TNM 13

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TNM n°13 • febbraio 2012 • periodico mensile

www.tacticalnewsmagazine.it • € 6.00 “Poste Italiane SpA, Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1 LO/MI”

MI L I T A R Y • L A W E N FOR C E ME N T • SE C URITY

TIRO TATTICO DA DIFESA

Fire Test

Glock generaTION 4

LE NORME DI SICUREZZA FONDAMENTALI

Report From

Ca.S.T.A Campionati Sciistici Militari delle Truppe alpine

Long Range Shooting

Corsari nel mirino: l’impiego degli snipers nella moderna lotta alla pirateria

P.T.J.

Unità Antiterrorismo Serba Focus on

L’ Accademia della Guardia di Finanza

Special Report

Beretta ARX 160

Test By TNM

HERA ARMS TRIARII



SCAR速 Assault Rifle


EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE

Mala

tempora currunt.... Mosca miglior alleato di Assad. Ecco perché Putin protegge il regime

Per la seconda volta in quattro mesi, la Russia ha posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna l’approccio del regime siriano nei confronti del movimento di protesta. Ai primi di ottobre, Mosca aveva silurato un tentativo di punire il governo siriano per aver violato i diritti dell’uomo e commesso crimini contro l’umanità. La dura opposizione della Russia a qualsiasi tipo di azione contro Damasco è sconcertante per molti osservatori. Le ambigue motivazioni che si nascondono dietro la posizione russa sono il fattore chiave alla base di questa confusione. Durante la Guerra Fredda, ad esempio, il sostegno russo alla Siria era facile da comprendere. Esso era quasi esclusivamente motivato dalla grande rivalità di Mosca con gli Stati Uniti e coinvolgeva riconoscibili interessi nazionali. All’ombra del bipolarismo della Guerra Fredda, sia l’Unione Sovietica che gli Stati Uniti cercarono clienti regionali per rafforzare la propria posizione nei confronti dell’altro, in una lotta per la supremazia mondiale. In un simile clima, la caduta di uno Stato satellite era considerata una sconfitta per la potenza protettrice. I motivi che stanno dietro l’attuale posizione russa, invece, non sono particolarmente chiari, e di conseguenza gli analisti sembrano tentennare quando viene chiesto loro di spiegare la politica russa. Sebbene la Guerra Fredda si sia conclusa più di due decenni fa e la situazione da allora sia cambiata radicalmente, la maggior parte degli analisti tende a spiegare la posizione russa riguardo alla crisi siriana in una prospettiva storica, e di conseguenza prevede un ritorno della spaccatura che esisteva ai tempi della Guerra Fredda. In realtà, se si eccettua l’arsenale nucleare del Cremlino e il fatto che Mosca è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza, la Russia manca oggi di alcune delle principali caratteristiche di una superpotenza. Il suo PIL, ad esempio, è solo un decimo di quello degli Stati Uniti – pari a circa 14.500 miliardi di dollari. Ma esso è molto indietro anche rispetto alla Cina – la seconda economia più grande del mondo con un PIL pari a circa 5.800 miliardi di dollari. La popolazione russa è in calo. Quando la Guerra Fredda si concluse nel 1991, la Russia aveva una popolazione di 163 milioni di persone. Oggi la sua popolazione è scesa a circa 147 milioni, ed è destinata a subire un ulteriore declino. Sulla base di quanto detto fin qui, l’appoggio della Russia al regime siriano deve essere considerato in termini difensivi, piuttosto che come il risultato di una politica aggressiva. La posizione della Russia sulla crisi siriana ha due aspetti: un aspetto interno ed uno esterno. Sul fronte interno, il governo russo teme la rapida ascesa del movimento di opposizione dopo le elezioni parlamentari dei primi di dicembre, che sono state segnate da frodi e brogli. Il primo ministro Vladimir Putin, che sta inseguendo un ritorno alla presidenza il mese prossimo, sembra essersi convinto che qualunque protesta popolare in qualsiasi parte del mondo, e specialmente in Medio Oriente, sia sostenuta dagli Stati Uniti, e possa avere un effetto domino e, quindi, essere di ispirazione alla sua opposizione interna. Più egli si avvicina alle elezioni di marzo, quindi, più farà resistenza al fine di evitare una vittoria dell’opposizione in Siria. Putin in realtà sta difendendo se stesso, non il regime siriano. Sul fronte esterno, fin dal crollo dell’Unione Sovietica Mosca sta lottando per impedire agli Stati Uniti di penetrare la sua cintura strategica nel Caucaso e in Asia centrale. Anche se la Russia ha mantenuto la propria influenza su gran parte delle repubbliche ex sovietiche che aveva in precedenza perso a vantaggio degli Stati Uniti, Mosca rimane assolutamente infastidita dall’espansione della NATO in gran parte dell’Europa dell’Est e verso le frontiere occidentali russe. Il dispiegamento dello scudo di difesa americano in Europa orientale e in Turchia è anch’esso una questione di grande preoccupazione per Mosca. Opporsi alle politiche occidentali in Siria è un modo per denunciare le ingerenze occidentali nella sfera d’influenza della Russia e la scarsa considerazione dell’Occidente per i suoi interessi nazionali in molte altre parti del mondo – e ultimamente in Libia. Infine, Mosca sembra essere preoccupata per l’ascesa dell’influenza turca in Medio Oriente, nei Balcani, in Asia centrale e nel Caucaso. Con un terzo della propria popolazione che è di fede musulmana, la Russia considera le politiche della Turchia, specialmente sotto il governo di ispirazione islamica dell’AKP, con grande sospetto. La Turchia sta promuovendo se stessa come un modello di Islam liberale nel mondo islamico, e con l’ascesa delle forze islamiche in tutti i paesi arabi che finora hanno assistito a un cambiamento, la Turchia sta agendo o presentandosi come guida di queste forze. Tenendo conto dell’inimicizia storica tra l’Impero Ottomano musulmano sunnita e la Russia cristiana, Mosca è assolutamente preoccupata dell’ascesa della Turchia e della sua interpretazione dell’Islam. Se dovesse cadere anche il regime di Damasco, la Turchia, che ha apertamente sostenuto l’opposizione siriana, è destinata a trarne i maggiori benefici. Per Mosca, ciò cambierà radicalmente gli equilibri di potere in una regione che si estende dall’Asia centrale al Medio Oriente, e dai Balcani e dal Caucaso al Golfo. Visto che si indebolisce anche la posizione dell’Iran, la Russia, che tenta di presentarsi come un moderatore tra Teheran e l’Occidente, diventerà anch’essa irrilevante. La rinnovata assertività della Russia deve quindi essere compresa all’interno di questo contesto: l’appoggio russo al regime siriano, in effetti, ha più a che fare con la difesa degli interessi russi che non con il sostegno agli interessi di Damasco. Mirko Gargiulo


TORIALE EDITORIALE


INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE

TACTICAL NEWS MAGAZINE Military - Law Enforcement - Security n°13 - febbraio 2012 - mensile Direttore responsabile: Giuseppe Morabito Direttore editoriale: Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it Direttore commerciale: Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it

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EDITORIALE

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NEWS

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Le regole del gioco

2 grandi novità dalla Statunitense Trijicon

HOT POINT

Art director: Matteo Tamburrino tambetti@gmail.com

024

Impaginazione: echocommunication.eu

Nigeria viaggio nel caos

Collaboratori: Davide Pane, Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Gianluca H., Fabio Rossi, Galdino Gallini, Marco Sereno Bandioli, Carlo Biffani, Giovanni Di Gregorio, Roberto Galbignani, Zoran Milosevic, Gabriele Da Casto, Marco Strano, T. Col. GdF Mario Leone Piccinni, Marco Buschini, Michele Farinetti, Ovidio Di Gianfilippo, Sergio Giacoia, Mario Vilardi, Alberto Saini, Marco Strano, Dott.ssa Milena Borreani, Lorenzo Prodan, Vincenzo Cotroneo Fotografie: ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, U.S. Navy, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare, Onu Media Press, Zoran Milosevic, Michele Farinetti, Marco Buschini, Fabio Boscacci Redazione: redazione@tacticalnewsmagazine.it Periodico mensile edito da: CORNO EDITORE Piazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969 Stampa: Reggiani Spa Via C. Rovera 40, 21026 Gavirate (VA)

Situation Reports

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REPORT FROM

IN ADVERSA ULTRA ADVERSA

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FOCUS ON

ACCADEMIA DELLA GUARDIA DI FINANZA

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FOCUS ON

CIMIC… per chi ama guardare al futuro!!

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Long Range Shooting Corsari nel mirino

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FIRE TEST

GLOCK la nuova generazione

Distributore: Pieroni Distribuzione s.r.l. Viale Vittorio Veneto, 28 - 20124 Milano

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Registrazione Tribunale di Milano n.509 del 27 settembre 2010 Iscrizione al ROC 20844

P.T.J. - Unità Antiterrorismo Serba

Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore

SERBIA INSIDE

FOCUS ON

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POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY LA GESTIONE DEL PANICO NELLA FOLLA

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BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY URBAN POLICE CUP

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TEST BY TNM

HERA ARMS TRIARII

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STORIE DI TUTTI I GIORNI Naufragi

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ARMI MILITARI BERETTA ARX 160

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LAW AREA

L’illecita esportazione dei capitali all’estero

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TIRO TATTICO DA DIFESA LE NORME DI SICUREZZA FONDAMENTALI NELL’USO E MANEGGIO DELLE ARMI DA FUOCO PORTATILI


CE


AROUND THE WORLD Il presidente del Venezuela Hugo Chávez sta inviando carburante in Siria

COMMERCIALI Gara indiana MMRCA: Vince il Rafale di Dassault Dassault Aviation è stata selezionata dal Ministero della Difesa indiano nella gara MMRCA (Medium Multi-Role Combat Aircraft) per la fornitura di 126 Rafale per sostituire la flotta obsoleta di Mig-21 e Mig-23 attualmente in servizio. La firma del contratto, del valore atteso di circa 11 miliardi di dollari (con opzioni che se esercitate potrebbero raddoppiarne il valore), è attesa a partire da aprile (probabile per fine anno) e segnerà la realizzazione del primo successo export per il cacciabombardiere francese e l’apripista per l’analoga gara indetta dal Brasile.Il Rafale è stato giudicato l’opzione più vantaggiosa in termini di prestazioni (tenuti in considerazione circa 650 parametri), costi per ciclo di vita, trasferimento di tecnologia e prontezza operativa della versione navale, la quale è stata proposta, benché solo su carta, anche dal concorrente uscito sconfitto dalla competizione, l’Eurofighter Typhoon, supportato dai governi inglese e tedesco tramite BAE Systems e Cassidian (EADS).Da parte sua il consorzio Eurofighter non può che sperare che la definizione degli ultimi dettagli industriali dell’accordo nei prossimi mesi porti ad una divergenza di vedute tra cliente e fornitore tale da poter riaprire la gara; in ogni caso Eurofighter GmbH dovrà presentare una proposta commerciale meno onerosa per gli indiani per avere una chance concreta di vittoria. Oltre a Dassault la notizia rende felici anche i partner Thales, responsabile dell’avionica (compreso il radar AESA RBE2), Snecma (gruppo Safran), che fornisce i motori, ed MBDA che ha recentemente piazzato un ordine da 1.24 miliardi/$ per i missili aria-aria MICA IR e (EM) RF. Il previsto primo stormo di diciotto caccia (acquisiti fly-away mentre i restanti 108 prodotti localmente dalla Hindustan Aeronautics Limited) dovrà essere operativo per il 2016. La linea di volo indiana si standardizzerà in questo modo sul Rafale in qualità di MCA (Medium Combat Aircraft), assistito in qualità di gap filler dalla versione aggiornata del Mirage 2000H, sul Tejas come LCA (Light Combat Aircraft) e sul Su-30MKI come HCA (Heavy Combat Aircraft), oltre che sul Fifth Generation Fighter Aircraft (FGFA) derivato dal T-50.Alla competizione hanno partecipato, oltre a Rafale ed Eurofighter, anche F/A-18E/F, F-16IN, Gripen e Mig-35, scartati nelle fasi precedenti della gara durante lo scorso anno. Per il caccia prodotto da UK, Germania, Italia e Spagna si tratta di un duro colpo dopo le sconfitte in Svizzera (da parte del Gripen, prodotto da SAAB) e Giappone (F-35, Lockheed Martin); si tratta ora di puntare tutto su possibili vendite negli Emirati Arabi, in Malesia, Oman, Qatar e Corea del Sud.La vittoria del Rafale, uno dei protagonisti principali della campagna di Libia, la quale è stata utilizzata come una sorta di vetrina per l’esposizione dei prodotti in gara, costituisce anche un successo per il Presidente francese Sarkozy, chiamato al giudizio degli elettori il prossimo aprile. (difesanews.it) TNM ••• 06

La spedizione di gasolio a bordo della petroliera Negra Hipólita, battente bandiera venezuelana e alle dipendenze di una filiale della compagnia statale Petroleos de Venezuela (PDVSA) è arrivata a metà febbraio al porto di Banias. A riferirlo in esclusiva è stata l’agenzia di stampa Reuters, precisando che si tratta della seconda spedizione di combustibile, proveniente dalla raffineria venezuelana di Puerto la Cruz con destinazione Siria, dalla fine di novembre. Al momento PDVSA non ha rilasciato alcun commento. “Proseguono le aggressioni contro la Siria. È la stessa formula applicata in Libia: iniettare violenza, iniettare terrorismo dall’esterno e infine invocare l’intervento delle Nazioni Unite affinché l’impero decida”, affermò Chávez in gennaio. La Siria, fino a non molto tempo fa esportatrice di greggio, ha iniziato ad importare circa 100.000 barili al giorno (bpd) di diesel per compensare il deficit del suo circuito interno di raffinazione e l’aumento della domanda interna. I diplomatici occidentali ritengono che il deficit siriano derivi da un incremento della domanda militare.


L’F-35B esce dal periodo di osservazione Sulla base dei progressi compiuti dalla versione a decollo corto/atterraggio verticale (STOVL) dell’F-35 durante l’anno passato, il Segretario alla Difesa USA Leon Panetta ha annunciato la revoca, con un anno di anticipo, del periodo di osservazione dell’F-35B. L’annuncio è stato dato durante un incontro con il personale governativo e della Lockheed Martin coinvolto nel programma alla F-35 Integrated Test Facility presso la Naval Air Station Patuxent River, nel Maryland.“Poichè le prestazioni della versione STOVL dell’F-35 sono ora in linea con le altre due, e come risultato del duro lavoro di tutti i presenti e del progresso del programma, pongo fine oggi al periodo di prova”, ha dichiarato Panetta.Il gennaio passato l’ex Segretario Gates aveva posto una scadenza limite di due anni al termine dei quali la versione B del JSF avrebbe dovuto dimostrare di aver risolto tutti i numerosi problemi tecnici e di poter rispettare quindi la tabella di marcia programmata, pena la cancellazione della variante. Il programma JSF ha risposto alla strigliata con un deciso aumento dei collaudi ed un progresso costante del velivolo, il quale nel 2011 ha completato le prove in mare a bordo della USS WASP (LHD-1), testato il software di missione 1B che incorpora comandi a controllo vocale, e realizzato 268 atterraggi verticali.Dal punto di vista tecnico sono state ridisegnate le sei sezioni di rinforzo in alluminio che sostengono il blocco ala ed il motore, su cui sono state riscontrate in passato cricche da fatica; è stato risolto il problema di surriscaldamento dell’attuatore dell’ugello orientabile, sono state introdotte modifiche alle porte ausiliarie di aspirazione dell’aria, corretta la spaziatura dell’albero motore per evitare un’usura anticipata del componente, migliorato il sistema di raffreddamento e di monitoraggio della temperatura per garantire un corretto funzionamento della frizione della ventola dorsale.La buona notizia della fine del periodo di osservazione è d’altra parte mitigata da una più che probabile riduzione del numero di velivoli che verranno prodotti nell’anno fiscale 2013, dovuta alla contrazione del budget alla Difesa, con conseguente slittamento delle consegne ed aumento del prezzo unitario, problemi che solo nuovi ordini internazionali potranno risolvere.L’F-35B verrà operato dall’U.S. Marine Corps e dalla Marina Militare Italiana. (difesanews.it)

Contratti per 120 mln di euro a Selex Sistemi Integrati SELEX Sistemi Integrati, una società di Finmeccanica, si è aggiudicata diversi contratti con il Ministero della Difesa italiano e con l’agenzia NATO NAHEMA (NATO Helicopter Management Agency) per un valore complessivo di circa 120 milioni di euro. Il primo contratto stipulato con il Ministero della Difesa italiano riguarda il potenziamento del livello di protezione delle basi operative (FOB) e delle basi di supporto (FSB) italiane che operano in Afghanistan. SELEX, in qualità di mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese, fornirà sistemi integrati di sorveglianza che includono il radar “man-portable” Lyra 10 dell’azienda e diversi sensori elettro-ottici di SELEX Galileo. La fornitura prevede anche la creazione di posti comando e di guardia per la gestione dei sistemi, sistemi di sorveglianza per i sedimi aeroportuali, sistemi integrati di telecamere per la video sorveglianza interna degli ingressi, sistemi robotizzati in versione “combat” di Oto Melara per la protezione delle basi, sistemi acustici di SELEX Galileo per la localizzazione delle sorgenti di fuoco. SELEX Sistemi Integrati sarà inoltre responsabile del trasporto ed installazione in loco, nonché dell’integrazione e della gestione di tutti i sistemi.Il secondo contratto, siglato sempre con il Ministero della Difesa italiano, riguarda il potenziamento di alcune funzionalità operative del sistema di comando e controllo sviluppato da SELEX per l’Esercito Italiano (il SIACCON2) e della infrastruttura connettiva (mission network) attualmente utilizzata in Afghanistan dalle Forze Armate Italiane, per consentire loro di operare con maggiore efficacia ed interoperabilità nell’ambito della complessa missione multinazionale in corso nel Paese.Il SIACCON2, per la prima volta installato in Afghanistan, aumenterà l’efficacia della azioni di contrasto alla guerra asimmetrica nell’ambito di missioni multinazionali, anche grazie alla capacità di essere federato alle reti NATO e dei Paesi dell’Alleanza Atlantica, garantendo l’interoperabilità anche con le piattaforme mobili. La fornitura concordata consentirà di assicurare rapidità di dispiegamento di uomini e mezzi, una facile trasportabilità dei sistemi e un più semplice utilizzo del sistema stesso, anche in condizioni ambientali avverse. E’ previsto anche l’impiego di un sito nazionale per le attività di addestramento del personale e di supporto da remoto, nonché l’implementazione di quanto necessario per completare l’infrastruttura di connessione, sia in Afghanistan sia in Italia.Ulteriori contratti sono stati firmati da SELEX Sistemi Integrati con il Ministero della Difesa italiano per la manutenzione del Sistema Informativo Gestionale dell’Esercito (SIGE) e per lo sviluppo di nuove prestazioni e funzionalità del sistema, a vantaggio di tutte le Forze Armate italiane. I nuovi servizi prevedono anche una evoluzione net-centrica dell’architettura, che consentirà la condivisione in rete dei dati, nel rispetto dei livelli di autorizzazione previsti. Infine, la società di Finmeccanica ha sottoscritto, su mandato del Ministero della Difesa italiano, un contratto con l’agenzia della NATO NAHEMA per la fornitura sia di un nuovo sistema di pianificazione della missione per l’elicottero da combattimento A129 sia di aggiornamenti tecnologici dei sistemi di pianificazione di missione installati sull’elicottero da trasporto tattico NH90. I due sistemi di pianificazione di missione, installati sui velivoli in dotazione all’Esercito Italiano, consentiranno di gestire i programmi di volo in maniera tecnologicamente più avanzata e più efficace. La fornitura, che verrà realizzata in tempi brevi, sarà completata da servizi di supporto logistico ( difesanews.it ) TNM ••• 07


Afghanistan 2011 - Membri della Task Force Viktor, in attività operativa

Brigata folgore. Il 185° cambia comando e va a Herat Grassano subentra a Iannucci, la task force Victor della Folgore pronta a raggiungere il contingente italiano «Ci tengo a ringraziare Livorno, una città di cui ci sentiamo parte, una città che sentiamo nostra». L’ultimo pensiero del Colonnello Giovanni Maria Iannucci prima di passare la bandiera di guerra e con essa il Comando del 185° Reggimento Paracadutisti al suo successore, il Tenente Colonnello Alessandro Grassano, ha voluto ribadire il legame della Folgore con Livorno. Ieri mattina i cancelli della caserma Pisacane si sono riaperti alla città in occasione del cambio del Comandante del Reggimento ricognizione e acquisizione obiettivi dei paracadutisti, una delle componenti specialistiche della brigata di viale Marconi, erede diretta della divisione protagonista nel 1942 della battaglia di El Alamein. Iannucci che alla Pisacane era di casa dal 1988, ha interrotto in anticipo il suo incarico di Comandante di Reggimento, chiamato a Roma al Comando Operativo Interforze, l’ente che gestisce tutte le operazioni in cui sono impegnate le forze armate italiane sul territorio nazionale ed estero. Proprio la fine anticipata del suo incarico livornese ha fatto promuovere il Tenente Colonnello Alessandro Grassano, Comandante del gruppo acquisitori obiettivi, che guiderà temporaneamente il 185° fino all’arrivo del Colonnello Enrico Marinelli previsto tra alcuni mesi. «E’ stato un periodo intenso del quale conserverò un ricordo indelebile - ha detto Iannucci - comandare un reggimento è la cosa più difficile per un ufficiale ma Kosovo: Villaggio Italia, cambio al comando la professionalità dei miei uomini del Gruppo Supporto di Aderenza. ha reso quest’incarico possibile». Nonostante nell’autunno 2011 si sia Peja/Pec (RKS), l’otto febbraio 2012, nella base di Villaggio Italia alle ore conclusa la missione della brigata 11:00 si è svolta la cerimonia del trasferimento di autorità al Comando del in Afghanistan, alcune componenti Gruppo Supporto di Aderenza, tra il Comandante cedente Ten. Col. Vincenzo del reggimento di stanza in viale TUCCI, del 10° Reggimento Trasporti di Bari ed il subentrante Ten.Col. Antonio Marconi sono tuttora impegnate IMBIMBO, del 1° Reggimento Trasporti di Bellinzago Novarese.Il Gruppo in Afghanistan, nell’ambito della Supporto di Aderenza è un reparto alle dirette dipendenze del Comandante missione Isaf, come parte del del Multinational Battle Group West ed ha il compito di fornire il sostegno bacino di forze per operazioni logistico e sanitario all’intero Contingente italiano, nonché alla componente speciali. E altre partiranno a multinazionale presente in “Villaggio Italia”. Dal 9 agosto 2011 ad oggi, il 10° breve. Dopo aver ricordato i caduti, Reggimento Trasporti ha svolto il proprio compito garantendo le attività di il Comandante della Brigata, il mantenimento, rifornimenti e trasporti, pianificando e gestendo il transito Generale Massimo Mingiardi, di personale, mezzi e materiali, presso l’Aeroporto militare di Gjakova/ ha fatto gli auguri a Iannucci, Djakovica ed il porto di Durazzo in Albania. Inoltre, ha fornito il proprio Grassano e agli incursori della supporto in occasione dello schieramento di una componente significativa del task force Viktor del 185° che nelle Multinational Battle Group West nel nord del Kosovo.La cerimonia, svoltasi prossime settimane partiranno per alla presenza del Comandante del Multinational Battle Group West Colonnello collaborare con i contingenti italiani Andrea BORZAGA, ha sancito il passaggio di consegne agli uomini e alle schierati in territorio afgano. donne del 1° Reggimento Trasporti di Bellinzago Novarese. TNM ••• 08


Afghanistan: il comandante supremo della NATO visita il contingente italiano L’Ammiraglio James Stavridis, Comandante Supremo delle Forze Alleate (SACEUR) ha il 9 febbraio ha effettuato una visita al Contingente italiano, a guida Brigata ‘’Sassari’’, presso la base di Camp ‘’Arena’’ ad Herat.Ricevuto dal Comandante del Regional Command West (RC-West), Generale di Brigata Luciano Portolano, il SACEUR ha incontrato i key elements dello Staff di RC-West per un aggiornamento informativo e operativo sulle principali operazioni in corso e future del Comando regionale, sui risultati ottenuti e sugli obiettivi da raggiungere, sui progetti realizzati e da completare a favore della popolazione civile, sulla reintegrazione degli insorti e sulla transizione dei distretti delle quattro provincie dell’area di responsabilità. Successivamente l’Ammiraglio Stavridis ha incontrato, sempre all’interno di Camp Arena, le massime autorità afgane, governative e militari, presenti nella municipalità di Herat.La visita si è conclusa con un colloquio con il Generale Portolano, durante il quale l’Ammiraglio Stavridis ha espresso il suo apprezzamento per l’operato di RC West e del contingente italiano che opera all’interno della formazione multinazionale.

Afghanistan: intitolato al Capitano Massimo Ranzani il nuovo Terminal dell’Aeroporto civile di Herat È stato intitolato al Capitano Massimo Ranzani il nuovo terminal dell’aeroporto civile di Herat, inaugurato dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, Generale di Corpo d’Armata Claudio Graziano, accompagnato dal Comandante del Regional Command West (RC- West), Generale di Brigata Luciano Portolano. All’evento hanno partecipato i genitori del Capitano, caduto il 28 febbraio di un anno fa in terra afghana, oltre al Governatore di Herat, Dott. Daud Shah Saba, ed altre autorità civili e militari afghane. Il terminal è stato completato in circa 10 mesi ed è stato progettato e finanziato dal Provincial Reconstruction Team (PRT) italiano, attualmente su base 3° Reggimento Bersaglieri della Brigata “Sassari”. Per la realizzazione è stata impiegata manodopera di imprese locali, per un costo di circa 750.000 euro, e potrà accogliere fino a circa 1000 viaggiatori in transito al giorno.

Israele: “l’Iran è il maggior esportatore mondiale di terrorismo” Israele ritorna a puntare il dito contro l’Iran all’indomani degli attentati anti-israeliani in India, Georgia e Tailandia avvenuti i primi di febbraio. Il premier Netanyahu ha accusato nuovamente Teheran di essere il “maggiore esportatore di terrorismo al mondo” durante il discorso alla Knesset. Il capo della polizia tailandese si è rifiutato di parlare di atto terroristico a Bangkok, ma ha riconosciuto che le modalità sono state simili a quelle di Nuova Delhi. Per Netanyahu la minaccia è globale:“L’Iran altera la stabilità mondiale. Mette in pericolo diplomatici innocenti in molti paesi. Il mondo intero deve condannare le azioni terroristiche iraniane e porre limiti ben precisi contro l’aggressione iraniana. Se quest’aggressione non verrà fermata, si estenderà a molti altri paesi”. Tutti e tre i sospetti per l’attentato di Bangkok sono stati arrestati, l’ultimo in Malesia. Diverse esplosioni hanno colpito il cuore della capitale tailandese, facendo cinque feriti, incluso uno degli attentatori filmato dalle telecamere a circuito chiuso. Nello scoppio ha perso le gambe. A Nuova Delhi lunedì 4 febbario, una bomba su un’auto dell’ambasciata israeliana aveva causato il ferimento della moglie di un diplomatico, mentre la polizia di Tbilisi, in Georgia, ha neutralizzato un ordigno piazzato su un altro veicolo dell’ambasciata.

Iran, 4 nuovi reattori nucleari ordinati da Ahmadinejad Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha ordinato la costruzione di quattro nuovi reattori destinati alla produzione di radio-isotopi per i malati di cancro. Ne ha dato notizia la televisione di Stato.”Conformemente ai bisogni del Paese – ha spiegato Ahmadinejad – saranno costruiti questi reattori in quattro luoghi diversi per assicurare i bisogni della ricerca oltre che i radio-isotopi di cui il Paese ha bisogno” per i malati di cancro. L’Iran possiede gia’ un reattore di questo tipo da 5 megawatt costruito dagli americani prima della rivoluzione islamica del 1979. Un secondo reattore da 40 megawatt e’ stato costruito ad Arak, nel centro del Paese, mirato alla produzione di plutonio a fini di ricerca medica. TNM ••• 09


Libano: PRIMA VOLTA A FUOCO PER LE BLINDO CENTAURO Si è conclusa il 15 febbraio l’esercitazione a fuoco denominata “NEPTUNE THUNDER 1- 12”. L’attività diretta dal Comando di Unifil ha visto impegnate le LAF (Forze Armate Libanesi) e la FCR (Force Commander Reserve, francese) in un’esercitazione congiunta a fuoco con pezzi di artiglieria campale per le LAF e semovente per la FCR.Per la componente italiana hanno partecipato 2 assetti a livello plotone con blindo Centauro tratti uno dalla SMR (Sector Mobile Reserve, riserva di settore) ed uno da ITALBATT , entrambi su base 8° Reggimento Lanceri di Montebello, reparto che ha la sua sede a Roma.Ciascun assetto ha effettuato i tiri con 4 Blindo Centauro sparando 46 proietti cal. 105 APDS (Armoured Piercing Discarding Sabot). La prima esercitazione a fuoco in Libano delle Centauro ha suscitato l’ammirazione di tutto il personale multinazionale presente che ha potuto apprezzare l’efficienza e la precisione di tiro della Blindo.Il Generale Carlo Lamanna, Comandante del SW (Sector West), ha espresso parole di vivo compiacimento per l’attività svolta dai Lanceri dell’ 8° i quali hanno dato prova di una preparazione professionale di altissimo livello.Il contingente Italiano ha così dimostrato la volontà di svolgere con il massimo impegno la missione di stabilità e sicurezza nel contesto del contingente UNIFIL al Comando del Generale di Divisione Paolo Serra e a sostenere tutti i progetti rivolti allo sviluppo del Libano del Sud in aderenza alla risoluzione 1701 del 2006.

Pentagono: altri 3 miliard di dollari per l’ Iraq. Perché? Pensavate che la guerra in Iraq fosse finita? Di sicuro l’amministrazione Obama desidera che pensiate così, la cosa migliore per la sua campagna elettorale di rielezione. C’è un piccolo particolare però: il Pentagono sta chiedendo quasi 3 miliardi di dollari per una guerra che in realtà non sta combattendo. Per essere più precisi, l’ultimissima richiesta di stanziamenti è pari a 2,9 miliardi di dollari per quella che è denominata “Post-Operation New Dawn (OND)/Iraq Activities” (fase successiva all’operazione “Nuova Alba”, già avviata nel settembre 2010, N.d.T.). Corrisponde quasi alla stessa somma che il Pentagono spende per il “DARPA”, la sua divisione di follie scientifiche. E non ci sono quasi più soldati in Iraq.Il materiale informativo del Pentagono fornisce poche spiegazioni della spesa. “Concludere la transizione” è il presunto obiettivo che il Pentagono vuole sia finanziato. L’ultima sua agenzia rimasta in Iraq, l’ “Office of Security Cooperation-Iraq”, riceverà soldi per “proseguire l’assistenza e la collaborazione per la sicurezza” con i soldati iracheni, “e somme per il ripristino della dislocazione degli equipaggiamenti dall’Iraq e dal teatro delle operazioni.”E questo non sarà tutto il denaro che finirà in Iraq. Tra i riservati finanziamenti “segreti” ci sarà sicuramente, a seconda del caso, denaro per forze speciali d’intervento con lo scopo di dare la caccia ai terroristi rimasti in Iraq. Ed è probabile che anche la CIA stia sborsando denaro in Iraq. A prescindere da questo, l’esercito statunitense ha affidato le operazioni in Iraq al Dipartimento di Stato, il quale a sua volta ha ingaggiato un esercito di contractor privati per la sicurezza, delle dimensioni di una brigata da combattimento pesante. Lo stato ha bloccato la supervisione del Congresso su come agiranno i contractor a seguito del ritiro americano. Ma è chiaro che la diplomazia si comprerà anche una forza aerea – dato che il 17 dicembre 2011 ha contraddistinto il primo giorno in 20 anni in cui l’aeronautica militare americana non ha ricevuto alcun ordine per interventi in Iraq o sopra di questo.Il New York Times ha osservato nel fine settimana che in Afghanistan “persino le morti sono state date in appalto” ai contractor civili. In Iraq, nel corso dei prossimi anni questa consuetudine probabilmente si intensificherà. In linea di massima, però, lo scopo dei rimanenti interventi dell’esercito in Iraq sarà quello di vendere armi agli iracheni. E’ già stata negoziata una vendita, per 835 milioni di dollari, di 18 aerei F-16 alla neonata aviazione militare dell’Iraq. Gli iracheni stanno già parlando di raddoppiare in futuro tale acquisto. Potranno trattare future vendite di armi con un’agenzia militare americana piena di soldi. TNM ••• 010


Agenti israeliani del MOSSAD usano sempre passaporti britannici

Israele spia l’ Iran attraverso l’Azerbaigian Il Times di Londra ha intervistato un presunto agente segreto israeliano il quale sostiene che il paese euroasiatico è la porta d’accesso per lo spionaggio contro l’ Iran. Il Times di Londra ha riferito domenica (oggi, N.d.T.), citando la testimonianza di un anonimo agente segreto impegnato nel paese che viene chiamato “Shimon”, che l’ Azerbaigian, piccolo paese eurasiatico che spartisce una frontiera con l’ Iran, è pieno zeppo di agenti del Mossad al lavoro per raccogliere informazioni su quanto accade nella Repubblica Islamica.“Questo è l’epicentro del lavoro d’intelligence,” ha raccontato Shimon al Times. “La nostra presenza qui è silenziosa ma ragguardevole. Lo scorso anno abbiamo ampliato la nostra presenza, e siamo molto vicini all’ Iran. Questo è un paese straordinariamente penetrabile.”Secondo Shimon il confine con l’ Iran, distante solo qualche ora a sud della capitale dell’ Azerbaigian Baku, è una zona fondamentale per raccogliere informazioni sulle attività di Teheran. “Laggiù si ottiene una grande quantità di informazioni da parte di persone che abitualmente e liberamente attraversano la frontiera. Quasi non è controllata da nessuno. A eccezione degli iraniani che ci osservano mentre noi osserviamo loro,” ha dichiarato. Addirittura ci sono in Azerbaigian più esponenti iraniani dei Guardiani della Rivoluzione che agenti israeliani, però i loro metodi sono diversi da quelli degli uomini del Mossad, ha spiegato Shimon al Times. “Gli iraniani operano alla luce del sole, vogliono che tutti sappiano che sono lì. Gli israeliani, come gli americani, sono più discreti. Ma in fondo tutti sanno che anche loro sono laggiù.”Secondo il Times,per acquisire un punto d’appoggio nel paese eurasiatico, Israele ha sfruttato le tensioni che gravano sulle tradizionalmente strette relazioni tra Iran e Azerbaigian. I rapporti tesi derivano dal maltrattamento degli azeri in Iran e dai crescenti legami di Teheran con l’Armenia, rivale territoriale dell’ Azerbaigian.Alcuni azeri con stretti legami con l’Iran non hanno visto migliorare i rapporti con Israele in modo cordiale. Il Ministro della Sicurezza Nazionale il mese scorso ha rivelato di avere scoperto una cellula che progettava attacchi terroristici contro obiettivi ebrei e israeliani a Baku. Nel piano erano coinvolti due azeri e un cittadino iraniano che vive in Iran. I due azeri sono stati arrestati.Del piano terroristico sono emerse notizie contrastanti.Mentre i media locali hanno riferito che un gruppo terroristico intendeva uccidere insegnanti della scuola ebraica Ohr Avner, appena fuori la capitale Baku, altre notizie hanno sostenuto che agli uomini furono offerti dall’ Iran 150.000 dollari per assassinare l’ambasciatore israeliano Michael Lotem.Il presidente azero Ilham Alyev, all’indomani del complotto ha detto che Baku avrebbe continuato a collaborare con Israele, soprattutto su questioni di sicurezza nazionale.

Secondo il Times, nuove prove rivelano che cittadini stranieri in Israele accettano di buon grado che il Mossad utilizzi i loro passaporti per compiere operazioni segrete all’estero. A detta del Times di Londra le spie israeliane del Mossad, per condurre operazioni segrete all’estero utilizzano ancora passaporti stranieri, tra cui quelli di cittadini britannici. Secondo il reportage, nuove prove lasciano intendere che cittadini stranieri in Israele continuano a permettere al Mossad l’utilizzo dei propri passaporti – in molti casi spontaneamente. L’articolo del Times ha asserito che due giovani uomini hanno permesso di essere intervistati a patto di rimanere anonimi, e soltanto quando i passaporti sono stati loro restituiti. Un terzo uomo ha dichiarato di essere rimasto coinvolto in un simile piano, ma essendo ancora al servizio dell’esercito israeliano ha rifiutato di farsi intervistare.Il servizio del Times ha rivelato molte testimonianze di emigrati israeliani che hanno finito per consegnare i loro passaporti al Mossad. “Matthew”, dapprima era emigrato nel 2009 in Israele dopo aver lasciato la casa dei suoi genitori a Londra, e poco dopo si era arruolato come volontario nell’esercito israeliano. Dopo nemmeno una settimana di servizio nell’esercito era stato avvicinato da una ragazza del Mossad, che gli chiese se “stesse dalla parte di Israele.”Nel momento in cui fu chiesto a Matthew se fosse disponibile a dare “un piccolo aiuto,” come ad esempio dare in prestito il proprio passaporto, egli non rifiutò. Stando all’articolo, a Matthew fu restituito il passaporto dopo 18 mesi di servizio militare, e rimase sorpreso di trovare su di esso i timbri di Turchia e Azerbaigian, paesi che non aveva mai visitato.In un’altra testimonianza al Times, “Peter”, un francese emigrato in Israele lo scorso anno, ha avuto una storia analoga. Pochi mesi dopo il suo arrivo in Israele per svolgere da volontario il servizio militare, iniziò a frequentare una “donna sexy” che gli chiese se volesse aiutarla. Lui afferma che gli fu preso il passaporto, restituito un anno dopo già vidimato dalla Russia e diversi altri paesi.Secondo il Times, l’uso illegale dei passaporti stranieri per consentire agli agenti israeliani di viaggiare in incognito è emerso nel gennaio 2010, quando la polizia di Dubai rivelò che passaporti britannici, francesi, tedeschi e australiani erano stati utilizzati dagli assassini dell’importante leader di Hamas Mahmoud al-Mabhouh. A quel tempo Israele rifiutò sia di confermare che di smentire l’opinione che ci fossero agenti del Mossad dietro l’attentato, tuttavia replicò allo scalpore diplomatico assicurando che la prassi non si sarebbe ripetuta. TNM ••• 011


COMMERCIALI

Nuovo sistema brevettato.. La 5.11 sempre alla ricerca GILET OMEGA ELITE CROSS DRAW di nuovi materiali... Tactical Stryke Pant with Flex-Tac™ Honor has a way of live (l’onore come ragione di vita) è il motto della nota Il pantalone 5.11 Stryke con Flex-Tac ™ è la nuova generazione dei pantaloni tattici della casa statunitense. Utilizza la fibra di un esclusivo tessuto rivoluzionario sviluppato esclusivamente per 5.11 Tactical. Leggero, traspirante, con trama poly/cotton ripstop e realizzato senza l’uso di spandex. Il risultato è una traspirabilità, una resistenza del colore ai lavaggi e una durevolezza nel tempo, notevolmente superiori ad altri tessuti cotone/spandex attualmente sul mercato. Sono stati ridisegnati la silhouette con un taglio più elegante, le tasche sulla coscia sono state applicate in posizione obliqua e quelle posteriori rifinite con patta di chiusura salva-portafoglio. Le ginocchia possono essere rinforzate con una ginocchiera discreta con inserimento dall’interno. Un’altra caratteristica interessante sono i due passanti anteriori passa cintura cuciti con una doppia asola porta badge o distintivo metallico provvisto di clip. www.511tactical.com

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azienda americana BLACKHAWK, azienda di Norfolk in Virginia che non ha mai deluso i migliaia di clienti oramai fidelizzati in tutto il mondo. I Vest sono sempre stati il cavallo di battaglia dell’azienda, prodotti con materiali eccellenti e usati da operatori professionisti che hanno la necessita’ di poter contare su equipaggiamento di qualità’ in determinate operazioni. Il nuovo Vest Omega Élite Cross Drawn propone il nuovo sistema brevettato di fasce di velcro inserite nelle spalle che permettono, con uno strappo unico, l’apertura dell’intero gilet in caso di intervento sull’operatore ferito. Sistema STRILEMOLLE sulla schiena. Tre fibbie per ogni lato per aumentarne la vestibilità in larghezza. Doppia spalla sniper. Chiusura frontale con Zipper e Fastex. www.madmaxco.com


Ai piedi degli SWAT Magnum Spider 8.1 Tac Spec HPI Ion Mask Boots

Qualità a vita... Hogue Grips serie Extreme™ Queste guancette, di alta qualità, sono prodotte con Alluminio Aerospaziale 6061 T6, materiale sintetico G-10, Titanio e acciaio “old world Damascus”. Sono disponibili per la maggior parte dei modelli di pistole semiautomatiche e sono accuratamente dimensionate anche per essere montate ad esempio sulle pistole SIG, in cui la guancia è un corpo unico. Vengono create con un processo di lavorazione di precisione a controllo numerico e sono progettate per durate tutta la vita. Sono disponibili con finitura zigrinata ad elevato grip o lisce e con possibilità di scelta tra 5 colori; clear, black, red, blue, e green. www.getgrip.com

Questo nuovo modello di tactical boots è stato progettati, grazie ai feedback di alcuni operatori, per le esigenze di SWAT, HRT, SORT, e ESU. Costruiti con un design ergonomico sono dotati di tre nuovi brevetti Magnum Vent-Guard™ System, FastRope System e Ion-Mask™ Technology. Il risultato ottenuto è un articolo estremamente leggero, prodotto con pelle bovina pieno fiore e nylon balistico superiore 1650 denari. La suola presenta delle finestre di drenaggio stabilizzanti e la punta rinforzata. Per una maggiore stabilità i lacci passano attraverso occhielli in plastica forati. Il comfort e la traspirabilità sono affidati alla fodera retinata Spider. Soletta anatomica molto confortevole denominata M-PACT. Sono certificati secondo lo standard di sicurezza EN 20347:2004. Il Vent-Guard™ è un avanzato sistema per mantenere il piede traspirante ed è stato specificamente progettato per consentire il flusso d’aria nel punto in cui si accumula maggiormente calore. Quando si flette il piede, l’aria viene compressa e fuoriesce attraverso entrambi i lati, mantenendo il piede raffreddato più a lungo. In ogni finestra è presente anche uno speciale strato filtrante che impedisce alla sabbia od altri materiali fini di penetrare all’interno. Il Fast-Rope System è costituito con materiale SuperFabric® appositamente selezionato per proteggere la tomaia dai danni causati dalle abrasioni durante le operazioni di fast-roping. La tomaia è’ cucita con filo ceramico, altamente resistente al calore. La parte del collo del piede è rinforzata per avvolgere correttamente la corda ed il materiale è resistente alla fusione. La parte laterale della tomaia è rinforzata per facilitare la frenata durante la discesa. La Ion-Mask™ Technology rappresenta un importante passo avanti nel miglioramento delle superfici. Opera a livello molecolare e si “aggrappa” in modo invisibile sulla superficie del materiale senza alterarne aspetto o tatto, fornendo quindi una capacità eccezionale di respingere la maggior parte dei liquidi. www.magnumboots.com


Celox Granules Emostatico innovativo CELOX è un emostatico innovativo, che agisce indipendentemente dai processi di coagulazione naturale e che tra i vari componenti include il Chitosan. Semplici e sicuri da utilizzare, I granuli di CELOX sono in grado di arrestare rapidamente gravi emorragie arteriose. Basta applicarlo, bendare la ferita ed esercitarvi pressione; non è richiesto alcun addestramento speciale. Il processo chimico/fisico di attivazione del CELOX non è esotermico, non procurando quindi alcun genere di scottatura, o peggio ustione, al paziente o al soccorritore. Benefici non meno importanti: CELOX funziona anche su pazienti in ipotermia e in presenza di sangue eparinizzato. Può essere impiegato in totale sicurezza in ferito su ogni parte del corpo inclusi capo, collo e torace. Gli aspetti più importanti riguardano la rapidità, la sicurezza e la semplicità d’uso del prodotto, nel trattamento d’emergenza delle emorragie, anche gravi. Per voi stessi e per gli altri, sul posto di lavoro o sul campo di battaglia, CELOX è un mezzo semplice e veloce per salvare vite umane. Disponibile in buste da 15 e 35 grammi. www.peztco.com

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Dall’artico al desertico... sempre con Celox Gauze Celox Gauze rappresenta un passo in avanti nell’evoluzione di un prodotto già di per sé ottimo, facilitandone l’impiego sul campo. Celox Gauze rappresenta uno strumento indispensabile nell’equipaggiamento del personale medico e paramedico militare e dei servizi d’emergenza, che si trovano a fronteggiare situazioni potenzialmente letali come gravi emorragie. Celox Gauze consiste in garza chirurgica di alta qualità ricoperta da granuli di Celox; il suo uso è istintivo e diretto e consente di applicare i granuli di Celox esattamente sulla ferita. Nel giro di pochi secondi si viene a formare un coagulo gelatinoso e appiccicoso che, in congiunzione con l’applicazione di pressione diretta, è in grado di controllare e d arginare gravi emorragie. L’applicazione del Celox Gauze non necessita di strumenti da taglio, poiché può essere strappato ed adattato facilmente alle dimensioni della ferita. Non risente di fattori ambientali quali il vento e può essere impiegato anche in condizioni di stress. Non richiedendo particolari condizioni di stoccaggio può essere tenuto sempre a portata di mano in qualsiasi ambiente, dall’artico al soccorritore d’emergenza. Celox Gauze è utilizzabile per tutti i tipi di emorragia esterna, comprese quelle venose ed arteriose. Non genera calore, è facilmente rimovibile dalla ferita e può essere impiegato su pazienti in ipotermia e trattati con anticoagulanti. www.peztco.com


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La nota azienda inglese ci stupisce sempre per la qualità e longevita dei suoi prodotti SLEEKA REVERSE ELITE SNUGPAK

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Prodotto di punta della SNUGPAK, testata nei più diversi teatri operativi. Waterproof, leggera, comprimibile per un facile trasporto nel sacchetto di compressione in dotazione. La versione Elite (solo sull’esterno in verde) è dotata di rinforzi sulle zone sottoposte a maggiore stress: braccia e spalle. Tessuto: Paratex Light®, 100% waterproof traspirante. Imbottitura: Softie® altamente termico. Peso della giacca: da 650 gr.(tg. S) a 850 gr. (tg.XXL). Temperatura comfort - 5°c minima -10° c. Taglia da: S a XXL. Colore: verde reverse nero. www.madmaxco.com


La nota Azienda Mad Max, ci propone sempre materiali esclusivi e in linea con le esigenze di chi realmente opera nel settore sicurezza. Di recente importazione il marchio americano VTX che ci propone questo nuovo prodotto, disegnato per ottenere il miglior bilanciamento tra mobilità, carico e stile, risultato della richiesta di un ente federale americano. Molti tra gli operatori sono convinti che i convenzionali pantaloni tattici siano ormai datati e non al passo con le proprie esigenze. In particolare la foggia “tattica” identifica spesso colui che indossa il capo di abbigliamento come membro delle Forze dell’Ordine. Vertx ha coinvolto quindi nel mercato un marchio prestigioso come Arc’terytx per disegnare questo modello. Con la supervisione dell’Ente interessato,sono giunti alla produzione di questo capo di abbigliamento, utile sia in ufficio che sul campo. Tessuto: 98% cotone e 2% Lycra. Elasticizzati. 8 tasche. Tasca di sicurezza nascosta e zippata. Cavallo rinforzato per garantire mobilità e resistenza. Ginocchio articolato. Tasca interna porta caricatore/utility. www.madmaxco.com

Microtech Socom Elite Satin Serrated I coltelli della serie Elite Socom vengono ritenuti dalla Microtech il loro più alto standard qualitativo per impiego tattico. Prodotto per la prima volta nel 1996, negli anni sono state apportate numerose migliorie per rendere il coltello sempre più adattabile ai diversi scenari di utilizzo. Destinazione d’uso: tattico / collezione Tipo di produzione: Industriale Produzione Lama: Usa Lama: in acciaio inox DuraTech 20-CV Manicatura: Alluminio aueronautico 6061T6 ed inserti antiscivolo Lunghezza lama: 105mm. Spessore lama: 4,5mm. Lunghezza chiuso: 132mm. Lunghezza totale: 232mm. Spessore da chiuso: 20mm. Peso: 126g. Chiusura: Liner Lock Clip: in acciaio Fodero: in cordura Confezione: in cartone, con loghi Microtech www.coltelleriacollini.it

Lunghe distanze... XLR750 .50BMG SNIPER AMMUNITION Munizione speciale per il tiro di precisione a lunga distanza che, grazie alla speciale crimpatura, è adatta sia all’impiego su armi ad otturatore girevole-scorrevole, sia su armi semiautomatiche. Calibro: 12,7X99mm NATO. Palla: 750gr Monolitica in ottone. Bossolo: Colletto ricotto, impermeabilizzato mediante catramatura e innesco laccato. Crimpatura: radiale a 6 punti per punzonatura a 120°. Velocità alla bocca: 809 m/sec. (In canna da 29”). Confezione: Scatola da 5 pezzi. www.peztco.com TNM ••• 016

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Creati su misura per gli Agenti del F.B.I Pantalone Tattico VTX 1000

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LEWIS MACHINE & TOOLS MRP 5,56/6.8 SPC MODULAR WEAPON SYSTEM A prescindere dall’ambito d’impiego, sia questo strettamente militare, oppure di Polizia, pochi sistemi d’arma offrono una risposta costantemente al passo con le vostre esigenze operative, in continua e rapida evoluzione. LMT progetta, sviluppa e sperimenta sistemi e sottosistemi modulari che si adattano così all’uso in qualunque scenario. Sotto questo aspetto una delle punte di diamante dell’azienda statunitense è senza dubbio il Monolithic Rail Platform o MRP. L’MRP incrementa la stabilità dell’arma ed elimina delicate giunzioni che con il tempo possono deteriorarsi, oltre a ridurre il numero delle parti impiegate di ben 13 unità, limitando quindi la quantità di possibili malfunzionamenti. Ogni slitta Picatinny presenta sull’arma è lavorata con estrema cura, onde consentire il posizionamento e, ove occorre, l’accurato azzeramento di laser, sistemi di illuminazione visibili e IR, ottiche diurne, notturne e termiche. Partendo da una piattaforma comune, LMT ha sviluppato quello che è il più versatile sistema multicalibro/multicanna attualmente in uso. Grazie alla versatilità degli upper-receiver monolitici MRP è stato possibile realizzare un sistema d’arma modulare che consente, non solo, di passare a canne di diversa lunghezza, ma con la semplice sostituzione del gruppo otturatore/porta otturatore, anche ad impiegare canne di differente calibro, passando dal 5,56x45 al 6.8 SPC, con poche rapide operazioni. Gli Upper MRP sono disponibili in versione CQB, con astina Picatinny da 16,5” o in versione Standard con astina Picatinny da 20,5”. Le diverse lunghezze di canna sono riportate nella tabella difianco. www.peztco.com

CALIBRO 5,56 5,56 1 5,56 5,56 5,56 6.8 SPC 6.8 SPC 6.8 SPC

LUNGHEZZA CANNA 10,5” 4,5” 16” 18” 20” 12,5” 16” 18”


La pinza a struttura scheletrata Leatherman - Skeletool CX Un ritorno ai principi fondamentali. I moderni attrezzi multiuso hanno tante opzioni ma sono spesso più pesanti e con caratteristiche che molte volte non vengono mai usate in maniera regolare. Entrate nella nuova piattaforma di Skeletool CX: Peso minimo, formato compatto e possibilità infinite.Utensile multiuso realizzata interamente in acciaio inox nitrurato a struttura scheletrata con inserti in fibra di carbonio, con lama in acciaio 154CM e dalle dimensioni compatte votata alla massima praticità d’uso. Pesa infatti solo 140g. e da chiusa ha una lunghezza di 105mm. Utensili: Pinza a becco fine, tagliacavi, tronchese lama in acciaio 154CM a filo combinato con blocco liner lock, porta bits con blocco per inserti intercambiabili, due cacciaviti a stella Philips, due cacciavili medio e piccolo, apribottiglia, moschettone e clip removibile. www.coltelleriacollini.it

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Di Carlo Biffani - carlobiffani@gmail.com

Le regole del gioco Il tema del contrasto della pirateria marittima e del diritto alla difesa, da parte degli armatori, è stato a più riprese affrontato su questa Rivista, sia dal sottoscritto che da altri collaboratori. Personalmente mi appassiona al punto da averne fatto un cavallo di battaglia, tanto da indurmi probabilmente a ripetizioni e reiterazioni rispetto ad alcuni degli argomenti trattati in articoli precedenti. Chiedo perciò scusa a tutti coloro i quali dovessero rilevare, in questo mio nuovo approfondimento, possibili repliche riguardanti argomenti affrontati precedentemente. Dal mio canto, mi appello alla clemenza dei Lettori e nello scrivere questo ennesimo pezzo riguardante il tema tanto dibattuto, ho pensato che, alla luce di una nuova serie di accadimenti, valesse comunque la pena raccontare gli ultimi sviluppi, correndo il rischio di tornare su temi già dibattuti, ma visti alla luce di nuove prospettive e di differenti realtà normative. Nel nostro paese siamo, da generazioni, purtroppo ormai abituati a doverci confrontare con

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una burocrazia lenta e capace di scoraggiare qualsiasi tentativo d’innovazione. L’emanazione di regolamenti è una delle operazioni che sa meglio esprimere tutto il dirompente potenziale di lungaggini ed intralci capaci di scoraggiare qualsiasi benintenzionato e di far passare la voglia a chiunque desideri mettersi in gioco in prima persona. Aggiungiamoci anche il fatto che, a volte, chi scrive le regole del gioco sa molto più di norme e di teoria che di pratica. Sulla necessità di avere regole che consentano di essere competitivi in uno specifico settore, credo ci si possa serenamente dire tutti d’accordo, ed allora mi chiedo, com’è possibile che, a sette mesi dalla emanazione della Legge 130, non si sia ancora riusciti a produrre un regolamento attuativo degno di tale nome? In verità alcuni determinanti fattori hanno giocato a sfavore dell’emanazione del documento in oggetto, come ad esempio la caduta del precedente governo, arrivata mentre il tavolo tecnico che provvedeva alla compilazione del decreto aveva quasi terminato i suoi lavori e mai come in questo caso, potremmo dire che il ritardo che si è prodotto abbia finito per trasformarsi in un innegabile vantaggio. Personalmente, ho avuto la possibilità, per una serie di fortunate coincidenze, di assistere ed in piccola parte suggerire alcune correzioni in merito alla prima stesura del decreto, così come ho partecipato alla creazione di un’associazione di categoria fortemente voluta da quella che chiamo la “coalizione di volenterosi” che si è posta come obiettivo primario proprio quello di poter interagire con il tavolo tecnico che sta provvedendo alla creazione del regolamento d’attuazione, mettendo a disposizione tutto il bagaglio di conoscenze tecniche e di cultura specifica, necessarie a produrre qualcosa che potesse davvero permettere gli attori che compongono il secondo pilastro della Legge 130, ovvero quello costituito dai soggetti privati, in

condizione di giocare la loro partita. L’associazione è ormai cosa fatta ed il confronto ufficiale con i tecnici dei diversi Ministeri, sembrerebbe ormai prossimo. La data fissata dal legislatore per l’emanazione del regolamento è quella del 31 marzo, ed allora proviamo a rimboccarci le maniche ed a cercare di capire cosa chiedere e cosa provare ad ottenere. In termini assoluti, ritengo che la Legge 130 rappresenti un momento fondamentale nella creazione di una cultura che esca dalla vecchia e logora logica, secondo cui il settore della sicurezza sussidiaria è rappresentato unicamente dalla guardia giurata in servizio di fronte alla banca, dotata di strumenti appena sufficienti in termini tattici ed addestrativi. In un colpo solo, questa Legge, ha consentito ai professionisti della security, di uscire dalle zone d’ombra e di poter raccontare al Paese di quale e quanta professionalità siano capaci. Da oggi, grazie alla Legge 130, forse si parlerà meno di mercenari e più di professionisti della sicurezza, temine, a mio modo di vedere, accettabilmente racchiuso nella definizione di “Security Contractors”. Sarei poi propenso ad interpretare questa apertura come una formidabile chance di crescita di un settore che ha come obiettivo non quello di andare a combattere guerre al soldo del miglior offerente, ma di fare sistema, cercando di emulare le fortune di quello anglosassone che in materia di PSC (Private Security Company), produce numeri e fatturati impressionanti, nella più assoluta legalità e con tutte le garanzie possibili dal punto di vista etico e normativo, come è lecito attendersi in una moderna democrazia. E sempre per rimanere sul tema delle opportunità offerte dalla 130 al settore e riguardo alle cose da cambiare prima possibile, è a mio modesto parere inaccettabile che il nostro Paese acquisti, ad esempio, servizi di mitigazione del rischio compresi quelli di protezione ravvicinata a beneficio del proprio personale diplomatico e di quello cooperante inserito in

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Il rumore prodotto da un arma in calibro 12.7 od in subordine da una in 7,62 e le colonne d’acqua sollevate dai colpi sparati in prossimità del “barchino” in avvicinamento, manderebbero, ai pirati, un messaggio molto chiaro su quale tipo d’accoglienza li starebbe aspettando.

missioni ufficiali del nostro governo, da alcune fra le più conosciute PSC inglesi: è ormai arrivato il momento di dire (e grazie alla Legge 130 di dimostrare) che abbiamo la professionalità, le capacità e l’esperienza, per giocare la partita ad armi pari con gli altri attori internazionali del nostro settore. Non posso credere che nessuno fra i decisori politici abbia compreso l’importanza, in determinati scenari, di far proteggere gli italiani dagli italiani. Sono sempre rimasto allibito di fronte al fatto che si sia preferito, in Iraq come in Afghanistan, aprire un ombrello inglese sulla testa dei nostri diplomatici e tecnici della cooperazione e non ho mai compreso come non ci si sia fatti una serie di banali, semplici domande in tal senso. Gli Inglesi ci avrebbero mai affidato la sicurezza del loro personale? Le ambasciate di Sua Maestà, avrebbero mai fatto pubblicità ad una PSC italiana, come è ripetutamente accaduto in alcune nostre sedi, a favore di almeno un paio di compagnie britanniche? Quanto è rispondente alle esigenze di salvaguardia degli aspetti d’intelligence, mettere il personale governativo sotto la protezione di aliquote straniere e quanto rischio si aggiunge, in certe aree del mondo, nel far circolare il nostro personale vicino a security contractors inglesi? Un’azienda di caratura strategica come ENI, non sarebbe meglio fosse protetta, in alcune aree del mondo, da risorse italiane? Non saprei dire se si sia trattato di qualcosa di calcolato o di semplice e banale miopia, ma è successo e succede ogni giorno e la cosa non mi va giù. TNM ••• 022

Ben venga quindi la 130, con la sua possibilità di affermare la professionalità nazionale, ma per farlo bisognerà che si realizzino almeno un paio di miracoli e forse, alcune congiunture astrali. In primis ritengo che sia lecito aspettarsi l’affermazione di un principio di legge che oltre che a livello nazionale è sancito dalla normativa emanata dalla comunità europea. In ambito commerciale, tutti gli attori, recitano il proprio ruolo partendo dal principio di pari dignità ed eguali possibilità di successo. La Legge 130, così com’è attualmente strutturata, contravviene a questo sacrosanto principio, stabilendo, come fa, che la Marina Militare ha il diritto di prelazione rispetto all’assegnazione dei servizi di protezione armata su navi commerciali. Questo, lo ribadisco, non è previsto, sia in termini di normativa nazionale che extra nazionale e rappresenta un vizio di una gravità estrema. Si è infatti fatto passare il principio secondo il quale, uno dei giocatori della partita, ovvero quello pubblico, può mettere in campo una squadra ed al tempo stesso fare l’arbitro del match. Confido nel fatto che, quando prima, anche per evitare severissime sanzioni in ambito europeo, si metta riparo a questa assurda anomalia. Vi è poi, a mio avviso, la necessità di permettere a tutti gli attori, sia pubblici che privati, di poter utilizzare gli accordi che il nostro governo stringerà con i paesi frontalieri. Stringere patti che varrebbero per un solo giocatore falserebbe in maniera inaccettabile le regole


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del gioco. Ritengo che i players del settore privato sarebbero felici di partecipare alle spese necessarie all’apertura di basi logistiche nei paesi interessati dal fenomeno e di compartecipare a quelle previste in termini di sottoscrizione degli accordi. Esistono poi esigenze collegate all’utilizzo di armi che consentano di esercitare appieno le capacità di deterrenza che è indispensabile porre in essere per scongiurare la possibilità che si arrivi allo scontro ravvicinato con gli assalitori. Uno scontro che avvenisse al di sotto della gittata delle armi controcarro, solitamente utilizzate dai pirati, porrebbe i difensori in una condizione di pericoloso svantaggio tattico e potrebbe esporre l’equipaggio della nave ad un rischio che è assolutamente necessario scongiurare, come quello del contatto ravvicinato e dello scontro a fuoco che si concretizzi sul ponte della nave. Durante l’episodio nel quale è incorsa la nave Montecristo nello scorso mese di ottobre, i pirati, hanno potuto sparare ben sei colpi di RPG contro lo scafo. Se riflettiamo sul fatto che un’arma di quel tipo è utilizzabile con buona possibilità di discriminare il tiro, attorno ai 4\500 metri, ci renderemo facilmente conto del fatto che non ci si potrà chiedere di difendere alcuna nave, se non potremo utilizzare armi in grado di fare bersaglio almeno 7\800 metri. E sul “fare bersaglio” permettetemi di chiarire che non intendo fare fuoco già dalle primissime battute sui singoli assalitori, ma bensì di palesare la propria presenza attraverso l’esecuzione di colpi mirati in prossimità del “barchino” degli assalitori. Sempre rifacendomi all’episodio della Montecristo, i ragazzi del security team, mi raccontavano che durante l’attacco i pirati iniziarono l’azione a fuoco a circa 4\500 metri dalla loro nave e che potevano udire distintamente, anche da quella distanza, il fragore dei colpi sparati dai pirati. Se ci sarà dato modo di utilizzare strumenti adeguati, non ci sarà bisogno di sparare direttamente sugli assalitori. Il rumore prodotto da un arma in calibro 12.7 od in subordine da una in 7,62 e le colonne d’acqua sollevate dai colpi sparati in prossimità del “barchino” in avvicinamento, manderebbero un messaggio molto chiaro su quale tipo d’accoglienza li starebbe aspettando. Nelle ultime settimane, in seno all’associazione che abbiamo costituito, ho avuto modo di raccogliere voci riguardanti eventuali discriminazioni e restrizioni, in termini di armi da utilizzare da parte del comparto privato, che potrebbero essere contenute nel regolamento attuativo. Proviamo allora a fare un poco di chiarezza anche in merito a questo argomento partendo dal principio che, in termini di contrasto, le regole emanate devono avere l’unico scopo di mettere tutti i giocatori della partita, quello pubblico e quello privato, in condizione di giocarla con le stesse regole e di poter utilizzare gli stessi strumenti. Tale principio dovrebbe essere ispirato da due necessità. La prima, di carattere operativo: non si può pensare che l’attore pubblico possa disporre di strumenti ridondanti (Minimi – Barret – Carabine M4 e quintali di munizioni) e quello privato debba poter difendere nave ed equipaggio con strumenti inadeguati come carabine da caccia e pistole in 9x21. La seconda è di carattere pratico: nessun armatore sceglierebbe di farsi difendere da chi ha nella faretra solo poche frecce spuntate. Quindi appare evidente la

necessità di partire, in termini di considerazioni generali, da quello che sta già accadendo in materia di armi utilizzate da società private, operanti in quello scenario già da diversi anni. Molte delle società che forniscono da anni servizi armati alle compagnie di navigazione, lo fanno utilizzando armi in calibri considerati “da guerra”, noleggiate dalle autorità di alcuni stati dell’area. Un esempio per tutti è quello rappresentato dall’autorità di governo di Gibuti, che noleggia a prezzi tutt’altro che di favore le armi necessarie allo svolgimento dell’attività di protezione. E le armi in questione sono, nella maggioranza dei casi, fucili AK 74 e AK 47. Va da se che se il legislatore italiano decidesse di autorizzarci ad effettuare tali attività avvalendoci di accordi fatti con società titolate in loco, queste potrebbero farci utilizzare solo armi in calibri da guerra. Si è parlato anche di poter impiegare armi catalogate come “comuni da sparo” in calibri civili paritetici a quelli di uso militare, ma l’anello debole di tale opzione consiste nella tempistica necessaria all’autorizzazione da parte di quei paesi nei quali si opererebbe, al diritto di costituzione di armeria. Anni ed anni di richieste e di iter burocratici attenderebbero le compagini private prima che queste potrebbero essere in grado di costituire armeria in proprio e (di fatto) il secondo pilastro della Legge 130, resterebbe inattuato. Non si può poi parlare di armi senza ricollegarci all’aspetto addestrativo. Come dovrà essere addestrato il personale civile che provvederà alla difesa attiva delle navi mercantili? Chi provvederà alla sua certificazione? Quanto tempo dovrà durare tale attività e come si affronteranno i problemi relativi alla sostenibilità dei costi di addestramento? Riguardo al come la risposta più ovvia è, meglio possibile! Ma il meglio non sempre è compatibile con i tempi e le necessità di società private, che devono tener conto di fattori come gli investimenti da sostenere ed i tempi necessari a raggiungere l’obiettivo. Per quanto riguarda l’ente che dovrà provvedere alla certificazione si stanno immaginando differenti scenari ma appare evidente a tutti il fatto che si potranno percorrere solo due strade. Una è quella che vedrebbe ricondurre ad una qualche autorità statale la responsabilità di addestrare e validare il personale, mentre l’altra sembrerebbe voler replicare il sistema in essere in Inghilterra ove, ad esempio, in materia di security in aree di crisi, la certificazione SIA (Security Industry Authority) per Operatori della Protezione Ravvicinata è affidata a realtà private che agiscono sotto stretto controllo delle autorità. Personalmente riterrei interessante prendere in considerazione la seconda ipotesi, con un diretto coinvolgimento di realtà statuali, per quanto sta alle docenze riguardanti alcune materie specifiche. Sulle peculiarità dell’addestramento e dell’iter che dovranno seguire gli operatori privati della sicurezza marittima, torneremo presto, ma una cosa mi sento di dire con assoluta certezza. Al momento attuale, non vi è alcun riconoscimento possibile per le decine di percorsi formativi che sono andati fiorendo, di settimana in settimana, nel nostro paese. Chi decide di frequentare uno dei tanti corsi per “sea marshall” od operatori anti pirateria marittima, è bene che sappia che, con buona approssimazione, sta buttando i propri soldi. TNM ••• 023


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di Giovanni di Gregorio

Nigeria viaggio nel caos Alcuni amici che lavorano in Nigeria, nei mesi scorsi, ci hanno chiesto il perché certe notizie, d’interesse strategico, sociale e giornalistico non vengano divulgate in Italia. A nostra volta, ci siamo posti la medesima domanda, fino alla nottata di Natale 2011, quando sono arrivate le immagini e le poche notizie relative alla strage presso la chiesa cattolica in Abuja. Ricordo ancora la conversazione telefonica con il Direttore di TNM per i consueti auguri, durante la quale mi disse: “ Ma hai visto cosa sta succedendo in Nigeria? Dovremmo andare a vedere..” detto fatto! Il tempo di fare qualche richiamo alle vaccinazioni, passaporto vistato e biglietto di sola andata fatto! Lascio il freddo milanese e mi catapulto nel calore di Abuja. Arrivato all’aeroporto, in tarda serata, mi attende il vice capo della polizia di Abuja che mi scorta fino al mio alloggio. Non scelgo di alloggiare né all’Hilton né allo Sheraton, diversamente da quanto indicatomi dalla polizia e da alcuni colleghi giornalisti, ma in un appartamento all’interno di un compound di una società italiana. TNM ••• 024

Ancor prima di andare a dormire e smaltire le 7 ore di volo, chiedo insistentemente di essere immediatamente aggiornato sulla situazione. Mi rendo immediatamente conto che la questione nigeriana è ben più complessa di quanto mi aspettassi. Nonostante il suo cognome, sembra che il presidente Goodluck non abbia proprio fortuna. Il presidente Goodluck, di fede Cristiana, non è un vero e proprio politico e non è stato neanche eletto dal popolo. La sua ascesa all’esecutivo federale è dipesa da una casualità e non dal volere popolare. Infatti egli è succeduto, in qualità di vice presidente, dopo la morte del presidente in essere che aveva guidato il Paese nigeriano per 3 anni. Questo ha fatto sì che s’interrompesse quella che ormai si era affermata come una consuetudine, ovvero l’alternanza quadriennale alla presidenza tra cristiani e mussulmani. Da questa situazione di sfavore, da parte della popolazione mussulmana, è nata una vera e propria guerra politica e civile.

In un Paese in stato d’emergenza e frazionato come la Nigeria, sia dal punto di vista etnico che da quello religioso, i numeri diventano importanti quando si parla di popolazione, che è la più numerosa rispetto agli altri paesi dell’Africa contando circa 160milioni di abitanti, oltre ovviamente a tutti gli immigrati (clandestini e non) che trovano in Nigeria un posto di lavoro o una possibilità di sostentamento alternativo a quello dei paesi limitrofi, ancora più poveri. La Nigeria è un grande esportatore di petrolio grezzo ed affida in outsourcing, all’estero, la raffinazione, per poi re-importare il carburante finito. Ma questo strano giro ha delle ripercussioni in un’economia già debole e corrotta di suo. Nella seconda settimana di gennaio, è stato indetto uno sciopero per protestare contro la decisione di Goodluck di eliminare i sussidi al prezzo dei carburanti. Infatti lo Stato sovvenzionava per quasi il 70% il costo della benzina alla pompa di carburante, riuscendo a mantenere basso il prezzo a favore della popolazione, che ha un salario medio


eports Situation Reports Situation Reports Situation Repor Giovanni Di Gregorio, inviato TNM, posa insieme ad alcuni membri del MOPOL (Polizia nigeriana)

pari a 25.000 Naire (circa 120 euro) al mese. Ma a causa dell’alto costo di re-importazione del prodotto finito ed al furto illegittimo di tonnellate di petrolio grezzo dall’oleodotto (parliamo di numeri esagerati che sfiorano il valore del PIL italiano), il Governo non è più in grado di sostenere una spesa pubblica di questa natura e per tale motivo il prezzo del carburante è stato incrementato, passando da 65Naire a 140Naire. Uno sciopero totale, che ha visto la partecipazione di tutte le categorie, durato 8 giorni, che ha inginocchiato il Paese e che è costato circa 630 milioni di dollari al giorno. A questo, si sommava l’ormai endemica lotta al terrorismo. In contemporanea allo sciopero veniva annunciato l’inizio della guerra ai cristiani ed al Governo centrale, da pare della setta islamica filo Alqaidista di Boko Haram. Le unità di sicurezza dell’intelligence, con cui ho avuto modo di parlare in questo frangente, mi hanno esposto chiaramente che, nel nord del Paese, per una mera questione di numeri, la popolazione di fede mussulmana è nella totale

maggioranza, sfiorando valori del 97% nella regione del Sokoto. Regione d’importanza strategica per i terroristi islamici, in quanto zona di confine con il Niger e che fornisce quindi ampie possibilità di comunicazione ed alleanze con le organizzazioni terroristiche del nord africa, in particolare con quella algerina. Di una probabile affiliazione v’è prova di alcuni algerini uccisi e catturati dalle forze di polizia durante le varie azioni per il controllo del territorio. Ma l’evento dinamitardo per eccellenza è avvenuto nella seconda metà di gennaio, quando, durante un normale venerdì, scandito dalle litanie degli imam islamici nelle loro moschee, 20 bombe, in 20 attentati diversi, rompevano l’idillio di quegli istanti, tutti nella medesima città. Kano divenne, nel giro di 2 ore, la città meno sicura di tutto il globo. Nessun posto, nessun ufficio, nessuna scuola era sicura. Oltre alle bombe, si sono fatti sentire anche i proiettili che, in una guerra dove tutti sono nemici, non si è badato di sparare su tutti i fronti e sui civili inermi. Civili presi di mira

solo perché stranieri o cristiani. Come accaduto, ad esempio, ad una donna cingalese che portava al collo un crocifisso, arrivata in Nigeria qualche giorno prima dell’attentato per riavvicinarsi al marito, operaio di una multinazionale delle costruzioni, uccisa con un colpo in fronte. Il numero dei deceduti, nelle prime ore, sembrava stranamente basso salvo poi arrivare a quota 186 caduti. In accordo con il direttore di TNM e facendo fede alla nostra scelta editoriale, parto per Kano, dove, nel frattempo, era stato introdotto il coprifuoco di 24 ore in tutta la regione. Grazie alla scorta degli ormai fedeli MOPOL ed a qualche buona dose di Naire, riusciamo, insieme all’amico reporter della Reuters, a raggiungere la città martoriata. Non si vedono altro che mezzi dell’esercito, elicotteri da combattimento e qualche incosciente “locale” che si avventura per le strade e che viene prontamente arrestato ed in qualche caso anche ucciso senza troppi perché. Mi metto in contatto con il capo centro degli SSS di Kano il quale mi da appuntamento TNM ••• 025


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in una zona fuori città, in luogo aperto, nelle vicinanze dell’arteria stradale principale, pronti in caso alla fuga. M’informa che sono stati mobilitati migliaia di uomini tra polizia ed esercito e che per motivi di sicurezza sono stati rafforzati i controlli in tutta la regione. Il termine “rafforzare i controlli” è stato accompagnato dal gesto di tagliare la testa ed egli ha terminato il discorso con un “Just in case!” Non a caso, il presidente Goodluck, ha smobilitato l’intero battaglione 22 degli SSS, uomini passati alla storia presente per essere dei freddi sanguinari, in parte in forza alla scorta personale del presidente stesso. Ritornando ad Abuja, abbiamo potuto notare che anche li erano stati intrapresi provvedimenti atti al rafforzamento della sicurezza presso le varie sedi TNM ••• 026

di governo e presso le caserme. Forse anche perché si erano fatti sfuggire, poco dopo l’arresto, il mandante della strage di Natale, il quale, con un semplice stratagemma, degno del film di Totò “Guardie e Ladri”, era riuscito a scappare dalla finestra al piano terra della toilette della stazione di polizia, dove era trattenuto. Tra il popolo nigeriano si va sempre più affermando la convinzione che l’attuale esecutivo, oligarchico e corrotto, sia totalmente inaffidabile. Il clima d’insicurezza avvertito dai nigeriani è fortissimo, come quello della totale sfiducia verso un governo ormai di minoranza, che resta al potere nonostante la volontà contraria del popolo sovrano. Solo la minoranza della popolazione pensa che il Presidente Goodluck abbia agito con decisione,

dichiarando lo stato di emergenza, ma anche tra i suoi sostenitori si sta divulgando un senso di malcontento. Lo stato d’emergenza è esattamente tale, ovvero, vi è il riconoscimento di una situazione anomala, molto simile allo stato di guerra e quindi, l’utilizzo (anche illegittimo) dell’esercito è richiesto e necessario. A modo suo, Goodluck, in merito alla lotta al terrorismo, si rifà alle scelte dell’ormai ex presidente Bush che, incalzato da tutto il popolo americano a seguito del vile attacco dell’11 Settembre, attivò il suo potente apparato militare. Linea di condotta che continuò, secondo il personalissimo parere di Goodluck in un recente comunicato, il presidente Obama con l’uccisione di Osama Bin Laden. E’ evidente che Goodluck voglia fare della demagogia spicciola non ammettendo che Boko Haram, non è una semplice setta, bensì una vera organizzazione terroristica, ben integrata nel sistema sociale e politico, tanto da avere contatti con membri del Partito Popolare Democratico, ostico al potere federale centrale e di essenza scissionista. Non si tratta soltanto di atti vili, commessi da una setta, ma di una vera e propria cospirazione, atta all’indebolimento dell’esecutivo (forzando volutamente un’analogia al nostro paese, potremmo confrontarla agli anni di piombo.. vale a dire che con tali metodi si cerca d’instaurare un senso di insicurezza generale). Il Governo federale nigeriano, in qualche modo, doveva dare una prova di forza. E lo ha fatto cambiando tutti i vertici della polizia, che fino ad allora avevano ottenuto risultati fallimentari. La nuova leadership delle forze di polizia si è messa all’opera compiendo rastrellamenti di porta in porta, in tutti i villaggi del nord. Ma un’azione segreta passerà alla storia della lotta al terrorismo islamico in Nigeria: con un blitz degli SWAT, coordinati dai servizi segreti, è stato arrestato il portavoce di Boko Haram. Un successo per il Governo!


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Giovanni Di Gregorio mentre mostra un ordigno improvvisato, ritrovato all’esterno del compound dove alloggia

Un successo durato meno di 24 ore, quando su internet è apparso un videomessaggio del vero portavoce di Boko Haram che, con in braccio la figlia ed attorniato dalla propria famiglia e dai propri sostenitori, ha smentito di essere stato catturato.. anzi, stava trascorrendo una fantastica e piacevole giornata gustando Shawarma (tipico cibo nigeriano), prendendosi gioco della polizia e del presidente Goodluck. La nostra fonte, ai vertici dei servizi segreti, non ha voluto commentare quanto accaduto e stringendosi nella vergogna di un grave errore, ha affermato solamente: “siamo nelle mani del Signore!” Comunque, tra fallimenti e vittorie, la lotta al terrorismo islamico, in una terra controversa come la Nigeria, continua senza sosta e si scontra con quella parte di popolo islamico, che in qualche modo, appoggia e sostiene Boko Haram. Molti sono stati i caduti tra le file della polizia e dell’esercito che nell’adempiere al proprio dovere, hanno perso la vita. E fra questi, un caso in particolare ci ha colpito. In una tranquilla giornata di riposo, il capo centro degli SSS di una cittadina del nord del paese, è stato ucciso con un solo colpo alla testa da una banda di terroristi islamici, che ha inoltre ferito la moglie incinta, alla quale è stata incisa, sul grembo materno, la frase “ALLAH THE ETERNAL”. Beh sono questi i momenti in cui il cinismo di un repoter lotta con il disgusto e talvolta la voglia di giustizia. Noi di TNM sapevamo benissimo che questo viaggio non sarebbe stato né facile né tranquillo, l’abbiamo capito con maggior consapevolezza quando, a 200m dal nostro hotel ½ stella, nella zona sud della città di Kano, è esplosa un’autobomba presso una stazione di polizia. Fortunatamente abbiamo riportato solo qualche escoriazione superficiale causata dalla rottura dei vetri delle finestre. Un ulteriore atto vile, compiuto subito dopo la festa dell’anniversario della nascita di Maometto. Altro esempio di quanto poco tranquillo

sia il nostro soggiorno, è stato quando, alloggiati presso una caserma dell’esercito, lungo il muro di cinta, tra le sterpaglie, hanno ritrovano un IED con 6kg di ANFO, pronto ad esplodere. Ma il nostro intento era ed è quello di conoscere, in prima persona, la realtà nigeriana, per poter diffondere quello che altri non divulgano. Quindi continuiamo il viaggio nel caos nigeriano. Boko Haram, che letteralmente significa “l’educazione occidentale è peccato” in questo momento, sta dettando legge in tutto il territorio del nord e vuole entrare a pieno titolo nella politica federale, istituendo nelle loro competenze regionali, la Sharia. Il capo fondatore, che fu ucciso nel 2009, Ustaz Mohammed Yusuf, si era addestrato nei campi di Al Qaida nei pressi di Kabul, rimanendo affascinato dell’ideologia e dal carisma di Bin Laden ed intitolò la sede centrale di Yobe, proprio Afghanistan. Ma analiticamente, il gruppo islamico di Boko Haram, differisce dalle altre cellule per una

sostanziale caratteristica. Dal 2002, anno della sua fondazione, non ha mai fatto uso di kamikaze, preferendo passare alla storia dei martiri di Maometto quali veri combattenti, ingaggiando in prima persona, armi alla mano, l’infedele cristiano o filo occidentale, anche se ugualmente motivati al proprio sacrificio per la causa islamica. Quale analista di TNM, devo affermare che, indipendentemente dalla linea politica dell’esecutivo, i terroristi restano dei perdenti e non comprendono che, così agendo, non colpiscono solo il governo, ma vanno a minare il benessere sociale ed economico che la Nigeria, in questi anni, ha comunque assicurato (se così possiamo dire) a tutta la popolazione. Quindi mentre l’esercito è in mobilitazione, anche il popolo nigeriano dovrebbe far qualcosa per migliorare il suo status di popolo martoriato. Dovrebbe nascere un senso di “responsabilità individuale” per la sicurezza sociale di tutto il Paese. Solo se la Nigeria, tutta, agirà con coraggio, la Nigeria avrà la forza di prevalere. TNM ••• 027


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Il primo libro fotografico che racconta

i soldati della Folgore in missione in Afghanistan

Inedite immagini dei sette mesi di missione della Folgore in Afghanistan, raccolte in questo straordinario libro fotografico con la prefazione del Generale Carmine Masiello. Ordina subito la tua copia: redazione@tacticalnewsmagazine.it TNM ••• 28


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Di Mr Gwyn e GH

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Il “Trofeo Medaglie d’Oro”, “l’International Federation of Mountain Soldier Trophy” ed il “Trofeo Medaglia d’Oro Silvano Buffa”, tutti conquistati dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, Reparto d’elite dell’Esercito Italiano per la condotta di operazioni speciali.

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These mist covered mountains Are a home now for me But my home is the lowlands And always will be Some day you’ll return to Your valleys and your farms And you’ll no longer burn To be brothers in arm


m Report From Report From Report From Report From Report Il 4° Reggimento alpini paracadutisti durante alcune fasi del Ca.STA

Mai Strack… San Candido (BZ), ci sono undici gradi sottozero alle ore 14.00, tempo difficile per tutti, ma non per gli Alpini. Si è conclusa così lo scorso 3 febbraio, in piazza del Magistrato, la settimana dedicata ai Campionati Sciistici delle Truppe alpine edizione 2012. All’evento istituito nel 1931, giunto quest’anno alla sua 64° edizione, hanno preso parte anche le delegazioni Militari di Spagna, Stati Uniti, Argentina, Libano, Macedonia e Slovenia. Oltre mille gli atleti militari, che hanno partecipato alle gare, tra cui circa 100 donne. L’evento clou di questa singolare kermesse sciistica è stata la competizione tra i plotoni, durata tre giorni, che ha rappresentato un autentico tour de force, impegnando le unità, equipaggiate per il combattimento in montagna, in una serie di gare di sci (fondo, staffetta, discesa e sci-alpinismo), alternate a prove di tiro e lancio della bomba a mano. Il tutto senza trascurare due aspetti fondamentali in montagna: la topografia ed il soccorso valanghe, inserite in due prove di abilità a tempo. Lo scopo primario dei Campionati Sciistici Militari delle Truppe alpine è da sempre la verifica del livello addestrativo, raggiunto dai Reparti nel corso dell’attività invernale, con particolare riguardo alla capacità di sopravvivenza e alla mobilità operativa in ambiente innevato. Fra le varie discipline prettamente militari nei Ca.S.T.A. ci sono prove di Assalto con l’ausilio di piccoli BV, che scivolano leggeri sulla neve, gare di plotoni e prove di tiro in poligoni improvvisati. La maggior parte delle competizioni sono a squadra, come vuole la tradizione dei soldati di montagna, abituati a muoversi in gruppo. “La preparazione, che avviene in queste montagne, – ha ribadito il Generale Graziano, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito – la vita che si consuma con Fratellanza in Armi è funzionale a qualsiasi Teatro Operativo”. Presenti sul campo, a temperature sottozero, i Reggimenti della Brigata alpina “Taurinense” (2° alpini di Cuneo, 3° alpini di Pinerolo, 9° alpini di l’Aquila, 1° artiglieria da montagna di Fossano, 32° genio e Reparto Comando di Torino), della Brigata alpina “Julia” (5° alpini di Vipiteno, 7° alpini di Belluno, 8° alpini di Cividale del Friuli, 2° genio di Trento, 3° artiglieria da montagna di Tolmezzo, Reparto Comando di Udine),


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il 2° Reggimento trasmissioni alpino di Bolzano, il Reparto Comando “Tridentina” di Bolzano, il 24° Reggimento di manovra di Merano, il Centro Addestramento Alpino dell’Esercito di Aosta, il 6° Reggimento alpini di Brunico, gli alpini Paracadutisti del 4° Reggimento “Monte Cervino” di Verona e un Team della Nato Rapid Deployable Corps di Solbiate Olona. E’ stato l’alpino Patrick Gruber, originario di queste parti e campione mondiale di slittino, che ha acceso lo scorso 30 gennaio il tripode allestito in piazza Magistrato, aprendo così ufficialmente la 64° edizione dei Ca.S.T.A., che fino al 3 febbraio ha impegnato gli atleti con le stellette sulle nevi dell’Alta Val Pusteria nella zona di Dobbiaco, San Candido e Comelico. In questa edizione, sono stati cinque i Trofei in palio: il “Trofeo dell’Amicizia” aggiudicato dal Centro Addestramento Alpino dell’Esercito Italiano, seguito da Spagna e USA; il “Trofeo Medaglie d’Oro”, “l’International Federation of Mountain Soldier Trophy” ed il “Trofeo Medaglia d’Oro Silvano Buffa”, tutti conquistati dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, Reparto d’elite dell’Esercito Italiano per la condotta di operazioni speciali. Nell’ambito dei Ca.S.T.A., quest’anno era inserito anche il “Trofeo delle Truppe alpine”, per lo slalom femminile di Coppa Europa. Il Generale di Corpo d’Armata Claudio Graziano, Alpino tra gli Alpini, ha sottolineato nel suo discorso di chiusura dei Ca.S.T.A.: “Queste competizioni rappresentano un valido strumento per verificare il livello addestrativo raggiunto dalle unità di Fanteria Alpina ed in generale dalla fanteria leggera, che continuano a rappresentare il nucleo centrale della trasformazione dell’Esercito Italiano e dei futuri scenari operativi internazionali”. Con lo spegnimento del tripode e l’ammaina Bandiera con Tutti i reparti schierati, si sono così conclusi i Campionati Sciistici delle Truppe Alpine edizione 2012, sguardi profondi ed a riprova del grande Spirito che accompagna questa grande manifestazione Militare, tutti si sono ripromessi di condividere anche il prossimo anno la manifestazione che tanta esperienza lascia nel cuore dei partecipanti… TNM ••• 034

Quest’anno era inserito anche il “Trofeo delle Truppe alpine”, per lo slalom femminile di Coppa Europa. Il Generale di Corpo d’Armata Claudio Graziano, Alpino tra gli Alpini

Alla sua 64° edizione, hanno preso parte anche le delegazioni Militari di Spagna, Stati Uniti, Argentina, Libano, Macedonia e Slovenia


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DI T. Col. Mario Leone Piccinni (Capo 1° Servizio Centro Formazione e Studi e Capo Stampa e Relazioni Esterne dell’Accademia della Guardia di Finanza)

Viaggio all’interno dell’Accademia della Guardia di Finanza, Istituto deputato alla formazione di tutti gli Ufficiali, tra rispetto delle tradizioni, rigore nell’addestramento e forti proiezioni verso il futuro. TNM ••• 036


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La Bandiera d’Istituto Il 21 giugno del 1918 il VII battaglione dislocato sul basso Piave, varcando il fiume Sile sotto il tiro incessante delle batterie nemiche, si attestò sulla sponda opposta, costituendo una testa di ponte. L’azione fu così eroica che al reparto fu conferita la Medaglia di Bronzo al valor Militare. In ricordo dell’avvenimento la Festa anniversaria della Guardia di Finanza è stata fissata il 21 giugno. Come testimonianza del suo prestigio, l’Accademia ottenne con Regio Decreto 11 aprile 1938 la concessione della Bandiera d’Istituto (La Bandiera degli Istituti militari è equiparata alla Bandiera di guerra). Il Vessillo venne consegnato nel corso di una solenne cerimonia il 5 luglio 1938. Terminata la guerra, dopo il cambio di forma istituzionale, in una cerimonia d’importanza storica, il 4 novembre 1947, alla presenza delle massime autorità dello Stato, venne consegnata all’Istituto la nuova Bandiera della Repubblica. Alla Bandiera dell’Istituto quale riconoscimento per l’importante funzione didattica ed educativa svolta nella preparazione degli Ufficiali, il 7 maggio 1988, è stato concesso il “Diploma di Prima Classe con Medaglia d’Oro per i benemeriti della Pubblica Finanza”. Si tratta di un altissimo riconoscimento dell’importante funzione formativa ed addestrativa svolta nel preparare ufficiali qualificati per i compiti sempre più delicati e complessi da assolvere per la salvaguardia dei superiori interessi dello Stato. Tratto da: www.gdf.it

L’Accademia della Guardia di Finanza rappresenta il massimo Istituto di formazione del Corpo, la struttura cui è demandato il delicato ed importante compito di formare la classe dirigente futura, composta dagli Ufficiali, i Comandanti dei Reparti operativi delle Fiamme Gialle del domani. Come noto, il Corpo della Guardia di Finanza è uno speciale Corpo di Polizia che dipende direttamente dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, è organizzato secondo un assetto militare e fa parte integrante delle Forze Armate dello Stato, oltre che della Forza Pubblica. I numerosi e qualificati compiti istituzionali affidati al Corpo consistono nella prevenzione, ricerca e denunzia delle evasioni e delle violazioni finanziarie, nella vigilanza sull’osservanza delle disposizioni di interesse politico-economico, nella sorveglianza in mare per fini di polizia finanziaria e nel concorso al mantenimento dell’ordine e della sicurezza

pubblica e la difesa politico-militare delle frontiere. La Guardia di Finanza è, quindi, una Forza di polizia a competenza generale su tutta la materia economica e finanziaria, con specifiche facoltà e poteri in campo tributario ed in tutti i settori in cui si esplicano le proiezioni operative della polizia economica e finanziaria. Al Corpo è assegnato, infine, il ruolo esclusivo di polizia economica e finanziaria in mare. Il compito, estremamente delicato ed importante, di provvedere alla formazione degli Ufficiali del Corpo che l’Accademia si prefigge, va quindi conseguito parametrando il profilo professionale ed il bagaglio teorico pratico professionale proprio di ciascun Allievo Ufficiale in formazione presso l’Istituto, con riferimento agli obiettivi che l’Istituzione Guardia di Finanza è chiamata a perseguire. L’Accademia nasce nel lontano 1896, allorquando Re Umberto I TNM ••• 037


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Il crest araldico, simbolo dell’Accademia Il Grifone d’oro con il libro in campo verde vuole rappresentare la preparazione negli studi e la vigilanza sulla corretta applicazione delle Leggi. La torre d’oro merlata è simbolo di antica nobiltà ed allegoricamente, simboleggia la giustizia e la tradizione militare; inoltre nello stato specifico, la torre richiama le caratteristiche della torre di Caserta, città che ha ospitato la prima sede dell’Accademia. Le cime montuose (in argento), ai piedi della torre, richiamano le origini del Corpo, nato in montagna come Corpo incaricato della vigilanza dei confini. La banda azzurra richiama il colore dei Savoia e del Regno Piemontese, conservate ancor oggi con le sciarpe azzurre, simbolo dell’Ufficiale e meta dell’allievo. La stella in oro a cinque punte rappresenta l’Italia ed anche il traguardo (nomina ad Ufficiale) da raggiungere. Il colore argento in campo è allegorico della virtù e della fedeltà. Il Grifone d’oro in campo verde, che impugna con la zampa anteriore sinistra la spada d’argento, simboleggia la custodia sia delle fortune proprie, sia dello Stato, (del Principe, nei tempi antichi). La rappresentazione dell’animale più forte (il leone) e del più nobile della terra (l’aquila) vuole indicare la perfezione e la potenza. La spada impugnata è simbolo dello status, della vigilanza e della preparazione militare. L’abbinamento dei colori oro e verde, che sono espressione di gioventù, onore, cortesia, civiltà, richiama, al di là della simbologia, i colori del Corpo. Sotto lo scudo, su lista bifida e svolazzante d’oro, è presente il motto in lettere maiuscole in nero, “Moniti Meliora Sequamur”: “Attraverso l’Istruzione Conseguiremo il Meglio”. Tratto da: www.gdf.it

istituisce nella sede della Reggia di Caserta la “Scuola speciale per abilitare i marescialli ed i brigadieri della Regia Guardia di Finanza a conseguire il grado di Sottotenente del Corpo”. Nel 1908 l’Istituto cambia la sua denominazione in “Scuola Allievi Ufficiali”; nel 1925, la Scuola venne trasferita a Roma. Nel 1938 la Scuola assume la denominazione di “Regia Accademia e Scuola di Applicazione della Regia Guardia di Finanza” e ad essa viene riconosciuta la funzione di istituto superiore di formazione militare il cui ordinamento venne notevolmente ampliato nell’area giuridica, economica e finanziaria. Con regio decreto dell’11 TNM ••• 038

Allievi Ufficiali durante lezioni in aula.

aprile 1938 l’Accademia ottiene la concessione della Bandiera d’Istituto, che venne consegnato il 5 luglio 1938 nell’ambito di una solenne cerimonia, dall’allora Capo del Governo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, l’Accademia venne impiegata in attività belliche fornendo in sacrificio molti dei suoi Ufficiali. Con il referendum del 2 giugno 1946 e l’avvento della forma repubblicana, l’Accademia, così come tutti gli istituti militari, era rimasta priva di Bandiera: così, il 4 novembre 1947, al Vittoriano, fu consegnato all’Istituto il nuovo vessillo della Repubblica. Nel 1984 la Scuola venne trasferita a Bergamo, ove sono tuttora allocati i primi tre anni del corso d’Accademia del Ruolo Normale e del Ruolo Aeronavale, mentre alla sede di Roma (Castelporziano) sono presenti i frequentatori del successivo biennio di Applicazione. Oggi il Comandante dell’Accademia è il Generale di Divisione Rosario Lorusso. Il ciclo formativo dell’ufficiale del Ruolo Normale ed Aeronavale, difatti, è oggi strutturato su un periodo complessivo di 5 anni, articolato su un triennio di Accademia (sede di Bergamo) ed un biennio di Applicazione (sede di Roma, Castelporziano). L’ammissione ai corsi quinquennali d’Accademia avviene mediante concorso pubblico, aperto ai diplomati degli istituti d’istruzione media superiore, dall’anno 2000 il concorso è aperto anche ad aspiranti di sesso femminile. L’Accademia della Guardia di Finanza, è un Istituto di formazione militare e di studi a carattere universitario, che organizza i corsi in modo tale da sviluppare le qualità etiche e la formazione militare dei futuri Ufficiali e per far acquisire loro la necessaria preparazione per ben assolvere la delicata funzione di futuro Ufficiale delle Fiamme Gialle. Da un punto di vista didattico, la formazione in Accademia deve consentire all’allievo di appropriarsi degli istituti


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Sede di Bergamo.

fondamentali del diritto (area giuridica), assimilare le dinamiche dell’impresa (area aziendalistica), acquisire le nozioni essenziali per studiare i fenomeni economici (area economica). In tale contesto, l’allievo, dovrà acquisire le applicazioni informatiche utili per la professione, la conoscenza della lingua inglese (area informatica e linguistica), acquisire strumenti di base per la comprensione dei fenomeni sociali e sviluppare capacità comunicative e relazionali (area sociologica e comunicativa). Da un punto di vista addestrativo e prettamente militare, l’allievo dovrà essere in grado di accrescere le indispensabili qualità morali ed etiche e di dotarsi di competenze in materia di organizzazioni e tecniche militari (area etico-militare), fare proprie le necessarie competenze di natura tecnico–operativa (area tecnico–professionale), pervenire e conservare un opportuno livello di efficienza fisica (area ginnico– sportiva). Il peculiare percorso formativo è quindi articolato in modo da garantire all’allievo il pieno sviluppo della sua personalità e delle sue capacità intellettuali, oltre che di acquisire ampie competenze professionali ed un concreto potenziamento della condizione fisica. Le specifiche attività didattiche si realizzano, in definitiva, in stretta euritmia con le peculiari azioni addestrative, precipuamente al fine di rendere l’allievo in grado di traslare quanto teoricamente acquisito, in concretezza operativa sostenuta da valide competenze professionali. L’intero iter didattico- addestrativo deve inoltre tendere a sviluppare nei singoli allievi un elevato e sentito senso delle Istituzioni, spirito di servizio e capacità di comando. Finalità dell’Accademia è, in conclusione, forgiare un militare professionista e moderno, capace di assicurare piena rispondenza al ruolo istituzionale affidato al Corpo e di rispondere compiutamente alle

Una fase del concorso con le migliaia di giovani aspiranti impegnati in una delle selettive prove di ingresso.

aspettative della società civile. Per poter accedere al concorso di ammissione al quinquennio di formazione in Accademia, gli aspiranti devono, necessariamente essere in possesso dei seguenti requisiti: • cittadinanza italiana; • età compresa tra i 17 e i 22 anni; • diploma di istruzione secondaria superiore. Le prove previste dal concorso sono estremamente selettive e consistono nei seguenti difficoltosi step: TNM ••• 039


FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON Allievi dell’Accademia nel corso di una cerimonia militare. L’istituto riserva ampio spazio alle esercitazioni militari.

Gruppo Scorta Bandiera dell’Accademia della Guardia di Finanza.

• test logico-matematici e di lingua italiana; • prova scritta concernente un tema di attualità; • accertamento idoneità psico-fisica ; • prove di efficienza fisica; • tirocinio di 18 giorni presso la sede di Roma; • vaccertamento dell’idoneità attitudinale; • visita medica di controllo; • prove orali obbligatorie; • prove orali facoltative (lingua straniera ed informatica). Solo dopo aver superato il selettivo concorso pubblico, i vincitori di concorso, diventano Allievi Ufficiali ed intraprendono, presso la sede di Bergamo, un primo periodo della durata di tre anni. I primi tre anni di formazione didattico addestrativa cui sarà sottoposto l’allievo nella sede del capoluogo orobico, sono peraltro scanditi da importanti step rappresentati dal solenne giuramento di fedeltà alla Repubblica, prestato dai cadetti e dalla nomina degli stessi ad Ufficiale, con l’attribuzione del grado di Sottotenente. L’Ufficiale Allievo si avvia quindi alla conclusione della sua poliedrica preparazione presso la sede di Roma Castelporziano, ove, oramai Sottotenente, deve TNM ••• 040

affrontare un periodo di due anni in Istituto durante il quale avrà modo di approfondire analiticamente materie a carattere spiccatamente professionale, svolgere un produttivo tirocinio presso i Reparti del Corpo e perfezionare ulteriormente le proprie conoscenze linguistiche. Terminato il biennio presso la sede di Castelporziano, l’Ufficiale, ormai Tenente, è pronto per essere immesso in servizio ed essere avviato all’impiego operativo. Presso l’Accademia si svolgono differenti tipologie di corsi. Oltre allo svolgimento dei corsi ordinari di durata quinquennale (Ruolo Normale e Ruolo Aeronavale), difatti, è prevista la formazione degli Ufficiali del Ruolo Speciale (nel quale confluiscono gli Ispettori e gli altri militari del Corpo vincitori di appositi concorsi interni), i corsi per Allievi Ufficiali del Ruolo Tecnico Logistico Amministrativo (tratti da personale civile e militare del Corpo in possesso di diploma di laurea in discipline afferenti a specifiche specialità di utilità per l’Amministrazione), i corsi per Allievi Ufficiali in ferma prefissata ed Ausiliari del Ruolo Speciale (in possesso di laurea specialistica, magistrale o equipollente). Rispetto a tali specifici corsi, va sottolineato, che per ciascun ruolo è previsto un iter formativo differenziato


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(in termini di durata e di strutturazione didattico addestrativa) in ragione delle diverse prospettive d’impiego. A seguito della riforma universitaria, l’iter didattico dei ruoli normale ed aeronavale (Piloti Militari, e Comandanti di Stazione ed Unità Navale), gode oggi del riconoscimento universitario per cui, in forza di una convenzione con le Università degli Studi di Bergamo, di Milano Bicocca e di Roma Tor Vergata, gli Allievi, attraverso l’attuazione del percorso formativo di durata quinquennale, conseguono: • la laurea in “Scienze della Sicurezza Economico Finanziaria”, al termine del triennio di Accademia; • la laurea specialistica in “Scienze della Sicurezza Economico Finanziaria”, al termine del biennio di Applicazione. Nel corso dei cinque anni di Accademia, l’attività d’insegnamento è affidata ad un prestigioso corpo docenti, selezionato con la collaborazione delle Università, opportunamente integrato da Ufficiali del Corpo. A completamento della didattica frontale, l’iter formativo, prevede anche alcune attività addestrative che, accanto all’immediata funzione di far acquisire specifiche competenze tecnico operative,

“Kepì” Il “Kepì” è il caratteristico copricapo, parte integrante dell’uniforme storica indossata dai Cadetti dell’Accademia della Guardia di Finanza.

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Allievi dell’Accademia della Guardia di Finanza nel corso di varie attività addestrative militari con l’ausilio di mezzi aerei del Corpo.

assolvono il basilare compito di far maturare il senso di appartenenza e di identificazione con le finalità istituzionali, valorizzando il processo di assimilazione delle qualità proprie dell’Ufficiale e del Comandante: esercitazioni militari interne (istruzione formale e pratica d’armi), esercitazioni militari esterne (addestramento tecnico tattico al combattimento individuale, di reparto ed esercitazioni di tiro con armi da fuoco). Vanno ricomprese nell’area addestrativa in argomento, specifiche attività come i viaggi d’istruzione all’estero ed in Italia, il tirocinio pratico di servizio presso i Reparti operativi del Corpo dislocati sul territorio nazionale, l’addestramento sciistico e militare in ambiente montano, le esercitazioni militari estive in montagna, il corso “Tecniche di polizia giudiziaria e di polizia di sicurezza” che si svolge presso il “Centro Addestramento di Specializzazione della Guardia di Finanza” di Orvieto. Per ciò che attiene nello specifico l’iter addestrativo degli allievi Ufficiali del Ruolo Aereonavale (Piloti e Comandanti di Unità Navale), va detto che le attività riguardano specifiche aree specialistiche. Per i Piloti, difatti, l’iter formativo prevede l’iniziale corso per l’acquisizione TNM ••• 042


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del brevetto “Pilota d’aeroplano” (presso il 70° Stormo dell’Aeronautica Militare di Latina); inoltre, durante il primo triennio, gli allievi svolgono i corsi specifici di sopravvivenza in mare, sopravvivenza in montagna ed il corso di aliante). Conseguono quindi il “Brevetto di Pilota Militare” presso il 70° Stormo dell’Aeronautica Militare di Latina. I futuri Comandanti di Stazione e di Unità Navale, invece, frequentano, presso la Scuola Nautica di Gaeta, un corso di navigazione non appena arruolati nel Corpo, successivamente, prendono parte alla campagna addestrativa sulle Navi Scuola della Marina Militare “Amerigo Vespucci” e “San Giusto”, a crociere addestrative su unità della Scuola Nautica di Gaeta ed al corso di specializzazione “Comandante di Stazione e di Unità Navale”, che si svolge presso l’Accademia di Livorno e la Scuola Nautica. Durante la libera uscita, gli allievi Ufficiali del 1° anno, indossano l’uniforme storica, introdotta nel lontano 1968 e dotata dello “spadino”, simbolo dei valori e delle tradizioni accademiche, consegnato agli allievi del 1° anno dai colleghi più anziani del 2° anno. Si tratta della stessa uniforme storica che è inoltre indossata dai cadetti, in occasione delle cerimonie militari alle quali

partecipano Reparti di Formazione dell’Accademia. In tali circostanze, mentre gli Ufficiali Allievi sfilano con la tradizionale sciarpa azzurra e la sciabola, gli allievi ufficiali del I e II anno utilizzano il Fucile Garand e marciano nella posizione cosiddetta a “spall-arm”. Tra le discipline fondamentali per la formazione del futuro Ufficiale, rientra a pieno titolo l’addestramento ginnico sportivo, teso a consolidare il mantenimento di un’efficiente condizione fisica ed a costituire un importante momento di completamento della formazione caratteriale. Detti obiettivi sono perseguiti attraverso la pratica atletica di sport di squadra, come la pallanuoto, la pallacanestro, la pallavolo e sport individuali come lo judo, tecniche di difesa personale, il nuoto, nuoto di salvamento e primo soccorso, lo sci alpino/nordico/ alpinistico. Per conseguire tali fini addestrativi, l’Accademia di Bergamo è dotata di una palestra di pallavolo ed una di basket, una sala pesi/attrezzi, una sala di judo/difesa personale, una piscina coperta di 25 m.; presso la struttura di Castelporziano, sono presenti una vasta gamma d’impianti moderni, adoperati anche TNM ••• 043


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Allievi dell’Accademia della Guardia di Finanza nel corso di varie attività addestrative militari in ambiente montano.

dai prestigiosi atleti del Centro Sportivo delle Fiamme Gialle, nel quale militano diversi campioni iridati a livello mondiale ed olimpico. Per quanto attiene all’addestramento al tiro ed all’uso delle armi, l’Istituto si avvale di qualificati Istruttori e di Simulatori di Tiro Fats III, poligoni simulati che permettono esercitazioni all’uso delle armi. Il sistema si compone di un elaboratore che, tramite un telebeam, visualizza sullo schermo uno “scenario operativo”, cioè una situazione d’emergenza in evoluzione, nella quale può essere richiesto l’utilizzo TNM ••• 044

delle armi. Gli Allievi in addestramento dispongono di armi autentiche modificate in modo da “sparare” un impulso laser, si tratta della Beretta p.a.b. 92 FS, della PM12/S, dell’SC 70/90. Ad ogni sessione di tiro e singola esercitazione segue un’analisi dettagliata degli effetti del tiro simulato operato dall’allievo in formazione, (si tratta di effetti fedelmente corrispondenti a quelli che si produrrebbero nella realtà), nell’ambito della quale il sistema Fats III esprime una valutazione tecnica (in termini di precisione) e giuridica (circa la legittimità o


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illegittimità dell’uso delle armi effettuato dal tiratore). Dal punto di vista strutturale, l’Accademia dispone inoltre di aule d’informatica (alla sede di Bergamo, l’aula è strutturata su una postazione docente con funzioni di server e di 60 stazioni di lavoro tutte collegate in rete fra loro, mentre alla sede di Roma Castelporziano sono presenti due laboratori multimediali per lo studio dell’informatica e della lingua inglese, suddivisi nelle aree “seminariale”/”video”/”ascolto”/”computer”, nonché un’aula d’informatica, di recente realizzazione,

comprendente una postazione docente/server e 26 stazioni di lavoro), di laboratori linguistici (alla sede di Bergamo vi è un laboratorio linguistico strutturato su 60 stazioni lavoro, ciascuna dotata di propri apparati di registrazione e di comunicazione, tutte collegate ad una “cattedra elettronica”, dalla quale il docente segue e verifica il livello di apprendimento degli Allievi), di una Biblioteca che raccoglie oltre 30.000 volumi inerenti materie di carattere giuridico ed economico, circa 5.500 di carattere storico-militare, 40 riviste economico, giuridiche e TNM ••• 045


FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON FOCUS ON Allievi dell’Accademia della Guardia di Finanza in uniforme storica nel corso di una cerimonia militare.


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Allievi dell’Accademia durante fasi di addestramento al tiro mediante il Simulatore di tiro Fats III.

di fiscalità comunitaria, pubblicazioni concernenti la materia comunitaria (raccolta completa delle Gazzette Ufficiali della Comunità Europea e della giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità), opere di natura dottrinaria. La Biblioteca è inoltre Centro di Documentazione Europeo Specializzato (CDE) con il compito di perseguire le seguenti principali finalità: • aiutare a promuovere e consolidare l’insegnamento e la ricerca nel campo dell’integrazione europea; • rendere accessibili al pubblico informazioni sull’Unione e le sue politiche; • partecipare al dibattito sull’Unione Europea, stabilendo eventualmente contatti con altri centri e reti d’informazione europei. Tra gli eventi tradizionali dell’Accademia vanno citate, tra le altre, la Cerimonia di Inaugurazione dell’Anno Accademico che si svolge ogni inizio corso, il “Mak P 100” (locuzione dialettale piemontese che significa “manca solo più 100”, risalente al 1890, allorquando gli Allievi dell’Accademia di Torino, per festeggiare gli ultimi 100 giorni che li separavano dalla nomina ad Ufficiali, organizzavano una festa danzante, durante la quale ragazze appena diciottenni, appartenenti all’alta borghesia, debuttavano in società; i costi relativi alla serata danzante sono pienamente a carico e sostenuti dagli stessi Allievi), la cerimonia della “Sciarpa Azzurra”, durante la quale il Comandante Generale consegna agli allievi la sciapa azzurra a testimonianza dell’investitura a neo-Ufficiali.

Allievi dell’Accademia nel corso di attività addestrative sportive.

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27/01/12 15.09


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CIMIC…

per chi ama guardare al futuro!! DI Vincenzo Cotroneo - Consigliere Giuridico della FF.AA., Functional Specialist CIMIC, Esperto in diritto Musulmano e dei Paesi Islamici

Ho avuto la possibilità di frequentare il V° Corso Functional Specialist, presso il 1° Rgt. CIMIC Group South di Motta di Livenza, nel 2008. Riporto in poche righe e con estremo piacere questa esperienza estremamente interessante ed altamente formativa che ha contribuito profondamente alla mia istruzione da Ufficiale. Mi accingo a descrivere una realtà che è sempre presente in ogni scenario operativo nel quale sia coinvolto il nostro Paese e la coalizione della quale fa parte. Voglio parlare di uomini e donne che di solito sbarcano con i primi aerei inviati in zona di operazioni, per ripartire solamente a lavoro finito, il che di solito vuol dire che si rientrerà per ultimi e solo dopo aver contribuito in modo decisivo alla ripresa civile e democratica delle strutture istituzionali del Paese “ospite”. È la realtà degli operatori destinati alla Cooperazione Civile Militare, basata sulla dottrina NATO, articolata in Tattiche, Tecniche e Procedure, le TTPs CIMIC.

target: Sostenere le attività operative e contribuire all’assolvimento degli obiettivi della missione, agevolando le attività militari. L’obiettivo è raggiunto attraverso il continuo coordinamento ed interfaccia con le organizzazioni governative, con le ONG e con le istituzioni locali. Il metodo

TTPs. Tattiche, tecniche e procedure. L’addestramento del personale operativo CIMIC è quanto mai analitico e profondo. Teoria e pratica si fondono con l’esperienza e capacità personali come la duttilità, l’empatia, la capacità di saper comunicare in modo efficace ed Cos’è CIMIC efficiente sono bene apprezzate. Apprendere la realtà sociale della zona, studiare approfonditamente le L’acronimo in oggetto è utilizzato per identificare, in usanze, i costumi e gli stili locali, pianificare tutto in ambito NATO, la branca della Cooperazione Civilemodo puntuale ed accurato. Nulla è lasciato al caso; Militare. Tale realtà, dagli anni ’70, si è costantemente è il modo di fare le cose al CIMIC. Si analizzeranno, evoluta, grazie alle esperienze acquisite durante ad esempio, i criteri di selezione degli interpreti e le operazioni di supporto alla pace degli ultimi traduttori in T.O., i rapporti da tenere con i media venticinque anni. La presa d’atto principale è relativa presenti in zona, la struttura dei CIMIC Center da all’ormai inevitabile coinvolgimento della popolazione dislocare sul territorio, i principi delle relazioni e civile all’interno dei conflitti sociali che hanno generato delle modalità di lavoro dello staff. Personalmente, guerre nazionali ed interventi internazionali in Europa, ho apprezzato in modo particolare le relazioni sulle Africa e Medioriente. Diventa quindi necessario riuscire negoziazioni, sulla modalità di presentazione dei a confrontarsi con questa categoria di attori non progetti e sulle modalità di reporting delle informazioni militari in zona di operazioni. (ma non confondete l’attività CIMIC. con l’attività d’intelligence.. vi sono delle marcate differenze e se L’obiettivo qualcuno di voi parteciperà un giorno ai corsi di Motta di Livenza, sentirà gli istruttori ripetere tale concetto Il personale destinato alle attività CIMIC ha un preciso molto spesso).

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Da sinistra: Il colonnello Antonello Vespaziani Comandante del CIMIC e il Colonello Mark D. Baines Comandante della NATO School

La formazione I corsi organizzati a Motta di Livenza presso il CGS (che rappresenta l’unico comando operativo CIMIC in ambito NATO e può essere schierato a supporto di unità fino a livello di Corpo d’Armata), sono fondamentalmente il Basic Course, il Functional Specialist Course. Si aggiunge un Liason Course, per chi abbia frequentato almeno il corso Basic. Il corso Basic fornisce gli strumenti teorico-pratici per gestire a livello operativo e tattico i molteplici aspetti relativi alla dottrina CI.MI.C. E’ previsto un elevato livello di interazione e partecipazione degli allievi, posto che le lezioni frontali sono eseguite in modalità open, con ampio spazio quindi per domande e richieste di chiarimenti, ed il dibattito tra gli allievi è fortemente stimolato anche nei team work pomeridiani, dove ci si misura con scenari operativi simulati. Il corso dura due settimane ed è interamente tenuto in lingua inglese. Il corso Functional Specialist, della durata di una settimana, anch’esso tenuto esclusivamente in lingua inglese, è indirizzato a figure professionali civili e militari che potrebbero dare un contributo al raggiungimento degli obiettivi della missione. Le figure che potreste incrociare in questo specifico corso, sono quelle dei professionisti di urbanistica, economisti, esperti d’ingegneria e specialisti dell’energia. Ho incontrato anche giornalisti, esperti di culture e lingue straniere, analisti politici ed esperti in pubbliche relazioni istituzionali. Tutto questo complesso di persone costituisce il bacino d’utenza del CI.MI.C., da poter schierare anche a breve termine in attività operativa. Il vantaggio innegabile di questo genere d’istruzione è l’elevato scambio d’esperienza e di crescita professionale dovuto all’estrema

“mescolanza di provenienza”. La mia classe era composta da militari in servizio permanente (italiani e stranieri), da ufficiali ausiliari e della riserva selezionata, da civili (studenti universitari e liberi professionisti) ed operatori di ONG. Italiani tanti, ma anche greci, estoni, polacchi, rumeni, inglesi e spagnoli. Conclusione Al netto di tutto quanto ho raccontato, posso dire soltanto che durante la cena finale parlavo con alcuni colleghi stranieri con una confidenza che aveva dello “sbalorditivo”. La sintonia umana, prima che operativa, che il “CIMIC Style” aveva creato, si faceva sentire prepotentemente a quella tavola. Sarà stata la tensione che si scioglieva a seguito dell’esame (o il vino che scorreva visto che fuori si gelava letteralmente...) ma non posso negare che quello sia stato un percorso formativo militare tra i più intensi che abbia mai frequentato, a dispetto del breve tempo trascorso a Motta. Il mio pensiero va ai miei istruttori, alla Direzione di allora ed ai colleghi sparsi in mezzo mondo e con i quali ancora oggi scambio delle riflessioni via mail. Grazie al CIMIC, molti Paesi oggetto di disastri e crisi sociali, conflitti interni, guerre civili, hanno l’opportunità di rimettersi in cammino. Ci vuole tanta buona volontà e capacità di sacrificio da parte degli operatori. Sono loro che forniranno le basi per un nuovo inizio, per dare il via alla costruzione di una nuova generazione, forse migliore della precedente. Gli italiani in questo sono dei maestri. La tradizione umanistica classica è sempre forte e presente e l’eccellenza raggiunta dagli italiani in quel di Motta di Livenza ne è la prova.

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Long Range Shooting Long Range Shooting Long Range S

Operatore SEAL in pattugliamento a bordo di un UH-60. L’arma appoggia su una cinghia stesa lungo il portellone e serve come appoggio per il tiratore. Il blackhawk essendo dotat di un rotore pentapala produce davvero poche vibrazioni e il tiro risulta più confortevole. Notare sempre l’uso del soppressore sull’SR-25 per ridurre il rinculo e stabilizzare il proiettile che all’uscita incontrerà subito il flusso del rotore.


nge Shooting Long Range Shooting Long Range Shooting Long

Di LORENZO PRODAN

Corsari nel mirino

l’ i m p i e g o degli snipers nella moderna

lotta alla pirateria Gli eventi legati agli atti di pirateria, al largo delle coste somale e del Golfo di Aden, sono purtroppo all’ordine del giorno. Troppo spesso giungono notizie inerenti a sequestri d’imbarcazioni e personale di bordo da parte di bande criminali, sempre più organizzate, con appoggi finanziari e logistici che vanno ben oltre le acque del Puntland e delle operazioni svolte dalle unità militari impiegate in quella difficile area per limitare e sradicare questa costante minaccia al traffico internazionale marittimo. Non è mia intenzione, comunque, fare l’ennesimo rapporto su questa complessa situazione TNM ••• 053


Long Range Shooting Long Range Shooting Long Range S Scout Sniper dell’USMC durante un pattugliamento eliportato. La cinghia tesa sul portellone fornisce supporto e stabilità nel tiro. Il casco da pilota è stato modificato per poter alloggiare gli apparati di trasmissione tra operatore ed equipaggio. L’SR-25 , senza soppressore, è dotato di ottica S&B 3-12x50, dotazione standard dell’USMC.

e le conseguenti scelte politico-militari per risolverla. Vorrei esporre la stessa situazione attraverso gli occhi di chi, quotidianamente, deve fronteggiare la pirateria, o meglio attraverso, l’ottica montata sul fucile.. Infatti, in questo scenario delicato e complesso, gli snipers appartenenti, non solo ad Unità di Forze Speciali, ma anche personale di Unità anfibie (tipo U.S. Marines Corps) o di altri Gruppi Specialistici (come i Maritime Sniper Teams della Marina Britannica), stanno svolgendo un lavoro eccezionale ed altamente pagante nella lotta al terrorismo ed alla pirateria nel Golfo di TNM ••• 054

Aden. Il perché è semplice da spiegare: gli snipers sono, per eccellenza, un assetto “cost effective”, in grado di fornire una capacità di osservazione e sorveglianza di un obiettivo estremamente accurata ed affidabile ed un’ulteriore capacità di tiro selettiva, precisa e discriminante, contenendo così i rischi di danni collaterali. Tutto ciò potrebbe far sembrare l’impiego di questi specialisti come la soluzione definitiva al problema da parte di chi non “vive” realmente questo tipo di operazioni, mentre invece il dover restare in osservazione su di un obiettivo


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I principali problemi del tiro in mare aperto Tanto per cominciare non pensate al mare come ad una piatta distesa azzurra, tanto cara a noi tutti durante l’estate, quando andiamo in spiaggia. La maggior parte delle volte non è cosi, nello specifico gli oceani presentano correnti d’aria molto violente, che spesso, danno origine a cicloni ed anticicloni. Immaginate piuttosto un momento della competizione velica “America’s Cup” e degli equipaggi a bordo, che lottano contro burrasche e spruzzi d’acqua salata.. ecco, adesso lo scenario è decisamente più realistico! Aggiungete un bel po’ di moto ondoso e la parte meteo già da sé presenta notevoli problemi. Ovviamente, tenete bene a mente che, anche la portaerei più grande che esista, si muoverà SEMPRE, di poco, certo, ma sarà sempre una piattaforma mobile e non statica; come anche mobile sarà il bersaglio che si deve ingaggiare. Se poi si deve eseguire il tiro da un elicottero, aggiungiamo anche il calcolo per la traiettoria non piana del colpo ed anche la parte tecnica darà del filo da torcere. Per concludere, aggiungiamo un bel po’ di freddo e pioggia per disturbare il tiratore e la ricetta è pronta. Un esempio? Un tiro da una “orbiting platform” (elicottero) che sta cercando di restare stabile in mezzo a venti da 60 km/h, mentre tenete sotto tiro un barchino da 5 metri di lunghezza che compie manovre evasive a 50 nodi di velocità, in mezzo alle onde e con la pioggia che disturba l’osservazione attraverso l’ottica, mentre calcolate l’anticipo e l’angolo di inclinazione verticale della traiettoria di tiro ed il freddo vi fa tremare... rendo l’idea? Per meglio affrontare e discutere le problematiche di questo tipo di operazioni, suddividerò l’argomento in due parti principali, che sono quelle inerenti l’impiego degli snipers nello scenario marittimo, ovvero quello a bordo di vettori ad ala rotante e quello a bordo d’imbarcazioni/grandi unità navali. “Overwatch”, ovvero l’impiego su elicotteri: in mare aperto, se non addirittura eseguire un tiro “chirurgicamente” preciso sullo stesso, comporta una serie di problematiche da dover risolvere, che non sono proprio così semplici e le illustrerò in seguito. Tanto per chiarirci, se pensate che basti avvicinarsi il più possibile con un elicottero o un vascello, al barchino dei pirati in fuga con un ostaggio a bordo, posizionare il reticolo del vostro fucile sulla minaccia e premere il grilletto, vi rimando ai giochi di guerra che spopolano sulle console ed i personal computers, lì vi darò ragione, ma la realtà è ben diversa..

Quando si pensa allo sniper in ambiente marittimo, la prima immagine che salta in mente è quella a bordo di un elicottero, mentre osserva o copre un team che va all’abbordaggio di una nave sospetta. Infatti, questi sono i compiti principali che vengono svolti di routine durante i pattugliamenti marittimi: ispezione delle navi mercantili e ricognizione di tratti costieri e di alto mare, alla ricerca di attività sospette. Nel primo caso, gli snipers, agiscono come elemento d’osservazione e copertura per il team incaricato di eseguire l’abbordaggio, mentre TNM ••• 055


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nel secondo caso, lo sniper, verrà indirizzato dall’equipaggio dell’elicottero e dovrà osservare e valutare ciò che gli viene indicato. In entrambi i casi, se dovrà eseguire il tiro, lo sniper dovrà avere un’ottima conoscenza del proprio sistema d’arma per poter efficacemente: • compensare la distanza tra lui e l’obiettivo, anche se utilizza un telemetro; TNM ••• 056

• compensare il vento sul bersaglio (sempre che riesca a stimarlo); • compensare il vento relativo, generato dal movimento dell’elicottero; • compensare il “downwash”, ovvero il flusso d’aria generato dalle pale del rotore, che avrà influenza sulla traiettoria, specialmente se s’impiegano armi in calibro .308 Winchester Magnum; • dare il giusto anticipo al bersaglio che si sta


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Venti forti,moti ondosi, bersagli mobili e clima decisamente poco favorevole: benvenuti nel mondo reale...

muovendo; • calcolare l’angolo verticale della traiettoria di tiro (slope angle); • gestire le vibrazioni trasmesse dall’elicottero al suo corpo e quindi all’arma. Si può quindi facilmente intuire che, le possibilità di essere efficaci già al primo colpo sono molto scarse, non solo per parametri incalcolabili ed imprevedibili

come il vento relativo ed il “downwash”, nonché le vibrazioni dell’elicottero, ma anche per la rapidità con cui i calcoli vanno eseguiti e per l’imprevedibilità del movimento del bersaglio. Di conseguenza, la scelta ottimale per operazioni di questo genere, cade su armi semiautomatiche (tipo l’SR-25), in grado di generare un buon volume di fuoco ed in modo da poter aggiustare il tiro di volta in volta, usando come correzione gli impatti dei colpi precedenti; TNM ••• 057


Long Range Shooting Long Range Shooting Long Range S Marines svedesi in attività di pattugliamento. Questa foto mostra il corretto posizionamento dello sniper team a bordo di un pattugliatore di alto bordo: l’arma è sempre un Barrett M107 ma è posizionato su di uno zaino morbido per stabilizzare il tiro,lo stesso zaino è saldamente vincolato all’imbarcazione con delle cinghie di carico; in questo modo il rinculo del potente calibro .50 verrà assorbito meglio dal tiratore che non dovrà sforzarsi troppo per ritornare in mira colpo dopo colpo. Sniper e spotter sono posizionati comodamente su materassini e possono comunicare comodamente a voce come fossero sulla terra ferma. Le onde generate dal movimento dell’imbarcazione in basso a sinistra della foto rendono l’idea del movimento della piattaforma di tiro.”

ho detto che la nave è sempre in movimento, ma in questo caso la posizione degli operatori è decisamente più comoda e consente una maggiore flessibilità rispetto all’elicottero. L’impiego “statico”, a bordo di unità navali, è quasi sempre indirizzato all’osservazione ed all’eventuale ingaggio d’imbarcazioni in procinto d’essere ispezionate da un “boarding team” o nell’eventualità che i sospetti non eseguano gli ordini impartiti dal comandante della nave che intende eseguire il controllo e che quindi vanno “ricondotti” ad un comportamento più Ecco un esempio di come NON lavorare a bordo di collaborativo, mediante dei colpi di avvertimento, una nave: il tiratore non è appoggiato a nessuna decisamente meno “incisivi” e più economici di una struttura per stabilizzarsi, la posizione non è certo salva di cannoncino navale da 30 mm.. In questo durevole, e l’arma (in calibro .50 BMG) appoggia col bipiede su una superficie rigida, rendendo il tiro contesto, le difficoltà principali consistono nel meno preciso... calcolare il vento durante la traiettoria e l’anticipo da dare al bersaglio in movimento (moving lead); va da sé che l’impiego degli snipers come assetto i calcoli possono essere svolti in un tempo meno di copertura per teams di abbordaggio va ben ridotto che a bordo di un elicottero e lo spotter pianificata, in modo da non intrecciare i settori di tiro può osservare gli impatti attraverso la sua ottica con i settori di movimento dei teams stessi. e correggere il tiro in maniera tradizionale. Ciò che va considerato è il tipo di piattaforma da cui L’impiego a bordo di unità di superficie si spara, infatti, tutte le parti costituenti una nave sono metalliche o plastiche, comunque dure. Ciò In questo genere d’impiego, gli sniper teams, influisce negativamente sul tiro, in quanto l’arma va ritornano alla loro configurazione più tradizionale, appoggiata su una superficie morbida, per ridurre ossia sniper e spotter insieme, in una posizione le vibrazioni al momento dello sparo. A tal proposito fissa, con un settore ben distinto. E’ vero, prima TNM ••• 058


nge Shooting Long Range Shooting Long Range Shooting Long Sniper dell’USMC azzera il suo fucile M40A3 sul ponte di una nave. Luogo perfetto per verificare l’azzeramento avendo lo sgombero dei colpi in mare aperto. Notare l’uso del materassino e del cuscino sotto il torace per stabilizzare la posizione e isolarsi dal pavimento del ponte.

s’impiegano teli e sacche per ammorbidire le paratie ed il pavimento della nave, in modo da costruire una posizione comoda ed efficace; vi ricordo che sdraiarsi sul ponte di una nave, in temperatura tropicale, non è molto piacevole.. è preferibile, quindi, al di la di tutto, utilizzare un materassino. “Il colpo da maestro” - la liberazione del CapITANO Richard Phillips da parte degli snipers del SEAL TEAM 6 Questa particolare operazione ha messo in luce il ruolo chiave degli snipers in ambiente marittimo ed in particolar modo nella risoluzione di emergenze terroristiche, durante le quali non si può lasciare nulla al caso... nessuna eccezione, neanche per gli snipers ovviamente!! Ma veniamo ai fatti.. L’otto Aprile 2009, l’ equipaggio della nave cargo MV Maersk Alabama, battente bandiera Americana, in rotta da Gibuti verso il Kenya per consegnare aiuti umanitari destinati a Somalia, Ruanda ed Uganda, venne assaltata da un gruppo di pirati, al largo della costa est della Somalia. Gli uomini dell’ equipaggio hanno guardato i pirati affiancare la nave a bordo di un piccolo battello per poi scalarne le pareti per mezzo di corde, alla cui estremità erano fissati dei rampini. Una volta sul ponte, i criminali, hanno

iniziato a sparare in aria, forzando il Comandante Phillips a consegnarsi, in cambio della salvezza del suo equipaggio, al quale aveva ordinato di chiudersi all’ interno delle proprie cabine. All’insaputa dei dirottatori, Phillips, aveva anche chiesto ad uno dei suoi sottoposti di deprogrammare i sistemi di navigazione della nave, rendendola di fatto inservibile. Impossibilitati a manovrare il vascello, i pirati, sono stati colti di sorpresa dal contrattacco organizzato dell’equipaggio, il quale è riuscito a catturare uno dei criminali, Abduhl Wal-i-Musi. Gli uomini hanno quindi chiesto il rilascio del proprio Comandante, in cambio della libertà del pirata, ma i delinquenti hanno deciso di abbandonare il compagno al proprio destino, allontanandosi con Phillips a bordo di una scialuppa di salvataggio. Diciotto ore dopo l’incidente, la USS Bainbridge arrivava sulla scena, trasferendo una scorta di diciotto uomini a bordo della “Alabama”, che poteva quindi proseguire il proprio viaggio verso il Kenya. Una volta arrivato al porto di Mombasa, tre giorni dopo, il vascello e’ stato esaminato dai detective e da un team forense del Federal Bureau of Investigations (F.B.I.). Nel mentre, la USS Bainbridge (coadiuvata da due altri vascelli statunitensi e da un elicottero), continuava a seguire la scialuppa con a bordo i pirati ed il Capitano Phillips. Due giorni dopo essere stato TNM ••• 059


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Membro dell’US Navy in addestramento con un Barrett M107. L’impiego di armi cal.50 in questi scenari è altamente deterrente ed efficace, in quanto la munizione soffre di meno il vento rispetto a calibri più leggeri e l’effetto sui bersagli è molto più distruttivo, specialmente quando si sparano colpi di avvertimento sul comignolo di una nave di pirati che non si è fermata all’ordine di abbordaggio… Il tiratore è sdraiato su un materassino ma il bipede dell’arma è a contatto del ponte della nave e il contatto duro su duro non favorisce la precisione del tiro, come dimostrano i graffi sul pavimento, costringendo il tiratore a riposizionare l’arma dopo ogni colpo.”

catturato, Phillips, ha cercato di fuggire saltando in mare, per poi essere fatto oggetto del fuoco dei pirati e convincersi a tornare indietro. Diversi gruppi speciali erano, in quel momento, al lavoro per studiare come risolvere la situazione. Tra questi, il Naval Special Warfare Command (NAV.SPEC. WAR.COM.), di Norfolk e lo U.S. Special Operations Command (U.S.S.O.COM.), di Tampa. Sembra che via sia stata della frizione tra il NAV.SPEC.WAR. COM. ed il F.B.I. Dopo aver analizzato la situazione, le forze speciali della U.S. Navy avevano consigliato, agli alti ufficiali di Washington, di optare verso una risoluzione armata della crisi. Di tutt’altro avviso il Federal Bureau of Investigations, più propenso verso il solo utilizzo dei propri negoziatori. Il buon senso ha infine prevalso, ed il NAV. SPEC.WAR.COM. ha quindi ricevuto luce verde per il dispiegamento del SE.A.L. quale supporto all’operazione. Gli operatori sono stati inseriti, tramite paracadute da un C-17, in volo notturno sull’Oceano Indiano. Dopo essere ammarati, i SE.A.L.s, hanno gonfiato dei canotti con motori fuori bordo, dirigendosi verso il randez vous con la USS Boxer. Alle prime ore del mattino del 12 Aprile, con l’autorizzazione del Presidente Obama, entravano in azione gli snipers del SEAL TEAM 6, sfruttando l’ultima oscurità residua, si appostarono lungo la poppa della USS Bainbridge ed iniziarono l’acquisizione dei bersagli, uno per ogni tiratore. La distanza del cavo di traino era di circa 60 metri, quindi una distanza comune per tiri in situazione di controterrorismo, ma le difficoltà aumentavano a causa del dover confermare il bersaglio attraverso l’oblò della scialuppa e di farlo con un visore notturno e non un’ottica diurna, non riuscendo nell’immediato a distinguere se il soggetto sotto tiro fosse un terrorista oppure l’ostaggio. Vi era un TNM ••• 060

leggero angolo verticale di tiro ma ininfluente per i 2 MK11 calibro .308 ed il .300 WinMag in dotazione ai 3 snipers statunitensi. Venne calcolata anche la frequenza delle onde, perché i tiratori dovevano aprire il fuoco contemporaneamente e su piccoli bersagli scarsamente visibili ed un minimo sussulto, dovuto ad un’onda, poteva far sbagliare il tiro e far precipitare la situazione. Coordinandosi con il movimento del mare, i 3 SEALs, erano pronti a far fuoco e giunse quindi l’ordine: i 2 MK11 eliminarono i rispettivi malviventi che presidiavano i fianchi della scialuppa, mentre il .300 WinMag colpì con precisione la testa del terrorista che era di guardia al capitano Phillips, dopo aver attraversato il vetro di plastica dell’oblò, senza subire deviazioni a causa della massa del proiettile. Il quarto pirata a bordo della USS Bainbridge venne prontamente arrestato. Al momento dell’ azione, la scialuppa, era distante dal vascello militare statunitense solo trenta metri, essendo trainata dalla Bainbridge, dopo che i pirati avevano accettato di farsi guidare fuori da un’area di forti correnti. L’operazione ha avuto termine con un operatore che, aggrappato al cavo per il rimorchio, si e’ fatto scivolare in acqua ed è poi salito sull’imbarcazione, constatando la neutralizzazione dei tre obiettivi e liberando Phillips.

La scialuppa, a sinistra, dove è stato tenuto in prigionia il Capitano Phillips


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Di GALDINO GALLINI

la nuova generazione Quando, nel 1980, l’ingegner Gaston Glock decise d’intraprendere la progettazione di una pistola semiautomatica sicuramente non si aspettava di riuscire ad ottenere un successo così sbalorditivo. La sua azienda, con sede a DeutschWagram, vicino a Vienna, è nata nel 1963 ed era specializzata nella produzione di attrezzi in plastica ed acciaio. Alcuni prodotti (coltelli a lama fissa, pale da campeggio, ecc..) erano già stati adottati dall’esercito austriaco ma l’azienda non si era mai avventurata nel settore delle armi da fuoco. Nonostante la totale mancanza d’esperienza in questo settore, quando, nel 1980, l’esercito austriaco ha indetto una gara per l’adozione di una nuova arma corta

per le proprie Forze Armate, Gaston Glock ha deciso di gettarsi nella mischia e di partecipare a questo concorso con un suo prodotto. La sua grande esperienza nella lavorazione dei polimeri plastici gli ha permesso di creare un fusto in polimero in cui sono affogati degli inserti in acciaio per lo scorrimento del carrello, per l’articolazione della canna, che si avvale di un sistema a chiusura geometrica a corto rinculo del tipo browning 35-modificato, e per l’alloggiamento del sistema di scatto a semidoppia azione con percussore lanciato ispirato dalla Roth-Steyer mod. 1907. Le caratteristiche di questa pistola sono veramente sorprendenti: il fusto in polimero

rende l’arma estremamente leggera ed ammortizza il rinculo, rendendo la Glock molto più confortevole allo sparo ed incredibilmente stabile nelle sequenze veloci di tiro. L’inclinazione molto pronunciata dell’impugnatura, rispetto all’asse della canna/ carrello, favorisce ulteriormente il controllo del rilevamento e permette una posizione più comoda dell’articolazione del polso. La scelta di utilizzare un materiale plastico per il fusto ha suscitato inizialmente grandi polemiche ed incertezze inerenti l’effettiva robustezza di quest’arma, specie nell’uso prolungato. Dopo i numerosi test effettuati sia in ambito militare che in ambito civile dalle

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L’inclinazione molto pronunciata dell’impugnatura, favorisce ulteriormente il controllo del rilevamento e permette una posizione più comoda dell’articolazione del polso.

varie commissioni per l’adozione delle armi dei corpi di polizia e da parte dei tiratori, il risultato è stato sorprendente: la durata di queste armi è addirittura superiore alle concorrenti con fusto in acciaio o in lega d’alluminio ed anche in caso di cadute o urti violenti, il fusto in polimeri, tende a non subire danni. E’ comunque importante ricordare che la Glock 17 non è stata la prima pistola ad essere dotata di fusto in polimero; la prima arma corta ad

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utilizzare questo tipo di materiale è stata la Heckler & Koch VP70 che è stata progettata alla fine degli anni 60. Lo scatto delle Glock è in semidoppia azione, pertanto si ha un parziale armamento del percussore mediante lo scarrellamento ed un ulteriore arretramento fino allo sgancio mediante l’azione del dito sul grilletto. Questo sistema di scatto comporta una corsa del grilletto abbastanza lunga e questo rende l’arma molto sicura

nell’impiego operativo, scongiurando la possibilità di sparo accidentale durante gli spostamenti del tiratore. Grazie alla disponibilità di tre differenti leve di scatto, con peso da 2 Kg. fino a circa 4,5 Kg., è possibile adattare l’arma alle esigenze del tipo di utilizzo che si intende effettuare. Un’altra carta vincente delle pistole Glock è la semplicità meccanica. L’arma è dotata solo di sicure automatiche: il grilletto può arretrare fino a fine corsa


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solo comprimendo la levetta che protrude dalla sua faccia anteriore. Il percussore è dotato di un sistema di bloccaggio costituito da un barilotto che svincola il percussore stesso solo quando viene spinto verso l’alto da una apposita leva alla fine dell’arretramento del grilletto. La mancanza di leve o pulsanti di sicura manuali ha creato inizialmente un certo disagio e timore. Questo obbliga l’utilizzatore a prestare una maggiore attenzione

quando l’arma ha la cartuccia camerata. Tali attenzioni vanno rispettate sempre, anche con armi con sistema di scatto tradizionali (singola azione, azione mista e double action only) ma il sistema Glock richiede alcune precauzioni che, con altre armi, possono essere osservate in modo meno tassativo: non è consigliabile portare l’arma “a pelle”, senza fodero “inside”, con il colpo in canna; inoltre le fondine più indicate sono quelle che coprono anche il ponticello ed il grilletto. La mancanza di leve di sicura manuale rende le pistole di Gaston Glock particolarmente funzionali per chi utilizza l’arma per scopi operativi. La Glock è “subito pronta all’uso”. Le statistiche, effettuate analizzando gli scontri a fuoco sostenuti dagli agenti di polizia americani, riportano dei casi di operatori trovati morti o gravemente feriti, con l’arma in pugno inutilizzata, in quanto con la sicura manuale ancora inserita. Lo stress che subentra quando la minaccia incombe, può portare ad una serie di reazioni incontrollate ed a distrazioni fatali come quella di dimenticare di disinserire la sicura e premere il grilletto in modo inconsulto, ormai totalmente

in preda al panico. Questo, con la Glock, non può succedere, in quanto l’arma portata con il colpo in camera è già pronta allo sparo. Inoltre, lo scatto in semi-doppia azione presenta una corsa costante dal primo all’ultimo colpo senza il disagio che caratterizza le pistole ad azione mista, in cui il primo colpo in doppia azione richiede un certo tipo di pressione sul grilletto, mentre il successivo, in azione singola, ha un peso ed una corsa completamente differenti. Comunque, nel 1982, la Glock 17 ha vinto la gara per l’adozione come arma da fianco per l’esercito austriaco e da allora, il suo successo è stato più che sorprendente. Attualmente è la pistola più adottata dagli eserciti e dalle forze di polizia a livello mondiale. Il catalogo della Casa austriaca prevede 39 modelli, a seconda dei calibri e delle dimensioni; ma il modello che ha dato inizio alla stirpe è il modello 17, cioè la diciassettesima versione brevettata dall’azienda produttrice. Nel corso degli anni sono stati introdotte numerose modifiche al progetto iniziale che hanno risolto alcune piccole pecche funzionali ed hanno ottimizzato il

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A sinistra Glock 3° Generazione, a destra la Glock 4° Generazione. Come si può facilmente intuire le differenze estetiche sono difficilmente riconoscibili

rendimento di quest’arma. L’ultima versione arrivata sul mercato, denominata “Glock - 4° Generation”, presenta delle innovazioni sia di tipo meccanico che di tipo estetico, che non modificano sostanzialmente la struttura e la linea dell’arma, ma apportano un miglioramento funzionale che permette a questa pistola di rimanere perfettamente allineata ai prodotti concorrenti dell’ultima generazione. Una pecca strutturale delle pistole della Casa austriaca, particolarmente sentita dai tiratori mancini, è l’impossibilità di reversione del comando di sgancio caricatore e della leva di hold open. Dobbiamo tener presente che le Glock sono state progettate nel 1980 ed allora le armi con comandi reversibili erano estremamente inusuali. Solo negli anni 90 i comandi ambidestri sono diventati comuni. Per far fronte

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a queste esigenze, i progettisti della Glock, hanno modificato il pulsante di sgancio caricatore e la fessura per il suo alloggiamento nell’impugnatura. Anche i caricatori sono stati modificati mediante un sottile scasso sulla faccia anteriore che permette il movimento della leva di nuova concezione quando viene girata sul lato destro. I nuovi caricatori possono essere usati anche nelle versioni precedenti mentre i vecchi caricatori possono essere utilizzati nella nuova versione solo se il pulsante è nella posizione per tiratori destrimani. La leva di hold open non è stata modificata. Pertanto, quando il carrello, finiti i colpi nel caricatore, rimane in apertura è comunque possibile farlo tornare in posizione avanzata arretrandolo di pochi millimetri. Altrimenti il tiratore mancino deve effettuare una torsione della mano

che impugna l’arma ed andare a premere la leva con il dito indice. Nel corso degli anni le superfici e la forma dell’impugnatura sono state modificate diverse volte. Le prime Glock avevano una lavorazione della superficie grippabile molto fine ed erano prive di solchi per l’alloggiamento delle dita. La seconda generazione venne invece dotata di una zigrinatura molto più pronunciata che, per alcuni, era addirittura eccessiva ed era ancora senza solchi per le dita. Queste sono state introdotte nella terza generazione e la zigrinatura è rimasta invariata. Nel 2009, su richiesta di alcuni corpi speciali, venne introdotto un fusto denominato “Rough Texture Frame” caratterizzato da una granulosità molto più fine e fitta che era ritenuta ottimale per la presa con mani umide o con guanti tattici.


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La superficie dell’impugnatura delle Glock 4° Gen. è molto simile a quest’ultima ed è inoltre dotata di dorsalini intercambiabili che permettono di ottimizzare la presa in funzione delle dimensioni delle mani del tiratore. L’arma viene fornita con tre gusci dorsali che possono essere facilmente sostituiti mediante la sola rimozione di un perno di fissaggio. Nella dotazione di base c’è anche l’apposito cacciaspine. I dorsalini modificano le dimensioni antero-posteriori dell’impugnatura e permettono di ottimizzare il “Trigger reach”, cioè la distanza tra il margine posteriore dell’impugnatura stessa ed il grilletto. Le Glock della 4° generazione hanno anche un differente sistema di molla di recupero e guida-molla. I primi modelli avevano l’astina guida-molla in plastica ed una classica molla di recupero con filo a spirale che poteva essere sfilata dall’astina durante il normale smontaggio. Successivamente astina e molla vennero assemblati in modo inseparabile mediante un fermo posto all’estremità anteriore del guida-molla. Le Glock 17/20 e 19/21 della 4° generazione sono dotate di un sistema di molle di recupero dello stesso tipo di quelle utilizzate nei modelli 26 e 27. Le nuove astine sono di tipo telescopico, cioè la porzione posteriore con diametro più sottile entra, durante l’arretramento del carrello, nella porzione anteriore che ha il diametro maggiore. Questo permette di utilizzare due molle distinte, una di diametro maggiore ed una di diametro ridotto, che contrastano con forza differente l’arretramento del carrello durante il cinematismo imposto dalla carica della cartuccia, offrendo così una tensione ottimale per le differenti fasi della corsa retrograda del carrello stesso. Questo nuovo sistema di molle

Glock 4° Generazione

Glock 3° Generazione

di recupero è più voluminoso del precedente pertanto, il suo alloggiamento, ha richiesto alcune modifiche nella lavorazione interna del carrello, del fusto e dello zoccolo della canna. L’Armeria 3GUN di Viale Certosa 14 - Milano, specializzata in armi da difesa personale e da tiro pratico, ci ha gentilmente messo a disposizione un esemplare di Glock 17 - 4°Gen. per una prova a fuoco. L’impugnatura di quest’arma è molto confortevole sia per chi

ha la mano piccola sia per chi, come il sottoscritto, ha un badile al posto delle estremità. Il nuovo tipo di zigrinatura superficiale è gradevole, anche stringendo con forza non si hanno sensazioni fastidiose ed assicura una presa salda anche con mani sudate. Il nuovo tipo di pulsante per lo sgancio del caricatore è leggermente più esteso in senso antero-posteriore, lo si raggiunge con il pollice con un movimento estremamente naturale

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I primi modelli della 4° Generazione avevano l’astina guida-molla in plastica ed una classica molla di recupero con filo a spirale che poteva essere sfilata dall’astina durante il normale smontaggio. Successivamente astina e molla vennero assemblati in modo inseparabile mediante un fermo posto all’estremità anteriore del guida-molla.

e le maggiori dimensioni non creano problemi di sgancio involontario. Durante la prova a fuoco abbiamo utilizzato cartucce Winchester con palla FMJ da 125 grani. Il nuovo sistema di molla di recupero ci ha dato la sensazione che il rinculo fosse leggermente meno violento rispetto alle versioni precedenti ma il vantaggio di questa innovazione lo si può apprezzare meglio utilizzando una Glock 4° Gen. in calibro 40 SW. Attualmente il mercato offre una gran varietà di armi corte di indiscussa validità e di grande pregio, ma sparare con le Glock è sempre un piacere e si ha sempre l’impressione che l’arma sia più facile da controllare rispetto alle altre armi corte della stessa categoria. Sarà l’effetto ammortizzatore del fusto in polimero, la piega molto pronunciata dell’impugnatura, l’asse della canna molto basso rispetto all’asse del braccio, lo scatto: con la sua corsa lunga ma controllabile ed il punto di sgancio

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ben prevedibile; sta di fatto che le rosate sulla sagoma durante il tiro operativo sono ben concentrate ed i tempi di esecuzione sono sempre di tutto rispetto. Sicuramente non è l’arma ideale per il tiro mirato a 25 metri ma durante le sequenze di tiro veloce ed in tutte le sequenze di tiro di tipo operativo la Glock è insostituibile. Lo stesso Massad Ayob, uno dei più grandi esperti mondiali di armi e tecniche di difesa personale con armi da fuoco, ha scritto che la Glock è la pistola che offre la maggior facilità di utilizzo e che è l’arma con cui, anche i tiratori privi di esperienza, riescono ad ottenere i migliori risultati. Il successo che questo prodotto ha tutt’oggi nel mondo è la dimostrazione indiscutibile della sua validità e grazie all’introduzione di questa nuova generazione, i progettisti di questa lodevole azienda, hanno ovviato a quelle piccole pecche che potevano essere imputate ad un prodotto che, in ogni caso, primeggia incontrastato da 30 anni.

Il nuovo sistema di molla di recupero ci ha dato la sensazione che il rinculo fosse leggermente meno violento rispetto alle versioni precedenti

Cartucce Winchester con palla FMJ da 125 grani


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Di ZORAN MILOSEVIC


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Durante le azioni di intrusione, per l’abbattimento di porte , viene utilizzato uno strumento a pressa idraulica Dog Rider del produttore francese Libervit, come anche il locale Tactical Entry Tool.


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L’unità antiterrorismo (Protiv teroristicka jedinica- PTJ) è una delle formazioni armate più specializzate del Ministero degli Affari Interni (MUP) della Repubblica Serba, principalmente destinata a combattere il terrorismo, i casi più seri di criminalità organizzata e altri potenziali pericoli che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza dello stato e gli interessi nazionali della Repubblica Serba. Nonostante sia relativamente giovane, l’unità ha dimostrato una rispettabile forza e inoltre gioca un ruolo molto importante nel sistema di sicurezza della Repubblica Serba. TNM ••• 072

Storia dell’unità L’unità antiterrorismo fu fondata nel maggio 2003, in occasione della festività ortodossa di Djurdjevdan, per decisione del precedente ministro Dusan Mihajlovic, e iniziò come unità di Gendarmeria su richiesta dei precedenti membri della dismessa “Unità per le Operazioni Speciali (JSO)”. Questa precedente unità apparteneva al dipartimento di sicurezza nazionale, i famosi “Berretti Rossi”, basati su suggerimento dell’ex Comandante della Gendarmeria Goran RadosavljevicGuri. Il nucleo dell’unità era formato dal precedente staff del JSO, ex-membri delle Unità Speciali di Prishtina per l’antiterrorismo e membri delle forze speciali della


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L’emblema dell’unità che si trova sulle giacche della PTJ è una creatura mitica, il grifone che ha corpo di leone, testa di aquila, ali di drago e una spada.

L’unità antiterrorismo (Protiv teroristicka jedinica- PTJ) è una delle formazioni armate più specializzate del Ministero degli Affari Interni (MUP) della Repubblica Serba

Gendarmeria. A tutt’oggi, dopo diversi anni di presenza, possiamo dire con sicurezza che l’Unità Antiterrorismo segue la tradizione della più recente unità JSO fondata nel 1996 internamente al Dipartimento di Sicurezza dello Stato del Ministero degli Affari Interni (MUP). I Berretti Rossi - JSO Nessuna particolare attenzione fu rivolta allo sviluppo delle forze speciali in Serbia a causa del concetto della cosiddetta “difesa generale e sistema di auto-protezione sociale” dell’ex JNA (esercito nazionale jugoslavo) che era direttamente in contrasto con l’esistenza di qualsiasi unità che fosse considerata d’elite, di conseguenza i

generali si comportarono secondo questo concetto e non appoggiarono nulla che fosse in qualche modo “speciale”. Trattando la storia di unità speciali sul territorio dell’ex Jugoslavia, il 1972 è considerato come un anno importante per via dell’operazione “Fenix”, cioè il conflitto con il gruppo di terroristi croati radicati nelle montagne della Bosnia occidentale. Le autorità jugoslave di quel tempo applicarono il loro ufficiale concetto di difesa del territorio e fu così che impararono nel modo più duro che la mobilitazione di massa e la difesa non erano il modo più efficace per risolvere un “conflitto di intensità limitata”. In quegli anni, la Jugoslavia iniziò ad istituire forze speciali di polizia (a quel tempo venne stipulato un contratto con la Heckler e Koch per l’acquisto di armi per quei propositi) che non ebbero un grande effetto fino al 1982 quando si verificarono in Kosovo tumulti da parte della popolazione albanese. All’epoca c’erano forze speciali di polizia all’interno delle “brigate federali delle forze locali della Repubblica” e ciascuna unità di forza di polizia repubblicana aveva formato la propria unità antidiversione. Questo era il nucleo da cui si sono formate molte unità durante la successiva guerra jugoslava. Di fronte al problema di un considerevole aumento delle attività terroristiche nel mondo, nonché sul suo territorio, l’ex RFS (Repubblica Federale Socialista) Jugoslava iniziò a formare unità speciali all’interno delle forze di polizia (il contratto con H&K fu stipulato per l’acquisto di armi a tal fine), sia a livello federale che dell’intera Repubblica pensando, in questo modo, di risolvere il problema con successo. L’ultima decade del ventesimo secolo in Serbia e nell’ex Jugoslavia, si ricorda per i conflitti di guerra e le sommosse sociali. Il periodo tra il 1992 e il 1995 è dipinto dalle guerre civili sul territorio dell’ex Croazia, TNM ••• 073


Per gli armamenti lunghi I membri della PTJ sono equipaggiati con le carabine americane COLT M4A1 Commando .223 mm in combinazione con Aimpoint CompM4.



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Bosnia Erzegovina, stati che erano parte integrante della Jugoslavia. La milizia federale del tempo, entrò in guerra con diverse forze speciali di polizia ma, per il fatto che la sua era una composizione mista, e quindi costituita da membri sloveni, serbi, croati, bosniaci e di altre nazionalità (nazionalità comunque facenti parte dell’exJugoslavia) e che erano stati destinati per l’esecuzione di operazioni anti-terroristiche e di liberazione di ostaggi ma non per l’esecuzione di operazioni più complesse di guerra non convenzionale, si decise quindi di istituire una formazione speciale che sarebbe stata in grado di gestire la vasta gamma di operazioni di guerra non convenzionale. Sebbene l’Unità per le Operazioni Speciali fu ufficialmente istituita nel 1996, questa affonda le sue radici nell’anno 1991, il 4 maggio 1991 per essere più precisi, quando nel centro di educazione ALFA 107, nei pressi di Golubic vicino alla città di Knin in Croazia, fu formata un’unità speciale sotto il comando di Dragan Vasiljevic, “il Capitano Dragan “. Secondo l’opinione di molti esperti, lo stesso Presidente Slobodan Milosevic ordinò al Capo del Dipartimento per la sicurezza Nazionale Jovica Stanisic di formare un’unità speciale che sarebbe stata usata per la difesa degli interessi nazionali serbi. E’ cosa nota che un agente dei servizi segreti serbi, tale Franko Simatovic sopranominato fu istituita, tra Frenki, venne posto L’unità come Antiterrorismo comandantePTJ dell’unità dei le altre cose, per opporsi fermamente al “Berretti Rossi” serbi. Mihalj Kertes, ex capo dell’ufficio terrorismo e alla criminalità organizzata doganale, era responsabile del la reclutamento deiall’inizio che colpirono Repubblica serba dell’anno candidati. Frenki, insieme al2000. Capitano Dragan si recò


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Parlando di armamenti personali i membri della PTJ usano le eccellenti GLOCK 17 del produttore austriaco,

presso la città di Knin e, in reciproca collaborazione con le autorità locali, istituì un campo per addestrare la neonata unità speciale di forza di polizia della Repubblica Serba di Krajina – RSK (regione croata con maggioranza di popolazione serba). Il capitano Dragan divenne comandante e l’unità ottenne il soprannome di “Knindza”. Lo stesso capitano organizzò una sessione di addestramento di 21 giorni per i membri dello staff, 130 persone della sua forza primaria. L’unità aveva una disciplina eccezionale e un incredibile prontezza operativa, le su e conoscenze in ambito militare erano basate sulla tradizionale scuola britannica. Fu qui che iniziò la leggenda dei “Berretti Rossi”. Tuttavia, a causa del conflitto politico tra il Primo Ministro e il Presidente della RSK, nell’agosto dello stesso anno, arrivò un ordine dalla Serbia affinchè i membri dell’unità fossero trasferiti al campo di Pajzos vicino a Ilok (Croazia) e al campo di Lezimir a Fruska Gora (zona montagnosa nella provincia serba settentrionale di Vojvodina) e che il campo a Knin fosse dismesso. La maggioranza dei membri dell’unità, il 70% di loro, oramai divenuti esperti combattenti, rimasero fedeli all’unità ma alcuni di loro decisero di abbandonarla. L’unità ottenne nuove insegne, il soprannome di “Lupi” con e Franko Simatovic-Frenki divenne comandante in carica. Parallelamente a questa unità, nel 1994, i servizi di stato della Repubblica Serba formarono una unità speciale organizzata: “l’Unità per le Attivita Anti-terrorismo del Dipartimento di Sicurezza dello Stato (JATD RDB) del Ministero degli Affari Interni

di Serbia, la quale era composta esclusivamente da veterani di guerra, membri attivi e inattivi dei “Lupi” e questo passaggio è considerato come la vera nascita dei “Berretti Rossi”. L’unità mantenne le vecchie insegne, modificando leggermente il suo emblema e introdusse un berretto rosso. La JATD fece la sua prima apparizione pubblica nel 1995 come scorta al Capo del Dipartimento di Sicurezza Jovica Stanisic durante l’azione di salvataggio di alcuni membri del Corpo di Pace delle Nazioni Unite SFOR catturati, e subito dopo verso la fine dell’anno fu dismessa. Dopo la fine della guerra in Bosnia Erzegovina, i “Berretti Rossi” furono trasferiti nella Slavonia dell’Est (Croazia) e quindi in Serbia nel 1996. Quello stesso anno la sorveglianza dei servizi di stato serba decise di riorganizzare la JOTD all’interno del Dipartimento di Sicurezza dello Stato e di istituire un Unità per le Operazioni Speciali (JSO), una speciale formazione che potesse confrontarsi con successo con i problemi che le guerre degli anni novanta avevano causato in questa regione, che in realtà rappresentava la legalizzazione dei militari già esistenti all’interno del MUP serbo (Ministero degli Affari Interni). Milorad Ulemek detto Legija “ legionario “, ex membro del secondo Reggimento di Paracadutisti della Legione Straniera, e comandante dell’unità speciale “Super Tigri”, il cui fondatore era Zeljko Raznatovic Arkan, fu eletto comandante. La composizione della JSO era per un certo numero fatta di combattenti esperti provenienti dai “Lupi” e dalla JATD, ma per la rimanente parte da civili. La sede TNM ••• 077


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I membri dell’unità usano l’inevitabile arma automatica tedesca Heckler&Koch MP-5 nelle versioni A3,A5,SD5 e K-PDW.

della JSO era l’ex centro di addestramento ufficiali della riserva del JNA (Esercito Nazionale Jugoslavo) ai tempi chiamato “Stolc” e ora “Radoslav Kostic-Kole”, nella città di Kula nella provincia serba settentrionale di Vojvodina. Tutti i membri passavano severi controlli di sicurezza e controlli medici di buona salute psico-fisica. I candidati venivano poi mandati alla cosiddetta “esercitazione” che durava 45 giorni. Questa “esercitazione”, essendo una TNM ••• 078

selezione molto specifica, divenne una delle principali caratteristiche della JSO. Il punto più alto di questo addestramento era la cosiddetta “settimana infernale” che era caratterizzata da costanti marce e sonni ridotti al minimo. L’ultimo giorno della settimana i candidati eseguivano “La marcia del berretto” che consisteva nel percorrere 51 km indossando un equipaggiamento completo di 40 kg. Al punto di arrivo al campo, dopo


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era rappresentata da gruppi di combattenti composti da squadre di 12 uomini. C’erano il primo e il secondo gruppo composti dalla fanteria e il settimo gruppo usato per il supporto. La parte più prestigiosa dell’unità JSO era rappresentata dal Primo Gruppo o Gruppo Antiterrorismo ATG, concepito per risolvere le cosiddette “situazioni ostaggio” e svolgere azioni antiterrorismo in aree urbane. L’unità ebbe l’opportunità di provare la propria formazione e prontezza nel combattimento, durante la guerra del 1999. Durante questi mesi infatti, il gruppo dimostrò tutti i vantaggi del proprio metodo di lavoro, addestramento, formazione e soprattutto della propria grande esperienza. L’esperienza nella guerra dei membri più anziani ed esperti fu un grande esempio per i combattenti più giovani in molte difficili e ardue situazioni per l’unità. Verso la fine del 2001, il comandante Legija lasciò l’unità e fu Dusan Maricic a rimpiazzarlo. Nello stesso anno, il 14 novembre la JSO lasciò il Dipartimento di Sicurezza Nazionale per entrare a far parte della Forza di Polizia Serba, e per atto scritto del Governo Serbo, il 25 marzo 2003, l’unità JSO fu dismessa.

questa marcia, avveniva il rituale di consegna del berretto. Al comando “Toglietevi il berretto”, il berretto nero che era stato indossato durante “l’esercitazione” veniva tolto e al comando “Mettetevi il berretto”, il berretto rosso veniva indossato come simbolo dell’onore dell’unità JSO. L’unità per le operazioni speciali era divisa in due parti, la prima per il combattimento, e la seconda per la logistica. La parte per il combattimento

Unità Antiterrorismo Dopo lo scioglimento della JSO, fu deciso di utilizzare una parte di questa unità per istituire una formazione speciale all’interno dell’unità di Gendarmeria. Il 7 maggio 2003, l’unità Antiterrorismo fu creata come parte individuale e organizzativa all’interno della Gendarmeria. Fin dai primi momenti la PTJ non fu destinata ad eseguire azioni che fossero comprese nel campo d’azione della Gendarmeria, come il ristabilimento della pace e dell’ordine ove fossero stati disturbati, controllo dei confini dello stato e azioni simili, ma la sua giurisdizione così come le sessioni di addestramento erano designate alla soluzione di compiti di combattimento tra i più complessi quali il combattimento di gruppi terroristici, la risoluzione di situazioni ostaggio e altre missioni complicate che richiedessero l’impiego di armamenti speciali, equipaggiamenti e veicoli che non era possibile fornire su larga scala a gruppi organizzati della Gendarmeria. In quel periodo la PTJ aveva 8 plotoni nel suo organico, di cui 7 erano posizionati nella base a Lipovica, vicino a Belgrado, mentre l’ottavo era situato nella zona del centro di immersioni “Marina” sul fiume Sava a Belgrado. Il primo plotone era destinato allo svolgimento di operazioni antiterrorismo e il suo organico annoverava i migliori elementi. Il secondo plotone svolgeva compiti NBC (Nuclear Biological Chemical) ed era ricco di uomini specializzati mentre il terzo, quarto, quinto, sesto plotone erano per propositi generali, specializzati in azioni antiterrorismo in aree rurali e boschive. In alcuni casi, se la missione lo richiedeva, questi plotoni potevano dare supporto al primo plotone ad esempio per bloccare un area, per setacciare un territorio o altri compiti in azioni antiterrorismo. Questi TNM ••• 079


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A parte l’allenamento standard giornaliero, un corso di paracadutismo è obbligatorio per ogni membro della PTJ.

plotoni potevano anche svolgere alcune missioni individualmente, ad esempio il quarto plotone era specializzato a risolvere situazioni ostaggio su autobus dirottati, il quinto plotone per intrusioni nei treni e il sesto per l’arresto su veicoli in movimento. Il settimo plotone includeva una squadra di cecchini e una squadra cinofila. L’ottavo plotone o plotone dei sommozzatori aveva tre squadre di cui la prima era abilitata all’intrusione su TNM ••• 080

differenti mezzi natanti, navi, intrusioni da una nave all’altra etc. etc. La seconda squadra svolgeva compiti di salvataggio in acqua e la terza era destinata al supporto della prima in azioni antiterrorismo marittime e quindi era equipaggiata con barche da attacco leggere e pesanti opportunamente armate. Due anni più tardi, nel 2005, la PTJ ebbe uno staff di comando completamente rinnovato ed iniziò ad introdurre nuovi giovani membri, il chè riportò l’unità a volgere il proprio lavoro verso la sua missione primaria, ovvero combattere il terrorismo. A capo dell’unità giunse il Colonnello Dragovic Goran. A tal proposito l’unità PTJ vide nel 2006 alcuni cambi sistematici riguardo i luoghi di operatività e l’organizzazione interna. Nella nuova organizzazione, l’unità ebbe un ufficio di comando e quattro squadre anzichè otto plotoni. Due di queste squadre erano specializzate nelle azioni in aree urbane, le altre due nelle azioni in aree rurali. All’interno di ciascuna squadra, ciascuna composta da 35 membri, 4 gruppi da 6 persone ciascuno svolgevano il combattimento ravvicinato – per ciascuna squadra il quarto gruppo aveva una particolare specializzazione (alpinisti per la prima


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squadra, sommozzatori per la seconda, paracadutisti per la terza). Oltre a questi gruppi di attacco ciascuna squadra disponeva di un team leader con due assistenti, quattro tiratori scelti, due artificieri, un cinofilo e un paramedico. La quarta squadra composta dai gruppi più esperti era addestrata a gestire mezzi di supporto di fuoco e rappresentava l’equipaggio dei veicoli speciali di cui l’unità disponeva. Un anno dopo, a seguito della decisione del Ministro degli Affari Interni Dragan Jocic, e dopo un considerevole numero di complesse missioni portate a termine con successo, il Governo Serbo decise l’11 aprile 2007 di separare la PTJ dalla Gendarmeria, facendole così guadagnare lo status speciale di unità organizzativa all’interno delle forze di Polizia, sotto il controllo diretto del Ministro delle Forze di Polizia e con obiettivi ben precisi. Questa decisione fu giustificata da missioni specifiche e da esigenze di servizio. Da quel giorno, l’unità iniziò a seguire sviluppi e progressi continui. In accordo alla decisione presa dal Governo Serbo, la superficie della base operativa dell’unità fu ingrandita di dieci volte, e a ciò seguì la costruzione delle infrastrutture necessarie agli addestramenti(palestra, poligono di tiro, parete di arrampicata). L’esecuzione regolare di compiti di sicurezza era accompagnata da un processo di acquisizione di mezzi e di dispositivi tecnici come ad esempio le più moderne armi, equipaggiamenti di supporto, veicoli all’avanguardia ed equipaggiamento di servizio. Un addestramento permanente dello staff organizzato sia in patria che all’estero, prendendo parte a missioni di polizia in Liberia e Haiti, stabilì collaborazioni e scambi di esperienze con tutte le forze speciali di queste regioni. Compiti Base della PTJ L’unità Antiterrorismo PTJ fu istituita, tra le altre cose, per opporsi fermamente al terrorismo e alla criminalità organizzata che colpirono la Repubblica serba all’inizio dell’anno 2000. A tal proposito la PTJ aveva impostato un livello strategico per la protezione della popolazione giocando un ruolo importantissimo nel contrastare tutti i rischi alla sicurezza che esistevano nella comunità internazionale e da cui non erano certamente esclusi i Balcani e la Serbia in particolare. E’ certo quindi che la sua importanza era necessaria per preservare lo Stato e la sicurezza nazionale. Considerando il fatto che la PTJ è parte di un soggetto convenzionale del sistema di sicurezza di polizia, questa unità svolgeva missioni per cui le altre forze di polizia non erano qualificate. Questa unità era coinvolta in tutte gli aspetti riguardanti lo sviluppo e le condizioni climatiche. Come dice il nome stesso, la PTJ aveva come missione primaria la partecipazione preventiva ad attività antiterrorismo, ovvero la reazione prima dell’attacco o dell’incidente, il che significava che la PTJ era una unità di tipo offensivo che agiva con compiti di prevenzione al fine di


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La squadra VIP è ingaggiata a seconda della necessità ed include specialisti di tutte le altre squadre.


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fermare sul nascere possibili situazioni di crisi. Questo separava questa unità da quelle che prendevano parte in attività antiterrorismo post-attacco e che erano considerate unità difensive. In accordo al regolamento sulla sistematizzazione e regolazione dei posti di lavoro nel Ministero degli Affari Interni, a partire dal mese di aprile 2007, il compito dell’unità fu ben definito. L’unità antiterrorismo veniva impegnata esclusivamente da ordini provenienti dal Commissario della Polizia con la approvazione del Ministero degli Affari Interni. Impegnare l’unità in missioni di pace era permesso esclusivamente dopo l’approvazione del commissario e del ministero, così come per l’impegno dell’unità PTJ in missioni di guerra, e solo il Primo Ministro di stato aveva la facoltà di negare entrambe le approvazioni. Sempre in accordo con il regolamento, l’unità antiterrorismo pianificava, organizzava ed eseguiva le missioni di sicurezza più complesse nella soppressione del terrorismo: rilievo, monitoraggio, confronto e predizione di aspetti ed eventi che sostenessero elementi di terrorismo interno ed esterno, rilevando i crimini del terrorismo, assicurando le prove materiali e scoprendo gli attentatori; svolgeva attività antiterrorismo, interveniva direttamente con lo scopo di eliminare gruppi di terroristi ed interrompeva network di terroristi organizzati; risolveva situazioni ostaggio in luoghi pubblici (aeroporti, scuole, teatri, porti, etc. etc.) e mezzi di trasporto pubblici (aerei dirottati, traffico su rotaia o su strada, traghetti, autobus), scopriva pericolosi criminali armati, gruppi criminali organizzati; svolgeva attività di sicurezza ai VIP e ad importanti istituzioni politiche e diplomatiche; espletava inoltre tutti gli altri compiti di sicurezza di competenza della polizia se richiesto dalla PTJ. Negli ultimi tempi, il compito più frequente per l’unità è stato l’arresto di pericolosi criminali in situazioni di alto rischio, da cui la falsa convinzione pubblica in Serbia che questa fosse l’unica specializzazione dell’unità, in quanto la PTJ è equamente qualificata a svolgere tutti i compiti affidatigli. Struttura organizzativa dell’unità PTJ Al fine di completare tutte le attività a cui la PTJ è preposta, è necessario che all’interno dell’unità vi sia una chiara e precisa struttura. Ciascun elemento all’interno della unità PTJ prende il suo posto e il suo ruolo, e la sua formazione esegue il sistema di reazione che è previsto in una struttura organizzativa. L’unità è ubicata all’interno del Commissariato di Polizia e la sua struttura organizzativa, il numero è di 215 membri, è regolata su uno standard implementato in formazioni simili in Europa. La struttura della PTJ consiste di tre principali segmenti: • Sede di Comando • Logistica • 4 Squadre

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La parte di combattimento dell’unità, che conta 147 operatori, è sottomessa al vicecomandante per le operazioni e consiste di quattro squadre che sono addestrate ed equipaggiate a secondo della missione che devono eseguire.

La sede di comando è la parte principale dell’unità, destinata ad attività quali lo svolgimento degli ordini del Ministro della Polizia, il dare ordini ai membri dell’unità e coordinare l’unità antiterrorismo. Al vertice dell’unità, a partire dall’8 marzo 2005 fino ad oggi è il Colonnello di Polizia Goran Dragovic. La sede di comando, a parte il comandante e il suo vice coinvolge anche un gruppo per operazioni con il vice comandante e ufficiali operativi, una squadra di addestramento al cui comando è lo stesso vicecomandante, un gruppo per la sicurezza che include anche il vicecomandante, ufficiali operativi, ufficiali legali, impiegati per comunicazioni e servizi a chiamata. Nella sede di comando vige una chiara e determinata gerarchia che permette con una efficace metodologia, di raggiungere tutti gli obiettivi prefissati. La sede di comando è condotta dal Comandante dell’Unità, il che significa che egli è allo stesso tempo il Comandante della sede e anche dell’Unità stessa, e in accordo a questa organizzazione egli rappresenta il Primo Uomo dell’Unità. Il Comandante ha assistenti e delegati, e questo per l’estrema complessità e delicatezza del lavoro di Comando. Secondo questa struttura abbiamo una unica gerarchia di comando che ha tre categorie. Queste sono: TNM ••• 084

• Ufficio di Comando Supremo, che appartiene al vertice dello Stato (il Presidente della Repubblica) • Comando Immediato (diretto), che appartiene al Ministro degli Affari Interni / Capo del Commissariato di Polizia • Comando Diretto che è dato all’Ufficiale di Comando dell’Unità. Queste tre catene di comando, nella loro accezione più ampia, non sono considerate allo stesso modo in tempo di pace o di guerra. Il servizio logistico è destinato per un vario numero di attività che hanno come obiettivo il dare supporto per il completamento dei compiti dell’unità. Le attività base di questo servizio sono logistiche, considerate in cinque attività: • dare supporto tecnico • dare supporto materiale • dare supporto di servizio • dare supporto di trasporti • dare assistenza medica La logistica è comandata dal vicecomandante addetto e lo assistono uno psicologo, un dottore, un autista, uno staff tecnico ed un magazziniere. I logistici, come sistema speciale devono essere in


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grado in ogni situazione di eseguire compiti dell’unità antiterrorismo, incuranti del tempo e del luogo. Così, la prontezza di combattimento dei membri della PTJ riceve il supporto che è specificatamente richiesto durante le loro azioni, ad esempio eseguendo azioni speciali sia in aree urbane che rurali dall’inizio alla fine dell’operazione. Operativi La parte di combattimento dell’unità, che conta 147 operatori, è sottomessa al vicecomandante per le operazioni e consiste di quattro squadre che sono addestrate ed equipaggiate a secondo della missione che devono eseguire. Di queste quattro squadre, due sono specializzate in azioni antiterrorismo in aree urbane, una in azioni antiterrorismo in aree rurale, mentre la quarta squadra è in carico per il supporto del fuoco, la protezione delle persone e degli edifici. Le prime tre squadre contano 35 membri ciascuna e la quarta squadra ne conta 42. Le squadre della PTJ sono parti separate e all’interno di ciascuna squadra ci sono tre gruppi di attacco ovvero “i gruppi di intrusione” ciascuno dei quali dispone di 9 specialisti. Nella prima squadra ci sono alpinisti, nella seconda squadra sommozzatori, e nella terza paracadutisti. A seconda della necessità, essi sono impegnati come gruppo di attacco. Ciascuna squadra dispone di quattro tiratori scelti nel proprio organico, un cinofilo, un artificiere e un medico. La quarta squadra è la squadra per il supporto al fuoco equipaggiata con veicoli HUMMER, armati con armi pesanti, e lancia granate leggeri. La squadra VIP è ingaggiata a seconda della necessità ed include specialisti di tutte le altre squadre. All’interno delle squadre della PTJ c’è uno staff professionale per le negoziazioni composto da psicologi ed agenti esperti, che sono attivati in situazioni di ostaggio. Dal momento dell’accensione della luce rossa dell’allarme, la squadra speciale per gli interventi necessita di circa 15 minuti per essere pronta ad intervenire. Tutto l’equipaggiamento per le squadre di intervento è imballato e pronto in qualsiasi momento sia per l’uso che per la sua movimentazione. L’unità è sviluppata in modo tale da essere pronta ad intervenire ed a rispondere a missioni prefissate in ogni parte della Serbia. La base della PTJ è ubicata a Lipovica, un luogo boschivo nelle vicinanze di Belgrado, mentre per le sessioni di addestramento dispone di Centri di Formazione a Kula, Petrovo Selo e Goc, dove si trovano poligoni di tiro con campi per la pratica e molte infrastrutture come la parete per arrampicate, edifici per l’addestramento all’intrusione dal tetto alle finestre, autobus, treni, e carlinghe di aerei per l’addestramento al salvataggio degli ostaggi. Riguardo il Centro di Addestramento di Kula, questo rappresenta un centro per addestrare unità speciali dove istruttori stranieri, come i francesi del RAID o gli americani dell’FBI eseguono l’addestramento per le

i candidati devono superare con successo esercizi tattici al poligono, concepiti dagli istruttori della PTJ.


inside inside inside inside inside inside inside inside in Per le loro azioni gli sniper usano fucili della Sako TRG-22 and 42 in calibro .300 Win. Mag.308Win. e .308 Lapua Magnum con ottica del produttore tedesco Leupold MARK 4.

unità provenienti dalle regioni del Sud Est europeo e dall ‘Europa Occidentale. Obiettivi formativi e compiti L’obiettivo formativo per gli ufficiali di polizia della PTJ è di essere abilitati all’alpinismo, all’organizzazione e all’esecuzione dei più complessi compiti di sicurezza in casi di soppressione del terrorismo. L’addestramento della PTJ è diviso in generale, selettivo e specialistico. L’addestramento generale include corsi (scienze informatiche, corsi di lingue, corsi interni all’ufficio missioni OEBS in Serbia, corsi di Polizia, corsi per team leader, etc.etc.) seminari per squadre di negoziatori in situazioni di crisi e simili ed altre forme di specializzazione che la PTJ organizza in collaborazione con l’ufficio di gestione per la formazione specialistica, abilitazione, miglioramento e scienza. L’addestramento alla PTJ è svolto da istruttori per la formazione generale e specialistica, ufficiali dell’unità di comando, ufficiali per il miglioramento e l’organizzazione e gestione del lavoro PTJ (ufficiali per UOFP e PTJ) e altro personale che soddisfi questi requisiti. Ammissione di nuovi membri alla PTJ La formazione selettiva è separata in formazione di nuovi membri e formazione per gruppi di membri della PTJ in accordo ai rami di specializzazione. Il numero di candidati interessati ad entrare nell’unità è in continua crescita, ma il test iniziale e i criteri per essere ammessi sono molto selettivi, così solo un piccolo numero di candidati soddisfa i criteri per l’ammissione. Ad esempio, di media, su 150 candidati solo 8 vengono accettati. Il numero di candidati per completare l’unità dipende dalle possibilità e dalle necessità dell’unità stessa che sono condizionate dal deflusso dello staff esistente e dalle necessità del Ministero. Essendo stata formata nel 2003, la PTJ ha eseguito un raggruppamento mirato, reclutando personale esclusivamente di sesso maschile. Nella composizione della PTJ la ex JSO è entrata automaticamente, inoltre lo staff della dismessa Unità Speciale Antiterrorismo di Prishtina, e una parte della Unità speciale di Gendarmeria si sono anch’esse unite alla PTJ. Riguardo al fatto che dal 2003 al 2007 la PTJ esisteva in composizione della Gendarmeria, la selezione per entrare a far parte dell’unità era svolta esclusivamente dalla composizione della Gendarmeria stessa. Da quando la PTJ è diventata indipendente, la selezione e l’accettazione dei membri viene fatta da qualsiasi formazione di Polizia, ma viene dato un vantaggio allo staff della Gendarmeria e alla squadra di Intervento della Polizia. Per diventare un membro della PTJ, un candidato deve soddisfare i seguenti requisiti: deve essere un cittadino della Repubblica serba, un membro del servizio del Ministero degli Affari Interno, in salute ed adatto al servizio, deve possedere TNM ••• 86

un idoneo livello di educazione, non deve avere nessun carico pendente, non deve avere nessun processo per atti criminali e infine il candidato deve avere passato almeno tre anni in servizio e aver raggiunto i massimi punteggi. Questa regola vige per il reclutamento dello staff operativo ma non è necessaria per il resto dell’unità. I requisiti speciali sono: il candidato non deve avere più di 28 anni, i precedenti lavori sono stati svolti in maniera qualitativamente ineccepibile (con onestà, sincerità, giustizia, modestia, coraggio, etc.), un candidato non deve mostrare alcuna preferenza politica, infine il candidato deve avere il requisito di 6 mesi di lavoro provvisorio obbligatorio. Comunque, il numero di anni spesi in un


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servizio professionale, la referenza di massima età e il numero di mesi di lavoro provvisorio non sono fissi o inalterabili. Questo significa che ci sono possibilità che i requisiti elencati siano modificabili ed è quindi necessario che qualunque persona voglia entrare nell’unità PTJ debba andare personalmente alla base della PTJ per acquisire le informazioni corrette. Il primo passo che un candidato deve passare è un colloquio con un ufficiale di formazione e con il comandante dell’unità, il quale dopo una serie di test per ogni candidato interessato decide a chi di loro sarà richiesto di svolgere il test per l’ammissione all’unità. Il test iniziale del candidato dura tre giorni (per i logistici un giorno) e include un

check up medico, un test psicologico, un test fisico, riconoscimento e uso di armi e arti marziali. Il test fisico comprende le seguenti discipline: flessioni, arrampicata su una corda, salto in lungo e corsa sui 100, 1600, e 8000 metri. Allo stesso modo, nella gamma dei test, i candidati devono superare con successo esercizi tattici al poligono, concepiti dagli istruttori della PTJ. Dopo il primo test iniziale, vengono effettuati ulteriori controlli medici. Quelli che “sopravvivono” al primo controllo e soddisfano i criteri dell’esame medico, sono invitati al corso di formazione che è diviso in tre parti: corso selettivo, formazione base, e formazione specialistica (corso antiterrorismo). Lo scopo di ciascuna fase è di TNM ••• 87


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selezionare tra i candidati quelli che pensano di poter avere successo e allo stesso tempo di scartare quelli che riconoscono di non poterlo fare. All’addestramento selettivo che dura 45 giorni, vengono osservate le capacità psico-fisiche dei candidati, sia in situazioni normali che di stress. La formazione include il passaggio in condizioni psicologiche e fisiche difficoltose facenti anche queste parte dell’addestramento stesso. Durante la selezione il candidato viene messo in condizioni di grandi sforzi e di sfide che sorpassano le normali fatiche fisiche e psicologiche. In questo senso i candidati sono sottoposti a dure pressioni psicologiche, così se i candidati sono indecisi, non abbastanza forti, non resistenti allo stress e al rischio, sono costretti ad arrendersi. E’ anche fatta pressione fisica in modo da rimuovere tutte le debolezze del corpo e in modo TNM ••• 088

da sviluppare una grande forma e forza fisica nella massa corporea del candidato. La selezione è svolta all’aperto, in modo da essere più simile a una situazione operativa. Gli istruttori che conducono il processo di selezione seguono i candidati da vicino e annotano tutte le loro azioni e reazioni. Le analisi delle percentuali di successo per soddisfare i criteri di ammissione per entrare nell’unità sono stabilite attraverso le capacità fisiche, psicologiche e di sicurezza. Il fattore di capacità psicologica, che è formato secondo le esigenze dell’unità, è estremamente importante per l’ammissione alla PTJ del candidato, e la selezione è svolta secondo i seguenti parametri: capacità intellettuale, maturità emotiva, motivazione e maturità sociale. Il punto di ogni fase della selezione è di scegliere tra i candidati quelli che ritengono di poter avere successo e di scartare allo


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Le azioni di addestramento tattico vengono effettuate in ambienti differenti (urbano e rurale), in differenti condizioni climatiche e in vari luoghi.

stesso tempo quelli che non lo credono. L’indicatore della capacità fisica è lo sforzo fisico e questo è rappresentato da un gran numero di marce che i candidati devono superare. Ci possono essere marce di tipo resistivo e marce di orientamento. Ogni giorno i candidati percorrono grandi distanze in cui viene testata la loro resistenza ma anche la capacità di lavorare in una squadra, ad esempio aiutandosi l’un altro. Le marce possono svolgersi durante il giorno o durante la notte in tutti le condizioni di terreno e climatiche. Gli sforzi fisici diventano maggiori quando si viene caricati con un equipaggiamento di 30 kg e con la privazione del sonno. La capacità fisica ha anche una importanza speciale perchè attraverso questa si può vedere quale tipo di sforzi il corpo del candidato è in grado di sostenere. Il fattore di sicurezza stabilisce che i candidati alla

PTJ non possono essere accettati se si comportano in maniera immorale, se hanno una attitudine al crimine o altri elementi negativi, dal momento che nell’unità PTJ si sviluppa uno stile di vita collettivo. Quindi un comportamento negativo potrebbe incidere negativamente sull’intera unità, il che implicherebbe sfiducia e ulteriori altri effetti negativi. Particolare attenzione del componente di sicurezza del candidato sono i suoi dati, le informazioni, gli eventi e le azioni in cui è stato coinvolto, quelle di cui non ha parlato, o non fatto in maniera completa o non rivelato in pubblico. Nel periodo di corso selettivo, meglio conosciuto come il periodo del “sudore e sangue” solo quelli che sono genuinamente determinati e realmente orientati a diventare degli specialisti possono farcela, quelli che possiedono una volontà di ferro e molta motivazione, TNM ••• 089


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Solo squadre di specialisti della PTJ perfettamente addestrate possono svolgere con successo compiti complessi e rischiosi.

Le arti marziali che vengono applicate nella PTJ sono il judo, karate, boxe, aikido, kick- boxing e krav maga

grande prontezza psico-fisica, e quelli che riescono ad avere un controllo sulle armi estremamente preciso. Gli istruttori che conducono un corso selettivo e conducono test sono ufficiali esperti e possono stabilire fin dal primo momento chi è un candidato adeguato, chi riuscirà e chi si arrenderà o sarà eliminato per i suoi deboli risultati. Gli istruttori monitorano molto attentamente tutte le azioni e i comportamenti dei candidati, li seguono da vicino e annotano tutte le loro reazioni. Durante questo periodo, che rappresenta in pratica tutte le altre unità speciali, vengono eseguiti diversi approcci di esercitazioni fisiche e psicologiche, basate sul prinicipio del “nessun dolore, nessun guadagno”. Il motivo di questa esercitazione è di selezionare i candidati migliori, individui con una straordinaria capacità personale e capacità ad introdursi nelle regole di una squadra. Questo perchè una squadra può fare tutto, mentre un solo individuo , non importa quanto grande sia, può fare molto poco. Solo squadre di specialisti della PTJ perfettamente addestrate possono svolgere con successo compiti complessi e rischiosi. Questo è il motivo per cui durante la selezione dei candidati ciò che importa è la qualità e non la quantità. Una volta terminato il corso di selezione, i candidati migliori si spostano all’addestramento base che dura 180 giorni. In quel periodo i candidati acquisiscono conoscenze basilari in tutte le aree che sono necessarie per svolgere con successo i loro doveri, vengono introdotti alle armi che l’unità utilizza, veicoli, mezzi di supporto, organizzazione del lavoro, ordine e disciplina nell’unità etc. Anche questo è un addestramento selettivo, quindi durante il suo svolgimento è ancora fatta una costante selezione dei candidati. Durante la formazione di base i candidati non hanno ancora autonomia lavorativa, quindi lavorano secondo gli ordini dell’unità. Speciale importanza durante le sessioni di formazione sono i controlli e il monitoraggio dell’addestramento. Le squadre vengono composte a seconda dei risultati di ciascun candidato, e attraverso la formazione vengono preparati per reazioni ed esecuzioni di successo dei compiti assegnati. La formazione è anche fatta in maniera da essere più realistica possibile. La formazione base, che un candidato deve passare consiste in tre tipi di addestramento: • Addestramento fisico • Addestramento al fuoco • Addestramento tattico Durante l’intero processo di addestramento, e ancora nella parte fisica della formazione, un posto speciale viene dato alla forma fisica generale. Nel processo di formazione, questa viene elevata al massimo livello, ed è sostenuta da un regolare esercizio. Un’altra parte importane dell’addestramento fisico sono le arti marziali. Rappresentano la parte integrale di tutte


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La PTJ interviene spesso in situazioni di ostaggio in luoghi pubblici (aeroporti, scuole, teatri, porti) e mezzi di trasporto pubblici (aerei dirottati, traffico su rotaia o su strada, traghetti, autobus),

le unità antiterrorismo. Le arti marziali che vengono applicate nella PTJ sono il judo, karate, boxe, aikido, kick- boxing e krav maga. Terzo segmento essenziale è usare armi da taglio e difendersi da queste. Allo stesso modo, per la difesa fisica, sono molto importanti corsi di sci e di nuoto perchè sono fatti in differenti condizioni climatiche. L’addestramento fisico è fatto attraverso varie vie di competizione come l’orientamento, la corsa, la maratona, ecc. L’addestramento al fuoco rapppresenta le basi nell’educazione della PTJ. Durante l’addestramento base sono eseguite tutte le preparazioni necessarie allo sparo con arma da fuoco. Si inizia con il basilare tiro a poligono attraverso il quale si esercita la precisione. Il tiro a poligono viene praticato con tutti i tipi di armi e un antiterrorista necessita davvero di conoscere tutte le armi di tutte le altre unità di tutto il mondo. Le preparazioni al tiro vengono effettuate fino al punto in cui il membro dell’unità può colpire differenti oggetti in totale sicurezza. Dopo di questo il tiro viene fatto dove il fuoco e il movimento sono combinati insieme e questo rappresenta un tipo di tiro più complesso. Alla fine, la simulazione viene effettuata in modo che l’antiterrorista possa incontrare le varie situazioni che potrebbe incontrare realmente. Dopo aver completato la formazione, la pratica del tiro è ripresa in modo tale da mantenersi in forma per situazioni reali. Di seguito, la pratica di tiro deve essere pianificata con l’aumento delle tensioni fisiche, limitazione di tempo e nelle situazioni

più realistiche possibile. L’addestramento tattico è orientato verso l’esecuzione di azioni ed eventi che il candidato ha bisogno di sapere per poter fare bene sul campo di battaglia. La formazione inizia con l’individuo e si conclude con tutta l’unità . L’ addestramento tattico è un’area ampia che potrebbe essere divisa in: • addestramento tattico generale • tattiche per le azioni speciali. Le azioni di addestramento tattico vengono effettuate in ambienti differenti (urbano e rurale), in differenti condizioni climatiche e in vari luoghi. Questo significa combattere in aree popolate, cercare terroristi nei boschi, colline, pianure ed altre condizioni. A parte le procedure di combattimento e le azioni, l’educazione tattica dei membri della PTJ saranno abilitate per dare assistenza medica, per riconoscere ordigni esplosivi e anche il loro uso. In questa fase di addestramento viene studiata anche la legge sui diritti umanitari (legge internazionale di guerra) in quanto necessaria per il corretto svolgimento dei compiti assegnati. Attraverso le tattiche per azioni speciali, gli antiterroristi vengono educati alle tecniche di liberazione degli ostaggi dai vari edifici, con differenti mezzi e tecniche. E’ un fatto che i terroristi scelgano strutture in cui siano presenti molte persone (scuole, stazioni ferroviarie, teatri, aeroporti ecc.) imponendo così ai PTJ di studiare il modo di introdursi adeguatamente. Ciascuna struttura ha una TNM ••• 091


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I compiti che vengono affidati a questa unità presentano le più dure attività svolte all’interno del Ministero degli Affari Interni, il che giustifica il possesso delle armi più moderne e all’avanguardia

architettura differente e ognuna ha le sue specificità. A parte l’allenamento standard giornaliero, un corso di paracadutismo è obbligatorio per ogni membro della PTJ. Questo tipo di addestramente è specialmente importante perchè permette di operare un effetto sorpresa durante azioni molto complesse e pericolose, sviluppando inoltre coraggio e controllo tra i membri in condizioni di stress. I candidati con più successo che passano l’addestramento generale vengono raggruppati nell’unità, le squadre dipendono dai risultati che loro hanno ottenuto e da qui continuano il loro addestramento per delle specifiche specialità venendo gradualmente coinvolti nelle attività giornaliere dell’unità. Una volta entrati nell’unità i membri seguiranno molti corsi di specializzazione come alpinismo, paracadutismo, corso sniper , corso per mine e dispositivi esplosivi, corso per cinofili, corso per corpi di pace, corsi di lingua ecc.ecc. L’addestramento è fatto nel centro dell’unità e in tutta la Serbia, in dipendenza del tipo di corso (urbano o rurale). I membri della PTJ sono soggetti a controlli regolari e occasionali, poichè una volta acquisito, lo status non è garantito a meno che non si pratichi regolarmente l’esercizio per mantenere ed incrementare la propria forma fisica. Il check della PTJ include i seguenti esami: • controllo fisico regolare (dettato dal ministero degli Affari Interni) 2 volte l’anno; • controllo fisico occasionale (norma speciale) su ordine del comandante; • marcia di combattimento ogni 4 mesi o su ordine del comandante; • gara di wrestling 1 volta l’anno; • nuoto 1 volta l’anno; TNM ••• 092

• vari poligoni con ostacoli, varie volte l’anno; • tiro in pioligono, regolarmente; • tattiche, regolarmente. L’unità antiterrorismo collabora intensamente con unità simili in Serbia, ma anche con unità straniere. Nei cinque anni passati la PTJ ha collaborato con le unità delle regioni dell’ex Jugoslavia, Grecia e Bulgaria. Un eccezionale collaborazione è stata stabilita con l’unità francese RAID, l’unità tedesca GSG-9, l’unità austriaca GEK COBRA, l’unità speciale israeliana , unità russe ALFA e VITJAZ... L’emblema dell’unità che si trova sulle giacche della PTJ è una creatura mitica, il grifone che ha corpo di leone, testa di aquila, ali di drago e una spada. Il grifone è parte integrante della tradizione serba e può essere trovato nei monasteri serbi quali quello di Decani, di Ravanica, di Studenica e simboleggia un guardiano, protettore dei mondi. I membri della PTJ indossano questo marchio del grifone su uno sfondo rosso dei loro berretti blu, il grifone tiene lo scudo con il simbolo serbo e una spada rivolta in basso. Questo simbolo si trova anche sulle maniche delle loro uniformi , sull’uniforme da cerimonia e su quella da battaglia. Il motto dell’unità è : “molti pensano di essere i migliori... noi di certo lo siamo “ Armi e armamento I compiti che vengono affidati a questa unità presentano le più dure attività svolte all’interno del Ministero degli Affari Interni, il che giustifica il possesso delle armi più moderne e all’avanguardia quando si parla di armamenti e veicoli, così come i più moderni mezzi di marcatura, puntatura, uniformi da combattimento per tutti gli ambienti. Comunque la PTJ, così come qualsiasi altra


de inside inside inside inside inside inside inside inside inside Per determinati ambienti l’utilizzo del Quad, risulta essere la miglior scelta

unità in tutto il mondo, possiede armi ed armamenti che sono più o meno presenti all’interno di altre unità quindi questo non la separa dalle altre in senso generale. L’abbigliamento dei membri della PTJ è regolato sia sulle condizioni climatiche dell’area, dipendentemente se lavorano in area urbana o rurale, sia sull’ambiente in cui viene usato, per cui ogni membro ha a sua disposizione diversi set di uniformi in ogni momento. Le azioni di intervento o di intrusione sono eseguite con delle tute nere del produttore francese GK PRO type Ultimate o del produttore locale Mile Dragic (MD) Tactical One oppure con una uniforme in due pezzi di colore nero dello stesso produttore MD Dragon Tactical One (fatta su richiesta dell’unità), oppure ancora della Americana 5. 11 Tactical. Per azioni in aree urbane i membri dell’unità usano uniformi con disegni digitali del produttore locale MD Dragon Tactical One in combinazioni di colore bianco, grigio e nero. Le uniformi usate nelle aree rurali usano due disegni, il classico “disegno francese” e il digitale Tactical One, entrambi prodotti dalla ditta Mile Dragic. I cecchini usano tute mimetiche Gilly di produzione straniera, per differenti condizioni climatiche e ambientali, e nell’equipaggiamento di tutto lo staff c’è anche una tuta mimetica invernale MD M2000. Parlando di calzature, l’unità usa principalmente modelli di produttori stranieri come Matterhorn per condizioni estreme, Adidas GSG 2 , Eagle, Tactical 5-11 e questi modelli sono usati in dipendenza delle condizioni climatiche e del tipo di missione. Equipaggiamento obbligatorio nell’addestramento e negli interventi sono le protezioni per gomiti e ginocchia dell’azienda americana Black Hawk 809100BK in Neoprene oppure le Hatch modello HGKP 250, occhiali di protezione Ockley e guanti tattici SOG L-100 marca Hatch oppure Black Hawk Hellstorm Fury. La cintura è di un produttore locale, modello MD ATU, fatta di polimeri e nylon, e prodotta su rischiesta dell’unità secondo gli standard NATO e serve per il trasporto di armi personali ed altro equipaggiamento aggiuntivo come la fondina per la pistola sempre del produttore americano Black Hawk, modello Tactical SERPA. Anche la protezione balistica è di produzione locale e regolata su varie situazioni tattiche. Vengono usati due caschi, uno è il PASGT Kevlar type Mile Dragic MD M-97S livello di protezione IIIA, di produzione locale, l’altro semi casco è della MICH, modello MD05S sviluppato come il casco americano TC-2001, livello di protezione IIIA. I caschi della Pro- Tec – type sono usati durante l’addestramento (arrampicata, salto con paracadute, azione di intrusione), dal momento che non danno protezione balistica, ma servono solo a proteggere la testa da pezzi di intonaco, vetro ecc. Il corpo è protetto da un vest balistica di tipo modulare MOLLE prodotta localmente dalla MD Top Universal, livello di protezione IIIA (III, III+, e 4 con i pannelli), in

Il veicolo più interessante, in tutti i sensi è l’Hummer H1 che è stato importato in Serbia durante gli anni 90

Il veicolo da combattimento blindato VBL


inside inside inside inside inside inside inside inside in Vengono usati due caschi, uno è il PASGT Kevlar type Mile Dragic MD M-97S livello di protezione IIIA, di produzione locale, l’altro semi casco è della MICH, modello MD-05S


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Il settimo plotone include una squadra di cecchini e una squadra cinofila

accordo con gli standard NIJ 0101.04 o NIJ 0101.03. Una protezione aggiuntiva sul petto, schiena e fianchi è data dalle tasche balistiche per l’inserimento dei pannelli balistici. Per maggiore comodità e circolazione dell’aria attorno al corpo, al vest è stata applicata una membrana particolare la XD Spacer Fabric. Il design della vest tattico della MD Top Universal è basato sul sistema MOLLE, modello modulare che permette regolazioni individuali dell’equipaggiamento a seconda delle condizioni operative . Inoltre, questo vest può essere equipaggiato con pannelli balistici per incrementare il livello di protezione balistica. Armamenti di qualità sono un altro segmento importante nell’equipaggiamento dei membri della PTJ. Parlando di armamenti personali i membri della PTJ usano le eccellenti GLOCK 17 del produttore austriaco, come anche le italiane BERETTA Px4 STORM entrambe di calibro 9mm Para. Anche le pistole WALTER P-99 e le locali Zastava ARMS CZ-99 fanno parte dell’arsenale dell’unità. Parlando di armi automatiche, I membri dell’unità usano l’inevitabile arma automatica tedesca Heckler&Koch MP-5 nelle versioni A3,A5,SD5 e K-PDW. E’ possibile grazie ai rails, attaccare i puntatori Aim Point Comp M-2/M-4, flash tattici e la Streamlight modello TLR- ½ , mirini laser. Tra queste armi automatiche, ci sono anche le Zastava Arms M-85 calibro 5,56 mm. Per gli armamenti lunghi I membri della PTJ sono equipaggiati con le carabine americane COLT M4A1 Commando .223 mm in combinazione con Aimpoint CompM4. Nel loro mucchio, un gran numero di membri hanno anche armi di calibro 7,63 x 39 mm di origine esteuropea. C’è anche il locale fucile automatico M-70 AB2 e la versione tedesca dell’est del famoso “Kalasnjikov” AK-47 MpI KM-72. Su questi fucili tutte le parti di legno sono state rimosse, e accessori della TDI Arms sono stati attaccati insieme all’ impugnatura anteriore della UTG. Per le loro azioni gli sniper usano fucili della Sako TRG-22 and 42 in calibro .300 Win.Mag.308Win. e .308 Lapua Magnum con ottica del produttore tedesco Leupold MARK 4. Per azioni che richiedono grande volume di fuoco, gli sniper si affidano ai fucili Americani di grosso calibro , quali il Barrett M-82A1 calibro .50 BMG con ottica Swarowski. I leggendari fucili semi automatici Zastava M-76 7,9 mm e HG G-3 7,62x51 mm sono normalmente usati solo durante le sessioni di addestramento. Il resto dell’armamento include fucili Mossberg 500 e 550 calibro 12/70 come anche i Franchi Spas 12 e i Benelli M-4, dello stesso calibro dei precedenti. I fucili da supporto includono mitragliatrici Zastava Arms M84 (calibro 7,62x54R), quindi le mitragliatrici leggere belghe FN Minimi (calibro.223) e le pesanti americane M-2 Browning (calibro .50) cannoni recoilles M-60 82 mm, mortai 60 mm Commando, mortai automatici Zastava M-93 ABG-30 30 mm (Ags-17) mortai M-80 Zolja 64 mm.

Durante le azioni di intrusione, per l’abbattimento di porte , viene utilizzato uno strumento a pressa idraulica Dog Rider del produttore francese Libervit, come anche il locale Tactical Entry Tool. Altro equipaggiamento include stazioni radio portatili e stazioni radio per veicoli prodotte da Motorola, dispositivi per visione notturna Israeliane (Ortek) e di produzione russa, laser AIM-2000, headlight SL-4, equipaggiamento da laboratorio per guerra NBC, robot telecomandato per disinnescare esplosivi, muta da sommozzatore della ScubaPro, Mares e Seac Sub, autorespiratori FROG con circolo di respirazione chiuso e aperto, paracaduti Parafoil, gommoni Zodiac, tute per disinnescare esplosivi etc. Parlando di trasporti la PTJ ha nei suoi garage il potente Americano Hummer H1, ridisegnato per le esigenze dell’unità, il veicolo civile Land Rover Discovery type 2 e3 , Mitsubishi Pajero Sport, Chevrolet Suburban, Land Rover Defender 110 Blindata, camion Unimog 435, van Peugeot Boxer, Mercedes Sprinter e Ford, e un veicolo da combattimento blindato VBL. Il veicolo più interessante, in tutti i sensi è l’Hummer H1 che è stato importato in Serbia durante gli anni 90 come variante civile e di seguito è stato ridisegnato ai “LOLA” Institutes come veicolo blindato da combattimento. Il veicolo è mosso da un motore da 6500 cc ed è molto maneggevole su tutte le superfici. L’unità dispone di circa 20 di questi veicoli. Impegno dell’Unità Dalla sua fondazione, gli ufficiali di polizia della PTJ hanno eseguito le seguenti operazioni: • arrestato più di 250 persone pericolose; • risolto diverse complicate situazioni di presa di ostaggi, come quella a Novi Sad dove un ostaggio è stato rilasciato dopo essere stato rapito da un gruppo TNM ••• 095


inside inside inside inside inside inside inside inside in Membro dell’unità dotato del fucile francese FAMAS, nonostante non sia un’arma in dotazione ufficiale, alcuni esemplari vengono utilizzati per l’addestramento

di criminali, un’altra operazione nelle vicinanze di Belgrado dove il rapitore ha aperto il fuoco con armi automatiche contro i membri della PTJ, inoltre la recente azione vicino Despotovac dove gli sniper della PTJ hanno sparato a un criminale che teneva una famiglia sotto la minaccia delle armi; • gli ufficiali di polizia della PTJ hanno svolto azioni molto complicate e difficili nell’arrestare il leader del movimento Vehabi nella regione di Raska dove nell’azione è rimasto ucciso; • hanno partecipato nella messa in sicurezza di un grande numero di manifestazioni pubbliche e sportive; • scorta ai giocatori di basket americani, spagnoli, croati, e israeliani, squadre di pallavolo serba e spagnola, sono inoltre ingaggiati per lavori di sicurezza dei tornei open di tennis in serbia; • sono stati ingaggiati per un compito di protezione VIP che includeva il presidente della federazione russa Dmitry Medvedev; • in collaborazione con Interpol hanno portato a termine un gran numero di estradizioni di grande rischio come quelle di Sreten Jocic, Dejan Milenkovic Bagzi, Robert Matanica, il membro di Al Qaeda Abdel Majeed Busar e altri; • hanno assistito incontri pubblici e provveduto a ristabilire il pubblico ordine in grandi avvenimenti, ricordiamo particolarmente le manifestazioni di fronte alle ambasciate degli stati uniti e della croazia nel febbraio dello scorso anno; Il comandante dell’unità PTJ è il colonnello Goran TNM ••• 096

Oltre alle Glock 17, il reparto ha recentemente preso in dotazione anche la Beretta Px4 STORM

Dragovic, nato nel 1967 a Plav, vissuto in Kosovo e Metohija, è dal 1992 un membro dell’Unità Speciale Antiterrorismo del Ministero degli Affari Interni di Serbia a Prishtina. Ha lavorato per breve tempo come istruttore ma più tardi è diventato un ufficiale di comando della squadra per il combattimento ravvicinato. E’ stato capitano della squadra nazionale di Polizia per molto tempo. Dopo che le truppe serbe si ritirarono dal Kosovo, si ritirò dal servizio di Polizia. Nel Ministero degli Affari Interni, più precisamente nella Gendarmeria, è ritornato nel 2002. Quando la PTJ fu formata Dragovic fu posizionato come assistente e successivamente come vicecomandante. Dragovic fu posto a capo della unità PTJ l’8 marzo 2005. Vorrei ringraziare in particolare, Dragovic, Marija e Bili per l’aiuto fornito alla stesura dell’articolo


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grandi novità dalla Statunitense Trijicon, che dimostra ancora una volta la propria flessibilità, con prodotti che spaziano dal CQB al tiro di precisione a lunga distanza

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La prima vera innovazione nel campo delle ottiche a punto rosso, da qualche anno a questa parte: un reflex a LED a basso assorbimento, con un duplice sistema di alimentazione, il quale fornendo energia in normali condizioni di luce e dotando la tradizionale batteria di un efficiente pannello fotovoltaico miniaturizzato , garantirà una durata della batteria superiore a tre anni. L’ampiezza dell’apertura, di 28mm, garantisce un campo visivo da 23m a 100m e virtualmente annulla “l’effetto tubo”, mentre la struttura in alluminio aeronautico, il design compatto e privo di asperità ed un peso di soli 390g (compresi attacco e batteria) ne fanno uno strumento robusto e particolarmente idoneo alle situazioni di CQB. Il punto rosso da 1,75 MOA dispone di 10 differenti impostazioni di luminosità, tra cui due dedicati alla visione notturna ed uno ultraluminoso. L’SRS è disponibili in due versioni: SRS01 con attacco Picatinny con Thumb Screws e SRS02 con attacco Picatinny a sgancio rapido.

TNM ••• 098

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LA GESTIONE DEL PANICO NELLA FOLLA di Marco Strano

Nel corso di una crisi, le persone nel panico, diventeranno spesso confuse, con difficoltĂ a seguire le istruzioni. In breve, faranno fatica a comprendere quello che devono fare


BAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORC

Marco Strano Direttore Tecnico Capo (Psicologo) della Polizia di Stato, Dirigente Nazionale dell’UGL Polizia e Direttore scientifico dell’ICAA (www.criminologia.org)

Militari ed operatori della sicurezza possono essere impiegati per gestire, in situazioni d’emergenza, grandi aggregati di persone. La creazione di un campo profughi, l’evacuazione della popolazione di un centro abitato in caso di pericolo imminente (come ad esempio il brillamento di un residuato bellico) rappresentano scenari d’intervento possibile sia sul territorio nazionale che all’estero, nel corso di missioni umanitarie. La conoscenza dei meccanismi psicologici collettivi può, quindi, essere determinante in una situazione di pericolo, per evitare, adottando opportuni accorgimenti, che si diffonda il panico in un grande aggregato di folla e che tale condizione psicologica possa provocare incidenti e perdite umane. Le persone, in condizione di paura, presentano infatti delle significative attivazioni psico-fisiche e tendono, di solito, ad assumere una delle seguenti tre condizioni: fuga, combattimento o congelamento. Gli studiosi del comportamento umano considerano un’attivazione moderata come una reazione sana al pericolo poiché, le persone, divengono maggiormente reattive. Quando però la paura raggiunge un livello troppo elevato può trasformarsi in panico e questa seconda condizione rende meno efficienti le funzioni fisiche e mentali dell’individuo, moltiplicando il pericolo. Le persone in uno stato di ansietà troppo elevato, sono facilmente riconoscibili da quanto alzano la voce e per il fatto che compiono azioni scarsamente determinate. Nel corso di una crisi, le persone nel panico, diventeranno spesso confuse, con difficoltà a seguire le istruzioni. In breve, faranno fatica a comprendere quello che devono fare (Network World On-line - www.nwi.it). Comunque la reazione più frequente nelle persone ad una situazione di paura, non è quasi mai un “congelamento”, bensì una condizione di iperattività, determinata dall’immissione di adrenalina nel circolo sanguigno che fornisce all’individuo un surplus d’energia finalizzato al combattimento o alla fuga. La conoscenza dei meccanismi psicologici che si innescano in un individuo spaventato e costretto TNM ••• 101


POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT P

Ci sono situazioni d’emergenza che non necessitano sempre dell’abbandono rapido ed ordinato dell’area dove la folla è stipata. A volte, infatti, c’è la necessità di mantenere, per un certo lasso di tempo, fermi e tranquilli gli individui in uno spazio delimitato

in uno spazio delimitato è, a mio avviso, una delle competenze necessarie in un operatore della sicurezza, poiché tale conoscenza può indirizzare la sua azione in maniera responsabile ed efficace, ottenendo lo scopo prefissato e limitando notevolmente i rischi di far degenerare la situazione. Tentare ad esempio di frenare/bloccare la tipica iperattività del soggetto in ansia con indicazioni del genere “..state fermi e calmi” o “..non fatevi prendere dal panico..” può a volte essere estremamente pericoloso e comunque normalmente non sortisce alcun effetto. Per gli specialisti della gestione delle masse (i cosiddetti crowd managers), che gestiscono ad esempio la sicurezza negli stadi di calcio o durante i concerti musicali, è invece più utile cercare, se possibile, d’incanalare questa iperattività facendo svolgere alla folla dei compiti semplici, ad esempio ordinando di liberare un determinato spazio e comunque agevolando un certo tipo di compito-movimento controllato. Ovviamente ci sono delle circostanze in cui è necessario che le persone rimangano assolutamente ferme. Ci sono situazioni d’emergenza che non necessitano sempre dell’abbandono rapido ed ordinato dell’area dove la folla è stipata. A volte, infatti, c’è la necessità di mantenere, per un certo lasso di tempo, fermi e tranquilli gli individui in uno spazio delimitato. In questo caso è fondamentale che le persone abbiano l’impressione che l’apparato di sicurezza stia operando per garantire la loro incolumità. Tale impressione può essere trasmessa soprattutto attraverso la comunicazione delle informazioni più rilevanti, facendo sapere che si stanno adottando le misure adeguate per far fronte ad eventuali problemi. Durante una crisi, un’informazione errata può diffondersi rapidamente subendo distorsioni nel passaggio da persona a persona. Una valida comunicazione nel corso di una TNM ••• 102

crisi, allora, riduce i livelli d’ansia della folla. In caso di emergenza è quindi assolutamente necessario informare (ogni 5-10 minuti), attraverso altoparlanti e megafoni (se funzionanti) o in alternativa attraverso l’azione degli operatori disseminati all’interno dell’aggregato di folla, che si stanno prendendo delle iniziative, quello che sta accadendo e quali sono le fasi successive per affrontare il problema. Nelle situazioni d’emergenza gli operatori devono essere formati per individuare e gestire le persone che si stanno avvicinando ad una condizione di


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Nelle situazioni d’emergenza gli operatori devono essere formati per individuare e gestire le persone che si stanno avvicinando ad una condizione di panico (polizia greca durante gli ultimi scontri di Atene)

panico. Una singola persona in panico può a volte innescare una reazione a catena di difficile soluzione. La capacità di riconoscere i soggetti più a rischio nelle situazioni di pericolo (soggetti che gridano e trasmettono la paura agli altri) è infatti fondamentale per orientare primariamente l’intervento su di essi. In alcune circostanze può anche essere utile separare fisicamente dal gruppo il soggetto che ha perso la testa fornendogli le istruzioni su cosa è necessario fare. In pratica se una persona si sta emozionando troppo può essere separata leggermente dal gruppo e calmata, dandole le istruzioni su cosa è necessario

fare. Nel caso faccia fatica a concentrarsi gli esperti suggeriscono di mettersi faccia a faccia, toccandogli le spalle ed esclamando “Guardami! Ascolta quello che ti sto dicendo!”. L’intervento mirato sui soggetti a rischio dovrebbe quindi essere condotto rivolgendosi loro direttamente, guardandoli negli occhi e comunicando in maniera chiara, al fine di produrre un’azione antagonista alla deindividuazione (la fusione delle varie personalità individuali) e di portarli nuovamente in una condizione di razionalità accettabile. Tenendo conto che, durante una crisi, un’attività manuale può fungere da calmante, TNM ••• 103


POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT P

di comunicazione che possono essere apprese e può servire affidargli poi un compito da svolgere, ad esempio portare qualcosa da un posto a un altro, senza migliorate attraverso specifici percorsi formativi. correre, ma comunque nel più breve tempo possibile. La comunicazione verbale deve essere diretta, (Network World On-line - www.nwi.it). né frettolosa né lenta, convincente e coerente, PREPARAZIONE PSICOLOGICA DELL’OPERATORE NEL utilizzando un tono di voce alto (ma senza gridare), con linguaggio chiaro e comprensibile e possibilmente GESTIRE UNA FOLLA: LA PRIMA COSA E’ IMPARARE senza frasi dialettali. I messaggi verbali devono A COMUNICARE IN MANIERA EFFICACE CON LE essere adatti alle caratteristiche dell’interlocutore PERSONE. (età, cultura, ecc.), devono contenere informazioni utili e non contraddittorie, non devono essere ironici L’attività di sicurezza pubblica implica il contatto e possibilmente non devono criticare in maniera con scenari a volte molto delicati e la necessità di diretta il pensiero dell’interlocutore. L’utilizzo di particolari competenze di comunicazione da parte piccole strategie psicologiche può essere utile (…Lei dell’operatore. L’operatore dovrebbe, infatti, aver sempre presente che la capacità di istaurare una buona ha ragione ma la prego di considerare anche il fatto relazione con le persone rappresenta uno degli aspetti che…). La capacità di produrre messaggi in linea con importanti della sua professione e dovrebbe essere quanto appena suggerito può essere incrementata necessariamente impostata con grande attenzione e con specifiche esercitazioni. La comunicazione non consapevolezza. Nel rapporto con una folla spaventata verbale (espressione del viso, tono di voce, gestualità ecc.) deve essere coerente con quella verbale. Durante è auspicabile quindi un corretto utilizzo di tecniche la comunicazione è opportuno guardare sempre il

è fondamentale che le persone abbiano l’impressione che l’apparato di sicurezza stia operando per garantire la loro incolumità.


BAT PSYCHOLOGY POLICE FORCE COMBAT PSYCHOLOGY POLICE FORC

L’intervento mirato sui soggetti a rischio dovrebbe quindi essere condotto rivolgendosi loro direttamente, guardandoli negli occhi e comunicando in maniera chiara, al fine di produrre un’azione antagonista alla deindividuazione, non sempre ciò accade con successo e quindi le azioni posso degenerare.

GUIDELINE cosa non fare I principali errori di comunicazione nel rapporto con il pubblico sono: • usare un linguaggio poco chiaro; • non guardare negli occhi l’interlocutore; • parlare troppo rapidamente o troppo lentamente; • usare un tono di voce aggressivo o non piacevole; • fare considerazioni troppo personali; • usare una distanza interpersonale non adatta; • essere troppo ironici; • accigliarsi; • rassicurare o atterrire troppo; • sgridare l’interlocutore; • eccedere di moralizzazione; • esprimere giudizi inutili; • fare cose (es. correre o sporgersi in maniera pericolosa) di cui si deve far osservare il divieto. soggetto negli occhi ed assentire in modo convincente. Cercare di mantenere una distanza di tipo personale dall’interlocutore (non superiore ad 1 metro) ma evitare di avvicinarsi troppo. Un contatto fisico delicato ma solo in casi estremi. In situazioni d’emergenza, quando è assolutamente necessario catturare l’attenzione dell’interlocutore, è possibile avvicinarsi di più e toccare leggermente il

braccio (ma evitando di stringerlo) per instaurare un contatto fisico (esempio quando il vociare assordante impedisce di sentire una conversazione normale o quando l’ipoacusia da stress si è manifestata nel soggetto).La coerenza tra comunicazione e comportamento. Un’efficace comunicazione, da parte degli operatori ad una massa di persone spaventate deve corrispondere all’adozione di comportamenti ed atteggiamenti coerenti con quanto si afferma. Il rispetto delle prescrizioni deve avvenire primariamente da coloro che le devono far rispettare. Non dimentichiamo infine che un “aggregato di folla” può essere rappresentato anche dai militari/poliziotti stessi, schierati in un contesto operativo e sottoposti a pressioni psicologiche diversificate. L’esigenza di evacuazione rapida di un’area, di uno stabile o di una nave, può manifestarsi anche con un aggregato di operatori della sicurezza che, nonostante la divisa e l’addestramento ricevuto, sono delle persone, soggette anch’esse al contagio del panico. L’addestramento tattico agisce infatti in prevalenza sulle aree corticali del cervello, sede della logica e della razionalità, ma può ben poco quando a governare l’individuo è il sistema limbico, attivato dalla paura. L’istinto di sopravvivenza è una spinta fortissima che è difficile da governare ed incanalare. Per questo motivo le competenze sulla gestione del panico dovrebbero, a mio avviso, entrare nel bagaglio conoscitivo di ogni comandante di uomini poiché potrebbe averne bisogno anche per gestire un’emergenza all’interno del suo reparto. TNM ••• 105


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DEFENCE SHOOTING ACADEMY

Oramai giunta alla sua terza edizione, anche quest’anno si svolgerà la gara di tiro operativo di Polizia, riservata alle Polizie Locali. Le scorse edizioni hanno visto la partecipazione di numerosi Comandi provenienti da molte regioni italiane e proprio per questo motivo, da quest’anno la manifestazione si svolgerà in tre tappe. La gara è nata da un’idea del TNM ••• 106

compianto Marte Zanette, a cui è dedicata e di Marco Buschini, direttore della A.S.O. (Accademia di Sicurezza Operativa), ente di formazione professionale per gli addetti alla sicurezza pubblica e privata. A lui è affidata la conduzione della “ BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEMY”, scuola ufficiale BERETTA. La gara è dettata dall’esigenza di

rafforzare la cultura delle tecniche operative da parte degli appartenenti alla Polizia Locale, come avviene da molti anni nelle forze di Polizia dello Stato, ecco l’idea del nome “URBAN POLICE CUP”. Oramai un appuntamento annuale, dove i vari comandi d’Italia potranno verificare il grado di preparazione degli operatori, vincendo un trofeo che resterà

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definitivamente al Comando che lo avrà vinto per quattro volte, anche non consecutive. Il comando che lo abbia in custodia temporanea lo dovrà comunque consegnare alla direzione di gara il giorno della premiazione, anche se non parteciperà direttamente alla stessa competizione. Nella prima edizione, il trofeo a squadre pistola, è stato vinto dal Comando di Polizia Municipale di Bari, che lo scorso anno lo ha ceduto alla squadra del Comando di Pordenone, mentre per l’individuale pistola il primo posto è andato ad un Agente appartenente al Comando di Valtrebbia. Per la sessione fucile Cal. 12, riservata ai comandi della Polizia Provinciale, la prima squadra

DEFENCE SHOOTING ACADE

classificata è stata il Comando di Padova, così come l’individuale. La gara consiste in varie prove di tiro operativo di Polizia in un campo di tiro all’aperto. Le prove sono di vario genere e consistono nel tiro di difesa sfruttando ripari alti, medi e bassi, cambi caricatore di emergenza e “tattici” tiri in ginocchio e distesi al suolo. Le categorie sono quattro: Individuale pistola, Individuale fucile, squadra pistola e squadra fucile. Vista la grande adesione da parte dei Comandi di tutta Italia, quest’anno, la gara si svolgerà con una modalità tutta nuova, ci saranno infatti tre prove: una per il nord, una per il centro ed una per il sud Italia. Le prime tre squadre

classificate ed i primi dieci tiratori, per ogni specialità, si scontreranno nella finale. Le tre tappe per le fasi eliminatorie si svolgeranno nel mese di Maggio 2012 e saranno: • per il sud Italia Bari • per il centro Italia Cerveteri • per il nord Italia Padova Le finali si svolgeranno a Cerveteri. Per informazioni ed iscrizioni: www.urbanpolicecup.it BDSA: tel. 041.432946 - Fax 041.5704897 info@urbanpolicecup.it TNM ••• 107


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L’apertura della volata è volutamente sovradimensionata, al fine di poter abbinare all’arma, negli Stati dove è permesso dalla legislazione vigente, un soppressore di suono.

Di FABIO ROSSI - Foto di Michele FARINETTI

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L’Hera Arms è un’azienda tedesca in cui viene dato il massimo impulso allo sviluppo ed alla ricerca, utilizzando solo i migliori materiali e processi di produzione al’avanguardia.


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Ed ecco il terzo esoscheletro adatto a convertire una pistola semiauto in un PDW (Personal Defense Weapon). Abbiamo mantenuto la promessa fatta ai lettori nell’articolo pubblicato nel numero 11 di TNM, relativo al report della nostra visita al Milipol 2011, nel corso del quale, il prodotto ci era stato illustrato dai rappresentanti della Hera Arms. TRIARII.. nome latino che indicava i soldati veterani della fanteria dell’esercito della Roma Repubblicana; essi formavano la terza ed ultima linea nella formazione da battaglia ed il loro compito era quello di entrare in azione qualora fossero collassate le prime due linee dello schieramento. Anche in questo caso, come già riportato per il CAA RONI ed il FAB DEFENSE KPOS, rispettivamente recensiti nei numeri 5 e 8, ci troviamo di fronte ad un accessorio tattico studiato e realizzato per racchiudere al suo interno, con semplici e veloci operazioni manuali, i modelli delle più comuni armi corte. Riprendo un termine coniato “ad hoc” quando definii questi prodotti “portapacchi tattici”, per la possibilità di poterli attrezzare con la miriade di dispositivi di puntamento ed illuminazione che attualmente offre il mercato del military/law enforcement.

L’AZIENDA L’HERA ARMS è un’azienda tedesca, fondata nel 2006, che progetta, realizza e testa interamente tutti i suoi prodotti in Germania. Ci troviamo di fronte ad una seria azienda europea all’interno della quale si valorizzano al massimo sviluppo e ricerca, utilizzando solo i migliori materiali e processi di produzione all’avanguardia. I prodotti commercializzati all’interno del loro catalogo contengono molteplici accessori e kit completi di conversione per armi, come il TRIARII ed il GCC, tutta una serie di accessori per AR15 e cloni come lower ed upper receiver, rail system, gas block e compensatori lineari. Curiosa la presenza di un calciolo collassabile, destinato ad essere assemblato al Franchi SPAS 15. I loro articoli equipaggiano molte unità, sia militari che di polizia ed i report forniti vengono utilizzati per migliorare o progettare nuovi prodotti. STRUTTURA Il struttura del TRIARII viene interamente realizzata attraverso un processo di “CNC Milling”, processo di fresatura a controllo numerico computerizzato, utilizzando blocchi di alluminio high grade o primario, un prodotto di alta qualità, contenente un minimo del 99,70% di alluminio. TNM ••• 111


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Com’è possibile notare nelle foto utilizzate per descrivere le procedure d’assemblaggio, il nostro esoscheletro si sviluppa attorno ad un lungo rail-Picatinny - MilStd 1913. Nella sua parte retrostante trova posto una parte fissa, il cui compito è di alloggiare la parte posteriore del carrello della pistola e di permettere il fissaggio, tramite una filettatura, di calcioli collassabili con standard AR15. La parte anteriore, invece, di dimensioni più generose, può scorrere in senso longitudinale per mezzo di un binario ed è destinata ad accogliere la parte frontale dell’arma. Nell’astina scorrevole sono presenti altri tre rail-Picatinny a cui possono essere applicati, come già detto, numerosi accessori tattici. La stessa viene sbloccata operando sulla ghiera, posizionata sulla parte superiore, in prossimità del foro della volata. Sul lato destro è inoltre presente una finestra che permette lo scorrimento del tiretto d’armamento. Il peso del TRIARII è di circa 1,3 kg senza calciolo ed accessori. E’ attualmente disponibile per pistole SIG 2022 e SIG 226, Glock 17 / 22 / 31 (Gen.3 / Gen.4), Glock 19 / 23 / 32 (Gen.3), Glock 34 / 35 (Gen.3) Glock 20 / 21 (Gen.3), CZ SP01. Sono di prossima commercializzazione le versioni per Springfield XD, HK P30 e Walther P99. Le colorazione di base sono il black, il tan ed il green. SEQUENZA DI ASSEMBLAGGIO La procedura che abbiamo attuato e che è risultata, a nostro avviso, la più istintiva è la seguente: tenere il TRIARII imbracciato con la mano forte ed agire, con l’altra mano, sulla ghiera superiore ruotandola e posizionandola sulla scritta OPEN. Quest’ultima scatterà verso l’alto, liberando la sottostante astina che, utilizzando la stessa mano, potrà quindi scorrere in avanti. Con la mano forte posizionare la pistola al suo interno avendo cura di far combaciare il rail posizionato sotto il suo fusto con l’alloggiamento predisposto sull’astina stessa. Spingere l’arma in avanti, facendola scorrere, sino a completo bloccaggio. A questo punto, con entrambe le mani, arretrare solidale tutto l’insieme, collocando la parte posteriore del carrello della pistola all’interno del guscio fisso retrostante. Ultima procedura, chiudere la ghiera superiore e ruotarla posizionandola sulla scritta LOCK. Per armare l’arma arretrare il tiretto d’armamento che agisce, attraverso una piccola staffa, sulla piccola porzione frontale del carrello, di fianco al vivo di volata della canna. Nella parte inferiore dell’astina scorrevole sono presenti due piccole viti passanti, deputate ad effettuare la perfetta regolazione dell’alloggiamento in cui scorre il rail della pistola. Procedere a ritroso per effettuare il disassemblamento. REPORT DELLE PROVE E CONCLUSIONI Per la nostra recensione abbiamo assemblato il TRIARII ad una Glock 17 3^ generazione, in modo da poter ricalcare le medesime prove utilizzate per gli altri suoi due “colleghi”. Dall’analisi esterna il prodotto ha confermato le sue ottime qualità di produzione e non sono state notate sbavature o residui di lavorazione. L’assemblaggio delle parti fisse è TNM ••• 112

Arc’teryx Sphinx Halfshell. Confezionata con materiali altamente tecnici che le garantiscono la massima traspirabilità, proteggendo, nel contempo, l’utilizzatore in presenza di condizioni climatiche con umidità estrema. La totale assenza di materiale Spandex nelle parti elasticizzate ne aumenta la resistenza alle abrasioni ed all’utilizzo combinato, protratto nel tempo, con vest tattici. Il sistema Roll e Stow abbinato alle maniche permette di poterle comprimere ed arrotolare senza dover rimuovere l’indumento o il corpetto tattico eventualmente indossato. Può essere utilizzata singolarmente o in abbinamento agli altri capi della linea Arc’teryx LEAF.


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precisa e quelle mobili sono caratterizzate da movimenti fluidi. Nelle fasi d’assemblaggio, dopo aver raggiunto la precisa taratura dell’alloggiamento per il rail dell’arma, al fine di consentirne un veloce posizionamento, siamo riusciti a chiudere l’intera operazione con tempi medi non superiori ai 7-8 secondi, partendo con l’arma corta in fondina. Anche in questo caso, la pistola, viene inserita e bloccata all’interno senza apportare alcun tipo di modifica, alterazione della meccanica o della struttura esterna, come è possibile notare nelle sequenze fotografiche. Non sono in alcun modo necessari attrezzi da armaiolo o particolari nozioni tecniche. Di conseguenza, non vengono assolutamente modificate la lunghezza della canna dell’arma e neppure variate o incrementate le caratteristiche di potenzialità o porto della stessa. Le nostre prove di tiro sono state eseguite presso le strutture del Tiro a Segno Nazionale di Saluzzo (CN), alternando l’impiego sia di un set di congegni di mira tradizionali flip-up MBUS della Magpul, che di un sistema di puntamento olografico EOTech 512 A65/1. Dopo aver “sprecato” alcuni colpi, indirizzati alla loro taratura ed alla confidenza con il prodotto, abbiamo iniziato ad ingaggiare alcune sagome posizionate a distanze variabili tra i 10 ed i 25 mt. Per la prova sono stati utilizzati 200 colpi Northwest 9x21 IMI RN FMJ con palla da 115 gr. che ci hanno permesso di poterne apprezzare la stabilità, anche in esecuzione di doppiaggi veloci, con altrettanto rapidi passaggi da un target all’altro, su differenti distanze. Nessun problema nelle fasi di espulsione dei bossoli, inconveniente sicuramente scongiurato dal fatto che la parte del carrello dell’arma deputata a questa operazione è lasciata completamente libera. La procedura di armamento è risultata fluida e decisa, anche se, essendo l’appiglio collocato sul lato sinistro, risulta scomoda per l’operatore mancino; con un minimo di addestramento l’operazione si velocizza notevolmente. Qualche piccola difficoltà, dovuta alle generose dimensioni del sistema completamente assemblato, è stata riscontrata durante

La TRIARII viene interamente realizzata attraverso un processo di “CNC Milling” o “Computer numerical control”, processo di fresatura a controllo numerico computerizzato


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TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TES In basso: rosata 10 colpi distanza 20 mt. in posizione eretta con mire tradizionali flip-up MBUS della Magpul. In alto: rosate 5 colpi distanza 20 mt. in posizione eratta con puntamento olografico EOTech 512 A65/1.

le prove di movimentazione in salita e discesa da un mezzo, in questo caso un SUV BMW X3, impedimento mitigato collassando al minimo la lunghezza del calciolo e dall’ottima scelta di utilizzare un’impugnatura anteriore angolare low-profile della Magpul. Per limitare ulteriormente le dimensioni è possibile assemblare un calciolo della serie AR15 con possibilità di ribaltamento laterale. Il report di tutte queste prove mi porta a rafforzare la mia personale convinzione che i prodotti di questa categoria, caratterizzati da un’alta qualità delle lavorazioni e dei materiali, realizzati da aziende leader del settore a livello mondiale, sono di indubbia utilità e praticità, il cui range d’impiego può trovare applicazione sia all’interno delle realtà professionali delle Forze di Polizia ed Agenzie di Sicurezza che, al mero, ma non trascurabile, utilizzo ludico dell’appassionato tiratore. EOTech 512 A65/1: Il modello 512 è sicuramente uno dei puntatori olografici più diffusi in commercio. E’ un’ottica tattica perfetta per tutte quelle agenzie o privati che esigono il meglio in termini di velocità di acquisizione del bersaglio e versatilità nelle situazioni tattiche di CQB, senza la necessità di avere un prodotto compatibile con sistemi di visione notturna.

Si ringrazia: Mr. Clinton Baker Rappresentante della Hera Arms per la fornitura del TRIARII. www.hera-arms.com Tactical Equipment Per l’utilizzo degli equipaggiamenti e dell’abbigliamento Arc’teryx di cui è importatore esclusivo. Via Nizza 167/169r - Savona - www.tacticalequipment.it Tiro a Segno Nazionale nella persona del Presidente Pierfelice CUNIBERTI, per l’utilizzo delle strutture e a Christian RAMBALDI Agente della Polizia Locale e Istruttore di Tiro per il supporto tecnico e logistico. Via Volontari del Soccorso snc Saluzzo (CN)

UTILIZZA IL TUO SMARTPHONE PER VISIONARE IL VIDEO

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Caratteristiche tecniche: Ottica: a trasmissione olografica - esente da parallasse Alimentazione: batterie AA (supporta Lithium e Alkaline) Vita operativa batterie: 1,000 ore continue (lithium); 600 continue con alkaline Interfaccia: rail Picatinny (MIL-STD-1913) o rail Weaver Dimensioni: lungh/largh/alt: 5.4”x 1.8”x 2.25” (137x49x60 mm) Peso: 10.9 oz (309 grams) Temperatura operativa: -40 a 150 F (con AA lithiums); -20 a 140 F (con altri tipi di batterie) Waterproof: immersione sino a 10 ft depth (circa 3 mt.) Colore: finitura esterna nero opaco non riflettente Reticolo: 65 MOA - cerchio di puntamento 1 MOA Ingrandimenti: 1x Aggiustamenti (per click): 0.5 MOA (1/2” a 100 yds.)


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STORIE di “tutti i giorni” STORIE di “tutti i giorni” STORI

Di Carlo Biffani - carlobiffani@gmail.com

Naufragi

La semina ed il raccolto: la straordinarietà della normalità.

In questi giorni, successivamente alla vicenda della nave semi-affondata di fronte all’Isola del Giglio e della conseguente tragedia, si fa un gran parlare di Valori ed azioni che dovrebbero trovare il loro spazio nella costruzione quotidiana delle nostre giornate e che invece restano relegati a situazioni e comportamenti che richiamano purtroppo ad una caratteristica di straordinarietà. Così ho pensato che forse poteva valere la pena provare a fare solo un poco di ordine rispetto alle levate di scudi ed agli osanna che si rincorrono a ritmi forsennati in queste ore, nelle quali consumiamo quest’ennesimo fenomeno mediatico trasformandoci tutti così, più o meno consapevolmente, in giudici e maestri dell’etica. Mi sorprende sempre accorgermi del fatto che, la maggioranza delle persone, giudichi come eroici i comportamenti di chi, sarebbe lecito aspettarsi, dovrebbe avere l’obbligo almeno morale di comportarsi in un solo modo, ovvero quello giusto, quando

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giusto significa unicamente non anteporre i propri interessi a quelli del prossimo, specie se quel prossimo, ci è stato affidato. Va da se che in un mondo perfetto nessuno si sorprenderebbe del Comandante che richiama in maniera veemente alle proprie responsabilità il capitano di una nave (in questo caso la parola è volutamente scritta in minuscolo) per il suo comportamento inadeguato e parrebbe anche un tantino codardo. Ma non ci troviamo di certo nel mondo appena ipotizzato, come neppure in quello, tanto vituperato, nel quale io, ormai uomo di mezz’età, sono cresciuto. Ci troviamo invece in un mondo di mezzo, nel quale le responsabilità, il senso del dovere, il senso d’appartenenza, le tradizioni, la rispettabilità dell’unico bene che ci porteremo dietro sino all’ultimo dei nostri giorni ovvero la nostra faccia, l’attaccamento al proprio lavoro, sono ormai considerati alla stregua di dis-valori, dai quali, quando possibile ed appena conviene, è consentito prendere le distanze. Di mio, continuo a pensare che come diceva il C.te Ernesto Botto, mitica figura della Aeronautica Militare Italiana della Seconda Guerra Mondiale e lasciatemelo


STORIE di “tutti i giorni” STORIE di “tutti i giorni” STORIE di

ricordare, comandante dello Stormo nel quale combatté mio padre, per sapere sempre cosa fare “basterebbe prendersi la responsabilità di essere comandanti di noi stessi.” In pratica, credo volesse dire che sarebbe sufficiente imporsi il rispetto delle regole ed accettare il proprio ruolo, anzi volendo estremizzare, essere il proprio ruolo. Difficile al giorno d’oggi richiamarsi a simili principi e riconoscersi in un modus vivendi che ci obblighi ad avere la sincerità di non mentire almeno a noi stessi. La mia condanna è quella di funzionare al meglio solo nelle emergenze, nel caos generale. Sono certo che si tratti di una patologia ed è sempre come se nella cosiddetta routine, mi sentissi fuori fase e disarmonico rispetto alla mia vera indole, mentre nella crisi trovo sempre la mia più limpida ragion d’essere. Vi prego di considerare che non sto raccontandovi una mia particolare dote, anzi sono convinto del fatto che non vi sia alcun vantaggio nel riconoscere in se stessi le qualità e le caratteristiche di un estintore, da brandire solo in casi d’emergenza dopo aver rotto il vetro. Penso però al fatto che ci debba essere una giusta via di mezzo fra la mia condizione, quasi psicotica e nel caso specifico, l’inettitudine di chi si sfila dalla responsabilità di assumere il comando e di esercitarlo in un momento drammatico. Desidererei poi che si riflettesse tutti sulla considerazione

fattami subito dopo la tragedia dall’Amico Mario Arpino, con il quale conversavo al telefono sui fatti in questione, ovvero sull’impossibile coesistenza di due concetti quali lowcost e sicurezza. L’Amico in questione mi diceva: “Carlo, scusa, ma se su una nave del genere, in cui convivono più persone di quante ve ne siano su una portaerei, (passeggeri che contrariamente a quanto accade in una nave militare non hanno ricevuto alcun addestramento) la sicurezza e lo svolgimento di procedure d’emergenza è affidato a personale che percepisce stipendi ridicoli e che non ha probabilmente a sua volta ricevuto una formazione adeguata in termini specifici, come ci si può sorprendere di quanto è accaduto?” Aggiungerei che il miracolo di poter offrire a tutti lo stesso standard di trattamento, lo stesso miraggio di benessere, la stessa opportunità di sopravvivenza in caso di pericolo si è rivelato essere, drammaticamente, la menzogna che è sempre stata. Quando di parla di sicurezza, un solo principio vale a mio parere ed è quello che non possono essere né il risparmio né politica dei tagli a dettare i tempi delle risposte da dare a chi, per essere portato in salvo, ha bisogno di tutta l’abnegazione, di tutto il senso di responsabilità, di tutta la professionalità e di tutto l’addestramento disponibili. E questi sono argomenti sui quali non si può mercanteggiare.


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BERETTA ARX 160 Di LORENZO PRODAN

ARX 160 versione A1 Sin dall’inizio del nuovo millennio si è posta l’esigenza di dotare l’Esercito Italiano di un sistema d’arma individuale e al passo con i tempi, questa esigenza, divenuta nel breve tempo una necessita è stata in parte dovuta alle problematiche imputabili alla famiglia di fucili AR 70/90, progettualmente ritenuto ormai superato. Inoltre le moderne tecniche di combattimento con il fucile d’assalto, male si adattavano alla vecchia famiglia AR 70/90, troppo pesante e lunga per impiegare le nuove tecniche con successo. Va poi considerato il fatto che l’arma può essere utilizzata dall’interno di mezzi blindati che dispongono di poco volume al loro interno per potersi muovere velocemente e poter brandeggiare l’arma verso l’esterno del mezzo, anche in questo caso il vecchio AR 70/90 sebbene in versione SC, non era sufficientemente idoneo. Beretta Defense Technologies, quindi, sulla base di queste esigenze iniziò la progettazione di un nuovo fucile d’ assalto da poter assegnare alle Forze Armate Italiane, dando il via al progetto ARX 160. Il Nuovo fucile, è stato sviluppato come elemento del sistema “Soldato Futuro” da Beretta con 70.000 ore di progettazione, oltre 500.000 colpi sparati nei test di controllo e un investimento di 4 milioni di euro, la metà messi a disposizione dalla Difesa. Il nuovo fucile destinato a sostituire gli AR 70/90 delle forze italiane è stato sviluppato all’interno del progetto Soldato Futuro, sviluppato da un RTI (Raggruppamento Temporaneo d’Imprese) di cui è mandataria la società Selex TNM ••• 120


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SCHEDA TECNICA Utilizzatori Italia (sperimentazione), Albania (forze speciali), Messico (forze di polizia paramilitari) Conflitti Afghanistan (fase di test), Messico (operazioni anti cartelli della droga) Peso

3,1 kg (vuoto con canna da 406 mm) 3,0 kg (evuoto con canna da 302 mm)

Lunghezza 755 mm (calcio esteso con canna da 302 mm) 680 mm (calcio collassato con canna da 302 mm) 580 mm(calcio chiuso con canna da 302 mm) 920 mm (calcio esteso con canna da 406 mm) 820 mm (calcio collassato con canna da 406 mm) 755 mm (calcio chiuso con canna da 406 mm) Calibro 5,56 mm, adattabile a: 7,62 mm, 6,8 mm, in fase di studio 5,45 mm Tipo di munizioni 5,56 × 45 mm NATO, 7,62 × 39 mm, 6,8 mm Remington SPC, in fase di studio i calibri: 5,45 × 39 mm e 7,62 × 51 mm NATO Azionamento

pistone a corsa corta

Cadenza di tiro 700 colpi/min (teorica) Velocità alla volata

920 m/s

Tiro utile

utile 200-350m

Alimentazione Caricatore STANAG da 30 colpi, tamburo C-Mag da 100 colpi Organi di mira

ribaltabili e slitta standard NATO per ottiche

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Communications del Gruppo Finmeccanica. Tra le caratteristiche di quest’arma un peso di appena 3 chili (senza il caricatore da 30 colpi) grazie all’impiego di polimeri ad alta resistenza meccanica e acciai speciali, smontabile in soli 3 componenti (sono 8 nell’AR 70/90) e senza l’ausilio di chiavi. L’ARX-160 è il primo fucile a non aver bisogno di lubrificante e ad avere l’espulsione dei bossoli regolabile a destra o sinistra per rispondere alle esigenze dei fucilieri mancini. Durante la progettazione gli ingegneri della beretta si impegnarono particolarmente per garantire un ergonomia unica e funzionale, poiche si è finalmente capito, che è l’arma che si deve adattare al soldato e non viceversa. Tuttavia la prima versione presentava alcuni difetti iniziali dovuti alla scarsa interazione con l’end user, cioè il soldato. Durante la progettazione vennero studiate principalmente le funzionalità tecniche del sistema d’arma, ma non quelle operative, creando quindi un sistema funzionale ma non del tutto efficace dal punto di vista operativo. Venne dunque consultato il 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin”, con il quale iniziò un rapporto di consulenza della durata di circa 8 mesi, nei quali vennero eseguiti dagli operatori del Reggimento dei test a 360° su tutto il sistema. Importanti ed apprezzabili innovazioni del nuovo ARX160 consistono nella facilità di inserimento ed estrazione del caricatore, nella scomparsa della raffica di tre colpi (sono disponibili due modalità: colpo singolo e raffica libera), nei pulsanti di sgancio del TNM ••• 124

caricatore duplicati. Il calciolo telescopico può essere completamente ribaltato sulla destra dell’arma e la sua lunghezza può variare: esercitando una pressione sulla parte inferiore del calciolo, è possibile raggiungere la sua massima estensione. Il calcio è ribaltabile sul lato destro ed estensibile. L’operazione di chiusura è agevole, grazie a un tasto semicircolare presente sul lato sinistro. Il blocco in chiusura è realizzato tramite una apposito fermo ricavato integralmente nel fusto. La stampella offre alla spalla, inoltre, una zigrinatura antiscivolo: le regolazioni possibili consentono una adeguata adattabilità antropometrica e una corretta imbracciata anche in presenza di giubbotti antibalistici. L’arma appare composta da soli tre sottogruppi: calcio, castello inferiore comprendente impugnatura e bocchettone di alimentazione, castello superiore con astina integrale. Quest’ ultima soluzione, abbinata alla lunga slitta Picatinny superiore (realizzata in alluminio), sembra offrire ottima rigidità alla piattaforma. Sei punti di aggancio per la cinghia: due per parte sul fusto, uno alla base del calciolo e uno girevole, alla base della presa gas. Gli ingombri longitudinali riferiti alla versione con canna da 16 pollici sono di 1.000 millimetri con calcio aperto nella massima estensione, 950 millimetri con calcio aperto ma non esteso, 750 millimetri con calcio piegato. Il peso, sempre per la versione con canna da 16 pollici, è di 3.000 grammi scarico: la cura dimagrante rispetto all’ AR 70/90 (4.050 grammi), pare abbia funzionato. Era in ogni caso una scelta obbligata, visto che le componenti aggiuntive (Icws, modulo laser, pannello di comando) portano comunque a un peso complessivo superiore ai 4.500 grammi. Senza contare l’eventuale presenza del lanciagranate GLX 160 più la centrale di tiro dedicata. L’ergonomia migliorata prevede ora , i comandi ambidestri di selettore e sgancio caricatore. I rail, possono all’occorrenza montare ancora torce tattiche o impugnature anteriori. Nel complesso l’arma appare compatta e bilanciata, la dotazione comprende anche le mire metalliche di back-up (tacca di mira a 5 posizioni sino alla distanza massima di 800 metri e mirino regolabile in alzo e derivazione per l’azzeramento). La corta astina incorpora 30 intagli di ventilazione su ogni lato e presenta anteriormente due boccole: una per il centraggio della canna e una superiore a essa, in corrispondenza al sistema di sottrazione dei gas, con una maglietta rotante per la cinghia. A parte le innovazioni generali, una spicca maggiormente; l’Arx 160 adotta un sistema per la sostituzione della canna, molto rapido. Due levette poste su ciascun lato del fusto, appena sotto la camera di scoppio che, se premute contemporaneamente, svincolano immediatamente la canna. Questa soluzione è davvero singolare, un passo avanti rispetto ai serraggi tramite viti attualmente impiegati da altri fucili d’assalto (H&K 416-417, Fn Scar, ecc.). La versione A2 per Forze Speciali


TARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI A

Dopo lo sviluppo della versione A1 per forze convenzionali, Beretta propone al 9° Reggimento “Col Moschin” lo sviluppo di una versione dedicata esclusivamente alle Forze Speciali. Il colore di base dell’arma divenne il “Coyote Tan” invece del nero. Per gli impieghi specifici delle Forze Speciali si optò per una Picatinny rail che coprisse tutto il castello dell’arma e avvitata lateralmente in modo che i perni no rubassero spazio alle parti meccaniche. Le mire metalliche di back up sono della Troy inc. e non quelle standard, il tiretto d’armamento è stato maggiorato per l’impiego con guanti da combattimento, il calciolo è in gomma per non sfregare contro l’equipaggiamento causandone l’usura e per consentire un miglior grip sulla spalla dell’operatore .Il selettore di tiro prevede un’orientamento lungo il castello di circa 45° per consentirne l’utilizzo con la mano che spara senza togliere il dito dal grilletto, anche la leva di sgancio del caricatore è stata maggiorata per consentirne l’uso con i guanti. Caratteristica molto importante, il peso dello scatto è stato alleggerito per poter eseguire tiri celeri mirati ( tipo “double taps”) , l’impugnatura è regolabile ergonomicamente e le canne sono disponibili in calibro 5,56 mm NATO con lunghezze da 12 e 16 pollici con la possibilità di montare un soppressore tipo QD della Knight’s Armament. A differenza della versione A1, l’anello di bloccaggio per il cambio canna è in materiale ceramico e non metallico per una miglior dissipazione del calore, la corsa del pistone di recupero gas è stata accorciata per consentire il tiro in presenza di acqua all’interno dell’arma e limita allo stesso tempo anche la formazione di residui, l’estrattore presenta una molla rinforzata. Un’ulteriore differenza è il rompifiamma anteriore, progettato in modo tale che non faccia rilevare la posizione del tiratore sollevando polvere dato la presenza di sfiati solo su 210° lasciando la parte inferiore priva di fori; la soluzione è molto elaborata ma robusta e permette tiri a raffica senza che l’arma si impenni eccessivamente. Tutte queste modifiche hanno portato ad un leggero aumento di peso, che ora arriva a 3,3 kg. Nel prossimo futuro si stanno valutando lunghezza di canna diverse, come una versione lunga per arma “sharpshooter” e multicalibro; dai 7,62x39 e 5,45x39 russi , al 6,8 SPC e il 7,62 Nato. Lanciagranate GLX 160 Inizialmente presentava problemi soprattutto con la chiusura e l’aggancio al fucile; in seguito alla consulenza del 9° Reggimento “Col Moschin” è stato modificato e perfezionato, mutuando le caratteristiche ambidestre del fucile su cui viene montato. Spara le granate da 40 x 46 mm comunemente impiegate nell’M203 statunitense. A differenza di quest’ultimo, ha meno parti metalliche che comportano ulteriori vantaggi nell’impiego e nella durata del sistema.

fucile Il Nuovo a, è stato tt re e to della B e elemen m o c to sviluppa ma “Soldato del siste a con da Berett e, Futuro” tt e g azion re di pro ti ra a p s 70.000 o i .000 colp oltre 500 i test ne

Sistema ICWS Il modulo Individual Combat Weapon System (ICWS) è un’unità multifunzione che permette al sistema d’arma funzioni di osservazione e puntamento notturno e diurno. L’unità ICWS è composta funzionalmente dalle seguenti parti: • Camera IR; • Camera TV; • Gruppo oculare; • Puntatore Laser Visibile; • Puntatore Laser Near Infrared; • Red Dot GLFCS Sistema di Controllo del Fuoco E’ un sistema optronico per calcolare la gittata della granata in base all’alzo dell’arma. L’unità è progettata per ridurre il tempo di reazione e semplificare la procedura di ingaggio di bersagli statici ed in movimento: l’unità è alimentata a batterie ed acquisisce i dati del “target” mediante telemetro laser e sensori inerziali, calcolando, in tempo reale, tutti gli angoli di assetto del lanciagranate. Il GLFCS permette di intervenire su bersagli anche in movimento lento e, operando in sinergia con il dispositivo di puntamento ICWS, consente l’impiego del lanciagranate in qualsiasi situazione operativa diurna e notturna. Il “9°” l’ha rifiutato nella versione A2 a causa dell’eccessiva macchinosità nell’impiego e per l’ingombro. TNM ••• 125


Per i lettori di TACTICAL NEWS Magazine

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Apocalypse offre una prospettiva nuova e impressionante dell’ultimo conflitto mondiale: non solo i giochi politici e le strategie, ma anche le storie di uomini e donne schiacciati dalla follia distruttrice e le toccanti testimonianze di anonimi soldati, con le loro vicende, personali e al tempo stesso universali. Sei ore di filmati d’epoca in larga parte inediti, restaurati e valorizzati grazie ad un’innovativa tecnica di colorazione narrano il senso di grande incertezza dell’uomo e lo sprofondare del mondo verso l’autodistruzione. Ogni disco contiene un libretto di 16 pagine.

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Modagiscio, Somalia, 3 ottobre 1993. I ranger e le Forze Speciali americane assaltano il rifugio del clan di Mohammed Farah Aidid. Il raid deve durare pochi minuti ma due elicotteri Black Hawk, precipitano sotto i colpi dei somali. È una svolta drammatica. La missione è ora salvare gli uomini dalla trappola infernale. Questo DVD è il resoconto, minuto per minuto, della più sanguinosa battaglia degli americani dopo il Vietnam. Contiene un libretto di 16 pagine. DVD - Codice: D&B 7286 - Durata: 90 minuti

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girato in un avamposto dell’Afghanistan considerato tra i più pericolosi al mondo. Il plotone è composto da 15 soldati americani, asserragliati su uno spuntone di roccia, sui monti al confine con il Pakistan. La valle è quella del Korengal, base di talebani ribelli al governo centrale e crocevia degli uomini di Al Qaeda, corrieri del terrorismo e della morte. Le immagini ci scaraventano, full immersion, nell’inferno di una guerra fatta di agguati, sparatorie improvvise, ansie e attese logoranti. Orrore, disperazione, ma anche coraggio e dignità, rivivono nelle scene forti e nelle confessioni dei superstiti. Un documento eccezionale, premio Grand Jury al Sundance Film Festival 2010 e Nomination per gli Oscar® 2011. Tim Hetherington è caduto a Misurata, il 20 aprile 2011, mentre filmava gli scontri della guerra civile libica: Restrepo è il testamento della sua arte. Candidato al Premio Oscar® - Miglior documentario Sundance Film Festival - Gran Premio della Giuria Edizione DVD Codice: D&B 7213 Prezzo speciale € anziché € 14,90

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Diario di Fabio Caressa - Serie completa

Fabio Caressa ha vissuto 15 giorni con i militari italiani di stanza nelle province afghane. Questo doppio DVD racconta quella parte della nostra missione di cui si parla poco: un diario corale, documentario nella sostanza e drammatico nella forma, che restituisce al pubblico volti, storie, esperienze di uomini e donne italiani lontani da casa. Contiene il libretto di 16 pagine “Un tricolore su Herat”. 2 DVD - Codice: D&B 6918 - Durata: 176 minuti

INSIDE IRAQ

Armato solo di videocamera e di pass-stampa “fatto in casa”, Mike Shiley, pluripremiato documentarista e giornalista, si è avventurato nel cuore dell’Iraq in guerra. La sua missione è stata quella di dar voce a una realtà che nessuno ha mai documentato e raccontato. Ha trovato un Paese avvitato in una spirale negativa. Ha incontrato i giovani soldati americani in difficoltà, spaesati e con un unico desiderio: tornare a casa. DVD - Codice: CDV 7290 - Durata: 42 minuti

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, Tutta la verita


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Di T.Colonnello GdF Mario Leone PICCINNI e Maresciallo Capo GdF Marco BARBANI

L’illecita esportazione dei capitali all’estero: i canali utilizzati dagli spalloni del nuovo millennio e gli strumenti di contrasto impiegati dalla Guardia di Finanza. TNM ••• 128


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Sopra: Valuta sequestrata ad un cash couriers dai finanzieri Sinistra: Dog cash in azione

Causa la precaria situazione finanziaria che attanaglia il nostro Paese e la conseguente crescente pressione fiscale adottata per sanare tale situazione, si fa sempre più imponente la fuga dei capitali all’estero; un fenomeno illegale che nel solo 2011 ha toccato l’impressionante cifra di oltre 11 miliardi di euro. Il ritorno degli “spalloni” e l’adozione di tecniche sempre più articolate ed evolute da parte dei cash couriers. Secondo dati ufficiali della Guardia di Finanza, lo scorso anno sono stati portati all’estero e sottratti al Fisco oltre 11 miliardi di euro, una cifra che comunque rappresenta un quarto dell’intera base imponibile evasa individuata dai controlli (46 miliardi); in buona sostanza, sarebbero tuttora occultati all’estero capitali che ammontano a percentuali tra il 7,9% ed il 12,4% del PIL nazionale. Secondo stime

recentissime, sarebbero 150 i miliardi di euro appartenenti a nostri connazionali ed ad imprese italiane illecitamente esportati oltre confine ed ancora nascosti in territorio straniero. Ma altri dati fanno ammontare i capitali illecitamente espatriati ad oltre 400 miliardi di euro, di cui 126 miliardi sarebbero depositati in Svizzera;1 il resto dei capitali sarebbe disseminato tra paradisi fiscali, Montecarlo, Liechtenstein, Austria, ecc. Quello dell’illecita esportazione dei capitali in paradisi fiscali o stati con imposizione fiscale assente o comunque favorevole, è un fenomeno che negli ultimi tempi ha fatto registrare un preoccupante trend in ascesa, con picchi tra settembre e novembre 2011, periodo in cui i sequestri di valuta alle frontiere da parte delle Fiamme Gialle (Ponte Chiasso e gli aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino principalmente), sono sensibilmente aumentati raggiungendo, nel complesso, quota 27 milioni e 300 mila euro; in particolare, con riferimento a tale periodo, la Guardia di Finanza ha sequestrato valuta che si tentava di esportate all’estero per 2 milioni e 600 mila euro al confine svizzero e 4 milioni di euro all’aeroporto lombardo di Malpensa (il dato fa riferimento a valuta in tentata esportazione intercettata e non sequestrata). Le mete preferite dagli spalloni2 del nuovo millennio sono riconducibili, per i quattro quinti, in tre aree principali facilmente identificabili: i comuni a ridosso del confine italo-svizzero, la provincia di Forlì (porta d’accesso alla Repubblica di San Marino) ed il tri-Veneto. Colui che esporta denaro contante al di fuori dei confini nazionali ed in violazione delle norme vigenti, utilizza quasi sempre biglietti da 500 euro, quelle stesse banconote di grosso taglio praticamente assenti dalle transazioni quotidiane.3 Unitamente al denaro, le esportazioni verso la Confederazione elvetica riguardano anche materiali preziosi come i lingotti d’oro, un vero bene rifugio oggi TNM ••• 129


law area law area law area law area law area law are Un cane antivaluta alla ricerca di denaro occultato all’interno di borse

ampiamente ricercato ed oggetto d’investimenti da parte di soggetti fisici e giuridici spaventati dalla svalutazione delle principali valute mondiali. A tale incremento corrisponde un fatto davvero singolare, con tantissime banche svizzere che oramai non più in grado di soddisfare le richieste di clienti italiani, hanno cominciato ad affittare cassette di sicurezza principalmente da grandi alberghi. Gli spalloni degli anni duemila sono estremamente capaci e fantasiosi nell’escogitare nuovi e spesso sempre più fantasiosi sistemi per il trasferimento di denaro dall’Italia all’estero; i più abili ricorrono a società estero-vestite o al trasfert pricing, mentre sempre più massiccio è il ricorso a classici cash couriers (corrieri del denaro), i quali, imbottiti di banconote da 500 euro occultate nei modi più disparati, attraversano il confine per raggiungere banche svizzere, lussemburghesi, monegasche e sanmarinesi principalmente. Le stime dicono che circa il 26% dei capitali vengono illecitamente trasferiti all’estero e quindi sottratti a tassazione in Italia, utilizzando il trucco delle società con sede legale all’estero ed attività produttive stabili, ma occulte in Italia. Alla cosiddetta estero-vestizione di società e persone fisiche, è invece da ricondurre ben il 18% dei capitali esportati; il sistema fa riferimento alla tecnica criminale di fissare fraudolentemente oltre confine la residenza fiscale di soggetti che invece le tasse dovrebbero pagarle in Italia. Il 17% dei capitali è stato esportato all’estero attraverso il cosiddetto transfer pricing, gioco di vasi comunicanti che consente di concentrare gli utili soggetti a tassazione su società consorziate che usufruiscono di un regime fiscale estero favorevole; in buona sostanza, società italiane cedono parte del proprio reddito a società straniere che godono di un regime fiscale agevolato. Il 39% dei capitali esportati all’estero, infine, è stato illecitamente trasferito TNM ••• 130

mediante manovre evasive di altra tipologia. Un ingegnoso sistema è quello che vede colui che intende esportare denaro all’estero o desidera far entrare capitali in Italia illecitamente, servirsi dell’ausilio di un mediatore italiano, il più delle volte un commercialista o un avvocato d’affari. Quest’ultimo richiede ad un proprio corrispondente professionista elvetico di depositare presso un istituto di credito svizzero una somma di denaro per conto del suo cliente italiano; in tal modo, detto denaro non desterà sospetti o controlli, circolando esclusivamente all’interno dei confini svizzeri. La somma in argomento, però, da quel momento sarà nella piena ed esclusiva disponibilità del cliente italiano, che avrà consegnato la somma equivalente (rigorosamente in contanti) in Italia al suo mediatore. Il professionista italiano e quello svizzero, a questo punto, si regolano come fossero due banche, compensando tra di loro il credito venutosi a creare in favore di quest’ultimo per il servizio di “spallonaggio”, grazie al quale del denaro è stato portato all’estero senza che nessuna banconota venisse in realtà spostata fisicamente. Un’attività che può essere individuata solo con specifiche indagini invasive di polizia giudiziaria. Un ulteriore sistema per il trasferimento del denaro oltre confine, con riferimento principalmente ad aree dell’Africa, Asia e Sud America, è il cosiddetto hawala, una rete informale di mediatori che non lascia tracce elettroniche o cartacee; si tratta di un sistema basato su un mediatore che in Italia prende in consegna il denaro dal proprio cliente e chiede al proprio referente all’estero di aprire una linea di credito per la medesima cifra che sarà quindi consegnata al destinatario indicato dal mittente. Hawala è il medesimo strumento, utilizzato dalla nota rete terroristica Al Qaeda, per trasferire i fondi necessari a finanziare la jihad (la cosiddetta guerra santa) e le proprie


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Dall’alto: Banconote occultate in calzature Banconote occultate in un doppio fondo ricavato in una valigia

azioni terroristiche. Il guadagno dei mediatori deriva dalle commissioni pagate per l’operazione, solitamente calcolabili in una percentuale compresa tra il 2 ed il 5% del capitale espatriato. Esistono poi sistemi molto più semplici ma altamente rischiosi, consistenti nell’occultare denaro contante all’interno di valigette, borse, biancheria intima, scarpe, cinture. E’ stato calcolato che uno spallone, qualora riesca a passare indenne al controllo dei finanzieri, riesce ad esportare fino a 6 milioni di euro con una singola valigetta 24 ore, all’interno della quale si riescono a stipare sino a 12.000 banconote da 500 euro. Le regole per l’esportazione e l’importazione di valuta. Da un punto di vista giuridico e secondo quanto previsto dal DLgs nr. 195 del 2008, chiunque si trovi ad entrare nel territorio italiano o stia per lasciare il territorio nazionale e trasporta denaro contante d’importo pari o superiore a 10.000 euro, è tenuto a dichiarare tale somma all’Agenzia delle Dogane. Il citato obbligo di dichiarazione non è comunque considerato adempiuto se le informazioni fornite sono imprecise o lacunose. La dichiarazione può essere, in alternativa: •consegnata in forma scritta, al momento del passaggio, presso gli uffici doganali; in tal caso, il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione con attestazione del ricevimento; • trasmessa per via telematica, prima dell’attraversamento della frontiera; in tale circostanza, il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione unitamente al numero di registrazione attribuito dal sistema telematico doganale. Le Autorità competenti alla contestazione di eventuali violazioni sono la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Dogane: •i militari della Guardia di Finanza accertano le violazioni connesse all’esportazione o importazione illegale di valuta esercitando i poteri e le facoltà attribuiti dal Decreto Legislativo nr. 68 del 2001, dall’articolo 28, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica nr. 148 del 1988, dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4 e dalle leggi tributarie laddove applicabili; •i funzionari dell’Agenzia delle Dogane accertano le violazioni in argomento esercitando i poteri e le facoltà attribuiti dal Regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, dal decreto del Presidente della Repubblica nr. 43 del 1973, dall’articolo 32, comma 6, del decreto-legge nr. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e dall’articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988. Per quanto attiene alle modalità di contestazione degli illeciti, vanno applicate le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell’articolo 29 del decreto del Presidente della TNM ••• 0131


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w area law area law area law area law area law area law ar La fase della ricerca del denaro contrabbandato

Repubblica 31 marzo 1988, n. 148. In particolare: •copia dei verbali di contestazione elevati da militari della Guardia di Finanza è trasmessa all’Agenzia delle dogane; •i citati verbali di contestazione sono conservati in forma nominativa per la durata di dieci anni e sono trasmessi al Ministero dell’Economia e delle Finanze, tramite supporti informatici, entro sette giorni dalla data di contestazione ai fini del procedimento sanzionatorio previsto dal Decreto nr. 148; •qualora nel corso degli accertamenti previsti in presenza di violazioni connesse all’esportazione o importazione illegale di valuta emergano fatti che potrebbero essere correlati al riciclaggio di denaro sporco ed al finanziamento del terrorismo, l’Agenzia delle Dogane deve fornire tali informazioni all’Unità di informazione finanziaria, la quale si occuperà di sviluppare ed analizzare i dati ricevuti. Inoltre, nel caso in cui emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse ad attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, Agenzia delle Dogane e Guardia di Finanza scambiano le informazioni raccolte con le corrispondenti autorità di altri Stati membri dell’Unione Europea. Qualora invece dalle accertate violazioni connesse all’esportazione o importazione illegale di valuta emergano fatti da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse al prodotto di una frode o di qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea, le informazioni sono trasmesse dall’Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di Finanza direttamente alla Commissione Europea. In virtù della mutua assistenza amministrativa, Agenzia delle Dogane e Guardia di Finanza scambiano le informazioni raccolte in presenza di violazioni connesse all’esportazione o importazione illegale di valuta, anche con le omologhe autorità di Paesi terzi. In caso di violazione delle disposizioni previste dal DPR nr. 148 del 1988, il denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, d’importo pari o superiore a 10.000 euro, è sequestrato dall’Agenzia delle Dogane o dalla Guardia di Finanza. Il sequestro viene però eseguito limitatamente al limite del quaranta per cento dell’importo in eccedenza.4 In opposizione al sequestro, gli interessati possono proporre opposizione al Ministero dell’Economia e delle Finanze entro dieci giorni dalla data d’esecuzione del sequestro. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze deve decidere sull’opposizione con ordinanza motivata entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell’opposizione e del relativo atto di contestazione. In ogni caso, il soggetto cui è stata contestata una violazione può chiederne l’estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di 10.000 euro e comunque, non inferiore a 200 euro. Il trasgressore può effettuare il pagamento all’Agenzia delle Dogane o alla Guardia di Finanza al momento stesso

della contestazione ovvero al Ministero dell’Economia e delle Finanze, entro dieci giorni dalla stessa. Le richieste di pagamento in misura ridotta ricevute dalla Guardia di Finanza, con eventuale prova dell’avvenuto pagamento, vengono trasmesse all’Agenzia delle Dogane. L’Agenzia delle Dogane e la Guardia di Finanza inviano al Ministero dell’Economia e delle Finanze, unitamente alla copia dell’atto di contestazione, la richiesta di effettuare il pagamento in misura ridotta o, in caso di pagamento contestuale, prova dell’avvenuto versamento. Il pagamento in misura ridotta estingue l’illecito, motivo per il quale, nel caso di pagamento contestuale, non si procede al sequestro. Qualora il pagamento avvenga nei dieci giorni dalla contestazione, il Ministero dell’Economia e delle Finanze dispone la restituzione delle somme sequestrate entro dieci giorni dal ricevimento della prova dell’avvenuto pagamento. Va comunque sottolineato che il pagamento in misura ridotta è precluso qualora: •l’importo del denaro contante eccedente la soglia di 10.000 euro, superi 250.000 euro; •il soggetto cui è stata contestata la violazione si sia già avvalso della stessa facoltà oblatoria, relativa alla violazione in argomento, nei 365 giorni antecedenti la ricezione dell’atto di contestazione concernente l’illecita esportazione o importazione di valuta. Lo scudo fiscale, il segreto bancario e la collaborazione internazionale per le repressione dei reati. Nel recente 2009, attraverso il cosiddetto “scudo fiscale”, lo Stato ha recuperato a tassazione capitali illecitamente esportati all’estero, attraverso una sorta di “patto”, un discutibile e discusso salvacondotto fiscale che, in cambio della emersione dei citati capitali e quindi della loro sottoposizione all’erario, ha riconosciuto ai trasgressori proprietari della valuta rientrata, un’immunità e la possibilità di far rientrare in Italia il proprio denaro. A tale salvacondotto hanno aderito diversi nostri connazionali, i quali hanno fatto rientrare in Italia ben 39,4 milioni di euro, gran parte dei quali erano stati illegalmente esportati ed investiti in Svizzera in fondi, azioni, obbligazioni. La Banca d’Italia stima però che i capitali all’estero ammontino in realtà a circa 97 miliardi di euro e che quindi 57,6 miliardi non siano rientrati e siano rimasti oltre confine. Nel frattempo, Germania e Gran Bretagna hanno stipulato con la Svizzera accordi bilaterali in virtù dei quali verrà rafforzata la collaborazione fiscale fra i Paesi firmatari. Tali accordi, che entreranno a regime a partire dal 1° giugno 2013, a fronte dell’anonimato sulla clientela tedesca ed inglese delle banche svizzere, garantiranno un’imposizione effettiva sui valori patrimoniali detenuti dai contribuenti di questo due Paesi. In buona sostanza, si tratta di un’imposta patrimoniale calcolabile tra il 19% ed il 34% dei capitali esportati illegalmente. La Svizzera potrà quindi riscuotere un’imposta che corrisponderà all’imposta tedesca o inglese TNM ••• 133


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in modo da garantire che i redditi da capitali vengano tassati in modo uguale; la Confederazione elvetica ricoprirà quindi il ruolo di “esattore” per il fisco degli altri Paesi. Qualora il contribuente inglese o tedesco dovesse opporsi a detta imposizione forfettaria, la Svizzera chiuderà i suoi conti sul proprio territorio e metterà a disposizione delle autorità straniere i dati del contribuente. L’auspicio è quello che così come la Svizzera, da sempre Paese nel mirino di governi di tutto il mondo perché rifugio della gran parte dei capitali in fuga, un numero sempre crescente di paradisi bancari e fiscali nel mondo decida di aderire ad accordi simili nei prossimi anni. L’odore dei soldi… ed i cani “fiuta-denaro” della Guardia di Finanza Si sono quindi infittite ai valichi di confine con la vicina Svizzera le code di auto di italiani che vanno a depositare i propri risparmi in banche elvetiche. E per contrastare la fuga dei capitali all’estero, la Guardia di Finanza arruola i labrador, cani addestrati a fiutare l’odore dei soldi, noti anche come cani anti valuta o cash dog, splendidi esemplari che grazie al fiuto infallibile, riescono a scoprire banconote nascoste e non dichiarate, evitando così che ingenti capitali finiscano oltre confine. I cash dog, l’ultima nata tra le tipologie di unità cinofile specialistiche delle Fiamme Gialle, così come i cani antidroga, antiterrorismo, anticontrabbando e da soccorso alpino, sono dislocati presso aree metropolitane, aeroporti, porti o zone di particolare interesse operativo e sono solitamente raggruppate in una o più Squadre coordinate da un istruttore cinofilo. L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo, con Inghilterra, Sud Africa, Israele e Stati Uniti soprattutto, ad aver deciso di adottare i Labrador addestrati alla ricerca della valuta; oggi la Guardia di Finanza li utilizza ai valichi di Chiasso (Svizzera), presso degli aeroporti di Milano Malpensa, Torino, Venezia, Roma e Napoli. A Ponte Chiasso il cash dog si chiama Zeb, a Malpensa invece operano Tango e Cash, i quali, in due, anni sono riusciti a bloccare 54 corrieri ed a recuperare oltre un milione di euro. Ultimamente, i due cash dog hanno permesso ai militari della Guardia di Finanza di recuperare 424 mila euro nascosti in un doppio fondo di una valigia da un cittadino cingalese. Zeb, invece, un cucciolo di labrador di circa un anno in servizio al valico autostradale di ComoBrogeda, ha segnalato la presenza di banconote su una insospettabile coppia di quarantenni italiani in rientro dalla Svizzera. Il controllo poi effettuato dai finanzieri ha permesso d’individuare banconote nascoste nelle scarpe e nel reggiseno dalla donna, per un totale di 65.500 euro in contanti; il denaro era stato prelevato poche ore prima in una banca ticinese come dimostrato da una ricevuta di prelievo custodita unitamente al resto della valuta. Si tratta solo di alcuni dei numerosi ritrovamenti effettuati dai cani fiuta soldi arruolati dalle Fiamme Gialle. I cash dog sono in prevalenza cani di razza English Springer Spaniel e Labrador (in Italia la Guardia di Finanza TNM ••• 134

attualmente sta impiegando esclusivamente cani di razza Labrador nati ed allevati presso il centro d’addestramento di Castiglione del Lago), specie selezionate per la peculiare docilità ed il senso dell’olfatto finemente sviluppato, per il carattere connotato da un temperamento mai eccessivamente esuberante e per la capacità di approcciare nuovi ambienti di lavoro senza perdere la propria efficienza nella ricerca. Si tratta di tipologie di cani appositamente selezionati per la particolare tipologia di ricerca, principalmente per l’aspetto rassicurante e l’assenza d’atteggiamenti minacciosi; cani che non dovranno in alcun modo incutere timore nelle persone, che anzi dovranno potersi avvicinare al cane senza paura, in modo da favorire l’esecuzione del controllo da parte dei finanzieri conduttori. L’addestramento, strutturato sulla base degli standard inglesi della Border Agency, viene effettuato presso il centro di Castiglione del Lago, in provincia di Perugia, ove i cash dog vengono preparati dai finanzieri ad annusare e riconoscere la presenza di valuta utilizzando banconote tritate, ormai logore, ritirate dalla circolazione e ridotte in pezzi talmente piccoli da non poter essere ricomposte. In Inghilterra, al contrario, “…per poter far associare ai cani l’odore del denaro, il personale istruttore dell’UKBA britannica ha in dotazione ingenti quantitativi di banconote di diverso taglio e diversa valuta (euro, dollari, sterline). Le predette banconote da addestramento fornite dalla Banca Centrale inglese, sono in corso di validità e per ovvi motivi tecnici vengono sostituite con altre ogni sei mesi. Nella fattispecie la procedura per l’acquisizione in temporanea custodia delle speciali banconote, prevede che le stesse, siano opportunamente identificate dalla Banca emittente prima di essere consegnate alle diverse sezioni cinofili…”. Una volta terminato l’addestramento, i cani riescono ad identificare i cash couriers grazie all’odore dell’inchiostro con il quale le banconote sono stampate (la componente odorosa che i cani associano è, in particolare, data dalla combinazione tra la carta usata per la stampa e l’inchiostro che deve avere specifiche caratteristiche chimiche). Ovviamente, più sono i biglietti, più intenso è l’odore che attrae l’attenzione dei labrador, i quali, forti di un olfatto estremamente sviluppato, sono in grado di individuare il denaro anche se occultato con le tecniche più stravaganti ed originali. I Labrador e gli English Springer Spaniel sono quindi stati preferiti ai pur affidabili (e tradizionali per la Guardia di Finanza che li impiega da sempre quali unità cinofile antidroga, anticontrabbando attualmente rimodulati nella versione antiterrorismo e da soccorso in montagna e/o ricerca in macerie e superficie) pastori tedeschi, che seppur eccezionali nell’individuare stupefacenti ed esplosivi, hanno un approccio aggressivo. L’evoluzione delle tecniche addestrative ha permesso però di rimodulare la tipologia di segnalazione anche per quanto riguarda le sostanze stupefacenti; attualmente il cane non interagisce più fisicamente con la fonte odorosa ma di fatto una volta intercettata la sostanza si siede davanti al soggetto in attesa di ricompensa. L’adozione della segnalazione passiva ha permesso la rivalutazione dell’atteggiamento di cani, come i


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Dall’alto: Tango e Cash, i due labrador antivaluta della Guardia di Finanza di Malpensa Un cash dog ed il suo finanziere conduttore Un dog cash dotato di pettorina ed il suo conduttore durante un controllo

pastori tedeschi, solitamente impiegati nella guardia/difesa per controlli in materia di valuta. I cani antivaluta vengono quindi addestrati sin da cuccioli a riconoscere l’odore delle banconote e solo al termine di un addestramento lungo e complesso vengono immessi in servizio presso i reparti del Corpo. Così come per le unità cinofile antidroga, anche il lavoro dei cash dog si basa sul gioco: ad ogni ritrovamento di valuta, difatti, il conduttore regala al cane una pallina da tennis, in modo tale che l’impegno profuso dall’animale nell’attività di ricerca diventi sempre un’occasione di grande divertimento. L’ambitissimo premio dei cani antivaluta è quindi una semplice pallina di gomma che riceveranno una volta scoperta e segnalate le banconote. In buona sostanza, anche nel caso dei cani antivaluta, questi durante l’attività di servizio non cercheranno la valuta, bensì useranno la ricerca quale strumento per ottenere il premio dal proprio conduttore, il quale consiste in una semplice pallina da tennis o di gomma con la quale giocare. Anche nel caso in argomento, così come avviene per le unità antidroga, il principio fondamentale di tutte le fasi addestrative è quello per cui il premio, nella fattispecie una pallina di gomma, viene fatto associare all’odore delle banconote, in modo tale che il cane userà la ricerca per ottenere il suo premio; per il cash dog l’attività di ricerca non costituisce quindi un lavoro o una costrizione, ma un gioco, uno sfogo dei suoi istinti naturali. I conduttori cinofili dell’UKBA ricorrono all’utilizzo di una pettorina fatta indossare al cane; si tratta di una sorta di “interruttore on/ off di ricerca”. Quando il conduttore fa indossare al cane detta particolare imbracatura, quest’ultimo capisce che deve iniziare la ricerca della valuta per la quale è stato addestrato, diventa quindi immediatamente più concentrato e dinamico. Terminata l’attività di ricerca, il cinofilo toglie la pettorina al cane, il quale riacquisirà immediatamente un atteggiamento più rilassato; questo tipo di accorgimento tecnico al momento non è stato tuttavia ancora esattamente disciplinato nel training delle unità Cash Detection Dog della Guardia di Finanza. A differenza di quanto avviene per i cani antidroga, i quali una volta individuata la presenza di sostanze psicotrope o stupefacenti le segnalano al proprio conduttore “raspando” e mordendo l’area individuata quale nascondiglio, i cash dog adottano una modalità di segnalazione cd “passiva” se vogliamo particolare; percepite le molecole odorose delle banconote ed in attesa di ricevere il premio, il cane assume il tipico atteggiamento della “ferma” o “freezing”, guardando fisso il punto in cui percepisce più intensamente l’odore della valuta. Qualora la segnalazione sia immediatamente riscontrabile, il conduttore premierà il cane con la pallina e giocherà con lui alcuni minuti per gratificarlo, quindi recupererà la pallina e lo metterà di nuovo in ricerca. Con il passare del tempo, tra il finanziere conduttore ed il cane viene a crearsi una perfetta sintonia, necessaria affinché il conduttore cinofilo possa essere in grado di distinguere le segnalazioni che meritano di essere approfondite con uno specifico controllo dettagliato, da quelle segnalazioni

che potranno essere invece concluse limitandosi alla cosiddetta “intervista” della persona segnalata dal cane. Va tenuto conto, difatti, che la quasi totalità dei passeggeri in transito ai valichi autostradali o nei porti e negli aeroporti, è normalmente in possesso di una quantità di denaro e solo una tecnica efficace di ricerca adottata dal finanziere e dal suo cane, oltre che una necessaria intesa ed un indispensabile affiatamento, potranno garantire la selezione TNM ••• 135


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Denaro sequestrato dai finanzieri ad un corriere in procinto di lasciare l’Italia

di segnalazioni positive. Si consideri, quindi, che un cane addestrato alla ricerca di droga arriva a segnalare anche la minima presenza di stupefacenti, dando occasione al conduttore di procedere al controllo con ottime probabilità di successo e di pervenire al sequestro di sostanza illegale. Nei controlli valutari in argomento, invece, la segnalazione del cash dog è solo propedeutica all’intervista che il finanziere andrà successivamente ad effettuare alla persona segnalata, per poi decidere se esperire ed approfondire l’attività di controllo, con ispezioni o perquisizioni. L’impiego di tali particolari unità cinofile deve quindi considerarsi aggiuntiva e sinergica all’attività di controlli in materia valutaria già esperita dai Reparti del Corpo nell’assolvimento dei compiti istituzionali, condotti con metodi di screening tradizionali, tecniche di intelligence ed analisi su voli e situazioni a rischio. Un elemento di difficoltà è rappresentato dalla ricerca di dollari americani, ciò in quanto il forte odore rilasciato dalla banconota statunitense rende particolarmente difficile per i cani la distinzione delle piccole dalle grandi quantità di denaro. L’addestramento dei cani antivaluta in uso alla Guardia di Finanza trae origine da uno speciale training addestrativo tenuto da agenti istruttori dell’HO Dog Units Detection South in forza alla UK Border Agency (UKBA) della contea del Kent, svoltosi presso il porto di Dover e l’aeroporto di londinese di Gatwick. La polizia inglese ha utilizzato per la prima volta cani a supporto delle attività investigative nel lontano 1888, allorquando due Bloodhound vennero utilizzati nelle indagini per la ricerca di Jack The Ripper (Jack Lo Squartatore), omicida seriale che compieva i propri delitti a Londra, nel quartiere degradato di Whitechapel e nei distretti adiacenti. Sempre in Inghilterra, nel 1914, mutuando analoghe sperimentazioni eseguite principalmente in Germania, la Metropolitan Police Service introduceva 172 cani di varie razze, quotidianamente impiegate a supporto degli agenti di pattuglia nei quartieri londinesi. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, vennero introdotti sei Labrador nei servizi per la lotta alla criminalità e nel 1948 la Metropolitan Police Service ha impiegato per la prima volta un pastore tedesco. E’ nell’oramai lontano 1954 che a Keston, nel Kent, venne inaugurato l’Istituto di formazione cinofilo della MPS, sito ove tuttora hanno luogo i corsi di formazione dei “cani poliziotto”. Attualmente la Metropolitan Police Service, Forza di Polizia inglese con competenza sull’area metropolitana di Londra, impiega in servizio operativo circa 250 cani di varie razze e tipologie di lavoro. Rispetto ai “trucchi” utilizzati dai corrieri di denaro per far uscire dal territorio nazionale ovvero introdurvi illecitamente somme consistenti, si può affermare con cognizione di causa, che i cash couriers fanno un massiccio ricorso alla fantasia, nascondendo le banconote nel bagaglio a mano, nei bagagli da stivare, nella biancheria intima, in contenitori di ogni tipo e foggia adattati per tali finalità, in gran parte dei casi dotati di “doppi fondi” realizzati ad hoc. I cash couriers bloccati dai finanzieri sono spesso soggetti TNM ••• 136

affiliati ad organizzazioni che necessitano di movimentare, occultare e quindi ripulire regolarmente ingenti somme di denaro derivanti da attività illecite. Vi è poi il fenomeno dell’emigrante di stanza in Italia che cerca di effettuare materialmente la rimessa verso il proprio paese di origine; si tratta di persone di etnie straniere, tradizionalmente dedite alla movimentazione di capitali fuori dai normali circuiti bancari e finanziari, preferendo il ricorso a network bancari informali tipizzati a livello internazionale con la denominazione di IVTS (informal value transfer systems), che spostano enormi masse di denaro, derivante da capillari forme di raccolta sul territorio, senza l’utilizzo di documentazione cartacea o di strumenti di comunicazione elettronici applicati (è il caso dei cosiddetti circuiti money transfer). Ma gran parte dei soggetti segnalati, sono persone che tentano di nascondere al fisco italiano denaro, titoli e valori in violazione della normativa valutaria in materia di circolazione transfrontaliera dei capitali, tentando di occultare tali beni in stati esteri. Un’attività adesso diventata sempre più ardua da finalizzare con successo; parafrasando un famoso detto latino, si potrebbe dire che con l’entrata in servizio dei cash dog, adesso pecunia…olet. NOTE 1 Fonte: agenzia di intermediazione Helvea di Ginevra. 2 “…fino al XIX secolo, gli spalloni caricavano le merci di contrabbando nella bricolla, un cesto di paglia intrecciata da portare in spalla, e salivano sulle montagne del confine, dal Nord Italia verso la Svizzera e l’Austria, soprattutto nella zona del lago di Como. Al giorno d’oggi, la maggior parte degli spalloni in Italia lavora al confine con la Svizzera, e si occupa soprattutto dell’esportazione fisica di capitali provenienti da evasione fiscale e da altri reati…”. 3 Secondo una recente indagine della Banca d’Italia, il numero di banconote da 500 circolanti all’interno del territorio della Comunità Europea sarebbe fortemente aumentato, passando dai 167 milioni di esemplari del 2002, ai 600 milioni di unità del novembre 2011. 4 Il denaro contante sequestrato garantisce con preferenza su ogni altro credito il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie.


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Di Sergio Giacoia

LE NORME DI SICUREZZA FONDAMENTALI NELL’USO E MANEGGIO DELLE ARMI DA FUOCO PORTATILI TNM ••• 138


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Con questo numero di TNM inizia una nuova rubrica mensile dedicata ad uno degli argomenti fondamentali del settore “Military and Law Enforcement”: il Tiro Tattico da Difesa o Tiro Operativo o anche Tiro da Combattimento… Comunque lo si voglia denominare, poco cambia nella sostanza, l’ambito in cui ci si muove è quello nel quale bisogna sparare per sopravvivere e/o per difendere terzi da ingiuste aggressioni armate a fuoco. A ragion veduta l’argomento, che si presenta vastissimo, non interessa solo gli operatori della sicurezza in generale, ma anche tutti quei civili che possiedono armi da fuoco per difesa abitativa o che sono titolari di porto d’armi per difesa personale. Le trattazioni che da qui in poi seguiranno non hanno la pretesa di essere esaustive, né tanto meno di rappresentare la verità assoluta in questa delicata materia. Vi sono, infatti, sia nel nostro Paese, che nel mondo, varie scuole di pensiero su questi argomenti ed in tutte si possono riscontrare utili consigli. Le tecniche e le tattiche di tiro che illustrerò sulle pagine di TNM sono semplicemente il frutto degli insegnamenti derivanti da quello che è il “metodo Taylor” (promosso dalla mitica “American Small Arms Academy” di Chuck Taylor), che mi ha sapientemente inculcato il grande Maestro di Tiro Marte Zanette, cercherò di essere il più possibile vicino ai suoi preziosi consigli ed insegnamenti, chi scrive ha avuto l’onore di apprendere da lui direttamente il 90% delle proprie conoscenze in materia di tiro da sopravvivenza, nonché

dal maestro dei maestri C. Taylor in persona, ed il mio sforzo sarà quello di cercare di essere chiaro e semplice come lo sono stati loro con noi. L’intento è di dare ai lettori di TNM un servizio di divulgazione che possa essere uno spunto per i tiratori interessati a questo tipo di attività professionale e che comunque rimane solo un momento culturale teorico, che non può sostituirsi all’assidua frequenza di stages, corsi ed addestramenti in “bianco” ed a fuoco, dove le teorie vanno riscontrate e messe in pratica, magari adattate alla propria realtà, unica via possibile per avere più probabilità di sopravvivenza in un conflitto a fuoco. Quando si discute di qualsiasi tipologia di tiro, il primo argomento di cui bisogna trattare, l’argomento principe, sono le norme ed i comportamenti di sicurezza nell’uso e maneggio delle armi da fuoco portatili. Questo primo articolo tratterà in particolare delle regole di sicurezza considerate fondamentali. Chiunque, a qualsiasi titolo e per qual si voglia motivo, entra in contatto o maneggi un’arma da fuoco, pistole semiautomatiche, revolvers o armi lunghe, deve

La norma numero due (delle quattro regole “fondamentali” di sicurezza), recita di non rivolgere mai la volata dell’arma verso persone, animali o cose che non si vogliano effettivamente colpire!


TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATT

é inutile ricordarlo ma il dito va inserito solo nel caso in cui vi sia la reale necessità di fare fuoco.

osservare sempre alcune regole di sicurezza che hanno un’origine tecnica ma anche di semplice buon senso. Il fine di tutto questo è la sopravvivenza, sia dell’utilizzatore, che degli astanti. Un’arma in se non è né “buona”, né tanto meno “cattiva”, da sola non è in grado di far del male a nessuno essendo un oggetto inanimato. Quello che può arrecare danno alle persone, agli animali ed alle cose è l’utilizzo maldestro, superficiale, improprio o criminale delle armi stesse. Per far fronte a tutto questo sono state codificate delle norme di comportamento che, se osservate, mettono i tiratori al riparo da eventuali tragici incidenti. Quasi tutte le scuole e le accademie di tiro concordano sul fatto che vi sono quattro regole TNM ••• 140

fondamentali, ossia quelle di base, che valgono in ogni situazione, seguite poi da molte altre regole e norme che definiremo complementari, perché riguardano, ad esempio, situazioni particolari piuttosto che altre o determinati tipi di armi piuttosto che altri, che verranno analizzate nel prossimo articolo. Ma andiamo per ordine, iniziando appunto dalle norme di sicurezza “fondamentali” nell’uso e maneggio delle armi. Ebbene, la prima di queste regole ci mette in guardia sul fatto che dobbiamo considerare tutte le armi da fuoco come se fossero sempre cariche. Solo dopo aver avuto la concreta prova che esse siano scariche, potremo dire che lo siano effettivamente. L’esecuzione di questa prova tocca a chi, in quel momento ed a qualsiasi titolo, sta maneggiando l’arma in questione, inoltre tale manovra


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La terza regola di sicurezza ci ordina di tenere il dito, adibito a premere il grilletto, sempre fuori dalla guardia dello stesso, lungo il fusto.

va fatta solo se si conosce il tipo di arma e quindi il suo funzionamento, altrimenti si deve desistere! Tutti i presenti devono assicurarsi e pretendere che la manovra sia eseguita correttamente, salvaguardando i criteri della sicurezza. Questa manovra comporta il dover rivolgere l’arma verso un luogo “idoneo”, ovvero un luogo dove l’eventuale partenza accidentale di un colpo non provochi danni, ed attraverso un particolare maneggio, l’assicurarsi che sia priva di caricatore nonché di cartuccia camerata nel caso di pistole semiautomatiche o che le camere del tamburo siano vuote nel caso di revolvers. Un consiglio che sento di dare è che non bisogna mai fidarsi di chi maneggia un’arma affermando che sia scarica senza dimostrarlo, è successo più di una volta che non lo sia stata! La norma numero due (delle quattro regole “fondamentali” di sicurezza), recita di non rivolgere mai la volata dell’arma verso persone, animali o cose che non si vogliano effettivamente colpire! Qualora si applichi scrupolosamente quest’accorgimento, a dir poco essenziale, anche se dovesse malauguratamente partire un colpo accidentalmente non ci saranno conseguenze gravi. Ovviamente, di fronte a soggetti palesemente ostili e magari a loro volta armati, il puntare l’arma a scopo dissuasivo/difensivo assume una valenza di legittimità, in tutti gli altri casi ciò non

deve essere consentito. In situazioni addestrative, le armi, andranno scaricate precedentemente, le cartucce riposte all’esterno dai caricatori e comunque non indosso agli operatori, una tragica distrazione è sempre dietro l’angolo. La terza regola di sicurezza ci ordina di tenere il dito, adibito a premere il grilletto, sempre fuori dalla guardia dello stesso, lungo il fusto. Questo semplice accorgimento è d’imperativa importanza, tant’è che c’è chi afferma che la vera “sicura” sia appunto il dito, che andrà a posizionarsi sul grilletto solo in seguito alla volontaria e consapevole decisione del tiratore di far fuoco. Marte Zanette diceva sempre: ”…se non hai intenzione di sparare, che senso ha tenere il dito a contatto del grilletto?”. Se hai l’arma estratta e pronta al fuoco per motivi operativi da difesa e tieni il dito sul grilletto, devi sapere che in quella condizione psico-fisica di stress da combattimento, anche se solo potenziale, prima o poi lo premerai inavvertitamente causando un incidente forse mortale. Inoltre, è provato che il dito sul grilletto non comporta per, il tiratore, dei concreti vantaggi in termini di tempi di reazione a fuoco, può solo aumentare il rischio di sparare accidentalmente e senza che ve ne sia reale necessità, con le conseguenze morali e giuridiche che ciò comporta. A livello scientifico è stato dimostrato che in stato di forte TNM ••• 141


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stress emotivo potrebbe verificarsi l’involontaria contrazione del dito posto sul grilletto, che può superare gli 8 millimetri e come tutti sappiamo la “corsa a vuoto” dello stesso, in quasi ogni arma, è inferiore a questa misura.. fate voi i calcoli! A ciò si aggiunga che nessun maneggio dell’arma, tranne lo sparare, ha bisogno che si metta il dito a contatto del grilletto. E’ imperativo che ogni tiratore si abitui mentalmente a non mettere mai il dito sul grilletto, se non per sparare! Qualcuno ha mai sentito parlare della così detta “certezza del bersaglio”? La “certezza del bersaglio” non è altro che uno dei modi di enunciare la quarta regola fondamentale di sicurezza. Ma che cosa s’intende per certezza del bersaglio? A livello di tiro operativo s’intende che prima di far fuoco bisogna assicurasi di aver correttamente identificato il bersaglio come un soggetto ostile. Pensate all’eventualità di un operatore che colpisca un uomo armato, scoprendo poi che si trattava di un collega intervenuto in quel frangente in borghese, libero dal servizio! “Certezza del bersaglio” significa anche capire cosa c’è dietro e nelle immediate vicinanze dell’avversario. Un proiettile blindato (come quelli che usano le FF. OO. in Italia), avendo un alto potere di penetrazione, colpirà anche chi si troverà casualmente dietro al bersaglio primario e questo non è assolutamente un rischio da prendere. A livello d’esercitazione, prima di sparare a delle carte, accertarsi che vi sia un idoneo parapalle dietro! Vorrei concludere l’argomento riportando le sagge parole di Marte Zanette: “… far degenerare una normale

operazione, anche se rischiosa, in tragedia può essere questione di un attimo. Muoversi in ambienti sconosciuti, bui e probabilmente ostili, con la paura di trovarsi di fronte un pericolo all’improvviso, può portare a sparare verso un rumore sospetto o verso qualcuno che ha avuto la sola sfortuna di passare di lì al momento sbagliato.. Non permettete mai che questo vi accada, siate sempre sicuri al 100 % del vostro bersaglio e della situazione di contorno (ferire od uccidere un innocente potrebbe essere il rimorso che vi tormenterebbe tutta la vita)”. Nonostante tutti i tiratori abbiano, almeno una volta, sentito parlare o studiato le norme di sicurezza, continuamente predicate ed osservate da ogni istruttore di tiro che si rispetti, in molti poligoni, in moltissime realtà operative nonché nei luoghi dove si ha a che fare con le armi per vari motivi, non sempre si assiste ad una rigida osservanza dei comportamenti di sicurezza. Questo avviene anche per negligenza di chi è demandato, per legge, a far osservare quelle regole, senza parlare di tutte quelle persone che assumono atteggiamenti superficiali, sia per ignoranza che per troppa fiducia nelle proprie capacità. E’ anche vero che non bisogna inculcare il terrore negli utilizzatori delle armi, ma bisogna certamente insegnare a rispettare le regole di sicurezza. E’ solo dall’applicazione scrupolosa di tutte le norme ed i comportamenti di sicurezza (che talvolta possono sembrare a prima vista anche banali), che ci si può aspettare che non si verifichino mai incidenti di tiro. La loro incosciente inosservanza può essere causare la morte di qualcuno. Ad un’arma bisogna dare sempre del “lei”, quando si inizia a darle del “tu” la situazione comincia a divenire pericolosa!


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Una guida ai fondamenti del tiro di difesa e operativo. Un prodotto rivolto a tutti i possessori di pistole per difesa personale e ai professionisti della sicurezza. Essere in possesso di un’arma non vuole dire sapersi difendere. Nelle situazioni di pericolo si deve tener conto di molti fattori che possono alterare le percezioni e avere effetti negativi sul corpo e la mente. Quando si viene aggrediti non si ragiona lucidamente, il respiro diventa affannoso, i battiti cardiaci aumentano, le mani e le gambe tremano e sudano, e si può avere una diminuzione dell’udito e della vista. Queste cause ostacoleranno il normale uso dell’arma. Per questo motivo è importante conoscere bene le tecniche e allenarsi in modo efficace. L’istruttore: Marco Buschini.

• La nomenclatura dell’arma • Le norme di sicurezza Il DVD contiene un libretto di 16 pagine • Singola e doppia azione che approfondisce • La sicura abbatticane alcuni argomenti • Il carico dell’arma trattati nel DVD. • Lo scarico dell’arma Codice DVD: • La condizione psicologica D&B6861 • Il tiro di pronta risposta Durata: 40 minuti • La posizione di ready • Il tiro in ginocchio • Il tiro disteso al suolo • Il tiro in movimento • Lo sfruttamento dei ripari • Il cambio caricatore in emergenza • Gli inceppamenti e i malfunzionamenti dell’arma

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Argomenti trattati:

Marco Buschini nasce in Veneto nel 1965. All’età di 9 anni inizia a praticare assiduamente le arti marziali, ottenendo riconoscimenti agonistici a livello internazionale. Studia in Italia, Giappone e Stati Uniti. A 18 anni si arruola nella Polizia di Stato. A 30 anni entra a far parte, in qualità di istruttore, del GOS (Gruppo Operativo Speciale) della Polizia di Stato.L’8 settembre 2002, durante un’operazione di Polizia, viene gravemente ferito, portando comunque a termine con successo l’operazione, tanto da essere insignito di gradi per meriti straordinari e medaglia d’oro alle vittime del dovere. Nel 2004, in seguito alle lesioni riportate viene posto in quiescenza e fonda l’A.S.O., l’Accademia di Sicurezza Operativa, insieme al suo maestro di tiro, collega e amico, Marte Zanette. Attualmente l’A.S.O. è una delle più importanti scuole in Italia per la formazione professionale degli addetti alla sicurezza pubblica e privata. Marco Buschini si è allenato presso maestri o istruttori in molti paesi stranieri, tra i quali Francia, Svizzera, Israele, Stati Uniti e Giappone.





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