M-Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

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Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige Gennaio / febbraio / Marzo 2014

Un tesoro da scoprire Il plurilinguismo è la chiave per girare il mondo e assicurarsi il successo imprenditoriale


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sono gli idiomi che si parlano in Alto Adige oltre alle tre lingue ufficiali ed ai quattro principali dialetti sudtirolesi.

» In Alto Adige le lingue ufficiali e i dialetti sudtirolesi (pusterese, venostano, sarentinese e della Bassa Atesina) sono lo specchio della varietà culturale della società altoatesina. E assieme alle 136 lingue straniere sono l’espressione di un mondo intero racchiuso in uno spazio ridotto. (Fonte: astat info 09/2013 – Popolazione straniera residente 2012)


Ricchezza o problema? E voi quante lingue parlate? Una, due tre, quattro o anche di più? Si sa che tutto ebbe inizio con la famosa Torre di Babele: ai tempi in cui le persone parlavano sempre e solo una lingua, ad un certo punto la gente cominciò a parlare lingue diverse e a non capirsi più. Ed è chiaro che, in mancanza di comprensione, diventa difficile anche confrontarsi con “l’altro”. Per fortuna l’uomo è fatto per imparare ed ecco che ciò che a prima vista può sembrare un problema, in realtà è una ricchezza incommensurabile. La nostra esistenza è scandita dal linguaggio: nell’economia, nella cultura, nella vita di tutti i giorni. E proprio quando si parla di internazionalizzazione è necessario vedere la lingua nel suo contesto, come parte di una determinata cultura. Chi non vuole fare un briciolo di sforzo in più per capire la cultura di un territorio, non avrà vita facile nel campo degli affari. Agli italiani non si può parlare come ai tedeschi, gli americani bisogna trattarli in maniera diversa dai russi. E non solo dal punto di vista linguistico, ma sotto ogni aspetto. La lingua in questo caso è solo il primo ostacolo da superare, ma senza averlo superato non si va avanti. Noi altoatesini facciamo del nostro meglio per vedere nel plurilinguismo una ricchezza piuttosto che un problema. Ma, a prescindere dalla cifra che avete dato come risposta alla domanda iniziale, non vi è venuta voglia di conoscere una nuova lingua o – meglio ancora – una nuova cultura? Vi auguro una piacevole lettura. Hansjörg Prast, direttore di EOS

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www.maximilian.it


Sommario copertina: Il plurilinguismo

MARKETING

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26 La fama corre sul web

Lingue vincenti Il plurilinguismo come fattore di crescita: un potenziale non sfruttato.

14 Una questione di atteggiamento Per Rita Franceschini le competenze linguistiche devono essere curate e regolarmente fertilizzate.

16 Immersione vs bilinguismo Modelli e approcci diversi, un unico obiettivo comune: imparare le lingue. E possibilmente bene.

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I commenti lasciati dai consumatori su Internet diventeranno il primo biglietto da visita di un'azienda.

28 Software libero Open Data, utilizzo diffuso, regole semplici e bassi costi: il free software è una manna per l'innovazione.

34 Go international Tre progetti targati EOS per andare più sicuri verso nuovi mercati.

Cammelli & Ricerca Pasticcieri o ricercatori, poco cambia: per avere successo servono le lingue.

20 Le lingue fanno bene all'economia Da sempre l’Alto Adige è un laboratorio linguistico che funge da interfaccia tra le culture del Nord e del Sud.

Rubriche 6 7 22 25 30 32 3 6 38

mailbox made in alto adige uno sguardo oltre i confini l'opinione menti mercato nell'occhio dei media m come mele & co.

BLS – Business Location Alto Adige Spa, Passaggio Duomo 15, 39100 Bolzano EOS – Organizzazione Export Alto Adige, via Alto Adige 60, 39100 Bolzano SMG – Agenzia Alto Adige Marketing, piazza della Parrocchia 11, 39100 Bolzano TIS – innovation park, via Siemens 19, 39100 Bolzano Direttore responsabile: Maria Cristina De Paoli | Caporedattrice: Barbara Prugger | Redazione: Astrid Brunetti, Maria C. De Paoli, Bettina König, Petra Oberhuber, Eva Pichler, Cäcilia Seehauser | Coordinamento: Cornelia Kupa, Ruth Torggler | Traduzioni: Paolo Florio | Layout: succus. comunicazione srl | Design Consult: Arne Kluge | Fotografie: Alex Filz, Gary Yim, Shutterstock | Illustrazioni: Anna Godeassi | Infografica: no.parking comunicazione | Prestampa: typoplus, via Bolzano 57, 39057 Frangarto | Stampa: Karo Druck, Pillhof 25, 39057 Frangarto | Per non ricevere più questa rivista è sufficiente inviare una mail specificando il proprio indirizzo a m@suedtirol.info | Registrazione c/o il Tribunale di Bolzano n. 7/2005 del 9 maggio 2005.

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ma ilbox

tano a portare alla ribalta queste tematiche ed a fornire sostegno alle imprese. Il capofila di InterTech è il TIS innovation park, i partner di progetto sono l’agenzia di insediamento del Tirolo, Assoimprenditori Alto Adige e Treviso Tecnologia, mentre i partner associati sono l’Euroregione Tirol-Alto Adige-Trentino e la Euregio Inntal. www.intertech-it-at.eu

ENGLISH STYLE GUIDE

Il manuale per un inglese corretto

Il progetto InterTech riguarda il know how del settore tessile.

il CHECK up per l'export

Siete pronti per sbarcare in Alto Adige? insediamento. “Siete pronti per espandervi?” è il titolo di una serie di articoli che la testata tedesca “Handelsblatt Online” ha cominciato a pubblicare qualche settimana fa su suggerimento dell’agenzia provinciale di insediamento BLS. Lo scopo è quello di far conoscere le potenzialità dei mercati che gravitano attorno alla Germania, tra i quali figura anche l’Italia. Tramite una sorta di check list è possibile testare volta per volta le proprie capacità di espansione. Se il risultato del test è positivo, l’utente viene rimandato al sito web della BLS, dove può scoprire tutti i vantaggi derivanti da un insediamento in Alto Adige. La check list è stata appositamente concepita da BLS in collaborazione con il nuovo istituto di ricerca della testata economica tedesca. L’iniziativa intende offrire un servizio qualificato di assistenza e prima consulenza alle aziende interessate a sbarcare sul mercato italiano. www.bls.info/expansionscheck

SEMINARio sull'EXPORT L’abc dell’esportazione

EXPORT. Il numero delle piccole e medie aziende che cercano nuovi sbocchi commerciali è in costante crescita. La 6   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

domanda e l’offerta di nuovi mercati, nuovi partner d’affari e nuovi fornitori è ormai indispensabile per far fronte alla concorrenza globale. Ma come bisogna muoversi per avere successo all’estero? Un seminario dell’IRE cerca appunto di fornire ai partecipanti le cognizioni basilari dell’attività di export, partendo dalle varie forme di internazionalizzazione per arrivare ad un check up destinato a valutare le competenze e le potenzialità di export dell’azienda interessata. Il seminario si svolgerà il 14 maggio 2014 e sarà tenuto in lingua italiana. Info: Thomas Lunger, tel. 0471 945763, thomas.lunger@eos. handelskammer.bz.it.

I turisti e i partner commerciali dell’Alto Adige arrivano da ogni parte del pianeta, per cui è estremamente importante per le aziende locali non solo conoscere la lingua inglese ma anche usarla correttamente quando si ha a che fare con ospiti e partner internazionali. In quest’ottica Alto Adige Marketing (SMG), in collaborazione con lo studio di traduzioni Blue Pencil, ha elaborato una pratica guida al corretto impiego della lingua inglese in ambito lavorativo. Il manuale contiene le principali regole linguistiche ma anche gli errori più comuni e tanti esempi di corretto utilizzo della lingua. La guida nasce con l’intento di aiutare l'utente ad evitare gli svarioni più frequenti, che possono indurre l'interlocutore a pensare che egli non conosca bene la lingua inglese. (BK) www.smg.bz.it/englishguide_it

TECNOLOGIA SENZA CONFINI Progetto UE per aziende produttive

INNOVAzioNe. L’impiego di tecnologie d’avanguardia come la meccatronica, le nano e bio-tecnologie, la microelettronica e la fotonica permette di creare innovazione e di sviluppare prodotti competitivi. Il progetto interdisciplinare InterTech nasce proprio con l’intento di divulgare queste tecnologie nelle aziende produttive. Analisi del fabbisogno, eventi informativi, coaching tecnologici e progetti-pilota pun-

Il manuale aiuta ad evitare gli errori più frequenti commessi quando si parla inglese.


MADE IN alto adige

la scheda

Progetto: Arte lignea

Artista artigiano ������������������ Karl Heinz Windegger, Lahngut di Lana Produzione ��������������������������������������������������������������� vasi, ciotole e piatti, gioielli, oggetti d’arte Legni usati ������������������������������������ melo, ciliegio, noce, frassino, faggio Karl Heinz Windegger, artista-tornitore di Lana, ama lavorare con il legno e non contro il legno, è affascinato da ciò che è diverso, irregolare. Nei mesi invernali Windegger crea capolavori utilizzando la materia più tradizionale a queste latitudini, il legno. Lavora con blocchi unici, non usa colle e predilige il legno di melo. La tornitura trasversale, ovvero perpendicolare alle fibre del legno, conferisce ai suoi oggetti una prospettiva particolare. Prima di essere messe in vendita a prezzi che partono da 150 euro, le sue opere vengono lucidate a mano e trattate con qualche goccia d’olio naturale. I criteri di qualità previsti dal marchio “Gallo Rosso” per l’artigianato contadino garantiscono l’utilizzo di materie prime provenienti dal proprio maso o comunque locali nonché la lavorazione artigianale degli agricoltori. Il risultato? Pezzi autentici, unici e di grande valore, che rispecchiano lo stile di vita altoatesino ed il felice connubio tra abilità artigianale e ispirazione artistica. www.roterhahn.it

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coperti n a : i l plu r il in g u is mo | Lingue vincenti

Lingue vincenti. In un mercato così globalizzato, oggi come non mai la conoscenza delle lingue straniere è una delle chiavi del successo economico. Eppure l’Alto Adige, malgrado il suo storico multilinguismo, non è ancora riuscito a sfruttare appieno questa situazione favorevole. Testi: Maria Cristina De Paoli Illustrazioni: Anna Godeassi

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on c'è pensiero senza parole, non c’è identità senza lingua. Tedesco o italiano, basco o curdo, lingua standard o dialetto: la diversità linguistica fa parte della natura al pari della diversità biologica. In Alto Adige questo la gente lo sa da tempo. Da tanto tempo. Già, perché qui non è che il plurilinguismo sia nato 100 anni fa solo in seguito all’annessione del Tirolo del Sud all’Italia. Il pendolarismo di pastori e commercianti, di soldati e pellegrini sulle strade e sui sentieri delle Alpi è cosa antichissima, che risale alla notte dei tempi. E da sempre, per fare affari con lo straniero, è stato necessario capire la sua lingua e farsi capire. Di fatto oggi il connotato che più caratterizza l’Alto Adige è proprio la presenza sul suo territorio di tre lingue e tre culture. Tanto che le prime cose che un forestiero nota quando varca il Brennero o la chiusa di Salorno sono le insegne bi- o trilingui, la naturalezza con cui ogni albergatore passa dall’italiano al tedesco, i nomi ladini di antiche case e fattorie, il bugiardino bilingue nelle scatole di medicinali. Oggi come non mai l’Alto Adige è un’originale combinazione di cultura alpina e mediterranea, di palme e abeti, di lasagne e Schlutzkrapfen, di “Ciao” e “Hoi”. 8   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

L’ultimo censimento dice che nella provincia più settentrionale d’Italia vivono 504.ooo persone così suddivise: 314.000 di madrelingua tedesca, 118.000 italiani e 20.000 ladini, oltre a quasi 40.000 stranieri che aggiungono ulteriori colori e lingue al territorio. E tuttavia, malgrado tutto questo multilinguismo, questa ricchezza di tradizioni – a prescindere da qualsiasi connotazione politica – finora l’Alto Adige è riuscito solo in parte a sfruttare le potenzialità insite in una società multiculturale. I risentimenti reciproci dei due maggiori gruppi linguistici, l’insufficiente volontà di andare incontro all’altro, le troppe cose che ancora dividono rispetto alle poche che uniscono. Una lacerazione che si riflette anche sul grado medio di conoscenze linguistiche da parte della popolazione: «I nostri dipendenti spesso fanno fatica a scrivere una lettera in tedesco o italiano senza fare errori», commenta un imprenditore altoatesino. D’altronde, se non c’è contatto “fisico” tra le due lingue, anche lo scambio diventa impossibile, cosicché la scuola rappresenta di fatto l’unica possibilità – o l’unico motivo – per avere a che fare con l’altra lingua ufficiale della » provincia.


Lingua o dialet to: ecco il dilemma Tre domande a Kristin Reinke* Che differenza c’è tra lingua e dialetto? Qual è il confine che li contraddistingue? Difficile a dirsi, perché proprio i dialetti sono alla base di molte lingue standard. Prendiamo ad esempio il francese, che deriva dal dialetto parlato nella regione parigina. Stessa cosa si può dire per l’Italia, dove la lingua parlata nel XIV secolo dai grandi poeti Dante, Boccaccio e Petrarca è diventata la base dell’attuale italiano standard. Oggi si tende a definire i dialetti come delle cosiddette varietà geografiche di una lingua, ovvero idiomi tipici di una determinata regione. In questo contesto pertanto la lingua standard è ritenuta una lingua sovraregionale. È vero che i dialetti hanno un patrimonio lessicale ridotto rispetto alla lingua ufficiale? In effetti è così, perché la maggior parte delle lingue standard non sono altro che dei dialetti “allargati”, ovvero lingue sviluppate per soddisfare le esigenze di un livello di comunicazione più alto. Le lingue nazionali vengono utilizzate in tutti i settori più importanti come la letteratura, la prosa, la scienza, l’amministrazione e così via, cosicché possono disporre di un patrimonio lessicale decisamente più sostanzioso.

Come viene visto oggi il dialetto nella vita sociale? In qualità di sociolinguista sono contraria alla condanna sommaria di qualsivoglia realtà linguistica. Oggi come oggi i dialetti sono usati per lo più in contesti familiari o comunque informali, dove sono assolutamente accettabili e anzi sono funzionali. Il problema sorge quando chi parla in dialetto non è in grado, in certi contesti formali o sovraregionali, di parlare la lingua standard, dando così origine a problemi di comunicazione. Le norme della nostra società moderna ci impongono di parlare in lingua in determinate situazioni, e chi non ce la fa può incorrere in penalizzazioni come potrebbe essere un giudizio negativo da parte dell’interlocutore. *Kristin Reinke è Junior Professor di lingue francofone all’Università Johannes Gutenberg di Magonza. Piccola curiosità a margine: l’Italia è ritenuta la nazione dell’Europa occidentale che vanta il maggior numero di dialetti, che talvolta si differenziano talmente tra di loro da poter essere considerati delle vere e proprie lingue a sè stanti. Secondo Kristin Reinke, le differenze strutturali riscontrate tra alcuni dialetti italiani possono essere paragonate a quelle esistenti tra la lingua italiana e quella spagnola.

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Un forte fattore economico Va da sé che da tempo ormai le lingue non sono più solamente sinonimo di identità e arricchimento personale, ma rappresentano anche un eccezionale fattore economico. E di questo pure l’Alto Adige dovrà tenerne conto per il futuro. Nel 2006 la Commissione Europea, tramite il cosiddetto Studio ELAN, ha stabilito per la prima volta che esiste una relazione diretta tra la mancanza di competenze linguistiche e le difficoltà nel settore dell’esportazione. Per quell’indagine vennero intervistate 2.000 piccole e medie imprese sparse in 29 Stati europei, e per l’11% di esse venne alla luce che i problemi di comunicazione avevano causato la perdita di commesse per un importo complessivo di 100 miliardi di euro all’anno. Una somma peraltro stimata per difetto e che quindi potrebbe essere di un bel po’ più alta. A questo si aggiunge un’indagine condotta dall’Osservatorio economia, lingue e formazione dell'Università di Ginevra, secondo cui addirittura il 9% del Pil elvetico deriva dal plurilinguismo degli svizzeri. Nel loro studio i ricercatori confederati parlano di una quota di Pil da attribuire al multilinguismo. E anche se finora nessuno ha tentato di tradurre in cifre i benefici per l’intera Europa derivanti dal plurilinguismo, si può comunque presumere che anche la UE tragga vantaggi economici dalla propria varietà linguistica. «Le lingue sono la chiave del successo – conferma Stefan Pan – ragion per cui, più lingue si conoscono e meglio è». Le lingue aprono tutte le porte e hanno un’importanza strategica per le aziende, «a patto che si capisca che non basta saper ordinare un caffè in inglese». Il presidente di Assoimprenditori Alto Adige auspica invece una maggiore immersio1 0   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

U n a S c h n i t z e l a i f e r r i e u n ’a r a n t s c h a t a Lo slang in salsa altoatesina Quando due lingue vivono gomito a gomito per secoli come in Alto Adige, è inevitabile che nascano delle contaminazioni. Il risultato? Dei neologismi talvolta esilaranti, un vero mischmasch, come riporta Paolo Cagnan nel suo manuale “Lo slang di Bolzano”. Il giornalista bolzanino è stato il primo a mettere nero su bianco il gergo degli altoatesini italiani. Il libricino parte dall’intuizione che nel corso del tempo la popolazione altoatesina di lingua italiana non ha sviluppato un proprio dialetto ma una sorta di slang diffuso. Avvalendosi anche di una pagina Facebook, Cagnan ha raccolto tantissimi neologismi e modi di dire, molti dei quali derivanti dal contatto con la lingua tedesca. Qualche esempio? Chi vuole fare attenzione deve stare all’auge, chi marina la scuola fa blaun, chi va a tutto gas viaggia volle pulle e chi è disgustato grida "pfui, taifel". Molto diffuse sono anche, soprattutto in Bassa Atesina, espressioni come trincare e

sprizzenare, schpinch? (sei impazzito?) e schauwieschian (tutto attaccato, per dire “guarda che bello”). Per i tedeschi la versione quasi speculare del dizionario di Cagnan è il vocabolario tedesco-sudtirolese elaborato dall’architetto e caricaturista gardenese Hanspeter Demetz, che lo ha concepito come un utile dizionario per forestieri, turisti e immigrati. Molti termini mostrano un chiaro influsso della lingua italiana: nel ristorante ad esempio la Schnitzel (la bistecca) anche in tedesco viene ordinata ai ferri, da bere si chiede un’Arantschàta e il pasto si chiude con un bel Tschelato. Quando non si vuole andare indietro si va avànti, quando ogni cosa è a posto si dice che è prònta, a Carnevale si va in Màschgra, in strada si può essere fermati da una Karpf (pattuglia della polizia) e chi ha la cucina a gas si compra una Bòmbola. E se la bombola esplode, allora sono tutti Kàtzimiei!


ne non solo nella lingua, ma anche nella cultura del mercato che si vuole raggiungere. E Rita Franceschini, direttrice del Centro di competenza lingue della Libera Università di Bolzano, invita a distinguere tra il semplice masticare una lingua e la piena padronanza dell’idioma straniero (vedi intervista a pagina 14). Ed è proprio questo il punto debole dell’Alto Adige.

Un vantaggio non sfruttato «Abbiamo avuto 100 anni di tempo per prepararci alla globalizzazione», dice Elena Chiocchetti, ricercatrice dell’Istituto di Comunicazione Specialistica e Plurilinguismo dell'Accademia Europea (EURAC) di Bolzano. «Per non parlare del grande vantaggio che avevamo rispetto alle realtà vicine alla nostra, e che siamo riusciti a sfruttare solo in parte». E per capire quali sono le difficoltà che ancora oggi incontrano le imprese locali a causa delle scarse conoscenze linguistiche, la glottologa porta un esempio pratico. «Conosco un’azienda altoatesina che ha una filiale in Germania: poiché la succursale tedesca si era lamentata più volte della pessima qualità linguistica della documentazione inviata dalla casa madre, è stato necessario trasferire in

Alto Adige due dipendenti germanici per l’elaborazione di tutti i testi in tedesco». Il problema è stato risolto trasferendo in Alto Adige due dipendenti germanici e affidando loro l’elaborazione di tutti i testi in tedesco. Per Elena Chiocchetti questo caso è esemplare della nostra realtà, «dove oggi come ieri si continua ad improvvisare» e ad arrabattarsi in qualche maniera con le lingue straniere. «Questo si nota soprattutto nelle traduzioni ed è un peccato, perché il linguaggio di un’azienda, e la terminologia scelta, sono una componente importante della sua identità», afferma l’esperta fornendo poi qualche consiglio. «Le traduzioni dovrebbero essere sempre fatte da persone esperte, che non si limitano a sapere la lingua ma conoscono anche le particolarità culturali di un territorio». Una buona traduzione in inglese, ad esempio, dovrà essere diversa a seconda se il mercato di destinazione è quello britannico o quello cinese. «Ma è anche utile – oltre che a costo zero – servirsi dei propri collaboratori, facendo prima leggere loro i testi scritti nella loro madrelingua». In buona sostanza, è tempo che le aziende locali affrontino seriamente il problema delle lingue: «Devono in- » g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   1 1


coperti n a : i l plu r il in g u is mo | Lingue vincenti

inglese, cinese, Hindi La classifica delle lingue più parlate Sul pianeta Terra si parlano 6.700 lingue, una dozzina delle quali sono definite lingue mondiali. “Per definirle tali si prende in considerazione il numero delle persone che le parlano, sia come lingua madre che come lingua straniera”, si legge sul sito www.weltsprachen.net, dove è anche pubblicata la classifica delle 12 lingue più parlate al mondo. In testa alla graduatoria c’è l’inglese (parlato da un miliardo e mezzo di persone), davanti al cinese (1,1 miliardi) e all’hindi (650 milioni di persone). Ai piedi del podio troviamo lo spagnolo (420 milioni) davanti al francese (quinto con 370 mi-

dividuare i loro punti di forza e le loro debolezze, essere in grado di sfruttare al meglio il potenziale esistente ma anche essere pronte a investire nel miglioramento delle competenze linguistiche».

L’inglese da solo non basta più Il complesso rapporto tra economia e lingue è stato analizzato nel 2012 anche dall’IRE, l’Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano. La risultanza più eclatante è che il 65% delle PMI altoatesine è ancora monolingue. Il dialetto sudtirolese

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lioni), all'arabo (sesta posizione con 300 milioni), al russo (settimo con 275 milioni) e via via portoghese, bengalese, tedesco, giapponese e coreano. Il sito prende poi in considerazione la diffusione geografica e allora la cerchia delle lingue mondiali si restringe da dodici a soli cinque idiomi: inglese, spagnolo, francese, arabo e portoghese. Questo perché si tratta delle uniche lingue considerate ufficiali in più Stati e continenti. Secondo un'indagine condotta dall’Unesco, ad oggi oltre la metà delle lingue esistenti sul nostro pianeta è a rischio di estinzione.

continua ad essere la lingua più parlata negli ambienti aziendali, mentre la quota della lingua standard si attesta su un misero 5-7% tanto che, in caso di nuove assunzioni, si tende ad attribuire maggiore importanza a delle buone conoscenze linguistiche rispetto alle competenze tecniche o alla creatività. Gli stessi imprenditori sono soddisfatti solo parzialmente delle conoscenze linguistiche dei propri dipendenti: appena il 32% degli intervistati si è dichiarato capace di redigere un contratto in inglese.

A proposito di inglese: conoscere la lingua d’Oltremanica non basta più. Questo non vuol dire che da oggi l’inglese non sia più l’idioma passe-partout del pianeta, ma semplicemente, come spiega Rita Franceschini, che «la lingua inglese è paragonabile alla patente di guida: si parte dal presupposto che ce l’abbiano o la conoscano tutti». E allora è giunto il momento di conoscere le altre lingue più importanti, dal cinese all’arabo senza dimenticare il russo, come ricorda Andrey Pruss: «Anche in Alto Adige l’interesse per la lingua russa è in crescita», informa il direttore del Centro Russo Borodina di Merano. La struttura meranese, che tra i suoi fondatori annovera la Provincia di Bolzano, la Camera di commercio e la Libera Università di Bolzano, attualmente collabora con sette scuole superiori di lingua tedesca che propongono il russo come lingua straniera. Il primo istituto scolastico a proporla fu il liceo linguistico di Brunico nel lontano 1993, seguito man mano da altre scuole. «Nel giro di un paio di anni – informa Pruss – ci saranno 150 giovani altoatesini in grado di parlare in russo oltre ai 1.700 cittadini russi, ucraini e moldavi che vivono e lavorano in Alto Adige. Ed è bene che l’economia lo sappia». Anche perché la Russia, al pari della Cina, è uno dei mercati emergenti al quale sempre più aziende si stanno interessando, «ad eccezione fatta del comparto turistico, che ha già scoperto l’ospite russo». Non c’è quindi da stupirsi se Alpha Beta Piccadilly propone nel suo pro-


gramma invernale corsi di lingua russa e araba. L’associazione con sedi a Bolzano e Merano da 25 anni «promuove l'apprendimento delle lingue e la comunicazione interculturale in Alto Adige», come si legge nella homepage del sito. «Nel 2012 – informa il direttore generale Paul Hammond – i nostri corsi sono stati seguiti complessivamente da 12.000 persone, in gran parte altoatesine ma con una forte partecipazione straniera». Per gli extracomunitari l’obiettivo primario è la conoscenza di una delle due lingue ufficiali dell’Alto Adige «e questi corsi vengono anche promossi in modo particolare dalla Provincia». Altoatesini e comunitari invece si rivolgono ad Alpha Beta per le più svariate motivazioni. «Chi viene da noi per imparare il francese o lo spagnolo, ma anche il russo, lo fa più che altro per il piacere di imparare una lingua straniera. Chi invece frequenta i corsi di tedesco, italiano e soprattutto inglese – spiega Hammond – lo fa per motivi di lavoro». E il cinese? A quanto pare non interessa a nessuno «e sinceramente questo mi stupisce». Per contro cresce la volontà di imprese e istituzioni di migliorare le competenze linguistiche dei propri collaboratori: «Un buon numero di corsi li teniamo direttamente presso le aziende, che ci chiedono soprattutto di accrescere il patrimonio lessicale dei corsisti». Tutto sommato Hammond riconosce agli altoatesini delle buone conoscenze linguistiche generali, e anche i bambini escono dalle scuole con cognizioni accettabi-

li di inglese: «Questo lo deduciamo anche dal fatto che nei nostri corsi ci viene richiesto un livello di insegnamento sempre più alto».

Scuole sempre più attrezzate Ma anche il presidente degli imprenditori Stefan Pan assegna voti alti alla preparazione scolastica: «Soprattutto per quanto riguarda l’inglese ho constatato dei grandi progressi». Lo stesso purtroppo non si può dire dell’italiano e del tedesco come seconda lingua: «È innegabile – conferma Ferdinand Patscheider, ispettore dell’ambito linguistico-espressivo della Sovrintendenza scolastica tedesca – che gli studenti non parlano l’altra lingua nella misura che ci si aspetterebbe dopo così tante ore di lezione». In quest’ottica lo scorso autunno il Dipartimento all’Istruzione e alla Formazione tedesca ha presentato un pacchetto di misure tese a migliorare la qualità dell’insegnamento della seconda lingua. I pilastri di questa piccola rivoluzione sono la continuità didattica e una migliore formazione del corpo docente. Nelle scuole medie l’italiano L2 è diventato materia d’esame, e anche negli istituti superiori il programma è stato ritoccato: troppa letteratura e poca lingua parlata, era la critica frequente alla quale si è cercato di rimediare. Ma Patscheider sa bene che anche i migliori modelli di insegnamento sono destinati a fallire, se mancano le motivazioni e il consenso. Ed è su questo che l’Alto Adige dovrà lavorare sodo negli anni a venire.

>> suggerimenti Le aziende dovrebbero sapere bene quali sono le capacità linguistiche dei propri dipendenti. Affidarsi a delle conoscenze linguistiche presunte può essere pericoloso. Il linguaggio usato da unʼazienda è una componente essenziale della sua identità. I nuovi dipendenti dovrebbero imparare il “linguaggio aziendale". Sarebbe bene organizzare stage linguistici orientati alla pratica. Una buona politica linguistica potrebbe considerare anche il punto di vista dei collaboratori dei mercati esteri. I testi dovrebbero essere sempre letti da persone di madrelingua. Fonte: EURAC e TIS, progetto "Comunicazione di impresa: verso nuovi orizzonti competitivi"

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coperti n a : i l plu r il in g u is mo | L’intervista

Una questione di atteggiamento. Rita Franceschini parla delle competenze linguistiche degli altoatesini, del ruolo del dialetto, dell’importanza delle emozioni nell’apprendimento di una lingua straniera e del perché le minoranze hanno un difficile rapporto con le lingue.

chi è La glottologa elvetica Rita Franceschini dirige il Centro di competenza lingue della Libera Università di Bolzano, ateneo di cui è stata rettrice dal 2004 al 2008. Il suo campo di ricerca comprende le lingue viventi, l’analisi della conversazione, il contatto linguistico e il plurilinguismo.

Che uso ha fatto finora l’Alto Adige del proprio plurilinguismo? È riuscito a sfruttarne i vantaggi? L’Alto Adige è sempre stato un territorio di transito. Basti solo pensare alla via dell’ambra, il corridoio commerciale del Medioevo che dai mari del nord arrivava al Mediterraneo attraversando anche il Renon. La posizione geografica ha fatto sì che questa regione fosse predestinata al multilinguismo, e per la gente è diventato un fenomeno talmente scontato da non accorgersi nemmeno delle opportunità offerte. Nel frattempo però le competenze linguistiche sono diventate un fattore economico decisivo. E allora bisogna seriamente darsi da fare… Da parecchio tempo ho in mente di creare a Bolzano un corso di studi che consenta un intenso scambio linguistico e favorisca un plurilinguismo consapevole. Diciamolo chiaramente: biascicare più lingue non significa saperle parlare né tantomeno conoscerne tutte le sfumature. A questo si aggiunge anche il fatto che il dialetto sudtirolese sta vivendo una seconda giovinezza tra la popolazione di lingua tedesca. Un fenomeno che sicuramente non aiuta a parlare e scrivere bene il tedesco standard. Questa tendenza si osserva soprattutto nell’area germanofona meridionale 1 4   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

“Quello che bisogna evitare, è che si parli il dialetto laddove non è opportuno” Rita Franceschini, linguista

ma è presente anche in altri Paesi europei, e può essere interpretata come una reazione alla globalizzazione. Le persone hanno bisogno di sentirsi maggiormente a casa loro, e il dialetto fa parte delle loro tradizioni rassicuranti. E fin qui non c’è nulla di male; quello che non deve succedere invece, è che si parli dialetto laddove non è opportuno. Ed è questo il problema dell’Alto Adige. Mentre in Svizzera la separazione tra dialetto e lingua ufficiale è netta, da noi questo confine è molto flessibile, non esistono più zone intermedie. Volendo semplificare, le variazioni linguistiche sono come un

organo che ha diversi registri a disposizione, ma è necessario sapere con precisione quando suonarne uno piuttosto che un altro. Perché i giovani sudtirolesi scrivono sms e mail quasi esclusivamente in dialetto? Perché è più trendy? O perché non conoscono bene la grammatica e l’ortografia tedesca? Se gli altoatesini di lingua tedesca usano il dialetto, quelli di lingua italiana fanno un uso estremo di abbreviazioni, e credo che tutto questo si possa ricondurre ad un approccio ludico con la lingua. I giovani amano fare esperimenti,


so”. I bambini che crescono parlando due o addirittura tre lingue sono come i giocolieri che sanno usare più palline contemporaneamente. Questi bambini sono più abituati, flessibili e consapevoli. Il Centro di competenza lingue della LUB ha potuto constatare, con l’ausilio della risonanza magnetica, che i bambini cresciuti in un contesto poliglotta attivano un settore del loro cervello in misura maggiore di altri. Ed è altrettanto vero che questi bambini, abituati fin da piccoli a passare da una lingua all’altra, hanno una maggiore capacità decisionale. Ciò non toglie che le lingue si possano apprendere, e bene, pure da adulti; l’unico vantaggio dei piccoli rispetto ai grandi è la migliore pronuncia. Ad ogni modo, più che l’età, quello che conta è l’atteggiamento. Più ci si avvicina ad una lingua in maniera emozionale, più veloce e più efficace sarà l’apprendimento. Le competenze linguistiche sono un po’ come le piante, che per prosperare hanno bisogno di essere curate e regolarmente fertilizzate.

ma questa creatività dovrebbe essere canalizzata. Tanto più che proprio i nuovi mezzi di comunicazione forniscono delle straordinarie opportunità di confronto linguistico. Qual è oggi la conoscenza del tedesco da parte dei sudtirolesi? Questo è uno studio che io vorrei fare da tempo, ma non è facile trovare i finanziamenti per un progetto di questa portata. Ho quasi il sospetto che i diretti interessati non vogliano saperlo. A parte questo comunque, sono gli altoatesini stessi a sminuire la loro conoscenza delle lingue. E questo è il segnale che sono

i primi a non credere nelle proprie competenze linguistiche.

E la scuola è il fertilizzante per antonomasia… Certamente, ma non dobbiamo limitarci alla scuola: anche la famiglia, il contesto sociale, le letture e l’offerta culturale permettono di incrementare continuamente il bagaglio linguistico.

Nella sua attività di linguista lei si occupa anche dell’apprendimento delle lingue, per il quale esistono varie scuole di pensiero. Alcuni credono che avere ottime competenze nella prima lingua sia fondamentale per imparare le successive. Per altri invece, il plurilinguismo vissuto già in tenera età è la condizione ideale per imparare al meglio le lingue straniere. Qual è la visione corretta e quella obsoleta? Goethe disse: “Chi non conosce le altre lingue, non conosce neanche sé stes-

Il mondo dell'economia si lamenta delle scarse competenze linguistiche degli altoatesini. Come si fa a recuperare questo gap? Difficile a dirsi, perché questo processo si gioca a livello emozionale. Per il futuro mi auguro che gli altoatesini arrivino ad avere un rapporto consapevole e sereno con le altre lingue, cosa peraltro molto apprezzata anche dalla UE. In tal senso credo anzi che gli altoatesini potrebbero diventare un modello in campo europeo. g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   1 5


coperti n a : i l plu r il in g u is mo | L’inchiesta

Immersione vs bilinguismo. Vantaggi e svantaggi dei diversi approcci

e modelli di apprendimento delle lingue. Ecco un confronto tra esperienze e studi riguardanti questa tematica decisamente molto controversa.

Barbara Hofer Anglista «Tra gli alunni che frequentano le sezioni bilingui e quelli delle classi tradizionali esistono delle differenze significative»: questa è la conclusione alla quale è giunta l’anglista altoatesina Barbara Hofer, che nel 2011 per la tesi presentata all’istituto universitario di Anglistica (Scienza della lingua e della letteratura inglese) di Innsbruck, ha esaminato le competenze linguistiche di alcuni bambini di 10 anni che frequentavano le scuole elementari italiane “Longon” e “Manzoni” di Bolzano. In ognuno dei due istituti d’istruzione primaria sono state

Elisabetta Manzio Direttrice dell’istituto paritario delle “Suore Marcelline” di Bolzano «Partendo dal presupposto che ogni sistema è migliorabile, io sono convinta che la nostra scuola non vanta solo la maggiore esperienza in Alto Adige nell’insegnamento delle lingue, ma è stata anche capace di sviluppare un modello di grande efficienza». Parole di Elisabetta Manzio, diventata quest’anno direttrice dell’istituto pluricomprensivo (elementari e medie) “Marcelline” di Bolzano dopo una vita trascorsa in svariate scuole pubbliche, «alcune delle quali offrono anche lezioni in più lingue». 1 6   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

tava a saper riconoscere le differenze e le affinità». Lo studio ha altresì dimostrato che le strategie sviluppate dai bambini per imparare le lingue possono essere applicate anche ad altri ambiti e materie. Per la lingua madre Barbara Hofer si è avvalsa di un complicato test metalinguistico elaborato dall’Università La Sapienza di Roma, «che ci ha permesso di constatare come i bambini siano in grado di cavarsela di fronte al sistema lingua “Esistono delle differenze significative nella sua complessità». Per l’analisi delle lintra gli alunni delle sezioni bilingui gue straniere sono state invece esaminate e quelli delle classi tradizionali” soprattutto le competenze linguistiche, «ed lingue: «Questi bambini avevano in gene- oggi siamo in grado di affermare – conrale una maggiore confidenza con le lin- clude Hofer – che l’apprendimento pregue e dimostravano una consapevolezza coce delle lingue favorisce in maniera metalinguistica più sviluppata, che li por- inequivocabile la flessibilità cognitiva».

prese in considerazione due classi: una con l’insegnamento tradizionale e una con indirizzo bilingue. «I risultati non lasciano spazio a dubbi: gli scolari delle classi multilingui parlavano meglio sia le lingue straniere ma anche – e questa è la particolarità – la propria lingua madre». Nell’occasione Barbara Hofer non si è limitata alla semplice analisi della capacità di parlare e capire le

La differenza le “Marcelline” la fanno nell’approccio verticale alla questione: nella scuola paritaria del capoluogo si comincia già all’asilo a cantare in italiano, ascoltare racconti in tedesco e fare ginnastica in inglese. «Una situazione – precisa la direttrice – che viene portata avanti fino alla conclusione della scuola media. E chi ne ha voglia, può rimanere da noi per frequentare il liceo linguistico». Il primo contatto con le lingue avviene in maniera ludica, «cosa che permette ai bambini di avere un approccio tale che anche i più piccoli non hanno paura di una lingua sconosciuta». Un’altra arma vincente delle “Marcelline” è quella di avere un corpo docente interamente di madrelingua: «Questa è una delle condizioni essenziali per il buon funzio-

namento di un insegnamento plurilingue», sottolinea Manzio. Le “Marcelline” sono state il primo istituto scolastico ad introdurre, ormai 20 anni fa, l’insegnamento bilingue: «È stata la logica conseguenza di tanti anni di esperienza con il liceo linguistico, ma è stato

“Persino i nostri bambini dell’asilo non hanno paura delle lingue straniere” decisivo anche il fatto di aver saputo riconoscere per primi quale avrebbe potuto essere l’importanza delle lingue in un contesto globale». E non bisogna neanche dimenticare che i dirigenti scolastici erano – e lo sono tuttora – convinti che «l’apprendimento delle lingue straniere allarga gli orizzonti mentali», conclude Elisabetta Manzio.


Federico Ferretti Studente di lingua italiana al liceo scientifico tedesco «All’inizio non capivo praticamente un accidente. Tra di loro i miei nuovi compagni di classe parlavano solo dialetto», racconta Federico Ferretti. Oggi invece il ventenne di madrelingua italiana parla perfettamente il sudtirolese «e ovviamente anche il tedesco standard». Nel 2012 Federico, proveniente da una famiglia italiana al 100% e oggi studente universitario alla facoltà di ingegneria di Trento, ha superato l’esame di maturità

Ferdinand Patscheider Ispettore linguistico-espressivo della Sovrintendenza scolastica tedesca «Se si vuole iniziare presto ad imparare le lingue, allora bisogna farlo in maniera totale». Ferdinand Patscheider, ispettore dell’ambito linguistico-espressivo della Sovrintendenza scolastica tedesca di Bolzano, non crede nel metodo di “somministrazione” goccia a goccia delle lingue straniere. Per lui insomma non ha molto senso che all’asilo un bambino impari quattro parole d’inglese o una canzoncina in italiano (o tedesco).

Prima di questa immersione parziale Fedesui banchi del liceo scientifico di lingua rico aveva già avuto contatti con l’insegnatedesca “Raimund von Klebelsberg” di mento bilingue dall’asilo alle medie, avenBolzano, dove era arrivato l’anno prima dallo scientifico italiano “Torricelli” per frequentare la “All’inizio non capivo quarta superiore. praticamente un accidente. «Per me fu un cambiamento radiI miei compagni di scuola cale – racconta Ferparlavano solo in dialetto” retti – e non solo per la nuova scuola e la nuova lingua: mi sono trovato catapultato in una cultu- do frequentato l’istituto paritario pluricomprensivo delle “Suore Marcelline” di ra per me completamente sconosciuta». Bolzano: «Per me è stato un enorme vantagDopo le difficoltà iniziali comunque gli gio, perché già in prima superiore parlavo aspetti positivi furono così tanti che Femeglio degli altri il tedesco ma soprattutto derico decise di rimanere ancora un l’inglese. E questo mi ha dato anche maganno, sostenendo addirittura gli esami giore sicurezza». di maturità in lingua tedesca.

Patscheider non crede neanche alla leggenda che «più piccoli sono i bambini, più in fretta imparano le lingue». Ricerche empiriche hanno dimostrato in maniera chiara che, a parità di requisiti e condizioni, anche quando si è più grandi è possibile imparare nuove lingue. Ferdinand Patscheider non vede grandi successi ne-

In questi contesti non è previsto un sostegno glottodidattico che consenta al bambino di conoscere la materia dal punto di vista linguistico «ed è proprio questo il problema». Questo modello (CLIL) era stato utilizzato già diversi anni fa in Canada, «dove si è constatato che questa forma di insegnamento non è sufficiente e i risultati sono stati inferiori alle aspettative». Patscheider propugna invece un insegnamento linguistico e interdisciplinare bilingue, integrato da un sostegno glottodidattico: «Solo così è possibile creare un circolo virtuoso tra scolari, materie e lingue straniere». (MDP)

“Se si vuole iniziare presto ad imparare le lingue, allora bisogna farlo in maniera totale. Il metodo goccia a goccia non funziona” anche nell’immersione didattica praticata da parecchi istituti scolastici: «In queste scuole le materie vengono insegnate in lingue diverse, come se i bambini le conoscessero tutte come lingua madre».

Gl o ss a r i o Insegnamento bilingue: nell’insegnamento bilingue (o multilingue) la lingua straniera viene utilizzata nelle discipline non linguistiche come se fosse la lingua madre. CLIL: Content and Language Integrated Learning (apprendimento integrato di lingua e contenuti) significa che la lingua straniera viene sempre veicolata tramite le materie non linguistiche ma con l’aggiunta di un sostegno glottodidattico, teso a facilitare gli studenti nell’apprendimento della materia.

Immersione: in Alto Adige il termine “immersione” viene spesso identificato con l’insegnamento bilingue, cosa che però non è corretta. Questo perché in glottologia per immersione si intende una situazione in cui lo scolaro viene completamente introdotto in un contesto straniero, come può essere ad esempio un anno scolastico frequentato all’estero. Immersione parziale: un’immersione parziale è invece quella di uno studente che per un anno frequenta la scuola dell’altro gruppo linguistico. Quando è a scuola è a contatto con un’altra lingua e cultura, quando esce torna a parlare la sua prima lingua.

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coperti n a : i l plu r il in g u is mo | Il mercato del lavoro

Cammelli & Ricerca Mentre l’Europa arranca, le economie emergenti di Asia e America Latina si stanno attrezzando adeguatamente dal punto di vista linguistico. E l’Alto Adige come se la passa? Ecco quattro esempi che fotografano la nostra realtà.

«se l'Europa non impara a sfruttare meglio di quanto abbia fatto finora le potenzialità economiche insite nel plurilinguismo, è destinata a rimanere indietro rispetto ai Paesi in via di sviluppo»: questo il monito lanciato già nel 2007dal Forum economico per il plurilinguismo. Fior di esperti in quell’occasione erano stati sollecitati dalla Commissione Europea a sviscerare il rapporto di causalità tra conoscenze linguistiche ed economia, in particolare sui posti di lavoro. In Alto Adige esistono svariate aziende e istituzioni attive in campo internazionale: ne abbiamo scelte quattro facendoci spiegare il loro rapporto con il multilinguismo e le loro strategie per avere successo su un mercato globalizzato.

mento nel mirino c’è la Spagna e allora la Dr. Schär ha incaricato alcuni dipendenti di imparare la lingua di Cervantes: «Facciamo dei corsi sia in azienda che esterni – informa Ladurner – e oggi come oggi abbiamo 15 persone in grado di parlare bene lo spagnolo». Da sottolineare la disponibilità del personale a mettersi in gioco, dovuta anche – a parere di Ladurner – al fatto che «molti dei nostri dipendenti sono giovani».

La lingua del cliente è sacra «La nostra è un’azienda orientata verso le esigenze della clientela», afferma Ulrich Ladurner, patron della Dr. Schär di Postal. «Ne consegue che per noi è stato sempre naturale tenere i contatti con i clienti nella loro lingua madre». In effetti, tutti i contenuti del sito aziendale sono disponibili in italiano, tedesco, inglese, francese e spagnolo. Ma la ditta altoatesina, leader in Europa nel settore degli alimenti senza glutine, fa di più: due volte l’anno pubblica un foglio informativo tradotto in quasi tutte le lingue del vecchio continente e spedito per posta a casa del cliente. Per le traduzioni il gruppo Dr. Schär si affida ad una rete di traduttori professionali: «Da soli non ce la faremmo mai – spiega Ladurner – e oltretutto la quantità di errori sarebbe troppo alta». L’imprenditore meranese sa anche quanto sia importante, quando si decide di lanciarsi su nuovi mercati, avere conoscenze linguistiche specifiche. Al mo1 8   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

L'informazione? Nella lingua del cliente.

Cammelli di cioccolato per Dubai Cammelli di cioccolato per una compagnia area privata con sede a Dubai: ecco la commessa più “esotica” finora ricevuta dal maître chocolatier di Sarentino Anton Oberhöller. Per parlare di affari con l’insolito cliente, sua moglie Paula ha preso l’aereo per Dubai City «e comun-


All'EURAC di Bolzano si fa ricerca e si comunica sempre in tre lingue.

que ci siamo dovuti avvalere di un traduttore d’inglese, perché noi parliamo solo tedesco, italiano e dialetto sarentinese». Fino ad oggi le cose sono filate lisce: tutti i contratti sono stati stesi in inglese e anche gli ingredienti e le analisi di laboratorio sono stati tradotti nella lingua di Albione. «Ma siamo ancora nella fase iniziale», puntualizza Paula Oberhöller: se l’affare con gli arabi dovesse ingrossarsi, allora la piccola azienda di Sarentino sarebbe costretta a rivolgersi ad un’agenzia specializzata. «In quel caso infatti non basterebbe confezionare in maniera elegante i nostri cammelli di cioccolato destinati ai passeggeri, ma dovremmo anche fornire tutte le etichette e la documentazione necessaria in lingua araba». Anton Oberhöller è un pasticciere diplomato che tre anni fa ha deciso di dire addio a torte e krapfen per dedicarsi esclusivamente alla sua grande passione: il cioccolato. A fargli fare il grande passo fu il premio vinto dalla sua cioccolata al pino mugo in occasione della prestigiosa fiera milanese “TuttoFood”. Il contatto con la compagnia aerea di Dubai invece glielo ha procurato un cliente tedesco, a sua volta attivo sul mercato arabo.

Tre lingue. Sempre e comunque Con 370 collaboratori provenienti da 25 nazioni diverse, l’Accademia Europea di Bolzano (Eurac) è un vero e proprio crogiolo di lingue e culture. Superfluo aggiungere che la comunicazione, sia interna che esterna, è all’insegna del plurilinguismo. «Tedesco, italiano, inglese: all’Eurac ognuno è libero di parlare la lingua che più gli piace», spiega il direttore Stefan Ortner. Questo concetto si applica nei rapporti quotidiani dell’istituto di ricerca, nei colloqui ma anche nelle attività scientifiche: «Da noi i documenti non

vengono tradotti». Affinché un simile sistema possa funzionare, ad ogni nuovo collaboratore si chiede che nell’arco di un anno abbia un grado di conoscenza almeno passivo delle tre lingue. «Ci atteniamo sempre a questa linea», dice Ortner, anche se esistono alcune inevitabili eccezioni: «Ad esempio abbiamo tradotto il regolamento di servizio, perché proprio i nuovi collaboratori devono prenderne atto e noi non possiamo pretendere a priori che tutti siano in grado di capirlo».

English only «In precedenza abbiamo lavorato a Milano e New York, Bergamo e Londra», racconta Stefan Rier, che tre anni fa assieme a Lukas Rungger ha fondato a Bolzano lo studio di architettura “noa”. E fin dal primo momento i due giovani professionisti hanno voluto dare un respiro internazionale alla loro avventura imprenditoriale. «Abbiamo quindi deciso – spiega Rier – di avere un sito Internet unicamente in inglese, anche per non farci coinvolgere nella solita diatriba tra tedesco e italiano. Noi viviamo in Europa, abbiamo amici di madrelingua italiana e tedesca con i quali ci intendiamo bene, ed è questo che alla fine conta». Peraltro, grazie a questa decisione, i due architetti si sono risparmiati un bel po’ di soldini per le traduzioni. E non hanno neanche paura, presentandosi sul web solo in lingua inglese, di essersi giocati il mercato altoatesino: «Non credo che avremo meno lavoro locale a causa della lingua», dice Rier, che aggiunge: «Anche perché oggigiorno solo le generazioni più vecchie se la passano male con l’inglese, per i giovani altoatesini non è assolutamente un problema. E comunque noi e i nostri collaboratori parliamo tedesco e italiano e conosciamo pure il (MDP) greco e il francese». g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   1 9


coperti n a : i l plu r il in g u is mo | La business location

Le lingue fanno bene all’economia La business location Alto Adige ha qualcosa che molti altri concorrenti non hanno: il plurilinguismo e il multiculturalismo dei suoi abitanti. E a dirlo sono le aziende che hanno deciso di investire qui.

La pressione fiscale più bassa d'Italia, un contesto economico ideale per fare impresa ed una eccellente qualità di vita: sono solo alcune delle motivazioni che gli imprenditori “forestieri” snocciolano quando si chiede loro perché hanno deciso di investire proprio in Alto Adige. C’è un argomento però che ricorre sempre: le aziende trovano straordinario il fatto che i propri dipendenti conoscano due o più lingue e culture, e siano pertanto in grado di muoversi su più mercati. Senza considerare la posizione oltremodo strategica di questa terra incastonata tra il nord e il sud dell’Europa e quindi predestinata ad essere un ponte naturale tra le due economie, per le 2 0   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

aziende dell’area di lingua tedesca che vogliono sbarcare in Italia ma anche per gli imprenditori italiani che vogliono tentare la fortuna in Mitteleuropa. Una conferma dell’importanza del plurilinguismo come valore aggiunto per un’azienda arriva dalla vicina Svizzera. Una decina di anni fa il colosso della comunicazione Orange ha dichiarato apertamente, con tanto di comunicato stampa, di essersi insediato a Biel/Bienne in ragione del «plurilinguismo del territorio che gravita attorno a Biel». D’altronde, proprio in quanto impresa attiva nel settore della comunicazione, Orange non può esimersi dal parlare lo stesso idioma dei propri clienti. Oltre all’aspetto linguistico comunque, i ver-

tici aziendali vedono grandi vantaggi anche nella multiculturalità che «apporta prospettive diverse e diversi approcci alle problematiche. I team multiculturali inoltre lavorano con maggiore creatività e sono in grado di sviluppare una grande quantità di idee e soluzioni».

L’espansione parla più lingue Anche le aziende altoatesine comunque sono coscienti dei vantaggi che offre il multilinguismo. Prendiamo ad esempio la MaGa Group International, fondata nel 2012: di fronte alla possibilità di stabilirsi in una metropoli europea – in ballottaggio c'erano Vienna, Zurigo e Milano – alla fine ha scelto di prendere casa a Varna, paesino a nord di Bressa-


“I team multiculturali possono lavorare con maggiore creatività e sviluppare una grande quantità di idee e soluzioni” Il plurilinguismo è stato uno dei motivi che li ha spinti in Alto Adige: Dieter Kaneppele (Echonova), Nadia Bertani (Il Palato Italiano), Hannes Loacker (Loacker Remedia) e Manuel Steger (MaGa Group International).

in domotica ad alta tecnologia innovativa è infatti il frutto della cooperazione tra l'azienda germanica TCS di Genthin (Sassonia) e la Elektro W&W di Termeno. Per Dietmar Kaneppele, amministratore delegato di Echonova, l’arma vincente dell'Alto Adige è soprattutto il bilinguismo, che permette da una parte di dialogare con la casa madre tedesca e dall’altra di affacciarsi senza problemi sul mercato italiano. Ma da Echonova è molto gradita anche la conoscenza dell’inglese: per lavorare a Termeno i dipendenti devono infatti conoscere almeno due lingue, e se sono tre è ancora meglio. Kaneppele ritiene molto importante anche il fatto di vivere tra due culture che «rendono più facile il contatto con le persone e permettono di capire meglio la mentalità dei diversi gruppi linguistici». none dove ha iniziato a sviluppare appli- «Lingua è sinonimo di valori» cazioni per smartphone: l’ultima si “Il Palato Italiano” è un’azienda che si chiama “Get a Taxi” e permette di bypas- occupa della commercializzazione a livello internazionale di prodotti alimensare la centrale telefonica. «Il mercato tari italiani attraverso una nuova combiitaliano offre delle ottime opportunità a nazione tra e-commerce, e-learning e un’azienda come la nostra. Qui inoltre possiamo accumulare preziose espe- franchising. La nuova sede aziendale è in fase di costruzione a Campiglio, alla rienze per la prevista espansione a nord e ad est», spiega il fondatore Manuel Ste- periferia nord di Bolzano, e sarà inauguger, peraltro altoatesino doc, sottoline- rata nel corso del 2014. Per l’imprenditrice Nadia Bertani ando i molteplici vantaggi di fare imprel’Alto Adige, grazie alla sua forza nel setsa in un territorio caratterizzato da più lingue e culture e che, per la sua centra- tore alimentare, agli eccellenti livelli di formazione in ambito alberghiero e culità geografica, è ideale per chi vuole linario, all’affidabilità dei partner e alla espandersi. Un perfetto esempio di collaborazio- sua posizione, è la rampa di lancio ideane tra culture diverse lo fornisce la Echo- le per un’espansione internazionale in nova di Termeno: la ditta specializzata Europa centrale. E poiché in previsione

c’è anche l’apertura di alcuni flag shop in Germania, ecco che la decisione di stabilirsi in Alto Adige diventa ancora più strategica: «Per noi l’Alto Adige è un ponte naturale verso il mercato germanofono, non solo per motivi geografici e culturali – sottolinea Nadia Bertani – ma anche per il fattore linguistico, che rappresenta senza ombra di dubbio un grande valore aggiunto per la business location. Grazie al plurilinguismo dell’Alto Adige noi ci presentiamo con un biglietto da visita in due lingue che lancia un messaggio chiaro: le nostre radici sono in Italia, ma noi guardiamo all’Europa». L’azienda altoatesina Loacker Remedia sviluppa, produce e commercializza da 30 anni prodotti omeopatici e fitoterapici, rivolgendosi prevalentemente al mercato nazionale. Ciò non toglie che, per il titolare Hannes Loacker, le competenze linguistiche degli 89 dipendenti della nuova sede aziendale di Egna siano quanto mai importanti: «Noi abbiamo delle intense collaborazioni con partner britannici e tedeschi, con l’inglese che in alcuni casi è più importante del tedesco». La formazione linguistica è pertanto assai gradita, in particolare i corsi di inglese sono molto richiesti e promossi dalla dirigenza. È altresì importante che gli stessi quadri aziendali diano l’esempio utilizzando le lingue straniere: «La lingua è anche sinonimo di valori. Chi conosce più lingue, conosce anche i valori della gente e può immedesimarsi meglio nelle diverse mentalità e sensibilità», conclude (BK) Hannes Loacker. g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   2 1


coperti n a : i l plu r il in g u is mo Uno sguardo oltre i confini

Il plurilinguismo ha tante facce

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Babele: made in India 1,2 miliardi di poliglotti

Più di 20 lingue riconosciute, centinaia di dialetti parlati e 2 lingue ufficiali (hindi e inglese) in tutto il Paese, scritte a loro volta in 11 alfabeti diversi (tra cui arabo e il tradizionale devanagari): la Babele dei tempi moderni è l'India. Queste cifre danno l'idea dell'estrema ricchezza culturale di cui gode il Paese, ma come interagiscono nella vita di tutti i giorni gli abitanti poliglotti? L'inglese è parlato prevalentemente nell'istruzione e nella burocrazia, mentre l'hindi funge da lingua franca tra i tanti e vari dialetti indiani nelle zone rurali. Da poco inoltre sta nascendo una nuova lingua, il cosiddetto “hindish”, un mix tra hindi e inglese comprensibile da gran parte della popolazione che deve il proprio successo ai mass media. Una lingua tra le lingue nata per semplificare la comunicazione. >> Morale: i mass media non influenzano solo i consumi e le idee politiche ma fanno anche nascere nuove lingue. 2 2   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

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Lettura ≠ pronuncia

Dialetti & lingua standard scritta

La lingua cinese è parlata da 845 milioni di madrelingua. Nonostante tutti leggano gli stessi ideogrammi però, spesso da regione a regione non si capiscono e devono addirittura tracciare con le dita il carattere sulla mano dell'interlocutore. Del cinese, infatti, si può capire che cosa è scritto in un testo senza per questo pronunciarlo nello stesso modo. È per questo che, se guardate il canale televisivo cinese CCTV4, troverete sempre i sottotitoli in cinese, tranne quando parlano i conduttori dei telegiornali. Loro infatti parlano il cinese mandarino standard, il dialetto che nel 1919 è assurto a lingua ufficiale del Paese. Un po’ come succede con i numeri nei Paesi occidentali: tutti leggono e capiscono il segno “4” ma ognuno lo pronuncia in modo diverso a seconda della propria lingua madre. >> morale: in Cina meglio portarsi un vocabolario con gli ideogrammi che imparare a memoria la pronuncia delle parole.

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Toponimi: odi et amo Capire l’Europa dai cartelli

Bolzano/Bozen/Bulsan, ma anche Aosta/ Aoste o Gorizia/Guriza. In Alto Adige, Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia le minoranze etniche rispettivamente tedesca e ladina, francese e walser e friulano, tedesco e sloveno sono riconosciute per legge ed è quindi facile trovare cartelli bilingui o trilingui. Cartelli bilingui si trovano però anche in altre regioni italiane dove tali tutele non esistono come in Sardegna con il sardo, in Sicilia con l’arbëreshe o in Piemonte con l’occitano. In Veneto e Lombardia stanno invece spopolando i dialetti. Allargando lo sguardo all’Europa si trovano cartelli bilingui per esempio in Galles in inglese-gallese e in Belgio in francese/olandese o in tedesco/francese. In Grecia invece le minoranze linguistiche non sono riconosciute e quindi vige il monolinguismo, anche se in alcune zone turistiche si traslitterano in caratteri latini le indicazioni. >> Morale: il motto dell’Unione Europea è “unita nella diversità”. Anche dei cartelli stradali.


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Bilingue sulla carta La scelta degli sloveni d’Italia

Nelle provincie di Trieste, Gorizia e Udine si può scegliere se avere la carta d’identità solo in lingua italiana o anche in sloveno grazie alla legge 38 del 2001. In questa zona, infatti, risiedono i madrelingua sloveni d’Italia, che secondo dati non ufficiali sono tra i 45000 e gli 80000. Quest’area geografica si estende per circa trenta chilometri di larghezza lungo il confine italo-sloveno, da Tarvisio fino a Muggia, ed è qui che si può incappare nella carta d’identità verde scuro, che ormai è diventata un vero e proprio simbolo di appartenenza etnica per la storica minoranza etnica slovena ma anche qualcosa di più. Per promuovere l’integrazione, infatti, anche molti madrelingua italiana optano per il bilinguismo sul proprio documento di riconoscimento così come scelgono di mandare i figli alla scuola slovena. >> Morale: l’integrazione non passa soltanto attraverso i documenti ufficiali.

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Materie in L2 Il viaggio dell’immersione

Il concetto di “immersione” nacque in Quebec, dove nel 1965 genitori e studenti anglofoni chiesero lezioni sia in inglese che in francese: la seconda lingua diventò così un veicolo per l'apprendimento di altri contenuti. Questa metodologia – chiamata in anni più recenti CLIL: Content and Language Integrated Learning – si è trasferita anche in Europa. I ladini altoatesini, per esempio, frequentano la cosiddetta “scuola paritetica”, dove al ladino è dedicata solo un’ora la settimana e tutte le altre lezioni sono tenute in tedesco o in italiano. Altri due esempi sono la Svizzera, dove gli studenti liceali possono scegliere di conseguire la maturità bilingue e Andorra, dove oltre al catalano, lingua ufficiale, per insegnare le diverse materie si usa anche il francese con incorporazione progressiva dello spagnolo e dell'inglese. >> Morale: Paese che vai, immersione che trovi. (AB)

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coperti n a : i l plu r il in g u is mo | L’ infografica

Lingue mondiali e lingue madri Secondo il sito weltsprachen.net, nel mondo ci sono 375 milioni di persone di madrelingua inglese, mentre le persone che lo parlano sono quattro volte tante. Il cinese è parlato come prima lingua da 982 milioni di esseri umani e da 1,1 miliardi in tutto. Passiamo al francese: per 79 milioni di persone è la lingua madre, mentre per sapere il numero delle persone che lo parlano al mondo bisogna 2 4   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

moltiplicare il dato per 4,5. Dallo studio condotto nel 2008 dall'Istituto Allensbach è emerso che quasi il 78% dei 1.820 intervistati – tutti tedeschi adulti – è per la varietà linguistica in Europa, mentre il 13% circa vorrebbe una lingua comune. Un’altra indagine realizzata nel 2012 dallo stesso istituto ha permesso di appurare che il 37,08% dei tedeschi conosce almeno una lingua straniera. Infine, secondo uno studio Eurostat dell’ottobre 2013, il 20,9% dei giovani europei studia il tedesco come lingua straniera.

Fonte: Zukunftsinstitut / Infografiica: no.parking comunicazione

Ecco come si parla in Europa


copert ina: il plu rilingu ismo | L'opinione

Plu | ri | lin | gui| smo, termine che definisce da un lato la capacità di una persona di parlare più lingue, e dall’altro indica l’utilizzo diffuso di più lingue in un contesto sociale, un’area linguistica o uno Stato.

Il mondo delle code alle casse. Per Sergio Camin la lunghezza delle code e il tempo di attesa alle casse dei supermercati sono un indicatore della crisi, mentre le storie di persone che stanno dietro e davanti alle casse sono la fotografia di un Alto Adige al crocevia tra passato e futuro.

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a signora Cesira fa la cassiera in un supermercato. Le cassiere dei supermercati sono utilissime per capire quello che succede fuori dai supermercati. Un esempio banale sono le code alla cassa nelle ore di punta, se sono lunghe ma veloci vuol dire che la gente compra sempre meno, il campanello d’allarme di una crisi in arrivo, se sono corte la crisi è arrivata, se sono corte e veloci la situazione fuori è drammatica. Ma noi siamo qui per scrivere di plurilinguismo. La signora Cesira ha 61 anni, è nata a Bolzano dove vive e lavora, ha un diploma da maestra, che non le è mai servito e non sa il tedesco. Una generazione, la nostra di italiani nati negli anni ’50 e ’60, di monolingui per forza, a volte per scelta e a volte per sfiga, considerando che a decidere non erano certo le cassiere dei supermercati. La figlia maggiore della Cesira, Samantha, è nata nel 1972 e adesso ha 41 anni, è andata a scuola negli anni dello Statuto e anche lei non sa il tedesco ma ha due figli, Guido e Jessica, i nipoti della Cesira, che lo stanno imparando. Lei, la Samantha, è convinta che sia giusto che lo imparino perché serve per il Patentino e i suoi figli cercano invano di spiegarle che serve anche perché vivono qui, un posto dove dovrebbe essere normale essere bilingui. Ci abbiamo impiegato un po’ ma alla fine forse ci siamo arrivati. Grazie a Guido e Jessica, adesso la signora Cesira si sente un po’ in colpa, quando alla cassa, la Gertrud, una cliente storica, le parla in italiano, come ha sempre fatto negli ultimi 25 anni. L’altro giorno alla Cesira è successa una cosa che l’ha lasciata interdetta. Alla cassa c’era la fila, una di quelle corte ma veloci, davanti a lei un signore vestito da turista sceso a Bolzano per vedere la mummia nel museo perché in montagna il tempo era brutto. L’uomo non si è limitato, come fanno i turisti, a piazzarle davanti le tre cose che voleva

comprare ma le ha chiesto qualcosa e lo ha fatto in tedesco. Di solito con i turisti stranieri, la Cesira ha un metodo classico, batte il conto in cassa e poi con un sorriso indica il display. Per fortuna almeno i numeri sono uguali per tutti e tutto solitamente fila liscio. L’altro giorno no, il maledetto le aveva chiesto qualcosa e nella cassa accanto non c’era nemmeno Martina, la sua collega di lingua tedesca, che nei rarissimi casi simili le aveva sempre risolto il problema. Mentre cercava di darsi un contegno fingendo di avere problemi con lo scontrino, sentì la voce. Era il cliente dietro al turista, un uomo sui trent’anni, vestito in modo dimesso e nerissimo, uno, che al supermercato veniva spesso con una ragazza nera anche lei, che era con lui anche quel giorno e comprava surgelati e pane. Stava parlando in tedesco con il turista, si capiva, che faceva un po’ fatica ma gli stava parlando. Poche parole e poi il turista prese le sue cose e se ne andò soddisfatto, il senegalese, nel suo più che discreto italiano, disse alla Cesira, che cosa si erano detti e poi si avviò all’uscita, parlando con la ragazza nera in una lingua, che alla Cesira sembrava solo una serie di strani versi. Capite perché è importante ascoltare i racconti delle cassiere dei supermercati? È questa la realtà, che va avanti prescindendo da noi e non ci aspetta e tantomeno può aspettare scelte politiche attendiste, articoli 19, difese titubanti di orticelli recintati e soprattutto paure. Forse è il caso di andare avanti e dare davvero una mano a ragazzi come Guido e Jessica. Sergio Camin, 63 anni, spirito libero e pubblicista. Dal 1988 cura l’apprezzata rubrica satirica “Visti dal basso” sul quotidiano in lingua italiana Alto Adige. g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   2 5


Ma rke ti n g

La fama corre sul web. Su Internet ormai si cerca (e si trova) di tutto, dalla

vacanza di lusso all’auto più conveniente. Questo fenomeno fa sì che i siti di recensioni e confronto dei prezzi acquisiscano sempre più rilevanza, tanto da influenzare le decisioni di acquisto dei consumatori.

ALZI La mano chi non ci tiene ad avere una buona reputazione presso conoscenti ma anche tra gli sconosciuti. E se la reputazione è importante per un comune mortale, figuriamoci per un’azienda che sul buon nome ci vive e che giocoforza avrebbe bisogno di un buon Reputation Management, il quale però richiede dispendio di tempo e denaro e non è per nulla facile. Se infatti nell’era digitale è possibile costruirsi una buona fama in maniera rapida, globale e visibile a tutti tramite i portali di valutazione, i blog ed i social network, è altrettanto vera l’affermazione che Barbara Theiner – libera consulente e docente di marketing turistico presso il Management Center Innsbruck (MCI) – rivolge ai responsabili marketing e vendite: «La reputazione è quello che la gente dice quando esci dalla stanza. La reputazione on line è quello che milioni di persone dicono di te». Per capire ancora meglio l’importanza e la rilevanza strategica del Reputation Management ascoltiamo quanto dice Warren Buffett, ritenuto il più grande value investor di sempre: «Ci vogliono 20 anni per farsi una reputazione e cinque minuti per distruggerla. Se ci rifletti su, dopo un po’ agirai in maniera diversa». Va da sé che i riflessi di Internet sul destino economico di un’azienda sono ancora un argomento controverso. Dave Carroll,

una definizione: Cos’è il Reputation Management? Per Reputation Management si intende il monitoraggio e la gestione della reputazione di una persona, un’organizzazione o un prodotto. Per Online Reputation Management (ORM) si intende sempre il processo appena descritto ma applicato ai canali di comunicazione digitale.

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cantautore canadese, nel 2009 ha fatto crollare del 10% il valore delle azioni della compagnia statunitense United Airlines pubblicando su YouTube un video che ad oggi è stato visto 13,6 milioni di volte. Nella sua canzone intitolata “United breaks Guitars”, Carroll denuncia che la sua preziosa chitarra è stata maltrattata e danneggiata durante l’imbarco dei bagagli, e che le sue ripetute richieste di risarcimento sono rimaste inascoltate.

Link al video “United breaks Guitars”

La fama? Dipende anche da noi Affinché abbia successo, il management della reputazione on line deve osservare alcune linee guida fondamentali. L’esperta in marketing turistico Theiner consiglia come prima cosa di mettere in evidenza i punti di forza dell’azienda, immettendo nel web i propri USP in modo da contribuire attivamente alla formazione della propria reputazione digitale. «Se faccio delle cose buone, devo farlo sapere tramite gli altri canali mediatici, perché da tempo ormai non basta più parlarne solo sul proprio sito aziendale», dice Theiner. Sui social network il cliente si sente più forte perché può esprimere giudizi sinceri con la protezione dell’anonimato, sentendosi interessante e importante agli occhi della Community. Basti pensare a quante persone si compiacciono di avere follower, friends e fans. Il consumatore tra l’altro crede più facilmente ad un altro consumatore piuttosto che al produttore, perché le opinioni personali vengono percepite come più sincere.

Istruzioni per l’uso Ogni azienda che voglia costruirsi una buona reputazione digitale non può fare

a meno di due cose essenziali: investire in un adeguato supporto informatico e dare carta bianca ai collaboratori incaricati di usarlo. Il passo successivo, consiglia Barbara Theiner, consiste nel conoscere quanto più possibile le preferenze dei propri clienti e ospiti: i siti più visitati dal cliente, i temi che più gli piacciono, cosa lo sorprende, lo irrita o lo affascina. Lo scopo di questa indagine è di capire i punti di forza della propria azienda; certo non tutte le imprese sono in grado di attuare subito una simile selezione, ma nel lungo periodo è decisamente più conveniente concentrarsi su un target ben definito, sostiene Theiner. Il primo passo consiste nella registrazione dell’azienda sui portali più impor-


comunicare

coinvolgere mail

i 4 principi dell’Online Reputation Management ringraziare

ascoltare

sms Per far sì che la reputazione si trasformi in un fattore di successo, bisogna lavorare sodo.

tanti, a cominciare dalla pagina locale di Google+ che permette ad esempio ad un albergo di farsi trovare dal motore di ricerca Google Hotel Finder. Per avere un quadro costante della propria reputazione on line è poi necessario rispondere ai commenti, sia positivi che negativi, e analizzare regolarmente i dati registrati.

Il tema giusto sul canale giusto Un’altra mossa importante è quella di elaborare un programma di comunicazione, annuale o stagionale, destinato ai principali portali web, in modo da veicolare in maniera virale i propri temi. «Ciò che conta è far passare il messaggio giusto sul canale giusto: solo così si potrà avere successo sul web e accrescere

l’interattività con la clientela», ribadi- la propria struttura ad altre persone: un sce Wolfgang Töchterle, responsabile grazie per il commento positivo o magadel reparto Digital Development di Alto ri un regalino sono sempre ben accetti e Adige Marketing (SMG). L'ideale sareb- fanno fare bella figura. be che i clienti postassero delle proprie Social network: riuscire a far cliccare foto e altri utenti le commentassero. “mi piace” o “condividi” ad un navigatoI complimenti dei clienti immessi re del web è un bel traguardo, che consul web per la qualità di un prodotto o tribuisce a diffondere un marchio a patper l’ottima cucina di un albergo sono to però che il sito aziendale in primis altamente motivanti per i dipendenti. Il consenta queste possibilità. Sul proprio buon nome di un’azienda è qualcosa sito è altresì utile pubblicare i commenche si costruisce giorno dopo giorno, la- ti positivi della clientela, perché come vorando ad obiettivi comuni e condivi- detto le opinioni neutrali vengono prese dendo i successi. Va da sé che non tutti maggiormente in considerazione. Ingli ospiti e clienti hanno voglia di com- somma, tutto questo è il lavoro che si mentare le proprie esperienze, per cui dovrebbe fare ogni giorno per costruirsi sarebbe bene stimolarli ad esprimere una buona reputazione, nel mondo virun parere e possibilmente a consigliare tuale e in quello reale. (PO) g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   2 7


Ma rke ti n g

Software libero. Facilita il processo di innovazione, fa risparmiare un bel po’ di

denaro e sfrutta i vantaggi della Community. E tutto questo non vale solo per le aziende del settore IT. Bolzano rende merito al Free Software organizzando ogni anno un affollato meeting internazionale.

da tempo ormai la tecnologia informatica non è più un argomento che riguarda solo le aziende attive nel settore IT, bensì tutte le imprese – e in particolare quelle che fanno innovazione – che si avvalgono dell’informatica per portare avanti la loro attività. A questo scopo nel 2007 all’interno del TIS innovation park è stata creata un’area dedicata proprio al sostegno nei servizi IT ad aziende e pubbliche amministrazioni. Allo stesso tempo il TIS ha deciso di lavorare in questo settore avvalendosi esclusivamente di software libero e tecnologie aperte, come d’altronde si evince chiaramente dal nome dell’area: “Free Software & Open Technologies”. «Quando si lavora principalmente in maniera cooperativa, come facciamo noi, l’utilizzo di software libero è molto meno dispendioso», esordisce il coordinatore d’area Patrick Ohnewein, che aggiunge: «Come dice il nome stesso, il software libero – a differenza di quello che si acquista – è gratuito. Questo significa che può essere usato a pia-

cimento, copiato, studiato, modificato e ampliato, regalato e persino venduto». Oggi il software libero non è più appannaggio degli utenti privati ma è sempre più usato da aziende e pubbliche istituzioni come amministrazioni, centri di ricerca e università. «Un esempio eclatante in tal senso è la libera enciclopedia Wikipedia, che si avvale appunto di software libero», informa Ohnewein. Siamo insomma di fronte ad un sistema che, sottolinea Ohnewein, riduce di molto l’impegno burocratico dei progetti di cooperazione e permette al processo di innovazione di viaggiare in maniera più spedita. Il Free Software ha poi un altro aspetto positivo da non disprezzare: i costi, che vengono sempre distribuiti tra i vari player che investono nella stessa misura nel software.

Dati a disposizione di tutti C’è un’altra realtà, oltre al software libero, che può essere di aiuto a chi fa innovazione o a chi ha intenzione di farla: gli

Open Data, ovvero i dati accessibili e utilizzabili da tutti. «Il potenziale sociale ed economico degli Open Data è enorme – dice Patrick Ohnewein – e pian piano anche le aziende private e pubbliche stanno imparando a riconoscerlo». I dati aperti sono anche un modo per far diventare i centri urbani più “intelligenti”: al TIS ad esempio si sta sviluppando, insieme al Comune di Bolzano, un progetto di informazione e gestione della viabilità che utilizza i dati aperti per ottimizzare il traffico e ridurre l’inquinamento atmosferico. Il progetto “GeoBI.info” invece raccoglie tutti quei dati pubblici che possono aiutare un’azienda a capire se e dove aprire una nuova filiale oppure se è il caso di ampliare il proprio assortimento. Il software libero sviluppato per l’occasione assembla tutti i più importanti dati statistici disponibili pubblicamente e li trasforma in grafici, che diventano uno strumento prezioso per valutare meglio le potenzialità di mercato. «Se gli Open Data vengono chia-

Il meeting internazionale “SFScon” porta ogni anno a Bolzano relatori di fama internazionale e circa 200 addetti ai lavori. 2 8   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4


Il Free Software può essere usato a piacimento, copiato, studiato, modificato e ampliato, regalato e persino venduto.

mati “l’oro digitale” – dice Ohnewein – ci sarà un motivo». Un motivo in più per spingere le pubbliche amministrazioni a mettere a disposizione della collettività tutti i loro dati.

Tanti dati, un unico standard Va da sé che per rendere veramente “aperti” questi Open Data, sarebbe auspicabile che potessero essere leggibili a livello globale. E a questo punto entrano in gioco gli Open Standard, che permettono appunto di elaborare i dati in maniera tale da essere fruibili ovunque. «Quest’aspetto è di enorme importanza – fa notare Patrick Ohnewein – soprattutto nel settore del turismo e della mobilità». Uno standard aperto è ad esempio quello utilizzato dall’azienda di trasporto locale SASA, che a Merano permette anche ai turisti di sapere esattamente dove si trova il bus che stanno aspettando.

La forza della Community Nel mondo del software libero il ruolo della Community è fondamentale per cercare soluzioni, lanciare formule e codici nuovi. «Il bello del Free Software – sostiene Ohnewein – è che riesce a far dialogare esperti del settore, ricercatori, enti pubblici e cittadini. Un terreno ideale insomma, per far prosperare l’innovazione». Anche dai vari progetti nascono spontaneamente comunità e sinergie. È il caso ancora della SASA, che sul proprio sito SASAbus.org ha dato vita ad una Community composta da aziende e dipendenti pubblici che lavorano nel settore della mobilità. Tutti assieme partecipano alla ricerca di tool e piattaforme, sempre basati sul Free Software, che possono essere integrati al software esistente per renderlo ancora più efficiente e fruibile dalla gente comune.

«Un’altra Community ad esempio è nata attorno al progetto Bolzano Traffic, promosso dal Comune di Bolzano e dal TIS, il quale utilizza un sistema che permette di sapere in tempo reale quali sono i parcheggi liberi in città», spiega Ohnewein. E queste informazioni vengono utilizzate anche dalla SASA, che le mette a disposizione sulla propria applicazione per agevolare la mobilità urbana. «Se aumenta il numero di persone che usano queste piattaforme, cresce anche la Community e con essa la qualità del servizio, perché ognuno può contribuire al miglioramento e all’ampliamento del software», puntualizza Ohnewein.

Il meeting internazionale Dal 2001 Bolzano ospita ogni anno la Conferenza del Free Software (http:// SFScon.it), dedicata interamente all’open source. A lanciare questo meeting internazionale è stato il Linux User Group Bolzano, l’associazione nata appunto nel 2001 per diffondere il Free Software. Dal 2004 l’organizzazione di questa manifestazione è passata nelle mani del TIS, che ogni anno porta a Bolzano relatori di fama internazionale e circa 200 addetti ai lavori. «SFScon è una sorta di conferenza consuntiva, durante la quale presentiamo tutti i progetti UE che abbiamo accompagnato nel corso dell’anno», spiega Ohnewein. Il meeting, introdotto dalla relazione di un keynote speaker, dura una giornata e prevede diversi workshop pratici. «I partecipanti provengono dal mondo della pubblica amministrazione e della ricerca ma anche dalle aziende. Questo fa sì che la conferenza si trasformi in un evento di networking interdisciplinare che offre enormi potenzialità di (EP) brainstorming».

l a c o n f eren z a i n t ern a z i o n a l e Maggiori informazioni sul Free Software sul sito www.sfscon.it

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MENti

Il restauratore di libri Abdulwahid Al Shami: “Chi conosce le lingue riesce ad integrarsi�.


Il predestinato. Abdulwahid Al Shami sa per esperienza diretta che se il destino

decide di metterci lo zampino, è inutile cercare qualcosa o qualcuno: sarai tu ad essere trovato. Il restauratore di libri dello Yemen, che da 20 anni vive a Cornaiano, racconta il suo rapporto con il destino. Testo: Maria Cristina De Paoli Foto: Alex Filz

«a dire il vero non avevo mai pensato di andare via dallo Yemen. Poi però le cose sono andate diversamete», esordisce Abdulwahid Al Shami sedendosi sullo sgabello del suo laboratorio. Voce pacata, tedesco standard parlato senza accento particolare. Ci vogliono esattamente 35 passi per arrivare dalla piazza principale di Cornaiano a casa sua, segnalata da una tabella giallo-nera con su scritto “Restauratore di libri”. La strada che Al Shami ha percorso nel 1994 è però molto, molto più lunga: dalla capitale yemenita Sanaa al paesino dell’Oltradige ci sono la bellezza di 4600 chilometri. Ma la distanza geografica è poca cosa, se confrontata alle gigantesche differenze culturali e sociali tra l’Alto Adige e lo Stato più meridionale della penisola araba. E tuttavia questo artigiano di 50 anni non soffre di nostalgia, «perché anche nel posto più bello del mondo puoi stare male, se ti manca la pace interiore». Vent’anni fa furono proprio i suoi sentimenti a spingerlo via da casa, e da allora la perdita di amici e parenti è stata compensata dall’amore per sua moglie e sua figlia. Il primo appuntamento del giovane yemenita con il destino riguarda proprio la conoscenza della giornalista di San Candido che sarebbe diventata sua moglie. «Un giorno un mio amico di Sanaa che faceva la guida turistica si ammala, e mi chiede se posso andare al suo posto ad accompagnare un gruppo di tedeschi. E tra di loro c’era Ulrike». Quell’incontro sconvolge la vita di Al Shami e in pochissimo tempo succede di tutto: la decisione di lasciare lo Yemen, il matrimonio, il trasferimento a Cornaiano, la creazione di un laboratorio tutto suo. E qualche anno dopo nasce Nora: «Mia figlia mi ha insegnato molte cose. Nello Yemen il

maschio ha sempre ragione, Nora invece mi ha dimostrato che bisogna anche saper cedere». Al Shami peraltro, già prima di conoscere sua moglie aveva imparato che la vita non è sempre facile. «Pur essendo yemenita, io sono nato in Etiopia. Negli

mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto. Ero in un albergo di Sanaa quando entrarono due turisti tedeschi che cercavano un tassista che sapesse l’inglese». Siamo a metà degli anni ’80, Al Shami lavora mezza giornata in un ospedale e nell’altra metà fa il tassista. I due turisti di prima – un orientalista di Amburgo e un restauratore di libri di Göttingen – salgono proprio sul suo taxi: «Sono rimasti una settimana per esaminare un manoscritto che era stato ritrovato, e per tutto il tempo li ho accompagnati io». I due esprimono la volontà di ritornare a distanza di un anno per restaurare gli antichi documenti, e allora «dopo dodici mesi sono andato ogni giorno all’aeroporto sperando di incontrarli». E infatti un giorno i due uomini atterrano a Sanaa e lo informano che stavolta si fermeranno parecchi mesi. «Allora ho lasciato il lavoro all’ospedale, sono andato in giro con loro e ho anche iniziato a interessarmi al loro lavoro. Quando vennero a Sanaa per l’ultima volta, avevano una sorpresa per me: una borsa di studio triennale per frequentare un corso di restauratore di libri a Göttingen». Si potrebbe stare ore e ore ad ascoltare questo artigiano yemenita: «Ho imparato da mio padre a raccontare storie», dice sorridendo Al Shami, che dal padre giramondo ha ereditato anche una religiosità del tutto particolare: «Sono convinto che esista un solo Dio, a prescindere dal nome che gli viene dato. E per pregare questo Dio si può andare ovunque: in una moschea, in una sinagoga o in una chiesa».

“Sono convinto che esista un solo Dio. E per pregarlo si può andare in chiesa, moschea o sinagoga” anni Venti mio padre decise di emigrare e così partì con due muli e qualche tallero di Maria Theresia. Mentre si trovava ancora nello Yemen ebbe un incidente e perse tutto quello che aveva. Quando arrivò sulla costa, si ritrovò povero e disperato». Un forestiero però ebbe pietà di lui, e gli diede il denaro necessario per il visto e il viaggio in nave fino al Corno d’Africa. «Qualche anno dopo mio padre sposò la figlia di quell’uomo generoso, che aveva rivisto dopo una lunga serie di peregrinazioni in Etiopia. Lei aveva 20 anni meno di mio padre e gli ha dato 11 figli». Prima che i suoi genitori decidessero di tornare in Yemen, Al Shami ha vissuto in Etiopia fino a 12 anni imparando già da piccolo il senso della parola integrazione «Malgrado ci fosse una scuola araba, mio padre ci mandò apposta in una etiopica». Per essere accettati in un Paese straniero bisogna innanzitutto conoscerne la lingua: «Chi riesce a parlare, si integra». Un’esperienza che Abdulwahid Al Shami ha vissuto anche a Cornaiano. Il fatto di sapere il tedesco già al suo arrivo in Alto Adige è stato fondamentale, tanto più se la sua conoscenza è dovuta a un altro scherzo del destino. «Diciamo che

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merc ato

Metti l’Alto Adige in vetrina. Nei mesi di marzo, settembre e ottobre

l’Alto Adige si è fatto notare in Europa con il format “Südtirol zu Gast in…” e a Milano in “Casa Alto Adige”, dando sempre il meglio di sé con eventi intriganti e nuove prospettive.

Un ponte con la Svizzera La lingua come elemento di congiunzione tra Alto Adige e Svizzera: musica, chiacchierate con i giornalisti, cucina creativa.

Zurigo

Monaco

Monaco

Zurigo

Amburgo

Ospitalità estera “Südtirol zu Gast in…” è diventato un appuntamento fisso con la stampa straniera.

Amburgo

Nuove prospettive Ad Amburgo il Törggelen è andato in scena in bilico tra l’antica tradizione e le nuove interpretazioni.

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Amburgo Amburgo


L’Alto Adige che non ti aspetti

A Fuorisalone c’è l’Alto Adige

A Monaco si è visto un Alto Adige inedito e sorprendente: nuovo design, cucina coraggiosa e prodotti di nicchia dall’allure cosmopolita.

L’Alto Adige fra tradizione e modernità: il legno si trasforma in oggetti di design.

Spazio alle famiglie! Bambini e genitori alle prese con canederli e grissini. Gli eventi interattivi facilitano il contatto con i giornalisti.

Milano

Milano

o

Praga

Cosa: a spasso per mercati Quando: 2013 Dove: Milano, Berlino, Monaco, Amburgo, Zurigo, Varsavia, Praga, Bruxelles, Utrecht, Londra. Come: tra marzo e novembre l’Alto Adige ha girato l’Europa con il format “Südtirol zu Gast in…” e a Milano si è presentato a “Casa Alto Adige”. Tutti gli eventi si caratterizzano per i contenuti intriganti, diversi dal solito e sorprendenti dal punto di vista gastronomico. Il denominatore comune è l’accurata preparazione degli appuntamenti, sempre adeguati ai vari contesti. Solo così è possibile destare l’interesse dei giornalisti tradizionali ma anche dei più moderni blogger e instagramer, stimolandoli a parlare dell’Alto Adige. Il format è ormai collaudato, tuttavia ogni anno viene analizzato e aggiornato alle mutevoli esigenze del mercato. (CS)

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Ma rke ti n g

Go international. L’export non è mai stato così in salute, tuttavia per renderlo

ancora più importante e aumentare la competitività delle aziende locali, anche nel 2014 è in programma una ricca serie di sovvenzioni e iniziative. I partner di riferimento sono EOS e Provincia.

Marco Ferrari della ditta Nordtex è visibilmente soddisfatto per essere riuscito ad ampliare ulteriormente il mercato internazionale dei suoi prodotti destinati all’edilizia a risparmio energetico. Il nuovo tassello si chiama Turchia ed è stato aggiunto grazie alla presenza alla fiera Turkeybuild. «Ho l’impressione che attualmente l'Alto Adige si stia concentrando molto sull’esportazione, noi stessi da alcuni anni puntiamo su questi sbocchi commerciali. Sono convinto che senza export non si va da nessuna parte», afferma Ferrari. E i numeri gli danno ragione: secondo i dati diffusi recentemente, dopo lo storico crollo del 2009 le esportazioni sono risalite e non hanno smesso di crescere. Tuttavia, malgrado i numeri siano confortanti, non è proprio il caso di dormire sugli allori. Partendo da questo presupposto, lo scorso anno il governo altoatesino ha licenziato un pacchetto di iniziative teso a rafforzare l’attività di export, che dovrebbe trovare applicazione nel 2014. In Alto Adige il settore dell’export evidenzia da sempre delle problematiche di natura strutturale o storica. Da una parte c’è un panorama imprendito-

riale dominato dalla massiccia presenza di piccole o piccolissime imprese, dall’altra una situazione storica e politica che ha portato le aziende altoatesine a concentrarsi sul mercato locale. Il punto è che se in passato il mercato locale poteva garantire potenziali di crescita e di fatturato a quasi tutti i settori, oggi non è più così e inevitabilmente le ditte nostrane hanno dovuto imboccare la strada che porta all’estero.

L’importanza dell’assistenza

la Provincia promuove con decisione le ricerche di mercato e le iniziative che possano facilitare nuovi sbocchi commerciali. Per la prima volta ad esempio sono stati stanziati dei contributi per avvalersi di esperti locali, i cui costi vengono sostenuti fino al 50% (e per un massimo di 20.000 euro) dalla mano pubblica. EOS da parte sua mette a disposizione uno sportello dedicato, segue progetti e iniziative e stimola le aziende.

Più visibilità ai prodotti locali La Nordtex di Chiusa è solo una delle Garantire maggiore visibilità ai prodotti tante imprese altoatesine che hanno varcato i confini nazionali, in alcuni “Made in South Tyrol”: questo lo spirito casi mettendo in piedi dei rami azienda- che ha portato la Provincia a destinare li dedicati all’export. Le sovvenzioni del- contributi ancora più elevati per la partecipazione ad eventi fieristici nei nuovi la Provincia e l’assistenza dell’EOS sono invece rivolte soprattutto alle PMI. Hei- mercati. La quota di sovvenzione pubblica è stata portata dal 50 al 70% e ridi Sparber della Zingerlemetal (tende) è presente già da anni sul mercato scan- guarda, oltre alle 40 fiere organizzate da EOS sotto il marchio ombrello “Alto Adidinavo e si avvale dell’assistenza in loco ge/Südtirol”, un altro centinaio di partefornita dai partner svedesi di EOS. «Thomas Ramsten della TBR Con- cipazioni individuali di aziende altoatesulting ci ha preparato per bene ad af- sine in fiere sparse per il mondo. «Stiamo parlando di soldi spesi bene, frontare questo mercato e già si vedono i primi frutti», afferma con soddisfazio- perché le fiere continuano ad essere ne. Conoscere i mercati prima di andar- uno dei canali più importanti per cercare nuovi partner e clienti», sostiene conci è fondamentale, ed è per questo che

Viaggi imprenditoriali

Progetti export

Scoprire mercati esteri interessanti, incontrare potenziali partner d’affari, conoscere spazi economici di tutto il mondo

Azienda singola che intende sbarcare su un nuovo mercato

Dati essenziali:

Assistenza nel sondaggio del mercato e/o nella ricerca dei partner commerciali Valore aggiunto: il partner di EOS conosce gli aspetti giuridici, culturali ed economici del mercato da conquistare Sovvenzione: 70 % dei costi per la consulenza del partner (nei limiti del regime de minimis) Le sovvenzioni per i costi totali arrivano fino a un massimo di 40.000 euro l’anno

Numero minimo di partecipanti: 3 aziende altoatesine Partecipanti: aziende del settore o intersettoriali Valore aggiunto: la rete dei partner di EOS permette di individuare nuovi potenziali clienti e concordare trattative Sovvenzione: 70 % 3 4   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

Dati essenziali:


vinto Hansi Felder, che essendo direttore della ripartizione provinciale all’artigianato, industria e commercio ha il polso della situazione in materia di sviluppo economico. Il sostegno pubblico è previsto anche per iniziative mirate all’incremento delle vendite nonché all’adeguamento dei prodotti aziendali ai mercati che si intende conquistare. Questa sorta di offensiva per rafforzare l’export è limitata nel tempo, dura due anni e si concluderà a fine 2014. Anche le sovvenzioni hanno un tetto massimo fissato dal regime de minimis stabilito dalla UE, secondo il quale ad un’azienda non possono essere concessi sovvenzioni per più di 200.000 euro nel giro di tre anni.

Il fondo di garanzia per l’export Un tassello fondamentale nel quadro delle misure di promozione dell’export è il fondo di garanzia appositamente costituito. L’iniziativa, già da qualche tempo pronta a partire, è finalmente decollata a dicembre 2013 con grande sollievo delle aziende, in particolare di quelle che sentono già sul collo il fiato della concorrenza estera. Il fondo provinciale per l’export, con una dotazione di 5 milioni di euro ed il coinvolgimento delle banche locali e della banca di controllo austriaca ÖKB, nasce per minimizzare i rischi delle aziende altoatesine che vogliono espandersi fuori dai confini nazionali e prevede una copertura pari a 70 milioni di euro. Il fondo di garanzia, il cui obiettivo pri-

Al pari dei servizi sottoelencati, anche l’accoglienza di delegazioni estere – nella foto quella sudcoreana interessata alla tecnologia invernale – avrà sovvenzioni fino al 70% della spesa.

mario rimane l’incremento della competitività delle imprese locali, funziona così: l’azienda altoatesina che intende stipulare un contratto in un Paese non compreso nell’OCSE si rivolge alla EOS, che esamina la documentazione e la trasmette all’organo di controllo austriaco, il quale esegue un rating per poi emettere una polizza di garanzia. A questo punto la ditta potrà andare dalla propria banca e chiedere un finanzia-

mento fino al 70% dell’ammontare del contratto. Il sistema è garantito da un fondo che, dopo la dotazione iniziale da parte della Provincia di Bolzano, è destinato nel tempo ad essere finanziato dalla propria attività, ossia dalle commissioni e dai diritti trattenuti alle aziende. (CS) Info sul sito www.eos-export.org

Presenze fieristiche collettive Partecipazione alle fiere sotto il marchio comune Alto Adige/Südtirol Dati essenziali: Numero minimo di partecipanti: 3 aziende altoatesine Valore aggiunto: EOS predispone uno stand collettivo in varie fiere specia lizzate internazionali e si fa carico di tutti gli aspetti organizzativi Sovvenzione: 70 % dei costi per l'alle stimento e l’occupazione dello stand (nei limiti del regime de minimis)

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ne ll'o cc h i o de i m edi a

Dicono di noi. Un avvincente viaggio mediatico attraverso blog, riviste di nicchia e grandi testate: prove di isolamento, ritratti musicali ed esperienze alpino-mediterranee di una giornalista di costume inglese. Schweiz: Schweizer Illustrierte Wochenzeitschrift – Die Journalistin Kati Moser preist das Angebot Venice – St. Moritz. Auf der Zugfahrt von Zürich nach Venedig vorbei an Unesco-Highlights, ließ sie sich von kulinarischen und kulturellen Schönheiten überwältigen. Ausgabe: Oktober 2013

UK: Cosmopolitan

Lifestyle magazine – Philippa Moore discloses the Brits with one of the best hidden Italian secrets and falls in love with the South Tyrolean charm of the fresh unpolluted Alpine air and the Mediterranean temperatures – between the Italian and German culture and lifestyles, she feels two countries in one. Online since September 2013

Belgium: Brunette Blogging

Fashion & Travel blog – Kim Siroyt travelled to South Tyrol with the intention of bringing together snow & high heels under one hat. In the Valle Isarco/Eisacktal valley she found the best conditions for doing it. April 2013

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Italia: D la Repubblica

Settimanale – Il settimanale femminile e di moda celebra l’Alto Adige come il luogo in cui gastronomia, architettura e design moderno si accordano perfettamente. Pur Südtirol si colloca pertanto nella hit-list di tutto ciò che bisognerebbe conoscere oppure possedere. Edizione: giugno 2013

Deutschland: Crescendo Magazin – Klassische Musik & Lebensart siebenmal im Jahr: Diskutiert wird über Musik, Trends, Premieren und CDs. Robert Kittel besuchte die Meraner Musikwochen und erkundet das Pustertal und Bozen und schafft den Spagat zwischen Kulinarik und Klassik. Ausgabe: Oktober/November 2013


Deutschland: Landlust

Magazin – Den Stubenofen als Südtiroler Exportgut und Klassiker beschreibt die Landlust in ihrer letzten Ausgabe. Ein Loblied auf alpine Kompetenz und die Weiterführung von Traditionen. Ausgabe: November/Dezember 2013

Deutschland: DB Mobil Magazin – Das Magazin der Deutschen Bahn hat mit 500.000 Exemplaren eine riesige Auflage. Monatlich porträtiert es Reiseziele, deren Menschen und Kultur. Helmut Ziegler startete in Südtirol einen Selbstversuch auf einer Selbstversorgerhütte im Karbachtal, einem Seitental des Gsiesertals und schreibt ein Lob an die Natur, die Stille und die „Live-Übertragung dieser Postkartenidylle“ auf der Veranda der Hütte. Ausgabe: Oktober 2013

Deutschland:

Welt am Sonntag Sonntagszeitung – Nora Reinhardt schreibt eine Ode an das weiße Gold des Vinschgaus und zugleich eine spannende Familiengeschichte. Ausgabe 10/11 August 2013

Belgium: Op Weg

Special interest magazine – The Outdoor Magazine (especially for hikers and bikers) is published every two months and combines print and online. Guy Raskin did a tour from Chiusa/Klausen into the heart of the Dolomites. Issue: May 2013 g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4 | M   3 7


… come Mele

Co.

La campagna ha avuto come protagonisti speck, mele, pane, formaggio, yogurt, burro, mozzarella e succo di mela.

La spesa che cambia la vita. Da settembre a dicembre 2013 EOS e SMG hanno lanciato una singolare campagna promozionale sul mercato italiano, caratterizzata da degustazioni nei grandi centri commerciali e dal passaggio di 1.400 spot radiofonici e televisivi.

l'iniziativa è singolare in quanto la campagna pubblicitaria veicolava contemporaneamente i prodotti tipici e l’immagine turistica dell’Alto Adige, dando vita a sinergie funzionali alla conoscenza del marchio, alla destinazione ed ai suoi prodotti. All’iniziativa, che metteva in palio come premio principale una settimana di vacanza per 15 anni in un Vitalpina Hotel Südtirol, hanno aderito 16 aziende produttrici. 3 8   m | g e n n a i o, f e b b r a i o, m a r z o 2 0 1 4

La campagna è stata affiancata da sei road show, organizzati da EOS, che prevedevano degustazioni di prodotti all’interno di grandi centri commerciali italiani. Il commercio al dettaglio nazionale – riferiscono gli organizzatori – ha accolto con favore questa iniziativa, unica in Italia per tipologia e dimensione, che ha riscosso grandi risultati anche in termini di vendita dei prodotti pubblicizzati.

i numeri Il concorso a premi legato alla promozione ha distribuito 7 milioni di prodotti tipici dell’Alto Adige. La campagna mediatica ha raggiunto circa 16 milioni di consumatori italiani attenti alla qualità.


“Il nostro cervello è perfettamente attrezzato per parlare più di una lingua” Prof. Petra Schulz *1965, linguista, docente universitaria di tedesco seconda lingua


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