L'Erede - Numero Undicesimo

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Sugli ALBERI

rivista di divulgazione artistico-culturale

undicesimo/APRILE 2014

EREDE

"Sono convinto di questo: la tradizione è l'elemento in cui il discente si trasforma continuamente nel docente [...] Chi non ha imparato non può educare, poiché non vede in quale punto è solo, e dunque comprendere a sua maniera la tradizione e insegnando la rende comunicabile. Il sapere diviene tramandabile solo in colui che lo ha concepito come tramandato- e che diventa libero in una maniera incredibile. A questo proposito penso all'origine metafisica della barzelletta del Talmud. La dottrina è un mare ondoso, ma per l'onda (se la prendiamo come immagine dell'uomo) tutto sta nell'abbandonarsi al suo movimento, così da salire e rovesciarsi spumeggiando." (W.Benjamin, lettera)

Le EREDItà di un rivoluzionario

che amava citare per combattere i totalitarismi

vanificando il potere rivoluzionario della traduzione. Il traduttore, secondo il Il Signor Walter Benjamin citava molto. Egli rispettava una sorta di etica della signor Walter, avrebbe dovuto piuttosto rispettare l’Originale, anche nella sintassi, citazione. Spesso i suoi saggi divenivano come dialoghi, aperti alle voci altrui, senza mai coprirlo, citandolo, parola per parola, come accade nelle traduzioni erano pieni di voci altrui. Il suo modo di citare era parte coerente del suo modo, interlineari del testo sacro. Un traduttore dunque, non dovrebbe intervenire impegnato, di tradurre e di fare storia. Ricevendo un dono, lo preservava in appropriandosi dell’originale col suo modo di intendere e poi restituirlo, ma quanto dono, ovvero non se ne appropriava. Restava riconoscente al donatore, essendo ad esso fedele, deve uscire dalla sua sintassi, dal suo modo di intendere citandolo con nome e cognome. L’eredità storica come era intesa dal signor verso il modo dell’originale. Così, in modo del tutto inusuale, Benjamin Walter è interessante e inusuale, non era intesa come il legame del presente con il considerava la libertà il criterio del tradurre: non la libertà che si oppone alla passato, ma del passato con il futuro. Nella seconda delle sue Tesi di filosofia della fedeltà, per libertà egli non intendeva il libero arbitrio del traduttore, bensì una storia troviamo scritto: “ Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni liberazione dalla lingua madre del traduttore e del lettore, attraverso la fedeltà alla generazione che ci ha preceduto, è stata data in dote una debole forza messianica, parola, con la traduzione interlineare. In questo movimento di tra-duzione però, si su cui il passato ha un diritto.”. Egli capovolgeva così il concetto di eredità mettono in dialogo entrambe le lingue -quella dell’originale e quella del traduttorestorica, e con esso quello di rivoluzione: noi siamo stati attesi sulla terra per si consente ad entrambe la possibilità di liberazione. Proprio in quel “Tra” le assolvere un compito: non per salvare generazioni future, bensì per compiere Fare l'erede per con-locarsi nella propria presenza. lingue escono dal loro isolamento monadico, si confrontano, mostrando i loro l’opera di liberazione in nome di generazioni di vinti. “C’è un’intesa segreta tra le Non nominare, arrogandosi un primato adamitico (vecchia limiti, quello che non dicono, che non hanno detto. Enunciava Benjamin nel generazioni passate e la nostra” - scriveva Benjamin - è la forza dirompente della aspirazione egoica). Giungiamo qui come portati, onde spinte memoria, che non coincide con l’immagazzinare dati, ma con il ri-cordare i vinti saggio Il compito del traduttore: “Redimere nella propria quella pura lingua che è dallo slancio del mare. che -non citati nella storia ufficiale scritta dai vincitori- continuano a subire torti. racchiusa in un’altra; o, prigioniera nell’opera, liberarla nella traduzione- è questo Non svanire in nomi routinari: non più nomi ormai, solo il compito del traduttore.”. Ogni lingua messa in dialogo con l’altra mostra Nella sesta tesi più esplicitamente scriveva: “Articolare storicamente il passato anonimato (oblio...). non significa conoscerlo come propriamente è stato. Significa impadronirsi di un d’essere una delle lingue dell’umanità, e non autoritariamente “Il linguaggio”. E se Allora soprannominare, per non perdere il senso dei nomi, una lingua è un modo di articolare il reale, allora la traduzione interlineare non è ricordo come esso balena nell’istante del pericolo … solo quello storico ha il non rischiare l'omonimia: dei nomi dati ascoltare così dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che è penetrato dall’idea solo un passaggio orizzontale che permette la liberazione da una lingua, ma anche l'essenza non l'apparenza. il passaggio verticale di crescita e sviluppo del linguaggio attraverso la che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo Ereditare come ricordare, in breve. comprensione profonda di altri modi di intendere che fanno affiorare l’inteso. La nemico non ha smesso di vincere.”. Per Benjamin il materialista storico doveva Il nome, il più memore, difende un'esperienza nella sua seità: farsi redentore delle prede “passando a contrappelo la storia”, per la lotta contro il lingua pura di cui si parlava è pertanto quella dell’inteso. La critica di Benjamin offre un indice alla particolarità. allo storicismo è strettamente connessa alla riflessione sul compito del traduttore e fascismo; lo storico dello storicismo invece “si immedesimava” nel vincitore, Soprannominare, dunque: nominare ancora, ossia essere sul linguaggio in generale: se la storia va riscritta perché è stata scritta dai come emerge in questo passo della settima tesi: “ Ma i padroni di ogni volta sono capaci di nomi soprannumerari. vincitori, ciò può avvenire solo attraverso il linguaggio, che permette quella gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L’immedesimazione nel vincitore torna quindi ogni volta di vantaggio ai padroni del momento … Chiunque ha riportato sincronia di tempi che altrimenti sarebbe impossibile; tale narrazione deve partire dagli spazi bianchi delle traduzioni, dove giace l’inteso: nel dialogo tra i modi di fino ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi Il genio dell’Europa è quello che William Blake ha definito intendere, dando voce alle voci dei vinti. Così è stato annunciato come il Signor “la santità dei minimi particolari”. E’ il genio della diversità passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si è sempre usato, Walter Benjamin, attraverso il genio della citazione, combatteva etnocentrismi è trascinata nel trionfo”. Al traduttore, negli scritti benjaminiani, spettava un linguistica, culturale e sociale: la mappa assurdamente compito simile, anch’esso capovolto rispetto alla tradizione e al senso comune. linguistici, dittature culturali, ingiustizie storiche: combatteva i totalitarismi. Così frammentata dello spirito europeo dimostra una fertilità si è voluto citarlo per continuare a combattere i medesimi, facendo tesoro delle inesauribile. Per l’Europa la minaccia più radicale è la marea Infatti, una traduzione che pretendesse di servire il lettore era considerata da eredità che ci ha lasciato: questi modi di ripensare le eredità universali, storiche e detergente, esponenziale, dell’anglo-americano, sono i valori Benjamin una cattiva traduzione: essa per facilitare il lettore si sarebbe linguistiche. allontanata dall’originale, allontanando il lettore stesso dall’originale e globalizzati e l’immagine del mondo che questo vorace Esperanto porta con sé. Il computer, la cultura del populismo e il mercato di massa parlano anglo-americano, dal night club portoghese al fast-food di Vladivostok. Non è la censura politica che uccide [la cultura]: sono il dispotismo del mercato di massa, le ricompense di una fama commercializzata. Non c’è dubbio: l’Europa perirà se dimentica che “Dio si trova nei dettagli”. (G. Steiner)

SOPRANNOMINARE


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