MATISSEILLUSTRATORE a cura di Michele Tavola
Edizioni ETS
www.edizioniets.com
© Succession H. Matisse, by SIAE 2007 L’Editore resta a disposizione degli eventuali aventi diritto non potuti reperire
© Copyright 2007 Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com Distribuzione PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze] ISBN 978-884671927-0
MATISSEILLUSTRATORE 21 settembre 2008 – 2 novembre 2008 Villa Bertarelli Via Bertarelli, 15 Galbiate (Lc)
Comune di Galbiate
Assessorato alla Cultura
Sindaco
Catalogo e mostra a cura di
Livio Bonacina
Michele Tavola
Assessore alla Cultura
Testi in catalogo di
Giorgio Meregalli
Alessia Polvara
Corrado Mingardi Sandro Parmiggiani Elena Pontiggia Michele Tavola
in collaborazione con
Progetto grafico catalogo
Città di Carpi
Susanna Cerri
Dirigente settore cultura
Provincia di Lecco Assessorato alla Cultura e ai Beni Culturali
Consorzio Parco Monte Barro Comunità Montana del Lario Orientale Collana Editoriale
Itinerari di Natura e storia nella Comunità Montana del Lario Orientale n. 40
con il patrocinio di
Regione Lombardia Culture, Identità e Autonomie della Lombardia si ringrazia in modo particolare
Corrado Mingardi per il prestito delle opere
Fotografie
Giorgio Giliberti Coordinamento e organizzazione Allestimento
DNPR architetti associati Ufficio stampa e comunicazione
OPERA d’ARTE Uffici comunali
Davide Brambilla Angelo Furio Cecilia Ghislanzoni Mariagrazia Riva Reginella Riva
Con la pubblicazione di questo catalogo, contemporaneo alla apertura della mostra Matisse illustratore, vediamo compiersi la prima importante tappa di un percorso che, auspichiamo, porterà Villa Bertarelli e Galbiate a diventare centro dedicato alla cultura e all’arte. La ragione che ha portato la Provincia di Lecco a farsi promotrice di questa mostra è il significato polivalente che essa assume, soprattutto per un territorio come quello lecchese che – escludendo le prestigiose mostre delle Scuderie di Villa Manzoni e della Torre Viscontea a Lecco, e qualche altra fortunata esperienza – non si é ancora impegnato in modo sistematico e continuativo sul versante della promozione dell’arte. In primo luogo bisogna sottolineare il grande valore in sé delle opere che verranno esposte: opere grafiche di uno dei più grandi e rivoluzionari artisti del ‘900 europeo, raccolte accuratamente e appassionatamente dal collezionista Corrado Mingardi, che ringrazio di cuore per la generosità che lo porta a voler condividere il suo patrimonio personale. In secondo luogo, la volontà del nostro territorio che, spronato dalla professionalità del critico Michele Tavola, è riuscito a non farsi sfuggire la grande occasione di ospitare queste opere, unendo le forze di Enti Pubblici – il Comune di Galbiate in primis, la Comunità Montana del Lario Orientale e il Parco Monte Barro- alle forze di soggetti privati – e ringrazio quindi i prestigiosi sponsor che sostengono l’iniziativa. Infine l’importanza di una collaborazione, oltre il confine regionale, con il Comune di Carpi, che ha fatto sì che opere così belle, anche se meno note di altre dello stesso autore, accompagnassero nel 2007 l’inaugurazione della Biblioteca di Carpi e, a distanza di un anno, la definitiva destinazione di Villa Bertarelli ad accogliere l’arte moderna e contemporanea. L’auspicio è che, nei mesi di apertura, la mostra possa essere visitata da un numero significativo di visitatori, appassionati o semplici curiosi, e che il catalogo possa essere la prima importante testimonianza del percorso di avvicinamento all’arte che, con sempre maggiore impegno, si svilupperà nel futuro.
Chiara Bonfanti Assessore alla Cultura e ai Beni Culturali Provincia di Lecco
Emozione, entusiasmo, soddisfazione. Solo così riesco ad esprimere quello che sento, mentre mi accingo a scrivere queste righe di presentazione per la mostra su Matisse. Sono intimorito dal pensiero che una piccola comunità come la nostra ospiti, nelle fascinose sale di Villa Bertarelli, uno dei più grandi artisti del ‘900, che con la sua genialità ha tracciato, con pochi altri, le coordinate dell’arte moderna. Una mostra questa che è un incanto, un tesoro accumulato con competenza e passione, che miracolosamente viene alla luce, diventando generosa condivisione di bellezza. Sorrido pensando all’appellativo di belva rivolto a Matisse da un critico imbalsamato, che non seppe cogliere la grandezza delle sue opere e convengo con quanti sostengono che gli artisti veri sono anticipatori di nuovi mondi e scopritori di nuove terre, cellule rigeneranti che immettono linfa vitale all’interno della società. Se oggi siamo qui ad ammirare questa importante collezione, lo dobbiamo alla collaborazione di quanti hanno condiviso il progetto e, con il loro prezioso contributo, reso possibile. Un pensiero di gratitudine lo rivolgo a Corrado Mingardi, collezionista colto e raffinato, che ringrazio per la cordiale disponibilità. Grazie quindi al curatore Michele Tavola, lecchese di origine ed emigrante di lusso per amore dell’arte, che non dimentica però le proprie radici e lavorando al progetto con Carpi, con la quale auspico un futuro di collaborazione, tenacemente si adopera affinché la mostra raggiunga anche la sponda lariana. Grazie anche a Chiara Bonfanti, assessore provinciale alla cultura, per aver colto con maestria l’eccezionalità di un evento come questo per il nostro territorio e per avermi coinvolto nell’avventura. Un sentito ringraziamento lo rivolgo alla Comunità Montana del Lario Orientale, al Consorzio del Parco del Monte Barro, per aver sostenuto l’iniziativa con sensibilità e lungimiranza, a tutti gli Sponsors senza i quali nulla si sarebbe mosso e a tutte le persone che hanno collaborato con dedizione e professionalità. Mi piacerebbe infine che l’entusiasmo che ha contagiato tutti noi, si trasmettesse a coloro che si avvicineranno alla mostra e a questo elegante catalogo.
Giorgio Meregalli Assessore alla Cultura comune di Galbiate
MatisseIllustratore
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Sommario
11 Matisse illustratore di Michele Tavola
19 Matisse e MallarmĂŠ
Luce, classicitĂ , Polinesia nelle tavole per le PoĂŠsies
di Elena Pontiggia
25 Corrado Mingardi da Busseto
Le comuni radici di passione del collezionare e di senso civico di Sandro Parmiggiani
33 Opere schede a cura di Corrado Mingardi
97 Apparati critici a cura di Michele Tavola
99 Antologia Scritti di Henri Matisse
103 Jazz di Henri Matisse
105 Henri Matisse Percorso biografico
111 Bibliografia essenziale
MatisseIllustratore
9
Matisse illustratore
cora non aveva risolto i problemi finanziari e non aveva conosciuto
di Michele Tavola
della guerra e dalle sofferenze causate dalla malattia. In questo
il successo, e gli anni estremi della sua vita, segnati dalle tragedie secondo periodo, limitato dalle menomazioni fisiche che resero la pittura e la scultura troppo faticose, scoprì la straordinaria tecnica dei papiers découpés, le carte colorate che ritagliava e ricomponeva, creando immagini di sorprendente sintesi formale. I libri illustrati appartengono agli anni della maturità e all’ultima stagione della sua vita. Prima di affrontare nel dettaglio il tema che riguarda direttamente l’esposizione, occorre chiarire che lungo tutta la sua carriera, ma specialmente nella fase tarda, la produzione di Matisse va considerata a tutto tondo, indipendentemente dalla modalità esecutiva adottata: poteva utilizzare i pennelli o le forbici, la matita o gli inchiostri tipografici, ma perseguiva sempre un unico e coerente
Matisse lavora ai papiers découpés nel suo studio dell’Hotel Régina di Nizza 1952
Non si direbbe proprio che fosse la belva più feroce tra le belve.
progetto artistico. Il concetto è espresso in maniera esemplare
Guardando la fotografia scattatagli da Brassaï nel suo studio pari-
da Jean Guichard-Meili nell’introduzione al catalogo ragionato
gino di Villa Alésia nel 1939, mentre lavora in camice bianco davan-
dell’opera grafica: “Gli eventi organizzati in occasione del cente-
ti alla modella in posa, lo si direbbe piuttosto un vecchio medico di
nario, nel 1970, avevano già potuto convincere un vasto pubblico,
famiglia dall’aria burbera ma rassicurante, nell’atto di prescrivere
attento all’unità di fondo della produzione dell’artista, che non ci
un farmaco. Oppure, osservandolo nella sua residenza nizzarda
fossero differenti Matisse – il pittore, il disegnatore, lo scultore,
dell’Hotel Régina, nel 1952, seduto sulla sedia a rotelle in un abito
l’incisore, l’autore di gouaches découpées e di illustrazioni di libri
che sembra essere un pigiama, con le forbici in mano e immerso
– ma uno solo”.
tra le carte ritagliate che avevano ispirato a Tériade l’idea di Jazz, si potrebbe pensare a un nonno premuroso. O ancora, vedendo-
Questa mostra presenta quattro tra i più bei libri che egli abbia
lo sforzarsi di lavorare ai cartoni per la Cappella del Rosario con
mai realizzato, capolavori molto diversi l’uno dall’altro: per argo-
un lungo bastone di legno con il carboncino posto sull’estremità,
mento, per stile e per tecnica. Si parlerà diffusamente delle opere
costretto a letto dalla malattia che lo rese invalido, fa quasi tene-
esposte, ma per meglio comprendere l’argomento che più ci sta
rezza. Sicuramente la sua immagine, sempre dignitosa e austera,
a cuore è opportuno fare un passo indietro e ripercorrere veloce-
suscita profondo rispetto, ma non timore.
mente il suo rapporto con la grafica d’arte.
Si stenta a credere che all’inizio del Novecento, quando guidava
Matisse non fu solo l’artista del colore, ma anche e soprattutto
una delle rivoluzioni pittoriche più radicali del secolo, possa esse-
della linea. È la linea che crea le forme, il mondo visibile, ed è la
re stato definito fauve, belva. Colori vivi e violenti, stesi in ampie
diretta conseguenza delle idee, del pensiero. L’acquaforte, la pun-
campiture piatte che eliminano la terza dimensione, sono la co-
tasecca, l’acquatinta, la litografia e il linoleum sono il territorio del
stante di capolavori quali La gioia di vivere, Il lusso, La stanza rossa
bianco e nero, sono il luogo in cui il tratto è sovrano incontrastato e
e La danza. E sono anche gli elementi stilistici che spinsero il criti-
costruisce le figure con la sua forza, con la sua purezza.
co Louis Vauxcelles, quando nel 1905 entrò nella settima sala del
L’artista lavorò le prime matrici di rame alla puntasecca, tra il
Salon des Indépendants, all’esclamazione da cui nacque il nome
1900 e il 1903. Il numero uno del catalogo dell’opera incisa è un
del movimento destinato a diventare celebre.
autoritratto di impostazione piuttosto tradizionale, di cui si co-
Analizzando la lunga e ricca parabola artistica di Matisse, si rima-
noscono quattro diversi stati. Questa prima stampa sembra es-
ne profondamente colpiti da un particolare aspetto: per quanto
sere una vera e propria dichiarazione di intenti. Matisse, infatti,
ogni fase della sua produzione sia costellata di opere di qualità
ritrae se stesso nell’atto di incidere una lastra di rame, utilizzando
sublime, i momenti più fortemente innovativi e sperimentali della
come modello per la composizione un autoritratto all’acquaforte
sua vasta attività sono i primi anni del secolo scorso, quando an-
di Rembrandt, datato 1648: con quest’opera allo stesso tempo
MatisseIllustratore
11
Henri Matisse mentre incide 1900-1903 puntasecca, mm 150x199
Gli anni Venti furono caratterizzati da un nuovo fervore per la grafica. Dal 1922 riprese intensamente a eseguire litografie, nelle quali si nota una maggiore consapevolezza delle molteplici possibilità espressive del mezzo tecnico. Sono di impressionante bellezza le numerose odalische, che riecheggiano i dipinti di questi anni, nelle quali l’infinita gamma dei grigi conferisce una raffinata delicatezza alle figure, già di per sé accattivanti e sensuali. Meritano di essere citate, tra le altre, l’Odalisca con magnolia del 1923, Arabesque del 1924, il Nudo accanto a un camino e la Grande odalisca, entrambe del 1925, e La Persiana del 1929 (Duthuit-Matisse 1983, nn. 432, 449, 454, 455, 507). Il 1926 segnò un deciso ritorno alle tecniche calcografiche, ovvero l’incisione su rame all’acquaforte e alla puntasecca, che ebbe il suo apice nel 1929 quando, in un solo anno, realizzò più di cento matrici. A partire dagli anni Trenta la produzione di stampe si intrecciò inestricabilmente con l’illustrazione di libri, tanto che non avrebsi professa incisore e si paragona a uno tra i più grandi maestri
be senso continuare a disquisirne separatamente. Ma prima di
dell’acquaforte di tutti i tempi. Gli altri fogli di quel periodo raf-
abbandonare questa breve introduzione sull’attività grafica di
figurano nudi femminili e sono palesemente studi, esercizi di al-
Matisse, necessaria per meglio comprendere i successivi svilup-
fabetizzazione, tentativi di appropriarsi del nuovo mezzo tecnico.
pi, bisogna ancora accennare ad alcuni fondamentali episodi del
Le prime litografie risalgono al 1906 e ancora una volta è la figura
quarto e del quinto decennio del secolo. Il nostro artista seppe
femminile il soggetto ricorrente. Quasi tutte le prove realizzate
sempre mettersi in gioco, anche quando era ormai affermato in
sono state eseguite su carta da riporto e sono per lo più di manie-
tutto il mondo e avrebbe potuto ripetere e riproporre le formule
ra, ad eccezione de Il grande nudo, disegnato direttamente sul-
di grande successo, apprezzate da pubblico e critica. Dei papiers
la pietra litografica (Duthuit-Matisse 1983, n. 403): a differenza
découpés, ai quali si dedicò assiduamente a partire dagli anni Qua-
degli altri fogli coevi presenta interessanti soluzioni stilistiche ed
ranta, si è già ampiamente detto, ma nell’ultimo periodo della sua
è stato tirato in un numero più consistente di copie (cinquanta
vita si avvicinò anche ad altre tecniche, per lui ancora inesplorate.
esemplari). Appartengono a questi anni anche le sue pochissime
Nel 1938 scoprì l’incisione su linoleum, in cui, come nei monotipi,
xilografie, che risentono di un’influenza marcatamente espres-
la linea è bianca e lo sfondo nero, ma in questo caso il segno si
sionista.
fa più largo, più netto, più fluido. Tra il 1946 e il 1952 eseguì circa
Dopo la prima fase, che può essere definita senza esitazioni speri-
cinquanta incisioni all’acquatinta, con un tratto ampio e morbi-
mentale, si dovette attendere quasi un decennio perché Matisse
do, dall’effetto quasi pittorico. L’acquatinta è utilizzata in purez-
tornasse a dedicarsi alla grafica. Tra il 1913 e il 1916 riprese a lavo-
za, senza il supporto di acquaforte o puntasecca per delimitare i
rare assiduamente alla creazione di litografie e incisioni su rame,
contorni delle figure e tracciare il disegno, come aveva già fatto in
nelle quali compaiono prevalentemente volti e ritratti. Ma questa
maniera esemplare Georges Rouault, amico di Matisse fin dall’ul-
fu soprattutto la stagione dei monotipi, di altissima qualità, in cui
timo decennio dell’Ottocento, quando entrambi frequentavano la
il disegno è costituito da segni di luce potenti e stilizzati che si sta-
classe di pittura di Gustave Moreau.
gliano su un fondo nero e uniforme. Il tratto bianco che taglia la
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superficie scura anticipa di venticinque anni le splendide incisioni
Il primo libro in cui comparve un’illustrazione di Matisse uscì nel
su linoleum, con le quali verranno realizzate le illustrazioni per la
1914, pubblicato dalla importante galleria parigina Bernheim-Jeu-
Pasiphaé di Henry de Montherlant. I monotipi rappresentano pre-
ne, alla quale l’artista rimase legato dal 1909 fino al 1924. Si trat-
valentemente nature morte e volti, qualche nudo. Le due versioni
tava di un omaggio a Cézanne, la cui prima monografia era stata
della Piccola ciotola (Duthuit-Matisse 1983, nn. 349-350) raggiun-
edita nel 1908 proprio da Bernheim-Jeune. Il prezioso volume, per
gono una tale essenzialità da sembrare composizioni astratte.
il quale Matisse tradusse in litografia la tela raffigurante Frutti e
MicheleTavola
Ritratto di Albert Skira, 1948, carboncino su carta
foglie, eseguita dal pittore di Aix-en-Provence nei primi anni Novanta del XIX secolo, uscì arricchito anche da un’acquaforte in tiratura postuma di Cézanne stesso e da stampe originali di Pierre Bonnard, Maurice Denis, Aristide Maillol, Ker-Xavier Roussel ed Edouard Vuillard. L’opera del vecchio maestro fu di fondamentale importanza per quasi tutti gli esponenti dei movimenti d’avanguardia francesi e Matisse non fece eccezione: scoprì i suoi quadri nell’ultimo decennio dell’Ottocento, nella galleria di Ambroise Vollard, il grande mercante ed editore originario dell’isola di La Réunion che legò il proprio nome a quello di Picasso e dei più grandi artisti della prima metà del Novecento. Nel 1899 acquistò da Vollard Le tre bagnanti di Cézanne, capolavoro che, con un gesto generoso, donò nel 1936 al Musée du Petit Palais di Parigi. Passò più di un decennio prima che altre pubblicazioni fossero accompagnate da sue stampe originali e, comunque, anche gli anni Venti videro rari episodi. Vale però la pena di ricordare l’affascinante opera Tableaux de Paris, tributo corale alla Ville Lumière realizzato nel 1927 dalle Editions Emile Paul Frères al quale contribuirono venti scrittori e altrettanti pittori, tra i quali spiccano i nomi di Paul Valéry, Colette, Jean Cocteau, Max Jacob, Pierre Bonnard, Albert Marquet, Georges Rouault, Maurice Utrillo, Kees Van Dongen e Maurice de Vlaminck. Matisse, per l’occasione, eseguì una delicata acquaforte raffigurante una veduta del Pont Saint Michel, che fu associata al testo di Charles Vildrac. Per assistere alla nascita di un vero e proprio libro illustrato si deve attendere il 1930, l’anno dell’incontro tra Matisse e Albert Skira. Matisse, all’epoca, aveva appena superato i sessant’anni e aveva ancora voglia di cimentarsi in progetti per lui inediti; Skira, invece, sebbene ne avesse solo ventisei, grazie a una fortunata alchimia di ambizione e coraggio, si accingeva a diventare uno dei principali editori del suo tempo. Quando il 28 aprile di quell’anno il giovane svizzero e il celebre pittore francese firmarono, davanti
Pantagruel di Rabelais, con le raffinatissime xilografie a colori di
a un notaio, il contratto che segnò ufficialmente l’inizio della loro
André Derain, Les Conquérants di André Malraux con le incisioni su
collaborazione, il catalogo delle edizioni di Skira non aveva anco-
rame di André Masson e, nel 1948, ancora Matisse con il Florilège
ra all’attivo un solo numero, ma due imprese memorabili stavano
des Amours di Ronsard, di cui si parlerà diffusamente più avanti.
per vedere la luce: due edizioni per bibliofili illustrate da Picasso,
Non è questa, però, la sede per ricostruire le vicende di Albert Skira,
la prima, e da Matisse, la seconda. Nel 1931, infatti, furono pub-
per quanto interessanti e significative per la storia del libro d’arti-
blicate Les Métamorphoses di Ovidio con trenta acqueforti del
sta. È invece opportuno tornare al 1930 e alla genesi del primo ca-
grande spagnolo e, nel 1932, le Poésies di Stéphane Mallarmé con
polavoro di Matisse nel campo dell’illustrazione libraria. In origine
ventinove incisioni del pittore di Le Cateau-Cambrésis. Succes-
l’artista avrebbe dovuto ideare immagini per Les amours de Psyché
sivamente al folgorante dittico d’esordio, Skira confermò la sua
di La Fontaine, ma presto venne preferito Mallarmé. Lavorò i rami
fama dando vita a opere rimaste nella storia dell’arte quali, ad
a Nizza, incidendo circa sessanta lastre, tra le quali vennero scelte
esempio, Les Chants de Maldoror di Isidore Ducasse detto il Conte
le ventinove che avrebbero fatto parte dell’edizione. I fogli ven-
di Lautréamont, con le visionarie illustrazioni di Salvador Dalí, il
nero stampati a Parigi, nel laboratorio dell’esperto Roger Lacou-
MatisseIllustratore
13
sopra Ballerina acrobata 1931-1932 litografia, mm 259x247
14
sotto
Henry de Montherlant 1942 litografia, mm 245x180
rière che, probabilmente, fu il
però, il progetto non venne mai portato a termine, per motivi che
più grande maestro calcogra-
non ci è dato conoscere.
fo francese del secolo scorso.
Il libro successivo fu l’Ulysses di James Joyce, pubblicato nel 1935
Quasi tutti i più importanti ar-
dal Limited Editions Club di New York, ma raggiunse un esito ben
tisti del Novecento si servirono
lontano da quello delle Poésies edite da Skira tre anni prima, tanto
dei suoi torchi per stampare le
che Matisse, nel noto testo Come ho fatto i miei libri, non lo men-
proprie incisioni. Matisse, Ski-
ziona nemmeno e cita invece come sua seconda fatica illustrati-
ra e Lacourière: dalla collabora-
va la Pasiphaé. Fin dall’inizio le cose andarono piuttosto male e
zione di tre personalità di tale
l’artista incontrò diverse difficoltà, come lui stesso affermò senza
rilievo non poteva che nascere
giri di parole in una lettera scritta l’11 agosto 1934 all’amico Simon
un’opera di eccellente qualità.
Bussy: “Ho perso tre settimane da un litografo imbecille che mi ha
Lo scrupolo e il perfezionismo
lasciato lavorare con materiali che lui stesso non conosceva. Ho
di ciascuno dei tre personaggi
fatto tre pietre, la prima insignificante, la seconda non è venuta
coinvolti nell’impresa rese il
e la terza è venuta tutta nera”. In seguito a questi esperimenti in-
lavoro particolarmente impe-
felici decise di incidere dei rami con la tecnica della vernice molle.
gnativo. Matisse inviò a Parigi
Matisse, che confessò candidamente di non avere mai letto il ro-
le matrici incise ma, dovendosi
manzo di Joyce, si ispirò direttamente ai poemi omerici e scelse
trattenere in Costa Azzurra,
di raffigurare personaggi, luoghi ed episodi famosi quali Calipso,
pretese che sua figlia Marguerite controllasse il lavoro di stampa
Circe, Itaca, la battaglia contro Polifemo, la nave di Ulisse in balia
in ogni minimo dettaglio, giorno per giorno, mettendo a dura pro-
della tempesta e il suo incontro con Nausicaa. Si potrebbe quindi
va la pazienza di Lacourière.
pensare che il risultato poco convincente fosse dovuto a una certa
Mentre stava lavorando al suo Mallarmé, Matisse eseguì la serie
mancanza di empatia tra lo scrittore irlandese e il pittore francese,
delle Danseuses acrobates, dodici splendide litografie che conob-
ma in realtà i problemi furono di carattere ben più pratico. Quando
bero l’onore di una tiratura solo nel 1967, tredici anni dopo la morte
creò il libro di Mallarmé, Matisse ebbe modo di seguire ogni parte
dell’autore. Linee pure, semplici, essenziali, che con pochi tocchi
del processo creativo e, come si è già sottolineato, poté affidarsi a
di matita creano le forme e rendono l’idea della danza, del movi-
collaboratori estremamente competenti, mentre in questo fran-
mento di corpi flessuosi e, forse, addirittura del volo. Il vertice è
gente alcune scelte fondamentali e alcune fasi importanti del la-
raggiunto nell’ultima variazio-
voro sfuggirono al suo controllo. L’editore, per motivi di costi, fece
ne sul tema della ballerina raf-
stampare le matrici e impaginare il volume in America. Matisse
figurata mentre esegue l’evo-
non fu per nulla soddisfatto della qualità delle impressioni, prefe-
luzione più spericolata: all’ar-
rendo di gran lunga gli esemplari tirati a Parigi da Lacourière indi-
tista bastarono tre segni per
pendentemente dall’edizione, e ritenne inappropriati il carattere e
ottenere la massima potenza
il corpo delle lettere.
evocativa
(Duthuit-Matisse
Con la Pasiphaé le cose andarono diversamente: Matisse poté
1983, n. 537). Nel 1948 il pittore
tornare a lavorare nella maniera a lui congeniale, seguendo i suoi
donò una suite completa delle
rigorosi principi, e soprattutto ebbe modo di sviluppare il pro-
Danseuses acrobates all’ami-
getto con lentezza, lasciando decantare le idee prima di tradurle
ca Colette, perché le usasse
in atto. I primi abboccamenti tra il poeta e il pittore risalgono al
come fonte di ispirazione per
1936, quando Henry de Montherlant espresse il vivo desiderio di
un testo. Il volume, in questo
vedere un suo libro corredato dalle incisioni di Matisse. Nel corso
caso, sarebbe nato dalle im-
degli anni cambiarono il testo da illustrare e il nome dell’editore:
magini prima che dalle parole,
fu consultato anche Tériade, ma il volume venne finalmente pub-
seguendo il senso inverso al
blicato nel 1944 da Martin Fabiani. Questa volta l’artista si occupò
percorso consueto. Purtroppo,
di ogni aspetto della produzione, riuscendo così a realizzare uno
MicheleTavola
Lettres portugaises, Tériade, Paris 1946 frontespizio del libro
tra i suoi libri più interessanti. Oltre alle diciotto splendide tavole
fosse chiaro ai lettori che, in questa singolare occasione, i testi
fuori testo, disegnò i capilettera, i fregi e i frontespizi di tutti ca-
erano nati dalle immagini e non il contrario, come solitamente
pitoli, curando in ogni particolare la decorazione del volume. Fu
avviene. Infatti nel frontespizio si legge: “Quattordici litografie di
estremamente pignolo nella scelta dei colori, fece diverse prove
Henri Matisse accompagnate da poesie di Pierre Reverdy”. Anche
e pretese che la Papeterie Arches fabbricasse appositamente un
le ventiquattro stampe per Les fleurs du mal furono ispirate dai
tipo di carta speciale che rispondesse alle sue esigenze. Scelse di
dolci lineamenti della Nelck, oltre che da quelli di Lydia Delector-
eseguire le tavole attraverso l’incisione su linoleum: le stampe,
skaya e dell’haitiana Carmen, ma le pietre litografiche andarono
stilisticamente, sono la diretta conseguenza delle linoleografie
irrimediabilmente perdute prima della stampa. L’artista, profon-
che Matisse aveva iniziato a sperimentare fin dal 1938. L’inversio-
damente rammaricato, tentò di rifarle, ma non riuscì a ripetere
ne dei rapporti tra bianco e nero fece sì che la Pasiphaé divenisse
se stesso: venne comunque fatta una tiratura di questa seconda
una sorta di negativo delle Poésies di Mallarmé.
versione, limitata a cinque soli esemplari. Nel 1947 Louis Aragon,
Il 1946 fu un anno cruciale, in cui apparvero Visages, Les fleurs du
allora direttore di La Bibliothèque Française, promosse un’edizio-
mal e, soprattutto, Lettres portugaises. Il primo nacque da una
ne delle poesie di Baudelaire con la riproduzione delle fotografie
serie di quattordici litografie del 1944, tutte raffiguranti il volto
dei disegni preparatori, fortunatamente scattate prima che carte
della modella olandese Annelies Nelck. André Lejard, direttore
da riporto e matrici venissero rovinate durante la lavorazione. La
delle Editions du Chêne, affascinato da questa suite di ritratti,
delusione fu riscattata dal successo delle Lettres portugaises, cin-
propose al pittore di farli diventare un libro. Matisse stesso ebbe
que lettere d’amore scritte nel XVII secolo, attribuite alla giovane
l’idea di chiedere al poeta Pierre Reverdy di scrivere una serie di
religiosa Marianna Alcaforado e indirizzate a un ufficiale francese
composizioni che “illustrassero” le sue opere. Il pittore volle che
che era stato suo amante. Al solito Matisse conferì al lavoro un’at-
MatisseIllustratore
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Florilège des amours de Ronsard Albert Skira, Paris 1950 frontespizio del libro
Musée Départemental di Le Cateau-Cambrésis, si tenne una singolare esposizione dal titolo Matisse e Tériade, dedicata al profondo e prolifico rapporto tra i due grandi personaggi. Efstratios Eleftheriades, il cui nome venne semplificato in Tériade, giunse a Parigi nel 1915, quando aveva diciotto anni, per studiare legge alla Sorbona, ma iniziò presto a dedicarsi prevalentemente alla critica d’arte. Dal 1925 al 1931 lavorò come responsabile della sezione moderna ai Cahiers d’Art, fondati da Christian Zervos, e tra il 1933 e il 1936 fu direttore artistico della rivista Minotaure, il cui amministratore era Albert Skira. Nel 1937 diede vita a Verve, destinata a diventare una delle più celebri riviste d’arte del Novecento. Nel 1943 debuttò come editore di libri d’artista, con i Divertissement di Georges Rouault. Oltre a quelli di Matisse, di cui si dirà tra poco, pubblicò numerosi volumi di capitale rilevanza, tra cui devono essere ricordati la Bibbia, Le anime morte di Gogol e le Favole di La Fontaine con illustrazioni di Chagall, Le chant des morts di Reverdy illustrato da Picasso, Cirque e La ville di Léger, Paris sans fin, con centocinquanta litografie di Giacometti, e Ubu aux Baléares, interamente realizzato da Miró. Tra i tanti artisti con i quali collaborò, quello a cui fu più intimamente legato fu Matisse, con il quale strinse un’amicizia solida e sincera. Si può dire che dal 1929, quando gli fece la prima intervista, Tériade divenne il suo portavoce ufficiale, incaricato di divulgarne il pensiero nei momenti più significativi della sua carriera. Non è un caso che proprio il primo numero di Verve, come del resto molti altri a venire, abbia avuto la copertina illustrata dal nostro artista, al quale furono consacrate anche due uscite monografiche, nel 1945 e nel 1948. Nei primi anni Cinquanta il pittore creò una vetrata (Pesci cinesi) e una ceramica murale (L’albero), per artenzione maniacale, richiedendo la perfezione ai suoi collaborato-
redare la sala da pranzo dell’amico, in Villa Natacha a Saint-Jean-
ri e a se stesso: fece rifare l’impaginato del testo, poiché trovava
Cap-Ferrat, vicino a Nizza.
l’interlinea troppo stretta, e passò svariate notti a disegnare i mo-
In seguito a queste brevi considerazioni, non stupisce che Tériade
tivi ornamentali e i capilettera. Per non incorrere in altri sgradevoli
sia stato anche l’editore di alcuni dei suoi libri più belli. Sorprende,
inconvenienti, la stampa fu affidata all’abile maestro litografo
piuttosto, che si sia dovuto attendere il 1946 per vedere stampata
Fernand Mourlot che, proprio in quegli anni, aveva svelato tutti i
la loro prima creatura. Anche se, in realtà, già dai primi anni Qua-
segreti della litografia a Picasso. Questo fu il suo primo libro pub-
ranta il pittore si stava occupando di Jazz e di Charles d’Orléans, i
blicato da Tériade, geniale editore di origine greca che nel percorso
due gioielli della premiata ditta Matisse-Tériade. Le Lettres portu-
artistico di Matisse ebbe un ruolo paragonabile a quello avuto da
gaises, quindi, possono essere ritenute il prologo di una vicenda
Vollard nei confronti di Picasso. Prima di proseguire nell’analisi de-
che si sarebbe chiusa solo nel 1963, quando venne dato alle stam-
gli ultimi straordinari capolavori, quali Jazz, il Florilège des Amours
pe Une fête en Cimmérie, saggio poetico sugli esquimesi di Geor-
di Ronsard e i Poèmes di Charles d’Orléans, è indispensabile aprire
ges Duthuit, genero di Matisse, illustrato da trentuno litografie
una breve parentesi a lui dedicata.
eseguite tra il 1948 e il 1950. Nel 1947 il mondo conobbe Jazz, il libro d’artista più rivoluzionario
Nel 1996, presso le sedi di Palazzo Medici Riccardi a Firenze e del
16
MicheleTavola
del secolo, e fu immediatamente un successo eclatante che sor-
Jazz Tériade, Paris 1947 tavola delle illustrazioni
prese tutti. Matisse per primo, che rimase addirittura infastidito da tanto clamore e arrivò a scrivere a Tériade: “Questo giocattolo da un soldo mi stanca e tutto il mio essere si rivolta davanti alla sua importanza invadente!”. Con Jazz, la cui gestazione era iniziata nel 1941, il colore entrò prepotentemente nelle illustrazioni di Matisse che, fino a quel momento, si era attenuto alla monocromia. Il “libro fiore”, come lo definì l’editore, nacque dalle carte ritagliate e fu composto con la tecnica del pochoir. In questo catalogo è stato trascritto integralmente il testo, costituto da una serie di riflessioni dell’artista sulla vita e sull’arte. I caratteri a stampa vengono abbandonati per lasciare spazio alla grafia dell’autore, conferendo al libro il sapore del manoscritto. La stessa idea, semplice e geniale, venne applicata a Le chant des morts di Reverdy e Picasso, apparso solo un anno più tardi e concepito contemporaneamente a Jazz. È facile intuire quanto sia stata influente la regia occulta di Tériade nella creazione di questi due capolavori: le loro affinità strutturali e concettuali, infatti, sono troppo forti perché possano essere attribuite al caso. L’anno successivo, il 1948, fu la volta del Florilège des Amours di Ronsard, edito da Albert Skira. Prima che l’opera vedesse la luce, ci vollero sette anni di lavoro, tentativi e ripensamenti, nel più classico modus operandi di Matisse. Se si considerano, oltre alle ventisette illustrazioni fuori testo, tutti gli elementi decorativi inseriti nelle pagine del volume, si arriva a contare ben centoventotto litografie, tirate in sanguigna. Il pittore si lasciò ispirare dai poemi del XVI secolo, che leggeva e rileggeva, principalmente di notte. Sentendosi in grande intimità con il testo, accostò le sue invenzioni alle parole del poeta con estrema libertà e confidenza. Il Florilège divenne così una sorta di preludio ai Poèmes di Charles d’Orléans, ai quali lavorò fin dal 1943, un paio di anni dopo avere iniziato il Ronsard. Matisse tentò espressamente di creare un’originale miniatura moderna, liberandosi dei caratteri a stampa e ricopiando
la sola eccezione della Pasiphaé pubblicata da Fabiani, che comun-
pazientemente le antiche strofe con le sue matite colorate. Come
que fu un editore di tutto rispetto, i grandi libri illustrati di Matisse
in Jazz diede forma a un testo manoscritto, ma secondo un prin-
portano la firma di Tériade o di Skira.
cipio compositivo differente, che rende molto diversi i due libri. Il
All’alba del sesto decennio l’editore greco tentò l’amico con il mi-
pittore riempì ogni pagina, si direbbe in preda all’horror vacui, ripe-
raggio di una nuova avventura, l’illustrazione del Cantico dei can-
tendo ossessivamente il tema del fleur de lys, il giglio di Francia.
tici, ma la suadente idea si limitò a qualche pagina manoscritta e a
Per definire questo strano, insolito e bellissimo libro, ci si trova di
qualche schizzo raffigurante la modella Paule Martin, rimanendo
nuovo costretti a ripetere aggettivi come “rivoluzionario” e “inno-
incompiuta.
vativo”.
Negli anni Cinquanta, fino alla sua morte, l’artista continuò a ese-
Il Charles d’Orléans, i cui disegni furono riportati su pietra da Fer-
guire litografie, incisioni su rame e linoleografie che vennero ac-
nand Mourlot sotto la direzione di Matisse, fu pubblicato da Téria-
corpate a edizioni a stampa. Ma i Poèmes, che chiudono il percorso
de nel 1950, chiudendo di fatto un ciclo maestoso iniziato diciotto
espositivo di questa mostra, furono di fatto la sua ultima grande
anni prima con le Poèsies di Mallarmé. È d’obbligo notare che, con
architettura in forma di libro.
MatisseIllustratore
17
Matisse e Mallarmé
Luce, classicità, Polinesia nelle tavole per le Poésies di Elena Pontiggia
lirica di Mallarmé, che aveva imparato ad ammirare fin dalla giovinezza, quando frequentava la rivista Vers et Prose di Paul Fort, dove il poeta era considerato un maestro. Nei suoi versi, infatti, Mallarmé, aspirando all’assoluto, evita la descrizione concreta delle cose. Matisse stesso, quando quindici anni più tardi si misurerà con l’illustrazione di Apollinaire, scriverà: “Non so fare illustrazioni. Certo, ho fatto il Mallarmé, ma era relativamente più facile, perché Apollinaire è più concreto”3. La decisione di Matisse, però, non è provocata, o facilitata, dalla sintonia col poeta simbolista. Il contratto prevedeva infatti che illustrasse non le Poesie di Mallarmé, ma gli Amori di Psiche e Cupido (1669) di La Fontaine. Solo in un secondo tempo, non si sa precisamente quando ma nel corso dello stesso 1930, viene scelto il testo mallarmeiano. Il cambiamento di programma è stato attribuito alla realizzazione,
Matisse ritrae una modella nello studio di Villa Alésia a Parigi 1939
Genesi dell’opera
in quello stesso periodo, di un’altra impresa lafontainiana, vale a
Il 28 aprile 1930 due firme svolazzanti siglano un singolare con-
dire le Favole, illustrate da Chagall per Vollard e terminate proprio
tratto. La prima è di uno sconosciuto editore di Losanna, Albert
nel 1930. Ma, a parte il fatto che le Fables non sono gli Amours, le
Skira, che ha solo ventisette anni e non ha mai pubblicato un libro,
acqueforti di Chagall erano state esposte alla galleria Bernheim-
anche se ne sta progettando uno illustrato da Picasso: Le Meta-
Jeune a Parigi nel febbraio 1930, dunque due mesi prima che Ma-
morfosi di Ovidio, che uscirà l’anno successivo.
tisse firmasse il contratto, e, se non gli avevano dato ombra allo-
La seconda, invece (anche se, concretamente, a firmare è la figlia
ra, non si vede perché avrebbero dovuto dargliene in seguito. Tra
Margherita, perché lui il mese prima è partito per Tahiti), è di un
l’altro Vollard decide di non pubblicare il volume, che vedrà la luce
artista famoso, Henri Matisse, che ha oltre sessant’anni, e, come
solo nel 1952 grazie a Tériade.
Skira, non ha la minima esperienza di illustrazioni e di libri. Nel
Il problema, forse, era un altro. Le Favole chagalliane avevano su-
1918, è vero, ha accettato di pubblicare alcuni suoi disegni nel vo-
scitato un vespaio di polemiche, culminate addirittura in un’inter-
lume di Reverdy Les jockeys camouflés, ma verso l’illustrazione ha
rogazione parlamentare. Nel clima nazionalistico dell’epoca si giu-
sempre dimostrato una certa insofferenza. “Se uno scrittore ha
dicava inopportuno aver affidato a un artista russo il più francese
bisogno di un artista per spiegare cos’ha detto, vuol dire che è uno
dei classici. Certo, un’analoga accusa non poteva toccare al fran-
scrittore mediocre… Gli scrittori non hanno bisogno dei pittori” di-
cesissimo Matisse, ma è possibile che l’atmosfera rissosa abbia
chiarerà1. Certo, una tavola può essere un ornamento per un libro,
suggerito di cambiare autore, anche per non avallare (realizzando
ma deve essere un’opera autonoma, nata liberamente, indipen-
un La Fontaine tutto francese) la volgarità di quelle polemiche.
dente dal testo. L’artista, insomma, deve creare un “equivalente
In ogni caso, come ha puntualmente ricostruito V. Lecourt4, l’arti-
della poesia”2.
sta inizia a dedicarsi alle acqueforti solo nel 1931. Del resto, fino al
Che cosa, dunque, convince Matisse ad impegnarsi proprio in una
luglio 1930 rimane a Tahiti. A fine mese rientra a Marsiglia, ma in
serie di illustrazioni? È possibile che il confronto a distanza con Pi-
settembre si rimette in viaggio per Pittsburgh, dove fa parte della
casso abbia stimolato il suo spirito di emulazione. Non per niente
giuria del Premio Carnegie. Qui incontra A. C. Barnes, un ricchis-
il Mallarmé è progettato con la stessa struttura (30 acqueforti),
simo collezionista americano, che lo invita a eseguire tre grandi
la stessa tiratura (145 esemplari), ed è affidato allo stesso stam-
pannelli per il suo museo di Merion, alla periferia di Philadelphia.
patore (Roger Lacourière) delle Metamorfosi. Ma, soprattutto, a
Matisse accetta e, per esaminare meglio gli spazi, torna nuova-
persuaderlo deve essere stata l’assicurazione di Skira di lasciargli
mente in America a novembre.
la massima indipendenza. Non dovrà illustrare il testo, ma sem-
Il soggetto che sceglie per le tre opere monumentali è La Danza:
plicemente affiancargli delle tavole.
un tema che aveva già affrontato nel 1909-1910, ma che questa
Si è anche pensato che Matisse sia stato affascinato dalla libertà
volta interpreta con uno sguardo ravvicinato, in un primissimo
MatisseIllustratore
19
La danza (II), 1910 olio su tela, cm 260x391 Hermitage, San Pietroburgo
piano in cui il corpo appare troppo grande per comparire nella sua
Del libro Matisse realizza due maquette, che comprendono nume-
interezza, e si scinde in un insieme di membra al tempo stesso
rosi disegni preparatori e delle incisioni rifiutate (il contratto pre-
leggere e potenti, volanti e colossali che si muovono nello spazio.
vedeva trenta acqueforti, ma nell’edizione definitiva del Mallar-
La Danza, che impegna l’artista nel 1931-1932, e che, per un errore
mé ne compaiono ventinove). Quello che gli interessa non è solo
di misure, verrà rieseguita in una nuova versione nel 1932-1933, è
la tavola illustrativa in sé, ma il suo rapporto con la pagina scritta.
la più importante delle non molte opere di Matisse di questo pe-
“Il problema – dirà lui stesso – era equilibrare le due pagine, quella
riodo, e i suoi echi affiorano, come vedremo, anche in alcune tavo-
bianca dell’acquaforte e quella piuttosto nera della tipografia. Per
le mallarmeiane.
farlo ho modificato il mio arabesco in modo che l’osservatore si
Le prime notizie che abbiamo delle acqueforti sono comunque del
concentri sia sul foglio bianco che sul foglio da leggere”8.
luglio 1931, quando Margherita scrive alla collezionista america-
Il 3 dicembre 1932 il libro è presentato a New York, alla Galleria Ma-
na Etta Cone, riferendosi probabilmente all’illustrazione per Sce-
rie Harriman, la cui titolare non solo aveva l’esclusiva delle opere di
ne: “Mio padre ha lavorato molto questa settimana, ha eseguito
Matisse per i paesi non europei, ma aveva stretto anche un profi-
5
un’incisione con dei gioielli. È molto bella” .
cuo rapporto di lavoro con Skira: era stata lei, poco tempo prima, a
L’opera, però, procede lentamente se, ancora nel novembre 1931,
rilevare metà degli esemplari delle Metamorfosi picassiane, uscite
Margherita torna a informare Etta: ”Mio padre fa degli studi per
nel settembre 1931, che in Francia faticavano a trovare acquirenti.
l’illustrazione delle Poesie di Mallarmé”6. La maggior parte del la-
Nella mostra, che dura solo una settimana, sono esposti, come
voro, dunque, viene svolta fra questa data e il settembre succes-
sappiamo ancora da Margherita, “i disegni originali, ma non le la-
sivo, perché nell’ottobre 1932 la ragazza dichiara:“Sono sempre
stre di rame, perché la tiratura delle incisioni non è ancora finita al
7
molto presa dalla tiratura del volume delle Poesie” .
20
ElenaPontiggia
momento della spedizione dei volumi dell’edizione americana”9.
Il volume sarà poi presentato a Parigi, alla galleria Pierre Colle, nel
fitti da un angelo potentissimo, in piedi all’orizzonte con la nuda
febbraio 1933.
spada”), è difficile scorgere un’allusione alla morte in quello che
Della tiratura, affidata al parigino Roger Lacourière e seguita solo
rimane, comunque, solo un pugno che serra un’asta.
da Margherita perché Matisse era rimasto a Nizza, l’artista non
Forse l’unica tavola che lascia trapelare qualche sofferenza è Le
era affatto contento. Il 2 dicembre 1932 si lamentava con Lacou-
tombeau d’Edgar Poe, dove la maschera del poeta si raggrinza in
rière: ”Ho ricevuto qualche giorno fa un esemplare del Mallarmé e
una smorfia disagiata.
mi ha molto rattristato. Ho trovato tutte le incisioni uguali, svuo-
In realtà le illustrazioni di Matisse esprimono soprattutto la luce
tate, esangui: paragonate alle prove della mia maquette sembra-
assoluta evocata da Mallarmé, e la traducono in una linea nitida,
no dei cadaveri […]. Non so che destino avrà l’edizione, ma cerco
senza ombre, senza tratteggi, senza chiaroscuri: una linea ispira-
di reagire allo scoraggiamento pensando che se questo libro mi
ta ai vasi greci e agli specchi etruschi, che suggerisce una forma
danneggia resterà in America, e in Francia mi salverà la maquette
al tempo stesso sensuale e ideale. È la stessa linea adottata da
che spero di far accettare alla biblioteca nazionale”10.
Picasso nelle Metamorfosi, ma che Matisse trasforma in un ara-
Delle prove d’artista, però, era soddisfatto, tanto che qualche
besco. Tutte le sue acqueforti si impostano infatti sulla sapienza
anno dopo, inviandone alcune sempre a Lacourière, confessava:
dell’ondulazione che si avvolge su se stessa in un gioco di armoni-
“Spero che non succederà niente a queste prove, perché ci tengo
che spirali, oppure si spezza in un ricamo di segmenti. Con placida
molto”11.
irrequietezza la linea trapassa da un corpo all’altro, da una forma all’altra, senza apparente soluzione di continuità. Un ricciolo, una
Le illustrazioni: segni e significati
treccia, una corolla, una nube, un’onda, una collana, una cintura,
Le poesie di Mallarmé sono attraversate dalla visione di una luce
un ventaglio, la voluta di un capitello, l’ansa di un braccio, il collo
abbagliante e dall’apparizione di una bellezza assoluta, ma sono
di un cigno, la fune di una goletta sono tutti pretesti, per Matisse,
percorse anche da una evidente tensione drammatica. Il presen-
per inanellare le sue docili linee tondeggianti e musicali.
timento dell’inutilità della vita e dell’arte (“Non importa a cosa
Alcune tavole conservano l’eco del viaggio in Polinesia, compiuto
sia valso/il bianco affanno della nostra vela” si legge in apertura
nel 1930. Matisse stesso scriveva a Pauline Scheyle alla fine del
dell’opera); il sentimento dell’amarezza, anzi “l’infinito della va-
1931: “Il viaggio a Tahiti mi ha arricchito la fantasia… e ora riaffiora
sta amarezza”; la stanchezza e la tristezza senza sollievo (“La car-
nel mio lavoro13. Così Salut, la prima tavola del libro, non illustra
ne è triste, ahimè, e ho letto tutti i libri”) affiorano tra gli squarci
nessun verso mallarmeiano, ma con bella invenzione lirica rappre-
visionari di azzurro, e ricoprono tanta luce di una vasta ala d’om-
senta un sentiero che si inoltra nel folto del bosco, al cui limitare
bra. Mallarmé parla di ninfe e di stelle, ma non ignora “il branco
si scorgono a fatica due figure, circondate dalla lussureggiante
12
sgomento degli umani” col loro carico di sofferenza .
vegetazione oceanica. Così Le finestre (tav.5) raffigurano il porto
Nessuna dimensione tragica trapela invece dalle tavole di Matis-
di Papeete, visto dalla camera dell’Hotel Stuart dove Matisse al-
se. Del resto tutta la sua arte è segnata da quella “gioia di vivere”
loggiava. Così la tavola intitolata Brezza marina, che affianca non
a cui aveva dedicato un fondamentale dipinto giovanile, e tutta la
l’omonima poesia, ma i famosi versi “L’azzurro! l’azzurro! l’azzur-
sua opera sembra aver meditato sull’ammonimento che Renoir,
ro! l’azzurro!”, rappresenta la goletta di Tahiti coronata da un volo
ormai vecchio, gli aveva rivolto quando era andato a trovarlo a Ca-
di gabbiani. Non a caso nella prova con rémarque compaiono an-
gnes: “Ricordati che il dolore passa, ma la bellezza resta”.
che una donna indonesiana e una piroga.
Così in Le Guignon (La sfortuna), Matisse elude gli accenni alle
Così, ancora, nelle Prose per Des Esseintes riaffiora il ricordo del-
“piaghe fastidiose”, alla “genia dei cenciosi”, alla morte, dissemi-
le palme da cocco. Un’impressione, peraltro piuttosto criptica, di
nati nella poesia, e si sofferma solo sul verso “balzavano nella luce
Tahiti, infine, è racchiusa nel nudo che accompagna Quelle soie
le selvagge criniere dei mendicanti d’azzurro”: dove i “mendican-
aux baumes de temps (Quale seta dai balsami di tempo). Aragon
ti”, che per Mallarmé sono i poeti, per lui sono floride dee.
testimonia infatti che Matisse, mentre stavano parlando proprio
Schneider interpreta come “un’immagine di morte” il motivo
di quella poesia, paragonandola ai versi di Smalti e cammei di Gau-
del braccio che impugna la spada, sul frontespizio (e che è, nota,
tier, gli mostrò una fotografia di Tahiti con una nuvola gigantesca
“l’unico segno rigido del Mallarmé”), ma in realtà, anche se Ma-
e una donna, di cui rimane la suggestione nel disegno14.
tisse si ispira qui a un passaggio drammatico della poesia (“scon-
Sarebbe un errore, però, concludere che le tavole siano “un com-
MatisseIllustratore
21
mento all’esperienza polinesiana, una sorta di Ritorno da Tahiti”15,
glio dei versi di Mallarmé, anche se in generale Matisse procede
perché il volume dà voce a molti altri soggetti. Tra questi il princi-
in senso anti-veristico e anti-descrittivo. Non per niente gli esiti
pale è il tema del corpo, in cui si fondono gli echi dei miti classici di
finali delle illustrazioni sono meno realistici e narrativi dei disegni
fauni e ninfe, e il trionfo della bellezza naturale.
preparatori. La collocazione leggermente sfalsata dell’immagine
Anche qui l’intervento di Matisse si differenzia da Mallarmé. Nel
rispetto al testo, o il mutare di qualche elemento, ribadiscono co-
poema un fauno, che si era addormentato ai bordi di uno specchio
munque la libertà dell’artista. Così Matisse dedica una tavola (n.
d’acqua, risvegliandosi vede una famiglia di ninfe e si chiede se
4) alla “Fata dal cappello di luce”, ma la colloca accanto alla poesia
siano un sogno o la realtà. In Matisse invece la seducente corpo-
Le pitre chatié, mentre il verso fa parte di Apparition. Così in Stanco
reità delle dee, e quella più goffa dei capri, non prevede nessun
del riposo amaro, raffigura la tazza più volte evocata da Mallarmé
dilemma filosofico: all’indagine sul rapporto fra apparenza e so-
(“Imitare il cinese dal cuore limpido e fine/la cui estasi pura è nel
stanza, tra verità e finzione, tra arte (il fauno è un simbolo di Mal-
dipingere la morte/sulla sua tazza di neve”; “Io sceglierò, sereno,
larmé stesso) e verità subentra qui una meditazione, che l’artista
un giovane paesaggio/che distratto dipingerò sulla tazza anco-
aveva avviato fin dalla giovinezza, sullo splendore della bellezza
ra”), ma su di essa disegna solamente un arabesco.
corporea e su un’Età dell’oro in cui tutto non è che “lusso, calma,
Il Cigno, invece, nasce da un ricordo personale. Mentre stava attra-
voluttà”.
versando su una piccola barca il lago del Bois de Boulogne, a Parigi,
Forzando l’anatomia alla maniera picassiana, ma evitando, a dif-
l’artista era rimasto impressionato dalla furia di un cigno incolleri-
ferenza dello spagnolo, un’interpretazione “cubista” della forma,
to. Il disegno comunque smorza le tinte drammatiche: lo sguardo
Matisse indaga il corpo femminile nei momenti di riposo, nel pia-
dell’animale, è vero, appare incattivito, ma l’assenza dell’ oggetto
cere ancillare dell’acconciarsi, nel pigro conversare a coppie, nelle
della sua ira, come di qualunque segno di lotta o di aggressione,
scene orgiastiche. Qui gli organismi si fondono in un abbraccio,
traduce l’immagine nel consueto gioco di arabeschi.
oppure si moltiplicano, come un viluppo di serpi che mollemente si
Scrive l’artista stesso a Rouveyre: “Nella tavola definitiva esiste
svolgono al sole (Pomeriggio di un fauno). In quest’ultima tavola,
ugualmente il dramma, ma sottomesso alla pagina, alla compo-
peraltro, la composizione, pur vitalissima, ha qualcosa di burat-
sizione della pagina”19.
tinesco nelle zampe stecchite del fauno in primo piano, nell’ana-
Conclude idealmente la serie di illustrazioni l’immagine di una
tomia appena abbozzata, nell’affollarsi delle figure che costringe
colonna ionica (suggerita dal nome greco di Paphos del verso
l’artista a rimpicciolirne le proporzioni a scapito della maestosità
successivo “Rinchiusi i vecchi libri sul nome di Pafo”), che si alza
della scena. Non per niente Matisse stesso confessava: “La com-
come un albero fra le nuvole della vegetazione. Si tratta quasi di
posizione del Pomeriggio di un fauno è quella che amo meno, e
una dichiarazione di poetica dell’artista, per cui classicità e natura
16
22
quando ce l’ho davanti vorrei sempre passar oltre in fretta” .
giungono a coincidere.
Questa serie di figure, comunque, come quella crinita di Le Gui-
In questi anni, infatti, Matisse attraversa una stagione classica
gnon, quella riversa di Apparition e quella ribaltata di Scene, sono
che non si traduce tanto in reminiscenze (anche se nelle sue opere
vicine alla Danza di Merion: a quel modo insieme monumentale
si possono cogliere riferimenti a Renoir, a Ingres, alle Veneri rina-
e leggero, classico e moderno, armonioso e slogato, sensuale e
scimentali), ma in un ideale di bellezza e pienezza vitale, rappre-
astratto, di rappresentare il corpo. Del resto molte tavole (anche
sentato dal rigoglio della natura, dallo splendore della luce, da un
se non sappiamo quali) nascono contemporaneamente ai progetti
mondo di figure femminili, modelle, odalische calme e sontuose.
per Barnes. Ricorda l’artista stesso: “Quando lavoravo alla Danza
L’artista coltiva il sogno di una mediterraneità visionaria, che nella
di Merion […] tracciavo le forme a carboncino e mentre Madame
sua pittura si estende ora fino a evocare le terre del Marocco o,
Lydia ritagliava i fogli mi dedicavo al Mallarmé”17.
all’opposto, l’Oriente.
La tavola n. 18, invece, ispirata al verso “Così ho succhiato il chia-
Come nelle tavole del Pomeriggio di un fauno corporeità e mito si
rore degli acini” riprende, come ha notato Lecourt18, una posa del
mescolavano, in Paphos la classicità degli ordini e la grazia dei mo-
danzatore russo Nijinski nel balletto Il pomeriggio di un fauno, an-
tivi naturali si fondono. E così, alla fine, ci appare l’intero Mallarmé
dato in scena nel 1912: uno spettacolo rimasto famoso, di cui negli
matissiano: un’opera in cui grecità mitologica, esotismo poline-
anni Trenta circolavano ancora le fotografie.
siano e natura senza tempo trovano un’armonia e un equilibrio,
Ci sono poi tavole che riprendono direttamente qualche detta-
nell’espressione di un’identica gioia di vivere.
ElenaPontiggia
da Stéfane Mallarmé, Poésies Albert Skita, Lausanne 1932 acquaforte (particolare dell’opera riprodotta per intero a pagina 42)
Piacere della bellezza e piacere del testo, allora, coincidono. E per questo Matisse può confessare: “Arrivando alla fine di questa illustrazione delle poesie di Mallarmé, vorrei semplicemente dire: ecco il lavoro che ho fatto dopo aver letto Mallarmé con piacere”20.
NOTE H. Matisse in G. Charbonnier, Le monologue du peintre, Parigi 1960 H. Matisse (1935), ora in Scritti e pensieri sull’arte, a cura di D. Fourcade, tr. it. di M. M. Lamberti, Torino 1979, p. 179 3 H. Matisse, lettera a A. Rouveyre (1945), in Matisse-Rouveyre. Correspondances, Parigi 2001, p. 319 4 V. Lecourt, Histoire d’un livre, in Matisse et Mallarmé, catalogo della mostra, Museo Mallarmé (Vulaines-sur Senne 2002), Savigny 2002 1
2
M. Matisse, lettera a E. Cone, 24 luglio 1931, ibidem, p. 32 M. Matisse, lettera a E. Cone, 2 novembre 1931, ibidem 7 M. Matisse, lettera a E. Cone, 22 ottobre 1931, ibidem 8 H. Matisse, Antologie du livre illustré par les peintres et sculpteurs de l’Ecole de Paris, Ginevra 1946 9 M. Matisse a E. Cone, 8 novembre 1932, in Lecourt 2002, p. 33 10 ibidem, p. 37 11 ibidem 12 Le citazioni delle Poesie sono tratte, con minime eccezioni, da: S. Mallarmé, Poesia e prosa, a cura di Cosimo Ortesta, Milano 1982 13 H. Matisse a Pauline Schyle, 20 dicembre 1931, citato in Matisse et l’Océanie. Le voyage a Tahiti, catalogo della mostra, Museo Matisse, Le Cateau Cambrésis 1998, p. 51 14 Aragon (1960), citato in Lecourt 2002, p. 127 15 P. Schneider, Matisse, Milano 1985, p. 610 16 H. Matisse, lettera a Rouveyre, 15 dicembre 1943, in Lecourt 2002, p. 99 17 H. Matisse, conversazione con fra’ Rayssiguier, 18 novembre 1948, ora in Schneider 1985, p. 626 18 Lecourt 2002, p. 103 19 Lettera a Rouveyre, 15 dicembre 1943, ibidem, p. 127 20 H. Matisse (1935), ora in Fourcade 1979, p. 179 5
6
MatisseIllustratore
23
24
Corrado Mingardi da Busseto
che per la poetica di un artista, che può essere saldamente coerente o pronta a infilarsi in ogni stormire di moda, o per le scelte di un mercante, tenaci o volubili a rimorchio delle tendenze del mercato.
Le comuni radici di passione del collezionare e di senso civico
Non solo il collezionista è una pietra angolare del mondo dell’arte
di Sandro Parmiggiani
pubblici o le aziende, il panorama sarebbe molto grigio e ancora
– se i destinatari possibili delle opere fossero solo i musei, gli Enti più soggetto alle manipolazioni mediatiche e di marketing che si sono nel tempo affermate –, ma, come l’esperienza e la storia ci insegnano, quella che a molti può apparire una passione privata, finisce per diventare quasi sempre una pubblica virtù. Del resto, sono le passioni che muovono il mondo, che rendono le esistenze degne di essere vissute, che permettono di acquisire certi esiti di qualità, di innovazione, di creatività nelle cose che si fanno. La passione del collezionista arma dunque un vascello che salva le opere, che traghetta la memoria dello sguardo e del pensiero
Tériade intervista Matisse nel giardino di Villa Natacha a Saint-Jean-Cap Ferrat
“Collezionista” è un termine che ancora s’ammanta, nel senso co-
dell’artista da una generazione all’altra. Sa benissimo, il collezio-
mune di molti, di qualcosa di bizzarro e di passionalmente mor-
nista, che un giorno da quelle opere tanto amate dovrà separar-
boso. In un’epoca che s’illude di potere arrivare a gettare luce su
si, che il suo sguardo cesserà di vederle, che i suoi pensieri, i suoi
ogni mistero della mente, su ogni trasalimento del cuore, si sono
sentimenti più non vi si misureranno, eppure intuisce che ci sarà
addirittura studiate le tipologie psicologiche del collezionista e
qualcuno che potrà continuare, grazie a quello che lui ha raccol-
le recondite, oscure pulsioni che alimenterebbero quella pratica
to, quel colloquio, come se idealmente ci fosse un testimone che
così coinvolgente, che talvolta giunge a farsi esperienza assolu-
viandanti che non si conoscono si passano l’uno all’altro nel corso
ta e totale dell’esistere. Ho, personalmente, scarso interesse per
del tempo. Ci sarà qualcuno, per sempre a loro ignoto nelle sem-
queste esercitazioni, giacché, dopo avere attraversato il mondo
bianze, ma forse non nei sentimenti, che un giorno amerà quelle
dell’arte negli ultimi quarant’anni della mia vita, prima per pas-
opere, rivivrà quella passione che così profondamente ha segnato
sione e poi per professione, ed avere conosciuto e frequentato
le loro vite.
artisti, mercanti, collezionisti, provo da tempo un sentimento di ammirazione e di gratitudine per chi colleziona in senso autentico.
La casa di Corrado Mingardi, alla periferia di Busseto, paese in cui
Alludo esplicitamente a chi s’avventura in questo viaggio soprat-
lo scorrere del tempo pare essersi arrestato – appaiono, qui e in
tutto per amore dell’opera d’arte e per desiderio di comprenderla,
altre cittadine della Bassa parmense, i segni del moderno, ma
di farla propria non solo e non tanto per il suo mero possesso, ma
mai sono riusciti a debellare, a soverchiare il retaggio dell’antico
per la possibilità che essa fornisce, attraverso la frequentazione
e della tradizione – non fa certo presagire il tesoro che vi è rac-
quotidiana, di svelarne certi segreti, di capirne le affinità con altre
chiuso. Corrado vive in un piccolo appartamento, in un modesto
espressioni artistiche, di gettare ponti e stabilire assonanze che
condominio; quando si entra nella sua casa, accolti dal saluto fe-
la critica magari non aveva ancora intuito, di acquisire una sensi-
stoso dell’anziana madre, s’approda nel salotto in fondo al corri-
bilità dello sguardo, una capacità di penetrare nell’invisibile delle
doio, dove tuttavia ciò che subito cattura la nostra attenzione non
cose che costituiscono un arricchimento sostanziale del proprio
sono i libri d’artista che ci aspettiamo di scorgere in bella evidenza
percorso esistenziale. Il collezionista autentico fa sacrifici e rinun-
– certo, ne intravediamo una, un po’ celata, fitta schiera dentro
ce per circondarsi dell’opera d’arte, rimane fedele a certi artisti in
due grandi scaffali (quelli di dimensioni “monumentali” hanno
cui riconosce un modo di vedere che gli è affine o che lentamente
invaso la camera da letto e la Biblioteca del Monte di Pietà, ora
in lui s’insinua, sa sempre riconoscere gli eventuali errori compiuti,
della Fondazione Cariparma, di cui Corrado è responsabile, e in cui
e non raccoglie opere pensando esclusivamente alla possibile spe-
presta servizio da quasi quarant’anni, tra l’altro, ogni domenica) -,
culazione, al vantaggio economico che può trarre da una successi-
ma il severo busto di Verdi, opera di Vincenzo Gemito, e le tempere
va vendita – una riflessione analoga potrebbe essere condotta an-
originali, eseguite in Russia negli anni Cinquanta, per i manifesti
MatisseIllustratore
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Pantagruel Albert Skira, Paris 1950 frontespizio del libro illustrazioni di André Derain
Corrado Mingardi nella Biblioteca di Busseto 2007
in mezzo ai libri della “sua” Biblioteca del Monte di Pietà, ricca di oltre 50.000 volumi, con un fondo gesuitico di circa 5.000 opere, tra cui incunaboli e cinquecentine, della quale lui tuttora cura le nuove acquisizioni. Come sovente accade, l’approdo di Corrado Mingardi al collezionismo dei libri d’artista ha avuto un antefatto che in un qualche modo spiega il sorgere e l’affermarsi di una passione visionaria che avrebbe intensamente segnato un periodo tanto lungo della sua vita. Nei primi anni Settanta, Mingardi viene sedotto dai volumi di Bodoni, comincia a collezionarli, avviando rapidamente una raccolta che intende essere specchio delle conquiste più alte della tipografia – quella che sceglie consapevolmente l’utilizzo di un certo carattere, una certa visione d’insieme della pagina stampa-
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di film verdiani, dipinti di straordinaria forza espressiva che il mer-
ta, una determinata legatura del libro –, da Jenson e Manuzio fino a
cante che glieli ha a malincuore ceduti ancora rimpiange...
Mardesteig e Tallone, entrando in contatto e diventando amico di
Dunque, in questa stanza, i segni dell’amore di Mingardi per la
alcuni degli eredi ultimi di una tradizione perduta, quella dei dise-
musica sovrastano quelli per l’arte e per la letteratura; del resto,
gnatori di caratteri. A un certo punto, anche per la lievitazione dei
come poteva Corrado, nato a Busseto, non essere perennemente
prezzi che progressivamente emarginano dal mercato chi si trova
segnato da una passione, e da una sorta di devozione per Verdi,
a dovere fare i conti con possibilità del tutto modeste, quali quelle
che qui non sono solo espressione di interessi culturali persona-
di un professore di lettere nelle scuole pubbliche italiane, Corra-
li, ma di un sentimento di appartenenza civica, di un legame con
do decide di vendere: la straordinaria raccolta bodoniana approda
la propria memoria, che non possono essere recisi? L’amore per
in gran parte all’amico Franco Maria Ricci, gli incunaboli vengono
la musica non ha mai, in Corrado, conosciuto offuscamenti: lui
dispersi; il De divina proportione di Luca Pacioli verrà ceduto per
continua a essere impegnato attivamente nell’organizzazione di
acquistare Jazz di Matisse, l’opera che fa brillare gli occhi e sognare
manifestazioni e eventi verdiani, ha conosciuto, è diventato ami-
ogni autentico bibliofilo e appassionato d’arte... Non tutto viene
co e tuttora frequenta direttori d’orchestra e cantanti d’opera, è
tuttavia sacrificato sull’altare del moderno: Mingardi non riesce a
animatore dell’Associazione Amici di Verdi, ha pubblicato diversi
privarsi di alcuni Bodoni giovanili, quelli ancora ornati da incisioni
studi sul maestro e ha dato un contributo fondamentale alla na-
dovute per lo più ai progetti di Petitot, il grande architetto della
scita di un piccolo museo, delizioso per l’aura di intimità che vi si
corte parmense, tuttora tanto amato nella sua terra d’adozione,
respira, nel centro di Busseto. Casa Barezzi, la sede del museo, un
del quale Mingardi ancora possiede tutta l’opera incisa, oltre a di-
tempo abitazione del mecenate e suocero del grande composito-
segni preparatori. E il legame ideale con Bodoni non si è allentato,
re, è una delle “seconde case” di Corrado – l’altra è senz’altro la
se si pensa che Corrado, membro del consiglio d’amministrazione
Biblioteca –; ad essa ha donato la propria collezione iconografica
del Museo Bodoniano di Parma, tuttora possiede nella collezione
di quadri, stampe originali e cimeli verdiani, diventandone diret-
dei suoi tesori di carta le Pitture di Antonio Allegri detto il Correggio
tore e collaborando all’allestimento della collezione permanente
nella camera di San Paolo, datate 1800, con la serie dei trentacin-
che vi è esposta.
que disegni originali del Rosaspina preparatori delle incisioni tira-
Accanto alla musica, come dimenticare la passione di una vita
te a sanguigna, provenienti dall’eredità della vedova Bodoni...
di Mingardi per la letteratura, per la poesia e per la narrativa, per
Né, su Mingardi, hanno cessato di esercitare il loro fascino le cre-
quell’oggetto di infinita seduzione che sono i libri? Sicuramen-
azioni dei grandi stampatori: sono nelle sue mani ancora tutti i
te questa passione è stata alimentata, oltre che dall’esercizio
Mardesteig che a suo tempo aveva acquistato, e ciò non è stato
dell’insegnamento di lettere nelle scuole pubbliche, dalle “tenta-
solo determinato dalle scelte apertamente bodoniane della prima
zioni” quotidiane che del tutto naturalmente si è trovato a dovere
produzione dello stampatore (in particolare, i quarantanove volu-
subire trascorrendo una parte così significativa della propria vita
mi dell’Opera omnia di D’Annunzio, tirati in duecento copie su car-
SandroParmiggiani
MatisseIllustratore
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Esiodo, Théogonie Maeght, Paris 1955 copertina del libro illustrazioni di Georges Braque
se, Chagall, Ernst, Léger, Derain, Dufy, Rouault, Miró, Giacometti, Dunoyer de Segonzac. L’amore per i libri di Mardesteig tuttavia non s’affievolisce: Mingardi acquista volumi illustrati da Campigli, De Pisis, Manzù, Arturo Martini, Annigoni, Maccari; tra gli altri italiani, la collezione annovera De Carolis, Sartorio, de Chirico, Tullio D’Albisola, Carrà, Carlo Mattioli, artista parmigiano cui Mingardi si sente particolarmente legato. Se i libri di Mardesteig e i “francesi di Parigi” costituiscono due dei capisaldi maggiori della collezione, tuttavia negli anni più recenti essa si è volta e immersa contemporaneamente dentro il passato e nella contemporaneità. Mingardi risale all’indietro acquisendo alcuni degli esemplari più belli del libro d’artista, che nell’Ottocento vedono fiorire opere quali il Faust di Delacroix e Le corbeau di Manet, libri illustrati da Doré e da Redon, cui si saldano, in una sorta di ideale passaggio di testimone, i tesori della Mitteleuropa – Kokoschka (Die Träumenden Knaben, 1908), Kandinsky (Klänge, 1913), Kirchner (Umbra vitae, 1924), Max Klinger (Brahmsphantasie, 1894), Czeschka (Die Nibelungen, 1908), Grosz (Ecce Homo, 1923) – e dell’Inghilterra – Burne-Jones, William Morris (Chaucer, Rossetti), Beardsley (Salome di Oscar Wilde, 1894). Le opere dell’Ottocento e di inizio secolo gettano un ponte non solo verso il panorama dei primi sessant’anni del Novecento, ma pure ancora più indietro nel tempo, giacché Mingardi riesce a fare propri volumi che in un qualche modo costituiscono pietre miliari lungo i sentieri di una mappa che intenda risalire fino alla prima, mitica età dell’arte della stampa. Oltre al Polifilo, lui possiede la Cronaca di Norimberga (1493) in legatura d’epoca, con 1809 xilografie del maestro di Dürer, talune forse di Dürer stes-
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ta Japon, che Corrado possiede in brossura, non smarginati, invece
so, il Vitruvio del Barbaro in folio (1556) con le figure disegnate dal
che nell’abituale edizione rilegata), ma anche dal fatto che per lui
Palladio, Cremona fedelissima di Antonio Campi (1585) con i rami
quei libri s’avvicinano a un’ideale perfezione formale. Un Marde-
di Agostino Carracci, “il più bel libro di ritratti del Cinquecento”, La
steig illustrato, del resto, edito nel 1936, e proprio di D’Annunzio,
Gerusalemme liberata del Piazzetta in coevo marocchino rosso a
L’oleandro, con le litografie a sanguigna di Gunter Böhmer, aveva
piccoli ferri, e altri celebri veneziani del Settecento, due opere di
costituito il primo mattone di una collezione che oggi annovera più
Piranesi (1763 e 1764) rilegate alle armi dei Rezzonico, alcuni fran-
di cento libri d’artista. Se gli approvvigionamenti iniziali avvengo-
cesi tra Sette e Ottocento (tra cui i Contes di La Fontaine). E, per
no in Italia – Mingardi ebbe come primo libraio di riferimento Carlo
quanto riguarda la seconda metà dell’ultimo secolo, Mingardi
Alberto Chiesa, per poi frequentare Pregliasco a Torino, da cui ha
ha arricchito la propria collezione di opere che, da Le Corbusier a
acquistato una delle gemme della sua collezione, Parallelement,
Laurens, da Dubuffet a Bryen, da Lanskoy a Tal-Coat, da Gischia a
con il testo di Verlaine e le litografie rosate di Bonnard che ador-
Fautrier, dal mitico 1 c Life a Baj, da Tàpies a Alechinsky, da Adami
nano, e talora invadono, il testo stampato, e altri importanti librai
a Walter Valentini, delineano un percorso del Novecento ultimo.
del nostro Paese –, successivamente, grazie alla frequentazione e
La mostra tenutasi nel 2005 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia1,
all’amicizia con Lucien Desalmand a Parigi, e a una sorta di sottile
che intendeva anche rendere omaggio e celebrare lo straordinario
complicità che si stabilisce tra i due, tra Corrado e Lucien, ecco ap-
intuito e la ininterrotta passione di Corrado Mingardi, non ha se-
prodare a Busseto i grandi libri illustrati realizzati in terra di Fran-
gnato una battuta d’arresto nella sua ricerca di libri d’artista da
cia: volumi straordinari di Rodin, Maillol, Picasso, Braque, Matis-
fare propri, con i quali arricchire la collezione e colmare quelle che
SandroParmiggiani
Pierre Reverdy, Le Chant des Morts Tériade, Paris 1948 frontespizio del libro illustrazioni di Pablo Picasso
possono ancora sembrargli possibili lacune: negli ultimi due anni,
splendore – che in verità avevano finito per generare operazioni
essa ha accolto opere di Marino Marini, Guttuso, Alberto Man-
disinvolte e speculative da parte di molti, ai quali si deve gran par-
fredi, Paladino, Bruno Munari, Alexeieff, Schmied, Villon, Matta,
te della responsabilità dell’amara situazione in cui oggi si trova –,
Masson, Man Ray, Calder, Goncharova, Mythologie di Cocteau e
subiscono da tanti anni una sorta di oscuramento, così che col-
de Chirico, Le bestiaire (1911) di Apollinaire e Dufy, Cocteau, Robert
lezionare incisioni e litografie pare un fenomeno residuale, in via
Delaunay, André Beaudin, Kupka. Alcuni mesi fa, all’inaugurazio-
di estinzione, destinato progressivamente a scomparire assieme
ne dell’ultima, annuale Fiera del libro alla Permanente di Milano,
agli ultimi, ostinati amanti di opere che sono frutto non solo di
ho incontrato Corrado; era raggiante, i suoi occhi brillavano e subi-
maestria e di talento richieste dalle tecniche peculiari di esecu-
to ha voluto che ammirassi ciò che teneva tra le mani ed aveva ap-
zione, ma che sono pure il precipitato di un linguaggio autonomo,
pena acquistato: una cartella con un testo e le incisioni di Marino
con pari dignità rispetto agli altri mezzi di espressione artistica,
Marini. Durante la stesura di questo testo, Corrado mi ha chiama-
e il luogo di scoperte fondamentali per la storia dell’arte, di ar-
to per annunciarmi l’ultimo arrivo in famiglia: uno splendido libro-
ricchimenti che altrove non sarebbero possibili. Comunque, oltre
oggetto di Bruno Munari, appena reperito a Arte Libro di Bologna.
l’amore per i testi e per le illustrazioni, e per il piacere della verifica dei rapporti nei quali le due componenti si danno sulle pagine dei
Che cosa è andato cercando Corrado Mingardi nei libri d’artista? Se
volumi che ha collezionato, sono certo che nel tempo raccogliere
l’amore congiunto per l’arte e per la letteratura possono spiegare
libri è diventato, per Corrado, anche un modo per potere riflettere,
l’origine di questa passione così rara nel nostro Paese, non va di-
davanti al corpo dell’opera, sul libro d’artista, sugli incontri e sugli
menticato che lui ha, in un qualche modo, nuotato controcorrente.
scambi possibili tra testo e immagine, tra tradizione e innovazio-
Le opere grafiche, dopo avere conosciuto, anche da noi, periodi di
ne. Nell’intervista che feci a Mingardi per il catalogo della mostra
MatisseIllustratore
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Ecce Homo Der Malik-Verlag, Berlin 1923 copertina del libro illustrazioni di George Grosz
di Reggio Emilia, lui definiva
rara, ma tuttora presente, che s’annida, credo in maniera speciale,
ciò che ha messo assieme
proprio nelle piccole e medie città, nei paesi. Si tratta di persone
come “una pinacoteca da
che, magari volutamente scegliendo di passare inosservate per
sfogliare, e quindi da fruire
tutta la loro esistenza – un comportamento opposto a quello di
‘more privato’ in solitaria
troppi protagonisti, nazionali e locali, della vita pubblica d’oggi,
stanza, con ritmo persona-
che si direbbero quasi esclusivamente preoccupati delle appari-
le, personalmente pausato”.
zioni televisive, delle loro fotografie sui giornali o delle interviste
Si tratta di una confessione
inseguite e rilasciate su ogni minimo argomento, il che finisce per
su come Corrado riempia le
rendere banale anche ciò che è invece unico e importante –, prati-
sue “ore felici”. Possiamo
cano una esperienza di vita che sbaraglia molti dei luoghi comuni,
immaginare che prenda in
purtroppo spesso cruda verità, sul carattere del nostro popolo. Se
mano, di quando in quando,
qualcuno mi chiedesse di portare un esempio che contraddica il
uno dei suoi libri, ne scorra le
negativo, diffuso senso comune sull’Italia di oggi, credo che una
pagine e le accarezzi con lo
delle prime persone che mi verrebbe in mente di citare sia Corrado
sguardo, soffermandosi sul
Mingardi da Busseto.
cangiante rapporto tra te-
Mingardi è un collezionista di libri d’artista, ma lui verrà ricordato,
sto e immagine e sull’even-
da chi ha avuto il piacere di conoscerlo, per molto di più che non
tuale unità acquisita tra i due elementi, sui ruoli alternativi che
questa sua privata passione, già fattasi – com’è naturale desti-
l’immagine stessa può assumere: quello di mera, servile illustra-
no di molte collezioni – pubblica virtù, attraverso le mostre cui ha
zione del testo, o piuttosto, quello di discorso del tutto autonomo,
dato origine: quella già citata di Palazzo Magnani a Reggio Emi-
attraverso codici espressi in una lingua che oscuramente chiarisce
lia, all’inizio del 2005, “Parole disegnate, parole dipinte”; quella
quella letteraria, anche se i due linguaggi, pittura e letteratura,
al Palazzo delle Stelline di Milano nella primavera del 2007, dedi-
pur conservando la loro totale autonomia, arrivano ad incontrarsi
cata ai libri illustrati da Picasso, presentata qualche mese prima
e a gettare luce l’uno sull’altro, a illuminare certe opacità dell’altro
al Castello Svevo di Bari; quella, cui questo testo si lega, dei libri
e a rivelarne certi segreti tesori.
di Matisse nella nuova Biblioteca di Carpi – altre, nel frattempo, s’annunciano, come quella prevista a Parma nel 2008. E tuttavia
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Sappiamo bene che, in ogni Paese, non può darsi una tipologia
sento che la passione di Corrado per i libri d’artista, così importan-
unitaria, o media, delle persone che ne fanno parte. Così, negli
te nella sua vita, mai può essere disgiunta o anteposta alla sua
Stati Uniti d’America, ci sono Americani del tutto diversi: è noto
attività di insegnante, di bibliotecario, da decenni, nella Biblioteca
che quelli che s’incontrano a New York o in California sono profon-
del Monte di Pietà di Busseto, di animatore di iniziative verdiane,
damente “altri”, per cultura e modo di intendere la vita, da quelli
che conservino e esaltino la memoria del suo illustre concittadino,
che abitano le piccole e medie città del Midwest. In Italia, con il suo
di disponibile e sollecito consigliere di giovani artisti e fotografi,
incancellabile retaggio di autonomie – la stessa Busseto, cittadina
che non a caso si recano da lui per mostrargli le loro prime prove.
di antico, persistente splendore, governata prima dai Pallavicino e
Perché in fondo Corrado ha messo assieme questa straordinaria
poi dai Farnese, ne è un delizioso esempio –, le diversità, al di là di
collezione di libri d’artista, perché trascorre tutte le domeniche
quelle, tante volte analizzate, tra nord e sud, tra città e campagna,
mattina nella Biblioteca del Monte di Pietà di Busseto, perché si
sono altrettanto profonde. Se, secondo un certo senso comune,
è impegnato nella creazione del Museo verdiano? Non credo per
l’Italia è un paese in cui troppo spazio hanno trovato la furbizia,
riempire, in un modo per lui piacevole e gratificante, un tempo li-
l’arte d’arrangiarsi, la perenne esibizione di sé, la volgarità diffusa
bero che altri scelgono di occupare in riti molto più frenetici e con-
e la mancanza di un senso civico, dello Stato – esemplarmente ri-
citati, ma perché c’è in lui un senso etico profondo, dalle radici sal-
velato dall’entità dell’evasione fiscale, e soprattutto dal fatto che
dissime, un suo sentirsi cittadino con delle precise responsabilità
essa non viene sanzionata moralmente come azione che mina le
verso le persone che abitano la comunità in cui vive, una convin-
fondamenta della convivenza civile –, questa triste, troppo dif-
zione che la memoria, il piacere del bello, il gusto del sogno a occhi
fusa condizione può venire contraddetta da una umanità, forse
aperti che un’opera d’arte o un libro possono dare, vanno difese,
SandroParmiggiani
Georg Heim, Umbra Vitae Kurt Wolff, Munchen 1924 copertina del libro illustrazioni di Ernst Ludwig Kirchner
preservate, affinché possano essere traghettate nel futuro, oltre
sollecito che ci avverte che, nella vita, ancora ci sono cose nobili e
questo nostro tempo immemore. C’è, in Corrado, un sentimento
belle degne di essere amate e comprese, che tutto non è perduto,
profondo del valore delle proprie radici: l’antico, nobile senso civico
che la volgarità, l’arroganza e la sciatteria dilaganti possono an-
di chi sa che la cosa più importante cui ci si possa in vita dedicare è
cora essere sconfitte, tra l’altro, dallo spirito che in questi libri è
il bene della propria comunità. Ed è, Corrado Mingardi da Busseto,
racchiuso. Persone come Corrado Mingardi ci fanno sentire meno
un uomo di squisite tenerezze d’animo, di un’educazione di modi,
stranieri al mondo.
di una riservatezza, di una cortesia e di un’attenzione per l’altro delle quali non si è per fortuna ancora persa le semenza. In fondo, non è un caso che abbia scelto di collezionare libri d’artista, che abbia individuato questi tesori di carta, questi libri in cui artisti, autori di testi, compositori di caratteri, stampatori, legatori
NOTE
hanno profuso il meglio della loro arte, della loro fatica e sapienza
1
di fare: sono il frutto di un’orchestra con più solisti che hanno deciso di suonare assieme. Raccogliendo questi volumi, sono certo che già pensava di metterli a disposizione di tutti, come un amico
Faccio riferimento alla mostra che ho avuto il piacere e l’onore di organizzare a Palazzo Magnani di Reggio Emilia, dal 4 febbraio al 28 marzo 2005, nella quale è stata presentata l’intera collezione – ulteriormente arricchitasi in questi due anni – di Corrado Mingardi. Vedi il catalogo della mostra, Parole disegnate, parole dipinte. La collezione Mingardi di libri d’artista, Skira, Milano 2005.
MatisseIllustratore
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CATALOGO
Stéphane Mallarmé Poésies Albert Skira & Cie Editeurs, Lausanne 1932 mm 331 x 257 176 pagine con 29 acqueforti Copia n. 33 su 145, a fogli sciolti su vélin d’Arches Firma autografa di Matisse Bibliografia: Duthuit 1988, pp. 15-34
Il coraggio avveduto di Skira fu all’origine di Poésies di Mallarmé con le acqueforti di Matisse. Dopo Picasso per il primo libro, Les Métamorphoses del 1931, ecco subito Matisse per il secondo. Matisse e Picasso: “Polo Nord, Polo Sud”, come diceva Picasso stesso. Il libro uscì nell’ottobre 1932 e subito ebbe un’accoglienza calorosa a Parigi, Londra e New York dove venne esposto alla galleria Marie Hariman. Due anni prima, nell’aprile del 1930, Matisse aveva firmato il contratto con il giovane editore, reduce dal successo delle Metamorfosi. La preparazione era stata febbrile. Il Museo di Baltimora, infatti, possiede oltre sessanta disegni preparatori e più di trenta prove di acqueforti, mentre un altro carnet di disegni si trova in una collezione privata. Iniziato il lavoro a Nizza, la stampa avvenne a Parigi presso Leon Pichon per la parte tipografica e presso Roger Lacourière per le acqueforti. Il tiraggio fu laboriosissimo, come documentano le lettere di Matisse citate nel Catalogo ragionato dei suoi libri (Duthuit 1988, pp. XVII-XIX). Non conosciamo quale “complicità” abbia regnato tra l’artista e l’editore, ma Skira potrebbe aver certo condiviso la risposta di Vollard a un ingegnere americano: “Ma è più difficile far nascere un libro che costruire un solo quartiere, un’intera città”. Poésies nacque contemporaneamente al grande impegno decorativo della Danza per la Fondazione Barnes a Merion, in cui i tre grandi pannelli si inseriscono nell’architettura. Il problema è lo stesso: inserire immagini in una struttura “architettonica” quale è la pagina, o meglio le pagine l’una di fronte all’altra nel libro aperto. La conferma, se ce n’era bisogno, è nella affermazione matissiana relativa alla cappella di Vence: “i muri sono l’equivalente visivo di un grande libro aperto”. Di lì la giustezza della sua metafora del giocoliere, che troviamo in Come ho fatto i miei libri, testo trascritto in questo catalogo, nell’Antologia di scritti. Non hanno margini i disegni nella pagina, vi spaziano liberamente, anzi
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CorradoMingardi
proprio vi si irradiano luminosi, gioiosi. “Ecco il lavoro che ho fatto dopo aver letto Mallarmé con piacere”, confesserà. “Con piacere”, e lo si sente. Matisse è sempre l’autore della Joie de vivre. “Si sa che Mallarmé, partito da Baudelaire, mirava a una poesia tanto sonora quanto oscura, dove la parola ‘locale’ e spogliata del suo proprio senso si integra in una strumentazione verbale che aspira ad elevarsi fino alla musica pura. Ora è precisamente questa musicalità che ha sedotto Matisse e lo ha spinto a trovarle delle equivalenze plastiche, senza pretendere un’esegesi del testo suscettibile talvolta di interpretazioni azzardate” (Mornand, Thomé 1950, pp. 206-208). Quando Matisse affrontò Mallarmé era da poco tornato dalla Polinesia; così non si peritò di evocare la recente esperienza personale, e farla coincidere, accostando i versi, ad esempio, di Brise Marine e di Fenêtre a un’ariosa prora di nave veleggiante sotto uno stormo di uccelli o alla finestra del suo albergo a Tahiti aperta sul lussureggiante paesaggio. Il viaggio a Tahiti segna la cerniera tra la fase fauve e post-fauve, che resta in ogni modo essenziale alla sua arte e via via riaffiorante, e la fase successiva in cui la luce “come pura materia”, “luce spirituale”, diversa da quella colta negli spazi reali che furono per lui Parigi, il Sud della Francia, il Marocco, trovò nel disegno lineare la rivelazione di uno spazio più astratto. Scrive Pierre Schneider (1984, pp. 606-612): “La sua opera nei venticinque anni a venire registra l’esistenza di uno spazio luce più vasto che il pittore-poeta sente espandersi nel proprio spirito […]. Obiettivo pienamente raggiunto, poiché il viaggio di Matisse illustra alla lettera il verbo di Platone: ‘La luce di dentro si fonde con quella di fuori’. […]. Il percorso sotterraneo dell’esperienza tahitiana inizia, in realtà, non appena essa si è conclusa. La prima riapparizione avviene nelle Poésies […]. La vera e propria resurrezione si profila in certe pagine di Ronsard e si compie pienamente in Jazz”. L’illuminazione in Matisse è infatti sempre più una sola, lontana da assilli chiaroscurali. Marco Valsecchi, nel 1944, presentandone i disegni, parlò di “biancore trepidante del foglio che la linea, filata leggera con singolare chiarezza, accende alla quintessenza del bianco”. In Pasiphaé poco dopo, invertendo i colori, l’artista squarcerà il nero di fondo con il chiarore della linea che emerge netta, lampeggiante, dall’abisso della notte. Nei rimandi mitologici, i fauni, le ninfe , il cigno di Leda, i corpi e i volti tutti non hanno l’imperturbabilità olimpica, eroica del Picasso delle Metamorfosi, né la sua evidenza plastica, ma fremono di solare vitalità attraverso l’arabesco della pura linea continua. Matisse vi canta la piena calda femminilità, come d’altronde ha fatto in quasi ogni sua opera. Per restare poi al confronto con il Picasso delle Metamorfosi ovidiane, se in esse il grande spagnolo attinge per istinto all’essenza stessa dell’atemporalità mitologica, per cui, pur nella violenza degli episodi paradigmatici di eros e thanatos, nulla va perduto della più classica idealità, e se in Matisse è dato cogliere la vibrazione sottesa dei dolci sensi vissuti nella contemporaneità, in entrambi l’alta e misteriosa virtù del disegno tocca i vertici dell’intera storia dell’arte.
Prose pour Des Esseintes
MatisseIllustratore
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Le guignon
Apparition
Une négresse par le démon...
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Poésies
Les fenĂŞtres
Les fleurs
MatisseIllustratore
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CorradoMingardi
Brise marine
Hérodiade
pagina a fianco: Tristesse d’été
MatisseIllustratore
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CorradoMingardi
Nymphes et faune
Faune
pagina a fianco: La coiffure d’Hérodiade • Les nymphes Senza titolo – due nudi femminili • L’après-midi d’un Faune
MatisseIllustratore
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Eventail de Madame Mallarmé
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Poésies
Feuillets d’Album
Rondels
Le cygne
pagina 46: La chevelure pagina 47: Le tombeau d’Edgard Allan Poe • Le tombeau de Charles Baudelaire Quelle soie aux baumes de temps • Mes bouquins refermés sur le nom de Paphos
MatisseIllustratore
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CorradoMingardi
MatisseIllustratore
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Henry de Montherlant Pasiphaé – Chant de Minos (Les Crétois) Martin Fabiani Editeur, Paris 1944 mm 325 x 248 136 pagine con 18 linoleografie a fondo nero fuori testo; fregi, capilettera e copertina incisi in linoleografia Copia n. 208 su 250, a fogli sciolti su vélin d’Arches Firma e dedica autografe di Matisse: Pour la Société Européenne de Culture. Matisse June 1952 Bibliografia: Duthuit 1988, pp. 51-67
La tragedia di Montherlant dedicata alla sposa di Minosse travolta, per vendetta di Venere, dall’insana passione per un toro (il Minotuaro nascerà dalla loro unione) sollecita, nella Francia occupata, l’insonnia notturna di Matisse malato. L’esito è un’opera dal fascino arcaico, barbarico quasi. Tra la fine del 1935 e l’inizio del 1936, Matisse e Montherlant si incontrano attorno al progetto di pubblicare la Rose de sable, ma per il rifiuto dell’editore Grasset, intimorito dal costo troppo elevato di un’edizione di gran lusso, e per la rinuncia del pittore che ha preso coscienza di come quell’opera “estremanente interessante” sopporti “difficilmente ciò che si conviene chiamare una illustrazione”, la cosa non ha seguito. È nel 1937 che lo scrittore avanza la proposta di Pasiphaé. Consultato Tériade, troppo impegnato nell’impresa di Verve, la innovatrice splendida rivista d’arte, si dovette attendere il 1943 perché si facesse carico della pubblicazione un altro editore, Martin Fabiani. Quel Fabiani che possiamo considerare in parte l’erede di Vollard, in quanto a lui toccò il completamento di alcune delle sue edizioni già programmate, compreso il Buffon di Picasso uscito nel 1942. Matisse deve intanto convincere Montherlant ad accompagnare il testo con delle linoleografie. Alla vista della maquette, lo scrittore si rimangia le perplessità, anzi risponde che l’illustrazione a linoleum possiede “una profondità stellare sui-generis”, che molto bene conviene al suo scritto. Le tavole di Pasiphaé vennero così realizzate in tre mesi con piena soddisfazione dell’artista. Mancavano però ancora tre fuori-testo, i capilettera e i fregi; inoltre occorreva scegliere la carta, che sarà il vélin d’Arches. Altro punto importante: risolvere la tonalità del rosso delle iniziali: “Voi comprenderete come me, ne sono persuaso, che è indispensabile per l’alta qualità del nostro libro avere il rosso dei capilettera gaio
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come un papavero, il più intenso possibile ed egualmente luminoso e chiaro, grazie alla trasparenza della stampa che faccia approfittare della luminosità della carta. Se non avremo questo rosso, come io l’ho trovato necessario a dar vita all’insieme del libro, noi avremo fallito il nostro effetto, così come il suono fesso d’una tromba distrugge il più bel pezzo di musica”. Per l’aggiunta del blutela della copertina, il rosso, il bianco della carta e il nero, Matisse nella stessa lettera scrisse: “Insomma noi abbiamo un insieme coi colori nazionali sostenuti dalla gravità del nero che, senza render triste l’insieme della nostra opera, è ben di circostanza”. La circostanza della Francia occupata dai tedeschi. Quando Montherlant vide la maquette definitiva ne fu entusiasta: “Sono soddisfatto e rapito. L’opera vostra su Pasiphaé si immerge nel fondo delle età per attingere la concezione faustiana del mio dramma; tutto ciò è pieno di vigore, di gioventù, di eternità […]. Grazie delle tavole. Come sono belle. Amo in particolare quella dell’abbraccio e quella del toro o torello” dal gesto di cagnolino affettuoso. E si augurava che il libro in qualche modo fosse esposto pubblicamente e ne potessero così godere non solo i bibliofili. Pierre Schneider nel suo monumentale Matisse (1984, p. 630) dà di questa fatica una originale interpretazione: “Pasifae, la moglie di Minosse invaghitasi di un toro bianco, è una regina della notte o, meglio, una regina della notte vittima del desiderio e dell’insonnia. Quest’ultima, che Matisse conosce da sempre – non è mai riuscito a dormire più di tre o quattro ore per notte – si fa particolarmente tormentosa negli anni successivi all’operazione, in cui concepisce gran parte dei propri libri illustrati (Ronsard, Montherlant, Charles d’Orléans, Jazz): contrariamente alla pittura e ai disegni, cui non lavora che alla luce del giorno, i libri di Matisse sono figli della notte. In Pasifae egli riconosce l’ansia che soffoca l’insonne: L’angoscia che sale in un modo pulsante alla gola gli ispira un arabesco morbido come un profilo di donna, violento come un lampo. E Minosse, che per Pasifae rappresenta una costante minaccia, non può non ricordare a Matisse il nemico che in quegli anni grava sulle notti del suo paese: Da capo a piedi sono un arco vibrante, ansioso di distruggere […]. Io, sono roso dall’ odio [...]. E coricarsi ogni sera nel fango del proprio dolore: ciò vale per il pittore come per la regina cretese. Nessuno meglio di lui può dunque capire l’incanto che nel silenzio della notte annulla ogni cosa, tranne il vicino e l’infinitamente lontano, l’istinto e l’etere: ed è per questo che, immergendosi nelle tenebre dell’universo erotico di Montherlant, gli conferisce una qualità al tempo stessa intima, confidenziale e cosmica, indifferente. Ah! Poterci innalzare avvinti, fusi in un abbraccio come volano le mosche accoppiate più in alto, fino alle costellazioni, sul dorso gigantesco dello spazio: l’illustrazione di Matisse realizza alla lettera l’auspicio formulato da Montherlant. Gli amplessi si inscrivono su uno sfondo di astri e lo splendore stellare del tratto, ora tagliente, ora morbido, inciso nel linoleum dilata la superficie uniformemente nera fino a che il dramma della carne non vi si dissolve e il grido umano non si perde nelle divine armonie della notte. Il punto culminante è raggiunto nella prodigiosa serie delle pagine 88-89, 90-91, 92-93, 96-97 e 102-103, variazioni quasi astratte sui corpi celesti (nonché terrestri, ma eterei) la cui scala monumentale fa dimenticare il formato estremamente ridotto. Così, più ancora del testo di Montherlant, le linoleografie per Pasiphaé illustrano quella conversione del biografico in mitico cui Matisse si dedicherà negli ultimi dieci o dodici anni della sua vita.
Senza titolo – volto femminile
...Et il faudra mourir sans avoir tué le vent
...fraîchie sur des lits de violettes pagina a fianco: ... emportés jusqu’aux constellations
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Pasiphaé
...L’angoisse qui s’amasse en frappant sous ta gorge
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Pasiphaé
...Dors, dormeuse aux longs cils
...Mais soudain le soleil, secouant sa crinière
...Et je me reposerai enfin dans le rien que je convoite
MatisseIllustratore
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...Le regard fixe, les joues en feu
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Pasiphaé
...Elle y pose sa joie... Elle l’embrasse
...tout joyeux de sa jeune force
...semblable Ă un chef de guerre de seize ans
MatisseIllustratore
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CorradoMingardi
...Et se coucher chaque soir dans son malheur
...Ténèbres de moi-même, je m’abandonne à vous
pagina a fianco: ...seule au pied du grand caroubier
MatisseIllustratore
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...un meuglement différent des autres
...On dirait qu’elle ne m’a jamais vue pagina a fianco: ...j’irai à ce que j’ai voulu, sans fierté comme sans remords
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Pasiphaé
MatisseIllustratore
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Henri Matisse Jazz Tériade Editeur, Paris 1947 mm 422 x 325 164 pagine con 20 pochoir a colori Copia n. 238 su 270, a fogli sciolti su vélin d’Arches Firma e dedica autografe di Matisse: Pour la Société Européenne de Culture H. Matisse. June 1952 Bibliografia: Duthuit 1988, pp. 159-185
Jazz nacque da un’idea di Tériade che, vedendo le gouaches découpées che Matisse andava facendo, ritagliando e componendo tra loro carte colorate a tempera, principale attività del pittore infermo nella solitudine degli anni di guerra, espresse il desiderio di vederle trasposte in un “libro fiore”. La colorita espressione è sua, poeta-editore coraggioso e fortunato. Era il 1941, ma bisognò attendere il 1947 per vedere pubblicato il più ammirevole, il più memorabile libro d’artista che mai sia stato. Libro, ma anche opera d’arte assoluta, uno dei vertici del XX secolo. Fondamentale fu la collaborazione e l’amicizia del pittore con l’editore Tériade, durata per ben venticinque anni. Szymusiak (in Matisse e Tériade, 1996, p. 55) scrisse: “Matisse non poteva non subire il fascino di quel poeta originario delle isole greche, alla ricerca di un ideale classico radicato nella cultura occidentale, di quell’appassionato della civiltà medioevale e di quella africana e orientale, di quell’uomo interessato all’etnologia, alla fotografia, all’arte contemporanea e all’architettura moderna”. Negli ultimi anni di vita il ricorso alla pratica del découpage, cioè del ritaglio, fu quasi costante in Matisse: sono le condizioni fisiche postoperatorie che lo costringono a lavorare a letto. Confesserà: “Ecco, è la carta-materia che resta a disciplinare, a far vivere e a crescere. Per me è un bisogno di conoscenza. Le forbici possono essere più sensibili nel tracciare di una matita o di un carboncino […]. Disegnando con le forbici nei fogli di carta colorata in precedenza associo con un solo gesto la linea e il colore, il contorno e la superficie […]. Poi ho deciso di riunirli”. (Matisse. La révélation m’est venue de l’Orient, Firenze 1997, p. 75). Nascono così Jazz e le grandi composizioni “decorative” degli anni Cinquanta. Comprese le vetrate: “Posso confidarvi che è dal libro e dalle carte ritagliate che sono nate le mie vetrate” (ibidem). In lui, fin dall’epoca fauve, l’opera nasce dal puro confrontarsi dei colori. E qui è confronto assoluto, senza mediazioni. Matisse che lavorava contemporaneamente al Charles d’Orléans e stava portando a termine Pasiphaé, non sapeva ancora che titolo dare al volume: scelse Cirque. Più tardi, nel 1946, lo cambiò in Jazz. Anche il testo non venne definito all’origine, ma fu una scelta dei suoi pensieri, delle sue considerazioni sull’amore, la felicità, i viaggi, i ricordi delle lagune tahitiane e la
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sua arte, senza legami con le figure predisposte. Tale testo fu interamente manoscritto a larghe rotonde lettere spaziate, a costituire degli intervalli decorativi, delle pause riposanti, “uno sfondo sonoro” come disse lui stesso, tra il fulgore abbacinante delle tavole. “Il loro ruolo – afferma in un pensiero del libro – quindi è puramente spettacolare”, e più oltre: “Disegnare con le forbici. Ritagliare nel vivo del colore mi ricorda lo sbozzare diretto degli scultori. Questo libro è stato concepito nello stesso spirito”. L’artista si preoccupò perché i colori venissero riprodotti in maniera ottimale: fu scelta la tecnica del pochoir, cioè dello stampino, che è una sagoma vuota su cui si passa il pennello, tecnica che era stata di moda tra gli illustratori déco. E l’applicazione si rivelò davvero felice. Ma che lunga, incerta gestazione! Ce la documentano Claude Duthuit e Françoise Garmand (1988, pp. 162-164). Era stato per La danza di Merion e per la copertina degli esemplari di testa del numero di Cahier d’Art a lui dedicato che Matisse aveva utilizzato per la prima volta la tecnica del papier découpé, e lo aveva fatto ancora per diversi numeri di Verve dal 1937 in avanti. Ritagli di carta colorata à plat che spesso anche appendeva alle pareti del suo studio, e di fronte ai quali meditava a lungo. Il 10 giugno 1941 fu Tériade a proporgli con entusiasmo di fare “un manoscritto dipinto moderno”, cosa mai realizzata fino ad allora, aggiungendo nella lettera: “Questo corrisponde così bene alle possibilità odierne. E sarebbe magnifico”. Il 22 dello stesso mese: “Le riproduzioni dei colori piatti mi hanno aperto nuovi orizzonti”. Scartata la quadricromia come mezzo di riproduzione, perché ogni sua correzione avrebbe rimesso in discussione l’effetto d’insieme, non restava per l’editore che il colore steso à plat, che poteva essere corretto direttamente a macchina dosando l’inchiostro perchè meglio scomparisse la differenza tra il modello originale e il risultato della stampa. Come nella litografia, ma ottenendo più intensità e vivezza. Utilizzi pure Matisse nelle carte ogni tipo di colore a tempera con garanzia di ottenere riprodotto il suo colore esatto. Il che poi non fu vero, perchè i saggi di prova non furono soddisfacenti. Gli inchiostri tipografici, infatti, sono oleosi e lontani dal vero colore a tempera. Si arriva al 1944 quando il pittore ha terminato la serie delle sue composizioni di carte ritagliate per il libro, ma occorrerà attendere la fine della guerra e la scelta del pochoir, la cui applicazione sarà affidata allo specialista Edmund Vairel che potrà utilizzare le stesse tempere della ditta Linel usate dal pittore e ritornate in commercio. Nel settembre 1947 il libro è completato nei suoi 270 esemplari cui si aggiunse la tiratura di 100 album di sole tavole. Il successo fu immediatamente straordinario. Quanto ai soggetti delle composizioni (per Matisse sono “cristallizzazioni di ricordi del circo, di racconti popolari o di viaggio”), oltre dunque al mondo del circo, con il suo ritmo sincopato, jazzistico, ci sono le stilizzazioni eleganti delle alghe, dei fondi marini polinesiani, delle forme femminili sintetiche e, più misteriose, dell’Icaro nero precipitante nel blu del più intenso cielo stellato, del lupo, del cuore, del destino. “Cristallizzazioni di ricordi” dice Matisse, e nella definizione c’è l’aggancio alla realtà della memoria e la stilizzazione astratta dei cristalli. L’impatto per l’osservatore è esaltante, uno stupore gioioso, frutto di una purezza di tinte, di una audacia di accostamenti che non rimanda a contenuti, a significati: la loro lettura è solo visiva, formale, e ciò ne condiziona l’assolutezza. Il dramma della vecchiaia , della malattia che è del Matisse degli anni di guerra, vi è come completamente esorcizzato. Bene aveva visto Apollinaire, da poeta e da critico, scrivendo nel catalogo della mostra Matisse-Picasso alla galleria Guillaume di Parigi nel lontanissimo 1918: “Se si dovesse paragonare l’opera di Henri Matisse a qualche cosa, bisognerebbe scegliere l’arancia: come questa l’opera di Matisse è un frutto di luminosità esplosiva”.
Le clown
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Le cirque
CorradoMingardi
MatisseIllustratore
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CorradoMingardi
Le cauchemar de l’éléphant blanc pagina a fianco: Monsieur Loyal
MatisseIllustratore
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Le cheval, l’écuyère et le clown
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Le loup
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Jazz
Le coeur
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Icare
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Formes
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L’enterrement de Pierrot
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Les Codomas
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Jazz
La nageuse dans l’aquarium
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L’avaleur de sabres
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Le cow-boy
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Le lanceur de couteaux
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Le destin
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Le lagon
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Le lagon
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Jazz
Le lagon
MatisseIllustratore
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Le Tobogan
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Charles d’Orléans Poèmes Tériade Editeur, Paris 1950 mm 410 x 265 112 pagine tutte illustrate da litografie a colori, compresa la copertina Copia n. 1184 su 1230, a fogli sciolti su vélin d’Arches Bibliografia: Duthuit 1988, pp. 225-243
Matisse cominciò a pensare a Charles d’Orléans nel 1942 e a lavorarvi l’anno dopo a Nizza. Era stato l’amico André Rouveyre a suggerirgli di realizzare un libro interamente di sua mano “senza il minimo apporto tipografico”, come faceva nelle lettere che il pittore gli inviava quasi quotidianamente, le cui buste egli ornava con matite colorate: “Ciò che scaturisce da questa sorta di zampillante getto spontaneo che sono le tue buste costituisce un matrimonio stretto e delizioso tra lettera e disegno che ne fanno un tutt’uno… il disegno è scrittura, la scrittura è disegno […]. Tu sei portato non solamente a leggere, a gustare poemi ma a scriverli…, ora tu sei portato a disegnare la tua scrittura, a far passare nella tua scrittura la linfa del tuo disegno” (Duthuit 1988, p. 227). Nelle notti insonni Matisse, “amanuense” e “miniatore”, ricopia ad inchiostro su ampi fogli le ballate, le canzoni, i rondeau del principe vissuto nei primi decenni del Quattrocento, in quell’autunno del Medioevo così fiorito di eleganze cortesi; poi contorna ogni poesia con le matite grasse colorate, una, due, tre volte come fanno i fanciulli, mentre occupa interamente molte pagine a fronte di ripetuti araldici gigli di Francia e altre di volti, con gli stessi pastelli, ogni pagina un colore diverso: una la riempie di vispi coniglietti in un prato fiorito, come in un arazzo o in una miniatura del tempo. Bella è l’invenzione e di gran gusto la riuscita generale. I volti maschili e femminili a piena pagina sono improvvisazioni, personali variazioni su fonti ritrattistiche quattrocentesche francesi presenti al Louvre, più o meno individualizzate, riconoscibili, ma tipiche nel tratto continuo della grafica matissiana. Ma è col tema dei gigli araldici, le fleures de lys, che è quasi interamente costruito il libro. Li incontriamo di pagina in pagina con densità e colore via via diversi, fin dall’apertura paragonata a un sipario vegetale che occorre scostare prima di penetrare più oltre. Motivi decorativi, certo, che tuttavia sorpassano nella ripetizione e nella differenza l’essere puramente decorativi. Scrisse Aragon: “queste immagini
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sempre le stesse, terribilmente grafiche, un ornamento… Quale parola traditrice per ciò che vi è di più puro, di meno ornato al mondo”. (Hommage à Tériade 1973, p. 132). Questa la nota di Matisse indirizzata a Raymond Escholier: “Trovo giusta la vostra distinzione tra libro illustrato e libro decorato. Il libro non deve aver bisogno di essere completato da un’illustrazione imitativa. Il pittore e lo scrittore devono agire insieme, senza confusione, ma in parallelo. Il disegno deve essere un equivalente plastico del poema. Non direi: primo e secondo violino, ma un insieme concertante”(Matisse 2003, p. 178). E concertante a distanza di secoli è la musica di Matisse e Charles d’Orleans. Affidata la stampa a Martin Fabiani, successore di Vollard, le prove non soddisfecero Matisse. Sarà Tériade nel 1950 a riprodurre, usando il procedimento della fotolitografia, il manoscritto con la freschezza, il sapore dell’originale. Intanto anche in altri artisti, ancor prima del 1950, si era diffusa la maniera di scrivere o riscrivere i testi a mano e poi riprodurli tali e quali. Ma la lezione di Matisse è diversa, non trascrive testi suoi, ma di un poeta d’elezione, e intanto ne penetra lo spirito, vi si immedesima. Ancora negli anni Settanta farà così Carlo Mattioli trascrivendo i Canti di Leopardi con la sua nitida grafia e accompagnandoli con corruschi cieli notturni ad acquerello.
Charles d’Orléans
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Senza titolo – gigli e Rondeau
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Poèmes
Senza titolo – gigli, albero e conigli
pagina 96: Senza titolo – gigli e nudo femminile Senza titolo – gigli e volto
MatisseIllustratore
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APPARATI
Antologia
contemporaneamente sull’occhio dello spettatore. Un largo bordo
Scritti di Henri Matisse*
A questo punto della composizione, ebbi la visione netta del carat-
circolare, che comprende le due pagine ne fa una sola massa. tere un po’ sinistro del libro nero e bianco. Eppure un libro è generalmente così. Ma in questo caso particolare, la grande pagina quasi interamente nera mi è sembrata un po’ funebre. Allora ho pensato a delle iniziali rosse. La ricerca mi ha richiesto un certo tempo perché, dopo aver cominciato con iniziali pittoresche, fantasiose, invenzioni da pittore, in seguito ho dovuto sottomettermi a una concezione d’indole più severa e classica, in accordo con gli elementi già esistenti, di tipografia e d’incisione. Quindi: nero, bianco, rosso. Non male... Ora la copertina. Mi è venuto in mente un blu, un blu primario, un blu tela, ma con un’incisione al tratto bianca. Poiché questa coper-
Come ho fatto i miei libri
tina doveva restare nella cartonatura o nella rilegatura, ho dovuto
Innanzitutto il mio primo libro, le Poésies di Mallarmé.
conservare il carattere “carta”. Ho alleggerito il blu, senza farlo meno
Delle acqueforti a tratto regolare, sottilissimo, senza tratteggio, in
blu, ma con una specie di trama, derivata da quella del linoleum. A
modo da lasciare il foglio stampato bianco quasi come prima della
mia insaputa, è stata fatta una prova in cui la carta, troppo impre-
stampa.
gnata di colore, sembrava cuoio. L’ho rifiutata subito perché aveva
Il disegno riempie la pagina senza margini, cosa che schiarisce an-
perso quel carattere “carta” da me voluto.
cora il foglio, perché il disegno non è, come accade di solito, ammas-
Questo libro, per le molte difficoltà architettoniche, mi ha preso die-
sato verso il centro, ma s’irradia su tutta la pagina.
ci mesi di lavoro per l’intera giornata e spesso anche la notte.
I fogli delle incisioni fuori testo sono collocati di fronte al retro delle
Per i miei altri libri, e cioè Visages, le Poésies de Ronsard, le Lettres
pagine con il testo in corsivo Garamond corpo 20. Il problema quindi
portugaises, e per quelli in corso di stampa, che attendono il loro
era come equilibrare le due pagine, una bianca, quella dell’acquafor-
turno sotto il torchio, sebbene appaiano diversi, il lavoro è sempre
te, e una relativamente nera, quella della tipografia.
stato condotto secondo gli stessi principi, vale a dire:
Ho ottenuto questo risultato modificando il mio arabesco in modo
1° Rapporto col carattere dell’opera.
da concentrare l’attenzione dello spettatore tanto sul foglio bianco
2° Composizione condizionata dagli elementi usati come dal loro
quanto sulla lettura promessa dal testo.
peso decorativo: nero, bianco, colore, tipo di incisione, tipografia.
Paragono i miei due fogli a due oggetti scelti da un giocoliere. Im-
Questi elementi si determinano secondo le necessità dell’armonia
maginiamo, in rapporto col problema in questione, una palla bianca
cercata per il libro, durante il lavoro. Non li decido mai prima di ini-
e una palla nera, come le mie due pagine, la chiara e la scura, così
ziare a lavorare, in modo da procedere opportunamente secondo
diverse eppure faccia a faccia. Malgrado le differenze tra questi due
l’ispirazione, nel corso stesso della ricerca.
oggetti, l’arte del giocoliere ne fa un insieme armonioso agli occhi
Non faccio differenza tra la costruzione di un libro e quella di un
dello spettatore.
quadro e procedo sempre dal semplice al complesso, sempre pron-
Il mio secondo libro: Pasiphaé, di Montherlant.
to però a concepirlo daccapo come semplice. Compongo all’inizio
Incisioni su linoleum. Una semplice linea bianca su fondo assoluta-
con due elementi e ne aggiungo un terzo quando sia necessario per
mente nero. Una semplice linea, senza tratteggio.
riunire i due precedenti arricchendone l’accordo, stavo per scrivere
Qui il problema è lo stesso del Mallarmé, ma i due elementi sono
“musicale”.
rovesciati. Come equilibrare la pagina nera del fuori testo con quel-
Espongo il mio modo di procedere, senza pretendere che non ve ne
la relativamente bianca della tipografia? Con la contrapposizione,
siano altri: il mio però s’è formato naturalmente, progressivamente.
mediante l’arabesco del mio disegno, ma anche avvicinando la pa-
Voglio dire qualche parola a proposito dell’incisione su linoleum.
gina dell’incisione alla pagina del testo, in modo che si fronteggi-
Il linoleum non deve essere scelto per economia, in sostituzione del
no facendo blocco. Così la parte incisa e quella stampata agiscono
legno, perché conferisce all’incisione un carattere particolare, molto
MatisseIllustratore
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diverso dalla xilografia, e deve essere scelto proprio per questo.
un volume. Sì, Jazz ha avuto una vasta eco e io ho sentito di dover
Ho spesso pensato che questo mezzo tanto semplice è paragonabi-
continuare, perché finora il lavoro era reso futile da una mancanza
le a quello costituito dal violino e dall’archetto: una superficie, una
di coordinamento tra i diversi elementi che agivano mediante sen-
sgorbia, quattro corde tese e una ciocca di crini.
sazioni globali. Qualche volta sopravveniva la difficoltà: linee, volu-
La sgorbia, come l’archetto, è in rapporto diretto con la sensibilità
mi, colori, e quando li riunivo tutto sprofondava, l’uno distruggeva
dell’incisore. E questo è talmente vero che la minima distrazione nel
l’altro. Bisognava ricominciare, cercare la musica e la danza, trovare
tracciare una linea comporta involontariamente una leggera pres-
l’equilibrio ed evitare il convenzionale. Una nuova partenza, nuovi
sione delle dita sulla sgorbia e influenza negativamente la traccia.
esercizi, altre scoperte. Posso confidarvi che proprio dal libro Jazz,
Così basta stringere un po’ più le dita che tengono l’archetto del
dai miei papiers découpés, sono poi nate le mie vetrate.
violino perché il suono cambi carattere, da dolce diventa forte.
Non basta mettere colori, anche bellissimi, gli uni accanto agli altri,
L’incisione su linoleum è il vero mezzo predestinato per il pittore
questi colori devono ancora reagire gli uni sugli altri. Se no, è la ca-
illustratore.
cofonia. Jazz è un ritmo e un significato.
Ho dimenticato un precetto prezioso: rimettete venti volte il vostro
(tratto da André Verdet, Prestiges de Matisse, Émile-Paul, Paris 1952)
lavoro sul telaio e, in questo caso, ricominciate finché non sarete
Ho telefonato a Joyce per parlare di quanto gli aveva detto il suo
soddisfatti.
rappresentante a Parigi di quello che aveva visto. Siamo assoluta-
(Comment j’ai fait mes livres, testo apparso nell’Anthologie du livre illustré par les peintres et sculpteurs de l’École de Paris, Skira, Genève 1946)
anche avuto la sua approvazione per la composizione generale del
Conversazioni e lettere
libro così come l’ho concepita. [...] Per completare quel che ti dicevo
No, non si tratta di pura fantasia. Questo ritratto di Charles d’Or-
prima riguardo all’illustrazione del libro, credo che il disegnatore
léans, ho voluto fosse un ritratto. Per comporlo, mi sono ispirato ai
debba cedere il passo al letterato e alla tipografia, che d’altra parte
personaggi della sua famiglia; ho sfogliato vecchie storie di Francia,
può scegliere per le sue incisioni, altrimenti sarebbe un po’ troppo
riproduzioni di quadri. Ho cercato di dedurne i tratti essenziali, come
modesto. È un po’ il ruolo del 2° violino in un quartetto, se non che
avevo fatto per Baudelaire, per Edgar Poe, dal complesso delle loro
il 2° violino risponde al 1° mentre, nel mio caso, io faccio un lavoro
fotografie.
parallelo al letterato ma in un senso un po’ decorativo. Caro vecchio
[...] Ho cominciato molti anni fa a lavorare a quest’opera. Il ritratto
mio, ti lascio per cominciare la mia giornata, sono le nove.
del frontespizio è datato 1943 ed è in quell’anno che ho fatto le foglie
(lettera a Simon Bussy, 25 giugno 1934)
dei risguardi. Ci ho lavorato di notte, e spesso, quando mi svegliavo
Quest’estate non andrò in Svizzera: sono troppo preso dalla malat-
la mattina, rivedevo, a mente fresca, l’insieme del bozzetto. Non è
tia e dai medici, sono due gruppi. Uno vuole che io sia operato. L’altro
un lavoro d’improvvisazione.
non lo vuole – quelli che non vogliono fanno capo a un chirurgo – il
[...] In ogni pagina di Charles d’Orléans, lo spirito ascensionale del di-
mio chirurgo di Lione, che sa cosa ho rischiato e non vuole espormi
segno dei gigli, unito all’espressione dei colori, si collega alla pagina
agli stessi rischi, se la situazione non lo richiede. [...] Tuttavia conti-
precedente e ha già qualcosa della successiva, un po’ come in una
nuo a lavorare e mi restano pochi disegni da realizzare per il Ronsard
partitura musicale; e i colori cantano per contrasti.
[n.d.r.: Florilège des Amours de Ronsard, Albert Skira, Paris 1948,
(tratto da Nous manquions d’un portrait de Charles d’Orléans... Henri Matisse vient d’en
illustrato da 128 litografie di Matisse], beato lui, che non deve più
composer un, conversazione con Régine Pernoud, in «Le Figaro Littéraire », 14 ottobre 1950)
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mente d’accordo sul carattere che voglio dare all’illustrazione, ho
avere paura dei medici. Mi torna in mente, dal Maître de Chapelle o dal Sourd ou l’Auberge pleine, una canzone: “Si crederebbe, ascol-
[Matisse risponde alla domanda di André Verdet: “Il vostro libro Jazz
tandolo, che tutti i medici... sono degli assassini...”, pardon!
ha avuto una vasta eco. Molti lo considerano come una delle svolte
Io ho un po’ il diritto di difendere la pelle, non voglio un’operazione,
della vostra costante evoluzione. Come avete avuto l’idea di questo
allora perché lasciarmi sopraffare? Ecco, non ho carattere. Prefe-
libro?”]
risco avere una crisi di tanto in tanto e non dovermi esporre a un
Disegnando con le forbici in fogli di carta colorati in precedenza, con
trauma operatorio che mi lascia indebolito, siccome non mi sento
un solo gesto per associare la linea al colore, il contorno alla superfi-
per nulla uno che vive di rendita, non lo sopporterei.
cie. Mi è venuta semplicemente l’idea di riunirli e Tériade ne ha fatto
(lettera a Louis Aragon, 2 agosto 1942)
HenriMatisse
Ronsard è finito, tranne due o tre disegni, e sono in grandissima
necessità di allontanarmi da tutte le convenzioni, da tutte le idee
intimità con Charles d’Orléans che ho sempre a portata di mano. Vi
teoriche, per liberarmi a fondo e completamente, ponendomi fuori
trovo sempre nuove soddisfazioni. Come si trovano le violette sotto
dal momento, da questa moda di distinguere tra figurativo e non
l’erba. Se lo illustrassi, sarebbe appassionante trovare un’espres-
figurativo.
sione grafica all’altezza della sua musica. Mi vedo leggerlo all’alba
(lettera ad André Rouveyre, 25 dicembre 1947)
d’ogni giorno come, uscendo dal letto, ci si riempiono i polmoni d’aria fresca. È stato questo il metodo che ho adottato per Mallarmé.
Tra noi c’è stata una sorta di equivoco a proposito di Jazz. Ti avevo chiesto di scrivere due parole al “Figaro”. Io proprio non ci tenevo,
(lettera a Louis Aragon, 20 gennaio 1943)
era Tériade che lo desiderava. In fondo, Jazz ha avuto una tale eco
Siete nelle migliori condizioni per fare qualcosa di importante. Un
in Francia e all’estero che se io avessi avuto qualcosa di veramente
artista mi diceva: “Il genio è la capacità di resistere alla rottura di
serio da chiederti, sarebbe stato di fischiarlo; se tu hai avuto qualche
scatole”. È certamente una definizione parziale, ma per me è giu-
conversazione a questo proposito e se hai dovuto mostrarne il pun-
sta. Ma non avete il sostegno della Speranza e l’avvicinarsi della
to debole, ti ringrazio, tanto peggio per quelli che non ne vedranno
Primavera?
le qualità.
Quanto a me, sono sempre qui nel mio letto, eccetto un’ora al giorno
(lettera ad André Rouveyre, 15 febbraio 1948)
in cui mi alzo, non troppo a mio agio, perché non ci sono più abitua-
Per Jazz, sebbene i contorni delle immagini non abbiano la purezza
to, mi ritrovo a letto con piacere. Lì lavoro regolarmente. Pittura il
del mio colpo di forbice, i colori sono buoni ed esattamente simili
pomeriggio, la mattina illustrazione del Charles d’Orléans (cosa ne
agli originali da me ritagliati in fogli di carta che ho fatto stendere a
pensate? Un autore fortunato [n.d.r.: Henri de Montherlant], reduce
tempera da una domenicana prima del convento. E le riproduzioni
dai trionfi su uno dei nostri più importanti palcoscenici, il primo evi-
sono fatte proprio con le stesse tempere di Linel, addirittura per
dentemente, mi dice di trovare le sue ballate un po’ sdolcinate). Io
un certo rosso cupo che Linel fabbricava prima della guerra con dei
le considero come una musica cristallina che, per un certo equivoco
colori tedeschi, ci sono volute delle ricerche in Germania per trovarlo
che spesso la circonda, lascia spazio al disegno del pittore.
proprio identico. Sebbene il risultato non abbia il fascino dell’ope-
(lettera a Louis Aragon, febbraio 1943)
razione di ritaglio, ciò non toglie che gli stessi colori siano montati
Questo giocattolo da un soldo [n.d.r.: Jazz] mi stanca e tutto il mio
negli stessi rapporti energici e armoniosi.
essere si rivolta davanti alla sua importanza invadente! Ho fretta di
[...] A Londra, dove una copia è stata portata per caso da una mia
vedere cosa ne ha fatto il vostro gruppo parigino. In ogni caso mi ha
amica, il successo è stato grande. Il conservatore dell’Albert Mu-
stancato gli occhi – esco soltanto con lenti scure al 70 per cento – e
seum sta per farne una mostra. Così in Germania, il rappresentante
conto su di voi per portarmi da Parigi un bastone da cieco; gli alcolici
culturale francese intende mettere sotto vetro tutti i fogli di un
forti mi sono vietati, sotto qualsiasi forma, dal medico.
volume che un mio amico vuole cortesemente prestargli per farne
(lettera a Tériade, 7 marzo 1944)
un’esposizione circolante in Germania. Di questo ho chiaccherato
Ti ringrazio per la tua franchezza a proposito di Jazz. Sono assolutamente del tuo parere. Malgrado tutto il daffare che mi sono dato per lui, non riesco a mandarlo giù moralmente.
abbastanza. I muri della mia camera sono pieni di découpages [...]. Non so ancora cosa farò di questi nuovi découpages, certo non un Jazz. (lettera ad André Rouveyre, 22 febbraio 1948)
È decisamente un fallito. Perché mai questi ritagli, mentre li faccio, quando li vedo sul muro mi riescono simpatici e senza il carattere di rompicapo che vi trovo in Jazz? Credo che a guastarli completamente sia la trasposizione: essa toglie loro quella sensibilità senza cui ciò che faccio è nullo. Così prima della mostra ho comunicato a Tériade quanto poco mi sento in consonanza con quest’opera. Ed ecco, è un successo senza precedenti, il libro farà epoca, eccetera. [...] Dal mio ritorno da Parigi, sono in una sorta di crisi di coscienza,
*Testi tratti da: Henri Matisse, Scritti e pensieri sull’arte, raccolti e annotati da Domini-
e potrebbe derivare un gran trambusto per il mio lavoro. Sento la
que Fourcade, traduzione di Maria Mimita Lamberti, Abscondita, Milano 2003
MatisseIllustratore
101
Jazz
che hanno lasciato nella mia memoria il loro fascino di allora, da me
di Henri Matisse*
Renoir m’ha detto: “Dopo aver ben accomodato un mazzo per dipin-
riversato ora su questo nuovo mazzo. gerlo, mi fermo sul lato che non avevo previsto di ritrarre”. L’aereo Un semplice viaggio in aereo da Parigi a Londra ci rivela un mondo che la fantasia non poteva farci prevedere. Il sentimento della nostra nuova sensazione ci incanta, e nello stesso tempo ci rende confusi per il ricordo delle preoccupazioni e dei fastidi da cui ci siamo lasciati turbare, su quella terra che scorgiamo sotto di noi, attraverso gli squarci del campo di nubi da noi dominato, mentre anche allora esisteva uno spazio incantato, quello nel quale ora siamo. E
Note
quando saremo tornati alla nostra modesta condizione di pedoni,
Perché, dopo aver scritto: “Chi vuol darsi alla pittura deve comin-
non sentiremo più il peso del cielo grigio gravare su di noi, perché
ciare col farsi tagliare la lingua”, ho bisogno di usare mezzi diversi
ricorderemo che dietro a quel muro facile da attraversare esistono
da quelli che mi sono propri? Questa volta devo presentare delle
lo splendore del sole e la percezione dello spazio illimitato in cui ci
tavole a colori nelle condizioni a esse più favorevoli. Devo quindi
siamo sentiti per un momento infinitamente liberi.
separarle con intervalli di diverso carattere. Ho ritenuto che la grafia
Si dovrebbe far fare un lungo viaggio in aereo ai giovani al termine
manoscritta fosse il mezzo meglio rispondente a questo scopo. La
degli studi.
dimensione eccezionale della scrittura mi sembra obbligatoria per
Il carattere di un viso disegnato non dipende dalla diversità delle
essere in rapporto decorativo con il carattere delle tavole a colori.
proporzioni ma da una luce spirituale in esso riflessa. Tant’è vero
Queste pagine dunque servono solo da accompagnamento ai miei
che due disegni dello stesso viso possono rappresentare lo stesso
colori come degli aster entrano nella composizione di un mazzo di
carattere, anche se in ciascuno le proporzioni del volto sono diffe-
fiori di maggiore importanza.
renti. In un fico, non una foglia è uguale a un’altra; sono tutte di
Il loro ruolo quindi è puramente spettacolare.
forma differente; tuttavia ciascuna grida: fico.
Cosa posso scrivere? Non posso certo riempire queste pagine con qualche favola di La Fontaine, come facevo, quand’ero giovane di studio, per le “conclusioni in copia originale” che nessuno, nemmeno il giudice, legge mai e che si fanno soltanto per usare una certa quantità di carta da bollo in rapporto all’importanza del processo. Non mi resta perciò che riportare osservazioni, appunti presi durante la mia esistenza di pittore. Per queste note chiedo, a chi avrà la pazienza di leggerle, l’indulgenza che si accorda in generale agli scritti dei pittori. Il mazzo di fiori Passeggiando in giardino colgo un fiore dopo l’altro per farne un fascio nel cavo del braccio, secondo il capriccio della raccolta. Torno
Se ho fiducia nella mia mano che disegna, lo devo allo sforzo di quando la abituavo a servirmi, per non lasciarle mai prendere il sopravvento sul mio sentimento. Sento benissimo, mentre la mano svolge la sua parafrasi, se c’è disaccordo tra di noi: tra essa e il non so che in me che sembra esserle sottomesso. La mano non è che il prolungamento della sensibilità e dell’intelligenza. Quanto più è pronta, tanto più è obbediente. Non bisogna che la serva diventi padrona. Disegnare con le forbici Ritagliare nel vivo del colore mi ricorda lo sbozzare diretto degli scultori. Questo libro è stato concepito nello stesso spirito.
a casa con l’idea di dipingerli. Dopo averli disposti a modo mio, che
Le mie curve non sono folli
delusione! Nel metterli in ordine, tutto il loro fascino è scomparso.
Il filo a piombo, che determina la direzione verticale, forma col suo
Cos’è successo?
contrario, l’orizzontale, la bussola del disegnatore. Ingres si serviva
All’accostamento incosciente fatto mentre li raccoglievo seguendo
del filo a piombo. Osservate nei suoi studi di figure in piedi quella
il gusto che m’ha fatto andare da un fiore all’altro, si è sostituita una
linea non cancellata che passa per lo sterno e il malleolo interno
disposizione volontaria derivata dai ricordi di mazzi ormai morti,
della “gamba portante”.
MatisseIllustratore
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Intorno a questa linea fittizia si sviluppa l’arabesco. Ho trat-
niente di meglio in cielo e in terra, perché l’amore è nato da Dio, e non
to un beneficio costante dall’uso che ho fatto del filo a piombo.
può riposare se non in Dio, al di sopra di tutte le creature. Chi ama
La verticale è nel mio spirito. Mi aiuta a precisare la direzione delle
vola, corre e si rallegra; è libero e nulla lo trattiene”.
linee, e nei disegni di getto, non indico una curva, ad esempio quella
(Imitazione di Gesù Cristo)
di un ramo in un paesaggio, senza aver coscienza del suo rapporto con la verticale. Le mie curve non sono folli.
Felicità Trarre la felicità da se stessi, da una buona giornata di lavoro, dalla schiarita che è riuscita a portare nella nebbia intorno a noi. Pensa-
Un nuovo quadro deve essere una cosa unica, una nascita che porti
re che tutti quelli che sono arrivati, ricordandosi delle difficoltà dei
una nuova figura nella rappresentazione del mondo attraverso lo
loro inizi, esclamano con convinzione: “Era il tempo felice”. Perché
spirito umano. L’artista deve contribuire con tutta la sua energia,
per la maggioranza: Successo = Prigione, e l’artista non deve mai
la sincerità e la massima modestia, per scartare durante il lavoro
essere prigioniero. Prigioniero? Un artista non deve mai essere:
le vecchie formule che gli vengono tanto facilmente sotto mano e
prigioniero di se stesso, prigioniero d’una maniera, prigioniero di
possono soffocare il fiorellino che, per conto suo, non viene mai così
una reputazione, prigioniero di un successo, eccetera... I Goncourt
come lo si attende.
hanno scritto che gli artisti giapponesi dell’epoca d’oro cambiavano
Un musicista ha detto: In arte la verità, il reale, comincia quando non si capisce più nulla
più volte nome, nel corso della loro vita. Questo mi piace: volevano salvaguardare la loro libertà.
di cosa si sta facendo, di cosa si sa, mentre resta in voi un’energia
Lagune degli atolli
tanto più forte quanto più è contrariata, compressa, soffocata. Al-
Non sareste voi forse una delle sette meraviglie del paradiso dei
lora bisogna presentarsi con la massima umiltà, tutto bianco, tutto
pittori?
puro, candido, con il cervello sgombro, in uno stato d’animo analogo
Beati quelli che cantano con tutto il loro cuore, in tutta la rettitudine
a quello del comunicando mentre s’avvicina alla Sacra Mensa. Evi-
del loro cuore.
dentemente si deve avere dietro di sé tutta la propria esperienza
Trovare la gioia nel cielo, negli alberi, nei fiori. Ci sono fiori dapper-
acquisita e aver saputo conservare la freschezza dell’istinto.
tutto per chi vuole davvero vederli.
Se credo in Dio?
La vita futura
Si, quando sto lavorando. Quando sono sottomesso e modesto, mi
Sarebbe consolante, soddisfacente, se tutti quelli che hanno dedi-
sento talmente aiutato da qualcuno che mi fa fare cose che vanno
cato la vita a sviluppare doni naturali,a vantaggio di tutti, godes-
oltre me stesso. Però non sento verso di lui nessuna riconoscenza,
sero, dopo la morte, di una vita di soddisfazioni in accordo coi loro
perché è come se mi trovassi davanti a un prestidigitatore di cui
desideri. Mentre quelli che hanno vissuto da meschini egoisti...
non riesco a capire i trucchi. Allora mi ritrovo frustrato del beneficio dell’esperienza che doveva essere la ricompensa del mio sforzo. Sono ingrato senza rimorso.
Jazz Queste immagini dal timbro vivo e violento sono derivate dalla cristallizzazione dei ricordi del circo, di racconti popolari o di viaggio. Ho
Giovani pittori, pittori incompresi o capiti troppo tardi, nessun Odio.
fatto queste pagine scritte per smorzare le reazioni simultanee del-
L’odio è un parassita che divora tutto: “Non si costruisce nell’odio
le mie improvvisazioni cromatiche e ritmate, pagine che formano
ma nell’amore. L’emulazione è necessaria, ma l’odio...”.
come uno “sfondo sonoro” che le sorregge, le circonda e ne protegge
L’amore invece dà forza all’artista.
così la particolarità.
“L’amore è una gran cosa, un bene immenso, il solo a poter rendere leggero ciò che è pesante e a far sopportare con animo uguale ciò che è ineguale.Perché porta il peso senza farne un fardello e rende
Ringrazio qui Angèle Lamotte e Tériade, la cui perseveranza mi ha sostenuto nella realizzazione di questo libro.
dolce e gradevole tutto ciò che è amaro”. “L’amore vuole essere in alto e non essere trattenuto da niente in
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basso... Niente è più dolce dell’amore, niente è più forte, niente è
*Testi tratti da: Henri Matisse, Scritti e pensieri sull’arte, raccolti e annotati da Domini-
più alto, niente è più largo, niente è più amabile, niente è più pieno,
que Fourcade, traduzione di Maria Mimita Lamberti, Abscondita, Milano 2003
HenriMatisse
Henri Matisse Percorso biografico a cura di Michele Tavola
1892 Deluso dall’insegnamento accademico, abbandona l’Académie Julian. Non supera l’esame di ingresso all’Ecole des Beaux-Arts e inizia a frequentare lo studio di Gustave Moreau, dove conosce Georges Rouault. Per rendere più completa la sua formazione, in ottobre si iscrive anche ai corsi serali dell’Ecole des Arts Décoratifs e stringe amicizia con Albert Marquet. Visita il Musée des Beaux-Arts di Lilla, dove rimane impressionato dalle opere di Goya e di Chardin.
1893-1894 Su consiglio di Gustave Moreau si reca abitualmente al Louvre, dove esegue copie dai dipinti antichi. Il 3 settembre 1894 nasce Marguerite Emilienne, figlia avuta dalla sua modella e amante Caroline Joblaud.
1895
1869 Nasce il 31 dicembre a Le Cateau-Cambrésis, nel nord della Francia, da Emile-Hippolite-Henri Matisse, mercante di granaglie, e Anna Héloïse Gérard.
1870-1881
Viene finalmente ammesso all’Ecole des Beaux-Arts ed entra, ufficialmente, nella classe di Gustave Moreau, suo maestro già da alcuni anni. In questo periodo esegue i dipinti Lo studio di Gustave Moreau e Donna che legge. Compie un viaggio in Bretagna insieme al pittore Emile Wery. Visita l’esposizione di Corot, organizzata al Palais Galliera di Parigi, in occasione del centenario della nascita dell’artista.
1896
Terminato il liceo, si trasferisce a Parigi per iscriversi alla facoltà di diritto. Una volta superati gli esami, fa ritorno a Bohain.
In aprile espone, per la prima volta, alcune opere al Salon des Cent, in occasione della triennale organizzata dalla rivista simbolista La plume. Immediatamente dopo presenta cinque opere al prestigioso Salon de la Société Nationale des Beaux-Arts, dove ottiene un certo successo: gli viene conferita la nomina di “membro associato” della Société Nationale, il cui presidente è Pierre Puvis de Chavanne, e il quadro Donna che legge, oggi conservato al Centre National Georges Pompidou, viene acquistato dallo stato francese. Secondo viaggio in Bretagna con Emile Wery. Conosce il pittore e collezionista australiano John Russell.
1889
1897
La sua famiglia si trasferisce a Bohain-en-Vermandois, non lontano da Cateau-Cambrésis, dove trascorre l’infanzia.
1882-1886 Frequenta il Lycée Henri-Martin a Saint Quentin.
1887-1888
Inizia a lavorare come praticante in uno studio legale a Saint-Quentin. Contemporaneamente segue i corsi di disegno presso la scuola municipale Quentin de La Tour, prevalentemente rivolta alla formazione di disegnatori di motivi per tessuti e per arazzi, poiché la regione era rinomata per la sua fiorente industria tessile. Matisse rimane profondamente segnato da questa esperienza e qui acquisisce il gusto per i motivi decorativi che conserverà per tutta la vita.
1890 In seguito a una violenta crisi di appendicite è costretto a un lungo periodo di convalescenza, che trascorre nella casa dei genitori. In questi mesi inizia a dipingere. I primi colori gli vengono regalati dalla madre. In giugno esegue il suo primo dipinto, la Natura morta con libri.
1891 Scoperta la propria vocazione artistica e vinte le resistenze del padre, abbandona la carriera di avvocato. Si trasferisce a Parigi, dove si iscrive all’Académie Julian e segue i corsi del pittore conservatore Adolphe-William Bouguereau.
Visita l’esposizione della donazione di Gustave Caillebotte al Musée de Luxembourg e, di conseguenza, si interessa alla pittura impressionista. Conosce Camille Pisarro, con il quale stringe una profonda amicizia. In aprile e maggio espone nuovamente al Salon de la Société Nationale, dove la sua opera La desserte viene aspramente criticata dai membri più conservatori dell’associazione. Moreau è l’unico a prendere pubblicamente le difese del dipinto. Terzo viaggio in Bretagna, dove trascorre l’estate. Grazie a John Russel acquista due disegni di Van Gogh.
1898 L’8 gennaio sposa Amélie Parayre, conosciuta l’anno precedente, che accetta di adottare Marguerite, nata dalla relazione tra il pittore e la Joblaud. Viaggio di nozze a Londra dove, su consiglio di Pisarro, studia l’opera di Turner. Il 18 aprile muore Gustave Moreau: nell’ultimo anno i rapporti tra il vecchio maestro e l’allievo si erano notevolmente raffreddati a causa della passione di Matisse per l’impressionismo. Trascorre diversi mesi viaggiando tra la Corsica e il sud della Francia. Soggiorna sei mesi ad Ajaccio e, dopo un breve rientro a Parigi, si trasferisce a Tolosa, dove rimane altri sei mesi.
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Questo periodo è di fondamentale importanza poiché segna la scoperta della luce del sud e del colore. Le opere di questa fase saranno successivamente definite dalla critica “proto-fauviste”.
1899 Il 10 gennaio nasce suo figlio Jean Gérard, a Tolosa. Tornato a Parigi si iscrive di nuovo all’Accademia, ma abbandona presto gli studi a causa delle divergenze con il suo nuovo insegnante, Fernand Cormon, pittore accademico e conservatore. In maggio partecipa, per l’ultima volta, al Salon de la Société Nationale, presentando quattro nature morte. In autunno, insieme a Marquet, inizia a lavorare alle decorazioni pittoriche per il Grand Palais, costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1900. Legge il saggio di Paul Signac D’Eugène Delacroix au Néo-Impressionnisme, dal quale rimane influenzato. Compra da Abroise Vollard Le tre bagnanti di Cézanne, che nel 1936 donerà al Musée du Petit Palais di Parigi, il Ritratto di Henri de Rochefort di Rodin, in gesso, la Testa di ragazzo di Gauguin e un disegno di Van Gogh.
1900 Periodo di gravi difficoltà finanziarie, non riesce a vendere dipinti. Serie di vedute del Pont Saint-Michel e di Notre-Dame, visti dalla finestra del suo studio situato al numero 19 del quai Saint-Michel. Compra due pastelli di Odilon Redon, che in maggio espone nella galleria di Durand-Ruel. Il 13 giugno nasce Pierre, il suo ultimogenito. Studia scultura con Emile-Antoine Bourdelle, allievo e collaboratore di Rodin, e frequenta i corsi serali dell’Ecole d’Art Municipale. Da settembre segue le lezioni di pittura di Eugène Carrière, nella cui classe conosce André Derain.
1901 In seguito a una bronchite, trascorre un periodo di convalescenza in Svizzera. In marzo visita la retrospettiva di Van Gogh alla galleria BarnheimJeune, dove Derain gli presenta Maurice Vlaminck. Partecipa, per la prima volta, al Salon des Indépendants, presieduto da Paul Signac.
1902 Conosce Berthe Weill, che diventa il suo primo mercante: partecipa a una mostra collettiva nella sua galleria, insieme ad altri ex allievi di Moreau, tra cui Marquet. Con la famiglia torna a vivere a Bohain-en-Vermandois, dove rimane anche l’anno successivo.
1903 Tra marzo e aprile espone nella galleria di Berthe Weill e al Salon des Indépendants, dove conosce Raoul Dufy. Probabilmente visita una mostra di arte islamica al Musée des Arts Décoratifs. Presenta due opere al Salon d’Automne, dove si tiene anche una grande retrospettiva di Gauguin. Esegue le sue prime incisioni su rame, alle quali, forse, aveva già iniziato a lavorare negli anni precedenti.
1904 Torna a Parigi con la famiglia. Al Salon des Indépendants presenta sei dipinti, apprezzati dal critico Roger Marx. Il brillante collezionista André Level acquista tre suoi quadri. Vollard organizza la sua prima personale, nella quale vengono esposte quarantacinque opere. Trascorre l’estate a
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MicheleTavola
Saint Tropez insieme a Paul Signac e Henri-Edmond Cross: seguendo il loro esempio adotta la tecnica divisionista. Dipinge Lusso, calma e voluttà. Invia al Salon d’Automne quattordici quadri e due sculture, che attirano l’attenzione di Leo Stein.
1905 Al Salon des Indépendants presenta Lusso, calma e voluttà, che viene acquistato da Signac. Espone nuovamente da Berthe Weill, insieme a Marquet, Camoin e Manguin. Trascorre l’estate a Collioure in compagnia di Derain. Conosce lo scultore Aristide Maillol, che gli presenta un collezionista di opere di Gauguin. Leo e Gertrude Stein acquistano il loro primo quadro di Matisse, la Donna con cappello. In occasione del Salon d’Automne il critico Louis Vauxcelles definisce fauves, belve, Matisse e i suoi amici (Derain, Marquet, Vlaminck, Camoin e Manguin). Trasferisce lo studio al 56 di rue de Sèvres.
1906 Etta Cone inizia a collezionare opere di Matisse. Seconda grande personale alla galleria Druet. Al Salon des Indépendants presenta La gioia di vivere, acquistato dagli Stein e duramente criticato da Signac, che rimprovera Matisse di avere abbandonato la tecnica divisionista. In maggio compie un viaggio in Algeria, da dove riporta ceramiche e tessuti. In questo periodo nasce il suo interesse per la scultura africana. Conosce Braque e viene presentato a Picasso dagli Stein. Esegue le prime litografie e le prime xilografie.
1907 Espone al Salon des Indépendants e il Nudo blu viene acquistato da Leo Stein. In estate visita l’Italia. Tornato a Collioure, in agosto, esegue Il lusso (I). Viene aperta una sua classe di pittura. In dicembre la rivista La phalange pubblica un articolo di Guillaume Apollinaire su Matisse.
1908 Inaugura l’Académie Matisse, che rimarrà aperta solo fino al 1911. In primavera trasferisce lo studio e la scuola all’Hôtel Biron, in boulevard des Invalides. I russi Sergei Ščukin e Ivan Morosov diventano collezionisti di suoi dipinti: entro il 1913 il primo ne avrà acquistati trentasei e il secondo undici. Da marzo a maggio si tiene una sua personale, con acquarelli, disegni e incisioni, alla galleria “291” di Alfred Stieglitz a New York. In giugno viaggio in Germania. Al Salon d’Automne gli viene dedicata un’importante retrospettiva: presenta, tra le altre opere, Armonia in rosso, che viene comprata da Ščukin. Il 12 novembre Bernard Berenson scrive una vibrante lettera in difesa di Matisse a The Nation, che qualche giorno prima aveva attaccato il pittore. In dicembre pubblica Notes d’un peintre in La grande revue.
1909 In gennaio espone a Berlino nella galleria di Paul Cassirer, la mostra viene aspramente criticata. Presenta alcuni dipinti e disegni al Salon del Vello d’Oro a Mosca. Ščukin gli commissiona i due grandi pannelli raffiguranti La danza e La musica. In giugno la rivista russa Il Vello d’Oro gli dedica un’ampia e importante monografia. In estate si trasferisce a Issy-lesMoulineaux, a sud-ovest di Parigi. Firma un contratto di tre anni con la galleria Berheim-Jeune.
1910
1917
Grande retrospettiva alla galleria Berheim-Jeune, quasi unanimemente criticata dalla stampa. Apollinaire lo difende. Esposizione di disegni alla galleria “291” di New York. Florence Blumenthal dona tre disegni al Metropolitan Museum. Inizia la serie di sculture raffiguranti Jeannette. In primavera partecipa all’annuale mostra della Secessione di Berlino e un suo dipinto viene esposto a Firenze alla Prima mostra italiana dell’Impressionismo. Al Salon d’Automne presenta La musica e La danza, che vengono duramente contestate. Ancora una volta, Apollinaire è il solo a difenderlo. In ottobre va a Monaco con Marquet per visitare una grande mostra di arte islamica. In autunno invia diverse opere alla mostra londinese Manet and the Post-Impressionists. Viaggio in Spagna.
Insieme a Marquet visita Monet a Giverny. Trascorre il suo primo inverno a Nizza, all’Hôtel Beau Rivage. Visita Renoir a Cagnes-sur-Mer.
1911
In questo periodo la modella Antoinette Arnoux inizia a posare per lui. Si tengono due importanti personali: in primavera a Parigi, alla galleria Bernheim-Jeune e in autunno a Londra, alla galleria Leicester. Torna a esporre al Salon d’Automne, che era stato sospeso durante la guerra. Incontra Igor Stravinskij e Sergei Diaghilev. Quest’ultimo gli commissiona i costumi per il balletto Le chant du rossignol, messo in scena dalla compagnia dei Balletti Russi.
Chiude l’Académie Matisse. Espone al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne. Dipinge Lo studio rosso e La famiglia del pittore. In novembre si reca a Mosca per l’istallazione delle opere La danza e La musica nel palazzo di Ščukin. Studia le icone russe, dalle quali rimane impressionato.
1912 Nel corso dell’anno compie due lunghi viaggi in Marocco. Visita l’esposizione di miniature persiane al Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Presso la galleria “291” di New York si tiene la sua prima mostra di sculture. Viene intervistato dal New York Times. Un consistente gruppo di opere sono esposte alla Second Post-Impressionists Exhibition, organizzata da Roger Fry a Londra.
1913 A metà febbraio lascia Tangeri, dove era rimasto sei mesi, e torna in Francia. Presenta diciassette opere all’Armory Show di New York e partecipa alla mostra della Secessione di Berlino. Espone alla galleria BernheimJeune di Parigi i dipinti eseguiti in Marocco, in buona parte acquistati da Ščukin e Morosov.
1914 Conosce Carlo Carrà, Ardengo Soffici e Gino Severini. Allo scoppio della guerra, esentato dagli obblighi militari, si trasferisce a Collioure dove stringe amicizia con Juan Gris. Diciannove opere prestate da Sarah e Michael Stein per una mostra a Berlino vengono confiscate dallo Stato tedesco. Sperimenta la tecnica del monotipo. Inizia a prendere lezioni di violino dal musicista Armand Parent.
1915 Grande mostra personale alla Montross Gallery di New York, la più rappresentativa tra quelle tenute negli Stati Uniti. In questo periodo il suo stile è apertamente influenzato dal cubismo.
1916 In luglio riceve la visita di Roger Fry e Diego Rivera. Partecipa al Salon d’Antin, organizzato da André Salmon, dove è esposto per la prima volta Les demoiselles d’Avignon di Picasso. A Oslo partecipa alla grande mostra dedicata all’arte moderna francese: i testi in catalogo sono di Cocteau, Apollinaire e Salmon. Dipinge I Marocchini e Ragazze al fiume (Bagnanti).
1918 Espone insieme a Picasso alla galleria di Paul Guillaume a Parigi: catalogo con testi di Apollinaire. Mostra i suoi lavori a Renoir. A Nizza, dove cambia residenza più volte nel corso dell’anno, riceve la visita di Marquet. Incontra Pierre Bonnard ad Antibes. Dipinge Interno con violino e La mia camera al Beau-Rivage, in cui il rigore geometrico degli anni precedenti si stempera verso uno stile più naturalistico.
1919
1920 Presenta due opere alla Biennale di Venezia. Si reca a Londra per vedere Le chant du rossignol, messo in scena al Covent Garden. Trascorre l’estate a Etretat, in Normandia. Bernheim-Jeune pubblica due volumi: Cinquante dessins par Henri Matisse e la monografia Henri Matisse. La modella Henriette Darricarrère, che comparirà nei suoi dipinti per quasi tutto il decennio, inizia a posare per lui.
1921 Prende l’abitudine di passare metà anno a Parigi e metà a Nizza. Esegue il ritratto di Sergei Prokofiev. Dipinge Odalisca con pantaloni rossi e Il paravento moresco, che inaugurano una nuova maniera pittorica.
1922 Espone alla galleria Bernheim-Jeune i dipinti eseguiti a Nizza l’anno precedente: Odalisca con pantaloni rossi viene acquistato dal Musée du Luxembourg. Dona Natura morta con melanzane, del 1911, al museo di Grenoble.
1923 I Matisse della collezione di Albert Barnes sono esposti alla galleria di Paul Guillaume, a Parigi, e alla Pennsylvania Academy of Fine Arts di Filadelfia. Firma per la quinta e ultima volta un contratto triennale con la galleria Bernheim-Jeune. La collezione di Marcel Sembat, ricca di sue opere, viene donata al museo di Grenoble. Le collezioni di Ščukin e Morosov vengono confiscate dallo Stato sovietico e depositate nel Museo d’Arte Moderna Occidentale di Mosca.
1924 Alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen si tiene la più grande mostra di Matisse mai organizzata fino a questo momento. Esposizioni personali anche alla galleria Bernheim-Jeune di Parigi e alla galleria Brummer di New York.
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1925
1934
Viene nominato Cavaliere della Legione d’Onore. Visita Roma, la Campania e la Sicilia. Inizia la scultura Grande nudo seduto, portata a termine solo nel 1929.
Esposizione di dipinti alla galleria di Pierre Matisse, a New York.
1926 È rappresentato alla mostra Trente ans d’art indépendant, 1884-1914, tenutasi al Grand Palais di Parigi. Visita Juan Gris a Tolone. L’Odalisca con tamburello viene esposta al Salon d’Automne. Continua la stagione delle odalische e dei nudi femminili in interni riccamente decorati (Nudo su fondo ornamentale).
1927 Pierre Matisse organizza per il padre un’importante retrospettiva alla galleria Valentine di New York. Dipinge Odalisca con pantaloni grigi. Gli viene assegnato il premio del Carnegie Institue di Pittsburgh.
1928 Alla XVI Biennale di Venezia espone quattordici dipinti, sei sculture e tredici opere su carta. In questo periodo si intensifica la sua produzione grafica, soprattutto con le tecniche dell’acquaforte, puntasecca e litografia.
1929 Su L’intransigeant viene pubblicata Visite à Henri Matisse, intervista rilasciata a Tériade, che diventerà suo editore. Viene esposta a Parigi la collezione di Paul Guillaume, con sedici quadri e due sculture di Matisse. In questo periodo esegue pochi dipinti, tra i quali però spiccano capolavori come il Grande nudo grigio, Il vestito giallo e Donna con turbante.
1930 Grande personale alla galleria Thannhäuser di Berlino. Tra febbraio e luglio lungo viaggio in cui visita gli Stati Uniti, Tahiti, Bora-Bora, Panama e la Martinica. A settembre è chiamato nuovamente in America come giurato del premio Carnegie, che viene assegnato a Picasso. Albert Barnes gli commissiona un grande dipinto murale per la sua fondazione di Merion, nei pressi di Filadelfia. Tériade lo intervista una seconda volta.
1931 Apprende la tecnica dell’acquatinta, alla quale si dedicherà assiduamente a partire dalla metà degli anni Quaranta. Viaggio in Italia, durante il quale vede L’ultima cena di Leonardo da Vinci. Importante retrospettiva al M.O.M.A. di New York, organizzata da Alfred Barr. Pierre Matisse apre una sua galleria a New York.
1932 Albert Skira pubblica Poésies di Mallarmé, con ventinove acqueforti originali: è il primo libro illustrato da Matisse. I tre grandi pannelli commissionati da Barnes raffiguranti La danza sono pronti, ma a causa di un errore nelle misure deve ricominciare il lavoro.
1933 Porta a termine la seconda e definitiva versione di La danza per la Barnes Foundation e si reca a Merion per l’installazione dell’opera.
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1935 Lydia Delectorskaya, già sua assistente, inizia a posare per lui: compare nei dipinti Nudo rosa, Il sogno e Occhi azzurri. Il suo saggio On modernism and Tradition appare sulla rivista londinese The Studio. Esce un’edizione dell’Ulysses di Joyce con sei sue acqueforti.
1936 La significativa serie di disegni eseguiti negli ultimi due anni viene pubblicata in un numero speciale dei Cahiers d’art, con testi di Christian Zervos e una poesia di Tristan Tzara. Retrospettiva al Museum of Art di San Francisco. A Parigi, alla galleria di Paul Rosenberg, con il quale firma un contratto triennale, presenta le opere recenti. Dipinge Grande vestito blu e mimose.
1937 Sessantuno suoi dipinti vengono esposti alla mostra Les maîtres de l’art indépendant 1895-1937, organizzata al Petit Palais di Parigi da Raymond Escholier. I nazisti confiscano le sue opere dai musei tedeschi e le espongono a Monaco alla Mostra dell’arte degenerata. Nella rivista Verve pubblica il saggio Divagations, in cui attacca l’arte accademica e, soprattutto, il concetto di “disegno corretto”. Inizia a lavorare alle scenografie e ai costumi di Rouge et Noir (L’étrange farandole), spettacolo prodotto dai Balletti Russi di Montecarlo, con la coreografia di Léonide Massine e musiche di Dmitri Shostakovitch.
1938 Lo scrittore Henry de Montherland intervista Matisse. A Oslo, e successivamente a Copenaghen e a Stoccolma, si tiene la mostra Matisse, Picasso, Braque, Laurens: Matisse è rappresentato da trentuno opere. In autunno si trasferisce all’Hôtel Régina di Cimiez, a Nizza. Sperimenta la tecnica del linoleum.
1939 Dipinge La musica. L’11 maggio, a Montecarlo, prima rappresentazione del balletto Rouge et Noir. Trascorre l’estate all’Hôtel Lutétia di Parigi e viene fotografato da Brassaï. Il 30 giugno diverse sue opere provenienti dai musei tedeschi e considerate dai nazisti “arte degenerata”, vengono vendute all’asta a Lucerna. Sulla rivista Le point pubblica l’importante saggio Notes d’un peintre sur son dessin.
1940 Incontra Bonnard e intrattiene una corrispondenza con Picasso. Viene formalizzata la separazione dalla moglie. Gli viene diagnosticato un tumore. In seguito all’occupazione della Francia da parte dell’esercito nazista rinuncia a un viaggio in Brasile e rifiuta il visto per emigrare negli Stati Uniti. Dipinge Il sogno.
1941 A Lione viene operato; segue una lunga convalescenza. In maggio torna a Nizza, dove riprende a dipingere pur dovendo rimanere a letto. Rimane semi-invalido per il resto della sua vita. Esposizione di disegni recenti alla galleria Louis Carré di Parigi. Dipinge Natura morta con magnolia.
1942
1949
Rilascia due interviste radiofoniche a radio Vichy, in cui critica l’accademismo contemporaneo. Un violento attacco alla cistifellea lo costringe alla quasi totale inattività da maggio a luglio. Dipinge Ballerina su fondo nero con poltrona rococò. Picasso gli regala un ritratto di Dora Maar.
All’Hôtel Régina di Nizza lavora assiduamente alle decorazioni della Cappella del Rosario. Esposizioni a New York, Parigi e Lucerna. Alla morte di Etta Cone la sua collezione, che comprende quarantatre dipinti di Matisse, diciotto bronzi e centinaia di fogli tra disegni e stampe, entra nel Museum of Art di Baltimora.
1943 In seguito ai bombardamenti su Cimiez lascia Nizza e si trasferisce a Vence, a Villa Le Rêve. Monique Bourgeois, che diventerà suor Jacques, posa per lui. Martin Fabiani pubblica Dessins: Thèmes et variations, con l’introduzione di Louis Aragon, intitolata Matisse-en-France. Esegue Tulipani e ostriche su fondo nero, che dona a Picasso. Inizia a lavorare con la tecnica dei papiers découpés, che utilizzerà ampiamente nel decennio seguente.
1950
1944
Il 25 giugno viene inaugurata la Cappella del Rosario di Vence. Nella rivista XXe siècle viene pubblicata un’intervista con Maria Luz, in cui parla dei papiers découpés. Grande retrospettiva a Tokyo, successivamente trasferita a Kyoto e Osaka. Mostre itineranti anche in Germania e negli Stati Uniti. Esce la monografia di Alfred Barr Matisse: his art and his public.
La Gestapo arresta la moglie di Matisse e la figlia Marguerite, per la loro partecipazione attiva alla Resistenza. Sua moglie viene condannata a sei mesi di reclusione mentre Marguerite, della quale Matisse non saprà nulla fino alla liberazione di Parigi, viene deportata. Martin Fabiani pubblica la Pasiphaé di Henry de Montherland, illustrata da sue incisioni su linoleum. A Stoccolma vengono pubblicate due monografie a lui dedicate.
1945 In luglio, per la prima volta dal 1940, torna a Parigi; per l’occasione André Warnod pubblica in Arts un articolo intitolato Matisse est de retour. Espone insieme a Picasso al Victoria and Albert Museum di Londra. La rivista Verve gli dedica un numero monografico dal titolo De la couleur. Il Salon d’Automne gli rende omaggio con una retrospettiva (nel 1944 era stata la volta di Picasso e nel 1943 di Braque). Lo Stato francese acquista sei dipinti, tra cui Il lusso (I), per il neonato Musée National d’Art Moderne.
1946 Escono due importanti libri illustrati da sue litografie: Visages di Pierre Reverdy, pubblicato da Les Editions du Chêne, e Lettres di Marianna Alcaforado, edito da Tériade. In primavera, a Vence, riceve la visita di Picasso e Françoise Gilot. François Campaux gira il film Matisse (A visit with Matisse). Firma un nuovo contratto con Paul Rosenberg, pur confessandogli che in futuro dipingerà poco ma si concentrerà su grandi progetti decorativi. Zika Ascher gli commissiona i due grandi pannelli, preparati con la tecnica dei papiers découpés, raffiguranti Oceania: il cielo e Oceania: il mare.
Tériade pubblica i Poèmes de Charles d’Orleans, illustrati da sue litografie. Riceve il Gran Premio per la Pittura alla Biennale di Venezia. Retrospettive alla Galerie des Ponchettes di Nizza e alla Maison de la Pensée Française di Parigi, con catalogo di Louis Aragon.
1951
1952 Con i papiers découpés esegue i quattro Nudi blu, La chioma, Gli acrobati, Donne e scimmie, La piscina, che è la più grande opera creata con questa tecnica, e la celebre Tristezza del re. Trentuno sue opere sono presenti alla mostra Les Fauves, tenutasi al MoMA di New York. Viene inaugurato il Musée Matisse a Le Cateau-Cambrésis.
1953 Il giornale londinese Art News and Rewiew pubblica il saggio di Matisse Looking at Life with the Eyes of a Child. Alla galleria Berggruen di Parigi si tiene la mostra Henri Matisse: Papiers découpés e alla Tate Gallery di Londra una grande esposizione di sculture.
1954 Esce Portraits, edito da André Sauret, con una litografia originale come copertina; Matisse scrive anche l’introduzione. Lavora al rosone della Union Church di Pocantico Hills, a New York, commissionato da Nelson Rockfeller: è la sua ultima opera. Alberto Giacometti gli rende visita a Nizza ed esegue una serie di ritratti a matita, serviti per realizzare una medaglia commissionata dallo Stato francese. Il 3 novembre Matisse muore a Nizza ed è sepolto nel cimitero di Cimiez.
1947 La Bibliothèque Française pubblica Les fleurs du mal di Baudelaire con sue illustrazioni. Esce Jazz, edito da Tériade, con illustrazioni e testi dello stesso Matisse: il libro riscuote uno straordinario successo. Nel corso dell’anno muoiono Pierre Bonnard e Albert Marquet, suoi amici di tutta una vita.
1948 Albert Skira pubblica il Florilège des Amours de Ronsard, accompagnato da litografie originali. Inizia a lavorare alla Cappella del Rosario di Vence: smette di dipingere fino alla fine dei lavori. Importante retrospettiva al Museum of Art di Filadelfia. Gli viene dedicato un numero speciale di Verve, in cui vengono pubblicati i dipinti eseguiti tra il 1944 e il 1948.
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Bibliografia essenziale
Henri Cartier-Bresson Matisse nel giardino di Villa Natacha a Saint-Jean-Cap Ferrat 1951
Lontano dall’essere una bibliografia completa ed esauriente, questo sintetico elenco ha l’unico scopo di fornire al lettore i fondamentali punti di riferimento, nell’ambito della sterminata letteratura dedicata a Matisse, per approfondire la sua attività di illustratore di libri. 1950 Pierre Mornand, J.R. Thomé, Vingt artistes du livre, Paris. 1956 William S. Lieberman, Matisse – 50 years of his graphic art, New York. 1970 Matisse, l’Oeuvre gravé, catalogo della mostra a cura di Jean Guichard-Meili e François Woimant, Paris. 1973 Hommage à Tériade, catalogo della mostra, Paris. 1983 Marguerite Duthuit-Matisse, Claude Duthuit, Henri Matisse – Catalogue raisonné de l’oeuvre gravé, 2 voll., Paris. 1984 Pierre Schneider, Matisse, Paris. 1986 Henri Matisse – L’art du livre, catalogo della mostra a cura di Christian Arthaud, in «Cahiers Henri Matisse», n. 3, Nice. 1987 François Chapon, Le peintre et le livre – L’âge d’or du livre illustré en France 1870-1970, Paris. Margrit Hahnloser, Maîtres de la gravure – Matisse, Paris. 1988 Claude Duthuit, Henri Matisse – Catalogue raisonné des ouvrages illustrés, Paris.
1991 Nicolas Rauch, Les peintres et le livre – 1867 à 1957, San Francisco. 1992 John Elderfield, Henri Matisse – A retrospective, New York. 1994 Riva Castleman, A century of artists books, New York. 1996 Matisse e Tériade, catalogo della mostra a cura di Dominique Szymusiak e Casimiro Di Crescenzo, Firenze. 2000 Beatrice Lavarini, Henri Matisse: Jazz – Ein Malerbuch als Selbstbekenntnis, München. 2002 Matisse et Mallarmé, catalogo della mostra a cura di Marie-Anne Sarda, Vulaines-sur-Seine. Tériade et les livres de peintres, catalogo della mostra a cura di Isabelle Monod-Fontaine, Claude Laugier e Dominique Szymusiak, Le Cateau-Cambrésis. 2003 Henri Matisse, Scritti e pensieri sull’arte, raccolti e annotati da Dominique Fourcade, Milano (edizione originale Paris 1972). 2004 Matisse – Los libros ilustrados, catalogo della mostra a cura di Susanne Kudielka, (Girona) Barcelona. 2005 Parole disegnate, parole dipinte – La collezione Mingardi di libri d’artista, catalogo della mostra a cura di Sandro Parmiggiani e Corrado Mingardi, (Reggio Emilia) Milano.
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Finito di stampare nel mese di ottobre 2007 in Pisa dalle Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com
€ 15,00
MATISSEILLUSTRATORE Edizioni ETS