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In viaggio con Le Corbusier Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Edizioni ETS
minimono mini monografie architettura
In viaggio con Le Corbusier Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a cura di Susanna Caccia Roberto Castiglia
Edizioni ETS
con il patrocinio di Fondation Le Corbusier, Paris Dipartimento di Ingegneria Civile, Università di Pisa Ordine degli Ingegneri della provincia di Pisa Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Pisa Un sentito ringraziamento al personale della Fondation Le Corbusier, Paris e in particolare ad Arnaud Dercelles, responsabile del Centro di Ricerche e Documentazione, per la cortesia e la disponibilità nell’aver agevolato le ricerche. Fondation Le Corbusier 8/10 square du Docteur Blanche 75016 PARIS +33(0)1 428841 53 www. fondationlecorbusier.fr • info@fondationlecorbusier.fr
© F.L.C., by SIAE, 2009 Modelli digitali Andrea Ferrara e p. 118, Giorgio Castellano Referenze fotografiche Fondation Le Corbusier, Paris Roberto Castiglia, Marta Gentili, Luca Leonardi Mappe di localizzazione Luca Leonardi
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Progetto grafico Susanna Cerri © Copyright 2009 Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com Distribuzione PDE ISBN 978-884672554-7
Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, Paris c’est un monde. Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
In viaggio con
LE CORBUSIER
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Introduzione
a lato: Villa Savoye Poissy, schizzo FLC 19698 pagg. 8-9: La costruzione del Petit Palais, Parigi foto d’epoca
Parigi e la sua architettura sono il filo conduttore di questa guida, che trova in Le Corbusier una delle migliori espressioni di questo connubio. Una guida che possa offrirsi a chiunque desideri avventurarsi attraverso i boulevard o le piccole allée come un moderno baedeker per viaggiatori attenti, ma al contempo conservi l’originaria funzione di strumento didattico per studenti e studiosi. Si articola così pagina dopo pagina un percorso per la fruizione di una “collezione” di edifici, allestita nel tessuto urbano, individuabile anche grazie alla predisposizione di specifiche mappe corredate di quelle indicazioni che si rivelano indispensabili al compimento dell’itinerario stesso. Le ville, le maison-atelier e i padiglioni prendono posto nei diversi arrondissement e si amalgamano nella cornice di una città in una più ampia rete di rimandi linguistici e culturali suggeriti nelle schede proposte nella seconda parte del volume. Le piante, le sezioni, i prospetti e gli schizzi unitamente alle foto d’epoca vanno a formare quel ricco apparato iconografico, generosamente concesso dalla Fondation Le Corbusier di Parigi, che offre una lettura approfondita e attenta del singolo oggetto architettonico, dalla genesi alle più recenti trasformazioni. Un libro che non avrebbe mai preso forma se non dallo stimolo alla conoscenza “attiva” dell’architettura moderna e soprattutto dalla passione smisurata per Parigi, non ultimo per i suoi bistrot.
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Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, Paris c’est un monde. Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
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Paris n’est pas une ville, Paris c’est un monde Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
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Susanna Caccia
a lato: Maison-Atelier Lipchitz Miestchaninoff Parigi, foto d’epoca FLC L1(6)50 pagg. 12-13 Carte D’ètat-Major au 1/50000 type 1900
Dopo il fallimento della Nuovelle Section e la rottura con il maestro e mentore degli anni della formazione Charles L’Eplattenier, gli angusti confini de La Chaux-de-Fonds spingono Charles Edouard Jeanneret a optare per un “soggiorno illimitato” a Parigi1. Nella metropoli francese il promettente architetto svizzero vede una liberazione dal soffocante provincialismo e un’avventura foriera di entusiasmanti esperienze: “Paris n’est pas une ville, Paris est un monde” scrive ai genitori nel gennaio del 19192. Charles Edouard non è del resto nuovo a Parigi. Già nel marzo del 1908, abbandonata Vienna, ennesima tappa del viaggio compiuto insieme all’amico scultore Léon Perrin, raggiunge la capitale dopo alcune soste intermedie, tra cui Monaco e Norimberga3. Inizia in questo periodo l’apprendistato presso lo studio della Entreprise générale de travaux publics & particuliers. Béton Armé dei fratelli Perret, i due “della colazione sull’erba”4. Introdotto da Eugène Grasset presso l’atelier parigino dei “plus éminents promoteurs de cette nouvelle technique”5, Le Corbusier ha modo così di compiere quell’esperienza che, segnando in maniera indelebile la produzione matura, lo inizierà alla sperimentazione sistematica del cemento armato e di nuovi tipi edilizi e costruttivi. Durante il primo soggiorno francese si dedica voracemente
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Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, Paris c’est un monde. Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
Villa De Beistegui Parigi FLC 17620
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a lato: Le Corbusier, L’académisme dit: Non! , 1930
l’architecture française di Viollet-le-Duc, de L’Architecture romane di Corroyer e della Histoire de l’architecture di Auguste Choisy, aprendo i propri interessi, su indicazione di Auguste Perret, alla tradizione del classicismo francese. Le letture del momento parigino si sommano alle giovanili, segnate dall’orientamento Art Nouveau dello stesso L’Eplattenier. The Grammar of Ornament di Jones, come le riflessioni sulla natura del gotico di Ruskin, che guidano la mano negli esercizi del giovane Jeannert, integrate da Viollet-le-Duc e Choisy divengono i repertori per illustrare i libri degli anni Venti6. Il debito delle prime letture emerge chiaramente negli scritti. Nel 1925, tra le pagine de L’Art décoratif d’haujourd’hui, Le Corbusier evoca ad esempio l’Eugéne Grasset di Méthode de composition ornementale, come Jones per l’abstraction e la pureté dei suoi disegni7. Ma è Ruskin che Jeanneret sceglie come referente ideale, quello stesso di Les matins à Florence (1906) che lo aveva accompagnato lungo l’itinerario del primo viaggio in Italia. I riferimenti al teorico inglese ritornano poi con crescente convinzione ne L’Art décoratif: “Notre enfance fut exhortée par Ruskin. Apôtre touffu, complexe, contradictoire, paradoxal. Les temps étaient insupportables: cela ne pouvait durer; c’était d’un bourgeoisisme écrasant, bête, noyé dans le matérialisme, enguirlandé dans le décor idiot et tout mécanique, décor fabriqué par la machine qui, sans qu’on sût le lui interdire, produisaint, pour les jubilations d‘Homais, le carton-
Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, Paris c’est un monde. Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
allo studio dell’architettura, nutrendosi dei dieci volumi del Dictionnaire raissoné de
pâte et les rinceaux en fonte de fer. C’est de spiritualité que parla Ruskin. Dans ses «Sept lampes de l’architecture», brillaient la Lampe de Sacrifice, la Lampe de Vérité, la Lampe d’Humilté. A cette masse toute bouffie des saturations premières d’un machinisme naissant, il leur faisant la démonstration de l’honnêteté”8. La figura di Auguste Perret non si esaurisce però in quella di semplice guida per nuovi percorsi bibliografici, ma diviene quasi immediatamente uno degli interlocutori preferenziali del giovane apprendista. Si avvia così una fitta corrispondenza che si protrarrà almeno fino alla pubblica sconfessione in occasione dell’Esposizione Universale del 1925. Una vicinanza di idee quella con Perret che inizia a emergere chia15
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Eugène Atget, Quai du Louvre, 1923
ramente nelle lettere inviate a L’Eplattenier, in cui l’architetto svizzero prende le distanze dai precetti del primo maestro, e sarà destinata a consolidarsi nei soggiorni successivi nella capitale francese9. Sarà proprio Auguste a metterlo qualche anno più tardi in contatto con l’ambiente di Art et Liberté, “associazione per l’affermazione e la difesa di opere moderne” di cui è il vicepresidente, avvicinandolo alle principali personalità dell’Avanguardia parigina. Nell’ambito delle manifestazioni artistiche promosse dall’associazione, Le Corbusier entra in contatto con il pittore Amédée Ozenfant, che, nonostante fosse poco più anziano, svolge nei suoi confronti “un rôle de mentor”, esercitando “une influence apaisante dans un moment où Jeanneret était en proie à l’angoisse et au doute”10. Ozenfant stesso lo spinge a dedicarsi in maniera crescente a dipingere, assecondando un’inclinazione coltivata da Le Corbusier fin dai primissimi anni all’École d’Art11. Il pittore assume in quel periodo il ruolo di maestro, insieme a Charles L’Eplattenier, Auguste Perret e William Ritter, accompagnando Le Corbusier alla ricerca di un proprio linguaggio pittorico12. Le stesse Mémoires di Ozenfant ripercorrono, in forma piuttosto romanzata, questo percorso e il rapporto con il giovane amico: “Je lus à mon nouvel ami mes notes sur le Purisme, lui proposai de mettre en commun nos idées et nos amis et de signer ensemble nos écrits, d’exposer collectivement. [...] Je lui enseignai mes méthodes de peinture et confiai mes idées, et dans ma chambreatelier de la rue Godot-de-Mauroy, nous peignîmes quotidiennement côte à côte. La signature de ses tableaux se mit à ressembler tout à fait à la mienne, elle, invariable depuis mes débuts. Ce fut vraiment un travail collectif: je donnais le son, il était l’écho qui parfois le renforçait”13. Agli inizi del 1917 l’architetto svizzero inizia a collaborare con la Société d’Application du Béton Armé (SABA) e con la Société d’Entreprise Industrielle et d’Etudes (SEIE), oltre a lavorare come direttore della fabbrica di laterizi ad Alfortville. Un’avventura quella della rudimentale Briqueterie d’Alfortville, che durerà fino agli inizi degli anni Venti, sebbene Le Corbusier ne avesse intuito da subito, come scrive nelle lettere all’amico Ritter, l’inevitabile fallimento14.
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pagg. 16-17: Villa Lipchitz Boulogne-sur-Seine FLC L1(6)31
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A questa fase appartengono i progetti per le due società, tra cui una torre-cisterna per Podensac, un arsenale a Tolosa e alcuni impianti idroelettrici, come quello di Saintes (Charente-Maritime), accompagnato da un quartiere residenziale, insieme alle commissioni sul finire del 1917 di due macelli per Chaully e per Garchizy. E se l’edificio della centrale termica a Saintes è caratterizzato da elementi di chiara derivazione hoffmanniana, come l’intenzione di sottolineare gli spigoli della struttura, e da scelte di gusto behrensiano, ad esempio nella scansione delle aperture analoga alla fabbrica per la Frankfurter Gasgesellschaft, nei due macelli per Chaully e per Garchizy, Le Corbusier sembra maggiormente interessato a sperimentare le possibilità espressive della struttura in calcestruzzo armato. Nel 1918, anno a dire il vero poco rivolto all’impegno progettuale, Le Corbusier pubblica insieme a Ozenfant, dopo il soggiorno a Andernos presso Bordeaux, Après le cubisme, testo fondativo della nuova poetica purista. Alle dichiarazioni teoriche fa immediatamente seguito una prima mostra, dal dicembre del 1918 al gennaio del 1919, alla galleria Thomas in rue Penthièvre a Parig, che si inserisce nel clima postbellico della crise de l’esprit. Una crisi che Paul Valèry articola ne «La Nouvelle Revue française», etichettando gli anni tra il 1914 e il 1918 come quelli del “désordre à l’état parfait” , in cui l’Europa, con Parigi epicentro culturale, “était peut-être arrivée à la limite de modernisme”. Nel corso del 1919 Le Corbusier riceve l’incarico di progettare un gruppo di residenze operaie per gli Etablissements J. Jourdain et Cie, a Troyes, che lo porta a definire la Maison Monol, caratterizzata dall’uso di strutture a luci unificate, che sorreggono delle voltine in calcestruzzo armato molto simili a quelle che Auguste Perret aveva usato nel 1915 per i magazzini a Casablanca e che riutilizzerà per un progetto di alloggio operaio nel 1920. Alla fine dell’anno, oltre a dedicarsi alla progettazione di un complesso residenziale per la fabbrica Saint-Gobain a Thourotte, poi non realizzato, si impegna alla definizione della Maison Citrohan, ideata come struttura compresa tra due muri portanti quasi completamente ciechi e aperta sui lati brevi. La ricerca, iniziata con la Maison Dom-ino, appare finalizzata all’individuazione di un
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delle piante e delle facciate, ma che soprattutto unisse il vantaggio della montabilità e della riproducibilità configurandosi come prototipo di un elemento seriale. Qualche anno più tardi il capitolo contenuto in Vers une architecture (1923) dedicato alla “casa in serie”, offrirà una panoramica di diverse ipotesi progettuali di combinazioni e assemblaggi dell’alloggio-tipo su “ossatura Dom-ino”15. Allo scadere del secondo decennio sembrano comunque il “rigore, la precisione e la purezza” a dominare il pensiero architettonico di Jeanneret: “Des faits rigoureux, des figurations rigoureuses, des architectures rigoureuses, formelles, aussi purement et simplement que le sont les machines. Les lois ne sauraient être une contrainte:elles sont l’armature fatale, mais inébranlable de toutes choses. Une armature n’est pas une entrave. Assez de jeux. Nous aspirons à une rigueur grave”16. È questo il momento in cui l’artista svizzero tenta di sintetizzare i diversi elementi della sua formazione per creare una nuova architettura, ma contemporaneamente porta a compimento una sintesi psicologica e costruisce il proprio personaggio pubblico, il profeta dell’architettura. Le Corbusier appunto17. Solo nell’autunno del 1920, infatti, su suggerimento del suo mentore, Amédée Ozenfant, Jeanneret conia lo pseudonimo di Le Corbusier, utilizzato in calce ai suoi articoli per «L’Esprit Nouveau». Jeanneret e Ozenfant sono praticamente gli unici au-
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sistema modulare che potesse offrire grandi potenzialità nella libera composizione
tori di quel periodico, lanciato da loro proprio nel 1920, e dissimulano il fatto usando una varietà di pseudonimi per trattare i più disparati argomenti. Ozenfant adotta il nome della madre – Saugnier – e suggerisce a Jeanneret di fare lo stesso, ma poiché Marie-Charlotte-Amélie era una Perret, non è pensabile per Edouard farlo, in ragione dell’apprendistato compiuto dai Perret a Parigi. Il suo interesse va così a un avo materno, Lecorbesier. La “e” centrale è sostituita con una “u” e il nome, in ragione di una maggiore aristocraticità, viene diviso in due: Le Corbusier. È proprio quella “u” a procurargli il nomignolo, uno dei tanti, Corbu, in un gioco di parole con corbeau, corvo, riferito anche alla francesissima passione per Edgar Allan Poe. Quando nel 1929 19
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a lato: Eugène Atget, Boulevard de Strasbourg, 1912
pagg. 22-23 Esplanade des Invalides, vista aerea del cuore dell’Esposizione, Parigi, 1925
tutti gli edifici realizzati nei primi sedici anni di attività, con lo scopo preciso di dare l’impressione di aver iniziato la carriera – nel 1920 – come un progettista precoce, aggiornato e al passo con i tempi. Omette così le prime case progettate utilizzando sagome di abeti o di pini selvatici, pensate con quella attenzione ai valori locali, spontanei della natura, che lo avevano indotto, come Frank Lloyd Wright del resto, a leggere Viollet-le-Duc e Victor Hugo. Ma la distanza tra Jeanneret e Le Corbusier è superata poi nella stessa opera, nel continuo rimando agli anni della prima formazione, rintracciabili nei motivi simbolici della chiesa di Firminy, ad esempio, nel parlamento di Chandigarh, nella cappella di Rochamp, nelle Unités d’Habitation. Avventurandosi nella lettura dell’Œuvre complète, incontreremo un giovane progettista che, nella formazione, non sembra aver avuto necessità di un lungo e consolidato periodo di apprendimento. Lo vediamo arrivare a Parigi, fresco di studi d’arte e di viaggi continentali, dove, dopo aver partecipato al Salon d’Automne del 1922, ottiene i primi incarichi: lo studio di Ozenfant e la villa a Vaucresson. Così si presenta Le Corbusier. Ma la vicenda di Charles Edouard Jeanneret è assai diversa. Non si tratta di un giovane imberbe, ma di un ragazzo di trentacinque anni, che già da molti anni pratica l’architettura e insomma sicuramente si avvicina alla maturità. Mentre il personaggio Le Corbsuier prende forma, nel 1920 esce il primo numero «L’Esprit Nouveau», che dà inizio a un’avventura di cinque anni condivisa con lo stesso Ozenfant
Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, Paris c’est un monde. Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
Le Corbusier prepara il primo volume della sua Œuvre complète esclude volutamente
e con il letterato Paul Dermée, e che porterà alla creazione di un’omonima collana presso George Crès18. La partita letteraria della nuova rivista si gioca attorno agli articoli di André Salmon su Picasso, sull’estratto del manifesto di Theo Van Doesburg, sul pamphlet di Adolf Loos, sugli studi di Aragon, di Cèline Arnaud e di Jean Cocteau. Tra gli otto titoli che Le Corbusier pubblica per lo stesso Crés, da Vers une Architecture del 1923 a Croisade del 1933, compare appunto il volume La peinture moderne realizzato ancora con Ozenfant. E proprio Vers une Architecture è il libro che consacrerà l’architetto svizzero al successo, stando sia alle numerose ristampe successive alla prima uscita sia alla traduzione dal 1928 nelle diverse lingue19. Prosegue la pubblica21
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Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, ParisSUSANNA c’est un monde. CACCIALe architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
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zione della rivista e al contempo avviene l’incontro con Fernand Léger, che porterà a una collaborazione per la realizzazione del contestatissimo (a sentire Le Corbusier) Padiglione de l’Esprit Nouveau nel 1925: “A cette époque je vivais à Montparnasse et aimais parfois être assis à la terrasse de la Rotonde avec des amis et des modèles du quartier. Un jour l’un d’entre eux me dit: Prépare-toi. Tu vais faire la connaissance d’un drôle de type. Il roule en bicyclette coiffé d’un chapeau melon. Quelques minutes plus tard, je vis s’appocher un objet mobile, insolite, raide comme un bout de bois, simple silhoutte portant chapeau melon, lunettes et complete sombre. Il se donnait la tenue d’un prélat ou d’un Anglais en week-end. Il s’approcha sans bruit, en répondant exactement aux lois de la perspective centrale. Cette figure pittorescque qui n’accordait acun intérêt à la cuiorité dont elle était l’pbjet, n’était personne d’autre que l’architecte Le Corbusier. Quelque temps après cette scène, je fis effectivement sa connaissance. Je puis affirmer que nos goûts correspondaient dans bien des domaines. Il peignaint lui aussi. Quand je vis ses tableaux je fus quelque peu déçu; ils étaient gris et mélodiques, tous avec des tons cassés. Personnellement j’étais, à cette époque, intéressé par les couleurs puissantes et dynamiques. Je me dis: cet homme est bien sympathique, dommage que sur le plan peinture nous nous trouvions si loin l’un de l’autre. Sa manière était connue sous le nom de purisme. Mais depuis sa peinture a bien changé. Tout cela mis à part, c’était un homme de grande classe. Né en Suisse, il possédait le sérieux remarquable des gens du Nord, complètement éloigné du Romantisme nébuleux et litteéraire. Il aimant l’exactitude, la précision, les formes simples, l’art folklorique et l’art primitif”20. Léger è uno dei tanti personaggi, scrittori, artisti, vagabondi e poeti, che animano nei tumultuosi anni Venti il palcoscenico di Parigi. La Parigi capitale della avanguardie artistiche e dei subbugli culturali novecenteschi. La città la cui centralità nel panorama internazionale delle rivoluzioni culturali artistiche è quanto mai appurata e consolidata da un’inesauribile e autoalimentabile letteratura. La Parigi delle follie notturne, inondate di champagne e alcool, di Montparnasse o del Bœuf sur le toit,
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che però registrano un Le Corbusier assente sebbene assolutamente partecipe ai
l’attività espositiva con una mostra che dalla Galleria Druet (gennaio-febbraio 1921), passa alla Galerie l’Effort Moderne nel maggio, per poi approdare, grazie ai contatti con Léonce Rosenberg, ad Amsterdam nella sezione dell’Art français moderne e infine a Barcellona. Nonostante qualche tiepido successo di critica, Le Corbusier non è ancora riuscito a individuare il proprio percorso, e i problemi economici lo tormentano: “c’est un tourbillon. Mes affaires ont totalement échoué. La crise immense qui étreint le pays m’anéantit. Ma société est à l’agonie. Moi-même, je vais être poursuivi et saisi. J’ai gagné beaucoup d’argent; mais tout est perdu, 3 ans d’efforts réduits à néant”. Infatti a luglio la Briqueterie d’Alfortville è messa in liquidazione: “J’ai bouclé les portes de ma société et entreprises. J’en ai fini avec les affaires [...]. C’est donc la peinture maintenant”22. Libero dalle società l’architetto svizzero può dedicarsi pienamente, oltre che alla pittura, al ruolo di co-direttore de l’«L’Esprit Nouveau», ma ciò avviene nel momento esatto in cui appaiono le prime tensioni con Ozenfant. Sono le commissioni per la progettazione di edifici intanto a moltiplicarsi e Le Corbusier si vede costretto a farsi affiancare dal cugino Pierre Jeanneret insieme a un altro collega architetto: “j’ai du travail d’architecture qui rapporte un peu d’argent [...]. Je me suis déchargé à priori de tous les soucis d’architecte sur un ancien camarade de chez Auguste Perret. J’ai associé Pierre qui s’en tire très bien, et moi je m’occupe que des idées, que je fais avec une facilité de...virtuose (modestie à part). Je suis tout
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dibattiti attraverso la parola scritta, l’opera costruita ed esibita21. Continua infatti
de même obligè de reconnaître que je sais mon métier et que c’est pour moi un jeu”23. Sono i primi anni Venti, periodo cruciale per l’affermazione nel dibattito francese della nouvelle architecture, che, all’interno del Movimento Moderno, inizia a sviluppare le proprie ricerche in linea con la poetica cubista. I principi della cultura Beaux-Arts, che pure costituisce ancora la quasi totalità della produzione architettonica francese, avevano iniziato in realtà a inclinarsi già a partire dagli anni Dieci con i contributi teorici di Anatole de Baudot, Garnier, Perret e Sauvage. In quest’ottica s’inserisce ad esempio la raccolta di progetti Une Citè Industrielle. Etude pour la construction des villes di Garnier, uscita verso il 1917, e la nascita nel 1923 dell’atelier extérieur diret25
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a lato: Konstantin Stepanovich Melnikov, Pavillion de l’URSS, Parigi, 1925
dell’estetica cubista all’interno del dibattito architettonico trova il suo più efficace veicolo nella rivista «L’Esprit Nouveau», come nella pubblicistica di Mallet-Stevens25. Il processo di evoluzione dell’eclettismo e l’affermazione delle nuove linee di tendenza si articola, nella prima metà degli anni Venti, in un variegato campionario di ricerche: dall’impulso dato dal classicismo strutturalista di Garnier e Perret, portato avanti da Donat-Alfred Agache, Jacques Debat-Ponsan, Louis Faure-Dujarric, Marcel Hennequet e Michel Roux-Spitz, alle reinterpretazioni cubiste di stilemi tradizionali di Pol Abraham, Léon Azéma, Louis-Hippolyte Boileau, Roger-Henry Expert, Pierre Patout, Marie-Louis Süe, fino alle soluzioni percorse dagli allievi di de Baudot, come Louis Bonnier, Henri Deneux, Marcel Oudin26. Nel 1922 le componenti più progressiste dell’architettura Beaux-Arts si organizzano nel Groupe des Architectes Modernes dando vita alla Section d’Art Urbain al Salon d’Automne, in contrasto con i Salons ufficiali. In occasione della prima Section d’Art Urbain del 1922 Le Corbusier espone insieme a Pierre Jeanneret i progetti di Une ville contemporaine de trois milions d’habitans, della Maison Citrohan e di un Immeuble-Villas. Soddisfatto dell’esito dei suoi lavori, scrive ai genitori: “on a fait un travail formidable et c’est prêt. Mardi à 2 heures ouvrant le salon et les derniers clous étaient plantés. Pour une fois, vous seriez impressionnés par l’envergure du navet. Et les idées y inscrites son dures et à l’emporte piéce. La foule bée et déferle, on est respectueux et intéressé. Ici ce n’est plus de
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to da Perret presso l’Ecole Nationale des Beaux Arts24. E senza dubbio la diffusione
la peinture et on ne rit pas. Suis frappé de voir combien les gens s’arrêtent devant les choses de l’architecture. Depuis le 1er octobre, sans déleter un jour, Pierre et moi avons travaillé jusqu’à 1 heure de la nuit. Je vous dis que faire cela en un mois, c’est se donner un certificate de robustesse. Le Problème est un grand problème de base. Ce n’est ni futile, ni particulier. C’est le grand problème de la grande ville et les conclusions énoncées aux Châbles se sont confirmées. Voilà une étude durable et fondamentale dans
pagg. 28-29 Esplanade des Invalides, al centro la Fontana Lalique e a destra la Tour de Bordeaux di Charles Plumet
l’urbanisme, Les journaux s’en emparent et il y aura du papier là-dessus. Le 8, je suis consigne au stand pour expliquer la ville au Pt. Millerand. Quand j’aurai des photos, je vous enverrai et je vous communiquerai les vaticinations de la presse. Pierre a été 27
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a lato: Ch.E. Jeanneret, Firenze, Orsanmichele, particolari, matita, inchiostro e acquerello su carta, 1907
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admirable de travail et de constance. Sans lui je ne pouvais rien faire et il a fait preuve d’enthousiasme et de capacité de 1er ordre. Oz, lui, se renfrogne tristement dans son coin. C’est très triste, car je ne puis pourtant pas renoncer à mon démon de création pour lui éviter des susceptibilités d’amour-propre. Alors, enfin, on va pouvoir reprendre la peinture abandonnée depuis août. Et je vous assure que ce travail – si difficile en soi – m’apparaît comme un délice. J’ai encore beaucoup à faire avec Mrs. Les journalistes auxquels il faut fournir des explications. Ce mot n’est qu’un signe joyeux vers les Châbles. Résumé: la situation est excellente”27. “L’abbigliamento è – in fondo nella sua appartenenza alla toilette femminile – arte decorativa? Lo è, senza alcun dubbio, e la più venerata, che guida tutte le altre. E’ anche l’arte che si relaziona più strettamente con la modernità poiché vive della sorpresa e della novità”28. L’articolo appare nell’ aprile del 1925 all’indomani dell’inaugurazione dell’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali, momento in cui il dibattito su una presunta nuova Modernità comincia a investire appunto anche le questioni più banali della quotidianità cittadina. E proprio l’Esposizione Internazionale è l’occasione per Le Corbusier e Pierre Jeanneret di presentare il Padiglione dell’Esprit Nouveau quale sintesi e visione del modello di città riformata29. Una sorta di dimostrazione visiva, incarnazione materiale, delle polemizzanti parole che periodicamente apparivano sull’omonima rivista. Alla guida dell’evento l’architetto Charles Plumet (1861-1925), scelta che ben evidenzia l’ambiguità di una rassegna divisa tra il ricordo di una modernità passata e l’aspirazione confusa verso un’altra forma di modernità. Se il Bauhaus e il De Stijl appaiono tanto rivoluzionari agli organizzatori da vedersi rifiutare la concessione di un qualche spazio espositivo sull’Esplanade des Invalides, l’Unione Sovietica s’impone per la prima volta in una mostra internazionale con il magnifico padiglione di Konstantin Stepanovich Melnikov. Conciliare modernismo e tradizione rappresenta infatti la grande sfida per l’Exposition des Arts Décoratifs e i nomi degli innovatori si spuntano sicuramente nella lista delle presenze: Auguste Perret espone un tea-
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Loire, mentre Robert Mallet-Stevens progetta il padiglione del Turismo e una ambassade française30. Le Corbusier al contrario non riceve nessuna commissione, ma riesce a ottenere un lotto per costruire la sua struttura grazie alla generosità di due amici finanziatori (Vosin e Frugès). Perfeziona così quel Pavillon che avrebbe dovuto funzionare – e poi effettivamente funzionerà – da manifesto31, confrontandosi con un oggetto le cui possibilità sono già esplorate nella glashaus di Bruno Taut e nella fabbrica modello di Walter Gropius all’esposizione del Werkbund a Colonia del 1914, come successivamente da Mies van der Rohe nel padiglione tedesco per l’esposizione internazionale di Barcellona del 192832. Il padiglione lecorbusiano ha le forme di una semplice abitazione, ennesima versione della cellula-tipo degli immeubles-villas, completamente arredata, equipaggiata con mobili standardizzati, dipinti puristi e progetti urbanistici: “the Pavillon de l’Esprit Nouveau project was a means of pitting Le Corbusier’s vison of a ville lumière against that of the International Exposition in order to demonstrate the superiority of enlightenment over enticement, of structuring geometries over luxurious surface”33. Intanto ne L’Art decoratif d’aujourd’hui, pubblicato quasi in coincidenza con l’Esposizione e composto di articoli originariamente apparsi su «L’Esprit Nouveau», portando in copertina la Torre Eiffel Le Corbusier dichiara la propria posizione in esplicito contrasto con i contenuti dell’evento internazionale, ma in assoluta sintonia con le
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tro, Josef Hoffmann realizza il padiglione austriaco, Tony Garnier quello della Rhône-
linee promulgate da Ornament and crime di Adolf Loos34. La stessa Tour Eiffel che sarà riconosciuta poco dopo da Sigfried Giedions, nel suo Bauen in Frankreich, fonte inesauribile di rimandi per il Walter Benjamin di Paris capital of the nineteenth century (1935), quale antecedente di parte dell’architettura moderna a partire dagli anni Venti35. Una critica quella di Le Corbusier che si esplicita negli anonimi oggetti industriali, nei mobili e nell’organizzazione stessa del Padiglione, che con la sua “purezza” geometrica si contrappone all’esaltazione della città francese quale capitale del lusso e del superfluo: “Paris is above all, a woman’s town [...] Paris much more than (say) London ministers to the amusement shopping – a 31
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Pavillion de l’Esprit Nouveau, Parigi, 1925
specifically feminine employment”36. Le affermazioni teoriche contenute nei polemici scritti, si materializzano anche poi nelle diverse commissioni del periodo. Dopo la villa Berque, realizzata tra il 1921 e il 1922 insieme a numerosi studi per edifici rimasti sulla carta, Le Corbusier si dedica alla realizzazione delle prime residenze parigine: villa Besnus a Vaucresson e la casa-atelier per l’amico Ozenfant, che figureranno tra le immagini degli edifici moderni nella prima edizione dell’Internationale Architektur nella collana dei Bauhausbücher di Walter Gropius del 192537. Le due opere rappresentano un passaggio nella committenza e nella produzione dell’architetto, che abbandona i progetti per alloggi operai e si dedica per circa un decennio alla definizione di residenze private per una clientela ricca e dai gusti piuttosto raffinati. A Parigi Le Corbusier è occupato nello stesso momento, oltre che alla definizione del Plan Voisin38, a un programma di lottizzazione nel XVI arrondissement, per conto della Banque Immobilier Parisienne, che lo condurrà alla realizzazione della villa per il collezionista e mercante d’arte Raoul La Roche e all’altra per il fratello e la moglie Lotti Räaf39. Tra le due residenze, le finiture e gli arredi di villa La Roche si configurano come modello per gli interni successivi: stanze da letto contenute, toilette disadorne con raffinate porcellane di manifattura francese, enormi sale e minute
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piastrelle, alternate a parquet, linoleum o gomma. Una sobrietà, omaggio anche al
gusto elementarista di certi interni di Franis Jourdain, che sembra accogliere le coeve riflessioni di Auguste Perret nell’invito alle forme equilibrate, alla costruzione minuziosamente studiata senza pretenziosità, ma nell’intenzione di spingersi oltre e sviluppare una nuova idea di intérieur in termini di funzionalismo40. E questo orientamento razionalista nella cultura degli interni, portato poi avanti dai dissidenti fondatori dell’Union des Artistes Modernes (UAM), del resto troverà un momento emblematico nell’équipement de l’habitation dello stesso Le Corbusier, presentato al Salon d’Automne del 1929 in collaborazione con il cugino Pierre e Charlotte Perriand41.
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Villa Savoye, Poissy, 1931
La poetica decisamente funzionalista immette così a una diversa concezione degli spazi per le numerose abitazioni commissionate nei dintorni di Parigi: villa LipchitzMiestchaninoff, villa Ternisien e villa Canale a Bouolgne-sur-Seine, in cui la spazialità interna è concepita in termini di una continua dialettica, con percorsi complessi finalizzati all’articolazione di ambienti dotati di una propria autonomia. Sono gli anni della collaborazione con il cugino Pierre, un binomio che si protrarrà fino agli anni Quaranta, ma anche delle prime esperienze a grande scala, in un momento in
pagg. 34-35: Salone di Autunno Parigi, 1929. Presentazione degli arredi in alluminio progettati con Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand
cui attraverso tutta Europa emerge con chiarezza la centralità del dibattito sulle riforme urbanistiche intensificato dalla questione delle ricostruzioni postbelliche. I
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convegni internazionali, le esposizioni, le riviste, i manuali e i numerosi scritti con pretese fondative sono, non solo numerosi in tutti i paesi, ma soprattutto originati da un clima internazionale attento alle stesse riflessioni. È un periodo, soprattutto dopo la prima guerra, di fiducia euforica nell’organizzazione ragionata della città, in quella “scienza d’osservazione”, come la definirà Marcel Poëte nel 1929, che a Parigi muoveva i suoi passi con la Societé Française des Architectes-Urbanistes42. Con la redazione dei primi piani la fama dell’architetto aumenta costantemente, si susseguono le conferenze in tutto il mondo mentre gli scritti teorici circolano a
Appartamento De Beistegui, Parigi, sezioni FLC 17620 pagg. 38-39 Appartamento De Beistegui, Parigi, foto d’epoca FLC L2(5)37
ritmo vertiginoso, perfino in Italia dove Armando Melis recensisce Vers une architecture su «Ingegneria» (1924) e L’Art Dècoratif d’aujourd’hui su «L’Architettura Italiana» (1926). Cinque anni prima del resto Marcello Piacentini in «Architettura e Arti decorative» aveva segnalato ai lettori l’esperienza dell’Esprit Nouveau, e gli edifici dell’architetto svizzero sono pubblicati nei repertori internazionali di «Architecture Vivante» di Jean Badovicini. Nel 1926, ormai alla ribalta nello scenario internazionale, compie un viaggio a Stoccarda in Germania, già meta dei giovanili pellegrinaggi e oggetto della pubblicazione Etude sur le mouvement des arts décoratifs en Allemagne (1912), dove s’incontra con Ludwig Mies van Der Rohe per l’organizzazione dell’esposizione a Weissenhof, alla quale l’anno seguente avrebbe partecipato con
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tecture nouvelle”43. Quei cinque punti di una nuova architettura riassunti nel 1927 da Le Corbusier e Pierre Jeanneret quale esito di riflessioni e sperimentazioni sulle possibilità estreme di declinazione della struttura in calcestruzzo armato, ricollegabili alle esperienze fondamentali della scuola francese da Anatole de Baudot a Auguste Perret. La struttura portante ricondotta a semplici pilastri consente l’eliminazione delle pareti portanti per favorire la creazione di originalissime soluzioni di intérieur, non prive di significative analogie con la concezione di spazialità interne in Josef Hoffmann. La diversa qualificazione degli interni, come sequenza dinamica e continua di frammenti di enfilades comporta una radicale modifica anche della forma della
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la realizzazione di due maisons-type, “prétexte à l’énoncé des 5 points d’une Archi-
finestra. Dalla tradizionale apertura rettangolare o quadrata delle prime opere l’architetto svizzero passa dapprima a quella orizzontale continua, corrispondente allo svolgersi all’interno di una promenade architecturale, per poi risolversi nella parete vetrata continua (pan de verre). L’insistenza sui temi dell’igiene, della praticità, dell’essenzialità, già apparsi sull’«Esprit Nouveau» in una nota del 1921, Manuel de l’habitation, e mostrati al grande pubblico con il Pavillion del 1925, divengono con le ville parigine della seconda metà degli anni Venti il simbolo della nuova modernità, trovando larghissima eco nelle realizzazioni di Pierre Barbe, Jean Ginsberg, 37
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Susanna Caccia Paris n’est pas une ville, ParisSUSANNA c’est un monde. CACCIALe architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
a lato: Ch.E. Jeanneret, Étude sur le mouvement d’art décoratif en Allemagne, copertina, 1912
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 Appartamento De Beistegui, Parigi, foto d’epoca FLC 2(5)28
Georges-Henri Pingusson o Maurice Barret44. Intimamente correlato alla crescente importanza assunta dalla cultura igienista è il tema del giardino, il cui sviluppo non è indifferente alle possibilità tecniche consentite sempre dal calcestruzzo armato. Il tetto-giardino, già diffuso in immeubles de rapport della tradizione ottocentesca, trova più vasta applicazione nelle architetture dei primi del Novecento, dalla casa di François Hennebique a Bourg-la-Reine, alla casa in rue Franklin 25 bis a Parigi di Perret, ai progetti di Eugène Hénard, alle maisons à gradins di Henry Sauvage e Charles Sarazin. La soluzione del toit-jardin raggiunge ovviamente esiti esemplari nell’opera di Le Corbusier, come nell’attico Beistegui a Parigi, un omaggio al panorama della ville Lumiére. Ma il giardino si estende anche sotto la casa, tra lo spazio dei pilotis de La Roche, o all’interno dell’alloggio, divenendone parte inscindibile ed essenziale, come in villa Cook dove il rapporto tra abitazione e spazio verde è risolto in modo identico
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a quello dell’hôtel particulier Cassandre a Versailles di Perret.45 Fervono i cantieri parigini e quando Le Corbusier decide di riprendere in maniera intensiva la sua attività
Villa La Roche, Parigi, schizzo FLC 03734
di pittore – “je travaille beaucoup la peinture, ne sachant pas de tout si je produis des immondices ou mieux, n’ayant pas la notion de la place que peut occuper ma peinture. Ayant l’ambition d’un jour la montrer et que ce soit bien”–46, ha luogo il concorso bandito per la sede a Ginevra della Società delle Nazioni. Il progetto perfezionato dallo studio di rue de Sèvres, nonostante raccolga gli entusiasmi della giuria, si aggiudica un primo premio ex equo con altri concorrenti. Segue poi l’esclusione, la nuova proposta, le polemiche e la vicenda che ne scaturisce è cosa arcinota per la quantità di letteratura prodotta solo su un singolo episodio della biografia dell’architetto47. Arrivano intanto i capolavori come villa Savoye, Maison Planeix, villa Stein e le diverse commissioni dell’ Armèe du Salut, a completare un quadro di realizza41
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Immeuble Molitor, Parigi, foto d’epoca, FLC L2(10)17
zioni che consentono a Le Corbusier e al cugino Pierre di definire quel sofisticato vocabolario architettonico che avrebbe condizionato la produzione dell’intero scenario internazionale. La ricerca condotta per la definizione di una sintassi architettonica, evidente nella mole di disegni e documenti conservati alla Fondation Le Corbusier di Parigi come nei numerosi ripensamenti ancora leggibili negli edifici degli anni Venti e Trenta, fa capire come i lavori portati avanti nel primo periodo parigino non fossero altro che laboratori di sperimentazione linguistica condotta con quell’ansia febbrile che è propria dell’artista. Arriva con il 1928 il primo congresso del CIAM (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne) organizzato a La Sarraz dallo stesso Le Corbusier per trattare “des acquisitions de l’architecture moderne” e poter presentare ufficialmente i “5 points d’une Architecture nouvelle”48. Nello stesso periodo giunge per la prima volta a Mosca per dare forma al progetto per la sede della Unione delle Cooperative dell’URSS (Centrosoyus), poi perfezionato e rimaneggiato tra il 1930 e il 1935 ribadendo le caratteristiche fondamentali delle architetture degli anni Venti e Trenta. L’estrema articolazione della struttura compositiva del Centrosoyus anticipa gli stilemi delle successive realizzazioni parigine: il Pavillion suisse nella Cité Universitaire e la Cité de Refuge per l’Esercito della Salvezza. Mentre si ripete a Francoforte l’esperienza del CIAM e vede la luce il volume introduttivo dell’ Œuvre complète, Le Corbusier si avventura verso l’America Latina, tra Argentina e Brasile, attraverso inaspettati percorsi di visione. Percorsi che lo ricondurranno alla fine ancora a “Paris, modèle du monde, siège élu de l’esprit”49.
pagg. 44-45: Villa Savoye, Poissy, schizzo prospettico FLC 31522
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NOTE 1 Nel corso del 1917 Charles Edouard Jeanneret si reca sempre più spesso a Parigi, per poi stabilirvisi definitivamente in ottobre, dapprima presso l’amico Du Bois e in seguito affittando un piccolo appartamento in rue Jacob. P.V. Turner, La formation de Le Corbusier. Idéalisme & mouvement modern, Paris, Éditions Macula, 1987, p. 153. [P.V. Turner, The education of Le Corbusier, New York, Garland Publishing, 1977; trad. it. La formazione di Le Corbusier: idealismo e movimento moderno, Milano, Jaka Book, 2001]. 2 Lettera ai genitori, Parigi, 9 gennaio 1919. In J. Jenger, Le Corbusier Choix de lettres, Bâle, BirkhäuserÉditions d’Architecture, 2002, p. 124. Si veda anche il recente volume contenente manoscritti e carteggi inediti, J.L. Cohen, France ou Allemagne? Un livre inécrit de Le Corbusier, Paris, Èditions de la maison des sciences de l’homme, 2009. 3 Viaggia così per la prima volta in Germania e più con esattezza la attraversa da Vienna a Monaco a Nancy passando da Norimberga e Strasburgo. Cfr. G. Gresleri, Le Corbusier. Viaggio in Oriente. Charles Edouard Jeanneret fotografo e scrittore, Venezia, Marsilio, 1984, p. 23. 4 R. Tamborrino, Le Corbusier, Scritti, Torino, Einaudi, 2003, p. XII. Per una bibliografia sui rapporti tra Le Corbusier e i Perret, cfr. G. Fanelli, R. Gargiani, Perret e Le Corbusier Confronti, Bari, Laterza, 1990. 5 Le Corbusier, Perret, in «L’Architecture d’aujourd’hui», III, 1932, n. 7, p. 7. Turner, La formation de Le Corbusier... cit., p. 57. Sui rapporti tra le Corbusier e Grasset, M.E. Célio, Le Corbusier et Eugène Grasset, in Le Corbusier. La Suisse, les Suisses, XIII Rencontre de la Fondation Le Corbusier, Paris, Éditions de La Villette, 2006, pp. 82-103. 6 Scriveva da La Chaux- de-Fonds a L’Eplattenier “Leggo Viollet-le Duc, quest’uomo così saggio, così logico, talmente chiaro e preciso nelle sue osservazioni. Viollet-le-Duc e Nôtre-Dame sono per me come un tavolo di laboratorio. In questa magnifica costruzione controllo quel che scrive Viollet-le-Duc e vi aggiungo le mie piccole personali osservazioni”, cfr. Tamborrino, Le Corbusier..., cit., p. XIII. Per le letture giovanili di Le Corbusier cfr. Turner, La formation de Le Corbusier..., cit. 7 Le Corbusier, L’Art décoratif d’haujourd’hui, Paris, Crès et Cie, 1925, pp. 134-135. Cfr. P.V. Turner, La formation de Le Corbusier..., cit., p. 16. Per i rapporti con Grasset, cfr. Célio, Le Corbusier et Eugène Grasset…, cit. Quanto a Jones: “L’un après l’autre défilaient les ornements purs que l’homme a crées entièrement dans sa tête [...] si la nature était omniprésente, l’homme y était tout entier avec ses facultés de cristallisation, avec sa formation géométrique [...]. Avec ce livre, nous sentîmes que le problème se posait: L’homme «crée une œuvre qui l’émeut»”, cfr. Le Corbusier, L’Art décoratif..., cit. 8 Ibidem. 9 “Vous autres, architects tous, menteurs, oui et en plus conards. L’architecte doit être un homme au cerveau logique; ennemi, parce que devant s’en méfier, de l’amour de l’effet plastique; homme de science [...]. Je le sais, et personne de vous ne me l’a dit: les ancêtres savent parler à qui veut les consulter [...]. Le programme est nouveau. Il est nouveau dans un cadre nouveau: on peut parler d’un art à venir, parce que ce cadre, c’est le fer, et que le fer est moyen nouveau. [...] parceque du fer, matériau sujet à la destruction, on a fait du béton armé, creation inouïe dans ses résultats et qui, dans l’histoire des peuples par leurs monuments, marquera un jalon de hardiesse. [...] Combien de fois me suis-je trompé, et haujuord’hui, avec colère, je constate les creux dont est formée ma science d’architecte moderne”. Lettera a L’Eplattenier, Paris, 22 e 25 novembre 1908. Turner, La formation de Le Corbusier..., cit., pp. 58-59. 10 Ivi, pp. 154-155. Su i rapporti tra Le Corbusier e Ozenfant, cfr. C.S. Eliel, L’Esprit Nouveau. Le purisme à Paris, 1918-1925, New York, Los Angeles county Museum of Art, 2005 e relativa bibliografia. 11 “La curva del mio destino si inflette verso la pittura”, scriverà a William Ritter il 1 ottobre del 1918. 12 “Il m’est le maître que je cherchais depuis si longtemps [...]. De deux ans plus âgé que moi, il eut une vie qui s’apparente à la mienne. Il ne veut voir en moi, qu’un égal, qu’un camarade aussi doué et aussi avancé, mais dont les moyens d’expression n’ont pas trouvé de directives. Alors il m’apprend le métier et je suis paraî-il bon élève”.
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F. Ducros, Origine et fortune du purisme de Le Corbusier, in Le Corbusier l’œuvre plastique, XII Rencontre de la Fondation Le Corbusier, Paris, Éditions de La Villette, 2005, pp. 127 e ss. 14 F. Tentori, Vita e opere di le Corbusier, Bari, Laterza, 2007, p. 44. 15 Tamborrino, Le Corbusier..., cit., pp. XXIV-XXV. 16 A. Ozenfant, C.E. Jeanneret, Après le cubisme, Paris, Éditions de Commentaires, 1918, p. 40. 17 “Jeanneret était en mesure de se façonner une image plus réaliste de son rôle et de sa carrière, en les intégrant dans la synthése architecturale qu’il formulait dans le même temps. Certes, il restait fasciné par Schuré et ses «Initiés» prophétiques. Mais il avaint enfin le sentiment d’être lui-même un Initié et il était prêt à s’auto-proclamer devant le monde”. Turner, La formation de Le Corbusier... cit., p. 176. 18 Dermée, scrittore e giornalista belga trasferitosi a Parigi, possedeva la casa editrice L’Esprit Nouveau e aveva intenzione di creare un periodico d’estetica generale in cui venissero trattate le diverse Avanguardie artistiche. Interessati al programma di Dermée, Le Corbusier e Ozenfant gli propongono di collaborare al progetto editoriale destinato a una élite artistica, scientifica e industriale. 19 C. De Smet, Le Corbusier. L’architetto e i suoi libri, Baden, Lars Müller Publishers, 2005, pp. 16-17. 20 I due si frequenteranno assiduamente e viaggeranno insieme tra Spagna (1930), Zurigo e Atene (1933); si ritroveranno poi a New York nel 1935. N. Jornod, J. Jornod, Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret) Catalogue raisonné de l’œuvre peint, Milano, Skira, 2005, vol. I, p. 98. 21 Per un ritratto romanzato della Parigi dei primi trent’anni del Novecento, cfr. D. Franck, Montmatre & Montparnasse. La favolosa Parigi d’inizio secolo, Milano, Garzanti, 2004. 22 Jornod, Jornod, Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret)..., cit., p. 102. 23 Ivi, p. 104. 24 Fanelli, Gargiani, Perret e Le Corbusier..., cit., p. 6. Sui fratelli Perret, cfr. J.L. Cohen, J. Abram, G. Lambert, Encyclopédie Perret, Paris, Le Moniteur, 2002. 25 V. Cristina, Robert Mallet-Stevens 1886-1945, Milano, Electa, 2005. 26 Per una bibliografia aggiornata sull’architettura a Parigi tra Purismo e Beaux-Arts, cfr. il catalogo della mostra Pol Abraham, architecte (1891-1966), Paris, Centre Pompidou, Galerie du Musée, 2008. Per un itinerario delle opere realizzate da questi architetti, cfr. E. Lapierre, Guide d’architecture Paris 19002008, Paris, Éditions du Pavillion de l’Arsenal, 2008. 27 FLC R1-6-192, in N. Jornod, J. Jornod, Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret)... cit, p. 102 28 H. Clouzot, La parure, Paris Arts Décoratifs 1925 – Guide de l’Exposition, Paris, Librarie Hachette, 1925, p. 224, citato in T. Gronberg, Modern city. Modernity on display at the 1925 International Exposition, in Eliel, Ducros, L’Esprit Nouveau…, cit., p. 102. 29 Sull’evento del 1925 e in generale sulle Esposizioni Universali nella capitale, si veda il catalogo della recente mostra promossa a Parigi dal Centre des Monuments Nationaux alla Conciergerie, Paris et ses expositions universelles. Architectures, 1855-1937, Paris, Éditions du Patrimoine, 2009. 30 Il padiglione italiano viene realizzato dall’accademico Armando Brasini. 31 R. Gabetti, C. Olmo, Le Corbusier e l’Esprit Nouveau, Torino, Enaudi, 1975; B. Colomina, Privacy and Publicity: Modern Architecture as Mass Media, Cambridge, Mass., The MIT Press, 1994. 32 Sul tema esposizione/esibizione/architettura, cfr. S. von Moos, Art, spectacle and permanence. A rearmirror view of the Synthesis of the Arts, in A. von Vegesack, S. von Moos, A. Rüegg, M. Kries, Le Corbusier. The art of architecture, Weil am Rhein, Vitra design Museum, 2007, pp. 61-99. 33 T. Gronberg, Modern City. Modernity on display... cit., pp. 105-106. 34 Sui rapporti tra le teorie di Loos e gli scritti di Le Corbusier, cfr. S. von Moos, Le Corbusier e Loos, in L’Esprit Nouveau: Le Corbusier et l’industrie, Berlin, Ernst & Sohn, 1987, pp. 122-133. 35 S. Giedion, Bauen in Frankreich-Eisen-Eisenbeton, Leipzig/Berlin, Klinkhardt & Biermann, 1928. Ed. Inglese, Building in France, building in iron, building in ferro-concrete, Santa Monica, The Getty Center for the history of art and the humanities, 1995. 13
pagg. 48-49 Le Corbusier e Pierre Jeanneret, Plan Voisin per Parigi, 1925
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S. Huddleston, Around the Champs-Elysées, in In and About Paris, London, Methuen & Co. Ltd., 1927, p. 179. Sul Bauhaus si veda il catalogo della recente mostra di Berlino, Bauhaus a conceptual model, Ostfildern, Hatje Cantz Verlag, 2009. 38 Il Plan Voisin è definito con Pierre Jeanneret nel 1925 e viene presentato pubblicamente proprio mentre vedono le stampe i principali libri surrealista su Parigi, Le paysan de Paris (1926) di Louis Aragon e Nadja (1928) di André Breton. Per lo stretto legame fra l’invenzione letteraria e la lettura della città moderna, G.P. Nuvolati, Lo sguardo vagabondo. Il flâneur e la città da Baudelaire ai postmoderni, Bologna, Il Mulino, 2006. 39 Per le realizzazioni parigine di questi anni, cfr. T. Benton, Les villas parisiennes de Le Corbusier 1920-1930, L’invention de la maison moderne, Paris, Édition de la Villette, 2007. 40 G. Fanelli, R. Gargiani, Ornamento o nudità. Gli interni della casa in Francia. 1918-39, Bari, Laterza, 1993, pp. 8 e ss. 41 Tra gli artisti che, dopo aver abbandonato la Société des Artistes Dècorateurs, fondano l’UAM: Louis Barillet, Sonia Delaunay, Jean Fouquet, René Herbst, Francis Jourdain, Le Corbusier, Pierre Jeanneret, Robert Mallet-Stevens, Charlotte Perriand, Jean Prouvé. Cfr, S. Schleuning, Moderne: fashioning the French interior, New York, Princeton Architectural Press, 2007. 42 Per una letteratura sull’argomento, cfr. D. Calabi, Parigi anni Venti. Marcel Poëte e le origini della storia urbana, Venezia, Marsilio, 1997. 43 Jornod, Jornod, Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret)..., cit., p. 121. 44 Schleuning, Moderne: fashioning …, cit., pp. 95 e ss. 45 Fanelli, Gargiani, Ornamento o nudità…, cit., p. 146. 46 Lettera alla madre, 5 marzo 1927, FLC R1-6-151. 47 Tra gli altri si vedano gli interventi raccolti negli anni all’interno della collana Rencontre de la Fondation Le Corbusier, Paris, Éditions de La Villette. 48 E. Mumford, K. Frampton, The Ciam Discourse on Urbanism, 1928-1960, Cambridge, MIT Press, 2002 e relativa bibliografia. 49 Le Corbusier, Destin de Paris, Paris, Nouvelles Éditions Latines, 1941, p. 12. 36 37
a lato: Le Corbusier, bozzetto per la copertina di Vers une Architecture, 1922-1923
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Prime sperimentazioni di Le Corbusier a Parigi e dintorni
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Roberto Castiglia
a lato: Villa Stein de Monzie, Vaucresson, foto d’epoca FLC L1(10)39
La premeditata ambiguità nella sovrapposizione di punti di vista che interviene nelle composizioni pittoriche di Le Corbusier, negli anni Venti, risulta sostenuta da costruzioni geometriche più o meno celate dalla compresenza delle ombre proprie e portate, dall’applicazione degli indizi di profondità, con prevalenza del gradiente di densità. Composizione in cui il gradiente di densità è inoltre assegnato a sequenze cromatiche dal delicato equilibrio in termini di massa, peso e struttura, dei colori impiegati interpretati come segni di espressione gestaltica. Nel rapporto figura sfondo si compenetrano i profili apparenti degli elementi figurativi che, giustapposti attraverso un processo di scomposizione e ricomposizione definito dallo stesso Le Corbusier, “mariage de contours”1, trova riferimento, con diverso grado di astrazione, nella contemporanea presenza dell’assonometria obliqua e della doppia proiezione ortogonale così privilegiando, in ogni caso, un punto di vista posto all’infinito. L’analogia tra le architetture di Le Corbusier e il “purismo della sua pittura è decisamente più stretta, in termini figurali e letterali, dell’analogia con il cubismo nel suo insieme”2. Il modo di procedere per configurazioni autoregolate nella pittura trova significative corrispondenze, sul piano linguistico, nella concezione della pianta, graficamente espres-
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sa. Senza voler “dedurre un facile sillogismo che è il quadro in definitiva a generare il volume e le superfici architettoniche”3, non vi è dubbio sul profondo significato attribuito da Le Corbusier alla pianta, “austère abstration”4, quando afferma, tra l’altro, che essa è “la dètermination du tout; il est le moment decisif”5. La nozione di mariage de contours, cara a Le Corbusier e che più avanti si sovrappone alle sperimentazioni del papier collè, interviene anche nella rappresentazione delle sezioni, laddove una traccia disegnata “non vive autonomamente, ma proprio in quanto delimita due su54
Roberto Castiglia Prime esperienze di Le Corbusier a Parigi e dintorni Asile Flottant, Parigi, schizzo prospettico FLC 12059 pagg. 56-57: Appartamento Beistegui, Parigi FLC L2(5)14
perfici distinte, ciascuna delle quali deve definire in modo appropriato”6. Tuttavia la forma deriva dall’adozione di volumetrie controllate geometricamente dai tracciati regolatori, non è a posteriori, non appare come il risultato degli spazi interni, come invece propugnava con forza Theo Va Doesburg, nel primo dei principi fondamentali dell’architettura neoplastica del movimento De Stijl, ben nota a Le Corbusier. Gli elementi architettonici: luce, funzione, materiali, volume, tempo, spazio e colore non sono creativi di per sé, “dipendono dalla visione stereometrica elementare”7. La 55
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Roberto Castiglia Prime esperienze di Le Corbusier a Parigi e dintorni
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prevalente adozione di prismi puri e di superfici cilindriche si configura come struttura portante, modulare e proiettiva (quest’ultima in senso percettivo e non configurazionale) dove gli spazi funzionali trovano identità compositiva. Le superfici che individuano i volumi hanno forma determinata dal volume ma, nello stesso tempo, possono essere configurate in modo autonomo. L’architettura si manifesta nella articolazione volumetrica e nelle superfici che delimitano lo spazio vissuto, come puntualizza lo stesso Le Corbusier: “Le volume et la surface sont les èlèments par quoi se manifeste l’architecture. Le volume et la surface sont dèterminès par le plan. C’est le plan qui est le gènèrateu. Tant pis puor ceux à qui manque l’imagination!”8. Ma l’architettura è anche spazio vissuto, indissolubilmente connesso alla forma. Ed è nella dialettica tra spazio e forma che interviene il concetto di pianta (libera) come elemento generatore. L’architettura di Le Corbusier è architettura dello spazio di relazione e contemporaneamente architettura della relazione tra oggetti, sul piano dell’immagine, che attiene alla forma. Il senso della concezione spazio-temporale non differisce da quella di altri grandi maestri del movimento moderno. Come architettura dello spazio di relazione l’attenzione è rivolta, alla progettazione dei nessi percettivi, spaziali e fisici, all’incessante rapporto tra luogo e edificio, tra interno ed esterno, tra usi comunitari e usi privati, tra ciò che è aperto e ciò che è fisicamente protetto, tra natura/contesto e artificio. La sintassi formale di Le Corbusier non si discosta, in questa prospettiva, da “principi simili a quelli sviluppati dalla Gestalt”9. L’attenzione allo spazio esistenziale, alla fenomenologia della percezione sembra il risultato dell’acquisizione degli strumenti propri di un approccio topologico basato “su rapporti di vicinanza, separazione, successione recinzione (dentro-fuori) e continuità”10. La gerarchia delle facciate decade insieme al condizionamento dalla simmetria. Lo spazio architettonico non rappresenta un vuoto residuale ma diviene atmosferica corporeità da plasmare. È la forma oggettuale proiettata sul piano dell’immagine che può congelarsi in una relazione tra oggetti, in una natura morta purista, nei tracciati regolatori e nelle stereometrie dei volumi puri. Ma è nello spazio
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relazionale che si sostanzia la processualità e il cinematismo, che interviene il tem-
nella villa La Roche e nella villa Savoye, restituiscono la sintesi estrema e lirica dello spazio relazionale ed esistenziale vissuto nel continuum di esperienze percettive. Dal piano figurativo e rappresentativo al piano costruttivo le corrispondenze prima richiamate acquistano significati più specificatamente formali e spaziali, per molti versi inediti, con l’impiego del cemento armato, che svincola l’articolazione planimetrica e altimetrica dalla struttura e dall’involucro. Le plan libre è la conquista prima di Le Corbusier. Mai privo di un ordine interno, il piano libero, “modificato dall’interazione con le esigenze della funzione e dell’uso”11, trova una prima timida applicazione, nel 1922, con il progetto della villa Besnus a Vaucresson. I progetti di Le Corbusier nel periodo parigino degli anni Venti, per quanto certamente condizionati dalle esigenze dei committenti e dalla natura e alle qualità dei luoghi, sottendono temi compositivi che si sviluppano secondo una logica interna
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po e il movimento. Il concetto di promenade architecturale, che qualifica lo spazio
alla poetica purista. Una logica che Le Corbusier adotta con tenacia, anche con l’obiettivo di promuovere le sue architetture come risultato culturale innovativo. È ciò attraverso la sperimentazione tanto di nuove soluzioni tecniche e concezioni abitative, quanto nella formulazione e codificazione di nuove ricerche formali. D’altra parte, le singole realizzazioni assumeranno per Le Corbusier la valenza di exempla, in grado di sostanziare e dimostrare il quadro teorico generale della propria concezione architettonica. Al di là dell’indubbio sperimentalismo non lineare che connota il percorso di Le Corbusier, ciò che rimane costante e continuo è “l’interesse per la forma e la sua peculiare capacità di qualificare, in termini di linguaggio figurativo, progetti e realizzazione anche diversi tra loro per impostazione tipologica, costruttiva, strutturale e distributiva”12. Il progetto della villa Besnus, intrapreso nel 1922 e portato a realizzazione nel 1923, rappresenta la prima significativa realizzazione di residenza privata, il primo atto della sperimentazione compositiva e costruttiva di Le Corbusier13. Realizzazione in cui è già possibile intravedere i caratteri grammaticali, lessicali e sin59
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tattici delle opere più mature di Le Corbusier degli anni Venti, come la villa La Roche e la villa Savoye. Villa Besnus costituisce espressione concreta degli studi teorici di quegli stessi anni sulle “maison en sèrie”14. Il volume complessivo, che si articola nella composizione di due volumi prismatici, che si adattano al brusco dislivello del terreno, riconosce al collegamento verticale una specifica identità funzionale e il carattere di un potenziale elemento compositivo indipendente, che rappresenterà una costante nell’architettura di Le Corbusier. Tuttavia la scala non risulta reintegrata in una sequenza percettiva cinematica corrispondente ai percorsi che attengono alla microurbanistica dell’abitazione. La ricerca di tale reintegrazione troverà lirica espressione nella continuità spaziale dei collegamenti verticali dell’atelier Ozènfant e nella promenade architecturale della villa Savoye. L’impiego della struttura in cemento armato, realizzata con otto pilastri a sezione quadrata e inglobata nei tratti dei muri perimetrali esterni del prisma principale, non acquista qui ancora nessuna valenza percettiva autonoma, non partecipa alla modulazione distributiva che caratterizzerà la produzione successiva di Le Corbusier, non solo nelle ville, ma anche, ad esempio, nel Pavillon Suisse della città uni-
a lato: Villa Berque, Parigi foto d’epoca FLC L2(5)40 Atelier Ozenfant Parigi, foto d’epoca FLC L(13)7
versitaria internazionale di Parigi. L’espressione della maglia strutturale sarà tuttavia in ogni caso ben lontana “dalle complesse articolazioni di elementi lineari e dalla ricerca di effetti chiaroscurali prodotti da aggetti, rientranze e stondature”15 del periodo di apprendistato nello studio di August e Gustave Perret (1908-1909). Nella villa Besnus il passo della struttura verticale tripartisce con ritmo (a)-(b)-(a) la facciata che si apre sul giardino, situato ad una quota più alta rispetto al piano del boulevard de La Rèpublique. La facciata corrisponde, da questa parte, al primo e secondo piano dell’abitazione e ai due livelli del volume pieno del corpo scala, che si estende sul lato destro, in posizione più arretrata, mediato da una finestra continua a sviluppo verticale. L’apertura a tutta altezza del soggiorno e la finestra a nastro delle camere del secondo piano, di uguale larghezza (b) dimostrano con tutta evidenza l’indipendenza dell’involucro rispetto alla struttura e assicurano una continuità tra interno ed esterno che, nelle molteplici declinazioni ed evolu-
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a lato: Pavillon Suisse, Parigi prospetto-sezione, FLC 15374C
cessive architetture di Le Corbusier. La facciata è libera, ma non ancora del tutto svincolata dalla struttura con l’arretramento dei pilotis. La facciata del corpo principale, di limpida simmetria, è contaminata da due elementi aggettanti che, da un lato e in modo retorico, rimandano alla grammatica neoclassica, dall’altro, costituiscono elementi plastici di matrice purista che attenuano l’addensamento percettivo verso il centro della composizione proiettando e dilatando nella direzione orizzontale la scena al di fuori del quadro. La rappresentazione in proiezione ortogonale dell’intero prospetto, con la presenza del corpo scala, contraddice l’apparato simmetrico pur sottolineando un equilibrio meditato di rapporti geometrici. Il prospetto sul bouvelard de La Rèpublique, che interessa anche il piano terra propone l’apparizione, sia pure con modalità diverse, di “un movimento che articola [la composizione], in maniera da accostare per accelerazione gli oggetti tra
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zioni formali sintattiche e proporzionali, troverà costante applicazione nelle suc-
loro, ma senza farli decollare fuori dalla legge di gravità”16, attraverso il controllo geometrico e le leggi gestaltiche della percezione visiva. Il passo strutturale è da questo lato solo apparentemente negato. Il filo esterno del primo pilastro è messo in evidenza dall’arretramento della superficie vetrata che separa il corpo scala dal corpo principale e per gli altri pilastri, in sequenza, il filo di riferimento corrisponde allo spigolo destro della feritoia e agli spigoli verticali della finestra, rispettivamente a sinistra e a destra del bow window. La struttura è messa in evidenza in modo concettuale, ma senza esprimere rapporti geometrici immediati come nel prospetto sul giardino. La tripartizione strutturale è in ogni caso negata al piano terra, prescindendo dalla conformazione del terreno sui lati, per la presenza di una frantumazione della superficie muraria operata con l’introduzione di piccole aperture circolari ordinate su quattro righe per quattordici colonne in cui si annulla il riferimento alla verticale. Al primo livello la condizione è contraddittoria: la presenza del bow windows, da un lato, moltiplica la suddivisione del quadro, dall’altro, come oggetto estraneo, comprime lo spazio tra la feritoia e la finestra presenti ai lati, accentuando lo spartito centrale di modulo (b). Al secondo piano, 63
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a lato: Appartamento Beistegui, Parigi assonometria, FLC 17435
principale, non denuncia in alcun modo la sequenza strutturale. Il posizionamento assiale dell’apertura del garage, del soprastante bow window e della finestra del secondo piano, nel sovrapporsi al disequilibrio programmato delle altre aperture, attiva uno scorrimento relativo, limitatamente al corpo principale, delle fasce di prospetto che corrispondono alla feritoia e alla finestra sull’estrema destra. La configurazione complessiva del prospetto attenua e sospende il dinamismo, ancora la composizione al suolo con la passerella che si proietta nel vuoto, sostenuta da due esili sostegni. Il fatto che la struttura portante verticale sia nascosta, assicura comunque, in termini spaziali, un risultato dirompente: i livelli abitativi sono completamente liberi da sostegni intermedi. La zona giorno, al primo piano, è uno spazio unitario. Uniche partizioni presenti: la parete-armadio che comprende il camino e l’altra parete attrezzata che separa la cucina. Nessuna porta è presente,
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la finestra a nastro, simmetrica rispetto all’asse verticale della facciata del corpo
il percorso percettivo non trova ostacoli, ma è orientato e circolare nello stesso tempo. Percorso orientato nel passaggio dallo spazio di transizione dal vano scala alla zona abitativa e da qui costretto nella direzione rettilinea dalla parete-armadio fino al camino. Inizio e fine del percorso rettilineo segnalati dalla feritoia e del bow window. Il percorso cambia direzione e diventa circolare quando si dilata nello spazio del soggiorno, verso l’ampio finestrone centrale che si apre sul giardino. La concezione planimetrica si ripete sostanzialmente nel secondo piano. Il volume del bagno, limitato in parte da una superficie cilindrica e in posizione baricentrica rispetto alle camere, acquista lo stesso significato di orientare il percorso, attribuito alla parte attrezzata con il camino del primo piano. L’inedita collocazione del bagno principale all’interno dell’unità abitativa, come peraltro il secondo bagno prossimo al vano scala, senza nessun rapporto di areazione e illuminazione sulle superfici laterali, imponeva la presenza di una apertura, fissa o mobile nel solaio di copertura. Nella villa Besnus, la copertura è piana, ma come semplice chiusura orizzontale e inaccessibile. L’estensione del concetto di plan libre al solaio di copertura, che apparirà in seguito nelle architetture di Le Corbusier, porterà ad 65
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una molteplicità di soluzioni funzionali, espressioni e valenze spaziali, reintegrate nella complessità della composizione. L’atelier Ozenfant, progettato nello stesso anno in cui Le Corbusier apre lo studio con il cugino Pierre Jeanneret, iniziando un fecondo sodalizio che si concluderà all’inizio della seconda guerra mondiale, rappresenta la prima vera architettura realizzata a Parigi ed esprime al meglio il sodalizio con il pittore Amedée Ozenfant. La pianta a doppio quadrato della Maison Citrohan è qui adattata alla particolare condizione planimetrica del lotto. La sperimentazione delle potenzialità del cemento armato è ardita e affascinante. L’introduzione della trave d’angolo permette di realizzare al secondo piano dell’atelier un volume trasparente, uno spazio completamente aperto sul paesaggio circostante. Le superfici vetrate si innestano in un impercettibile pilastro angolare. Innovativa è la sperimentazione del plan libre di copertura, del tutto inespresso nella villa Besnus, anche se non instaura un rapporto funzionale diretto con l’atelier. L’illuminazione naturale proviene anche dall’alto, da una ampia vitrage orizzontale, semplicemente appoggiata sugli infissi delle vetrate verticali. Sospesa nel vuoto, filtra la luce proveniente dalla copertura a doppio sched, messa in schietta evidenza nel profilo a risega che conclude il prospetto su square de Montsouris17. I collegamenti verticali, non più racchiusi in volumi autonomi e conclusi, entrano a far parte della organizzazione spaziale: la scala pseudo-ellittica che proviene dal primo piano prosegue idealmente il percorso elicoidale. Le tre scale in acciaio si proiettano da punti e direzioni distinte verso soppalchi di diversa altezza che tagliano lo spazio interno. Più vincolato ai requisiti funzionai il piano terra, la composizione dei prospetti è fondata su una rigorosa costruzione geometrica che determina il posizionamento e le dimensioni delle finestre a nastro del primo piano in rapporto alla suddivisione della vitrage dell’atelier, affidata a impercettibili profilati metallici. Il complesso delle due residenze-atelier per gli scultori Lipchitz e Miestchaninoff, rappresenta il risultato di un progetto che inizialmente prevedeva anche la re-
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mente condizionata dalla scarsità di mezzi finanziari dei tre committenti, si rivela di maggior interesse nella ricerca, alla scala del lotto, di una unità stilistica, di una continuità visiva attraverso il rapporto e il ritmo delle compatte e poderose volumetrie, nella reintegrazione degli spazi esterni a giardino. Nonostante l’analogia del tema residenza-atelier Le Corbusier esprime in questo progetto un approccio compositivo del tutto diverso da quello espresso nelle trasparenze dell’atelier Ozenfant, progettato un anno prima. Il confronto tra le due realizzazioni testimonia la difficoltà di interpretare l’evoluzione dell’architettura di Le Corbusier secondo un percorso lineare. Per la presenza del giardino, ma soprattutto per l’indispensabile esigenza degli artisti di poter lavorare opere di grandi dimensioni, i due atelier sono previsti al piano terra e impegnano, per l’altezza di due piani, gran parte del volume complessivo delle ville, risultando così gli appartamenti di
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sidenza-atelier di Victor Canale. La sperimentazione di Le Corbusier, qui forte-
modeste dimensioni. Nella Miestchaninoff, alla confluenza della rue des Arts e della allèe des Pins, la monumentale torre d’angolo corrispondente al corpo scale, svetta al di sopra della copertura a terrazza e raccorda con forza i prospetti che rivelano, nel rapporto tra pieni e vuoti, un chiaro riferimento alle funzioni interne. Verso l’allè des Pins, la suddivisione delle superfici vetrate è il risultato di una rigorosa modularità basata sul rettangolo di definite proporzioni. L’eccezionale passerella che proietta lo spazio soggiorno del terzo piano verso il giardino, è sostenuta all’estremità da una coppia di pilotis e da un setto verticale la cui distanza corrisponde a quella del garage. Se il senso della passerella poteva ravvisarsi in relazione al progetto complessivo, ovvero nella direzione di una reintegrazione percettiva della Miestchaninoff con la villa Canale, l’idea del percorso in quota,
pagg. 68-69 Villa Planeix, Parigi foto d’epoca FLC L2(14)16
sembra essere il simbolico trasferimento, all’esterno, delle valenze sensoriali messe in luce nell’atrio della villa La Roche. L’estrema semplicità volumetrica della villa Lipchitz, definita dalla compenetrazione di due prismi a forma di L aperta con lati diseguali e limitata a soli due piani, trova nel corpo cilindrico della scala a chiocciola un elemento caratterizzante. Privo della potenza espressiva della 67
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a lato: Villa Lipchitz, Parigi, foto d’epoca FLC L1(6)28
torre d’angolo nella Miestchaninoff, il corpo dei collegamenti verticali, trasferito all’interno del lotto, rappresenta lo snodo formale e sintattico della distribuzione planimetrica che assegna alla parte residenziale solo la parte del secondo piano al di sopra del petite atelier. Il cambio di direzione nel percorso verticale della scala di accesso alla terrazza, è risolto con una torsione della superficie cilindrica pura che si frantuma nel doppio volume del grand atelier. Sulla allée des Pins il raccordo volumetrico, sia pure con masse diverse è attuato, in senso stereometrico e sul piano dell’immagine, nella riproposizione dello sfalsamento decrescente torre-terrazza-terrazza che si osserva, per la Miestchaninoff sulla rue des Arts nella sequenza torre-terrazza-passerella. In tale sequenza, in ogni caso meno evidente dalla parte del giardino, può forse ravvisarsi un qualche rimando allo stile paquebot, peraltro non trascurabile nelle trasparenze dell’atelier Ozenfant e nella successiva villa Savoye. Se l’importanza dell’immagine del paquebot nell’architettura degli anni Venti e Trenta, è innegabile, più complesse sono le modalità in cui tale importanza è trasferita in termini di spazio, funzione, elementi costruttivi. È possibile chiedersi quindi “à quel point la terrasse et certaines sèquences della villa Savoye èvoquent le pont d’un transatlantique”18 e, nello stesso tempo, “si la seule volontà mètaphorique de Le Corbusier est à l’origine de cette èvocation”19. Al di là del singolare e suggestivo episodio dell’asile flottant, in Le Corbusier, l’evocazione appare più concettuale che metaforica e in ogni caso scevra dalla similarità di significati che in modo programmatico può ad esempio ravvisarsi, nell’edificio in boulevard Victor a Parigi dell’architetto Pierre Patout (1929-1934). La lottizzazione di Square du Docteur Blanche offre a Le Corbusier la possibilità di realizzare non solo uno dei suoi progetti più riusciti ma anche di sviluppare il problema più generale della ricerca di una soluzione proto-tipica, in grado di soddisfare le esigenze di due committenti radicalmente diversi, per interessi e abitudini quotidiane20. Il rigore stereometrico e l’unità compositiva, il controllo geometrico nella distribuzione e dimensione delle aperture, del rapporto tra pieni
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e vuoti, mediano la gerarchia degli elementi architettonici e la profonda diversità nella modulazione degli spazi interni. La villa Jeanneret-Raaf, oggi sede della Fondation Le Corbusier, è una residenza minimale compatta come la Maison Citrohan standard. La suddivisione degli spazi abitativi, su tre livelli, risente di una impostazione tradizionale attenuata dalla presenza del tetto-giardino in stretta relazione con la sala pranzo e la cucina. Nella villa la Roche, la parte residenziale, è informata dal plan libre e dall’espansione, con maggior impeto della JeanneretRaaf, verso il tetto giardino dello spazio esistenziale. “Tout la vie de famille tend vers cette partie haut de la maison. Le plàn est retournè”21 afferma Le Corbusier nell’Euvre complete, identificando in prima istanza uno dei cinque punti della sua architettura che troverà massima espressione nella villa Savoye. Nonostante la inedita continuità dei percorsi in quota e aggettanti, la parte residenziale appare in secondo piano rispetto agli spazi espositivi che il ricco mecenate Raoul La Roche avrebbe destinato alla propria collezione d’arte: l’ampio spazio cubico su tre livelli, che si apre in modo dirompente dall’ingresso e dove l’architettura e le opere pittoriche avrebbero dovuto esprimere significati comuni; la galleria espositiva e la biblioteca, racchiuse nel volume che si estende nella direzione ortogonale al resto del complesso, determinandone la forma ad L, un impianto planimetrico già sperimentato nei progetti delle ville Lipchitz e Miestchaninoff. La superficie cilindrica che delimita la galleria espositiva, con la convessità rivolta verso la strada interna e privata è sospesa su tre pilotis, che non risolvono in modo esclusivo la funzione portante e risultano svincolati dal profilo della generatrice. Superato l’ingresso, la sala espositiva si manifesta all’osservatore in una teoria di elementi aggettanti e rientranti, di pieni e vuoti, in una resa pittorica dello spazio vicina alle sperimentazioni puriste ed anche, sia pure nella fondamentale diversità di approccio, non distante dalla sintassi De Stijl, codificata nel 1925 da Theo Van Doesburg e accolta con un certo entusiasmo da Le Corbusier, fin dalla mostra del 192322. Completano la sequenza percettiva il pulpito visivo aggettante della scala; la luce che filtra o che illumina con vigore, plasmatrice di materia e di spazio; il colore, che interviene
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va a sommarsi al reale senza sosta. L’atrio invita alla lettura della spazialità del corpo della galleria, impenetrabile dall’esterno nell’ermetica superficie cilindrica e nella sospensione dal suolo. La galleria, a doppia altezza, priva della scomposizione quadridimensionale dell’atrio, si offre suggestiva nella sovrapposizione delle diverse qualità della luce proveniente dalle finestre a nastro. Le aperture contrapposte e sfalsate in senso altimetrico, si posizionano su superfici diverse per generatrici e per colore. Ed è il sapiente uso del colore e della luce che assegna alla promenade architecturale, alla rampa che taglia e qualifica lo spazio della galleria, non solo una molteplicità continua di punti di vista ma anche una sequenza di esperienze spaziali. Il tempo del camminare in lieve salita permette una visione straordinaria delle geometrie degli spazi attraverso una successione delle diverse prospettive che lo sguardo del visitatore può apprezzare nel salire e curvare della
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come segno in un’illusione prospettica di scene variabili, in cui il percorso virtuale
rampa. Concluso il percorso della rampa, si apre nuovamente all’osservatore il doppio volume dell’atrio che in questo punto ripropone le valenze plastiche prima solo percepibili dal basso. Promenade architecturale, che acquisterà nella villa Savoye valenze spaziali straordinarie per una percezione dello spazio dettata da un tempo diverso rispetto al ritmo serrato del percorso della scala a chiocciola. Il tema dei pilotis, in una declinazione analoga a quella che si osserva nella villa La Roche, trova applicazione nella villa Cook. La struttura portante verticale si articola in due setti laterali, che si sviluppano senza soluzione di continuità per tutta la profondità della villa e simmetricamente disposti rispetto alla fila centrale dei tre sostegni verticali. Sul fronte strada, il primo pilotis risulta arretrato e quindi il piano della facciata è sostenuto da una fascia di solaio incastrata ai
pag. 75-75: Maison Plainex Parigi, schizzi FLC 08928
setti laterali e centralmente, da una trave ricalata ben visibile nell’intradosso dei solai di piano. La concezione strutturale adottata assegna una completa libertà nell’articolazione planimetrica e altimetrica delle pareti divisorie, ridotte peraltro al minimo indispensabile, culminante nella realizzazione del doppio volume del soggiorno, che assicura continuità visiva e spaziale con il piano della terrazza. Il 73
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a lato: Villa Cook, Parigi, foto d’epoca, FLC L1(6)5
tema dell’atelier ritorna nella villa Ternisien (1923-1927) a Buologne-sur-Seine. Le Corbusier progetta una abitazione-studio minima e di basso costo, in un piccolo terreno di forma triangolare collocato alla confluenza delle strade alles de Pins e rue Denfert-Rochereau a Boulogne-Sur Seine23. Lo stesso Le Corbusier riteneva il tema una scommessa, un problema fuori dall’ordinario ironicamente trasferito nella formula “Problème d’exception, gaugere, jeu de l’esprit…”24. L’assemblaggio e la compenetrazione di volumi puri, dello spazio coperto sul tetto giardino al di sopra della sala musica, trovano reintegrazione nei percorsi verticali che procedono dall’interno verso l’esterno, adattandosi alla diversa altezza che distingue il doppio volume dell’atelier da quello della sala musica, ad un sol piano. La sala musica conserva l’angolo acuto del lotto mentre, dalla parte opposta, l’impianto planimetrico è delimitato da un raccordo circolare evocante la sinuosità di un pianoforte a coda. L’atelier e la sala musica sono separate nella parte centrale dalla cucina e da piccolo soggiorno direttamente aperti sull’ingresso. Dalla copertura a terrazza della sala musica, superata la struttura ombreggiante sostenuta da esili sostegni metallici, si accede alla zona notte che impegna parzialmente il doppio volume dell’atelier. L’articolazione volumetrica e la modulazione dalla parte del giardino si spegne nella superficie piana del prospetto sulla rue Denfert-Rochereau, interrotta solo dal lievissimo aggetto che corrisponde alla biblioteca dove si osserva la disposizione della finestra a nastro che si estende al di sopra degli scaffali e che presenta la stessa larghezza, ma con diversa partizione degli infissi, rispetto a quella sottostante della zona cucina-soggiorno. Sul piano dell’immagine il prospetto trova equilibrio nella simmetrica disposizione, rispetto al tema aggettante della biblioteca, di due strette aperture verticali sul lato destro e di una sola apertura, di uguale proporzione, sul lato sinistro. La verticalità più accentuata nella parte destra è attenuata dalla presenza di un piccolo oblò che sposta l’attenzione percettiva verso il centro della composizione e uniforma lo squilibrio innescato dal profilo inclinato.
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Il presente contributo, che non ha certo la pretesa di un saggio, nasce con l’obbiettivo di fornire a chi intraprende gli itinerari lecorbusieriani nella città di Parigi e dintorni, qui proposti nelle schede – guida che concludono gli scritti introduttivi, alcuni spunti di riflessione che potranno certamente trovare approfondimenti nella sterminata produzione letteraria sull’attività di uno dei più controversi e illuminati maestri del movimento moderno. In tale direzione è stata evidentemente operata una selezione delle architetture nel tentativo di individuare alcuni aspetti della sua personale e iniziale sperimentazione architettonica, così come si è sviluppata nei primi anni del 1920. Sono quindi state trascurate, tra le altre, opere universalmente conosciute e paradigmatiche come la villa Savoye; il padiglione svizzero della città universitaria internazionale di Parigi, i cui caratteri compositivi e strutturali, vero e proprio laboratorio di idee, saranno determinanti non solo per l’evoluzione della produzione lecorbuseriana ma, in generale, dell’architettura internazionale del novecento. Ed anche la Maison du Brèsil, secondo intervento nella città universitaria internazionale di Parigi o la maison Joule, costruita a Neully sur Seine, architetture risalenti alla prima metà degli anni Cinquanta, ovvero quando Le Corbusier era contemporaneamente impegnato nella progettazione del Convento a La Tuorette e della Chapelle de Notre Dame du Haut, a Ronchamp, restituiscono episodi della continua sperimentazione lecorbusieriana. Esperienze che concludono, ma solo in termini cronologici,
pagg. 80-81: Villa Savoye, Poissy foto d’epoca FLC L2(17)173
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l’itinerario proposto.
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NOTE 1 A. Ozenfant, C. E. Jeanneret, Sulla pittura moderna, Marinotti, Milano, 2004 (ed. originale La Peinture moderne, Paris, 1925 (Cfr. S. von Moos, Le Corbusier as a Painter, in AA.VV., Le Corbusier pittore e scultore, Museo Correr, Milano, Mondadori, 1986, pp. 197-198). 2 A. Coquhoun, Il significato di Le Corbusier, in H. Allen Brooks (a cura di), Le Corbusier, Milano, Electa, 1993, p. 38. 3 R. De Fusco, L’idea di architettura, Sonzogno, Etas Libri, 1988, p. 121. 4 Le Corbusier, Vers une architecture, Paris, Les Editions G. Crès, 2a Ed., 1925, p. 36. 5 Ibidem. 6 Eric Mouchet, L’importanza dei papiers collè per la produzione litografica di Le Corbusier nel dopoguerra, in A. Bonito Oliva, E. Mouchet, V. Sanfo, Le Corbusier dipinti e disegni, Milano, Electa, 2007, p. 29. 7 B. Zevi, Poetica dell’architettura neoplastica, Torino, Einaudi, 1984, p. 115. 8 Le Corbusier, Vers une architecture…, cit., p. 35. 9 A. Coquhoun, Il significato di Le Corbusier, in Allen Brooks, Le Corbusier…, cit., p. 38. 10 C. Norberg-Shulz, Esistenza spazio e architettura, Roma, Officina Edizioni, 1982, p. 27. 11 Allen Brooks, Le Corbusier…, cit., p. 37. 12 R. Gargiani, Art et Libertè a L’Esprit Nouveau, in G. Fanelli, R. Gargiani, Perret e Le Corbusier Confronti, Bari, Laterza, 1990, p. 86. 13 Trasformazioni e ampliamenti hanno radicalmente compromesso l’originaria configurazione di questo edificio, come peraltro si può ben osservare, percorrendo il boulevard de La Rèpublique. La presenza dell’incongruente tetto a padiglione e disorganica sequenza di attività commerciali presenti al piano terra. 14 Le Corbusier, Vers une architecture…, cit., pp. 185-224. 15 R. Gargiani, L’apprendistato di Le Corbusier nello studio della “Perret Frères”, 1908-09, in Fanelli, Gargiani, Perret e Le Corbusier…, cit., p. 26. Emblematico è a tal proposito il disegno del prospetto di un immueble locatif del 1908 con evidenti riferimenti all’edificio in rue Franklin di Auguste Perret (FLC F2.13.182). 16 A. Bonito Oliva, Rigori della tecnica e dell’armonia nell’archipittura di Le Corbusier, in A. Bonito Oliva, Mouchet, Sanfo, Le Corbusier dipinti e disegni…, cit., p. 18. 17 L’originaria copertura è stata completamente trasformata. 18 C. Girard, Architecture e concept nomade, Bruxelles-Liègi, Pierre Mardaga, 1986, p. 136. 19 Ibidem. 20 A. Toznis, Le Corbusier. La poetica della macchina e della metafora, ed. italiana, Milano, RCS Libri, 2001, p. 51. 21 Le Corbusier et P. Jeanneret, Œuvre complète, 1910-1929, Zurigo, Editions Dr. Girsberger, 1937, vol. II, p. 65. 22 T. Benton, Le ville di Le Corbusier e Pierre Jeanneret 1920.1930, Milano, Electa, 2008, p. 274. 23 La villa è stata in gran parte inglobata nella sopraelevazione realizzata da Georges-Henri Pingusson nel 1935. Della originaria realizzazione di Le Corbusier è oggi possibile leggere solo la parte della sala musica. 24 Le Corbusier et Jeanneret, Euvre complète…, cit., pp. 122.
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Nécessité contre le décor Parigi 1925: il padiglione dell’Esprit Nouveau
Marta Gentili
a lato: Pavillon de l’Esprit Nouveau, foto d’epoca
“Vi comunico che questo padiglione è destinato a servire quale dimostrazione di un appartamento tipo secondo le idee che la nostra rivista ha sviluppato da sempre; questo padiglione sarà attrezzato e decorato da diversi collaboratori direttamente o indirettamente collegati alla rivista. […] Sottomettiamo quindi il progetto al vostro benevolo esame […] felici di conoscere la superficie e il luogo che potrete destinarci” . Le parole con cui, il 23 aprile 1924, 1
Le Corbusier presenta la candidatura al Comitato dell’Exposition Internationale des Arts décoratifs et industriels Modernes per la costruzione del padiglione dell’Esprit Nouveau, rivelano la volontà di mostrare al mondo una visione nuova dell’architettura. Ai responsabili dell’esposizione, L.Bonnier e C. Plumet, che chiedono a Le Corbusier per l’ammissione all’ evento internazionale il progetto di una casa o di un alloggio per “un architecte”, l’architetto ribatte “Pourquoi d’un architecte? Ma maison est celle de tout le mond, de n’importe qui”2. Le Corbusier pensa infatti ad un edificio a basso costo, essenziale e funzionale, realizzabile grazie alle più recenti innovazioni tecnologiche e costruttive. L’architetto sviluppa così la tematica della residenza intesa come produzione-costruzione di alloggi minimi: la Maison en serie. Un prototipo d’alloggio in cui sia lo spazio, come la sua
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a lato: Pavillon de l’Esprit Nouveau, disegno, FLC 23154
l’attrezzatura, origina dalle necessità domestiche che in esso si svolgono, ma astraendole e riconducendole ai meccanismi di una società in evoluzione. La casa come prodotto industriale e seriale, a basso costo, si pone al centro della ricerca architettonica di Le Corbusier, la sua scelta diviene così quella“di agire sul settore delle costruzioni, muovendo dall’esterno” e quindi i “suoi riferimenti non sono in quegli anni il cantiere edile, le tecnologie costruttive, ma la fabbrica, la nuova organizzazione tayloristica del lavoro”3. Le Corbusier considera infatti l’interno di un’auto “un piccolo alloggio” e quella della macchina una lezione di metodo: “le macchine sono le soluzioni dei problemi posti; lezione di metodo”4. E lo stesso aeroplano può configurarsi come “una piccola casa che vola e resiste alla bufera” , fornendo i riferimenti per la progettazione e arrivando a “costruire case come un aeroplano, con gli stessi metodi strutturali, armatura leggera, legamenti in metallo, supporti tubolari”5 . Il concetto è poi estremizzato con il padiglione smontabile, imballabile e trasportabile, commissionatogli nel 1927 dalla Nestlè per l’esposizione itinerante dei prodotti di questa stessa società. L’oggetto padiglione è qui risolto attraverso la creazione di una vera architettura effimera, una architettura che appunto “finirà prima di noi”. Nel 1925 con L’art décoratif d’aujourd’hui Le Corbusier annuncia la fine dell’arte decorativa e contestando il tema stesso dell’esposizione proclama “la necessitè contre le decor”, “l’outillage contre l’ornement”, “la machine contre le bibelot”. Queste dichiarazioni provocatorie, poi principi portanti della sua opera, lo condurranno a consolidare oltre al tema della cellula tipo quello dell’ idea di città. Ma è sempre la casa cellula-tipo a dominare le sue ricerche degli anni Venti e Trenta, quella casa che “è una macchina: campo di pura tecnica” che va pensata “a propria immagine, farle dire ‘io esisto’, renderla radiosa. Manifestazione dell’io sensibile: architettura […]. Armonia che, in ogni tempo, mette in equilibrio l’equazione ragione-passione”6. “È un periodo di crisi per il lavoro dell’architetto: una crisi non sola ideologica – come vorrebbe una storia dell’architettura ridotta a storia dell’idea stessa dell’architettura – ma in primo luogo produttiva, per un’industria che affrontava il sistema delle grandi con-
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centrazioni della finanza e della produzione”7 ed è in questa realtà che si determinano le condizioni contingenti che inducono, forzatamente, la ricerca d’innovazione in una Parigi ancora “regina delle arti”8. Ed è proprio negli anni Venti che Le Corbusier, dopo alcuni momenti incerti, nonostante le realtà politiche e sociali in profonda mutazione, concretizza “una residenza tipo, realizzata con pochi mezzi e grande intensità di segni, ai margini (è il caso di dirlo, programmaticamente e fisicamente) di quella Exposition internationale des Arts décoratifs, ove si erano esauriti i rituali della raffinatezza, le esasperazioni del gusto ‘amours, délices et horgues’, espressi dalla borghesia sopravvissuta alla guerra”9. Nel Padiglione, dopo le case Domino e Citrohan passando all’Immeuble-villas e poi ancora alle ville Meyer e Stein-de Monzie, Le Corbusier conferma il ruolo attribuito alla geometria quale mezzo per passare dall’idea alla realizzazione dell’opera. Un’opera caratterizzata da principi industriali quali modularità, velocità, economicità, che lo condurranno, nel 1927 a Stoccarda, a enunciare i cinque punti di una nuova architettura. Il Pavillion dell’Esprit Nouveau rappresenta perciò un traguardo e un punto di partenza per l’evoluzione dello studio e delle proposte che hanno l’obiettivo di dare risposte concrete e nuove al problema dell’abitazione. Il padiglione si propone come un vero manifesto dell’architettura moderna, basato su due punti cardine: l’alloggio tipo, standardizzato e finalizzato alla realizzazione di tipo industriale, e lo studio dell’urbanistica anch’essa standardizzata. Concetti assolutamente all’avanguardia rispetto ai tempi in cui sono enunciati, ma che ancora oggi mantengono questa lungimiranza come testimonia la visione del Pavillion de l’Esprit Nouveau ricostruito, nel 1977, a Bologna. La realizzazione di questo “doppio” è fortemente voluta dalla rivista «Parametro» e dal suo direttore, Giorgio Trebbi, che nella richiesta di consenso per la ricostruzione formulata alla Fondazione Le Corbusier di Parigi scrive: “si tratta di un richiamo, che tocca profondamente il nostro animo, per l’universalità di quel messaggio e di un modo concreto per fissare in mezzo a noi il ricordo del Maestro che ci ha personalmente conosciuto e dal quale ci è giunta una indimenticabile lezione per la nostra vita di architetti”10. Il padiglione dell’Esprit Nouveau è il risultato della combinazione di figure geometriche primarie, che rimandano con il loro rigore e sobrietà agli enunciati del purismo già espressi
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metriche pure e nella composizione architettonica, Le Corbusier crea forme sintetiche dai contorni precisi che danno luogo a un edificio capace di coniugare felicemente la cellula abitativa cubica e la rotonda del diorama, evidenziando la “fusione” di due forme autonome – “l’autonomia di due episodi che restano tuttavia uniti a formare la più sconcertante macchina inventata dall’avanguardia architettonica: un’architettura di percorsi, di forme assolute ma anche di luoghi intimi e di angoli remoti, casa e città assieme sotto lo stesso tetto”12. I due corpi modulari del padiglione originano una cellula abitativa duplex, dischiusa allo spazio circostante attraverso l’articolazione degli ambienti e la trasparenza delle superfici, in uno scambio continuo tra interno (privato) ed esterno (pubblico). Il contiguo diorama, con il suo volume a doppia altezza, ripropone lo stand d’urbanisme realizzato al Salon d’Automne del 1922, che si chiude per accogliere, moltiplicare, amplificare virtualmente, nuove visioni urbane mediante la proiezione di immagini di studi urbanistici a grande scala su pareti curve (l’Immeuble-villas e il Plan pour une Ville Contemporaine). L’alloggio duplex è concepito come cellula elementare privata e unità di misura per la costruzione di
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da Jeanneret e Ozenfant nel volume Après le cubism11. Nell’incastro di queste forme geo-
relazioni urbane e di rapporti con il paesaggio. Esso è caratterizzato da una pianta a L a doppio volume, aperta sul giardino-soggiorno interno, quale elemento costitutivo originale dell’Immeuble-villas e di tutta la sintassi dell’Architettura di Le Corbusier. Un nuovo approccio progettuale che ha nell’uomo il parametro di riferimento dello spazio e che condurrà poi alla codifica del Modulor. Un approccio capace di contenere tutti gli elementi di trattazione dello spazio privato alla stregua di quello pubblico, passando per la riproducibilità e rifiutando l’accademismo imperante. Concetti questi ultimi a cui contrappone il piano libero, i pilotis, il tetto giardino, dando origine a una costruzione caratterizzata da pareti spoglie, bianche, azzurre e terra di Siena, con grandi vetrate la cui sola nota decorativa, sulla facciata, è rappresentata dal logo EN (Esprit Noveau) che domina uno dei lati.
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Dall’alloggio, dove i visitatori entrano in contatto con uno spazio domestico, intimo e sorprendente nello stesso tempo, si passa alle immagini di un mondo nuovo, quello della Ville Contemporaine. Proprio attraverso il Plan Voisin, pensato per il nuovo assetto urbanistico di Parigi, Le Corbusier sviluppa un’originale strategia comunicativa. Il padiglione è presen-
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 a lato: A. Ozenfant, A. Jeanneret, Le Corbusier, 1919 circa
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tato così come un piccolo elemento (cellula) di un grande piano (Plan Voisin), in un’intuizione riconducibile alle giovanili esperienze di viaggio e in particolare alle visite effettuate alla certosa di Ema (Firenze). È proprio in quest’occasione che l’architetto evidenzia una capacità di sintesi, nell’osservazione dei luoghi, che prelude all’esercizio consapevole del futuro progetto. Una capacità di lettura dello stretto rapporto tra spazio interno ed esterno privato, e quindi del rapporto con il paesaggio, come emerge nella progettazione dell’Immeuble–Villas del 1922, dove ogni alloggio è concepito come una piccola casa con giardino posta a diverse altezze sopra il piano stradale che, estrapolata e arricchita dal diorama, diventa il padiglione stesso.
NOTE 1 G. Gresleri, Il padiglione dell’Esprit Nouveau machine et plastique, in AA.VV., Il padiglione dell’Esprit Nouveau e il suo doppio, Firenze, Alinea, 2000, p. 32. 2 S. Nivet, En 1925: une allusion dans L’Esprit Nouveau, in L’immeuble-villas, Parigi, Fondation Le Corbusier, 2006-2008. 3 R. Gabetti, C. Olmo, Introduzione, in R. Gabetti, C. Olmo, Le Corbusier e L’Esprit Nouveau, Torino, Einaudi, 1988, p. 9. 4 A. Ozenfant, C.E.Jeanneret, Les idées d’Esprit Nouveau, in «L’Esprit Nouveau» n. 14, p. 156, cit. in Gabetti, Olmo, Le Corbusier..., cit., p. 25. 5 G. Trebbi, Noi e un mondo “d’Epoque Machiniste”, in AA.VV., Il padiglione dell’Esprit Nouveau…, cit., p. 19. 6 Le Corbusier, Architecture d’époque macchiniste, in «Journal de Psychologie Normale et Pathologie», n. 5, 15 gennaio-15 marzo 1926. 7 Gabetti, Olmo, Introduzione..., cit., p. 5. 8 Ibidem. 9 Gabetti, Olmo, Introduzione..., cit., p. 6. 10 Lettera di G. Trebbi alla Fondazione Le Corbusier di Parigi, 27 gennaio 1977, in G.Gresleri, L’Esprit Nouveau – Parigi/Bologna – costruzione e ricostruzione di un prototipo dell’architettura moderna, Milano, Electa, 1979. 11 Le Corbusier e Ozenfant nel 1918 pubblicano Après le cubism che costituirà il manifesto del purismo. 12 G. Gresleri, Il padiglione..., cit, p. 39.
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LE CORBUSIER
Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 guida illustrata
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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• 1. Villa Besnus (1922-1923) • 2. Maison-atelier Ozenfant (1922-1924) • 3. Maison-atelier Lipchitz-Miestchaninoff (1923-1925) • 4. Villa La Roche (1923-1925) • 5. Villa Jeanneret Raaf (1923-1925) • 6. Villa Ternisien (1923-1927) • 7. Villa Cook (1926) • 8. Palais du Peuple (1926-1927) • 9. Maison Planeix (1924-1928) • 10. Villa Stein-De Monzie (1926-1928) • 11. Asile flottant (1929-1930) • 12. Villa Savoye, villa (1928-1931) • 13. Citè de Refuge (1929-1933) • 14. Pavillon Suisse (1930-1933) • 15. Immueble Molitor (1931-1934) • 16. Maison Henfel (1934-1935) • 17. Villa Jauo (1951-1955) • 18. Maison du Brésil (1953-1959)
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VILLA BESNUS 1922-1923
Possibilità di visita Non visitabile. Visibile dalla strada Note L’edificio ha subito profonde trasformazioni rendendo difficilmente leggibile l’originaria conformazione Dintorni Un possibile itinerario può proseguire verso Villa Stein-de Monzie (scheda n. 10) o Villa Henfel (scheda n.16)
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Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Georges Besnus Ubicazione 85, boulevard de la République all’angolo de la rue Garrele, Vaucresson, Hauts-de-Seine Gare St.Lazare direzione Vaucresson Métro La Défense (Linea 1) SNCF direzione Vaucresson In macchina Autostrada A13 uscita Vaucresson-Versailles L’edificio si trova nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria di Vaucresson
a lato: Villa Besnus Vaucresson, schizzo FLC 33404
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pagina a fronte: Villa Besnus, Vaucresson, foto d’epoca FLC L3(7)58
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Nel febbraio del 1923 Le Corbusier presenta a Georges Besnus due progetti per una villa da costruire a Vaucresson, su un lotto di forma trapezoidale, caratterizzato da un notevole dislivello, proposto al committente dall’architetto stesso. Uno dei primi schizzi propone infatti una soluzione con corpo elevato su pilotis, probabilmente per far fronte alle perplessità espresse dal committente sugli allagamenti verificatisi nella zona. I progetti si differenziano sostanzialmente per il diverso orientamento del corpo scala. Mentre la facciata prospiciente il giardino è pensata sin dalle prime soluzioni come un elemento prevalentemente simmetrico nel corpo principale (con il corpo scala arretrato), il prospetto sul bouvelard denuncia in modo evidente un’impostazione asimmetrica. L’asimmetria connota sia l’intera composizione sia il corpo principale per l’articolazione formale e dimensionale delle aperture. L’inserimento della pensilina e del bow window appaiono come chiari rimandi a un’estetica purista. La costruzione della villa è assai tormentata e fin dalla sua ultimazione si presentano problemi tecnici di varia natura, ricondotti dalla proprietà a difetti progettuali, costruttivi e impiantistici, che impongono importanti interventi di manutenzione. Trasformazioni e ampliamenti hanno radicalmente compromesso l’originaria configurazione di questo edificio, come si può ben osservare dall’esterno, ad esempio nella presenza dell’incongruente tetto a padiglione e nella disorganica sequenza di attività commerciali presenti al piano terra sul boulevard de La Rèpublique.
Villa Besnus, Vaucresson, stato attuale
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Villa Besnus, Vaucresson, schizzo prospettico FLC 09208
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 Villa Besnus, Vaucresson, sezione e prospetti FLC 09215
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MAISON-ATELIER OZENFANT 1922-1924
Dintorni Maison-Atelier Braque (1927), Auguste Perret, 6, rue George-Braque; Maison-Atelier (1929), Raymond Fischer, 9, rue George-Braque; Villa Guggenbühl (1926-1927), André Lurçat, 14, rue Nansouty; Maison Gaout (1923), Auguste Perret, 10, rue Nansouty / 2, square Mont Souris; Maison-Atelier Chana Orloff (1926), Auguste Perret, 7 bis, rue Villa Seurat; Maison-Atelier (1927-1931), Jean Launay e JeanJulien Lemordant, 50, avenue Reneé-Coty; Atelier d’Artistes (1929-1931), Zielinski, 57, rue Gauguette. Un possibile itinerario può proseguire verso la Cité Universitaire (schede nn. 14 e 18)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Amédée Ozenfant Committente Amédée Ozenfant Ubicazione 53, Avenue Reille, Parigi XIV arrondissement Métro Porte d’Orléans (linea 4) Porte d’Orléans (tram linea 3) Fermata Parc de Montsouris (bus 21) Possibilità di visita Non visitabile. Visibile da Avenue Reille e da Rue Georges Braque Note Trasformazione della copertura e del garage; modifiche alla partizione delle aperture al piano terra
a lato: Atelier Ozenfant Parigi, foto d’epoca FLC L2(13)2
pagg. 108-109 Atelier Ozenfant Parigi, stato attuale
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La maison-atelier progettata per l’amico mentore Amedée Ozenfant esprime al meglio il sodalizio “purista” tra i due artisti. Concepita a partire dal 1922, rappresenta la prima vera realizzazione a Parigi dell’architetto svizzero e incarna le ricerche trattate nella rivista l’Esprit Nouveau. Il volume puro, aperto sulle due strade, rivela i tratti di un’applicazione matura del cemento armato, parte inferiore vincolata probabilmente a esigenze funzionali. Un primo tentativo di applicazione del concetto di promenade architecturale emerge dall’introduzione della scala elicoidale, che supera il collegamento dal piano strada al primo livello e trova una continuità percettiva nelle scale interne in acciaio, evocanti nella loro specificità la poetica macchinista. L’elemento elicoidale assegna nello stesso tempo un’inedita valenza spaziale ai collegamenti verticali. L’attenzione alla composizione delle facciate si rivela nel denso equilibrio di pieni e vuoti, in cui l’espressione delle superfici vetrate è strettamente legata alla funzionalità interna. Il coronamento in forma di parapetto, visibile oggi, sostituisce l’originaria soluzione espressione di un particolare metodo di illuminazione. La copertura a doppio shed, le due ampie superfici vetrate, la luce naturale zenitale attenuata da un filtro traslucido orizzontale, garantivano una luce diffusa funzionale all’atelier.
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
tuttavia è innegabile la contraddizione dello spirito innovativo dei piani superiori con le soluzioni della
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Atelier Ozenfant Parigi, schizzo prospettico FLC 22734
sopra: Atelier Ozenfant Parigi, piante, sezioni e prospetti FLC 07825 pagg. 112-113 Atelier Ozenfant Parigi, foto d’epoca FLC L2(13)5
Atelier Ozenfant Parigi, modello digitale da progetto originario
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MAISON-ATELIER LIPCHITZ MIESTCHANINOFF 1923-1925
Dintorni • Villa Dubin (1929), Raymond Fischer, 4, rue Denfert-Rocherau; • Maison Cook (scheda n. 7); • Villa Collinet (1926), Robert Mallet-Stevens, 8, rue Denfert-Rocherau; • Immeuble collectif (1934), Georges-Henri Pingusson, 5, rue Denfert-Rocherau et 15, allée des Pins; • Maison-Atelier (1928), Pierre Patout, 2, rue Gambetta et 1, avenue Jean-Baptiste Clément; • Villa Niermans (1935), Jean Niermans, 3, rue Gambetta Un possibile itinerario può proseguire verso l’Immeuble Molitor (scheda n. 15) *Per indicazioni su Le parcours des Anées 30: Musée des années 30, 28, avenue André-Morizet, Boulogne-Billancourt, tel. 01 55184664, www.boulognebillancourt.com
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Oscar Miestchaninoff, Jacques Lipchitz Ubicazione 9, allée des Pins, 7, rue des Arts Boulogne-sur-Seine Métro Marcel Sembat (linea 9) Métro Bouolgne Jean-Jaurés (linea 10) Fermata Denfert-Rocherau (bus 52) Possibilità di visita Non visitabile. Visibile con difficoltà da rue des Arts e da allée des Pins Note Lievi modifiche agli interni e agli elementi in aggetto della Miestchaninoff. Gli edifici si presentano complessivamente in buono stato di conservazione
a lato: Maison-Atelier Lipchitz Miestchaninoff Parigi, foto d’epoca FLC L1(6)46
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Il complesso architettonico nasce dalla volontà di Jacques Lipchitz e dell’amico scultore Oscar Miestchaninoff, che si rivolgono a Le Corbusier per la realizzazione di un insieme stilisticamente omogeneo. Il lotto di circa 860 mq è diviso in tre parti, di cui l’ultima è venduta solo successivamente a Victor Canale. Le tre residenze-atelier sono improntate alle linee della maison Citrohan o al tipo “maison ouvrière en série 1922”, già utilizzato per il progetto della villa Besnus. In questa ulteriore interpretazione del tema “casa d’artista”, l’architetto inverte la posizione degli ambienti laboratorio rispetto a quelli domestici. I volumi si organizzano in un unicum visivo e spaziale, garantendo un’assoluta unità di forme e geometrie, frammentata dall’inserimento di una passerella sostenuta da un sistema di esili colonne binate su doppia altezza. La stessa passerella si configura come elemento generatore della destrutturazione della integrità monolitica dell’organismo architettonico, che trova poi nuovo vigore nel coronamento superiore. Perno compositivo e distributivo della composizione di villa Lipchitz appaiono le scale a chiocciola, che individuano lo snodo della simmetria secondo l’asse distributivo del lotto. Il risultato formale che attiene alla destinazione dell’edificio è declinato secondo una modalità maggiormente compatta rispetto alle trasparenze e alle introspezioni visive adottate per la maison-atelier Ozenfant.
Maison-Atelier Lipchitz Miestchaninoff Parigi, stato attuale
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Residenza Atelier Lipchitz Miestchaninoff
a lato: Maison-Atelier Lipchitz Miestchaninoff Parigi, modello digitale da progetto originario
sopra: Maison-Atelier Lipchitz Miestchaninoff Parigi, piante, sezioni e prospetti FLC 08027, FLC 08024, FLC 08049
pagg. 120-121: Maison-Atelier Lipchitz Miestchaninoff Parigi, foto d’epoca FLC L1(6)31
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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VILLA LA ROCHE 1923-1925
Note L’edificio di proprietà della Fondation Le Corbusier è attualmente in corso di restauro Dintorni • Villa Jeanneret-Raaf (scheda n. 5). Un possibile itinerario può proseguire verso: • Immeuble Molitor (scheda n. 15) • Villa Cook (scheda n. 7) • Maison-Atelier Lipchitz-Miestchaninoff (scheda n. 3) Un diverso modo di procedere può essere quello di dirigersi al Palais Chaillot per visitare la Citè de l’architecture e du patrimoine, 1, place du Trocadéro et du 11 novembre, tel 01 58515200 www.citechaillot.fr/
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Raoul La Roche Ubicazione 10, square du Docteur Blanche XVI arrondissement Mètro Jasmin (linea 9) Métro Michel-Ange Auteuil (linea 10) Fermata La Fontaine – Mozart (bus 22 e 52) Possibilità di visita Visitabile. Ingresso a pagamento Lun: 13.30/18, mar-gio: 10/18, ven-sab: 10/17 Tel. 01 42887572 reservation@fondationlecorbusier.fr www.fondationlecorbusier.fr
a lato: Villa La Roche Parigi, foto d’epoca FLC L2(12)25
pagg. 124-125: Villa La Roche Parigi, stato attuale
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124 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Le Corbusier è impegnato dal 1922 al 1925 nel tentativo di progettare un ampio complesso di architetture nell’ambito della lottizzazione nell’area del XVIe arrondisment parigino, square du Docteur Blanche, promosso da M. Esnault responsabile degli affari commerciali della BIP (Banque Immobiliare Parisien). Nonostante le diverse proposte presentate a M. Esnault e riferibili di volta in volta a più lotti e più committenti, Le Corbusier riesce a portare a realizzazione solo due ville: la villa per il banchiere Raoul La Roche e la villa del fratello, Jeanneret-Raaf, contigua alla prima. La parte residenziale della villa appare per certi versi di minore importanza rispetto alla potenza espressiva degli spazi previsti per la parte espositiva: l’ampio spazio d’ingresso, dove l’architettura e le opere pittoriche avrebbero dovuto esprimere significati comuni, e la galleria espositiva, che il ricco mecenate La Roche intendeva destinare alla propria collezione d’arte. Superato l’ingresso, l’atrio si apre all’osservatore in una teoria di elementi aggettanti e rientranti, di pieni e vuoti, in una resa pittorica dello spazio vicina alle sperimentazioni puriste. L’atrio stesso invita alla lettura della spazialità del corpo della galleria, impenetrabile dall’esterno nell’ermetica superficie cilindrica. La galleria, a doppia altezza, priva della scomposizione quadridimensionale dell’atrio, si offre suggestiva nella sovrapposizione delle diverse qualità della luce proveniente dalle finestre a nastro. Le aperture contrapposte e sfalsate in senso altimetrico, si posizionano su superfici diverse per generatrici e per colore. Ed è il sapiente uso del colore e della luce che assegna alla promenade architecturale, alla rampa che taglia e qualifica lo spazio della galleria, non solo una molteplicità continua di punti di vista ma anche una sequenza di esperienze spaziali. Concluso il percorso della rampa, si apre nuovamente all’osservatore il doppio volume dell’atrio che in questo punto ripropone le valenze plastiche prima solo percepibili dal basso. Gli arredi, ancora oggi visibili nella villa, furono realizzati con la collaborazione di Charlotte Perriand. La vera parte abitativa della villa è compresa tra lo spazio d’ingresso e la villa Jeanneret-Raff, comunicante con gli ambienti espositivi al piano terra e al primo piano. Al primo piano il collegamento è infatti assicurato dal percorso che aggetta sull’atrio e si estende per tutta la larghezza dell’ampio finestrone aperto sulla via privata di accesso alla residenza. Allo stesso livello in angolo è ricavata una corte aperta a pianta quadrata simmetricamente disposta rispetto a quella della villa Jeanneret-Raff. La copertura a terrazza che interessa tutta la superficie, ad eccezione della corte, è accessibile esclusivamente dalla scala dell’appartamento.
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pagg. 128-129: Villa La Roche Parigi, foto d’epoca FLC L2(12)74
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Villa La Roche Parigi, schizzi FLC 15251 FLC 15135 A FLC 15254
Villa La Roche Parigi, modello digitale da progetto originario
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VILLA JEANNERET-RAAF 1923-1925
Note L’edificio è sede della Fondation le Corbusier e si trova in un ottimo stato di conservazione. Dintorni • Villa La Roche (scheda n. 4). Un possibile itinerario può proseguire verso: • Immeuble Molitor (scheda n. 15) • Villa Cook (scheda n. 7) • Maison-Atelier Lipchitz-Miestchaninoff (scheda n. 3) Un diverso modo di procedere può essere quello di dirigersi al Palais Chaillot per visitare l a Citè de l’architecture e du patrimoine, 1, place du Trocadéro et du 11 novembre, tel 01 58515200 www.citechaillot.fr/
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Albert Jeanneret, M.me Lotti Raaf-Walberg Ubicazione 8, square du Docteur Blanche XVI arrondissement Mètro Jasmin (linea 9) Métro Michel-Ange Auteuil (linea 10) Fermata La Fontaine – Mozart (bus 22 e 52) Possibilità di visita Visitabile. Lun: 13.30/18, mar-gio: 10/12.30 e 13.30/18, ven: 10/12.30 e 13.30/17 Archivio e Biblioteca su appuntamento: tel. 01 42884153 www.fondationlecorbusier.fr
a lato: Villa Jeanneret-Raaf Parigi, foto d’epoca FLC 2(12)23
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132 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Villa Jeanneret-Raaf Parigi, stato attuale
Villa Jeanneret-Raaf Parigi,prospetto e schizzo FLC 15114 FLC 15275
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Le vicende della villa seguono gli sviluppi della coeva residenza per il banchiere La Roche. In questo progetto per la prima volta l’architetto propone la plan retourné invertendo la disposizione tradizionale: il giardino abbandona la parte bassa dell’edificio per occuparne la sommità, al fine di liberare spazio per la circolazione. In realtà questo spazio non esiste sotto la villa, ma è presente nella vicina villa la Roche, confermando l’assoluta complementarietà delle due architetture. Verso la corte interna, che viene ritagliata nella composizione planimetrica del primo piano, si apre la distribuzione degli spazi riservati alla residenza. Attualmente l’edificio ospita la Fondation Le Corbusier e l’intero patrimonio documentario di Le Corbusier.
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Villa Jeanneret-Raaf Parigi, schizzo assonometrico FLC 15111 a lato schizzi prospettici e assonometrici FLC 15113
Villa Jeanneret-Raaf Parigi, modello digitale da progetto originario
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VILLA TERNISIEN 1923-1927
Dintorni* • Villa Dubin (1929), Raymond Fischer, 4, rue Denfert-Rocherau • Villa Lipchitz-Miestchaninoff (scheda n. 3) • Villa Collinet (1926), Robert Mallet-Stevens, 8, rue Denfert-Rocherau • Immeuble collectif (1934), Georges-Henri Pingusson, 5, rue Denfert-Rocherau – 15, allée des Pins; • Maison-Atelier (1928), Pierre Patout, 2, rue Gambetta – 1, avenue Jean-Baptiste Clément; • Villa Niermans (1935), Jean Niermans, 3, rue Gambetta • Villa Cook (scheda n. 7) Un possibile itinerario può proseguire verso • Immeuble Molitor (scheda n. 15) *Per indicazioni su Le parcours des Anées 30: Musée des années 30, 28, avenue André-Morizet, Boulogne-Billancourt, tel. 01 5518 4664, www.boulognebillancourt.com
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Paul Ternisien Ubicazione 5, allée des Pins angolo rue Denfert-Rocherau Buologne-sur-Seine Métro Bouolgne Jean-Jaurés (linea 10) Fermata Denfert-Rocherau (bus 52) Possibilità di visita Non visitabile. Visibile da rue Denfert-Rocherau Note La villa è stata in gran parte inglobata nella sopraelevazione realizzata da Georges-Henri Pingusson nel 1935
a lato: Villa Ternisien Parigi FLC 07938
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a lato: Villa Ternisien Parigi, stato attuale
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Nel 1923 il musicista Paul Ternisien e alla moglie pittrice propongono a Le Corbusier di realizzare una abitazione-studio minima e a basso costo, su di un terreno di forma triangolare collocato alla confluenza dell’allés de Pins e rue Denfert-Rochereau a Boulogne-Sur Seine. L’impianto planimetrico del piano terra è articolato nella sala da musica, che conserva l’angolo acuto del lotto e dalla parte opposta prevede un raccordo circolare evocante la sinuosità di un pianoforte a coda. A questo ambiente va ad aggiungersi una zona centrale con cucina e piccolo soggiorno aperto direttamente sull’ingresso, la scala a rampa unica per scendere alla cantina e infine l’atelier di forma rettangolare. Al primo piano prende posto la copertura a terrazza della sala musica, accessibile dallo spazio superiore dell’atelier, e distribuita parzialmente su doppio volume. Dalla copertura a terrazza, per mezzo di una scala a rampa unica disposta parallelamente alla rue Denfert-Rocherau, si poteva accedere alla copertura dell’atelier. Inizialmente Paul Ternisien ipotizza di poter estendere la propria casa al di sopra della stessa sala musica. Tuttavia cinque anni dopo il completamento della costruzione, che risale al 1927, la famiglia Ternisien a causa di difficoltà finanziarie, che la vedono insolvente nei confronti dello stesso Le Corbusier, decide di vendere la casa per la costruzione di un immueble de rapport, poi realizzato da Georges-Henri Pingusson. Della originaria realizzazione di Le Corbusier è oggi possibile leggere solo la parte attinente alla sala da musica.
Villa Ternisien Parigi, modello digitale da progetto originario pagg. 140-141: Villa Ternisien Parigi, schizzo prospettico FLC 07891A
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140 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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VILLA COOK 1926
Dintorni • Villa Dubin (1929), Raymond Fischer, 4, rue Denfert-Rocherau • Villa Lipchitz-Miestchaninoff (scheda n. 3) • Villa Collinet (1926), Robert Mallet-Stevens, 8, rue Denfert-Rocherau • Immeuble collectif (1934), Georges-Henri Pingusson, 5, rue Denfert-Rocherau – 15, allée des Pins; • Maison-Atelier (1928), Pierre Patout, 2, rue Gambetta – 1, avenue Jean-Baptiste Clément; • Villa Niermans (1935), Jean Niermans, 3, rue Gambetta • Villa Ternisien (scheda n. 6) Un possibile itinerario può proseguire verso: • Immeuble Molitor (scheda n. 15) *Per indicazioni su Le parcours des Anées 30: Musée des années 30, 28, avenue André-Morizet, Boulogne-Billancourt, tel. 01 5518 4664, www.boulognebillancourt.com
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente William Cook Ubicazione 6, rue Denfert-Rocherau Buologne-sur-Seine Métro Bouolgne Jean-Jaurés (linea 10) Fermata Denfert-Rocherau (bus 52) Possibilità di visita Non visitabile. Visibile da rue Denfert-Rocherau Note Il piano terra è stato modificato
a lato: Villa Cook Parigi, foto d’epoca FLC L1(6)17
pagg. 144-145: Villa Cook Parigi, stato attuale
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144 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Progettata per William E. Cook, giornalista americano trapiantato a Parigi, e la moglie francese Jeanne, la villa, in origine libera sul lato destro, è oggi inserita da una serie di edifici successivamente realizzati sulla rue Denfert-Rochereau. Sul lato sinistro la già realizzata villa di Robert Mallet-Stevens, unitamente ad altri episodi architettorici significativi tra cui le ville Ternisien e Lipchitz-Miestchaninoff dello stesso Le Corbusier, vanno a formare uno dei quartieri più rappresentativi per gli anni Trenta a Parigi. La struttura portante verticale si articola in due setti laterali, che si sviluppano senza soluzione di continuità per tutta la profondità della villa e sono simmetricamente disposti rispetto alla fila centrale dei tre pilotis. Rispetto al fronte strada, il primo pilotis risulta arretrato cossicché, il piano della facciata è sostenuto da una fascia di solaio incastrata ai setti laterali e, centralmente, con funzione di rompi tratta, dalla trave ricalata ben visibile nell’intradosso dei solai di piano. La concezione strutturale adottata assegna una completa libertà nell’articolazione planimetrica e altimetrica delle pareti divisorie, ridotte peraltro al minimo indispensabile, culminante nella realizzazione del doppio volume parziale del soggiorno, che assicura una inedita continuità visiva e spaziale con il piano della terrazza. Al piano terra, per motivi strutturali, i due pilotis più interni, rispetto alla strada, sono inglobati in un altro setto murario che delimita il corpo centrale dove si trovano la zona di ingresso e la scala a due rampe. Il corpo centrale, a pianta rettangolare e raccordato verso la strada da una superficie cilindrica, divide il piano terra a sinistra nel giardino coperto e a destra nel garage di minore larghezza. La facciata che si apre sulla rue Denfert-Rochereau sembra quindi librarsi dall’unico pilotis in vista ed è tripartita in modo non simmetrico. In alto, il parapetto che si sposta dal piano della facciata in corrispondenza di un piccolo terrazzo, si smaterializza nel residuo tratto di ringhiera metallica, che mette in luce gli esili sostegni della fascia di copertura a terrazza posta a coronamento della facciata.
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146 In viaggio con Le Corbusier.Itinerari Itineraridi diarchitettura architetturaaaParigi Parigi1920-1930 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Villa Cook, Parigi, piante, sezioni e prospetti FLC 08293 FLC 08302 a lato: Villa Cook, Parigi Assonometria FLC 08309 pagg.148-149: Villa Cook, Parigi foto d’epoca FLC L1(6)14
Villa Cook Parigi, modello digitale da progetto originario
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148 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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PALAIS DU PEUPLE 1926-1927
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Ubicazione 29, rue des Cordelières, XIII arrondissement Métro Gobelins (linea 7) Métro Corvisart (linea 6) Fermata Glacier-Blanqui (Bus 21) Possibilità di visita Non visitabile. Difficile visibile Note L’edificio è stato completamente trasformato. Tuttavia l’originaria volumetria è ancora percepibile Dintorni • Garde-meuble du Mobilier National (1934-36), Auguste Perret, 1, rue Berbier-du-Mets
a lato: Palais du Peuple Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)108
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152 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Palais du Peuple, Parigi, stato attuale
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Ben poche tracce rimangono oggi, se si eccettua l’impianto volumetrico, dell’ampliamento del Palais du peuple commissionato a Le Corbusier dalla Armèe du Salut. Le aperture, la copertura a terrazza, il rivestimento degli interni in piastrelle bianche e blu cobalto, sono alcuni degli elementi che hanno subito rilevanti trasformazioni. Il corpo di fabbrica aggiunto si sviluppa in adiacenza all’edificio esistente in corrispondenza del collegamento verticale. La maggior parte del nuovo annesso, conservando la forma planimetrica rettangolare, è orientato in modo da divergere, nella direzione longitudinale, rispetto al filo della facciata del primo corpo di fabbrica. L’intervento prevede tre livelli di dormitori con 26 posti letto ciascuno e il blocco dei servizi igienici in comune, più la copertura piana suddivisa in tre zone: terrazza, giardino e terrazza coperta. Il primo livello, sostenuto da esili pilotis, si trova ad una altezza di oltre 5 metri rispetto al piano del cortile interno. Inizialmente il progetto di Le Corbusier prevedeva quattro livelli di dormitori ma per mancanza di risorse finanziarie, la struttura realizzata si è ridotta a tre piani. Nella condizione attuale si osserva la successiva sopraelevazione di un piano con tetto a una falda.
pagg. 150-151: Palais du Peuple, Parigi, piante, sezioni e prospetti FLC 12079 FLC 12081 FLC 12078 FLC 12084 pagg. 154-155: Palais du Peuple Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)110
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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MAISON PLANEIX 1924-1928
Note I prospetti hanno subito delle trasformazioni soprattutto nel lato visibile da boulevard Massena, mentre di difficile visione appare il fronte opposto su rue Regnault. L’edificio ha perso l’originale distribuzione interna, essendo attualmente suddiviso in più appartamenti Dintorni Un possibile itinerario può proseguire verso: • Cité de refuge (scheda n. 13) • Asile Flottant (scheda n. 11) • Citè Universitaire (scheda nn. 14 e 18)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Antonin Planeix Ubicazione 24bis, boulevard Masséna XIII Arrondissement Métro Porte d’Ivry (linea 7) Fermata Porte de Ivry (Bus 279 Possibilità di visita L’edificio è ben visibile dalla strada. Visitabile su appuntamento. Tel 01 53820526
a lato: Maison Planeix Parigi, foto d’epoca FLC L2(14)13
pagg. 160-161 Maison Planeix Parigi, stato attuale
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160 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Il fronte principale si apre sul trafficato boulevard Massèna, adattandosi alla non trascurabile pendenza del terreno in direzione est-ovest. Lo spazio privato che separa il marciapiede dalla facciata, in origine privo di delimitazioni, è stato chiuso con due superfici vetrate simmetricamente disposte rispetto al cancello carrabile. Cancello che corrisponde all’ingresso del garage già esistente. Sul retro, la ripida scarpata che discende verso la ferrovia presenta una fitta vegetazione che di fatto impedisce la vista della casa dalla rue Regnault. L’adattamento della casa all’articolazione altimetrica del terreno ha permesso a Le Corbusier di impostare un sistema di collegamenti verticali e una passerella, che attribuiscono all’intera composizione una libertà espressiva e una articolazione di pieni e vuoti altamente suggestiva. La facciata è tripartita simmetricamente a livello del piano terra e del primo piano, dove si sviluppano i due appartamenti duplex fortemente voluti dal committente, lo scultore funerario Antonin Planeix. In corrispondenza della copertura è adottata un’analoga soluzione a doppio shed già sperimentata nell’atelier Ozenfant.
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Maison Planeix Parigi Schizzo assonometrico FLC 08966
Maison Planeix Parigi, piante, sezioni e prospetto FLC 08902
Maison Planeix Parigi, modello digitale da progetto originario pagg. 164-165 Maison Planeix Parigi, foto d’epoca FLC L2(14)22
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164 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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VILLA STEIN-DE MONZIE 1926-1928
Possibilità di visita Non visitabile. Visibile con difficoltà da rue du Professeur Victor Pauchet Note Pur mantenendo l’aspetto esteriore, la villa è stata frazionata in più unità immobiliari. La scala posteriore e la porta di servizio sul fronte principale sono state modificate Dintorni Un possibile itinerario può proseguire verso: • Villa Besnus (scheda n. 1) Nella vicina località di Celle-Saint-Cloud si può vedere, con difficoltà: • Maison Henfel (scheda n. 16) a lato: Villa Stein-De Monzie Vaucresson, foto d’epoca FLC L1(10)15
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Michaël e Sarah Stein, Gabrielle de Monzie Ubicazione 17, rue du Professeur Victor Pauchet, Vaucresson (Hauts-de-Seine) SNCF Gare St. Lazare direzione Vaucresson (un treno ogni mezz’ora) Dalla Gare Vaucresson, place Génerale de Gaulle, a piedi verso boulevard de la Republique, rue de Cazes, rur de Garches, rue de Victor Duret e proseguire su rue du Professeur Victor Pauchet fino al Campo di Golf (tempo stimato 30 minuti) Si consiglia di prendere un taxi alla Gare di Vaucresson
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Villa Stein-De Monzie Vaucresson, stato attuale
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Sebbene i più noti committenti della villa les terrasses siano Michael e Sarah Stein, la casa è costruita sopra il terreno di Gabrielle de Monzie, referente principale di Le Corbusier nella conduzione del progetto. Questa particolare situazione della committenza sembra essere rispecchiata nella distribuzione funzionale degli spazi abitativi. La singolarità compositiva che contraddistingue la facciata principale, oggi visibile con difficoltà, al di là della ormai consolidata disposizione delle finestre a nastro, è la pensilina sostenuta da due tiranti che denuncia, insieme ai bow window di diversa forma e concezione, gli unici aspetti plastici di una rigidità apparente. Sul retro è assegnata alla composizione una frequenza propulsiva, accentuata dalla scala distaccata dal fronte, che si insinua in un vuoto contratto nel parapetto della terrazza superiore a conclusione del fabbricato. La composizione articolata nelle disposizioni interne è poi ridotta nella semplice geometria prismatica del volume d’insieme. La complessità della concezione spaziale e volumetrica non appare riconducibile ad altre esperienze progettuali.
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170 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
sopra e a lato: Villa Stein-De Monzie Vaucresson, prospetti FLC 10420 FLC 10406
Villa Stein-De Monzie Vaucresson, modello digitale da progetto originario pagg. 172-173: Villa Stein-De Monzie Vaucresson, foto d’epoca FLC L1(10)21
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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ASILE FLOTTANT 1929-1930
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a lato: Asile Flottant Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)123
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Note Il battello versa in stato di assoluto degrado, ma conserva l’originaria sistemazione. Dintorni GARE Un possibile itinerario può verso la DEproseguire LYON • Cité de Refuge (scheda n.13)
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Autori QUAI DE Le Corbusier, Pierre Jeanneret LA GARE Committente Armée du Salut Ubicazione 75, Quai d’Austerlitz, XIII arrondissement (Ormeggiato sulla riva sinistra della Senna in GARE DE prossimità del Ponte di Austerlitz) AUSTERLITZ Métro Quai de la Gare (linea 6) Métro Austerlitz (linea 10) Fermata Gare d’Austerlitz (bus 89) Possibilità di visita Non visitabile. Visibile dal lungo Senna
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pagg. 176-177: Asile Flottant Parigi, stato attuale
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
La sistemazione della Louise-Catherine, “barcone” in cemento armato, realizzata da Le Corbusier per l’Armée du Salut rappresenta una inedita sperimentazione architettonica di uno spazio collettivo itinerante. A poppa e a prua, l’organizzazione prevede gli alloggi e i servizi igienici riservati rispettivamente ai marinai e al personale. Lo spazio restante, con l’innalzamento del ponte per una altezza libera di 4,15 metri sostenuto da due file simmetricamente disposte di pilotis, prevede la successione di diversi dormitori, servizi igienici comuni, un refettorio, servizi tecnologici e cucina e, in posizione centrale, la scala principale di accesso al livello più basso dal ponte di coperta. La superficie esterna corrispondente alla parte sopraelevata del ponte, con l’estradosso destinata a terrazza praticabile, è interamente finestrata sui lati lunghi per facilitare l’aerazione e l’illuminazione dello spazio interno. L’asile flottant, pur non avendo subito alterazioni nella originaria configurazione si presenta oggi in stato di abbandono ed è tristemente attraccato sulla riva sinistra della Senna, in prossimità del ponte d’Austerliz.
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a fianco: Asile Flottant Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)118, FLC L2(4)1, FLC L2(4)116, pagg. 180-181 Asile Flottant Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)4
sopra e a lato: Asile Flottant, Parigi, piante, sezioni e prospetto FLC 12061 FLC 12071 FLC 12055
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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VILLA SAVOYE 1928-1931
Possibilità di visita Tutti i giorni escluso il lun 10/17 (orario invernale, 2 novembre – 28 febbraio, 10/13 e 14/17) Ingresso a pagamento. Per gruppi è necessaria la prenotazione. Tel. 01 39650106 villa-savoye@monuments-nationaux.fr Note La villa, inserita nella lista dei monumenti storici dal 1964, si presenta in ottimo stato di conservazione anche a seguito dei recenti restauri
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente M. e M.me Savoye Ubicazione 82, chemin de Villiers, 78300 Poissy, Yvelines Gare St. Lazare treno direzione Poissy RER A direzione Poissy Dalla stazione di Poissy, Bus direzione La Coudray fermata Lycèe Le Corbusier (linea 50) In macchina: Porte de Saint-Cloud , A 13, uscita n° 7 verso Poissy e D 153 o Porte Maillot, N 13 e A 14, uscita n° 6 verso Poissy e D 153, entrata n° 5 (seguire la direzione Villa Le Corbusier)
a lato: Villa Savoye Poissy, foto d’epoca FLC L2(17)70
pagg. 184-185: Villa Savoye Poissy, stato attuale
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184 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Costruita per Pierre Savoye, facoltoso direttore di una compagnia di assicurazioni, les heures claires è adagiata in un parco nella immediata periferia di Poissy (a 30 Km da Parigi). Sintesi sapiente ed estrema dei cinque principi lecorbusierani, testimonia la distanza dai codici compositivi della residenza tradizionale qui reinterpretati in una matrice di relazioni funzionali e prestazionali, che azzerano ogni dogmatica convenzione. L’ingresso principale si trova dalla parte opposta rispetto alla direzione di arrivo e si apre verso la valle della Senna. Sempre meno utilizzata, perché poco confortevole, specie per le diffuse infiltrazioni d’acqua, la villa è presto abbandonata dai proprietari. Occupata prima dalle truppe tedesche e successivamente da quelle alleate, la villa subisce gravi danni. Nel 1958, ormai in rovina e già utilizzata come fienile, la municipalità di Poissy ottiene prima l’espropriazione della villa e del terreno circostante, quindi il permesso di costruire in quell’area un liceo. A seguito dell’intervento di una associazione internazionale di architetti, il Ministro della Cultura Andrè Malraux provvede a inserire la villa nell’elenco degli edifici pubblici, nonostante Le Corbusier sia ancora in vita. Risale invece al 16 dicembre 1965, l’inserimento della villa Savoye nella lista dei monument historique e al 1967 il trasferimento al Ministero della Cultura. Il liceo, intitolato a Le Corbusier, è poi comunque realizzato a breve distanza dalla villa. La residenza per i Savoye si trova oggi in eccellente stato di conservazione, quale risultato di una serie di importanti interventi di restauro. La prima ristrutturazione completa dell’edificio è realizzata tra il 1963 e il 1967 sotto la direzione dell’architetto Jean Dubuisson, senza il diretto coinvolgimento di Le Corbusier. Rilevanti interventi alla struttura principale, alle impermeabilizzazioni e alle facciate sono poi effettuati dal 1985 al 1993 sotto la direzione dell’architetto Jean-Louis Vèret. Con il completamento dei lavori di restauro e il definitivo trasferimento della villa alla Direction du Patrimonie nel 1992, l’architetto Bruno Chauffert-Yvart, con l’assistenza dell’architetto Laurence Razy, viene incaricato di provvedere alla manutenzione ordinaria della villa, di completare il restauro degli interni e della vicina casa del giardiniere, episodio in miniatura dei connotati espressivi della villa.
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Villa Savoye Poissy Schizzo prospettico FLC 19694
Villa Savoye Poissy, sezione e prospetti FLC 19417 FLC 19421 FLC 19422 pagg. 188-189: Villa Savoye Poissy, foto d’epoca FLC L2(17)19
Villa Savoye Poissy, modello digitale da progetto originario
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CITÉ DE REFUGE 1929-1933
Note L’edificio è stato restaurato dagli progettisti nel 1948 con la trasformazione delle superfici vetrate e l’aggiunta di brise-soleil. Nel 1975 la struttura è stata interamente ridipinta senza rispettare le indicazioni originarie. Attualmente l’edificio presenta un diffuso stato di degrado. Dintorni • Asile Flottant (scheda n. 11) Un possibile itinerario può proseguire verso: • Cité Universitarie (schede nn. 14 e 18)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret, Charlotte Perriand Committente Armée du Salut Ubicazione 12, rue Cantagrel, XIII arrondissement Métro Bibliothèque (linea 14) Métro Porte-d’Ivry (linea 7) Fermata Patay (bus 62) Fermata Patay Tolbiac (bus 27) Possibilità di visita Ben visibile dalla rue Cantagrel e da rue du Chevaleret. Gli spazi comuni sono visitabili, mentre per una visita più approfondita è possibile effettuare una prenotazione: tel. 01 53618200
a lato: Cité de Refuge Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)53
pagg. 192-193: Cité de Refuge Parigi, stato attuale
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192 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
La Citè de Refuge de l’Armée du Salut costituisce la prima realizzazione di Le Corbusier a scala urbana e anticipa le successive esperienze delle Unitè d’habitation. L’architettura, con funzione socio-assistenziale, si configura come una microrealtà urbana all’interno della metropoli parigina. L’edificio dialoga con il tessuto circostante attraverso i volumi frammentati degli ultimi piani, unità abitative staccate dal corpo monolitico sottostante, e mediante il crescent sul lato corto che in direzione est si apre visivamente sulla Senna. La copertura, costituita da una terrazza accessibile, posta a 35 metri di altezza rispetto al piano stradale, è pensata come spazio collettivo aperto alla percezione della città tradizionale. La struttura portante a pilotis del corpo principale, concetto strutturale e compositivo applicato contemporaneamente nel vicino Pavillon Suisse della Citè Universitarie, consente la realizzazione del plan libre e, al di sotto del piano stradale, la predisposizione di una rue interior. La costruzione restituisce un immenso congegno climatizzato che Le Corbusier definiva, con l’abituale enfasi, come un edificio a respiration exacte. L’applicazione di una serie di accorgimenti tecnologici, rende l’edificio una struttura all’avanguardia. Una imponente superficie vetrata (di oltre mille metri quadrati) ermeticamente chiusa e priva di ogni protezione dai raggi solari, si apriva sulla rue de Cantagrel in direzione sud almeno fino al 1948, quando i mal funzionamenti del sistema adottato impongono l’installazione di brise-soleil che avrebbero snaturato la facciata continua. Il corpo di fabbrica che si estende lungo la rue de Chevaleret è una aggiunta progettata nel 1978 da Georges e Philippe Verrey.
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Cité de Refuge,Parigi sezione e piante FLC 10597A FLC 10594A FLC 10590
sopra: Cité de Refuge, Parigi, schizzo prospettico FLC 10790 pagg.196-197: Cité de Refuge Parigi, foto d’epoca FLC L2(4)42
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PAVILLON SUISSE 1930-1933
Note Il padiglione è stato restaurato negli anni Cinquanta mantenendo sostanzialmente le caratteristiche originarie Dintorni Un possibile itinerario può proseguire all’interno della Cité verso: • Maison du Brésil (scheda n. 18) • Padiglione olandese (1929), Willem Dudok ed Ernest Picard • Atelier Ozenfant (scheda n. 2)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Curatorium della Maison suisse, Cité Universitaire Ubicazione 7, Boulevard Jourdan, Cité Universitaire Internationale de Paris. XIV Arrondissement Métro Porte d’Orléan (linea 4) Fermata Porte d’Orléan o Stade Charléty (Tram linea 3) RER B, Citè Universitaire Possibilità di visita Entrata libera nella Cité Universitaire. Visitabile il piano terra e un alloggio-tipo al primo piano. Ingresso a pagamento. Orario 10/12, 14/17 Visite di gruppo su appuntamento
a lato: Pavillon Suisse Parigi, foto d’epoca FLC L2(8)39
pagg. 200-201: Pavillon Suisse Parigi, stato attuale
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
La costruzione del Pavillon Suisse nella Citè Internationale Universitarie de Paris, ubicato non lontano dalla Maison du Brèsil realizzata in seguito da Le Corbusier rielaborando un progetto di Lucio Costa, avviene in condizioni estremamente difficili sia dal punto di vista finanziario sia per la particolare natura del terreno. I caratteri compositivi e strutturali dell’edificio, inaugurato nel luglio del 1933, restituiscono un vero e proprio laboratorio di idee, determinante per l’evoluzione della produzione lecorbuseriana e più in generale dell’architettura nel panorama internazionale. Tra questi caratteri emergono soprattutto: l’indipendenza della composizione planimetrica rispetto alla forma del lotto, la distinzione formale e strutturale in base alla diversa funzione degli spazi, il coniugare superfici piane e curve, il dialogo dei materiali artificiali e naturali. Il corpo degli alloggi si eleva su di un singolare sistema a pilotis, en bèton brut de dècoffrage, plasmati in forme organiche. Su questa struttura è impostata l’ossatura metallica dei piani superiori, visibile in parte nella scala principale, completamente indipendente dai muri d’andito, che collega i diversi livelli degli alloggi. In corrispondenza dei ripiani intermedi si possono distinguere i collegamenti in forma di giunzioni bullonate con la struttura metallica principale. Il prospetto segue lo schema applicato nella costruenda Citè de refuge, con l’utilizzo di una superficie vetrata continua a moduli quadrati qui conclusa da un alta fascia di coronamento in cemento armato a vista, interrotta da tre diseguali aperture che denunciano la presenza di un solarium. Sui lati corti, costituiti da pareti cieche, si osserva il motivo geometrico della disposizione dei pannelli di rivestimento. Gli spazi comuni al piano terra, l’atrio-soggiorno decorato da composizioni pittoriche e il refettorio, insieme agli altri vani di servizio, risultano svincolati nell’organizzazione planimetrica da una impostazione geometrica rigorosa. Sul retro, il corpo scala con superficie ad andamento curvilineo media la sequenza volumetrica dal corpo del piano terra, distinto attraverso un rivestimento in pietra. Le camere, con arredi sobri ed essenziali sono studiate insieme a Charlotte Perriand ed evidenziano la ricerca minuziosa per la definizione dello spazio esistenziale minimo. Nel 1948, Pierre Jeanneret guiderà i lavori di ristrutturazione e l’installazione di tende oscuranti all’esterno della facciata continua.
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 a lato: Pavillon Suisse, Parigi Schizzo per elemento di arredo fisso FLC 15670A
a lato: Pavillon Suisse, Parigi Schizzi prospettici FLC 15304A FLC 31510 pagg. 203-204: Pavillon Suisse, Parigi Foto d’epoca FLC L2(8)26
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IMMEUBLE MOLITOR 1931-1934
Note La superficie vetrata esterna ha subito alcune trasformazioni. L’edificio si trova in buono stato di conservazione Dintorni • Piscine Molitor (1929), Lucien Pollet, 14, avenue de la Porte Molitor • Groupe scolaire (1934), Jacques Brandon e Louis Catelaine, 23-27, avenue du Parc des Princes Un possibile itinerario può proseguire verso • Villa Cook (scheda n. 7 ) • Villa La Roche (scheda n. 4 ) • Villa Jeanneret-Raaf (scheda n. 5) • Villa Lipchitz-Miestchaninoff (scheda n. 3)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret (arredi appartamento Le Corbusier di Charlotte Perriand) Committente MM. Kouznetzoff e Noble (Societé Immobiliére Paris, Parc des Princes) Ubicazione 24, rue Nungesser-et-Coli, XVI arrondissement Métro Michel-Ange Molitor (linea 10) La Tourelle (bus 52) Possibilità di visita Visitabile su appuntamento l’appartamento di Le Corbusier all’ultimo piano. Tel. 01 42887572 reservation@fondationlecorbusier.fr
a lato: Immeuble Molitor Parigi, foto d’epoca FLC L2(10)5
pagg. 208-209: Immoble Molitor Parigi, stato attuale
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Progettato da Le Corbusier e Pierre Jeanneret nel 1931 e concluso nel 1934, l’edificio sistemato in posizione panoramica tra il Parco dei Principi e il Bois de Boulogne, viene scelto da Le Corbusier come propria abitazione. La residenza-studio, sistemata all’ultimo piano e collegata al toit-jardin, si estende per una superficie complessiva di circa 240 metri quadrati. Il sistema delle volte permette la creazione di ampi spazi senza il ricorso a supporti verticali, consentendo anche la creazione di ambienti funzionali continui non frammentati da tradizionali elementi di separazione. Le porte, ad esempio, si configurano come setti mobili preposti a dividere all’occasione gli spazi pubblici da quelli privati: lo studio di pittura e la parte abitativa vera e propria. Lo studio è diviso in tre ambienti principali: la grande sala-atelier, con ampie finestrature coperta con volta (circa 3x12 metri, con un’altezza di 3,50 metri); il panoramico spazio d’angolo con scrivania e lo scrittoio; una piccola camera di servizio. Un ruolo fondamentale è affidato alla luce naturale, che Le Corbusier profonde attraverso un sapiente equilibrio tra pieni e vuoti, completato da un sistema di pannellature destinate alla modulazione durante le ore mattutine. La parte residenziale vera e propria è composta da un ambiente per la cucina, disegnato dalla moglie di Le Corbusier insieme a Charlotte Perriand, una camera da letto e l’originale stanza da bagno. All’ultimo piano, raggiungibile con una scala a chiocciola contenuta in un piccolo volume di vetro e muratura, si accede alla terrazza superiore.
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Immeuble Molitor Parigi, pianta FLC 13320 Immeuble Molitor Parigi, schizzi FLC 13602 FLC 13850
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In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 Immeuble Molitor, Parigi sezione FLC 13338 pagg. 212-213 Immeuble Molitor, Parigi foto d’epoca FLC L2(10)28
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MAISON HENFEL 1934-1935
Dintorni Un possibile itinerario può proseguire verso: • Villa Stein de Monzie (scheda n. 10) • Villa Besnus (scheda n. 1)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Pierre Jeanneret Committente Henry Félix, PDG Société Henfel Ubicazione 49, avenue de Chesnay, La Celle-Saint-Claud, Yvelines SNCF Gare St.Lazare direzione Saint-Claude A piedi lungo avenue de Chesnay (5 minuti) In macchina da rue National RN307 da Paris a Mantes Possibilità di visita Non visitabile. Difficilmente visibile dalla strada Note L’edificio è poco riconoscibile a seguito di un ampliamento e della rimozione delle superfici vetrate
a lato: Maison Henfel Yvelines, foto d’epoca FLC L1(6)144
pagg. 216-217: Maison Henfel, Yvelines schizzo assonometrico FLC 09242
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In questo progetto Le Corbusier coniuga il linguaggio più tradizionale con le moderne tecnologie raggiungendo un risultato inatteso nella produzione di questi anni. L’impiego del cemento armato, grazie alla sua plasticità, si traduce in forme voltate che rimando al vocabolario gaudiano e attribuisce all’intera composizione un carattere di sobria continuità linguistica. Il camino sistemato nel soggiorno è contemporaneamente fulcro strutturale ed elemento simbolico della vita domestica, che garantisce una continuità funzionale e percettiva tra lo spazio interno e lo spazio esterno. La scelta dei materiali e l’adozione di un’altezza inferiore agli standard abitativi, risponde in gran parte ai desideri del committente, ma anche alla volontà del progettista di sperimentare un nuovo approccio plastico.
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Maison Henfel, Parigi Schizzo prospettico FLC 09250 a lato Maison Henfel, Parigi Sezione e pianta FLC 09247A FLC 09295
pagg. 220-221: Maison Henfel, Parigi Parigi, foto d’epoca FLC L1(6)145
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VILLA JAUOL 1951-1955
Note In buono stato di conservazione Dintorni Un possibile itinerario può proseguire verso: • Villa La Roche (scheda n. 4) • Villa Jeanneret-Raaf (scheda n. 5)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, German Samper, André Wogenscky, Jacques Michel, Kim, Fernand Gardien, André Maisonnier e Rogelio Salmona Committente André e Michel Jaoul Ubicazione 81 bis, rue de Longchamp, Neuilly sur Seine, Hauts-de-Seine SNCF Gare St.Lazare direzione Vaucresson Métro Les Sablons o Pont de Neuilly (Linea 1) Fermata rue du Centre (Bus 43) Possibilità di visita Visitabile su appuntamento Ingresso a pagamento
a lato: Villa Jaoul Neuilly sur Seine foto d’epoca FLC L2(3)30
pagg. 224-225: Villa Jaoul Neuilly sur Seine , stato attuale
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224 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Rispetto a un primo progetto riguardante la realizzazione di una sola casa elevata su tre piani, Le Corbusier progetta nel 1951 due edifici distinti ma collegati tra loro. Per la struttura viene adottata una soluzione che rompe con le esperienze precedenti, attraverso l’adozione di un sistema di travi e volte binate in cemento armato, con arco sensibilmente ribassato, che trovano sostegno in una struttura muraria continua realizzata in elementi laterizi. L’applicazione delle proporzioni del Modulor non rinnega del tutto le primitive istanze di razionalità e geometria, soprattutto nei lati brevi di entrambi gli edifici. I lavori iniziati durante l’estate del 1953 si protraggono oltre le previsioni a causa delle difficoltà finanziarie dei committenti. L’associazione di materiale laterizio con il cemento armato a faccia vista in una proposizione innovativa, abbinato all’essenzialità delle forme geometriche, rappresenta indubbiamente uno dei primi esempi di brutalismo di cui lo stesso architetto sarà protagonista.
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In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930 Villa Jaoul Neuilly sur Seine modello digitale da progetto originario
Villa Jaoul, Neuilly sur Seine foto d’epoca FLC L2(3)31
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pagg. 227-228: Villa Jaoul, Neuilly sur Seine foto d’epoca FLC L2(3)36
In APPARATO viaggio con ICONOGRAFICO Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
a lato: Atelier Ozenfant Parigi Schizzo prospettico FLC 22734
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MAISON DU BRÉSIL 1953-1959
Possibilità di visita Entrata libera nella Cité Universitaire. Ingresso a pagamento. Tel. 01 58102300 www.maisondubresil.org Note Il padiglione ha subito negli anni ’50 e ’60 alcuni interventi di ristrutturazione, mantenendo sostanzialmente le caratteristiche originarie. Recentemente ha subito un intervento di restauro. Dintorni Un possibile itinerario può proseguire all’interno della Cité verso • Pavillon Suisse (scheda n. 14) • Padiglione olandese (1929), Willem Dudok ed Ernest Picard • Atelier Ozenfant (scheda n. 2)
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
Autori Le Corbusier, Lucio Costa, André Wogenscky, Jacques Michel, Fernand Gardien, Charlotte Perriand Committente Governo brasiliano, rappresentato da Périclès Madureira a Pinho, direttore del Pavillion Ubicazione 7, Boulevard Jourdan, Cité Universitaire Internationale de Paris, XIV arrondissement. Accesso per avenue de la Porte-de-GENTILLY Métro Porte d’Orléans (linea 4) Fermata Porte d’Orléans o Stade Charléty (tram linea 3) RER B, Citè Universitaire Porte de Gentilly (Bus 21 e 67)
a lato: Maison du Brèsil Parigi, foto d’epoca FLC L2(6)45
pagg. 232-233: Maison du Brésil Parigi, stato attuale pagg. 234-235: Maison du Brésil Parigi, foto d’epoca FLC L2(6)40r
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232 In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
In viaggio con Le Corbusier. Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
I primi progetti del padiglione compreso nella Citè Internationale Universitarie de Paris sono dell’architetto brasiliano Lucio Costa, successivamente rielaborati dall’atelier di Le Corbusier. La poderosa struttura in cemento armato è costituita da 5 setti binati e da due setti alle estremità, che impegnano tutta la larghezza. Questi elementi sostengono le travi trasversali rastremate sulle quali sono impostate quelle longitudinali, che ricorrono lungo tutto il corpo degli alloggi studenteschi, distribuiti su 5 livelli e corredati, ad ogni piano, di sala musica, cucina comune, atelier e sala studio. Alla rigorosa costruzione dello spazio destinato alla residenza universitaria, si contrappone l’estrema fluidità degli spazi funzionali del piano terra. A questo livello prevale la sinuosità delle delimitazioni curvilinee degli ambienti che disimpegnano l’ingresso, da cui si accede al teatro e alla sala da gioco, e il corpo dell’alloggio del direttore con servizi di biblioteca, ufficio e segreteria. L’atrio, unico spazio aperto verso l’esterno, è direzionato da due serie di 3 pilotis e filtrato da ampie superfici vetrate interrotte da sottili strutture divisorie in cemento armato in guisa di frangisole. La facciata che prospetta su Avenue Pierre de Coubertin e sul recente complesso sportivo prossimo allo stadio Sèbastien Charlèty, presenta un reticolo compositivo che non si adegua alla diversa larghezza degli alloggi per studenti, ubicati nella parte destra, mantenendo lo stesso passo della divisione dei setti delimitanti le logge. L’orizzontalità dei parapetti in pannelli traforati, compresi tra il marcapiano e l’accentuata fascia del davanzale, con superfici trattate, è sapientemente coniugata con la verticalità degli elementi che separano le logge a servizio degli alloggi. La continuità del loggiato per gli alloggi doppi è assicurata da un’apertura nei setti medesimi. La facciata che si apre verso la Citè universitare propone un diverso trattamento delle superficie lasciate a beton brute nelle due ali che corrispondono ai vani scala, ai servizi igienici e agli spazi collettivi.
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INDICE
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Introduzione
Paris n’est pas une ville, paris c’est un monde Le architetture di Le Corbusier a Parigi (1920-1930)
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Susanna Caccia
Prime sperimentazioni di Le Corbusier a Parigi e dintorni
53
Roberto Castiglia
Nécessité contre le décor. Parigi 1925: il padiglione dell’Esprit Nouveau
83
Marta Gentili
Bibliografia
93
Itinerari di architettura a Parigi 1920-1930
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Guida illustrata
Finito di stampare nel mese di dicembre 2009 in Pisa dalle Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com
Una serie di micro carnets per suggerire al moderno flâneur inediti itinerari attraverso il paesaggio dell’architettura moderna e contemporanea Una guida attraverso le architetture di Le Corbusier a Parigi, da Ville La Roche alla geometrica perfezione di Ville Savoye, analizzate nei loro dettagli costruttivi e restituite graficamente per consentirne una lettura approfondita. Il volume corredato da mappe, itinerari e indicazioni utili, permette al viaggiatore di vedere la Parigi disegnata da uno dei maggiori protagonisti dell’Architettura del Novecento.
â‚Ź 20,00