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PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
Essere giovani non vuol dire sempre la stessa cosa, in ogni epoca e in ogni luogo. Prova a chiedere a tuo nonno, che tipo di “giovane” era? Portava le basette lunghe, i capelli impomatati e ballava il rock’n’roll? Allora era un teddy boy. Se invece i capelli erano corti, si spostava in Vespa o Lambretta e amava la musica dei Beatles, era un mod.
L’idea di generazione come la intendiamo noi è molto recente, non ha neppure 80 anni. In occidente bisogna infatti attendere il boom economico che seguì la II guerra mondiale per ritrovare i “giovani”, intesi come gruppo anagrafico, sociale e culturale separato dagli adulti. Teddy boy, rocker, mod furono le prime “sottoculture” giovanili che, dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, si diffusero nel resto dei paesi occidentali creando vere e proprie “mode” che solo i più giovani apprezzavano e seguivano. Era l’epoca della cosiddetta “gioventù perduta”, della paura scatenata dal rock’n’roll e da scelte che mostravano un certo spregio delle convenzioni. Tutti comportamenti che oggi ci fanno sorridere, ma che allora scatenarono un vero e proprio panico morale: cioè un allarme collettivo ingiustificato pompato dai mass media.
Prima di allora i giovani erano semplicemente “piccoli adulti”, in pantaloncini corti anche d’inverno; dagli anni 1950 e 1960 i giovani diventarono un gruppo sociale separato, con comportamenti, consumi e desideri radicalmente diversi da quelli dei matusa.
Da allora le generazione si sono susseguite, ognuna ha adottato simboli, mode e linguaggi distinti per raccontarsi e cercare un
posto nel mondo. Una sola cosa non è mai mutata: l’abitudine delle generazioni adulte di parlare male di quelli nati dopo di loro, che sono sempre “meno” qualcosa: meno impegnati, meno studiosi, meno lavoratori… È successo anche a te, vero?
Oggi si fa un gran discutere di Millennial (o generazione Y), coloro nati, più o meno, tra il 1980 e il 1995, e Centennial (o generazione Z), formata dai nati tra il 1995 e il 2010. Ne parlano giornalisti e sociologi e soprattutto analisti di marketing e pubblicitari perché i giovani sono innanzitutto dei consumatori: di mode (quelle scarpe, quel tipo di felpa…) e tecnologia. Se hai questo libro in mano, anche tu fai parte di una di queste generazioni. Ottimo, perché proprio a te e ai tuoi coetanei è rivolto questo volume.
Millennial o Centennial che tu sia, hai un grande asso nella manica: sai usare le tecnologie informatiche meglio di tutte le generazioni che ti hanno proceduto. Penserai: “Ma anche mio nonno sta su Facebook!!!”. E tu ci sei mai stato? Conosci qualcuno con più di 30 anni che ancora smanetti sul social di Zuckerberg? Lo so, Zuckerberg ha capito l’antifona e nel 2012 si è comprato pure Instagram, dove tu e i tuoi amici passate un sacco di ore. Ma diciamocelo: finalmente sono gli adulti a dovervi rincorrere, quando si tratta di social media e smartphone.
Secondo studiosi e opinionisti, Millennial e Centennial sarebbero anche molto diversi tra di loro: i primi edonisti votati alle emozioni passeggere, i secondi più realisti e materialisti; i primi grandi viaggiatori entusiasti dei voli low cost, i secondi più profondamente global in quanto abituati fin dalla tenera età a navigare in rete, senza confini; i primi spettatori di contenuti altrui, i secondi creatori di nuovi contenuti (una bella carriera come youtuber… perché no?).
E ora spezziamola una lancia in favore dei presenti e futuri animatori del web: i Centennial pongono in cima alla lista delle loro priorità la salvaguardia del Pianeta. Non a caso Greta Thunberg è una di loro: la sensibilità ambientale è molto più diffusa tra coloro nati a cavallo del nuovo millennio che nelle generazioni precedenti (che infatti sono state disastrose per l’equilibrio ambientale).
Se poi provi fastidio per queste definizioni che vorrebbero ingabbiarti, sappi che non sei solo. Si tratta di etichette che vengono appiccicate per abitudine (“ai miei tempi noi eravamo diversi…”) e per esigenze lavorative (che farebbero altrimenti sociologi, analisti di marketing e giornalisti?), e che hanno poco a che fare con la vita e gli eventi reali. Un esempio: negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso si discuteva animatamente della generazione silenziosa: giovani apatici, privi di interessi, disinteressati di politica. Di lì a poco sarebbero scoppiati i più imponenti movimenti giovanili che la storia ricordi: il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, il movimento pacifista contro la guerra in Vietnam, i movimenti studenteschi del ’68 in tutto il mondo… Insomma, molto raramente gli adulti ci hanno azzeccato!
Proprio per questo Aiuto! Sto diventando adulto evita di farti la morale e con ironia ti presenta alcune tappe tipiche dell’età adulta, con cui devi fare i conti, anche solo per decidere che non fanno per te. Quindi ragazzi e ragazze, cercate di ignorare quello che i matusa dicono di voi e tentate di trovare la vostra strada, sarete sicuramente degli adulti migliori di quelli che vi hanno preceduto.
– Enrica Capussotti