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THE MAGAZINE OF INTERIORS AND CONTEMPORARY DESIGN

N° 9 SETTEMBRE SEPTEMBER 2019

MENSILE ITALIA / MONTHLY ITALY € 10

DISTRIBUTION 29 AGOSTO/AUGUST 2019 AT € 19,50 - BE € 18,50 - CH Chf 19,80 - DE € 23,50 DK kr 165 - E € 17 - F € 18 - MC, Côte D’Azur € 18,10 PT € 17 - SE kr 170 - US $ 30 Poste Italiane SpA - Sped. in A.P.D.L. 353/03 art.1, comma1, DCB Verona

DESIGN LANDSCAPES






SISTEMA DI SEDUTE DANIELS | DESIGN CHRISTOPHE DELCOURT POLTRONE LAWSON | DESIGN RODOLFO DORDONI


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Floor: Grande Marble Look Golden White Walls, furnishing and countertop: Grande Stone Look Ceppo di Gré

Human Design Da più di ottant’anni progettiamo ceramiche in cui tecnica e innovazione sono al servizio delle persone. Perché il vero design nasce sempre attorno alle emozioni di chi lo vive marazzi.it




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10-15 SETTEMBRE 2019 C A N N ES - VI EUX POR T & POR T CA NTO

IL PIÙ GRANDE SALONE NAUTICO IN ACQUA D’EUROPA & LA PIÙ GRANDE ESPOSIZIONE DI NUOVI VELIERI IN ACQUA DEL MONDO

Le barche a motore restano nel

ITÀ V O N

Le barche a vela fanno rotta sul

VIEUX PORT

PORT CANTO

CANNES

CANNES


IN dice CONTENTS settembre/September 2019

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In copertina: l’illustrazione di Francesco Poroli celebra il design e la sua città di riferimento, Milano, nel numero dedicato ai progetti e ai protagonisti del Salone del Mobile 2019. A rappresentare i grandi marchi dell’arredo italiano è Edra con il divano Standard di Francesco Binfaré, dotato di schienali ‘intelligenti’ modellabili a piacere. È abbinato alla poltrona Chiara, sempre di Binfarè, e al contenitore Scrigno e al tavolo Brasilia di Fernando e Humberto Campana. On the cover: the illustration by Francesco Poroli is a tribute to design and its city of reference, Milan, for the issue on the projects and protagonists of Salone del Mobile 2019. The major brands of Italian furniture are represented by Edra with the Standard sofa by Francesco Binfarè, equipped with ‘intelligent’ backs that can be shaped as desired. Combined with the Chiara chair, also by Binfarè, and the Scrigno cabinet and Brasilia table by Fernando & Humberto Campana.

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INCOVER

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24 ART FRANCESCO POROLI

INBRIEF

26 SHOWROOMS PROGETTARE L’UFFICIO; LO SPAZIO RINNOVATO / DESIGNING THE OFFICE; UPDATED SPACE 28 LIGHTS LUCE SUI GIOVANI; SCENARI MUTEVOLI / SPOTLIGHT ON YOUTH; MUTABLE SCENARIOS 30 VARIOUS MORBIDI VOLUMI; LEGGEREZZA CREATIVA / SOFT VOLUMES; CREATIVE LIGHTNESS URBAN STYLE; ESSENZE MATERICHE / MATERIAL ESSENCE IL TESSILE DA TAIWAN; NOTE AMBRATE / TEXTILES FROM TAIWAN; AMBER NOTES

LookINgAROUND

36 BATH TRENDS BLACK POWER A TUTTO COLORE / FULL COLOR OUTDOOR WELLNESS IL BAGNO MATERICO / THE MATERIAL BATH 46 PRODUCTION SVOLTA GREEN / GREEN BREAKTHROUGH PROGETTI DA SOGNO / DREAM PROJECTS ATTIVI PER IL BENESSERE / ACTIVE FOR WELLNESS 54 COMMUNICATION NELLA SUA CUCINA / IN HIS KITCHEN 56 LONDON SHOWROOMS DE PADOVA: DEBUTTO LONDINESE / LONDON DEBUT MOLTENI&C|DADA: PROGETTI SUL TAMIGI / PROJECTS ON THE THAMES POLIFORM: LONDON CALLING IRIS CERAMICA GROUP: LA CITY DELLA CERAMICA / THE CITY OF CERAMICS

18 settembre 2019 INTERNI

89 65 PROJECTS UN INSOLITO GESSATO / UNUSUAL PINSTRIPES I LEONI DI SAN MARCO / LIONS OF SAN MARCO PORTOGHESI, IERI E OGGI / YESTERDAY AND TODAY LIVING TORTONA 80 COMPETITIONS PARETI CREATIVE / CREATIVE WALLS 82 SUSTAINABILITY UN ABITO NUOVO PER IL CONDOMINIO / A NEW GARMENT FOR THE CONDO 84 DESIGN CITIES TAINAN, LA CULLA DEI TESSUTI HIGH TECH / HOME OF HIGH-TECH FABRICS 89 YOUNG DESIGNERS FEDERICO PERI 92 FASHION FILE LO STILE DEMOCRATICO / DEMOCRATIC STYLE 95 EXHIBITIONS AT HOME IL BRIVIDO METAFISICO / THE METAPHYSICAL THRILL OLTRE LO SCHERMO / BEYOND THE SCREEN 103 EVENTS LONDRA, PIÙ SPAZIO AL MADE IN ITALY / LONDON, MORE SPACE FOR MADE IN ITALY PENSANDO AL FUTURO / THINKING ABOUT THE FUTURE 108 RESEARCH ITALIA, UN PAESE A TEMPO / ITALY: A COUNTRY WITH A TIME LIMIT 110 FAIRS NOVITÀ IN CASA / NEW DEVELOPMENTS AT HOMI NATURALITY 115 BOOKSTORE 121 TRANSLATIONS 144 FIRMS DIRECTORY 157 ONBOARD LE TRASFORMAZIONI DEL MONDO DELLO YACHTING / THE TRANSFORMATIONS OF THE WORLD OF YACHTING 214 TRANSLATIONS 222 FIRMS DIRECTORY


FEN D I C A SA .CO M


IN dice CONTENTS

30

26

settembre/September 2019

6

INtopics 1

EDITORIAL

22 10

DI / BY GILDA BOJARDI

INsights PhotographINg A CURA DI / EDITED BY CAROLINA TRABATTONI

LIGHT PROJECT

2 NANDA VIGO, MOSTRA A / EXHIBITION AT PALAZZO REALE MILANO FOTO / PHOTOS MARCO POMA

MASTERS

4 KETTAL, VDL PENTAHOUSE DI / BY DION & RICHARD NEUTRA

ARTS

10 L’ARTE DEL POSSIBILE / THE ART OF THE POSSIBLE DI / BY GERMANO CELANT

VIEWPOINT

16 LA CARICA DELLE IDEE / THE CHARGE OF IDEAS DI / BY ANDREA BRANZI 18 ORIZZONTE GLOBALE / GLOBAL HORIZON TESTO / ARTICLE DEYAN SUDJIC 22 LA RIVINCITA DI PIERRE / THE NEW FOCUS ON PIERRE TESTO / ARTICLE DOMITILLA DARDI 26 FRESCHI D’ARCHIVIO / FRESH FROM THE ARCHIVES TESTO / ARTICLE VALENTINA CROCI

ART DESIGN

6 VISIONNAIRE, ANNIVERSARY ACCESSORIES CAPSULE COLLECTION FOTO / PHOTOS MAX ZAMBELLI E / AND DELFINO SISTO LEGNANI

INSTALLATIONS

8 ARMANI CASA, NUOVA COLLEZIONE / NEW COLLECTION 2019 FOTO / PHOTOS FABRIZIO NANNINI

20 settembre 2019 INTERNI

INside ARCHITECTURE

A CURA DI / EDITED BY ANTONELLA BOISI 30 MILANO, UN VESTITO TAILOR-MADE / A TAILOR-MADE GARMENT PROGETTO / DESIGN ENRICA MASSEI E / AND SILVIO MAGLIONE FOTO / PHOTOS ALBERTO FERRERO TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI 36 PIEVE DI SOLIGO (TV), TUTTO È MATERIA / EVERYTHING IS MATERIAL PROGETTO / DESIGN MASSIMO CASTAGNA FOTO / PHOTOS COURTESY HENGE TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI 42 MILANO, UN’ARIA MENEGHINA / MILANESE AIR PROGETTO / DESIGN STUDIO WOK FOTO / PHOTOS COURTESY FEDERICO VILLA TESTO / ARTICLE LAURA TRALDI


THE SPIRIT OF PROJECT

RIMADESIO.IT

PORTA MOON DESIGN G.BAVUSO


IN dice CONTENTS

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settembre/September 2019

94

46

122

76 INside

52

ARCHITECTURE

46 TORINO, UN LOFT SUPERGREEN / SUPERGREEN LOFT PROGETTO / DESIGN TRA (TOUSSAINT ROBIGLIO ARCHITETTI) FOTO / PHOTOS MONICA SPEZIA / LIVING INSIDE TESTO / ARTICLE ALESSANDRO ROCCA 52 LONDON, CLASSICO CONTEMPORANEO / CLASSIC CONTEMPORARY PROGETTO / DESIGN LISSONI ARCHITETTURA FOTO / PHOTOS COURTESY SIMONE BOSSI TESTO / ARTICLE GIULIA SETTI 58 BOLOGNA, UNA STRADA SOSPESA / A SUSPENDED STREET PROGETTO / DESIGN IOSA GHINI ASSOCIATI FOTO / PHOTOS COURTESY FRANCESCO BOSI, RHODRI JONES, NICOLA SCHIAFFINO TESTO / ARTICLE MATTEO VERCELLONI 64 LAUSANNE, OLYMPIC HOUSE PROGETTO / DESIGN 3XN ARCHITECTS FOTO / PHOTOS COURTESY ADAM MORK, LUCA DELACHAUX TESTO / ARTICLE ANTONELLA BOISI

DesignINg COVER STORY

88

114

88 GUGLIEMO POLETTI, FENOMENOLOGIA DELL’ARCHETIPO / PHENOMENOLOGY OF THE ARCHETYPE TESTO / ARTICLE STEFANO CAGGIANO 92 ELOGIO DELLA MOBILITÀ / IN PRAISE OF MOBILITY TESTO / ARTICLE PAOLO CASICCI 94 RICUCITURE / RECONNECTIONS TESTO / ARTICLE CHIARA ALESSI 98 FINALMENTE FUORI / FINALLY OUT TESTO / ARTICLE KATRIN COSSETA 100 VOLO A VELA / VELA TAKES FLIGHT TESTO / ARTICLE LAURA TRALDI 102 LANDSCAPE DOMESTICO / DOMESTIC LANDSCAPE TESTO / ARTICLE VALENTINA CROCI 104 IL SEGRETO DEI VENT’ANNI / THE SECRET OF TWENTY YEARS TESTO / ARTICLE VALENTINA CROCI

SHOOTING

106 PUNTI DI VISTA / VIEWPOINTS DI / BY NADIA LIONELLO FOTO / PHOTOS EFREM RAIMONDI 114 MADIE IN TRASLOCO / CUPBOARDS ON THE MOVE DI / BY CAROLINA TRABATTONI FOTO / PHOTOS PAOLO RIOLZI

REVIEW

122 HUMAN LIGHTS DI / BY ANDREA PIRRUCCIO FOTO / PHOTOS MAURIZIO MARCATO

70 SIT DOWN, PLEASE! TESTO / ARTICLE MARINA JONNA

PROJECTS

76 IL NUOVO MAGMA / THE NEW MAGMA TESTO / ARTICLE STEFANO CAGGIANO 80 IL DESIGN CHE SI GENERA DA SOLO / SELF-GENERATING DESIGN TESTO / ARTICLE LAURA TRALDI 84 WILLIAM SAWAYA, UNO E TRINO / ONE IN THREE TESTO / ARTICLE CRISTINA MOROZZI

22 settembre 2019 INTERNI

INservice 132 150

TRANSLATIONS FIRMS DIRECTORY DI / BY ADALISA UBOLDI


#MolteniGroup HI-LINE 6 FRAME DOOR


INCOVER ART

1. LA COPERTINA DI INTERNI DI SETTEMBRE. 2. FRANCESCO POROLI. 3. THE FUTURE IS FEMALE, 2018. 4. HENRI ROUSSEAU’S DREAM, 2017. 5. PROGETTO CON ITALO ROTA, HANGAR BICOCCA, MILANO, 2017. 6. ILLUSTRAZIONE REALIZZATA IN OCCASIONE DEL 70ESIMO ANNIVERSARIO DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI – ONU, 2018.

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FRANCESCO POROLI Geometrie semplici e colorate danno vita alle inconfondibili illustrazioni dell’artista. Un segno leggero per una comunicativa vivace e immediata. Come nella copertina di Interni

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Nascono sempre dalla carta, con matita e taccuino, gli schizzi di idee, immagini e parole che portano alle sue creazioni. Ed è sempre la carta – stampata – la destinazione prediletta

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24 settembre 2019 INTERNI

per le sue opere di grafica e di illustrazione. Francesco Poroli è nato e vive a Milano. Dal 2000 lavora come illustratore e art director freelance; ha pubblicato su numerose testate, tra cui The New York Times Magazine, Wired, GQ, Il Sole 24 Ore, La Repubblica e Style - Corriere della Sera, e ha collaborato con aziende come Google, Adidas, NBA, Red Bull, McDonald’s, Unicredit. È presidente di Illustri Festival e insegna presso NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, Domus Academy e IED – Istituto Europeo di Design a Milano.

Nel 2017 ha pubblicato il libro Like Kobe. Il Mamba spiegato ai miei figli, edito da Baldini+Castoldi. Le sue opere sono state esposte in mostre collettive a Milano, Vicenza, Roma, New York e Londra e sono state premiate da Society Of Illustrators di New York e SPD - The Society of Publication Designers. Per la copertina di Interni di settembre, Poroli mette al centro Milano, con i suoi simboli architettonici, progettuali e creativi, oltre alla filosofia sostenibile e all'apertura internazionale che la contraddistinguono. ■ Claudia Foresti


ph. benvenuto saba

a.d. emiliana martinelli, massimo farinatti

LIGHT FOR LIFE ELASTICA

DESIGN HABITS

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INBRIEF showrooms

NUOVI ORIZZONTI

PROGETTARE L’UFFICIO Il neonato showroom CUF Milano – nuovo brand di Centrufficio Loreto – situato nel cuore di Porta Nuova apre con l’intento di progettare e realizzare soluzioni innovative nel mondo dell’ufficio. Roberto Motti, fondatore e amministratore delegato di Centrufficio Loreto, ispirato dalla trentennale esperienza nel settore, ha voluto creare una spin-off che completasse l’offerta con nuove linee di prodotto e collezioni – in esposizione – ideate in collaborazione con designer affermati nel campo dell’arredo per ufficio e contract, con l’obiettivo di allargare gli orizzonti verso uno sviluppo internazionale e raggiungere un pubblico più ampio, sempre più informato ed esigente. 360 metri quadrati, distribuiti in due ampi open space e affacciati su una corte interna privata, sono stati ripensati dall’architetto Paola Ripamonti, in collaborazione con i progettisti della Walter Knoll, e trasformati in ambienti conformi alla nuova filosofia progettuale di CUF Milano, che coinvolge sia l’ufficio classico che quello più innovativo, nato dai grandi mutamenti funzionali e estetici del settore. Tre le aree principali, quella direzionale, operativa ed esterni, per le quali sono stati utilizzati laminati d’ultima generazione e legni a basse emissioni di formaldeide, pareti divisorie, vetrate e soluzioni tessili per la fonoassorbenza; il tutto con una particolare attenzione alla sostenibilità e all’impiego di elementi il più possibile naturali. N.L. cufmilano.com

SOTTO LA TORRE

Lo spazio rinnovato Ai piedi della Torre Velasca, uno dei simboli dell’architettura milanese, Presotto ha di recente inaugurato una versione totalmente rinnovata del proprio showroom. Curata dallo studio Gherardi Architetti, la ristrutturazione comprende nuove pavimentazioni e inedite finiture in argilla e canapa alle pareti, per uno spazio fluido e continuo retto da un’ampia spina centrale che presenta i molteplici temi progettuali. L’ampio fronte vetrato, aperto su corso di Porta Romana, accoglie parte delle nuove collezioni (i divani Serse e Samo, le poltroncine Fuller e il grande tavolo rotondo Nimbo), mentre la zona notte, che prende luce dal cortile interno, mette in esposizione il letto Plica, i tavolini Irori e la madia Kengo. Se la proposta del piano terra si esaurisce con due composizioni I-modulART e con l’armadio Naos, al piano inferiore Presotto si racconta nella sua completezza: al centro di questo livello, il letto Relevé, il mobile centrostanza Peplo e il tavolo Diadro accompagnato dalla madia cocktail Frida. A.P. presotto.com

26 settembre 2019 INTERNI


GROUNDPIECE DIVANO COMPONIBILE Antonio Citterio Design


INBRIEF Lights

ALCUNE DELLE NUOVE COLLEZIONI DI LAMPADE PRESENTATE DA FABBIAN: DA SINISTRA, AMULETTE, DESIGN BERNHARDT&VELLA; MALVASIA, DESIGN GREGORIO FACCO; MINUET, ANCORA DI FACCO; FRUIT FULL, DESIGN GIOVANNI BARBATO.

VETRO PROTAGONISTA

LUCE SUI GIOVANI Nel corso di Euroluce 2019 Fabbian ha ampliato il proprio catalogo affidando una serie di nuove collezioni a una schiera di giovani designer. Protagonista di queste creazioni inedite è il vetro, materiale dalle ampie potenzialità espressive e versatile elemento progettuale in grado di dialogare con altri materiali, come il metallo. È questo il caso di Amulette, di Bernhardt&Vella, in cui il diffusore in vetro extrachiaro cannettato è incastonato in una montatura di metallo satinato come fosse un gioiello prezioso. Firmate entrambe Gregorio Facco sono le sospensioni Malvasia e Minuet: nella prima, ispirata alle forme dei calici e dei decanter, la levità del vetro soffiato incontra la matericità del legno di faggio impiegato per la montatura; nella seconda, sfere in bianco latte acidato sono sormontate da un disco in plexiglass, collocato in posizione inclinata come un vezzoso copricapo. A completare la carrellata provvede Fruit Full, una lampada ancora in vetro, disponibile in due misure, di una purezza formale eterea, quasi zen. fabbian.com

ILLUMINAZIONE DI LUSSO

Scenari mutevoli

A Tokyo, nel quartiere di Ginza, svetta un volume architettonico a pianta quadrata: un parallelepipedo con struttura in cemento armato e rivestimento vetrato. È il flagship store di Salvatore Ferragamo che, con la sua superficie complessiva di 600 metri quadrati, rappresenta il più grande negozio del marchio in Giappone. L’edificio è stato di recente sottoposto a un rinnovamento delle facciate esterne, che ha visto la collaborazione di Salvatore Ferragamo HQ Store Planning con lo studio milanese di progettazione Flux CS. In questo intervento, un ruolo centrale hanno avuto le soluzioni illuminotecniche fornite da L&L Luce&Light, in grado di rispondere alle necessità degli architetti di Ferragamo. L’illuminazione dell’edificio è stata totalmente riprogettata in relazione ai dettagli costruttivi, e fondamentale è stata la possibilità di installare corpi illuminanti i cui sistemi di montaggio fossero adeguati alle normative antisismiche giapponesi. Per l’occasione, sono stati impiegati profili lineari da esterno e con ottica diffusa Rio 2 (da 19W/m e 3700K) di diverse lunghezze speciali, perché si adattassero ai segmenti geometrici della finestratura e delle pareti. Gli apparecchi L&L sono stati indispensabili alla riuscita dell’opera, grazie alla loro capacità di assicurare uniformità luminosa e di consentire il controllo di aree specifiche delle facciate mediante un sistema di gestione che permette di dare vita a diverse situazioni e scenari di luce nell’arco della giornata e delle stagioni. A.P. lucelight.it

28 settembre 2019 INTERNI


scarica l’ App su App Store e Google Play


INBRIEF various

ISPIRAZIONE MILITARE

MORBIDI VOLUMI Linee pure, forme tridimensionali e costruzioni geometriche studiate per il corpo femminile: è questa la combinazione che guida Ludovica Diligu, founder e designer di Labo.Art, nella realizzazione di capi che si distinguono per design, stile unico e architetturale. Dalla tradizione etnica della Sardegna, sua terra d’origine, e dall’abbigliamento militare di cui Ludovica Diligu possiede una delle più importanti collezioni a livello nazionale, il marchio Labo.Art persegue una strategia di raffinato understatement basato su forme pure e tessuti pregiati e sostenibili, per un pubblico consapevole di sé e del proprio gusto. Nella foto, i capi della collezione autunno/inverno 2019/2020, ispirati al mondo militare, con worker, tute e capispalla legati ai colori della terra d’autunno, che però – e in questo si concretizza la visione unica della stilista, lontana dalle logiche del sistema della moda – stemperano e destrutturano le forme rigide originarie in volumi importanti ma morbidi, studiati per accompagnare la gestualità e il movimento femminile in ogni momento del giorno. C.T. Foto Koto Bolofo laboart.com

VERSATILITÀ MATERICA

Leggerezza creativa XL Extralight e Scuola Politecnica di Design SPD hanno coinvolto gli studenti internazionali del Master in Industrial Design nello sviluppo di una famiglia di prodotti capace di esaltare le risorse di un materiale, l’XL Extralight, dalle caratteristiche uniche: flessibilità, durabilità, igiene e soprattutto leggerezza e versatilità. I sette progetti che compongono la collezione – battezzata A.X.A.P. As Extra As Possible – sono stati sviluppati sotto la guida di Matteo Ragni e Antonio De Marco, e svelati durante l’ultimo FuoriSalone di Milano nella magnifica cornice di Palazzo Litta. I valori progettuali sottesi alle diverse creazioni (e propri di un materiale duttile e altamente tecnologico come XL Extralight) sono stati sintetizzati nell’installazione di Matteo Ragni, collocata in apertura della mostra e costituita da centinaia di coloratissime farfalle in volo. I sette progetti degli studenti SPD hanno indagato applicazioni inedite di XL Extralight in contesti diversi: dall’outdoor al pet care fino al mercato kids. A.P xlextralight.com/it, scuoladesign-spd.it

30 settembre 2019 INTERNI

SOPRA, L’INSTALLAZIONE DI MATTEO RAGNI CHE INTRODUCEVA I LAVORI REALIZZATI DAGLI STUDENTI DI SPD UTILIZZANDO IL MATERIALE XL EXTRALIGHT. SOTTO E A SINISTRA, DUE DEI PROGETTI ESPOSTI.


GIORGETTI.EU | PH. MAX ZAMBELLI

HOW DIFFERENT WOULD YOU BE?


INBRIEF various

BORSE CONTEMPORANEE

URBAN STYLE La vocazione al design è uno dei fattori chiave del successo di Reisenthel, azienda tedesca che dal 1971 è sinonimo di idee innovative e funzionali per accessori di uso quotidiano, per lo shopping, il tempo libero, il viaggio, il beauty. I famosi carrybag e carrycruiser, vincitori di importanti premi di design, sono la punta di diamante di una collezione di prodotti improntati all’innovazione, alla praticità, al glamour. L’ultima nata è la Twist Silver, realizzata con un tessuto a fili sottilissimi che conferisce una speciale texture. Nella foto, Allrounder, ispirata alla borsa del medico con scomparti interni, apertura verso l’alto, manici rinforzati, fondo e laterali leggermente imbottiti. Il riconoscimento a Peter Reisenthel come imprenditore dell‘anno 2016 conferma che dietro a prodotti di successo c’è una famiglia con un team vincente che ha puntato sulla creatività in sintonia con i tempi. reisenthel.com

PROFUMO DI MARMO

essenze materiche Fragranze evocative in eleganti boccette di vetro coronate da tappi realizzati nello stesso marmo a cui si ispirano, I Profumi del Marmo nascono da un’intuizione di una giovane industriale di Carrara (capitale mondiale del marmo), che ha voluto associare il materiale nobile della sua terra a essenze che riuscissero a evocare ricordi ed emozioni legate al territorio. Un vero e proprio viaggio nelle terre italiane attraverso il marmo e la sua artigianalità. I diffusori possono essere realizzati con i marmi Calacatta, Statuario, Arabescato, Bianco Carrara e Portoro, a cui si abbinano le diverse essenze nella ricerca di inedite corrispondenze sinestesiche. Oltre ai diffusori per la casa, esistono packaging con tappi scultura e fragranze in edizione limitata, sassi profumati con ravvivatore di essenza e profumi solidi (balsami da spalmare sulla pelle). C.T. iprofumidelmarmo.com

32 settembre 2019 INTERNI


Design straordinario per tesori in mostra.

La differenza ha nome Gaggenau. Uno stile architettonico inconfondibile richiede interni dal design unico. La tua cantina per vini, così come la tua collezione d’arte, raccontano chi sei e l’attenzione che riservi alle tue passioni. Allo stesso modo, ogni elemento Gaggenau è stato disegnato con la massima cura e realizzato artigianalmente con materiali eccezionali per offrirti il massimo delle prestazioni, dal 1683. Scopri le collezioni Gaggenau su www.gaggenau.it. Il prodotto mostrato è il codice RW 466 364 | Classe di efficienza energetica: A | in un range di classi di efficienza energetica da A+++ a G.


INBRIEF VARIOuS

STORIE DI TELA

il tessile da taiwan In occasione del FuoriSalone 2019, GuangFuHao, produttrice per conto terzi di borse in tela cucite a mano, rivolte al mercato del lusso e al merchadising, è stata sponsor, insieme ad altre quattordici aziende del distretto tessile di Tainan, del progetto BraIN TAIWAN, all’interno della mostra Interni Human Spaces. Una delle sue borse è stata scelta e customizzata da Interni con l’opera di Beppe Giacobbe che ha fornito l’illustrazione per la copertina della rivista. La storia dell’azienda sintetizza la risposta che l’industria manifatturiera dell’isola di Taiwan ha saputo dare alle sfide dei nuovi mercati, valorizzando la professionalità degli artigiani, con la formazione continua del personale, un ambiente di lavoro salubre, il riconoscimento economico delle professionalità e la capacità di far rete con l’intero sistema produttivo del distretto. Ora l’azienda sta creando un brand rivolto al grande pubblico grazie alla collaborazione con designer e stilisti locali, per sviluppare linee di prodotto che sappiano unire la qualità della lavorazione della tela impermeabile, tipica della tradizione taiwanese, a un’immagine innovativa e contemporanea. gfh1995.com/en

NUOVE FRAGRANZE

NOTE AMBRATE Culti Milano dedica all’ambra il nuovo profumo per ambiente dell’autunno. Super Amber (a sinistra) unisce l’incenso al patchouli con un cuore di vaniglia nero e una nota di chinotto. Il packaging in un intenso arancione e il flacone trasparente con etichetta serigrafata e tappo in acero color manganese rievocano le tonalità vivaci e palpitanti dell’ambra. L’azienda nasce nel 1990, ad opera di Alessandro Agrati, eclettico interior designer, che ha intuito l’importanza del profumo per caratterizzare un ambiente. Traendo ispirazione dalla lavorazione del rattan, Agrati ha inventato il diffusore a bastoncini di midollino che, inseriti nel flacone, rilasciano al meglio le fragranze. “Ognuna”, spiega, “nasce da una storia vera, dall’energia del mare, dal bergamotto che sposa il gelsomino o rievoca un luogo con una tale intensità da farci sentire in quel posto, in quel momento”. Le sedi delle Culti House in Italia sono a Milano, dove si trovano le boutique di corso Venezia e di via Fiori Chiari, a Napoli, Bari, Forte dei Marmi, Torino, Roma. C.T. culti.com

34 settembre 2019 INTERNI


Ph. Giovanni Gastel

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LookINg AROUND bath trends

Rigore formale, altissima tecnologia e finiture, spesso bespoke, che superano il classico cromato. I nuovi rubinetti prediligono il nero 2

BLACK POWER 1 1. D35 BLACK&WHITE DI RITMONIO, MISCELATORI MONOCOMANDO DALLA COLLEZIONE DIAMETRO 35 DISEGNATA DA DAVIDE VERCELLI, DISPONIBILI IN UN’AMPIA GAMMA DI FINITURE CROMATE, E NELLE VERSIONI BANCA E NERA. 2. GIOTTO PLUS DI CEA, MISCELATORE MONOCOMANDO A PARETE, REALIZZATO IN ACCIAIO INOSSIDABILE AISI316L, FINITURA BLACK DIAMOND. IL CORPO A INCASSO SFRUTTA IL PRINCIPIO DEL PWF (PLUMBING WATER FITTING), RACCORDO A INNESTO RAPIDO ALL’IMPIANTO IDRAULICO. DESIGN NATALINO MALASORTI.

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36 settembre 2019 INTERNI

3. CLOSER, DISEGNATO DA DIEGO GRANDI PER ZUCCHETTI, MISCELATORE MONOCOMANDO CON CARTUCCIA DA 25 MM DI DIAMETRO, NELLA FINITURA NERO SOFT TOUCH. 4. MONOCOMANDO LAVABO DYNAMICA88 DI FIR ITALIA, NELLA VARIANTE DARK GRAPHITE. È UNA DELLE NUMEROSE FINITURE DELLA GAMMA THE OUTFIT, BASATE SULL’INNOVATIVA TECNOLOGIA, ADVANCED SUPERFINISH PROCESS (ASP). TUTTE LE COLLEZIONI SONO PERSONALIZZABILI PER COLORE, TONALITÀ, FINITURA DI SUPERFICIE ANTI-IMPRONTA.


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5. DALLA SERIE PROFILO DI CRISTINA RUBINETTERIE, MISCELATORE MONOCOMANDO PER LAVABO CON SCARICO UP&DOWN, FINITURA NERO OPACO. DESIGN GIAMPIERO CASTAGNOLI. 6. ATRIO ICON 3D DI GROHE, RUBINETTO EXTRASLIM PER LAVABO, FRUTTO DI UNA TECNOLOGIA DIGITALE D’AVANGUARDIA. È INFATTI STAMPATO IN 3D, IN METALLO FINITURA ACCIAIO SPAZZOLATO, IN EDIZIONE LIMITATA. 7. UNO DEI LONGSELLER DI FANTINI, LA COLLEZIONE MILANO DI FRANCO SARGIANI, È ORA PROPOSTA ANCHE NELLA NUOVA FINITURA GUNMETAL, OTTENUTA CON TRATTAMENTO PVD (PHYSICAL VAPOR DEPOSITION). 8. SET DOCCIA DALLA SERIE AA/27 DISEGNATA DA MICHAEL ANASTASSIADES PER ABOUTWATER (IL MARCHIO D’AUTORE CONGIUNTO DI BOFFI E FANTINI), COMPLETO DI SOFFIONE DOCCIA A PARETE CON PIOGGIA D’ACQUA; FINITURA MATT GUN METAL PVD.

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INTERNI settembre 2019 37


LookINg AROUND bath trends

1. LA NUOVA PALETTE DI COLORI PER LAVABI IPALYSS DI IDEAL STANDARD STUDIATA DA LUDOVICA+ROBERTO PALOMBA; DIECI NUOVE NUANCES PER CERAMICHE, TRA CUI NERO LUCIDO, ARDESIA, KASHMIR, SALVIA, MELOGRANO CHE SI AGGIUNGONO AL BIANCO LUCIDO E BIANCO SETA, E IN ALCUNI CASI REINTERPRETANO LE STORICHE TINTE PROPOSTE DAL MARCHO NEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA. 2. LAVABO SOFT DALLA COLLEZIONE ELEGANCE DI AZZURRA NELLA NUOVA VERSIONE BLU ROYAL. COLORS 1250° È LA TECNICA DI SPRUZZO DEL COLORE CHE AVVIENE GIÀ IN PRIMA COTTURA A 1250° SENZA RICHIEDERNE UNA ULTERIORE, PER CUI LO SMALTO ORIGINALE DIVENTA PARTE INTEGRANTE DELLA MATERIA. 3. L’ICONICO LAVABO FREESTANDING IN CERAMICA BONOLA, DISEGNATO DA JASPER MORRISON PER FLAMINIA, PROPOSTO NELLA VARIANTE CROMATICA ROSSO RUBENS, ISPIRATO ALLA PALETTE DI COLORI DEL GRANDE PITTORE FIAMMINGO.

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A TUTTO COLORE

La ceramica sanitaria sta vivendo una rivoluzione cromatica, dal recupero di tonalità vintage alla creazione di inedite e squillanti tinte, ad alta tecnologia 38 settembre 2019 INTERNI


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CREA LA TUA COLLEZIONE | CH24 |

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L’iconica sedia Wishbone Chair CH24 disegnata da Hans J. Wegner nel 1950 sintetizza l’essenza intramontabile del “modern design” danese ed è perfetta per chiunque voglia creare, oppure ampliare, la propria collezione di arredi contemporanei ma al tempo stesso classici senza tempo. Prodotta esclusivamente con materiali naturali e di elevata qualità, questa sedia è l’esempio ottimale della tradizione ebanista che contraddistingue Carl Hansen & Søn sin dal 1908. “Every piece came with a story” esplora l’universo della CH24 su carlhansen.com

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HOME PROJECT D E S I G N _G I U S E P P E B A V U S O

LIFESTYLE STORIES


LookINg AROUND bath trends

OUTDOOR WELLNESS

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Non solo l’industria del mobile, ma anche quella del bagno risponde al richiamo della natura e all’idea di un benessere en plein air: vasche, docce e lavabi sono proposti in versioni per esterni 2

1. COLONNA DOCCIA PER AMBIENTI OUTDOOR DALLA COLLEZIONE NOVO INOX DI GUGLIELMI, REALIZZATA IN ACCIAIO INOX 316L. 2. BOX DOCCIA ACQUA 5000 DI DUKA, CON TELAIO IN ALLUMINIO NELLE FINITURE CROMO E ARGENTO LUCIDO, CRISTALLO SECURIT DA 8 MM DISPONIBILE IN 10 VERSIONI, SISTEMA AUTOMATIC CLOSE&STOP, NUOVO PROFILO DI GUIDA E MECCANISMO PER LO SGANCIAMENTO DELLE ANTE. 3. NATURESAUNA, OUTDOOR COLLECTION DI STARPOOL, REALIZZATA INTERAMENTE IN ABETE DELLA VAL DI FIEMME CON INSERTI IN RAME SPAZZOLATO. PROPOSTA IN TRE DIMENSIONI (560X315, 460X315, 360X315 CM) E NELLE DUE VERSIONI IN LEGNO NATURALE E CERATO NERO. DESIGN STUDIO ALEDOLCI&CO.

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INTERNI settembre 2019 41


LookINg AROUND bath trends

DIVERSI MODELLI DI AGAPE SI PRESTANO AD AMBIENTAZIONI OUTDOOR, COME IL NUOVO LAVABO DA APPOGGIO O FREESTANDING PETRA DI DIEGO VENCATO E MARCO MERENDI. È REALIZZATO IN CEMENTOSKIN DI GYPSUM, MATERIALE DALLE ELEVATE PRESTAZIONI (RESISTENZA ALLO SPORCO, ROBUSTEZZA, LUNGA DURATA), CON FINITURA SUPERFICIALE NATURALE E VELLUTATA, PROPOSTA IN DIVERSE VARIANTI CROMATICHE.

MINIPISCINA MAWI SPA (185X120 CM) DI GLASS1989 CON PANNELLI IN ECORESINA COLORE POLVERE. DOTATA DI: RUBINETTERIA TERMOSTATICA A SCOMPARSA, SISTEMA DI RABBOCCO E OZONIZZATORE AUTOMATICO, LUCE PERIMETRALE EMOZIONALE E KIT AUDIO BLUETOOTH.

42 settembre 2019 INTERNI



LookINg AROUND bath trends

1. SKILL, DI CARLO PRESOTTO E ANDREA BASSANELLO PER MODULNOVA, AMBIENTE BAGNO COMPOSTO DA MOBILE CON LAVABO INTEGRATO, IN GRES CON FINITURA VINTAGE GRIS, COME LO SCHIENALE CENTRALE A PARETE, E COLONNACONTENITORE CON FRONTALE IN MILLTECH BRONZE E INTERNO IN MILLTECH EUCALIPTO. 2. DETTAGLIO DELLA CONSOLLE ELLISSE DAL PROGETTO BAGNO DI ITLAS, IN ROVERE NATURALE DEL CANSIGLIO CON LAVABO IN MARMO NERO MARQUINIA. DESIGN ARCHEA ASSOCIATI.

IL BAGNO MATERICO 1

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Tonalità naturali, finiture materiche, linee pulite, dettagli preziosi, ampia componibilità: i nuovi programmi di arredobagno sembrano pensati per un living, tutto da abitare e mostrare

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3. COMPOSIZIONE CODE 05 DI ARBI ARREDOBAGNO, CON BASI SOSPESE IN FINITURA EUCALIPTO LUCIDO ABBINATE AL PIANO IN LAMINAM EMPERADOR EXTRA LUCIDO E LAVABO INTEGRATO PLAZA. 4. AMBIENTE BAGNO ARREDATO CON LA SERIE HAPPY D.2 PLUS, DI SIEGER DESIGN PER DURAVIT, CON BASE SOTTOLAVABO FINITURA GRIGIO GRAFITE SUPER OPACO, PIANO IN NOCE SPAZZOLATO, BACINELLA DA APPOGGIO BIANCO/ANTRACITE. 5. PROGRAMMA TRATTO, DI VUESSE PER SCAVOLINI, COMPOSTO DA MOBILE IN DECORATIVO CONCRETE JERSEY, PIANO E SCHIENALE IN GRES PORCELLANATO LIMESTONE OYSTER, LAVABO INTEGRATO; LA FINITURA OTTONE CONNOTA IL PROFILO MANIGLIA, IL PORTASCIUGAMANI E LE MENSOLE.


Ad. Graph.x Ph. Kasia Gatkowska

Showroom Porroduriniquindici Via Durini, 15 - Milano T +39 02 76394408 durini15@porro.com www.porrodurini15.com

Porro @ Saatchi Gallery I-MADE exhibition Italian manufacture art & design 19-22 September 2019 Saatchi Gallery - London

WWW.PORRO.COM


LookINg AROUND production

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SVOLTA GREEN

A dieci anni dalla nascita, il marchio Infiniti punta sulla sostenibilità e presenta tre sedie-icona nella versione eco in plastica riciclata Green plastic in Woodland. Si potrebbe

recupero e il riciclo dei materiali”, spiega Boeri. “E questo vale sia per il legno sia per la plastica”. Tre dei modelli di maggior successo – Tondina, Canova e Pure Loop – sono stati così proposti nella variante stampata con polipropilene derivato da plastica post consumo urbano. Il risultato è una versione esclusiva delle tre sedute, in plastica riciclata totalmente ecosostenibile, declinata in due colorazioni: moka e caramel. Grazie alla tecnica di produzione e alle differenti composizioni della plastica d’origine, l’effetto finale cambia da un pezzo all’altro, nonostante la produzione in serie, restituendo così oggetti unici nel loro genere. ■

sintetizzare così la presenza, allo scorso Salone del Mobile di Milano, del brand veneto di sedute e complementi per la casa e il contract. L’azienda ha portato in scena un’intenzione progettuale orientata al rispetto della natura e alla centralità del ruolo dell’uomo nella sua conservazione, affidando il design dello stand a Studio Boeri Architetti. Già presidente della giuria del Design Green Contest 2018, altro importante precedente nell’impegno ecologico di Infiniti, Boeri ha progettato una radura in legno quasi metafisica, Woodland, interpretando per l’azienda una “consapevolezza sempre maggiore del tema della sostenibilità e dell’economia circolare. Siamo passati dall’attenzione alla sostenibilità del processo alla possibilità di reimmissione nell’economia che riguarda anche il

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Katrin Cosseta

5 1. LA SEDIA TONDINA PCR, DESIGN FAVARETTO & PARTNERS, CON STRUTTURA IN TUBOLARE D’ACCIAIO E SEDUTA E SCHIENALE IN POLIPROPILENE DERIVATO DA PLASTICA POST CONSUMO. 2. PURE LOOP PCR DI CLAUS BREINHOLT, CON BASE A SLITTA E SCOCCA NEL NUOVO MATERIALE RICICLATO. 3. SCHEMA DEL PROCESSO PRODUTTIVO. 4. LE NUOVE SEDIE ‘GREEN’ ESPOSTE NELLO STAND/INSTALLAZIONE WOODLAND DI INFINITI ALLO SCORSO SALONE DEL MOBILE, PROGETTATO DA STEFANO BOERI (FOTO DI GUOYIN JIANG). 5. CANOVA PCR, LA VERSIONE STAMPATA IN PLASTICA POST CONSUMO DELLA SEDIA DISEGNATA DA CLAUS BREINHOLT. I TRE MODELLI SONO DISPONIBILI NEI COLORI MOKA E CARAMELLO.

46 settembre 2019 INTERNI


AD Studio MILO - Photography Beppe Brancato - Graphic Design Designwork

Journey into the world of living.

Rendez-vous sofa, design Sergio Bicego Ring table, design Serena Confalonieri sabaitalia.com


LookINg AROUND production

PROGETTI DA SOGNO

1. DE-LIGHT, UNO DEI TRE LETTI FRUTTO DELLA NUOVA COLLABORAZIONE TRA TWILS E LO STUDIO PALOMBA. 2. SAIL, DISPONIBILE ANCHE CON RIVESTIMENTO IN TESSUTO O ECOPELLE. 3. DETTAGLIO DELLA TESTIERA DEL LETTO JAMES. I TRE MODELLI SONO PROPOSTI NELLE DIMENSIONI 160X200 E 180X200 CM.

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Twils potenzia la propria collezione Design e chiama Ludovica e Roberto Palomba a progettare tre letti di segno contemporaneo

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Testiera oversize e generose proporzioni caratterizzano ad esempio De-Light, alleggerito da piedini in metallo, lievi angolature, una maxicucitura ‘alla Fontana’. Sail si connota per l’esile solhouette, accentuata da una morbida curvatura. Più imponenti e monolitiche le forme di James, sia per lo spessore della testata generosamente imbottita, sia per la presenza del giroletto tessile che ancora visivamente la base al pavimento. Il vero fil rouge che unifica i tre modelli è l’inequivocabile qualità sartoriale, che emerge dalla cura dei dettagli e delle cuciture e dalla personalizzazione, grazie ai rivestimenti sfoderabili e disponibili in un’ampia gamma di tessuti pelle o ecopelle. ■ K.C. 3

“Un’idea di benessere e comfort basata su un’estetica rigorosa ma leggera”. Così Ludovica e Roberto Palomba riassumono l’essenza del loro progetto per Twils, il marchio veneto di letti tessili imbottiti. Matteo Bollati e Stefano Contini hanno collaborato alla definizione dei “tre modelli che approfondiscono uno stesso lessico,

48 settembre 2019 INTERNI

declinato per proporzioni e dettagli, dove è sempre protagonista la componente tessile, incaricata di delineare il carattere e la silhouette di De-light, Sail e James. Accomunati dallo stile nitido e contemporaneo, si distinguono per la diversa importanza attribuita alle altezze e ai volumi, sempre morbidi e invitanti”, spiegano i designer.


new www.paolocastelli.com | showroom Milano via San Carpoforo, 12


Serie T

Design Matteo thun & antonio RoDRiguez Non solo un radiatore ma un elemento d’arredo che si integra nello spazio con grande personalità ed ecletticità. Realizzato in alluminio estruso dalla particolare forma a T, è disponibile in diverse configurazioni sia nella versione verticale sia in quella orizzontale. Serie T consente il massimo della flessibilità in quanto è il primo radiatore dimensionabile al cm; l’elemento può essere richiesto nella lunghezza più utile e ‘cucito’ in modo sartoriale sulle specifiche esigenze del cliente integrandosi in modo perfetto con l’ambiente che lo circonda.

Radiatore in alluminio riciclabile Basso contenuto d’acqua Alta efficienza termica 200 varianti cromatiche

AntrAx It srl Via Boscalto 40 31023 Resana tV tel. +39 0423 7174 fax +39 0423 717474 www.antRax.it antRax@antRax.it


LookINg AROUND PRODUCTION

Per il benessere della propria famiglia si può fare tanto anche nelle azioni più semplici e quotidiane. Scegliere cibo sano e cucinarlo in modo gustoso, per esempio, con i nuovi forni Active Steam diventa davvero facile: un piccolo miracolo domestico a cui Hotpoint contribuisce grazie alle innovazioni tecnologiche che contraddistinguono gli elettrodomestici con tecnologia Active, progettati per favorire il benessere delle persone. Il nuovo forno Active Steam 100 consente di utilizzare sia il forno tradizionale, sia di selezionare la quantità di vapore necessaria per le ricette, scegliendo tra quattro possibilità di cottura a vapore: 100% vapore in cavità per cucinare gli alimenti più delicati; 75%, 50% o 25% vapore in combinazione con la forza del calore del forno tradizionale. Il metodo di cottura 100% vapore, per esempio, è indicato per cibi più delicati come verdura, uova, cereali, riso e pesce.

IL FORNO ACTIVE STEAM 100 DI HOTPOINT PERMETTE DI CUCINARE AL MEGLIO PESCE, CARNE E PANE.

ATTIVI PER IL BENESSERE

Il forno che rispetta gli alimenti, sfruttando la potenza del vapore e combinandola all’azione del calore, e il più grande frigorifero da incasso presente sul mercato, che conserva i cibi freschi come il primo giorno: la tecnologia di Hotpoint aiuta a prendersi cura delle persone INTERNI settembre 2019 51


LookINg AROUND PRODUCTION IL NUOVO FRIGORIFERO DA INCASSO SPACE 400 DI HOTPOINT LARGO 75 CM CON UNA CAPACITÀ INTERNA DI 400 LITRI. IL DISPOSITIVO ACTIVE OXYGEN (IN BASSO) RILASCIA OSSIGENO ATTIVO PER RIDURRE GLI ODORI E PREVENIRE LA PROLIFERAZIONE DI BATTERI.

di 75 cm. Offre fino al 40% di spazio in più rispetto a un combinato di dimensioni standard grazie a un design ben concepito, che sfrutta lo spazio interno sia verticalmente, sia orizzontalmente. Space 400 è un combinato in classe A+ dotato di Active Oxygen, dispositivo che rilascia ossigeno attivo per ridurre gli odori fino al 60% e prevenire la proliferazione dei batteri fino al 99% nel reparto frigorifero. Inoltre la Fresh Crisper – speciale griglia posizionata nella parte inferiore del cassetto – grazie al design specifico evita il contatto di frutta e verdura con acqua e umidità. “Il marchio Hotpoint si prende cura delle cose a cui teniamo di più in maniera attiva, ogni giorno”, afferma Novella Sardos Albertini, Head of Brands, Communication and Sell Out di Whirlpool Italia. “La capacità di innovare e di essere sempre più vicino alle persone ha portato Hotpoint a creare prodotti con tecnologie avanzate che consentono al tempo stesso un’interazione semplice e diretta. È in questa direzione che abbiamo lanciato le Active Technologies pensate per garantire sempre grandi risultati senza rinunciare al proprio tocco personale”. ■

Il livello di vapore del 75% è ottimale per la cottura di un pesce intero o dei filetti, mentre il vapore al 50% riduce i tempi di cottura degli arrosti rendendo morbida la carne. Il vapore al 25% fornisce a torte e biscotti perfetta lievitazione e giusta friabilità. Grazie al My Menù interattivo di cottura assistita si possono sperimentare nuovi piatti e scegliere il metodo di cottura più indicato.

52 settembre 2019 INTERNI

Dal cibo preparato al cibo conservato il passo è breve. Il nuovo modello di frigorifero combinato Space 400 di Hotpoint da 75 cm di larghezza (unico frigo da incasso di queste dimensioni sul mercato) incontra le esigenze di chi fa la spesa una volta alla settimana e vuole avere cibo sempre fresco. Ha 400 litri di capacità interna ed è progettato per adattarsi facilmente a una nicchia


tabu.it - skeens.it


LookINg AROUND communication

NELLA SUA CUCINA

Scavolini e Carlo Cracco ancora una volta riuniti per un programma di RAI 2 in cui il celebre chef interpreterà se stesso esibendosi ai fornelli di MIA, il modello che ha sviluppato in collaborazione col marchio italiano Già pioniera nell’utilizzo del media

CARLO CRACCO (IN ALTO CON LA WEB CREATOR CAMIHAWKE) AL LAVORO NELLA CUCINA MIA, CHE HA SVILUPPATO IN COLLABORAZIONE CON SCAVOLINI. LE IMMAGINI SONO TRATTE DAL BACKSTAGE DEL PROGRAMMA CHE ANDRÀ IN ONDA DA SETTEMBRE SU RAI 2, ED È COPRODOTTO DAL MARCHIO ITALIANO.

54 settembre 2019 INTERNI

televisivo per il settore dell’arredamento – dal 1975 sulla RAI e dal 1984 sulle emittenti private – Scavolini dimostra ancora una volta di essere all’avanguardia nel suo approccio alla comunicazione coproducendo “Nella MIA cucina”, programma che sancirà il ritorno di Carlo Cracco sul piccolo schermo. Nel nuovo format, che andrà in onda dal 16 settembre, ogni giorno su RAI 2 alle 19.35 per 20 puntate, il celebre chef interpreterà se stesso muovendosi in un ambiente domestico, e lavorando nella cucina che ha sviluppato insieme a Scavolini, chiamata non a caso MIA by Carlo Cracco. Nel corso della trasmissione, Cracco spiegherà ai diversi concorrenti i vari step per la realizzazione di un piatto, mentre la web creator Camihawke incoraggerà i protagonisti in gara e sarà

al fianco di amici e parenti nel backstage. Palcoscenico della competizione saranno due composizioni speculari della cucina MIA, nelle quali gli sfidanti troveranno gli stessi strumenti e i medesimi ingredienti. Diverse saranno, naturalmente, tecnica e manualità degli sfidanti: aspetti che renderanno divertenti le fasi di preparazione e il faccia a faccia finale, quando saranno messi a confronto i risultati dei due piatti. “La scelta di produrre un programma televisivo nasce dalla consapevolezza che i modelli della comunicazione sono in parte cambiati, e noi sentivamo il bisogno di raccontare in maniera esaustiva storie, prodotti e visioni di un marchio a una vastità di pubblici differenti”, ha dichiarato Fabiana Scavolini, ad dell’azienda. “Ho accettato con entusiasmo di partecipare a questo progetto”, ha invece dichiarato Cracco, “è un programma che mi permette di essere me stesso e di mostrare il mio lato più autentico. È stata l’evoluzione naturale di un percorso che mi ha visto prima come testimonial di Scavolini, poi accanto al marchio nella progettazione di un modello di cucina che adesso approda in tv. Non avrei mai potuto immaginare nessun altro nella MIA cucina, per questo ho deciso di tornare sugli schermi”. ■ A.P.



LookINg AROUND london showrooms

DEBUTTO LONDINESE

Negli spazi di un edificio di Chelsea restaurato da David Chipperfield, De Padova ha inaugurato il suo primo flagship store nel Regno Unito: uno spazio disegnato da Piero Lissoni e dedicato ad architetti, interior designer e clienti

56 settembre 2019 INTERNI


SOTTO, L’EDIFICIO RESTAURATO DA DAVID CHIPPERFIELD CHE, AL PRIMO PIANO, ACCOGLIE IL PRIMO FLAGSHIP STORE DI DE PADOVA NELLA CAPITALE DEL REGNO UNITO. UBICATO NEL QUARTIERE LONDINESE DELLO SHOPPING DI LUSSO DI BROMPTON CROSS, LO SHOWROOM È STATO ALLESTITO DA PIERO LISSONI COME UNO SCENOGRAFICO LOFT DALLE AMPIE VETRINE E A PREDOMINANZA DI BIANCO (NELLE ALTRE IMMAGINI), E ACCOGLIE PRODOTTI DI TUTTI I BRAND DEL GRUPPO: OLTRE A DE PADOVA, BOFFI, MA/U STUDIO E ADL.

De Padova, marchio storico del miglior design made in Italy, ha inaugurato il suo primo showroom a Londra, nel quartiere dello shopping di lusso di Brompton Cross. In seguito all’acquisizione da parte di Boffi Group (avvenuta nel 2015), De Padova ha accresciuto la propria visibilità internazionale: inizialmente grazie alla presenza delle sue collezioni all’interno degli showroom Boffi sparsi nel mondo, quindi attraverso una serie di monomarca aperti a Milano, New York, Parigi e, da oggi, Londra. Realizzato al primo piano dei quattro di un edificio moderno restaurato da David Chipperfield, De Padova Chelsea è un’ode all’arte dell’Urban Living, allestito come la versione contemporanea di uno spazio Penthouse e pensato per coinvolgere architetti, interior designer e clienti del Regno Unito. Sviluppato sotto la direzione creativa di Piero Lissoni e del Boffi Group Design & Style Office, lo

showroom londinese, della superficie di 310 metri quadrati, è connotato dalla presenza di ampie vetrate e grandi pareti bianche, e accoglie l’ampia e articolata offerta produttiva dei diversi brand del Gruppo – oltre a De Padova, MA/U Studio, Boffi e ADL – firmati da alcuni dei nomi più celebrati del mondo del progetto: da Vico Magistretti e Achille Castiglioni fino a Patricia Urquiola, Nendo, Michele De Lucchi e GamFratesi. “Abbiamo trovato uno spazio straordinario per De Padova, nel cuore di Chelsea”, ha dichiarato Roberto Gavazzi, ceo di Boffi Group, “uno showroom ben diverso dai tradizionali negozi di mobili: un magnifico loft che mostra la totalità della nostra offerta di interior design. Inoltre, la vicinanza con lo store Boffi, sempre a Chelsea, ci permette di offrire le migliori soluzioni progettuali alla nostra clientela, con la possibilità di scegliere prodotti di ciascuno dei nostri quattro marchi”. ■ A.P.

INTERNI settembre 2019 57


LookINg AROUND london showrooms

Con uno showroom totalmente ridisegnato e la partecipazione a un importante progetto residenziale, Molteni&C|Dada accresce la propria presenza a Londra, tra le capitali più vivaci della scena internazionale del design

PROGETTI SUL TAMIGI Inaugurato nel 2008, il flagship store Molteni&C|Dada di Shaftesbury Avenue, nel cuore del West End londinese, è stato recentemente presentato dal Gruppo in una versione rinnovata: un’iniziativa complementare alle recenti aperture dei negozi di Brompton Road e di Fitzrovia (quest’ultimo a marchio UniFor e consacrato al contract), significativa della centralità raggiunta dalla capitale inglese nella scena internazionale del design. Riprogettato perché diventi un punto di riferimento ispirazionale per il mondo del design e dell’architettura, lo showroom si estende su una superficie di 330 metri quadrati, circondati da 37 metri lineari di vetrine a tutta altezza e di aree comuni. All’interno, in esposizione, sei cucine in diverse finiture – tra cui l’imponente VVD di Vincent Van Duysen in pietra Ceppo e noce, una versione della Hi-Line 6 di Ferruccio Laviani in laccato bianco opaco e marmo di Carrara, i modelli senza

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SOPRA E A FIANCO, DUE AMBIENTI DEL RINNOVATO SHOWROOM MOLTENI&C|DADA DI SHAFTESBURY AVENUE, NEL CUORE DEL WEST END LONDINESE. SVILUPPATO SU UNA SUPERFICIE DI OLTRE 300 METRI QUADRATI, IL FLAGSHIP STORE ESPONE IL MEGLIO DELLA COLLEZIONE DEL GRUPPO, COMPRESI SEI MODELLI DI CUCINE (FRA CUI VVD DI VINCENT VAN DUYSEN, HI-LINE 6 DI FERRUCCIO LAVIANI E TRIM E VELA DI DANTE BONUCCELLI) E DIVERSI SISTEMI PER LA ZONA NOTTE. SOTTO, UNA COMPOSIZIONE DI HI-LINE 6 PRESENTE IN UNO DEGLI APPARTAMENTI DEL COMPLESSO DI BUCKINGHAM GREEN DI WESTMINSTER, PER CUI MOLTENI&C|DADA HA FORNITO UNA SERIE DI PRODOTTI REALIZZATI SU MISURA. NELLA PAGINA ACCANTO, UN ESTERNO DEL FLAGSHIP DI SHAFTESBURY AVENUE.

tempo Trim e Vela di Dante Bonuccelli e la sofisticata Prime, oltre a varie composizioni di alcuni sistemi di guardaroba, come Gliss Master e Master Dressing, entrambi firmati da Van Duysen. Richiamando la struttura di un flagship operativo, lo spazio offrirà un ampio catalogo di prodotti e soluzioni d’arredo idonee a supportare la clientela nel dare forma a spazi commerciali, retail, hospitality e residenziali. Ma le novità dei brand non si esauriscono con la riprogettazione dello store. Molteni&C|Dada, infatti, ha fornito un’ampia selezione di prodotti su misura (tra cui i già citati Gliss Master di Van Duysen e Hi-Line 6 di Laviani) per il Buckingham Green di Westminster: un lussuoso complesso di appartamenti privati di quindici piani, commissionati da London&Oriental e con interni disegnati da Fletcher Priest Architects e TH2 Designs. ■ A.P.

INTERNI settembre 2019 59


LookINg AROUND london showrooms

LONDON CALLING

Ospitato all’interno di un palazzo vittoriano del West End, il nuovo showroom Poliform nella City va ad affiancare il flagship di King’s Road: testimonianza pratica della centralità del mercato inglese per il marchio italiano Il nuovo showroom Poliform di Wigmore Street, Londra, va ad affiancare il flagship store di King’s Road, certificando l’importanza che il marchio italiano attribuisce al mercato inglese. Lo spazio è situato nel cuore creativo della capitale, all’interno di un palazzo vittoriano del West End totalmente restaurato e rinnovato nel pieno rispetto delle caratteristiche architettoniche originarie. Sviluppato su due piani per una superficie totale di 500 metri quadrati, lo showroom

60 settembre 2019 INTERNI


SOTTO, LE SETTE VETRINE DEL NUOVO SHOWROOM POLIFORM DI LONDRA, REALIZZATO ALL’INTERNO DI UN PALAZZO VITTORIANO TOTALMENTE RESTAURATO. NELLE ALTRE IMMAGINI, GLI INTERNI DEL NEGOZIO CHE, IN 500 METRI QUADRI DISPOSTI SU DUE LIVELLI, ESPONE L’AMPIA E ARTICOLATA COLLEZIONE AZIENDALE: CUCINE, IMBOTTITI, SISTEMI CONTENITORI, LIBRERIE, LETTI E ARMADI.

restituisce un’esperienza progettuale in virtuosistico equilibrio tra tradizione e modernità. L’antico labirinto, connotato da numerosi angoli e nicchie, ha fatto largo a un percorso espositivo di ampio respiro, reso particolarmente luminoso dall’imponente fronte di sette vetrine che mettono in comunicazione interno ed esterno. Il flagship store di Wigmore Street permette ai visitatori di respirare e toccare con mano il mondo Poliform, e di ammirare le collezioni aziendali nella loro completezza e varietà: cucine, imbottiti, sistemi contenitori, librerie, letti e armadi. Una linea di prodotti dal design sofisticato, capaci di esprimere un’idea precisa di lifestyle idonea a qualsiasi esigenza abitativa. ■ A.P.

INTERNI settembre 2019 61


LookINg AROUND london showrooms

Iris Ceramica Group espande la sua presenza nel Regno Unito con l’inaugurazione del suo primo showroom a Londra: uno spazio in cui interagire, trovare nuove ispirazioni e alimentare la creatività

LA CITY DELLA CERAMICA 62 settembre 2019 INTERNI


SOPRA, L’ESTERNO DEL PRIMO SHOWROOM DI IRIS CERAMICA GROUP A CLERKENWELL, LONDRA. NELLE ALTRE IMMAGINI, DIVERSE AMBIENTAZIONI DELLO SHOWROOM, PROGETTATO DALLO STUDIO AREA 17 ALL’INTERNO DI UN EDIFICIO DI DERIVAZIONE INDUSTRIALE E SVILUPPATO SU UNA SUPERFICIE DI 600 METRI QUADRI. CONCEPITO PER METTERE IN LUCE LA VERSATILITÀ DEL MATERIALE CERAMICO, LO STORE ESPONE LE COLLEZIONI DI TUTTI I MARCHI DELLA HOLDING.

“Tutto ciò che avete l’opportunità di ammirare oggi, nella nostra nuova galleria, può essere prodotto e acquistato: dalle superfici ai mobili all’oggettistica. Il nostro obiettivo attuale non è, infatti, dare visibilità alla nostra ampiezza di gamma, ma realizzare soluzioni belle e funzionali. Mi auguro che questo showroom possa diventare presto un luogo di riferimento in cui architetti e designer possano incontrarsi per scambiare idee, interagire, ispirare e ispirarsi”. Con queste parole Federica Minozzi, ceo di Iris Ceramica Group, ha suggellato l’apertura del primo store della holding a Londra, nel distretto creativo di Clerkenwell. Progettato dallo studio Area 17 all’interno di un edificio di ispirazione industriale in Old Street, il nuovo headquarter creativo del Gruppo si sviluppa su tre piani, per una superficie complessiva di 600 metri quadrati, e accoglie per la prima volta insieme le collezioni dei brand Ariostea, FMG Fabbrica Marmi e Graniti, Fiandre Architectural Surfaces, Iris Ceramica, SapienStone e Porcelanaingres. Realizzato per espandere la propria presenza in territorio britannico, l’Iris Ceramica Group London mette in luce la versatilità del materiale ceramico attraverso arredi e soluzioni di interni

che accompagnano i visitatori alla scoperta delle molteplici (e spesso inedite) applicazioni del gres porcellanato. Traguardo fondamentale nella strategia di posizionamento e ampliamento della rete internazionale delle gallery espositive del Gruppo, lo showroom non nasce come mero

negozio espositivo, ma piuttosto come luogo in cui le collezioni best seller dei marchi danno vita ad ambientazioni contract e residenziali e in cui gli spazi sono stati concepiti in maniera fluida, così da potersi trasformare da aree di co-working a conference room o lounge per eventi. ■ A.P.

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LookINg AROUND projects IMMAGINE DEI TRE MODELLI DI LAVABO DA APPOGGIO IN MARMO DI CARRARA CHE COMPONGONO LA COLLEZIONE GESSATI DI ANTONIOLUPI: TONDO (DIAMETRO 45 CM), RETTANGOLARE (60X 45 CM) E OVALE (60X 45 CM) TUTTI CON ALTEZZA DI 10 CM. NELLA PAGINA ACCANTO UN LAVABO AMBIENTATO. IN BASSO DUE SCHIZZI DI GUMDESIGN CHE ILLUSTRANO L’ISPIRAZIONE E IL PROCESSO DI LAVORAZIONE.

Gumdesign firma per antoniolupi Gessati, una collezione di lavabi in marmo ad alto impatto grafico e profondo valore etico

UN INSOLITO GESSATO

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LookINg AROUND projects

Tre lavabi da appoggio – tondo, ovale e rettangolare – in marmo di Carrara solcati da una texture a righe parallele che dà il nome alla collezione. Così appare, a una lettura superficiale, la nuova proposta di antoniolupi. Nulla di più lontano da frivolezze fashion. Il termine Gessati “rimanda al concetto sartorialità, che è alto artigianato e attenzione maniacale al disegno delle righe; la moda o lo stile non c’entrano nulla”, spiega Laura Fiaschi, anima artistica del duo Gumdesign. Le fa eco Gabriele Pardi, la sua “controparte più tecnica e razionale”: “il processo è l’aspetto fondamentale di questo progetto, che è innanzitutto un percorso etico, di riconoscimento del valore del materiale come risorsa prima”. Il processo tecnologico e la narrazione poetica, come in tutti i lavori dello studio toscano, si sintetizzano in forme, pulite, che sono innanzitutto sostanza. L’idea, spiega Pardi, nasce dalla volontà di “restituire alla natura e ridare valore agli scarti della lavorazione del marmo che si accumulano, sotto forma di piastrelline dello spessore di 1 o 2 centimetri, nei piazzali dei vari laboratori del distretto carrarese. Riassemblate e unite con collanti bicomponenti, queste microlastre di nessun pregio danno vita a un volume con una texture grafica, minimale, disegnata. Il blocco, lavorato da frese diamantate a controllo numerico, viene quindi ricondotto a forme morbide come il sasso di fiume levigato dalla corrente, a sua volta capace di accogliere l’acqua. Riacquisisce così il valore originario della montagna”. Un ciclo che si chiude, grazie a un processo inverso che dallo scarto torna all’origine. “Io sono di Carrara”, approfondisce Laura, “vedo la grande montagna che mi sovrasta e un paesaggio che cambia costantemente perché eroso dall’uomo. L’idea era dunque di ritrovare il contatto con la pietra e ridare vita al blocco sottratto al

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monte. In fondo è la metafora della vita: un susseguirsi di piccoli tasselli che la natura ha generato in un modo, ma che vengono ricomposti in una sequenza unica, come a ricucire la propria storia. La pietra è il nostro vissuto, e l’acqua rende tutto più morbido”. Se Gessati è proposto a catalogo con tre modelli in formati standard, “nulla vieta di personalizzare il progetto per dimensioni – si potrebbe virtualmente creare un lavabo anche lungo 10 metri – e materiali, alternando diversi tipi di marmi, come travertino, azul e nero marquina, o cambiando il colore dei collanti. Perché il mondo va alla ricerca della personalizzazione, al prodotto unico su misura”, conclude Pardi. ■ Katrin Cosseta


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twils.it bed: JAMES FLAGSHIP STORE via Ponte alle Mosse, 201 - Firenze

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LookINg AROUND projects 1

1. IL COMPLESSO DELLE PROCURATIE VECCHIE SU PIAZZA SAN MARCO A VENEZIA. FOTO COURTESY RICHARD DAVIES. 2. FASE DI RESTAURO DELL’IMPIANTO MURARIO STORICO AL TERZO LIVELLO. FOTO COURTESY CONTRASTO/MARTINO LOMBEZZI

I lavori di costruzione possono iniziare, con il benestare del Comune di Venezia e della Soprintendenza, nel cantiere nelle Procuratie Vecchie, uno degli edifici più importanti e belli di Venezia, completato da Jacopo Sansovino nel sedicesimo secolo, che delimita il lato nord di piazza San Marco. L’edificio che ospitò i Procuratori di San Marco durante la Serenissima Repubblica, caratterizzato dal portico di 50 arcate e 100 finestre in stile veneto-bizantino, è una struttura complessa e stratificata, al piano terra segnata dall’infilata dei negozi che aprono sulla piazza (tra cui quello iconico di Olivetti progettato da Carlo Scarpa). Tornerà a essere la sede di Assicurazioni Generali (al primo e secondo livello, con uffici sia di rappresentanza sia in locazione ad altri enti) e della fondazione filantropica a esso correlata The Human Safety Net (al terzo, con uffici, auditorium e spazi espositivi). La deadline è stimata nel 2021 per celebrare i primi 190 anni di Assicurazioni Generali, proprietario da quasi due secoli dell’immobile (anche se il nucleo operativo del gruppo assicurativo fondato a Trieste nel 1831 è a Mogliano Veneto da inizi anni ‘80). Il team di David Chipperfield Architects

I LEONI DI SAN MARCO

Procedono i lavori per il recupero delle Procuratie Vecchie, storica sede di Assicurazioni Generali, in piazza San Marco a Venezia. Un progetto firmato David Chipperfield Architects Milano Milano, che ha vinto il concorso internazionale di progettazione nel 2017, ha previsto ‘interventi chirurgici’ di recupero filologico delle tracce originali del luogo per ridare dignità e coerenza a spazi con valori differenti. Il cantiere, a oggi, ha interessato parte del consolidamento strutturale e la messa in sicurezza dei solai, la ripulitura delle decorazioni interne e degli stucchi ottocenteschi, l’eliminazione di superfetazioni posticce. Ora inizia la parte più complessa negli oltre 12.000

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metri quadrati delle Procuratie Vecchie, l’ammodernamento impiantistico e la costruzione di nuovi elementi di collegamento ai piani.“La sfida più grande: quella di adattare a nuove fruibilità pubbliche, certo non contemplate in origine, un edificio che ha 500 anni e che si relaziona con la piazza più amata dagli architetti, quella di San Marco”, ha commentato David Chipperfield, non nuovo a imprese di tale peso e risonanza mondiale (una per tutte, l’acclamato recupero del Neues Museum di Berlino).“La straordinaria facciata delle Procuratie Vecchie”, ha continuato l’architetto britannico, “sembra un unicuum, ma dietro l’apparente radicale uniformità esterna cela tante micro-città stressate dalle metamorfosi degli ultimi 200 anni. Dobbiamo riorganizzare negli interni una tipologia frazionata riconducendola a connessioni orizzontali-verticali necessarie al nuovo funzionamento e renderla permeabile nell’accessibilità”. Sarà recuperato il corpo-scale dei primi Novecento con lucernario centrale che si relaziona all’ingresso discreto dalla corte interna. A questo si affiancheranno altri due nuovi corpi-scala. Al terzo piano destinato a The Human Safety Net,

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LookINg AROUND projects 1

NEI RENDER DI PROGETTO: 1. IL CORPO-SCALE DEI PRIMI NOVECENTO CON LUCERNARIO CENTRALE. 2. L’INFILATA DI APERTURE AD ARCO CHE RITMANO LE SEQUENZE SPAZIALI DEL TERZO LIVELLO. 3. IL VOLUME CENTRALE E IL NUOVO CORPO SCALE AL TERZO LIVELLO.

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questi innesti di collegamento consentiranno la creazione di due nuove corti in quota. E l’ultimo livello del sottotetto, segnato dall’infilata storica degli oculi su piazza San Marco, che sarà parzialmente aperto al pubblico con spazi flessibili per conferenze, talks, esposizioni, è quello che restituisce negli elementi preesistenti maggiore libertà d’intervento.“Qui era già stato costruito ai primi del Novecento un auditorium, con capriate in cemento di cui è previsto il recupero” spiega Giuseppe Zampieri, fondatore, direttore e socio di David Chipperfield Architects Milano. “Su queste abbiamo innestato delle capriate in metallo e altresì introdotto un’infilata di aperture ad arco che consentiranno una circolazione fluida e ininterrotta al piano, integrando anche due corti che corrispondono alle coperture dei nuovi corpi-scala. Le pareti in mattoni del Sansovino, una volta ripulite, saranno finite con un intonaco a calce scialbato. Unitario sui tre piani d’intervento, il mantra”, continua Zampieri, “resta quello di rispettare colori chiari, pavimenti in pastellone o terrazzo alla veneziana già in parte esistenti, soffitti con travi lignee lasciate a vista, e dove queste mancano verranno realizzate nuove

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controsofittature con un sistema di doghe, reinterpretazione contemporanea di quelle originali”. Essenzialità all’ennesima potenza. Gli impianti, studiati con Arup Italia, saranno nascosti nei controsoffitti. Solo al terzo livello il riscaldamento è a pavimento, mentre al primo e al secondo verrà mimetizzato in elementi copri-fancoil in legno in via di definizione, come gli arredi. L’esecuzione del progetto è stata affidata a imprese locali: un altro dato interessante, nell’ottica di valorizzare tecniche, lavorazioni, materiali propri del knowhow della manodopera veneziana e di sviluppare occupazione. Quanto a The Human Safety Net è un hubcatalizzatore di potenziale umano,

strutturato per il supporto delle comunità più vulnerabili (famiglie, start-up di rifugiati e neonati), attivo dal 2017 in 19 Paesi con una rete di oltre 25 partner. “Assicurazioni Generali aprì il suo primo ufficio alle Procuratie Vecchie nel 1832. Quasi 200 anni dopo lo stemma del nostro Leone ritorna al fianco di quello di San Marco, restituendo ai 25 milioni di persone che ogni anno visitano la piazza non più solo una bellezza universalmente riconosciuta, ma anche armonia e sostenibilità”, ha sottolineato Philippe Donnet, CEO del Gruppo Generali che sta investendo anche per il recupero di altre parti dell’area Marciana e degli adiacenti Giardini Reali. ■ Antonella Boisi

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SICLA DESIGN:

CLAUS BREINHOLT

www.infinitidesign.it



LookINg AROUND projects

PORTOGHESI IERI E OGGI

Casa Baldi a Roma, opera giovanile di Paolo Portoghesi, si trasforma 60 anni dopo, per mano del suo stesso autore, nel nuovo Creative Centre di Casalgrande Padana

1. DISEGNO DI PAOLO PORTOGHESI DI CASA BALDI, COSTRUITA A ROMA TRA IL 1959 E IL 1961. 2. L’ESTERNO DELL’EDIFICIO, CON LE PARETI IN TUFO CHE CITANO, CON IL LORO ANDAMENTO CURVILINEO, LE ARCHITETTURE DI BORROMINI, DI CUI PORTOGHESI È UN GRANDE CULTORE.

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Un’operazione culturale che fa riflettere sui concetti di modernità, longevità, immutabilità funzionale di un’architettura e sulla capacità, che è propria solo dei maestri, di sapersi mettere in discussione e confrontare nel tempo con la propria opera. Questo il senso profondo della rinascita di Casa Baldi da abitazione privata a centro creativo e di rappresentanza di uno dei maggiori produttori italiani di rivestimenti ceramici. Afferma Paolo Portoghesi, chiamato a elaborare il progetto di restauro e riconversione funzionale del manufatto che lui stesso in origine ha definito ‘ambiguo’: “Per Casa Baldi mi ha entusiasmato l’idea di utilizzare in modo diverso l’edificio; ho cercato di mettere insieme in modo dialettico la necessaria dimensione espositiva che il Creative Centre richiede, con la

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LookINg AROUND projects 1. UNA DELLE SALE ESPOSITIVE AL PIANO TERRA. 2. SCORCIO DEL SALONE AL PRIMO PIANO, CON IL CAMINO E IL LAMPADARIO DI CARLO SCARPA ORIGINALI; NELL’AMBIENTE SONO STATI ISERITI DEI QUADRI CERAMICI, COME OPERE D’ARTE. 3. RITRATTO DELL’ARCHITETTO PAOLO PORTOGHESI, CHE HA TENUTO UNA LECTIO MAGISTRALIS IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DEL CREATIVE CENTRE.

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memoria domestica degli spazi originari”. I Creative Centre sono luoghi aperti ai professionisti del settore, ideati da Casalgrande Padana per superare il tradizionale concetto di showroom commerciale, proponendosi come un crocevia tra ceramica e progetto, e coniugando dimensione espositiva, comunicazione, informazione tecnica e un’articolata serie di iniziative nei campi dell’architettura, del design e della produzione. Paolo Portoghesi ha elaborato una serie di soluzioni coerenti con l’opera originale e allo stesso tempo sensibili a valorizzarne architettonicamente e funzionalmente la nuova destinazione

d’uso. Al piano terra, votato a esposizione di prodotto, l’architetto ha elaborato una serie di quinte rivestite con i diversi materiali, che paiono teatralmente distaccarsi dal perimetro murario, da quelle “pareti 3 curvilinee plasmate dal vento che infondono allo spazio la sensazione del respiro”, enfatizzando luci radenti di sapore barocco. Non a caso, sottolinea il maestro, “il progetto riflette i miei studi su Borromini, che per me è il precursore della modernità”. Il piano superiore è invece conservato nei suoi materiali e spazi originari, e le lastre di Casalgrande Padana vi si integrano con leggerezza, come opere d’arte alle pareti. ■ Katrin Cosseta


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Boè divano, design Jai Jalan. Nemu tavolini, design Setsu & Shinobu Ito.



LookINg AROUND projects

LIVING TORTONA Nella zona milanese emblema della creatività nasce una nuova residenza, dinamica, verde ed eco-friendly, composta da appartamenti e ‘ville urbane’, in cui interno ed esterno si fondono

I COLORI CHIARI DELLE FACCIATE E I PROFONDI VOLUMI IN AGGETTO CREANO UNA DINAMICA COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA. L’USO DEL METALLO COME RIVESTIMENTO DELLE FACCIATE RICHIAMA LA VOCAZIONE INDUSTRIALE DELLA ZONA, CHE STORICAMENTE SI È CARATTERIZZATA PER LA LAVORAZIONE DEL FERRO E DELLA GHISA E PER LA PRODUZIONE DI GRANDI MANUFATTI METALLICI.

Spazi aperti, luminosi ma soprattutto verdi. Ampie vetrate e terrazzi che integrano rigogliose piante, trasformandosi in vere e proprie estensioni degli spazi abitativi: stanze en plein air che creano un continuum tra interno e esterno. Enfatizza e promuove il rapporto tra l'uomo e la natura in città il progetto ideato da

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LookINg AROUND projects

DC10 Architects, lo studio milanese composto da Marco Vigo, Alessia Garibaldi e Giorgio Piliego, per il nuovo complesso residenziale Living Tortona. Composto da due corpi di fabbrica – quello principale che affaccia su via Giorza e l’altro su una corte interna – il complesso dispone di diverse tipologie di appartamenti e di ‘ville urbane’ su due livelli, dotate di giardino o terrazzo. Ognuna delle venti unità si distingue per l’accurata definizione del layout, progettato per ottimizzare la fruibilità degli spazi, connotati da toni chiari e da uno stile essenziale e sofisticato. L'interior design degli appartamenti è stato ideato e realizzato da Milano Contract District, la design platform che è intervenuta con l’inserimento di tutti i suoi brand e che ha curato l'art direction dell'allestimento della residenza campione. Tra gli elementi IL COMPLESSO RESIDENZIALE LIVING TORTONA, CURATO DALLO STUDIO DC10 ARCHITECTS, SI DISTINGUE PER L'ACCURATATA PROGETTAZIONE DEL VERDE E DELLA LUCE. LE RESIDENZE SONO STATE ARREDATE DALLA DESIGN PLATFORM MILANO CONTRACT DISTRICT CON I SUOI BRAND, TRA CUI ERNESTOMEDA, FLORIM, FLOS, FONTANOT, GESSI, LEMA, LISTONE GIORDANO, LUALDI, OIKOS, CESANA. (TUTTE LE FOTO SONO DI ANDREA MARTIRADONNA; QUI A SINISTRA, FOTO DI DAVIDE ARENA)

architettonici distintivi di Living Tortona, i patii interni e gli ampi lucernari, pensati per sfruttare al massimo la luce solare. La natura ‘entra’ nel progetto anche attraverso la scelta di tecnologie innovative come quelle geotermica e fotovoltaica che, insieme

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all'attento studio di ogni dettaglio sia costruttivo sia interno, consentono un notevole risparmio energetico, rendendo il complesso all’avanguardia dal punto di vista climatico e contribuendo al miglioramento dell’intero ecosistema urbano. ■ Claudia Foresti



LookINg AROUND competition

PARETI CREATIVE

Dal contest IDEASxWOOD, ideato da Tabu, sono nati diversi progetti realizzati da studenti e professionisti (under 40). Un modo per rinnovare l’interesse verso il legno, ma anche per dare ai più giovani un’opportunità Sostenere la cultura e la conoscenza del legno presso le nuove generazioni. Questo uno degli obiettivi di Tabu, azienza leader nella tintoria del legno naturale e nella tecnologia del legno multilaminare, che ha organizzato e promosso il 1° Design Contest IDEASxWOOD 2018/2019 rivolto a professionisti (tra i 25 e i 39 anni) e studenti, italiani e stranieri.

“Per riuscire a ideare progetti creativi è necessario conoscere le specie legnose e le tecnologie produttive adottate oggi nell’industria: pulite e rispettose dell’ambiente, sottoposte a rigidi vincoli legati all’origine legale certificata della materia prima”, racconta Andrea Tagliabue, terza generazione della famiglia che guida l’azienda. “Il legno, materia viva e nobile, lavorato

SOPRA, IL PROGETTO CITY VIBES DI FEDERICA CITTERIOE WILLIAMS POMPEI (LC, PU) CHE HA VINTO IL PRIMO PREMIO DELLA CATEGORIA PROFESSIONISTI.

SOPRA, IL 2° PREMIO DELLA CATEGORIA PROFESSIONISTI: LEAF 3D DI RICCARDO TOMASONI (BG). A SINISTRA, IL PROGETTO CHE SI È AGGIUDICATO IL 3° PREMIO: TEXTOUR CITIES INTRECCI DI CITTÀ DI MARIA GELVI E ROSALBA DI MAIO (NA).

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IL PROGETTO CHE HA VINTO IL PRIMO PREMIO DELLA CATEGORIA STUDENTI: TONDO TONDO DI NICOLA DA DALTO (UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA, CORSO DI DESIGN DEL PRODOTTO INDUSTRIALE).

all’interno di rigorose politiche che sostengono la riforestazione a livello planetario, è un materiale spesso trascurato, o poco conosciuto, dalle nuove generazioni. Questo contest ha il pregio di valorizzarlo e di dare nuove opportunità agli under 40, non solo per chi vince: se l’azienda infatti ritiene validi alcuni progetti non premiati, può decidere di metterli in produzione, inserendoli nelle proprie collezioni”. Tabu, che non ha mai voluto un art director, attraverso questo contest intende dunque valorizzare la creatività delle nuove generazioni dando la possibilità di iniziare una collaborazione. “Tutti i 183 progetti pervenuti saranno vagliati dai nostri responsabili e, a prescindere dall’esito del contest, potranno essere, se

ritenuti validi, messi in produzione”. A maggio sono stati proclamati i vincitori delle rispettive categorie da una giuria composta da 16 membri e presieduta dall’architetto Franco Raggi. Per i professionisti, il primo premio è andato a City Vibes di Federica Citterio e Williams Pompei (LC, PU), scelto per “la proposta figurativamente innovativa che esalta le possibilità tecniche ed estetiche della tecnologia multilaminare Tabu, ottenendo una texture di notevole eleganza grafica e forza espressiva basata su due sole tinte contrastanti di essenze lignee”, come recita la motivazione. Il primo premio della categoria Studenti è stato assegnato a Tondo Tondo di Nicola da Dalto (Università degli Studi di Ferrara, Corso di Design del Prodotto

Industriale) per “la semplice e raffinata composizione modulare di quadrati e cerchi evidenziati con sfumature a contrasto della stessa essenza per ottenere un effetto di superficie tridimensionale”. Il bando della seconda edizione luglio 2019/ aprile 2020 è on line su www.ideasxwood.it ■ Marina Jonna

SOTTO, INCASTRI DI STEFANO BERTOLINI (ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI DI BRERA, CORSO DI DECORAZIONE) CHE SI È AGGIUDICATO IL 2°PREMIO DELLA CATEGORIA STUDENTI; A SINISTRA, IL 3° PREMIO DELLA STESSA CATEGORIA È ANDATO A ORO NERO DI FRANCESCO ROVERSI, GRETA CAPPELLINI, ALESSIA MARCHESI (POLITECNICO DI MILANO, SCUOLA DEL DESIGN).

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LookINg AROUND sustainability

UN ABITO NUOVO PER IL CONDOMINIO

Rendere un edificio efficiente in termini energetici conviene all’ambiente e al portafoglio: è la mission di CappottoMio, il servizio innovativo di Eni gas e luce per i condomìni In Italia ci sono oltre 1,2 milioni di condomìni, e di questi oltre il 70% ha più di 50 anni: un patrimonio edilizio piuttosto datato, costruito antecedentemente alla promulgazione della prima legge sull’efficienza energetica. Mettere riparo a situazioni di dispendio energetico e finanziario è possibile, anzi doveroso, anche se l’edificio non è recente. Il primo intervento da considerare è certamente l’isolamento termico (attraverso il

L’ISOLAMENTO A CAPPOTTO, CHIAMATO ETICS (EXTERNAL THERMAL INSULATION COMPOSITE SYSTEM), È UN SISTEMA IN GRADO DI RISPONDERE ADEGUATAMENTE AI REQUISITI DI ABBATTIMENTO DEI CONSUMI ENERGETICI, MANTENENDO INALTERATE NEL TEMPO LE PROPRIETÀ TERMICHE DEI MATERIALI.

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cosiddetto cappotto), ma sono possibili anche altre azioni, come l’adeguamento energetico delle centrali termiche condominiali: una ‘cura di efficientamento’ che può portare a un risparmio in termini energetici dal 30 al 50% (fonte Enea 2018, target condomìni). Nell’ottica di offrire servizi chiavi in mano, Eni gas e luce, società dedicata alla commercializzazione di gas, luce e soluzioni energetiche per

famiglie, condomìni e imprese, ha creato Cappottomio, un servizio che punta alla riqualificazione energetica dei condomìni. Il servizio opera su più fronti: da quello tecnico di isolamento termico e di adeguamento delle centrali termiche al supporto per usufruire di tutti i vantaggi fiscali delle normative in materia di ‘ecobonus’ (detrazioni fino al 75% dell’importo dei lavori) e di ‘sismabonus’ (fino all’85%), con l’opzione di cedere a terzi il credito fiscale. ■ Antonella Galli


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23-27 Settembre, 2019 Hall 26 - Stand A242-B249

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LookINg AROUND Design cities

1. LE ANTICHE VIE D’ACQUA ARTIFICIALI CHE CIRCONDANO LA CITTÀ. 2. L’EDIFICIO DI HAYASHI DEPARTMENT STORE, RISALENTE AL 1932 E RIAPERTO NEL 2004, È UNO DEI SIMBOLI STORICI DELLA VITALITÀ COMMERCIALE DI TAINAN. (PH. COURTESY TOURISM BUREAU OF TAINAN CITY GOVERNMENT).

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TAINAN, LA CULLA DEI TESSUTI HIGH TECH

Una spiccata passione per la moda e una futuristica produzione tessile: è il nuovo volto dell’antica capitale di Taiwan, che ha scelto il FuoriSalone di Milano per presentarsi al mondo del design. E ora rilancia con un nuovo Fashion Show

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1. DECORAZIONI TRADIZIONALI DELL’ARCHITETTURA RELIGIOSA TAIWANESE SUI TETTI DI TAINAN. 2. MAZU, DIVINITÀ DEL MARE E IMMAGINE SIMBOLO DELLA CITTÀ (PH. G GALENDA). 3. ORNAMENTI DI UN TEMPIO (PH. B. ARENELLA). 4. LA BEIMEN CRYSTAL CHURCH, CHIESA GALLEGGIANTE CON STRUTTURA IN BAMBU E VETRO, DEDICATA ALLE PROMESSE D’AMORE (PH. COURTESY TOURISM BUREAU OF TAINAN CITY GOVERNMENT). 5. STREET ART E RECUPERO DEI QUARTIERI (PH. E. GEMELLI).

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Luminescenza, leggerezza, resistenza, traspirazione, impermeabilità: sono le performance che caratterizzano i tessuti prodotti nel distretto manifatturiero di Tainan. Nella quarta città dell’isola di Taiwan, e sua antica capitale, una fitta rete di imprese - dai gruppi di grandi dimensioni ai piccoli laboratori familiari - costituisce uno dei distretti tessili più attivi e all’avanguardia del mondo intero. Membrane nano-tecnologiche che possono essere applicate a qualsiasi tipo di tessuto rendendolo impermeabile e traspirante, ricami che sembrano stampe digitali, effetti luminescenti che si attivano se colpiti dalla luce, tessuti in grafene, filati idratanti, anti-irritanti e piacevoli al tatto a base di collagene

ricavato dagli scarti della lavorazione del pesce: questo ed altro esce dalle fabbriche di Tainan, dai laboratori di ricerca, dalle manifatture, per finire sulle passerelle di tutto il mondo, nelle collezioni dei migliori stilisti. I dati lo confermano: il 70% dei tessuti funzionali usati nel mondo per produrre capi di vestiario dotati di comfort, ergonomia e sicurezza escono da fabbriche taiwanesi altamente tecnologiche. Ma quale ecosistema urbano, sociale, culturale supporta questa straordinaria macchina produttiva che oggi si propone di conquistare le scene mondiali per la sua qualità e la sua spinta alla ricerca? Tainan è una città che vuole farsi scoprire perché piacevole, animata da contrasti vivaci e proiettata verso il futuro. Si è presentata al mondo del progetto con la mostra braIN TAIWAN, ideata da The Meet Lab in collaborazione con Tainan City Government, al FuoriSalone di Milano lo scorso aprile, parte della grande mostra Interni Human Spaces. E ora Tainan invita a visitare di persona la grande macchina di stile e ricerca che custodisce nel suo territorio. Mettendo sul piatto un mix urbano di

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LookINg AROUND design cities

UNA MACCHINA FILATRICE IN UNO DEI NUMEROSISSIMI LABORATORI TESSILI DI TAINAN. IL DISTRETTO, GRAZIE ALLA FILIERA INTERA RIUNITA IN UN TERRITORIO DI PICCOLE DIMENSIONI, CONSENTE LA REALIZZAZIONE COMPLETA DI UN PROGETTO, DAL PROTOTIPO AI MACCHINARI, DAI FILATI AGLI STAMPI FINO ALLA COMMERCIALIZZAZIONE (PH. E. GEMELLI)

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1. MACCHINA PER LA FILATURA DI FIBRE SINTETICHE RICAVATE DAL RICICLO DELLE BOTTIGLIE DI PLASTICA (PH G. GALENDA). 2. UN ABITO ESPOSTO DURANTE IL FASHION SHOW DI TAINAN. 3. UNA DELLE SFILATE DURANTE GLI EVENTI FASHION DELLA CITTÀ (PH. COURTESY TAINAN CITY GOVERNMENT). 4. MISS PATINA LIN, AMBASCIATRICE DELL’INDUSTRIA TESSILE DI TAINAN, IN UN MOMENTO DELLA SUA ESIBIZIONE ALL’INAUGURAZIONE DELL’EVENTO BRAIN TAIWAN ORGANIZZATO DA TAINAN CITY GOVERNMENT ALL’INTERNO DELLA MOSTRA INTERNI HUMAN SPACES DURANTE IL FUORISALONE 2019 ALL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO.

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tradizione, storia, cultura e nuovi stili di vita. Fondata nel 1620, prima città fortificata dello Stato di Taiwan, è stata la fonte di sviluppo del Paese grazie alla sua agricoltura e alle sue capacità produttive. Estesa su una superficie di oltre 2000 kmq con quasi due milioni di abitanti, è un mix straordinario di cultura, tecnologia, tradizioni: circondata da una rete di canali che ne hanno consentito lo

sviluppo agricolo e commerciale, è la sede del primo tempio dedicato a Confucio, del più grande e antico centro commerciale del Paese, l’Hayashi Department Store, fondato nel 1932 e riaperto nel 2014 per iniziativa di Tainan City Goverment, come emblema di un movimento che recupera gli edifici storici nell’ottica di un nuovo stile di vita che non dimentica il passato. Accanto a manifestazioni che ricordano atmosfere d’altri tempi, come lo Yuejin Harbor Lantern Festival, tra febbraio e marzo, in cui le creazioni luminose di artisti e designer magicamente animano canali e specchi d’acqua nella notte, si svolgono eventi di grande impatto mediatico e dall’allure contemporanea: è il caso del Fashion Show, organizzato da Tainan City Government, che si terrà a ottobre presso il Tainan Art Musem, e che si collega a doppio filo con la mostra braIN TAIWAN del FuoriSalone milanese: designers e stilisti locali e internazionali produrranno creazioni originali in abbinamento ad aziende produttrici locali, per mostrare le capacità del distretto di sviluppare prodotti e progetti interpretando le voci della creatività. Tainan, infatti, ama la moda e ne offre un’interpretazione non solo esecutiva, ma anche fortemente creativa, con un linguaggio che media la lezione

dell’Occidente con le più autentiche ispirazioni orientali. Un’espressione originale ma definita, coraggiosa e contemporanea, che può regalare più di un’ispirazione a chi è in cerca di nuovi stimoli. ■ Antonella Galli

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Ph. Massimo Gardone, A.D. Studio Iacchetti, Graphic TWO

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LookINg AROUND young designers

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ADAGIO MA NON TROPPO

1. MADAME, POLTRONA CON SCHIENALE IN PELLE INTRECCIATA, PRODOTTA DA BAXTER 2018. 2. LA LAMPADA PALAZZO RICHIAMA LE ARCHITETTURE BAUHAUS E ART DÉCO, EDITIONS MILANO 2018. 3. FEDERICO PERI, NATO A MONTEBELLUNA, HA APERTO IL SUO STUDIO A MILANO NEL 2011 ED È STATO RISING TALENT AWARDS A MAISON&OBJET 2018.

Tempo e dedizione sono le parole chiave nei progetti di Federico Peri, senza dimenticare arte, memoria e sapienza artigiana

Non si nasce in un giorno. I progetti

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4. SADDLE, POLTRONA REALIZZATA CON PELLE, CANVAS E BORCHIE DECORATE, TUTTI MATERIALI UTILIZZATI PER LA PRODUZIONE DELLE BORSE IL BISONTE, 2018.

hanno bisogno di tempo, del tempo che serve a pensare, provare, modificare, con tutta l’attenzione e la dedizione necessarie. È l’insegnamento che Federico Peri, nato a Montebelluna nel 1983, ha appreso osservando i capolavori dell’arte nei due anni che, dopo la laurea allo IED meneghino nel 2007, ha trascorso a Parigi grazie a una borsa di studio di residenza per artisti indetta dal Comune di Milano e dalla fondazione Dena Foundation for Contemporary Art. Rientrato a Milano, lavora presso lo studio di architettura Vudafieri Saverino Partners, dove si specializza in retail design e nel 2011 si mette in proprio occupandosi di design d’interni e collaborando con studi di progettazione, aziende e privati. Nel 2014 (quindi ben sette anni dopo la laurea, a dimostrazione di quanto siano lunghi i tempi di maturazione necessari a imparare, per poi avere qualcosa da dire) inizia a disegnare oggetti dotati di un proprio linguaggio, sintesi delle esperienze trascorse e dei ricordi

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LookINg AROUND young designers

1. CHARLOTTE M, LAMPADA A SOSPENSIONE IN VETRO SOFFIATO E OTTONE, ISPIRATA DALL’OMONIMO DOLCE INGLESE DI CUI RIPRENDE IL DECORO A CORONA PERIMETRALE, EDIZIONE NILUFAR 2018. 2. CALICI, LAMPADE CHE REINTERPRETANO LE FORME CARATTERISTICHE DEI ‘TIPETTI’ MURANESI, SALVIATI 2019. 3. LAMPADA CIRCLE DELLA COLLEZIONE SHAPES, OTTENUTA DALLA COMBINAZIONE TRA GEOMETRIE SEMPLICI E MATERIALI AUTENTICI QUALI VETRO SOFFIATO, OTTONE E PELLE, EDIZIONE NILUFAR 2017. 4. BUTTON, LAMPADE A PARETE IN METALLO E VETRO RIGATO, BAXTER 2019. 5. BIBLIOTECA ITINERANTE, MODULO POLIFUNZIONALE SU RUOTE CON CHAISE LONGUE, SEDUTA TRADIZIONALE, MENSOLE E ILLUMINAZIONE, EDIZIONE NILUFAR 2014. 6. BELT, POLTRONA DAI VOLUMI GENEROSI, CON CINTURA CONTENITIVA IN METALLO E PELLE, BAXTER 2019.

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d’infanzia vissuti nella fabbrica di scaffalature industriali dei nonni, per poi prendere contatto con gallerie e aziende. Di quell’anno è il primo progetto con cui si fa notare, la Biblioteca itinerante proposta

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dalla galleria Nilufar, che contiene due dei principi cardine della sua progettazione: la polifunzionalità e la possibilità di interagire con l’oggetto. Questa biblioteca, solitaria o per due vicini che si danno la schiena, è un abitacolo del pensiero. Da lì in poi è un crescendo, che porta Federico Peri a essere scelto fra i tre migliori designer esordienti al Salone del Mobile 2017, premiato come talento emergente a Maison&Objet 2018, e a lavorare con marchi di consolidata tradizione come Baxter, FontanaArte, Salviati. “Amo lavorare a progetti che celino dietro ai dettagli una sorta di rimando storico”, dice il designer, “progetti dall’estetica contemporanea

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che, grazie all’intervento artigiano, parlino di qualità e del saper fare. Preferisco lavorare con materiali autentici che sappiano invecchiare bene trasmettendo così il loro fascino”. Il buon prodotto ha in genere bisogno del giusto tempo di maturazione prima, per poi resistere alle ingiurie del tempo e anno dopo anno trasformarle in valori, testimonianze, racconti ed emozioni. ■ Virginio Briatore

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Lavastoviglie senza compromessi. Solo acciaio di grande qualità e un’ingegneria unica per offrire risultati di lavaggio eccellenti. Design scandinavo puro, solido e funzionale. Lavastoviglie DBI 644 IG.S

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Parigi, anno 2010. Tre compagni di liceo, Quentin Couturier, Xavier Aguera e Charles Brun, decidono di mettersi insieme per lanciare un’impresa nel nome del design, della moda ma anche dell’accessibilità. L’idea è creare una collezione di occhiali da lettura, equiparabili a quelli acquistabili in farmacia, ma con un valore aggiunto in termini di stile, colore, materiale. In poche parole, molto più sfiziosi e caratterizzati. Nasce così Izipizi, marchio

di occhiali prêt-à-porter, che debutta nel 2013 con la serie di occhiali Reading. È l’inizio di un incessante percorso di crescita che porta a un progressivo ampliamento della gamma dei prodotti. Infatti, arriva presto la serie Sun di occhiali da sole e quella Sun Reading per leggere al sole. È poi la volta delle collezioni Baby, Kids e Junior, pensate per bambini da 0 a 12 mesi, da 12 a 36 mesi e da 3 a 10 anni. A queste fa seguito Screen, occhiali che proteggono

LO STILE DEMOCRATICO

Con un mix di moda e design, il marchio parigino Izipi ha reinventato gli occhiali premontati da lettura. E non solo quelli

IN ALTO A DESTRA, IL NUOVO MODELLO DI OCCHIALI DA LETTURA #J ULTRA-ROTONDO E NUOVE VARIANTI CROMATICHE PER SUN GLACIER, L’OCCHIALE DA MONTAGNA CON PROTEZIONI AMOVIBILI IN COTONE SIMILPELLE. QUI SOPRA, I NUOVI COLORI COOL HEAT A CONTRASTO IN UN’EDIZIONE LIMITATA PER L’AUTUNNO INVERNO 2019. A DESTRA, LA MASCHERA SUN SNOW ORA DISPONIBILE ANCHE NELLA VERSIONE JUNIOR.

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gli occhi filtrando il 40% della luce blu emessa dagli schermi delle apparecchiature elettroniche. Per arrivare alle serie Nautic, Sun Glacier e Sun Snow per le giornate al mare e in montagna. Oggi Izipizi è una solida realtà imprenditoriale basata su una squadra di 60 persone, che distribuisce i suoi prodotti in tutto il mondo grazie a 4000 punti vendita. Tra questi, il flagship store

parigino aperto a luglio 2017 nel Marais (che verrà presto affiancato da due nuove boutique) e quello londinese al 28 di Carnaby St, inaugurato a marzo 2019. E tra le varie partnership avviate con noti marchi internazionali del lifetsyle – come Colette, Le Bon Marché, Bonpoint, Woolrich – quella con Moroni Gomma, che distribuisce Izipizi in Italia fin dalle sue origini. ■ Maddalena Padovani




LookINg AROUND exhibitions

AT HOME Al MAXXI di Roma una mostra dedicata al tema dell’abitare mette a confronto diverse generazioni di architetti, con progetti moderni e contemporanei che rispecchiano i mutamenti degli spazi domestici

SOTTO, LA ‘CASA’ A DUE LIVELLI DELLO STUDIO NORVEGESE RINTALA EGGERTSSON FUNGE DA INGRESSO ESPERIENZIALE ALLA MOSTRA. A FIANCO, UNO SCORCIO DELLA SALA DEDICATA AL CONFRONTO TRA GIANCARLO DE CARLO E DAVID ADJAYE CON IL MODELLO DEL SUO PROGETTO SUGAR HILL A NEW YORK (2015).

Curata da Margherita Guccione e Pippo Ciorra, la mostra “At Home”, allestita fino al 22 marzo 2020 al MAXXI di Roma con un progetto di Silvia La Pergola e Barbara Pellizzari, si offre come un momento di riflessione sul tema dell’abitare e sui cambiamenti dello spazio domestico. La formula è quella di un confronto dialettico per coppie di progetti, presentati in un percorso serrato che analizza opere dei grandi maestri del Novecento e di emergenti architetti contemporanei, attingendo alla ricca collezione di architettura conservata dal Museo. Dall’abitare individuale a quello collettivo, “a partire dalle abitazioni unifamiliari in cui... si raggiunge il maggior grado di sperimentazione, fino a quei veri e propri brani di città in cui l’esperienza individuale si innesta nella dimensione comunitaria”, i progetti

selezionati, tra loro lontani nel tempo, costruiscono un percorso di assonanze e similitudini. Un regesto ragionato che compone una casistica differenziata, dove opere appartenenti a diversi periodi storici, a varie poetiche e linguaggi, indicano il necessario pluralismo progettuale presente all’interno della complessità dell’abitare contemporaneo. La mostra si apre con una casa visitabile che funge da portale nella galleria del Museo: disegnata dagli architetti norvegesi Rintala Eggertsson, Home sweet Rome è una sorta di esperienza immersiva a doppio livello che, “partendo dalla dimensione quasi domestica di un’insula di antichissima memoria, conduce poi alle più moderne

sperimentazioni” presentate in mostra. Muovendo dal confronto tra Casa Malaparte (la “casa come me” di Curzio Malaparte erroneamente attribuita ad Adalberto Libera) e il bivacco Fanton a Forcella Marmarole sulle Dolomiti disegnato dallo studio Demogo (due architetture compiute calate con magia nella natura più aspra) si passa al

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LookINg AROUND exhibitions

dialogo tra Casa Veritti (1955-’61) di Carlo Scarpa e la casa a Modica di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo (2015-’18). Due opere dove la poetica del frammento e la passione per i materiali emergono con forza poetica e controllo dell’insieme. Tra le varie ‘coppie’ che nel percorso espositivo intrecciano un dialogo a distanza, segnaliamo quella di Luigi Pellegrin con Giuseppe Perugini, “eroi della stagione più folle e interessante dell’architettura italiana”; e quella di Casa Baldi a Roma di Paolo Portoghesi (1959-’61) con la Capital Hill Residence vicino a Mosca di Zaha Hadid l(2018): la prima, una felice giovanile interpretazione del barocco romano declinato in chiave domestica, viene ripresa in modo dinamico nel progetto moscovita. Il colorato e sapientemente ironico isolato-collage di Aldo Rossi a Berlino (2005-’08) si incontra con la Vanke Tulou Housing dello studio cinese Urbanus, rilettura e ridisegno delle spettacolari tipologie circolari della case hakka del sud del Paese. Un capitolo a parte è dedicato al Corviale

96 settembre 2019 INTERNI

LA STRUTTURA SOSPESA CHE RICORDA IL NUOVO BIVACCO FANTON DELLO STUDIO DEMOGO SI CONFRONTA CON CASA MALAPARTE A CAPRI. IN BASSO, LA SEZIONE DELLA MOSTRA DEDICATA AL CORVIALE, CON IL MODELLO DEL PROGETTO DI RIFORMA, IN CORSO, DI LAURA PERETTI E GUENDALINA SALIMEI.

di Mario Fiorentino, l’edificio lungo un chilometro al margine di Roma, oggetto di riforma e ripensamento nel progetto in corso di Laura Peretti e Guendalina Salimei. Due temi di riferimento per la storia dell’abitare italiano (la ‘palazzina’ romana e il Piano Ina Casa del 1949) concludono il percorso.

Si sente la mancanza del catalogo, sopperita però da una ricca brochure scaricabile gratuitamente (www.maxxi. art/wp-content/uploads/2019/01/ Booklet_At_Home.pdf). ■ Matteo Vercelloni, foto Musacchio Ianniello, courtesy Fondazione MAXXI



LookINg AROUND exhibitions

IL BRIVIDO METAFISICO

L’ÉNIGME DE LA FATALITÉ (1914), OLIO SU TELA, 138X95,5 CM (KUNSTMUSEUM, BASILEA, DEPOSITO FONDAZIONE EMANUEL HOFFMANN).

Il sogno, l’eternità della materia, l’enigma del tempo e delle cose percorrono l’opera di Giorgio de Chirico, che dopo cinquant’anni torna con una grande retrospettiva a Palazzo Reale di Milano Dopo la grande mostra dedicata al Pictor Optimus nel 1970, l’artista ritorna a Palazzo Reale di Milano, cinquant’anni più tardi, con l’ambiziosa esposizione “De Chirico”, curata da Luca Massimo Barbero in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, dal 25 settembre 2019 al 19 gennaio 2020 (catalogo Electa). La retrospettiva comprende un vasto numero di opere di De Chirico (Volos 1888 - Roma 1978), divise nelle quattro stagioni in cui si è soliti raggruppare i dipinti del maestro. A partire dal primo periodo, che si conclude con il soggiorno fiorentino, fortemente influenzato dalle mitologie romantiche e simboliste, dal soggiorno a Monaco, dalle letture di Nietzsche, Schopenhauer e Otto Weininger in primis, e, per la pittura, da Max Klinger e Arnold Böcklin, la cui ispirazione è particolarmente evidente nella serie dei dipinti dedicati ai centauri e, soprattutto, nella celebre Sfinge. Esperienze e suggestioni da cui, nel periodo fiorentino, il pittore si staccherà per approdare ai primi vagiti della Metafisica, nata dal continuo dialogo con il fratello Alberto. Punto di partenza, per entrambi, l’ermeneutica del Sogno, a fondamento del brivido metafisico che accompagnerà tutta l’opera del maestro, di pari passo all’enigma del Tempo, che guida la riflessione sull’eternità della materia e l’immortalità terrestre. Tempo ed eternità celano l’enigma edipico, il destino dell’uomo, l’indovinello satanico che non conosce risposta, il gioco enigmatico come prodotto del Sogno (oniromanzia la

98 settembre 2019 INTERNI


chiamavano in Grecia). Dalla Sfinge celata nell’omonimo dipinto, nasce infatti la prima serie di opere dedicate al tema metafisico o, perlomeno, alla robusta variante di questo concetto filosofico operata da De Chirico alla luce delle teorizzazioni del Nietzsche. Una metafisica che postula in un unico afflato l’immanenza dello spirito e la trascendenza della materia, e che si traduce nella splendida serie degli Enigmi dechirichiani. Vedere tutto, anche l’uomo, nella sua qualità di ‘cosa’. Anche il colore e la materia pastosa della pittura, da lui teorizzata nel Piccolo trattato di tecnica pittorica, dove il principio goethiano della Farbenlehre, basato sull’idea che il colore sia innanzitutto espressione 1

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della fisiologia dell’uomo (e non viceversa come andava dicendo Newton), trova un sincero adepto nella pittura del Nostro. Certo, a lungo andare, nella ripetizione compulsiva di piazze e piazzuole dell’Italietta novecentesca, l’enigma rischia di trasformarsi in sciarada, (charade, charrado in provenzale, chiacchiera). Soprattutto nel paesaggio surrealista, che lo stringe ancor di più alla schiavitù del soggetto. Presto abbandonato, per altro. Ma sono gli ultimi anni, forse i più disprezzati dalla critica dell’epoca per l’eterogeneità dei soggetti e per questa pretesa di restituire vita e forma alla grande pittura, quelli che, viceversa,

1. L’ÉNIGME D’UN APRÈS-MIDI D’AUTOMNE (1910), OLIO SU TELA, 45X60 CM (COLLEZIONE PRIVATA, BUENOS AIRES). 2. L’ÉNIGME D’UNE JOURNÈE (I) (1914), OLIO SU TELA, 185,5X139,7 CM (THE MUSEUM OF MODERN ART, NEW YORK). 3. CENTAURO MORENTE (1909), OLIO SU TELA, 118X75 CM (COLLEZIONE ASSITALIA, ROMA).

vedono la compiuta espressione della particolare concezione metafisica di De Chirico, che in epoche passate gli faceva dichiarare che solo lui aveva capito la profondità del pensiero nietzschiano. L’ipertrofia dell’ego dell’autore corrisponde altresì al suo annullamento, al raggiungimento di quella pienezza poetica e spirituale che solo attraverso la pittura, la grande pittura, è concesso di realizzare: “Et quid amabo nisi quod pictura est”. ■ Maurizio Barberis

INTERNI settembre 2019 99


LookINg AROUND exhibitions 1. MERIEM BENNANI, PARTY ON THE CAPS, 2018. COURTESY OF THE ARTIST.(PHOTO MATHILDA OLMI © CENTRE D’ART CONTEMPORAIN GENÈVE). 2. KORAKRIT ARUNANONDCHAI & ALEX GVOJIC, NO HISTORY IN A ROOM FILLED WITH PEOPLE WITH FUNNY NAMES 5, 2018. COURTESY OF THE ARTISTS, CARLOS/ISHIKAWA GALLERY, LONDON AND CLEARING, NEWYORK/BRUSSELS (PHOTO MATHILDA OLMI © CENTRE D’ART CONTEMPORAIN GENÈVE). 3. LAWRENCE ABU HAMDAN, WALLED UNWALLED, 2018. COURTESY OF THE ARTIST (PHOTO MATHILDA OLMI © CENTRE D’ART CONTEMPORAIN GENÈVE). 4. BIENNALE DELL’IMMAGINE IN MOVIMENTO, THE SOUND OF SCREENS IMPLODING, VISTA DELL’INSTALLAZIONE, OGR - TORINO (PHOTO GIORGIO PEROTTINO, GETTY IMAGES FOR OGR).

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OLTRE LO SCHERMO

La Biennale dell’Immagine in Movimento di Ginevra, allestita alle Officine Grandi Riparazioni di Torino, indaga nuovi linguaggi sperimentali della video arte 3

Grazie a un’inedita collaborazione tra il Centre d’Art Contemporain Genève e le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, per la prima volta dopo oltre trent’anni la Biennale dell’Immagine in Movimento lascia il CAC di Ginevra per essere ripresentata nei caratteristici spazi delle ex officine (fino al 29 settembre 2019). A più di un secolo dalle prime vere immagini in movimento, antesignane del cinema, alla Royal Academy di Londra di inizio Novecento, la riflessione di questa edizione sembra quasi voler chiudere un cerchio. Intitolata “The Sound of Screens Imploding”, l’edizione curata da Andrea Lissoni e Andrea Bellini, con lo

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scenografico allestimento di Andreas Angelidakis, prende il via dall’idea che l’era della proiezione sugli schermi stia volgendo alla sua conclusione – almeno nei termini in cui la conosciamo – per lasciare spazio a nuove realtà e nuovi linguaggi via via più sperimentali. Autori tra loro molto diversi per poetica e provenienza geografica affrontano infatti temi inconsueti tra le pratiche artistiche. Lawrence Abu Hamdan, recentemente selezionato anche da Ralph Rugoff per la Biennale di Venezia, parte dalla sua personale esperienza come perito fonico forense per aumentare la consapevolezza del peso politico dell’ascolto in determinate

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situazioni; Tamara Henderson mette in mostra un set cinematografico, Meriem Bennami una complessa realtà virtuale e Ian Cheng un Ebook. Sostenuta da entrambe le istituzioni, la produzione della mostra è il risultato di una riuscita partnership che ha permesso di sviluppare ogni progetto: la Biennale dell’Immagine in Movimento è infatti l’unica a sostenere interamente la produzione di tutte le opere esposte, commissionate per l’occasione. ■ Edoardo De Cobelli


INTERNI PER PEDRALI Disegnata da Patrick Jouin, la poltrona Héra ha la struttura in massello di frassino o noce americano, mentre lo schienale è in multistrato curvato tridimensionale.

Il palcoscenico delle novità

Azienda italiana di riferimento nella produzione di arredi design oriented per spazi pubblici, uffici e ambienti domestici, Pedrali ha partecipato all’ultima edizione del Salone del Mobile con uno stand di 800 metri quadrati, realizzato su allestimento dello studio Calvi Brambilla. Una successione di spazi progettati come ambienti reali, al cui interno sono state presentate dieci collezioni nuove realizzate in metallo, legno, materiale plastico e imbottito. Tra le protagoniste, Héra, la poltrona disegnata da Patrick Jouin disponibile in frassino o noce americano. Héra sintetizza esemplarmente i concetti di leggerezza e comfort così cari al brand: lo schienale in multistrato curvato tridimensionale (spesso appena 6 mm) è insieme ergonomico ed elegante, mentre il sedile imbottito in schiumato poliuretanico supportato da cinghie elastiche, ne accentua la comodità. Le gambe a sezione rettangolare con angoli raggiati, poi, esprimono quell’attenzione certosina al dettaglio tipica di Pedrali e che rende il prodotto ideale per la collocazione all’interno di ristoranti e hotel di prestigio. Firmata da CMP Design, la collezione Folk è il risultato finale di un viaggio alla ricerca dell’essenzialità. L’estetica friendly, il calore del frassino, le dimensioni compatte e la morbidezza delle linee: tutto sembra trasmettere l’idea di sedia in un linguaggio accessibile a chiunque. In Folk, le forme consolidate della tradizione acquistano un ulteriore slancio perché rielaborate da inedite possibilità tecnologiche. Un anello in pressofusione di alluminio, leggero e resistente, diventa l’elemento portante e distintivo del progetto, e permette inoltre un comodo disassemblaggio ai fini del riciclo e della sostituzione dei componenti. La struttura in frassino abbraccia pienamente l’anello di alluminio che accoglie il sedile, disponibile in multistrato di frassino, imbottito o in paglia di Vienna. La famiglia Folk include sedia e sgabello in due altezze con poggiapiedi. Sempre creata da CMP Design è la collezione di sedute Jamaica, ispirata all’omonimo bar di Brera, a Milano, ritrovo di intellettuali bohémien del secolo scorso. Ne consegue un omaggio al modernismo, un look che reinterpreta e attualizza le forme storiche del passato modificando l’uso dei materiali usati all’epoca, come il compensato curvato e il tubolare metallico. In Jamaica, il calore del multistrato di frassino impiegato per le gambe e la scocca dialoga creativamente col tubo d’acciaio che funge da schienale e costituisce un elemento cromatico discreto, che si fa più avvolgente nella poltrona. La scocca può essere totalmente imbottita e rivestita in tessuto, enfatizzando il comfort della seduta e offrendo la possibilità di svariate personalizzazioni. Tutti gli elementi di Héra, Folk e Jamaica sono certificati FSC: la garanzia di provenienza di una materia prima da foreste certificate, e l’uso di vernici all’acqua composte per lo più da resine di derivazione vegetale, testimoniano l’attenzione e l’impegno aziendale nei confronti della sostenibilità ambientale. pedrali.it

Nel corso dell’ultimo Salone del Mobile, in uno stand firmato dallo studio Calvi Brambilla, Pedrali ha presentato dieci nuove collezioni, fra cui la poltroncina Héra (design Patrick Jouin), e le famiglie di sedute Folk e Jamaica (entrambe create da CMP Design)

Sopra Folk, sedia con struttura in frassino e anello in pressofusione di alluminio. A sinistra, Jamaica, poltrona con gambe e scocca in multistrato di frassino. Sono entrambe firmate CMP Design.


EIKON EXÉ Materia e Forma Materiali naturali e pregiati donano un inconfondibile effetto materico, definendo l’identità e la personalità di ogni finitura. Forme pure ed essenziali sottolineano l’estetica di Eikon Exé, con la certezza del made in Italy e una garanzia di ben 3 anni.


LookINg AROUND EventS

LONDRA, PIÙ SPAZIO AL MADE IN ITALY Nell’ambito del London Design Festival, accanto alle consuete fiere di settore e al circuito di eventi, c’è un nuovo appuntamento: I-Made all’interno di Saatchi Gallery dal 19 al 22 settembre. Un format completamente nuovo dedicato alla qualità del design e alla cultura manifatturiera del Belpaese. Con la direzione artistica di Giulio Cappellini, la media partnership di Interni e un pool di eventi da non perdere

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Sventolerà la bandiera tricolore dal 19 al 22 settembre davanti allo splendido edificio neoclassico sede di Saatchi Gallery, nel cuore di Chelsea, uno dei distretti più esclusivi della capitale britannica. E ci saranno anche le bandiere di Interni, che quest’anno è infatti media partner di I-Made, l’evento ideato dal ceo Francesco Giasullo e

diretto da Elena Foschi, dedicato al design e alla cultura manifatturiera italiana. La direzione artistica è affidata a Giulio Cappellini, grande talent scout, architetto, designer e imprenditore. “I-Made, Italian Manufacture, Art and Design Exhibition, rappresenta un progetto ambizioso che vuole raccontare le eccellenze del made in Italy e come queste hanno condizionato il design a livello globale”, ha spiegato Giulio Cappellini alla conferenza stampa di presentazione di I-Made, tenutasi lo scorso luglio a Londra presso la sede di De Padova, uno tra i brand che condivideranno il progetto. “Un’area

espositiva dedicata alle aziende, coordinata da un unico progetto di layout, accoglie una serie di marchi italiani che vogliono rappresentarsi al meglio, proponendo sia i pezzi topici della propria collezione sia i prodotti più adatti al mercato anglosassone”. Tra questi, Luceplan, con la scenografica lampada-chandelier Mesh di Francisco Gomez Paz; Living Divani, che nel 2019 compie cinquant’anni, famosa per la poltrona icona Frog di Piero Lissoni; Cappellini, che esporrà Thinking man’s chair, la poltrona che lanciò nell’orbita del design star system l’allora giovanissimo Jasper Morrison

1. GIULIO CAPPELLINI, ART DIRECTOR DI I-MADE, SULLA POLTRONA PROUST DI ALESSANDRO MENDINI, PRODUZIONE CAPPELLINI. 2. LAMPADA GHERPE DI SUPERSTUDIO PER POLTRONOVA. 3. SKETCH PER L’ESPOSIZIONE “TAKE A SEAT”.

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LookINg AROUND EventS 1. PATRICIA URQUIOLA CON LA SCOCCA DI UNA CHAISE LONGUE PER MOROSO. 2. LAVORAZIONE DI UN TELAIO PER UNA SEDUTA DI GIORGETTI. 3. ARREDI DI PIERO LISSONI PER LIVING DIVANI. 4. COLLEZIONE GIO PONTI DI MOLTENI&C. LA POLTRONA SARÀ ESPOSTA NELLA MOSTRA “TAKE A SEAT”. 5. LAMPADA-CHANDELIER MESH DI FRANCISCO GOMEZ PAZ PER LUCEPLAN

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4 (1987), e la collezione firmata dal giapponese Nendo. “A questa sezione che include diversi altri brand (Poltronova, Flaminia, Moroso e molti altri ndr) se ne aggiungono due: una espositiva e l’altra dedicata al dibattito”, continua Cappellini. La prima, che porta il titolo “Take a Seat”, raduna il meglio delle sedute prodotte da alcuni marchi storici italiani come Ceccotti Collezioni, De Padova, Driade, Flexform, Giorgetti, MDF Italia, Molteni&C, Poltrona Frau, Unifor e molti altri. La seconda, concentrata nella giornata di venerdì 20 settembre, prevede due incontri. Il mattino alle 11.00 l’appuntamento dedicato al saper fare italiano, con Giulio Cappellini, Patricia Urquiola, Patrizia Moroso (art director Moroso), Roberto Gavazzi (ad Boffi e De Padova), Giulia Molteni (marketing & communication Molteni&C) e, nel pomeriggio alle 18.00, il talk coordinato da Interni “Design Experience: the quality of design Made

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in Italy”, dove lo studio romano Lazzarini Pickering e il britannico Richard Woods interverranno sul rapporto tra la cultura creativa italiana e quella britannica”. ■ Patrizia Catalano

Alessandro Melis

Andrew Waugh

David Turnbull

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Rigenerazione urbana Interni, oltre a essere media partner di I-Made, durante il London Design Festival sarà per la quarta volta all’Istituto Italiano di Cultura di Londra di Belgrave Square, dove il 17 settembre alle ore 18.30 presenterà “Urban Regeneration: New City, New Habitat, New Technology”, incontro con Alessandro Melis, di Heliopolis 21, prossimo direttore del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2020, e Andrew Waugh di Waugh Thistleton Architects. Moderatore sarà David Turnbull, professore alla Cooper Union di New York, diretttore di Atopia e visiting expert per Arup.


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LookINg AROUND events

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Guiltless Plastic è il progetto che vede Istituto Marangoni e la gallerista Rossana Orlandi in partnership per sensibilizzare i giovani studenti dei corsi di Milano e di Londra al tema della sostenibilità nell’ambito del design. Lanciata nel 2017 come Guilty Feeling da un’allieva dell’Istituto e da Rossana Orlandi per promuovere un uso più consapevole della plastica, l’iniziativa è stata immediatamente supportata come progetto educativo da Marangoni e si è evoluta in Guiltless Plastic che, grazie alla competizione internazionale Ro Plastic Prize, premia i lavori concepiti in modo sostenibile e realizzati in plastica riciclata e riciclabile. Oltre 300 candidati provenienti da 50 Paesi hanno preso parte quest’anno al 3

Ro Plastic Prize, che nella giuria di esperti ha incluso anche due studenti dell’Istituto Marangoni, Terence Coton e Marco Ripani. I progetti vincitori e i secondi classificati saranno esposti durante il London Design Festival (14-22 settembre) alle Scuole di Moda e di Design dell’Istituto Marangoni di Londra, e in quell’occasione Rossana Orlandi terrà un talk aperto a studenti e pubblico, in cui illustrerà una nuova visione di design consapevole che tenga conto del futuro del nostro pianeta. “Fa parte della partnership con Rossana Orlandi anche il lancio di due borse di

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studio che lanceremo a Londra e hanno come focus comunicazione e sostenibilità”, dichiara Mark Anderson, direttore del Dipartimento Design. “Prendendo come riferimento lo spazio milanese di Rossana, il concorso che lanceremo, On the Look Out, invita i giovani designer a proporre una strategia di brand basata su come l’arte e il design dovrebbero evolvere nei prossimi anni per trarre vantaggio dalle tendenze emergenti del progetto. Il vincitore riceverà una borsa di studio per il Master in Design Management presso la scuola di Milano. Per quanto riguarda la scuola di Londra, i più ambiziosi tra i giovani studenti verranno invitati a candidarsi per una borsa di studio al Master in Interior Design: dovranno produrre 15 disegni e un mood board per il progetto di interior design di uno spazio commerciale che utilizzi materiali riciclati in modo originale e sostenibile”. “Istituto Marangoni ha abbracciato Guiltless Plastic

PENSANDO AL FUTURO

In occasione del London Design Festival la sede inglese di Istituto Marangoni ospita la gallerista Rossana Orlandi e il suo Guiltless Plastic, un progetto supportato dalla scuola di design, dedicato alla sostenibilità e alla creatività consapevole

1. LA SEDE DI ISTITUTO MARANGONI A LONDRA CHE COMPRENDE LE SEZIONI MODA E DESIGN. 2. LA GALLERISTA ROSSANA ORLANDI. 3. VISTA DALL’ALTO DELL’OPEN SPACE DELLA SCUOLA.

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con grande entusiasmo”, conclude Anderson. “Un sostegno nato dalla nostra profonda ammirazione per Rossana Orlandi, grande mentore dei giovani talenti internazionali e pioniere di una visione che unisce arte, design e moda. L’iniziativa rappresenta per la Scuola la grande opportunità di trasmettere un forte messaggio di responsabilità sociale, fondamentale per il futuro del design”. ■ Patrizia Catalano


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ITALIA, UN PAESE A TEMPO

Nel corso delle giornate di eventi CNAPPC, durante la mostra Human Spaces al FuoriSalone 2019, si è parlato di cicli di investimento, obsolescenza, innovazione e criticità naturali per una nuova e urgente politica territoriale. Alla base, una ricerca del Cresme

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A DESTRA, GIUSEPPE CAPPOCHIN, PRESIDENTE DI CNAPPC CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI. SOTTO, IL QUARTIERE INA CASA, DETTO IL BISCIONE, PROGETTATO NEL 1960 A GENOVA DALL’ARCHITETTO LUIGI C. DANERI. UN ESEMPIO DI EDILIZIA DA RIGENERARE.

L’Italia è un paese a tempo. Negli ultimi 15 anni sono state drasticamente ridotte le risorse destinate al fisiologico metabolismo delle città, delle infrastrutture, delle opere pubbliche in genere. Ma il capitale edilizio e quello infrastrutturale italiano rimangono sottoposti, come ogni altra cosa, all’usura del tempo e, per la storia della loro produzione, sono entrati in un ciclo di obsolescenza crescente: il 60% del patrimonio edilizio (7,2 milioni di edifici) è stato costruito prima del 1980

e ha o sta per avere più di 40 anni. Il 42,5% ha oltre 50 anni. Una gran parte è stata costruita senza normativa antisismica, localizzata in zone a rischio sismico e idrogeologico, segnata da modelli produttivi speculativi caratterizzati da bassa qualità edilizia, mostrando in forma accelerata i segni del tempo. Inoltre, l’attività di manutenzione, crescente a partire dagli anni Novanta, non ha saputo incidere sul deficit strutturale e nemmeno su quello energetico: se le poche nuove

costruzioni sono ormai tutte in classe energetica A, il 90% del patrimonio edilizio italiano ha ancora oggi una classe energetica misurabile tra F e G. Ma anche le infrastrutture non sono da meno: la condizione delle strade e dei ponti è nota, ma basta allargarsi ad altri settori, come per esempio a quello acquedottistico, per rendersi conto della situazione: oggi si perde il 41% dell’acqua prelevata, mentre nel 2008 se ne perdeva il 32%; inoltre, il 38,3% dell’acqua immessa nel 2015 è stata dispersa a causa della scarsa qualità della rete di distribuzione (perdite idriche reali). Se è vero però che la città può essere la soluzione e non il problema, occorre saper intravedere le grandi energie economiche (con importanti e positivi effetti sociali e ambientali) che una revisione del costruito e delle infrastrutture porrebbe in essere. La crisi economica che ha travolto la filiera del settore delle costruzioni ha delineato una situazione ideale per intraprendere strade diverse da quelle fin qui percorse: i bassi prezzi che il mercato oggi offre cominciano a interessare i grandi flussi internazionali di denaro che, con alcune condizioni, potrebbero decidere di atterrare nel nostro paese, definendo una nuova era. Quali le condizioni? Un’amministrazione pubblica che sappia mantenere la regia delle trasformazioni, innescando con le poche risorse disponibili importanti episodi di rigenerazione urbana, e sappia definire programmi strategici al 2040 che permettano alle città di essere competitive con le sorelle europee sul piano della mobilità, della digitalizzazione, della qualità della vita, della capacità di essere in simbiosi con i territori naturali circostanti. ■

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LookINg AROUND fairs

Dal 13 al 16 settembre a Rho Fiera Milano va in scena la prima edizione di HOMI Outdoor Home&Dehors, nuovo concept espositivo per operatori dedicato alla decorazione e agli accessori della casa e degli spazi outdoor. Una mostra in cui sono presentate soluzioni dedicate al dehor e alle varie forme di connessione tra interno ed esterno, con anche le novità dei comparti della decorazione della casa. Nuovi progetti e destinazioni d’uso, ricerca di materiali inediti e suggestioni emozionali: protagoniste saranno le soluzioni di complemento di arredo e le decorazioni per tutti gli ambienti della casa, compresi terrazzi e balconi, aree queste in continua trasformazione abitativa. Non più spazi secondari, ma stanze vere e

ALCUNI ARREDI PER ESTERNO DISTRIBUITI DA PRESENT TIME.

NOVITÀ IN CASA HOMI

Al via la prima edizione di Homi Outdoor Home&Dehors: un’ampia rassegna di complementi d’arredo per interni ed esterni, incontri dedicati ai retailer e conferenze per architetti e designer, per discutere di stili, materiali e ecologia proprie, da arredare e decorare. HOMI Outdoor Home&Dehors si annuncia così come un’interessante novità per la community dei retailer, degli arredatori, dei cool hunter e degli operatori attenti all’evoluzione degli stili nel settore casa. Inoltre il nuovo format si propone

anche come momento formativo a 360 gradi, con incontri dedicati ai retailer e iniziative rivolte ad architetti e interior designer. In particolare gli architetti troveranno occasioni per discutere di materiali, forme e stili, grazie a un ciclo di conferenze ideate e condotte dalla

rivista Platform Architecture and Design, che presenteranno una sorta di stato dell’arte della progettazione degli spazi outodoor e indoor, attraverso dieci progetti di importanti autori italiani. E poi workshop, più indirizzati al punto vendita, organizzati con New Business media/Casastile e tenuti da Massimo Duroni, bioarchitetto e docente universitario, esperto di materiali innovativi e portavoce di un approccio ecologico alla progettazione d’interni.Creare commistioni, mix di stili e di culture, è quanto emerge dalle tendenze di oggi. Molteplici sono le personalità che uno spazio, indoor o outdoor, può assumere: la capacità di crearne una che non sia classificabile e si proponga come unica e originale è la proposta di HOMI Outdoor Home&Dehors. ■ N.L.

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110 settembre 2019 INTERNI



LookINg AROUND FAIRS

NATURALITY NEL RENDERING, UNA VISTA D’INSIEME DELLA HALL 1 CHE OSPITA “THE ITALIAN STONE THEATRE”. QUI A LATO, RAFFAELLO GALIOTTO, ARCHITETTO E DESIGNER, UNO DEI DUE CURATORI DELLA MOSTRA EVENTO. PIÙ A DESTRA, GEA, DESIGNER VALERIA EVA ROSSI (PRODUZIONE GMM E GRUPPO TOSCO MARMI), PROGETTO DELLA SEZIONE “NATURAL THINGS”.

Quale sarà la principale novità di “The Italian Stone Theatre”? La novità principale è il tema di questa edizione: Naturality. Tutti i lavori sono orientati a raccontare la naturalità della pietra: vedremo le opere dei vari progettisti che con sensibilità diverse lo interpreteranno e cercheranno di raggiungere l’obiettivo finale.

112 settembre 2019 INTERNI

Questo il tema della quinta edizione di The Italian Stone Theatre, nell’ambito di Marmomac a Verona dal 25 al 28 settembre. A Raffaello Galiotto, curatore del Padiglione 1 insieme con Vincenzo Pavan, abbiamo chiesto di raccontarci come sarà la mostra-evento 2019 Naturality: qual è il significato e come verrà declinato? La novità è cercare (attraverso design, architettura, arte) di far emergere la forza intrinseca della pietra naturale, facendo collaborare la creatività umana con quella della natura, che mette in campo dinamiche straordinarie dando vita a una materia come la pietra, sorprendente nei colori, nelle forme, nelle composizioni. Anche l’allestimento si adeguerà al racconto, con una sorta di ambiente verde allusivo che veicoli il messaggio: nella zona di ingresso ci sarà una grande siepe-prato alta un metro e 20, con ciuffi di graminacee e vialetti che il visitatore dovrà attraversare prima di avere accesso alle mostre. Si entra nella natura e si scopre la materia litica. Come si articolerà il Padiglione 1 tra installazioni di architettura, design e percorsi d’arte? Non ci saranno prodotti finiti o sperimentazioni già presentate, ma

processi inediti realizzati ad hoc per l’evento. Una mostra multidisciplinare, multitematica: una pluralità di declinazioni progettuali che affrontano i temi del design industriale come prodotto potenzialmente seriale, dell’architettura, dell’arte come sperimentazione. Ci saranno poi il food con il Ristorante d’Autore e il Wine Bar. Infine l’area forum e uno spazio relax. L’allestimento generale è realizzato in collaborazione con Aiapp - Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio. È il primo anno che Aiapp partecipa, proprio in virtù del motivo di una naturalità espressa attraverso i percorsi verdi cui accennavo prima. Architettura, design, arte, food. Manca solo la moda per chiudere il cerchio... È vero, manca solo la moda. Che non è esclusa. È un ambito progettuale cui la pietra può accostarsi. Esistono già sperimentazioni che riguardano occhiali e


A SINISTRA, CANYON DI NICOLAS BERTOUX (PRODUZIONE CMS, CAVE GAMBA), OPERA DELLA SEZIONE “PERCORSI D’ARTE”. SOTTO, NELLA SEZIONE “LITHIC GARDEN”, STONE FOREST DI SETSU & SHINOBU ITO (PRODUZIONE ERREBI MARMI).

gioielli. Potrebbe essere possibile un allargamento in quella direzione. La moda potrebbe diventare un veicolo di forte comunicazione e valorizzazione della materia litica. Sarebbe una bella sfida, che oggi si può affrontare meglio che nel passato. La tecnologia lo permette, consente alla pietra di essere lavorata in modo preciso, nel minimo particolare. È

un tema interessante da sviluppare. Aziende, progettisti, designer, tecnologia all’avanguardia: un mix articolato e complesso. Qual è il segreto per gestire i diversi protagonisti, creare un’alchimia ideale e ottenere risultati di qualità? Ci sono diversi fattori. Una fiera che funziona, un padiglione come “The Italian Stone Theatre” che attrae. Per le aziende, i progettisti e i creativi, partecipare è importante. Esserci è utile in termini di visibilità e sperimentazione, una sperimentazione che altrimenti è difficilmente praticabile. Le aziende si aggregano intorno ai progetti collaborando con entusiasmo, con investimenti economici importanti. Un’alchimia che nasce anche dall’unicità di questa manifestazione a livello internazionale. Le difficoltà vengono superate dalla straordinarietà dell’evento, dietro il quale c’è un lungo e complesso lavoro di conoscenza delle aziende, di scelta dei progettisti. Occorre accettare la sfida e affrontarla al meglio. E questo è un ‘miracolo’ in un settore in cui è estremamente difficile fare sistema. In un’occasione come

questa, invece, le barriere cadono. “The Italian Stone Theatre” giunge ora alla quinta edizione: un bilancio e progetti per il futuro. Il bilancio generale è positivo. Pochi gli aspetti negativi: tra tutti, forse, aver proposto inizialmente alle aziende investimenti eccessivi, per cui qualcuna si è allontanata e persa negli anni. Ora, infatti, l’attenzione è calibrare l’impegno economico di ogni impresa affinché possa essere rinnovato nel tempo. In positivo ci sono la risposta dei visitatori, l’aumento delle aziende partecipanti, l’ente fiera che all’inizio era titubante e ora ritiene la mostra un’eccellenza. Per il futuro, mi auguro una maggiore apertura alla sperimentazione, una sempre migliore capacità di fare sistema tra le aziende. E, soprattutto, una più ampia internazionalizzazione: al momento i produttori sono solo italiani. Vorrei che la dimensione diventasse più globale. “The Italian Stone Theatre” rimarrebbe, si potrebbero creare altre aree più vocate all’internazionalità, che mettano in luce la tecnologia italiana diffusa e utilizzata a livello mondiale. ■ Danilo Signorello

INTERNI settembre 2019 113



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L’ARCHITETTURA DELLA VILLA MODERNA - VOL.3 di Antonello Boschi e Luca Lanini, Quodlibet Editore 2018, pagg. 294, € 25,00. Terzo e ultimo volume della collana composta da tre pubblicazioni declinate per periodi storici dall’inizio del ’900 a oggi. Il nuovo appuntamento editoriale dedicato alla villa moderna prende in esame Gli anni dei linguaggi diffusi, dal 1981 al 2018. Un tema che ben testimonia come la ‘villa’ diventi ancora luogo progettuale di sperimentazione e testimonianza della condizione pluralista del linguaggio dell’architettura contemporanea. La serie dei tre volumi nasce da una ricerca universitaria incentrata sulla rilettura critica di una rassegna di esempi-guida e sul ridisegno alla stessa scala di un’attenta selezione di ville moderne, in questo caso contemporanee, in modo da poterne eseguire una collazione sinergica in grado di permetterne nuove letture e confronti, di stimolare nuove riflessioni anche progettuali. Il volume segue la formula di quelli precedenti con una serie di contributi di diversi autori che indagano casi specifici: le case unifamiliari e isolate di Álvaro Siza lette da Pina Ciotoli, la Casa no Butantã di Paulo Mendes da Rocha indagata da Matilde Plastina, la Paper House di Shigeru Ban presentata da Giulia Santarelli, la Maison Lemoine a Bordeaux di Rem Koolhaas/OMA di Fabrizio Toppetti e la dirompente casa a Las Rozas di Antón GarcíaAbril analizzata da Antonello Boschi, solo per citare alcuni esempi. Alle analisi delle opere si alternano riflessioni su temi propri della villa contemporanea: la vista verso il paesaggio destinato a farne parte (A House with a View di Filippo Lambertucci); i principi insediativi (a cura di Andrea Santacroce); la costruzione del piano ‘elettivo’ in cui l’architettura è chiamata ad ‘abitare la natura’ (tema affrontato da Gaspare Oliva). Dopo la raccolta dei brevi saggi è proposta la sezione dei Ri-disegni con assonometrie, piante, alzati e sezioni comparate, dedicate alla villa contemporanea in bilico tra costruzione compiuta e introversa e opera RI-DISEGNO, ESPLOSO ASSONOMETRICO aperta verso il paesaggio. DI VILLA NELLA FORESTA DI KAZUYO SEJIMA, A NAGANO, GIAPPONE 1994.

MARCO ZANUSO E MILANO di Manolo De Giorgi, Fondazione Ordine Architetti di Milano Editore 2018, pagg.120, € 16,00. A Marco Zanuso architetto, Manolo De Giorgi aveva dedicato già una monografia (Skira, 1999) e una mostra alla Triennale di Milano, affrontando la figura di un riconosciuto maestro del design italiano del dopoguerra nei suoi aspetti meno noti, quelli della sua ricerca e produzione architettonica. A Milano, città natale di Zanuso (1916), De Giorgi dedica questo libro che ne documenta i progetti di architettura in città. È l’occasione, oltre che di indagare i casi affrontati da Zanuso in modo sempre nuovo dal punto di vista di un linguaggio non riconoscibile per scelta, di sottolineare un modo di operare che evidenzia “la capacità di riconciliare modi diversi della produzione edilizia, di introdurre cioè momenti di mediazione tra la tecnologia come momento produttivo e la tecnica artigianale come passaggio anacronistico e di memoria tecnica”. A Milano, attraverso una dozzina di opere costruite “Zanuso re-inventa di volta in volta questa dialettica dove, come sempre, ogni architettura è un caso a sé stante, difficilmente riconducibile ad un medesimo linguaggio espressivo”. La spinta all’innovazione attraverso l’industria che Zanuso pratica con convinzione, precisione e successo nel design, trova nell’architettura un procedimento che vede nel “componente” quello “scambiatore tecnico tra il mondo delle idee e il mondo della materia”. Un fattore che definisce quegli elementi “fuori opera, limitati a poche variabili, ma in numero sufficiente a determinare la struttura portante indiscutibile e immediatamente riconoscibile dell’icona architettonica in termini tridimensionali”. Una volta costruito questo diagramma teorico-pratico e fondativo, il progetto di architettura si apre al completamento manuale, all’intervento dei contributi locali che sottolineano l’appartenenza al luogo. È questa seconda fase del progetto e del farsi dell’edificio che ne cancella la patina di ‘modello astratto’ per ancorarlo saldamente al luogo, alla città, al territorio. I dieci progetti selezionati, dalla Casa in viale Gorizia del 1946 alla sede IBM a Segrate del 1968-’79, sono accompagnati da un testo storico-critico e da riproduzioni di disegni e di fotografie d’epoca. Un dialogo con Ennio Brion correda il volume, quale testimonianza diretta sul rapporto tra Zanuso e la pratica progettuale in senso lato. MARCO ZANUSO, ISTITUTO ITALO-AFRICANO, 1971-’74, VISTA DI UN BRACCIO DEI DORMITORI.

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THE DESIGN CITY - MILANO CITTÀ LABORATORIO di Marco Sammicheli e Anna Mainoli, Forma Edizioni 2018, pagg.416, € 98,00. Milano, scrive Stefano Boeri nel suo contributo introduttivo, “è una città unica, una metropoli piccola e intensissima. È sempre stata in modo intenzionale una città globale: da sempre abitata da differenze e da eterogeneità, mai monomaterica, ha saputo sprigionare e accogliere la dimensione internazionale di reti ed energie che trovano pari solo nella grandi capitali globali”. Milano dal secondo dopoguerra è da tutti considerata la città capitale del design italiano, il Salone del Mobile, e soprattutto il FuoriSalone degli ultimi vent’anni, sono presi a modello da molte città del mondo senza riuscire però a ripeterne l’intensità, l’energia, il livello qualitativo che solo a Milano si può trovare. Milano ‘città del disegno e del progetto’ quindi, e a tale aspetto è dedicato questo volume che si propone di essere una sorta di atlante per conoscere, dal punto di vista visivo (i luoghi del lavoro, le fucine della creatività, gli studi dei progettisti e i loro ritratti) e da quello delle testimonianze dirette o solo raccontate, la storia multilineare del progetto di architettura e design milanesi. Il racconto parte dai Maestri del primo dopoguerra partendo da Piero Portaluppi e affrontando il percorso per generazioni, sino ai designer stranieri che hanno trovato a Milano il luogo dove vivere e lavorare. Materiali storici di archivio forniti da eredi e fondazioni si mescolano a interviste ai protagonisti del progetto milanese, lasciando un generoso spazio per le immagini che per la prima volta in modo così sistematico ci guidano alla scoperta dei luoghi, delle stanze e degli studi dei più noti architetti e designer della città. Entrez lentement, verrebbe da dire parafrasando la famosa scritta posta da Le Corbusier sulla villa E-1027 di Eileen Gray a Cap Martin durante la sua azione vandalico-artistica. Un libro che ci invita a entrare con eleganza nel mondo del design LO STUDIO DI LUIGI CACCIA DOMINIONI, milanese, quasi senza dimenticare nessuno. Quasi: inspiegabilmente infatti, per esempio, non FOTO DI LAURA FANTACUZZI ci è consentito l’accesso nella fucina creativa di Italo Rota. E MAXIME GALATI-FOURCADE.

LOCATELLI PARTNERS - DIALOGUES ARCHITECTURE INTERIOR DESIGN Edited by Locatelli Partners, Rizzoli International 2019, pagg.304, $ 85,00.

LOCATELLI PARTNERS, RESIDENZA PRIVATA A MUMBAI, INDIA, 2016. ATRIO D’INGRESSO E BLOCCO ASCENSORI RIVESTITO DI MARMO ROSSO LEVANTO.

Lo studio di architettura Locatelli Partners, con sede a Milano e a New York, è stato fondato nel 1993; i principali partner sono Annamaria Scevola, Massimiliano Locatelli, Davide Agrati e Giovanna Cornelio. Questo libro, dalla raffinata veste grafica e con contributi di diversi autori tra cui un affettuoso intervento di Ingo Maurer, raccoglie trentadue progetti residenziali e di retail, presentati attraverso un ricco apparato iconografico di fotografie a colori e riproduzioni di disegni e schizzi di progetto. Un apparato centrale è dedicato alla produzione di furniture design. Se il volume può apparire a un primo approccio un accurato book di presentazione dell’attività professionale dello Studio, in realtà i vent’anni di attività che si raccontano sottolineano un carattere proprio della migliore storia dell’interior design italiano; quella del be spoke, del progetto fatto ‘su misura’ e definito con cura nei minimi dettagli che la generazione di architetti come Frattini, Magistretti e lo stesso Ponti, solo per fare alcuni esempi, ha praticato con convinzione facendo scuola. Così, trovare quelle radici riprese e tradotte in un’attività professionale del nostro presente riporta il valore del progetto di interior design come pratica fondativa di una metodologia che si rintraccia anche nelle opere di architettura ex-novo dello Studio. La capacità di governare le diverse scale, come le diverse tematiche e tipologie, oscilla tra il rigore delle geometrie e degli impianti di riferimento e il ‘lusso’, quale valore dei materiali preziosi impiegati e lavorati con cura in una sempre governata e attenta regia. Un approccio al progetto che coniuga ricerca di un artigianato di qualità a figure contemporanee del nostro presente.

di Matteo Vercelloni 116 settembre 2019 INTERNI


gobbetto.com

CUSTOM RESIN SURFACES



INTERNI PER LG ELECTRONICS Tra i marchi leader nel mercato degli elettrodomestici, LG Electronics – nel corso di una giornata svoltasi nella magnifica cornice del Teatro alla Scala di Milano – ha lanciato due nuove gamme di prodotto dall’elevato contenuto tecnologico: i frigoriferi combinati e la gamma di lavatrici AI DD. Punti in comune delle novità (oltre al già menzionato primato della tecnologia), la centralità attribuita all’elemento estetico e un’innovazione volta alla riduzione degli sprechi, diventata quest’ultima un’esigenza primaria per i consumatori. Andando nello specifico, i nuovi combinati integrano soluzioni come Door Cooling+ e LinearCooling, capaci di garantire al loro interno una temperatura sempre costante e mantenere il cibo più fresco e più a lungo, offrendo performance energetiche anche in standard A+++-40%. La stessa linea di lavatrici AI DD è connotata da bassissimi consumi energetici, tanto da raggiungere, nel modello top di gamma, la classe A+++-50%. Ulteriori plus, la possibilità di selezionare tempi di lavaggio ridotti (appena 39”) e un sistema di intelligenza artificiale in grado di riconoscere i tessuti e individuare di conseguenza il lavaggio più adatto per ciascuno di essi; il tutto con una capacità di carico aumentata senza intaccare l’ingombro esterno. In merito al design, gli elettrodomestici LG sono stati progettati per un’armonica collocazione in qualsiasi contesto d’arredo. A vantaggio di una maggiore continuità visiva, sui nuovi frigoriferi le maniglie sono state eliminate e integrate direttamente nella porta, proprio come il display, che nei modelli top di gamma è presente in modalità metal touch. Look rinnovato anche per le lavatrici AI DD, con oblò in vetro temperato, un’elegante manopola in metallo e un display dalle dimensioni maggiori per un utilizzo più immediato. Entrambe le collezioni, infine, sono dotate di una serie di funzioni smart che, attraverso la piattaforma open di intelligenza artificiale proprietaria di LG, SmartThinQ, consentono di gestire i prodotti da remoto e dunque controllare la temperatura del frigo o lo stato di avanzamento del bucato. O, ancora, selezionare il programma di lavaggio più idoneo alle esigenze di ciascuno. Inoltre, alcune funzioni smart di AI DD sono compatibili con Google Assistant e Amazon Alexa, in modo da poter gestire i lavaggi tramite semplici messaggi vocali. lg.com

Presentati nella superba cornice del Teatro alla Scala di Milano, i nuovi frigoriferi combinati e le lavatrici AI DD di LG coniugano valori tecnologici e progettuali a un’esigenza oggi primaria: la riduzione degli sprechi

Estetica tecnologica



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INCOVER ART

P24. FRANCESCO POROLI

SIMPLE, COLORFUL GEOMETRIC FORMS GO INTO THE INIMITABLE ILLUSTRATIONS OF THIS ARTIST. A LIGHT TOUCH FOR LIVELY, IMMEDIATE COMMUNICATION. AS IN THE COVER OF INTERNI The sketches of ideas, images and worlds that lead to his creations always start on paper, with a pencil and a notebook. And paper – in printed form – is the preferred context for his graphic design and illustration. Francesco Poroli was born in Milan, where he still resides. Since 2000 he has worked as a freelance illustrator and art director. His works have been published in many periodicals, including The New York Times Magazine, Wired, GQ, Il Sole 24 Ore, La Repubblica and Style - Corriere della Sera, and he has collaborated with companies like Google, Adidas, NBA, Red Bull, McDonald’s, Unicredit. He is the president of Illustri Festival and teaches at NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, Domus Academy and IED – Istituto Europeo di Design in Milan. In 2017 he published the book Like Kobe. Il Mamba spiegato ai miei figli, released by Baldini+Castoldi. His works have been featured in group shows in Milan, Vicenza, Rome, New York and London, and have received prizes from the Society of Illustrators of New York and SPD, the Society of Publication Designers. For the September cover of Interni Poroli focuses on Milan with its symbols of architecture, design and creativity, its sustainable orientation and openness to international culture. Claudia Foresti

INBRIEF SHOWROOMS P26. DESIGNING THE OFFICE

The new CUF showroom in Milan – for the new brand of Centrufficio Loreto – opens in the Porta Nuova district with the aim of designing and implementing innovative solutions in the world of the office. Roberto Motti, founder and CEO of Centrufficio Loreto, with three decades of experience in the sector, has decided to create this spin-off to complete the company’s offerings with new product lines and collections – on display – developed in collaboration with outstanding designers in the field of furnishings for the office and contract, with the goal of expanding horizons of internationalization and reaching a wider, well-informed and more demanding audience. 360 square meters in two open areas facing a private inner courtyard have been reformulated by the architect Paola Ripamonti in collaboration with the designers of the firm Walter Knoll, transforming the spaces to reflect the new design philosophy of CUF Milano, covering both the classic office and more innovative approaches prompted by sweeping functional and aesthetic changes in the sector. The three main areas – managerial, operative and outdoor – have been created using laminates of the latest generation and wood with low formaldehyde emissions, divider partitions, glazings and textile solutions to absorb sound; all with a social focus on sustainability and the use of the most natural materials possible. N.L. cufmilano.com

UPDATED SPACE At the foot of Torre Velasca, one of the symbols of architecture in Milan, Presotto recently opened a totally updated version of its showroom. Coordinated by the studio Gherardi Architetti, the renovation includes new floors and original wall finishes in clay and hemp, for a fluid, continuous space organized around a central spine that reflects multiple design themes. The large glazed front open to Corso di Porta Romana contains part of the new collections (the Serse and Samo sofas, Fuller chairs and the large Nimbo round table), while the bedroom zone that gains light from the internal courtyard features the Plica bed, the Irori tables and the Kengo chest. The settings on the ground floor also include to compositions of I-modulART and the Naos wardrobe, while on

the lower level Presotto narrates the full range of its offerings: at the center, the Relevé bed, the Peplo central cabinet and the Diadro table, accompanied by the Frida cocktail cabinet. A.P. presotto.com

LIGHTS

P28.

SPOTLIGHT ON YOUTH

For Euroluce 2019, Fabbian expanded its catalogue, to include a series of new collections by young designers. The protagonist of these original creations is glass, a material of great expressive and versatile potential, capable of establishing a dialogue with other substances like metal. This is the case of Amulette by Bernhardt&Vella, where the diffuser in extraclear glass is set into a brushed metal housing like a precious jewel. Gregorio Facco has designed the Malvasia and Minuet suspension lamps: the first, based on the forms of goblets and decanters, matches the lightness of blown glass with the material substance of beech; in the second, spheres in etched milk glass are topped by a plexiglas disk, set at an angle like a hat. The range includes Fruit Full, another glass lamp available in two sizes, with an ethereal, almost Zen purity of formal. fabbian.com

MUTABLE SCENARIOS n Tokyo, in the Ginza district, stands an architectural volume with a square plan: a parallelepiped with a structure in reinforced concrete and glass facings. It is the flagship store of Salvatore Ferragamo, with an overall area of 600 square meters, making it the brand’s largest point of sale in Japan. The building has recently gone through renovation of its outer facades, with the collaboration of Salvatore Ferragamo HQ Store Planning and the Milan-based design studio Flux CS. Technical lighting solutions supplied by L&L Luce&Light play a key role, responding to the needs of the architects of Ferragamo. The lighting has been totally redesigned in relation to the construction, with assembly systems that comply with Japanese antiseismic regulations. Outdoor linear fixtures with Rio 2 diffusers (19W/m and 3700K) in different special lengths have been installed, adapting to the geometric segments of the windows and walls. The L&L fixtures have been indispensable for the success of the project, thanks to their uniform performance and the control of specific areas of the facades through a system that generates various situations and scenarios during the course of the day and the seasons. A.P. lucelight.it

VARIOUS P30. SOFT VOLUMES

Pure lines, three-dimensional forms and geometric constructions, developed for the female body: this is the combination that guides Ludovica Diligu, founder and designer of Labo.Art, in the creation of garments that stand out for their unique architectural approach. From the ethnic tradition of Sardinia, her native land, and from the military apparel she owns in one of the world’s largest collections, Ludovica Diligu pursues a strategy of refined understatement based on pure forms and fine, sustainable fabrics. In the photo, items from the fall-winter collection 2019/2020, inspired by military imagery, with overalls and outerwear suggesting the hues of autumn, while deconstructing the rigid original forms in striking but soft volumes, to accompany the gestures and movements of women throughout the day. C.T., Photos Koto Bolofo laboart.com

CREATIVE LIGHTNESS XL Extralight and Scuola Politecnica di Design SPD have involved international students of the Master in Industrial Design in the development of a family of products that explore the potentialities of a material, XL Extralight: flexibility, durability, hygiene, and above all lightness and versatility. The seven projects of the resulting collection – known as A.X.A.P. As Extra As Possible – have been designed under the guidance


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of Matteo Ragni and Antonio De Marco, and were unveiled during the latest FuoriSalone in Milan, in the lovely setting of Palazzo Litta. The design values behind the creations were summed up in the installation by Matteo Ragni, composed of hundreds of colorful butterflies in flight. The seven projects by the SPD students investigated unusual applications of XL Extralight: from outdoor furnishings to pet care to kids. A.P xlextralight.com/it, scuoladesign-spd.it

VARIOUS P32. URBAN STYLE

Design orientation is one of the key factors of the success of Reisenthel, the German company that since 1971 is synonymous with innovative and functional ideas for everyday use, shopping, leisure time, travel and beauty. The famous carrybags and carrycruisers, winners of important design prizes, are the strong points of a collection of products full of innovation, practicality and glamour. The latest is the Twist Silver, made with a weave of very slender threads to create a special texture. In the photo, Allrounder, based on physician’s bags with internal compartments, open at the top, with reinforced grips and slightly padded base and sides. The naming of Peter Reisenthel as entrepreneur of the year in 2016 confirms the fact that behind a successful product there is a family with a winning team, wagering on creativity in tune with the times. reisenthel.com

MATERIAL ESSENCE Evocative fragrances in elegant glass bottles topped by stoppers in the same marble that has suggested the scent. I Profumi del Marmo is a line based on the intuition of a young industrialist from Carrara (the world marble capital), who wanted to associate the noble material of his homeland with essences that would call forth memories and emotions connected with the territory. A true voyage in the regions of Italy through marble and its craftsmanship. The diffusers can be in Calacatta, Statuario, Arabescato, Bianco Carrara and Portoro marble, with which to combine different perfumes in pursuit of original synesthetic match-ups. Besides home fragrance dispensers, the project also offers packaging with sculptural tops and fragrances in limited editions, perfumed rocks and solid perfumes (balms to spread on the skin). C.T. iprofumidelmarmo.com

VARIOUS P34. TEXTILES FROM TAIWAN

During the FuoriSalone 2019, GuangFuHao, a producer of handsewn bags for corporate clients in the luxury market, was the sponsor together with 14 companies of the textiles district of Tainan of the project BraIN TAIWAN, part of the exhibition Interni Human Spaces. One of the bags was selected and customized by Interni with a work by Beppe Giacobbe, who provided the cover image for the magazine. The story of this Taiwanese company sums up the response of the manufacturers of the island to the challenges of new markets, relying on the professional prowess of artisans, constant training of personnel, healthy working conditions and economic remuneration for skills. The company has now created a brand for a large audience, thanks to collaboration with local designers and stylists, to develop product lines that combine the workmanship of waterproof canvas typical of the Taiwan tradition with an innovative, contemporary image. gfh1995.com/en

AMBER NOTES Culti Milano focuses on amber in its new environment scent for the fall. Super Amber (left) blends patchouli incense with a core of black vanilla and a hint of sour orange. The packaging in an intense orange color and the transparent flacon with screen-printed label and stopper in manganese-tone maple suggest the lively, vibrant notes of amber. The company was founded in 1990 by Alessandro Agrati, an eclectic interior de-

signer, who understood the importance of fragrance in living spaces. Taking inspiration from the production of rattan, Agrati invented the dispenser made with wicker sticks that can be inserted in the bottle to release the fragrances. “Each scent,” he explains, “comes from a true story, the energy of the sea, bergamot that weds jasmine, or suggest a place with such intensity as to transport you there, in that very moment.” The Culti House headquarters is in Milan, with the boutiques on Corso Venezia and Via Fiori Chiari. Other points of sale are in Naples, Bari, Forte dei Marmi, Turin and Rome. C.T. culti.com

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P36. BLACK POWER

RIGOROUS FORMS, HIGH TECHNOLOGY, FINE AND OFTEN CUSTOM FINISHES, BEYOND THE CLASSIC CHROME. NEW FAUCETS TURN BLACK CAPTIONS: pag. 38 1. D35 BLACK&WHITE by Ritmonio, a single-control mixer with a diameter of 35 cm, designed by Davide Vercelli in a wide range of chrome finishes, and in black and white versions. 2. Giotto Plus by Cea, wall-mounted single-control mixer in AISI316L stainless steel with black diamond finish. The built-in body uses PWF (Plumbing Water Fitting), a quickly grafted connection to the water supply. Design Natalino Malasorti. 3. Closer designed by Diego Grandi for Zucchetti, single-control mixer with 25 mm cartridge, in black soft touch finish. 4. Dynamica88 washstand faucet by Fir Italia, in the dark graphite version. This is one of the many finishes of the Outfit range, based on the innovative Advanced Superfinish Process (ASP). All the collections can be personalized for color, tone and finish. pag. 39 5. From the Profilo series by Cristina Rubinetterie, single-control mixer for washstands with Up&Down system in matte black finish. Design Giampiero Castagnoli. 6. Atrio Icon 3D by Grohe, the extra-slim faucet for washbasins, based on avant-garde technology. The unit is 3D printed in metal with a brushed steel finish, as a limited edition. 7. One of the long-term successes of Fantini, the Milano collection by Franco Sargiani now comes in a new gunmetal finish, obtained with PVD (Physical Vapor Deposition). 8. Shower set from the AA/27 series designed by Michael Anastassiades for Aboutwater (the joint brand of Boffi and Fantini), complete with wallmounted shower head, in matte gunmetal PVD finish.

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P38. FULL COLOR

BATH FIXTURES ARE GOING THROUGH A CHROMATIC REVOLUTION, FROM VINTAGE HUES TO NEW HIGH-TECH BRIGHTNESS CAPTIONS: 1. The new Ipalyss washstand color range by Ideal Standard developed by Ludovica+Roberto Palomba; ten new nuances for ceramics, including Glossy Black, Slate, Kashmir, Sage, Pomegranate, as well as Glossy White and Silk White, at times reinterpreting the historic colors of the brand from the 1960s and 1970s. 2. Soft washstand from the Elegance collection by Azzurra in the new Blu Royal version. Colors 1250° is the spray technique during the first firing at 1250° through which the glaze becomes part of the material. 3. The iconic freestanding ceramic washbasin Bonola designed by Jasper Morrison for Flaminia, offered in Rubens red, inspired by the palette of the great Flemish painter.

BATH TRENDS

P41. OUTDOOR WELLNESS

NOT JUST THE FURNITURE INDUSTRY, BUT ALSO THE WORLD OF BATH FURNISHINGS, RESPONDING TO THE DESIRE FOR NATURE AND THE IDEA OF OUTDOOR WELLNESS: TUBS, SHOWERS AND SINKS IN OUTDOOR VERSIONS CAPTIONS: pag. 41 1. Outdoor shower column from the Novo Inox collection by Guglielmi, in 316L stainless steel. 2. Acqua 5000 shower cabin by Duka with aluminium frame, in chrome or shiny silver finish, with Securit 8 mm glass, available in 10 versions; Automatic Close&Stop system, new track and mechanism for opening. 3. Naturesauna outdoor collection by Starpool, entirely in Val di Fiemme spruce with brushed copper inserts. In three sizes


Monolith. Più spazio alla qualità. Materiali pregiati. Estetica elegante. Ottime performance.

Qualità, Design e Innovazione


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(560x315, 460x315, 360x315 cm) and two versions with natural or black waxed wood. Designed by Studio Aledolci&co. pag. 42 Various Agape models lend themselves to outdoor settings, like the new Petra countertop or freestanding washbasin by Diego Vencato and Marco Merendi. Made of Cementoskin by Gypsum, a high-performance material (resistant to stains, strong and durable), with natural or velvet surface finish, the product comes in a range of different colors. MAWI SPA mini-pool (185x120 cm) by Glass1989 with panels in dust-color Ecoresina. Equipped with: vanishing thermostatic faucet, refill system and automatic ozonizer, perimeter mood lighting and Bluetooth audio kit.

BATH TRENDS

P44. THE MATERIAL BATH

NATURAL TONES, MATERIAL FINISHES, CLEAN LINES, PRECIOUS SURFACES, MODULAR DESIGN: THE NEW BATH FURNISHINGS PROGRAMS SEEM LIKE THEY WERE CREATED FOR THE LIVING AREA, TO BE INHABITED AND DISPLAYED CAPTIONS: 1. Skill, by Carlo Presotto and Andrea Bassanello for Modulnova, a bath environment composed of a cabinet with built-in washbasin, in stoneware with Gris vintage finish, like the central back against the wall and the storage column with front in Milltech Bronze and interior in Milltech Eucalyptus. 2. Detail of the Ellisse console from Progetto Bagno by Itlas, in natural Cansiglio oak, with washstand in black Marquinia marble. Designed by Archea Associati. 3. Code 05 composition by Arbi Arredobagno, with suspended bases in glossy eucalyptus finish, combined with the top in Laminam Emperador Extra Lucido and the Plaza built-in washbasin. 4. A bathroom furnished with the Happy D.2 Plus series by Sieger Design for Duravit, with washstand base in super-matte graphite gray finish, top in brushed walnut, countertop basin in white/anthracite. 5. From the Tratto program by Vuesse for Scavolini, a composition of the cabinet in the Concrete Jersey pattern, top and back in Limestone Oyster porcelain stoneware, with built-in washbasin; Ottone finish for the handles, towel racks and shelves.

PRODUCTION

P46. GREEN BREAKTHROUGH

TEN YEARS AFTER ITS FOUNDING, THE INFINITI BRAND WAGERS ON SUSTAINABILITY AND PRESENTS THREE ICONIC CHAIRS IN THE ECOLOGICAL RECYCLED PLASTIC VERSION Green plastic in Woodland. This sums up the presence at the latest Salone del Mobile in Milan of the Veneto-based brand of seating and complements for the home and contract. The company displayed a design orientation on nature, with a focus on the central role of man for its protection, assigning the design of the booth to Studio Boeri Architetti. Already the chairman of the jury of Design Green Contest 2018, another important factor in Infiniti’s ecological effort, Boeri created an almost metaphysical wooden clearing, Woodland, interpreting an “increasing awareness of the theme of sustainability and the circular economy. We have shifted from the sustainability of processes to the possibility of reinsertion in the economy that also has to do with the recovery and recycling of materials,” Boeri explains. “And this applies to both wood and to plastic.” Three successful models – Tondina, Canova and Pure Loop – were shown in a variation molded in polypropylene derived from post-consumer urban plastic. The result is an exclusive version of the three chairs, in totally ecosustainable recycled plastic, available in two colors: moka and caramel. Thanks to the production technique and the different compositions of the plastic, the final effect changes from one pieces to the next, in spite of industrial production, making each item one-of-a-kind. Katrin Cosseta

PRODUCTION

P48. DREAM PROJECTS

TWILS ENHANCES ITS DESIGN COLLECTION, CALLING ON LUDOVICA AND ROBERTO PALOMBA TO DESIGN THREE CONTEMPORARY BEDS “An idea of wellness and comfort based on a rigorous but light aesthetic.” This is how Ludovica and Roberto Palomba sum up the essence of their project for Twils, the Veneto-based brand of upholstered textile beds. Matteo Bollati and Stefano Contini have collaborated on the definition of

“three models that explore the same vocabulary, interpreted in terms of proportions and details, where the protagonist is always the textile component, which sets the character and silhouette of De-light, Sail and James. Sharing a clean, contemporary style, these beds attribute different importance to questions of height and volume, while always being soft and inviting,” the designers explain. Oversized headboards and ample proportions can be seen in De-Light, lightened by metal feet, slight angles and maxi-stitching ‘a la Fontana.’ Sail has a slender silhouette, accentuated by soft curves. James is more imposing and monolithic, with its generously padded headboard and textile border. The true leitmotif of the three models is inimitable sartorial quality, seen in attention to detail and stitching, with options for personalization thanks to removable covers, available in a wide range of fabrics, leathers and eco-leather. K.C:

PRODUCTION

P51. ACTIVE FOR WELLNESS

THE OVEN THAT RESPECTS FOODS, EXPLOITING THE POWER OF STEAM AND COMBINING IT WITH THE ACTION OF HEAT, AND THE LARGEST BUILT-IN REFRIGERATOR ON THE MARKET, WHICH KEEPS FOODS AS FRESH AS THE DAY THEY WERE PURCHASED. HOTPOINT TECHNOLOGY TAKES CARE OF PEOPLE You can do a lot for the wellbeing of your family, even in the simplest everyday actions. By choosing healthy food and cooking it in a tasty way, for example, with the new Active Steam ovens, which make the process very easy: a minor domestic miracle to which Hotpoint contributes thanks to innovations that enhance appliances with Active technology, designed to improve the wellbeing of people. The new Active Steam 100 oven permits traditional cooking or selection of the quantity of steam needed for various recipes, choosing from four possibilities: 100% steam for the most delicate foods; 75%, 50% or 25% steam in combination with the force of heat of a traditional oven. The 100% steam cooking method, for example, is ideal for delicate foods like vegetables, eggs, cereals, rice and fish. The 75% steam level is perfect for whole fish or fillets, while the 50% steam method reduces cooking time for roasts, keeping the meat very tender. The 25% steam setting turns out perfect cakes and cookies. Thanks to the interactive My Menu system of assisted cooking you can try out new recipes and choose the right cooking method. It’s a short hop from preparing to conserving food. The new Space 400 combo refrigerator model by Hotpoint, with a width of 75 cm (the only built-in refrigerator of this size on the market), meets the needs of those who do their shopping once a week but want to always have fresh food. The internal space measures 400 liters and is designed to easily adapt to a 75 cm niche. The unit offers 40% more space than a combo of standard size, thanks to its careful design that exploits all the inner space both vertically and horizontally. Space 400 is a combo in class A+ equipped with Active Oxygen, a device that releases active oxygen to reduce odors by up to 60%, preventing the spread of bacteria by 99% in the refrigerator compartment. The Fresh Crisper – a special grille in the lower part of the drawer – has been specifically designed to prevent fruit and vegetables from coming into contact with water. “Hotpoint takes care of the things that count most, in an active way, every day,” says Novella Sardos Albertini, Head of Brands, Communication and Sell Out of Whirlpool Italia. “The ability to innovate and to always be close to people has led Hotpoint to create products with advanced technologies that permit simple, direct interaction. This is the direction taken with the Active Technologies, conceived to always guarantee great results without sacrificing a truly personal touch.”

COMMUNICATION

P54. IN HIS KITCHEN

SCAVOLINI AND CARLO CRACCO ARE BACK TOGETHER FOR A PROGRAM ON RAI 2 IN WHICH THE FAMOUS CHEF PLAYS HIMSELF, DEMONSTRATING HIS CULINARY SKILLS USING MIA, THE MODEL HE HAS DEVELOPED IN COLLABORATION WITH THE ITALIAN BRAND



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Already a pioneer in the use of the television medium for the furnishings sector – from 1975 at RAI, and from 1984 on private networks – Scavolini once again proves that it is in the avant-garde of communications, co-producing “Nella MIA cucina,” a program that brings Carlo Cracco back to the TV screen. In the new format, which debuts on 16 September, every day on RAI 2 at 19.35 for 20 episodes, the famous chef plays himself in a domestic setting, working in the kitchen he has developed together with Scavolini, under the name MIA by Carlo Cracco. During the show Cracco will explain the various steps to the contestants to make a dish, while the web creator Camihawke will encourage the protagonists and join their friends and relatives backstage. The sets for the competition are two specular compositions of the MIA kitchen, where the contestants are supplied with the same tools and ingredients. Of course their techniques and skills will be different: these aspects will make the preparation phases more fun, as well as the final face-off when the results are sampled and evaluated. “The choice of producing a TV show comes from awareness of the fact that the models of communication have to some extent changed, and we feel the need to narrate stories in a more complete way, products and visions of a brand that appeals to different, vast audiences,” says Fabiana Scavolini, CEO of the company. “I enthusiastically agreed to take part in this project,” says Cracco, “because it is a program that lets me be myself, displaying my most authentic personality. It is a natural evolution of a path in which at first I was a testimonial for Scavolini, and then I designed a kitchen model together with the brand, which now appears on television. I could never imagine anyone else in the MIA kitchen, so I decided to return to the world of television.” A.P.

LONDON SHOWROOMS

P56. LONDON DEBUT

IN A BUILDING IN CHELSEA RESTORED BY DAVID CHIPPERFIELD, DE PADOVA OPENS ITS FIRST FLAGSHIP STORE IN THE UK: A SPACE DESIGNED BY PIERO LISSONI FOR ARCHITECTS, INTERIOR DESIGNERS AND CLIENTS De Padova, the historic brand of the best of design Made in Italy, has opened its first showroom in London, in the luxury shopping district of Brompton Cross. Following the acquisition by Boffi Group (in 2015), De Padova has boosted its international visibility: first with displays of the collections inside the Boffi showrooms around the world, and then through a series of exclusive stores opened in Milan, New York, Paris, and now London. On the first of four floors in a modern building restored by David Chipperfield, De Padova Chelsea is an ode to the art of Urban Living, a contemporary version of a penthouse space, conceived to interact with architects, interior designers and clients. Developed under the creative direction of Piero Lissoni and the Boffi Group Design & Style Office, the London showroom with an area of 310 square meters has large windows and big white walls, to present a complex array of products by the group’s various brands – De Padova, MA/U Studio, Boffi and ADL – created by some of the most famous names in the world of design: from Vico Magistretti and Achille Castiglioni to Patricia Urquiola, Nendo, Michele De Lucchi and GamFratesi. “We have found an extraordinary space for De Padova, in the middle of Chelsea,” says Roberto Gavazzi, CEO of Boffi Group, “a showroom that is quite different from a traditional furniture store: a magnificent loft that displays our total range of interior design. The proximity to the Boffi store in the same area permits us to offer the best design solutions for our clients, with the possibility of choosing products from all four brands.”A.P.

LONDON SHOWROOMS

P58. PROJECTS ON THE THAMES

WITH A TOTALLY REDESIGNED SHOWROOM AND PARTICIPATION IN AN IMPORTANT RESIDENTIAL PROJECT, MOLTENI&C|DADA BOOSTS ITS ACTIVITY IN LONDON, ONE OF THE MOST LIVELY CAPITALS OF THE INTERNATIONAL DESIGN SCENE

Opened in 2008, the flagship store of Molteni&C|Dada on Shaftesbury Avenue, in the West End, has recently been updated: an initiative coordinated with the recent openings of stores on Brompton Road and in Fitzrovia (the latter under the group’s UniFor brand, for the contract market). Redesigned to become an inspirational reference point for design and architecture, the showroom has an area of 330 square meters, surrounded by 37 linear meters of full-height windows. Inside, the displays present six kitchens in various finishes – including the impressive VVD by Vincent Van Duysen in Ceppo stone and walnut, a version of the Hi-Line 6 by Ferruccio Laviani in matte white lacquer and Carrara marble, the timeless Trim and Vela models by Dante Bonuccelli, and the sophisticated Prime, as well as various compositions of wardrobe systems, like Gliss Master and Master Dressing, both by Van Duysen. The space offers a wide range of products and solutions to give form to commercial, retail, hospitality and residential settings. Molteni&C|Dada has also provided a wide selection of custom items (including the Gliss Master by Van Duysen and Hi-Line 6 by Laviani) for Buckingham Green in Westminster: a luxurious private apartment complex with 15 floors, commissioned by London&Oriental with interiors by Fletcher Priest Architects and TH2 Designs. A.P.

LONDON SHOWROOMS

P60. LONDON CALLING

IN A VICTORIAN BUILDING ON THE WEST END, THE NEW POLIFORM SHOWROOM JOINS THE FLAGSHIP STORE ON KING’S ROAD, REFLECTING THE IMPORTANCE OF THE ENGLISH MARKET FOR THIS ITALIAN BRAND The new Poliform showroom on Wigmore Street, London, joins the flagship store on King’s Road to bear out the importance of the English market for this Italian brand. The space is located in the creative heart of the capital, inside a Victorian building on the West End that has been totally restored and renovated in tune with its original architecture characteristics. On two levels with a total area of 500 m2, the showroom offers a design experience in perfect balance between tradition and modernity. The old labyrinthine approach of corners and niches has given way to a wide-open display space flooded with light from seven large windows. The store on Wigmore Street lets visitors have a direct experience of the Poliform world, examining the firm’s complete collections in all their variety: kitchens, upholstered furniture, storage systems, bookcases, beds, wardrobes. A line of products with sophisticated design, capable of conveying a precise lifestyle idea for the widest range of needs. A.P.

LONDON SHOWROOMS

P62. THE CITY OF CERAMICS

IRIS CERAMICA GROUP EXPANDS ITS PRESENCE IN THE UK WITH THE OPENING OF ITS FIRST SHOWROOM IN LONDON: A SPACE IN WHICH TO INTERACT, TO FIND NEW INSPIRATIONS AND CULTIVATE CREATIVITY “Everything you see here today in our new gallery can be produced and purchased: from the surfaces of the furnishings to the objects. Our goal is not to grant visibility to our wide range of offerings, but to create beautiful and functional solutions. I hope this showroom will soon become a place of reference where architects and designers can meet to exchange ideas, to interact, to inspire and get inspired.” With these words Federica Minozzi, CEO of Iris Ceramica Group, comments on the opening of the company’s first store in London, in the creative district of Clerkenwell. Designed by the studio Area 17 inside an industrial building on Old Street, the new creative headquarters of the group covers three levels, for a total area of 600 square meters. For the first time, it brings together the collections of the brands Ariostea, FMG Fabbrica Marmi e Graniti, Fiandre Architectural Surfaces, Iris Ceramica, SapienStone and Porcelanaingres. In order to expand its presence in the UK, Iris Ceramica Group London sheds light on the versatility of ceramic



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material through furnishings and interior design solutions that accompany visitors to discover multiple (and often unusual) applications of porcelain stoneware. The showroom is not just a store but also a place where the bestselling collections of the brands give rise to contract and residential tableaux organized in a fluid way, ready for transformation as co-working areas, conference rooms or lounges for events. A.P.

PROJECTS

P65. UNUSUAL PINSTRIPES

FOR ANTONIOLUPI, GUMDESIGN CREATES GESSATI, A COLLECTION OF MARBLE WASHSTANDS OF GREAT GRAPHIC IMPACT AND ETHICAL VALUE Three countertop washstands – round, oval and rectangular – in Carrara marble, crossed by a texture of parallel stripes that gives the collection its name. At first glance this would sum up the new proposal from antoniolupi. But nothing could be further from the frivolity of fashion. The term Gessati (pinstripes) “reminds us of the concept of tailoring, which means fine craftsmanship and maniacal attention; fashion and style have nothing to do with it,” says Laura Fiaschi, the artistic half of the Gumdesign duo. But Gabriele Pardi, her “more technical and rational” counterpart, agrees: “the process is the fundamental aspect of this project, which is first of all an ethical path of recognition of the value of the material as a primary resource.” The technological process and poetic narrative, as in all the works of the Tuscany-based studio, are summed up in clean forms that are first of all a matter of substance. The idea, Pardi explains, comes from the desire to “give back to nature and to restore value to the scraps of marble that accumulate in its working, in the form of sheets with a thickness of 1 or 2 centimeters, in the various workshops of the Carrara district. Reassembled and joined with bicomponent adhesives, these micro-sheets of little value give rise to a volume with a graphic, minimal, designed texture. The block, processed with numerically controlled milling machines, is taken back to soft forms, like the stones polished by the current in a river, and the forms are ready to welcome the water. The original value of the mountain returns.” A cycle that comes to a close thanks to an reverse process, starting with scrap to get back to the origin. “I am from Carrara,” Laura says, “I see the great mountain that looms over me, and a landscape that constantly changes because it is eroded by man. So the idea was to rediscover contact with stone, to restore life to the block extracted from the mountain. In the end, it is the metaphor of life: a succession of small portions that nature has generated in one way, which are reassembled in keeping with a single sequence, as if to mend its history. The stone is our experience, the water makes everything softer.” While Gessati is offered in the catalogue in three models with standard formats, “there is nothing to prevent personalization in terms of size – you could virtually create a washstand with a length of 10 meters – and materials, alternating different types of marble like travertine, Azul and black Marquina, or adding the color of the glues. The world is in search of personalization, the unique bespoke product.” Katrin Cosseta

PROJECTS

P69. LIONS OF SAN MARCO

WORK PROCEEDS ON THE RESTORATION OF THE PROCURATIE VECCHIE, THE HISTORIC HEADQUARTERS OF ASSICURAZIONI GENERALI ON PIAZZA SAN MARCO IN VENICE. A PROJECT BY DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS MILANO Construction can now begin at the Procuratie Vecchie, one of the most beautiful and important buildings in Venice, completed by Jacopo Sansovino in the 16th century on the north side of Piazza San Marco. The building that housed the Procurator of St. Mark during the Serenissima Repubblica, with a portico of 50 arches and 100 windows in Venetian-Byzantine style, is a complex, stratified structure with a row of

shops on the ground floor open to the piazza (including the famous Olivetti shop designed by Carlo Scarpa). It will be the headquarters of Assicurazioni Generali (on the first and second levels, with offices of the company or rented to others) and its philanthropic foundation The Human Safety Net (on the third floor, with offices, an auditorium and exhibition spaces). The deadline has been set for 2021, to celebrate the first 190 years of Assicurazioni Generali, owner of the building for almost two centuries (although the center of operations of the insurance group founded in Trieste in 1831 is at Mogliano Veneto since the early 1980s). The team of David Chipperfield Architects Milano, winners of the international design competition held in 2017, has planned ‘surgical intervention’ for philological recovery of the original structure, to grant dignity and consistency to spaces with different values. The worksite to date has focused on structural reinforcement, as well as the cleaning off of internal decorations and 19th-century stucco work, eliminating spurious added features. Now the more complex work begins on the over 12,000 square meters of the Procuratie Vecchie, with modernization of the physical plant systems and the construction of new connections between the floors. “The biggest challenge is to adapt to new public functions that were certainly not planned at the start, since the building is 500 years old,” says David Chipperfield, who is no stranger to important restorations of worldwide renown (for example, the Neues Museum in Berlin). “The extraordinary facade of the Procuratie Vecchie,” he continues, “seems like a single, unified work, but behind the apparent radical uniformity it conceals many micro-cities, disturbed by the metamorphoses of the last 200 years. We have to reorganize a fragmented typology, bringing it back towards horizontal-vertical connections that are necessary for the new functions, and making it more permeable in terms of access.” The stairwell from the early 20th century with a central skylight will be recovered, in relation to the discreet entrance from the inner courtyard. They will be flanked by two new staircases. On the third floor, for The Human Safety Net, these connections permit creation of two new elevated courtyards. The upper level, featuring a row of oculi overlooking Piazza San Marco, will be partially open to the public with flexible spaces for conferences, talks, exhibitions. This is the zone of greatest freedom for the project. “In the early 20th century an auditorium was already built here, with concrete trusses that will be renovated,” says Giuseppe Zampieri, founder, director and partner of David Chipperfield Architects Milano. “We have grafted metal trusses onto them, and we have introduced a row of arched openings to permit fluid circulation throughout the level, incorporating two courtyards that correspond to the roofs of the new stairwells. The brick walls of Sansovino, when they have been cleaned, will be finished with lime plaster. The key idea is to respect the pale colors, the existing portions of Venetian terrazzo floors, the ceilings with exposed wooden beams, and when necessary to create new suspended ceilings with a system of slats, a contemporary reinterpretation of the originals.” The physical plant systems developed with Arup Italia will be hidden in the ceilings. Only on the third level is the heating system incorporated in the flooring, while on the first and second floors it will be camouflaged in wooden fan coil covers. The work will be done by local contractors, to put the accent on the skills of Venetian craftsmen. The Human Safety Net is a hub-catalyst of human potential, organized to support the most vulnerable communities, active since 2017 in 19 countries with a network of over 25 partners. “Assicurazioni Generali opened its first office at the Procuratie Vecchie in 1832. Almost 200 years later, the coat of arms of our Lion returns alongside that of San Marco, granting the 25 million people who visit the piazza each year not only a universally recognized setting of beauty, but also harmony and sustainability,” says Philippe Donnet, CEO of Gruppo Generali, which is also investing in the renovation of other parts of the area and the adjacent Giardini Reali. Antonella Boisi


THE ITALIAN HOME

AD GENNY CANTON STUDIO / PH CONTR AT TI COMPANY

ANTIS / day system

w w w. a l f d a f r e . i t


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PROJECTS

P73. PORTOGHESI, YESTERDAY AND TODAY

CASA BALDI IN ROME, AN EARLY WORK BY PAOLO PORTOGHESI, IS TRANSFORMED 60 YEARS LATER BY THE ARCHITECT HIMSELF, AS THE NEW CREATIVE CENTER OF CASALGRANDE PADANA A cultural operation that makes us think about the concepts of modernity, longevity, immutability of function in architecture, and about the ability of great masters to rethink their work, coming to grips with the changes wrought by time. This is the deeper meaning of the rebirth of Casa Baldi, transformed from a private home into a creative center for one of the biggest Italian manufacturers of ceramic tiles. Paolo Portoghesi, who once spoke of the house as ‘ambiguous,’ comments on the project: “For Casa Baldi I liked the idea of using the building in a different way; I have attempted to combine the necessary dimension of display with the memory of the spaces when they were still a dwelling.” Creative Centers are places open to sector professionals, invented by Casalgrande Padana to get beyond the usual concept of the showroom, and providing a crossroads of ceramics and design, exhibitions, communication, technical information and other initiatives in the fields of architecture, design and production. The ground floor, with product displays, features a series of panels clad in different materials, which seem to be theatrically detached from the perimeter walls. “The project reflects my studies on Borromini, whom I see as a forerunner of modernity,” the architect says. On the upper level, with its original materials and spaces, the large slabs of Casalgrande Padana are inserted with lightness, like works of art hanging on the walls. Katrin Cosseta

PROJECTS

P77. LIVING TORTONA

A NEW, DYNAMIC, ECO-FRIENDLY RESIDENTIAL COMPLEX IN THE ZONE OF MILAN THAT IS AN EMBLEM OF CREATIVITY. APARTMENTS AND URBAN VILLAS THAT BLEND INDOOR AND OUTDOOR LIVING Open spaces, luminous and – above all - green. Large windows and terraces with flourishing plants, true extensions of the rooms: open-air settings in an indoor-outdoor continuum. The project by DC10 Architects, the Milan-based studio composed of Marco Vigo, Alessia Garibaldi and Giorgio Piliego, for the new residential complex Living Tortona, emphasizes and encourages the relationship between human beings and nature in the city. Composed of two volumes – the main one on Via Giorza, the other on an internal courtyard – the complex offers different types of apartments and ‘urban villas’ on two levels, with gardens and terraces. Each of the 20 units features its own layout, designed to optimize the use of space and formulated in pale tones, with an essential, sophisticated style. The interior design has been done by Milano Contract District, the design platform that has inserted all its brands and also handled the art direction of the model residence. The distinctive features of Living Tortona included internal patios and large skylights. Nature ‘enters’ the project through the choice of innovative geothermal and photovoltaic technologies, which together with great attention to detail offer remarkable energy savings, making this a cutting-edge development in terms of climate and positive relations with the entire urban ecosystem. Claudia Foresti

COMPETITIONS

P80. CREATIVE WALLS

THE CONTEST IDEASXWOOD, ORGANIZED BY TABU, HAS LED TO MANY PROJECTS MADE BY STUDENTS AND PROFESSIONALS (UNDER 40). A WAY OF RENEWING INTEREST IN WOOD, AND OF OFFERING AN OPPORTUNITY TO YOUNG TALENTS To support the culture and knowledge of wood among new generations. This is one of the objectives of Tabu, a leader in the coloring of natural

wood and multilaminar wood technology, which has organized and promote the 1st Design Contest IDEASxWOOD 2018/2019 aimed at professionals (25 to 39 years of age) and students, in Italy and abroad.“To invent creative projects, you need to know about wood species and the production technologies used today by the industry: clean processes that respect the environment, subject to rigid standards related to certified origin of the raw materials,” says Andrea Tagliabue, the third generation of the family firm. “Wood, a living, noble material, utilized within rigorous parameters for reforestation on a planetary level, is a material that is often overlooked by or unfamiliar to the new generations. This contest has the virtue of attributing value to wood, while offering new opportunities for talents under 40, not just for the winners: if the company considers other projects valid, it can decide to put them into production, making them part of its collections.” Tabu, which has never had an art director, sets out with this contest to boost the creativity of the younger generations, with the possibility of initiating a working relationship. “All of the 183 submitted projects will be evaluated by our team, and apart from the results of the competition, if they are considered valid they will go into production.” In May the winners of the respective categories were announced by a jury composed of 16 members, chaired by the architect Franco Raggi. For the professionals, first prize went to City Vibes by Federica Citterio and Williams Pompei, chosen for “a figuratively innovative proposal that brings out the technical and aesthetic possibilities of Tabu multilaminar technology, obtaining a texture of remarkable graphic elegance and expressive force based on just two contrasting hues of wood.” First prize in the student category was assigned to Tondo Tondo by Nicola Da Dalto (Università degli Studi di Ferrara, Industrial Product Design program) for “the simple and refined modular composition of squares and circles, enhanced by contrasting shades of the same wood to achieve a 3D effect.” The guidelines for the second edition, July 2019 / April 2020, are now online at www.ideasxwood.it Marina Jonna

SUSTAINABILITY

P82. A NEW GARMENT FOR THE CONDO

MAKING A BUILDING EFFICIENT IN TERMS OF ENERGY IS GOOD FOR THE ENVIRONMENT, BUT ALSO FOR THE WALLET: THIS IS THE MISSION OF CAPPOTTOMIO, THE INNOVATIVE SERVICE FOR APARTMENT BUILDINGS OFFERED BY ENI GAS E LUCE In Italy there are over 1.2 million apartment buildings, and over 70% are more than 50 years old: an outdated heritage, built prior to the first legislation on energy efficiency. The correction of wasteful situations in terms of energy and economics is possible, and necessary, even when the buildings in question are not recent constructions. The first measure to be taken into consideration is undoubtedly that of thermal insulation (through exterior insulation finishing), but other actions are also possible, such as the energy adaptation of apartment building heating systems: an ‘efficiency cure’ that can lead to energy savings from 30 to 50% (source: Enea 2018, apartment buildings target). To offer turnkey solutions, ENI Gas e Luce, the company that markets gas, electricity and energy solutions for families, buildings and companies, has created Cappottomio, a service for the energy upgrading of apartment complexes. The service operates on multiple fronts: from the technical side of thermal insulation and improving of heating systems to take advantage of all the available ‘ecobonus’ tax breaks (deductions of up to 75% of investment) and ‘sismabonus’ (up to 85%, for works regarding seismic performance). Antonella Galli

DESIGN CITIES

P84. TAINAN, HOME OF HIGH-TECH FABRICS


In casa all’aria aperta


FAMOU

BATHROOM Attraverso un percorso iconico e interpretativo ispirato alle stanze da bagno di personaggi famosi, la mostra esalta prodotti di design in una galleria d’arte concettuale.

CERSAIE HALL 30 - Stand A80-E77 23 / 27 - 09 - 2019

GALLERIA CAVOUR 22 / 28 - 09 - 2019

Bologna, Quartiere Fieristico Lunedì/Giovedì 9.00-19.00 Venerdì 9.00-18.00

Bologna Centro Città 9.30-20.00

Per informazioni: mostra@cersaie.it

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Mostra promossa da:

Organizzato da:

www.cersaie.it Progetto di: Angelo Dall’Aglio Davide Vercelli

Set-up:


INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

la Princeton University in New Jersey (USA) ll’interno del Campus della Princeton University (New Jersey, USA) spicca il Lewis Center for the Arts, un edificio moderno progettato dallo studio Steven Holl Architects di New York e completamente ricoperto di Pietra di Lecce. La contaminazione italiana all’interno di questo progetto (e di molti altri, in realtà) deriva dalla passione dell’Architetto per il made in Italy fin dagli albori della sua carriera negli anni 70, dopo aver frequentato una scuola di specializzazione post laurea a Roma, periodo in cui ebbe la possibilità di approfondire la bellezza delle pietre naturali italiane.

A

Vincitore di diverse medaglie d’oro, Steve Holl si è sempre contraddistinto per progetti dirompenti e fuori dagli schemi comuni come l’HORIZONTAL SKYSCRAPER di Shenzen o il museo finlandese di arte moderna KIASMA di Helsinki. Anche nel progetto della Princeton University, Steve Holl si è contraddistinto per originalità. Il complesso comprende tre distinti edifici che sono collegati sotto terra con uno spazio di raccolta di 8.000 piedi quadrati sopra al quale si erge una piazza esterna con una piscina riflettente che presenta lucernari che filtrano la luce naturale nel forum sottostante: progettato come un “invito aperto al pubblico”, questo spazio gateway mira a collegare la comunità locale con l’Università.

Il più grande dei tre edifici del sito è dedicato alla danza, contiene un teatro in acciaio e sale da ballo più piccole rivestite di alluminio schiumato, rovere sbiancato e pannelli di cemento. L’edificio dedicato alla musica è sviluppato secondo l’idea di “sospensione”: al di sopra della grande sala per le prove d’orchestra, le aule per le esercitazioni sono rivestite di legno come isolante acustico naturale e risultano essere sospese su aste d’acciaio. La “torre delle arti”, infine, in pietra di Lecce risponde alle proporzioni dell’arco storico di Princeton. La struttura esterna risulta un quadro armonioso e moderno in cui la pietra di Lecce si fonde con il vetro. “Siamo grati di realizzare questo lavoro come strumento di ispirazione per gli studenti del futuro”, ha dichiarato Steven Holl durante la cerimonia di apertura dell’edificio. FILA è stata scelta come partner tecnico per preservare nel tempo la maestosa bellezza dell’edificio: in seguito ad uno studio del materiale è stato scelto un idro repellente ecocompatibile come prodotto innovativo ed ecologico da applicarsi in verticale sulla copertura del Lewis Center for the Arts. Il trattamento è stato applicato a pompa airless in quota da personale specializzato.

Tutta la pietra esterna, quindi, è stata trattata con HYDROREP ECO che è risultato il prodotto più indicato per questo tipo di pietra, garantendo la massima efficacia di protezione pur rimanendo in linea con i dettami del rispetto ambientale imposti dal progetto.HYDROREP ECO inibisce l’assorbimento dell’acqua, umidità, rallentando, in questo modo, la formazione di annerimenti, muschi e licheni (barriera anti-vegetativa verificata da test eseguiti secondo metodo UNI EN ISO 846: 1999), difendendo la pietra di Lecce dal degrado causato dagli agenti atmosferici. filasolutions.com


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A PASSION FOR FASHION AND FUTURISTIC TEXTILE MANUFACTURING: THIS IS THE NEW VISAGE OF THE ANCIENT CAPITAL OF TAIWAN, WHICH CHOSE THE FUORISALONE IN MILAN AS THE PLACE TO PRESENT ITSELF TO THE WORLD OF DESIGN. THE MOMENTUM CONTINUES WITH A NEW FASHION SHOW Luminescence, lightness, strength, breathability, waterproofing: these are the performance characteristics of the fabrics produced in the manufacturing district of Tainan. In Taiwan’s fourth largest city, which was its capital in the past, a network of companies – from large corporations to small family workshops – forms one of the most active and advanced textile districts in the world. Nano-tech membranes that can be applied to any type of fabric, making it waterproof and breathable. Embroidery that seems like digital printing. Luminescent effects that are activated when exposed to light. Fabrics made of graphene, hydrating filaments, anti-irritant and pleasing to the touch, based on collagen derived from scrap from fish processing. All these things and more emerge from the factories of Tainan, the research labs, the workshops, and find their way onto fashion runways around the world, in the collections of the best fashion designers. The facts tell the story: 70% of the functional fabrics used in the world to produce apparel endowed with comfort, ergonomics and safety come out of Taiwanese high-tech factories. But what urban, social and cultural ecosystem lies behind this extraordinary productive machine that is conquering the world with its quality and innovative research? Tainan is a city that wants to be discovered, because it is pleasant, full of lively contrasts and oriented towards the future. It introduced itself to the design world with the exhibition braIN TAIWAN, created by The Meet Lab and organized by Tainan City Government at the FuoriSalone in Milan in April, as part of the major exhibition Interni Human Spaces. Now Tainan invites people to visit in person, to experience the remarkable machine of style and research spread across its territory. Offering an urban mixture of tradition, history, culture and new lifestyles. Founded in 1620, as the first fortified city in the State of Taiwan, the city has been a source of growth for the country, thanks to its agriculture and its production capacities. Extending over an area of more than 2000 square kilometers, with almost 2.5 million inhabitants, it is an extraordinary blend of culture, technology and traditions. Surrounded by a network of canals that have permitted agricultural and commercial growth, it is the home of the first temple dedicated to Confucius, and of the oldest shopping center in the country, the Hayashi Department Store, founded in 1932 and reopened in 2014 as an emblem of a movement that salvages historical buildings in the perspective of a new lifestyle that never forgets the past. Alongside events that evoke the atmospheres of bygone days, like the Yuejin Harbor Lantern Festival, in February and March, when the luminous creations of artists and designers magically light up canals and bodies of water in the night, there are also happenings of great media impact and contemporary appeal: this is the case of the Fashion Show by Tainan City Government that will be held at the Tainan Art Museum, connected with the exhibition braIN TAIWAN at the FuoriSalone in Milan: local and international designers and fashion creators will produce original items in collaboration with local manufacturers, to demonstrate the ability of the district to develop products and projects, interpreting the voices of creativity. Tainan, in fact, loves fashion and offers an interpretation that is not only about production, but also about creativity, with a language that combines the influence of the West with the most authentic inspirations of the East. An original but specific, courageous and contemporary expression, that can offer remarkable inspirations for those in search of new stimuli. Antonella Galli

YOUNG DESIGNERS

P89. ADAGIO MA NON TROPPO

TIME AND DEDICATION ARE THE KEY TERMS OF THE PROJECTS OF FEDERICO PERI, AS WELL AS ART, MEMORY AND CRAFTSMANSHIP Nothing was built in a day. Projects take time, to think, to try things, to change them, all with the necessary care and dedication. This is what

Federico Peri, born in Montebelluna in 1983, has learned by observing masterpieces of art during two years spent in Paris, after graduating from IED in Milan in 2007, thanks to a study grant for artists organized by the City of Milan and Dena Foundation for Contemporary Art. After returning to Milan, he worked at the architecture firm of Vudafieri Saverino Partners, specializing in retail design, and in 2011 he set out on his own, focusing on interior design and collaborating with studios, companies and private clients. In 2014 (seven years after his degree, demonstrating the need to gain experience and to learn, in order to then have something to say), he began to create objects with his own language, a summation of past experiences and childhood memories of the industrial shelving factory of his grandparents. He started to make contact with galleries and manufacturers. This was the years of his first project to gain notice, the traveling library proposed to the gallery Nilufar, which embodies two of the key principles of his design: multifunctional performance and the possibility of interaction with the object. This library, solitary or for two people seated back to back, is a thinking cockpit. After this breakthrough came the crescendo, leading to the selection of Federico Peri as one of the three best debut designers at the Salone del Mobile 2017, then as an emerging talent at Maison&Objet 2018. Soon he was working with consolidated brands like Baxter, FontanaArte, Salviati. “I like to work on projects that contain a sort of historical reference hidden behind the details,” he says, “projects with a contemporary image that thanks to the work of an artisan speak of quality and know-how. I prefer to work with authentic materials that age well, enhancing their charm.” A good product generally requires the right time to ripen, and then it has to stand up to the test of time, transforming it year after year into values, testimony, stories, emotions. Virginio Briatore

FASHION FILE

P92. DEMOCRATIC STYLE

WITH A MIXTURE OF FASHION AND DESIGN, THE PARISIAN BRAND IZIPIZI HAS REINVENTED READING GLASSES. AND MORE Paris, 2010. Three high school classmates, Quentin Couturier, Xavier Aguera and Charles Brun, decide to join forces to launch a company with a focus on design, fashion and affordable prices. The idea is to create a collection of reading glasses like the ones you can by in pharmacies, but with added value in terms of style, color, material. In short, something more appealing. This was the start of Izipizi, a prêt-à-porter eyewear brand that made its debut in 2013 with the Reading series. Since then the firm has grown, also expanding its product range to include the Sun series of sunglasses and the Sun Reading series. Next came the collections Baby, Kids and Junior (0-12 months, 12-36 months, 3-10 years). The Screen line offers filters that protect the eyes from the blue light emitted by the screens of electronic devices. Nautic, Sun Glacier and Sun Snow are the models for time spent by the sea or in the mountains. Today Izipizi is a solid business with a team of 60, which distributes its products all over the world, at 4000 points of sale. These include the Parisian flagship store opened in July 2017 in the Marais (soon to be joined by two new boutiques) and the London store at 28 Carnaby St, opened in March 2019. Partnerships have been launched with well-known international lifestyle brands like Colette, Le Bon Marché, Bonpoint, Woolrich, as well as with Moroni Gomma, which distributes Izipizi in Italy. Maddalena Padovani

EXHIBITIONS

P95. AT HOME

AT THE MAXXI IN ROME, AN EXHIBITION ON THE THEME OF HABITATION FACES OFF DIFFERENT GENERATIONS OF ARCHITECTS, WITH MODERN AND CONTEMPORARY PROJECTS THAT REFLECT THE CHANGES TAKING PLACE IN DOMESTIC SPACES Curated by Margherita Guccione and Pippo Ciorra, the exhibition “At


Il telaio visto da una nuova prospettiva

ECLISSE 40 Collection

Design Francesco Valentini | Lorenzo Ponzelli

Un telaio in alluminio anodizzato che diventa elemento d’arredo, esaltando la porta come una cornice. Una superficie inclinata a 40 gradi che conferisce un senso di profondità alla parete, dietro la quale si nasconde una porta ECLISSE Syntesis filo muro. Scopri tutte le finiture su eclisse.it


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Home” on view until 22 March 2020 at the MAXXI in Rome, with exhibit design by Silvia La Pergola and Barbara Pellizzari, offers a moment of thought on the theme of dwelling and the changes in domestic space. The formula is a face-off between pairs of projects, in an intense itinerary that analyzes works by great 20th-century masters and emerging contemporary architects, drawing on the fine architecture collection of the museum. From individual to collective housing, “from the singlefamily dwelling we reach the greatest degree of experimentation, all the way to true portions of the city where individual experience is inserted in the community dimension.” The selected projects, across a wide time span, construct a path of affinities and similarities. A careful survey that examines different cases, where works belonging to different historical periods, poetics and languages indicate the necessary pluralism inside the complexity of contemporary living. The exhibition starts with a house that acts as a gateway to the gallery inside the museum: designed by the Norwegian architects Rintala Eggertsson, Home Sweet Rome is a sort of immersive experience on a double level, that “starting from the almost domestic dimension of an insula of ancient origin, leads to the most modern experiments.” Shifting from the comparison between Casa Malaparte (the “house that resembles me” of Curzio Malaparte, erroneously attributed to Adalberto Libera) and the Fanton shelter at Forcella Marmarole in the Dolomites by the studio Demogo (two complete works of architecture magically placed in a harsh natural setting), the show moves on with the dialogue between Casa Veritti (195561) by Carlo Scarpa and the house in Modica by Maria Giuseppina Grasso Cannizzo (2015-18). Two works where the poetics of the fragment and the passion for materials emerge with striking force and overall control. Among the various ‘pairs’ that weave a long-distance dialogue, we can indicate that of Luigi Pellegrin with Giuseppe Perugini, “heroes of the most mad and interesting period of Italian architecture”; and that of Casa Baldi in Rome by Paolo Portoghesi (1959-61) with the Capital Hill Residence near Moscow by Zaha Hadid (2018): the former an apt youthful interpretation of Roman Baroque in a domestic key, reprised in a dynamic way in the project for Moscow. The colorful and witty block-collage of Aldo Rossi in Berlin (2005-08) meets the Vanke Tulou Housing by the Chinese studio Urbanus, a rereading and redesign of the spectacular circular typologies of the hakka houses in the southern part of that country. A chapter apart is assigned to the Corviale by Mario Fiorentino, the building with a length of one kilometer on the outskirts of Rome, the focus of reformulation and revision in the project in progress by Laura Peretti and Guendalina Salimei. Two themes of reference for the history of Italian living (the Roman ‘palazzina’ and the INA Casa plan of 1949) conclude the presentation. The show is without a catalogue, but there is a fine brochure that can be downloaded free of charge (www.maxxi.art/wp-content/uploads/2019/01/Booklet_At_Home.pdf). Matteo Vercelloni, photos Musacchio Ianniello, courtesy Fondazione MAXXI

EXHIBITIONS

P98. THE METAPHYSICAL THRILL

DREAMS, THE ETERNAL NATURE OF MATTER, THE ENIGMA OF TIME AND THINGS, ARE RECURRING THEMES IN THE WORK OF GIORGIO DE CHIRICO, BACK AFTER FIFTY YEARS WITH A MAJOR RETROSPECTIVE AT PALAZZO REALE IN MILAN After the major exhibition on the Pictor Optimus in 1970, the artist is back at Palazzo Reale in Milan, fifty years later, with the ambitious project “De Chirico” curated by Luca Massimo Barbero in collaboration with Fondazione Giorgio & Isa de Chirico, from 25 September 2019 to 19 January 2020 (catalogue by Electa). The retrospective includes a vast number of works by De Chirico (Volos 1888 - Rome 1978), divided (as usual) into four periods. The first era, concluding with the stay in Florence, displays the influence of Romantic and Symbolist mythology, the time in Munich, the reading of Nietzsche, Schopenhauer and Otto

Weininger, the paintings of Max Klinger and Arnold Böcklin, particularly in the series of paintings of centaurs and the famous Sphinx. The artist then moved beyond these experiences, moving towards the first Metaphysical works, in constant dialogue with his brother Alberto Savinio. For both, the starting point was the hermeneutics of dreams, the foundation of the metaphysical thrill found throughout the great master’s work, alongside the enigma of time, guiding reflections on the eternity of matter and earthly immortality. Time and eternity contain an Oedipal enigma, the destiny of man, the Satanic riddle that has no solution, the enigmatic game as the product of dreams. From the Sphinx lurking in the painting of the same name, an initial series of works focuses on the metaphysical theme, or at least on the sturdy variation of this philosophical concept made by De Chirico in the light of the theories of Nietzsche. A metaphysics that postulates in a single afflatus the immanence of the spirit and the transcendence of matter, translated in the splendid series of Enigmas. To see everything, including man, in the quality of ‘things.’ The color and substance of the painting, theorized in the Piccolo trattato di tecnica pittorica, where Goethe’s principle of the Farbenlehre, based on the idea that color is first of all an expression of the physiology of man (not vice versa, as Newton said), finds a sincere adept in the painting of De Chirico. Of course in the long run, in the obsessive repetition of piazzas in the Italian Novecento period, the enigma runs the risk of becoming a charade. Above all in the Surrealist landscape, that constrains it even further in the slavery of the subject. Soon to be abandoned, in any case. But these are the final years, perhaps the least appreciated by the critics of the time, due to the variety of the subjects, setting out to grant life and form to great painting; the years that instead see the complete expression of the particular metaphysical condition of De Chirico, who in the past had asserted that only he had fully understood Nietzsche’s thinking. The surfeit of ego of the artist corresponds to his erasure, to the achievement of that poetic and spiritual fullness that he is able to achieve only through painting, great painting: “Et quid amabo nisi quod pictura est”. Maurizio Barberis

EXHIBITIONS

P100. BEYOND THE SCREEN

THE BIENNIAL OF MOVING IMAGES OF GENEVA, INSTALLED IN THE OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI IN TURIN, INVESTIGATES NEW EXPERIMENTAL LANGUAGES OF VIDEO ART Thanks to recent collaboration between Centre d’Art Contemporain Genève and OGR–Officine Grandi Riparazioni of Turin, for the first time in over 30 years the Biennal of Moving Images leaves the CAC in Geneva for an encore in the striking spaces of a former industrial facility (until 29 September 2019). More than one century after the advent of moving images prior to cinema, at the Royal Academy in London at the turn of the century, the reflections of this edition seem to come full circle. Titled “The Sound of Screens Imploding,” the edition curated by Andrea Lissoni and Andrea Bellini, with intriguing exhibit design by Andreas Angelidakis, starts with the idea that the era of projection on screens is coming to an end – at least as we know it – to make room for new realities and new languages that get gradually more experimental. Artists with very different poetics and backgrounds approach unusual themes. Lawrence Abu Hamdan, recently selected by Ralph Rugoff for the Venice Biennale, starts with his personal experience as a forensic sound expert to boost awareness of the political importance of listening in given situations; Tamara Henderson presents a cinema set, Meriem Bennami a complex virtual reality work, and Ian Cheng and Ebook. Supported by both institutions, the production of the exhibition is the result of a fertile partnership that has permitted development of all the projects: the Biennial of Moving Images is the only such event that entirely covers the costs of the works on view, commissioned for the occasion. Edoardo De Cobelli



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EVENTS

P103. LONDON, MORE SPACE FOR MADE IN ITALY

IN THE CONTEXT OF THE LONDON DESIGN FESTIVAL, ALONGSIDE THE USUAL SECTOR FAIRS AND THE CIRCUIT OF EVENTS, THERE IS A NEW APPOINTMENT: I-MADE, HELD AT SAATCHI GALLERY FROM 19 TO 22 SEPTEMBER. A COMPLETELY NEW FORMAT FOCUSING ON THE QUALITY OF ITALIAN DESIGN AND MANUFACTURING. WITH ART DIRECTION BY GIULIO CAPPELLINI, MEDIA PARTNERSHIP BY INTERNI, AND A PROGRAM OF EVENTS NOT TO BE MISSED The Italian flag will wave from 19 to 22 September in front of the splendid neoclassical building that houses the Saatchi Gallery, in the heart of Chelsea, one of the most exclusive districts in the British capital. There will also be the banners of Interni, the media partner of I-Made, an event created by CEO Francesco Giasullo and directed by Elena Foschi, with a focus on Italian design and manufacturing. The artistic direction has been assigned to Giulio Cappellini, the outstanding talent scout, architect, designer and entrepreneur. “I-Made, Italian Manufacture, Art and Design Exhibition, is an ambitious project that sets out to narrate the excellence of Made in Italy, and how it has influenced design on a worldwide scale,” Giulio Cappellini explained at the press conference for the presentation of I-Made, held in July in London at the headquarters of De Padova, one of the brands taking part in the project. “A display area for companies, coordinated in a single layout design, welcomes a series of Italian brands that want to appear at their best, offering the finest creations of their collections, and the products best suited to the English market.” These firms include Luceplan, with the dramatic chandelier-lamp by Francisco Gomez Paz; Living Divani, which celebrates its 50th anniversary in 2019, famous for the iconic Frog chair by Piero Lissoni; Cappellini, showing the Thinking Man’s Chair, which launched the young Jasper Morrison into the design star system in 1987, and the collection by the Japanese studio Nendo. “This section that includes various brands (Poltronova, Flaminia, Moroso and many others, ed.) is joined by two more sections: an exhibition zone, and another for discussions,” Cappellini continued. The first, with the title “Take a Seat,” brings together the best seats produced by historic Italian brands like Ceccotti Collezioni, De Padova, Driade, Flexform, Giorgetti, MDF Italia, Molteni&C, Poltrona Frau, Unifor and many others. The second, on Friday 20 September, calls for two encounters. In the morning, at 11.00, an event on Italian know-how, with Giulio Cappellini, Patricia Urquiola, Patrizia Moroso (art director of Moroso), Roberto Gavazzi (CEO of Boffi and De Padova), Giulia Molteni (marketing & communication director, Molteni & C); in the afternoon, at 18.00, the talk coordinated by Interni “Design Experience: the quality of design Made in Italy,” in which the Rome-based studio Lazzarini Pickering and the British designer Richard Woods discuss the relationship between Italian and English creative culture. Urban Regeneration Interni, besides being the media partner of IMade, will be at the Italian Cultural Institute on Belgrave Square for the fourth time during the London Design Festival, with the presentation on 17 September at 18.30 of “Urban Regeneration: New City, New Habitat, New Technology,” an encounter with Alessandro Melis of Heliopolis 21, the upcoming director of the Italian pavilion at the Venice Architecture Biennale in 2020, and Andrew Waugh of Waugh Thistleton Architects. The moderator will be David Turnbull, professor at Cooper Union in New York, director of Atopia and visiting expert for Arup. Patrizia Catalano

EVENTS

P106. THINKING ABOUT THE FUTURE

FOR THE LONDON DESIGN FESTIVAL THE ENGLISH HEADQUARTERS OF ISTITUTO MARANGONI WELCOMES THE GALLERIST ROSSANA ORLANDI AND HER GUILTLESS PLASTIC,

A PROJECT SUPPORTED BY THE DESIGN SCHOOL, FOR SUSTAINABILITY AND RESPONSIBLE CREATIVITY Guiltless Plastic is the project in which Istituto Marangoni and gallerist Rossana Orlandi join forces to raise awareness among young students in the school’s courses in Milan and London on the theme of sustainability in the field of design. Launched in 2017 as Guilty Feeling by a student at the school, and by Rossana Orlandi to promote more conscious use of plastic, the initiative immediately gained the support of Istituto Marangoni, evolving into Guiltless Plastic, which thanks to the international Ro Plastic Prize rewards works conceived in a sustainable way, made in recycled and recyclable plastic. Over 300 entries from 50 countries took part this year in the Ro Plastic Prize, whose jury also included two students of Istituto Marangoni, Terence Coton and Marco Ripani. The winning projects and runners up will be on view during the London Design Festival (14-22 September) at the schools of fashion and design of Istituto Marangoni in London, and for the occasion Rossana Orlandi will hold a talk open to students and the public, illustrating a new vision of aware design that takes the future of our planet into account. “The partnership with Rossana Orlandi also includes the launch of two study grants in London, with a focus on communiation and sustainability,” says Mark Anderson, director of the Department of Design. “Taking the Rossana’s space in Milan as a reference point, the competition we will be launching, titled On the Lookout, invites young designers to propose a brand strategy based on how art and design should evolve in the coming years, to gain advantage from emerging trends. The winner will receive a study grant for the Master in Design Management at the school in Milan. Where the school in London is concerned, the most ambitious students will be invited to apply for a study grant for the Master in Interior Design: they will have to produce 15 drawings and a moodboard for the interior design of a retail space using recycled materials in an original and sustainable way.” “Istituto Marangoni has welcomed Guiltless Plastic with great enthusiasm,” says Anderson. “This is also the result of our great admiration of Rossana Orlandi, an amazing mentor of young international talents and a pioneer of a vision that combines art, design and fashhion. For the school, the initiative represents a great opportunity to send a strong message of social responsibility, which is fundamental for the future of design.” Patrizia Catalano

RESEARCH

P108. ITALY: A COUNTRY WITH A TIME LIMIT

DURING THE DAYS OF CNAPPC EVENTS, AT THE EXHIBITION HUMAN SPACES OF FUORISALONE 2019, THERE WAS TALK OF CYCLES OF INVESTMENT, OBSOLESCENCE, INNOVATION AND CRITICAL FACTORS OF NATURE, FOR A NEW, URGENT TERRITORIAL POLICY. BASED ON RESEARCH CONDUCTED BY CRESME Italy is a country with a time limit. Over the last 15 years resources have been drastically reduced for the physiological metabolism of cities, infrastructures and public works in general. But the constructed and infrastructural capital of Italy remains subject, like everything else, to the wear and tear of time, and due to the history of their production they are entering a rapidly rising cycle of obsolescence: 60% of constructed heritage (7.2 million buildings) were made before 1980, and are now 40 years old, or even older. Those over 50 account for 42.5%. A large portion were built without standards of seismic performance, though they are located in areas at risk. These buildings are the results of speculative low-quality development, and they are now showing signs of decrepitude. Maintenance activities, which needed to be stepped up starting in the 1990s, have not been able to counter structural and energy deficits: while the few new constructions are now in energy class A, 90% of existing buildings are still rated F and G. The infrastructures are also on the point of collapse: roads and bridges are in poor condition, not to mention aqueducts: today they lose about 41% of the water they



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are supposed to transport, while in 2008 that figure was 32%; furthermore, 38.3% of the water conveyed in 2015 was lost due to the poor quality of the distribution network. While it is true that the city can be the solution and not the problem, it is necessary to take stock of the major economic energies (with important and positive social and environmental effects) that would be involved in a renewal of constructed and infrastructural heritage. The economic crisis that has impacted the construction industry has created an ideal situation for different paths with respect to those of the past: the low market prices today are starting to attract major international cash flows that under certain conditions can be brought to bear in our country, triggering a new era. But what are the conditions? A public administration capable of overseeing and controlling transformations, triggering important episodes of urban regeneration with limited resources, and defining strategic programs extending to 2040 that will permit cities to be competitive with their European sisters in the areas of mobility, digitalization, quality of life and symbiosis with surrounding natural territories.

FAIRS

P110. NEW DEVELOPMENTS AT HOMI

THE FIRST EDITION OF HOMI OUTDOOR HOME&DEHORS: A COMPLETE OVERVIEW OF FURNISHING COMPLEMENTS FOR INDOOR AND OUTDOOR USE, ENCOUNTERS FOR RETAILERS AND CONFERENCES FOR ARCHITECTS AND DESIGNERS, TO TALK ABOUT STYLES, MATERIALS AND ECOLOGY From 13 to 16 September, at Rho Fiera Milano, the first edition of HOMI Outdoor Home&Dehors presents a new concept for home decor and outdoor spaces. The exhibits include outdoor solutions and various forms of indoor-outdoor connection, as well as new directions in the interior decor segments. New projects and new contexts, research on unusual materials and emotional impressions: the protagonists are furnishing complements and decorative items for all the spaces in the home, including terraces and balconies. HOMI Outdoor Home&Dehors will be an interesting new development for the community of retailers, decorators, cool hunters and professionals involved in the evolution of styles in the home sector. The new format also proposes training initiatives, with encounters for retailers and events for architects and interior designers. Architects will have a chance to discuss materials, forms and styles in a cycle of conferences created and organized by the magazine Platform Architecture and Design, featuring ten outstanding projects by Italian talents. The workshops for retailers are organized with New Business Media/Casastile and conducted by Massimo Duroni, a bio-architect and university professor, and an expert on innovative materials. N.L.

FAIRS

P112. NATURALITY

THIS IS THE THEME OF THE FIFTH EDITION OF THE ITALIAN STONE THEATRE, DURING MARMOMAC IN VERONA, FROM 25 TO 28 SEPTEMBER. WE ASKED RAFFAELLO GALIOTTO, CURATOR OF PAVILION 1 WITH VINCENZO PAVAN, TO TALK ABOUT THE EXHIBITION-EVENT FOR 2019 What are the main new developments for The Italian Stone Theatre? The main novelty is the theme: Naturality. All the works set out to narrate the natural qualities of stone: we will see creations by various designers with different sensibilities, who will interpret the theme to reach a final objective. Naturality: what does it mean, and how is the term being used? The new development is to seek (through design, architecture and art) the intrinsic force of natural stone, making human creativity interact with nature, which stages extraordinary dynamics as it gives rise to a material like stone, surprising in its colors, forms and compositions. The installation will adapt to the narrative, with a sort of allusive green setting that conveys the message: in the entrance zone there will be a large

hedge-meadow, 1.2 meters high, with tufts of grass and avenues visitors will follow to enter the exhibits. You enter nature and discover stone materials. How will Pavilion 1 be organized, with its architecture and design installations, and its artistic itineraries? There will be no finished products or experiments that have already been seen, but only original processes created specifically for the event. A multidisciplinary, multi-thematic exhibition: a multiplicity of interpretations approaching the theme of industrial design as a potentially mass-produced approach, along with architecture and art as experimentation. There will also be a Signature Restaurant and Wine Bar. Finally, the forum area and a lounge are part of the overall installation made in collaboration with AIAPP - Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio. This is the first year AIAPP is taking part, precisely due to the motif of naturality expressed through green itineraries. Architecture, design, art, food. All we need is fashion to round out the mixture… It’s true, only fashion is missing. But it is not excluded. This is a design area where stone can play a role. There have been experiments with eyewear and jewelry. We might be able to widen things in that direction. Fashion could become a vehicle of communication and application of stone materials. It would be an interesting challenge, that can be met today more than in the past. Technology permits it, because stone can now be crafted in precise ways, down to the smallest details. Companies, designers, avant-garde technology: a complex mixture. What is the secret to cope with different protagonists, to create an ideal alchemy and achieve quality results? There are various factors. A fair that works, a pavilion like “The Italian Stone Theatre” that becomes an attraction. For companies, designers and other creative talents, taking part is important. Being there is useful in terms of visibility and experimentation, which would otherwise not be possible. The companies gather around projects, collaborating with enthusiasm, and with important economic investments. An alchemy that also comes from the unique character of this event on an international level. The difficulties are ironed out by the extraordinary nature of the event, behind which lies a long, complex effort of interaction with companies and the choice of designers. You have to accept the challenge and do your best to respond to it. This is a ‘miracle’ in a sector where it is very hard to develop a system. For an opportunity like this one, though, the barriers vanish. The Italian Stone Theatre has now reached its 5th iteration: can we take stock of the past and look to the future? The overall results have been positive. There are only a few negative aspects: perhaps we initially proposed excessive investments on the part of the companies, so over the years some of them have shifted their interest elsewhere. So now we are working on balancing the economic commitment of each company, so that it can be renewed over time. On the positive side, the response of visitors, the increase in the number of companies taking part, the fair that was hesitant at first but now considers this to be a sign of excellence. For the future, I hope there will be more openness to experimentation, and more willingness to cooperate amongst companies. Above all, I hope for greater internationalization: at the moment, the producers are only Italian. I would like the dimension to become more global. The Italian Stone Theatre would remain, but we could also create other areas with an international focus, shedding light on the Italian technology whose utilization is widespread on a worldwide level. Danilo Signorello

BOOKSTORE

P115.

L’architettura della villa moderna - vol.3 by Antonello Boschi and Luca Lanini, Quodlibet Editore 2018, 294 pages, €25.00.



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The third and last volume of a series organized in historical periods, from the start of the 1900s to the present. Here the focus on the modern villa covers the “years of widespread languages,” 1981-2018. The single-family house remains a place of experimentation, revealing the linguistic pluralism of contemporary architecture. The volume matches the format of its predecessors, with a series of contributions by different authors to investigate specific cases: the single-family houses of Álvaro Siza interpreted by Pina Ciotoli, the Casa no Butantã of Paulo Mendes da Rocha covered by Matilde Plastina, the Paper House of Shigeru Ban presented by Giulia Santarelli, Maison Lemoine in Bordeaux by Rem Koolhaas/OMA as seen by Fabrizio Toppetti, and the novel house at Las Rozas by Antón García-Abril, analyzed by Antonello Boschi, just to cite a few examples. The analyses of the works alternate with reflections on various themes: the view of the landscape (A House with a View by Filippo Lambertucci); settlement principles (discussed by Andrea Santacroce); the construction of the ‘elective’ level in which architecture is summoned to inhabit nature (Gaspare Oliva). Marco Zanuso e Milano by Manolo De Giorgi, Fondazione Ordine Architetti di Milano Editore 2018, 120 pages, €16.00. Manolo De Giorgi has produced a monographic volume (Skira, 1999) and an exhibition at the Milan Triennale on the architect Marco Zanuso, coming to terms with an acknowledged master of Italian product design of the postwar era in the less familiar guise of his architectural production and research. De Giorgi dedicates this book to Milan, Zanuso’s birthplace (1916), to document his architectural projects in this city. In Milan, through about a dozen constructed works, “Zanuso reinvents a dialectic, case by case, in which every work of architecture is a case apart, not associated with one specific expressive language.” The drive towards innovation through industry marks Zanuso’s practice, conducted with conviction, precision and success in design, while in architecture it encounters a procedure that sees the “component” as a “technical exchange between the world of ideas and the world of matter.” The ten selected projects, from the building on Viale Gorizia in 1946 to the IBM headquarters in Segrate in 1968-79 are accompanied by a historical-critical essay, illustrated with drawings and period photographs. The volume also contains a conversation with Ennio Brion. THE DESIGN CITY - Milano Città Laboratorio by Marco Sammicheli and Anna Mainoli, Forma Edizioni 2018, 416 pages, €98.00. Milan, Stefano Boeri writes in his introduction, “is a unique city, a small and very intense metropolis. It has always intentionally been a global city: always inhabited by differences, never monotonous, it releases and gathers the international dimension of networks and energies on a level comparable to that of the major world capitals.” Milan since the post-

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war era has been considered the capital of Italian design, the Salone del Mobile, and above all the FuoriSalone over the last 20 years. It has been seen as a model for many other cities in the world, though they cannot repeat the intensity, energy and level of quality of the original. The narrative of Milan as the city of design starts with the great masters of the epoch after World War I, starting with Piero Portaluppi, and proceeds through the subsequent generations, all the way to the foreign designers who have made Milan their preferred place in which to live and work. Archival material supplied by heirs and foundations mix with interviews with the protagonists, leaving plenty of room for illustrations that guide us (for the first time in a systematic way) through the discovery of the places, rooms, studios of the best known architects and designers in the city. Locatelli Partners - Dialogues Architecture Interior Design Edited by Locatelli Partners, Rizzoli International 2019, 304 pages, $85.00. The architecture firm Locatelli Partners, with offices in Milan and New York, was founded in 1993; the main partners are Annamaria Scevola, Massimiliano Locatelli, Davide Agrati and Giovanna Cornelio. This book with refined graphic design and contributions by various author, including an affectionate piece by Ingo Maurer, brings together 32 residential and retail projects presented with a fine selection of illustrations, including color photographs and reproductions of drawings and sketches. A central section focuses on the field of furniture design. The twenty years of professional practice of the firm narrate and underscore a characteristic belonging to the noble history of Italian interior design: that of bespoke projects made to measure with painstaking attention to detail, which the generation of architects like Frattini, Magistretti and Ponti, just to cite a few examples, practiced with conviction. To see these roots translated into the present reminds us of the value of interior design as the basis of a methodology that can also be seen in the studio’s works of new architecture. The ability to control different scales, themes and types alternates the rigor of geometry with the idea of ‘luxury’ as the value of precious materials, carefully crafted and always governed by precise orchestration. A design approach that combines research on the quality of craftsmanship with the contemporary figures of our time.

Errata corrige Nel servizio “I cittadini di domani” uscito su Interni luglio-agosto 2019, il progetto “Abitare il Paese - La cultura della domanda - I bambini e i ragazzi per un progetto di futuro”, realizzato e curato dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e dalla Fondazione Reggio Children-Centro Loris Malaguzzi, è stato presentato alla fine del maggio scorso a Roma a Marco Bussetti e non da Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, come erroneamente riportato nell’articolo. In the article “Citizens of tomorrow” published in Interni July-August 2019, the project “Abitare il Paese - La cultura della domanda - I bambini e i ragazzi per un progetto di futuro,, produced and coordinated by Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori and by Fondazione Reggio Children-Centro Loris Malaguzzi, was presented at the end of May in Rome to Marco Bussetti and not by Marco Bussetti, Minister of Education, Universities and Research, as erroneously indicated in the text.



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64.092.382 834.985.187

Attività destinate alla dismissione o cessate TOTALE ATTIVO

36.747.918 10.733.145 114.997.243 28.324.295 190.802.601 37.329.900 73.097.956 391.780.028 502.207.884 834.985.187

Debiti per imposte sul reddito Altre passività correnti Debiti commerciali Debiti verso banche e altre passività finanziarie TOTALE PASSIVITÀ CORRENTI

Passività destinate alla dismissione o cessate TOTALE PASSIVO

67.979.168 (2.282.396) 253.408.440 (177.130.510) 141.974.702

Fondi Indennità di fine rapporto Passività finanziarie non correnti Passività per imposte differite Altre passività non correnti TOTALE PASSIVITÀ NON CORRENTI

Capitale sociale Azioni proprie Altre riserve e risultati portati a nuovo Utile (perdita) dell’esercizio TOTALE PATRIMONIO NETTO

(Valori in Euro)

29.485.163 4.903.654 5.072.905 45.291.732 62.972.862 76.837.332 224.563.648

Crediti tributari Altre attività correnti Rimanenze Crediti commerciali Altre attività finanziarie correnti Cassa e altre disponibilità liquide equivalenti TOTALE ATTIVITÀ CORRENTI

PASSIVO

404.738.917 500.000 6.514.969 295.988 546.329.157

2.593.467 847.677 1.960.703 5.401.848

128.877.436 -

(Valori in Euro)

Partecipazioni Attività finanziarie non correnti Attività per imposte anticipate Altre attività non correnti TOTALE ATTIVITÀ NON CORRENTI

Terreni e fabbricati Impianti e macchinari Altre immobilizzazioni materiali Immobili, impianti e macchinari

Attività immateriali Investimenti immobiliari

Stato Patrimoniale al 31 dicembre 2018 ATTIVO

ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.p.A.

(4.463.406) 30.439.677 13.886.087 (3.322.447)

Proventi (oneri) finanziari Proventi (oneri) da partecipazioni RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE Imposte sul reddito RISULTATO DERIVANTE DALLE ATTIVITÀ IN CONTINUITÀ

RICAVI DELLE VENDITE DI COPIE RICAVI DELLA VENDITA DI SPAZI PUBBLICITARI di cui diretta di cui tramite concessionaria RICAVI DA EDITORIA ON LINE di cui per abbonamenti di cui per pubblicità RICAVI DA VENDITA DI INFORMAZIONI RICAVI DA ALTRA ATTIVITÀ EDITORIALE TOTALE RICAVI

Prospetto di dettaglio dei ricavi delle attività editoriali al 31 dicembre 2018

Proventi (oneri) da attività dismesse RISULTATO NETTO

1.154.086 3.913.397 (12.090.184)

Ammortamenti di immobili, impianti e macchinari Ammortamenti e svalutazioni delle attività immateriali RISULTATO OPERATIVO

28.724 170.699 69.826 33.458 115.055 38.113 256.452

Capitale e riserve di pertinenza di terzi azionisti TOTALE PATRIMONIO NETTO Fondi Indennità di fine rapporto Passività finanziarie non correnti Passività per imposte differite Altre passività non correnti TOTALE PASSIVITÀ NON CORRENTI

Passività dismesse TOTALE PASSIVO

Debiti per imposte sul reddito Altre passività correnti Debiti commerciali Debiti verso banche e altre passività finanziarie TOTALE PASSIVITÀ CORRENTI

141.975

136.763 1.110.377

15.292 146.258 258.104 126.809 546.463

67.979 (2.282) 253.411 (177.133)

Capitale sociale Riserva sovrapprezzo azioni Azioni proprie Altre riserve e risultati portati a nuovo Utile (perdita) dell’esercizio PATRIMONIO NETTO DI PERTINENZA DEL GRUPPO

50.764.792 202.364 50.562.428 20.743.957 1.762.868 18.981.089 2.123.154 4.085.274 186.619.736

(Valori in Euro/migliaia)

229.743 1.110.377

PASSIVO

Attività dismesse TOTALE ATTIVO

24.630 83.878 122.336 219.031 7.861 82.358 540.094

500 61.408 566 340.540

Attività finanziarie non correnti Attività per imposte anticipate Altre attività non correnti TOTALE ATTIVITÀ NON CORRENTI Crediti tributari Altre attività correnti Rimanenze Crediti commerciali Altre attività finanziarie correnti Cassa e altre disponibilità liquide equivalenti TOTALE ATTIVITÀ CORRENTI

31.820 439 32.259

2.593 3.082 13.460 19.135

226.672 -

(Valori in Euro/migliaia)

Partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto Altre partecipazioni TOTALE PARTECIPAZIONI

Terreni e fabbricati Impianti e macchinari Altre immobilizzazioni materiali Immobili, impianti e macchinari

Attività immateriali Investimenti immobiliari

Bilancio Consolidato del Gruppo Mondadori al 31 dicembre 2018 ATTIVO

108.902.559

(194.339.044) (177.130.510)

17.208.534

22.052.680 167.620.158 82.226.324 (9.211.702) (7.022.701)

961.215

256.625.974

Esercizio 2018 (Valori in Euro)

Decremento (incremento) delle rimanenze Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci Costi per servizi Costo del personale Oneri (proventi) diversi MARGINE OPERATIVO LORDO

Ricavi delle vendite e delle prestazioni

Conto Economico

Risultato netto per azione (espresso in unità di Euro) Risultato netto diluito per azione (espresso in unità di Euro)

(0,680) (0,678)

0,066

0,066

1.961 (177.133)

Attribuibile a: - Interessenze di terzi azionisti - Azionisti della controllante

Risultato per azione delle attività in continuità (espresso in unità di Euro) Risultato diluito per azione delle attività in continuità (espresso in unità di Euro)

(192.351) (175.172)

17.179

14.885

(6.020) (13.162) 32.064

5.000 51.246

5.089 16.160

Risultato delle attività in dismissione RISULTATO NETTO

Imposte sul reddito RISULTATO DERIVANTE DALLE ATTIVITÀ IN CONTINUITÀ

Proventi (oneri) finanziari Proventi (oneri) da altre partecipazioni RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE

Ammortamenti e perdite di valore di immobili, impianti e macchinari Ammortamenti e perdite di valore delle attività immateriali Perdite di valore di partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto e di altre imprese RISULTATO OPERATIVO

(325) 162.929 496.446 157.627 (3.095) 77.495

891.077

Esercizio 2018 (Valori in Euro/migliaia)

Decremento (incremento) delle rimanenze Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci Costi per servizi Costo del personale Oneri (proventi) diversi MARGINE OPERATIVO LORDO

Ricavi delle vendite e delle prestazioni

Conto Economico Consolidato

Sede Legale in Milano - Via Bianca di Savoia, 12 - Capitale Sociale Euro 67.979.168,40 - Codice fiscale e Registro delle Imprese di Milano n° 07012130584 Pubblicazione in adempimento e secondo le modalità della legge 5 agosto 1981 n. 416 così come modificata dalla legge 23 dicembre 1996, n. 650



107.811.181 4.329.327 200 116.998.544

TOTALE ATTIVITÀ CORRENTI

TOTALE ATTIVO

119.899.708

4.668.126 189.710

Crediti tributari Altre attività correnti Rimanenze Crediti commerciali Altre attività finanziarie correnti Cassa e altre disponibilità liquide equivalenti

Attività destinate alla dismissione

2.901.164

0 670.162

0 0

61.002 61.002

2.170.000

(Valori in Euro)

TOTALE ATTIVITÀ NON CORRENTI

Attività finanziarie non correnti Attività per imposte anticipate Altre attività non correnti

Partecipazioni contabilizzate al costo Altre partecipazioni Totale partecipazioni

Terreni e fabbricati Impianti e macchinari Altre immobilizzazioni materiali Immobili, impianti e macchinari

Attività immateriali Investimenti immobiliari

Stato patrimoniale al 31 dicembre 2018 ATTIVO

983.514 3.299.913

Fondi Indennità di fine rapporto Passività finanziarie non correnti Passività per imposte differite Altre passività non correnti

• CASAFACILE • CASABELLA • CHI • CHI COLLEZIONE • CONFIDENZE • CUCINA MODERNA • DONNA MODERNA • FOCUS • FOCUS DOMANDE & RISPOSTE

ELENCO DELLE TESTATE SERVITE

TOTALE PASSIVO

• FOCUS EXTRA • FOCUS JUNIOR • FOCUS JUNIOR PER GIOCO • FOCUS JUNIOR STAR • FOCUS PICO • FOCUS PICO GIOCA • FOCUS STORIA • FOCUS STORIA COLLECTION • FOCUS STORIA WARS

119.899.708

111.437.023

TOTALE PASSIVITÀ CORRENTI Passività destinate alla dismissione

530.733 7.973.680 102.705.309 227.301

4.367.045

Debiti per imposte sul reddito Altre passività correnti Debiti commerciali Debiti verso banche e altre passività finanziarie

TOTALE PASSIVITÀ NON CORRENTI

4.095.640

TOTALE PATRIMONIO NETTO

83.618

1.476.849 218.791

2.400.000

(Valori in Euro)

Capitale sociale Riserva sovrapprezzo azioni Altre riserve e risultati portati a nuovo Utile (perdita) dell’esercizio

PASSIVO

218.791

RISULTATO NETTO

• SALE & PEPE • SPY • STARBENE • TELEPIÙ • TU STYLE • TV SORRISI E CANZONI • UOMINI E DONNE MAGAZINE

-319.260

Imposte sul reddito

• FOCUS WILD • GIALLO ZAFFERANO • GRAZIA • GUIDA TV • ICON • IL MIO PAPA • INTERNI • NOSTROFIGLIO • PROMETEO

538.051

7.423

530.628

-55.327

585.955

-224.092.202 -12.945.053 5.645.264

231.977.946

(Valori in Euro)

RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE

Proventi (oneri) finanziari Proventi (oneri) da altre partecipazioni

RISULTATO OPERATIVO

Ammortamenti e perdite di valore di immobili, impianti e macchinari Ammortamenti e perdite di valore delle attività immateriali

MARGINE OPERATIVO LORDO

Ricavi delle vendite e delle prestazioni Variazione delle rimanenze Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci Costi per servizi Costo del personale Oneri (proventi) diversi

Conto economico Esercizio 2018

Sede: Milano - Via Bianca di Savoia, 12 - Capitale Sociale Euro 2.400.000 Iscritta al Tribunale di Milano n.06703540960 - Codice Fiscale 06703540960 Società per azioni - soci Direct Channel S.p.A. e Publitalia 80 S.p.A.

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INTERNI settembre 2019 157



IN dice CONTENTS settembre/September 2019

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BOARD Elevato design, tecnologia all’avanguardia e nuovi materiali caratterizzano il settore nautico, che si sta aprendo sempre più a nuove frontiere e nuovi linguaggi. I cantieri investono in termini di ricerca e sviluppo, accogliendo soluzioni innovative di designer creativi. Così oggi lo yacht è sempe più simile a una meravigliosa villa galleggiante (quasiasi sia la sua dimensione) che si declina secondo il gusto personale dell’armatore. Ecco come si sta icredibilmente trasformando il mondo dello yachting. Advanced design, cutting-edge technology and new materials in the yachting sector, which is opening new frontiers and new languages. Shipyards are investing in research and development, and implementing innovative solutions by creative designers. Today’s yachts are increasingly similar to marvelous floating villas (in all sizes), interpreted in keeping with the personal tastes of the owner. The incredible transformations of the world of yachting. A CURA DI / CURATED BY DÉSIRÉE SORMANI

160

166

TENDENZE, IN DIALOGO CON L’ESTERNO / TRENDS, DIALOGUE WITH THE OUTSIDE WORLD

COVER STORY

SANLORENZO YACHTS, NEL SEGNO DEL CAMBIAMENTO / UNDER THE SIGN OF CHANGE

172

HYDRO TECH, VISIONE OLISTICA / HOLISTIC VISION

174

OFFICINA ITALIANA DESIGN, IL RUOLO DELL’EQUILIBRIO / THE ROLE OF BALANCE

176

AZIMUT|BENETTI, 50 ANNI DI DESIGN / 50 YEARS OF DESIGN

180

ZUCCON INTERNATIONAL PROJECT, L’ASIMMETRIA? UN’OPPORTUNITÀ / ASYMMETRY IS AN OPPORTUNITY

182

BAGLIETTO, SONO COME TU MI VUOI / ANYWAY YOU WANT ME

186

HOT LAB, LA SCATOLA TRASPARENTE / THE TRANSPARENT BOX

188

BENETTI, IN SIMBIOSI CON IL PAESAGGIO / IN SYMBIOSIS WITH THE LANDSCAPE TESTO / ARTICLE OLIMPIA DE CASA

192

GIUSEPPINA ARENA, IL PROGETTO È UN VIAGGIO / DESIGNING A VOYAGE

194

ROSETTI SUPERYACHTS, ALCHIMIA ORGANICA / ORGANIC ALCHEMY

198

LAURA SESSA, DETTAGLI IN ARMONIA / HARMONIOUS DETAILS TESTO / ARTICLE OLIMPIA DE CASA

200 CANTIERE NAVALE FRANCHINI, EVOLUZIONE EMOTIVA / EMOTIONAL EVOLUTION TESTO / ARTICLE OLIMPIA DE CASA 204 TEAM FOR DESIGN, DIALOGO TRA ARCHITETTURE / ARCHITECTURAL DIALOGUE 206

CANTIERE DEL PARDO, ELEGANZA VELICA / SAILING ELEGANCE

208

PERSHING, POTENZA E DESIGN / POWER AND DESIGN

210

CUSTOM LINE, LA GRANDE BELLEZZA / THE GREAT BEAUTY

212

CUCINARE A BORDO; COMFORT IN CANTIERE / COOKING ON BOARD; COMFORT IN THE SHIPYARD

213

TRAME PREGIATE / FINE WEAVES TESTO / ARTICLE CLAUDIA FORESTI

214 222

TRANSLATIONS FIRMS DIRECTORY

In copertina: l’SL102, costruito da Sanlorenzo e disegnato da Zuccon International Project, è il primo megayacht asimmetrico in navigazione. Il cantiere ligure è noto per la ricerca continua e i contenuti d’innovazione delle sue realizzazioni. On the cover: the SL102, built by Sanlorenzo and designed by Zuccon International Project, is the world’s first asymmetrical megayacht. The Ligurian shipyard is known for its ongoing research and innovation.


1. IL BEACH CLUB DEL 54 METRI EL LEON, FAST DISPLACEMENT MANGUSTA GRANSPORT DI OVERMARINE È UN VERO CENTRO BENESSERE AFFACCIATO SULL’ACQUA: UN GRANDE LIVING, CON ZONE OMBREGGIATE E PIATTAFORME POPPIERE CHE SI APRONO SUI TRE LATI, UNA STUPEFACENTE OPERA D’INGEGNERIA. 2. IL BENETTI FB803 DI 50 METRI, DISEGNATO NEGLI INERNI DA BANNENBERG&ROWELL, OFFRE IL MASSIMO COMFORT ALL’ARMATORE E AI SUOI OSPITI; SUL PONTE INFERIORE SI TROVA IL BEACH CLUB, PROGETTATO CON UNA TERRAZZA A LIVELLO DELL’ACQUA, UN BAR, SEDUTE PRENDISOLE E UNA SAUNA PANORAMICA, DALLA QUALE CI SI TUFFA DIRETTAMENTE IN MARE.

160 settembre 2019 INTERNI


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BOARD

1 2

IN DIALOGO CON L’ESTERNO Fino a vent’anni fa erano ambienti chiusi che garantivano la tenuta stagna dello scafo. Oggi gli spazi delle barche si aprono verso il mare grazie a innovative soluzioni tecnologiche che fanno degli yacht vere e proprie ville galleggianti Passiamo la maggior parte del nostro tempo fra quattro mura, rinchiusi in abitazioni, uffici, negozi. E nel frattempo sogniamo spazi liberi e aperti. Viviamo in luoghi riparati ma siamo spesso a disagio. Nulla di strano, quindi, se l’obiettivo della pratica progettuale diventi quello di rendere gli edifici permeabili alla natura, ‘scatole di vetro’ dove il mondo esterno risulta parte di quello interno. È la nuova frontiera del “design biofilico”. È l’attrazione verso ciò che è vivo. Perché stare a contatto con la natura rende indubbiamente più felici. E a bordo di una barca ancor di più. Che cosa c’è di più rilassante che ammirare

l’orizzonte del mare o la volta celeste da uno yacht? La ricerca di questo tipo di benessere ha portato designer e cantieri a trovare nuove soluzioni per creare una relazione sempre più stretta tra il dentro e il fuori. C’è chi usa materiali naturali e chi riecheggia nelle architetture forme organiche, chi riveste intere pareti di vegetazione lussureggiante e chi porta in ogni angolo la luce del sole. È accaduto nel residenziale, ma anche nello yachting. Con la differenza, però, che in questo settore il cambiamento è avvenuto molto lentamente. È solo nel 2003 che si vedono i primi yacht ‘aperti’

INTERNI settembre 2019 161


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BOARD

sul mare. Octopus, 126 metri varato dal cantiere Lürssen e disegnato da Espen Øino, stupì con le sue cinque terrazze abbattibili su ciascun lato, così come il 78 metri Princess Mariana di Royal Denship, con il balcone che si sviluppava nella suite armatoriale e la piattaforma nella beach area a poppa. E nel 2007 le pareti verticali rigogliose di piante, create da Ivana Porfiri a bordo del 42 metri Nina J di Baglietto, furono un’innovazione. Fino a soli vent’anni fa, la barca era concepita come un ambiente

162 settembre 2019 INTERNI

chiuso: per garantire la sicurezza in navigazione lo scafo doveva essere assolutamente stagno, con finestre piccole e oblò. Oggi, invece, molti yacht si aprono verso l’esterno con terrazze e grandi vetrate realizzate anche lungo lo scafo e sono dotati di soluzioni ingegneristiche tali da permettere persino che il tender entri al loro interno (in pratica si ‘allagano’) per far sbarcare gli ospiti in tutta comodità; lo si vide nel 2013 sul 60 metri J’Ade di CRN. Armatori visionari, inclini ad accettare i

LA CABINA VIP DEL 74 METRI CLOUD 9 DI CRN GODE DI VISTE MOZZAFIATO, GRAZIE A UNA PORTA SCORREVOLE CHE APRE LO SPAZIO SUL MARE. CIASCUN AMBIENTE DI QUESTO YACHT È STATO PENSATO PER VIVERE ALL’ARIA APERTA. A BORDO, ANCHE UN’AREA DINING ESTREMAMENTE VERSATILE, GRAZIE AI PANNELLI SCORREVOLI IN VETRO CHE SI APRONO A 120°, CONSENTENDO DI PRANZARE O CENARE ALL’APERTO.


LA CABINA ARMATORIALE DELLO SLOOP DI 53 METRI PINK GIN IV DI BALTIC YACHTS È DOTATA DI UNA INUSUALE TERRAZZA (PER UN VELIERO) A PELO DELL’ACQUA. L’INNOVATIVA SOLUZIONE, CHE INFLUENZAVA IL BORDO LIBERO E I CARICHI GENERALI DELLO SCAFO, HA RICHIESTO UNA COMPLESSA MESSA A PUNTO PROGETTUALE, APPRODATA TUTTAVIA A UN RISULTATO ECCELLENTE.

nuovi orizzonti della creatività dei designer, hanno spinto cantieri all’avanguardia a investire in termini di ricerca e di sviluppo e consentire al design di fare un passo avanti. Gli yacht sono in totale contatto con l’esterno: i saloni diventano giardini d’inverno grazie a pareti di cristallo, i tientibeni (i corrimano) lungo i lati della barca sono realizzati con pannelli trasparenti per proteggere senza ostacolare la visione dei panorami, le murate si aprono verso l’esterno grazie a terrazze che prendono forma premendo un bottone e ad angoli relax che ne dilatano lo spazio verso il mare. “Forse c’è un po’ di esagerazione nell’uso del vetro a bordo”, dice Mauro Micheli di Officina Italiana Design. “È necessario invece usarlo con equilibrio, là dove è funzionale; le linee esterne non devono essere inficiate da aperture invasive; al contrario, penso che l’uso moderato del vetro consenta di creare calde e intime atmosfere”. Aperture e trasparenze a effetto anche nelle piattaforme balneari: “Succede perché la richiesta di yacht sempre più grandi sta aumentando e quindi l’esigenza di stare

GRANDI VETRATE TERRA CIELO CARATTERIZZANO TUTTI GLI AMBIENTI DI HOME, MEGAYACHT DI 50 METRI DEL CANTIERE OLANDESE HEESEN YACHTS DISEGNATO DA OMEGA ARCHITECTS, CHE NELLO STILE DEGLI INTERNI EVOCA LE ATMOSFERE DI UNA VILLA SUL MARE. NELL’IMMAGINE SOPRA, LA SUITE DELL’ARMATORE.

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LA CHAISE LONGUE DISPOSTA LUNGO LA VETRATA DEL LIVING DI SOLO, 72 METRI DI TANKOA YACHTS. IL PERFETTO DIALOGO TRA INTERNI ED ESTERNI, PROGETTATI DA FRANCESCO PASZKOWSKI, È EVIDENTE ANCHE NEL DETTAGLIO DELLA FALCHETTA ESTERNA (IL BORDO DELLO SCAFO) CHE, ESSENDO APERTA, PERMETTE LA VISTA DEL MARE ANCHE DA UNA POSIZIONE SDRAIATA.

a contatto con il mare diventa prioritaria per gli armatori”, dice Sergio Cutolo, ingegnere e designer. “Una volta era raro che si facesse il bagno da un megayacht, mentre oggi la beach area è una sorta di centro benessere”. “Dedichiamo molta attenzione allo studio di layout che creino all’interno della barca l’impressione di essere all’aria aperta”, precisa lo yacht designer Francesco Paszkowski. “Oggi si cerca di eliminare ogni possibile confine fra esterno e interno: le vetrate cielo terra nei living e nei ponti dedicati all’armatore del Sanlorenzo 64 metri Attila trasformano

l’ambiente in una terrazza panoramica ed enfatizzano la sensazione di essere vicini al mare”. “Le vetrate strutturali sono una realtà”, conferma l’architetto Bernardo Zuccon. “Un’opportunità per i designer di sperimentare nuove soluzioni”. In effetti sono sempre più diversificate e scenografiche quelle proposte a bordo, come la Neptune room realizzata su Elandess, 74,5 metri di Abeking Rasmussen: un piccolo living con finestra vista mare sotto la linea di galleggiamento dove è possibile ammirare le bellezze sottomarine. Più terapeutico di così… ■ D.S.

GRANDE 25METRI DI AZIMUT YACHTS, DISEGNATO DA STEFANO RIGHINI, HA GRANDI FINESTRE CHE SI AFFACCIANO SUL MARE. ACHILLE SALVAGNI, AUTORE DEGLI INTERNI, HA POSTO LUNGO LE MURATE MOBILI BASSI CHE CONSENTONO DI AMMIRARE L’ESTERNO DA SEDUTI: L’EFFETTO DENTRO-FUORI È ASSICURATO ANCHE DALLA LUCE CHE SI RIFLETTE SU BOISERIE E ARREDI DALLE CHIARE TONALITÀ CROMATICHE.

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IL DIALOGO IN E OUT È PROTAGONISTA SUL 52 METRI SEVEN SINS COSTRUITO DA SANLORENZO E DISEGNATO DA OFFICINA ITALIANA DESIGN. A POPPA, IL FONDO TRASPARENTE DELLA PISCINA REALIZZATA NEL POZZETTO CREA FANTASTICHE SUGGESTIONI NELLA BEACH AREA SOTTOSTANTE. LA LUCE PENETRA E ILLUMINA QUESTA ZONA CHE SI APRE TOTALMENTE CON IMMENSE TERRAZZE SUL MARE, ARREDATE CON MOBILI DI RODA.

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BOARD COVER STORY

NEL SEGNO DEL CAMBIAMENTO 166 settembre 2019 INTERNI


OGGI TRA I PRINCIPALI CANTIERI AL MONDO NELLA PRODUZIONE DI YACHT E SUPERYACHT, SANLORENZO VENNE FONDATO NEL 1958. CON MASSIMO PEROTTI, NUOVO TITOLARE DAL 2005, HA RAGGIUNTO UN NOTEVOLE SVILUPPO, CHE HA COINVOLTO ANCHE L’ASPETTO INNOVAZIONE E DESIGN. LA FORZA DI SANLORENZO È BEN ESPRESSA IN QUESTA FOTO DI GUILLAUME PLISSON.

Cantiere votato alla ricerca continua e all’innovazione, Sanlorenzo realizza su misura i sogni dell’armatore con nuovi linguaggi creativi e con una particolare apertura ai mondi dell’arte e del design. Ma tenendo sempre ben presente la tradizione

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BOARD COVER STORY 64STEEL ATTILA, VARATO LO SCORSO MAGGIO, È LA NUOVA AMMIRAGLIA DI SANLORENZO: UN GIGANTE DI 64 METRI, VOLUMINOSO, CAPIENTE E ACCOGLIENTE COME UN 80 METRI. IL MAIN DECK A POPPA E IL BEACH CLUB SUL LOWER DECK RAPPRESENTANO LE AREE PIÙ CARATTERIZZANTI DEL PROGETTO. UN SEGNO FORTE DI DESIGN E DI LAYOUT È DATO DALLA DOPPIA SCALINATA CHE COLLEGA L’AREA PISCINA E PRANZO AL BEACH CLUB, COMPLETATO DA SAUNA, HAMMAM, SALA MASSAGGI E PALESTRA A PELO D’ACQUA. CON LO SPECCHIO DI POPPA E LE PIATTAFORME LATERALI APERTE, IL BEACH CLUB COPRE UN’AREA DI 78 METRI QUADRI.

Ci si aspetta l’inaspettato da Sanlorenzo. Ovviamente in senso positivo. Perché il cantiere ligure è una delle realtà più creative, dinamiche e aperte all’innovazione del panorama cantieristico internazionale. E sempre pronta a stupire. Un cammino iniziato nel 2005 quando Massimo Perotti, forte dell’esperienza ventennale nel settore, ha rilevato l’azienda fondata nel 1958. Da quel giorno a oggi sono stati fatti passi da gigante: ampliamento delle zone produttive (Ameglia), aggiunte (al cantiere di La Spezia, dedicato alla costruzione di superyacht e a quello di Viareggio) e aperture di nuove realtà (un centro per lo sviluppo di nuovi modelli, a Massa). “Oggi siamo a un punto di arrivo, che è anche un punto di partenza”, ha dichiarato Massimo Perotti, chairman di Sanlorenzo. “Stiamo pensando a un’azienda più grande che si svilupperà

168 settembre 2019 INTERNI

con l’aggiunta di nuovi brand a quelli che già abbiamo (Bluegame e Fipa). Il costante movimento è il senso della nostra azienda, ma nel rispetto della tradizione”. Dal 1958 i cantieri navali Sanlorenzo costruiscono con passione e devozione artigianale motoryacht di alta qualità, definiti da un’eleganza senza tempo che esprime un lusso raffinato. Ciascuno yacht, grazie ad avanzate tecnologie e all’abilità artigianale delle maestranze locali, è un unicum, realizzato per l’armatore come un vestito su misura. “Il successo del cantiere si legge attraverso i numeri”, dichiara Ferruccio Rossi, ad di Sanlorenzo. “Il fatturato è salito a 380 milioni nel 2018 (dai 40 milioni di euro del 2005) ed è destinato a crescere ulteriormente”. Un trend positivo che ha spinto l’azienda a stanziare 60 milioni di euro nel triennio 2018-2020, per

varie iniziative. Oltre al sopra citato ampliamento dei siti produttivi (inclusa la ristrutturazione di quello a La Spezia a opera di Piero Lissoni, che dal 2018, in concomitanza con il 60° anniversario di Sanlorenzo, è diventato anche art director dell’azienda), buona parte dell’investimento sarà destinato alla realizzazione di nuovi prodotti, alla ricerca e allo sviluppo. Un settore questo a cui Sanlorenzo tiene moltissimo. Qualche esempio? Recentemente è stato varato il 64Steel Attila (che sarà in mostra al Montecarlo Yacht Show, a fine settembre), ammiraglia del cantiere ricca di tecnologia e brillanti soluzioni di design. E poi, continuando il percorso avviato lo scorso anno con l’SL102Asymmetric, primo yacht asimmetrico al mondo, il cantiere ritorna su questa innovazione con SL96Asymmetric. Firmato da Zuccon


L’SL96ASYMMETRIC È IL SECONDO MODELLO ASIMMETRICO PROPOSTO DAL CANTIERE. IL PRIMO, ESPOSTO L’ANNO SCORSO AL CANNES YACHTING FESTIVAL, HA RISCOSSO UN NOTEVOLE SUCCESSO. SU QUESTA SECONDA UNITÀ, DI MINORI DIMENSIONI (29 METRI), IL LAYOUT CANONICO DI UNO YACHT È STATO RIPROGETTATO, MANTENENDO IL SOLO PASSAVANTI SUL LATO DI DRITTA ED ELIMINANDO QUELLO A SINISTRA, PORTATO SUL TETTO DELLA SOVRASTRUTTURA. QUESTO CONSENTE DI RECUPERARE PIÙ SPAZIO NEGLI AMBIENTI INTERNI, CHE GODONO ANCHE DI MAGGIORE LUMINOSITÀ E FLESSIBILITÀ D’USO.

Milano e Il mare a Milano: Yachtville; quest’anno con Interni ha realizzato From Shipyard to Courtyard, portando un gigantesco scheletro di yacht, opera di Piero Lissoni, nel Cortile del Settecento dell’Università Statale di Milano. Con la galleria Tornabuoni Arte ha dato vita a originali esposizioni a bordo di propri yacht in occasione di Art Basel Miami Beach 2016 e della 57esima Biennale d’Arte a Venezia. In questo percorso coerente e trasversale,

Sanlorenzo ha firmato nel 2018 anche un accordo di global partnership con Art Basel, la fiera d’arte moderna e contemporanea più significativa sulla scena internazionale, per gli appuntamenti annuali di Hong Kong (a marzo), Basilea (a giugno) e Miami Beach (a dicembre). Un’attenzione all’arte ma soprattutto una totale apertura al design: Sanlorenzo vanta infatti il primato di aver coinvolto firme autorevoli del

International Project nelle linee esterne e da Laura Sessa negli interni, lo yacht, come il primogenito, ha un design che cambia i flussi di bordo e offre nuove opportunità di sfruttamento dello spazio, ma conserva segni e motivi stilistici tipici di Sanlorenzo. A proposito di identità e di immagine: nel suo approccio unico verso nuovi linguaggi creativi, Sanlorenzo ha stretto un forte legame con il mondo dell’arte, attivando importanti partnership con grandi gallerie e istituzioni culturali. Con La Triennale di Milano, durante il FuoriSalone 2017 e 2018, ha presentato le installazioni Sanlorenzo: Il mare a

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BOARD COVER STORY

PATRICIA URQUIOLA ESORDISCE NEL MONDO NAUTICO CON QUESTO PROGETTO D’INTERIOR PER L’SD96. TRA I PIÙ ECLETTICI ARCHITETTI INTERNAZIONALI, URQUIOLA LAVORA ANCHE CON I MIGLIORI BRAND DI DESIGN DELL’ARREDAMENTO; NELLA SUA FORMAZIONE, I GRANDI MAESTRI ACHILLE CASTIGLIONI E VICO MAGISTRETTI.

170 settembre 2019 INTERNI

mondo del design, come Dordoni Architetti, Antonio Citterio Patricia Viel, Piero Lissoni e Patricia Urquiola, grazie ai quali l’azienda ha introdotto nuove visioni che hanno permesso di reinterpretare il concetto di spazio a bordo. Un passo fondamentale per un cantiere che ha fatto del bespoke uno dei maggiori punti di forza. “L’intervento di designer e architetti che provengono da ambiti diversi dallo yacht design è stato fondamentale”, dice Sergio Buttiglieri, style director di Sanlorenzo, con una passata esperienza in Driade come responsabile di prodotto e che affianca sempre gli armatori nella scelta di loose furniture e di opere d’arte. “Massimo Perotti dieci anni fa ebbe l’intuizione di chiedere a Rodolfo Dordoni di realizzare gli interni dell’SL106; l’architetto a sua volta portò a bordo Minotti e fu un successo”. Una

strada che poi è passata da Antonio Citterio e Patricia Viel, da Piero Lissoni (suoi gli interni dell’SX88, yacht rivoluzionario concepito come un loft), per arrivare oggi a Patricia Urquiola, scelta da Massimo Perotti per realizzare gli spazi del nuovo SD96 (sarà presentato al Cannes Yachting Festival e al Salone di Genova). “Ho chiamato


Patricia perché volevo inserire nell’universo dei linguaggi di Sanlorenzo un apporto d’interior più femminile, fino ad ora estraneo al mondo della nautica”, ha dichiarato Perotti. E lei è oggi la donna più corteggiata dall’industria del design mondiale per la sua capacità di coniugare bellezza e comfort, sempre con un tocco di ironia e sensibilità”. Gli interni di questa imbarcazione vivono secondo un concetto di flessibilità e modularità unico. Patricia Urquiola ha posto in dialogo stili e arredi differenti attraverso la ricerca di materiali sensoriali e una grande attenzione al dettaglio, per ottenere interni caldi e accoglienti con un’impronta raffinata, elegante e

contemporanea. “Mi è piaciuto ragionare in termini di spazio con esigenze diverse. E soprattutto apprezzo la volontà di Sanlorenzo di accogliere un punto di vista differente che non sia prettamente quello dell’ambito nautico. Settore in cui personalmente abbiamo tanto da fare e tanto da imparare, e lo faremo anche

IN QUESTE PAGINE, I RENDERING DELL’SD96: LE LINEE ESTERNE SONO AD OPERA DI ZUCCON INTERNATIONAL PROJECT. SOPRA, LA CABINA ARMATORIALE CARATTERIZZATA DA UN DIALOGO TRA STILI E ARREDI DIFFERENTI, ATTRAVERSO LA RICERCA DI UNA SENSORIALITÀ MATERICA E UNA CURA DEL DETTAGLIO. A FIANCO, LA CABINA VIP SI TRASFORMA NEL SALOTTO DEL LOWER DECK, CHIUDENDO UN SISTEMA DI PANNELLI. SOTTO, IL POZZETTO DEL MAIN DECK È ARREDATO CON MOBILI FREE STANDING CHE SI POSSONO SPOSTARE A SECONDA DELLE NECESSITÀ.

attraverso i nostri sbagli. Per me questa è una opportunità”, ha dichiarato con grande umiltà l’archistar internazionale. Il living del main deck, decorato con pareti in rovere cannettato e pavimenti in parquet, è uno spazio versatile che può cambiare funzione allestendo, all’occorrenza, un tavolo da pranzo per dieci persone, altrimenti celato all’interno di una panca di fronte al divano. La sky lounge dell’upper deck, con finestrature completamente apribili, può essere un salotto, area pranzo o cinema, grazie a mobili modulari; le finiture creano continuità tra interno ed esterno, come il pavimento in parquet che definisce un ambiente unico con il fly bridge, fruibile come lounge o zona dining all’aperto attraverso l’impiego del coffee table convertibile in tavolo da pranzo. Nel lower deck , il salotto è trasformabile in

un’ulteriore Vip, con un sistema di pannelli scorrevoli. “La convertibilità delle barche è sempre esistita, soprattutto in quelle di piccole dimensioni”, precisa la Urquiola. “Mi piaceva ripetere questa idea di viaggio e di trasformabilità in modo orizzontale e verticale. La scala centrale è come un periscopio in acciaio bronzato e legno; è il punto focale dello yacht, con il doppio ruolo di collegare i ponti e al contempo di dividere gli spazi mediante uno screen in metal mesh”. Ampie finestrature creano poi continuità con l’ambiente esterno; c’è anche una parete in vetro con motivo Liquefy che richiama il mare. “Per me la barca non è una villa al mare; è un luogo dove si crea un dialogo tra dentro e fuori; il mare entra e diventa ancor più una realtà con i suoi mille orizzonti.” Proprio come quelli di Sanlorenzo. ■ D.S.

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VISIONE OLISTICA

È la filosofia progettuale alla base del gigante di 80 metri Dragon di Columbus Yacht disegnato da Hydro Tec. Che ne firma l’ingegneria navale e il design degli esterni secondo un approccio di architettura integrata “Calatrava o Gaudí potevano permettersi arditezze di design e strutturali perché del loro lavoro conoscevano a fondo sia la parte tecnica, sia quella estetica”. Così, azzardando timidamente il confronto con i maestri dell’architettura, Sergio Cutolo spiega la filosofia progettuale di Hydro Tec, studio di ingegneria navale che ha fondato a Varazze oltre vent’anni fa e che oggi, spostatosi a Ovada, si occupa di design a tutto tondo. “Abbiamo deciso di percorrere la via della progettazione

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integrata poco prima della crisi del 2007, quando realizzammo che l’ingegneria era considerata l’ultimo anello della catena creativa”, spiega Cutolo, che collabora con i più importanti cantieri internazionali e che fornisce consulenza tecnica a molti yacht designer. Non sono tanti gli studi di progettazione in grado di disegnare uno yacht in toto, carena, design degli esterni, layout degli interni, senza trascurare i calcoli necessari affinché un oggetto non sia soltanto bello ma anche funzionale. “Mettiamo al servizio del progetto tutte le nostre conoscenze tecniche. La creatività si esprime anche in questo. Ma il dialogo tra la parte ingegneristica e quella di design è più armonioso quando proviene da un’unica fonte. Così il cantiere ha un unico referente”, precisa Cutolo. “Anche per questo Dragon è stato realizzato in tempi record: 27-30 mesi dall’inizio della progettazione alla consegna. Lo yacht, lungo 80 metri, ha proporzioni classiche, con un design elegante e senza tempo, linee esterne pulite e prive

DRAGON È IL SUPERYACHT DI 80 METRI USCITO DALLA MATITA DI SERGIO CUTOLO (IN BASSO A SINISTRA), FONDATORE DI HYDRO TEC. LO YACHT, L’AMMIRAGLIA DI COLUMBUS YACHTS (BRAND DI PALUMBO SUPERYACHTS), CONIUGA ELEMENTI CONTEMPORANEI A PROPORZIONI CLASSICHE, CREANDO UN DESIGN ELEGANTE E SENZA TEMPO. SVILUPPATO SU SEI PONTI (PAGINA A FRONTE), DRAGON DISPONE DI TANTE AREE ALL’APERTO COLLEGATE CON GLI INTERNI. PER L’ARMATORE, UN INTERO PONTE: LA SUA SUITE (QUI A DESTRA) È COLLEGATA ALLA GRANDE TERRAZZA CHE ALL’OCCORRENZA SI TRASFORMA IN HELIPAD.

di tagli netti. Per gli interni, l’architetto Francesco Guida ha lavorato sul layout di Hydro Tec creando atmosfere calde e raffinate. Sviluppato su sei ponti, Dragon è lo yacht più grande uscito dalla matita di Sergio Cutolo, ritenuto un esperto nella realizzazione di Explorer Vessel: “Un 80 metri è di per sé un Explorer. L’armatore aveva poche richieste, molto precise: voleva una prua slanciata, murate molto svasate, una linea asciutta; e poi il beach club, la piscina in alto. La nave doveva essere rigorosamente bianca”, spiega l’ingegnere, che in passato è stato direttore tecnico del cantiere Baglietto. Provenendo anche dal


mondo della vela, Cutolo ha l’arte del navigare nel Dna: “L’impostazione di Dragon è mediterranea, con tanti spazi all’aperto. Infatti, ovunque vi sono portelloni apribili sul mare. Quello a prora del garage dei tender è di 10 metri, quelli laterali a poppa sono di 7-8 metri, quello poppiero è enorme: la beach area, quando sono tutti aperti, da 100 metri quadrati raggiunge i 200”. La scelta di spostare il garage dei tender a centro nave ha imposto scelte

architettoniche logiche, come quella di posizionare l’ascensore vicino alla piattaforma d’imbarco degli ospiti. “Questo ci ha portato ad avere 15 metri di murata piena di aperture; è una barca molto ‘bucata’, con soluzioni ingegneristiche avanzate. Anni fa non era nemmeno pensabile che uno yacht potesse aprirsi così sul mare”. Da un punto di vista architettonico c’è un grande bilanciamento tra spazi interni ed esterni: il pozzetto di poppa collegato con il salone ha murate basse e il divano esterno è rivolto verso poppa. “Il living è gigantesco e su 15 metri di sviluppo longitudinale ha solo tre finestre: due di cinque metri e una di tre metri e mezzo. Anche la cabina dell’armatore ha grandi finestre a 50-60 centimetri da terra, che creano una continuità con il ponte esterno: qui può atterrare un elicottero. Arredato, il ponte diventa una grande terrazza a uso esclusivo”. È in questi dettagli che l’ingegneria e l’architettura compongono magicamente una sintesi. ■ D.S.

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BOARD IL FLY DEL RIVA 90’ ARGO, CON MOBILI OUTDOOR DI RODA E PAOLA LENTI. OFFICINA ITALIANA DESIGN È STATA FONDATA DA MAURO MICHELI, CHIEF DESIGNER (CHE PRIMA HA LAVORATO DIECI ANNI IN RIVA) E SERGIO BERETTA, CEO, ENTRAMBI AL CENTRO DELLA FOTO IN BASSO CHE RITRAE IL TEAM DAVANTI ALL’OPERA DELFINO DI PINO PASCALI, DEL 1966, ESPOSTA ALLA GAMEC DI BERGAMO.

IL RUOLO DELL’EQUILIBRIO

Le proporzioni, le prospettive, la relazione tra materiali e colori – chiari e scuri, lucidi e opachi – sono, come nelle opere d’arte da cui Officina Italiana Design trae ispirazione, gli atout dei Riva. Mauro Micheli racconta il segreto del design delle barche più iconiche del mondo

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“Qual è la vera sfida nel disegnare un Riva oggi? È una domanda che ci pongono spesso e la risposta parte da alcune considerazioni”, dichiara Mauro Micheli, chief designer di Officina Italiana Design, che firma in esclusiva tutti i modelli del celebre cantiere di Sarnico. “Le barche Riva sono da sempre simbolo di una bellezza senza tempo, sintesi di un design sofisticato unito a elevate prestazioni; la caratteristica che contraddistingue il design di un Riva è il forte legame con la tradizione. Il cantiere di Sarnico realizza le imbarcazioni ancora con quell’abilità, quell’esperienza, quella passione e quelle capacità che sono uniche e si tramandano nel tempo. La filosofia di Officina Italiana Design, ieri come oggi, dopo 25 anni di collaborazione, rimanda al design classico con un tocco di modernità, a uno stile essenziale dallo spirito contemporaneo, dove gli elementi di innovazione diventano parte del suo sviluppo. Questa è la vera sfida nel disegnare per Riva. E nel farlo proviamo sempre molta soddisfazione, sia nelle piccole sia nelle grandi dimensioni, nuovo mercato a cui Riva si rivolge con il recente varo del 50 metri Race. Le aspettative che


IL LUMINOSO E ACCOGLIENTE SALONE DEL RIVA 90’ ARGO È IN CONTATTO CON L’ESTERNO GRAZIE A ENORMI PARETI FINESTRATE. SOFÀ ANDERSEN SLIM DI MINOTTI E COFFEE TABLE LITT DI ACERBIS. SOTTO, LE LINEE SNELLE DI QUESTO 28 METRI, CHE HA VOLUMI EQUILIBRATI E SPAZI SIMILI A BARCHE DI MAGGIORI DIMENSIONI.

tutti hanno nei confronti di questo marchio sono oggettivamente alte e non possiamo disattenderle. Si disegna per ‘pochi’ ma si ha il dovere (anche morale) di creare eccellenza. A noi piace il design pulito, rigoroso, non desideriamo stupire con effetti speciali che non resistono nel tempo. Al contrario, cerchiamo di realizzare oggetti che non passino di moda. L’arte è ricerca ed equilibrio di forme. L’emozione e l’ispirazione, da cui parte tutto il nostro lavoro, sono le stesse dell’arte, e possono nascere da opere di Piero della Francesca, da un Masaccio, da Bruce Nauman o Gilbert & George. Le proporzioni, le prospettive, i materiali, i colori, la ricerca estetica: tutto questo caratterizza anche i nostri progetti. Ma soprattutto l’equilibrio. Sul Riva 90’ Argo, per esempio, l’equilibrio è proprio la caratteristica principale. Il rischio era quello di creare una figura per così dire ‘goffa’, data la tipologia di barca wide body e le dimensioni contenute; invece, calibrando i volumi e adottando anche forme tratte dalle automobili, abbiamo ottenuto una barca dalla linea snella con spazi simili a quelli di yacht di maggiori

dimensioni. Interni ed esterni dialogano tra loro; tutti gli spazi sono bilanciati e così pure il match tra materiali e colori, chiari e scuri, lucidi e opachi. Tanto vetro nel living, con grandi finestre e vista a 180 gradi sul mare, nella cabina di prua, nel pozzetto di poppa, dove è usato a scopo protettivo e per mantenere sempre un contatto visivo e diretto con il mare; persino il fly ha un originale hard top con lucernario asimmetrico. Ma tutto senza eccessi: il

vetro è solo là dove necessario e dove dà un valore aggiunto al progetto. Esattamente come per il décor interno: non amiamo le barche ‘showroom’ di marchi celebri: per noi l’equilibrio si raggiunge introducendo alcuni pezzi di design selezionati, che in quel contesto funzionano e conferiscono la giusta dose di eleganza e raffinatezza. Perché l’Italia è di per sé un’eccellenza nel design mondiale e perché tutto, alla fine, deve portare a un’eleganza mai strillata. ■

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50 ANNI DI DESIGN

Il 2019 è un anno di grandi celebrazioni: cinquant’anni fa l’uomo mise per la prima volta piede sulla Luna cambiando il corso della storia; nello stesso anno, venne fondato un gruppo che nel campo nautico ha fatto della ricerca e dell’innovazione i suoi punti di forza, aprendo nuove strade e nuove prospettive per tutto il comparto. Azimut|Benetti, vanto italiano e leader della cantieristica internazionale, compie infatti i suoi primi cinquant’anni e, come succede quando si raggiunge un tale traguardo, ha deciso di festeggiare alla grande. “Mezzo secolo: un compleanno importante in cui noi celebriamo la storia del passato”, commenta Giovanna Vitelli, vicepresidente del Gruppo. “Lo vivo come un tributo a tutto ciò che ha realizzato mio padre. Per questo abbiamo organizzato cinque eventi in cinque luoghi del mondo esclusivi e rappresentativi delle cinque decadi che ci hanno portato al successo. Prima Dubai, poi New York, la successiva a Cannes durante lo Yachting Festival, poi Hong Kong, per concludere con i festeggiamenti nell’head quarter di Avigliana”. Uno yacht esposto per la prima volta in Times Square, nella piazza più iconica al

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Azimut|Benetti festeggia alla grande mezzo secolo di storia con cinque eventi in cinque luoghi esclusivi. E allo Yachting Festival di Cannes, Azimut Yachts porta l’ammiraglia della linea S, che raccoglie l’eredità del passato per guardare al futuro

mondo, fa un certo effetto. L’Azimut S6, non è stato scelto in modo casuale: rappresenta la carica rivoluzionaria e l’alta tecnologia del Gruppo. “La linea S è una gamma in cui sono state introdotte molte delle innovazioni di Azimut, a partire dalla finestratura sullo scafo – che oggi vediamo un po’ su tutte le imbarcazioni – posta in una parte strutturale così soggetta alle sollecitazioni del mare e dove pareva impossibile inserire del vetro: non solo ha aperto le cabine alla luce ma ha anche inaugurato un trend. La prima barca è stata la Full 62S”, precisa Giovanna Vitelli. Azimut è un’azienda che ha sempre investito molto in ricerca: negli ultimi dieci anni un valore di 500 milioni di euro. È sul tema dell’innovazione che il cantiere ha sempre puntato, con motivi che poi hanno fatto tendenza: le finestre di forma ellittica, il profilo stondato della sovrastruttura, le grandi finestrature quadrate a centro barca, l’impiego di materiali inediti come la fibra di carbonio nelle sovrastrutture. La storia di Azimut è stata contrassegnata dalla creazione di nuovi archetipi, grazie anche a originali soluzioni stilistiche. “Desideriamo inoltre

cambiare il linguaggio del lusso in un settore in cui si è sempre pensato che questo si potesse raggiungere con l’opulenza o il dettaglio prezioso”. Il Gruppo infatti si è avvalso anche per questo di collaborazioni con i migliori yacht designer del mondo e con designer provenienti da settori diversi, nella convinzione che da altri ambiti possano arrivare input innovativi. Come quella fruttuosa con Achille Salvagni, che da tempo disegna gli interni di molte imbarcazioni del Gruppo dai 60 piedi in su, o con Vincenzo De Cotiis, che vedremo l’anno prossimo sul nuovo Magellano 25 metri (prima ancora di essere un designer è un artista) o ancora con il duo europeo con sede a New York, Enrico Bonetti/Dominic Kozerski, designer molto eclettici che hanno lavorato sul progetto Benetti Oasis.

A DESTRA, L’AZIMUT S6, ESPOSTO LO SCORSO GIUGNO IN TIMES SQUARE A NEW YORK PER I FESTEGGIAMENTI DEL CINQUANTENARIO DI AZIMUT|BENETTI, RAPPRESENTA LA CARICA RIVOLUZIONARIA E L’ALTA TECNOLOGIA DEL GRUPPO. LA LINEA S È LA GAMMA IN CUI SONO STATE INTRODOTTE MOLTE DELLE INNOVAZIONI, A PARTIRE DALLA FINESTRATURA SULLO SCAFO, CHE OGGI COMPARE SU QUASI TUTTE LE IMBARCAZIONI. SOPRA, DA SINISTRA IN SENSO ORARIO, I MODELLI TARGA, BALI, AZ 68S,, MAGELLANO 74, AZIMUT GRANDE, AZIMUT 72S: TUTTI YACHT ICONICI COSTRUITI DA AZIMUT, CHE HANNO APERTO NUOVE FRONTIERE SULLA STRADA DELLO YACHT DESIGN.



L’S10 È IL NUOVO AZIMUT. DISEGNATA DA ALBERTO MANCINI, È L’AMMIRAGLIA DELLA SERIE S: NON È UN CASO CHE VENGA VARATA IN CONCOMITANZA CON IL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DEL MARCHIO, PERCHÉ LA LINEA S È QUELLA CHE INCORPORA LE GRANDI NOVITÀ. IN 28 METRI DI LUNGHEZZA SI UNISCONO TRE CONCETTI: L’ELEGANZA DEI MEGA YACHT A VELA, L’ARCHITETTURA DI UNA VILLA MODERNA E IL CARATTERE DI UN’AUTO SPORTIVA.

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A FIANCO, GLI SKETCH PRELIMINARI METTONO IN EVIDENZA LE LINEE SPORTIVE DELL’S10, DI DERIVAZIONE DAL CAR DESIGN. SOTTO, IL POZZETTO, CON UNA SCALA CENTRALE CHE PERMETTE DI ACCEDERE AL FLY DA POPPA: È UN IMPORTANTE ELEMENTO DI DESIGN, QUASI UNA COLONNA VERTEBRALE CHE RENDE UNICA QUEST’AREA.

In quest’ottica, Azimut ha di recente avviato anche una nuova collaborazione con Alberto Mancini. A sua firma è l’S10. “Non è un caso che l’ammiraglia della serie S esca proprio in concomitanza con il cinquantesimo anniversario: è la linea che incorpora le grandi novità”, sottolinea Giovanna Vitelli. L’S10 rappresenta un inedito concetto di Open, che vuole avvicinare l’armatore al mare, con un approccio quasi da velista. 28 metri di lunghezza dove si uniscono

tre concetti e tre immagini: l’eleganza dei megasailer (grandi yacht a vela), l’architettura di una villa moderna e il carattere di un’auto sportiva. La percezione è quella di un grande veliero: il pozzetto centrale, leggermente ribassato e riparato, è il fulcro della convivialità, il rifugio perfetto in cui rilassarsi. “Una caratteristica che parrebbe estranea a una barca sportiva dalle linee molto tese e slanciate. In realtà il concept trae ispirazione dai

motorsailer del passato, lontani solo in apparenza dall’idea di barca sportiva. Alberto Mancini è riuscito a realizzare una barca contemporanea creando spazi esterni che, come in una raffinata villa di Malibù a tre livelli di terrazze, scendono gradualmente sul mare. Il pozzetto, tipico delle barche a vela di altri tempi, ha un’eleganza e un comfort che normalmente non si trovano sui modelli sportivi. Una scala centrale permette di accedere al fly da poppa: è un importante elemento di design realizzato in carbonio, quasi una colonna vertebrale che segna il carattere, l’unicità del pozzetto. Gli accenni al car design (retaggio della formazione di Alberto Mancini) si notano nel tratto muscoloso della carrozzeria. “Che cos’è per Azimut l’S10? Una barca che raccoglie tutta l’eredità del passato per guardare al futuro”, conclude Giovanna Vitelli. “Simbolicamente rappresenta il nostro cambio generazionale”. ■ D.S.

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BOARD SL102 È IL PRIMO YACHT ASIMMETRICO. ORA, PER IL NUOVO SL96, IL CLASSICO LAYOUT È STATO RIPENSATO: SUL LATO DI DRITTA È STATO MANTENUTO UN PASSAVANTI, MENTRE A SINISTRA IL PASSAGGIO LATERALE È STATO PORTATO SUL TETTO (EVIDENTE IN QUESTA VISTA DI PRUA E NELLA FOTO A DESTRA). LA NUOVA CONFIGURAZIONE HA PERMESSO COSÌ DI RECUPERARE CIRCA 10 METRI QUADRATI NEGLI AMBIENTI INTERNI. IN PARTICOLARE NEL LIVING, CHE HA UN GRANDE BALCONE SULL’IMPAVESATA DI DESTRA E, A SINISTRA, UNA VETRATA A TUTT’ALTEZZA A PICCO SUL MARE.

L’ASIMMETRIA? UN’OPPORTUNITÀ

Bernardo Zuccon racconta, attraverso il nuovo SL 102, la sua visione di architettura, come nasce e si sviluppa un progetto innovativo e come questo può essere messo a servizio dell’uomo. Creando anche inattese suggestioni

Esplorare e percorrere nuove strade. Ricercare nuove soluzioni e spingere sempre più in là orizzonti e confini della progettazione nautica. Questi i punti d’incontro e di sintonia tra lo studio di progettazione Zuccon International Project e il cantiere Sanlorenzo, che hanno dato il via a una fruttuosa

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collaborazione con la creazione del primo yacht asimmetrico, l’SL102. Un’idea di Chris Bangle, geniale car designer, per il cantiere ligure, ma sviluppata e messa a segno da Bernardo Zuccon. Una rivoluzione? Non amo parlare di rivoluzione. Bisogna portare un grande rispetto a chi le rivoluzioni le ha fatte veramente. Direi che è stato compiuto un percorso di sperimentazione tipologica. In pratica, abbiamo esaminato le tipologie abitative anche in campo nautico, come è avvenuto nell’architettura civile. Con l’asimmetria siamo entrati in un territorio inesplorato, è come aver creato una nicchia di mercato all’interno di un contesto già altamente concorrenziale. Un punto di vista diverso.

L’architettura quindi è una questione di punti di vista? L ’architettura si nutre di punti di vista, solo così si creano delle suggestioni. Come nella fotografia: un luogo ripreso da angolazioni diverse, con il concorso della luce, può dare emozioni molto forti. E l’uomo dove è? Al centro del progetto. Sempre. L’uomo è il nostro centro e il mare è il nostro infinito. Così la penso. Ho una formazione da architetto civile. La barca è un luogo. Le Corbusier, poeta silenzioso del razionalismo, ci insegna – e prima di lui Leonardo – che l’uomo è il riferimento. L’architettura è lo strumento per permettere all’uomo di vivere meglio. È per questo che ha portato nella nautica l’asimmetria?


Non ho scelto di fare una barca asimmetrica, me l’hanno chiesto. Non ci avevo mai pensato prima. Ma quando ne ho sentito parlare mi si è aperto un mondo e ci ho creduto fortemente. L’asimmetria nella nautica non è un concetto nuovo, ma ho ritenuto che potesse essere messa a servizio dell’uomo. In che modo? L’architettura è un insieme di punti di vista. Attraverso l’asimmetria noi aumentiamo i possibili scenari (e i punti di vista). Pensiamo di essere a bordo di uno yacht convenzionale: guardando fuori, sia a destra sia a sinistra, il nostro sistema nervoso percepisce la medesima relazione con l’esterno. Ma se saliamo a

bordo di una barca asimmetrica i punti di vista cambiano. E questo per me vuol dire arricchire l’uomo di una nuova esperienza e offrirgli anche dei vantaggi. Quali? Banalmente anche in metri quadri disponibili: il salone diventa più ampio proprio perché viene eliminato un camminamento laterale esterno. Inoltre si accorcia la distanza dal mare, perché tutto l’ambiente viene portato a ridosso della vetrata: la sensazione è quella di stare sospesi sull’acqua stando all’interno. La natura è uno dei punti nevralgici del progetto, mi sembra… Certamente. Frank Lloyd Wright, il padre dell’architettura organica, trova nell’armonia con la natura la sua fonte di ispirazione. Fallingwater, la Casa sulla cascata, è il classico esempio della non necessità di simmetria nella costruzione di uno spazio. In quel progetto di Wright c’è un caos apparente che alla fine si traduce in una grande armonia. Esattamente come sull’SL102. Che cos’è per lei l’asimmetria, un punto di arrivo o di partenza? Né l’uno ne l’altro. Al di là del successo di questa barca (a un anno dalla prima usciamo già con la sorella minore, la SL96), questa esperienza mi ha permesso di avere un approccio più

elastico nei confronti del progetto. Le nostre nuove barche si stanno nutrendo di questa esperienza, ma ciò non significa che tutte saranno asimmetriche. Sto cercando di creare un’evoluzione nel modo di vivere lo yacht. Credo che la nautica abbia bisogno di stimoli, non di suggestioni stilistiche formali. C’è un pensiero nel Buddismo che ho fatto mio: ogni problema è una potenziale opportunità. La mia è l’asimmetria. ■ D.S.

IL CANTIERE SANLORENZO HA AFFIDATO A ZUCCON INTERNATIONAL PROJECT LA REALIZZAZIONE DEL NUOVO SL96. FONDATO A ROMA NEL 1972 DAGLI ARCHITETTI GIANNI ZUCCON E PAOLA GALEAZZI, LO STUDIO È UN NOME AUTOREVOLE NELLO YACHT DESIGN INTERNAZIONALE. OGGI È GUIDATO DAI FIGLI BERNARDO (NELLA FOTO) E MARTINA, CHE SI OCCUPANO DI ARCHITETTURA E DI DESIGN INDUSTRIALE IN VARI AMBITI, CON UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE.

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SONO COME TU MI VUOI

Baglietto presenta un nuovo concetto di Explorer di lusso lungo 43 metri, dove la flessibilità, i volumi e la trasparenza degli interni sono gli atout del progetto. Uno yacht che trasmette libertà, per navigare sempre e ovunque, con l’eleganza e i comfort di una casa e la tranquillità di una grande nave Non sono in tanti ad avere a cuore la felicità degli altri. Baglietto, nome storico della cantieristica italiana fondato a Varazze nel 1854 e che ha fatto della tradizione, della qualità e dell’innovazione i suoi punti di forza, mira proprio a questo. Il cantiere ligure (che oggi ha sede a La Spezia) ha di recente affidato le linee dei suoi futuri yacht a differenti designer, in modo che i clienti possano scegliere modelli con diverse piattaforme navali, di lunghezze variabili (tra i 40 e 70 metri, anche con propulsione ibrida) oltre ad architetture e stili differenti. Tra questi nuovi progetti, spicca un Explorer vessel di 43 metri realizzato dallo studio milanese Santa Maria Magnolfi. “Valentina Magnolfi e Federico Santa Maria sono riusciti a coniugare perfettamente il progetto di uno yacht ricercato dal mercato (l’Explorer) con una tradizione militare che a noi piace molto, e nello stesso tempo hanno saputo mantenere la riconoscibilità del brand”, dice Michele Gavino, dal 2015 amministratore delegato del cantiere”. Ma non solo. Questo 43 metri, ricco di innovazioni, raccoglie anche eredità

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stilistiche che provengono dalle barche da lavoro e, ovviamente, dallo yachting. “Avevamo già progettato un Explorer di 48 metri con lo studio Paszkowski Design, sviluppato su una piattaforma navale già sperimentata, ma con questo 43 metri siamo partiti da un foglio bianco”, precisa Gavino. Massima flessibilità: questa è la parola d’ordine del progetto. Tant’è che l’Explorer di 43 metri, presentato allo scorso Monaco Yacht Show (più tecnico, con officina, piccolo magazzino e con un’ampia area per l’atterraggio degli elicotteri), ha subìto delle modifiche sostanziali per soddisfare i desideri di un armatore amante della pesca e delle navigazioni sotto costa e nelle baie. “La sua richiesta prevedeva che a bordo ci fosse non solo un tender di sei metri, ma anche uno sportfisherman di 28 piedi”, spiega Gavino, “Ed ecco che da una precisa esigenza è nata una nuova versione (lo Sportfisherman Explorer 43 metri presentato in queste pagine, ndr) che, invece che all’helipad, destina quest’area all’alloggio di tender e alla barca da pesca (a scelta, una barca a vela), creando così nuove aree di servizio fruibili in diversi modi. A bordo dell’Explorer 43 metri qualsiasi spazio è modulabile. “È una barca ideale per viaggiare in climi sia caldi che molto freddi”, spiega Federico Santa Maria, “Per esempio, la zona pranzo all’aperto sull’upper deck può essere completamente chiusa con vetrate scorrevoli e climatizzata, mentre la scala, che dal main porta al lower deck, è collegabile al salone principale tramite un sistema di pannelli vetrati scorrevoli”. Visibilità e contatto con l’esterno, oltre

alla flessibilità, sono un ulteriore leitmotiv del progetto. Il sundeck, per esempio, è una vera e propria zona di osservazione, arredata in modo essenziale; la coperta non è stata rivestita con teak, ma è stata verniciata; un cassero (ossia un’area rialzata di osservazione) è stato disegnato utilizzando strutture tubolari di stile quasi militare, leggermente rivisitate nei dettagli e nelle finiture: è una zona di avvistamento della fauna marina per l’armatore e i suoi ospiti. Tutti gli spazi interni sono delimitati da finestrature ampie e luminose. Elementi verticali, con finitura metallica, conferiscono un’immagine di sicurezza e solidità e, alternandosi alle tonalità dei materiali naturali, fanno da sfondo ad oggetti provenienti da Paesi lontani che raccontano storie sempre nuove. Ovunque domina la continuità degli spazi: “Ci sono finiture da interni che continuano anche negli esterni e viceversa, affinché ogni ambiente sia il proseguimento dell’altro”, precisa Federico Santa Maria. “Gli interni sono pensati anche per essere un luogo dove passare molto tempo, come una casa, e quindi con oggetti ricercati e che raccontino la vita di bordo e l’esperienza del viaggio”. Sul ponte principale si trova un grande salone a tutta larghezza, con grandi vetrate a murata e a tutta altezza che


MASSIMA FLESSIBILITÀ: QUESTA È LA PAROLA D’ORDINE DEL PROGETTO. INFATTI, L’EXPLORER DI 43 METRI, PRESENTATO ALLO SCORSO MONACO YACHT SHOW, CON OFFICINA, MAGAZZINO E AREA PER L’ATTERRAGGIO DEGLI ELICOTTERI (SOTTO), HA SUBÌTO DELLE MODIFICHE PER SODDISFARE LE RICHIESTE DI UN ARMATORE CHE A BORDO VOLEVA UN TENDER DI SEI METRI E UNO SPORTFISHERMAN DI 28 PIEDI. DA QUI, LA NUOVA VERSIONE, SPORTFISHERMAN EXPLORER 43 METRI, CON NUOVE AREE VERSATILI.

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lasciano inondare gli interni di luce. Una sorta di giardino d’inverno, trattato come un’area esterna, ma chiuso da vetrate e climatizzato, funge da filtro con la zona poppiera. “Vuole intenzionalmente ricordare il giardino d’inverno di un’architettura civile”, dice Valentina Magnolfi, “uno spazio intimo, da usare durante le navigazioni con cattivo tempo”. Nella versione Sportfisherman, l’area di poppa solitamente destinata al garage è stata completamente ridisegnata: non dovendo più ospitare i tender, si è scelto di aprire lo specchio di poppa in modo da creare una zona conversazione coperta molto piacevole, utilizzabile sia di giorno che di sera, con vista panoramica e facile accesso al mare, grazie a un sistema transformer. “Questa barca poi ha un plus”, sottolinea Michele Gavino, “un volume eccezionale, per essere solo 43 metri, che ci ha permesso di dare all’armatore un deck totalmente dedicato”. Sono 58 metri quadrati di superficie sul ponte superiore, dove il soggiorno, a seconda dei casi, può essere privato o reso accessibile a tutti. La cabina luminosissima ha vetrate su tre lati e una spettacolare vista panoramica verso prua. Ma in più, all’esterno, oltre a una zona pranzo e a una per prendere il sole, c’è l’ampissima area che, una volta rimossi tender e sportfisherman, diventa il luogo ideale per feste e divertimenti. Interessante anche il volume della cabina di pilotaggio (36 metri quadrati) dotata di una zona di osservazione vetrata tutta intorno (e anche nel pavimento), perfetta durante le navigazioni nei mari artici, che si aggiunge all’observatory deck.

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VISIBILITÀ E CONTATTO CON L’ESTERNO SONO UN ULTERIORE LEITMOTIV DI QUESTO PROGETTO. IL SUNDECK (SOTTO A SINISTRA) È UNA VERA E PROPRIA ZONA DI OSSERVAZIONE, ARREDATA IN MODO ESSENZIALE; UN CASSERO (ZONA RIALZATA DI OSSERVAZIONE) HA UN DISEGNO DI STILE QUASI MILITARE. QUI SOTTO, LA CABINA ARMATORIALE CON VISTA PANORAMICA SU TRE LATI E VERSO PRUA.


Sul ponte inferiore quattro sono le cabine per gli ospiti. La zona equipaggio, sviluppata su due ponti (main deck e lower deck), dispone di percorsi dedicati per non interferire con la privacy dell’armatore e dei suoi ospiti. Un layout che ha anche permesso, in questo modello, di creare spazi per una cantina a temperatura e umidità controllate e una cella frigo per la conservazione del pesce. Ci sono anche posti per la raccolta dei rifiuti: affinché oltre che flessibile questa barca sia anche ecosostenibile: verrà infatti costruita con materiali riciclabili. ■ D.S.

GLI AMBIENTI SONO DEFINITI DA FINESTRATURE AMPIE. ELEMENTI VERTICALI IN FINITURA METALLICA CONFERISCONO UN’IMMAGINE DI SICUREZZA E SI ALTERNANO A MATERIALI NATURALI. SPARSI OVUNQUE, OGGETTI CHE RACCONTANO IL TEMA DEL VIAGGIO. GLI INTERNI SONO PENSATI COME UNA CASA, DOVE PASSARE MOLTO TEMPO.

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LA SCATOLA TRASPARENTE

Arcadia 105 è uno yacht votato al contatto con l’ambiente circostante. Disegnato da Hot Lab, è un 30 metri dove ampie aperture, pannelli solari, grandi terrazze e vetro performante concorrono a creare un’esclusiva relazione tra uomo e mare “Quando partiamo con un nuovo progetto valutiamo prima la scatola, poi il contenuto”. Così Enrico Lumini introduce la filosofia progettuale di Hot Lab, studio di yacht design fondato a Milano nel 2004 con altri due soci. Una filosofia che è ben presente in tutti i loro lavori e che recentemente ha trovato espressione in Arcadia A105, yacht vincitore dei World Superyacht Awards 2019. 32 metri di design, dove forte è anche il tema dell’ecosostenibilità, con le sue centinaia di cellule fotovoltaiche. “Generalmente partiamo pensando al nostro spazio come a una scatola e a come possiamo lavorare sulle sue facce: da allungare, alzare, aprire. Abbiamo iniziato così sull’Arcadia A105, alla fine abbiamo ottenuto una ‘rottura’ del contenitore fino a farlo quasi sparire”. Il progetto di Arcadia esisteva già e aveva nel suo Dna la vita all’aria aperta; a Hot Lab il cantiere ha chiesto di svilupparlo e di enfatizzare la relazione tra uomo e mare. Esattamente ciò che oggi viene richiesto in una residenza immersa nella natura. “Così tre facce su sei del ‘cubetto Arcadia’ sono diventate delle vetrate totalmente apribili, senza pareti, mentre le altre due superfici orizzontali, pavimento e cielino (ossia il soffitto delle barche, ndr), sono state pensate con la stessa tipologia di colore e di materiale affinché si avvicinassero,

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HOT LAB HA LAVORATO SU UN PROGETTO DI ARCADIA GIÀ ESISTENTE. IL 105 È STATO SVILUPPATO PER ENFATIZZARE LA RELAZIONE TRA UOMO E MARE. LO SI NOTA NEL LIVING, A DESTRA, E NELLA SKY LOUNGE, SOTTO: LO YACHT SI APRE TOTALMENTE E SUL SOFFITTO SI CREANO RIFLESSI CHE PORTANO L’ESTERNO ALL’INTERNO. PAGINA A FRONTE, ARCADIA 105 È DOTATO DI PANNELLI SOLARI PER LIMITARE L’USO DEI GENERATORI.

SOPRA, ANTONIO ROMANO (A SINISTRA) ED ENRICO LUMINI, FONDATORI DELLO STUDIO DI PROGETTAZIONE HOT LAB, CHE HA BASE A MILANO. I CLIENTI INTERNAZIONALI GLI COMMISSIONANO NON SOLO SPLENDIDE ‘VILLE GALLEGGIANTI’ MA ANCHE RESIDENZE E HOTEL.

ottenendo l’effetto di un’esplosione e di un’apertura verso il mondo intorno”, spiega Lumini. “Il salone è stato anche dimezzato e ulteriormente aperto verso il pozzetto, inserendo vetro ovunque, a poppa e lateralmente; vetro anche sulla scala che porta all’upper deck, il cui corrimano è costituito da una parete strutturale in vetro. Due porte scorrevoli, con i terrazzini abbattibili, rimarcano la fruizione dell’imbarcazione all’esterno; la stessa cabina di prua è una veranda come un giardino d’inverno”. Arcadia è il primo cantiere con cui Hot Lab lavora direttamente, generalmente il rapporto è con l’armatore. “Ascoltiamo come immaginano il loro sogno e lo

traduciamo in realtà”, continua Lumini. “Per questo ogni barca è diversa dall’altra, one-off, altrimenti non avremmo potuto creare con tanta semplicità lo stile barocco di Ipanema, un 50 metri Mondomarine (2015), e due anni dopo il design iper-moderno di Arcadia. Lavoriamo sul progetto nel suo insieme, ma se esteriormente di rado vengono richiesti cambiamenti, è negli interior che si crea il proficuo dibattito: perché qui l’armatore vive e si rappresenta”. Da Hot Lab arrivano clienti messicani, mediorientali, americani, con i quali si crea un’empatia alchemica. “La tenacia nel creare e nell’innovare ci ha resi forti

sin dal primo progetto (il Noor, un 37 metri di Bilgin Yachts), perché ci siamo sempre rivolti ad artigiani e tecnici andando a scoprire come operavano, per capire e imparare”. Hot Lab lavora su yacht tra i 30 e i 70 metri, dove tutto è pensato in modo custom non solo per navigare ma anche per accogliere. “In questo momento abbiamo otto yacht in costruzione (sette per clienti privati): quattro saranno varati nel 2019, tre nel 2020; uno lo vedremo nel 2022”, aggiunge Antonio Romano, designer e socio fondatore, che si occupa maggiormente di marketing e strategie. “La nautica è il nostro core business, ma il realizzare yacht con lo stesso comfort e lo stesso lusso di una casa ha fatto sì che negli ultimi due anni siano arrivate richieste anche nel residenziale e nel contract. “Presto disegneremo una linea di mobili outdoor e a ottobre aprirà a nostra firma un boutique hotel in Turchia, nel nord della Tracia, dove gli antichi romani avevano le loro vigne”. Quasi superfluo sottolineare che ogni stanza è disegnata ispirandosi al gusto dei grandi produttori del nettare di Bacco. Affinché la natura sia sempre parte del progetto. ■ D.S.

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IN SIMBIOSI CON IL PAESAGGIO Benetti, parte del Gruppo Azimut|Benetti, primo produttore al mondo di megayacht, si distingue per soluzioni tecniche ed estetiche all’avanguardia. Che sono bene espresse su Oasis 40M. Un progetto ricco di finezze architettoniche che pone l’uomo in sintonia con l’ambiente

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Ricerca e sviluppo di codici innovativi e traguardi da tagliare, investimenti nella tecnologia più avanzata, capacità di attrarre designer di talento, storica solidità finanziaria e, non ultima, una rete di assistenza capillare in ogni angolo del globo. Questi gli asset che hanno fatto la storia del Gruppo Azimut|Benetti, che si riconferma primo produttore al mondo di megayacht per il 19esimo anno consecutivo, secondo il Global Order Book 2019 (classifica della rivista Boat International, basata sugli ordini effettivi di yacht sopra gli 80 piedi). A Livorno, in soli 100 giorni, sono stati varati ben tre gigayacht di oltre 100 metri (tra cui l’ammiraglia di 108 metri) e a Viareggio, nello stesso arco di tempo, altrettanti yacht della categoria Class (yacht di varie tipologie da 95 a 145 piedi). “Un risultato importante che rappresenta per noi uno stimolo a proseguire sulla nostra strada”, commentano il presidente Paolo Vitelli e la figlia Giovanna,

vicepresidente del Gruppo. “L’unica spinta che non si esaurirà mai nella nostra azienda è la voglia di superare continuamente i nostri limiti”. Benetti è una grande fucina di nuove idee, di nuovi progetti attraverso i quali il cantiere toscano introduce elementi stilistici capaci di tradurre in realtà i sogni degli armatori. Come nel caso di Oasis 40M (41 metri fuori tutto, per l’esattezza), il nuovo modello che scenderà in acqua nel 2020: uno yacht dislocante in vetroresina progettato dallo studio inglese RWD, che


LINEE FLUIDE, SOBRIA ELEGANZA E AREE POLIVALENTI DEFINISCONO OASIS 40M, LO YACHT DI BENETTI CHE SCENDERÀ IN ACQUA NEL 2020. ALL’INSEGNA DI UN UTILIZZO INFORMALE, IL PROGETTO RIBADISCE IN OGNI DETTAGLIO IL PROFONDO E INTIMO LEGAME CON IL MARE. È BEN EVIDENTE NELLA BEACH AREA POPPIERA, CHE IN RADA SI APRE LETTERALMENTE SULL’ACQUA.

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BOARD VETRATE PANORAMICHE A TUTTA ALTEZZA, ARREDI AVVOLGENTI E ATMOSFERE CASUAL CHIC CONVIVONO NELLE AREE NOBILI DELLO YACHT PER RENDERE IMMEDIATA LA FRUIBILITÀ DEGLI AMBIENTI, CHE SI INTEGRANO SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ NEL PAESAGGIO CIRCOSTANTE. LA LOUNGE DEL PONTE SUPERIORE È UN ANGOLO ARIOSO E RILASSATO A PICCO SUL MARE, DA VIVERE IN OGNI MOMENTO DELLA GIORNATA.

interpreta in chiave contemporanea l’uso degli spazi per offrire ad armatore e ospiti un contatto diretto con il mare. Riposo e refrigerio, sollievo e ristoro da vivere nel più completo comfort e all’insegna di un rapporto con l’acqua ribadito in ogni dettaglio progettuale. Tutto concorre a enfatizzare la simbiosi con i paesaggi incontrati: dalla godibile area con infinity pool a pochi passi dal

mare alle importanti altezze interne, dall’originale disposizione degli spazi, sino al ruolo di primo piano conquistato dalla luce naturale che inonda gli ambienti al chiuso. Punto focale dell’ambizioso progetto, nato dalla collaborazione tra Benetti, lo studio inglese RWD e Bonetti/Kozerski di base a New York, è garantire una permanenza a bordo che alterni momenti più dinamici ad altri di assoluto relax. “Nell’affrontare il concept”, illustra Adrian Chisnell, Team Principal di RWD, “abbiamo ripensato il concetto classico di vita di bordo. Oggi gli armatori usano la barca in modo differente rispetto al passato: questo yacht riflette nuove abitudini, più

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dinamiche e meno formali, e si rivolge a un armatore attivo e curioso, che trascorre poco tempo sdraiato a prendere il sole perché preferisce esplorare e godersi i luoghi che ha appena raggiunto”. Gli interni sono opera degli eclettici designer Enrico Bonetti e Dominic Kozerski. “La ricerca dell’eclettismo è importante per portare novità che derivino dalla contaminazione”, precisa Giovanna Vitelli. “Entrambi i designer sono nati nello studio di Peter Marino e hanno poi operato in vari ambiti dell’architettura, dal residenziale al retail agli hotel. Oggi sono impegnati anche nel progetto della nuova sede della Pace Gallery a New York.


Insomma, sono architetti molto aperti, stimolati da mondi ed esperienze diverse: una risorsa di cui gode il progetto di Oasis”. Gli interni infatti si caratterizzano per uno stile casual-chic ricercato nell’uso dei materiali, negli accostamenti cromatici e nelle forme di arredo, improntate a un’elegante sobrietà. Il décor, che alterna pelli chiare, cuoio e palissandro nelle tonalità più tenui e luminose, definisce uno spazio con evidenti rimandi a un grande loft contraddistinto da una fluida continuità tra esterni e interni,

dove le aree polivalenti sono vivibili in ogni momento della giornata. “Gli spazi”, spiega Enrico Bonetti, “trasmettono un senso di quiete grazie a essenze classiche che esprimono qualità e misurata eleganza, in un fil rouge armonico di materiali e colori che non conosce interruzione tra gli ambienti”. Sul ponte principale, la suite dell’armatore è un vero appartamento con balcony privato, cucina e un’enorme zona giorno, in luogo del tradizionale salone, con vetrate perimetrali a picco sul mare. Da qui si

accede alla beach terrace, la spiaggia poppiera che in rada diventa enorme grazie a due piattaforme che si sviluppano lateralmente. Originale anche la plancia di comando, per la prima volta pensata come un salotto dominato da ampie vetrate, una zona lounge con divani e sedute e una comoda postazione di lavoro: consolle di guida, area relax e tavolo da carteggio, un unico ambiente in cui anche gli ospiti possono sostare e godere della navigazione. ■ Olimpia De Casa

C’È TUTTA LA MAESTRIA DEGLI ARTIGIANI NEGLI ARREDI DEGLI INTERNI, IMPRONTATI A UN GUSTO SENZA TEMPO CHE DISEGNA ATMOSFERE RAFFINATE E RASSICURANTI. PELLI CHIARE, CUOIO E PALISSANDRO NELLE TOTALITÀ PIÙ TENUI E LUMINOSE SI ACCOSTANO A TESSUTI SOBRI E A TENDAGGI CANDIDI CHE IMPREZIOSISCONO, SENZA MAI APPESANTIRE, LE AREE PRIVATE. ACCURATO È LO STUDIO DELL’ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE. DOMINA OVUNQUE UN SENSO DI PACE E ARMONIA, CHE SI RESPIRA SOPRATTUTTO NELLA RAFFINATA SUITE ARMATORIALE CON AFFACCIO ESCLUSIVO SUL MARE.

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BOARD Il tema del viaggio è naturalmente insito nel concetto barca. Se poi è anche una ragione di vita, l’atto del progettare non può che essere nutrito di sempre nuovi orizzonti. Per Giuseppina Arena, architetto di origini siciliane, dal 2013 di base negli Stati Uniti, il viaggio è l’origine di tutto. “Sapori, odori, colori, abitudini, qualsiasi cosa è uno spunto per aprire la mente. Ogni mio lavoro è vissuto come una nuova esplorazione ed è sempre diverso per le sensazioni che desidero trasmettere”. Che cos’è in fondo uno yacht se non il simbolo per eccellenza del viaggio? Ho vissuto in molte città e visitato tanti Paesi: cambiare prospettiva permette di affinare i sensi, aiuta a capire meglio le persone”. La sua formazione in architettura a Firenze, nella culla dell’arte e dell’artigianato, le ha consentito anche di approfondire la conoscenza di materiali

e finiture che le permettono di creare progetti su misura. Lavorare molti anni negli Stati Uniti, invece, le ha conferito una visione internazionale, oggi fondamentale per un approccio globale alla progettazione. Ma per Giuseppina Arena, il legame con il mare è imprescindibile. “Nella maggior parte dei miei lavori cerco il più possibile di mantenere vivo il rapporto con l’immensità del mare, in concept che facciano percepire davvero l’anima di questo elemento, da un lato così libero,dall’altro così inesorabile”. Come l’architettura non è più soltanto un luogo di protezione dagli agenti atmosferici, allo stesso modo l’imbarcazione non è più solo un mezzo di trasporto, ma anche un oggetto che ha raggiunto una sua identità al di là della funzione, mediante la ricerca di

IL PROGETTO È UN VIAGGIO

Materiali, profumi, colori di Paesi lontani caratterizzano i progetti di Giuseppina Arena, dove si sente forte il suo legame con il mare e con la natura. Come a bordo di Dynamiq 165, che pare un lussuoso bungalow maldiviano

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segni e caratteri di stile distintivi, unici e sempre più sofisticati. È quello che accade in Dynamiq 165, il cui interior design, affidato dal cantiere Dynamiq a Giuseppina Arena, evoca un rifugio alle Isole Maldive. “Il committente voleva che a bordo di questo 50 metri ci si sentisse come in un lussuoso bungalow e che allo stesso tempo si percepisse la vicinanza con l’elemento acqua, come in un atollo. Le grandi


NEI RENDERING, IL PROGETTO D’INTERIOR DI GIUSEPPINA ARENA (NEL RITRATTO DELLA PAGINA A FIANCO) PER IL DYNAMIQ 165, RICCO DI SUGGESTIONI MALDIVIANE. DOPO AVER LAVORATO PRESSO IMPORTANTI CANTIERI, L’ARCHITETTO, SI È TRASFERITA NEGLI STATI UNITI. NEL SUO STUDIO DI MIAMI PROGETTA YACHT, RESIDENZE DI LUSSO, JET PRIVATI E SHOWROOM.

finestrature terra-cielo, presenti nel progetto di Dobroserdov Design, hanno consentito questa interconnessione spaziale tra interno ed esterno; io ho lavorato anche sulle altezze, sui materiali e sui colori”. Ma non solo. Il cielino (il soffitto delle barche) è stato progettato utilizzando elementi architettonici dello stile maldiviano e presenta un’inclinazione

sui lati tipica delle capanne di quelle isole. I materiali sono tutti naturali, come il legno a listelli sulle pareti o la pietra grezza dei calpestii, che in alcune parti evocano nella texture le onde del mare. “Sono stati creati mobili su misura, abbinati anche a pezzi di Bottega Veneta Home, dagli splendidi intrecci in pelle che ricordano le tradizioni artigianali locali e

che si abbinano agli arredi da me disegnati con intrecci in bambù, in alcuni casi impreziositi da una finitura laccata. A bordo, nella spiaggetta di poppa, c’è anche una spa: “consente di sentirsi come in un resort 5 stelle nell’isola di Kuramathi”, conclude Giuseppina Arena. Perché relax e benessere sono parte dell’idea di viaggio. ■ D.S.

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ALCHIMIA ORGANICA Rosetti Superyachts propone un nuovo supply yacht, versatile e dalle geometrie inusuali. Un 52 metri che trae ispirazione dalla natura, con tante aree da vivere in contatto diretto con il mare, anche dall’interno

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“Volevamo offrire al mercato una linea più innovativa, che si discostasse da quanto già visto. Così abbiamo cercato un’idea originale, che potesse coniugare le nostre esigenze di spazio con una forma nuova. Per questo abbiamo affidato a un giovane designer la creazione di un support vessel yacht”. Fulvio Dodich, Partner e Amministratore Delegato di Rosetti Superyachts (RSY), introduce così il concept di questo 52 metri disegnato da Giovanni Griggio di Phi Design Lab. Uno


IL CONCEPT DI QUESTO SUPPLY YACHT DI 52 METRI DI ROSETTI SUPERYACHTS È DECLINABILE SECONDO DIVERSE ESIGENZE ABITATIVE. GLI AMPI SPAZI DI BORDO OFFRONO DIVERSE CONFIGURAZIONI. IL PONTE POPPIERO, DI 142 METRI QUADRI, TIPICO DEI SUPPLY VESSEL, È COLLEGATO AL SALONE INTERNO; È DOTATO DI ZONA PER L’ATTERRAGGIO DELL’ELICOTTERO O PISCINA, SOLARIUM E LIVING. IL GARAGE POPPIERO (SOTTO) A SUA VOLTA SI TRASFORMA IN UN BEACH CLUB DI 80 METRI QUADRI CON L’APERTURA AI LATI DI DUE TERRAZZE SUL MARE.

yacht che nella sua architettura trae ispirazione dalla natura, al punto da rimanere totalmente vincolato ad essa. Ma non è tutto. Con questo 52 metri Rosetti Superyachts ha voluto dare vita a un modello che unisce due tipologie di imbarcazione normalmente destinate a vivere una ‘vita’ separata ma complementare: uno yacht di lusso e il suo supply vessel (la barca di appoggio sulla quale l’armatore può riporre ‘toys’ utili per la crociera ma anche per il divertimento, come scivoli gonfiabili,

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sup, jetski, attrezzatura sub e barche di piccole e medie dimensioni, anche a vela). Qui le due unità sono praticamente fuse in una sola, senza alterare la vivibilità degli spazi. Anzi. “Con questo concept”, continua Dodich, “abbiamo voluto mostrare non solo la nostra capacità di realizzare explorer, supply vessel e support vessel (ossia imbarcazioni e barche d’appoggio ideali a lunghe navigazioni, anche oceaniche, ndr), ma anche la nostra flessibilità nel proporre concept diversi da un comune yacht. Griggio è un giovane e brillante designer, ha immediatamente compreso il Dna del cantiere: la vocazione alla costruzione di barche commerciali

helipad per l’atterraggio dell’elicottero o di una piscina, solarium e zona living. Il garage poppiero, a sua volta può essere trasformato in un beach club di 80 metri quadri con l’apertura di due terrazze laterali sul mare. A prua di quest’area si trovano una palestra e la spa, con sauna e bagno turco, illuminata dalla luce naturale che filtra dal fondo vetrato della piscina dell’upper deck. Luce, natura e forme organiche rappresentano l’alchimia e i caratteri distintivi di questa architettura sul mare. Il salone, in soluzione di continuità con il ponte, si apre all’esterno lateralmente grazie a due

IL CONCEPT DI QUESTO SUPPLY VESSEL REALIZZATO PER IL CANTIERE RAVENNATE RSY È DI GIOVANNI GRIGGIO. NATA NEL 2017, ROSETTI SUPERYACHTS È UNA DIVISIONE DI ROSETTI MARINO GROUP, CANTIERE SPECIALIZZATO NELLA COSTRUZIONE DI PIATTAFORME OFFSHORE/ INSHORE, IMBARCAZIONI NAVALI COMMERCIALI E RIMORCHIATORI.

estremamente solide e sicure in grado di affrontare qualsiasi condizione di mare. Nulla ci impedisce di adattare linee, carene e performance alle esigenze di un armatore che sia alla ricerca di un superyacht più tradizionale”. La volontà è stata quindi quella di proporrre uno yacht versatile che potesse essere declinato secondo diverse esigenze abitative. “Sicuramente la spaziosità e la vivibilità sia esterna sia interna offre differenti possibilità”, spiega Giovanni Griggio, “Grandi finestrature, inoltre, consentono un contatto più diretto con l’esterno e una vista impareggiabile”. L’interazione tra interno ed esterno è ancor più evidente sul main deck: 142 metri quadri di ponte poppiero, tipico dei supply vessel, collegato al living interno con due grandi porte scorrevoli e dotato di un

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terrazze abbattibili. Vetrate a tutta altezza lasciano inondare gli interni di luce, oltre a rappresentare un affaccio importante. “Il progetto del soggiorno prevede un’isola centrale che ospita i divani, in modo da lasciare molto spazio a murata per godere del panorama esterno”, spiega Griggio. “Credo che la natura sia una fonte inesauribile di ispirazione, e da questa ho tratto spunto per un elemento strutturale e decorativo che ricorre nei diversi ambienti dello yacht: dalla venatura delle foglie in cui scorre la linfa vitale è nato infatti il motivo a reticolo che fa da parete divisoria tra zona living e zona pranzo e si ripete poi nella beach area e nelle fiancate, portando nutrimento, come una linfa, a ogni parte dell’imbarcazione. Per dar vita così a un sistema perfettamente armonico e integrato”.

La suite armatoriale, a prua sul ponte principale, è a tutta larghezza, con cabina armadio walk-in, studio privato, bagno con doppio accesso e hammam privato. Non manca nulla. L’arredo è ricco di soluzione originali, come la testiera del letto rivestita in pietra che accoglie un sistema di illuminazione diffusa. “Flessibilità significa anche poter mixare un’anima da Explorer con finiture e dettagli molto curati, tipici di un superyacht di lusso”, conclude Fulvio Dodich. “È stata prestata grande attenzione alle linee esterne, ma anche allo sviluppo interno degli spazi e alla proposta di arredo. Gli armatori che si sono già dimostrati interessati a questo 52 metri sono stati colpiti esattamente da ciò che è piaciuto a noi: l’originalità, la versatilità e il suo design nuovo, dalle linee nette, ben definite e dal carattere deciso”. ■ D.S.


LUMINOSITÀ E GRANDI SPAZI PER IL SOGGIORNO, DAL QUALE SI POSSONO AMMIRARE I PANORAMI ESTERNI GRAZIE A FINESTRE TERRA-CIELO. ANCHE LA CABINA ARMATORIALE È DI DIMENSIONI GENEROSE; È SITUATA A PRUA SUL PONTE PRINCIPALE ED È A TUTTA LARGHEZZA. L’ARREDO È RICCO DI SOLUZIONI ORIGINALI: LA TESTIERA DEL LETTO, PER ESEMPIO, È RIVESTITA IN PIETRA E ACCOGLIE UN SISTEMA DI ILLUMINAZIONE DIFFUSA.

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DETTAGLI IN ARMONIA

Laura Sessa firma l’interior del nuovo SL96 Asymmetric, interpretando perfettamente la filosofia del “fatto su misura” del cantiere Sanlorenzo. Interni molto personali, dal carattere mediterraneo creati con attenzione a ogni singolo particolare “Non amo mai impormi totalmente. La barca, o residenza che sia, deve essere vissuta da chi la commissiona. Cerco piuttosto di tradurre il gusto dell’armatore in uno spazio armonico. Si deve instaurare un rapporto di sintonia e rispetto reciproco. Solo in questo modo si arriva a un buon risultato finale”. È questo l’approccio con cui l’architetto Laura Sessa, al timone dell’omonimo studio di architettura fondato nel 2000 alle porte di Roma, ama impostare ogni nuovo progetto di interni. Una coerenza che emerge in tutta la potenza espressiva del nuovo SL96Asymmetric di 29 metri del cantiere Sanlorenzo, che sarà presentato nel 2020 al Boot di

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Düsseldorf. Con un tocco tutto personale, Laura Sessa ha saputo tradurre la filosofia made to measure, tipica del cantiere, grazie a una particolare vocazione a “trasformare il sogno del cliente in realtà”, una capacità che l’architetto ha maturato lavorando su yacht di grandi dimensioni. “Per soddisfare pienamente le richieste dell’armatore, ritengo importante partecipare alla progettazione sin dall’inizio, dalla formulazione del layout alla definizione del décor, ma anche alla condivisione degli esterni con lo yacht designer: in questo modo si decidere insieme, ognuno con il proprio apporto, come dividere spazi e volumi. È fondamentale non lavorare a

compartimenti stagni. Pongo una costante attenzione al dettaglio e alla personalizzazione, per dare vita a progetti unici”. E l’unicità dell’SL96Asymmetric risiede sia nell’asimmetria del progetto, che crea nuovi scenari e nuovi punti di vista, sia nello studio dell’interior, per definire le armoniche proporzioni di ogni spazio. Una coerenza che abbraccia anche la


NEL PROGETTO DEGLI INTERNI DI LAURA SESSA PER SANLORENZO EMERGE UN GRANDE SENSO DI UNITARIETÀ E COERENZA. L’ARCHITETTO, DI ORIGINI MILANESI, HA VISSUTO IN GRECIA, DOVE HA ASSORBITO LA FRESCHEZZA DEI COLORI MEDITERRANEI. HA COLLABORATO CON IMPORTANTI NOMI DELL’ARCHITETTURA, COME MARIO GOTTARDI, GIORGETTI & MAGRINI, E NEGLI ANNI ’80, A PARIGI, HA LAVORATO A LUNGO CON ALBERTO PINTO. NEL 2000 LAURA SESSA HA APERTO IL SUO STUDIO ALLE PORTE DI ROMA: SI OCCUPA PREVALENTEMENTE DI YACHTING, CON I PIÙ IMPORTANTI CANTIERI INTERNAZIONALI.

scelta dei materiali e delle finiture, sviluppata in modo omogeneo in tutti gli ambienti. I colori sono quelli del Mediterraneo, segno distintivo dei progetti a firma dell’architetto che ha trascorso la sua infanzia in Grecia. Punto di forza dello yacht è il salone principale che, grazie al maggior spazio interno consentito dal nuovo layout, ospita da un lato un’ampia sala da pranzo con vetrata a tutta altezza che affaccia sul mare e dall’altra un salotto che si apre su un balcony. “Questo ha permesso di sfruttare appieno la luce che filtra dalle vetrate laterali e dalla

zona di poppa”, spiega Laura Sessa. Altri elementi distintivi sono gli specchi della lobby utilizzati per aumentare la percezione e la prospettiva degli interni. SL96Asymmetric dispone di quattro cabine con bagno ensuite: due ospiti e una Vip nel ponte inferiore, la master in quello superiore. “Il bagno della Vip si apre completamente tramite porte scorrevoli a specchio per creare un effetto prospettico che preserva la necessaria privacy. La master, invece, si distingue per la scansione su due livelli, con il bagno e la zona notte che sovrastano il dressing, a vista, ribassato

per sfruttare tutta la luce proveniente dallo skylight. Ogni dettaglio, lampade, maniglie, cuscini e testaletto a listelli, sono realizzati custom nell’ottica di ribadire coerenza formale e connessione tra i due ambienti”. L’unicità del progetto di interior è l’emblema di tutti i lavori di Laura Sessa, compresi gli yacht semi custom della serie 171 (poi diventata 180) del cantiere olandese Amels, per il quale ha realizzato il suo primo progetto indipendente (quello del 52 metri Lady in Blue), avviando nel 2005 una proficua collaborazione che ha dato vita a ben 25 yacht a sua firma. Oltre che con Sanlorenzo e con Amels, lo studio lavora oggi con il cantiere tedesco Lürssen (suoi gli interni di Madsummer, nuovo 95 metri che sarà consegnato quest’anno), l’olandese Oceanco (un nuovo progetto) e il cantiere CRN del Gruppo Ferretti, per il quale ha firmato un 79 metri, pronto al debutto, il 60 metri Mimtee (oggi Ramble on Rose) e l’80 metri Chopi Chopi. “Un sogno nel cassetto? Non mancano mai. Uno l’ho già realizzato, ma non in ambito nautico. Spero proprio di poterlo mostrare un giorno”. ■ Olimpia De Casa

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BOARD Rilettura contemporanea del concetto di motoryacht, Mia 6.3 rappresenta il ritorno in campo nautico del Cantiere Navale Franchini. Lunga soltanto 19 metri, è totalmente declinabile secondo i gusti e i desideri dall’armatore. Esattamente come un grande yacht

EVOLUZIONE EMOTIVA

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DOPO UNA PAUSA DI CINQUE ANNI, IL CANTIERE NAVALE FRANCHINI TORNA NEL MERCATO NAUTICO CON QUESTO PROGETTO DI 19 METRI CARATTERIZZATO NEGLI ESTERNI DA LINEE TESE E DIEDRI SLANCIATI, VOLUMI GENEROSI PER UNA ELEVATA ABITABILITÀ INTERNA. IL PRIMO ESEMPLARE VIENE PRESENTATO IN ANTEPRIMA ALLO YACHTING FESTIVAL DI CANNES.

Ritornare in campo e farlo alla grande. Dopo una pausa di cinque anni (dal 2012 al 2017, anno di nascita del nuovo progetto), il Cantiere Navale Franchini torna sul mercato nautico forte di una storia che affonda le sue radici nel passato e che si tramanda di generazione in generazione. È il 1946, il maestro d’ascia Guido apre un piccolo cantiere artigianale nel porto di Riccione. Il figlio Massimo, fresco di laurea in architettura, nel 1977, trasforma l’azienda in un moderno cantiere specializzato nella produzione di imbarcazioni a vela apprezzate in tutto il mondo, grazie al retaggio artigianale del padre. Nel 2004, Massimo progetta e realizza Emozione 55, un elegante lobster boat (barca tipica del Maine per la pesca alle aragoste) mediterranea che, costruita in 35 esemplari, oggi è ancora sul mercato dell’usato a prezzi stellari. Ora con il progetto di Mia 6.3, un motoryacht di 19 metri, l’obiettivo di Franchini è replicare il successo di Emozione, puntando tutto sulla carta della massima personalizzazione. Su una piattaforma base di dimensioni contenute, l’armatore può infatti permettersi di scegliere tra quattro configurazioni, varie disposizioni interne e un décor secondo i suoi desideri. “Quando ho deciso di ritornare a progettare”, racconta l’architetto Massimo Franchini, “pensavo al successo di Emozione 55 e, allo stesso tempo, avevo l’esigenza di proporre una

‘evoluzione emotiva’, ovvero una lettura contemporanea del concetto di motoryacht. Mia è un progetto ricco di innovazione e tecnologie, ma con un’armonia delle forme che rappresentano le mie vere radici. Linee tese e diedri slanciati, volumi generosi per una elevata abitabilità interna pur mantenendo la linea di cintura bassa e slanciata che caratterizza il capostipite”. Un runabout abitabile con ampi spazi aperti, disponibile in quattro versioni (Open, Bimini-Top, T-Top e Hard-Top) e lunghezze dai 33 a 77 piedi, caratterizzato da un’infinita possibilità di disposizioni interne. I layout, elaborati dall’architetto Marco Veglia, prevedono infatti due, tre o quattro cabine, arredabili in diverse configurazioni. Ugualmente personalizzabili sono i décor proposti dal cantiere, che torna alla ribalta rimarcando l’elevato grado di customizzazione con cui si presenta al mercato. Il layout del primo esemplare, Mia 6.3 T-Top, che esordisce allo Yachting Festival di Cannes e al Salone Internazionale di Genova, prevede tre cabine doppie con tre bagni, per una superficie complessiva di 55 metri quadrati abitabili. L’armatore dispone di una suite a centro barca, che sfrutta l’intera larghezza scafo, composta da cabina con spogliatoio walk-in separato, angolo beauty, salottino e studio privati. La cabina ospiti, proposta con letti singoli sovrapposti a “L”, può essere

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MASSIMO FRANCHINI, TITOLARE DEL CANTIERE, A FIANCO DEL PRIMO SCAFO (IN BASSO, UNA VISTA DA POPPA). LA BARCA È CARATTERIZZATA DA AMPI SPAZI APERTI ED È DISPONIBILE IN QUATTRO VERSIONI (OPEN, BIMINI-TOP, T-TOP E HARD-TOP), PERSONALIZZABILI AL MASSIMO.

arredata anche con letto matrimoniale queen size, mentre la cabina Vip, collocata a prua, ricalca lo stile e la spaziosità di quella armatoriale. La prima unità contempla anche la cabina equipaggio, provvista di bagno e accesso indipendente dalla coperta. Per l’allestimento sono previste pannellature alleggerite di Node

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Marine, azienda marchigiana del Gruppo Cecconi e principale partner di riferimento del Cantiere, che consentono, oltre al risparmio di peso, un originale décor in cui le geometrie reticolari a vista si sposano con le diamantature che compongono il disegno di scafo e sovrastruttura, creando un effetto stilistico sinergico tra esterno e interno, in un gioco di elementi e forme geometriche inconsuete e innovative. Il criterio ispiratore della nuova gamma è quello della modularità: Franchini offre una base completa sulla quale il cliente aggiunge a suo piacimento una serie di upgrade, denominati “UP” per rimarcare il carattere espansivo. Sono gli elementi in più, montati sulla piattaforma base, che si aggiungono per realizzare la barca pensata dall’armatore. A completamento della barca, l’armatore può anche scegliere tra una vasta scelta di giochi d’acqua, sup, attrezzature da pesca, da immersione e per il nuoto, mentre per l’entertainment di bordo vi sono una serie di dotazioni. Un concetto di

personalizzazione semi-custom, normalmente applicato su imbarcazioni di dimensioni maggiori. Massimo Franchini e il suo team ritengono dunque che anche su lunghezze oggi definite “contenute” il diportista odierno desideri esprimere le proprie aspettative e personalità. “Rimane inderogabile il principio”, tiene a specificare Massimo Franchini, “che la barca deve rimanere una barca: ossia scafo, tuga, prua e poppa restano elementi separati ma perfettamente omogenei, senza concessioni a elementi grafici fini a se stessi. Altro punto fermo, l’attenzione maniacale alla funzionalità, alla sicurezza degli spazi di bordo e alle “atmosfere”, che devono restare marine per garantire l’incolumità degli ospiti”. La nuova rotta del Cantiere Navale Franchini è stata resa possibile dall’incontro tra Massimo Franchini ed Eros Cecconi, giovane imprenditore marchigiano fortemente impegnato nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nell’investimento in start-up e imprese di tecnologia


SOPRA, LE LINEE SPORTIVE DEL PRIMO ESEMPLARE MIA 6.3 T-TOP. IL LAYOUT PREVEDE TRE CABINE DOPPIE PER UNA SUPERFICIE DI 55 METRI QUADRATI. L’ARMATORE DISPONE DI UNA SUITE A CENTRO BARCA (NELLA FOTO SOTTO), CHE SFRUTTA L’INTERA LARGHEZZA SCAFO E INCLUDE SPOGLIATOIO WALK-IN SEPARATO, ANGOLO BEAUTY, SALOTTINO (SOTTO A DESTRA) E STUDIO PRIVATI. LA CABINA OSPITI, CON LETTI SINGOLI SOVRAPPOSTI A “L”, PUÒ ESSERE ARREDATA ANCHE CON LETTO MATRIMONIALE QUEEN SIZE; LA CABINA VIP, A PRUA, HA IL MEDESIMO STILE DI QUELLA ARMATORIALE.

avanzata attive, per esempio, nelle nanotecnologie e in soluzioni per l’edilizia ad alta efficienza. I modelli di gamma si chiameranno Zoe, Mia e Noah, omaggio a figli e nipoti e unica concessione ai sessant’anni di Massimo Franchini. Il resto è innovazione, ricerca, avanguardia. ■ Olimpia De Casa

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BOARD UTOPIA IV, PROGETTATO DA TEAM FOR DESIGN DI ENRICO GOBBI PER ROSSINAVI, È FORSE L’UNICO YACHT AL MONDO CHE NASCE PER ESSERE LA DÉPENDANCE DI UNA VILLA: UN ‘OGGETTO DI DESIGN’ IN DIALOGO CON L’ABITAZIONE DEGLI ARMATORI A MIAMI BEACH, MA ANCHE UN COUPÉ DI 63 METRI, PER RAGGIUNGERE A GRAN VELOCITÀ LE BAIE CARAIBICHE.

DIALOGO TRA ARCHITETTURE Nato come dépendance della villa a Miami di facoltosi armatori statunitensi, questo 63 metri è l’espressione delle capacità progettuali di Enrico Gobbi, architetto veneziano che fa della trasversalità di ambiti diversi il suo principale punto di forza Yacht design e architettura hanno una relazione strettissima, soprattutto se si tratta di superyacht. Ma trovare gli equilibri giusti non è sempre facile. Enrico Gobbi, fondatore di Team for Design, ha fatto del dialogo ben bilanciato tra ambiti differenti della progettazione il suo cavallo di battaglia. In parte per formazione (è laureato in architettura in Italia e specializzato in yacht design negli Stati Uniti), in parte perché, come tutte le persone creative, è curioso e ama nutrirsi di ispirazioni diverse. Dalla sua, Gobbi vanta anche una lunga esperienza nello studio

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Nuvolari Lenard, oltre al fatto di essere circondato dalla bellezza della sua città, Venezia, dove è nato, cresciuto e ha aperto il suo studio. “Oggi ci occupiamo di progetti completi, interni ed esterni”, precisa l’architetto. “Stiamo lavorando su yacht di grossa taglia, intorno agli 80 metri, perché è ciò che il mercato richiede: yacht più simili a ville. Case galleggianti, ma solo dal punto di vista estetico, senza dimenticare la funzionalità e la tecnica di un progetto nautico”. Con il suo team, Gobbi ha recentemente

realizzato, per il cantiere Rossinavi, Utopia IV, uno yacht di 63 metri che nel maggio scorso a Londra ha vinto un importante award internazionale e che esprime perfettamente la sua filosofia progettuale, unendo tanti aspetti in totale equilibrio: car design, yacht design, residenziale. “Utopia IV è forse l’unica barca al mondo che nasce con uno scopo diverso dal navigare, cioè quello di essere la dépendance di una villa: gli armatori volevano un posto esclusivo dove far soggiornare i loro ospiti”. E l’hanno ottenuto. Mr. JR Ridinger e sua moglie Loren sono persone molto conosciute negli


Stati Uniti: desideravano un ‘oggetto di design’ che creasse un dialogo stretto con il waterfront della loro abitazione a Miami Beach. “La silhouette quindi è filante e bassa, quasi un coupé del mare: una forma che, quando lo yacht è ormeggiato, lascia intravvedere la casa d’epoca”. Utopia, secondo il brief dell’armatore, doveva essere veloce con poco pescaggio per raggiungere baie e luoghi con fondale basso. “Infatti è velocissima: raggiunge i 27-28 nodi. Il cliente è amante dell’automotive, e questo spiega la potenza dell’imbarcazione. Ma non voleva compromessi negli spazi interni. Per noi è stata una sfida ottenere una barca sportiva con i volumi di una dimora. A bordo dovevano esserci due saloni con funzioni diverse: uno di rappresentanza, per organizzare feste con centinaia di persone, e uno più piccolo, intimo e con i colori luminosi dei Caraibi”. Mrs Loren ha collaborato alle scelte decorative degli interior con tessuti Dedar e Tiffany, qualche pezzo di Armani e di Hermès, là dove necessario, molti mobili disegnati da Team for Design. “Utopia IV è uno yacht modaiolo, ma senza eccessi, è tuttavia sobrio e contemporaneo. Il nostro obiettivo era creare uno stile moderno, di classe e senza tempo, dal gusto italiano, con materiali caldi e pregiati come il legno di noce. I Ridinger inoltre sono collezionisti, amano l’arte, e ci hanno incaricato, dandoci una grande

GLI INTERNI SONO SOBRI E CONTEMPORANEI. GLI ARMATORI HANNO SCELTO PER UNO STILE ITALIANO, DI CLASSE E SENZA TEMPO, CON MATERIALI CALDI E PREGIATI COME IL LEGNO DI NOCE (SOTTO, IL LIVING NELLA SUITE DELL’ARMATORE). A BORDO VI SONO TANTE OPERE D’ARTE CREATE AD HOC PER LO YACHT, COME LETTER CASCADE, LA SCULTURA DI ENRICO BENETTA CHE SPICCA NELLA LOBBY.

opportunità, di scegliere importanti artisti italiani e di disegnare alcune opere”. Come gli oggetti in vetro di Murano realizzati secondo il nostro concept da fornaci veneziane (tra cui Bisanzio). “Enrico Benetta, un artista che lavora con le lettere, ha creato la scultura a elica Letter Cascade che spicca nella lobby: radunando i nomi delle persone che hanno costellato la vita dei Ridinger, l’opera riassume il Dna della famiglia”. Un ruolo importante è quello giocato dalle vetrate: nel soggiorno, su tre lati, la barca sembra quasi aperta. “Quando Utopia IV è ormeggiata all’inglese (lateralmente, lungo la banchina, ndr) si vede da un lato l’Oceano e dall’altro la villa. Lo yacht è una nuova architettura inserita nel contesto residenziale, tutto è stato pensato in funzione di questo, persino le misure della barca, al fine di trovare l’equilibrio perfetto”.■ D.S.

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ELEGANZA VELICA Vivibilità degli spazi e design accattivante insieme a grandi prestazioni e affidabilità sono le carte vincenti delle imbarcazioni di Pardo Yachts, nuovo brand del Cantiere del Pardo che trasferisce nel mondo del motore tutti i plus delle sue iconiche barche a vela Quando il design è nel Dna, ed è la carta vincente di un oggetto iconico, l’esplorare strade alternative non può che portare ad altre, diverse emozioni. Questo è il punto di forza del ‘nuovo’ brand Pardo Yachts, dedicato alle imbarcazioni a motore, costola del Cantiere del Pardo, che da oltre quarant’anni fa navigare e sognare migliaia di appassionati velisti a bordo dei Grand Soleil. Dal 1973, anno di fondazione, Cantiere del Pardo, eccellenza del made in Italy in fatto di qualità, funzionalità e comfort, ha creato oltre 4500 imbarcazioni dal design ricercato, con materiali di prim’ordine e dettagli di stile. Partendo da questi requisiti, nel 2016 è stata avviata la nuova produzione di barche a motore che ha

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già visto il lancio di due modelli di successo (il Pardo 43 e il Pardo 50), mentre il terzo sarà presentato al Cannes Yachting Festival. “Volevamo entrare nel settore delle barche a motore, che è dieci volte più grande di quello velico”, dice Gigi Servidati, presidente e responsabile dello sviluppo prodotto di Cantiere del Pardo. “Quindi abbiamo trasferito la nostra esperienza e il nostro know how di oltre 45 anni dal mondo della vela a quello del motore. Il successo di questo connubio è stato enorme, come dimostrano i numeri”. In due anni sono state vendute quasi cento imbarcazioni: settanta Pardo 43 e dodici Pardo 50, e per il nuovo modello, Pardo 38, il cantiere ha già 15 ordini. Ma cosa affascina di più gli armatori?

IL PARDO 43 (SOPRA) È UNA DELLE NUOVE BARCHE A MOTORE DI PARDO YACHTS, ACCOMUNATE DAL MEDESIMO DESIGN: PRUA ROVESCIA, MORBIDEZZA DI LINEE E STILE DELLE RAGGIATURE, TIPICHE DELLE BARCHE A VELA GRAND SOLEIL, SONO LE LORO CARTE VINCENTI. LA SOLUZIONE WALKAROUND (SOTTO, IL PARDO 50) PERMETTE MOVIMENTI AGILI E IN SICUREZZA LUNGO TUTTO IL PERIMETRO.


STILE ED ELEGANZA ANCHE NEGLI INTERNI (QUI SOTTO, IL PARDO 43): PURE NEL LAYOUT, NELLA FUNZIONALITÀ E NEI DETTAGLI C’È STATA UNA TRASMIGRAZIONE DELL’ESPERIENZA VELICA NEL MONDO DEL MOTORE. ULTERIORE CARATTERISTICA IL T-TOP IN FIBRA DI CARBONIO (A DESTRA, SUL PARDO 38), CHE FORNISCE OMBRA ALLA POSTAZIONE DI GUIDA E STABILITÀ IN NAVIGAZIONE.

“Direi la perfetta coerenza tra la grande vivibilità degli spazi e un design accattivante: l’armonia tra questi due elementi è sicuramente l’aspetto che è piaciuto di più”, spiega Servidati. “Poter vivere comodamente, grazie alle volumetrie abbondanti, una barca fatta di stile, eleganza e design”. La qualità dei materiali e delle finiture e l’attenzione ai dettagli rendono queste imbarcazioni ricche di fascino e comfort, che si uniscono alle alte prestazioni in navigazione e alla velocità. “Uno dei segreti dei Pardo Yachts è quello di avere ‘ereditato’ dalle barche a vela Grand Soleil la morbidezza delle linee e lo stile delle raggiature, che hanno reso i nostri velieri famosi in tutto il mondo”, aggiunge. E poi un design pulito e lineare con una prua rovescia che dà quel look un po’ militaresco, molto glam. Interessante è la soluzione walkaround, che permette all’armatore e ai suoi ospiti di muoversi agilmente e in sicurezza lungo tutto il perimetro, e dilata oltremodo gli spazi a bordo insieme alla piattaforma balneare a poppa (opzionale) che si estende proprio come nei superyacht. Il T-top, dalla struttura in fibra di carbonio, protegge e dà ombra al posto di guida e al pozzetto (dotato di cucina), grazie

all’aggiunta di bimini; ed è anche un elemento funzionale perché conferisce maggiore stabilità all’imbarcazione. Elegante la coperta in teak marino naturale, che a scelta può anche essere in materiale sintetico: la personalizzazione infatti è alla base di tutti modelli e l’armatore può declinare la barca secondo i propri gusti e stili di vita. Il successo riscosso dalla prima unità (il Pardo 43, di 13,45 metri) ha permesso al Cantiere del Pardo di investire in innovazione e tecnologie e

di sviluppare il Pardo 50 (presentato nel 2018), dove l’attenzione è stata posta sullo studio della forma e sull’ingegneria dello scafo. Di dimensione maggiori (14,95 metri), il modello dispone di motori a centro barca per migliorare la tenuta del mare anche a velocità elevate. All’interno, si sviluppa un grande open space, con due cabine e due bagni (opzionale la terza cabina per il marinaio). Completa la gamma il Pardo 38 (di 12 metri), che con le sorelle maggiori condivide il design e la massima flessibilità di personalizzazione, per quanto riguarda i colori e i tessuti di bordo, oltre a due differenti layout interni e alla possibilità di aggiungere posti letto anche nella zona poppiera, per formare una seconda cabina. Non male per una piccolina del mare! ■ D.S. DAL 2016 PARDO YACHTS HA GIÀ LANCIATO TRE MODELLI (INSIEME NELL’IMMAGINE) DI TRE DIVERSE LUNGHEZZE, DAI 12 METRI DEL NUOVISSIMO PARDO 38 SINO AI QUASI 15 DEL PARDO 50. TUTTI SONO PERSONALIZZABILI DALL’ARMATORE, SIA NEL LAYOUT DEGLI INTERNI SIA NELLE FINITURE, E SONO RICONOSCIBILI PER LA PRUA ROVESCIA CHE CARATTERIZZA IL DESIGN PARDO YACHTS.

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POTENZA E DESIGN

Con i suoi 40 nodi di velocità, Pershing 140 è il primo superyacht in alluminio costruito in 30 anni di storia del marchio del Gruppo Ferretti, che così inaugura una nuova era all’insegna di innovazione e tradizione Linee sportive come un coupé, carena di retaggio militare per conferire solidità e ampi spazi ovunque proprio come una grande casa. Questi i caratteri distintivi del nuovo Pershing 140, che, con i suoi 42,53 metri di lunghezza, apre una nuova era in 30 anni di storia del brand del Gruppo Ferretti. È frutto della collaborazione fra Comitato Strategico di Prodotto, dipartimento Engineering Ferretti Group e Fulvio De Simoni, fondatore di Italprojects, che dal 1985 firma di tutti i modelli di questo brand. “Pershing 140 è uno yacht fortemente innovativo, come è da sempre nel Dna del marchio”, commenta l’architetto. “Al tempo stesso, abbiamo pensato a un cambiamento che fosse il meno invasivo possibile, salvaguardando elementi di design

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iconici che rendono ogni Pershing riconoscibile sin dal primo sguardo”. Forme possenti ma slanciate in linea con l’anima sportiva del marchio, costruito totalmente in alluminio: uno yacht insomma aggressivo e pronto a esprimere in acqua tutta la sua potenza. Possente ma senza essere serioso grazie anche alle sue forme allungate. Gli studi ingegneristici sono stati concentrati su un progetto integrato, in cui ciascun elemento di design è in dialogo e in sinergia con altri. Per esempio, nonostante le linee esterne sportive, è uno yacht confortevole tanto quanto uno yacht di maggiori dimensioni. La suite armatoriale a prua è wide body (a tutta larghezza dello scafo) e presenta una novità stilistica: per concepirla è stata

innalzata la parte anteriore dello scafo (che all’esterno conferisce alla barca un impatto scenico di gran forza). Dispone di un letto matrimoniale fronte marcia, angolo office, salottino, guardaroba walk-in e due ampi bagni lui e lei separati e gode di una vista panoramica privilegiata. Tutta la parte poppiera invece è stata disegnata per aumentare il comfort dell’armatore e dei suoi ospiti: in pratica, tutte le terrazze sono interconnesse, creando una vastissima area aperta che culmina con un vasto beach club, a sua volta sviluppato da tre piattaforme a pelo d’acqua. Enorme anche la terrazza panoramica sul fly arredabile come tutte le aree esterne con mobili free-standing; a questa si accede dal piano mezzanino del pozzetto o dalla plancia di comando rialzata. Un’ulteriore area esterna, godibile in tutta privacy, si sviluppa anche sul ponte a prua, all’altezza della suite padronale: una volta che la barca è all’ormeggio, svela una lounge, nascosta da una piattaforma durante la navigazione. Dal pozzetto si accede al living, un open space con area pranzo: è ampio e luminoso grazie a enormi vetrate laterali. A disposizione degli ospiti vi sono quattro cabine, di cui tre Vip (due verso poppa e una a prua) con letto matrimoniale, una quarta è a letti singoli. Gli interni sono totalmente personalizzabili secondo le preferenze dell’armatore, che scegliendo una barca sportiva non dovrà comunque rinunciare a un gusto elegante, raffinato e contemporaneo. ■ D.S.


GRANDE E INNOVATIVO, IL NUOVO PERSHING 140 È L’AMMIRAGLIA, NONCHÉ IL PRIMO SUPERYACHT IN ALLUMINIO REALIZZATO IN 30 ANNI DI STORIA, DEL MARCHIO DEL GRUPPO FERRETTI. LUNGO 42,53 METRI, È ANCHE IL PRIMO PERSHING COSTRUITO ALLA SUPER YACHT YARD DI ANCONA, STABILIMENTO SPECIALIZZATO NELLA COSTRUZIONE DI SUPER E MEGAYACHT IN ACCIAIO E ALLUMINIO OLTRE I 40 METRI. SOPRA, LE LINEE POTENTI E AGGRESSIVE, QUASI DI STAMPO MILITARESCO, DEL PERSHING 140. SOTTO, LA GRANDE ZONA POPPIERA CONCEPITA A TERRAZZE, COLLEGATE LE UNE ALLE ALTRE IN UN PERCORSO FLUIDO. NELLA PAGINA ACCANTO, GLI INTERNI MODERNI E CONTEMPORANEI DELLA PRIMA UNITÀ GIOCATI SULL’ALTERNANZA DI CHIARI/SCURI.


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BOARD Filante e potente. Linee tese che corrono da poppa a prua, dando vita a una emozionante alternanza materica e cromatica di superfici strutturali chiare e vetrate scure. È il design che caratterizza il nuovissimo Custom Line 106’, che ha debuttato a giugno al Salone Nautico di Venezia. Uscito dalla matita di Francesco Paszkowski, è stato sviluppato in collaborazione con il Comitato Strategico di Prodotto presieduto dall’ingegner Piero Ferrari e la Direzione Engineering Ferretti Group. Lo sfruttamento degli spazi e gli straordinari volumi costituiscono un altro punto di forza importante di questo yacht: 220 metri quadrati di aree esterne interamente calpestabili e interconnesse tra loro. Grandi finestrature a scafo ampie e generose e vetrate in coperta cielo-terra offrono in ogni punto un contatto diretto col mare. A livello stilistico, la prima unità

LA GRANDE BELLEZZA

Il nuovo Custom Line 106’ debutta al Salone Nautico di Venezia e propone una visione originale della navigazione di lusso. Tanti i fattori di eccellenza: su tutti design e arte

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di Custom Line 106’, sviluppata da Francesco Paszkowski in collaborazione con Margherita Casprini, riprende la filosofia dei nuovi plananti del brand ed esplora un maggiore equilibrio formale con forti contrasti cromatici negli arredi e nei rivestimenti. Lo si nota subito entrando nel grande open space di 40 metri quadrati, con altezze che superano i due metri, organizzato in living e zona pranzo in successione. Qui l’essenza dominante è il sabbia fiamma di pavimenti e pareti, che bene si abbina ai toni chiari e scuri dei cielini e all’ebano lucido dei mobili sulle murate laterali. Le colonne di sostegno sono tutte rivestite in cuoio, con le fresate realizzate mediante la pregiata lavorazione a punta di diamante. Tanti sono i brand di design scelti per gli ambienti, a partire dal salone interamente arredato con mobili di Minotti: un divano a L della collezione

Andersen color panna, due poltroncine della collezione Creed color grigio e i tavolini Gray in lamiera di metallo con finitura bronzo satinato e la parte interna in legno Sucupira, utilizzati per creare uno spazio conviviale e di grande eleganza. Completano l’arredamento della zona living la lampada da tavolo Clessidra di Contardi, bronzata sia nella parte superiore che inferiore, e un tappeto di seta color sabbia. La zona pranzo formale può accogliere dieci persone al grande tavolo Lazy

SOTTO, LA CABINA ARMATORIALE DEL NUOVO CUSTOM LINE 106’ DI FERRETTI GROUP È DEFINITA DAL LEGNO SABBIA FIAMMA DEI PAVIMENTI COMBINATO CON LE NUANCE PIÙ CHIARE DI CIELINI E ARREDI PER OTTENERE UN’ATMOSFERA DI RELAX. LA LACCATURA DEI SOFFITTI REGALA UNA SENSAZIONE DI AMPIEZZA. A DESTRA, NEL CORRIDOIO, L’OPERA EROS PIETRIFICATO CON MANO DI IGOR MITORAJ (2014). NELLA PAGINA A FRONTE, LA BARCA IN NAVIGAZIONE: IL DESIGN CREA UNA SUGGESTIVA ALTERNANZA MATERICA E CROMATICA DI SUPERFICI STRUTTURALI CHIARE E VETRATE SCURE. SOTTO, LA GRANDE BEACH AREA.

Susy realizzato custom da Cantori con struttura in metallo laccato nero e top in vetro retroverniciato in bronzo, corredato da sedie Flexform con struttura in frassino tinto ebano e rivestimento in tessuto bianco. Una parete artistica con al centro una nicchia in ebano lucido ospita l’opera Ballerini di Fernando Botero. Arte e design dominano ovunque. Anche nel disimpegno che porta alla cabina armatoriale, dove si trova il suggestivo Eros pietrificato con mano di Igor

Mitoraj (2014). La suite è posizionata a prua ed è a tutto baglio, preceduta da una zona studio a murata. Il flybridge, circondato da tientibene in acciaio e protetto da due ampie vetrate laterali, offre uno spazio di ben 53 metri quadrati, interamente arredato con complementi freestanding di Minotti. Ma uno dei plus di questa barca è rappresentato dalla zona di prua, vera e propria sunset lounge privata, per godere della grande bellezza del paesaggio. ■ D.S.

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BOARD AL SALONE NAUTICO DI GENOVA

CUCINARE A BORDO Gaggenau rinnova la sua partecipazione al Salone Nautico di Genova, dal 19 al 24 settembre 2019: i suoi elettrodomestici di alta qualità e dalle prestazioni professionali saranno protagonisti della Vip Lounge con esclusivi showcooking ed eventi. Inoltre il brand tedesco con oltre 300 anni di storia conferma la propria expertise di brand top di gamma e amplia la propria vedute collaborando con armatori. Tra le partnership, quella con Sanlorenzo (nelle foto). Gli elettrodomestici Gaggenau, che si distinguono per il connubbio tra design ricercato, innovazione tecnologica e alte performance, forniscono soluzioni particolarmente indicate per le installazioni su yacht e superyacht, in grado di soddisfare le esigenze di una clientela esigente. gaggenau.com, sanlorenzoyacht.com

PREMIÈRE A VENEZIA

Comfort in cantiere L’impareggiabile cornice dell’Arsenale di Venezia, per secoli la maggiore fabbrica navale del mondo, a metà giugno è stata teatro della presentazione ufficiale di Race, primo Riva 50 metri, nato dalla collaborazione tra lo studio Officina Italiana Design e il team ingegneristico della Riva Superyachts Division con il Comitato Strategico di Prodotto Ferretti Group. Ad arredare l'area dedicata all'hospitality Komodo, il nuovo sistema modulare di sedute liberamente componibili di Nardi. I delicati toni del bianco e dell’azzurro e l’intreccio della struttura, che riprende i rami degli alberi, si sono sposati perfettamente con l’allestimento ideato per l'esclusiva world première nel suggestivo contesto dell'antico complesso di cantieri navali e officine. (Ph. credit Ferretti Group) C.F. nardioutdoor.com, rivayacht.com

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1. DETTAGLIO DI UN TESSUTO DELLA LINEA BREVETTATA TEMPOTEST MARINE COMPLETAMENTE IDRO E OLEO REPELLENTE. 2. ARREDI DI UN ESCLUSIVO YACHT RIVESTITI CON TESSUTI DI ALTA QUALITÀ DELLA COLLEZIONE TEMPOTEST HOME.

3 3. LA GAMMA DI PRODOTTI TEMPOTEST MARINE È ADATTA A OGNI TIPO DI IMBARCAZIONE – A VELA E A MOTORE – E A NUMEROSE APPLICAZIONI, TRA CUI LA COPERTURA DELLE VELE, PER LA QUALE VIENE UTILIZZATO UN MATERIALE IMPERMEABILE E TRASPIRANTE CHE PROTEGGE DAI RAGGI UV ED EVITA CHE SI FORMINO MUFFE.

TRAME PREGIATE

Studiata appositamente per il settore nautico, la linea di tessuti Tempotest Marine di Parà garantisce resistenza, traspirabilità e stile a bordo. Anche nelle condizioni più avverse 4

Vivere ogni esperienza nautica con sicurezza e stile è la mission di Tempotest Marine, la linea di prodotti studiati per la nautica e realizzati da Parà, azienda fondata nel 1921 e conosciuta in tutto il mondo per l'alta qualità dei suoi tessuti. Realizzata in fibra acrilica tinta in massa, come la linea Protezione Solare, ma differente per quanto riguarda finissaggio, trattamento e costruzione del tessuto, Tempotest Marine è progettata in modo da garantire sia resistenza alle trazioni verticali, orizzontali e longitudinali, sia grande traspirabilità, per durare a lungo anche nelle condizioni più avverse. La collezione studiata e brevettata appositamente per il settore nautico abbina così resistenza e performance a uno stile ricercato e colorato, proposto in svariate tinte e pattern originali. Grazie all’innovativo finissaggio Teflon Extreme by Parà, i tessuti sono idro e oleo repellenti, immuni alla formazione di funghi e muffe, resistenti alle macchie, alla salsedine e alla riduzione

4. IL TENDALINO DI UNA BARCA, SEMPRE ESPOSTO AL SOLE E AL VENTO, REALIZZATO CON UN TESSUTO ESTREMAMENTE RESISTENTE DELLA LINEA TEMPOTEST MARINE DI PARÀ.

del colore dovuta all’azione dei raggi UV. I tessuti Tempotest Marine sono inoltre coperti da una garanzia di 6 anni sulla perdita di colore dovuta alla normale esposizione agli agenti atmosferici. Oltre a Tempotest Marine, pensata nello specifico per tendalini, cuscineria e prendisole, Parà propone diverse linee a seconda degli utilizzi:

Tempotest Malmoe è un tessuto impermeabile per coperture totali o parziali e tendalini; T-Tex, leggero e impermeabile, è il tessuto ideale per protezioni parziali e coperture leggere; Tempotest Home è invece la linea ideata per cuscini, divani, tende, copriletto e per l'arredo in generale. ■ Claudia Foresti

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BOARD TRANSLATIONS P160. DIALOGUE WITH THE OUTSIDE WORLD

UNTIL 20 YEARS AGO THEY WERE CLOSED SPACES THAT ENSURED A WATERPROOF SEAL FOR THE VESSEL. TODAY THE SPACES OF BOATS ARE OPEN TO THE SEA THANKS TO INNOVATIVE TECHNOLOGICAL SOLUTIONS THAT MAKE YACHTS INTO TRUE FLOATING VILLAS We spend most of our time inside four walls, in a house, an office, a store. In the meantime, we dream about free and open spaces. We live in sheltered settings, but we often feel uncomfortable. So it should come as no surprise that design tries to make buildings permeable to nature, ‘glass boxes’ where the outside world becomes part of the interior. This is the new frontier of ‘biophilic design.’ It is the attraction towards living things. Because being in contact with nature undoubtedly makes us happier. Even more if we are on a boat. What could be more relaxing than gazing at the horizon of the sea or the sky from a yacht? Pursuit of this type of wellbeing has led designers and shipyards to find new solutions with which to create an increasingly close indoor-outdoor relationship. Some use natural materials, others echo organic forms in architecture, while others clad entire walls in lush vegetation, or bring sunlight into even the darkest corners. It happens in residential design, but also in yachting. But with the difference that in this latter sector, the change has come about very slowly. Not until 2003 did we see the first yachts ‘open’ to the sea. Octopus, the 126-meter launched by the Lürssen shipyard and designed by Espen Øino, amazed people with its five movable terraces on each side, as did the 78-meter Princess Mariana by Royal Denship, with the balcony that extended in the owner’s suite and the platform of the beach area at the stern. In 2007 the vertical walls of plants created by Ivana Porfiri on the 42-meter Nina J by Baglietto represented a true innovation. Until just 20 years ago, boats were conceived as closed spaces: to guarantee safety during navigation, the vessel had to be absolutely sealed, with small windows and portholes. Today, on the other hand, many yachts open up to the outside world with terraces and large windows, also inserted along the hull, featuring engineering solutions that even allow tenders to enter (by ‘flooding,’ in practice) to welcome guests in complete comfort – this was seen in 2013 on the 60-meter J’Ade by CRN. Visionary yachtsmen ready to accept the new horizons of design creativity have urged avant-garde shipyards to invest in research and development, allowing design to take a step forward. Yachts are now in total contact with the outside: saloons become winter gardens thanks to glass walls, railings along the sides of boats are made with transparent panels to protect without blocking the new, bulwarks open outward thanks to terraces that take form at the push of a button, corners for relaxation expand the space towards the sea. “Perhaps there is a bit of exaggeration in the use of glass on board today,” says Mauro Micheli of Officina Italiana Design. “It is instead necessary to use it with balance, where it is functionally effective; the external lines should not be disrupted by invasive openings; instead, I think moderate use of glass allows you to create warm, intimate atmospheres.” There are also striking openings and transparencies in beach platforms: “This happens because the demand for larger yachts is increasing, so the need to stay in touch with the sea becomes a priority for owners,” says Sergio Cutolo, engineer and designer. “Once it was rare to go swimming from a megayacht, but today the beach area is a sort of wellness center.” “We pay close attention to the study of layouts that create the impression of outdoor living inside the boat,” says yacht designer Francesco Paszkowski. “Today people want to eliminate the outdoor-indoor boundaries as much as possible: full-height windows in living areas and the decks set aside for the owner of the Sanlorenzo 64-meter Attila transform the space into a panoramic terrace, augmenting the sensation of being close to the sea.” “Structural glazings are now a reality,” the architect Bernardo Zuccon adds. “This is an opportunity for designers to experiment with new solutions.” In effect, the new developments on board are increasingly diversified and dramatic, like the Neptune Room created on Elandess, the 74.5-meter by Abeking Rasmussen: a small living area with seaview windows below the water line, to make it possible to watch the world under the sea. An ideally therapeutic feature… D.S. CAPTIONS: pag. 160 1. The beach club of the 54-meter El Leon Fast Displacement Mangusta GranSport by Overmarine is a true wellness center facing the water: a large living room with shaded zones and stern platforms on three sides, in an amazing work of engineering. 2. The Benetti FB803 50-meter yacht, designed in the interiors by Bannenberg&Rowell, offers maximum comfort for owners and guests; the lower deck contains the beach club, designed with a terrace at water level, a bar, sunbathing furniture and a panoramic sauna, from which to dive directly into the sea. pag. 162 The VIP cabin of the 74-meter Cloud 9 by CRN offers breathtaking

views thanks to a sliding door that opens the space to the sea. Every area of the yacht has been designed for outdoor living. There is also an extremely versatile dining room, thanks to sliding glass panels that open 120°, permitting outdoor lunches and dinners. pag. 163 The owner’s cabin of the 53-meter Pink Gin IV sloop by Baltic Yachts features an unusual terrace (for a sailing yacht) at water’s edge. The innovative solution, with an impact on the waterline and overall loads of the hull, has required complex design research to achieve excellent results. Large full-height windows enhance the spaces of Home, the 50-meter megayacht by the Dutch shipyard Heesen Yachts, designed by Omega Architects. The interior style suggests the atmosphere of a seaside villa. In the image above, the master suite. pag. 164 The chaise longue placed along the window of the living area on Solo, the 72-meter vessel by Tankoa Yachts. The perfect indoor-outdoor dialogue created by Francesco Paszkowski is also seen in the detail of the external bulwark, which is open to permit a view of the sea even from a supine position. The Grande 25-meter by Azimut Yachts, designed by Stefano Righini, has large windows facing the sea. Achille Salvagni, creator of the interiors, has placed low furniture along the sides to clear the outside view from a sitting position: the indoor-outdoor effect is also ensured by the light that reflects on the paneling and furnishings in pale colors. pag. 165 The inside-outside dialogue is also the protagonist of the 52-meter Seven Sins built by Sanlorenzo and designed by Officina Italiana Design. At the stern, the transparent base of the swimming pool in the well deck creates striking effects in the beach area below. Light penetrates and brightens the beach club, which opens completely with immense terraces on the sea, furnished with pieces by Roda.

COVER STORY

P166. UNDER THE SIGN OF CHANGE

A SHIPYARD WITH A FOCUS ON CONTINUOUS RESEARCH AND INNOVATION, SANLORENZO MAKES THE DREAMS OF YACHTSMEN COME TRUE IN BESPOKE CREATIONS WITH NEW LANGUAGES AND A PARTICULAR OPENNESS TO THE WORLDS OF ART AND DESIGN. ALWAYS WITH AN EYE ON THE TRADITION Some people seem to expect the unexpected from Sanlorenzo. Obviously in the positive sense of the term. Because the Liguria-based shipyard is one of the most creative and dynamic companies on the international scene, constantly open to innovation, and ready to astonish. A path that began in 2005 when Massimo Perotti, relying on two decades of experience in the sector, acquired the company that was originally founded in 1958. From that day forward, the firm has taken giant steps: expansion of its production facilities (Ameglia), additions (at the shipyard in La Spezia, for the construction of superyachts, and at the facility in Viareggio), and the creation of new divisions (a center for the development of new models in Massa). “Today we are at an arrival point, which is also a starting point,” says Massimo Perotti, chairman of Sanlorenzo. “We are thinking about a larger company that will grow with the addition of new brands, over and above those we already have (Bluegame and Fipa). Constant movement is the meaning of our company, but while respecting the tradition.” Since 1958 the Sanlorenzo shipyards have built high-quality motor yachts with passion and expertise, marked by a timeless elegance that expresses a sense of refined luxury. Every yacht, thanks to advanced technologies and fine local craftsmanship, is a unique creation made for its owner like a bespoke suit. “The success of the shipyard can be seen in the numbers,” says Ferruccio Rossi, managing director of Sanlorenzo. “Sales have grown to 380 million euros in 2018 (from 40 million in 2005), and that figure is destined to increase.” A positive trend that has prompted the company to set aside 60 million euros in the period 2018-2020 for various initiatives. Besides the abovementioned expansion of the production sites (including the renovation of the one in La Spezia by Piero Lissoni, who since 2018, the year of the 60th anniversary of Sanlorenzo, has also become the art director of the company), much of the investment will go into the creation of new products, research and development. The latter area is a strong point of Sanlorenzo. For example? Just consider the recent launch of the 64Steel Attila (on view at the Monaco Yacht Show in late September), the flagship of the shipyard, packed with technology and brilliant design solutions. Continuing the path begun last year with the SL102Asymmetric, the world’s first asymmetrical yacht, the company is now moving forward with this innovation in the SL96Asymmetric. Designed by Zuccon International Project for the external lines and by Laura Sessa for the interiors, like its predecessor this yacht has a design that changes on board flows, offering new opportunities to make use of space while conserving the typical signs and stylistic motifs of Sanlorenzo. Speaking of identity and image: in its unique approach to new creative languages, Sanlorenzo has a close relationship with the world of art, activating important partnerships with leading galleries and cultural institutions. With the Milan Triennale, during the FuoriSalone 2017 and 2018 the company presented the installations Sanlorenzo: Il mare a Milano and Il mare a Milano: Yachtville; this year, with Interni, the firm created From Shipyard to Courtyard, placing a gigantic yacht skeleton, in a work by Piero Lissoni, inside the Cortile del Settecento of the State University of Milan. With Galleria Tornabuoni Arte, Sanlorenzo has produced original exhibitions on its yachts during Art Basel Miami Beach 2016 and the 57th Venice Art Biennale. In this coherent, versatile evolution, in 2018 Sanlorenzo has also formed a global partnership with Art Basel, the most important fair of


modern and contemporary art on the international scene, for the annual events held in Hong Kong (March), Basel (June) and Miami Beach (December). A focus on art, but above all a total openness to design: Sanlorenzo has been the first to call in authoritative exponents of the world of design such as Dordoni Architetti, Antonio Citterio Patricia Viel, Piero Lissoni and Patricia Urquiola, allowing the company to introduce new visions that have permitted a reinterpretation of the concept of space on board. A fundamental step for a shipyard that has made customization one of its strong points. “The contribution of designers and architects hailing from sectors other than yacht design has been crucial,” says Sergio Buttiglieri, style director of Sanlorenzo, with past experience at Driade in charge of products; he always supports owners in the choice of furnishings and works of art. “Ten years ago, Massimo Perotti had the intuition of calling on Rodolfo Dordoni to create the interiors of the SL106; the architect, in turn, had the idea of bringing Minotti on board, and it was a big success.” This approach then extended to Antonio Citterio and Patricia Viel, to Piero Lissoni (for the interiors of the SX88, the revolutionary yacht conceived like a loft), all the way to Patricia Urquiola today, chosen by Massimo Perotti to design the spaces of the new SD96 (presented at the Cannes Yachting Festival and the Genoa Boat Show). “I called Patricia because I wanted to insert a more feminine approach to interior design inside the universe of languages of Sanlorenzo, an approach previously alien to the world of yachting,” Perotti explains. “She is the most sought-after woman today in the worldwide design industry, thanks to her ability to combine beauty and comfort, always with a touch of irony and sensitivity.” The interiors of this boat exist in terms of a unique concept of flexibility and modular design. Patricia Urquiola has put different styles and furnishings into dialogue, through research on sensory materials and great attention to detail, to obtain warm, welcoming interiors with a refined, elegant and contemporary image. “I enjoyed reasoning in terms of space with different needs. And above all, I appreciate the intention of Sanlorenzo to grasp a different viewpoint, which differs from the precise world of yachting. This is a sector where we have a lot to do and a lot to learn, and we will also do it by making mistakes. For me this is a great opportunity,” the international design star remarks, with great humility. The living area on the main deck, decorated with walls in grosgrain oak and wooden floors, is a versatile space that can change its function with the insertion, when needed, of a dining table for ten, otherwise hidden inside a bench in front of the sofa. The sky lounge of the upper deck, with windows that open completely, can be used as a dining area or a screening room, thanks to its modular furnishings; the finishes create indoor-outdoor continuity, as in the case of the wood floors that form a single space with the fly bridge, used as a lounge or outdoor dining area thanks to a convertible coffee table. On the lower deck, the salon can become another VIP cabin, with a system of sliding panels. “Convertible features have always existed on yachts, especially the smaller ones,” Urquiola points out. “I liked the idea of repeating this idea of travel and transformation in a horizontal and vertical way. The central staircase is like a periscope of bronze-plated steel and wood; it is the focal point of the yacht, with the dual role of connecting the decks and dividing the spaces using a metal mesh screen.” Large windows create a sense of indoor-outdoor continuity; there is also a glass wall with the Liquefy motif, suggesting the sea. “For me a boat is not a seagoing villa; it is a place where a dialogue is created between inside and outside; the sea enters and becomes even more a reality, with its thousand horizons.” Precisely like those of Sanlorenzo. D.S. CAPTIONS: pag. 167 Now one of the world’s leading shipyards for the production of yachts and superyachts, Sanlorenzo was founded in 1958. With Massimo Perotti, the new owner since 2005, the company has grown remarkably, also thanks to a focus on aspects of innovation and design. The force of Sanlorenzo is aptly conveyed in this photo by Guillaume Plisson. pag. 168 The 64Steel Attila, launched in May, is the new Sanlorenzo flagship: a 64-meter giant with the spaciousness of an 80-meter vessel. The main deck at the stern and the beach club on the lower deck are the most characteristic areas of the project. A forceful design and layout gesture is the double staircase that connects the pool and dining area to the beach club, completed by a sauna, a steam bath, a massage room and a fitness room facing the water. With the stern area and the open lateral platforms, the beach club has an area of 78 square meters. pag. 169 The SL96 Asymmetric is the second asymmetric model created by the shipyard. The first, shown last year at the Cannes Yachting Festival, has met with resounding success. On this second version, smaller in size (29 meters), the traditional yacht layout has been redesigned, keeping the gangway only on the starboard side and eliminating the one opposite, which has been taken to the top of the superstructure. This makes it possible to recoup internal space, while also bringing greater luminosity and flexibility of use. pag. 170 Patricia Urquiola makes her nautical debut with the interior design of the SD96. One of the most eclectic international architects, Urquiola also works with the best furniture brands; her background includes experiences with the great masters Achille Castiglioni and Vico Magistretti. pag. 171 On these pages, renderings of the SD96: the external lines are by Zuccon International Project. Above, the owner’s cabin features a dialogue between different styles and furnishings, through research on the sensory impact of materials and attention to detail. To the side, the VIP cabin is transformed into the lower deck salon, thanks to a system of panels. Below, the well on the main deck is furnished with freestanding pieces that can be moved for different needs.

P172. HOLISTIC VISION

THIS IS THE DESIGN PHILOSOPHY BEHIND THE 80-METER GIANT DRAGON BY COLUMBUS YACHTS, DESIGNED BY HYDRO TEC. THE STUDIO HAS DONE THE NAVAL ENGINEERING AND EXTERNAL DESIGN, WITH AN APPROACH OF INTEGRATED ARCHITECTURE “Calatrava or Gaudí could afford to be daring in terms of design and structure, because they had in-depth knowledge of the technical and aesthetic aspects.” Making a timid comparison with the great masters of architecture, Sergio Cutolo explains the design philosophy of Hydro Tec, the naval engineering firm he founded in Varazze over 20 years ago, which has now moved to Ovada, focusing on the design field as a whole. “We decided to take the path of integrated design shortly before the crisis of 2007, when we realized that engineering was seen as the last link in the creative chain,” says Cutolo, who works with the most important international shipyards and provides technical consulting for many yacht designers. There are not very many studios capable of designing an entire yacht, from the hull to the exteriors, the internal layout to the calculations needed so it can become not only beautiful but also functional. “We put all of our technical know-how at the service of the project. Creativity also comes into play in this approach. But the dialogue between the engineering and the design is more harmonious when it comes from a single source. In this way, the shipyard has just one counterpart,” Cutolo continues. “Dragon was made in record time: 27-30 months from the start of design to delivery.” The yacht, with a length of 80 meters, has classic proportions, with elegant, timeless design and clean external lines. For the interiors, the architect Francesco Guida has worked on the Hydro Tec layout, creating warm, refined atmospheres. With six decks, Dragon is the biggest yacht ever created by Sergio Cutolo, who is seen as an expert in the field of Explorer Vessels: “An 80-meter is already an Explorer per se. The owner had few specific but very precise requests: a slender bow, angled sides, clean lines; and then the beach club, with the swimming pool at the top. The ship had to be white,” the engineer explains, who in the past was technical director of the Baglietto shipyard. Also hailing from the world of sailing yachts, Cutolo has the art of navigation in his DNA: “The approach of the Dragon is Mediterranean, with plenty of outdoor spaces. Everywhere there are hatches that open to the sea. The one at the prow of the tender garage measures 10 meters, while the lateral ones at the stern are 7-8 meters, and the aft hatch is enormous: the beach area, when they are all open, grows from 100 square meters to 200.” The choice of shifting the tender garage to the center of the ship imposed logical architectural choices, such as that of positioning the elevator near the access platform for the guests. “This made it possible to have 15 meters of the side full of openings; it is a very ‘perforated’ boat, with advanced engineering solutions. Years ago it would have been unthinkable for a yacht to be so open to the sea.” From an architectural standpoint there is outstanding balance between interiors and outdoor spaces: the well deck at the stern connected to the saloon has low sides, and the outdoor sofa faces towards the stern. “The living area is gigantic, and across its 15 meters of longitudinal extension it has only three windows: two measuring five meters, and one measuring 3.5. The owner’s cabin also has large windows, 50-60 centimeters off the floor, creating a sense of continuity with the outer deck: this is a place for landing a helicopter. When furnished, the deck becomes a big terrace for exclusive use.” In these details, engineering and architecture join forces in a magical synthesis. D.S. CAPTIONS: pag. 172 Dragon is the 80-meter superyacht designed by Sergio Cutolo (lower left), founder of Hydro Tec. The yacht, the flagship of Columbus Yachts (a brand of Palumbo Superyachts), combines contemporary elements with classic proportions, creating an elegant, timeless design. On six decks (facing page), Dragon offers many outdoor zones connected with the interiors. The owner has one entire deck: his suite (right) is connected to the large terrace that can be transformed as a helipad.

P174. THE ROLE OF BALANCE

PROPORTIONS, PERSPECTIVES, THE RELATIONSHIP BETWEEN MATERIALS AND COLORS – PALE AND DARK, GLOSSY AND MATTE – ARE THE STRONG POINTS OF RIVA YACHTS, AS IN THE WORKS OF ART FROM WHICH OFFICINA ITALIANA DESIGN GETS ITS INSPIRATION. MAURO MICHELI TALKS ABOUT THE SECRETS BEHIND THE DESIGN OF THE WORLD’S MOST ICONIC BOATS “What is the real challenge in designing a Riva today? We often ask ourselves this question, and the answer has to start with several considerations,” says Mauro Micheli, chief designer of Officina Italiana Design, which has an exclusive on the styling of all the models of the famous shipyard in Sarnico. “Riva boats have always been a symbol of timeless beauty, a combination of sophisticated design and high performance; the distinguishing characteristic of a Riva is its close bond with tradition. The Sarnico shipyard still makes yachts with the ability, experience, passion and skill that have been passed down over time. The philosophy of Officina Italiana Design, yesterday and today, after 25 years of collaboration, links back to classic design with a touch of modernity, an essential style with a contemporary spirit, where elements of innovation become part of the development. This is the real challenge when


you design for Riva. Doing it always brings great satisfaction, in both small and large sizes, including the new market Riva is addressing with the recent launch of the 50-meter Race. Everyone has objectively high expectations when it comes to this brand, and we cannot disappoint them. We design for the ‘few’ but we have the (also moral) duty to create excellence. We like clean, rigorous design, not always trying to amaze people with special effects that cannot stand up to the test of time. Instead, we try to make objects that will never go out of style. Art is the pursuit of balance of forms. Emotion and inspiration in our work are the same as those of art, and they can come from works by Piero della Francesca, Masaccio, Bruce Nauman or Gilbert & George. The proportions, perspectives, materials, colors, the aesthetic research: all these factors set the tone of our projects. But above all it is a question of balance. On the Riva 90’ Argo, for example, balance is precisely the main characteristic. The risk was that we would create an ‘unwieldy’ figure, given the wide-body typology and the limited size; instead, by balancing the volumes and utilizing forms taken from the automotive world, we have obtained a boat with slim lines and spaces similar to those of bigger yachts. The interiors and outdoor zones establish a dialogue; all the spaces are balanced, all the materials and colors, pale and dark, glossy and matte. The living area features lots of glass, with large windows for a 180-degree view of the sea in the bow cabin and the aft well deck, where the glass protects while conserving direct visual contact with the sea; even the fly deck has an original hard top with an asymmetrical skylight. Everything is done without excess: the glass is there only when it is necessary, where it truly adds value to the design. Just like the interior decor: we don’t like boats that look like ‘showrooms’ for famous brands: for us, balance is achieved by including selected design pieces, things that work with the context and add the right dash of elegance and refinement. Because Italy per se is already an excellent exponent of worldwide design, and because everything, in the end, has to generate an elegance that is never over the top.” CAPTIONS: pag. 174 The fly deck of the Riva 90’ Argo, with outdoor furniture by Roda and Paola Lenti. Officina Italiana Design was founded by Mauro Micheli, chief designer (who previously worked for ten years inside Riva) and Sergio Beretta, CEO, both at the center of the photo below showing the team in front of the work Delfino by Pino Pascali (1966), on view at the GAMeC in Bergamo. pag. 175 The luminous, welcoming living area of the Riva 90’ Argo is in contact with the outside thanks to enormous glazed walls. Andersen Slim sofa by Minotti, and the Litt coffee table by Acerbis. Below, the slim lines of this 28-meter yacht that offers balanced volumes and spaces similar to those of larger boats.

P176. 50 YEARS OF DESIGN

AZIMUT|BENETTI CELEBRATES 50 YEARS OF HISTORY WITH FIVE EVENTS IN FIVE EXCLUSIVE LOCATIONS. AND AT THE CANNES YACHTING FESTIVAL, AZIMUT YACHTS BRINGS THE FLAGSHIP OF THE S LINE, WHERE PAST HERITAGE LOOKS TO THE FUTURE The year 2019 has been one of celebrations: 50 years ago man set foot on the moon for the first time, changing the course of history; and that same year a company was founded in the nautical sector, which has made research and experimentation its strong points, open the way for new perspectives in this field. Azimut|Benetti, a proudly Italian international leader, turns 50 and decides to celebrate this milestone in grand style. “Half a century: an important birthday, where we pay homage to the past,” says Giovanna Vitelli, vice-president of the group. “I take it is a tribute to everything my father has accomplished. This is why we have organized five events in five exclusive locations, representing five decades on our path to success. First Dubai, then New York, then Cannes during the Yachting Festival, followed by Hong Kong, all the way to the festivities at our headquarters in Avigliana.” A yacht that makes its debut in Times Square is a striking idea. The Azimut S6 was no random choice for the occasion: it represents the group’s revolutionary approach to high technology. “The S line is where many of Azimut’s innovations first see the light, starting with the windows – which we can observe today on all yachts, to some extent – placed in a structural part subject to the force of the sea, where it seemed impossible to insert glass: this innovation has not only opened up cabins to the light, but it has also set a real trend. The first such boat was the Full 62S,” Giovanna Vitelli says. Azimut is a company that has always invested heavily in research: in recent decades the firm has set aside 500 million euros for this purpose. Innovation has always been the main thrust, in developments that have set trends: the elliptical windows, the rounded profile of the superstructure, the large square windows at the center, the use of unusual materials like carbon fiber in the superstructures. The story of Azimut also includes the creation of new archetypes, also thanks to original stylistic solutions. “We want to change the language of luxury in a sector that has always thought it could be achieved through opulence and precious details.” The group has worked with the finest yacht designers in the world and talents from various sectors, always in search of innovative input. Like the fertile interaction with Achille Salvagni, who for some time has designed the interiors of many yachts of the group, from 60 feet in length up; or with Vincenzo De Cotiis, who will be seen next year on the new Magellano 25-meter (he is both

a designer and an artist); or with the European duo based in New York, Enrico Bonetti/Dominic Kozerski, very eclectic designers who have worked on the Benetti Oasis project. In this perspective, Azimut also recently launched a project with Alberto Mancini: the S10. “It is no coincidence that the flagship of the S series is appearing during the 50th anniversary: this is the line that contains the most novel developments,” Giovanna Vitelli explains. The S10 represents an original open yacht concept, bringing the yachtsman closer to the sea, almost like a sailboat. The 28 meters of light combine three concepts and three images: the elegance of the megasailer (large sailing yachts), the architecture of a modern villa, the character of a sports car. The perception is that of a large sailboat: the central well deck, slightly recessed and sheltered, is the fulcrum of socializing, the perfect refuge for relaxation. “This characteristic might seem alien to a sports boat with very taut, trim lines. Actually the concept takes its cue from the motorsailers of the past, distant only in appearance from the idea of a sports yacht. Alberto Mancini has managed to create a contemporary boat, generating outdoor spaces that like a refined villa at Malibu has three levels of terraces, gradually descending towards the sea. The well deck typical of sailboats of days gone by has elegance and comfort not normally found on sports models. A central staircase offers access to the fly deck at the stern: this is an important design element made in carbon, almost a spinal column that brings out the unique character of the well deck. The references to car design (hailing from the background of Alberto Mancini) can also be seen in the muscular image of the body. “What does the S10 mean for Azimut? It is a boat that contains the whole legacy of our past, while looking to the future,” Giovanna Vitelli concludes. “In symbolic terms, it represents our generational turnover.” D.S. CAPTIONS: pag. 176 Right, the Azimut S6, displayed in June in Times Square, New York, for the celebration of the 50th anniversary of Azimut|Benetti, represents the revolutionary attitude and high technology of the group. The S line is the range that has launched many innovations, starting with the windows on the hull, now see in nearly all modern yachts. Above, clockwise from left, the Targa, Bali, Az 68S, Magellano 74, Azimut Grande and Azimut 72S models: all iconic yachts built by Azimut that have opened up new frontiers in yacht design. pag. 178 The S10 is the new Azimut. Designed by Alberto Mancini, it is the flagship of the S series: not by chance, it has been launched for the 50th anniversary of the brand, because the S line is the one that introduces major breakthroughs. In 28 meters of length, three concepts are combined: the elegance of a large sailing yacht, the architecture of a modern villa and the character of a sports car. pag. 179 To the side, preliminary sketches show the sporty lines of the S10, influenced by car design. Below, the well deck with a central staircase leading to the fly deck at the stern: an important design feature, almost a spinal column that makes this area unique.

P180. ASYMMETRY IS AN OPPORTUNITY

BERNARDO ZUCCON NARRATES A VISION OF ARCHITECTURE THROUGH THE NEW SL 102, CONSIDERING HOW INNOVATIVE PROJECTS ARE DEVELOPED, AT THE SERVICE OF HUMAN BEINGS. ALSO WITH UNEXPECTED IMPRESSIONS To explore and to take new paths. To seek new solutions and to push the envelope of nautical design. These are the factors shared by the design studio Zuccon International Project and the Sanlorenzo shipyard, leading to fertile interaction in the creation of the first asymmetrical yacht, the SL102. An idea of Chris Bangle, the brilliant car designer, developed for the Liguria-based shipyard by Bernardo Zuccon. A revolution? I don’t like to talk about revolution. We need to be respectful of those who have truly revolutionized something. I’d say there has been a path of typological experimentation. In practice, we have examined housing typologies also in the nautical field, as happened with civil architecture. With asymmetry we entered uncharted territory, like creating a market niche inside a very competitive context. A different viewpoint. So architecture is a question of viewpoints? Architecture feeds on viewpoints, and only in this way can it create impressions. As in photography: a place shot from different angles, with the help of light, can convey very strong emotions. And where is the human factor, in all this? At the center of the project. Always. Many is our center and the sea is our infinity. That’s how I see it. I was trained in civil architecture. The boat is a place. Le Corbusier, the quiet poet of rationalism, teaches us – as Leonardo did before him – that man is the reference point. Architecture is the tool to permit man to live better. So this is why you have brought asymmetry to yacht design? I didn’t choose to make an asymmetrical boat; I was asked to do it. I had never thought about it before. But when I heard about it a whole world opened up, and I believed in the idea. Asymmetry in boat design is not a new concept, but I thought it could be put at the service of human beings. How? Architecture is a set of viewpoints. Through asymmetry we augment the possible scenarios (and viewpoints). Let’s think about being on a conventional yacht: looking outside, to the right or the left, our nervous system perceives the same relationship with our surroundings. But if we go on board an asymmetrical boat, the viewpoints change. For me, this means granting man a new


experience, which also offers advantages. Like? On a banal level, it offers more square meters. The saloon becomes larger precisely because an external lateral gangway has been eliminated. The distance from the sea is also reduced, because the whole space is placed against the glazing: the sensation is one of being suspended over the water, while being inside. Nature is one of the focal points of the design, it seems… Of course. Frank Lloyd Wright, the father of organic architecture, took harmony with nature as his inspiration. The Fallingwater house is the classic example of the lack of a need for symmetry in the construction of a space. In that project by Wright there is an apparent chaos, which in the end is translated into great harmony. Exactly like the SL102. What is asymmetry for you: a starting point or a destination? It is neither. Apart from the success of this yacht (one year after the first, we are already coming out with its younger sister, the SL96), this experience has allowed me to have a more elastic approach to design. Our new boats are feeding on this experience, but that does not mean that they will all by asymmetrical. I am trying to create an evolution in how people experience yachts. I believe that nautical design needs stimuli, not stylistic suggestions. There is a tenet of Buddhism I have made my own: every problem is a potential opportunity. Mine is asymmetry. D.S. CAPTIONS: pag. 180 SL102 is the first asymmetrical yacht. Now, for the new SL96, the classic layout has been revised: a gangway still exists on the starboard side, while on the port side the lateral passage has been placed on the roof (as can be seen in this view towards the bow, and in the photograph to the right). The new configuration makes it possible to recoup about 10 square meters of internal space. Particularly in the living area, which has a large balcony on the bulwark to the right, and a full-height window over the sea to the left. pag. 181 The Sanlorenzo shipyard has turned to Zuccon International Project to create the new SL96. Founded in Rome in 1972 by the architects Gianni Zuccon and Paola Galeazzi, the firm is an authority in the field of international yacht design. Today it is guided by the next generation, Bernardo (in the photo) and Martina, focusing on architecture and industrial design in a range of applications, with a multidisciplinary approach.

P182. ANYWAY YOU WANT ME

BAGLIETTO PRESENTS A NEW LUXURY EXPLORER CONCEPT WITH A LENGTH OF 43 METERS, WHERE FLEXIBILITY, VOLUMES AND INTERNAL TRANSPARENCY ARE THE MAIN FEATURES OF THE DESIGN. A YACHT THAT CONVEYS A SENSE OF FREEDOM, TO NAVIGATE AT ANY TIME, ANYWHERE, WITH THE ELEGANCE AND COMFORT OF A HOME AND THE PEACE OF MIND OF A BIG SHIP Not everyone really cares about the happiness of others. Baglietto, a historic name in Italian shipbuilding, founded in Varazze in 1854, has made this into a tradition of quality and innovation, its strong points at the service of human beings. The Liguria-based shipyard (how with headquarters at La Spezia) recently assigned the lines of its future yachts to different designers, so that clients can choose from models with different platforms, of varying length (40 to 70 meters, also with hybrid propulsion) as well as different architectural styles. The new projects include an explorer of 43 meters created by the Milanbased firm of Santa Maria Magnolfi. “Valentina Magnolfi and Federico Santa Maria have perfectly combined the design of a yacht much in demand on the market (the explorer) with a military tradition we greatly admire. At the same time, they have conserved the recognizable image of the brand,” says Michele Gavino, CEO of the shipyard since 2015. And there’s more. This 43-meter vessel, full of innovations, picks up on the stylistic legacy of work boats and, obviously, from yachting. “We had already done a 48-meter explorer with the studio Paszkowski Design, developed on a tested platform, but with this 43-meter we started with a clean slate,” Gavino explains. Maximum flexibility: this is the key idea of the project. So much so that the 43-meter explorer presented at the latest Monaco Yacht Show (more technical, with a workshop, a small storeroom and a larger area for landing helicopters) has undergone substantial modifications to respond to the desires of an owner who loves fishing and exploring close to the shore. “The requirements included not only a six-meter tender, but also a 28-foot sportfisherman,” Gavino explains. “So a precise need has led to a new version (the Sportfisherman Explorer 43.meter shown on these pages, ed.), which instead of the helipad uses that area for the tender and the fishing boat (or a sailboat), creating new service areas that can be used in different ways.” All the spaces of the Explorer 43.meter can be reshaped. “It is an ideal boat for traveling in hot or very cold climates,” says Federico Santa Maria. “For example, the open dining area on the upper deck can be completely enclosed by sliding windows with climate control, while the staircase leading from the main deck to the lower deck can be connected to the main living area by means of sliding glass panels.” Visibility and contact with the outside, along with flexibility, are ulterior leitmotifs. The sundeck, for example, is a true observation zone, with essential furnishings; the deck has not be clad in teak but painted; a quarter-deck (a raised observation area) has been designed using tubular structures with an almost military style, slightly revised in the details and finishes: this zone is ideal for watching wildlife, a

relaxing pastime for the owner and his guests. All the internal spaces have large, luminous windows. Vertical elements with metal finishing convey an image of safety and solidity. Alternating with the tones of natural materials, they form a backdrop for objects from faraway countries that always narrate new stories. The continuity of the spaces is a constant: “There are internal finishes that also continue outside, and vice versa, so each space seems like an extension of the last,” says Federico Santa Maria. “The interiors have also been conceived to offer a place in which to spend long periods of time, like a home, so they feature refined objects that narrate life on board and travel experiences.” The main deck provides a large living area with full-height windows at the sides to flood the space with light. A sort of winter garden, treated as an outdoor area but closed by glazing with climate control, functions as a filter towards the stern. “It is internationally like a winter garden in a work of civil architecture,” says Valentina Magnolfi, “an intimate space to use during moments of bad weather.” In the Sportfisherman version the stern area usually set aside for a garage is completely redesigned: no longer housing the tenders, it can open to create a sheltered conversation zone, for the daytime and the evening, with a panoramic view and easy access to the sea thanks to a transformer system. “This boat has another advantage,” says Michele Gavino, “which is its exceptional volume for a length of just 43 meters, and this has allowed us to give the owner a totally dedicated deck.” The upper deck has an area of 58 square meters, where the living spaces can be private or made available to all. The very luminous cabin has windows on three sides for a spectacular view towards the bow. Outside, beyond a dining zone and a sunbathing area, there is a very large space which becomes an ideal setting for parties and entertaining when the tender and sportfisherman are removed. Another attractive feature is the volume of the wheelhouse (36 square meters) equipped with a glass observation zone all around (also in the floor), perfect for travels in Arctic seas, and joined by an observation deck. The lower deck contains four guest cabins. The crew zone, on two levels (main deck and lower deck), has its own passageways so as not to interfere with the privacy of the owner and his guests. In this model, the layout also permits creation of wine storage spaces with controlled temperature and humidity, and a refrigerator cell for the conservation of fish. There are also places for gathering trash, because this boat is not only flexible but also sustainable: it will be built, in fact, with recyclable materials. D.S. CAPTIONS: pag. 183 Maximum flexibility: this is the key concept of the project. The Explorer 43-meter presented at the latest Monaco Yacht Show, with a workshop, a storeroom and a helipad (below), has been modified to meet the needs of an owner who wanted a 6-meter tender and a 28-foot sportfisherman. Hence the new version, the Explorer 43-meter, with versatile new areas. pag. 184 Visibility and contact with the outside are another leitmotif of the project. The sundeck (lower left) is a true observation zone, with essential furnishings; a quarter-deck (a raised observation zone) is designed in almost military style. Below, the owner’s cabin with its panoramic view on three sides towards the bow. pag. 185 The rooms are set off by large windows. Vertical metal posts offer an image of safety and alternate with natural materials. Scattered everywhere, objects narrate the theme of travel. The interiors are like a home, a place in which to spend long periods of time.

P186. THE TRANSPARENT BOX

ARCADIA 105 IS A YACHT THAT OFFERS CONTACT WITH THE SURROUNDING ENVIRONMENT. DESIGNED BY HOT LAB, IT IS A 30-METER WHERE LARGE OPENINGS, SOLAR PANELS, BIG TERRACES AND HIGH-PERFORMANCE GLASS COMBINE TO CREATE AN EXCLUSIVE RELATIONSHIP BETWEEN HUMAN BEINGS AND THE SEA “When we start on a new project, first we look at the box, and then at its contents.” This is how Enrico Lumini introduces the design philosophy of Hot Lab, the yacht design firm founded in Milan in 2004 with two other partners. A philosophy that is clearly visible in all the group’s works, as recently applied in Arcadia A105, winner of the World Superyacht Awards 2019. 32 meters of design, with a strong emphasis on environmental sustainability, thanks to hundreds of photovoltaic cells. “We generally begin by thinking of our space as a box, and how we can work on its faces: to extend, to raise, to open. We began like that with the Arcadia A105, and in the end we achieved a ‘break’ in the container, almost to the point of making it vanish.” The Arcadia project already existed, and it had life in the open air as part of its heritage; the shipyard asked Hot Lab to develop the design, with an accent on the relationship between human beings and the sea. This is the same focus of today’s residences immersed in nature. “Therefore three of the six sides of the ‘Arcadia box’ have become windows that can be completely opened, without walls, while the two other horizontal surfaces, floor and ceiling, have been done with the same type of color and material, to bring them together, creating the effect of an explosion and an opening to the outside world,” Lumini explains. “The saloon has also been halved and then opened towards the well deck, inserting glass everywhere, at the stern and on the sides; the staircase leading to the upper deck is also in glass, with a railing composed of a structural wall in glass. Two sliding doors with removable terraces underscore the outdoor use of the boat; the bow cabin is a veranda, like a winter garden.” Arcadia is the first shipyard


with which Hot Lab has worked directly, since the relationship is generally with the yachtsman. “We listen to how they imagine their dreams, and we translate them into reality,” Lumini continues. “This is why every boat is different from the others, a one-off, otherwise we could not have created the Baroque style of Ipanema, a 50-meter Mondomarine (2015), and two years later the hypermodern design of Arcadia. We work on the project as a whole, but while changes to the exterior are rarely requested, the interiors are where a fertile debate emerges: this is where the owner lives, and formulates his image.” At Hot Lab clients arrive from Mexico, the Middle East, America, and empathy is the key concept. “The stubborn desire to create and to innovate has made us strong since the very first project (the Noor, a 37-meter by Bilgin Yachts), because we have always turned to artisans and technicians, discovering how they operate, to understand and to learn from them.” Hot Lab works on yachts from 30 to 70 meters in length, where everything is custom-made, not just for sailing, but also for entertaining. “At the moment we have eight yachts under construction (seven for private clients): four will be launched in 2019, three in 2020; one will not be ready until 2022,” explains Antonio Romano, designer and founding partner for marketing and strategies. “Yachts are our core business, but making them with the same comfort and luxury as a home has led to requests for residential and contract projects over the last two years. We will soon be designing a line of outdoor furniture, and in October the first boutique hotel of our design will open in Turkey, in the north of Thrace, where the ancient Romans had vineyards.” Naturally every room has been designed to meet the tastes of major wine products. So nature is always part of the project. D.S. CAPTIONS: pag. 187 Hot Lab has worked on the already existing project of Arcadia. The 105 has been developed to emphasize the relationship between human beings and the sea. Note the living area, right, and the sky lounge, below: the yacht can be totally opened, and reflections are created on the ceiling that bring the outdoors inside. On the facing page, Arcadia 105 is equipped with solar panels to limit the use of generators. Above, Antonio Romano (left) and Enrico Lumini, founders of the design studio Hot Lab, based in Milan. International clients request not only splendid ‘floating villas’ but also residences and hotels.

P188. IN SYMBIOSIS WITH THE LANDSCAPE

BENETTI, PART OF GRUPPO AZIMUT|BENETTI, THE WORLD’S LEADING PRODUCER OF MEGAYACHTS, STANDS OUT FOR CUTTING-EDGE TECHNICAL AND AESTHETIC SOLUTIONS. AS EPITOMIZED BY OASIS 40M. A PROJECT PACKED WITH ARCHITECTURAL NUANCES TO PUT MAN IN TUNE WITH THE ENVIRONMENT Research and development of innovative codes and objectives to achieve, investment in advanced technology, capacity to attract talented designers, historic financial solidity and, last but not least, a capillary service network all over the world. These are the assets that tell the story of Gruppo Azimut|Benetti, the leading worldwide producer of megayachts for the 19th consecutive year according to the Global Order Book 2019 (the rankings of the magazine Boat International, based on effective orders for yachts over 80 feet in length). In Livorno, in just 100 days, as many as three gigayachts were launched, over 100 meters (including the 108- meter flagship), and in Viareggio, in the same time span, three yachts made their debut in the Class category (yachts of various types, from 95 to 145 feet). “An important achievement that represents a stimulus for us to continue along our path,” say the president Paolo Vitelli and his daughter Giovanna, vice-president of the group. “The only driver that will never weaken for our company is the desire to constantly push our limits.” Benetti is a great foundry of new ideas, new projects through which the Tuscan shipyard introduces stylistic elements capable of translating the dreams of yachtsmen into reality. As in the case of Oasis 40M (41 meters overall, to be precise), the new model that will be launched in 2020: a displacement yacht in fiberglass designed by the English firm RWD, which interprets the use of spaces in a contemporary way to offer owner and guests direct contact with the sea. Restful coolness, relief and regeneration to experience in the most complete comfort, in terms of a relationship with the water that is reinforced by every design detail. Everything contributes to emphasize the symbiosis with the landscapes encountered along the way: from the enjoyable area with an infinity pool a few steps away from the sea, to the high interior spaces, the original layout, and the leading role played by the natural light that floods all the rooms. The focal point of the ambitious project, created in collaboration between Benetti, the English studio RWD and Bonetti/Kozerski based in New York, is to guarantee time on board that alternates more dynamic moments with others of total relaxation. “To approach the concept,” says Adrian Chisnell, Team Principal of RWD, “we have rethought the classic notion of life on board. Today’s yachtsmen use the boat in a way that is different from the past: this yacht reflects new, more dynamic and less formal habits, and it is aimed at an active, curious owner who doesn’t spend much time sunbathing, because he prefers to explore and to enjoy the places visited in his travels.” The interiors are by the eclectic designers Enrico Bonetti and Dominic Kozerski. “Research on eclecticism is important in order to bring new ideas based on con-

tamination,” says Giovanna Vitelli. “Both designers came up in the studio of Peter Marino and have then worked in various areas of architecture, from residential to retail to hotels. Today they are also working on the project for a new headquarters of Pace Gallery in New York. In short, they are very open architects, stimulated by different worlds and experiences: a true resource for the Oasis project.” The interiors stand out for a casual-chic style based on the use of materials, color combinations and forms of furniture, all oriented towards sober elegance. The decor, which alternates pale leather, cowhide and rosewood in more tenuous, luminous tones, defines a space with clear references to a large loft, with fluid indoor-outdoor continuity, where multifunctional areas can be enjoyed at any moment throughout the day. “The spaces,” Enrico Bonetti explains, “transmit a sense of calm thanks to classic wood varieties that express quality and measured elegance, with a harmonious fil rouge of materials and colors flowing seamlessly through the various spaces.” On the main deck the owner’s suite is a true apartment with a private balcony, a kitchen and an enormous living area in place of the traditional saloon, with perimeter glazings overlooking the sea. Access is provided from this zone to the beach terrace at the stern, which becomes enormous at anchor thanks to two lateral platforms. The wheelhouse is also original, conceived for the first time as a salon with large windows, a lounge zone with sofas and seating and a comfortable workstation: a steering console, a relaxation area and a chart table, in a single space where guests can spend time, enjoying the navigation. Olimpia De Casa CAPTIONS: pag. 189 Fluid lines, sober elegance and multifunctional areas are the earmarks of Oasis 40M, the yacht by Benetti that will be launched in 2020. Created for informal use, the project is packed with details that emphasize the profound, close bond with the sea. This is clearly visible in the beach area at the stern, which at anchor literally opens out over the water. pag. 190 Full-height panoramic windows, enveloping furnishings and a casual chic atmosphere coexist in the comfortable zones of the yacht to make use of the spaces come naturally, in seamless interaction with the surrounding landscape. The lounge on the upper deck is a airy, relaxing corner perched over the sea, to enjoy at any time of day. pag. 191 The interior furnishings reflect all the skill of the master craftsmen, focusing on a timeless taste for refined and reassuring atmospheres. Pale leather, cowhide and rosewood in tenuous, luminous tones join sober fabrics and light curtains that enhance the private areas without weighing them down. The artificial lighting has been carefully designed, and a sense of peace and harmony pervades all the spaces, especially in the remarkable owner’s suite with its exclusive view of the sea.

P192. DESIGNING A VOYAGE

MATERIALS, AROMAS, COLORS OF FARAWAY LANDS IN THE PROJECTS OF GIUSEPPINA ARENA, REFLECTING A STRONG BOND WITH THE SEA AND NATURE. IT HAPPENS ON BOARD THE DYNAMIQ 165, LIKE A LUXURIOUS MALDIVES BUNGALOW The theme of the journey is an integral part of the concept of a boat. If it is also a reason for living, the act of designing cannot help but strive for new horizons. For Giuseppina Arena, an architect of Sicilian origin based in the USA since 2013, the voyage is the start of everything. “Flavors, odors, colors, habits, anything can be a stimulus to open your mind. Every project is like a new exploration, always different in the sensations I try to convey. What is a yacht if not the symbol, par excellence, of a journey? I’ve lived in many cities, visited many countries: changing your vantage point can help you to hone your senses, to understand people better.” Her background in architecture, studied in Florence, the cradle of art and crafts, has allowed her to delve into knowledge of materials and finishes, in order to create bespoke projects. Working for many years in the United States has given her an international perspective, which is fundamental today for a global approach to design. But for Giuseppina Arena the bond with the sea is indispensable. “In most of my works I try to keep the relationship with the immensity of the sea as alive as possible, through concepts that bring it to the fore, in all its freedom and its inexorable power.” Just as architecture is no longer just a place of protection from the weather, so yachts are no longer simply a means of transportation, but objects that have achieved their own identity, beyond function, through the pursuit of distinctive signs and stylistic characteristics, unique and increasingly sophisticated. This is what happens in Dynamiq 165, whose interior design – assigned by the shipyard to Giuseppina Arena – suggests a refuge in the Maldives. “The client wanted the feel of a luxurious bungalow for this 50-meter yacht, along with the perception of being close to the water, as on an atoll. The large full-height windows, part of the project by Dobroserdov Design, permit this spatial interconnection; I have also worked on the heights, materials and colors.” And there’s more. The ceiling has been designed using architectural elements of the Maldives style, with a slope typical of the island cabins. The materials are all natural, like the wooden slats of the walls or the rugged stone of the floors, in some portions suggesting the texture of waves on the sea. “Furnishings have been made to measure, combined with pieces by Bottega Veneta Home, with splendid leather weaves that remind us of local crafts traditions and go well with the furnishings I have designed with weaves of bamboo, enhanced in some cases by a lacquer finish.” On board, in the aft beach deck, there is also a spa: “it lets you feel like you are in a 5-star resort on the


island of Kuramathi,” Giuseppina Arena says. Because relaxation and wellness are part of the idea of the journey. D.S. CAPTIONS: pag. 193 In the renderings, the interior design by Giuseppina Arena (in the portrait on the facing page) for the Dynamiq 165, full of suggestions of the Maldives. After having worked with important shipyards, the architect is now based in the United States. In her studio in Miami she designs yachts, luxury residences, private jets and showrooms.

P194. ORGANIC ALCHEMY

ROSETTI SUPERYACHTS PRESENTS A NEW SUPPLY YACHT, A VERSATILE BOAT WITH UNUSUAL GEOMETRIC LINES. A 52-METER CREATION THAT TAKES ITS CUE FROM NATURE, WITH MANY ZONES FOR LIVING IN DIRECT CONTACT WITH THE SEA, EVEN FROM THE INSIDE “We wanted to offer a more innovative line to the market, different from things already seen. So we searched for an original idea that could combine our spatial requirements with a new form. We relied on a young designer to create a yacht support vessel.” Fulvio Dodich, Partner and CEO of Rosetti Superyachts (RSY), introduces the concept behind this 52-meter designed by Giovanni Griggio of Phi Design Lab. A yacht whose architecture takes its cue from nature, to the point of remaining totally connected to it. And there’s more. With this 52-meter boat Rosetti Superyachts has produced a model that combines two typologies usually destined to exist in a separate but complementary way: a luxury yacht and its supply vessel (the auxiliary boat on which the owner can place the “toys” for navigating and fun, such as inflatable slides, stand-up paddle boards, jet skis, diving gear and small boats, including sailboats). Here the two units are practically combined into just one, without altering the livability of the spaces. Anything but. “With this concept,” Dodich continues, “we wanted to demonstrate not only our ability to make explorers, supply vessels and support vessels, but also our flexibility through which to propose concepts that are different from a normal yacht. Griggio is a brilliant young designer, who has immediately understood the shipyard’s DNA: its orientation towards the building of extremely solid and safe commercial boats, capable of coping with any conditions at sea. Nothing prevents us from adapting lines, hulls and performance to the needs of an owner who is looking for a more traditional superyacht.” So the goal was to propose a versatile yacht that could adapt to different needs on board. “The spacious and livable design, outdoors and indoors, offers a range of different possibilities,” says Giovanni Griggio, “Large windows offer more direct contact with the outside, as well as an amazing view.” The interaction between interior and exterior is very clear on the main deck: 142 square meters of aft deck, typical of a supply vessel, connected to the inner living space by two large sliding doors, and equipped with a helipad or a swimming pool, a solarium and a lounge. The aft garage can be transformed into a beach club of 80 square meters by opening two lateral terraces on the sea. Towards the bow from this area there are a fitness room and a spa, with a sauna and a Turkish bath, lit by natural light that enters through the glass bottom of the swimming pool on the upper deck. Light, nature and organic forms represent the alchemy and the distinctive features of this seagoing work of architecture. The saloon, in continuity with the deck, opens laterally thanks to two movable terraces. Full-height glazings floor the interiors with light and offer remarkable vistas. “The design of the living area features a central island that contains sofas, leaving plenty of room at the sides to enjoy the external view,” Griggio explains. “I believe that nature is an endless source of inspiration, and this has been the stimulus for a structural and decorative features that returns in the various spaces of the yacht: the veins of leaves that contain their sap have generated the web motif of the partition between the living and dining areas, repeated in the beach area and on the sides, as if to bring life to every part of the vessel. A perfectly harmonious, integrated system.” The owner’s suite at the bow of the main deck extends for the full width, with a walk-in closet, a private studio, a bathroom with dual access and a private steam bath. Nothing has been left to chance. The decor is packed with original solutions, like the headboard clad in stone containing a diffused lighting system. “Flexibility also means being able to mix the spirit of an explorer with very elegant details and finishes typical of a luxury superyacht,” Fulvio Dodich says. “We have paid close attention to the external lines, but also to the internal layout of the spaces and their furnishings. The yachtsmen who have already shown interest in this 52-meter were struck by exactly the same things we like: the originality, versatility and new design, the clear lines and forceful character.” D.S. CAPTIONS: pag. 195 The concept of this di 52-meter supply yacht by Rosetti Superyachts can be adapted for different needs, since the ample on-board spaces offer various configurations. The aft deck of 142 square meters, typical of a supply vessel, is connected to the internal living area; it provides a helipad or swimming pool, a solarium and a lounge. The aft garage (below) can be transformed into a beach club of 80 square meters by opening two terraces facing the sea at the sides. pag. 196 Giovanni Griggio has done the concept for this supply vessel for the Ravenna-based shipyard RSY. Founded in 2017, Rosetti Superyachts is a division of Rosetti Marino Group, a shipyard specialized in the construction of offshore/inshore platforms, commercial vessels and tugboats. pag. 197 Luminosity and ample living

spaces, from which to enjoy the panorama thanks to full-height windows. The owner’s cabin also has generous proportions; it is located at the bow of the main deck and extends for the full width of the boat. The decor is full of original solutions: the headboard of the bed, for example, is clad in stone and contains a diffused lighting system.

P198. HARMONIOUS DETAILS

LAURA SESSA CREATES THE INTERIOR DESIGN OF THE NEW SL96 ASYMMETRIC, INTERPRETING THE ‘MADE TO MEASURE’ PHILOSOPHY OF THE SANLORENZO SHIPYARD. VERY PERSONAL INTERIORS WITH A MEDITERRANEAN CHARACTER, WITH GREAT ATTENTION TO DETAIL “I don’t like to totally force myself onto things. Whether it is a boat or an apartment, it has to be lived in by the client. So I try to translate the tastes of the owner into a harmonious space. There has to be a relationship of mutual esteem and respect, which is the only way to achieve good results.” This is the approach with which the architect Laura Sessa, at the helm of a studio that bears her name, founded in 2000 at the gates of Rome, likes to delve into every new interior design project. An attitude that emerges in all its expressive impact in the new SL96Asymmetric 29-meter yacht by Sanlorenzo, which will make its debut in 2020 at Boot in Düsseldorf. With a totally personal touch, Laura Sessa has translated the ‘made to measure’ philosophy of the shipyard in her own way, to “transform the client’s dreams into reality.” She has honed this ability by working on many large yachts. “To fully respond to the requests of the owner, I think it is important that they take part in the process from the outset, from the layout to the decor, as well as interacting for the outdoor spaces with the yacht designer: decisions are thus made together, everyone makes his own contribution, regarding how to divide spaces and volumes. It is fundamental not to work in separate, sealed compartments. I pay constant attention to details and personalization, which leads to truly unique projects.” The unique character of the SL96Asymmetric lies in the asymmetrical design that creates new scenarios and vantage points, also in the study of the interior design, the harmonious proportioning of every space. The coherent approach also extends to the choice of materials and finishes, creating a sense of homogeneity in all the spaces. The colors are those of the Mediterranean, a distinctive touch in all the architect’s projects, derived from a childhood spent in Greece. The strong point of the yacht is the main living area, which thanks to the larger interior space permitted by the new layout can host a large dining area with full-height windows facing the sea, on one side, and a sitting area that opens onto a balcony on the other. “This has made it possible to fully exploit the light arriving from the lateral windows and the aft zone,” Laura Sessa explains. Another distinctive feature is that of the mirrors in the lobby, utilized to augment the perception of spaciousness. The SL96Asymmetric has four cabins with en suite bathrooms, including two for guests and a VIP cabin on the lower deck, and the owner’s cabin on the upper deck. “The VIP bathroom opens completely thanks to sliding mirror doors to create a perspective effect that conserves the necessary privacy. The master cabin stands out for its organization on two levels, with the bathroom and the bedroom zone placed over the dressing room, open to view and recessed to exploit the luminosity provided by the skylight. All the details, lamps, handles, cushions and slatted headboards, are custom-made to underscore the formal harmony and the connection between the two spaces.” The unique quality of the interior design is an emblem of all the works by Laura Sessa, including the semi-custom yachts of the 171 (then 180) series of the Dutch shipyard Amels, for which she made her first independent project (the 52-meter Lady in Blue), launching a fertile collaboration in 2005 that has led to the creation of as many as 25 yachts. Besides Sanlorenzo and Amels, the studio now works with the German shipyard Lürssen (including the interiors of Madsummer, the new 95-meter slated for delivery this year), the Dutch Oceanco (a new project) and the CRN shipyard of Gruppo Ferretti, for which Sessa has created a 79-meter yacht ready to make its debut, the 60-meter Mimtee (now Ramble on Rose), and the 80-meter Chopi Chopi. “A pipe dream? I have many. One has become a reality, but not in the field of yachts. I hope I’ll be able to show it off one day.” Olimpia De Casa CAPTIONS: pag. 199 The interior design by Laura Sessa for Sanlorenzo conveys a strong sense of unity and consistency. The architect of Milanese origin once lived in Greece, where she absorbed the freshness of Mediterranean colors. She has worked with leading names in architecture like Mario Gottardi, Giorgetti & Magrini, and in the 1980s in Paris she collaborated at length with Alberto Pinto. In 2000 Laura Sessa opened her own studio at the gates of Rome: she focuses primarily on yacht interiors, working with the most important international shipyards.

P200. EMOTIONAL EVOLUTION

A CONTEMPORARY REINTERPRETATION OF THE MOTORYACHT CONCEPT, MIA 6.3 REPRESENTS TO THE RETURN OF CANTIERE NAVALE FRANCHINI. WITH A LENGTH OF JUST 19 METERS, THE BOAT CAN BE COMPLETELY OUTFITTED TO MEET THE TASTES AND DESIRES OF THE CLIENT. EXACTLY LIKE A BIG YACHT Back on the scene, with style. After a five-year break (2012 to 2017, the year of the new project), Cantiere Navale Franchini returns to the yachting mar-


ket, relying on a history with deep roots, passed down from generation to generation. In 1946, the shipwright Guido opened a small shipyard at the port of Riccione. His son Massimo, fresh out of architecture school in 1977, transformed it into a modern business specializing in the production of sailing yachts coveted all over the world, thanks to the legacy of craftsmanship left by his father. In 2004 Massimo designed and produced Emozione 55, an elegant Mediterranean lobster boat, of which 35 specimens were built, still found today on the market for used yachts at very high prices. With the project of Mia 6.3, a 19-meter motoryacht, Franchini’s goal was to repeat the success of Emozione, wagering on maximum personalization. On a compact basic platform, the owner can choose between four configurations and various internal layouts, opting for a decor that meets his desires. “When I decided to resuming my design work,” the architect Massimo Franchini says, “I was thinking about the success of Emozione 55, and at the same time I felt the need to propose an ‘emotional evolution,’ a contemporary interpretation of the concept of the motoryacht. Mia is a project full of innovation and technologies, but with a harmony of forms that links back to my real roots. Taut lines and slender dihedral angles, ample volumes for excellent internal livability, while keeping the low, sleek waistline of the predecessor.” An enjoyable runabout with large open spaces, available in four versions (Open, Bimini-Top, T-Top and Hard-Top), with lengths from 33 to 77 feet, offering infinite possibilities for the interiors. The layouts developed by the architect Marco Veglia call for two, three or four cabins, furnished in different configurations. The decor options are equally flexible, underscoring the high level of customization appreciated on the market today. The layout of the first specimen, the Mia 6.3 T-Top, which makes its debut at the Cannes Yachting Festival and the Genoa Boat Show, calls for three double cabins with three bathrooms, in an overall area of 55 square meters. The owner has a central suite that exploits the entire length of the hull, composed of a cabin with a separate walk-in dressing room, a beauty corner, and a private studio and sitting room. The guest cabin, offered with single beds in an L formation, can also be furnished with a queen-size bed, while the VIP cabin, at the bow, replicates the style and spaciousness of the owner’s suite. The first unit also includes a quarters for the crew, with a bathroom and separate access from the deck. For the interiors, lightened panels by Node Marine, the Marches-based company of Gruppo Cecconi and the main partner of reference of the shipyard, permit reduction of weight and an original look in which reticular geometric patterns blend with the textures of the hull and the superstructure, creating a stylistic effect of indoor-outdoor synergy, in a game of unusual and innovative geometric forms and elements. The main criterion of the new range is that of modular design: Franchini offers a complete base on which the client can add a series of upgrades, known as “UP” to underline the character of expansion. These are additional features assembled on the base platform, in order to create a boat as imagined by the owner. To complete the configuration, the client can also choose from a wide range of water toys, stand-up paddle boards, fishing, diving and swimming gear, while a number of devices supply on-board entertainment. This is a semi-custom concept, normally applied to much larger boats. Massimo Franchini and his team believe that even for lengths now considered ‘compact,’ yachtsmen want to express their own expectations and personality. “The principle still applies,” Massimo Franchini points out, “that a boat should be a boat: the hull, the deckhouse, the bow and the stern remain separate but perfectly homogenous parts, without concessions to graphic features as an end in themselves. Another constant is the maniacal focus on functional quality, safety and ‘atmospheres,’ which have to have a nautical character, guaranteeing the wellbeing of guests.” The new epoch of Cantiere Navale Franchini has been made possible by the encounter between Massimo Franchini and Eros Cecconi, a young Marches-based entrepreneur involved in the production of energy from renewable sources and investment in start-ups and advanced tech companies operating, for example, in the fields of nanotechnology and high-efficiency construction solutions. The models of the range will be named Zoe, Mia and Noah, in honor of the children and grandchildren of Massimo Franchini. Names that will become synonyms for cutting-edge innovation and research. Olimpia De Casa

P204. ARCHITECTURAL DIALOGUE

CAPTIONS: pag. 201 After a five-year break, Cantiere Navale Franchini returns to the market with this 19-meter creation, featuring taught lines and slim dihedral angles, with ample volumes for excellent internal livability. The first specimen makes its debut at the Cannes Yachting Festival. pag. 202 Massimo Franchini, owner of the shipyard, next to the first yacht (below, view from the stern). The boat stands out for large outdoor spaces and comes in four versions (Open, Bimini-Top, T-Top and Hard-Top), for maximum customization. pag. 203 Above, the sporty lines of the first Mia 6.3 T-Top. The layout includes three double cabins, in an area of 55 square meters. The owner has a suite at the center (in the photo below), which exploits the whole length of the hull and includes a separate walk-in dressing room, a beauty corner, a private sitting room (lower right) and studio. The guest cabin, with single beds in an L arrangement, can also be furnished with a queen size bed; the VIP cabin, at the bow, has the same style as the owner’s quarters.

LIVABLE SPACES AND CAPTIVATING DESIGN TOGETHER WITH GREAT PERFORMANCE AND RELIABILITY ARE THE WINNING ASPECTS OF THE CREATIONS OF PARDO YACHTS, A NEW BRAND OF CANTIERE DEL PARDO THAT BRINGS ALL THE FINE POINTS OF SAILBOATS INTO THE WORLD OF MOTOR YACHTS When design is in the DNA it becomes a key to success for an iconic object; and exploration of alternative paths can only lead to novel emotions. This is the strong point of the ‘new’ brand Pardo Yachts, operating in the field of motor yachts as an offshoot of Cantiere del Pardo, which for over forty years has enabled sailing enthusiasts to navigate and make their dreams come true on the Grand Soleil models. Since 1973, the year of its founding, Cantiere del Pardo, an example of excellence Made in Italy in terms of quality, functionality

CREATED AS AN ANNEX OF THE VILLA IN MIAMI OF WEALTHY AMERICAN YACHT OWNERS, THIS 63-METER VESSEL ILLUSTRATES THE DESIGN PROWESS OF ENRICO GOBBI, A VENETIAN ARCHITECT WHO MAKES VERSATILITY IN VARIOUS DESIGN AMBITS HIS STRONG POINT Yacht design and architecture have a very close relationship, especially when it comes to superyachts. But finding the right balance is not always easy. Enrico Gobbi, founder of Team for Design, has made the balanced dialogue of different design ambits his strong point. Partially by background (he has an architecture degree from Italy, and then studied yacht design in the United States), and partly because like all creative people he is curious and likes to explore different directions. Gobbi gained experience in the studio Nuvolari Lenard, and has absorbed the beauty of his native city, Venice, where he has opened his own studio. “Today we work on complete projects, inside and out,” the architect says. “We are working on a large yacht, about 80 meters, because it is what the market wants: yachts that are more like floating villas. The domestic aspect is a matter of aesthetics, however, because the functional and technical sides still belong to nautical design.” With his team, Gobbi has recently created Utopia IV for the Rossinavi shipyard, a 63-meter yacht that won an important international award in London in May, and is the perfect embodiment of Gobbi’s design philosophy, bringing together multiple aspects in total balance: car design, yacht design, residential. “Utopia IV may be the only boat in the world created without the purpose of navigation, since it is more like the annex of a villa: the owners wanted an exclusive place to house guests.” Mr. JR Ridinger and his wife Loren are celebrities in the United States: they wanted a ‘design object’ that would create a close dialogue with the waterfront of their home at Miami Beach. “The silhouette is low and streamlined, almost like a seagoing coupe: a form that lets you see the house when the yacht is moored.” Utopia, in keeping with the owner’s wishes, had to be fast, with a shallow draft to reach bays and places with low water. “It is indeed very fast: it reaches a speed of 27-28 knots. The client loves cars, so he wanted the same kind of performance. But he did not want to limit the interiors. It was a challenge for us to create a sports boat with the volumes of the dwelling. On board, there had to be two saloons with different functions: one for image, to organize receptions with hundreds of guests, and a small one that is more intimate, with the bright colors of the Caribbean.” Loren collaborated on the decorative choices for the interiors, with fabrics by Dedar and Tiffany, pieces by Armani and Hermès, and many custom creations by Team for Design. “Utopia IV is a fashionable yacht, without excess. It is also understated, contemporary. Our objective was to create a modern style, with class, timeless, based on Italian taste with warm highquality materials such as walnut wood. The Ridingers are also collectors; they love art, so they offered us the opportunity to choose important Italian artists and to design a number of works.” Like the objects in Murano glass made with a concept by the studio inside Venetian workshops (including Bisanzio). “Enrico Benetta, an artist who works with letters, has created the helical sculpture Letter Cascade that stands out in the lobby: bringing together the names of people important in the life of the Ridingers, the work becomes a sort of summary of the family’s DNA.” The windows play a very important role: in the living area, on three sides, the yacht seems almost open. “When Utopia IV is moored along the dock you can see the ocean on one side, and the villa on the other. The yacht is a new work of architecture inserted in the residential context; everything has been designed with this in mind, even the measurements, in order to create the perfect balance.” D.S. CAPTIONS: pag. 204 Utopia IV, created by Team for Design of Enrico Gobbi for Rossinavi, is perhaps the only yacht in the world made to be the annex of a villa: a ‘design object’ in dialogue with the home of the owners in Miami Beach, but also a 63-meter seagoing coupe that reaches high speeds in Caribbean bays. pag. 205 The interiors are sober and contemporary. The owners have opted for timeless, classy Italian style, featuring warm materials of the highest quality like walnut wood (below, the living area in the owners’ suite). There are many works of art on board, created specifically for the yacht, like Letter Cascade, a sculpture by Enrico Benetta in the lobby.

P206. SAILING ELEGANCE


and comfort, has created over 4500 boats with refined design, using the finest materials and stylistic details. Starting with this background, in 2016 the company launched new production of motorboats, immediately creating two successful models (Pardo 43 and Pardo 50), while a third will be presented at the Cannes Yachting Festival. “We wanted to enter the motor yacht sector, which is ten times larger than that of sailing yachts,” says Gigi Servidati, president in charge of product development of Cantiere del Pardo. “So we have shifted our experience and know-how gained in over 45 years of work from the world of sailing to that of motors. The success has been enormous, as the numbers demonstrate.” In two years almost 100 yachts have been sold: seventy Pardo 43 and twelve Pardo 50 yachts, and for the new model – the Pardo 38 – the shipyard already has 15 orders. What fascinates clients so much? “I’d say it is the perfect combination of outstanding livability and captivating design: the harmony between these two factors is undoubtedly the aspect with the greatest appeal,” Servidati explains. “To be able to live comfortably, thanks to large volumes, on a boat made with style, elegance and good design.” The quality of the materials and finishes, and the great attention to detail, make these boats paragons of charm and comfort, also offering high performance in terms of navigation and speed. “One of the secrets of Pardo Yachts is that they have ‘inherited’ the soft lines and stylish curvatures of the Grand Soleil sailing yachts, features that have made our sailboats famous all over the world,” he adds. As well as a clean, linear design, with a reverse bow that brings a slightly military look of great glamour. The walkaround solution is interesting, allowing the owner and his guests to move easily and safely along the entire perimeter. The on board spaces are expanded thanks to the swimming platform at the stern (optional) that extends outward, exactly like what happens on superyachts. The T-top, with its structure in carbon fiber, protects and provides shade for the helm and the well deck (with kitchen), thanks to the addition of bimini tops; it is also a functional feature, because it brings better stability to the vessel. The deck is in elegant natural marine teak wood, or in synthetic material by request: personalization is available in all the models, and owners can set up their boats to meet their own tastes and lifestyles. The success of the first unit (the Pardo 43, 13.45 meters) has permitted Cantiere del Pardo to invest in innovation and technologies and to develop the Pardo 50 (presented in 2018), where the focus is on the study of the form and the engineering of the hull. Larger in size (14.95 meters), the model has motors at the center to improve holding even at high speeds. Inside, a large open space is joined by two cabins and two bathrooms (with an optional third cabin for the skipper). The range is completed by the Pardo 38 (12 meters), which shares the excellent design and maximum flexibility of personalization of its sisters, covering the colors and fabrics, as well as two different internal layouts and the possibility of adding sleeping berths in the stern area, forming another cabin. Not bad for a kid sister! D.S. CAPTIONS: pag. 206 The Pardo 43 (above) is one of the new motorboats of Pardo Yachts, sharing the same design as the other models: reverse bow, soft lines and stylish curvatures, typical of the Grand Soleil sailing yachts, are the winning features. The walkaround solution (below, the Pardo 50) permits easy, safe movement along the whole perimeter. pag. 207 Style and elegance in the interiors (below, the Pardo 43): the layout, functionality and details have all been transferred from experience with sailing yachts into the world of motors. Another characteristic is the T-top in carbon fiber (right, on the Pardo 38), which offers shade for the helmsman and stability during navigation. Since 2016 Pardo Yachts has already launched three models (together, in the image) with three different lengths, from the 12 meters of the very new Pardo 38 to the almost 15 meters of the Pardo 50. All the vessels can be personalized by the owner in terms of internal layout and finishing, and are recognizable thanks to the reverse bow, a characteristic design feature of Pardo Yachts.

P208. POWER AND DESIGN

WITH TOP SPEED OF 40 KNOTS, THE PERSHING 140 IS THE FIRST ALUMINIUM SUPERYACHT BUILT IN THE 30 YEARS OF HISTORY OF THE GRAND OF GRUPPO FERRETTI, USHERING IN A NEW ERA BETWEEN INNOVATION AND TRADITION Sporty lines like a coupe, a military hull for solidity, large spaces as in a luxurious villa. These are the distinctive traits of the new Pershing 140, which with its length of 42.53 meters opens up a new era in the 30-year history of the brand of Gruppo Ferretti. It is the result of collaboration between the strategic product division of the engineering department of Ferretti Group and Fulvio De Simoni, founder of Italprojects, who since 1985 has designed all the models of the brand. “Pershing 140 is a very innovative yacht, in keeping with the brand’s DNA,” the architect says. “At the same time, we have thought about a change that would be as non-invasive as possible, safeguarding the iconic design features that make every Pershing recognizable at first glance.” Powerful but slim forms, in line with the sporty spirit of the brand, made entirely in aluminium: in short, an aggressive yacht, ready to display all its power in the water. Impressive but without being stodgy, also thanks to the elongated forms. The engineering studies focused on an integrated design, in which each

stylistic element is in tune with all the others. For example, in spite of the sporty external lines, the yacht is just as comfortable as a vessel of larger size. The owner’s suite at the bow is wide body, and features a number of aesthetic novelties: it has been created by raising the frontal part of the hull (which from the outside gives the boat dramatic visual impact). The cabin has a double bed, an office corner, a small lounge area, a walk-in closet and two large his and hers bathrooms, and enjoys a striking panoramic view. The whole stern area has been designed to boost the comfort of the owners and their guests: in practice, all the terraces are interconnected, creating a very large open area that culminates in a vast beach club, augmented by three platforms right on the water. The panoramic terrace on the fly deck is also enormous, and can be furnished – like all the outdoor areas – with freestanding pieces; it is accessed from the mezzanine level of the well deck or from the raised wheelhouse. Another outdoor area, for greater privacy, has been organized at the bow, at the height of the master suite: when the boat is moored, this zone reveals a lounge hidden by a platform during navigation. From the well deck one proceeds to the living area, an open space with a dining zone, open and luminous thanks to large lateral windows. There are four guest cabins, of which three are VIP units (two at the stern, one at the bow) with double beds, while the fourth has twin beds. The interiors can be totally personalized to meet the needs of the owner, whose choice of a sports vessel does not imply compromises in terms of elegance, refinement and contemporary style. D.S. CAPTIONS: pag. 209 Large and innovative, the new Pershing 140 is the flagship – and the first aluminium superyacht built in 30 years of history – of this brand that is part of Gruppo Ferretti. With a length of 42.53 meters, it is the first Pershing made at the Superyacht Yard of Ancona, a plant specializing in the construction of superyachts and megayachts in steel and aluminium, over 40 meters in length. Above, the powerful, aggressive lines, almost with a military tone, of the Pershing 140. Below, the large stern area designed with terraces, connected to each other in a fluid path. On the facing page, the modern, contemporary interiors of the first unit, based on alternation of pale and dark tones.

P210. THE GREAT BEAUTY

THE NEW CUSTOM LINE 106’ MAKES ITS DEBUT AT THE VENICE BOAT SHOW AND PROPOSES AN ORIGINAL TAKE ON LUXURY YACHTING. WITH MANY EXCELLENT FEATURES, INCLUDING DESIGN AND ART Streamlined and powerful. Supple from stern to bow, in a thrilling alternation of materials and colors, pale structural surfaces, dark glass. This is the design approach of the very new Custom Line 106’, which made its debut in June at the Venice Boat Show. Drawn by the pencil of Francesco Paszkowski, and developed in collaboration with the strategic product board chaired by the engineer Piero Ferrari, with the Engineering Division of Ferretti Group. The use of spaces and the extraordinary volumes constitute another strong point for this yacht: 220 square meters of outdoor areas, entirely accessible and interconnected. Large windows and full-height glazings for direct contact with the sea from all vantage points. On a stylistic level, the first Custom Line 106’, designed by Francesco Paszkowski in collaboration with Margherita Casprini, replicates the philosophy of the new planing hulls of the brand, while exploring greater formal balance with strong chromatic contrasts in the furnishings and facings. The can be immediately perceived by entering the large open space of 40 square meters, with heights of over 2 meters, organized for the living and dining zones. Here the dominant tone is the flamed sand of the walls and floors, which goes well with the pale and dark hues of the ceilings and the polished ebony of the furniture along the sides. The support columns are covered in cowhide, alongside milled surfaces done with diamond-point workmanship. Many design brands are involved in the interiors, starting with the saloon entire furnished with pieces by Minotti: an L-shaped sofa from the Andersen collection in a cream color, two chairs from the Creed collection in gray, and Gray tables in sheet metal with brushed bronze finish and internal parts in sucupira wood, used to create a convivial space of great elegance. The living area decor is completed by the Clessidra table lamp from Contardi, bronzeplated in its upper and lower parts, and a silk sand-tone carpet. The formal dining area can welcome ten people to the large Lazy Susan table custommade by Cantori, with structure in black coated metal and top in bronze-tone backpainted glass, alongside Flexform chairs with a structure in ebony-stained ash and white fabric covers. An artistic wall with a niche in glossy ebony at the center features the work Dancers by Fernando Botero. Art and design are everywhere. Also in the landing leading to the owner’s cabin, where we see an striking Petrified Eros with Hand by Igor Mitoraj (2014). The suite is at the bow, introduced by a studio zone against the side. The fly bridge, surrounded by steel grips and protected by two large lateral glazings, offers an ample space of 53 square meters, entirely furnished with freestanding pieces by Minotti. The true plus of the boat is the bow zone, a true private sunset lounge from which to enjoy the beautiful landscape. D.S. CAPTIONS: pag. 211 Below, the owner’s cabin of the new 106’ Custom Line by Ferretti Group features flamed sand wood for the floors, combined with the pale


tones of the ceilings to create a relaxing atmosphere. The lacquer finish of the ceiling conveys a sense of spaciousness. Right, in the corridor, the work Eros pietrificato con mano by Igor Mitoraj (2014). On the facing page, the yacht during navigation: the design creates an evocative material and chromatic alternation of pale structures and dark glass. Below, the large beach area.

P212. COOKING ON BOARD

Gaggenau updates its participation at the Genoa Boat Show, 19-24 September 2019: its high-quality appliances offering professional performance will be the protagonists of the VIP Lounge, with exclusive cooking demonstrations and events. The German brand with over 300 years of history confirms its expertise as a high-end trademark, and expands its perspectives by collaborating with yachtsmen, as well as acting in partnership with the Sanlorenzo shipyard (in the photos). Gaggenau appliances, which stand out for their combination of refined design, technological innovation and high performance, offer solutions that are perfect for installation on yacht and superyachts, to respond to the needs of the most demanding clients. gaggenau.com, sanlorenzoyacht.com

COMFORT IN THE SHIPYARD

The peerless setting of the Venice Arsenale, the world’s biggest naval shipyard for centuries, was the location in mid-June for the official presentation of Race, the first Riva 50 meter yacht, created in collaboration between the studio Officina Italiana Design and the engineering team of Riva Superyachts Division, with the Strategic Product Committee of Ferretti Group. The hospitality area was furnished with Komodo, the new modular seating system for free configurations by Nardi. The delicate tones of white and blue and the weave of the structure, suggesting the image of tree brands, went perfectly with the setting creative for the exclusive world premiere in the evocative context of the historic shipyard. (Photo credit: Ferretti Group) C.F. nardioutdoor.com, rivayacht.com

P213. FINE WEAVES

DEVELOPED PRECISELY FOR THE NAUTICAL SECTOR, THE TEMPOTEST MARINE LINE OF FABRICS BY PARÀ GUARANTEES STRENGTH, BREATHABLE PERFORMANCE AND STYLE ON BOARD. ALSO IN THE WORST CONDITIONS To approach every seagoing experience with safety and style is the mission of Tempotest Marine, the line of products developed for yachting and produced by Parà, a company founded in 1921 and known the world over for the high quality of its fabrics. Made in batch-dyed acrylic fiber, like the Protezione Solare line, but differing in terms of finish, treatment and construction of the weave, Tempotest Marine has been designed to guarantee strength in terms of vertical, horizontal and longitudinal tension, and outstanding breathability, to last a long time even in the most difficult conditions. The collection has been developed and patented precisely for the yachting sector, combining strength and performance with refined, colorful style, in a wide range of original patterns and hues. Thanks to the innovative Teflon Extreme by Parà finish, the fabrics repel water and oil, are immune to fungi and mold, and stand up to stains, salt air and fading caused by UV rays. The Tempotest Marine fabrics are also covered by a 6-year warranty against color loss due to exposure to atmospheric agents. Besides Tempotest Marine, specifically for awnings, cushions and sun cots, Parà offers various lines for different uses: Tempotest Malmoe is a waterproof fabric for total or partial canopies and awnings; T-Tex, light and waterproof, is ideal for partial covers and light shelters; and Tempotest Home is the line for cushions, sofas, curtains, bedspreads and furnishings in general. Claudia Foresti CAPTIONS: 1. Close-up of a fabric from the patented Tempotest Marine line, completely repellent to water and oil. 2. Furnishings of an exclusive yacht covered with high-quality fabrics from the Tempotest Home collection. 3. The Tempotest Marine range of products is ideal for any type of boat – sailing and motor yachts – and many different applications, including sail covers, for which a waterproof, breathing fabric is used that protects against UV rays and prevents the formation of mold. 4. A boat awning, constantly exposed to sunlight and wind, made with an extremely strong fabric from the Tempotest Marine line by Parà.

On

BOARD FIRMS DIRECTORY ARCADIA YACHTS Via Terragneta 90, 80058 TORRE ANNUNZIATA NA Tel. 08119554898, Fax 08119554894 www.arcadiayachts.it, info@arcadiayachts.it ARENA GIUSEPPINA 168 SE 1st Street - Suite 706, USA MIAMI FL 33131 Tel. +1 3052005861, www.giuseppinaarena.com info@giuseppinaarena.com AZIMUT YACHTS GRUPPO AZIMUT BENETTI Via Martin Luther King 9-11, 10051 AVIGLIANA TO Tel. 01193161, Fax 0119367270, www.azimutyachts.com BAGLIETTO spa GRUPPO GAVIO V.le San Bartolomeo 414, 19126 LA SPEZIA Tel. 018759831, Fax 0187564765 www.gruppobaglietto.com, www.gruppobagliettopress.com www.baglietto.com, laspezia@baglietto.com BALTIC YACHTS ITALIA via Colombo 12, 55049 VIAREGGIO LU Tel. 0584564719, Fax 0584407798, www.balticyachts.it Distr. in Italia: VISMARA MARINE srl Via Colombo 12, 55049 VIAREGGIO LU Tel. 0584371194, Fax 0584371254, www.vismaramarine.it www.marineservices.it, info@marineservices.it BENETTI GRUPPO AZIMUT BENETTI Via M. Coppino 104, 55049 VIAREGGIO LU Tel. 05843821, Fax 0584396232 www.benettiyachts.it, info@benettiyachts.it CANTIERE DEL PARDO Via Fratelli Lumière 34, 47122 FORLÌ Tel. 0543782404, www.cantieredelpardo.com, www.pardoyachts.com, info@cantieredelpardo.com COLUMBUS YACHTS Via E. Mattei 14, 60125 ANCONA, Tel. 071502191 www.columbusyachts.it, info@columbusyachts.it CRN YACHT spa GRUPPO FERRETTI Via E. Mattei 26, 60125 ANCONA Tel. 0715011111, Fax 071200008 www.crn-yacht.com, info@crn-yacht.com

CUSTOM LINE GRUPPO FERRETTI Via G. Ansaldo 9/b, 47122 FORLÌ Tel. 0543474411, Fax 0543782410 www.customline-yacht.com, info@ferretti-yachts.com FRANCHINI MASSIMO Strada Belvedere 1, 61039 SAN COSTANZO PU Tel. 335 6275971, www.massimofranchini.com info@massimofranchini.com FRANCHINI YACHTS www.franchiniyachts.com GAGGENAU BSH ELETTRODOMESTICI spa Via M. Nizzoli 1, 20147 MILANO Tel. 02413361, Fax 0241336222 www.gaggenau.com/it/ info.it@gaggenau.com GRIGGIO GIOVANNI PHI DESIGN LAB Via Papa Giovanni XXIII 24, 30010 CAMPONOGARA VE Tel. +39 392 5011067, www.phidesignlab.com info@phidesignlab.com HEESEN YACHT Rijnstraat 2, NL 5347 KL OSS Tel. +31 412665544, Fax +31 412665566 www.heesenyachts.nl, info@heesenyachts.nl HOT LAB snc Via Privata Catone 23, 20158 MILANO Tel. 0287073743, www.hotlab.it, info@hotlab.it HYDROTEC Via Fiume 2/9, 15076 OVADA AL Tel. +39 00143/821630 www.hydrotec.it, info@hydrotec.it MICHELI MAURO OFFICINA ITALIANA DESIGN Via San Tomaso 27, 24121 BERGAMO Tel. 035245765, Fax 035240937 www.italianadesign.it, officina@italianadesign.it NARDI spa Via delle Stangà 14, 36072 CHIAMPO VI Tel. 0444422100, Fax 0444422150 www.nardioutdoor.com, info@nardioutdoor.com

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1987

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2OI9›2O2I COLLECTION

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Drawing by

Massimo Iosa Ghini per

DRAWINGS COLLECTION


S

Il corpo scale interno della Olympic House a Losanna, in Svizzera, progettata da 3XN Architects. Il sinuoso nastro ligneo collega i cinque livelli del nuovo headquarter dell’IOC (International Olympic Committee). Interpreta e declina nei contenuti il simbolo dei cinque anelli olimpici e la corporate philosophy del luogo. (foto courtesy IOC).

INtopics EDITORIAL INTERNI settembre 2019

ono tutte case tailor made quelle presentate in questo numero, focalizzato, come ogni anno a settembre, sulle ultime tendenze del progetto. Sembrano infatti abiti confezionati su misura il loft ristrutturato da Massimo Castagna in un borgo tra le colline del Veneto, l’appartamento di Enrica Massei, nel cuore chic di Milano, riattualizzato con Silvio Maglione, il loft supergreen e sperimentale di Isabelle Toussaint e Matteo Robiglio a Torino. Questi progetti conducono all’idea di un’architettura che onora forme e soluzioni personali mediante una ricerca altamente performante di materiali, lavorazioni e finiture. Del resto, è proprio sull’innovazione e sulla capacità di rispondere a esigenze diversificate – in termini geografici e culturali – che il design italiano gioca la sua grande sfida. A raccontarlo è una selezione delle tante novità presentate ad aprile a Milano: dalla sedia di Magis che introduce il magnesio nel mondo dell’arredo industriale alla sedia sviluppata da Philippe Starck e Kartell con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Dall’unità di lavoro di Studio Klass per Unifor che inventa una nuova tipologia di arredo per ufficio alla collezione disegnata da Giulio Iacchetti che interpreta la storia e il futuro di Danese. Per arrivare alla trasversalità creativa di William Sawaya e Gugliemo Poletti, entrambi visionari nella loro diversità di approccio. Sono tanti gli esempi che dimostrano che il design italiano non intende certo rinunciare alla sua grande tradizione di ricerca e inventività, nel segno di una sapienza manifatturiera che ci rende ancora unici nel mondo. Gilda Bojardi

INTERNI settembre 2019 / 1



PhotographINg LIGHT PROJECT

“NANDA VIGO. LIGHT PROJECT”, PALAZZO REALE, MILANO. FINO AL 29 SETTEMBRE. FOTO MARCO POMA “LIGHT PROJECT” (A CURA DI MARCO MENEGUZZO) È LA PRIMA RETROSPETTIVA ANTOLOGICA DEDICATA DA UN’ISTITUZIONE ITALIANA A NANDA VIGO, ARTISTA E ARCHITETTO MILANESE CHE HA INFLUENZATO LA SCENA DELLA CULTURA INTERNAZIONALE DEGLI ULTIMI CINQUANT’ANNI. ATTRAVERSO CIRCA OTTANTA OPERE, LA MOSTRA RACCONTA IL PERCORSO CREATIVO DELLA DESIGNER DAGLI ESORDI NEGLI ANNI ’50 SINO A OGGI. PARTECIPE DELLE AVANGUARDIE DEGLI ANNI SESSANTA, NANDA VIGO ELABORA UNA RICERCA SULLA LUCE, LA TRASPARENZA E L’IMMATERIALITÀ CHE DEVONO COSTITUIRE L’OPERA E LO SPAZIO ABITATO DALL’ESSERE UMANO. SI REALIZZANO COSÌ VERI E PROPRI AMBIENTI (ALCUNI CON LUCIO FONTANA) CON SPECCHI INCLINATI CHE RIFLETTONO DIVERSE VISIONI DI REALTÀ. FULCRO DELL’ESPOSIZIONE È L’AFFASCINANTE AMBIENTE ‘CRONOTOPICO’ NELLA STANZA DEGLI SPECCHI, CHE MIRA A OLTREPASSARE LA MATERIALITÀ DEL QUOTIDIANO PER FAR VIVERE UN’ESPERIENZA TRASCENDENTE. NELLA FOTO, GLOBAL CHRONOTOPIC EXPERIENCE, SPAZIO SAN CELSO, 2017, MILANO. (C.T.) PALAZZOREALEMILANO.IT, NANDAVIGO.COM



PhotographINg MASTERS

KETTAL, VDL PENTHOUSE DI DION & RICHARD NEUTRA KETTAL HA PRESENTATO AL SALONE DEL MOBILE DI MILANO IL PADIGLIONE DELL’ATTICO DELLA VDL RESEARCH HOUSE, LA RESIDENZA DI LOS ANGELES PROGETTATA PER SE STESSO DALL’ARCHITETTO MODERNISTA RICHARD NEUTRA NEL 1963, IN CUI SONO ESPRESSE LE SUE TEORIE ARCHITETTONICHE. “QUESTA CASA, NELLA SUA LIBERA RELAZIONE CON IL TERRENO, GLI ALBERI, IL MARE, CON COSTANTE VICINANZA A TUTTO L’IMMENSO ORDINE DELLA NATURA, AGISCE COME AMMORTIZZATORE PER FORNIRE IL NECESSARIO RELAX DALLE COMPLICAZIONI DELLA VITA QUOTIDIANA”, AFFERMA NEUTRA. KETTAL RIPROPONE, SOTTO LA SUPERVISIONE DEL FIGLIO DION NEUTRA, LA VDL PENTHOUSE A UN SOLO PIANO, RISPETTANDO OGNI MINIMO DETTAGLIO. IL PADIGLIONE È STATO COSTRUITO GRAZIE ALLA DONAZIONE DEL FILANTROPO C.H. VAN DER LEEUW, DA CUI PRENDE IL NOME. MISURA DODICI METRI PER QUATTRO E CONSERVA LA DISTRIBUZIONE ORIGINALE DELLE STANZE IN SEQUENZA, UNO SPAZIO FLESSIBILE IN CUI LA FUNZIONE DELLE CAMERE VARIA NEL CORSO DELLA GIORNATA E DELLE STAGIONI. LE TECNICHE DI COSTRUZIONE E I MATERIALI SONO STATI AGGIORNATI, E UN SISTEMA DOMOTICO CONTROLLA L’ILLUMINAZIONE, LA CLIMATIZZAZIONE E IL RISCALDAMENTO. DUE I MODELLI PRESENTATI, CON E SENZA VETRI: ENTRAMBI POSSONO ESSERE INSTALLATI IN DIVERSI SPAZI, NEI GIARDINI, SUI TETTI O COME PARTI DI PROPRIETÀ GIÀ ESISTENTI. (C.T.) KETTAL.COM


PhotographINg ART DESIGN

VISIONNAIRE, ANNIVERSARY ACCESSORIES CAPSULE COLLECTION, VASI MIRTUS DI IVAN BAJ E VASO FAUNA (PAGINA ACCANTO) DI SARA RICCIARDI. FOTO MAX ZAMBELLI E DELFINO SISTO LEGNANI. ZANELLATO/BORTOTTO, STORIES OF ITALY, GUMDESIGN, FAUSTO SALVI, MARTA GIARDINI, IVAN BAJ, CLAIRE FRÉCHET, INDERJEET SANDHU, OLIVIA WALKER, SARA RICCIARDI: SONO QUESTI I PROGETTISTI CHIAMATI DA VISIONNAIRE PER DISEGNARE LA NUOVA COLLEZIONE DI ACCESSORI. UNA SERIE DI PEZZI UNICI E IN EDIZIONE LIMITATA, REALIZZATI IN CERAMICA, PIETRA, OTTONE E VETRO DI MURANO, CHE CELEBRA I SESSANT’ANNI DEL MARCHIO E INTERPRETA IN CHIAVE DI DESIGN CONTEMPORANEO I VALORI CHE DA SEMPRE LO CONTRADDISTINGUONO. PRIMI FRA TUTTI QUELLI DELL’UNICITÀ E DELL’ARTIGIANALITÀ MADE IN ITALY. PER L’OCCASIONE VISIONNAIRE HA STRETTO UNA COLLABORAZIONE CON LA STORICA FORNACE VENINI, DA CUI SONO NATE LE COLLEZIONI FAUNA E METAMORFOSI, FIRMATE DA SARA RICCIARDI. (M.P.) VISIONNAIRE-HOME.COM



PhotographINg INSTALLATIONS


ARMANI CASA, ALLESTIMENTO ALL’ARMANI/TEATRO PER LA COLLEZIONE 2019. FOTO FABRIZIO NANNINI. DURANTE IL SALONE DEL MOBILE DI MILANO, NELL’ARMANI/TEATRO DI VIA BERGOGNONE, GIORGIO ARMANI HA VOLUTO UN ALLESTIMENTO CHE DESSE L’IDEA DELLA LEGGEREZZA, TEMA DELLE COLLEZIONI 2019. MOBILI E OGGETTI SONO STATI PRESENTATI NELLO SPAZIO CENTRALE DEL TEATRO, ALLESTITO COME UNA GRANDE SCATOLA SCURA DOVE SI SVILUPPAVANO IN ALTEZZA ENORMI FIGURE AEREE, UNA SORTA DI AQUILONI CHE RIPRENDEVANO LE FORME DEI MOBILI SOPRA CUI ERANO POSIZIONATI. I PANNELLI COLORATI NELLE TONALITÀ DELLA COLLEZIONE – AZZURRO, BLU, ROSSO E ORO PALLIDO – SONO IN POLICARBONATO, MATERIALE CHE LASCIA FILTRARE LA LUCE. IN QUESTA PAGINA, DIVANO OSIMO CON TESSUTO MELBOURNE, TAVOLINI LINK IN PELLE EFFETTO ZIGRINO E LAMPADA OZ RICARICABILE. NELLA PAGINA ACCANTO, TAVOLO OLIVER CON PIANO IN LACCA VERDE SCURO, TAVOLINI LINK E LAMPADA DA TAVOLO OYSTER IN ALABASTRO. (C.T.) ARMANI.COM


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L’ARTE DEL POSSIBILE

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Attraverso una spiazzante decontestualizzazione, l’opera di Paola Pivi supera le convenzioni della tradizione percettiva e rivela le potenzialità inedite e visionarie del reale di Germano Celant

Il metodo di lavoro di Paola Pivi è folgorante. Si

Untitled (zebras), 2003, billboard. “High Line Art”, New York, 2012.

basa su immagini, ancorate alla realtà di ogni giorno, che la colpiscono come un flash improvviso, alla quale l’artista conferisce una concretezza successiva. Il procedimento, basato su un immaginario interiore e personale, ha la prerogativa di evitare pratiche già preesistenti che comportano un’impostazione impersonale, come quella di Sol LeWitt di partire da un concetto o da un’idea da cui dedurre un risultato, oppure di porsi un tema o un soggetto funzionale o formale, come Donald Judd, su cui dover operare per arrivare a una sua costruzione. Inoltre, il modo spontaneo e diretto per arrivare a un’opera è segno di un pensiero veloce e fulmineo, quasi fotografico, che deve poi trovare una sua dimensione concreta. Un transito dal soggettivo all’oggettivo che si nutre di cose prese dal mondo ma tende a offrirne una condizione spiazzante e sorprendente. Qualcosa che sembra banale – nel senso del suo significato etimologico: il termine deriva dalla parola ban, il bando emesso dal feudatario, che non poteva essere discusso ed era accettato dalla comunità – un dato scontato e indiscutibile, che però si afferma come un’eccezione di vita. Una proposta di cifra originale che s’inerisce nel sistema della complessa comunicazione estetica, ma lo fa proponendo un minimo spostamento dall’omologata realtà. Un successivo passo per superare lo spiazzamento duchampiano, dove il valore non sta nello stravolgimento fisico e ottico, intellettuale e filosofico di una cosa, ma nel suo diverso presentarsi, semplice e sintetico, come se facesse parte del suo possibile esistere. Niente di stravolgente quindi, ma un mettere davanti allo sguardo una situazione che oscilla tra irreale e reale, quasi una proposta di design sovversivo dell’oggetto scelto. Si capisce così la presentazione, nel 1997, in occasione di “Fuori uso” a Pescara, di un camion, lungo 16 metri, rovesciato su un fianco, come se avesse subito un ribaltamento o un incidente, senza alcun danno, anzi il capovolgimento mostrava un aspetto inedito della sua fattura, l’apparato motore, che l’artista aveva

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INsights ARTS

Camion, 1997, camion rovesciato, 250 x 1600 x 400 cm. Foto Paola Pivi

ripulito e lucidato, quasi a voler rivelare una bellezza inedita. Lo stesso avviene per Senza titolo (aereo), 1999, l’aereo posto a pancia in su, con la cabina di pilotaggio come supporto, mostrata a “dAPERTutto”, nella XLVIII Biennale di Venezia, 1999, seguito da A helicopter upside down in a public square, 2006, nell’esposizione “Kontracom06”, a Salisburgo. Una metamorfosi del funzionamento che fa uscire la cosa dalla struttura rigida per amplificarne un’articolazione non contraria ma complementare. Il tentativo di disegnare o di aprire uno spazio altro che non deneghi, ma ampli le prerogative del camion o dell’elicottero, rendendoli entità instabili e aleatorie. In altri lavori questo spiazzamento evoca il sorprendente che può accadere in natura, come, nel 2003, la presenza di due zebre africane in una distesa di neve. Un autentico corpo estraneo che, seppur posto in un contesto inedito, è reso possibile e reale tanto da tradursi in una fotografia. La messa in immagine di un evento riconducibile a un’armonia tra gli opposti, con il suo effetto a sorpresa, risponde storicamente alla tipica decontestualizzazione surrealista, soltanto che la teatralità indotta e prodotta dalla Pivi non deforma e violenta il soggetto, ma è naturale. Non raddoppia il reale, lo rivela semplicemente nelle

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sue potenzialità figurali e visionarie. Lo stesso succede con l’asino oppure con due struzzi posizionati su una barca come se fosse il loro ambiente naturale, pur sorprendendo lo spettatore. La Pivi cerca quindi una ‘scintilla’ in una situazione naturale del vivere, soltanto che adotta un dispositivo di collocazione o di selezione particolare, così che riveli una differente energia, che è potenziata spesso dalla messa in scena, a

A helicopter upside down in a public square, 2006, elicottero Westland Wessex, 450 x 250 x 2300 cm. “Kontracom06”, Salisburgo, 2006. Foto Hugo Glendinning


Untitled (pearls), 2001, perle di plastica e madreperla, 30 x 40 x 20 cm.

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Untitled (donkey), 2003, inkjet print su pvc, 1020 x 1230 cm. Foto Hugo Glendinning

Venezia e a New York, in un sito urbano dei suoi eventi immaginari. L’organizzazione del processo figurale a volte risponde a un elemento lineare, ad esempio il colore bianco, che connette e mette insieme tutti gli animali, dal cavallo al cane, dalle pecore alle galline, dal lama al serpente, dalla farfalla alla mucca, che formano One love, 2007. È un accumulo inedito regolato da una costante, qui il colore, che si ritrova già in altre opere, dai 100 Chinese, 1998, che consiste nell’occupare una stanza con cento figure orientali, maschi e femmine, vestite tutte nella stessa maniera e si ripete, ampliato a mille persone, in 1000 alla Tate Modern, Londra, nel 2009. Uno statuto opulento, basato sulla consonanza dei corpi, che è presente in maniera raffinata e lussuosa negli insiemi di perle a partire dal 1999. Nel suo percorso, dal 1995 a oggi, l’artista appare affidarsi ad una focalizzazione sull’instabilità del

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One love, 2007, stampa fotografica montata su alluminio, 300 x 387 cm. Foto Hugo Glendinning


100 Chinese, 1998, performance. Galleria Massimo De Carlo, Milano. Foto Attilio Maranzano

reale, così da aprire la sua immagine ad un’interscambiabilità di comportanti e di situazioni, di proprietà e di spostamenti, vere trasmutazioni dove attua una confusione – se non una fusione – della tradizione percettiva. Fa irrompere dinnanzi allo sguardo dell’osservatore una performance magica e fantastica, come il coccodrillo che si muove nella bianca schiuma o il leopardo che passeggia tra tazze di cappuccino. Perverte le regole della fisicità trasformando un gruppo di orsi in presenze colorate, con manti di piume dal rosa al giallo, come se la natura non fosse più vincolante, ma potesse essere riprogettata come un mobile o un oggetto di consumo. Pivi vuole pervenire a un linguaggio estetico non vincolato, vero e reale, che restituisca all’arte un potere d’ironia, se non di scandalo, così da spostare il problema di cambiare il mondo, raddoppiandone

l’energia. A interessarla è la doppia lettura, per cui si affida anche al doppio, in Guitar guitar, 2001, dove gli oggetti scelti appaiono sempre in coppia, oppure moltiplica o riduce la dimensione di una pizza o di mobili, così da esplorare la variazione di scala, dal macro al micro, che riguarda le convenzioni del reale. Una rivelazione sulla circolazione della realtà che arricchisce il funzionamento dei sistemi visuali e immaginari. La complessa impresa di concretare un irreale che ricade nel reale oppure un irrazionale che si rigenera nel razionale porta all’affermazione di una relatività del fare artistico che serve ad amplificare l’esistente, quanto a far ritornare in scena il soggettivo, senza adottare una deformante espressività e concettualità, per lasciar parlare il banale, nel suo presentarsi inedito e sorprendente. ■

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LA CARICA DELLE IDEE

Lo scorso FuoriSalone ha messo in scena ben 1350 eventi, testimoniando il potente dinamismo del design contemporaneo. Oggi, infatti, l’innovazione e la creatività si animano di un’energia cinetica che ricorda la vertigine futurista di Andrea Branzi

In una stagione ormai dimenticata abbiamo approfondito nuove sorprese espositive: ognuno cercava nuove proposte e nuovi consigli. Adesso, nella maniera più imprevedibile, il fronte dell’innovazione e della creatività si è trasformato in una sorta di energia cinetica che supera qualsiasi dimensione espositiva. I 1350 eventi dello scorso FuoriSalone hanno prodotto una sorta di tsunami del quale è difficile definire una narrazione. Gli scenari pulviscolari prodotti dai 1350 eventi (imprevedibili!) stanno disegnando un nuovo paesaggio esplosivo, che assume una connotazione quasi astratta, come se contenesse una realtà trasparente. Un paesaggio riformista che non fa più riferimento a singoli progetti figurativi, ma a pura energia di progetto. Si tratta di una modificazione sinergica, del tutto energetica; come se improvvisamente fosse deflagrata una esplosione atomica, che crea un vuoto ma anche un pieno. Questa singolare dimensione ha determinato un vortice generale, che potrebbe crescere ma anche disintegrarsi o cambiare di stato, da liquido a gassoso; il design non è più costituito da risultati complessivi, come una orchestrazione predefinita, ma da un flusso continuo di pensieri. I singoli progettisti si moltiplicano all’infinito: gli espositori e i visitatori finiscono per sintetizzarsi in uno scambio ininterrotto di testimonianze e di testimoni. Cambia la struttura del mercato, il progettista si sovrappone al consumatore. Come i futuristi che interpretavano il paesaggio astratto dei singoli contributi di trasformazione in puro dinamismo energetico, dove non esistono più rappresentazioni definite, ma soltanto rumori e bagliori. ■

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Umberto Boccioni, Carica di lancieri, 1915.

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INsights

VIEWPOINT Senza dubbio il progetto che più mi ha colpito al Salone del Mobile di quest’anno è stato l’enorme stand di Design Holding, il gruppo fondato nel dicembre 2018 che riunisce i marchi Flos, B&B Italia e Louis Poulsen. Mi ha lasciato davvero senza parole. Ma alla luce di ciò che è avvenuto dopo la conclusione della fiera, il significato di quell’evento potrebbe essere interpretato in più modi. Non si tratta solo di dimensioni: con 4.000 metri quadrati, l’esposizione a scala urbana di Design Holding era così vasta che al suo interno ci si poteva perdere, ed era certamente più grande di alcuni musei. E non è stato neppure per effetto dell’allestimento progettato dallo studio Calvi Brambilla, che è riuscito a produrre una sequenza di spazi bellissimi e spettacolari. Sembrava un esempio di master-planning a scala urbana, con i corridoi che si aprivano su una piazza formale che a sua volta conduceva i visitatori ai numerosi percorsi di collegamento con le varie gallerie di diverse dimensioni e altezze. Come preludio a tutto questo, lo studio Calvi Brambilla, con l’aiuto di

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ORIZZONTE GLOBALE

La sfida di raggruppare i marchi del design italiano in grandi holding internazionali traccia una via ancora inesplorata che deve fare i conti con il tradizionale approccio creativo familiare delle aziende, uno dei segreti del loro successo testo di Deyan Sudjic


Dotdotdot, aveva creato un wall interattivo, coinvolgente e arguto, che costituiva un efficace contrappunto alla qualità formale dell’architettura. Bastava premere un tasto digitale invisibile per vedere Phillipe Starck, Achille Castiglioni o Patricia Urquiola entrare in un mondo animato e raccontare le loro opere. Design Holding ha colpito nel segno al di là delle più celebrate installazioni del Salone e del FuoriSalone di quest’anno. Oltre a uno stile, il gruppo ha messo in mostra dei contenuti. C’era infatti un notevole livello contenutistico tra i prodotti presentati dalle tre aziende riunite sotto il marchio di Design Holding. Nuove edizioni di classici come Chiara di Mario Bellini, una lampada realizzata con un unico foglio di acciaio inox piegato, lanciata da Flos nel 1969 quando l’azienda aveva solo sette anni. E anche Bulbo, un progetto di Achille e Pier Giacomo Castiglioni riproposto da Flos nella sua prima edizione del 1957. B&B Italia ha mostrato i risultati dell’accordo di licenza per produrre alcuni dei progetti iconici di Azucena disegnati da Luigi Caccia Dominioni, uno dei grandi nomi storici di Milano. Al loro fianco, le nuove opere realizzate per entrambi questi marchi da grandi protagonisti contemporanei come

L’ingresso monumentale al grande stand disegnato da Calvi Brambilla con cui Design Holding ha presentato all’ultimo Salone del Mobile di Milano le collezioni dei suoi tre marchi: B&B Italia, Flos e Louis Poulsen. I visitatori erano accolti dal wall interattivo ideato dallo studio Dotdotdot che metteva in scena, attraverso illustrazioni animate, le storie e i personaggi delle tre aziende. Nella pagina accanto, uno scorcio dell’area espositiva di Flos, con il sistema Coordinates di Michael Anastassiades.

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VIEWPOINT All’interno della sua area espositiva, B&B Italia ha festeggiato il 50° anniversario della Serie UP di Gaetano Pesce ed esposto la sedia Catilina disegnata da Luigi Caccia Dominioni per Azucena. A fianco di questi prodotti storici, ha presentato le novità disegnate da Michael Anastassiades, Antonio Citterio, Piero Lissoni e Vincent Van Duysen.

Formafantasma, Michael Anastassiades, Olafur Eliasson, i fratelli Bouroullec, Vincent van Duysen, Piero Lissoni e Antonio Citterio. L’esposizione era suggestiva e intelligente nel suo mix giudizioso di tradizione, autenticità e novità. Inoltre, ed è questo l’elemento importante, sembrava avere un senso. A ognuna delle aziende era stato assegnato uno spazio sufficiente per respirare, l’insieme aveva una propria coerenza e sembrava più della somma delle parti, a differenza di precedenti tentativi di riunire sotto lo stesso tetto marchi con tradizioni assai diverse. “Non abbiamo fatto uno stand di grandi dimensioni per dire quanto siamo forti”, ha affermato Piero Gandini, amministratore delegato di Flos e presidente di Design Holding all’epoca del Salone, “avevamo bisogno di questa superficie per mostrare la nostra offerta”. Ma come il corso degli eventi ha

rapidamente dimostrato, l’obiettivo dell’esposizione era soprattutto quello di prendere posizione in modo molto calcolato e costoso. Cosa che non ha fatto sentire a proprio agio tutti i partecipanti. Design Holding è stata creata alla fine dello scorso anno quando Andrea Bonomi, fondatore di Investindustrial, un fondo che detiene quote di numerose aziende tra cui Permasteelisa, Flos, B&B Italia, Sergio Rossi e Aston Martin, ha creato una partnership con Carlyle, un gruppo di dimensioni notevolmente superiori con un fondo che detiene investimenti per un valore di 222 miliardi di dollari in aziende per complessivi 900.000 dipendenti (tra queste, un servizio di taxi in Inghilterra, un giacimento petrolifero in Romania e una società immobiliare messicana). Sia Bonomi sia Carlyle detenevano ciascuno il 48 per cento di Design Holding, il che lasciava a Piero Gandini e a Giorgio Busnelli, seconda generazione della famiglia che ha fondato B&B Italia e vice presidente del nuovo gruppo, solo il 4 per cento dell’azienda. La strategia di Bonomi consisteva nell’utilizzare la propria competenza e il capitale per “puntare ad aziende in fase di crescita o già mature”, al fine di aiutarle ad attuare “un riposizionamento strategico, un’espansione a livello internazionale e un’accelerazione di crescita”. Il senso era che finalmente il mondo del design aveva qualche cosa che poteva rivaleggiare per potenza e risorse con LVMH o Kering. “In ogni segmento vi sono consolidamenti, è successo nella moda, adesso sta avvenendo nel design”, dichiarò allora Gandini. Ma, come hanno scoperto Investindustrial e Carlyle, portare avanti lo speciale approccio creativo familiare italiano di un’azienda di design non è così semplice quanto investire ed effettuare un consolidamento. Si tratta di un processo che deve essere coltivato e che ha bisogno di rapporti di lungo periodo con individualità creative. Così Piero Gandini, presidente di Design Holding, si è improvvisamente dimesso dal ruolo di presidente e poche settimane dopo la fine del Salone ha abbandonato l’azienda fondata dal padre. Si erano già avvertiti segni di tensione tra i top manager di Design Holding. Armin Broger, che aveva svolto un ruolo importante nel gestire tre diversi marchi di moda come Hilfiger, Diesel e Levis, se ne era andato all’inizio di aprile pochi mesi dopo la sua nomina di amministratore delegato di B&B Italia, ed era stato sostituito da un altro esperto manager, Gabriele del Torchio, che vanta una lunga esperienza presso Ducati e Il Sole 24 ore, ma che è un novizio nel mondo dell’arredamento. Il vero significato della grande esposizione al Salone 2019 è ora nelle mani di del Torchio: potrà essere considerato l’ispirata esibizione di un possibile futuro del settore, oppure potrà fungere da monito per altri che cercassero di seguire la stessa strada del raggruppamento. ■

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Questa storia inizia nel 1951 in India e ha come protagonista il dialogo tra gli uomini. In particolare tra due tra i più grandi architetti del Novecento: Le Corbusier e Pierre Jeanneret. In quell’anno il ministro indiano Nehru fonda la nuova capitale del Punjab col nome di Chandigarh, nominata la “città d’argento” in devozione a una divinità lunare. Le Corbusier non viene chiamato in prima battuta, ma coinvolto in seguito a una serie di vicissitudini. L’occasione per l’architetto è praticamente irresistibile: Chandigarh può diventare la realizzazione delle sue teorie, la città ideale finalmente compiuta. Essa viene immaginata come un corpo di cui il Capitol Complex, il nucleo amministrativo, rappresenta la testa, formata da tre monumentali edifici brutalisti. Ad essa si connette il tronco, una scacchiera di oltre cinquanta “settori” con parchi verdi, come polmoni, e un sistema di grandi viali, simili a vene e arterie, che vedono lo scorrimento distinto, ma parallelo, di viabilità pedonale e strade carrabili. Il grande Corbu per accettare impone una condizione: a dirigere i lavori deve essere Pierre Jeanneret, il suo braccio destro di sempre, cugino e alter-ego nella vita professionale e personale. Dal 1951 al 1965 Pierre vivrà a Chandigarh, il cui simbolo sarà una mano – quella del Modulor – aperta in segno di pace e convivenza tra i popoli. Egli dirigerà una squadra di ben centocinquanta architetti e, come ricorda Charlotte Perriand, “... avrebbe meglio di chiunque altro nobilitato la vita dell’uomo nella sua casa, integrandola ai costumi del luogo” (Charlotte Perriand, “Io Charlotte”, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 325). Jeanneret, che assume presto “l’aspetto di un saggio, nella sua dimora monacale, con un bel sorriso accogliente sulle labbra” (Ivi, p. 324), dialoga con le maestranze locali e si pone in ascolto di questa cultura tanto diversa dalla sua.

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LA RIVINCITA DI PIERRE Dalla ricerca condotta da Cassina sul progetto di Chandigarh, e in particolare sugli arredi del Capitol Complex, sono nate tre sedute e un tavolo che rendono omaggio a Jeanneret, figura chiave della celebre opera architettonica di Le Corbusier realizzata nel 1951 testo di Domitilla Dardi

Sopra e a sinistra, vista generale e interno dell’Haute Cour, che insieme al Secretariat e all’Assemblée formavano il centro nevralgico della vita politica e amministrativa di Chandigarh. A destra, la Capitol Complex Armchair, uno dei quattro arredi del Capitol Complex che sono stati sviluppati dal Centro Ricerche e Sviluppo Cassina come omaggio a Pierre Jeanneret, figura chiave nella realizzazione della città. Nella seduta si ritrova lo schema compositivo degli arredi disegnati da Pierre Jeanneret con l’aiuto delle maestranze locali, caratterizzati dalla tipologia a “V” dei sostegni.

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Lo fa con un’umiltà che Le Corbusier – sole indiscusso della critica architettonica e fiero sostenitore del ruolo demiurgico dell’architetto – non avrebbe mai saputo dimostrare. Così, superficie e ubicazione delle abitazioni saranno definite in rapporto al rango e reddito degli abitanti; le case sono lo specchio della struttura sociale. Per gli interni dei luoghi pubblici e privati vengono disegnati arredi che rispecchiano l’essenzialità e l’estetica brutalista del complesso. Sono mobili in teak o palissandro indiano guidati da un segno forte, quello di una V, che si declinerà anche in X, Y e Z, forme chiave di un codice che non lascia spazio alle velleità di un singolo, ma alla sapienza di un popolo intero. Tanto che la firma di questi arredi non è facile da definire. Di sicuro Le Corbusier li approverà, ma senza rivendicarne il merito. Le loro forme essenziali ricordano alcune prove di Jeanneret legate al suo recente passato: nel 1946 egli venne, infatti, chiamato dai coniugi Knoll che produrranno dal 1948 al 1966 la Scissors Chair (modello 92), caratterizzata dallo stesso motivo principale della V. Ma di sicuro quegli arredi sono filtrati dalla cultura artigianale autoctona: nei

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Sotto, Capitol Complex Chair and Table. La sedia senza braccioli utilizza la tipologia a “V” degli appoggi, in questo caso ridotti, rispetto alla Office Chair, poiché non si estendono sino al bracciolo. Lo stesso motivo conduttore identifica il tavolo per conferenze che sfrutta la “V” nell’incrocio cosiddetto a “cornes entrecroisées”. La riedizione del Centro Ricerche e Sviluppo di Cassina propone, oltre alla storica versione in teak, due varianti in rovere naturale e tinto nero. Nella pagina accanto, la Main Hall nel Palazzo dell’Assemblé a Chandigarh e la versione con braccioli della Capitol Office Chair.

materiali, negli incastri, nell’intreccio della paglia. Tanto che oggi parleremmo di un’opera open source, nella quale è la collettività a definire la più autentica paternità dell’opera. All’indomani dell’iscrizione nel 2016 di Chandigarh nella lista dell’Unesco, Cassina ha deciso di realizzare uno straordinario omaggio a Pierre Jeanneret. Il patrimonio di arredi disegnati per il Capitol Complex è stato studiato come esigenza di completezza nella conoscenza dell’opera di Le Corbusier, Jeanneret e Charlotte Perriand, di cui l’azienda riedita gli arredi dal 1965, quando gli autori erano ancora in vita. Nel massimo rispetto per l’autenticità, “Cassina ha preso atto del fatto che questi prodotti sono da sempre stati realizzati e riprodotti da artigiani locali, con dettagli diversi fino a divenire di fatto delle fonti di ispirazione generale. Con il supporto della Fondation Le Corbusier, e in accordo con le eredi, Cassina ha iniziato un percorso di studio degli arredi del Capitol Complex che ha portato alla realizzazione di questi modelli ispirati a Pierre Jeanneret”. Il risultato è una serie caratterizzata dall’elemento a V, a partire dalla sedia per il Capitol Complex in


teak, fino alle varianti in rovere naturale e tinto nero, con o senza braccioli, la poltrona imbottita e, per concludere, lo splendido tavolo. Il fatto che la paternità di quest’opera sia collettiva è un segno dello stile di vita e di lavoro di Jeanneret, che oggi lo avvicina molto alla nostra sensibilità contemporanea. Un aneddoto racconta, meglio di qualunque altra vicenda progettuale, la diversità di approccio tra il solista Le Corbusier e il ‘gregario’ Jeanneret. Non a caso è Charlotte Perriand a ricordarli nel loro diverso stile, anche nel congedo dalla vita. Le Corbusier, morto tragicamente in un incidente che è un vero coup de theatre, verrà omaggiato dalle principali autorità nel Carré du Louvre, con il poeta André Malraux che gli donerà simbolicamente l’acqua del Gange e la terra dell’Acropoli di Atene. Pierre morirà in Svizzera per malattia e lascerà la richiesta di gettare le sue ceneri a Chandigarh. “Aveva saputo farsi amare”, racconta Perriand. “Erano tutti là, vestiti di bianco, sulla riva del lago Sakena. (...) I poliziotti della città erano venuti senza le loro armi per onorare il loro pacifico fratello, e i giardinieri erano giunti con tutte le rose della città perché una pioggia di petali gettati da mani amiche accompagnasse sull’acqua Pierre in questo ultimo addio sotto un cielo tutto dorato, al tramonto. (...) Petali di rose per Pierre. La voce di Malraux, l’acqua del Gange e la terra dell’Acropoli per Corbu. Tutto ciò li rende diversi e allo stesso tempo vicini, così come accadeva quand’erano in vita” (Charlotte Perriand, op. cit. p. 397-398).■

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FRESCHI D’ARCHIVIO

Oggi molte aziende rieditano pezzi fuori catalogo. Oggetti che non solo rievocano la loro storia, ma che si scoprono inaspettatamente attuali, in grado di rivolgersi a un pubblico che rifugge dagli stili globalizzati per soddisfare un gusto personale di Valentina Croci

La seduta Malitte ‘scomposta’ in un’immagine di Mattia Tonelli che riprende la pubblicità della fine degli anni Sessanta (pagina accanto). Il sistema di divani e pouf imbottiti fu realizzato da Gavina nel 1966, poi da Knoll dal 1969 al 1971.

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Il prototipo in scala 1:1 di Malitte disegnato da Roberto Matta, rieditato quest’anno da Paradisoterrestre. È un sistema di sedute modificabile composto da cinque blocchi in poliuretano rivestiti in tessuto leggermente elastico. Foto Mattia Tonelli

Aziende italiane di lunga storia presentano riedizioni di propri oggetti fuori catalogo. Non soltanto per celebrare la loro longevità o rimarcare la tradizione nella ricerca di prodotti e tipologie di rottura. Le riedizioni entrano in dialogo con gli arredi più contemporanei, proponendo la diversità all’interno di un saper fare, l’alto artigianato in chiave industriale, che diviene esso stesso il segno di riconoscibilità. Le riedizioni rispondono anche a una mutata attitudine dei consumatori, sempre meno alla rincorsa di stili unificati e sempre più alla ricerca di oggetti rassicuranti perché storici, ma percepiti come nuovamente attuali. In quest’epoca di mutazioni instabili, di sincretismo culturale, assistiamo a una sorta di nuovo umanesimo, in cui l’individuo e le sue scelte, coadiuvate dall’autonomia offerta dalla rete, sono al centro su tutto. Dal ricorso allo stile unificato e globalizzato di qualche anno fa, si è passati a un mondo di soluzioni dettate dalla passione del singolo. E così alcuni arredi degli archivi aziendali vengono a rappresentare l’elemento di distinzione e di scelta. Dino Gavina, imprenditore pioniere e precursore di molte tendenze del mercato del design, capì il potenziale di una collezione d’artista all’interno di un processo di produzione industriale, complementare all’offerta di catalogo. Nacque il marchio Ultramobile nel 1971, al quale collaborarono Meret Oppenheim, Man Ray, Roberto Matta, Novello Finotti e Allen Jones. Grazie all’amicizia con la figlia di Matta, Alysee,

l’imprenditore Gherardo Tonelli che ha rilanciato nel 2017 Paradisoterrestre, un altro marchio di Dino Gavina, riedita le sedute Margherita, Sacco Alato e l’iconico sistema Malitte. Quest’ultimo rinasce dal prototipo in scala 1:1, tutt’ora presente nella sede di San Lazzaro a Bologna, memoria dell’intuizione di Matta di una scultura in gomma rivestita in tessuto elastico, composta da cinque pezzi uniti come in un puzzle che, separati, diventano sedute indipendenti. Il Malitte odierno rispecchia le dimensioni originali e ripropone la prima versione in verde con il pouf giallo a contrasto. Una nota interessante è la collaborazione di Franca Sozzi, tappezziera di Gavina dalla fine degli anni Cinquanta, che realizzò i primi campioni e che ha suggerito la medesima tecnica di cucito, in parte a mano, del tessuto elastico. Paradisoterrestre ha infatti ricostituito buona parte della filiera produttiva di Gavina tra l’Emilia Romagna e le Marche. Un altro oggetto inusuale riproposto quest’anno è la libreria girevole Modello 823 di Gianfranco Frattini, già disegnata per Bernini nel 1963, oggi rieditata da Poltrona Frau come celebrazione del design italiano degli anni Cinquanta e Sessanta. Ispirata alle classiche librerie inglesi da centro stanza per tenere i libri a portata di mano, Turner diventa un mobile, realizzabile in diverse misure e altezze, per molteplici funzioni: anche contenitore e mobile bar. I mobili di Frattini

A sinistra, Turner è la riedizione della libreria girevole Modello 823, disegnata da Gianfranco Frattini per Bernini nel 1963 e oggi prodotta da Poltrona Frau. La struttura freestanding girevole a tre livelli si sviluppa verticalmente e a ogni piano è dotata di binari per aggiungere o togliere pannelli divisori.

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INsights

VIEWPOINT

Sotto, il tavolino Eclipse di Gabriella Crespi, realizzato nel 1980 e oggi rieditato in bronzo e lacca nera da Dimoregallery. Quasi tutte le creazioni della designer sono state progettate come pezzi unici su commissione. Foto Simone Fiorini

Sopra, poltrona in acero sbiancato con fianchi e schienale a bacchette e seduta imbottita, rivestita in velluto di cotone con profilo a contrasto. È una riedizione di Eredi Marelli su disegno del 1946 di Paolo Buffa. Schizzo originale dell’Archivio Paolo Buffa, courtesy Eredi Marelli.

nascevano da progetti per interni privati, per i quali la produzione del periodo non offriva scelta, e sono traccia di una visione totale dell’interior design, dove ogni pezzo aveva una precisa collocazione. Turner è inoltre espressione della conoscenza di Frattini per il legno, usato al meglio delle potenzialità estetiche e tecniche. Nonostante la distanza cronologica e tipologica, anche il sistema di divani Todo Modo di JeanMichel Wilmotte (1993) è nato per uno specifico progetto d’interior, le sale del Louvre, proponendo una seduta che consentisse la visione delle opere

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da ogni lato. Oggi Todo Modo è rieditato nelle medesime dimensioni ma con differenti finiture e una progettazione più semplificata, soprattutto nel meccanismo interno di rotazione dello schienale a rullo. È di nuovo attuale perché si rivela adatto agli iconici e ampi spazi pubblici del contract. E perché rappresenta sia il segno tecnico e industriale di Tecno, sia quell’attitudine a sperimentare gli arredi partendo da un ambiente specifico. Prodotti come la P32 di Osvaldo Borsani del 1956, nata per gli uffici di Enrico Mattei a San Donato, manifestano un pensare in maniera


Sopra, per le sale del Louvre, Jean-Michel Wilmotte progetta nel 1993 Todo Modo, un sistema di divani componibile con schienale mobile e reversibile, per consentire la visione delle opere d’arte da ogni lato. Riedizione di Tecno. In basso, Fenis, Omaggio a Carlo Mollino. Disegnata nel 1959, oggi viene realizzata in serie numerata da Zanotta , che la produsse dal 1985 al 1996. Struttura in legno massello di acero al naturale o verniciato nero.

autonoma rispetto alle logiche di catalogo e a fianco del cliente. Una modalità attuale per il settore del contract. La scelta delle riedizioni dell’archivio storico dell’azienda ha infatti l’obiettivo di raccontare non tanto la storia quanto l’anima contemporanea degli oggetti. Fa parte del catalogo generale, pur essendo una limited edition, la sedia Fenis di Carlo Mollino (1959), prodotta da Zanotta nel 1982 e rieditata nel 2018. Fenis e altri arredi di maestri del design italiano compaiono nella produzione di Zanotta tra gli anni Settanta e Ottanta, costruiti ad hoc per forniture specifiche. Queste piccole serie, così come i pezzi della collezione Zanotta Edizioni, al confine tra l’arte e il design, sono traccia di un saper fare unico e di un mondo di oggetti non propriamente seriali che devono ritrovare attenzione, anche per il loro significato simbolico e culturale. Come suggerisce Giuliano Mosconi, presidente e Ad di Tecno e Zanotta, questi “vanno rappresentati in maniera più contemporanea. Per chi ha una grande storia, semplicemente raccontare non è sufficiente. Bisogna raccontare continuando a fare: non solo tirar fuori dagli archivi ma riscoprire la voglia di stupire di questi oggetti che mettevano insieme le menti creative e il saper fare”. La storica Eredi Marelli ha prodotto gli arredi di

Paolo Buffa dal 1939 al 1968, poco prima della sua morte nel 1970. Una collaborazione intensa e un’amicizia. Oggi ne riedita in via esclusiva i pezzi, grazie alla disponibilità dell’archivio Buffa. Infatti, l’azienda detiene dello stesso autore sia gli originali, sia riedizioni prodotte da una divisione a parte che reitera l’anima artigianale dell’originaria bottega fondata a Cantù nel 1934 e che sin dall’inizio ha prodotto mobili in stretta collaborazione con alcuni architetti milanesi. Tra gli arredi di Buffa, la poltrona imbottita del 1946, con fianchi e schienale a bacchette di legno, che mostra l’attenzione al dettaglio e all’esecuzione di una produzione artigianale che incontra il design. Dimoregallery, galleria di modernariato di Emiliano Salci e Britt Moran di Dimore Studio, ha recentemente riproposto alcuni arredi di Gabriella Crespi, perché affini al mondo progettuale del duo milanese e testimonianza di una designer dallo stile unico, che ha saputo bilanciare armoniosamente artigianato e contemporaneità in forme scultoree e astratte, interpretate con materiali sia pregiati come l’ottone, il marmo e il bronzo, sia industriali quali l’acciaio, il rame e il plexiglass. Le riedizioni, validate dalla figlia, Elisabetta Crespi, rappresentano l’intreccio di molteplici riferimenti alla cultura novecentesca: dagli echi surrealisti nella serie di piccoli oggetti all’aspirazione alla forma pura della scultura minimalista del secondo dopoguerra, alla passione per i congegni meccanici che rinvia agli albori del design industriale, sino alla space age degli anni Sessanta e Settanta. Il fascino di mondi lontani che si condensano in un oggetto. ■

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INside

ARCHITECTURE Progetto di ENRICA MASSEI E SILVIO MAGLIONE La stanza da pranzo vista dal living. Il tavolo Orseolo è disegnato da Carlo Scarpa, le sedie sono le Superleggera di Gio Ponti, entrambi nel catalogo Cassina. Recuperati a un mercato delle pulci a Parigi sono, invece, il grande lampadario a braccia metalliche (in coppia con quello nello studio) e lo specchio segnaletico anni Quaranta su ferro. Nella pagina accanto, il soggiorno e lo spazio pranzo visti dallo studio, con cui si allineano nelle aperture. Appese alla parete, opera di Giuseppe Penone (a sinistra) e di Mario Schifano (a destra). Coppia di sgabelli originali anni Cinquanta di Gio Ponti, tavolino basso Refolo di Charlotte Perriand nella collezione I Maestri di Cassina, poltrone Gilda di Carlo Mollino per Zanotta. I divani sono stati realizzati su disegno.

“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, indivisibili”, secondo Antonello Venditti. E, per un principio di vasi comunicanti, la nuova abitazione milanese di Enrica Massei, ieri stilista e oggi interior designer, si presenta come la raffinata trama di un abito tailor-made, confezionato su misura. Un mix match altamente creativo di accostamenti cromatici e materici, a partire da “quel verde bottiglia della boiserie che sta così bene con l’arancio, il bordeaux, il turchese chiaro degli arredi”, spiega la proprietaria. Insieme alle opere d’arte contemporanee raccolte nel tempo, alle forme dai tagli lineari ispirati alle geometrie dei costruttivisti russi – Malevich in primis – agli oggetti anonimi di grande perizia tecnica artigianale come il vaso “fatto di cucchiaini piegati e uniti con un portauovo centrale, creato da un signore che ripara lavastoviglie a Torino”, affiancati a classici evergreen del design, quali il tavolo di Tobia Scarpa o la lampada da terra di Osvaldo Borsani. “Cercavo una casa più grande di quella in cui stavo, e a un piano alto”, continua. “Questa in realtà si trova a un livello intermedio, ma vedo il cielo, la luce è avvolgente e pervade gli spazi. Poi c’è un ambiente, lo studio, intimo, con il camino in ghisa scovato al mercato delle pulci di Parigi e incorniciato dalla boiserie-libreria che riveste le pareti. È la stanza che amo di più, dove lavoro e riordino tutte le pubblicazioni di case, che ogni anno rilego con un cordino in dritto filo. Un tempo erano riviste e libri di moda: in quarant’anni di ricerca su tessuti e campionature sono arrivata a mettere insieme 6500 riviste e

UN VESTITO TAILOR-MADE

Nel cuore chic di Milano, l’abitazione colta e raffinata dell’ex stilista, oggi interior designer, Enrica Massei, progettata con l’architetto Silvio Maglione, racconta una passione condivisa per il rigore formale, gli accostamenti materico-cromatici e l’arte. Nel rispetto della tradizione e della storia del luogo foto di Alberto Ferrero testo di Antonella Boisi

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ARCHITECTURE 400 libri, che ho lasciato a grandi brand, quando poi ho aperto un altro capitolo della mia vita”. Già, certi fili riannodano molte scelte. Dopo i primi anni a Parigi da Promostyl e da Chloé con Lagerfeld, Enrica Massei rientra in Italia, disegna collezioni di alta moda e il prêt-à-porter Sanlorenzo (la casa di moda fondata dalla madre) e raggiunge il successo con un proprio marchio, che ha segnato un momento felice della moda made in Italy. Erano gli anni Ottanta, eppure nella matrice di questa casa tornano la stessa vena sperimentale e la stessa attitudine a un décor misurato e rigoroso tipici della stilista torinese.

“Devo riconoscere che l’interior design, come i mercatini delle pulci e le gallerie d’arte, è una passione che ho sempre coltivato in parallelo alla moda”, rivela. “Gli inizi della collaborazione con l’architetto Silvio Maglione risalgono proprio alla ristrutturazione di questa casa, nel 2017, che ha inaugurato una bella stagione di lavori in team, estesa agli artigiani di fiducia, la squadra che ci coadiuva nella definizione di soluzioni non seriali, personalizzate e uniche. Credo infatti che ogni abitazione abbia bisogno di un proprio arredo in rapporto allo specifico contesto in cui si trova. Sempre con una grande attenzione alla cura del

Sopra, il soggiorno aperto sullo studio. Si notano il muro di spina della casa rivestito con boiserie lignea laccata verde scuro, l’apparecchio illuminante BackLight incassato nel soffitto a effetto lucernario, il parquet di recupero con disegno a quadri concentrici. Sul tavolo basso della Perriand, candelabro smontabile anonimo e lampada Uovo di FontanaArte. Ai lati del divano su disegno, due tavolini di design costruttivista russo. Tra le due finestre, un’opera di Tancredi Parmeggiani. In fondo, a destra, tavolo di Fornasetti e opera di Jannis Kounellis; a sinistra, consolle del ’700 di famiglia e opera di Keith Haring. A sinistra, nello studio, le pareti sono attrezzate con una libreria identica alla boiserie del soggiorno che integra il camino francese in ghisa sovrastato, da un’opera di Michelangelo Pistoletto. Poltroncine arancioni Utrecht di G.T. Rietveld, Cassina, e tavolo Tulip di Eero Saarinen, Knoll.

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dettaglio e alla ripartizione funzionale degli ambienti, che devono essere piacevoli da vivere”. Nella fattispecie, si è trattato della completa riformulazione degli interni di un classico appartamento milanese di circa 200 metri quadrati in un edificio d’epoca nel cuore chic della città, che, secondo tradizione, inanellava tante piccole stanze lungo un corridoio cieco. “Insieme a Enrica, abbiamo condiviso tutte le scelte progettuali, compositive e decorative, fino al dettaglio esecutivo degli arredi fissi, ritrovando

nella qualità e nell’esperienza del design italiano le chiavi per riattualizzare gli ambienti con uno spirito contemporaneo”, interviene l’architetto Silvio Maglione. “Tutti gli spazi giorno sono stati organizzati in una sequenza fluida e ininterrotta e si affacciano con alte finestre sulla stretta via sottostante. Al centro si trova il living che sui lati comunica, attraverso aperture perfettamente allineate, con lo studio e la stanza da pranzo. Da quest’ultima si raggiunge poi la cucina e, da qui, la dispensa e la lavanderia-stireria. Le tre camere da

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ARCHITECTURE

Qui sopra, la cucina con nicchia attrezzata rivestita in acciaio. Tavolo fine Ottocento, con piano in marmo e gambe in ghisa, di recupero come le seggiole pieghevoli da lavoro in legno e ferro. In alto, la stanza da pranzo con il tavolo Orseolo di Carlo Scarpa e le sedie Superleggera di Gio Ponti, Cassina. Opera di Vanessa Beecroft. La parete attrezzata dark green, come quella del soggiorno su cui si apre, integra le porte scorrevoli che possono separare all’occorrenza i due ambienti.

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letto (due per gli ospiti) con servizi dedicati si articolano invece sull’altro lato, che guarda sul cortile-giardino interno. Nel mezzo, tra le due zone, è rimasto il muro di spina, un vincolo strutturale che si è trasformato in un’opportunità”. Infatti, rivestito da una boiserie attrezzata in listelli di legno laccati verde scuro, integra e occulta alla vista la porta d’ingresso, varie armadiature e tutti i passaggi verso gli ambienti notte. A cascata da questa soluzione sono poi derivate le altre scelte. “Sempre nella logica di sottolineare l’asse della casa”, continua Maglione, “abbiamo posizionato una striscia di luce calda BackLight radente alla boiserie, ottimizzando le potenzialità di questi pannelli retroilluminati – spessi pochi centimetri e disponibili in vari formati – nella definizione di macro velature luminose che creano l’effetto di lucernari naturali sui soffitti, profilati dalle modanature di cornici in gesso a dadini. In un’ottica di massima flessibilità d’uso, la boiserie dark green ritorna poi nello studio, dove riveste tutte le pareti in versione


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ARCHITECTURE

A sinistra, il muro di spina rivestito in boiserie composta da listelli di legno laccati verde scuro integra e nasconde le armadiature, la porta d’ingresso e tutti i passaggi tra le due zone distinte giorno e notte. Qui sotto, la camera da letto, con il copriletto in velluto double face e la testata attrezzata a libreria che disimpegna sui lati lo spazio del guardaroba e quello della sala da bagno. Le finestre si affacciano sulla corte-giardino interna, schermate da francesine in organza di cotone indiano. La poltrona Cité è di Jean Prouvé, nel catalogo Vitra. In basso dettaglio della stanza da bagno, con la parete in marmo bianco di Carrara e resina grigia. Il tavolo del 1920 francese è di recupero, mentre il contenitore appeso alla parete di matrice artistica è stato realizzato su disegno.

libreria, e nella stanza da pranzo, inglobando le porte scorrevoli che all’occorrenza chiudono entrambi questi ambienti, disposti in simmetria ai lati del living”. Dove non c’è la boiserie, invece, le pareti sono state finite con un grigio opaco molto chiaro, scelto in un tono più scuro e lucido sul lato che ospita le finestre. Per enfatizzare la sobria compostezza dell’insieme, il medesimo schema è stato applicato nelle camere, che declinano rivestimenti in resina lucida, pareti attrezzate, librerie, cabine-armadio in legno e, nelle stanze da bagno dedicate, generose superfici in marmo di Carrara, specchi e luci su disegno. In tutto questo, un meraviglioso pavimento forma il tessuto connettivo dell’intero paesaggio domestico: composto dall’innesto di moduli quadrati fine Ottocento in castagno piemontese e listoni in teak provenienti dai pavimenti dismessi di una scuola per l’infanzia con corredo di incisioni d’autore, tra casette, cuoricini, lettere dell’alfabeto, apre altri sguardi e stimola nuove curiosità. ■

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Dettaglio della monolitica cucina a isola Ozone L di Henge: cinque metri di eccellenza realizzativa in preziosa pietra Cappuccino micro-sabbiata. A questo blocco scultoreo fissato su piastre murate a terra si affianca un secondo blocco attrezzato a parete, di profondità, larghezza e sagoma differente. Nella pagina a fianco, vista dall’ingresso dello spazio unitario dell’ex granaio. Le grandi capriate lignee e le travi grezze recuperate dialogano con la matericità contemporanea del pavimento in legno tagliato al laser e ricomposto a effetto mosaico, e con gli arredi, tutto di Henge. Nel living, al centro, tavolo Lounge, con top in pietra e base in acciaio brunito, sedute Strip chairs e sospensioni Polygonal Light Ring, in finitura Silver Black. A destra, sistema a parete Style Set e, di fronte, divano Human.

TUTTO È MATERIA

Pietra e cemento, legno grezzo e tagliato al laser, ottoni, argenti e acciaio dialogano in inediti accostamenti nel loft di Paolo Tormena, ceo di Henge, e Isabella Genovese, architetto: un ex granaio del XVII secolo a Pieve di Soligo, nel Veneto, ristrutturato da Massimo Castagna, che ha disegnato anche gli arredi foto courtesy Henge testo di Antonella Boisi


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ARCHITECTURE Progetto di MASSIMO CASTAGNA


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Ci sono case che sono davvero lo specchio di una filosofia di vita in cui lavoro è fonte di gioia e ricerca condivisa in uno spirito di squadra. È il caso dell’interessante abitazione-vetrina di Paolo Tormena, fondatore e ceo di Henge, e della sua compagna, Isabella Genovese, architetto per il brand di interior design italiano che esprime glamour ed esclusività. Si tratta di un loft, uno spazio unitario di circa 200 metri quadrati nato come granaio, con possenti capriate lignee nel XVII secolo, a Pieve di Soligo, un borgo storico a nord di Treviso. Per trasformare l’antico silo di pietra, legno

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e metallo in un’abitazione contemporanea dotata di tutti i comfort, Massimo Castagna, designer di lungo corso di Henge, ha interpretato e declinato ai massimi livelli il valore di un’estetica che si contraddistingue per l’altissima qualità della lavorazione artigianale di prodotti, realizzati on demand a partire da un’accurata ricerca di materiali naturali, trattamenti e finiture. Un approccio che consente la massima personalizzazione di forme e dettagli, come si conviene alla migliore cultura del design made in Italy. “È stata la casa stessa a scegliere per noi i


nuovi materiali e i loro accostamenti” spiega l’architetto Castagna. “Nel totale rispetto del genius loci, abbiamo infatti privilegiato l’impiego di altre pietre, legni e metalli, ottoni e argenti soprattutto, che, lavorati fuori da qualsiasi standard seriale, imprimono a ogni dettaglio dello spazio abitativo un’espressività quasi artistica destinata a conquistare la patina del tempo in modo naturale e autentico. È stato come intraprendere un affascinante viaggio nel cuore di una dolce terra collinare che regala emozioni e bellezza, ricca di storia e architettura, tradizione artigianale,

sensorialità e colori, che spaziano dalle nuance dei prosecchi a quelle dei tetti a coppi in terracotta, senza dimenticare le ville del Palladio poco distanti. Nella fattispecie, le lunghissime capriate e le travi in legno grezzo, che connotavano l’ex granaio”, continua, “ci hanno suggerito di costruire la zona destinata alla camera da letto e al bagno dedicato come una ‘scatola nella scatola’, un nuovo blocco autonomo all’interno del grande volume indiviso, preservando così la vista ininterrotta dei pregevoli elementi costruttivi”. La complessità

Lo spazio aperto è articolato in isole funzionali grazie agli arredi, a catalogo o custom made di Henge, tutti su disegno di Massimo Castagna. In primo piano, la cucina a isola Ozone L, cinque metri di pietra Cappuccino customizzata, e il tavolo K-Table, che in parallelo sviluppa altri cinque metri in legno fossile di rovere; intorno, le sedute della linea Hexagon. A destra, la libreria Bistrot S in ottone brunito; in fondo, la porta d’ingresso, sempre in ottone brunito lavorato a mano. Qui sopra, in fondo, la porzione a parete attrezzata della cucina.

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ARCHITECTURE


Scorcio della camera da letto, con il letto Noctis e il tavolino Mushroom, design Yabu Pushelberg, tutto Henge. Nell’immagine a destra, la parete in pannelli di ottone brunito che separa le zone giorno e notte è realizzata su disegno come i serramenti, dai profili sottili in ottone con taglio termico, e le maniglie. Nella pagina a fianco, la sala da bagno, un blocco di pietra Web Gray scavata, con rubinetteria Boffi.

dell’intervento di risanamento e recupero delle tracce originali dello spazio si è poi confrontata con le piccole finestre che assolvevano funzioni di ventilazione non residenziale, lasciando fluire una luce calda e avvolgente. Sono state tutte ridisegnate negli infissi e nelle maniglie. L’eliminazione di superfetazioni posticce, dovute a successivi cambiamenti di destinazione d’uso dell’ex granaio, ha invece fatto riaffiorare su alcuni muri la pietra originaria della costruzione, che “ha chiamato a gran voce”, racconta Castagna, “l’accostamento a nuove pareti in cemento, liscio nella parte centrale e rugoso lungo il perimetro. Quanto agli elementi d’arredo, molti sono nati e pensati proprio per questa casa – e solo in seguito sono diventati prodotti – sempre con l’idea di dialogare con l’involucro preesistente e la sua personalità, senza mai prevaricare, in una ricerca di equilibrio, armonia e arricchimento di prospettive”. Ecco allora che gli occhi abbracciano una nuova luce, con il benvenuto di una porta d’ingresso realizzata a mano in ottone brunito e di un pavimento in legno tagliato al laser ricomposto come un grande mosaico. E, ancora, le magie silver black degli anelli luminosi di forma poligonale sospesi nel vasto ambiente centrale dedicato al living e al relax, separato dalla zona notte mediante una parete in pannelli di ottone brunito. Senza interruzioni visive, la metamorfosi in chiave cocoon del luogo diventa ancora più evidente nella zona pranzo-cucina articolata sul fondo. Qui un tavolo lungo cinque metri in legno fossile di rovere comunica, in un riuscito parallelismo, con la forma scultorea e monolitica della cucina a isola di pari lunghezza, realizzata in preziosa pietra Cappuccino micro-sabbiata. Sono i due elementi del paesaggio domestico che più rispecchiano, amplificandola, un’idea di bellezza da condividere con gli amici, in un clima conviviale e informale. Che quest’anno ha ispirato anche Yabu Pushelberg e Fausto Salvi, collaboratori speciali delle collezioni Henge presentate al Salone del Mobile di Milano. ■

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Vista dal salotto verso la cucina. La cantinetta Liebherr è integrata in un blocco di pietra lavica basaltina di Risani Marmi. Questo contiene anche le scale che portano al soppalco, tagliato a V per non toccare le grandi finestre preesistenti. La sedia è Livia di Gio Ponti per L’Abbate. Pagina accanto, il salotto visto dalla zona cucina, con divani e poltroncine Yale di Jean-Marie Massaud per MDF Italia. Lampada IC di Michael Anastassiades per Flos.


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ARCHITECTURE Progetto di STUDIO WOK

UN’ARIA MILANESE

Nella ristrutturazione di un appartamento d’epoca, il team di architettura italiano Studio Wok ha riorganizzato gli interni sfruttando lo spazio in altezza, senza toccare le grandi finestre originali foto courtesy di Federico Villa testo di Laura Traldi

Quando ci si chiede quale forma possa assumere un interno contemporaneo per non perdere la sua identità, senza però cadere nella tentazione del vintage, bisognerebbe tenere presente questa residenza recentemente ristrutturata da Studio Wok. Malgrado le scelte ardite che lo caratterizzano, l’appartamento conserva la sua anima squisitamente italiana grazie alla presenza di rivestimenti e serramenti d’epoca e a chiari riferimenti a motivi dell’architettura classica, come gli archi e l’armonica proporzione tra i pieni e i vuoti. L’interno, di 150 metri quadrati, situato in un edificio del 1912 nei pressi di Piazza Tricolore a Milano, si articolava originariamente in camere da letto illuminate da grandi finestre e disposte lungo il corridoio che portava alla zona living, molto piccola rispetto al resto della casa e più buia. “La prima scelta è stata ovvia: cambiare la dislocazione delle stanze, per poter godere al massimo della luce naturale e per assecondare uno stile di vita contemporaneo, incentrato sul living”, spiega Nicola Brenna (uno dei tre soci dello studio insieme a Marcello Bondavalli e Carlo Alberto Tagliabue). La seconda, invece, è stata più complessa: sfruttare le altezze degli ambienti, di 4 metri e 70. “Abbiamo deciso di realizzare dei soppalchi in tutta la casa”, continua Brenna. Per la zona giorno, questo significava doversi confrontare con le grandi finestre, senza ovviamente toccarle.


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ARCHITECTURE Abbiamo trovato una mediazione realizzando una forma tagliata a triangolo nel punto dove il soppalco dell’area cucina e salotto (che misura m 2,80 x 5,60) incontra le finestre. Una geometria secca, dunque, che si ponesse in netto contrasto con il preesistente”. La zona living, nella nuova configurazione, è un ambiente unico, segnato dal parquet originale a spina di pesce parzialmente rimesso a nuovo, che comprende la cucina e il salotto. Questi sono tra loro comunicanti, ma separati grazie alla presenza del blocco scale che portano al soppalco: a chi lo guarda, questo appare con una pulitissima parete di pietra lavica, che contiene anche una cantinetta. “Il corridoio che conduce dal salotto alla zona notte è pre-esistente”, spiega Brenna. “Ma lo abbiamo coperto con una volta a botte, che lo ingentilisce, offrendo anche un richiamo a tanta architettura classica mediterranea”. Il resto dell’appartamento è caratterizzato da un gioco di entrate, passaggi, aree indipendenti ma comunicanti (anche in altezza, grazie ai soppalchi). “In fondo al corridoio, la camera matrimoniale è una suite a sé stante e ha un ingresso con un bagno (a sinistra) e una cabina armadio (a destra). Sopra il bagno e l’ingresso c’è il soppalco con lo studio”, continua Brenna. La stanza dei bambini è un unico spazio che si sdoppia grazie alla presenza del bagno al centro. “Il letto, in questo caso, è stato messo nel soppalco: così i ragazzi possono trascorrere più tempo nella loro stanza, dove avranno più spazio per divertirsi, giocare o studiare”. Nell’intero appartamento non ci sono mobili contenitori, e porte e pareti si confondono,

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differenziate – spesso – solo da diverse gradazioni dello stesso colore. “Lo facciamo sempre”, spiega Brenna. “Pensiamo a un interno in cui tutto è integrato nella struttura: far assorbire all’architettura gli elementi funzionali permette di vivere in modo flessibile, riempiendo gli ambienti di oggetti che raccontano la storia della propria famiglia. Bisogna ricordarsi che ogni casa avrà un’evoluzione nel tempo che non possiamo prevedere. Il compito dell’architetto è assecondarla, progettando in modo essenziale”. ■


Il soppalco, di m 2.80 x 5,60, è collocato sopra la sala da pranzo; vi si accede dal blocco scale di pietra lavica, nella parte opposta alla cantinetta. Il tavolo Tense di Piergiorgio e Michele Cazzaniga per MDF Italia è circondato dalle sedie Livia di Gio Ponti per L’Abbate; faretti Yori di Reggiani. A destra, la cucina disegnata da Studio Wok è realizzata da Arredo90 di Limbiate. Lampade String di Anastassiades per Flos, sedie Troy di Marcel Wanders per Magis. Anche il tavolo è stato disegnato appositamente, con base in metallo e piano di marmo Verde Guatemala, in una tonalità che si ritrova anche nel backsplash della cucina e nel bagno degli ospiti. Pagina accanto, dall’alto in senso orario, il corridoio sovrastato da una volta a botte e il tavolino di Gubi (Design Republic). Il bagno della camera matrimoniale con rivestimento in lastre di miscela di marmo e cemento tagliate su misura da Agglotech. Dettaglio della stanza da letto, con il pannellone scorrevole che nasconde l’armadio e la scala per accedere al soppalco.

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In soggiorno, la vetrata continua con serramento in legno naturale si affaccia sulla loggia coperta, con pavimento in klinker rosso originale della torrefazione. A destra, il baldacchino della cucina, in pannelli di legno con struttura di metallo. A sinistra, in primo piano, vaso in ceramica disegnato da Karim Rashid per Bitossi, poltrona Elda di Joe Colombo, tavolino da caffè di Ettore Sottsass,per Oak, edizione numerata 7/20, e divano anni ’80 di B&B Italia.


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ARCHITECTURE Progetto di TRA (TOUSSAINT ROBIGLIO ARCHITETTI)

UN LOFT SUPERGREEN Negli spazi ristrutturati di una vecchia torrefazione torinese convivono ecologia cosmopolita e radicamento nella cittĂ , il desiderio di privacy familiare e la necessitĂ di un baricentro dinamico per le traiettorie, locali e globali, di una coppia di architetti internazionali foto di Monica Spezia / Living Inside testo di Alessandro Rocca


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ARCHITECTURE

Negli anni Novanta, Matteo Robiglio e Isabelle Toussaint, che sono gli autori, e gli abitanti soddisfatti, di questo loft torinese, operavano nel collettivo di Avventura Urbana, società specializzata nella progettazione partecipata di rigenerazione delle periferie. Qualche anno dopo, nel 2011, insieme fondano TRA (Toussaint Robiglio Architetti) e, quasi contemporaneamente, concepiscono e realizzano questa loro nuova dimora familiare. L’avventura urbana, si potrebbe dire, continua, rifluendo dalle dinamiche complesse dei processi condivisi verso una dimensione più intima, dove alle discussioni tra abitanti e stakeholder si sostituisce l’opzione di comprare, ristrutturare e vivere a San Salvario:

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quartiere creativo, multietnico e tradizionale insieme, comodamente situato tra la stazione ferroviaria e il parco del Valentino che fiancheggia, a breve distanza, il corso del Po. La nuova residenza prende corpo in un isolato ottocentesco che, dopo i danni provocati dal bombardamento del 1944, era stato riconvertito a uso della Torrefazione Deorsola – un produttore ben noto ai torinesi – e che oggi, dopo una onorata carriera industriale, rinasce come loft contemporaneo. Alle prese con vincoli piuttosto stretti, il progetto realizza, con pragmatismo, un interno che vuole essere elegante ma, nello stesso tempo, anche pratico e flessibile; l’obiettivo è un’abitazione che sia accogliente e informale al punto giusto, dove

La cucina è definita e sormontata da un monumentale baldacchino in legno industriale. Il pavimento è in cemento diamantato e il soffitto in pannelli di legno. Utensili e stoviglie sono a vista; tavolo rustico e cucina industriale in acciaio.


La loggia, con sedie tripoline e tavolino artigianale, si affaccia sul giardino privato. Pavimento in klinker rosso, di recupero, e parete in stucco alla veneziana. La porta accede alla sauna nella camera matrimoniale. I serramenti del soggiorno (sotto sulla sinistra) sono rivestiti, all’esterno, in alluminio nero. In basso, nel soggiorno due divani Sity (design Antonio Citterio, 1986) di B&B Italia sono posti schiena contro schiena. La vetrata si apre sulla loggia.

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INside

ARCHITECTURE

La scaletta porta sul soppalco con la camera dei ragazzi; dall’oblò entra luce in uno dei bagni. I serramenti originali della vecchia fabbrica sono stati recuperati, verniciati di bianco e utilizzati per separare il corridoio dalle camere da letto.

privacy e socialità si possano integrare facilmente. Ma è anche importante la logistica: la casa deve essere infatti anche un baricentro strategico rispetto alle traiettorie. locali e globali di due architetti molto impegnati su diversi fronti, accademici e professionali. Perciò, la vecchia fabbrica del caffè rinasce come uno spazio introflesso, “senza viste e sottratto alla vista”, come spiegano gli architetti, “fatto di due appartamenti bianchi delimitati da vetrate in ferro; uno per noi genitori, uno per i nostri due figli”. Gli spazi interni sono organizzati con duttilità, sfruttando le altezze, che nel vano del soggiorno raggiungono più di quattro metri, per inserire soppalchi: tre come camere da letto e il quarto, più grande, come un baldacchino che racchiude la cucina. Nel progetto, condotto rigorosamente a quattro mani, bisogna confrontarsi con una molteplicità di bisogni e desideri: le esigenze del ménage familiare, il risparmio energetico, il piacere di un piccolo giardino murato, la privacy, e il gusto dei materiali e dei manufatti di memoria industriale accostati a pezzi di modernariato. Il taglio è ‘avventuroso’, sì, ma senza esagerare: le volumetrie disponibili sono abilmente rimodellate, e l’attenzione è posta soprattutto nella qualità dell’abitare e nei dettagli, come le pannellature di

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Qui a fianco, la stanza matrimoniale con il letto sul soppalco; lampada a muro Saori di Kazuhide Takahama per Nemo e IC Light Table di Flos. Alla scrivania, una sedia tradizionale piemontese, lampada Snoopy dei fratelli Castiglioni per Flos. A destra in basso, oltre la finestra, il fico piantato nel giardino privato. Qui sotto, la camera dei ragazzi, con il tavolo da lavoro apribile, disegnato negli anni Ottanta dagli architetti torinesi Franca e Gianni Pasotto.

legno industriale, gli infissi, che usano sempre colori e texture naturali, le grandi librerie, gli oggetti di affezione, la cucina a giorno, i pavimenti in cemento diamantato. I materiali e le tecnologie rispondono all’obiettivo, certificato e premiato da CasaClima, di collocare il nuovo edificio in classe A, raggiungendo i migliori livelli di efficienza energetica. Infatti, uno strato di pannelli in fibra di poliestere riciclato avvolge, con ottimo effetto isolante, gli interni, dove si incontrano pezzi di design italiano, soprattutto degli anni ’60, ’70 e ’80, mescolati con oggetti scovati tanto nelle soffitte delle case di famiglia quanto nei mercatini in giro per il mondo. ■

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ARCHITECTURE Progetto di LISSONI ARCHITETTURA

Atmosfere informali, e sofisticate, nel cuore della Londra cosmopolita. Il recupero degli spazi del Café Royal esibisce un equilibrio delicato e poetico, sospeso tra memoria dell’edificio storico e dettagli di design contemporaneo design team Piero Lissoni con /with David Lopez Quincoces, Stefano Castelli, Pino Caliandro foto di Simone Bossi / courtesy Lissoni Architettura testo di Giulia Setti

CLASSICO CONTEMPORANEO

Lo spazio della lobby, a doppia altezza, è una ‘stanza’ aperta verso la città, ed è caratterizzato dal protagonismo del chandelier di Vistosi, in vetro di Murano, sospeso sul tavolo in ottone lucido disegnato da Piero Lissoni, che segna il centro geometrico dell’ambiente. Sulla destra, i due banconi della reception, sempre in ottone lucido.

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ARCHITECTURE

Entrare al Café Royal, oggi, significa compiere un istantaneo viaggio nel tempo, ritrovando un’atmosfera perduta che è stata sapientemente recuperata. Situato nel pieno centro di Londra, tra Mayfair e Soho, il Café è un locale storico che recentemente è stato oggetto di due importanti aggiornamenti: il primo, nel 2012, è la trasformazione dell’intero edificio in albergo, con un progetto di David Chipperfield Architects; il secondo, appena concluso, è l’azione di recupero a opera di Lissoni Architettura, che ripensa completamente gli spazi comuni attraverso un dialogo delicato, e attento, con l’edificio, risalente al 1865. Con questo progetto, gli ambienti collettivi assumono caratteri nuovi grazie a interventi puntuali capaci di integrare, con le attività dell’albergo, le funzioni più aperte alla vita della città: la lobby, il concierge e, soprattutto, il prestigioso ristorante Laurent at Café Royal. Il Café si trasforma in una ‘camera con vista’ su Londra. La formula magica di Piero Lissoni è fatta di una miscela di suggestioni, innesti e riferimenti

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a mondi diversi, contaminazioni raffinate tra passato e futuro con immagini e decori sempre perfettamente calibrati ma anche, esplicitamente, innovativi. La sequenza di spazi costruisce atmosfere raffinate che, idealmente, esprimono un dialogo ininterrotto con la memoria storica del luogo: la lobby è ampia e dinamica, utilizza la doppia altezza della struttura esistente per introdurre prospettive nuove. Soprattutto grazie all’invenzione di un asse verticale, tanto trasparente quanto monumentale, formato dalla sospensione del magnifico chandelier in vetro di Murano, realizzato su misura da Vistosi. Una forma geometrica perfetta, un cilindro di luce, che dal soffitto scende a piombo sul tavolo in ottone lucido, disegnato da Piero Lissoni. L’unico punto di appoggio del tavolo circolare segna il centro simbolico di tutta la lobby e, anche, il termine dell’asse verticale tracciato dall’imponente colonna immateriale del lampadario. Il materiale che più caratterizza gli spazi della lobby è l’ottone lucido e il colore dominante è dato dai suoi riflessi

Il bar è impreziosito da pannelli a parete in onice retroilluminati, un dettaglio contemporaneo che rievoca la storia, più che secolare, del Café Royal. Bancone su misura di Paolo Castelli.


Al piano superiore, il ristorante Laurent at CafĂŠ Royal, organizzato lungo la balconata, si affaccia sullo spazio della lobby. Gli arredi, su disegno, enfatizzano il rapporto tra i dettagli classici e i nuovi inserti materici. Poltroncine in legno e paglia di Vienna di Poltrona Frau, panche e tavoli custommade di Paolo Castelli.


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dorati che sottolineano la preziosità degli ambienti; come raccontano i due volumi, semplici e puri, della reception e i capitelli delle vecchie colonne che sembrano luminescenti solidi sospesi. Attorno allo spazio centrale, le varie isole al piano terra si definiscono per variazioni cromatiche. Per esempio, le zone lounge, con arredi, tra gli altri, di Paolo Castelli, Poltrona Frau, Cassina e Living Divani, sono caratterizzate da toni bruni e caldi che contrastano con l’oro della reception e la luce bianca del grande lampadario centrale. Nell’illuminazione degli spazi, Lissoni ha cercato un effetto sensoriale e contemporaneo, scegliendo prodotti di Flos. Il piano superiore è interamente dedicato al ristorante Laurent at Café Royal, al quale si accede tramite il sushi-bar, posto davanti alla show kitchen rivestita con piastrelle di Domenico Mori. È un interno informale, eppure sofisticato, diviso in due zone diverse: la prima è disposta lungo la balconata che si affaccia sulla doppia altezza della lobby ed è arredata con poltroncine in legno e paglia di Vienna prodotte da Poltrona Frau e panche su disegno realizzate da Paolo Castelli. La seconda, più riservata, richiama le morbide atmosfere dei club londinesi, rievocati soprattutto attraverso la citazione della tipica boiserie in legno. Qui, la percezione dello spazio è moltiplicata da un soffitto interamente rivestito a specchio. Mentre sul fondo della sala la luce si riflette sulla parete di onice, semitrasparente e retroilluminata, in cui è incastonato il bancone del bar. ■

La sala più interna del ristorante, al piano superiore, richiama le atmosfere dei club londinesi, citate nelle boiserie in legno. Il soffitto a specchio dilata la percezione dello spazio. Divano Lipp e poltrone Confident di Living Divani, tavolini di Paolo Castelli.

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UNA STRADA SOSPESA Il Marconi Express è il nuovo people mover di Bologna che collega su una distanza di cinque chilometri l’aeroporto alla stazione ferroviaria, sviluppandosi in modo armonico e sostenibile tra città e campagna. Un’infrastruttura pensata anche come contributo compositivo alla formazione della nuova immagine del paesaggio urbano testo di Matteo Vercelloni foto courtesy Iosa Ghini Associati

La nuova monorotaia per il trasporto di persone che collegherà l’aeroporto di Bologna con la stazione ferroviaria appare subito come un sistema innovativo sia dal punto di vista tecnologico, sia nelle sue caratteristiche architettoniche studiate con attenzione per l’inserimento nel paesaggio urbano ed extraurbano. Il Marconi Express è il primo people mover di questo genere in Italia; un sistema di trasporto su ruote di gomma (che riducono notevolmente l’impatto acustico), alimentato elettricamente e totalmente automatico, privo di conducente a bordo. In soli sette minuti i tre vagoni in grado di accogliere ciascuno circa cinquanta persone copriranno la distanza tra aeroporto e stazione scavalcando il tessuto della città, i prati della campagna e l’autostrada con un

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In alto, schizzo di progetto per l’ottimizzazione dell’irraggiamento solare sulla balaustra fotovoltaica. Accanto, la sezione trasversale evidenzia l’asimmetria del nastro sospeso; la scocca di contentimento della monorotaia si estende verso l’esterno del lato destro, accogliendo la banchina pedonale continua di sicurezza e il bordo rialzato per l’alloggiamento dei pannelli solari. Sopra a sinistra, il veicolo in sosta presso la stazione intermedia Lazzaretto. Qui a destra, sezione trasversale della stazione aeroporto.


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ARCHITECTURE Progetto di IOSA GHINI ASSOCIATI MASSIMO IOSA GHINI, DAVIDE SEU

Ph. Francesco Bosi

Dettaglio del tracciato in quota del Marconi Express con i pannelli fotovoltaici integrati. Nel disegno, in basso, sezione longitudinale della stazione aeroporto.

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ARCHITECTURE

compositivo e la cura nell’inserimento nel paesaggio. Tra le due fermate di testa è stata prevista una stazione in posizione baricentrica. La stazione Lazzaretto è sostenuta da una serie di pilastri accoppiati della stessa dimensione e forma di quelli di sostegno del percorso di scorrimento, senza così introdurre ulteriori elementi che sarebbero apparsi distonici. Nella stazione il tracciato si sdoppia consentendo il passaggio di due convogli diretti in direzione opposta. Il doppio binario e le fermate sono contenuti sotto una falda asimmetrica, disegnata da un’unica trave di acciaio, ripetuta in serie parallela, chiamata a formare tettoia e pareti laterali. Il disegno della copertura risponde all’esigenza del montaggio a massimo rendimento dei pannelli solari sul lato sud-ovest. In questo caso l’impiego delle lamiere stirate, oltre a richiamare immediatamente l’immagine del viadotto, permette una buona circolazione dell’aria e una schermatura della luce solare con risparmi in termini di ventilazione.

Ph. Rhodri Jones

ponte di novantacinque metri di luce che, come un nastro metallico sospeso, esibisce una linea elegante e leggera. La sua figura unisce esigenze costruttive e tecnologiche a valori compositivi, in una sintesi coerente che caratterizza il progetto nel suo insieme. Il particolare disegno dei piloni di sostegno e il nastro continuo metallico della monorotaia si integrano in modo armonico accostando due materiali distinti. I 125 piloni in cemento armato faccia a vista culminano con un elemento plastico di altezza variabile da 5,2 a 18 metri, che si apre a calice richiamando lo sviluppo degli archi dei portici della città. L’acciaio verniciato di bianco del nastro presenta anch’esso una forma scultorea, una sorta di contenitore architettonico asimmetrico che mostra il suo scheletro strutturale modulare all’interno del rivestimento in rete metallica stirata che produce un effetto di trasparenza. Se da un lato la lamiera stirata sale in verticale sino a raggiungere la quota di scorrimento dei vagoni, corrispondente all’altezza della trave centrale, dal lato opposto la struttura, prima di salire, si estende verso l’esterno per contenere il camminamento in grigliato continuo che garantisce una banchina di sicurezza lungo l’intero percorso e per integrare, come elementi costruttivi parte del disegno e non ‘applicati’, la serie di pannelli solari in grado di produrre il 35% dell’energia necessaria al funzionamento del people mover. Un’autoproduzione energetica che genera un impatto ambientale positivo pari a 300 tonnellate di CO2 in meno e 14.000 alberi in più. Il nastro sospeso, progettato da Iosa Ghini Associati, corre così disegnando una linea armonica, con raggi di curvatura che, anche se dettati da esigenze di percorso e di ottimizzazione dell’irradiamento solare lungo il lato interessato dai pannelli fotovoltaici, ne enfatizzano il valore plastico e

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Ph. Nicola Schiaffino Ph. Nicola Schiaffino

Sopra, particolare dell’ingresso della monorotaia in stazione. Le reti metalliche stirate, impiegate come rivestimento delle scocche di acciaio, valorizzano il disegno strutturale alleggerendo i volumi complessivi. Accanto, dettaglio della struttura del portale-ponte. Nella pagina a fianco, il ponte di scavalcamento dell’autostrada A14 con i due elementi di sostegno avvolgenti che disegnano un grande portale simbolico della città .

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ARCHITECTURE

Ph. Nicola Schiaffino

Accanto, posizionamento del primo veicolo sulla monorotaia. Sotto, particolare della banchina passeggeri. In basso e nella pagina a fianco, vista della stazione aeroporto sospesa sull’area parcheggio sottostante. Si nota l’innesto della passerella pedonale di collegamento tra l’aeroporto e la stazione del Marconi Express.

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“Il progetto si sviluppa con l’idea di integrazione con le campagne bolognesi che circondano la città”, affermano i progettisti, “interpretando in chiave moderna i modelli tradizionali dell’edilizia rurale di pianura. Gli elementi architettonici che costituiscono la passerella, il ponte e le fermate sono stati studiati considerando i fattori ambientali che caratterizzanti il contesto”, come per esempio il ponte che scavalca l’autostrada, dove “gli elementi strutturali che lo compongono hanno forme naturali e semplici, che richiamano nel disegno l’inclinazione dell’architettura turrita della città di Bologna”. L’intero progetto unisce l’attenzione per l’ambiente e la cura nell’impiego delle risorse energetiche alle scelte architettoniche complessive, dalla selezione dei materiali e delle finiture a quella del disegno finale dei manufatti strutturali. Unisce inoltre architettura e design, in un segno paesaggistico sospeso, mai mimetico, in grado di sottolineare la sua contemporaneità e di rapportarsi, per significato e funzione, all’intera area metropolitana bolognese e al più vasto sistema regionale. In un’ottica di ammodernamento del territorio e delle sue offerte di trasporto pubblico, che ribadisce il ruolo di Bologna come nodo nevralgico della mobilità nazionale. ■


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Ph. Rhodri Jones

Ph. Rhodri Jones


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ARCHITECTURE Progetto di 3XN ARCHITECTS


Accanto, una ripresa aerea dell’insediamento dell’Olympic House nel contesto paesaggistico del Louis-Bourget Park di Vidy a Losanna, sulle rive del Lago Lemano. La copertura con i pannelli fotovoltaici vuole richiamare la figura di una colomba, simbolo di pace. Qui sotto, la scultorea facciata realizzata con un triplo strato di vetro trasparente, vista dal giardino interno in cui si integra anche il settecentesco Château de Vidy, destinato a padiglione di rappresentanza dell’International Olympic Committee.

Il nuovo headquarter dell’IOC (International Olympic Committee) nel Louis Bourget Park di Vidy a Losanna, in Svizzera, progettato da 3XN Architects. Un’architettura organica che interpreta in chiave olistica i valori del brand a cui è destinata: dinamismo, flessibilità, trasparenza, sostenibilità foto Adam Mork, Luca Delachaux / courtesy IOC testo di Antonella Boisi

OLYMPIC HOUSE

Due anni di lavori e lo scorso 23 giugno, ricorrenza dell’Olympic Day, l’International Olympic Committee (IOC), che nella stessa data ha celebrato il 125esimo anniversario, ha inaugurato ufficialmente la sua nuova ‘casa’ di 22.000 metri quadrati a Losanna, in Svizzera, riunendo sotto lo stesso tetto gli uffici di 500 persone fino a quel momento dislocati in quattro differenti sedi. L’Olympic House è un’architettura dello studio danese 3XN, sviluppata di concerto con lo studio svizzero Itten Brechbühl come local architect e con l’italiano RBSGROUP di Nora Trentini e Chiara Costanzelli per l’interior design. È un progetto molto interessante perché, in un’epoca che pullula di opere autoreferenziali, dichiara un non protagonismo già assurto a landmark di riferimento per la comunità, non solo locale. Con un approccio che assorbe le nuove necessità funzionali dall’interno verso l’esterno, intorno alle persone che ospita, l’edificio interpreta infatti in modo sintetico, efficace e simbolico le cinque parole chiave del Movimento Olimpico – movimento, trasparenza, flessibilità, sostenibilità e

cooperazione – riassumendole in una costruzione organica a tutto tondo. Una corporate philosophy declinata con gli strumenti parametrici del design. “Siamo da sempre convinti che l’architettura possa plasmare il comportamento umano in modo attivo. A maggior ragione quando, come nella fattispecie, è al servizio di un nobile impegno: quello di edificare un mondo d’eccellenza mediante lo sport”, ha spiegato Kim Herforth Nielsen, co-fondatore e direttore di 3XN (studio di base a Copenhagen, Stoccolma, New York e Sydney). L’Olympic House si innesta all’estremità orientale di un’area verde protetta del parco pubblico Louis-Bourget Park di Vidy sulle rive del Lago Lemano, che integra un sito archeologico, il settecentesco Château de Vidy (già padiglione di rappresentanza dell’IOC) e un fitto bosco di alberi ad alto fusto a ovest. Quasi fosse un prolungamento del contesto naturale, l’architettura minimizza il suo impatto, con la forma scultorea plasmata come un’unica avvolgente superficie ondulata in acciaio e vetro, compatta senza monotonie di fronti o retri, che dialoga in modo disteso con il padiglione storico

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INside

ARCHITECTURE

In questa pagina, altre viste esterne dell’architettura progettata da 3XN Architects che si sviluppa su cinque livelli, quattro fuori terra e uno interrato destinato a parcheggio, assecondando le linee orografiche del sito con sinuose coperture verdi, nella ricerca di una relazione osmotica con l’ambiente. Nella pagina a fianco, il corpo scale interno, che interpreta, come un sinuoso nastro ligneo sospeso terra-cielo, il simbolo dei cinque anelli olimpici.

adiacente, assunto come asse di riferimento centrale della composizione paesaggistica. “Ci piaceva l’idea di un fronte vetrato a tutta altezza, sfaccettato nello strato esterno per enfatizzare il senso del ritmo di un edificio che si percepisce mutevole da ogni angolo. Rappresenta infatti in chiave simbolica il dinamismo aggraziato e l’energia ottimizzata delle prestazioni di un atleta”, ha commentato Jan Ammundsen, partner e Head of Design di 3XN. Questa pelle molto espressiva e caratterizzante dell’involucro non è scontata. La trasparenza e la permeabilità alla luce del manufatto architettonico sono state infatti studiate in funzione sia del suo orientamento migliore per l’incidenza dei raggi solari sia delle viste sul contesto. La sinuosa e articolata copertura – a valle un tappeto di verde naturale che asseconda le linee orografiche del sedime e a monte una composizione di pannelli solari che minimizzano la necessità di energia elettrica dalla rete – restituisce in una visione zenitale l’immagine di una colomba, simbolo di pace. Tutto l’impaginato architettonico è stato concepito per stabilire una relazione osmotica con l’ambiente e per soddisfare una serie di parametri di sostenibilità che gli hanno già conferito una serie di importanti certificazioni, tra cui la Leed Platinum. Così, un sistema di frangi-sole risulta integrato in facciata e

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l’illuminazione della terrazza ritagliata nella copertura verde sospesa, che sembra quasi un’estensione del giardino sottostante, è stata ottimizzata in funzione del risparmio energetico. L’isolamento termico e acustico ottenuto grazie all’ermeticità del triplo vetro di facciata (quello esterno sfaccettato a cui si addiziona un doppio strato separato interno), l’efficienza idrica ottenuta con l’impiego dell’acqua del lago per regolare gli


scambi di calore nella climatizzazione degli interni, la raccolta dell’acqua piovana, l’utilizzo di sanitari che riducono consumi e sprechi costituiscono altri tasselli di un’economia circolare a basso impatto ambientale. Non da ultimo, la costruzione è stata realizzata impiegando per le fondazioni il cemento frantumato, remixato e riciclato in loco, proveniente dalla demolizione del preesistente edificio amministrativo, ormai inadeguato alle nuove esigenze. Un intervento a chilometro zero al 90%. Questa ricerca ha prodotto un effetto diretto anche sulla fruibilità degli spazi interni, articolati su quattro livelli fuori terra e uno interrato destinato a parcheggio. Il cemento ha consentito infatti minori vincoli strutturali nella composizione di sequenze spaziali fluide e flessibili. La sporting inspiration del progetto ha fatto il resto. Il cuore

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nevralgico di tutto l’impianto dei Ring leader si riconduce alla figura del corpo scale centrale, che, come un nastro terra-cielo, collega tutti i livelli fino alla copertura a lucernario dell’edificio. Ispirata dal simbolismo dei cinque anelli olimpici del barone Pierre de Coubertin, questa scala ha uno sviluppo a spirale che affida le sue suggestive torsioni e rotazioni alle calde tonalità del rovere, declinando flussi di circolazione ininterrotti che facilitano l’interazione, la comunicazione e la condivisione di obiettivi di fair-play tra le persone. Il piano terra ospita la lobby della nuova Agora, zone d’incontro e sosta gravitanti con sedute curvilinee intorno alla scala circolare, gli schermi espositivi di eventi sportivi presenti e passati, lungo le pareti, il ristorante e il fitness centre. Il primo e il secondo livello articolano invece gli spazi degli uffici racchiusi lungo il perimetro in ‘scatole’ vetrate trasparenti, che mantengono una relazione visiva costante con la zona centrale destinata alla socializzazione. Il terzo accoglie gli uffici presidenziali e l’executive board meeting room. Il quarto è una spettacolare roof terrace belvedere. Ciascun piano è connotato da un elemento iconico ed è cromaticamente caratterizzato dai pittogrammi tessili pseudo pixellati che rivestono le pareti di cemento, riproducendo immagini di attività sportive. Le polifoniche soluzioni d’arredo disegnate da RBSGROUP, con materiali sostenibili e forme minimali d’ispirazione naturalistica, sono distribuite in densità crescente dal centro verso il perimetro curvo di facciata e sottolineano una precisa identità di tutti i livelli e dei molteplici lavori che vi si svolgono nel rispetto della corporate philosophy. Al primo, per esempio, un

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podium a tre strati, sintesi di moduli geometrici, colore e grafica, è dedicato alla celebrazione dei vincitori dei Giochi Olimpici. Al secondo, invece, un sinuoso sofà verde si declina in più isole, integrando rigogliose piante e cuscini che rimandano alle tradizioni iconografiche dei cinque continenti: una raffinata interpretazione del valore globale dell’unione resa possibile dallo sport, nelle sue differenti espressioni geografiche e culturali. Al terzo, una lunga seduta curvilinea in legno funge anche da archivio storico delle pubblicazioni sulle Olimpiadi e sul movimento olimpico. Altro dato interessante: le postazioni operative in ogni ufficio sono dotate di scrivanie regolabili in altezza e di impianti domotici per il controllo di luci e sunscreen. Perché la sostenibilità rapresenta sempre anche una dimensione ad personam. ■


Ciascun livello è connotato da un elemento d’arredo iconico che declina la corporate philosophy del progetto, realizzato ad hoc da Vitra su disegno di RBSGROUP . Al primo, un podium curvo a tre strati, sintesi di moduli geometrici, colore e grafica, è dedicato alla celebrazione dei vincitori dei Giochi Olimpici. Le torsioni e rotazioni dell’impianto scale in legno si sviluppano fino alla copertura a lucernario (nella pagina accanto). Gli spazi degli uffici, lungo il perimetro, sono racchiusi in ‘scatole’ vetrate trasparenti per mantenere una relazione visiva costante con la zona centrale. Swan Chair di Arne Jacobsen per Fritz Hansen. Pannelli fonoassorbenti di Kvadrat.

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SIT DOWN, PLEASE! Non basta guardarli: i divani di Edra devono essere provati, vissuti, amati. Si possono usare per lavorare, rilassarsi, chiacchierare cambiando in continuazione il proprio modo di sedersi. E loro ti assecondano, come fedeli compagni di viaggio di Marina Jonna

In queste pagine, il divano Grande Soffice presentato quest’anno in occasione del Salone del Mobile. Volumi generosi e morbidezza assoluta si abbinano al cuscino intelligente, utilizzato per schienale e bracciolo in modo da accompagnare la seduta. Design Francesco BinfarÊ.

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Sembra una banalità, ma non è facile trovare

Ritratti di Monica Mazzei e Valerio Mazzei, rispettivamente vicepresidente e presidente di Edra. Hanno fondato l’azienda nel 1987 insieme a Massimo Morozzi, storico art director del marchio (foto di Giovanni Gastel).

divani che riescano ad accompagnare qualsiasi esigenza di seduta. Troppo rigidi, troppo morbidi, con lo schienale troppo basso o troppo alto, che devono essere riempiti di cuscini per riuscire a incontrare la posizione perfetta. Che poi, ovviamente, cambia a seconda di chi si siede o, semplicemente, del momento della giornata. È come se il divano in sé non bastasse: e i morbidi aiutanti diventano l’escamotage per accompagnare il nostro corpo. Così non è per i divani di Edra dove l’innovazione parte dal cuore del progetto, ovvero la sua struttura interna che nasce da una ricerca profonda indirizzata a trovare un comfort a 360° e accompagnare la persona in ogni suo stato d’animo. Un’idea di divano che è un invito a vivere liberamente la casa e che ha origine sempre in una storia e si sviluppa pian piano partendo dalla struttura per poi prendere forma nel progetto finale. In questo, l’intesa tra Valerio Mazzei, presidente di Edra, e Francesco Binfaré, loro autore da quasi trent’anni, gioca un ruolo fondamentale. “Quando Francesco ha cessato la sua collaborazione con Cassina ha iniziato a

lavorare con noi. Era il 1992. C’è stata da subito una grande intesa. Non parliamo molto, ma siamo due grandi osservatori a cui piace realizzare cose”. Tutto parte da un’idea, una suggestione o una visione anticipatrice. Come per il telaio interattivo del divano Flap, disegnato da Francesco Binfaré e lanciato nel 2000, che stupisce ancora per la sua modernità. Racconta Mazzei: “Francesco mi guarda e muove le dita della mano. ‘Vorrei un divano così’, mi dice”. E nasce Flap, evoluzione di un precedente prototipo a forma di foglia di fico, con la silhouette curvilinea che presenta delle ‘ali’ su entrambi i lati che si inclinano con varie angolature fino a diventare veri e propri schienali. La sua estrema flessibilità funzionale è supportata da uno studio ingegneristico complesso: la base è in solido tubolare metallico mentre le parti mobili sono agganciate singolarmente su doppi meccanismi d’acciaio. Il basamento è in metallo spazzolato e cromato, mentre i piedi sono in metallo cromato, con finale antigraffio in alluminio e gomma. L’imbottitura è realizzata a mano con più di 180 pezzi diversi di poliuretano elastico e traspirante, che consente una seduta accogliente nonostante i complessi meccanismi interni. Non ultimo il suo rivestimento, studiato apposta per resistere ai continui movimenti delle “ali”. Come racconta Monica Mazzei, vice presidente di Edra: “I tessuti con cui vestiamo ogni singolo pezzo sono studiati e realizzati da noi: come abiti ritagliati su misura. Ogni arredo ha le proprie caratteristiche e i tessuti che lo accompagnano sono parte del progetto”. Per questo Edra non ha una gamma di rivestimenti applicabile a ogni modello: ogni imbottito è un progetto a sé stante e si porta dietro il suo ‘vestito’ che ne esalta la forma e ha caratteristiche diverse di resa estetica, elasticità e resistenza. Uno studio complesso che

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Sopra, il divano Standard in una composizione che abbina sedute a profondità variabili. Sotto, On The Rocks, nato nel 2004 da una visione di Francesco Binfaré. Lo schienale, separato dalla struttura, è flessibile e si può modellare a piacere: l’aderenza alla base è garantita da dischi in gomma termoformata. La struttura si compone di quattro elementi base accostabili fra loro a piacere (accanto, un disegno con le possibili combinazioni).

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accompagna tutte le storie raccontate dai divani di Edra. Come nel progetto del divano On the The Rocks, suggerito a Binfaré dall’osservazione delle persone sedute, per delle ore, su spiagge rocciose. In quel periodo Valerio Mazzei aveva mostrato al designer un nuovo materiale che, indipendentemente dal baricentro e dall’inclinazione del corpo, era capace di assecondare una certa staticità. E proprio dall’unione di questo materiale e della visione iniziale si concretizza On The Rocks, composto da quattro elementi accostabili a piacere tra di loro (tre poligoni e un quadrilatero), da abbinare a schienali totalmente indipendenti, flessibili, spostabili, ma con un’aderenza totale alla base garantita da dischi di gomma termoformata. Le sagome, prive di scocca, sono modellate manualmente in una miscela di Gellyfoam® unita ad altre schiume, che ne garantiscono la morbidezza. Tocco finale, i tessuti: corposi e soffici, che completano la sensazione di comfort. Tra le innovazioni brevettate, sempre alla ricerca di nuove soglie di comodità, il cuscino intelligente nato da un’idea di Francesco Binfaré: un guanciale all’interno del quale è collocato un meccanismo speciale che permette di inclinarlo in ogni suo punto con una breve pressione, ottenendo la posizione desiderata. Un brevetto utilizzato poi su diversi modelli tra cui Standard:


Standard, di Francesco Binfaré, 2013. I cuscini intelligenti, utilizzati come schienale e bracciolo, sono agganciati alla struttura e si modellano singolarmente adattandosi a ogni posizione. Sopra e in basso, schizzi di studio di Francesco Binfaré.

un divano che libera il movimento e moltiplica all’infinito le composizioni possibili con sedute di forme regolari e irregolari, con profondità diverse, unite ognuna a un cuscino intelligente che funge da bracciale e da schienale, singolarmente reclinabili con movimenti fluidi, che permettono di vivere liberamente il divano a seconda dell’umore o della necessità individuale. Un altro divano nato dall’occhio instancabile di Binfaré nei confronti della realtà, è Pack. “Un giorno Francesco mi parla di una foto che lo aveva colpito: un orso che si lasciava trasportare sopra una lastra di ghiaccio”, racconta Valerio Mazzei. Una metafora dello scioglimento dei ghiacci e della deriva della società. “Avevamo un prototipo di un divano geometrico, che aveva un parallelepipedo come schienale indipendente”, spiega Valerio Mazzei. “Francesco lo ha trasformato nella sagoma di un orso”. Un progetto poetico che rivoluziona il paesaggio domestico creando un’immediata empatia con lo spettatore. La sensazione che si prova, adagiandosi sulla seduta che ricorda la banchisa artica, anche nel tessuto che ne evoca la texture, è quella di sedersi su di una nuvola: percezione rafforzata dal morbido orso/ schienale rivestito in pelliccia ecologica. Il pregio dei divani di

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COVER STORY Edra è anche questo: farti sentire bene nel corpo ma anche nella mente. Sono capaci di toccare le corde del cuore provocando una reazione emotiva, risvegliando, a volte, ricordi assopiti. Così nell’ultimo progetto presentato al Salone, il divano Grande Soffice, uscito dal flauto del “Pifferaio magico” (come Andrea Branzi definiva Francesco Binfaré, all’epoca in cui dirigeva il Centro ricerche di Cassina n.d.r.). “Vuole essere un divano rassicurante, quello che trovi nella casa dei nonni”, racconta Carlotta Palermo, communication manager di Edra. Appare morbido e invitante, quasi materno, ma con cuore innovativo: ti accoglie come un soffice abbraccio e si adatta ai desideri di chi lo usa. Questo è possibile grazie al cuscino intelligente, elemento chiave del progetto, che può regolarsi a piacere, anche separatamente, trasformandosi in bracciolo o schienale. Non ci sono limiti alle possibili posizioni: simmetriche o asimmetriche, informali o formali. Su questo divano ci si sdraia, si legge, si lavora , ci si rilassa: in pratica si vive in libertà, senza essere costretti ad adattarsi al divano, perché di fatto è lui a seguire i nostri desideri del momento, anche per quanto riguarda la sua posizione nello spazio.

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Sulla filosofia di Edra, Valerio Mazzei sottolinea: “Non valuto un progetto in base al nome di chi l’ha ideato. Cerco le buone idee e le realizzo al meglio” E continua: “Adoro il mondo dei sommelier: loro si mettono davanti a una stesa di calici e non sanno che vino c’è dentro. Lo votano in base all’uso dei sensi. Ecco: vorrei che fosse così anche per l’arredo”. Un sorta di ‘degustazione’ del mobile quindi, dove le persone debbano provare prima le sedute, senza conoscere i brand o i designer che le hanno realizzate. E dopo giudicarle. “Sotto la parola design, oggi, rientra davvero di tutto: anche un divano scomodo si giustifica. Per me sotto questo termine dovrebbe rientrare tutto ciò che è funzionale e che fa parte del bello, dell’elegante. Non amo le mode e non mi interessa essere un’azienda di tendenza: il mio obiettivo è fare cose di qualità che possano rimanere nel tempo”. Intraprendere un viaggio all’interno di Edra è un po’ come osservare l’eleganza intramontabile di un cigno che scivola sull’acqua: avanza senza apparente sforzo ma sotto le sue zampe si muovono con tutta la forza necessaria. Tu non le vedi, ma loro ci sono. E fanno la differenza. ■

Sotto, l’iconico Flap disegnato da Francesco Binfaré nel 2000. Gli schienali si muovono con diverse angolature: per riuscire a ottenere questo, è stato fatto un complesso studio di ingegnerizzazione. A sinistra, il ‘cuore’ tecnologico di Flap con i meccanismi che consentono il movimento e i diversi strati di imbottitura applicati a mano. Nella pagina accanto, Pack (2017) realizzato solo nei colori bianco e nero, a rappresentare il giorno e la notte. Entrambi i modelli sono nati da un ‘racconto creativo’ di Francesco Binfaré.


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La panca Escape Block, di Fernando Mastrangelo, presenta un gradiente di vetro e silice con granuli dipinti a mano, suggerendo strati di terra e cieli sottomarini. Foto: Cary Whittier.

IL NUOVO MAGMA

Il concetto di ‘antropocene’, epoca geologica segnata dall’impatto dell’azione umana sulla terra, porta il design a riflettere sul senso del progetto e sul bisogno di una nuova educazione estetica di Stefano Caggiano

Uno dei miti più antichi della nostra tradizione

Naia, specchio da tavolo disegnato da CtrlZak per JCP, che ricorda il pattern magmatico delle tempeste millenarie sulla superficie di Giove. Base cilindrica in ottone opaco e specchio in acciaio su superficie di marmo venato. Foto: Silvio Macchi.

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racconta del matrimonio fra cielo e terra, durante il quale Cielo fa dono a Terra di un velo che le dà un volto, definendone il profilo laddove prima non vi era che Ctòn, l’abisso senza volto. Da tempo immemore è questa, nel mondo occidentale, la metafora guida dell’azione progettuale, concepita come attribuzione battesimale di una forma a una materia che resterebbe altrimenti oscura e indecifrabile. Oggi, però, le cose stanno cambiando. L’intervento umano sul pianeta si è spinto a un punto tale che la vecchia mitologia non tiene più, facendo saltare le eterne dicotomie – terra e cielo, natura e cultura, abisso e progetto – che per millenni hanno definito il ruolo umano sulla terra. Oggi tutto è fuso, e si sta rimescolando. È questo il senso della vivace attenzione che si registra per il tema dell’‘antropocene’, l’epoca geologica in cui, secondo un numero crescente di studiosi, saremmo entrati in conseguenza

dell’azione umana sul pianeta. Ora, la geologia si occupa di rocce, oggetti che si formano attraverso processi lunghi centinaia di milioni di anni. Su scala geologica, l’intera esistenza della specie umana, dal primo homo habilis al sapiens di oggi, non è che un battito di ciglia. Può un fenomeno così effimero come l’essere umano lasciare un’impronta così incisiva sul corpo del pianeta? Sembrerebbe di sì, osservando gli inquietanti ‘plastiglomerati’ che l’artista canadese Kelly Jazvac ha raccolto alle isole Hawaii, pietre contenenti miscele di detriti naturali e plastica fusa indurita considerati da alcuni un marker dell’inizio dell’antropocene. Nel plastiglomerato la componente plastica e quella rocciosa sono mescolate così intimamente che è impossibile separarle. Oltre all’aspetto fisico, ciò chiama in causa una questione filosofica. Nel plastiglomerato, infatti, non sono più in gioco due sostanze distinte, una artificiale e una naturale, ma un’unica nuova sostanza che ci immette


Liquify, tavoli ovali alti e bassi in vetro temperato extra-leggero, realizzati da Patricia Urquiola per Glas Italia. Il decoro irregolare riprende il colore e le striature del marmo, cambiando la trama delle venature a seconda del punto di vista. Foto: Studio Urquiola.

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Sotto a sinistra, Alexander Shul, serie di oggetti ‘sostenibili’ realizzati con fogli di plastica riciclata (nell’immagine, la lampada), pensati per favorire un uso più diffuso di questo materiale, ancora non sfruttato in tutte le sue potenzialità.

Sopra a destra, lo specchio Guilty Pleasure, di Siri Bahlenberg, crea una tensione fra pietra e luce, ciò che è durevole e ciò che è effimero, intrappolando nel sedimento roccioso l’istante fuggevole di un’immagine riflessa. Sotto, tavolino Race, parte della serie [BLACK] realizzata da Raimonds Cirulis per il marchio Unknown Furniture. Il progetto esplora l’uso del materiale lavico nel design d’arredo, sfruttandone la flessibilità e le proprietà plastico-scultoree.

direttamente in una nuova cosmogonia, un nuovo ‘sfondo’ di riferimento per l’umano. La fusione tra naturale e artificiale è, in effetti, molto più sinistra di quanto in genere non si creda (e credere che la pratica del riciclo possa da sola ristabilire l’ordine perduto appare quanto mai ingenuo). Si considerino ad esempio come le microplastiche, corpuscoli con dimensioni dell’ordine di un millesimo di millimetro, entrino nello stesso ciclo alimentare degli esseri viventi, compreso il nostro. Il velo che Cielo aveva donato a Terra non è più solo il disegno di un volto. Il ‘disegno’ sta penetrando nel corpo della terra fondendosi con le sue profondità abissali, e modificandone così il DNA. Da un certo punto di vista è paradossale che un materiale come la plastica, impiegata quasi sempre per un utilizzo di pochi minuti (ciotola e posate per l’insalata consumata a pranzo), entri a

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modificare la struttura antica, e il futuro sulla lunga distanza, del pianeta. Eppure è proprio così. L’eternità effimera della plastica, che presenta tempi di degradazione dell’ordine di migliaia di anni, si impasta con il tempo profondo del pianeta mandando in cortocircuito la temporalità geologica che modella il mondo. È così che la natura si ‘rompe’. Che ne è del design in questo scenario? Non più semplice attribuzione di una forma a una materia, il progetto sarà sempre più ‘design dell’impasto’, sarà cioè lavorio morfologico su un nuovo magma allo stesso tempo plastico e roccioso, malleabile e insidioso, utile e pericoloso. Un impasto di terra e cielo che non definirà più un saldo passato su cui poggiare la cultura umana ma un duttile presente senza stabili puntelli. Sono vari i progetti che stanno iniziando a esplorare il comportamento – filosofico prima che tecnologico – di questo nuovo magma. È il caso


Sopra, da sinistra: Mourn, progetto dello Studio Nienke Hoogvliet, urna per la cremazione in bioplastica predisposta per degradare lentamente nell’ambiente, in modo da rilasciare con gradualità le ceneri del defunto e favorire un corretto nutrimento del terreno. Foto: Femke Poort. Dispensatore per l’acqua Oesis, design di Moreno Schweikle. Oggetto pensato per rivitalizzare il valore dell’acqua tramite un aspetto romantico ispirato alle fontanelle neoclassiche. Foto: Ties Bemelmans.

degli oggetti di Alexander Schul, realizzati in plastica riciclata ma con un design di ispirazione razionale (non pop) che siamo abituati a considerare nobile e ‘senza tempo’, a contrastare la percezione falsamente effimera che abbiamo della persistenza plastica. In maniera simile Moreno Schweikle, nel dispensatore d’acqua Oesis, combina l’estetica del granulato plastico con quella delle fontane neoclassiche. Design è, infatti, non solo ricerca di soluzioni pratiche ma anche educazione estetica a una nuova cultura della bellezza, per rendere accettabile e, infine, desiderato un orizzonte visivo compatibile con il tempo in cui si vive. Ecco allora che gli oggetti di sabbia di Fernando Mastrangelo e il tavolo Liquify di Patricia Urquiola per Glass Italia inglobano il sapore fluido del paesaggio lavico nella statica ornamentale dell’elemento d’arredo. In questo senso, e fuor di metafora, è altresì interessante notare come due marchi, il lettone Laviture e il danese Unknown Furniture, facciano uso di autentico materiale lavico nelle loro proposte per l’outdoor, segno di uno spostamento del gusto verso corpi oggettuali in continuità morfologica con i processi che plasmano il pianeta. Mentre più articolato è il pensiero che sta dietro al

progetto Mourn dello Studio Nienke Hoogvliet, un’urna per la cremazione in bioplastica predisposta per degradare lentamente nell’ambiente, in modo da rilasciare con gradualità le ceneri del defunto, piene di sostanze tossiche e nutritive. Più controversa l’interpretazione del nuovo magma data da CtrlZak, che nello specchio Naia per JCP risveglia simbolismi arcaici sepolti sotto strati di sedimenti e civiltà, riattivati per tornare a circolare nella nuova tettonica a placche dell’antropocene. Ché, è giusto ricordare, Ctòn ha l’aspetto terrificante dell’assenza di volto, è imperscrutabile come il senso della vita del pianeta, a cui, alla fine, non interessa che l’uomo trovi o meno un modo per sopravvivere, lui esiste e continuerà ad esistere comunque. Ad essere ‘rotta’, allora, più che la natura, è la cultura. Sono le tecnologie e i simbolismi umani a non essere più sostenibili. In tal senso, appare poetico, bellissimo e definitivo lo specchio Guilty Pleasure di Siri Bahlenberg, un oggetto perfetto che unisce la roccia terrestre allo specchio celeste in una proposta d’arredo perfetta tanto per un soggiorno contemporaneo quanto per una radura nella foresta vergine. O un deserto marziano. A ricordare, a quella creatura che si è separata dal regno animale specchiandosi nella propria autocoscienza, che basta un battito di ciglia per farla sparire. Mentre gli oggetti che ha fuso con la natura continueranno ad arredare un mondo disabitato e silenzioso, in attesa del prossimo animale che, imbattendosi nello specchio, imparerà a riconoscersi. ■

Sopra, seduta per esterni Egg Nest, produzione Laviture, realizzata in pietra di basalto sciolta a una temperatura di 1500 gradi ed estrusa attraverso speciali ugelli che creano un filato di pietra, fine ma durevole. A sinistra, ‘Plastiglomerati’, pietre contenenti miscele di detriti naturali e plastica fusa indurita raccolte dall’artista canadese Kelly Jazvac alle isole Hawaii come inquietanti ready-made che segnano l’inizi dell’antropocene.

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IL DESIGN CHE SI GENERA DA SOLO

Una sviluppata da Philippe Starck con Kartell, l’altra da Patrick Jouin con 3DExperience, due nuove sedie pongono l’attenzione sul ruolo che l’intelligenza artificiale potrebbe assumere nella progettazione di oggetti d’uso quotidiano. Non per rubare il lavoro ai designer, ma per migliorare la produzione e l’impatto sull’ambiente di Laura Traldi

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Anche vista da lontano la sedia AI che Philippe

La sedia AI presentata da Kartell a firma di Philippe Starck è stata realizzata utilizzando l’Intelligenza Artificiale in collaborazione con Autodesk Research. La seduta, in plastica stampata, è stata pensata per ottenere il massimo comfort con il minor impiego di materiali ed energia.

Starck ha realizzato con l’Intelligenza Artificiale (prodotta da Kartell, è stata presentata al Salone del Mobile) non potrebbe essere altro che una sedia di Philippe Starck. Eppure lui insiste: “l’ha progettata il computer, non io”, ha detto alla conferenza stampa. È naturale chiedersi dove risieda il vantaggio di un progetto effettuato da un computer, ma sempre guidato da un designer, se il risultato finale assomiglia in tutto e per tutto a quello che lo stesso designer avrebbe realizzato. Al di là della portata comunicativa dell’operazione, il beneficio reale c’è e si chiama efficienza produttiva. Non è una novità. Già anni fa nel think tank multi-disciplinare Pier 9 di San Francisco di proprietà di Autodesk, l’azienda che ha fornito a Starck il software che ha generato il progetto di AI, era stato realizzato un piccolo oggetto che sembrava fatto di osso ma che in realtà rappresentava il miglior elemento di connessione possibile tra il manubrio di una bicicletta e il telaio. Un oggetto generato (e poi stampato in 3D) non dall’uomo ma dal computer. A cui il designer aveva però fornito degli obiettivi e dei paletti fondamentali entro i quali muoversi. Perché il design generativo rappresenta un processo in cui il designer comunica con il software (e non a caso Starck stesso ha parlato di un ‘dialogo’ con la macchina) dandogli precisi ordini. Per esempio, quello di disegnare il miglior connettore tra telaio e manubrio in funzione di precisi requisiti: garantire una determinata capacità di assorbimento delle scosse, rispettare le dimensioni minime e massime stabilite, usare la minore quantità possibile di materiale, raggiungere il minor prezzo possibile. È divertente immaginarsi una stampante che produce pile di fogli di schizzi: in realtà, tutto

avviene in un ambiente paperless ma i progetti sono davvero centinaia. Al designer (quello in carne e ossa) sta il compito di selezionare i migliori e magari perfezionarli. Nell’aeronautica, il design generativo – cioè l’intelligenza artificiale applicata al progetto – è praticato da anni. Nel 2016, infatti, è stata presentata una ‘partizione bionica’ per gli Airbus sviluppata da The Living, uno studio di sperimentazione di Autodesk con base a New York che applica al design generativo dati provenienti dal mondo biologico. Traforata ma più resistente di quelle attuali, grazie al disegno basato su un algoritmo che imita la crescita delle ossa umane, permette la riduzione del 55% del peso delle pareti interne: il che significa aerei molto più green. E la stessa Airbus ha deciso di proseguire le ricerche in questa direzione firmando un accordo con il think tank multidisciplinare 3DExperience di Dassault Systèmes, che già si era distinto per l’invenzione di Catia, il software di design parametrico – l’antesignano di quello generativo – usato da Frank Gehry per le sue architetture a partire dal Peix d’Or di Barcellona del 1992. “È stato Starck a proporci questo esperimento”, racconta Lorenza Luti di Kartell. “Philippe era in contatto con Autodesk, che possedeva il know how tecnico per realizzare un progetto del genere ma non aveva mai lavorato nel mondo dell’arredo. È vero che il prodotto finale ha inevitabilmente ‘un’aria Starck’, ma questo perché lo sviluppo si è avvalso della sua regia: Philippe ha infatti fornito all’algoritmo gli input principali, insistendo sulla necessità di avere meno materiale possibile e affinando poi il risultato formale. Ma angoli, raggiature e curvature, nonché l’apertura a V rovesciata sul retro, sono state concepite dalla macchina per ottimizzare il rapporto tra struttura, peso e quantità di materiale utilizzato”. Il vero vantaggio di usare gli algoritmi per produrre una sedia, spiega Luti, sono produttivi.

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Anche quando ci si avvale di stampi tradizionali e non di stampa 3D. “Innanzitutto abbiamo impiegato mezzo chilo di materiale in meno”, precisa. “Che su una sedia di circa 5 chili significa una differenza consistente. E siamo riusciti a ridurre in modo sostanziale i tempi di sviluppo del prodotto”. Tradizionalmente, infatti, dalla fase del disegno alla prototipazione (anche usando quella rapida in 3D) per arrivare all’industrializzazione passano almeno due anni. “Ma non in questo caso. Nonostante lo sviluppo di AI sia partito a ottobre, la sedia è arrivata nei negozi a luglio. Perché il computer genera il disegno ottimale per far sì che i flussi del materiale liquido coprano alla perfezione tutto lo stampo e lo distribuiscano in modo da creare la struttura solida più funzionale. La riduzione di tempi, risorse e materiali è strabiliante”. Malgrado alcune affermazioni iperboliche di Starck (davanti alla domanda di Wired: “lei prospetta la fine dei designer umani”, la risposta è stata: “certamente, è una prospettiva che non mi fa paura”), l’intelligenza artificiale non costituisce quindi una minaccia per la creatività umana. “Al contrario”, dice Anne Asensio, capo Design, Upstream thinking, Innovation and Experience Design di Dassault Systèmes. Che proprio all’ultimo FuoriSalone, all’interno dell’evento Design in the Age of Experience a Superstudio Più, ha presentato la sedia Tamu progettata da Patrick Jouin con 3DExperience (il già citato think tank che lavora con Airbus) usando il design generativo. “La gente ha un’idea fantasmagorica delle macchine. In realtà, quello che i programmi di generative design fanno è creare uno spazio in cui l’uomo può proporre qualcosa di nuovo e migliorato rispetto all’esistente. All’interno di questo scenario, il designer rappresenta l’intenzione, l’inventiva. Il software è uno strumento potentissimo che gli permette di arrivare dove non avrebbe mai potuto. Per esempio, per rendere un oggetto meno impattante a livello ecologico: più compatto per il trasporto, più leggero, realizzato con una minore quantità di materiale ma con uguale resistenza e durabilità. Gli algoritmi generativi ci permettono anche di riprodurre esattamente il modo in cui un materiale naturale cresce e di imitarne il divenire, secondo un approccio che spesso si chiama biomimetismo”. È proprio questo il caso di Tamu: la novità della seduta risiede infatti nella replica di processi organici che rende più semplice la progettazione e la stampa in 3D, usando una quantità minima di materiale. E nell’idea di una seduta piegata su se stessa, che da piatta diventa tridimensionale con una mossa sola. Non scompariranno quindi i designer. Ma dovranno sapersi evolvere. “E cambiare il modo di

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pensare”, continua Asensio. “La sfida non è più legata a funzione e forma, perché con il generative design non si progetta solo quello che si vede ma anche la natura strutturale dei prodotti: quindi il materiale stesso, che viene inventato a seconda del peso che si vuole ottenere, delle forze in gioco e dell’uso che si farà di un prodotto. Per questo i nuovi designer dovranno necessariamente lavorare in team, capire in profondità i materiali sintetici, avere nozioni di biologia”. E sviluppare un linguaggio comune con le macchine che usano una logica diametralmente opposta alla loro. Gli algoritmi, infatti, procedono analizzando dati e si muovono all’interno di una scatola ben definita. “I progettisti, quelli bravi, pensano e inventano al di fuori di schemi predefiniti”, precisa Asensio. “Invece di arroccarsi su posizioni di sfida ai computer, dovrebbero quindi capire cosa può fare l’algoritmo per aiutarli a essere ancora più inventivi. È una questione di formazione e non a caso stiamo già lavorando con tante scuole in tutta Europa. Tutto questo ci permetterà di vedere il mondo con occhi diversi. Le macchine saranno per il design quello che la fotografia è stata per l’arte: un glorioso nuovo inizio, un cambio di prospettiva che ha portato i grandi autori a esplorare oltre il visibile, con l’espressionismo, il cubismo, il concettuale...”. Secondo Daniele Speziani, ceo di Phitec Ingegneria (uno studio di Rivoli, riconosciuto nel mondo e specializzato in simulazioni numeriche e design generativo applicato alla ricerca e sviluppo di prodotti – soprattutto per l’automotive), è bello che si parli di algoritmi applicati al design dell’arredo. Speziani interviene spesso ‘da dentro’ su prodotti già in commercio, calcolando come eliminare materiali e ridisegnando elementi che erano stati ‘overprogettati’. “Sono errori che si sarebbero potuto evitare. Ecco perché è bene che si parli di queste cose: essendo un mondo sconosciuto fuori dalla nicchia degli specialisti del settore, pochi designer e imprenditori sanno quali sono le potenzialità che offre il generative design. Occorre applicarlo fin dall’origine di un progetto, per arrivare a risultati – in termini di ottimizzazione delle risorse e sostenibilità – decisamente di impatto”. ■

Tamu, di Patrick Jouin con 3DExperience, è una seduta progettata utilizzando il design generativo ed è stata poi stampata in 3D dalla macchina stessa. Pieghevole come un origami, il suo design ottimizza l’uso dei materiali, riducendoli ai minimi termini.



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William Sawaya ritratto con il trofeo da lui disegnato per i mondiali di calcio femminile FIFA. In basso, Four Wheels, tavolino ottenuto dalla lavorazione di un’unica lastra metallica, Sawaya&Moroni.

UNO E TRINO

Nato a Beirut, dove ha conseguito la laurea in architettura, William Sawaya opera su più fronti. Come designer per il marchio creato insieme a Paolo Moroni e per altre aziende; come architetto d’interni, progettando a livello internazionale sia spazi pubblici che prestigiose residenze private; infine anche come art director della Sawaya&Moroni testo di Cristina Morozzi

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C’è chi antepone il comunicare al fare e chi, al contrario, lavora dietro le quinte disegnando pezzi icona. È il caso di William Sawaya, autore di noti prodotti della Sawaya&Moroni, l’azienda creata nel 1984 assieme a Paolo Moroni, con il quale dal 1978 divideva lo studio dove progettava architetture e raffinati interni privati e pubblici in tutto il mondo. Nato a Beirut da famiglia cristiana, ha conseguito la laurea in architettura con specializzazione in architettura d’interni. Nel corso degli anni si è costruito un’esperienza sfaccettata, operando anche come art director per la Sawaya&Moroni che vanta una rosa di collaboratori internazionali di prestigio, tra cui Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Jean Nouvel, David Adjaye, Ma Yansong, Snøhetta, Jakob+Macfarlane, Dominique Perrault, Michael Graves, Mario Bellini, Massimiliano Fuksas, Ettore Sottsass, Ron Arad, Borek Sipek… Dell’architettura contemporanea sottolinea la difficoltà. “Oggi va di moda”, esordisce, “disegnare un guscio esterno architettonico che sia di grande effetto e definire successivamente, indipendentemente dalla struttura, la logica degli interni, con inevitabile e sostanziosa perdita degli spazi. Progettare gli interni significa creare superfici utilizzabili, volumi, luce, non vuole dire disporre arredi secondo uno stile e creare composizioni in grado di catturare il gusto del cliente. Questo è il mestiere di un arredatore. Fare un vero progetto d’interni è molto difficile. Io penso di saperlo fare bene. Sfrutto ogni centimetro dello spazio nel modo giusto. E gli arredi li collego alle caratteristiche dello spazio. C’è una differenza: l’architettura deve durare nel tempo. Un prodotto, invece, raramente diventa un classico, anche perché, purtroppo, è più legato alle tendenze”. Nel creare l’architettura di un interno quanto influisce la luce, sia naturale, sia artificiale? Moltissimo. L’apporto di quella naturale deve essere studiato e stabilito in fase di progettazione; mentre il ruolo di quella artificiale deve essere studiato in funzione delle esigenze e delle abitudini delle persone che vi andranno a abitare. Prima di progettare qualsiasi edificio o ambiente, ho bisogno di capire tutto del committente, dall’A alla Z: come vive, quali sono le sue abitudini, cosa gli piace e cosa non gli piace… Con il cliente faccio delle sedute lunghissime, quasi psicanalitiche. Per la luce artificiale chiedo anche il supporto degli specialisti delle aziende


d’illuminazione. Sono sempre aggiornato sulle nuove tecnologie, sulle qualità e tonalità delle luci. La scelta formale degli apparecchi è puramente di gusto. Quando disegni un prodotto di arredo lo immagini in astratto, riferito a una tendenza e a una tua idea, oppure lo metti in relazione a un determinato spazio? Lo penso come prodotto autonomo. Nei miei progetti di architettura gli arredi non sono necessariamente disegnati da me, anzi, i miei prodotti sono sempre poco presenti, più o meno rappresentano il 3% di quelli utilizzati. L’oggetto d’arredo deve vivere per conto suo, bello o brutto che sia, e possedere una sua autonomia espressiva. Tuttavia, mi può capitare di disegnare un pezzo speciale, che non esiste sul mercato, per un determinato contesto o una situazione fuori dalla norma. È cosi che abbiamo cominciato l’avventura di Sawaya&Moroni: arredi speciali per interni di prestigio. Se ti chiedessi di definire lo stile dei tuoi progetti d’arredo? Senza presunzione, li ritengo sensuali ed eleganti. Cosa è per te la sensualità nel design? Un attributo che raramente si accompagna al design, indicato piuttosto come funzionale, ergonomico, concettuale, minimale… Sono tutte caratteristiche importanti a cui aggiungerei la parte tattile che conferisce sensualità. È raro che io faccia un progetto che la gente non abbia voglia di toccare, accarezzare, quasi fosse un corpo umano. Vuol dire morbidezza, linee fluide. Significa che il prodotto sa suscitare il desiderio. Qual è il tuo metodo e quali sono i tuoi riferimenti culturali per rendere desiderabile un prodotto? Tantissimi e nessuno in particolare. Leggo in

quattro lingue tutto ciò che mi interessa e mi incuriosisce. Credo di possedere il dono di osservare quando guardo e di ascoltare quando sento. È una dote legata alla mia sensibilità orientale innata, contaminata dall’esperienza maturata in 41 anni di vita in Italia. Quanto conta la tua origine orientale rispetto a una consuetudine occidentale? Non conta tanto, ma ci sono aspetti della mia personalità che appartengono all’Oriente. Il rispetto che nutro per le persone è una qualità molto orientale, così come il grande valore che attribuisco alla tradizione familiare. Cosa pensi del design che insegue le tendenze? Non mi dice niente. Anzi, direi che lo detesto. Il design non è la moda. La moda vive di cambiamenti stagionali, di tendenze. Il design di un prodotto, invece, deve durare, non solo per il colore, l’estetica, ma per la qualità del suo servizio. Seguire le tendenze significa cercare acriticamente il consenso per ottenere facili risultati commerciali e più like sui social. I prodotti di design che durano nel tempo vengono considerati delle icone. Pensi di aver disegnato dei pezzi definibili tali? Se sì, qual è il tuo segreto per crearle? Non esiste un segreto, una ricetta. Non pretendo di essere in grado di disegnare un’icona, ma vorrei tanto che almeno un mio pezzo rimanga nel tempo. Esistono dei presupposti per la creazione di un evergreen: l’innovazione tecnologica, formale e tipologica. Bisogna riuscire a disegnare

Dall’alto; sedia Fei Fei, composta concettualmente da un unico foglio materico che si ripiega su se stesso e delinea gambe e struttura, Sawaya&Moroni; vaso decorativo Sahthel Burji e caraffa Time Square, disegnati entrambi per Baccarat; sedia Maxima con scocca in poliuretano compatto ad alta densità e gambe in acciaio, Sawaya&Moroni.


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un archetipo valido, e in questo caso può diventare una icona. Ritengo che almeno due miei prodotti possano essere definiti archetipici, sia per il materiale utilizzato, sia per la forma: la sedia Maxima – prima non esisteva una forma analoga realizzata in poliuretano – e anche la Fei Fei. Oggi il design deve essere, prima di tutto, llifestyle e storytelling, come sostengono le aziende storiche. Cosa ne pensi? Sono contrario alle terminologie. Il life style lo lascio fare ai bravi decoratori e ‘ensemblier’. Non mi interessa. Il mio obiettivo è progettare una

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buona architettura d’interni caratterizzante, in grado di vivere autonomamente a prescindere dai prodotto d’arredo. E, come titolare di un’azienda, cerco di creare dei prodotti in grado di avere una loro identità, indipendente dal contesto. La tua figura è trina: architetto, designer e anche imprenditore. Come riesci a conciliare questi ultimi due ruoli? Mi confronto con Paolo Moroni, lui è il cosiddetto avvocato del diavolo. Ma, prima ancora, cerco sempre di mettermi in discussione. Questa esigenza, da un punto di vista creativo, mi ha penalizzato. Un imprenditore che fa anche il

Sopra, la lobby del Klapson Hotel a Singapore, realizzato nel 2009 su progetto di William Sawaya. Sotto, il divano Arktika in schiumato, la cui geometria a incastro consente la creazione di un’isola centrale, formata da due pezzi specchiati, oppure l’affiancamento a un pilastro o a una colonna, Sawaya&Moroni.


Sopra, un particolare di una residenza privata in Russia. Accanto, caraffe Le Diable en Tete e Le Diable au Corps in sterling silver, Sawaya&Moroni. Sotto, da sinistra, la serie di sedie impilabili 5PM, il cui disegno fa riferimento a un toro, Sawaya&Moroni; panca Meccanica composta da un piano seduta rettilineo, sostenuto da un tubo metallico cromato piegato ad andamento geometrico regolare, Sawaya&Moroni.

designer per la propria azienda non è ben visto dal mercato. Credo che la self production costituisca un rischio, perché viene a mancare la dialettica con il produttore. Tuttavia io esercito quotidianamante il confronto, sia con me stesso, sia con i designer che lavorano per l’azienda. Il che equivale a un allenamento indispensabile per risolvere i problemi, anche miei. Mi stimola questa pluralità di ruoli, ma non pretendo di essere un maestro di vita. In qualche misura mi ha anche limitato. Avrei potuto disegnare per altre aziende, ma non l’ho mai fatto per deontologia professionale, con l’eccezione per qualche marchio che non produce arredi. Il fatto di disegnare prevalentemente per Sawaya& Moroni mi ha incollato addosso l’etichetta di designer d’arredi, mentre ritengo di essere un progettista in grado di affrontare varie tipologie di prodotto. Una tua valutazione sull’attuale design italiano e sul suo futuro? In questo momento predominano due tipologie di designer, quelli che io chiamo gli ottimizzatori di idee altrui, che s’industriano a fare cose giuste per il mercato, spesso banali, e poi ci sono i designer/decoratori, di gran moda attualmente, capaci di mettere bene assieme arredi e colori. Sulla scena del design italiano vedo poca innovazione e poca tecnologia. Anche nell’area ‘calda’ del sostenibile e del rinnovabile non scorgo valide applicazioni, ma soltanto bellissimi slogan. Perché è così difficile coniugare il buono con il bello? Dovrebbero essere stabilite a monte delle norme politiche severe che impediscano lo spreco e l’uso indiscriminato di materie non rinnovabili. Per esempio, perché i supermercati continuano a vendere i prodotti confezionati nella plastica? Se ci fossero norme precise e precise indicazioni sui materiali sostenibili a disposizione, io, come tutti i designer, sarei obbligato ad attenermi a queste. Bisogna partire dalle materie e inventarne di nuove per creare un bello che sia anche etico. ■

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FENOMENOLOGIA DELL’ARCHETIPO

Nei nuovi pezzi realizzati per Desalto, Guglielmo Poletti prosegue il suo percorso di ricerca architettonica sul materiale, attraverso la raffinata definizione di tensioni e di equilibri che mettono in luce i fondamenti logici del progetto di Stefano Caggiano

Quando si osserva una montagna non si sta guardando una ‘cosa’, ma una durata. Ciò che ha assunto forma osservabile come rilievo montuoso è la vastità del tempo profondo che, un millimetro alla volta, ha innalzato terra e roccia per centinaia di metri. Una sensazione simile la si prova osservando gli oggetti a metà tra arte e design, scultura e installazione domestica, di Guglielmo Poletti. La sensazione, cioè, di trovarsi di fronte non a un’idea concretizzata ma a un distillato di tempo, al precipitato materiale di un processo che è stato il vero agente dispensatore della forma.

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Quest’idea di oggetti che nascono non da un pregiudizio estetico ma dal rispetto di un processo in cui il tempo viene aspettato, e incoraggiato, è centrale nel metodo di Poletti. Nasce infatti da questo metodo l’aspetto tipico dei suoi pezzi, teoremi di architettura avulsi da ogni scorciatoia estetizzante e solennizzati invece come dolmen di Stonehenge. Architravi del silenzio che definisce lo spazio. Non c’è, qui, rincorsa di una moda casualmente di passaggio. “L’idea di design come disegno non fa parte del mio modo di lavorare.


A destra, un dettaglio della consolle della serie Void disegnata da Guglielmo Poletti per Desalto. Il progetto esprime un’indagine sul pensiero architettonico, definito come dialettica fra massa e vuoto. I profili lineari delle sedute, solidi geometrici parzialmente scavati, articolano in equilibrio i due principi fondamentali della messa in forma degli oggetti, quello costruttivo e quello decostruttivo. Nel tavolo MM8 sempre per Desalto (pagina accanto), Poletti indaga i limiti strutturali dell’alluminio, sfruttandone le qualità fisiche per definire la costruzione finale. La tensione compositiva consente al top di raggiungere lo spessore minimo di 8 mm. I due cilindri di base garantiscono un’elevata stabilità, accentuando il contrasto fra la leggerezza del top e il radicamento gravitazionale del sostegno. (foto Cesare Chindemi)

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Nel mio metodo”, dice Poletti, “bypasso completamente la fase di disegno a tavolino per partire direttamente dal materiale.” Un materiale di cui vengono percorse le nervature segrete, piallate le tensioni profonde, enucleate le configurazioni immanenti. Perseguendo non una soluzione estetica ma una sublimazione di processo. Prendono forma così i pezzi Void per Desalto, indagini subliminali sui concetti architettonici di massa e di vuoto. Similmente il tavolo MM8, sempre per Desalto, profila i limiti strutturali del materiale mettendo in tensione l’alluminio fino a portarlo allo spessore minimo di 8 mm. Per fare questo tipo di cose occorrono partner disponibili a lasciare che il tempo faccia la sua parte. Perché le leggi della fisica non le puoi piegare, ti ci puoi solo allineare e, così, fartele alleate. “Quello che mi interessa è collaborare con le figure giuste in base a quello che voglio fare, azienda o galleria, e con Desalto è andata proprio così: non mi è stato imposto un brief precostituito, mi è stata lasciata la libertà di sviluppare la ricerca a modo mio. Così, se all’inizio il progetto doveva portare alla realizzazione di pezzi unici con scopo dimostrativo, alla fine sono venuti fuori pezzi adatti per essere inseriti in catalogo. Non perché ce lo eravamo posto come obiettivo, ma perché la ricerca è approdata lì”. In questa interpretazione del design c’è molto dell’approccio olandese che Poletti ha appreso alla Design Academy di Eindhoven, culla di quel metodo ormai diffuso che ha messo al centro del progetto la sperimentazione di processo libera da ogni galateo formale. È infatti solo rispettando il

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Sotto: la forma del tavolo Equilibrium, presentato da Galleria Rossana Orlandi nel 2018, deriva dalla ricerca dello spessore minimo del top in alluminio, che raggiunge qui i 6 mm. Il pezzo che ne risulta appare estremo ma puro, immateriale ma stabile, strutturato ma aeriforme (foto Giulia Piermartini). Nella pagina accanto: nel progetto Sections Bench Corten Steel per SEEDS di Londra, presentato a Operae 2017, sono illustrati i temi ricorrenti nel lavoro di Poletti, in cui la sperimentazione sull’articolazione geometrica diventa mezzo per un’indagine sottile, quasi subliminale, della materialità dell’oggetto, ricondotto ai termini fondamentali attraverso il ponderato uso di tagli, rotazioni e punti di saldatura (foto Pepe Fotografia).

processo, senza forzarlo nei propri pregiudizi estetici, che emergono quelle equazioni di geometria architettonica che sono gli oggetti del designer. Il quale non a caso individua proprio in architetti come Peter Zumthor, John Pawson e Maarten van Severen i suoi riferimenti principali, riconoscendo in loro la capacità di coordinare il principio costruttivo e il principio decostruttivo della forma. Tutto ciò si traduce nella costante ricerca del limite, intesa come “decostruzione di un’immagine preesistente per portare il pezzo a un punto in cui potrebbe sembrare troppo fragile per poter essere utilizzato, con l’aggiunta però di un accorgimento che gli restituisce forza. Si tratta di andare appena oltre il limite per poi tornare indietro per un’altra via”. Intagliando, così, una nuova fenomenologia dell’archetipo. Una nuova eternità della forma che metta in luce, sintetizzandoli come un chimico sintetizza una molecola, i fondamenti logici del progetto. ■

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ELOGIO DELLA MOBILITÀ Touch Down Unit di Studio Klass per Unifor definisce una nuova tipologia di arredo per ufficio. Ma anche un saggio di sociologia in forma di oggetto che dà dignità al lavoro nomade testo di Paolo Casicci

Touch Down Unit di Unifor, design di Studio Klass, presenta un piano di lavoro rettangolare sovrapposto a un volume chiuso e composto che si apre articolandosi in due contenitori attrezzati. L’altezza e la posizione del piano sono regolabili; il basamento è munito di ruote a scomparsa piroettanti a 360°.

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DesignINg Se il successo di un mobile dipende spesso da algoritmi e variabili imprevedibili, legate alla capacità di interpretare il gusto di un dato momento storico, tutto cambia nel mondo dell’ufficio, dove i prodotti che si sono imposti negli anni hanno quasi sempre portato innovazione o risolto problemi concreti. “Quello dell’ufficio è un mondo a sé stante, meritocratico tanto quanto spietato”, osservano Marco Maturo e Alessio Roscini. Studio Klass, la creatura dei due progettisti originari di Spello e Pesaro e attivi a Milano, che in questo 2019 festeggia i dieci anni di attività, ha firmato per Unifor Touch Down Unit, un mobile che ambisce a iscriversi nella tradizione dei game changer: quei pezzi che registrano un bisogno sociale e sono pensati per soddisfarlo, definendo uno standard ineludibile per chi, in futuro, dovrà misurarsi con la stessa esigenza. Touch Down è una unità mobile di lavoro pensata, o forse è meglio dire dedicata, a quel popolo sempre più numeroso e sfrangiato di lavoratori nomadi, consulenti e partite Iva che, pur senza un posto fisso, neanche e soprattutto in senso materiale, continuano a orbitare negli uffici in cerca di una postazione che li faccia sentire a pieno titolo parte di un team. In questo senso, lo spazio e la sua organizzazione giocano un ruolo ancora più forte di quello delle relazioni umane, perché sono i primi a incidere sulle seconde. Spiegano Maturo e Roscini: “A differenza della casa, che è come un abito tailor made cucito su di noi, quello dell’ufficio è un settore molto più variegato, in cui devono convivere in un unico luogo diverse persone, etnie, esigenze, abitudini e comportamenti, pertanto un prodotto deve essere elastico e adattabile a ogni tipo di situazione, tenendo ben presente l’intera comunità, ma focalizzandosi sul singolo individuo. Le aziende collaborano sempre più con professionisti esterni, consulenti, manager di altre sedi o comunque figure che non hanno una postazione di riferimento nel momento in cui si recano in ufficio, e questo crea inevitabilmente una situazione di stress, ci si sente ospiti e non parte integrante di un gruppo di lavoro”.

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Il compito del design è stato in questo caso di fotografare un mondo, restituendo a chi lo abita quella dignità che include dal diritto di posare una giacca alla possibilità di ricaricare lo smartphone senza cercare prese improbabili fino alla chance di tenere un breve meeting. Touch Down Unit è dunque il nido provvisorio e multifunzione che lascia a chi lo usa la possibilità di lavorare come preferisce, seduto in modalità workstation o in piedi su uno sgabello, scegliendo un’area in cui posizionarsi e potendo ricaricare eventuali device grazie a una batteria con l’autonomia di un giorno. Le ruote sono a scomparsa e piroettanti a 360 gradi, il movimento è morbido, le ante svelano i mobili contenitori. “Siamo arrivati a questa soluzione con un concept e un design ben definito, consapevoli che UniFor avrebbe potuto sostenere e risolvere la complessità di un prodotto molto versatile, dotato di una serie di movimenti meccanici e che necessitava di uno sviluppo tecnico importante”. Tutto il know how di Unifor, che quest’anno celebra il mezzo secolo di vita, è stata utilizzato infatti per questo progetto. Oltre a una buona dose di visionarietà e di attitudine a cogliere un’esigenza del nostro tempo. ■

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RICUCITURE Da alcuni mesi, Giulio Iacchetti, forse il più importante designer italiano della generazione degli Anni Zero, si occupa della direzione artistica di Danese, per la quale ad aprile ha presentato la collezione “Ricuciture”: interventi progettuali finalizzati a mettere in relazione il passato e il presente del marchio. In tutto dodici tra nuovi progetti e riedizioni riconducibili a tre direzioni di ricerca: lo sguardo al passato, agli oggetti che hanno fatto la storia di Danese e che meritano di essere riscoperti nella loro attualità; la creazione di oggetti di relazione, capaci cioè di dialogare tra loro e con famiglie di prodotti già esistenti; l’esplorazione di aree non ancora indagate dall’azienda milanese, come quella dell’accessorio per la persona. Bisogna avere trenta parti di solida conoscenza, trenta di leggerezza, trenta di passione e dieci di? dimmelo tu... per portare avanti il lavoro che stai facendo con Danese. A passione, leggerezza e conoscenza aggiungo un 10% di rispetto per la storia del brand, per chi ci lavora, per chi la dirige e ci investe del suo, per una storia radicale che richiede altrettanta radicalità. Con un’azienda come Danese, il rischio di trasformarsi da art director a conservatori e restauratori di antichità diventa molto forte, se ci si attiene a un ruolo da cultori della materia. Enzo Mari, tanti anni fa, ha avuto l’intuizione di porre sul tavolo della Danese una putrella di acciaio e di chiamarla vassoio; per rispetto a quella storia noi non possiamo limitarci a spolverarla come fosse un reperto archeologico, ma è quasi un obbligo morale provare a tracciare un percorso di pari intensità e coraggio. Dici che il tuo lavoro per Danese è una sorta di ‘laboratorio’, una parola che da una parte esprime una precisa responsabilità, dall’altra una condizione di privilegio: quello di sperimentare, fare errori, tentativi, eventuali scoperte da gestire. Che forma ha un ‘laboratorio’ in senso contemporaneo e sostenibile? Il laboratorio è il luogo della sperimentazione, dei tentativi, dei percorsi (nuovi) da testare; è il contrario della fabbrica dove i processi, essendo già testati, procedono lungo una monotona catena di montaggio. Con Danese vorrei dare tempo al pensiero di plasmarsi attorno a nuove idee di distribuzione, di proposizione dei prodotti, di alleanze da stringere tra brand compatibili ed equipollenti dal punto di vista dell’immagine, della forza comunicativa... Vorrei provare a creare percorsi di contemporaneità guardando la rete, il mondo digitale, provando a dialogare con i grandi players che si muovono sulla scena internazionale del progetto.

Giulio Iacchetti debutta nel ruolo di art director di Danese con una collezione di oggetti pensata per creare legami tra il passato e il presente. Perché, spiega il progettista, non basta più celebrare la storia: bisogna portare il design fuori dal mondo degli addetti ai lavori e creare un dialogo con il pubblico di oggi testo di Chiara Alessi

La collezione Ricuciture è composta da dodici tra riedizioni e nuovi progetti che interpretano i valori culturali di Danese. In queste pagine, alcuni dei nuovi oggetti disegnati da Giulio Iacchetti. Sopra, la caraffa in ceramica Sula che suggerisce l’utilizzo dell’acqua del rubinetto a tavola o in ufficio. Nella pagina accanto, uno schizzo del designer che sintetizza lo spirito del progetto complessivo.

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Ho l’impressione che l’etichetta di ‘direttore artistico’ ti stia un po’ stretta. Più in generale, mi viene da dire che oggi inevitabilmente chi progetta per un’azienda, a tutti i livelli, non può non progettare anche il mercato, la distribuzione, un nuovo pubblico. Dipende cosa si intende per direzione artistica. Nel nostro mondo purtroppo è intesa come un’occupazione militare di tutti i ruoli creativi all’interno di un’azienda. Per me significa invece circondarsi di intelligenze progettuali altre da sé per essere pronti e preparati alle nuove sfide del mercato. Il tema vero infatti è cercare sempre nuovi interlocutori con cui relazionarsi, un nuovo pubblico per nuovi prodotti. A mio avviso i brand storici del design si cullano nell’idea di occupare un posto fisso nell’immaginario delle generazioni: ovviamente non è così, e non basta essere presenti nelle collezioni permanenti dei più importanti musei del design per ritenersi al di sopra dei giochi. Dei brand, storici o meno, ci si dimentica in fretta. È necessario quindi rompere il cerchio magico degli addetti ai lavori e del pubblico storico di riferimento (che ti vorrebbe cristallizzato all’interno di un mondo nostalgico e malinconico) per andare incontro alle nuove generazioni con prodotti

corretti, calibrati alle nuove esigenze, che offrano lo spunto per raccontare, una volta ottenuto l’ascolto e la giusta attenzione, di cosa è stata capace Danese con i suoi prodotti mitici e iconici. È possibile che il ruolo tradizionale di designer, così come lo intendi nella tua poetica, si espanda verso la progettazione dei processi, dei sistemi, delle economie? È questa una nuova via ‘politica’ per il design, secondo te? Siamo condannati (felicemente) a pensare e guardare oltre il prodotto. Disegnare mi piace sempre, ma mi piace anche tratteggiare nuovi scenari dove i brand si muovono, si uniscono, collimano lo sguardo verso obiettivi condivisi per poi tornare a vivere un percorso autonomo... Ovviamente mi sono già fatto un’idea dei passi da muovere in questa direzione, ho già chiamato giovani e bravi designer per lavorare in modo mirato e preciso guardando a questi obiettivi che sono condivisi e sostenuti da Carlotta de Bevilacqua (presidente dell’azienda, ndr): lei mi ha accolto tanti anni fa in Danese come semplice progettista, concedendomi attenzione e fiducia. Adesso, con un altro ruolo ma ancora insieme, vogliamo dare a questo marchio un futuro che sia intenso quanto il suo passato. ■

Realizzata in ceramica, Matua è una ciotola che, abbinata alle posate Kurili, costituisce un set da insalata. Un piccolo scasso sul bordo superiore ospita le posate, evitando loro di cadere verso l’interno; un altro intaglio sull’anello d’appoggio evita l’accumulo di acqua quando la ciotola viene posta in lavastoviglie.

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Sopra, il set da tavolo Ipe che riprende lo storico vassoio Putrella disegnato da Enzo Mari (in nero). Il disegno della sezione consente a questi elementi (portamatite, portaoggetti e portabuste) di assumere posizioni nonchĂŠ funzioni diverse. Accanto, il gioiello infradito Tau, disponibile in due forme e tre materiali: argento lucido, ottone satinato e titanio (solo per i Tau uomo).

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FINALMENTE FUORI A sessant’anni dalla fondazione, Flexform debutta nel settore outdoor con una collezione ampia e trasversale. Sempre con l’apporto creativo e la supervisione di Antonio Citterio testo di Katrin Cosseta

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Una proiezione quasi fisiologica all’esterno. Il marchio di Meda trasporta nell’outdoor il proprio concetto di lifestyle, oltre che una cultura progettuale fatta di design atemporale, rigoroso made in Italy, qualità dei materiali e cura del dettaglio. Un progetto organico che comprende oltre venti pezzi, tra nuovi modelli (il divano Vulcano di Antonio Citterio), trasposizioni per esterno di modelli indoor (per esempio la poltrona Alison di Carlo Colombo), riedizioni di prodotti storici d’autore come la sedia e il tavolo Moka disegnati nel 1939 da Asnago e Vender. “Abbiamo voluto debuttare nell’outdoor prendendoci i nostri tempi”, spiega Matteo Galimberti, direttore commerciale Italia e membro


Alcuni modelli della nuova outdoor collection di Flexform: l’inedito divano Vulcano di Antonio Citterio, le sedute Ortigia (del Design Center dell’azienda) e il tavolino Fly. In basso, la versione outdoor della poltrona Peter, con struttura in acciaio AISI 316 e intreccio in fibra di polipropilene o gomma poliuretanica.

del cda di Flexform, “ma dimostrando che non si tratta certo di un timido tentativo di approcciare questo settore. Con la nostra prima collezione, lanciata allo scorso Salone del Mobile di Milano, abbiamo espresso con quale forza e convinzione affrontiamo questo nuovo ambito, con la stessa filosofia progettuale e lo stile understated che ci contraddistingue. La collezione è a tutti gli effetti paragonabile a una start up ma è molto ricca e ampia: include tre sistemi di seduta, cinque tavoli da pranzo, sedie, poltrone, tavolini e numerosi accessori”. L’evidente coerenza stilistica e l’inequivocabile appartenenza al brand sono frutto dell’intervento di Antonio Citterio con cui, dichiara Galimberti, “l’azienda è legata da oltre quarant’anni di proficua collaborazione; il suo apporto è stato fondamentale da ogni punto di vista. La maggioranza degli elementi reca la sua firma. Alcuni prodotti, come il divano Vulcano, sono assolutamente nuovi mentre altri, come il tavolo Monreale o la poltrona Peter, sono stati, di comune accordo con l’architetto, ripresi dalla linea indoor e reinterpretati in chiave outdoor, con la ricerca di materiali idonei a performance en plein air. Del resto, modelli come la poltrona Peter, del 2004, avevano fin dal concept originale di Citterio manifestato quell’allure lieve e quella naturale propensione a varcare i confini degli ambienti interni per spostarsi in terrazza o sul deck di uno yacht”. Dalla realizzazione di numerosi

progetti bespoke per barche o resort, e la conseguente familiarità con materiali quali l’acciaio AISI 316 o il legno di iroko, alla produzione di una collezione con proprio catalogo, il passo è stato dunque breve. L’operazione non si traduce in una semplice trasposizione materica, ma in una totale riprogettazione. I materiali impiegati appartengono a un lessico altamente tecnico, che nulla toglie alla personalità estetica o al comfort dei singoli elementi: multistrato marino di Okumè (per la base dei divani, traforata così da garantire l’aerazione delle cuscinature), acciaio austenitico (che sottolinea il segno iconico della sedia e del tavolo Moka di Mario Asnago e Claudio Vender), legno di iroko rigorosamente massello (come nel divano Zante o nella poltrona Ortigia), gomma EVA espanso, alluminio verniciato a polveri epossidiche e una vasta gamma di tessuti resistenti ad acqua e raggi UV. Corde in gomma estrusa o in fibra di polipropilene portano infine a nuovi livelli espressivi il tema dell’intreccio, elemento fortemente identitario dell’azienda. ■

Sopra, il tavolo Levante (Design Center) con la sedia Moka outdoor, riedizione di Asnago e Vender, proposta in acciaio inossidabile austenitico 316, anche con verniciatura epossidica, o legno di iroko. Sotto, la poltrona Alison di Carlo Colombo, con struttura in tubolare d’alluminio, la poltrona Thomas di Antonio Citterio, in massello di iroko e il divano Zante progettato dal Design Center interno.


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VOLO A VELA

Leggerissima, resistente e sostenibile, la sedia disegnata dagli israeliani Gilli Kuchik & Ran Amitai per Magis porta il magnesio nel mondo dell’arredo industriale di Laura Traldi


Davanti alla sedia Vela di Magis, presentata al

In alto: i designer israeliani Gilli Kuchik & Ran Amitai nel loro studio durante la progettazione di Vela. La seduta, prodotta da Magis, impilabile e pensata sia per interni che per esterni, è la prima realizzata industrialmente in magnesio.

Salone del Mobile, erano in molti a chiedersi di cosa fosse fatta. Perché è in metallo ma leggera come se fosse di plastica. E la sua forma non è facilmente classificabile: è per un ristorante o per la cucina di casa? “Volevamo che l’attenzione fosse tutta sul materiale con cui è realizzata, cioè il magnesio”, dicono i designer israeliani Gilli Kuchik & Ran Amitai, autori del progetto. “Per far riflettere sulla sua leggerezza, versatilità, sostenibilità”. L’idea di usare il magnesio è di Eugenio Perazza, patron di Magis. Uno che ha fatto della sperimentazione il dna della sua azienda. “Lo avevamo già considerato in passato”, spiega. “E quando abbiamo deciso di progettare una sedia leggerissima, impilabile, realizzata industrialmente, resistente, sapevamo che il magnesio era il materiale migliore per realizzarla”. La tempistica non è casuale. Il magnesio ha infatti delle qualità che lo rendono squisitamente di attualità: in tema di sostenibilità ambientale, durevolezza e leggerezza. È l’ottavo elemento più diffuso in natura, viene estratto prevalentemente dall’acqua di mare, costa di più ma pesa un terzo dell’alluminio, ha una densità bassissima e un’elevata resistenza specifica. Ed è riciclabile.

Ma le aziende che sanno lavorarlo a livello industriale non sono tante. “Nessuno, per esempio, era in grado in Italia di estrudere le gambe della Vela, che ha solo la scocca pressofusa”, precisa Perazza. “Queste due fasi della produzione avvengono quindi in Israele, che è uno dei Paesi più avanzati nella lavorazione di questo materiale. Una difficoltà, per esempio, era riempire nel miglior modo possibile tutte le cavità dello stampo con un materiale fluido e iniettato ad alta pressione. Per evitare situazioni infiammabili serve un’esperienza che in Israele hanno maturato attraverso anni di collaborazioni con le industrie del settore automotive, aeronautico e militare». Una sedia in magnesio era stata già realizzata nel 1998: il designer era Ross Lovegrove, l’azienda Bernhardt. Ma quella che ai tempi era stata definita all’epoca la “Lamborghini” dell’arredo pesava 15 kg, aveva un prezzo inarrivabile (più di 1500 dollari) e era prodotta su ordinazione. Niente di più lontano da Vela, che non solo è un prodotto industriale al 100% ma è realmente super leggera (“2,5 kg, rispetto ai 6-7 di un oggetto corrispondente in pressofusione di alluminio”, dice il fondatore di Magis: “la prima sedia al mondo in magnesio in chiave industriale”). “Eugenio Perazza voleva che il design esprimesse le qualità del materiale”, continuano Kuchik e Amitai. “Le gambe, sottilissime, spiegano quindi come il magnesio possa essere lavorato con spessori molto inferiori rispetto all’alluminio. Le aperture sul retro mostrano la solidità e offrono allo stesso tempo una presa facile e immediata. La sedia è poi impilabile ma non ha il look tipico di quelle da bar”. Niente gambe che si spingono verso l’esterno nella parte posteriore, ma un’ingegnosa combinazione di aperture sullo schienale “che aiutano a rendere il prodotto visivamente light e accomodano le altre sedute quando vengono messe le una sopra le altre”. Un elemento aggiunto sotto le gambe funge da distanziale tra le sedie impilate. Le classiche sedie per esterni hanno anche un foro per la fuoriuscita dell’acqua piovana. “Lo abbiamo eliminato”, dice Gilli Kuchik. “Al suo posto abbiamo progettato una pendenza della seduta, che è ampia e tonda e permette all’acqua di scivolare via attraverso le aperture dello schienale”. Ai designer piace sottolineare il lato sostenibile del magnesio. “Potrebbe diventare un’alternativa alla plastica? Forse sì”, dicono. Eugenio Perazza, invece, non si spinge così in là. Perché il magnesio ha un costo elevato e al momento è difficile ipotizzare che possa essere utilizzato per la produzione di serie. “Il mio obiettivo”, conclude l’imprenditore, “non era salvare il mondo ma provare il nuovo: inquinando meno, certamente, ma anche mettendo in luce il ruolo del design come strumento di innovazione. Seguendo lo spirito che da sempre anima la nostra azienda”. ■

INTERNI settembre 2019 / 101


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LANDSCAPE DOMESTICO

Il sistema di sedute Daniels di Christophe Delcourt per Minotti disegna l’area living attraverso curve, ellissi e un gioco di sovrapposizioni che interrompono la comune linearità delle configurazioni. All’insegna della massima flessibilità, nella casa così come nell’hospitality testo di Valentina Croci

“Interrogare la forma. È da questa ricerca insaziabile che arriva un comfort immediato e intrinseco”. Così esordisce il designer ed editore francese Christophe Delcourt che per Minotti progetta Daniels, uno dei sistemi di divani più articolati al mondo: ben 159 elementi che scaturiscono da un volume quadrato, svuotato della sua parte centrale. “L’idea di questo programma”, continua Delcourt, “era di lavorare sul cerchio, sulla curva, sul ritmo, sul dinamismo. La sua forza è il mix di profili curvi e rettilinei che crea un’infinità di forme nuove, grazie alla composizione o scomposizione degli elementi”. Daniels nasconde la complessità nelle linee pulite ed essenziali. Si compone di tre matrici: composizioni lineari, a ‘L’ e semicurve, raccordabili con elementi a chaise longue, che, grazie alle due posizioni dello schienale e alle diverse profondità delle sedute, vanno a creare un gioco di sovrapposizioni in un ritmo sempre variabile.

102 / settembre 2019 INTERNI

Disegnato per Minotti da Christophe Delcourt (sopra, ritratto in azienda durante lo sviluppo del progetto), il sistema Daniels è composto da circa 80 elementi lineari, oltre 40 tra curvi e semicurvi, circa 20 chaise longue, 12 pouf amovibili e panche che consentono di creare le composizioni più diverse, personalizzabili grazie a circa 70 varianti di tessuto e 8 di pelle.


Il sistema di sedute si integra ai tavoli bassi e contenitori Amber, composto da tavolini con o senza cassetto, lineari (con due o tre cassetti), curvi e semicurvi. La struttura è in wengé spazzolato, laccato a poro aperto colore moka, foderata esternamente da un foglio in metallo color malto,con divisori interni in marmo Zebrino.

Daniels è pensato per adeguarsi agli spazi della casa, per vivere sia in composizioni piccole che generose, così come nelle ampie e funzionali configurazioni del mondo dell’hospitality. “Cerco di moltiplicare i possibili scenari di utilizzo sviluppando forme e funzioni: dal riposo al lavoro, dal ricevere al condividere. Con l’obiettivo di rimuovere i confini tra l’uso domestico e l’ospitalità ed eliminare le barriere tra gli spazi”. Il programma risponde anche al tema del nomadismo, alla necessità o voglia di cambiare e riconfigurare gli elementi in base agli ambienti, soprattutto quando si cambia casa. Il progetto è stato pensato per un posizionamento al centro della stanza. La parte posteriore dello schienale lavora su due livelli, uno a filo e uno che esce dal perimetro del divano, smorzando l’‘effetto muro’ dello schienale visto da dietro e consentendo di avvicinare elementi consolle, Clive o simili, con lampade o sedie, per aggiungere ulteriori funzioni al progetto. Complementare a Daniels è il sistema di contenitori e tavoli bassi Amber, che può essere integrato nelle sedute come elemento di raccordo o terminale, o utilizzato in alternativa come elemento a sé stante. Rompe lo schema lineare con linee fluide che nascono da porzioni di cerchio e, così come Daniels può essere connotato da una molteplicità di rivestimenti in tessuti o in pelle, Amber può essere realizzato in diverse finiture e materiali, perfino con divisori di marmo. Il mix di combinazioni, dunque, non risiede soltanto nell’accostamento dei moduli di seduta e dei complementi, ma anche nell’accostamento di materiali, rivestimenti e finiture. La sensibilità da editore e décorateur d’intérieur di Delcourt, che conosce i processi di lavorazione

artigianali, si sposa con la produzione industriale di Minotti, con cui collabora dal 2017 realizzando una serie di prodotti fortemente riconoscibili. “Mi piace lavorare con le altre aziende per esplorare con loro nuove direzioni e, soprattutto, per evitare la ripetizione di temi familiari. Contrariamente all’opinione dei più, non credo che l’industrializzazione sia sinonimo di semplificazione. La forza di Minotti, infatti, sta nell’avere risorse umane e know-how importanti per dare forma a idee nuove. Un lavoro ineccepibile dal punto di vista tecnico che garantisce funzionalità ed estetica. Minotti è ai miei occhi il marchio che meglio interpreta i nuovi modi dell’abitare. E il nostro punto d’incontro risiede nella continua ricerca di purezza e atemporalità dei prodotti, in uno spirito caldo e conviviale”. ■

Il pouf amovibile con magneti e ruote nascoste può essere agganciato alla chaise longue e ad altre sedute per diventare un comodo bracciolo o poggiapiedi, oppure per essere messo a centro stanza come seduta addizionale per gli ospiti.

INTERNI settembre 2019 / 103


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Nel 1996 il trentenne Werner Aisslinger si presenta all’imprenditore talent scout Giulio Cappellini con il prototipo di una sedia, fatto a mano in fibra di vetro in scala 1:1. È la Juli Chair, la reinterpretazione (allora inedita) di un modello introdotto negli anni Cinquanta e Sessanta grazie alla sperimentazione della vetroresina nel settore dell’arredo da parte di designer quali Eero Saarinen, Arne Jacobsen o Charles e Ray Eames. Anche la seduta di Aisslinger applica una novità tecnologica, la schiuma poliuretanica, utilizzata fino a quel momento dall’industria automobilistica, un’innovazione che, in questo caso, permette di creare sedili tridimensionali ma morbidi. L’equilibrio di forma, funzione e performance produttiva di Juli è tale che, ancora oggi, risulta un prodotto attuale. Lo dimostra il fatto che, dalla sua nascita, non è mai uscito dal catalogo Cappellini. Quest’anno la seduta viene riproposta con un restyling quasi impercettibile, mirato a valorizzare i contenuti stilistici del primo progetto. L’intervento ha coinvolto Werner Aisslinger nell’affinamento delle curvature della scocca, rese più leggere, ma anche nell’ottimizzazione del comfort e dell’ergonomia. “La Juli del 1996”, racconta il designer, “è stata un prodotto sorprendente, perché guidata da un approccio basato sulla tecnologia. Cappellini, che negli anni Novanta era il marchio più innovativo e precursore del design del mobile, è stato infatti il primo produttore a usare la schiuma di un fornitore dell’Alfa Romeo che realizzava volanti per auto. L’utilizzo di nuovi materiali rappresenta un rischio nel ciclo di vita di un prodotto, che nel caso dei

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IL SEGRETO DEI VENTI ANNI Presente nel catalogo Cappellini dal 1996, anno della sua nascita, la sedia Juli di Werner Aisslinger si presenta oggi in una versione più leggera in plastica che ne aggiorna il comfort e l’ergonomia. A colloquio con il designer tedesco che racconta la storia d’innovazione del fortunato long seller di Valentina Croci


mobili è di 10 o 20 anni. Designer e azienda devono scommettere, senza avere certezze, sulla durata del materiale, sulla sua capacità di mantenere una buona qualità senza indebolirsi o deteriorarsi, per esempio perdendo il colore. Per quanto riguarda la produzione, la maggiore difficoltà ha riguardato la creazione dello stampo, che ai tempi si basava su un processo semiartigianale”. La forma della Juli, nonostante abbia un riferimento ai modelli a guscio degli anni Cinquanta e Sessanta, nasce da un processo pragmatico. “La scocca del sedile è stata definita a mano, dal lavoro eseguito in scala nel mio piccolo laboratorio, come fosse una scultura. Sono partito dal guscio chiuso della seduta da cui ho poi ricavato gli spazi tra i braccioli e lo schienale. Sono molti i modelli di sedie prodotte negli ultimi sessant’anni che presentano un’estetica analoga. Ma io non ho provato a relazionarmi a queste; piuttosto, ho voluto trovare una forma capace di definire un nuovo archetipo all’interno delle sedute a ‘pozzetto’. Infatti è stato complicato

raggiungere questo risultato formale con il processo di stampaggio in poliuretano”. Negli anni la sedia è stata aggiornata per rispondere alle evoluzioni tecnologiche e alle esigenze del mercato. Fino al restyling completo sancito da Juli Plastic, che ha visto l’aggiunta alla famiglia di un nuovo guscio rigido in plastica con un’ergonomia leggermente rivista a favore del comfort. “La modifica della forma è anche conseguente alla necessità di ridurre lo spessore della vecchia scocca in schiuma poliuretanica integrale da 2cm a 5-7 mm”, precisa Aisslinger. Che alla domanda sulla formula segreta con cui alcuni progetti si trasformano in long seller risponde: “Ci sono prodotti che hanno un carattere archetipico, una forma chiara e onesta che sembra creata dalla Natura stessa o esistere da sempre. Quelli dotati di queste caratteristiche non vengono mai superati, né danneggiati dal tempo”. ■

La scocca in plastica di Juli Plastic, disponibile in quattro colorazioni, è abbinata a diverse soluzioni di base: cantilever, a calice, quattro gambe in frassino, quattro razze con puntali e cinque razze con puntali o con ruote. Rispetto alla versione precedente, è disponibile su richiesta un servizio di personalizzazione del colore della scocca.

INTERNI settembre 2019 / 105


PUNTI DI VISTA

Il design a 360°: ovvero quando il progetto dell’imbottito diventa un’opera a tutto tondo di Nadia Lionello foto di Efrem Raimondi

Brooklyn, divano dalla struttura formata da telaio con piedini in alluminio laccato e scocche posteriori e laterali in poliuretano con rinforzo in metallo, leggermente arrotondate, rivestite in cuoio, pelle o tessuto. Cuscini di seduta e schienale in poliuretano rivestiti in tessuto o pelle. Design di Stefano Bigi per Amura.


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SHOOTING

Trigono, divano con struttura in massello di rovere naturale o grigio cenere, costituita da due cavalletti laterali, una trave centrale, cinghie posteriori in pelle o tessuto; fusto in legno per la seduta con cuscinatura in poliuretano rivestito in tessuto o pelle. Ăˆ completamente sfoderabile e provvisto di cuscino zavorrato che funge da bracciolo. Design di Michele De Lucchi per Alias.


DesignINg SHOOTING

A sinista, Étiquette, poltrona con struttura in acciaio verniciato, schienale in massello di frassino; seduta con cinghie in cuoio naturale o tinto, cuscino in piuma d’oca con supporto in memory foam e poliuretano. Schienale e braccioli in piuma d’oca con supporto in poliuretano ricoperto in tela di cotone, rivestiti in tessuto sfoderabile o fisso di velluto o pelle. Piedini in materiale termoplastico. Design di GamFratesi per De Padova. A destra, Kor, poltrona dalla struttura in tubo di acciaio cromato con intreccio ortogonale di cinghie in materiale plastico, seduta e schienale in gomma schiumata ignifuga a varie densità rivestiti in tessuto sfoderabile oppure in pelle. Design di William Sawaya per Sawaya & Moroni.


A sinistra, Corallo, poltrona con struttura ramificata in tondino metallico verniciato, cuscini in poliuretano con rivestimento di tessuto sfoderabile in un’unica variante di colore. Design di Paolo Grasselli per Bonaldo. A destra, Costela, poltrona con base in metallo verniciato nero opaco e seduta composta da doghe in frassino curvato tinto noce con cuscini imbottiti in poliuretano rivestiti in tessuto o pelle trapuntati. Disegnata da Martin Eisler nel 1952 e prodotta da Tacchini.


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Miami, divano monoblocco con struttura in massello di faggio e pioppo e cinghie elastiche, imbottiture in poliuretano con piuma e falda sintetica per la cuscinatura. Il rivestimento è in tessuto, camoscio, pelle o ecopelle oppure su richiesta. Il divano è caratterizzato dalla seduta che poggia su una leggera struttura con piedini in bronzo e dallo schienale a sbalzo. Design Maurizio Manzoni per Cantori.


Shiky, divano monoblocco con struttura in legno, molleggio su nastri elastici, imbottita in poliuretano. Lo schienale a due altezze prevede un cuscino semplice e cuscini sostenuti da rullo, imbottiti in piuma d’oca. Rivestimento in tessuto o pelle con cuscino seduta trapuntato. Design di Damian Williamson per Zanotta.




DesignINg SHOOTING

Surf, divano componibile con elementi rettilinei, chaise longue, ad angolo e terminali, con base e seduta integrate e schienale sporgente, imbottiture in schiume poliuretaniche e rivestimento in tessuto o pelle sfoderabili Design di Yabu Pushelberg per Molteni&C.


Gogan, divano componibile con seduta dalla struttura in legno, imbottiture in poliuretano e rivestimento sfoderabile in tessuto bouclĂŠ. Ăˆ caratterizzato da elementi strutturali posti sul retro con funzione di unione, rinfonzo e fermo di schienale e seduta. Design di Patricia Urquiola per Moroso.

atiaectur assequi ad quia cus moles enim alibusam ulparum landerspide labor rem eos ea es rercili tibus, cusapel ipsam, corehendia consequis ut ate que pellaboris is eum ereperum, con non nonseque porionestiat rem. R ovid min coreped et lam fugiam, architistrum


DesignINg SHOOTING

Frida, madia cocktail con struttura leggera in metallo brunito e volume in noce canaletto. Le ante si aprono ‘a vetrina’ ruotando di 180 gradi. Struttura interna laccata opaca marrone, schienale in specchio bronzato e cassetto estraibile. Di Gherardi Architetti per Presotto.

114 / settembre 2019 INTERNI


Versatili, luminosi, trasparenti, realizzati con materiali d’eccezione. I nuovi mobili contenitori si muovono liberamente da una stanza all’altra di Carolina Trabattoni foto di Paolo Riolzi

MADIE IN TRASLOCO

Kendo, design Meneghello Paolelli Associati per Alf DaFrè, credenza caratterizzata da un particololare gioco geometrico: ciascuna anta presenta un taglio a 30 gradi che la divide in due parti complanari ma disassate. Con base in metallo, è in essenza Fashion wood con ante laccate Modica lucido.

INTERNI settembre 2019 / 115


Alambra, madia espositore con struttura in alluminio finitura platino ridotta all’essenziale per valorizzare il vetro grigio trasparente del mobile, i cassetti interni in noce e cuoio rigenerato e il sistema di illuminazione a led integrato. Di Giuseppe Bavuso per Rimadesio.

116 / settembre 2019 INTERNI


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SHOOTING

Alessandro I, credenza optical in bianco e nero, composta da una parte superiore a due ante che si aprono su un ampio vano bar con pannello specchiato e ripiani in cristallo, e da una parte inferiore con due cassetti e cassettoni apribili a pressione. Design William Sawaya per Sawaya & Moroni.

INTERNI settembre 2019 / 117


DesignINg SHOOTING

Home Hotel, madia firmata da Jean-Marie Massaud per Poliform, in laccato opaco caramello, struttura e base in olmo nero. Caratterizzata dai frontali sagomati con bordo in essenza, è disponibile anche nella versione bassa. Della collezione fanno parte anche, scrittoio, consolle, panche tavoli e tavolini.

118 / settembre 2019 INTERNI


Vittoria, design Cristina Celestino per Fendi & Fendi Casa, collezione Back Home. Credenza con top in radica, profilo e fianchi laccati, piedini e colonne in acciaio finitura ottone spazzolato. Le ante in vetro satinato ed extrachiaro creano un gioco grafico di righe di gusto contemporaneo.

INTERNI settembre 2019 / 119


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Offshore, design Piero Lissoni per Porro, madia a tre ante battenti e tre cassetti in legno di frassino con piani a 45 gradi e interni in acero. La speciale finitura frassino carminio è ottenuta attraverso ripetuti passaggi manuali, grazie ai quali la venatura affiora in superficie in un color rosso scuro. A terra, tessuto Guro bianco e nero in cotone e viscosa, di Dominique Kieffer by Rubelli. 120 / settembre 2019 INTERNI


Islands, design Stephen Burks per Living Divani, contenitore free standing accessibile dai vari lati grazie ai listelli di alluminio a sezione ellittica che, ruotando su se stessi su un perno centrale, creano una superficie ora compatta, ora ariosa. Gambe, top e fondo in mdf verniciato nero opaco.

INTERNI settembre 2019 / 121


Y3, design Simon Schmitz per Martinelli Luce, lampada da terra a luce diretta con spot orientabile a led. Caratteristica del prodotto è la possibilità di muoversi in ogni direzione e restando sempre in equilibrio grazie a un sistema di tre tiranti collegati alle molle disposte a 120° presenti nella base. Il corpo è in alluminio verniciato.


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REVIEW

Disegnato da Atelier Oï per Artemide, Vitruvio si distingue per l’ingegnoso meccanismo (ispirato all’orologeria) che permette di inserire tre aste metalliche all’interno del diffusore in vetro soffiato.

HUMAN LIGHTS

Lampade e persone: che le ammirano, ne saggiano le superfici, vi si specchiano. Perché bellezza, funzionalità, tecnologia, ricerca, sarebbero solo parole vuote, se non ci fosse qualcuno capace di riconoscerne il valore di Andrea Pirruccio foto di Maurizio Marcato

INTERNI settembre 2019 / 123


DesignINg REVIEW

Firmata da Davide Besozzi per Axolight, Manto è una famiglia di sospensioni in tre dimensioni. La sfera di vetro soffiato opalino con fonte a led è retta da un braccio telescopico che consente di disporla a diverse altezze. A sua volta, grazie a dei tiranti in acciaio, il corpo cilindrico mantiene in posizione orizzontale il cerchio in tessuto bianco elastico.

124 / settembre 2019 INTERNI

Di Zsuzsanna Horvath per Luceplan, Illan ha un corpo leggerissimo ottenuto da un multistrato in legno tagliato al laser secondo linee equidistanti. Disponibile in più dimensioni, fino a un metro di diametro, la lampada acquisisce volume grazie alla gravità, assumendo la sua caratteristica forma fluttuante. All’interno è presente una sorgente led .

Da Marcantonio per Slamp, Idea è una ‘lampadina’ con virola ottonata sospesa su una serie di supporti: una struttura in ottone satinato, uno specchio da muro e (come in foto) un pannello da incasso a scomparsa che amplifica l’effetto ironico dell’idea che balena quando meno la si aspetta.


Creata da Giulia Archimede (nel riflesso) per Catellani & Smith, Alchemie T è una lampada composta da due dischi in ottone e alabastro che scorrono parallelamente su una base a binario in pietra medea. Il movimento dei due dischi produce una variazione sia nella forma sia nell’intensità luminosa.

Nuée, design Marc Sadler per Foscarini, è una lampada realizzata mediante sovrapposizioni di un tessuto tecnico tridimensionale. La trama può essere modellata creando zone di chiaroscuro attraversate dalla luce. Due le fonti luminose: la prima all’interno della nuvola, la seconda che direziona la luce verso il basso.

INTERNI settembre 2019 / 125


Disegnata da Dodo Arslan per Terzani, Oscar rappresenta un omaggio alle architetture di Oscar Niemeyer. Disponibile nelle versioni terra, tavolo e da appoggio, la lampada si compone di una sfera in vetro retta da una base in ottone curvato.

Puppet Ring, design Romani Saccani Architetti Associati per Vistosi, si distingue per i tre anelli dal diametro crescente, accostabili con sequenze differenti fino a costituire l’armatura su cui sono collocate le sfere in vetro di diverse dimensioni. La lampada affianca vetro cristallo fumé, ambra e bianco, sfumato con finiture oro e nickel nero satinato. Siro, di Marta Perla per Oluce, è una lampada da tavolo composta da una lente e un disco frontale che, grazie a una sottilissima fonte di led, emana una luce radente. È proposta in due dimensioni e in due finiture: bronzo satinato o oro satinato, con curva interna della calotta in bianco.

126 / settembre 2019 INTERNI


Pigreco di Davide Groppi connette due materiali primari, il legno della base (che cela un led) e il vetro della sfera. Questa, metà satinata e metà trasparente, si muove liberamente sul piano diventando a volte diffusore, a volte lente convessa.

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REVIEW

Disegnata da Vittorio Paradiso per Paolo Castelli, Joy è una sospensione composta da tre anelli in ottone, disposti ad altezza variabile, e da sfere in vetro soffiato satinato bianco opaco (quella grande) e rosa trasparente (la sfera piccola), sospese all’interno di una sottile struttura metallica. Il gioco di masse e traiettorie circolari genera un disegno bilanciato di dinamiche gravitazionali.

Bolita, design kaschkasch per Marset, è composta da una superficie circolare che alloggia un led fissato sul suo asse centrale. Su questa base è poggiata una sfera di vetro che può essere spostata per accentuare o attenuare la luminosità, o per generare un effetto eclisse. Così, il processo di dimmerazione è meccanico e non elettronico.

INTERNI settembre 2019 / 127


DesignINg REVIEW

Ink System di Linea Light comprende piĂš versioni accomunate dal medesimo concetto. Il cavo, elastico e sottile, ospita una striscia di led e funge da conduttore su cui agganciare diversi dispositivi. Il sistema prevede percorsi a parete-soffitto, moduli componibili con varie giunzioni e finali che ospitano il cavo conduttore trasformandolo in segno grafico.

128 / settembre 2019 INTERNI


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REVIEW

Liana, di Maxim Velcovský per Lasvit, è un’installazione in cui elementi di vetro soffiato sono contenuti all’interno di speciali retini metallici tubolari. La presente versione si compone di 105 singole ‘liane’, parola che in ceco significa rampicante.

Da Ronan & Erwan Bouroullec per Flos, Belt è un progetto composto da cinghie di pelle: alcune reggono il peso della configurazione, altre trasmettono l’elettricità e altre ancora contengono la luce. La parte iniziale può scendere dal soffitto o risalire da una parete o da terra per poi venire retta dalla fibbia della prima cinghia pendente. Qui inizia il raggio luminoso. Il segmento successivo può essere quello finale, oppure se ne possono aggiungere altri all’infinito.


DesignINg REVIEW

Di BrogliatoTraverso per Penta, Hang out è una lampada a sospensione che si compone di una linea retta, un cerchio e un’ellisse. Sul corpo illuminante orizzontale si innestano liberamente gli elementi circolari e ovali: geometrie disponibili in materiali e colori diversi.

Disegnata da Elena Salmistraro per Torremato, Miami è una lampada a sospensione in vetro decorato e ottone disponibile in tre differenti estetiche, che trova la propria ispirazione nel movimento dell’Art Déco americano.

130 / settembre 2019 INTERNI


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REVIEW

La festa delle farfalle, di Ingo Maurer & Team, è un’opera luminosa composta da 34 farfalle e una libellula di carta, e da un piatto in porcellana i cui led integrati illuminano tre lampadine poggiate sulla sua superficie.

Dalì, di Paolo Nava e Luca Arosio per Italamp: sospensione in vetro termoforato ispirata all’immaginario dell’artista eponimo. Il vetro è sovrapposto in più strati a richiamare i celebri orologi che si sciolgono al sole. La luce proviene da una fonte luminosa a led inserita nelle scanalature del supporto in metallo delle lampade, disponibili nei colori verde, ametista, blu e grigio.

INTERNI settembre 2019 / 131


INservice

TRANSLATIONS INtopics EDITORIAL

p1.

The houses in this issue – which focuses, as every September, on the latest design trends – are all tailor-made. The loft refurbished by Massimo Castagna in a town in the Veneto hills, the apartment of Enrica Massei in the chic heart of Milan, updated by Silvio Maglione, the super-green and experimental loft of Isabelle Toussaint and Matteo Robiglio in Turin all seem like bespoke garments, made to measure. These projects link back to an idea of architecture that fosters personal solutions and forms through research on the performance of materials, workmanship and finishes. After all, the big challenge facing Italian design has precisely to do with innovation and the capacity to respond to a wide range of different needs, in geographical and cultural terms. The tale is told by a selection from the many new creations presented in April in Milan: from the chair by Magis that introduces magnesium in the world of industrial furnishings, to the chair developed by Philippe Starck and Kartell with the help of artificial intelligence. From the work unit of Studio Klass for Unifor that invents a new type of office furniture, to the collection designed by Giulio Iacchetti to interpret the history and the future of Danese. All the way to the versatile creativity of William Sawaya and Gugliemo Poletti, both visionaries with their unique approaches. There are many examples to demonstrate that Italian design has no intention of abandoning its great tradition of research and invention, in a context of skilled manufacturing that still makes our country unique. Gilda Bojardi CAPTION: The internal staircase of the Olympic House in Lausanne, designed by 3XN Architects. The sinuous wooden ribbon connects the five levels of the new headquarters of the IOC (International Olympic Committee). In its content, it interprets the symbol of the five Olympic rings, and the corporate philosophy of the facility (photos courtesy of IOC).

PhotographINg LIGHT PROJECT

P2.

“Nanda Vigo. Light project,” Palazzo Reale, Milan, until 29 September. Photo Marco Poma. “Light project” (curated by Marco Meneguzzo) is the first extensive retrospective in an Italian institution on the work of Nanda Vigo, the Milanese artist and architect who has influenced the international culture scene over the last 50 years. The show contains about 80 works, narrating the creative career of the designer from the outset in the 1950s to the present. As a participant in the avant-garde movements of the 1960s, Nanda Vigo developed research on light, transparency and immateriality, in works of art and the space inhabited by human beings. She has made true environments (some with Lucio Fontana) with inclined mirrors that reflect different visions of reality. The fulcrum of the show is a fascinating ‘chronotopic’ environment in the hall of mirrors, which aims to get beyond and transcend the material nature of everyday experience. In the photo, Global Chronotopic Experience, Spazio San Celso, 2017, Milan. (C.T.) palazzorealemilano.it, nandavigo.com

PhotographINg MASTERS P4.

Kettal, VDL Penthouse by Dion & Richard Neutra At the Salone del Mobile in Milan, Kettal presented the pavilion of the attic of the VDL Research House, the residence in Los Angeles designed for himself by the modern architect Richard Neutra in 1963, embodying his

architectural theories. “This house, in its free relationship with the land, the trees, the sea, in constant proximity to the whole immense order of nature, acts as a shock absorber to provide the necessary relaxation with respect to the complications of everyday life,” Neutra said. Kettal, with the supervision of Neutra’s son Dion Neutra, has recreated the VDL Penthouse on one level, down to the smallest details. The pavilion was built thanks to the donation of the philanthropist C.H. Van der Leeuw (hence the name). It measures 12 x 4 meters and conserves the original sequential layout of the rooms, in a flexible space where the functional role of the bedrooms varies across the day and the seasons. The construction techniques and materials have been updated, and a home automation system to control lighting, air conditioning and heating has been installed. Two models were on view, with and without glass: both can be installed in different spaces, including gardens, on roofs, or as parts of already existing properties. (C.T.) kettal.com

PhotographINg ART DESIGN

P6.

Visionnaire, Anniversary Accessories Capsule Collection. Mirtus vases by Ivan Baj; Fauna vase (facing page) by Sara Ricciardi. Photos by Max Zambelli and Delfino Sisto Legnani. Zanellato/Bortotto, Stories of Italy, Gumdesign, Fausto Salvi, Marta Giardini, Ivan Baj, Claire Fréchet, Inderjeet Sandhu, Olivia Walker, Sara Ricciardi: these are the designers summoned by Visionnaire to create a new collection of accessories. A series of one-offs and limited editions in ceramic, stone, brass and Murano glass, celebrating the 60th anniversary of the brand’s mother company, and interpreting its values in terms of contemporary design. First of all, the values of uniqueness and craftsmanship Made in Italy. For the occasion, Visionnaire has collaborated with the historic Venini glassworks, leading to the Fauna and Metamorfosi collections by Sara Ricciardi. (M.P.) visionnaire-home.com

PhotographINg INSTALLATIONS

P8.

Armani Casa, installation at Armani/Teatro for the 2019 collection. Photo Fabrizio Nannini. During the Salone del Mobile in Milan, at the Armani/Teatro on Via Bergognone, Giorgio Armani wanted an exhibition that would convey the idea of lightness, the theme of the collections for 2019. Furnishings and objects were displayed in the central spaces of the theater, set up as a large dark box where enormous figures loomed, like kites echoing the forms of the furniture on which they were positioned. The panels in the colors of the collection – sky blue, blue, red and pale gold – were in polycarbonate, a material that allows light to filter through. On this page, the Osimo sofa with the Melbourne fabric, Link tables in shagreen-effect leather, and the Oz rechargeable lamp. On the facing page, the Oliver table with top in dark green lacquer, the Link tables and the Oyster table lamp in alabaster. (C.T.) armani.com

INsights ARTS

P10. THE ART OF THE POSSIBLE by Germano Celant

THROUGH DISORIENTING DECONTEXTUALIZATION, THE WORK OF PAOLA PIVI GETS BEYOND THE CONVENTIONS OF THE TRADITION OF PERCEPTION AND REVEALS NOVEL AND VISIONARY POTENTIALITIES OF THE REAL The working method of Paola Pivi is dazzling. It is based on images, anchored in everyday reality, that strike us as a sudden flash of intuition, to which the artist then assigns a subsequent, concrete status. The proce-


dure based on an inner, personal imaginary is able to avoid already existing practices that lead to an impersonal approach, such as that of Sol LeWitt of starting from a concept or an idea to deduce a result, or that of setting a theme or a functional or formal subject, like Donald Judd, on which to operate in order to reach its construction. Furthermore, the spontaneous and direct way to reach a work is a sign of rapid, lightening fast, almost photographic thinking, which then has to find a concrete dimension of its own. A transit from the subjective to the objective that feeds on things taken from the world but tends to offer them a disorienting and surprising condition. Something that seems banal – in the sense of its etymological meaning, since the term comes from the word ban, a feudal order that could not be discussed but had to be accepted by the community – a datum to be taken for granted, not subject to challenge, that asserts itself as an exception of life. A proposal of originality that inserts itself in the system of complex aesthetic communication, but does so by suggesting a minimum shift from standard reality. A successive step to get beyond Duchampian bewilderment, where the value does not lie in the physical and optical, intellectual and philosophical disruption of a thing, but in its different way of presenting itself, simple and synthetic, as if it were part of its possible existence. Nothing overwhelming, then, but a way of being put face to face with a situation that wavers between unreal and real, almost a subversive design proposal of the selected object. This would explain the presentation, in 1997, at the show “Fuori Uso” in Pescara, of a truck with a length of 16 meters, turned over on one side as if it had been pushed or had had an accident, without being damaged, while the overturning revealed an unexpected aspect of its making, the driving apparatus which the artist had cleaned and polished, almost as if to reveal an unprecedented beauty. The same thing happens in Untitled (airplane), 1999, the airplane placed lying on its back, with the cockpit as support, shown at “dAPERTutto” in the 48th Venice Biennale, 1999, followed by A Helicopter Upside Down in a Public Square, 2006, in the exhibition “Kontracom06” in Salzburg. A metamorphosis of function that makes the thing emerge from the rigid structure, to amplify an articulation that is not opposite, but complementary. The attempt to design or to open an other space that does not negate but widens the prerogatives of the truck or the helicopter, making them unstable and random entities. In other works this disorientation suggests the surprising things that can happen in nature, as in 2003, with the presence of two African zebras on an expanse of snow. A genuine foreign object that is placed in an unusual context, but is made so possible and real as to be translated into a photograph. The placement in image of an event that can be traced back to a harmony of opposites, with its surprising effect, historically responds to the typical decontextualization of the Surrealists, though in this case the theatrical quality induced and produced by Pivi does not deform or violate the subject, but is natural. It does not replicate the real, it simply reveals it in its figural and visionary potentialities. The same thing happens with a donkey or with two ostriches placed on a boat as if it were their natural habitat, nevertheless surprising the viewer. So Pivi seeks a ‘spark’ in a natural situation of life, but she uses a particular device of placement or selection, revealing a different energy that is often boosted by the staging, in Venice and New York, of her imaginary events in an urban site. The organization of the figural process at times responds to a linear element, such as the color white that connects and brings together all the animals, from the horse to the dog, sheep to hens, the llama to the snake, the butterfly to the cow, forming One Love, 2007. It is an original accumulation regulated by one constant – in this case the color – already found in other works, from 100 Chinese, 1998, which consists of filling a room with 100 oriental figures, male and female, all dressed in the same way and repeating, expanded to a thousand, in 1000 at the Tate Modern in London in 2009. An opulent status based on consonance of bodies, seen in a refined, luxurious guise in the sets of pearls, starting from 1999. In her path from 1995 to the present, the artist seems to rely on a focus on the lack of stability of the real, opening its image to an interchangeability of behaviors and situations, properties and movements, true transmutations where a con-fusion – if not a fusion – of the tradition of perception takes place. To burst into the viewer’s visual field with a magical performance, like the crocodile that moves in white foam or the leopard that strolls amidst cups of cappuccino. Pivi twists the rules of physicality, transforming a group of bears into colored presences with cloaks of feathers, from pink to yellow, as if nature were no longer a

limitation, but could be redesigned like a piece of furniture or a consumer object. She wants to arrive at an unconstrained aesthetic language, true and real, that restores to art the power of irony, if not of scandal, to shift the problem of changing the world, doubling its energy. She is interested above all in the dual interpretation, so she also relies on the double, as in Guitar Guitar, 2001, where the chosen objects always appear in pairs; or she multiplies or reduces the size of a pizza or a piece of furniture, exploring scale variation from macro to micro, defying the conventions of reality. A revelation on the circulation of reality that enhances the functioning of visual and imaginary systems. The complex undertaking of an unreal that returns in the real, an irrational that regenerates in the rational, leads to the assertion of a relativity of artistic doing that serves to amplify what exists, to put subjectivity back on stage without adopting a deforming expressive or conceptual stance, allowing the banal to speak in its unprecedented, surprising way of presenting itself. CAPTIONS: pag. 10 Untitled (Zebras), 2003, High Line Art billboard, New York, 2012. pag. 12 Camion, 1997, overturned truck, 250 x 1600 x 400 cm. Photo Paola Pivi. A Helicopter Upside Down in a Public Square, 2006, Westland Wessex helicopter, 450 x 250 x 2300 cm. “Kontracom06,” Salzburg, 2006. Photo Hugo Glendinning. pag. 13 Untitled (Pearls), 2001, plastic and mother-of-pearl beads, 30 x 40 x 20 cm. pag. 14 Untitled (Donkey), 2003, inkjet print on PVC, 1020 x 1230 cm. Photo Hugo Glendinning. One Love, 2007, photographic print mounted on aluminium, 300 x 387 cm. Photo Hugo Glendinning. pag. 15 100 Chinese, 1998, performance. Galleria Massimo De Carlo, Milan. Photo Attilio Maranzano

INsights VIEWPOINT

P16. THE CHARGE OF IDEAS by Andrea Branzi

AT THE LATEST FUORISALONE THERE WERE AS MANY AS 1350 EVENTS, BEARING WITNESS TO THE POWERFUL DYNAMISM OF CONTEMPORARY DESIGN. TODAY, INNOVATION AND CREATIVITY COME ALIVE WITH A KINETIC ENERGY THAT REMINDS US OF THE VERTIGO OF FUTURISM In a by-now forgotten era we concentrated on new exhibited surprises: each person sought new proposals, new suggestions. Today, in the most unpredictable of ways, the front of innovation and creativity has been transformed into a sort of kinetic energy that goes beyond any dimension of display. The 1350 events of the latest FuoriSalone produced a series of tidal waves for which it is hard to come up with a narrative. The atomized scenarios produced by the 1350 (unpredictable) events are forming a new, explosive landscape that takes on an almost abstract connotation, as if it contained a transparent reality. A reformist landscape that no longer makes reference to individual figurative projects, but to pure design energy. This is a synergic, utterly energetic modification; as if an atomic blast had suddenly happened, creating a void, but also fullness. This singular dimension has led to a general vortex that could grow, but could also disintegrate or change its state from liquid to gas; design is no longer made up of overall results, like a preset orchestration, but of a continuous flow of thoughts. The individual designers are infinitely multiplied: the exhibitors and visitors wind up blending in an incessant exchange of witnessing and witnesses. The structure of the market is transformed, as the designer overlaps with the consumer. Like the Futurists who transformed the abstract landscape of individual contributions into pure energetic dynamism, where definite representations no longer exist, but only sounds and flashes. CAPTIONS: pag. 17 Umberto Boccioni, The Charge of the Lancers, 1915.

P18. GLOBAL HORIZON by Deyan Sudjic

THE CHALLENGE OF GROUPING ITALIAN DESIGN TRADEMARKS INTO MAJOR INTERNATIONAL HOLDING COMPANIES POINTS TO A STILL UNEXPLORED PATH THAT HAS TO COME TO GRIPS WITH THE TRADITIONAL CREATIVE FAMILY APPROACH


OF THE COMPANIES, WHICH HAS BEEN ONE OF THE SECRETS OF THEIR SUCCESS There is no doubt that the single most striking project at the Salone del Mobile in Milan this year was the jaw-droppingly enormous booth at Rho of Design Holding, the group founded in December 2018 that brings together the brands Flos, B&B Italia and Louis Poulsen. But in the light of what happened after the fair closed, it as an event whose significance could be understood to have more than a single meaning. It was not just a matter of size – at 4000 m2, Design Holding’s city-scale display was large enough to get lost in, and larger than quite a lot of museums. Nor was it just the creative work that Calvi and Brambilla had put into making it both a beautiful and an impressive sequence of spaces. It felt like a piece of master planning on an urban scale, as corridors opened into a formal plaza which in turn sent visitors on multiple pathways connecting galleries of contrasting scale and height. As a prelude, Calvi and Brambilla, with the help of their collaborators Dotdotdot, created an engaging and witty interactive digital display that was an effective counterpoint to the formal quality of the architecture. Visitors could press an unseen digital button to watch Philippe Starck, Achille Castiglioni or Patricia Urquiola spring into cartoonish life to illustrate their work. Design Holding made an impact beyond that of many of the most renowned installations of the Salone and FuoriSalone this year. And it had substance as well as style. There was an impressive level of content that reflected the character of the three companies brought together under the Design Holding brand: B&B Italia, Flos and Louis Poulsen. There were reissued classics such as Mario Bellini’s Chiara, a lamp made from a single folded sheet of stainless steel, which had indeed once been a Flos product originally launched by the company in 1969 when it was just seven years old. As well as Bulbo, a design by Achille and Pier Giacomo Castiglioni that might have been a Flos product had the firm existed in 1957. B&B Italia showed the results of their agreement to license designs by Caccia Dominioni, one of the great names of Milan’s past, alongside new work commissioned among others from Formafantasma, Michael Anastassiades, Olafur Eliasson, the Bouroullec brothers, Vincent van Duysen, Piero Lissoni and Antonio Citterio. The display was impressive and intelligent in its judicious mix of heritage, authenticity and new work. And, importantly, it seemed to make sense. Each company was given room to breathe, and the coherent whole seemed like more than the sum of its parts, unlike earlier consolidation misfires caused by attempts to put together companies with very different heritages. According to Piero Gandini, CEO of Flos and president of Design Holding at the time of the Salone, “We didn’t make a big booth to say that we are big guys; we needed the area to display what we are offering.” But as events quickly demonstrated, the display was indeed all about making a calculated and very costly statement. One that not all the participants felt comfortable about. Design Holding came into being at the end of last year when Andrea Bonami, the founder of Investindustrial, a fund with interests, among other companies, in Permasteelisa, Flos, B&B Italia, Sergio Rossi and Aston Martin, went into partnership with the much larger Carlyle group, a fund which has investments valued at $222 billion in companies that have a total of 900,000 employees, including a taxi business in England, a Romanian oilfield and a Mexican property company. Bonami and Carlyle each had 48% of Design Holding, leaving Piero Gandini, and Giorgio Busnelli of the B&B Italia founding family, vice-president of the new group, with just 4% between them. Bonami’s strategy was to use his expertise and capital to “target companies that are in the growth or mature phase” and to help them with “strategic repositioning, international expansion, and to accelerate growth.” The subtext was that at last the design world had something to match the power and resources of an LVMH or a Kering. “In every segment there is has been consolidation – it happened in fashion, now it is happening in design,” said Gandini at the time. But as Investindustrial and Carlyle have discovered, sustaining the special kind of family-owned Italian creative approach to design-led business is not as straightforward as investment and consolidation. It requires nurture, and long-term relationships with creative individuals. And in fact Design Holding’s president Piero Gandini abruptly resigned, quitting the company started by his father, within weeks of the dismantling of the Salone display. There had already been signs of strain in the top management ranks at Design Holding. Armin Broger, who had played an important part in running three differ-

ent fashion brands, Hilfiger, Diesel and Levi’s, departed at the start of April, a few months after his appointment as managing director of B&B Italia, and was replaced by another seasoned executive, Gabriele Del Torchio, with long experience at Ducati and Il Sole 24 Ore, but a furniture-industry novice. In the long term, the real significance of the grand booth at Salone 2019 is now in Del Torchio’s hands: it will be seen either as an inspired display of what the future of the industry can be, or as a warning to others seeking to follow the same path of consolidation. CAPTIONS: pag. 19 The monumental entrance to the huge booth designed by Calvi Brambilla, with which Design Holding arrived at the latest Salone del Mobile in Milan to show the collections of its three brands: B&B Italia, Flos and Louis Poulsen. Visitors were greeted by an interactive wall developed by the studio Dotdotdot that used animated illustrations to narrate the stories and personalities of the three companies. On the facing page, view of the Flos exhibition area, with the Coordinates system by Michael Anastassiades. pag. 21 Inside its display area, B&B Italia celebrated the 50th anniversary of the UP Series by Gaetano Pesce, while showing the Catilina chair designed by Luigi Caccia Dominioni for Azucena. Alongside these historic products, the firm presented new items designed by Michael Anastassiades, Antonio Citterio, Piero Lissoni and Vincent Van Duysen.

P22. THE NEW FOCUS ON PIERRE by Domitilla Dardi

FROM RESEARCH CONDUCTED BY CASSINA ON THE CHANDIGARH PROJECT, AND ESPECIALLY THE FURNISHINGS OF THE CAPITOL COMPLEX, THREE SEATS AND ONE TABLE PAY HOMAGE TO JEANNERET, A KEY FIGURE IN THE FAMOUS ARCHITECTURAL EXPLOIT OF LE CORBUSIER BUILT IN 1951 The story begins in 1951 in India, a story of human dialogue. In particular, between two of the greatest architects of the 20th century: Le Corbusier and Pierre Jeanneret. That year, the Indian Prime Minister Nehru founded the new capital of Punjab with the name Chandigarh, known as the ‘silver city’ in honor of a lunar divinity. Le Corbusier was not called in at first, but became involved after a series of circumstances arose. For the architect, it was practically an irresistible offer: Chandigarh could become the embodiment of his theories, the ideal city finally taking on physical form. In this body, the Capitol Complex represented the head, formed by three monumental brutalist buildings. It was connected to the torso, a checkerboard of over fifty ‘sectors’ with green parks, like lungs, and a system of great avenues, like veins and arteries, with separate but parallel circulation of pedestrians and vehicles. To accept the job, the architect set one condition: the work had to be supervised by Pierre Jeanneret, his right-hand man, cousin and alter ego. From 1951 to 1965 Pierre lived in Chandigarh, whose symbol was a hand – that of the Modulor – open in a sign of peace and coexistence. Jeanneret was in charge of a squadron of as many as 150 architects, and as Charlotte Perriand recalls, “better than all others, he was to bring nobility to the life of man in his home, in interaction with local customs” (Charlotte Perriand, Io Charlotte, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 325). Jeanneret, who soon took on “the appearance of a wise man in his monastic dwelling, with a welcoming smile on his lips” (Ibid., p. 324), established a dialogue with local craftsmen and listened closely to a culture that was different from his own. He did this with a humility that Le Corbusier – the central focus of architectural criticism and champion of the demiurgic role of the architect – could never have mustered. The sizes and placement of the dwellings were defined in relation to the caste and income of their inhabitants; the houses formed a mirror of a social structure. For the interiors of public and private places, furniture was designed that would reflect the essential brutalist aesthetic of the complex. The pieces were in teak or Indian rosewood, based on a strong sign, that of a V, which could take on interpretations as an X, a Y or a Z, key shapes of a code that leaves no room for individual fancy, but relies on the wisdom of an entire people. So much so that the attribution of these furnishings is far from easy. Le Corbusier undoubtedly approved them, but without taking credit for their design. Their essential forms remind us of certain works connected with the recent past of Jeanneret: in 1946 he had been commissioned by Hans and Florence Knoll to create the Scissors Chair (model 92), which their company then produced from 1948 to 1966, featuring the same V-shaped


motif. But the furniture was also undoubtedly filtered through local crafts culture: materials, interlocks, weaves. Today we might call it an open source project, a case of collective design responsibility. Following the UNESCO listing in 2016 of Chandigarh as a world heritage site, Cassina decided to create an extraordinary tribute to Pierre Jeanneret. The legacy of the furnishings designed for the Capitol Complex has been studied to produce greater completeness in knowledge of the work of Le Corbusier, Jeanneret and Charlotte Perriand, whose furnishings were reissued starting in 1965, when the designers were still alive. To conserve authenticity, “Cassina has realized that these products were always made and reproduced by local artisans, with different details, becoming sources of general inspiration. With the help of Fondation Le Corbusier, and in collaboration with the heirs, Cassina has begun a path of study of the furnishings of the Capitol Complex that has led to the creation of these models inspired by Pierre Jeanneret.” The result is a series featuring the V-shape, starting with the chair for the Capitol Complex in teak, all the way to the variations in natural and black-stained oak, with or without armrests, the upholstered armchair and the splendid table. The fact that these are collective works is a sign of the way of living and working of Jeanneret, which was very close to our contemporary sensibilities. One anecdote illustrates the difference of approach between the soloist Le Corbusier and the ‘team player’ Jeanneret. Once again Charlotte Perriand narrates the story, this time regarding their different styles at the end of a lifetime. Le Corbusier, tragically killed by an accident in a true coup de theatre, was honored by leading figures at the Carré du Louvre, with the poet André Malraux symbolically bestowing on him the water of the Ganges and the earth of the Acropolis in Athens. Pierre passed away in Switzerland, after an illness, and in his will he requested that his ashes be scattered at Chandigarh. “He was so well liked there,” Perriand says. “Everyone was on hand, dressed in white, on the shore of Lake Sakena. (...) The policemen of the city came without their weapons, to honor their peaceful brother… the gardeners arrived with all the roses of the city, so a shower of petals thrown by the hands of friends would accompany Pierre onto the water in this last farewell under a golden sky, at sundown. (...) Rose petals for Pierre. The voice of Malraux, the water of the Ganges and the earth of the Acropolis for Corbu. All this makes them different and close at the same time, as happened when they were alive” (Charlotte Perriand, p. 397-398). CAPTIONS: pag. 23 Above and left, overall and interior views of the Haute Cour, which together with the Secretariat and the Assemblée form the center of political and administrative life in Chandigarh. Right, the Capitol Complex Armchair, one of the four Capitol Complex furnishings that have been developed by the Cassina research division as a tribute to Pierre Jeanneret, a key figure in the construction of the city. The seat contains the compositional scheme of the furnishings designed by Pierre Jeanneret with the help of local craftsmen, featuring V-shaped supports. pag. 24 Below, the Capitol Complex Chair and Table. The chair without armrests uses the V-shaped supports, reduced in this case with respect to the Office Chair, since they do not extend as far as the armrest. The same motif is found in the conference table, which uses the V in the so-called “cornes entrecroisées” intersection. The reissue by the Cassina research division offers the historic version in teak, and two variations in natural and black-stained oak. On the facing page, the Main Hall in the Palais de l’Assemblée at Chandigarh and the version with arms of the Capitol Office Chair.

P26. FRESH FROM THE ARCHIVES by Valentina Croci

MANY COMPANIES TODAY ARE REISSUING PIECES THAT HAVE GONE OUT OF PRODUCTION. OBJECTS THAT CALL BACK INTO PLAY NOT ONLY THEIR HISTORY BUT ALSO UNEXPECTEDLY TIMELY CHARACTERISTICS, TO APPROACH CONSUMERS READY TO ESCAPE FROM GLOBALIZED STYLES, IN THE DIRECTION OF MORE PERSONAL TASTES Italian companies with a long history present reissues of objects that have gone out of production. Not just to celebrate their longevity or to underscore a tradition of research and typological breakthroughs, but also to establish a dialogue with more contemporary pieces, introducing diversity in the context of the kind of know-how – fine craftsmanship in an industrial context – that becomes a true sign of recognition. The reissues also

respond to the changing attitudes of consumers, who are less interesting in unified styles, and more in the pursuit of objects whose historical status makes them reassuring, through they are also perceived as timely once again. In this era of unstable mutations and cultural syncretism, we are seeing a sort of new humanism in which the individual and his or her choices, aided by the autonomy offered by the web, are the central focus of everything. From the unified, globalized styling of a few years ago we have passed to a world of solutions dictated by the passion of the individual. And certain furnishings from corporate archives begin to represent an element of distinction and choice. Dino Gavina, the pioneering entrepreneur and forerunner of many trends in the design market, understood the potential of a signature collection inside a process of industrial production, complementary to the offerings in the catalogue. The result was the brand Ultramobile in 1971, with which Meret Oppenheim, Man Ray, Roberto Matta, Novello Finotti and Allen Jones all collaborated. Thanks to the friendship with Matta’s daughter Alysee, the entrepreneur Gherardo Tonelli, in 2017, has revived Paradisoterrestre, another brand of Dino Gavina, reissuing the Margherita and Sacco Alato chairs, and the iconic Malitte system. The latter has been reborn from the prototype on a scale of 1:1 still found at the headquarters in San Lazzaro, Bologna, to commemorate Matta’s intuition of a rubber sculpture clad in elastic fabric, composed of five pieces joined as in a puzzle, which when separated can become independent seats. Today Malitte has its original measurements and reprises the first version in green with contrasting yellow ottoman. One interesting note is the collaboration of Franca Sozzi, Gavina’s upholsterer since the late 1950s, who made the first samples and suggested the same stitching technique, partially done by hand, of the elastic fabric. Paradisoterrestre has in fact put back together a large part of the chain of production of Gavina in Emilia Romagna and the Marches. Another unusual object reissued this year is the Modello 823 swivel bookcase by Gianfranco Frattini, designed for Bernini in 1963 and now reproduced by Poltrona Frau as a celebration of the Italian design of the 1950s and 1960s. Inspired by the classic English bookcases placed at the center of the room to keep books constantly handy, Turner becomes a cabinet, made in different sizes and heights, for multiple functions: it can also be a cabinet and a bar unit. The furnishings by Frattini came from projects for private interiors, to make items not offered in production at the time, and they reflect a total vision of interior design in which each piece had a precise location. Turner is also an expression of Frattini’s knowledge of wood, used to the utmost of its aesthetic and technical potential. In spite of the distance in time and typology, the Todo Modo sofa system by Jean-Michel Wilmotte (1993) was also created for a specific interior – the rooms of the Louvre – proposing a seat that would enable visitors to view works on all sides. Today Todo Modo has been reissued with the same measurements but different finishes, and the design has been simplified, especially regarding the internal rotation mechanism of the roller back. It is timely once again because it is so well suited to the iconic, large spaces of the contract market. And because it represents the technical and industrial aspects of Tecno, as well as the attitude of experimentation starting with furnishings created for a specific context. Products like the P32 by Osvaldo Borsani in 1956, created for the offices of Enrico Mattei at San Donato, display an autonomous way of thinking with respect to the logic of catalogue offerings, in collaboration with the client. This approach is timely today in the contract sector. The choice of reissues from the historical archives of the company has the aim not so much of narrating history, as of understanding the contemporary spirit of the objects. The Fenis chair by Carlo Mollino (1959), produced by Zanotta in 1982 and reissued in 2018, is part of the overall catalogue, although it is a limited edition. Fenis and other furnishings by masters of Italian design appear in Zanotta’s production in the 1970s and 1980s, made specially for specific projects. This small series, like the pieces in the Zanotta Edizioni collection, on the borderline between art and design, offers traces of unique expertise and a world of not truly industrial objects that have to regain our attention also for their symbolic and cultural meaning. As Giuliano Mosconi, president and CEO of Tecno and Zanotta suggests, these objects “should be represented in a more contemporary way. For those that have a great history, simply narrating it is not sufficient. You have to narrate while continuing to do things: not just pulling things out of the archives, but rediscovering the desire to astonish embodied by these objects that brought together creative minds and corporate know-how.”


The historic company Eredi Marelli produced furnishings designed by Paolo Buffa from 1939 to 1968, shortly before his death in 1970. An intense collaboration and an intense friendship. Today the firm has reissued the pieces, in exclusive terms, thanks to the collaboration of Archivio Buffa. The company holds both the original pieces and the reissues, produced by a separate division that replicates the artisanal spirit of the original workshop founded in Cantù in 1934, which from the outset produced furniture in close synergy with a number of Milanese architects. Among the pieces by Buffa, the upholstered armchair from 1946, with sides and back in wooden rod, reveals great attention to detail and execution, an approach to craftsmanship that meets design. Dimoregallery, the modern vintage gallery of Emiliano Salci and Britt Moran of Dimore Studio, recently represented furnishings by Gabriella Crespi, seen as having affinities with the design world of the Milan-based duo, and bearing witness to the work of a designer with a unique style who was able to harmoniously balance craftsmanship and contemporary spirit in sculptural and abstract forms, interpreted with precious materials like brass, marble and bronze, as well as industrial materials like steel, copper and plexiglass. The reissues, validated by the daughter Elisabetta Crespi, represent a weave of multiple references to the culture of the 20th century: from Surrealist echoes in the series of small objects, to the aspiration of pure form in the minimalist sculpture of the period after World War II; from the passion for mechanical contraptions that links back to the early days of industrial design, to the space age tones of the 1960s and 1970s. The charm of distant worlds, condensed in an object. CAPTIONS: pag. 26 The Malitte seat ‘broken up’ in an image by Mattia Tonelli that links back to the advertising at the end of the 1960s (facing page). The system of sofas and ottomans was produced by Gavina in 1966, and then by Knoll from 1969 to 1971. pag. 27 The prototype on a scale of 1:1 of Malitte designed by Roberto Matta, reissued this year by Paradisoterrestre. It is a seating system that can be modified, composed of five polyurethane blocks covered in slightly elastic fabric. Photo Mattia Tonelli. Left, Turner is the reissue of the Modello 823 swivel bookcase designed by Gianfranco Frattini for Bernini in 1963 and now produced by Poltrona Frau. The freestanding rotating structure on three levels extends vertically, and at each level it has tracks to reach and remove the divider panels. pag. 28 Below, the Eclipse table by Gabriella Crespi, made in 1980 and now reissued in bronze and black lacquer by Dimoregallery. Almost all the creations of the designer were created as one-offs by commission. Photo Simone Fiorini. Above, blanched maple chair with sides and back made of rods and padded seat, covered in cotton velvet with contrasting border. A reissue by Eredi Marelli of a design created by Paolo Buffa in 1946. Original sketch from Archivio Paolo Buffa, courtesy of Eredi Marelli. pag. 29 Above, for the spaces of the Louvre, in 1993 Jean-Michel Wilmotte designed Todo Modo, a system of sofa components with mobile and reversible backs, to permit viewing of works of art on all sides. Reissue by Tecno. Below, Fenis, a tribute to Carlo Mollino. Designed in 1959, today it is made in a limited numbered edition by Zanotta, which produced the piece from 1985 to 1996. Structure in solid maple, with natural or black paint finish.

INside ARCHITECTURE

P30. TAILOR-MADE project ENRICA MASSEI and SILVIO MAGLIONE photos Alberto Ferrero - article Antonella Boisi

IN CHIC CENTRAL MILAN, THE HOME OF AN ERUDITE FORMER FASHION DESIGNER NOW FOCUSING ON INTERIORS, ENRICA MASSEI, DESIGNED WITH THE ARCHITECT SILVIO MAGLIONE, NARRATING A SHARED PASSION FOR RIGOROUS FORMS, PRECISE COMBINATIONS OF COLORS AND MATERIALS, AND ART. IN TUNE WITH THE TRADITION AND THE HISTORY OF THE SITE “Certain love stories never end; they wander far and wide, but then they return, inseparably,” says Antonello Venditti. As if through a principle of communicating vessels, the new Milanese home of Enrica Massei, former fashion stylist and now an interior designer, has the refined look of a tailor-made garment. A highly creative mix and match of colors and materials, starting with “that bottle green of the paneling that goes so nicely with

orange, bordeaux and pale turquoise in the furnishings,” the owner explains. Together with works of contemporary art gathered over time, linear cuts inspired by the Russian Constructivists – especially Malevich – and anonymous objects of great technical prowess, like the vase “made of bent spoons joined to a central egg holder, created by a gentleman who repairs dishwashers in Turin,” flanked by design classics like the table by Tobia Scarpa or the floor lamp by Osvaldo Borsani. “I was looking for a bigger house, on a high floor,” Massei says. “This one is actually at mid-level, but I can see the sky, and the spaces are full of light. There is an intimate studio space with a cast iron stove found at a market in Paris, framed by bookcases and wall paneling. It is my favorite room, where I work and organize all the publications of houses, which I bind with cord, year after year. In the past they were fashion magazines and books: in forty years of research on fabrics, I put together 6500 magazines and 400 books, which I then donated to major brands when I began another chapter of my life.” Threads that form connections for many choices. After the first years in Paris with Promostyl and Chloé, with Lagerfeld, Enrica Massei returned to Italy, designing haute couture and ready-to-wear collections for Sanlorenzo (the fashion house founded by her mother), and she achieved success with her own brand, during one of the more vital moments of fashion made in Italy. Those were the Eighties, but the same experimental approach, the same attitude of measure and rigor, return in the matrix of this house. “I must admit that interior design, like flea markets and art galleries, is a passion I always developed alongside my work in fashion,” she says. “The start of the collaboration with the architect Silvio Maglione dates back to the renovation of this house, in 2017, which marked the start of an interesting period of teamwork, including trusted artisans, a squad that helps us to define unique, personalized solutions. I believe every home requires its own decor, in relation to the specific context. Always with great attention to detail, and the functional layout of the spaces, which have to be enjoyable and livable.” In this case, the task involved the complete reformulation of the interiors of a classic Milanese flat of about 200 square meters, in a period building in the city center, where many small rooms were lined up along a dark corridor. “Together with Enrica, we shared in the choices of composition and decoration, all the way to the fixed furnishings, rediscovering the keys to update the spaces with a contemporary spirit in the quality and experience of Italian design,” says the architect Silvio Maglione. “All the living areas have been organized in a fluid, seamless sequence, and face the narrow street below with tall windows. At the center, the living room communicates with the studio and the dining room thanks to perfectly aligned openings. From the dining room one reaches the kitchen, the pantry and the laundry room. The three bedrooms (two for guests) with their own bathrooms are on the other side, looking towards an internal courtyard-garden. In the middle, between the two zones, the spine wall remains, a structural constraint that has been transformed into an opportunity.” Clad with paneling in strips of dark green lacquered wood, it incorporates and conceals the entrance door, wardrobes, and all the passages towards the nocturnal spaces. This solution has triggered other choices. “Continuing with the logic of underlining the house’s axis,” Maglione says, “we have placed a warm strip of backlighting along the paneling, optimizing its potential in the definition of luminous layers that create the effect of natural skylights on the ceilings, framed by plaster moldings. For maximum flexibility of use, the dark green paneling returns in the studio, covering all the walls in a bookcase version, and in the dining room, where it incorporates the sliding doors that can close off both the spaces, set symmetrically at the sides of the living room.” Where there is no paneling the walls have been finished in very pale matte gray, in tune with the darker glossy gray on the side that contains the windows. To underscore the poised composure of the whole, the same scheme has been applied in the bedrooms, with facings in glossy resin, accessorized walls, wooden wardrobe cabins, while the bathrooms feature ample surfaces of Carrara marble, along with custom mirrors and lamps. In all this, a marvelous floor provides the connection of the entire domestic landscape: made with square modules of Piedmont chestnut wood from the 1800s and strips of teak salvaged from a school, complete with engravings of houses, hearts, letters of the alphabet. Other gazes, new curiosities. CAPTIONS: pag. 31 The dining room seen from the living area. The Orseolo table was designed by Carlo Scarpa, the Superleggera chairs by Gio Ponti: both are in the Cassina catalogue. The large chandelier with


metal arms (forming a couple with the one in the studio) and the signage mirror from the 1950s, on iron, come from a flea market in Paris. On the facing page, the living and dining rooms seen from the studio, thanks to the alignment of the openings. On the wall, artworks by Giuseppe Penone (left) and Mario Schifano (right). A pair of original stools from the Fifties by Gio Ponti, the Refolo low table by Charlotte Perriand in the I Maestri collection of Cassina, the Gilda chair by Carlo Mollino for Zanotta. Custom sofas. pag. 32 Above, the living area open to the studio. Note the spine wall of the house, covered with wood paneling in dark green lacquer, the BackLight fixture built into the ceiling for a skylight effect, the recycled wood flooring with its pattern of concentric squares. On the low table by Perriand, a candle holder of anonymous design and the Uovo lamp by FontanaArte. At the sides of the custom sofa, two Russian Constructivist end tables. Between the two windows, a work by Tancredi Parmeggiani. In the background, right, table by Fornasetti and a work by Jannis Kounellis; left, family heirloom console from the 1700s, and a work by Keith Haring. Left, in the studio, the walls are clad by bookcases, identical to the paneling in the living area that incorporates the French cast iron stove, below a work by Michelangelo Pistoletto. Utrecht orange armchairs by G.T. Rietveld, Cassina, and Tulip table by Eero Saarinen, Knoll. pag. 34 Above, the kitchen with an accessorized niche clad in steel. Table from the late 1800s with top in marble and cast iron legs, salvaged, like the folding work seats in wood and iron. Top, the dining room with the Orseolo table by Carlo Scarpa and the Superleggera chairs by Gio Ponti, Cassina. Work by Vanessa Beecroft. The dark green accessorized wall, like the one in the living area, incorporates the sliding doors that can be closed to separate the two spaces. pag. 35 Left, the spine wall with paneling composed of strips of dark green lacquered wood incorporates and conceals the wardrobes, the entrance door and all the passages between the daytime and nighttime areas. Below, the bedroom with double-face velvet bedspread and a bookcase-headboard, with the closet and the bathroom at its sides. The windows face the internal courtyardgarden, screened by Indian cotton organza blinds. The Cité chair is by Jean Prouvé, in the Vitra catalogue. At the bottom, detail of the bathroom with a wall in white Carrara marble and gray resin. The French table from the 1920s is a salvaged item, while the cabinet hanging on the wall like an artwork is a custom piece.

P36. EVERYTHING IS MATERIAL project MASSIMO CASTAGNA photos courtesy of Henge - article Antonella Boisi

STONE AND CONCRETE, RAW WOOD AND LASER-CUT WOOD, BRASS, SILVER AND STEEL ESTABLISH DIALOGUE IN UNUSUAL COMBINATIONS IN THE LOFT OF PAOLO TORMENA, CEO OF HENGE, AND ISABELLA GENOVESE, ARCHITECT: A FORMER GRANARY FROM THE 17TH CENTURY AT PIEVE DI SOLIGO, IN THE VENETO, RENOVATED BY MASSIMO CASTAGNA, WHO HAS ALSO DESIGNED THE FURNISHINGS Some homes are truly the mirror of a philosophy of life in which work is a source of joy and research shared with a team spirit. This is the case of the interesting dwelling-showcase of Paolo Tormena, founder and CEO of Henge, and his companion Isabella Genovese, an architect for the Italian interior design brand with an accent on glamour and exclusivity. The house is a loft, a unified space of about 200 square meters, formerly a granary, with impressive wooden trusses dating back to the 17th century, located in Pieve di Soligo, a historic town north of Treviso. To transform the old stone, wood and metal structure into a contemporary home with all the comforts, Massimo Castagna, a designer working long-term with Henge, has interpreted the value of an aesthetic based on very high quality of workmanship, in products made on demand starting with careful research on natural materials, treatments and finishes. An approach that permits maximum personalization of forms and details, as in the finest expressions of design culture Made in Italy. “The house itself chose the new materials and their combinations for us,” the architect Castagna explains. “In total respect for the genius loci, we have focused on the use of other stones, woods and metals, brass and silver, crafted away from any industrial standard to give every detail of the living space an expressive, almost artistic quality that will take on the patina of time in a natural, authentic way. It was like taking a fascinating voyage into the heart of a land of gentle hills, a source of emotions and beauty, full of history and architecture, a tradition of craftsmanship, sensory impact and colors, ranging from the nuances of Prosecco wine to those of the terracotta roofs, with-

out overlooking the nearby villas of Palladio. The very long trusses and beams in raw wood of the former granary,” he continues, “suggested the construction of the zone set aside for the bedroom and the bathroom as a ‘box inside a box,’ a new independent block inside the large unified volume, thus conserving the uninterrupted view of the beautiful structural members.” The complexity of the restructuring, recovering the original features of the space, comes to terms with the small windows that once served as ventilation for the non-residential facility, allowing warm, enveloping light to enter. Their casements and handles have all been redesigned. The elimination of spurious added features, due to successive changes of purpose of the former granary, revealed some of the original stone walls of the construction, which “demanded juxtaposition with new concrete walls,” Castagna explains, “smooth in the central part and rough along the perimeter. As for the furnishings, many have been created precisely for this house – only later have they become products – again with the idea of interacting with the existing enclosure and its personality, without ever overwhelming it, in pursuit of balance, harmony and enhancement of perspectives.” The eyes embrace a new light, with the welcome of an entrance door made by hand in burnished brass, and a floor in laser-cut wood reassembled like a large mosaic. Suspended magical silver black luminous rings form a polygon in the vast central space for the living area, separated from the bedroom zone by means of a wall in panels of burnished brass. Without visual seams, the cocoon-like metamorphosis of the site becomes even clearer in the dining-kitchen area at the back. Here a five-meter table in fossil oak communicates – in a successful parallel – with the sculptural and monolithic form of the island kitchen of equal length, made with precious micro-sandblasted Cappuccino stone. These are the two elements of the domestic landscape that epitomize and amplify an idea of beauty to be shared with friends, in an informal and convivial atmosphere. Which this year has also inspired Yabu Pushelberg and Fausto Salvi, special collaborators for the Henge collections presented at the Salone del Mobile in Milan. CAPTIONS: pag. 36 Detail of the Ozone L monolithic island kitchen by Henge: five meters of crafted excellence in precious micro-sandblasted Cappuccino stone. This sculptural block attached to a floor platform is joined by a second equipped block on the wall, with a different profile, depth and width. On the facing page, view from the entrance of the unified space of the former granary. The large wooden trusses and rugged salvaged beams establish a dialogue with the contemporary substance of the laser-cut wooden floor reassembled like a mosaic, and the furnishings – all by Henge. In the living area, at the center, the Lounge table with stone top and base in burnished steel, the Strip chairs and the Polygonal Light Ring, in the Silver Black finish. Right, the Style Set wall system, faced by the Human sofa. pag. 39 The open space is organized in functional islands thanks to the catalogue or custom furnishings made by Henge, all designed by Massimo Castagna. In the foreground, the Ozone L island kitchen, five meters of customized Cappuccino stone, and the K-Table, a parallel extension of five meters in fossil oak; around the table, chairs from the Hexagon line. Right, the Bistrot S bookcase in burnished brass; in the background, the entrance door, also in handcrafted burnished brass. Above, in the background, the accessorized wall portion in the kitchen. pag. 41 View of the bedroom with the Noctis bed and the Mushroom table, designed by Yabu Pushelberg, all produced by Henge. In the image to the right, the wall of panels in burnished brass that separates the living and bedroom zones is custom made, like the thermal break frames with slim profiles in brass, and the handles. On the facing page, the bathroom, a hollowed block of Web Gray stone, with faucets by Boffi.

P42. MILANESE AIR project STUDIO WOK photos courtesy of Federico Villa - article Laura Traldi

IN THE RENOVATION OF A HISTORICAL APARTMENT, THE ITALIAN ARCHITECTURE TEAM OF STUDIO WOK HAS REORGANIZED THE INTERIORS, EXPLOITING THE HEIGHT OF THE SPACES WITHOUT ALTERING THE LARGE ORIGINAL WINDOWS When the question is what form can be taken by a contemporary interior so as not to lose its identity, while avoiding the compromises of vintage furnishings, this recently refurbished residence by Studio Wok can offer some insights. In spite of the daring choices involved, this apartment somehow conserves its purely Italian spirit thanks to the presence of pe-


riod facings and casements, as well as clear references to motifs of classical architecture, like the arches and the harmonious proportions of full and empty zones. The interior, with an area of 150 square meters, inside a building from 1912 near Piazza Tricolore in Milan, was originally organized with bedrooms lit by large windows and placed along a corridor leading to the living room, which was much smaller and darker than the rest of the house. “My first choice was obvious: to change the arrangement of the rooms, in order to bring more natural light and to respond to the needs of a contemporary lifestyle,” says Nicola Brenna (one of the three partners of the firm, together with Marcello Bondavalli and Carlo Alberto Tagliabue). The second decision was more complex: to exploit the height of the spaces, of 4.7 meters. “We opted for lofts throughout the flat,” Brenna continues. “For the living area, this meant coming to terms with the large windows, obviously without altering them. We found a compromise by making a triangular form cut at the point where the loft of the kitchen-living zone (2.8 x 5.6 m) meets the windows. A terse geometric design, then, forming a clear contrast with the existing structure.” The living area in the new configuration is a single space, with the original herringbone wood floor partially restored, including the kitchen and the living room. The spaces communicate but are separated by the presence of the stairwell leading to the loft, which seems like a very clean wall of volcanic stone, also containing a wine cellar. “The corridor leading from the living room to the bedroom zone was already there,” Brenna explains. “But we have covered it with a barrel vault that softens its image, also making reference to a common feature in Mediterranean classical architecture.” The rest of the apartment is marked by the play of entrances, passages, independent but communicating areas (also vertically, thanks to the lofts). “At the end of the corridor the master bedroom is a suite in its own right, having an entrance with a bathroom (left) and a wardrobe (right). Above the bathroom and the entrance, there is a loft for the studio,” Brenna continues. The children’s room is a single space that doubles thanks to the presence of the bathroom at the center. “In this case the bed has been placed on the loft: the kids can thus spend more time in their room, with more space to play and to study.” There are no storage cabinets in the whole apartment, and the doors and walls seem to mingle, often differentiated only by different shades of the same color. “We always do that,” says Brenna. “We think about an interior where everything is built into the structure: making the architecture absorb the functional elements allows you to live in a more flexible way, filling the spaces with objects that tell the story of the family. It is good to keep in mind that every house will evolve over time, in ways we cannot predict. The job of the architect is to facilitate, by providing an essential design.” CAPTIONS: pag. 42 View from the living area towards the kitchen. The Liebherr wine storage unit is built into a block of basaltina volcanic stone by Risani Marmi. The block also contains the stairs leading to the loft, cut in a V shape to avoid altering the large existing windows. The chair is the Livia model by Gio Ponti for L’Abbate. On the facing page, the living area seen from the kitchen zone, with Yale sofas and chairs by Jean-Marie Massaud for MDF Italia. IC lamp by Michael Anastassiades for Flos. pag. 45 The loft measuring 2.8 x 5.6 meters is placed above the dining room; it is reached by means of the stair block in volcanic stone, on the opposite side from the wine cellar. The Tense table by Piergiorgio and Michele Cazzaniga for MDF Italia is surrounded by Livia chairs by Gio Ponti for L’Abbate; the Yori spotlights are by Reggiani. Right, the kitchen designed by Studio Wok and produced by Arredo90 in Limbiate. String lamps by Anastassiades for Flos, Troy chairs by Marcel Wanders for Magis. The table has been specifically designed, with a metal base and top in Verde Guatemala marble, a hue that returns in the backsplash of the kitchen and the guest bathroom. Facing page, clockwise from top, the corridor topped by a barrel vault, with a table by Gubi (Design Republic). The master bathroom clad in sheets of marble-cement composite cut to size by Agglotech. Detail of the bedroom, with the large sliding panel that conceals the wardrobe and the steps leading to the loft.

P46. SUPERGREEN LOFT project TRA (TOUSSAINT ROBIGLIO ARCHITETTI) photos Monica Spezia / Living Inside - article Alessandro Rocca

IN THE RENOVATED SPACES OF AN OLD COFFEE ROASTING PLANT IN TURIN COSMOPOLITAN ECOLOGY AND URBAN ROOTS COEXIST WITH THE DESIRE FOR FAMILY PRIVACY AND THE NEED

FOR A DYNAMIC CENTER OF GRAVITY IN THE LOCAL AND GLOBAL TRAJECTORIES OF A COUPLE WHO ARE BOTH INTERNATIONAL ARCHITECTS In the 1990s Matteo Robiglio and Isabelle Toussaint, the creators and inhabitants of this loft in Turin, operated in the Avventura Urbana collective, a company specializing in participatory design for the regeneration of peripheral zones. A few years later, in 2011, together they founded TRA (Toussaint Robiglio Architetti), and almost at the same time they developed and built this new family dwelling for themselves. So the urban adventure continues, we might say, channeled into the complex dynamics of shared processes that lead to a more personal dimension, where the discussions between inhabitants and stakeholders are replaced by the option of buying, renovating and living in San Salvario: a creative, multiethnic and traditional district, all at the same time, conveniently located between the rail station and the Valentino park that runs at a short distance from the Po River. The new residence takes form in a 19th-century block, which after damage caused by bombing in 1944 was converted for the use of Torrefazione Deorsola – a well-known coffee supplier in Turin. Today, after an honorable industrial career, the place becomes a contemporary loft. Coping with rather rigid regulations, the project pragmatically creates an interior that is elegant but also practical and flexible at the same time; the goal was to make a welcoming, informal dwelling where privacy can easily coexist with socializing. The logistical aspect was also very important: the house had to serve as a strategic center of gravity for the local and global journeys of the two architects, whose time is packed with various academic and professional commitments. Therefore the old coffee factory has been reborn as an introspective space, “without views and hidden from view,” the architects explain, “composed of two white apartments bordered by glazings with iron frames; one for us parents, one for our two children.” The internal spaces are organized in a ductile way, exploiting heights that in the living area reach four meters, for the insertion of lofts: three as bedrooms and a fourth, larger platform as a canopy that encloses the kitchen. The project – strictly a duo effort – comes to terms with multiple needs and desires: family life, energy savings, the pleasure of a small walled garden, privacy, the taste for materials and artifacts of an industrial past, combined with modern vintage furnishings. The approach is ‘adventurous’ but without overdoing it: the available volumes have been nimbly reshaped, paying close attention to quality of life and details, like the industrial wood paneling and the casements, always using natural colors and textures, the large bookcases, objects of affection, the open kitchen, the floors in textured concrete. The materials and technologies respond to the goal – certified by CasaClima – of putting the new residence into class A, with the highest levels of energy efficiency. A layer of panels in recycled polyester fiber wraps and insulates the interiors, which contain pieces of Italian design, mostly from the 1960s, 1970s and 1980s, mixed with objects found in family attics and flea markets all over the world. CAPTIONS: pag. 46 In the living area, the continuous glazing with frames in natural wood faces the covered loggia, with original red clinker flooring. Right, the canopy of the kitchen, in wooden panels with a metal structure. Left, in the foreground, a ceramic vase designed by Karim Rashid for Bitossi, an Elda chair by Joe Colombo, a coffee table by Ettore Sottsass for Oak, in a numbered edition 7/20, and a 1980s sofa by B&B Italia. pag. 48The kitchen is formed and topped by a monumental canopy in industrial wood. The floor is in polished concrete, the ceiling in wooden panels. The utensils and tableware are on view; rustic table and industrial steel stove. pag. 49 The loggia with Tripolina chairs and a handmade table, faces the private garden. Flooring in red clinker (salvaged), walls in Venetian stucco. The door leads to the sauna in the double bedroom. The window frames of the living area (lower left) are covered on the outside in black aluminium. Below, in the living area, two Sity sofas (design Antonio Citterio, 1986) by B&B Italia have been placed back to back. The window opens to the loggia. pag. 50 The staircase leads to the loft with the children’s room; light enters one of the bathrooms through a porthole. The original window frames of the old factory have been salvaged, painted white and used to separate the corridor from the bedrooms. pag. 51 To the side, the master bedroom on the loft; Saori wall lamp by Kazuhide Takahama for Nemo and IC Light Table by Flos. At the desk, a traditional chair from Piedmont, the Snoopy lamp by the Castiglioni brothers for Flos. Lower right, beyond the window, a fig tree planted in the private garden. Below, the children’s bedroom with a work table designed in the 1980s by the Turin-based architects Franca and Gianni Pasotto.


P52. CLASSIC CONTEMPORARY project LISSONI ARCHITETTURA design team Piero Lissoni with David Lopez Quincoces, Stefano Castelli, Pino Caliandro photos Simone Bossi / courtesy of Lissoni Architettura article Giulia Setti

INFORMAL AND SOPHISTICATED ATMOSPHERES, IN THE HEART OF COSMOPOLITAN LONDON. THE RENOVATION OF THE SPACES OF THE CAFÉ ROYAL DISPLAYS A DELICATE, POETIC BALANCE, SUSPENDED BETWEEN THE MEMORY OF A HISTORIC BUILDING AND CONTEMPORARY DESIGN Entering the Café Royal today means taking an instant trip in time, rediscovering a lost atmosphere that has skillfully been brought back to life. In the center of London, between Mayfair and Soho, the Café is a historic venue that has recently gone through two important updates: the first, in 2012, was the transformation of the entire building as a hotel, in a project by David Chipperfield Architects; the second, just completed, is the renovation done by Lissoni Architettura, completely rethinking the communal spaces through a delicate, careful dialogue with the building, which dates back to 1865. In this project the collective areas take on new character thanks to precise interventions that interface the functions more open to the life of the city – the lobby, the concierge service and, above all, the prestigious Laurent at Café Royal restaurant – with the rest of the hotel. The Café has been transformed into a ‘room with a view’ of London. The magic touch of Piero Lissoni is made of a mixture of impressions, graftings and references to different worlds, refined contaminations of past and future with images and decorations that are always perfectly poised, but also explicitly innovative. The sequence of spaces contributes refined atmospheres that ideally express a seamless dialogue with the historical memory of the site: the lobby is spacious and dynamic, using the double height of the existing structure to introduce new perspectives. Above all thanks to the invention of a vertical axis, transparent and monumental, formed by the suspension of a magnificent Murano glass chandelier made to measure by Vistosi. A perfect geometric form, a cylinder of light that descends straight from the ceiling over a polished brass table designed by Piero Lissoni. The single support point of the circular table marks the symbolic center of the whole lobby as well as the end of the vertical axis traced by the imposing immaterial column of the chandelier. The most characteristic material of the lobby is polished brass, while the dominant hue is supplied by its golden reflections that underscore the precious nature of the spaces; as narrated by the two pure, simple volumes of the reception and the capitals of the old columns that seem like glowing suspended solids. Around the central space the various islands on the ground level are marked by chromatic variations. For example, the lounge zones with furnishings, among others, by Paolo Castelli, Poltrona Frau, Cassina and Living Divani, stand out for warm brown tones that form a contrast with the gold of the reception area and the white light of the large central chandelier. In the lighting of the spaces Lissoni has sought a contemporary sensorial effect, selecting products by Flos. The upper level is entirely set aside for the Laurent at Café Royal, the restaurant accessed by way of the sushi bar placed in front of a show kitchen clad with tiles by Domenico Mori. It is an informal but sophisticated interior divided into two different zones: the first is organized along the balcony facing the two-story lobby, and furnished with chairs in wood and Vienna straw produced by Poltrona Frau, and custom benches by Paolo Castelli. The second is more private, suggesting the soft atmosphere of London clubs, above all thanks to the typical wood paneling. Here the perception of the space is multiplied by a ceiling entirely clad in mirrors. In the background, the light reflects on the semi-transparent backlit onyx wall that incorporates the bar. CAPTIONS: pag. 52 The two-story space of the lobby is a ‘room’ open to the city, featuring a chandelier by Vistosi in Murano glass, suspended over a table in polished brass designed by Piero Lissoni, marking the geometric center of the space. To the right, the two reception counters, also in polished brass. pag. 54 The bar is enhanced by backlit onyx wall panels, a contemporary detail that evokes over a century of history of the Café Royal. Custom counter by Paolo Castelli. pag. 55 On the upper level the Laurent at Café Royal restaurant runs along the balcony overlooking

the lobby. The custom furnishings underscore the relationship with the classic details and new material inserts. Chairs in wood and Vienna straw by Poltrona Frau, custom-made benches and tables by Paolo Castelli. pag. 57 The inner room of the restaurant on the upper level suggests the atmosphere of London clubs, thanks to fine wood paneling. The mirror ceiling expands visual perception of the space. Lipp sofa and Confident armchairs by Living Divani, tables by Paolo Castelli.

P58. A SUSPENDED STREET project IOSA GHINI ASSOCIATI MASSIMO IOSA GHINI, DAVIDE SEU photos courtesy of Iosa Ghini Associati - article Matteo Vercelloni

THE MARCONI EXPRESS IS THE NEW PEOPLE MOVER IN BOLOGNA THAT CONNECTS THE AIRPORT TO THE RAIL STATION, AT A DISTANCE OF FIVE KILOMETERS, IN A HARMONIOUS, SUSTAINABLE WAY OF JOINING CITY AND COUNTRY. AN INFRASTRUCTURAL WORK CONCEIVED AS A COMPOSITIONAL CONTRIBUTION TO THE FORMATION OF A NEW IMAGE OF THE URBAN LANDSCAPE The new people mover monorail connecting the Bologna airport to the rail station immediately seems like an innovative system both in technological and architectural terms, carefully studied for insertion in the urban and extraurban landscape. The Marconi Express is the first people mover of its kind in Italy; a transport system on rubber wheels (to reduce acoustic impact), running on electricity and totally automatic, without a driver on board. In just seven minutes the three cars can each welcome up to 50 people, covering the distance between the airport and the station, across the urban fabric, the countryside and the highways, thanks to a bridge with a span of 900 meters, like a suspended metal ribbon with elegant, light lines. The figure combines constructive and technological requirements with compositional values in a coherent way. The particular design of the pylons and the continuous metal ribbon of the monorail fit harmoniously into the landscape, using two separate materials. The 125 fair-face reinforced concrete pylons, a sculptural element with a height varying from 5.2 to 18 meters, open like chalices, echoing the arches of the city’s porticos. The white painted steel of the ribbon also has a sculptural form, a sort of asymmetrical architectural container that displays its modular structural skeleton inside the facing of drawn sheet metal that produces an effect of transparency. While the expanded sheet metal rises vertically to reach the level of the trains, corresponding to the height of the central beam, on the opposite side the structure, before rising, extends outward to contain the continuous grille of the walkway providing a security platform along the entire trajectory, while incorporating – as constructive elements that are part of the design, not ‘added’ – a series of solar panels that produce 35% of the energy required for the functioning of the people mover. This autonomous energy production generates a positive environmental impact equal to 300 fewer tons of CO2 and 14,000 more trees. The suspended ribbon designed by Iosa Ghini Associati forms a harmonious line with a curves dictated by the route and the optimization of solar radiation, which also underscore the sculptural and compositional value, and the careful landscape insertion. Between the two terminals a midway station is planned. The Lazzaretto station is supported by a series of paired pilasters of the same size and form as the monorail supports, without introducing ulterior elements that might have seemed out of tune with the rest. In the station the track splits into two to permit the passage of two trains in opposite directions. The double track and the stops are sheltered by an asymmetrical structure formed by a single steel beam, repeated in parallel series to form a canopy and lateral walls. The design of the roof responds to the need for maximum performance in the installation of the solar panels on the southwest side. In this case, the use of expanded sheet metal, besides immediately referencing the image of the viaduct, permits good air circulation and sunscreening, for savings in the area of ventilation. “The project develops with the idea of integration with the countryside around the city of Bologna,” the designers say, “interpreting the traditional models of rural construction in a modern way. The architectural elements of the walkway, the bridge and the stops have been studied by taking the environmental factors of the context into account,” as in the


case of the bridge that crosses the highway, where “the structural elements have simple, natural forms, suggesting the sloping towers of the city of Bologna.” The entire project reflects a focus on the environment and the use of energy resources, evident in the overall architectural choices, from the selection of the materials and finishes to the final design of the structural members. It brings together architecture and design in a suspended sign in the landscape, never camouflaged, capable of underlining its own contemporary character and of establishing a relationship, in meaning and function, with the entire metropolitan area of Bologna and its vast regional system. In a perspective of modernization of the territory and its public transport offerings, the project underscores the role of Bologna as a crucial node of national mobility. CAPTIONS: pag. 58 Above, design sketch for optimization of solar radiation on the photovoltaic balustrade. To the side, the cross-section shows the asymmetrical design of the suspended ribbon; the shell containing the monorail extends outward on the right side to contain a continuous security walkway, and the raised border for the placement of the solar panels. Upper left, the vehicle stopped at the intermediate Lazzaretto station. Right, cross-section of the airport station. pag. 59 Detail of the elevated track of the Marconi Express, with built-in photovoltaic panels. In the drawing, below, longitudinal section of the airport station. pag. 61 Above, detail of the monorail entering the station. The expanded sheet metal used to clad the steel shells enhances the structural design, lightening the overall volumes. To the side, detail of the gate-bridge structure. On the facing page, the bridge over the A14 highway with the two enveloping supports that form a large symbolic gate to the city. pag. 62 To the side, positioning of the first vehicle on the monorail. Lower, detail of the passenger platform. Below and on the facing page, view of the airport station over the parking area. Note the attachment of the pedestrian walkway connecting the airport to the Marconi Express station.

P64. OLYMPIC HOUSE project 3XN ARCHITECTS photos Adam Mork, Luca Delachaux / courtesy IOC article Antonella Boisi

THE NEW HEADQUARTERS OF IOC (INTERNATIONAL OLYMPIC COMMITTEE) IN PARC LOUIS BOURGET AT VIDY, LAUSANNE, SWITZERLAND, DESIGNED BY 3XN ARCHITECTS. AN ORGANIC WORK OF ARCHITECTURE THAT OFFERS A HOLISTIC VISION OF THE VALUES OF THE ORGANIZATION: DYNAMISM, FLEXIBILITY, TRANSPARENCY, SUSTAINABILITY Two years of work, after which on 23 June, Olympic Day, the International Olympic Committee (IOC, celebrating its 125th anniversary) officially opened its new ‘home’ of 22,000 square meters in Lausanne, Switzerland, combining the offices of 500 people previously working at different facilities under one roof. The Olympic House is a work of architecture by the Danish studio 3XN, developed in collaboration with the Swiss studio Itten Brechbühl as local architect, and the Italian firm RBSGROUP of Nora Trentini and Chiara Costanzelli for the interior design. It is a very interesting project, because in a time full of self-referential works it states its avoidance of grandstanding, to become a landmark of reference for the community, not only on a local level. The approach responds to new functional necessities from the inside out; built around its inhabitants, the building effectively and symbolically interprets the five key values of the Olympics – movement, transparency, flexibility, sustainability and cooperation – summing them up in an all-around organic construction. A corporate philosophy embodied by the parametric tools of design. “We have always been convinced that architecture can shape human behavior in an active way. This is even more true when it is at the service of a noble task: that of building a world of excellence through sport,” says Kim Herforth Nielsen, co-founder and director of 3XN (the firm based in Copenhagen, Stockholm, New York and Sydney). The Olympic House stands at the eastern extremity of a protected green area, in the public Louis Bourget Park of Vidy, on the shore of Lake Geneva. The park contains an archaeological site, the 18th-century Château de Vidy (already a pavilion of the IOC) and a dense forest of tall trees to the west. Almost like an extension of the natural context, the architecture minimizes its impact with a sculptural form shaped like a single undulating

surface of steel and glass, compact, without monotony in the fronts and backs, establishing a dialogue with the adjacent historical pavilion taken as a central axis of reference for the landscape composition. “We liked the idea of a full-height glass front, faceted in the external layer to emphasize the meaning and rhythm of a building whose perception changes from every angle. In a symbolic way, it represents the graceful dynamism and energy optimized in the performance of an athlete,” says Jan Ammundsen, partner and head of design of 3XN. This very expressive and characteristic skin is not a matter of course. The transparency and permeability to light of the architectural artifact have been carefully studied in terms of the best orientation for the impact of the sun’s rays, and in terms of the views of the context. The sinuous roof – with a carpet of natural greenery below following the topography, and a composition of solar panels above minimizing the need for electrical energy – conveys the image of a dove, a symbol of peace, in the zenithal view. The whole architectural composition has been conceived to create a relationship of osmosis with the environment, and to respond to a series of sustainability parameters that have already led to some important certifications, including LEED Platinum. A sunscreen system is built into the facade, and the lighting of the terrace created on the suspended green roof that seems almost like an extension of the garden below, have been optimized for energy savings. The thermal and acoustic insulation obtained by the hermetic seal of the triple facade glazing (the faceted outer layer is joined by a dual separated layer inside), the hydric efficiency achieved with the use of lake water to regulate the heat exchanges in the indoor climate control, the gathering of rainwater, and the use of bath fixtures that reduce consumption and waste are other factors in a circular economy of low environmental impact. Last but not least, the construction has been done by using crushed concrete for the foundations, remixed and recycled on site, derived from the demolition of the existing office building that was no longer suited to the new requirements of the facility. A 90% zero-kilometer effort. This research has also had a direct impact on the livability of the interiors, spread over four above-ground levels, above a basement parking area. The concrete permits fewer structural constraints in the composition of fluid, flexible spatial sequences. The ‘sporting inspiration’ of the project does the rest. The nerve center of the whole layout leads back to the figure of the central staircase, which like a ribbon from earth to sky connects all the levels up to the skylight roof. Based on the symbolism of the five Olympic rings of the Pierre de Coubertin, the staircase extends in a spiral whose twists and rotations are enhanced by the warm tones of oak, embodying continuous flows of circulation that facilitate interaction, communication and sharing of objectives of cooperation and fair play. The ground level contains the lobby of the new Agora, a gathering place with curved seating inside the circular staircase, featuring screens displaying sports events of past and present along the walls, a restaurant and a fitness center. The first and second floors contain office spaces, closed along the perimeter in transparent glass ‘boxes’ to conserve a constant visual relationship with the central zone set aside for social contact. The third floor is for the presidential offices and the executive board meeting room. The fourth level is a spectacular belvedere roof terrace. Each floor features one iconic element and the chromatic characteristic of pseudo-pixelated textile pictograms covering the concrete walls, reproducing images of sporting activities. The polyphonic decor solutions created by RBSGROUP, with sustainable materials and minimal forms inspired by nature, are distributed with increasing density from the center towards the curved perimeter of the facade, underlining a precise identity of all the levels and the multiple operations that take place inside them. On the first floor, for example, a podium in three layers, a synthesis of geometric modules, color and graphic design, acts as a tribute to the winners of the Olympic Games. On the second, a sinuous green sofa forms multiple islands, incorporating plants and cushions that link back to the traditional imagery of the five continents: a refined interpretation of the global value of unity made possible by sport in its various geographical and cultural expressions. At the third level a long curved wooden seat also functions as a historical archive of publications on the Olympic movement. Another interesting feature: the operative workstations in each office are equipped with height-adjustable desks and automation systems to control the lighting and the sunscreens. Because sustainability also has a personal dimension.


CAPTIONS: pag. 65 To the side, an aerial view of the Olympic House complex in the landscape setting of Parc Louis Bourget at Vidy, Lausanne, on the shore of Lake Geneva. The roof with photovoltaic panels suggests the figure of a dove, the symbol of peace. Below, the sculptural facade made with a triple layer of transparent glass, seen from the internal garden that also contains the 18th-century Château de Vidy, utilized as a reception pavilion by the International Olympic Committee. pag. 66 On this page, other exterior views of the architecture by 3XN Architects, on five levels, with four above ground and a basement parking facility. The building adapts to the topography of the site with sinuous green roofing, in pursuit of a relationship of osmosis with its surroundings. On the facing page, the internal staircase, like a sinuous wooden ribbon from earth to sky, interpreting the symbol of the five Olympic rings. pag. 69 Each level features an iconic furnishing element that conveys the corporate philosophy of the project, custom-made by Vitra based on designs by RBSGROUP. On the first floor, a curved podium with three layers, a synthesis of geometric modules, color and graphic design, pays tribute to the winners of the Olympic Games. The twists and rotations of the staircase in wood extend up to the skylight roof (on the facing page). The spaces of the offices along the perimeter are enclosed in transparent glass ‘boxes’ to conserve the visual relationship with the central zone. Swan Chair by Arne Jacobsen for Fritz Hansen. Sound-absorbing panels by Kvadrat.

DesignINg COVER STORY

P70. SIT DOWN, PLEASE! article Marina Jonna

NOT JUST TO LOOK AT: THE SOFAS BY EDRA HAVE TO BE TRIED, EXPERIENCED, LOVED. THEY CAN BE USED TO WORK, RELAX, CHAIR, CONSTANTLY CHANGING WAYS OF SITTING. AND THEY STICK WITH YOU, LIKE FAITHFUL TRAVELING COMPANIONS It might seem banal, but it is not so easy to find sofas that accompany all the various seating needs. Some are too stiff, others too soft, the back is too high or too low, and many require lots of cushions to finally achieve the right position. Obviously these parameters change, depending on the user, but also on the time of day. As if the sofa could not suffice: and soft helpers become a strategy to accompany the body. But this is not the case with the sofas of Edra, where innovation starts from the core of the design, i.e. the internal structure based on in-depth research to achieve 360° comfort, adapting to the changing moods of people. An idea of the sofa that is an invitation to freely utilize the home, always rooted in a history and gradually developed through the structure to give form to the final design. In this sense, the relationship between Valerio Mazzei, president of Edra, and Francesco Binfaré, the company’s designer for almost thirty years, is fundamental. “When Francesco stopped working with Cassina he began designing things for us. That was in 1992. We immediately understood each other. We don’t talk much, but we are both observers who like to achieve things.” It all begins with an idea, a suggestion, a preliminary vision. Such as the interactive frame for the Flap sofa designed by Francesco Binfaré and launched in 2000, still a surprisingly modern feature. Mazzei explains: “Francesco looked at me and moved his fingers. ‘I want a sofa like this,” he said.” And the result was Flap, an evolution of an earlier prototype with the form of a fig leaf, with a curved silhouette that has ‘flaps’ on both sides that bend at different angles to become real backs. Its extreme functional flexibility is based on complex engineering: the base is a solid in metal tubing, while the mobile parts are individually attached on double steel mechanisms. The base is in brushed and chrome-plated metal, while the feet are in chrome-plated metal with a scratch-preventing tip in aluminium and rubber. The upholstery is done by hand with over 180 different pieces of elastic, breathing polyurethane, providing a comfortable seat in spite of the complex internal mechanisms. Last but not least, the covering has been specially developed to stand up to the constant movements of the ‘flaps.’ As Monica Mazzei, vice-president of Edra, says: “The fabrics with which we cover every single piece have been developed and made by us: like a bespoke garment. Each piece of furniture has its own characteristics, and the fabrics are simply part of the overall project.” This is why Edra does not have a range of coverings that can be applied to all the models: every uphol-

stered model is a project in its own right, and brings its own ‘apparel’ to enhance its form with different characteristics of looks, elasticity and strength. This complex research accompanies all the stories told by the Edra sofas. As in the model On the Rocks, an idea that came to Binfaré by observing people sitting for hours on rocky beaches. In that period Valerio Mazzei had shown the designer a new material, which independent of the center of gravity and angle of the body was capable of providing a certain amount of static support. It is precisely the combination of this material and the initial vision that gives concrete form to On the Rocks, composed of four parts that can be freely assembled (three polygons and one square), joined by totally independent, flexible and movable backs that cling to the base thanks to disks of thermoformed rubber. The shapes, without a shell, are made by hand in a mixture of Gellyfoam® and other foams, to guarantee softness. The fabrics add the final touch: substantial and soft, they round out the sensation of comfort. Among the patented innovations, always in search of new thresholds of comfort, there is the intelligent cushion based on an idea of Francesco Binfaré: a pillow inside which to place a special mechanism that shifts its angle at each point with slight pressure, to find just the right position. This patent has then been used for various models, including Standard: a couch that frees up movement and multiplies the possible compositions with seats in regular and irregular forms, having different depths, each joined by an intelligent cushion that functions as an armrest and a back, individually reclining with fluid movements, for a free experience of the sofa based on mood and necessities of the individual. Another sofa hatched by the tireless gaze of Binfaré is the Pack. “One day Francesco told me about a photograph that had caught his eye: a bear on a floating slab of ice,” says Valerio Mazzei. A metaphor of the melting of the ice caps and a society set adrift. “We had a prototype of a geometric divan, which had a block as an independent back,” Valerio Mazzei explains. “Francesco transformed it into the profile of a bear.” A poetic project that has revolutionized the domestic landscape, creating immediate empathy with viewers. The sensation when you stretch out on this Arctic ice pack, also in the fabric that suggests that texture, is of being on a cloud: a perception that is reinforced by the soft back/bear clad in eco-fur. The value of Edra’s sofa also lies here: they make your body feel good, but also your mind. They are able to touch the heart, triggering an emotional reaction, reawakening slumbering memories. As in the latest project presented at the Salone del Mobile, the Grande Soffice, played by the flute of the ‘Pied Piper’ (as Andrea Branzi has called Francesco Binfaré, back when he directed the Cassina research center, ed.). “It sets out to be a reassuring sofa, the one found in the home of your grandparents,” says Carlotta Palermo, communication manager of Edra. It seems soft and inviting, almost maternal, but it has an innovative heart: it welcomes you like a soft embrace and adapts to the user’s desires. This is possible thanks to the intelligent cushion, the key feature of the project, which can be freely adjusted, also separately, transforming into an armrest or a back. There are no limits to the possible positions: symmetrical or asymmetrical, informal or formal. You can stretch out, read, work, relax on this sofa: in practice, you have total freedom, without having to adapt to the furniture, because it is the furniture that adapts to our desires of the moment, also in terms of its position in the space. On the Edra philosophy, Valerio Mazzei emphasizes: “I do not evaluate a project based on the name of its creator. I look for good ideas and make them as well as possible.” He continues: “I love the world of sommeliers: they stand in front of a row of glasses, not knowing what wines are inside them. They make their choices on the basis of the use of the senses. I think the same approach can work in the world of furniture.” A sort of ‘furniture tasting,’ then, where people have to first try sitting down, before they know the names of the brands or designers involved. The judgment comes before that information. “The heading design truly covers just about anything today: even an uncomfortable sofa is called design. For me, the term should indicate what is functional and is part of beauty, elegance. I don’t like fashions and I am not interested in making Edra into a trendy company: my goal is to make quality things that will last in time.” Taking a trip inside Edra is a bit like observing the timeless elegance of a swan sliding over the water: it moves forward without apparent effort, but underneath its feet are moving with all the necessary force. You can’t see them, but they are there. And they make the difference.


CAPTIONS: pag. 70 On these pages, the Grande Soffice sofa presented this year during the Salone del Mobile. Ample volumes and absolute softness are combined with the intelligent cushion used for the back and armrests, to accompany the seat. Design Francesco Binfaré. pag. 71 Portraits of Monica Mazzei and Valerio Mazzei, respectively vice-president and president of Edra. They founded the company in 1987 together with Massimo Morozzi, the historic art director of the brand (photos by Giovanni Gastel). pag. 72 Above, the Standard sofa in a composition that combines seats of varying depths. Below, On the Rocks, created in 2004 thanks to a vision of Francesco Binfaré. The back, separated from the structure, is flexible and can be shaped as desired: it clings to the base thanks to thermo-formed rubber disks. The structure is composed of four bases that can be arranged as desired (to the side, a drawing with the possible combinations). pag. 73 Standard by Francesco Binfaré, 2013. The intelligent cushions used as backs and armrests are attached to the structure and individually shaped, adapting to any position. Above and below, study sketches by Francesco Binfaré. pag. 74 Below, the iconic Flap designed by Francesco Binfaré in 2000. The backs move at different angles, an effect that required complex engineering. Left, the technological ‘core’ of Flap, with mechanisms that permit movement and the various layers of padding, applied by hand. On the facing page, Pack (2017) comes only in white and black, representing day and night. Both models are the result of a ‘creative story’ by Francesco Binfaré.

DesignINg PROJECT

P76. THE NEW MAGMA article Stefano Caggiano

THE CONCEPT OF THE ‘ANTHROPOCENE’ OR THE GEOLOGICAL ERA MARKED BY THE IMPACT OF HUMAN ACTION ON THE EARTH PROMPTS DESIGN TO THINK ABOUT ITS MEANING, AND THE NEED FOR A NEW KIND OF AESTHETIC EDUCATION One of the most ancient myths of our tradition tells of the marriage of sky and earth, during which the sky gives the earth a veil that grants her a face, defining the profile where previously there was only Chthon, the faceless abyss. Since the dawn of the western world this has been the guiding metaphor of design action, conceived as the baptismal attribution of a form to a matter that would otherwise remain dark and impossible to decipher. Today, however, things are changing. Human intervention on the planet has reached the point where the old mythology no longer applies, disrupting the eternal dichotomies – earth and sky, nature and culture, abyss and project – which for thousands of years have defined the role of human beings on earth. Today everything is fused, remixed. And this is the meaning of the lively focus on the theme of the ‘Anthropocene,’ the geological era in which, according to growing numbers of scholars, we have entered as a result of human interference with the planet. Now geology concentrates on rocks, objects that are formed through processes that take hundreds of millions of years. On a geological scale, the entire existence of the human race, from the first homo habilis to today’s sapiens, is but the blink of an eye. Can such an ephemeral phenomenon as the human being leave such an incisive mark on the body of the planet? It would seem that the answer is yes, if we observe the disquieting ‘plastiglomerates’ gathered by the Canadian artist Kelly Jazvac in Hawaii, stones containing mixtures of natural debris and hardened plastic seen by some as a marker of the start of the Anthropocene. In the plastiglomerate the plastic and rock components are mixed so closely together that they are impossible to separate. Beyond the physical appearance, this calls a philosophical issue into play. In the plastiglomerate, in fact, we are no longer looking at two distinct substances, one artificial, the other natural, but at a single new substance that puts us directly into a new cosmogony, a new ‘background’ of reference for the human. The fusion of natural and artificial is effectively much more sinister than people usually imagine (and imagining that the practice of recycling can re-establish order on its own seems very naive indeed). If we consider, for example, how the microplastics, corpuscles of the size of about one thousandth of a millimeter, enter the food chain of living beings, including our own. The veil the sky once gave to the earth is no longer just the design of a face. The ‘design’ is penetrating into the body of the earth, fusing with its abysmal depths, modifying its DNA. From a certain standpoint it is paradoxical that a material like plastic, employed almost always

for a use that lasts but a few minutes (bowl and utensils for a quick salad at lunch), can be able to modify the ancient structure, the future over the long term, of the planet. Yet that is precisely what is happening. The ephemeral eternity of plastic, with its breakdown times of thousands of years, melds with the deep time of the planet, causing a short circuit in the geological temporality that shapes the world. The result is ‘broken’ nature. What becomes of design in this scenario? No longer the simple assignment of form to matter, design will be increasingly the ‘design of the blend,’ a morphological working of a new magma that is plastic and rocky at the same time, malleable and insidious, useful and dangerous. A mixture of earth and sky that will no longer define a solid past on which to place human culture, but a ductile present without any stable supports. Various projects are starting to explore the behavior – philosophical more than technological – of this new magma. As in the case of the objects of Alexander Schul, made in recycled plastic but with a design of rational (non-pop) inspiration that we are accustomed to seeing as noble and ‘timeless,’ challenging the falsely fleeting perception we have of the survival of plastic. Likewise, Moreno Schweikle, in the Oesis water dispenser, combines the aesthetic of granulated plastic with that of neoclassical fountains. Design is in fact not only the pursuit of practical solutions but also a matter of aesthetic education, a new culture of beauty, to make a visual horizon compatible with the time in which we live become acceptable and even desirable. So the objects in sand of Fernando Mastrangelo and the Liquify table by Patricia Urquiola for Glass Italia incorporate the fluid taste of the lavic landscape in the ornamental stasis of furniture. In this sense, and out of metaphor, it is equally interesting to observe that two brands – the Latvian Laviture and the Danish Unknown Furniture – make use of real lava in their outdoor proposals, the sign of a shift of taste towards object-bodies in morphological continuity with the processes that shape the planet. More articulate thinking lies behind the Mourn project by Studio Nienke Hoogvliet, a cremation urn in bioplastic, made to decay slowly in the environment, so as to gradually release the ashes of the deceased, full of toxic and nutritional substances. A more controversial interpretation of the new magma comes from CtrlZak, which in the Naia mirror for JCP revives the archaic symbolism buried under layers of sedimentation and civilization, reactivated to circulate once more in the new tectonic plates of the Anthropocene. As we should remember, Chthon has the terrifying appearance of facelessness, as mysterious as the meaning of life of the planet, which in the end couldn’t care less whether or not mankind finds a way to survive. The earth exists and it will continue to exist, in any case. What gets ‘broken’ then, rather than nature, is culture. Human technologies and symbolisms are no longer sustainable. In this sense, the Guilty Pleasure mirror by Siri Bahlenberg seems poetic, beautiful, definitive, a perfect object that combines the terrestrial rock and the heavenly mirror in a furnishing proposal that is ideal for a contemporary living room or a clearing in the virgin forest. Or a Martian desert. To remind us of that creature that has separated itself from the animal kingdom, reflected in its own selfawareness, a creature that could vanish in the blink of an eye. While the objects he has fused with nature will continue to decorate an uninhabited, silent world, waiting for the next animal that comes across the mirror and learns to recognize itself. CAPTIONS: pag. 76 The Escape Block bench by Fernando Mastrangelo has shaded tones in glass and silica with handpainted granules, suggesting layers of earth and underwater skies. Photo: Cary Whittier. Naia table mirror designed by CtrlZak for JCP, evoking the magmatic pattern of age-old storms on the surface of Jupiter. Cylindrical base in matte brass and mirror-finish steel, on veined marble surface. Photo: Silvio Macchi. pag. 77 Liquify high and low oval tables in extra-light tempered glass, created by Patricia Urquiola for Glas Italia. The irregular pattern conveys the color and striping of marble, changing the arrangement of the veins depending on the vantage point. Photo: Studio Urquiola. pag. 78 Lower left, Alexander Shul, a series of ‘sustainable’ objects made with sheets of recycled plastic (in the image, the lamp), conceived to encourage more widespread use of this material whose potential has yet to be fully explored. Upper right, the Guilty Pleasure mirror by Siri Bahlenberg creates a tension between stone and light, durable and ephemeral, trapping the fleeting instant of a reflected image in the rocky sediment. Below, Race table, part of the [BLACK] series by Raimonds Cirulis for the brand Unknown Furniture. The project explores the use of lavic material in furniture design, exploiting its flexibility and plastic-sculptural properties. pag. 79 Above, from left: Mourn, a project by Studio Nienke


Hoogvliet, a cremation urn in bioplastic, made to slowly disintegrate in the environment, gradually releasing the ashes of the deceased to favor correct nourishment of the land. Photo: Femke Poort. Oesis water dispenser, designed by Moreno Schweikle. An object conceived to revitalize the value of water by means of a romantic appearance based on neoclassical fountains. Photo: Ties Bemelmans. Above, Egg Nest outdoor seat produced by Laviture, in basalt melted at a temperature of 1500 degrees and extruded by means of special spigots that create stone yarn, slender but durable. Left, ‘Plastiglomerates’ are stones containing a mixture of natural debris and melted and hardened plastic, gathered by the Canadian artist Kelly Jazvac at the Hawaiian islands, as disquieting ready-mades that mark the start of the Anthropocene.

P80. SELF-GENERATING DESIGN article Laura Traldi

ONE DEVELOPED BY PHILIPPE STARCK WITH KARTELL, THE OTHER BY PATRICK JOUIN WITH 3DEXPERIENCE. TWO NEW CHAIRS PUT THE FOCUS ON THE ROLE OF ARTIFICIAL INTELLIGENCE IN THE DESIGN OF EVERYDAY USEFUL OBJECTS. NOT TO STEAL WORK FROM DESIGNERS, BUT TO IMPROVE PRODUCTION AND ENVIRONMENTAL IMPACT Even seen from a distance, the AI chair Philippe Starck has made with Artificial Intelligence (produced by Kartell, and presented at the Salone del Mobile) still looks precisely like a chair by Philippe Starck. Yet at the press conference he insisted: “the computer did it, I didn’t.” It comes naturally to wonder where the advantage lies in a project done by a computer, though still with the guidance of a designer, if the final result totally resembles what the design would have done on his own. Apart from the communicative impact of the operation, the real benefit is productive efficiency. This is nothing new. Already some years ago, the multi-disciplinary think tank Pier 9 in San Francisco, owned by Autodesk, the company that provided the software for Starck’s AI, produced a small object that seemed to be made of bone, but actually represented the best possible connection between the handlebars and the frame of a bicycle. An object generated (and then 3D printed) not by man, but by a computer. Although the designer had set the objectives and the fundamental parameters in which to operate. Generative design, in fact, represents a process in which the designer communicates with software (Starck himself talks about a ‘dialogue’ with the machine), giving it precise orders. For example, the order to design the best connection between the frame and the handlebars, based on precise requirements: to guarantee a given level of shock absorption, to comply with preset minimum and maximum sizes, to use the smallest possible quantity of material, to achieve the lowest price possible. It is amusing to imagine a printer that produces piles and piles of sketches: actually, everything happens in a paperless environment, but there are hundreds of successive projects. The designer (in flesh and blood) has the job of selecting the best ones, and perhaps perfecting them. In the field of aeronautics, generative design – i.e. artificial intelligence applied to design – has been practiced for years. In 2016, in fact, a ‘bionic partition’ was presented for the Airbus, developed by The Living, a studio for Autodesk experimentation based in New York that applies data from the biological world to generative design projects. Perforated but stronger than the partitions of the present, thanks to a design based on an algorithm that imitates the growth of human bones, it permits 55% reduction in weight, which means much greener airplanes. Airbus decided to go forward with research in that direction, inking a pact with the multidisciplinary think tank 3DExperience of Dassault Systèmes, which already stood out for the invention of Catia, the parametric design software – a precursor of generative design – used by Frank Gehry for his architecture, starting with the Peix d’Or in Barcelona in 1992. “Starck was the one to suggest this experiment,” says Lorenza Luti of Kartell. “Philippe was in contact with Autodesk, which had the technical know-how to approach such a project, but had never worked in the world of furnishings. It is true that the final product inevitably ‘looks like Starck,’ but this is because he directed the development process: Philippe provided the algorithm with the main inputs, insisting on the need to use as little material as possible and then refining the formal output. Nevertheless, the angles, radii and curvatures, as well as the V-shaped opening at the back, were formulated by the machine to

optimize the relationship between structure, weight and quantity.” The true advantage of using algorithms to produce a chair, Luti explains, have to do with production. Even when you use traditional molds and not 3D printing. “First of all, we have used half a kilogram less of the material,” she specifies. “Which for a chair weighing about 5 kilos makes a significant difference. And we have also substantially reduced development timing for the product.” Traditionally, from the design phase to the prototyping (also using rapid 3D prototyping) to the industrialization at least two years have to pass. “But not in this case. Although the AI development started in October, the chair was already in stores in July. Because the computer generates the optimal design to make the flow of liquid material perfectly cover the whole mold, distributing it to create the most functional solid structure. So the reduction of times, resources and materials is amazing.” In spite of certain exaggerated statements by Starck (when Wired asked him “do you foresee the end of human designers?”, he replied: “of course, it is a prospect that does not scare me”), artificial intelligence does not represent a threat to human creativity. “Quite the opposite,” says Anne Asensio, head of Design, Upstream Thinking, Innovation and Experience Design at Dassault Systèmes. Which at the latest FuoriSalone, inside the event “Design in the Age of Experience” at Superstudio Più, presented the Tamu chair designed by Patrick Jouin with 3DExperience (the abovementioned firm that works with Airbus) using generative design. “People have a phantasmagorical idea about machines. Actually, what generative design programs do is to create a space in which human beings can propose something new and improved with respect to what already exists. Within this scenario, the designer represents the intention, the invention. The software is a very powerful tool that lets him arrive where he could not arrive before. For example, to make an object have less ecological impact: to make it more compact for transport, lighter, using a smaller amount of material to achieve the same strength and durability. Generative algorithms also allow us to reproduce exactly the way a natural material grows and to imitate its becoming, in keeping with an approach known as biomimetics.” This is precisely what happens with Tamu: the novelty of the chair lies in its replication of organic processes, making 3D design and printing easier while using a minimum quantity of material. And in the idea of a chair that folds back on itself, starting flat and becoming threedimensional with a single movement. So designers will not disappear. But they will have to evolve. “And they will have to change their way of thinking,” Asensio continues. “The challenge is no longer a matter of form and function, because with generative design we do not design only what can be seen, but also the structural nature of products: hence the material itself, which is invented based on the weight we want to obtain, the forces in play and the use that will be made of the product. For this reason, new designers will necessarily have to work in teams, with an in-depth understanding of synthetic materials, and some familiarity with biology.” And they will develop a language shared with machines, which use a logic that is the diametrical opposite of theirs. Algorithms, in fact, proceed by analyzing data and operate within a well-defined box. “Designers, at least the good ones, think and invent outside the box,” Asensio says. “Instead of clinging to positions in defiance of computers, they should try to understand what the algorithm does, to help them to be even more inventive. It is a question of background, and it is no coincidence that we are working with many schools all over Europe. All this will permit us to see the world with different eyes. The machines will be for design what photography has been for art: a glorious new start, a shift of perspective that has led great artists to explore beyond the visible, through Expressionism, Cubism, Conceptual Art.” According to Daniele Speziani, CEO of Phitec Ingegneria (with a studio in Rivoli, known around the world and specializing in numeric simulations and generative design applied to product research and development, above all in the automotive sector), it is positive to talk about algorithms applied to furniture design. Speziani often intervenes ‘from the inside’ on products already on the market, calculating how to eliminate materials and redesigning parts that had been ‘over-designed.’ “There are errors that could be avoided. This is why it is positive to talk about these things: since this is a world unknown outside the niche of sector specialists, few designers and entrepreneurs know about the potential offered by generative design. It should be applied from the start of a project, to achieve results – in terms of optimization of resources and sustainability – that can definitely have a major impact.”


CAPTIONS: pag. 81 The AI chair presented by Kartell and designed by Philippe Starck has been created using Artificial Intelligence in collaboration with Autodesk Research. The chair in molded plastic has been conceived to achieve maximum comfort with minimum use of materials and energy. pag. 82 Tamu by Patrick Jouin with 3DExperience is a chair created using generative design, produced in 3D printing by the same machine. Folded like a work of origami, its design optimizes the use of materials, reducing it to a minimum.

P84. ONE IN THREE article Cristina Morozzi

BORN IN BEIRUT, WHERE HE TOOK A DEGREE IN ARCHITECTURE, WILLIAM SAWAYA OPERATES ON MULTIPLE FRONTS. AS A DESIGNER FOR THE BRAND CREATED TOGETHER WITH PAOLO MORONI AND FOR OTHER COMPANIES; AS AN INTERIOR ARCHITECT WORKING ON AN INTERNATIONAL LEVEL ON PUBLIC SPACES AND PRESTIGIOUS PRIVATE RESIDENCES; AND AS ART DIRECTOR OF SAWAYA&MORONI Some people value communication more than action. Others work behind the scenes, designing icons. This is the case of William Sawaya, the creator of well-known products for Sawaya&Moroni, the company he founded in 1984 together with Paolo Moroni, with whom he had shared a studio since 1978, designing works of architecture and refined private and public interiors all over the world. Born in Beirut to a Christian family, he took a degree in architecture, specializing in interior design. Over the years he has gained extensive experience in many fields, also operating as art director for Sawaya&Moroni, with a circle of remarkable international collaborators like Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Jean Nouvel, David Adjaye, Ma Yansong, Snøhetta, Jakob+Macfarlane, Dominique Perrault, Michael Graves, Mario Bellini, Massimiliano Fuksas, Ettore Sottsass, Ron Arad, Borek Sipek… He emphasizes the difficulty of contemporary architecture. “Today the fashion is to design the external architectural shell,” he says, “to have great impact, and then to make the interiors, independent of the structure, which leads to inevitable, substantial loss of spaces. To design interiors means creating areas that can be utilized, volumes, light, not arranging furniture in keeping with a style, or creating compositions that reflect the tastes of the client. That is the job of a decorator. Doing a true interior design project is very hard. I think I know how to do it well. I take advantage of every centimeter of space in the right way. And the furnishings are connected with the characteristics of the space. There’s a difference: architecture has to last in time. A product, on the other hand, rarely becomes a classic, also because it is unfortunately more closely linked to trends.” In the creation of interior architecture, how important is light, both natural and artificial? It is very important. The contribution of natural light has to be studied and set in the design phase; while the role of artificial light has to be developed in keeping with the needs and habits of the people who will live inside the space. Before designing any building, any room, I need to know all about the client, from A to Z: how they live, their habits, what they like and don’t like… I have very long sessions with the client, almost like psychoanalysis. For artificial light I also call in specialists from lighting companies. They are always up to date on new technologies, the qualities and tones of light. The choice of the fixtures is purely a matter of taste. When you design a furnishing product do you imagine it in an abstract way, connected to a trend and to an idea of yours, or do you see it in relation to a given space? I think of it as an autonomous product. In my architectural projects the furnishings are not necessarily designed by me; actually, my products are few and far between, more or less 3% of those utilized. A furnishing object has to exist on its own, whether or not it is beautiful, and it has to have its own autonomy of expression. Nevertheless, sometimes I do design a special piece that does not exist on the market for a specific context or situation, outside the norm. That was how we began the adventure of Sawaya&Moroni: special furnishings for prestigious interiors. What if I asked you to define the style of your furnishings? Not to be presumptuous, I think they are sensual and elegant.

What is sensuality in design, in your view? It is an attribute rarely mentioned for design, which is usually described as functional, ergonomic, conceptual, minimal… Those are all important characteristics, to which I would add the tactile part, which brings sensuality. I rarely make something that people do not want to touch, to caress, almost as if it were a human body. This means softness, fluid lines. It means that the product stimulates desire. What is your method and what are your cultural references to make products desirable? There are many, though no one in particular. I read in four languages, everything that interests me and makes me curious. I think I have the gift of observing when I look, and of listening when I hear. It is a gift linked to my inborn oriental sensibility, contaminated by the experience of having lived in Italy for 41 years. How much do your oriental roots count with respect to being accustomed to living in the western world? Not very much, but there are some aspects of my personality that belong to the East. The respect I have for people is a very eastern quality, like the great value I assign to family traditions. What do you think about design that follows trends? It tells me nothing. I detest it, actually. Design is not fashion. Fashion thrives on seasonal changes, trends. The design of a product, on the other hand, has to last, not just for the color, the image, but for the quality of its service. Following trends means acritically seeking consensus to achieve facile commercial results, more likes on the social networks. Design products that last in time can be seen as icons. Do you think you have designed pieces that can be so defined? If so, what is your secret to make them? There is no secret, no formula. I don’t claim to be capable of designing an icon, but I very much want my pieces to last over time. The premises exist for the creation of a long-term success: technological, formal and typological innovation. You have to manage to design a valid archetype, and in this case it can become an icon. I think that at least two of my products can be seen as archetypal, both for the material utilized and for the form: the Maxima chair – a similar form made in polyurethane did not exist previously – and the Fei Fei. Today design has to first of all be lifestyle and storytelling, as a way of sustaining historic companies. What do you think? I’m against terminology. I’ll leave the lifestyle up to good decorators. I’m not interested. My objective is to design good interior architecture, capable of living independently, notwithstanding the furniture. As the owner of a company, I try to create products that will have an identity, independent of the context. You have a triple role: architect, designer and entrepreneur. How do you manage to reconcile the last two roles? I interact with Paolo Moroni, he is my devil’s advocate. But first I always try to challenge myself. From a creative standpoint this need has penalized me. An entrepreneur who is also a designer for his own company is not judged very highly by the market. I believe that self-production is a risk, because the dialectic with the producer is missing. Nevertheless, every day I do engage in discussion, with myself, with the designers who work for the company. Which constitutes indispensable training in problem solving, also my own problems. I find this multiplicity of roles stimulating, but I don’t think of myself as a wise man. To some extent this has also been a limitation. I could have designed for other companies, but I have never done so due to professional ethics, with the exception of a few brands that do not produce furniture. The fact that I design mostly for Sawaya&Moroni has earned me the label of a furniture designer, while I think I am a designer capable of approaching all kinds of product types. What is your assessment of Italian design today, and its future? In this moment two types of designers are in vogue, those I call the optimizers of other people’s ideas, who work to make the right things for the market, often in banal ways, and then those who are designer/decorators, very much in style at the moment, who are good at putting together furnishings and colors. I don’t see much innovation or much technology on the Italian design scene. Even in the ‘hot’ area of sustainable and renewable design, I am not seeing valid applications, just lovely slogans. Why is it so hard to combine the good and the beautiful? Severe policies should be enacted upstream to prevent waste and the in-


discriminate use of non-renewable materials. For example, why do supermarkets continue to sell products packaged in plastic? If there were precise standards and precise indications on the sustainable materials available, I – like all designers – would be forced to comply with them. You have to start from the materials and invent new ones to create a beauty that is also ethical. CAPTIONS: pag. 84 William Sawaya with the trophy he designed for the FIFA World Cup of women’s soccer. Below, Four Wheels, a table made from a single sheet of metal, by Sawaya&Moroni. pag. 85 From the top: the Fei Fei chair, conceptually composed of a single material sheet that folds back on itself to form the legs and structure, Sawaya&Moroni; Sahthel Burji decorative vase and Time Square carafe, both designed for Baccarat; Maxima chair with shell in compact high-density polyurethane, with steel legs, by Sawaya&Moroni. pag. 86 Above, the lobby of the Klapson Hotel in Singapore, built in 2009 based on a project by William Sawaya. Below, the Arktika sofa in foam, whose interlocking geometry permits the creation of a central island formed by two mirror-image pieces, or placed next to a pillar or a column, Sawaya&Moroni. pag. 87 Above, detail of a private residence in Russia. To the side, Le Diable en Tete and Le Diable au Corps carafes in sterling silver, Sawaya&Moroni. Below, from left, the 5PM series of stackable chairs, whose design makes reference to a bull, Sawaya&Moroni; Meccanica bench composed of a rectilinear seat supported by a metal tube bent into a regular geometric shape, Sawaya&Moroni.

P88. PHENOMENOLOGY OF THE ARCHETYPE article Stefano Caggiano

IN THE NEW PIECES CREATED FOR DESALTO, GUGLIELMO POLETTI CONTINUES HIS PATH OF ARCHITECTURAL RESEARCH ON MATERIAL THROUGH THE REFINED DEFINITION OF TENSIONS AND BALANCES THAT SHED LIGHT ON THE LOGICAL FOUNDATIONS OF THE PROJECT When you look at a mountain you are not observing a ‘thing’ but a duration. What has taken on visible form as a mountain peak is the vastness of deep time, which one millimeter at a time has raised the earth and the stone by hundreds of meters. You can feel a similar sensation if you observe the objects halfway between art and design, sculpture and domestic installation, by Guglielmo Poletti. The sensation of looking not at an idea in concrete form, but at a distillate of time, the material fallout of a process that has been the true dispensing agent of the form. This idea of objects that come not from an aesthetic prejudice but from respect for a process in which time is awaited, and encouraged, is central to Poletti’s method. Which leads to the typical appearance of his pieces, theorems of architecture free of any shortcuts of styling and instead made as solemn as the boulders of Stonehenge. Architraves of silence that define space. He never resorts to any random, passing fashions. “The idea of design as drawing is not part of my way of working. In my method,” Poletti says, “I completely bypass the drawing table phase and start directly with the material.” A material explored in its secret ribbing, smoothing down deep tensions, gathering immanent configurations. In pursuit not of an aesthetic solution but of a sublimation of the process. This is how the Void pieces for Desalto take form, subliminal investigations of architectural concepts of mass and emptiness. Likewise, the MM8 table, also for Desalto, displays the structural limits of the material, putting aluminium under tension to the point of bringing it to a minimum thickness of 8 mm. To make such things, you have to have partners who are willing to let time do its part. Because the laws of physics cannot be bent to your will. You can only align yourself with them, making them your allies. “What interests me is to collaborate with the right figures, based on what I want to do, be it a company or a gallery. With Desalto that is just what happened: I was not presented with a preset brief, but left free to develop the research in my own way. So whereas at the start the project was supposed to lead to the making of one-offs with a demonstrative function, in the end pieces emerged that were suitable for insertion in the catalogue. Not because that was our objective, but because that is where the research took us.” In this interpretation of design, there is much of the Dutch approach Poletti absorbed at the Design Academy of Eindhoven, that cradle of a method

that is widespread by now that puts experimentation with processes, free of any formal etiquette, at the center of the project. It is only by respecting the process, without forcing it into your own aesthetic prejudices, that the equations of architectural geometry that are the objects of the designer can emerge. Not by chance, he cites architects like Peter Zumthor, John Pawson and Maarten van Severen as his main points of reference, acknowledging their ability to coordinate the principle of construction with the deconstructive principle of form. All this translates into a constant search for limits, seen as “deconstruction of an existing image to take the piece to a point in which it might seem too fragile to be utilized, but with an added strategy that restores its force. The idea is to go beyond the limit and then turn back, along another path.” Thus carving out a new phenomenology of the archetype. A new eternity of the form that sheds light on the logical foundations of the project, synthesizing it as a chemist synthesizes a molecule. CAPTIONS: pag. 89 Right, detail of the console of the Void series designed by Guglielmo Poletti for Desalto. The project conveys an investigation on architectural thought, defined as a dialectic between mass and emptiness. The linear profiles of the seats, partially excavated geometric solids, express and balance the two fundamental principles of giving form to objects: construction and deconstruction. In the MM8 table, also for Desalto (facing page), Poletti explores the structural limits of aluminium, exploiting its physical qualities to define the final construction. The compositional tension allows the top to reach a minimal thickness of 8 mm. The two cylinders of the base guarantee excellent stability, accentuating the contrast between the lightness of the top and the gravitational rooting of the support (photo Cesare Chindemi). pag. 91 Below: the form of the Equilibrium table, presented by Galleria Rossana Orlandi in 2018, comes from research on the minimum thickness of the aluminium top, which reaches 6 mm here. The resulting piece seems extreme and pure, immaterial yet stable, structured but airy (photo Giulia Piermartini). On the facing page: in the project Sections Bench Corten Steel for SEEDS of London, presented at Operae 2017, the recurring themes of Poletti’s work are illustrated, in which experimentation on geometric shaping becomes a means for a subtle, almost subliminal investigation of the material nature of the object, taken back to basic terms through the weighted use of cuts, rotations and weld points (photo Pepe Fotografia).

P92. IN PRAISE OF MOBILITY article Paolo Casicci

TOUCH DOWN UNIT BY STUDIO KLASS FOR UNIFOR DEFINES A NEW TYPOLOGY OF OFFICE FURNITURE. BUT ALSO AN EXAMPLE OF SOCIOLOGY IN THE FORM OF AN OBJECT THAT GRANTS DIGNITY TO NOMADIC WORK While the success of a piece of furniture often depends on unpredictable variables and algorithms, connected with the ability to interpret the tastes of a given historical moment, everything changes in the world of the office, where products that have made a name over the years have almost always brought innovation to solve concrete problems. “The world of the office is a world apart, which rewards merit but is also very pragmatic,” say Marco Maturo and Alessio Roscini. Studio Klass, founded by the two designers hailing from Spello and Pesaro working in Milan, now in its 10th year of activity, has created the Touch Down Unit for Unifor, a piece that sets out to become a true game changer: items that react to a social need, setting a new standard for those who try to cope with that need in the future. Touch Down is a mobile work unit conceived – or devoted – to the increasingly large numbers of nomadic workers, consultants and freelancers who without have a fixed workplace, in the material sense, continue to gravitate around offices in search of a spot that will make them feel that they are truly part of a team. In this sense, space and its organization have even more impact than human relations, because the first have repercussions on the second. Maturo and Roscini explain: “Unlike the home, which like a bespoke suit is made to measure around us, the office is a much more variegated sector, where different people, ethnic groups, habits and behaviors coexist, so any product has to be elastic and adaptable, keeping the entire community in mind while also focusing on individuals. Companies work more extensively with outside consultants, managers from other facilities, or in any case figures who do not have a location of reference


when they enter the office. This inevitably creates situations of stress, in which people feel like guests rather than integral parts of a working group.” The job of design, in this case, is to photograph a world and grant those who dwell inside it the dignity that includes the right to hang up a jacket, to recharge a smartphone, to hold a quick meeting. Touch Down Unit is therefore a provisional and multifunctional nest that allows the user to work in the way they prefer, seated at a workstation or standing up, with a high stool, selecting an area in which to operate and to recharge devices thanks to a built-in one-day battery. The swivel wheels can be hidden away, and movement is soft, with doors that reveal storage cabinets. “We have reached this solution thanks to a well-defined design concept, aware that Unifor would be able to support and resolve the complexity of a very versatile product, having a series of mechanical movements that would require extensive technical development.” All the know-how of Unifor, which celebrates its 50th anniversary this year, has gone into the project. With a good supply of vision, to grasp and respond to one of the pressing needs of our time. CAPTIONS: pag. 92 Touch Down Unit by Unifor, designed by Studio Klass, has a rectangular worktop placed on a closed volume, that can be opened to reveal two accessorized cabinets. The height and the position of the top can be adjusted; the base has disappearing 360° rotating wheels.

P94. RECONNECTIONS article Chiara Alessi

GIULIO IACCHETTI MAKES HIS DEBUT AS ART DIRECTOR OF DANESE WITH A COLLECTION OF OBJECTS CREATED TO GENERATE BONDS BETWEEN PAST AND PRESENT. BECAUSE – AS THE DESIGNER EXPLAINS – IT IS NOT ENOUGH TO PAY TRIBUTE TO HISTORY: YOU HAVE TO TAKE DESIGN OUR OF ITS INNER CIRCLES TO ESTABLISH A DIALOGUE WITH THE PUBLIC TODAY For several months now Giulio Iacchetti, perhaps the most important Italian designer of the generation of the Zeroes, has been working as the art director of Danese, for which in April he presented the collection “Ricuciture”: design interventions that set out to create a relationship between the past and present of the brand. In all, the effort involves twelve items, including new projects and reissues, linking back to three directions of research: the focus on the past, on objects that are part of the history of Danese and deserve to be rediscovered for the timely pertinence; the creation of objects of relation, capable of interacting with each other and with the families of already existing products; the exploration of areas not yet investigated by the Milan-based company, such as that of personal accessories. Thirty percent solid knowledge, thirty of lightness, thirty of passion… and the other ten? You tell me... what is needed to move forward with the work you are doing for Danese? After passion, lightness and knowledge, I would add 10% of respect for the brand’s history, for the people who work there, for those who manage and invest, for a radical background that calls for equally radical attention. With a company like Danese the risk is to shift from being an art director to being a custodian and restorer of ‘antiquities,’ if you stick to closely to that area of expertise. Enzo Mari, many years ago, had the intuition of putting a steel girder on the Danese table and calling it a tray; out of respect for that story, we cannot simply dust it off as if it were an archaeological relic. We have almost a moral obligation to forge a path of equal intensity and courage. You say that your work for Danese is a sort of ‘laboratory,’ a term that expresses a precise responsibility, but also a condition of privilege: that of experimenting, making mistakes, attempts, discoveries with which you have to cope. What form does a ‘laboratory’ take in a contemporary, sustainable sense of the term? The laboratory is a place of experimentation, trials, (new) paths to be tested; it is the opposite of the factory, where already tested processes move forward along a monotonous assembly line. With Danese I would like to give thought the time it needs to be shaped around new ideas of distribution, of proposition of products, of alliances between compatible and com-

parable brands from the viewpoint of image, communicative force... I would like to try to create contemporary paths, looking to the web, the digital world, trying to establish a dialogue with the leading players that operate on the international design scene. I have the impression that for you the label ‘artistic director’ is a rather tight fit. More generally, I am prompted to say that today, inevitably, those who design for a company, at all levels, cannot help but also design the market, the distribution, a new audience. It depends what you mean by artistic direction. In our world, unfortunately, it is seen as a military occupation of all the creative roles inside a company. For me, on the other hand, it means surrounding yourself with design intellects that are different from yours, to be ready to approach the new challenges of the market. The true issue is to always find new counterparts with whom to establish a relationship, a new audience for new products. In my view, historic design brands bask in the idea of having a fixed position in the imaginary of generations: but obviously that is not the case, and it will not suffice to be included in the permanent collections of the most important design museums, in order to feel like you can stay above the competition. Brands are quickly forgotten, in spite of their history. We need to break out of the inner circles of the sector and the historic audience of reference (that wants to crystallize things inside a world of melancholy nostalgia), to get in touch with new generations thanks to correct products, gauged to respond to new needs, that provide the cue to narrate what Danese has been able to do with its legendary and iconic products, once you have caught people’s attention. Is it possible that the traditional role of the designer, as you understand it in your poetics, is expanding towards the design of processes, systems, economics? Is this a new ‘political’ path for design, in your view? We are (luckily) forced to think and to look beyond the product. I always like drawing, but I also like outlining new scenarios where brands can move, come together, combining perspectives towards shared objectives, after which they can return to their autonomous progress… Obviously I have already gotten an idea of the steps to take in this direction, I have already called in young and talented designers to work in a strategic, precise way with an eye on these objectives, which are shared and supported by Carlotta de Bevilacqua (president of the company, ed): she welcomed me years ago into Danese as a designer, granting me attention and trust. Now, with a different role but still together, we want to give this brand a future that is just as intense as its past. CAPTIONS: pag. 95 The Ricuciture collection is composed of 12 items, including reissues and new projects that interpret the cultural values of Danese. On these pages, some of the new objects designed by Giulio Iacchetti. Above, the Sula ceramic carafe that suggests the use of tap water at the table or in the office. On the facing page, a sketch by the designer to sum up the spirit of the overall project. pag. 96 Matua is a ceramic bowl that forms a salad set when combined with the Kurili utensils. A small interruption of the upper border holds the utensils in place, keeping them from slipping into the bowl; another notch in the support ring prevents accumulation of water when the bowl is placed in a dishwasher. pag. 97 Above, the Ipe table set that reprises the historic Putrella tray designed by Enzo Mari (in black). The design of the crosssection allows these elements (pencil holder, object caddie and envelope holder) to take on different positions and functions. To the side, the Tau finger jewelry, available in two forms and three materials: polished silver, brushed brass, titanium (only for Tau Uomo).

P98. FINALLY OUT article Katrin Cosseta

SIXTY YEARS AFTER ITS FOUNDING, FLEXFORM DEBUTS IN THE OUTDOOR SECTOR WITH A LARGE, VERSATILE COLLECTION. STILL WITH THE CREATIVE CONTRIBUTION AND SUPERVISION OF ANTONIO CITTERIO Almost a philosophical projection towards the outside. The Meda-based brand brings its lifestyle concept outdoors, along with a design culture of timeless styling, rigorously Made in Italy with quality materials and great attention to detail. An overall project that includes over 20 pieces, from new models (the Vulcano sofa by Antonio Citterio) to outdoor versions of


indoor favorites (the Alison chair by Carlo Colombo), as well as reissues of historic signature pieces like the Moka chair and table designed in 1939 by Asnago & Vender. “We wanted to make our debut in the outdoor sector at our own pace,” says Matteo Galimberti, sales director for Italy and member of the board of Flexform, “though definitely without an timid attempts to approach the process. Our first outdoor collection, launched at the last Salone del Mobile in Milan, expresses the force and conviction with which we are approaching this market, with the same design philosophy and understated style that have always set us apart. The collection is truly comparable to a start-up, but it has great variety and depth: three seating systems, five dining tables, chairs, armchairs, coffee tables, accessories.” The stylistic affinities are clear, as is the identity of the brand, thanks to the constant presence of Antonio Citterio. Galimberti: “our company has worked with Citterio for over forty years now, and his contribution is fundamental from every standpoint. Most of the pieces are of his design. Some products, like the Vulcano sofa, are absolutely new, while others, like the Monreale table or the Peter chair, are indoor items that have been reinterpreted for outdoor use, applying the ideal materials for this new type of performance. After all, models like the Peter chair from 2004 have always displayed the light allure that makes them easy to move onto the terrace, or onto the deck of a yacht, starting from the original concept by Citterio.” From the creation of many bespoke projects for yachts and resorts, and the resulting familiarity with materials like AISI 316 stainless steel or iroko wood, it was but a short step to reach the production of a true outdoor collection with its own catalogue. The operation is not merely a matter of changing the materials, but also of total redesign. The material are part of a highly technical vocabulary that removes nothing in terms of aesthetic personality and comfort: okumé marine plywood (for the base of the sofas, perforated to bring ventilation to the cushions), austenitic steel (underlining the iconic design of the Moka chair and table by Mario Asnago and Claudio Vender), solid iroko wood (as in the Zante sofa or the Ortigia chair), EVA foam rubber, epoxy-coated aluminium, and a vast range of fabrics resistant to water and UV rays. Cord in extruded rubber or polypropylene fiber takes the theme of weaving to new expressive levels. CAPTIONS: pag. 98 Models from the new outdoor collection by Flexform: the original Vulcano sofa by Antonio Citterio, the Ortigia seats (by the company’s Design Center) and the Fly table. Below, the outdoor version of the Peter chair, with structure in AISI 316 steel and woven polypropylene or polyurethane rubber. pag. 99 Above, the Levante table (by the Design Center) with the Moka outdoor chair, a reissue of a piece by Asnago & Vender, offered in 316 austenitic stainless steel, also with epoxy coating, or in iroko wood. Below, the Alison chair by Carlo Colombo, with structure in aluminium tubing; the Thomas chair by Antonio Citterio, in solid iroko; and the Zante sofa created by the company’s in-house Design Center.

few companies know how to work with this material on an industrial level. “No one, for example, was capable of extruding the legs of Vela in Italy, while only the shell is die-cast,” Perazza says. “So these two phases of the production happen in Israel, which is one of the most advanced companies for this material. One difficulty, for example, was to fill all the cavities of the mold in the best possible way with a fluid material injected under high pressure. To avoid inflammable situations, a certain kind of experience is needed, which has been developed in Israel thanks to years of collaboration in the automotive, aeronautic and military sectors.” A magnesium chair had already been made back in 1998: the designer was Ross Lovegrove, for the company Bernhardt. At the time the model was defined as the “Lamborghini” of chairs, with a weight of 15 kg, and it had an unaffordable price (over 1500 dollars) and was produced to order. Vela is something else. It is not just a 100% industrial product, but also superlight (“2.5 kg, as opposed to 6-7 for a corresponding object in die-cast aluminium,” the founder of Magis says: “the world’s first industrial magnesium chair”). “Eugenio Perazza wanted the design to express the qualities of the material,” Kuchik and Amitai continue. “The very slim legs reveal how magnesium can be shaped with thicknesses much smaller than those of aluminium. The openings on the back display the solidity while offering an easy, immediate grip. The chair is then stackable, but it does not have the typical look of a bar chair.” No legs that stretch outward in the back part, but an ingenious combination of openings on the back “that help to make the product visually light and accommodate other chairs when they are placed on top.” An added part below the leg functions as a separator between the stacked chairs. Classic outdoor chairs also have a hole for drainage of rainwater. “We have eliminated that feature,” Gilli Kuchik says, “and replaced it with an angle of the seat, which is ample and round, allowing the water to flow away through the openings in the back.” The designers like to emphasize the sustainable side of magnesium. “Could it become an alternative to plastic? Maybe the answer is yes,” they say. Eugenio Perazza, on the other hand, is more cautious. Because magnesium is expensive, at the moment it is hard to hypothesize its use in mass-produced items. “My objective,” he concludes, “was not to save the world but to try something new: polluting less, of course, but also showing how design can be a tool of innovation. In the spirit that has always been part of the identity of our company.” CAPTIONS: pag. 101 Above: the Israeli designers Gilli Kuchik & Ran Amitai in their studio during the design of Vela. The seat produced by Magis, stackable and conceived for indoor and outdoor use, is the first industrial chair made with magnesium.

P102. DOMESTIC LANDSCAPE article Valentina Croci

P100. VELA TAKES FLIGHT VERY LIGHT, STRONG AND SUSTAINABLE, THE CHAIR BY ISRAELI DESIGNERS GILLI KUCHIK & RAN AMITAI FOR MAGIS BRINGS MAGNESIUM INTO THE WORLD OF INDUSTRIAL FURNITURE

THE DANIELS SEATING SYSTEM BY CHRISTOPHE DELCOURT FOR MINOTTI SHAPES THE LIVING AREA THROUGH CURVES, ELLIPSES AND A GAME OF OVERLAPS THAT INTERRUPT THE LINEAR CHARACTER OF THE CONFIGURATIONS. IN AN APPROACH OF MAXIMUM FLEXIBILITY, FOR THE HOME AND THE HOSPITALITY SECTOR

Looking at the Vela chair by Magis presented at the Salone del Mobile, many people wondered what it was made of. Because it is in metal, but it is as light as plastic. And its form is not easy to classify: is it for a restaurant, or for the kitchen at home? “We wanted the full focus to be on the material, namely magnesium,” say Israeli designers Gilli Kuchik & Ran Amitai, creators of the piece. “To make people think about lightness, versatility, sustainability.” The idea of using magnesium came from Eugenio Perazza, the owner of Magis. A man who has made experimentation the DNA of his company. “We had already considered it in the past,” he explains. “And when we decided to design a very light, strong stackable chair for industrial manufacture, we knew magnesium was the best material for the job.” The timing was no coincidence. Magnesium has remarkably current qualities: in terms of environmental sustainability, durability and lightness. It is the eighth most widespread element in nature, comes prevalently from sea water, costs more but has only one third the weight of aluminium, has every low density and very high specific resistance. It is also recyclable. But

“Investigating form. An insatiable search for immediate, intrinsic comfort.” These are the words of the French designer and maker of editions Christophe Delcourt, who for Minotti has designed Daniels, one of the most detailed sofa systems in the world: as many as 159 elements that rely on a squared volume, emptied in its central portion. “The idea behind this program,” Delcourt continues, “was to work on the circle, the curve, the rhythm, the dynamism. Its force is the mixture of curved and straight profiles to create an infinity of new forms, thanks to the composition or separation of the various elements.” Daniels conceals its complexity in clean, essential lines. It is composed of three matrices: linear, L-shaped or semicurved compositions, which can be connected with chaise longue modules. Thanks to the two positions of the back and the different depth of the seats, the elements create a game of overlaps with a constantly variable rhythm. Daniels has been conceived to adapt to the spaces of the home, to exist in both small and ample configurations, as well as large functional arrangements for the world of hospitality. “I try to multiply the possible

article Laura Traldi


usage scenarios by developing forms and functions: from rest to work, entertaining to sharing. The goal is to remove the boundaries between domestic use and hospitality, along with the barriers between spaces.” The program also addresses the theme of nomadism, the necessity or desire to change and rearrange parts based on spaces, especially when the client moves into a new home. The project has been organized for positioning at the center of the room. That back part works on two levels, one at the edge and one emerging from the perimeter, attenuating the ‘wall effect’ of the back seen from behind, and making it possible to position consoles, items like the Clive model, with lamps or chairs, to add ulterior functions. The Amber system of low tables and cabinets is complementary to Daniels, and can be incorporated in the seating configurations as a connection or a terminal element, or utilized as furnishing item on its own. The linear scheme is broken up with fluid lines based on portions of circles, and just as Daniels can be personalized with a large range of coverings in fabric or leather, so Amber can be made in different finishes and materials, even with marble dividers. The mixture of combinations, then, is not only a matter of juxtaposing the seating modules and complements, but also of the combination of materials, facings and finishes. Delcourt’s sensibility as a maker of editions and décorateur d’intérieur, who understands the processes of craftsmanship, meets the industrial prowess of Minotti, with whom he has worked since 2017, generating a series of highly recognizable products. “I like to work with other companies to explore new directions with them, and above all to avoid the repetition of familiar themes. Contrary to what most people think, I don’t believe industrialization is a synonym for simplification. The strength of Minotti, in fact, lies in having extraordinary human resources and know-how, to give form to new ideas. Their work is impeccable from a technical standpoint, guaranteeing functional and aesthetic quality. Minotti, in my view, is the brand that best interprets new ways of living. And our point of encounter lies in continuing pursuit of purity and timelessness in products, with a warm, convivial spirit.” CAPTIONS: pag. 102 Designed for Minotti by Christophe Delcourt (above, in the company during project development), the Daniels system is composed of about 80 linear elements, as well as 40 curved and semicurved segments, about 20 chaises longues, 12 ottomans and benches that make it possible to create a very wide range of compositions, personalized by selecting from about 70 different fabrics and 8 types of leather. pag. 103 The seating system can be combined with the low tables and cabinets of the Amber series, composed of small tables with and without drawers, linear (with two or three drawers), curved and semicurved units. The structure is in brushed wenge with a moka open-pore lacquer finish, lined on the outside by a sheet of metal in the malt color, with internal dividers in Zebrino marble. The removable ottoman with hidden magnets and wheels can be attached to the chaise longue and other seats to become a comfortable armrest or footrest, or placed at the center of the room as an additional seat for guests.

P104. THE SECRET OF TWENTY YEARS article Valentina Croci

PART OF THE CAPPELLINI CATALOGUE SINCE 1996, THE JULI CHAIR BY WERNER AISSLINGER NOW APPEARS IN A LIGHTER VERSION IN PLASTIC, UPDATING ITS COMFORT AND ERGONOMICS. THE GERMAN DESIGNER TALKS ABOUT THE PATH OF INNOVATION OF THIS LONG-TERM BESTSELLER In 1996, at age 30, Werner Aisslinger met with the entrepreneur and talent scout Giulio Cappellini to show him the prototype of a chair made by hand in fiberglass, on a scale of 1:1. It was the Juli Chair, the reinterpretation (not yet produced) of a model introduced in the 1950s and 1960s thanks to experimentation with fiberglass in the furnishings sector conducted by designers like Eero Saarinen, Arne Jacobsen or Charles & Ray Eames. Aisslinger’s creation also applied a technological novelty, polyurethane foam, used until then in the auto industry. In the case, the innovation made it possible to produce soft three-dimensional seats. The balance of form, function and productive performance of Juli has made it a timely product even twenty years later. And in fact it has never been removed from the Cappellini catalogue. This year the chair is back with an almost

imperceptible restyling, aimed at bringing out the stylistic content of the original design. The process has involved Werner Aisslinger in the honing of the curvature of the shell, which becomes lighter, as well as optimization of comfort and ergonomics. “The Juli of 1996,” the designer explains, “was a surprising product because it was guided by an approach based on technology. Cappellini, which in the 1990s was the most innovative brand, a forerunner in the furniture design field, was the first manufacturer to use foam from a supplier of Alfa Romeo, applied to make steering wheels. This use of new materials represents a risk in the life cycle of a product, which in the case of furniture ranges from 10 to 20 years. Designers and companies have to wager, without guarantees, on the material’s durability, its capacity to conserve good quality without weakening or deteriorating, without fading of the color, for example. For the production, the biggest difficulty had to do with the creation of the mold, which at the time implied a semi-handmade process.” The form of the Juli, though its models were the shell chairs of the 1950s and 1960s, was based on a pragmatic process. “The shell was defined by hand, by the work done to scale in my small workshop, as if it were a sculpture. I started from the closed shell of the seat, from which I created spaces between the armrests and the back. Many chair models introduced over the last 60 years have a similar aesthetic. But I did not want to establish a relationship with them; instead, I wanted to find a form capable of defining a new archetype in the category of ‘bucket’ seats. It was complicated to achieve this formal result with a process of polyurethane molding.” Over the years the chair has been updated to respond to technological evolution and the needs of the market. All the way to the complete restyling triggered by Juli Plastic, which adds a new rigid shell in plastic to the family, with slight revised ergonomic design to boost comfort. “The modification of the form is also the result of the need to reduce the thickness of the old shell in polyurethane foam from 2 cm to 5-7 mm,” Aisslinger says. When asked about the secret formula behind certain projects that become long-term bestsellers, the designer responds: “There are products that have an archetypal character, a clear, honest form that seems to be created by Nature herself, or seems to have always existed. Products with these characteristics are never surpassed, never threatened by time.” CAPTIONS: pag. 105 The plastic shell of Juli Plastic, available in four colors, is combined with different solutions for the base: cantilevered, chalice, four legs in ash wood, four spokes with feet, five spokes with feet or wheels. With respect to the previous version, personalized coloring of the shell is available upon request.

DesignINg SHOOTING

P106. VIEWPOINTS by Nadia Lionello - photos Efrem Raimondi

360° DESIGN: WHEN A PROJECT FOR UPHOLSTERED FURNITURE BECOMES AN ALL-AROUND WORK OF ART CAPTIONS: pag. 106 Brooklyn sofa with frame structure, feet in coated aluminium, back and lateral shells in metal-reinforced polyurethane, slightly rounded, covered in cowhide, leather or fabric. Seat and back cushions in polyurethane covered in fabric or leather. Designed by Stefano Bigi for Amura. pag. 107 Trigono sofa with structure in natural or ash gray solid oak, composed of two lateral trestles, a central beam, rear belting in leather or fabric; body in wood for the seat, with polyurethane cushions covered in fabric or leather. Completely removable covers, with a weighted armrest cushion. Designed by Michele De Lucchi for Alias. pag. 108 Left, Étiquette armchair with structure in coated steel, back in solid ash; seat with natural or dyed cowhide belting, goosedown cushion with support in memory foam and polyurethane. Back and armrests in goosedown with polyurethane support clad in cotton canvas, covered in removable or fixed velvet or leather. Thermoplastic feet. Designed by GamFratesi for De Padova. Right, Kor chair with structure in chromiumplated steel tubing, orthogonal weave in plastic belting, seat and back in flameproof variable-density foam with cover in removable fabric or leather. Designed by William Sawaya for Sawaya & Moroni. pag. 109 Left, Corallo chair with branching structure in coated metal rod, polyurethane cushions with removable fabric cover in a single color option. Designed by Paolo Grasselli for Bonaldo. Right, Costela chair with base in matte black painted metal, seat composed of curved walnut-


stained ash slats, padded polyurethane cushions covered in quilted leather or fabric. Designed by Martin Eisler in 1952 and produced by Tacchini. pag. 110 Miami monoblock sofa with structure in solid beech and poplar, elastic belting, polyurethane padding with down and synthetic liner for the cushions. The covering is in fabric, suede, leather or ecoleather, or made to order. The sofa has a seat that rests on a light structure with bronze feet and folding back. Designed by Maurizio Manzoni for Cantori. pag. 111 Shiky monoblock sofa with wooden structure, elastic belt support, padded with polyurethane. The dual-height back calls for a simple cushion and roll cushions, filled with goosedown. Covering in fabric or leather with quilted seat cushion. Designed by Damian Williamson for Zanotta. pag. 112 Surf modular sofa with rectilinear, chaise longue, corner and terminal elements, built-in base and seat and protruding back, padded with polyurethane foam covered in removable leather or fabric. Designed by Yabu Pushelberg for Molteni&C. pag. 113 Gogan component sofa, seat with wooden structure, polyurethane padding and removable bouclé fabric cover. The structural parts at the back have a joining function, reinforcing the back and the seat. Designed by Patricia Urquiola for Moroso.

P114. CUPBOARDS ON THE MOVE by Carolina Trabattoni - photos Paolo Riolzi

VERSATILE, LUMINOUS, TRANSPARENT, MADE WITH EXCEPTIONAL MATERIALS. THE NEW STORAGE CABINETS MOVE FREELY FROM ONE ROOM TO THE NEXT CAPTIONS: pag. 114 Frida cocktail cabinet with light structure in burnished metal and Canaletto walnut volume. The doors open like a display case and rotate by 180 degrees. Internal structure in matte brown lacquer, back in bronze-finish mirror and extractable drawer. By Gherardi Architetti for Presotto. pag. 115 Kendo, designed by Meneghello Paolelli Associati for Alf DaFrè, a sideboard featuring a particular geometric game: each door has a 30-degree cut that divides it into two coplanar but off-axis parts. With a metal base, it comes in Fashion wood with glossy Modica lacquered doors. pag. 116 Alambra display case with structure in platinum-finish aluminium, reduced to the essential to bring out the transparent gray glass of the cabinet, the internal walnut drawers, the regenerated cowhide and built-in LED lighting system. By Giuseppe Bavuso for Rimadesio. pag. 117 Alessandro I black and white optical sideboard, composed of an upper part with two doors that open to a large bar cabinet with reflecting panel and glass shelves, and a lower portion with two drawers and large press-open drawers. Designed by William Sawaya for Sawaya & Moroni. pag. 118 Home Hotel sideboard by Jean-Marie Massaud for Poliform, in caramel matte lacquer, structure and base in black elm. Featuring profiled fronts with wood borders, also available in a low version. The collection also includes a desk, a console, benches and tables. pag. 119 Vittoria sideboard designed by Cristina Celestino for Fendi & Fendi Casa, Back Home collection. With briar top, lacquered border and sides, feet and posts in brushed brass-finish steel. The doors in frosted and extra-clear glass create a striped graphic effect to meet contemporary tastes. pag. 120 Offshore, designed by Piero Lissoni for Porro, a sideboard with three doors and three drawers in ash wood, with 45-degree shelves and internal maple finish. The special carmine ash finish is handmade with repeated coats, making the grain emerge on the surface in a dark red color. On the floor, Guro black and white fabric in cotton and viscose by Dominique Kieffer by Rubelli. pag. 121 Islands, designed by Stephen Burks for Living Divani, freestanding cabinet accessed from different sides thanks to aluminium strips with an elliptical section that rotate on a central pivot, creating a surface that ranges from compact to open. Legs, top and base in matte black painted MDF.

DesignINg REVIEW

P122. HUMAN LIGHTS by Andrea Pirruccio - photos Maurizio Marcato

LAMPS AND PEOPLE: WHO ADMIRE THEM, TOUCH THE SURFACES, SEARCH FOR THEIR REFLECTION. BECAUSE BEAUTY, FUNCTIONAL QUALITY, TECHNOLOGY AND RESEARCH WOULD BE EMPTY WORDS WERE THERE NO ONE CAPABLE OF UNDERSTANDING THEIR VALUE CAPTIONS: pag. 122 Y3, design Simon Schmitz for Martinelli Luce, floor lamp for direct light with adjustable LED spot. The product can move in

any direction while remaining in perfect balance thanks to a system of three ties connected to the springs placed at 120° in the base. The body is in coated aluminium. pag. 123 Designed by Atelier Oï for Artemide, Vitruvio stands out for its ingenious mechanism (inspired by clockwork) that makes it possible to insert three metal rods inside the blown glass diffuser. pag. 124 By Zsuzsanna Horvath for Luceplan, Illan has a very light body made with laser-cut plywood with equidistant lines. Available in multiple sizes up to one meter in diameter, the lamp takes on volume thanks to gravity, assuming its characteristic floating form. It contains an LED light source. Designed by Davide Besozzi for Axolight, Manto is a family of suspension lamps in three sizes. The sphere of blown opaline glass with an LED light source is supported by a telescopic arm that permits adjustment at different heights. In turn, thanks to the steel tie-rods, the cylindrical body keeps the circle in white elastic fabric in its horizontal position. By Marcantonio for Slamp, Idea is a ‘light bulb’ with a brass-plated screw base, suspended on a series of supports: a structure in brushed brass, a wall mirror and (in the photo) a vanishing built-in panel that amplifies the ironic effect of an idea that lights up when you least expect it. pag. 125 Created by Giulia Archimede (in the reflection) for Catellani & Smith, Alchemie T is a lamp composed of two disks in brass and alabaster that run parallel on a base track in Pietra Medea. The movement of the two disks produces a variation in the form and the light intensity. Nuée, designed by Marc Sadler for Foscarini, is a lamp made by overlaying a three-dimensional technical fabric. The pattern can be shaped to create zones of light and shadow, crossed by the light. There are two light sources: the first is inside the cloud, while the second directs the light downward. pag. 126 Designed by Dodo Arslan for Terzani, Oscar is a tribute to the architecture of Oscar Niemeyer. Available in the floor, table and countertop versions, the lamp is composed of a glass sphere supported by a base in curved brass. Puppet Ring, designed by Romani Saccani Architetti Associati for Vistosi, stands out for its three rings of increasing diameter, for juxtaposition in different sequences to form the framework on which to place glass spheres of different sizes. The lamp combines smoked, amber and white glass, shaded with told and brushed black nickel finishes. Siro by Marta Perla for Oluce is a table lamp composed of a lens and a frontal disk, which thanks to a very slender LED source emits grazing light. It comes in two sizes and two finishes: brushed bronze and brushed gold, with the internal curve of the cap in white. pag. 127 Pigreco by Davide Groppi connects two basic materials, the wood of the base (concealing an LED) and the glass of the sphere. The latter – half frosted and half transparent – moves freely on the surface, becoming a diffuser or a convex lens. Designed by Vittorio Paradiso for Paolo Castelli, Joy is a suspension lamp composed of three brass rings placed at variable height, and blown glass spheres in opaque white (large) and transparent pink (small), suspended inside by means of a slender metal structure. The game of circular trajectories and masses generates a balanced design of gravitational dynamics. Bolita, designed by kaschkasch for Marset, is composed of a circular surface that contains an LED fastened on its central axis. A glass sphere rests on this base, and can be shifted to accentuate or attenuate the luminosity, or to generate an eclipse effect. Thus the dimming process is mechanical, not electrical. pag. 128 Ink System by Linea Light includes multiple versions based on the same concept. The slender elastic cable contains a strip of LEDs and provides a conductor on which to attach different devices. The system can be used for wall-ceiling configurations, using modules with various joints and ends to contain the conductor cable, transforming it into a graphic sign. pag. 129 Liana by Maxim Velcovský for Lasvit is an installation in which blown glass parts are contained inside special tubular metal screens. The present version is composed of 105 single ‘vines.’ By Ronan & Erwan Bouroullec for Flos, Belt is a project composed of leather belting: some of the belts support the weight of the configuration, others transmit electricity, and others still contain the light. The initial part can descend from the ceiling, climb a wall or be placed on the ground, to then be supported by the buckle of the first suspended belt. The beam of light begins here. The next segment can be the final one, or others can be added in a potentially infinite series. pag. 130 By BrogliatoTraverso for Penta, Hang Out is a suspension lamp composed of a straight line, a circle and an ellipse. Circular and oval parts can be freely grafted onto the horizontal luminous body: geometric forms available in different materials and colors. Designed by Elena Salmistraro for Torremato, Miami is a suspension lamp in decorated glass and brass, available with three different images, drawing inspiration from the American Art Deco movement. pag. 131 La festa delle farfalle by Ingo Maurer & Team is a luminous work made of 34 paper butterflies and dragonflies and a porcelain plate whose built-in LEDs light up three bulbs resting on the surface. Dalì by Paolo Nava and Luca Arosio for Italamp: a thermoperforated glass suspension inspired by the imagery of Salvador Dalì. The glass is arranged in layers to suggest the famous pocket watches melting in the sun. The LED light source is inserted in the grooves of the metal support of the lamps, available in green, amethyst, blue and gray.


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150 / settembre 2019 INTERNI

CATELLANI & SMITH srl Via Cimitero 1/a, 24020 VILLA DI SERIO BG Tel. 035656088 www.catellanismith.com info@catellanismith.com DANESE MILANO GRUPPO ARTEMIDE Via Canova 34, 20145 MILANO Tel. 023496111, www.danesemilano.com DASSAULT SYSTEMES 10 rue Marcel Dassault F CS 40501 - 78946 Vélizy-Villacoublay Cedex Tel. +33 (0)1 61626162 www.3ds.com Viale dell’Innovazione 3 - 20125 Milano tel. 023343061 DAVIDE GROPPI srl Via P. Belizzi 20/a-22 29122 PIACENZA Tel. 0523571590 www.davidegroppi.com info@davidegroppi.com DE PADOVA srl Strada Padana Superiore 280 20090 VIMODRONE MI Tel. 022777201, www.depadova.it info@depadova.it DESALTO spa Via per Montesolaro, 22063 CANTÙ CO Tel. 0317832211, www.desalto.it info@desalto.it DIMORESTUDIO Via Solferino 11, 20121 MILANO Tel. 0236537088 www.dimorestudio.eu info@dimorestudio.eu DOMINIQUE KIEFFER by RUBELLI spa Via della Pila 47 30175 MARGHERA - VENEZIA Tel. 0412584411, www.dkieffer.com info@rubelli.com EDRA spa Via Livornese Est 106, 56035 PERIGNANO PI Tel. 0587616660, www.edra.com edra@edra.com EREDI MARELLI Via IV Novembre 11, 22063 CANTU’ CO Tel. 031714712 www.eredimarelli.it info@eredimarelli.it FENDI Palazzo della Civiltà Italiana - Quadrato della Concordia 3, 00144 ROMA Tel. 06334501, www.fendi.com FENDI CASA CLUB HOUSE ITALIA LUXURY LIVING GROUP Via Balzella 56, 47121 FORLÌ Tel. 0543791911 www.luxurylivinggroup.com info@luxurylivinggroup.com FLEXFORM spa Via L. Einaudi 23/25, 20821 MEDA MB Tel. 03623991, www.flexform.it info@flexform.it FLOS spa Via Angelo Faini 2, 25073 BOVEZZO BS Tel. 03024381, www.flos.com info@flos.com FONTANAARTE Alzaia Trieste 49, 20094 CORSICO MI Tel. 0245121, www.fontanaarte.com info@fontanaarte.com

FORNASETTI FORNASETTIANA srl C.so Venezia 21/a ang. Via Senato 20121 MILANO, Tel. 0284161374 www.fornasetti.com info@fornasetti.com FOSCARINI spa Via delle Industrie 27, 30020 MARCON VE Tel. 0415953811, www.foscarini.com foscarini@foscarini.com FRITZ HANSEN MOEBLER Allerødvej 8, DK 3450 ALLERØD Tel. +45 48 172300 www.fritzhansen.com salessupport@fritzhansen.com GLAS ITALIA Via Cavour 29, 20846 MACHERIO MB Tel. 0392323202, www.glasitalia.com glas@glasitalia.com GUBI INTERNATIONAL A/S Frihavnen, Klubiensvej 7-9, Pakhus 53 DK 2100 Copenhagen Tel. +45 3332 6368 www.gubi.dk, gubi@gubi.dk HENGE H-07 srl Via Verdi 45, 31010 COL SAN MARTINO TV Tel. 04381710600 www.henge07.com atelier@henge07.com INGO MAURER GMBH Kaiserstrasse 47 D 80801 MUNCHEN Tel. +49 89 3816060 www.ingo-maurer.com info@ingo-maurer.com IPE srl - VISIONNAIRE Via E. Mattei 1, 40069 ZOLA PREDOSA BO Tel. 0516186311 www.visionnaire-home.com, ipe@ipe.it ITALAMP srl Via E. Fermi 8, 35010 CADONEGHE PD Tel. 0498870442 www.italamp.com info@italamp.com JCP DESIGN www.jcp.design KARTELL spa Via delle Industrie 1/3 20082 NOVIGLIO MI Tel. 02900121, www.kartell.com info@kartell.it KETTAL Aragón 316, E 08009 BARCELONA Tel. +34934879090 www.kettalgroup.com info@grupokettal.com KNOLL INTERNATIONAL spa Piazza L.V. Bertarelli 2 20122 MILANO, Tel. 027222291 www.knolleurope.com italy@knolleurope.com KVADRAT A/S Pakhus 48, Lundbergsvej 10 DK 8400 EBELTOFT Tel. +4589531866, www.kvadrat.dk kvadrat@kvadrat.dk L’ABBATE Via Grava Lunga 4, 33048 SAN GIOVANNI AL NATISONE UD, Tel. 0432688158 www.labbateitalia.it, info@labbateitalia.it


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INTERNI settembre 2019 / 151


N. 09 settembre September 2019 rivista fondata nel review founded in 1954

on line www.internimagazine.it direttore responsabile/editor GILDA BOJARDI gilda.bojardi@mondadori.it comitato scientifico/board of experts ANDREA BRANZI DOMITILLA DARDI DEYAN SUDJIC consulenti/consultants CRISTINA MOROZZI MATTEO VERCELLONI RUDI VON WEDEL

Nell’immagine: scorcio di una casa a Tel Aviv, che premia la luce, la permeabilità degli spazi, il continuum interni-esterni. Progetto di Pidsou Kedem Architects In the image: In the image: view of a house in Tel Aviv that thrives on light, permeable spaces and indoor-outdoor continuity. Project by Pidsou Kedem Architects. (foto di/photo by Amit Geron)

NEL PROSSIMO NUMERO 10 IN THE NEXT ISSUE FocusINg

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redazione/editorial staff MADDALENA PADOVANI maddalena.padovani@mondadori.it (caporedattore/editor-in-chief) DANILO SIGNORELLO danilo.signorello@mondadori.it (caposervizio/senior editor ad personam) ANTONELLA BOISI antonella.boisi@mondadori.it (vice caposervizio architetture architectural vice-editor) CAROLINA TRABATTONI carolina.trabattoni@mondadori.it (vice caposervizio/vice-editor ad personam) produzione e sala posa production and photo studio KATRIN COSSETA katrin.cosseta@mondadori.it produzione e news/production and news NADIA LIONELLO nadia.lionello@mondadori.it produzione e sala posa production and photo studio ANDREA PIRRUCCIO andrea.pirruccio@mondadori.it produzione e news/production and news rubriche/columns VIRGINIO BRIATORE giovani designer/young designers GERMANO CELANT arte/art grafica/layout MAURA SOLIMAN maura.soliman@mondadori.it SIMONE CASTAGNINI simone.castagnini@mondadori.it STEFANIA MONTECCHI stefania.montecchi@consulenti.mondadori.it ELENA MARIANI elena.mariani@consulenti.mondadori.it segreteria di redazione/editorial secretariat ALESSANDRA FOSSATI alessandra.fossati@mondadori.it responsabile/head ADALISA UBOLDI adalisa.uboldi@mondadori.it assistente del direttore/assistant to the editor contributi di/contributors CHIARA ALESSI MAURIZIO BARBERIS STEFANO CAGGIANO MARIA CLARA CAGLIOTI PAOLO CASICCI PATRIZIA CATALANO VALENTINA CROCI DOMITILLA DARDI OLIMPIA DE CASA EDOARDO DE COBELLI CLAUDIA FORESTI ANTONELLA GALLI MARINA JONNA CRISTINA MOROZZI ALESSANDRO ROCCA DÉSIRÉE SORMANI GIULIA SETTI DEYAN SUDJIC LAURA TRALDI MATTEO VERCELLONI fotografi/photographs FRANCESCO BOSI SIMONE BOSSI RICHARD DAVIES LUCA DELACHAUX EFREM RAIMONDI ALBERTO FERRERO RHODRI JONES MAURIZIO MARCATO ANDREA MARTIRADONNA ADAM MORK PAOLO RIOLZI NICOLA SCHIAFFINO MONICA SPEZIA FEDERICO VILLA traduzioni/translations TRANSITING SAS

progetti speciali ed eventi special projects and events collaboratori/collaborators ANTONELLA GALLI CARLO BIASIA ANNA BOLLETTA VALERIA MALITO SISTEMA INTERNI 3 Interni Annual monographs Annual Cucina, Annual Bagno, Annual Contract Design Index The Design addressbook Guida FuoriSalone Milano Design Week guide Interni King Size Milano Design Week product preview Interni Serie Oro Volume speciale/Special Edition ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.P.A. 20090 SEGRATE - MILANO INTERNI The magazine of interiors and contemporary design via Mondadori 1 - Cascina Tregarezzo 20090 Segrate MI Tel. +39 02 75421 Fax +39 02 75423900 interni@mondadori.it Pubblicazione mensile/monthly review Registrata al Tribunale di Milano al n° 5 del 10 gennaio 1967. PREZZO DI COPERTINA/COVER PRICE INTERNI + INTERNI ANNUAL CUCINA € 10,00 in Italy

PUBBLICITÀ/ADVERTISING MEDIAMOND S.P.A. Palazzo Cellini - Milano 2 20090 Segrate (MI) Tel. 02 21025259 E-mail: contatti@mediamond.it Vice Direttore Generale Living/ Vice-Director Living Division: Flora Ribera Coordinamento/Coordination: Silvia Bianchi Advertising Manager: Rossella Agnusdei Agenti/Agents: Stefano Ciccone, Simone Salvetti, Mauro Zanella, Paola Zuin Sedi Esterne/External Offices: EMILIA Publiset srl, Via Ettore Cristoni 86 Casalecchio di Reno (BO), Tel. 051.0195126 info@publiset.eu TOSCANA Mediatarget srl, Via degli artisti 6/F Firenze, Tel. 055.7188610 patrizia@mediatargetadv.com PIEMONTE/LIGURIA/VALLE D’AOSTA Full Time srl, Corso Quintino Sella 12, Torino Tel. 011 2387111, info@fulltimesrl.com LAZIO Five Media Communication Viale Bruno Buozzi 107, Roma Tel. 06 36003602, info@fivemediacom.it TRIVENETO (tutti i settori, escluso settore Living/all sectors, excluding Living) Full Time srl, Via Cà di Cozzi 10, Verona Tel. 045 915399, info@fulltimesrl.com TRIVENETO (solo settore Living/ only Living sector) Paola Zuin - cell. 335 6218012 paola.zuin@mediamond.it ROMAGNA/UMBRIA/MARCHE/ ABRUZZO/SAN MARINO Idea Media srl, Via Soardi 6 Rimini (RN) Tel. 054125666, segreteria@ideamediasrl.com CAMPANIA CrossmediaItalia 14 srl, via G.Boccaccio 2 Napoli, Tel. 081 5758835 PUGLIA CrossmediaItalia 14 srl, via Diomede Fresa 2 Bari, Tel. 080 5461169 SICILIA/SARDEGNA/CALABRIA GAP Srl - Giuseppe Amato via Riccardo Wagner 5, Palermo Tel. 091 6121416, segreteria@gapmedia.it

ABBONAMENTI/SUBSCRIPTIONS Italia annuale: 10 numeri + 3 Annual + Design Index € 64,80 (prezzo comprensivo del contributo per le spese di spedizione). Inviare l’importo tramite c/c postale n. 77003101 a: Press-di Abbonamenti SpA – Ufficio Abbonamenti. È possibile pagare con carta di credito o paypal sul sito: www.abbonamenti.it. L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. Worldwide subscriptions, one year: 10 issues + 3 Annual + Design Index € 59,90 + shipping rates. For more information on region-specific shipping rates visit: www.abbonamenti.it/internisubscription. Payment may be made in Italy through any Post Office, order account no. 77003101, addressed to: Press-di Abbonamenti SpA – Ufficio Abbonamenti. You may also pay with credit card or paypal through the website: www.abbonamenti.it/internisubscription Tel. +39 02 86896172, Fax +39 030 7772387 Per contattare il servizio abbonamenti: Inquiries should be addressed to: Press-di Abbonamenti SpA – Ufficio Abbonamenti c/o CMP Brescia – 25126 Brescia (BS) Dall’Italia Tel. 199 111 999, costo massimo della chiamata da tutta Italia per telefoni fissi: 0,12 € + iva al minuto senza scatto alla risposta. Per i cellulari costo in funzione dell’operatore. From abroad Tel. + 39 02 86896172 Fax + 39 030 7772387 abbonamenti@mondadori.it www.abbonamenti.it/interni NUMERI ARRETRATI/BACK ISSUES Interni € 10, Interni + Design Index € 14, Interni + Annual € 14. Pagamento: c/c postale n. 77270387 intestato a Press-Di srl “Collezionisti” (Tel. 045 888 44 00). Indicare indirizzo e numeri richiesti inviando l’ordine via Fax (Fax 045 888 43 78) o via e-mail (collez@mondadori.it/arretrati@mondadori.it). Per spedizioni all’estero, maggiorare l’importo di un contributo fisso di € 5,70 per spese postali. La disponibilità di copie arretrate è limitata, salvo esauriti, agli ultimi 18 mesi. Non si accettano spedizioni in contrassegno. Please send payment to Press-Di srl “Collezionisti” (Tel. + 39 045 888 44 00), postal money order acct. no. 77270387, indicating your address and the back issues requested. Send the order by Fax (Fax + 39 045 888 43 78) or e-mail (collez@mondadori.it/ arretrati@mondadori.it). For foreign deliveries, add a fixed payment of € 5,70 for postage and handling. Availability of back issues is limited, while supplies last, to the last 18 months. No COD orders are accepted. DISTRIBUZIONE/DISTRIBUTION per l’Italia e per l’estero/for Italy and abroad a cura di/by Press-Di srl L’editore non accetta pubblicità in sede redazionale. I nomi e le aziende pubblicati sono citati senza responsabilità. The publisher cannot directly process advertising orders at the editorial offices and assumes no responsibility for the names and companies mentioned. Stampato da/printed by ELCOGRAF S.p.A. Via Mondadori, 15 – Verona Stabilimento di Verona nel mese di luglio/in July 2019

Questo periodico è iscritto alla FIEG This magazine is member of FIEG Federazione Italiana Editori Giornali © Copyright 2019 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. – Milano. Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. Manoscritti e foto anche se non pubblicati non si restituiscono. All rights of literary and artistic content reserved. Even if not published, manuscripts and photographs will not be returned.


CERSAIE – BOLOGNA 23/27 settembre 19 HALL 21 • STAND A39–B38

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