29th artecinema — international contemporary art film festival
con il contributo di:
Regione Campania
Film Commission
main sponsor: Seda
con il sostegno di:
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Caronte S.p.A
Castello di Postignano
Bruno Generators
Ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti
Conservatori di Napoli e Provincia
Fondazione Ordine Architetti Pianificatori
Paesaggisti Conservatori di Napoli e Provincia
con il partenariato di:
Institut Français Napoli
media partner: Exibart
con il patrocinio di:
Città di Napoli
Università degli Studi di Napoli Federico II
Università degli Studi di Napoli Suor
Orsola Benincasa
Ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti
Conservatori di Napoli e Provincia
Fondazione Ordine Architetti Pianificatori
Paesaggisti Conservatori di Napoli e Provincia
organizzazione
Trisorio
Associazione culturale
segreteria organizzativa
Lucia Trisorio
Valeria Cacciapuoti
Helga Sanità
Danila Crea
supervisione catalogo
Lucia Trisorio
redazione catalogo
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Vittoria Carotenuto
art direction, identità
visiva e comunicazione:
Paolo Altieri
Altieri associati srl
visual design:
Paola Trisorio
ufficio stampa:
R.A.R.E Comunicazioni
social media:
Giorgia Benevento
Paolo Altieri
servizi tecnici:
Isi Congress
traduzione e sincro sottotitoli:
Lab 80 film
Trisorio
Associazione culturale
Riviera di Chiaia 215 Napoli
tel 081 414306 info@artecinema.com www.artecinema.com
immagine di copertina: Still dal film The Warhol Effect
29o festival internazionale di film sull’arte contemporanea napoli, 16 — 20 ottobre 2024
a cura di / curated by laura trisorio
Laura Trisorio facendo in modo di far vincere all’artista americano Robert Rauschenberg il Gran Premio alla Biennale di Venezia del 1964, sancendo così la consacrazione della Pop Art in Europa.
La 29° edizione di Artecinema ci proietta nel tempo e nello spazio alla scoperta dei tanti linguaggi che caratterizzano il lavoro degli artisti di ieri e di oggi. Progetti, installazioni, correnti artistiche, collezioni, ritratti, scandali, proteste, matrimoni, storie di vita affascinanti e uniche, tutte accomunate dalla necessità dell’arte.
Un’urgenza che dimostra quanto l’arte possa essere uno strumento potente di trasformazione, di unificazione e di speranza, come vediamo nel progetto realizzato dall’artista JR con i detenuti di un carcere californiano di massima sicurezza.
Ma la dedizione all’arte e la ricerca della libertà possono anche essere pagate a caro prezzo, come nel caso delle Pussy Riot, artiste dissidenti russe che sono state imprigionate per le loro performance contro l’ordine repressivo di Putin.
Proprio in un nuovo centro d’arte di Mosca, poco prima dell’invasione ucraina, l’artista islandese Ragnar Kjartansson rimette in scena la famosa soap opera americana Santa Barbara, trasmessa dalla televisione russa all’indomani della caduta dell’Unione Sovietica, per raccontarci come questo evento abbia sconvolto il popolo russo, proiettandolo verso un modo di vivere occidentale e un consumismo fino ad allora sconosciuto. E ancora in Russia nacque Mark Rothko che si trasferì giovanissimo a New York dove entrò a far parte delle avanguardie americane diventando un punto di riferimento per la pittura astratta.
L’arte può essere anche uno strumento politico come è accaduto durante la Guerra Fredda, quando il governo americano se ne servì per combattere il comunismo,
Persino un evento intimo come un matrimonio può diventare un’azione artistica, come lo ha inteso Jan Fabre celebrandolo nel Duomo di Napoli, o il semplice gesto di una cancellatura può trasformarsi in una cifra stilistica portatrice di nuovi sensi come ci mostra Emilio Isgrò.
Attraversando studi d’artista, gallerie, musei e fondazioni, vediamo la nascita e l’evoluzione dell’Arte povera come movimento radicale e rivoluzionario; scopriamo nuovi aspetti di figure iconiche come Andy Warhol e Jeff Koons che hanno azzerato il confine tra l’arte e la cultura di massa; ripercorriamo le storie di Nam June Paik, il pioniere della videoarte e degli artisti inglesi Gilbert & George con le loro Living Sculptures, in cui essi stessi diventano opera mescolando arte e vita, perché, come ascoltiamo da Philippe Parreno, “l’arte bisogna viverla, non solo ammirarla”.
Ed è proprio lo spazio della vita che Lucio Fontana fende con i suoi tagli, oltrepassando la superficie della tela e inserendo nel quadro le dimensioni del tempo e dello spazio, mentre Constantin Brancusi rivoluziona la scultura con il suo linguaggio innovativo e Georgia O’Keeffe lotta per affermarsi come artista in un momento in cui i diritti delle donne non erano ancora riconosciuti.
Pur essendo separati da tre secoli di storia, Edward Hopper e Johannes Vermeer sembrano avere lo stesso sguardo sull’umanità, ritraendo la solitudine degli individui negli spazi interni, mentre la fotografa
Chiara Fossati ci racconta il mondo e i sogni degli adolescenti nei luoghi di provincia e i coniugi
Merzbacher ci aprono le porte di casa per mostrarci la loro collezione d’arte considerata tra le più importanti al mondo.
E ancora l’arte può indagare i meccanismi della memoria e del pensiero, correlandosi con la scienza e la natura, come nel lavoro di Serena Scapagnini, o può incentrarsi sulla politica dell’ascolto, come ci mostra l’artista giordano Abu Hamdan, ed esplorare temi quali l’intimità, la vulnerabilità e la famiglia, come nelle opere di Miranda July.
I fratelli Campana ci dimostrano che l’arte è anche etica utilizzando materiali poveri per creare arredi di design all’insegna della sostenibilità, così come l’architetto argentino Emilio Ambasz ha posto le basi della Green Architecture, anticipando il dibattito sull’impatto climatico già negli anni ’70, mentre il progetto di estensione del Buffalo AKG Art Museum, realizzato da una squadra di curatori, artisti e architetti visionari, è un esempio eccellente di come un’istituzione elitaria possa trasformarsi in uno spazio di incontro dinamico e inclusivo.
Ma qual è il futuro dell’arte? Dove ci sta portando l’intelligenza artificiale? Il collettivo Obvious solleva queste questioni spingendoci ad interrogarci sulla direzione in cui stiamo andando.
L’arte pone sempre delle domande anticipando i tempi e Artecinema vuole essere uno spazio di condivisione in cui riflettere sul nostro presente e immaginare il mondo che verrà.
Laura Trisorio The 29th edition of Artecinema propels us through time and space to explore the many languages that characterize the work of artists from both the past and the present. Projects, installations, artistic movements, collections, portraits, scandals, protests, marriages, and fascinating, unique life stories—all brought together by the need for art.
This urgency demonstrates how art can be a powerful tool for transformation, unification, and hope, as exemplified in the project created by the artist JR with inmates at a maximum-security prison in California. However, dedication to art and the pursuit of freedom can also come at a high price, as in the case of Pussy Riot, the Russian dissident artists imprisoned for their performances against Putin's repressive regime.
Just before the Ukrainian invasion, in a new art center in Moscow, Icelandic artist Ragnar Kjartansson reenacted the famous American soap opera Santa Barbara, which was aired by Russian television shortly after the fall of the Soviet Union, to illustrate how this event shook the Russian people, propelling them toward a Western way of life and a previously unknown consumerism.
Mark Rothko was also born in Russia and moved to New York at a young age, becoming part of the American avant-garde and a leading figure in Abstract Painting.
Art can also serve as a political instrument, as it did during the Cold War, when it was used by the U.S. government to combat communism, ensuring that American artist Robert Rauschenberg won the Grand Prize at the 1964 Venice Biennale, thus consecrating the presence of Pop Art in Europe.
Even an event as intimate as a wedding can become an artistic act, as Jan Fabre understood when he celebrated his own nuptials in the Cathedral of Naples. Similarly, the simple act of erasure can be transformed into a stylistic hallmark bearing new meanings, as demonstrated by Emilio Isgrò.
In visiting artists' studios, galleries, museums, and foundations, we witness the birth and evolution of Arte Povera as a radical and revolutionary movement; we discover new aspects of iconic figures like Andy Warhol and Jeff Koons, who blurred the line between art and mass culture. We revisit the stories of Nam June Paik, the pioneer of Video Art, and British artists Gilbert & George with their Living Sculptures, in which they themselves become art, merging life and art because, as Philippe Parreno states, “art must be lived, not just admired.”
And it is precisely the space of life that Lucio Fontana pierces with his cuts, transcending the surface of the canvas and incorporating the dimensions of time and space into the painting, while Constantin Brancusi revolutionizes sculpture with his innovative language and Georgia O’Keeffe fights to assert herself as an artist at a time when women's rights were not yet recognized.
Despite being separated by three centuries of history, Edward Hopper and Johannes Vermeer seem to share the same perspective on humanity, depicting the solitude of individuals in interior spaces, while photographer Chiara Fossati tells us about the world and dreams of teenagers in provincial places, and the Merzbacher couple opens their home to show us their
art collection, regarded as one of the most important in the world.
And, moreover, art can also delve into the mechanisms of memory and thought, establishing a correlation with science and nature, as in the work of Serena Scapagnini, or it can focus on the politics of listening, as demonstrated by Jordanian artist Abu Hamdan, exploring themes such as intimacy, vulnerability, and family, as seen in Miranda July’s works.
The Campana brothers show us that art is also ethical, using poor materials to create design furniture under the banner of sustainability, just as Argentine architect Emilio Ambasz has anticipated the debate on climate impact since the 1970s and laid the foundations of Green Architecture. The extension project of the Buffalo AKG Art Museum, carried out by a team of curators, artists, and visionary architects, exemplifies how an elitist institution can be transformed into a dynamic and inclusive meeting space.
But what is the future of art? Where is artificial intelligence taking us? The Obvious collective raises these questions, prompting us to reflect on precisely where we are going.
Art always poses questions, in anticipation of the times, and Artecinema aims to be a space for sharing where we can reflect on our present and imagine the world to come.
Lo sforzo è riuscire a portare lo spettatore il più vicino possibile alla storia per fargli afferrare almeno un frammento della personalità di questi grandi artisti. The effort is to be able to bring the viewer as close to the story as possible in order for him to grasp at least a fragment of the personalities of these great artists.
Andrea Bettinetti regista
Da più di vent’anni realizzo documentari che spaziano dall’arte allo sport, dal cinema alla società. Ciò che mi guida nella scelta degli argomenti è soprattutto la curiosità. Quando incontro una persona, leggo una notizia o vedo qualcosa che mi intriga, cerco di saperne di più, mi informo, chiedo, ricerco. Può essere una tematica, un periodo storico, un luogo, una persona. Non ho una ricetta predefinita, inseguo sensazioni, emozioni, pensieri. È un percorso in continua evoluzione, che mi porta da un soggetto all’altro, fino a quando mi convinco che ci sia una storia da raccontare. Da raccontare in primo luogo a me stesso.
Amo l’arte sin da bambino, ho avuto la fortuna di avere dei genitori che hanno sempre cercato di circondarsi di cose belle, oggetti, quadri, libri. Così, frequentare musei, gallerie e mostre è una cosa che faccio da sempre ed è parte integrante della mia vita.
Una delle cose che mi diverte esplorare, è il rapporto che esiste tra l’artista e il proprio tempo – mi piace ascoltare come gli artisti rievocano le reazioni provocate dalle loro prime opere, o il desiderio di rottura che li animava nei confronti del panorama artistico che li circondava – e cerco sempre, all’interno dei miei documentari, di restituire le atmosfere in cui operano i protagonisti, sforzandomi di capire quanto il momento storico in cui si sono mossi, abbia influenzato la loro pratica artistica. Sono sempre stupefatto di come la presenza sulla scena di una manciata di luoghi, come ad esempio bar, locali, gallerie, e/o di un piccolo gruppo di persone illuminate, siano in grado di far detonare una vita artistica e culturale potente, capace di travalicare le frontiere nazionali per entrare nei libri di storia dell’arte.
Il primo documentario che ho realizzato nel campo dell’arte è stato quello su Piero Manzoni nel 2013. Il progetto è nato in seguito ad un evento fortuito, quando un collega che insegna con me allo Ied di Milano, un giorno mi ha chiesto un consiglio su dove poter fare trasferire della pellicola in digitale. Era uno spezzone relativo a uno dei Filmgiornali Sedi realizzati tra il 60 e il 61, con Piero Manzoni come protagonista. Così sono andato a trovare Rosalia Pasqualino di Marineo, direttrice della Fondazione Piero Manzoni e le ho proposto di fare un documentario in occasione dei 50 anni dalla morte dell’artista. Ci siamo incontrati diverse volte, discusso insieme e alla fine ci siamo trovati. E così è nato Piero Manzoni Artista.
Fabio Mauri Ritratto a luce solida nasce sull’onda di Swinging Roma, il documentario sulla scena artistica culturale di Roma dei primi anni '60, che ho realizzato sempre con la Good Day Films di Michele Bongiorno nel 2015. Un viaggio particolarmente divertente grazie alla leggerezza delle testimonianze di molti dei protagonisti di quell’epoca folle e stimolante.
Anche Cy Dear in un certo modo nasce da lì. Durante le riprese di Swinging Roma, grazie a Pepi Marchetti Franchi della Galleria Gagosian di Roma, ho conosciuto Nicola Del Roscio, presidente della Cy Twombly Foundation. E così nel 2018, insieme a Michele, abbiamo deciso di proporgli la realizzazione di un documentario sul grande artista americano. Un’esperienza emotivamente coinvolgente. Ho sempre amato le opere di Twombly, un artista immenso.
L’ultimo documentario che ho scritto e diretto è Arte Povera, appunti per la storia sul movimento codificato
da Germano Celant nel 1967. È stata una sfida impegnativa, che ha avuto un percorso tortuoso e ha richiesto una lunghissima preparazione e un altrettanto lungo lavoro di ricerca dei materiali d’archivio, che volevamo fossero una parte importante del racconto.
Come Piero Manzoni Artista e Cy Dear prima, anche Arte Povera, appunti per la storia è stato selezionato con mia grande gioia da Artecinema per la 29a edizione di questo importante festival. Mi piace ricordare che sempre grazie ad Artecinema, Piero Manzoni Artista è stato proiettato presso l’Ambasciata Italiana a Washington.
Personalmente fare documentari è intraprendere un lungo viaggio fatto di studio, incontri e ricerca. Studio, perché è essenziale conoscere la materia il più profondamente possibile per poter costruire una narrazione capace di catturare l’attenzione dello spettatore.
Gli incontri con chi ha vissuto in prima persona un evento, che ha avuto l’opportunità di condividere il percorso di personaggi speciali, oltre a essere la parte più gratificante del lavoro, ti permettono di carpire l’umanità dei tuoi protagonisti.
Infine credo molto nella ricerca, sia per film con una valenza storica, che per progetti di creazione. Sono convinto che perdendosi tra articoli presi dai giornali, spezzoni di interviste, fotografie e video, cercando di costruire connessioni e intrecci, si possono catturare piccoli momenti di verità.
Lascio che siano poi tutte queste informazioni e emozioni a indicarmi quale sia la strada migliore
per costruire la struttura del racconto, per far uscire la personalità di figure complesse e affascinanti. È sempre un percorso fatto di scelte, non è possibile racchiudere in maniera esaustiva qualcuno come Cy Twombly o un movimento come l’Arte Povera, in un’ora e mezza. Ma d’altro canto un film non è né un libro né un catalogo. Mi piace che a guidarmi sia un percorso emotivo, evidenziando il lato umano in tutte le storie che racconto. Lo sforzo è riuscire a portare lo spettatore il più vicino possibile alla storia per fargli afferrare almeno un frammento della personalità di questi grandi artisti. Condividere con lui la passione che ti ha guidato come regista a volerli raccontare.
Andrea Bettinetti filmmaker
For over twenty years, I have been creating documentaries that range from art to sports, from cinema to society. What drives me in choosing topics is primarily curiosity. When I meet someone, read a news story, or see something intriguing, I seek to learn more, gather information, ask questions, and research. It could be a theme, a historical period, a place, or a person. I don’t have a predefined recipe; I pursue sensations, emotions, and thoughts. It’s an ever-evolving journey that leads me from one subject to another until I am convinced there is a story worth telling. First and foremost, to myself.
I have loved art since I was a child, and I was fortunate to have parents who always sought to surround themselves with beautiful things—objects, paintings, books. Thus, visiting museums, galleries, and exhibitions is something I have always done and is an integral part of my life. One of the things I enjoy exploring is the relationship between the artist and their time. I like listening to how artists recall the reactions provoked by their early works or the desire for change that motivated them in relation to the artistic landscape around them. In my documentaries, I always strive to capture the atmosphere in which the protagonists operate, making an effort to understand how the historical moment in which they moved influenced their artistic practice. I am always amazed at how the presence of a handful of places, like bars, venues, galleries, or a small group of enlightened individuals, can ignite a powerful artistic and cultural life, capable of transcending national borders and entering the annals of art history.
The first documentary I made in the field of art was about Piero Manzoni in 2013. The project was born out of a chance event when a colleague who teaches with me at IED in Milan asked me for advice on where to transfer some film to digital. It was a clip related to one of the Sedi newsreels made between 1960 and 1961, featuring Piero Manzoni. I went to meet Rosalia Pasqualino di Marineo, director of the Piero Manzoni Foundation, and proposed making a documentary on the 50th anniversary of the artist's death. We met several times, discussed together, and eventually found common ground. Thus, Piero Manzoni Artista was born.
Fabio Mauri: Ritratto a luce solida emerged from Swinging Roma, the documentary about the cultural art scene in Rome in the early 1960s, which I made with Good Day Films' Michele Bongiorno in 2015. It was a particularly enjoyable journey thanks to the lightheartedness of the testimonies from many protagonists of that crazy and stimulating era.
Cy Dear also somewhat originates from that experience. During the filming of Swinging Roma, I met Nicola Del Roscio, president of the Cy Twombly Foundation, thanks to Pepi Marchetti Franchi of the Gagosian Gallery in Rome. In 2018, Michele and I decided to propose making a documentary about the great American artist. It was an emotionally engaging experience. I have always loved Twombly's works; he is an immense artist.
The latest documentary I wrote and directed is Arte Povera: Appunti per la Storia on the movement codified by Germano Celant in 1967. It was a challenging undertaking, with a winding path requiring extensive
preparation and a long process of archival material research, which we wanted to be an important part of the narrative.
Like Piero Manzoni Artista and Cy Dear before it, Arte Povera: Appunti per la Storia was selected, much to my joy, by Artecinema for the 29th edition of this important festival. I like to remember that thanks to Artecinema, Piero Manzoni Artista was screened at the Italian Embassy in Washington.
For me, making documentaries is embarking on a long journey filled with study, encounters, and research. I study because it is essential to understand the subject as deeply as possible to build a narrative that captures the viewer's attention. Meeting those who have experienced an event firsthand, who have had the opportunity to share the paths of special figures, is not only the most rewarding part of the work but also allows you to grasp the humanity of your protagonists.
Finally, I believe strongly in research, both for films with historical significance and for creative projects.
I am convinced that by immersing oneself in newspaper articles, interview clips, photographs, and videos, seeking to build connections and intertwining narratives, one can capture small moments of truth.
I let all this information and emotion guide me toward the best way to structure the narrative, to bring out the personality of complex and fascinating figures. It is always a journey of choices; it is impossible to encapsulate someone like Cy Twombly or a movement like Arte Povera in an hour and a half. On the other hand, a film is neither a book nor a catalog. I like to be guided by an emotional journey, highlighting the human aspect
in all the stories I tell. The effort is to bring the viewers as close as possible to the story, so they can grasp at least a fragment of these great artists' personalities, sharing with them the passion that drove me as a director to want to tell their stories.
Due cose (almeno!) mi sembrano cruciali in un documentario sull'arte: lo spettatore deve apprendere ciò di cui ha bisogno per guardare correttamente i dipinti. E questo apprendimento, attraverso la forma del film, deve essere una vera esperienza.
Two things (at least!) seem crucial to me in a documentary on art: the viewer must learn what he will need to look at the paintings properly. And this learning must be, through the form of the film, a real experience.
Ogni nuovo film mi fa ripartire da zero
Pascale Bouhénic regista
Spesso, anche se conosco perfettamente l'artista, non so subito come approcciare la storia che porterà lo spettatore nell'opera d'arte, nei dipinti (quando si tratta di pittura), per farlo guardare in modo ottimale. È solo scavando nel soggetto, approfondendo, che si definisce il modo di filmare. Ogni soggetto detta le proprie regole.
Quindi, come si porta lo spettatore del film nella pittura di Mark Rothko?
Da questo punto di vista, l'artista è stato una guida complicata, esigente, addirittura autoritaria! Rothko forniva, come sappiamo, istruzioni allo spettatore affinché guardasse il suo dipinto correttamente. Molte volte si trasformava in scenografo: un certo numero di centimetri tra lo spettatore e il dipinto, la tela molto bassa sulla parete, la luce in un certo modo per alcune tele, o in un altro modo per altre. Forse scherzava, forse no. In ogni caso, voleva che lo spettatore si trovasse nelle stesse condizioni in cui si trovava lui, nel suo studio, per mettersi nei suoi panni di pittore, nelle condizioni in cui creava il suo dipinto.
Una cosa mi ha guidato, che molti storici dell'arte, tra cui Daniel Arasse, hanno notato: la pittura di Rothko presenta una matericità molto potente e richiede una lunga osservazione.
Questa lunga osservazione, questa durata, in un film sull'arte non è trasferibile; lo spettatore del documentario non è il visitatore del museo. Questa distinzione è cruciale. D'altra parte, la dimensione materica e tecnica, molto importante per il pittore, può essere raccontata, mostrata. Il pittore faceva miscele incredibili ed era molto ispirato dalla storia della
tempera italiana, ad esempio. È qui che ho deciso di entrare. I pigmenti, le miscele, ma anche l'amore per l'Italia, l'ammirazione per i suoi pittori: sentivo che tutto ciò ci avrebbe guidati in modo visivo e sensuale dentro questa pittura.
La pittura di questo grande pittore americano, per via della sua dimensione astratta, ha dato origine a un'abbondante letteratura e a molte interpretazioni che l'hanno irrigidita e hanno contribuito a santificare il pittore. Scegliendo di entrare attraverso la matericità, ho cercato di mantenere viva la pittura, di non rinchiuderla in interpretazioni, di cercare l'energia del pittore, di costruire uno sguardo.
Spesso è necessario passare diverse ore a filmare le opere, per cercare ad esempio, di rendere il complesso nero delle tele della Rothko Chapel a Houston, la cui luce cambia con il tempo.
È importante dare un'idea della scala dei dipinti, mostrare i dettagli dell'opera, il tocco in cui il nero si fonde con il colore delle vinacce e il marrone. Questo vale per la pittura in generale, ma in modo particolare per i dipinti di Rothko. Bisogna indirizzare lo sguardo dello spettatore affinché veda l'opera nel modo più completo possibile da diverse distanze, poiché in generale, seduto nella sua poltrona, lo spettatore di un documentario non ha la libertà di muoversi, non ha le gambe davanti ai dipinti. Ma le gambe sono necessarie per guardare bene.
Mi sono spesso chiesta cosa mi piacesse tanto nella corsa di Samy Frey e Anna Karina nelle gallerie del Louvre, filmata da Godard nel film Bande à part. Certo, questa mobilità, questa velocità davanti ai dipinti è
esaltante. Ma è anche la mobilità dello sguardo che viene messa in scena: come se gli occhi avessero delle gambe.
In alcuni film, a volte, mostravo l'opera riprodotta su una cartolina, per metterla in relazione con un'altra, e poi con un'altra ancora. Un'altra storia di mobilità, ma nella Storia questa volta. Si trattava di mettere in evidenza qualcosa di completamente diverso: come le opere dialogano e rispondono l'una all'altra, cosa hanno in comune. Il grande storico dell'arte Aby Warburg mostrò che la storia dell'arte era una questione di circolazione e di superamento dei confini, nello spazio, naturalmente, ma anche nel tempo. Questo rapporto con l'opera d'arte mi sembra molto affascinante.
In ultima analisi, due cose (almeno!) mi sembrano cruciali in un documentario sull'arte: lo spettatore deve apprendere ciò di cui ha bisogno per guardare correttamente i dipinti. E questo apprendimento, attraverso la forma del film, deve essere una vera esperienza.
Each new film makes me start from scratch
Pascale Bouhénic filmmaker
Often, even if I know the artist perfectly, I don't know right away how I'm going to approach the story that will bring the viewer into the work of art, into the paintings (when it comes to paintings), that will make him look at it in the best possible way. It's by digging into the subject, by going deeper, that a certain way of filming is put in place. Each subject dictates its rules.
So, how do you bring the viewer of the film into Mark Rothko's painting? From this point of view, the artist was a complicated, demanding, even authoritarian guide! Rothko gave, as we know, instructions to the viewer so that he would look at his painting correctly. Many times, he transformed himself into a scenographer: so many centimeters between the viewer and the painting, the canvas very low on the wall, the light like this for some canvases, or like that for others. Maybe he was joking, maybe not. In any case, he wanted the viewer to find himself in the same conditions as him, in his studio, to put himself in his place as a painter, in the conditions in which he created his painting.
One thing guided me, which many art historians, including Daniel Arasse, have noticed: Rothko's painting presents a very powerful materiality, and requires a long observation. This long observation, this duration, in a film on art, is not transposable, the viewer of the documentary is not the visitor to the museum. This distinction is crucial. On the other hand, the material and technical dimension, very important for the painter, can be said, shown. The painter made incredible mixtures, and was very inspired by the history of Italian tempera for example. This is where I decided to enter. The pigments, the mixtures, but also the taste for Italy, the admiration for its painters, I felt
that all this would lead us in a visual and sensual way into this painting.
The painting of this great American painter, because of its abstract dimension, has given rise to an abundant literature, and many interpretations that have rigidified it, and have contributed to sanctifying the painter. By choosing to enter through materiality, I tried to keep the painting alive, not to lock it in interpretations, to seek the energy of the painter, to construct a gaze.
It is often necessary to spend several hours filming works to try, for example, to render the complex black of the canvases of the Rothko Chapel in Houston whose light changes with the weather. It is important to give an idea of the scale of the paintings, to show the details of the painting, the touch in which the black blends with the wine-lees color and the brown. This is true for painting in general, but more particularly for Rothko's paintings. You have to direct the viewer's gaze, so that he sees the work in the most complete way possible, with several distances since in general, sitting in his armchair, the viewer of a documentary does not have the freedom to move, does not have his legs in front of the paintings. But legs are necessary to look well.
I have often wondered what I liked so much in the race of Samy Frey and Anna Karina in the galleries of the Louvre, filmed by Godard, in the film Bande à part. Of course this mobility, this speed in front of the paintings is exhilarating. But it is also the mobility of the gaze that is staged: as if the eyes had legs.
In some films, I sometimes showed the work in reproduction on a postcard, to put it in relation to another, then to another. Another story of mobility,
but in History this time. It was about highlighting something completely different: how the works dialogue and respond to each other, what they have to do with each other. The great art historian Aby Warburg showed that the history of art was a matter of circulation and crossing borders in space of course, but also in time. This relationship with the work of art also seems very exciting to me.
Ultimately, two things (at least!) seem crucial to me in a documentary on art: the viewer must learn what he will need to look at the paintings properly. And this learning must be, through the form of the film, a real experience.
Il film è la migliore forma di viaggio nel tempo. Non importa quando e dove ti trovi nella storia, offre sempre coerenza e direzione. The film is the best form of time travel. No matter when and where you are in the story, it always offers a coherence and a direction.
Arte per tutti, per sempre
Mike Christie regista
Non sono vecchio – ma, suppongo, non sono nemmeno giovane. Uso i computer da quando avevo 11 anni, sono un hacker, un nativo digitale, ma non sono un Millennial. È tutto relativo. Usavo internet prima che venisse inventato il browser. Era un posto piuttosto accademico. Il mio primo indirizzo email era un numero di dieci cifre. Lo ricordo ancora.
A metà degli anni ’80, Gilbert & George erano fra i pochi veri artisti che in qualche modo riuscivano ad attraversare il deserto culturale per raggiungere un adolescente come me nella campagna inglese. Il loro percorso nella mia coscienza non è chiaro. A quel tempo, nel Regno Unito c’era appena un quarto canale televisivo terrestre e internet era a un decennio dal diventare il muro inespugnabile di informazioni, ispirazione e interferenze che conosciamo e amiamo/odiamo oggi. Eppure, in qualche modo, queste opere monumentali dai colori vivaci, scolpite in infiniti quadrati, hanno incrociato il mio cammino e mi hanno parlato.
Ero un adolescente della classe lavoratrice che viveva in una città normale, super noiosa, dove l’arte non era qualcosa che si trovasse al di fuori di un’aula scolastica o di un negozio di dischi. I loro soggetti mi assomigliavano. Ragazzi normali, con capelli disordinati e jeans, in posa, sguardo verso l’esterno, tutti collocati in un contesto così ultraterreno e affascinante. Il motto degli artisti era/è
‘Arte per tutti’ e in qualche modo questa dichiarazione di intenti spinse il loro lavoro verso luoghi sorprendenti, non da ultimo la mia inerte città natale.
Negli ultimi anni sono sempre più intrigato da come catturiamo e immortaliamo l’arte e la cultura di questo periodo. L’arte visiva, come la musica, ha sofferto per
l’atomizzazione di internet. Ogni forza culturale ora esiste come un missile pronto al lancio, variabile in dimensioni, ciascuna sperando di produrre abbastanza rumore e colore per essere vista, sentita e ricordata. Senza fare nomi, conosco alcuni grandissimi musicisti del ventesimo secolo che un tempo non potevano attraversare una strada senza che si bloccasse una parte intera della città e che ora si preoccupano di quanto facilmente e rapidamente stiano diventando degli sconosciuti per l’ultima generazione. Alcuni si preoccupano di più dell’eredità rispetto ad altri.
Ci sono alcuni artisti e movimenti che ci dobbiamo sforzare di preservare: Gilbert e George sono davvero unici. Si sono incontrati e hanno iniziato a lavorare insieme prima ancora che io nascessi: come si può iniziare a raccontare una storia lunga più di mezzo secolo in 90 minuti? Il cinema e gli artisti hanno i loro limiti, che a loro volta offrono ispirazione.
Se il cinema riguarda la verità, allora questa è stata una produzione che ha lavorato duramente per esplorare il nucleo della loro motivazione, piuttosto che la loro biografia. Esistono pochi film su Gilbert & George ma avevano collaborato a una biografia e a un numero ristretto di documentari televisivi illuminanti. Eppure sembrava che non riuscissimo a capirli. I due uomini sono un unico artista. Appaiono e parlano come un’unica entità. Può essere difficile andare oltre la loro stranezza.
Questo è stato un film che si è posto l’obiettivo di arrivare al nucleo della loro vita attraverso la loro filosofia. Come guida sullo schermo, ha preso in prestito i suoi capitoli e la sua organizzazione da alcuni
brevi testi degli artisti: Le leggi degli scultori e I dieci comandamenti per Gilbert & George. Uno degli aspetti più incredibili della loro pratica è che sono rimasti fedeli all’evoluzione di pensieri e credenze che hanno espresso per la prima volta nel 1967, e poi hanno trascorso i successivi cinque decenni ad esplorarli. Questa continuità di soggetto e purezza è unica rispetto a qualsiasi altra pratica artistica che ho incontrato.
The Pilgrimage of Gilbert & Georg è guidato da una mappa delle loro stesse parole e pensieri. Per molti mesi abbiamo cercato ovunque materiali d’archivio e interviste che potessimo ragruppare per temi, riorganizzando i loro pensieri sparsi nel corso di mezzo secolo in argomenti chiari per ciascun soggetto. Insieme a una mezza dozzina di nuove interviste, a un mix sonoro incredibile e alle più recenti tecniche di pulizia audio con IA, è quasi impossibile notare che frasi diverse su una certa idea potrebbero essere state pronunciate a 20, 30, 40, 50 anni di distanza. Il loro pensiero si sviluppa, le parole scorrono. Il film è la migliore forma di viaggio nel tempo. Non importa quando e dove ti trovi nella storia, offre sempre coerenza e direzione. Mentre tutti noi cerchiamo di far fronte all’assalto della rivoluzione dell’informazione accelerata, il team e io speriamo che la sintesi della vita, delle idee e delle opere di Gilbert & George che abbiamo presentato qui, ispiri, informi, intrattenga e rimanga impressa.
È un grande onore condividere questo documentario con voi, Artecinema. Grazie per averci ospitato.
Art for all forever
Mike Christie filmmaker
I’m not old – but, I guess, I’m not young. I was using computers from the age of 11, a hacker, a digital native, but I’m not a millennial. It’s all relative. I was using the internet before the browser was invented. It was a pretty academic place. My first email address was a ten-digit number. I still remember it.
In the mid 1980s, Gilbert & George were one of a handful of just a few real artists that somehow crossed a barren, cultural desert to reach a teenage me in rural England. Their route into my consciousness isn’t clear to me. At that time, the UK had only just got a fourth terrestrial television channel, and the internet was a decade away from becoming the unscalable wall of information, inspiration, and interference, that we know and love/ hate today. Yet somehow, these monumental works of bright colour, carved into endless squares, crossed my path, and spoke to me.
I was a working class teenager, living in a super-dull normal town, where art wasn’t something found outside of a classroom or record shop. Their subjects looked like me. Normal boys, scruffy hair, jeans, posed, gazing outward, all placed in a setting so otherworldly and captivating. The artist’s motto was/is Art For All – and somehow that mission statement guided their work to surprising places, not least my inert hometown.
In the last few years I’ve become intrigued by how we capture and immortalise this period of art and culture. Visual art, like music, has suffered from the atomisation of the internet. Every cultural force now exists within its own silo, variable in size, each hoping to project enough noise and colour to be seen and heard – and remembered. Naming no names, but I know of some monumental twentieth-century musicians, who once
couldn’t cross the street without bringing a major corner of a city to a standstill, who now worry how easily and quickly they become unknown to the latest wave of the newest generation. Some care more about legacy than others.
And there are some artists and movements we must endeavour to preserve: Gilbert and George are truly unique. They met and began to work together before I was born: how do you begin to tell a story longer than half a century in 90 minutes? Filmmaking and artists have their limits, which in turn offer inspiration.
If filmmaking is about truth, then this was a production that worked hard to explore the core of their motivation, rather than their biography. Few films about Gilbert & George exist – but they had collaborated on a biography, and a small number of insightful television documentaries – and yet it didn’t seem to me that we… understood… them? The two men are one artist. They appear and speak as a singularity. It can be hard to get past – well – their weirdness.
This was a film that set about to get to the core of their life through their philosophy. As an on-screen guide, it borrowed its chapters and organisation from some of the artist’s own short texts: The Laws of the Sculptors, and The Ten Commandments for Gilbert & George. One of the most incredible aspects of their practice is that they’ve stayed true to the evolution of thoughts and beliefs they first expressed in 1967, and then spent the next five decades exploring. This continuity of subject and purity is unlike any I’ve come across in any other artistic practice.
The Pilgrimage of Gilbert & George is guided by a focussed map of their own words and thoughts. Through many months, we searched high and low for archive and interviews that we could atomise into these themes, re-ordering their thoughts on each of the themes, scattered across half a century, into clear arguments for each. Along with half a dozen new interviews, an incredible sound mix, and the latest in AI audio clean up techniques, it almost impossible to notice that different sentences on one idea might have been spoken 20, 30, 40, 50 years apart. Their thinking unfolds, the words flow. The film is the best form of time travel. No matter when and where you are in the story, it always offers a coherence and a direction. As we all try to cope with the assault of the accelerating information revolution, the team and I hope that the synthesis of Gilbert & George’s lifetime of ideas and work we’ve presented here, inspires, informs, entertains, and remains.
It’s an absolute honour to share this documentary with you, Artecinema. Thank you for hosting us.
programma / film program
20.30 / fotografia
92’, francese, inglese 16
ottobre mercoledì teatro
san carlo
Tehachapi
JR, Francia, 2023
*Sarà presente il regista
**Saranno presenti il regista e l’artista
17
ottobre giovedì teatro augusteo
16.00 / arte e dintorni
Arte povera. Appunti per la storia
Andrea Bettinetti, Italia, 2023, 90’, italiano
17.55 / arte e dintorni
Emilio Isgrò. Autocurriculum sotto il sole **
Davide Bassanesi, Italia, 2024
70’, italiano
19.25 / arte e dintorni
Soviet Barbara, the Story of Ragnar Kjartansson in Moscow
Attraversando studi d’artista, fondazioni, gallerie e musei, il documentario narra la nascita e l’evoluzione dell’Arte Povera e racconta i protagonisti di questo movimento radicale e innovativo, dal 1967 a oggi, mostrando la sua influenza nel panorama artistico contemporaneo sia in Italia che all’estero. Immagini e materiali d’epoca, sono arricchiti da testimonianze di artisti, galleristi, fotografi, familiari e da una preziosa conversazione con Germano Celant realizzata nel 2019, durante l’allestimento della retrospettiva di Jannis Kounellis, presso la Fondazione Prada alla Cà Corner di Venezia.
Passing through artists’ studios, foundations, galleries and museums, the documentary narrates the birth and evolution of Arte Povera and tells about the protagonists of this radical and innovative movement, from 1967 to the present, showing its influence in the contemporary art scene both in Italy and abroad. Vintage images and materials are enriched by testimonies from artists, gallery owners, photographers and family members. Valuable is the long conversation with Germano Celant conducted in 2019 during the installation of the Jannis Kounellis retrospective at the Fondazione Prada at Cà Corner in Venice.
Regista di documentari, Andrea Bettinetti si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano per poi trasferirsi a Londra per studiare regia. Dal 2010 insegna allo IED, Istituto Europeo di Design di Milano. Nel corso della sua carriera ha realizzato numerosi documentari per i principali canali italiani e diverse televisioni straniere. Tra i suoi lavori dedicati all’arte figurano
Piero Manzoni, artista (2013), Swinging Roma (2015), Fabio Mauri, ritratto a luce solida (2017), Cy Dear (2018). Molti dei suoi documentari sono stati selezionati per festival e rassegne cinematografiche di rilevanza internazionale e sono stati proiettati in importanti musei sia in Italia che all’estero.
Brancusi, les métamorphoses de la sculpture
Francia, 2023, 52’, francese
regia / direction alain fleischer fotografia / photography sylvain briend montaggio / editing baptiste evrard musica / music siegfried canto suono / sound christian cartier produzione / production artline, arte, studio national
Il film racconta la storia di Constantin Brancusi, dagli studi nel suo villaggio in Romania fino alla sua morte a Parigi. Brancusi, les métamorphoses de la sculpture è un'esplorazione poetica del lavoro dell’artista e mette in luce come il suo rivoluzionario linguaggio abbia avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della scultura contemporanea. Il film è un omaggio a colui che ricercava l’essenza delle cose e ci invita ad immergerci nel suo studio, ricostruito fedelmente al Centre Pompidou, rivelando le sue sculture sotto una luce completamente nuova.
The film tells the story of Constantin Brancusi from his studies in his village in Romania until his death in Paris. Brancusi, les métamorphoses de la sculpture is a poetic and personal exploration of the artist's work and highlights how his revolutionary language played a fundamental role in the development of contemporary sculpture. The film is a tribute to the man who searched for the essence of things and invites us to immerse ourselves in his studio, reconstructed identically to the Centre Pompidou, revealing the sculptures in a completely new light.
Alain Fleischer è uno scrittore, regista, artista visivo e fotografo francese. Laureato all'Académie de France a Roma, nel 1975 è stato nominato professore ordinario all'École nationale supérieure d'art di Nizza e successivamente professore all'École nationale supérieure d'art de Paris-Cergy. Ha poi insegnato all'Università di Parigi III Sorbonne Nouvelle e all'Université du
Québec à Montréal. Nel 1997 Fleischer è stato incaricato dal Ministero della Cultura francese di ideare e gestire il progetto ‘Fresnoy-Studio national des arts contemporains’ e attualmente sta supervisionando la sua trasformazione in ‘StudioLab International’, dove le arti visive saranno studiate insieme alle scienze.
Emilio Isgrò. Autocurriculum
sotto il sole
Italia, 2024, 70’, italiano
regia / direction davide bassanesi
soggetto / subject eletta flocchini
fotografia / photography davide bassanesi
montaggio / editing davide bassanesi
musica / music
gianluigi trovesi
suono / sound
sergio maggioni, neunau
produzione / production immagini, sky arte, archivio emilio isgrò, giorgio buzzi, gianfranco chiapparini
Il documentario ruota attorno alla figura poliedrica di Emilio Isgrò, artista della cancellatura, poeta visivo, scrittore e drammaturgo. L’universo creativo di Isgrò appare costellato da esperienze multidisciplinari, tutte riconducibili alla stessa matrice creativa: l’artista della cancellatura è colui che si esprime attraverso la relazione con la parola. Confrontandosi con i testi ‘sacri’ della letteratura italiana, i testi civili e le dichiarazioni dei diritti umani e ridisegnando mappe geografiche, sagome di volti, ritratti, Emilio Isgrò cancella per ricostruire nuovi sensi. E così, lungo la relazione fra parola e immagine egli s’interroga, attraverso il suo segno artistico, sul senso dell’esistenza e sul valore delle relazioni umane, tenendo viva la dialettica fra poesia, arte, letteratura, storia e società civile.
The documentary revolves around the multifaceted figure of Emilio Isgrò, the artist of erasure, visual poet, writer, and playwright. Isgrò's creative universe is thus filled with multidisciplinary experiences, all traceable to the same creative source: the artist of erasure expresses himself through his relationship with words. By engaging with the ‘sacred’ texts of Italian literature, civil texts, and declarations of human rights, and by redrawing geographical maps, silhouettes of faces, and portraits, Emilio Isgrò erases in order to reconstruct new meanings. Through this relationship between word and image, he questions the meaning of existence and the value of human relationships, keeping alive the dialogue between poetry, art, literature, history, and civil society.
Davide Bassanesi è regista, autore e sceneggiatore. Ha realizzato lungometraggi, corti, spot e filmati di vario genere: narrazioni territoriali e antropologiche, documentari su temi culturali e artistici, video promozionali del mondo della moda e del Made in Italy. Dopo una prima esperienza presso un’emittente televisiva privata, il suo
percorso professionale si consolida con l’esperienza in alcuni studi di produzione milanesi e dal 2000 si trasforma in una realtà autonoma e imprenditoriale: lo studio ‘Immagini’ con il quale realizza decine di produzioni collaborando con entri pubblici e privati, esponenti del mondo dell’arte e della cultura.
Georgia O’Keeffe –Painter of the Faraway
Francia, 2021, 52’, inglese
regia / direction evelyn schels
fotografia / photography dyanna taylor, wolfgang lehner, jochen bartelt montaggio / editing cyril curchod musica / music christoph rinnert suono / sound melinda frame, peter tooke
produzione / production arte france, les film d’ici
Un ritratto di Georgia O'Keeffe (1887-1986), icona dell'arte americana che incarna una femminilità radicalmente moderna, autonoma e libera. In un'epoca in cui i diritti delle donne non erano ancora riconosciuti, riuscì a realizzare con determinazione il suo desiderio di diventare pittrice e a trovare la propria voce come artista. Il film esplora la sua arte e il suo legame indissolubile con un uomo e con un territorio: Alfred Stieglitz, eminente fotografo e influente gallerista newyorkese, e il New Mexico, il suo paesaggio prediletto. Il racconto di questa vita affascinante è accompagnato da Barbara Buhler Lynes, storica dell’arte e cofondatrice del Georgia O’Keeffe Museum di Santa Fe e del O’Keeffe Research Center, e dalla sua biografa, la scrittrice Roxana Robinson.
A portrait of Georgia O'Keeffe (1887-1986), an icon of American art who embodied a radically modern, autonomous and free femininity. At a time when women's rights were still not recognised, she managed to fulfil her desire to become a painter and to find her own voice as an artist. The film explores her art and her inseparable connection with both a man and a place: Alfred Stieglitz, the eminent photographer and influential New York gallerist, and New Mexico, her beloved landscape. This fascinating life story is accompanied by Barbara Buhler Lynes, art historian and co-founder of the Georgia O'Keeffe Museum in Santa Fe and the O'Keeffe Research Center, and her biographer, the writer Roxana Robinson.
Evelyn Schels è un’autrice e regista tedesca che vive e lavora tra Monaco e Parigi. Dopo una formazione in letteratura comparata e storia dell'arte, ha iniziato a produrre e dirigere documentari per il cinema e per la televisione, con particolare attenzione all'arte, al teatro e alla letteratura. Ha realizzato film su artisti come Jean Tinguely, Amedeo Modigliani, Georg Baselitz e nel 2019 ha diretto Body of Thruth (2019) su Marina Abramović, Shirin Neshat, Sigalit Landau e Katharina Sieverding.
Hopper X Vermeer
Francia, 2023, 52’, francese
regia / direction annie dautane
fotografia / photography pascale marin
montaggio / editing thierry hoss musica / music mac seamus suono / sound david cailleaux
produzione / production calm
Edward Hopper, celebre artista americano associato al movimento della pittura realista, è una delle figure artistiche più influenti del XX secolo. L'olandese Johannes Vermeer è riconosciuto come il grande maestro del Secolo d'Oro. Pur essendo separati da tre secoli, entrambi gli artisti offrono uno sguardo unico sull’umanità, ritraendo la solitudine di individui confinati nei loro spazi privati. Le opere dei due artisti condividono l'isolamento dei loro personaggi e ci permettono di viverlo collettivamente. Questo film offre un ritratto incrociato che evidenzia il dialogo anacronistico tra questi due geni della pittura.
Edward Hopper, the renowned American artist associated with the Realist painting movement, is one of the most influential artistic figures of the 20th century. Johannes Vermeer is recognized as the great master of the 16th century. Despite being separated by three centuries, both artists offer a unique perspective on humanity, depicting the solitude of individuals confined in their private spaces. The works of both artists share the isolation of their characters, allowing us to experience it collectively. This film offers a cross-portrait highlighting the anachronistic dialogue between these painting geniuses.
Annie Dautane è una regista e produttrice francese che si occupa di film, video musicali e scenografie visive per spettacoli e concerti. Da sempre attenta all’arte, nel 2012 ha fondato la casa di produzione Calm che si dedica a film e progetti con contenuti creativi innovativi. Tra il 2020 e il 2021, per France Télévisions, ha diretto la serie
di documentari sulla pittura Connexions, vincendo numerosi premi in Francia e all'estero. Nel 2022, il film Rothko X Monet ha fatto parte dell'omonima mostra al Musée des Impressionistes di Giverny. L’anno successivo, Banksy X Géricault è stato proiettato al Municipio di Parigi per la mostra Capitales 60 ans d'art urbain.
Jeff Koons.
Un ritratto privato
Italia, 2023, 80’, inglese
regia / direction pappi corsicato
fotografia / photography gianpaolo marconato
montaggio / editing natalie cristiani musica / music enrico gabrielli suono / sound paolo piccardo
produzione / production nexo digital
Jeff Koons è una delle figure artistiche più influenti e controverse del nostro tempo. Ha superato i limiti tra arte e cultura di massa e alimentato il rapporto degli artisti con il culto della celebrità e il mercato globale. Personaggio polarizzante e divisivo, ha creato tra i critici un dibattito che alimenta da decenni il suo indiscutibile successo. Questo documentario delinea un ritratto intimo dell’artista esplorando in modo inedito il suo mondo privato, anche attraverso testimonianze di familiari e amici. Pappi Corsicato segue il percorso di Koons fra America, Europa e Qatar rivelandoci la sua visione artistica e le sue motivazioni e ci conduce nello studio newyorkese dell’artista dove il suo team di assistenti lavora combinando creatività artigianale e visione industriale.
Jeff Koons is one of the most influential and controversial artistic figures of our time. He has challenged the boundaries between art and mass culture and transformed the relationship between artists and the cult of celebrity in the global market. A polarizing and divisive figure, he has sparked a debate among critics that has fueled his undeniable success for decades. This documentary outlines an intimate portrait of the artist by exploring his private world in an unprecedented way, including testimonies from family members and friends. Pappi Corsicato follows Koons's journey between America, Europe and Qatar, revealing his artistic vision and motivations and takes us into the artist's New York studio where his team of assistants work combining creative craftsmanship and an industrial vision.
Pappi Corsicato è un regista e sceneggiatore napoletano. Con una prima formazione in Architettura, nel 1980 va a New York per studiare danza e coreografia alla Alvin Ailey Dance School e recitazione prima alla Academy of Dramatic Arts e in seguito con Geraldine Baron. Assistente di Pedro Almodovar nel 1989, esordisce
nella regia nel 1992 con Libera, premiato al Festival di Berlino. Dal 1994 a oggi ha realizzato più di 40 documentari sull'arte contemporanea e su artisti quali Kounellis, Serra, Schnabel, Kapoor e Merz, ricevendo grandi riconoscimenti e premi a festival internazionali. Nel 2021 ha diretto Pompei. Eros e mito con Isabella Rossellini.
Lucio Fontana
Italia, 2024, 60’, italiano
un film di / a film by valeria schiavoni
regia / direction barbara pozzoni montaggio / editing samantha roberts produzione / production rai cultura
Lucio Fontana, uno degli artisti più dirompenti del Novecento, è raccontato in un documentario che esplora la ricchezza della sua ricerca e la varietà delle sue sperimentazioni. Nella sua produzione artistica, infatti, non ci sono stati materiali che non abbia utilizzato: la ceramica, il bronzo, il mosaico, le vernici e persino la luce. Il documentario propone un racconto originale e unico, arricchito da numerose interviste e un repertorio – in gran parte proveniente dalle Teche Rai – che permette oggi di ascoltare le sue riflessioni e comprendere più a fondo la sua arte visionaria.
Lucio Fontana, one of the most groundbreaking artists of the 20th century, is portrayed in a documentary that explores the richness of his research and the variety of his experiments. In his artistic production, there was no material he didn't use: ceramics, bronze, mosaic, paints, and even light. The documentary offers an original and unique narrative, enriched by numerous interviews and archival footage – mainly sourced from the Rai archives –which today allow us to hear his reflections on art and gain a deeper understanding of his visionary work.
Barbara Pozzoni è una regista italiana, ha lavorato a programmi, quotidiani e settimanali su diverse reti e dal 1984 in Rai. Attualmente si dedica ai documentari per Rai 5 e Rai Cultura, segue progetti come In
Scena, una serie di ritratti di grandi figure del teatro e collabora con Save The Date e Art Night, spesso esplorando le Teche Rai per fondere nei suoi lavori passato e presente.
Mark Rothko, la peinture
vous regarde
Francia, 2023, 52’, francese, inglese
regia / direction pascale bouhénic
fotografia / photography raphaël o’byrne
montaggio / editing anouk zivy musica / music benjamin pras suono / sound laurent herniaux, michel kaptur
produzione / production arte france, cinétévé, fondation louis vuitton
Questo documentario indaga la vita e l’opera di Mark Rothko, leggenda dell’arte del XX secolo. Nato in Russia, emigrò in America da bambino e perse suo padre quando era ancora molto giovane. A 21 anni si trasferì a New York dove iniziò a studiare pittura facendo parte delle avanguardie americane, con artisti come Pollock e Motherwell ma interessandosi anche all’arte europea e italiana. Rothko sfidava la pittura astratta con un approccio esigente, voleva che questa trasmettesse idee, che l’esperienza dello spettatore davanti ai suoi quadri fosse emozionante e sensuale e perciò considerava fondamentale il disvelarsi graduale dei colori e la loro matericità.
This documentary investigates the life and work of 20th-century art legend Mark Rothko. Born in Russia, he emigrated to America as a child and lost his father at a young age. At 21 he moved to New York, where he began to study painting and engaging with the American avant-gardes alongside artists like Pollock and Motherwell, while also showing an interest in European and Italian art. Rothko challenged abstract painting with a demanding approach. He wanted it to convey ideas, aiming for the viewer's experience in front of his paintings to be emotional and sensual, and therefore he considered fundamental the gradual unraveling of colors and that they never lose their materiality.
Pascale Bouhénic è una documentarista francese che si occupa principalmente di arte e letteratura del XIX e XX secolo. Ha realizzato numerosi film, tra cui: Gustave Doré, de l’illustrateur à l’artiste (2013); Rosalind Krauss, une moderniste, une vraie (2014); James Tissot, l’étoffe d’un peintre (2019). Ha scritto e diretto
Guillaume Apollinaire, l’élan créateur (2016) e Le dernier Monet, les Nymphéas et l’Amérique (2017). Ha inoltre realizzato la serie di documentari Un œil, une histoire (2014-2020) con i principali storici dell’arte contemporanea. È anche scrittrice e i suoi libri sono pubblicati da Gallimard.
Meet the Artist:
Philippe Parreno
Regno Unito, 2024, 6’, inglese
regia / direction matteo lonardi
fotografia / photography fyras slaiman
montaggio / editing matteo lonardi, jan devetak (the blink fish)
musica / music premium beat suono / sound luca fornasier
produzione / production nowness, art basel
La ricerca artistica di Philippe Parreno non smette mai di ridefinire i confini dell’arte espositiva. Attraverso film, performance, sculture e installazioni, l’artista francese orchestra il tempo e lo spazio per creare ambienti magici in cui la mostra stessa diventa opera d’arte. Da oltre un decennio, Parreno ha integrato l’intelligenza artificiale nel suo processo creativo e negli ultimi anni la utilizza per monitorare parametri ambientali. I dati vengono poi impiegati per modulare gli elementi delle sue installazioni, dando vita a spazi reattivi e in continua evoluzione. In questa breve intervista, Parreno, dal suo studio di Parigi, racconta come il suo lavoro invita il pubblico a vivere l’arte, non solo ad ammirarla.
Philippe Parreno’s artistic research never ceases to redefine the boundaries of exhibition art. Through films, performances, sculptures, and installations, the French artist orchestrates time and space to create magical environments where the exhibition itself becomes a work of art. For over a decade, Parreno has integrated artificial intelligence into his creative process, and in recent years, he has used it to monitor environmental parameters. The collected data is then used to modulate elements within his installations, giving rise to reactive, ever-evolving spaces. In this short interview, Parreno, from his studio in Paris, presents how his work invites the public to experience art, not just admire it.
Matteo Lonardi è un regista e creatore digitale che vive tra Milano e Bruxelles. Dopo essersi laureato alla Columbia Journalism School, si è dedicato alla creazione di foto e video-ritratti di artisti internazionali. Nel 2014 ha fondato il progetto multimediale Reframe Iran, sull’arte contemporanea iraniana,
vincendo un Magic Grant del Brown Institute for Media Innovation. Ha realizzato lavori per istituzioni rinomate come Haus Der Kunst, The Royal Academy of Art, Art Basel e Nowness. I suoi progetti sono stati selezionati per prestigiosi festival, tra cui la Mostra del Cinema di Venezia, DOC NYC e Sunny Side of the Doc.
Miranda July in “Friends & Strangers” – Art21
Stati Uniti, 2023, 14’, inglese
regia / direction chiemi karasawa
fotografia / photography daud sani
montaggio / editing mary ann toman, lynn true musica / music andrew orkin
suono / sound jedd dumaguina, luiza sá-davis
produzione / production art21
Il documentario offre una panoramica sulla carriera artistica di Miranda July, scrittrice, regista e artista il cui lavoro esplora temi come l'intimità, l’amicizia e la famiglia. Il racconto parte dalla pièce teatrale The Lifers, scritta e diretta da adolescente, ed esplora il suo percorso, dal suo impegno nelle performance interattive con il pubblico, al progetto Services, realizzato in collaborazione con Jay Benedicto, un venditore telematico delle Filippine. In ogni sua opera, July cerca nuovi modi per mettersi in gioco, affrontando la vulnerabilità ed esponendosi per creare connessioni autentiche con gli altri.
The documentary provides an overview of the artistic career of Miranda July, a writer, director, and artist whose work explores themes such as intimacy, friendship, and family. The narrative begins with the play The Lifers, written and directed by her as a teenager, and follows her practice to the present day; from her participatory performances, to her feature films to her project Services, created in collaboration with Jay Benedicto, a telemarketer from the Philippines. In each of her works, July seeks new ways to engage, confronting vulnerability and exposing herself to create authentic connections with others.
Chiemi Karasawa è una regista e produttrice pluripremiata, fondatrice della Isotope Films di Brooklyn, NY. Tra i suoi documentari più noti ci sono Elaine Stritch: Shoot Me (2013), Aretha Franklin Amazing Grace (2018), AKA Jane Roe (2020). I suoi film sono stati presentati in
festival prestigiosi, ricevendo premi tra cui un Emmy e una nomination agli Oscar. È membro dell'Academy for Motion Picture Arts & Sciences (AMPAS) e attualmente lavora a un documentario sull'astronauta Amanda Nguyen, candidata al Premio Nobel per la Pace.
Nam June Paik: Moon is the Oldest Tv
Stati Uniti, Corea del Sud, 2023, 109’, inglese, tedesco, coreano
regia / direction amanda kim fotografia / photography nelson walker montaggio / editing taryn gould musica / music will epstein suono / sound greg tobler produzione / production lone palm films, octopus originals, curatorial distribuzione / distribution wanted cinema
Il documentario racconta l’evoluzione artistica di Nam June Paik ripercorrendo la sua formazione a Monaco di Baviera e l’incontro determinante con il musicista d’avanguardia John Cage, passando per l’emigrazione a New York e la collaborazione con il movimento sperimentale Fluxus. Attraverso un ampio archivio di filmati di performance, interviste originali e la voce fuori campo del produttore esecutivo Steven Yeun che legge gli scritti di Nam June Paik, il film presenta il lavoro rivoluzionario di questo pioniere della videoarte, la sua fulminea ascesa sulla scena artistica newyorkese e le sue visioni profetiche di un futuro in cui ognuno avrebbe avuto il proprio ‘canale televisivo’. Con i social media quel futuro è diventato il nostro presente.
The documentary chronicles Nam June Paik's artistic evolution by tracing his education in Munich and his decisive encounter with avantgarde musician John Cage, along with his emigration to New York and collaboration with the experimental Fluxus movement. Through an extensive archive of performance footage, original interviews, and the voiceover of executive producer Steven Yeun reading Nam June Paik's writings, the film presents the revolutionary work of this video art pioneer, his meteoric rise on the New York art scene and his prophetic visions of a future in which everyone would have their own ‘television channel’. With social media, that future has become our present.
Amanda Kim è una regista e produttrice coreano-americana cresciuta a Tokyo. Dopo essersi laureata in Letteratura comparata alla Brown University, ha svolto diversi lavori nel campo della musica, della moda e del design. Ex direttrice creativa di Vice Media, ha guidato la direzione video
degli Stati Uniti per i-D, Creators e Garage magazine. Ha anche lavorato a Viceland, il canale televisivo di Vice, come produttrice creativa in un incubatore sperimentale dove ha diretto una troupe di produzione per testare progetti pilota con contenuti innovativi.
Obvious, hackers de l’art
Francia, 2023, 75’, francese, inglese
regia / direction thibaut sève
fotografia / photography
julien gidoin, thibaut sève, nathanaël louvet
montaggio / editing tess gomet
musica / music guillaume de kadebostany suono / sound victor loeillet
produzione / production cc&c, agence iota productions
Questo film affronta il tema dell’arte digitale seguendo le vicende di Obvious, un collettivo composto da tre giovani artisti francesi che creano arte servendosi dell’intelligenza artificiale. Nel 2018, Christie’s ha battuto all’asta la loro prima opera realizzata con l’IA, raggiungendo una cifra che ha suscitato polemiche e fatto notizia in tutto il mondo.
Da allora, hanno continuato la loro ricerca, realizzando mostre e opere per musei e diversi marchi. Allo stesso tempo, il film rivela la riluttanza di molti esperti d’arte, musei e istituzioni nei confronti degli artisti che usano il digitale. Con determinazione, il collettivo cerca di ritagliare uno spazio a questa tecnologia rivoluzionaria nel mondo dell’arte e di ridefinire il ruolo degli artisti nella società contemporanea.
This film explores the theme of digital art by following the story of Obvious, a collective of three young French artists who create art using artificial intelligence. In 2018, Christie’s auctioned their first work created with AI, reaching a price that sparked controversy and made headlines worldwide. Since then, they have continued their research, creating exhibitions and works for museums and various brands. At the same time, the film reveals the reluctance of many art experts, museums and institutions towards artists who use digital. With determination, the three artists strive to carve out a place for this revolutionary technology in the art world and to redefine the role of artists in contemporary society.
Thibaut Sève è un regista francese che ha iniziato la sua carriera come montatore cinematografico per importanti docufilm. Dal 2013 ha diretto numerosi documentari sull’arte e sul cinema, tra cui Velázquez: Painting Takes Power (2014), Les Présidents et l’art (2018), The Wachowski Revolution (2024). Impegnato nel mondo
dei documentari, Thibaut ha creato la piattaforma LE PLAN DOCU, che offre una selezione di documentari visionabili gratuitamente. Come giornalista scrive articoli sul dietro le quinte dei documentari per il sito della rivista Trois Couleurs (MK2 Group).
Politics of Listening:
Lawrence Abu Hamdan
– Art21
Stati Uniti, 2024, 15’, inglese
regia / direction ian forster fotografia / photography jarred alterman montaggio / editing thomas niles musica / music epidemic sound suono / sound pasquin mariani produzione / production art21
Lawrence Abu Hamdan è un artista del suono e del video, il cui lavoro è incentrato sulla politica dell’ascolto. Realizza le sue opere utilizzando tecniche simili all'analisi forense che indagano le violazioni dei diritti umani, la geopolitica e la violenza statale, collaborando a procedimenti legali e con organizzazioni come Amnesty International. Lavori come Walled Unwalled (2018) esaminano come i confini fisici alterino la percezione del suono e della realtà. In 45th Parallel (2022), ambientato al confine tra Canada e Stati Uniti, affronta i confini immaginari che influenzano la vita quotidiana. La sua mostra al MoMA del 2023, Walled Unwalled and Other Monologues, esplora il suo approccio artistico e le sue indagini sonore.
Lawrence Abu Hamdan is an artist who works in sound, video, performance, and installation, focused on the politics of listening. Using techniques similar to forensic analysis, he creates his works that investigate human rights violations, geopolitics, and state violence, collaborating on legal proceedings with organizations such as Amnesty International. Works like Walled Unwalled (2018) examine how physical borders alter the perception of sound and reality. In 45th Parallel (2022), set at the border between Canada and the United States, he addresses the imaginary borders that influence daily life. His 2023 exhibition at MoMA, Walled Unwalled and Other Monologues, explores his artistic approach and investigations into sound.
Dal 2009, il regista e produttore Ian Forster è parte del team di produzione di Art21. Ha contribuito al film vincitore del Peabody Award William Kentridge: Anything Is Possible e a cinque stagioni di Art in the Twenty-First Century della PBS, dirigendo recentemente gli episodi London
e Johannesburg. Dal 2012, supervisiona la serie digitale Extended Play e ha prodotto oltre cento ritratti d’artista di figure innovative come Anish Kapoor e Kara Walker. I suoi lavori sono stati proiettati in festival internazionali, tra cui DOC NYC e Artecinema.
Pussy Riot: Rage Against Putin
Francia, 2023, 52’, francese, inglese, russo
regia / direction denis sneguirev
fotografia / photography denis sinyakov montaggio / editing marie marchand, denis sneguirev musica / music lucy page suono / sound christophe de pinho produzione / production les poissons volants
Le Pussy Riot sono un collettivo di protesta femminista e di performance art russo di base a Mosca. Inizialmente conosciute per la loro musica punk rock provocatoria, sono poi diventate celebri per le loro azioni contro l’ordine repressivo di Vladimir Putin, azioni pagate con il carcere. Dopo un lungo periodo di silenzio, sono tornate sulla scena per protestare contro la guerra in Ucraina. Questo documentario racconta la loro storia e la loro lotta, attraverso filmati d’archivio e testimonianze dei membri del gruppo.
Pussy Riot are a Russian feminist protest and performance art collective from Moscow. They gained fame for their punk actions against Vladimir Putin's repressive regime, actions paid for with imprisonment. Their voices are now more important than ever to protest against the war in Ukraine. This documentary tells their story and their fight through archival footage and testimonies from the group members.
Dopo aver studiato lingue all’Università di Nižnij Novgorod, Denis Sneguirev ha trascorso due anni nella sezione documentari del Corso Superiore di Cinematografia a Mosca. Dal 2000 vive e lavora in Francia a progetti documentaristici, la maggior parte
dei quali riguardano la molteplicità della cultura classica o underground e il suo ruolo nelle nostre società. Tra i suoi film: Urss, l’effondrement (2021), L’Hypothèse de Zimov (2021), Mada Underground (2016), Saint-Exupéry, le dernier chevalier du ciel (2014).
Serena Scapagnini –Lo spazio oltre
Italia, Stati Uniti, 2024, 12’, italiano, inglese
regia / direction
nicola campiotti
fotografia / photography
marco foschiani, raffaele rossi
montaggio / editing
milko montesanti
musica / music
chaz dabat, marco foschiani, carmine padula
suono / sound raffaele rossi
produzione / production indrapur cinematografica
Il lavoro di Serena Scapagnini indaga i meccanismi della memoria e la matrice del pensiero. La sua ricerca si avvale dal 2012 della collaborazione di Higley LabProgram in Cellular Neuroscience della Yale University e dei laboratori di fisica quantistica dello Yale Quantum Institute. Le sue opere riflettono la profonda correlazione tra arte, scienza, natura e spirito. In questo film, l’artista condivide il suo processo creativo, che si sviluppa attraverso il disegno, la pittura, le installazioni spaziali e il video, mentre dialoga e riflette sul mondo racchiuso nelle sue opere.
Serena Scapagnini's work explores the mechanisms of memory and the matrix of thought. Her research has been supported since 2012 by collaboration with the Higley LabProgram in Cellular Neuroscience at Yale University and the quantum physics laboratories at the Yale Quantum Institute. Her works reflect the profound correlation between art, science, nature, and spirit. In this film, the artist shares her creative process, which unfolds through drawing, painting, spatial installations, and video, while engaging in dialogue and reflecting on the world encapsulated in her artworks.
Nicola Campiotti lavora come regista e sceneggiatore per il cinema e la televisione. Tra i suoi lavori, il documentario Sarà un paese (2014), patrocinato da Libera e da Unicef, i film Il mondo sulle spalle (2019), interpretato da Beppe Fiorello, La stoccata vincente (2013) con Flavio Insinna. Nel 2018 è stato aiuto regista di Wim Wenders
nel documentario Papa Francesco, uomo di parola. Collabora con il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite UNDP per raccontare e dare voce a ragazze e ragazzi che nel mondo si occupano di fronteggiare i cambiamenti climatici proponendo soluzioni concrete.
Soviet Barbara, the Story of Ragnar Kjartansson in Moscow
Islanda, 2023, 90’, islandese, inglese, russo
regia / direction
gaukur úlfarsson
fotografia / photography hákon sverrisson
montaggio / editing elisabet ronaldsdóttir, sigurður kristinn ómarsson
musica / music
davíð berndsen
suono / sound kári jóhannsson
produzione / production obbosí
Nel dicembre 2021, poco prima dell'invasione russa in Ucraina, l'artista islandese Ragnar Kjartansson inaugura una mostra monumentale in un nuovo centro artistico chiamato GES-2 nel cuore di Mosca. L’elemento principale della mostra è una “scultura vivente” chiamata Santa Barbara. L'arrivo e la popolarità della soap opera Santa Barbara nella vita russa dopo la caduta dell'Unione Sovietica possono essere visti come una metafora delle speranze di apertura culturale tra Est e Ovest dopo la fine della Guerra Fredda. Attraverso la diffusione di questo tipo di programmi televisivi, i russi dell'epoca immaginavano un futuro nuovo e più luminoso per loro stessi. Trent'anni dopo, i sogni di apertura culturale sono nuovamente ridotti in polvere dopo l'invasione dell'Ucraina che riapre le grandi questioni sulla libertà per le nazioni, gli individui e gli artisti.
In December 2021, just before the Russian invasion of Ukraine, Icelandic visual artist Ragnar Kjartansson opens a monumental exhibition in a new art center called GES-2 in the heart of Moscow. The main element of the exhibition is a living sculpture called Santa Barbara. The arrival and popularity of the soap opera Santa Barbara in Russian life after the fall of the Soviet Union can be seen as a metaphor for the hopes of cultural openness between East and West after the end of the Cold War. Through the spread of these kinds of television programs, Russians at the time imagined a new and brighter future for themselves. Thirty years later, dreams of cultural openness are once again turned to dust after the invasion of Ukraine, reopening major questions about freedom for nations, individuals, and artists.
Gaukur Úlfarsson è un regista islandese formatosi all'Arts Collage Fjölbraut í Breiðholti in Islanda. Inizialmente attivo nel panorama musicale, ha fatto parte di diverse band, tra cui i Quarashi, con cui ha girato il mondo come bassista. Negli anni 2000 ha iniziato la sua carriera di
regista dedicandosi ai video musicali e alla pubblicità e in seguito anche alla realizzazione di film, serie televisive e documentari di vario genere, ricevendo numerosi riconoscimenti sia in Islanda sia a livello internazionale.
montaggio / editing rob tinworth musica / music tay chee wei suono / sound doug brady, greg mccleary
produzione / production gert films, display none, folium films
Il film svela la storia che si cela dietro le controversie della Biennale di Venezia del 1964. In piena Guerra Fredda il governo americano, determinato a combattere il comunismo anche con la cultura, fa della mostra d'arte più influente del mondo un terreno di prova. Alice Denney, insider della Casa Bianca e amica dei Kennedy, raccomanda l’ambizioso curatore Alan Solomon per organizzare la partecipazione degli Stati Uniti alla Biennale. Insieme a Leo Castelli, celebre gallerista newyorkese, i due intraprendono un piano audace per far vincere il Gran Premio all’artista americano Robert Rauschenberg lasciando che la stampa internazionale gridi allo scandalo.
Cut like a caper, the film reveals the story behind the controversies of the 1964 Venice Biennale. At the height of the Cold War, the U.S. government, determined to fight communism even through culture, turns the world’s most influential art exhibition into a testing ground. Alice Denney, a White House insider and friend of the Kennedys, recommends the ambitious curator Alan Solomon to organize U.S. participation in the Biennale. Together with Leo Castelli, the famous New York gallerist, the two embark on a bold plan to secure the Grand Prize for American artist Robert Rauschenberg, allowing the international press to cry scandal.
Amei Wallach è una pluripremiata critica d'arte, regista e commentatrice televisiva. Nei suoi articoli, nei suoi libri, nelle sue apparizioni nei media, e più recentemente nei suoi film, Wallach ha raccontato e conosciuto artisti come Robert Rauschenberg, Willem de Kooning, Lee Krasner, Jasper Johns, Shirin Neshat. I suoi articoli sono apparsi in importanti testate
giornalistiche tra cui il New York Times Magazine, The Nation, Smithsonian, Vanity Fair, Vogue, Art in America e ARTnews. Tra i suoi film acclamati dalla critica internazionale, Louise Bourgeois: The Spider, The Mistress and The Tangerine (2008) e Ilya and Emilia Kabakov: Enter Here (2013).
The Crown of Love.
The Ultimate Performance
Italia, 2024, 42’, italiano, inglese
regia / direction giovanni troilo
scritto da / written by melania rossi, giovanni troilo
fotografia / photography marco tomaselli
montaggio / editing adriano patruno musica / music alma auer
suono / sound adriano poledro, giuliana garofalo
produzione / production la compagnie des indes, angelos bv, ballandi
Il film è un ritratto inedito dell’artista Jan Fabre attraverso il racconto di un evento biografico: la celebrazione del suo matrimonio e del battesimo di suo figlio, Django Gennaro, nel Duomo di Napoli. La narrazione si snoda attorno a tre importanti luoghi di culto della città: la Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, il Pio Monte della Misericordia e la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, spazi che oggi ospitano installazioni permanenti di Fabre in dialogo con grandi capolavori dell’arte barocca come le Sette Opere di Misericordia di Caravaggio. I curatori Giacinto Di Pietrantonio e Melania Rossi, con la partecipazione straordinaria di Achille Bonito Oliva e dell’attore Lino Musella, ci accompagnano a scoprire il legame sanguigno tra la città di Napoli e le creazioni dell’artista.
The film is an unprecedented portrait of the artist Jan Fabre through the recounting of a biographical event: the celebration of his marriage and the baptism of his son, Django Gennaro, in the Cathedral of Naples. The narrative unfolds around three important places of worship in the city: the Royal Chapel of the Treasure of San Gennaro, the Pio Monte della Misericordia and the Church of Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, spaces that today host permanent installations by Fabre in dialogue with great masterpieces of Baroque art, such as Caravaggio's Sette Opere di Misericordia. Curators Giacinto Di Pietrantonio and Melania Rossi, with the special participation of Achille Bonito Oliva and actor Lino Musella, guide us in discovering the deep connection between the city of Naples and the artist's creations.
Regista e fotografo, Giovanni Troilo, si muove tra cinema, tv e editoria. I suoi lavori fotografici sono stati pubblicati su Newsweek, Der Spiegel, Repubblica, GQ, CNN, Wired, Wallpaper. Nel 2011 debutta con il suo primo lungometraggio, Fan Pio, e il suo primo libro, Apulien, premiato agli International Photography Awards. Tra il 2012 e il 2015 dirige per Sky Arte dieci
documentari su importanti fotografi italiani. Nel 2016 William Kentridge – Triumphs and Laments, viene selezionato alla Festa del Cinema di Roma e ad Artecinema. Successivamente dirige una serie di documentari sull’arte per Sky Hub e Nexo Digital. Nel 2024 Borromini e Bernini - Sfida alla Perfezione vince il Nastro d’argento come miglior documentario d’arte.
The Pilgrimage of Gilbert & George
Regno Unito, 2024, 87’, inglese
regia / direction mike christie
fotografia / photography craig hastings
montaggio / editing hannah briere-edney
suono / sound
phil bax, giancarlo dellapina, doug dreger, chris gayne, simon hollis, tamara stubbs
produzione / production
supercollider global, zinc media
Gilbert & George sono stati protagonisti dell'avanguardia artistica britannica per oltre mezzo secolo. Il film rende loro omaggio intrecciando una serie di interviste inedite con un ricco repertorio proveniente da rari archivi storici. Un'avvincente riflessione sul loro ‘pellegrinaggio’, sulla filosofia, la vita, la storia della loro produzione artistica che, dalle prime Living Sculptures, non ha mai mancato di suscitare fascinazione e controversie. Questo film è un ritratto vivido che abbraccia il mantra di Gilbert & George ‘Arte per tutti’.
Gilbert & George have been leading figures in the British avant-garde art scene for over half a century. The film pays tribute to them by weaving together a series of unpublished interviews with a rich collection of rare historical archival footage. It offers a captivating reflection on their ‘pilgrimage,’ their philosophy, life, and the history of their artistic production, which, from the earliest Living Sculptures, has never failed to arouse both fascination and controversy. Like their art, this film is made for both the many and the few: a strikingly vivid portrait that embraces Gilbert & George’s mantra, ‘Art for All’.
Mike Christie è un regista e produttore cinematografico e televisivo britannico. Ha realizzato film per importanti emittenti televisive come BBC, Sky, Discovery e History Channel. La sua carriera è iniziata negli anni '90 lavorando con l'artista e cineasta Derek Jarman, ha poi realizzato una serie eclettica di film culturali tra cui Jump London (2003), Hansa Studios: By The Wall 1976-90 (2018) e New Order: Decades (2018).
The Soul of Art –
The Merzbacher Collection
Svizzera, Germania, 2024, 46’, tedesco
regia / direction yves kugelmann montaggio / editing klaus flemming, christoph weinert musica / music seraphin based, suma omnchinords, anders guggisberg produzione / production JMAG productions
Per cinquant'anni Werner e Gaby Merzbacher hanno avuto in casa una delle collezioni d'arte più importanti del mondo, circondati da opere di Matisse, Kandinsky, Picasso e molti altri, fino al giorno in cui l'intera raccolta è stata trasportata alla Kunsthaus Zürich. Il film parte da questo momento, intrecciando il racconto della storia della collezione e del suo collezionista. Nato in Germania da una famiglia ebrea, il giovane Werner sfuggì all’Olocausto e rimase orfano; nel 1949 emigrò negli Stati Uniti, conobbe la moglie Gabriele e tornò in Svizzera dove divenne imprenditore. In questi anni la coppia iniziò a collezionare opere d’arte, dai dipinti dei grandi maestri di fine Ottocento e delle avanguardie del Novecento, fino a opere più recenti di artisti come Pipilotti Rist.
For fifty years Werner and Gaby Merzbacher have had one of the world's most important art collections in their home, surrounded by works by Matisse, Kandinsky, Picasso and many others, until the day the entire collection was transported to the Kunsthaus Zürich. The film begins at this moment, weaving together the story of the collection and its collector. Born in Germany to a Jewish family, young Werner escaped the Holocaust and was orphaned; in 1949, he emigrated to the United States, met his wife Gabriele and returned to Switzerland, where he became an entrepreneur. During these years, the couple began collecting art, from paintings by the great masters of the late 19th century and the avant-garde of the 20th century to more recent works by artists like Pipilotti Rist.
Yves Kugelmann è un giornalista, regista e produttore svizzero-francese. Gestisce una casa editrice e le società di produzione cinematografica JMAG productions e Wanda International. Da produttore ha realizzato diversi documentari e film, tra cui Dov'è Anna Frank (2021) con Ari Folman,
Cineaste et Visionnaire (2023) su Pierre Koralnik e I Dance, But My Heart is Crying (2023) con Christoph Weinert. Nel 2023 ha diretto Documenting Israel sulla fotografia da Robert Capa a Inge Morath in Israele e Palestina.
The Warhol Effect
Stati Uniti, 2024, 88’, inglese
regia / direction
lloyd stanton, paul toogood
fotografia / photography dax debice, john halliday, paul reuter
montaggio / editing dave briggs, benjamin gerstein musica / music dylan rippon produzione / production komack company, vitameatavegamin, birdrib, 4045 films
Nonostante la sua immensa fama, la produzione di Andy Warhol degli anni '70 e '80 ha ricevuto poca attenzione. Il documentario esplora la sua evoluzione come artista, dall’essere sopravvissuto a un attentato al suo ritorno alla pittura. Attraverso interviste ai suoi amici e ad artisti come Damien Hirst, KAWS, Jeff Koons, Marilyn Minter, Tom Sachs, Julian Schnabel, Larry Gagosian, Debbie Harry, Tama Janowitz, Kim Kardashian e Chris Stein, il filmato offre una nuova prospettiva sull'enigmatica figura che continua ad influenzare il mondo dell'arte di oggi.
The Warhol Effect is a new documentary film delving into the late work, life, and enduring legacy of Andy Warhol. Despite his immense influence, little attention has been given to his 1970s and 80s output. From surviving an assassination attempt to his prolific return to painting, the film explores Warhol's evolution as an artist and his lasting impact on contemporary culture. Through interviews with his friends and modern artists such as Damien Hirst, KAWS, Jeff Koons, Marilyn Minter, Tom Sachs, Julian Schnabel, Larry Gagosian, Debbie Harry, Tama Janowitz, Kim Kardashian, and Chris Stein, the film offers a fresh perspective on the enigmatic figure who continues to shape the art world today.
Lloyd Stanton e Paul Toogood sono registi e produttori britannici il cui lavoro si concentra prevalentemente sull’esplorazione del processo creativo di artisti e musicisti. Tra i loro film e prodotti per la televisione: Something From
Nothing: The Art of Rap, Dying Laughing, This is Stand-Up, Miss Angela, Catching Hell in The City of Angels, Songbook, The Great Songwriters and Replay - The Classic Album Sessions.
architettura e design
Beyond the White Cube
Italia, Stati Uniti, 2024, 17’, inglese
regia / direction giulia magno
fotografia / photography
jeff mace, torrey johnson, ferhat yunus topraklar
montaggio / editing
giulia magno, timo fritsche
musica / music
philipp nespital
suono / sound philipp nespital
produzione / production shifting vision
Progettare un museo nel XXI secolo solleva una domanda fondamentale: i musei sapranno evolversi per soddisfare le esigenze di un mondo in continuo cambiamento?
Una squadra di curatori, artisti e architetti visionari, tra cui Janne Sirén, Olafur Eliasson, Sebastian Behmann e Shohei Shigematsu, ha unito le forze per immaginare il museo del futuro. Il loro obiettivo è trasformare un’istituzione storicamente elitaria in uno spazio di incontro dinamico e inclusivo. Il film racconta il progetto di espansione del Buffalo AKG Art Museum, documentando il tentativo di creare un museo capace di superare i propri confini e coinvolgere attivamente i visitatori.
Designing a museum in the 21st century raises a fundamental question: will museums be able to evolve to meet the needs of a constantly changing world? A team of visionary curators, artists and architects, including Janne Sirén, Olafur Eliasson, Sebastian Behmann and Shohei Shigematsu, have joined forces to envision the museum of the future. Their goal is to transform a historically elite institution into a dynamic and inclusive meeting space. The film chronicles the expansion project of the Buffalo AKG Art Museum, documenting the attempt to create a museum capable of trascending its boundaries and actively engaging visitors.
Giulia Magno è una regista, storica dell’arte e curatrice italiana. I suoi film sono stati presentati in istituzioni internazionali come l’ICA Miami, le Serpentine Galleries e le National Galleries of Scotland. Come curatrice ha collaborato con musei come il MAXXI di Roma, il Museo Nazionale del Cinema di Torino e l’ICA London,
organizzando mostre e retrospettive dedicate al rapporto tra cinema e arti visive. Nei suoi film ha documentato il lavoro di artisti come Judy Chicago, Isaac Julien, Ron Arad, Rashid Johnson, Haim Steinbach e Adel Abdessemed.
Il film racconta la rivoluzione della Green Architecture attraverso il lavoro dell’architetto argentino Emilio Ambasz. Dagli anni ’70 agli inizi del 2000, Ambasz ha anticipato il dibattito sull'impatto climatico proponendo una visione innovativa della relazione tra uomo e natura. Il documentario si concentra su quattro progetti significativi: La Casa de Retiro Espiritual di Siviglia, il Lucille Halsell Conservatory del Giardino Botanico di San Antonio in Texas, l’Acros Building di Fukuoka e l’Ospedale dell’Angelo di Mestre. Attraverso interviste esclusive a importanti architetti ed esperti, plastici originali, immagini della vita attuale negli edifici, citazioni e favole lette da Ambasz stesso, scopriamo come l'architettura possa influenzare il comportamento dell’uomo e il nostro ambiente.
Francesca Molteni ha studiato Film Production alla New York University. Dal 2002 produce e dirige format televisivi, documentari, video e installazioni, e cura mostre di design. Nel 2009 ha fondato a Milano Muse Factory of Projects. Nel 2012 ha ricevuto il Premio per l’Innovazione del Presidente della Repubblica e la menzione d’onore del Compasso d’Oro; nel 2013 il Cathay Pacific Award per le donne imprenditrici. È autrice del libro Oggetti d’impresa e membro del Consiglio d’Amministrazione di MuseoCity.
The film tells the story of the Green Architecture revolution through the work of Argentine architect Emilio Ambasz. From the 1970s to the early 2000s, Ambasz anticipated the debate on climate impact by proposing an innovative vision of the relationship between man and nature. The film focuses on four significant projects: La Casa de Retiro Espiritual in Seville, the Lucille Halsell Conservatory at the San Antonio Botanical Garden in Texas, the Acros Building in Fukuoka and the Ospedale dell'Angelo in Mestre. Through exclusive interviews with leading architects and experts, original models, images of actual life in the buildings, quotes and fables read by Ambasz himself, the docufilm illustrates how architecture can influence human behavior and our environment.
Mattia Colombo ha diretto diversi film tra cui Il Velo, vincitore di due premi al XI Circuito Off, Venezia; il lungometraggio Alberi che camminano, scritto con Erri De Luca; Voglio dormire con te, vincitore del Premio Corso Salani e del bando In Progress di Filmmaker. Ha diretto un documentario sulla band italiana di Elio e le Storie Tese e un film biografico su Marcelo Burlon. Nel 2023 ha firmato, insieme a Valentina Cicogna, Sconosciuti Puri, film documentario sull'attività del Labanof.
We The Others
Italia, 2024, 57’, inglese, portoghese, italiano, francese
un film di / a film by maria cristina didero, francesca molteni
regia / direction francesca molteni
fotografia / photography
nicolò amedeo
montaggio / editing
nicolò amedeo
musica / music
luca maria baldini
produzione / production
muse factory of projects, gaia maritano, silvia lunazzi
I designer brasiliani Fernando e Humberto Campana, hanno ottenuto fama internazionale grazie a creazioni innovative e all'uso di materiali poveri per la realizzazione di arredi di design. Attraverso una serie di interviste, il documentario celebra il quarantesimo anniversario della fondazione del loro Studio nel 1984. Partendo dai giocattoli a forma di cactus creati dai due fratelli da bambini, fino ad arrivare all’ultimo progetto, il Parco Campana nella città natale di Brotas, il film offre un ampio sguardo sul lavoro di questi designer, sulle iniziative sociali che hanno intrapreso e sulle loro numerose collaborazioni internazionali. L’approccio pionieristico all’arte e al design fa dei fratelli Campana un esempio unico in questo campo.
The film presents the life and work of Fernando and Humberto Campana, a Brazilian design duo who have achieved international fame thanks to their innovative creations and use of humble materials to create design furniture. Through a series of interviews, the documentary celebrates the 40th anniversary of the foundation of their Studio in 1984. Starting with the cactus-shaped toys created by the two brothers as children and up to their latest project, the Campana Park in their hometown of Brotas, the film offers a broad look at the work of these designers, the social initiatives, and their numerous international collaborations. The Campana brothers’ pioneering approach to art and design makes them a unique example in this sector.
Francesca Molteni ha studiato Film Production alla New York University. Dal 2002 produce e dirige format televisivi, documentari, video e installazioni, e cura mostre di design. Nel 2009 ha fondato a Milano Muse Factory of Projects. Nel 2012 ha ricevuto il Premio per l’Innovazione del Presidente della Repubblica e la menzione d’onore del Compasso d’Oro; nel 2013 il Cathay Pacific Award per le
donne imprenditrici. Collabora con La Repubblica, D e Door, è autrice del libro Oggetti d’impresa e membro del Consiglio d’Amministrazione di MuseoCity. Tra i suoi film più recenti: The Power of the Archive. Renzo Piano Building Workshop (2018), Aldo Rossi Design (2022), Green Over Gray. Emilio Ambasz (2023), We The Others (2024).
fotografia
Le fotografe 2:
Chiara Fossati – Come te
Italia, 2023, 24’, italiano
regia / direction francesco g. raganato fotografia / photography omar cristalli
montaggio / editing ninetta giradello
suono / sound giancarlo boselli
produzione / production sky arte, terratrema film
Chiara Fossati è una fotodocumentarista, membro del collettivo fotografico CESURA fin dalla sua fondazione nel 2008. Il film parla di due temi profondamente legati tra loro, la provincia e l’adolescenza, attraverso due dei suoi progetti fotografici. Il primo, Whatever documenta per immagini i rave party della fine degli anni ‘90, argomento tornato di attualità negli ultimi tempi; il secondo, Comete, racconta l’adolescenza nella sconfinata provincia italiana. Un viaggio in luoghi lontani ma molto vicini, alla scoperta di una generazione, la Gen Z.
Chiara Fossati is a photodocumentary artist and member of the CESURA photographic collective since its foundation in 2008. The film explores two closely related themes, the provinces and the adolescence, through two of her photographic projects. The first, Whatever, visually documents the rave parties of the late 1990s, a topic that has recently regained relevance. The second, Comete, depicts adolescence in the boundless Italian provinces. It is a journey to distant yet very familiar places, discovering a generation, the Gen Z.
Francesco G. Raganato è regista e autore di documentari e docu-serie per il cinema e la TV. Per Sky Arte ha creato e diretto la serie Le Fotografe, in cui racconta temi legati al femminile attraverso lo sguardo delle più interessanti fotografe italiane
contemporanee. Nel 2014 ha vinto il Festival di Roma con il documentario Looking for Kadija, girato in Eritrea. È text supervisor e autore per il community magazine di fotografia PERIMETRO.
Tehachapi
Francia, 2023, 92’, francese, inglese
regia / direction JR
fotografia / photography
roberto de angelis, john hunter nolan, tasha van zandt
montaggio / editing
maxime pozzi-garcia, sylvie landra (ACE)
musica / music enfant sauvage
suono / sound eyal levy, yves-marie omnes, david chaulier, antoine baudouin, lucile demarquet, thierry delor
produzione / production social animals, mk productions, quiet, ciné-tamaris
Nel corso di tre anni, l’artista francese JR ha realizzato un’opera d’arte su larga scala nel cortile del carcere di massima sicurezza Tehachapi, in California. Con il suo team ha fotografato i detenuti e dato loro la possibilità di raccontare liberamente la propria storia. Il progetto mostra il potere dell'arte come strumento di trasformazione e forza unificante di speranza, specialmente nel contesto del sistema carcerario, intrinsecamente violento. Con questo film JR vuole condividere la resilienza e il viaggio dei detenuti verso la redenzione.
Over the course of three years, French artist JR created a largescale artwork in the courtyard of the maximum security prison in Tehachapi, California. With his team, he photographed inmates and gave them the opportunity to share their stories freely. The project demonstrates the power of art as a transformative tool and unifying force of hope, especially in the context of the inherently violent prison system. With this film, JR wants to share the resilience and journey of the inmates toward redemption.
JR è un artista francese che utilizza la tecnica del collage fotografico per realizzare opere monumentali e installazioni di arte pubblica site specific. Ha iniziato il suo percorso artistico facendo graffiti e, dopo aver trovato una macchina fotografica nella metropolitana di Parigi nel 2001, ha iniziato a documentare il suo
lavoro. Nel 2005 ha partecipato come fotografo di scena al lungometraggio di Kim Chapiron con Vincent Cassel. Ha diretto cortometraggi su temi sociali e documentari che raccontano i suoi progetti, tra i più recenti: Visages, villages (2017), film con Agnès Varda, Paper & Glue (2021).
Artecinema per il sociale
Proiezioni per le scuole
secondarie di Napoli e provincia presso l’Institut Français Napoli
Screenings at the French Institute for secondary school students of the city and province of Naples.
Laboratori con gli studenti del corso di Antropologia del Patrimonio dell'Università degli
Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa
Workshops with the students of Anthropology of Cultural Heritage course at Suor Orsola Benincasa University of Naples.
Proiezioni presso il Liceo Artistico
Suor Orsola Benincasa
Screenings for students at Suor Orsola Benincasa High School of Naples.
Proiezioni presso il Liceo classico
Screenings for students at Vittorio Emanuele II - Garibaldi High School in Naples.
Vittorio Emanuele II - Garibaldi di Napoli
29o festival internazionale di film sull’arte contemporanea napoli 2024
artecinema.com
con il contributo di
partner istituzionali
media partner
con il sostegno di
acqua ufficiale della manifestazione
Finito di stampare nell’ottobre 2024 presso Officine Grafiche Francesco Giannini & figli S.p.A., Napoli