Estate 2017 // Ampi orizzonti

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SWISSLIFE 8° Anno // Numero 2 // CHF 8.50

Estate 2017 // Ampi orizzonti



Editoriale // 3

Buongiorno Per noi è molto importante che possiate vivere a lungo se­ condo le vostre scelte. Tuttavia i risultati dipendono da noi come da voi. Solo se insieme continueremo a guardare lontano e non perderemo di vista il domani avremo una prospettiva e la possibilità di formulare obiettivi.

Markus Leibundgut CEO Swiss Life Svizzera

E per raggiungerli non occorre solo impegnarsi ogni giorno, ma anche proiettarsi verso ampi orizzonti. Abbiamo gli occhi ben aperti? Ci lasciamo semplicemente travolgere dai nostri fantastici obiettivi o siamo anche pronti a vagliare sempre le esigenze e magari a prendere una strada diversa? La vista della cima ci acceca o ci permette di scorgere la via giusta da lontano? In quanto alpinista, so quanto possono essere importanti a volte le vie traverse: per aggirare ostacoli, ridurre rischi, evitare pericoli, spesso vale la pena pianificare un percorso alternativo. Anche i protagonisti di questo numero perso­ nificano i molteplici aspetti riassunti nel concetto «ampi orizzonti», con una cosa, però, che li accomuna: l’assoluta volontà di condurre una vita spensierata e basata su solide fondamenta. Vi auguro tantissima gioia, anche sfogliando le pagine di questa rivista.

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Swiss Photo Selection:

Un posto al sole

Com’è il sole mentre noi ci crogioliamo sotto i suoi raggi? Una possibile risposta a questa domanda viene dagli scatti aerei del fotografo svizzero Alessandro Della Bella.

Le parlano spesso del suo primato in altezza, David Schrag? Questionario:

Storia di copertina:

Lago, fiume, piscina. Visti dall’alto, asciugamani, ombrelloni e bagnanti trasformano le piscine all’aperto e le aree balneabili fluviali e lacustri di Zurigo in uno spettacolo di colori. Le immagini di questa Photo Selection vi faranno venire voglia di sdraiarvi al sole senza far niente. Godetevi un momento di relax a pagina 6.

Roboluzione a Zurigo

Al Politecnico di Zurigo si fa ricerca e si sviluppa il futuro. Un chiaro esempio è la startup «Ophthorobotics» della dottoressa Franziska Ullrich, che nel 2020 lancerà sul mercato il primo sistema automatizzato per iniezioni.

Mix di numeri:

Gli svizzeri più anziani Il futuro in vista. Franziska Ullrich, fra l’altro anche campionessa in carica della «Robocup Nanogram Soccer League», studia con il suo team un trattamento per la degenerazione maculare senile, la prima causa di disabilità visiva. Questo e altro sul futuro della medicina a pagina 16.

Responsabilità generale: Swiss Life, Comunicazione Svizzera, Martin Läderach Commissione redazionale: Markus Leibundgut, Thomas Bahc, Elke Guhl, Ivy Klein, Martin Läderach, Christian Pfister, Denis Quenon, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Barbara Störi Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, magazin@swisslife.ch Responsabile del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo Ideazione e progettazione: Agenzia pubblicitaria Festland, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione: medienwerkstatt ag, Sulgen; stampato su carta FSC Cambiamenti d’indirizzo e ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, magazin@swisslife.ch Tiratura: 115 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno. Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. Sono escluse le vie legali. ISSN 1664-5588 La rivista SWISSLIFE è una lettura interessante, ma non obbligatoria. Se in futuro volete rinunciarci, potete comunicarcelo con l’invio gratuito della cartolina-risposta in fondo alla rivista.


Contenuto // 5

27 Mentre oggi i nonni e le nonne vivono sempre più a lungo in salute, sono autonomi e finanziariamente generosi, mezzo secolo fa a 64 anni si era decisamente vecchi. La canzone che è riuscita meglio a dar voce alla paura dell’invecchiamento è lo splendido brano dei Beatles «When I’m Sixty-Four». L’articolo è a pagina 27.

«Io faccio semplicemente divinazione», dice Mike Shiva. «Riesco a dominare percezioni extrasensoriali e le utilizzo per comunicare alle persone qualcosa di utile. Ho successo con le persone intelligenti proprio perché smuovo le acque». Pagina 42.

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Pensaci, ora tocca a te.

Se non ci fossero i nonni bisognerebbe inventarli! Si prendono cura dei nipoti, spesso anche a livello finanziario. Un nuovo studio mostra la quantità di tempo e denaro alla base del loro impegno.

Tour de Suisse:

A Swiss Life:

A piedi fino a Saturno

Mike Shiva

Uno dei chiaroveggenti, indovini, cartomanti e ipnotizzatori più conosciuti della Svizzera. Dopo l’allontanamento da shiva.tv, Mike Shiva è tornato a vivere in roulotte.

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Un mazzolin di fiori:

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Prototipi:

Svizzeri innovativi e di ampi orizzonti

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Concorso:

Vincere e decollare

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2067:

Tiglio nostrano

In futuro gli occhiali saranno connessi

SWISSLIFE Digital: www.swisslife.ch/rivista, disponibile anche come app per tablet e smartphone su Google Play e nell’App Store

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Swiss Photo Selection // 7

Un posto

al

sole Viste dall’alto, le piscine all’aperto, le spiagge e le aree balneabili fluviali e lacustri di Zurigo creano uno splendido gioco di colori composto da asciugamani, ombrelloni e bagnanti. Scattate da un elicottero dal fotografo Alessandro Della Bella e piene di dettagli, queste foto propongono un volo per immagini.


Pagine seguenti: Piscina pubblica di Seebach La «Seebi» è dotata di uno scivolo lungo 75 metri ed è frequentata soprattutto da famiglie. Queste due pagine: Saffa-Insel L’isola deve il suo nome all’«Esposizione svizzera sul lavoro femminile», che si svolse qui nel 1958.


Swiss Photo Selection // 9


Frauenbad Uno stabilimento riservato alle donne. Ad eccezione del mercoledĂŹ, la sera al bar sono ammessi anche gli uomini.


Swiss Photo Selection // 11


Stabilimento lacustre del lago Katzensee Qui gli zurighesi possono fare un bagno immersi nella natura, tra paludi, canneti e famiglie di anatre.


Swiss Photo Selection // 13


Spiccare il volo, sempre e comunque! Leggete la rivista «Ampi orizzonti» in formato digitale e con un po’ di fortuna sarete proprio voi a spiccare il volo: swisslife.ch/rivista. Oppure con la app per tablet e smartphone disponibile su Google Play o nell’App Store.


Questionario // 15

Preferirebbe essere alto un po’ meno di 2,16 metri?

No, ma sarebbe bello se gli ingressi della S­Bahn e le poltrone del cinema fossero più grandi. Per non parlare degli aerei. Qual è la cosa migliore dell’essere l’uomo più alto della Svizzera?

Non passare mai inosservati e suscitare un rispetto naturale. E non vengo quasi mai coinvolto in risse. La sua altezza dà anche un’impressione di forza e autocontrollo. Si sente mai insicuro?

Sì, non ho manie di grandezza, quindi a volte sono anche insicuro. Qual è la cosa peggiore della sua altezza?

Dover pescare di più nel salvadanaio per vestiti, viaggi e mobili. Nello sport l’altezza è un problema per lei?

Sono istruttore di Krav Maga, mi alleno per la mezza maratona in estate e faccio yoga ogni giorno. Anche il mondo

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dello sport è fatto per gente più bassa. Trovare buone attrezzature non è sempre facile. Lei è anche musicista; le serve davvero un palco, vista l’altezza?

Scrivo canzoni, ma conosco troppi professionisti per definirmi un musici­ sta. Non ho bisogno di un palco, non ci salgo più da anni. Magari presto mi ricapiterà di nuovo. Il suo nome d’arte, Max Largo, è un’allusione all’altezza?

Preferisco non dirlo. Quando ha capito per la prima volta di essere più alto di tutti gli altri?

Da bambino, quando sono andato da uno specialista di disturbi della crescita. Disse che ero il suo paziente più alto. Considerato tutto quello che ha vissuto finora, quanto vorrebbe essere alto?

Come sono ora a me va bene.



Storia di copertina // 17

Testo: Christoph Grenacher, Foto: Lucas Peters

Roboluzione a Zurigo Ha appena compiuto 30 anni. Ha appena terminato il dottorato. Ha appena partecipato alla costituzione di un’azienda. Ed è sul punto di dare vita a un’attività di possibile rilevanza mondiale. Franziska Ullrich non dimostra solo di avere ampi orizzonti con la sua azienda «Ophthorobotics». La startup è anche un chiaro esempio della lungimiranza strategica del Politecnico federale di Zurigo.

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I

l 9 aprile 1917, dalla stazione centrale di Zurigo, Wladimir Iljitsch Uljanow sale insieme ad altri 31 uomini su due va­ goni prenotati di terza classe. Il treno lascia la Svizzera passando da Thayngen e viaggia per sette intermi­ nabili giorni attraverso Germania, Svezia e Finlandia fino a San Pietrobur­ go. Sei mesi dopo Uljanow, conosciuto come Lenin, è a capo della Rivoluzione d’ottobre in Russia. Revolution, planned in Switzerland Cento anni dopo la scienziata Franziska Ullrich racconta, felice e piena di entusiasmo, che il suo team di in­ gegneri e medici ha appena acquisito un CTO, un direttore tecnico. Roman Ratnaweera è un vecchio compagno di studi di Ullrich e si occuperà di avviare, definire e dirigere la ricerca e gli svilup­ pi tecnologici dell’azienda. Ullrich, invece, perfeziona il busi­ ness plan, sponsorizza il prodotto in congressi di medicina e trova finanzia­ menti: rilassata ma concentrata, decisa ma anche piena di rispetto. L’anno scorso la rivista economica statuniten­ se «Forbes» l’ha inclusa tra i «30 under 30», ossia tra i trenta giovani talenti più promettenti oltre i confini america­ ni; e questo le ha aperto altre porte. Ha fondato l’azienda a fine 2014 in­ sieme ai professori Stephan Michels e Matthias Becker, specialisti delle ma­ lattie della retina per il reparto di oftal­ mologia dell’ospedale Triemli, e al suo mentore Bradley J. Nelson, professore del Politecnico federale. «Ophthorobo­ tics» sviluppa un robot medico che aiu­ ta gli oculisti a somministrare terapie farmacologiche contro la degenerazio­ ne maculare senile. È il primo sistema

al mondo per effettuare iniezioni ocu­ lari sicure e precise, permettendo così di aumentare la sicurezza del paziente, facilitare l’accesso alla terapia, ridurre i tempi di trattamento e diminuire i costi di personale qualificato e sale operatorie. Robolution, made in Switzerland Si potrebbe pensare che la figlia di un medico e di una scienziata abbia la medicina nel sangue e che lo sviluppo di uno strumento che dà più spazio ai medici sgravandoli dai lavori ripetitivi sia una conseguenza logica. Ma poi lei racconta prima di tutto del suo titolo di campionessa mondiale. Già da bambina, quando gioca con la sorella maggiore, Franziska Ullrich pre­ ferisce i Playmobil alle bambole. Costru­ isce, taglia, sega e incolla e imita il non­ no, anche lui ingegnere meccanico e professore di tecnologia dei processi. «Se si rompeva qualcosa, andava subito in cantina a ripararlo. Ne ero affascinata». Compie sette anni nel 1994; il Sudafrica aveva già festeggiato la fine dell’apartheid e ai mondiali di calcio degli Stati Uniti il Brasile batte l’Italia ai rigori per 3 a 2. Proprio 23 anni fa, quella timida e introversa bambina dice: «Voglio diventare ingegnere!» Frequenta una scuola internaziona­ le, è affascinata dalla matematica, le piace la fisica e la biologia e riflettendo­ ci oggi, non ha dubbi: «Già allora avevo una mente abbastanza logica. Per le lingue non ero molto portata». A 18 anni vanta già un baccellierato internazionale, supera senza fatica l’esame di ammissione al Politecnico federale di Zurigo, inizia gli studi di ingegneria e si innamora perdutamen­ te degli strumenti di lavoro impiegati

nell’azienda del suo primo apprendi­ stato. «È là che ho visto i primi robot. Trovavo fantastico il loro modo di muoversi». Questo avveniva nel 2005. Da allora quell’amore a prima vista non è mai svanito. E le ha permesso di diventare campionessa mondiale. Nel 2009, durante una lezione, gli studenti vengono divisi in due gruppi per fabbricare, ottimizzare e program­ mare microrobot. Lavori di precisione è dir poco. Un micrometro o My dalla lettera greca µ, abbreviato µm, corri­ sponde a un milionesimo di metro, quindi 0,000 001 metri, un millesimo di millimetro. Su un minuscolo campo da calcio delle dimensioni di un chicco di riso, devono tirare in porta un disco del diametro di 100 micrometri, ossia 0,0001 metri, sfidando avversari di 300 micrometri, ossia 0,0003 metri. Come è facile immaginare, Ullrich è nel gruppo che fabbrica i microrobot e dopo aver battuto la US Navy a Graz insieme alla squadra del Multi­Scale Robotics Lab del Politecnico di Zurigo, diventa la campionessa imbattuta della «Robocup Nanogram Soccer League». Nel Corporate Research Center di ABB in Svezia, a circa 100 chilometri a ovest di Stoccolma, nel Maintenance Center MTU nella zona economica speciale di Zhuhai in Cina e nel centro australiano per sistemi autonomi basa­ ti su terra, aria e mare dell’università di Sydney, Ullrich assorbe tutto ciò che concerne industria, automazione, ro­ botica e intelligenza artificiale. A Zuri­ go consegue un master frequentando un nuovo corso tutto dedicato alla ro­ botica. Quell’amore a prima vista non viene dimenticato.


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Ullrich sa che oltre al tanto lavoro, alla tanta esperienza, alle tante cono­ scenze, al tanto impegno e all’eccezio­ nale sostegno dei suoi mentori, per ave­ re successo è servita anche una buona dose di fortuna. Oppure è bastata l’intuizione di esse­ re nel posto giusto al momento giusto? Comunque sia, a gennaio 2012 ini­ zia un dottorato al Multi­Scale Roboti­ cs Lab (MSRL) del Politecnico federale sotto la guida di Bradley J. Nelson, pro­ fessore di robotica e sistemi intelligen­ ti. Insieme ai suoi collaboratori, nel laboratorio Nelson costruisce micro­ dottori per i nostri corpi: minuscoli ro­ bot di pochi micrometri ispirati alla natura. Per trovare un modello di siste­ ma motorio meccanico nell’ordine dei micrometri, si dedica all’osservazione di microorganismi, ad esempio i flagel­ li dei batteri (una sorta di coda a riccio­ lo che usano per muoversi). L’energia motoria viene data loro da un impulso esterno, ad esempio da un campo elet­ tromagnetico. Nelson ha una visione: vuole caricare di principi attivi i minu­ scoli robot e manovrarli nel corpo umano fino al punto esatto in cui serve un trattamento, ad esempio su un tu­ more. Poco a poco questo progetto fan­ tascientifico diventa realtà. Durante un esperimento in vivo su un topo, il team di Nelson riesce a comandare con precisione uno sciame di 80 000 micro­ robot, trasportando un modello di principio attivo in un punto specifico del corpo dell’animale. I piccoli robot avrebbero potuto an­ che essere dotati di strumenti con cui eseguire interventi chirurgici mininva­ sivi. Rispetto alla somministrazione farmacologica classica, i vantaggi sono

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Laboratorio di robotica di fama mondiale Il Multi-Scale Robotics Lab (MSRL) del professor Bradley J. Nelson del Politecnico di Zurigo studia le applicazioni della robotica nell’ambito di scienza e tecnologia e ha già dato vita a varie innovazioni

pionieristiche, tra cui microrobot simili a batteri: Non più grandi di un batterio, questi minuscoli robot (foto in alto) hanno una forma a spirale e una piccola testa e si muovono nei liquidi spinti da deboli campi magnetici. Un giorno potrebbero essere usati, ad esempio, per eliminare calcificazioni nelle arterie umane.

Sciami di robot in un organismo vivente: L’MSRL è riuscito a comandare con precisione uno sciame di 80 000 microrobot all’interno di un topo vivo, trasportando un principio attivo in un punto specifico del corpo dell’animale.

Catetere tramite robot: L’MSRL ha impiegato la tecnologia di base per una procedura che permette di eseguire interventi intracardiaci su pazienti con aritmia tramite un catetere inserito da robot.

Robot autosolubili nel corpo: Al momento Nelson sta lavorando su un progetto che punta a sviluppare per la terapia medica microrobot di materiali morbidi e flessibili che possano cambiare forma e sciogliersi all’interno del corpo a intervento eseguito.



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evidenti: una terapia notevolmente più specifica e quindi meno effetti col­ laterali. Robot per gli occhi Ecco quindi il nuovo lavoro di Ullrich. Un caso, solo un caso essere stata asse­

gnata a quel progetto, dice la 30enne; ma forse anche la giusta intuizione del suo mentore. L’idea di base di Nelson è iniettare un microrobot che possa es­ sere guidato nella parte posteriore dell’occhio e poi spostato dall’esterno in tutte le direzioni.

«I primi sintomi spesso passano inosservati» Professor Stephan Michels, medico dirigente e sostituto primario del reparto di oftalmologia dell’ospedale municipale Triemli e cofondatore di Ophtorobotics.

Quali sono i primi sintomi di una AMD? Purtroppo spesso i primi sintomi di una AMD passano inosservati. Per questo è importante fare un test di autodiagnosi per ogni occhio. All’inizio si può notare una distorsione, negli stadi avanzati un’ombra centrale o una macchia scura. Come si cura la AMD? Da più di dieci anni si iniettano nell’occhio farmaci che bloccano il VEGF (fattore di crescita dell’endotelio vascolare) per stabilizzare la forma essudativa della degenerazione maculare e a volte anche migliorare la vista. Questo trattamento, però, non cura la patologia di base; con la somministrazione di dosi regolari e personalizzate si può solamente evitare che progredisca. L’iniezione manuale si è dimostrata efficace? Quindici anni fa non pensavamo che avremmo potuto fare sei-otto iniezioni all’anno ai nostri pazienti. Oggi questo trattamento, nel complesso

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Ullrich, figlia di un medico, si avvi­ cina di nuovo alla medicina, come la sorella, che nel frattempo è diventata oculista. Può contare su un solido ba­ gaglio di conoscenze tecniche, è affa­ scinata dalla robotica ed è ispirata dal­ la visione del suo mentore: utilizzare

molto sicuro ed efficiente, è fondamentale. Il numero di iniezioni nel mondo cresce di anno in anno. Al momento è impossibile prevedere se nel giro di dieci anni questo tipo di trattamento sarà sostituito. Giustamente nella maggior parte dei Paesi l’iniezione viene considerata un’operazione medica. Tuttavia è un intervento con tante fasi, molto ripetitivo. Lei è cofondatore di Ophtorobotics. Perché? Nel 2013, dopo un pomeriggio passato a fare oltre 30 iniezioni, ho capito che il metodo di somministrazione deve cambiare radicalmente. Per diminuire i tempi di attesa dei pazienti occorre aumentare ulteriormente l’efficienza; e viste le crescenti difficoltà pratiche, si può fare solo con un sistema intelligente, che sia di sostegno al medico e accorci i tempi. All’epoca sapevo bene quali sono i requisiti di un sistema del genere: massima sicurezza, precisione maggiore di quella delle nostre mani, sorveglianza del sistema, possibilità di eseguire l’iniezione fuori da una sala operatoria e stretto contatto fra paziente e medico tramite uno strumento di comunicazione audiovisiva integrato. Quando il professor Nelson e la dottoressa Ullrich hanno confermato di poter realizzarlo, ho deciso di partecipare alla fondazione di Ophthorobotics. Sono entusiasta di come la dottoressa Ullrich abbia messo in pratica l’idea e di quanto successo abbia ottenuto l’azienda sotto la sua direzione.


microrobot con gli strumenti della na­ tura per il bene dell’umanità. Ullrich deve studiare molto per imparare tutto sugli occhi. Oggi sa che: «L’occhio è uno degli organi più importanti con cui possiamo percepire il mondo». Inoltre continua a lavorare all’MSRL di Nelson, inietta microrobot mininvasivi negli occhi di conigli in collaborazione con l’ospedale veterina­ rio di Zurigo, fa ricerca, sperimenta, studia e si confronta sempre con gli al­ tri. Non solo con i colleghi del Politec­ nico, menti pratiche e creative. Ullrich conosce anche i due medici Stephan Michels e Matthias Becker del reparto di oftalmologia dell’ospedale Triemli di Zurigo. «A un certo punto sono ve­ nuti da noi e ci hanno detto: ‹Vorrem­ mo automatizzare queste iniezioni oculari per attenuare la degenerazione maculare senile. Si può fare?›» Eccome. Grazie a una strettissima collabora­ zione con Michels e Becker, specialisti in malattie della retina, Ullrich ha imparato molto sull’occhio. Sa anche che la degenerazione maculare senile (AMD) è la prima causa di disabilità vi­ siva nei Paesi industrializzati. Colpisce un over 65 su dieci e un over 75 su tre. I malati di AMD all’inizio vedono le linee dritte distorte, poi non riescono più a leggere e a riconoscere persone e oggetti. L’AMD è causata dalla degene­ razione dello strato pigmentato sotto la retina oculare (AMD secca) e dalla formazione di vasi sotto la retina (AMD essudativa) che provocano la morte dei bastoncelli e delle cellule cono presenti sulla retina. Al momento per l’AMD secca non esiste una cura efficace. In caso di AMD

essudativa, si inietta un farmaco nell’occhio ogni quattro/otto settima­ ne. Con l’invecchiamento della società le diagnosi di AMD aumenteranno. Nel 2020 le persone colpite saranno 196 milioni in tutto il mondo; per il 2040 sono stimate a 288 milioni. Quindi Ullrich si mette all’opera, in un primo momento solo con uno stu­ dente del laboratorio in cui lavorava tre anni prima, osserva i medici mentre fanno iniezioni manualmente, si chie­ de che tipo di robot servirebbe, indivi­ dua le esigenze. Quando ci ripensa oggi, non riesce a trattenere una risata. «I miei robot diventarono improvvisa­ mente più grandi; completamente di­ versi da quelli che conoscevo fino a quel momento». Per poter finanziare ricerca e sviluppo, costituisce un’azien­ da insieme ai due oculisti dell’ospedale Triemli e al suo ex capo e relatore Nel­ son. I due oculisti riescono a ottenere fondi per il progetto da una grande casa farmaceutica svizzera. A quel pun­ to non c’è più niente che ostacoli la na­ scita della startup. Ophthorobotics Un’azienda che non ha merci, bensì idee promettenti e aspettative chiare: creare uno strumento per iniezioni au­ tomatiche. Ullrich è consapevole che i robot devono essere estremamente pre­ cisi e facilmente manovrabili e tiene conto della paura dei pazienti insieme ai suoi collaboratori; al contempo si gode l’atmosfera del laboratorio e l’energia degli studenti con cui può sviluppare, testare, modificare, rico­ struire, riprogrammare. Da lì nasce un primo prototipo, poi un secondo, poi un terzo. Roboluzione appunto.

Ora esiste un modello che fa muovere solamente un ago nell’occhio del pa­ ziente; è nuovo, bello ed elegante, con una meccanica progettata e realizzata da un ex studente e attuale ingegnere, un software programmato e scritto da altri due studenti e un’estetica curata da due giovani designer della Solid­ fluid di Costanza. L’apparecchio arriva ad altezza pet­ to e grazie a quattro rotelle viene spo­ stato sopra il volto del paziente prima che un ago inietti il farmaco nell’oc­ chio. Nonostante l’aspetto normalissi­ mo, nasconde una tecnologia altamen­ te complessa. Permette di eseguire iniezioni in modo più rapido, sicuro e anche economico. Dopo una scansione dell’iride del paziente si individuano la posizione esatta e il dosaggio perfetto dell’iniezione e ogni passaggio viene filmato e archiviato in modo automati­ co. Uno screening integrato evita il rischio che venga applicato un farmaco errato. Inoltre durante il trattamento il robot produce un flusso d’aria sterile, cosicché l’iniezione non richieda più una costosa sala sterile, inutilmente occupata anche per la preparazione di paziente e medico. L’automazione è importante e con­ viene. Solitamente i pazienti in cura per l’AMD devono recarsi in ospedale per il trattamento ogni quattro/otto settimane; il farmaco costa circa 1000 franchi a iniezione; le somministra­ zioni manuali tengono bloccate sale operatorie dotate di costose strumen­ tazioni e causano inutili tempi d’attesa per pazienti e medici. I costi dunque sono alti. L’ospedale municipale Triemli, ad esempio, dove il reparto di oftalmologia somministra il


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Il robot medico sviluppato da Ophthorobotics aiuta gli oculisti a somministrare terapie farmacologiche contro la degenerazione maculare senile. ophthorobotics.com

farmaco a 150–200 pazienti ogni setti­ mana a intervalli di cinque/dieci minu­ ti, potrebbe facilmente risparmiare fino a 25 000 franchi al mese; con un apparecchio che secondo un recente ar­ ticolo dell’«Handelszeitung» costereb­ be «decisamente meno di 500 000 fran­ chi». Dunque un investimento proficuo per ospedali e cliniche, quando il pro­ dotto avrà ottenuto l’ambita certifica­ zione nel 2019 e sarà messo in vendita nel 2020; soprattutto perché in Svizzera e in Europa il rimborso per questa pre­ stazione medica diminuisce. L’azienda potrebbe quindi diventa­ re una miniera d’oro. Per di più, come svela Ullrich, ha già in cantiere altri prodotti e punta il più possibile a un’elevata creazione di valore anche nell’ambito del materiale di consumo per le iniezioni automatiche. Per que­ sto sta sviluppando una propria «benda disinfettante» che migliori la sicurezza e il comfort del paziente. Quindi Franziska Ullrich è nata con la camicia? Può essere. Però rac­ conta anche delle difficoltà, delle delu­ sioni e delle disillusioni che l’hanno accompagnata nel suo percorso verso la robotica medica. In quei momenti vi è stato spazio per infuriarsi e dispe­ rarsi infinitamente: ma per poco. «Fail quickly» dice lei. Un fallimen­ to breve e rapido, per continuare a cre­ scere con ogni ostacolo e avere fiducia nella propria capacità di dare un con­ tributo al mondo, con instancabile im­ pegno, assoluta fiducia e vivace legge­ rezza. Con ampi orizzonti appunto.


Gli svizzeri più vecchi Questi dieci svizzeri longevi non provengono tutti dalla Svizzera. L’albero di Giuda di 227 anni situato a La Sarraz, ad esempio, è originario della regione mediterranea e la sequoia gigante sessantenne di Basilea viene addirittura da un altro continente, più precisamente dai versanti occidentali della Sierra Nevada in California. Ad accomunarli è il fatto di aver messo le radici nel nostro Paese diversi secoli fa. Ma ciò che hanno visto in tutti questi anni resterà il loro segreto.

817 802 717 Larice comune Larix decidua Prairion, Vallese

Tiglio nostrano Tilia platyphyllos Linn, Argovia

Acero montano Acer pseudoplatanus Villeret, Berna

702

417

Tiglio selvatico Tilia cordata Eglisau, Zurigo

Farnia Quercus robur Châtillon, Giura


Mix di numeri // 25

357

227

202

167

167

Abete bianco Abies alba Langnau, Berna

Albero di Giuda Cercis siliquastrum La Sarraz, Vaud

Faggio europeo Fagus sylvatica Martigny, Vallese

Sequoia gigante Sequoiadendron giganteum Basilea, Basilea CittĂ

Platano comune Platanus Ă— hispanica Lugano, Ticino



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Pensaci, ora tocca a te.

360

ore all’anno in media i nonni europei si occupano dei propri nipoti. Oggigiorno i nonni sono attivi anche in 50 anni fa i sessanetà«Adesso avanzata.ho due vite.» taquattrenni già considerati Pensaci, erano ora tocca a te. «decrepiti». Pagina 28

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Così sono i nostri clienti Andreas Signer, giardiniere e imprenditore

Capire i clienti è l’obiettivo ultimo del nostro lavoro. Per questo motivo 100 collaboratrici e collaboratori di Swiss Life hanno fatto visita a 100 clienti. Patrik Frost, CEO del gruppo Swiss Life, ha incontrato a Gonten (AI) il giardiniere e giovane imprenditore Andreas Signer (27). «Fare giardinaggio non significa semplicemente scavare buche e piantare alberi. Il giardiniere è legato a tutto ciò che crea la natura, comprese api, lumache e vermi, e ha l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. Dopo la formazione professionale non trovavo un impiego fisso, ma con il passaparola ho ricevuto un incarico dopo l’altro. Per essere totalmente conforme alle norme del diritto del lavoro, a 21 anni ho fondato un’azienda, in parte per necessità, in parte per spirito d’iniziativa. Il mio primo investimento è stato di 179 franchi per un paio di cesoie. Il passo verso l’indipendenza ha richiesto un po’ di coraggio, però anche la fortuna mi ha aiutato. Gli affari vanno bene e quando in inverno ho meno da fare, aiuto mio fratello con la sua attività di stuccatore. Nella mia famiglia siamo molto legati e ci dà una mano anche nostro fratello minore che è mentalmente disabile. Tuttavia lavoro per lo più da solo, senza parlare con nessuno per ore; è una routine che si adatta bene alla mia indole. Talvolta sono tanto immerso nel giardino da crollare letteralmente in trance, pervaso da una sensazione di profonda tranquillità e pace interiore». Per ulteriori informazioni: 100kunden.swisslife.com

Se non ci fossero i nonni, bisognerebbe inventarli!

Sono più importanti che mai. I nonni si prendono cura dei nipoti, spesso anche a livello finanziario. Da un nuovo studio emerge che influiscono addirittura sul successo formativo. Il fatto che nonni e nipoti trascorrano più anni insieme è uno degli effetti più emozionanti della longevità. Oggi in Svizzera il 96 % degli adolescenti ha almeno un nonno; il 39 % ha la fortuna di averlo anche al 30° compleanno. Le conseguenze della nuova società multigenerazionale sono importanti per molti aspetti. Da un lato sono significative per i nonni, perché assumere attivamente questo ruolo può favorire i legami sociali e ripercuotersi positivamente sul benessere e sulla salute psichica. Dall’altro sono una benedizione anche per famiglia e società. Nonostante le generazioni non vivano più

sotto uno stesso tetto come prima, tra loro esiste comunque un forte legame, un’«intimità a distanza», come ha definito il fenomeno François Höpflinger, ricercatore di Zurigo su questioni generazionali.

Tempo e finanze da dedicare ai nipoti Le ricerche dimostrano che nella maggior parte dei Paesi europei, tra il 20 % e il 30 % dei nonni sostiene finanziariamente i figli. Il contributo finanziario indiretto dei nonni è ancora più importante. Infatti, stando a un recente sondaggio, in Europa oltre la metà di loro accudisce regolarmente i


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Nonne e nonni operosi Percentuale di nonni nei Paesi europei che si occupano dei propri nipoti. 80

60

40

20

Paesi Bassi

Svezia

Francia

Svizzera

Italia

Grecia

Germania

Austria

0

nipoti con genitori che lavorano. Sono tanti: soprattutto in Europa settentrionale e in Francia (cfr. grafico). In compenso in Europa meridionale l’intensità dell’assistenza è molto maggiore. Se in Europa settentrionale e centrale i nonni si prendono cura dei nipoti per 240–360 ore all’anno, in Italia lo fanno per 730 ore e in Grecia per ben 960 ore. Un calcolo riportato nel «Generationenbericht Schweiz» mostra il valore delle numerose ore di lavoro consacrate ai nipoti per l’economia nazionale. Questa prestazione economica ammonta a circa 2 miliardi di franchi all’anno, di cui l’80 % è da ascrivere alle nonne.

Ping pong La previdenza non deve essere difficile. Una domanda, una risposta. In chat. Adesso. Subito. Mer. 7 giugno 09:42

Nella maggior parte dei casi il pensionamento cambia profondamente la situazione finanziaria. Quali sono le conseguenze per i proprietari di immobili? La diminuzione del reddito si ripercuote direttamente sulla sostenibilità delle ipoteche. Inoltre molti anziani riducono le loro ipoteche il più possibile.

© Wojtek Klimek / W. I.R .E. / Swiss Life

Risparmiare tempo! RISPARMIARE TEMPO

Nel progetto «Come sarà la nostra vita domani» il think tank W.I.R.E. e Swiss Life illustrano modelli alternativi per una vita più lunga e secondo le proprie scelte. Nel libro che è nato da questa ricerca (edito da NZZ Libro) vengono proposte una serie di idee non convenzionali, ad esempio risparmiare tempo. Il detto «il tempo è denaro» diventa quindi realtà. Come alternativa all’accumulo di denaro o valori materiali, sempre più persone utilizzano nuovi modelli previdenziali che non puntano al risparmio di moneta, bensì di tempo. E non solo in età avanzata, ma anche da giovani, quando si è ancora

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abbastanza in forma. Tramite le cosiddette banche del tempo, le ore investite nel sociale vengono accreditate su un conto personale e poi «rimborsate». Il tempo impiegato a falciare il prato del vicino o a occuparsi di un anziano viene risarcito tramite prestazioni di cui la persona può godere. Questo permette anche a coloro che non trovano più un impiego nel mondo del lavoro ufficiale di pensare alla previdenza sfruttando le proprie capacità. Con le time bank le prestazioni sono negoziabili indipendentemente dal denaro e dall’oscillazione delle valute.

È opportuno farlo? Non sempre. Riducendo l’ipoteca l’onere fiscale aumenta, perché la deduzione degli interessi passivi è minore; inoltre spesso per gli anziani è difficile aumentare di nuovo l’ipoteca in caso di necessità. Per questo è consigliabile una tempestiva pianificazione finanziaria con un esperto per verificare se la propria abitazione è sostenibile anche dopo il pensionamento.

Grazie.

Francesco Pappone, agente generale di Swiss Life a Horgen, e il nostro team di consulenti rispondono nella chat anche alle vostre domande: myworld.ch/chat


Investire in modo intelligente Siete alla ricerca di una possibilità di risparmio che integri la vostra soluzione previdenziale? Ad esempio come alternativa al conto di risparmio? Swiss Life ha ampliato la sua offerta con nuove soluzioni d’investimento in fondi. Anche per piccoli importi potete approfittare della gestione professionale di Swiss Life Asset Managers, uno dei gestori patrimoniali leader in Svizzera. Questi investimenti promettono, a medio termine, interessanti opportunità di rendimento; il tutto a condizioni particolarmente allettanti.

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«Non ho mai avuto così tanta libertà di scelta»

Ottmar Hitzfeld è in pensione da tre anni. Un uomo d’azione come lui come affronta la vita dopo la carriera? Una chiacchierata con il due volte allenatore mondiale dell’anno, che parla di invecchiamento e terza età. Ottmar Hitzfeld. Era preoccupato di andare in pensione? Un po’ di timore c’era sicuramente. Ero convinto della mia decisione, ma mi sono anche chiesto: finirò in un tunnel com’è successo ad alcuni colleghi? Cadrò in depressione? Mi annoierò? La mia vita diventerà vuota? E come è andata? La decisione si è confermata corretta, perché l’enorme pressione si è attenuata. Ho avuto anche

una grande fortuna, però: la mia vita non è passata in un secondo da 100 a zero all’ora, il rallentamento è graduale. Ho ancora contratti con stazioni televisive e partner pubblicitari, quindi posso adattarmi con calma a questa nuova fase della vita. Il suo pensionamento è stato inaspettato. Come faceva a sapere che era il momento giusto? Mi sono fidato del mio istinto. Non sono affatto la persona razionale che spesso dipingono i media. I ritiri, le partite della nazionale, tutto cominciava a


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pesarmi sempre di più. La passione era in procinto di essere sopraffatta dal dover vincere sempre. Conoscevo quei sintomi dal mio burnout, quindi sapevo che era arrivato il momento di smettere. Non bisogna ignorare quello che ci dice il corpo. Ha anche rifiutato l’offerta di un club cinese che le proponeva 25 milioni di euro per 18 mesi. Quando mi hanno proposto quella somma pensavo di aver capito male. Ci rifletti un attimo, è chiaro. Puoi scoprire una nuova cultura, formare una squadra, avere uno spirito pionieristico, vivere un’altra avventura; il tutto con uno stipendio da nababbo. E ovviamente è un privilegio poter rifiutare, perché per fortuna non avevo bisogno di soldi. Ero comunque fiero di me per aver risposto con un no inequivocabile; per il fatto di essere in pace con me stesso e di avere rinunciato così a cuor leggero a una grossa somma. Senza contare che mia moglie si era già trasferita 13 volte e non era stato sempre facile. Volevo smettere anche per lei. Qual è il vantaggio dell’essere in pensione? Per me questi ultimi tre anni sono stati un grande arricchimento. Mi sento libero, non ho mai avuto così tanta possibilità di scelta. Non posso sempre fare quello che voglio, ma non devo più fare quello che non voglio. E ora mia moglie e io abbiamo molto più tempo da dedicare a noi stessi. È una dimensione completamente nuova per la nostra famiglia e per le nostre amicizie. Si allena per vivere a lungo? Sì. Mi alleno una o due volte a settimana nella palestra di casa mia e faccio partite a golf. E gioco regolarmente a Memory con mia moglie. È divertente e dimostra che si può migliorare la memoria anche invecchiando. Occorre una riforma del sistema pensionistico? Serve più solidarietà tra vecchi e giovani? Credo di sì. È un bene discutere di questo argomento, perché ci rende più consapevoli. Forse dobbiamo pensare a come gli anziani benestanti potrebbero dare un contributo maggiore e avere ancora più chiara la loro responsabilità sociale. È ovvio, molti sono contrari, ma io sono convinto che si troveranno buone soluzioni. Del resto vogliamo evitare dimostrazioni e disordini da parte di giovani insicuri e insoddisfatti.

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Quando ha pensato per la prima volta alla previdenza per la vecchiaia? A 19 anni. Quando ho firmato il mio primo contratto con il Lörrach per qualche marco, ho subito aperto un contratto di risparmio edilizio. E un anno dopo, quando sono passato al Basilea, ho sottoscritto per la prima volta un’assicurazione sulla vita. Anche se guadagnavo 200 franchi. Ho sempre saputo che da anziano avrei voluto vivere bene. È nel mio DNA. Ha consigliato ai suoi giocatori di fare lo stesso? Certo. Nei numerosi colloqui individuali l’investimento finanziario e la previdenza per la vecchiaia erano temi ricorrenti. È proprio quando si guadagna tanto che si può perdere tanto. E i giocatori di calcio spesso ricevono offerte poco serie. Parla per esperienza personale? Purtroppo sì. Quando giocavo a Stoccarda, ho investito 100 000 Marchi in una tipografia che poi è fallita. Avevo seguito il consiglio di un presunto amico. È stata dura, perché all’epoca guadagnavo a malapena 150 000 marchi. Ma mi è servito di lezione; dopo quell’esperienza non ho mai più investito in aziende. Ho raccontato questa storia ai giocatori, consigliando loro di aprire assicurazioni sulla vita.

Ottmar Hitzfeld (68) ha terminato nel 2014 la sua brillante carriera di calciatore prima e di allenatore poi. Cresciuto a Lörrach, nella Germania meridionale, dove vive ancora oggi, ha giocato come attaccante in varie squadre svizzere e tedesche e con il Basilea ha vinto due scudetti e una coppa. Nel 1983 ha iniziato la sua carriera di allenatore con lo Zugo. Si è aggiudicato una ventina di titoli in Svizzera e in Germania, tra cui la Champions League con il Borussia Dortmund e il Bayern Monaco, fregiandosi per due anni del titolo di miglior allenatore del mondo. Nel 2004, dopo un burnout, Hitzfeld si è ritirato per circa 18 mesi nella sua casa di villeggiatura a Engelberg. Nel 2008 è tornato in Svizzera per la sua ultima esperienza da allenatore e ha portato due volte la nazionale alla fase finale dei Campionati del mondo.

Vincete 500 franchi per il vostro futuro!

L’accresciuta aspettativa di vita amplia la società multigenerazionale e consente ai nonni di dedicare tempo e denaro ai nipoti. A quanto ammonta la prestazione economica prodotta dal lavoro dei nonni in Svizzera? 20 milioni 200 milioni 2 miliardi

Rispondendo correttamente alla domanda del concorso, potrete vincere un contributo iniziale per la vostra previdenza privata. In bocca al lupo!

Inviate la cartolina contenuta nella copertina o partecipate on-line: www.swisslife.ch/rivista


Consigli per il budget familiare Alcuni vanno in montagna, altri al mare. Non importa cosa preferite: con un budget realistico riuscirete a rilassarvi meglio. Se avete sotto controllo entrate e uscite, sapete anche quanti soldi potete spendere per le vacanze. Nel budget delle ferie sono inclusi viaggio, vitto, alloggio, tempo libero, acquisti e piccole spese varie. Il denaro per le spese domestiche previsto nel normale budget annuale rimane uguale, che si rimanga a casa o che si parta per un viaggio. Con il Calcolatore Swiss Life potete creare il vostro budget personale e capire quanto vi rimane per le vacanze.

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Quando a 64 anni si era «decrepiti» Cinquant’anni fa i Beatles pubblicarono uno degli album che ha maggiormente influenzato la storia della musica: «Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band». Il brano «When I’m Sixty-Four» è diventata un classico. Quella che sembra essere una canzone d’amore, in realtà esprime il sentimento di una generazione intera: la paura di invecchiare.

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uando registrò la canzone, nel 1967, Paul McCartney aveva solo 24 anni. Voleva assolutamente includerla nell’album, si dice, perché l’aveva scritta per suo padre James, che aveva compiuto 64 anni ed era prossimo al pensionamento. Come Paul 40 anni dopo.

«When I get older, losing my hair, many years from now» cantava Paul McCartney: «quando diventerò vecchio e perderò i capelli, tra molti anni». Per dare un timbro ancora più giovanile alla sua voce, al mixaggio la alzò di mezzo tono. Con «When I’m Sixty-Four» i Beatles colpirono nel segno. Davano voce al sentimento di tutta una generazione. Appar-


© Jimmy Baikovicius

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Sir Paul McCartney, ex cantante e bassista dei Beatles, a Montevideo, in Uruguay, nel 2014.

vero innumerevoli cover in lingua straniera, ma fu il cantautore e cabarettista svizzero Franz Hohler a cogliere al meglio l’ironia del titolo. In «Weni mol alt bi» (quando sarò vecchio) – «hoffe sgaht no lang» (spero tra tanto), canta: «Fangts der a gruuse, wenn i wot schmuse» (ti disgusterà il mio desiderio per te). Non c’è dubbio: cinquant’anni fa, a 64 anni si era decisamente vecchi. Ed essere anziani, poveri e dipendenti dagli altri era l’ultima cosa che un giovane desiderava nel 1967. Oggi il periodo in cui ci sentiamo «nel pieno della vita» va ben oltre il pensionamento. È vero soprattutto per gli Svizzeri, che secondo un sondaggio si considerano «vecchi» solo dopo i 79 anni. Questo dimostra che dobbiamo ripensare la «terza età». Che a farcelo capire siano pro-

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prio gli idoli di gioventù che criticavano la vecchiaia è una dolce ironia della storia. The Who, che speravano di morire prima di diventare vecchi, stanno facendo una grande tournée per celebrare i 50 anni del gruppo, impegnandosi al contempo contro il cancro alla prostata. I Rolling Stones hanno pubblicato il loro 23° album. Mick Jagger, che oggi ha 74 anni, interpreta ancora Satisfaction scatenandosi sul palco visibilmente divertito. E Paul McCartney, che anche lui ha passato i 64 dieci anni fa, lo scorso aprile è partito per una tournée in Giappone: e ha ancora quasi tutti i capelli, anche se sono tinti. Forse Sir Paul avrebbe dovuto intitolare la canzone «When I’m 84».

Kieser suda Mobilità e potenziamento

Ci sono due aspetti che influiscono sulla nostra mobilità: da un lato l’agilità, dall’altro l’elasticità dei muscoli. L’agilità dipende dalla struttura ossea e rimane più o meno immodificabile dopo la pubertà. Ciò su cui possiamo intervenire è il potere elastico dei nostri muscoli, allenandoci regolarmente e in modo corretto dal punto di vista anatomico, curando la massima ampiezza di movimento. Con l’aggiunta di sarcomeri in parallelo nelle microfibrille, le fibre muscolari si allungano e voi diventate più agili. Un pratico esempio tratto dalla vita vera dimostra che il potenziamento muscolare non produce rigidità. Molti anni fa nel mio studio lavorava Njue Jackson, un culturista del Kenya. Aveva masse muscolari estremamente sviluppate e nelle gare concludeva sempre il suo esercizio libero con un’elegante quanto sorprendente spaccata. Non era solo molto aperto di bacino; anche i suoi muscoli presentavano un’elevata elasticità. Nonostante il potenziamento muscolare; o forse sarebbe meglio scrivere proprio grazie al potenziamento muscolare. Se praticato correttamente, esso rende superflui altri esercizi di stretching. Questi ultimi possono però essere estremamente utili durante la riabilitazione. Infatti tenere ferme le articolazioni anche solo per un breve periodo dopo un’operazione riduce l’elasticità dei muscoli. Questo perché i sarcomeri vengono demoliti in serie, quindi il muscolo si accorcia e la mobilità si riduce. Werner Kieser (75 anni), falegname qualificato, ex pugile, autore di libri e filosofo (MA), è l’istruttore di palestra di maggiore successo in Europa. Il blog di Kieser: kieser-training.de/blog


© Wojtek Klimek / W. I.R .E. / Swiss Life

Figli a 60 anni: utopia?

*«Come sarà la nostra vita domani» – Spunti di riflessione sulla vita nell’era della longevità, pubblicato in tedesco da W.I.R.E., il think tank per economia, scienza e società in cooperazione con Swiss Life, edito da Neue Zürcher Zeitung.

Nella gestione della propria vita, la gamma delle nuove possibilità è ampia. Sta al singolo decidere se e come sfruttarle. Tuttavia è ancora più importante prendere una decisione considerando i diversi scenari, da quelli realistici a quelli improbabili. Il libro «Come sarà la nostra vita domani»* illustra le varie possibilità, anche quella di avere un figlio a 60 anni. La crescente aspettativa di vita permette una maggiore flessibilità nella pianificazione dei figli e della vita familiare. «Prima la carriera, poi un figlio» è diventato realtà. Mentre la biologia a oggi definisce chiaramente la fase della fertilità nel corso della vita, i progressi nella procreazione medicalmente assistita come l’inseminazione artificiale o il social freezing (la conservazione dei propri ovociti per una successiva gravidanza) consentono la maternità anche in età avanzata. Di conseguenza, la pressione di conciliare

figli e carriera diminuisce molto. Le coppie possono dedicarsi ai figli dopo il loro successo professionale e possono gestirsi la vita in modo decisamente più flessibile. I figli possono crescere in un ambiente caratterizzato da una relazione stabile, che ha superato il test del tempo, sostenuti da genitori maturi, «arrivati» e abbienti, e circondati da quell’attenzione che è il maggior catalizzatore per il loro sviluppo. Gli adulti a loro volta non devono precludersi a vicenda bisogni fondamentali.


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Meno divorzi a causa dei minori conflitti di obiettivi Educazione dei figli da parte di genitori maturi e che hanno tempo Modelli flessibili di lavoro e carriera Meno perdite di manodopera femminile Parità tra uomini e donne

Gli spunti di riflessione nel libro «Come sarà la nostra vita domani»* vogliono stimolare un dibattito sociale sulle conseguenze della crescente aspettativa di vita. Stephanie von Orelli, co-primario all’ospedale Triemli di Zurigo, si esprime su alcune questioni latenti riguardanti la pianificazione dei figli.

Possibilità

Diventare genitori nella seconda metà della vita Rischi

Social freezing «In linea di massima non penso che conservare gli ovociti sia una cattiva idea. A 25 anni non ci si rende pienamente conto che avere un bambino a 35 non è più altrettanto facile. Trovo sbagliata invece la conclusione che se ne trae: e cioè che per le donne conciliare figli e carriera sia ormai un problema aggirabile. Non credo che il social freezing possa risolvere i problemi di fondo della nostra società».

Complesso dibattito etico sui limiti della medicina riproduttiva

Donazione di ovociti

Crescente pressione per fare carriera a 30 anni Intolleranza nei confronti delle donne che pianificano figli seguendo l’orologio biologico Nonostante le tecnologie che rallentano l’invecchiamento, diminuzione delle energie nella terza età e rischio di una perdita precoce dei genitori Legame più debole tra genitori e figli per la grande differenza d’età Ampliamento delle politiche familiari per includere strutture più complesse (patchwork)

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Limiti della medicina riproduttiva «Una donna deve essere abbastanza in forma per sostenere i figli almeno fino alla maggiore età; se partorisce a 60 anni quest’ipotesi non è più realistica. Con l’età aumentano le malattie, anche se le cure migliorano sempre di più. Vivere all’infinito non è possibile».

«In Svizzera la donazione di ovociti è vietata. Per questo trattamento le donne si recano all’estero. Esistono però istituti molto diversi. Alcuni sono decisamente cari, ma offrono prestazioni mediche di elevata qualità; altri lavorano in un contesto piuttosto discutibile a livello medico».

Forme alternative per diventare genitori Fertilità «Dopo i 40 anni la quantità di ovociti diminuisce molto. Anche se è possibile intervenire con farmaci di sostegno e stimolo, le possibilità di rimanere incinta e portare a termine la gravidanza sono molto limitate».

«Io vorrei che un bambino fosse accolto in un nido pieno di affetto e calore. E se stabilità e amore vengono da una coppia dello stesso sesso o da due buoni amici, non ho niente in contrario». Nella prossima pagina: Stephanie von Orelli: mamma e donna in carriera


«Molto è possibile ma non tutto è positivo». Stephanie von Orelli valuta le possibilità della medicina riproduttiva. A suo avviso posticipare la maternità non è una soluzione al problema che le donne hanno nel conciliare carriera e figli. La ginecologa è a favore di condizioni volte a consentire un elevato grado di occupazione. Testo: Yvonne Eckert, foto: Kilian Kessler

L

a vita professionale non finisce quando si è fatto carriera. Nonostante ci si senta realizzati, si continua a lavorare molto. L’esperienza aumenta, ma l’energia diminuisce, come pure la capacità di sopportare lo stress, in particolare quello causato dai bambini piccoli. Mentre nella vita professionale si può interagire con le persone facendo ricorso alle spiegazioni, con i bambini non è possibile fare leva sulla ragione. Pertanto è necessario sostenerli ed educarli affinché imparino a vivere nella

società, un compito che richiede molta pazienza e motivazione. Sono diventata madre a 40 anni e credo che non avrei potuto aspettare oltre. Per conciliare bambini e carriera, oltre alla flessibilità e alla resistenza, è necessario avere anche un partner eccezionale, in grado di accettare che la donna prosegua il proprio percorso professionale. Le donne vogliono sempre essere perfette, ma non è necessario. I bambini percepiscono se sono amati e non occorre sempre gravitare intorno a loro. Noi


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Prendere in mano la previdenza Stephanie von Orelli (50) ha iniziato la carriera presso l’ospedale Triemli di Zurigo. Dal 2008 ha diretto il reparto ginecologia insieme a Brida von Castelberg. Dopo il pensionamento di quest’ultima, è rimasta a capo del reparto da sola fino a febbraio e ora condivide la mansione con Natalie Gabriel. L’esperta ginecologa e ostetrica è sposata e madre di tre figli di Benjamin 11, Hanna 9 e Pauline 4 anni. Suo marito ha, come lei, un grado di occupazione dell’80 % e tre giorni alla settimana i bambini sono accuditi da una baby-sitter.

donne dovremmo liberarci da questi vincoli e non farci scoraggiare. In questa situazione è sicuramente utile ridimensionare le proprie aspettative ed essere tenaci in tutti i ruoli, nel mio caso in veste di madre, medico, capo e moglie. Ho sempre amato la professione medica e in ospedale ho svolto molti incarichi avvincenti. Per dieci anni ho avuto una relazione a distanza, poiché il mio compagno viveva a Parigi. A 35 anni abbiamo pensato che avremmo potuto provare ad avere figli.

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Tuttavia sapevo che, qualora non fosse stato possibile, avrei comunque avuto il mio lavoro. Quando si ricoprono ruoli importanti il margine di libertà decisionale diventa più ampio ed è possibile istruire i propri collaboratori. Nel Triemli la gerarchia è assolutamente orizzontale e si lavora ottimamente all’interno del team. Numerosi collaboratori lavorano part-time e ci sosteniamo a vicenda: se trascorro il mercoledì con i miei figli, le mie collaboratrici si impegnano a garantire che tutto vada liscio nel reparto e in compenso io provvedo affinché abbiano la possibilità di perfezionarsi. A tal fine è necessaria una visione comune. Dipende tutto dal modo di dirigere, dai valori, dalla mentalità e dalla concezione della propria mansione. Sebbene a livello medico sia possibile diventare genitori in età matura, ritengo sia più opportuno adeguare le strutture e le possibilità (finanziarie) in modo che le donne possano diventare madri quando sono ancora giovani e resistenti. Sarebbe ideale se il partner potesse prendere un periodo sabbatico o rimanere a casa di tanto in tanto. Quindi ritengo sia meglio adeguare le condizioni sociali che avvalersi delle possibilità offerte dalla medicina. Sono contraria al congelamento degli ovociti e alle gravidanze tardive, quando il rischio di ammalarsi o di morire con figli non ancora maggiorenni è più elevato. Tuttavia le donne devono anche essere motivate a tornare a lavorare con un grado di occupazione elevato dopo il congedo di maternità. È fondamentale avere un modello da seguire: i miei genitori erano entrambi medici e mia madre ha sempre lavorato. Da loro e dalla mia ex collega e mentore Brida von Castelberg, che mi ha plasmato profondamente, ho appreso che bisogna essere curiosi e impegnarsi per ciò che si reputa importante. Cerco di trasmettere questi valori anche ai miei figli: è necessario essere curiosi, sapere ciò che si vuole, essere in grado di affermarsi e capire cos’è giusto e cos’è sbagliato. Naturalmente mi piacerebbe diventare nonna in futuro, ma ritengo soprattutto importante che i miei figli perseguano i loro obiettivi e siano in grado di realizzarli e di trovare il proprio ruolo nella società.

Tutti noi vorremmo vivere secondo le nostre scelte: oggi, in età avanzata e anche quando la vita non va secondo i piani. Tuttavia, sapendo che non tutto è prevedibile e pianificabile, è importante provvedere per tempo a se stessi e ai propri cari. A tal fine può essere utile rivolgersi a un consulente previdenziale: uno specialista può individuare le esigenze personali e rendere più chiaro e comprensibile questo tema astratto sulla base della situazione concreta.

@ Domande sulla pianificazione finanziaria? Scrivete ad Annette Behringer, esperta finanziaria presso Swiss Life: annette.behringer@swisslife.ch. Inviateci la cartolina nella copertina della rivista o visitate il sito swisslife.ch/it/ privati/prodotti/consulenza.html


Un fatto della vita di Swiss Life:

trascorriamo 2973 giorni della nostra vita davanti alla TV. Quindi guardiamo notiziari, sport, soap opera, show, film e repliche per piĂš di 8 anni. Conoscete giĂ i vostri fatti della vita? Calcolateli ora: www.viviamosemprepiualungo.ch


«Adesso ho due vite.» Pensaci, ora tocca a te. Una grande felicità comporta grandi responsabilità. Swiss Life vi sostiene adeguatamente con una copertura del rischio completa per le famiglie. Scoprite i dettagli su www.swisslife.ch/protezione-rischio


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A piedi fino a Saturno

Il vostro viaggio verso pianeti lontani comincia salendo sul Weissenstein. Sulla cima di questo monte solettese inizia il Sentiero dei pianeti, che si snoda per circa dieci chilometri dalla Kurhaus all’Obergrenchenberg. I pianeti e le lune del nostro sistema solare sono rappresentati in scala 1:1 miliardo, quindi ogni passo corrisponde a un tratto pari a 15–20 volte la circonferenza terrestre. Coprirete velocemente una distanza enorme!


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Come ci si arriva Con il treno per Oberdorf (SO), dove parte una cabinovia che in 10 minuti vi porterà a 1280 metri sul livello del mare. Nei mesi estivi il passo del Weissenstein è raggiungibile anche con l’autopostale.

Cosa vi aspetta La catena del Weissenstein («pietra bianca»), che si erge sulla valle dell’Aare per circa 1000 metri, prende il nome dalle chiare pareti di calcare del Malm, inconfondibili anche da lontano. Le sue soleggiate cime sono uno scenario meraviglioso per le escursioni. Il Sentiero dei pianeti si trova in uno dei tratti più belli della cresta del Giura e offre un istruttivo e divertente percorso di circa tre ore e mezza.

i Buono a sapersi Il Sentiero dei pianeti è in scala 1:1 miliardo. Un metro del modello corrisponde quindi a un milione di chilometri del sistema solare e grandezze e distanze hanno proporzioni realistiche.

Per imparare Il Sentiero dei pianeti inizia con il modello del sole proprio accanto alla Kurhaus Weissenstein. Lungo il percorso i singoli pianeti sono presentati su pannelli informativi rotondi che ne illustrano le caratteristiche, come diametro, velocità di rotazione, inclinazione dell’asse, massa, temperatura, distanza dal sole, periodo di rivoluzione e numero di lune. Passo dopo passo potrete imparare tantissimo sui nove pianeti principali, sul sole e sulla luna.

Le attrazioni Oltre alle interessanti informazioni sui pianeti, nelle giornate di bel tempo questo luogo offre anche una vista eccezionale: verso sud la corona alpina dietro al Mittelland, verso nord molte catene del Giura, fino ai Vosgi e alla Foresta nera, e verso ovest, dal pannello di Plutone, il lago di Bienne. Tutto in scala 1:1.

Buon appetito Al punto di partenza (Kurhaus Weissenstein) e di arrivo (Berggasthof Obergrenchenberg) vi attendono ottimi piatti e bevande.

© Franz Boesch

Altro da esplorare Esistono sentieri di pianeti in tutta la Svizzera. Maggiori informazioni sul sito web della Società Astronomica Svizzera: sag-sas.ch



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Testo: Michael Bahnerth, Foto: Tom Haller

«In realtà la testa non è molto intelligente» Le previsioni ci avevano visto giusto: era primavera, ma fuori c’era un clima invernale. Nessuno però aveva capito che sarebbe anche nevicato. Ha iniziato poco prima delle due di pomeriggio. A quell’ora il chiaroveggente e indovino Mike Shiva era seduto sotto una tenda del Circus Royal in una roulotte Tabbert, modello Da Vinci. Dopo l’allontanamento da shiva.tv, Shiva vive di nuovo in roulotte, per essere precisi in due roulotte: una per le sue carte, una per lui. Sul grembo ha il suo cagnolino, Chocolat, indossa una giacca a vento rosa ed è afflitto da dolori alla testa e alla nuca. Per un attimo Shiva si preoccupa che possa ammalarsi – e sarà effettivamente così – e guarda al mondo attraverso un paio di grandi lenti scure.

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«N

on vedo niente senza occhiali, ho una vista pessima. E sono sensibile alla luce. A volte la gente mi chiede perché mi na­ scondo dietro questi occhiali, se ho bisogno del buio per vederci chiaro. Capisco queste do­ mande, ma non mi piacciono. Passi per uno che ha un pro­ blema psicologico, è preoccupante. E non mi piace neanche dover sempre dare spiegazioni. Come con Kurt Aeschbacher recentemente. Lui mi piace molto, ma poi mi ha chiesto se i miei capelli sono veri. Per me non è una domanda da fare. Devo continuamente ripeterlo, anche se lo sanno tutti che i miei capelli sono veri. Toccandoli si sente. No, non mi preoccupo dei capelli bianchi. Per niente. Ne­ anche della vecchiaia. Trovo che soffermarsi sull’età sia inutile; quando su un giornale vedo scrit­ to «Susi Meier, 42 anni», mi sem­ bra fuori luogo. Non ci si dovreb­ be fossilizzare su cose come l’età, non ha importanza. I capelli bianchi non mi piacciono e quan­ do sarà il momento li tingerò. Sì, sono una persona fortunata, per­ ché mi organizzo la vita come preferisco. Quello che non mi piace lo cambio, come i capelli bianchi; e quello che non posso cambiare probabilmente non ha niente a che vedere con me. No, non posso predire quando mi diventeranno bianchi i capelli. Non posso neanche fare pronostici sulla morte, per­ ché non sono in grado di anticipare tempi e luoghi. Ok, a persone molto vicine a me ho predetto che Tizio o Caio sa­ rebbero morti i giorni successivi; gente che non conoscevo, ma avevo ragione. Questo succede. Ma non voglio concen­ trarmi su questo, altrimenti tutti verrebbero a chiedermi quando muore la nonna perché sono interessati all’eredità e sarebbe brutto. Sono cose che non funzionano. Non posso neanche predire i numeri del lotto o trovare gente scompar­ sa. Io faccio semplicemente divinazione. Riesco a dominare percezioni extrasensoriali e le utilizzo per comunicare alle persone qualcosa di utile. Ho successo con le persone intelli­ genti proprio perché smuovo le acque. So esattamente cosa occorre fare in certe situazioni; lo vedo chiaramente, perché

sento ciò che altri non sentono. Ce l’ho nel sangue. Non è che quando non avevo un lavoro ho pensato, bene, ora mi metto a fare le carte alla gente e racconto qualcosa. Sono proprio così, la gente lo sa. A 16 o 17 anni comparivo già in televisione e nelle riviste. Si sa, sono così da sempre. No, da bambino non sapevo che sarei diventato indovino. Non si è consapevoli di avere questa capacità. È come per un bambi­ no che cresce nella regione di lingua tedesca: non sa di sapere il tedesco, lo parla e basta. Lo stesso è stato per me. Tutto ciò che faccio oggi l’ho già raccontato a mia madre 30 anni fa. Ovviamente mi sarei potuto inventare una storia fenomena­ le che sbalordisse tutti, ma non voglio dire falsità. Visto che l’ho sempre saputo, però, non ho seguito una formazione, non ho un diploma, non ho studiato. Se avessi dovuto fare qualcosa, avrei scelto teologia, ma per fortuna non sono stato obbligato e non è stato necessa­ rio. Insomma, io sono un indovi­ no e ispiro la gente formulando pronostici per il presente e per il futuro; a volte mi spingo anche oltre, allargando gli orizzonti. Non sono un bravo psicologo né un life coach. Quello no. Ovvia­ mente nel settore c’è gente che non sa niente e quelli sono una sciagura; ciarlatani che pensano di poter fare gli indovini perché hanno letto un libro e sanno maneggiare le carte. Invece ser­ ve una consapevolezza molto precisa; bisogna essere liberi da certe cose per poter avere queste percezioni. Non ho una relazione, un partner; sono circondato da anime, quello sì, ma non ho relazioni amorose. Sentirne il bisogno secondo me è un male. È bello avere una relazione e altrettanto bello non averla; ma non è bello sentirne il biso­ gno. Per alcuni, però, è così: e per fortuna, altrimenti da me non verrebbe più nessuno. Sì, anime. Le anime ci sono sempre state, ci sono e ci sa­ ranno sempre. L’eternità esiste e si incarna in un corpo che ha circa 100 anni. Penso che la mia anima mi abbia scelto. Molti vengono da me e mi dicono di essere stati qui già sette volte, che non devo farli tornare un’ottava, e così via. Allora penso quanto sia aberrante; non dico niente, ma lo penso. Lo trovo meschino, perché secondo me su questa terra si sta

«Sono proprio così, la gente lo sa. A 16 o 17 anni comparivo già in televisione e nelle riviste».


SWISSLIFE Estate 2017



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bene, si può fare tanto, possiamo essere soddisfatti, siamo fortunati. Non patisco la solitudine e di solito sono sconten­ to solo quando mi confronto con persone che ti ingannano, che ti impongono qualcosa che non vuoi, con aspettative che hanno delle conseguenze se non le soddisfi. A volte preferisco leggere le carte per me. Quando ne ho voglia. Ma non bisogna farne una religione. Io mi lascio ispi­ rare. Ho anche alcune pietre portafortuna che do alle perso­ ne per infondere forza ed energia. Però non ho la sensazione che debbano essere sempre porta­ te con sé; e se si perdono, se ne prende una nuova. Pensare di non poter più fare a meno di una cosa non è normale e io sono con­ trario. C’è gente che se per una volta non riesce a meditare pensa di essere vittima di una maledi­ zione. Terribile. Oggi la consapevolezza si è sviluppata a tal punto da far di­ ventare tutto un problema. Se un bambino a scuola non è attivo, prima si diceva che aveva la testa tra le nuvole, adesso che ha l’ADD, o come si chiama. Quello che oggi è un bimbo iperat­ tivo, prima era semplicemente il buffone della classe. Oggi tutto ha un nome, tutto è psicologico. Se uno va da un chia­ roveggente, non è del tutto a posto. Se la gente sapesse chi è venuto da me rimarrebbe a bocca aperta. E sono persone che sono venute qui non perché avevano dei problemi, ma per­ ché erano curiose. Ovviamente posso aiutarle anche se non ne sento il bisogno. Io ho solo la necessità di dire ciò che vedo, in modo che possano vivere al meglio. Ma non sono assolutamente Madre Teresa. Sicuramente rifletto sulla situazione del mondo. Non mi interesso di politica nel dettaglio perché penso che la nostra mente non sia in grado di capire cosa c’è dietro. Altrimenti si perde energia, ci si indebolisce; e penso che sia proprio que­ sto il senso di tutto quel teatrino. Credo che sia una cata­ strofe che quelle marionette ci governino e ci manipolino; è preoccupante quello che succede. Me ne interesso poco. Non leggo libri, non vado a concer­ ti, non ne ho bisogno. Mi sento a mio agio quando sono con me stesso, circondato da brava gente, e quando ho la sensa­ zione di dover andare, vado. Come l’anno scorso con shiva.

tv. Cambio subito quello che non mi piace o non va bene o non funziona. Per questo nel 2016 ho deciso di mia sponta­ nea volontà di cambiare qualcosa nella mia vita; il giorno dopo ho dato le dimissioni ed è stata la decisione in assoluto più lungimirante. Chi mi conosce sa che l’avevo previsto, perché ho preso la decisione giusta nel momento giusto, al posto giusto, nella misura giusta. Un giorno prima delle di­ missioni pensavo: fallo, non aspettare più. Lo sentivo. Molte persone decidono con la testa, perché sono intelligenti e per­ ché sono cresciute convinte che si faccia così, ma in realtà la testa non è molto intelligente e biso­ gnerebbe ascoltare l’intuito. Poi ho telefonato a mia madre, che mi ha detto di farlo, perché quel­ lo che faccio si è sempre rivelato giusto. E così l’ho fatto. Sì, ho anche preso decisioni che sulle prime sembravano buo­ ne, ma poi le cose sono cambiate. A quel punto occorre aspettare il momento giusto per prendere di nuovo un’altra decisione. Potrebbe sembrare che la vecchia decisione fosse sbagliata, ma non lo era. Ora vivo di nuovo in una roulotte, ma questo non significa che i dodici anni in cui ho vissuto in un appartamento siano stati un errore. Sì, sto bene in roulotte, è un ritorno alle mie radici. Mi sento libero, sollevato. A volte mi sposto anche. Ho persino la pa­ tente dei camion, perché prima avevo un lussuoso modello americano. Ho anche pensato di andare a vivere a Miami o Ko Samui, ma non è che in fondo sia indispensabile. Forse c’entra il fatto che provengo da una famiglia di circensi. Mio nonno era trapezista ed equilibrista. Sapeva tutto, prevedeva tutto. In realtà non sogno. Sono molto consapevole di me, forse è per quello. Neanche alla sera quando vado a letto. Guardo la televisione, perché trovo interessante quello che trasmettono e quello che la gente reputa scemo e insensato, come DSDS o Dschungelcamp. Trovo che siano divertenti, anche Frauentausch. Certo, è sempre la stessa solfa, ma è quell’intrattenimento superficiale che mi diverte. E poi mi addormento con il telecomando in mano, il cellulare sulla coperta e gli occhiali sul naso».

«Sì, sto bene in roulotte, è un ritorno alle mie radici. Mi sento libero, sollevato».

SWISSLIFE Estate 2017


Iragna, Ticino, Š Per Kasch

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Un mazzolin di fiori // 49

Il rimedio dell’estate Tiglio nostrano (Tilia platyphyllos)

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Il tiglio era una divinità dell’a­ more per i Greci e simboleggiava amore coniugale e fedeltà nella mitologia romana; gli Ainu giapponesi, un popolo di origine preistorica, utilizzavano le fibre della sua corteccia interna per confezionare il loro abito tra­ dizionale. Un albero prodigio­ so, dunque, che sboccia con fiori profumati tra giugno e luglio. Una volta raccolti, si fan­ no seccare al sole o in forno a 50 gradi finché non assumono una colorazione giallo­verde. Nella medicina naturale le proprietà espet­ toranti dei fiori di tiglio vengono sfruttate per prevenire il raffreddore. Freschi o secchi, questi fiori sono perfetti anche per preparare bevande calmanti e dissetanti (cfr. riquadro a destra).

Illustrazione: Alexander Schmidt

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Il tiglio nostrano ha foglie a forma di cuore con una leggera peluria.

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I fiori sono gialli e dal profumo intenso.

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I durissimi frutti a capsula maturano a settembre.

SWISSLIFE Estate 2017

Tè estivo dissetante Una bibita perfetta per togliersi la sete dell’estate. Sbollentare una bella man­ ciata di fiori di tiglio in un litro d’acqua. Lasciare in in­ fusione coperto per almeno dieci minuti, poi scolare e far raffreddare. Tagliare a metà un melone Galia ben maturo (circa 700 grammi), pulirlo, tagliarlo a pezzi e aggiungerlo al tè freddo. Eliminare eventuali pezzi più grossi con un frullatore o un colino e gustare con succo di limone o lime. Alla salute!


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Una silenziosa rivoluzione.

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Prototipi // 51

Chi lo ha inventato? L’ingegnosità degli Svizzeri è secolare e dimostra che da persone innovative e di ampi orizzonti sono nate invenzioni che hanno cambiato il mondo per sempre. 1947: Pelapatate – Alfred Neweczerzal

Questo geniale utensile da cucina lo dobbiamo a un ragazzo nato a Davos da emigranti cechi che, durante il servizio militare, pensava che sbucciare le patate fosse troppo faticoso. Nel 1947 Neweczerzal creò con un unico pezzo di allumino il pelapatate «Rex». Di «11002», come riportano impresso tutti i modelli originali, oggi ne vengono prodotti ben due milioni all’anno nel distretto di Affoltern. zena.swiss/de

Fu una tovaglia macchiata di vino che spinse Jacques E. Brandenberger a inventare un materiale che non assorbisse i liquidi. Spruzzò su alcune stoffe un liquido idrorepellente. Il tessuto diventava rigido, ma gli permetteva di staccare facilmente una pellicola trasparente. Dopo 12 anni il prodotto era pronto per essere lanciato sul mercato. Brandenberger lo chiamò «cellophane», dall’unione di «cellulosa» e della parola francese «diaphane». Quest’invenzione gli fruttò milioni. In base alle ultime volontà della figlia Irma M. Brandenberger, deceduta nel 1986, ogni anno la sua fondazione premia con 200 000 franchi un cittadino svizzero particolarmente meritevole.

1936: Nescafé – Max Morgenthaler Oggi nel mondo se ne bevo­ no più di 5500 tazze al secondo: Nescafé è uno dei nomi che ha avuto più successo nell’industria ali­ mentare. Dopo il crollo di Wall Street del 1929, il Brasile aveva montagne di chicchi di caffè invenduti e chiese a Nestlé di ideare un procedi­ mento per conservare il caffè sotto forma di pol­ vere solubile. Cinque anni dopo, però, Nestlé fermò il progetto, perché non era ancora riuscita a preservare l’aroma naturale del caffè con una polvere. Tuttavia il chimico Max Morgenthaler continuò a provare nella sua cucina a proprie spese: ed ebbe successo. Presentò la sua formula a Nestlé nel 1936 e i primi barattoli furono messi in commercio in Svizzera il 1° aprile 1938.

stiftungbrandenberger.ch

nescafe.ch

1912: Cellophane – Jacques E. Brandenberger

SWISSLIFE Estate 2017

© Nestlé Historical Archives, Vevey

1870: Pista da bob – Caspar Badrutt Ancora prima di trasfor­ mare il «Beau Rivage» di St. Moritz nell’attuale Badrutt’s Palace Hotel nel 1892, Caspar Badrutt era affascinato dai villeg­ gianti inglesi che ospita­ va: poiché all’epoca l’Engadina non offriva molto in inverno, modificavano slitte da tra­ sporto e le usavano per sfrecciare sulle strade innevate. Preoccupato per la pericolosità, Badrutt costruì per i turisti un percorso speciale: la prima pista da bob di ghiaccio naturale al mondo, usata per gare ufficiali dal 1884. olympia-bobrun.ch


Chi vince spicca il volo!


Concorso // 53

ost a lina-risp eriore) o t r a c t la Inviate copertina pos e a n a li ll e n d o e ia cipat (fasc e t r a ista. p iv e oppur isslife.ch/r w i www.s mine ultimo d : Ter e n azio partecip 017. . 8 0 31. 2

Con un po’ di fortuna potrete vivere un’esperienza che altri possono provare solo con un videogioco: pilotare un elicottero da A a B, naturalmente in presenza di un pilota. Vincete un volo in elicottero dall’aerodromo di Samedan (Alta Engadina) insieme a un pernottamento presso l’Hotel Donatz di Samedan con cena e colazione incluse per due persone del valore di 2500 franchi. Prendete in mano i comandi e rispondete alla seguente domanda: qual è il punto più alto al mondo sul quale è atterrato un elicottero?

Il vincitore sarà informato personalmente dopo la scadenza del termine di partecipazione.


Illustrazione: Luca Schenardi

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Ampi orizzonti – In futuro gli occhiali saranno connessi I primi occhiali furono inventati circa 700 anni fa. Da allora sono sempre più funzionali, economici e belli; e da protesi sono diventati un accessorio per due terzi della popolazione. Tuttavia da quando sono stati inventati, la loro funzione di base è rimasta praticamente la stessa: correggere difetti della vista o proteggere gli occhi dalla luce del sole o da sostanze nocive nell’aria. La prossima generazione di occhiali non solo migliorerà o raddoppierà le capacità visive, ma le amplierà. Dai modelli tradizionali nascono strumenti ottici universali che aprono possibilità visive completamente nuove. Diventano multi­ funzionali, in modo che possano essere utilizzati contempo­ raneamente come microscopio, telescopio, raggi X, schermo o videocamera, ad esempio. E questo è solo l’inizio. Come oggi le chiamate sono una funzione accessoria dei cellulari, presto anche la correzione dei difetti della vista sarà solo uno dei tanti possibili utilizzi degli occhiali. Gli occhiali di domani saranno intelligenti e connessi; permetteranno di vedere al buio, attraverso pareti o dietro angoli, perché avranno accesso ad altri occhi, di umani e macchine. Quindi non consentiranno solo di vedere bene cose mol­ to lontane o particolarmente piccole, ma anche di osservare il mondo tramite gli occhi di altri. Ad esempio, anziché se­ guire un evento dalla prospettiva di una telecamera, permet­ terebbero di vedere la situazione direttamente dagli occhi dei presenti. Un’altra possibilità sarebbe osservare il mondo dagli occhi di animali, come gatti, uccelli, api, volpi o pesci, dotandoli di appositi sensori e microcamere. Gli sviluppi tecnologici della realtà aumentata portano a una commistione sempre più stretta di mondo reale e digita­

le. «Vedo qualcosa che tu non vedi» non sarà più solo un gioco, ma la nuova normalità. Come oggi le informazioni vengono filtrate nei media digitali, gli occhiali di domani fil­ treranno tutto ciò che vediamo. Renderanno visibili le cose che finora non lo sono, ad esempio reti WiFi, pokemon e al­ tri esseri immaginari o la traduzione in italiano di cartelli o insegne in cinese. Ciò che al momento non sembra rilevante, distrae, irrita o infastidisce, come una pubblicità indesidera­ ta, sarà nascosto alla vista, così potremo muoverci nel mon­ do reale come in quello digitale, con la stessa logica e con lo stesso algoritmo. La tendenza è trasformare gli occhiali in occhi artificiali intelligenti. iSight (che nel 2060 sarà tra gli occhiali intelli­ genti più venduti) ci collega direttamente a una rete di occhi artificiali diffusi in tutto il mondo. La visione connessa o collettiva è in rapida crescita e sempre più persone apprezza­ no i vantaggi di una visione multipla, che permette di osser­ vare il mondo non con due, ma con mille occhi contempora­ neamente.

Karin Frick getta uno sguardo al futuro per SWISSLIFE. Da vari anni l’economista osserva e analizza le tendenze e le controtendenze nel campo dell’economia, della società e dei consumi. È responsabile della ricerca e membro della direzione del Gottlieb Duttweiler Institute.



www.swisslife.ch/rivista


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