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TNM n° 23 • GIUGNO 2013 • periodico mensile

www.tacticalnewsmagazine.it • € 6.00 “Poste Italiane SpA, Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1 LO/MI”

M I L I T A R Y • L A W ENFORCEMENT • SECURITY

HOT POINT LA MESSA IN SCENA DELLA linea rossa tra SIRIA E IRAN

INSIDE LE FORZE SPECIALI GRECHE

LAW AREA IL CONSENSO DELL’avente diritto

FOCUS ON

C O S R A M ways Faithful... “Al ” d ar w or F s Alway FIRE TEST

L FUCILE Gladio-LA PUNTA DE

TEST BY TNM

Badland ® UF PRO P-40 Camou

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EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIA

Sono giorni ormai che aprendo le pagine dei quotidiani leggo di violenze commesse a danno di connazionali… all’estero?... No no… qui in Italia, per le strade di Milano, di Genova, Torino ecc. Poi passo alle pagine estere e leggo le stesse cose, compresa la barbara uccisione di un soldato inglese a colpi di machete in pieno centro a Londra. Cosa sta succedendo? Ovviamente tutti questi delitti sono stati perpetrati da immigrati i quali, vuoi per disperazione, vuoi per convinzione religiosa, si sentono nel diritto di pestare i piedi in casa d’altri... fosse solo il pesare i piedi!! Questi sbattono piedi, mani e fanno volar coltelli. E noi? Gli Italiani? Tacciati spesso di essere razzisti? Ebbene si, stiamo a guardare pensando però che effettivamente un qualche diritto a difenderci dovremmo averlo; senza paura di andare in galera o senza alcuna intenzione di trasformare le strade italiane in un set da film Western alla Sergio Leone. Lo Stato non fa nulla, coloro che agiscono per suo conto sono pochi, e ultimi coraggiosi baluardi della giustizia (Polizia, Carabinieri e Finanzieri) e noi siamo sempre più scoperti. Chi continua a sostenere che gli italiani sono razzisti, dovrebbe fare i conti con la nostra pazienza; non è semplice perdere i propri cari perché un senegalese impazzito per la strada decide di armarsi di piccone e far giustizia del mondo! Permettete che almeno ci incazziamo un pò? Certo, la frase è sempre quella… “ma poteva essere anche italiano…” Va bene, d’accordo… ma su una cosa siamo certi che se lo fosse stato il peso della giustizia, nei suoi confronti, sarebbe stato diverso… Mirko Gargiulo (Direttore editoriale)


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INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE I

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INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDIc Military - Law Enforcement - Security n°23 - giugno 2013 - mensile www.tacticalnewsmagazine.it Direttore responsabile Marco Alberini marco.alberini@tacticalnewsmagazine.eu Direttore editoriale Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it

2 EDITORIALE 6 NEWS 20 HOT POINT LA MESSA IN SCENA DELLA LINEA ROSSA TRA SIRIA E IRAN

24 FOCUS ON MARSOC. I Marines davvero speciali

52 REPORT FROM UNA SETTIMANA CON GLI ISRAELIANI… ICCS ITC. The new Generation

58 TEST BY TNM LA MOLLA CHE FA LA DIFFERENZA

64 FIRE TEST Gladio - LA PUNTA DEL FUCILE

70 TACTICAL TRAINING la mente e’ la nostra migliore arma

74 INSIDE LE FORZE SPECIALI GRECHE

Capo redattore Paolo Palumbo redazionetnm@tacticalnewsmagazine.eu Direttore commerciale Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it

86 TEST BY TNM Tactical Camo Pants UF PRO P-40 Camou Badland

94 LAW AREA IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO

102 TIRO TATTICO DA DIFESA IL «MIND-SET» approfondimenti

110 HOT POINT LA SCIARADA BOSTON CECENIA DELL’FBI

116 STICKMAN

Art director Matteo Tamburrino tambetti@gmail.com facebook: mt@work Impaginazione echocommunication.eu Corrispondente dagli Stati Uniti Jae Gillentine Pubblicità redazione@tacticalnewsmagazine.eu Collaboratori Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Fabio Rossi, Marco Sereno Bandioli, Giovanni Di Gregorio, Marco Strano, Mario Leone Piccinni, Marco Buschini, Michele Farinetti, Ovidio Di Gianfilippo, Sergio Giacoia, Alberto Saini, Lorenzo Prodan, Daniel Piga, Paolo Palumbo, Daniel Sharon, Norbert Ciano, Gogo della Luna, Luca Munareto, Davide Pisenti, Alessandro Zanin, Giuseppe Marino, Rocco Pacella, Bartosz Szolucha, Guns & Tactics, Jeremy Pagan, Giuliano Palazzo, Jacopo Guarino, Paolo Grandis

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Fotografie ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, U.S. Navy, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare, Onu Media Press, Michele Farinetti, Marco Buschini, Marco Alberini, Norbert Ciano, Davide Pisenti, Jhon Campo, Stickman

122 ESERCITO

Periodico mensile edito da: CORNO EDITORE Piazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969

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124 BOOK 126 Appuntamenti 128 glossario

Stampa Postel SpA Via Carlo Spinola, 11 - 00154 Roma Distributore Pieroni Distribuzione Srl Via Vittorio Veneto 28 - 20124 Milano Registrazione Tribunale di Milano n.509 del 27 settembre 2010 Iscrizione al ROC 20844 Partner:

Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore


L’impegno di Hezbollah al fianco di Bashar Al Assad Si allarga il contagio della guerra in Siria. Gli hezbollah libanesi, lasciando da parte ogni ambiguità sul totale sostegno a Bashar Al Assad, hanno riconosciuto per la prima volta che proprie milizie sono schierate al fianco del regime di Damasco. Una scelta che Hassan Nasrallah, leader del movimento sciita libanese giustifica così: ‘‘Stiamo affrontando una fase interamente nuova, iniziata poche settimane fa. Una nuova fase per salvaguardare la resistenza e proteggere le sue retroguardie e salvaguardare il Libano proteggerendogli le spalle. Questa è la responsabilità di tutti noi”. L’impegno militare di Hezbollah è stato immediatamente interpretato come una precisa richiesta dell’Iran, suo alleato nella regione e l’ex premier libanese Fuad Siniora non ha usato mezzi termini: “Questo non è un partito libanese. È un gruppo iraniano che lavora dall’interno del Libano. E nonostante tutte le accuse che Hezbollah sta cercando di diffondere tra i Libanesi - che sia un partito di resistenza - adesso abbiamo scoperto il suo vero volto”. Per l’opposizione siriana l’intervento di Nasrallah non è altro che una dichiarazione di guerra contro il popolo siriano che non vuole più Bashar Al Assad: “Mostra anche - spiega Adib Shishakli, rappresentante della coalizione nazionale siriana - che il regime in Siria sta collassando ed ha bisogno di aiuti esterni e di interferenze da paesi amici”. La scommessa di Hezbollah è rischiosa. Un centinaio di suoi combattenti sono già morti in Siria e, vista la violenza di questo conflitto, il numero delle sue vittime potrebbe aumentare. L’impegno in Siria potrebbe appannare la reputazione del movimento sciita.

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A Guantanamo aumentano gli scioperi della fame Il portavoce Robert Durand parla di 38 persone. Un prigioniero, Shaker Aamer, al telefono con il suo avvocato ha detto 130. Quale che sia il numero effettivo, una cosa è certa: lo sciopero della fame che da sette settimane scuote la prigione di Guantanamo si sta allargando a macchia d’olio. A tal punto da costringere la Croce Rossa internazionale - che tiene controlli regolari all’interno del campo di prigionia americano a Cuba - ad anticipare la sua visita di alcuni giorni. I vertici della prigione confermano l’aumento dei partecipanti allo sciopero e informano che 11 di loro sono nutriti artificialmente. Ma negano con decisione quello che, secondo le accuse, sarebbe stato il fattore scatenante: il maltrattamento di alcuni corani durante un controllo nelle celle. Sono passati 4 anni dall’ordine di Barack Obama che avrebbe dovuto mettere la parola fine al campo nato dopo l’11 settembre. Punto fermo in campagna elettorale, dopo la rielezione il dossier “Gitmo” - come viene chiamato il campo - è letteralmente sparito dal tavolo dello studio ovale. La causa dello sciopero della fame, secondo gli avvocati e le organizzazioni per i diritti umani, è da individuarsi nel senso di smarrimento dei detenuti: per molti di loro non ci sono accuse né processi a carico. Troppo pericolosi per essere rilasciati a piede libero, troppo a rischio per essere affidati ai Paesi d’origine, troppo “alieni” per essere processati da americani.

Israele: “Se Russia dà missili a Siria, reagiremo”. Ma Mosca insiste: “Non cambiamo nostri piani” Non basta l’avvertimento lanciato dal governo israeliano perché non avvenga la consegna di S-300. Il ministro degli Esteri Sergei Ryabkov: “Queste forniture un fattore stabilizzante”. Più che un avvertimento, una minaccia: Israele “saprà cosa fare” se la Russia consegnerà i missili S-300 al regime siriano. Lo ha detto i il ministro israeliano della difesa Moshé Yaalon, che ha aggiunto: “La consegna non ha ancora avuto luogo e spero che non accadrà mai. Ma se, disgraziatamente, i missili S-300 arriveranno in Siria, sapremo cosa fare”. Yaalon ha commentato l’eventualità di un attacco chimico dalla Siria contro Israele: “il regime minaccia Israele in maniera diversa da come minaccia i ribelli. Il regime non è fermato dai suoi cittadini, mentre lo è da noi”. Ma Mosca non ha intenzione di modificare i suoi piani: la consegna al regime di Damasco dei sofisticati missili anti-aereo S-300 è “un fattore stabilizzante” per fare da deterrente a un intervento straniero nel conflitto siriano, ha fatto sapere la Russia, gelando così le speranze di chi contava che il Cremlino raccogliesse gli appelli di Israele a disdire il contratto. “Consideriamo queste forniture un fattore stabilizzante e riteniamo che questi passi dissuaderanno qualche testa calda dal considerare scenari che potrebbero trasformare (la crisi) in un conflitto internazionale con il coinvolgimento di forze straniere”, ha detto il ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov. Il ‘numero’ due della diplomazia russa ha poi ricordato che la consegna del materia è semplicemente l’adempimento di un contratto siglato alcuni anni fa. La Russia si rifiuta di precisare se tali armi siano state già consegnate o meno. “Non posso né confermare né smentire notizie relative alla fase in cui si trova il processo di consegna” degli S-300, ha affermato ancora Ryabkov. Inoltre Mosca ha definito “illegittima” la decisione della Ue di togliere nei prossimi mesi l’embargo sulle armi in Siria. “È una decisione illegittima in via di principio, discutere sul serio a livello ufficiale di fornitura o non fornitura delle armi a soggetti non statali contraddice tutte le norme del diritto internazionale”, ha dichiarato da Parigi il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, citato dall’agenzia Itar-Tass.


Violenze in Congo, Ban ki-moon a Goma “pronti 3 mila Caschi blu” Le Nazioni Unite interverranno con 3mila uomini per assicurare la pace nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Parola di Ban Ki-moon, durante un discorso tenuto a Goma, dove dalla fine di maggio l’esercito congolese combatte i ribelli del Movimento 23 marzo. La Banca mondiale garantirà, inoltre, un finanziamento di 1 miliardo di dollari destinato a sanità ed educazione. “L’intervento dei Caschi blu dell’Onu metterà fine a questa violenza – ha detto il segretario generale dell’Onu – La loro missione è di proteggere la vita, i diritti e la dignità di tutte le persone che vivono qui”. Kinshasa sostiene che fra le milizie vi siano combattenti stranieri provenienti dal Rwanda, che riforniscono i ribelli di armi e munizioni. Oltre 30mila persone sono già scappate dai campi profughi di Mugunga, raggiunti dai colpi d’artiglieria. I membri dell’M23, di etnia tutsi, combattono gli hutu fuggiti dal Rwanda nel Congo orientale. TNM ••• 8

Ciad, fallito un colpo di Stato Sventato un tentativo di golpe in Ciad il 25 maggio. È quanto affermano le autorità che nella capitale N’djamena hanno arrestato un numero imprecisato di persone con l’accusa di aver cospirato da quattro mesi un’azione di destabilizzazione del potere. Non è il primo colpo di Stato, ce ne sono stati numerosi nell’ultimo decennio contro la leadership del generale Idriss Déby, al potere dal 1990, dopo aver rovesciato il presidente Habré. Figura controversa quella di Déby sulla quale pesano le accuse di corruzione, repressione e di aver favorito il proprio clan mettendo i suoi membri nei posti chiave.


Alenia Aermacchi firma un contratto da 170 milioni di euro per gli Eurofighter all’Oman Alenia Aermacchi, una società Finmeccanica, ha firmato con Eurofighter GmbH un contratto del valore di circa 170 milioni di euro per la fornitura dei componenti, sistemi e servizi di responsabilità Alenia Aermacchi per i 12 Eurofighter Typhoon ordinati a dicembre scorso dall’Oman. Il contratto comprende servizi e attività di competenza Alenia Aermacchi anche per il pacchetto di supporto logistico iniziale di cinque anni richiesto dalla forza aerea omanita. Le componenti di responsabilità Alenia per gli Eurofighter omaniti saranno realizzate a partire dal 2014 ed i primi aeroplani completi saranno consegnati alla Royal Air Force of Oman nel 2017. L’ordine omanita rappresenta il terzo successo di export per il consorzio europeo e fa dell’Oman il settimo cliente dell’aereo. Con quest’ultimo ordine sono 719 gli Eurofighter commissionati, di cui 571 sotto contratto di produzione, da parte di Italia, Regno Unito, Germania, Spagna, Arabia Saudita, Austria e Oman. Un totale che fa dell’Eurofighter il principale programma di collaborazione europeo nel campo della Difesa. Dalla data di ingresso in servizio, nel 2004, gli oltre 350 esemplari consegnati a 20 unità operative di sei forze aeree hanno accumulato oltre 160.000 ore di volo.


Ancora tensione sul Golan tra Siria e Israele Ancora tensioni alla frontiera tra Israele e Siria. Le truppe di Damasco affermano di aver distrutto sul Golan un veicolo delle forze armate israeliane, che avrebbe sconfinato. Falso, risponde Israele: il veicolo, colpito ma non distrutto, pattugliava la zona centrale delle alture occupate. Nessuna vittima, afferma l’esercito che ha immediatamente contrattaccato colpendo l’obiettivo. Dal ministro della difesa israeliano, un chiaro avvertimento: “Prima di tutto, la nostra politica sulla Siria è chiara: noi non interveniamo, ovviamente, nella guerra civile, ma interveniamo per quanto concerne la situazione sulle alture del Golan”, ha ribadito Moshe Yaalon, “non permettiamo e non permetteremo attacchi verso il nostro territorio. Per questa ragione, è stato distrutto un obiettivo dell’esercito siriano da cui era stato aperto il fuoco contro di noi”. Gli incidenti sul Golan si sono intensificati con il crescere della crisi siriana. Una situazione che rischia di degenerare in maniera improvvisa e incontrollabile, avverte l’esercito israeliano che ha sporto denuncia in merito presso le Nazioni Unite.

Niger, attacchi operati da cellule jihadiste provenienti dal Mali La Francia nel mirino dei jihadisti nel Sahara occidentale. Gli attacchi coordinati alla fine di maggio in Niger contro l’esercito e contro il colosso energetico francese Areva, sono i primi nella storia del Paese, che dall’inizio del 2013 ha appoggiato la missione francese in Mali contro i movimenti jihadisti. 23 le vittime, per la maggioranza soldati nigerini colpiti nello scoppio delle autobombe nei pressi della base militare di Agadez, nel nord del paese. Secondo le prime indagini gli attacchi sarebbero stati gestiti da un cellula jihadista in arrivo dal Mali e legata al Movimento per l’unicità e il jihad nell’africa occidentale. A coordinare il tutto sarebbe ancora una volta l’algerino Mokthar Belmokhtar, considerato morto durante l’operazione di salvataggio degli ostaggi di In Amenas in Algeria. Dopo l’Algeria, il Niger. E’ allarme rosso in tutta la regione. La Francia ha avvisato i connazionali di fare attenzione e di limitare gli spostamenti. Dal Mali il fronte sembra ormai allargarsi, le tante sigle jihadiste operanti nel Sahel sembrano aver indirizzato le loro forze alla guerra contro gli interessi economici francesi nella regione. Dall’Algeria arriva la condanna degli attentati. Ma per la Francia si tratta di un serio campanello d’allarme. Mentre in Mali si celebrano risultati, per il Presidente Hollande la minaccia sembra arrivare da fuori, da quei confini desertici labili, dove le milizie jihadiste hanno nomi diversi, ma obiettivi comuni. TNM ••• 10



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LA NANOTECNOLOGIA AL SERVIZIO DEGLI OPERATORI Frutto di una intensa attività di ricerca svolto con uno dei più prestigiosi reparti da montagna dell’Esercito Italiano questa giacca crea un binomio perfetto col pantalone della stessa linea. Il tessuto elasticizzato di ultima generazione insieme alla modellistica ergonomica offre un comfort impareggiabile e una resistenza all’ usura eccezionale. Grazie alla nanotecnologia utilizzata sul tessuto il pantalone rimane di temperatura costante anche se esposto sotto i diretti raggi solari e garantisce prestazioni water repellent.

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a cura di MIRKO GARGIULO


Tactical Tailor M5 Medic Pack

LA BORSA POLIFUNZIONALE

Il Tactical Tailor M5 Medic Pack è il candidato ideale per trasportare l’attrezzatura medica o per i combat camera sempre alla ricerca di un un buon compromesso per cusodire le proprie “ armi “. Si tratta di un prodotto particolarmente adatto per proteggere la vostra preziosa attrezzatura. Utilizzata dallo staff di TNM in teatro operativo per custodia dell’attrezzatura fotografica, è risultato essere un prodotto davvero speciale, sia per la fattura eccellente sia per la capienza generosa che offre il prodotto. L’M5 Medic ha un disegn di base che risale alla seconda guerra mondiale ma che continua a migliorare col tempo. Nonostante l’M5 sia stato concepito per il trasporto di prodotti e attrezzature mediche, l’M5 può avere anche la funzione di borsa fotografica o di borsa per qualsiasi altra cosa si possa pensare. L’M5 si apre per mezzo di una robusta cerniera che parte dalla parte inferiore di un lato della borsa e arriva fino all’altro, per consentire un accesso completo al contenuto. All’interno troviamo dei divisori regolabili e removibili che consentono a chi lo utilizza di personalizzarlo in base alle proprie esigenze e finalità specifiche. Presenti anche due tasche con zip sulla parte interna del lembo anteriore, l’M5 è imbottito per aiutare a mantenere la forma e soprattutto per proteggere il suo contenuto. All’esterno è presente una maniglia per il trasporto, spallacci imbottiti,, tdiversi pals sul fronte e sui lati per il fissaggio di materiale supplementare.

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DICOK diving compact knife Coltello subacqueo studiato in collaborazione con esperti del settore, di lunghezza e dimensioni adeguate a favorire la maneggevolezza in ambienti acquatici, progettato per offrire uno strumento di lavoro duttile come parte indispensabile dell’equipaggiamento subacqueo. Dotato di una lama in acciaio inox con trattamento di brunitura chimica altamente resistente alla corrosione, presenta un’elevata resistenza all’usura del filo tagliente e alla flessione. Studiato per effettuare lavori di leva, grazie alla punta tronca, e lavori di taglio per reti, corde e tessuti grazie alla parte dentata posta a ridosso del tallone. Il fodero formato da tessuti di Nylon e nastri in poliestere uniti ad una membrana in polimeri gommosi antiscivolo ed ha un guscio rigido in Kydex termoformato. Il manico in Nylon caricato con fibra di vetro e lavorato con finitura superficiale antiscivolo rende l’impugnatura ergonomica e adattabile perfettamente sia al guanto che alla mano nuda del sub, permettendo sia lavori di precisione che di forza. fibbia di bloccaggio. Tra gli accessori di cui dotato previsto uno strumento per lo sbloccaggio del rubinetto della valvola di primo stadio.

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Aimpoint lancia sul mercato il nuovo 9000SC-NV Aimpoint, leader mondiale nella tecnologia red dot sighting , ha annunciato recentemente il lancio del nuovissimo 9000SC-NV, che va ad aggiungersi alla numerosa famiglia dei prodotti Aimpoint della serie 9000. Fin dal loro arrivo nel 2005, la risposta del mercato alla serie 9000 dell’Aimpoint è stata molto forte, con un’ampio apprezzamente da parte della comunità militare, e sportiva. Il 9000SC combina un’elevata qualità ottica ad un prezzo accessibile, peculiarità che Aimpoint assicura che manterra alta la domanda di questo prodotto.

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A CURA DELLA REDAZIONE

LA MESSA IN SCENA DELLA

TRA SIRIA E IRAN uesta faccenda della “linea rossa” di Obama (che ricorda proprio lo stile di Bush) applicata a Siria, Iran o entrambi, comincia a diventare piuttosto ridicola.

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Prendiamo, ad esempio, il viaggio fatto qualche settimana fa da parte del capo del Pentagono, Chuck Hagel, in Israele e nei paesi amici del GCC, di fatto un Gulf Counter-Revolution Club, (Club dei paesi controrivoluzionari del Golfo, ndt.). I contractors della difesa statunitense Moet e Hagel, insieme al principe della prodigiosa democrazia dell’Arabia Saudita hanno celebrato la vendita di 25 aerei da caccia F-16. Nel piatto c’è di più: 48 missili TNM ••• 20

intercettori THAAD (Terminal High Altitude Area Defense), un colpaccio da 1 miliardo di dollari.

all’intenzione iraniana di costruire una bomba atomica” o alla “determinazione di Washington a fermare l’Iran da acquisire dotazioni nucleari”.

Il Pentagono sta inviando a Guam uno dei suoi due unici sistemi Non c’è alcuna “linea rossa” qui; di questo tipo allo scopo di contrastare quell’altra minaccia – solo una corsa alle armi di Israele ossia, missili dalla Corea del Nord. e dei suoi amici del Golfo. In caso di dubbi, prendetevela con l’Iran. Questo accade quando i media La sagra della corsa alle armi di Israele e delle petromonarchie del mediorientali controllati dai sauditi (grosso modo tutti eccetto Golfo (missili intercettori, aerei Al-Jazeera) stanno scrivendo da combattimento, mega-bombe) che Tel Aviv sta perseguendo un non può che essere piovuta accordo per l’utilizzo del suolo appositamente come proverbiale “messaggio” di “deterrenza contro turco per un attacco all’Iran. Aspettate cari amici lettori, ce n’è le ambizioni nucleari iraniane”, di più sulla corsa agli armamenti, o alle “installazioni missilistiche anche ad altre latitudini. La iraniane” o alla generale tedesca KMW (Kraus-Maffei “preoccupazione riguardo


OT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POI

Bashar al-Assad politico siriano, attuale presidente essore della Siria e succ Asad. del padre Hafiz al-

Charles Timothy “Chuck” Hagel (North Platte, 4 ottobre 1946) è un politico e militare statunitense, senatore per lo stato del Nebraska dal1997 al 2009, attualmente capo del Pentagono.

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HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HO

La tedesca KMW (Kraus-MaffeWegmann) ha concluso un altro contratto da 2,48 miliardi di dollari (in cinque anni) con il Qatar per fornire 62 carri armati “Leopard 2

Wegmann) ha concluso un altro contratto da 2,48 miliardi di dollari (in cinque anni) con il Qatar per fornire 62 carri armati “Leopard 2” e 64 razzi. Il Qatar non intende utilizzarli di certo per la Coppa del Mondo del 2022; sono per “gruppi amici in altri paesi” ad esempio destinati, passando per la Turchia, ai ribelli siriani.

Poi Hagel ha detto, “I sospetti sono una cosa, le certezze sono un’altra cosa”, per poi oscillare poco dopo, durante la sua visita in Israele, convinto che Bashar al-Assad usasse armi al gas Sarin. Tutto sommato Hagel ha, infine, avuto libero accesso alle informazioni di intelligence israeliane, non a quelle degli USA. I Nenet (o Neneci, popolazione siberiana che si muove tra le rive tra fiume Chiedetelo ai Nenet Ob fino al Circolo Polare Artico), Prendiamo ad esempio la farsa potrebbero insegnare qualcosa delle armi chimiche in Siria. a questi instabili guerrieri da La Casa Bianca adesso sembra poltrona del think tank USA. Anche essere sicura di quello che la CIA i Nenets saprebbero che l’attuale suppone, con “variabili gradi di isteria delle armi chimiche è che certezza”, che il governo siriano ha usato armi chimiche. Anche il una mera invenzione della CIA, Segretario di Stato John Kerry, dell’MI6 e dei servizi israeliani, falco dell’interventismo che si non avallata da alcuna evidenza. atteggia da colomba ne è convinto. Ancora, la dominante “saggezza” TNM ••• 22

di Washington è che bisogna imporre una “linea rossa” alla Siria ed un’altra all’Iran: il fatto è che il governo di alAssad accusava inizialmente i “ribelli” di usare armi chimiche e ha chiesto alle Nazioni Unite un’indagine ufficiale. Anche il New York Times è stato costretto ad ammettere a denti stretti che i “ribelli” hanno compiuto un attacco avvenuto in area controllata dal governo (con sedici vittime fra i militari dell’esercito siriano, dieci fra la popolazione e centinaia di feriti). Ma poi i “ribelli” hanno cambiato il racconto, accusando Damasco di bombardare i suoi stessi soldati. E’ stata Mosca a reintrodurre il senso della realtà, spiegando come Washington metteva in


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I contractors della difesa statunitense Moet e Hagel hanno festeggiato per la vendita di 48 missili intercettori THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) all’Arabia Saudita

stallo l’indagine dell’ONU. I nostri Nenet siberiani saprebbero anche che difficilmente ci sarebbe una dirigenza laica tra i “ribelli” siriani, i quali sono un coacervo di diversi gradi di fanatismo. Di nuovo i Nenet non avrebbero bisogno di nascondere le informazioni del New York Times per scoprire che la CIA ha “segretamente” imbottito i ribelli di armi attraverso l’Arabia Saudita e il Qatar. Ancora, l’amministrazione Obama spaccia la commedia che Washington fornisce solo aiuti “non letali” per cui gli sciocchi del Campidoglio continuano ad insistere con Obama per una “no-fly-zone” sopra i cieli della Siria così come fu fatto per la Libia.

Pronti ad attaccare, ...c’è nessuno? I gruppi di esperti USA nondimeno sono estasiati dal fatto che adesso le petro-monarchie del Golfo hanno finalmente accesso a munizioni teleguidate ad alta precisione per “colpire bersagli iraniani”, ma niente è comparabile al sostegno a Israele per il nuovo aereo da rifornimento di carburante KC-135 Stratotanker. Poi ci sono anche i missili antiradar (nuova versione degli AGM88 HARM ). Questi giocattoli “riducono i rischi per Israele nel compiere un attacco “. No, questa non è certo la “cautela USA” o la “campagna USA per contro le armi nucleari iraniane”, è un inqualificabile urlo di guerra. Nel frattempo lo stato poliziesco governato da “Re Playstation”, noto anche come Giordania, ha aperto il suo spazio aereo ai droni israeliani che dovrebbero “sorvegliare” la Siria. Come l’Asia Times ha ripetutamente avvertito, Obama in Siria sta realizzando un rifacimento di quanto fece Reagan negli anni ‘80 in Afganistan. Sappiamo tutti cosa poi è uscito fuori da quelle “armate di liberazione”. In questo contesto Robert Ford, presunto esperto ingaggiato da Obama sta dicendo al “Senate Foreign Relations Committee” (commissione del

senato per gli affari esteri, ndt.) che per Washington è importante “soppesare” in conseguenza degli “equilibri di potere in Siria” considerati come “linea di gioco” non come “linea rossa”. C’è una selvaggia speculazione che Obama e Putin abbiano fatto un accordo dopo le bombe di Boston: Washington lascia che Mosca faccia quello che vuole in Cecenia, in cambio di un cenno di approvazione di una “no-fly-zone” e di altri interventi pasticciati in Siria. Non si ha prova di queste supposizioni. Quello che uno scaltro attore della geopolitica come Putin vuole sapere è che cosa vuole in cambio per mollare la Siria (Obama non ne ha idea). Certo non le briciole del banchetto della NATO. Per capire cosa significa il consentire che la Siria diventi un emirato Wahabita filoccidentale o ancora un altro feudo caduto nelle mani dei Fratelli Musulmani, occorre andare più a fondo in quello che disse lo sceicco Hezbollah Nasrallah: “l’obbiettivo di chiunque sia dietro la guerra in Siria è distruggere la Siria come stato forte e centralizzato in modo che divenga troppo debole per prendere decisioni autonome riguardo al suo petrolio, il suo mare o le sue frontiere”. Ecco dov’è la linea rossa. TNM ••• 23


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I Marines davvero speciali


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All’ingresso del comando di Camp Lejeune, in una torrida estate del Nord Carolina, un gruppo di alti ufficiali del corpo dei marines scambiavano alcune opinioni su quanto stava accadendo al loro comando: da giorni circolavano strane voci circa la creazione di un nucleo speciale di soldati da affiancare alle forze speciali americane del SOCOM. La notizia destava scalpore poiché i più anziani avevano già espresso qualche perplessità sull’intera operazione: i marines erano già un corpo speciale, che bisogno c’era, dunque, di creare nuovi soldati da “regalare” al comando operazioni speciali di Tampa? Quali compiti avrebbero avuto, ma soprattutto sarebbero rimasti dei Marines o avrebbero perso la loro identità di combattenti anfibi? Lo stato maggiore del corpo aveva già posto il suo rifiuto ad un eventuale ingresso nel SOCOM, tuttavia adesso l’ordine partiva da Rumsfeld in persona e non si poteva rifiutare. Inoltre, dopo l’11 settembre, l’America aveva bisogno di raccogliere i suoi uomini migliori e un’ulteriore diniego poteva minare la reputazione dei Marines. Det-One: la genesi Nel 1987 un atto del governo americano decretava la nascita del SOCOM (United States Special Operation Command) il quale avrebbe riunito il comando delle operazioni speciali e alcuni nuclei scelti dei Berretti Verdi, Rangers, Delta Forces e Navy Seal. La nuova struttura era nata dall’esigenza di mantenere sempre allerta una forza armata scelta, pronta a partire in qualsiasi parte del mondo; tutto questo, ovviamente, ancora nell’ottica della “Guerra Fredda”, dove gli avversari erano i componenti del Patto di Varsavia. TNM ••• 26


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Il SOCOM non significava, inoltre, la fine delle forze speciali poiché i suoi compiti erano semplicemente di coordinamento, studio e analisi di tutto ciò che concerneva il mondo delle operazioni particolari. A questa impresa, che in prima istanza celava diversi aspetti burocratici davvero complessi, furono chiamati a partecipare anche i Marines il cui stato maggiore guardò con sospetto alle richieste inoltrate dal Segretario della Difesa Weinberger. Nell’ethos di ciascun marine esisteva già la condizione di “speciale”, ogni soldato era consapevole di fare parte di una forza scelta che aveva specifici compiti in ambito

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marittimo e che già possedeva le sue unità d’élite – vedi le truppe da ricognizione e i Team ANGLICO. Che giovamento poteva avere unirsi al SOCOM dove buona parte delle forze anfibie avrebbe perso la sua duttilità e tipicità? Il 14 settembre 1984 il comandante dei Marines, il generale Paul X. Kelley, ordinò al comandante della Fleet Marine Force Atlantic /FMFLant) tenente generale Alfred M. Gray di approfondire l’argomento e verificare l’effettiva capacità dei reparti di assemblare una unità speciale da affiancare agli elementi dell’esercito e marina. Pochi mesi dopo il comando del corpo emanò uno studio intitolato

“Examination of Marine Corps Special Operation Enhancements” nel quale preambolo veniva esaminata la storia dei marines, delle loro operazioni speciali e tutti gli aspetti inerenti alla loro effettiva capacità di integrarsi con unità come i Delta o i Navy SEAL. La linea storica del corpo aveva, effettivamente, molti spunti che facevano intendere la reale capacità dei marines di costruire un’unità particolare: durante il secondo conflitto mondiale i Radiers e i Marines Para erano un fulgido esempio di quanto stava chiedendo il Pentagono. Il 26 marzo 1985 il tenente generale Gray ricevette sulla sua scrivania il rapporto

finale nel quale era scritto quanto i marines non avessero bisogno di alcuna aggregazione a nessun reparto dell’esercito o ad alcuna struttura di controllo delle operazioni speciali; in poche parole la commissione di studio aveva espresso parere negativo. La decisione presentata metteva, di fatto, il generale Gray in una posizione alquanto scomoda poiché qualsivoglia risoluzione avesse preso non poteva confliggere con quanto richiesto dal segretario Weinberger. Come solo i marines sanno fare, Gray decise di lavorare al progetto con quello che aveva, cercando di implementare la capacità “speciale” dei suoi uomini, senza

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per questo aggregarsi al SOCOM. Il primo provvedimento fu quello di standardizzare e implementare la capacità delle MAU (Marine Amphibious Unit) nella dottrina delle operazioni speciali evitando conflitti con le altre unità coerenti. Il punto di partenza doveva essere la Fleet Marine Force dell’Atlantico la quale avrebbe usato come unità di prova una MAU designandola come MAU-SOC (Marine Amphibious Unit - Special Operation Capable). Nel 1988 il generale Gray diventò comandante di corpo e decise di cambiare l’acronimo MAU in MEU dove Expeditionary venne usato in luogo di Amphibious; di conseguenza la MAU SOC diventò MEU SOC. Negli anni Novanta l’unità speciale dei marines ebbe modo di confrontarsi diverse volte sui campi di battaglia di tutto il mondo: in Africa e nei Balcani dove la 24a MEU-SOC condusse una missione per soccorrere il

pilota USAF Scott O’Grady (1994). La Somalia fu un ennesimo banco di prova per i Marines i quali impiegarono la 15a MEU – SOC in una operazione di assalto anfibio e la 24a MEU SOC in un ripiegamento coordinato con i mezzi anfibi. Nel corso del loro dispiegamento nel teatro operativo somalo gli uomini della 24a effettuarono decine di missioni di assalto anfibio e con elicotteri, missioni di supporto con le forze alleate, evacuazioni di personale militare e civile e numerose operazioni umanitarie. Questo allargava notevolmente la capacità operativa delle unità speciale volute da Gray, tuttavia all’orizzonte molte cose stavano cambiando. A dare la giusta direzione fu il tenente colonnello J. Giles Kyser il quale osservò attentamente quanto accadeva all’estero e comprese la possibilità di collaborazione tra forze armate diverse, TNM ••• 33


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ma soprattutto intese che il contributo dei marines al SOCOM poteva davvero fare la differenza. A Tampa, al quartier generale del comando operazioni speciali, il clima nei confronti dei marines era diventato alquanto freddo e il compito di Kyser non sarebbe stato facile; dover ricostruire un rapporto partito male e finito anche peggio era davvero un compito arduo, anche per un marine del suo calibro. Al SOCOM avevano, infatti, covato una sorta di pregiudizio nei confronti delle truppe da sbarco, il loro pensiero era: “Voi marines avete un settore e quello volete tenervi, voi avete rifiutato di entrare con noi nel 1986 e allora restatevene fuori…”. Questo modo di pensare, tuttavia, venne scardinato dalle nuove direttive del Segretario della Difesa Donald Rumsfeld e

reparti da ricognizione (1st Recon o 2nd Recon) diventava importante; le capacità sviluppate dai Recon erano le uniche che potevano rivaleggiare con le altre compagini speciali, ora non rimaneva che scegliere gli Le proposte di collaborazione del uomini. In questa nuova unità colonnello Kyser presero dunque – ed è bene ricordare che non si parla ancora di MARSOC – forza grazie all’emergenza furono destinati gli elementi nazionale e il corpo dei marines più anziani con alle spalle rientrò nel progetto del SOCOM: diversi anni di servizio: non l’unica via percorribile era c’era posto per novellini pieni di quella di fornire una forza entusiasmo! Era anche inteso da ricognizione anfibia o che tutti gli uomini avrebbero elitrasportata che non avesse fatto dei turni di rotazione il che l’appoggio aereo tipico di una task force regolare. In altre avrebbe permesso di non uscire parole, l’eliminazione della completamente dal corpo. Il componente aeronavale avrebbe piano iniziale, predisposto dal permesso ai marines di ritagliarsi sergente maggiore Troy Mitchell un ruolo specifico all’interno del e dal sergente maggiore Joseph comando di Tampa. Era dunque Settelen (aiutanti di Kyser) chiaro che lo sfruttamento dei prevedeva il dispiegamento di da quanto accadde l’11 settembre a New York: non c’era più tempo per i tentennamenti, cominciava una nuova guerra e l’America aveva bisogno dei suoi uomini migliori.

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circa 110 tra marines e marinai che diminuì successivamente a 86, quindi un gruppo davvero ristretto. Creata l’unità, scelti gli uomini migliori, adesso dovevano essere addestrati e chi non maglio dei SEAL poteva assolvere a questo compito? Anche in questo caso i marines non ebbero la giusta accoglienza; anche gli incursori della marine manifestarono qualche perplessità circa il coinvolgimento di coloro che, nel 1986, avevano posto il veto a qualsiasi forma di collaborazione. A livello ufficiale i Navy SEAL rifiutarono di aggregare marines alle loro unità addestrative, ufficiosamente avrebbero dato una mano. Il 20 giugno 2003 nasceva, a Camp Pendleton (CA),

il Marine Corps Special Operation Command Detachment One il quale servì da nucleo costitutivo del futuro MARSOC.

venne sciolto e, poco tempo dopo, il 26 febbraio 2006, prese forma una nuova componente SF all’interno dei marines, erede del Det One: il MARSOC. Marine Special I mesi che seguirono furono importanti per la formazione Operation Command L’esperienza del Det One, durante dei nuovi operatori i quali, in grande maggioranza, provenivano la guerra in Iraq, aveva convinto da unità scelta quali il 1° e 2° lo stato maggiore dei Marines Recon le quali formarono il sulla duttilità e versatilità di un simile reparto, la stessa certezza nucleo del 1° e 2° Marine Special Operation Battalions (MSOB). veniva acquisita dal SOCOM. Il Successivamente venne attivata Detachment 1 aveva allargato la Marine Special Operation il campo d’azione dei marines i School (MSOS) con chiari compiti quali disponevano di un nucleo importante per assolvere a di formazione, parallelamente compiti quali le Direct Action prendeva copro anche il (DA), le Special Reconnaissance Marine Special Operations (SR), le Foreign Internal Support Group (MSOSG) il quale Defense (FID) e operazioni avrebe provveduto a tutto il Counterterrorism (CT). Dopo supporto logistico del MARSOC. l’esperienza nel Golfo il Det One È importante chiarire che,

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malgrado la nascita di diversi comparti SF all’interno di Camp Lejeune, il MARSOC continuava a rimanere strettamente dipendente dalla catena di comando delle truppe anfibie americane. Nel luglio del 2006, Donald Rumsfeld, autorizzò formalmente l’ingresso del MARSOC nella componente delle forze speciali; appena sei mesi dopo il MARSOC inviò il suo primo team di esperti all’interno dello USSOCOM e al Geographic Combatant Commands (GCC). La TNM ••• 44

prima compagnia operativa venne utilizzata nel 2007 durante il primo schieramento per Enduring Freedom. Nel 2009 il MARSOC iniziò un’ampio programma di riorganizzazione al fine di rafforzare la sua struttura e ampliare le capacità operative; l’effettivo del reparto fu così aumentato a un reggimento composto da tre battaglioni, 12 compagnie e 48 team, in più vennero rinforzate le squadre Combat Support (CS) e Combat Service Support (CSS).

La valle maledetta: operazione “Hero Recovery” Nella mente di ciascun marines riecheggiano nomi di località storiche laddove altrettanti fratelli hanno lasciato la loro vita: da Tarawa a Khe Shan fino alle dune sabbiose dell’Iraq i “ragazzi” hanno sempre mantenuto fede al loro motto “Semper Fidelis” - e alla loro tenacia. Recentemente si è aggiunta un’altra località, Bala Murghab, in Afghanistan, una delle valli più bellicose di tutto


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il paese. I ragazzi della MSOT 8222 (Marine Special Operation Team) avevano ricevuto il loro biglietto di sola andata per quella terribile destinazione: sette lunghi mesi in quella valle di lacrime e sangue che avrebbe segnato per sempre la loro esistenza da soldati e uomini. L’avamposto dell’ISAF o FOB (Forward Operating Base) Todd rappresentava l’unico baluardo contro lo strapotere esercitato dai talebani i quali controllavano tutti i punti di accesso alla vallata

e molestavano, con armi leggere e pesanti, i soldati alleati. I rifornimenti a Todd arrivavano con il contagocce, era pressoché impossibile attraversare il territorio senza subire imboscate o attacchi dei guerriglieri. Proprio da un rifornimento sbagliato parte la tragica storia che ha visti protagonisti i marines della MSOT 8222 e alcuni paracadutisti della 82a divisione. A causa di un avio rifornimento finito male alcuni parà della famosa “All American” rimasero intrappolati nel

fiume melmoso che dava nome all’intera valle; in quel preciso momento dalla base Todd si mise in moto la complessa macchina di una missione di Personnel Recovery la quale avrebbe dovuto portare in salvo i soldati americani. Da una semplice missione di salvataggio si passò in breve tempo ad una complessa operazione del tipo “Search & Destroy” atta a rendere più sicura tutta la zona sia per l’ISAF, sia per i villaggi che venivano continuamente taglieggiati dai TNM ••• 45


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guerriglieri e dai terroristi di Al Qaeda. Durante l’inverno la MSOT 8222 fu ripetutamente ingaggiata in furiosi combattimenti i quali causarono perdite rilevanti compreso il sergente artigliere Robert Gilbert, “bandiera” e simbolo di tutta l’unità. Nei mesi successivi i marines del MARSOC, unitamente alla ODA 1314 (Operational Detachment Alpha) e accompagnati da alcuni commandos Afghani misero in seria difficoltà i capi talebani del settore che culminò con la battaglia di Daneh Pasab (6 aprile 2010). L’intero periodo è stato immortalato nelle pagine di un libro “Level Zero Heroes” scritto da uno di loro, uno che “c’era”, il

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sergente Michael Golembesky. “Hell on wheels” Se sei un talebano la tua vita non è certamente semplice; hai donato la tua vita ad una causa la quale, per quanto criticabile, comporta coraggio e dedizione. I metodi di combattimento che i giovani studenti del Corano hanno appreso derivano da esperienze secolari di guerriglia consumata nelle strette valli di una terra difficile da capire e pericolosa da percorrere. La guerra in Afghanistan non ha regole, non può essere codificata da manuali, lascia molto spazio all’improvvisazione ed è per questo motivo che le unità

speciali schierate dai vari eserciti della coalizione hanno trovato la loro massima espressione. Il MARSOC non fa eccezione e da qualche tempo le tiepide notti afghane sono diventate un incubo per i talebani i quali hanno cominciato a temere i “bikers” dei marines. Combattenti montati su motociclette da cross che sfrecciano sui polverosi sentieri che collegano i villaggi afghani: veloci, mortali e – anche se non troppo silenziosi – i marines del MARSOC hanno un effetto raggelante nei confronti dell’avversario. I talebani stessi usano le motociclette per compiere

incursioni contro l’ISAF, perché allora non usare gli stessi metodi? Un team di dieci uomini, armati di tutto punto con fucili di precisione e visori notturni hanno letteralmente sconvolto i guerriglieri di Allah: i ragazzi del MARSOC, molto scaltramente, sono stati capaci di procurarsi le moto prendendole ai talebani, mentre altri le hanno acquistate nei bazaar locali. Quella in Afghanistan è una guerra a basso “contenuto tecnologico” e i marines hanno ben interpretato questa regola: le moto concedono mobilità, versatilità su qualsiasi tipo di terreno e velocità di spostamenti.

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Nel prossimo numero di TNM troverete

l’esclusiva intervista al sergente Michael Golembesky

protagonista dell’episodio di Bala Murgahb e autore del libro “Level Zero Heroes”.

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TESTI E FOTO MICHELE FARINETTI

UNA SETTIMANA CON GLI

ISRAELIANI…

The new Generation TNM fedele al motto sempre in prima linea, ha seguito per 10 giorni gli spostamenti dei responsabili dell’organizzazione Israeliana ICCS Krav Maga ed ha poi partecipato attivamente per 7 giorni agli addestramenti intensivi in calendario tra Italia e Francia sia con gli Istruttori di Krav Maga che con gli Istruttori di Tiro (Israeli Combat Shooting) della Società ITC. Procediamo con ordine: il 10 febbraio 2013, in Liguria, ed esattamente a Genova, si è svolto un importante Stage di Krav Maga ICCS (Israeli Contact Combat system) il cui evento ha avuto un grande riscontro TNM ••• 52

con circa 90 partecipanti provenienti da varie regioni italiane i quali hanno beneficiato della presenza di docenti d’eccezione ovvero i fondatori di ICCS giunti appositamente due giorni prima da Gerusalemme, Sharir Richman e David C. I due israeliani, forti della loro grande esperienza sia operativa sia formativa sono stati invitati a svolgere una serie di corsi in Italia e successivamente in Francia, Spagna, Paesi Baschi e Regno Unito. Prima dell’inizio alcuni “novizi” hanno chiesto a Fabrizio Parodi (Responsabile Italia) dettagli inerenti il Krav Maga ICCS e lui puntualmente ha replicato: “E’ più


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facile dire cosa non è il Krav Maga, non è Arte Marziale, non è sport da combattimento, Krav Maga ICCS è una forma mentis, un costante e continuo condizionamento a migliorarsi, a superare i propri limiti, ad affrontare nella maniera più rapida, diretta ed efficace qualsiasi situazione negativa”. Non a caso possiamo confermare che durante tutta la giornata di allenamento abbiamo notato l’alto tasso tecnico, la grande cura nei dettagli “che fanno la TNM ••• 54

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differenza” in caso di attacco reale e gli ottimi esercizi sotto stress indotto grazie ai provvidenziali sharpatz; questi sostanzialmente sono stati i punti di forza e la chiave del successo di questo Stage ICCS magistralmente condotto da Sharir Richman che ha entusiasmato tutti i numerosi praticanti della disciplina. Lo stage ed i successivi giorni di training privato, così come il corso di Tiro Israeliano, è stato reso possibile

dall’organizzazione italiana di Krav Maga ICCS presieduta dal Capo Istruttore Fabrizio Parodi di Genova; proprio nel capoluogo ligure si è svolto il 12 e 13 febbraio presso il Poligono Interforze il corso di tiro basico ITC della durata di due giorni full-time che ha visto come protagonisti principali dei privati cittadini - ovviamente in possesso dei requisiti di legge previsti - a cui si sono aggiunti una rappresentanza di operatori dei Corpi


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1 - Rennes, la Sig combat ready 2 - Genova, Poligono Interforze Michele,David,Fabrizio 3 - Palestra, Stage Genova, Parodi (sx), Farinetti (dx) 4 - Genova, Poligono indoor 5 - Rennes, gli Istuttori ITC 6 - Rennes, tiro istintivo

6 Armati dello Stato, Polizie Locali e GpG degli Istituti di Vigilanza, che volevano conoscere il sistema di tiro Israeliano o approfondire i concetti e le tattiche del tiro operativo sotto stress. La struttura Interforze Genova Shooting Team nella quale si è operato, si estende su 800mq su due piani e conta 4 poligoni al coperto e 18 linee di tiro oltre che per tiro dinamico, una location adatta e performante per queste tipologie di corsi. Anche per questo

alla fine delle sessioni addestrative i commenti erano tutti più che positivi e possiamo riassumerli assicurando che i Corsi ITC sono particolarmente indicati per tutti i possessori di armi che intendano ottimizzare la propria sicurezza, addestrandosi in tecniche e procedure per un uso pratico e sicuro della pistola detenuta o in dotazione. Sono appositamente studiati per ottenere una valida base formativa dalla quale proseguire nei

successivi corsi intermedi,avanzati o professionali (fruibili presso il Training Center ITC in Israele). Addestramento con i Professionisti, il 15 febbraio siamo stati in Francia a Rennes (Bretagna) per il corso di tiro “ISRAELI COMBAT PISTOL COURSE” Livello Alef – si è proseguito poi con tre giorni all’aperto a temperature proibitive, corso riservato alle Forze di Polizia. Un corso internazionale visto le presenze importanti, quali il TNM ••• 55


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Genova, Poligono indoor

responsabile formazione scorte del Ministero Danese, un istruttore Belga, due Spagnoli, ovviamente i Francesi sia operatori sia istruttori di tiro della Police. Il corso è stato improntato sulle reazioni istintive dell’operatore il quale trovandosi in condizione di forte stress emotivo e fisico, deve assolutamente gestire delle situazioni critiche, dove l’unico vero obbiettivo è quello di rendere inoffensivo il soggetto armato e pericoloso. Grazie anche alle Simunition alcune tecniche e tattiche sono state inserite in scenari e simulazioni, sia con lavoro a singolo, sia in coppia con esercizi ad alto fattore di stress. La “Tecnica” prima e quindi la velocità tramite l’addestramento continuo sono gli ingredienti basilari per riuscire ad ottenere dei risultati nel sistema Israeliano, ma non servono se manca la determinazione ed una certa dose di aggressività ben canalizzata dall’atteggiamento mentale corretto presente in tutte le sessioni addestrative. TNM ••• 56

Info e contatti Fabrizio PARODI responsabile Italia ICCS Direttore Tecnico Deltatre ICCS Krav Maga Telefono: (+39) 340 097.0331 www.iccskravmaga.com (Organizzazione Israeliana di Krav Maga ICCS) www.interforze.com (Poligono indoor a Genova) www.esdt.com (Fornitore delle armi e munizioni per il corso di Rennes) www.itcsecgroup.com (Società di Consulenza e Formazione Israeliana) Nota: ICCS - tramite Fabrizio Parodi e IDS Italia - rappresentata da Michele Farinetti - hanno siglato un protocollo d’intesa che sancisce una collaborazione tecnica al fine di progredire nell’addestramento del Krav Maga e nell’organizzare viaggi di studio in Israele presso il Training Center ICCS per i successivi livelli di apprendimento in tattiche e tecniche di combattimento sia nel Krav Maga che nel Tiro.


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di Jacopo Guarino e Paolo Grandis - Tadpoles Tactics ’azienda produttrice è la DPM Systems Technologies, basata ad Atene, in Grecia, e attiva in tutto il mondo, mentre la mente è quella di Dimitrios Mantas, creatore dell’idea alla base del funzionamento delle molle per armi corte a riduzione meccanica del rinculo.

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I più attenti già sapranno che le molle DPM Systems Technologies sono quelle che hanno permesso alle celebri pistole a doppia canna AF2011-A1 della Arsenal Firearms di funzionare e ciclare nonostante l’imponente forza generata dall’esplosione di due cartucce contemporaneamente, rendendo l’arma gestibile e tollerabile. Il medesimo principio, quindi, è applicato e replicato nei prodotti destinati alla customizzazione di un gran numero di armi corte in commercio (tutte le meccaniche 1911, Glock, Sig Sauer, CZ, Springfield, Smith&Wesson, Walther, Tanfoglio, Beretta e altre). L’amicizia personale che lega il padre dei prodotti DPM e chi scrive non influenza assolutamente il test cui sono state sottoposte le molle qui rappresentate, TNM ••• 58


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Smontaggio da campagna durante l’installazione del kit DPM System Technologies sulla calibro .45ACP


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Particolare della lunga asta guidamolla DPM, in sostituzione dell’originale corta.

e l’obiettivo sarà quello di raggiungere, con oggettività, un risultato utile a comprendere l’effettiva azione di riduzione del rinculo e del rilevamento dell’arma e l’effetto finale sull’efficacia del tiro. Il mercato odierno è ricco di sistemi studiati per “aiutare” il tiratore durante prestazioni sportive, competizioni o allenamenti, ambienti dove si richiede sempre il massimo dalla propria arma. La velocità di ritorno in punteria, il fastidioso impennamento dovuto al rilevamento all’atto dello sparo e pure il rinculo sono fattori che vengono continuamente studiati, cercando di mitigarli o gestirli il più possibile. L’offerta che DPM immette sul mercato non è volta esclusivamente al tiratore sportivo: questo sistema, infatti, è studiato anche per armi con “vocazione” prettamente difensiva. Evidentemente, in una situazione difensiva/professionale dove l’operatore riscontrasse la necessità di intervenire, egli sentirà la stessa necessità di costanza/precisione/ velocità di riassetto dell’arma. Da qui l’ampia gamma di versioni dei sistemi di riduzione DPM, adattabili alle più comuni armi in circolazione, senza la necessità di apportare alcuna modifica alla struttura della pistola. Il test eseguito ha come protagoniste due armi all’opposto, sia per calibro, sia per meccanica: una classica 1911 con canna da 5 pollici in calibro .45 ACP, in particolare una Wilson Combat CQB, e una Glock 19 in calibro 9x21. TNM ••• 60

La scelta, ovviamente, non può dirsi casuale; abbiamo portato in poligono e approntato un’arma di derivazione Colt 1911, completamente in acciaio, contro la polimerica più diffusa al mondo. Le molle DPM, va subito specificato, non si distinguono per calibro, ma solo per modello e versione di pistola: per Glock, come esempio che valga per tutte le marche, la scelta dipende esclusivamente dalla dimensione del modello (standard, compact, subcompact, ecc.) mentre lo stesso kit di molla e asta guidamolla si adatta e rende omogenea la risposta e il comportamento per qualsiasi calibro (9mm, .45 ACP, 10mm, .40SW, .380 AUTO)! Semplificando, il progetto di questo sistema meccanico di riduzione del rinculo opera sfruttando la presenza sull’asta guidamolla e al suo interno di 3 differenti molle progressive, che intervengono a stadi successi durante il ciclo di funzionamento dell’arma. Soltanto la molla principale, esterna all’asta, è fornita nel kit con più versioni autonomamente sostituibili: questa scelta cerca di venire incontro alle esigenze dei diversi tiratori e alla loro sensibilità rispetto al tipo di munizione utilizzata. Sebbene, infatti, qualsiasi molla inserita all’interno dell’arma funzioni a prescindere dal tipo di munizionamento, è possibile scegliere quella che garantisce una risposta personalmente ritenuta più soddisfacente. Le prove sono state eseguite al poligono di Angelo Cerotti (Brixia Shooting Team) a Mazzano (BS), in una giornata di sole e utilizzando sagome poste a diverse distanze e di


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Particolare dell’asta guidamolla lunga DPM e del plug forato in sostituzione dell’originale.

varie dimensioni; è stato utilizzato un cronometro e sono stati effettuati tiri nelle due conformazioni di arma, con molla di serie e con kit DPM.

essere svolti sempre con il binomio che si è adottato, rende ancora meno sensata l’ipotesi di prova con queste tipologie di cartucce.

Venendo alla prova effettuata con l’arma Wilson Combat CQB 5”, va premesso che in sé la stessa originariamente non presenta problematiche di sorta, se non quelle dovute ad una ridotta capacità del caricatore monofilare. In ogni caso, l’utilizzo del kit DPM permette di evitare il difficilissimo compito di customizzare l’arma a seconda di differenti pesi in libbre delle molle classiche, differenti shock buffer o altro. Con un unico equipaggiamento, infatti, è possibile adattarsi perfettamente ai vari caricamenti originali di munizioni, ai differenti pesi di palla o al munizionamento ricaricato autonomamente. Soprattutto in considerazione dell’offerta sempre più folta di munizioni commerciali per la difesa personale, è possibile apprezzare il lavoro di semplificazione della molla DPM.

Il comportamento delle armi in configurazione di serie si discosta molto da quanto registrabile una volta “modificate” le stesse; la sensazione allo sparo è, infatti, notevolmente condizionata.

La prova riguardante il calibro .45 ACP vede come protagoniste munizioni Winchester con palla troncoconica ramata da 230grs, Sellier & Bellot con palla round nose FMJ da 230grs e le italiane Fiocchi Black Mamba (affascinanti per il nome ma molto difficili nelle mani del tiratore con lunghezze di canna ridotte). Spiegare al lettore le sensazioni allo sparo della .45 ACP in versione originale, soprattutto per chi è appassionato del binomio arma/calibro, potrebbe sfociare in una poetica descrizione: rinculo piacevole, pastoso, rotondo, controllabile... Solo la prova con le Fiocchi ha “sconvolto” forse queste abitudini. Non si sono volutamente citate munizioni con palla espansiva tipo “hydra shock” o altre hollow point non utilizzabili nel nostro Paese, se non in poligono, appunto perché vietate all’uso difensivo. La radicata convinzione, poi, che gli allenamenti, per chi necessita di un utilizzo difensivo della pistola, debbano

La Wilson Combat con asta guidamolla di serie corta e dotata di shock buffer ha di serie una molla di peso pari a 15lbs, in grado di comportarsi egregiamente con tutto il munizionamento disponibile. Con l’utilizzo di una molla standard ma di peso superiore, ad esempio 18lbs, e munizionamento commerciale, invece, la sensazione e la velocità di caricamento, seppur rapida, risulta essere fastidiosa alle mani del tiratore. Il problema, definiamolo tale senza voler scadere in una critica fine a sé stessa, si affaccia con l’utilizzo di munizionamento più “spinto” come le Black Mamba. Il rinculo è fastidioso e il riassetto dell’arma sul bersaglio necessita di aggiustamenti non proprio immediati. Sparando un caricatore in rapida successione, la rosata, anche a brevi distanze, perde notevolmente di concentrazione. È qui che la molla DPM entra in gioco stravolgendo la prova precedente: il rinculo è mitigato e decisamente più gestibile, mentre la rosata notevolmente più chiusa. La particolarità di questo kit, come detto in precedenza, è la capacità di “percepire” la differenza di caricamento della cartuccia in modo da lavorare e rispondere al rinculo in modo sempre efficace e costante. Il cosiddetto sbandieramento è annullato, il riallineamento è veloce e la mano non è affaticata, anche dopo una sessione di tiro piuttosto lunga. Il kit per 1911, come anticipato, comprende l’asta guidamolla, oltre al plug forato da sostituire a quello chiuso in caso di asta originale TNM ••• 61


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Glock 19libro

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Particolare dell’asta guidamolla DPM installata sulla Glock 19C; in basso la molla DPM all’interno dell’arma e il fondello con glass breaker sul caricatore

corta, accompagnata da cinque molle di pesi diversi: da munizioni più convenzionali fino a munizioni estreme. L’opzione è stata inserita dal costruttore per rispondere con il massimo del controllo anche a caricamenti esasperati, al fine di accontentare possibili richieste da parte del tiratore più esigente: in ogni caso, il risultato finale di riduzione del rinculo è il medesimo. Alla fine della prova con la 1911 possiamo certamente asserire che il progetto è valido, in quanto totalmente adattabile a qualsiasi esigenza e soprattutto effettivamente funzionale. Di certo la precisione finale non dipende da una molla di recupero, ma il condizionamento che questa può avere sul comportamento complessivo dell’arma premia oggettivamente la rosata. Da ultimo, per correttezza, la modifica necessita evidentemente di un minimo di abitudine o rodaggio del tiratore. Per quanto riguarda invece il test effettuato con l’arma polimerica, la premessa è che il problema del controllo della pistola interviene sostanzialmente quando il caricatore è in fase di esaurimento. Anche in questo caso le munizioni utilizzate per la prova sono state diverse: Sellier & Bellot da 115grs round nose FMJ, GECO da 115grs round nose e Fiocchi Black Mamba da 100grs troncoconiche. Le munizioni italiane, come si può notare dai pesi di palla, si discostano dalla normalità di granature cui ci hanno abituati fino ad oggi. Pregi, difetti e comportamenti intrinsechi delle munizioni utilizzate durante la prova non sono oggetto di discussione, se non limitatamente alle sensazioni allo sparo. La prova sicuramente più impegnativa riguardava il TNM ••• 62


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Jacopo Guarino durante la prova della Wilson Combat CQB modificata

comportamento della polimerica (odiata da tanti, voluta da molti): il feeling durante il tiro risulta sicuramente ampiamente modificato. Il kit DPM non risolve ovviamente il problema dello sbandieramento, ma un maggior controllo è assicurato. Il comportamento con la molla originale è conosciuto, non entriamo nel dettaglio, se non per ricordare che il peso a pieno carico dell’arma è l’unico fattore che agevola il tiratore nel controllo. Anche l’angolo dell’impugnatura forza il tiratore ad una leggera inclinazione in avanti del polso (appositamente studiata per contrastare il rinculo) che stravolge la classica impugnatura 1911, ma che dovrebbe garantire maggiore facilità di controllo. Anche in questo caso il sistema di riduzione DPM ha fatto la differenza (nel kit per Glock sono presenti due molle tra cui scegliere). Nel caso specifico, però, l’effetto di rinculo può essere anche percepito come non piacevole. La risposta dell’arma diventa nervosa ma diretta, precisa e veloce. L’impugnatura del tiratore deve essere salda, ovviamente, perché il colpo di 9mm sembra quasi amplificato: è solo una sensazione, una risposta forte della pistola in chiusura, di certo non qualcosa di problematico o ingestibile. Durante i primi colpi successivi all’installazione del kit, si potrebbe quasi fraintendere questa sensazione, così come il comportamento della pistola. La novità, infatti, necessità di un minimo di adattamento, soprattutto al movimento netto del carrello in chiusura. L’effetto non è simile a nessun altro accessorio aftermarket, anche di produzione americana, perché il risultato è davvero una sensazione diversa, in un certo senso difficile da spiegare o trasmettere. Il tiratore, sia in ambito sportivo che difensivo, trarrà comunque un certo vantaggio dal riassetto dell’arma più veloce, secco, in grado di garantirgli una performance

complessiva migliore, e soprattutto più costante, a prescindere dalle munizioni a disposizione in quel momento. Il kit DPM non è la soluzione definitiva, ne tantomeno assoluta, di certo però allarga il campo delle opzioni offerte per la modifica delle armi corte, e probabilmente necessità di più di un caricatore per essere compreso fino in fondo nella sua bontà. Sostituire una molla, o un kit di molle, non aumenta di certo la precisione intrinseca dell’arma: il suo funzionamento, però, può risultare nel complesso migliorato, facilitando il tiratore nell’ottenere una performance più costante, più semplicemente. In particolare, pensando a Glock (o a qualsiasi altra arma polimerica sovrapponibile), è evidente lo sforzo verso la risoluzione del problema della mancanza di costanza di comportamento durante lo svuotamento del caricatore. Le molle DPM riducono in maniera costante e sempre in pari misura l’effetto finale di carico. A prescindere dalle forze di torsione in gioco, la forza impressa al carrello sarà sempre la stessa, circa 25lbs rispetto alle 16lbs della molla originale: un bel vantaggio per il tiratore allenato. Spesso si interviene sull’arma (è il caso della polimerica) con sistemazioni drastiche, che riducono anche la sicurezza; l’offerta di DPM è un prodotto che si assembla in pochi secondi e che non modifica in nessun modo la meccanica della pistola. Per chi non può cedere a compromessi in tema di sicurezza o di modifiche, perché armato ai fini governativi o di sicurezza personale, la proposta è di quelle sicuramente allettanti. Segnaliamo con piacere, poi, che tra gli accessori di punta di DPM Systems Technologies vi è anche un nuovo fondello sostituibile per caricatore Glock dotato di punta frangivetro (glass breaker) per uso tattico o di soccorso.

www.dpmsystems.com TNM ••• 63


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Gladio LA PUNTA DEL FUCILE di Paolo Grandis e Jacopo Guarino Tadpoles Tactics

na giornata soleggiata, il campo Brixia Shooting Range di Mazzano (BS) praticamente in esclusiva, e un campione significativo della produzione italiana di compensatori Gladio a firma Turelli Tactical Arms: gli ingredienti per una esperienza d’eccezione ci sono tutti.

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I compensatori della linea Gladio sono disponibili per molti fucili in commercio, a seconda di calibro e modello (AR15, AK47, Heckler&Koch, Oberland e nei calibri .223 rem, .308 e 7.62x39). Per la nostra prova, nello specifico, utilizzeremo armi cortesemente fornite dal produttore dei componenti, ed in particolare un fucile Norinco M4 calibro .223 rem in configurazione standard, un Bushmaster sempre dello stesso calibro ma con canna da 16,5 pollici e un AK 47 di fabbricazione ex DDR in 7.62x39. In ogni caso, non entreremo nel dettaglio relativo alle caratteristiche tecniche delle armi utilizzate nel corso della prova: ci interessa analizzare esclusivamente il comportamento dei compensatori provati nelle diverse configurazioni e il confronto con TNM ••• 64


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In alto, compensatore della linea "Tactical", in basso compensatori della linea "Zero Erre"


FIRE TEST FIRE TEST FIRE TEST FIRE TEST FIRE TEST FIRE Dettaglio e vista d'insieme del compensatore montato sul fucile AK47 in calibro 7.62x39

la versione standard montata sui fucili. Ciò che si può immediatamente notare, prima ancora di passare alla prova a fuoco, è la bontà delle lavorazioni che, insieme alla perfetta esecuzione della filettatura, denotano un’ottima qualità intrinseca del prodotto. I compensatori Gladio sono realizzati in Acciaio Inox AISI 420B, e successivamente trattati termicamente, con un risultato finale che rende la superficie antiriflesso liscia al tatto e di facile pulizia. Abbiamo potuto constatare, a fine giornata, che nessun residuo di sparo rimane nella parte superficiale anche dopo una semplice passata a mani nude e senza pezzuole o lubrificanti/detergenti. La superficie esterna non viene in alcun modo intaccata, anche utilizzando munizionamento economico. La cifra stilistica e l’approccio di Tadpoles Tactics non cambia e, anche in questo caso, abbiamo valutato le caratteristiche dei singoli prodotti in considerazione di un eventuale utilizzo tattico: in particolare, l’attenzione è stata posta alla possibilità di impiego in team, condizione necessaria a chi, per lavoro, è chiamato ad operare in ambienti ristretti. Il compensatore della “Linea Tactical” TC223-AM montato sul Bushmaster presenta fori anti torsione (utili a compensare la spinta circolare impressa dalla rotazione della palla durante il suo percorso nella canna rigata) nella parte superiore, nonché una serie di feritoie laterali per la compensazione del rilevamento e la stabilizzazione durante le fasi di tiro. Le stesse sono anche utili per una parziale dissipazione del flash, sebbene la funzione cui questo prodotto è dedicato non sia appunto quella di flash hider. Per valutare la possibilità di un utilizzo tattico, come in effetti dichiarato dal produttore, abbiamo effettuato dei test di tiro in coppia: l’operatore in posizione avanzata, subendo la vicinanza della volata del fucile del compagno, ha in realtà percepito semplicemente un soffio non fastidioso e la quasi totale assenza di residui di incombusti. Questo vantaggio garantisce, oltre ad una buona sicurezza, la possibilità di non essere disturbati durante il lavoro in team, sia esso effettuato in missione o semplicemente in addestramento. Per quanto riguarda, poi, la funzione principale, ovvero quella di compensatore, riportiamo una netta velocizzazione nella doppiatura dei colpi, che deriva da una sensazione di stabilità veramente encomiabile nelle mani del tiratore. TNM ••• 66

I compensatori montati rispettivamente sull’AK47 (modello AK47-EU) e sul Norinco M4 (modello AR15AM) appartengono alla linea chiamata “Zero Erre” e la loro funzione è esclusivamente legata alla gestione del rilevamento e del rinculo.


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Questi dettagli, cui abbiamo voluto dare la giusta attenzione, ci consentono di valutare in maniera positiva gli accessori after market proposti da Turelli Tactical Arms, e di consigliarli conseguentemente: quelle che sono state le nostre sensazioni durante la prova non devono però sembrare consigli commerciali, perché in ogni caso l’approccio avviene in maniera totalmente distaccata e priva di pregiudizi (per questo e per qualunque altro tipo di prodotto). I compensatori montati rispettivamente sull’AK47 (modello AK47-EU) e sul Norinco M4 (modello AR15-

AM) appartengono alla linea chiamata “Zero Erre” e la loro funzione è esclusivamente legata alla gestione del rilevamento e del rinculo. Per quanto riguarda il prodotto montato sull’AK47, riconoscibile per le due generose camere laterali, il comportamento allo sparo è stato decisamente diverso. L’arma, compatibilmente con la differente struttura di impugnatura e funzionamento, dotata per altro di calcio in ferro estremamente minimale, consente di apprezzare la bontà dello studio e del progetto del compensatore, a disposizione di chi TNM ••• 67


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Il compensatore TC223-AM montato sul fucile Bushmaster (con anello di tenuta)

vuole ottenere il massimo dal proprio fucile. La svolta rispetto alla configurazione originale è evidentissima: allo sparo l’arma è leggibile in ogni suo movimento, in particolare nel ciclo dell’otturatore che lavora con una fluidità tipica di altre armi, non certo di una piattaforma AK. A differenza del compensatore analizzato in precedenza, il soffio laterale è ben percepibile, e leggermente fastidioso. L’aria che invade chi sta di fianco non è violenta ma consistente e permette di percepire il disagio dovuto al calore dei fumi. Durante un eventuale lavoro in team la presenza di questi effetti risulta invasiva e pregiudica, almeno in parte, l’utilizzo tattico estremo. Le dimensioni dell’accessorio sono generose e, solamente da un punto di vista estetico, possono risultare invasive all’occhio del purista: il vantaggio però all’atto pratico è tale da risultare predominante, almeno in chi avvantaggi l’utilizzo e la funzionalità rispetto alla linea. Il compensatore montato sul fucile Norinco M4 era simile a quest’ultimo, con generose camere di compensazione laterali e fori anti torsione. Sicuramente la canna più corta penalizza il comportamento finale dell’arma, e la ricerca della TNM ••• 68

Il compensatore della “Linea Tactical” TC223-AM montato sul Bushmaster presenta fori anti torsione (utili a compensare la spinta circolare impressa dalla rotazione della palla durante il suo percorso nella canna rigata) nella parte superiore, nonché una serie di feritoie laterali per la compensazione del rilevamento e la stabilizzazione durante le fasi di tiro.


E TEST FIRE TEST FIRE TEST FIRE TEST FIRE TEST FIRE TEST FIR In alto: oggetto della prova con i compensatori Gladio Al centro: Paolo Grandis durante la prova; In basso: gli autori della prova (Tadpoles Tactics) con Luca Turelli.

stabilità della carabina ha impegnato maggiormente il costruttore ad individuare dimensioni e specifiche anti torsione rispetto ad un AK47. Anche in questa prova, attingere bersagli multipli e posti a diverse distanze (fino ad una ventina di metri) non imponeva nessuna particolare forzatura muscolare al tiratore. La velocità di allineamento delle mire e lo spostamento tra i bersagli venivano semplificati e velocizzati, dimostrando ancora una volta di essere il frutto di uno studio mirato e serio. Il tiratore non è aiutato in precisione finale, ma la gestione dell’arma ne è comunque avvantaggiata e semplificata. Complessivamente, ciò che colpisce nei prodotti Turelli Tactical Arms è la percezione di cambiamento che il tiratore sente dopo aver installato il compensatore. Allo stesso tempo anche la facile intercambiabilità tra la linea “Zero Erre” e la linea “Tactical” permette di scegliere, a seconda della finalità di utilizzo, il prodotto migliore o più adatto. La versione “Tactical”, peraltro, è studiata fin dall’inizio per essere compatibile con accessori quali le baionette (è evidente la volontà di strizzare l’occhio ai reparti militari per un uso professionale del prodotto). Non è stato eseguito un test di precisione per le medie/lunghe distanze, in grado di valutare un’eventuale interferenza del prodotto: mancanza, riteniamo, non fondamentale vista la destinazione di utilizzo e i calibri coinvolti.

www.compensatoregladio.it TNM ••• 69


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Tiro Operativo Difensivo Avanzato

la mente e’ la nostra migliore arma a sicurezza è diventata un tema di attualità, ma la messa in pratica delle strategie per garantirla si sta trasformando in un business che spesso, non tiene conto dei concetti fondamentali della difesa. I corsi di tiro Operativo Difensivo di Alpha 22 vengono pianificati su misura per Forze dell’Ordine, Esercito e Civili. Tuttavia a questi ultimi, che ci chiedono informazioni sull’utilizzo delle armi a scopo difensivo, consigliamo sempre di avvalersi prima di tutto di sistemi passivi di tutela e di scongiurare l’utilizzo dell’arma stessa, fino al limite possibile e nel rispetto della legge in vigore. Avere un’arma senza saperla utilizzare è più pericoloso di non possederne una: l’educazione mentale è la base imprescindibile dalla quale tutti dovrebbero partire. Per questo motivo, il nostro obiettivo primario è diventato quello di creare la forma mentis adeguata per reagire ad un’aggressione.

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Far conoscere l’impiego di vari materiali in commercio aiuta ad aumentare la propria conoscenza e ad applicarla a favore della propria incolumità.

Fin dalla prima ora di lezione del corso avanzato si lavora sulla consapevolezza e sulla capacità di osservazione di ognuno: una corretta analisi della situazione è il punto di partenza per non commettere errori che possono risultare fatali, per sé stessi o per le persone che si trovano nelle vicinanze. Il corretto training mentale consente inoltre di far prendere la decisione più corretta nel minor tempo possibile. Altro obiettivo del corso è quello di far conoscere ai corsisti le proprie armi corte nei minimi particolari, in modo da aumentare la consapevolezza di ciò che stanno usando. Non è possibile gestire una situazione di pericolo se non si sa per esempio, risolvere un malfunzionamento. L’articolazione del corso avanzato è


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Dimostrazione di estrazione dell’arma dalla fondina simulando la mano forte ferita. Esercizio di tiro sfruttando gli ostacoli.

dunque su due livelli: l’acquisizione di aggiornamenti sulla corretta reazione mentale in caso di minaccia e la messa in pratica delle tecniche acquisite nel corso base, con l’aggiunta di elementi di stress. I fattori di disturbo che possono causare la perdita di attenzione possono essere climatici (per cui si spara all’aperto in qualsiasi condizione atmosferica) o inscenati ad hoc dall’istruttore stesso. Vengono per esempio simulate delle azioni, in cui il tiratore si trova con una mano ferita e deve riuscire a reagire e difendersi con la mano illesa. Inoltre grazie all’utilizzo dei locali presenti nella nostra struttura, vengono inscenati scenari di aggressione e di difesa reali: il corsista in questo caso è chiamato ad analizzare l’ambiente e il grado di pericolo in cui si trova, scegliendo la strategia migliore per mettere al sicuro sé stesso o chi è sotto minaccia. Il tiro in scarsità di luce però, è ciò che più affascina i chi segue il corso avanzato. Grazie all’utilizzo della torcia infatti, i tiratori possono misurarsi con la difficoltà di sparare in condizioni esterne tutt’altro che ottimali.

Fase di tiro in scarsità di luce con l’ausilio della torcia.

Parte degli esercizi proposti dall’istruttore sono in bianco o dry in modo da garantire un elevato livello di sicurezza durante lo svolgimento del corso. Il numero massimo di partecipanti è di 5 persone: abbiamo optato per la scelta di “pochi, ma sicuri” perché ogni corsista sia seguito dall’istruttore con la massima attenzione. Dopo che si sono frequentati i corsi è possibile venire ad allenarsi nel nostro poligono, ma sempre in presenza del trainer che continua a dare degli aggiornamenti sulle tecniche e sugli esercizi. Per info su date e costi contatta la segreteria o scrivi a: info@alpha22shootingclub.com


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inside inside inside inside inside inside inside inside DI Giannis Nikitas


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La scuola di terra dei distruttori subacquei Le forze speciali dell’esercito greco hanno acquisito la proprio scuola di formazione sommozzatori al fine di soddisfare le maggiori esigenze delle operazioni anfibie nel mar egeo. Dagli anni ‘70 il problema difensivo della Grecia di trova nel mar egeo, con l’inizio dei conflitti turchi oltre la piattaforma continentale e la polemica riguardante il predominio sulle isole di confine. In difesa dell’arcipelago, le forze speciaòi hanno un ruolo centrale, una grande parte della quale è dedicata ad operazioni anfibie, come gli squadroni di commandos anfibi e le forze di fanteria. In un ambiente di combattimenti marinocostiero, il subacqueo è uno strummento che conduce a risultati spoporzionalti alle sue dimensioni, grazie alle sua capacità di penetrare impercettibilmente sotto la superficie del mare e di invadere (attaccare) inaspettatamente il nemico nei punti più cruciali. Con la formazione dei commandos anfibi durante gli anni ‘60, contro la minaccia turca nell’egeo, la questione dei sommozzatori nelle forze speciali è giunta. Inizialmente la SAQ creò dei nuotatori in battaglia, che avevano carabine XM-117/CAR-15 Commando 5,56 mm, una pistola che fu utilizzata anche dalle forze speciali americane e dai seals in Vietnam. L’adattamento in risposta ad uno sbarco turvo, ha portato la SAQ nei successivi decenni alla neccessivtà di ottenere gruppi di distruttori subacquei. Dovevan avere come compito la distruzione del mezzo da sbarco nemico ma anche il sabotaggio sulle coste turche ed infine di metter in sicurezza la costa dove una divisione cruiser stava per sbarcare. Gli sviluppo nel mar egeo durante gli anni ‘90, con la crisi di Imia come punto di partenza, hanno portato ad un ulteriore bisogno degli uomini-rana, essendo il fondale marino l’unico modo per approcciare in modo latente gli isolotti. Longterm request La scuola dei distruttori subacquei (SUD) del Subacqueo Distruzioni Management (UDM) della Marina Militare, sin dagli anni ‘89 è riuscito a coprire l’aumento del fabbisogno di sommozzatori dell’esercito greco. Questo perchè la scuola di svolge due volte l’anno, in quanto ogni corso dura 6 mesi, e questo permette di coprire le esigente dell’UDU (unità di demolizione subacquea), mantenendo comunque una percentuale molto alta di rifiuto, visto che il processo di selezione-addestramento richiesde molto. La domanda delle forze speciali per ottenere le loro scuola di sommozzatori è stata finalmente accolta nel 2007. Dopo il requisito di B’SS, il 13° comando delle operazioni speciali è stato preparato TNM ••• 77


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Ogni comressoi, dura 6 ermette

e questo p le di coprire DU ll’U esigente de

allo studio relativo alla formazione di una scuola per sommozzatori, che andava a fare riferimento agli standard delle forze speciali americane, ma adattando il funzionamento ai requisiti delle forze speciali greche. Nel settembre del 2008 abbiamo la prima scuola chiamata “Combat School Drives”, ben presto rinominata “scuola distruttori subacquei dell’esercito”. L’obiettivo della SU/LAD è quello di formare personale delle forze speciali sulle distruzioni subacquee, così come su qualsiasi altro tipo di attività che richieda la penetrazione sott’acqua, come ad esempio il riconoscimento e messa in scurezza della costa. La SU/LAD si concentra esclusivamente sulle operazioni subacquee, fino a quando l’allievo non diventa un commando esperto, permette la sua formazione come distruttore subaqueo per metà del tempo presso la Distruzioni Subacqee Manegment (UDM). Da notare che questa ultima scuola dura più a lungo perchè insegna tecniche di commando, fino a quando i candidati della marina non avranno acquisito TNM ••• 78

la conoscenza richiesta. La durata di 3 mesi dei corsi della SU/LAD permette d’avere quattro corsi durante l’anno, così da produrre un numero maggiore di subacquei. E’ importante chiarire che la durata più breve del corso non significa che i rigidi criteri e/o le aspettative di alta formazione siano stati sacrificati. Le percentuali dicono che sono uno su otto candidati arriva alla fine del corso. Introduzione I requisiti minimi per i candidati per accedere comprendono un miglio (1600 m) di corsa in 7 minuti, una trentina di push-up, 8 pullings, trenta esercizi addominali e dieci immersioni in due minuti per ogni esercizio. I candidati devono eseguire 15 metri di nuoto subacqueo, nuotare 100 metri in qualunque stile in 7 minuti e tuffarsi in una piscina da 10 m di altezza, cinque volte con successo. Infine salire cinque metri di corda verticale. prima fase Nella prima fase di formazione i candidati imparano a


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pensare all’elemento dell’acqua come ad un partner e alleato nelle missioni che andranno ad intraprendere. L’acqua è l’elemento in cui hanno intenzione di trasferirsi, mimetizzarsi e sorprendere il nemico, ma anche dove stanno andando a betake (?) in caso di emergenza. Il miglioramento fisico è anch’esso un obiettivo molto importante in questa fase, in quanto questo è quello che preparerà loro ad esser in grado di gestire i duri compiti ed i passi successivi della formazione. Entro le tre settimane della durata di questa fase i candidati continueranno a migliorare il loro stato fisico con corsa e le distanze in nuoto che continueranno sempre ad aumentare, in tutte le circostanze atmosferiche, durante il giorno e durante la notte. In questo periodo chiunque si renda conto di non riuscire a gestire l’addestramento è possibilitato ad abbondonare volontariamente. C’è ovviamente il caso di abbandono involontario, questo accade quando gli istruttori reputano che i candidati non possano far fronte alle loro esigenze. Questo può avvenire in

qualunque momento durante il corso di tre mesi e la volontà dei candidati è duramente minata dal fatto che la maggior parte della formazione si svolge in condizioni climatiche e ambientali avverse. Arrivati a questo punto i requisiti fisici sono raddoppiati per i candidati che devono essere in grado di eseguire due miglia (3.2 km)in 7 minuti, fare 50 flessioni, dodici trazioni, cinquanta esercizi addominali ed infine quindi immersioni in due minuti di tempo per ogni esercizio. In aggiunta devono essere in grado di scalare sei metri di corda verticale e attravversare l’arena di battaglia entro otto minuti. L’arena di battaglia è una copia del Big Commando Arena of Center of Unorthodox War Training a Rentina in Chalkidiki. I requisiti in campo marittimo sono ancora più elevati. A questo punto i distruttori subacquei candidati dovrebbero essere in grado di nuotare trenta metri sott’acqua e percorrere una distanza di 1000 m sulla superficie del mare, entro 25minuti, indossando pinnem muta da sub e una cintura con un peso da 6 kg,; sempre in mare è condotto anche un tuffo libero a 10 metri di profondità con pinne e maschera. TNM ••• 79


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seconda fase Coloro che supereranno la prima fase, continueranno con la seconda, della durata di sei settimane; che mira ad fa apprendere le competenze specifiche in acqua. Questa è la fase che preparerà i candidati alla fase successiva della formazione subacquea specializzata. Per superare questa fase, i candidati devono superare con successo le seguenti prove-obbiettivi: 1 attravversara una distanza di 2000 metri, sulla superficie del mare, entro i 55 minuti, con indosso pinne, muta da sub e una cintura con peso di 6 kg. 2 competenze notatorie che comprendono il galleggiamento per due minuti, 100 metri in stile delfino, l’ascensione della maschera, il sollevamento di 9 kg dal fondo della piscina, l’attuazione di quattro nodi, una ventina di metri di nuoto continuo, nuoto su un lato con 6 kg di peso, entro 7 minuti e si continua con il nuoto subacqueo per una cinquantina di metri. 3 apnea in mare ad una profondità di quattordici metri in muta da sub, pinne e peso da 3 kg sulla cintura. 4 una prova scritta che i candidati devono superare con una percentuale minima del 60%.

terza fase la terza fase due tre settimane e riguarda la formazione sull’immersioni con respiratori, la valutazione dei candidati in circostanze estreme, stress ela simulazione di condizioni che possono essere affrontate da un paio di sommozzatori nel corso di una missione di combattimento. Inizialmente gli allievi impareranno ad utilizzare l’attrezzatura subacquea (circuito aperto) ed il modo per affrontare i problemi che possono presentarsi. La formazione prosegue sotto pressione e simulano la condizione di pericolo della mancanza di ossigeno dovuta ad un eventuale danneggiamento dell’apparecchiatura o altri casi di emergenze particolari. Questo per far scoprire ad ognuno di loro la presenza di fobie o debolezze di cui non sono mai stati a conoscenza fino ad allora, che ora dovranno superare altrimenti non saranno in grado di proseguire con la preparazione e diventare distruttori subacquei. C’è una parte di addestramento nel corso del quale l’accento viene posto principalmente sul rispetto della sicurezza, ma anche sull’osservazione della direzione e il ritmo giusto di immersioni. Appena viene acquisita TNM ••• 81


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l’esperienza soddisfacente, gli allievi eseguono marce subacquee durente le quali sapranno dimostrare di essere in grado di progettare una missione con nuoto subacqueo e stima del tempo richiesto. Le distanze che attraverseranno diventeranno più grandi verso la fine della fase, con più pressanti limiti di tempo. La terza fase ha anche due parti di apprendimento che serviranno a chiarire una grande percentuale del lavoro svolto dai candidati per arrivare sino a questo punto. In primo luogo è il compito “Th Big Swimming”. Si tratta di nuotare sette miglia marine, in mare aperto, con una muta da sub, le pizze, una cintura con un peso di 3 kg , imbracatura e una pistola. Questa parte valuta la capacità degli allievi di eseguire una lunga fuga per via marina. Solitamente il tempo concesso per lo svolgimento di questo compito è di 7 ore. La seconda è la pratica “POSEIDON”, della durata di 48h. Si tratta di una due giorni di inferno in cui viene TNM ••• 82

valutata la capacità degli allievi nella realizzazione di operazioni, mentre combattono contro lo stress, l’insonnia e l’intenso sforzo fisico. Quarta fase Gli idonei alla pratica “POSEIDON” entrano nella quarta fase, della durata di cinque settimane, che è dedicata alla formazione operativa. A questo punto gli allievi imparano ad utilizzare l’attrezzatura subacquea a circuito chiuso, vengono addestrati in tutte le tattiche e i medoti di combattimento, penetrazione-disimpegno che possono essere utilizzare durante le missioni di combattimento. La penetrazione-disimpegno aereo include un salto statico con paracadute a cinghia, durante il quale gli allievi indossano l’intera attrezzatura. Appena atterrati dovrenno poi nuotare sulla superficie per una distanza particolare che permetterà loro di completare la penestrazione del bersaglio ostile. Un altro metodo è la penetrazione-disimpegno con


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I candidati eseguire 15devono di nuoto su metri b nuotare 10 acqueo, in qualunq 0 metri u e tuffarsi ine stile piscina da una 10 m di altezza.

arrivo e ritirata in elicottero (helocasting). Gli allievi eseguono un salto in mare da un elicottero UH-1H Huey e quindi essi vengono ripresi tramite una scala a corda. Questa è una tattica che i sommozzatori U/D hanno utilizzato per tanti anni. In un altro caso viene utilizzato un CH-47 Chinook. Mentre l’elicottero vola ad una determinata altezza e si muove ad una velocità prevista, dalla rampa aperta, un gruppo di sommozzatori esegue un salto in mare con una barca di salvataggio in gomma, continua così la penetrazione con motore fuoribordo e pagaie nell’ultima parte, se è neccessario un approccio silenzioso. Ovviamente la classica remissioneguarigione di un subacqueo viene insegnata da un motoscafo. Mentre il motoscafo si muove ad alta velocità, i sommozzatori passano su un lato e poi “scivolano” verso il mare. Il recupero viene fatto nel modo inverso, con l’assistenza di un membro dell’aquipaggio, che si trova sulla barca di salvataggio

e tiene la gomma di spessore (di dimensioni 8). L’assistente tiene in alto, con due mani un ciclo, e raggiunge poi il subacqueo in mare che aspetta con la sua mano alzata. Non appena si avvicina la barca, il subacqueo passa tutta la mano attraverso il ciclo,in modo che possa scattare sotto l’ascella.. a questo punto l’assistente lo tira sulla barca, fruttando lo slancio della barca stessa. Un’altra pratica è la performance di battaglia in mare ripresa dai rivelatori. L’allievo si tuffa in mare dal gommone ad una distanza di 150 metri dalla costa, appena giunti in mare contribuiscono a cinque obiettivi posizionati sulla costa a venti metri l’uno dell’altro. Vengono eseguiti due “colpi” per ogni obiettivo, entro otto secondi, e per considerarsi conclusa la parte tiro occorre aver colpito almeno tre obbiettivi. I colpi svengono sparati con il silenziatore e avvistamento Red Dot. TNM ••• 83


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Allo stesso tempo si continua la formazione U/D. Durante la quarta fase i partecipanti eseguono una marcia sott’acqua di 2000 m con l’uso di apparecchi respiratori a circuito chiuso. Essi dovrenno orientari pur essendo sul fondo. Durante questa marcia ogni coppia di uomini ha il diritto di salire in superficie e controllare se ha seguito la giusta rotta una sola TNM ••• 84

volta. Il punteggio medi per passare questo test con successo è del 70%. Una notte, durante questi 2000 metri, si utilizzano anche le apparecchiature a circuito stretto. Proprio come la marcia sott’acqua durante la luce del giorno, l’attività viene condatta con un campo di battaglia a pieno carico, pistola, imbracatura e la cintura di zavorra da tre chili. Tempo massimo di conclusione della marcia: sesanta minuti. Continua la formazione riguardo le immersioni. I tirocinanti devono lasciare i respiratori sul fondo, devono poi ritrovarli e riportarli nuovamente, indossando un muta da sub, un battle suit, pinne e maschera. L’esercizio viene svolto tre volte, a tre, quattro e cinque metri di profondità. Inoltre sono condotte due immersioni a ventisei metri di profondità e due a trentasei metri. Nella quarta fase il candidato deve essere al meglio della sua condizione fisica, questo è neccessario per lui visto che gli sono richiesti 80 push-up, una ventina di trazioni, 80 esercizi addominali e trenta immersioni con un tempo limite di due minuti per ogni esercizio. In aggiunta egli deve essere in grado di salire 7 metri di corda verticale e passare attraverso la buttle arena in sei minuti. Vi è però un altro compito, “LA GRANDE CORSA”. Si tratta di un percorso di 32 km che l’allievo deve svolgere con indosso un camuffamento,imbracatura, una pistola e portando le


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alette di nuoto. Questo particolare compito simula il caso in cui il sommozzatore dovrà condurre una lunga funga in territorio nemico. Un esercito di distruttori subacquei Fino ad oggi tre file di formazione SU/KOP sono state completate e sono rispettivamente passati dieci, cinque e cinque distruttori subacquei per le forze speciali dell’esercito. Quando si è venuto a conoscenza di questo particolare problema si stima che abbiano concluso l’addestramento altri cinque nella quarta fila educativa. Ciò significa che in un periodo di 18 mesi, venticinque uomini siano stati formati per il gruppo distruttori subacquei delle forze speciali. La logistica SU/LAD è sufficiente a sostenere una scuola di 40 candidati. Gli istruttori provvengono dai campi di addestramento delle forze speciali e sono integrati da personale distaccato da altre unità speciali. Prima dell’inizio della formazione degli allievi, gli istruttori stessi passano attraverso una scuola di addestramento che dura due settimane in cui imparano i vari mettodi di formazione scolastica, le norme di sicurezza e in generale l’atteggiamento da tenere nei confronti dei candidati.

SU/KOP non mira a sostituire la scuola di distruzione subacquea, ma mira a produrre un U/D di livello adeguatoe soprattutto più elevato. Questo succede perchè si accettano solo dirigenti, professionisti permanenti e soldati delle forze speciali tre le fila dei candidati; ciò significa che sono già stati scelti dalle forze speciali, dalla scuola di paracadutisti, operazioni peciali della NATO e USA, ed altre scuole. TNM ••• 85


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Tactical Camo Pants

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a l d a B u o m Ca Di FABIO ROSSI - Foto

di Michele FARINETTI


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Vista laterale con fondina per arma

NI & FORMA è un’azienda slovena, fondata nel 1997, il cui obiettivo è focalizzato sulla realizzazione di “sistemi di abbigliamento”, caratterizzati da alte prestazioni e destinati ad essere utilizzati da professionisti esigenti. I prodotti vengono commercializzati sotto il marchio UF PRO® e sono oggi indossati dagli operatori di vari reparti militari e di polizia, tra cui la Polizia Carceraria e la Polizia di Confine dello stato sloveno, che li apprezzano per i loro eccellenti comfort, qualità ed affidabilità. Al fine di raggiungere questo target l’azienda ha stipulato partnership strategiche con i leader nella produzione di tecnologie come W.L. Gore, Carinthia, Schoeller e altri. Tutti i capi prodotti devono necessariamente soddisfare alcuni parametri

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fondamentali, che possono essere riassunti in questi punti: garantire la massima funzionalità e fornire la massima protezione, essere progettati con un design contemporaneo e duraturo nel tempo, tanto da garantire al cliente la migliore soluzione qualità/ prezzo. CARATTERISTICHE Il pantalone che abbiamo testato deriva dal progetto base denominato UF PRO® Classic P-40 progettato su un concetto completamente nuovo di “fare” pantaloni. Progetto caratterizzato dalla ricerca del raggiungimento di un massimo livello di comfort e mobilità, dove gli stilisti hanno abbinato, ad un nuovissimo taglio anatomico, delle zone in tessuto


EST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY La tasca con apertura laterale

Particolare del retro dei pantaloni

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apertura per l’inserimento delle protezioni del ginocchio


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stretch nella parte posteriore e la zona superiore/ posteriore della gamba. Il pantalone è confezionato con tessuto ripstop Pencott™ NyCo 50/50, prodotto dalla inglese HyDefinition, che rispetta le direttive mil-spec abbinate ad un trattamento anti IR. La scelta della colorazione è stata orientata sul “GreenZone” e sul “Badland”, il primo indirizzato per zone temperate mentre il secondo a zone con terreni semi-aridi. Le zone stretch sono costituite da un robusto e confortevole tessuto idrorepellente e traspirante prodotto dalla svizzera Schoeller®-Dynamic, che racchiude elevate proprietà di robustezza ed elasticità abbinate ad un’ottimo comfort.

Vista della tasca laterale

Molte sono le tasche che i designer hanno distribuito sulla superficie del pantalone, riuscendo comunque a mantenere un low-profile delle stesse. Troviamo due classiche tasche a taglio diagonale e profonde all’altezza delle anche; a quella destra è abbinata una piccola tasca di sicurezza con cerniera. Due grandi tasche, con cerniera ad apertura superiore, sono posizionate ai lati della coscia e, ad ognuna di esse, ne è stata assemblata un’ulteriore con cerniera ad apertura laterale, che determina un facile accesso, anche da posizioni sedute, in accosciata o in ginocchio. Infine due grandi tasche, sempre con chiusura a cerniera sono state posizionate nella parte posteriore all’altezza del bacino.

La coulisse inserita nel bordo inferiore della gamba

In prossimità delle ginocchia sono state previste due tasche, con accesso dall’esterno, destinate ad accogliere le protezioni per il ginocchio appositamente progettate e prodotte da UF PRO®. Esse si integrano perfettamente con il design del pantalone e per questo motivo sono sempre ottimamente posizionate. Sono confezionate in tessuto D3O®, che offre elevate prestazioni di protezione all’impatto, abbinate ad una eccezionale leggerezza, traspirabilità e flessibilità. Il pantalone è dotato di un triplo dispositivo di chiusura determinato da una cerniera verticale a doppia apertura, da un incastro a gancio e da un bottone a pressione. Inoltre, sono stati posizionati, sulla superficie del giro vita, cinque passanti per cintura la cui caratteristica è di essere “doppi” in modo tale da poter supportare e bloccare esternamente un cinturone di maggiori dimensioni. TNM ••• 91


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Le zone stretch sono costituite da un robusto e confortevole tessuto idrorepellente e traspirante


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Come in altri modelli di pantaloni tattici sono state previste delle “coulisse” all’interno del bordo inferiore di ciascuna gamba, per poterle stringere. Anche in questo caso è stata data una particolare cura ai materiali ed è stato previsto un passante di fissaggio per impedire che la stessa “ciondoli” all’esterno, interferendo inevitabilmente con le calzature indossate dall’operatore. Per evitare l’usura da sfregamento con queste ultime la parte interna del predetto bordo è stata rinforzata con una sovrapposizione del medesimo tessuto Pencott™. Per ultimo, all’interno del pantalone, sotto il bordo del giro vita, è stata cucita, per l’intera lunghezza da destra a sinistra, una cerniera idonea ad assemblarsi ad una fodera staccabile in tessuto WINDSTOPPER®. Quest’ultima è confezionata con tessuto antistatico, antivento e traspirante ed eleva le caratteristiche del P-40 rendendolo idoneo ad impieghi anche con temperature rigide fino a -5°C. REPORT DELLE PROVE E CONSIDERAZIONI Il pantalone viene consegnato all’interno di una busta di protezione di colore verde con i loghi dell’azienda.

Una volta indossato ha un’ottima vestibilità e si nota la particolare cura destinata ad un design moderno. Le cuciture sono eseguite a macchina con doppia impuntura e non sono state riscontrate anomalie o sfilacciature. Abbiamo testato il prodotto sia in palestra, durante una sessione di addestramento di difesa personale, che in alcune un’uscite outdoor, apprezzandone le caratteristiche di mobilità, riconducibili sicuramente all’abbinamento del tessuto stretch. Anche dopo alcune ore di “lavoro” abbiamo potuto constatare che il prodotto offre elevate prestazioni di traspirabilità e confort, caratteristiche non facili da riscontrare in un prodotto di questa categoria. Non siamo riusciti a reperire feedback da parte di operatori che abbiano utilizzato il P-40 in servizio operativo, tenuto conto probabilmente che l’azienda ed il prodotto sono nuovi sul panorama europeo. Il prezzo è di 144 euro, sicuramente non popolare, ma indubbiamente giustificato dalla ricerca del confort, dall’impiego di ottimi materiali e dalla cura nelle operazioni di confezionamento.

www.ufpro.si


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Da una curiosità storica alla scoperta di un dato di fatto: La vita è un diritto di cui non disponiamo. Un curioso esempio Giorni orsono, a seguito della visione di un documentario televisivo su eventi del primo Novecento, ho trovato lo spunto per un sommario approfondimento di un argomento poco conosciuto. Fra le altre cose, il documentario mostrava fotografie di militari e civili, caratterizzati da un contrassegno comune: una cicatrice di dimensioni variabili su una delle gote. Il narratore, senza TNM ••• 94

addentrarsi più specificatamente nella sua spiegazione, riferiva che tale contrassegno non era casuale, bensì frutto di una pratica volontaria comunemente in uso nelle università tedesche di inizio secolo. La MENSUR. Questo è il nome di quello che era un vero e proprio rito che terminava al primo sangue con tale tipo di lesioni ad uno dei disputanti. Innanzitutto il nome, Mensur, deriverebbe dal tedesco per

“misura”; altre correnti di pensiero lo farebbero viceversa derivare dal latino “mensura”, ma il significato è lo stesso. Si trattava in sostanza di uno pseudo-duello, in uso tra gli appartenenti alle confraternite universitarie tedesche a inizio secolo, praticato con spade affilatissime e con epilogo espressamente non mortale, in cui si cimentavano gli studenti nella


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ricerca autolesionistica di una ferita da esibire sul volto, quale simbolo di coraggio. La scelta del nome è relativa alla misura, cioè alla ridottissima distanza tra i due contendenti, anche se usare quest’ultimo vocabolo non parrebbe corretto, così come non può, questa forma di confronto, definirsi un duello nel senso stretto del termine e ciò perché in tale contesto mancherebbero i requisiti formali del duello: la bieca volontà di sopraffazione, la rivalità, il risentimento, l’antagonismo, la ricerca di soddisfazione da un torto subito, l’odio verso la controparte. Non è escluso tuttavia che la sfida potesse essere portata da uno

dei due partecipanti anche per uno dei succitati motivi. L’epilogo sanguinoso avrebbe comunque visto vincitori e vinti parimenti soddisfatti: sopravvivervi indenni era senz’altro motivo di orgoglio, ma uscirne tagliati sembra anche e forse di più. Nella sostanza i due contendenti si ponevano uno di fronte all’altro, a corta distanza, muniti di particolari protezioni per il corpo, per la testa e gli occhi quindi, armati di una spada affilatissima a sezione ovale, tenendo il braccio armato teso in aria facevano mulinare la spada all’altezza del viso dell’avversario, fino a che uno dei due partecipanti non veniva attinto.

La Mensur era una scelta voluta e consapevole ed il risultato visibile sul perdente, la cicatrice meglio nota come Schmiss, non era certo una lesione per cui portare rancore a colui che la procurava, costituiva viceversa la prova da esibire di una conservata freddezza, autocontrollo e coraggio che accresceva l’eterostima di chi poteva sfoggiarla. In modo del tutto paradossale, il vinto poteva sentirsi a sua volta vincitore. Una cicatrice netta e ben delineata riferiva che il duellante, nel momento in cui era stato colpito dalla controparte, non si era mosso, subendo l’azione lesiva senza

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muoversi; una cicatrice deforme indicava il contrario, quindi un minor palesato coraggio. Certo è che la Schmiss costituiva un buon passaporto per accedere alla classe dirigente e per poter aspirare a ricoprire incarichi socialmente prestigiosi, i più integralisti, poi, facevano in modo, inserendo nella TNM ••• 96

ferita sostanze e materiali vari tali da prolungarne il processo di cauterizzazione, di renderla ancora più sgradevole. È verosimile anche che la partecipazione a tali riti potesse talvolta derivare da una sfida e, se intesi questi come riti iniziatori, anche che taluni partecipanti fossero

in qualche modo condizionati al confronto, cioè moralmente soggiogati dal sodalizio. Una sorta di antesignano nonnismo che eccedeva lo spirito goliardico. Dove voglio arrivare? La curiosità storica mi ha posto l’interrogativo su un argomento su cui, ammetto, non ho mai riposto


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interesse, vuoi perché la casistica criminale associabile tendeva quasi allo zero, vuoi perché non capivo quanto fosse attuale e tangibile il problema, sebbene non immediatamente comprensibile, talché ho dovuto ricredermi. Intanto, come inquadreremmo, nel nostro tempo e nel nostro ordinamento giuridico, la

partecipazione ad una contesa quale quella descritta e come ne valuteremmo parimenti i sanguinosi esiti? Sono d’accordo sull’esigua probabilità dell’accadimento, ai giorni nostri, di eventi analoghi a quello esaminato, anche se può affermarsi con assoluta sicurezza il rilevamento, nell’ambito del monitoraggio delle bande giovanili

sudamericane, un fenomeno simile, ove l’ingresso nella banda era subordinato ad un rito di iniziazione nel quale il novizio doveva battersi a mani nude con uno o più componenti del gruppo per aspirare a farne parte. E nel cui rito prendeva più botte che l’orso. Facendo una valutazione sotto il profilo del rito d’iniziazione, l’accettazione da parte della persona offesa dal reato potrebbe però essere stato il frutto di una limitata capacità di autodeterminazione, imputabile al clima di soggezione determinabile dalla forzata convivenza tra anziani e novizi, in ambiti quali collegi, università, scuole militari o religiose, oppure all’intera società di quel tempo ove la predisposizione al machismo sembrava un presupposto irrinunciabile nella formazione dell’individuo. Se tralasciamo i reati eventualmente connessi alle armi ed all’ordine pubblico, che non sono lo scopo di questa chiacchierata, resterebbero le problematiche più difficili da inquadrare, o meglio meno frequenti per poterle convenientemente circoscrivere. Nel caso intendessimo qualificare la Mensur come duello, va precisato che quest’ultima pratica, già prevista dal codice penale e punita dagli articoli dal 394 al 401, evidentemente ritenuta desueta e non più verificabile dal legislatore, è stata accantonata nelle sue previsioni punitive con l’art.18 della legge 25 giugno 1999 nr. 205, che ha di fatto abrogato tutti i citati articoli. Il problema per noi più interessante resta quindi l’epilogo della tenzone cioè: Tizio cagiona lesioni a Caio e quest’ultimo, eventualmente, non gli porta rancore perché è in qualche modo d’accordo. La ferita, lo sfregio, chiamiamola come vogliamo, è una lesione personale, cagionata con un’arma o con qualunque altro mezzo e per di più, come può evincersi, di carattere permanente, quindi gravissima; tradotta in numeri: artt. 582, 583 TNM ••• 97


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co.2 nr. 4, 585 c.p., aggravati ex art. 61 co.1 c.p. per i futili motivi (qui ci stanno tutti). Nel caso invece della costrizione, ossia della cogente induzione a partecipare al rito, potrebbe senz’altro ascriversi anche la previsione ex art. 610 c.p. (violenza privata) a chi induce taluno a sottostare a tale pratica. Ma cosa potremmo mai imputare a Tizio, anche ammesso che con la sua condotta accettava il rischio di far del male a Caio, o meglio, la sua azione tendeva a ciò e se anche quest’ultimo partecipava attivamente, “mettendoci la faccia” volontariamente? Il nostro Codice Penale prevederebbe un’esimente a favore di Tizio tale da escludere il reato ipotizzato. Tizio TNM ••• 98

può stare tranquillo perché Caio, implicitamente, lo scagiona? No. IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO (art. 50 c.p.) Cosa è vero e che cosa no. In una valutazione immediata, anche di onesto buon senso poliziesco, richiameremmo alla memoria che il codice prevede, come causa di esclusione del reato, il fatto che la persona offesa abbia dato il proprio assenso a vestire tale status o comunque abbia di sua volontà accettato il rischio che il reato a suo carico potesse essere comodamente commesso, senza avere poi nulla a pretendere. Parliamo dell’art. 50 del codice penale: Consenso dell’avente

diritto. Il solo titolo è eloquente, ma come vedremo non è sempre proponibile ed applicabile. E’ sufficiente allora invocare tale scriminante per risolvere il nostro problema, quindi escludere la punibilità di entrambi? Proprio no. Il motivo è molto semplice: checché se ne pensi, non disponiamo liberamente del nostro corpo. Caio, la faccia, non ce la doveva mettere, perché sebbene la porti con sé dalla nascita, non è di sua proprietà e quindi non può disporne. Ciò che può sembrare una assurda incoerenza ed anche una indebita limitazione della libertà personale in contrasto con la Carta Costituzionale è in realtà il contrario. Ricordiamo


AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW A La cicatrice meglio nota come Schmiss, non era certo una lesione per cui portare rancore a colui che la procurava, costituiva viceversa la prova da esibire di una conservata freddezza

infatti che la Madre di tutte le leggi conferisce alla salute del cittadino un elevato grado di importanza (art. 32 Costituzione), nell’interesse della collettività, essendo quest’ultimo il fondamento dello Stato stesso, salute quindi che l’ordinamento ritiene di dover preservare anche contro la volontà contraria del cittadino stesso. Il limite del consenso, quindi, può operare solo laddove l’azione tollerata o permessa incida esclusivamente sui diritti c.d. disponibili, giammai sulla vita, diritto assolutamente indisponibile. Quali sono i diritti disponibili?. Non trovo riferimenti normativi precisi da citare per cui riferisco gli unici che vari scritti qualificati individuano: TNM ••• 99


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il patrimonio, il domicilio, la corrispondenza e, soggiungo per la modernità dell’argomento, forse la privacy. Con tutte le inequivocabili deroghe che la legge conferisce a chi, in virtù di beni superiori, conferisce a chi, queste cose, può privarci. Se andiamo a scomodare anche il Codice Civile, il suo art. 5 dal titolo: “Atti di disposizione del proprio corpo” questi recita: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.” concetto questo che può ritrovarsi nella disamina del citato art. 50 c.p. laddove si comprende che la scriminante suddetta viene meno allorquando dal nostro consenso ci vengano procurate lesioni permanenti quali appunto gli sfregi. Come ci viene ricordato dall’aggravante ex art. 582 co.2 nr.4, è considerata lesione

gravissima “la deformazione o lo sfregio permanente del viso”. Vi sono tuttavia altre categorie di scriminanti di particolare interesse che, in assenza di codifica da parte del legislatore, sono tollerate e chiamate genericamente “cause di giustificazione non codificate”. Il consenso dell’avente diritto nella disciplina sportiva La più conosciuta è relativa alle attività sportive violente (pugilato, arti marziali etc.) e ciò perché lo sport riveste un ruolo importante nella comunità sociale pertanto l’agente, qualora cagioni lesioni personali al suo avversario, non sarà punibile se avrà osservato ogni norma comportamentale prevista dai regolamenti della sua disciplina. In questo caso, quindi, ne consegue che non potrà, l’agente, invocare alcunché a sua discolpa nel caso in cui abbia travalicato il limite del rischio consentito realizzando la condotta lesiva in violazione delle norme di gioco e della lealtà sportiva. L’ipotesi poc’anzi descritta non può tuttavia applicarsi ad una situazione analoga al nostro precedente storico, sebbene anche la Mensur sia disciplinata da regole.

Che fine fa il titolare del bene? Supponiamo, sempre a titolo di esempio, di traslare il precedente storico ai giorni nostri e qui in Patria. E Caio? È possibile che dopo averci messo la faccia ed essersi fatto sfregiare, col suo consenso naturalmente, debba anch’egli passare guai? Secondo me sì. Non fosse altro che partecipando alla contesa (con più o meno fortuna a seconda dei punti di vista), usando un po’ d’intransigenza risponderebbe di tentate lesioni aggravate (artt.56, 582, 585 c.p.) atteso che il suo vano roteare la spada all’altezza della faccia del suo socio (senza neanche colpirlo) costituirebbe già atto idoneo diretto in modo non equivoco a cagionare lesioni a Tizio. Un esempio tangibile. Il consenso medico informato. Ecco finalmente qualcosa di concreto, invece dei miei voli pindarici con radici storiche. E’ in campo medico che troviamo gli esempi più attuali per la comprensione del problema: nessuna persona cosciente e capace può essere sottoposta ad un qualsiasi trattamento sanitario contro o senza la sua volontà. Ogni trattamento o intervento medico non


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Lo sport riveste un ruolo importante nella comunità sociale pertanto l’agente, qualora cagioni lesioni personali al suo avversario, non sarà punibile se avrà osservato ogni norma comportamentale prevista dai regolamenti della sua disciplina.

può essere effettuato se non con il valido consenso dell’avente diritto e soprattutto senza che questi sia stato preventivamente informato sulla natura del trattamento stesso ed ai rischi che ne potrebbero derivare. Quante volte avremo firmato tale consenso senza renderci conto dell’effettivo valore di quell’atto? Il consenso informato deve essere scritto e facilmente comprensibile da chiunque quando si tratti di azioni invasive o ad elevato rischio. Quindi: • Interventi chirurgici; • Esami che richiedano l’uso di mezzi di contrasto; • Trattamenti radiologici; • Trattamenti potenzialmente incidenti sulla capacità di procreare; • Terapie caratterizzate da un accertato statistico insorgere di effetti collaterali avversi; • Trattamenti psichiatrici di importanza. L’esercente la professione medica,

tuttavia, in assenza di esplicito immediato consenso, può invocare lo stato di necessità allorquando si trovi ad operare nella necessità di salvare il paziente da un pericolo concreto ed attuale di un grave pregiudizio alla salute di questi e l’intervento che effettua è proporzionale al pericolo che intende fugare. In questo caso il medico è autorizzato, anche senza alcun valido consenso, a compiere tutti gli atti che la sua professionalità gli riconosce attuabili all’espletamento del suo mandato. Ho semplificato molto avendo il caso specifico una casistica più ampia: pensiamo all’impossibilità materiale del titolare del bene a rilasciare il proprio consenso, pensiamo ad un minorenne soggetto alla patria potestà, pensiamo all’interdetto. Fior di studi continuano a sezionare la materia per renderla più aderente al questo contesto storico. CONCLUSIONI Per giungere agli estremi,

certamente conosciamo la norma che prevede come reato l’omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) dalla cui pena massima (quindici anni se non aggravata da ulteriori condizioni) può capirsi che la volontà condiscendente del morituro abbia ben poca influenza. E qui ci sarebbe, come sopra, da parlare per un po’: eutanasia, dolce morte, morte assistita oppure accanimento terapeutico? Quanto conta il volere di chi, della propria vita, solo virtualmente dispone? La soluzione più giusta, nell’accezione più pura del termine “giusta”, sarà da trovarsi in un accordo frutto di un patto di non belligeranza tra etica, religione e umana pietà. Poi, come non richiamare alla mente la figura delle Accabadoras, le cosidette “terminatrici”, che nella Sardegna arcaica procuravano una dolce morte al malato terminale, con il suo esplicito o tacito consenso, oppure con il consenso della famiglia. Ma questa è un’altra storia e rischio di ricominciare dall’inizio. TNM ••• 101


TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TA

Sergio Giacoia Direttore di Tiro, Istruttore di Tiro e di Tecniche Operative. Formatore per la “Beretta Defence Shooting Academy”

Di Sergio Giacoia

SESTA PARTE IL «MIND-SET» approfondimenti

I contenuti tecnici del presente articolo rappresentano le opinioni personali dell’autore, le stesse sono libera espressione del pensiero, che viene esposto per esclusivi fini culturali di settore. L’autore e TNM non sono responsabili dell’uso improprio o fuori legge di quanto qui divulgato. Si rappresenta che la sola lettura dell’articolo non può sostituire l’addestramento pratico e l’assidua frequenza di un poligono di tiro sotto la guida di istruttori opportunamente qualificati. TNM ••• 102


ATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA D

Il colore “arancione”, (vedere illustrazione a pag. 72) terzo gradino della piramide, significa una “prontezza specifica” (alert): il soggetto percepisce i segni di un possibile imminente pericolo

osa c’è di più drammatico e traumatico di una situazione nella quale un individuo si trova in immediato e reale pericolo di vita? Ancora di più lo è se questo evento giunge inaspettato, cogliendolo di sorpresa! Uno “scontro armato” può, a pieno titolo, essere annoverato tra questi eventi traumatici. Questo accadimento, che spesso ha conclusioni nefaste, è un qualcosa che comporta per chi, per vari motivi, ne venisse coinvolto la sperimentazione di livelli di “stress” altissimi, i quali possono addirittura comportare manifestazioni invalidanti, rendendo il soggetto del tutto o parzialmente incapace di reagire in modo adeguato alla minaccia . Nell’articolo precedente si è parlato di una “spada di Damocle” che incombe su coloro i quali portano, a qualsiasi titolo, un arma da fuoco al seguito. Gli studiosi della materia hanno analizzato, sempre più in profondità, quelle che sono le alterazioni psichiche e fisiche che si verificano in un soggetto coinvolto in un evento traumatico come questo. Cercando di semplificare al massimo l’argomento, lasciando ad altri contesti gli approfondimenti del caso, possiamo dire che se in qualche modo si vuole cercare di rendere l’effetto dello stress da combattimento più controllabile bisogna fare in modo di essere pronti, sia sul piano mentale, sia tecnico. L’assetto psichico, il “mindset”, di chi deve difendersi e difendere o “proteggere e servire” riveste un ruolo primario. Non ci si stancherà mai di ricordare le parole del grande Jeff Cooper (padre del tiro operativo moderno): “L’uomo combatte con il suo spirito: le sue braccia e le mani non sono altro che un’estensione della sua volontà”. A tal proposito, una semplice rappresentazione figurata, ma che rende bene l’idea, degli elementi che contribuiscono ad alzare il numero di probabilità di uscire vivi da uno scontro armato è la così detta “stella della sopravvivenza”, dove ad ognuna delle cinque punte è posto un elemento fondamentale ai fini della sopravvivenza:

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1. il condizionamento mentale (mind-set), coloro i quali hanno esperienza di combattimento, di qualsiasi tipo, hanno più possibilità di sopravvivenza, avendo un “mindset” già allenato e pronto ad affrontare eventi simili. Chi si addestra con diligenza e frequenza ha un “mind-set” più consono ad eventuali situazioni di combattimento e così via; 2. le tattiche, le tattiche, che si possono apprendere solo attraverso mirati programmi addestrativi finalizzati a riprodurre il più possibile gli eventi che potrebbero verificarsi, devono essere applicate cercando la risoluzione tecnica a tutti i costi e qualora lo scenario offra elementi imprevisti la risoluzione si trova nella capacità degli operatori di improvvisare e raggiungere lo scopo adattandosi alle varie situazioni. Questa capacità di adattamento si sviluppa con l’esperienza, ma se alla base non c’è una profonda conoscenza delle tecniche operative non si potrà certo abbinare le tattiche alla realtà operativa se non le si conoscono profondamente; 3. le tecniche di tiro, la padronanza delle tecniche di tiro è senza dubbio un punto cardine della “stella della sopravvivenza”. Chi non ha capacità avanzate nell’uso e maneggio delle armi da fuoco, chi non conosce e non applica le norme di sicurezza, chi non è capace di risolvere all’istante un inceppamento, chi non porta la cartuccia camerata, chi non si addestra con frequenza nel tiro da difesa utilizzando tutte le tecniche disponibili, avrà pochissime possibilità di uscire vivo da un conflitto a fuoco; 4. la preparazione fisico-atletica (capacità cardio-circolatoria), come si può pretendere di uscire vincenti da un combattimento se non si ha il “fiato” per sorreggerlo? Una buona condizione fisica e un’adeguata capacità cardio-circolatoria aiuta anche a contenere gli effetti dello stress da combattimento; TNM ••• 103


TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TA

5. l’equipaggiamento consono, un esempio per tutti: se si è improvvisamente aggrediti da un uomo armato, come si può credere di dare una risposta efficace e vincente se si deve estrarre la propria arma da una c. d. fondina a “pendula”, assolutamente non idonea all’estrazione rapida?

“Non ci ho visto più dalla rabbia (o dalla paura)”. Un forte stress può comportare realmente un significativo calo della vista le cui conseguenze, in un conflitto armato, dove la visione del teatro operativo riveste un ruolo primario, sono di facile intuizione.

Ricapitolando, se si riescono a mettere insieme i 5 punti cardine della “stella della sopravvivenza”, le probabilità di salvezza aumentano significativamente, viceversa diminuiscono man mano che qualcuno degli elementi viene a mancare. Veniamo ora alle più importanti alterazioni psico-fisiche che si possono manifestare durante un forte stress. Si possono verificare, a secondo del soggetto coinvolto, alcune alterazioni, più o meno significative, quali (l’elenco non ha valenza di sequenzialità):

la difficoltà di prendere decisioni importanti ed immediate. Il cervello entra in una sorta di stato confusionale se non ha un adeguato “mind-set”. Prendere decisioni e fare le scelte giuste, da un punto di vista tattico è quanto mai vitale.

l’incapacità di ricordare ciò che è avvenuto o comunque la sequenza reale degli avvenimenti. Spesso chi è stato protagonista di conflitti a fuoco, interrogato successivamente sull’evento, non riesce a ricostruire la giusta sequenza e dinamica dei fatti. Questo comporta anche problematiche di tipo giuridiziario durante le fasi processuali. la diminuzione della vista e/o dell’udito. In caso di forte stress si può manifestare “l’annebbiamento” della vista e una diminuzione delle capacità uditive. Questo da un lato potrebbe essere un dato positivo, in quanto farebbe diminuire lo stordimento derivante dal forte rumore provocato dall’esplosione dei colpi d’arma da fuoco, ma dall’altro si potrebbe verificare l’incapacità di udire i colleghi, o altri, che tentano di dire qualcosa di utile al fine della riuscita dell’intervento. Quante volte si è sentito dire: TNM ••• 104

si sperimenta un irrigidimento muscolare. Questo fenomeno non va sottovalutato in quanto porta l’individuo a sperimentare, in casi estremi, anche l’incapacità di concretizzare una fuga dal pericolo o utilizzare al meglio gli arti per la difesa personale. si può avere una percezione distorta del tempo e dello spazio. Quando si è in stato di stress il tempo sembra dilatarsi e la percezione dello spazio si potrebbe alterare. Ad esempio, chi ha vissuto l’esperienza del terremoto, ha certamente avuto la sensazione che la scossa sia durata “un’eternità”, mentre in realtà è durata solo alcuni secondi. spesso vi è una perdita del “coordinamento motorio fine”. Il coordinamento motorio fine non è altro che quel “meccanismo” che ci permette, ad esempio, di infilare una chiave nella serratura e girarla. Ecco perché, come si vede nei film horror, la “solita signora” inseguita dal “solito maniaco” non riesce mai ad aprire la porta di casa per rifugiarsi o a infilare le chiavi d’accensione nel quadro per fuggire in auto. Scherzi a parte, si pensi alla difficoltà che può avere un operatore nei maneggi dell’arma


ATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA D

Le tattiche, che si possono apprendere solo attraverso mirati programmi addestrativi finalizzati a riprodurre il più possibile gli eventi che potrebbero verificarsi, devono essere applicate cercando la risoluzione tecnica più consona

come, ad esempio, risolvere un malfunzionamento in un conflitto a fuoco in atto.

atletica; • l’esperienza. Un notevole aiuto si avrà se si è già vissuto stati di stress da pericolo di vita; Ed infine, ma non per questo meno importante, la • si ribadisce che il giusto atteggiamento mentale (“mindfamosa “visione a tunnel”, ossia la concentrazione set”) gioca un ruolo fondamentale nel difficile compito dell’operatore su un unico punto da dove si avverte per di uscire con meno danni possibili da queste situazioni primo la provenienza del pericolo, come se si stesse estreme; guardando attraverso un tubo. Ma le fonti di pericolo • anche l’addestramento continuato e ripetuto svolge potrebbero essere in ogni zona del teatro operativo, se ciò un ruolo primario. Si è osservato che le reazioni di un si verificasse il tiratore potrebbe essere oggetto dei colpi di individuo sotto stress (un conflitto a fuoco è certamente un altro individuo posto fuori dal suo campo visivo. Questo una condizione di stress portato ai massimi livelli) è uno dei motivi per cui nel tiro da difesa si consiglia di diventano abbastanza caotiche: una perfetta padronanza sparare con entrambe gli occhi aperti, in quanto già si ha tecnica, acquisita per mezzo di ripetizioni continue una visione limitata a causa dello stress da combattimento e logiche, permetterà l’utilizzo meccanico dei gesti (“effetto tunnel” e/o diminuzione della vista), se poi si memorizzati, anche con quel minimo di lucidità mentale tiene anche uno degli occhi chiusi la visione della scena rimasta. operativa si restringe in modo troppo pericoloso. infine l’imperativo è: non farsi prendere di La domanda è sempre quella: sorpresa e alla sprovvista! come minimizzare questi fenomeni? È opportuno, a questo punto, illustrare quello che è Intanto bisogna precisare che gli stessi possono non stato denominato: “gradi di prontezza al combattimento” verificarsi tutti contemporaneamente. Vi sono soggetti o “classificazione del codice dei colori di prontezza al che sono più esposti ad un fenomeno piuttosto che a un combattimento”, ovvero la nota “piramide dei colori”. altro; in alcuni si manifestano in modo più significativo che Alla base della piramide vi è rappresentato in altri. Ciò dipende da diversi fattori soggettivi, come ad l’atteggiamento mentale indicato con il colore bianco o esempio il livello di addestramento, l’esperienza operativa verde. Salendo verso l’apice della piramide si passa da un o di combattimento, il carattere del soggetto coinvolto, la livello di atteggiamento mentale ad un altro successivo, condizione fisica del momento: sempre più attento e pronto rispetto a ciò che accade, • in generale, per prima cosa è importante conoscerli e fino a raggiungere il vertice, rappresentato dal colore sapere che questi fenomeni possono verificarsi, in varia nero (il combattimento vero e proprio). I colori utilizzati misura, in tutti coloro che si trovano in pericolo di vita; per rappresentare i livelli di prontezza operativa sono • come si è gia accennato, è importante possedere un buon cinque: 1) il bianco o il verde, 2) il giallo, 3) l’arancione, 4) sistema cardio circolatorio e una buona preparazione il rosso e 5) il nero. TNM ••• 105


TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TA

Il colore “bianco”, il primo gradino della nostra piramide, sta a rappresentare “nessuna prontezza” (unaware): il soggetto è fisicamente presente, ma con la mente è assente. Ha un atteggiamento distratto, i pensieri sono prettamente rivolti alla sfera del privato, ai “fatti propri”. Questa condizione mentale comporta l’impossibilità di fronteggiare qualsiasi tipo di emergenza, la quale troverà il soggetto assolutamente impreparato a reagire in tempo utile. Chi incoscientemente affronta il servizio o il mondo circostante così, potrebbe anche ingenerare nei malintenzionati l’incoraggiamento all’aggressione. Il colore “giallo”, il secondo gradino della piramide, simboleggia una “prontezza generale” (watchfull): il soggetto pur essendo fisicamente rilassato ha tutti i sensi

combattimento

pericolo imminente

prontezza specifica

prontezza generale nessuna prontezza

all’erta, è pienamente consapevole di avere un’arma al seguito. Essere in condizione “gialla” significa che si è attenti al mondo circostante e significa anche essere pronti a reagire in modo adeguato in caso di necessità; Il colore “arancione”, terzo gradino della piramide, significa una “prontezza specifica” (alert): il soggetto percepisce i segni di un possibile imminente pericolo. Dalla condizione “gialla” il soggetto passa a quella “arancione” e inizia a guardarsi intorno ai fini di valutare lo scenario operativo, si valutano le persone presenti, i veicoli, i possibili ripari. Ci si prepara ad affrontare l’evento nel migliore dei modi, respirando profondamente e facendo lavorare il cervello, ogni cosa presente nell’ambiente circostante può esserci utile per la risoluzione della situazione se si dovesse evolvere in senso negativo; Il colore “rosso”, il penultimo gradino della nostra piramide TNM ••• 106

è il “pericolo imminente” (possibile fight): si è capito che l’aggressione ci sarà, il soggetto passa dalla condizione mentale “arancione” a quella “rossa”, si predispone in posizione di combattimento nel tentativo di affrontare al meglio l’eventuale aggressione, continua a respirare profondamente e cerca fino all’ultimo di evitare lo scontro, ma nel contempo, essendo addestrato, è consapevole che se accadrà l’inevitabile è pronto psicologicamente e tecnicamente ad affrontarlo; In ultimo abbiamo il colore “nero”, che occupa una piccola porzione della punta della piramide dei colori, perché l’eventualità che si arrivi alla scontro vero e proprio è statisticamente abbastanza residuale (dipende anche dai contesti operativi in cui si opera: una favelas brasiliana è diversa da un quartiere del centro di Roma), esso sta a rappresentare il “combattimento” vero e proprio (fight): purtroppo tutto è andato male, il soggetto si trova di fronte ad una persona chiaramente intenzionata ad usare un’arma. Non vi è che una possibilità per uscirne, usare la forza letale della propria arma da fuoco! Si deve agire rapidamente ed in modo tatticamente efficace, pena la sopravvivenza! Senza entrare troppo nello specifico (studi approfonditi su queste tematiche servono più agli istruttori che agli operatori) si può affermare che questo modo di rappresentare le cose ha una sua valenza nell’aiutare gli operatori a comprendere meglio il problema e a tentare di porvi dei rimedi. La realtà purtroppo è che l’operatore medio in Italia, così come i possessori di porto d’armi da difesa, non hanno sempre la possibilità materiale di seguire particolari addestramenti, non disponendo magari di grandi mezzi economici, o di un adeguato equipaggiamento. Allora pochi consigli ma essenziali: addestrarsi più che si può, possibilmente con bravi istruttori provenienti da reali esperienze maturate in contesti operativi (corpi d’élite di polizia e/o militari), nei limiti delle possibilità economiche e di regolamento, procurarsi gli equipaggiamenti più idonei, fatto salvo gli impegni personali e di lavoro, trovare del tempo libero da dedicare alla preparazione fisico-atletica, quando si è in giro, cercare sempre di stare attenti a quello che succede intorno, non essere distratti e superficiali, interpretare i segni premonitori, tutto ciò può servire a…non farsi mai prendere di sorpresa! In ultima analisi, rivolgendosi soprattutto agli operatori della sicurezza e rimanendo in tema di atteggiamento di “mentalità operativa”, è opportuno porre l’attenzione sui consigli per evitare di incorrere in uno o più dei così detti “10 errori fatali”, causa di morte o ferimento in servizio: SCARSO IMPEGNO: non avere la “testa” presente, pensare


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a problematiche private durante il lavoro, porterà solo a fare errori avvolte fatali; SONNO IN SERVIZIO: questo, oltre ad essere contrario al regolamento, mette in pericolo la vita degli operatori perché fa abbassare significativamente i livelli di attenzione; CATTIVA SCELTA DELLA POSIZIONE: la scelta della posizione durante un controllo non può essere lasciata al caso, bisogna porsi sempre in posizione di vantaggio rispetto ai soggetti con i quali si ha a che fare per un qualsiasi motivo; La scelta della posizione durante un controllo non può mai essere lasciata al caso.

MANCATO RICONOSCIMENTO DEI “SEGNI PREMONITORI”: bisogna imparare a riconoscere i segni premonitori di eventuali pericoli, con il tempo e l’esperienza questo diverrà sempre più facile; MANCATO CONTROLLO DELLE MANI DI UN SOSPETTO: sembra superfluo commentare questo errore, eppure molti operatori trascurano di tenere d’occhio le mani dei fermati; CARENTE O NULLA PERQUISIZIONE: nascondere un arma o un oggetto atto ad offendere non è un’impresa ardua per un malvivente, le conseguenze di una perquisizione fatta male si sono spesso rivelate tragiche; PREMATURO RILASSAMENTO: finché il “fatto” non è realmente finito bisogna tenere alta la guardia. Alcuni operatori sono rimasti uccisi o feriti per aver terminato prematuramente di porre l’attenzione a quel che stava accadendo, convinti che l’operazione fosse conclusa… ma così non era; IMPROPRIO USO DELLE MANETTE: i fermati vanno ammanettati con perizia e sempre almeno con entrambe le mani dietro la schiena; CARENTE MANUTENZIONE ED IMPIEGO DELL’ARMA: che senso ha portare al seguito un arma che non è efficiente (scarsa pulizia e manutenzione) ? Che senso ha portare al seguito un arma che non è pronta all’impiego (cioè senza cartuccia camerata) o portare al seguito un arma che non si sa usare perché non ci si addestra mai o raramente e con modalità non idonee;

Bisogna imparare a riconoscere i segni premonitori di eventuali pericoli, con il tempo e l’esperienza questo diverrà sempre più facile. Nascondere un arma o un oggetto atto ad offendere non è un’impresa ardua per un malvivente, le conseguenze di una perquisizione fatta male si sono spesso rivelate tragiche.

CORAGGIO INCOSCIENTE: affrontare situazioni a rischio in inferiorità numerica porta a soccombere. Nessuno ha bisogno di eroi morti! Meditate gente (che va in giro con la pistola), meditate! “Previa autorizzazione del Ministero dell’Interno, l’autore è disponibile per stages, corsi, consulenze e conferenze.” Info: berettadefenceshootingacademy@beretta.com

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Il corso, dedicato a tutti i regolari possessori di un’arma da fuoco, consente l’apprendimento dei fondamentali e della corretta “piattaforma” di tiro necessaria per un uso consapevole e sicuro dell’arma.

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L’allievo che ha già frequentato il corso Responsible Citizen viene accompagnato nel riconoscimento dei propri limiti e nello sforzo di allargarne i confini.

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Nessun compromesso viene concesso all’allievo, guidato ad affrontare esercizi di crescente complessità e difficoltà; gli scenari simulano situazioni realistiche o specifiche, lo stress indotto condiziona la mente dell’allievo e le sue risposte corporee.

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di pablo escobar

LA SCIARADA

BOSTON CECENIA DELL’FBI come preambolo a questo articolo, ci sono buchi intergalattici nella storia dei Fratelli Tsarnaev. Ora sappiamo anche – attraverso la loro madre – che l’FBI teneva d’occhio il fratello maggiore, Tamerlan, già da cinque anni. In Può essere stata un’operazione una successiva intervista a Piers d’intelligence finita molto male. Può essere stata una controffensiva Morgan della rete americana CNN, la madre ha parlato di un vero e degli ex-“guerrieri della libertà” proprio “counseling”. – in questo caso di etnìa cecena – riconvertiti in terroristi. Può essere stata una rappresaglia alla politica Allo stesso tempo, l’FBI fu estera americana che prende di costretta ad ammettere che già nel 2011 aveva accettato la mira i Musulmani, spedendoli richiesta da parte di un governo a Guantanamo, Abu Ghraib o “straniero” (nome in codice: Bagram, estradandoli in modo Russia) di controllare meglio straordinario o assassinandoli Tamerlan. Questo, a quanto pare, intenzionalmente. l’hanno fatto – senza trovare in lui alcuna attività di tipo terroristico. Come ho già scritto altrove quasi LONDRA – L’esplosione delle bombe a Boston è stata decisamente un’azione vendicativa. Questo è certo. Il punto è: che tipo di vendetta?

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Che è successo dopo? Alcuni soggetti dell’FBI con un QI maggiore di 50 devono essersi resi conto di aver messo le mani su un prezioso “bene” Ceceno - americano. Quindi Tamerlan divenne un informatore dell’FBI. Potevano manovrarlo come una marionetta – come avevano fatto con altri prima di lui. D’altra parte se non l’avessero fatto, l’FBI sarebbe stata giustamente accusata d’imbarazzante incompetenza (e non sarebbe stata la prima volta). Perché quello che l’FBI sta dicendo è che non avevano alcun indizio su che cosa il loro “uomo” stesse lavorando, che stesse preparando una bomba, che


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l’avesse collaudata e che stesse trasportando uno zaino nero sospetto alla maratona di Boston. Quello che l’FBI non dirà mai è quando sia stata l’ultima volta che hanno controllato/monitorato/ tampinato Tamerlan. Ricordatevi che questa è la stessa FBI che ci ha regalato il complotto IranianoMessicano alla Fast and Furious per uccidere un Ambasciatore saudita, complotto poi rientrato nel giro di pochi giorni. Tamerlan, alla fine, ha deciso di sparire dalla scena (..e non ci vuole poi così tanto) – e dopo anni di vessazioni e ossessioni, ha iniziato a fare il doppio gioco. Risulta che abbia lasciato gli USA per la Russia per un lungo periodo di tempo – dal Gennaio al Luglio 2012. Nessuno sa esattamente cosa abbia fatto; all’FBI piacerebbe poter dimostrare che era impegnato in attività di addestramento tattico di tipo terroristico. Eppure, se fosse stato davvero un “uomo” prezioso, sarebbe stato mandato in missione come infiltrato degli jihadis ceceni capeggiati da Doku Umarov nel vicino Dagestan.

L’esplosione delle bombe a Boston è stata decisamente un’azione vendicativa. Questo è certo. Il punto è: che tipo di vendetta?

Per quanto riguarda l’ultima parola, densa di sfumature, sul rapporto molto stretto che intercorre fin dagli anni ’90 tra Washington ed i terra-risti Ceceni - un argomento tabù per i grandi gruppi d’informazione americani. L’ESERCITAZIONE L’FBI ha il potere di imporre agli USA e al mondo intero questa improbabile sceneggiatura del “giovane Ceceno cattivo”. Cerchiamo quindi di sviluppare uno scenario alternativo e credibile, e vediamo dove ci porta. Invece di due ragazzi “stranieri”, completamente americanizzati, in cui all’improvviso scoppia un odio “contro le nostre libertà”, TNM ••• 111


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instillato da un indottrinamento jihad, per lo più online, cerchiamo di capire chi trae un reale vantaggio dai fatti di Boston.

programmazione doveva necessariamente prevedere un’immediata via di fuga – trasporto, passaporto, denaro, biglietti aerei. Non c’era niente. Dzhokhar andò a scuola, fece allenamento in palestra, socializzò, mandò messaggi su Twitter.

Il Boston Globe è stato costretto a far “sparire” l’informazione che durante la maratona fosse in corso un’esercitazione anti-terrorismo, completa di cani da fiuto di esplosivi. Immaginatevi l’FBI che dice al suo “uomo” Tamerlan che avrebbe preso parte all’esercitazione. Anche se lui è un duro, avrebbero facilmente potuto minacciare la sua famiglia se non avesse cooperato. Quindi, a Tamerlan viene consegnato uno zaino nero con dentro una pentola a pressione/ bomba e gli viene detto di posarlo in un posto preciso - come fosse una delle procedure previste dall’esercitazione. Ed è proprio qui che dobbiamo stare molto attenti: non c’è alcuna prova definitiva per stabilire se questa doveva essere solo un’esercitazione o se TNM ••• 112

Tamerlan, il maggiore dei due fratelli ceceni che hanno insanguinato la maratona di boston

la bomba avesse davvero dovuto esplodere. Supponiamo che il duro Tamerlan e suo fratello Dzhokhar siano i veri responsabili (escludendo del tutto l’FBI). Tutta quella

Non c’è ombra di testimone che dica che furono i due fratelli a posizionare le bombe. Lo fecero perché glielo ordinò l’FBI. E da qui in poi, è tutto pieno di buchi. Hanno rubato una Mercedes a una stazione di servizio mettendo in fuga il guidatore – non senza dirgli che erano loro i dinamitardi della maratona. Dzhokhar con la Mercedes sfugge ad una grossa sparatoria, sfondando un imponente sbarramento di poliziotti –senza però evitare che la Mercedes investisse Tamerlan, il cui corpo era foderato di esplosivo. Dzhokhar lascia una scia di sangue ma non viene inseguito da alcun cane. E poi è stata collaudata la


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cara legge marziale: un’intera città paralizzata – a un costo inimmaginabile – perché c’è un teenager in fuga. Sta attenta, America: questo è solo l’inizio. L’ONNISCIENTE “THE CRAFT” Poche divise paramilitari del mondo occidentale industrializzato sono tanto sinistre quanto quella di the Craft . E The Craft è stato il responsabile il responsabile dell’esercitazione. Il suo simbolo è un teschio, molto simile a quello dell’eroe della Marvel, Ghostrider il Punitore. Il suo motto non è per niente “timido”: “Qualsiasi cosa ti abbia detto tua madre, la violenza risolve i problemi”. Non c’e’ traccia sui mezzi d’informazione americani degli operativi di The Craft presenti in gran numero alla maratona di Boston: un vero e proprio blackout mediatico. I canali d’informazione alternativi, tuttavia, non si sono fatti intimidire. Esistono vari siti internet dove si possono trovare numerosissime immagini che mostrano gli operativi del Craft alla maratona, con tanto di uniforme da combattimento, zaini neri, attrezzature tattiche e persino rilevatori di radiazioni. Ora, come ha reagito l’FBI? Imponendo un totale blackout. Censura totale delle immagini (“… qualsiasi altra immagine non sarà ritenuta credibile”). Solo foto e video dei fratelli Tsarnaev. Il Craft non si tocca. Il problema è che tutto quello che in questa vicenda riguarda The Craft è molto preoccupante. 1) La sua invisibilità – con i grandi gruppi mediatici che s’inchinano all’FBI e non ne fanno alcuna menzione. 2) La loro esperienza nel campo della sicurezza - un esercito di mercenari strapagati e di duri super addestrati carichi di attrezzature supertecnologiche TNM ••• 113


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che non riesce a trovare un paio di bombaroli dilettanti. 3) La sinistra possibilità che questa potrebbe essere stata un’operazione segreta messa in atto proprio da The Craft. Se ci atteniamo alla realtà, tralasciando gli eroi della Marvel, tutto dell’attentato alla maratona di Boston ricorda molto da vicino il modus operandi di quella dubbia galassia di finti alQaeda. Inoltre, le prove e notizie Nella seguente immagine operativi del Craft alla maratona, con tanto di uniforme da combattimento, zaini neri, attrezzature tattiche e persino rilevatori di radiazioni. raccolte intorno alla storia e al comportamento dei fratelli – nessun trascorso militare o di 1) poteva finire molto peggio; ecco funzionari dell’amministrazione sabotaggi - suggeriscono anche spiegata la necessità di trovare di George W Bush erano tutti che non avevano l’esperienza due agnelli sacrificali nel giro di coinvolti in torture, e che le necessaria per organizzare la cosa poche ore; oppure torture erano sistematiche, tutta da soli. E’ invece ragionevole 2) a sinistra probabilità che tutto benché non servissero per nulla a supporre che si sia trattato di questo è stato progettato come evitare future azioni terroristiche. un’operazione copiata da quelle di uno stratagemma per produrre al-Qaeda e poi attribuita a un paio quel preciso risultato – ovvero, Washington sta per unirsi ai di ‘capri espiatori’ – qualcosa che, la quasi totale militarizzazione luccicanti ranghi dell’Egitto in teoria, il Craft poteva facilmente della vita civile statunitense. di Mubarak, del Bahrain e architettare. dell’Uganda. Come dice quel E’ scritto (col sangue) su tutti i malefico piccolo impiastro del Ed ecco, quindi, dove ci porta muri. Le ultime vestigia dello stato Senatore Lindsay Graham: “Oggi questo scenario piuttosto di diritto stanno svanendo – anche il campo di battaglia è il territorio realistico: una falsa operazione se una commissione bipartitica nazionale”. E se noi te lo diciamo, FBI/Craft che aveva scoperto che diversi alti tu devi combattere il nemico. TNM ••• 114


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Arc'teryx LEAF Urban Wolf Nel Film “Enter the Dragon” Bruce Lee ha fatto il suo famoso commento... “L'arte di combattere senza combattere”. Allo stesso modo Arc'teryx ha introdotto “l'arte di nascondersi senza nascondersi”. Il camuffamento urbano si basa spesso semplicemente su un pattern tradizionale in grigio e nero. Questo può andar bene per i film, ma nessuno in questo modo è mai realmente nascosto. La linea Urban Wolf di Arc'teryx si allontana da un modello di camouflage urbano base difficilmete utile e si avvicina con la nuova linea Wolf ad una quasi perfetta soluzione per ttutticoloro che neccessitano di operare in ambiente urbano. Chiunque abbia fatto una sorveglianza su un tetto, o la sorveglianza in un qualsiasi punto della città sa che è molto più facile seguire una persona che si distingue per un abbigliamento poco idoneo. Le persone che meno spiccano sono quelle più difficili da seguire; Urban Wolf, con il suo colore grigio scuro, si fonde con il cemento, acciaio, asfalto e tutti i colori e materiali simili che si possono trovare più spesso in un città. • GIACCA: Arc'teryx Alpha LT Jacket - 365 GRAMMI, 3 STRATI waterproof/ windproof, membrana isolante in GORE-TEX . • PANTALONE: Arc'teryx Drac Pants- 831grammi, antivento e antipioggia, morbide ginocchiere, 8 tasche. • CUFFIE: MSA Supreme Pro- 330 grammi , cuffie elettroniche con oltre 200 ore di autonomia operativa utilizzando batterie AAA. • FONDINA: Safariland Holster- Automatic Locking System (ALS). • ARMA DI BACK UP: Glock 17 in 9mm con custom stippling.


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l coltello che presentiamo oggi è ricco di fascino non solo per la sua essenziale funzionalità ma anche per il carisma delle due persone che lo hanno progettato. Jeff Randall e Mike Perrin sono due straordinari personaggi di origini statunitensi che, con grande coraggio, sono riusciti a realizzare il loro sogno ed a concretizzare il desiderio di avventura che li ossessionava fin dalla giovane età. Inizialmente la RAT ( Randall Adventure and Training ) era una agenzia di viaggi specializzata in escursioni nella giungla peruviana.

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Il grande salto avviene nel 1997, quando Jeff e Mike riescono a sottoscrivere un contratto di formazione per gli allievi della Air Force School peruviana. Il corso viene denominato ESEE ( Escuela de Supervivencia, Escape, Evasion ). Questo acronimo viene poi utilizzato anche nella sezione americana di addestramento alla sopravvivenza con il significato di “Education of Survival, Escape and Evasion”. I corsi richiamarono subito un nutrito numero di allievi provenienti dall’esercito e dalle forze di polizia,

operatori di sicurezza civili, personale per il soccorso e la protezione civile ed escursionisti desiderosi di apprendere le tecniche di sopravvivenza più efficienti. Attualmente la RAT cura la preparazione del personale logistico e di supporto alle troupe cinematografiche di Travel Chanel e Discovery Chanel. E’ ovvio che una delle componenti fondamentali per la buona riuscita di una missione in un ambiente dove la natura ostile domina incontrastata è l’equipaggiamento e per sopravvivere in una giungla


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Adventure Knife ): un robusto “camp knife” con una spessa lama lunga più di 10 pollici. Nella linea di questo primo progetto si riconoscono già le caratteristiche morfologiche dei modelli introdotti successivamente. La produzione del primo lotto di RTAK fu affidata alla Newt Livesay Knife Co. ed il successo fu inaspettato. Nel 2002 la produzione passa alla Ontario Knife Co. e vengono introdotti altri modelli di varie dimensioni così da poter soddisfare le esigenze di tutti gli utenti. Tutti i coltelli della RAT hanno però le stesse caratteristiche di essenzialità e robustezza. Alla progettazione dei nuovi modelli hanno partecipato anche esperti dei corpi speciali statunitensi e sudamericani. Il contratto con la Ontario si conclude nel 2007, quando Jeff e Mike decidono di fondare la propria industria indipendente per la produzione dei loro coltelli. Nasce così la ESEE Knives, con sede a Gallant, in Alabama. Lo scopo di questa scelta è quello di fornire un prodotto particolarmente curato nell’esecuzione, nelle finiture e nella scelta degli accessori. L’esemplare che ci è stato gentilmente concesso in prova dalla Coltelleria Collini di Busto Arsizio (Va) è il modello ESEE 3 in versione “Desert Tan Survival”. Questo il coltello è sicuramente uno degli coltello a lama fissa ha una lunghezza strumenti più importanti. Fu così che totale di 21 cm. La lama misura 98 prese corpo l’idea di progettare un mm. ed ha la classica conformazione coltello con una conformazione ideale “drop point” con un angolo di punta alle loro esigenze. Tra gli strumenti non eccessivamente acuminato come più utilizzati dai partecipanti ai corsi si addice ad un coltello da lavoro. di sopravvivenza c’è sicuramente il Lo spessore, a livello del codolo e machete ma i due istruttori appurarono del tallone è 3,3 mm. e si assottiglia che la lama leggera e flessibile spesso progressivamente fino alla punta. La si rompeva se sollecitata troppo sezione della lama è “Full Flat” così vigorosamente ed il coltello da fianco da conferire la massima capacità di spesso non era in grado di sostituirlo. taglio. Il filo è molto tagliente e ben Sulla base di queste considerazioni, il eseguito. L’ESEE 3 è disponibile in primo coltello disegnato da Randall e versione a filo completamente piano Perrin fu il RTAK ( Randall’s Trainig/ o a filo misto. In corrispondenza della

parte inferiore del tallone c’è lo scasso per il posizionamento del dito indice che permette di impugnare il coltello in posizione avanzata; sul dorso c’è la zigrinatura per la presa del dito pollice. L’ESEE 3 ha una impugnatura “Full Tang” con guancine in “canvas micarta” finemente zigrinate che assicurano un’ottima grippabilità anche con mani bagnate. Le guancine sono fissate al codolo mediante tre viti a brugola che possono essere agevolmente rimosse per la pulizia o l’eventuale sostituzione. L’accoppiamento delle guancette al codolo è particolarmente accurato; infatti viene eseguito con una apposita strumentazione su ogni singolo esemplare per evitare imprecisioni causate dalle piccole differenze tra un pezzo e l’altro indotte dai processi di lavorazione. Il margine inferiore del manico termina anteriormente con uno sperone di generose dimensioni che funge da arresto anteriore ed impedisce lo scivolamento in avanti della mano quando si impugna il coltello in posizione arretrata, inoltre assicura una salda presa quando lo si utilizza in posizione avanzata inserendosi saldamente tra il dito indice ed il medio. L’estremità posteriore presenta un robusto “ Spacca vetri o Skull cruscher” ed il foro per il laccio da polso. L’ESEE 3 è disponibile con tre tipi di sfonda cristalli: l’esemplare in prova ha la punta ad angolo vivo ma si può avere anche con la punta arrotondata. Esiste infine la versione ESEE 3 MIL destinata al personale militare e law enforcement che ha la punta dello sfonda vetri ulteriormente acuminata mediante fresatura delle facce laterali. L’acciaio utilizzato è il “1095 Carbon Steel”; un acciaio al carbonio non inossidabile tra i più utilizzati per la coltelleria per le sue doti di robustezza, che raggiunge una durezza di 57 HRC TNM ••• 119


Tactical Knife Tactical Knife Tactical Knife Tactica

e consente una facile riaffilatura. I trattamenti termici dei coltelli della ESEE vengono effettuati dalla Rowen Manufactoring in Idaho. La finitura superficiale di questa versione è denominata “powder coated finish” e si ottiene mediante una nebulizzazione di polveri termo-plastiche o di polimeri termoindurenti che si attaccano al metallo grazie ad un processo elettrostatico. Il metallo così trattato viene successivamente sottoposto ad un riscaldamento che fa aderire le polveri in modo tenace favorendo la penetrazione nelle microporosità superficiali fino a formare una sorta di “strato di pelle” molto dura e resistente alle sollecitazioni meccaniche e chimiche. Uno dei vantaggi di questo trattamento è che non prevede l’uso di solventi liquidi. L’esemplare in esame è denominato ESEE 3 Desert TNM ••• 120

tan pertanto sia la parte metallica che la micarta dell’impugnatura sono color sabbia. Sul lato sinistro della lama c’è la scritta “ESEE Knives – USA” che rappresenta un punto di vanto per l’Azienda in quanto, attualmente, la maggior parte delle fabbriche di coltelli statunitensi fanno produrre le lame all’estero ( Giappone, Cina, ecc..). I Coltelli della RAT sono prodotti interamente negli USA. Sul lato sinistro del tallone c’è la scritta “Rowen”: l’azienda che si occupa del trattamento termico. Sul lato sinistro, oltre alla scritta ESEE 3 c’è lo stemma della Randall’s Adventure Training & Equipment. Gli esemplari sono numerati ed hanno una garanzia totale ed illimitata che assicura la sostituzione del coltello in caso di rottura di qualsiasi genere. L’unico evento che non è coperto dalla

garanzia è l’ossidazione. Questo è anche il punto dolens dei coltelli ESEE; l’acciaio utilizzato è sicuramente molto valido ma molti utenti si sono lamentati per l’ossido che tende a formarsi sul filo della lama, che non è protetto dal trattamento Powder coating, e sulle superfici che perdono con l’uso la protezione superficiale. E’ ovvio che tutti i coltelli con lama e codolo in acciaio non inossidabile vanno puliti ed asciugati dopo l’utilizzo. La scelta di avere un coltello 1095 Carbon Steel assicura dei grandi vantaggi prestazionali ma va effettuata una manutenzione occasionale per impedire la formazione dell’ossido. Molti appassionati hanno chiesto a Randall e Perrin di produrre i loro coltelli anche in versione inossidabile ma, per il momento, i due guru del survival non ne hanno nessuna intenzione. L’ESEE 3 è disponibile anche con finitura superficiale grigio scuro e nera. Sono inoltre disponibili guancine di vari colori, anche sgargianti, per facilitare il ritrovamento in caso di caduta tra le foglie o nel fango o nell’acqua. Il fodero è formato da due gusci in ABS che abbracciano la lama ed i primi 25 mm. dell’impugnatura facendo presa sullo sperone anteriore. La tenuta è salda e sufficientemente tenace da impedire la fuoriuscita involontaria ma consente un’estrazione abbastanza agevole. I due gusci sono uniti da otto rivetti che presentano un foro centrale di generose dimensioni; questi fori consentono di montare, mediante delle viti, le componenti per il porto: il passante per la cintura può essere fissato in modo tale da posizionare il coltello sia in posizione orizzontale che verticale. Ci sono anche due passanti in plastica per il sistema molle mediante i quali il coltello può essere fissato in tutte e quattro le posizioni. Inserendo una cordicella nei due fori situati sulla punta del fodero, L’ESEE 3 può diventare anche un “neck knife”. Il fodero è dotato anche di una “paracord” ed un moschettone in plastica a strozzo; facendo passare la corda nei fori laterali del fodero stesso e fissandola col moschettone


al Knife Tactical Knife Tactical Knife Tactical Knife Tac

si ottengono due passanti per cintura molto pratici e poco ingombranti. Tra gli optional disponibili c’è anche un supporto in nylon balistico, a cui si può ancorare il fodero in ABS mediante le solite viti, che permette di fissare, sempre col sistema molle, il coltello al tactical vest. Ovviamente le posizioni di porto sono reversibili sia per utenti destrimani che per mancini. L’ESEE 3 è quindi un ottimo strumento da lavoro per coloro che necessitano di un coltello semplice, robusto, facile da riaffilare, leggero e poco ingombrante ( lo spessore, a livello dell’impugnatura, è di soli 12,5 mm. ). Il peso contenuto ( 148 gr. ) ed i soli 21 cm. di lunghezza lo rendono una valida alternativa al coltello chiudibile. Esiste anche un modello ESEE 4, con lama da 11,4 cm. e lunghezza totale di 22,8 cm., ed un modello ESEE 5, lungo 27,7 cm. e con lama da 13,7 cm. La linea e le finiture disponibili sono identiche alla versione 3. Come abbiamo già accennato, la caratteristica che salta subito all’occhio quando si esamina l’ESEE 3, è l’essenzialità. La linea è semplice e funzionale e le dimensioni sono state studiate con l’intento di ridurre al massimo gli ingombri ma permettono un’ottima maneggevolezza anche a chi ha le mani grandi. D’altronde Jeff Randall e Mike Perrin non sono certo due sprovveduti. Hanno trascorso la maggior parte della loro vita in mezzo alla giungla ed hanno dovuto far fronte costantemente alle problematiche più gravose. Le conoscenze acquisite durante queste esperienze hanno reso questi due personaggi dei veri docenti nel settore della sopravvivenza. Hanno anche scritto un libro che descrive gli episodi più interessanti e significativi della loro vita: Adventure Travel In The Third World. Le scelte di vita fatte da questi due personaggi sono alla base del loro carisma. Jeff e Mike sono riusciti ad infondere una parte di questo fascino anche nei loro coltelli; infatti sono anch’essi frutto della loro esperienza. Si ringrazia la Coltelleria Collini di Busto Arsizio ( Va ) per averci fornito l’esemplare oggetto di questa prova.


ESERCITO ESERCITO ESERCITO ESERCITO ESERCITO ESERC

I VECCHI REPARTI DEL NOSTRO ESERCITO

di Paolo Palumbo

a sospensione della leva, sancita dal decreto legislativo 8 maggio 2001 numero 215 dal secondo governo Amato, ha rivoluzionato tutto l’apparato militare italiano portando alla sua prima importante e completa riforma. Con la fine della leva obbligatoria, molti reparti, sono stati letteralmente cancellati dall’ordinamento militare, ma soprattutto sono cadute nell’oblio tutte le tradizioni militari che portavano con se. Questo piccolo spazio di TNM dedicato ai vecchi battaglioni/ reggimenti del nostro esercito, vuole ricordare che – esercito di professionisti a parte – la loro storia, i loro trascorsi bellici, ma soprattutto vuole porre l’accento sul fatto che l’esercito di leva, per quanto criticato, ha avuto il compito di formare intere generazioni e ancora oggi, se permettete, è abbastanza evidente quale sia la differenza tra chi ha o non ha fatto il militare (ovviamente tenendo conto del reparto in cui

L

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l’ha svolto). Una volta, parlando con il Generale Fabio Mini, abbiamo convenuto sul fatto che l’esercito di leva, per quanto caratterizzato da uno svariato numero di componenti umane, abbia sempre fatto il suo dovere e i giovani che lo formavano si siano sempre distinti sia in Italia, sia all’estero. La leva, sebbene non

trasmettesse quella professionalità riscontrabile nei reparti di oggi, infondeva comunque dei valori che in molti ragazzi sono rimasti intatti, sia essi abbiano militato in reparti volontari come la Folgore, sia in reparti di fanteria motorizzata e/o meccanizzata con i suoi mitici fucilieri assaltatori. La vita in caserma per coloro che si accingevano a fare la “naja” era una prova difficile, si entrava a far parte di un micro mondo tutto particolare fatto di cose giuste e sbagliate, ma comunque strutturato su basi solide e tradizioni antiche che non tutti erano pronti a cogliere, ma che comunque hanno lasciato una traccia indelebile. Non è un caso che tra i “giovani” della mia generazione una delle domande più comuni sia sempre: “Ma dove hai fatto il militare? Di che scaglione eri?”. Tra le prime grosse unità che hanno fatto la storia del nostro esercito e che ricopriva un ruolo primario nella cosiddetta


CITO ESERCITO ESERCITO ESERCITO ESERCITO ESERCITO ESERCI

Regione Militare Nord Ovest, vi era la Brigata “Cremona”. Per ripercorrere la storia di questo glorioso reparto non basterebbero le pagine di questo giornale, tuttavia proviamo a presentarne una breve sintesi. Breve storia La Brigata motorizzata “Cremona” fu fondata nel 1859 e partecipò a tutti i principali avvenimenti bellici della storia italiana. La sua

inquadrata nella celebre 8° Armata Britannica e insieme ai canadesi e unità partigiane partecipò alla liberazione di Alfonsine, Adria, Mestre e Venezia. Nel 1945 cominciò la lenta ricostruzione del futuro esercito della Repubblica. Nel 1951 si aggregò alla nuova divisione di fanteria “Cremona” il 157° “Liguria”, il XIV battaglione carri e il 1° Gruppo Esplorante Dragoni (Nizza) e il VI battaglione Bersaglieri. Dopo la ricostruzione

prima sede operativa fu stabilita a Genova e furono incorporati in essa i vecchi battaglioni disciolti nel 1849 ( il 19°, 20°, 21° e 22°). Dopo la Terza guerra d’indipendenza la “Cremona” venne riorganizzata con soli due reggimenti il 21° e il 22° (1881). Nel corso del primo conflitto mondiale i fanti della Cremona furono schierati sull’Isonzo e incorporati nella celebre III Armata. Partecipò a tutte le dodici battaglie dell’Isonzo fino a poi essere travolta nella ritirata di Caporetto e poi nella vittoriosa controffensiva del Piave che portò alla vittoria finale. Nella seconda guerra mondiale la brigata assunse la denominazione di Divisione di fanteria “Cremona” inquadrando il 21° e 22° reggimento di fanteria, il 7° di artiglieria e la 90a legione di assalto della MVSN. Nel 1940 combatté sul fronte francese, nel 1941 fu spostata in Sardegna e nel 1942 in Corsica. Dopo l’8 settembre 1943 la divisione giurò fedeltà al re e combatté contro le truppe tedesche a Zonza, nella stretta di San Polo, a Quaenza, Levie, Ponte Sorbolo e Val di Golo. Nel 1944 dopo un breve periodo in Sardegna fu costituita in Gruppo di combattimento Cremona al comando del generale Clemente Primieri. Il 12 gennaio 1944 fu

dell’esercito del 1975 la divisione si trasformò in brigata motorizzata articolata su tre battaglioni di fanteria, un gruppo di artiglieria, un battaglione logistico, un reparto comando e trasmissioni una compagnia controcarro e una del genio. Nel 1990 la brigata passò alle dipendenze della nuova Regione Militare Nord-Ovest acquisendo il 4° battaglione di fanteria “Guastalla”. Nel 1993 la brigata meccanizzata “Cremona” si componeva nel comando e supporti tattici “Cremona”, il 21° reggimento fanteria “Cremona” (erede diretto del 21° Alfonsine) il 157° reggimento fanteria “Liguria” (i “leoni di Liguria” stanziati a Novi Ligure), il 26° reggimento di fanteria Bergamo, il 7° reggimento artiglieria “Cremona” e dal battaglione logistico “Cremona”. La Brigata “Cremona” venne poi sciolta il 15 novembre 1996. Proprio nell’anno in cui l’esercito subì la prima grande trasformazione (1975) nasceva il 21° battaglione di fanteria motorizzata – poi meccanizzata - “Alfonsine” che ereditò le tradizioni della brigata “Cremona”. Il 21° - di stanza ad Alessandria presso la Caserma Valfré – è stato, insieme al 157° battaglione di fanteria “I leoni di Liguria”, l’unità più importante

I reparti della Brigata Facevano parte della “Cremona” i seguenti battaglioni: • Reparto Comando e Trasmissioni (Torino) • 21° Battaglione motorizzato “Alfonsine” (Alessandria) • 22° Battaglione motorizzato “Primaro” (Fossano) • 50° Battaglione motorizzato “Parma” (Fossano) • 157° Battaglione motorizzato “Liguria” (Novi Ligure) • 1° Gruppo squadroni corazzato “Nizza Cavalleria” (Pinerolo) • 7° Gruppo artiglieria da campagna “Adria” (Torino) • Battaglione Logistico Cremona (Venaria Reale) • Compagnia genio Pionieri Cremona (Torino) • Compagnia controcarri Cremona (Pinerolo)

all’interno della brigata. Durante la prima missione in Libano, una compagnia di fucilieri del 21° successivamente ribattezzata 3a compagnia Beirut – ha fornito un contingente di soldati per la missione di pace. Nel 1991, con l’arrivo dei VTT M113 il battaglione diventa fanteria meccanizzata e nel 1993 si trasforma in 21° reggimento di fanteria “Cremona”. Con questo nuovo ordinamento il reparto arriva fino al 1996 quando viene inquadrato nella Brigata Centauro e successivamente – dopo un breve passaggio nella Cavalleria, fu definitivamente disciolto il 13 ottobre 2003. Il suo motto era “Fortitudo Mea in Brachio” (La mia forza sta nel braccio). TNM ••• 123


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Kalashnikov Ak47 Series. The 7,62 39mm Assault Rifle in Detail L’arma da fuoco maggiormente utilizzata nel dopoguerra, il Kalashnikov ha visto i combattimenti della maggior parte dei conflitti delle ultime sei decadi. La colonna portante degli eserciti del blocco dell’Est è anche diventata una icona della lotta rivoluzionaria. l’arma è stata prodotta in molte varianti e calibri; questo libro si focalizza nel classico calibro originale sovietico da 7,62mm. Più di 350 fotografie, quasi tutte a colori, propongono le differenti versioni prodotte e impiegate in tutto il mondo, mostrando con dovizia di particolari le armi stesse, gli accessori, le baionette i caricatori e altri particolari dell’arma.

Insurgents, Raiders, and Bandits Dalle piccole bande di guerrieri indiani che hanno combattuto nel XVIII secolo in America del Nord al conflitto contemporaneo in Cecenia, John Arquilla racconta la vita e le vicissitudini dei più grandi maestri della guerra irregolare nel corso degli ultimi 250 anni. Il loro impatto sugli eventi è stata profondo: conflitti asimmetrici (per dirla con la moderna terminologia) che giocano un ruolo cruciale nell’ambito di lotte epocali come il conflitto anglo-francese per il Nord America nel 1700, la sconfitta di Napoleone in Spagna a causa delle tattiche di guerriglia messe in atto dagli spagnoli, la guerra civile americana, entrambe le guerre mondiali (in particolare la seconda con i suoi numerosi esempi di guerra partigiana), e l’era attuale dove il terrorismo imperversa. Cercando di vedere il tutto attraverso gli occhi dei guerriglieri, predoni e banditi, l’Autore ha scritto una storia alternativa che fornisce le lezioni per la guerra nel nostro tempo, che non deve essere ignorata. AUTORE: John Arquilla è professore di materie inerenti la difesa presso la Naval Postgraduate School e autore di Worst Enemy: The Reluctant Trasformation of the American Military. EDITORE: Stampato nel 2011 da Ivan R. Dee INFO: Rilegato – 16 x 23,5 cm – 336 pagine con 18 cartine e 15 foto in b/n Lingua: inglese Prezzo: 33,00 euro Disponibile presso: www.storiaemilitanza.com, www.ritteredizioni.com

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AUTORE: Martin J. Brayley è un fotografo professionista e autore di svariati libri inerenti la storia militare e l’uniformologia. Ha prestato servizio nelle Forze Armate inglesi per 24 anni continuando ad interessarsi di questioni militari anche dopo aver dismesso l’uniforme. EDITORE: Stampato nel 2013 da Crowood Press INFO: Cartonato con sovra-copertina - 22 x 30,5 cm - 128 pagine interamente illustrate con circa 300 foto a colori Lingua: inglese Prezzo: 35,00 euro Disponibile presso: www.storiaemilitanza.com, www.ritteredizioni.com


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A P P U N TA M E N T I D I

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29-30 giugno - Mazzano – Brescia I primi passi nel maneggio responsabile ed in totale sicurezza dell’arma da fuoco corta e lunga, sia essa detenuta per protezione domestica o per uso professionale. Il corso, dedicato a tutti i regolari possessori di un’arma da fuoco, consente l’apprendimento dei fondamentali e della corretta “piattaforma” di tiro necessaria per un uso consapevole e sicuro dell’arma. Tecniche fondamentali affrontate nel corso saranno: cambi di caricatore, posizioni di tiro, risoluzione dei malfunzionamenti e utilizzo delle coperture. Nel corso introduttivo verranno illustrati anche i primi fondamenti di una strategia difensiva complessiva. L’allievo viene messo a confronto con bersagli appositamente studiati per costruire fondamentali solidi e una attenzione specifica alle componenti del tiro difensivo. Qualora l’allievo prestasse servizio in divisa, è consigliato lo svolgimento del corso utilizzando gli stessi materiali presenti nella dotazione di servizio. Alla fine di ogni corso verranno eseguiti dei test di valutazione, necessari ad accedere ai livelli successivi e ottimo strumento di feedback per l’allievo. Durata corso: 2 giorni Per info: www.tadpolestactics.com

PRECISION RIFLE TACTICAL COURSE

22-23 giugno Spartan Training Center (Corciano – Umbria) Questo corso professionale è dedicato a quegli operatori che vogliono formarsi su questo tipo di tiro, con sistemi di arma ed ottica in grado di lavorare con precisione a lunghe distanze e non solo, anche a tutte quelle persone che utilizzano Carabine di Precisione a livello sportivo, venatorio o amatoriale, infatti per i primi Step Basici, la didattica tratta argomenti comuni ed attinenti ad ogni impiego con quel sistema di arma. Sarà poi durante la fase intermedia, con i corsi di 2° Livello a sancire la soglia di demarcazione in cui verranno disgiunte le didattiche. Durata corso: 2 giorni. Per info: www.spartan360tacticaldefence.com

CAR GUNFIGHT

SCONTRO A FUOCO DA AUTOMEZZI (PISTOLA)

29 giugno – LUCCA Corso riservato ad appartenenti delle Forze dell’Ordine, Militari in servizio attivo permanente e Guardie Giurate. Per un’elevata professionalità, che consenta agli operatori del settore l’uso delle armi in sicurezza, anche in ambienti operativi tattici avversi. •Cosa fare se vi trovate coinvolti in uno scontro a fuoco, mentre siete alla guida della Vs. auto o di pattuglia sul mezzo di servizio? • In caso di scontro armato, è meglio scendere o rimanere sul mezzo? • Come scendere dal mezzo durante uno scontro a fuoco? • Quali parti dell’auto proteggono maggiormente dai proiettili? Con la partecipazione al nostro corso vi daremo le risposte a questo ed altro, vi faremo vedere come muoversi dentro ed attorno alle 4 ruote durante uno scontro armato. Inoltre vi insegneremo l’utilizzo effettivo dell’arma corta nel contesto di tiro ravvicinato. Il tutto avrà luogo in poligono, in un contesto prevalentemente pratico, con simulazioni basate su possibili situazioni reali, ed esercizi a fuoco vero. Per info: info@tacticaladvantage.ch www.tacticaladvantage.ch TNM ••• 127


GLOSSARIO GLOSSARIO GLOSSARIO GLOSSARIO GLOSSARIO GLOSSAR

SMD-G-024 GLOSSARIO DEI TERMINI E DELLE DEFINIZIONI MILITARI parte 2

ell’articolato processo evolutivo dello Strumento Militare nazionale, le attività di sviluppo, aggiornamento, divulgazione ed impiego della Terminologia Militare rappresentano uno degli strumenti essenziali per concorrere al raggiungimento di un’effettiva integrazione interforze, in ambito sia nazionale sia internazionale. Disporre di una solida e condivisa base di termini e definizioni permette di evitare incomprensioni nell’uso necessario del linguaggio stesso. Dunque, l’integrazione interforze passa anche per un’idonea, chiara, condivisa e disponibile terminologia che, nell’insieme di tutte le altre attività volte a tale obiettivo, risulta essere anch’essa un indispensabile prerequisito per conseguire l’interoperabilità delle Forze, in ambito nazionale, NATO, UE o, comunque, multinazionale. La terminologia è da ritenere parte integrante del veicolo principale con il quale si enunciano e si riaffermano i principi fondamentali che informano le azioni condotte dalle F.A. per il conseguimento degli Obiettivi (la Dottrina).

N

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Accordo di standardizzazione NATO NATO Standardization agreement Documento normativo che prende atto di un accordo intercorso tra vari o tra tutti i paesi membri della NATO, ratificato dall’autorità nazionale autorizzata, mediante il quale i suddetti paesi decidono di applicare uno standard nella sua totalità o in parte, con o senza riserve. 6/01/06, NATO AAP-6 Acque confinate Confined waters Parte delle acque costiere dove la libertà di movimento è limitata dalla prossimità della costa o dai bassi fondali. ITA 2007 Acque minabili Mineable waters Acque in cui le mine navali di qualsiasi genere potrebbero essere impiegate efficacemente contro un determinato obiettivo. 1/11/75, NATO AAP-6 Acque pericolose Dangerously exposed waters Zona di mare adiacente ad un tratto di litorale a grande rischio. 1/2/89, NATO AAP-6 Acquisizione di responsabilità delle autorità civili Civilianization Il trasferimento di responsabilità, funzioni od incarichi dal personale

militare a personale civile. 15/1/08, NATO AAP-6 Acquisizione obiettivi Target acquisition Scoperta, identificazione e localizzazione di un obiettivo con precisione tale a svolgere contro di esso un’efficace azione di fuoco. 1/9/71, NATO AAP-6 Adattatore per emissioni di guida Homing adaptor Dispositivo che, adattato ad una radioricevente di bordo, genera segnali ottici o acustici dai quali si rileva la direzione di un’emittente radio rispetto alla prua dell’aeromobile. 1/3/73, NATO AAP-6 Addestramento Trainning Acquisizione o conferimento di particolari capacità mediante l’osservanza di regole prestabilite o suggerite all’esperienza. 20/9/05, ITA Addestramento operativo Operational training Addestramento che sviluppa, mantiene o migliora la prontezza operativa dei singoli o delle unità. 1/4/74, NATO AAP-6 Addestramento interforze Interforce Training Insieme di attività volte a sviluppare, mantenere e migliorare la preparazione e la

prontezza dei singoli e delle Joint Forces (inclusi gli staff di Comando) a mezzo di Dottrina, procedimenti e procedure d’impiego interforze, in modo da rispondere alle esigenze del livello strategico ed operativo ritenute necessarie dal Joint Force Commander e/o dal Joint Task Force Commander per assolvere la Missione. Le correlate attività per essere tali debbono coinvolgere almeno due F.A. che re ad interagire con il Joint Force Commander e/o con il Joint Task Force Commander e con i relativi staff attraverso i precitati riferimenti documentali. 20/9/05 ITA Aereo da trasporto Transport aircraft Aereo destinato principalmente al trasporto di personale e/o carichi. Gli aerei da trasporto si possono classificare secondo il loro raggio d’azione, come segue: a. a corto raggio: fino a 1200 miglia nautiche in condizioni di crociera normale (2222 Km); b. a medio raggio: tra 1200 e 3500 miglia nautiche in condizioni di crociera normale (2222 e 6482 Km); c. a lungo raggio: oltre 3500 miglia nautiche in condizioni di crociera normale (6.482 Km).



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