TORINO: DALLO SCRITTOIO DEL PRESIDENTE
Tecno
Progetto, ordinamento e realizzazione della mostra: Centro Progetti Tecno
Edizione: Tecno spa Progetto grafico: Centro Progetti Tecno Stampa: Grafiche Mariano
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Copyright 1983 Tecno spa
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TORINO: DALLO SCRITTOIO DEL PRESIDENTE
Tecno
Mai sella di condottiero, corona di re, anello di cardinale, ietto di principessa ha esercitato su di noi vero fascino, se con questa parola vogliamo intendere una facoltà evocatoria, suggestionante, il potere di suscitare, oltre i contorni fisici del mero cimelio, un volto, un personaggio, una vita, un'epoca intera. Più intime sono, più le reliquie ci lasciano freddi, tristi: da quella spazzola d'avorio, da quella camicia ingiallita, da quegli stivali screpolati si risale tutt'al più a generiche considerazioni sulla pochezza dell'uomo, si constatano incolmabili distanze temporali. E le stesse "urne dei forti", se dobbiamo dire tutta la verità, non hanno mai acceso il nostro senza dubbio inadeguato animo a "egrege cose". ~ Altro è uno scrittoio. Qui la commozione è immediata, automatica - sia stato il mobile di poeta o di finanziere, di ministro o di imprenditore - perché immediata può essere la nostra identificazione. Non c'è bisogno di fantasticare, l'ombra si condensa da sé, si precisa, si anima. Una schiena s'incurva o si raddrizza, un gomito si appoggia tra le carte, una palma picchia impiaziente sul piano, dita febbrili cercano i il foglio scomparso, impugnano la penna, aprono —un cassetto, un indice traccia distratti ghirigori sul legno, sul cristallo. La remota reliquia s'è tramutata in uno strumento di lavoro, con attorno ancora la sua tradizionale, obbligata gestualità, ancora circonfuso dal suo intenso alone di ore, migliaia di ore, solitarie. Come allo specchio, alla scrivania si sta infatti soli. Ma quello non fa che riflettere enigmi interiori; mentre questa è rivolta verso la platea del mondo, è sempre in qualche modo avventurosa, come la__ nave di Ulisse. E si sa che tra un uomo e il suo scrittoio si stabilisce col tempo un rapporto personalissimo, possessivo, in parte sensuale, in parte persino superstizioso, analogo al rapporto che esiste tra un marinaio e la sua barca. -— Di lì, del resto, si può dire non troppo metaforicamente che siano partite tutte le storie, ^jsJaJStoriaJ^Da quel fatale macigno, tronco, rozzo bancone su cui fu appoggiata un giorno una tavoletta d'argilla per incidervi segni, pecore, buoi; dal "ben costrutto tavolo" su cui Omero necessariamente si chinò per il suo primo verso. _
E a partire dai sette tavoli qui raccolti sarebbe concepibile una fantastica saga torinese, un intreccio dalle sterminate ramificazioni italiane e internazionali: Pomba che progetta la prima casa editrice di dimensioni industriali, mentre Pellico, tra gli scossoni della diligenza, butta giù le sue prigioni su un delizioso scrittoio portatile; Cavour che verga istruzioni segrete per la Castiglione mentre Don Bosco conteggia i suoi disperati passivi e firma imperiose richieste d'aiuto. E non meno plutarchiane^appaiono le scrivanie di un immaginoso, pioneristico tycoon come Gualino, di un chirurgo innovatore come Dogliotti, di un manager come Valletta, "padre" della Seicento e decisivo traghettatore di tutti noi nell'era moderna. L'avvenire è incertamente telematico. Non mancheranno altri cruciali personaggi, concentrati in ore notturne sulle loro visioni, trame, speranze, costruzioni e fabbricazioni letterarie e d'ogni altro genere. Ma il problema è: avranno ancora una scrivania? Tra un secolo, una mostra come questa potrebbe essere impossibile, o raccogliere soltanto tastiere e schermi terminali tutti identici. Ci si aggrappa al prosaico pensiero che tuttavia un computer personal o impersonal che sia, va pur appoggiato su qualche cosa, no?
Carlo Frutterò Franco Lucentini
Perché una mostra
Nel presentarsi rinnovato ai Torinesi lo showroom Tecno offre, con la mostra "Torino: dallo scrittoio del presidente", uno spunto di riflessione sui valori tradizionali della città. Sette scrivanie appartenute a personaggi che hanno contribuito, in questi due secoli, a definire la fisionomia di Torino. Non tutti "presidenti" in senso stretto, come vorrebbe il titolo che allude alla grande figura di Luigi Einaudi; tutti, però, iniziatori di imprese che hanno portato il nome di Torino oltre i confini dell'Italia e dell'Europa. Una scelta che non si propone di essere sistematica, anche se potrebbe tentare una lettura per simboli: Cavour, la politica; Pellico, la letteratura; Valletta, l'impresa; Dogliotti, la scienza; don Bosco, il sociale... A questi scrittoi storici si sono accostate sette scrivanie moderne della produzione Tecno. Senza sottintendere una filosofia del confronto ("quale scrivania, oggi, per Cavour?"): bensì per visualizzare lo spessore del tempo che arricchisce di suggestioni le testimonianze storiche. Uno showroom non è soltanto un punto di vendita e di progettazione: con questa prima mostra Tecno si affaccia come una nuova voce tra le molte che alimentano a Torino la cultura umanistica e tecnologica.
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Scrivania di Vittorio Valletta Su molte scrivanie, proprio in questi tempi, fronti pensose si chinano meditando sul ruolo di Vittorio Valletta nello sviluppo industriale dell'Italia. Ma una sola scrivania è legittimata ad ispirare riflessioni sul Professore: quella che gli è stata compagna in FIAT, pendant simbolico della proverbiale "500". Per molti Torinesi questo mobile dimesso non sarà una rivelazione; ai semiologi parrà un significante mortificato; gli storici si chiederanno quale Italia senza; i politici auspicheranno. Resta certo il ruolo cruciale dei progetti, dei contatti, delle decisioni che hanno nella scrivania di Valletta un muto testimone.
T403
Ăˆ, in assoluto, la scrivania di chi decide. L'ampiezza del piano in cristallo, la trave in acciaio satinato definiscono un "territorio" - nel senso della prossemica - che è "spazio del Capo". Ăˆ una scrivania fatta per essere vissuta da una parte sola: gli interlocutori sono selezionati e tenuti a distanza. Del resto, il potere è la miglior compagnia per chi sa esercitarlo.
Scrivania di Riccardo Gualino Non ancora lontana nel tempo, una mostra dedicata a Riccardo Gualino ha documentato la vivacitĂ , l'acume critico, l'apertura culturale dell'uomo d'affari piemontese. Su questa grande scrivania di ebano come non immaginare documenti in cirillico, progetti di auto, scenografie teatrali, appunti autobiografici, magari un Botticelli? Produzione industriale e produzione di cultura accomunate da un unico entusiasmo creativo. Erano forse i prodromi della sponsorizzazione? Si accettano pareri contrastanti.
T333m
L'ampia superficie della scrivania direzionale, i doppi basamenti in alluminio evocano il peso della responsabilità e la gravità delle decisioni. Il retroscrivania delimita uno spazio di sicurezza, che può essere reso circolare - e quindi perfetto adattando le parti laterali girevoli. L'architettura dell'insieme valorizza la presenza del dirigente e gli consente di proporsi in atteggiamenti ieratici, quando lo ritenga opportuno.
Scrivania di Achille Mario Dogliotti Il suocero del grande cardiochirurgo, Carlo Turina, ha disegnato verso il 1930 la scrivania e l'intero mobilio che avrebbe arredato, dal primo dopoguerra, lo studio di Dogliotti nella Clinica chirurgica dell'Università di Torino. Adesso siede a questa scrivania il prof. Francesco Morino, genero e successore di Dogliotti: singolare compresenza di tre generazioni di illustri personaggi torinesi. Pioniere della chirurgia cardiaca, Achille Mario Dogliotti ha lasciato, oltre alla vivente tradizione della sua scuola, alcuni importanti testi specialistici. Questa scrivania è certamente testimone del suo impegno nel trasferire su fogli di carta l'esaltante esperienza del confronto diretto e della vittoria sulla malattia.
T333
Vi sono molti modi per essere una scrivania direzionale. La T333 evoca uno stile partecipativo: forse per la proporzione fra larghezza e profondità , che fa sembrare "a portata di mano" chi siede dietro ad essa; forse per il piano che aggetta verso l'interlocutore, come il davanzale di una finestra. Chi è convocato a questa scrivania si aspetta di essere coinvolto ed è indotto ad avvicinarsi, come per decidere insieme.
Scrivania di Giuseppe Luigi Pomba Una scrivania enciclopedica? La grande tradizione editoriale torinese è richiamata da questo mobile in noce chiaro nato già UTET nell'Ottocento. Occasione per ripensare la tendenza al "tutto" di questa tradizione, che prese l'avvio con la prima Enciclopedia Popolare nel 1842 e da piemontese si consacrò italiana con le successive "summae": Linguistica - il Tommaseo -, Letteraria - i Classici Figurativa - la Storia dell'Arte. È forse lo spirito piemontese che scarta l'effimero per l'imperituro?
T160
Priva completamente di enfasi, la T160 è l'affermazione piÚ eloquente di uno stile di direzione efficace e lineare. Nessuno schermo visivo verso l'interlocutore. Solo il piano, che quasi lievita ormeggiato ai basamenti metallici. Esso è il contesto essenziale di un rapporto chiaro e condiviso: tutto si gioca "sul tavolo", in una sfida che ha come armi la competenza e la capacità di decidere.
Scrivania di Camillo Benso di Cavour Scrittoio "secondo impero" (circa 1830) in noce laccato di nero, con passamano in pelle verde recante lo stemma di famiglia. Il grande statista e pioniere dell'agricoltura moderna teneva questo scrittoio nella camera da letto della sua casa di Torino. Fin troppo facile immaginare i pensieri e i disegni che hanno preso corpo su questo mobile austero; e certamente anche i dubbi e le incertezze di cui nessun altro è stato testimone. Del resto lo stesso Cavour ha pensato a provvedere di significato storico questo tavolo; diceva infatti: "Da qui si fa muovere tutta l'Europa".
T96
Scrivania direzionale studiata nel 1956 con criteri ergonomici e prossemici: il massimo di superficie a portata delle mani, la massima possibilitĂ di interfacciare in riunione e di adattare all'articolarsi del corpo la posizione delle cassettiere girevoli e intercambiabili. Allude, con la sua forma a boomerang, a uno stile di direzione dinamico, capace di coinvolgere e di comunicare.
Scrittoio da viaggio di Silvio Pellico Scrittoio da viaggio, custodito nella stanza abitata da Pellico in palazzo Barolo. Allo scrittore, reduce dallo Spielberg, la marchesa Giulia Falletti di Barolo aveva offerto una specie di vitalizio assumendolo come bibliotecario; di fatto possiamo immaginarlo come un "alter ego" della nobildonna, spesso lontana da Torino. Ci piacerebbe pensare "Le mie prigioni" scritte su questo delizioso piano di lavoro portatile; e invece è certo che esso servi per lettere e resoconti dai sopralluoghi nelle Langhe, da Moncalieri - dove Pellico soggiornava per curarsi una malattia agli occhi - e, probabilmente, dal viaggio in Toscana. La marchesa Giulia, infatti, alle prese con i problemi della fondazione della sua Opera Pia, aveva inviato il bibliotecario a sciogliere un voto fatto a santa Margherita da Cortona: un calice d'argento, per impetrare una maggiore speditezza nell'iter burocratico.
T95
Scrivania direzionale di tipo operativo, la T95 è forse la più "architettonica" delle scrivanie Tecno nelle sue simmetrie e proporzioni calibratissime. Probabilmente è vista dall'interno che dà il meglio di sé, con il gioco di volumi e di superfici; e, difatti, è pensata come strumento di lavoro, senz'altra concessione allo status symbol che la raffinatezza del materiale e la pulizia della forma.
Scrivania di San Giovanni Bosco Attorno alla metà del secolo scorso don Bosco teneva questo scrittoio nella sua stanza di Torino. Qui sono stati scritti alcuni dei suoi libri, con quello stile che a Silvio Pellico sembrava troppo dimesso. Alla critica amichevole don Bosco rispondeva affermando di scrivere per i ragazzi e non per i letterati. La storia, tuttavia, ha dato giustificazione al Pellico: don Bosco è oggi riconosciuto come un padre della pedagogia moderna, e i suoi libri vengono letti proprio dagli intellettuali... Qualche titolo, fra quelli che potrebbero aver visto la luce su questo scrittoio: "La storia d'Italia raccontata alla gioventù"; "Il giovane provveduto"; "Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità"; "La chiave del paradiso in mano al cattolico".
Graphis legno
La forma e la dimensione di una scrivania operativa. In legno: un concetto di "piacere" che si sovrappone a quello di "dovere". Personale, caldo, ricco di valori tattili, il legno connota immediatamente una situazione di agio, quasi domestica: di chi vive l'ufficio come una propria casa ed è legato al lavoro non da uno scambio tempo/salario ma da un rapporto interiore di familiarità , quasi di identificazione. Oppure, semplicemente, per chi ama quel sapore di natura che solo il legno riesce a comunicare.
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