San nilo

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PRESENTAZIONE Il Gruppo di Azione Locale dell’Arco Jonico della Sibaritide, GALAJS, in attuazione del proprio Piano di Sviluppo Locale (PSL) finanziato dal Programma Leader Regione Calabria 2000-2006 nell’ambito della “Iniziativa Comunitaria Leader+”, ha voluto rendere omaggio ad una delle grandi figure della Calabria e della Sibaritide, San Nilo di Rossano, in occasione del primo millenario della sua morte (Grottaferrata, 1004). L’iniziativa è stata sviluppata nell’ambito della misura 1.3.3.1. del PSL, “Servizi editoriali per la promozione turistica dell’area”, con il contributo determinante di don Franco Milito, vicario episcopale dell’Arcidiocesi di Rossano-cariati per la cultura, che ne ha curato il testo ed al quale, perciò, vanno i sensi della nostra gratitudine. Il volumetto, agile e ricco di immagini, è stato concepito con evidente finalità divulgativa, con la speranza che questo nostro grande Monaco e grande Santo possa essere sempre di più conosciuto, nei suoi tratti essenziali, dal grande pubblico del nostro comprensorio ed anche dalle tante persone che attraversano il nostro territorio per motivi culturali e turistici. Vogliamo sperare che esso possa costituire un piccolo ma importante contributo per la promozione di una sempre migliore conoscenza di questa nostra importantissima porzione di “Magna Graecia”, crocevia delle grandi civiltà dell’Oriente e dell’Occidente mediterraneo. Ing. Francesco Rizzo, Presidente del GALAJS In copertina “San Nilo in orazione”, Domenichino, Badia Greca di Grottaferrata. In ultima di copertina San Nilo, icona bizantina, Badia Greca di Grottaferrata. In alto particolare decorativo “Vita di San Nilo”, XI-XII secolo.


“Io credo che non vi sia alcuno tra noi che non conosca Rossano, non solo come quella città che presiede ai confini della Calabria, assai grande ed inespugnabile ad un tempo, ma anche come la sola città, la quale, nella quasi generale devastazione di tutta la regione calabra e nella conseguente caduta di tutte le altre città nel dominio dei Saraceni non soggiacque alla legge della comune rovina”. Con queste rapide ma precise pennellate, l’anonimo autore (forse San Bartolomeo, secondo alcuni) della Vita e fatti del santo padre nostro Nilo il Giovane ci presenta Rossano, la patria terrena dell’atleta dello spirito di cui si accinge a narrare la vicenda, tutta ispirata e protesa alla conquista della patria celeste e dei mezzi per raggiungerla. C’è da restarne un po’ meravigliati. Nella scuola e nella letteratura bizantina, infatti, l’elogio delle città ha princìpi dettagliati a cui attenersi mentre il nostro autore sembra tralasciarli volontariamente. Gli importa, piuttosto, mettere in evidenza le peculiarità che differenziano Rossano da altri centri: la posizione strategica e la sottrazione alle scorrerie dei Saraceni, vero flagello in quegli anni per le regioni meridionali. Ne precisa anche la ragione: non la sapienza e la potenza umana difendono Rossano, ma la potentissima protezione della Madre di Dio che, come una Signora di porpora rivestita e con in mano delle faci ardenti, respinge e scaccia lontano dalle mura i terribili assalitori. Al nostro biografo interessa chiaramente descrivere due caratteristiche specifiche di Rossano: l’importanza sotto il profilo militare e la predilezione divina che si stende sulle sue vicende. È una congiunta dichiarazione di un dato di fatto politicogeografico, da un lato, e di fede, dall’altro. Quanto basta per essere proiettati negli anni e nel panorama culturale in cui Nilo opererà, attraversando quasi per intero il secolo X.

Panorama di Rossano.

La Madonna Achiropita conservata nella Cattedrale di Rossano.

UN BREVE QUADRO STORICO La Rossano di questo periodo del catepanato d’Italia e del Tema di Calabria è un corsivo, una fortezza, unica sentinella a nord della regione di fronte 3


Sotto una stampa settecentesca di Rossano, nella pagina a fianco vista della Cattedrale e la Tavola IX dei Vangeli tratta dal Codice Purpureo, Museo Diocesano.

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alla Bassa Valle del Crati, da tempo in mano sicura ai longobardi di Salerno. L’appartenenza all’impero bizantino è rilevabile in tutti i settori della vita sociale e religiosa. Sotto il profilo ecclesiastico, Rossano è sede episcopale. Vi si officia e si celebra in greco e i legami con la tradizione liturgica e monastica della capitale, Costantinopoli, è abbastanza viva, senza che ciò determini alcuna rottura con il patriarcato di Roma. La crescente importanza sul piano politico-sociale durante il X secolo, porterà la sua chiesa ad essere autocefala, cioè di fatto autonoma dalla Metropolia di Reggio quando quest’ultima, sempre più esposta agli attacchi dei saraceni, fu costretta allo spostamento di uffici e di funzionari verso l’estremo limite della Regione. Per questi motivi, oltre che per il richiamo e l’attrazione suscitati dalla crescente fama di Nilo, alte personalità dell’Impero e della Chiesa verranno a trattarvi importanti


questioni amministrative e religiose. L’imperatore Ottone II, nella sua disastrosa campagna in Calabria (982), vi farà fermare la moglie, l’imperatrice Teofania - sorella di Basilio II e di Costantino VIII - ed il figlio, il futuro Ottone III, con tutta la corte ed il tesoro imperiale. IL CLIMA CULTURALE A partire anche dalle immigrazioni dei monaci greci del sec. VII, vi è a Rossano nel X secolo una ingente circolazione di libri e di codici, indice di un’attività culturale che si svolge a diversi livelli come la produzione amanuense in loco e la fondazione di una tradizione che si conserva e si diffonde in altre zone ad opera di copisti qui formatisi. Si tratta della fase matura e rigogliosa di un movimento, indice di una società colta, dove si riceve e si trasmette una formazione religiosa e profana, soprattutto in ambito di famiglie di origine greca e benestanti. I vari tipi di calligrafia presenti nei codici fino a oggi pervenuti rimandano all’ambiente rossanese e testimoniano eloquentemente la ricchezza della sua editoria e quindi degli scriptoria ivi operanti. ROSSANO: TERRA DI INCONTRI E DI SCONTRI E tuttavia non soltanto greci ne formano la società. Sia pure in misura più ridotta, ma significativa, vi convivono ebrei, slavi, bulgari, armeni e franchi, anche se questi ultimi solo di passaggio. Sono uomini legati ad eserciti in transito, impegnati in scorrerie e conquiste e che richiamano alla mente tristi momenti di paura e di violenza. La situazione politica, infatti, non è tranquilla e Bisanzio, già alla prese con temibili nemici in aree più centrali del vasto impero, deve stare all’erta anche in Italia. NATURA E SPIRITO DELLA TERRA DI SAN NILO In una società attraversata da giochi di potere, la vita monastica diventa un’attrattiva per molte anime desiderose di Assoluto. Non mancano i maestri e perciò aumentano i seguaci che li scelgono a propria guida nel cammino irto dell’ascesi. 5


Sopra il Monastero di Santa Maria del Patire, sotto la chiesa di San Marco.

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Né mancano i luoghi che possono favorire il ritiro in solitudine per la coltivazione dello spirito. A Rossano giungono gli echi di tanta spiritualità e la sua felice collocazione geografica è un permanente, irresistibile invito ad elevarsi verso l’alto. Dal colle su cui è situata, l’occhio si perde nella pianura sottostante in quella che fu la sede dell’antica Sibari, mentre all’orizzonte l’azzurro Jonio ricorda che oltre si estende l’Oriente, da sempre culla di civiltà, lingua, scuole di pensiero e religione. La catena del Pollino a nord e soprattutto le colline della pre-Sila, anch’essa greca e perciò Magna/Grande fanno da baluardo a Rossano. Tale è lo scenario ed il retaggio che Nilo vi respira negli anni della crescita e della maturazione. Nella sua vita, lentamente, faticosamente e lucidamente, si realizza la fusione tra i due mondi da cui sarebbe nata l’Europa medievale. Si combinano tra loro Atene, Roma, Costantinopoli. Tre città, tre simboli, tre tappe. Proprio come in quella geografia dello spirito che egli aveva attraversato per approdare infine alla Gerusalemme celeste, nel vespero di un settembre da cui sarebbe partito un nuovo millennio e su cui ora si volge la nostra ricerca per riscoprirne origini ed eredità.


CRONOLOGIA DELLA VITA DI SAN NILO 910 / Nilo nasce a Rossano in Calabria. I genitori molto devoti lo consacrano tra i chierici della Cattedrale dedicata alla Madre di Dio. Le peculiari doti di natura lo portano ad eccellere nell’apprendimento e nella perspicacia degli studi della Sacra Scrittura e della vita dei grandi padri monaci Antonio, Saba, Ilarione e altri, le cui immagini vedeva dipinte nel tempio. Ma, per desiderio di sapere, si provvede anche di libri di cultura profana. Rimasto orfano, l’educazione religiosa viene continuata dalla sorella sposata. 940 / II fascino giovanile, dovuto sia alla bellezza fisica sia al possesso di una soavissima voce, nonché alla versatilità dell’ingegno, fanno colpo su una delle sue tante ammiratrici, con la quale convola a nozze. Frutto dell’amore è una figlia. Ma, in seguito a una profonda crisi religiosa, Nilo abbandona moglie, figlia, patria e beni per dedicarsi alla vita monastica. Per attuare tale disegno si reca ai monasteri del Mercurion dove incontra figure esemplari come Giovanni il Grande, Fantino e Zaccaria, che l’accolgono amorevolmente. L’ordine perentorio e minaccioso che arriva dal governatore della Calabria - “a chi avesse osato tonsurare Nilo sarebbe stata tagliata la mano ed il monastero passato al fisco” - induce il giovane Nilo a recarsi in un altro monastero per diventare monaco. Ciò avviene a San Nazario, nel Cilento, dove Nilo si ferma per circa quaranta giorni. In questo primo periodo elabora una serie di princìpi ai quali si manterrà fedele per tutta la vita. È un severo regolamento personale, che si aggiunge alle non meno rigide regole monastiche, nel quale posto preminente hanno un’alimentazione estremamente sobria, le veglie e le preghiere, il lavoro materiale consistente nella composizione di codici, arte di cui diverrà maestro con l’invenzione di una sua particolare calligrafia. Infatti Nilo dà il via ad una vera e propria scuola, fucina di una preziosa produzione libraria, tanto che la comunità dei discepoli, vedrà generare al suo interno una tradizione

Sopra la chiesa di San Nilo, sotto panorama di Rossano.

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di valenti copisti. Nilo, diventato monaco, ritorna al Mercurion, per realizzare, con il suo stile di vita, le aspirazioni più profonde dell’anima. 943 c.a / Di fatto, desiderando vivere in perfetta solitudine per avanzare sempre di più nella perfezione Nilo si ritira in una spelonca situata sulla sommità di un dirupo, con un altare dedicato all’Arcangelo S.Michele. Qui, le aspre penitenze e i terribili assalti del demonio, la trascrizione solerte di codici e la preghiera caratterizzano le giornate dell’eremita.

Testo autografo attribuito a San Nilo (964-5), Badia Greca di Grottaferrata.

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945 c.a / La fama che comincia a diffondersi sul suo conto gli porta fin lì un primo discepolo, che non resterà a lungo con lui per evidente incapacità di purezza di intenzioni. È un’esperienza intrisa di diffidenza e di sofferenza, ancorché non equiparabile alla grave malattia che lo coglie: un tumore alle corde vocali così insidioso da renderlo completamente afono ed impedirgli, addirittura, di mangiare. Solo le premurose insistenze e le preghiere di Fantino lo convinceranno a ritornare con lui in monastero per curarsi. La salute, appena recuperata, continuerà ad essere vessata dagli assalti demoniaci, ma sarà anche riacquistata come frutto di un’ubbidienza senza riserve all’amico Fantino. A distanza di poco tempo, sofferenza non meno grande dovette essere perdere per sempre la vicinanza ed il conforto di Fantino. In preda, infatti, ad una profetica esaltazione di spirito circa la fine del Mercurion ad opera dei saraceni, il santo asceta si trasferisce prima nel Salernitano e poi in Grecia, dove morirà a Tessalonica, probabilmente nel 974. All’incirca nello stesso periodo, Nilo accoglie il primo vero discepolo, Stefano. È un giovane ventenne, orfano di padre e con a carico madre e sorella, contadino e di famiglia povera. Il duro percorso spirituale, a cui Nilo sottopone il ragazzo, potrebbe apparire ingiusto e ingeneroso, tanto sconcertanti e sorprendenti erano le modalità che vengono descritte nella Vita di San Nilo. La durezza della disciplina in realtà rispondeva ad una precisa finalità pedagogica che Nilo attuò anche nei confronti di altri confratelli. Dietro l’esigenza di un


indubbio tenore di rigidità, si nasconde e trapela un grande amore per i suoi discepoli: li vuole davvero perfetti, degni dell’abito che indossano. 948-949 c.a / Ne è prova il loro aumento, a partire dal secondo discepolo, Giorgio, portatogli dallo stesso Stefano da Rossano. La figura del nuovo discepolo sembra fare da contrappunto a quella di Stefano. Giorgio appartiene ad una delle famiglie più nobili della città, non è tanto giovane, è un uomo esperto e navigato. Conosce perfettamente l’agio della vita che lascia, ma intende abbracciare totalmente quella monastica, per curare la salvezza della sua anima. Ecco perché non si scompone affatto quando, ignaro del contenuto di una lettera che porta ai giudici di Bisignano e che lo indica come eventuale vittima per riparare l’omicidio perpetrato da un cristiano nei confronti di un ebreo, si dice pronto a morire, se così ha disposto il suo “padrone”. L’età avanzata non lo farà stare molto in compagnia di Nilo: Giorgio morirà intorno al 960, a Sant’Adriano, nei pressi dell’attuale San Demetrio Corone. 952-953 / Dopo un decennio trascorso alla grotta del Mercurion e dietro l’incalzare instancabile dei saraceni, Nilo si era infatti trasferito in un luogo non lontano da Rossano dove sorgeva un piccolo oratorio dedicato a Sant’Adriano martire e dove fondò il suo primo monastero. Qui si viene a formare un più consistente gruppetto di circa dodici discepoli. Tra questi ne eccelle uno in particolare, Proclo da Bisignano, definito “santissimo e beatissimo, personaggio fornito di una istruzione enciclopedica, il quale aveva fatto della sua mente un’arca di opere tanto profane che sacre, sia divulgate, che di poi vennero pubblicate”. A differenza di Stefano e Giorgio, Proclo ha alle spalle una solida e profonda pratica della vita interiore, che lo stato monastico perfezionerà a livelli sommi.

“San Nilo protegge Rossano”, bassorilievo ligneo, Cattedrale di Rossano.

970 / Un terribile terremoto a Rossano, senza vittime, ma che distrugge la parte alta dell’abitato, spinge Nilo, informato dell’accaduto, a ritornare in città dopo trent’anni, camuffato nell’abbigliamento 9


per non essere riconosciuto da nessuno. Il suo spirito fervido e commosso lo guida fin nella Cattedrale dove entra “per venerare l’Immacolata Madre di Dio, sua conduttrice e protettrice” (Vita Nili,42). Lì incontra l’antico maestro Canisca, il quale, noto per la sua avarizia e per l’attaccamento al denaro, resiste ai pressanti ed ironici inviti del suo vecchio discepolo Nilo ad abbandonare i valori terreni. Egli morirà di lì a poco, giusto in tempo, però, per esprimere un sentimento di ravvedimento.

“San Nilo libera l’ossesso”, Domenichino, Badia Greca di Grottaferrata.

970-971 / Nella sua permanenza a Rossano, ma in ritiro presso la Chiesa di San Giovanni Battista, riceve la visita di illustri personalità, ecclesiastiche e civili: l’Arcivescovo Metropolita di Reggio e della Calabria Teofilatto, Leone il Domestico, il protospatario Nicola. Si reca da lui anche il celebre scienziato e medico ebreo Domnolo Shabbatai, mentre il Metropolita Blattone, di passaggio per Rossano, chiede ed ottiene di visitarlo, per avere consigli circa i rapporti con i saraceni. Nilo risponde a quesiti di teologia e di condotta pratica che lo accreditano ancora di più davanti ai suoi interlocutori come “veramente un grand’uomo”. D’altra parte, già qualche anno prima, aveva dato prova al cospetto del superbo Giudice Imperiale Eufrasio adirato e offeso per l’atteggiamento di dignitosa distanza assunta dal monaco nei suoi confronti - di quanto non si lasciasse intimorire dal rango e dalle cariche dei dignitari. Nilo incontrerà di nuovo Eufrasio morente e, constatato il profondo cambiamento maturato in un cammino di conversione, lo condurrà verso un sereno trapasso. 971 c.a / Nilo è di nuovo a Sant’Adriano e lì giunge un altro notabile, il capitano dell’esercito bizantino del Tema di Calabria, lo stratilate Polieuto, che gli invoca la liberazione del figlio indemoniato. Otterrà la grazia desiderata, ma soltanto dopo una settimana di preghiere ed opere penitenziali e soprattutto con la precisazione che Dio, e non lui, ne è stato l’artefice. 976 c.a / L’ultimo ritorno di Nilo a Rossano è caratterizzato da due episodi: il primo è il rifiuto

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dell’episcopato a cui lo designano i concittadini dopo la morte dell’arcivescovo, il secondo è la clemenza ottenuta per essi dalle ire del Màgistros Niceforo, determinato a far pagare pesantemente alla popolazione lo sconsiderato eccidio dei capitani e la distruzione delle chelendie - agili navi da guerra - prima costruite a malincuore per ordine superiore e poi bruciate per rabbia. Anche l’Eunuco Cubiculario Basilio sperimenterà l’accorto distacco di Nilo da offerte vantaggiose in apparenza, ma in realtà, saggiamente intraviste come destinate a fallire. 980-981 / Sarà proprio la necessità di non doversi più esporre alle lusinghe e il bisogno di sfuggire dalla stima dei connazionali, a far sì che Nilo decida di lasciare definitivamente la Calabria e di passare presso i latini. La prima tappa è Capua, dove, accolto con grandissimo onore dal principe Pandolfo Capodiferro e dagli altri signori, si trova nuovamente a dover rifiutare l’episcopato della città. In cambio, su loro imposizione, l’abate di Monte Cassino, Aligerno, gli concede un monastero a Valleluce. Le due visite di Nilo al celebre cenobio benedettino restano eventi memorabili e densi di significato per l’incontro tra il più illustre rappresentante del monachesimo italo-greco e la grande tradizione di quello occidentale. Qui Nilo compone un canone in onore di San Benedetto e poi con i suoi monaci - ormai sensibilmente aumentati (ben oltre 60) - per tutta la notte canta le Ufficiature “con bellissima armonia”, sorretto dai “fratelli intelligenti e molto abili sia nella lezione, sia nel canto dei sacri inni, cui egli stesso aveva ammaestrati in ambedue le arti” (Vita Nili, 74). Terminati i canti, Nilo si intrattiene con la comunità: almeno sei monaci gli pongono quesiti precisi e complessi sulle Sacre Scritture e sulla prassi monastica, che egli affronta e risolve brillantemente. Emergono in questo contesto alcune definizioni sull’identità del monaco: “Il monaco è un angelo e l’opera sua propria è misericordia, pace e sacrificio di lode... Dal momento che si è fatto monaco egli non è più uomo, ma uno dei due: o sarà angelo o demonio” (Vita Nili, 74.75).

Chiesa di Santa Maria Abbazia di Grottaferrata.

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994 / Il timore che questo stato di benessere diventi motivo di rilassamento nella preghiera, nella contemplazione delle cose celesti, nello studio delle Sacre Scritture, spinge Nilo, dopo quindici anni di dimora a Valleluce, a cercare un altro luogo che risponda ai suoi desideri: la solitudine, la tranquillità, la lontananza dagli abitati. Con quanti lo vorranno seguire in questo tenore austero - altri invece preferiranno restare al monastero - il posto ideale sarà Serperi, presso Gaeta, dove, nonostante le iniziali difficoltà, aumenta il numero dei fratelli. 997 / Ma neanche i duchi di Gaeta, Giovanni III ed Emilia sua sposa, riusciranno a trattenerlo, nonostante le loro attenzioni. Eventi tristissimi e sacrileghi lo spingono altrove.

“San Nilo incontra Ottone III”, Domenichino, dettaglio, Badia Greca di Grottaferrata.

998 / Quasi novantenne, malato e stanco, ma ancor più dolorante per l’ignominiosa sorte toccata all’illustre concittadino, Giovanni Filagato, Nilo si vede costretto a recarsi a Roma per intercedere in suo favore presso l’imperatore Ottone III. La vendetta-punizione, abbattutasi sul prelato per essere considerato usurpatore del papato, era stata decisa dallo stesso Ottone e dal suo protetto Gregorio V. La perorazione di Nilo risulterà vana. Disatteso nel suo desiderio di recupero dell’infelice Filagato, lascerà Roma non senza, tuttavia, aver predetto la misera fine che papa ed imperatore, non molto tempo dopo, avrebbero fatto. 1000 / Ad Ottone III, di ritorno a Serperi a fargli visita, Nilo rifiuta allettanti offerte e fa solo una raccomandazione: che si salvasse l’anima. La morte colse, infatti, l’imperatore subito dopo il suo rientro a Roma. Quanto ciò dovette turbare Nilo, non sappiamo. 1003 / Siamo, invece, informati del forte dolore che provò per la scomparsa dell’“inseparabile compagno nei combattimenti e nelle fatiche”, il settuagenario Stefano. Erano stati insieme quasi tutta una vita e sembra quasi che anche a Nilo non importi più nulla della sua, se chiede di costruire un doppio sepolcro, per Stefano e per se stesso.

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1004 / Fu ragione più che suffìciente perché, dopo un decennio a Serperi, Nilo partisse per Roma, non per fermarsi nella Città Eterna, bensì per approdare al luogo definitivo della sua sepoltura, a Sant’Agata, monastero greco, situato nei dintorni di una città chiamata Tuscolana. Anche con il suo amico ed estimatore Gregorio Principe di Tuscolo, cadranno nel vuoto sia l’offerta sia l’accettazione di ulteriori beni terreni. L’anziano monaco chiederà soltanto una piccola porzione dei suoi dominii per impetrare, nella quiete, misericordia per sé e per lo stesso Gregorio, e per costruirvi il monastero. Poco più di due mesi dopo l’arrivo, gli ultimi giorni della vita di Nilo vedono il ricongiungimento con i fratelli che erano rimasti a Serperi e lo svolgersi di una placida e pia agonia. Gli ultimi desideri sono quasi un testamento: “Io vi prego, quando sarò morto, di non tardare a seppellire sotto terra il mio corpo: non lo deporrete nella Casa del Signore, né costruirete alcun tumulo su di me, né vi aggiungerete ornamenti di sorta. Che se, tutt’al più, vogliate apporvi qualche contrassegno, perché si riconosca dove voi mi abbiate posto, sia questo in piano terra, affinché i pellegrini vi si possano adagiare. Anch’io, infatti, sono stato pellegrino per tutti i giorni della mia vita. E ricordatevi di me nelle vostre sante preghiere” (Vita Nili, 98). Giunge per i monaci il momento del trasporto di San Nilo in chiesa per l’imminente trapasso, memori di quanto aveva sempre ripetuto: “un monaco, salvo forza maggiore, deve morire in chiesa”. Era il Vespero della memoria liturgica di San Giovanni Evangelista (il 26 settembre 1004): “...il sole conobbe il suo tramonto, ed egli rese lo spirito a Dio. Anzi, a dir meglio, col sole tramontò il Sole”(Vita Nili, 99). È il suggello lapidario del devoto biografo che ci ha accompagnato lungo la vicenda terrena di Nilo, un uomo sulla cui scia si sarebbe sviluppata una corrente di santità e di cultura a Grottaferrata, cenobio italo-greco, erede della lezione di una vita, ponte tra Oriente e Occidente, per l’incontro pacifico di tradizioni diverse ma nate ed unite dall’unica fede in Cristo. 13


SAN NILO, UN'ASCESI VERSO L’ETERNO Quando e da chi è stato proclamato Santo il monaco Nilo di Rossano? Quali miracoli o prodigi ha compiuto perché ricevesse il riconoscimento più alto che la Chiesa possa decretare per i suoi migliori? All’epoca di Nilo non sono ancora in vigore i processi di beatificazione e di canonizzazione, quali si svilupperanno in seguito con una procedura sempre più perfezionata. La fama di una vita santa, accompagnata da una devota sequela in vita, di onore, di culto e di venerazione delle spoglie mortali, deposte in tombe, mete di pellegrinaggio e di preghiera, la stesura e circolazione di scritti soprattutto della storia della Vita - hanno rappresentato elementi fondamentali e determinanti perché noti e ragguardevoli personaggi della fede venissero considerati ed amati, appunto, come santi. La conferma ufficiale della Chiesa interverrà poi a suggellarne la fondatezza soprattutto con l’approvazione del culto pubblico e nella liturgia. Quanto a Nilo, il suo biografo è chiarissimo su un punto: non gli interessa affatto presentare la “narrazione di grandissimi miracoli, la cui fama colpisce gli spiriti poco elevati e gli stessi infedeli; ma gli innumerevoli stenti e travagli…”(Vita Nili, 14), perché “ciò che soprattutto si esige (per dimostrare la santità di un Servo di Dio) è la vita santa; l’abbondanza dei miracoli ed il potere di compierli hanno la loro efficacia solo quando essi risplendono insieme con la vita santa; se invece a questa non corrispondono non se ne fa nessun conto” (Vita Nili, 95). Tra queste due dichiarazioni di principio, poste come due pilastri prrtanti proprio agli inizi ed alla fine della narrazione, le virtù di Nilo, che l’autore presenta con ben scelti e mirati episodi ed intendimenti edificanti, sono tutte quelle esercitate da chi prende sul serio il rapporto con Dio e con il prossimo. Con un substrato che ha del vigoroso; un’ascesi di penitenza permanente per sé e di apertura ai bisogni dei fratelli in forme, a volte, forse sconcertanti ma sempre vincenti, frutto di una ininterrotta unione con l’Eterno, unico metro per valutare tutte le mode passeggere. Un tesoro interiore trasfuso anche nell’’impegno per la cultura, nella quale resta non meno grande per l’esempio che ha lasciato, di quanto non lo sia nelle note di una santità ancora oggi capace di sorprendere. 14


GALAJS - Gruppo d’Azione Locale Arco Jonico Sibaritide. Sede legale: Viale della Repubblica 87060 Mirto Crosia (CS) tel/fax 0983.42062 Sede operativa: Via Lagaria, 41 87070 Amendolara Marina (CS) tel/fax 0981.915228 Si ringraziano: Comune di Rossano, Assessorato al Turismo, Comitato Rossano per San Nilo, Badia Greca di Grottaferrata, Museo Diocesano, Ministero per i Beni e le Attività Culturali Per saperne di più Comitato Rossano per San Nilo Via Malpighi, 18 - 87068 Rossano (CS) tel/fax 0983.514600 www.sannilomillenario.it www.comune.rossano.cs.it

San Nilo, particolare di un dipinto su tavola del XIII secolo, Badia Greca di Grottaferrata.



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