1ente un oppositore aperto del rcgin1e, 111a neanche un suo esaltatore acritico. l'ra i capraniccnsi siciliani abbia1110 trovato qualche lettera significativa sull'argomento della nostra ricerca solo nel fascicolo di Michele Sclafani, "prete sociale" amico di Luigi Sturzo che, prima di approdare a posizioni clerico-fasciste, fu organizzatore del 1novin1ento cattolico agrigentino e fondatore cli 111olte opere econon1iche, consi-
5-'Cfr. I. MANCINI, I.a neoscolastica durante gli anni del .fascis1110, in AA.VV., Tendenze della fllnsq/ìa italiana nell 'etrì del fàscis1110, a CUI'(! di O. Po1npco fan1covi Bel/Orte, Livorno 1985, 267-270; C. NARO, la Chiesa di Caltanissetta tr(I le d11e guerre, I: Ideale sacerdotale e prassi pastorale, Scinscia, Ro111a-Caltanisselta 1991. 2 ! 9-224; E.GUCC!ONE, Presenza e li111iti della cultura cat!olica, in AA. Vv., La Chiesa di Sicilia dal Vaticano J al Vaticano Il, !I, Scioscia, Roma~Caltonisscttal994, 879-880. :;.i G. DI MARTINO, L'azione educativa nel .5e111i11nrio di C'ejà/ù (1923-1929). in A/li del C'onvegno di studio sulla figura e il ;1ensiero di i\Iariano Ca111po. Caltavuturo, 3-5 dicembre 1988, Tipograria ;'Le l\1odonie". Castelbuono 1990, 52.
Preti capt(l/l;censi sici!ian;
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gli ere comunale dal 190 I al 1924 di Agrigento, città della quale fu prosindaco. Nell'estate del 1923 in collegamento con i deputati scissionisti del PPI Fronda e Vassallo promosse la costituzione di un partito siciliano, che nelle elezioni del 1924 appoggiò i candidati ciel listone filogovernativo. Le motivazioni cli tale atteggiamento furono sostenute dal prete agrigentino in una lettera-programma pubblicata sul quotidiano palermitano l'Ora del 22-23 agosto 1923:
« Ho sen1pre sostenuto - scriveva - che i Popolari, coi quali trovasi il clero, aln1eno in Sicilia, avrebbero dovuto lavorare a Jìanco dei fascisti, perché si potesse esercitare quell'azione di rigenerazione 111ora!e dell'Isola che un governo volenteroso, non legato ad interessi elettorali ai capoccia delle clientele siciliane, può attuare agcvo!n1e11te [... ]55 • I-fo sen1prc detto agli an1ici fascisti - aggiungeva - che essi sono in Sicilia una sparuta 111inoranza, perché non hanno le n1asse: noi Popolari d'altro canto sian10 una debolezza perché, pur avendo 1no!te organizzazioni e cooperative, risentia1110 delle divergenze dci nostri a111ici dcl continente, o per lo 111cno clobbian10 risentire le conseguenze di situazioni che le nostre n1asse 11011 co111prendono, perché non soffrirono, né le avrebbero sopportate le violenze bolsceviche» 56 •
In pole1nica di fatto con don Luigi Sturzo, verso cui diceva di nutrire "sincera an1icizia e a1111nirazione", proponeva una ingenua collaborazione "in un grande partito che sia unica111ente siciliano" fra cattolici organizzati e fascisti che ''con senti111ento diverso, hanno !o stesso intento e sentono lo stesso bisogno, di liberare la Sicilia da tutta la zavorra di quei partiti locali che soffocano gli interessi vitali della regione" 57 L,e convergenze con i fascisti piuttosto che sul piano patriottico
55 Cit.
299. 56 57
Le. Le.
in G. C. fVIARINO, Partiti e !o!tc di closse in Sicilia, Lalerza, Bari 1974,
542
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dell'unità nazionale erano sul piano ideologico dei comuni nemici liberali e socialisti da battere e sul piano pratico al fine di salvaguardare la vasta rete di opere sociali costruite dai cattolici. Più di qualcuno avanzò il sospetto che l'appoggio al fascismo da parte di Sclafani fosse condizionato dalla necessità di salvaguardare le opere economiche nella quale egli era personalmente coinvolto. Don Sclafani non si rese forse conto che la logica del partito unico, che in qualche modo egli appoggiava polemizzando contro la frammentazione dei vari partiti locali, avrebbe schiacciato anche il suo partito, dato che il regi1ne non poteva tollerare nessuna autonon1ia da parte di organizzazioni che pure lo fiancheggiavano. La vicenda del suo appoggio al fascismo è stata descritta fino al 1924 da Pasquale Hamel 58 . In quell'anno Sclafani avendo manifestato il suo dissenso per la sua estron1issione dall'a111111inistrazione con1unale inco1ninciò a subire una serie di azioni persecutorie nei confronti delle casse rurali ed artigiane, che portarono alla condanna di vari dirigenti cattolici e ridussero in miseria lo stesso don Sclafani che "dovette vendere tutti i suoi beni per far fronte ai processi e alle condannc"5'>. Dei problemi personali e finanziari di don Sclafani abbiamo trovato alcune tracce nel carteggio scambiato col rettore del Capranica mons. Cesare Federici nel 1931. In una lettera del 23 giugno 193 I l'ex alunno del Capranica, avendo gravi difficoltà economiche, scrive al rettore del tempo: «Mi trovo in difficili condizioni in conseguenza di 35 anni di lavoro disinteressato e dispendioso. lo appello a tutte le anilne buone per veninni in aiuto, [ ... ]. Ho pensato anche scrivendo [sic!] per la solidarietà a tutti gli ex collegiali, contentando1ni di un obolo n1odesto, dati i ten1pi, e gli
iinpegnì che ognuno ha. Anche Lei vorrà venirn1i in aiuto? In Collegio non lasciai cattivo ricordo; ed in tanti anni di lavoro, tenni alto l'onore
58 P. I-lAMEL, /)on Sc!a,fani e il c/erico~fascis1110 agrigentino, in 1\111ovi Quaderni del Aieridione 85-86 ( 1984) 59-70; 59 D. DE GIU~GOJ{JO, Profili di sacerdoti agrigentfr1i, Dc Bono, Firenze 1961,
306.
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del Collegio, che n1i avviò al Ministero e all'apostolato. Non chiesi, né ebbi aiuti, né onori; 1neno delle onorificenze civili, che per quanto altissime, non le chiesi io né vi posi in1portanza, perché non confonni al n1io carattere. Oggi chiedo la carità ai confratelli, per rendern1i libero _di pOter-1ni dedicare alle Missioni in un Ministero spirituale. In Collegio potrebbe tàrsi una sottoscrizione degli attuali chierici a favore di un vecchio con11nilitone, che poté ottenere tante vittorie nell'azione cattolic?, e che n1antenne se1npre pura la bandiera cattolica? L'on. Defelice, il corifeo dei socialisti in Sicilia, so!eva dire, che nella Provincia di Agrigento non poteva andare, perché c'era un prete che aveva irretito tutto il popolo alla Chiesa. Nel 1non1ento delle difficoltà, ricordare il periodo dei trionfi, non è vanità; nia conforto di avere fatto del bene» 611 •
Dopo aver ricevuto una generosa offerta dal rettore gli risponde: «La ringrazio con ritardo della gentile affettuosa lettera e dell'aiuto inviaton1i. Iddio la re111uneri. [ ... J Vado ricevendo aiuti e conforti da 1nolti ex compagni, ed ex collegiali, che non n1i conoscono ne111111eno di vista. Poi le saprò dire quale aiuto e quanto bene 111i verrà da questa con1111ovente solidarietà» 61 .
La solidarietà morale e materiale dei superiori e di molti alunni del Capranica continuerà a sostenere don Michele Sclafani fino agli ultimi anni della sua vita dedicati ad un impegno strettamente religioso. Nel voluminoso carteggio scambiato fra gli ex alunni siciliani del Capranica e i superiori del loro Collegio durante il periodo che ci interessa non abbia1no trovato cenno di valutazioni a livello religioso culturale e politico del fenomeno fascista né durante il periodo seguito alla conciliazione né durante la fine dell'idillio seguito alle leggi razziali e al conflitto sull'Azione Cattolica. Anche don Michele Tiralosi
60
Lettera dc! 23 giugno 1931, in J\cc,j(1scicolo !\Iiche/e 5,'c/aj'ani. r,i Cartolina di Michele Sclafani ciel 12 agosto 1931, ibid.
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Michele Pe1111isi
della diocesi di Caltagirone professore nel seminario diocesano e assistente ecclesiastico dell'Azione Cattolica, che per una sua predica in cui fu ravvisata una larvata critica alla politica antiebraica del regin1c, fu proposto per il confino, preferì rinchiudersi nel silenzio ed accontentarsi del suo trasferimento nel 1939 a Vizzini suo paese natale"'. L'unica lettera in cui si accenna al problen1a della riorganizzazione politica dei cattolici quando il fascismo è ormai politicamente e militarmente sconfitto in Sicilia è di don Salvatore Gioco della diocesi di Nicosia entrato al Capranica nel 1936, che durante la sua pennanenza a Roma, a contatto con gli ambienti della FUCI di Montini, maturò una certa avversione al regi111e. In una lettera al rettore de! Capranica dcl 17 dicembre 1944 scrive amareggiato: «La politica con grave 111io disappunto, non 111i interessil affatto. Qui si tanno beghe di classi solo in vista del proprio tornaconto. In nessuno si 1nanifesta un qualche lun1e di idealità, che pennetta di posporre il proprio particolare interesse a quello generale. La den1ocrazia cristiana finalinente si è costituita anche qui; l'anno [sic!] costituita tutti e solo i separatisti che onnai erano dei fuori legge, solo per poter lavorare sotto 1'01nbra della legalità. Non uno solo che sia stato un niediocre cristiano: tutti coloro che a suo te111po avevano avversato nel niodo più feroce il partito popolare, e coloro che ne hanno ereditato !o spirito, oggi si trovano uniti nell'inneggiare De Gasperi e don Sturzo. E con1e a Regalbuto così in tutti i co111uni della Sicilia. Essi 111i rivoltano aclcliriHura»rd.
La sua è una rivolta 1norale contro il trasforn1isn10 gattopardesco e la 111ancanza del senso del bene co111une che caratterizza soprattutto quei separatisti che tentarono di confluire nel nuovo partito dei cattolici appena in fasce. Si tratta di un giudizio che, senza negare
62 Entrò al Capranica nel 1919, dopo aver partecipato alla prirna guerra, e ne uscì nel 1923 (cfr. J\cc, lii (1896-1942) 248, 11. 81); cfr. l'vt. PENNISI, // P.P.I. a Caltagirone e nel Calatino. in Sociologia 21 (1987} 337. 61 1-\cc, .fascicolo Gioco Salvatore. Sui pri1ni tentativi di ricostruzione della den1ocrazia cristiana in Sicilia cfr. AA.VV., Chiesa e società a (~altanissetta a/l 'indo111ani della seconda guerra 1nondiale. Ed. ciel Sc1n in ari o, Caltanissetta 1984.
Preti capran;censi siciliani
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l'importanza dell'impegno politico dei cattolici, ma anzi nel manifestare apprezzamento per l'esperienza popolare di don Sturzo, coinvolge in una stessa condanna 1norale non solo il fascis1no n1a anche il tentativo di chi intende ricostituire la den1ocrazia cristiana sul tornaconto personale e sul trasformismo politico.
Synaxis XV/2 (1997) 547-589
«0 ROMA O MOSCA» CLERO E COMUNISMO NELLA SICILIA DEL SECONDO DOPOGUERRA
GAETANO ZITO'
1. La fonte" un diario parrocchiale «Non è esagerato dire - scrive Miccoli - che uno degli elementi caratterizzanti, se non l'elen1ento caratterizzante il secondo dopoguerra della Chiesa italiana fu la paura del comunismm» Paura che «va ce1io ben al di là dcl problema di una sua affermazione in Italia, riconnettendosi piuttosto ai problemi suscitati dalla sua espansione in tutti i paesi dell'Est europeo, alcuni dei quali di solida e antica tradizione cattolica, alla situazione di repressione e di persecuzione religiosa che quasi sempre vi si accompagnava, allo scompaginamento delle gerarchie vescovili, agli ostacoli posti al reclutamento del clero, e via dicendo» 1• Non erano, ovviamente, motivi dettati soltanto dalle notizie che giungevano sulle sorti delle comunità cristiane e dei loro pastori nei paesi 1nan 1nano occupati dall'Annata Rossa nell'Est europeo. I_,o
,., Ordinario di Storia della Chiesa nello Studio Teologico S. Paolo cli Catania. 1 G. MICCOLI, Chiesa e società in Italia dal L'onci/io Vaticano i (1870) al pont1ficato di Giovanni ,\~\?I!, in Starla d 'fllt!ia. 5: I documenti", Einaudi, Torino 1978, 1534~ 1535. È se1npre più an1pia la letteratura sul ten1a in oggetto e la finalità di questo contributo non tende ad un esarne dettagliato della proble1natica in questione. Pertanto, il riferimento sarà li111itato ad alcuni studi generali e a quelli più dircttainente inerenti la situazione dell'isola.
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Gaetano Zito
scontro era anche e soprattutto ideale. Già nel corso dell'Ottocento il magistero aveva condannato le teorie di Marx cd Engels c il metodo da loro adottato, la rivoluzione proletaria, per la soluzione della que-
stione sociale. La riprovazione del co1nunisn10, tuttavia, si era venuta radicalizzando in seguito alla rivoluzione russa e alle persecuzioni contro la Chiesa in Messico e in Spagna. Alla luce di tali eventi la dottrina co1nunista aveva trovato una inequivocabile condanna nella Divini Redemploris di Pio Xl (1937): tremenda minaccia per la civiltà umana e per i principi religiosi, il co111unisn10 rappresentava un «satanico flagello»'. Quanto era accaduto in Messico e in Spagna nveva alin1entato anche nell'episcopato siciliano la convinzione che il regin1e fascista costituisse in quel 1non1ento l'unica àncora di salvezza contro il bolscevismo. Il sostegno alle avventure belliche del regime, in Africa, in Spagna e nei prin1i anni alla stessa guerra 111ondialc, veniva presentato dai vescovi coine una necessità per salvaguardare la patria e la fede cattolica ron1ana dal pericolo del n1ateria!isn10 e dell'ateis1no. Pericolo attribuito all'ideologia comunista, più alla luce di quanto accadeva che in forza di una puntuale analisi, n1a non denunziato con altrettanta fennezza nel nazionalis1110, che assun1eva ora111ai il volto di una religione secolare. Alla fine del secondo conflitto mondiale fu ancora la
2 Lo stesso pontefice ricorda le condanne c1nesse dai suoi predecessori: Pio JX nella Qui pluribus (1846) e nel Syllab11s (1864):, Leone Xlll nelln Quod Apostolici 1n1111eris (1878); e lui stesso più volte si era pronunziato con!To i! con1unis1no: 1\'1iserentissi11111s Rede111ptor ( 1928), Q11adragesi1110 .'/11110 ( l 93 ! ), C'haritate C'hristi (1932), Acerba Ani111i (1932), Dilectissi111a 1Vobis (1933). Il contenuto dottrinale de!l'enciclica fu reso pili accessibile sotto forrna di catechisn10 anticon1u11isla in I 00 dornandc e risposte, a cura clell'UFFJC!O CENTf\ALE DELL'J\7.IONJ; CATTOLICA lTJ\Llt\NA, Tenebre di errore e luce di verità. Contro il co1111111is1110 ateo, Anonirna Roinana Cattolica Editrice, Roina 1937. Un'analisi della reazione della Chiesa al con1unis1no in J\. RAVÀ, J,'atteggia111ento della C'hiesa di.fì·onte al co1111111is1110 dal 1846 al 1949, in Raccolta di scritti in onore di A. C'. Je111olo, f/2, GiuJ'frè, lVlililnO 1963, 1077-1119; sulla condanna eia parle di Pio X! cfr. le osservazioni di P. SCOPPOL1\, (]/i orienta111enti di Pio .Y! e Pio .-Y// sui proble111i della società contc1nporanea, in I cattolici nel inondo conte111poraneo (1922-1958), a cura di M. Guasco - E. Guerriero - F. Traniello, Paoline, Cinisello Balsan10 1991 (Storia della Chiesa iniz. da f\. Pliche e V. Martin, XXIII). 134-137.
Clero e co1nunis1110
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paura del co1nunisn10\ ulteriorn1ente accresciutasi negli anni della guerra e per i puntuali interventi di Pio XII, a condizionare in 1nodo preponderante i vescovi dell'isola. Delusi dal fascismo, al quale avevano legato la speranza di cristianizzare la società e la cultura, con identiche attese abbracciarono il progetto politico della de1nocrazia cristiana4. li clero, che nell'insieme aveva condiviso le attese e le delusioni dei suoi vescovi, fin dall'arrivo degli alleati nell'isola si 1nosse essenzialn1ente su tre versanti: l'in1pianto di un reticolo di opere caritativoassistenziali, per venire incontro alle 111olteplici esigenze n1atcriali delle popolazioni; un rinnovato fervore pastorale, per la ricostruzione morale e religiosa della società; la diresa delle anime e degli interessi cattolici dal co111unis1110 5 • li presente intervento intende n1uoversi proprio in quest'ulti1na direzione: offrire elementi di comprensione delle ragioni e dell'operato del clero siciliano nei confronti del comunismo all'indomani della seconda guerra 111ondiale. Un 'analisi dettagliata di tale con1plessa problcn1atica è ancora tutta da esplorare 6 • Questo contributo si pone nella
3 Cannelo Patanè, arcivescovo di Catania (1930-1952), ne! febbraio 1942 at~ tribuiva la causa dell'i111111ane disastro della guerra all'atcis1no: logica conseguenza dcl con1unisn10 che, <1 sua vo!La, era lo sbocco «di lutti i torrenti in1pctuosi e liinacciosi dell'incredulil<'n>. Pertanto, la guerra si co1nbattcva tra In Russia atea e la civiltà cristiana: !30/!etti110 Ecclesiastico del/ 'Archidiocesi di C'atania (=BL) 46 ( 1942) 22 . .i G. ZITO, Vescovi, politica e.fascismo in ,'ùcilia, in Cristianesimo e de1110crazia nel pensiero dei cattolici siciliani del 11ovece11to. l\lti elci convegno di studi nel 90° della lettera pastorale dei vescovi sicilia11i ''La Dcn1ocrazia Cristiana dcl 1903", a cura di C. Naro, Centro Siciliano Sturzo, Palcr1110 1994, 215-275. 5 G. Zrro, C'lero e re figi osi nel/ 'evoluzione della società siciliana, in La Chiesa di Sicilia dal Vaticano J al Vaticano!!, a cura di F. f'!ores d'J\rcais, Sciascia, Ca!tanissctta-Rorna 1994, 303-304. Sul clero italiano, cfr. !VI. GUASCO, Storia del clero in Italia da// '(Jttocento a oggi, Lalerza, Ro111a-Bari 1997, 224~230. 6 Alcune indicazioni, nella linea degli interventi dell'episcopato siciliano, si possono cogliere in F. f\11. STAl3JLL:, La Chiesa nella società siciliana della prf!na 111etcì del 1\fovecento, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1992; F. RENDA, Profì/o storico: Chiesa e società in Sicilia da/l'Unità al Concilio 1-'oticano JJ, in /,a Chiesa di Sicilia, cit., 84-105; una csc111p!ificazione in P. BORZOMATI, Chiesa, società. De1nocrazia C'ristiana a Ca!tanissella dal 1943 al 1948, in Chiesa e società a C~altanissctta a!f'indo111ani della seconda guer!'a mondiale. l\lli dcl convegno di studi organizza-
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prospettiva di avviare un rispondente percorso storiografico, e l'occasione preziosa viene offerta dalle rievocazioni consegnateci nel diario cli un parroco della città cli Catania7 • Il testo presenta un interesse di considerevole rilievo, poiché offre la possibilità di evidenziare ansie pastorali e loro moventi, correlazione del prete e della parrocchia con le condizioni sociali ed economiche dei fedeli, opzioni religiose ma anche politiche. È possibile, in sostanza, delineare i caratteri dell'approccio pastorale alle problematiche dell'isola in un periodo di assestamento sociale e politico, periodo che avrebbe determinato la storia della Sicilia c della nazione per i decenni successivi. Quanto accadeva nel territorio della parrocchia di S. Maria della Salute a Catania può certan1ente essere assunto a cifra di un più vasto e "norn1ale" atteggia111ento del clero siciliano. Ciò, nondi1neno, non equivale ad una indebita e aprioristica esclusione di preti alla ricerca di vie non del tutto conformi alle direttive della gerarchia ecclesiastica'. In attesa che specifiche indagini verifichino la eventuale consistenza di tale fenomeno in Sicilia, è sufficiente ricordare la figura di Giuseppe Lo Cascio (I 870- I 953), prete della diocesi di Palermo. Già nell'ambito del movimento cattolico isolano, tra fine '800 e primi decenni del '900, aveva decisamente soto da! l'Istituto teologicoMpastoralc ''!vlons. G. Guttadauro" (Caltanissetta 24-26 aprile 1984), a cura di P. Borzon1ati, Ed. ciel Se1ninario, Caltanisctta 1984, 31-68. 7 CATANIA, PARl<OCClllA s. MARIA DELLA SALUTE, Diario parrocchiale redatto dal parroco Antonino !vlarcantonio ( 1942-1949). Devo la segnalazione di esso a!J 'attuale parroco, don Franco Longhitano, che doverosamente ringrazio. Sia dal !a grafia, sia per l'assenza nel testo della indicazione sisteinalica dei giorni ciel 1nese, sia da! contesto co1nplessivo, il diario appare redatto in un periodo successivo agli avvenin1cnti. InE11ti, solo a partire dal n1ese di nove1nbre 1949 presenta una indieuzione costante dci giorni. Pertanto, tutto i! testo, sen1bra assun1crc il curattere di una 1nen10ria postuinu per la vita ecclesiale della parrocchia e per quella civile del quartiere e della ciltà. Tutto i! testo sarù pubblicato per intero quanto pri111u. 8 Una tipizzazione dell'attcggiainen!o del clero italiano nei confronti dcll'i1npegno poli1ieo in A. PARI.SEI.LA, C'lero e parroci, in Pio,'(//, a cura di A. Riccardi, Laterza, Ro1na-Bari 1984, <!50-451. Sulla apertura a sinistra di una porzione del 1nondo cattolico efr. G. RUGGlER! - R. ALBANI, C'atto/ici co1111111isti? Originalità e contraddizioni di un 'esperienza "lontana", Queriniana. Brescia 1978; [·'. MALGER!, «Voce operafru>. Dai cattolici comunisti alla Sinistra cristiana (1943-1945), Studiuin, Rmna 1992. Per una visione d'insie1ne di questi anni, cfr. J. D. DURANO, L 'Église catholique dans la crise de l'ltalie (1943-1948), Éeole Françaisc dc Ro1ne, Ron1u 1991.
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stenuto l'autono1nia dei cattolici dalla gerarchia in ainbito sociale e aveva condiviso fondamentali tesi socialiste9 • Ancor più singolare è da considerarsi la posizione assunta dal vescovo di Patti, Angelo Ficarra (1936- 1957): decise di non appoggiare, né in privato né in pubblico, le liste della Democrazia Cristiana nelle elezioni amministrative del 1946 e del 1949. Della sconfitta di essa, da preti e da locali esponenti del partito, a più riprese fu accusato il vescovo, anche con la pubblicazione e la diffusione di un libello con esplicito addebito di responsabilità. La vittoria del con1u111s1no venne qualificata con1e una «vergogna, se non delitto i1nperdonabile», a niaggior ragione «che ciò sia avvenuto a Patti, sede Vescovile», e il n1ancato sostegno alla De1nocrazia Cristiana era da considerarsi un tradin1ento alla Chiesa. Ma la risoluzione di Ficarra era dettata proprio dalla visione di una Chiesa libera dalla identificazione con un partito politico, e dalla coscienza che il suo ministero episcopale non gli permettesse di piegarsi a pretese da lui giudicate «insane e losche». J_,e accuse 111ossegli, "diligenten1ente", 111an 1nano vennero fatte pervenire a Pio Xll e a vari dicasteri della Curia romana. Nel 1955 Giuseppe Pullano fu nominato amministratore apostolico «sede piena» e nel 1957 Ficarra lesse sulla stampa la notizia della sua rinuncia alla diocesi di Patti, per motivi di età e di salute, e la contemporanea no1nina ad arcivescovo titolare di Leontopoli. Ma le ragioni che avevano indotto la Santa Sede ad avviare l'iter di rimozione dcl vescovo di Patti, al 1non1ento in cui essa si co111piva, si collocavano orinai in un clima sociale, politico, ed anche ecclesiale (vigilia del Vaticano li), ben diverso rispetto a quello dell'i111111ediato dopoguerraw. Una attività più propriamente sociale e politica espresse, in diocesi di Catania, un prete di Adrano oscurato, con1e altri, dall'i111ponente figura di Luigi Sturzo. Vincenzo Baseetta (1879-1959) fu esponente di spicco del movimento cattolico e del Partito Popolare, di cui ri-
9 r. CONIGLlARO, Chies{( e società in Giuseppe Lo C'ascio, Sciascia, Ca[tanis-
setta-Ron1a 1994. JO L. SCIASCIA, !)a/le parti degli injède/i, Sellerio, Palern10 1979.
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coprì la carica di presidente provinciale, rondò casse rurali, sposò la causa dci contadini per la divisione delle terre, sindaco del suo paese, consigliere provinciale e antifascista. Tra i fondatori della Den1ocrazia Cristiana in Adrano, nel 1943, ne fu segretario politico e venne eletto consigliere comunale e capo gruppo elci consiglieri democratici cristian I.
La sua opposizione al con1unis1110 si sostanziò anzitutto di robusto impegno sociale: nel 1944 fondò una cooperativa di consumo, per venire incontro alle esigenze ali1nentari dei 1neno abbienti, e nel 1946 una cooperativa per la quotizzazione dei terreni, favorendo i I costi-
tuirsi della piccola proprietà tra i contadini grazie ai fondi rustici acquistati dai grandi proprietari e rivenduti in piccoli appezzamenti. Alle provocazioni della sinistra rispose con una serrata lotta politica, con comizi e pubblici dibattiti. Dedicò molte energie alla formazione degli attivisti della Den1ocrazin Cristiana, per renderli idonei a!l'nni1nazione popolare e ad affrontare il confronto ideologico con i comunisti". Antonino Marcantonio 12, autore del Diario "fonte" cli questo studio, appartiene invece alla categoria "con1une" di clero, che si dif-
11 G. e P. SCJ\RVAGLJERI, Vincenzo /3ascetta. L'azione sociale e po/dica, Dchonirn1e, Napoli 1979; G. SCARVAGLIERI, Sturzo e !Jascetta: 1110/ivazioni e metodo della loro azione sociale, in Synaxis 6 ( 1988) 63-96. Sul 111oclo con1e venire incontro alla prob!crnatica condizione dei contadini siciliani, e in particolnrc circa il latifondo, non vi era un oricntainenlo unitario e preciso. Il 9 gennaio 1944 Jacono, vescovo cl i Ca!tanissctla, chiedeva al card. Lavitrano, arcivescovo cli Pa!cnno e presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, se fosse possibile «ain111ettcrc la 1csi della quotizzazione della proprictil terriera»: cii. da F. IVI. STABILE, op. cit., 231-232. Sul 111ovi1nento contadino in Sicilia, cfr. F. Rl~NDA, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970. 111: [Ja/l'occupazione 111ilitare alleala al centrosinistro, Selleria, Palcnno 1990, 187212. Su clero e lo1tc contadine nel n1eridione, cfr. S. CASMIRRL Parrocchia e 111ovi111ento contadino nel 1\Iezzogiorno nel secondo dopoguerra (1943-1950), in /,a parrocchia in Italia nel/ 'età contemporanea. Atti de! !! incontro se1ninarialc cli Maratea (24-25 settcn1bre 1979), Dehoniane, Napoli 1982, 605-622. 12 Nato a I-3rontc il 16 gennaio 1906, pri1na di enlrare in se111inario aveva esercitato la professione di carrettiere; fu ordinato sacerdote i! 15 luglio !934. Pri1no parroco elci con1une di S. Pietro Clarcnza, il I 0 agosto 1942 ru no1ninato curato a S. f'v1aria della Salute a Catania, e dal 1954 al !989 fu parroco e arciprete, e per diversi anni anw che vicario f'oraneo, a Brontc. Sc1nbra che il suo trasreri1nento a Catania sia eia attribuire ad una pressante insistenza dci f'ascisti presso !'arcivescovo: nel piccolo con1unc di S. Pietro Clarenza i! parroco rivestiva un ruolo autorevole e apertainenle divulgava
Clero e con1unis1110
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ferenzia da preti con1e Lo Cascio e Bascetta per l'assenza di precedenti esperienze in campo sociale e politico (movimento cattolico e Partito Popolare), e rievoca piuttosto la ben nota figura di don Camillo di guareschiana 1nen1oria. Un clero "nuovo" che era soltanto inforn1ato della passata contrapposizione tra cattolici e Stato liberale, dell'idealità e delle realizzazioni sociali e politiche appartenute ad altri preti, co111e Lo Cascio e Bascetta. Ma che, per fonnazionc ed esperienza negli anni '30 e durante la guerra, aveva 1naturato sentì1nenti di nazionalisn10 e di patriottis1110, aborriva la possibilità di successo politico di un nuovo totalitarisn10, a 111aggior ragione se dichiarata111ente ateo e contro la Chiesa, condivideva con la gente i dra1111ni causati dalla guerra, e dalle direttive pontificie era chiamato ad attuare una pastorale che pro111uovesse una società cristiana e sensibilizzasse il popolo per dare una costituzione de1nocratica al nuovo Stato: cristiano nei riferin1enti etici e «capace soprattutto di ridare il suo posto e la sua funzione alla Chiesa cattolica, anche in riconoscin1ento del con1piuto reinscrin1ento dei cattolici nella vita della nazione»u.
2. In nome della carità
Nella città di Catania il clero curato 1 ~, all'inc10111ani del passaggio degli alleati, registrava come urgenze pastorali «l'infiltrazione palese del protestantesimo e quella occulta del comunismo»". La presenza cli tra i fedeli le sue critiche al J'ascis1110, causando aspre polc1niche tra gerarchi e autorità ecclesiastiche; i! contesto cittadino non gli avrebbe certo potuto pcrrnetterc di svolgere un ruolo n!lrcttnnto inllucnte. Per strana coincidenza, i\ larcantonio è 1norto nella notte del 14 luglio 1997, vigilia dell'anniversario del!'orclinazionc e 1nentrc lavon1vo al!a stesun1 di questo testo. IJ A. PARISELLA, op. cii .. 444-<145. 1 ~ Nella cittù di Catania solo dal 1944 si iniziò ad erigere canonican1cnte le p<1rrocchie (J\. LONGHITANO, /,a parrocchia nella diocesi di Catania prilna e dopo il C'oncilio di Trento, Istituto Superiore cli Scienze Religiose, Palcnno 1977). S. ivfaria della Salute venne elevata a parrocchia con cleereio ciel 15 ngosto 1945, ed ottenne il riconosciincnto civile i! 2 aprile 1948. Marcantonio fu non1inato priino pnrroco il 4 dice111bre 1946: CATANIA, CURIA ARClVESCOV!LE, flrchivio della Cance!feria: Parrocchie della città, S. Maria del In Snlute. 15 Di'ari'o, 7. Per uno sguardo d'insie1nc sulla diocesi in questi anni, 1ni pern1elto rin1andare a G. /xro, La cura paslorale a Cu1a11ia tra Valicano J e Vaticano li, 1
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alcuni luoghi di culto, i militari alleati di altre confessioni cristiane con i loro cappellani e soprattutto la copiosa attività assistenziale svolta dall'Esercito della Salvezza, grazie ai mezzi finanziari e ai generi alimentari di cui poteva agevolmente disporre, favorivano
in molti
l'adesione al protestantesi1no 1(>. L'ideologia comunista faceva presa sulla popolazione per la pro1nessa di rifanne sociali, grazie alle quali si sarebbe dovuto produrre un generale benessere proprio per i meno abbienti, che in quegli anni erano au1nentati a distn isura. Per Marcantonio, tutto son1111ato, erano ben fondate le ragioni dell'adesione di ben il 70% della popolazione della parrocchia al con1unis1no, ragioni che avevano un con1prensibile ed evidente radicamento non nel consenso ideologico bensì nella difficile situazione sociale. Nel descrivere la critica condizione co1nplessiva della «1nassa ignorante e bisognosa», il clero 1nanifestava una visione distaccata da essa, propria della cultura aristocratico-borghese più che di pastori d'anin1e:
<<n1olti, stanchi da una dittatura lunga quanto n1icidiale, abbattuti dalla bufera internazionale, desiderosi di can1biare posizione, considerati !e loro case distrutte, i loro averi perduti, 111essì su! lastrico senza pane e senza lavoro, pallidi in viso, sn1unti ed affaticati da una attività clandestina, sotto lo spettro della faine, credettero alla nuova dottrina ed aderirono entu-
in Prob!e111i l/; Storia della C'hicsa dal Vaticano I al Vaticano Il. Atti del VI! convegno del!'Associa?:ione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa (9-13 sette1nbrc 1985), Dchoniane, Ron1a 1988, 217-238: 232-235. l(i Non 111ancarono ri1nostranze inviate alla Sanla Sede da vescovi e associazioni catlolichc dcll'J[alia n1eridionalc su! pericolo della diffusione ciel protestantesin10, al punto da indurre la Scgreleria di Stato ad inserire il problcina nella 1\lota preparata a Pio Xli per l'incontro con Winston Churchill in Vnticdno il 23 agosto 19.:14: Actes et doc11111en/s d11 Saint Siège re!at(/1' à la seconde guerre 111011dia!e. Xl: Le Saint Siège et la guerre 111011diale, janvier 1944 - 111ai 1945, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1981. 504-510: 508. La questione rigunrclava non solo la clilèsa dell'ortodossia 1na anche la salvaguardia dei Patti Lalerancnsi nel nuovo assetto politico eia dare all'Italia a conclusione della guerra: G. \fERUCCI, La Chiesa nella società conte111poranea, Dal primo dopoguerra al C'onci/io valicano //, Laterza, Ro111a-Bari 1988, 181-182.
Clero e
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siastican1ente nella speranza che tutto si risolvesse in funzione del tubo digerente, elen1ento principale per una 111assa ignorante e bisognosa» 17 •
Già dall'aprile 1943 l'arcivescovo Patanè aveva e1nanato precise disposizioni per venire incontro alle difficoltà che comportava la cura pastorale e per affrontare le molteplici ed urgenti esigenze della popolazione. Nella città di Catania, grazie allo zelo del sac. Francesco Ricceri (in seguito vescovo di Trapani), delle suore e delle signore dell'aristocrazia cittadina era stata costituita una apposita Con1111issione Arcivescovile per le Opere Caritative, divenuta in seguito sezione diocesana della Pontificia Co1nn1issione di Assistenza. Dal 15 dicembre 1943 i curati della città iniziarono a distribnirc buoni pasto per accedere alle 1.000 minestre quotidiane, giunte fino ad 8.000, approntate da nove cucine eco11on1iche. In un anno, dall'ottobre 1944 al settembre 1945, il Comitato distribuì 1.500.000 di minestre gratuite, diede da mangiare a 8.000 fanciulli nelle varie colonie n1arine, e spese la considerevole son11na, per quel te111po, di Lit. 8.611.641. Inoltre, venne incontro alle difficoltà dei pescatori, dei disoccupati, degli studenti fuori sede, dei bambini poveri, ai quali distribuì 15.000 panini. Ogni domenica approntò 7.000 razioni di minestra. Nelle feste principali offrì il pranzo ad oltre 12.000 poveri e in quelle natalizie a 15.600 bambini'"· Tale consistente e capillare opera assistenziale fu resa possibile dalle offerte dei fedeli, dai contributi delle autorità civili ed alleate e, in modo del tutto speciale, dalla carità del papa. In maggio del 1945, attraverso la Pontificia Commissione di Assistenza, Pio XII assegnò a
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Diario, 24. La condizione socio-politica dell'isola tra guerra e dopogucrrn, La regione in guerra (1943-50), in /,a Sicilia, a cura cli M. Ay1narcl e G. Giarrizzo, Einaudi. Torino 1987. 483-600. rn BE 47 (1943) 58-7!; 49 (1945) 8-9, 42-44. La Pontificia Co1111nissione di Assistenza venne insugurata <1 C<1t<111ia il 7 n1<1ggio 1945. Su di esss. A. GIOVAGNOLI, La Pont(ficia Co111111issione di Assistenza e gli aiuti a111erica11i (1945-1948), in Storia contempOl'{l1Jea 9 (1978) !081-111 !; [J. MAZZOl,ARI, La carità del papa: Pio . YJJ e la ricostruzione de//'Jtalia (1943-1953), Ssn Paolo. Cinisello Balsaino 1991. Sulle decisioni dei vescovi siciliani per affrontare J"einergcnza sociale e 1norale dcl popolo, cfr. f. M. STABILE, op. cii., 230-236.
in R.
MANG!AMl~Ll,
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Catania 800 razioni giornaliere di cibo, raddoppiate dal Comitato diocesano grazie alle collette tra i fedeli, in favore di anziani soli e abbandonati e delle famiglie che avevano il loro capofamiglia o morto o in guerra. Nei così detti ''Refettori del Papa" il 111on1cnto della refezione divenne preziosa occasione per veicolare una ele1nentare educazione religiosa, un orientan1ento cristiano della vita in un ten1po di generale
sbanda1nento e una solida devozione alla persona del papa. In alcune parrocchie si rese necessario istituire pure un'altra n1essa don1enicale proprio per farvi «partecipare tutti gli assistiti ed in tale circostanza si spiegava il vangelo con riferimento alla questione
sociale secondo l'i11segna1nento della Chiesa» 1'>. Nei luoghi in cui si distribuiva il cibo, appositi cartelli inneggiavano a Pio XII e alla sua carità e, dopo aver ascoltato un pensiero religioso, i presenti venivano invitati a pregare per il papa 10 . La vasta attività caritativa, se pur lasciava trasparire un'indole apologetica e stru1nentale, espri111eva in n1odo prioritario la coscienza della coni unità cristiana di dover intervenire in quelle e1nergenze sociali per affennare !a prerogativa della Chiesa di farsi carico della povertà e di qualsiasi bisogno dci singoli e delle famiglie. L'opera assistenziale, nondi1neno, rese più facile orientare in senso cristiano la vita dei singoli e delle famiglie, far crescere il numero dei partecipanti alla n1essa e alle funzioni religiose, difendere l'operato della Chiesa eia accuse cli varia natura e potenziare il ruolo sociale della parrocchia. Grazie soprattutto al volontariato di donne ed uomini delle Conferenze di S. Vincenzo dc' Paoli, si rese più semplice introdursi nelle famiglie degli assistiti «che prima ci consideravano, per effetto della propaganda co1nunista, con1e sfì·uttatori del popolo, 111entre facc1111110 vedere e toccare con 111ano che soltanto la Chiesa con le sue opere e con la sua carità sa co111prendere i bisogni altrui e venire incontro alle 11101tep/ici necessità» 21 •
19 Diario. 46. '"BE 49(1945)42. 21 !Jiario, 4!-42. Nella lcllera pastorale col!elliva dc! 1 dicen1bre 1944 i vescovi siciliani invitrivano i preti a prendere coscienza dell'ora grave e del decisivo
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Questa tipologia di intervento riproponeva, in effetti, la visione intransigente che dalla seconda metà dell'Ottocento dominava la coscienza sociale della Chiesa, e alla quale non sfuggiva in questo periodo neppure uno spirito vigile co1ne Giuseppe Dossctti 22 • I./ azione caritativa assun1eva un carattere stru111entale: assicurare l'ispirazione cristiana alla vita sociale e condizionare dal basso il potere politico, al fine di realizzare uno stato cattolico che inverasse i! regno sociale di Cristo, garantito dalla docilità agli insegna1nenti della Chiesa unica società pcrfetta2 ·'. In questa prospettiva, il parroco rivestiva sempre più il ruolo di referente del territorio, sia per la gente quanto per la gerarchia ecclesiastica. A lui si dava notizia di quanto vi accadeva, si ricorreva per qualunque necessità e per garanzie, da lui ci si !asciava indirizzare nelle decisioni da assun1ere, con1e singoli e co111e fa1nig!ia. Gli si aprivano, in tal modo, «nuove possibilità per l'esercizio della sua funzione non solo per contenere la scristianizzazione delle 111asse, 1na per portare avanti una progressiva opera di recupero e di riconquistan 2-1. Al contempo, le visite domiciliari permisero al clero di rendersi conto che proprio le condizioni 111iserevoli delle fa1nig!ie costituivano il terreno fertile dove attecchiva l'ideologia comunista. L'intervento caritativo, fennandosi soprattutto alla sfCra assistenziale, rispondeva è 11101ncnto storico, a rendersi «degni dcl ten1po in cui vivete)), sanli e apostoli: «chiainatc a voi intorno ani1nc generose e vo!entcrosc, date ovunque vit8 nl!c opere vincenziane e fatevi proinotori di n1inestrc 8i poveri, di soccorsi 8i n1iseri, di voti agli indigenti e di quanto vi sarù suggerito d8l!a ferina vo!ontil di farvi tutti a tutti per tutti gu8c!8gnare a Cristo)): ciL dar. ivt. STABILE, op. cit., 236. Sul ruolo storico di sup~ plcnza esercitalo dai vescovi in quelle situazioni, cfr. J. D. DURANO, op. cii., 92-121. Un esan1e delle le11ere pastorali dei vescovi it8liani in A. PRAND!, Chiesa e politica. La gerarchia e l'i111peg110 politico dei cattolici in ltalìa, li ivlulino, Bologna 1968~ per quelle dell'episcopato di una regione ecclesiaslic8. lettere collettive e dci singoli vescovi, S. PALESE. Dall'amore per la patria alla d((esa della civiltà cristiana. La C'o1~/ère11za l~ì.Jiscopa!e Pugliese negli anni 1940-1948, in !?iFista di scienze religiose I O ( 1996) 253-294. 22 f). MENOZZl, Gli Scritti politici di (Jiuseppe /Jossetti, in Cristianesi1110 nella storia 18 (1997) 135-146: 138. 23 ID., la Chieso cattolica e la secolarizzazione, Ei1wudi, Torino 1993, 149150 e 165-167. li te111a del regno sociale di Cristo è oggetto di recenti studi di ivlenozzi in corso di pubblicazione. 2 ~ A. PARJSELLA, op. ci!., 445.
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vero in modo immediato alle primarie esigenze della gente e si faceva carico di migliaia di ragazzi abbandonati alla strada. Non riusciva, però, ad incidere culturaln1ente per l'assenza di un progetto di a1npio respiro, che lasciasse intravedere una futura e non lontana condizione sociale risolutiva del problema della fame e dcl lavoro". Speranza, questa, che invece divenne il cavallo di battaglia dei co1nunisti. Grazie ad una capillare e siste111atica propaganda, riuscivano ad ottenere anche una adesione ideologica, senza che però quest'ultima equivalesse necessariamente ad una formale negazione dell'appartenenza cristiana. Non era inverosin1ile che a pranzo si andasse a n1angiare nel "Refettorio del Papa" e la sera si partecipasse all'attività della sezione del partito.
3. «0 il pane con /'apostasia, o /afède con /a.fàme» Il clero stig111atizzava l'atteggia1nento dei «Cattolici all'acqua di rose [che] si lasciavano influenzare e trascinare» dalla propaganda co1nunista e «bevevano fino all'inverosi1nile» le accuse 111osse alla Chiesa. Con la sua predicazione del sacrificio e della rassegnazione, in attesa del pre1nio nel 111011do futuro, la gerarchia ecclesiastica era tacciata di aver tradito la classe popolare a favore di quella padronale e, pertanto, non le si poteva concedere spazio sociale nel nuovo inondo da realizzare. A Pio XII, inoltre, si attribuiva la responsabilità di aver dichiarato guerra aperta contro la Russia, «la Madre dei viventi», e gli s1 addebitavano tutte le terrificanti rovine belliche"'. Insieme alla radice ideologica del comunismo c ai contenuti delle accuse, ciò che preoccupava la Chiesa era la ri111essa in discussione di un suo ruolo nella vita italiana, ruolo che, dopo le vicende risorgi111entali, aveva lentamente guadagnato con il movimento cattolico, il so-
25 G. MlCCOLJ, La Chiesa di Pio,'(// nella società italiana del dopoguerra, in Storia dell'Italia repuhb/icana. I: La costruzione della de111ocrazia. Dalla caduta del jhscis1110 agli anni (~inq11anta, Einaudi, Torino 1994, 556. 26 Diario, 28-29.
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stegno alla causa nazionale nella pri1na guerra 111ondiale ed era riuScita ad assicurarsi con i Patti Lateranensi 27 . Tanto il linguaggio di difesa che quello di accusa, se pur si differenziava nelle 111otivazioni, divenne se111pre più sin1ile nei 111etodi e negli scopi finali: «la conquista dell'egemonia sociale e politica e la tOnnazione dell 'uon10, cattolico o co111unista che fosse» 28 . Questa prospettiva non riusciva ancora ad annonizzare l'a1111nissibilità di una condizione sociale in cui fosse possibile salvaguardare la fede ed ottenere il pane. Nelle direttive ai preti di Catania, circa il ministero pastorale, in un tempo di «confusionismo delle idee che agitano la società 111odcrna», l'arcivescovo Patanè racco111andò in special 111odo di dedicare il loro tempo agli operai perché si trovavano «al bivio più pericoloso: o il pane con l'apostasia, o la fede con la farne»'". La cultura, in cui restava ingabbiata la visione pastorale, espri1neva senza alcun dubbio zelo per la sah1.s· anilnarznn 111a non riusciva ad incidere profonda111ente nel tessuto sociale e a rendersi voce delle istanze degli operai. La tutela dell'appartenenza cristiana, in fondo, fluiva attraverso le variegate espressioni della religione popolare, l'assistenzialis1110 caritativo, l'invito alla rassegnazione e l'appello alla valenza purificatrice dello spirito di sacrificio. li clero fu indirizzato dai vescovi ad acquisire 111aggiore coraggio per pron1uovere una nuova e più agguerrita azione "pastorale" e presenza sociale, per fronteggiare l'anticlericalismo che si esprimeva con aspre diatribe verbali e spesso con insulti al papa e ai preti, con sassaiole all'indirizzo delle finestre delle case parrocchiali - qualificate come gesto «inconsulto» e violento, mentre quelle contro le finestre della sezione cotnunista erano «innocenti e punitrici»P0 - e scadeva perfino nello scontro fisico. li clima si arroventò presto e il conflitto ideologico diede luogo a violente risse, tra singoli e tra gruppi di oppo-
27 G. M!CCOLI, La Chiesa di 21' G. VECCHIO, li co1~/7itto
Pio,'(/!, cit., 552-555. tra cattolici e co1111111isti: caratteri ed effe!!i (1945-1958), in Chiesa e progetto educativo ne/l'Italia del secondo dopoguerra (1945-1958). La Scuola. Brescia 1988. 454. 29 BE 49 ( 1945) 3. -' 0 f)/aria, 37-38, 69-70.
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ste fazioni, con la partecipazione prete:
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pn111a persona anche di qualche
«Affrontan11no personahnente, con grave pericolo della nostra incolun1ità fisica, più volte dei giovinastri, facen11110 sentire il peso delle nostre 111a-
ni, den11no prova di non avere ti111ore e che agli insulti sapeva1no rispondere per le ri1ne con una fraccata di legnate, fin quando persuasisi dell'osso duro co1ninciarono ad usare più 1niti consigli, e l'at111osfera divenne più ragionevo!e» 31 .
Da parte cattolica, nondi1neno, la sfida non venne soltanto subita, venne pure portata sul terreno proprio della parte avversa. Si cercò in tutti i 111odi di sn1ascherare le contraddizioni insite nei con1portamenti dei propagandisti del partito. Una famiglia di comunisti, proprietaria di un panificio, 1ncntre vendeva il pane - la quantità era in quei 111csi deter111inata da una apposita tessera e proliferava il 111crcato nero - istigava le donne a sn1ctterla di seguire i preti e passare al co1nunis1110, per far giungere presto al potere il partito ed ottenere così una società giusta con la ripartizione dei beni fra ricchi e poveri. Nel loro proselitismo a favore della rivoluzione proletaria, però, i n1e1nbri di questa fa1niglia, che possedeva pure più case, «non si accorgevano che essi stessi spogliavano i poveri col vendere il pane al 111ercato nero ad un prezzo elevatissi1110. Si facevano banditori di una dottrina di uguaglianza, n1a non curavano di realizzarla loro per pri1ni, anzi sfruttavano il 1no111ento per defraudare lo stato e il povero, arricchendosi favolosan1ente. [ ... ] IZubavano, si arricchivano, sfì·uttavano il povero e poi avevano il coraggio di dire che il popolo veniva sfruttato dai ricchi e dalla Chiesa alleata dei ricchi». La circostanza presta-
11 -
lbid., 25. Partieolannentc grave la situazione nella quale si venne a trovare Marcantonio, anche per l'irruenza de! suo carattere, la sera dc! 31 inaggio 1946 durante un con1izio rionale. Nella nolle, per evitare che un attivista de! partilo con1unista venisse accoltellato da un "n1a!a11drino'' dcl quartiere dovette intervenire il parroco al quale, in verità, si deve attribuire la causa della rissa. Dal!'episodio, tuttavia, si evince pure l 'aulorevolezza sociale riconosciuta ai parroci nel loro territorio pastorale; ibid., 70-82.
C'Lero e co111u11is1no
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va chiaramente il fianco per non approfittarne da parte cattolica. L'intervento fu gestito dal parroco ancora una volta nella logica dello scontro. Riunì le donne e le invitò a farsi dare il pane di cui abbisognavano senza pagarlo: alle rimostranze del fornaio avrebbero risposto che esse avviavano fin d'ora il tempo in cui si sarebbe realizzata per tutti <da magnifica idea del padre Stalin». L'episodio divenne di dominio pubblico nel quartiere e molte altre donne si presentarono a prendere il pane senza pagare. La situazione si rese alquanto convulsa e dovettero intervenire i carabinieri. Conosciuta la radice dell'accaduto, questi invitarono la fan1iglia a desistere da ogni querela contro quelle donne e dalla richiesta di risarcin1ento al parroco, al fine di evitare loro una denunzia per contrabbando: «cosi con la faceta allegria di tutti si chiuse il piacevole, per noi, avvenilnento, 1ncntre la Signora non parlò più di comunismo e di ripartizione delln ricchezza. Una famiglia in meno di facinorosi, molti simpatizzanti con noi per la felice battuta»". I.,,a vicenda lascia e1nergere nel clero senti111enti di rivalsa insie1ne a tenacia nella conquista del territorio parrocchiale, 1na chiara1nente in senso politico. Tale condotta, ca1nuffata da zelo pastorale per la sa/us a11imam111, era tesa piuttosto all'affermazione di quella visione della con1unità civile che garantisse il trionfo della societas
christiana.
-' 2 Diario, 43-46. Per cogliere !a condizione cconoinica della città è sufficiente considerare che «ne! gennaio del 1945, con un salario 1nedio pari a circa L. 5.810 1ncnsili, occorreva arfrontare spese per circa L. 8.145. I generi razionati erano distribuiti in quantità assai scarsa. Ne! gennaio dcl l 945 venivano forniti alla popolazione 250 grmnnli di pane al giorno, ! Kg. di pasta e 100 grmnmi di zucchero al n1ese. Tutti gli altri prodotti erano venduti liberarnente. In tali condizioni di carenza cl i prodotti a!in1cntari i111perversava il n1ercato nero, che offriva, peraltro, qualche passi~ bilità di guadagno ai nun1crosi disoccupati della città»: L. D'ANTONE, Prohle111i di politica co1111111isla nel 5ù1d: h1 .federazione di C'atania, in f7. PEZZINO ~ L. D'ANTONE - S. GENTILE, C'atania Ira guerra e dopoguerra (1939-1947), Ed. de! Pris1na, Catania 1983. 246.
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4. Una pastorale "politica" L'opposizione al con1unisn10 e alle sue pron1esse non poteva limitarsi all'attività assistenziale, ad episodi sporadici e alla fedeltà, in 111olti neanche ben 111otivata, di coloro che abitualinentc frequentavano la chiesa. Bisognava assicurare nelle parrocchie una struttura stabile di cattolici che sul piano politico fosse in grado di arginare la propaganda co111unista. Ancora una volta il con1pito venne assegnato al clero e acquisì il carattere di una nuova 111odulazione delle sue responsabilità pastorali, perfino impensabile da paragonare con l'esperienza, di pochi decenni precedenti, di quei preti che si erano impegnati nel Partito Popolare. Nel 1945 fu deciso di «inquadrare i buoni» nella Democrazia Cristiana. Con alcuni giovani ed uo111ini di sicura 111ilitanza cattolica aprirono nei quartieri le sezioni del partito, destinando a tale uso anche una parte dei già insufficienti locali parrocchiali fino ad allora adibiti a scopi più propriamente pastorali. La dirigenza delle sezioni della DC venne affidata a giovani delle organizzazioni cattoliche, niagari forzandone J'i1npegno in una attività ad essi fino ad allora preclusa e da 111olti accettata per obbedienza alla gerarchia-'-'. Una nuova era iniziava per i giovani cattolici, chia1nati ora a coniugare forn1azione cristiana e impegno partitico. Sull'impegno politico del clero e dei cattolici i vescovi siciliani si erano già pronunziati in occasione della riunione tenuta a Caltanissetta nell'ottobre 1943. L'arcivescovo Patanè aveva illustrato i punti nodali al clero catanese: ai preti non era perrnesso fare politica nia, in quanto educatori delle coscienze, potevano e dovevano orientare i fedeli a designare con il voto rappresentanti cristiani; nei confronti della classe operaia dovevano occuparsi solo «dell'assistenza religiosa», in-
J.ì Diario, 36-37. Sulle origini e lo sviluppo della De1nocrazia Cristiana catanese, cfr. M. CAC!J\GLI, De111ocrazia cristiana e potere nel 1\Iezzogiorno. li siste111a de111ocristia110 a C'atania, (Juaraldi, fircnze 1977; in esso è edito, con1e priino capitolo, lo studio dì S. GENTILE, Le origini e la crescita della l)en1ocrazia Cristiana nel secondo dopoguerr(/ e la tradizione "popolare" nel C(lfanese, in 'l'og!iatti e ;/ k1ezzogiorno, a cura di F. De felice, Il, Editori Riuniti, Rorna 1977, 107-127.
C'lero e co1nu11is1no
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quadrata nell'associazionisn10 cattolico. Un itnpegno più proprian1ente politico era chiesto, invece, ai membri dell'Azione Cattolica: potevano servirsi del diritto, e in alcuni casi avevano il dovere, «di appartenere ad un partito politico che, per coerenza, non può essere se non quello che propugna il trionfo dei principii cristiani nella vita sociale»·,... Ma in vista della scadenza del referendum istituzionale, repubblica o monarchia, e delle elezioni per la costituente, Patanè, in ossequio alle direttive vaticane-15 , considerò suo preciso dovere di vescovo scrivere una apposita lettera pastorale alla diocesi: Il dovere del voto nell'oro presente. li grave degrado sociale e morale, dolorosa eredità della guerra, era ancor più intorbidito dalla lotta di ideologie e partiti al «Cristianesimo, baluardo potentissimo dell'ordine civile e sociale, della fan1iglia, dei tesori più preziosi della nostra n1illenaria civiltà». Pertanto, nella nuova struttura democratica dello Stato, il voto era da considerarsi «un vero e alto dovere religioso», e a lui co1ne vescovo apparteneva la responsabilità cli illuminare i fedeli sul valore «di questa arma potente che oggi decide dei destini dei popoli, di questo strumento validissimo per la difesa e la tutela degli interessi della Chiesa e della patria, dell'ordine sociale, dei diritti di Dio e della coscienza, e in generale del patrimonio più sacro e prezioso, qual è quello della Fede e della nostra civiltà, che è cssenzialinente e profondan1ente cristiana e cattolica». Una Costituente che fosse laica e anticlericale, che non tenesse conto di questo patri1nonio della nazione, «non può essere che una violenta costrizione, un profondo disagio degli spiriti, che
'"BE 47(1943)76. 5 -' 112 n1aggio e il 15 novc1nbrc 1945 !a S. Congregazione Concistoriale aveva inviato ai vescovi italiani le istruzioni sul dovere di preparare i fedeli in vista delle elezioni: spiegare la dottrina sociale della Chiesa, organizzarsi per convincere tutti a votare, il voto era un preciso dovere di coscienza, e i cattolici dovevano cspriinerlo in 13.vorc di quei candicl<1ti «di cui si ha la certezza che rispetteranno e clircnderanno l'osservanza del!a legge divina e i clirilti della Religione e della Chiesa, nella vita privata e pubblica)): il testo delle due circolari in Leges !~cc!esiae post Codicen1 !11ris canonici editae, collegiL, digessit notisque ornavit X. Ochoa, Il, C01n1ne111ariu1n pro Religiosis, Roina 1969, coli. 2290-2291, 2299.
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co1npro1nette l'Unità e scon1pig!ia la concordia degli ani1ni e l'armonia delle classi sociali». Nelle prossime elezioni, affermava Patanè, era 111 gioco il destino delPitalia: se «sarà cristiana o anticristiana»; se vi sarà «libertà di
culto, di 111agistero, di giurisdizione» per la Chiesa Cattolica; se vi sarà una scuola libera e garante della educazione cristiana; se all'istituto familiare sarà riconosciuta l'indissolubilità o sarà introdotto il divorzio; se, grazie ai principii della dottrina sociale cristiana, vi sarà un or-
dine sociale; se si vivrà in pace o vi saranno altre sciagure. J_,.a Chiesa non poteva cadere nella trappola di chi asseriva che non doveva pro-
nunziarsi: essa non perseguiva interessi u111ani bensì aveva a cuore il bene comune ed universale. I cristiani non potevano restare indiffe-
renti: «Ogni indugio è tradi111ento, ogni fonna di diserzione attiva e passiva è una colpa, di cui si ha da rendere conto a Dio». Due altre categorie di nemici della Chiesa e della società, inoltre,
urgeva con1battere per far sorgere «l'attesa aurora della restaurazione sociale cristiana»: i nen1ici attivi, «gli eredi del vecchio irrazionale anticlericalisn10»; i nen1ici passivi, più insidiosi dei pri111i, coloro che vivevano nella incoscienza, nell'individualis1110 e nella viltà, cause di «quella grave colpa sociale che è l'assenteismo e la diserzione dal voto elettorale». Ed ora che anche le donne potevano esercitare il diritto e il do-
vere del voto, ad esse Patanè chiedeva di vincere ritrosia e tin1idezza, senti111e11ti con1uni soprattutto alle donne delle zone rurali dell'isola, e «scendere coraggiosan1ente in ca1npo» per co111batterc la battaglia dei «supremi interessi della Religione e della Patria, per la santità della famiglia, per l'educazione della prole, per la vostra dignità, per i vostri
diritti». Per l'influsso, «potente e soave», che esercitavano in seno alla fa1niglia esse dovevano con1piere opera di persuasione «e, direi quasi, di dolce violenza» in favore del voto: «sia la vostra una nobile e gentile crociata»-'fi.
Jfic. PATANI~, li dovere del voto nell'ora presente. f,e!/era pastorale al Clero e al Popolo de/l'Archidiocesi di Catania, in BE 50 (1946) 1-15. La lettera, datala 5 febbraio, doveva essere letta ai fCdeli in due do111enichc della successiva quaresin1a. ;\
C'fero e co1nunisrnu
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Il linguaggio usato dai vescovi siciliani in questa occasione era del tutto nuovo. La partecipazione alla vita politica, che solo da qualche decennio avevano pern1esso ai cattolici, ora non solo veniva favorita n1a assun1eva pure il carattere di grave obbligo di coscienza, del quale rendere conto a Dio. Inoltre, l'affezione per la patria, rin dalla pri1na guerra 111ondiale, aveva contribuito a squarciare la "sicilianità'' e, nel ventennio fascista, si era talinente sviluppata in an1bito ecclesiastico al punto che adesso gli interessi e il destino di essa erano identici a quelli della Chiesa, e i ne111ici dell'una erano al conte1npo i nen1ici dell'altra. L'opposizione al co1nunis1110 ateo e rivoluzionario, sulla scia delle indicazioni pontificie, i vescovi la additavano al clero quale ambito peculiare della loro cultura ed azione pastorale: ad essa, per virtù di obbedienza, non potevano abdicare. In gioco era la salvaguardia della rede e l'oricntan1ento cristiano in special 111odo nella vita della gente semplice. I,a precisa scelta antico111unista caratterizzava, così, il 111oclel!o di prete, disposto ad affrontare anche i rischi dello scontro fisico in nome della Chiesa e per la difesa del popolo affidato alle sue cure pastorali. Grave la situazione verificatasi nella chiesa di S. Maria della Salute in Catania una don1cnica di quaresin1a del 1946. Durante la celebrazione della 111essa, al n10111ento della predica il curato spiegava la lettera pastorale de!l'arcivcscovo:17 • Una cinquantina cli co111unisti re-
Catania non 1nancarono proteste ufficiali alla lettera paslor<1!c. La locale sezione del Con1itato di Liberazione Nozionale, nonostante l opposizione dei rappresentanti della Den1ocrazit1 Cristiana, approvò cd inviò alla Curia arcivescovile una esplicita richiesta cli far «cessare ogni ronna di aitivitù propagandistica politica durante le tìin~ zioni religiose da parte del Clero dipendente)>: cit. da S. NICOLOSI. Uno splendido venlennio (C'atania 1944-1964), Tringalc, Catanin 1984, !55-!56. Sulle lettere p8slorali dei vescovi italiani in questo occasione, cfr. L. ìvlUSSELLI, I.a gerarchia e l'obbligo del voto dei cattolicì agli albori della Repuhh!ica, in Studi in 111e111oria di !\Iario C'ondore/fi, 2, Giullré, ivtilano 1988, 1057-! 082. -~ 7 Diario, 30-36. L'episodio nel /Jiario è datolo al 1945, 1110 si nota una evidente correzione cli un precedente 1946. Non c'è lraccia di una lettera pastorale nel 1945 ed è ovvio, quindi, che il ril'eri1ncnto sia alla lettcrtl pastorale del 1946 e quanto narrato sia accaduto nella quaresirna di tale anno. Poiché il J)iario, al!neno in questa parte, n1ostra cli essere stato redatto con1e n1c111oria postu1nn, si spiega l'incertezza nella dntazionc. 0
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darguirono apertamente il curato di fare politica in chiesa sollo forma di esposizione della dottrina sociale cristiana, tentarono di interrompere la celebrazione e «agitando brandelli di bastoni minacciavano di farla finita». Il tumulto fu bloccato dalla reazione dei fedeli, che misero mano alle sedie. li curato e il capo dei comunisti decisero di continuare la sfida in un pubblico dibattito, a conclusione della messa, nel piazzale antistante la chiesa. Per il prete si trattava di «dare prova di coraggio proveniente dalla verità che predicavan10». Ma, assalito dalla paura che i! confronto potesse scadere in uno scontro fisico, poiché non poteva tirarsi indietro, «per debita precauzione, 111ette1111no in tasca una rivoltella allo scopo di inti111orire qualora fosse stato necessario. [ ... ] Cosa voleva significare ciò? Nient'altro che un titolo precauzionale, tirare il gril-
letto in aria, se ciò fosse stato necessario e così intin1orire, sparpagliare e, nel fì·atte111po rientrare in casa e non farsi pescare. l/azionc delle sole inani, anche se 111unite di qualche randello non avrebbe potuto avere ragione in quella circostanza». In piazza, però, tutto si risolvette con una cantilena di insulti all'indirizzo dcl papa, del vescovo, dei preti, del curato. Al canto di bandiera rossa, i con1unisti se ne tornarono alla sezione del partito affermando che «con i preti, servi della reazione, non si può e non si deve discutere». L'episodio assurge a spia forten1entc indicativa di un cli1na di forti tensioni, di paure, di scontri in alcuni casi anche violenti. Ciò che 1naggionnente i1npressiona è certo la scelta del curato di affrontare il gruppo dei comunisti affidando ad una pistola la propria incolumità. Eppure, quegli avversari politici erano suoi parrocchiani, se si vuole pecorelle s1narrite, e la logica di ricorrere ad un'anna 1nal si accordava con il suo essere ''pastore". Ma apparteneva a questa cultura rattribuzionc del giudizio di diabolicità all'ideologia 1narxista e, per trasposizione, agli aderenti al partito cornunista: quanto bastava per giustificare ogni fonna di opposizione. Ancor più sinto1natica, per cogliere i tratti della cultura con1une al clero, è la lettura dell'incidente registrata dal curato: lo scontro rientrava nei piani di Dio «per fare rientrare nelle profonde considerazioni i buoni»; egli era stato sciocco ad annarsi perché a sconfiggere
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quei violenti avrebbe certo pensato Dio, «quel Dio che noi dovevamo predicare ai buoni e difendere dai cattivi». C'era, dunque, uno spartiacque che dctcrn1inava l'appartenenza a Dio e la connotazione della bontà: il rifiuto del comunismo. In tale prospettiva la cattolicità era determinata da un criterio socio-politico, che di fatto stravolgeva il nocciolo stesso del messaggio cristiano: chi aderiva al partito co1nunista non solo era escluso dalla salvezza n1a costituiva un pericolo anche per Dio. li clero si sentiva investito della missione titanica di dover difendere la Chiesa, i fedeli e perfino Dio stesso dai «cattivi», cioè dai con1unisti atei, anticlericali e violenti, dai qun[i bisognava cautelarsi. Gli scontri e le violenze contro il clero producevano però un effetto esattan1ente contrario a quello perseguito dai co111unisti. Tra la gente che frequentava abitualmente la chiesa non era facile scalfire la stin1a e il rispetto nei confronti dei preti, soprattutto se si trattava dcl proprio parroco. Aggredire i preti durante la celebrazione della messa e rivolgere loro espressioni offensive contribuiva a screditare il con1unisn10 e a consolidare quanto da parte cattolica si affennava di esso che, cioè, «i con1unisti non ragionano, non vogliono ragionare perché sono nella parte del torto e vorrebbero spuntarla sulla verità con le minacce, con la prepotenza, con la violenza»-'x. In vista de! 2 giugno il clero intensificò la sua azione politica, piena111ente assunta quale azione pastorale. Nelle ultin1e settin1ane di aprile, «prima che giungesse il mese di Maggio» già di per sé di intenso lavoro devozionale, nelle parrocchie si organizzarono conferenze su problemi sociali e religiosi, con pubblica discussione e possibilità di partecipazione anche agli «avversari». J,.,a finalità di esse rivestiva essenzial111ente i connotati della propaganda politica, e per nulla dìssi1nulata: «Erava1no quasi alla vigilia delle elezioni per la Costituente ed
_IH Jbid, 36. «Lo scontro tra cattolici e comunisti - osserva Giorgio Vecchio toccò dunque pressoché tulli gli aspetti della convivenza civile, arrestandosi pratiean1ente solo davanti alla soglia del conllillo urn1ato. Religione, politica, ideologin, sentin1enti furono 1nobilituti in una contesa che appariva epocale cd irrisolvibile, se non con la vittoria finale di uno dei due contcndenlill: G. VECCHIO, np. cit., 452.
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era necessario istruire il popolo ed influenzarlo a votare Scudo Crociato ».w. Nel quartiere cli Picanello, a Catania, la pri111a settimana cli conferenze fu indirizzata ai soli uon1ini. A trattare gli argon1enti vennero invitati professionisti cattolici, alcuni cli loro responsabili nella Consulta diocesana cieli' Azione Cattolica e in seguito esponenti cittadini e nazionali dello scudo crociato catanesc~ 0 • In sequenza, da lunedì a sabato sera, parlarono: l'avv. Luigi La Perlita su «I cattolici nel momento attuale»; il clott. Giuseppe Tudisco su «La questione sociale secondo il pensiero del Toniolo»; il clott. Nicola Cavallaro su «li diritto alla proprietà è diritto che !'uon10 ha ricevuto da Dio»; il rag. Pietro Rodriguez su «Cooperative e cooperazione»; il prof Mario Petroncelli su «La Costitueute e il nostro civico dovere»; il prof. Domenico Magrì
su «il 111atri111onio»·11 .
19 -
Diario, 47. Sul ruolo dcl clero nelle elezioni dcl J9t.J6-1948, oltre ad nitra
bibliografia citata, cfr. V. IJF: J'vlARCO, Le barricale invisibili. La Chiesa in Italia tra
politica e società (1945-1978), Congedo, Cialatina 199tl, 17-49 . .io L'organigra1n111a dcl!'1\c diocesanti, in I3E 47 (1943) 73-74. Sul tegan1e tra Ace Dc, cfr. G. POGGI, li clero di riserva. Studio sociologico s11//';/zio11e Cattolica italiana durante la presidenza Gedda. Feltrinclli, tv!ilano 1963; della storiografia su!!'J\c, cresciuta in questi ultimi anni, 1ni 1irnilo a citare l'ullin10 studio: E. PRl~ ZIOSJ, ()bbedienti in piedi. La vicenda de/!'A2io11e C'at!o!ica ili Italia, SEI, Torino 1996. Per la Sicilia, C. NARO, L'Azione c:attolica a Caltanissetta (1923-1969). /,i11ee di storia e doc11111enti, Centro Studi "A. Can11narata", San Cataldo (CL) !995. ~ 1 /)iario, 47-57. La fcrlila era presidente degli uo1nini di 1\c, direttore del sctti1nana!e !dea cristiana, ne! 19 118-49 pro111osse un altro periodico La C'rociata, da! 1953 al 1960 sindaco della citt~ di Catania: Tudisco era stato nella federazione Diocesana della Gioventl1 Cattolica, nel secondo dopoguerra fu tn1 i rondatori della Dc cattlncsc e del 111ovin1e11to sindactllc ·'bianco", deputato nazionale nel 1948; Cavallaro era presidente elci giovani di Ace in seguito anche lui ru deputato nazionale per la Dc; Rodriguez era stato presidente dìocesano della federazione Diocesana de!!a Gioventù Cattolica nel prin10 dopoguerra, nel 1946 era inserito nell'Ac diocesana senza incarichi specifici; Petroncclli era doccn1c universitario; Magrì era professore di liceo, era stato presidente della fucJ e della Giunta diocesana cli J\c, dal 1943 nell'Ac aveva !'incarico di segretario per la stampa, fu sindaco di Catania, senatore e più volte deputato al Parlainento per la Dc, sottosegretario e n1inistro della Repubblica: IVI. CACJAGLI, op. cii., 54-60; su tvlagrì, G. ZITO, ad voce111, in [Jizinnario Storico del 1\/ovi1nento C'attolico. Aggior11a111e11tn 1980-1995. dir. da F. Tranie!lo e G. Can1panini, Marielti, Genova 1997. 353-354. La Ferlita, l'vlagrì e Tudisco, insien1e a Vincenzo Schilirò, ex-popolari e dirigenti cli 1\c, nelle file den1ocristiane costituivano un gruppo dirigente co111palto detto dci "4 evangelisti .. «così ironica1nente de-
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Gli argomenti delle conferenze affrontavano questioni nodali dello scontro politico, o più precisamente ideologico e, di conseguenza, non potevano non provocare vivaci reazioni da parte con1unista. All'affermazione di Petroncclli, «se si vuole una costituzione stile Moscovita si eleggano costituenti rossi, se si vuole una costituente italiana si inviino a Ron1a costituenti italiani», i con1unisti presenti si sentirono provocati e ne nacque un tafferuglio. D'altra parte, che la finalità fosse di istruire sulla dottrina sociale della Chiesa per cletenninare il risultato elettorale, era chiaro a tutti: «quella conferenza aveva lo scopo non solo di illustrare cosa è la costi.tuzione n1a soprattutto il 1nodo con1e redigerla e quindi era più una conferenza politica in preparazione alle prossin1e elezioni anziché una conferenza sociale» 42 . All'ultima conferenza parteciparono alcuni esponenti del PCI cittadino: l'avv. Filippo Guzzardi, il prof. Giacomo Calandrane e il prof Guido Spanò4J. Quest'u!ti1110, con pacato e fìnc ragionan1ento, era riuscito a disorientare i presenti sostenendo la validità ciel divorzio, 1na venne confutato «energica1nente» da Magrì. A! di là delle disquisizioni teoriche, il problema ern molto sentito dal popolo e un comunista del quartiere propose una soluzione alle difficoltà connesse con la convivenza successiva al 1natrin1onio, proposta che però i111pcdì di chiudere serenan1ente l'incontro. Sarebbe stato opportuno, affennò, concedere ai fidanzati un periodo di prova per c'onoscersi 111eg!io. E allora, gli si disse, che con1inciasse con le sue figliole. La risposta che queste erano diverse dalle altre, e quindi non era necessario per esse alcun te1npo di esperienza previa, scatenò l'ira dei presenti che considerarono ciò un'offesa alle loro figlie. l._,a serata si chiuse con una battaglia a colpi di sedie. Ancora una volta la n1cssa don1enica!e divenne il n1on1ento per rin1arcare il dovere di coscienza dei cristiani in vista del 2 giugno: «se non si vogliono realizzate si111i!i barbare idee, bisognava votare coni-
nonli1rnti dai loro stessi ainici di purlilo per una loro asserita inl~1llibilitù dottrinale»: r. Pt.:ZZJNO, La guerra e !'cstinzio11e del jàscis1110 u C'ata11ia (1939-1947), in 1:. Pt.::ZZINO ~ L. D' ANTONE - S. GENTILE, op. cit.. 21 l, 221. 42 /)ial'io, 50-51. 4-1 Cfr. F. PEZZI NO~ L. 0' ANTONE - S. (ìENllLL·:, op. cii .. od indice111.
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patti lo Scudo Crociato, simbolo di pace, di concordia e di tranquillità, simbolo della difesa della libertà e della moralità, simbolo di condanna della violenza e della immoralità»". Altra settimana di formazione fu destinata alle sole donne, «eon proibizione assoluta degli uon1ini»: sia perché si era tenuta una apposita settimana per loro, sia perché si sarebbero trattati «argomenti
fen11ninilì». A tenere le conferenze, da lunedì a sabato sera, furono invitate: Maria Nicotra su «La donna nel 1110111ento attuale»; Beatrice Fassari sulla dignità della donna e la sua 1nissione nella fa1niglia e nella società;
Teresita Agnini su «La n1adrc in rapporto ai tigli»; L,ina Vagliasindi Petroncelli sul «matrimonio secondo gli insegnamenti della Scrittura e della Chiesa»; Melina Boggio Lera Verdirame sul ruolo politico della donna per salvare, in occasione delle elezioni, la fa1niglia e la società
da nuovi rischi dittatoriali; Giannina Palizzi sulla coscienza sociale della donna~ 5 . Era loro con1u11c una solida appartenenza ali' Azione Cattolica diocesana, e due fin dall'inizio militarono nel partito demo-
cristiano con con1piti di responsabilità, una a livello locale, la Agnini, e l'altra anche a livello nazionale, la Nicotra. Tutte, comunque, in
quegli anni divennero punto di riferi111ento di un pili vasto 111ovin1ento fe1nn1ini!e diocesano che sancì anche a Catania il definitivo ingresso delle donne cattoliche nell'attività politica diretta"'' .
Diario, 57 . lbid. 58-65. Nieotra er<ì presidente diocesana della gioventù fc1nn1inile cl i J\c, fu eletta deputato alla Costituente e nel l 948, segretaria provinciale della Dc catanese e vice delegala nazionale dcl Moviinento tCinnlinile c!c1nocristi<ìno; Fassari era nella gioventù fcn1n1inilc di Ac, fu presidente diocesana della gioventli fen11ninile e dcl Cenlro italiano Fc1111ninile (=C1F); Agnini fu presidente diocesana delle donne di Ac, pili volte consigliere e assessore co111unnle: Pctroncclli, 111oglic di J\tlario, era presidente diocesana delle donne di Ace rondò in diocesi il Cii:: Verdira111c crn slata presidente delle donne di Ac; Palizzi proveniva dalla gioventù fe1111nini!e e fu responsabile diocesana delle Acu: per alcune di loro cfr. BE 47 (1943) 73: infonnazioni J'ornite111i da n1e111bri de!l'Ac di quegli anni. ~r, Sul tcn1n, cfr. C. DAU NOVELLI, Sorelle d'Italia. C'asalinghe, i111piegate e 111ilita11li nel 1'/ovecento, A VE, Ron1a l 996: CENTRO ITALIANO FEMMINILE, I caltolici e il voto alle donne, a cura di P. Gaìotli de 13iasc, SEI, Torino 1996. ..J..J ..J
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Per la partecipazione popolare delle donne fu necessario far superare una certa ritrosia femminile a prendere parte ad eventi pubblici non religiosi, ritrosia propria della visione sociale della donna casalinga siciliana, ancor pili acuita in quei giorni dal sentore di possibili disordini con1e accadevano tra gli uon1ini. Infatti, anche il 111ondo fen1n1inilc siciliano respirava un cliina rovente e alcune donne cattoliche «dina1niche, coraggiose, appassionate della nuova vita», si erano preparate per affrontare possibili provocazioni da parte delle comuniste «11011 solo dialettican1ente 1na all'occasione anche 1nanesca1nente». Lo svolgi1nento ordinato della pri111a conferenza, con la presenza di «oltre quattrocento donne», favorì però una più 11un1erosa partecipazione nelle sere successive e, per tutta la settin1ana, non si ebbero 111c1denti di sorta.
5. Delusi dal/li DC fi/orepubblicana l/ultin10 111ese di lotta politica per i cattolici coincise con il 111ese 1nariano. Ricco di iniziative tese ad ali111entare la devozione popolare alla Madonna, devozione che già dal pontificato di Pio IX era per1neata di risvolti sociali e politici, la predicazione di quel 1nesc si arricchì di temi specifici che richiamavano i fedeli alla responsabilità storica del 1non1ento politico della nazione. Dopo essere stati in chiesa, si andava ad ascoltare gli oratori, ognuno dei quali, a qualsiasi colore politico apparteneva, dava ad intendere di possedere la «n1edicina per guarire l'Italia», favorendo così occasioni cli ilarità popolare 111a anche risse tra i più facinorosi, al punto da far preferire i con1izi al cine111a e ad allri spettacoli cli varietà. La frenetica affissione notturna di manifesti da parte degli attivisti delle diverse fazioni contribuì a rendere ancor più incandescente il clin1a: «molti episodi di violenza si registrarono in quelle notti ed ognuno portava a casa quel che riceveva dai più violenti e dai più 111alandrini». li clero considerò dovere pastorale di primaria responsabilità incrementare i propri interventi pubblici. Emblematica l'attività politica svolta personaln1entc da alcuni alla vigilia de! 2 giugno. li parroco
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Marcantonio, per assicurare il voto dei suoi parrocchiani allo scudo crociato, con l'affissione di manifesti c la diffusione di <mitre 5.000 foglietti volanti», invitò a due conferenze politiche, che lui stesso avrebbe tenuto nel cortile della parrocchia. Nella prima confutò il programma politico di monarchici, qualunquisti, liberali e separatisti; nella seconda quello di socialisti, repubblicani e comunisti: «Per salvare la civiltà e la religione bisognava schierarsi netta1nente contro» tutti costoro e votare DC. La vittoria dei pri111i avrebbe riconsegnato l'Italia al fascis1110; il progran11na delle sinistre era «a base n1arxista, senza Dio, senza libertà, ne111ici del popolo, fautori di schiavitù, sen1inatori cli discordia, cli odio, di sangue. Face1n1no rilevare che sotto tali insegne si nascondeva la bandiera di Satana ne111ico acerri1110 dcl catto I ices i 1110»~1. Si1nili affern1azioni, che rispondevano ad una radicata visione 111anichca di tutta la vicenda) pur volendo evidenziare l'inconciliabilità tra i principi del cattolicesimo e quelli del marxismo, di fatto rivestivano il carattere di evidenti provocazioni alle quali, da parte dei con1unisti, si reagiva accusando il clero di propagandare 111enzogne e di intromettersi indebitamente in un campo improprio: «il Prete non deve far politica». La battaglia verbale sen1pre più degenerava in risse violente sedate solo dall'intervento della polizia. Risse che potevano avere un prosieguo anche durante la notte con «assalto al fortilizio della canonica» e nutrite sassaiole che ne 111andavano in frantu1ni i vetri. 'fali eventi) però, contribuivano spesso a ritorcere contro i con1unisti il giudizio di molti cattolici titubanti. Scarnn1ucce tra cattolici e cornunisti non n1nncarono anche il giorno delle elezioni. Per non influenzare gli elettori, qualche presidente di seggio e alcuni scrutinatori di sinistra nvevano ri1nosso il Crocifisso dalle aule scolastiche dove si votava. In diversi casi, alla debole reazione dei rappresentanti dello scudo crociato, supplì il clero e, laddove fu necessario, anche con l'ausilio della polizia, e «il Crocifisso riebbe il suo posto nonostante l'opposizione diabolica».iN .
.i 7 f)fario, 65-70 . .JN
fbfd.. 83.
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La posta in gioco per il clero catanese, aln1eno ufficialinente, non era l'opzione per una delle due possibili forme istituzionali, repubblica o monarchia, quanto piuttosto il dovere cattolico e sacerdotale di assicurare all'Italia il maggior numero possibile di rappresentanti del popolo in grado di n1odellarc la Costituzione in sintonia con l'insegna111ento della Chiesa e rendere l'Italia uno stato schiettan1ente cattolico. Questa iluidità nelle posizioni ecclesiastiche, sull'assetto istituzionale de!la nazione, lasciò spazio a tentativi di strun1entalizzazione dell'autorevolezza sociale dcl clero e dcl ruolo delle organizzazioni cattoliche, nel tentativo di orientare in favore dell'una o dell'altra forma l'opinione pubblica. Per arginare indebite interferenze, la Curia arcivescovile di Catania si pren1urò a far pubblicare sulla sta111pa locale un con1unicato che rifletteva la decisione assunta dai vescovi siciliani nella loro riunione di aprile: «Risulta che sono state n1andate c\el!e circolari ai pa1Toci e sono stati at: fissi dei n1anifesti, chian1ando in appcl!o i cattolici, e che si è usalo delle organizzazioni caritative e sociali delle pE1rrocchie per influenzare i fedeli a votare per una fonna istituzionale piuttosto che per un'altra. Questa Curia ricorda: 1) che i cattolici sono liberissin1i cli votare per la 1nonarchia o per la repubblica, perché la Chiesa ha espressan1entc dichiarato che si può essere buoni cattolici sia sotto un regin1e 111onarchico che sotto un regi1ne repubblicano, per cui chi dice cliversan1ente abusa del non1e e dell'autorità della Chiesa; 2) che nessuno può dare direttive e suggcri1nenti ai parroci e ai sacerdoti in genere se non l'autorità ecclesiastica; 3) che nessuno può usare dell'organizzazione caritativa e sociale delle parrocchie per un indirizzo istituzionale piuttosto che per un Elltro; 4) che abusiv8n1ente si appella al titolo di cattolici per esortarli a votare o per la n1onarchia o per la repubblica, e che l'abuso è più grave quando si
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trascina a un significato che non ha l'augusta parola del So1n1no Pontefi-
ce»49,
Per i vescovi siciliani, dunque, le elezioni assurgevano a banco di prova per i «buoni cattolici»: pili che la forma repubblicana o monarchica, sarebbe stata la scrittura della nuova Costituzione a determinare l'impronta cristiano-cattolica o materialista della nuova Italia. È indubbio, comunque, che la schiacciante vittoria della monarchia a Cata-
nia e in Sicilia50 non può non attribuirsi anche all'intensa e capillare attività politica svolta dal clero 51 • Un clero che, in sostanza, avversava la repubblica con1e corollario del suo anticon1unisn10 e che, nell'eventuale sconfitta della monarchia, paventava il rischio della rivoluzione e di un futuro assetto della nazione laico e ostile alla Chicsa 52 , Al con-
-1 9 Pubblicalo sul quotidiano locale La Sicilia 21 inaggio 1946, 2. Del testo non si ha traccia nel Bollettino ecclesiastico. JJ comunicato rispecchiava lu posizione dell'episcopato siciliano, concordata lìel1<1 riunione di quel 111cse: F. Ivl. Stabile, op. cii., 253-258. Pio Xl! intervenne m1cora il I 0 giugno dichiarando che le elezioni dc!l'indo1nani, si<1 in ltali<1 che in F'r<1ncia (elezioni politiche), avrebbero deciso se «queste due sorcl!c latine, cli ultrmnillenari<1 civiltà cristiana, contìnucrm1no ad appoggiarsi sulla salda roccia dcl cristim1esi1no f_ ... ] o sç invece vorranno rin1cltere !e sorti de! loro avvenire a!l'i1npassibile onnipotenza di uno Stato inatcrialista, senza ideale ultraterreno, senza religione e senza Dio»: //eta Aposto/icae Sedis 38 ( 1946) 256. 50 Il risultato del refcrenduin istituzionale diede a C<1tania !'81,45o/ri di voti per !a n1onarchia e il 18,55% per la repubblica; il 64, 7% dei siciliani votarono a favore della 1nonarchia e il 35,3o/ri per la repubblica. Il confronto elettorale tra cleinocristìani e co1nunisti per la Costituente diede a Catania cittù il 33,9o/ri alla Dc e il 4,4o/i) <11 Pc1; nell'isola, il 33,6 1Yo votò Dc e il 7,9o/o Pci: Ivi. CACJJ\GLI, op. cii., 61-62; L. D'ANTONE, op. cii., 261-279, per i dati e l'analisi eo111unista de! voto. L'oricntainento cli qualche vescovo siciliano, con1e Pcrt!ZLO di Agrigento, <1 non obbligare i cattolici a votare Dc venne stronçalo dall'intervento di Ruflìni: F. rvI. STAl3JLE, op. cii., 257 . .'li L'attivisn10 politico dcl c!ero detcnninb in 111olti cas'1 una radicale 1nulazione dell'orienta1ncnto del popolo. Nel quartiere cli Picancllo il parroco Marcantonio registrav<1 in aprile il 70% cli si111pati<1 per i co1nunisti; alle elezioni dcl 2 giugno questi ebbero il 18% e la Dc il 43o/r1: lJiario, 82. 52 Lo stesso Sturzo smorzava l'entusias1no dci 1nonarchici per il voto dei 111eridionali in loro favore: non un voto politico ma «il voto di gente che te1neva la Repubblica perché poteva divenire una repubblica con1unistn o social-co111unista»: cii. da V. DE MARCO, Te111pore belli. Sturzo, l'Jtalia, la guerra (19:/0-1946), Sciasci<l, Ca!tanissella-Ron1a 1995. 256.
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tempo, però, provava sentimenti di delusione nei confronti della famiglia Savoia a causa del ventennio fascista, della guerra e delle conseguenti sofferenze ingiustan1ente procurate al popolo 5-'. La n1011archia, nondi1neno, offriva storicainente n1aggiori garanzie alla Chiesa. In Sicilia, soprattutto, aveva un secolare e ben radicato ossequio che, senza soluzione di continuità, risaliva dai Savoia fino ai Norn1anni, saldato per secoli, e fino all'Unità, dalla prerogativa unica nel suo genere dell'istituto giuridico della Legazia Apostolica. Anche per il popolo l'istituto monarchico era sinonimo di tradizione e di stabilità, e non era in discussione. I! risultato nazionale dcl referendun1, cotne in altre regioni n1eridionali soprattutto, lasciò in Sicilia uno strascico di polemiche tra Chiesa e DC. La dirigenza del partito, che era chiaran1ente filo repubblicana, venne accusata di tradin1ento dalla sua base elettorale, essenzialn1ente filo 111onarchica, per aver sostenuto la repubblica. Dall'elettorato cattolico la responsabilità di aver favorito l'inganno venne addossata al clero, per aver obbligato anche in coscienza a votare scudo crociato. Per IZuffini, arcivescovo a Paler1110 dal 31 1narzo di quell'anno, la propaganda della DC in un an1biente 111onarchico era stata un grave errore: «La reazione fu così forte che per alcuni giorni i sacerdoti venivano fatti segno per la Città ad insulti e persecuzioni». Per Bernardo Mattarella, al contrario, la situazione era «curiosa»: non si spiegava perché il popolo se la prendesse con il clero «che invece lavorò per la 1nonarchia, contribuendo certa1nente a creare uno stato d'ingiusto sospetto e d'allarn1ata diffidenza verso il nuovo regi1ne» 5--1-.
5-' «Ad esito concluso i cornunisti riinasero u111i!iati nel conoscere !a loro bassa percentuale nei voti per la Costituente, però si dichitirarono /Clici e vittoriosi per essere stata proclainata la Repubblica, alla quale contribuirono la n1aggioranza dei dc1nocrislÌani. A noi non interessava i! regi111e se tvlonarchico o Repubblicano, a noi interessava la Costituente nuova. D'altra parte anche noi crt1va1110 sul terreno repubblicano poiché la fvlonarchiti aveva tradìto la sua n1issione in venti anni di dittalun1 J'ascistf1 e nel dichinrare una guerra perduta in partenza, contro gli interessi dcl popolo. Quindi doppia soddis[1zione>>: [)iario, 84_ 5•1 Ru1Tini tornò sul teina in unti lettera a Pio X!l con la quale chiedeva di riconoscere anche a! partito 1nonarchico il ruolo di difensore degli interessi cattolici: «Abbinrno in Palcnno un nu1ncro rilevante in tutti i ceti cittadini di n1onarchici fervi-
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La delusione nei confronti della DC si espresse nelle successive tornate elettorali. A Catania nelle amministrative del 24 novembre 1946, come nel resto dell'isola in occasione delle prime elezioni per l'Assemblea regionale siciliana, il 20 aprile 1947, i democristiani furono costretti a registrare una dura sconfitta 55 . Le parrocchie, tornate alla vita ordinaria dopo il 2 giugno, erano state nuovamente coinvolte per la campagna elettorale regionale: «anche in questa circostanza ci siamo dovuti gettare a capofitto nella mischia per dare al nuovo governo regionale uo111ini di fondata e sicura fede cattolica» 5<'.
6. « Vòlian'lo al con1batti1ne11to» Per la quarcsi1na del 1947 l'arcivescovo Patanè aveva pubblicato una nuova lettera pastorale, A te!llJJi nuovi arn1i nuove. Il nuovo assetto socio-politico si iniziava a costruire in un clin1a di agitazioni e di scontro ideologico che lasciava intravedere possibili rivoluzioni e gravi disordini n1orali: era «l'ora dei nen1ici di Cristo». Due nuovi ideali si propagandavano: la libertà, grazie alla quale il popolo aveva il diritto di partecipare responsabilmente alla vita politica della nazione; la coscienza sociale, che sollecitava gli operai a rivendicare i loro diritti. Ambedue questi ideali, in balia dell'anticlericalismo e del marxismo, nen1ici del cristianesin10 e sovvertitori dell'ordine sociale costituivano delle armi micidiali puntate contro l'Italia. Occorreva, allora, che i cattolici stessero «alPcrta» per assicurare alla patria un 111igliore avve111 re.
dissi1ni i quali non riusciranno n1ai a persuadersi che per essere callolici devono votare a favore della Dc che si è pronunciala definitivamente per lu Repubblica»: cii. da f. lVf. STABILE, op. cii., 262 e 266. l! testo di l'v1aHarella, brano di una lettera a L. Sturzo, cit. da V. DE rv!Anco, Sturzo e la S'ici!ia nel secondo dopoguerra (1943-1959), SEI, Torino 1996, 46. Le reazioni rcgistn1tc dai prel'etti in allre regioni, in Ju., Le barricate, cit., 34-37. 55 Alle con1unali dì Catania la Dc scese al 16,7% e alle regionali al 9,9% dci voti: l'vf. CACJAGLI, op. cii., 61-62. Ovvian1ente, il crollo elettorale della Dc siciliana non è da attribuire solo a questa causa. 56 Diario, 96. V. DE MAnco, Sturzo e la Sicilia. cii., 48-59.
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Mentre sul piano politico Patanè dichiarava il bisogno e il dovere di «cristianizzare se1npre più l'odierno 111ovin1ento den1ocratico»; in can1po sociale era urgente che ci si in1pegnasse sulla questione operaia, la libertà della scuola, la moralità pubblica e privata. I cristiani non dovevano lasciarsi i1nbrigliare dai co111unisti: la loro accusa alJa Chiesa di «assonnare gli ani1ni», 111etteva in guardia l'arcivescovo, era finalizzata ad impedirle di intervenire nelle questioni sociali e politiche. Proprio questo era adesso il campo di battaglia per ogni cristiano: «uscia1no di sacrestia e volia1no al con1battin1ento. 11 nostro posto è là, dove arde !a battaglia, nei can1pi di lavoro, nelle sonanti officine, nei cantieri, negli opifici, ne!le scuole, negli uffici, nelle piazze, nelle strade, presso tutte le classi e le categorie sociali. È giunto il 1non1ento in cui ogni ani111a, che si vanta Jcl!a gloria e dcl non1e cristiano, deve essere un n1illte dell'esercito cli Cristo per coni battere a viso aperto le battaglie della civiltà cristiana. [ ... ]Oggi tutti dobbiaino co111battere alla luce del sole, e nessuno deve essere assente o indifferente. Ogni diserzione è un tradin1ento, e ogni indolenza è una grave responsabilità».
In questa fatale battaglia si giocava il destino della nazione e la stessa credibilità della Chiesa e di ogni cristiano. L'i1npiego di alcune "anni" avrebbe dato la certezza della vittoria finale: la stan1pa cattolica, le opere educative e caritative, l'inserin1ento di ogni classe sociale nelle file dell'Azione Cattolica, una intensa vita spirituale, la fierezza dei veri cattolici: «l'unione indefettibile, inconcussa, della mente e dcl cuore col Papa» che, giunge ad affcr111are Patanè, «Egli solo ha parole di vita eterna»s1. Il testo, infarcito di ter111inologia 111ilitaresca e guerriera, traspirava dell'immagine prevalente di Chiesa, "falange" di Cristo, ed educava ad una visione bellicosa del 1no111ento storico: solo la vittoria della restaurazione religiosa avrebbe pennesso un valido riordinamento
57 C. PATANÈ, A te111pi nuovi anni nuove. Lettera pastorale al clero e al popolo del/'1/rcidiocesi di C'atania, in 81: 51 (1947) 1~19.
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civile che, proprio in Italia, non poteva non essere cattolico-ro1nano. L'analisi dei problemi e la condanna degli errori, se pur lasciava chiaramente trasparire l'assillo per la sa!us anilnarzun, rispondeva ad una cultura ecclesiastica marcata dallo spettro della perdita di ogni riferi1nento alla Chiesa della società nel suo insie111e, in una visione pretta1nente conservatrice. Il linguaggio adoperato e le "anni" indicate non riuscivano a scalfire a sufficienza il crescente doppio riferimento, soprattutto nella classe operaia: l'anima alla Chiesa, il corpo a chi sa parlare un linguaggio in grado di prospettare migliori condizioni sociali, il partito comunista. Eppure, il linguaggio di Patanè sembra risentire dell'idealità e dell'esperienza del clero sociale siciliano di inizio secolo. Proprio l'assenza di una risposta religiosa della classe operaia era stata una delle cause che avevano indotto la gerarchia dell'isola, in ossequio alle direttive vaticane, a giudicare falli1nentare l'azione sociale e ad esigere dai loro preti una esclusiva azione religiosa. Si potrebbe supporre che una maggiore pazienza nell'attendere i risultati di quel tipo di pastorale, ché tale era intesa la loro attività dal clero sociale, avrebbe trovato ora preti idonei a stare «là, dove arde la battaglia». Sebbene non vi fosse alcun esplicito riferi111ento alla vicina consultazione elettorale, era chiaro che il clero e il laicato cattolico catanese erano chia1nati dal loro arcivescovo a scendere in can1po per un tenace e capillare orientamento politico di tutto il popolo'"· Nonostante ciò, nelle elezioni del 1947 la DC a Catania riportò una nuova dura sconfitta: ottenne appena il 9,9%, a fronte del 33,9% del 2 giugno 1946 e del 16,7% nelle comunali di quell'anno. PCI e PSI presentarono per le regionali una lista unitaria, il Blocco dcl popolo, ed ottennero il 17,7%. Il risultato delle elezioni venne accolto dal clero in toni molto dimessi. I commenti tentarono di mascherare la delusione per l'evidente insuccesso, imputandolo all'asprezza della lotta politica e
.'i.'l Il 2 aprile vennero inviate ai vescovi siciliani le direttive della Santa Sede dello stesso tenore degli interventi a livello nazionale del 1945: F. M. STABILE, op. cit., 260-261.
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non certo a mancanza di dedizione alla causa: «La battaglia dura e violenta diede in parte ragione a noi» 59 • Nella stessa tornata elettorale il partito monarchico ottenne a Catania il 26,7% dei voti, che equivalse alla maggioranza relativa nell'orientamento dci votanti, a fronte del 12,2% ottenuto l'anno precedente per l'Assemblea costituente. Lo scarto fu indubbiamente rilevante e la sua lettura, con analisi della situazione socio-politica, già da altri è propostar'o. Vorrei soltanto avanzare l'ipotesi che, tra le cause analizzate, questo voto possa pure rappresentare l'insoddisfazione dell'elettorato cattolico, propenso alla monarchia, nei confronti dei dirigenti della DC che avevano favorito la vittoria della repubblica al referendum istituzionale.
7. 18 apr;/e 1948: parrocchia e partito
Le scadenze elettorali si alternavano onnai con la vita ordinaria della parrocchia e, in prossimità del voto, a scapito di quest'ultima. Ogni attività si interrompeva per ricominciare dopo le elezioni: «Cessata la campagna elettorale [1947] riprendiamo il nostro lavoro religioso» 61 • La parrocchia era chia1nata ad assu1nere una nuova fisionomia. La propaganda dei principi della dottrina sociale della Chiesa, come la vera e propria attività politica a favore dell'unico partito consentito ai cattolici, non costituiva una soluzione di continuità per il ministero pastorale del clero, quanto piuttosto un'occasione per affinare il talento personale del parroco e misurare il suo grado di iucidenza nel tessuto socio-religioso del territorio parrocchiale. La tregua dalle precedenti elezioni durò appena un anno: «Passato il periodo Pasquale subentrò in forn1a solenne l'agone politico» per le elezioni del 18 aprile 1948:
59
Diario, 96. f,n Dati e analisi in M. CACIAGLJ, op. cii., 61-66, 169-193. fil Diarìo, 97.
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«li
1110111ento
particolare che si attraversava diede l'allanne. La lotta co-
111unista era in pieno svo!gin1enlo. Si trattava di dare all'Italia il suo pri1110 Ufficiale Governo del Dopoguerra. li Con1unis1110, sostenuto dalla Russia, con 1nezzi poderosi si lanciò all'attacco deciso a raggiungere il potere. Ordini tassativi pervennero a noi e a tutti i cattolici di essere uniti nel con1batterc il co111une ne1nico. Si trattava di lotta decisiva. O Ron1a o Mosca era il dilen1111a e noi cravan10 per la Ron1a nobile, antesignana del Cristianesilno baluardo di civiltà. Riunin11no tulle le forze cattoliche. Costituimn10 il Con1itato Civico Parrocchiale affidando l'arduo con1pito. Noi ne fun1n10 non solo l'artefice, n1a soprattutto i! n1otore principale secondo !e direttive dei Superiori. Inquadran11110 un lavoro coordinato col partito, e grazie a Dio la nostra fatica non andò perduta» 62 .
Fu il 1no1ncnto più cruciale dello scontro tra cattolici e con1u111sti. Il di!e1n1na «o Ron1a o Mosca» venne posto ora in 111odo drastico e inequivocabile: carico dell'inconciliabilità ideologica, co111e di fosche prospettive per il presente e il futuro della nazione ma anche della Chiesa. Paure ancor più acuite dalle notizie della uccisione di preti nel "triangolo rosso" dell'Emilia. Episodi questi che, nella loro oggettiva tragicità, venivano anche adoperati per fon1entare il carattere di pateticità spesso assunto dalla propaganda cattolica. Di fatto ratificavano le accuse 1nosse ai con1unisti di essere atei c nen1ici dell'1 Chiesa, e contribuivano ad indirizzare verso il centro o la destra l'orientan1ento politico di 111olti "buoni cristiani" in precedenza an1111iccanti alle sinistre. Il clero aveva ricevuto inequivocabili direttive dall'episcopato siciliano già dall'ottobre del 1947. «Con fermezza e carità» ai comunisti e ai socialisti si doveva far prendere coscienza della condanna della Chiesa «e con1e, un vero cattolico, passi alla sponda opposta colraderire all'uno o all'altro di questi partiti)). In sede di confessione biso-
f>
2 /bid, I OI. Un 'iunpia e docu1nentata panoran1ica di quei 111esi in jvJ. CASELLA,
18 aprile 1948. La 111ohi/itazio11e delle 01:r.;anizzazio11i catto!ic/Je, Congedo, (1alati-
na 1992; J. D. DURAND, op. cii., 641-692; su anticoinunisrno e antisovietisn10 dei catitaliani, cfr. R. MOROZZO DELLA ROCCA, U11ione Sovietica e questione con11111ista nell'opinione pubblica cattolica in Italia, in Pio,\'//, cii., 379-407. tolici
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gnava aninionirli e indurii a recedere dall'adesione. In caso contrario, l'assoluzione andava sen1pre negata ai capi e ai propagandisti del partito, 1nentre il confessore poteva regolarsi «caso per caso» per coloro che aderivano «per niotivi econon1ici e per stretta necessità di lavoro, 1nentre conducono per il resto vita cristiana» 1'-ì. li testo lascia trasparire il riconoscimento di una difesa della classe operaia da parte delle sinistre molto più incisiva di quanto non fosse quella dei cattolici. Per tal motivo, si accettava per i fedeli la possibilità di una doppia appartenenza, nia solo in can1po sindacale e non in quello politico. Al momento del voto, i cattolici dovevano appoggiare la DC, l'unico partito in cui si ravvisava il prograni1na cristiano e la fedeltà alla Chiesa'''. Per la quaresima del 1948 Patanè pubblicò una nuova lettera pastorale, su un tenia rnotivo di aspri conf-ì·onti tra cattolici e cotnunisti: La libertà. In Italia si era radicalizzata la lotta al cristianesinio proprio in nonie della libertà e si cercava in ogni 111odo cli conculcare i diritti della Chiesa propugnando la statolatria e con «quella sfrenata licenza piazzaiola che vuole calpestare tutte le leggi, che abusa della libertà e vuole p01tare al trionfo delle fazioni libe1ticide, le quali vogliono la libertà per esse sole, opprimendo quella degli altri». Così, senza affrontare esplicitaniente il tenia del conflitto con il 111arxisnio, Patanè arrivava ad afferniare che «Nessun chritlo e nessuna libertà JJUÒ concedersi ai sovvertitori dell'ordine sociale, ai fo111entatori di discordie, di scandalo, di odi tra le classi sociali, ai fabbricatori cli 111enzogne che si presentano come lupi in veste di agnello (come li chiama il Pontefice Pio XII), a coloro che attentano al dissolvimento del connubio familiare e alle leggi». A maggior ragione dopo l'approvazione della Costituzione della Repubblica, che non iniziava più nel no111e della Trinità, era urgente che lo zelo pastorale si orientasse a for111arc una nuova coscienza sociale nei fedeli, a difenderli contro l'ateis1110, il più grande ne111ico
r,l Seguivano le nonne per l'aminissionc ai sacnunenti e per la celebrazione dei funerali religiosi: BE 52 (1948) 35-36. 6-1 F. lvi. STABJLL::, op. cii., 268.
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della libertà, e a soppiantare la propaganda avversaria con opere edu-
cative e caritativo-assistenziali: «È ten1po che ci risveglian10, o diletti figli e Venerabili Fratelli, e non c1 pascian10 di vane illusioni. Le lacrin1e di tanti fi·atelli, !e persecuzioni violente, le deportazioni e il sangue innocente che scorre per la tède di Cristo in alcune regioni d'Europa devono essere per tutti un 1nonito solenne e un incitan1ento al lavoro indefesso e costante per salvare la nostra civiltà cristiana».
fn gioco era, dunque, lo scontro tra due visioni dell'uomo e della storia: quella cattolica e quella comunista. Tra di esse, però, non poteva darsi condizione paritaria. J_/ideologia coinunista, infatti, non poteva accan1pare alcun diritto di cittadinanza: la rigenerazione sociale della patria in1portava, con1e eone/ilio sù1e qua 11011, la rigenerazione religiosa che solo la Chiesa poteva assicurarle, senza alcuna alternativa: «L'ora è cruciale, e si pone dinanzi alla vita dei popoli il dilen1n1a enunciato dal Son11no Pontefice: o con Cristo o contro Cristo!» 65 • li clima politico italiano e la condizione della Chiesa nell'Est europeo avevano contribuito a rendere setnpre più intransigente la cultura ecclesiastica, la 111odalità cioè di rapportarsi con le problen1atiche poste dall'avvio di una nuova condizione sociale, econo111ica e politica della nazione. Il riferimento forte dell'intervento di vescovi e clero, co1ne del laicato cattolico, pern1ancva un'istanza dai connotati sociologici più che teologici ed ecclesiali; o, se si vuole, di questi a servizio degli altri. La possibilità di svolgere la sua niissione la gerarchia ecclesiastica intendeva assicurarsela in forza cli un ordinan1cnto politico da lei detenninato, più che da una profonda e paziente azione pastorale a lei più congeniale.
65 C. PATANI:. La libertà. Lettera pastornle al ('/ero e al Popolo de// 'Archidiocesi di C'atartia, in BE 52 ( 1948) 1-24. i'.; da notare che queste lettere pastorali sono clalate 5 lèbbraio, solennilù liturgica di s. Agata, patrona dclln città e dell'arcidiocesi di Catania: sull'esempio della loro concittadina, i cristiani catanesi erano chiainati a scon1111cttcrc la loro tède, se fosse stato necessario, nnche 11110 al n1arlirio.
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Che in gioco vi fosse la libc1ià era chiaro ai cattolici come alle sinistre. Entrambi ne fecero il te111a nodale della campagna elettorale del 1948 ed entra111bi, in no111e di essa, propendevano a negare all'avversario la libe1ià per sé reclamata. La Chiesa, per la difesa della civiltà cristiana c con toni da controrifonna: non per nulla Patanè individuava nel liberalis1110, «erede della Rifor111a protestantica», la radice della deviazione del concetto di libertà; il 111arxismo, per la difesa dei contadini e della classe operaia, con il risvolto però di quanto accadeva nei paesi dell'Est europeo. Per i cattolici si trattava di assicurare l'Italia al cristianesi1110 nell'obbedienza a Ro111a, cioè a Pio XII, e in1pedire una nuova dittatura peggiore della precedente perché atea. Per i co111unisti di dar vita ad una nazione sul 111odcllo russo nell'obbedienza a Mosca, cioè a Stalin, per appianare ogni disuguaglianza sociale e liberarsi dall'ingerenza della Chiesa nella vita italiana, accusata di essere alleata dei ricchi e dei potenti. Dall'una parte c dall'altra, inoltre, si dispose di cospicui mezzi finanziari, di 111igliaia di attivisti e di un copioso 111atcriale propagandistico, e si fece ricorso a tutti gli espedienti possibiliM'. All'uso strumentale, in a111bito cattolico, del culto, della religiosità, delle devozioni - quella 111ariana in special 111odo -, dell'attività caritativa e della visita alle famiglie, faceva riscontro da paiie comunista la presentazione ideologica di Gesù Cristo con1c pri1110 socialista della storia, la protesta di essere cristiani n1a acco111pagnata da avversione alla Chiesa e dal vilipendio nei confronti di preti e vescovi, l'allontanare i con1pagni dalla pratica religiosa e dall'influsso dei preti, la bolscevizzazione del proprio ambiente, il ricorso alla violenza e allo scontro fisico. La parrocchia acquisì in quei n1esi una fisionon1ia del tutto nuova. Divenne cellula di attivismo politico a sostegno del pa1iito dci cattolici, e tale ruolo non veniva percepito per nulla in contrasto con i suoi co111piti istituzionali; al contrario, era proposto e vissuto con1e
66
G. Fvl!CCOL!. La Chiesa di Pio Xl!, cii., 566~567; V. DE MARCO, Le barricate, cil., 41-47.
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genuina espressione di vitalità religiosa. Il clero, 111a in special 1nodo i parroci, i religiosi e le religiose, l'Azione Cattolica e tutte le variegate forme aggregative del cattolicesimo furono mobilitati in vista della vittoria elettorale, per imprimere in modo inequivocabile il carattere della civiltà cristiana alla società italiana: non poteva darsi all'Italia condizione di civiltà e di progresso se non nell'alveo di una società in1pregnata di valori cristiani nell'obbedienza alla gerarchia ecclesiastica. Non erano tollerabili, all'interno della Chiesa, margini per una posizione alternativa. Il con1unis1110, più che un rischio per la vita sociale e politica, era considerato un grave pericolo per la libertà della Chiesa e per l'affern1azionc di un retto ordine etico per la nazione. Alzare una barricata invalicabile se era dovere per i cristiani, ancor più assun1eva il valore di genuino zelo pastorale per il clero. Le elezioni, e quelle del 1948 in special modo, vennero considerate così il moderno strun1ento per far prevalere la visione cristiana nella società italiana; e la l)C il tran1ite istituzionale che ne avrebbe pcrn1esso la realizzazione. li movente ultimo della scommessa politica della Chiesa a favore della DC e contro il con1unisn10 divenne ben chiaro nei preti siciliani: «Per quale n1otivo ci sian10 trovati sulle piazze a con1battere una dura battaglia? Forse perché cointeressati politica1nente? No! Unica1nente per salvaguardare e difendere i principi n1orali contro l'invadenza della nuova dottrina con1unista sovvertitrice dell'ordine »('7. La capillare organizzazione della lotta politica venne affidata ai Comitati civici, appositamente istituiti 1'8 febbraio 1948. Ufficialn1entc autonon1i da/l'Azione Cattolica e dalla struttura ecclesiastica, divennero cinghie di trasn1issione tra la sagrestia e la segreteria dello
67 [Jiario, 96; /'vi. CìUASCO, Storia dcl clero, cii.. 237. /'v1a non n1ancarono le
perplessilù: ((!Jl quel 1non1enlo a pili cli un giovane prete quelt'aperta discesa in ca111po polè apparire una delle pili vibrrn1ti n11.111ifes!t1Lioni dc! proprio sacerdozio: nia giù n!lora i pili avveduti fra noi sentivano che la lotta diretta per un partito e per dati candidati, anche se opportunn e n1t1gari necessaria in quei 1nesi, restava al 111argine ciel 1ninistero specirican1cn1e sacerdotale»: G. l'vlART!N1\, Lu Chiesa in Italia negli ulti111i freni 'anni, Studiun1, Roina 1977, 33.
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scudo crociato per assicurare l'unità dei cattolici in ca111po politico e la base elettorale vincente alla DC 66 • Così, la generale mobilitazione del 111ondo cattolico pennise alla DC di ottenere la 1naggioranza assoluta in Parlamento. Il risultato elettorale a Catania diede alla DC il 48,9% dei suffragi e il 14,1% al Fronte Democratico Popolare, cioè PCI e PSI insieme. Nell'isola la DC riportò il 47,87% dei voti, ottenendo oltre il doppio delle adesioni conseguite alle elezioni regionali dell'anno precedentem. Al di là del risultato ottenuto dal partito, ai cattolici importava l'essere riusciti «a dare a!l'Italia un governo stabile basato sui principi cristiani» 70 • Ma a quale prezzo? Anche in Sicilia il clero, in special n1odo la figura del parroco, e la parrocchia si avviarono ad una lenta e progressiva crisi, data da una attribuzione alla struttura parrocch ialc di co1npiti per nulla istituzionali. E ciò accadeva nell'isola con particolari gravi conseguenze: le parrocchie, per secoli riinaste liinitate di nu1nero, iniziarono a 111oltiplicarsi proprio dai pritni decenni dei Novecento. Cosicché, all'avvio della sua attività autonon1a il parroco doveva n1ostrarsi incline ad una pastorale intransigente, alla identificazione tra buoni cattolici e aderenti all'unico progetto politico legitti1nato dalla Chiesa, alla conseguente avversione per i suoi parrocchiani co111unisti, alla concertazione della sagrestia con la sezione della DC. Non c'è da n1eravigliarsi, dunque, se la ripresa religiosa che era attesa a seguito della vittoria del 18 aprile non si avverò. Tutta la vi-
68 G. rvlAOCil, Comitati civici, in [Jizionario storico del 111ovi111ento cattolico in Italia 1860-1980, a cur<1 di F. Tranic!lo e U. Can1pani11i, 1/2: l i~1Ui e le idee, rvtarietti, Torino 1981. 207-209; rvl. CASELLA, Le origini dei Co111ifafi civici, in Rivista di starla della C'hiesa /n !tal/a 40 ( ! 986) 446-53<!. 69 /'vl. CACli\CiLI, op. cit., 180-181. Renda ritiene che il voto dci siciliani fu con-
dizionalo più che dal!a Chiesa dn!!a capillare t1zionc anlico1nunista svolta dai siculoaincricani giù operanti nell'isola rin dall'ini7.iO dello sbarco n!leato. Il popolo si trovò, così, ingabbiato nella paura cli una doppia privazione in caso di voto ai co111unisti: dcl paradiso celeste eia parte del c!ero, e dc! paradiso terrestre, che l<l!c era considerala J'A1ncrica, da parte dei connazionali ivi i1n111igrali: F. RLNDA, Storia de/fa Sicilia, cit., 287-288. L'osservazione n1i sen1bra possa considerarsi valida per la zona occidentale dell'isola, clove JOrtc era il legan1e con gli c1nigrati in USA, 111a non tanto per quella orientale. 70 Diario, 102-103.
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cenda, piuttosto, ha innestato «confusione tra propaganda ideologica e annuncio del Vangelo», con un lungo e pesante strascico non dcl tutto ancora risolto, e ha provocato una spaccatura tra prete e popolo, e tra la stessa gente. Spaccatura inaspritasi l'anno successivo (1949) con il decreto di sco1nunica nei confronti dci co111unisti 71 . L'approccio dcl clero alle vicende quotidiane rimase ingabbiato in una visione faziosa, distinguendo chiara111ente chi era "con" e chi era "contro", alla luce di categorie socio-politiche, non certo evangeliche ed ecclesiali. Continuò, così, a 111ostrarsi incapace di pron1uovere una cultura alternativa al 1narxisn10, al punto da non arginare la crescita dell'adesione al con1unis1110 ne111111eno all'interno delle con1unità cr1st1anc Rimase assente nelle lotte degli operai per il salario e in quelle dei contadini per la concessione delle terre incolte, così da favorire un'i1nn1agine di Chiesa alleata dei potenti a danno delle classi 111eno abbientin. Per le fan1iglie di operai, contadini, poveri, disoccupati, il voto in favore del Blocco del popolo esprimeva principalmente adesione a chi si faceva carico delle loro vicissitudini sociali ed econon1ichc e della loro indigenza, per conseguire quella vittoria elettorale che attuasse in1111ediata1nente l'auspicata equiparazione tra tutte le classi sociali. Non era in gioco la loro appartenenza fonnale alla Chiesa, che anzi, in occasione di n10111enti devozionali e delle principali festività, la partecipazione popolare pennaneva n1assiccia. Il fenon1eno avvalorava nel clero la visione religiosa della contrapposizione al co111unisn10, onnai considerato l'unico vero nen1ico da cornbattere all'insegna della civiltà cattolico-romana e per la difesa della fede del popolo dai senza Dio.
71
A. PAR!SELLA, op. cii., 448-450; G. AL8ERJGO, La condanna della collaborazione dei cattolici con i partiti comunisti (I 949), in C'onci/i111n l l ( 1975) 12091222. A giudizio del prefetto di Catania il decreto «ne! prossimo avvenire avrà ripercussioni profonde in seno a queste popolazioni che con1c è noto hanno un intiino e radicato scntin1enlo religioso», per cui l'app8rlenenza ai parliti di sinistra non equivaleva a condivisione delle ideologie inar:-.:iste: cit. da V. DE fVIARCO, Le barricale, cit., 50. Per RuJTini il con1unisn10 era setta eretica da slcnninare e pericolo sociale da n1eHere al bando con apposila legge dello Stato: f. rv!. STABJLE, op. cii., 280-283. 72 f. RENDA, Profilo storico, cit., 99-107.
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8. Per quale Chiesa Senza nulla togliere alla reale paura che incutevano le not1z1e sulle nuove condizioni dei cristiani nelle nazioni dove era stato i1nposto il con1unisn10 sovietico, il clero non si niostrava idoneo per un approccio alla realtà in grado di andare oltre lo scontro ideologico. La cultura ecclesiastica gli impediva di cogliere ed assumere le motivazioni del voto al Blocco del popolo e di intervenire con un progetto pastorale libero da anatemi e da ansie socio-politiche, seppur giustificato dalla sa/us animaru111. li paternalisn10 e l'autosufficienza con cui i preti si rapportavano con i fedeli, specialmente con i simpatizzanti per l'ideologia di sinistra, paralizzavano anche i tentativi di i111111aginare la necessità di una azione pastorale diversa, che fosse in grado di affrontare la crescente secolarizzazione. Una ese111plificazione è offerta dalla lettura della devozione n1ariana dcl 1nese di 111aggio: alla sua chiusura, nel 1948, i parroci ri1nasero stupiti che anche i con1unisti si n1anifestassero «zelanti devoti di Maria e buoni cristiani col rendere onori solenni alla Madre di Dio e Madre nostra». Ma sullo stupore prevalse immediata1nentc la lettura apologetica: «Era la Madonna che aveva trionfato nel mese di aprile sul tappeto politico, e adesso trionfa sul terreno religioso» 7-1 • Al fondo era una visione di Chiesa, chian1ata allo scontro frontale con il inondo per realizzare la civiltà cristiana, che sostenne l'azione del clero uscito "vittorioso" dalla lotta elettorale con il co111unisn10. Una vittoria\ però, ottenuta su un ca1npo ad esso fondan1entaln1entc estraneo, 111utntasi in una sconfitta, con conseguenze protrattesi nel tempo e sulla incisività dell'azione pastorale, appunto quella propria del prete. Così, l'cvangelo e la Tradizione della Chiesa non illuminarono le domande profonde dell'uomo siciliano del secondo dopo guerra e, in particolare, di coloro che troppo sbrigativan1entc furono giudicati «ne1nici di Dio». Né si in1piantò la civiltà cristiana auspicata, ché anzi la società si 1nosse verso una secolarizzazione, re-
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Diario, 103.
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Gaetano z;to
sasi inarrestabile forse anche per aver fuorviato l'attività dcl clero e dcl laicato cattolico. L'ecclesiologia di riferimento, romana e papale, ha determinato nei preti e nei fedeli dell'isola un legame sempre piè1 vivo e forte con la Santa Sede; un legaine che «ha segnato la spiritualità de! clero e le stesse farine devozionali popolari e l'associazionisn10 laicalc» 7..i-. I tratti cli questa ecclesiologia sono individuabili in ahneno quattro atteggiamenti. In primo luogo, alla luce della Myslici cmpori.1· (1943) era possibile al clero detenninarc con chiarezza chi poteva essere 1nen1bro del "corpo", che si identificava con la chiesa cattolico-ro1nana, e chi ne restava escluso 7 ·". L'obbedienza al vicario di Cristo e alla gerarchia ecclesiastica locale costituiva la condizione essenziale per realizzare quel mondo nuovo da tutti auspicato, eia ogni ideologia politica pro1nesso, 111a attuabile solo in perfetta sintonia con la Chiesa. Questa era certa della vittoria finale, in forza della protezione della Vergine Maria: è noto, infatti, con1e la jJeregrinafio AJariae, tenutasi in questi anni nelle diocesi, ebbe una connotazione socio-politica pili che spirituale. Infine, la collaborazione con la DC avrebbe dovuto favorire la realizzazione di uno Stato confessionale, en1ble111atica visibilità del regno sociale di Cristo, garantito dall'osservanza delle leggi della Chiesa: non averlo ottenuto con la Costituzione repubblicana, diventava ora contropartita e giustificazione dell'appoggio elettorale allo scudo cro-
ciato. Da questa ecclesiologia fluiva l'azione pastorale delle parrocchie. Si incentrava, essenzialmente, sulla salus anin1orun1: da auspicare per chi era lontano, affinché chiedesse di essere reintegrato nel "corpo", e da garantire a chi era vicino con l'istruzione religiosa, i sacran1enti, l'appartenenza ai vari ran1i del!' Azione Cattolica, e l'assistenza caritativa. Ma questa pastorale, anche tra il clero e il laicato catanese, iniziava orinai ad essere asfittica e «se1nbra voglia perpetuarsi
7.t C. NARO, La c/1iesa di Caltanisscl!a tra le d11e guerre. 2: I callolici 11el/a società: la politica, / 'eco110111ia e lu c11/t11ra, Sciascia. Caltanissctta-Ro1na 199 ! , 275. 75 Il contesto storico dell'cnciclicu in F. Tr~ANIF:LLO, // pont1ficato di Fio ,\'li, in 1 callolici nel 111011do conte111poraneo. cii., 9"1-99.
Clero e
co111u11isn10
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fino al sorgere di un fatto nuovo che servirebbe a scuoterci e a farci risvegliare in una più cruda realtà» 76 : a distanza di pochi anni Giovanni XXIII indisse il Concilio Vaticano II.
11 < Cfr. i due articoli del parroco G. REINA e del laico A. DELL'ACQUA, Parrocchia e apostolato, in BE 58 (1954) 245-247. 275.
Synaxis XV/2 (1997) 591-675
PERSONE E LUOGHI ESEMPLIFICATIVI DELLA CULTURA ECCLESIASTICA SICILIANA
I. IL PALERMITANO DOMENICO TURANO VESCOVO DI AGRIGENTO
MASSIMO NARO'
Su Domenico Turano ( 1814-1885), sacerdote della diocesi di Palermo e dal l 872 vescovo di Agrigento, si è, sino ad oggi, scritto molto poco. Non esistono, soprattutto, studi che ne illustrino adeguata1nente il profilo intellettuale 1. La sua figura e la sua opera rin1angono confuse nel novero di quegli esponenti del clero palermitano che furono tra i protagonisti dcl rinnovamento ecclesiale isolano e della vivacità culturale registrata nella Chiesa siciliana - anche a livello accade111ico e con apprezzabile qualità scientifica - negli anni i1111nediata1nente pre e postunificazionc 2•
* Docente di Introduzione alla teologia nella raco!tà Teologica di Sicilia. 1 Una 1nolto allendibi!e ronle di notizie rin1nne ancon1 il volu1nc con1111c1norativo curato, subito dopo la 1norle del Turano, eia G. BELLOMO, 1\Ie111orie sulla vita e gli scritti di 1\lons_ Domenico Turano vescovo di Girgenli. Discorso funebre, note e ricordi, Tip. Tmnburello, Palenno 1886, da cui attinge la sobria biotì·alìa di D. DE GREGORIO, 1\4ons. IJ0111enico Turano, Ed. La Carità, Palcnno 1967. Sul periodo dell'episcopato agrigentino e sul!a delicata questione dello «scisn1a di Grotte» in cui dovette intervenire il vescovo Turano, cfr. ancora D. D1: G1n:oon10, 01/ocento ecclesiastico agrigentino. Il: /,a sede V({Cante. Tip. Gallo, 1\grigento 1968, 173-21 I e C. VALENTI, I Vecchi Cattolici in Sicilia (1870-75), Società siciliana per la storia patria, Palcnno 1989. 2 Cfr. rispettivamente l'esauriente F.ìv!. STABILE, Il clero palermitano nel pri1110 decennio de!!'lJnità d'Italia (1860-1870), 2 voll., Istituto Superiore di Scienze Religiose, Pa!ern10 1978; e F. CONJGLIARO, Teologia e teologi in ._'ù"cilia tra i due concili vaticani, in J-\A.VY., La Chiesa di Sicilia dal Vaticano I al Vàticano Il, Il,
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Massùno Nora
Eppure il Turano - in gioventù dapprima allievo dell'Oratorio filippino all'Olivella e poi studente del Collegio Massimo dei gesuiti di Palern10 - si distinse, per la sua attività culturale e per il suo i1npegno politico, in più occasioni. Sul piano dell'impegno politico già nel 1848, durante le primissime sedute del parlamento siciliano rivoluzionario presso cui egli rappresentava, nella Can1era dei Pari, il titolo abbaziale di San Nicolò La f'ici, allorché sostenne un serrato dibattito con un altro prete palermitano, il canonico Gregorio Ugdulena (I 8151872), sulla questione dei culti acattolici; e poi ancora nel 1860, quando preparò per conto del suo arcivescovo, 111ons. Naselli, una lettera pastorale sul potere temporale ciel papa destinata a far discutere e ad attirargli le ritorsioni del governo filo-piemontese dell'Isola. Tra queste due date, anche il Turano partecipò all'insolita parabola cli molti preti palennitani dal !iberalis1110 all'intransigentisn10, spostandosi da
iniziali posizioni rivoluzionarie e antiborboniche a successive posizioni antiunitarie. Con1e altri ecclesiastici della Paler1110 quarantottesca, anche il Turano si era entusiastica111ente ispirato agli ideali liberali avallati e "battezzati" da intellettuali cattolici come il Lamennais redattore dell'Aven;,· nei pri111i anni trenta, o il Rosn1ini autore delle C'inque Piaghe (1848) e il teatino palermitano Ventura che considerava la de1nocrazia liberale una «n1atrona selvaggia» da «battezzare e rendere cristiana»·'. Ma dovette, con1e tanti altri cattolici italiani, assaporare pure l'amara disillusione seguita alla laicistiea applicazione di quegli
Sciascia, Callanissetta-Ron1a !994, 549-641. Sul dibattito teologico avvenuto in Sicilia negli anni cinquanta e scssanla del XIX scc. cfr. r. CoNJCìLlARO, 1\!ote sulla Facoltà di Teologia del/ 'Università di Fa!er1110, .in Syna.yis 15 ( 1997) 231-250. 1 · Cfr. G. VENTURA, l:'/ogio jì111ebre di /Janiu//o O 'Co1111e!I, 111e111bro del parlan1ento britannico [ 1847}, in lo., Raccolta di elogi .funebri e lettere necrologiche, Turati-Rossi, Milano-Genova 1853, 357. Tessendo il panegirico del patriota irlandese O'Conne!l (1775-1847), i! Ventura spiegava - con l'intenzione cli riferirsi anche alla situazione italiana - che i! cauo!ico politicaincntc in1pegnato deve opporre al inalgovcrno degli oppressori una ((resistenza passiva» e una «ubbidienza attiva», «[ ... l cioè a dire che, nel condannare la ribcl!ionc, l'insegnaincnto callolico non proscrive l'azione; nel vietare che si resista colla forzn. non proibisce che si rcclan1i per le vie della lcgalilù e delln giustizia; nel volere che il suddito rispetti i dritti del potere, non esige che rinunzi ai proprii» (ibid., 303-305).
Il palern1Jtano Do111.enico Turano vescovo tli Agrigento
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stessi ideali. A Palermo, come in altre parti d'Italia', il clero fu sinceramente disposto a cercare l'incontro concorde tra la Chiesa e il mondo moderno. Ma, di fatto, la modernità finì per imporsi violentemente alla Chiesa, in versione "laico-risorgi1nentale'\ e i preti "liberali'' in1pararono dalle circostanze concrete a percepirla come un nuovo pericolo, da cui difendersi e a cui resistere. Fu così che il Turano, dopo essere stato nell'aprile 1848 tra i firmatari del decreto rivoluzionario di decadenza della mona1-cl1ia borbonica, preparò - come capofila di un nuovo clero "zelante" - la lettera pastorale pubblicata dall'arcivescovo palermitano Naselli nel febbraio 1860 in difesa dell'autonomia temporale de! pontefice 5 • In essa veniva illustrata una sorta di critica intransigente ai principi liberali, 111olto vicina a quella elaborata nello stesso periodo da alcuni gesuiti dc La Civiltà Cattolica, come Taparelli, Liberatore e Curci: veniva, cioè, riconosciuta la legitti1nità dei regin1i rappresentativi e della libertà politica, n1a era condannata la laicizzazione delle istituzioni e rifiutata la separazione neogiurisdizionalista tra Stato e Chiesa, che finivano per 1ninacciare graven1ente la libertas Eccle-
siae. L'attività culturale del Turano ti.i di tipo prevalentemente accademico. Egli si distinse per il suo insegnamento altamente qualificato sia presso la Facoltà teologica dell'Università di Palermo, dove tenne la cattedra di lingua ebraica ed impartì lezioni di archeologia biblica (1851-1860), sia nei seminari di Palermo (1861-1871) e di Monreale (1868-1870), dove insegnò eloquenza, apologetica e sacra scrittura, avendo come colleghi il filosofo ontologista Vincenzo Di Giovanni (1832-1903) e uno dei teologi siciliani più lucidi ed avvertiti di quel periodo, Melchiorre Galeotti (1824-1869) 6 • Negli anni dell'episcopato
4 Cfr. P. LORENZETTI, «C'atene d'oro» e libcrtas Ecclcsiae. I cafto/ici nel pri1110 rìsorgùnento milanese, Jaca Book, Milano 1992. 5 Cfr. Lettera pastorale di 1\Ions. Giovan Battista 1\!ase!/i al clero e al popolo sul don1inio temporale, Tip. Lao, Palern10 1860. Sull'adesione del Turano al clero «zelante)) dì Pu!cnno cfr. F.l'vf. STAR!LE, li e/ero pa/er111ita110 .. ., cit., I, 69-72. r, La cattedra di lingua ebraica era una delle cinque di cui constava la Facoltà teologica dell'Università dì Palcnno; cfr. F. CONIGLlARO, Note sulla Facoltà di Teologia de/f'(Jniversità di Pa/erino, in ,__\)111axis 14 (1996) 2, 177 e 200-204. Sulla car-
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Massùno Naro
tenne la cattedra di storia biblica nel semmano agrigentino 7 • Capace di conversare in tedesco, francese e inglese, poté leggere la 111igliore produzione degli autori stranieri del tempo, cimentandosi persino in alcune traduzioni". Nelle aule scolastiche esercitò un notevole influsso su molta parte del clero palermitano che si andava formando in quegli anni. Tra i suoi allievi più conosciuti fu Ba1iolomeo Lagumina ( 18501931 ), che ne ereditò prima la cattedra universitaria e poi quella vescovile9. Ma Turano riuscì ad influire nella formazione del nuovo clero più che con il suo 111agistero accaden1ico, con quello spirituale: suoi discepoli, a Palcnno pri1na e poi ancora ad Agrigento dove lo raggiunsericra accadcn1ica del Turano cfr. la seconda parte dello stesso articolo cli Conigliaro, in !J)1naxis 15 (1997) 225-227. Sul vivace diballito teologico a cui anche Turano partecipò negli anni della sua docenza cfr. ancora l'articolo di Conigliaro, in Synaxis I S (1997) 231~250. Su Di Giov<Jnni cfr. S. CARAMELLA,// pensiero .filosojìco in Sicilia dal/ 'età antica alla conte111poranea, Sciascia, C<1!ianissettri-Ro1na 1995, 197-21 O~ E. GuccJONE, Presenza e lilniti della cultura catfolica, in AA.VV., La Chiesa di Sicilia dal Vaticano I al Vaticano Il, cit., l!, 835-836. Su Galeotti cfr. R. LA l)ELFA, Aie/chiorre Ga/eoffi. Il percorso ecclesio!ogico, SE!, Torino 1996; f'. CONIGLIARO, Teologia e teologi di Sicilia .. ., cil., 587-589. 7 Cfr. [D. TURANO], Re/aho Status Dioeceseos Agrigentina (15.07.1878), De secundo Relationis capile pertinente ad 1jJs11111 l-:.jJiscop11111; in Archiv11111 Secret111n Apostohc11111 Vatican11111: Sacra Congreg<1zione ciel Concilio, Relazioni «ad lirnina)), 18 B [Agrigentin.J, f 806r-896v. Nel cap. V! della stessa relazione sono elencate le discipline inscgn<1te o][re che in sen1inario rinchc nel Co!Jcgio superiore dci SS. Agostino e Ton11naso, tra cui i! Turano aveva inserito la sacra scrittura e l'ebraico per allenare i giovani preti a co111battcrc i «perversi contra fide111 protcslantiun1 crrores». Nel cap. IX il Nostro chiede al papa il pennesso di conrerire la laurcri doHoralc in sacra scrittura presso il collegio, dove già si rilasciava la laurea «in utriusque iure»: gli ecclesiastici della diocesi erano fin troppo dotti in diritto, 1na occorreva che avessero anche una 111aggiorc e più profonda conoscenza delle scienze bibliche e teologiche, per difendere ineglio l'integrità della ft~clc cattolica nella n1odernu «colluvie» di eresie (prosc!itis1no valdese) e dì errori (razionrilis1110), oltre che per concorrere ai benef'ici e a!!e cariche ecclesiastiche. 8 Cfr. G. llAY, Il sincero cristiano istruito nella jède di GesÌI Cristo dalla Scrittura. Traduzione d<1ll'inglesc pc! sac. Do1ncnico Turano. Tip. Lao, Palerino 1861; si tratta dì un catechismo scritto dal vescovo scozzese Giorgio I lay ( 17291811 ), con la tipica struttura do111anda/risposta, tradotto da! Turano a!!o scopo di fornire oi lettori cattolici un valido strun1cnto per conoscere n1eglio «le ragioni della Fede Cattolica» contro il prosclitisn10 promosso dai protestanti in Sicilia. Il Turano aveva curato giù nel 1844 la pubblicazione dcl Catec!iis1110 teologico dello stesso Hay. 9 Cfr. D. DE GREGORIO, 1lI011s. Do111enico lìtrano, cit., 13.
Il paler111itano Don1enico Turano vescovo di Agrigento
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ro più volte per collaborarlo nella riorganizzazione della diocesi, furono Giacomo Cusmano (1834-1888) e Nunzio Russo (1841-1906), personalità spirituali di spicco tra i «santi della carità» che operarono in Sicilia nella seconda metà del secolo scorso; e alla sua scuola spirituale si formarono anche altri giovani preti che sarebbero diventati protagonisti della storia della santità siciliana, come Giuseppe Guarino (1827-1897) che fu a Palermo amico di Russo e collaboratore di Cus1nano e poi arcivescovo a Siracusa e Messina 10 •
IO crr. c. NARO, Per 1111(/ storia della .spiritualità in Sic ilio in età conte111poranea, in AA.VV., La Chiesa di Sicilia dal Vaticano J al Vaticano Il, ciL, I, 493-50 I, che individua nuinerosi te1ni spirituali ricorrenti nelle opere dcl Turano e ripresi negli scritti dci suoi niaggiori discepoli. Cfr. inoltre !Vl.T. FALZONE, Giaco1110 C:11s111ano, Sciascia, Caltanissctta-Roina 1992; !o., Giacomo C11s111ano. /,a "diaconia" del povero e la "carità" cittadina, SE!, Torino 1995; F.!Vl. STABILE, Nunzio Russo. Secolarizzazione ed evangelizzazione in Sicilia nella seconda 111età dell 'Offocento, Sciascia, Caltanissetta-Rorna 1997. Il discepolo prediletto dcl Turano fu ccrtainenlc Cusn1ano, con cui intrattenne un duplice rapporto di paternità spirituale e di an1icizia iì·aterna; ancoi·a negli anni dell'cpiscopalo, il vescovo Turano da Agrigento scriveva a! fondatore ciel Boccone dc! povero, per richiederne la con1pagnia e il conforto («Or ti ho di bisogno, con1c il pane, qui 1», lettera del 10.10. !872; «[Ti scrivo] pregandoti dinanzi al Signore di volcnni avvertire delle n1ic n1ancanze nella speranza di potern1i correggere, così pieno corne sono di 1ne slesso e di ainor proprio; [... ]Prega per nie che ne ho tanlo di bisogno, figlio n1io», lettera del 23.02.1873, in Archivio Congregazione Servi dei Poveri - Pa!en110 [=AcsrJ) e per affidargli con totale fiducia le sue pe~ nitenti palennilanc (cfr. lettera dcl 30.01.1873, in J\CSP), n1a anche per consigliarlo («In quanto poi ad abbandonare al p. Ciccio Russo il Boccone de! povero è uno sproposito e un capriccio, e Dio non vuole. Tu sai che Dio ha destinato a te quest'opera [... J», lettera dcl 11.09.1874; {([ ... l prosiegui a ratigarc per le anirnc senza sospetti e ti1nori. Ma non ti caricare di affari sovcrchian1entc», lettera dcl 10.03.1877, in Acsr) e guidarlo spiritualn1cnte («Ti n1ando 6 foglietti dell'introduzione alla Si111bolica che è sollo i torchi. Tu ti leggerai pria di tutto !'arlico!o di Giobbe, dal quale avrai n101Lo [u1nc sullo stato tuo che è identico l ... ] ubbidisci e dannati per ubbidienza», lettera dcl 20.01.1876; «[ ... ]per dcttag!iarc le cose ti dico: !° Che le penitenti sono tue, e che nli loro un gran inalc aJTidar!c agli allri, e questo le lo dico fino a frirtene un n1otivo di coscienza. 2° Ne' dubbi della direzione [alle penitenti] scrivi a n1e, ed io ti rispondo subito, a posta corrente, con1e se /'ossi in [>a!ern10. 3° Qualunque fossero le nostre infcdeltù rilicni questo principio cli san Francesco di Sales: Chi cade si alzi, e risorga dalla caduta pili un1iliato e con più coraggio, perché lo scoraggia111ento per lo più è ainor proprio, o è n1ancanza cli fidL1cia; l'uno e l'altro dispiace a Dio. 4° Si frtccia lutto senza esa!tan1ento e senza fretta. Dio è ricco nella n1isericordia a coloro che l'invocano sinceran1cnte ed in vcritù. 5° Per coloro che desiderano di ;:unarc Dio tutto cospira in bene anche gli stessi peccati, dice s. Agostino. 6° Levati certi errori cli capo, che sono sciocchezze che quello che si dice pri1na da! Direttore è
r...
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Massùno Naro
Per dare ragione dell'impo1tanza del Turano nel panorama culturale del clero siciliano in età contemporanea e per descriverne almeno per sommi capi il profilo intellettuale, mi pare utile offrire in queste pagine una sintetica disan1ina delle sua produzione accaden1ica e teologico-spirituale. La sua bibliografia, investigata secondo una triplice articolazione - scritti controversistici, teologico-apologetici e teologico-spirituali - testimonia della sua formazione spirituale e della sua 111aturità culturale, dei suoi interessi accaden1ici, dei suoi gusti letterari, delle sue preoccupazioni pastorali, delle prospettive di ricerca e di riflessione da lui progressivan1ente sviluppate, con1c anche della sua capacità di percepire gli stimoli della complessa e controversa temperie storico-culturale in cui visse, del suo modo cli intendere e di vivere lo scontro fra tradizione e 1nodernità, dcl punto di vista da cui guardava ai nuovi fatti e alle nuove idee del suo tempo, del suo tentativo di sintonizzarsi con i propri interlocutori e di partecipare loro la propria proposta spirituale e i I proprio progetto culturale''·
1. Contro il «nzostro a cento teste»: g/; scritti controversistici Tra le opere del Turano una parte non indifferente occupano quelle polemiche". Si tratta di scritti occasionati da pubbliche confc-
l'ispirazione vera di Dio; che le anin1c sono ineglio dirette eia allri che da noi: le ani~ 1nc sono 1ncglio clirelle da chi ha la grazia dcll;:i vocazione; e non bisogna esatninare que!!o che fa il Direttore, 1nassimc sulle ani1ne a te affidate. fo sono il tuo Direttore, sicco1ne io fui il tuo rcc!cnlore, ed io ti scriverò ora da!!a presente tribolazione grandissirna. Sii docile e non ti esaltare. lo riscontrerò le tue lettere per rispondere ai tuoi quesiti l ... ]», lettera del 21.02.1876, in Acsr). 11 I! percorso bibliogn1fico qui proposto cita solo i titoli pili utili alla nostra ricerca. Per un elenco co1npleto delle opere edile cd inedite di Turano, c!ì·. G. BELLOMO, op. cii., 163-166. 12 Distinguo qui gli scritti controversistici da quelli teo!ogico-arologctiei del Turano. È chiaro, tuttavia, che vnle anche per il canonico palcnnilnno quanto è stato osservato riguardo alla teologia fondaincnta!e cattolica in epoca 1nodcrna: in questa, che si caratterizzò presso tutti gli autori per la Sll<l forte vis pole111ica, conrlui~ rono sia la critica agli avversari ''illu1ni11isti'' che allaccavano dal!'"esterno" il cristianesin10 sia la critica alle "eresie inlerne'' protestantiche. Cfr. a proposito G. RUGGJERJ, Per una storia de// 'apologia nel/ 'eeoca 111oderna. 1\!ote bibliografiche e 111etodo!ogiche, in C'ristianesimo nella storia 4 (I 983) 33-58 e lD., L'apologia ca!-
Il palern1ito110 Don1enico Turano vescovo di Agrigento
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renze o da dispute intrattenute con alcuni inissionari valdesi operanti a Palern10 nei prin1i anni sessanta. Sono caratterizzati da uno stile controversistico, che assun1e toni polen1ici, sfì·utta 111etodologican1ente le incoerenze concettuali e le contraddizioni tenninologiche degli interlocutori, e privilegia contenutistica1nente l'aspetto veritativo e dottrinale della fede cristiana a fronte dell'accezione fiduciale che i protestanti le attribuivano. L'i1npegno profuso dal Turano, non senza sincero zelo pastorale, nella difesa della fede cattolica dalle critiche mosse contro di essa dai protestanti e nel tentativo di convertire gli stessi 1nissionari valdesi che venivano in Sicilia, risale ai suoi interventi al parla1nento siciliano del 1848 contro la tolleranza dci culti non cattolici nell'Isola. Turano richiedeva il riconoscin1ento ciel cattolicesin10 con1c religione di Stato, con !'esclusione di ogni altro culto. Con una argon1entazione sin1ile a quella su cui, nei pri1ni anni sessanta, il gesuita Curci avrebbe in1postato la nota distinzione fì·a tesi (co1nc principio condannato in quanto tale) e ipotesi (come tollerabile applicazione del principio alla situazione concreta), il Turano distingueva tra libertà di culto e libertà cli coscienza, rifiutando categorican1ente la prin1a e a111111ettendo, data la te1nperie nioderna, la seconda 13 • Dell'anno seguente è un suo discorso sulla versione italiana della Bibbia tradotta a cura del calvinista Giovanni Diodati, distribuita gratis, con criteri propagandistici, in Sicilia dalle Società Bibliche protcstan-
to/ica ìn epoca 111oderna, in Enciclopedia di teo/ogìa j(H1da111entale, n cura di G. Ruggicri, rvlarictti, (ìenovo l 987. 275-3,18. Lì Cfr. G. BELLOMO, op. cit., 183-191. La libcrtù di coscienza doveva, secondo
il Turano, essere «bene Intesa»: non con1c afTrancmnento clcll'uon10 dal!a legge di Dio, bensì con1e diritto inalienabile che ciascun 1101110 può vantare rispetto a tutti gli altri uon1ini. J\!!a proposln di Turano i parla111enl'1ri preferirono quella di Ugdulena. secondo cui bisognava li1nitarsi a sancire il caltoliccsin10 coine religione cli Stato, scn7:a ulteriori precisnzioni esclusivisliche. Si diede così adito in Sicilin nel un ncogiurisclizio11alis1no disposto apparentemente a garilntire i diritti della Chiesa n1a in realtà teso a cl!JCndcre lo Stato dalle ingerenze ecclesiastiche e a dargli 1nodo di ingerirsi nelle questioni pastorali della Chiesa; d'altra parte. nel 1864. nella proposizione 77 dcl Sillabo, vcrrù a[Tcnnato proprio quanto giù proposto a Palern10 nel [ 848 dal Turano: i! catloliccsi1no con1c unica religione di Slato, con esclusione di ogni nitro culto religioso.
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ti'"· L'intento del Turano non è di rilevarne le inesattezze di traduzione, bensì di sn1aschcrarne la finalità: incoraggiare l'approccio individuale alle Scritture e una personale interpretazione di esse, affrancata dall'autorità della Chiesa cattolica. Per questo egli si preoccupa maggiormente di segnalare allarmato tutta una serie di opuscoli esplicativi intorno alle dottrine rifonnate, che accon1pagnavano la distribuzione della Bibbia dcl Diodati. Uno di questi propugnava il principio del «libero esame» delle Scritture («La lettura e cognizione delle sacre Carte è libera e necessaria a tutti gli uomini sì laici che ecclesiastici»); il Turano parafrasa tale principio così: «[ ... ] la qual teoria significa che si può e si deve legger da tutti la Bibbia, e che senza leggerla non vi è salvezza; o in altri termini: la lettura della Bibbia è la Regola della fede, e il mezzo dell'umana salute>>'\ egli individua in esso «la base della Riforma, il punto centrale, [ ... ] cli discordia tra' Cattolici, e i Protestanti, donde derivano sicco111e per conseguenza tutte le élltre innu1nerevoli»16. Rifacendosi alle argomentazioni sviluppate dal Bossuet (16271704) nella ._)toria llel!e variazioni, egli di111ostra, con vena tipican1ente controvcrsistica, l'infondatezza della dottrina dello «spirito privato», con cui i protestanti giustificavano l'uso del libero esan1e affermando l'assitenza personale dello Spirito santo ad ogni singolo lettore della Bibbia. li Nostro stigmatizza la lettura individuale e privata delle Scritture, che porta al rifiuto del magistero docente della Chiesa e alla sua «infallibile autorità», come anche ad una pluralità scomposta e discorde delle interpretazioni e alla privatizzazione del comune deposito della fede e, conseguente111cnte, al rclativis1110 dog1natico. La volubilità dottrinale dei teologi protestanti è da lui considerata il sintomo più evidente della loro eterodossia. È il libero esame che ha fatto del movi1nento protestante un «!nostro a cento teste», favorendone la con-
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La 13ibbia del Diodati non con1prcndcva i libri dcutero-crinonici, considera-
ti dai protestanti non divinan1cnte ispirali. La sua diffusione aun1entò progressiva111cnle nei decenni posluni!ari e alla fine del secolo era ancora n1otivo di preoccupazione per gli apologisti ca[[o!ici (cfr., per es., G. CINQUEMANI, La Bibbia del J)ìodati. Discorso letto 11ell 'Accade111ia C,attolica Paler111ilana, Tip. Andò, Palcnno i 898). 15 D. TURANO. Sulla !Jibbia del J)iodaN. J)iscorso, Tip. Lao, Palerino 1849, 4. 16 !bid., 7.
ll 11aler111ita110 Do111enico Turano vescovo cli Agrigento
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tinua ed inesorabile fra1n1nentazione in sette e conventicole diverse e contrapposte, dai tempi delle discussioni tra i Padri della Riforma al più recente contrasto tra sociniani e risvegliati. Ma la Riforma è altresì vista co1ne l'inizio di un generale disordine, che disintegra l'antica unità ecclesiale dell'Europa medioevale e investe la sua equilibrata unifonnità confessionale e culturale, insinuando i contrasti ideologici e le lotte politiche negli Stati e alimentando i fermenti scismatici in seno alla Chiesa". Prendendo le niosse da un'ecclesiologia istituzionale, tutta verticistica111ente orientata ad evidenziare il ruolo fondatore del «Cristo soavissi1no Legislatore» e ad identificare gerarcologican1ente la Chiesa col «gran corpo dei Pastori» istituiti tali «onde esser gli interpreti della sua parola, i depositari di tutte le sacre verità che egli ha rivelato al mondo», il Turano confuta il principio del libero esame illustrando, sulla scorta dell'insegnamento petrina di 2 Pt 1,20, la vera regula .fìc!ei stabilita dal Maestro: non la lettura e l'interpretazione privata della Bibbia, bensì «la parola di Dio interpretata dalla Chiesa». Al preteso biblicismo ispirato dei protestanti, egli contrappone l'autorevolezza della predicazione ecclesiale, n1inisterialn1ente esercitata dai legittimi pastori e carismaticamente garantita dallo Spirito del Cristo 18 • Alla distanza di un decennio, Turano ritorna a scrivere sugli argomenti già sviluppati in La Bibbia del Diodati, individuando ancora una volta «il domma fondamentale» della Riforma nel principio del libero esame delle Scritture, della lettura individuale e dell'interpretazione privata della Bibbia e del rifiuto dell'autorità infallibile della «Chiesa insegnante». Questa volta egli stign1atizza con 1naggiorc vis JJO!en1ica il riduzionis1110 sociniano in cui la teologia protestante era scivolata e che, dando credito al razionalis1110 biblico di Strauss, proce-
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Cfr. ibid., 9. 18 Cfr. ihid., 18-19. Così Turano scn1bra recepire. co1ne J'ainico Galeotti, !'incipiente ecclesiologia integrale o globale di .I.A. tv!Ohlcr (1796-1838): !'aspetto istituzionale non è più csclusivrnnentc sopravva!ul<1to e quello c<1risn1atico non più assolutan1cntc svalutato, si ritrova i! giusto rapporto trn il dato da Dio e l'agito dall'uo1no: il dato si riscontra nella Scrittura, cui viene riconosciuta son1n1a in1portanza; l'agito nell<1 Tradi?:ione.
Mossin10 Noro
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deva ad una destoricizzazione delle Scritture, considerate uno dei tanti prodotti della mitologia antica, calla relativizzazione del dogma cristologico, diluendolo nel magma informe del deismo filosofico. La Rifonna aveva - a parere del Turano - la responsabilità storica di aver ridotto la Chiesa d'Europa «ad una torre di Babele», fra1n1nentando e
corrompendo il patrimonio secolare della fede e della morale cristiane19. I toni e gli argomenti privilegiati dal Nostro sono tipici del tempo e anticipano Paccusa cattolica, ufficiahncntc n1ossa dal Vaticano I (Dei Filius: Prologo §§ II-lii), secondo cui la Riforma costituisce l'evento da cui è derivato il «regno della ragione e della natura». Nel 1861, quando a Palern10 si incrernenta la 111issione valdese, il Turano pubblica la sua opera controversistica 111aggiorc, che sarebbe poi stata riedita nei prin1i anni del suo episcopato agrigentino e proposta co111e 111anuale cli teologia polc111ica per gli allievi dei sen1inari 20 • Il Nostro spiega che la Ch icsa docente è da identificare con la gerarchia, quale «pubblico tribunale infallibile)) istituito da Dio «per decidere della divinità dei libri santi e del vero senso della parola di Dìo))' 1. Il proble1na principale rin1ane ancora quello della Tradizione ecclesiale, rifiutata dai valdesi. Turano n1ostra di nutrire una concezione unitaria e globale della divina Rivelazione, la quale si realizza ad un te1npo nelle Scritture come anche nella Tradizione vivente della Chiesa. "Ricevere" è i! verbo attorno a cui ruotano i suoi ragionan1enti: le varie generazioni di cristiani hanno "ricevuto" le Scritture, hanno "ricevuto" !a certezza della loro ispirazione divina e della loro inerranza, hanno "ricevuto" il senso corretto di esse. Al ricevere corrisponde l'azione del "tran1andare'', il cui soggetto è «la Chiesa che Gesù Cristo stesso ha istituito», ossia i! «corpo dci pastori», legittin1i successori degli apostoli, autorizzati a predicare e a discernere le verità di fede: è questa la «Chiesa insegnante», la cui icona neotestan1entaria e
1 '> Cfr. D. TURANO, Sul pro/es/011resi1110 e la conversione di due protestanti, Tip. Lo Bianco. Pa!enno 1859. 2 C1ì·. ID., Il Cattolicis1110 esposto ai Valdesi ov1 ero risposta ad una lettera del signor (~ereghino C7iuseppe d'Andrea proselito del pastore valdese [Appia}, tvlontcs, Girgenti 1874 (l'edizione del 1861 uscì a Palermo presso la Tipografia Lao). 21 cn.. ibid., JI-77.
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Il palern1ita110 DrJ111enico 7'urono vescovo di Agrigento
60 I
modello archetipo è il concilio gerosolimitano descritto in At 15,2228. Gli errori principali dei protestanti sono individuati nel soggetivismo, che piega il messaggio biblico al metro angusto e relativo dell'interpretazione privata delle Scritture, e nel Ietteralismo, che è incapace di cogliere il vero senso e Io spirito autentico della parola di Dio e che storica1nente ha dato adito ali 'insorgere delle eresie 1nodernc. Il libero esa1ne ha avviato la lunga serie di errori dottrinali, n1a anche il generale rilassan1ento 1norale, «una 111aniera cli vivere tutta accon1odata alla propria testa ed a' proprì capricci» 22 • L'orizzonte di fondo da cui affiorano le argomentazioni del Turano è qui quello della teologia polen1ica, sviluppata tutta con l'enfasi della den1onstratio catholica con1c controvcrsistica in difesa degli «enunciati» di fede, piuttosto che con1e riflessione positiva e sisten1atica scaturente dal «111istero» della -fede; in l1(1rticolare era l'ecclesiologia fondan1entale, il cui argo111ento precipuo rin1aneva ancora la via historica, a sostenere la poletnica antivaldese: la Chiesa cattolica è essa stessa, in forza della sua indefettibile santità e ciel suo saldo radicamento nell'ortodossia, criterio necessario e sufficiente della credibilità e della corretta interpretazione delle Scritture. Ciò non impediva, con1unquc, al Turano cli considerare la 'l'radizione ecclesiale da un punto di vista vera111ente teologico, che niente aveva a che spartire con il «traclizionalis1no» antirazionalistieo di altri autori cattolici del tetnpo: per i! Nostro la Tradizione non è un tnero feno1neno sociologico, un se111plice 1neccanis1no religioso di niassa che resiste all'usura del tc1npo e ai passaggi generazionali; essa è piuttosto la risposta fedele che gli uomini danno all'iniziativa di Dio: al dono delle Scritture corrisponde un 'ispirata assunzione di responsabilità nei loro confronti, così da accoglierle umilmente, custodirle fedelmente, interpretarle veridicamente, divulgarle tra i popoli, tramandarle lungo i secoli; la Tradizione, inso1nn1a, insie1ne alle Scritture, è parte integrante di un grande evento storico-salvifico: !a Rivelazione. La Rivelazione è contenuta ad un te1npo nella Scrittura e nella 'f'radizione: si tratta della «stessa parola
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lb1d., 273.
Mass;nio Naro
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di Dio l'una scritta, l'altra tradita»D Pur essendo impastata di storia u1nana, sorge anch)essa, co1ne le Scritture, non dal basso 111a dalla volontà di Dio e per questo gode di un 'autorità superiore che trascende sia il senso co111une sia la ragione individuale. Le argo1nentazioni elaborate dal 'furano se111brano richian1are da vicino quelle della Simbolica (1832) del Mohler. Non soltanto perché l'indice del Cattolicismo ha molte voci in comune con quello dell'ope-
ra del teologo tedesco, ina perché si caratterizza anch'essa co1ne un tipico prodotto della teologia controversistica del sec. XIX. Lo scopo generale delle due opere quasi coincide, poiché entrambe si propongono come il tentativo di fare un scrio e completo confronto fra le dottrine cattoliche e quelle dci 111ovin1enti cristiani dell'universo protestante. La prospettiva in cui si 111uovono gli autori, poi, è ugualinente cristocentrica e incarnazionistica, incentrata, presso il teologo tedesco, attorno a qucll'"idea divina" che costituisce la sostanza della l:Zivelazione realizzata progressivan1ente lungo la storia de!ln salvezza e cul1ninata in Cristo e nella sua Chiesa vivente nella storia; qualcosa di niolto sin1ile a quell'«idea n1essianica» di cui il canonico palerinitano scriverà più volte nei suoi testi di teologia apologetica.
2. Dei «cristiano filoso/o»: la teologiu apologetica L,a riflessione apologetica sviluppata dal 1\1rano se1nbra essere più serena di quella controversistica. Non solo perché è scevra dei ton i polen1ici che avevano caratterizzato le sue dispute con i valdesi, 111a anche perché è affidata alla stampe negli anni del suo episcopato, e dunque nel periodo della sua piena 111aturità. Le argon1entazioni sviluppate, sostanziate da costanti riferimenti biblici, vertono sempre sul rapporto tra il cristianesin10 e le varie istanze della n1odernità scientifica e filosofica. Può aiutare a con1prendcre l'atteggia111ento con cui il Turano elabora questa parte della sua produzione la sua pri1na lettera pastorale,
:u lbid., 206.
Il paler1nitano DonJ.enico Turano vescovo di Agrigento
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scritta in occasione della riapertura del sernmano agrigentino (18 settembre 1872), presso il quale il nuovo vescovo voleva avviare un istituto scolastico aperto, oltre che agli allievi interni, anche al resto della gioventù scolare della città. L'intento era di arginare la secolarizzazione dell'insegnamento scolastico pubblico, promosso dal nuovo Stato unitario. li Turano proponeva un progetto pedagogico e culturale dall'an1pio respiro "u111anistico" e "cristiano" insie1ne, dotato di notevoli potenzialità formative che, se realizzate, sarebbero risultate di grande utilità alla società civile agrigentina. Si trattava di una pri1na reazione alla secolarizzazione delle istituzioni avviata anche in Sicilia dal processo di unificazione nazionale 2.i. Una reazione che potre111n10 giudicare sufficienten1ente te111pestiva, se pensia1110 che altrove si rì1nasc ancor di più e più lungan1ente ne!Pinerzia della sorpresa. Una re-
2 ~ In seguito, nella sua relazione ((ad !i1nina» dc[ I 878, il vescovo Turano descrisse n1olto bene la secolarizzazione elle stava avvenendo <lnche nell'entroterra siciliano. Egli distingueva lra piccoli centri rurali isol<lti nella campagna e grandi cilt<ldine collegate 1ncdiantc ICrrovia str<lc!c battute dotate di porti e scali n1aritli111i che facilitavano il cornn1crcio. Nei priini registrava che ((intcgritas ridei, puritas vitae, et bonitas 111on1111 est generalis et prav<lc quae observanlur cxceptiones deteslai1tur ab on1nibus». Nelle seconde, trafricatc spesso da forestieri arrivati per co1nn1erciarvi. distingueva i diversi celi: i «rudes» conservavano «pietalen1 ac bonos n1ores», <1nchc se rnolti dì loro, occupali nel lavoro, non frequentavano rego!annente i sacran1cnti; i giovani studenti, c soprattutto gli adolescenti che frequentavano le scuole pubbliche statali, avevano sn1arrito il senso della pietù, ed erano esposti agli seai1doli che ricevevano dai con1pagni e talvolta dai nlaestri; i civili di entran1bi i sessi, ((Saecularibus ncgotiis irnplicatil>, n1ostravano una pratica indi1Terenz<l religiosa. Infine il Turano collegava la secolarizzazione delle strutture statali e la laicizzazione della legislazione con la caduta di tono dell'atlcggian1enlo religioso dci celi sociali e degli individui, specie quelli impegnati in attivitù an11ninistrativo-govcrnativc. Cfr. [D. TURANOJ, Relatio Status l)ioeceseos Agrigentina ( 15.07. 1878), /)e octavo Relationis capite ad j)Op11h1111 pel'tinente; in Archivum Sec1·ct11111 Apostolicu111 Vatican11n1: Sacra Congregazione del Concilio, Relazioni «od lin1ino», !8 B lAgrigentin.I, [ 806r-896v. È da ricordare qui qurn1to i! Turano giù osservava quando ancorn insegnava a Palcrn10: (d buoni di questo secolo c!istralli con1e sono dalle cure della fauniglia e dalla societò non hanno né te1npo né voglia di atlendere alle cose dello spirito. n1ancano d'istru7.ione religiosa [... J, Dio è per loro un Dio ignoto, dico 1ncglio, un Dio estraneo, un Dio con cui si ha poca o nulla confidenz<l [... l. Tutla la loro rei igione dalla superficie del cuore è arriv<lta alle labbra, 1nol!c preghiere o poche vocali, viaggi, voti, abitudini e costu1n<lnzc religiose. La Religione non ha penctroto il loro cuore, non s'è i111111ec!csi1nata colle !oro viscere [... ]» (L '1101110 nuovo in Gesù (~risto e il suo alimento giornaliero, Il, Tip. Lao, Palenno 1867, 77).
Massilno Naro
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azione inoltre intellettualinente i111pcgnata, in quanto, sintonizzandosi con il filantropismo illuministico, il Turano - che del resto mostrava simpatia per i I tentativo giobertiano, rappresentato dalla Introduzione alla Filosofia (1840), di armonizzare la scienza con la fede, la filosofia con la religione 25 - riconosceva proprio al fronte culturale un'i1nportanza strategica in vista della restaurazione cristiana della società. Una reazione, infine, che, con la forza della sua propositìvità, dimostrava il piglio non della semplice difesa ma del contrattacco. In definitiva Turano cercava di an1111ortizzarc l'in1patto con la n1odernità che, irrompendo al seguito delle lotte armate, risultava urtante e in-
tollerante verso la cultura cristiana - ancora radicata ad una visione del n1ondo pre-111odcrna - piuttosto che sti1nolante e invitante al confronto. Coerente al suo progra1111na, il vescovo Turano conservava anche in seguito questo stile dialogante, affidando la sua proposta apologetica, pri111a ancora che alla nianualistica scolastica, a generi letterari 111aggiorn1ente divulgativi. In un discorso letto pubblican1ente durante la visita pastorale condotta nel 1874 nel comune di Naro, Turano dibatte il rapporto tra fede e religione da una parte e ragione e filosofia dall'altra. Le prime paragonate a Mosè, tipo del credente che accoglie la H..ivelazione dall'alto; le seconde paragonate a Seneca, tipo dcl saggio che tenta di carpire i segreti del sapere. L'intento del Turano è di far risaltare, in polen1ica con gli «pseudo-filosofi» razionalisti e naturalisti, la dignità della -fede e la sua con1plen1entarietà con la ragione, anche se col susseguirsi delle argo1nentazioni e111erge indiscussa la priorità della fede rispetto alla ragione e persino l'esclusiva sufficienza della prima nell'esperienza religiosa del credente. Per l'uomo cli fede le verità rivelate, che sono i niisteri della religione cristiana, sono vere e divine in virtù dcl semplice fatto di averne ricevuto dall'alto «la sem-
25
Cfì·. Lettera pastorale di J\Ionsignor 1). J)omenico Turano vescovo di Girgenti al popolo ed ai pri11ci11ali della s11a Diocesi per !'apertura del Sen1i11ario, Montcs, Girgenti l 872, 7.
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plice not1z1a». La fede, inson1n1a, è essa stessa 111otivo necessario e sufficiente di credibilità. Essa basta a giustificare se stessa26 . Turano parte dalla considerazione biblica della fede, descritta in Eb 11, 1 come «fondamento delle cose che si sperano e prova delle cose che non si vedono», completandola con la definizione filosofica datane da 1'0111n1aso d'Aquino quale «assenso con cui si aderisce alla verità». Nelle sue argo1nentazioni la fede è rico111presa non più soltanto in contrapposizione alla ragione 1na anche in riferi1nento alla Rivelazione: Rivelazione e fede sono tennini spesso accostati e ricondotti l'uno all'altro, sicché il duplice aspetto attivo e passivo della Rivelazione - Dio che rivela, l'uomo che crede - è attribuito anche alla fede intesa nella sua valenza teologale e antropologica. In questa prospettiva il vescovo, cercando di evitare il tecnicismo del linguaggio scolastico, illustra ai suoi lettori la composizione del! 'atto di fede. Questo costituisce l'articolata risultante di un incontro concertato, quasi sinergico, tra Dio rivelante e l'intelletto dell'uomo che aderisce alle verità soprannaturali e dà il suo assenso a quanto gli viene rivelato. La natura di tale assenso non viene ulterionnente precisata. Turano si lin1ita a sottolineare il ruolo importante che nell'atto di fede gioca anche il magistero della Chiesa, il quale «dichiara infallibilmente» le verità rivelate e altrettanto "infallibiln1cnte'~ ne "fissa il senso". Ma l~urano ribadisce anche che il credere da parte de!l'uo1no, con1e pure il rivelare da parte di Dio, ri111angono soprattutto dei processi interpersonali, in cui i due fattori interessati entrano in una reciproca relazione. L'atto di fede, del resto, rimane dipendente da Dio e non dall'uomo. Se è vero che è l'uomo il soggetto credente, nella misura in cui dà il proprio assenso alle verità rivelate, è 1naggionnente vero che anche la sua risposta di fede è da considerare secondo l'ordine della grazia divina, poiché è «la luce supernaturalc» concessa all'uon10 «dalla bontà di Dio» che «eleva l'intelletto del credente per credere» e lo mette «in tale disposizione da rinunziare a tutte le conoscenze della ragione per attaccarsi
26 C/'r. D. TUR1\NO, ()me!ia sui 111/s/eri de/la jède cafto!icu e le loro ar111011ie, Montes, Girgcnti 1874, IO.
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tenacemente alle verità della fede». Inoltre l'atto di fede rende l'uomo stesso dipendente dall'autorità di Dio rivelante, esige il «sagrificio alla ragione» e «sottomette l'intelletto umano all'ossequio della fede». Ma ciò che più è degno di apprezzamento è il fatto che Turano percepisce la p01iata gnoseologica della fede: anch'essa è infatti una sorta di conoscenza certa e veridica che, pur non essendo critica co111e lo sono invece il sapere filosofico e quello scientifico, riposa su una speciale «evidenza» e su una «intuizione ipennetafisica e supernaturale» senza per questo ripudiare «la certezza razionale e metafisica della ragione»n L'istanza filosofica e quella religiosa si incontrano nell'atto di fede. La certezza razionale viene supposta e confennata dall'evidenza soprannaturale. Ma in che cosa consistono le conoscenze della fede? Di certo secondo il Nostro - in quei 1nisteri soprannaturali che senza la Rivelazione la ragione non avrebbe mai potuto scoprire eia sola. Anche il concetto cli mistero è inteso da Turano - alla maniera di M.J. Scheeben ( 1835-1887), che nel 1865 aveva pubblicato il suo J misleri del cristianesùno - in senso veritativo e dottrinale, con1e ciò che ri1nane oltre il visibile, il conoscibile e il dimostrabile. li mistero è considerato prevalenten1ente con1e l'arcano insondabile, quasi un 111argine ineliminabile di resistenza alle capacità intellettive e speculative dell'uomo, il vasto dominio del sopra-razionale in cui tutte le verità che riguardano l'uon10 e la sua esistenza, anche quelle naturali, scoperte e do1ninate dalla ragione, conservano una imprevedibile enigmaticità rispetto alla conoscenza un1ana. Ciò vale ancor più per le verità soprannaturali, quelle rivelate da Dio in Cristo, di fronte alle quali la ragione estingue ogni pretesa gnoseologica e cede il passo alla fede. Del resto il disvela1nento dei 111isteri religiosi, riguardanti l)io e il suo rapporto con l'uon10, ha lo scopo non tanto di far conoscere la natura divina, che peraltro ri111ane in1perscrutabile, bensì cli convincere gli uo1nini proprio dell'incomprensibilità di questa e cli «umiliare l'orgoglio» della ragione un1ana. li 1nistero, dunque, pur essendo rivelato rin1ane incoin-
17
Cfr. ibid., 6-7.
Il paler111ita110 Do1nenico T'urano vescovo di Agrigento
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prensibile e la Rivelazione svela e al contempo nasconde la misteriosa realtà di Dio 28 • Il n1istero soprannaturale ri111ane ciò che non si può investigare. E tuttavia rappresenta il fondamento veritativo a partire dal quale il «filosofo cristiano» può argo1nentarc l'intera visione cristiana del mondo e della storia29 • Trattazione teologico-fondamentale risulta essere un'altra opera del Turano in quattro volumi, che si caratterizza come una lettura corsiva dei vangeli"'· Il brano evangelico viene studiato, secondo il metodo allegorico e tropologico dei Padri, nella verità di fede che annuncia e nelle sue i111plicazioni 111orali. Argo111ento principale il "1niracolo", che «è la prova della dottrina» e «contiene la dottrina 1nedesin1a5> 31 • Secondo il Nostro, il susseguirsi dei 1niracoli durante la vita terrena di Gesli è pa1ie integrante della Rivelazione, poiché anche da ciascun 111iracolo e dal loro insieme si ricavano le verità dottrinali e morali del cristianesi1110. Il 111iracolo, dunque, non è solo argo111ento apologetico («prova della dottrina»), ma anche una particolare articolazione della Rivelazione cu!Jninata in Cristo, espressione privilegiata del suo n1istero. I 1niracoli accreditano l'identità divina di Gesù in quanto illustrano visibilmente ai credenti la natura profonda del suo insegnamento e del suo operato. Per questo dalla corretta interpretazione di essi si può ricavare una vera e propria «profonda teologia don1111atica», intesa come comprensione sapienziale del mistero di Dio, che permette di intravedere oltre il velo della narrazione letteraria la realtà misterica: «La narrazione del miracolo è come la scorza, che contiene dentro il frutto. La lettera, o il racconto storico de' miracoli di Gesù Cristo è
28
Cfr. ibid., 8-9. 29 Cfr. ibid., 13: Turano sceglie uppunto co1nc suo intcrloculorc i! <<cristiano filosofo)), il cui con1pito è indicato dal Nostro - sirnilrncntc alla I quaestio della .S11111111a Theologi"ae di snn To1nn1cL-;o - nel dover 11dedurrc verità supernaturali dalla rivelazione dei n1isteri e dci don11ni, cmne gcon1etra fa nelle verità esatte, derivando corollarì dagli assio1nill. Cfr. D. TURANO, La Si111bolico o la S"'posizione dei 111iracoli di Gesù C'risto secondo la ji!de e secondo la morale, lvlontcs, Ciirgcnti 1875-1878. ~ 1 Cfr. ihid., l, 5.
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co1ne que' vasi di creta, ne' quali era occultata la fia111111a; rotta la creta che è la lettera, comparisce la luce del senso spirituale»J2. I vangeli vengono allora riletti alla luce del «simbolismo», che non rin1ane 1nero espediente esegetico 111a assu111e anzi la dignità di una teologia ermeneutica incentrata sull'«ldea» cristologica che, a parere del Turano, pervade l'intera Scrittura: «Or tutto l'esteriore sublime delle Sacre Scritture forma l'abito prezioso di Gesù Cristo, che è nascosto con gran n1agnificenza sotto quei veli ricchissì1ni; 111a senza vedervi Gesù Cristo, che è il fine di quella pompa estetica, e che vi è occultato, tutto quell'apparato è un apparato inutile e senza scopo»-'-'. Grande fortuna ebbe il suo manuale di archeologia biblica e di introduzione alla Scrittura, frutto della decennale docenza all'Università di Palermo e adottato in vari seminari dell'Isola''· Le lezioni di mcheologia biblica fungono da corredo informativo previo all'esegesi vera e propria: esse forniscono notizie degli avvenimenti storici, dell'ambiente, della cultura e dci costumi degli antichi Israeliti, onde «fare un confronto co' luoghi [scritturistici] difficili ed oscuri per chiarirli». Ma allo scopo storico-esegetico si aggiunge anche e soprattutto il fine teologico: «Rinvenire l'idea precipua anzi dominante ne' fili della storia sacra», ossia provare l'unità della storia della salvezza in forza del suo centro e vertice che è Cristo. Tale "idea" infatti non si riduce ad una 1nera teoria, ad una sen1plice dottrina astratta. Essa è piuttosto un fatto unico ed irrepetibile, ma tanto importante da in1porsi universahnentc, sì da diventare l'evento centrale verso cui la storia dell'antico popolo di Dio si orientava sin dal suo inizio, e da cui ha preso origine la storia della Chiesa popolo nuovo. Si tratta della vicenda u111ana di Cristo Gesli integrahnente considerata, dalPincarnazionc del Verbo al consu1narsi della Pasqua, nella sua portata 111essiani-
~2
lbid., 7.
.U
fbfd, 9 .
.i.t Cfr. D. 'J\Jl{ANO. Lezioni archeologico-bibliche, ovvero !11trod11zio11e allo studio delle Scritture, Tip. Lao, Palermo 1864, riedito durante l'episcopato co! titolo Filoso_fia della storia sacra e notizie archeologiche bibliche, !Vlarielti, Torino 1880. Il 1nanuale fu tradotto in francese e recensito positiva111ente su La (~ivi/là (~at10/ica 31 (1880) 579 e 1881, V serie 11, 98.
Il JJa/ern1ita110 Don1enico Turano vescovo lli Agrigento
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ca. L'«idea dcl Messia» - anticipata in Ada1no, preannunciata dai profeti e prefigurata negli avveni1nenti della storia d'Israele - etnerge quale messaggio centrale delle Scritture, rilette tutte sulla scorta della tipologia biblica: I' AT, nel suo complesso e in ogni suo brano, inteso come prefigurazione dell'evento finale, come annuncio che attende compimento; e il NT, compendiato tutto nella persona del Verbo incarnato e nei suoi 1nisteri, considerato con1e la realizzazione perfetta e definitiva delle antiche speranze. Se da una parte l'archeologia biblica, cui è rivendicata la dignità di "scienza", viene esplicitan1ente proposta quale "chiave 1naestra" per studiare e capire la Bibbia in qualità di docun1ento storico e letterario, d'altra parte !"'idea del Messia'' viene proposta in1plicita1nente co1ne chiave enneneutica - "chiave di David" - n1ediante cui con1prendere il senso cristologico e cristocentrico del messaggio biblico. I fatti della storia israelitica, riferiti al Cristo e interpretati alla luce de!i'«idea» 1ncssianica, non solo vengono storicamente valutati - nella loro singolarità e nel loro provvidenziale avvicendarsi - come premesse degli eventi accaduti al tempo e nella persona di Gesù, 1na anche e soprattutto teologica1nente co1npresi - nel loro organico insie1ne - co1ne pron1essa del Cristo. L'approccio squisitamente teologico allo studio biblico, insieme ad un atteggiamento sinceran1ente religioso, era pole1nica1nente contrapposto all'esegesi razionalistica protestante rappresentata da Strauss e al "1nitis1no" francese di Renan, che, negando l'ispirazione divina della Bibbia e relativizzandone il valore storico, finivano per "n1ano1nettere le Scritture"_ì5. Se nelle opere dedicate alla controversia contro i valdesi il Turano aveva din1ostrato - confonne1nente alla tendenza assunta dagli studi biblici in epoca postridentina - 1naggiore interesse per l'enneneutica ("il senso" autentico dei libri sacri decifrato con autorità infallibile dalla "Chiesa insegnante") e per il canone (l'autenticità biblica dei libri deutero-canonici), ora invece - n1isurandosi con i proble1ni critici sollevati dalla n1oderna "questione biblica" - preferisce insistere
-'5 Cfr. D. TURANO, Lezioni archeologico-bibliche ... , cil., 8-13.
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sull'origine e sull'autorità divina dei libri sacri pur senza seguire lo schema classico del trattato sull'ispirazione. Egli, piuttosto, evitando di disquisire in astratto sulla natura dell'atto ispirativo, si impegna in alcune osservazioni archeologiche, filologiche, critico-testuali e anche esegetiche che permettono di inquadrare le Scritture e il loro messaggio in un orizzonte storico-salvifico, in cui vige la Pron1essa della salvezza e il suo provvidenziale avverarsi. La fonte positiva delle sue ricerche è la Bibbia (nella versione latina della Vulgata canonizzata da
Trento e nella versione ebraica da lui stesso debita1nente sottoposta a critica testuale), studiata non solo come documento archeologico presso cui rinvenire, 111ediante il 1netodo storico, le tradizioni dell'antico Israele, ma anche e soprattutto come testo sacro che contiene e annuncia la Rivelazione di Dio e co111e tale da investigare con atteggia1nento religioso e 1nctodo teologico-' 6.
3. la «1neta1no1:fosi ciel bruco in f'cnjàlla»: il n1agistero /eolo gico-spiri t uale Si è già rilevato l'influsso che certan1entc il Turano esercitò su alcune personalità spirituali del secondo Ottocento siciliano. La sua migliore produzione rimane, infatti, quella teologico-spirituale, nella quale espone siste111atican1ente quella che definiva la sua «teologia interiore per capire ed ajutare le anin1c»·17 • Gli scritti che appartengono a questa terza articolazione della sua bibliografia sono numerosi. Tra essi spicca, però, un'opera fondan1entale, che si può reputare quasi una sorta di «sun11na» del suo n1agistcro teologico-spirituale; L 'uon10 nuo-
vo in Gesù c:rtsto:rn.
6 " La «fìlosol'ia della storia sacra», co1nc titola In seconda edizione del 1nanua!e, è del resto !'«idea» 1ncssianica stessa. L'argon1entazione di Turano, inso1n1na, prescindeva da intenti filosofici, preferendo insistere 1naggionnenle sull'aspetto teologico dci ten1i biblici trattati. ·17 Cfr. !a lettera scritta dal vescovo Turano a! Cusn1ano il 23.01.1873, in ACSP. -'X Esistono tre edizioni di quest'opera: L '1101110 1111ovo in Gesù (~risi o e il suo ali1ne11to cotidiano, 3 voi!., Stan1p. Gaudiano, Palcnno 1854-55; L '1101110 nuovo in Ciesù Cristo e il suo ali111ento giornaliero, 2 voli., Tip. Lao, Palenno 1865 e 1867;
Il palermitano Domenico Turano vescovo di Agrigento
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Consiste in una raccolta di meditazioni devote quotidianamente proposte - per l'intero arco dell'anno - ai lettori desiderosi di inoltrarsi lungo i sentieri della vita spirituale. Si tratta di riflessioni dotate di solidità dottrinale ma non per questo complesse o eccessivamente articolate, il cui pregio più evidente è la brevità, scritte «alla leggiadra», 1na non superficialn1ente, estetica111ente curate e rese godibili con frequenti citazioni letterarie, in cui l'autore si prefigge di trasmettere quanto personalmente appreso alla scuola dello Spirito e nell'esercizio del suo ministero di guida spirituale. Il Turano vi compie una ben precisa opzione pedagogica: il suo intento non è di fornire un prontuario di "precetti per facilitare in 111odo schen1atico e razionale il profitto del lettore - come di solito avviene per le "materie catechistiche", bensì di «parlare al cuore e allettare le anime alla pratica della virtù e della perfezione». Del resto la scelta pedagogica corrisponde alla "natura" del suo scopo, che è introdurre al "ca1nn1ino della perfezione". Secondo il Turano - che qui tradisce toni antigiansenisti - «correr la via dello spirito» non significa procedere lungo una prefissata "via di 111etodo" ed estenuarsi in una rigorosa quanto stancante ascesi, fidando solo nella propria buona volontà e nei propri meriti di fronte a Dio. Nell'«economia della vita spirituale» non si può progredire «con sin11netria e per nietodo», bensì «alla buona e alla sen1plice», senza per questo abbandonarsi all'improvvisazione e al quietismo. Una tale «econon1ia», intàtti, non si riduce ad «un piano ideato dagli uon1ini», la cui buona riuscita dipende «dai nostri propri sforzi». Essa è piuttosto «l'cco1101nia dell'arcana sapienza di Dio e della n1ultifor111e sua grazia, che opera tutto in tutti secondo gl'in1perscrutabili suoi consigli». La vita spirituale, cioè, ha per protagonista non tanto e non solo l'uomo, quanto anche e soprattutto lo «Spirito buono di Dio», nel quale occorre riporre ogni speranza. La vita spirituale non si riduce a1l1in1pegno personale che il cristiano vive per co!inare in sé e da sé la 1
',
L '1101110 111/0VO in Gesù C'risfo e il SI/O ali111ento giornaliero, 2 voi!., rvtonles, Girgcnti 1875. Qui seguo la seconda edizione. A!tri scritti spirituali sono Senti111enti per la C'om1111ione, Starnp. Mcli, Palcnno 1854; Le glorie di Gesù Cristo nella sua passione, Tip. Gaudiano, Palcnno 1856; La nuova creazione ovvero la parola che 11011 tutti capiscono portata nei focolari do1nestici, Tip. Lao, Palcrino 1868.
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misura della perfezione. Essa, cioè, non è solo la vita dello spirito del cristiano, ma è anche c soprattutto la vita dello Spirito santo, che irrompe - mistericamente - nel cuore del credente e che lo inserisce misticamente - nel cuore di Dio. In questo senso il vero protagonista della vita spirituale è lo Spirito di Dio, mentre il cristiano rimane un ca-interprete di tale processo. Si tratta di riconoscere a Dio il primato assoluto nell'esistenza del credente: da Lui proviene la vita nuova che Cristo gli ha guadagnato con la sua Pasqua, da Lui procede lo Spirito di Vita che lo santifica, è Lui che prende l'iniziativa di chiamarlo e condurlo alla perfozione. Lo sforzo del perfezionamento interiore è attribuibile all'uomo solo perché questi accetta di compierlo insie111e con Dio, 1na in realtà è Dio stesso che lo sostiene con la sua grazia. È dunque lo Spirito santo che anin1a in ciascun cristiano la vita spirituale, la quale, in tale prospettiva "pneun1atica", si caratterizza co1ne vita dello Spirito in noi e, allo stesso tempo, co111e vita nello Spirito: è lo Spirito santo che «darà J'avvian1ento» all'itinerario della perfezione, ragion per cui è necessario che le ani1ne in can1rnino «si lascino ire all'iinpeto dello Spirito che le 1ncna con la sua rapina, e le conduce a sua posta»-w. Il metodo di esposizione preferito dal Turano è quello parabolico, secondo lo stile evangelico, 111ediante cui risulta facile trarre dal 111ondo naturale in cui gli uon1ini vivono fisican1entc i paragoni atti a descrivere e spiegare i 1neccanis1ni e i fenon1eni tipici della loro vita spirituale. Tra questi l'im111agine si111bolica che sintetizza meglio e con notevole in1pa1to suggestivo l'intera trattazione è quella del "bruco,, che diventa "farfalla"40 • Secondo il Turano, il processo di perfezionamento del cristiano consiste tutto nella «trasformazione dell'uomo vecchio nell'Adamo novello» 41 • I\.icon1prendendo l'antropologia biblica in chiave cristocentrica, egli propone una vera e propria dottrina teologico-spirituale,
_w Cfr. 0. TURANO, L '1101110 nuovo in Gesù ('risto ... , cit., I, 213-16. f: questa la n1ctafora pili ricorrente nelle pagine de! Turano, 1na non l'unica. Sull'uso delle inetafore nella letteratura n1istic<1 e teologico-spirituale cfr. rvl. BALDJNI, li linguaggio dei mistici, Queriniana, Brescia 1986, 115-47. 41 D. TURANO, l '1101110 nuovo in Gesù ('risto ... , cii., l, 5. 40
Il palern1ita110 Do111e11ico Turano vescovo cli Agrigento
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che presenta non pochi tratti di originalità. Sebbene essa sia sostenuta dal contributo di vari spirituali, il Nostro riesce a elaborare una sintesi personale fondata precipuamente sulla visione paolina dell'uomo salvato e rigenerato a vita nuova nella tnisura in cui viene reso solidale alla vicenda del Cristo crocifisso e risorto. li Turano, pur indulgendo un po' troppo al gusto della citazione, riesce a ricavare da una nutrita serie di autori spirituali e di figure esemplari per santità la sintesi dottrinale sulla cui scorta introduce i suoi lettori a1P«econo1nia della vita spirituale». Egli, distendendo lo sguardo sull'intera storia della spiritualità cristiana, collega fra di loro nun1erosi ca111pioni della santità, vissuti in epoche diverse e spesso lontnne le une dalle altre. Alle icone bibliche, in cui illustra l'esempio dei primi «martiri» dell'amore di Dio co111e Giobbe o Maria di Magdala, affianca la tcsti111011ianza dei pri111i martiri cristiani. Alla familiarità con i Padri della Chiesa, primo fra tutti Agostino d'Jppona, accompagna la dimestichezza con gli spirituali medievali, come Bernardo di Chiaravalle. Agli autori della «devotio 111oderna», con1e Gersone e Ton1111aso da l(e111pis, avvicina quelli dell'epoca tridentina, come Filippo Neri e Maria Maddalena de' Pazzi, preferendo "partico[annente" l'I111itazione di C'r1~s·fo e gli scritti di Teresa d'Avila. Ma soprattutto si rifà costante1ncnte, con una precisione che tradisce studio assiduo e 1netodico, alla dottrina di uno dei n1assin1i esponenti della spiritualità 1noderna postridentina: Francesco di Sales (1567- I 622) viene riconosciuto "modello perfetto" di santità e «gran n1aestro della vita spirituale>r12 • Affinità di1nostra anche con il gesuita Jean Pierre de Caussade (I 675-1751 ), che nella sua opera maggiore, Abbandono alla Provvidenza clivina, che per decenni era circolata 111anoscritta sino alla sua prin1a edizione stan1pata francese del 1861, aveva già illustrato la 1netafora cara anche al Turano del bruco che di-
42 lbid., 15. Turano n1ostra di conoscere bene Lune le opere di Francesco di S<lles. Non è escluso che egli nbbia n1utuato proprio dal Sales il gusto per le 1netaf'orc. 11 vescovo ginevrino aveva già lraltato la rigenerazione dell\101110 vecchio 11e!l'uo1no nuovo, usando i1111nagini con1e la fCnice, che risorge dalle proprie ceneri, e dei «bachi da sel<l [che] si lrasf"orrnano in vcrn1i e da vern1i in farfalle» (ctì-. Teotilno, VI!, 6).
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venia farfalla''- Da evidenziare anche l'influsso di uno spirituale che potre1111110 definire "di provincia": si tratta del palennitano venerabile Ignazio Capizzi (I 708-1783), i cui «santi proponimenti» il Turano cita lettera!Jnente44 . L'esaltazione dell'atnorc di Dio, l'adorazione della «santa Umanità» del Cristo, l'adesione umile e obbediente alla sovrana volontà divina, l'offerta di sé e /'anelito al 1nartirio, la verginità per il Regno intesa con1e son11110 valore, lo zelo per la salvezza delle anime, l'impegno assiduo e discreto, quasi feriale, nel percorrere le vie della perfezione rappresentano i punti comuni che Turano individua e compone, col collante della sua cultura biblico-teologica e letteraria, quali tessere di quell'unico 111osaico che illustra la "divina econo1nia" della vita spirituale e della "1netan1orfosi" cristiana dell'uo1no. Questa «stupenda e divina trasformazione, che attende da Dio ciascun fedele in Gesù Cristo», è paragonata alla «bella e graziosa 111eta1norfosi del bruco in farfalla»" 5. L'uon10 «vecchio e corrotto, l'antico peccatore, l'Adamo ribelle che vive in noi» assomiglia proprio ad un bruco strisciante, costretto dal peso della colpa a scegliere la terra con1e proprio orizzonte pern1anentc, angusta 111isura della propria realizzazione. Ma con1e il bruco è destinato, in forza di una i1nprescindibile legge evolutiva intrinseca alla sua stessa natura, a 111utarsi in farfalla, così pure l'uomo peccatore è destinato dall'amore di Dio a trasfonnarsi in uo1no nuovo. lJna tale trasfor111azione, tuttavia, è graduale e implica un processo di purificazione e di mortificazione. Affinché l'uon10 nuovo si sostituisca a quello vecchio, bisogna che questo passi attraverso il crogiuolo della 111orte, sin1iln1ente al bruco che prima di diventare «farfalla gloriosa e bella» si isola nel bozzolo, ovvero
4-' Cfr. .l.P. DE CAUSSADE, Abbandono alla Provvidenza divina, 1\strolabio. Roina 1951, 103-104. Sulla "pnternitù" caussadiann dello scritto c per una sintesi n1gionata dei suoi contenuti cfr. A. RASPANTI, La vocazione pro_(elica in ((L'Abbandono alla provvidenza divinaN. Appunti per una rijlessione teologica, in Ho 1heo/6gos 15 ( 1997) 233-264. ·I-! Cfr. D. TURANO, l '1101110 n1101 0 in (7es/Ì (~risto .. ., cii., li, 265-266; i «santi propo11in1cnti)) dcl Cnpizzi riecheggiavano nc!le pagine dcl Turano i! 1nodello della santità settecentesca (darsi !a disciplina, operare n1in1co!i, fascino tau111aturgico, zelo infuocato contro il peccato, sensibilità per i poveri, pcrl'ezionc delle virtù). ~ 5 io .. L '1101110 nuovo in Gesù C'risto .. ., cii.. L 3. 1
Il palerniitano DonJ.enico Turano vescovo cli Agrigento
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in «quella specie di sepolcro, ov'era nello stato di crisalide))"'. Occorre che l'uon10 «n1uoia realn1ente a sé», «che sia separato l'uon10 da se stesso, e che lo Adamo corrotto sia reso proprio un cadavere per essere rianimato dallo spirito dell'Adamo novello» 47 • La morte richiesta a chi anela alla perfezione è l'«tnniltà», intesa non co111c setnplice atteggia1nento psicologico, 111a con1e itinerario di purificazione che conduce alla scoperta di se stessi, dei propri difetti e del proprio <mulla)) di fronte a Dio. Su questo «nulla)) viene innalzato dalla sapienza divina «il nuovo edificio dell'uomo spirituale)). In tal modo viene scardinata «ogni base all'an1or proprio», «che è co111e il centro di tutti i n1ali» 48 . Non si tratta, dunque, di un processo meramente fisico come per il bruco. La trasfonnazione dell'uon10 interessa, infatti, la di111ensione spirituale e il «bozzolo)) in cui essa matura è costituito dalla pasqua dcl Cristo, sacran1ental111ente significata dal battesi in o: si tratta di un 1n istica "esinanizione", in cui gli uon1ini, «abbracciati al Crocifisso», ne condividono prin1a la kenosi e poi la glorificazione49 , si liberano dal retaggio della colpa ada1nitica e si rivestono della giustizia divina. Si tratta, inoltre, di una trasfonnazionc eristica, poiché l'«Adan10 novello», l'"Uo1110 Nuovo" con cui i credenti vengono resi solidali, è Gesù Cristo; in tal senso la vita spirituale· è il vivere con Cristo, di Cristo, in Cristo: è «una vita nascosta con Gesli Cristo in Dio», ed è Cristo che viene «forn1ato in noi», nlentre noi stessi «gli sia1110 incorporati come innesti nuovi, e introdotti per l'efficacia della grazia nell'albero, ond'egli è la radice» 50 ; l'uo1110 che si trasforn1a è «crocifisso con Gesù Cristo, e [... ] aspetta soltanto di esser conglorificato con lui» 51 . Si tratta, infine, di una conversione radicale ed integrale, interiore ed esteriore, che tocca tutto l'uon10, nel suo stile di vita pubblica nla anche nel suo inti1no pili segreto, nella sua di111cnsione etica con1c pure in quella religiosa, nella sua condizione ad un te1npo in1111ancnte e trascendente
'
16
47 48 " 5
9
Jbid, 4. !bici., 6-7. ID .. L '11on10 nuovo
in
Gesù Cristo .. , cit..
Il,
7-8.
crr. 1b1d. J.
°Cfr. Io., L
51 ID.,/,
nuovo in Gesù ('risto .... cil.. I. 7- ! O. nuovo in CìeslÌ Cri:1·to ... , cit., Il. l 91.
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alla storia, nello spirito ora ed altresì nella carne alla fine dei tempi 52 . Nelle meditazioni per l'ultimo trimestre viene illustrato un fenomeno di tipo mistico, simile a quello che gli spirituali del XVI sec. definivano «notte oscura» delJlani111a. Il Nostro si rivolge a coloro che si sono onnai addentrati nei sentieri della vita spirituale e stanno già sperimentando la beatitudine derivante dalla familiarità con Dio, mentre l'immagine del Cristo Uomo Nuovo sta emergendo con nitidezza dalle profondità del loro cuore rigenerato. È proprio in questa nuova condizione spirituale che può sopraggiungere la prova supre1na che, 111 utando la consolazione in desolazione, «rende nojoso anche Dio» sino al punto che «il cuore arriva a sentirne urto, ad averne avversione» 5 -':
l'ani111a rinnovata, che pur è e ri1nane fedele a Dio, «non vede pili la sua fedeltà» e la compagnia del Signore, prima quasi palpabile, sembrerà svanire «di quando in quando», 1nentre tutte le precedenti consolazioni spirituali, «l'usata sua luce» e persino «gli antichi caris1ni» cesseranno, lasciando adito alle «tenebre» e alla «crassitudine oscura» di un te1npo. La tristezza che invade l'ani111a così provata è pari a quella speri111entata da Gcsl1 durante la passione e l'agonia. L'inquietudine, il dubbio, l'aridità e il disgusto di Dio si avvicendano nell'animo di chi subisce la prova, sino a trascinarlo sull'orlo della disperazione. Unica possibilità di uscire dal buio della «notte», rimane «il perfetto abbandono nella bontà di Dio, e nelle braccia di Gesù Crocifisso», P«acquicscenza assoluta nella sua volontà» 5-1• È questo il te1npo in cui il credente deve coronare il suo «1nartirio» d'a1nore, di1nostrando la sua incondizionata «sotto111issione» all'irnperscrutabile volere divino «eziandio nelle notti», con la fiduciosa certezza che, pur nel suo «silenzio», Dio è ancora vicino a lui: Deus absconclitus che si rivela al credente sub conlrcn~ffs (o anche: sub contrarietatibus) 55 .
52
Cfr. ibid., 6- 7 e 11. lbid.' 233. 5 ~ !bid., 189-190. «L'abbnndono i11so111rnn si riduce a sofìì·ire la proprin debolezza cd in1potcnza, a lasciar fhre a Dio senza potersi rendere lestiinonianza che si lascia fare»; «Ebbene, l'abbandono perfetto arriva fino ad abbandon<lre l'abbandono n1edesin10». 55 Cfr. ibid. 241. 5
-'
li paler111ita110 Do1ne11.ico Turano vescovo di Agrigento
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Da questa sintesi la modernità della dottrina spirituale proposta dal Turano e111crge più volte. Il tratto da evidenziare n1aggiorn1entc è che il Nostro, nonostante i toni spesso parenet1c1, non insiste nell'esortare a praticare l'eroismo dell'ascesi né a scalare le vette della conte1nplazione. Egli, convinto che la santità consiste «nell'accon1odare la nostra volontà alla volontà di Dio sen1pre e in tutto» 5 <' piuttosto che «nel fervore, e nella divozione sensibile» 57 , non si rivolge solo ai privilegiati che conten1plano il 111istero di Dio faccia a faccia, né suggerisce pie pratiche o discipline corporali da svolgere scrupolosa111cnte. Preferisce piuttosto iniziare i suoi lettori ad una spiritualità sen1plice n1a solida, che "giorna!Jnente" va 1naturando una fa111iliarità sen1pre più intin1a col Signore, sino ad una sorta di "naufragio" clell'uo1110 «nel n1are infinito della 111isericordia» divina 58 . La ferialità è la caratteristica precipua della spiritualità proposta da Turano: il credente si in1pegna in una sequela dal ritina forse lento n1a certa111ente costante, durante la quale egli va diventando cristiforn1e. Più che di una i1nitazione del Cristo, si tratta cli una intin1a e discreta con1unione con Lui al 1nodo dei discepoli di E111111aus, un procedere insien1e con Lui, un tennarsi con Lui, «conferendo e ragionando di tutto» con Lui, facendo di Lui la propria ragione di vita, il proprio «alimento coticliano». In questo 111odo Cristo Gesù diventa «il Dio f3111iliare ed intìn10» dcl credente, il Dio delle sue "inclinazioni" e "sin1patie", che viene a dimorare nel profondo dcl cuore". Una tale spiritualità è fatta cli quotidiane rinunzie allo «spirito del 111ondo» e alle «passioni della carne e dcl sangue» co111e pure di incessanti «con1battin1enti spirituali» contro i! "den1011io" e le sue "lusinghe". Si risulta vincitori con la "preghiera" costante e con la pratica frequente dei sacra1nenti, specie della con1unione eucaristica, e soprattutto in forza di un u1nile abbandono alla volontà di Dio e ai ineriti del Crocifisso. Non che l'uon10 anelante alla perfezione non debba lottare con le proprie forze, con «volontà 111-
:;r, In., L '1101110 1111ovo in Gesù ('risto ... cii., I, 266. 57 ID., f, 'uomo nuovo in CeslÌ Cristo .. , cit., Il. 295. 58
crr. 1b1d., 74.
59
Cfi·. ibid, 136-137.
Massilno Naro
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don1ita» e «insistenza tenace»; la vita cristiana, infatti, "1nilizia", che vanta anch'essa i suoi «n1artiri occulti», e alla perfezione è una «chia111ata alla guerra» 60 . Tuttavia il ve sempre ricordare che la realizzazione della sua santità
è una ardua la vocazione cristiano dedipende solo
dall'iniziativa di Dio, ragion per cui la sua «lotta»
e la sua
«perseveranza» consisteranno nel 111antenersi «pazienten1ente» fedele alla volontà divina, nelle piccole e nelle grandi cose d'ogni giorno, e rin1anere «abbracciati al Crocifisso» condividendone i pati111enti, piuttosto che confidare nella propria capacità di resistenza al male. ln questo senso nella vita spirituale tornano più efficaci la "docilità" alle mozioni dello Spirito e !'"ubbidienza" alle direttive della guida spirituale, piuttosto che il proprio "talento" e «la tremenda attività di spirito» in cui si esaurisce chi presun1e cli diventare santo «col sudore della fronte». Il Turano ripensa, con sensibilità verarncnte "1noderna", i te1ni propri della spiritualità postridentina alla luce della teologia e confrontandosi con i problemi teorici e pratici suscitati dalle nuove filosofie di 1natrice illu1ninistica. Saggio en1blen1atico di questa sua capacità può essere considerata una sua 1neditazione sulla verginità cristiana: egli non si li111ita ad esortare i lettori ad esercitare la virtù, che fu già di tanti 1na1iiri e confessori, 111a ne spiega la dignità teologica e il valore antropologico. La verginità, infatti, non «è cosa contraria alla ragion di natura». Piuttosto essa asseconda la natura u111ana in quel suo intrinseco anelito a trascendere se stessa, permettendole di elevarsi dalla dimensione meramente sensibile a quella spirituale. li predominio della potenza sensitiva su quelle intellettiva e volitiva concentra Pani1no un1ano su se stesso, quasi fosse l'«ulti111a 1neta di ogni suo 1novi1nento», e lo incastra nelle pastoie del "sensisn10" teorico e dell'"egois1110" pratico, facendogli individuare nel proprio piacere sensuale e nel disordine irrazionale dei valori «il vero che dee appagare il suo intelletto, co111e il bene che dee n1uovere la sua volontà». La verginità, in-
°
6 Cfr. lo., L '1101110 nuovo in Gesù C~ristn .... cii., I, 281-281 e 290. Riecheggia-
no qui gli inscgna1nenti cli Lorenzo Scupo!i e dcl suo Co111balfi111e11to spirituale (posluino, de! 161 O).
Il polerrn.itano Dontenico Turano vescovo di Agr;gento
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vece, la quale, pri1na ancora che una condizione fisica, è la spirituale facoltà - donata da Dio e ricevuta dal credente - «di ricevere le impressioni del subli111e», sottrae l'uo1110 alla «signoria dei sensi» e lo proietta oltre se stesso verso la misura perfetta della sua felicità, che è Dio so1n1no Vero e so1111110 Bene61 . Anche della tradizionale riflessione sui novissimi, tipica dell'o1niletica controrifonnistica, non en1ergono tracce nelle pagine del Turano: le realtà escatologiche sono pensate dal Nostro non semplicen1ente con1e gli eventi ulti111i che attendono il cristiano al varco della morte biologica, rimandati alla fine della sua vicenda terrena, ma con1e realtà speri1nentabili già nel te111po e nello spazio storici: la niorte è, per un verso, il rin1anere schiavi del peccato e delle sue conseguenze e, per altro verso, è il passaggio obbligato che il credente deve attraversare per riprodurre in sé il mistero pasquale dcl Cristo e rinascere alla vita nuova; il giudizio di Dio si co111pie per ciascuno già sulla Croce, nella misura in cui si è solidali al mistero del Crocifisso, e si risolve nella condanna del peccato e nella redenzione del peccatore convertito; l'inferno si soffì·e già in terra allorché si conduce una vita inautentica, secondo «lo spirito del nlondo» 62 ; il paradiso costituisce, 111entre ancora vivia1110 nel inondo, il vero ed unico orizzonte verso cui l'uon10 anela per vocazione, per «conoscere ed a111are Dio»: «questa vita non c'è stata data per altro, né fare1110 altro in tutta l'eternità»6.l. Il senso del peccato u111ano, che pure riinane forte nelle nieditazioni de! Turano, non prostra l1ani1na sulla considerazione della propria indegnità 111a incre1nenta anzi la capacità di percepire l'onnipotenza della 111isericordia divina6 ·1•
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Cfr. ibid., 111-113. r, 2 «Non è vero che i! n1ondo e gli uo1nini che ne h<lnno lo spirito andranno all'inl'crno n1a sono giù ne!!'infcrno. I !anno le stesse tenebre, lo stesso disordine. la stessa schiavitù del!'inrerno, lo stesso vern1e elle li rode inlerionncntc; l'unica dif!Crenza è che nell'inJCrno è fissalo i! grado della schiavitù, e qui cresce ogni n1on1enlo, co1ne cresce il disordine)) (In., L '1101110 nuovo in Gesù Cristo ... , cii., IL 73). 6 -' ID., L '1101110 nuovo in (7es!Ì C'risto .... cii., 1, 248. r,--1- crr. ibid., 248-251.
Massùno Naro
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Anche la di111ensione della penitenza, che tanta parte aveva nel vissuto spirituale della controrifonna, viene rico111presa dal Nostro in un'ottica 1nistica più che ascetica. Egli infatti preferisce porre l'enfasi più che sulla croce, si111bolo dell'in1pegno ascetico del cristiano, sulla persona del Crocifisso, vero ed unico protagonista dcl singolare sacrificio che ha 1neritato la salvezza agli uon1ini. I! credente, quindi, offre l'oblazione di se stesso non tanto mediante la penitenza corporale, quanto con la disponibilità interiore a compatire col Crocifisso, a ri111anere spiritual111ente «abbracciato» a lui, per partecipare di quel supren10 sacrificio6\ Ciò che viene offerto al Signore sono non soltanto le pene fisiche, n1a anche e soprattutto le «contrarietà» n1orali e spirituali, quali il senti111ento della propria reale indegnità e «pusil!ani111ità», l'incapacità a resistere alle «voglie cieche de!Parbitrio e dcl senso», la contrizione per il proprio peccato, !'apparente lontananza di Dio. J_,o spazio della penitenza, dunque, diventa l'inti111ità spirituale con «l'J\n1or crocifisso», e coincide con la capacità di "diffidare" dei propri ineriti e di "confidare" in quelli del Crocifisso, «vivere della sua vita» e «n1orirc al 111ondo»M'. Ma il tenia più ricorrente è quello dell'an1ore: non c'è pagina dcl 'rurano in cui non risalti il prìn1ato assoluto clell'a111ore di Dio su tutto e su tutti. L'esistenza dell'uon10, la sua storia di peccato e di redenzione, il processo della sua «111etan1orfizzazione» spirituale, dipendono dall'amore di Dio; su tutto si afferma il potere dell'amore divino e su tutti si estende il suo do111inio. La stessa capacità dell'uo1110 di a111are a sua volta è dovuta eslusivan1ente alla «legge nuova» de!l'an1ore che Dio inscrive «col suo dito» nel cuore del giustor'7 • E già durante la sua vicenda terrena l'uon10 speri111enta l'inferno o il paradiso nella n1isura in cui si lascia conquistare dalla carità di Dio e gode dcl suo an1ore. Vissuta nel segno dell'an1ore di Dio, la vita cristiana si caratterizza con1e una sorta di 111istica dell 1a1nore, discreta e feriale, che in quanto tale è alla portata di tutti. Una 111istica veran1entc cristiana, in-
65
Ctì·. ID., L '110/ilo nuovo in (7eslÌ Cristo .. , cit., I, 611-65; e JL LIS-50. Cfr. ID .. L '110/ilo nuovo in Gesù Cristo .. , cil., Il, 336-338. <' 7 crr. ibid, 241.
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IL pa!errnitono Don1e11;co Turano vescovo di Agrigento
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tesa come riproduzione del Verbo incarnato nel cuore del credente da pa1ie di Dio, per la potenza dello Spirito santo operante nei sacramenti. J_,a 1nistica cristiana, infatti, rin1anda sì al 111istero, 1na al 1nistero cristiano così con1e lo si intende sin dai tcn1pi neotesta111entari, secondo la lezione di san Paolo, cioè que!l'«ldea» n1essianica - già incontrata altrove negli scritti di Turano - per secoli rin1asta nascosta nel seno del Padre, n1a che poi si è 1nanifestata agli uon1ini in Cristo Gesù e Che tra gli uon1ini continua a realizzarsi per !a potenza dello Spirito santo. In questo orizzonte biblico e sacran1entale, il 111istero non è più considerato con1e !'«arcano» invisibile, inconoscibile e inaccessibile, bensì come la realtà di Dio-Amore, che si è fatta manifesta ed accessibile in Cristo Gesù. In tal senso la n1istica diventa alla portata dell'uon10, di ciascun uon10, già al 111on1ento del battesin10, che inserisce il cristiano nel n1ìstero di Dio, facendolo «sacra111entaln1ente» 111orire insie111e a Cristo e risorgere insien1e con l_,ui 68 • Del resto la «perfezione» di cui il l'urano scrive con insistenza è appunto la santità cristiana, che non rin1anc appannaggio di pochi eletti, proprio perché essa non è conquista personale, bensi dono gratuito di Dio. La tensione alla santità viene svincolata dalle antiche ipoteche elitarie, che ne tacevano lo stato di vita esclusivo di chierici e religiosi, e diventa la possibilità reale e l'aspirazione con1une di «ogni sorta di persone, di ogni sesso, di ogni età, di ogni stato». Essa, più che il diriito di alcuni, è il dovere di lutti i battezzati, «non è a!tri1nenti un consiglio per pochi, n1a è un precetto generale intin1ato a tutti gli uotnini», poiché «tutti sono chian1ati per varie vie e per diverse 1nisure alla sorte de' Santi» 69 •
68 La teologia della restaurazione clcll'uon10 in Cristo è ciò che qualifica n1aggiorn1cnte il n1agistcro spirituale del Turano. nvvicinandolo ai livelli cli nutori 1110derni di pri111a grandezza. Come già notato, nelle pagine ciel Nostro riecheggiano, anche se non esplicita111cntc citate, le dottrine teologico-spirituali de! Sales, dcl Causs;1dc e persino - n n1io parere ~ la teologia «devotal) dell'incarnazione elaborata dal curdinalc Picrrc de Bérulle (1575-1629). Sulla dottrina bérullina cfr. G. MOIOIJ, Teologia della devozione hér11!!ia11a al Verbo J11c(lr11atn (Excerpta ex disserta/ione ad la11rea111), Puo, Varese 1964. 69 Cfi·. D. TURANO. L '11011Jo nuovo in Gesù Cristo ... , cil., I, 14-15.
II. IL DOMENICANO VINCENZO GIUSEPPE LOMBARDO FLAVIA FERRETD""
lntrocluzione Il panorama culturale cattolico della Sicilia di fine Ottocento presenta una ricca teoria di figure emblematiche, ancora non pienamente note, tra le quali padre Vincenzo Giuseppe Lombardo dei pp. domenicani'. Egli è tra i religiosi zelanti che, superato il momento d'incertezza seguito alla soppressione degli ordini religiosi (legge eversiva n. 3096 del 7 luglio 1866), si diedero alla ricostituzione dci loro ordini tornando inoltre a dedicarsi all'apostolato. Per di più il Lombardo fu sensibile alla crisi provocata dall'unificazione nazionale in seno alla Chiesa: la questione ron1ana gli i1npose puntuali riflessioni intorno al rapporto Chiesa e Stato. La questione sociale lo indusse a maturare lentan1ente una nuova coscienza politica e sociale di cui sono segni le nu1nerosc attività: predicazione, pubblicazioni, direzione del giornale Il Sole del mezwgiorno. Rilevante fu anche il suo impulso allo sviluppo del nuovo congregazionismo religioso femminile dal caris1na spiccata1nente 1nissionario2.
Docente cli Storia del!a Chiesa nell'lslituto di Scienze Religiose stino di Acireale. 1 F.
Sant'1-\go~
Ivi. STABILE, voce Ln111bardo \li11ce11zn Giuseppe, in J)izionario storico del Movhnento cattolico ù1 Italia, 111/1, Marietti, Casale Monferrato 1984, 476-477; F. TIRENlJ!, Nei solenni funerali del P. Af.o Fr. Vincenzo G. Lo111bardo de' Predicatori, Tip. Ed. XX Secolo, Acireale l 9 l O; Il P. Lo111bardo, Tip. Ed. XX Secolo, Acireale 1910; M. CONIGLIONE, La provincia do111e11ica11a di Sicilia, Tip. P. Slrano, Catania 1937, 497-499. 2 G. Z!TO, Clero e religiosi 11el/'evol11zJ011e della società siciliana, in La C'hiesu di Sicilia dal Vaticano I al Vaticano Il, a cura cli F. Florcs cl'Arcais, I, Sciascia, Caltanissetta-Ronu1 1994, 223-343; ID., La cura pastorale a Cotania negli anni de/l'episcopato IJus111et (1867-1894), Galatea, Acireale 1987, 291-293; M. T. FALZONE, Presenza sociale degli istituti religiosi, in Chiesa e società urbana in Sicilia, Galatea, Acireale 1990, 243-285.
Il domenicano Vincenza Giuseppe Lombardo
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I. Ricostituzione dell'ordine e rifiuto dell'episcopato Leone XITI apprezzò le doti oratorie di Lombardo tanto da proporgli l'istituzione di Conferenze alla Minerva, ma egli rifiutò adducendo di non poter lasciare iI proprio ordine. Inviato dal generale Larroca nella provincia domenicana di Sicilia si adoperò tenacemente per la sua ricostituzione, pritna a Randazzo e poi ad Acireale, dove fu ospite del vescovo Gerlando Maria Genuardi presso l'episcopio'. Ad Acireale riuscì a fondare il convento di San Rocco, di cui fu priore, grazie alla generosità di molti atnici laici 4 . Con l'apporto della sua opera rinacquero i conventi di Paler1no e di Catania; fondò anche la residenza di Licodia Eubea e il convento di Palazzolo Acreide. Nel 1896 morì il p. Di Maggio, rettore del San Domenico di Palermo, e il Lombardo accettò di succedergli. Grazie all'appassionato impegno del Lombardo il maestro generale Giacinto Cormier nel 1906 poteva dichiarare canonican1entc ricostituita la provincia siciliana dell'ordine istituendo lo stesso Lo1nbardo suo pri1no provinciale. Forte personalità spirituale il Lombardo si adoperò insieme a p. Timoteo Longo per far nascere nuove famiglie religiose derivate dal grande tronco della tradizione domenicana. Infatti, egli fu direttore spirituale di Antonia Lalia, prima superiora del collegio di Maria a Misilmeri (Palermo) di regola domenicana, poi fondatrice delle suore don1enicane di San Sisto Vecchio a Ron1a5 • Impegnato con infaticabile attività a fare della comunità acese il vivaio della presenza do1nenicana in Sicilia, Lombardo rifiutò decisamente l'episcopato. Per ben due volte il domenicano fu proposto all'episcopato: la prima volta nel 1883 dal vescovo di Nolo Giovanni
] G. NlCASTRO, Le "relationes ad !i111i11a" del prin10 l'escovo di Acireu/e, in Me111oric e Rendiconti dell'Acc{fde111ia Scienze Lettere e Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale serie !Il, v. V, 197, 212, 233. 4 Per le vicende relative al convento di Acireale vedi: V. RAC!Tl ROMEO, Acirea. le e dintorni, Tip. Orario delle Ferrovie, Acireale 1927, 185-187; A. BARILAHO, I do111e11ica11i in Acireale, in A1en1orie do111e11ica11e 3 (1969) 199-227; M. CONIGLIONE, LL1 provi11ch1 do111e11ica11a, cit. 5 C. NARO, Per 1111u storia della spiritualità in Sicilia in etù conte111poru11ea, in Lu Chiesa di Sicilia dal \latica110 ! ... , cit., 483-547: 506-507.
Flavia F erreto
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Blandini con1e eventuale successore di Giuseppe Maria Paparclo nella diocesi di Monreale; la seconda volta nel I 888 per succedere a Giuseppe Maria Maragioglio nella diocesi di Patti. Ma i due tentativi finirono nel nulla per vari motivi. Nel I 895, un anno dopo la morte di Giuseppe Benedetto Dusmet a Catania, l'Uditore dcl papa inviò il biglietto di nomina al Lombardo che rispose con una lunga lettera del 26 gennaio: presentava la sua rinunzia all'episcopato accusando se stesso di essere spirito tormentato da scrupoli, incertezze e ansie tali da i1npedirgli nel dubbio l'an1n1inistrazione cli alcuni sacran1enti. E suggellò le sue dichiarazioni con un giura1nento. Tanto bastò: venne nominato Giuseppe Francica Nava, e il Lon1bardo rese grazie a Dio. F\1 segnalato ancora una volta nel 1895 da Giovanni Guttadauro, vescovo di Caltanissetta, co1ne possibile successore del vescovo cli Trapani, 111a l'Uditore dovette disattendere la proposta ricordando la vicenda catanese. Questa, in ogni caso, non si era chiusa perché Francic;:1 Nava continuava a ri1nanere all'estero, con1c nunzio apostolico a Madrid, pur avendo preso possesso della diocesi. Pertanto Mariano Palenno, catanese e vescovo di Piazza Ar111erina, chiese, tra1nile il card. Ran1polla, che il papa nominasse il Lombardo successore di Dusmet, suggerendo che l'accettazione gli venisse richiesta in virlù del precetto di obbedienza. Ma neppure per obbedienza si riuscì a convincerlo: la lucida consapevolezza dei propri limiti, il prof'ondo rispetto per la dignità episcopale e il carattere scrupoloso fino all'estremo non gli consentivano la serena accettazione di una tale inco1nbenza<'.
2. L'hnpegno intellettuale e il 111inistero tiella predicazione Esemplare esposizione delle convinzioni ciel Lombardo intorno ai rapporti tra Stato e Chiesa è la sua opera: La separazione tfel/o ~)'toto
6 G. ZITO,
L'episcopato 11rb(l110 della Sicilia, in Chiesa e società urbana in Sicilia, cit., 82-94; ID., Un e111ble111arico religioso di Sicilia: il do111e11ica110 \!i11ce11zo Giuseppe Lon1bardo. Lo r{fo11daz.io11e del conl'ento di Acireale e il r(f!1110 a/f'episcopato, in "Serino Sapientiae". Scritti in 111e111oria di Reginaldo Co111barcri O.P., Galatcn, Acireale 1990, 207-222; ID., La c111·a pastorale, cit., 291-293.
Il domenicano Vincenza Giuseppe Lombardo
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dalla Chiesa 7• Nella presentazione dell'edizione 1908 il Lombardo spiega di volere rinnovare l'impianto delle precedenti edizioni alla luce del l'enciclica lmnwrtale Dei di Leone xm, pubblicata nel l 885. Egli illustra i problemi che intende affrontare e i relativi metodi per realizzare un'opera che si prefiggeva lo scopo di liberare la verità dai sofismi dei liberali, e impedire al lettore di cadere negli errori dei moderni. Nell'esposizione dell'enciclica si preoccupa di difenderla dalle critiche liberali e di trarne i principi alla cui luce elaborare una logica e chiara trattazione di diritto pubblico ecclesiastico. Il tenia centrale, cioè la separazione, era sostenuto non solo dai liberali razionalisti 1na anche dai cattolici liberali. Ebbene, a costoro, per il Lombardo, Leone XIII aveva risposto din1ostrando !'origine divina dcl potere: la società civile è lo stato naturale dell'uomo; poiché egli è creatura di Dio, dunque anche la società è stabilita da Dio; gli uomini non creano l'autorità perché questa discende da Dio. Separare lo Stato dalla Chiesa equivale ad a1111nettere uno Stato ateo e colpevole di «lesa società civile». Il potere politico è supre1no e indipendente nel raggiungi111ento dei fini che gli sono propri, 1na è subordinato alla Chiesa perché que.sta persegue il fine supremo dell'uomo che è la felicità eterna. Pertanto: la teoria della Chiesa subordinata allo Stato è falsa; l'autorità laica non può governare contro le leggi della Chiesa, 111a perfeziona la propria autono1nia quando tutela la fede cristiana e i diritti della Chiesa; il potere spirituale può e deve intervenire sull'autorità temporale corrotta; il ron1ano pontefice ha diritto all'indipendenza assoluta e suprema nell'esercizio del potere ecclesiastico, non limitabile né dal placet né dall'e.requatur; tale indipendenza, secondo il Lombardo, si concretizza nello Stato pontificio, che non può essere sottratto al papa. L'origine divina ciel potere civile salva ogni potere e la libertà dell'uomo che, sottomesso solo a Dio, deve resistere alle leggi ingiu-
7 V. (/. LOMBA!<DO, LL1 separaz.io11e dello Stato dalla Chiesa. Discussioni, Tipogn1fia Pontificia, Pnlcnno 1908. L'opera co1nparve nel 1888 cd ebbe quattro edizio~1i, delle quali l'ulti111a è del 1908. È divisa in ventidue obiezioni di parte liberale con re!alive articolale risposte di parte cattolica, e due appendici; nella quarta edizione riporta pure i! testo dei Giudizi di alcuni periodici cattolici tra i quali l'Osservatore Ro111ano e La Civiltà Cattolica.
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ste: dunque la dottrina del patto sociale di Rousseau è falsa. La separazione della Chiesa dallo Stato non può giustificarsi col pretesto che lo Stato deve garantire tutte le religioni poiché, con1e tra le opinioni, così tra le religioni una è vera e le altre sono false. Evidentemente il Lombardo, in sintonia con la cultura ecclesiastica del tempo, ammette che solo la fede cristiana insegni la verilà che ci salva; ne consegue che le altre religioni siano condannate da Cristo stesso. Che cosa sia poi la verità e come si distingua dalla falsità è il problema dei liberali, non certo dei cattolici. Ciò dimostra che: i cosiddetti progressi scientifici sono inutili; che la libertà di pensiero non esiste, né dinnanzi alle cose, che sono indipendenti da noi, né nei giudizi logici la cui verità sla nella corrispondenza alle cose stesse: Ar/aequatio inte/lectus cutn re intelfecto (s. To1n1naso); né essa può consistere nel compiere il male morale perché ci è donata da Dio ccl è ordinata al bene ultimo; infine, è indispensabile il magistero della Chiesa di Roma, fedele custode della rivelazione e perciò infallibile. Poiché dovere dello Stato per Lombardo è "conoscere, amare e servire Dio", esso non può giudicare in tribunale i 111en1bri del clero cattolico, né può legiferare in materie miste. li Lombardo legittima il concordato figurandolo giuridicamente con1c concessione, indulto o privilegio che il potere ecclesiastico conferisce al politico, pertanto revocabile solo dal pontefice e non anche dalla controparte, come accadrebbe se si trattasse di contratto sinallagmatico. Questa visione dei rapporti fra Stato e Chiesa, che riflette un 1nodo di reagire alla condizione storica1nente irrevocabile della società italiana propria del cattolicesimo intransigente ancora a fine Ottocento, è possibile riscontrarla in un'altra opera del Lo1nbardo: Confèrenze religiose e sociali, pubblicate in due volumi a Palermo nel 1904". L'opera, redatta secondo i canoni classici dell'eloquenza, tratta argomenti scelti per la predicazione che, spiega il Lombardo nella prolusione, consiste nell'annunziare convenientemente la Parola di Dio secondo la Scrittura e la Tradizione confanne all'insegnamento della
8 Io., Crni/érenze religiose e sociali, 2 voli., Scuola Tip. Boccone del Povero, Palern10 1904.
Il dome11ica110 Vincenza Giuseppe Lombardo
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Chiesa, e poiché la Verità è bella tale deve essere anche la predica. Inoltre, nel tempo in cui la Chiesa è spogliata di tutto, la parola della predicazione rimane l'ultimo baluardo di difesa della sua missione. Alcune conferenze riguardano temi prettamente religiosi, altre invece affrontano direttamente questioni spmose della diatriba socioreligiosa: "l'indifferenza in materia di religione'', "la Chiesa e la patria", "il inondo 1noderno'', "il cattolicismo liberale", "la Chiesa e lo Stato'', "il libero pensatore", "s. Giuseppe e la deinocrazia cristiana". Dal trattato e dalle conferenze appare chiaro che sia attraverso l'impegno intellettuale sia attraverso il ministero della predicazione, pur all'inizio del nuovo secolo, il Lombardo persegue un fine "sociale" e restauratore, eco anacronistico di polemiche ottocentesche. Un maggiore influ"o in ambito ecclesiastico è, però, da attribuire certamente alle Co1((ere11ze le quali, proprio per la loro finalità, costituivano un supporto abituale alla predicazione e f'onnavano, di conseguenza, una particolare visione della società, della Chiesa e della vita cristiana tra i fedeli.
3. Direzione de "Il Sole del n1ezzogior110" Lo1nbardo non Ji1nitò la propria attività all'ambito stretta1nente religioso ed ecclesiastico; impegnò le proprie energie anche nel contesto dell'azione sociale svolta dal cattolicesimo siciliano. Dal III congresso cattolico regionale dell'Opera dei congressi (1897) fu designato a presiedere la commissione che doveva elaborare il profilo del giornale li Sole tlel n1ezzogiorno. In Sicilia la stampa cattolica di fine Ottocento esprimeva per lo più i fermenti culturali e l'intransigentismo dell'Opera dei congressi, ferma su posizioni di difesa dallo Stato liberale e dalla sua propaganda. La porzione più sensibile del mondo cattolico siciliano era, poi, agitata al suo interno dalla dialettica fra fede e impegno aperto verso la realtà sociale, quasi esclusivan1ente rurale, nella din1ensione di una carità non di rado inficiata di paternalis1no. Tale in1pegno si traduceva in 1nolteplici "azioni" mancanti però di categorie culturali unitarie e isolate dal contesto nazionale. La filosofia
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Flavia Ferreto
neoscolastica, ristabilita dall'enciclica Aetern; Patris, poteva fornire le direttrici utili a lali fini, n1a essa con1inciò ad essere divulgata sull'Isola solo verso la fine dell'Ottocento. Ne fu portavoce il mensile tomista La Favilla, fondato a Palermo nel marzo 1890. Nello stesso periodo l'attenzione dei cattolici si orientava sernprc più verso la questione sociale, nell'Isola venuta alla ribalta con i fasci siciliani e affrontata dalla Rerum Novarum 9 • Dal 1895 al 1897 furono celebrati in Sicilia ben tre congressi dell'Opera. Essa n1ancava però di un organo informativo, sicché il terzo congresso, celebrato in Acireale, auspicò la nascita di un grande quotidiano il cui obiettivo fosse unificare interessi della Chiesa, della patria e dei coinuni isolaniw. II giornale ebbe il no1ne li Sole del n1ezzogior110 e la sede a Palern10 11 • Da Napoli fu chia1nato Francesco Parlati alla direzione: scelta in linea con il taglio meridionalista del quotidiano. Gli fu affiancato quale vice direttore Vincenzo Mangano, den1ocratico cristiano e uomo cli punta del cattolicesin10 sociale siciliano". Il primo numero de Il Sole uscì a Palermo il 28 gennaio 190 I con un ccliloriale del direttore che ne presentava le grandi linee progran1n1atiche ispiratrici: giornale indipenclenle da qualsiasi partito politico; giornale di coloro che vedono la soluzione del problema sociale nel rinvigorimento dello spirito religioso; giornale impegnato a difendere principalmente gli interessi della Sicilia. A conclusione il direttore auspicava che il quotidiano collaborasse con la Provvidenza a ristabilire l 'annoni a tra le classi soci al i e a porre fine al dissidio lra Stato e Chiesan. Il giornale risultò moderno nel taglio e ricco di rubriche cli ogni genere, anche n1ondane. Vi scrissero giornalisti filo den1ocristiani
9 G. DI FAZIO, Sf{/111/HI caflolica e reoltà 11rbo110 in Sicilia, Ìll Chiesa e società 11rbona in S'icilia, cit., 309-323. 10 Alli del fil congresso cattolico regionale siculo tenutosi in Acireale nei giorni 8, 9, 10 e 11 agosto 1897, Tipogrnfia Pontificia, Palcnno 1897, 15-17, 40-
43, 123-124. IJ A. SINDONI, Un.frullo tardi\!o del/'(Jpero dei congressi in Sicilia: "li Sole del 111ezzogiorno" ( 1901-1903), in Rìl'isra di Studi srrlernifarni I ( 1969) 229-259. 12 G. Dr F1\ZIO, Sta1117H1 cattolico, cit. Su questo personaggio si veda in pnrtico!are: C. Mocr-fl, Vi11ce11zo /11a11ga110 e il 1110Fi111e11to ca!lolico palennifono ( J 8841905 ), AVE, Roma 1989. 13 li Sole del 111ezzogior110, 28 gennnio 1901.
Il domenicano Vincenzo Giuseppe Lombardo
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e intransigenti impenitenti, e molti corrispondenti dall'estero. Dunque, grazie all'opera Jel Lombardo e della sua commissione il risultato superava la prospettiva del congresso di Acireale. Tuttavia, già nel giugno 1901, V. Mangano lasciò la vice direzione cli un giornale che si rivelava "ibrido frutto di varie correnti in seno all'Opera" e andò a dirigere L'Unione, espres.sione dell'unione cattolica del lavoro in Sicilia. Inoltre il giornale accentuava sen1pre più la difesa degli interessi 1nunicipali, n1entre inaspriva le critiche allo Stato liberale secondo i canoni della consunta retorica intransigente. Iniziò allora il tra1nonto cli questo "frutto tardivo dell'Opera dci congressi"; Il sole fu abbandonato da 1nons. Gcnuardi e da Parlati 1-1; l'ultin10 nun1ero del 12 aprile pasqua 1903 conclude con un malinconico addio al pubblico''·
Conclusione Il Lombardo è un rei igioso zelante nella ricostruzione ciel suo ordine. Perché? Sicuran1cnte egli è guidato eia n1otivazioni cli ordine religioso, n1a è anche consapevole dcl peso "politico" della presenza religiosa in Italia in un periodo in cui la tensione tra Stato e Chiesa raggiunge 11 vertice. Dunque, il suo zelo ha un risvolto inevitabile e ponderato sul piano sociale. Lombardo è cattolico del suo tempo, predicatore apologista, in1pegnato ad un ten1po nell'azione pastorale e sociale. La sua fon11azione culturale e le "azioni" sociali riflettono i modelli ecclesiologici e apologetici tipici dell'intransigenza di fine Ottocento. La questione roinana è al centro delle sue preoccupazioni pastorali e intellettuali, con1e testin1oniano i suoi scritti. Ad essa attribuisce la responsabilità del n1alessere che investe tutto il n1ondo cattolico perché costringe a rivedere i paradign1i ciel rapporto Chiesasocietà. Ancora, essa è la n10Jla che fa sviluppare una cultura cattolica
S!NDONJ, Un fr11!!0, cit. Ln collaborazione del Lon1barclo nl giornale, se si prescinde dall'influsso esercitato sulla sua linea editoriale, è quasi nulla. Srogliando le pagine de Il Sole del 111ez.z.ogior110 di suo trovia1110 solo brevi poesie. l-1-
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A.
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Flavia Ferreto
agguerrita nei confronti dello Stato liberale ma capace, al contempo, di un in1pegno sociale prin1a sconosciuto.
Lombardo
si 1nuove
nell'area di questa cultura intransigente dalla quale attinge le risorse intellettuali per uscire dal mondo chiuso del chiostro e scendere sul terreno di un i1npegno sociale vivo e n1ultiforme accanto al laicato: lutto ciò lo rende figura nuova di cattolico e di religioso.
III. IL CATANESE CARMELO SCALIA GIUSEPPE DI FAZJG'
1. Francica Nava e Mercier L'arrivo di Carmelo Scalia' all'Istituto Superiore di Pilosofia dell'Università cattolica di Lovanio risale all'autunno del 1905. La sua prima lettera al cardinale Giuseppe Francica Nava, che l'aveva mandato a completare gli studi alla scuola dell'amico fìlosofo Désiré Mercier, porta la data del 3 novembre 1905 2 • li giovane chierico catanese, allora diciannovenne) racconta dcl viaggio («non poteva riuscire più tranquillo e gaio nel medesimo tempo»), della sosta a Roma per ricevere la benedizione del Santo Padre e, quindi, comincia a parlare delle prime difficoltà. «A sentir parlare quei francesi - confida al suo arcivescovo si resta intontiti». E aggiunge: «Per ora capisco ben poco e devo accomodarmi alla meglio con gli appunti dei compagni, spero che fra breve la lingua non abbia ad inceppare più i miei studi»'.
,, Giornalista. 1 Car111e!o Scalia era nalo a Catania il 25 JCbbraio 1886 e aveva con1piulo gli studi liceali a! sen1inario etneo. ;\l rientro da Lovanio avrebbe ricoperto in1portanti incarichi ne! 111ovi1nento cattolico siciliano e nnzionale. Ne! 1919, in particolare, lii chian1ato a Ro1na a dirigere il Segretariato Pro Schola dell'Unione Popolare. La pubblicazione di un volu1ne su Il 111aterialis1110 storico e il socialismo. l?ajji·onti critici ji·a C'. 1\Ia1:YeA. Loria, Vita e Pensiero, /\~ilano 1920, gli frullò la !ibera docenza in Econon1ia politica all'Università di Torino. Nel !925 venne chimnato a lavorare alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dove ebbe per colleghi Igino Giordani, Enrico Benedetti e Alcide De Gasperi. Dal 1931 a! 1936, anno c!e!!a sua 1norte, fu vicario generale della diocesi di Catania. Su cli lui cfr. Di::ionario storico del 111ovimento cattolico in Italia, l/1/2, lvlarielli, Casale lvionJCrrato 1984, 781. Altre notizie biografiche in: Bolle/lino Ecclesiastico dell'Archidiocesi di Catania (=BE) 40 (1936) 124 e in Annuario della R. l.Jniversità degli 5,'tudi di Catania. Anno accade111ico 1936-1937, Tipografia Zuccarello e Izzi, Calania 1938, 293-95. 2 C. Scalia al card. G. Francica Nava, 3 novembre 1905, in ARCHIVIO STORICO DIOCESANO DI CATANIA, Fondo episcopati, l:/1iscopato F'rancica 1\lava (=J\SDFN), carpetta 37, fase. b, Belgio. J
Jbid.
Giuseppe Di Fazio
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La scelta di Lovanio non era avvenuta a caso, né Scalia era il prin10 studente del se111inario catanese che fosse stato inviato a perfezionarsi nell'Università cattolica belga.
L'a111icizia di Francica Nava col Mercier datava dagli anni in cui l'arcivescovo siciliano era stato nunzio apostolico a Bruxelles· 1 e s'era consolidata grazie al suo decisivo appoggio all'azione di rinnovan1ento culturale intrapresa dal giovane professore di filosofia alfiere del neoto1nisn10. Mercier, pur tra contestazioni accadc111iche che giungevano sia dall'interno stesso della sua Università sia da atnbicnti ron1an1, «affascinava i suoi studenti, anche non teologi, per la decisione con cui si poneva i problemi-limite sollevati dalle scienze naturali e per il suo sforzo di 'filosofare per gli uomini del proprio tempo'»'. II confronto serrato con il positivismo e con la filosofia di Kant e l'uso della lingua francese nell'inscgnan1ento furono i fattori che gli procurarono
un grande seguito fra gli studenti. Francica Nava, che da nunzio aveva sostenuto a spada tratta la riforn1a neoto111ista di Mercìer, divenuto arcivescovo di Catania e cardinale, volle dimostrare la sua stima per il filosofo belga inviando alla sua scuola i 1nigliori allievi del sen1inario etneo. J\ 1_,ovanio arrivarono, a partire dagli inizi del secolo, con cadenza quasi annuale, Angelo Mes-
~Giuseppe
Francica Nava (J8t!6-l928) l'u avviato alla nunziatun:i di Bru:-.:cl-
les nel 1889 da Leone Xli! e tenne l'incarico fino al 1896. Su Fruncica Nuva in Belgio, cfr. J\. SIMON, Jnstructions a11x nonces de Br11xe!les (1835-1889), lnstitut 1-listoriquc Beige dc Ro111c, Bruxc!les-Ro1na 196L 165-180; Cì. TOSCANO DEODATJ, // C(ll'dillCl/e G. Francica 1Vava Arcivescovo di Cata11ia, Convivio letterario, fvli!nno 1962. 99-! 15; CJ. DI F1\ZJO, La diocesi di C'atania allo .fine del/ '()l/ocento nella pri111a visita pastorale di G. Fì·ancica 1\lava, Edizioni di Storia e Letteratura, Ranni 1982, XVJXX; e G. ZITO, Da d1/1lo111atico a pastore. Fi·ancica 1\iava in due discorsi di S. 1\iicotra e Cl. Blandini, in 5)111axis !4 (1996) 1, 287-321, che riportn anche 1n relazione di S. NrCOTRA, /,a N1111ziat11ra del cardinale 1Vava nel Belgio dal 1889 al 1896, in
ASDFN, cnrpctta 48, fnsc. 1. 5 O. KCEHLER, 1\leo10111is1110, neoscolastica e i "nuovi .filosofì ', in Storia della Chiesa, a cura di 11. Jedin, lrad. it.. !X, Jaca Book, ìvlilano 1979, 380.
li catanese Corm.elo Scolio
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s111a, Pietro Maccarronc, Giuseppe Riccardi, Antonino Sottile e, nel 1905 - come detto -, Carmelo Scalia''· Gli studenti catanesi trovavano ospitalità presso il se1ninario "L,eone XIII" 7 grazie a un'intesa stretta tra il cardinale Francica Nava e il Mercier sul pagamento della retta. In pratica il vitto e l'alloggio dei giovani siciliani veniva saldato con una transazione: il prezzo equivalente alla retta veniva scontato dalla diocesi di Catania attraverso l'applicazione di intenzioni di messe per defunti belgi che Mercier si incaricnva di trasferire a rrancica Nava·\ Questi rapporti fra Belgio e Sicilia ebbero un influsso non secondario sulPi1npostazione culturale ciel clero e sull'azione sociale dei cattolici soprattutto etnei e nisseni 9 .
6 Angelo Messina e Pietro l\1<1ccarrone arrivano n Lovanio nel sctte1nbre 1900 (cfr. P. lvlaccnrronc e A. l'vlcssina a Cì. Francict1 Nav<1, 23 sctlc111brc !900, in ;\SDFN, carpetta 37, fase. b, Belgio). lv!cssi11<1 conscguirù il dollor<1to in Filosofia «t1vcc grande distinction» nel 1902, cfr. Rev11e Néo-Scolastique ('~'RNS) 10 (1903) L 104; lvlaccarronc lo conseguirà nella sessione cli luglio del 1903 (RNS 10 fl903J 3, 310). (Jiuscppc Riccardi arrivn n Lovanio nel 1902 (cfr. G. Riccardi a G. Francica Nava, 25 ottobre 1902, in AsDFN, carpetta 37, fase. b, I3e!gio) e nel !903 consegue il baceel!icn1to in filosofia (RNS 10 f1903] 3, 310). 7 Il scininario era st<1to cretlo nel 1894 per volere cli Leone Xlii con lo scopo di consentire elle ((i giovani studenti, pur frequentando l'Universitù, custodissero I o spirito ecclesiastico e non interrompessero la !oro sacra educazione>> (1\. VASSALLO !Jl TORREGROSSA, Piccolo s111dio sul clero belga, Tip. F.lli ìvlancuso, San Cataldo 1906). 8 Questo accordo si evince dalla corrisponden7.a fra i superiori del sen1inario "Leone Xlii" di Lovanio e il cardinale i:rancica Nava, che si conserva in AsDFN, carpetta 37, li1se. b, Belgio. !n particolare seg1rnlimno la !etlera di D. f\!lcrcier a G. t~'ranci ca Nava de! 3 giugno !905 in cui il fi!oso/'o belga inette a! corrente Francic<l Nava cli un passivo cli 200 franchi rcl<1tivo alle spese di soggiorno del chierico Riccardi. Per san<1rlo lvtcrcier tras1nettc all"urcivescovo sicili<:1110 cento intenzioni di 1nessa (per 2 franchi ciascuna). Il 29 nove1nbre 1906 il cardinale Frnncica N<iva scrive <i n1011s. G. Sin1011s, retlorc dcl seminario ··Leone XJJI"' cli Lovanio per ringraziarlo della «gentile prcn1ura>> di <1verg!i invialo 250 intenzioni di messe a beneficio di Cannelo Scalia studente del!'Is1itt1to Superiore cli Filosofia (ASDFN, carpetta 37, 1i1sc. b, Belgio). !nrine, con un'altra lettera dcl 30 giugno 1909, !Vlercier, onnai arcivescovo di Malincs, continua a pro1neltcre aiuti alla Chics<1 catanese e ìnvia un vaglia per 150 inlenzioni di n1cssa. 9 In particolare Sebastiano Nicotra (!855-1929), segretario cli Francica Nava al!a Nunziatura cli Bruxelles, fu «i1nporlante tra1nite tra le esperienze dei c<1tto!ici de1nocratici belgi cd i cristiano sociali italiani ciel Tonio!O>>: r<1ppresentò la "'Unione catto!ic<1 per gli studi sociali., di Tonio!o al congresso cli Liegi del 1890, ma al Len1po
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Basterebbe seguire l'iter del nucleo siciliano presente a Bruxelles alla fine dell'Ottocento (il nunzio Francica Nava, il suo segretario Sebastiano Nicotra e il cappellano Salvatore Gangarelli) o quello dei primi sacerdoti catanesi laureati in filosofia a Lovanio (Pietro Maccarrone e Angelo Messina) per rendersi conto di come questi avessero maturato negli anni di pennanenza in Belgio una esperienza sociale e filosofica di prim'ordine. Si spiega così l'insistenza dell'arcivescovo Francica Nava, una volta insediatosi nella diocesi di Catania, verso l'in1pegno sociale e a favore della stampa cattolica e della libertà di educazione. E si spiega altresì con la pcnnanenza a Bruxelles il fervore di Sebastiano Nicotra a raccontare nei congressi cattolici dell'Isola 111etodi e caratteristiche della den1ocrazia cristiana centroeuropea. Su altro piano si 111uovc l'opera di Maccarrone e Messina che proseguiranno, dopo Lovanio, gli studi teologici a Roma. Ritornati a Catania, i due sacerdoti insegneranno filosofia in setninario, riproponendo il 111etodo di Mercicr, di cui lo stesso Messina, tradurrà in Italia alcune delle opere più importanti'"·
stesso tenne nel 1894 una conferenza sui Fasci siciliani alla «Societù be!gn d'ceonon1ia sociale» (cfL J\. S!NDONJ, Dal njOrmismo assolutistico al catto/icesi1110 sociale, I!, Stndiuin. Ron1a !984, 205-206). Nicotra Lenne anche, n pnrlire dal 1narzo 1896, una rubrica dal titolo Lettere dal Belgio sul sctti1nanale nisseno L'Aurora. l)a segnn!arc, inollre, la sua relazione al 3° Congresso cattolico siciliano di Acireale sulla questione sociale e l'esperienza belga (Alfi del 111 Congresso cattolico regionale siculo tenutosi in Acireale nei giorni 8, 9, 10 e 1 I agosto 1897. Tipografia pontificin, Palenno 1897, 52-60). Sugli influssi dc!l'cspcrìcnza belga in Sicilia, si veda an~ che A. VASSALLO DJ TORREGROSSA, op. cii. 1\lbcrto Vassallo, fra il ! 898 e il 1903 aveva prest<lto servizio presso le nunLiature di J'vlonaco di Baviera e di Bruxelles (su di lui cfr. /Jizionario storico. ., cit., l!J/2 ad voee1n). Infine. l'influsso dci «preti sociali» belgi in Italia è clocu1nentalo da L. TREZZJ, Preti ((.1·ociali»: il quadro italiano ed europeo, in C. NARO (a cura di), Preti sociali e pastori d'anùne, Sciascia, CaHanissettaRon1a ! 994. 28-29. 1 Fra le opere Jcl Mcrcier tradolle in italiano dal i\1essina ricordimno in particolare Origini della Psicologia conte111pora11ea e Logica. Spiegando al cardinale Francica Nava le ragioni che lo hanno spinto a realizzare quelle traduzioni, Messina evidcnzìa l'intento «di scuotere e vivificare il n1ovin1ento neotomista» (A. Messina a G. Francica Nava, 15 fcbbr<1io 1903, in ASDFN, c<1rpeua 25).
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Il catanese Carmelo Scalia
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2. Tra filosofia e scienze sociali Già a marzo del 1906 le difficoltà della lingua sembravano superate per Carmelo Scalia, ed egli poteva scrivere al suo arcivescovo di aver «lavorato alacremente a dissodare 4 buone materie, la logica, la chimica, la psicologia e la psico-fisica»''· Ma era stata soprattutto la psicologia ad interessare il giovane studente siciliano, soprattutto per la personalità del docente che l'insegnava: Désiré Mercier. Scalia racconta a Francica Nava tutto l'itinerario svolto dal filosofo nel suo insegnan1ento e non 111anca di sottolineare di esser stato colpito soprattutto dalla sua metodologia: «il Mercier, seguendo un metodo induttivo, pone prima l'osservazione scienti fica da cui risale per sintesi alle conclusioni filosofiche». «Riesce così a porre - rileva Scalia - una netta de111arcazione di ordine tra i regni 1ninerale, vegetale e ani111ale, che più tardi gli servirà a con1battere l'cvoluzionisn10 filosofico, che pretenderebbe far derivare tutta la vita da una cellula, e questa stessa dal regno della non vita» 12 • Scalia è affascinato dall'insegnamento del Mercier che lo introduce nella interpretazione delle problematiche della scienza contemporanea alla luce della sapienza tomista. Per questi motivi egli rimane senza parole quando il "suo" professore viene tolto all'Università e chia1nato all'ordine episcopaJen. «È una perdita - scrive a francica Nava - o un acquisto? È l'uno e l'altro. L'Università ha perduto certo un insigne professore, 111a ha guadagnato un grande protettore» 14 . li cardinale Francica Nava segue fin nei dettagli i suoi chierici a Lovanio. A Scalia offre un consiglio paterno per il suo soggiorno all'estero: «Ama la pietà e lo studio - gli scrive alla fine del 1905 - sta sotto1nesso in tutto ai tuoi nuovi superiori e così procurerai un gran
11 C. Scalia a G. rrancica Nava, I 0 marzo 1906, in AsDFN, carpetta 37, rase. b,
Belgio. Jbid. I\1crcier ru non1inato nel 1906 arcivescovo di f\/lalines e l'anno successivo divenne cardinale (cfr. O. KCEHLER, Verso il conservaloris1110: Belgio, Olanda e L11sse111burgo, in Storia della Chiesa, cit., IX, 136). 1 ~ c. Scalia a G. rrancica Nava, 1o1narzo 1906, cit. 12
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bene a te stesso e farai piacere a 111e»1.'. E pochi 111esi dopo aggiunge: «Desidero che profittiate molto nei pochi anni che il Signore vi concede di passare in codesto Istituto. Son sicuro che oltre all'acquisto di una soda scienza raccoglierete anche costì, sotto la guida di codesti egregi superiori, un'abbondante 1nesse di virtù che vi prepari ad ascendere degnan1ente all'alta dignità alla quale v'incan1111inate» 16 • Scienza e virtù, preparazione culturale e pietà: ecco cosa chiedeva l'arcivescovo ai suoi sacerdoti all'inizio del nuovo secolo. Le notizie che arrivano dal Belgio, soprattutto sul conto di Sca!ia, sono confortanti. «Scalia è un sen1inarista pio», scrive il rettore del Sen1inario "Leone Xlii", Nys, all'arcivescovo di Catania, e aggiunge che egli è docile, ordinato e applicato allo studio, in breve «ha dato ai superiori piena soddisfazione» 17 . Anche sul fronte dello studio tutto procede per il meglio. A luglio del 1906, Scalia annuncia al suo vescovo di aver superato "felice1nente" gli csa111i del priino anno con la «grande distinzione». Potrà così tornare a casa, via 1narc da Genova, per godersi le 111eritate vacanze. Nel 1907, quando deve stendere la tesina per la licenza, gli interessi del giovane catanese si co111inciano a precisare. La sua attenzione si rivolge soprattutto alla questione sociale e ai teorici ciel socialismo che in quegli anni sono al centro dei dibattiti politici e filosofici in 1nezza Europa. Così Scalia si dedica ad approfondire in particolare il pensiero di Marx e Bcrnstein, riproponendosi di poter studiare in un secondo n1on1ento i loro referenti in Italia. I I giovane studi oso catanese supera nel febbraio del 1907 gli esan1i di licenza) nia ottiene il titolo solo a luglio, dopo aver presentato la tesi.
l.'i G. f'rancica Nava a C. Scalia, s.d., ina databile fine 1905, in 1\SDFN, carpetta 37. fase. b, Belgio. 16 G. rrancìca Nava a C. Scalia, J 906, in AsorN, carpetta 37. fase. b, Belgio. l7Nys a G. Frnncica Nava, 12 setten1bre 1907. in AsorN, carpetta 37. fase. b. Belgio. La lettera - come le altre dei superiori del scn1inario "Leone Xlll'' citate in seguito - è in francese, la traduzione è nostra.
Il catanese Carmelo Sca!ia
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li professor Nys, che lo ha avuto sotto "tutela'', scrive a Francica Nava: «È dotato di una così bella intelligenza che potrà rendere a V. Em. servigi molto singolari, soprattutto se si consacrerà un anno agli studi delle questioni sociali. Dopo il suo dottorato, la scuola gli fornirebbe un programma speciale, come ha già fatto per un allievo che ci aveva inviato a questo scopo Mgr. Radini da Bergamo. Egli acquisirà così una fonnazione con1pleta nel can1po della sociologia e delle scienze sociali» 18 • Avuto il consenso da Francica Nava, Scalia si appresta, dunque, a trascorrere un altro anno a Lovanio: preparerà la tesi di laurea sul "Socialis1110 in Italia" C' ... n1i dà 111olto da lavorare perché ci stanno poche opere pubblicate e bisogna rintracciarne le idee sulle riviste")'" e, al te1npo stesso, seguirà un corso personalizzato di studi scelto in accordo col presidente dell'Istituto Superiore di Filosofia di Lovanio, Deploige. li corso di studi scelto da Scalia è diviso in due parti: nella prima sono previsti insegna1nenti di scienze sociali (legislazione operaia, storia diplon1atica, la nascita della classe operaia industriale, istituzioni politiche degli Stati Uniti e della Frnncia, l'evoluzione politica dei grandi Stati 111odcrni: l'In1pero tedesco, l'arbitrato internazionale, rapporti tra Chiesa e Stato in Francia negli ulti111i 30 anni, diritto civile cd ecclesiastico), nella seconda sono con1presi, invece, insegnamenti cli storia della Chiesa, patristica e sacra scrittura («ho cercato pure di intcressanni un poco - spiega il dottorando siciliano - della S. Scrittura, profittando della scuola di L.ovanio, sì rino1nata») 20 . Tra l'autunno del 1907 e l'estate del 1908, dunque, Scalia si ritrova i1npegnato a preparare la tesi di dottorato sul "Socialisn10 in Italia" e a seguire i corsi di approfondimento nelle facoltà di Scienze sociali e Teologia. È in questo periodo che egli 1natura una particolare
19
fbfd C. Scalìa a G. rrancica Nava, 11 luglio 1907, in
20
C. Scalia a G. Francica Nava, 5 novembre 1907, in
IN
J\soFN,
carpetta 37, rase. b,
Belgio. b, Belgio.
ASDFN,
carpetta 37, fiìsc.
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competenza sul pensiero di Marx e sulla dottrina sociale cattolica, co1ne din1ostra una conferenza tenuta a Lovanio dal titolo «Marx et Bernstein, con11ne préparation générale à une étude des théorie socialistes en ltalie» 21 •
3. I sindacati cattolici in Belgio li Deploigc, nel preparare un piano di studi personalizzato per Scalia, aveva dato un consiglio al giovane studioso catanese: visitare le principali organizzazioni operaie esistenti in Bc!gio 22 • Scalia non trascurò quella indicazione e, nei periodi di vacanza, ebbe 1nodo di conoscere da vicino le fonne organizzative dci cattolici e dei socialisti belgi. In alcuni casi fece ricorso a biglietti di presentazione dei suoi superiori delPUniversità, in altri usò l'espediente di presentarsi co111e "giornalista italiano''. Era soprattutto il tema dci sindacati e delle lotte operaie che interessava lo studioso siciliano. Dall'isola natìa arrivavano notizie di fermenti sociali e di scioperi soprattutto nel mondo contadino. Ma si faceva vivo, in particolare a Catania, il proble1na dell'organizzazione dei nuovi ceti operai, legati al nascere di nuove e 1noderne in1prese. La Camera del Lavoro, legata a De Felice, deteneva quasi il monopolio della organizzazione della protesta operaia, 1nentre i cattolici davano prova di niaggiore co111battività nelle cainpagne. Nella stampa cattolica etnea, soprattutto alla vigilia dcl grande congresso regionale che si sarebbe tenuto proprio a Catania nel 1908, s'infiammava il dibattito sul tema dello sciopero e della necessità di un sindacato "bianco". A tàrsi paladino di questa tendenza era un giovane sacerdote, Giuseppe Di Stefano (di soli 3 anni più grande di Scalia e suo compagno di studi al seminario di Catania), che di lì a poco avreb-
11 Cfr. RNS 15 (1908) I. 138. 22 C. Scalia a G. Francica Nava, 5 novc1nbrc 1907, cit.
Il catanese Car111elo Scalia
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be dato grandi prove di sé come organizzatore sindacale degli operai'·'. Ed era proprio Di Stefano a scrivere in quegli anni che «io sciopero è un)arn1a legale, un 111ezzo giusto e ragionevole perché sia con1piuta quella giustizia che invano sinora è stata reclan1ata con trattative, riunioni e preghiere» 24 • L'eco di questo dibattito era nella mente di Scalia quando, mt111ito di un biglietto di presentazione del professor Nys, si recò a Gand per incontrare quello che era ritenuto il più autorevole organizzatore sindacale cattolico del Belgio: Georges Rutten. Ecco come lo descrive Scalia: «È un giovane don1enicano) laureatosi in Scienze sociali a Lovanio; uomo trés char1nant. Attualn1ente è Segretario generale delle Unioni professionali di Gand, ciò che equivale a capo di tutto il niovin1entd sindacale cristiano»25. Dal colloquio con padre Rutten, che Scalia ebbe cura di trascrivere fedehnente 26 , si evince che lo studioso catanese vuole capire se l'azione sindacale possa essere vissuta co111e una forn1a di carità. Ma lascia1no la parola a Rutten, secondo i! resoconto steso da Scalia: «La migliore carità che si possa fare all'operaio è di renderlo pili abile a guadagnarsi il pane e pilÌ forte nella lotta per la vita. La divisione del lavoro ha ridotto l'operaio a non essere più capace che di un lavoro parcellare: le nostre scuole professionali non hanno altro scopo che di riparare a queste lacune. L'operaio da solo - prosegue padre IZutten non si trova su uno stesso piede di eguaglianza per poter discutere libera1nentc col padrone le condizioni dcl suo lavoro, poiché il bisogno pressante di lavorare lo costringe ad un accon1oda1nento qualsiasi: i sindacati non hanno altro scopo che di n1ettere in pratica la libertà
23 Su (ìiuscppe Di Stefano si veda i! nostro. (?fuseppe Di Stefàno. C'attolici e 111011do operaio a Catania, SEI. Torino 1997. 1 -1 li Risveglio, 20 settcinbre ! 908. 25 C. Scalia a (ì. [irancica Nava, 2 scttc1nbrc 1907, in ASDFN, carpeUa 37, fase. b, Be!gio. Sul ruolo dì padre Ruttcn nel cattoliccsirno sociale belga cfr. L. TRE7:Z!, }Jreti <(Sociali» ... , cit., 28-33; O. J(U:JILER, l"erso il conservatoris1110 ... , cit., 133; ID., 1 nlovi111enti sociali, in ,Storia della Chiesa, cii., !X, 271. 2(' !! resoconto dell'incontro tra Scalia e Rullen è contenuto per esteso in una 1nissiva al cardinale rrancica Nava, datata Lovanio, 2 sci!cn1brc 1907, a cui faren10 costante rifcri1nc11to (ASDFN, carpetta 37, f~1sc. b, Belgio).
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teorica del contratto di lavoro, sostituendo il contratto collettivo a quello individuale». Ma Scalia incalza sul tema della compatibilità dell'azione pastorale con le lotte operaie: «Un sindacato - chiede al suo interlocutore volere o no, ha se1npre un carattere aggressivo; nei Ii1niti della giustizia, sta bene, 111a ciò non toglie che è un organisn10 che dispiace ai padroni. Ora il prete non ha, con1e il socialista, uno scopo pura1nente economico, ma pure religioso: e questo riguarda pure i padroni. Or la preservazione religiosa dell'operaio per mezzo del sindacato non sarebbe nello stesso tempo un pericolo per la religiosità dei padroni, che si vedrebbero contrastati, dal prete, sul terreno economico? Non è questa una delle principali ragioni che fa esitare i parroci ad occuparsi della organizzazione operaia, per non attirarsi addosso le ire dei padroni, per cui preferiscono rinserrarsi nel loro quieta non 111overe?». La risposta di Rutten è efficace: «Caro 111io, qui non si tratta di decidere, 111a di scegliere. Il sindacato sorgerà se1npre, e se non sarà cristiano sarà socialista. Se vogliaino ragionar 1naten1atican1ente le dico che vi ha più di anime eia salvare nel proletariato; e poi le aggiungo che se i padroni non ci aiutano, e ciò si capisce bene, tuttavia ci lasciano fare, basta usar prudenza». Scalia, però, 11011 è ancora soddisfatto: vede dei rischi nella commistione fra il ruolo del prete e quello dell'organizzatore sindacale. «li prete - replica il domenicano belga - abbia la tattica di non volerla fare qui da 1naestro, co111e gli spetta in Chiesa. Nella vita econo111ica il prete non ha spesso tutte le nozioni tecniche e una conoscenza esatta della situazione. Quando scoppia uno sciopero, il nostro Segretariato generale dà il suo parere; 111a questo non è decisivo: Pulti1na parola spetta agli operai stessi che dichiarano lo sciopero, e che dovranno subirne le conseguenze. Guai per la prosperità di un sindacato se questo dovesse talora subire delle cattive conseguenze da una decisione che non è sua». A questo punto Scalia vuol capire come si fa: chiede quali siano le forme di organizzazione dei sindacati cattolici, quali gli strumenti usati per la propaganda e quali, infine, le forme di solidarietà messe in atto.
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«Quello che importa - spiega Rutten - è di formare, prima di tutto, degli operai propagandisti. L'operaio si lascia convincere meglio da un altro operaio, che vede accanto a lui all'officina, vivere la medesi1na vita. Noi vcdian10 qui nelle nostre riunioni quali sono gli operai più intelligenti: si vedono alzarsi spesso durante le conferenze pe1· fare delle osservazioni, delle difficoltà. Bisogna fare un po' di selezione, e le assicuro che ci vuol del naso per scegliere. C'è chi ha più facile la parola, altri sono più capaci a scrivere, altri hanno un senso pratico, n1a non sanno parlare: bisogna sapere utilizzare queste doti differenti e farle sviluppare. Perciò la sera durante l'inverno, questi operai più intelligenti ricevono delle lezioni di economia sociale e di apologetica: così forn1ia1no i nostri operai-apostoli, e quando ne sian10 sicuri, li mandiamo nelle parrocchie per dare delle conferenze agli operai». Poi, padre Rutten, chian1a un operaio e lo incarica di acco111pagnare Scalia a visitare la cooperativa, il panificio, !a sede della «Lìgue dé1nocratique» e le altre opere sociali del movimento cattolico di Gand. Scalia osserva con curiosità e annota. Finora a Lovanio ha studiato soprattutto la teoria, ora, per la prin1a volta, si trova a vedere in atto le organizzazioni cattoliche belghe. Ma non vuole fermarsi qui. Vuole capire, anche, con1e siano organizzati i socialisti.
4. Viaggio fra i socialisti di Gand lndossati gli abiti civili, Scalia si reca a visitare la sede centrale dei socialisti di Gand. «Mi presero - racconta - per un redattore di un giornale italiano: io lasciai passare l'errore, così ebbi l'occasione di conoscere 1nolte cose interessanti, sui niezzi di fare la loro propaganda, sulla loro organizzazione e sui risultati ottenuti. Chian1avano ad uno ad uno i capi dei diversi sindacati, ed ognuno n1i dettava delle note, che io raccoglievo avidan1ente su un quadcrnetto» 27 •
27 Anche il diario di questa visita è contenuto nella letten1 a francica Nava de[ 2 settcn1bre 1907. da cui citiarno.
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Giuseppe Di Fazio
L'interesse di Scalia per il socialismo, che lo aveva spinto a stilare la sua tesina di licenza proprio su questo argon1ento e su cui si apprestava a preparare la tesi per il dottorato, non era solo speculativa. Esso nasceva, piuttosto, dalla necessità di conoscere le basi teoriche e organizzative di un fcno1ne110 che aveva n1esso radici in Sicilia, dapprin1a coi Fasci siciliani e, da pochi anni, attraverso l'cgen1onia sui ceti operai urbani: significativo il caso di Catania, dove Giuseppe De Felice Giutfrida aveva conquistato il Con1une e stava tentando l'applicazione del suo «socialismo municipale»"- li tentativo di Dc Felice, che avrebbe determinato per un ventennio la vita della città, non era caratterizzato solo dalla pratica dei con1pro1nessi e dei brogli elettorali, n1a presentava anche un solido supporto teorico, che univa la pratica delle municipalizzazioni all'idea di fare di «tutte le classi una classe sola». Nel 1903, il tribuno socialista catanese così aveva delineato il proprio 1nanifesto: «Ciò che noi socialisti chian1ian10 lotta di classe è la n1edesin1a cosa, pili nobiln1ente intesa, di quella che i positivisti individualisti chiamano lotta per l'esistenza. La lotta di classe è l'associazione di tutti i lavoratori nel fine unico e civile non di abbattere una classe e sostituirsi ad essa, coine fece la borghesia con l'aristocrazia ed il clero, 1na di chia111are a raccolta tutta la classe lavoratrice, darle la coscienza di una grande civiltà, confonderla con le classi con le quali è tutt'ora in lotta, fare di tutte le classi una classe sola» 2'J. Erano parole che avevano colpito il giovane Scalia, che poco prima di partire per Lovanio, nell'estate del 1905, era rimasto impressionato anche dal clin1a di «caccia al prete» che si era verificato 111 occasione delle elezioni politiche e provinciali, ad opera di «un esercito di malviventi armati di randelli e di coltelli assoldati dalla locale Can1era del lavoro»-'0 •
28 Cfr. (). GIARRIZZO, C'atania, Laterza, [~ari 1986._ I 59s. 29 Riscatlo, ! 0 1naggio 1903. riportalo in G. GIARRIZZO, op. cii., 159. Il socinlis1no di Dc rclice aveva alle spalle la cullura socio-giuridica di Giuseppe Vada!à Papale. -'° Cfr. BE 9 (1905) 15, 210s. L'episodio ru accertato da un'inchiesta della Giunta per !e elezioni, cfr. G. CìlAJ{RIZZO, op. cii., 168-169.
Il catanese Carmelo Scalio
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Scalia, che visita nei panni del giornalista le organizzazioni operaie rosse di Gand, oltre ai «testi sacri» del socialismo ha conosciuto anche questo aspetto del socialismo reale. Osservando la grande struttura che accoglie i sindacati socialisti, la biblioteca, il gran bazar e il teatro, l'ospite italiano resta sorpreso dei n1ezzi e a111111irato per la pratica della solidarietà. A un certo punto, Scalia chiede: « Ma i cattolici, non vi danno essi n1olto fastidio con !e loro organizzazioni?». «Oh, sì, C'o1111Jagnon, - risponde il redattore capo del giornale socialista di Gand - essi hanno anche più giornali, 111a, sai, noi abbia1no la verità da pa1ie nostra, e una parola dei nostri giornali va pili a fondo nel cuore dell'operaio, che non i lunghi clétours che sono costretti a fare i nostri ne111ici nei loro giornali, per nascondere le loro 111enzogne». Tra una conversazione e l'altra Scalia viene acco1npagnato a visitare il panificio, la clinica socialista, la farn1acia, la fabbrica dei tessuti. Nel suo taccuino annota: «Mi diedero pure dei fascicoletti per avere delle notizie più esatte. Così, da buoni C'o111pagnons, ci licenzia1111110 cortesen1ente, e il redattore di un giornale italiano prendeva il treno per Lovanio, per riprendere nuovan1ente i suoi libri».
5. Da «rlottore» ad «aggregalo» Tra fine ottobre e gli inizi di novembre del 1907, Scalia sostiene gli esan1i di laurea. «Fui rassicurato - racconta a Francica Nava - dal presidente dell'istituto, Mgr. Deploige, e dalle congratulazioni di altri professori>>1 1• Il 15 febbraio 1908, dopo aver consegnato la tesi, lo studioso catanese la discute pubblicamente e ottiene il dottorato «avec grande d istinction »·' 2 • Una setti111ana dopo scrive a Francica Nava per raccontargli del buon gradimento che ha avuto la sua ricerca: «I professori mi spingo-
:ii 2 :i
C. Scalia a G. Francica Nava, 5 novc1nbre 1907, cit. La notizia è riportata sulla RNS 15 ( 1908) L 139.
Giuseppe Di Fazio
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no a pubblicarla. Quanto a questo ho preferito il riserbo e non ho ancora osato prometterlo - quantunque un professore mi abbia detto che si incaricherebbe lui di far la "toilette" a quella specie di francese che è il mio - specialmente che avrei bisogno di ritoccarla con l'animo un po' più tranquillo, che non l'ebbi a redigerla, e dovrei completarla in qualche parte consultando altri libri che non avevo potuto procurar1n i» 3·'.
L'Università e il Seminario di Lovanio non vogliono perdere il neo dottore. Il 25 marzo 1908, il responsabile del seminario "Leone XIII", n1onsignor Nys, scrive a Francica Nava per con1unicargli che la tesi di dottorato di Scalia è stata molto apprezzata e i docenti chiedono se, con qualche ulteriore ritocco, essa non possa servire con1e tesi per «l'aggregazione»". Nys spiega al cardinale che nell'Istituto oltre al grado di «dottore» ne esiste uno ulteriore, quello di «aggregato». Per ottenerlo il candidato deve pubblicare una tesi cli 200-300 pagine e difendere 50 questioni sulla filosofia tomista. A giudizio dei docenti cli Lovanio, Scalia sarebbe idoneo a tentare questo esa111e, 111a dovrebbe prolungare ulterionnentc il suo soggiorno. Nys, inoltre, fa presente a Nava che Scalia, che da poco ha con1piuto 22 anni, è orinai pronto per il diaconato e il sacerdozio. Anche stavolta Francica Nava acconsente a far proseguire gli studi al suo sen1inarista, e, nel fratten1po, decide di farlo «ascendere agli ordini sacri». li 19 settembre 1908 Scalia riceve nella chiesa madre cli San Giovanni La Punta, alle pendici dell'Etna, l'ordinazione sacerclotale"Subito dopo riparte per Lovanio a completare gli studi. Il 30 novembre 1909, il presidente dell'lstiluto Superiore di Filosofia, Deploige, con1unica a Francica Nava che il sacerdote catanese sta co1ninciando a «far co111porre le pri111e pagine della sua tesi. Quando avrà finito egli inerita - scrive Dep!oigc - di prendere una piccola
;u C. Scalia a G. fn1ncica Nava, 21 febbraio 1907, in ASDFN, carpetta 37, fase. b,
Belgio. J.!
gio.
Nys a (J. Francica Nava, 25 1narzo 1908, in 1\SDFN, carpetta 37, fr1.sc. b, Bel-
·15 ilE 12 (1908) 18.
Il catanese Carmelo Scalia
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vacanza per rivedere la fa1niglia. Tornerà a Lovanio per prepararsi la difesa pubblica della tesi per ottenere il grado di aggregato» 16 . Per coprire i costi delle tasse scolastiche e della retta di soggiorno interviene ancora una volta il cardinale Mercicr, arcivescovo di Malines, con l'invio alla diocesi di Catania di un assegno di 300 lire per l'applicazione di 150 intenzioni di messe". Sulla pern1anenza di Scalia a Lovanio nelPanno accade1nico 1909-191 O le notizie sono frammentarie. Frequenti dovettero essere le sue puntate a Berlino, dove raccolse una parte del 111ateriale per la
sua ricerca 38 • Un estratto della tesi fu finalmente pubblicato nel 1910, in francese, nella prestigiosa «Revue Néo-Scolastique de Philosophie» col titolo La philosophie de Karl A1arx.
6. La .filosofia di Marx «Pretendere di co1nbatterc una dottrina altri111enti che con1e dottrina, sarebbe opera non solo incotnpleta, 1na anche inutile e vana; colpire il socialis1110 nelle sue 111enc an1111inistrative e politiche, sarà forse rovesciare una cricca di uon1ini al potere, carpito con intrighi e violenze, 1na non sarà 111ai abbattere un'idea, toglierle ogni vitalità, ogni fàscino, e altri uon1ini appariranno ben tosto, o anche gli stessi, mercé nuovi intrighi, redenti sempre di fronte all'opinione pubblica dallo stesso fascino seduttore che li aveva dianzi tragittati»". In questo manifesto programmatico, stilato da Carmelo Scalia nel 1913 per il
-' 6 Deploige a G. Francica Nava, 30 nove1nbre 1909, in ASDFN, carpetta 37, fase. b, Belgio. ·17 D. Mcrcicr a G. Francica Nava, 30 giugno 1909, in AsDFN, carpetta 37, fhsc. b, Belgio. ~ 8 Cfr. la biografia apparsa su!l'A1111uario della R. [!niversità degli Studi di C'atania. Anno accade111ico 1936-1937, cii. La pcnnanenz<l a Berlino è atteslnt<1 nnchc dalla datn «Berlin, octobre 1909)), apposta al tenninc della tesi, cfr. RNS 17 (19!0) 21 O. w C. SCALI!\, I precursori del socialismo moderno, in L'Azione, 5 gennaio 1913.
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giornale dei den1ocratici cristiani etnei L'Azione, trovia1110 la chiave di lettura degli studi su Marx del filosofo catanese. Secondo Scalia «bisogna risvegliare le coscienze, costringerle in certa guisa ad esa111inare i valori ideali e 111ora!i, nonché le conseguenze - e le re1note più che le prossime - dei sistemi sociali che si disputano il diritto di regolare i futuri destini di un popolo>>'m. Infatti, «il socialisn10 non consiste se111plicen1cnte in un attcggian1ento politico di 1nassc organizzate, partecipanti alle lotte amministrative, sociali e politiche, per contendersi
con gli altri partiti di una nazione la preponderanza o il don1inio in seno alle diverse istituzioni vigenti nel diritto pubblico moderno della società civile; esso è principalinente un'affcrn1azione ideale, con particolare attinenza alla giustizia sociale distributiva, tendente a prendere concretezza, e perciò a sconvolgere radica!n1ente quegli ordina111enti sociali t'orinatisi, oltre che per adatta111enti e per processi evolutivi delle contingenze storico politiche degli Stati, sotto l'egida di principi ideali non dcl tutto confOnni alla concezione socialistica della giustizia d istributiva» 41 • È sul piano teoretico, dunque, che Scalia intende sfidare i socialisti, piuttosto che su quello della lolla politica o sindacale. Anche se egli riconosce che i due livelli sono co111plen1entari. «Sarà questa una integrazione - scrive sen1pre su L '.tlzione - dell'opera altan1ente 111eritoria di coloro che con1battono il socialis1110 nei suoi atteggian1enti esteriori e pratici, scorgendolo alla superficie, senza avere il ten1po di penetrarne il fOndo, il nucleo vitale»-1 2 . li saggio su La philosophie de Karl iVJarx, pubblicato sulla rivista fondata dal Mercier, è per l'appunto un pri1110, e ancora giovanile, tentativo di penetrare il cuore del pensiero marxiano alla luce del di-
40
lbid. lbid. 42 lbid. Si noia in queste parole una garbata pole1nica con il leader sindacale dcl n1ovi1ncnto callolico etneo, Giuseppe Di Stefr1no, tutto preso dalla battaglia per sottn1rrc gli operai e il 1nunicipio t1i socialisti. Scalit1, piullosto, si n1cl!e sulla scia cl i 111ons. Sebustiano Nicotra aulore di un interessante studio sul socialis1110 (S. N!COTRA, Socialis1no. /)iscussioni, Tip. dcll<1 pace di F. Cuggim1L Ro1na 1889, 2J ed. interarncnte rifatta). 41
Il catanese Carniefo S'cafia
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battito culturale che animava la filosofia europea tra fine Ottocento e rn1z1 del Novecento''. Sealia si colloca sulla scia di Giovanni Gentile, che nel 1899 aveva pubblicato un fondamentale scritto proprio su La .fìlosofìa di Marx e su quella di A1iuro Labriola che aveva pubblicato proprio nel 1908 uno studio su Nfarx 11ell 'eco110111ia e come teorico del socialismo. Da Gentile il Nostro mutua la consapevolezza che il pensiero di Marx abbia una specifica valenza teoretica, che si evidenzia soprattutto nelle Tesi su Feuerbach, considerate con1c l'opera in cui il 1narxismo prende forma di sistema filosofico e rivela i suoi risvolti politici. La novità dcl 1natcrialisn10 di Marx\ per il giovane studioso catanese, consiste nel fatto che «la realtà cessa di essere un dato e diviene un prodotto, e la conoscenza non è altro che lo sviluppo genetico di questo 1nedesin10_/àre de!Pattività scnsitiva>r1·1• Jn questo n1odo, però, secondo Scalia, si arriva a «sopprin1ere la questione dell'oggettività della conosccnza» 45. Marx - fa rilevare ancora lo studioso catanese - con1batte la concezione ato111istica propria dei filosofi della Rivoluzione francese: per il pensatore di rrrcviri «l'individuo non esiste che per la società» 4('. Ne segue una concezione della storia, delineata in particolare nella terza delle tesi su l'euerbach, come «rivestimento dell'ordine econorn ico
..n Quando Scalia scrisse il suo saggio non disponeva dell'intero corpus dell'opera 1narxiana. A questa «insur/'icienza delle fonti» Scalia fhrà esplicito riferin1cnto in una opera posteriore: C. SCAL!A, Realismo scientifico e idea/is1no hegeliano. /l proposito dello fìlosofìa di C. 1\Iarx, Ferrari, Ron1a 1921, 74. Alcuni lesti del filosofo di Treviri, come è noto. furono pubblicnti postun1i. Questa sorte loccò, per esen1pio, alla Critica della jìlosofla hegeliano dcl diritto pubblico (redalla nel 1842-43 1na sta1npala fra il 1927 e il 1929) all'Ideologia tedesca (stan1pata solo ne! 1932). L'attenzione di Scalia si concentra soprallullo sulle Tesi su Fc11erbach, sul 1\Ian(festo, sulla C'ritica de/I 'eco110111io politica e su t1!cu11c parti dc! C'opitole. ·1·1 C. SCAL!A, I.a philosophie de Karl Alarx, cit., 188. Citiaino dal la trad. it. di E, Piscione, al cui saggio rin1andiaino per ulteriori approfondi1nenti: E. P1sc10NE, 1'larxis1110 e C'attolicesilno nel/ 'an({lfsi di Carnie/o 5,'ca/ia agli inizi del 1\!ovecento, in La6s 4 (1997) I, 95-105. 45 C. SCALIA, /,a phi/osophie . . , cit., 190. Scalia aggiunge che in questa prospettiva teoretica diventa questione priva di senso «sapere se i! pensiero pervenga alla veritù oggelliva» (ibid ). 46 lbid, 192.
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Giuseppe Di Fazio
soggiacente» 47 . In quest'ottica - fa rilevare Scalia - anche il sentin1ento religioso, che in Feuerbach era «l'ottativo del cuore un1ano», diventa il frutto dell'indigenza; per il filosofo di Trcviri, infatti, «gli eventi della storia non possono spiegarsi se non con i bisogni econo1nici>r 1 ~. Il socialisn10 scientifico di Marx per Scalia è una vera e propria «apologia della necessità»: il filosofo tedesco, infatti, mette insieme e secondo lo studioso catanese è questo uno dei punti deboli del pensiero marxiano - l'umanesimo di Feuerbach e la concezione dialettica hegeliana del progresso necessario'19 • Da qui il giudizio negativo che il Nostro, facendo propria la tesi di Gentile, formula sulla solidità del pensiero teoretico di Marx: «Questo - ripete con Gentile - è un 111aterialis1110 che per essere storico non è più 111aterialisn10» 50 • Il pensiero di Marx, dunque, sarebbe un «eclettisn10 di dottrine eterogenee», che «approda a un'irreparabile contraddizione fra il contenuto e la tOnna ciel sisten1a, ossia fra la 111ateria considerata con1e unica realtà e il concetto della praxis» 51 • Questo giudizio, tuttavia, non in1pedisce allo studioso catanese di cogliere l'i1nportanza dell'analisi del capitalisn10 condotta da Marx e di vedere nella svolta verso l'econo1nia politica un passaggio coerente con la concezione della storia 111arxiana52 . Scalia non si fermerà allo studio del pensiero filosofico di Marx. Negli anni successivi) sulla scia ciel Toniolo e in un paragone serrato con Achille Loria, egli continuerà a confrontarsi con I'econon1ia poli-
Jbid., 197. Jbid.,192. 9 " <dVlarx - scrive Scalia - fu colpito dalla considerazione delle conseguenze sociali delle teorie di Fcucrbach sulla religione. fvla, incapace di rinunciare alla fi!osotìa hcgcliana in cui il suo pensiero si era forn1ato, egli volle fare una sintesi di 1-Iegc! e di Feuerbach. Provò a ricollegare l'u1nn11csiino di Feuerbach alla concezione dialetticn hcgc!iana del progresso neccssnrioll (ibid. 201). 5 Cfr. G. GL:NT!LE, La jì!osofìa di 1\iarx, in ()pere co111plete, Firenze 1955, 161. 51 C. SCAl..IA, La phi/osophie .. cit., 207-208. 52 lhid.. 202. .tl 18
'
°
Il
cotanese C'ornzelo .S'cufra
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tica 1narx1ana, fornendo nuovi apporti al tentativo di dar corpo a una sociologia cristiana 5-1• Non a caso l'interpretazione offerta da Scalia nella sua tesi di dottorato, che sarà poi sviluppata in Il materialismo storico e il socialismo. Raffi·onti critici ji·a C. ~Marx e A. Loria" e in Realismo scientifico e idealismo hegeliano. A proposito della filosofia di C. Jv!arx 55, ottenne il plauso di Giuseppe Toniolo, che nel 1911 così scrisse allo studioso catanese: «Ella arriva a così penetranti e nette distinzioni intorno alle cau$e detenninatrici di quella antinon1ia che è caratteristica di Carlo Marx (e che in fondo è l'intima ragione della decadenza del siste111a) da essere in ciò da ben pochi i111itato» 56 ,
7. Influsso belga e influsso romano nello diocesi di Catania La formazione culturale di Carmelo Scalia non rappresenta un'eccezione nel panoratna del clero etneo d'inizio '900. JI cardinale Francica Nava, infatti, aveva voluto fin dagli esordi dcl suo lungo episcopato fonnarc sacerdoti che sapessero unire «la pietà e lo studio», «la virtù e una soda scienza» e che fossero a[tresì capaci di annunciare il Vangelo «fra le grandi difficoltà dei tempi che travagliano» 57 •
5J Cfr. in partico!tirc C. SCALIA, L'elica ne/fu scienza eco110111ica, Ronu1 1924. Per un'a111pia bibliografia su Toniolo ri1nandi<11110 a P. PECORARI, Torliolo. lJn economista per la de111ocrazia, Studiu1n, Ro1na I 991. 5 -< L'opera venne pubblicata da Vita e Pensiero nel 1920 e nel 1922, grazie ai buoni uffici di Achille Loria, essa frullò a Scalia la !ìbcra docenza in Econo1nia poli~ tica all'Università di Torino. 55 Questo saggio che, con1e dello, fu pubblicato a Roma nel 1921 per i tipi di F. f'errari, ebbe una lusinghiera nota introduttiva cli L·:nninio Troi!o . .'ir, La lettera, che porla la data del 24 oitobre 191 I, è riporlala in G. TON!OLO, Lei/ere, Il! (1904-19!8), Edizione del Con1itato Opera 01nnia di G. Toniolo, Città dcl Vaticano 1953, 284-285. Su Toniolo e il socialisrno, cfr. P. Pl~CORARJ, op. cii., 42-50. 57 Cfr. le ]ellere di G. Francica Nava a C. Scalia (in parlicolnrc le tre datate rispettivan1cntc dicen1brc 1905, 24 aprile 1906 e ! 8 novembre ! 907), in AsorN, carpe Lia 37, 1~1sc. b, Belgio.
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Giuseppe Di Fazio
Fervente sostenitore del neotomismo", l'arcivescovo di Catania volle creare nel seminario etneo una buona scuola di filosofia e teologia che desse una solida preparazione ai futuri «preti sociali». Per Francica Nava, infatti, l'azione sociale doveva coniugarsi con una chiara impostazione culturale. Da un lato, perciò, il porporato invitava i sacerdoti e i parroci a creare casse rurali e operaie, società di 111utuo soccorso, unioni professionali e cooperative di consun10 «secondo lo spirito della Chiesa», per «sollevare 1nateriahne11te e spiritualn1ente la classe lavoratrice» e per contrastare le «dottrine sovversive e antireligiose» se1ninate dai «1nestatori» approfittando del generale 1nalcontento popolare-"9 e, dall'altro lato, sosteneva che una vera rifonna della vita sociale e dci costumi «dipende dalla riforma della mente»''". La politica culturale di Francica Nava fu, sotto questo profilo, lungin1irante: il cardinale inviò - attraverso borse di studio da lui stesso istituite e finanziate - i chierici più intelligenti a perrezionarsi in filosofia a Lovanio, in teologia a Ron1a e in sacra scrittura a Beirut. Così, nel giro di un decennio, il se1ninario poté contare su un corpo docente che non aveva nulla da invidiare alle facoltà pontificie: Angelo Messina e Pietro Maccarrone (che avevano conseguito il dottorato a Lovanio e poi avevano proseguito gli studi alla Gregoriana) insegnavano rispettiva111ente filosofia 1norale e teoretica; Giovanni Maugeri 61 e Giambattista Puleo (che avevano conseguito il dottorato in teologia alla Gregoriana) insegnavano don11natica e teologia fonda111entalc, mentre Giovanni Jacono''' (anch'egli dottore alla Gregoriana) era do-
58 Sulla forn1<1zione e sul!'i1npegno ncoto111ista di Francica Nava, cfr. Ci. DI r;. PJSCIONE, Un 11eoto111ista siciliano: il ca!'dinale G'iuseppe Francica 1\fava, in Sapienza, Rivista Internazionale di Filosofia e di Teologia 34 (198!) 112, 203212. 59 G. f.RANCICJ\ NJ\VA, Lettera circolare al Rev.1110 clero dell'Archidiocesi, in flt·: 7 (1903) 2. (,() crr. /, '.:/111/co del clero ( 1892) 2. 61 Giovanni rvl<1ugeri era st<1to a Ron1a alunno dell'Aln10 Collegio Capranica cl<1l 1896 <1l 1905. Dur<1nle questo periodo egli conseguì le l<1uree in filosofia (1899), in teologia (1903) e in diritto canonico (!904). Cfr. ;\L~·JO COLLEGIO CJ\PRANICA (ROMA), Libro di 111atricola 1896-1942. 62 Giovanni Jacono sarebbe st<1to non1inato vescovo di rvlolfetta ( 1918-21) e, poi, di Caltanissetta (1921-1956). Un interessante profilo di Jacono è tralteggiato da FAZIO -
Il catonese Carine/o Scalia
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cente di morale e Giuseppe Scalia (che si era formato al Collegio Leoniano) era docente di Letteratura italiana. La sacra scrittura, infine, era affidata a Michelangelo Torrisi, che Francica Nava aveva inviato a studiare prima all'Università "Saint Joscph" di Beirut e, poi, all'Istituto Biblico di Roma"'. Con1e si vede, la lungi111iranza 111ostrata da Francica Nava nei confì·onti di Scalia si inseriva in un progetto più an1pio e preciso: for1nare un clero che fosse capace di superare la sfida dcl 1nodernis1no e di contrastare sul piano teoretico oltre che sul piano pastorale ed etico le grandi correnti di pensiero che conquistavano spazi se1npre più a1np1 nella società d'inizio secolo: il socialismo e il liberalismo. C'è da rilevare, tuttavia, che la 1naggior parte dei giovani catanesi che si. erano recati nelle Università pontificie rin1asero segnati più che dalle polemiche fra modernisti e antirnodernisti, o dalle idee de111ocratico cristiane, dal clin1a spirituale che si respirava nei collegi in cui venivano ospitati. In particolare gli allievi del Collegio Leoniano (fra gli altri Giuseppe Scalia, Giovanni Jacono, Pietro Maccarronc, Michelangelo Torrisi) si formarono alla scuola di Vincenzo Tarozzi, il «San Francesco di Sales redivivo», co111e ebbe a definirlo Pietro Capizzi('-'.
C. NARO. Fisio110111ia interiore del vescovo )(Icono, in In" ,.\Jo111e11ti e figure della Chiesa nissena del! 'Otto e Novecento, Centro studi sulla Cooperazione «J\. Crnn1nan1ta» - Edizioni dcl Sc111inario, Caltanissetta 1989. 345-370, ripreso anche in l,a C'hie.1·a di C'altanissetta ji·a le due guerre. 111, Sciascia, Caltanissctta-Ro1na 1991, 121-138. Si veda anche Cì. JACONO, lln popolo, 1111a C'hiesa. Lettere pastorali al clero e al popolo de/fa diocesi di Caltanissetta (1921-1956), a cura e con introduzione di C. Naro, Edizioni dcl Sc111inario. Caltanissetta 1979. 6·' Cfr. J\SDFN, carpette 25 e 37. A proposito dcl se1ninario, così si csprin1e nel 1907 il Bolleffino Ecclesiastico det!'Archidiocesi di Catanhr: «i! corpo dei professori, ri1npinguato delle fresche energie di giovani sacerdoti, che si sono preparati all'insegnan1ento letterario nelle Universilù di Roma e Lovanio, e !'cntusias1no con cui i nostri chierici hanno accolto le parole del Papa sulla r!IOrma degli studi, ci allìdano un sicuro e scrio progresso intellettunlc elci nostro clero, pienrnncntc conJ'orn1c ai bisogni 1noderni» (BE 11 l!907l 22, 287). 6-' Vincenzo Tarozzi (1846-1918) era la guida spirituale de! Lconiano. Fra i suoi discepoli anche i futuri cardinali Ruffini e Lcrcaro (cfr. C. SEMF.RARO, Vincenzo Tal'ozzi. llna l'iscoperta preziosa per la storia della spiritualità del prùno 1\lovecento in Italia, in P. BORZOMATI [a cura dii. Chiesa e società a C'a/tanissel/a all'indo111ani della Seconda Guerra klondia!e, Edizioni dcl Sc1ni11ario, Ca[tanisset-
Giuseppe Di Fazio
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L'influsso "tarozziano" - chiara1nente presente in Giovanni Ja-
cono che fu direttore spirituale e rettore del seminario etneo - si manifestava soprattutto in una spiritualità che finiva per contestare il modello sacerdotale del "prete sociale" assai diffuso agli inizi del secolo in Siciliar'5 • Giovanni Jacono, per esetnpio, concepì l'i111pegno sociopolitico co1ne una tentazione per il sacerdote, un'occasione di distrazione non solo dall'esercizio del 111inistero, «1na anche dal personale
rapporto con Dio» 66 . l~a
spiritualità tarozziana insisteva 111olto sull'ascesi, «sulla quo-
tidiana vigilanza dei moti disordinati dell'animo, sul dominio delle passioni» ed era 1no!to vicina alla pietà popolare<17 • Pur vivendo nel pieno della crisi 1nodernista, i "tarozziani" la attraversarono indenni, «senza divenire antin1odernisti» 68 .
li clero formatosi durante i primi anni dell'episcopato Francica Nava si può raggruppare in due grandi filoni: quello den1ocratico cristiano, in1pegnato nelle lotte contadine e operaie, e quello tarozziano,
più attento all'ascesi e alla pietà. Difficile collocare in uno dei due can1pi Carn1elo Scalia. Segnato dagli anni di J_,ovanio, egli rin1asc in una posizione intennedia: critico verso i preti sociali troppo interessa-
ti all'azione ma poco ferrati sul piano culturale, eppure lontano anche dalla spiritualità tarozziana attenta pili a/l'ascesi personale che a un confronto serrato con le n1oclerne ideologie.
ta 1984, 379-39!). Per l'innusso di Tarozzi sul clero siciliano cfr. C. NARO, La chiesa di C'a/tanissetta .. , cit.. JJL 95-115 65 Jbid., I !3. 66 Le. r,7 lbid., 98-99. Risultava, invece, <<111ini111izzato il piano "naturale" e delle specifiche clin1ensioni della politica, della cultura, e dell'in1pegno sociale)) (ibid., I I I). 68 lbid, 104.
IV.L'ACESE MICHELE COSENTINO GIUSEPPE CRISTALDI'
"Non c'è 111odo di sapere quello che si nasconde nel cuore d'un ragazzo ... Il cuore è un segreto ape1to solo al suo Creatore", era questo il pensiero che attraversava l'animo del padre di Charles Reding, il protagonista del romanzo newmaniano Loss ami Gain. Analogo pensiero avrà attraversato l'ani1110 dei genitori di Michele Cosentino, quando questi, in quell'età adolescenziale, in cui si prendono talora decisioni che incidono per tutta la vita, frequentava il liceo classico statale di Acireale, segnalandosi per vivacità e duttilità d'intelligenza. Celebrando il sessantesimo di vita sacerdotale, don Michele ricordò con gratitudine l'affettuoso rigore dell'educazione ricevuta in fa1niglia. Nel suo studio c'era la fotografia che ritraeva assien1e i genitori. Un po' tarchiato il padre, con il berretto campagnolo da proprietario terriero; esile e snella la tnadre, con negli occhi un profondo e misterioso splendore.
Fan1iglia benestante, con terreni nella piana di Catania, casa di abitazione in Aci S. Antonio e casa di villeggiatura in Acibonaccorsi, non indulse allo sfarzo e allo sciupio. Pur nella serena agiatezza, si seguiva in essa una linea di controllata 1norigeratezza. Clin1a sereno sì, 1na pure in certo 1nodo anche austero, in cui palpitava, con l'effettivo affetto reciproco, la schietta vena della vissuta religiosità. Conseguita la maturità, Michele andò a Roma, per seguire i corsi universitari di ingegneria. Aveva chiara l'inclinazione ingegneristica. Ma sentiva pure l'attrazione per la inedicina. Per cui ai corsi ufficiali d'ingegneria unì qualche corso libero di medicina. Ma fu in questo periodo che il segreto del cuore, aperto solo allo sguardo di Dio, si concretò nella decisione di intraprendere la via che conduce al sacerdozio. Nella lingua tedesca lo stesso tern1ine - (Jeheilnnis - significa "segreto" e "1nistcro". Ogni vocazione al sacerdozio è una decisione
,. Già Docente di Filosofia della religione nell'Università Cattolica di Milano.
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personale, e perciò un segreto della coscienza, che sporge e respira nel mistero. li mistero della libertà divina con cui s'intreccia quello della libertà umana. Si ha quel solus cwn Solo, di cui parlava, non senza trasalimento di spirito, Newman nell'Apologia pro vita sua, riguardo alle decisoni radicali e ultimative dello spirito. li giovane Michele, dallo sguardo profondo e scrutatore, decise d'interrompere gli studi di ingegneria e di entrare nel collegio Capranica, per prepararsi a ricevere il sacerdozio. Il collegio Capranica aveva una sua singolare fìsiono1nia, che proveniva da una tradizione custodita e tra111andata con cura quasi ge-
losa. Aveva i compiti formativi propri del seminario ma non era un sen1inario. Era con1e una fa1niglia. Con quell'at111osfera di con1prensione reciproca, di aiuto sca1nbievole, di sostegno con1unitario e di incentivo personale, che fanno della famiglia i I luogo ideale del la crescita e dello sviluppo della persona. Il clima poteva essere definito come quello di una sana e consapevole libertà cristiana. Nell'ambiente del Capranica il senso della libertà, già innato in Michele Cosentino, si rafforzò e si affinò. La vita di pietà gli dava il gusto della volontà di Dio cui ancorare fermamente la libertà. Gli studi teologici, che seguiva nell'Università gregoriana, aprivano alla fervida intelligenza gli orizzonti del mistero di Dio che rivela ed entra, con un disegno di an1ore nella storia degli uon1ini. La libertà si 1nostrava allora con1c una sco111111essa di an1ore. Il 19 dicembre 1920, nella basilica di S. Giovanni in Laterano di Roma, Michele Cosentino veniva ordinato presbitero, per le mani del vicegerente. Le credenziali gliele aveva inviate il vescovo di Acireale, il filippino Giambattista Arista. E il vescovo stesso gli aveva detto di provvedere a Ro111a per l'ordinazione, giacché egli, il vescovo buono, già malato di cancro, stava per congedarsi dal mondo. E quando, infatti, Michele Cosentino si prostrò per terra, nella basilica lateranense, per ricevere l'in1posizione delle niani che lo rendeva sacerdote per sempre, il vescovo Arista, dallo sguardo dolce e dal cuore ricolmo di a1nore, aveva già varcato il traguardo terreno. Così che le credenziali per l'ordinazione di Michele Cosentino furono forse l'ultimo documento firmato dal vescovo morente. 1
L'acese Michele Cosentino
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Perché non cogliere anche in un certo casuale accostarsi di date co1ne un sitnbolo arcano, un 111 istcrioso annodarsi di eventi nel la regione dell'invisibile? Una fian1111a si era spenta, 1na un'altra si accendeva, nella continuità di una consegna, che ha come principio e tennine l'arcano a1nore cli Dio. La passione sacerdotale di Michele Cosentino ebbe come una in1provvisa e illun1inante reduplicazione, quando, 1nentre con1piva una 1nissione popolare in un paesino sperduto nell'abbruzzese, ebbe notizia di un vecchio prete an1111alato che viveva solo in una cascina se1niabbandonata, soltanto soccorso dalla sporadica carità di qualche pia persona. Andò a visitarlo e subito gli si accese nel cuore l'idea di una casa che fosse principalmente destinata ad accogliere, in un clima di famiglia, sacerdoti anziani e an11nalati, bisognosi, oltre che di cure 1nediche, di affettuosa con1prensionc. I/idea divenne fia111111a ardente di carità sacerdotale, che si alimentò interiormente nella preghiera e nella riflessione, prima che si potesse esprimere nella concretezza dell'opera. Nel frattempo si ebbe, da parte del nuovo e ancora giovane vescovo di Acireale, Fernando Cento che veniva dalle Marche e aveva un cuore fervido ed entusiasta, la chìa111ata a ricoprire l'ufficio di direttore spirituale in sen1inario. Don Michele rispose con un sì pronto e generoso. Troncò gli studi per il dottorato in teologia, rinunciò anche ai piani di apostolato che aveva ideato per la periferia di Roma, venne ad Acireale, vedendo nella chiamata dal vescovo l'indicazione del Signore. Lunghi anni, circa quaranta, furono trascorsi da don Cosentino in questo delicato e singolare 1ninistero. Egli fu 1naestro di "spiriton, con1e usava dire allora, nel significato profondo di non restare in superficie, ma di andare alle radici. Sul suo tavolo da studio, in quella can1cretta, striata di rosso - che era il suo colore preferito forse perché simbolo dell'amore che arde e brucia-, si potevano spesso scorgere i grossi tomi del Mignc, che raccoglievano le brucianti pagine dei Padri della Chiesa. Su quei testi, oltre che sulla Sacra Scrittura, egli era solito compire la sua meditazione personale. E di tale nutrimento si sostanziavano quelle incisive e talora anche in certo 1nodo sconvolgenti 1neditazioni che egli proponeva ai chierici. Con particolare frequenza ai
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Giuseppe Crista!di
chierici del corso teologico, che si raccoglievano in una cappelletta, anch'essa striata di rosso, dove slargava le braccia, con1e in uno spasi1110 di an1ore, un grande Crocifisso. E ancora un Crocifisso, realisticamente piagato e sanguinante, si ergeva sull'inginocchiatoio nella stanza dove riceveva. li tema della croce, del sacrificio, dell'immolazione, era ricorrente nella sua predicazione. Talvolta poté anche sembrare eccessivo. Ma esso si congiungeva con la visione, dolcissi1na e confortante anche se austera, del crocifisso Signore. Aveva vivo, nella luce di Cristo, il senso della libertà. Non volle
adottare il costu1nc, in uso in altri se1ninari, di incontri progran1111ati con il padre spirituale. Chi voleva, andava. Chi non voleva, non andava. Ma con chi abitualmente lo frequentava, si mostrava rispettoso della libertà interiore. Non disse mai, neppure a chi si era dichiarato suo figlio spirituale ma poi per qualche tempo non si era fatto vedere : perché non sei venuto? Sapeva che ci sono 11101nenti in cui lo spirito si deve ritrovare so!us cu1n 5;0/0, con1e aveva avvertito Ncw1nan in una pagina intensa della sua Apologia pro vita sua. Sapeva che il vero direttore spirituale doveva essere J__,ui, il Signore Gesù e la 111ccliazione del direttore spirituale utnano doveva rin1anere discreta e trasparente. Espri1neva con chiarezza, e anche con detenninazione, il suo parere, talora forse con eccessiva sicurezza, 111a non lo i1nponeva. Così non si fece sequestrare, pur rispettandolo, dall'orario disciplinare dcl se1ninario. Chi non lo trovava in can1era era pregato di scrivere il proprio non1e in un foglietto da niettere in un'apposita buca. Poi egli avrebbe chiamato il richiedente. Tale metodo era criticato da taluni, che ritenevano che la richiesta di colloquio poteva essere legata a stati d~ani1no i1n1nediati, che, col passare del te111po, si sarebbero come diluiti o sarebbero anche del tutto scomparsi. Ma egli faceva avvertire che la vita spirituale non si può reggere sulla in1n1ediatezza delle e111ozioni, 111a deve sapersi decantare nella riflessione ragionata. Non aveva forse detto s. Agostino che fìdes non cogitala non può essere autentica fede? Con le risorse del suo talento ingegneristico si era costruito, nella sua stanza da letto, un insien1e di servizi in 1niniatura che lo ren-
L'acese Michele Cosentino
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devano autonomo e 111 certa guisa indipendente. Era anche questo un respiro di libertà. Non mancò qualche contrasto tra i superiori del seminario, per tanti versi tutti esemplari. Specie quando, nei tempi difficili della guerra e del dopoguerra, venne non1inato un giovane vicerettore,
dalla
mente aperta e desideroso che i vari superiori mantenessero la loro azione dentro i limiti del proprio ufficio. Ma i tempi erano difficili e, nell 'e1nergenza, non si possono 111antenere sen1pre con fin i prestabi I iti. Il direttore spirituale era anche proprietario terriero e, per venire incontro aì bisogni econon1ici del sen1inario, assien1e alran1111inistratore
dell'epoca, utilizzò i propri beni patrimoniali. Divenne perciò sensibile e anche irritabile di fronte ad ogni forma di spreco. Interveniva perciò, non senza qualche asprezza, se vedeva una luce accesa fuori ten1po o un rubinetto lasciato aperto. Interferenze sì nel campo disciplinare, ma interferenze dettate dall'amore e dalla passione per il seminario, che doveva essere, per i candidati al sacerdozio, scuola di formazione integrale, anche al rispannio, nella condivisione al sacrificio che i tempi difficili a tutti richiedevano. È certo però che ogni interferenza del padre spirituale in campo non proprio, sia pure fatta con le migliori intenzioni e sia pure in te1npi non ordinari, non può oggettivan1ente non nuocere all'in1111agine e forse anche all'influsso del direttore spiri-
tuale. Del resto le tensioni e anche i contrasti non sono 1nai 111ancati
nella storia della Chiesa, anche tra persone sante. Si pensi al caso di Paolo e Barnaba, di cui gli Atti non fanno mistero e, in tempi più recenti, alla controversiai non priva di qualche asprezza, tra John J~fenry
Newrnan e Frederick William Faber. E tale possibilità di tensioni e di contrasti rientra in quello spazio di libertà, che lo stesso Vangelo suppone e forse tutela. Ma sempre la carità, che è la sostanza del Vangelo, impedirà che il contrasto si esasperi in conflitto, facendolo rientrare nell'alveo di una utnile opinabilità, che si apre alla tolleranza e anche a!P accoglienza. L~idea antica, che con1e fian1111a viva si era conservata nel cuore
di Michele Cosentino, poté esplodere nel giovedì santo del 1951 con il primo colpo di piccone dato per l'erigenda Oasi Maria SS. Assunta. Egli volle che per prima sorgesse la cappella, dove palpita il cuore
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Giuseppe Cristaldi
dell'eterno Sacerdote dietro la fralezza dei segni eucaristici e dove sorride l'immagine della Madonna Assunta. E volle che l'immagine della Madonna Assunta sorridesse in ogni an1biente e in ogni ca1ncra, a conforto e a speranza, specie per eh i si trova, o per età o per 1nalattia, sul crinale che dal tempo sporge sul mistero dell'eterno·. Il giovedì santo dell'anno successivo la cappella si inaugurava con la santa 111essa celebrata da un sacerdote ancora giovane 111a irrimediabilmente malato. Con quella celebrazione eucaristica nel giorno in cui la liturgia della Chiesa è colma dello struggente ricordo dell'istituzione dell'Eucarestia e, unita a questa, dell'istituzione del sacerdozio presbiterale, si è iniziato il lungo rosario, che si continua anche oggi, delle sofferenze assistite e offerte, delle solitudini in parte colmate, delle umili silenti testimonianze. Pur avendo ricevuto, non senza ritardo, il titolo di n1onsignorc e di prelato, egli rimase, e così veniva abitualmente chiamato, il "padre". E sulla sua tomba volle che dopo il suo nome si scrivesse: "per grazia di Dio - sacerdote". Cioè la sostanza, e anche la gloria, di tutta una vita. Carico di anni e di meriti si congedò dal mondo il 27 ottobre 1982, all'età di quasi ottantanove anni. L'Oasi gli ha eretto, nel cortile antistante, un piccolo monumento di bronzo. Ma il 111onu1nento aere JJerennius egli lo ha nel cuore di quanti abbiamo beneficiato della sua opera. E, quel che più vale, egli lo ha nel segreto del cuore di Dio.
E per essa dcllÒ, sollo forn1a dì distico, la seguente preghiera: Regina in coe/11111 uss11111pra do11111111 ista111 profcge - et 011111es in ea habitantes corde 111ater110 re.1pice.
V. IL SEMINARIO DI ACIREALE GIOVANNI MAMMINo•
Da alcuni anni ormai gli studi storici sulla Chiesa tra Otto e Novecento rivolgono particolare atteuzione alla formazione del clero. Partendo dalla cura pastorale, dai modi in cui vive e opera il clero in Italia, spesso si è tentato di risalire alla formazione ricevuta in semina-
rio. La prospettiva inversa presenta tuttavia particolare interesse, in quanto la storia dei seminari e della formazione in essi impartita può portare a nuovi contributi per con1prenderc 111eglio alcuni avveni1nenti ecclesiali c sociali di cui sono stati protagonisti esponenti del clero. Accingendo1ni a presentare l'esperienza e1nble1natica di un se111inario so1to in Sicilia nel periodo successivo all'unità d'Italia, vorrei anzitutto evidenziare quegli aspetti connessi con la fonnazione culturale, delimitando l'ambito cronologico agli anni di episcopato di mons. Gerlando Maria Genuardi ( 1872-1907), primo vescovo di Acireale e fondatore del seminario. La diocesi di Acireale, sebbene giuridicamente eretta da Gregorio XVI nel 1844, ebbe vita autonoma solo nel 1872. Abbastanza ardua si presentava al giovane vescovo la 111 issione da con1piere: costruire una diocesi unita e co1npatta, superando gradata1nente le differenze esistenti nel clero e nel popolo dei territori facenti parte un tempo delle diocesi di Catania e Messina; dare avvio e organizzare le strutture fondamentali per la vita di una diocesi, come il capitolo della cattedrale,
la curia e il se111inario 1. Riguardo al sen1inario della nuova diocesi, già il vicario capitolare Tommaso Calì aveva disposto che per la formazione dei chierici fossero ìncaricati i Padri dell'Oratorio; primo rettore fu il preposito della congregazione p. Francesco Grassi Mangani. Con l'ingresso del
~
Dottorando in Storia della Chiesa. Per la storia dell'istituzione de!!a diocesi di Acireale e l'azione pastorale del prin10 vescovo, vd. G. CONTARINO, Le origini della diocesi di Acireale e il pri1110 vescovo, Accaden1ia di scienze, lettere e bc!lc arti degli Zelanti e dei Dafnici, Acireale 1973. 1
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Giovanni Man11nù10
vescovo in diocesi furono proprio i Padri dell'Oratorio a rinnovare l'i1npegno di provvedere non solo alla forn1azione dei se111inaristi 1na anche all'acquisto di locali idonei per il seminario'. Intanto, malgrado la situazione logistica precaria e gli ostacoli frapposti dallo Stato -
non essendo stato ancora concesso l'exequatur per la nuova diocesi-, il vescovo pensava dì organizzare in qualche modo la formazione dei
"chierici teologi". Chia1nando ad insegnare alcuni religiosi co1ne il teologo tomista gesuita p. Vincenzo Roccaro, il domenicano p. Vin-
cenzo Giuseppe Lo1nbardo e, soprattutto, inviando a l{o111a, presso l'Alino Collegio Capranica, alcuni sen1inaristi fra i più pro111ettenti, Genuardi volle con1inciare a forn1are per il suo sen1inario un corpo docente ben preparato e dei validi collaboratori nella guida della diocesìJ. Con l'acquisto dei locali dell'ex collegio S. Martino, nel 1880, e la concessione del regio exequatur per la diocesi, fu possibile realizzare il progetto del seminario diocesano completo in tutte le sue strutture. Per la forn1azione dei scn1inaristi il vescovo desiderava i salesiani, da lui conosciuti preccdente1nente in seguito all'apertura della loro pri111a casa in Sicilia, nella diocesi di Acireale, a Randazzo. Tra il 1880 e il 1881 si intensificarono le trattative tra Genuardi e il superiore dei sa-
2 ((fGernrnrdiJ volse le sue cure principali al Sc1ninario dei Chierici. Non essendo allora la diocesi riconosciuta giuridicmncnte da! R. Governo, 111ancava a questo islituto la sede propria, 1na avendo i Padri dell'Oratorio assunto l'obbligo verso la Santa Sede di apprestare b loro opera di istruzione ccl educazione dci sen1inaristi e i 1nczzi proporzionali per la istituzione del Setninario diocesano, esso venne iinpiantato in una sede provvisoria)). V. RAC!TI Rorv1FO, ('ronistoria de/la istituzione del vescovado di Acireale, in Alfi e rendiconti della /?. Accade111ia di scienze, lettere e arti degli Zelanti di Acireale serie IV, 3 (1930-1932) 83. 1 Nella Relatio status 1~·cclesiae Jaciensis dcl 1879 per !a Visita ad Li111i11a, Genuardi così scrive dcl Seininario: «F'rovcctiorcs vero in parte cpiscopii n1ei ad hoc destinata colligcre potui, ubi sub ocu!is tnei per idoncos institutores et 111agistros Sacris disciplinis in1buu11tur, et ad sacros nu~jores Orclincs rccipiendos disponunlur. Ex his auten1 trcs ingenio praeccllcntcs in Alino Capraniccnsi Collegio dc Urbe collocari curavi; ul apud Grcgorìanan1 Universitatcin istain, crnnplctun1 cursutn Ecclcsiasticarun1 Scienliarun1 pcrficere et !auremn doc!oralern conscqui valeant; et ita ad praecipua 111unera, quac ad auxiliandu1n Episcopun1 insliluta sunt obeunda, idonei efficiantun>. G. NtCASTRO, /,e «Re!ationes ad li111ina!> del pr/1110 vescovo di Acireale, in A1e111orie e rendiconti del/ 'Accadenlia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafi1ici di Acireale serie!/!, 5 (1985) 160.
Il seminario cli Acireale
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lesiani, don Rua, per ottenere dalla congregazione un rettore per il se1ninario e dei sacerdoti assistenti. La decisione, riservata al capitolo superiore dei salesiani diede esito negativa"'. Accantonato il progetto di affidare la gestione del seminario ai salesiani, il vescovo scelse co1ne rettore un giovane sacerdote, il canonico Alessandro Amato di Randazzo.
I. Gli idea!if(mnarivi dei vescovo Genuardi
Il 15 dicembre 1881 venne inaugurato il seminano nella sua nuova sede di via S. Martino; per Poccasione il vescovo Genuardi, tenendo la prolusione sul teina J, '1:5truzione Llella gioventù ecclesiastica, volle indicare alcune linee programmatiche riguardanti la formazione del clero. Di importanza fondamentale è per lui la formazione spirituale, all'interno della quale evidenzia la virtù dell'obbedienza. In un ten1po in cui si rivendica libertà di pensiero e autonon1ia resta di pri1naria itnportanza Pobbedienza ai precetti divini e, in particolare, al vescovo 5 . li se111inario deve inoltre fornire ai giovani chierici una solida formazione culturale per un efficace inserimento nella società del te1npo in cui vivono. Particolare i in portanza assun1e l'istruzione teologica, letteraria e filosofica; n1a !a strada da seguire è quella data dal to1nis1no 6 . Più volte Genuardi si n1anifesta entusiasta di questa svolta
4 ARCHIVIO S'IOIUCO DIOCESANO ;\CJREALE, Carteggio COI/ i salesiani, 18801881, vo!. 2711, ff. 181-196. Ctì·. E. CERIA, !\Ie111orie biograjìche del beato Giovanni Bosco, 14, SEI, Torino 1933, 315-317. 5 Una buona sintesi sui inoclclli a cui si ispirava l'azione pastorale dcl pri1110
vescovo di Acireale viene offerta in D. f'vfASSJMJNO, 1\Iodefli ecclesiofogici neg!i scritti e nella prassi pastora/e di 111011s. D'erlando k!aria Genuardi, prilno vescovo della diocesi di Acireale. in Sy11axis 7 ( 1989) 91-! 38. r, ((Ma inollrc la istituzione letteraria dc! giovane clero ha !a rnissionc di renderlo capace a gual'ire dai vizi generali che infettano la civiltà presente [... ]. Sorgendo adunque questo nostro Se1ninario sotto gli avventurosi auspici della tanto sospirat<1 restaurazione della scienza filosofica per opera di sì grande Pontefice l, per noi è già segnata la via, posta la base, indicato il 1naestro da seguire ncll'insegna1ncnto delle scienze filosofiche e teologiche alla cara nostra giovane chierisia»: (J. M.
r...
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c;ovanni Manunino
avvenuta nella Chiesa con l'Aeterni Patri.1· di Leone XIII. La formazione culturale del clero, negli scritti dcl vescovo, viene sempre più motivata a partire da preoccupazioni apologetiche: «La fìlosofia precede logican1ente nei Sen1inari tutte le altre scienze, essendone la chiave, il lu1nc ed il sussidio. Essa è razionale o positiva. La
prin1a va congiunta coi principii speculativi e 111orali della religione: la seconda, ovvero la fisica, viene in difesa dei tatti esteriori della stessa religione, con1e la creazione, i! diluvio, l'unità de!!'un1ana stirpe e sin1ili. Abbandonare l'una o l'altra in inano degli inesperti o dei tristi sarebbe un
lasciare aperta ai devastatori la porta del Santuario, che Dio dava in cu-
stodia ai Leviti. Ai Leviti adunque si appartiene la difesa» 7 . Non ci sorprende di riscontrare sovente negli scritti del Genuardi tale tono apologetico. In essi viene presa in considerazione la grave crisi in cui versa la società e le insidie di tanti "ne111ici" che 1nuovono guerra contro la Chiesa e la sua n1issionc. Uno dei pri111i doveri del clero è quello della catechesi, favorendo in tutti i modi la collaborazione con la Compagnia della Dottrina Cristiana, fondata dal vescovo nel 1874 e prescritta a tutte le parrocchie. Negli ultimi anni del suo ministero, Genuardi insiste sulle opere sociali del clero: con la lettera pastorale del 190 I, Il clero e i /empi presenti, egli torna a riproporre al clero alcune idee fonda1nentali del suo episcopato: «Non ci sian10 1nai stancati [ ... ] di esortarvi a promuovere le opere catechistiche, di oratori festivi, di associazioni cattoliche di giovani e di operai, non che gli istituti di scuole cattoliche e delle sacre missioni»". Al clero viene chiesto di essere più attivo nell'analizzare le condizioni particolari del territorio, nell'organizzare conferenze popolari per far conoscere le encicliche sociali del papa, nel fondare casse rurali per co111battere il fenomeno dell'usura, nel divulgare la stampa cattolica e, principal-
GENUARD!, /)iscorso inaugurale [... l letto ne/l'aula del 5,'e111inario !Jiocesano il 15 /)ice1nbre 1881, Tip. V. Micalc, ;\cireale 1881, 13-14. 7 lbid, 13. H G. rvr. GENUARD!, li clero e i te111pi presenti, in li Zelatore C'attolico 7 ( 190 I) 72.
Il seniùzario di Acireale
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mente il quotidiano li Sole del Mezzogiorno, nella fondazione di leghe operaie e di uffici per il lavoro, nello spirito di piena e fattiva collaborazione con il laicato cattolico.
2. L'Accademia dei SS. Agostino e Tommaso Fin dalla sua pri111a lettera pastorale il vescovo Genuardi aveva espresso il proposito di favorire in tutti i modi la formazione di un clero santo e colto, capace cli far fronte alle sfide del suo tempo. Tale progetto, concretizzatosi con \'apertura dcl sen1inario e la cura con cui furono scelti e preparati superiori e professori, non poteva fern1arsi agli anni della formazione agli ordini sacri ma era destinato a proseguire 1nediante la creazione di occasioni di incontro e di collaborazione in vista di una 1naggiore conoscenza della cultura e di tutto ciò che potesse favorire la difesa della fede, l'arricchimento reciproco e la valorizzazione dei talenti personali. Il 28 agosto 1895 il vescovo Genuarcli inaugurava l'Accademia dei SS. Agostino e To1n111aso, da lui ritenuta non solo coronatnento dci suoi desideri ma soprattutto risposta concreta agli inviti del papa, volti alla restaurazione ciel pensiero tomista e alla formazione culturale del clero". Fondandola, Genuardi voleva proporre ad Acireale l'esperienza formativa della propria diocesi cli origine, Agrigento, dove la locale Accaden1ia dei SS. Agostino e Ton1111aso aveva svolto un ruolo fondamentale nella formazione del clero della Sicilia occidentale. Obiettivo prioritario dcll'accadcn1ia resta la necessità di:
9 «Noi perciò confortati da singol<iri grazie e benedizioni divine, per le quali ci è stato dato poter raccogliere in rnen di tre lustri chi nostro Se1ninario frulti lictissin1i cli sacerdotali vocazioni e cli conveniente coltura scienlirica ne! nostro giovine clero, scnlian10 i! dovere di rispondere agli augusti desideri cd alla nobile sollecitudine del Pontefice, erigendo come corona della scientifica e !elleraria istituzione del clero in questo nostro clilcttissi1110 Sc1ni11ario un' Accaden1ia Teologico-Filosofica e di studi affini sollo il patrocinio dci due son1111i Dottori della Chiesa Agostino e Ton1111aso)); G. M. GENUARDJ, Leone XII!, resta11ralore della scienza e de/fa civillrì cristiana nel secolo ,Y!.X (discorso per l'inaugurazione c!e!l'Accadeinia dei SS. Agostino e To1nn1aso), in Il Zelatore Ca/folico l (1895) 151.
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Giovanni Man11ni110
«rendere nel Clero perenne e durevole la cultura delle scienze filosofiche e teologiche con !e altre affini, sia per cogliere i! fì·utto pili pratico dell'insegna1nento ricevuto nella giovane età in Se1ninario, sia per n1antenere un centro di vita intellettuale intorno a cui restino uniti, anco dopo finito il corso degli studi, Professori cd alunni [ ... ]. Pro1nuovere nella Diocesi, e special111ente tra il Clero, !'a111ore pei buoni e fruii studi, secondo gli alti intendi1nenti espressi da S.S. Leone XIII nelle sue sapientissin1e Encicliche>> w.
L'esigenza espressa dagli statuti era quella di procedere ad una forn1azione pennanentc del clero, finalizzata ad annonizzare i frutti degli studi con1piuti in sen1inario con le esigenze della società e a formare un clero pronto ad affrontare le sfide poste dall' "apostasia dei te1npi 111oderni". li se111inario, dove ha sede l'accacle111ia, è destinato a diventare «ciò che per sua natura dev'essere, un centro di vita intellettuale, attorno al quale con nobile e santo vincolo restino congiunti, finiti gli studi, Professori cd Alunni»". Non tutto il clero diocesano poteva, di fatto, rendersi partecipe dei lavori dell'accademia ma, al111eno a quella parte del clero che coltivava interessi culturali veniva offerto un valido aiuto. Mon1ento culininante dell'attività accade1nica erano le due sedute solenni che si tenevano in prossimità delle feste dei due grandi santi. Al di là del piccolo gruppo di professori del seminario che portava avanti le iniziative, l'aspetto positivo dell'accademia ri1nase quello di essere riuscita a creare una certa vitalità culturale fra il clero. Mentre le accademie cittadine acesi, alle quali aderivano molti alti prelati, creavano una élite culturale chiusa, !'accaden1ia del se111inario si apriva invece non solo a tutto il clero diocesano 1na anche ai laici nel favorire in ogni modo le attività culturali. Tra gli obiettivi prin-
IO ARCHIVIO STORICO DIOCESANO ACIREALE, Erezione e s1a1111; dell 'Accade1nia dei .':;'S'. Agostino e To111111aso ( ! 895), voi. 24/2, I l 23-24, pubblicati poi in SEMINARJO
VESCOV!LE DI ACIREALE, Regole e Direttorio Spirituale interiore dei se1ninaristi, Tip. Donzuso, Acireale 1898, 43-<16. 11 G. M. GENUARDJ, Leone,\''//!, restauratore della scienza ... , cii.. 152.
Il seminario di Acireale
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cipali dell'accademia notiamo: la volontà di mettere a frutto i talenti dei soci, dando la possibilità di presentare le proprie ricerche pubblicamente o di favorirne la pubblicazione; promuovere tra il clero e il laicato la conoscenza e lo studio delle pubblicazioni più pregevoli, soprattutto quelle attinenti all'apologia e agli "interessi della religione"; favorire la diffusione e la lettura dei buoni libri tra il clero e i laici, «non escludendo quelli diretti ad una sana educazione popolare». Da più parti si notava con1e la causa di tanti inali nella società fosse radicata nel l'analfabetismo e nel l'ignoranza delle popolazioni. Affrontando il problema della catechesi, il vescovo invitava il clero ad essere punto di riferimento per il popolo, cercando di elevarlo culturalmente. L'attività dell'accademia sarebbe stata benefica non solo ad alto livello, presso i ceti alti, mantenendo il clero all'altezza del clima culturale tUvorito dalle accaden1ie e dai rino1nati istituti di forn1azione della città di Acireale, ma anche presso il popolo, mediante la diffusione di una cultura di base, volta a prevenire il pericolo del socialisn10 che già con1inciava a farsi strada presso le popolazioni del territorio acese 12 • Per questi n1otivi il vescovo desiderava per la diocesi un clero combattivo: «Ora fra questo giovine clero co111baltente per la veritù, per la tède, per la giustizia e la carità non dovrà forse aver parle il inio dilettissin10 clero acese? Mi sia consentito, o Signori, sperarlo, ove esso, educato con l'ajuto di Dio a forte e santa ten1pra di virtù sacerdotali, nutrito con buoni studi, lungan1ente esercitato nei lavori di questa nuova scientifìca palestra, e coadjuvato dall'opera intelligente dc' buoni laici, saprà rispondere agli a!tissin1i disegni ed augusti incitan1enti del Pontefice ed ai nostri voti a prò della Chiesa e delle anin1e» 13 •
12
«Così il sacerdote con ]<1 mente illuminata cblla vera sapienza cristiana e col cuore acceso dalla carità di Dio, saprò parlare comc conviene ai nostri giorni, at ricco e a! povero perché entra1nbi vadan salvi da ogni pericolo di pervcrtin1enlo e da ogni funesta seduzione)); G. tvf. GENUARDI, //clero e i te111pi presenti. cil., 74. 13 G. l'v1. GENUAHDI, Leone Xlii, restaurotore della scienza ... , cii., 163.
Giovanni Manunino
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Soci di diritto dell'accademia e veri animatori delle attività, i professori dcl seminario rendevano partecipi delle sedute solenni sia i chierici del se1ninario - particolannente i "teologi" - che gli ex alunni. Nelle due sessioni annuali venivano presentate delle relazioni da parte dei soci, poi pubblicate nella rivista diocesana Il Zelatore Cattolico, nella parte riservata agli atti dell'accademia. Fra le più importanti relazioni ricordiamo quelle del prefetto degli studi Francesco Patanè, del can. Salvatore Bella, del vicario generale n1ons. Gioacchino La Spina e di mons. Francesco Tirendi. Fra i professori che in diverso modo collaboravano all'interno dell'accade1nia notian10 il padre do1nenicano Vincenzo Giuseppe Lon1bardo, restauratore dell'ordine do1nenicano in Sicilia 1"', don Giovanni Pulvirenti, professore di Sacra Scrittura, teologia don1111atica, ebraico e greco biblico, divenuto vescovo di Anglona e Tursi e poi di Cefalù, don Carmelo Patanè, professore di Divina Co1111nedia, poi vescovo di Otranto e di Catania, il valente n1usicista e con1positore don Zaccaria Mus1neci, i fratelli Salvatore e Vincenzo Sozzi; il prin10 diventerà rettore del scn1inario 1nentre il secondo, detto "il filosofo", fu apprezzato docente cli filosofia presso il liceo "Gulli e Pennisi" di Acireale 15 • A testimonianza della vivacità culturale di quegli anni, dal 1895 al 1907, notiamo come la biblioteca del seminario assistette ad un incremento notevole delle accessioni, grazie alle donazioni di diverse opere di pregio da parte dci soci e la cura nel mantenere complete le serie di alcune fonda111entali opere, con1e la patrologia greca e latina del Migne.
1·1 Clì'.
G. ZITO, Un emble111atico religioso di Sicilia: il do111e11icano Vincenzo (7iuseppe /,0111bardo, la rl}Ondazione del convento di /lcireale e il rifìuto dell'episcopato, in Se/'1110 sapientiae, seri/li i11 111e111oria di Reginaldo Can1bareri 0.P. (Quaderni di Synaxis, 7), Galalea, Acireale 1990, 207-222. 15 Su don Vincenzo Sozzi vd. G. CALTABIANO, 11 /Jl'of don Vincenzo Sozzi, filo.w~fo sacerdote educatore nella vita di Acireale, in 1\le111orie e rendiconti del/ 'Accade111ia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei !)qfnici di Acireale serie II, 3 (1973) 100-126. C. COSENTINI, Rievocazioni e speranze, pagine per Acireale ed altri scritti, 1964-1975, Tip. NJES. Acifeale 1976, 514-519. Tra gli alunni del Sozzi nel liceo acese vi fu anche Michele l,'cdcrìco Sciacca.
li senJ.inario di Acireale
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Grande fu !'entusias1no iniziale; ben presto però l'attività culturale dell'accademia andò rallentando, fino a scomparire. Con la morte del prefetto degli studi Francesco Patanè, nel 1906, dcl vescovo Genuardi un anno dopo e la nomina vescovile di mons. Salvatore Bella, venivano meno i principali artefici di tale opera benemerita. Essendo legata al se1ninario, l'accaden1ia risentiva della crisi interna che cominciava già a profilarsi in quell'istituto negli anni precedenti al primo conflitto mondiale.
3. Alcune figure en1blen1atiche 3.1. Il rettore Alessandro Amato Figura alquanto emblematica è quella ciel primo rettore, il can. Alessandro A1nato; fu lui a dare l'i1npostazione iniziale del se111inario con l'elaborazione delle prin1e regole e di chiari indirizzi forn1ativi. Don Alessandro Amato si era formato a Roma, presso l'Almo Collegio Capranica, ed aveva conseguito la laurea in filosofia e teologia presso l'Università Gregoriana. 'fornato in diocesi, iniziò subito ad insegnare Sacra Scrittura ai pri1ni chierici teologi che il vescovo aveva radunato nel palazzo vescovile. Apprezzato per la preparazione culturale e per le opere di apostolato a favore dei giovani, organizzate nella sua città natale di Randazzo, in collaborazione coi salesiani, fu 110111 inato rettore del sen1inario dal vescovo Genuardi. Ricoprendo una responsabilità delicata, !Il un seminario tutto eia avviare\ volle anzittutto dotare la cotnunità di alcuni punti di riferimento per la formazione dei seminaristi. Nel 1885, con l'opuscolo Un libretto ecl un regalo cd se111i11aristi rii Acirea/e 1(' volle offrire ai suoi se111inaristi un piccolo co111pendio per la fonnazione spirituale, sulla
16 A. AMATO, lln fihretto ed 1111 regalo, ossia, guida alla pe1.fezio11e dei se111inaristi di Acireale sulle onne di S. C'arlo Borromeo, di S. A{/onso 1\iaria dei liguori e de!/ 'abate O!ier, Tip. Donzuso, Acireale 1885. Nel !ibrello vengono riportati mnpi brani dei tre autori con delle osservazioni dcli' Amalo, in nota, dove espone alcune consuetudini particolari dcl sc111inario acese.
Giovanni Monun;,10
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base delle regole di s. Carlo Borromeo, s. Alfonso Maria de' Liguori e di alcuni pensieri dell'abate sulpiziano Olicr. In tale libretto risultano ben definiti i modelli formativi del rettore Amato per il seminario di Acireale, in piena sintonia col vescovo che in quello stesso anno curava la pubblicazione, tradotta dal francese, del 7/·attato sui Santi Ordini dell'abate Olier 17 • Il libretto, "guida alla pe1·fezione" dei seminaristi, doveva essere la base per la stesura di quelle regole rimaste manoscritte negli anni ciel suo rettorato ma che verranno poi approvate ufficialmente e pubblicate dopo la sua morte, nel 1898. Risulta evidente il riferi111ento ai 111odelli classici della fonnazione al sacerdozio, soprattutto a quelli legati alla spiritualità fì·anccse del XVII secolo, 111a anche una certa apertura ai nuovi orientan1enti educativi portati avanti dai salesiani, coi quali I' A1nato aveva collaborato. Nel discorso 11 Chierico è .1pera11za, del I 882, il rettore Amato affermava: «Tale miei riveriti ascoltanti, quale io ve l'ho delineato, è il nobile compito del sacerdote di G. C. essere l'uo1no della società. Tale è il segno cui 111ira questo eletto drappello di giovani, rendersi modelli di virtù, angeli di beneficenza, cullori della scicnza» 18 • Molto si insisteva sulla disciplina e l'obbedienza con1c 111ezzo per forn1are sacerdoti virtuosi, pronti a tutte le battaglie 19 • Negli anni dcl suo rettorato don Alessandro Amato diede un forte i1npulso alla fonnazione spirituale e culturale dei se111inaristi; sorretto cd incoraggiato dal vescovo, riuscì ad organizzare e consolidare la struttura for111ativa del se111inario che si accresceva
17
G. G. OL!ER. Tra/lato dei Santi ()rdini. traduzione a cura di G. lvf. Gentrnrdi, Librcri<1 intcnwzionalc cattolica e scientifica. Torino !885. 18 A. AMA'IO, //Chierico è speranza (Discorso in occasione della distribu7ionc dei pren1i, il 2 11 agosto 1882). Tip. fratelli Donzuso, J\circ<1lc !882, 12. 19 Luigi Sturzo. <1lunno de! seinin<irio di ;\circalc negli anni 1883-1886 - gli anni dcl rettore ;-\111<1!0 -. «conservò l'i1npressionc cli un <1111bicnte i11Lensan1ente rigorista, di un vago sapore giansenistico. li suo confessore era del concetto che non si dovesse abusare dei sacran1cnti. L'cduca7.ione in1partita dal clero era severa, ancorché inlessula di un certo rigido fonn<1lis1110»: cfr. G. DE ROSA. Luigi Sturzo, UTET, Torino 1977, 7; Io .• Sturzo 111/ disse, Morcelliana, Bresci<1 1982, 86~87.
Il sen1i11ario di Acireale
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sempre più per l'affluire di seminaristi non solo dalla diocesi acese ma anche dalle altre diocesi siciliane"'. 3.2. Vincenzo Raciti Romeo Uno dei prin1i professori chian1ati ad insegnare in Se111inario fu il can. Vincenzo Raciti Ro111eo, docente di teologia 111orale. Figura 111olto apprezzata nel clero acese per la vasta cultura, rivolse le sue attenzioni allo studio della storia ecclesiastica e in particolare di quella locale. Sono suoi gli studi sulle tradizioni e il culto di santa Venera, patrona di Acireale, la guida storico monumentale della città e tanti altri contributi di ricerca pubblicati negli Atti e Rendiconti del lAccademia degli Zelanti di Acireale 11 . Fu il pri1110 storiografo della diocesi con la sua cronistoria pubblicata sulla rivista La Sicilia Sacra, nel 1899, e poi, riveduta e completata, negli Atti dell'Accademia Zelantea, nel J 932n Socio effettivo dell'Accade1Ìiia degli Zelanti, divenne bibliotecario della pii1 importante biblioteca cittadina, la Zelantea. I lunghi anni alla guida della biblioteca lo resero sempre più prete erudito, espe1io di storia locale, capace di entrare anche in alcune vivaci polen1iche di carat-
20 «La cultura del clero, la istruzione ed educazione della gioventù costituirono l'ideale pri1nario di ivlons. Gcnuardi. ru opera sua i! Sen1innrio dei Chierici, in1piantnto il 7 dicen1brc 1872, divenuto istituto n1oclcllo nel 1881, inaugurato nella sua n1agnifica sede il 15 dicen1brc dello stesso anno. Giunse a[ cultnine dcl suo sviluppo sotto la reggenza dcl Can. Alessandro J\n1ato (1881-1887) che con le sue doti cinincnti di cuore e di intelletto si seppe catlivare la slin1a generale e l'arnore con1p!eto elci nu1nerosi alunni Acesi e delle diocesi di Palcn110, ivlcssina, Catania, Girgcnti, Caltanissetta e Lipari, ivi convenuti per la forma7.ione dello spirito ecclesiastico e che ancor oggi continuano a governare le chiese d'Italia cmne Vescovi, Vicari (ienerali, Prelati e ne reggono le Cattedrali e le parrocchie con1e Canonici e Parroci». V. RACITJ ROMEO, Croni'storia de!!a 1~vhtuzione del /lescovodo di Acireale, cii., l 06. 21 Per le pubblicazioni accadc1niche del Raciti Ro1nco, cfr. M. DONATO (a cura cli), Indici delle pubblicazioni accade111iche (1821-1991). Accaden1ia di scienze, lettere e belle <1rti dci..di Zclrn1ti e dei Dafnici, Acireale 1991, 180-181. [)ubblicò anche un articolo sulla sÌoria di Acireale nel XVII scco!o, in Archivio .5torico Siciliano 22 (1897} 1-127. Cfr. R. DI f'v!ARIA, Fine Ottocento ad Acireale, Accade111i<1 di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei 0<1Jì1ici, Acireale I 972, 81-85. 22 V. RAC!TI l~OMEO, Ce1111i storici e doc11n1enti sulla Chiesa di Acireale, in I.a Sicilia Sacrn I (1899) 172-188; 250-259; 300-316; 354-371; '109-417; ID., Cronistoria della istituzione del Vescovado di Acireale, cit., !-l ! 2.
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tere storico come in quella col can. Salvatore Bella sulla storia della cattedrale di Acireale e la preminenza della chiesa di Aci S. Filippo. Altri preti acesi, si interessavano di storia locale, come l'arciprete di Acitrezza don Salvatore De Maria, scrittore, ricercatore e archeologo autodidatta; lasciò alla Biblioteca Zelantea la sua raccolta di minerali, la collezione nu1nis1natica e reperti archeologici raccolti in alcune zone della sua parrocchia''. Molti ecclesiastici acesi facevano parte delle locali accademie degli Zelanti e dei Dafìiici, fra questi i professori del seminario Michelangelo Scaccianoce, Gioacchino La Spina e Francesco Tirendi. La presenza delle accademie e gli scambi culturali tra clero e laici stimolavano se1npre più alla ricerca e ad una adeguata forn1azione del clero. 3.3. Il prefetto degli studi Francesco Palanè Frutto della formazione romana voluta dal vescovo Genuardi per i professori dcl seminario è principalmente il prefe!to degli studi don Francesco Patanè. Seminarista presso l'Almo Collegio Capranica, laureatosi alla Gregoriana, fu il principale artefice della formazione culturale dei seminaristi di Acireale dal 1897 al 1906, anno della sua morte. A Ro1na aveva avuto con1e n1aestri i teologi Ballerini, Franzelin e Paltnieri, attraverso i quali era entrato a contatto con le varie tendenze della teologia della seconda metà dell'Ottocento. Nelle sue lezioni, il prefetto Patanè 111anifestava un pensiero nuovo, acuto, talvolta originale. Mostrava grande predilezione per gli studi letterari; i suoi scritti, sebbene pochi, venivano ammirati per la bellezza e la correttezza della forma; «Al tradizionale metodo empirico d'insegnare la Morale sopra casi di soluzione variabilissi1na, per ogni 1nutar di circostanza, sostituì fin dal principio il metodo razionale di ridurre quella scienza a principii universali e poggiarla su basi che dessero un criterio costante e sicuro» 24 • Nelle lezioni riusciva a coinvolgere la nun1erosa scolaresca
2·' Ve!. G. CACCIOLJ\ (a cura di), Acilrezza e il suo parroco tra Ottocento e vecenlo, A & I3, Catania 1996. 2 ..J La Scinti!!a l~'tnea I ( 1906) 8. I.
1\10-
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fino a creare accese dispute; una di queste sfociò in una intervista collettiva ad alcuni teologi romani". Nel 1899 il Patanè, prefetto degli studi, nella seduta plenaria dell'Accademia dci SS. Agostino e Tommaso, presentò una relazione dal titolo Gli studi progressivi del clero, dove venivano presentate alcune riflessioni sulla forn1azione culturale del clero; essa non può restare trincerata al passato 1na necessaria1nente deve aprirsi al presente e alle sfide della modernità: «La natura degli errori che serpeggiano ovunque, esige nel Clero una cultura, la cui n1ancanza per l'addietro non era un difetto e che adesso sarebbe una colpa» 26 • Al progresso delle scienze naturali deve corrispondere quello della fonnazione del clero, 1nediante un "ricco corredo di scienze naturali", di studi critici ed esegetici e la ricerca di contatti tra i dog1ni e le scienze e111piriche. Il libretto contenente il discorso progra111111atico del Patanè fu recensito dalla Civiltà Cattolica: «Un libretto, piccolo di n1ole n1a grave di profondi pensieri, è questo che annunzian10. La son1111a è questa: G'/i studii del clero devono corri::.pondere ai bisogni dello nostra età. Vorrcn11110 che le idee contenute nel libro fossero predicate dai tetti, in1pregnassero l'aria e penetrassero nelle scuole e ne' nostri Sen1inarii. Abbian10 ne1nici presenti e vivi; i nen1ici corrono le piazze e le strade; non ci chiudiaino in casa, noti solo a noi stessi, intenti solo a coni batterci forse a vicenda; faccimno che la luce sua esca cli fuori ad il!un1inare la gente. Son questi brevi accenni, da cui l'accorto lettore giudicherà l'in1porlanza dell'opuscolo 111enzionalo» 27 •
25 Per la sfurio del Seminario di Acireale, in kfe111orie e rendiconti de!l'Accade111ia di scienze, leffere e belle urti degli /.ela11ti e dei DaJi1ici di Acireafe serie Ili, I (1981) 406. i:ra g!i insegnanti ciel sen1inario di Acireale. Sturzo riconia don Fraccsco Palanè, che rilrovò poi fi·a i collaboratori del quotidiano // Sole del 1\fezzogiorno cli Pa!ern10, dove Sturzo pubblicò <ilcuni iinportanti nrticoli 111eridionalislici. fra i due sorsero però elci dissensi riguardanti il giornale. Cfr. G. DE ROSA, Sturzo 111! disse, cit., 86-87. 26 F. PATANl~, Gli studi 1)rogressivi del clero, Tip. Donzuso, Acireale 1899,
20-21. 27 La C'i"vi!tà Cattolica, 1899, Il!, 352-353. Libretto recensito anche in /,a Sicilia Sacra 2 (1900) 39-40.
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Con Patanè prefetto degli studi, assistiamo ad un effettivo miglioramento del livello culturale del seminario. Da uno sguardo sommario sugli elenchi dei professori e delle discipline insegnate, nel giro di pochi anni, assistia1no ad alcune 111odifiche della ratio stucfioru111; con l'anno scolastico 1897-98 ebbe inizio il corso biennale di ebraico guidato da don Giovanni Pulvirenti; si estese a quattro anni lo studio della Sacra Scrittura e della storia ecclesiastica; nel 190 l venne inaugurato il corso sociologia del can. Salvatore Bella; fra le discipline scientifiche furono inseriti anche elen1enti di fisiologia, anato111ia, 111inera-
logia, geologia e chin1ica. 3.4. Salvatore Bella Altra figura emblematica è quella del can. Salvatore Bella. Non appena ordinato sacerdote, nel 1886, coininciò ad insegnare in se1ninario. Fu un sacerdote di straordinaria cultura, geniale e tenace studioso; il suo sapere spaziava dalla 5'u1n1na Theologiae alla patristica e alla storia della letteratura italiana. Preparava con i111pegno le lezioni consegnando sempre agli allievi le dispense dei corsi. Nelle sue lezioni a1111naliava l'uditorio e, dotato di 111e1noria eccezionale, citava spesso autori 111oderni e Padri della Chiesa. Apprezzato oratore, 111olti furono i discorsi, le conferenze, gli elogi funebri e le pubblicazioni da lui eurate2~.
Secondo il Bella, di fronte ai notevoli progressi della scienza e all'allontanamento di questa dalla fede, non ha pili senso presentarsi solo da apologeti, sforniti delle nozioni-base su cui si fonda la scienza; è necessario un 1nodo nuovo di fare teologia al passo coi te1npi. «Un'opera nuova su un n1etodo antico, un lavoro collettivo, se non possa essere di uno solo; esso dovrebbe tenere il 1netoclo che s. 'fo111111aso nella sua 'So111n1a filosofica'; dovrebbe essere con1e una propedeutica allo studio della teologia; in esso si dovrebbe recare dalle scienze positive solan1enlc tutto quello che ha relazione con la difesa della religione; dal 111e-
2
~ Cfr. Per la storia del Se111inario di Acireale, cit., 406.
Il se111i11ario t!i Acireale
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todo alla critica, dalla 111atcria allo spirito, clall'e1nbrione a!Fuomo, dagli istinti alla libertà, dalla proprietà al lavoro, dall'individuo alla società, dalla natura alla rivelazione, dal ten1po all'eternità; direi tutta una palingenesi, con1inciando dal punto co1nune con i nostri avversari» 29.
Il progetto del Bella, abbastanza ardito, fu in parte realizzato nelle due opere pubblicate col titolo Geologia e Domma (I 899) e Lezioni di Scienze positive comparate con la Religione (1911)"'. Sebbene degne di 111erito, le sue intuizioni ebbero scarsi risultati. Le sue opere di "teologia co1nparata" furono utilizzate in se1ninario con1c libri di testo, 1na ben presto rurono ritenuti superati. L'altro ambito in cui si espressero le capacità del Bella furono gli studi sociali e l'ani1nazionc del 111ovi1nento cattolico nella diocesi. Già altri professori dcl sen1inario si erano interessati di tali proble1ni, studiando il socialisn10 e gli altri feno111eni della società nioderna; si tratta di n1ons. Sebastiano N icotra, in seguito vescovo e nunzio apostolico in Belgio e di mons. Giuseppe Alcssi, trasforitosi poi a Padova. Del pri1110 rin1angono gli scritti di quegli anni in cui era attivo ad AcireaJe:'1; di n1ons. Alessi invece conoscian10 la sua opera svolta a favore del movimento cattolico in Sicilia e nel Veneto, oltre alla sua attività nel consiglio direttivo dell'Opera dci Congressi"Una interessante vicenda nella quale furono coinvolti alcuni preti acesi, fra i quali don Salvatore Bella, il prefetto degli studi Francesco
29 J~: i! prcfctlo degli sludi Patanè a condividere le idee del Bella ne! discorso (7/i studi progressivi del clero, cit., 39-40. 111 S. BELLA, Geologia e [)0111ma, Tip. Donzuso. 1\cirealc 1899; lD., Lezioni di Scienze positive co111parate con la Religione, 2 voli., Tip. XX Secolo, Acireale 1911.
31 Mons. Sebastiano Nicotra, uno dci prin1i professori de! Sc111inario, pubblicava i suoi articoli di argomento sociale e politico sulla rivista lo Palestra (~atto/ica di Acireale. Entrato nella diplornazia vaticana divenne internunzio apostolico in Cile (1916-1918), nunzio apostolico in Belgio (1918-1922) e in Porlogallo (1923-1927). 1 -' Su 1nons. ;\lessi, vd. A. SINDONI, A/essi Giuseppe, in [)fzionario storico del 111ovin1ento cof!o/ico i11 Italia (1860-1980), II, l'vfarieUi. Torino 1981, 10-11. Luigi Sturzo, partecipando al terzo congresso cattolico regionale di Acireale, nel !897, ebbe n1odo di conoscere alcuni dei pionieri de[ 111ovi111cnto cattolico siciliano tra i quali inons. Alessi, che definì «prete assai cQlto» e «uno dci più grandi predicatori e organizzatori del n1ovi1nento cattolico nel Veneto»: G. DE ROSA, 5i't11rzo mi disse, cii., 82.
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Giovanni lvlan11nino
Patanè e il vicario generale mons. Gioacchino La Spina, fu quella della fondazione del quotidiano li Sole del A1ezzogiorno. L'iniziativa, nata in seguito al terzo congresso regionale di Acireale del 1897, ru portata avanti dal domenicano p. Vincenzo Lombardo, presidente della com1nissione speciale, e da un gruppo di ecclesiastici, aristocratici e ricchi professionisti cattolici che raccolsero il capitale necessario per costituire ad Acireale la società editrice, anche se il giornale veniva stan1pato a Palermo''. Nel 1901, don Salvatore Bella inaugura il corso di econon1ia sociale in sen1inario, di cui egli stesso è titolare. Gli studi sociali del clero devono servire ad aftì·ontare i inali della società consi-
stenti principahnente nel liberalis1no, nel socialisn10 e nelle gravi conseguenze che scaturiscono dalla separazione ira econo1nia e 111orale.
5. Conclusione La fondazione e l'incren1ento ciel scn1inario di Acireale sono legati in 1nodo inscindibile alla figura ciel pri1no vescovo Gerlando Maria Genuardi. Inserendosi in quel cli1na di rinnovan1ento che caratterizzò la vita dei seminari italiani sotto i pontificati di Pio IX c Leone XIII egli volle porre solide basi per il suo seminario. L'unità d'Italia e gli avvenimenti del 1870, sconvolgendo parecchi equilibri all'interno della Chiesa, favorirono anche un serio ripensa1nento sulla fonnazionc dcl clero. Ciò che diede maggiore impulso al rinnovamento dei seminari siciliani fu la possibilità di poter avere come punto di riferimento immediato il magistero del papa. Tolti di mezzo gli ultimi residui di giurisdizionalis1110, veniva riaffcnnata ed inculcata nei se111inari la fedeltà al papa e il dovere di stringersi compatti attorno a lui per difendere la fede cattolica dalle nun1erosc insidie. 1'rattandosi di un nuovo seminario, sorto sotto il pontificato di Pio IX, quello di Acireale resta-
.•.:i Sulle vicende della fondazione dcl quotidiano cattolico li Sole del lliezzogiorno, vd. A. SlNDONJ, [Jn .frutto tardii·'O dell'Opera dei Congressi in Sicilia: (<li Sole del lllezzogiorno» (1901-1903), in Rivista di Studi Salernitani 2 (1969) 3, 229-259: 232-233.
Il sen1inario di Acireale
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va ancorato a questi principi. La solida formazione spirituale e culturale, la fedeltà al papa, il tomismo, la catechesi, le opere sociali e la difesa della fede furono le caratteristiche salienti della mentalità e della cultura del clero formatosi nel seminario di Acireale. Sebbene dagli studi recenti sui seminari sappiamo che tali ele111enti sono riscontrabili in genere nei se111inari italiani, tuttavia la vitalità culturale che caratterizzò il sen1inario di Acireale negli anni dell'episcopato Genuardi ha qualcosa di particolare: l'entusiasmo co111une nell'organizzare le prin1e strutture diocesane dopo la lunga attesa per l'esecuzione della bolla di erezione della diocesi, la fiorente tradizione culturale alimentata dal clero locale, specialmente dai Padri dell'Oratorio, dalle accademie cittadine e dai collegi, l'ascesa della piccola e nledia borghesia, furono tutti elen1enti che contribuirono a creare un cli111a favorevole per la fonnazionc culturale del clero. Le figure en1ble1natiche qui presentate ci aiutano a capire in quale an1bientc venne forn1ato non solo il clero diocesano di Acireale nla anche quello di altre diocesi siciliane. Dando uno sguardo rapido sulle vicende del setninario acese negli anni dell'episcopato Genuardi ne ritroviamo diversi promossi all'episcopato: oltre ai professori Salvatore Bella, Giovanni Pulvircnti e Carn1elo Patanè; Gia111battista Arista, successore del Genuarcli, Angelo Paino, H.0111010 Genuardi e Luigi Cammarata. Tale situazione costituisce un caso unico nella vita delle diocesi siciliane: in nessun altro se111inario si è tOnnato un nu111ero così elevato di vescovi in un arco cronologico breve (1904-1918), a maggior ragione se si tiene conto dei pochi anni di vita della diocesi e del seminario. Molti degli ex alunni furono parroci, cappellani di chiese sacra1nentali, sen1plici sacerdoti che lasciarono un buon ricordo nel popolo per il loro 111odo nuovo cli vivere la cura pastorale attraverso la catechesi e le opere caritative.
Sezione miscellanea Synaxis XV/2 (1997) 677-727
ASTRAZIONE E MODELLI DI SCIENTIFICITÀ IN CROCE E GENTILE
FRANCESCO CONIGLIONE'
Non v'è dubbio che uno dei luoghi privilegiati per intendere il modello di scientificità che Croce e Gentile hanno elaborato, e che poi ha costituito il costante punto di riferimento di tutta la loro riflessione, è da rinvenirsi nella loro critica al 1narxis1no 1. Questa riveste inoltre un interesse particolare in quanto si coniuga con quella crisi del modello positivistico della scienza occorsa alla svolta del secolo, dalla quale appunto Croce e, in minor misura, Gentile traevano le conseguenze con la riproposizione di un idealisn10 rinnovato; e non v'è dubbio che anche oggi si assiste alla dissoluzione dei modelli di razionalità scaturiti dal neopositivismo e dal razionalismo critico popperiano in favore di una riscoperta di pratiche filosofiche, prima rifiutate come
*Docente dì Filosofia della Scienzw, Facolli1 di Scienze della Fonnazione, Università di Catania.
1 Co1nc nota lvf. FERRAR!, col venir 1neno clel!'intcrcssc per il 1narxisn10, anche
!a discussione su!l'intreccio tra le filosofie di Gentile, Croce, Labriola e Sorel «ha subito un cerlo ricli1nensionan1cnto solto il profilo quantitativo e qualitativoll
(Gentile ritrovato? 1\!ote sui più recenti studi gentiliani, in Ciiornale critico della filosofia italiana, Il-lii P994] 501), Questo saggio 1nuove invece dallu convinzione che tale "intreccio" possa gettare luce sul probleina dello valutazione della scienza nel pensiero di Croce e (Jentile. Per !a ricostruzione della esatta cronologia degli interventi di Croce e Gentile su tale tema (coine anche dci loro interlocutori Labrio!a e Sorel), nonché per l'esposizione sisten1atico dci loro contenuti, cfr. C. V!GNJ\ (a cura di), Le origini del 111arxis1110 teorico in Italia, CitU1 Nuova, Roma 1977, 13-119. lvi è contenuta anche un'utile bibliografia rogionota (pp. 121-140).
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"n1etafisiche", e ora acco111unate dal con1une orizzonte enneneutico, vera e propria koiné della filosofia conten1poranea 2. La critica di Croce e di Gentile al marxismo ed il modello di scientificità che la fonda epistemologicamente, pertanto, hanno oggi in misura diversa e per diversi aspetti - il loro ]Jencfant nella critica ai modelli astratti ed irrealistici con i quali l'epistemologia di quest'ultimo scorcio di secolo avrebbe preteso ingabbiare la ricchezza del procedere scientifico in 1netodologic nonnative e vincolanti, rivelatesi inadeguate alla prova della storia della scienza 1. Oggi come allora, le dottrine di epistemologi e scienziati hanno avuto un loro diretto impatto nel tentativo di fondare una razionalità filosofica diversa e superiore a quella scientifica. Infatti, «se erano gli scienziati stessi a ritenere che la scienza non ha funzione conoscitiva [ ... ],e se questi scienziati giudicavano che l'attribuzione di tale funzione era solo il residuo di una stortura n1etafisica, diventava agevole sentirsi autorizzati, per questi filosofi, a cercare le fanne "autentiche') del sapere in altre dirczion i, dall'intuizione al giudizio storico» 4 • Se lette in quest'ottica, le critiche cli Croce e Gentile al marxis1no assu1nono inaspettati significati, anche se diversi pur nella loro complementarità. In questo saggio ci proponiamo appunto di discutere tale singolare collocazione della filosofia crociana e gentiliana, forse finora un po' trascurata dalla letteratura. Se ciò può rendere giustizia alla critica crociana dcl niarxisino - riconoscendo in essa una acutezza e profondità non rilevate nen11neno da CJran1sci 5 - ritenia1no al tcn1po
2 Cfr. G. V ATTIMO, /c'r111cneutica come koiné. in Aut Aut 3 (1987) 217-218. Della vasta letierntura sull'argo1nento indichiamo solo I-LI. BRO\VN, La nuova filoso.fìa della scienza, Lalerza, Bari 1984, nonché le sintesi storiche contenute in D. OLDROYD, Storia della filosofia della scienza, Il Saggiatore, IVIi!ano 1989 e nel recente D. GILLJES-G. G!OREJ.LO, La jiloso_fia della scienza nel X)( secolo, Laterza, Ro1na I 995. 4 F. BARONE, La «crisiN del sapere positivo nel secondo ottocento (1982), ora in !111111agini filoso.fiche della scienza, Laterza, Bari 1983, 142. 5 Ci sen1bra che, alineno da questo punto di vista. la leLtura crociana di lvlarx sia epistc111o!ogican1entc più feconda di quella svolta da Genlile, in quanto la (<dissoluzione crociana del 1narxis1no a 1netodologisn10>> (S. NATOLI, Giovanni Gentile jìlosofo europeo, l3ol!ati Boringhieri, Torino 1989, ! 2 e 37-39) - del resto non eslranca anche a parecchi pensatori 1narxisti (basti pensare a De11a Volpe) - è più apcr3
Astrazio11e e modelli di scientificità i11 Croce e Ge11tile
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stesso che si debba collocare nella giusta luce la critica alla scienza di Croce (sintetizzata nella teoria degli "pseudoconcetti"), esplorando fino a che punto le sue argomentazioni si fondino su di una sostanziale mutuazione delle tesi avanzate dai critici del pensiero scientifico di fine secolo. Viceversa, la consapevolezza che Gentile ebbe della intrinseca filosoficità del marxismo ed il concetto di scienza che ne sta alla base costituiscono il completamento sul piano concettuale dell'altri1nenti sterile 1netodologis1110 di Croce, ahneno nella 111isura in cui quest'ultin10 ha co111e sfondo una lettura econo1nicistica e stru111entalista della scienza, e pongono le premesse per una visione del pensiero scientifico che va al di là del fenomenismo od operativismo a lungo don1inanti nell'episte111ologia conteinporanea e verso la riscoperta di un'astrazione che si alimenta della capacità di attingere le strutture essenziali del processo reale. E' questo il presupposto teorico che ci fa capire la sostanziale maggiore apertura dell'attualismo verso la scienza che, a differenza della valutazione datane da Croce, conserva - come è evidente nelle successive prese di posizione sia di Gentile sia della scuola - un suo valore conoscitivo, e non 111era1nente pratico. 1. Sin dal suo primo saggio sul marxismo (Su/la.forma scientifica del materialismo s/orico, 1896) Croce prende una strada decisamente diversa da quella indicata dal maestro Labriola. Per Croce, infatti, «il 1naterial is1110 storico non è, e non può essere, una nuova filosofia della storia, né un nuovo 1netodo, 111a è, e dev'essere, proprio questo: una son11na di nuovi dati, di nuove esperienze, che entrano nella coscienza dello storico>/'. J__,a pri111a affern1azionc crociana, che il 111arxis1110 non possa essere una filosofia della storia, è in contrasto con la tesi di La-
ta al!a possibilità di coglierne da un punto di vista 111etodologico in n1odo adeguato lo statuto scientifico. D'ultra purte. il riconosci111enlo gentiliano della filosoficitù cl i Marx, centrato sulla rilevanza della categoria dcl!a prassi, che finisce per ridurre i I 1narxisn10 ad un passaggio necessario verso J'uttualismo, non tanto ci sen1bra interessante nel contrasto con il 1nctodologis1no di Croce (con1e sen1bra ritenere Natoli) nia piuttosto perché lo co111p/eta di ciò che ad esso 111anca. 6 B. CROCE, 1\iateria/is1110 storico ed econo111ia 111a1:Yistica, Latcrza, Bari 1977
(I" cd. 1900) 9.
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briola che esso fosse la «definitiva filosofia della storia»'; tuttavia tale affermazione crociana può adeguatamente intendersi solo alla luce della seconda tesi, che cioè il n1arxisn10 non è neanche un inetodo. Infatti, l'interpretazione labriolana del marxismo come "filosofia della storia" non aveva nulla a che vedere con quelle costruzioni aprioristiche che in genere si intendevano con tale locuzione; e ciò perché, una volta assorbita la filosofia nella scienza, il 1narxisn10, esso stesso scienza nella 111isura in cui il suo 1netodo è il 111edesi1no delle scienze naturali 8, veniva a costituire quella scienza che ci fornisce l'autentico 1netodo di indagine dei fe110111eni sociali ed econo111ici 9, varcando quella soglia metodologica che la fisica aveva a suo tempo oltrepassato con l'opera di Galilei. Pertanto, affermare che il marxismo è la definitiva filosofia della storia equivaleva a dire, per Labriola, che ii 111arxisn10 è scienza 1netodologican1ente 1natura della società 10 • Ma per Croce, che intendeva la filosofia della storia in senso tradizionale (sin dai prin1i scritti giovanili essa era stata equiparata alla metafisica e all'aprioristica indagine sul significato della storia"), la fonnulazione di L,abriola doveva ovvia111ente suscitare sospetto 12 ; né d'altra parte il 111arxis1110 poteva essere inteso con1c un nuovo 111etodo, una volta assimilato questo alle particolari tecniche di ricerca valide nelle singole discipline: «gli storici della scuola materialistica adoprano gli stessi strumenti intellettuali e seguono le stesse vie degli storici, dirò così, filologi, e sola111ente recano nel loro lavoro alcuni dati nuovi, alcune nuove esperienze. È diverso, dunque, il contenuto e non
7 Cfr. A. LA13RJOLA, La concezione materialistica della storia, Latcrza, Bari 1965. 54. 8 Per questa interpretazione 111i pcnnctto cli rinviare ti F. CONIGLIONE, /I sentiero interro/fo. !I .fùntas111a della scienza nel 111arxf.1·1110 teorico italiano, Ed. dcl Prisn1a. Catania 1986, 17-38. 9 Cfr. 1\. LABRIOLA, I problemi della filosofia della storia ( 1887), roi in S'crittì varii, Laterza, Bari 1906. JO Su!!a inlerprelazionc labriolann dcl innrxisrno con1e 111etodo cfr. E. AGA7.7J, li giovane (~roce e il 111r11:ris1110, Einaudi, Torino 1962, 125. 11 Cfr. ibid., 64-69; l'VL CORS!, I.e origini del pensiero di Benedetto Croce, Ginnnini, Napoli 1974 2, 134-135. 12 Cfr. 13. CROCE, 1\laterialismo storico.. ., cit., 8.
Astrazione e modelli di scie11tificità i11 Croce e Gentile
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già la fonna 1netodica»1.'. Onde, conclude Croce, se il 1narxis1no non è un n1etodo, allora è evidente che il suo contributo viene in sostanza a ridursi all'avere attirato per la prima volta l'attenzione su dati storici pri1na trascurati. Sn1a1Tita la sua peculiare caratterizzazione 1netodologica, che in Labriola era fondamentale, ed assimilato, in quanto metodo, alla storia, il 1narxis1no viene a perdere per Croce un'altra delle sue caratteri-
stiche: esso non è neanche una vera e propria "teoria". È interessante il procedi1nento di pensiero con cui Croce arriva a tale conclusione: egli si riferisce a tutti i luoghi dove Labriola si cautela dalla tendenza
dogn1atica a ridurre tutta la storia al solo fattore econo1nico; dove riconosce la complicatczza della storia ed il ruolo delle ideologie; dove a1111nette la forza della razza, del ten1peran1ento, ecc.; dove «non chiude gli occhi» innanzi al ruolo dell'individualità e dei grandi uon1ini, e così via. Ma, conclude Croce, «con tutte queste concessioni egli [Labriola] viene a riconoscere, se non 111'inganno, che nel 111ateria!isn10 storico non bisogna cercare una teoria da prendere in senso rigoroso; e, anzi, che in esso non è punto quel che si dice, propria111ente, una teoria» 1 ~. Se le cose stanno così, è evidente che del 1narxisn10 non restano altro che una serie di acquisizioni concrete ed un "n1en1ento'' che fornisce a colui che sia «passato attraverso le lezioni della critica socialistica [ ... ] un buon paio d'occhiali: vede ben altrin1enti, e tante on1bre incerte gli svelano i loro contorni precisi» 1-". Se il niarxisn10 non è "filosofia della storia" (nel senso di Labriola), non è "metodo", né è "teoria", allora non ha più senso la caratterizzazione oggettivista che Labriola ne aveva dato 16 , né ha senso parlare di un "necessario divenire" verso il con1unis1110: quest'ultin10 non può essere che il frutto di un i1npegno etico e non è in alcun n1odo connesso al contenuto specifico del 111aterialisn10 storico 17 •
l.ì I~
Jbid., 8-9. fbfd., 12.
15
lhid., 14.
ir, Cfr. 13. DE GIOVANNI, .SiJinoza ed /-/egei: l'oggettivismo di Antonio Labrio-
/{{, in// Centauro 9 (1983). 17 Cfr. B. CROCE. kloteria/isl//o storico ... ,
ciL,
15-16.
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2. Del tutto diverso /'approccio cli Gentile al marxismo" sui medesimi snodi critici presi in considerazione da Croce. Innanzi tutto, diversan1ente da Croce ed in accordo con Labriola 1'\ Gentile rivendica al marxismo la sua natura di autentica filosofia della storia. A tale conclusione Gentile giunge, però, a partire da un concetto di filosofia della storia che non è né quello di Labriola, col quale pure concorda nell'esito finale, né quello di Croce, col quale dissente 211 • Partendo dal concetto di in1n1anenza, per cui la storia è un divenire dialettico in1manente, Gentile vede nel materialismo storico quella teoria che vuole coglierne le leggi fondamentali. Da tale punto di vista, cioè relativan1ente alla sua "fonna", il 1naterialis1110 storico «intende di detern1inare un processo» 21 , detenninarlo scicntifica111ente, senza 111ettersi a ragionare in astratto. Il carattere scientifico del n1arxisn10 deriverebbe dalla unità della prassi: se si an1111ette con1e scientifican1entc esatto il
principio che nella realtà v'è una dialettica che ha il suo «corrispondente esatto e la traduzione in linguaggio intellcttuale» 22 , cioè in scien-
18 Per una valutazione co1nplessiva (e riduttiva) dclrintcrprctazionc gentiliana cli rviarx, che ne rnettc in luce i li1niti cli IOnclo ccl il suo ''significalo ideologico" sullo sfondo della crisi dcl!'egc1nonia borghese e della ncccssith del suo conso!ida1nento al volgere del secolo, cfr. G. SEMERARI, Gentile e il nu1rxis1110 ( 1975), ora in ID., 1\!ovecento filosofico italiano, Guida, Napoli !988, 13-46. i'J Tale sintonia con Labriola è tcslin1oniata, tra l'a!lro, dal carteggio CroccGentile, dal quale en1crgc !'apprczza1nento cli Lc1briola per la prin1a 1nc1noria di Gentile, ritenuta «profonclainentc filosofica», per cui ri1nprovera Croce cli non averne abbastanza tenuto conto (cfr. B. CROCE, /,et/ere a Giovanni Gentile 1896-1924, a cura cli E. Croce, li Saggiatore, l\1i1ano 1981, Jet!. del 25 sette111bre 1898) e la sintonia di Gentile con Labriola ncll'intcrpret<ire il 111arxis1no non corne scn1plicc canone 1nctodologico, ina piuttosto co1nc filosofia della praxis (cfr. G. GENTILE, Leflere a Benedetto Croce 1896-1900, J, Sansoni, f'irenzc 1972, feti. del 2 febbraio 1898). Ovvian1ente tale reciproco apprczza1ncnlo 111uterù in breve col precisarsi delle posizioni di Gentile in direzione della rinascita de!J'ic!ealisino 1nedia11te il ritorno ad I-fegel. Su tale rapporto a tre Labriola-Croce-Gcntilc rinvio all'accur<1la ricostruzione operala da ivi. J\GRJMI, Labriola Ira C'roce e (7entile, in Cìiornale critico della filosofia italiana, lilli (1994) 184-204. 211 Non ci sen1brJ pertanto esalto al'fennarc che per Cìcntile il 1narxis1no è una filosofia della storia (<proprio nel senso n1etalisico respinto dal Croce» (E. AGA7.1'.:J, li giovane Croce .... ciL, 238). 21 G. GENTILE, Lajìlosojìa di 114arx (1899), in ()pere .filoso,fiche, a cura cli E. Garin, Garzanti, ivlilano 1991, 120. 22 lbid, !78.
Astrazione e model/; di scientifici!à in Croce e Cenlile
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za di ciò che nella realtà è in }ieri, allora non «può rifiutarsi il titolo e il grado di scienza a questo socialismo che in virtù appunto di questa apodittica affermazione del futuro presume di contrapporsi a tutte le intuizioni con1unistiche anteriori, che esso definisce utopistiche» 23 . Così Gentile non caratterizza la filosofia della storia metodologicamente, come faceva Labriola, né nutre verso di essa la diffidenza di Croce, che vi vedeva una costruzione speculativa aprioristica. Essa è piuttosto autentica scienza di una realtà intesa i1nn1anentistica111ente e dialetticamente, una scienza che ne «determina la legge del procedi111ento»2.i e che pertanto, co111e aveva sostenuto Labriola, rende possibile la «previsione morfologica»"; ed infatti, come sarebbe possibile tale previsione «se non si fonda sulla intuizione del corso generale e necessario della storia?» 26 , li n1aterialis1110 storico indica un processo di sviluppo della storia determinabile a priori, cioè che ha una sua necessità obbiettiva (come dice il Labriola) e pertanto permette una previsione dell'avvenire, aln1eno in una data tnisura: «Con tutti questi caratteri la concezione niaterialistica della storia 11011 può non dirsi per la fonna, in cui ci si presenta, una vera e propria filosofia della storia»27. Sicché la tesi di Croce, secondo la quale Marx, più che a costruire una filosofia della storia, niirava alla «conoscenza delle cose», ad una «logica concreta», è per Gentile infondata. Tali espressioni sono per lui semplici metafore. Se infatti per conoscenza delle cose si vuole intendere «conoscenza di concetti deter111inati», in contrapposizione alla conoscenza di concetti astratti, allora essa sarebbe solo «un grado, un n10111enio della scienza, non la scienza vera e propria» 28 • Se invece ci si vuole riferire alla «conoscenza dei concetti generali che si attuano
n L.c. !bid., 116.
24
25
Per E. AGAZZI. Il (7iovanc C'roce ... , cit.. 239, Gentile intende la «previsione n1orf'ologicall in n1odo diverso da Labriola. Non possiaino qui discutere tale questione; n1i pennctto, pertanto, di rimandare su tale concetto co1ne inteso in Labriola al inia Il sentiero interro!lo, cit., JOss. 26 G. GENTILE, La.filosofia di 1\Iarx. cit., 119. 27 Jbid., 123. 28 lbid' 167.
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nella vita reale[ ... ] allora si va dal concreto all'astratto, non essendosi visto mai un concetto generale tra le cose sensibili»n Infine, per quanto riguarda la «logica concreta», Gentile afferma che «la logica incomincia, quando dal particolare, cui i singoli individui reali si adeguano, si passa al generale; e il concetto logico è il primo suo grado. Retrocedete dal concetto logico al concetto psicologico o alla rappresentazione, e avrete ripassato i confini della logica, per rientrare nella psicologia. La logica quindi, di sua natura, non può essere che astrat-
ta»30. Ma se Gentile è così deciso nel fare del marxismo una filosofia della storia, che in lui coincide col concetto di teoria scientifica tout court, tuttavia è estren1an1ente avaro nella sua caratterizzazione 1netodologica: al di là del richiamo al procedimento dialettico ed all'in1111anenza dcl processo storico, trovian10 ben poco. In tal senso è significativo il silenzio cli Gentile sulla interessante presentazione fatta da Sorel del metodo scientifico adoperato da Marx nel Capitale, che pure egli riassu1ne esattan1ente, per criticarne invece la tesi dell'assenza in Marx di pensiero speculativo·11 • Su di una cosa è in ogni caso certo Gentile: che il n1arxis1110 non è solo un n1etodo di ricerca storica, con ciò contrastando la tesi di Croce che interpretava il n1aterialis1no storico con1c «un sen1plice canone di interpretazione storica»:n, un «sen1plice stru1nento» la cui applicabilità va valutata caso per caso 3-\ Infatti, una sin1ile posizione equivarrebbe ad affennare che «non sen1prc la storia dei fatti un1ani 111ette capo a quella vita econo111ica»-1-\ fonda111entale per il n1arxis1110. Per evitare tale conseguenza, bisogna intendere tale canone «non con1e un canone speciale, e di valore relativo, n1a co111e un canone generale e d'assoluto valore. Altrin1enti la novità del n1atcrialis1110 storico svanisce, venendosi esso a confondere con quel realisn10 iniziato nella storia 111oderna dal nostro
29
/bid, !68. >o L.c. \i Cfr. ibid.. 179-183. 32 lbid.. 165. 11 - - Cfi·. ibid., 166. J--1
L.c.
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Machiavelli»". Ma un tale canone assoluto ha bisogno di una filosofia della storia «che lo giustifichi e ne sia il fondamento razionale»". Donde il dilemma: «o il canone è speciale e relativo; c il materialismo storico viene negato; o il canone è generale e assoluto, e il materialismo storico è per l'appunto una filosofia della storia»". Il Croce, sappiamo, respinge la seconda posizione che invece Gentile fa propria. Ciò spiega perché Croce abbia poi bisogno di tirare in campo nuovamente i «giudizii morali cd entusiasmi di fede», facendo delle ideologie il fattore decisivo dcl divenire storico~H; "entusiasn1i di fede" che invece per Gentile si possono avere grazie al riconoscin1ento del carattere rigoroso della legge'''. Così le "concessioni" che faceva Labriola, e che Croce 111enzio-
na a suo n1erito vedendo in esse la prova del carattere non teorico del 111aterialis1110 storico, sono ritenute da Gentile irl"ilevanti. Le circostanze che acco111pagnano se111pre i fenon1eni, e «che s'interpongono spesso all'anda111ento regolare dcl processo storico», non sono conten1platc nelle leggi regolatrici - né lo possono essere se queste sono veran1entc leggi astratte - e «non 1neno1nano né guastano punto il carattere di concezione filosofica dcl n1aterialis1no storico, cui si fa una lode di non 111etter da parte e din1enticare coteste circostanze: esse, al pari degli accidenti di tutti i fenomeni, non entrano nella elaborazione scientifica delle leggi»411 e «non operano sul sostrato econoinico, e non possono quindi deviarne il movimento dialettico. [ ... ]Se ciò non fosse, non sarebbe più vero che l'econoinia è l'essenza della storia>r 11 • Sicché l'appellarsi, con1e fa Croce, alle "circostanze" non intacca la natura di filosofia della storia del marxismo, ma anzi lo conferma nella sua capacità di cogliere l'essenza ciel divenire storico· 12 •
.15
f,.c.
3r, L.c. 37 !bid.. 167. 3 ~ Cfr. ibid., 127-128. 19 - Cfr. ibid., 130-131 . .jl) Jbid' 125. 41 fbid., 126. ~ 2 Cfr. ibid., 127.
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Inso1nn1a, per Croce le lin1itazioni che Labriola introduceva per concretizzare la teoria generale astra!ta in modo da produrre modelli più vicini al reale, secondo una tipica procedura metodologica che ha ottenuto il suo riconoscin1ento 11ell'episte111ologia conten1poranea più recente4J e che è genuinan1ente 111arxiana4--I, sono delle vere e proprie "falsificazioni" interne, cioè elen1enti che riducono il rigore della teoria e che la trasfonnano in una concezione cui è se1nprc sottinteso il "press'a poco" e l"'all'incirca"; viceversa per Gentile esse non intac-
cano 1nini1na111ente il 111aterialis1110 storico in quanto filosofia della storia e teoria scientifica, essendo questa interessata a cogliere le leggi
fondamentali dello sviluppo, la «essenza del continuo divenire storico» e non gli accidenti che lo possono perturbare. Se Croce ha lo sguardo affisso sul particolare, sulla sua concreta ed irriducibile individualità che sfugge alle n1aglie di qualsivoglia teorizzazione astratta, invece Gentile ha di 111ira la teoria, la filosofia o scienza, capace di cogliere le strutture essenziali del reale, le sue leggi, il suo ritn10 interno, dialettico cd immanente, senza curarsi dcl particolare c delle perturbazioni della 1nera e111piria. Cotne si vede, già si intravedono due diverse concezioni della scienza, due modelli di scientificità che grande peso avranno nello sviluppo del loro pensiero. 3. 111 verità Croce non avrebbe potuto dare interpretazione di-
versa delle tesi di Labriola sul materialismo storico, giacché sin dai suoi prin1i studi giovanili aveva 111aturato un concetto di razionalità che derivava dall'erudizione storica e dalla critica lettcraria'1\ interessi, que-
4-' Sul ruolo della modcllizzazionc e su!J'in1portanza dei concetti iclca!izzazionali nella teorizzazione scientifica cfr. L. NO\VAK, The Structure of ldealization. Reidcl, Dordrccht 1980 nonché i saggi con!enuli in .l. Brzezinski, F Coniglione, T.J\.F. l(uipcrs & L. Nowak (Eds), ùlcalization, voll. I e J!, Rodopi, A111stcrdan1Atlanta 1990. Tale le111utica è stata in particolurc elaboru!a dalla scuola 1nclodologica di Poznan, in Polonia.; su di essa ri111andia1110 a r. CONIGLIONE, Realtà ed astrazione.
Scuola polacca ed epistemologia posi-positivista, CUECtv1, Catania 1990. -1-1 Cfr. L. NO\VJ\K, l,a scienza come idealizzazione. l.fonda111e11ti della 111etodologia 111arxiana, li Mulino, Bologna 1977. 45 Ancora nel I 896. e cioè lo stesso anno in cui viene pubblicata la pri1na 1nc1noria sul 111arxis1no (Sulla concezione 111alerialislica della storia), Croce scrive a
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sti, che lo ponevano di fronte a fatti individuali e ad eventi concreti. Croce non era passato per un'esperienza metodologica legata alle discipline scientifiche (come avevano fatto molti suoi contemporanei e lo stesso Labriola con la psicologia sperimentale di derivazione herbartiana) né si era 111ai interessato della "natura" (se non co111e fonte di ispirazione poetica) e dello studio dei problemi scientifici concernenti il mondo naturale, rimanendogli del tutto estranea la problematica positivista dell'epoca·16 • Sicché Croce, sin dagli anni della giovinezza, e quindi anteriorn1ente al suo "infian1111arsi'' per ìl 111aterialis1no storico, veniva via via ipotizzando un tipo di conoscenza co111ple1nentare rispetto a quella delle scienze naturali; da ciò l'esistenza di "due metodi conoscitivin e non di quell'unico 1netodo che per Labriola era con1une ad ogni indagine che si volesse caratterizzare co111e scientifica47 . Anche Gentile, in verità, non aveva conosciuto alcun tipo di tirocinio o interesse per le scienze naturali~ 8 1na, sin dalla sua forn1azione, aveva indirizzato la propria attività alla riOessione filosofica sotto la guida di D. Jaja senza troppo indulgere in interessi di carattere erudiD'Ancona: «Io seguito ad occuparn1i di erudizione: i 1nici studi filosofici sono la soddisfazione di un bisogno intellettuale: 1na conto di tornare fra breve alla storia, e con forze alquanto 1nig!iori» (cit. da Cì. OLDRJNL L '(Jttocento .filosofico naJJoletano nella lefferatura dell'ulti1110 decennio, Bib!iopolis, Nnpoli 1986, 238). E nel 1949, alla tìne de!!a sua vi1a, nel differenziarsi da Cìentile, salutava con1e inacstro, piuttosto che Spaventa, Francesco Dc Sanctis che. al pari suo, veniva dagli studi particolari della letteratura e clc!!a storia (cfr. B. CROCI~. lndag/ni su /-/egei e schiari111ent/ .f/losofìci, Laterza, Bari 1967 2 , 72). Ciò viene anche conJCnnato da un rapido csmne delle pubblicazioni cli Croce, dal quale risulta che i! priino scritto in cui egli si cin1enta con questioni teoriche è !a 1ne1noria su La storia rido/fa sotto il conce/lo dell'arte, dcl 1893 (cfr. E. CJONE, Bibliografia crociana, Bocca, Monza 1956). 46 Cfr. E. AGAZZI, Il giovane C'roce ... , cil., 75. 47 Un 'approfondita analisi cli tutta la J'onnazionc crociana fino al suo i neon tro con i! inarxisino la si può trovare nell'opera ronclmnentale di E. AGAZZI, li giovane Croce ... , cit., 47~93, e pili sinteticarnenle dello stesso autore, Benedetto Croce. Dalla revisione del 111arxis1110 ol rilancio del/ 'idealismo, in AA.VV., Storia della società italiana, 19: La crisi difì11e secolo (1880-1900). Teti, tvlilano 1980. Anche utili sono: G. GEMBILLO, J•ì'/osojìa e scienze nel pensiero di Croce. G'enesi di una distinzione, Gim1nini, Napoli 1984 (specie le pp. 1-58): ìvl. CORS!, Le origini... cit. e C. BOULA Y, Benedelto Croce j11sq11 'e11 191 I. Treni e uns de vie i11te/lect11ef/e, Droz, Gcnève 1981, che csainina in particolare la produzione cli critica letteraria. 48 Se si prescinde da!!' incertezza giovanile se iscriversi in 1nate1natica (dove aveva conseguito il 1nassi1110 elci voti alla licenza liccrilc). Cfr. A. NEGRI, Giovanni Gentile, 1: Costruzione e SCI/SO dell'att11alis1110, La Nuova Italia, rircnze 1975, 6.
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Francesco Co11igiio11e
to o 111 ricerche squisitamente storiche. Gentile è sm dall'inizio «compenetrato di entusiasmo per le teorie», che negli anni del tirocinio intellettuale all'Università di Pisa prendevano corpo nel «nuovo idealismo» di Jaja e nello studio della tradizione filosofica italiana rappresentata principalmeute da Gioberti e Rosmini 49 . Tuttavia l'influenza di Jaja veniva controbilanciata dalla lezione di A. D'Ancona, esponente del «n1etodo storico» in letteratura, con il suo culto dei "fatti'' e del "1netodo'' e la sua diffidenza per la filosofia 511 , che avviava il giovane Gentile allo studio della storia letteraria, sulla quale scrisse le sue prime esercitazioni scientifiche. Ma lo studio della storia della letteratura non si risolveva in Gentile in una esercitazione puran1ente erudita, bensì si apriva alla riflessione filosofica che lo portava ad incontrarsi con le concezioni estetiche di Croce o a recepire le idee di De Sanctis. Sicché, si può ben dire che il giovane Gentile «anche alla scuola di D'Ancona non ha "tradito)) del tutto Jaja e la filosofia» 51 , ed anzi veniva via via approfondendo la conoscenza degli hcgcliani italiani e con loro di quegli autori, come Kant ed Hegcl, cui naturalmente riconduceva il loro pensiero. Non ci interessa qui tanto ripercorrere le tappe della formazione gentiliana52 , quanto piuttosto 1nettere in luce con1e sin dall'inizio fosse ben diversa la fonnazione dei nostri due autori 5.ì: già interessata alla
19 • Cfì·. ibid, 5. Cfr. anche E. GARJN, Croce e (7e11tile interpreti di 1\farx, in Croce e Gentile .fra tradizione nazionale e jìlosc!fìa europea, a cura cli M. Cilibcrto, Editori Riuniti, Ron1a, I I. 51l Cfr. S. ROMANO, Giovanni Gentile. I.a fìlosofìa al potere. Rom piani, lVIilano 1990 2 , 15-17. 5i A. NEGRI, Giovanni Gentile, cii., 11. 52 Vedi in merito C. BONOMO, La pri111a jòrinazione del pensiero filosofìco di Giovanni Gentile, in Giovanni C7entile. /,a vita e il pensiero, XIV, Sansoni, Firenze 1972, con1c anche A. Lo SCHIAVO, !ntrod11zio11e a Gentìle, Lalcrza, Bari 197cl, 7-61. 5 -' Se è vero che «al centro degli interessi dei giovani Croce e Gentile stanno anzitutto proble1ni d'ordine storiografico e n1ctoclologico» (G. OLDR!NI, op. cit., 239), bisogna nondi1neno ricordare che la «gioventù» di Croce deve essere anticipata cl i
nove anni e che quando il Gentile si cimentava nei suoi pri1ni saggi in1pegnativi, Croce aveva nl!e spalle !n n1en1oria su La storia ridotta sollo il concetto generale dell'arte, dc! 1893, ccl aveva già, con1e vedre1no, elaboralo un suo n1ode!lo di scientificità, pur con tutte le conlraddìzioni, oscillazioni cd incertezze di un pensiero giovanile ancora non pervenuto a con1piula sintesi teorica. Così le motivazioni che
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"teoria", alla filosofia ed alla elaborazione sistematica del sapere, quella di Gentile; più attenta alla ricerca del particolare, alla storia come ricostruzione accurata ed erudita del passato e quindi alla specificità degli eventi che sfuggono ad ogni tentativo di sistematizzazione teorica, quella di Croce. Da ciò scaturiscono due modi diversi di intendere il concetto di scienza, all'interno di una comune ripulsa del positivismo imperante agli inizi del secolo. Croce nel suo primo scritto importante, La sloria rido/la sollo il conce/lo dell'arte, del 1893, vede la caratteristica fondamentale della scienza nel fatto che essa procede per generalizzazioni, alla ricerca dell'elen1ento con1une nel variare rnppresentativo. La storia, invece, con1e l'arte, si rivolge all'individuale di cui coglie le caratteristiche peculiariH. ln questo scritto, che s'inserisce sulla scia delle analoghe posizioni che, a partire dalle rillcssioni di Dilthey, si svolgevano nella conten1poranea cultura tedesca e che andavano nella direzione di una distinzione tra Tlerstehen e Ver.s·tancl5·\ tra scienze non1otetiche e scienze idiografiche, si nota già l'attenzione di Croce per il particolare, per l'individuo, ed il timore che l'assimilazione della storia alla scienza facesse smarrire il senso de!Ia concretezza storica, così coine gli se1nbrava avvenisse nelle teorizzazioni dello Spencer e dei positivisti. È su questa base che egli rifiutava, co111e abbia1no visto, l'idea di una «filosofia della storia», ai suoi occhi una sorta di costruzione scientifica che applicava 1neccanica1nente vuoti schc111i di carattere generale ad un 111ateria!e che, appunto in quanto individuale, non poteva essere trattato "scientifican1ente". Tale rifiuto era 111otivato, con1e rievoca Croce in una Poslilla autobiografica inclusa nella sua Logica, dalla mancata comprensione del carattere proprio della filosofia, «profondamente diverso da quello delle scienze empiriche e astratte», venendo
stanno alla base di questo con1une interesse per la storiogrftria scaturiscono da interessi diversi: dalla pratica storiografica in Croce, dalla riflessione sulla filosofia in Gentile. 5 ~ Cfr. f\1. CORSI, op. cit., 59ss. 55 Cfr. E. BOCCA, f,afòr111azio11e del pensiero di Benedetto Croce e la Ji!osofìa di lfege!, in Ann(l/i della Scuola 1\101·111ale Superiore di Pisa (Classe di Lettere e H!osofia), IX, 3 (1979); S. CiRRONE, C'roce e 1'/ 11eokantis1110, in Prospettiva Se!fanta, V (1983).
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così a confondere in un solo gruppo «l'universalità vera della filosofia e quella falsa delle scienze»'"· Così, la volontà di salvare la «concretezza della storia» portò Croce a far rientrare quest'ulti1na nel gruppo dell'arte. li superamento di questo pregiudizio di astrattezza, da lui inizialmente imputato alla filosofia, avvenne soprattutto, come riconosce lo stesso Croce, per merito degli studi di Gentile: «dall'accentuazione del carattere di concretezza, che la storia ha rispetto alle
scienze e1npiriche e astratte, sono passato via via ad accentuare il carattere di concretezza della filosofia; e, condotta a termine la critica della duplice astrattezza, le due concretezze (quella che avevo rivendicata dapprima alla storia, e quella che poi ho rivendicata alla filosofia) 111i si sono din1ostrate, in ultin10, una sola» 57 . Ma tale identificazione finale, che avviene solo con la Logica, si era pian piano sviluppata at-
traverso l'Estetica e i Lù1ea111enti lii Logica, tutte opere jJOsteriori ai saggi sul 111arxisn10, suoi e di Gentile. Invece alla vigilia dell'incontro col 1narxisn10, con1e si vede chiaramente anche nello scritto del 1895, Sulla c/assifìcazione dello scibile, Croce, riprendendo ed in parte modificando la distinzione che Dilthey aveva formulato nella Introduzione alle scienze dello Spirito (un significativo brano della quale viene citato in nota)'\ ha ormai chiara111ente distinto tra scienze "teoretiche" (o "di concetti") e
scienze "descrittive" (o "di fatti'' o anche "storiche"), ponendo tra queste ulti111e sia l'arte, intesa con1e fonna di conoscenza, sia la storia, definita co1ne descrizione di un oggetto nella sua individualità 59 . Nel primo gruppo (quello delle "scienze teoretiche"), invece, Croce fa
56 B. CROCE, f,ogica come scienza del concetto puro (1;' ed. 1908), Latcrza, Bari 1971, 194. 57 lbid., 195. 58 Sull'in1portanza di tale riferimento a Dilthey e sul senso delle 1nodifìchc ap~ portate da Croce alla sua ch:issificazione hrn1no richia111ato l'attenzione pri1na J\. GUF:RRA, C--.roce e i giudizi di valore, in Benedetto c:roce, a cura di A. Bruno, Ginnnotta, Catania !974, 206-208 e quindi G. COTRONFO, C!'oce e Di/they (1985), ora in L'ingresso nella 111oder11itò, l'dorano, Napoli l 992, ! 66-169. 59 ra notare il Corsi che tale distinzione «SOLtintcnde la pennanenza nel pensiero dcl Croce dcl!'anlica distinzione fra conoscenza dcl particolare o rappresentativa e conoscenza dell'universale o concettun!e)) (Co1;:s1, op. cii., 88).
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rientrare «la scienza dei principii della realtà, le matematiche, la meccanica, la fisica, la chin1ica, le cosiddette scienze naturali, l'antropologia, la psicologia (individuale e sociale), la logica, l'etica, l'estetica, la scienza dello stato, del diritto, ecc.» 61 '. Queste scienze mirano alla determinazione di un concetto che possa comprendere tutti i fatti particolari cui esse si riferiscono e quindi hanno per oggetto delle vere e proprie "essenze" quali la "111oralità", la "esteticità" e così via. Ad esempio, la zoologia non tratta di questo e quel cavallo ma del cavallo, risalendo per via di classificazioni generalizzanti «dalle specie ani111ali al concetto dell'anin1ale, da questo a quello più generale di essere vivente, ecc.» 61 • Questa impostazione, tipicamente aristotelico-scolastica, è significativa in quanto fa vedere come l'idea che il Croce si faceva della scienza fosse sin d'ora in contrasto con quella di Labriola (come vedremo meglio in seguito). Sicché quando poi egli leggerà Labriola sarà portato a scindere quanto in questi era strettan1ente connesso: i riferimenti alla filosofia della storia, alla necessità della teoria e quindi a!Punità del n1etodo vengono scartati corne irrilevanti, 1nentre invece vengono valorizzati i punti concernenti la concretezza dei fatti storici. Del ''n1aterialisn10 storico", si privilegia lo "storico" e si intende il "1naterialisn10" con1e "realisn10", in 1nodo da n1arcarne così la diffe-
renza dalle concezioni teologiche e metafisiche; e visto che la storia, come l'arte, fa parte delle scienze descrittive, miranti alla rappresentazione dell'individuale, ne consegue che l'astrazione e la concretizzazione, per Labriola 1110111enti n1etodici fondan1enta!i di ogni scienza,
ivi compresa quella della storia e della società, vengono da Croce contrapposti, divenendo la pri1na, in coerenza alle sue teorizzazioni pre-
cedenti, il procedere della scienza astratta, la seconda, il modo caratteristico in cui lo storico elabora il proprio n1atcriale. li n1arxis1110, la cui
60 B. CROCE, Sulla classificazione dello scibile, in Pri111i saggi, Laterza, Bari
19511, 64. 61 Io., La storia ridotla ... , cit .. ihid., 51-52. In seguito sarà lo stesso Croce che, nella pref'azionc a questi ((pri1ni saggi)), identificherà !a scienza con la costruzione di classi. concludendo che(( ... la Sloria non si risolve in concetli cli classe e perciò non è riducibile a scicn7.a>> (CROCE, Prefazione [ 1918_1 a Prilni saggi, cit.).
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peculiarità ed il cui carattere scientifico consisteva, per Labriola, proprio nel tenere congiunti questi due momenti, viene così disarticolato e visto con1e un giusto richia1110 su "fatti" prin1a ignorati: è co1nprensibile che in questa luce Croce lodi Labriola proprio perché riesce a gettar via il «fardello delle teorie» per accostarsi alla storia ed ai fatti concreti con quel cauto e rispettoso atteggiamento che dovrebbe essere tipico di ogni onesto ricercatore storicor' 2. L,a stessa affern1azione crociana della «co1nplen1cntarità dei due rnetocli», l'astraente e l'individualizzante, e quindi dell'indispensabilità di entrambi, non mira ad evidenziare i due inscindibili n10111enti di ogni teorizzazione scienti-
fica, 111a piuttosto a contrapporli in quanto propri ciascuno di una scienza diversa. La critica di ogni astrattisn10, che in Croce si era nutrita sino ad allora dell'esperienza storico-erudita, tenderà sen1pre più a trasforn1arsi in critica all'astrazione in quanto tale, e quindi in critica delle scienze naturali che di essa, per Croce, facevano esclusivo in1piego. Tale processo, che troverà il suo esito sistematico nella Logica co1ne scienza del concetto }Jttro, vede con1e suo in1portante punto di passaggio proprio la riflessione sul niaterialis1110 storico e su quello che egli riteneva fosse il contenuto "scientifico" dcl CcijJitale, letto nella mediazione di Labriola. Per Gentile, invece, la filosofia, sin dall'inizio della sua riflessione, non è affatto identificata con le «scienze astratte» cd anzi egli trae alimento dalla distinzione tra essa e le scienze positive, il cui cnlto era allora imperante, per elaborare un concetto di scientificità non riducibile a quello a suo avviso 1nesso in atto nelle scienze naturali. Tuttavia tale scientificità è del tutto interna alla filosofia, la quale, sin dalla tesi di laurea su Rosn1ini e Gioberti, assun1e «il senso di una filosofia per dir così totalitaria, aperta ad abbracciare in sé tutta la vita dello spirito, in una direzione di approfondin1ento teoretico volto a provare l'inseparabilità della filosofia dalla vita e dalla storia»"'· È in questo stesso periodo che egli legge Marx e scrive i saggi che entreranno a far parte del volume su La .filosofia di A1an, sicché riflessione sul mate-
62
Cfr. ID., J\1ateria/ismo storico ... , cit., 82. Genti/e, cii., 25.
6-' A. NEGRI, (ìiova1111i
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rialisn10 storico e ripulsa del positivisn10 scientista rientrano e si con1pongono all'interno dell'elaborazione del suo proprio «onnivoro» concetto di filosofia, in una riflessione complessiva che dà la prima più con1piuta prova di sé appunto in questi saggi su Marx. E la filosofia si configura sin dall'inizio come filosofia della storia, che altro non significa, per Gentile, che scienza della storia, in contrapposizione al «ciarlatanismo scientifico» che nutre il pregiudizio di fare della scienza il «privilegio d'un ordine solo di elaborazioni dello spirito umano, quelle che si riferiscono allo studio della natura o vi si possono coordinare»6·1. Ma tale «ciar!atanisn10» non colpisce la scienza in quanto tale, bensì la sua caricatura e cioè quella scienza che in Italia è venuta a coincidere col positivisn10, cioè col dar\vinis1no e coll'evoluzionis1110 intesi co111e tentativi di estrapolare particolari risultati scientifici per applicarli alla realtà in generale, ivi con1presa la storia e la società. Ne consegue che Gentile rifiuta di scindere, con1e faceva Croce, il momento dell'astrattezza da quello della concretezza per attribuirli ciascuno a scienze particolari (poi collocate all'interno della sua «teoria dei distinti»), 111a delinea piuttosto, sin da ora, l'articolarsi dialettico di un unico sapere che è filosofia in quanto scienza ed è scienza in quanto filosofia. li discorso di Gentile è m111 discorso dialettico, asso!uta111ente andistinzionistico» 65 • Così, nel discutere la tesi cli Labriola circa la tendenza della nostra epoca a superare il divario tra scienza e filosofia verso una «filosofia scientifica», Gentile osserva che tale "tendenza)) porta con sé quella 111cdiazionc che non pern1ette alla filosofia di cessare di esistere, pena ['identità astratta di cui parla !-!egei. La contraddizione tra filosofia e scienza non si supera, per lui, 111ediante la sua soppressione (assorbendo l'una nell'altra), 111a «raggiungendo l'identità che è nel seno stesso della differenza. La differenza rin1ane; quindi filosofia da una parte, e scienza dall'altra. L'identità vera, !'identità piena e concreta non può vivere che nella differenza. [ ... ] In1n1anenza sì, nia anche trascendenza. [ ... ]Dunque l'uno sì, 111a
6
~ (ì. GENTILI::,
65 1\.
/,a jì!osojìa di 1\lal'.Y. cii., 114. NLGRI, Giovanni Gentile, cit., 18.
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anche i contrari»('''. Ciò lo porta a vedere nella filosofia «la verità delle scienze particolari, e dci prodotti dell'intelletto astratto in generale», e nella scienza, in cui la filosofia è immanente, «la verità della filosofia»67. È questa «l'ansia 1netafisica dcl processo attivo di riunificazione, dell'Atto unificante, dell'Unità», della quale parla Garin'' 8, che se, da una parte, esporrà Gentile all1accusa di 111isticisn106'\ tuttavia, con1e vedre1110, apre anche inaspettati spazi ad un positivo rapporto tra scienza e filosofia, invece dcl tutto precluso alla sistemazione che Croce imporrà nella sua Logica. 4. Ma è la lettura che Croce fa del Capitale - appunto nella sua curvatura «1netodologistica» a volte rin1proveratagli7° - che rivela 111aggiorinentc la sua acutezza interpretativa, grazie alla quale egli riesce a vedere 111olto di più dci suoi conten1poranei - co111e anche di 11101-
ti 111arxisti successivi - e ad interpretare con acun1e alcuni te111i del 111arxis1no labriolano 71 ; e rivela, anche, con1e i concetti episten10/ogici utilizzati già erano sin1patetici con le analoghe considerazioni nletodologiche in quel periodo portate avanti dalla "critica alla scienza" di fine secolo, da Croce verosi111ih11ente ancora non conosciute in 111odo diretto ma piuttosto nella mediazione di Sorel, il quale aveva ben presenti le riflessioni dei vari Boutroux, Bergson e Poincaré 72 • Ne consegue che tali spunti ri1nangono incapsulati all'interno di una ìn1111agine della scienza che, nel n1igliore dei casi, non andava oltre quella che era
(i(,
(ì. GENTILI'.. La fl!osr?fìa di i\Ja1:y cii.. 203.
(,1
Le.
(, 8 E. CìARIN. l11trod11:::ione a G. Cìentilc. in ()pere jì!osojìclie, ciL, 40 (,'>E' l'amichevole critica che gli rivolge Croce nella pri1na parte dell·articolo Intorno a//'idea/is1110 attua/e, in La Voce 46 (19!3) 1195~1197, alla quale (ìcntile risponde se1nprc su l,a Voce con una Lei/era a !Jenedetto C'roce, dal titolo Intorno a/l'idealismo attuale. Ricotdi e confessioni, poi pubblicato ne IJ1 rif'on11a della dialettica /Jegeliana (1913), ora in Opere ,filosofiche, cii., 382-402. 7 Cfr. S. NA.IOLL op. cii., 12.
°
71
Su questo punto non concordiamo col giudizio di E. Agazzi. per il quale «gli scril!i dcl Croce sul 1naterialisn10 storico e sull'cconornia inarxistica peccano singolanncnte di supcrricialità» (E. AGAZZL li giovane C'roce.. cit., 103). 72 Cfr. G. CAVALLAR!. !11trod11:::io11e a G. SorcL Scrilli jilosojìci e politici, Einaudi, Torino 1975. pass/111.
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la con1une percezione che di essa si aveva alla sua epoca e che quindi era per ciò incapace di cogliere per intero la novità episte111ologica
rappresentata dall'opera di Marx. Inoltre, la conoscenza che Croce aveva nello stesso periodo dell'opera di l··-legel non era ancora a tal punto approfondita da 1netterlo in grado di cogliere la connessione tra metodo marxiano e alcuni temi epistemologici della Logica hegeliana7\ sicché anche questa via d'accesso alla concettualizzazione del Ca]Jitale gli era preclusa. Tutto ciò e1ncrge con chiarezza dall'analisi del saggio di Croce più importante sul marxismo". Croce senza esitazioni individua correttan1ente, sin dall'inizio, il carattere del Capitale: «Come forma, non v'ha dubbio che il Capitale sia una ricerca astratta: la società capitalistica, che il Marx studia, non è la tale o tale altra società, storica1nente esistente [ ... ]. È una società ideale e schematica, dedotta da alcune ipotesi, che (diciamo così) potrebbero anche non essersi presentate 111ai corne fatti reali nel corso della storia» 75 . Le categorie di Marx sono, quindi, astrazioni e ciò ben corrisponde al carattere di ogni indagine scientifica, in quanto di "concetti litnite" o "tipici" o "generali" sono piene tutte le scienze7('. Inoltre, per quanto riguarda la sua coJJl]Jrensione, «la ricerca di Marx non abbraccia tutto il territorio dci fatti econo111ici» 77 n1a «si restringe invece a una particolare fonnazionc econo1nica, che è quella che ha luogo in una società con proprietà privata del capitale» 78 . Se quindi con1e forn1a il (~'a]Jita!e non è una trattazione storica (è una ricerca "astratta", "scientifica"), con1e con11Jrensione o contenuto non è neanche un trattato di econon1ia.
7·' Croce solo accenna in 1nodo negaiivo alla <<fraseologia hcgeliana, cara al Marx)) (1\Iaterialis1110 storico .... ci!., 54). Su Li.ile connessione ci penncttiaino cli rinviare a F. CONIGLIONE, Abstraclio11 and idea!izalion in Alarx and Hege!, in .l. Brzezi.fski, F. Coniglione, T.A.F. Kuipcr.s & L. No\vak (Ecls), ldea!izalion, cii., J, 61-88. 7 ~ Cfr. B. CROCE, AJateria!is1110 storico .... cii.. 53-l 04. 75 lbid., 54. 76 Cfr. ibid., 32. 77 lbid., 54. 78 lbid., 55.
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Questo riconoscimento del carattere leorico del Capitale, di chiara derivazione Jabriolana, che porta Croce a vedere corretta1nente in esso una trattazione astratta dcll'econo1nia capitalistica, deve essere tuttavia inquadrato all'interno delle considerazioni che prima avevamo fatto sulla valutazione crociana dell'astratto. Infatti, abbiamo visto, per Croce il procedere per astrazione è tipico delle scienze naturali e fisiche, 111a ad esso si contrappone i! rnetodo individualizzante
della narrazione storica e dell'arte. La preferenza di Croce per queste ulti1ne ricerche e le sin1patic per la concretezza storica, che viene sen1pre richiainata in contrapposizione a coloro che vogliono in1porre alla fluente realtà schen1i predeten11inati, fa sì che egli veda nell'"astrattczza" della trattazione 111arxiana più un liinitc che un pre-
gio. Ciò e1nerge chiaran1ente dall'analisi crociana della teoria ciel valore 79 . Individuandone con esattezza i! ruolo centrale all'interno della trattazione 1narxiana, solo presupponendo la quale la sua ricerca può avere inizioH0 , Croce si trova d'accordo con L.abrio!a quando questi affenna che tale teoria è una "prcinessa tipica"; da essa, afrenna Croce, Marx svolge il suo ragiona1nento e, assu111endo l'eguaglianza tra valore e lavoro socialinentc necessario, si propone di «n1ostrare con quali divergenze da tale misura si formino i prezzi delle merci nella società capitalistica e co1ne la stessa forza-lavoro acquisti un prezzo e diventi una n1erce»H 1• Ma è significativo il con11nento che i1nn1ediatamente dopo fa Crnce: «li Marx formulò tale problema con modi, a dir vero, i111propri: giacché il valore tipico, assunto da lui co1ne 1nisura, egli lo presentò come la legge dei fatti economici della società capitalistica. Ed è, se si vuole) la legge, n1a nella sua concezione, non già nella realtà econoinica»~ 2 • La differenza che Croce pone tra la "concezione'\ ovvero la teoria (e non irnporta che essa sia qui quella
79 Su tale argo1nenlo ciì·. J. RIDl:T, S11r / 'épisté111ologie d11 je1111e Croce (A propos d11 débat Labriola-Croce s11r fa valeur: 1896-99), in Labriola d'un sièc!e rì I 'aut re, n cura di G. La bica e J, Texier, 1\/fcriclicns K!incksieck. Paris 1988, I 79-188. No
Cfì·. ibid, 56,
81
Jbid' 59,
82
Le.
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di Marx), e la "realtà econo111ica", cioè il concreto storico, è sinto1natica di quel solco che egli scava tra astrazione e concretezza, sicché la prima si rivela sempre come qualcosa di artificiale rispetto alla seconda e, alla fine, non riesce a cogliere la "verità". E difatti proprio ciò dice esplicitamente Croce quando poco dopo afferma che «il Marx, finché si aggira nei limiti della ipotesi, procede con perfotta correttezza. L'errore potrebbe co1ninciare solo quando, esso o altri, confondesse l'ipotesi con la realtà, e il modo del porre e del misurare col modo dell'essere. Finché non si cade in siffatto errore, il procedimento è incensurabi le» 8\ Altrettanto "incensurabile" sarebbe tale affern1azione di Croce se essa volesse sola111ente significare che è n1etodologican1ente errato confrontare ìn11ncdiatan1cnte "1nodel\o" e "realtà", in quanto la scienza è idealizzazione ]Jiù concretizzazione 8 ~: se venisse a 1nancarc quest'ultin10 passaggio, essa finirebbe per confondersi con la 1netafisica. Ma non è questa l'intenzione del Croce: per lui, infatti, la frattura tra astratto e concreto non è sanabile a/l'interno della scienza: «Tutte le leggi scientifiche sono leggi astratte; e .fi'a l'astratto e il concreto 11011 e 'è jJOn!e cli fJassaggio, appunto perché l'astratto non è una realtà, nia uno schen1a dcl pensiero, un nostro 111odo di pensare, dirci quasi, abbreviato. E se la conoscenza delle leggi rischiara la nostra percezione del reale, essa non può diventare questa percezione stessa» 85 • l,a scienza, inson1n1a, resta confinata all'interno delle sue astrazioni e non può darci la conoscenza del concreto, del concreto storico in particolare, in quanto «dalle reti a larghe maglie delle astrazioni e delle ipotesi scivola, inafferrabile, la realtà concreta, ossia il 111ondo stesso in cui noi vivia1110 e ci 111ovian10, e che c'in1porta conoscere» 8<'. Polc1nizzando con R.acca, Croce decisa1nente atfenna che «ricerca astratta è qui opposto di ricerca storica, nia non già di ricerca scientifica po-
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I bid, 60. I. NO\VAKOWJ\. ldeolizotio11 und tlie Frohlem o.l Correspondence, in Poznof Studies in the Fhilosophy oj.Sciences and the f-lumanities 2 (1975) 67. 5 1> fb/d, 93. Corsivo nostro. X(, lbid., !03. 8·1 Cfr.
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sitiva» 87 . La scienza, in questa fase della sua fon11azionc, si biforca in Croce in due sottogruppi: l'astratta e la storica (o concreta). Tra essi non v'è 1nediazione88 : sono diversi sia i 111etodi sia i fini e via via sarà attribuito alla ricerca storica i! con1pito di fornire la conoscenza autentica, 111entre le teorizzazioni delle scienze naturali e fonnali, a causa della loro 111ancanza di "presa" sul concreto, verranno svalutate sino a pervenire alle formulazioni della Logica, nella quale tale declassazione raggiungerà piena realizzazione. Tutto ciò trova esplicita illustrazione nell'argomento del
''paragone ellittico''. [,sso viene esposto in questi tcrn1ini da Croce: «Il Marx, dunque, 11cll'assu111ere a tipo l'eguaglianza dcl valore col lavoro e nell'applicarlo alla società capitalistica, istituiva paragone della società capitalistica con una parte di sé stessa (la società econon1ica in quanto società lavoratrice), astratta e innalzata ad esistenza indipendente: ossia, paragone tra la società capitalistica e la società econon1ica in sé stessa (n1a solo in quanto società lavoratrice [ossin avendo fatto astrazione da tutti i beni non aumentabili col lavoro, eia tutte le diftèrenze di classe e eia ogni modo cli distribuzione della ricchezza]). In altri tern1ini, egli studiava il problen1a sociale del lavoro, e niostrava, col paragone implicito da lui stabilito, il modo particolare in cui questo problen1a viene risoluto nella societ8 capitalistica»~ 9 • È da questo paragone tra società capitalistica e società lavoratrice che può saltar fuori il concetto di "plusvalore", il quale non è altro che un "concetto di differenza". Ma, «se la legge dcl valore è solo la legge particolare dell'astratta società lavoratrice, che solo fran1111entaria1nente si attua nelle società cconon1iche storican1ente date» allora sono ovvie, per Croce, alcune "facili conseguenze": « 1) che I'econo1nia 111arxistica
fhid., 155. Acutrnncnle Gentile, pur rdl'interno di un'a!!ro contesto, notò che Croce aveva accresciuto il divario tra leorin e pratica nel 1narxis1110 e «non vide 1nai il ponte di passaggio dall'astratto al concreto, e perciò non aderì rnai al soci·alisn10. E questa ri1nase una delle colonne più salde del suo filosofare; e si disse il principio della distinzione tra il teoretico e il pratico» (// 111a1·.Yis1110 di !Jencdetto C'roce. in Il Resto del C'arlino, 14 tnaggio 1918, ree. alla nuova edizione ciel volu1nc di Croce sul 1n<lrxis1no, ora in G. GENTii.E. Opere jìlosofiche, cit .. 230). ~ 9 B. CROCE, i\Iaterialis1110 sÌorico ... , cit., 65. N? 88
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non è la scienza econotnica generale; 2) che il valore-lavoro non è il concetto generale del valore» 91 '. Dal che Croce tira la conclusione della
necessità di avere una scienza econon1ica generale che deduca il concetto di valore da principi diversi c più comprensivi di quelli marxiani. Co111e si vede la caratterizzazione che Croce dà del inetodo i111piegato da Marx nel Capitale ne coglie bene il carattere nel momento in cui ne sottolinea la natura astratta. In tal 1nodo per Croce, con1e è evidente da quanto affern1a sul "paragone ellittico", Marx non descrive l'econon1ia capitalistica reale, 1na piuttosto ne costruisce un 1110dello91, Era appunto anche questa la direzione verso la quale se1nbrava essersi avviata, con tutti i suoi li111iti, la riflessione di Labriola. Tutto si gioca, dunque, sul rapporto esistente tra [e astrazioni scientifiche cd il concreto della realtà storica; al centro è, inson1n1a, la contestazione del carattere astratto della scienza, cui sfuggirebbe il concreto "fluire" dei feno1ncni, in tutta la loro ricchezza e "particolarità". E questa critica all'astrattezza del pensiero scientifico è il tratto con1une dcll'antipositivisn10 spiritualista ed idealista, la lan1entela che ciclican1entc si leva contro il pensiero scientifico e le sue leggi. Un t6pos cui non si sottrae neanche Gentile? La posizione di Gentile è in inerito più articolata e con1plessa. Infatti, per lui la conoscenza astratta è inscinclibiln1ente connessa alla conoscenza scientifica, alla scienza tout courl, e cioè alla filosofia speculativa. Nell'affrontare il problema delle categorie del pensiero, inte-
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/bid, 67. Con gli occhi rivolti a quanto in seguilo sarebbe avvenuto. specie in ernnpo 1narxista (per non menzionare !'ovvio riferin1cnlo agli «idealtipi)) di Max \Veber), si potrebbe affcnnare che. cl;1 questo punto di visl<:l, la ricostruzione crociana ha indubbi accenti di n1odernitò. Ci riferiamo al /'allo che proprio in questa direzione si è orientata l'indagine n1arxista di ispirazione strutturalista di L. J\llhusscr (specie nel saggio a lui dovuto contenuto in L. ALTHlJSSt::R-E. BA!.18!\R, Leggere il C'upitafe, Feltrinc!!i. lVlilano 1980~) e, in Italia, di C. LUPOl{INI (cfr. J)ialcttica e 111aterialis1110. Editori Riuniti, Ron1a I 974, specie nei due saggi Realtà e storicità: eco110111ia e dialeffica nel 111ur.Yis1110, del 1966, e klarx secondo 1\Iarx, dcl 1972, dove si svolge la tesi che// Capitale è la «costruzione di un 111oclcl!o scientifico astratto o idealell fp. 155J). Più recentcn1cnte è stata la scuola polacca di Pozna.f che ha i1nrncsso il concetto n1arxiano di scienza all'interno di un pili generale discorso di rinnova1nento episte1nologico c!e!l'in11nagine tradizionale di scienza ricevuta in creditù dal neopositivismo. 91
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se co111e «funzioni in atto del conoscere», e quindi vuote, Gentile si domanda con Hegel: «Ma vuote di che?». E risponde: «Di contenuto e1npirico; e questa è per l'appunto l'esigenza del pensiero speculativo, che non deve indugiarsi nella differenza (nelle determinazioni concrete dell'esperienza), ma salire all'universale, all'identità. Non è un difetto per la filosofia, notava Hegel, aver a che fare con queste astrazioni, che sono le categorie per se stesse vuote di contenuto empirico; anzi è il suo pregio, la sua perfczione» 92 • Ma Gentile distingue la categoria con1c tale dalla categoria co1ne concetto: la prin1a non è pensabile, in quanto essa è nel fatto, che è l'oggetto ed il presupposto logico della
scienza, e pe1tanto si attua nel fatto del conoscere concreto; la seconda è «la categoria di cui si occupa la logica, la quale in una filosofia che identifica l'essere col pensiero (o come idea, o come prassi sensibile), assu1nc dignità di n1etafisica o di filosofia propria1ncntc detta» 9J. Ma, se voglia1110 studiare la categoria con1e fatto, allora clobbia1no sussu1nerla nel pensiero e quindi trasfonnarla in concetto, fissandola per sé stante: appunto in ciò consiste il procedin1ento astrattivo, che è proprio della scienza in quanto tale, di ogni tipo di scienza: «Guai alla scienza, se le fosse vietato questo perpetuo processo astrattivo! E in che altro, infatti) consiste quel 11101nento socratico d'ogni fonna del sapere, del quale sì giustamente il Labriola rileva l'importanza? Formare i concetti o elaborarli (Herbart) importa trascendere i particolari, il concreto, e innalzarsi all'universale, all'astratto? Nelle angustie dell'individuo e111pirico 11011 vive concetto di sorta. E dagli individui non possian10 dipartirci se non per astrazione. Né, d'altra parte, v'ha scienza senza elaborazione di concetti, senza socratisn10. La scienza vuole dunque in1prescindibilinente, con1e sua propria ragion d'essere, l'astrazione e l'ipostasi dell'astratto, non con1c concreto però, 111a con1e astratto; astrazione ed ipostasi, che equivale a ciò che più con1une1nente si dice fonnazione dei concetti» 94 • Certo, Marx non sarebbe stato d'accordo a definire la scienza dal punto di vista della sola
92 G. GENTILI..'., Lu filosofia di A/arx, cit .. 2 I 1. /bid., 212. 94 /hid..213. 'J.1
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"ipostasi delPastratto'\ in quanto per essere scientifica tale "ipostasi" avrebbe poi dovuto "riguadagnare" l'esperienza 1nediante un processo di concretizzazione del modello, in modo da controllare empmcamente Fastrazìone che in quanto tale non è 111ai arbitraria 111a scaturisce
dall'analisi di una situazione proble1natica detern1inata. Tuttavia, ciò che qui ci interessa è rilevare il fatto che il pensiero speculativo e la filosofia vengono da Gentile equiparate al pensiero astratto, per cui quest'ulti1110 diviene anche il carattere dell'autentica scienza e non solo delle scienze naturali, con1c riteneva Croce. Ed il 1narxis1110, autentica filosofia, è esso stesso caratterizzato dal! 'essere una ricerca astratta. Intàtti, difendendo Marx da coloro che vedono in lui un ne111ico delle «speculazioni astratte», Gentile cita con approvazione proprio il brnno di Croce da noi prima riportato, nel quale Il Ca11ita!e viene definito con1e una «ricerca astratta», per sostenere che appunto lo stesso Croce finisce per an1111ettere che «tutti gli scritti di Marx sono filosofici, più che storici e descrittivi»"5 vedendo già nella sua giovinezza questa sua «sc1nitica tendenza specu!ativa»w'. Pertanto, co111e «forn1a», !a ricerca cli Marx è astratta; e ciò significa J~er Gentile che essa è speculativa, autentica1nentc filosofica, e pertanto scientificn. Sicché la critica all'astrazione che è possibile ritrovare in Marx (il «perpetuo ritornello» di dover sostituire il concreto all'astratto) è rivolta contro l'astrazione deteriore, quella 111etafisica e pre-hegeliana: «Ma qual è l'astratto al quale Marx dà la caccia? È l'astratto criticato anche da Hcgel, termine dell'intelletto astratto; [ ... ] L'intelletto astratto cli Hegel è la facoltà dcl sapere immediato, che s'appunta cioè nei particolari con1e tali, facendo astrazione dal loro nesso, in cui sono concreti [ ... ]. Il nesso, il generale, che per la riflessione volgare e scientifica è trascendente, nell'intuizione filosofica diviene in1n1anentc; e da!rastratto si trapassa al concreto, la trascendenza in1portando nient'altro che astrattezza. Che fa dunque Marx richian1andosi ogni 111on1ento dall'astratto al concreto?
95 lhid., 169. w, L.c.
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Nient'altro che lìlosofare all'hegeliana, e negare superandola, la cognizione in1111ediata, positiva, en1pirica, quella, se non 111i sbaglio, a cui il Croce ha voluto alludere nella frase conoscenza di cose» 97 • Appunto in ciò risiederebbe il carattere autenticamente scientifico del Capitale, dove appunto, come sostiene Labriola, pensiero filosofico e conoscenze positive di econon1ia, storia e diritto fonnano una inscindibile unità, sicché tale opera «vive nella inafferrabile integrità sua»°". Ma, aggiunge Gentile, tale carattere di organicità delle conoscenze proprio del Capitale, tale impossibilità di analizzarlo senza farlo cessare di es-
sere quello che è, è tipico di ogni conoscenza in generale in quanto logica i1n1nanentc, ricerca in atto. «La logicn è in1n1anentc nelle conoscenze co1nuni dell'uon10; 1na non nasce co111e scienza, se non quando incomincia l'analisi di ciò che di fatto è inscindibile» 99 • La critica all'astrazione si configura, pertanto, co1ne critica alla 111ctafisica in senso deteriore, quella 1ncdesi111a critica che Engels aveva a suo ten1po effettuata ed alla quale si richian1a Labriola. Ma, per Gentile, tale critica era già stata fatta da Hegel o anche da Eraclito, sicché Engels non fa che ripetere il pensiero di 1-legel, dal quale Marx ha ripreso la critica all'intelletto astratto proprio della conoscenza con1unc e delle scienze particolari, «intelletto che non coglie le cose nel loro nesso intrinseco, 111a !e cose nella loro i1nn1ecliata particolarità, differenza ed opposizione»io11 • Così la 111etafisica co111battuta da Engels è !a stessa 111etafisica co111battuta da l-Iegel, «la 111etafisica propria degli empiristi; di coloro cioè che vogliono il metodo delle scienze storiche e naturali trasportare nella filosofia. La metafisica quindi anche dei moderni positivisti. E' la metafisica negata dalla dialettica; cioè la metafisica pre-hcgcliana» 1111 • lnso111111a, Engels e Labriola vogliono in sostanza combattere «la filosofia soprastante alle cose e alle scienze»"",
97
lbid., 170. Jbid., 213. 99 lhid, 214. IOll /bid.' 198. 101 Jbid., 199. 102 lbid., 205. 98
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nel senso dell'antica metafisica. Ma questa, dopo 1-legcl, è già morta da
un pezzo. Dall'analisi che Gentile fa della critica alla metafisica di Engels scaturisce con chiarezza che il pensiero non n1etafisico è, per Engels come per Hcgel, il pensiero dialettico, che va al di là delle scissioni e delle contrapposizioni, il pensiero che non pensa per antitesi e non assolutizza il particolare, non vedendo l'unità dci contrari. Inoltre da quanto detto e1ncrge anche che l'astrazione è intesa in un duplice 1nodo da Genti le: co111e necessaria procedura n1etodica del pensiero scientifico che non può pervenire alla conoscenza se non fissando dei concetti astratti; e come propria dell'intelletto astratto (criticato da
I--Iegcl e Marx) consistente nel fern1arsi all'i1111nediato sensibile, isolandone gli e!e1ncnti e pertanto non cogliendone !'unità sisten1atica e processuale. Potren1n10 chian1are il pri1no tipo di astrazione con astrazionc 1, il secondo tipo con astrazioner Ebbene, per quanto riguarda l'astrazione, Gentile, al di là delle generiche affennazioni sulla sua utilità, poco ci dice circa la sua consistenza 1nctodologica, sicché non è dato capire dalle sue pagine se essa venga intesa con1c astrazione generalizzante (così con1e fatto da Croce nelle opere precedenti ai saggi sul marxismo), oppure come costruzione idealtipica, cotne elaborazione di concetti idealizzazionali (analogan1cnte al Croce dci saggi sul niarxis1no). L'astrazionc 2 , invece, ci dà in negativo ciò che per Gentile deve essere il carattere autentico de!Pastrazione scientifica (l'astrazione 1): essa deve avere natura essenzialistica, deve cogliere non le regolarità fenoineniche, 111a i nessi profondi del reale e deve pervenire ad una unità sisten1atica della conoscenza, cioè a teorie quanto più coinprensivc possibili, sisten1atiche, universali. lnson1111a, la conoscenza autentica1nente scientifica, che fa uso di un concetto corretto di astrazione, non può essere intesa con1e siste1na convenzionale di concetti, con1e generalizzazione "econo111ica" della scienza, con1e invece si sosteneva nelle correnti cpiste1nologiche di fine Ottocento raggruppate sotto la denon1inazione di "critica alla scienza" cd i cui pili noti rappresentanti erano Boutroux, Ilergson, Le Roy, Poincaré, Mach ed Avenarius.
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Tale conoscenza autentican1entc scientifica era appunto quella garantita dalla filosofia speculativa e dal materialismo storico nella n1isura in cui quest'ulti1no è un hcgelisn10 suo 111algrado e pertanto una teoria dialettica del divenire storico, che ne coglie l'essenza, le regolarità fondamentali. Esso è, infatti, autentica filosofia della storia. Ma qual è il carattere ed il ruolo delle scienze naturali? A questa do1nanda, ìn questa prin1a fase del pensiero gentiliano, non è facile rispondere con esattezza. I continui riferimenti che egli fa alla "scienza" ed alla sua natura n1irano pili a delineare quello che per Gentile è "autentica" scienza piuttosto che a caratterizzare la scienza degli
scienziati naturali. I pochi rifcri1nenti alla scienza "naturale" o alle scienze "particolari", senza entrare nel inerito delle loro caratteristiche n1etodologiche, se1nbrano essere rnotivate piuttosto dal generale cli1na di "reazione idealistica contro la scienza"w.:i o, più esattan1cnte, di critica ciel positivis1110 inteso con1e «filosofia naturalistica» 111-1: abbia1110 infatti visto con1e vengano tali scienze riferite all'opera dell'intelletto astratto (astrazione,), e quindi in quanto tali vengono svalutate. rruttavia abbian10 anche visto che Gentile cerca di recuperare il ruolo positivo delle scienze particolari in rapporto alla funzione che possono avere se strettamente collegate alla riflessione filosofica, per cui la filosofia viene ad essere !a verità delle scienze particolari, e dei prodotti dell'intelletto astratto in generale, e la scienza, in cui la filosofia è immanente, potrebbe costituire la verità della filosofia. Appunto su tale teina Gentile spende qualche parola in più e, facendo riferimento alla tesi di Labriola del superamento della scissione tra filosofia e scienze in una nuova "filosofia scientifica" della quale il 1narxi-
lll.l Questa fortunata espressione, che poi ricorrerù in nu1ncrosi critici dell'idealis1no, è stata introdotta da! volu1nc di A. ALIOTTA, La reazione idealistica contro la scienza ( ! 912), nuova cd. anastatica con presentazione di C. Carbonarri, Lìb. Scient. Editrice, Napoli 1970. 111 -1 E' stalo appunto notato che la lilosol!a idealistica ha sen1pre 1nostrato disinleressc ad affrontare il problcn1a della scienza sotto J'aspelto cli una crilica della scienza, avendo invece !a <dendenza a spostarlo sull'unico piano che le interessa: quello della critica della jìlosojìa 11at11ralistica, cioè della crilica di un 'altra filosofial> (R. CORDESCHI, // "'duro lavoro del concetto": 11eoidealis1110 e razionalità scient(fica, in Giornale critico dello .filoso/ìa italiana. IH-IV l1978] 337).
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sino sarebbe il prototipo, osserva che non è tanto «111 una scienza 111 cui la filosofia sia in1111anente, la soluzione della contraddizione tra scienze particolari e la filosofia; ma in una forma di filosofia in cui i risultati delle singole scienze siano inverati; cioè in una filosofia della natura, nel senso più lato del termine o meglio in ciò che 1-!egel diceva un'enciclopedia filosofica; la quale non deve già contenere l'esposizione co1npleta delle scienze speciali ed entrare nei loro particolai; ma basta che indichi il loro punto di partenza e i loro principi fondamentali; per cogliere fra tutte quel nesso intimo che sfugge alla considerazione dell'intelletto astratto, di cui le singole scienze sono prodotto. Questo mi pare l'unica legittima conseguenza della dialettica applicata alle produzioni dello spirito umano» 1" 5 La filosofia, pertan-
to, non vuole prevaricare le scienze particolari entrando nel n1erito delle loro indagini, né le svaluta dicendo che non sono conoscenza, 1na piuttosto, venendo a configurarsi co1ne una sorta di "n1etascienza", vuole fornire loro quella sistematicità che non riesce loro a fornire l'intelletto astratto 2 . Insomma, la fonzione della filosofia rispetto alle scienze particolari consiste nel correggere il tipo di astrazione della
quale
queste
sono
affette
e
così
ricondurle
da li 'astrazione2
ali' astrazione,. Paradossalmente, si potrebbe affermare che il progetto di Gentile non è poi molto diverso da quello che Engels si propose nella Dialettica della natura (ovvian1ente opera sconosciuta a Gentile) e, possia1no dire, sulla base di 1nedesi1ne 111otivazioni: la necessità di
integrare dialettican1ente la razionalità scientifica e di co111battere il positivisn10 ingenuo degli scienziati. Sicché, così co1ne Engels rin1proverava agli scienziati che volevano fare a n1eno della filosofia, di assun1ere tacita1nente una filosofia irriflessa e rozza 10(', allo stesso 1nodo
Gentile criticherà in seguito gli scienziati che si abbandonano «al dommatismo dell'esperienza» per difendersi dalle intromissioni della
filosofia, senza rendersi conto che «la gnoseologia spontanea delle scienze ha svelato agli scienziati che quella filosofia dalla quale essi
105
G. GENTILE. La.fì/osojìu di A,/arx, cit., 204. Cfr. f. ENGELS, l)ialellica della natura, a cura cl! L. Lon1bardo Radice. Editori Riunili, Ro1na 1978", 221-222. 106
706
f'rancesco Coniglione
credevano di ditèndersi sbarrando le porte, l'avevano in casa; e bisognava perciò ascoltarla e vedere in qualche modo di intendersi con essa»107. Progetto certo assai rischioso e che può sfociare in arbitrarie estrapolazioni scientifiche motivale da particolari assunzioni filosofiche o anche, nel 111ig!iorc dei casi, in vacue generalizzazioni che poco o nulla ci fanno conoscere del procedimento reale della scienza (come le leggi dialettiche proposte da Engels). Che tale analogia non sia peregrina, scaturisce dalle stesse parole di Gentile, quando egli, difendendo Hegcl dall'accusa, da molti fattagli, di misconoscere i diritti dell'esperienza e delle scienze, porta appunto a proprio conforto anche la posizione di Engels (da lui letto nell'A111idiihri11g): «[ ... ] sarebbe pur facile mostrare come il rimprovero che 1-legel movcva allo speri-
1nentalis1110 si riducesse al riinprovero che pur gli n1uove Engcls stesso, in quanto le scienze pura111ente en1piriche colgono !e parti singole e isolate della realtà, e non quell'intimo nesso, in cui e per cui le parti
sono concrete, e che ci viene rivelato, per dirla con Bruno, dalla divina arte degli opposti, dalla dialettica»"'"· 5. Sia1110 in grado, a questo punto, di caratterizzare 111eg!io alcune peculiarità delle posizioni dei nostri due filosofi in modo anche di cercare di vedere in esse le 1notivazioni dci diversi attcggia1nentì che
assun1eranno in seguito nei confronti della scienza. Rilcvia1no innanzi tutto che il modo in cui Croce concepisce l'astrazione di Marx è totalmente diverso dal modo in cui la concepiva Labriola. In quest'ulti1110 l'astrazione aveva carattere essenzialista, nel senso che essa non n1irava a cogliere il carattere con1une a più fenon1eni, quanto piuttosto quello fondan1entale, quell)essenza la cui 111anifestazione concreta sono i fenon1eni particolari dell'esperienza sensibile (la "concretezza" alla quale Croce è così attento). In ciò v'è una concezione della scien-
107 G. G!~NTlLE, f<'i/osojìa e scienza, in Giornale critico della filosofia italiana, Xli (I 93 ! ) (ristsnipa!o col titolo cli Scie11zo e jìlosojìa in Introduzione alla .filosojìa, Trevcs-Treccani-Tununinelli, /\/lilsno-Ro1na 1933), ora in ()percfi!osojiche, cit., 82 I. IOH ID., La jì/oso.fia di 1\farx, cit., 208.
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za antie111p1nst1ca ed antifeno1nenista, per la quale il "1nodello" costruito da Marx della società capitalistica non ha carattere behavioristico, come richiesto dagli empiristi, dagli operazionisti o dai fenomenisti cd elaborato all'interno di una concezione convenzionalista della scienza, per la quale il "modello" non va molto oltre i dati empirici, al
111assin10 riuscendo a condensarli e riassu1nerli. È proprio su questo punto che Gentile si trova in singolare concordanza con Labriola e in generale con una interpretazione essenzialista della filosofia di Marx. Egli rifiuta esplicitamente una interpretazione feno1nenista dcl n1atcrialisn10 storico, in quanto per lui Marx «si riferiva a una realtà essenziale, a una realtà che è a! di là dei fenon1cni; e le cose, di cui diceva di aver trovato la dialettica, non eran già tutte le cose, necessarie o accidentali, di cui la storia ci schiera innanzi Pinfinita schiera fenotnenica; 111a eran le cose nella loro intin1a, e dicasi pure, 111etafisica sostanza, clctenninata 111ateria\istica111entc nella vita econon1ica» 10'J. È proprio grazie a ciò che egli può sostenere il carattere autenticamente predittivo ciel materialismo storico, il fatto che esso riesca a cogliere le leggi effettive del divenire storico e quindi sia qualcosa di più che un se1nplice "paio di occhiali". Ma, ovvian1entc, tale carattere della filosofia di Marx, che è propriamente della scienza in quanto tale, dialettica e speculativa, viene poi negato alle scienze particolari, le quali sono il prodotto clell'intelletto astratto. Invece totalmente diverso da quello di Labriola è il modello di scienza che Croce ha in niente ed il 111odo di concepire l'astrazione che da esso deriva. Egli, infatti, considera l'astrazione 1narxiana con1e il "prendere una parte" della totalità del reale. Da ciò deriva, da un lato, la sua critica allo sca1nbio effettuato da Marx della "parte" per il "tutto" (cioè il ritenere ad es. che la legge del valore, valida nella "parte" - la "società lavoratrice" - sia anche legge del "tutto" - la società capitalistica: onde il "paragone ellittico") e, dall'altro, il suo proposito di una "econo1nia pura" più generale che, appunto, pone a proprio fonda111ento quel concetto di "ofcliinità" che viene a caratte-
IO<J
f{Jfd., J 95.
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rizzarsi per ciò che è "co1nune" a tutti 1 con1portan1enti econon11c1 visti nel loro aspetto fenomenico e superficiale. li limite di Croce non consiste, pertanto, nell'avere concepito il 1narxis1110 con1e scienza "astratta", 111a nell'avere inteso l'astrazione con1e se1nplice generalizzazione e quindi co111e assunzione a "tipo" di un aspetto deter111inato llel!a realtà. Quel che 111anca a Croce è .una concezione realista ed esscnzialista della scienza, quella stessa concezione che in quel periodo era sostenuta da Boltzmann contro la fisica fenomenologica degli energetisti e poi di Mach 1111 • E ciò non stupisce se si tiene conto del fatto che, su di un piano più squisitamente speculativo, è stato proprio Hegel a criticare questo tipo di astrazione cli derivazione e111piristica ed aristotelica, da Croce ritenuta l'unica possibile e naturale, in favore di un'astrazione che avesse il con1pito di cogliere l'essenza dei feno1ncni; quell'astrazione che Marx aveva ben presente nelle sue sparse riflessioni metodologiche, quando ribadisce più volte essere con1pito della scienza il cogliere la "essenza" dei feno111eni, la loro "struttura profonda" e non il !oro feno1ncnico 111anifestarsi 1 i 1• Aspetto, questo, della filosofia di Marx•che Gentile valorizza in quanto lo trova in sintonia con il suo idealismo mediato dalla lettura dello Spaventa e già ben delineato sin dalla gioventù, e che invece da Croce, che allo studio approfondito di Hegel giunge solo nella maturità, quando il suo sisten1a filosofico era già forn1ato 112 , veniva del tutto trascurato in favore di un procediincnto astrattivo tìpican1ente di sta1npo
1111 Cfr. su ciò l'otli1110 libro di E. BELLONE. f 111odelli e la concezione del 111011do, Fellrinclli, l\1ilano 1973, specie il cap. Il su BoltznHlllll e la sua incon1presa lolla contro il fcnon1enisn10, da una parte, ed il n1alerialis1no grezzo di 1no!ti fisici, dall'altni. Vedi anche. dello stesso autore. li mondo di carta. Ricerche sulla seconda rivoluzione industriale scientifìca, EST l\ londadori, JVlilano 1975, 93-! 18. 111 Su ta!c aspello della connessione I legcl-!Vlarx n1i pcrn1etlo rinviare al 111io /lbstraction and idealiza/ion in 1\Iarx and !!egei, cii., l, 61-88. Per una accurata analisi del significato clcll'essenzialis1no n1arxisn10 cfr. S. l'VfEJIG.F., Essentia/isn1 in the Tho11ght o.fKarl 1\Iarx, Duckworlh, London 1985 e per uni'l sua valorizzazione in senso epistc1nologico vedi in particolare le opere delli1 scuola di Poznaf, di cui alla nola 43. 112 Cfr. G. COTRONEO, f,e due sorgenti del neoidea!i.1·1110 italiano. in L'ingresso nella 111oder11ità. cii., 130-1. 1
Astrazione e modelli di scientificità in Croce e Gentile
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e1npiristico e positivistico, non a caso proprio, nella filosofia italiana, di Roberto Ardigò 111 • Ciò é comprensibile qualora si consideri che Croce, nel periodo in cui scrive i suoi saggi sul 1narxis1110, subisce l'influenza di Sorel che aveva elaborato una sua propria concezione della scienza, ricavata sia dalla propria esperienza di ingegnere come anche dalle tesi epistemologiche diffuse al suo tempo (di derivazione convenzionalista e fcno1nenista), e così intendeva la scienza con1e trascrizione stenografica della realtà, cui si perviene grazie all'astrazione scientifica. Non solo, n1a, coerenten1ente al suo bergsonisn10 di fondo ed all'influenza che su di lui avevano esercitato i filosofi dell'azione ed in particolare Le Roy, discepolo di Bergson, Sorel è convinto che gli stessi modelli fisici hanno poco a che fare con la natura, in quanto la riflettono solo al fine della 1nanipolazione tecnica; le stesse ipotesi della fisica sono pure costruzioni n1entali capaci sì di portare ad esperienze rigorose) 1na certo prive di una presa conoscitiva su di essa 11 ~. 'f'ale critica del n1arxis1no discende, in Sorel, dalla sua elaborazione del concetto di diremption come proprio delle scienze e consistente nel sottolineare, ai fini dell'analisi scientifica, la necessità di separare consapevolmente certi aspetti della realtà dalla totalità e dai lega1ni che la connettono all'insien1e 115 • Inso1nn1a, n1ediante la direnl]Jfion Sorel sottolinea [a necessità per la conoscenza di creare delle
113 «La scienza va in ccrc[I elci Jatti. Osscrv<inclo e sperimentando !i trov<i, 1i nota, li accerta. Poi lì confronta, e li distribuisce secondo le somiglianze e ne IOn11a dei gruppi distinti, sui quali !ev<i le pri1ne gcneralitù. 111 seguito paragona tra loro queste generalità pri111c, e !e distribuisce in c<itegoric, e ne astrae delle generalità superiori: e ripete il lavoro, di grado in gr<iclo, fino a trovare, se vi riesce, quell'unica, che sta in ci1na a tulle, e !e colleg<i in un solo siste1na. Così si ronnu !a scienza: la quale, per tal inoclo, viene ad essere un grande cpiadro sinottico, o un<i classificazione cl i ratti)) (cit. in E. GARIN, Stori'a del/a fi/osof/a ilahana. l!I, Einaudi, Torino 1966 2, 1251). Singolare l'identità tr<i questo 111odo di concepire la scienza e i! concelto che ne ha il giovane Croce, ri1naslo coslanlc in tutta la sua riflessione. 11 1 • cfr. ibid., 2Ll. Tale iinposlazione è svilupp<ita dn SORL.::L in L'antica e !a nuova 111etafisica (1894), in Scritti politici e filosofici, a cura cli U. Cavallari, Einaudi, Torino 1975. 115 Cli'. 11. STUART 1-IUCì!-!L.::S, Coscienza e società. Storia delle idee in Europa dal 1890 a! 1930, t-.:in<1udi, Torino 1967, 96~97. 172-173.
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Francesco Con;g/ione
astrazioni arbitrarie della realtà, analoghe a quelle che successivan1ente Max Weber avrebbe chiamato tipi ideali e che oggi potrebbero essere indicate come "modelli". E per lui Marx avrebbe appunto operato col Capitale delle vere e proprie diremplions, semplificando in un modello
la realtà econo1nica co1nplessiva e, quindi - con1e avrebbe detto Croce - assu1nendonc con1e oggetto di indagine una "parte". Ma in Sorel, accanto alla consapevolezza della necessità di costruire 1nodelli astratti mediante il metodo della diremption, siamo in presenza anche cli una "crisi epistcn1ologica", cioè della sfiducia nella possibilità pratica di "cohnnre" del tutto lo iato esistente tra 1nodello astratto e realtà concreta, il «1nolto pili con1p/icato capitalis1110 rcale» 116 , donde la necessità di procedere per approssi1nazioni. Diversa1ncnte si pone la questione in Croce: egli non crede affatto nella possibilità teorica di un tale processo di concretizzazione e nutre scarsa fiducia nel valore dell'approssin1azione scientifica, che per Sorel era l'unico nioclo col quale la scienza poteva avvicinarsi al «carattere fluido della realtà», alla bergsoniana realtà intesa «con11ne un jaillissen1ent ininterron1pu de nouveautés» 117 : «Se la rispondenza del valore al lavoro si attua solo nella se111plificata società cconon1 ica della prin1a sfera, perché insistere nel tradurre in tcrn1ini della prin1a i fenon1eni della seconda? Perché chia111are trasfonnazione del sopravalore ciò che si presenta come naturale effetto economico cli capitali, che debbono avere, per la loro s!essa natura cli capitali, un profitto? È, quella di Marx, una spiegazione da principio a conseguenza, o non è piuttosto un jJarallelo tra due fatti cliversi, di cui si n1ettono in risalto le diversità rischiarandone le scaturigini sociali?» 118 • Gli esiti saranno diversi: «La crisi episten1ologica di Sorel si risolve non rinunciando alla costruzione cli modelli scientifici, ma rinunciando alla possibilità cli contenere per intero in essi la "rugosa realtà"» 11 '\ sicché, scegliendo la
116 G. SOREL. Sur la théoric 111arxiste de la va!eur. in .Journa/ des (fcono111istes 2 ( 1897) 231. 117 H. BEROSON. /, 'évo/11tio11 créatrice ( 1907). PuF. [.laris 1986. 47. 118 B. CROCE. 1\laterialis1110 storico .. ._ cit.. 13 !. 1 l9 N. BADALONI, op. cii .. 29.
Astrazione e model!; di scientificità in Croce e Gentile
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"parte" (quella i1npersonata dalla classe operaia), Sorel andrà in direzione del sindacalis1no rivoluzionario e dell'idea-forza del "111ito", cioè in direzione di un impegno nella prassi e di un appello alla volontà come soli fattori capaci di saltare oltre i vuoti e le insufficienze della teoria e quindi di potiarc al centro di quella "fluida realtà" inattingibile con le astrazioni della scienza; Croce, invece, sceglie il "tutto" al posto della parte e cerca di edificare una scienza econo1nica "pura" che colga la "totalità" dei fatti cconon1ici; e ciò coerenten1ente all'idea di scienza che Croce si era fatta nel suo periodo di formazione, secondo !a quale la "scienza" è tanto più piena quanto pili perviene a concetti "generali" con1prenclcnti il n1aggior nu1nero di casi particolari. 120 È questa la via che lo porterà alle ben note posizioni della Logica e che verrà a perfezionarsi e giustificarsi grazie all'avallo della 1110derna critica delle scienze 121 che nel conte111po Croce aveva avuto modo di conoscere in parte direttamente attraverso la lettura di alcuni testi di Mach, Avenarius, Poincaré, Bergson e Le Roy, ed in parte di seconda n1ano, 111cdiante la lettura di opere su tali te111i, da lui recensite122. Confortato da così autorevoli esponenti della scienza a lui con-
1211 Sulla concezione della scienza in Sorci e sulla sua differenza eia quella di Croce cfr. anche ID., !I 111arxis1110 di" Gra111sci, Einaudi. Torino 1975, 64-65. 121 Cfr. G. GEMl31Ll.0, Croce e il proh!e111a del 111etodo, Pagano Editore, Napoli 1991, 62-7. L'autore utilizza le parli della Logica crociana nelle quali si !ll diretto rifcrin1cnto a !\1ach, f\vcnarius, Bergson, Le Roy e Poincaré a!!o scopo di sostenere la tesi che Croce« ... non solo si è inserito nel!'a1nbito di uno elci più iinportanti 1novin1enti filosofici ciel novecento; non solo ha rappresentalo il particolare 1no111ento dì un processo che lo ha preceduto e che è continuato dopo di lui. fino nel acquistare una consistenza storica e teorica sempre 111t1ggiorc; nia si è anche situato in tale processo con precisa consapevolezzn, t1nclnndo csplicita1nc11Le alla ricerca di ·'ronli" e, per dirla con Vico, di "auttori")> (ibid., 62). 111 Croce conosceva Lt1li argornenti in quanto aveva recensito alcune opere su di essi (sono, nel 1905: A. LEVI,/, 'indeten11i11is1110 nella fi'loso..fi"u .francese confe111poranea, i: La /i"losofia della co11tinge1120. Secber. Firenze 1905: nel 1907: 1-1. K.LEINPETER, Die Erke1111t11istheorie der 1Vat11rforsch1111g der Gegenwart, 1111/er Z11gr1111dleg1111g der //11scha1111ge11 van Afach. ~\'f{r//o, Clifford, Kirckhojf," lfertz, Pearson und Ostwald, Barth, Lcpzig l 905; \:V.T. BUSH, Avenuri11s ond the sta11dpoù1t o/pure experience, Science Prc.ss, New York 1905; O. EWALD, R. Avenurius a/s IJegriinder des 1~·111piriokritizis11111s, l\0!1h1ann, Berlin 1905; nel 1909: O. V. D. PFORDTEN, Vo1:frage11 der l\laturphi/osophie, Winter, J·leidelberg 1907) per cui è probabile che la conoscenza posseduta da Croce in n1crito sia stata tutto s01nn1ato di
Froncesco Con;g/;one
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tcn1poranea, egli sarà portato a rifiutare di postulare, al fine di spiegare i fenon1eni en1pirici, entità non i1nn1ediata1ncnte visibili o di elaborare modelli dei meccanismi nascosti che sono alla base degli effetti visibili. Per Croce il cercare di aprire la "scatola nera" della natura è un vano tentativo che, nel 111igliore dei casi, non può portare a
null'altro che a spiegazioni speculative. In sintonia con tutti quegli scienziati che avevano criticato il tentativo di pervenire alla spiegazione dei fcnon1eni attraverso relaborazione di 111odelli ato111ici, appunto i fisici fenon1enologi e convenzionalisti, con1e Duhe111 e Mach contro i quali lottava Boltzn1ann, Croce scriverà: «Si obietterà che per lo 1neno non 111anc<lno tentativi di cletenninare con rigore i concetti supremi delle scienze, come nella escogitazione degli atomi [ .. .]. Ma in tutti codesti casi si esce eia/le scienze naturali, perché si abbandonano i feno111eni pei noun1eni e si porgono spiegazioni speculative, che valgono certan1ente quel che possono valere cioè assai poco, 111a che natura!istican1ente non sono di alcun uso, e tutt'al pili prourano a qualche dottrinario /'insipido piacere di chian1are ''coinplesso di atoni i" un anin1ale, "fonna di energia" il calore, e "forza vitale" la cellula» 1n. E' proprio questo 1nodo di intendere la scienza ad in1peclire a Croce di valutare correttamente il significato scientifico dell'opera di Marx: non è errata in sé l'atfennazione di Croce che il valore-lavoro è «un fatto pensato ed assunto con1e tipo», con1e pure s'è sostenu10 12 ", in quanto con ciò egli coglie adeguata1ncnte i! pensiero cli 1,abriola che intendeva dire esatta1nentc quanto da lui affern1ato. È la concezione della scienza che ci stava dietro ad essere diversa. Da questi diversi n1odi di concettualizzare il proble111a dell'astrazione scientifica e lo Statuto del n1arxisn10 sarebbero poi scaturite opzioni diverse. Croce si sarebbe avviato clecisan1ente in una direzione che lo avrebbe portato a svalutare la scienza rispetto alla filosofia, la quale verrà identificata 11011 pil! con l'arte ina con la storia 125 ; in tal seconda 1nano. /V1a sul rapporto di Croce con la 1noclcrna critica dclh1 scienza e con l'vlach in particolare ritornerc1no nelle conclusioni. in B. CROCE, l,ogica co111e scienza del co11cel!o puro, cit., ! 98. IH Cfr. G. f\/IARRAMAO, Xlarxis1110 e l'f'\ isio11is1110 i11 /tct!ia, De Donato. Bari 1
1971. 141.
125 C1ì·. E. AGAZZ!, Il giovane C'roce ... , cit., 294.
Astrozione e rnodel!i di scient{ficità in Croce e Gentile
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1nodo le scienze naturali e i concetti cn1pirici dci quali esse si con1pongono «sorgono, dunque, con1e trascrizione tachigrafica sulla realtà viva e n1utevole, trascrivibilc con1piutan1ente solo in tern1ini di rappresentazioni individuali» 126 • Ma la storin, «n1assa calda e fluente che il naturalista raffredda e solidifica» 127 operando con le sue astrazioni e le fanne schen1atiche di classi e tipi, è conoscibile autentica1nente solo 1nediante la filosofia, facente uso del "concetto puro": esso, che solo ha il carattere della espressività, della universalità e della concretezza12g, è "universalità concreta" 129 • l~sso è universale in quanto trascende la singola rappresentazione, presa nella sua astratta singolarità; concreto in quanto è in11nanente in tutte le rappresentazioni e quindi anche nella singola. Lo pseudoconcetto, del qnale fanno uso le scienze, è invece o concretezza senza universalità C'casa', "gatto" ccc.: pseudoconcetti en1pirici) o universalità senza concretezza ("triangolo", "n1oto libero'': pseudoconcetti astratti). È inediantc tale suo concetto con1c "universale concreto') che Croce cerca di co!tnare la distanza tra astrazione e realtà, tra gli sche111 i fissi e rigidi della scienza e quella "111assa calda e fluente" che è data nella concretezza della storia, della realtà che in quanto tale non può essere colta da finzioni concettuali co1ne "triangolo" o "1noto libero)' che sono privi di rappresentazione sensibile ccl acquistano l'universalità a scapito della realtà (non esistendo nella realtà triangoli e n1oti liberi). E «un pensiero, che non abbia per oggetto niente di reale, non è pensiero; e perciò quei concetti non sono concetti, 111a finzioni concettuali»i-111 , n1cntre invece «il pensiero (si chian1i Intelletto o R.agione o con1e altro piaccia) è sen1prc pensiero, e pensa sen1pre per concetti puri, non n1ai per pseudoconcetti. E co111e sotto al pensiero non v'ha altro pensiero, così non ve n'ha altro ad esso superiore»u 1•
12 B. CROCE. Logica ... cil.. 207.
f' 127
Jbid., 208.
128 Cfr. ibid. 26-28. 129
130 131
/hid., 29. 3 I e passim. lbid., 18. lbid.. 43-44.
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Questo richia1no di Croce alla concretezza e la correlata cr1t1ca all'astrattezza delle scienze ha chiari accenti bcrgsoniani nel suo richian1arsi ad un "superiore positivisn10" ed è in effetti in piena sintonia con la critica del filosofo francese ai concetti rigidi della scienza che mediante simboli e finzioni pretendono di afferrare «la réalité qui s'écoule»n2 • Ma con ciò Croce è portato a scavare tra la scienza e Ja fìlosofia un solco che non può in alcun n1odo esser col!nato: non solo le scienze naturali non hanno nei confronti della filosofia alcuna funzione preparatoria, 111a solo stru111entale e sussidiaria, 111a sarebbe anche un errore pensare che esse possano costituire un «prin10 abbozzo e sgrossatura del blocco di 1narn10, che la filosofia ridurrà a statua» 11 3. Dunque, non esen1pi "perniciosi" di ''scienziati filosofanti''u~, 1na una filosofia che in quanto tale non è scienza ed una scienza che non può essere filosofia; od anche, una scienza che se vuole essere filosofia, si perde con1e scienza ed una filosofia che, se vuole essere scienza, perde la sua propria natura di filosofia. Filosofia e scienza coesistono l'una accanto all'altra appartenendo a distinte sfere dell'attività un1ana: dunque, scienze senza filosofia e filosofia senza scienza, poiché «l'anelito verso la verità non è delle scienze naturali, 111a della filosofia»1.15 e se l'uon10 "'naturalista", in quanto uon10, ha una sua filosofia, questa non appartiene in senso proprio alle scienze, «le quali, in quanto tali, non affern1ano né il vero né il falso»r16 , 111a alla sua u111anità, cioè proprio a quella parte di lui che 17017 è scienza. Del tutto diverso, invece, l'esito cui perviene Gentile nella siste111azione 111atura dcl suo pensiero in n1erito al rapporto tra filosofia e scicnzai.n. La scienza, a differenza dalla filosofia, non è caratterizza-
r12 1-r. n1:RGSON, l11trod11ction (/le 111étaphysiq11e (1903), in La pensée e! le 111011vant, PUF, Paris 1993. 213. r_n B. CROCE, Logico .... cii.. 211. Ll.I Cfr. ibid., 210. 1 5 -' lbid., 212. ur, l,.c. i:n La constatazione di G. COTRONEO (li nl.'oideu/is1110 e la tradizione filosofica italiana, in I, 'ingresso della n1odernifò, ci!., 97-118) che Gentile abbia avuto nella «liquid<lzione dcl positivisn10)> un ruolo pili rilcv<lnle rìspetto a Croce, grazie sopn11iuito al!a ricostruzione storiografica da lui eflCUuata della tradizione filosofica
Astrazione e 111odelli fii scient(/icità in
C~roce
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ta né dall'universalità dell'oggetto né, quindi, ha carattere critico e sistematico. Inoltre, appunto in quauto scicuza particolare, essa si fonda su un presupposto natura! istico, pensando con ciò la realtà coin posta di elementi separati ciascuno dei quali può essere assunto ad oggetto di indagine particolare. Da ciò deriva «la tendenza logica1nente necessaria della scienza in tutti i tetnpi verso il 111eccanicis1no e il 1naterialismo»"8. Onde i due limiti che Gentile le attribuisce: il dogmalismo, in quanto presuppone l'oggetto coine un dato naturale, con1e un fatto, e il materialismo, derivante dal suo presupposto naturalistico. E tuttavia ad essa viene riconosciuto il carattere conoscitivo della filosofia e «dove supera i limiti del proprio oggetto particolare, tende a trasforn1Clrsi in filosofia»1.' 9 • Tale posizione verrà precisandosi nelle opere più n1ature: nel 5Jislen1a eh logica, rispondendo Cl!l'accusa niossagli dagli scienziati che vedevano nella filosofia attualistica una 1ninaccia contro la scienza, Gentile afferma sì la fecoudità della filosofia, ma in quanto gli scienziati non sono «quei puri scienziati che essi credono e cultori cli quell'astratta scienza che guarda al pClrticolarc coine tale e non sa d'altro», giacché «la scienza co1ne scienza particolare non è e non può essere che un'astrazione, e in reahà anche gli scienziati pensano e per-
italiana negli anni 1903-14 dallt1 qua!e venivano espunte tutte le correnti che potevano in qualche inodo richiatnarsi al positivisn10 non tog!ie che da un punto di vista teorico, con1e da noi sostenuto. !a sua posizione. specie nella sistemazione più 1natura, che non si co1nprenclercbbe se non alla luce delle rillessioni sulla r!!osofia di l\1arx, fosse più carica di polcnzialitù positive di quella crociana. D. Ca1npa11a!e sostiene invece che la concezione gentiliana nella sostnnza non n1uta poi inolto rispetto a quella crociana, in qutinto «il dialcttil'.zan1cnto della scienza con la filosoria è I ... ] solo scoprin1ento di difetto, che nulla can1bit1 nella scienza e !a lascia co1nc sta. Che è, poi, quello che Croce proponcv<il> (D. CAMl'1\NALE, Lu .filosofia dello scienza del! 'idealis1no, ìn E. AGAZZI (a cura di), La jìlosojia della scien::o in Jta!io nel '900. 1\ngcli, Milano 1987~. 167). n~ Cfr. C. GENTILI..'., Teorio generale de!!o spirito co111e atto puro ( 1916), ora in ()pere fì'losqfiche .... cii., 643-644. Insiste su tale tispetto della considcn1zione gentiliana delle scienze I-LA. CAVALLERA, f,a.fìloso.fio di C7iovanni G'enti!e e il ruolo de!!e scien::e, in I proh!emi dello ;;edagogio 4 ( 1983) 376-378 e passi111. n 9 L.c. Per un<i breve sintesi dell'evoluzione gentiliai1a nel 1nodo di concepire il rapporto tra filosofia e scienza vedi Ci. POLIZ/.1, Gentile e Kojève dinanzi al rapporto sc1·en::e~fl1osojia, in C'roce e G'enti!e fin tradisionc nazlo11a!e e fllosojia euro;;ea, cit. , 346-349.
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ciò fanno filosofia)) 1 ~ 0 e l'accusa che essi fanno alla filosofia è la «conseguenza del loro astratto 111odo di concepire la scienza» 1·t1. Ma la filosofia attualista «non solo non ha nulla da dire contro la scienza e contro le scienze, ma le esorta tutte e le celebra come gagliarde organizzazioni del pensiero che realizza il suo mondo, il mondo della libertà. E non lo realizza arrestandosi innanzi alla natura e all'oggetto in generale quale esso gli si oppone in1111ediatan1ente, 111isterioso, inesorabile perché impenetrabile, e non lo investisse e risolvesse in tutti i 111ocli della propria attualità» 1-u. La sua filosofia, affcnna Gentile, vuole solo avvertire le scienze che la realtà cui esse guardano «non è tutta la realtà, e perciò è astratta. La concretezza, che è del tutto, è nel pensiero stesso con cui guardano alla loro realtà)) 1·1\ ed è tale pensiero il centro da cui ogni realtà gennoglia. Ma è negli anni '30 che Gentile porta al loro niassin10 avvicinan1ento la filosofia e la scienza. Ed a ciò sicurainente non deve essere stata estranea l'affennazione della nuova n1cccanica quantistica, che aveva dato alla fisica una nuova vitalità e le aveva fatto superare le incertezze e le "crisi" conosciute al volgere ciel secolo, sulle quali era prosperata la coeva "critica della scienza". Una nuova scienza «che prendeva decisan1ente partito in can1po filosofico sostenendo apcrtan1ente la verità dell'idealisn10. Stru1nentalisn10 e 1naterialisn10 parevano essersi staccati, con1e zavorra, dalla scienza, per lasciare il posto ad una nuova concezione gnoseologica che civettava aperta1ncnte con la tradizione idealistica»'·"'· Ed è lo stesso Gentile a prendere quasi atto di tutto ciò quando, in un articolo scrilto nel 1931 per rispondere ad un saggio di U. Spirito'"\ si domanda, alludendo probabilmente a Croce, se
1-mcì. LìENTJLE, Sistema di fogfc(( co111e fl!orf(( dcl co11oscere (1921, 1923). J!. Sansoni, Firenze 1942-'. 380. 1--11 Le. 1-12 Ibid., 381. i.n
Le.
Il neoidea/i.1·1110 italiano e lo meccanica q11antistica, in C7iornale critico della fì'losofìa italiana I ( 1989) 83. i--1 5 U. SPIRITO, S·cie11::a e ji'losofìa, in Clior11alc~ critico della filosofia italiana, X (!929) (anche in .faltti del/'// congresso nazionale di Fi/oso_fia, Ronrn, 26-29 1nagi--1--1 R. tvlAIOCCllL
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tra scienza e filosofia ci sia una differenza radicale, così co111e pongono altre dottrine. La risposta a tale quesito segue il caratteristico andan1ento antidistinzionistico di Gentile: la scienza è filosofia, in quanto, per lo stesso principio dell'idealismo, tutto è filosofia. E quindi, alludendo ancora una volta po!e1nica1nente a Croce, Gentile ribadisce contro la filosofìa dei distinti che il pensiero è «infinita autodistinzione» e pertanto «iutto è filosofia in quanto tutto partecipa al processo dialettico e auioforn1ativo del pc11siero» 1•1r'. Ovvian1c11te tutto è filosofia non i111n1ediata111ente, n1a in quanto processo, sicché la tesi può essere capovolta ed affennarc anche che «niente è filosofia». Tale premessa di caralterc generale permette poi a Gentile di distinguere due tipi di scienza~ che coesistono analogan1ente ai due tipi di filosofia. Infatti, «la scienza, alla stessa guisa [della filosofia], gioca due parti. È, la scienza in sé, ed è la scienza dello scienziato: quella librata in una idealità statica, questa vivente in una realtà dialettica. La stessa scienza dello scienziato può assu111ersi in due diversi significati: co111e quella data scienza che lo stesso scienziato configura in un suo sisten1a [quindi come qualcosa di fisso, definitivo, da accettare e trasmettere] [ ... ];ovvero co1ne quella scienza nell'attuale sviluppo onde via via si forn1a e costituisce. E' evidente che la vera scienza [ ... ] è precisa111ente quest'ulti111a. [ ... ] ()ra per rattualis1110, questa scienza attuale, concreta, quella che sola verainente si può dire ci sia, è fi[osofia» 1-1-7 • L,a scienza che non è filosofia è quella del logo astratto, in quanto la scienza in atto è filosofia. 'fale scienza è particolare e dà della realtà un concetto in cui non c'è tutto; è pertanto affetta da una certa unilateralità, per cui viene dalla filosofia criticata e superata. Tuttavia, nella sua realtà storica la scienza non ha questa fissità, nla 111uta e si trasfonna sotto la spinta di una interna critica e i concetti scientifici continua111ente si approfondiscono e vengono collegati agli altri, allargando se1npre più i propri orizzonti. Ciò significa che «c'è se111pre una scienza per la -filosofia. È il 1non1ento della particolarità e della negagio !929. Casa ed. d'Arte Bcstctti L'<!, Tu111111inclli. l\rl!!<1no-R01na. s.d.) poi incluso nel vo!un1c ,':-,'cienza e filosojìa. Sansoni_ Firenze 1950'2. 1-1- 6 (J. GENTILE. Scienza e jì!oso.fìa, cit., 821. J-l- 7 Jbid.. 823.
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tività» 148 • La distinzione tra scienza e filosofia qui indicata non significa porre la scienza fuori dalla filosofia; è una distinzione interna alla filosofia, per cui il processo dialettico che spiega il passaggio dalla scienza alla filosofia, spiega anche il passaggio da una filosofia ad un'altra superiore. Sarebbe quindi pili opportuno non distinguere la scienza dalla filosofia, n1a una scienza dall'altra o una filosofia dall'altra, «restando indifferente l'uso dei termini di scienza e di filosofia a designare ogni sisterna conoscitivo» 1·1'). Unità e distinzione tra scienza e filosofia, non subordinazione dell'una all'altra. La scienza scopre in sé la filosofia, così come la filosofia non può prescindere dalla scienza: scienza e filosofìa non sono né debbono essere identiche; devono bensì risolversi all'infinito l'una nell'altra. Non sono un doppione l'una dell'altra. Hanno funzioni concorrenti e convergenti allo stesso fine, 1na distinte. Consapevoli cntra1nbe cli trattare lo stesso oggetto e di n1uoversi nello stesso 111011do, che è il mondo del pensiero, l'una, la filosofia, deve profondarsi nell\1nivcrsale concependolo sen1pre con1e il ceniro e il principio dci particolari; l'altra, la scienza, deve profondarsi nel particolare vedendovi però sc111pre pili precisan1entc l'irradiazione di un principio universale; in guisa da cercare l'una il proprio con1pin1ento nella scienza, e l'altra il proprio con1pin1ento nella filosofia: non ignare, né l'una né l'altra, che ciascuna senza l'altra lavorerebbe nel vuoto, non essendovi né universale concreto senza particolari detenninazioni né particolare senza un principio che in esso si detennini e attui»1.'i 11 • Si potrebbe dire che la posizione di Gentile è in sostanza assai vicina alle più recenti posizioni dell'episten1ologia conten1poranea, nella quale si è scoperta la natura intrinsecan1cnte filosofica di 1nolti problen1i scientifici cd è venuta a cadere la proibizione neopositivista contro la 1netafisica 151 • Inoltre il suo insistere sulla scienza in atto, cioè
«r ... ]
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lbid., 825. ! .. c.
lhid. 832. Sicché un insospcllabilc critico dcll'idealisrno e difensore della raziona!ilù scientifica, oltre che inarxista 111ai "pentito", con1e Ludovico Gcyn101u1t. finisce alla llne della sua carriera scientifica per riconoscere co1ne la filosofia costituisc<:l l'asse ISO 151
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scie111~/lcità
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sulla sua din1ensione storica, inette 111 luce una tipica caratteristica delle ricerche scientifiche e cioè la circostanza che le grandi svolte teoriche sono accon1pagnate da discussioni squisita111ente filosofiche sulla natura della realtà e sul ruolo e i limiti della nostra conoscenza. Questo è avvenuto, ed ancora avviene, con la teoria della relatività e con l'interpretazione della n1eccanica quantistica. E non è un caso che fu proprio nell'ambito della scuola gentiliana che negli anni '30 si avvertì l'esigenza di un più stretto lega111e con la ri1lessione scientifica, anche se allo scopo di sostenere la convergenza della nuova scienza con l'idealisn10, liberandola da quella solidarietà col 111atcrialisn10 che, agli occhi di Gentile, aveva costituito uno dei suoi li111iti principali 151 • Sen1brava fosse proprio la realizzazione di quella già vista prognosi gentiliana, che sosteneva la scienza dovesse trasforn1arsi in filosofia laddove riuscisse a superare «i limiti dcl proprio oggetto particolare». dclln cullura, anche di queJJa scienlil'ica. in qunn1o è proprio essa la portatrice del!o spirito critico: (<làte filosofia, fr1te nrngnri i 111atc1nalici, i Jisici. gli ingegneri, i progctlisti o quel che preferite, n1a fatelo se111pre con spirito critico perché questo spirito cri1ico è, in sos(anzn, lo spirito Jìlosojìco)) (L. CìEYlvlONAT. Il problema della ragione, oggi, in La ragione, PIEMME, Casaic tvlonlèrralo 1994, 35). 152 t quan-to avviene con Guido De Ruggicro, Armando Cnrlini, Augusto Ciuzzo, Santino Carainclla c (ìuido De Giuli (cfr. R. IVIAIOCC!-!I, op. cit., 83-93; su Ci uzzo cfr. D. CAMPANALL op. cit., 167-176); sul fì·onle crociano vn indicalo il caso dcl tutto singolare cd cccc?.ionale di Francesco A!bcrgarno, che si dibatté con dubbi esiti ne! tentativo di ricondurre la co111prcnsionc della scienza all'interno cli un crocianesi1110 riveduto e corretto (clobbiu1110 però arrivare, dopo gli incerti tentativi giovanili, agli unni '40 con /,e basi teoretiche della fisica nuovo, CF.DAM, Padova 1940). rvla non bisogna din1enlicarc che il nuovo nasceva, si potrebbe dire gcnctican1ente, proprio in seno n!ln L1n1iglia (ìentile, con Giovannino Gentile, figlio prediletto dcl filosofo siciliano e fisico assai brill<lnle (prcn1nturainente sco111pnrso nel 1942), i! quale avevn ccrcnto appunto di fo.r vedere co111e la nuova fisica quuntistica bene si conciliasse col!'attualisino paterno. !~ del 1932 il suo articolo Posizioni nuove e 1111ovi problemi nello studio della natura (pubblicato sul /,eonardo, poi in G. (ÌENTJLE JR .. Scritti 1ni11ori di scienza, jì'loso_fi'a e !ettl!rat111·a, Sansoni, Firenze 1943. !it-32) nel qtrnle ln valorizzazione dcl lnto soggettìvo delln seicn7.a e la uinanizzazionc della natura vengono rccupern1i con1c assoiuto nell'inscindibile solidnrict<ì dell'evento con l'osservatore: (<Fatto giù riconosciuto nella filosofia contc111poranea sol che si esprima il giù dello con !a formula: un pen:;iero astrntto 11011 esiste con1c verità l'unica veritù consistcnc!o nel pensiero concreto, attuale)) (ihid., 2'1). Che è appunto quanto nbbirnno vislo il padre sosteneva quando distingucvti la scienza co1nc logo nstrntto dalla scienza in atto. identiìicata con In 11losofin. Su tale teina vedi anche A. NEGRI. l 'inq11ìet11dine del divenire, Le Lettere, fircnzc 1992, specie i! cap. V!, ((La seienzn nel neoidealisn10 italiano», 211-243.
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6. Abbiamo visto come negli scritti di Croce e Gentile su Marx possono ritrovarsi due diversi modelli di scienza che portano a differenti soluzioni del rappmto tra scienza e filosofia. Al centro di questi due modelli alternativi v'è il giudizio che ognuno di loro dà del marxis1no, 111otivato a sua volta da un 1nodo diverso di intendere il concetto di astrazione con1e generalizzazione delle proprietà con1uni in Croce, come capacità di cogliere la struttura essenziale del reale in Gentile e quindi dal diverso giudizio che su questa base viene dato del materiali-
s1no storico ("canone 1netodologico'' in Croce, "filosofia della storia" per Gentile). Abbia1110 anche osservato che se da un punto cli vista 111ctodologico le analisi di Croce si sono rilevale più raffinate di quelle di Gentile, riuscendo bene a cogliere la struttura della scienza così con1c è concepita da Marx, tuttavia esse hanno avuto con1e sfondo una concezione ccono1nicista e renoinenista della scienza in generale che nell'opera 111atura bene si sposerà con le analoghe riflessioni dell'cn1piriocriticis1110 e della "critica spiritualista della scienza", giustificando con ciò quella "modernità" metodologica che oggi sono in molti disposti a riconoscere a Croce 15 -'. Così, nella n1isura in cui 111olti dei teni i del convenzionalisn10 francese e, per certi aspetti, clell'e111piriocriticisn10, sono stati recuperati all'interno del!'episten1ologia contc111poranea allo scopo di criticare i paradig111i neopositivisti, la posizione crociana rivela uno spessore 111efollo!ogico i! cui significato solo oggi può essere acleguatan1ente valutato ed i cui caratteri gettano 111eglio luce sul significato del rapporto tra filosofia e scienza nello stesso pensiero crociano, che appunto sul modello di scientificità presupposto nella critica a Marx affonda le sue radici. 'futtavia, detto ciò, ritenia1110 che sia errato pensare che Croce abbia potuto ricoprire nella "critica della scienza" di inizio secolo 1111 ruolo diverso da quello di in-
J:'i_l Ctì·. G. GEMBILLO, op. cii.; F. 131\l{ONL ('rocce le scien;;e, in i\-fondnperaio 11 (!982); R. Fl~ANCl-llNI, ('roce con/e logico, in/. 'eredità di Croce, a cura di F. Tessitore, Guida, Napoli 1985. Una dilèsa della concezione crocirn1a della scienza ranno anche r:. IPPOUTO, C'roce e la scienza, in L'eredità di C~!'oce. cit.. I O 1-123. cd E. PAOL07.7.J, Croce e le scienze, in Benedetto C~roce 40 a1111i dopo. a cura di J. Kcle1nen, Annuario dell'Accaden1ia d"Ungheria. Ron1a 1993. !97-207.
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telligente ripetitore di tesi argomentate da altri e conosciute spesso,
co111e abbian10 già detto, in 111odo indiretto. Infatti Croce non recensisce nessuna delle opere degli autori da lui poi utilizzati nella Logica e ciò è strano in un lettore così attento coine lui è, che solita111ente dava conto su "La Critica", con brevi note, recensioni e discussioni, delle ietturc fàtte. Ciò è ancora pili strano quando si consideri che le principali opere dci "critici delle scienze" si collocano per lo più prima della svolta dcl secolo 15 --1 e che cli nessuna di esse trovlan10 traccia nelle opere di Croce precedenti i Linecllnenti cli una Logica co1ne scienza ciel concetto JJUl'O, letta alPAccadeinia pontaniana nel 1904 e pubblicata l'anno successivo 155 . In questa, infatti, sono gcnerica111ente citati i 11on1i di Avenarius) Mach, Rickert) Bergson (viene indicata la sua lnlroduclion à la Mélaphysique), Le Roy (facendo rifcri111ento ai suoi articoli pubblicati sulla "Rcvue de 111ét et dc 111orale"), Poincaré e Milhaucl156. Successiva111cnte nella Logica) Croce riprenderà nella sostanza quanto detto nei Linelnnenti, aggiungendo con1e ulteriori indicazioni bibliografiche i volumi La va/eur de la science di Poincaré (1904) e la traduzione italiana dell'opera di Mach L'analisi delle sensazioni (1903), anche se cli Mach ccrta111enle conosceva l'altra opera pubblicata in italiano, visto che già nei Linecnnenti ne riportava un brano pur non indicandone la fonte 157 • Ciò ci se111bra renda plausibile la tesi
15 -! DinnHJ breve111cnte la cronologin delle opere più significative pubblicate tra fine Ottocento ed inizio Novecento: 1872: CL!FFORD, Lec111res and Hssays - 1874: L~OUlROUX, f)e la contingencc des lois de la nature - 1882: STALLO, The concepts and theories oj'111oder11 p/Jysics - i883: MACH, /Jie A/ec/Ju11ik ... : CLIFFORD, The co111111011 sense ... - 1888: AVENAR!US. Kritik der reinen H1.fàhr11ng- !889: BERGSON, Essai sur {ed données immediate de la conscie11ce - !892: l)EARSON, c;ra1111//(//' of' S'c/ence 1895: l30UTl<OUX. /)e /'idée de /ois de fa nature - 1896: BERGSON, i\Iatiére et 111e111oire - I 899: LE ROY, Science et philosophie - 1901: LE RoY, Un positil'isme 11011vea11 1902: PoJNCARÉ, /,a science et /'hypothésc; ecc. l.'i.'i Ora ristan1pnta in B. CROCE, La jJl'Ì/11(1,fonna della !~'.\·tetica e della Logica, a cura di A. Attis<1ni, Princip<.Ho, l\1essina-Ro111a, s.d. ina 1925. 156 Cfr. ihid., 283ss. 57 i Cfr. E. MACH, Letture scfe11t(fiche popolari, Bocca, I'vlilano-Ron1a-Firenzc 1900: <<l corpi o le cose sono si1nboli intclleHuali Hbbrcviali di gruppi di sensazioni, sirnboli che non hanno esistenza fuori del nostro pensiero. Così il n1ercantc considcrn il cartellino attaccalo sopra una cesta coinc si1nbolo della 1nercc che essa conlicne, 1n.1 non vicevcrsn. Egli dnrà valore reale al contenuto, non al cartc!linOll (p. 155). E Cro-
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che Croce abbia avuto una conoscenza di seconda n1ano di tutta questa problematica (avendo letto recensendole, come abbiamo già indicato, le opere complessive di Levi, Kleinpeter, Ewald e Bush 158), utilizzandola solo strumentalmente al fine di avallare con l'opinione di scienziati "insospettabili" le proprie concezioni sul valore della scienza. Troppo poco per vedere in Croce un protagonista in questo ca1npo. Inoltre, da una attenta disa111ina della sua produzione con1plessiva è facile notare con1e egli non faccia nitro che ripetere le argon1entazioni
di tali autori e di quei positivisti italiani che già avvertivano tali nuovi orienta111enti della "critica della scienza" (con1c Giuseppe Tarozzi, Giovnnni Marchesini ed Annibale Pastorc)l 59 , ed in particolare si 1110stra debitore delle analisi della "teoria ccono111ica della scienza", da lui più volte richiamata allo scopo di difendere le proprie personali posi-
zioni1r10. Infine la stessa interpretazione della teoria econornica della
ce: «I corpi o le cose sono si1nboli intellettu<ili abbreviali di gruppi di sensa?:ioni, sin1boli che non hanno esistenza fuori de! nostro pensiero. Sono cartellini, co111c quelli che il n1ercm1te attocca su una scatola; e il valore è dell<l inerce chiusa ncllt1 sca~ loia, non dcl cartellino, suo siinbo!oll (Li11ea111e11ti.. cii., .284). Tale brano trasmigra poi nella /,ogica con qtwlchc leggera varim11e che lo allontana cfol testo originale cl i ÌVlach: ((I corpi e le cose sono si1nbo!i intcl!ellunli <ibbrevinti di gruppi di sensazioni, ossia non hanno csistenzu fuori dcl nostro intelletto: carlellini, co1nc quelli che il 1ncrcantc attacca sulle scatole, e che non lrnnno valore se non in quanto, clcnlro 1'1 scatola, è contenuta una n1crce che ha valore» (/,ogica, cit., 324). Ancora una volta non viene indicala la fonte in;i_ curiosamcnle, alcune righe dopo Croce indica co1ne riferin1cnto generale l'altra opera di MACH, L'analisi delle sensazioni. 158 Vedi nota 122. 159 (ìià ne! 1896 il 'J'Af{OZZL nel suo Della conoscenza del fatto naturale e 11111ano presentava una concezione della scienza in cui riprendeva n101ti dei lenii delln cosiddettu ''bancurotla dellu scienzu'' e fvlAl<.C!!ESJNJ, che si riteneva fedele discepolo cli Roberto Arclig,ò, nel 1899 nel suo /,a crisi del positivis1110 e il proble111a filosofico aveva introclolto quei lenii che poi lo porteranno a sostenere - (ne /,e .linzioni del!'ani111a dcl 1905) - posizioni finzionalislc che lo accrediteranno cmnc un precursore delle analoghe lesi di J-iANS VA!IJJNGER (IJie Phi/osop/Jie des Als Ob, Lepzig 19! I; lrad. it: di [i. Voltaggio, Lajìlosojìa del ··ca111c se". i\strolabio-Ubulclini, Ron1a 1967). Inoltre A. PASTOl{I; nella sua prin1a opera Sopra la teoria della scienza (Bocca. Torino 1903) presenta una concezione inodcllista della scienzu da lui ripresa dal fisico J\nlonio Garbasso. 160 Simno dunque picnainentc d'accordo con quanto sostenuto da R. MA!OCCJ-!J, op. cit., 79-81. La nostra ricostruzione clirreriscc, però, eia quellu di ìvlaiocchi per i! ten!utivo di vedere nelle posizioni di Gentile sulla scienza (risalenti al dibattito su tvfarx e al diverso concetto di astruzione) unu n1aggiore feconclilù rispetto a
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scienza avviene all'interno di un contesto filosofico tradizionale, in quanto Croce vede in essa niente più che la ripresa cd il perfezionamento dal punto di vista metodologico della critica hegeliana dell'intelletto astratto e della tradizionale distinzione tra Verstand e Vernunft 16 '. Lo stesso discorso vale anche per l'interpretazione del contingentismo e della critica della scienza dei vari Bergson, Le Roy, Milhaud e Poincaré, che per Croce non hanno introdotto nulla di nuovo rispetto alla filosofia idealistica tedesca dell'inizio del secolo dcci1nonono, «benché non sia stato piccolo inerito avere risuscitato quelle idee contro il positivismo», con molte parti «arricchite e meglio determinate, rispetto a quelle dei filosofi del principio del secolo deci1110110110»162.
Ovviainente, se nella JJars destruens Croce pienan1ente concorda con l'en1piriocriticis1110, tuttavia è nella parte in positivo che se ne discosta, in quanto egli vuole con1plctarne la critica delle scienze 163 con l'idealismo: «l'esperienza pura è una formala imprecisa[ ... ] di ciò che la filosofia speculativa conosce cotne il concetto puro, con1e il pensa1ncnto concreto e non astratto del reale nella sua integrità e nella sua vita» 16 ·1• Croce vuole pertanto recuperare un superiore concetto di quelle di Croce; e ciò spiegherebbe la successiva attenzione della scuola gentiliana alla nuova risica. lfil Cfr. B. CROCE, Sul caraltere ateoretico del marxismo, in /,a (~ritica, XXXV (!937), ora in B. Cnocr., Pagine sparse, Il!, Latei·za, Bari 1960 2 , 35~36. 162 B. CROCE, ree. di 1\. Levi, L'i11deter111inis1110 ... , cit., in La C.'ritica, lii (1905), ora in B. CROCE, Conversazioni critiche, serie !1, Latcrza, Bari 19421, 54. Rispondendo al Dc Sur!o, che !o critica per aver parlato dcl!'cle1nento arbitrario che è nelle scienze, Croce si richiama a «tutta la n1oclcrna gnoseologia dcl!c scienze» che riscoprono quanto dello da ! !egei, Jacobi, J(ant ccc. (li prof. De Sarlo e/ proble1ni della fogica filosofi'ca, con una seconda, terza e quarta risposta, in La Critica, V (1907); ora col titolo [!na pole111ica aspra in />agi11e sparse, cit., !, 241). Su Jacobi con1e critico dell'i11tellellualis1110 e c!cllc astrazioni scientifiche cfr. Considerazioni sulla filosojìa del Jacobi (I 941 ), in B. CROCE, !Jiscorsi di varia filosofia, I, Laterza, Bari 1945, 24-53. 163 «L'errore dc!!a scuola dcl lvlach sta nel credere di aver dato una teoria generale della conoscenza, quando non ha dato se non la teoria di quello speciale capitolo della conoscenza, che sono !e scienze en1piriche e naturali» (B. CROCE, Postilla a una lettera di R. Eis/er, in La Criticl1, Ili (1905); ora col titolo di f)iscussioni .filosofiche in Pagine sparse, cit., J, 205-206). 16-1 B. CROCE, ree. ai libri di Kleinpctcr, Bush cd E\vald gi<Ì citati, in C.'onversazioni critiche, cit., !, 147.
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razionalità, un "superiore positivisn10" coine avrebbe detto Bergson che non cada né nell'intuizionisn10 bergsoniano né nella "pura esperienza" empiriocriticista: «[ ... ] Mach, Avenarius, Bergson ecc. [ ... ] concludono la loro critica delle scienze con un' affennazione di sensisn10, di estetis1no, d'intuizionisn10 o di 111isticisn10, ossia in 1naniera diversissima, e diametralmente opposta alla mia [ ... ].Ed appunto per questo non ho accolto passivamente la teoria degli anzidetti gnoseologi delle scienze, 111a ho cercato di correggerla, con1pierla, distaccandola da ogni fonna di sensisn10 e ricongiungendola con l'idealis1110» 165 , Sia1110 dell'avviso, pertanto, che una eccessiva sottolineatura del fatto che Croce abbia utilizzato questo tipo di critica della scienza; non conferisca originalità alla sua teoria della scienza - sen1111ai n1ette in luce quanto su questo punto egli fosse sprovveduto, e per certi aspetti anche superficiale, così come oggi accade per quei filosofi che accettano con entusias1110 I'anarchis1110 1netodologico cli Feyerabend - e fa correre il rischio di far passare in secondo piano proprio il Croce n1etodologican1ente più originale, quello della critica al 1narxisn10, non 1nettendo nel dovuto rilievo la circostanza che, 11rhna ancora cieli 'incontro con A1ach, egli s'era tàtto un preciso concetto di scienza, centrato su di un particolare modo di intendere l'astrazione (come abbia1110 cercato di di111ostrare in questo saggio). D'altro canto, se l'analisi che Gentile fa del pensiero di Marx è molto meno acuta da un punto di vista metodologico a causa del suo disinteresse per questo versante dell'analisi, nondin1eno essa riesce a cogliere un aspetto che era sfuggito a Croce e che riprende anche l'insegna111ento di Labriola, e cioè la natura realista, essenzialista e "1norfologica'' del n1aterialis1110 storico, caratteristiche che ogni vera scienza dovrebbe possedere. Su questa base Gentile distingue l'astrazione autentica (l'astrazionc 2 ), inscindibile da ogni tipo di conoscenza,
1 5 (' B. CROCL, li prof L)e Sarlo ... , cit., 247-248. l~' appunto in ciò il inerito di Croce, secondo Franchini, cioè nell'aver inserito nella tradizione hegeliana la problenu1tica scaturita da!!a critica della scienza propria dcl18 illosofin europea a cavai !o dei due secoli (cfr. R. FRANCH!NJ, 1Velco111e, sociologia?, in k/etajìsica e Storia, Napoli !977 2 , 265-266).
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dall'astrazione intellettualistica (astrazione 1), tipica delle scienze par-
ticolari quando intese in n1odo non sisten1ico e parziale. Per cui la sua critica di Marx rivela uno spessore filosojìco che individua quanto sfugge alla lettura metodologica di Croce e che sta alla base di una concezione della scienza né stru1ncntalistìca, né cconon1icistica (non a caso l'influenza dell'empiriocriticismo e della critica della scienza di fine secolo fu su Gentile incomparabilmente meno importante che in Croce) e di un rapporto tra filosofia e scienza che solo negli ultimi tempi ha superato, in campo epistemologico, le diffidenze e i "vade retro" del periodo eroico ccl iconoclasta dcl primo neopositivismo. Da queste diverse i1npostazioni iniziali scaturiranno due diversi modi cli concepire il rapporto tra filosofia e scienza: per Croce le scienze particolari, che t~1nno uso dell'astrazione generalizzante, non sono in grado di cogliere la concretezza della realtà storica, la "1nassa calda e fluente" degli eventi, la cui conoscenza viene de111andata alla "scienza del concetto puro" che concilierebbe universalità e concretezza; per Gentile le scienze particolari, nel!n 111isura in cui sono logo concreto, cioè sono colte nella loro storicità, sono intrinscca1nente filosofiche e tra filosofia e scienza v'è unità ed insicn1e distinzione. Gentile così apre la strada a chi, con1e Ugo Spirito, finirà per dissolvere la filosofia nella scienza sulla base degli stessi assunti del!'attualis1no 166 ed in pole1nica con !a concezione crociana della scienza con1e niera prassi 1r' 7 ; non solo, tna nel corso degli anni trenta sarà proprio la filosofia attualistica a modificare il suo atteggiamento verso la scienza e verso la fisica in prin10 luogo, aprendosi alle novità della n1eccanica quantistica e così con1prendendo che scienza e posìtivisn10 sono due cose assai diverse 16 ·~: e non v'è dubbio che in tale vi-
166 Cfr. U. Si>mlTO, I.a jò11dazio11e ideaflstica della 111ctafisica co111e scienza. in Giovanni Gentile - La vita e il pensiero, Xl, Sansoni, Firenze 1966, 22J-2i!O, dove affenna che [lppunto dall'<1tlualìsn10 h<1 in1parato ad (<identificare scienza e filosofia)) (ihid., 222). Su eiò cfr. anche ;\.NEGRI. Giovanni (ìentile, IL Sviluppi e incidenza dell'a1t11alis1110, ciL, 66-67. 167 Cfr. U. SPIRITO, lafonda:::ione ... , ciL, 229.
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cenda fì·uttificano i gern1i di quella pos1z1one gentiliana che abbian10 cercato di precisare. Infine, men!re del marxismo Gentile individua la corretta di1ncnsione filosofica, non intesa da Croce e che deve aver 1notivato il positivo giudizio di Lenin sul suo volu1ne 16 '1, qucst'ulti1no invece caratterizza in 1nodo adeguato il 111etodo seguito da Marx, trascurato da Gentile. Quest'ultimo, che non è stato allievo di Labriola, è a lui più fedele nell'interpretazione del n1aterialisn10 storico 170 , 1nentre Croce, 16
~ E' quanto en1ergc con chiare;:za dalle intcressanli ricerche di R. ìVlA!OCCJ-11,
op. cii., 78-99 e 1Vo11 .volo Fen11i. I fonda111e11fi della mecc({nica quantistica nella c11/tura italiano f/'a le due guerre, Le Lettere, Firen;-:c J 991.
16'; LENIN scrive che Gcnlilc ha colto <o:tlcuni ospetti in1port<Jnti dello dialettica 1naterialistica di IV!orx, che di solito sfuggono 811'attenzione dei kantiani, positivisti, ccc.»: (]pere, XXI, Editori Riunili, Ron1a 1966, 70; giudizio dcl q1wle Gentile si fregia nella Avvertenza alla nuova edizione dc J"a filosofia di ,i\farx dcl 1937 e che deve pur (lver avuto le sue ragioni (cd in questo soggio abbian10 cercato di indicornc alcune). Per cui non ci pare giustificato il riclin1cnsio11an1cn10 che ne vuole fàre D. LOSURDO, Granisci, Gentile, ,i\far.r e le filosojìe della prassi, in AA.Vv., Gra111sci e il 111a1:ris1110 co11te1nporaneo, t:ditori Riuniti, Ro1110 1990, 92. 170 Sicché, è stato giustamente nototo, v'è 1111 singolare contrasto tra la prefazione e la conclusione della sun opera, che sono una condanna senza appello dcl 111arxisn10, ed il tono col quale Gentile scrive lutto il suo saggio. Così, od cse1npio, nella prefazione si dice che lo filosoJìa è in ìvlarx una superfetazione ciel suo essere rivoluzionario, laddove il contenuto del secondo saggio alTcnna percntorian1cnte che /Vlarx è prì111a filosofo e poi rivoluzion;lrio, «cli una filosofia che non è superfetazione, 1Tk1 sostanza del suo pensiero)) (U. SPIRITO, Gentilf' e illar.r, in Giovanni G'cntilc. La vita e il pen.1·iero, I, Sansoni. Firenze 1948, 318). Un altro csernpio è quando Gentile, dis1ingucndo /ònna e contenuto, aJTcrn1a che lo ronna è nn1luata da 1-lcgel, il contenuto è la 1natcria invece che l'idea; n1a poi din1oslra che, se corrcitw11enlc viene interpretato i J pensiero di l-lcgel e se ne riconosce l'esigenza fondarnentalc nell'obiettività e ne!l'i1nn1ancnza, allora anche per quanto riguarda il contenuto il materialisn10 storico è sul piano de!l'idealis1no hcgeliono e la contrapposizione è fruito di disintcrprctazione storico. l\~a, giunto all'ultima pogino, «il Gentile i1nprovvisan1cnte conclude che il rclntivo non può /lire le pnrti dell'assoluto, e che questo pretesa de! 1natcrialis1no storico è un assurdo)) (ihid., 321). La ragione di 1ale incoerenza gentilim1a viene dallo Spirito 1rova!a in <<un vero e proprio sdoppiainento di giudizio dovuto a posi7.ioni spirituali diverse. Da un lato, il filosofo elle analizLa storican1cnte e lutto si cala nel sisleinn da giudicare, ricostruendolo dall"inlerno e rivivendolo nella sua logica e nel suo pathos; dall'altro. l'uo1110, che a lvlorx si è avvicinato per ragioni contingenti, con una disposizione politica radicaln1cnte diversa, in un an1bientc culturale osti!incnte prevenuto contro la filosofia n1arxisla, deciso a rivcndicore l'idealis1no contro ogni sistcn1a avverso e sopraHutto contro ogni vclleitù n1aterialistica. Psico!ogica111ente la condonna di l\ farx era segnata anche prin1a di introprendernc lo studio e, quando r ... ] le conclusioni si din1ostrarono sos!anzioln1cnte diverse da quelle presunte, ad esse fu violentc1nente giustapposto il giudizio di condanna già inti1nainentc 1
Astrazùme e modelli di scientificità in Croce e Gentile
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suo allievo e an1ico, non lo segue su questo terreno, anche se lo supera in quello della consapevolezza metodologica.
fonnu!ato>) (ibid., 327). Sulla problernatica dcl rapporto tra <1ttua!is1110 e 1narxisn10 ve~ cli anche A. NEGRI, Att11alis1110 e 111arxis1110, in Giovanni Gentile - /,a vita e il pensiero, IX, San.soni, Firenze !961, 221-274. Per Agazzi, l'identificazione nttualisn101narxisn10 operata da Spirito e Negri «si basa su di un grandioso equivoco» (// giovane C'roce .. cit, 308).
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Synoxis XV/2 (1997) 729-738
GERHARD LUDWlG MùLLER, Katho/ische Dogmarik fiù- St11dium 1111d Praxis der Theologie, Hcrder, Freiburg-Basel-Wicn 1995', pp. 879. L'ordinario di dogn1atica cattolica presso l'Università di Monaco si è cin1entato in una presentazione complessiva della sua disciplina. Un primo capitolo affronta le questioni pre[i1ninari sulla natura della teologia co1ne autorivelazione dell'assoluto nella relatività della coscienza e della storia u1nana. Poi viene presentata la figura dell'uotno, come colui a cui è rivolta la rivelazione, e si propongono i temi antropologici come prospettiva fondan1enlalc di tutta la dog1natica. Creazione e rivelazione del Padre costituiscono lo scenario più generale della vita un1ana considerata sotto l'aspetto teologico; al centro vi si pone il Gesù neotestan1cntario co1nc Figlio del Padre e n1cdiatore della sua signoria sul inondo e sull'nn1anità. La teologia dello Spirito e la sintesi speculativa sulla Trinità concludono la rivelazione cristiana dell'assoluto: l'uo1no è posto di fronte al Padre, inanifestato dal Figlio nell'esperienza dello Spirito. Una seconda serie di temi è dedicata alla risposta umana e al suo con1pin1ento ecclesiale. Maria è il prototipo della Chiesa, ] 'escatologia presenta la perfezione del creato, l'ecclesiologia e i sacrarnenti indicano la via della risposta concreta dell'uon10 alla grazia divina. Questa è la prospettiva ultirna del trattato e ne costituisce la sintesi: la co1nunionc dell'uomo con il divino è il vertice dell'esperienza cristiana e della riflessione ecclesiale. Ogni argo1nento proposto è solitan1cnte trattato secondo lince co1nuni: le que-
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l?ece11s;o11i
stioni attuali, la testimonianza biblica, la storia dei dogmi e delle teologie, la riflessione sistematica. L'idea base di questa an1pia sintesi è 1nutuala da opzioni caratteristiche del pensiero cattolico tedesco degli ultimi decenni. La coscienza un1ana per sua natura è aperla alPassoluto. Questo si rivela nella
storia d'Israele, di Gesù e della pri1na co1nunità cristiana. La ricerca del divino trova la sua risposta in una serie di strutture concentriche e sperimentali. La fede cristiana ed il suo esercizio concreto danno un ordine all'universo dell'esperienza e rispondono alle esigenze più profonde cle!1a natura. L'autore si preoccupa di 1nostrare la ricchezza culturale del cristianesi1no e la sua di11a1nicità nei confronti delle diverse situazioni. L'aspetto biblico e storico è forte1nente accentuato, così co1ne l'esigenza di attualità. L'organicità ciel pensiero teologico è forte1nente inarcata, assien1c al tentativo cli appianare tensioni e di evitare radicalisn1i. Lo studente, prin1a di f'are opzioni personali deve essere larga1nente inforn1ato e deve rispettare il lungo processo storico ed ecclesiale della disciplina. Sotto questo aspetto la dogmatica assume un carattere enciclopedico e clocun1entario. Bibliografia ed indici pennettono un facile uso del volu1ne per la consultazione su particolari argon1enti.
Roberto Osculati
KARLMANN BEYSCHLAG, Die Er/onger Theologie, Martin-LuthcrVer!ag, Erlangen 1993, pp. 294. Tra i diversi indirizzi della teologia protestante tedesca dalla 1netà del secolo scorso ad oggi è raro sentire non1inare la scuola di Erlangen. L'indirizzo storico, qnello dialettico e quello esegeticocritico hanno assunto farna ed influenza internazionali. Il luteranis1110 bavarese di Erlangen è ri1nasto ai 1nargini e sernbra onnai aver esaurito il suo con1pito. L'autore di questa co1n1ncn1orazione è stato egli stesso docente ad Erlangen ed è autore di una storia dei dogtni che ne inette in luce il valore essenziale per la teologia e la vita ecclesiastica.
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Tuttavia egli ritiene, sia pure con n1alinconia e nostalgia, che l'indirizzo più caratteristico della sua facoltà si sia esaurito con gli ultimi due suoi grandi dogmatici, W. Elert (+1954) e P. Allhaus (+ 1966). La letteratura delle loro opere fa percepire con evidenza il progetto culturale, perseguito per circa trent'anni, tra il primo ed il secondo dopoguerra. La verità cristiana, espressa nelle forn1ule caratteristiche del luteranesin10, è 1nessa alla prova in un 1nodo che esalta la relatività, l'in1111anenza, la violenza, le costruzioni u1nane. Il carattere rivelato della teologia vi viene considerato un prodotto storico retrivo, un'irnn1aginazione dell'ani1na devota, una prete.sa ecclesiastica orinai degna cli compatimento. Sia Elert che Althaus, eredi di una tradizione più antica, vollero contrapporre a questi giudizi la logica interna ciel dogn1a cristiano con1c interpretazione dell'esistenza individuale e co1nunitaria. Nell'apparente aridità delle for111ule clogn1atiche si nasconde una vita intensa, capace di giudicare la storia e le sue vicissitudini. Il dogn1a è sintesi cli una vita attiva e concreta, di una coscienza eristica ed esigente. E' esperienza che si nutre delle scritture, riesan1ina le antiche teologie, prende coscienza nella liturgia, si dà un volto organico nella ricerca intellettuale, dà tcstin1onianza nella vita. La teologia, nella sua caratteristica luterana, percepisce la tragedia dell'un1anità, schiacciata dalla colpa e liberata dalla grazia. Ha un carattere personale, esistenziale ed etico, mette in luce le popolarità estren1e dell'esistenza. L'opera principale di Elert: La fede cristiano, riedita ancora qualche anno fa, inette di fronte ad un cristianesin10 serio, intenso e profondo, che sa dare di sé un'iin1nagine organica cd atlentan1entc tneditata. Altrettanto si può dire di una fortunata opera cli Althaus sui novissi1ni, dove le in11nagini più tradizionali del cristianesimo sono trasfonnate in caratteri del la coscienza n1orale. In questo genere di dogn1atica, che volutan1cnte ha un carattere confessionale, don1ina la tc1natica della croce e si esprin1e un cristianesin10 ger1nanico attorniato da orrendi fcno1neni politici e 1nilitari. Ma anche i terni della redenzione dal male, della lotta morale, della fedeltà alle proprie convinzioni, della speranza e della gioia non sono assenti.
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Non si deve poi dimenticare quanto queste esigenze di rigore dogmatico e confessionale accompagnate dal bisogno di organicità, concretezza e speri1nentabilità, fossero pure caratteristiche del cattolicesi1no conlernporaneo. Nell'una e ncll'allra fonna di ripensamento del cristianesimo si riflettono le ansie e le speranze di un mondo sprofondato nelle barbarie, ma se1npre desideroso di redenzione. Da queste teologie, apparente1nente superate, c'è se1npre n1ollo da i1nparare, soprattutto sul piano dell'esperienza umana e storica ciel teologo e della responsabilità delle chiese nell'evoluzione sociale. Una lunga appendice documentaria, aggiunta alla trattazione storica, confcr1na questa i1npressione e dà ad essa contorni n1olto concreti.
Roberto Osculati
CARMELO NICOLOSI, Gesù Cristo unico salvatore del mondo ieri, og· gi e sen1pre. Catechesi cristologica, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 1997, pp. 274. Le riflessioni raccolte in questo volume sono il fru!to degli incontri di catechesi cristologica tenuti da don Carn1elo Nicolosi, appassionato studioso di teologia e, soprattutto di cristologia, ai membri dell'Associazione ss. Pietro e Paolo, nella Città del Vaticano, nell'ulti1110 triennio. J_/anno 1997, dedicato a una 1naggiore conoscenza del mistero di Gesli Cristo, in preparazione al Giubileo dell'anno Duemila, ha dato all'Autore l'occasione per oftì·ire, a una più vasta cerchia di lettori, i risultati delle sue fatiche teologiche e pastorali. li punto di partenza dello studio di don Nicolosi come emerge dalla citazione letterale del numero 425 del Catechismo della Chiesa Cattolica e del brano cristologico della «Solenne Professione di Fede» pronunziata da Paolo VI il 30 giugno 1968 è costituito dalla sottolineatura della centralità di Cristo nella fede cristiana e nella tras111issione di questa, mediante la catechesi (pp. I 0-11 ). Nel complesso degli otto capitoli che con1pongono la catechesi crhi·tologica, poi, lAutore si n1ostra cstren1a1nente erudito e sereno nell'in1postazione, che risen-
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te dell'approccio "classico" dcl trattato di cristologia, oltre che assai abile nello stabilire il rapporto tra l'approfondimento della fede cristiana, nell'a111bito della catechesi, e la cristologia sisten1atica. Dopo aver posto, nel primo capitolo, la questione dell'identità di Gesù di Nazaret, l'Autore nel secondo e nel terzo capitolo, si impegna in una presentazione della cristologia del Nuovo ~festa111ento, privilegiando, per questo scopo, l'approccio dei titoli cristologici. Di conseguenza, anzitutto, nel secondo capitolo, vengono considerati i «grandi titoli» (p. 21) applicati a Gesù, mostrando, anche sulla base di studi esegetici, come qualcuno di essi era già usato durante la vita di Gesù, da lui stesso (Figlio dell'uomo) o da altri che parlavano di lui (Alessia). Successivamente, nel terzo capitolo, il posto di rilievo è decisamente accordato al titolo Figlio di Dio: dopo una sintetica disamina della testi111onianza resa al titolo dai Sinottici e eia Giovanni, intorno ad esso vengono raggruppati alcuni teini, quali, ad csen1pio, l'intin1a relazione di a111orc di Gesù con il Padre, rivelata dalla sua coscienza dell'Abbà (p. 34), e la sua missione rivelante. Per quest'ultimo tema, viene evidenziato con1c «la verità su Gesù Cristo 'Figlio di Dio' costituisce il punto-chiave mediante il quale si svela l'ineffabile mistero di un Dio unico nella Trinità Santissima» (p. 40). li tema del Regno di Dio fa da legame tra il terzo e il quarto capitolo: mentre quello si conclude parlando della venuta dcl Regno nella storia del!'un1anità, questo considera i 1niracoli coine tì·utti della presenza operante del Regno, con1e «'segni' del potere divino e salvifico del Figlio clell'uon10 [ ... e come] rivelazione dcl l'amore di Dio verso l'uomo che soffre» (p. 61 ). Il quinto capitolo pone l'accento sull'un1anità di Gesù Cristo, portando l'attenzione, in particolare, sul suo essere piena111cnte un1ano, sulla sua itnpcccabilità e sul significato dell'incarnazione. Nell'an1bito di qucst'ulti111a riflessione, vanno segnalati due cenni i111portanti sul piano pratico clell'insegna1ncnto cristologico, ripresi dal c~a/echi Sl/10 della Chiesa Caiio/ica (nn. 476-478): il primo, sulla base del secondo Concilio di Nicea (787), riguarda le immagini di Cristo nel loro rapporto con l'incarnazione; il secondo tocca il fonda1nento della devozione al Sacro Cuore, al Figlio di Dio che «ci ha a1nati tutti con un
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cuore umano» (p. 76). La trattazione dei mysleria Christi conclude il capitolo. Lo sviluppo del dogma cristologico, tramite i concili dell'era patristica, costituisce l'argomento approfondito nel capitolo sesto. Questo si apre con la presentazione dei tentativi di chiarificazione della divinità e dell'umanità di Cristo: anzitutto, di quelli eterodossi (ad es.: Ebionismo, Monarchianismo) e, poi, di quelli dei Padri del periodo preniceno (ad es.: Ireneo, Tertulliano). All'ottima e diffosa presentazione del contesto storico e del significato della formulazione di fede della Chiesa, nei concili cristologici - dal Niceno 1 (325) al Niceno ll (787) - seguono delle pagine che suggeriscono «all'uomo contemporaneo[ ... ] un discorso fondato e leale sul Cristo dei Vangeli e della storia [... ] non senza la chiarezza di concetti elaborati - con l'aiuto dello Spirito Santo - dai Concili e dai Padri e a noi tramandati dalla Chiesa» (p. 128). Nel scttin10 capitolo viene presa in considerazione l'opera salvifica di Cristo. Per l'approfondimento di questa, l'Autore predilige il 1nodcllo di redenzione coine espiazione. Di conseguenza, per dirla in
breve, le varie riflessioni si articolano intorno al!'affennazione di fondo secondo cui Cristo ha agito, in 1nodo rappresentativo, per offrire un sacrificio che ha espiato il peccato e ha portato a una nuova reJazione di alleanza tra Dio e l'umanità. Ritengo molto preziosi due temi che affiorano nella trattazione: il primo sul senso della sofferenza umana alla luce della passione (specialmente, le pp. 150-151 ); il secondo sull'amore del Redentore (ad es.: p. 130; 132; 146; 174ss.). Quest'ultin10 argon1ento, dal 11101nento che per la cristologia/soteriologia conten1poranea l'anlore è una pro1nettente chiave di lettura della redenzione, in prospettiva potrebbe ricevere ulteriori approfondimenti. L'ultimo capitolo è dedicato alla risurrezione di Gesù Cristo. Molto attenta1nentc, anzitutto, viene presentata l'affennazione del Nuovo Testamento riguardo alla risurrezione e le sue basi, date dalla scoperta del sepolcro vuoto e dalle apparizioni del Risorto. Successiva1nente, in n1anìera
diffusa, si trovano delle rinessioni sulla risurre-
zione come apice della rivelazione del Dio tripersonale e sul suo valore
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salvifico. Nelle sue ultime pagine, il capitolo tocca due argomenti molto sentiti dall'attuale riflessione cristologica: il rapporto tra la cristologia e la pneumatologia (p. 210); l'annuncio di Gesù Cristo, salvatore universale, nel contesto dcl pluralismo religioso e del dialogo interreligioso (pp. 210-214 ). Un prezioso «glossario» (pp. 245-259) rende più agevole la lettura del libro, già scritto con un linguaggio sciolto e incisivo, rendendo più chiara la tcnninologia teologica. Mi sia pennessa, infine, un'osservazione sulla preghiera liturgica. Di tanto in tanto affiorano degli espliciti riferimenti a questa (ad es.: p. 38; 76, nola 14; 104): dal momenlo che essa qui e ora incarna ed esprin1e la -fede in Cristo della con1unità e costituisce una catechesi in atto, possono essere assunti cotne ese1nplificazioni da sviluppare. L'osservazione appena n1ossai insie1ne alla precedente, sull'an1ore co1ne chiave interpretativa della redenzione, non intende per nulla sottovalutare i grandi pregi del libro cli don Nicolosi, che rin1ane un'opera assai raccon1andabile per il suo valido apporto all'approfondimento della fede in Cristo, anche dopo l'anno dedicato a questo, in preparazione al Giubileo del Duemila. J./unzio c:a]Jizzi
FRANCESCO YENTORINO, Dalia parte della ragione. Questioni me/a.fisiche, Itaca Tools, Caslel Bolognese 1997, pp. 224.
All'alba ciel terzo 111illennio, ci pare che eia più parti si levi sempre più forte e urgente la dotnanda cli senso. Dentro questo clin1a di don1anda si inserisce il saggio del prof. Ventorino, che si presenta come un personale contributo al superamento della crisi di senso attraverso una chiara presa di posizione: llalla parte c!e/!a ragione. È questo il titolo inequivocabile del saggio. È un invito a «riscoprire il significato e l'attualità dell'ontologia» (p. 9) con l'intento di tutelare i diritti della ragione anche nei confronti di certa teologia cristiana che sembra lasciarsi trasportare da un «deleterio fideismo che ,spesso, ne-
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gando qualunque possibilità ad una visione ontologica, non può che ricondurre il cristianesimo a preoccupazioni etiche» (p.11). In questa prospettiva l'Autore prende pure decisamente posizione per il pensiero medievale e segnatamente per quello di Tommaso d'Aquino che con il suo discorso filosofico si accosta al Mistero senza che per questo 1niri a catturarlo. «L'affennazione razionale deil'Esse subsisrcns, mentre apre l'uomo al riconoscimento della sua dignità che consiste nel llesic!erio naturale cli conoscere ed a1nare Dio, d'altra parte limita l'orgoglio della libertà, che è ricondotta a comprendere se stessa come .fàtta per aderire a Colui che è il sommo Bene, nel godi111ento dcl quale si trova soltanto la piena soddisfazione un1ana» (p. 12). li presente volu1ne nasce dall'esperienza dell'insegnan1ento, a partire dalla quale il prof. Vcntorino non nasconde l'ambizione di riproporre il metodo dell'universitas medievale. Proprio per questo motivo il volume abbonda cli ritèrimenti testuali, non soltanto di filosofi, ma anche di letterati e poeti, nel tentativo di riproporre il metodo della lectio degli auctores medievali. Questi ricchi e variegati riferi111enti, tuttavia, sono in vista della enucleazione delle quaestiones, purché naturahncntc non 111anch i secondo l'Autore la deter111h1a1;0 magistra!is (cfr. p.13). L'opzione chiara e senza equivoci per la ragione è tracciata attraverso un itinerario di tredici capitoli che hanno con1e orizzonte di riferimento la filosofia di Tommaso d'Aquino. Dal riconoscimento della verità della realtà alla dialettica dell'affermazione, fino all'assenso della fede, pare venir fuori, in fondo, che questo itinerario di questioni metafisiche abbia come obbiettivo ultimo, non l'apprendi mento di nozioni, n1a la con1unicazione di un'esperienza; in altre parole l'Autore del saggio non è preoccupato «di far apprendere agli allievi un 'criterio' filosofico astrattan1ente inteso - quasi che la verità si potesse cristallizzare in una dottrina statica -, 1na di co1nunicare uno sguardo sul reale che si può in1parare solo per i1nitazione, con1c per os1nosi: vale a dire per via di dinamismo che è il rapporto tra il maestro e il discepolo, 1ncglio, tra un padre e un figlio. Cosicché l'insegnare non è ripetere parole vuote - quasi.flautus voc;s -, n1a con1unicare all'altro la
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propria stessa natura attraverso una esperienza personale che riecheggia nelle parole usate» (L. GIUSSANI, Prefàzione, 8). Questo libro intende dare al discorso metafisico il posto che merita, non in contrapposizione alla fede, n1a co1ne la parola necessaria che la ragione non può non pronunciare sul significato ulti1no della esistenza. La ragione è dell'uon1oi cioè della creatura capace di conoscere. Infatti, tra l'altro, queste questioni metafisiche mirano a mettere in luce co1ne nella capacità di conoscere risieda essenziahnente il desiderio naturale di vedere Dio. Ogni atto della conoscenza contiene, come affern1a ·ron1n1aso d'Aquino, Pin1plicito riconoscin1ento di Dio. Un riconoscimento implicito cli Dio, che l'Aolore del saggio sviluppa nella dialettica dell'affermazione la quale in ultimo lo conduce quasi per inano a n1e1tere in luce nella persona, seguendo ulteriorn1ente Ton1111aso d'Aquino, quella rcaltà-c<1pacità intesa con1e assolutezza relativa. Assolutezza perché realtà sussistente, perché quanto di più nobile vi sia nella n<1tura; la persona infatti possiede la capacità di provvedere a se stessa. Relativa a Dio perché Dio è il suo fine ulti1no. Dio è il fine ultimo «in quanto solo in Lui si attua la perfezione dell'essere personale» (p. 156). La persona dunque «è autonoma rispetto ad ogni altra cosa e ad ogni altra persona stessa. È per sé, è sui juris, cioè è essa stessa il fondamento del suo diritto alla propria autonon1ia, ossia <ld esistere e ad agire jJer 5;e stessa. L'essere personale è voluto da Dio con1e un assoluto, cioè voluto tJer se stesso» (I.e.). L'attenzione alla persona niette in luce il dran11na della libertà. La libertà dell'uo1no cerca la propria realizz<1zione, la propria pienezza nella relazione con f)io, con ii fine ulti1no. 1,a libertà, cioè, va con1piendosi nell'essere per l'Altro riconoscendo la propria dipendenza. Con la modernità la libertà finisce col ribellarsi al proprio Destino. Questa ribellione secondo il prof. Vcntorino, che riprende ancora s. To1nn1aso, «ha con1e origine un canore cfisorl/inato clcll'uon10 verso se stesso, [ ... ] definito anche un odio per se stesso. Ma siffatta ribellione è paradossale: l'odio nei confronti di se stessi, infatti, e del proprio destino nasce da un cnnore, anche se disordinato, perché l'uon10 non può non volere che il proprio bene. La rivolta nei confronti di Dio ha quindi con1e 111ovente la stessa necessità naturale per la quale l'uon10
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tende alla propria beatitudine, soltanto che la ribellione si esprime in una scelta disordinata che, andando contro la natura delle cose, di fatto diviene per l'uo1no odio verso se stesso, ossia un rifiuto radicale e quasi un rancore per la propria creaturalità» (p. I 77). Un uomo che vuole essere padrone di sé rifiuta la propria dipendenza, la propria creaturalità. Ora la radice della libertà consiste, invece, nell'approfondimento del rapporto dell'uomo con Dio: «Tale rapporto, che misteriosamente e 11eces5;aricane11te lega la creatura a Dio, deve continuan1entc essere ricercato cd accettato, perché l'uomo possa vivere nella libertà della verità» (p. 185). L'uo1no che tende al proprio fine ullin10 è l'uo1110 che cerc8 e accoglie il senso della esistenza. L'uon10, in tal 1nodo, è costituito co1ne uorno nel suo desiderio naturale di vedere Dio; tuttavia, sottolinea Ventorino, «questo desiderio si può aden1piere solo per grazia, }Jer un libero e gratuito dono di Dio» (p. 20 I). Se il significato dcl!1csperienza è il luogo in cui la realtà si in1ponc in tutta la sua evidenza e si dà a conoscere all'uo1no, l'esperienza della fede è il dono di grazia che porta a cogliere qui e adesso il fine ultin10: vivere 1 seppure in nianiera i1nperfetta la vita in pienezza, la vita eterna. In conclusione questo volume di Ventorino, al di là di una difesa e una ripresa del discorso 1netafisico) è essenziahnente un tentativo di entrare in ciò che è che si i1nponc di per sé. È un 'opzione per la verità della realtà, per la ragione lasciando che le apparenze e l'effimero si infrangano nella loro inconsistenza.
Giuseppe Schi!!aci
Synaxis XV/2 (1997) 739-744
NOTIZIARIO DELLO STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO
l. Licenziati in Teologia 1norale Hanno conseguito il grado accaden1ico della Licenza in Teologia morale, il 27 giugno 1997: L. NOVARA, 1Vo11 cog11itivis1110 e Bioetica. Per una clĂšnensione veritativa e/ella conoscenza n1orale (relatore prof. S. Privitera) T. ORLOWSKI, Aids e vita coniugale. Qualche linea emergente nella riflessione elica attuale (relatore prof. S. Consoli)
2. Baccellieri in Teologia Hanno conseguito il grado accademico del Baccalaureato rn Teologia, il 27 giugno 1997: A. ANNINO, L'itinerario interiore di Lanza Del Vasto (relatore prof. G. Schillaci) V. CAFRA, La religiositĂ popolare nel siracusano. Possibile lettura cli a!czfl1e pratiche cievozionali (relatore prof. S. Consoli) A. C. CONSOLO, A1orale, pedagogia e mistica in lvfario Sturzo,
vescovo cli Piazza Arn1erina (relatore prof. P. Buscemi)
Notiziario dello Studio S. Paolo
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C. SFJENTI CORRADINI, Il lessico ebraico di Giobbe 3-27.29-
3 I. Campi lessicali ed analisi distribuzionale (relatore prof. A. Minissale) D. MARANGJA, Il diritto di associazione 11e//'ordi11a111e11to canonico (relatore prof. A. Longhitano) il 19 settembre 1997: L. BANDIERA, Le antifone mariane di compieta. Analisi storico-liturgica, teologica e 1nusicale (relatore prof. G. Federico) A. Gll3JLISCO, L'abbazia di S. Maria di Roccadia nel territorio
di Lentini (relatore prof. G. Zito) C. GRASSO, Le tradizioni de/l'Antico Testamento soggiacenti
nella formula del l'istituzione dei/ 'Eucaristia (relatore prof. A. Gangemi) D. LO PRINZI, Il lessico ebraico dei libro dei Proverbi
(relatore prof. A. Minissale) S. MUSSO, Gesù che compie la volontà di Dio nel vangelo di
Giovanni (relatore prof. A. Gangemi) G. PADUA, Il gemellaggio Ira la Chiesa di Noto e la Chiesa di
Bute1nbo-Beni. Esen111io di COOJJerazione interecc!esiale (relatore prof. M. Pennisi) G. STELLA, La vita monastica fèmminile nella diocesi di Noto prima e dopo la legge di soppressione (I 866)
(relatore prof. G. Zito)
Notiziario dello Studio S. Paolo
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R. SULTANA, Il problema elica nella teologia di Dielrich Bon-
hoeffer a par/ire dal rlijJporto Chiesa-mondo (relatore prof. S. Consoli)
3. Master in Teologia della vi/a consacrala Ha conseguito il Master in Teologia della vita consacrata, il 20 giugno 1997: I. BENITEZ A.IALA, Dignidad de la Mujer segun .!uan Pab/o li. Alcunos eleme11fos a la luz de la Mulicris Dignitatem y de la Carta a las mujeres (relatore prof. S. Consoli) il 15 ottobre 1997: C. M. R. LO STUTO, L 'istifu/o secolare Maria SS. Annunziala.
Carisn1a, S]Jiritua/ità, 1nissio11e (relatore prof E. Palumbo)
4. Mas/er in Pastorale .fàmi/iare Hanno conseguito il Master
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Pastorale familiare, il 20 giugno
1997: A. M. GONZALEZ ESQUIVEL, Lafàmiglia: soggetto nella Chie-
sa (relatore prof. S. Bellomia) M. SANALITRO, La.famiglia: soggetto nella Chiesa (relatore prof. S. Bellomia)
5. Synaxis al Congresso Eucaristico di Bologna Apprezzando l'iniziativa pro1nossa dalla rivista Connnunio e accogliendo l'invito a pa1iecipare, lo Studio Teologico S. Paolo ha inviato copie di Synaxis e di altre sue pubblicazioni allo stand "Riviste
Teologiche" approntato per i giorni dcl Congresso Eucaristìto Nazionale di Bologna.
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6. Necrologio
Il 6 ottobre 1997 si è addormentato nel Signore mons. Francesco Cavarra, dell'arcidiocesi di Siracusa e già nostro docente cli Diritto Canonico. Il S. Paolo, che ha beneficato della sua docenza e della sua generosità, tran1ite il Preside ha espresso all'arcivescovo di Siracusa, Giuseppe Costanzo, la grata memoria di mons. Cavarra e ha assicurato la preghiera di affidamento al Padre celeste.
7. No1nina ciel ]Jrùni ]Jrof'essori orclinari Compiutosi l'iter previsto dalle norme della S. Sede e dagli Statuti della Facoltà Teologica di Sicilia e dello Studio Teologico S. Paolo, il Gran Cancelliere, l'arcivescovo Salvatore De Giorgi, in data 5 novembre 1997 ha nominato il primo gruppo cli professori ordinari dello Studio Teologico S. Paolo: • Salvatore Consoli per la cattedra cli Teologia morale; • Attilio Gangemi per la cattedra cli Esegesi del Nuovo Tcsta111 e nto;
• Adolfo Longhitano per la cattedra di Diritto canonico; • Antonino Minissale per la cattedra di Esegesi cieli' Antico Tcsta1nento; • Giuseppe Ruggieri per la cattedra di Teologia fondamentale; • Gaetano Zito per la ca!!edra cli Storia della Chiesa. Il S. Paolo, così, ha portato a con1pi1ncnto il suo assetto accademico e giuridico previsto dallo Statuto approvato dalla Congregazione delJlEducazione Cattolica in occasione della sua aggregazione
alla Facoltà Teologica di Sicilia. 8. Inaugurazione del/ 'anno accacie111ico
li nuovo anno accademico 1997-98 è stato inaugurato il 7 novembre 1997. li Gran Cancellierere della Facoltà Teologica cli Sicilia, l'arcivescovo Salvatore De Giorgi, ha presieduto la concelebrazione eucaristica e, prin1a de!I' annuale relazione del Preside, ha consegnato
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la nomina al primo gruppo di professori ordinari. La prolusione accademica è stata tenuta dal prof. Mario Cascane, docente incaricato del S. Paolo, su: L'inizio, la fine e il fine della vi/a umana. Queslioni di 111etabioetica. 9. Lectio co111111unis sen1es/ra/e
Alla luce dell'esperienza di questi anni, nelle sedi statutarie st e ritenuto di dover appo1tare dei correttivi alla prassi adottata per la Lectio co1111nunis dei singoli corsi. Pertanto, ad experilnentun1, per quest'anno si è deciso che nella riunione di corso all'inizio del se1nestre ogni professore invita un collega per appmtare un contributo su un tema di specifica pertinenza, offrendo così agli alunni la possibilità di cogliere la diversità di metodo e la interdisciplinarietà. 1O. Disputai i o e seminario interdisciplinare
L'annuale di.1pulatio, in funzione della crescita dello Studio Teologico con1e co1nunità scientifica, e il se1ninario interdisciplinare, occasione di ricerca e confronto tra i professori del S. Paolo e altri appositamente invitati, verteranno sulle espressioni popolari dcJla religione cristiana e coordinatore ne è il prof. Maurizio Aliotta. La dispulalio, che avrà il momento conclusivo del suo iter il 5 marzo 1998, approfondirà La religione popolare ne/l'attuale ricerca sociologica, e la relazione finale è stata affidata alla prof.ssa Carmelina Chiara Canta dell'Università "La Sapienza" di l~o1na. Il sen1inario di ricerca, che ha già tenuto un pri1no incontro, puntualizzerà Religione popolare e fede cristiana in Sicilia: /eo/ogia e storia. La pubblicazione dei contributi è progran11nata per ,)Jlllaxis XVl/2 che uscirà a dicembre 1998. 11. Informatizzazione della Segre/eria e della Bib!ioleca
Dopo la pubblicazione del sito dello Stndio Teologico (http://www.studiosanpaolo.it, visitato già da oltre 1600 cybermann) e l'avvio della catalogazione infonnatizzata della Biblioteca, si è ritcnu-
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to opportuno realizzare una intranet, con conte111poraneo accesso all'unica banca dati, al fine di migliorare ed accelerare il servizio prestato dalla Segreteria. Anche in Biblioteca è stata realizzata una intranet che per111ette a professori e alunni del S. Paolo, come ad altri fruitori, la consultazione delle opere acquistate nel formato CD-Rom dalla sala di studio; tra esse: l'opera omnia di s. Tommaso cl' Aquino e il CLCLT-3.
l 2. ]Jrotezione civile A!!ento alla crescente sensibilità sui temi della protezione civile e al fine di assicurare agli alunni una infonnazionc di base sulle diverse tipologie cli rischi a cui può andare incontro il nostro territorio, il S. Paolo ha invitato il dott. Paolino Maniscalco, Assessore alla Prote-
zione civile al Con1une di Catania. Nell'incontro, tenutosi il 12 noven1bre 1997, insiernc alle questioni generali poste dall'argon1ento, è stata evidenziata l'urgenza del I' infonnazione e del la prevenzione. 13. Pubblicazioni Organizzato dalle Orsoline e dai PP. Passionisti, nei giorni 1415 marzo 1997 si è tenuto a Mascalucia (CT) il simposio di studio per la rilettura della vicenda un1ana cd ecclesiale della ven. Lucia Mangano. Al simposio hanno portato il loro contributo scientifico clive(si professori dcl S. Paolo con delle specifiche relazioni. ln pochi mesi si è pervenuti alla pubblicazione degli atti: Lucia lvfangano orsolina. Simposio cli studio 14-15 marzo 1997, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997.
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