Giugno 2015

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Giugno 2015


Edizione 2015

Quest’anno Termoli & Dintorni sarà stampata 3 volte, rispettivamente nel mese di Giugno, Luglio ed Agosto. Questa prima edizione è priva del programma estivo del Comune di Termoli, non pronto al momento della stampa. Le 3 foto di copertina saranno offerte da Francesco Sciarretta, vincitore del concorso online “Scatta e Vinci”, e da Salvatore Giannini, vincitore del secondo e terzo posto.

&Dintorni

Realizzazione Dema srl Pubblicità 392 7410139

Impaginazione grafica Studio Baboon

Guida visualizzabile On Line sul portale www.termoli.tv

Foto Copertina Francesco Sciarretta

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&Dintorni

Sommario La storia.............................. pag. 2 Origini del toponimo......... pag. . 5 Borgo Antico...................... pag. . 6 La Cattedrale...................... pag. . 8 Il Castello Svevo................. pag. .12 I Trabucchi......................... pag. .14 Numeri utili........................ pag. .16 San Basso........................... pag. .18 Ferragosto.......................... pag. .21 Sagra del pesce.................. pag. .23 Vernacolo termolese.......... pag. .24 Ricette tipiche.................... pag. .34 Orario traghetti.................. pag. .38

Comune di Termoli

Comune di Campomarino

Campomarino..................... pag. .40 Portocannone..................... pag. .42 Montecilfone...................... pag. .44 San Martino........................ pag. .46 Larino................................. pag. .48 Isole Tremiti....................... pag... 50

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la Storia La città di Termoli si estende sulla costa della regione Molise, verso l’interno, seppur il suo “cuore”, il paese antico, si affaccia sul mare. I primi segni della vita nella cittadina adriatica risalgono all’età preistorica, documentate da ritrovamenti risalenti alle necropoli, nelle zone di Porticone e Difesa Grande. A Difesa Grande, inoltre, ci sono anche

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diverse testimonianze di vita romana. In seguito alle razzie dei barbari e ai momenti della crisi socio-economica del basso impero, gli abitanti di questo luogo si rifugiarono sul promontorio, una zona di terra facilmente difendibile, poichè legata dalla terra ferma da un unico accesso. Su questo promontorio sorse la Cattedrale, datata XII o XIII secolo.


Fulcro del borgo e testimonianza della presenza di una diocesi, è il centro del paese vecchio stesso, verso la quale confluiscono tutte le vie. Federico II fece, in seguito, costruire il castello, come torre di vedetta sul mare Adriatico. Anche questo testimonia lo splendore di Termoli nel XII e nel XIII secolo. In seguito ci furono invasioni veneziane e turche che

portarono a saccheggi e devastazioni. Seguirono poi passaggi di proprietà tra dinastie e famiglie nobili, che segnarono un calo, fino al 1770, quando ai termolesi fu concesso di edificare anche lungo le due direttrici, verso la costa e verso l’interno.

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Origini del

Toponimo

Esistono diverse ipotesi sull’origine del nome della città: Arcidiacono Tommaso da Termoli fa derivare il nome Termoli sia dalle tre torri (Castello Svevo, Torre Belvedere e Torre Tornola) che da alcune terme che la decorarono, esistenti nella zona di Rio Vivo; Durante l’antico dominio della città da parte del monastero di Cassino, la città prese la denominazione di Termolantes, cioè terra appartenente alla chiesa, libera e immune dalla podestà secolare; Altra ipotesi sull’origine della parola Termoli, la stessa di Tremiti, era per la frequenza di terremoti;

Secondi altri Termoli ha origini greche e quindi le tre lettere finali “oli” sono riconducibili a polis come nei nomi di Napoli o Gallipoli e la radice invece deriva da Terma, limite o confine e quindi città di confine; Un’altra tesi sostiene che il nome derivi da Ter Molitus, distrutta tre volte. In ogni caso non si hanno attestazioni certe. Inoltre, un’antica carta geografica risalente al 1745 ritraente tutta la costa molisana, rinvenuta in un archivio americano, riporta per la città i toponimi Termole o Termine.

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Borgo Antico Il borgo antico di Termoli sorge sulla sommità di un piccolo promontorio che si protende quasi a picco sul mare e risale al V secolo. Termoli visse tra le mura che lo recintano fino al 1847, quando re Ferdinando II di Borbone autorizzò i termolesi a costruire fuori le cinta murarie della città. Il nucleo antico si presenta come una suggestiva cittadella fortificata, caratterizzata da un intricato sistema di vie e vicoli; tra questi, degno di nota è Vico II Castello, il più stretto d’Europa. Cuore pulsante del paese vecchio è la piazza del Duomo che ha mantenuto immutato nei secoli il suo naturale splendore con i colori

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caldi della pietra chiara con cui è costruita la cattedrale. Interessante è la testimonianza del vescovo Tommaso Giannelli, vissuto a Termoli nel 1765 che a proposito del borgo antico scrisse: “il suo giro, che forma la figura di circolo, è di 300 passi circa. Vi abitano con angustia 1400 cittadini, mentre la povera gente, che forma la parte maggiore, per quanto sia numerosa la famiglia, non suole avere più di una o due stanze, nelle quali si ha l’asino, il porco e quanto gli occorre. La città era circondata di muri e di passo in passo vi erano torri: si vede ancora un edificio che ha la forma di castello”.


Tanti anni sono passati da allora. Oggi il paese vecchio è uno scrigno di case rimodernate che custodiscono la storia di secoli. Due sono gli ingressi che permettono l’accesso al borgo, uno sito a nord, ai piedi del castello e l’altro posto sul lato del porto, caratterizzato da un arco e dalla torretta del belvedere. Passando sotto l’arco d’ingresso e procedendo tra le case ci si ritrova ad un bivio e scendendo verso destra si raggiunge l’istituto Gesù e Maria, gestito da suore. Nella piazzetta antistante il convento, c’è la scala a chiocciola, di moderna costruzione, che conduce al porto. Continuando a camminare lungo le mura del borgo si arriva al faro. Già da questo punto è possibile ammirare la maestosità del Castello Svevo. Procedendo di qualche metro in direzione del castello, sulla sinistra, si arriva al famoso

vicolo più stretto d’Europa. Usciti dal vico, ci si trova in prossimità di piazza Duomo. Alla sinistra della cattedrale si può osservare anche la piccola chiesa di sant’Anna. Procedendo su quello stesso lato, si arriva all’ex carcere. Se invece dalla cattedrale si va verso sinistra, camminando verso nord, si trova un particolare cortile attorniato da case: Largo Tornola, un posto affascinante dove ogni estate si svolge la rassegna cinematografica. D’estate il paese vecchio fa da scenario alle diverse e innumerevoli manifestazioni che la città adriatica offre, rendendo le serate nel borgo vivaci e romantiche per i migliaia di turisti che passano il tempo tra i locali e i negozi aperti fino a tarda notte.

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La

Nel cuore del Borgo Antico si innalza l’imponente Cattedrale, sorta intorno al V secolo che richiama uno stile nato dalla combinazione tra arte bizantina e arte normanna.

La sua costruzione però risale alla prima metà del XIII secolo ed è attribuito ad Alfano di Termoli, sulle rovine di due templi sacri: uno del decimo secolo, di cui non ci sono tracce, e l’altro del dodicesimo secolo a cui appartengono mosaici tricomi in bianco, rosso e nero che riportano elementi zoomorfi. Il pavimento, invece, è sorto negli anni trenta a seguito di un restauro in cui, durante le operazioni, sono state rinvenute le reliquie di San Timoteo, santo patrono della città. L’interno della Cattedrale si discosta notevolmente da quello originario. La storia della sua ricostruzione ci porta al dicembre 1464 quando un violentissimo terremoto è stato la causa del crollo della parte superiore della facciata. Il luogo sacro è stato oggetto anche di invasioni nemiche,

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Cattedrale come quella dei Turchi nell’agosto del 1566. L’imponente struttura che si erge davanti a piazza Duomo è dedicata a Santa Maria della Purificazione e nel 1885 è stata dichiarata monumento nazionale.

Il progetto di restauro degli anni trenta, voluto dall’allora monsignore Oddo Bernacchia, rivedeva tutto l’edificio e parte della facciata e delle pareti perimetrali. Ma si suppone che la costruzione sia avvenuta gradualmente negli anni. La facciata è alta circa 22 metri, poggia su di un basamento posto a circa due metri da

terra ed è costituita da una parte inferiore, dove vi sono sette arcate che si snodano con una continuità ritmica orizzontale ed una parte superiore, più recente ed avente solo un rosone. La parte frontale che si affaccia in piazza Duomo, illustra il tema religioso del ciclo del Mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. La scena della purificazione di Maria è posta in alto, sul portale. Negli ornamenti ogni bifora è diversa dall’altra, lavorate ed arricchite sono fiancheggiate da leoni e grifoni. Sul portale poi ci sono le statue dei santi Basso (nel 1760) e Sebastiano (nel

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1962) mentre le iscrizioni lungo le mensole indicano i donatori. Delle statue, invece, che in origine erano quattro e poste a coppie, ne resta solo una, quella che raffigura San Basso. Il 15 febbraio 2012 è stata ritrovata una statua che potrebbe appartenere a San Timoteo. La statua sparì nel 1948 dalla parte destra del portale facendo perdere le tracce di se, ma l’anno scorso, mentre si ripulivano dei locali

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siti nell’episcopio, è stata rinvenuta una botola che immetteva in una specie di fossa. Lungo gli anni e soprattutto nel dopoguerra, è stata ricoperta di ogni cosa. Durante le operazioni di pulizia, tra il materiale sepolto nella fossa, sono stati rinvenuti un capitello integro e tre pezzi di una statue lapidea. I pezzi rinvenuti saranno restaurati e in parte ricollocati sulla facciata durante i lavori.


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Il Castello

Svevo

Il castello di Termoli venne probabilmente costruito nel XIII secolo, nello stesso luogo dove prima sorgeva un torrione di epoca longobarda.

L’edificio, fatto costruire da Federico II di Svevia, è costituito da una base piramidale munita di torrette cilindriche ai lati e sormontata da una torre parallelepipeda di minori dimensioni. La struttura si sviluppa soprattutto in altezza sul lato nord a ridosso del mare. Questo lascia comprendere, insieme agli altri elementi architettonici, che il castello aveva una funzione di postazione

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d’avvistamento, ma soprattutto difensiva. Il portale era custodito da un ponte levatoio e da un fossato che si estendeva sul lato nord-est. La parte inferiore del castello, invece, era adibita a magazzino e deposito. La parte superiore del castello era sfruttata come deposito e abitazione, ma soprattutto aveva un ruolo difensivo. Gli ambienti siti al primo piano, infatti, prendono il nome di “corridoi degli arcieri” e sono caratterizzati da diverse feritoie che permettevano agli arcieri e balestrieri di colpire i nemici dall’alto. Sempre su questo stesso piano si


sviluppano le torrette circolari, dove originariamente si apriva l’unico accesso al castello. Restano ancora visibili, infatti, delle mensole che servivano a fare scorrere le funi e gli argani del ponte levatoio. Alla fine del periodo 1241- 1246, quello di Termoli viene citato tra i castelli del Giustizierato di Monte Sant’Angelo. Il castello è comunemente definito Svevo, probabilmente a causa della ristrutturazione avvenuta nel 1247 a opera di Federico II di Svevia, come testimoniava la lapide ritrovata all’interno di una delle torrette angolari. Durante i recenti lavori, è stata rinvenuta, nella parte inferiore della torre belvedere, una cannoniera posta a livello della scogliera che doveva assicurare la copertura difensiva dell’intero muraglione occidentale. Quando il castello perse il suo ruolo difensivo, le feritoie vennero trasformate in finestre. Dal 1902 il castello di Termoli è divenuto monumento nazionale e designato come museo storico regionale e nel 1909 la Marina Militare ha posto, sulla parte più alta dell’edificio, una stazione metereologica.

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I Trabucchi I trabucchi possono essere annoverati come parte inscindibile della storia di Termoli e immagine rappresentativa di un popolo, quello termolese, vissuto da sempre in stretta simbiosi con il mare. Sembrano delle casette galleggianti, sospese sull’acqua, alle quali si trova accesso tramite una passerella in legno. Si tratta, in realtà , di vere e proprie piattaforme ben stabili, poggiate su diversi assi di legno

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che fungono da sostegno e che vanno a incastrarsi direttamente tra gli scogli. L’interno del trabucco, composto quasi sempre da un’ambiente unico, custodisce tutti gli attrezzi per la pesca. La struttura esterna del trabucco, invece, vede due lunghe aste estendersi per diversi metri sopra il livello del mare , alle quali sono attaccate le reti dei pescatori che ogni giorno le calano e le issano.


La tradizione dei Trabucchi pare risalire al lontano 1850 per mano di un pescatore, Felice Marinucci. Secondo l’antica leggenda, Felice trasportava verso Ancona carrube e agrumi che aveva caricato sul Gargano. Ma di ritorno da quel viaggio, decise di posizionare un trabucco anche a Termoli, scegliendo, come luogo, proprio la scogliera che cinge ad est del borgo vecchio, che a quel tempo era l’unica zona abitata. Molti furono i trabucchi che da quel giorno furono costruiti da altri marinai per poter pescare senza il pericolo di scendere in mare.

Al giorno d’oggi, i trabucchi che continuano ad essere in attività, sono solo due, il primo è posizionato sul molo del porto, il secondo, invece, è alla marina di Sant’Antonio, visibile anche dal belvedere del borgo antico. È stato poi creato di recente un terzo trabucco, che però di queste “casette” ne conserva solo la passerella in legno e le aste lunghe per le reti, in quanto è stato costruito con una tecnica molto più recente rispetto agli altri due, con l’idea da parte dei proprietari di farne un luogo di valorizzazione dell’ambiente marino termolese.

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Questa prima edizione è priva del programma estivo del Comune di Termoli, non pronto al momento della stampa.Prossima uscita 15 luglio 2015

Numeri Utili ANTIVIOLENZA DONNA CARABINIERI CORPO FORESTALE

1522 112 1515

TELEFONO AZZURRO

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VIGILI DEL FUOCO

115

VIGILI URBANI

0875 712253

PRONTO SOCCORSO

118

PARCHEGGIO PORTO

0875 703345

GUARDIA DI FINANZA

117

CAPITENERIA DI PORTO

0875 706484

CARABINIERI

0875 706340

GUARDIA MEDICA

0875 7159472

METANO IMPIANTI

800-900-999

DOGANA

0875 706458

OSPEDALE S.TIMOTEO

0875 717364

GUARDIA DI FINANZA

0875 706267

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MUNICIPIO

0875 7121

PROTEZIONE CIVILE

0875 702098

POLIZIA DI STATO

0875 71551

RACCOLTA RIFIUTI

800 301 073

POLIZIA STRADALE

0875 71541

POLIZIA

SOCCORSO IN MARE SOCCORSO STRADALE

16

1530 116

STAZIONE FF.SS.

0875 706432


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È strettamente legata alla tradizione marinara il culto di San Basso, patrono della città di Termoli insieme a San Timoteo. La vera data ricorrente da calendario è il 5 dicembre ma i festeggiamenti avvengono in estate, il 3 e il 4 agosto. Della vita di San Basso si sa che fu vescovo di Nizza e che il suo corpo venne ritrovato la sera del 31 dicembre 1760, in Cattedrale a Termoli, durante i lavori di scavo per posizionare un nuovo altare maggiore. Mentre si eseguivano i lavori, infatti, venne rinvenuta una lapide di marmo che arrecava un’iscrizione di quattro righe che recitava in latino: “Qui riposa il corpo del Beato Basso vescovo e martire”. Il giorno dopo si completò lo scavo e venne ritrovata l’urna che conteneva le ossa di San Basso, che attualmente sono custodite nella cripta della cattedrale. Ci sono ancora dei misteri sull’arrivo del corpo del vescovo a Termoli, dopo che venne ucciso a Nizza la notte del 5 dicembre sul fiume Varo. Le ipotesi sono tante, dalla volontà del Santo di voler arrivare sulla costa termolese, al furto o all’acquisto delle reliquie. Ciò nonostante Termoli continua

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San Basso a venerare San Basso come suo patrono almeno dal XII secolo e lo fa nei due giorni di festa: il 3 e il 4 agosto. Il 3 agosto è il giorno della processione. Al mattino, dopo la messa in cattedrale, si procede con la processione a mare dove, la statua del santo viene portata a bordo di un peschereccio, estratto a sorte alcuni giorni prima. Il natante viene addobbato degnamente per la manifestazione che raduna battelli e navi che lo seguono con a bordo la gente. A metà percorso, verso Campomarino, dall’imbarcazione col santo viene gettata in acqua una corona di fiori in onore del protettore. Al porto si rientra verso mezzogiorno e li inizia la festa con tanto di ostriche e pesce fresco.

L’appuntamento successivo è per le stradine del borgo: a spalla i pescatori portano la statua al mercato ittico e li resta fino al giorno dopo, per essere ‘vegliata’ e venerata. Il 4 agosto, infatti, alle 6 del mattino, viene celebrata la Santa messa davanti al mercato ittico e alle 19, dopo l’altra funzione religiosa in Cattedrale, ci si riunisce in processione con San Basso. La sera del 4 agosto, tanti falò vengono organizzati sulla spiaggia di Rio Vivo, dove migliaia di ragazzi si ritrovano per passare la notte, attendendo gli spari di mezzanotte e festeggiando con un bagno notturno il loro Santo Basso.

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Ferragosto Termoli, la sera del 15 di agosto, si infiamma. Lo fa attraverso uno spettacolo entusiasmante: suggestivo, infatti, l’incendio artistico del castello. Viene, così, riproposto l’evento storico legato all’attacco turco sulle coste termolesi ad opera di Pialj Pascià e del suo esercito. La vicenda rievocata risale al 1566 quando Solimano II il Magnifico incaricò lo stesso Pialj Pascià di annientare la costa meridionale del mare Adriatico. Le truppe fecero prima razzia di tutto ad Ortona e Vasto e poi scesero fino a Termoli. Non appena comparvero in lontananza circa 150 galere i termolesi abbandonarono la città riuscendo a rifugiarsi nelle aree più interne. Le case del centro storico furono distrutte dalle fiamme, ma l’atto più grave

interessò la Cattedrale di Termoli: le statue e le decorazioni della chiesa madre furono solo un ricordo. La furia dei turchi provocò danni innumerevoli e questo assedio rappresenta una delle pagine più tristi della storia di Termoli. Dopo aver incendiato il borgo, le galere turche abbandonarono la città per riprendere il mare. E proprio quelle fiamme e quegli spari reali rivivono nei colori, nei suoni e nel calore della sera di Ferragosto con lo spettacolo pirotecnico. Tantissima gente raggiunge Termoli per assistere all’evento: le mura della città si ‘tingono’ di rosso e infinite ‘cascate di fuoco’ illuminano il borgo. Tra le migliaia di turisti rivive il passato.

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

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Sagra del pesce Nella scenografia naturale ed esclusiva del porto, nell’ultimo fine settimana di agosto, si svolge la festa che conclude tutti gli eventi dell’estate termolese. Stiamo parlando della rinomata ‘Sagra del pesce’ che attira nella città adriatica numerosi turisti nelle due serate di svolgimento. Dietro a questa manifestazione c’è un grande lavoro: grazie al contributo della cooperativa dei pescatori locali che vanno a pescare in mare aperto, ogni anno, nel piazzale del porto, vengono posizionate due ‘sartagne’, padelle di dimensioni notevoli sistemate su dei mattoni refrattari che in passato servivano alla frittura del pesce.

Questi tegami oggi rappresentano solo il simbolo della festa tradizionale, perché in realtà, la frittura di pesce viene eseguita in tante friggitrici elettriche in modo tale che l’alimento offerto è anche più igienico. Calamari, scampi e triglie sono solo alcune tipologie di pescato che viene cucinato da uomini e donne e poi distribuito tra i tanti banchetti, allestiti appositamente per l’occasione, che vanno ad occupare l’intero piazzale del porto. Come ogni sagra che si rispetti, non mancano concerti e balli, e per concludere a mezzanotte, una ditta si occupa di riscaldare l’ambiente con i fuochi d’artificio che tengono tutti con il naso rivolto all’insù.

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Vernacolo Termolese • • • •

GUIDA PER LA LETTURA La vocale e (in grassetto) rappresenta il suono dialettale ‘e’ in noce (nòce). La vocale u (in grassetto) rappresenta il suono dialettale di ‘u’ in muro (múre). La consonante h è utilizzata soltanto nei gruppi ‘ghe’ ‘ghi’ ‘sh’. I gruppi ‘che’, ‘chi’, ‘ca’, ‘co’, ‘cu’ sono sostituiti da ‘ke’, ‘ki’, ‘ka’, ‘ko’, ‘ku’. Con l’accento acuto ( / ) la vocale va pronunciata stretta. Con l’accento grave ( \ ) la vocale va pronunciata larga.

G

GHIANGHIJÉ - imbiancare.

GARBÍNE - libeccio, garbino.

GIAKKÉTTE - giacca.

GASTEMÉ - bestemmiare

GIÓVENE - giovane.

GEVEDDÍ - giovedì

GRÀNCE - granchio.

GGHIUTTÍ - inghiottire.

GRÀSHE - abbondanza.

GHIÀNGHE - bianco.

GRÍNE - la schiena.

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GUAJÒNE - bambino.

JELÉTE - gelato.

GUANTÍRE - guantiera.

JERNÉTE - giornata, paga giornaliera.

GUÀZZE - pozzanghera.

JETEVÍNNE - andatevene.

J

JETTÉ - buttare.

JACCE - ghiaccio.

JÚKE - gioco.

JÀMME - presto, su, sbrighiamoci.

JÚRNE - giorno.

JÀNNELE - ghianda. JÈRVE - erba.

Questa prima edizione è priva del programma estivo del Comune di Termoli, non pronto al momento della stampa.Prossima uscita 15 luglio 2015

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K

KAKKAVÒNE - pentolone. KALAMARÍLLE - calamaretto.

KACCÉ - cacciare, mandar via, KALARÈLLE - abitudine, vizio. ricavare. KALEKÀGNE - tallone. KACCENÍLLE - cagnolino. KALLARÈLLE - secchia per KAGGÉNE - gabbiano. muratori. KAJENÉTE - cognato, cognata. KAMMARENÈSE - abitante di Campomarino. KAKÀJE - balbuziente. KAMMARÍNE - Campomarino. KAKAJÚZZE - balbettare. KAMPUASHÉNE KAKALÚSE - pauroso. campobassano/a. KAKÉTE - escrementi.

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KAMPUMÍLLE - cammomilla.


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KANÍSTRE - canestro.

zero.

KANNARÚZZE - gola, gargarozzo.

KÀRTE - carta.

KÀNNE - canna. KÀNZE - largo, spazio. KEPASÀNTE - capasanta. KAPELÒTTE - capriola. KAPÚZZE - tuffo.

KARVENÈLLE - carbonella. KÀSHE - cassa. KASKÀNNE - caduta. KATÀRRE - chitarra. KATTÚRE - cattura.

KARESÍLLE - salvadanaio.

KAVALLÒNE - grossa onda marina.

KAREVÒNE - carbone.

KAVETÉ - bucare, forare.

KIARARÈLLE - abitudine.

KAVEZÒNE - calzoni.

KARÚSE - tagli di capelli a

KAVÚTE - buco.

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KAZZIÉTE - rimprevero.

KIAZZÉTTE - piazzetta.

KAZZÚTTE - pugno.

KÍLLE - quelli.

KEKÓCCE - zucca.

KJEKÉ - piegare.

KÉNE - cane.

KJÉNE - piano, lentamente.

KEPEKÚLLE - capocollo.

KJÍNE - pieno.

KÉSE - casa.

KJÓVE - piove, pioggia.

KÉSHE - cacio.

KJUVE - chiodo.

KIÀKKJERE - chiacchiera.

KKJÉLE - occhiali.

KIANÍLLE - ciabatte.

KKJÚ - più

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KKÒNE - un po’.

ÓSE - cosa.

KÒCE - cuocere.

KÒSSE - gamba.

KÒCCE - testa.

KRÉPE - capra.

KÒJE - cogliere.

KRIÀNZE - creanza, buona educazione.

KÓMPRE - compere. KÓNKE - conca. KÒPPELE - coppola, cappello con visiera. KORRE - correre.

KRÒCE - croce. KRÓSHKE - crosta. KRÚDE - crudo. KRUCÉTTE - gruccia appendiabiti.

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KUAJÉ - caglio.

KUÍSSE - codesto.

KUÉLLE - quella.

KUÍSTE - questo.

KUÉSSE - codesta.

KUKKJARÈLLE - cucchiaio di legno.

KUÉSTE - questa. KÚFENE - cofano. KUGGÍNEME - mio/a cugino/a. KUGGÍNETE - tuo/a cugino/a. KÚGNE - guscio. KUÍLLE - quello.

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KUKKJARÍNE - cucchiaino. KUKKJÉRE - cucchiaio. KUKKUCCÉLLE - zucchina/e. KULARÈLLE - pannolino. KULÉRE - colera.


KULÍKKJE - cantuccio di pane. KÚLLE - collo.

KUPPÍNE - mestolo.

KUMMÀTTE - dedicarsi, accudire

KURNÚTE - cornuto.

KUMPARÍ - comparire, apparire.

KÚRTE - corto. KURTÍLLE - coltello.

KUMPÉRE - compare. KUMPLEMÈNTE - complimento. KÚNTE - conto, conti. KUPÍRKIJE - coperchio.

KUPPÉTTE - coppetta.

KUSHÍNZE - coscienza. KUTTÒNE - cotone. KUZZÉTTE - nuca.

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Ricette Tipiche Termolesi U’ bredette (la zuppa di pesce)

Ingredienti per 4 persone: • 700 g. di pesce assortito (merluzzi, occhialine, teste, seppioline, aragostine e canocchie) • 500 g. di pomodori freschi • 1 peperone verde • prezzemolo • 2 spicchi d’aglio ½ bicchiere di olio d’oliva

Preparazione: In un tegame preparare il sugo soffrigendo nell’olio i pomodori, peperone, aglio, prezzemolo, aragostine e canocchie. Dopo aver aggiunto circa mezzo litro di acqua, immergere il pesce, coprire il tegame, lasciare bollire per 15 minuti e servire.

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I maccarune chi secce (maccheroni con le seppie)

Ingredienti per 4 persone: • 4 seppie di grandezza media • 200 g. di mollica di pane raffermo • 50 g. di formaggio grattuggiato • 1 uovo • 1 spicchio d’aglio • mezza cipolla finemente tritata • prezzemolo • 1 kg. di pomodori freschi passati • 500 g. di bucatini

Preparazione: Approntare un impasto con la mollica del pane aggiunto al formaggio, uovo, prezzemolo, aglio e riempire il ventre della seppia, precedentemente pulita, avendo cura di cucire la stessa con un filo come un sacco. E’ indispensabile, data la mollezza della carne della seppia, usare come sostegno alla stessa l’osso precedentemente estratto. Il sugo si prepara soffrigendo le seppie in una pentola contenente l’olio e la cipolla. Aggiungere i pomodori e lasciare cuocere per 40 minuti. Una volta lessati i bucatini, condirli e cospargerli con il formaggio. Le seppie ripiene sono il secondo.

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Questa prima edizione è priva del programma estivo del Comune di Termoli, non pronto al momento della stampa.Prossima uscita 15 luglio 2015

U’ pesce fejute (Il pesce fuggito)

Ingredienti per 4 persone: • 4 uova • 4 spicchi d’aglio • 6 fette di pane • 100 g. di formaggio • ½ bicchiere di olio d’oliva sale

Preparazione: Soffriggere in un tegame olio e aglio. Aggiungere ½ litro d’acqua e portare a bollitura. Immergere le uova rotte, salare e dopo aver coperto il tegame, lasciare cuocere sino a che le uova non si presentano turgide, quindi immergere le fette di pane e servire.

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Orario traghetti Tremiti Jet

IdroJet

50’

dal 18/06 al 14/07

lun-mar-mer-gio

ven-sab e festivi

DA TERMOLI DA TREMITI

08:40 - 16:00 09:45 - 17:40

08:40 - 10:45 - 17:30 09:45 - 16:20 - 18:45 www.navlib.it

Isola di Capraia

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Mezzo Veloce

60’

dal 12/06 al 30/09

lun

lun-mar-mer-gio

ven-sab

DA TERMOLI DA TREMITI

12:00 10,30

09:00 17:20

09:00 - 15:45 10:30 - 17:20

12:00 10,30

dal 15/06 al 30/09

tutti i giorni

DA TERMOLI DA TREMITI

09:30 17:15 Adriatic Princess III

www.tirrenia.it

75’


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Campomarino CAMPOMARINO Campomarino è un comune della provincia di Campobasso di circa 7.154 abitanti. Rispetto ai quattro paesi di cultura arbereshe, come Ururi, Montecilfone e Portocannone, Campomarino ha una storia a sé. Distrutta diverse volte dalle incursioni barbariche, Campomarino riuscì a diventare un centro di grande importanza longobarda e normanna. Il terremoto del 1456 danneggiò duramente il paese che divenne quasi disabitato fino al 15esimo secolo, quando fu ripopolato da profughi albanesi che, a seguito di invasioni e migrazioni, rifondarono le terre e vissero pacificamente con la popolazione locale.

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I resti più antichi di Campomarino sono le absidi e la cripta che appartengono alla prima costruzione, in cui c’è un affresco del 400 che raffigura San Nicola e San Demetrio. CAMPOMARINO LIDO è una frazione di Campomarino, nonché località di villeggiatura in cui gli stabilimenti balneari sono l’attrazione turistica d’eccellenza. Ha poco meno di mille abitanti in un chilometro circa di paese, ma è meta di turismo estivo ed ha anche un piccolo porto. La particolarità di Campomarino lido è la pineta che costeggia la spiaggia e arriva fino alla foce del Biferno.


Termoli

Campomarino

Programma estivo

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Portocannone In un colle a 148 metri sul livello del mare sorge Portocannone, uno dei quattro comuni in provincia di Campobasso appartenenti alla minoranza etnica e linguistica albanese, insieme a Ururi, Campomarino e Montecilfone. Portocannone, che si estende nei pressi del fiume Biferno, ospita 2.561 abitanti, esisteva giĂ in epoca medioevale anche

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se nel 1456 un violento sisma la rase quasi completamente al suolo e dieci anni dopo fu ricostruita interamente da una colonia albanese. La chiesa costruita è stata donata alla Madonna di Costantinopoli e in memoria di questo evento, ogni anno, il lunedÏ successivo al giorno della Pentecoste, si svolge la Carrese, la corsa dei carri trainati dai buoi, seguiti da giovani che sono a cavallo.


Termoli

Portocannone

LA CORSA DEI CARRI

La corsa dei carri è una vera e propria gara che si svolge durante le prime ore del pomeriggio e che fa divertire cittadini e appassionati che si dividono in tre grandi fazioni nutrite da rivalità folkloristica: i ‘giovani’ , con i colori biancoceleste, i ‘giovanotti’ che si distinguono dal colore giallorosso ed il carro dei ‘xhuventjelvet’, che porta il colore arancione. In base al racconto si narra che gli arbëreshe, giunti sulle coste dell’Adriatico, non conoscendo i confini del territorio, decisero di far decretare la scelta ad una coppia di buoi che trascinavano un carro con l’effigie della Beata Vergine di Costantinopoli. La festa inizia la domenica di Pentecoste quando i sostenitori di ogni carro si esibiscono in uno spettacolo di fuochi pirotecnici nella piazza centrale. Si conclude con l’accensione di una catena di polvere pirica di circa 100 metri che viene trascinata dal ‘cateniere’, il cavaliere che guiderà i buoi il giorno successivo, fin sotto l’arco del Borgo. Il tutto è benaugurante per l’evento del giorno successivo: la catena di fuochi, infatti, non dovrà spezzarsi. Il lunedì è il giorno più atteso dell’anno e la partenza è il momento più difficile di tutto l’evento, perché i carri non sono posizionati in modo tale che al ‘via’ del sindaco si proceda con la gara, ma sono ‘girati’ di 180 gradi. è indispensabile quindi che, per iniziare, il carro debba essere girato e lanciato a forte velocità. Ovviamente vince chi arriva per primo in paese.

Alfabeto Arbëresh

Alfabeti Arbëresh A [a]

(come in italiano) ► arr (noce)

B [b]

(come in italiano) ► bor (neve)

C [ts]

(come la “z” di pazzo) ► capul (zappetta)

Ç [tʃ]

(come la “c” di cesto) ► çikz (scintilla)

D [d]

(come in italiano) ► det (mare)

DH [ð]

(spirante sonora appoggiando la lingua sugli incisivi superiori) ► dhelpër (volpe)

E

[ε]

Ë

[ə]

F

[f]

(come in italiano) ► embër (nome) (vocale semimuta) ► ëndërr (sogno) (come in italiano) ► faqe (faccia)

G [g]

(come in italiano) ► gardh (siepe )

GJ

[ɟ]

(come la “gh” di ghianda) ► gjitani (vicinato)

H [x]

(pronuncia aspirata) ► hare (gioia)

HJ

[ç]

(palatale sorda) ► hje (ombra)

I

[i]

J

[j]

(come in italiano) ► illëz (stella) (come la “i” di ieri) ► jat (padre)

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Montecilfone Montecilfone è un comune di 1.472 abitanti situato su di una collina a 405 metri sopra il livello del mare. Il clima è temperato, per cui la vegetazione è rigogliosa, tanto da essere presenti 80 ettari di bosco sul colle Corundoli dal quale è possibile scorgere le catene degli Appennini abruzzesi, il promontorio del Gargano, le colline molisane, il Mar Adriatico e le Isole Tremiti visibili a occhio nudo nei giorni sereni. Reperti di epoca romana sono assai frequenti nell’agro di Montecilfone, infatti sono state rinvenute monete di Caligola (imperatore romano dal 37 al 41 dopo Cristo), una lapide romana pentagonale, statuette di bronzo e argento, numerose tombe e vasi di terracotta. La Chiesa di San Giorgio, l’unica del paese, è stata realizzata nel 1861 su 44

riedificazione di una precedente, più antica. Altri edifici interessanti da vedere sono il Castello con la Torre e il Palazzo Ducale. Storia e leggenda segnano la festività di San Giorgio a Montecilfone, il 23 aprile. E’ una delle prime feste di primavera, nata dalla fantasia popolare e tramandata con un’aurea di leggenda: la storia di San Giorgio, in lotta contro il drago, è declamata in un antico inno che vuole il Santo difensore del Cristianesimo. La tradizione iconografica rappresenta il Santo di Cappadocia in sella ad un bianco destriero nell’atto di trafiggere un drago dalle fauci infuocate; questa rappresentazione simboleggia la vittoria del Cristianesimo contro le religioni pagane. Tra le altre tradizioni di Montecilfone


K [k]

(come la “c” di casa) ► kal (cavallo)

L

[l]

(come in italiano) ► lule (fiore)

LL [ɣ]

(come “g” intervocalico dello spagnolo nella parola “amigo”) ► mollë (mela)

M [m]

(come in italiano) ► miz (mosca)

N [n]

(come in italiano) ► nuse (bambola, sposa)

NJ [ɲ]

(come “gn” di gnomo) ► një

(uno)

O [ɔ]

(come in italiano) ► or (ora)

P

[p]

(come in italiano) ► plak (anziano, vecchio) Termoli

Montecilfone

Q [c]

(come “ch” di chiodo) ► qiqër (cece)

R [ɾ]

(come in italiano) ► re (nuvola)

RR [r]

(come “doppia r” in italiano) ► rrush (uva)

abbiamo il culto in onore di S. Antonio di Padova, che si festeggia il 13 giugno con una suggestiva sfilata di carri trainati da buoi, simboli del duro lavoro. I carri, riccamente addobbati con fiori e drappi, vengono portati in processione dietro la statua del Santo, aspettando la benedizione del sacerdote.

S [s] (come in italiano) ► sipër (sopra) Sh [ʃ]

(come “sc” di sciarpa) ► sheg (melograno)

T [t]

(come in italiano) ► tajur (piatto)

Th [θ]

(come “th” in inglese) ► thik (coltello)

U [u]

(come in italiano) ► unaz (anello)

V [v]

(come in italiano) ► vajz (bimba)

X [dz]

(come la z di zero) ► xing (zinco)

Xh [dʒ]

(come la “g” di gelato) ► xhaket (giacca)

Z [z] Alfabeto Arbëresh a cura degli Sportelli Linguistici del Molise

(come la “s dolce” di rosa) ► zonjë (signora)

ZH [ʒ]

(come la “g” di beige) ► gozhëd (chiodo).

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San Martino San Martino in Pensilis è un piccolo comune molisano di 4901 abitanti. Il paese è situato su un’altura a 281 metri sopra il livello del mare. Il nome, secondo illustri studiosi, sembra derivare da una Chiesa posta su un colle, dedicata a San Martino di Tours. L’appellativo “in Pensilis”, che significa “posto sopra la collina”, indica, appunto, la sua conformità territoriale. Dopo che San Martino, nel tempo, venne sottoposta al predominio di diversi invasori come Goti, Longobardi e Normanni, nel 1811, insieme agli altri paesi della Capitanata quali Ururi, Portocannone, Campomarino e Termoli, entrò a far parte del Contado di Molise. Simbolo, tra gli altri, di San Martino in Pensilis anche il Palazzo del Conte o Palazzo Baronale, appartenente in parte ai signori Tozzi e in parte al Conte Cattaneo, anche se un antico manoscritto del 1590 designava il castello di proprietà di Ferdinando de Capua, quarto Duca di Termoli. 46

Santo protettore del paese è San Leone Confessore, conosciuto e celebrato come San Leo che si festeggia il 2 maggio. Questa ricorrenza è preceduta dalla tradizionale Carrese di San Martino in Pensilis, a lui dedicata, che si svolge ogni 30 aprile. Per ciò che riguarda la cucina tipica sammartinese, sicuramente la “pampanella” occupa un posto rilevante. Si tratta di carne di maiale cotta al forno e condita con sale, aglio e peperoncino. Una delizia gastronomica che porta alto il nome del paese in Italia, se non addirittura all’estero.


Termoli

San Martino

LA CARRESE La corsa dei carri di San Martino in Pensilis detta anche “Carrese”, è una gara tra tre carri trainata da buoi. Le diverse fazioni avversarie si distinguono per il nome e i colori sociali. Secondo la tradizione, la Carrese vanta origini antiche. La leggenda parla di quattro nobili, il conte di San Martino, il barone di Chieuti, il duca di Larino e il marchese Ramitelli che un giorno si ritrovarono per una battuta di caccia. Vedendo una sorgente d’acqua si incamminarono verso di essa per dissetarsi, lasciando legati i loro cavalli a una quercia e posando archi e frecce su di un grande masso nelle vicinanze. Al loro ritorno, però, trovarono il corpo di un monaco schiacciato dal masso che portava al collo un medaglione con su scritto Leone. Il monaco era conosciuto in zona perché aveva compiuto numerosi miracoli. Nacque così una lite tra i ricchi per scegliere chi doveva tenersi il corpo. Alla fine il monaco venne adagiato su un carro trainato

da buoi. Questi animali si sarebbero poi fermati su un terreno. Le reliquie del monaco sarebbero andate appunto al proprietario del podere. Destino volle che il carro si fermasse a San Martino, dove il monaco venne proclamato Santo e canonizzato come San Leo. La Carrese, dunque, è un forte simbolo di San Martino che ogni anno attira persone da tanti posti diversi. Durante la gara del 30 aprile che dura circa 21 minuti, si crea un’atmosfera surreale che sfocia nella gioia e nel tripudio dei colori del carro vincitore che per primo passa sotto l’arco che porta al piazzale antistante la Chiesa di San Pietro Apostolo, dove sono conservate le reliquie di San Leo.

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Larino Secondo gli storiografi più accreditati l’origine di Larino risalirebbe a cinque secoli prima della fondazione di Roma e per mano degli Etruschi che immigrarono verso le Puglie e diedero, quindi, il primo sviluppo alla realtà frentana. Facendo riferimento alle prime monete utilizzate in quei tempi e, rinvenute attraverso degli scavi, si ritiene che il primo nome della città derivasse dal latino Frenter, attribuito dagli Etruschi in ricordo della loro città Fèrento. Gli Etruschi credevano in Marte come divinità più importante e per tale ragione la prima religione dei Frentani fu quella pagana. In onore di Marte fu eretto anche un tempio che successivamente divenne una chiesa cristiana, proprio lì dove ora c’è la chiesa di San Primiano.

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Frenter venne distrutta e la città ricostruita prese il nome prima di Ladinod e poi di Larinum: sia da un punto di vista culturale che politico Larino ebbe sempre particolare rilevanza anche per la sua posizione topografica. L’anfiteatro romano e le terme erano sicuramente gli elementi caratterizzanti della città. è difficile stabilire il numero di abitanti in quel tempo: si presume fossero circa 100mila. L’approvvigionamento idrico avveniva attraverso le acque del grande serbatoio situato sotto il Pretorio da cui partiva il rifornimento per le tantissime fontane, per l’Anfiteatro e le terme. Lo stemma cittadino, come simbolo di Larino, è costituito da un’ala d’argento in campo azzurro.


Termoli

Larino

L’evoluzione della città La prima Larino sorgeva su un colle, proprio dove ora si impone la città nuova. Soltanto qualche secolo dopo la fondazione della città, il popolo si spostò a valle. E questo esodo avvenne probabilmente tra la fine del IX secolo e l’inizio del X secolo dopo le distruzioni compiute dai Saraceni. Il periodo di maggiore floridità urbanistica si registra tra il XIII e il XIV secolo attraverso la costruzione della Cattedrale, la chiesa di San Francesco con annesso convento, quella di Santo Stefano e il Castello conosciuto oggi come Palazzo ducale.

Anche nel XVI secolo l’attività edilizia e sociale frentana mantenne la sua vivacità: nel 1535 fu aperto il convento dei frati Cappuccini, nel 1564 vennero aperte le porte del Seminario, il primo nel mondo cattolico, e poi nel 1573 prese corpo il nuovo Episcopio. Poi per due secoli l’assetto urbanistico rimase immutato riprendendo vigore soltanto alla fine del XVIII secolo allargandosi oltre la “Porta di Piano”. Con l’Unità d’Italia Larino fu indicata come capoluogo del basso Molise e importanti istituzioni si radicalizzarono in città, come la sede della Sottoprefettura e il tribunale civile e penale. Attualmente a Larino ci sono anche l’ospedale “Vietri”, il carcere, l’Agenzia delle Entrate, l’Inps, imponenti sedi delle forze di polizia e scuole di ogni ordine e grado.

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Isole Tremiti Le isole Tremiti, o Diomedee, costituiscono un arcipelago del mare Adriatico, posto a circa 22 miglia da Termoli. Si tratta di bellezze naturali facenti parte del Parco Nazionale del Gargano. L’arcipelago è composto dall’isola di San Nicola, sulla quale risiede la maggior parte della popolazione, da San Domino, la più estesa e con l’unica spiaggia sabbiosa, da Capraia, seconda per dimensione e disabitata, da Pianosa, e dal Cretaccio. La morfologia costiera delle Isole Tremiti varia da isola a isola. Le quattro isole maggiori sono tutte formate da rocce di origine marina e continentale. Di grande impatto visivo sono i cosiddetti

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“pagliai”, ossia degli enormi faraglioni a forma conica che insieme alle caratteristiche grotte rendono unico il paesaggio. ISOLA DI SAN DOMINO Il suo territorio si sviluppa su una superficie di circa 208 ettari ed è la più grande isola dell’arcipelago. In parte coperta da una pineta, l’isola di San Domino è la più ricca di vegetazione e, a detta di molti, la più bella dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. Lungo il perimetro dell’isola si aprono diverse insenature e grotte che si possono scoprire grazie alle escursioni in barca.


Isole Tremiti Termoli

ISOLA DI SAN NICOLA Il suo territorio si sviluppa su una superficie di circa 42 ettari ed è storicamente ed artisticamente la più importante. Dal porticciolo, attraverso un possente

portale, ci si addentra all’interno dello spazio delimitato dalla cinta muraria. In questa zona si trovano il convento-castello fortificato e la chiesa di Santa Maria a Mare

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Le Isole

Tremiti Cala Tamariello

Scoglio del Monaco

Cala Tonda Cala Tramontana I Pagliai

Cala degli Inglesi

Cala dei Benedettini

Cala delle Arene

Cala delle Rondinelle

Cala dello Spido Cala Matano

Cala del Bue Marino

Cala del Pigno Scoglio Elefante Cala del Sale Cala delle Rosette Cala delle Morene

Cala di Zio Cesare

Isola San Domino

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Isola Capraia Il Grottone Cala dei Turchi

L’Architiello

il Cretaccio

Isola San Nicola

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la storia Abitate già in antichità, le isole erano note con nome Trimerus che deriverebbe dal greco trimeros, ossia “tre posti” o “tre isole”. In epoca romana, l’imperatore Augusto vi relegò la nipote Giulia che vi morì dopo vent’anni di soggiorno forzato. Nel 780 Carlo Magno vi esiliò Paolo Diacono che, però, riuscì a fuggire. La storia dell’arcipelago non è però solo legata agli esiliati più o meno illustri che qui furono confinati, ma soprattutto alle vicende storiche, politiche ed economiche dell’abbazia di Santa Maria a Mare. Secondo il Chartularium Tremitense il primo centro religioso fu edificato

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nel territorio delle isole adriatiche nel IX secolo ad opera dei benedettini come dipendenza diretta dell’abbazia di Montecassino e nell’XI secolo il complesso abbaziale raggiunse il massimo splendore. La magnificenza di questo periodo è testimoniata dalla presenza tra le mura del monastero di ospiti illustri, tra i quali Federico di Lorena (divenuto poi papa Stefano IX) e Dauferio Epifani (successivamente papa Vittore III). Nel 1334 l’abbazia fu depredata dal corsaro dalmata Almogavaro e dalla sua flotta, proveniente dalla città dalmata di Almissa, i quali trucidarono i monaci


mettendo fine alla presenza cistercense nell’arcipelago. Nel 1412, in seguito a pressioni e lettere apostoliche, e su diretto ordine di papa Gregorio XII, dopo il rifiuto di diversi ordini religiosi, una piccola comunità di Canonici Lateranensi, proveniente dalla chiesa di San Frediano in Lucca e guidata da Leone da Carrara, si trasferì sull’isola per ripopolare l’antico centro religioso. Nel 1567 l’abbazia-fortezza di San Nicola riuscì a resistere agli attacchi della flotta di Solimano il Magnifico. L’abbazia fu soppressa nel 1783 da re Ferdinando IV di Napoli che nello stesso anno istituì sull’arcipelago una colonia penale. Nel periodo napoleonico l’arcipelago fu occupato dai murattiani che si trincerarono all’interno della fortezza di San Nicola resistendo validamente agli assalti di una flotta inglese (anno 1809). Di questi attacchi sono visibili ancora oggi i buchi delle palle di cannone inglesi sulla facciata dell’abbazia. In seguito a tale evento, Murat concesse la grazia ai deportati che avevano

collaborato alla resistenza contro gli inglesi. Fu così che ebbe fine la prima colonizzazione delle Tremiti, effettuata mediante l’insediamento di colonie penali. Nel 1843 re Ferdinando II delle Due Sicilie, con l’intento di ripopolare le isole, vi fece insediare molti indigenti provenienti dei bassifondi napoletani, che poterono così sfruttare proficuamente la pescosità di quell’area marittima, dando luogo così ad una seconda colonizzazione delle Tremiti. Nel 1911 furono confinati alle Tremiti circa milletrecento libici che si opponevano all’occupazione coloniale italiana. A distanza di un anno circa, un terzo di questi erano morti di tifo esantematico. L’autonomia comunale risale al 1932. Nel 1987 Mu’ammar Gheddafi, in virtù delle deportazioni di cittadini libici effettuate soprattutto dal governo Giolitti a partire dal 1911, dichiarò che l’arcipelago era parte della Libia. Tali pretese territoriali seguivano la tensione diplomatica che sussisteva con l’Italia. 55




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