Magazine Finis Terrae | N. 10/2013

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Rivista Mensile del Progetto “Finis Terrae”

Luglio 2013 -X

Finis Terrae

Le culture danno spettacolo In questo numero: Editoriale Intervista a Monica Delvecchio – Cofondatrice di The Hub Bari Speciale Festival Finis Terrae


FINIS TERRAE

Editoriale di Vitandrea Marzano

Rivista mensile del Progetto Eccessi di culture e cultura dell’integrazione “Finis Terrae” Autorizzazione del Tribunale di Bari n. 2131/2012 del 24.09.2012

Direttore Responsabile:

Vitandrea Marzano Vicedirettore Responsabile

don Giuseppe Ruppi Coordinatrice di Redazione

Alessandra Rizzi Gruppo di Redazione:

Michele Lucarelli Mariapia Locaputo Rossana Mazzeo Hanno collaborato in questo numero

Michele Lucarelli Rossana Mazzeo Giuseppe Cifarelli Angela Cifarelli Editing e ufficio grafico

Sig. Andrea Tripaldi

La quotidianità ha spesso fornito spunti di riflessione agli antropologi, tuttavia mai come negli ultimi anni questi vengono interrogati a proposito degli eventi che la nostra realtà si trova ad affrontare ogni giorno. Migrazioni, tensioni internazionali, flussi di comunicazione, immagini, idee, disegnano scenari sempre nuovi che vanno intersecandosi in una trama complessa di significative connessioni e potenziali conflitti culturali, letti (troppo) spesso attraverso categorie socio-antropologiche e storiche utili a definirne le peculiarità, ma non sempre efficaci nel comprenderne il senso profondo che assumono nella quotidianità. Questo il motivo da cui parte la riflessione di un noto antropologo dell’Università di Genova di nome Marco Aime, studioso di Marcel Mauss ed esperto di intercultura. Il felice tentativo di penetrare l’articolato universo delle ideo-logiche che scandiscono il ‘discorso interculturale’ (identità, integrazione, conflitti, multiculturalismo, razzismo) attraverso l’analisi di episodi di vita reale, confronti quotidiani con l’Altro e con le differenze, avvalorano in Aime una convinzione solida che è sintetizzabile in una formula piuttosto convincente: “a incontrarsi o scontrarsi sono le persone piuttosto che le culture”. Una tesi ‘possibilista’ quella di Aime, che, dietro l’inclinazione fenomenologica nell’approccio al tema della diversità, cela una critica piuttosto significativa nei confronti del settore della mediazione culturale e degli studiosi che ne animano il dibattito. Una ‘critica costruttiva’ che indaga sul metodo ancor prima che sui contenuti, pregna di scetticismo verso l’eccessivo accento rivolto da

alcuni anni alle diversità e che mette in guardia circa il rischio intrinseco che ne deriva: la convinzione condivisa di una presunta impermeabilità delle culture garantita da una visione statica ed ‘essenzialista’ delle differenze che ne ignora al contrario le potenzialità espresse dal meticciato e dalle capacità dinamiche che queste possiedono. Un nuovo ‘fondamentalismo culturale’ (molto spesso esercitato in buona fede) che in nome dell’Identità e della Storia tenderebbe ad assolutizzare le forme culturali, fissandone caratteristiche, tradizioni e convinzioni, al fine di renderle ‘riconoscibili’, ‘intelleggibili’ e negandone di fatto le prospettive di una reale integrazione. Si tratta di quel processo che Gerard Lenclud avrebbe definito di ‘filiazione inversa’, in cui non è il passato a produrre il presente bensì il contrario, attraverso riproposizioni stereotipate di aspetti evocativi e rituali delle componenti culturali, finalizzate a definire i confini dell’agire degli individui e delle comunità. E così Aime, in un crescendo di suggestioni ed episodi, spesso legati all’immigrazione in Italia, ci propone un esercizio permanente di decostruzione dell’immaginario culturale e delle sue degenerazioni, talvolta funzionali ad obiettivi politici piuttosto che sociali. Può sembrare paradossale che sia proprio un antropologo a denunciare l’eccesso di culture’ che caratterizza i discorsi della nostra quotidianità, ma come afferma lo stesso Aime, le culture sono come quelle città dove la vita scorre tranquilla, se ne parla soltanto quando ne viene compromessa la consuetudine in senso negativo, e probabilmente sarebbe meglio che restassero fuori dagli “onori della cronaca”.


Linee, Attori e Risorse di Giuseppe Cifarelli

R-Estate a Libertà

Il mese di luglio per l’Oratorio Salesiano Redentore è stato un mese ricco di iniziative. Tra le iniziative principali spicca l’Estate Ragazzi 2013 che ha coinvolto circa 260 minori al pomeriggio e 160 minori al mattino. Il 13 luglio ha avuto luogo la serata finale dell’Estate Ragazzi 2013, con la vittoria della squadra gialla Abu. Il tema conduttore dell’ER 2013, è stata la storia di Aladdin, ragazzo furbo dal cuore tenero che riesce a cambiare non solo la sua vita in meglio ma addirittura una legge che impediva di sposare la bella principessa Jasmine, figlia del sultano. Una metafora dell’Oratorio che riesce non solo ad attrarre centinaia di ragazzi spesso in contesti sociali “a rischio”, ma anche ad educare a valori alti della vita in attesa che una legge regionale gli riconosca il giusto peso della sua funzione sociale ed educativa che svolge con numeri e risorse notevoli. L’Oratorio è riuscito quest’anno a calamitare circa 70 giovani volontari delle varie scuole superiori della città, oltre i circa 40 animatori e preanimatori, nell’animazione dell’Estate Ragazzi. Anche l’Estate Giovani ha coinvolto circa 80 giovani dai 15 anni in su. Dopo il gran finale dell’ER, Domenica 14 luglio alle ore 20 in Oratorio è stato organizzato l’evento sportivo “un pugno alla violenza”: una serie di match di boxe, che ha visto l’apice nell’incontro professionista tra Francesco Lezzi (cresciuto all’Oratorio Redentore) e Luigi Lapenna. Don Francesco Preite, direttore dell’Oratorio, lo definisce, “un evento quasi storico perché la boxe entra in Oratorio emancipandosi dal fardello di essere tacciato come sport violento. La boxe è uno sport che specialmente in contesti di disagio e di bullismo educa al rispetto dell’altro, al rispetto delle regole, perché per vincere è necessaria una grande conoscenza di sé, del proprio potenziale e dei propri limiti per sviluppare al massimo la propria forza fisica e psichica e battere il compagno sul ring”. La serata ha visto la partecipazione di numerose persone e ospiti, tra cui anche il Presidente Regionale del Coni Elio Sannicandro.Giovedì 18 Luglio

alle ore 20 in Oratorio si è disputato un incontro di calcio, sono scesi in campo le “Vecchie glorie dell’A.S. BARI vs REDENTORE”. La manifestazione “Un Calcio all’ignoranza” ha coinvolto anche alcuni giocatori “vecchie glorie” del Bari, quali Loseto e Di Gennaro, che hanno sfidato in una partita amichevole i ragazzi del Redentore, vinta per 5 a 1 da quest’ultimi. La manifestazione ha visto l’intervento del presidente della Provincia dott. Francesco Schittulli e don Mario Sangiovanni, Parroco del Redentore. Entrambi hanno manifestato entusiasmo per l’iniziativa proposta sottolineando una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni ad uno dei centri più frequentati del quartiere Libertà, quale l’Oratorio Redentore di Bari. Il giorno 19 luglio alle 20, l’Oratorio ha proposto una serata di riflessione, proiettando il medio metraggio “L’anima attesa”, in collaborazione con Pax Christi, sulla figura di don Tonino Bello a vent’anni dalla sua scomparsa. È intervenuto anche l’attore Franco Ferrante. E a conclusione delle attività estive presso l’Oratorio Redentore è stata organizzata una mini rassegna dei migliori musical degli Oratori salesiani della Puglia per ragazzi e famiglie. Martedì 23 Luglio alle ore 20, è andato in scena presso l’Oratorio del Redentore di Bari, “Peter Pan – solo chi sogna può volare” a cura dei giovani dell’Oratorio salesiano di Santeramo (Ba). Invece Giovedì 25 Luglio alle ore 20, è stato realizzato “Alice, il musical delle meraviglie” a cura dell’Oratorio salesiano di Foggia e dell’Aps “Sacro Cuore”. Il mese di luglio è anche il mese della formazione, infatti, il 27 e 28 luglio, i giovani dell’Oratorio Redentore assieme ad altri 500 giovani del Sud si recheranno a Cisternino per l’annuale confronto giovani, in concomitanza con la GMG (Giornata Mondiale della Gioventù). Poi dopo alcuni campi scuola locali ed il confronto MGS a Torino, ci sarà l’accoglienza dell’urna di don Bosco, prevista per domenica 22 Settembre a Bari.


L’intervista di Alessandra Rizzi

Intervista a Monica Delvecchio - Cofondatrice The Hub Bari 1) Raccontaci The Hub, che cosa è e come è nata l’idea di attivarne uno a Bari. Il network globale The HUB nasce nel 2005 a Londra con l’intento di riunire all’interno di un unico spazio, persone con l’ intento comune di migliorare il mondo in cui viviamo attualmente: è una community di persone, un laboratorio innovativo, un incubatore di imprese. Chiaramente non solo Londra aveva bisogno di spazi di questo tipo e così dal primo HUB ne sono nati tantissimi, diffondendosi in tutto il mondo, contiamo oggi 40 spazi aperti e una community globale di 6.000 membri. HUB Bari nasce con lo stesso intento. Siamo 5 fondatori, ci siamo conosciuti nel marzo del 2011 e abbiamo creato un gruppo di lavoro perchè avevamo lo stesso sogno: creare uno spazio collaborativo, per dare vita a progetti di innovazione sociale. Nella nostra regione negli ultimi anni sono nati tantissimi progetti volti a migliorare il territorio e molte persone sono tornate dall’estero per realizzare un sogno nella loro terra. Noi eravamo tra queste persone. Abbiamo deciso di unirci per creare uno spazio di lavoro bello, unico e innovativo. Oggi a quasi un anno dall’apertura ci possiamo ritenere soddisfatti del lavoro fatto fino ad ora, abbiamo una vasta community che conta con circa 100 membri e iniziamo ad essere il contenitore dell’innovazione sociale in questa città. 2) L’VIII Circoscrizione di Bari ha molte problematiche ma anche tante opportunità. Come riesce Hub Bari a innestarsi in questo contesto cogliendo e valorizzando le potenzialità del territorio? Hub Bari nasce proprio con l’intento di agire sul territorio nel quale il suo spazio fisico si trova. Per questo non dobbiamo guardare HUB come un’entità astratta ma come un gruppo di persone che insieme ha voglia di lavorare a contatto con il territorio, cogliendone e valorizzandone appunto le opportunità e questo può avvenire solo quando si inizia a ope-

rare come una forza unica. Ecco, l’idea è di lavorare insieme per stimolare il cambiamento dal basso attraverso progetti di inclusione sociale ma non con il fine di trasmettere in modo unilaterale, ma con lo scambio alla pari di idee e competenze. 3) Quale l’importanza di fare rete con le altre realtà locali, istituzionali, associative, sociali? Quando si parla di HUB si parla inequivocabilmente di rete, di nodi perché è questo che siamo a livello globale: una molteplicità di spazi e di persone che in tutto il mondo lavorano per avere un impatto positivo tanto a livello locale che globale. La collaborazione poi a livello locale diventa ancora più importante e fondamentale per realizzare progetti e idee che abbiano un impatto davvero positivo sul territorio. Abbiamo già attivato molte collaborazioni sul nostro territorio e siamo felici di dire che la collaborazione è rivoluzionaria perché può davvero portare al cambiamento: implica uno scambio e quindi un arricchimento. 4) Un altro mondo non è solo possibile. Sta già accadendo… La maggior parte delle persone che entrano a HUB Bari per la prima volta, ci dicono che si respira aria di innovazione, di familiarità, rimangono colpite dall’impatto che uno spazio come The HUB trasmette loro. È il luogo della contaminazione di persone, idee e progetti, ma è anche un posto in cui nuove relazioni sociali prendono vita, in cui anche la persona più lontana dal concetto di innovazione sociale può essere ispirata. A The HUB un’idea apparentemente folle può diventare un progetto imprenditoriale per il semplice fatto che qualcuno l’abbia ascoltato e appoggiato. Ecco, è questo che intendiamo quando un altro mondo non solo è possibile, sta già accadendo.


Contributi di Mariapia Locaputo

Festival Finis Terrae al Summer Village Le diversità dei popoli si incontrano e si fondono

Dal 22 Giugno al 30 Giugno presso Parco Perotti, uno dei simboli della legalità e del ritrovato rapporto tra Bari e il Mare, il Progetto Finis Terrae, in collaborazione con una serie di associazioni e società impegnate nel settore della cultura e della produzione musicale (Abusuan, Bassculture, ATS Acquaintesta) hanno organizzato il Summer Music Village: un grande Festival musicale, artistico, culturale dedicato ai temi dell’intercultura, degli spazi pubblici e dei beni comuni. Il Summer Village, sostenuto anche dal Comune di Bari, Provincia di Bari, Regione Puglia e dal Programma Regionale Pugliasounds, ha ospitato al suo interno 3 manifestazioni principali e una serie di incontri, dibattiti e momenti conviviali: la Festa dei Popoli (20-23), Bari in Jazz (26-28) e l’Acqua in Testa (29-30). La Festa dei Popoli e L’Acqua in Testa rientrano nel Summer Music Network (assieme a Di Voce in Voce e Festival Internazionale di Pace e Musica Hip Hop Menù Kebab), mentre Bari in Jazz è parte dell’Apulia Jazz Network (con Experimenta, Locomotive Festival e Locus Festival). L’ idea di una grande festa condivisa nasce dalla convinzione che l’incontro tra entità culturali differenti e la moltiplicazione degli sguardi siano fonte preziosa per costruire una dimensione multiculturale della nostra città e per una sensibilizzazione alla ricchezza che l’accesso alla diversità e l’accoglienza dell’altro permettono di conquistare. Il programma ha avuto due headliner di alto profilo, gli italiani BOOMDABASH e, soprattutto, gli inglesi ASIAN DUB FOUNDATION che hanno presentato a Bari il nuovo live show in Prima Nazionale. La partnership con Espirito Mundo ed il Governo del Brasile, inoltre, ha portato quattro band brasiliane: TULIPA RUIZ, AMAZONICA, SEU BENE e EDU MARRON. Hanno completato la programmazione i baresi CAMILLORE’, il dj WTFU e due giovani gruppi emergenti provenienti da importanti music contest locali. Sul palco del Summer Village si sono alternati gruppi provenienti da ogni angolo del mondo come Alma terra, Leda e il cigno, comunità mauriziana, L’onda perfetta, Soballera, Tealtro Gezz, I lautari di Craiova, Toast, Laltrocanto, Radicanto, Tukrè e Dj Bey.

Il pubblico, accorso numerosissimo e entusiasta (oltre 10.000 visitatori) ha danzato sino a notte fonda mentre i curiosi hanno affollato i circa 20 stand nei quali è possibile degustare piatti tipici o contribuire a progetti sociali con l’acquisto di prodotti e di articoli equosolidali.


Etica sociale di don Giuseppe Ruppi

Ora et labora: socialmente utile? Preghiera e Lavoro, interessa? Certamente è un programma di vita etica e sociale. San Benedetto lo ha consegnato come regola ai suoi monaci ed è stato uno slogan che ha messo radici culturali cristiane, dal medio evo in poi, in tutta l’Europa occidentale. Per don Bosco se li trattassimo separatamente l’uno (lavoro) dall’altra (preghiera), tradiremmo il suo pensiero. Nell’attualità odierna un imprenditore italiano (umbro) dell’alta moda lo attua nella sua azienda ed è una rivoluzione nel campo dell’economia soprattutto in questo tempo di disagio. Per don Bosco non si tratta solo di distribuire convenientemente il tempo tra le due attività. Ma di unirle in ogni momento mediante la carità che guarda con passione alla salvezza dei giovani. Non confondeva certamente il lavoro con la preghiera quanto alla natura e al valore; e quindi non sostituiva l’una con l’altro; ma viveva entrambi fusi, senza divisione tra di loro, come si dice della natura umana e divina di Gesù. Si addentrava tra le cose come questo mondo richiede: con piglio “secolare”, approfittando del tempo, delle collaborazioni, dei mezzi tecnici, della abilità mentale, del management, del denaro e dell’organizzazione. Ma lo faceva come se vedesse l’Invisibile: secondo i piani di Dio, con la carità e il cuore di Dio, affidandosi a Lui nello stesso momento in cui metteva mano ad un impresa e si avventurava tra persone e ambienti. Il Rettor Maggiore dei Salesiani, in preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco, nella sua strenna per il 2014: “Attingiamo all’esperienza spirituale di Don Bosco, per camminare nella santità secondo la nostra specifica vocazione”, ripropone questa spiritualità oggi alla Famiglia salesiana. Lavoro e preghiera traducono la fede, la speranza e la carità nella missione di educare e portare Gesù ai giovani. Le parole sono, come sempre “popolari”. Lavoro è un vocabolo che tutti capiscono perché ne hanno l’esperienza. Lavoro dice che il Signore ci manda a “fare”, secondo quello che abbiamo, dobbiamo e sappiamo, godendo e sudando, con intraprendenza e costanza. Sotto la parola lavoro don Bosco comprende tutto quello che si fa per gli altri: lavoro è zappare, ma anche predicare, fare un mobile o scrivere un libro, costruire una casa ed essere mamma al suo inter-

no; è cercare collaboratori e confessare. Insomma, darsi da fare con intelligenza, competenza e generosità. Lavoro richiama la parabola evangelica del Signore che cercava operai per la vigna. Lavoriamo tutti nell’azienda di Dio: Egli provvede l’energia e le macchine, i capitali e i progetti, un misterioso coordinamento per cui tutto converge verso il bene. Lavorare conforme a quello che Egli ci indica e nella forma come ci istruisce, domandargli ulteriori spiegazioni, quotare bene e diffondere i suoi prodotti, ringraziare per averci chiamato a partecipare nella sua impresa e pagarci bene: tutto questo si chiama secondo Don Bosco “unione con Dio”, preghiera. Egli fa preghiera in momenti speciali della sua giornata. Ma nei tempi di lavoro la continua, la intensifica, la rende completa e vera. E viceversa. La preghiera esprime l’amicizia di e con Dio con diversi sentimenti e formule: nel “kyrie” chiediamo perdono, con il “Gloria” lodiamo il Signore, con il “Credo” proclamiamo la nostra fede, nell’Offertorio offriamo del nostro e così di seguito. C’è poi una comunità della quale ci sentiamo parte, un luogo “sacro” per la presenza di Dio, un altare che ci ricorda Cristo, la sua mensa e il suo sacrificio. Tutto questo ha una importanza singolare per la nostra vita in Dio. Gli stessi sentimenti però si portano e si esprimono nel lavoro: c’è la gioia dei risultati, c’è la sofferenza dei fallimenti, c’è il senso di impotenza che porta a chiedere aiuto, c’è l’attesa dei frutti. C’è la verifica sincera e la correzione di atteggiamenti e procedimenti. Tutto ciò inserito nell’esistenza di Gesù e vissuto all’interno del Regno diventa preghiera. Monsignor Romero, martire della giustizia per i poveri dell’America latina, in una sua omelia disse: “Ci fu un tempo in cui si discuteva su lotta e contemplazione. Qualcuno pensava che la seconda, utile per il singolo, non andasse oltre il privato e non influisse sulla storia del mondo. E che le diverse forme di lotta o impegno, indispensabili per ottenere obiettivi temporali, non avessero bisogno della preghiera per raggiungere i loro risultati”. Si. Ora et labora è socialmente utile!



“La diversità delle culture non deve invitarci ad un’osservazione spezzettata. Essa è funzionale a comprendere le relazioni che le uniscono.” Claude Lévi-Strauss


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