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“Come fiamme brillanti tra rami di smeraldo”: a questa immagine il poeta arabo Ibu Hamdis, vissuto nel XII secolo, paragonava la bellezza degli agrumi della Sicilia che, ancora adesso nella stagione invernale, si veste dei suoi colori più belli, coperta da un prezioso manto dorato. Il giardino degli DEI

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di Elena Fausta Gadeschi

Conosciuto e coltivato in Cina fin dalla notte dei tempi, attorno all’anno 1000 questo genere di frutto dal sapore inconfondibilmente aspro arrivò in Sicilia grazie agli Arabi, trovando un luogo ideale dove attecchire grazie alla felice combinazione di un clima caratterizzato da estati lunghe e calde e inverni miti e piovosi. Coltivati inizialmente come sole piante ornamentali – non per niente gli agrumeti dell’isola vengono ancora oggi chiamati “giardini” – gli agrumi vennero presto apprezzati anche a tavola non appena se ne diffusero le prime varietà dolci come le arance rosse e vaniglia, le sanguinelle e i mandarini che, insieme a limoni, pompelmi e bergamotti, costituirono per secoli la ricchezza dell’isola. Lo sa bene il Giardino della Kolymbethra, il raro gioiello archeologico e agricolo che sorge sopra i resti di Akragas, l’antico nome della città di Agrigento, che custodisce ancora oggi tutti i colori, i sapori e i profumi della terra di Sicilia. Di Akragas, fondata dai Greci nel VI secolo a.C., parla lo storico Diodoro Siculo, che narra come nel 480 a.C. il tiranno Terone, per approvvigionare d’acqua il centro abitato, fece progettare una rete di gallerie ipogee che si concludeva ai piedi dell’urbe in una grande vasca detta Kolymbethra “del perimetro di sette stadui”, presto adattata a vivaio di pesci e frequentata da cigni e volatili, capace di trasformare l’arida terra siciliana in un giardino fiorente di piante mediterranee.

Nel 2007 e nel 2009 il Giardino della Kolymbethra è entrato nella classifica de "Il Parco più bello d'Italia", collocandosi fra i 10 finalisti del concorso.

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Con gli agrumi coltivati, rigorosamente biologici, oggi il Fai produce marmellate dal sapore intenso. Sono prenotabili online con spedizioni a domicilio entro tre giorni in tutta Italia.

La Kolymbethra in effetti è un vero e proprio luogo di delizie, che si estende per oltre cinque ettari tra il Tempio di Vulcano e il Tempio di Castore e Polluce, in un angolo nascosto che trova riparo all’ombra dei suoi olivi secolari e che avvolge l’intera Valle dei Templi con il suo intenso profumo di zagara. Un’avventura storico-naturalistica che prosegue con la visita degli Acquedotti Feaci, che si estendono nel sottosuolo per oltre 185 metri e che completano il percorso esplorativo del vicino Parco Archeologico, tra i meglio conservati del Mediterraneo. Dopo l’insediamento punico e greco, questa vasta area conobbe il suo periodo di massimo splendore tra il XIX e il XX, quando divenne una delle mete imprescindibili del Grand Tour, attirando la curiosità di studiosi e turisti provenienti da tutta Europa. Meno fortunati furono invece gli ultimi decenni del Novecento con la scomparsa dei vecchi contadini locali e l’avanzata della speculazione edilizia che dal centro di Agrigento minacciava di estendersi fino al sito archeologico, portando a un inevitabile declino della Kolymbethra.

Ad Agrigento la Kolymbethra è un angolo ombroso di paradiso dove olivi secolari prosperano generosi e dove gli agrumi inondano la Valle dei Templi coi loro profumi.

Affidato in concessione al FAI dalla Regione Autonoma della Sicilia nel 1999, oggi il giardino è tornato ai suoi antichi splendori con un percorso botanico davvero unico nel suo genere, che oltre alla zona del mandorleto-oliveto e dell’agrumeto – che vanta tra le sue specie il Citrus Grandis, il più antico agrume mai coltivato dall’uomo, oggi meglio conosciuto come Pomelo –, ospita piante idrofile come la canna comune o il ricino, e specie come la palma nana, la ginestrella comune e il cappero. Un lussureggiante giardino molto amato anche dallo scrittore Andrea Camilleri, che gli dedicò un passaggio de La pazienza del ragno (Sellerio): «Livia era appena rientrata, felice. “Ho scoperto un posto meraviglioso, sai? Si chiama Kolymbethra. Pensa, prima era una vasca gigantesca, scavata dai prigionieri cartaginesi”. “Dov’è?” chiese Montalbano. “Proprio lì, ai templi. Ora è una specie di enorme giardino dell’eden… promettimi che un giorno o l’altro ci vai”».

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